XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 8 novembre 2010

TESTO AGGIORNATO ALL'11 GENNAIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
mercoledì 13 ottobre 2010 il gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori, durante il question time alla Camera dei deputati, ha interrogato il Ministro per la semplificazione normativa, onorevole Calderoli, per sapere se il Governo fosse consapevole delle conseguenze dell'aver determinato con propri atti l'abrogazione di un decreto legislativo per il quale diversi esponenti leghisti sono sottoposti a giudizio con l'accusa di aver organizzato un'associazione di carattere militare con scopi politici (interrogazione n. 3-0127);
il decreto legislativo abrogato di cui si parla nell'interrogazione è il n. 43 del 1948, che punisce chiunque «promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni di carattere militare, le quali perseguono, anche indirettamente, scopi politici, costituite mediante l'inquadramento degli associati in corpi, reparti o nuclei, con disciplina ed ordinamento gerarchico interno analoghi a quelli militari, con l'eventuale adozione di gradi o di uniformi, e con organizzazione atta anche all'impiego collettivo in azioni di violenza o di minaccia»;
la punizione del reato di cui al decreto legislativo n. 43 del 1948 deriva direttamente dall'articolo 18, comma 2, della Costituzione, che vieta espressamente «le associazioni che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare» e protegge valori fondamentali come la democrazia, l'integrità dello Stato e l'unità nazionale, la sicurezza dello Stato e dei cittadini, l'ordine pubblico;
l'abrogazione del decreto legislativo n. 43 del 1948 è contenuta nel decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, all'articolo 2268, numero 297 dell'elenco, recante il «codice dell'ordinamento militare». Le disposizioni che riguardano l'ordinamento militare sono state rivisitate alla luce della delega contenuta nella legge 28 novembre 2005, n. 246, sulla semplificazione e riassetto della legislazione, cosiddetta taglia leggi;
il riferimento alla legge delega sulla semplificazione normativa è contenuto nel preambolo del decreto legislativo n. 66 del 2010, dove è richiamato, in particolare, l'articolo 14;
il citato articolo 14, da un lato, esclude esplicitamente dalla delega data al Governo quelle «disposizioni la cui abrogazione comporterebbe lesione dei diritti costituzionali» (comma 14, lettera c)), dall'altro stabilisce che con decreti legislativi il Governo deve individuare le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1o gennaio 1970, delle quali si ritiene «indispensabile» (espressione testualmente contenuta tra i principi e criteri direttivi della delega) la permanenza in vigore, secondo i principi e criteri direttivi fissati nel comma 14 dell'articolo 14;
sulla base della delega citata in precedenza, il 1o dicembre 2009, il Governo ha approvato il decreto legislativo n. 179 del 2009, il cui schema è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 12 giugno 2009, recante l'elenco delle leggi anteriori al 1970, la cui permanenza in vigore è ritenuta «indispensabile». Tra queste leggi indispensabili vi è il decreto legislativo n. 43 del 1948, di cui si sta parlando;
il decreto legislativo n. 43 del 1948, come sopra riportato, si ritrova successivamente nell'elenco delle leggi abrogate dal «Codice dell'ordinamento militare», il cui schema è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 15 dicembre 2009;
pertanto, in solo sei mesi, il decreto legislativo n. 43 del 1948, è passato dall'essere una legge «indispensabile» per l'ordinamento italiano, ad essere invece abrogato, nonostante non sia stata data nessuna delega al Governo per la sua

abrogazione, e per di più in un atto, il «Codice dell'ordinamento militare», con il quale non ha nulla da condividere dal punto di vista sistematico e logico-giuridico;
la lettura della «Relazione generale al Codice dell'ordinamento militare», che accompagna lo schema di decreto legislativo inviato alle Camere per il prescritto parere, mette in evidenza, se mai ci fossero dubbi, l'incongruità della presenza del decreto legislativo n. 43 del 1948 rispetto alla materia che veniva riordinata e, al contempo, la lettura dell'indice sistematico del Codice ne appalesa la sua estraneità;
si ribadisce che il Parlamento non aveva delegato il Governo ad abrogare il decreto legislativo n. 43 del 1948 per espressi riferimenti legislativi:
la sua abrogazione viola diritti costituzionali (legge 28 novembre 2005, n. 246, articolo 14, comma 14, lettera c);
il decreto legislativo n. 179 del 2009, lo ha inserito nell'elenco delle leggi la cui permanenza in vigore è ritenuta «indispensabile»;
la notizia dell'inserimento del decreto legislativo n. 43 del 1948 nell'elenco delle leggi abrogate dal Codice dell'ordinamento militare era stata data in un articolo del 2 ottobre 2010 de Il Fatto Quotidiano, ma anche in un articolo de la Padania dello stesso giorno;
a seguito della pubblicazione dei predetti articoli di stampa, l'Italia dei Valori ha chiesto al Governo di far pubblicare in Gazzetta Ufficiale un avviso di rettifica, tecnicamente un «comunicato» - per il quale bastava un solo rigo - per eliminare il predetto decreto legislativo dall'elenco di quelli da abrogare. Al Governo, quale organo costituzionale, è infatti sempre riservato uno spazio in Gazzetta Ufficiale per pubblicazioni urgenti e dell'ultim'ora;
la richiesta è stata avanzata dall'Italia dei Valori a più riprese, a partire dal 3 ottobre 2010 ed il Governo poteva apportare tale modifica fino al 9 ottobre 2010, data di entrata in vigore del «Codice dell'ordinamento militare». Dopo tale data, infatti, al Governo non sarebbe più stato possibile intervenire con un avviso di rettifica, ma sarebbe stato necessario approvare una nuova legge o atto avente forza di legge, per reintrodurre il reato che dal 9 ottobre 2010 è abrogato a tutti gli effetti;
si sottolinea che dall'8 maggio 2010, data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo, il Governo ha apportato ben 196 correzioni tra codice e regolamento dell'ordinamento militare. Comunicati del Governo che correggono il Codice sono stati pubblicati, ad esempio, nelle Gazzette ufficiali del 7 settembre 2010, n. 209, e del 30 settembre 2010, n. 229. Numerose di queste correzioni riguardano proprio l'eliminazione di leggi e atti aventi forza di legge dall'elenco di quelle abrogate;
nel comunicato del 7 settembre, ad esempio, sono salvati dall'abrogazione articoli di svariate leggi e atti aventi valore di legge, come il decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686; il decreto-legge 24 aprile 1997, n. 108; il decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165; la legge 29 ottobre 1997, n. 374; il regio decreto 25 ottobre 1938, n. 2005;
nel comunicato del 30 settembre, ad esempio, sono salvati dall'abrogazione articoli di svariate leggi e atti aventi valore di legge, come il decreto legislativo 28 novembre 1997, n. 459; il decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 393; il decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215; la legge 11 agosto 2003, n. 231; la legge 3 agosto 2007, n. 124;
durante la risposta al question time in Assemblea alla Camera dei deputati, il Ministro Calderoli ha usato toni sarcastici per riferire che:
a) l'abrogazione del decreto legislativo n. 43 del 1948 non aveva nulla a che fare con la delega contenuta nel cosiddetto

taglia leggi «ma fa parte della realizzazione del Codice dell'ordinamento militare»;
b) il suo inserimento nell'elenco delle leggi da abrogare era stato deciso da un comitato scientifico;
c) il Governo non poteva cancellarlo dall'elenco delle leggi abrogate, facendo pubblicare in Gazzetta Ufficiale un proprio avviso di rettifica prima che il Codice dell'ordinamento militare entrasse in vigore;
le risposte del Ministro sono del tutte destituite di fondamento, come risulta da quanto precede e sono smentite sia dal Ministero della difesa, che dal presidente della commissione scientifica che ha redatto gli schemi dei provvedimenti normativi recanti il «Codice dell'ordinamento militare»;
il Ministero della difesa, intervenuto con proprio comunicato stampa il 2 ottobre 2010; ha fatto sapere di aver chiesto «alla presidenza del Consiglio dei Ministri la possibilità di fare una rettifica al Codice dell'ordinamento militare», per eliminare il decreto legislativo n. 43 del 1948 dall'elenco delle leggi abrogate;
con lettera del 15 ottobre 2010, indirizzata al Ministro Calderoli e all'onorevole Donadi, il consigliere di Stato, Vito Poli, presidente delimitato scientifico che ha provveduto all'elaborazione degli schemi dei provvedimenti normativi recanti il Codice dell'ordinamento militare, ha comunicato che:
a) «nessun componente del comitato scientifico ha proposto (o inserito nel relativo elenco) l'abrogazione del decreto legislativo n. 43 del 1948»;
b) «l'inserimento del decreto legislativo n. 43 del 1948 costituisce evidente errore materiale (occorso nella redazione del documento), risultando assolutamente incoerente, dal punto di vista logico-giuridico, con quanto dallo stesso legislatore delegato disposto nella stesura del decreto legislativo n. 179 del 2009 (cosiddetto salva leggi) che ha espressamente salvato il decreto legislativo n. 43 del 1948 dal cosiddetto effetto ghigliottina previsto per il 15 dicembre 2010»;
c) «in ogni caso, quanto alla praticabilità dell'avviso di rettifica, tempestivamente attivato dal Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero della difesa e condiviso dalla Presidenza del Consiglio, poi interrotto per esplicito diniego opposto dall'ufficio legislativo del ministro per la semplificazione normativa (come già riferito dallo scrivente al Segretario generale della presidenza del Consiglio dei Ministri in data 7 ottobre 2010), si segnala la pacifica giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di cassazione» in base alla quale il Governo può intervenire a eliminare errori materiali nonché per correggere «originari fraintendimenti del legislatore»;
il giorno 9 ottobre 2010, con l'entrata in vigore del Codice dell'ordinamento militare, il reato previsto e punito dal decreto legislativo n. 43 del 1948, è sparito dal nostro ordinamento. Pertanto tutti i procedimenti penali attualmente in corso per i reati di cui al predetto decreto verranno terminati con un'archiviazione o una sentenza di assoluzione perché il reato non esiste più, anche se il Parlamento in futuro dovesse reintrodurre quel reato;
alla luce di tutto quanto precede, in particolare dalla lettera del consigliere di Stato, appare sussistere la responsabilità di chi ha inserito o fatto inserire il decreto legislativo n. 43 del 1948 nell'elenco delle leggi da abrogare oppure si è attivamente opposto alla sua eliminazione da quell'elenco e ha voluto mantenere l'eliminazione del reato di «associazione di carattere militare, con scopi anche indirettamente politici» dal nostro ordinamento, in assenza di qualsiasi delega e in violazione del precetto costituzionale;
tale responsabilità appare assumere gravissima rilevanza, innanzitutto politica, se messa in relazione con il procedimento in corso a Verona a carico

di 36 leghisti facenti parte delle brigate della «guardia nazionale padana» per il reato di associazione a carattere militare con scopi politici; procedimento nel quale erano indagati anche diversi deputati e ministri leghisti, tra cui Bossi, Maroni e Calderoli, usciti dal processo grazie all'immunità di parlamentare;
appare verosimile, infatti, che l'inserimento del decreto legislativo n. 43 del 1948 nell'elenco delle leggi da abrogare, sia stato finalizzato a favorire i leghisti facenti parte delle brigate della «guardia nazionale padana» e a far terminare il processo contro di loro con un'archiviazione o una sentenza di assoluzione perché il reato non esiste più;
rischia di apparire non casuale, che sia stato proprio uno degli avvocati che difende gli imputati della «guardia nazionale padana», la prima persona ad accorgersi dell'abrogazione di questo reato, ritrovandolo nascosto in un elenco di migliaia di leggi (il solo elenco recato dall'articolo 2268 del Codice contiene 1085 norme primarie abrogate): prima ancora che se ne accorgessero i Ministeri coinvolti nella redazione dei decreti, la commissione scientifica che quel reato non ha inserito nell'elenco, il Parlamento chiamato a dare il proprio parere e la stampa. Durante l'udienza svoltasi presso il tribunale di Verona il 1o ottobre 2010, l'avvocato ha preso la parola per comunicare che il reato non sarebbe più esistito a partire dal 9 ottobre, come riportato da Il Fatto Quotidiano del 2 ottobre, già citato. Se quell'avvocato non l'avesse detto, forse ci si sarebbe accorti di quest'abrogazione tra molto tempo;
in tutta questa vicenda, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo ci sono chiare, gravi e incontrovertibili responsabilità del Ministro leghista Roberto Calderoli, il cui ufficio legislativo ha opposto diniego alla pubblicazione dell'avviso di rettifica, «tempestivamente attivato dal Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero della difesa e condiviso dalla Presidenza del Consiglio»;
il Ministro Calderoli ha mentito al Parlamento rispondendo al question time dell'IDV e ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo ha abusato della sua funzione di Ministro opponendosi nei primi giorni di ottobre a far eseguire una rettifica, che solo pochi giorni prima, il 30 settembre, aveva invece autorizzato con riferimento alla rettifica relativa ad altre leggi inserite nel «Codice dell'ordinamento militare»;
nella lettera aperta che il Ministro Calderoli ha inviato al Presidente della Camera, ha affermato che il supposto erroneo inserimento del decreto legislativo n. 43 del 1948 nell'elenco degli atti di legislazione primaria da abrogare è da ascrivere unicamente al Ministero della difesa, che avrebbe gestito da solo, anche informaticamente, la preparazione de «lo schema di testo» di decreto legislativo, fino alla sua diramazione da parte del DAGL della Presidenza del Consiglio;
tale affermazione, insieme a tutte le altre fatte dal Ministro nella lettera citata, dimostrano incontrovertibilmente che, se pur si volessero non ascrivere a malizia i suoi comportamenti, egli ha quantomeno esercitato con palese negligenza le funzioni di coordinamento, di indirizzo, di vigilanza e di verifica relative alla semplificazione normativa, delegategli dal Presidente del Consiglio dei ministri con decreto del presidente del consiglio del 13 giugno 2008;
infatti queste deleghe stabiliscono, tra l'altro, che egli coordini tutte le attività di attuazione del cosiddetto taglia leggi e competenze connesse; predisponga e co-proponga le iniziative dirette al riordino o alla semplificazione della normativa vigente, anche per mezzo di testi unici - qual è il caso del testo di cui si discute; e - cosa ancora più rilevante - segnali, negli schemi di atti normativi, le eventuali complicazioni, ovvero le proposte che non appaiono giustificate in relazione agli obiettivi nazionali o comunitari di semplificazione;
il Ministro Calderoli, pertanto, non solo poteva, ma anzi doveva ed era responsabile

- ancora prima che il Consiglio dei Ministri approvasse lo schema di decreto legislativo, oltre che successivamente - dell'eliminazione dagli elenchi delle leggi da abrogare il decreto legislativo che puniva il reato di associazione di carattere militare con scopi anche indirettamente politici,


impegna il Governo:


a revocare immediatamente dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 giugno 2008, contenente: «Delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di semplificazione normativa» le funzioni di coordinamento, di indirizzo, di promozione di iniziative, anche normative, di vigilanza e verifica, delegate al senatore Roberto Calderoli, indicate all'articolo 2, comma 1, lettera a), b), c), d), e), f) e g), nonché all'articolo 3, comma 1, lettera a) e c).
(1-00475)
«Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Stanislao, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
le straordinarie avversità atmosferiche verificatesi tra le giornate di domenica 31 ottobre e martedì 2 novembre 2010, hanno colpito duramente 131 comuni delle province venete, e in particolare delle province di Verona, Vicenza e Padova, Bellico e Treviso, hanno creato gravi disagi per più di 500.000 persone e hanno provocato frane, smottamenti, allagamenti, straripamento di fiumi, interruzioni stradali e autostradali, sfollamenti e ingenti danni alle abitazioni, all'agricoltura e alle aziende; 4.000 sono gli sfollati con 3 persone morte;
l'intensità dei fenomeni atmosferici è stata persino superiore a quella delle alluvioni tristemente note del 1966, con precipitazioni che in alcuni punti hanno raggiunto il mezzo metro;
l'area compresa tra San Bonifacio, Verona e Soave, nel Veronese, il centro di Vicenza, Caldogno e la maggior parte del territorio vicentino, sono state le zone più colpite dal maltempo;
a Monteforte, l'intero paese ha rischiato di essere evacuato per l'esondazione del fiume Alpone;
l'autostrada A4 si è trasformata in un vero e proprio fiume nel tratto compreso tra i caselli di Soave e Montebello per lo straripamento di Tramigna e di Alpone;
la provincia di Padova, e più nello specifico, i paesi di Ponte San Nicolò, Saletto, Megliadino San Fidenzio, Megliadino San Vitale, Montagnana, Ospedaletto, Este, Bovolenta, Casalserugo, Cervarese di Santa Croce, Veggiano, Carceri, Vighizzolo,

Selvazzano e la stessa Padova sono stati pesantemente colpiti da allagamenti provocati dalla rottura degli argini di fiumi e canali, costringendo quasi tremila cittadini a lasciare le proprie case, distruggendo irrimediabilmente numerose abitazioni e attività produttive, soprattutto agricole, e causando danni incalcolabili per tutto il territorio della bassa padovana;
si tratta della più grande emergenza affrontata nel Veronese e Vicentino negli ultimi anni che rischia di mettere in ginocchio l'economia della regione Veneto, se non affrontata con prontezza e con la dovuta attenzione, con gravi conseguenze per l'economia dell'intero Paese;
l'emergenza ha colpito anche la vicina provincia di Mantova, ed in particolare Asola, ove ha straripato il fiume Chiese che attraversa il paese, travolgendo i propri argini e allagando gli scantinati e i piani terra di abitazioni civili e attività commerciali, rendendo inagibili le strade della zona industriale e provocando l'evacuazione di 300 persone;
il Governo e la protezione civile sono stati mobilitati nell'immediato per poter far fronte alla prima emergenza; nel territorio fra Vicenza e Verona 400 militari, oltre a 400 vigili del fuoco e circa 1.000 volontari, hanno lavorato incessantemente per mettere in sicurezza i centri abitati e occuparsi degli sfollati;
il Consiglio dei ministri, il 5 novembre 2010, ha dichiarato lo stato di emergenza e, su richiesta del capo del dipartimento della protezione civile, ha stanziato un primo contributo economico di 20 milioni di euro per i primi interventi urgenti e di emergenza sia nella regione Veneto, sia nelle regioni Friuli, Liguria, Toscana e Calabria, anche esse colpite dalle avversità atmosferiche;
il presidente della regione Veneto si è già impegnato ad assicurare due milioni di euro per i primi interventi;
tali iniziali stanziamenti dovranno essere utilizzati per la messa in sicurezza delle situazioni di pericolo ancora esistenti, per la copertura delle spese affrontate dalle amministrazioni locali, per gli interventi di emergenza e per le prime attività di ripristino nelle aree colpite dalle frane e dagli allagamenti;
tuttavia, una prima e sommaria stima dei danni evidenzia necessità finanziarie per 1 miliardo di euro, importo in fase tuttora di valutazione, che ha necessariamente obbligato il presidente della regione Veneto a chiedere uno sforzo importante al Governo per poter superare la catastrofiche conseguenze della calamità naturale;
il capo della protezione civile, Sottosegretario Guido Bertolaso, ha affermato che i comuni colpiti dai fenomeni atmosferici potranno derogare dai vincoli imposti dal patto di stabilità per poter affrontare l'emergenza;
il relativo riferimento legislativo è il comma 7-bis dell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, che recita «nel saldo finanziario di cui al comma 5 non sono considerate le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese di parte correnti e in conto capitale sostenute dalle province e dai comuni per l'attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza. L'esclusione delle spese opera anche se esse sono effettuate in più anni, purché nei limiti complessivi delle medesime risorse»;
tuttavia, i comuni colpiti dalla calamità naturale riceveranno solo una parte dei fondi necessari da parte dello Stato, a ripristino delle condizioni di sicurezza, e senz'altro dovranno intervenire ulteriormente anche con fondi propri;
risulta chiaro quindi che, ai sensi della normativa vigente, i comuni e le province potranno beneficiare della deroga prevista solo per le somme ricevute dallo Stato e non per le risorse proprie impiegate e pertanto, attualmente, comuni e province stanno fronteggiando l'emergenza utilizzando risorse proprie senza sapere se

tali spese, sia di parte corrente che in conto capitale, influiranno negativamente sul computo del patto di stabilità;
la nota criticità idrogeologica del territorio nazionale negli ultimi anni ha accentuato i fenomeni calamitosi provocati dalle avversità atmosferiche; in risposta a tali esigenze, il Governo ha dimostrato un impegno profuso per garantire la messa in sicurezza delle situazioni di rischio idrogeologico ed, in particolare, con l'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, comma 240, ha destinato ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, individuate dalla direzione generale competente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le autorità di bacino, le risorse assegnate per interventi di risanamento ambientale con delibera del CIPE del 6 novembre 2009, pari a 1.000 milioni di euro, a valere sulle disponibilità del fondo infrastrutture e del fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale;
l'articolo 17, comma 2-bis, del decreto-legge 20 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, ha destinato una parte di tali finanziamenti, pari a 100 milioni di euro ad interventi urgenti concernenti i territori delle regioni Emilia-Romagna, Liguria e Toscana colpiti dagli eventi meteorici eccezionali dell'ultima decade di dicembre 2009 e dei primi giorni del mese di gennaio 2010;
la restante parte delle risorse, pari a 900 milioni di euro, secondo modalità descritte dal sopra citato articolo 17, sono destinate ad interventi urgenti nelle situazioni a più elevato rischio idrogeologico e al fine di salvaguardare la sicurezza delle infrastrutture e il patrimonio ambientale e culturale, da utilizzare anche previo «accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che definisce, altresì, la quota di cofinanziamento regionale a valere sull'assegnazione di risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, che ciascun programma attuativo regionale destina a interventi di risanamento ambientale»;
da quanto emerge dalla risposta del Governo il 21 ottobre 2010, all'interrogazione a risposta immediata in Commissione ambiente, presentata dagli onorevoli Dussin ed altri, ad oggi sono stati sottoscritti quattro accordi di programma, con le regioni Sicilia, Lazio, Liguria e Abruzzo, ne sono stati predisposti altri cinque, con le regioni Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Campania mentre i restanti accordi dovrebbero essere conclusi entro il mese di ottobre 2010;
l'attuazione degli interventi è condizionata all'erogazione delle risorse economiche attribuite a tal fine dalla legge finanziaria, non ancora disponibili nel bilancio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
la situazione di emergenza in cui versa attualmente la regione Veneto rende indispensabile la revisione degli interventi programmati e l'immediata assegnazione delle risorse spettanti a tale regione,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative per stanziare con la massima urgenza le risorse necessarie a sostegno dei territori del Nord-Est duramente colpiti dalle eccezionali avversità atmosferiche dell'ottobre e novembre 2010, al fine di poter trovare, in accordo con le regioni interessate, adeguate soluzioni che soddisfino le esigenze di risarcimento dei danni provocati dall'alluvione, per quanto riguarda gli enti locali, i singoli cittadini e le attività produttive;
a riconoscere lo stato di calamità per i territori agricoli danneggiati dalle avversità atmosferiche e ad attivare i meccanismi di protezione e di risarcimento previsti dal Fondo di solidarietà nazionale;
ad assumere iniziative per escludere dai saldi ai fini del patto di stabilità, per gli enti locali rientranti nell'ordinanza che dichiara lo stato di emergenza, le risorse proprie di tali enti impiegate per far fronte all'emergenza alluvionale e alle conseguenti opere di ripristino;
ad attuare una revisione degli interventi programmati a valere sulle risorse destinate ad interventi urgenti nelle situazioni a più elevato rischio idrogeologico e a provvedere all'immediata assegnazione delle risorse spettanti alla regione Veneto.
(1-00476)
«Reguzzoni, Montagnoli, Bitonci, Dal Lago, Stefani, Lanzarin, Bragantini, Negro, Dozzo, Luciano Dussin, Guido Dussin, Gidoni, Goisis, Munerato, Forcolin, Fava, Callegari».

La Camera,
premesso che:
le imprese del settore ittico sono al centro di una grave e prolungata crisi di redditività imputabile ai problemi di eccessivo sfruttamento, ad un insostenibile aumento dei costi di produzione (+ 240 per cento dal 2006 al 2009) e all'impossibilità

di incidere sui meccanismi di formazione del prezzo con un'adeguata presenza nella rete distributiva;
la filiera ittica è caratterizzata da forti limiti strutturali, come, ad esempio, le ridotte dimensioni aziendali, la frammentazione dell'offerta e l'assenza di forme di organizzazione commerciale e di vendita, che ostacolano l'avvio di urgenti forme di integrazione, innovazione e sviluppo della filiera;
è in scadenza la proroga, concessa per l'anno 2010, del primo programma nazionale della pesca e dell'acquacoltura 2007/2009, unico strumento di programmazione a disposizione del settore secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 154 del 2004;
se entro fine 2010 non verranno impegnati i fondi del fondo europeo per la pesca (fep) a valere sulla programmazione 2008, per la regola comunitaria dell'«n+2», si attiverà il meccanismo di disimpegno automatico, con il rischio concreto che un'entità cospicua di risorse non impegnate andrebbero perdute a danno del settore già fortemente penalizzato;
la legge comunitaria 2009 (legge n. 96 del 2010), in vigore dal 7 luglio 2010, all'articolo 28, delega il Governo ad adottare decreti legislativi per il riassetto, il riordino, il coordinamento e l'integrazione della normativa nazionale in materia di pesca e acquacoltura entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione;
il 19 ottobre 2010 è stato approvato definitivamente il cosiddetto collegato lavoro, che, tra l'altro, delega il Governo ad adottare provvedimenti per la revisione della disciplina in tema di lavori usuranti, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione;
la scadenza a giugno 2010 di una serie di deroghe comunitarie, previste dal regolamento sulla pesca mediterranea (regolamento n. 1967/2006) su attrezzi, dimensione delle maglie delle reti e distanza dalla costa, sta generando una situazione emergenziale e di crescente tensione nelle marinerie italiane, non solo per i pesanti impatti socioeconomici che interessano tutte le realtà costiere, ma soprattutto per una serie di problemi lasciati aperti dal processo di adeguamento alle disposizioni comunitarie;
in particolare, nel suddetto regolamento è prevista la possibilità per gli Stati membri di adottare autonomi piani di gestione, volti a disciplinare attività di pesca specifiche, coniugando la sostenibilità ambientale, in linea con gli obiettivi della politica comune della pesca (pcp), con quella economica e con il diritto al lavoro;
con la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007, articolo 2, comma 120) è stato esteso l'ambito di applicazione del fondo per l'imprenditoria giovanile in agricoltura, prevedendone l'utilizzo anche per l'imprenditoria giovanile nel settore della pesca e una dotazione annua di 10 milioni di euro l'anno per il quinquennio 2007/2011;
non è stato predisposto alcun bando per l'utilizzo di tali risorse per il comparto della pesca marittima, al contrario le risorse del fondo sono state ripetutamente rimodulate in diminuzione e, per la restante parte, sono rimaste inutilizzate;
annualmente vengono ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano le risorse finanziarie del fondo unico agricoltura e pesca, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 maggio 2001, attuativo del decreto legislativo n. 143 del 1997,


impegna il Governo:


a prorogare anche per l'anno 2011 l'applicazione del programma triennale della pesca e dell'acquacoltura per dare tempo all'amministrazione di redigere il nuovo programma triennale, che dovrà tenere conto degli attuali mutamenti di scenario in atto;

ad intraprendere una forte azione politica e diplomatica nei confronti della Commissione europea per scongiurare il disimpegno automatico a fine 2010 dei fondi del fondo europeo per la pesca (fep) anche mediante un confronto con gli altri Stati membri dell'Unione europea che evidenziano ritardi nelle azioni di impegno dei fondi, come Spagna e Grecia, al fine di raggiungere una posizione unitaria per chiedere, in via straordinaria, lo slittamento di un anno dei termini relativi al meccanismo del disimpegno automatico («n+3»);
ad avviare al più presto le procedure per l'attuazione della delega contenuta nella legge comunitaria 2009 per il riassetto, il riordino, il coordinamento e l'integrazione della normativa nazionale in materia di pesca e acquacoltura, mediante la compilazione di un unico testo normativo;
ad assumere ogni iniziativa di competenza al fine di inserire la pesca marittima tra i lavori usuranti;
a caldeggiare una rapida approvazione dei piani di gestione inviati a Bruxelles, in materia di pesche speciali per scongiurare il ritardato o addirittura mancato avvio della campagna di pesca 2010-2011, che tradizionalmente inizia a novembre;
ad attivare misure a favore della pesca a valere sulle risorse del fondo per l'imprenditoria giovanile in agricoltura e pesca, definendo una riserva di quota parte alla filiera ittica, nonché ad assumere iniziative per il rifinanziamento del fondo stesso;
a mettere in atto tutte le azioni e gli strumenti per individuare una dotazione separata e distinta per la pesca all'interno della ripartizione annuale del fondo unico agricoltura e pesca, dando certezza di programmazione al settore;
ad attivare nuove forme di supporto agli investimenti delle imprese ittiche ed allo sviluppo di azioni innovative, anche attraverso nuove modalità di intervento, in linea con la più recente normativa europea sugli aiuti di Stato per le piccole e medie imprese di settore, favorendo gli investimenti orientati alla crescita delle dimensioni aziendali, alle ristrutturazioni e ai salvataggi, alle concentrazioni e alle fusioni e ai prestiti partecipativi;
a disporre una revisione della proposta sul fermo biologico, prevedendo un prolungamento dei giorni, nell'ambito di una diversificazione dei periodi di fermo e di una diversificazione per specie.
(1-00477)
«Agostini, Sani, Oliverio, Zucchi, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Servodio, Trappolino».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
le imprese del settore ittico sono al centro di una grave e prolungata crisi di redditività imputabile ai problemi di eccessivo sfruttamento, ad un insostenibile aumento dei costi di produzione (+ 240 per cento dal 2006 al 2009) e all'impossibilità di incidere sui meccanismi di formazione del prezzo con un'adeguata presenza nella rete distributiva;
la filiera ittica è caratterizzata da forti limiti strutturali, come, ad esempio, le ridotte dimensioni aziendali, la frammentazione dell'offerta e l'assenza di forme di organizzazione commerciale e di vendita, che ostacolano l'avvio di urgenti forme di integrazione, innovazione e sviluppo della filiera;
è in scadenza la proroga, concessa per l'anno 2010, del primo programma nazionale della pesca e dell'acquacoltura 2007/2009, unico strumento di programmazione a disposizione del settore secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 154 del 2004;
se entro fine 2010 non verranno impegnati i fondi del fondo europeo per la pesca (fep) a valere sulla programmazione 2008, per la regola comunitaria dell'«n+2», si attiverà il meccanismo di disimpegno automatico, con il rischio concreto che un'entità cospicua di risorse non impegnate andrebbero perdute a danno del settore già fortemente penalizzato;
la legge comunitaria 2009 (legge n. 96 del 2010), in vigore dal 7 luglio 2010, all'articolo 28, delega il Governo ad adottare decreti legislativi per il riassetto, il riordino, il coordinamento e l'integrazione della normativa nazionale in materia di pesca e acquacoltura entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione;
il 19 ottobre 2010 è stato approvato definitivamente il cosiddetto collegato lavoro, che, tra l'altro, delega il Governo ad adottare provvedimenti per la revisione della disciplina in tema di lavori usuranti, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione;
la scadenza a giugno 2010 di una serie di deroghe comunitarie, previste dal regolamento sulla pesca mediterranea (regolamento n. 1967/2006) su attrezzi, dimensione delle maglie delle reti e distanza dalla costa, sta generando una situazione emergenziale e di crescente tensione nelle marinerie italiane, non solo per i pesanti impatti socioeconomici che interessano tutte le realtà costiere, ma soprattutto per una serie di problemi lasciati aperti dal processo di adeguamento alle disposizioni comunitarie;
in particolare, nel suddetto regolamento è prevista la possibilità per gli Stati membri di adottare autonomi piani di gestione, volti a disciplinare attività di pesca specifiche, coniugando la sostenibilità ambientale, in linea con gli obiettivi della politica comune della pesca (pcp), con quella economica e con il diritto al lavoro;
con la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007, articolo 2, comma 120) è stato esteso l'ambito di applicazione del fondo per l'imprenditoria giovanile in agricoltura, prevedendone l'utilizzo anche per l'imprenditoria giovanile nel settore della pesca e una dotazione annua di 10 milioni di euro l'anno per il quinquennio 2007/2011;
non è stato predisposto alcun bando per l'utilizzo di tali risorse per il comparto della pesca marittima, al contrario le risorse del fondo sono state ripetutamente rimodulate in diminuzione e, per la restante parte, sono rimaste inutilizzate;
annualmente vengono ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano le risorse finanziarie del fondo unico agricoltura e pesca, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 maggio 2001, attuativo del decreto legislativo n. 143 del 1997;
per un concreto sviluppo del settore ittico nazionale rivestono un'importanza strategica le politiche di cooperazione tra i Paesi del Mediterraneo; il Trattato italo-libico firmato il 30 agosto 2008 ed entrato in vigore con la legge di ratifica e di esecuzione n. 7 del 2009, stabilisce un «nuovo partenariato bilaterale», nel cui ambito è prevista una collaborazione economica e industriale, che ha per oggetto anche la pesca (articolo 17);
tuttavia, i continui problemi che i pescherecci italiani, in particolare quelli siciliani, hanno con gli altri Paesi rivieraschi, in primo luogo con la Libia, dimostrano l'insufficienza e l'inadeguatezza degli accordi bilaterali fin qui assunti e devono indurre il Governo ad assumere iniziative immediate per fare in modo che l'attività della pesca possa rappresentare per tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo un elemento di sviluppo;
i rapporti italo-libici in materia di pesca costituiscono, tra l'altro, solo un aspetto di una questione più ampia riguardante la disciplina dello sfruttamento delle risorse ittiche e della loro conservazione nell'intero Mediterraneo; le politiche bilaterali del Mediterraneo dovrebbero essere, a loro volta, parte di una più ampia visione multilaterale in grado di essere la base per una disciplina giuridica dei mari «semichiusi»,

impegna il Governo:

a prorogare anche per l'anno 2011 l'applicazione del programma triennale della pesca e dell'acquacoltura per dare tempo all'amministrazione di redigere il nuovo programma triennale, che dovrà tenere conto degli attuali mutamenti di scenario in atto;
ad intraprendere una forte azione politica e diplomatica nei confronti della Commissione europea per scongiurare il disimpegno automatico a fine 2010 dei fondi del fondo europeo per la pesca (fep) anche mediante un confronto con gli altri Stati membri dell'Unione europea che evidenziano ritardi nelle azioni di impegno dei fondi, come Spagna e Grecia, al fine di raggiungere una posizione unitaria per chiedere, in via straordinaria, lo slittamento di un anno dei termini relativi al meccanismo del disimpegno automatico («n+3»);
ad avviare al più presto le procedure per l'attuazione della delega contenuta nella legge comunitaria 2009 per il riassetto, il riordino, il coordinamento e l'integrazione della normativa nazionale in materia di pesca e acquacoltura, mediante la compilazione di un unico testo normativo;
ad assumere ogni iniziativa di competenza al fine di inserire la pesca marittima tra i lavori usuranti;
in vista della verifica del regolamento sulla pesca mediterranea (regolamento n. 1967/2006), a predisporre, d'intesa con le regioni, uno studio tecnico-scientifico sulle condizioni del Mar Mediterraneo, al fine di riconsiderare in ambito di Unione europea le decisioni di maggior impatto socioeconomico per l'Italia e al fine di dare soluzioni concrete e non penalizzanti al settore ittico nazionale, in relazione al processo di adeguamento alle disposizioni comunitarie;
a caldeggiare una rapida approvazione dei piani di gestione inviati a Bruxelles, in materia di pesche speciali per scongiurare il ritardato o addirittura mancato avvio della campagna di pesca 2010-2011, che tradizionalmente inizia a novembre;
ad attivare misure a favore della pesca a valere sulle risorse del fondo per l'imprenditoria giovanile in agricoltura e pesca, definendo una riserva di quota parte alla filiera ittica, nonché ad assumere iniziative per il rifinanziamento del fondo stesso;
a mettere in atto tutte le azioni e gli strumenti per individuare una dotazione separata e distinta per la pesca all'interno della ripartizione annuale del fondo unico agricoltura e pesca, dando certezza di programmazione al settore;
ad attivare nuove forme di supporto agli investimenti delle imprese ittiche ed allo sviluppo di azioni innovative, anche attraverso nuove modalità di intervento, in linea con la più recente normativa europea sugli aiuti di Stato per le piccole e medie imprese di settore, favorendo gli investimenti orientati alla crescita delle dimensioni aziendali, alle ristrutturazioni e ai salvataggi, alle concentrazioni e alle fusioni e ai prestiti partecipativi;
a disporre una revisione della proposta sul fermo biologico, prevedendo un prolungamento dei giorni, nell'ambito di una diversificazione dei periodi di fermo e di una diversificazione per specie;
nel quadro dei rapporti italo-libici, a negoziare ulteriori intese volte ad assicurare che nelle zone dell'alto mare siano garantite le tradizionali libertà e che, in particolare, non venga impedita in alcun modo la libertà di navigazione;
nel quadro dei rapporti italo-libici, ad adottare ogni iniziativa diplomatica volta a modificare la decisione libica di estendere il controllo delle acque sino a 72 miglia dalla propria costa, così consentendo l'esercizio della pesca in acque internazionali ai pescherecci italiani;
a farsi promotore nelle opportune sedi internazionali e, in particolare nell'ambito della politica europea di vicinato, della necessità di giungere ad una disciplina equa dello sfruttamento delle risorse ittiche e della loro conservazione nell'intero Mediterraneo.
(1-00477)
(Nuova formulazione) «Agostini, Sani, Oliverio, Zucchi, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Servodio, Trappolino».
(8 novembre 2010)

La Camera,
premesso che:
con il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, firmato a Bengasi il 30 agosto 2008, entrato in vigore il 19 febbraio 2009 a seguito della legge di ratifica e esecuzione 6 febbraio 2009, n. 7, nonché con i tre protocolli (due del 2007 e uno del 2009), si è inteso porre fine alla disputa risalente all'epoca coloniale e rafforzare, tra l'altro, la collaborazione tra i due Paesi nella lotta all'immigrazione clandestina per via marittima, anche attraverso la cessione di alcune motovedette e l'assistenza tecnica per la loro gestione;
tale accordo ha, soprattutto, segnato la conclusione di un lungo processo negoziale che era stato iniziato dai precedenti Governi, accelerato poi dall'attuale con l'intento di imprimere un salto di qualità nelle relazioni tra i due Paesi, istituendo un vero e proprio partenariato e non solo un semplice trattato di amicizia e navigazione, visto che la Libia è nei fatti sempre più importante per l'Italia a causa degli ingenti investimenti economici in

quel Paese, ma anche per le forniture di petrolio, gas e per il controllo dei flussi migratori dall'Africa;
in base al primo protocollo sopra citato è previsto un pattugliamento marittimo congiunto con motovedette messe a disposizione appunto dall'Italia, con l'impegno delle parti a effettuare operazioni di controllo, di ricerca e salvataggio nei luoghi di partenza e di transito delle imbarcazioni dedite al trasporto di immigrati clandestini nelle acque territoriali libiche e in quelle internazionali;
ad oggi, questo accordo ha lasciato palesare che esso, invece di tutelare e difendere i diritti di chi si trova nelle acque mediterranee per sfuggire da situazioni pericolose, ma anche nell'esercizio del proprio lavoro, dà il via libera a porre in essere comportamenti e atti illeciti da parte della Libia nella fattispecie;
infatti, malgrado il 10 giugno 2009 sia stato firmato un memorandum d'intesa, un primo passo verso una maggiore collaborazione tra i due Paesi, fatto che rappresenta un seguito operativo del trattato in questione, per un maggior rasserenamento dei rapporti tra Italia e Libia che hanno visto già in passato il verificarsi di alcuni momenti di tensione che hanno interessato da vicino il settore della pesca, proprio il 12 settembre 2010 una motovedetta libica ha aperto il fuoco contro il motopeschereccio italiano «Ariete» a circa 30 miglia dalla costa libica;
l'incidente, benché non abbia per fortuna provocato vittime, ha riaperto le polemiche sui rapporti italo-libici e sulla stipulazione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione del 2008, nonché sul contenuto dei tre protocolli citati;
quando tali episodi si manifestano e si ripetono continuamente, la preoccupazione è grande perché si denota, soprattutto, l'assenza di un'azione politica a livello nazionale e internazionale che affronti finalmente, nelle sedi dovute, questa questione ormai spinosa, che riguarda la gestione delle acque territoriali di confine e della pesca tra Italia e Libia;
il trattato con la Libia ha inserito la pesca tra gli ambiti di «collaborazione economica e industriale» tra i due Paesi (articolo 17), ma questo non ha finora prodotto alcun cambiamento per i nostri pescatori; la Libia, tra l'altro, rivendica al Golfo della Sirte il carattere di baia storica, così spostando in avanti unilateralmente, anche se al di sotto della mediana con l'Italia, il confine delle proprie acque territoriali (la proclamazione è avvenuta senza adeguata consultazione dell'Italia però), ma non è disposta a riconoscere alcun valore alla storica attività dei pescatori italiani tra la Sicilia e il Paese nordafricano, né a ridurre l'estensione della sua zona di pesca (62 miglia dal confine delle acque territoriali) illegittima sotto il profilo del diritto internazionale e insostenibile per l'economia dei Paesi vicini;
la competenza a concludere accordi di pesca è naturalmente una competenza comunitaria, a differenza di quella volta a stabilire i confini marittimi che resta nella sovranità degli Stati membri, ma l'Unione europea ha finora incontrato notevoli difficoltà nel Mediterraneo e mostrato qualche sottovalutazione di troppo sulla questione della pesca nel Canale di Sicilia, con particolare riferimento alle varie direttive che si sono succedute e che hanno provocato danni occupazionali per i pescatori e per l'indotto siciliani;
tra l'altro, i rapporti italo-libici in materia di pesca costituiscono solo un momento di una questione più ampia, che riguarda la disciplina dello sfruttamento delle risorse ittiche e della loro conservazione nell'intero Mediterraneo. Le politiche bilaterali dovrebbero essere parte di una più ampia visione che ponga il multilateralismo al servizio di una politica di cooperazione che dovrebbe essere la base, come insegna la stessa Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, per la disciplina dei mari semichiusi, qual è il Mediterraneo; in tal senso, un quadro più efficace potrebbe essere ora offerto non

tanto dall'Unione per il Mediterraneo, di cui la Libia non fa parte, ma dalla politica europea di vicinato;
è ormai imprescindibile che la Libia ratifichi la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, la quale non solo offre un quadro di riferimento per tutte le attività marittime, inclusi lo slittamento e la conservazione delle risorse ittiche, ma stabilisce anche una normativa precisa in caso di cattura di navi nella zona economica esclusiva (applicabile anche alle zone di pesca), a salvaguardia non solo dei legittimi interessi dello Stato costiero, ma anche di quelli degli equipaggi;
tra l'altro, in considerazione del fatto che alla Conferenza di Doha del marzo 2010 non è passata la proposta di inserire il tonno rosso tra le specie da proteggere in virtù della Convenzione di Washington del 1973 sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione (Cites), di cui la Libia fa parte, lo sfruttamento di tale specie nella zona di pesca libica sta diventando preoccupante a causa delle numerose licenze rilasciate dalla Nafco, l'Italia dovrebbe attivarsi per scongiurare il depauperamento, in particolare, del tonno rosso;
per questi motivi appare non più rinviabile l'adozione di un piano di cooperazione tra tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo in materia di slittamento delle risorse ittiche,


impegna il Governo:


nella fattispecie del contenzioso relativo alla pesca, ad assumere iniziative volte a concretizzare gli impegni sanciti dall'articolo 17, comma 4, del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, laddove si afferma che «Le due Parti si adoperano per concordare entro breve una Intesa tecnica in materia di cooperazione economica, scientifica e tecnologica nel settore della pesca e dell'acquacoltura e favoriscono intese analoghe tra altri Enti competenti dei due Paesi», e del successivo memorandum di intesa applicativo, firmato il 10 giugno 2009 per il raggiungimento di una più proficua collaborazione per la soluzione dell'annosa questione;
a contestare, nelle sedi appropriate, con maggiore forza e convinzione, la rivendicazione libica del Golfo della Sirte come baia storica, considerando l'altrettanto storica presenza dei pescatori siciliani in quella zona da tempo immemorabile;
ad agire in sede europea per ottenere il riconoscimento dei propri «diritti preferenziali di pesca» nella zona libica, poiché i pescatori italiani sono attivi nell'area da un cospicuo numero di anni, promuovendo una conferenza internazionale sulla pesca nel Mediterraneo con tutti i Paesi interessati a ottenere il riconoscimento degli stessi diritti;
a negoziare in sede europea la delimitazione della piattaforma continentale non ancora definita e il limite esterno delle aree marine, quali zona di pesca o zona economica esclusiva, qualora si dovesse arrivare a una delimitazione considerato che le rispettive zone si accavallano, e ad assumere iniziative per giungere a una regolamentazione definitiva, anche perché l'Italia, pur non avendo ancora proclamato una zona economica esclusiva, ha previsto l'istituzione di «zone di protezione ecologica» oltre il limite esterno del mare territoriale, la cui concreta attuazione attende l'adozione dei relativi decreti;
a svolgere un'intensa azione diplomatica affinché la Libia ratifichi nel più breve tempo possibile la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, proprio in funzione di uno sfruttamento ottimale delle risorse in cooperazione con organizzazioni internazionali rilevanti, come l'Iccat (International commission for the conservation of Atlantic tunas), che è competente anche per il Mediterraneo, e con la Commissione generale della pesca nel Mediterraneo.
(1-00478)
«Di Giuseppe, Donadi, Evangelisti, Borghesi».

La Camera,
premesso che:
sin dal 2003 i Ministri della pesca dei Paesi mediterranei, riuniti a Venezia, hanno ritenuto che fosse giunto il momento di migliorare la gestione della pesca nel Mediterraneo, al fine di risolvere i problemi legati allo sfruttamento delle risorse ittiche di un bacino su cui si affacciano 21 Stati sovrani ed in cui operano anche flotte provenienti da altri Paesi non mediterranei;
molti Paesi, infatti, anche molto lontani dal Mediterraneo, sono interessati al nostro prodotto ittico, non solo attraverso l'importazione commerciale, ma anche attraverso la pesca con flotte proprie, danneggiando l'attività di quelle che tradizionalmente vi operano, principalmente nel Canale di Sicilia;
una gestione sostenibile dell'attività della pesca presuppone, pertanto, una cooperazione più stretta tra i Paesi rivieraschi;
numerosi ed anche recenti episodi, come quello avvenuto il 12 settembre 2010 in cui il motopesca «Ariete» del compartimento marittimo di Mazara del Vallo è stato raggiunto da colpi di mitraglia sparati da una motovedetta libica ad oltre trenta miglia dalla costa della Libia, evidenziano la presenza di contenziosi costanti sulle acque utilizzate dai marittimi italiani per la pesca: spesso con la Libia ma in passato anche con altri Paesi rivieraschi;
il Consiglio consultivo regionale per il Mediterraneo (RAC-MED), riunitosi a Solonicco nel settembre 2010, ha valutato attentamente la situazione della giurisdizione delle acque nel Mediterraneo - sia ai fini dello sfruttamento delle risorse della pesca degli Stati costieri, sia per la protezione dell'ambiente marino - e i ripetuti incidenti dovuti a sconfinamenti veri o presunti di pescherecci in acque territoriali non internazionalmente ritenute tali, nonché la mancata armonizzazione delle misure tecniche e di gestione della pesca che sta vanificando gli sforzi sviluppati dall'Unione europea nella politica di conservazione delle risorse ittiche;
tuttavia, la piena e condivisibile azione di tutela e di salvaguardia del patrimonio marittimo del Mediterraneo, unita al necessario e giusto contrasto alla pesca distruttiva ed indiscriminata, deve essere armonizzata con le specificità e le peculiarità locali, al fine di evitare che la legislazione comunitaria possa prescindere da quelle che sono le vocazioni dei territori e creare, di conseguenza, tensioni di carattere sociale;
il regolamento n. 1967/2006 del Consiglio europeo del 21 dicembre 2006, relativo a «Misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mar Mediterraneo e recante modifica del regolamento (CEE) n. 2847/93 e che abroga il regolamento (CE) n. 1626/94», infatti, sta penalizzando, in questo momento di crisi strutturale, le marinerie italiane, non in grado di sopportare i maggiori costi di gestione derivanti dall'adeguamento delle attrezzature di pesca e dal cambiamento del tipo di pesca effettuato e questo sia per la pesca a strascico (che, avendo visto già lievitare il costo del carburante delle imbarcazioni, si troverà a far fronte, a causa dell'aumento della selettività delle reti, ad un minor pescato, soprattutto di specie pregiate, e quindi ad un calo di redditività complessiva) sia per quella speciale di bianchetto e di rossetto, che, non potendo più essere effettuata nella fascia costiera ed in corrispondenza delle praterie di fanerogame, sarebbe destinata a scomparire con grave danno per i piccoli operatori ittici e per alcune eccellenze gastronomiche ad essa legata;
solo per le imprese siciliane si parla di 393 imbarcazioni da demolire con una perdita di posti di lavoro di oltre 1.200 unità; inoltre, il costo degli interventi di dismissione della flotta per la sola Regione siciliana è stimato in oltre 78 milioni di euro, senza che un piano di tale portata assicuri un futuro per le imprese rimanenti;

qualora non intervenisse una proroga vi è il fondato rischio che le risorse stanziate dal fondo europeo per la pesca possano venire disimpegnate con grave nocumento per il settore;
le associazioni nazionali del settore ittico esprimono, oltre a ciò, profonda preoccupazione e allarme per il rischio che salti la prossima campagna di pesca 2010/2011 per le cosiddette pesche speciali tradizionali, attività stagionali svolte in forma artigianale nei mesi invernali da piccole imbarcazioni, che assumono un fondamentale ruolo socio-economico in molte regioni italiane. La sopravvivenza di queste attività è legata all'approvazione di uno specifico piano di gestione che l'Italia ha già provveduto a presentare a Bruxelles per soddisfare i requisiti di sostenibilità imposti dall'Unione europea;
il cosiddetto collegato lavoro, recentemente approvato dalla Camere, reca, tra l'altro, una delega per la revisione della disciplina in materia di lavori usuranti, tra i quali dovrebbe essere inserito l'esercizio della pesca, come richiesto dalle associazioni di categoria;
si segnala, infine, che il settore ittico italiano, oltre a scontare una crisi di redditività e una sostanziale stasi della filiera dal punto di vista dell'innovazione e del miglioramento della filiera, risulta in grande sofferenza per il taglio del 36 per cento dei fondi per l'attuazione del piano nazionale per la pesca marittima decisi con il decreto-legge n. 78 del 2010 per la stabilizzazione dei conti e recepiti dal disegno di legge di stabilità,


impegna il Governo:


a prevedere misure di sostegno al settore ittico italiano atte a ridurre l'impatto della crisi e delle misure comunitarie in materia, in particolare quella relativa alla riconversione delle imbarcazioni dedite alla pesca tradizionale, valutando l'opportunità di assumere iniziative per estendere il regime speciale dell'iva agricola anche nel settore ittico, avviare un riassetto della normativa nazionale in materia di pesca ed acquacoltura, varare un programma nazionale triennale per il riposizionamento e l'adeguamento delle imprese coinvolte, sostenere l'adeguamento delle reti e promuovere un coordinamento degli interventi delle regioni, al fine di prevedere piani di gestione locali, diversificazione delle attività, integrazioni del reddito, e, infine, estendere la cassa integrazione in deroga e fino al 31 dicembre 2011 in relazione al fermo biologico, anche per quei settori che ne erano esclusi, come, ad esempio, quello del pesce spada;
a valutare l'opportunità di richiedere all'Unione europea, unitamente a Paesi come Spagna e Grecia che presentano i medesimi ritardi, uno slittamento di 12 mesi dei termini per usufruire dei fondi del fondo europeo per la pesca (fep), che rischiano di essere altrimenti disimpegnati;
ad assumere iniziative normative affinché la disciplina relativa ai lavori usuranti sia estesa anche all'attività della pesca marittima;
ad elaborare, tra gli obiettivi di una politica della pesca nel Mediterraneo, uno schema di controllo per la lotta contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata;
ad adottare ogni iniziativa necessaria, in sede comunitaria, affinché sia avviata una revisione del regolamento citato in premessa in tempi anticipati rispetto a quelli previsti (2012), cogliendo anche l'occasione offerta in tal senso dal libro verde sulla riforma della politica comune della pesca (pcp), in materia di maggiore sussidiarietà e con particolare riferimento alle politiche nei confronti dei Paesi mediterranei non appartenenti all'Unione europea;
a sollecitare la Commissione europea affinché si esprima positivamente per una rapida approvazione del piano di gestione presentato dall'Italia per l'avvio della prossima campagna per le cosiddette pesche

speciali tradizionali, evitando di rinviare ogni decisione alla primavera del 2011;
a promuovere una conferenza mediterranea che definisca chiaramente la giurisdizione delle acque da parte degli Stati costieri - nel rispetto delle norme del diritto internazionale del mare - avviando negoziati per i contenziosi e le situazioni ad oggi sospese, al fine di stabilire un quadro in grado di garantire la certezza del diritto all'attività alla flotta comunitaria;
a sollecitare un processo di armonizzazione della misure tecniche e di gestione della pesca tra i Paesi rivieraschi, proseguendo e rilanciando gli sforzi già compiuti dalla stessa Commissione europea con la creazione dell'Associazione delle organizzazioni nazionali di imprese di pesca dell'Unione europea.
(1-00479)
«Delfino, Naro, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Volontè, Libè, Occhiuto».

La Camera,
premesso che:
a seguito della conclusione di un lungo processo negoziale e di numerose intese bilaterali, il 30 agosto 2008 è stato firmato a Bengasi il «Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista», entrato poi in vigore con la legge di ratifica ed esecuzione n. 7 del 2009;
scopo principale del presente trattato era quello di porre fine alla disputa risalente all'epoca coloniale e, contestualmente, prevedere una serie di collaborazioni in campo economico, industriale e energetico, in ambito scientifico e culturale, nonché nel settore della difesa, andando a realizzare non solo un trattato di amicizia, ma un vero e proprio partenariato tra i due Paesi, con la realizzazione di opere infrastrutturali di base, la costruzione di unità abitative in Libia, l'assegnazione di borse di studio per studenti libici in Italia e quant'altro;
l'articolo 19 del trattato prevede, in particolare, un rafforzamento della collaborazione «nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti, e all'immigrazione clandestina», anche in attuazione di due protocolli di cooperazione firmati a Tripoli il 29 dicembre del 2007;
specificatamente, poi, sul tema dell'immigrazione clandestina il comma 2, dell'articolo 19, prevede che le due Parti promuovono la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche, da affidare a società italiane in possesso delle necessarie competenze tecnologiche;
tuttavia, a quasi due anni di distanza dall'entrata in vigore del suddetto trattato, proprio l'aspetto relativo al rafforzamento della cooperazione nel campo dell'immigrazione clandestina è quello che si è rivelato maggiormente problematico sotto il profilo del rispetto delle norme fondamentali di diritto internazionale e di tutela dei diritti umani fondamentali;
in particolare, hanno suscitato enormi reazioni internazionali le politiche di respingimento in mare, avvenute nell'estate del 2009, che hanno visto il respingimento da parte di motovedette italiane di migranti imbarcati, senza distinzioni tra donne e bambini e, soprattutto, senza che fosse stata previamente verificata la sussistenza di migranti aventi diritto ad inoltrare domanda d'asilo;
tale aspetto è aggravato dal fatto che, come è noto, la Libia non ha mai ratificato la Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, e recenti dichiarazioni del Governo libico hanno ribadito che non vi è alcuna intenzione da parte del Governo libico di procedere a tale ratifica;
tale circostanza è stata ulteriormente aggravata dall'avvenuta chiusura nel giugno 2010 dell'ufficio dell'Alto commissariato

delle Nazioni Unite per i rifugiati che operava da più di vent'anni, in via di fatto, a Tripoli, garantendo una sia pur minima tutela dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo e, soprattutto, una minima attività di trasparenza rispetto a quanto effettivamente avveniva in Libia sulla condizione dei migranti e soprattutto sulla tutela dei richiedenti asilo;
il recente e gravissimo episodio del motopeschereccio italiano, contro il quale sono stati sparati dei colpi da una motovedetta libica regalata dall'Italia alle autorità libiche e con la presenza a bordo di esponenti della guardia di finanza italiana, non può certo essere giustificato sulla base del fraintendimento che il motopeschereccio era stato scambiato per un'imbarcazione di migranti, né essere derubricato ad un mero incidente;
lo stesso Parlamento europeo, in una risoluzione approvata il 17 giugno 2010, dopo aver esortato le autorità libiche a ratificare quanto prima la Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati e a consentire e facilitare lo svolgimento delle attività dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati in Libia, inclusa la creazione di un sistema nazionale di asilo, ha invitato gli Stati membri che rinviano gli immigrati in Libia, in cooperazione con l'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex), a porre immediatamente fine a queste pratiche qualora sussista il serio rischio che la persona interessata possa essere sottoposta alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti;
è urgente che l'Unione europea adotti quanto prima un sistema comune in materia d'asilo, assicurando così il pieno rispetto di un principio ormai riconosciuto dal diritto internazionale generale, e non lasciando il peso esclusivo della gestione di questo problema esclusivamente ai Paesi che sono per primi raggiunti dai richiedenti asilo;
il trattato prevede all'articolo 1 che le Parti si impegnino ad adempiere sia agli obblighi «derivanti dai principi e dalle norme del Diritto internazionale universalmente riconosciuti, sia quelli inerenti al rispetto dell'Ordinamento Internazionale», e all'articolo 6 è stata inserita una norma che impegna le parti, di comune accordo, ad agire conformemente alle rispettive legislazioni, agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
tuttavia, è evidente dai diversi fatti di cronaca verificatisi in questo anno e mezzo che tale articolo è rimasto in gran parte inattuato e che sussistono ancora troppe zone d'ombra nell'interpretazione del trattato, che non consentono una gestione dei flussi migratori provenienti dalla Libia conforme al rispetto delle norme di diritto internazionale generale o pattizio, ratificate dall'Italia;
l'articolo 10 della Costituzione, dopo aver ribadito al comma 1 che l'Italia si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute, al comma 3 specifica che «lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge»,


impegna il Governo:


ad adottare ogni iniziativa urgente sul piano diplomatico volta ad assicurare l'effettivo rispetto dei diritti garantiti ai sensi degli articoli 1 e 6 del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, per garantire che le politiche migratorie siano pienamente conformi alle norme di diritto internazionale, in particolare per quel che concerne i richiedenti asilo, anche in considerazione del fatto che, trattandosi di diritti fondamentali dell'uomo, la mancanza di coerenza tra gli impegni assunti e la loro attuazione renderebbe necessaria un'azione politico-diplomatica

da parte dell'Italia per una revisione del trattato che ne renda stringente l'interpretazione;
ad adottare ogni iniziativa urgente sul piano diplomatico per favorire quanto prima la ratifica da parte libica della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati e, in via immediata, la riapertura dell'ufficio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati;
ad adottare ogni iniziativa utile volta ad acquisire notizie certe e garanzie sulle condizioni e la destinazione dei richiedenti asilo in Libia, anche attivandosi con il Governo libico per consentire l'invio di una delegazione parlamentare italiana in visita ai centri di detenzione libici.
(1-00480)
«Tempestini, Maran, Amici, Narducci, Bressa, Fassino, Barbi, Corsini, Touadi, Gozi, Zaccaria, Pistelli».

La Camera,
premesso che:
il 19 febbraio 2009 è entrata in vigore la legge n. 7 del 2009 di ratifica ed esecuzione del «Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista» firmato a Bengasi il 30 agosto 2008;
all'origine del trattato vi sono state la volontà di chiudere un annoso contenzioso causato dalle note vicende storico-militari e la necessità di creare uno strumento che rafforzasse le relazioni già esistenti tra il nostro Paese e la Libia, in virtù degli ingenti interessi economici in campo in diversi settori e di stabilire un efficace coordinamento per il controllo dell'immigrazione clandestina;
la Libia e le sue frontiere rappresentano il terminale dove giungono centinaia di immigrati provenienti principalmente dal Ciad, dalla regione del Darfur e da altri Paesi dove sono in atto conflitti etnico-religiosi o dove sono presenti regimi autoritari, ma poiché il Paese libico non ha ancora sottoscritto la Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 1951, non è assicurato l'esercizio del diritto di asilo e desta preoccupazione la situazione dei migranti respinti e di quelli detenuti nei centri libici di detenzione;
secondo le onlus internazionali impegnate sul tema dei diritti umani, risulterebbero gravissime le violazioni ai diritti fondamentali della persona e, soprattutto, la detenzione in carcere di centinaia di potenziali richiedenti asilo tra i quali anche numerose donne e minori;
l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati ha più volte ribadito tutte le sue preoccupazioni a riguardo: «In Africa ci sono 10 milioni e mezzo tra sfollati, rifugiati e rimpatriati. E la Libia, che non ha mai sottoscritto la Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, rischia di trasformarsi in un cul de sac per troppi disperati»;
inoltre, secondo, il portavoce italiano dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, Laura Boldrini: «Come Unchr siamo presenti in Libia, ma non abbiamo un riconoscimento formale delle autorità locali. Cosa che ha ricadute pesanti sull'assolvimento del nostro mandato.»;
inoltre, sempre secondo la Boldrini, «anche solo per avere il visto di ingresso nel Paese i nostri operatori devono affrontare lunghe attese. Non abbiamo accesso a tutti i centri di detenzione dove sono i rifugiati. I richiedenti asilo ci sono e sono molti: non hanno accesso a forme di protezione, affrontano lunghe detenzioni, se sono liberi non hanno alcun sostegno all'integrazione»;
il 12 settembre del 2010, ad oltre trenta miglia dalla costa libica, il motopesca italiano «Ariete» è stato colpito da proiettili di mitraglia sparati da una motovedetta libica, con a bordo militari italiani, che aveva intimato l'alt al natante italiano;

l'accordo sottoscritto non prevede che i mezzi marittimi che pattugliano la zona di confine possano sparare a coloro che superino tale confine, peraltro ancora molto indefinito, a maggior ragione se a sparare sia personale libico su motovedette messe a disposizione dall'Italia;
da sempre la Libia ambisce ad ottenere il controllo sulle quelle acque internazionali ed estendere il proprio controllo sino a 72 miglia dalla sua costa, e nel trattato restano margini interpretativi fin troppo ampi che consentono il ripetersi di episodi come quello citato,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative presso il Governo libico volte a verificare che sia garantita l'attuazione di misure in materia di immigrazione pienamente rispettose delle norme di diritto internazionale relative alla protezione dei rifugiati e sia agevolata l'attività di monitoraggio sulle politiche in materia di immigrazione da parte dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati in quel Paese;
a valutare l'opportunità di adottare iniziative per modificare le attuali disposizioni che regolano la presenza di militari italiani a bordo delle motovedette messe a disposizione dal nostro Paese e le regole di ingaggio, evitando interpretazioni ed impieghi di materiale italiano per scopi che non siano destinati al contrasto dell'immigrazione clandestina.
(1-00481)
«Adornato, Volontè, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Naro, Libè, Rao, Occhiuto, Bosi».

La Camera,
premesso che:
il 30 agosto 2008 è stato firmato a Bengasi il «Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista» (entrato in vigore il 19 febbraio 2009 a seguito della legge di ratifica e esecuzione del 6 febbraio 2009, n. 7), a coronamento degli sforzi compiuti negli ultimi anni tra i due Paesi, per trovare una soluzione soddisfacente ai passati contenziosi storici legati ai danni del colonialismo;
il capitolo più importante del suddetto accordo di cooperazione, che definisce un nuovo e bilanciato partenariato politico ed economico tra i due Paesi, è quello rappresentato dal ruolo determinante che l'Italia avrà nella realizzazione di progetti infrastrutturali di base e che sarà affidata ad imprese italiane attraverso fondi che verranno gestiti direttamente dal nostro Paese;
la Libia rappresenta da tempo per l'Italia un Paese importante dove sono stati effettuati ingenti investimenti economici per le forniture di petrolio e gas e per il controllo dei flussi migratori dall'Africa;
in ragione anche di questi interessi, l'Italia si è impegnata, con questo accordo, a realizzare progetti infrastrutturali di base che dovranno essere concordati fra le Parti nei limiti di una spesa annua di 250 milioni di dollari per venti anni, mentre la Libia si è impegnata ad abrogare tutti i provvedimenti e le norme che impongono vincoli o limiti alle imprese italiane operanti nel Paese;
la preferenza per le imprese italiane, compatibile con le regole comunitarie, è già stata attuata anche in altri settori dove sta dando i suoi frutti. L'Italia oggi risulta essere il terzo Paese investitore in Libia, tra quelli europei, ed il sesto a livello mondiale, con una presenza di oltre 100 imprese presenti stabilmente nel Paese, prevalentemente collegate al settore petrolifero (come Eni, Snam progetti, Edison, Tecnimont, Saipem), alle infrastrutture, ai comparti della meccanica, dei prodotti e della tecnologia per le costruzioni (Impregilo e Bonatti), dell'ingegneria ed impiantistica (Techint e Technip), dei trasporti (Iveco e Calabrese) e delle telecomunicazioni (Sirti e Telecom Italia), solo per citarne alcune;

nell'ambito dei suddetti accordi Italia-Libia per la realizzazione della superstrada Rass Ajdir-Imsaad (la cosiddetta «Autostrada dell'amicizia» che attraverserà la Libia per circa 1.700 chilometri dal confine con l'Egitto a quello con la Tunisia), il Governo italiano ha recentemente promosso la formazione di tre consorzi che comprendono 20 imprese italiane, ma nessuna tra queste ha sede nel Mezzogiorno;
sono numerose le imprese meridionali che si vanno affermando nel settore dell'edilizia, in quello dell'informatica, nella produzione dei pannelli fotovoltaici, come nell'impiantistica, nelle infrastrutture, nella formazione professionale e universitaria, nell'assistenza sanitaria, imprese che sarebbero pronte a consorziarsi tra loro, o con le grandi imprese nazionali, per la realizzazione delle suddette infrastrutture e che non meritano di trovarsi escluse dall'albo che il Governo italiano potrà aggiornare e segnalare alle autorità libiche per l'affidamento delle commesse;
il 29 dicembre 2007 Italia e Libia hanno siglato a Tripoli un protocollo di cooperazione per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, in base al quale le due Parti intensificheranno la collaborazione nella lotta contro le organizzazioni criminali dedite al traffico degli esseri umani e allo sfruttamento dell'immigrazione clandestina. L'accordo prevede, in particolare, l'organizzazione di pattugliamenti marittimi congiunti davanti alle coste libiche;
più in particolare, il suddetto accordo prevede che l'Italia si impegni a cooperare con l'Unione europea «per la fornitura di un sistema di controllo per le frontiere terrestri e marittime libiche, al fine di fronteggiare l'immigrazione clandestina». La direzione e il coordinamento delle attività addestrative ed operative di pattugliamento marittimo vengono affidati ad un comando operativo interforze che sarà istituito presso una «idonea struttura» individuata dalla Libia. Il responsabile sarà un «qualificato rappresentante» designato dalle autorità libiche, mentre il vice comandante (con un suo staff) verrà nominato dal Governo italiano;
tra i compiti del Comando interforze ci sono quelli di organizzare l'attività quotidiana di addestramento e pattugliamento, di «impartire le direttive di servizio necessarie in caso di avvistamento e/o fermo di natanti con clandestini a bordo», di interfacciarsi con le «omologhe strutture italiane», potendo anche richiedere l'intervento o l'ausilio dei mezzi schierati a Lampedusa per le attività anti-immigrazione;
nella comunicazione della Commissione europea al Consiglio dell'Unione europea del 30 novembre 2006 «Rafforzare la gestione delle frontiere marittime meridionali» (Com 2006-733) si individuava «l'esigenza di cooperare con i Paesi di transito dell'Africa e del Medio Oriente per trattare la questione dei migranti illegali»;
per la Commissione europea l'asilo costituisce un elemento di rilievo di tale risposta e un'opzione efficace per le persone che necessitano di protezione internazionale. A tale scopo, occorre assicurare che gli Stati membri applichino con coerenza ed efficienza gli obblighi di protezione, per quanto riguarda l'intercettazione e il salvataggio in mare di persone che possano necessitare di protezione internazionale e la sollecita identificazione di queste persone dopo lo sbarco, presso i luoghi di accoglienza;
Amnesty international ha diffuso un rapporto nel quale sottolinea come la situazione dei diritti umani in Libia risenta dell'assenza di riforme, nonostante il Paese intenda giocare un ruolo di maggior rilievo sul piano internazionale. Il rapporto, basato anche su una missione di ricerca sul campo del 2009 e aggiornato fino alla metà del maggio 2010, denuncia una serie di violazioni dei diritti umani, tra cui la tortura, la fustigazione delle donne e la pena di morte;
la politica di respingimenti avviata in applicazione del nuovo accordo com

porta rischi di violazioni dei diritti umani, tanto da suscitare preoccupazione e condanna di organismi ed istituzioni internazionali,


impegna il Governo:


ad adottare iniziative politico-diplomatiche presso le autorità libiche affinché vengano garantite alle imprese meridionali pari opportunità di accesso alla realizzazione delle grandi opere infrastrutturali previste in Libia nell'ambito degli accordi di partenariato di Bengasi del 2008;
ad assumere, anche in vista della revisione universale periodica nell'ambito del Consiglio dell'Onu dei diritti umani che a novembre del 2010 riguarderà anche la Libia, un ruolo guida nella verifica del rispetto dei diritti umani da parte della Libia.
(1-00482)
«Misiti, Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».

La Camera,
premesso che:
il settore della pesca, anche per scelte politiche dell'Unione europea che hanno suscitato perplessità tra gli stessi operatori del comparto, è investito, ormai da anni, da un forte processo di ristrutturazione e riorganizzazione, che ne ha ridimensionato la consistenza numerica delle imprese e degli occupati e sul quale la crisi economica internazionale ha acuito le problematiche;
l'accentuarsi dello stato di crisi del settore della pesca italiana ed europea è dovuta a molteplici cause imputabili, tra l'altro, all'esponenziale aumento dei costi del carburante ad uso dei motopescherecci, che incide fortemente sui redditi d'impresa, ma anche a causa di fattori comunitari;
è necessario sottolineare che il segnale più evidente della crisi del settore è costituito dal fatto che oltre la metà dei consumi nazionali di prodotti derivanti dalla pesca dipende dalle importazioni, considerando anche che la flotta italiana si caratterizza, tra l'altro, per il basso grado di rinnovamento ed ammodernamento;
nel settore pesca, stante la crisi, sarebbe necessario prevedere sgravi fiscali e previdenziali, nonché l'applicazione del credito d'imposta per l'acquisizione di beni strumentali nuovi;
si assiste sempre più alla progressiva sottrazione di aree di pesca utili nel Mediterraneo, a causa delle dichiarazioni di zone di pesca esclusive effettuate dai Paesi rivieraschi del Mediterraneo, quali Libia, Algeria e Tunisia;
resta grave la questione degli interventi strutturali del fondo europeo per la pesca 2007-2013 e della programmazione triennale di settore che lamentano un preoccupante ritardo, stante le incertezze nella definizione dei relativi programmi operativi;
la programmazione europea del fondo europeo per la pesca 2007-2013 ha assegnato all'Italia un finanziamento comunitario complessivo di 376,5 milioni di euro, destinati per 282,5 milioni di euro alle regioni dell'obiettivo convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) e per 94 milioni di euro alle restanti regioni; a tali risorse bisogna aggiungere il cofinanziamento degli interventi da parte dell'Italia, in modo che l'impegno finanziario complessivo per il settore nei prossimi sette anni ammonti a circa 700 milioni di euro;
gli stessi fondi del fondo europeo per la pesca relativi alla programmazione 2008, se non verranno impegnati entro l'anno, andranno persi arrecando un ulteriore e inammissibile danno alla pesca e, in particolare, alle imprese del Mezzogiorno,


impegna il Governo:


ad orientare la politica della pesca ad una decisa azione di rilancio del settore che si fondi su linee di indirizzo strategico;

a valorizzare i prodotti della pesca come parte integrante del patrimonio agroalimentare e delle tradizioni enogastronomiche del Paese, anche nella prospettiva di promuoverne la presenza nei mercati esteri;
a sostenere la creazione di un'area di libero scambio nel Mediterraneo, una fondamentale opportunità di sviluppo e crescita per i Paesi che su questo mare si affacciano, grazie alla quale sarà possibile costruire regole ed azioni condivise, idonee a superare le differenze oggi presenti, che, in particolare nella pesca, determinano forti tensioni tra le marinerie dei diversi Paesi che si affacciano sul Mediterraneo;
a favorire la riorganizzazione e la competitività del settore attraverso lo sviluppo e l'associazionismo e della cooperazione e delle organizzazioni di produttori;
a prevedere, anche attraverso apposite iniziative normative, l'applicazione del credito d'imposta per l'acquisizione di nuovi beni strumentali;
a prevedere, anche attraverso apposite iniziative normative, misure di carattere previdenziale volte a sostenere i marittimi imbarcati a bordo di navi da pesca indicando l'attività marittima tra quelle usuranti;
a favorire la modernizzazione del settore e a promuovere la qualità, in particolare attraverso interventi volti ad agevolare e sostenere la tracciabilità della filiera ittica;
a promuovere una riforma volta a semplificare e ridurre gli oneri burocratici ed amministrativi ai quali il settore della pesca è soggetto;
a sviluppare politiche strutturali per una più competitiva gestione della flotta, al fine di aiutare il settore della pesca;
a sostenere con migliore efficacia i periodi di fermo pesca, necessari per consentire il ripopolamento degli stock;
ad incentivare la pesca in mare, sviluppando processi di filiera certificati da appositi marchi di qualità ecologica per i prodotti della pesca nazionale, seppure a partecipazione volontaria, che rispettino criteri chiari e oggettivi in materia di pratiche della pesca, insieme alla qualità del pesce;
ad attivare tutti gli ammortizzatori sociali necessari per governare la crisi che sta interessando le imprese del settore della pesca, in particolare nel Mezzogiorno, particolarmente esposte alla congiuntura sfavorevole e alle conseguenze derivanti dalla crisi economica;
ad assumere opportune iniziative in sede di Unione europea allo scopo di evitare che le risorse del fondo europeo per la pesca non impegnate siano disimpegnate, evitando un danno che ricadrebbe sull'intera filiera della pesca.
(1-00483)
«Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Misiti, Brugger».

La Camera,
premesso che:
il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione con la Libia è stato firmato il 30 agosto 2008 ed è entrato in vigore il 2 marzo 2009, in tempi, quindi, eccezionalmente rapidi, dovuti anche all'ampia convergenza bipartisan sulla sua ratifica;
da un punto di vista generale il trattato ha consentito di raggiungere risultati positivi in tutti i principali settori di collaborazione. Esso si è innanzitutto tradotto in un forte rilancio e in una forte intensificazione del dialogo politico, attraverso lo svolgimento di frequenti incontri al massimo livello e, soprattutto, mediante la firma e la conclusione di importanti intese bilaterali in vari settori;
già nel corso della prima visita in Italia del colonnello Gheddafi (che ha avuto luogo dal 10 al 13 giugno 2009), sono stati finalizzati quattro importanti accordi: la Convenzione per evitare le doppie imposizioni; il memorandum sulla semplificazione delle procedure di rilascio

dei visti; il memorandum sulla collaborazione economica, scientifica e tecnica nel settore delle risorse marine e lo scambio di lettere sulla concessione di borse di studio a cento studenti libici;
il Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi, nel corso della sua visita in Libia, del 27 e 28 marzo 2010, per intervenire, su invito del colonnello Gheddafi, al vertice della Lega Araba di Sirte, ha, tra l'altro, svolto una proficua opera di mediazione della complessa crisi libico-svizzera che si era creata, coronata da successo anche a seguito di una nuova missione del Presidente del Consiglio dei ministri a giugno 2010, con il rientro in patria dello svizzero Max Goldi;
il 30 agosto 2010, secondo anniversario del trattato di Bengasi, il colonnello Gheddafi ha effettuato una visita a Roma per partecipare alle celebrazioni della seconda Giornata dell'amicizia italo-libica. L'occasione ha consentito di confermare l'eccellente stato delle relazioni tra Italia e Libia per l'intenso sviluppo della collaborazione bilaterale in tutti i settori di reciproco interesse;
per quanto riguarda il settore dell'industria, nell'aprile 2009 è stato firmato dal Ministro dello sviluppo economico un accordo di cooperazione economica, commerciale e industriale, che prevede, in particolare, l'istituzione in Libia di zone industriali riservate alle aziende italiane;
nel quadro dell'azione condotta dal Ministero dell'interno per il rafforzamento della collaborazione italo-libica nel settore migratorio, nel 2009 il Ministro Maroni ha compiuto tre visite a Tripoli. Nel corso della prima, il 4 febbraio 2009, ha firmato con l'omologo libico un protocollo in materia di contrasto all'immigrazione clandestina, in seguito al quale è stato possibile avviare i pattugliamenti marittimi congiunti previsti dall'accordo firmato il 29 dicembre 2007 dall'allora Ministro Amato;
il 15 aprile 2010 il Ministro Frattini ha firmato con l'omologo libico un accordo per l'abolizione dell'obbligo di visto per i titolari di passaporti diplomatici e di servizio, entrato in vigore il 14 agosto 2010;
questo fitto scambio di visite, caratterizzate dalla firma di intese tecniche, dimostra come il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione costituisca la tela di fondo per il raggiungimento di obiettivi concreti di nostro interesse;
tra il 2009 e il 2010 tutti gli organismi tecnici misti previsti dal trattato si sono insediati e hanno avviato i loro lavori. Per quanto concerne, in particolare, l'attività della commissione mista prevista dall'articolo 9 del trattato, della quale fanno parte per l'Italia funzionari del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dello sviluppo economico, è in corso la procedura di selezione delle aziende italiane che realizzeranno l'autostrada costiera;
in particolare, la politica di contrasto dell'immigrazione clandestina, messa in opera grazie alle intese sopra ricordate, ha consentito di conseguire un drastico calo degli sbarchi, azzerando sostanzialmente gli arrivi di immigrati in Italia;
la decisione adottata nei mesi scorsi dalle autorità di Tripoli di chiudere l'ufficio dell'Unhcr (Agenzia dell'Onu per i rifugiati) in Libia è stata successivamente modificata anche a seguito di un'azione condotta dal Governo italiano. Le autorità di Tripoli stanno, infatti, consentendo la prosecuzione delle attività e dei progetti che fanno capo all'Unhcr in Libia e hanno avviato con lo stesso Alto commissario un negoziato per definire un accordo di sede. L'Alto commissario ha dato formalmente atto che tali sviluppi positivi sono stati resi possibili grazie all'azione che il Governo italiano ha sempre svolto e che continua a svolgere in tal senso nei confronti di Tripoli;
sempre in tema di lotta all'immigrazione clandestina ed alla tratta di esseri umani, in base a quanto previsto dall'articolo

19, paragrafo 2, del Trattato di amicizia, nei mesi scorsi è stato avviato il progetto per la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche, finanziato dall'Italia con un importo di circa 150 milioni di euro su tre anni. Conformemente a quanto previsto dal Trattato di amicizia (articolo 19, paragrafo 2), il Governo italiano ha richiesto nelle opportune sedi a Bruxelles che l'Unione europea si faccia carico dei costi necessari ad un ulteriore sviluppo del progetto, tenuto in particolare conto degli impegni presi con le autorità di Tripoli anche su questo punto dalla Commissione europea nel luglio 2007 (memorandum Ferrero Waldner-Al Obeidi);
in un quadro più generale il Governo sta da tempo svolgendo in sede comunitaria un'azione coordinata volta ad ottenere un maggiore impegno dei partner europei e delle istituzioni comunitarie alla lotta all'immigrazione clandestina nel Mediterraneo e, in tale ambito, una più intensa collaborazione con la Libia; sotto questo profilo è, in particolare, previsto un ampio volet migratorio nell'accordo quadro Unione europea-Libia attualmente in fase negoziale; le recenti affermazioni del leader libico sulla necessità di impegni economici europei vanno inserite in tale contesto e saranno esaminate nel corso del vertice Unione europea-Africa che si terrà proprio in Libia a fine novembre 2010;
che la lotta all'immigrazione clandestina sia uno dei pilastri della politica dell'attuale Governo è dimostrato anche dai dati diffusi nel mese di ottobre 2010 dall'Agenzia europea per le frontiere (Frontex), che hanno rilevato un «drastico calo» degli ingressi illegali sul fronte dell'immigrazione tra gennaio e agosto 2010 dell'ordine del 72 per cento sullo stesso periodo del 2009; in forte calo anche i soggiorni illegali nel Paese, diminuiti del 19 per cento nei primi otto mesi del 2010 rispetto allo stesso periodo 2009;
quello che manca ancora è una politica comune europea sulla gestione dell'immigrazione illegale; è necessario ragionare, a livello europeo, e forse anche mondiale, su come consentire l'immigrazione legale e, quindi, la partecipazione di tanti lavoratori stranieri allo sviluppo del Paese e dell'Unione europea, impedendo al tempo stesso che organizzazioni criminali gestiscano vere e proprie tratte di esseri umani; in questo ambito, il Governo italiano ha per primo sollevato in Europa il problema, sottolineando come il fronteggiare da un lato l'immigrazione clandestina e l'adottare dall'altro una politica di accoglienza, di inserimento e di integrazione dei lavoratori stranieri che giungono in Europa non costituisca questione che possa essere semplicemente delegata alla buona volontà dei Paesi costieri. È questa un'azione il Governo continua a proporre in ogni forum multilaterale ed in ogni incontro bilaterale,


impegna il Governo:


a proseguire nell'attuazione degli impegni sanciti dal Trattato italo-libico di amicizia, in vista dell'auspicata creazione di un forte ed ampio partenariato bilaterale in tutti i settori di collaborazione;
a svolgere un ruolo di stimolo, avvalendosi dell'esperienza maturata nei rapporti con la Libia e dell'eccellente stato delle relazioni bilaterali, sulla tematica del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, anche nell'ambito del negoziato per la conclusione di un accordo quadro tra l'Unione europea e la Libia attualmente in corso;
nell'ambito dell'azione di controllo e regolamentazione dei flussi migratori, svolta dal Governo anche a garanzia dei necessari livelli di sicurezza nel nostro Paese, a proseguire nella collaborazione con Tripoli in materia di lotta all'immigrazione clandestina e di contrasto alle attività delle organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani, lungo le linee direttrici delineate in questi ultimi

mesi che hanno consentito un radicale ridimensionamento nell'afflusso di clandestini sulle coste italiane.
(1-00484)
«Antonione, Dozzo, Sardelli, Romano, Baldelli, Biancofiore, Boniver, Bonciani, Del Tenno, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Migliori, Moles, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Nirenstein, Pianetta, Picchi, Scandroglio, Zacchera».

La Camera,
premesso che:
il «Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista», firmato a Bengasi il 30 agosto 2008 ed entrato in vigore a seguito della legge di ratifica ed esecuzione del 6 febbraio 2009, n. 7, intendeva porre fine al contenzioso tra i due Paesi risalente all'epoca coloniale, dando vita ad una nuova fase politica basata sul rispetto reciproco e sulla pari dignità;
tale trattato - diversamente da quanto normalmente accade quando il Parlamento italiano discute i trattati internazionali - è stato oggetto fin dalla sua discussione nelle Commissioni affari esteri di Camera e Senato di una forte, ancorché minoritaria, contestazione politica per i suoi contenuti;
l'Italia è, infatti, il primo Paese che ha stipulato un trattato di «amicizia» con la Libia, dopo che questo Paese è stato tolto dalla lista di quelli sotto sanzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu; sanzioni che erano state imposte dopo l'accertamento delle responsabilità delle autorità di Tripoli in attività di terrorismo internazionale che hanno colpito interessi e tolto la vita a cittadini di Paesi alleati dell'Italia all'interno della Nato e dell'Unione europea;
secondo tale trattato - all'articolo 8, capo II - l'Italia si è impegnata, tra l'altro, a realizzare in Libia progetti infrastrutturali nei limiti di una spesa di 5 miliardi di dollari per un importo annuale di 250 milioni di dollari in 20 anni, quale segno di risarcimento per il colonialismo italiano di inizio secolo scorso, e la Libia si è impegna ad abrogare tutti i provvedimenti e le norme che impongono vincoli o limiti alle imprese italiane operanti nel Paese;
nessuna cifra è stata, invece, indicata nel trattato per risarcire né gli italiani espulsi dalla Libia dopo il colpo di Stato del Colonnello Gheddafi, né per le imprese italiane che hanno continuato a lavorare in Libia e che non si sono viste corrispondere i crediti che vantano legalmente;
solo in sede parlamentare, all'interno del disegno di legge di ratifica, si è dopo prevista una cifra parziale di risarcimento per i cittadini espulsi dalla Libia, che resta tuttavia ancora da corrispondere, mentre niente si è previsto al momento a tutela dei crediti delle imprese italiane che hanno operato in Libia;
nei mesi precedenti la ratifica parlamentare le autorità italiane, e in particolare il Ministero dell'interno, hanno posto grande enfasi sulla necessità di ratificarlo, per gli effetti che quest'atto avrebbe avuto nel contrasto all'immigrazione clandestina proveniente dalla Libia;
l'articolo 19 del trattato, infatti, prevede - dando attuazione al protocollo di cooperazione, firmato a Tripoli il 29 dicembre 2007 tra il Ministro dell'interno Amato e il Ministro degli esteri libico Abdurrahman Mohamed Shalgam - un pattugliamento del tratto di Mediterraneo tra la Sicilia e la Libia con equipaggi misti italo-libici, con motovedette messe a disposizione dall'Italia e con la realizzazione di un sistema di telerilevamento alle frontiere terrestri libiche da affidare alle società italiane;
nonostante l'articolo 19 non faccia, però, alcun riferimento ai respingimenti verso la Libia dei migranti intercettati in mare, bensì solo alle operazioni di pattugliamento congiunto, dal maggio 2009, e

come ampiamente preannunciato dal Ministro dell'interno Maroni prima dell'ingresso in vigore del trattato, è stata introdotta la politica italiana dei respingimenti in Libia delle persone intercettate nel Canale di Sicilia, quali misure volte a contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina;
tale politica destava fin dall'inizio profonda preoccupazione poiché, nonostante gli impegni generali delle Parti contraenti previsti dal trattato al rispetto dei diritti umani, la Libia non ha mai ratificato le convenzioni di Ginevra che tutelano i diritti dei rifugiati e, soprattutto, pratica da lungo tempo una politica di discriminazione e di gravi violazioni dei diritti dell'uomo, denunciate regolarmente dalle organizzazioni internazionali, nei confronti delle centinaia di migliaia di migranti che transitano o risiedono in Libia e che provengono da zone dell'Africa dove sono in corso conflitti armati e crisi umanitarie gravissime da lungo tempo, che sono costati la vita a milioni di persone;
l'Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), come riportato nell'articolo del Sole 24 Ore del 12 maggio 2009, ha subito espresso profonda preoccupazione per la politica dei respingimenti che l'Italia ha deciso di applicare, visto che «essa mina l'accesso all'asilo nell'Unione europea e comporta il rischio di violare il principio fondamentale di non respingimento (non-refoulement) previsto dalla Convenzione del 1951 sui rifugiati»;
per tutta risposta le autorità libiche, il 2 giugno 2010 hanno deciso di chiudere l'ufficio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati a Tripoli, chiarendo definitivamente - per il momento - che non vogliono che sia garantita alcuna protezione internazionale a centinaia di migliaia di migranti che si trovano in Libia e che non hanno riconosciuto alcuno status giuridico;
stando a quanto riferito dalla stessa agenzia Onu, l'ufficio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati è stato chiuso dalle autorità libiche senza alcuna spiegazione né preavviso;
l'8 giugno 2010, in un comunicato diffuso sul sito dell'agenzia di stampa ufficiale libica Jana, il Comitato popolare per le comunicazioni estere e la cooperazione internazionale libico, ha fatto sapere che «la Libia non riconosce l'esistenza dell'Ufficio dei rifugiati nel suo territorio perché la Libia non è uno Stato membro della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 1951 sui rifugiati, e non ha firmato alcun accordo di cooperazione con l'Ufficio dell'Alto commissariato per i rifugiati. Di conseguenza, qualsiasi attività svolta dall'Ufficio è stata un'attività illecita»;
la portavoce dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati in Italia, Laura Boldrini, si è subito augurata che tale chiusura sia temporanea visto che la Libia non solo non ha firmato la Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 1951 sui rifugiati, ma neanche ha nel proprio ordinamento un sistema per la richiesta e l'ottenimento dell'asilo politico, e si ricorda che finora a tale mancanza sopperiva l'ufficio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, valutando le domande dei richiedenti e assegnando eventualmente lo status di rifugiato;
grave preoccupazione per l'applicazione di tale politica dei respingimenti è stata espressa a più riprese anche da altre autorità come dall'Alto commissario Onu sui diritti umani Navy Pillay, dalla Conferenza episcopale italiana, e dal Commissario ai diritti umani del Consiglio d'Europa Thomas Hammarberg;
il dossier dell'organizzazione non governativa internazionale Human rights watch, intitolato «Scacciati e schiacciati», pubblicato il 21 settembre 2009, critica duramente la politica sull'immigrazione del Governo italiano e si scaglia contro i respingimenti verso la Libia effettuati dal Governo, dichiarando che «l'Italia intercetta migranti africani e richiedenti asilo e senza valutare se veramente sono rifugiati

o bisognosi di protezione, li respinge forzatamente in Libia, dove molti sono detenuti in condizioni disumane e degradanti»; «la realtà è che l'Italia respinge senza senso i migranti»;
il 23 giugno 2010 è stato pubblicato un rapporto di Amnesty international dal titolo «La Libia domani: quale speranza per i diritti umani?», che mette in luce il fatto che i rifugiati, i richiedenti asilo e i migranti irregolari che si trovano in Libia siano sfruttati e subiscano violenze, abusi e torture durante la loro detenzione da parte delle autorità libiche;
secondo tale rapporto, diverse migliaia di loro sono detenuti indefinitamente in centri sovraffollati e molti rischiano costantemente di essere rinviati in Paesi come la Somalia e l'Eritrea, dove potrebbero essere sottoposti a persecuzioni e torture;
sulla base dei dati relativi ai respingimenti in un periodo di soli quasi quattro mesi, dal 6 maggio al 30 agosto 2009, ci sono state complessivamente 8 operazioni di respingimento nel Canale di Sicilia e in totale sono stati riportati in Libia 757 immigrati - il dato è stato reso noto dal Sottosegretario all'interno Mantovano nell'audizione del 22 settembre 2009 presso il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione ed il funzionamento della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen e di vigilanza sull'attività dell'unità nazionale Europol -;
sempre secondo i dati forniti dal Ministero dell'interno, il Sottosegretario di Stato Nitto Palma, durante la seduta n. 251 del 24 novembre 2009, ha dichiarato che nessuno dei «respinti» intercettati dalle autorità italiane avrebbe fatto richiesta di asilo politico o di protezione internazionale, mentre i dati relativi al 2008, riportano che, dei 36 mila cittadini di altri Paesi che sono sbarcati sulle nostre coste, circa il 75 per cento ha fatto domanda di asilo;
come riportato nell'articolo de L'Unità del 20 luglio 2010, anche 103 dei 205 eritrei che si trovavano segregati in condizioni estreme nel carcere libico di Brak - e che lì rimasero per 16 giorni - erano stati respinti in Libia dopo essere stati intercettati in mare dalle autorità italiane;
nell'articolo de L'Unità del 20 luglio 2010, Don Mussie Zerai, sacerdote e responsabile dell'agenzia Habesha - un'organizzazione non governativa con sede a Roma che si occupa dell'accoglienza dei migranti africani - ha affermato che: «gran parte dei 205 eritrei segregati nel carcere libico di Brak erano sulla rotta di Lampedusa quando sono stati arrestati e portati nel lager di Gheddafi, ammassati in 90 in una stanzetta e picchiati ogni due ore»;
a seguito dell'accordo, firmato il 7 luglio 2010 con il Ministro del lavoro libico e su pressione del Governo italiano, i 205 eritrei sono stati liberati dal carcere di Brak e la loro condizione è attualmente la seguente: gli eritrei, dopo esser stati liberati il 17 luglio 2010 dal carcere di Brak, sono ora bloccati nella città di Sebha, a 800 chilometri da Tripoli, dove hanno un permesso di soggiorno di tre mesi, che però ha validità solo nella regione di Sebha; gli eritrei con il permesso di soggiorno possono solo circolare liberamente nella città di Sebha, ma non possono uscirvi e, una volta scaduto il permesso di soggiorno, i migranti saranno costretti a chiedere un visto, per il quale dovranno prima recarsi all'ambasciata eritrea e farsi rilasciare un passaporto; per gli eritrei tale ultima eventualità è impraticabile e molto pericolosa, dal momento sono richiedenti asilo in fuga dal proprio Paese, dove l'emigrazione è considerata un crimine e punita severamente;
in merito alla vicenda dei 205 eritrei, il 7 luglio 2010 il Sottosegretario di Stato agli esteri Stefania Craxi, parlando con i cronisti a margine della sua audizione presso la Commissione esteri del Senato, ha così affermato: «L'Italia sarebbe pronta ad accogliere alcuni dei cittadini eritrei attualmente in Libia a de

terminate condizioni»; «Già nel 2009 abbiamo accettato una procedura di resettlement per 67 cittadini eritrei e se anche in questo caso si ripresentassero le medesime condizioni, il Governo italiano farà la sua parte», ha assicurato la Craxi. «Ci aspettiamo che lo stesso facciano anche altri stati dell'Ue», ha aggiunto;
l'articolo 4 del trattato Italia-Libia sancisce il principio di non ingerenza diretta o indiretta negli affari interni o esterni che rientrino nella giurisdizione dell'altra Parte, attenendosi allo spirito di buon vicinato;
tale articolo, inoltre, sancisce al comma 2 che: «Nel rispetto dei principi della legalità internazionale, l'Italia non userà, ne permetterà l'uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia e la Libia non userà, né permetterà, l'uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro l'Italia»;
il 12 settembre 2010, al largo di Lampedusa, un motopeschereccio italiano che si trovava in acque internazionali è stato avvicinato da una motovedetta guidata da equipaggio libico, ma all'interno della quale vi era anche un equipaggio italiano e, in particolare, si trattava di ufficiali della Guardia di finanza;
questa motovedetta è una delle sei che il Governo italiano ha donato al Governo libico a seguito della ratifica del trattato di amicizia, partenariato e cooperazione, allo scopo di effettuare i pattugliamenti congiunti per contrastare l'immigrazione clandestina per via marittima;
la motovedetta ha in seguito sparato ripetutamente colpi di mitra che hanno colpito il peschereccio italiano, mettendo a rischio la vita dell'equipaggio;
dinanzi all'interrogazione a risposta immediata a prima firma Mecacci e concernente il suddetto fatto, il 15 settembre 2010, il Governo italiano nella figura del Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha così risposto: «L'episodio, molto grave, che ha visto coinvolto il peschereccio italiano richiederà un forte impegno affinché azioni del genere non si ripetano più. Nessun accordo né alcuna regola d'ingaggio consente, infatti, interventi con armi da fuoco verso imbarcazioni pacifiche. D'altra parte, lo stesso comandante libico, e subito dopo l'autorità di Tripoli, incluso il Ministero degli affari esteri, hanno formalmente presentato le loro scuse. In Libia è stata avviata un'inchiesta per chiarire le dinamiche dei fatti e accertare le responsabilità. In Italia sono in corso l'indagine promossa dal Ministero dell'interno e l'indagine penale avviata contro ignoti per tentato omicidio dalla magistratura di Agrigento. Il Governo italiano approfondirà con le controparti libiche i necessari correttivi, che dovessero essere opportuni, alle intese tecniche che disciplinano le operazioni di pattugliamento congiunto»;
nel corso della XVI legislatura Gheddafi è il leader politico straniero che si è incontrato più volte con il Presidente del Consiglio dei ministri italiano Berlusconi, caratterizzando la politica estera del nostro Paese con la vicinanza politica a una delle più longeve dittature esistenti al mondo;
nel corso della sua ultima recente visita in Italia, il Colonnello libico Gheddafi ha dichiarato, tra l'altro, che se l'Europa non vorrà «diventare nera» occorreranno non 5 miliardi di dollari in 20 anni, ma 5 miliardi di dollari l'anno, alludendo quindi alla possibilità di usare la minaccia dell'immigrazione clandestina di massa, come strumento di pressione nell'ambito dei negoziati in corso per un accordo di cooperazione tra l'Unione europea e la Libia;
nelle settimane successive alla visita del leader libico Gheddafi in Italia, sono state espresse forti preoccupazioni in vari settori della società italiana sull'acquisizione di quote societarie del gruppo Unicredit, il più grande gruppo bancario italiano, da parte di fondi libici controllati dal Governo, che potrebbe essere avvenuta al di fuori delle regole che disciplinano tali attività e per le quali sono in corso indagini da parte dei competenti organi di controllo;

nel 2009, all'apertura del vertice dell'Unione africana a Tripoli, Gheddafi si è così espresso a proposito d'importanti questioni internazionali: in merito al mandato d'arresto emesso dal Tribunale penale internazionale contro il Presidente sudanese Bashir per i crimini in Darfur ha così affermato:«Tale Tribunale è nuova forma di terrorismo mondiale, e sappiamo che tutti i paesi del terzo mondo si oppongono a questa sedicente Corte penale internazionale. Fino a quando tutti non saranno trattati allo stesso modo, non funzionerà»; in merito allo Stato di Israele, ha invece affermato: «Israele è dietro di tutti nei conflitti in Africa: per questo tutte le sue ambasciate nel continente vanno chiuse, in particolare Israele alimenta le crisi in Darfur, Sud Sudan, Ciad, per sfruttare le ricchezze di quelle aree, e solo l'Unione africana ha il diritto-dovere di tenere le questioni legate ai conflitti in Africa sempre all'ordine del giorno per aiutare gli africani a trovare soluzioni pacifiche ai conflitti in corso»,


impegna il Governo:


a promuovere la revisione del trattato di «amicizia» con la Libia affinché sia in linea con gli obblighi internazionali dell'Italia e, in particolare, con quelli che derivano dall'applicazione della Costituzione italiana e dal diritto internazionale, tra cui il diritto d'asilo e il diritto alla vita;
alla luce di quanto accaduto recentemente, a chiarire i termini degli accordi relativi ai pattugliamenti congiunti in corso, in particolare per quanto riguarda la catena di comando e le regole d'ingaggio, incluso l'uso delle armi durante tali operazioni;
ad attivarsi, sia attraverso i contatti bilaterali con Tripoli, che a livello internazionale, per ottenere che la Libia riconosca i confini marittimi sanciti dal diritto internazionale e consenta ai pescatori siciliani di pescare legalmente in acque internazionali senza il rischio di subire attacchi armati o il sequestro dei pescherecci, come purtroppo già avvenuto numerose volte in passato;
a sospendere la politica dei respingimenti dei migranti in Libia, anche alla luce di quanto accaduto negli ultimi mesi, dato che tale politica viola sia il principio fondamentale di non respingimento (non-refoulement) previsto dalla Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 1951 (ratificata dall'Italia nel luglio 1954) e considerato un principio di diritto internazionale generale, sia il pieno accesso alle procedure di asilo nell'Unione europea;
ad attivarsi sia in sede bilaterale che a livello internazionale, affinché la Libia riapra al più presto l'ufficio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati a Tripoli e affinché ratifichi la Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 1951, quale condizione minima per poter:
a) farsi promotore, nelle principali sedi internazionali a partire da quella europea, di un percorso che garantisca agli immigrati provenienti dall'Africa, come da altri continenti, il diritto di asilo e tutti gli altri diritti e libertà fondamentali sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948;
b) tutelare i diritti e a dare effettive garanzie per i risarcimenti economici a favore sia degli italiani espulsi dalla Libia, che delle imprese italiane che vantano crediti riconosciuti ma non corrisposti dalle autorità libiche.
(1-00485)
«Mecacci, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Maurizio Turco, Zamparutti, Colombo, Sarubbi, Duilio, Touadi».

La Camera,
premesso che:
la strage perpetrata alla cattedrale dei Santi contro la comunità copto-ortodossa ad Alessandria d'Egitto, durante la celebrazione della Messa per il nuovo anno, verosimilmente opera del terrorismo al-qaedista che minaccia contemporaneamente il governo di Mubarak, è il culmine di un'offensiva condotta con violenza sistematica e indiscriminata contro la presenza cristiana in vaste aree del mondo, in particolare dove ha carattere di minoranza religiosa;
l'immagine del Cristo imbrattata di sangue innocente diffusa dai media di tutto il mondo, con la sua potenza simbolica, ha scosso l'indifferenza di molta opinione pubblica occidentale, fin qui poco disposta a impegnarsi attivamente anche in presenza di situazioni che si protraggono tragicamente da anni. Tra i casi persecuzione conclamata si segnalano, senza voler esaurire l'elenco:
a) il già citato caso dell'Egitto, dove negli ultimi anni «hanno avuto luogo atti ricorrenti di violenza contro cristiani copti» costituenti circa il 10 per cento degli 80 milioni di cittadini (risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2007), come le conversioni forzate l'Islam di ragazze cristiane a seguito di rapimenti, la condanna a morte tramite fatwa di chiunque pubblicizzasse la sua conversione al cristianesimo, fino agli attentati alle chiese del 6 gennaio 2010;
b) la vera e propria, pulizia etnica che riguarda le varie denominazioni cristiane in Iraq, presenze fondativi: della civiltà mesopotamica, oggetto da anni di una sequela ininterrotta di sequestri di persona, omicidi di vescovi, sacerdoti e semplici fedeli, emarginazione dalla vita pubblica, fino allo spaventoso attentato nella cattedrale sirocattolica di Baghdad del 31 ottobre 2010, con più di cinquanta morti. Il dato attuale è che la comunità ecclesiale, che prima della guerra del 2003 era costituita da oltre un milione di persone, ora, costretta alla diaspora, è ridotta a meno della metà e spinta a costituirsi in ghetti nel Nord del Paese;
c) la persecuzione che dall'agosto del 2008 investe in particolare i cristiani dello Stato di Orissa, in India. In quel primo pogrom, perpetrato da fanatici indù sostenuti da partiti nazionalisti, si sono contate un centinaio di vittime linciate. I numeri parlano di 50 mila profughi fuggiti nelle foreste, i quali una volta tornati a casa sono oggetto di minacce per la conversione forzata all'induismo, la distruzione di 6.500 case, 350 chiese e 45 scuole;
d) in Pakistan la legge sulla blasfemia è usata per consegnare al carcere e alla morte i cristiani più attivi. Tra i casi recenti si segnala il linciaggio dei fratelli Emmanuel, assassinati mentre in manette venivano trascinati in prigione, e la sentenza capitale contro Asia Bibi, una contadina che non ha accettato di rinunciare alla sua fede;
e) lo stato di tensione per la volontà di imporre la sharia anche nelle zone

della Nigeria e del Sudan dove sono presenti comunità cristiane; da ultimo l'assalto durante il Natale a numerose chiese in Nigeria, con eccidi e successivi scontri e vittime anche tra i musulmani;
f) la situazione di persecuzione totale dei cristiani in Corea del Nord, immediatamente consegnati, quando scoperti come tali, al sistema concentrazionario equivalente alla morte certa;
g) l'oppressione in Vietnam dei cattolici Montagnard, una etnia cattolica, oggetto per questo di vessazioni continue;
in Cina la carcerazione e l'internamento nei lager (Laogai) di clero e laici cattolici fedeli a Roma;
la libertà religiosa è un diritto essenziale, in quanto coinvolge direttamente la coscienza della persona in relazione alla sua identità più profonda. Come è stato scritto, essa è la madre di tutte le libertà; è un principio di civiltà universale, che deve interessare tutti, anche i non credenti. I delitti commessi contro di essa sono una ferita all'umanità in quanto tale. E per questo essa è tutelata in maniera particolare nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, trovando nell'articolo 9 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali» (Cedu) la sua formulazione più completa, che qui conviene ribadire nella sua interezza:
«Libertà di pensiero, di coscienza e di religione.

1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti.
2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell'ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui».
il termine «cristianofobia» è quello che descrive più compiutamente questo fenomeno di portata universale, e come tale è stato adottato dall'Onu sin dal 2003 e dal Parlamento europeo nel 2007. Con questa espressione si vuole qualificare l'unicità di questa persecuzione, che si esprime in odio cruento in Paesi dove il cristianesimo è in minoranza, ma trova fertile terreno anche in Occidente dove si vuole negare la pertinenza pubblica della fede cristiana o se ne censurano i simboli o si vuole limitare l'obiezione di coscienza in questioni sensibili di etica sociale;
il Governo italiano si è fatto promotore di una politica attiva di difesa della libertà di coscienza e di religione ovunque nel mondo, ed in particolare in Medio Oriente; in ossequio alla sua vocazione culturale e alla collocazione geografica di «ponte» tra l'Europa e il Mediterraneo, tra Nord e Sud, ha da tempo sviluppato un'azione per promuovere l'apertura ed il dialogo reciprocamente rispettoso con i popoli vicini di religione islamica. Un'azione che è stata intensificata negli ultimi anni a fronte dei numerosi attacchi contro le minoranze religiose nel mondo, in particolare quelle cristiane. Il Governo Berlusconi, all'interno dell'Unione europea, ha proposto un piano d'azione che rafforzerà l'impegno ed il coordinamento dei paesi europei per il rispetto delle libertà religiose nel mondo. Su impulso italiano, i paesi europei hanno presentato alle Nazioni unite una risoluzione sulla libertà religiosa, che è stata approvata nel dicembre del 2009 e che è stata presentata nuovamente e con rinnovata forza alla 65 Assemblea generale delle Nazioni Unite;


impegna il Governo:


a far valere con ogni forma di legittima pressione diplomatica ed economica il diritto alla libertà religiosa, in particolare dei cristiani e di altre minoranze perseguitate, laddove risulti minacciata o compressa per legge o per prassi sia direttamente dalle autorità di Governo sia attraverso un tacito assenso e l'impunità dei violenti;
a promuovere in Italia, nelle scuole e in ogni ambito culturale, la sensibilità alle tematiche della libertà religiosa e della «cristianofobia»;
a vincolare accordi commerciali o diplomatici bilaterali o multilaterali stipulati dal nostro paese alla effettiva rispondenza degli Stati contraenti a requisiti di tolleranza e libertà religiosa, fino al diritto sancito alla «libertà di cambiare religione o credo»;
a promuovere l'adozione di un analogo vincolo a livello di Unione europea e di qualsiasi altro organismo internazionale per l'assegnazione di aiuti agli Stati;
a continuare nell'impegno perché la risoluzione sulla libertà religiosa sia effettivamente implementata negli Stati dell'Onu promuovendo la costituzione di un organismo dedicato.
(1-00486)
«Mazzocchi, Angelucci, Di Virgilio, Renato Farina, Pagano, Laboccetta, Baldelli, Pittelli, Speciale, Malgieri, De Nichilo Rizzoli, Antonio Pepe, Gioacchino Alfano, Aprea, Aracri, Armosino, Ascierto, Baccini, Barani, Barbieri, Beccalossi, Bergamini, Bernardo, Bernini Bovicelli, Berruti, Bertolini, Biancofiore, Bianconi, Bocciardo, Boniver, Bruno, Calabria, Carlucci, Castellani, Catanoso, Cazzola, Ciccioli, Cirielli, Colucci, Corsaro, De Camillis, Del Tenno, Di Caterina, Franzoso, Frassinetti, Fucci, Garagnani, Garofalo, Germanà, Ghiglia, Giammanco, Girlanda, Gottardo, Holzmann, La Loggia, Laffranco, Landolfi, Lehner, Lisi, Lorenzin, Lupi, Mancuso, Mantovano, Giulio Marini, Marsilio, Mazzuca, Migliori, Minardo, Minasso, Mussolini, Nirenstein, Nola, Palmieri, Palumbo, Pelino, Pianetta, Polidori, Porcu, Pugliese, Rampelli, Razzi, Mariarosaria Rossi, Saltamartini, Sammarco, Savino, Sbai, Scalera, Scandroglio, Sisto, Stagno d'Alcontres, Stradella, Toccafondi, Torrisi, Valducci, Ventucci, Versace, Vignali, Zacchera».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
la strage perpetrata alla Cattedrale dei santi contro la comunità copto-ortodossa ad Alessandria d'Egitto, durante la celebrazione della messa per il nuovo anno, verosimilmente opera del terrorismo al-qaedista che minaccia contemporaneamente il Governo di Mubarak, è il culmine di un'offensiva condotta con violenza sistematica e indiscriminata contro la presenza cristiana in vaste aree del mondo, in particolare dove ha carattere di minoranza religiosa;
l'immagine del Cristo imbrattata di sangue innocente diffusa dai media di tutto il mondo, con la sua potenza simbolica, ha scosso l'indifferenza di molta opinione pubblica occidentale, fin qui poco disposta a impegnarsi attivamente anche in presenza di situazioni che si protraggono tragicamente da anni. Tra i casi di persecuzione conclamata si segnalano, senza voler esaurire l'elenco:
a) il già citato caso dell'Egitto, dove, sebbene il Governo egiziano si sia da tempo impegnato contro il terrorismo ed a favore della convivenza civile e religiosa dei popoli, hanno avuto purtroppo luogo atti ricorrenti di violenza contro cristiani copti ed attacchi di varia natura ai cristiani, fino ai recenti attentati del 6 gennaio 2010;
b) la vera e propria pulizia etnica che riguarda le varie denominazioni cristiane in Iraq, presenze fondativi: della civiltà mesopotamica, oggetto da anni di una sequela ininterrotta di sequestri di persona, omicidi di vescovi, sacerdoti e semplici fedeli, emarginazione dalla vita pubblica, fino allo spaventoso attentato nella cattedrale sirocattolica di Baghdad del 31 ottobre 2010, con più di cinquanta morti. Il dato attuale è che la comunità ecclesiale, che prima della guerra del 2003 era costituita da oltre un milione di persone, ora, costretta alla diaspora, è ridotta a meno della metà e spinta a costituirsi in ghetti nel Nord del Paese;
c) la persecuzione che dall'agosto del 2008 investe, in particolare, i cristiani dello Stato di Orissa, in India. In quel primo pogrom, perpetrato da fanatici indù sostenuti da partiti nazionalisti, si sono contate un centinaio di vittime linciate. I numeri parlano di 50 mila profughi fuggiti nelle foreste, i quali una volta tornati a casa sono oggetto di minacce per la conversione forzata all'induismo, la distruzione di 6.500 case, 350 chiese e 45 scuole;
d) in Pakistan la legge sulla blasfemia è usata per consegnare al carcere e alla morte i cristiani più attivi. Tra i casi recenti si segnala il linciaggio dei fratelli Emmanuel, assassinati mentre in manette venivano trascinati in prigione, e la sentenza capitale contro Asia Bibi, una contadina che non ha accettato di rinunciare alla sua fede;
e) lo stato di tensione per la volontà di imporre la sharia anche nelle zone della Nigeria e del Sudan, dove sono presenti comunità cristiane; da ultimo l'assalto durante il Natale a numerose chiese in Nigeria, con eccidi e successivi scontri e vittime anche tra i musulmani;
f) la situazione di persecuzione totale dei cristiani in Corea del Nord, immediatamente consegnati, quando scoperti come tali, al sistema concentrazionario equivalente alla morte certa;
g) l'oppressione in Vietnam dei cattolici montagnard, un'etnia cattolica, oggetto per questo di vessazioni continue;
in Cina la carcerazione e l'internamento nei lager (laogai) di clero e laici cattolici fedeli a Roma;
la libertà religiosa è un diritto essenziale, in quanto coinvolge direttamente la coscienza della persona in relazione alla sua identità più profonda. Come è stato scritto, essa è la madre di tutte le libertà; è un principio di civiltà universale, che deve interessare tutti, anche i non credenti. I delitti commessi contro di essa sono una ferita all'umanità in quanto tale. E per questo essa è tutelata in maniera particolare nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, trovando nell'articolo 9 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu) la sua formulazione più completa, che qui conviene ribadire nella sua interezza: «Libertà di pensiero, di coscienza e di religione. 1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti. 2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell'ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui»;
il termine «cristianofobia» è quello che descrive più compiutamente questo fenomeno di portata universale, e come tale è stato adottato dall'Onu sin dal 2003 e dal Parlamento europeo nel 2007. Con questa espressione si vuole qualificare l'unicità di questa persecuzione, che si esprime in odio cruento in Paesi dove il cristianesimo è in minoranza, ma trova fertile terreno anche in Occidente, dove si vuole negare la pertinenza pubblica della fede cristiana o se ne censurano i simboli o si vuole limitare l'obiezione di coscienza in questioni sensibili di etica sociale;
il Governo italiano si è fatto promotore di una politica attiva di difesa della libertà di coscienza e di religione ovunque nel mondo, ed in particolare in Medio Oriente; in ossequio alla sua vocazione culturale e alla collocazione geografica di «ponte» tra l'Europa e il Mediterraneo, tra Nord e Sud, ha da tempo sviluppato un'azione per promuovere l'apertura ed il dialogo reciprocamente rispettoso con i popoli vicini di religione islamica. Un'azione che è stata intensificata negli ultimi anni a fronte dei numerosi attacchi contro le minoranze religiose nel mondo, in particolare quelle cristiane. Il Governo Berlusconi, all'interno dell'Unione europea, ha proposto un piano d'azione che rafforzerà l'impegno ed il coordinamento dei Paesi europei per il rispetto delle libertà religiose nel mondo. Su impulso italiano, i Paesi europei hanno presentato alle Nazioni Unite una risoluzione sulla libertà religiosa, che è stata approvata nel dicembre del 2009 e che è stata presentata nuovamente e con rinnovata forza alla 65.ma sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite,


impegna il Governo:


a far valere con ogni forma di legittima pressione diplomatica ed economica il diritto alla libertà religiosa, in particolare dei cristiani e di altre minoranze perseguitate, laddove risulti minacciata o compressa per legge o per prassi, sia direttamente dalle autorità di Governo, sia attraverso un tacito assenso e l'impunità dei violenti;
a promuovere in Italia, nelle scuole e in ogni ambito culturale, la sensibilità alle tematiche della libertà religiosa e della «cristianofobia»;
a far valere nelle relazioni diplomatiche ed economiche, bilaterali o multilaterali, la necessità di un effettivo impegno degli Stati per la tolleranza e la libertà religiosa, fino al diritto sancito alla «libertà di cambiare religione o credo»;
ad adoperarsi affinché analogo principio sia fatto valere a livello di Unione europea e di qualsiasi altro organismo internazionale per l'assegnazione di aiuti agli Stati;
a continuare nell'impegno perché la risoluzione sulla libertà religiosa sia effettivamente implementata negli Stati dell'Onu, promuovendo la costituzione di un organismo dedicato.
(1-00486)
(Ulteriore nuova formulazione) «Mazzocchi, Angelucci, Di Virgilio, Renato Farina, Pagano, Laboccetta, Baldelli, Pittelli, Speciale, Malgieri, De Nichilo Rizzoli, Antonio Pepe, Gioacchino Alfano, Aprea, Aracri, Armosino, Ascierto, Baccini, Barani, Barbieri, Beccalossi, Bergamini, Bernardo, Bernini Bovicelli, Berruti, Bertolini, Biancofiore, Bianconi, Bocciardo, Boniver, Bruno, Calabria, Carlucci, Castellani, Catanoso, Cazzola, Ciccioli, Cirielli, Colucci, Corsaro, De Camillis, Del Tenno, Di Caterina, Franzoso, Frassinetti, Fucci, Garagnani, Garofalo, Germanà, Ghiglia, Giammanco, Girlanda, Gottardo, Holzmann, La Loggia, Laffranco, Landolfi, Lehner, Lisi, Lorenzin, Lupi, Mancuso, Mantovano, Giulio Marini, Marsilio, Mazzuca, Migliori, Minardo, Minasso, Mussolini, Nirenstein, Nola, Palmieri, Palumbo, Pelino, Pianetta, Polidori, Porcu, Pugliese, Rampelli, Razzi, Mariarosaria Rossi, Saltamartini, Sammarco, Savino, Sbai, Scalera, Scandroglio, Sisto, Stagno d'Alcontres, Stradella, Toccafondi, Torrisi, Valducci, Ventucci, Versace, Vignali, Zacchera, Marinello».

Risoluzioni in Commissione:

La III Commissione,
premesso che:
la recentissima strage di Bagdad e l'attentato contro la chiesa sono un tassello della pulizia etnica contro le comunità cristiane in Iraq, una teoria di sangue che non si ferma davanti a nulla e che lascia sul campo donne e bambini;
i dati sono impressionanti: 10 morti registrate nel 2004; dal 2006 non si hanno più notizie di due sacerdoti cristiano-caldei; nel 2007 un'altra strage, con quattro cristiani, tra cui un sacerdote, assassinati senza pietà; sempre nel 2007 un nuovo sacerdote sequestrato, senza che di lui si sappia più nulla; nel 2008, prima è stato sequestrato l'arcivescovo di Mossul Faraj, poi trucidato, così come tre suoi collaboratori; nello stesso 2008 si registra anche il sequestro e poi l'assassinio del sacerdote caldeo-cristiano Adel; tra il 2009 ed il 2010 si contano 12 morti e decine di feriti tra i cristiani in Iraq;
nelle ultime ore l'escalation tocca un picco mai verificatosi, con oltre 50 morti e decine di feriti nella chiesa cristiana di Bagdad, attentato rivendicato dallo «Stato Islamico dell'Iraq», una sigla del network del terrore che fa capo a Osama Bin Laden;
il mondo intero non può non riconoscere l'esistenza di una strategia tesa ad allontanare i cristiani dall'area irachena, una pulizia etnica in piena regola;
oltre alle parole pronunciate del Pontefice nella messa del 1o novembre 2010, che sollevano lo spirito e fanno guardare a questi moderni martiri con profonda commozione, vi è anche l'esigenza di una risposta del mondo civile, che deve essere la stessa che si è registrata in altre simili drammatiche circostanze nel mondo, quando ad essere sterminati erano i fedeli di altre religioni,


impegna il Governo


ad attivare con sollecitudine ogni possibile iniziativa a livello internazionale, anche a carattere d'urgenza, per fronteggiare la drammatica situazione esposta in premessa, in particolare mobilitando tutti gli sforzi culturali, diplomatici, politici e d'opinione contro una condizione di persecuzione che investe numerosi cristiani nel mondo, soprattutto in Iraq.
(7-00429) «Scandroglio».

La X Commissione,
premesso che:
l'orizzonte del comparto industriale italiano non è tornato sereno, nonostante i timidi segnali di ripresa, il livello di recessione raggiunto nell'ultimo biennio non trova riscontri in altri momenti di crisi dell'industria nazionale;
il valore aggiunto delle imprese italiane durante la crisi è sceso ai livelli del 2001, soprattutto nel settore manifatturiero, dove la ricchezza prodotta è precipitata su valori del 1989;
si tratta di dati drammatici che attenuano le reazioni positive suscitate dai piccoli segnali di ripresa registrati negli ultimi mesi, come l'aumento della produzione industriale, degli ordinativi, e dell'export;
il valore aggiunto reale, ovvero la ricchezza prodotta dalle imprese, è sceso, nel periodo giugno 2007-giugno 2010, mediamente

del 5,8 per cento con punte del 15,9 per cento nell'industria manifatturiera;
la percentuale di finanziamenti non onorato dalle imprese è passato dallo 0,3 per cento del 2007 allo 0,6 per cento del giugno 2010; le procedure fallimentari sono quasi raddoppiate, passando dalle 33 ogni 100 mila imprese nel 2007, alle 57 del 2010;
secondo dati delle associazioni di categoria, il valore aggiunto dell'intero sistema produttivo si riporterà ai livelli del 2007, solamente nel 2015;
nei giorni scorsi il Parlamento europeo ha approvato con 525 voti in favore, 49 contrari e 44 astensioni, una proposta di regolamento sull'etichettatura obbligatoria per le merci extra-UE, secondo la quale tali beni dovrebbero sempre indicare chiaramente il Paese d'origine per aiutare i consumatori a compiere una scelta informata;
se la proposta di regolamento riuscirà a concludere il proprio iter, si tratterà di un sistema paneuropeo trasparente di etichettatura sul paese d'origine per prodotti importati da Paesi terzi che potrà fornire ai cittadini dell'Unione maggiori informazioni e un maggiore controllo sulle loro scelte, mettendoli in tal modo al riparo dall'acquisto inconsapevole di prodotti potenzialmente di dubbia qualità;
una disciplina europea del marchio di origine è stata da tempo chiesta dai Paesi membri le cui economie sono caratterizzate da una forte componente manifatturiera, in particolare l'Italia che dalla definitiva approvazione del regolamento vedrebbe rafforzata la propria competitività, essendo il made in Italy maggiormente esposto alla concorrenza sleale e al fenomeno della contraffazione;
il mercato del falso nel nostro Paese incide per 7 miliardi di euro, si valuta che tale imponente cifra abbia come conseguenza la mancata creazione di 130 mila posti di lavoro e minori entrate fiscali per 5 miliardi di euro;
l'assenza di norme comunitarie, tranne per alcuni casi specifici nel settore agricolo, e le differenze tra i sistemi in vigore negli Stati membri hanno fatto si che, in alcuni settori, la maggior parte dei prodotti importati da Paesi terzi e distribuiti sul mercato comunitario siano commercializzati senza alcuna informazione, o con informazioni ingannevoli, relativamente al Paese di origine;
secondo la proposta della Commissione, le parole «fabbricato in», insieme all'indicazione del Paese, potranno essere scritte «in una qualsiasi delle lingue ufficiali delle Comunità europee, in modo tale da risultare facilmente comprensibile per i clienti finali dello Stato membro»;
il Parlamento europeo ha emendato il testo aggiungendo la possibilità che sia utilizzata la lingua inglese sia per la dicitura «made in» che per l'indicazione del Paese d'origine;
secondo il testo approvato, il Paese d'origine deve essere impresso su beni destinati al consumatore finale, tranne che nei casi in cui ciò sia tecnicamente impossibile o danneggi il bene stesso; per i prodotti impacchettati, l'etichetta dovrà apparire sia sulla confezione che sul prodotto;
il regolamento al momento non copre prodotti agricoli e ittici, ma comprende, fra gli altri, i tessili, i prodotti farmaceutici, gli strumenti di lavoro, la rubinetteria e i mobili, tutti settori di grande rilievo per il settore manifatturiero italiano; tali indicazioni potranno essere ampliate dalla Commissione, dopo il parere favorevole del Parlamento e Consiglio;
il Parlamento ha emendamentato il testo affinché siano previsti livelli sanzionatori minimi per assicurare l'applicazione uniforme delle nuove disposizioni in tutti i Paesi membri e l'introduzione di uno studio di valutazione sugli effetti del regolamento, tre anni dopo l'entrata in vigore;
prima che il progetto di regolamento diventi legge, il testo dovrà essere approvato dal Consiglio, dove alcuni Stati

membri la cui economia è meno caratterizzata dalla produzione e dalla manifattura e più orientata al commercio, si oppongono all'idea di una legislazione europea sul «Made in»;
qualora il testo fosse concordato fra Parlamento e Consiglio, le nuove regole entrerebbero in vigore in tutta l'Unione un anno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea,


impegna il Governo:


ad attivarsi in sede europea affinché il regolamento sull'indicazione del Paese di origine dei prodotti importati da Paesi extra-comunitari sia adottato al più presto;
a dare piena attuazione alla legge 8 aprile 2010, n. 55, recante disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri, opponendosi alla minacciata procedura di infrazione e dando seguito ai previsti provvedimenti attuativi.
(7-00430)
«Lulli, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino».

TESTO AGGIORNATO AL 30 NOVEMBRE 2010

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalla Corte dei Conti nella relazione sul rendiconto generale dello Stato per il 2009, al 31 dicembre 2009 risultavano confluiti nel Fondo unico giustizia oltre 1.592 milioni di euro, di cui 613,4 disponibili per la rassegnazione pro-quota a ciascuno dei Ministeri della giustizia e dell'interno;
un accordo tra i Ministeri beneficiari e la ragioneria dello Stato ha fissato al 25 per cento la quota effettivamente da ripartire (rispetto a quella disponibile) al fine di cautelarsi da potenziali restituzioni agli aventi diritto a seguito dell'esito dei procedimenti giudiziari;
l'articolo 2, comma 7-bis, del decreto-legge n. 143 del 2008 ha previsto che le quote minime delle risorse intestate «Fondo unico giustizia», di cui alle lettere a) e b) del comma 7 (ovvero quelle destinate ai dicasteri della giustizia e dell'interno), possono essere modificate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in caso di urgenti necessità, derivanti da circostanze gravi ed eccezionali, del Ministero dell'interno o del Ministero della giustizia;
il Governo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 aprile 2010, sulla base delle entrate affluite nell'esercizio 2009, ha determinato in 158 milioni di euro (ovvero il 25 per cento dei 632 disponibili) la quota delle risorse del Fondo unico giustizia da ripartire ai suddetti Ministeri;
il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, a quanto consta agli interroganti, sarebbe stato tuttavia oggetto di rilievo da parte della Corte dei Conti in relazione a due profili: il possibile innalzamento dal 25 per cento al 50 per cento, previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, della quota da ripartire ai Ministeri; la mancata, specifica determinazione delle esigenze di sicurezza cui è finalizzata la spesa del Ministero dell'interno;
nonostante il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sia, quindi, ancora

fermo alla Corte dei conti, un decreto interministeriale ha tuttavia già provveduto alla ripetizione dei 158 milioni di euro disponibili. Avendo il Ministero dell'economia e delle finanze per il 2009, rinunciato alla sua quota, 79 milioni di euro sono stati assegnati al Ministero della giustizia ed altrettanti risultano assegnati al Ministero dell'interno;
secondo quanto risulta da fonti del Ministero della giustizia, a causa del fermo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri originario presso la Corte dei conti, anche il decreto interministeriale di ripartizione risulta ad oggi fermo al Ministero dell'economia e delle finanze;
in attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, le agevolazioni fiscali, previste da tale articolo e dall'articolo 20, rientrano tra le finalità del Ministero della giustizia finanziabili con la parte delle risorse affluite al «Fondo unico giustizia» attribuite al predetto Ministero -:
quali siano le modalità in base alle quali il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 aprile 2010 ha determinato in 158 milioni di euro la quota delle risorse del Fondo unico da ripartire;
quali siano le ragioni per le quali nel predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non sono state specificate le esigenze di sicurezza cui è finalizzata la spesa del Ministero dell'interno, determinando tale omissione la sospensione di efficacia di tale atto;
quali siano le cause effettive che non hanno finora consentito di procedere ad alcuna ripartizione dei fondi;
quale sia il contenuto della convenzione in base alla quale è affidata a Equitalia giustizia la gestione delle risorse del Fondo unico;
quale sia l'incidenza sul Fondo della copertura economico-finanziaria relativa alla legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.
(2-00878)
«Ferranti, Andrea Orlando, Bordo, Bratti, Carella, Marco Carra, Cavallaro, Fadda, Gianni Farina, Farinone, Ferrari, Fiano, Fiorio, Fluvi, Fogliardi, Fontanelli, Giacomelli, Ginoble, Grassi, Laratta, Lulli, Marchi, Meta, Misiani, Morassut, Oliverio, Pistelli, Pompili, Rossomando, Antonino Russo, Rugghia, Sbrollini, Tenaglia, Tidei, Bellanova, Capano, Ciriello, Codurelli, Concia, Cuperlo, Lo Moro, Mattesini, Melis, Samperi, Touadi, Graziano».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
si registra una gravissima situazione ambientale nell'area vesuviana a seguito del riproporsi in Campania di una seconda emergenza nello smaltimento dei rifiuti, delle tensioni sociali che tale emergenza ha determinato, dell'insostenibilità della situazione da parte delle popolazioni locali, già pesantemente gravate - situazione peraltro viziata da gravi errori di gestione del ciclo di smaltimento - e per la presenza, nella stessa area, di due discariche che dovrebbero essere bonificate;
la regione Campania non ha ancora adottato il piano regionale dei rifiuti, strumento indispensabile anche ai fini dell'individuazione dei siti di discarica per la gestione della fase transitoria; tali siti devono risultare funzionali a bacini di utenza su base provinciale, ovvero, ove necessario, tener conto di un principio di solidarietà su base regionale;
ad avviso degli interpellanti, risulta impossibile affrontare la nuova emergenza ricorrendo all'apertura, nella medesima zona, di cava Vitiello, in quanto, nonostante quanto contenuto nel decreto 90 del

maggio 2008, la previsione normativa sopraccitata si è rivelata, alla luce dei fatti verificatisi, incongrua con i parametri socio-ambientali dell'area;
la stessa Unione europea ha annunciato il blocco dell'erogazione di 145 milioni di euro di contributi europei per il mancato rispetto delle indicazioni comunitarie in materia di tutela delle aree protette qualora venisse aperta la discarica di cava Vitiello;
i sindaci dell'area vesuviana direttamente interessata (Gennaro Cirillo, sindaco di Trecase, PD; Agnese Borrelli, sindaco di Boscotrecase, UdC; Gennaro Langella, sindaco di Boscoreale, PdL; Salvatore Auricchio, sindaco di Terzigno, PdL) hanno sottoscritto un documento comune di richiesta urgente al Governo affinché si rinunci in via definitiva all'apertura di cava Vitiello, anche promuovendo la modifica della norma legge che la prevede -:
se non intenda porre urgentemente in essere ogni utile iniziativa volta a venire incontro positivamente alla richiesta dei sindaci dell'area vesuviana.
(2-00879)
«Mazzarella, Bonavitacola, Iannuzzi, Cuomo, Graziano, Piccolo, D'Antoni, Bossa, Ciriello, Vaccaro, Pollastrini, Nicolais, Maran, Siragusa, Mattesini, Murer, Corsini, Codurelli, Peluffo, Cuperlo, Giovanelli, Gnecchi, De Biasi, Pizzetti, Realacci, Mariani, Braga, Margiotta, Levi, D'Antona, Rossa, Livia Turco, Sarubbi, Lo Moro, Zampa, Picierno, Boffa, Mario Pepe (PD)».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio di ministri, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni i quotidiani hanno riportato la notizia di festeggiamenti che si sarebbero svolti nella villa di Arcore, di proprietà del Presidente del Consiglio dei ministri, con la partecipazione di una ragazza minorenne non italiana alla quale sarebbe stato suggerito di spacciarsi per la nipote di Hosni Mubarak;
secondo quanto riportato dai quotidiani la stessa minorenne sarebbe stata fermata a Milano dalla Polizia di Stato e condotta in questura in quanto coinvolta in un'indagine su un furto. La questura sarebbe stata indotta a favorirne il rilascio immediato, senza neanche identificarla, a seguito di ripetute, pressanti sollecitazioni della Presidenza del Consiglio dei ministri;
la stessa minorenne si sarebbe recata alla villa di Arcore usufruendo della scorta di una autovettura dei Carabinieri -:
se i suddetti fatti rispondano al vero.
(2-00881) «Ventura, Fiano».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

RONDINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo del 24 aprile 2001, n. 170, ha predisposto il riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, prevedendo una localizzazione capillare ed omogenea sul territorio nazionale dei punti vendita esclusivi e non esclusivi;
l'attività è soggetta al rilascio di autorizzazione da parte dei comuni, che prevedono i piani di localizzazione dei punti di vendita esclusivi secondo gli indirizzi emanati dalle regioni, così come previsto dall'articolo 6 del suddetto decreto legislativo;
i 38.000 punti vendita esclusivi presenti sul territorio nazionale hanno l'obbligo, a differenza di quelli non esclusivi, di vendere sia quotidiani che periodici, e di assicurare parità di trattamento alle diverse testate, così come previsto dagli articoli 1 e 4 del decreto legislativo 170 del 2001;
tale disposizione è basata sui princìpi della salvaguardia del pluralismo dell'in

formazione e della libertà di stampa, tutelati costituzionalmente dall'articolo 21, che devono garantire il diritto dell'editore ad informare e dell'utente ad essere informato, senza possibili censure od ostacoli;
la tutela del pluralismo dell'informazione ha purtroppo generato, negli ultimi anni, fenomeni distorsivi, che hanno portato molti prodotti paraeditoriali ed ibridi ad utilizzare l'improprio canale di diffusione dei punti vendita esclusivi, che dovrebbe essere dedicato ai prodotti editoriali;
l'articolo 1, comma 1, della legge 7 marzo 2001,n. 62, specifica che per «prodotto editoriale» si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici;
la definizione ampia e generica di cui sopra ha fatto in modo che qualsiasi prodotto registrato presso la cancelleria del tribunale come prodotto editoriale, purché dotato di un contrassegno, anche un semplice adesivo, indicante i dati previsti dalla legge, possa godere di un trattamento privilegiato anche in termini di regime I.V.A., utilizzando quindi quelle agevolazioni nate per tutelare la libertà di pensiero;
in questo modo, godono oggi della parità di trattamento prevista dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 170 del 2001 e non possono essere soggetti a censura anche giochi, coltelli, bicchieri, occhiali, vecchie guide turistiche, peluche, enigmistiche, al pari dei prodotti che offrono cultura, pensieri e opinioni;
il prodotto immerso nel circuito distributivo e a cui bisogna far riferimento nell'applicare la parità di trattamento deve essere limitato al prodotto editoriale puro, che fa informazione e che è caratterizzato da un contenuto editoriale ed informativo non fittizio;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato si è espressa in passato a favore dell'adozione di criteri più stringenti per la qualificazione di un prodotto come editoriale al fine di limitare comportamenti opportunistici di presunti editori che sfruttano l'obbligo di parità di trattamento in capo alla rete distributiva per imporre la commercializzazione nelle edicole di prodotti il cui contenuto editoriale è del tutto marginale, se non assente -:
se non ritenga doveroso intervenire, con le opportune iniziative, anche normative, di competenza, per chiarire la definizione di prodotto editoriale, limitando il perimetro dei prodotti verso cui la rete di vendita esclusiva è obbligata a mantenere la parità di trattamento di cui all'articolo 4, comma 1 del decreto legislativo 24 aprile 2001, n.170, al fine di garantire alle vere testate giornalistiche la libertà di diffusione e di informazione, evitando al contempo che ogni sorta di gadget possa beneficiare delle agevolazioni fiscali e distributive proprie dei prodotti di informazione.
(5-03695)

SIRAGUSA. - Al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento ai contenuti dell'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02491 presentata dall'interrogante martedì 16 febbraio 2010;
il 23 ottobre 2010 il quotidiano la Repubblica ha pubblicato un articolo dal titolo: «Boom di ammalati e di allergie nella città soffocata dallo smog. Il Cnr: danni da inquinamento per il 40 per cento dei ragazzi. Asma e congiuntiviti tra le patologie più diffuse. Anche l'aria delle case alterata dal traffico. Quattro delle nove centraline antismog sono spente, una funziona a singhiozzo, le altre quattro riescono a rilevare solo alcuni inquinanti» di Sara Scarafia;

nell'articolo si legge «Polveri sottili e biossido d'azoto. Gli esperti non hanno dubbi: Palermo soffoca sotto una cappa di smog e finisce in coda alle classifiche nazionali per qualità dell'ambiente. L'inquinamento divora i monumenti, basta guardare i Quattro Canti anneriti come ha denunciato Italia Nostra. Ma soprattutto peggiora la qualità di vita, e di salute, dei cittadini. A cominciare da quella degli adolescenti: è boom di allergie e patologie respiratorie, come dimostrano le ricerche del Cnr che hanno attestato un aumento di rinite e asma su ragazzi tra gli undici e i quattordici anni. L'aria inquinata è la seconda emergenza di Palermo individuata dall'inchiesta di Repubblica. Quattro delle nove centraline antismog sono spente, una funziona a singhiozzo, le altre quattro riescono a rilevare solo alcuni inquinanti. E mentre Palermo rischia di buttare al vento il milione di euro investito dal Ministero dell'ambiente per realizzare una rete di monitoraggio all'avanguardia, i livelli di inquinamento continuano a salire. Due giorni fa c'è stato un ennesimo sforamento di polveri sottili in piazza Indipendenza, che insieme con piazza Giulio Cesare, piazza Castelnuovo e via Di Blasi, si conferma tra le zone più inquinate»;
nella classifica «Ecosistema urbano» l'annuale ricerca di Legambiente e dell'istituto di ricerche ambiente Italia, realizzata con la collaborazione editoriale de Il Sole 24 Ore, Palermo è precipitata al 101o posto mentre si trovava al 90o nella scorsa edizione: una flessione dovuta ad una generale conferma di performance storicamente non esaltanti in alcuni dei settori chiave del rapporto;
nello stesso si legge che «nell'aria infatti la città sicula peggiora le medie di No2 e Pm10, mentre migliora un po' nei giorni di superamento dei limiti per l'Ozono. Migliorano impercettibilmente i consumi idrici ma aumentano le perdite della rete idrica (dal 47 per cento al 49 per cento attuale). Ma soprattutto, Palermo vede crescere la produzione di rifiuti pro capite (da 595,5 Kg/ab/anno a 572,3) e scende ancora la già risibile percentuale di rifiuti raccolti in modo differenziato (3,9 per cento). Pesante flessione anche nei passeggeri sul trasporto pubblico (dai 110 viaggi per abitante all'anno nel 2009 agli appena 44 di questa edizione). Praticamente inesistenti piste ciclabili, isole pedonali e ztl, così come immobile ci pare la situazione relativa alla gestione e lo sviluppo delle energie rinnovabili, ed è tra le ultime per metri quadrati di verde urbano destinato ai cittadini. Crescono poi anche i consumi di carburanti nei quali Palermo lo scorso anno eccelleva». Ma a preoccupare è anche il biossido d'azoto: Palermo è precipitata al settantaquattresimo posto con un dato medio di 47,1 microgrammi per metro cubo a fronte di un limite, fissato dall'organizzazione mondiale della sanità, di 40;
le conseguenze dell'inquinamento sono state evidenziate con chiarezza nel rapporto Epiair, curato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, che ha dimostrato che a Palermo all'aumentare della concentrazione dei principali inquinanti atmosferici vi è una crescita significativa del numero di morti o ricoverati a causa di problemi cardiovascolari e respiratori: il 20 per cento dei ricoveri giornalieri, in media sono 126, sono legati a patologie respiratorie;
sempre nell'articolo di Repubblica di cui sopra si legge «a preoccupare di più sono le conseguenze dello smog sugli adolescenti: negli ultimi cinque anni l'istituto di Biomedicina e Immunologia Molecolare del Cnr ha studiato le conseguenze dell'inquinamento sui ragazzi. Ha svolto un'indagine epidemiologica che ha coinvolto 2.150 studenti, tra 11 e 14 anni, di 16 scuole medie. I dati sono allarmanti: il 39,2 per cento ha risposto positivamente ad almeno uno degli 8 allergeni utilizzati per il test allergico, il 17,9 per cento soffre di rinocongiuntivite, il 4,2 per cento di asma. Negli ultimi mesi il Cnr ha condotto anche un'altra ricerca valutando l'inquinamento all'interno e all'esterno delle case di 300 dei 2.150 ragazzi coinvolti nel primo studio: nel 25 per cento delle abitazioni i livelli di biossido d'azoto erano

superiori al limite di 40 microgrammi per metro cubo. Contro lo smog, il Comune, che ha dimenticato le centraline antismog senza manutenzione ormai da otto mesi, ha adottato soltanto le targhe alterne, di cui nessuno si ricorda più. Lunedì, intanto, ci sarà la nuova udienza del processo sull'inquinamento contro il sindaco Diego Cammarata: è accusato di omissione in atti di ufficio» -:
se risultino agli atti del Governo le modalità con le quali sono stati utilizzati dal sindaco di Palermo i fondi ottenuti nella sua qualità di commissario straordinario per l'emergenza inquinamento;
se, alla luce di quanto illustrato dettagliatamente in premessa, non si intenda verificare, avvalendosi dei servizi ispettivi di finanza pubblica, se non si sia configurato un danno economico per l'erario pubblico nel corso della gestione commissariale anche alla luce del mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti;
quali iniziative il Governo intenda urgentemente adottare, nell'ambito delle proprie competenze, anche mediante l'assunzione di iniziative anche normative per la nomina di un nuovo commissario straordinario con l'affidamento dell'incarico a persona diversa dal sindaco, al fine di tutelare la salute e l'incolumità pubblica della popolazione di Palermo e di evitare che l'Italia incorra, anche a causa del mancato rispetto degli standard di qualità dell'aria dell'Unione europea - in grandi città come Palermo - in dure sanzioni della Commissione europea.
(5-03696)

Interrogazioni a risposta scritta:

OLIVERIO e LARATTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
un violento nubifragio si è abbattuto la notte del 4 novembre 2010 sul litorale Jonico e ha interessato i comuni di Cariati, Ciro Marina, Melissa, Strongoli, Crotone e Isola di Capo Rizzuto. In particolare nella città di Crotone, si sono verificati numerosi allagamenti e molti abitanti dei piani bassi sono stati costretti a cercare rifugio sui tetti delle loro abitazioni, da dove sono stati soccorsi dai vigili del fuoco;
più di 200 gli interventi di soccorso da parte di quest'ultimi che sono intervenuti con ogni mezzo e hanno dovuto ricorrere all'utilizzo dei gommoni per mettere in salvo diverse persone. A causa della pioggia abbondante un vecchio ruscello che scorre nella zona si è ingrossato ed è tracimato rompendo un muretto di perimetrazione, allagando strade e abitazioni, nonché trascinando per centinaia di metri diverse automobili. In alcune zone l'acqua è arrivata a raggiungere per le ingenti piogge un metro e mezzo di altezza;
i danni maggiori si sono verificati lungo l'intera costa e, in particola, nelle zone di Trafinello e Tufolo nel comune di Crotone, già colpite il 14 ottobre del 1996 da un'ingente alluvione che provocò sei morti; i corpi di due di loro non furono mai più ritrovati. Nessun quartiere è stato risparmiato dalla pioggia; in quello della Gabelluccia sono crollati trecento metri di muro perimetrale della linea ferroviaria, i cui detriti sono finiti su una strada comunale che costeggia l'area e l'arteria è stata chiusa con immediato provvedimento emesso dal sindaco. Diversi interventi anche a Sant'Anna, Salica, Frasinello e Farina;
tutta la circolazione dei treni sulla linea tra Crotone e Catanzaro Lido è stata sospesa da Trenitalia a causa del maltempo, per l'allagamento dei binari e la presenza di numerosi detriti soprattutto nella tratta ferroviaria compresa tra Isola Capo Rizzuto e Torre Melissa, dove ha ceduto parte di un muro nei pressi della stazione ferroviaria;
l'acqua piovana insieme a detriti e fango ha invaso scantinati e case provocando

ingenti danni a strutture pubbliche e private. Risulta gravemente danneggiata una struttura alberghiera sul litorale cittadino; allagate e pertanto inagibili risultano essere anche la sede dell'ufficio scolastico territoriale e quella dell'istituto del quarto circolo, che ospita una scuola primaria e dell'infanzia. In diverse zone, a sud della città, è stata interrotta anche l'erogazione della corrente elettrica e risultano essere danneggiate le reti stradali, fognarie e idriche dell'intero comprensorio colpito;
sono pesantissimi i danni in agricoltura: terreni franati, campi interamente allagati e produzioni di agrumeti e uliveti fortemente compromessi; sono ingenti le ricadute negative sui sistemi economici locali e, in particolare, sui raccolti stagionali, che costituiscono la principale risorsa economica del territorio;
la stima dei danni è ancora in corso, ma da una prima valutazione ammonterebbe a diversi milioni di euro, in quanto molte delle zone colpite erano state già oggetto di altri eventi calamitosi nei mesi scorsi e i sindaci dei comuni interessati hanno già richiesto al Presidente della regione Calabria di fare istanza presso il Governo per il riconoscimento dello stato di calamità naturale -:
quali iniziative il Governo intenda immediatamente adottare, alla luce dei gravi danni subiti dai comuni suddetti, al fine di aiutare le amministrazioni locali a garantire la messa in sicurezza dei loro territori e superare l'emergenza, consentendo anche il ripristino della viabilità e delle infrastrutture danneggiate;
se non si ritenga di attivare le procedure per la dichiarazioni dello stato di calamità naturale, per le aree interessate dai suddetti fenomeni;
se il Governo intenda intervenire a sostegno delle numerose aziende agricole che hanno subito gravi danni e intenda rivedere le proprie posizioni circa il mancato rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali, che rischia di essere pagato a caro prezzo dai nostri produttori agricoli.
(4-09283)

DI PIETRO, PIFFARI e SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 115 del 30 maggio 2008 ha assegnato all'Enea le funzioni di Agenzia nazionale per l'efficienza energetica; l'Enea svolge tale ruolo tramite l'Unità tecnica per l'efficienza energetica e in tale ambito, mette a punto e rende disponibili specifici strumenti per analisi e valutazioni a supporto di chi opera, enti pubblici e privati, nei campi dell'energia, dell'ambiente e dell'innovazione;
il centro di sperimentazione dell'Enea denominato Casaccia da anni opera proprio nei settori di cui sopra, al suo interno si trovano due reattori nucleari costruiti negli anni '60 e '70, da sempre destinati alla ricerca e che, anche dopo il referendum contro il nucleare del 1987, hanno continuato a lavorare in campi diversi come l'analisi dei materiali per l'industria e per i beni culturali e le applicazioni in medicina nucleare in alcuni ospedali di Roma;
in data 20 ottobre 2010 è stato annunciato che due di essi sono tornati a pieno regime, il Triga Rc-1 (training, research, isotopes, general atomics - Reattore Casaccia 1T) che ha la potenza di un megawatt e il Tapiro (Taratura Pila Rapida a potenza 0) che ha la potenza di 5 kilowatt;
i due reattori, Triga e Tapiro, secondo le dichiarazioni del Sottosegretario allo sviluppo economico con delega all'energia, dovranno fornire un supporto all'industria, aiutandola a qualificare la sua offerta, saranno utili alle prove di sicurezza dell'Agenzia per la sicurezza nucleare per il ritorno in Italia del nucleare, ed allo studio delle centrali di quarta generazione, oltre che a formare ricercatori in questo campo;

all'interno del centro Enea Casaccia sono stoccati 63 kilogrammi di plutonio e 6.300 chilogrammi di scorie radioattive; la responsabilità di questo deposito è della società Nucleco, gestita per il 40 per cento dall'Enea e per il 60 per cento dalla Sogin;
per motivi di sicurezza, sin dagli anni '60 è stato creato un comitato per la sicurezza che si occupa del piano di emergenza interno ed esterno alla struttura del centro nucleare;
fanno parte di questo comitato per la sicurezza, la Protezione civile, i vigili del fuoco, il comune di Roma, la prefettura, il comando dei carabinieri, l'Esercito italiano e altri, oltre che il responsabile della sicurezza dell'Enea;
il piano di emergenza prevedrebbe, oltre al blocco all'interno della struttura dei dipendenti e al blocco delle linee telefoniche interne, l'evacuazione della popolazione circostante il centro Casaccia;
in prossimità del centro Casaccia sorge una frazione del comune di Roma denominata Osteria Nuova, che tra residenti e semplici abitanti, per lo più stranieri, arriva a una popolazione di duemila persone;
risulterebbe all'interrogante che, circa quaranta anni fa, il direttore del centro Casaccia di allora inoltrò ripetute richieste al comune di Roma, per intervenire sull'abusivismo che si stava attuando intorno al perimetro del centro stesso, e ricadente nell'area soggetta a vincoli nucleari;
il comune di Roma non intervenne lasciando così crescere la frazione di Osteria Nuova e lasciando che si originasse un problema di sicurezza;
risulterebbe all'interrogante che la stessa zona, ricadente nell'area soggetta a vincoli nucleari, sia stata presa in considerazione dal Commissario straordinario per l'emergenza nomadi nel Lazio, per creare un campo per duemila persone -:
se i Ministri interrogati non ritengano di verificare, allo stato di quanto sopra esposto, se il piano di emergenza attuato dal comitato per la sicurezza predisposto per il centro Enea Casaccia, sia a tutt'oggi aggiornato, soprattutto alla luce delle continue minacce terroristiche che il nostro Paese subisce;
se i Ministri interrogati non ritengano di verificare se la popolazione afferente all'area circostante sia periodicamente e adeguatamente informata e supportata per l'attuazione del Piano di emergenza, con particolare riferimento agli allarmi sonori di emergenza;
se corrisponde al vero la notizia del collocamento di altre duemila persone di un campo nomadi in una zona già soggetta a vincoli nucleari disattesi e a problematiche di sicurezza sempre più attuali visti gli obiettivi previsti per il centro Enea Casaccia.
(4-09284)

DE POLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
le piogge incessanti dei primi giorni di novembre 2010 hanno colpito in maniera drammatica il nord Italia, in particolar modo la regione Veneto, aggravando il già precario equilibrio idrogeologico di vaste aree della regione e provocando frane e smottamenti, esondazioni dei fiumi, allagamenti di città e centri abitati, di strade, autostrade, ferrovie, abitazioni e aree agricole;
i fenomeni hanno interessato tutto il territorio regionale, ma gli eventi più devastanti hanno colpito le province di Verona, Vicenza, Padova, Venezia, provocando ingenti danni a numerose attività commerciali, produttive ed agricole e danni alle infrastrutture pubbliche e private con migliaia di persone sfollate dalle proprie abitazioni o dai luoghi di cura;
considerata la situazione di grande emergenza, è stato necessario l'intervento dell'Esercito, della Protezione civile e dei vigili del fuoco per scongiurare maggiori danni e offrire un aiuto alle popolazioni dei più di cento comuni coinvolti;

conseguentemente alla rottura degli argini dei corsi d'acqua nel territorio, centinaia di famiglie, per un totale di 2.500 persone circa, sono state evacuate, ricevendo ospitalità nelle scuole limitrofe; esercizi commerciali e molte case sono andati distrutti e resi completamente inagibili;
la regione Veneto ha stimato i danni provocati da questa emergenza nell'ordine dei 100 milioni di euro -:
quali urgenti iniziative in suo potere intenda adottare per mettere in atto in tempi ristrettissimi dei piani di recupero per i territori e le popolazioni coinvolte dalle alluvioni verificatisi negli ultimi giorni in Veneto, comprendendo, tra l'altro, anche il riconoscimento dello stato di calamità naturale per la regione per risolvere la situazione di emergenza
(4-09285)

LAGANÀ FORTUGNO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la forte perturbazione che in questi primi giorni di novembre 2010 ha colpito pesantemente alcune regioni del Nord e del Sud del nostro Paese ha causato sia vittime umane sia ingenti danni alle infrastrutture ed all'ambiente;
per quanto riguarda in particolare la Calabria, si lamenta il decesso di un anziano a Tropea, travolto da una marea di acqua e di fango mentre si trovava in un terreno di sua proprietà;
inoltre, nella notte tra il 3 ed il 4 novembre, un forte nubifragio ha colpito la città di Crotone e provincia, costringendo la popolazione a salire sui tetti, causando l'interruzione dell'energia elettrica per alcune ore e procurando danni ingentissimi alle abitazioni ed alle varie attività economiche esistenti nell'area. Le intense precipitazioni hanno creato tanti piccoli torrenti che dalle colline hanno portato a valle una enorme quantità di fango e di detriti, determinando, tra l'altro, l'interruzione dei collegamenti sulla linea ferroviaria Crotone-Catanzaro Lido;
anche la piana di Gioia Tauro è stata colpita pesantemente dal maltempo e numerosi vigili del Fuoco, operai del Corpo forestale e personale della Protezione civile stanno ancora lavorando per liberare strade, abitazioni e locali per attività commerciali ed artigianali, nonché strutture e coltivazioni agricole, invase dall'acqua e dal fango a causa dell'esondazione del torrente Budello;
attualmente, sono ancora in corso i rilievi per il computo dei danni, ma già si parla di vari milioni di euro, in quanto le ripercussioni negative su tutto il tessuto cittadino e sulle attività economiche degli agricoltori, negozianti, artigiani e piccoli e medi imprenditori si sono fatte sentire molto pesantemente;
anche il delicato assetto idrogeologico ed ambientale della regione è stato scosso profondamente, lasciando segni che potranno essere cancellati soltanto con l'adozione di interventi significativi nel medio e lungo termine -:
se intenda riconoscere lo stato di calamità naturale ai territori calabresi colpiti pesantemente dal maltempo;
se non ritenga di dover adottare iniziative urgenti, stanziando le risorse economiche necessarie, al fine di riparare i danni che richiedono un intervento immediato;
se non ritenga necessario predisporre un programma di prevenzione ambientale di medio/lungo termine per rendere il sistema idrogeologico calabro idoneo a fronteggiare in futuro situazioni di maltempo anche di forte entità.
(4-09286)

SBROLLINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
tra domenica 30 ottobre e lunedì 1o novembre 2010, in tutto il Nord Italia, ed

in particolare nel Veneto, il maltempo ha colpito il territorio con furia ed intensità eccezionale;
nel nostro Paese il dissesto idrogeologico è un fenomeno sempre più ricorrente, legato alla particolare conformazione geologica del territorio, alla fragile e mutevole natura dei suoli ed all'acuirsi delle variazioni climatiche;
fenomeni come i processi erosivi del suolo, le alluvioni, le esondazioni e le frane comportano perdite di vite umane, come accaduto anche nel vicentino, e ingenti danni materiali e ambientali;
a detta degli esperti e del Sottosegretario Guido Bertolaso, la sciagura che ha colpito il vicentino e il Veneto si è determinata per la combinazione di vari fattori: precipitazioni straordinarie, il vento di scirocco che respingeva e ostacolava il normale deflusso delle acque, lo scioglimento della neve presente nelle vicine montagne dovuta ad un innalzamento delle temperature e la tragica e ormai cronica mancanza di manutenzione dei corsi d'acqua, hanno prodotto le conseguenze e i drammatici danni che sono a tutti visibili;
il Sottosegretario Bertolaso ha affermato che «la sciagura poteva essere prevenuta se si fossero fatte opere di massima sicurezza che noi (della protezione civile) chiediamo da tempo»;
le straordinarie precipitazioni piovose che hanno colpito alcune province del Veneto in questi ultimi giorni hanno aggravato il già precario equilibrio idrogeologico di vaste aree della regione, provocando frane e smottamenti, esondazioni dei fiumi, allagamenti di città e centri abitati, di strade, autostrade, ferrovie, abitazioni e aree agricole;
i fenomeni hanno interessato tutto il territorio regionale; gli eventi più devastanti hanno colpito le province di Vicenza, Verona, Padova, Belluno e Treviso, provocando ingenti danni a numerose attività commerciali, produttive ed agricole;
notevoli sono i danni alle infrastrutture pubbliche e private, le stime parlano di danni che superano i 100 milioni di euro. Migliaia sono le persone sfollate dalle proprie abitazioni o dai luoghi di cura -:
quali urgenti iniziative si intendano adottare affinché sia dichiarato in tempi rapidi lo stato di calamità naturale per le zone del Veneto colpite dagli straordinari eventi atmosferici di questi giorni;
quali iniziative urgenti si intendano assumere al fine di affrontare fattivamente gli interventi di ripristino ambientale e delle infrastrutture pubbliche danneggiate;
se non sia necessario assumere indispensabili ed urgenti iniziative per stanziare le risorse per il rimborso dei danni subiti dai cittadini e dalle imprese, iniziative che contengano gli elementi e le indicazioni per rendere operative le deroghe da tutti gli adempimenti fiscali, amministrativi, tributari e contributivi da parte dei soggetti colpiti, nonché le modalità per l'erogazione dei rimborsi ai soggetti ed alle imprese colpite dalla calamità naturale.
(4-09287)

BITONCI, BRAGANTINI, CALLEGARI, DAL LAGO, DOZZO, LUCIANO DUSSIN, GUIDO DUSSIN, GIDONI, LANZARIN, MONTAGNOLI, GOISIS, MUNERATO, FORCOLIN, STEFANI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
tra le giornate di domenica 31 ottobre e martedì 2 novembre 2010, si sono verificati fenomeni atmosferici di straordinaria eccezionalità, di dimensioni perfino maggiori di quelli tristemente noti del 1966, con precipitazioni che in alcuni punti hanno raggiunto il mezzo metro e che in Veneto hanno colpito oltre centoventi comuni tra le province di Verona, Treviso, Belluno, Vicenza e Padova;
tra le province di Vicenza e Verona, l'autostrada A4 si è trasformata in un vero e proprio fiume per lo straripamento del

Tramigna e dell'Alpone, tanto che si tratta della più grande emergenza verificatasi nell'area degli ultimi anni e che, se non affrontata con prontezza e con la dovuta attenzione, rischia di mettere in ginocchio l'economia della regione con gravi conseguenze per l'economia dell'intero Paese;
la provincia di Padova, e più nello specifico i paesi di Ponte San Nicolò, Saletto, Bovolenta, Casalserugo, Cervarese di Santa Croce, Veggiano, Carceri, Selvazzano e la stessa Padova sono stati pesantemente colpiti da allagamenti provocati dalla rottura degli argini di fiumi e canali, che hanno costretto quasi tremila cittadini a lasciare le proprie case, che hanno distrutto irrimediabilmente numerose abitazioni e attività produttive, soprattutto agricole, e hanno causato danni incalcolabili per tutto il territorio della bassa padovana;
nel territorio colpito dai fenomeni atmosferici, centinaia di militari, vigili del fuoco, addetti della protezione civile e circa 1.000 volontari sono al lavoro per mettere in sicurezza i centri abitati e occuparsi degli sfollati;
il presidente della regione Veneto si è già impegnato ad assicurare due milioni di euro per i primi interventi, ma una prima e sommaria stima dei danni parla di oltre cento milioni di euro; importo in fase tuttora di valutazione e che ha necessariamente obbligato il presidente della regione Veneto stesso a richiedere uno sforzo importante al Governo e allo stesso Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi;
nonostante i moderni sistemi di previsione, tali violenti fenomeni atmosferici diventano nel tempo sempre più frequenti e imprevedibili e, anche per tale motivazione, risulta assolutamente impossibile sia per i singoli cittadini sia per le categorie economiche colpite, fronteggiare le ingentissime spese per riparare i danni causati da tali devastanti calamità naturali;
il capo della Protezione civile, Sottosegretario Guido Bertolaso, ha affermato che i comuni colpiti dai fenomeni atmosferici potranno derogare ai vincoli imposti dal patto di stabilità per poter affrontare l'emergenza;
i comuni stessi riceveranno solo una parte dei fondi necessari da parte dello Stato, a ripristino delle condizioni di sicurezza, e senz'altro dovranno intervenire ulteriormente, anche con fondi propri;
il comma 7-bis dell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 afferma che «nel saldo finanziario di cui al comma 5 non sono considerate le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese di parte correnti e in conto capitale sostenute dalle province e dai comuni per l'attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza. L'esclusione delle spese opera anche se esse sono effettuate in più anni, purché nei limiti complessivi delle medesime risorse»;
risulta chiaro quindi che, ai sensi della normativa vigente, i comuni potranno beneficiare della deroga prevista solo per le somme ricevute dallo Stato e non per le risorse proprie impiegate;
i comuni e le province interessate stanno operando in questa situazione di calamità naturale utilizzando risorse proprie senza sapere se tali spese sia di parte corrente che in conto capitale influiranno negativamente sul computo del patto di stabilità -:
quali iniziative si intendano intraprendere con la massima urgenza al fine di poter trovare adeguate soluzioni che soddisfino le esigenze di risarcimento dei danni provocati dall'alluvione per quanto riguarda gli enti locali, i singoli cittadini e le attività produttive;
se si intendano assumere iniziative per escludere dai saldi ai fini del patto di stabilità, per gli enti locali rientranti nell'auspicata ordinanza che dichiara lo stato di emergenza, le risorse proprie di tali enti impiegate per far fronte all'emergenza alluvionale e alle conseguenti opere di ripristino.
(4-09290)

PIONATI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 24 dello statuto della FIGC prevede che il Consiglio federale è il massimo organo normativo, di indirizzo generale e di amministrazione della federazione;
l'articolo 10 delle norme organizzative interne della Federcalcio prevede che le funzioni di dirigente federale e quindi di consigliere federale siano non retribuite e che sempre il comma 3 dello stesso articolo, prevede che i dirigenti federali non possono trarre lucro dalla loro attività in ambito calcistico;
il comma 2 dell'articolo 10 delle citate norme contempla che i dirigenti federali siano responsabili della rettitudine sportiva e morale della loro condotta e quindi esercitano tali funzioni in piena libertà di coscienza, secondo le proprie personali convinzioni;
l'attuale presidente federale, dottor Giancarlo Abete, ha posto in essere 2 contratti a vario titolo per l'assegnazione annua di 130 mila euro al consigliere federale presidente degli allenatori ed al presidente dell'associazione italiana arbitri, anch'egli consigliere federale;
tali determinazioni possono in qualche modo condizionare le funzioni dei due citati consiglieri federali in caso di eventuale dissenso dal presidente, determinando così il vulnus di un cripto condizionamento, derivante dalla paura di perdere tali benefit;
è oltremodo necessario ristabilire la perfetta collegialità dell'organo federale più importante, chiamato a scelte dolorose, dopo le vari eliminazioni culminate con l'eliminazione dell'Italia dal mondiale di calcio, eliminando cripto condizionamenti in capo a soggetti che devono autonomamente operare -:
di quali elementi dispone il Governo sulla vicenda e se il Coni abbia esercitato o intenda esercitare iniziative di vigilanza.
(4-09300)

DI PIETRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da un articolo di stampa pubblicato sul Il fatto quotidiano del 3 novembre 2010 emergono ulteriori particolari relativi alle feste che si svolgono nella residenza ad Arcore e a villa Certosa, di proprietà del Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi;
nell'avicolo si racconta del disagio che avrebbero espresso alcuni carabinieri membri della scorta del Presidente del Consiglio dei ministri per il lavoro che svolgono, ovvero «scortare» talvolta anche ragazze ospiti delle feste nelle residenze del Premier; in particolare si racconta di carabinieri «costretti a proteggere interi convogli di ragazze» ospiti del Presidente del Consiglio;
sempre dall'articolo citato emerge che, «alle feste che si svolgono ad Arcore dal venerdì al lunedì e che nell'estate si moltiplicano, arrivano numerosissime ragazze, con ogni mezzo, auto a noleggio o anche accompagnate da ospiti illustri; alcune restano per la notte e altre vanno via a fine festa»;
secondo l'articolo, alcuni carabinieri si sarebbero lamentati del fatto che, pur essendo addestrati a difendere le più alte personalità dello Stato, si ritrovano a fare da scorta e da accompagnatori agli ospiti e alle ragazze che partecipano ai festini;
nell'articolo si legge anche che, durante queste feste, il Presidente del Consiglio qualche volta è uscito fuori dalla villa a scherzare e a scambiare battute con i militari, facendosi a volte accompagnare da ragazze e inoltre risulta che una volta ha mandato una ragazza che ha ballato per loro la danza del ventre;
i carabinieri di scorta, che operano con orari massacranti e con innumerevoli ore di straordinario non pagate, si ritrovano a lavorare, anziché per le istituzioni

e in difesa dello Stato, fuori dalle ville «in attesa di riaccompagnare ragazze nei residence o anche personalità con la ragazza di turno, a volte fino all'ingresso del loro appartamento»;
l'Italia ha un apparato di scorte che non ha paragoni col resto d'Europa e che - secondo un calcolo molto approssimativo - costa circa 100 milioni di euro ogni anno; infatti dagli ultimi dati disponibili (relativi al gennaio 2009), risulta che nel nostro Paese sarebbero circa 2.500 gli uomini (tra poliziotti, carabinieri e finanzieri) impegnati quotidianamente nei servizi di scorta e tutela e in quelli di vigilanza ai luoghi sensibili;
il servizio scorte è certamente utile ed in alcuni casi (come, per esempio, la tutela dell'incolumità personale del Presidente del Consiglio) estremamente necessario, ma tale necessità non può fungere da paravento per far svolgere al personale addetto compiti impropri rispetto al suo ruolo;
appare pertanto opportuno verificare in concreto sia l'uso effettivo che viene assegnato ai vari servizi di scorte sia l'esistenza e la persistenza in capo alle varie personalità scortate della necessità di ricorrere a tale mezzo di tutela -:
se alla luce di quanto esposto in premessa non ritenga urgente intervenire al fine di limitare il servizio scorte solo ai casi effettivamente necessari e soprattutto se non ritenga utile diramare ulteriori specifiche direttive (oltre a quelle già in essere che evidentemente vengono disattese) al personale addetto ed alle personalità scortate al fine di inquadrare esattamente i compiti istituzionali del servizio e di ribadire il divieto assoluto di utilizzare tale servizio per finalità e personalità diverse da quelle a cui è stato assegnato (prevedendo anche - in caso di inosservanza - la rimozione del servizio e l'addebito del danno erariale).
(4-09302)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 luglio 2010 (proroga degli organismi collegiali operanti presso il Ministero della difesa - Gazzetta Ufficiale n. 256 del 2 novembre 2010) risulta essere prorogato, fino al 3 maggio 2012 il Comitato etico del Ministero della difesa, in quanto ricompreso nell'elenco degli organismi collegiali ad elevata specializzazione tecnica indispensabili per la realizzazione degli obiettivi istituzionali dell'Amministrazione della difesa, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 maggio 2007. Nello stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, all'articolo 3, è precisato che alla scadenza dei mandati dei componenti in carica è fatto obbligo di nominare componenti la cui sede di servizio coincida con la località sede dell'organismo;
con decreto del Ministro della salute 12 maggio 2006 recante «Requisiti minimi per l'istituzione, l'organizzazione e il funzionamento dei Comitati etici per le sperimentazioni cliniche dei medicinali», all'articolo 2 sono individuate le figure che devono, per norma, essere comprese, in misura minima, nei comitati etici: a) due clinici; b) un medico di medicina generale territoriale e/o un pediatra di libera scelta; c) un biostatistico; d) un farmacologo; e) un farmacista (ex officio) del servizio farmaceutico della istituzione di ricovero o territoriale, sede della sperimentazione clinica dei medicinali; nei casi di cui all'articolo 1, comma 2, un farmacista del servizio sanitario; f) il direttore sanitario (ex officio) e, ove applicabile, come nel caso degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, del direttore scientifico (ex officio) della istituzione sede della sperimentazione; g) un esperto in materia giuridica e assicurativa o un medico legale; h) un esperto di bioetica; i) un rappresentante del settore infermieristico; l) un

rappresentante del volontariato per l'assistenza e/o associazionismo di tutela dei pazienti;
con decreto del Ministro della difesa in data 4 agosto 2010, che in premessa cita sia il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che il decreto ministeriale del Ministero della salute, risulta essere totalmente innovata la composizione e le professionalità designate componenti del Comitato etico del Ministero della difesa, rispetto alla composizione prevista nel decreto ministeriale 27 gennaio 2009 e conforme alle norme precitate -:
quali siano le motivazioni poste a fondamento della non osservanza delle prescrizioni previste circa le modalità di composizione del Comitato etico, anche con riferimento all'assenza di numerose professioni, in contrasto con le previsioni del decreto del Ministero della salute 12 maggio 2006;
quali siano le specifiche competenze possedute dai membri designati, in particolare del personale militare, e quali siano le motivazioni della presenza di personale che all'atto della designazione risulta avere sede di servizio non coincidente con la sede dell'organismo (Roma), in contrasto con i disposti di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 luglio 2010, anche con riferimento ai costi derivanti dagli oneri di missione del personale;
quali siano state le specifiche motivazioni poste a fondamento del passaggio delle competenze di coordinamento e supporto scientifico-organizzativo del Comitato etico di cui al decreto ministeriale 4 agosto 2010 all'ufficio generale della sanità militare dello Stato maggiore della difesa, in contrasto con il disposto del decreto del Ministro della difesa 1o febbraio 2010, recante la riorganizzazione dell'area centrale della Difesa, che assegna la titolarità delle attività di coordinamento del Comitato etico del Ministero della difesa e dell'attività legata alla bioetica nell'ambito delle funzioni ricadenti alla 5a divisione della direzione generale della sanità militare;
se nella circostanza non si ravvisi la presenza di difformità tali da inficiare la valenza del provvedimento e se non si ravveda l'esigenza di riformulare il decreto per renderlo conforme alle disposizioni di cui al decreto del Ministero della salute 12 maggio 2006, al decreto del Ministero della difesa 1o febbraio 2010 e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 luglio 2010.
(4-09320)

SARUBBI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
notizie di queste ultime ore diffuse dagli organi di stampa ipotizzano il possibile coinvolgimento di persone legate alle istituzioni in comportamenti che potrebbero prefigurare il reato di induzione alla prostituzione, anche minorile;
tali comportamenti privati tenuti da personaggi pubblici legati alle istituzioni che, in quanto tali, si pongono come riferimento naturale dei propri concittadini, specialmente dei più giovani, appaiono particolarmente gravi e nocivi in un contesto che vede anche la palese funzione diseducativa di programmi di intrattenimento, sempre più diffusi, che legano direttamente o indirettamente il successo ad una ostentata esibizione della propria persona, soprattutto laddove legata ad una licenziosità dei costumi;
secondo alcune ricerche, l'idea dell'utilizzo a fini di lucro - anche futile - del proprio corpo è un'opzione ritenuta possibile, accettabile ed ormai quasi accettata, anche da fasce di popolazione sempre più giovane;
in generale, la prostituzione minorile in Italia è un fenomeno composito, le cui forme dipendono da una serie di variabili, tra cui in particolare la nazionalità, italiana o straniera, del/della minore, la sua età, la nazionalità del suo eventuale sfruttatore, la relazione esistente tra minore e suo eventuale sfruttatore. Viene esercitata

sia da minori che agiscono in maniera autonoma, sia da minori che concordano le forme d'esercizio e sia da minori ridotti in schiavitù e costretti a prostituirsi, con una vasta gamma di situazioni intermedie;
i dati dimostrano che in generale l'età di ragazze e ragazzi costretti alla prostituzione si sta abbassando e che i casi di minori sulle nostre strade e negli appartamenti sono sempre più frequenti;
in base alle ricerche realizzate dal 2003 ad oggi è possibile affermare che la prostituzione minorile femminile straniera coinvolge minori provenienti da molti Paesi, ma soprattutto ragazze rumene, albanesi, moldave e nigeriane, che spesso sono vittime di tratta; mentre quella maschile riguarda prevalentemente ragazzi dell'est europeo e in misura minore i ragazzi magrebini;
la prostituzione minorile italiana riguarda principalmente due gruppi distinti: da una parte, minori appartenenti a famiglie disagiate, i quali utilizzano la prostituzione, in forme coatte o in parte autonome, quale strategia di sopravvivenza per sé e per il proprio nucleo familiare; dall'altro, minori che occasionalmente e autonomamente si prostituiscono per soddisfare propri bisogni non primari;
nonostante gli sforzi compiuti fino ad ora dalle istituzioni, manca in Italia ancora un meccanismo istituzionale di monitoraggio regolare del fenomeno -:
se il Presidente del Consiglio non ritenga opportuno assumere iniziative urgenti, sia normative che economiche, affinché il fenomeno della prostituzione minorile sia debellato;
se il Ministro delle pari opportunità non intenda creare un sistema di presa in carico ed accoglienza, per indirizzare in modo efficiente ai servizi territoriali i minori vittime di sfruttamento, basato su procedure uniformi a livello nazionale, standard minimi e risorse adeguate;
se il Ministro dell'istruzione non ritenga urgente predisporre un piano educativo nelle scuole secondarie per contrastare questa pericolosa deriva culturale.
(4-09322)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
a Roma, in via Filippo Baldelli nelle immediate adiacenze della Basilica di San Paolo, è in corso l'edificazione di un imponente complesso edilizio, composto da una pluralità di costruzioni, variabili da due a quattro piani fuori terra per alcuni centinaia di metri di lunghezza;
l'area su cui si sta edificando è di grande interesse storico e culturale: in epoca romana era infatti occupata da un vasto cimitero subdiale, in uso costante dal I secolo a.C. al III secolo d.C. ma sporadicamente riutilizzato, soprattutto per la costruzione di mausolei, fino alla tarda antichità. Era un cimitero esteso e comprendeva diverse tipologie di tombe, dai colombari di famiglia a piccole cappelle funerarie spesso affrescate e decorate con stucchi. La quasi totalità di quest'area sepolcrale è ancora sepolta (per la gran parte sotto il livello del vicino Tevere), ed è stimata estendersi sotto tutta l'area della basilica e della zona circostante. Una minima ma significativa parte di essa è visibile lungo la Via Ostiense, appena fuori del transetto nord della basilica;
l'edificio in costruzione contrasta in maniera abnorme con i vincoli urbanistici, ambientali e paesaggistici previsti dalle normative nazionali nonché con le disposizioni a tutela dei beni culturali: l'area interessata, infatti, deve ritenersi particolarmente protetta per la presenza nelle adiacenze della Basilica di San Paolo fuori le mura, la cui figura è coperta proprio dall'edificio in costruzione;
in data 27 maggio, il segretario di Radicali Italiani Mario Staderini ha presentato

un esposto ed una richiesta di intervento all'Ufficio antiabusivismo edilizio presso il comune di Roma, all'U.O. 11 gruppo della polizia municipale di Roma, al Direttore generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanea, al sovrintendente speciale per il patrimonio artistico, storico della città di Roma, al Ministro per i beni culturali;
in data 5 agosto 2010 il signor Mario Staderini ha presentato un esposto alla procura di Roma relativo ai fatti in oggetto;
in data 29 settembre è stato trasmesso sulle emittenti Mediaset un servizio de Le Iene da cui si evinceva che gli edifici in costruzione erano commissionati da enti appartenenti al Vaticano in assenza delle previste autorizzazioni, come dichiarato dal presidente del Municipio Roma XI e poi confermato con suo esposto in procura, e che nell'ambito dei lavori erano stati ritrovati importanti e numerosi reperti archeologici;
in data 30 settembre il signor Staderini ha scritto al Ministro degli affari esteri chiedendo di intervenire coinvolgendo il corpo diplomatico nonché, trattandosi di un episodio non isolato (episodio analogo si è verificato lo scorso anno con riferimento al palazzo del Vicariato sito a pochi metri dal Pantheon, quando gli agenti di polizia municipale inviati dal sindaco di Roma per verificare la legittimità di una sopraelevazione furono respinti dalle autorità vaticane), chiedendo di valutare la possibilità di denunciare la violazione dell'articolo 16 del Trattato lateranense, essendo venuto meno l'affidamento da parte dello Stato italiano nelle nobili tradizioni artistiche della Chiesa cattolica;
in data 4 ottobre 2010 la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, con nota prot. MBAC-DR-LAZ- n. 0016322, ha comunicato al signor Staderini che «in seguito alla sua segnalazione questa Direzione sulla base delle verifiche effettuate dalle preposte Sovrintendenze, ha riscontrato quanto segue. Le soprintendenze informano che agli atti in archivio non risultano richieste di parere o comunicazioni in merito alle opere in argomento, segnalando comunque che l'erigenda costruzione risulta ricadere in un area di proprietà della Santa sede apostolica e della Basilica patriarcale di San Paolo, con privilegio di extraterritorialità ai sensi del Concordato tra la Repubblica italiana e la Santa Sede»;
la Basilica di San Paolo rientra in quanto previsto agli articoli 15 e 16 del Trattato Lateranense;
l'area della Basilica di San Paolo è inserita dall'Unesco tra i patrimoni dell'umanità, definizione che rischia di perdere a causa dell'edificazione in corso;
la Basilica di San Paolo non è definibile come extraterritoriale, ricadendo pienamente nel territorio italiano, bensì ai sensi dell'articolo 15 del Trattato gode esclusivamente delle immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di Stati esteri;
tra le immunità garantite non v'è certo la libertà di edificare, essendo notorio nel diritto internazionale che le sedi diplomatiche debbano comunque sottostare alle disposizioni nazionali in materia di sicurezza, edilizia e sanità. L'articolo 15 del Trattato, infatti opera un rinvio alle norme tanto pattizie che consuetudinarie, che regolano il diritto diplomatico, estendendone l'ambito di applicazione oggettivo. In particolare, viene qui in rilievo la Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche, convenzione di cui sono parte tanto l'Italia che la Santa Sede e che è generalmente ritenuta costituire una puntuale codificazione del diritto internazionale generale in materia. La Convenzione è chiara nel porre a carico della missione diplomatica e dei suoi membri l'obbligo generale di rispettare le leggi ed i regolamenti dello Stato ospite (articolo 41, 1) salvo le eccezioni espressamente previste, tra le quali non rientra la deroga alla legislazione urbanistica ed edilizia. Tale regola generale conforma anche i rapporti tra Stato italiano e Santa Sede. Non solo infatti la lettera dello stesso

trattato del Laterano, nel momento in cui riconosce uno status particolare ad alcuni immobili, ne riconosce l'appartenenza al territorio italiano e dunque la sottoposizione alla legge italiana; ma tale applicabilità trova anche conferma in una prassi costante, nonostante i tentativi esperiti dalla Santa Sede di recuperare in più occasioni la nozione superata di extraterritorialità; si vedano da ultimo i processi relativi alle responsabilità per l'inquinamento elettromagnetico prodotto dagli impianti di Radio Vaticana (anch'essi soggetti in base ad un ulteriore accordo bilaterale al regime previsto dal Trattato del Laterano) in cui l'eccezioni volte ad escludere l'applicazione della normativa italiana in materia o la giurisdizione italiana sono state ad oggi integralmente rigettate, tanto dalle corti di merito che dalla corte di Cassazione;
le facoltà riconosciute dal Trattato, dunque, non fanno riferimento alla libertà di edificare, ma esclusivamente all'assetto (a cubature invariate) degli immobili già esistenti e non certo a nuove costruzioni, rimanendo in ogni caso in vigore le norme urbanistiche ed a tutela del paesaggio dell'ordinamento italiano;
la previsione dell'articolo 16 del Trattato lateranense, il quale prevede che «È in facoltà della Santa Sede di dare a tutti i suddetti immobili, indicati nel presente articolo e nei tre articoli precedenti, l'assetto che creda, senza bisogno di autorizzazioni o consensi da parte di autorità governative, provinciali e comunali Italiane, le quali possono all'uopo fare sicuro assegnamento sulle nobili tradizioni artistiche che vanta la Chiesa Cattolica», ricomprende dunque gli interventi in manutenzione ordinaria e straordinaria sugli edifici elencati espressamente nel Trattato ma non anche l'edificazione di nuovi volumi, considerato che le norme cui rinvia l'articolo 16 operano un elenco puntuale dei singoli edifici (più che dei terreni) riconosciuti in proprietà alla Santa Sede e sottoposti al regime convenzionale;
in risposta all'interrogazione 4-01256 presentata dall'onorevole Maurizio Turco, il Governo ha affermato che, con riferimento a quanto previsto all'articolo 16 del Trattato, «per quanto poi concerne la locuzione "è in facoltà della Santa Sede dare a questi immobili l'assetto che creda", la Santa Sede - pur nella sua autonomia di gestione nella sistemazione degli immobili come affermato negli articoli citati - è chiamata appunto alle sue "nobili tradizioni artistiche"»;
il riferimento alle «nobili tradizioni artistiche della Chiesa Cattolica» costituisce in ogni caso un limite alla facoltà riconosciuta alla Santa Sede, e dunque in mancanza di rispetto - ad esempio in presenza di un palese scempio edilizio - rimarrebbe aperta la possibilità per lo Stato italiano di contestare l'inadempimento di controparte e di procedere dunque con le ordinarie vie diplomatiche per richiedere il pieno rispetto degli impegni assunti. In tali casi gli strumenti tipici previsti dal diritto internazionale dei trattati e della responsabilità vanno dalla sospensione dell'accordo in funzione di contromisura all'estrema ratio della sua denuncia -:
quali reperti archeologici siano stati ritrovati durante i lavori di edificazione e se agli stessi lavori abbiano assistito funzionari delle Soprintendenze preposte;
quali iniziative sono state assunte o verranno assunte dal Governo italiano nei confronti dello Stato Città del Vaticano in virtù della violazione dell'articolo 15 del Trattato, nella parte in cui non consente nuove edificazioni in violazione assoluta delle norme in materia urbanistica, ambientale e paesaggistica, e in ogni caso alla luce dell'evidente mutamento del paesaggio e danneggiamento di beni culturali siti in territorio italiano;
se non ritenga che le ripetute condotte dello Stato Città del Vaticano, ad avviso degli interroganti, in spregio non solo alle norme ma anche alle «nobili tradizioni artistiche della Chiesa cattolica» rendano necessario che lo Stato italiano

contesti attraverso le vie diplomatiche l'inadempimento delle norme pattizie, sospendendo almeno in parte de qua il Trattato.
(4-09324)

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AFFARI ESTERI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
da giorni un giovane skipper originario di Vetralla (Viterbo), il signor Federico Pavani, risulta essere scomparso nelle acque delle isole Fiji;
il signor Pavani, appassionato di viaggi e da circa dieci anni skipper di professione (attività - che lo ha portato a viaggiare in numerosi luoghi del mondo), doveva fare rientro in Italia dalle isole Fiji nella prima decade di ottobre, ma ormai da diverso tempo i suoi genitori ne hanno perso le tracce;
il padre del signor Pavani, signor Alvise ha sporto denuncia per la scomparsa del figlio alla questura di Viterbo;
il signor Federico Pavani da metà del mese di marzo del 2010 è partito dalla Polinesia Francese, diretto alle isole Fiji; l'ultimo contatto telefonico risale al 24 settembre 2010, una comunicazione con la zia, signora Maria Luisa Bagnaia, nel corso della quale il signor Pavani comunicava di trovarsi presso la città di Suva, e annunciava che era in procinto di vendere la sua imbarcazione a un cittadino di nazionalità russa per circa seimila dollari in contanti;
sempre nel corso della stessa telefonata, il signor Pavani esprimeva una sua perplessità sulla destinazione del denaro ricavato dalla vendita dell'imbarcazione, proprio perché l'acquirente aveva espresso l'intenzione di pagare l'importo in contanti;
l'ultima email inviata dal signor Pavani alla fidanzata risale al 25 settembre 2010, e in detta email comunicava di trovarsi a bordo della sua imbarcazione e che stava uscendo dal porto di Suva;
il signor Pavani aveva un appuntamento con un connazionale a Singapore, il signor Marco Benagli il 15 ottobre 2010, appuntamento al quale, come riferito dallo stesso signor Benagli, il signor Pavani non si è presentato;
almeno fino al giorno 8 ottobre 2010 si sarebbe potuto accertare che la barca a vela del signor Pavani risultava regolarmente ormeggiata e chiusa dall'esterno con il «tender» issato a bordo, al porto di Suva, circostanza che, come comunicato dal responsabile del locale Yatch Club, farebbe ritenere che non ci fosse nessuna persona a bordo;
il console onorario italiano a Fiji avrebbe riferito al signor Stefano Pavani, fratello di Federico, che quest'ultimo non risultava ricoverato presso l'ospedale o detenuto presso il locale carcere, e che da ciò si ricava che la polizia di Suva ha effettuato controlli, senza peraltro individuare tracce del passaggio in frontiera in uscita dai confini nazionali delle isole Fiji del signor Pavani;
il padre di Federico, signor Alvise Pavani ha verbalizzato, presso la questura di Viterbo nella giornata del 18 ottobre 2010, di essere riuscito a reperire l'estratto conto di due carte di credito in uso del figlio, che dimostrano come le stesse siano state usate a breve intervallo di tempo da qualcuno che si è recato nella stessa giornata ad Auckland (Nuova Zelanda) e successivamente a Landau (Hong Kong);
come riferito dallo stesso signor Alvise Pavani, non ci sono particolari motivi per ritenere o sospettare che il signor Federico Pavani abbia fatto perdere le sue tracce in maniera intenzionale, non sussistendo problematiche di alcuna natura, e pertanto lo stesso genitore non si nasconde il timore per la sua incolumità o che gli sia capitata una disgrazia;

già numerosi siti internet e quotidiani hanno ipotizzato che il signor Federico Pavani sia rimasto vittima di una rapina conclusasi con la sua uccisione, come peraltro già accaduto nell'agosto del 2010 a un altro navigatore romano il signor Emiliano Astore, assassinato in Venezuela dai cosiddetti «pirati del mare» -:
quali iniziative siano state avviate per accertare cosa può essere accaduto al signor Federico Pavani;
se le autorità delle isole Fiji collaborino, e in che modo, con le autorità italiane, per accertare cosa sia accaduto al signor Federico Pavani;
quale tipo di assistenza sia stata assicurata alla fidanzata del signor Federico Pavani che si è recata a Suva, per cercare di fare luce sulla scomparsa del signor Pavani.
(2-00875)
«Farina Coscioni, Fioroni, Melis, Touadi, Tullo, Cesare Marini, Maurizio Turco, Pedoto, Sposetti, De Angelis, Giulio Marini, Marantelli, Beltrandi, Trappolino, Mecacci, D'Incecco, Calvisi, Nannicini, Vaccaro, Baretta, Argentin, Ria, Barbi, Duilio, Burtone, Bossa, Murer, Ciccioli, Mario Pepe (PdL), Strizzolo, Di Virgilio, Narducci».

Interrogazione a risposta in Commissione:

SAMPERI, PORTA e NARDUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi la stampa nazionale e internazionale si è occupata della vicenda della minorenne Mahroug Karima, nata in Marocco il 1o novembre 1992, fermata il 27 maggio del 2010 e rilasciata dopo sei ore con affidamento alla consigliera della regione Lombardia, Nicole Minetti;
fatti salvi gli aspetti di competenza del Ministro dell'interno, in questa vicenda emerge, ad avviso degli interroganti, anche un profilo problematico relativo alle relazioni internazionali e alla credibilità dello Stato italiano in ordine allo svolgimento di normali rapporti diplomatici, oltre che una grave lesione dell'immagine del nostro Paese e della sua affidabilità, come si evince da numerosi articoli della stampa estera;
come riportato da varie testate giornalistiche, da relazioni di servizio firmate dall'assistente di polizia Landolfi e dall'agente Terrazzano della «Volante Monforte-bis del 4o turno ed indirizzate al dirigente del commissariato Monforte-Vittoria il 28 luglio, due mesi dopo i fatti, in un primo rapporto, gli agenti ricordano «di aver preso in carico El Mahroug Karima, nata in Marocco il 1o novembre 1992» per «procedere al fotosegnalamento della minore e provvedere alla collocazione della ragazza presso una struttura di accoglienza per minori». Durante le fasi di quest'operazione, «l'assistente Landolfi veniva raggiunto» sollecitamente, presso gli uffici della terza sezione, dal commissario capo dottoressa Giorgia Lafrate, la quale riferiva di aver ricevuto una comunicazione telefonica da parte del capo di gabinetto della questura, dottor Ostuni, per cui «si doveva lasciar andare la minore, che non andava foto segnalata»;
questa comunicazione conseguiva ad una telefonata del capo scorta del Presidente del Consiglio dei ministri e poi dello stesso Berlusconi, in cui veniva segnalato che la ragazza fermata era la nipote del Presidente egiziano Hosni Moubarach e quindi doveva essere rilasciata, potendosi profilare una minaccia all'interesse nazionale e comunque per evitare un incidente diplomatico;
la stessa doveva essere affidata ad un'incaricata della Presidenza del Consiglio dei ministri, Nicole Minetti;
il Presidente del Consiglio in persona, di fronte alle perplessità del dirigente, sollevava la questione delle possibili conseguenze che sarebbero potute scaturire

dal fermo, in considerazione del fatto che la persona fermata era nipote di un Capo di Stato;
il verbale redatto precisa altresì che «gli operanti una volta stilato il verbale di affidamento della minore alla consigliera della regione Lombardia Nicole Minetti, lo sottoponevano per la firma alla dottoressa Lafrate, ma questa non lo firmava»;
gli avvenimenti sopra riportati sono stati in questi giorni oggetto di critica severa da parte della stampa internazionale: solo per citarne alcuni si sono interessati alla vicenda Le Monde, The Guardian, il tedesco Spiegel, il Mail e Daily Telegraph, il New York Times, l'Hindustan Times 3, quest'ultimo tra i più importanti quotidiani in lingua inglese letti in India;
al di là del rilievo giornalistico della vicenda, desta preoccupazione che secondo notizie a mezzo stampa, la cancelliera Merkel avrebbe per l'ennesima volta rinviato l'atteso vertice bilaterale con il Presidente del Consiglio, mentre il portavoce del Governo tedesco, Steffen Seibert, interrogato sulle indiscrezioni in merito al rinvio, si è limitato a dichiarare che l'atteso vertice bilaterale si terrà il 12 gennaio 2010;
nella giornata del 29 ottobre 2010 si è conosciuta anche la posizione ufficiale del Governo egiziano, il cui più alto vertice istituzionale si è trovato a esser chiamato in causa nelle cronache della vicenda. L'ambasciatore dell'Egitto in Italia ha ritenuto infatti necessaria una dichiarazione ufficiale, in cui si smentisce ogni rapporto di parentela tra la minorenne marocchina e il presidente Moubarach -:
quali iniziative diplomatiche il Ministro interrogato abbia intrapreso o intenda intraprendere presso le competenti autorità egiziane per riparare il grave vulnus diplomatico arrecato dall'uso, ad avviso degli interroganti, improprio da parte del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi del suo ruolo nazionale e internazionale e, più in generale, per ripristinare il prestigio e l'affidabilità dello Stato italiano presso la comunità internazionale nel suo complesso, considerato che il Presidente del Consiglio non ha agito da privato cittadino ma in veste ufficiale.
(5-03711)

Interrogazione a risposta scritta:

GIANNI FARINA, GARAVINI, BUCCHINO, FEDI e PORTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 10 giugno 2009 il Governo ha annunciato l'avvio di una nuova fase di riduzione della presenza all'estero dell'amministrazione dello Stato italiano che prevede, tra gli ultimi mesi del 2009 e i primi mesi del 2011, la chiusura di diciotto sedi consolari (tredici in Europa, due negli Stati Uniti, due in Australia, uno in Sudafrica);
la prospettata razionalizzazione della rete consolare sta provocando le prevedibili conseguenze negative per l'accesso ai servizi da parte delle comunità italiane e per il personale già assunto in loco e spostato in sedi spesso distanti;
il presidente del Comites (sezione Vaud - Friburgo), professoressa Grazia Tredanari, in data 27 ottobre 2010 ha inviato al Ministro degli affari esteri una lettera in cui comunicava d'avere appreso informalmente che, già qualche mese prima, il contratto d'affitto della sede del consolato generale di Losanna sarebbe stato disdetto e che il personale sarebbe in procinto di trasferimento;
non risulta che il consiglio di amministrazione del Ministero degli affari esteri abbia formalmente deliberato la chiusura del consolato di Losanna, anche se questa struttura è compresa nel piano di cosiddetta «razionalizzazione» della rete consolare presentato nel 2009;
né il consolato generale di Losanna, né l'ambasciata d'Italia in Svizzera, né tantomeno il Ministero degli affari esteri hanno consultato o anche soltanto informato

il competente Comites circa l'imminente chiusura del consolato generale di Losanna;
al di là dei dovere di responsabilizzazione degli istituti di rappresentanza delle nostre comunità, soprattutto dopo la grave decisione della chiusura del consolato di Coira, sorgono e si consolidano forti dubbi sull'opportunità della chiusura del consolato generale di Losanna, la quale serve un consistente bacino di circa 57.000 connazionali e costituisce un punto di riferimento e di erogazione di servizi essenziali e irrinunciabili per molti imprenditori e liberi professionisti italiani;
la chiusura della sede consolare Losanna è stata finora giustificata unicamente facendo riferimento al risparmio dei costi d'affitto e alla sua vicinanza alla sede consolare di Ginevra;
finora nessuno è riuscito a quantificare i risparmi derivanti dalla chiusura dei consolati in generale e di quello di Losanna in particolare e il consolato di Ginevra serve anch'esso un numero d'utenze assai importante e difficilmente si può pensare che sia in misura d'integrare efficacemente 57.000 utenze;
a seguito della chiusura del consolato generale di Losanna per una comunità di connazionali molto rilevante l'accesso ai servizi consolati che costituiscono un loro diritto sarà gravemente ostacolato -:
quali criteri siano stati in concreto applicati per la scelta dei consolati da chiudere in Svizzera e come mai l'obbiettiva esigenza di salvaguardare gli interessi delle comunità più consistenti non sia stata soddisfatta;
come si giustifichi che sarebbero in preparazione azioni volte alla chiusura della sede senza una formale decisione da parte del consiglio di amministrazione e perché non si sia deciso di consultare la sede del Comites competente e non sia stato ritenuto opportuno quantomeno informarla della decisione di procedere alla chiusura del consolato generale di Losanna;
se il Ministro interrogato non intenda nell'immediato sospendere le azioni in corso relativamente al consolato di Losanna e se non intenda per l'immediato futuro favorire una riconsiderazione della stessa decisione di chiusura del consolato.
(4-09275)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
nella notte tra il 1o e il 2 novembre 2010 si è verificata una forte ondata di maltempo che ha colpito l'Italia del nord e del centro, ma la situazione più grave è occorsa in Toscana, nel comune di Massa, in zona Lavacchio, la piccola frazione collinare dove sono morti, in seguito a una frana che ha investito la loro abitazione, Nera Ricci, 39 anni, e il figlio Mattia Guadagnucci, 2, e un uomo, Aldo Manfredi, investito da una colata di fango mentre cercava di riparare il tetto della propria abitazione;
due sono state le frane che si sono staccate in seguito alle forti piogge ma il dirigente della Protezione civile della provincia di Massa Carrara, Gianluca Barbieri, ha spiegato che oltre che nel comune di Massa, nella zona montana, ci sono stati smottamenti anche nei comuni di Carrara e Montignoso e qualcosa anche in Lunigiana; sono state comunque evacuate le abitazioni limitrofe per paura di nuovi smottamenti;
è stata aperta un'inchiesta da parte della magistratura e deciso di sottoporre l'intera zona, teatro della tragedia, sotto sequestro; inoltre, si apprende da agenzie stampa che la Coldiretti sta valutando la presentazione di una class action per la

gestione dell'emergenza idrica con strumenti inadeguati, ritardi nell'apertura delle cataratte, pompe vecchie, inadeguate e insufficienti per gestire l'emergenza idrica e rimpalli di responsabilità che hanno provocato danni gravissimi con centinaia di famiglie in difficoltà;
i troppo spesso drammatici effetti prodotti da eventi calamitosi naturali che con cadenza quasi annuale colpiscono le diverse regioni del nostro Paese, sono quasi sempre acuiti e amplificati da una gestione dissennata dei suoli e dei bacini idrografici, e dall'assenza di una rigorosa politica di pianificazione, manutenzione e prevenzione territoriale, con l'aggravante che ciò ha sempre provocato morti e disastri ambientali;
analizzando le risorse complessivamente assegnate al programma conservazione del territorio e assetto idrogeologico, e quindi sostanzialmente alla difesa del suolo, vediamo con preoccupazione che se in anni precedenti sono stati assegnati 323 milioni di euro nel 2007 e 558 milioni nel 2008, per il 2009 sono stati previsti solo 272 milioni di euro, quasi la metà dell'anno precedente;
per converso, ogni anno si spendono mediamente 10 miliardi di euro, per interventi di «riparazione» dei danni prodotti da eventi naturali. Ad una fragilità idrogeologica del nostro Paese, si aggiungono poi abusivismo, piani regolatori a dir poco spregiudicati, e comunque facilmente derogati, disboscamenti dissennati -:
di quali informazioni disponga in merito a quanto occorso nella provincia di Massa e quale sia lo stato della situazione;
quali interventi urgenti intenda adottare per far fronte alle emergenze e alle problematiche che ne sono scaturite, a cominciare dalla messa in sicurezza del territorio colpito;
se non ritenga indispensabile prevedere un aumento sensibile delle risorse a favore della difesa e della tutela del territorio, individuando quest'ultima come la vera grande opera pubblica a cui destinare prioritariamente energie e risorse finanziarie adeguate.
(2-00877) «Evangelisti».

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA, PIFFARI e SCILIPOTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dalla stampa si apprende che il consorzio Cite (Consorzio interprovinciale trasporti eco ambientali) ha vinto il bando promosso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dalla Protezione civile per lo smaltimento dei rifiuti dell'emergenza campana del 2008;
conseguentemente oltre 60 mila tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi, provenienti dalla regione Campania, ben presto arriveranno in tre discariche pugliesi;
si tratta di circa 50 metri cubi di materiale derivante dal trattamento meccanico del ciclo rifiuti, il cui trasporto implica l'uso di 200 automezzi ed il lavoro costante di un mese;
la Campania aveva chiesto anche ad altre regioni di siglare l'accordo per il trasporto e lo smaltimento del materiale risalente agli anni 2007 e 2008, ma gli enti non si sarebbero resi disponibili;
in particolare, l'assessore all'ambiente del Veneto, Maurizio Conte, avrebbe manifestamente dichiarato di non volersi accollare la questione, negando ogni tipo di solidarietà;
incredibilmente, a non sapere nulla sulla destinazione dei rifiuti campani in Puglia invece, sarebbero proprio gli esponenti delle istituzioni pugliesi. Lorenzo Nicastro, assessore all'abbiente, ha dichiarato di non essere a conoscenza dell'arrivo di rifiuti campani -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa, e se non

intenda chiarire come sia possibile che sulla base di un bando promosso dalla Protezione civile sia stato autorizzato il trasporto e lo smaltimento in Puglia di oltre 60 mila tonnellate di rifiuti speciali provenienti dalla Campania, senza alcuna intesa con l'istituzione regionale;
se ritenga opportuno adottare iniziative al fine di far luce su eventuali irregolarità commesse nell'ambito della procedura di cui in premessa.
(5-03694)

Interrogazioni a risposta scritta:

PELUFFO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 31 luglio 2009 Italferr spa in nome e per conto di Rete ferroviaria italiana RFI Spa ha pubblicato sui quotidiani Corriere della Sera e la Repubblica l'avviso di avvio del procedimento finalizzato alla dichiarazione di pubblica utilità ai sensi dell'articolo 166 del decreto legislativo del 12 aprile 2006 n. 163 relativo al progetto definitivo per il potenziamento della linea ferroviaria Rho-Gallarate, infrastruttura strategica di interesse nazionale secondo l'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001 n. 443 - legge obiettivo;
in data 7 agosto 2009 Italferr, che ha redatto la progettazione in qualità di soggetto tecnico di RFI, ha trasmesso ai comuni interessati il progetto definitivo relativo al potenziamento della Linea Rho-Arona, tratta Rho-Gallarate per l'istruttoria e le valutazioni di competenza in particolare alle amministrazioni comunali di Vanzago, Pogliano e Rho, le quali hanno da subito manifestato contrarietà al progetto per via del notevole impatto urbanistico, territoriale, ambientale e sociale che tale potenziamento infrastrutturale produrrebbe a scapito della popolazione residente;
tale progetto, inserito nell'elenco delle opere connesse per l'Expo 2015, prevede il potenziamento della linea ferroviaria nel tratto Rho-Rho Fiera Milano, nello specifico un terzo e un quarto binario per la tratta Rho-Parabiago;
il 13 maggio 2010 il Cipe ha approvato il potenziamento della linea Rho-Gallarate relativamente al primo lotto Rho-Parabiago;
da informazioni assunte dagli organi di stampa si apprende che sull'ampliamento del primo lotto il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non abbia ritenuto opportuno sottoporre il nuovo progetto a valutazione d'impatto ambientale (VIA) di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006;
la modifica del progetto, nell'introduzione del IV binario, non risulta contemplato fra i casi di esclusione della valutazione dell'impatto ambientale previste dal decreto legislativo n. 152 del 2006;
l'articolo 2, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 85/377/CEE prevede che nel caso in cui si ritenga opportuno l'esclusione della VIA, «gli stati membri informano la Commissione, prima del rilascio dell'autorizzazione, dei motivi che giustificano l'esenzione accordata e le forniscono le informazioni che mettono eventualmente a disposizione dei propri cittadini» -:
se corrispondano al vero le notizie di stampa, quali siano le motivazioni che hanno indotto il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a non prevedere una nuova valutazione dell'impatto ambientale sulla modifica del progetto del IV binario relativo alla tratta Rho-Parabiago;
quale procedura sia stata adottata per ottemperare alle indicazioni previste dall'articolo 2, paragrafo 3, lettera c), della direttiva europea 85/377/CEE.
(4-09266)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni a causa del maltempo si è verificata una situazione fortemente

critica in Friuli Venezia Giulia con allagamenti e smottamenti soprattutto in provincia di Pordenone;
la regione ha dichiarato lo stato di emergenza;
il Governo ha introdotto la novità delle modalità di programmazione ed utilizzo delle risorse destinate alla prevenzione del dissesto idrogeologico che consiste nell'accordo di programma che consente di pianificare simultaneamente le risorse ministeriali e regionali per la realizzazione di un unico programma straordinario condiviso anche con la Protezione civile nazionale e con le autorità di bacino, evitando così duplicazioni di interventi e frammentazione della spesa -:
quale sia e di cosa consti l'accordo di programma per la regione Friuli Venezia Giulia.
(4-09315)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni a causa del maltempo si è verificata una situazione fortemente critica in Piemonte dove in un incidente stradale nei pressi di Pinerolo sono morte tre persone;
il Governo ha introdotto la novità delle modalità di programmazione ed utilizzo delle risorse destinate alla prevenzione del dissesto idrogeologico che consiste nell'accordo di programma che consente di pianificare simultaneamente le risorse ministeriali e regionali per la realizzazione di un unico programma straordinario condiviso anche con la Protezione civile nazionale e con le autorità di bacino, evitando così duplicazioni di interventi e frammentazione della spesa -:
quale sia e di cosa consti l'accordo di programma per la regione Piemonte.
(4-09316)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni a causa del maltempo si è verificata una situazione fortemente critica in Emilia Romagna, dove è scatta l'allerta per i fiumi Enza e Secchia e il Po è cresciuto di 2,5 metri in un solo giorno;
il Governo ha introdotto la novità delle modalità di programmazione ed utilizzo delle risorse destinate alla prevenzione del dissesto idrogeologico che consiste nell'accordo di programma che consente di pianificare simultaneamente le risorse ministeriali e regionali per la realizzazione di un unico programma straordinario condiviso anche con la Protezione civile nazionale e con le autorità di bacino, evitando così duplicazioni di interventi e frammentazione della spesa -:
quale sia e di cosa consti l'accordo di programma per la regione Emilia Romagna.
(4-09317)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni a causa del maltempo si è verificata una situazione fortemente critica in Liguria, dove è scattata l'allerta per fiumi e torrenti in piena sia nella provincia di La Spezia che in quella di Genova. Uno smottamento sulla linea ferroviaria Genova-Ventimiglia all'altezza di Bordighera ha invece rischiato di provocare l'ennesima tragedia: il treno è deragliato e della ventina di passeggeri che erano a bordo soltanto tre, oltre ai due macchinisti, sono rimasti feriti in modo lieve;

il Governo ha introdotto la novità delle modalità di programmazione ed utilizzo delle risorse destinate alla prevenzione del dissesto idrogeologico che consiste nell'accordo di programma che consente di pianificare simultaneamente le risorse ministeriali e regionali per la realizzazione di un unico programma straordinario condiviso anche con la Protezione civile nazionale e con le autorità di bacino, evitando così duplicazioni di interventi e frammentazione della spesa -:
quale sia e di cosa consti l'accordo di programma per la regione Liguria.
(4-09318)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni a causa dei maltempo si è verificata una situazione fortemente critica in Lombardia con allagamenti e smottamenti;
il Seveso e il Lambro sono esondati a Milano mentre il Chiese è uscito dagli argini nel bresciano;
il Governo ha introdotto la novità delle modalità di programmazione ed utilizzo delle risorse destinate alla prevenzione del dissesto idrogeologico che consiste nell'accordo di programma che consente di pianificare simultaneamente le risorse ministeriali e regionali per la realizzazione di un unico programma straordinario condiviso anche con la Protezione civile nazionale e con le autorità di bacino, evitando così duplicazioni di interventi e frammentazione della spesa -:
quale sia e di cosa consti l'accordo di programma per la regione Lombardia.
(4-09319)

TESTO AGGIORNATO AL 30 NOVEMBRE 2010

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

SCHIRRU, PES, CALVISI, MELIS, FADDA e MARROCU. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Teatro lirico di Cagliari, una delle quattordici fondazioni liriche italiane, è l'istituzione culturale più importante della Sardegna, in grado di competere per qualità e professionalità artistiche e tecniche con i più importanti teatri nazionali ed europei, fiore all'occhiello della cultura della Sardegna, del sud Italia e dell'intero Mediterraneo;
lo stesso Teatro è stato recentemente ospite di un importante festival in Germania, riportando un immenso successo di critica e di pubblico con una propria produzione;
il teatro è anche una delle industrie di maggior interesse per l'isola: impiega circa 270 lavoratori stabili e 60 precari, oltre all'indotto (hotel, ristoranti, attività ricreative, industrie terziarie di supporto all'attività del Teatro, logistica, trasporti e altro);
il Teatro e la sua attività sono oggetto d'interesse internazionale con un rilevante ritorno d'immagine per la Sardegna: appare evidente come il binomio cultura-turismo possa fungere da volano per l'economia dell'intera isola; il numero di abbonati sia in senso assoluto che rapportato alla popolazione è tra i primi in Italia - circa 9.000 abbonati - mentre decisamente rilevante è il numero di presenze alle attività del teatro: circa 90.000 presenze solo per la stagione lirica e di balletto. Con una più organica ed efficiente programmazione, capace di sfruttare al meglio le risorse artistiche interne (artistiche e tecniche), si potrebbero anche mettere in scena gli spettacoli in tutto il territorio regionale, anche nelle zone più periferiche;

il Teatro lirico di Cagliari ha chiuso in pareggio sei bilanci, ma risulta all'interrogante che probabilmente terminerà il 2010 con un bilancio negativo di 1,8 milioni di euro (su un bilancio complessivo di 31 milioni di euro). Tale circostanza è dovuta anche ai tagli operati dal Ministero che, a stagione programmata, ha ridotto di 2,6 milioni di euro la corrispondente quota del fondo unico dello spettacolo (FUS), una delle entrate considerate sicure;
tuttavia, stante le ultime dichiarazioni del Ministro interrogato, pubblicate recentemente sulla stampa locale, il Ministero non avrebbe fatto alcun taglio, ma avrebbe confermato per l'anno 2010 lo stesso contributo dell'anno precedente, cioè 200 milioni per le fondazioni lirico-sinfoniche;
il problema del deficit del teatro lirico di Cagliari sarebbe pertanto da attribuire alla sola responsabilità del sovrintendente il quale avrebbe programmato le attività sulla base di un presunto aumento del FUS (così come da dichiarazione del 2006, fondi extra FUS). Tale circostanza appare ancor più grave laddove si consideri che, a tutt'oggi, di fatto non si è ancora proceduto alla programmazione per la stagione 2011;
a tal proposito, ci si chiede anche perché la Fondazione Teatro lirico di Cagliari sia l'unica in Italia a non avere ancora presentato la stagione 2011, con conseguente rischio di paralisi dell'intera struttura e con ripercussioni pesantissime per il futuro dell'azienda. Teatri con numeri simili (in termini di personale impiegato, finanziamenti, bacino d'utenza, e altro come per esempio il Teatro Verdi di Trieste) hanno già da tempo presentato e inaugurato la loro stagione lirica e di balletto ed avviato tutte quelle operazioni di promozione e di marketing, indispensabili per la gestione del teatro stesso;
una situazione gestionale che desta molteplici preoccupazioni, anche alla luce dei dati sull'indebitamento dell'ente che vedono circa 10,5 milioni di euro di debito a breve termine e 6,5 milioni di euro a lungo termine verso le banche, un milione verso i fornitori e circa 500 mila verso gli istituti di previdenza;
tutti i sindacati di categoria del Teatro lirico di Cagliari, Slc Cgil, Fistel Cisl, Fials Cisal, Snater e Fls Css, in mobilitazione da ormai diversi mesi, chiedono di non riconfermare l'attuale gruppo dirigente della Fondazione Teatro lirico di Cagliari, ribadendo «l'inadeguatezza di una direzione priva di idee ed entusiasmo»;
il rischio di un commissariamento appare profilarsi come sempre più concreto, anche a causa dell'immobilismo dell'amministrazione regionale che non ha ancora indicato, come prevede la norma, i suoi componenti nel consiglio d'amministrazione del Teatro lirico. Di fatto, si pregiudica l'insediamento del nuovo Consiglio di amministrazione e la conseguente nomina del nuovo sovrintendente. Al 5 novembre 2010 scadono i presunti 45 giorni di prorogatio, per il sovrintende uscente concessi, dal direttore generale, dottor Nastasi, in maniera ad avviso degli interroganti, inusuale e assolutamente anomala, costruendo un parere «ad hoc» per Cagliari in stridente contrasto con le norme dello statuto della Fondazione. Lo spettro del commissariamento aggraverebbe ulteriormente lo stato di crisi del Teatro, il quale invece avrebbe bisogno di un consiglio di amministrazione rinnovato e una direzione tecnica-amministrativa ed artistica capace di amministrare con trasparenza pur in presenza di risorse scarse;
secondo quanto denunciato dai sindacati, non vi è un piano industriale o una programmazione per il 2011 che consenta di rilanciare la più importante organizzazione culturale della Sardegna e, nello stesso tempo, contenere i costi. Sarebbe opportuno puntare sulla valorizzazione delle risorse interne del teatro e dei lavoratori precari che, da anni, operano all'interno della stessa struttura. In tal modo, si riuscirebbe a garantire la qualità e consentire un risparmio, senza alcun

taglio al personale e alle produzioni. Si salvaguarderebbero, infatti, i lavoratori precari (che costano complessivamente 1,7 milioni all'anno), si otterrebbero più punti validi per il calcolo dei finanziamenti e per esempio con una contro-programmazione, sarebbero soddisfatti anche gli abbonati, almeno fino alla fine dell'anno, a basso costo e ad alto gradimento: 38 spettacoli, anziché i 23 previsti con un costo complessivo inferiore ai 400 mila euro;
d'altra parte, i vertici del Teatro hanno chiesto agli artisti un sacrificio sui cachet, talvolta ottenendolo; hanno annunciato che, se riconfermati, potrebbero provvedere alla riduzione del loro stipendio del 20 per cento; si chiedono ulteriori sacrifici al personale, quali l'abbandono dei progetti per la nascita dei laboratori per gli allestimenti nel parco della musica, legandoli alle altre realtà di spettacolo sarde con una valida operazione di marketing. Tutti i precari che in grande parte avrebbero lavorato ai laboratori, le sarte, le parrucchiere, gli attrezzisti, i falegnami e i fabbri sono rimasti a casa, facendo sì che il teatro possa rischiare di perdere professionalità uniche nella loro specializzazione; si è proceduto alla esternalizzazione della biglietteria al box office (con contratto in scadenza a fine anno, risparmio annunciato di 205 mila euro, licenziando dopo ben dieci anni di contratti a termine quattro lavoratrici), per di più, parrebbe senza nessuna gara d'appalto e senza nessuna delibera emessa dal consiglio di amministrazione. Il giorno 29 ottobre 2010 il sovrintendente in attività di prorogatio ha bandito per queste figure il concorso interno, escludendo di fatto il reintegro richiesto dal giudice del lavoro delle lavoratrici addette alla biglietteria. Di fatto, non si è valutato l'impatto sugli abbonati storici del Teatro e in maniera repentina si è deciso un aumento del 30 per cento sul costo dei biglietti e degli abbonamenti;
ciò che risulta incomprensibile è che un teatro come il Lirico di Cagliari sia arrivato a questa crisi malgrado le enormi potenzialità, il ridotto numero di lavoratori, il finanziamento sostanzioso della regione Sardegna, sei bilanci in pareggio e l'intero bacino di pubblico regionale. Evidentemente l'importante propaganda che ha visto questo teatro come uno dei più virtuosi, cela, invece, una crisi strutturale di cui si sta approfittando e le cui conseguenze vorrebbero farsi ricadere sui soli lavoratori;
le organizzazioni sindacali e i dipendenti del Teatro lirico di Cagliari, riuniti in assemblea, dopo un'attenta disamina della situazione e un'analisi del mandato dei quattro anni passati della dirigenza uscente che guida il Teatro da ben sei anni, hanno appurato l'esistenza di una totale divergenza tra la dirigenza e la controparte sindacale nella valutazione della profonda crisi attuale e nelle soluzioni da adottare per fronteggiare la stessa. Tale divergenza pone un invalicabile ostacolo a qualsiasi scenario di soluzione concordata;
appare necessario ogni sforzo per scongiurare che la Sardegna, regione a Statuto speciale e caratterizzata già di per sé dall'handicap dell'insularità, debba rinunciare alla presenza di un Teatro lirico degno di questo nome, in grado di competere con le altre fondazioni liriche italiane e di offrire alla popolazione sarda una produzione operistica e di danza di qualità -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione sopra evidenziata;
quali siano realmente i trasferimenti effettuati per l'anno in corso a favore del Teatro lirico di Cagliari;
quali iniziative di competenza intenda assumere per sollecitare un cambio gestionale che consenta una inversione radicale della programmazione che, ad oggi, è ad avviso degli interroganti, ancora troppo dispendiosa e risente di vecchi modelli che non sono più percorribili e se non ritenga opportuno procedere con urgenza ad un bando per la scelta del nuovo sovrintendente;

se non ritenga utile riconoscere anche al Teatro lirico di Cagliari, come già in corso nell'ambito della definizione dei regolamenti attuativi del Santa Cecilia, lo status di «fondazione speciale», dotato pertanto di maggiore autonomia e di un canale privilegiato per ottenere i finanziamenti nazionali.
(5-03699)

FIANO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'istituzione del Museo nazionale dell'ebraismo e della Shoah è stata prevista dalla legge 17 aprile 2003, n. 91, che - tra l'altro - stanziava 15 milioni di euro per l'anno 2003 per la realizzazione della sede del Museo ed 1 milione di euro annui, a decorrere dal 2003, quale contributo per le spese di funzionamento;
la citata legge n. 91 del 2003 aveva concepito il Museo con esclusivo riferimento alla Shoah; la successiva legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) l'ha ripensato come Museo dell'ebraismo e della Shoah, cui sono stati attribuiti i delicati e fondamentali compiti di far conoscere la storia, il pensiero e la cultura dell'ebraismo italiano, di promuovere attività didattiche e di organizzare manifestazioni, incontri nazionali ed internazionali, convegni, mostre permanenti e temporanee, proiezioni di film e di spettacoli sui temi della pace e della fratellanza tra i popoli e dell'incontro tra culture e religioni diverse. Un reparto del Museo, ai sensi della legge istitutiva, dovrà essere dedicato alle testimonianze delle persecuzioni razziali ed alla Shoah in Italia;
lo stanziamento per la realizzazione del Museo non solo non fu adeguato a seguito dell'estensione dell'ambito di interesse del Museo, ma fu quasi subito definanziato e quindi rifinanziato con la legge 10 ottobre 2005, n. 208, che ripristinò i 15 milioni di euro originariamente previsti per la realizzazione della sede del Museo;
a seguito del rifinanziamento, è stata individuata la sede del Museo all'interno degli edifici dell'ex carcere di Via Piangipane e la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia Romagna, d'intesa con il comune di Ferrara e con la Fondazione Museo nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah, ha bandito - nell'aprile 2010 - un concorso di progettazione per la realizzazione del Museo;
alla data di scadenza del bando, fissata per il 30 settembre 2010, sono pervenuti 53 elaborati, che saranno esaminati da una giuria esaminatrice che è stata appena nominata dalla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia-Romagna;
nel frattempo, al termine dell'esercizio finanziario 2008, la somma residua dello stanziamento per la realizzazione del Museo (12.250.000 euro) è andata perenta, mentre lo stanziamento di parte corrente per il suo funzionamento ha subito cospicui tagli -:
quali iniziative intenda assumere per assicurare la realizzazione ed il funzionamento del Museo dell'ebraismo e della Shoah di Ferrara, ripristinando gli stanziamenti originariamente previsti.
(5-03705)

FIANO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la legge 17 agosto 2005, n. 175, ha consentito numerosi interventi volti alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio ebraico in Italia, stanziando - inizialmente - 5 milioni di euro per il triennio 2005-2007;
la legge è stata poi rifinanziata con due milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 dall'articolo 50 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248;
nel corso del quinquennio tali stanziamenti - che pure risultano nel loro complesso di minima entità - hanno consentito

numerosi interventi di restauro su un patrimonio culturale di grande rilevanza storica, architettonica, artistica;
nell'attuare la legge le articolazioni regionali del Ministero hanno assunto una diversa interpretazione rispetto al rimborso dell'IVA: la maggior parte di esse l'hanno infatti considerata una spesa da rimborsare; altre - ed in particolare la direzione regionale per i beni paesaggistici e culturali della Toscana nel caso specifico del restauro della sinagoga di Pisa - hanno ritenuto di non procedere al rimborso dell'IVA pagata per i lavori di restauro;
a giudizio dell'interrogante, non dovrebbe sussistere alcun dubbio circa la rimborsabilità dell'IVA, che rientra a tutti gli effetti tra le spese sostenute per il restauro dagli enti interessati (per lo più, le comunità ebraiche italiane);
nonostante questo problema applicativo, che pure andrebbe risolto con una univoca interpretazione ministeriale, la legge ha comunque rappresentato una straordinaria opportunità per riqualificare uno straordinario patrimonio;
i fondi stanziati dalla legge fino al 2009 sono ora in via di esaurimento -:
quali iniziative intenda assumere al fine di:
a) evitare fraintendimenti circa la rimborsabilità dell'IVA;
b) rifinanziare gli interventi previsti dalla legge n. 175 del 2005 anche per il prossimo triennio.
(5-03706)

Interrogazione a risposta scritta:

BITONCI e STUCCHI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni stanno iniziando, a Bassano del Grappa, le riprese del film «Cose dell'altro mondo», del regista Francesco Patierno, e che alcuni amministratori, come il sindaco di Treviso e il sindaco di Thiene, hanno espresso sulla stampa locale il loro dissenso da tale iniziativa, (Tribuna di Treviso, 15 ottobre 2010, e Giornale di Vicenza, 20 ottobre 2010), in ragione del fatto che nella trama del film si tratti della tematica dell'immigrazione e dell'imprenditoria dando una rappresentazione della società veneta, a parere di chi scrive, quanto mai ambigua e distorta;
diverse associazioni culturali operanti in Veneto si sono mobilitate per sensibilizzare l'opinione pubblica e la produzione del film stesso affinché nella trama del film si rispettino i valori dell'imprenditoria e dei cittadini veneti che hanno costruito un prototipo socio-economico assunto a modello anche in altri Paesi. In particolare, si segnala l'interesse dell'associazione «Veneto Nostro» e del suo presidente, Davide Guiotto, da anni impegnata a sostenere e promuovere la storia e la cultura veneta, e che ha contestato la necessità di produrre tale pellicola (Italia Oggi, 22 ottobre 2010);
il Veneto è da anni la regione italiana dove meglio di altre c'è un'integrazione tra abitanti locali e immigrazione straniera (Quarto rapporto Caritas-Migrantes);
nel dicembre del 2009, la sottocommissione cinema - sezione riconoscimento interesse culturale lungometraggi - ha concesso al film «Cose dell'altro mondo» un contributo di 1.300.000 euro, motivando la decisione in ragione del fatto che l'immigrazione viene analizzata con toni di leggerezza ed ironia -:
se non ritenga necessario, in ragione del contributo economico elargito dallo Stato in un momento storico caratterizzato da una forte ristrettezza economica, adottare forme di controllo più efficaci sulle modalità con le quali vengono sovvenzionati progetti ed iniziative artistiche come, ad esempio, il film in questione.
(4-09260)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

VILLECCO CALIPARI, RUGGHIA, GAROFANI, RECCHIA, LAGANÀ FORTUGNO, MOGHERINI REBESANI, LA FORGIA, ROSATO e GIANNI FARINA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 9, comma 1, della legge n. 382 del 21 luglio 1978, «Norme di principio sulla disciplina militare», stabiliva che: «I militari possono liberamente pubblicare i loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio per i quali deve essere ottenuta l'autorizzazione»;
con tale norma, veniva garantito il diritto dei militari alla libertà di espressione, salvaguardando, per il tramite dell'autorizzazione, anche l'interesse militare a proteggere argomenti a carattere riservato;
il Consiglio di Stato ha successivamente specificato le condizioni di applicazione della norma, chiarendo che la trattazione di argomenti per i quali deve essere ottenuta l'autorizzazione sono esclusivamente quelli a carattere riservato, nel senso che essa non può ricomprendere tutti i fatti o le circostanze inerenti il servizio;
con il nuovo Codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, entrato in vigore il 6 ottobre 2010, l'articolo 9, della 392/78, rubricato nell'articolo 1472 è stato così modificato: «I militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare, di servizio o collegati al servizio per i quali deve essere ottenuta l'autorizzazione»;
la nuova formulazione, interviene in maniera restrittiva su di un diritto costituzionalmente protetto quale quello di espressione, modificandone sensibilmente l'ambito e attuando un intervento da considerare secondo gli interroganti al di fuori della delega concessa ai fini della semplificazione o al riassetto della materia -:
se intenda assumere le necessarie iniziative normative per correggere la nuova formulazione dell'articolo 9, comma 1, della legge n. 382 del 1978, di cui all'articolo 1472 del decreto legislativo n. 66 del 2010.
(5-03693)

Interrogazioni a risposta scritta:

FIANO, RUGGHIA e RECCHIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
Wikileaks è un'organizzazione internazionale che è entrata in possesso di documenti militari dell'esercito degli Stati Uniti coperti da segreto e che ha reso gli stessi disponibili sul proprio sito web;
tra i documenti riservati resi noti, ve ne sono due che riguardano episodi drammatici che hanno avuto per protagonisti militari italiani operanti in Iraq;
tali documenti, presentano una ricostruzione degli episodi in oggetto diversa da quella fornita dall'Esercito italiano;
per quanto riguarda l'episodio risalente alla notte tra il 5 e il 6 agosto 2004 la ricostruzione resa all'epoca dalle fonti militari italiane, raccontava che nelle prime ore del mattino un automezzo non si era fermato ad un check point dell'Esercito Italiano, di controllo nei pressi di Nassirya;
l'automezzo, identificato come un furgone, privo di insegne o di dispositivi luminosi, aveva a bordo uomini armati che dopo il check point erano scesi dal mezzo sparando verso i militari italiani, e che gli stessi avevano risposto al fuoco uccidendo

gli uomini armati e facendo esplodere il mezzo mobile, probabilmente carico di esplosivo;
invece la ricostruzione presentata nei documenti di Wikileaks racconta che a bordo del veicolo si trovavano, secondo testimoni, una donna incinta, la madre, la sorella e il marito e che il mezzo quindi non era un camion bomba -:
quale sia la definitiva ricostruzione dei fatti di cui in premessa, anche alla luce degli elementi che emergono dalla lettura dei suddetti documenti.
(4-09263)

FIANO, RUGGHIA e RECCHIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
Wikileaks è un'organizzazione internazionale che è entrata in possesso di documenti militari dell'esercito degli Stati Uniti coperti da segreto;
Wikileaks ha reso tali documenti disponibili sul sito web;
tra i documenti riservati resi noti, ve ne sono due che riguardano episodi drammatici che hanno avuto per protagonisti militari italiani operanti in Iraq;
tali documenti presentano una ricostruzione dei fatti diversa da quella fornita dall'Esercito italiano;
nel marzo 2005 morì in Iraq il militare italiano Salvatore Marracino;
la ricostruzione ufficiale parlò di un suicidio avvenuto con uno sparo alla fronte effettuato con l'arma propria del militare;
nei file pubblicati da Wikileaks si accredita invece l'ipotesi che Salvatore Marracino sia stato accidentalmente colpito da fuoco amico durante un'esercitazione -:
quale sia la definitiva ricostruzione dei fatti di cui in premessa, anche alla luce degli elementi che emergono dalla lettura dei suddetti documenti.
(4-09264)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con numerosi atti di sindacato ispettivo gli interroganti hanno chiesto, tra le altre, di conoscere quali immediati e urgenti iniziative intenda avviare il Ministro interrogato per monitorare, contenere e possibilmente risolvere, il preoccupante fenomeno dei suicidi tra gli appartenenti alle forze di polizia ad ordinamento militare;
solo tra gli appartenenti all'Arma dei carabinieri si sono verificati ben 5 casi di suicidio dal 27 ottobre 2010 ad oggi;
nell'Arma dei carabinieri si registra quella che agli interroganti appare una inconcepibile restrizione e costrizione, entro insufficienti e inadeguati spazi, delle individualità del personale e dei diritti democratici ad opera dei vertici con una costante azione che appare mirata a realizzare, con un esasperato rigore sotto gli aspetti della disciplina, il raggiungimento di determinati obiettivi che possano consentire un maggiore campo d'azione della politica di Governo sui temi della sicurezza e della lotta alla criminalità -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, oltre che urgente, richiamare ad un più attento e adeguato esercizio delle potestà attribuite dall'ordinamento militare coloro che a qualsiasi livello hanno le responsabilità del comando e nel contempo avviare concretamente ogni possibile azione volta alla comprensione e al miglioramento dei rapporti tra l'amministrazione militare e gli amministrati, ponendo come obiettivo della propria azione il benessere del personale e dei nuclei familiari.
(4-09297)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 4 novembre 2010 si sono svolte le celebrazioni per la ricorrenza della «Festa delle Forze armate»;

per l'occasione sono stati impiegati un ingente numero di mezzi, di supporto e logistici, oltre a un rilevante numero di militari e civili dell'amministrazione della difesa -:
se gli Stati maggiori di Forza armata abbiano impartito disposizioni o diffuso comunicazioni per richiedere al personale militare dipendente di partecipare agli eventi, indossando l'uniforme di servizio, unitamente ai propri familiari;
quanti mezzi aerei terrestri e navali e/o di supporto e quanti dipendenti militari e civili siano stati impiegati nelle attività per le celebrazioni di cui in premessa, per quanto tempo e quale la spesa complessivamente sia stata sostenuta;
quali siano stati la spesa economica per le manifestazioni e gli eventi non militari collegati alla celebrazione della ricorrenza di cui in premessa;
quante siano state le ore di lavoro straordinario complessivamente effettuate al personale militare e quante quelle effettivamente retribuite, per singola Forza armata e per ogni fascia di grado gerarchico.
(4-09298)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

GIBIINO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
lo Stato deve riconoscere la «casa» quale servizio di interesse generale come richiesto dalla Commissione europea;
appare necessaria una politica più efficace in merito alla gestione dell'edilizia residenziale pubblica e ciò anche in merito al gettito derivante dalla tassazione IRES (imposta sul reddito delle società) che versano gli enti gestori titolari del patrimonio immobiliare suddetto;
la gestione dell'edilizia residenziale pubblica è sorretta dal gettito dei canoni di locazione, la cui entità è disciplinata da leggi regionali, le quali di fatto vengono approvate senza tener conto se il patrimonio immobiliare afferisca in proprietà agli enti gestori ovvero agli enti locali;
le entrate da canoni che riguardano il patrimonio di proprietà degli enti locali non risultano gravate dall'imposta IRES;
le entrate da canoni che riguardano, invece, il patrimonio di proprietà degli enti gestori risultano gravate dall'imposta IRES;
in tali condizioni è palmare una disparità di trattamento fiscale su identico servizio;
risulta che nello schema di decreto legislativo sul federalismo fiscale in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, ora all'esame della Conferenza unificata, le imposte gravanti sulle entrate derivanti da alienazione del patrimonio dell'edilizia residenziale pubblica non sono indicate, allorché la competenza in materia sia esclusiva delle regioni;
le entrate determinate dalle imposte sulle alienazioni del patrimonio di edilizia residenziale pubblica sono risorse che alimentano la spesa corrente del bilancio dello Stato, anziché essere finalizzate al rilancio dell'edilizia residenziale pubblica;
il gettito erariale derivante dall'applicazione della legge n. 560 del 1993 (alienazione immobili ERP) ammonta a circa 500 milioni di euro;
il gettito afferente all'IRES, versata allo Stato dagli enti gestori ERP, è di circa 150 milioni di euro -:
se le imposte sopra citate rientrino nello schema di decreto legislativo in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province; in caso contrario, quali iniziative possano essere adottate per integrare i trasferimenti agli enti gestori dell'edilizia residenziale pubblica, tramite le regioni;

se le risorse derivanti dalla tassazione in questione siano finalizzate all'edilizia residenziale pubblica oppure alla spesa corrente dello Stato.
(4-09282)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
si prende spunto da articoli di stampa apparsi nei giorni scorsi in quotidiani e da interventi di sindaci di comuni delle provincia di Bologna e si fa riferimento alle affermazioni del dirigente del comune di Bologna competente per i tributi, in merito all'assegnazione di tre dipendenti comunali per «collaborare con l'Agenzia delle entrate di Bologna»;
l'evasione fiscale è un reato e come tale deve essere combattuto in uno spirito di solidarietà verso la comunità nazionale non in una ottica di invidia o vendetta di classe; non a caso il provvedimento votato dal Parlamento responsabilizza i comuni non li invita a fare opera di delazione o «processi alle streghe»;
l'interrogante si augura pertanto che i responsabili dell'Agenzia delle entrate dimostrino senso di responsabilità e duttilità nel verificare determinate segnalazioni e soprattutto, sappiano distinguere caso per caso visto per esempio il comportamento di molti enti locali in materia di autovelox utilizzati spesso per far cassa e non per prevenire incidenti -:
se il Ministro non intenda chiarire, anche attraverso un'apposito atto interpretativo, quali siano le competenze delle Agenzie delle entrate con specifico riferimento all'attività dei funzionari distaccati presso gli enti locali il cui ruolo deve essere sicuramente ausiliario ma non investigativo.
(4-09299)

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i possessori di azioni Alitalia sono fortemente a rischio di perdita dell'intero capitale a seguito delle note vicende;
eppure sono state fatte proposte che in qualche modo potrebbero mitigare il loro danno;
una di queste proposte prevede un concambio delle azioni AZ con un controvalore in biglietti aerei invenduti con le seguenti modalità: C.A.I./SKY TEAM, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, concambia il capitale investito con un controvalore nominale in titoli di viaggio applicando un controvalore medio azione da stabilirsi, ma che dovrebbe essere fissato attorno ad euro 1.0/euro 1.5. Ciò al fine di limitare l'offerta agli investitori che comprovatamente comprarono le azioni a queste valutazioni e non negli ultimi mesi di vita del titolo AZ a un prezzo stracciato (NDR: euro 0.10 cadauno);
si dovranno poi stabilire i limiti ed i tempi di utilizzo dei biglietti emessi e cioè la prenotazione dei voli. Da prevedersi la possibilità di cessione dei biglietti a terzi anche attraverso la eventuale creazione di una Agenzia ad acta per la collocazione sul mercato;
lo schema di concambio biglietti contro azioni AZ sarebbe più gradito della proposta del Governo di concambio con titoli di Stato dell'agosto 2009;
il Governo potrebbe così evitare di emettere i titoli di stato ad hoc e quindi realizzare un notevole risparmio. Si parla di circa 300 milioni di euro per circa 40.000 soggetti;
l'effetto promozionale per C.A.I.-Alitalia/SKY TEAM sarebbe più efficace ed incisivo al Nord, dove Alitalia insieme con i partner SKY TEAM si trova a competere con Lufthansa Italia S.p.A./STAR ALLIANCE e con la Compagnia in rapida crescita Emirates e dove risiede una porzione consistente dell'azionariato di Alitalia S.p.A.;
il tutto a costo praticamente zero per C.A.I.-Alitalia/SKY TEAM, ma addirittura in guadagno per il al Ministero dell'economia

e delle finanze con la evitata emissione dei titoli di Stato e con la cessazione delle azioni giudiziarie -:
se il Ministro sia a conoscenza delle proposte sopra riportate;
se non ritenga di dover esaminare il concambio delle azioni AZ con un controvalore nominale in titoli di viaggio a vantaggio dei risparmiatori Alitalia e anche del Governo.
(4-09307)

TESTO AGGIORNATO AL 9 NOVEMBRE 2010

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, CAPANO, CAVALLARO, CIRIELLO, CONCIA, CUPERLO, MELIS, PICIERNO, ROSSOMANDO, TENAGLIA, MARCO CARRA, TOUADI, AMICI, BINDI, GRASSI, RUBINATO, LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 29 ottobre 2010 sono state annullate le prove per il concorso pubblico nazionale notarile in corso di svolgimento a Roma per l'impossibilità di svolgere la terza prova scritta per motivi di ordine pubblico, a cui partecipavano oltre tremila candidati per 200 posti;
l'estrema gravità dell'episodio, che non ha precedenti, impone di verificare l'esatto svolgimento dei fatti e di accertare le relative responsabilità;
da notizie di stampa risulta che le irregolarità sono consistite nella seconda prova nella sostanziale identità della traccia dettata con quella di una esercitazione effettuata pochi giorni prima presso la scuola notarile romana «Anselmo Anselmi», e nella terza prova nel grave ritardo, al limite dei tempi consentiti, nella dettatura della traccia, di cui alcuni candidati sembra avessero già conoscenza -:
quale sia stata l'esatta dinamica degli eventi risultante dal contenuto di tutti i verbali redatti dalla Commissione d'esame;

quali siano i nominativi, le qualifiche professionali dei componenti la commissione d'esame, i criteri adottati

per la loro nomina ed il procedimento a tal fine utilizzato;
quale sia il procedimento utilizzato, in ciascuna giornata d'esame, per l'elaborazione delle tracce sottoposte a sorteggio nonché i nominativi dei commissari che le hanno proposte;
quale sia la motivazione reale che ha portato il presidente a dettare la terza traccia in grave ritardo e quella che successivamente ha determinato l'annullamento delle prove;
chi sia il funzionario responsabile dell'organizzazione del concorso;
quali iniziative intenda assumere il Ministro per porre rimedio a quanto accaduto.
(5-03697)

FERRANTI e VILLECCO CALIPARI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 2002 è stato bandito un concorso distrettuale per 443 posti di ufficiale giudiziario;
nel settembre 2003 sono state espletate le due prove scritte, tra febbraio e giugno 2004 si sono ultimate le prove orali. Sono risultati 443 vincitori e circa 750 idonei;
alla data odierna rimangono da assumere 43 vincitori idonei del suddetto concorso, di cui 38 giovani laureati (oggi tutti avvocati) calabresi, che andrebbero a colmare l'atavica ed insostenibile carenza di personale di tutti gli uffici giudiziari calabresi;

diversi presidenti e procuratori delle corti d'appello e dei tribunali calabresi denunciano da tempo gravi carenze di personale amministrativo;
già nel 2009, con decreto del Presidente della Repubblica del 28 agosto 2009 registrato alla Corte dei conti il 24 settembre 2009 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre 2009, è stata autorizzata, tra le altre, l'assunzione a tempo indeterminato di 48 unità presso il Ministero della giustizia - dipartimento organizzazione giudiziaria - assunzioni che riguardano i 43 vincitori - idonei del predetto concorso, cosi come espressamente dichiarato dal Ministero nella sua relazione annuale del 2009;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 marzo 2010 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 28 giugno 2010, è stata autorizzata, tra le altre, l'assunzione a tempo indeterminato di 99 unità presso il Ministero della giustizia - dipartimento organizzazione giudiziaria - assunzioni che riguardano, così come riferisce l'ufficio assunzioni del Ministero della giustizia, ancora i 43 vincitori - idonei del predetto concorso;
il 29 luglio 2010 il Governo, rappresentato in Assemblea dal Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Casero, accoglieva l'ordine del giorno n. 9/3638/327 con il quale il Governo si impegnava ad assumere, in Calabria, i 38 vincitori idonei del concorso;
l'articolo 1 del decreto di autorizzazione richiama l'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che impone al Ministero l'obbligo di ridimensionare, quale condizione per l'assunzione, le piante organiche del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria. Tale ridimensionamento è stato effettuato ad eccezione del ruolo dirigenziale, che poi è proprio quello dell'area degli ufficiali giudiziari e cancellieri C1 del concorso di cui sopra;
dalla relazione del Ministero per l'anno 2009 risulta che con decreto del Presidente della repubblica 28 agosto 2009 l'amministrazione è stata autorizzata all'assunzione di 48 unità di personale appartenente all'ex area C, utilizzando i fondi di cui al comma 527 della legge n. 296 del 2007. Tale autorizzazione sarà utilizzata, compatibilmente con il divieto di assunzione di cui sopra, per l'assunzione come cancellieri di fascia C1 di tutti i restanti n. 43 idonei del concorso a 443 posti di ufficiali giudiziari e per la realizzazione, per i posti restanti, di alcune ricostituzioni del rapporto di lavoro -:
quali iniziative urgenti intenda assumere per completare l'assunzione di tutti gli idonei al concorso e se non ritenga necessario prorogare immediatamente per tutto il 2011, la graduatoria del concorso che scadrà il 31 dicembre 2010.
(5-03707)

SAMPERI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 29 ottobre 2010 sono state annullate le prove per il concorso notarile in corso di svolgimento a Roma, a cui partecipavano oltre tremila candidati per 200 posti. A comunicare l'annullamento, deciso dalla commissione esaminatrice, è stato il Consiglio nazionale del notariato;
lo svolgimento dell'esame, nel corso della terza prova, è stato interrotto dopo ore di confusione e disagi, tra le proteste dei partecipanti, per presunte irregolarità. La traccia «mortis causa» oggetto della seconda prova scritta, infatti, sarebbe stata molto simile a quella di una esercitazione effettuata nelle scorse settimane presso la scuola notarile romana «Anselmo Anselmi» e divulgata attraverso il sito dei praticanti notai, romoloromani.it, sito che sarebbe stato sospeso subito dopo l'annullamento dell'esame;
la legge prevede che l'accesso al notariato consegua al superamento di un concorso pubblico nazionale indetto e gestito dal Ministero della giustizia e che, al fine di garantirne l'originalità e la segretezza, le tracce dei compiti siano redatte,

poco prima della dettatura, dai commissari nominati con decreto del Ministro della giustizia;
quella verificatasi è, quindi, una situazione grave ed inedita, che non trova precedenti nel passato, considerato che un altro caso di annullamento è stato determinato da irregolarità procedurali -:
quale sia stata l'esatta dinamica degli eventi e se, per quanto di competenza, siano state individuate responsabilità;
attraverso quali atti e in quali tempi il Ministro intenda intervenire al fine di tutelare le legittime aspettative dei partecipanti al concorso annullato.
(5-03708)

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, AMICI, SAMPERI, MELIS, TENAGLIA, ROSSOMANDO, CAPANO, CIRIELLO, CAVALLARO, TOUADI, CUPERLO, CONCIA, TIDEI, PICIERNO, SIRAGUSA e BERNARDINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in relazione alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri, il Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2010 ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, che durerà fino al 31 dicembre 2010 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2010) e ha deliberato un piano straordinario penitenziario;
il piano prevede tra l'altro l'adozione di interventi di edilizia penitenziaria per i quali il commissario straordinario potrà procedere in deroga alle ordinarie competenze, velocizzando procedure e semplificando le gare d'appalto per la costruzione di 47 nuovi padiglioni, utilizzando il modello adottato per il dopo-terremoto a L'Aquila. L'attribuzione di poteri speciali al commissario straordinario per la realizzazione del piano carceri e le disposizioni per prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nei relativi interventi sono contenuti negli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito dalla legge n. 26 del 2010;
il 19 marzo 2010 è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri che ha dettato nuove disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente al sovraffollamento penitenziario. Il provvedimento prevede, in particolare, che il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nominato commissario delegato per «l'emergenza carceri», debba predisporre entro 30 giorni un apposito piano di interventi, indicandone i tempi e le modalità di attuazione. L'ordinanza istituisce un comitato di indirizzo e controllo presieduto dal Ministro della giustizia, cui spetta l'approvazione del piano nonché la vigilanza sull'azione del commissario delegato;
il commissario straordinario all'edilizia penitenziaria, Franco Ionta, ad oggi risulta aver presentato il piano al comitato di sorveglianza costituito dal Ministro della giustizia, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dal capo del dipartimento della protezione civile, che dovrebbe averlo approvato il 29 giugno 2010. Nonostante le ripetute richieste formalizzate in Commissione giustizia, il Ministro non ha mai fornito risposte alla richiesta di illustrazione delle linee portanti e dello stato di attuazione del piano;
la sintesi riprodotta dal sito internet del Ministero della giustizia fornisce alcuni dati palesemente generici; si parla di 20 nuovi padiglioni (in ampliamento di istituti esistenti), per un importo totale di 231 milioni di euro, e di 11 nuovi istituti: importo totale di 430 milioni di euro;
in particolare è prevista la costruzione di un nuovo padiglione per 200 posti a Siracusa con tempi di ultimazione lavori a giugno 2012 con la spesa di 1.000.000 euro -:
se per tale nuovo padiglione, ai sensi dell'articolo 17-ter del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito dalla legge n. 26 del 2010, si sia derogato ai vigenti strumenti

urbanistici, e in caso affermativo, quale sia esattamente l'area individuata e a chi fosse intestata la proprietà;
se sia stata già effettuata la progettazione, ad opera di chi, e quale sia l'importo previsto, e, in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se sia stata già effettuata la scelta dell'impresa contraente, in base a quale procedura, per quale importo, se siano o meno iniziati i lavori, chi sia il direttore dei lavori, quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, e in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se, in deroga alla legislazione vigente, si intenda consentire il subappalto delle lavorazioni della categoria prevalente fino al cinquanta per cento;
se il Ministro ritenga ancora valida la data indicata nel sito del Ministero per l'ultimazione dei lavori;
se non ritenga di dover riferire in merito ad un'esatta e puntuale rendicontazione relativa alle spese fino ad adesso imputabili allo stanziamento complessivo previsto per il piano carceri.
(5-03713)

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, AMICI, SAMPERI, MELIS, TENAGLIA, ROSSOMANDO, CAPANO, CIRIELLO, CAVALLARO, TOUADI, CUPERLO, CONCIA, TIDEI, PICIERNO, BERNARDINI e GRAZIANO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in relazione alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri, il Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2010 ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, che durerà fino al 31 dicembre 2010 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2010) e ha deliberato un piano straordinario penitenziario;
il piano prevede tra l'altro l'adozione di interventi di edilizia penitenziaria per i quali il commissario straordinario potrà procedere in deroga alle ordinarie competenze, velocizzando procedure e semplificando le gare d'appalto per la costruzione di 47 nuovi padiglioni, utilizzando il modello adottato per il dopo-terremoto a L'Aquila. L'attribuzione di poteri speciali al commissario straordinario per la realizzazione del piano carceri e le disposizioni per prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nei relativi interventi sono contenuti negli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito dalla legge n. 26 del 2010;
il 19 marzo 2010 è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri che ha dettato nuove disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente al sovraffollamento penitenziario. Il provvedimento prevede, in particolare, che il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nominato commissario delegato per «l'emergenza carceri», debba predisporre entro 30 giorni un apposito piano di interventi, indicandone i tempi e le modalità di attuazione. L'ordinanza istituisce un comitato di indirizzo e controllo presieduto dal Ministro della giustizia, cui spetta l'approvazione del piano nonché la vigilanza sull'azione del commissario delegato;
il commissario straordinario all'edilizia penitenziaria, Franco Ionta, ad oggi risulta aver presentato il piano al comitato di sorveglianza costituito dal ministro della giustizia, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dal Capo del Dipartimento della protezione civile, che dovrebbe averlo approvato il 29 giugno 2010. Nonostante le ripetute richieste formalizzate in Commissione giustizia, il Ministro non ha mai fornito risposte alla richiesta di illustrazione delle linee portanti e dello stato di attuazione del piano;
in particolare, è prevista la costruzione di un nuovo padiglione per 200 posti a Salerno con tempi di ultimazione lavori a giugno 2012 con la spesa di 11.000.000 euro -:
se per tale nuovo padiglione, ai sensi dell'articolo 17-ter del decreto-legge n. 195

del 2009 convertito dalla legge n. 26 del 2010, si sia derogato ai vigenti strumenti urbanistici, e in caso affermativo, quale sia esattamente l'area individuata e a chi fosse intestata la proprietà;
se sia stata già effettuata la progettazione, ad opera di chi, e quale sia l'importo previsto, e, in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se sia stata già effettuata la scelta dell'impresa contraente, in base a quale procedura, per quale importo, se siano o meno iniziati i lavori, chi sia il direttore dei lavori, quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, e in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se, in deroga alla legislazione vigente, si intenda consentire il subappalto delle lavorazioni della categoria prevalente fino al cinquanta per cento;
se il Ministro ritenga ancora valida la data indicata nel sito del Ministero per l'ultimazione dei lavori;
se non ritenga di dover riferire in merito ad un'esatta e puntuale rendicontazione relativa alle spese fino ad adesso imputabili allo stanziamento complessivo previsto per il piano carceri.
(5-03714)

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, AMICI, SAMPERI, MELIS, TENAGLIA, ROSSOMANDO, CAPANO, CIRIELLO, CAVALLARO, TOUADI, CUPERLO, CONCIA, TIDEI, PICIERNO, BERNARDINI e GRAZIANO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in relazione alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri, il Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2010 ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, che durerà fino al 31 dicembre 2010 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2010) e ha deliberato un piano straordinario penitenziario;
il piano prevede tra l'altro l'adozione di interventi di edilizia penitenziaria per i quali il commissario straordinario potrà procedere in deroga alle ordinarie competenze velocizzando procedure e semplificando le gare d'appalto per la costruzione di 47 nuovi padiglioni, utilizzando il modello adottato per il dopo-terremoto a L'Aquila. L'attribuzione di poteri speciali al commissario straordinario per la realizzazione del Piano carceri e le disposizioni per prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nei relativi interventi sono contenuti negli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito dalla legge n. 26 del 2010;
il 19 marzo 2010 è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri che ha dettato nuove disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente al sovraffollamento penitenziario. Il provvedimento prevede in particolare, che il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nominato commissario delegato per «l'emergenza carceri», debba predisporre entro 30 giorni un apposito piano di interventi, indicandone i tempi e le modalità di attuazione. L'ordinanza istituisce un comitato di indirizzo e controllo presieduto dal Ministro della giustizia cui spetta l'approvazione del piano nonché la vigilanza sull'azione del commissario delegato;
il commissario straordinario all'edilizia penitenziaria. Franco Ionta, ad oggi risulta aver presentato il piano al comitato di sorveglianza costituito dal Ministro della giustizia, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dal Capo del Dipartimento della protezione civile, che dovrebbe averlo approvato il 29 giugno 2010. Nonostante le ripetute richieste formalizzate in Commissione, giustizia il Ministro non ha mai fornito risposte alla richiesta di illustrazione delle linee portanti e dello stato di attuazione del Piano;
la sintesi riprodotta dal sito internet del Ministero della giustizia fornisce alcuni dati palesemente generici: si parla di 20

nuovi padiglioni (in ampliamento di istituti esistenti), per un importo totale di 231 milioni di euro, e di 11 nuovi istituti: importo totale di 430 milioni di euro;
in particolare è prevista la costruzione di un nuovo padiglione per 200 posti a Napoli con tempi di ultimazione lavori a giugno 2012 con la spesa di 11.000.000 euro -:
se per tale nuovo padiglione, ai sensi dell'articolo 17-ter del decreto-legge n. 195 del 2009 convertito dalla legge n. 26 del 2010, si sia derogato ai vigenti strumenti urbanistici, e in caso affermativo, quale sia esattamente l'area individuata e a chi fosse intestata la proprietà;
se sia stata già effettuata la progettazione, ad opera di chi, e quale sia l'importo previsto, e, in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se sia stata già effettuata la scelta dell'impresa contraente, in base a quale procedura, per quale importo, se siano o meno iniziati i lavori, chi sia il direttore dei lavori, quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, e in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se, in deroga alla legislazione vigente, si intenda consentire il subappalto delle lavorazioni della categoria prevalente fino al cinquanta per cento;
se il Ministro ritenga ancora valida la data indicata nel sito del Ministero per la ultimazione dei lavori;
se non ritenga di dover riferire in merito ad un'esatta e puntuale rendicontazione relativa alle spese fino ad adesso imputabili allo stanziamento complessivo previsto per il piano carceri.
(5-03715)

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, AMICI, SAMPERI, MELIS, TENAGLIA, ROSSOMANDO, CAPANO, CIRIELLO, CAVALLARO, TOUADI, CUPERLO, CONCIA, TIDEI, PICIERNO e BERNARDINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in relazione alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri, il Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2010, ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, che durerà fino al 31 dicembre 2010 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2010) e ha deliberato un piano straordinario penitenziario;
il piano prevede tra l'altro l'adozione di interventi di edilizia penitenziaria per i quali il commissario straordinario potrà procedere in deroga alle ordinarie competenze, velocizzando procedure e semplificando le gare d'appalto per la costruzione di 47 nuovi padiglioni, utilizzandoci modello adottato per il dopo-terremoto a L'Aquila. L'attribuzione di poteri speciali al commissario straordinario per la realizzazione del piano carceri e le disposizioni per prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nei relativi interventi sono contenuti negli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito dalla legge n. 26 del 2010;
il 19 marzo 2010 è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri che ha dettato nuove disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente al sovraffollamento penitenziario. Il provvedimento prevede, in particolare, che il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, commissario delegato per «l'emergenza carceri», debba predisporre entro 30 giorni un apposito piano di interventi, indicandone i tempi e le modalità di attuazione. L'ordinanza istituisce un comitato di indirizzo e controllo presieduto dal Ministro della giustizia, cui spetta l'approvazione del Piano nonché la vigilanza sull'azione del commissario delegato;
il commissario straordinario all'edilizia penitenziaria, Franco Ionta, ad oggi risulta aver presentato il piano al comitato di sorveglianza costituito dal Ministro della giustizia, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dal Capo del

Dipartimento della protezione civile, che dovrebbe averlo approvato il 29 giugno 2010. Nonostante le ripetute richieste formalizzate in commissione giustizia, il Ministro non ha mai fornito risposte alla richiesta di illustrazione delle linee portanti e dello stato di attuazione del piano;
la sintesi riprodotta dal sito internet del Ministero della giustizia fornisce alcuni dati palesemente generici: si parla di 20 nuovi padiglioni (in ampliamento di istituti esistenti), per un importo totale 231 milioni di euro, e di 11 nuovi istituti: importo totale di 430 milioni di euro;
in particolare è prevista la costruzione di un nuovo padiglione per 200 posti a Sulmona, con tempi di ultimazione lavori a giugno 2012 con la spesa di 11.000.000 di euro -:
se per tale nuovo padiglione, ai sensi dell'articolo 17-ter del decreto-legge n. 195 del 2009 convertito dalla legge n. 26 del 2010, si sia derogato ai vigenti strumenti urbanistici, e in caso affermativo, quale sia esattamente l'area individuata e a chi fosse intestata la proprietà;
se sia stata già effettuata la progettazione, ad opera di chi, e quale sia l'importo previsto e in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se sia stata già effettuata la scelta dell'impresa contraente, in base a quale procedura, per quale importo, se siano o meno iniziati i lavori, chi sia il direttore dei lavori, quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, e in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se, in deroga alla legislazione vigente, si intenda consentire il subappalto delle lavorazioni della categoria prevalente fino al cinquanta per cento;
se il Ministro ritenga ancora valida la data indicata nel sito del Ministero per l'ultimazione dei lavori;
se non ritenga di dover riferire in merito ad un'esatta e puntuale rendicontazione relativa alle spese fino ad adesso imputabili allo stanziamento complessivo previsto per il piano carceri.
(5-03716)

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, AMICI, SAMPERI, MELIS, TENAGLIA, ROSSOMANDO, CAPANO, CIRIELLO, CAVALLARO, TOUADI, CUPERLO, CONCIA, TIDEI, PICIERNO, GINEFRA, BELLANOVA e BERNARDINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in relazione alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri, il Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2010 ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, che durerà fino al 31 dicembre 2010 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2010) e ha deliberato un piano straordinario penitenziario;
il piano prevede tra l'altro l'adozione di interventi di edilizia penitenziaria per i quali il commissario straordinario potrà procedere in deroga alle ordinarie competenze, velocizzando procedure e semplificando le gare d'appalto per la costruzione di 47 nuovi padiglioni, utilizzando il modello adottato per il dopo-terremoto a L'Aquila. L'attribuzione di poteri speciali al Commissario straordinario per la realizzazione del Piano carceri e le disposizioni per prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nei relativi interventi sono contenuti negli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito dalla legge n. 26 del 2010;
il 19 marzo 2010 è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri che ha dettato nuove disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente al sovraffollamento penitenziario. Il provvedimento prevede, in particolare, che il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nominato Commissario delegato per «l'emergenza carceri», debba predisporre entro 30 giorni un apposito piano di interventi,

indicandone i tempi e le modalità di attuazione. L'ordinanza istituisce un comitato di indirizzo e controllo presieduto dal Ministro della giustizia, cui spetta l'approvazione del piano nonché la vigilanza sull'azione del commissario delegato;
il commissario straordinario all'edilizia penitenziaria, Franco Ionta, ad oggi risulta aver presentato il piano al comitato di sorveglianza costituito dal Ministro della giustizia, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dal Capo del Dipartimento della protezione civile, che dovrebbe averlo approvato il 29 giugno 2010. Nonostante le ripetute richieste formalizzate in commissione giustizia, il Ministro non ha mai fornito risposte, alla richiesta di illustrazione delle linee portanti e dello stato di attuazione del piano;
la sintesi riprodotta dal sito internet del Ministero della giustizia fornisce alcuni dati palesemente generici: si parla di 20 nuovi padiglioni (in ampliamento di istituti esistenti), per un importo totale di 231 milioni di euro, e di 11 nuovi istituti: importo totale di 430 milioni di euro;
in particolare è prevista la costruzione di un nuovo padiglione per 200 posti a Lecce con tempi di ultimazione lavori a giugno 2012 con la spesa di 11.000.000 euro -:
se per tale nuovo padiglione, ai sensi dell'articolo 17-ter del decreto-legge n. 195 del 2009 convertito dalla legge n. 26 del 2010, si sia derogato ai vigenti strumenti urbanistici, e in caso affermativo, quale sia esattamente l'area individuata e a chi fosse intestata la proprietà;
se sia stata già effettuata la progettazione, ad opera di chi, e quale sia l'importo previsto, e, in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se sia stata già effettuata la scelta dell'impresa contraente, in base a quale procedura, per quale importo, se siano o meno iniziati i lavori, chi sia il direttore dei lavori, quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, e in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se, in deroga alla legislazione vigente, si intenda consentire il subappalto delle lavorazioni della categoria prevalente fino al cinquanta per cento;
se il Ministro ritenga ancora valida la data indicata nel sito del Ministero per la ultimazione dei lavori;
se non ritenga di dover riferire in merito ad un'esatta e puntuale rendicontazione relativa alle spese fino ad adesso imputabili allo stanziamento complessivo previsto per il piano carceri.
(5-03717)

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, AMICI, SAMPERI, MELIS, TENAGLIA, ROSSOMANDO, CAPANO, CIRIELLO, CAVALLARO, TOUADI, CUPERLO, CONCIA, TIDEI, PICIERNO, GINEFRA, BELLANOVA e BERNARDINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in relazione alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri, il Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2010 ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, che durerà fino al 31 dicembre 2010(decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2010) e ha deliberato un piano straordinario penitenziario;
il piano prevede tra l'altro l'adozione di interventi di edilizia penitenziaria per i quali il commissario straordinario potrà procedere in deroga alle ordinarie competenze, velocizzando procedure e semplificando le gare d'appalto per la costruzione di 47 nuovi padiglioni, utilizzando il modello adottato per il dopo-terremoto a L'Aquila. L'attribuzione di poteri speciali al commissario straordinario per la realizzazione del piano carceri e le disposizioni per prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nei relativi interventi sono contenuti negli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito dalla legge n. 26 del 2010;

il 19 marzo 2010 è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri che ha dettato nuove disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente al sovraffollamento penitenziario. Il provvedimento prevede, in particolare, che il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nominato commissario delegato per «l'emergenza carceri», debba predisporre entro 30 giorni un apposito piano di interventi, indicandone i tempi e le modalità di attuazione. L'ordinanza istituisce un comitato di indirizzo e controllo presieduto dal Ministro della giustizia, cui spetta l'approvazione del piano nonché la vigilanza sull'azione del commissario delegato;
il commissario straordinario all'edilizia penitenziaria, Franco Ionta, ad oggi risulta aver presentato il piano al comitato di sorveglianza costituito dal Ministro della giustizia, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al Capo del Dipartimento della protezione civile, che dovrebbe averlo approvato il 29 giugno 2010. Nonostante le ripetute richieste formalizzate in commissione giustizia, il Ministro non ha mai fornito risposte alla richiesta di illustrazione delle linee portanti e dello stato di attuazione del piano;
la sintesi riprodotta dal sito internet del Ministero della giustizia fornisce alcuni dati palesemente generici: si parla di 20 nuovi padiglioni (in ampliamento di istituti esistenti), per un importo totale di 231 milioni di euro, di 11 nuovi istituti: importo totale di 430 milioni di euro;
in particolare è prevista la costruzione di un nuovo padiglione per 200 posti a Taranto con tempi di ultimazione lavori a giugno 2012 con la spesa di 11.000.000 di euro -:
se per tale nuovo padiglione, ai sensi dell'articolo 17-ter del decreto-legge n. 195 del 2009 convertito dalla legge n. 26 del 2010, si sia derogato ai vigenti strumenti urbanistici, e in caso affermativo, quale sia esattamente l'area individuata e a chi fosse intestata la proprietà;
se sia stata già effettuata la progettazione, ad opera di chi, e quale sia l'importo previsto, e, in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se sia stata già effettuata la scelta dell'impresa contraente, in base a quale procedura, per quale importo, se siano o meno iniziati i lavori, chi sia il direttore dei lavori, quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, e in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se, in deroga alla legislazione vigente, si intenda consentire il subappalto delle lavorazioni della categoria prevalente fino al cinquanta per cento;
se il Ministro ritenga ancora valida la data indicata nel sito del Ministero per la ultimazione dei lavori;
se non ritenga di dover riferire in merito ad un'esatta e puntuale rendicontazione relativa alle spese fino ad adesso imputabili allo stanziamento complessivo previsto per il piano carceri.
(5-03718)

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, AMICI, SAMPERI, MELIS, TENAGLIA, ROSSOMANDO, CAPANO, CIRIELLO, CAVALLARO, TOUADI, CUPERLO, CONCIA, TIDEI, PICIERNO, GINEFRA, BELLANOVA e BERNARDINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in relazione alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri, il Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2010 ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, che durerà fino al 31 dicembre 2010 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2010) e ha deliberato un piano straordinario penitenziario;
il piano prevede tra l'altro l'adozione di interventi di edilizia penitenziaria per i quali il commissario straordinario potrà procedere in deroga alle ordinarie competenze velocizzando procedure e semplificando le gare d'appalto per la costruzione

di 47 nuovi padiglioni, utilizzando il modello adottato per il dopo-terremoto a L'Aquila. L'attribuzione di poteri speciali al commissario straordinario per la realizzazione del Piano carceri e le disposizioni per prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nei relativi interventi sono contenuti negli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito dalla legge n. 26 del 2010;
il 19 marzo 2010 è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri che ha dettato nuove disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente al sovraffollamento penitenziario. Il provvedimento prevede in particolare, che il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nominato commissario delegato per «l'emergenza carceri», debba predisporre entro 30 giorni un apposito piano di interventi, indicandone i tempi e le modalità di attuazione. L'ordinanza istituisce un comitato di indirizzo e controllo presieduto dal Ministro della giustizia cui spetta l'approvazione del piano nonché la vigilanza sull'azione del commissario delegato;
il commissario straordinario all'edilizia penitenziaria, Franco Ionta, ad oggi risulta aver presentato il piano al comitato di sorveglianza costituito dal Ministro della giustizia, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dal Capo del Dipartimento della protezione civile, che dovrebbe averlo approvato il 29 giugno 2010. Nonostante le ripetute richieste formalizzate in Commissione giustizia il Ministro non ha mai fornito risposte alla richiesta di illustrazione delle linee portanti e dello stato di attuazione del Piano;
la sintesi riprodotta dal sito internet del Ministero della giustizia fornisce alcuni dati palesemente generici: si parla di 20 nuovi padiglioni (in ampliamento di istituti esistenti), per un importo totale di 231 milioni di euro, e di 11 nuovi istituti: importo totale di 430 milioni di euro;
in particolare è prevista la costruzione di un nuovo padiglione per 200 posti a Trani con tempi di ultimazione lavori a giugno 2012 con la spesa di 11.000.000 di euro -:
se per tale nuovo padiglione, ai sensi dell'articolo 17-ter del decreto-legge n. 195 del 2009 convertito dalla legge n. 26 del 2010, si sia derogato ai vigenti strumenti urbanistici, e in caso affermativo, quale sia esattamente l'area individuata e a chi fosse intestata la proprietà;
se sia stata già effettuata la progettazione, ad opera di chi, e quale sia l'importo previsto, e, in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se sia stata già effettuata la scelta dell'impresa contraente, in base a quale procedura, per quale importo, se siano o meno iniziati i lavori, chi sia il direttore dei lavori, quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, e in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se, in deroga alla legislazione vigente, si intenda consentire il subappalto delle lavorazioni della categoria prevalente fino al cinquanta per cento;
se il Ministro ritenga ancora valida la data indicata nel sito del Ministero per la ultimazione dei lavori;
se non ritenga di dover riferire in merito ad un'esatta e puntuale rendicontazione relativa alle spese fino ad adesso imputabili allo stanziamento complessivo previsto per il piano carceri.
(5-03719)

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, SAMPERI, MELIS, TENAGLIA, ROSSOMANDO, CAPANO, CIRIELLO, CAVALLARO, TOUADI, CUPERLO, CONCIA, TIDEI, PICIERNO, BERNARDINI e AMICI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in relazione alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri, il Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2010 ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, che durerà fino al 31 dicembre 2010 (decreto del Presidente del Consiglio dei

ministri) 13 gennaio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2010) e ha deliberato un piano straordinario penitenziario;
il piano prevede tra l'altro l'adozione di interventi di edilizia penitenziaria per i quali il commissario straordinario potrà procedere in deroga alle ordinarie competenze, velocizzando procedure e semplificando le gare d'appalto per la costruzione di 47 nuovi padiglioni, utilizzando il modello adottato per il dopo-terremoto a L'Aquila. L'attribuzione di poteri speciali al commissario straordinario per la realizzazione del piano carceri e le disposizioni per prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nei relativi interventi sono contenuti negli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito dalla legge n. 26 del 2010;
il 19 marzo 2010 è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri che ha dettato nuove disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente al sovraffollamento penitenziario. Il provvedimento prevede, in particolare, che il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nominato commissario delegato per «l'emergenza carceri», debba predisporre entro 30 giorni un apposito piano di interventi, indicandone i tempi e le modalità di attuazione. L'ordinanza istituisce un comitato di indirizzo e controllo presieduto dal Ministro della giustizia, cui spetta l'approvazione del piano nonché la vigilanza, sull'azione del commissario delegato;
il Commissario straordinario all'edilizia penitenziaria, Franco Ionta, ad oggi risulta aver presentato il piano al comitato di sorveglianza costituito dal Ministro della giustizia, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dal Capo del Dipartimento della protezione civile, che dovrebbe averlo approvato il 29 giugno 2010. Nonostante le ripetute richieste formalizzate in commissione giustizia, il Ministro non ha mai fornito risposte alla richiesta di illustrazione delle linee importanti e dello stato di attuazione del piano;
la sintesi riprodotta dal sito internet del Ministero della giustizia fornisce alcuni dati palesemente generici: si parla di 20 nuovi padiglioni (in ampliamento di istituti esistenti), per un importo totale di 231 milioni di euro, e di 11 nuovi istituti: importo totale di 430 milioni di euro -:
in particolare è prevista la costruzione di un nuovo padiglione per 200 posti a Alessandria con tempi di ultimazione lavori a giugno 2012 con la spesa di 11.000.000 di euro -:
se per tale nuovo padiglione, ai sensi dell'articolo 17-ter del decreto-legge n. 195 del 2009 convertito dalla legge n. 26 del 2010, si sia derogato ai vigenti strumenti urbanistici, e in caso affermativo, quale sia esattamente l'area individuata e a chi fosse intestata la proprietà;
se sia stata già effettuata la progettazione, ad opera di chi, e quale sia l'importo previsto, e, in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se sia stata già effettuata la scelta dell'impresa contraente, in base a quale procedura, per quale importo, se siano o meno iniziati i lavori, chi sia il direttore dei lavori, quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, e in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se, in deroga alla legislazione vigente, si intenda consentire il subappalto delle lavorazioni della categoria prevalente fino al cinquanta per cento;
se il Ministro ritenga ancora valida la data indicata nel sito del Ministero per la ultimazione dei lavori;
se non ritenga di dover riferire in merito ad un'esatta e puntuale rendicontazione relativa alle spese fino ad adesso imputabili allo stanziamento complessivo previsto per il piano carceri.
(5-03720)

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, AMICI, SAMPERI, MELIS, TENAGLIA, ROSSOMANDO, CAPANO, CIRIELLO, CAVALLARO, TOUADI, CUPERLO, CONCIA, TIDEI, PICIERNO, QUARTIANI, FARINONE, CODURELLI e BERNARDINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in relazione alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri, il Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2010 ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, che durerà fino al 31 dicembre 2010 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2010) e ha deliberato un piano straordinario penitenziario;
il piano prevede tra l'altro l'adozione di interventi di edilizia penitenziaria per i quali il commissario straordinario potrà procedere in deroga alle ordinarie competenze, velocizzando procedure e semplificando le gare d'appalto per la costruzione di 47 nuovi padiglioni, utilizzando il modello adottato per il dopo-terremoto a L'Aquila. L'attribuzione di poteri speciali al commissario straordinario per la realizzazione del piano carceri e le disposizioni per prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nei relativi interventi sono contenuti negli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito dalla legge n. 26 del 2010;
il 19 marzo 2010 è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri che ha dettato nuove disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente al sovraffollamento penitenziario. Il provvedimento prevede, in particolare, che il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nominato commissario delegato per «l'emergenza carceri», debba predisporre entro 30 giorni un apposito piano di interventi, indicandone i tempi e le modalità di attuazione. L'ordinanza istituisce un comitato di indirizzo e controllo presieduto dal Ministro della giustizia, cui spetta l'approvazione del piano nonché la vigilanza sull'azione del commissario delegato;
il commissario straordinario all'edilizia penitenziaria, Franco Ionta, ad oggi risulta aver presentato il piano al comitato di sorveglianza costituito dal ministro della giustizia, dal ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dal Capo del Dipartimento della protezione civile, che dovrebbe averlo approvato il 29 giugno 2010. Nonostante le ripetute richieste formalizzate in commissione giustizia, il Ministro non ha mai fornito risposte alla richiesta di illustrazione delle linee portanti e dello stato di attuazione del piano;
la sintesi riprodotta dal sito internet del Ministero della giustizia fornisce alcuni dati palesemente generici: si parla di 20 nuovi padiglioni (in ampliamento di istituti esistenti), per un importo totale 231 milioni di euro, e di 11 nuovi istituti: importo totale euro 430 milioni di euro;
in particolare è prevista la costruzione di un nuovo padiglione per 200 posti a Bergamo con tempi di ultimazione lavori a giugno 2012 con la spesa di 11.000.000 euro -:
se per tale nuovo padiglione, ai sensi dell'articolo 17-ter del decreto-legge n. 195 del 2009 convertito dalla legge n. 26 del 2010, si sia derogato ai vigenti strumenti urbanistici, e in caso affermativo, quale sia esattamente l'area individuata e a chi fosse intestata la proprietà;
se sia stata già effettuata la progettazione, ad opera di chi, e quale sia l'importo previsto, e, in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se sia stata già effettuata la scelta dell'impresa contraente, in base a quale procedura, per quale importo, se siano o meno iniziati i lavori, chi sia il direttore dei lavori, quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, e in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se, in deroga alla legislazione vigente, si intenda consentire il subappalto delle lavorazioni della categoria prevalente fino al cinquanta per cento;

se il Ministro ritenga ancora valida la data indicata nel sito del Ministero per la ultimazione dei lavori;
se non ritenga di dover riferire in merito ad un'esatta e puntuale rendicontazione relativa alle spese fino ad adesso imputabili allo stanziamento complessivo previsto per il piano carceri.
(5-03721)

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, AMICI, SAMPERI, MELIS, TENAGLIA, ROSSOMANDO, CAPANO, CIRIELLO, CAVALLARO, TOUADI, CUPERLO, CONCIA, TIDEI, PICIERNO, QUARTIANI, FARINONE, CODURELLI e BERNARDINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in relazione alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri, il Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2010 ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, che durerà fino al 31 dicembre 2010 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2010) e ha deliberato un piano straordinario penitenziario;
il piano prevede tra l'altro l'adozione di interventi di edilizia penitenziaria per i quali il commissario straordinario potrà procedere in deroga alle ordinarie competenze velocizzando procedure e semplificando le gare d'appalto per la costruzione di 47 nuovi padiglioni, utilizzane il modello adottato per il dopo-terremoto a L'Aquila. L'attribuzione di poteri speciali al commissario straordinario per la realizzazione del piano carceri e le disposizioni per prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nei relativi interventi sono contenuti negli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito con legge n. 26 del 2010;
il 19 marzo 2010 è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri che ha dettato nuove disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente al sovraffollamento penitenziario. Il provvedimento prevede in particolare, che il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nominato commissario delegato per «l'emergenza carceri», debba predisporre entro 30 giorni un apposito piano di interventi, indicandone i tempi e le modalità di attuazione. L'ordinanza istituisce un comitato di indirizzo e controllo presieduto dal Ministro della giustizia cui spetta l'approvazione del piano nonché la vigilanza sull'azione del commissario delegato;
il commissario straordinario all'edilizia penitenziaria, Franco Ionta, ad oggi risulta aver presentato il piano al comitato di sorveglianza costituito dal Ministro della giustizia, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dal Capo del Dipartimento della Protezione civile che dovrebbe averlo approvato il 29 giugno 2010. Nonostante le ripetute richieste formalizzate in commissione giustizia il Ministro non ha mai fornito risposte alla richiesta di illustrazione delle linee portanti e dello stato di attuazione del piano;
la sintesi riprodotta dal sito internet del Ministero della giustizia fornisce alcuni dati palesemente generici: si parla di 20 nuovi padiglioni (in ampliamento di istituti esistenti), per un importo totale di 231 milioni di euro, e di nuovi istituti: importo totale di 430 milioni di euro;
in particolare è prevista la costruzione di un nuovo padiglione per 200 posti a Busto Arsizio con tempi di ultimazione lavori a giugno 2012 con la spesa di 11.000.000 di euro -:
se per tale nuovo padiglione, ai sensi dell'articolo 17-ter del decreto-legge n. 195 del 2009 convertito dalla legge n. 26 del 2010, si sia derogato ai vigenti strumenti urbanistici, e in caso affermativo, quale sia esattamente l'area individuata e a chi fosse intestata la proprietà;
se sia stata già effettuata la progettazione, ad opera di chi, e quale sia l'importo previsto, e, in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;

se sia stata già effettuata la scelta dell'impresa contraente, in base a quale procedura, per quale importo, se siano o meno iniziati i lavori, chi sia il direttore dei lavori, quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, e in caso di risposta negativa, se e come si intenda procedere;
se, in deroga alla legislazione vigente, si intenda consentire il subappalto delle lavorazioni della categoria prevalente fino al cinquanta per cento;
se il Ministro ritenga ancora valida la data indicata nel sito del Ministero per la ultimazione dei lavori;
se non ritenga di dover riferire in merito ad un'esatta e puntuale rendicontazione relativa alle spese fino ad adesso imputabili allo stanziamento complessivo previsto per il piano carceri.
(5-03722)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il giorno 29 ottobre 2010, secondo quanto riportato sul quotidiano on-line Repubblica.it, un detenuto sloveno di 32 anni si è ucciso nei locali delle docce del carcere bolognese della Dozza, usando come cappio per l'impiccagione i lacci delle scarpe;
a rendere noto il triste episodio è stato il segretario generale della Uil Penitenziari, Eugenio Sarno, il quale ha dichiarato: «Si tratta del 56esimo suicidio in cella, un'ecatombe senza fine. Abbiamo molte difficoltà a comprendere come mai l'informazione sia predisposta ad una deriva gossip e non pare interessata ad approfondire quello che ogni giorno di più appare essere ciò che è: un dramma umanitario, sanitario e sociale. Analogamente abbiamo qualche difficoltà a comprendere l'immobilismo della politica e le azzardate dichiarazioni di attenzione verso l'universo penitenziario che dai più disparati versanti politici ogni tanto ci raggiungono. Questi 56 corpi esanimi dovrebbero rappresentare 56 macigni sulle coscienze di chi dovrebbe e potrebbe gestire e risolvere, ma non lo fa. Le 6.500 unità mancanti alla polizia penitenziaria, i 600 educatori e i 500 assistenti sociali in meno, i circa 25.000 detenuti in più, le degradate e invivibili condizioni delle nostre prigioni sono l'humus in cui prosperano disperazione, depressione e violenza»;
la gravissima, allarmante, incivile emergenza dei suicidi in carcere impone di trovare quelle soluzioni che ancora non si intravedono; il fenomeno è stato denunciato a più riprese anche dal dossier «Morire di carcere», realizzato dai detenuti e dai volontari della redazione della rivista Ristretti Orizzonti;
è emerso dal citato documento che i detenuti si tolgono la vita con una frequenza diciannove volte superiore rispetto alle persone libere; tale dato, di per sé agghiacciante, si carica di implicazioni che sgomentano e avviliscono;
la mancanza di adeguata assistenza psicologica si va diffondendo in modo preoccupante in tutti gli istituti di pena sparsi sul territorio nazionale, ciò accade nonostante il recente decreto di riordino della sanità penitenziaria sottolinei l'obbligatorietà di garantire pari opportunità di cura ai soggetti reclusi rispetto a quelli liberi;
i tagli all'assistenza psicologica carceraria si verificano mentre cresce inesorabilmente il sovraffollamento negli istituti di pena, con impennata dei detenuti stranieri soprattutto al Nord e dei consumatori di sostanze psicotrope e con conseguente aggravamento della condizione di vita in carcere; tutto ciò comporta un aumento esponenziale del rischio di condotte dimostrative e autolesioniste da parte dei detenuti, per non parlare poi del numero dei suicidi, in continua ascesa;
è stato calcolato: a) che il tempo medio che ogni psicologo può dedicare ad

ogni detenuto oscilla tra i 7 (sette) e i 15 (quindici) minuti al mese, tempo medio che include non solo il contatto diretto, ma anche la consultazione della documentazione, le riunioni di equipe, le relazioni e tutto ciò che ne consegue; peraltro negli ultimi anni il predetto monte ore, già insufficiente, è gradualmente diminuito fino a non rendere più possibile un serio intervento psicologico; b) che l'impegno economico per questa delicatissima attività è ormai la metà della metà di quello utilizzato non più di quattro anni fa;
la circostanza che l'assistenza psicologica nelle carceri italiane, a cominciare da quella legata alle attività di osservazione e trattamento dei detenuti, risulti essere assolutamente carente e deficitaria, comporta, come naturale conseguenza, che gli istituti di pena siano diventati un'istituzione a carattere prevalentemente, se non esclusivamente, affittivo, ciò in palese violazione del dettato costituzionale che affida alla pena finalità rieducative e di risocializzazione -:
di quali informazioni il Ministro interrogato disponga circa i fatti riferiti in premessa;
quali iniziative intenda intraprendere affinché siano accertate le eventuali responsabilità della direzione del carcere della Dozza di Bologna in ordine alla mancanza degli opportuni controlli che avrebbero potuto impedire il tragico suicidio;
più in generale, quali provvedimenti urgenti il Governo intenda adottare, con riferimento alla triste piaga dei suicidi in carcere, al fine di garantire ai detenuti una non effimera attività di valutazione e trattamento, nonché i livelli essenziali di assistenza sanitario-psicologica previsti dalla legge;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario bolognese conformi al dettato costituzionale e normativo.
(4-09267)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 27 ottobre 2010 un assistente della polizia penitenziaria in servizio al nucleo traduzione e piantonamenti del carcere di Ferrara si è tolto la vita con la pistola d'ordinanza, dopo aver sparato e ucciso con la stessa arma l'ex compagna;
in tutta Italia aumentano in modo preoccupante i casi di suicidio tra i poliziotti penitenziari; bisogna dunque prendere immediati provvedimenti onde evitare che nei prossimi anni questi casi ora isolati non diventino parte integrante di una strage;
a giudizio della prima firmataria del presente atto, occorre rivedere la politica gestionale del Corpo della polizia penitenziaria il quale, e bisogna sottolinearlo, dal 1995 sta vivendo un vero e proprio esperimento. Infatti fino al 1995 i poliziotti erano posti in quiescenza maturati 19 anni 6 mesi e un giorno. Prima di allora già si contavano a migliaia i casi di disagiati psichici vittime di un lavoro così usurante figuriamoci oggi dove da tempo gli anni in media passati all'interno delle carceri italiane per un poliziotto penitenziario hanno superato di gran lunga il numero di 25;
inoltre, non va sottovalutato il fenomeno del tutto anomalo che favorisce gli agenti distaccati presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sia a livello centrale che locale, fenomeno che distoglie tante forze dagli istituti penitenziari facendo ricadere sui pochi in servizio un sovraccarico di lavoro troppo spesso intollerabile -:
se le autorità fossero a conoscenza del disagio psicologico dell'agente di custodia morto suicida e se fossero state avviate tutte le procedure di precauzione per prevenire l'atto suicidale;
se nel carcere al quale era assegnato l'uomo sia mai stato istituito un punto di ascolto con la presenza di psicologi;

quanti siano gli agenti di polizia penitenziaria distaccati presso il DAP;
quali iniziative intenda assumere per arrivare ad una soluzione definitiva dei gravi problemi che penalizzano il personale di polizia penitenziaria.
(4-09268)

NICOLA MOLTENI, REGUZZONI, CAVALLOTTO e GRIMOLDI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 29 ottobre 2010, a Roma, è stato sospeso lo svolgimento della terza prova scritta del concorso notarile, per i disordini e le contestazioni legati alla singolare coincidenza tra la traccia della prova scritta e l'esercizio svolto in una scuola notarile di Roma appena tre settimane prima;
dell'accaduto è stata data ampia diffusione nei telegiornali e sui maggiori quotidiani nazionali;
il Ministero della giustizia ha acquisito il verbale della prova d'esame e nei prossimi giorni deciderà se annullare l'intero concorso o solo la prova d'esame incriminata;
la clamorosa sospensione della prove, per ragioni di ordine pubblico, dopo la scoperta che la traccia di esame era già nota a centinaia di candidati, si somma ai dubbi sollevati da più parti riguardo la provenienza dei componenti la commissione esaminatrice, esclusivamente del centro-sud;
l'attuale concorso a 200 posti di notaio è stato indetto con decreto del Ministro della giustizia 28 dicembre 2009, anche se i due concorsi precedenti non si sono ancora conclusi, dato che per quello svoltosi nel 2006 è tuttora pendente il ricorso davanti al Tar, mentre per quello svoltosi nel 2008 sono ancora in corso di svolgimento le correzioni degli elaborati;
da quanto esposto è chiaro che il sereno svolgimento del concorso non possa non essere inficiato dai presenti accadimenti che alimentano forti sospetti sulla doverosa imparzialità richiesta ad un concorso pubblico per esami;
in aggiunta quanto accaduto si è già verificato in passato durante le precedenti prove scritte con grave discredito per gli organizzatori del concorso e per la categoria professionale dei notai -:
se il Ministro, al fine di evitare il ripetersi di simili episodi, non intenda prendere in considerazione la possibilità di un rinvio delle prove concorsuali a una data tale da assicurare il regolare svolgimento delle stesse, ovviamente dopo aver accertato le doverose responsabilità circa i fatti di cui sopra;
se non ritenga doveroso e necessario disporre, dimostrato il fallimento di questa prova, l'annullamento, la modifica e l'abrogazione dell'intero sistema per l'accesso al concorso notarile, i cui vizi sono posti ad unico ed esclusivo carico dei candidati-cittadini, valutando la possibilità di regionalizzare, nei modi e nelle forme più opportune, il concorso notarile constatato il fallimento del concorso nazionale a Roma;
se non ritenga di dovere intervenire in modo netto e deciso per porre definitivamente fine ad una gestione oscura dell'accesso alle prove concorsuali in difformità dalle più elementari regole di par condicio;
se il Ministro non intenda intervenire per porre fine ad una prassi che agli interroganti appare fortemente iniqua e profondamente discriminatoria nei confronti dei candidati del nord nel bandire un concorso nazionale cosi importante e prevedere una commissione esaminatrice composta esclusivamente da componenti provenienti dal centro-sud.
(4-09269)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta del Sud del 17 ottobre 2010 è apparso l'articolo intitolato: «Messina,

aumenta ulteriormente il numero dei detenuti, situazione ormai insostenibile»;
dal predetto articolo è dato evincere quanto segue: «L'ultima "visita guidata" all'interno del carcere di Gazzi è toccata a una delegazione della Camera penale di Messina. Professionisti che quotidianamente si interfacciano con la casa circondariale e che quindi conoscono più da vicino, attraverso la testimonianza diretta dei propri clienti, le condizioni di invivibilità che si celano dietro le sbarre. Tuttavia il "tour" di ieri ha consentito loro di potersi spingere oltre la consueta soglia di colloquio, entrando in contatto con la vita che scorre dietro le sbarre. Come abbiamo avuto modo di rappresentare in più occasioni, il nodo assai spinoso che peraltro accomuna Gazzi al panorama nazionale, rimane quello del sovraffollamento. Una piaga divenuta malessere insopportabile, cui purtroppo non si riesce a far fronte. O, evidentemente, non si vuole. Concorso di responsabilità che abbraccia più livelli istituzionali, così come è stato abbondantemente chiarito nella precedente visita parlamentare, quando ad agosto scorso a fare ingresso nell'istituto penitenziario era stata una delegazione dell'Ars (guidata dall'onorevole Filippo Panarello del PD) in occasione della giornata dei Radicali dedicata alle carceri italiane. Anche ieri ad accompagnare i nuovi ospiti, c'era la vicedirettrice della struttura Angela Sciavicco, la quale ha avuto modo di illustrare le aree dell'edificio e le principali attività che, seppure a fatica per via di risorse limitate, si portano avanti. E per la verità, così come si era percepito a seguito della precedente "puntata", anche in quest'occasione alle impressioni fortemente negative derivanti dalle intollerabili condizioni di invivibilità da sovrannumero, si sono affiancati giudizi positivi in riferimento a taluni servizi apparsi di buon livello come per esempio l'infermeria e le sale operatorie. Rimane irrisolto, tanto per citare una delle voci più significative, il problema dell'organico della Polizia penitenziaria: davvero pochi gli agenti in servizio, rispetto a una popolazione di detenuti che ha raggiunto numeri da follia. La pianta organica prevede 293 agenti, ma la disponibilità attuale è di 161 (ad agosto erano 165). I legali della Camera penale si sono spinti fin dentro i bracci maschili e femminili; hanno visto il nido e pure la cosiddetta sosta, reparto ridotto nel corso degli anni in condizioni a dir poco precarie. Qui sono stipati fino a 12 detenuti dentro a una cella di altrettanti metri quadrati. Praticamente si sopravvive come sardine. "Ho comunque trovato una situazione generale di buon livello - ha affermato l'avvocato Massimo Marchese, vicepresidente della Camera penale - ci sono aspetti positivi ma anche cose che mi hanno fortemente turbato. A impressionarmi, in particolare, l'eccessivo sovraffollamento. Celle anche con 12 persone accalcate in uno spazio angusto, bagni sporchi, aria viziata. Credo che si debba intervenire urgentemente per ristabilire condizioni di migliore vivibilità". Nella struttura, che può ospitare al massimo 253 detenuti, attualmente si trovano 412 reclusi (ad agosto erano 378)»;
proprio sulla situazione del carcere di Messina, l'interrogante è presentatrice dell'atto di sindacato ispettivo n. 4-08158 - poi trasmesso anche alla procura della Repubblica - in cui, a seguito della visita ispettiva del 17 luglio 2010, si faceva riferimento alla drammatica condizione dal punto di vista strutturale, funzionale, igienico e sanitario dell'istituto, verificata personalmente;
all'interrogazione sopra richiamata, faceva seguito quella 18 ottobre 2010 n. 4-09074 originata dalla lettera di un detenuto ristretto presso l'istituto messinese -:
quali iniziative intenda adottare in relazione al quadro preoccupante, sotto tutti i profili sopra evidenziati, in cui versa la casa circondariale di Messina.
(4-09270)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la situazione del carcere di Alghero è la più grave degli istituti della Sardegna e

in mancanza di un intervento urgente rischia di accusare pesanti problemi di sicurezza;
la popolazione carceraria è attualmente pari a 240 detenuti, a fronte di solo 80 unità in servizio, con una percentuale di 2,7 detenuti per ogni unità di polizia penitenziaria;
la situazione odierna è gravissima, decisamente più allarmante di quella dei carceri di Buoncammino, Iglesias e Tempio, carceri che vivono situazioni simili ma non di questo livello di gravità;
per tentare di riportare serenità e dignità lavorativa nel carcere di Alghero, lo scorso 26 ottobre si è svolto un incontro a cui ha partecipato il sindaco Marco Tedde, con il commissario del reparto di polizia penitenziaria, Antonello Brancati, insieme al segretario nazionale del sindacato Ugl del settore, Giuseppe Moretti, al segretario regionale Salvatore Argiolas, ai segretari delle province di Sassari, Nuoro, Cagliari, Luigi Taula, Libero Russo e Alessandro Cara;
alla gravissima carenza di personale si aggiungono una serie di problematiche legate ai trasferimenti dei detenuti; Alghero è infatti sede di aeroporto e le traduzioni aggravano la già deficitaria situazione dell'organico;
è urgente dunque procedere alla rideterminazione della pianta organica, e comunque all'attuazione immediata di quella vigente, e ciò per evidenti ragioni connesse con il buon svolgimento del servizio e con l'effettuazione, se non a livelli ottimali, per lo meno a livelli ordinari delle funzioni di custodia -:
se non ritenga il Ministro di dover provvedere in tempi rapidi innanzitutto ad assicurare la copertura dell'organico vigente, per poi procedere al suo allargamento onde corrispondere alle accresciute esigenze dell'istituto;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di risolvere il problema dei trasferimenti dei detenuti, ciò alla luce delle eccezionali situazioni della Sardegna e dei costi dei trasporti da e per l'isola.
(4-09271)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato nel comunicato stampa del 29 ottobre 2010 dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, Il detenuto ignoto, A buon diritto, Antigone, Ristretti Orizzonti e Radiocarcere, Giancarlo Pergola, di 55 anni, si è suicidato la sera del 28 ottobre impiccandosi con un lenzuolo nella sua cella del reparto «precauzionale» del carcere di Foggia;
a trovare il corpo dell'uomo un agente di polizia penitenziaria che non ha potuto far nulla per salvare il 55enne;
Pergola era detenuto dal dicembre 2008 e il 16 marzo scorso i giudici della corte d'assise di Foggia l'avevano condannato a 12 anni di carcere (riconoscendogli la semi-infermità mentale) per aver ucciso la madre, Maria Luisa De Nardellis, con un mattarello da cucina. La sera stessa dell'omicidio l'uomo confessò il delitto dicendo di averlo fatto perché stanco delle accuse che la madre gli rivolgeva per la sua condizione economica e lavorativa;
nel mese di ottobre salgono così a 6 i suicidi in carcere, mentre da inizio anno 57 detenuti si sono tolti la vita: 47 si sono impiccati, 6 asfissiati con il gas della bomboletta da camping, 3 avvelenati da mix di farmaci e 1 dissanguato dopo essersi tagliato la gola;
l'ultimo suicidio avvenuto nel carcere di Foggia risale all'8 marzo 2009, quando si uccise il 25enne Leonardo Di Modugno. Negli istituti di pena pugliesi quello di Pergola è il quinto suicidio dell'anno: 2

sono avvenuti nel carcere di Lecce, 1 in quello di Brindisi e 1 di Altamura (BA) -:
di quali informazioni i Ministri interrogati dispongano circa i fatti riferiti in premessa;
se, atteso il suo stato di semi-infermità mentale, Giancarlo Pergola sia stato seguito da un psicologo all'interno del carcere, per quante ore nel corso del mese e a quale terapia fosse sottoposto;
quali iniziative intenda intraprendere affinché siano accertate le eventuali responsabilità della direzione del carcere di Foggia in ordine alla mancanza degli opportuni controlli che avrebbero potuto impedire il tragico suicidio;
se non intenda disporre un'ispezione all'interno del carcere di Foggia atteso che all'interno del predetto istituto di pena si sono verificati due suicidi nel giro di due anni;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario foggiano conformi al dettato costituzionale e normativo.
(4-09272)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
su Il Corriere Adriatico del 26 ottobre 2010 è apparso un articolo intitolato: «Lavori di ristrutturazione del carcere di Fossombrone urgenti, ma sono stati rinviati»;
ed invero ad oggi i lavori urgenti di ristrutturazione del carcere di Fossombrone non risultano essere ancora iniziati;
da quanto si apprende leggendo Il Corriere Adriatico, il provveditorato regionale ha rimesso al Ministero gli interventi immediati per il muro di cinta - il servizio di vigilanza viene svolto a terra e non più sui tradizionali camminamenti - che dovevano essere effettuati direttamente in economia;
i lavori urgenti dovrebbero interessare, oltre al tetto del braccio di ponente, anche la vecchia chiesa inutilizzata dal cornicione pericolante (il che peraltro ha comportato la chiusura di un passeggio), nonché la questione della nuova cucina che sta danneggiando la funzionalità della caserma interna degli agenti di polizia penitenziaria;
inoltre l'alloggio riservato al direttore è impraticabile ragione per cui nessuno sceglie questo carcere mentre si sa bene quanto sia importante avere un direttore in loco -:
quali siano i motivi del ritardo per l'inizio dei lavori, quando tali lavori saranno attivati, quale sarà la loro durata;
entro che termini verrà assegnato al carcere di Fossombrone un nuovo direttore.
(4-09273)

DI PIETRO, PALADINI e PORCINO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il contratto nazionale relativo al servizio di documentazione degli atti processuali penali, inizialmente stipulato nel 2006, con l'obiettivo di garantire omogeneità nelle modalità di erogazione e nella qualità dei servizi resi su tutto il territorio nazionale nonché di realizzare economie sui costi dei servizi, è definitivamente scaduto il 30 aprile 2009;
nel corso del 2009 il Ministero della giustizia ha dato corso ed ultimato le nuove procedure di affidamento, tramite svolgimento di gara europea ai sensi del decreto legislativo n. 163 del 2006, per la fornitura dei servizi, di fonoregistrazione, stenotipia e trascrizione (servizi base) e per la fornitura del sistema di portale a supporto della registrazione dei dati e dei verbali trascritti (servizi correlati);

in questa occasione, della indizione della nuova gara, si è provveduto, tra l'altro, ad una suddivisione dell'appalto in quattro lotti, al fine di garantire una maggiore concorrenza, dei quali il lotto 1 esclusivamente riservato alla fornitura del servizio di portale e gli altri tre lotti riservati alla fornitura dei servizi base, con ripartizione dei servizi fra tre diverse aree in territorio nazionale (Nord, Centro e Sud);
all'esito della nuova gara sono stati stipulati quattro distinti contratti dei quali l'uno con l'R.T.I. Postecom-Postel s.p.a per la fornitura dei servizi correlati e gli altri rispettivamente con il consorzio Astrea - già precedente fornitore dei medesimi servizi a livello nazionale - per i lotti 2 (nord) e 4 (sud) e con l'R.T.I. ART.CO Bassa Friulana-Nuovi Orizzonti - La Rapida Servizi coop. soc. per il Lotto 3 (centro);
il consorzio Astrea, partecipando a tre lotti per il bando di gara, doveva garantire per ogni raggruppamento di aziende, 400 addetti per lotto a norma della Sezione III.1.4 del bando di appalto;
la società Meeting Sud srl, nell'ambito del consorzio Astrea, gestisce le attività di trascrizione, fonoregistrazione e catalogazione degli atti giudiziari in numerose sedi giudiziarie della Calabria e della Sicilia;
la Meeting srl consegnò al consorzio Astrea l'elenco dei nominativi ed i relativi curriculum dei lavoratori ad essa dipendenti che avrebbero dovuto eseguire il servizio come forza lavorativa facente parte integrante dell'offerta tecnica per l'aggiudicazione dell'appalto;
nel maggio 2009 il consorzio Astrea ha provveduto alla nuova assegnazione dei Tribunali del lotto 2 e del lotto 4, togliendo la competenza della Meeting Sud srl su più del 50 per cento dei tribunali precedentemente assegnati alla stessa e assegnandoli ad altre società consorziate;
conseguenza di queste nuove rassegnazioni è stata la mancata attuazione delle aspettative lavorative della Meeting Sud srl;
dal mese di aprile 2009 la Meeting Sud srl non paga le retribuzioni delle maestranze disattendendo tutti gli impegni sottoscritti in data 9 luglio 2009 con organizzazioni sindacali e RSU in sede di verbale accordo stipulato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per porre alcuni dipendenti in cassa integrazione guadagni straordinaria;
in data 20 aprile 2010 l'ispettorato del lavoro di Reggio Calabria ha effettuato un ispezione nella sede della Meeting Sud srl, su richiesta di numerosi lavoratori, accertando che la Meeting Sud srl non ha corrisposto le retribuzioni dovute ai lavoratori da maggio 2009, l'ispezione ha accertato anche che la Meeting Sud non ha perfezionato la procedura della cassa integrazione non inviando la documentazione richiesta al Ministero, cosa che risulta anche dalla sede Inps di Reggio Calabria;
in data 9 giugno 2010 si è tenuto, presso il Ministero dello sviluppo economico - Unità gestione vertenze - un incontro sollecitato dalle organizzazioni sindacali, nel quale hanno partecipato rappresentati del consorzio Astrea, della Meeting Sud srl e delle organizzazioni FIOM CGIL, FIM CISL, UILM, UIL e le RSU;
in conclusione del sopracitato incontro il Ministero ha chiesto all'azienda il ripristino delle corrette relazioni sindacali e che fossero al più presto pagati gli stipendi ai lavoratori valutando con le stesse organizzazioni sindacali le modalità necessarie ad adempiere a questo obiettivo prioritario;
il 25 ottobre 2010, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si è svolto un incontro di consultazione sollecitato dalla Meeting Sud srl per la modifica della causale della cassa integrazione guadagni straordinaria pregressa da riorganizzare a cassa crisi per evento imprevisto e improvviso, nel quale si è deciso su

richiesta dei sindacati di aggiornare la consultazione secondariamente all'incontro già calendarizzato per il 27 ottobre presso il Ministero dello sviluppo economico nel quale avrebbe dovuto partecipare il consorzio Astrea, proprio in considerazione dell'importanza della presenza del consorzio sia in relazione alle questioni dei flussi pagamento sia per le problematiche occupazionali;
il consorzio Astrea non si è presentato all'incontro del 27 ottobre 2010, il sindacato ha quindi richiesto al Ministero di diffidare il consorzio convocandolo ad un nuovo incontro fissato per l'8 novembre 2010 -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno porre in atto celeri azioni per risolvere il mancato pagamento degli stipendi ai lavoratori della Meeting Sud srl;
se i Ministri siano a conoscenza della tipologia dei rapporti di lavoro instaurati dalle aziende con gli operatori dei servizi che sono stati appaltati verificando le qualificazioni, le professionalità e la riservatezza indispensabili per un servizio che tratta dati altamente sensibili;
se il Ministro della giustizia non ritenga opportuno verificare se un servizio così gestito offra gli indispensabili requisiti di sicurezza e riservatezza necessari alla trattazione di materiale nel quale sono presenti anche verbali di processi penali.
(4-09310)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MONAI e MESSINA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da notizie assunte dagli organi di stampa si apprende che Trenitalia sarebbe pronta a sopprimere 8 corse di treni nell'ambito della regione Calabria a partire dal nuovo orario che sarà operativo dal 12 dicembre 2010;
in particolare, sarebbero interessate alla soppressione il collegamento del treno 890-893 Reggio-Catanzaro-Lamezia Terme-Roma via Ionica, il treno 557-558-559 Paola-Sibari-Crotone e della coppia di treni 1938-1924 e 1925-1939 ne resterà solo uno;
verrà meno anche il collegamento tra la Sicilia e Roma che serviva anche gli utenti calabresi;
si profila anche la soppressione, entro l'anno, del servizio di metropolitana leggera di collegamento tra Melito Porto Salvo-Reggio Calabria-Rosarno (il cosiddetto Tamburello), con gravi conseguenze anche per la politica di decongestionamento del traffico sulla strada statale 106, meglio conosciuta come la strada della morte; il servizio, molto utilizzato dai lavoratori pendolari, era stato tra l'altro istituito con decreto ministeriale DM/T 55 del 25 febbraio 2008 e attuato tramite convenzione quadro con il gruppo FS spa e le controllate Trenitalia spa e RFI spa, nell'ambito di interventi urgenti per lo sviluppo e l'equità sociale (decreto-legge n. 159 del 2007), che prevedevano tra l'altro, di affrontare la cosiddetta «emergenza Calabria», conseguente ai lavori di ristrutturazione radicale dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, che nello stesso decreto si prevedeva di risolvere in circa tre anni; ad oggi, sebbene l'emergenza del sistema di viabilità calabrese non sembra risolta, secondo fonti sindacali il Ministero non avrebbe rifinanziato il servizio e Trenitalia non sarebbe interessata a coprire la tratta;
queste decisioni di Trenitalia si aggiungono a quelle del recente passato inerenti alla soppressione di ben 12 treni nel mese di marzo 2010, oltre alla soppressione di Frecciargento avvenuta nel mese di settembre 2010;
alla luce di queste scelte aziendali, il territorio calabrese, già di fatto isolato per

i lavori interminabili della Salerno-Reggio Calabria e per analoghe determinazioni assunte da Alitalia, con l'annullamento di diversi voli dall'aeroporto di Reggio Calabria, non solo subisce gravi disservizi in termini di mobilità per la popolazione, ma vede aggravarsi la precaria condizione economica per una riduzione drastica dei commerci e del turismo;
la linea intrapresa da Trenitalia sembrerebbe indicativa di una strategia tesa ad un completo abbandono delle aree meridionali, con gravi responsabilità anche sullo sviluppo dell'area portuale di Gioia Tauro che aspetta da anni un potenziamento del trasporto ferroviario per rispondere alle esigenze del mercato internazionale;
il rischio, a questo punto, di una situazione di completo isolamento diventa reale con conseguenze devastanti sul tessuto economico e sociale della Calabria, che comportano una accentuazione della frattura fra le parti più povere e quelle più ricche del Paese; sarebbe urgente dunque mettere in campo interventi tesi allo sviluppo della mobilità o quantomeno della viabilità ferroviaria, convocando un tavolo nazionale che coinvolga Trenitalia, i sindacati e la regione Calabria, al fine di concertare una nuova politica per il trasporto ferroviario in Calabria che permetta il rilancio dei servizi a favore della collettività e dell'economia regionale -:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo nei confronti di Trenitalia per evitare la soppressione delle corse dei treni previste a partire dal 12 dicembre 2010 e la chiusura del servizio di metropolitana leggera Melito/Rosarno, nonché per ripristinare le corse tagliate in precedenza, poiché i tagli operati da Trenitalia rischiano di incidere pericolosamente sul già scarso sistema di trasporto della regione Calabria provocando il completo isolamento del territorio, il blocco dello sviluppo e danni alle attività economiche già esistenti, nonché disagi sempre maggiori per i cittadini, che vedono di fatto limitato il loro diritto alla mobilità.
(5-03701)

Interrogazioni a risposta scritta:

LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI, LOMBARDO e MISITI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da anni «Ferrovie dello Stato Spa» sta praticando nel territorio della regione siciliana , in maniera inesorabile e determinata, una politica di disimpegno, di ridimensionamento e di assoluta esclusione dai piani di investimento;
tale politica ha causato nell'ultimo decennio una riduzione dei flussi dei passeggeri del 30 per cento e delle merci del 40 per cento a favore, nel caso delle merci, del trasporto stradale, andando così ad aggravare una situazione già insostenibile, anche a causa della inadeguatezza della rete infrastrutturale, per la sicurezza e per gli effetti sull'ambiente;
dal 2009 ad oggi i collegamenti nello stretto di Messina, invece di migliorare, sono sensibilmente peggiorati. È infatti in atto un piano di dismissione operato da Rete ferroviaria italiana (Rfi) che prevede riduzioni delle tabelle d'armamento;
dal canto suo, inoltre, la divisione passeggeri nazionale/internazionale di Trenitalia ha deciso di eliminare diverse vetture dalle tratte Palermo-Roma, Siracusa-Roma, Palermo-Milano andata e ritorno, Siracusa-Milano andata e ritorno, e di sopprimere dal 13 dicembre 2010, i treni a lunga percorrenza da Siracusa a Messina e viceversa e da Agrigento a Roma e viceversa;
la strategia di disimpegno di Trenitalia nell'area dello Stretto prevede in pratica il taglio delle cosiddette «antenne», quei treni che partono da Palermo e Siracusa per poi unirsi a Messina e dirigersi verso il Centro-Nord del Paese, e che, nelle previsioni del nuovo piano, verranno sostituite da pullman fino a Messina con una riduzione pratica di vagoni e posti viaggiatori che raggiunge il 50 per cento dell'offerta di servizio;

tali direttive di Trenitalia, formulate unilateralmente e non concordate con le parti sociali e le istituzioni locali, hanno determinato ad oggi, ad avviso degli interroganti, una palese violazione degli standard minimi qualitativi del servizio di trasporto ferroviario;
l'area geografica dello stretto di Messina costituisce un sistema conurbato ove operano costantemente lavoratori, professionisti e studenti universitari ed ove si registra un fenomeno di pendolarismo che raggiunge una media di quasi 10.000 viaggi di andata e ritorno al giorno;
la suddetta politica di disimpegno, tra l'altro, ha avuto un ulteriore effetto negativo in Sicilia nel settore occupazionale, soprattutto nella provincia messinese ove si è assistito ad una riduzione del 75 per cento delle maestranze alla quale va aggiunta la percentuale occupata nelle officine meccaniche che si occupano della manutenzione;
tale notevole riduzione dell'offerta commerciale comporta l'inevitabile disaffezione della clientela siciliana, che costretta fra inefficienze e disservizi a scegliere altri mezzi di trasporto, vede mortificato il suo diritto alla continuità territoriale, diritto che si colloca nell'ambito della garanzia dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini ai quali deve essere consentito di spostarsi nel territorio nazionale con pari opportunità;
ogni Stato deve garantire a tutti i cittadini il diritto alla mobilità indipendentemente dalla loro dislocazione geografica e, quindi, in particolare di fronte allo svantaggio dell'insularità, dotandoli di un efficiente sistema di trasporti;
il 27 ottobre 2009, rispondendo ad un atto di sindacato ispettivo, il Governo dichiarava testualmente che: «...alla dismissione della nave Sibari (la quale sarà venduta (...) portando a quattro il numero delle navi disponibili) corrisponde il rinnovo della nave Logudoru» e che «il Governo sta operando per lo sviluppo del Meridione, e della Sicilia in particolare, (...) poiché è primario interesse di tutti consentire, attraverso adeguati interventi infrastrutturali e adeguate misure in materia trasportistica, lo sviluppo socioeconomico di questa regione...»;
la Sicilia che deve essere considerata, a tutti gli effetti, un'area strategica in termini trasportistici, al contrario, da anni subisce una politica di disimpegno da parte dei vertici del gruppo FS che ne sta compromettendo le potenzialità di sviluppo territoriale, relegandola ai margini del sistema Paese -:
se sia a conoscenza di quali sono le ragioni della politica di disimpegno di FS in Sicilia, ancora una volta depredata di servizi indispensabili, disimpegno che rischia di aggravare ancora di più il divario esistente tra il Nord ed il Sud del Paese;
se il Governo, nel suo ruolo di azionista unico del gruppo F.S. e di decisore strategico, non ritenga opportuno intervenire in modo risolutivo nei confronti di Trenitalia per assicurare ai passeggeri che dalla Sicilia si dirigono verso il resto del Paese il diritto ad una mobilità efficiente e sicura e quali iniziative intenda intraprendere al fine di eliminare la misura che sopprime i convogli a lunga percorrenza;
se non ritenga necessario adottare, nell'ambito dell'attuazione della perequazione infrastrutturale, una seria politica di investimenti infrastrutturali che accrescano il diritto alla mobilità territoriale soprattutto nelle aree più svantaggiate del Paese.
(4-09280)

REALACCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è stata comunicata dalla società Trenitalia, la chiusura degli scali ferroviari di Grosseto, Chiusi, Empoli, Arezzo, San Giovanni e successivamente anche delle postazioni logistiche di Pisa San Rossore e Massa zona industriale;

il nodo di Pisa è uno degli scali più qualificati e moderni per la movimentazione di merci da gomma a rotaia grazie ai corposi investimenti fatti negli scorsi anni anche con contributi pubblici degli enti locali e stimati per una cifra superiore ai 10 milioni di euro;
da articoli apparsi sulla stampa locale e dalle numerose richieste di chiarimenti delle strategie aziendali di Ferrovie dello Stato da parte delle organizzazioni sindacali del comparto, come la FILT-CGIL Toscana, ma anche Fit/Cisl e Uilt/Uil, si lamenta il disimpegno di Trenitalia Cargo in Toscana. Nel 2009, gli occupati nella divisione cargo della regione sono calati di 134 unità su un totale di 599 lavoratori; processo organizzativo gestito tutt'ora in maniera unilaterale da Trenitalia;
la riduzione progressiva del trasporto commerciale non passeggeri, con la chiusura di numerose relazioni di servizio e la riduzione consistente dei volumi, rischia di lasciare la regione Toscana sprovvista di importanti collegamenti ferroviari per il trasporto ferroviario delle merci;
la fine dell'operatività degli scali merci in Toscana costituisce un elemento di criticità rispetto alle politiche infrastrutturali regionali che prevedono, come prioritario, lo sviluppo della logistica e del trasporto merci su ferro -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Ministro interrogato affinché Trenitalia chiarisca i reali destini dello scalo merci di San Rossore, recentemente ristrutturato, stante il depotenziamento infrastrutturale e il trasferimento di personale previsto dalla divisione Cargo;
se non sia opportuno, attraverso politiche ad hoc a livello locale e nazionale, rilanciare il trasporto merci su ferro e gomma-rotaia, anche al fine di rispettare gli impegni di riduzione della CO2 sottoscritti dal nostro Paese.
(4-09288)

TESTO AGGIORNATO AL 18 NOVEMBRE 2010

...

INTERNO

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
la mattina del 26 ottobre 2010, un barcone con a bordo 131 migranti è giunto sulle coste di Riposto, provincia di Catania, dopo essere stato intercettato, la notte precedente, dalla Guardia di finanza;
fra i 131 migranti 18 sono stati tratti in arresto con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina;
a bordo del barcone erano presenti 44 minori;
i migranti, per tutta la mattina sono stati tenuti nel porto di Catania, dove sono stati visitati e si presume siano iniziate le operazioni di identificazione;
da subito le associazioni catanesi e le organizzazioni non governative, attive nella tutela dei diritti dei migranti, hanno chiesto di entrare in contatto con i migranti, al fine di fornire informazioni ed orientamento circa la possibilità di richiedere protezione internazionale, ma con esito negativo;
fra le organizzazioni richiedenti a cui non è stato consentito l'accesso erano presenti Acnur, Save the children, OIM, le quali hanno sottoscritto con il Ministero dell'interno apposito progetto denominato «Presidium» avente ad oggetto proprio l'informazione e l'orientamento dei migranti, e ciò allo scopo di rafforzare la capacità di accoglienza;
nel pomeriggio dello stesso giorno tutti i migranti, compresi i 44 minori, sono stati trasferiti presso il palazzetto dello sport, denominato PalaNitta;
sempre nel pomeriggio del 26 ottobre, l'Arci, (associazione di promozione sociale iscritta nell'elenco degli enti di tutela per l'immigrazione del Ministero dell'interno) ha inoltrato formale richiesta di accesso ai locali del PalaNitta alla

prefettura di Catania, la quale ha risposto, via fax, negando l'accesso, in quanto erano in corso operazioni di Polizia giudiziaria;
tutti i migranti, compresi i minori, hanno pernottato insieme agli adulti, in assenza di mediatori, assistenti sociali ed educatori, ed hanno trascorso la notte all'interno della predetta struttura;
la mattina successiva i legali dell'Arci si sono recati in Procura, per conferire con il pubblico ministero titolare delle indagini che, su richiesta degli stessi, ha comunicato, con nota posta in calce al provvedimento della prefettura, che non sussistevano ragioni di segretezza e che pertanto non vi fossero ostacoli ai richiesti colloqui ed al conseguente accesso nei locali del PalaNitta;
in virtù della menzionata nota emessa dall'Autorità Giudiziaria, l'Arci ha nuovamente inoltrato domanda di ingresso presso la struttura, alla quale, a differenza della prima richiesta, non è seguito alcun riscontro né di accoglimento né di rigetto, così come a seguito dell'ulteriore richiesta inviata a mezzo fax dall'Arci nello stesso pomeriggio del 27;
successivamente la Prefettura negava verbalmente l'accesso al PalaNitta motivando la decisione con un «ripensamento» da parte della Procura;
nel pomeriggio il Ministero dell'interno comunicava l'imminente rimpatriato «con un apposito volo charter dall'aeroporto di Catania e diretto a Il Cairo, di 68 cittadini egiziani» facenti parte del gruppo di migranti;
in serata, un presidio di associazioni, enti, organizzazioni, sindacati, cittadini e partiti politici, innanzi al PalaNitta cercava di impedire che i migranti fossero condotti presso l'aeroporto di Catania;
in tale occasione, si è aperta una trattativa fra rappresentati di associazioni umanitarie per la tutela dei diritti degli immigrati ed autorità civili presenti e la prefettura di Catania;
un funzionario della prefettura di Catania, al fine di far allontanare i manifestanti, e far partire gli autobus con a bordo i migranti, assicurava che sarebbe stato permesso ad un legale delle associazioni e ad un mediatore culturale di entrare in contatto con i migranti in aeroporto, al fine di permettere al legale di verificare che gli immigrati fossero stati informati circa la possibilità di presentare domanda di protezione internazionale ed in caso permettere agli stessi di avviare la relativa procedura;
pertanto il presidio si scioglieva e permetteva il passaggio degli autobus diretti all'aeroporto; partiti gli autobus, con a bordo i migranti, non si è avuta alcuna notizia, circa il momento in cui il legale sarebbe stato condotto, insieme al vice prefetto, in aeroporto dove avrebbe dovuto incontrare i migranti;
per tale ragione i manifestanti sono andati in aeroporto dove hanno vivamente protestato per quanto stava accadendo cercando di comunicarlo alla gente presente;
a questo punto è stato concesso a 3 legali delle organizzazioni non governative ed al mediatore di accedere in un'ala dell'aeroporto insieme al vice prefetto ed al dirigente Digos;
i legali il mediatore e le autorità sono rimasti in attesa di incontrare i migranti e le autorità egiziane che secondo quanto riferito dalle autorità prefettizie, avrebbero dovuto essere presenti per procedere all'identificazione e all'eventuale riconoscimento quali cittadini egiziani degli stranieri;
l'attesa è finita con la notizia dell'avvenuto riconoscimento da parte delle autorità egiziane di tutti i migranti quali cittadini egiziani e che gli stessi erano già in volo -:
se quanto su esposto corrisponda al vero;
per quali motivi non sia stato consentito l'accesso alle organizzazioni, partner

del progetto Presidium, che ne avevano fatto ripetutamente richiesta, di entrare in contatto con i 128 migranti giunti sulle coste catanesi la mattina del 26 ottobre 2010;
per quali motivi non sia stato consentito l'accesso all'Arci (associazione di promozione sociale legge n. 383 del 2000), organizzazione accreditata presso il Ministero dell'interno che svolge attività a favore degli immigrati ex articolo 42 del testo unico sull'immigrazione;
per quali motivi la prefettura di Catania non abbia mai risposto per iscritto alle ulteriori richieste formulate dall'Arci di accesso ai locali dove erano trattenuti gli stranieri, pur in presenza di un provvedimento favorevole del pubblico ministero titolare delle indagini;
per quali motivi non sia stata data la possibilità a migranti di essere informati sui diritti di protezione internazionali e sulla possibilità di accedere alla procedura per il riconoscimento del diritto d'asilo;
per quali motivi, la sera del 27 ottobre, ai legali presenti in aeroporto durante le operazioni di rimpatrio, non sia stato consentito di poter incontrare i migranti;
da quali autorità, ed in quale momento, sia stata compiuta l'identificazione dei migranti in aeroporto prima del rimpatrio.
(2-00882)«Berretta, Burtone, Samperi».

Interrogazione a risposta orale:

TASSONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel gennaio 2010 si è scatenata a Rosarno una vera e propria guerriglia urbana a causa della rivolta di alcune centinaia di lavoratori extracomunitari impegnati in agricoltura e accampati in condizioni inumane in un vecchia fabbrica in disuso e in un'altra struttura abbandonata;
a far scoppiare la protesta il ferimento di alcuni cittadini extracomunitari con un'arma ad aria compressa: questa è stata solo la miccia che ha innescato un incendio che covava da tempo nella colonia di lavoratori, costretti a vivere ammassati in condizioni al limite del sopportabile;
a distanza di dieci mesi lo scenario non è cambiato, in quanto costoro continuano a vivere in casette diroccate, in un capanno per attrezzi, in baracche tra gli agrumeti, in una fabbrica sequestrata;
essendo appena all'inizio della stagione della raccolta degli agrumi, il numero degli immigrati che continueranno a vivere nel degrado, senza che nulla sia stato fatto per loro, è destinato a salire;
il «villaggio della solidarietà», un progetto presentato un anno e mezzo fa per la formazione degli immigrati, con 150 posti letto da costruire su un terreno confiscato, si è bloccato per via di un ricorso da parte di una ditta;
inoltre, su un piazzale restano inutilizzati anche i 10 container con bagni e docce costati 250 mila euro;
nel vuoto quasi totale delle istituzioni pubbliche, sono la Chiesa locale e il volontariato a muoversi, con progetti concreti sul fronte dell'immigrazione -:
quali urgenti ed incisive misure intenda adottare, allo scopo di fornire un'accoglienza immediata agli immigrati.
(3-01313)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GOZI e LIVIA TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel maggio 2008 il Governo ha adottato un pacchetto di misure d'emergenza che conferivano poteri straordinari ai prefetti di Napoli, Roma e Milano per l'adozione di provvedimenti aventi come destinatari i rom residenti nei cosiddetti campi nomadi di Campania, Lazio e Lombardia.

Nel maggio 2009 lo stato di emergenza è stato prorogato fino alla fine del 2010 ed esteso alle regioni del Piemonte e del Veneto;
le misure d'emergenza del 2009 sono state utilizzate per condurre un censimento dei campi nomadi e, conseguentemente, dei rom e finti residenti in Italia, che ha implicato il rilevamento delle loro impronte digitali, o delle loro fotografie o dei loro documenti e la creazione di una o più banche dati sui rom presso le amministrazioni locali responsabili del censimento. Secondo il Ministero dell'interno, durante il primo anno della cosiddetta «emergenza nomadi», 167 campi rom sono stati soggetti al censimento e sono stati compiuti controlli d'identità su 12.346 persone, di cui 5.436 erano minori. Il censimento è proseguito nel 2009 e 2010 con l'estensione dell'emergenza ad altre due regioni. Il Ministero dell'interno, dopo le garanzie fornite al garante della privacy e alla Commissione europea con le linee Guida del luglio 2008, non ha mai riferito su quale sia stato e quale sarà l'impiego dei dati personali sensibili raccolti;
la creazione di una o più «banche dati sui rom» tramite la raccolta e il trattamento di dati sensibili di natura etnica riguardanti i soli rom ad avviso degli interroganti viola il codice della privacy (decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196) e l'articolo 8(1) della direttiva UE/95/46/EC sulla protezione dei dati personali, che vieta ai governi di raccogliere informazioni sull'origine razziale senza un obiettivo dichiarato e senza adeguate tutele. In Italia i dati sono stati ottenuti senza consenso informato o chiara necessità e con il coinvolgimento sempre ad avviso degli interroganti intimidatorio e delle forze di polizia e dell'esercito, in diritto contesto al rispetto della vita privata e dell'abitazione all'abitazione garantito dall'articolo 8 della CEDU e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
le richieste formali sul modello fornito dal Garante della privacy inoltrate a due delle amministrazioni responsabili dell'emergenza nomadi e del conseguente trattamento dei dati personali - prefetture di Roma e di Milano - al fine di accedere o modificare i dati personali raccolti nel 2008 non hanno, ad oggi, ricevuto alcuna risposta;
se le identificazioni effettuate dopo l'adozione delle linee guida del 2008 e nel contesto dell'estensione temporale e geografica dell'emergenza nomadi (2009-2010) siano avvenute in ottemperanza alle garanzie di consenso informato e libero e anonimità dei dati etnici richieste dalla legge;
se le autorità incaricate della raccolta e del trattamento di tutti i dati personali acquisiti nei campi nomadi dal 2008 in poi siano le stesse identificate come responsabili dell'attuazione delle misure emergenziali;
se i dati del censimento nomadi siano accessibili e modificabili da parte delle persone censite e con quali modalità;
se i dati siano mantenuti per un obiettivo specifico e quale e se tale obiettivo non sia stato raggiunto dall'inizio della proclamazione dell'emergenza nel maggio 2008, nel quale caso le banche dati non avrebbero più motivo di essere;
se i dati siano stati utilizzati ad oggi, e con quale obiettivo e in quale forma (anonima o meno).
(5-03690)

FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
diverse testimonianze, anonime, riportate da organi di stampa riferite a personale di forze dell'ordine impegnato in servizi di protezione a personalità varie asseriscono che nel corso del loro servizio essi stessi vengono impegnati in attività di protezione legate a funzioni di tipo non istituzionale -:
quale sia il numero totale di personalità che ricevono servizi di protezione dallo Stato;

quale sia il numero totale di agenti di polizia o di militari dei carabinieri o di appartenenti ad altri Corpi dello Stato che prestano servizio in tali funzioni;
quale sia il confronto tra tali numeri e quelli riferiti ai quattro anni precedenti;
se il Ministro ritenga congruo sia il numero di personalità protette che la quantità di personale impiegato;
se vi sia riscontro di utilizzo di uomini di forze dell'ordine preposti a dispositivi di protezione per funzioni di carattere non istituzionale.
(5-03698)

GIOVANELLI e MARCO CARRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
fonti del sindacato CISL FP mettono in luce la ormai nota consuetudine al taglio di posti di lavoro in uffici strategici della pubblica amministrazione come le questure; ciò, da un lato, costituisce un grandissimo problema economico per migliaia di lavoratori costretti ad affrontare le difficoltà quotidiane e la crisi e, dall'altro, riduce la possibilità per i cittadini italiani in genere di veder garantiti i diritti fondamentali in uno Stato di diritto, quali quelli ai servizi e alla sicurezza;
la situazione nelle questure si è fatta drammatica con l'ultimo taglio di 650 lavoratori a tempo determinato assunti dal Ministero dell'interno per risolvere le problematiche relative all'ufficio immigrazione;
dal 31 dicembre 2010 se non verrà loro rinnovato il contratto, perderanno il lavoro e la speranza di un'assunzione stabile; il danno di questa decisione ricadrebbe sulle famiglie dei lavoratori; sul Ministero che ha fatto della sicurezza e della lotta all'immigrazione clandestina il suo cavallo di battaglia, dando alle stesse assoluta priorità di azione, e che, al contrario, ora priverebbe di professionalità importanti, difficilmente sostituibili o anche solo rimpiazzabili, a causa delle croniche carenze di organico in cui versano gli uffici delle questure e delle prefetture; e sui cittadini immigrati onesti che hanno diritto ad un servizio efficiente e professionale -:
quali iniziative urgenti il Ministro intenda assumere per poter risolvere il problema esposto in premessa.
(5-03702)

FIANO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
con la legge 18 marzo 2008, n. 48, l'Italia ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, fatta a Budapest il 23 novembre 2001;
nel lungo periodo intercorso tra la firma della Convenzione e la sua ratifica, il 28 gennaio 2003 è stato aperto alla firma degli Stati aderenti alla Convenzione il protocollo addizionale alla Convenzione stessa, relativo all'incriminazione di atti di natura razzista e xenofobica commessi a mezzo di sistemi informatici;
l'articolo 6 del protocollo, in particolare, si occupa della diffusione nella rete web delle idee e delle teorie volte a minimizzare, negare o giustificare i gravi crimini commessi durante la seconda guerra mondiale, con specifico riguardo all'olocausto;
successivamente, il Consiglio dell'Unione europea ha adottato la decisione quadro 2008/913/GAI, sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale;
l'articolo 1 della decisione quadro, sulla scia della Convenzione del Consiglio d'Europa, dispone che ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i seguenti comportamenti intenzionali siano resi punibili: a) l'istigazione pubblica alla violenza o all'odio nei confronti di un gruppo di persone, o di un suo membro, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all'ascendenza o all'origine nazionale o etnica; b) la perpetrazione di uno degli atti di cui alla lettera

a) mediante la diffusione e la distribuzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale; c) l'apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all'ascendenza o all'origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all'odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro; d) l'apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini definiti all'articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, allegato all'accordo di Londra dell'8 agosto 1945, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all'ascendenza o all'origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all'odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro;
l'articolo 10 della decisione quadro fissa il termine del 28 novembre 2010 entro il quale gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla decisione stessa;
risulta all'interrogante che lo Stato italiano non ha firmato il protocollo addizionale alla Convenzione sulla criminalità informatica e che ancora non ha adottato nessuna misura ulteriore rispetto a quelle già vigenti per conformarsi alla decisione quadro;
Domenico Vulpiani, dirigente generale della polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale, nell'audizione svolta presso le Commissioni riunite affari costituzionali ed affari esteri il 25 maggio 2010, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'antisemitismo, ha sottolineato l'importanza del protocollo addizionale al fine di contrastare il dilagare dell'antisemitismo dilagante nella rete informatica, nelle sue diverse declinazioni -:
quali motivi stiano inducendo il Governo a non firmare il Protocollo addizionale relativo all'incriminazione di atti di natura razzista e xenofobica commessi a mezzo di sistemi informatici;
quale posizione intenda esprimere in merito all'attuazione della decisione quadro 2008/913/GAI.
(5-03703)

GIOVANELLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
come previsto dal codice di amministrazione digitale, la carta di identità elettronica avrebbe iniziato già nell'anno 2000 la prima fase di sperimentazione in 156 comuni italiani, autorizzati dal Ministero dell'interno;
una prima fase di avvio avrebbe riguardato soltanto 83 comuni, quelli cioè forniti di hardware e software e di personale già formato professionalmente per la nuova impostazione di lavoro e che avessero inoltre l'iscrizione al S.A.I.A. - Sistema di accesso di connessione anagrafica;
la seconda fase di sperimentazione sarebbe invece stata rivolta a 55 comuni pari a circa 3 milioni di cittadini; entro il 2005, 30 milioni di italiani avrebbero dovuto ricevere i documenti di identificazione elettronica e al termine di tali fasi, come disposto conseguentemente dal decreto interministeriale dell'8 novembre 2007, tutti i cittadini avrebbero avuto a disposizione la nuova carta d'identità elettronica;
i costi complessivi del documento ammonterebbero a circa 25 euro per il cittadino a differenza dei 10 euro per la carta d'identità cartacea, presupponendo quindi un aumento economico di enorme rilievo;

la validità temporale del CIE è di 5 anni, ma sembra che a causa della scarsa qualità dei supporti di plastica il cittadino sia costretto a cambiare o rinnovare il documento precedentemente il termine di validità;
dal momento che il cittadino deciderà di eseguire il rinnovo, portato a 10 anni con validità retroattiva, dovrà munirsi e portare sempre con sé in prossimità della scadenza del documento, un certificato cartaceo che ne attesti l'estensione, venendo meno al principio di semplificazione per il quale è stato prodotto il documento e con conseguenti e notevoli disagi;
oltretutto non è certo che questa proroga attestata dal documento cartaceo sia riconosciuta dagli uffici di polizia di frontiera, essendoci una contraddizione tra la scadenza riportata, in conformità alla normativa internazionale, e quindi di valenza fondamentale per i documenti di viaggio, sulla banda ICAO delle CIE già in circolazione, e la nuova scadenza prorogata di cinque anni. Di fatto la normativa internazionale prevede che la banda ICAO non sia modificabile in nessun caso su supporti già emessi. I passaporti, infatti, furono estesi come durata in modo retroattivo in quanto, a quel tempo, non contenevano ancora la banda ICAO. Questo ha portato conseguentemente problemi alla frontiera per i cittadini italiani, i quali avevano con sé un documento che non rispettando le normative internazionali non era ritenuto valido -:
a fronte della spesa di più dell'80 per cento del budget per il progetto, tra il 2000 e il 2004 il sistema di emissione nazionale della CIE avrebbe emesso soltanto poche decine di migliaia di CIE;
parrebbe inoltre che il budget messo a disposizione per il progetto CIE nei finanziamenti derivanti dalla gara UMTS (104 miliardi di vecchie lire) era stato speso per più dell'80 per cento già nel 2004;
in realtà, tra il 2005 e il 2010 sarebbero state emesse oltre un milione e mezzo di CIE a fronte di una spesa inferiore ad un quinto di quella sostenuta nel periodo precedente nonostante il completo rifacimento del circuito di emissione;
il costo del supporto di plastica della CIE (senza il microchip di sicurezza) rappresenta la parte preponderante (più del 70 per cento) del costo complessivo della carta stessa, comprensiva cioè del microchip di sicurezza e da quanto spiegato precedentemente, parrebbe che i supporti plastici siano forniti anch'essi dall'Istituto poligrafico e zecca dello Stato e che i CIE abbiano una durata inferiore ai 5 anni procurando disagi di tempo ed economici al cittadino;
aver scelto di dotare il supporto di plastica di una banda ottica, avrebbe comportato un aumento ingiustificato dei costi senza apportare alcun beneficio in termini di sicurezza del documento;
i microchip di sicurezza installati dall'istituto poligrafico e zecca dello Stato IPZS sarebbero forniti da due soli produttori, nonostante il Ministero dell'interno abbia fornito all'Istituto le specifiche tecniche dei microprocessori di sicurezza per evitare tale sperequazione e per consentire l'approvvigionamento dei microprocessori di sicurezza attraverso gare europee, e internazionali;
i comuni starebbero continuando ad emettere le CIE e, se i cittadini sono in diritto, per legge, di richiederle nei comuni dove queste sono emesse, l'IPZS non starebbe effettuando gli opportuni approvvigionamenti richiesti;
risulta pertanto che le vicissitudini societarie abbiano comportato per le sole spese legali un onere per le casse pubbliche di quattrocentocinquemilatrecentosettantadue euro (405.372) -:
se sia vero quanto riportato in premessa;
se il Poligrafico dello Stato abbia prodotto un piano industriale capace di

mettere in ogni comune di poter fornire ai cittadini la carta di identità elettronica senza costi aggiuntivi per l'ente;
se sia stato predisposto il quadro dei servizi ai quali il cittadino possa accedere con la carta di identità elettronica.
(5-03712)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le associazioni catanesi per la tutela dei diritti dei migranti hanno criticato con un comunicato stampa la gestione da parte delle forze dell'ordine dello sbarco di 128 stranieri avvenuto nella giornata del 26 ottobre a Catania;
a giudizio delle predette associazioni rimangono ancora confuse le modalità di intervento del blocco a mare del peschereccio carico di migranti e del relativo uso della forza;
a seguito dello sbarco, peraltro, si sono verificate gravissime violazioni dei diritti dei cittadini stranieri inizialmente trattenuti in detenzione presso il palasport della periferia di Catania (Palanitta);
nella mattina del 27 ottobre il pubblico ministero Agata Consoli, incaricata delle indagini, ha firmato un nulla osta all'accesso dei legali dell'ARCI presso la struttura del Palanitta. Nonostante il predetto nulla osta, però, la prefettura di Catania non ha ritenuto di consentire l'accesso e ha verbalmente motivato tale decisione sulla base di un presunto «ripensamento» sul provvedimento da parte della Procura, il tutto nonostante non sia stato esibito alcun atto formale che revochi la precedente autorizzazione;
il diniego di accesso opposto ai legali dell'associazione ARCI e agli altri rappresentanti di enti di tutela dei diritti dei cittadini stranieri quali l'Acnur, Iom e Save the children ha di fatto impedito a tali enti di esercitare il proprio ruolo di informazione e assistenza dei migranti, dei richiedenti asilo e dei minori;
in particolare non è stato possibile accertare se corrisponde al vero l'affermazione delle forze dell'ordine secondo cui tutti gli stranieri presenti all'interno della struttura abbiano dichiarato di essere cittadini egiziani; in ogni caso è stato pregiudicato il diritto degli stranieri presenti di avanzare richiesta di protezione internazionale, atteso che non si sa se gli stessi siano stati informati o meno di tale facoltà e se qualcuno di loro abbia richiesto o meno di esercitare tale diritto;
inoltre i 46 minori presenti nella struttura, contrariamente a quanto previsto dalla normativa vigente, hanno pernottato insieme al gruppo degli adulti, ciò in assenza di mediatori, assistenti sociali, educatori, e senza essere stati trasferiti nelle comunità di accoglienza per minori stranieri non accompagnati a oltre 24 ore dallo sbarco;
l'assistenza fornita agli stranieri all'interno del Palanitta è risultata sinora molto approssimativa vista la mancanza di calzature, del vestiario e dell'acqua per lavarsi;
10 stranieri tra la giornata del 26 e del 27 ottobre sono stati ricoverati in strutture ospedaliere della città e subito dimessi pur presentando condizioni di salute assai precarie;
successivamente, in data 30 ottobre, 68 dei 128 migranti sbarcati a Catania sono stati rispediti in Egitto -:
per quali motivi la prefettura di Catania non abbia consentito ai legali dell'ARCI e delle altre associazioni di accedere all'interno del palasport dove si trovavano rinchiusi gli stranieri sbarcati nonostante il nulla osta rilasciato dal pubblico ministero titolare delle indagini;
se corrisponda al vero il fatto che tutti gli extracomunitari sbarcati abbiano dichiarato di essere cittadini egiziani;

se le persone sbarcate siano state adeguatamente informate circa il loro diritto di avanzare richiesta di protezione internazionale e se qualcuno di loro abbia avanzato tale richiesta;
per quali motivi i 46 minori presenti nella struttura, contrariamente a quanto previsto dalla normativa vigente, abbiano pernottato insieme al gruppo degli adulti senza l'assistenza dei mediatori, degli assistenti sociali e degli educatori, e per quali motivi i medesimi non siano stati trasferiti nelle comunità di accoglienza per minori stranieri non accompagnati a oltre 24 ore dallo sbarco;
se l'assistenza fornita ai migranti sia stata adeguata e sufficiente anche alla luce delle precarie condizioni di salute che alcuni di essi presentavano;
se intenda attivarsi affinché agli stranieri sbarcati il 26 ottobre e non rimandati al loro Paese di origine vengano offerte le garanzie previste dalla normativa in materia di protezione umanitaria così come previsto e stabilito dalle normative italiane e internazionali;
se ai 68 migranti rimpatriati nel loro Paese di origine sia stato garantito il diritto di avanzare richiesta di protezione internazionale e, nel caso, per quali motivi la loro domanda non sia stata accolta.
(4-09261)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da sabato 30 ottobre 2010, sei immigrati - in concomitanza con una manifestazione non autorizzata sfociata anche in scontri con le forze dell'ordine - hanno occupato una gru alta trenta metri nel cantiere del metrobus in largo Cesare Battisti a Brescia e hanno annunciato che non scenderanno finché non saranno ascoltati in merito alla loro esclusione dalla sanatoria del 2009;
occorre ricordare che il primo decreto sulla sanatoria-regolarizzazione lasciava chiaramente intendere che alla medesima avrebbero potuto accedere anche coloro che avevano ricevuto il foglio di via non per reati, ma solo per clandestinità e che una successiva circolare del Ministero (circolare Manganelli) escludeva però questa possibilità disorientando molti immigrati che avevano fatto la domanda sborsando la cifra prevista di 500 euro e, successivamente pagato, assieme ai datori di lavoro, i contributi necessari per la sanatoria-regolarizzazione;
ad avviso dei presentatori del presente atto, la sanatoria-regolarizzazione è nata col grave handicap di comprendere nella stessa solo badanti e colf escludendo altri settori imprenditoriali che fanno frequente ricorso alla manodopera extracomunitaria. È notorio che a Brescia molti immigrati, che purtroppo lavoravano in nero soprattutto nell'industria - complici datori di lavoro locali ed extracomunitari - non hanno trovato altra soluzione per regolarizzarsi che piegarsi al ricatto di chi era disponibile a dichiarare che i medesimi erano stati loro colf o badanti, dietro pagamento di un cospicuo compenso;
da più parti arrivano segnalazioni di comportamenti deprecabili da parte di datori di lavoro italiani ed extracomunitari che si rifiutano di andare a ritirare la sanatoria-regolarizzazione in attesa della corresponsione di un'ulteriore tangente da parte dell'immigrato extracomunitario;
la presa di posizione della curia di Brescia - riportata da una nota dell'AGI del 1o novembre - pur precisando la contrarietà a qualsiasi manifestazione non autorizzata, ribadisce la contraddittorietà dei testi normativi e delle circolari interpretative che hanno esposto alla solitudine dei ricatti tanti pacifici migranti per anni sfruttati con spregevoli pratiche di lavoro nero -:
di quali dati di previsione disponga il Ministro interrogato circa l'accoglimento o meno delle circa trecentomila domande di regolarizzazione che sono state avanzate;

quale sia in particolare la situazione della provincia di Brescia e se risultino al Ministro dell'interno forme di speculazione da parte dei datori di lavoro nei confronti degli immigrati per i quali sia stata intrapresa a suo tempo la strada della regolarizzazione;
se il Ministro competente non ritenga che sia giunto il momento di ridiscutere le diverse posizioni dei migranti di Brescia al fine di assicurare il raggiungimento di un accordo rispettoso dei diritti umani.
(4-09265)

DONADI e PALADINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
gli operatori della polizia di Stato, durante la loro attività al servizio per la collettività, possono essere esposti a rischi per i quali devono assumere specifiche responsabilità;
alcune disposizioni dettate da provvedimenti legislativi e accordi sindacali, consentono ai dipendenti, in forza del vincolo che li lega all'Amministrazione d'appartenenza, di esercitare il diritto alla difesa sollevandoli dall'onere economico;
per gli operatori della polizia di Stato la materia è regolata dall'articolo 32 della legge n. 152 del 22 maggio 1975, legge che trova applicazione solo nei riguardi di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di polizia di Stato e solo in relazione a reati inerenti all'uso di armi o di altro mezzo di coazione fisica;
la succitata norma pone a carico del Ministero dell'interno l'obbligo di farsi carico integralmente delle spese legali che l'agente di polizia giudiziaria o di polizia di Stato si trova ad affrontare nel corso del procedimento penale o civile, salvo rivalsa nel caso di accertamento della responsabilità per fatto doloso;
ad oggi, nonostante l'Avvocatura di Stato abbia espresso più pareri in merito alla corretta applicazione dell'articolo 32 della legge n. 152 del 1975, sembrerebbe che il Ministero dell'interno abbia attuato una politica di disapplicazione e reinterpretazione della norma a danno dei suoi dipendenti -:
se il Ministro non ritenga opportuno verificare se gli uffici del Ministero applichino correttamente le norme, dissolvendo ombre e ipotesi di illegittime interpretazioni a danno di coloro che con la vita difendono lo Stato;
se il Ministro non ravveda l'esigenza di emanare un regolamento attuativo della norma di cui all'articolo 32 della legge 22 maggio 1975, n. 152, chiaro e decisivo per la corretta interpretazione da parte degli uffici preposti alla tutela legale del Ministero.
(4-09292)

NICOLA MOLTENI, RIVOLTA e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
stando ad indiscrezioni raccolte dalla stampa locale, la comunità musulmana di via Borgovico a Como, maggioritariamente composta da turchi, sembra essere sul punto di acquisire una palazzina a Camerlata, con l'obiettivo di trasformarla in nuovo centro culturale islamico, probabilmente dotato di moschea e relativa madrassa;
il sito è prossimo alla sede di un altro centro culturale islamico, sorto a Como ad iniziativa della comunità maghrebina in via Domenico Pino, dove in precedenza si trovava una moschea aperta abusivamente e chiusa a causa di irregolarità di natura urbanistica, consistenti in palesi violazioni delle più elementari norme di edilizia privata;
l'ex moschea di via Domenico Pino ha evidenziato nel corso del tempo gravissimi e delicati problemi di ordine pubblico e sicurezza, giacché ben tre capi spirituali dell'ex moschea di via Pino sono stati destinatari di altrettanti decreti di espulsione emanati dal Ministro dell'interno per giustificati motivi di ordine pubblico e sicurezza;

dall'operazione ventilata a Camerlata potrebbe scaturire la nascita nella città di Como di un polo cultural-religioso islamico, il primo nel suo genere nel nostro Paese;
già oggi i cittadini residenti nel quartiere di Camerlata vivono una situazione di disagio e di manifesta insofferenza per la presenza prima dell'ex moschea e oggi del centro culturale islamico di via Pino;
tali disagi, se la ventilata ipotesi di nuovo centro culturale con annessa moschea e madrassa andasse in porto, aumenterebbero drasticamente, riducendo il quartiere Camerlata ad un vero e proprio ghetto islamizzato -:
quali iniziative, ferme restando le competenze dell'ente locale, il Governo intenda assumere per evitare che dall'allestimento di un nuovo centro culturale islamico possano derivare problemi per l'ordine pubblico e la sicurezza, posto che l'iniziativa assunta dalla comunità musulmana comasca di via Borgovico rischia di determinare la nascita di un ghetto islamico nel cuore di Como.
(4-09293)

LO MORO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie apparse sulla stampa regionale e nazionale, un pentito di 'ndrangheta che avrebbe deciso di collaborare nel mese di ottobre c.a., tale Consolato Villani, affiliato della cosca Lo Giudice della città di Reggio Calabria, avrebbe riferito che il clan aveva frequentazioni «trasversali»;
è emerso in particolare che il capo clan, Antonino Lo Giudice, pentitosi anch'egli autoaccusandosi di avere organizzato gli attentati e le intimidazioni ai magistrati della procura generale e della procura della Repubblica di Reggio Calabria, e uno dei suoi fratelli, Luciano, tesoriere della cosca, frequentavano il capitano dei Carabinieri Saverio Spadaro Tracuzzi che era in servizio presso la DIA di Reggio Calabria;
sempre secondo le dichiarazioni del pentito Villani, i Lo Giudice erano soliti fare viaggi e vacanze di lusso con l'ufficiale, a cui venivano «prestate» auto come Ferrari e Porsche, ed erano pronti a rivelare i nascondigli di latitanti, ottenendo così l'eliminazione di cosche concorrenti;
si sarebbe trattato, secondo quanto scrivono i magistrati nel provvedimento di fermo di uno dei fratelli Lo Giudice, di un'amicizia che doveva servire «per garantire al clan la sostanziale impunità»;
l'ufficiale dei Carabinieri, sentito dagli inquirenti, non avrebbe negato tali frequentazioni, sostenendo che erano un mezzo per ottenere «informazioni da utilizzare nella sua attività» anche se, a detta dello stesso interessato, «le informazioni non si sono mai rivelate utili al conseguimento di risultati specifici»;
le «strane» frequentazioni del militare hanno avuto, nel prosieguo delle indagini, ulteriori conferme al punto da apparire un elemento di fatto pacifico. A parlarne è stato, in particolare, Antonio Cortese (indicato come il bombarolo della cosca Lo Giudice) nel corso dell'interrogatorio reso a Trieste;
lo stesso capitano Saverio Spadaro Tracuzzi, che aveva svolto servizio al NOE prima che alla DIA, è stato sentito a Crotone, quale ufficiale del Nucleo Operativo Ecologico (NOE) dei Carabinieri di Reggio Calabria, dalla «Commissione parlamentare sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti», nell'ambito dell'inchiesta sulla bonifica del sito industriale;
è noto che il ciclo dei rifiuti è materia sensibile su cui c'è stata grande disattenzione della politica e, contestualmente, «attenzione» e interesse da parte della criminalità organizzata;
l'assenza di dubbi o di ombre circa la credibilità e l'autorevolezza dei soggetti

auditi costituisce condizione essenziale per l'efficacia dell'inchiesta parlamentare;
peraltro, secondo notizie di stampa delle ultime ore (il Quotidiano della Calabria del 4 novembre 2010 «Un maresciallo accusa il capitano» di Michele Inserra), un ex collaboratore dell'allora comandante del NOE, il maresciallo capo Gennaro Giampà, alimenterebbe, offrendo la sua versione dei fatti su cose che avrebbe visto con i propri occhi e vissuto sulla propria pelle, ombre e sospetti su alcune indagini del NOE -:
se i Ministri interrogati, nell'ambito delle rispettive competenze, siano a conoscenza di tali fatti;
se e quali provvedimenti di competenza siano stati assunti nei confronti del capitano Spadaro Tracuzzi per le frequentazioni dell'ufficiale dei carabinieri e i Lo Giudice;
ferma restando l'autonomia della Commissione d'inchiesta e previo contatto con la medesima, se non si ritenga necessaria una verifica delle informazioni fornite dal capitano Spadaro Tracuzzi;
se non si ritenga comunque necessaria un'inchiesta interna sul lavoro svolto dal capitano dei Carabinieri prima al NOE e poi alla Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria.
(4-09312)

GARAVINI, FIANO, ANDREA ORLANDO, PELUFFO, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, PICCOLO e VELTRONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 14 luglio 2010 è stato arrestato, su richiesta della direzione distrettuale antimafia di Milano, l'imprenditore edile, Francesco Bertucca, padre dell'assessore allo sport, tempo libero e politiche giovanili del comune di Borgarello, in provincia di Pavia;
il 21 ottobre è stato arrestato il sindaco di detto comune, Giovanni Valdes, per aver agevolato l'acquisto di un terreno edificabile da parte di una società riconducibile a Carlo Chiriaco, già direttore della ASL di Pavia, anche lui arrestato il 14 luglio 2010 nell'ambito della stessa inchiesta ed accusato, tra le altre cose, di raccogliere voti per diversi esponenti politici anche grazie all'aiuto di Pino Neri, ritenuto dagli inquirenti il capo della locale lombarda della 'ndrangheta;
il commissariamento degli enti locali per sospetti di infiltrazione mafiosa è una norma che deve agire in maniera preventiva per evitare che i tentativi d'infiltrazione si consolidino;
nel comune di Castrofilippo, in provincia di Agrigento, a seguito dell'arresto del sindaco, Salvatore Ippolito, avvenuto il 22 settembre 2010, è stata inviata, il 25 settembre 2010, dal prefetto di Agrigento una commissione d'accesso, a norma dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000;
lo stesso prefetto di Agrigento ha provveduto immediatamente a sospendere dalla carica il sindaco di Castrofilippo -:
per quale motivo, sino alla data del 28 ottobre 2010, non sia stata inviata dalla prefettura di Pavia una commissione d'accesso prefettizia nel comune di Borgarello;
se il sindaco di Borgarello sia stato sospeso dalle sue funzioni dal prefetto di Pavia.
(4-09323)

TESTO AGGIORNATO AL 20 GENNAIO 2011

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

SIRAGUSA e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la direzione generale dell'ufficio scolastico regionale della Sicilia, ha avviato nel territorio regionale 46 corsi di formazione relativi al piano di formazione per lo sviluppo delle competenze linguistico-comunicative e metodologiche-didattiche in

lingua inglese per i docenti di scuola primaria che attualmente non sono in possesso dei requisiti per insegnare la lingua inglese;
in attuazione del piano programmatico di cui all'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 il decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 1990 all'articolo 10, comma 5, prevede che «gli insegnanti attualmente non specializzati sono obbligati a partecipare ad appositi corsi di formazione triennali, secondo le modalità definite dal relativo piano di formazione»;
la nota ministeriale AOODGPER n.17119 del 12 novembre 2009 ha sottolineato l'opportunità di limitare i corsi in questione ai docenti neoassunti nonché ai docenti generalisti in servizio;
i docenti di scuola primaria, non ancora di ruolo, abilitati ed inseriti nelle relative graduatorie ad esaurimento delle 9 province siciliane, non potranno partecipare ai suddetti corsi di formazione, riservati al personale a tempo indeterminato, con grave disparità di trattamento rispetto ai suddetti docenti ammessi ai corsi;
la normativa generale di riferimento presupposta all'avvio dei corsi in questione - tenuto conto della finalità degli stessi di garantire la formazione dei docenti, con l'obiettivo di una più ampia tutela del diritto degli alunni ad avere personale docente specializzato - non esclude il personale non immesso in ruolo dall'onere/obbligo di formazione -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno estendere i corsi di formazione di cui in premessa ai docenti precari della scuola primaria attualmente non specializzati in inglese, adottando tempestivamente i provvedimenti opportuni a tal fine anche tenendo conto che, ove non formati, sarebbero definitivamente espulsi dal sistema;
in subordine, se non ritenga opportuno attivare tempestivi e specifici corsi di formazione abilitanti per la lingua inglese per il personale precario della scuola primaria, non specializzato in lingua inglese, offrendo la medesima opportunità già goduta dai docenti che hanno partecipato alla procedura di abilitazione riservata ex decreto ministeriale 85/05 ed ex decreto ministeriale 21/05.
(5-03700)

VICO, LULLI, GINEFRA, SERVODIO, BELLANOVA e FEDERICO TESTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si è determinata una drammatica situazione per circa 25.000 lavoratrici e lavoratori degli appalti di pulizia degli istituti scolastici (ex-LSU stabilizzati e lavoratori operanti nei cosiddetti «appalti storici»), a causa della mancanza di fondi di finanziamento e dei tagli previsti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
per gli LSU (ex lavoratori socialmente utili) sono già 22 le ditte che hanno inviato alle organizzazioni sindacali la comunicazione dell'apertura delle procedure di mobilità, corrispondenti alla totalità della mano d'opera impiegata - quasi 14.000 addetti - nelle pulizie delle scuole di ogni ordine e grado;
mancano i fondi per la copertura finanziaria del secondo semestre del 2010 e non c'è alcun tavolo istituzionale di discussione e di impegno per il proseguo degli appalti per il 2011, nonostante, in alcuni casi, gli appalti siano in scadenza alla data del 30 novembre 2010 nelle regioni Molise e Campania, dove insiste il nucleo più numeroso con oltre 5.500 lavoratori;
la stessa situazione e condizione riguarda altri 12.000 lavoratrici e lavoratori impiegati negli appalti dei servizi di pulizia e di attività ausiliarie (sorveglianza, custodia), cosiddetti «appalti storici» che operano anche nei nidi d'infanzia e scuole materne e ai quali, in questi giorni, sono state comunicate le procedure di mobilità;

il personale operante negli «appalti storici» è composto per la maggior parte da lavoratrici con rapporto di lavoro part-time, al massimo venti ore settimanali, e per molte di queste il reddito derivante dalla attività svolta è un mezzo fondamentale di sostentamento familiare;
per i lavoratori degli «appalti storici» la condizione è resa ancora più grave dal momento che, già, nel dicembre 2009 sono stati operati dei tagli da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca attraverso una riduzione del 25 per cento sui contratti di appalto. Tagli per i quali durante tutto il corso della primavera scorsa si sono svolte manifestazioni, scioperi territoriali e nazionali per cui il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca aveva convenuto e deciso con le parti sociali le proroghe dei contratti fino al 31 dicembre 2010 e l'attivazione, fin da luglio 2010, del tavolo ministeriale per discutere e approntare le nuove gare di appalto che garantissero la continuità lavorativa e l'occupazione;
il ricorso, nel 2010, alla cassa integrazione in deroga per gli stessi lavoratori dei cosiddetti «appalti storici» ha determinato il paradosso di un minor costo per l'amministrazione scolastica a scapito della collettività, con la condizione di non poter comunque assicurare i livelli adeguati di pulizia e di sicurezza dei plessi scolastici. Innumerevoli sono stati gli episodi, riportati nelle cronache dei giornali, che hanno visto i genitori intervenire personalmente per garantire la pulizia nelle scuole o non portare i propri figli a scuola per protesta;
situazioni particolarmente delicate, con interventi delle prefetture, si sono registrate in decine di province italiane, soprattutto quelle più svantaggiate sotto il profilo occupazionale e particolarmente nel Mezzogiorno, dove è apparso evidente che la misura dei tagli economici prescindeva dalle concrete esigenze di servizio della scuola;
allo stato, quindi, sorgono problemi legati principalmente alle nuove gare d'appalto, che, in deroga ai princìpi di concentrazione e tracciabilità affermati nella recente legge n. 136 del 2010, cosiddetta antimafia, rischiano di essere frammentate per singoli istituti, ove questi abbiano disponibilità economiche riconosciute, aprendo le porte alle «gare al massimo ribasso», attribuibili a operatori poco selezionati, inoltre, preoccupazioni ancor più gravi insorgono per effetto del venir meno della possibilità di ricorrere ancora alla cassa integrazione in deroga e per la incertezza delle risorse finanziarie e per la modalità con cui queste saranno rese disponibili;
le organizzazioni sindacali Filcams Cgil, Fisacat Cisl e Uiltrasporti Uil hanno già segnalato, con lettera del 5 ottobre 2010, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale ed al presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome Vasco Errani, la gravità della situazione determinatasi -:
quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di: a) evitare la frammentazione per singoli istituti scolastici delle gare d'appalto, garantendo livelli selettivi alle imprese che saranno chiamate a fornire servizi in linea con gli indirizzi d cui alla legge n. 136 del 2010, articolo 13; b) assicurare che le risorse da destinare ai servizi scolastici (assegnazione fondi ai dirigenti scolastici interessati) siano identificate nel loro preciso ammontare con lo stretto vincolo di destinazione alle suddette finalità; c) assicurare che le procedure di gara prevedano clausole «certe» per il rispetto degli standard economici e normativi del contratto collettivo nazionale di settore; d) includere clausole «sociali» che assicurino i livelli occupazionali delle lavoratrici e dei lavoratori operanti.
(5-03704)

GIAMMANCO, APREA, FRASSINETTI, BARBIERI e CECCACCI RUBINO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 124 del 1999 ha disposto il passaggio di oltre 70.000 lavoratori ausiliari, tecnici amministrativi (ATA) ed insegnanti tecnico-pratici (ITP) dagli enti locali ai ruoli dello Stato, garantendo il loro completo riconoscimento dell'anzianità maturata presso l'ente di provenienza;
nel luglio 2000 le organizzazioni sindacali stipulavano con l'ARAN un accordo per la «prima applicazione» della legge n. 124 del 1999, articolo 8 che, però, veniva disatteso, per cui agli ITP, inquadrati nei ruoli statali, veniva calcolata l'anzianità partendo soltanto dall'ultimo stipendio percepito presso l'ente locale di provenienza;
a seguito di tale situazione sono stati presentati numerosi ricorsi alla magistratura del lavoro che, nella maggior parte dei casi, si è espressa a favore dei lavoratori (ad esempio con le sentenze della Corte di cassazione, sezione lavoro, n. 03477/05, 03478/05, 04576/05, 04722/05);
l'articolo 1, comma 218, della legge finanziaria per il 2006 introduceva una «interpretazione autentica» dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999, disconoscendo i diritti acquisiti dai lavoratori ex dipendenti enti locali, e creando una disparità di trattamento economico tra lavoratori con identica anzianità e profilo professionale;
tale situazione penalizza gravemente i circa 10.000 ITP italiani, di cui un numero notevole opera in Sicilia -:
se il Ministro non ritenga indispensabile ed improcrastinabile la definizione dell'annosa questione descritta in premessa, provvedendo mediante le necessarie iniziative, anche normative di competenza al riconoscimento totale ai fini giuridici ed economici dell'anzianità, maturata presso l'ente locale di provenienza, come previsto dalla legge n. 124 del 1999.
(5-03709)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Messaggero nella sua edizione del 31 ottobre 2010 ha pubblicato un articolo della giornalista Alessandra Migliozzi, significativamente intitolato: «A scuola mancano i bidelli e il preside diventa portiere»;
nel citato articolo si riferisce in particolare che vi sarebbero presidi di istituti scolastici «costretti a fare i portieri nella loro scuola ad aprire e chiudere l'uscio ogni volta che arriva un genitore, neanche fossero a casa loro, perché di bidelli da mettere all'ingresso non ce n'è più. Mentre per le maestre della scuola dell'infanzia e della primaria l'incubo quotidiano si chiama bagno: troppo spesso non ci sono collaboratori scolastici al piano per poter accompagnare i bambini, così alle insegnanti tocca fare i salti mortali. Mentre una va alla toilette con i piccoli, la collega della porta accanto tiene a bada una cinquantina di ragazzini. Con i rischi che ne conseguono. Tutti a carico dei docenti»;
quanto sopra esposto costituirebbe «lo scenario quotidiano che si vive negli istituti scolastici romani toccati anche quest'anno dai tagli all'organico decisi dal ministero»;
tutto si traduce in una quotidiana e logorante situazione di disagio ben evidenziata da quanto accade, per esempio, alla scuola Vittorio Alfieri, dove i collaboratori scolastici sono otto su due plessi di cui uno con quattro piani «con gomiti» (vale a dire che i corridoi girano e sono più complessi da controllare), l'altro su tre piani. Situazione sintetizzata dal preside

professor Giuseppe Fusacchia: «Non è possibile tenere tutti gli spazi sotto controllo... E siccome la priorità va alla sicurezza dei bambini, sono stati ridotti tutti i servizi collaterali. Per cui gli insegnanti se devono fare una fotocopia in più per un compito devono schizzare da soli in segreteria. Mentre all'ingresso non c'è più nessuno che possa vigilare. La porta resta chiusa. I genitori quando arrivano suonano e alle volte passano parecchi minuti prima che qualcuno apra. Spesso il compito di fare il portiere tocca al preside»;
sempre secondo quanto riferisce il citato articolo, «anche al 115 circolo» diretto dal professor Paolo Mazzoli le maestre ogni volta che portano al bagno uno o più bambini c'è qualcuno che tiene a bada due classi contemporaneamente stando sulla porta perché spesso non ci sono abbastanza collaboratori scolastici. Ora che scatta il periodo delle influenze, poi, c'è il pericolo di assenze. E prima di trenta giorni il supplente del bidello non si può chiamare per legge; che all'istituto tecnico Hertz ci sono nove bidelli su tre turni che coprono oltre otto-mila metri quadri di superficie interna più altrettanta esterna: «Un'impresa... Basta che se ne ammali uno e sono pronto anche io a mettermi davanti al portone ad aprire e controllare», commenta il preside professor Marco Guspini -:
se quanto riferito dalla giornalista Migliozzi corrisponda verità;
in caso affermativo, quali provvedimenti e interventi ritenga di dover promuovere, adottare, sollecitare, a fronte di una situazione di indubbio disagio e - potenzialmente, anche pericolosa - per alunni e personale scolastico.
(4-09303)

ROSSA, LOLLI e MELANDRI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'educazione fisica e l'attività motoria concorrono con le altre componenti educative alla formazione degli alunni e delle alunne allo scopo di favorirne l'inserimento nella società civile in modo consapevole e nella pienezza dei proprio mezzi;
la cultura sportiva nei suoi aspetti fisici, fisiologici, psicologici e sociologici è valido strumento di promozione dei valori della solidarietà, dell'integrazione culturale, della prevenzione del disagio giovanile e del bullismo attraverso la cultura del rispetto delle regole, del compagno e dell'avversario, pertanto non può essere considerata come incentivo e premio;
le attività motorie e l'esercizio fisico, per unanime riconoscimento, sono indispensabili per il mantenimento della salute, per la prevenzione e la cura di molte malattie, tanto da essere inserite, a pieno titolo, nel piano sanitario nazionale;
il piano sanitario nazionale si propone di «promuovere gli stili di vita salutari, la prevenzione e la comunicazione pubblica sulla salute», sottolineando che «l'attività fisica riveste un ruolo fondamentale. Il ruolo protettivo dell'esercizio fisico regolare è stato dimostrato soprattutto nei confronti delle patologie cardiovascolari e cerebrovascolari, di quelle osteoarticolari (in particolare l'osteoporosi), metaboliche (diabete), della perfomance fisica e psichica degli anziani. L'esercizio fisico regolare aiuta a controllare il peso corporeo, riduce l'ipertensione arteriosa e la frequenza cardiaca ed aumenta il benessere psicofisico»;
nel libro bianco sullo sport si afferma che «la mancanza d'attività fisica aumenta la frequenza dei casi di sovrappeso e obesità e di una serie di disturbi cronici come le malattie cardiovascolari e il diabete, che riducono la qualità della vita, mettono a rischio la vita delle persone e rappresentano un onere per i bilanci sanitari e per l'economia -:
se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative normative per valorizzare le finalità e le premesse educative

dell'attività motoria, evitando che in ambito scolastico tale attività possa essere considerata come mero incentivo o premio.
(4-09308)

TESTO AGGIORNATO AL 9 NOVEMBRE 2010

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
la società informatica Engineering.it, parte del gruppo Engineering che conta 6.000 addetti, è stata oggetto di diversi atti di sindacato ispettivo al Senato e alla Camera tra i quali il più recente è un'interrogazione a risposta immediata presentata dall'onorevole Nicco il 18 maggio 2010 e svolta il 19 maggio 2010 (3-01074);
l'interrogazione a risposta immediata dell'onorevole Nicco concerneva il periodo biennale di cassa integrazione straordinaria in applicazione dell'accordo tra le parti del 22 dicembre 2008 e in scadenza al 18 gennaio 2011;
in particolare, si poneva il tema di come, pur di fronte ad eccellenti risultati economici e finanziari nell'anno 2009 (la società ha chiuso con un utile netto di 34 milioni di euro) la società non operasse concretamente per il pieno riassorbimento dei lavoratori in cassa integrazione;
risulta agli interroganti, anche in seguito ad un nuovo incontro tra le parti tenutosi nel luglio del 2008, che vi siano ancora 66 lavoratori in cassa integrazione che hanno rifiutato le proposte per la mobilità fatte dall'azienda -:
di quali elementi disponga il Governo in ordine agli intendimenti dell'azienda all'avvicinarsi della scadenza della cassa integrazione prevista per il 18 gennaio 2011 e quali siano gli orientamenti e le azioni che il Governo intende intraprendere ai fini della salvaguardia dei livelli occupazionali, anche considerando la positiva situazione sul mercato dell'azienda.
(2-00880)
«Madia, Di Biagio, Nicco, Boccuzzi, Esposito, Berretta, D'Incecco, Gatti, Giulietti, Froner, Giovanelli, Cambursano, Porcino, Calgaro, Monai, Colombo, D'Antona, Braga, Samperi, Pes, Bossa, Rampi, Federico Testa, Cardinale, Pierdomenico Martino, Baretta, Capano, Losacco, Touadi, Laganà Fortugno, Recchia, Schirru».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VICO, BELLANOVA, GINEFRA e SERVODIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi il Presidente dell'INPS Antonio Mastropasqua, in occasione di un convegno di Ania e Consumatori, ha dichiarato «se 'Istituto dovesse simulare il calcolo della pensione per i parasubordinati si rischierebbe un sommovimento sociale»;
per l'Istituto previdenziale è acclarata l'inconsistenza delle future pensioni per i lavoratori iscritti alla Gestione Separata Inps;
gran parte dei giovani entrano e permangono nel mercato del lavoro attraverso forme contrattuali non standard, causa di crescenti disagi lavorativi e sociali tali da determinare vere e proprie sacche di diffusa precarietà lavorativa;
il prolungarsi dell'esposizione a condizioni di precarietà lavorativa determina la discontinuità nel lavoro, ma anche la discontinuità nel versamento dei contributi previdenziali, sapendo che l'attuale sistema pensionistico fonda la realizzazione della finalità assicurativa su carriere stabili;

l'articolo 1, comma 12, della legge 24 dicembre 2007, n. 247 prevedeva la costituzione di una commissione di dieci esperti con il compito di proporre entro il 31 dicembre 2008, modifiche dei criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
la predetta commissione nelle modifiche dei criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione avrebbe dovuto tenere conto dell'incidenza dei percorsi lavorativi anche al fine di verificare l'adeguatezza degli attuali meccanismi di tutela delle pensioni più basse e di proporre meccanismi di solidarietà e garanzia per tutti i percorsi lavorativi, nonché di proporre politiche attive che possano favorire il raggiungimento di un tasso di sostituzione al netto della fiscalità non inferiore al 60 per cento;
dal 1o gennaio 2010 sono entrati in vigore con effetto retroattivo i nuovi coefficienti di trasformazione che determineranno consistenti riduzioni sui futuri importi di pensione;
lo scorso autunno NldiL CGIL si è fatta promotrice di una iniziativa di raccolta firme sulla petizione «Mandiamo la precarietà in pensione», facendo pervenire a tutti i gruppi parlamentari di Camera e Senato le proprie richieste sottoscritte a loro volta da più di 30.000 lavoratori -:
se il Governo non ritenga di dover avanzare proposte che abbiano l'obiettivo di:
a) evitare che un'intera generazione di lavoratori maturi pensioni al di sotto dell'assegno sociale, prevedendo un progressivo aumento delle aliquote previdenziali per i lavoratori iscritti alla gestione separata Inps non pensionati e non iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria;
b) agganciare i compensi minimi dei lavoratori parasubordinati ai minimi del contratto nazionale di lavoro di riferimento per i lavoratori dipendenti con analoga professionalità;
c) costituire, rapidamente, la Commissione prevista dal protocollo sul welfare del 23 luglio 2007 per verificare l'incidenza dei percorsi lavorativi discontinui sulle future pensioni, al fine di proporre meccanismi di solidarietà tali da garantire un tasso di sostituzione non inferiore al 60 per cento e per correggere l'incidenza dell'andamento negativo del Pil sulla determinazione dei nuovi coefficienti di trasformazione;
d) introdurre meccanismi che permettano la piena totalizzazione degli interi periodi contributivi presenti in diverse casse e gestioni previdenziali;
e) prevedere l'aumento della rivalsa previdenziale per i titolari di redditi di lavoro autonomo di cui all'articolo 49, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in modo da uniformare il riparto dell'onere contributivo già previsto per gran parte dei lavoratori iscritti al fondo di cui all'articolo 2, comma 26 della legge 8 agosto 1995, n. 335.
(5-03691)

LULLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, promosso dall'allora Ministro dello sviluppo economico, sono state introdotte nel nostro ordinamento alcune misure volte aumentare la tutela dei consumatori, in particolare nelle condizioni di mercato asimmetriche e ridurre gli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, al fine di accrescere la competitività del sistema produttivo nazionale e contribuire alla crescita economica;
in particolare, l'articolo 13, ai commi da 8-sexies a 8-terdecies, ha semplificato il

procedimento di cancellazione dell'ipoteca nei mutui immobiliari, prevedendo che il creditore, ove sia un soggetto autorizzato ad esercitare attività bancaria, entro trenta giorni dall'estinzione del mutuo, a seguito del pagamento delle rate da parte del cliente, debba darne comunicazione direttamente alla conservatoria che procede d'ufficio all'immediata cancellazione dell'ipoteca;
attraverso questa disposizione è stato cancellato un aggravio procedimentale e finanziario, del tutto inutile rispetto alle esigenze di pubblica fede e di certezza giuridica a carico del cittadino che, dopo aver saldato il proprio debito, era costretto a sottoporsi a gravose spese di intermediazione bancaria e notarili, laddove volesse subito estinguere l'ipoteca per poter liberamente disporre del proprio immobile;
secondo l'articolo 13, comma 8-quaterdecies le disposizioni sopra illustrate trovano applicazione anche per i finanziamenti concessi da enti di previdenza obbligatoria ai loro iscritti;
poiché la previsione contempla solo gli iscritti agli enti di previdenza obbligatoria e non anche i dipendenti dei suddetti enti risulta che l'INAIL neghi ai dipendenti che hanno ottenuto un mutuo la possibilità di procedere alla cancellazione delle ipoteche applicando le disposizioni del citato articolo 13;
tale interpretazione crea un trattamento oggettivamente e immotivatamente discriminatorio nei confronti dei dipendenti mutuatari dell'INAIL, una discriminazione che potrebbe anche riguardare i dipendenti dell'INPS e dell'INPDAP che devono procedere alla cancellazione delle ipoteche al momento dell'estinzione del mutuo -:
se il Ministro sia a conoscenza di questa situazione e quali azioni intenda intraprendere per evitare il trattamento discriminatorio di migliaia di dipendenti dell'INAIL, dell'INPS e dell'INPDAP.
(5-03710)

Interrogazioni a risposta scritta:

GALATI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
uno studio recente di Confartigianato, che elabora i dati del rapporto 2010 Excelsior-Unioncamere, ha reso noto una situazione che potremmo definire anomala in un contesto occupazionale di crisi quale è quello attuale. Nonostante la crisi economica e l'aumento della disoccupazione, soprattutto giovanile, a fronte di circa 550 mila nuove assunzioni previste per l'anno 2010. Si presume che le aziende riusciranno a coprire soltanto 147 mila posti. Tali dati dimostrano quindi che ci sono dei mestieri per i quali il posto di lavoro è sostanzialmente assicurato. Tale tipo di «certezza» riguarda soprattutto le attività tipicamente artigiane, per le quali però risulta assai difficile la reperibilità di inoccupati adatti e disponibili. Il dato sembra essere giustificato dalla scarsa appetibilità da parte dei giovani di quelle mansioni tipicamente manuali a cui si associa l'inadeguatezza di un mercato, definito dallo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali Sacconi, «opaco» che non promuove in modo efficace tali tipologie di specializzazioni. Sarebbe necessaria a tal proposito una cooperazione fra differenti attori sociali ed istituzionali fra cui il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali affinché promuovano politiche di formazione ed inserimento di figure specializzate nei settori in cui attualmente si fa fatica a reperirne -:
se i Ministri interrogati intendano intervenire per colmare questo vuoto occupazionale;
se i Ministri intendano definire una politica chiara di cooperazione finalizzata all'inserimento di giovani nel mondo del lavoro assicurando alle imprese artigianali le figure professionali al momento introvabili e necessarie.
(4-09276)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come riferiscono agenzie di informazioni, quotidiani e siti internet presso l'azienda chimica Eureco Holding di Paderno Dugnano, specializzata nello smaltimento di rifiuti speciali si è verificata un'esplosione che ha provocato una decina di feriti, tra cui due gravemente ustionati e altri quattro in codice rosso -:
quale sia l'esatta dinamica del grave incidente e le sue cause;
se risulti che in precedenza si erano verificati, nella stessa ditta, analoghi incidenti;
se non si ritenga di dover disporre, nell'ambito delle proprie prerogative, una verifica per accertare se tutti i dispositivi e le normative relative alla sicurezza sono state osservate.
(4-09295)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Corriere della Sera in un articolo dei giornalisti Simona Ravizza e Armando Stella pubblicato il 5 novembre 2010 dedicato al grave incidente alla ditta Eureco di Paderno Dugnano, intitolato: «Ispezioni, incidenti e rischi per la salute. Gli allarmi ignorati» ha riferito che negli uffici della regione Lombardia risultano mancanti la documentazione e i certificati relativi alla valutazione del «rischio cancerogeno» necessari per le ditte che si occupano di raccolta, trasporto, conferimento agli impianti di smaltimento finali di rifiuti speciali, pericolosi e no;
già vent'anni fa il sindaco di Paderno Dugnano Ezio Casati si era opposto alla realizzazione del sito perché troppo vicino alla superstrada Milano-Meda e al canale Villoresi, e dunque una scelta pericolosa; fu la regione Lombardia ad autorizzare l'insediamento;
i dirigenti della locale Camera del lavoro, riferiscono in particolare che l'Eureco «è un'impresa non sindacalizzata, un buco nero nella geografia degli stabilimenti chimici milanesi»;
il dottor Edoardo Baj, medico del lavoro e componente del comitato scientifico di Legambiente, ha dichiarato che «in Lombardia ci sono 290 aziende a rischio di incidente rilevante, fin troppe. Ciò che conta sono i controlli sulla sicurezza della lavorazione: che ci facevano le bombole di acetilene in un deposito di rifiuti?» -:
quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze abbiano promosso, sollecitato, adottato o abbiano intenzione di promuovere, sollecitare, adottare perché sia fatta chiarezza sulle cause di questa tragedia;
se siano state rispettate le norme di sicurezza concernenti la presenza e la funzionalità di estintori e di impianti anti-incendio;
se non si ritenga di dover effettuare una verifica amministrativa per accertare la regolarità e la completezza di autorizzazioni, documenti sullo stoccaggio dei rifiuti e certificazioni in relazione all'attività dell'Eureco;
se sia vero che bombole di acetilene siano state trovate abbandonate in un deposito di rifiuti.
(4-09296)

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO, VANALLI e LUSSANA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il comma 5 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010 ha introdotto alcune deroghe alla «rimodulazione delle finestre per il pensionamento», stabilendo

che continuano ad applicarsi le previgenti disposizioni, nel limite massimo di 10.000 lavoratori, a:
a) lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 e successive modifiche in base ad accordi sindacali stipulati prima del 30 aprile 2010 e che maturino i requisiti entro il periodo di fruizione dall'indennità di mobilità;
b) lavoratori collocati in mobilità lunga ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e 7 della legge n. 223 del 1991 e successive modificazioni, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010;
c) lavoratori che, all'entrata in vigore delle nuove norme, godano di prestazioni a carico dei fondi di solidarietà di settore ai sensi dell'articolo 2, comma 28, della legge n. 662 del 1996;
secondo le valutazioni dei sindacati di categoria il tetto di 10.000 lavoratori non è in grado di fronteggiare la grave situazione creatasi a fronte della crisi economica;
per principio consolidato le norme in tema di «mobilità lunga» sono considerate speciali, essendo concepite come strumento di accompagnamento alla pensione, e come tali derogano a qualsiasi altra norma previdenziale;
i lavoratori in mobilità lunga devono essere considerati fuori del tetto dei 10.000 lavoratori di cui al citato decreto-legge;
la formulazione della lettera a) del comma 5 dell'articolo 12 presenta un'ambiguità, laddove stabilisce che la deroga si applica ai lavoratori in mobilità «che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223»;
la citazione del solo comma 2, anziché dei commi 1 e 2, dell'articolo 7 della legge n. 223 del 1991, ingenera il dubbio che la deroga valga solo per i lavoratori in mobilità nelle aree del Mezzogiorno;
con questa interpretazione sono esclusi dall'applicazione della norma tutti i lavoratori bergamaschi, che in questi anni sono stati posti in mobilità nell'ambito dei numerosi accordi sottoscritti dal sindacato per la tutela dei posti di lavoro;
nelle precedenti riforme pensionistiche che si sono succedute in questi anni era stato preservato il diritto ad accedere alla pensione con le norme in vigore alla data di collocamento in mobilità, soprattutto a questi lavoratori che altrimenti si possono trovare senza stipendio, senza indennità e senza pensione -:
se non ritenga opportuno garantire attraverso urgenti iniziative normative l'aumento del tetto dei 10.000 lavoratori, di cui al decreto-legge n. 78 del 2010;
se intenda procedere con sollecitudine ad ogni iniziativa, anche normativa, di competenza perché la disposizione contenuta nella legge n. 223 del 1991, sia riferita all'intero territorio nazionale e si faccia sì che gli accordi sottoscritti dai sindacati, anche in considerazione della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010, non possano fare riferimento alla data del 30 aprile 2010, ma verosimilmente a quella del 30 giugno 2010, al fine di evitare gravi ripercussioni sociali per i lavoratori della provincia di Bergamo.
(4-09301)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come riferiscono agenzie di stampa, giornali on line e quotidiani, presso il reparto di rianimazione dell'ospedale pediatrico «Bambin Gesù» a Roma è scoppiato un grave incendio che ha comportato l'evacuazione del reparto -:
di quali elementi disponga il Governo in ordine all'esatta dinamica dei fatti, e in particolare sulle cause che hanno provocato l'incendio;

se non si ritenga di dover promuovere una verifica amministrativa per accertare se siano state rispettate tutte le norme relative alla sicurezza del personale e dei ricoverati;
se sia vero che i mezzi dei vigili abbiano avuto bisogno della scorta di polizia e carabinieri perché nell'accesso alla salita del colle Gianicolo, dove si trova l'ospedale, alcuni veicoli non riuscivano a girare a causa delle troppe auto in sosta.
(4-09304)

BORGHESI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Gruppo Kerself, protagonista della nuova green economy, è leader italiano nell'attività di system integration di impianti fotovoltaici e campi-solari di qualsiasi dimensione sia per l'uso privato sia per quello industriale ed è composto da 5 realtà aziendali;
Helios Technology, con sede e stabilimento produttivo a Carmignano di Brenta (Padova), è entrata a far parte del Gruppo Kerself nel 2006 diventando la più importante realtà italiana nella produzione di celle e moduli fotovoltaici, con circa 200 dipendenti;
Thermosolar nasce a Formigine (Modena) nel 1983; oggi l'azienda realizza impianti fotovoltaici «chiavi in mano»;
nata nel 1992 a Cori (Latina), Dea è uno dei principali distributori italiani di prodotti termici e fotovoltaici;
fondata nel 1998 ad Altamura (Bari), la SAEM si occupa della progettazione e installazione di piccoli, medi e grandi impianti fotovoltaici;
leader in Italia nella realizzazione e fornitura di impianti fotovoltaici «chiavi in mano» (EPC Contract) e dell'ingegnerizzazione, progettazione, produzione, realizzazione e installazione di impianti solari fotovoltaici di grandi dimensioni (campi solari pari ad almeno 1 megawatt) Ecoware ha sede a Padova;
nel complesso risultano dunque occupati circa 350 lavoratori;
nel primo semestre 2010 il Gruppo Kerself ha realizzato un valore della produzione consolidato pari a 112,1 milioni di euro, con una diminuzione rispetto al 30 giugno 2009, del 14,8 per cento;
il risultato netto complessivo al 30 giugno 2010 ha registrato una perdita pari a 10,9 milioni di euro in diminuzione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, che era positivo per un ammontare di 5,9 milioni di euro;
l'indebitamento finanziario netto del gruppo Kerself, senza considerare il settore delle risorse idriche, ammonta a 136,9 milioni di euro;
alla data del 30 giugno 2010 il Gruppo Kerself ha un portafoglio ordini firmato pari a circa 400 milioni di euro. Inoltre risulta aver stipulato frame work agreement per oltre 850 milioni di euro per gli anni 2011-2012 in grado di coprire quasi interamente il valore della produzione previsto dal piano industriale attualmente in essere per quei due anni;
banca Imi ritiene che i risultati deludenti siano dovuti principalmente alla situazione finanziaria difficile del gruppo, ai problemi legati alla produzione, alle scorte della controllata Helios e alla performance debole della divisione risorse idriche (-3,8 milioni nel primo semestre), che Kerself sta cercando di dismettere;
visto il debito elevato e il basso livello di equity, banca IMI si attende inoltre che il gruppo approvi nel breve termine un sostanzioso aumento di capitale;
Pier Angelo Masselli, presidente e azionista di controllo della Kerself di Correggio, ha prelevato dalle casse dell'azienda quasi 1 milione di euro, classificati nella contabilità come anticipi sulle trasferte. Le spese sostenute da Masselli, secondo quanto dicono la società di revisione

e il collegio sindacale, non sono accompagnate dalla documentazione giustificativa la Consob ha posto al consiglio di amministrazione della società di Correggio in relazione a tali fatti diversi quesiti;
secondo taluni osservatori, sarà la vendita di una partecipazione societaria a consentire a Pier Angelo Masselli di saldare i suoi debiti verso Kerself, l'azienda di Correggio di cui è presidente e azionista di controllo. Nel dicembre 2008 Kerself vendette per 10 milioni il 15 per cento di Helios Technology, un'azienda del gruppo che produce celle e moduli fotovoltaici. La quota fu acquistata da una finanziaria di Masselli, la Immobiliare Ve-Ga;
due mesi fa la società di revisione segnala al collegio sindacale che il presidente Masselli ha prelevato dalle casse dell'azienda 965 mila euro. Secondo quanto sostengono i revisori, le operazioni non sono «documentate e non appaiono coerenti rispetto alle finalità che si deducono dalle scritture contabili», che classificano quei prelievi come anticipi per trasferte. A questi debiti, si sommano i 4 milioni e 683 mila euro che l'immobiliare Ve-Ga deve ancora versare a Kerself per il pagamento del 15 per cento di Helios Technology. Totale dei soldi dovuti da Masselli a Kerself: 5 milioni e 648 mila euro. È il 25 marzo;
pochi giorni dopo, arriva la soluzione. Al collegio sindacale viene mostrato un contratto, datato proprio 25 marzo. Masselli salderà i debiti vendendo il 15 per cento di Helios Technology a Kerself. Non si comprende la ragione per la quale l'azienda di Correggio dovrebbe ricomprare una quota che aveva venduto solo un anno fa, dovrebbe acquistare il 15 per cento di una società di cui detiene già il 70 per cento, secondo il consiglio di amministrazione, per razionalizzare le partecipazioni. Il prezzo pattuito è lo stesso dell'operazione precedente: 10 milioni. Masselli e Immobiliare Ve-Ga hanno 5,6 milioni di euro di debiti, quindi ne incasseranno quasi 4 e mezzo da Kerself;
anche in ottemperanza a specifica richiesta formulata da Consob ai sensi dell'articolo 114 del codice penale, e decreto legislativo n. 59 del 1998, in data 25 maggio 2010 il tribunale di Latina ha depositato un'ordinanza con la quale - in riforma della precedente decisione resa dallo stesso tribunale in composizione monocratica - è stato accolto il ricorso presentato dal signor Luigi Sellaroli, socio della Società DEA S.r.l. al 40 per cento, e contestualmente sono stati revocati dalla carica gli amministratori della citata Società, signor Pier Angelo Masselli e signor Giuseppe Pellacani;
nella mattina del 17 settembre 2010, invece, Kerself ha annunciato nuove commesse nel settore delle energie rinnovabili. Nel dettaglio la società ha sottoscritto tramite la controllata Ecoware un contratto innovativo per la realizzazione di parchi solari fotovoltaici per un totale di 60 megawatt con Eopily new energy technology. Uno dei principali produttori cinesi di moduli fotovoltaici. Il progetto, che si realizzerà in Italia entro il 2010 e valutato circa 200 milioni di euro, verrà realizzato con moduli del partner cinese;
Banca IMI ora prevede che la società chiuda il 2010 con una perdita netta di 8,6 milioni di euro, mentre in precedenza gli analisti stimavano un utile netto di 12,8 milioni di euro;
Kerself è stata sospesa in Borsa con un rialzo teorico del 10,70 per cento sulla scia del contratto sottoscritto con la cinese Eopily New Energy Technology tramite la controllata Ecoware per la realizzazione entro il 2011 di parchi solari fotovoltaici;
a Carmignano del Brenta si vivono momenti di grande apprensione poiché, nonostante gli ordinativi, l'attività produttiva sembra subire forti rallentamenti e vi è incertezza per il futuro. In effetti a fronte di un numero di ordini molto alti l'azienda sta lavorando al 50 per cento della sua potenzialità e dunque in perdita -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto appena esposto;

se e di quali elementi dispongano in relazione ai comportamenti a dire poco discutibili del signor Masselli, e cosa intendano fare per garantire che i lavoratori non paghino le conseguenze di vicende societarie poco chiare, ciò a salvaguardia dei livelli occupazionali.
(4-09313)

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PARI OPPORTUNITÀ

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per le pari opportunità, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
i dati contenuti nel Global gender gap report 2010, elaborato dal World economic forum dipingono un quadro preoccupante dell'Italia con riferimento alla condizione delle donne nel mercato del lavoro;
secondo i dati riportati anche da Il Sole 24 Ore del 13 ottobre 2010, la stragrande maggioranza dei 114 paesi presi in considerazione (l'86 per cento) ha fatto registrare un miglioramento nel corso degli ultimi quindici anni, mentre solo il 14 per cento di essi risulta in regressione;
l'Italia fa parte proprio di questa minoranza, essendo scesa dal 67esimo posto, occupato nel 2008 al settantaduesimo del 2009 al 74esimo attualmente ricoperto, con un'incidenza maggiore dovuta in particolare alle modalità di accesso al mondo del lavoro che ci vede scendere - facendo riferimento esclusivamente a questo indicatore - addirittura al 95esimo posto;
in particolare, la differenza più rilevante risiederebbe nella partecipazione alla forza lavoro che vedrebbe, secondo le medesime elaborazioni, un impegno al 52 per cento delle donne, contro il 74 per cento degli uomini, facendo al contempo registrare una crescita assai lenta del peso delle donne sulla forza lavoro complessiva: se negli Stati Uniti, ad esempio, dal 33 per cento del 1950 le donne ora contano per il 50 per cento dei lavoratori Usa, in Italia si è passati dal 30 per cento del 1960 al 40,7 per cento del 2010. Inoltre, la presenza femminile nelle posizioni di comando risulta pari a circa un terzo del totale;
tale divario nell'impiego delle donne risulta particolarmente significativo anche con riferimento ai salari, considerando che le donne italiane guadagnano, in media il 50 per cento rispetto ai loro colleghi uomini, e le conseguenti pensioni basse delle donne ne sono la più evidente testimonianza, mentre, al contempo, il rapporto fra uomini e donne nelle posizioni apicali risulta tutt'ora nettamente sbilanciato e particolarmente significativi si rivelano essere gli squilibri anche negli incarichi istituzionali, a tutti i livelli di governo;
tale squilibrio e sproporzione risulta ancor più grave se si considera che l'Italia è invece in una posizione nettamente più favorevole per quanto riguarda l'accesso delle donne all'educazione, attestandosi al 49esimo posto della classifica grazie a percentuali vicine al 100 per cento per quanto riguarda l'istruzione primaria e secondaria di entrambi i sessi, mentre per l'istruzione superiore le ragazze superano addirittura di gran lunga i ragazzi con il 79 per cento contro il solo 56 per cento per cento;
anche con riferimento ai risultati ottenuti nelle università italiane, riportati da Il Sole 24 Ore, emerge che i laureati di sesso femminile sono oltre il 60 per cento del totale e che in media vantano un punteggio maggiore (106 contro 104) in un arco di tempo di studi inferiore (età media 26,8 anni contro 27,5 anni) -:
se i Ministri interpellati siano a conoscenza di tali dati e della grave situazione in cui l'Italia continua a versare con riferimento alla condizione della donna rispetto al mercato del lavoro;
se non ritengano necessario e urgente introdurre in materia misure specifiche e

assai puntuali rispetto a quelle sperimentate nel passato, considerando che la posizione dell'Italia è addirittura peggiorata nel corso degli ultimi anni, tanto da collocare il nostro Paese all'interno di quella minoranza di coloro che, nel panorama dei Paesi del mondo, che quindi comprende al suo interno anche Paesi in via di sviluppo, anziché migliorare come sarebbe oltre che auspicabile, normale, hanno fatto invece registrate un significativo peggioramento.
(2-00883)
«Amici, Bellanova, Boccia, Bossa, Braga, Bucchino, Capano, Cardinale, Cenni, Codurelli, Concia, Coscia, D'Antona, De Micheli, De Pasquale, De Torre, Ferranti, Froner, Garavini, Gatti, Ghizzoni, Gnecchi, Lenzi, Livia Turco, Lo Moro, Madia, Marchioni, Mariani, Mastromauro, Melandri, Merloni, Miotto, Mogherini Rebesani, Mosca, Motta, Murer, Naccarato, Pedoto, Pollastrini, Rossomando, Rubinato, Samperi, Schirru, Servodio, Sereni, Siragusa, Velo, Villecco Calipari, Zampa, Zaccaria».

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come riferiscono numerosi giornali e siti internet, il signor Francesco Bonifacio, disabile, è rimasto letteralmente prigioniero per un'ora e mezza all'interno della stazione metropolitana di Gambara a Milano, a causa del blocco del montascale;
il signor Bonifacio si stava recando allo stadio per assistere alla partita Milan-Juventus, e per questo, essendo disabile costretto a muoversi con una carrozzina elettrica, stava raggiungendo San Siro in compagnia di un'amica utilizzando i mezzi pubblici;
per questo motivo era partito in anticipo dalla sua abitazione di Rogoredo, per potere arrivare con tutta calma allo stadio, mangiare, e sistemarsi adeguatamente sugli spalti;
a vanificare tutte le sue premure ci ha pensato la rottura di un montacarrozzine alla stazione metrò di Gambara: il macchinario si è bloccato a metà corsa lungo l'ultima rampa di scale, cosicché il signor Bonifacio è rimasto un'ora e mezza ad attendere i soccorsi, bloccato sulla sua carrozzina, ferma sul montacarrozzine, a metà della scalinata che porta dalla stazione al piano strada;
un paio di addetti dell'Atm inutilmente hanno cercato di azionare una manovella che avrebbe dovuto toglierlo dagli impicci ma che in realtà non ha a sua volta funzionato;
l'accaduto costituisce, ad avviso degli interroganti, un fatto vergognoso una situazione incredibile nella città che dovrà ospitare l'Expo 2015;
appare grave non tanto che si sia verificato un guasto tecnico, che rientra nel novero dei possibili inconvenienti, quanto, piuttosto che i dispositivi alternativi si siano rivelati inefficaci e che i vigili del fuoco siano riusciti ad intervenire solo a distanza di 90 minuti;
è parimenti grave che i montascale in uso nella metropolitana di Milano risultino usurati, con una tecnologia vecchia, e che la squadra di intervento dell'Atm, una volta arrivata, non sia stata in grado di fare nulla; e solo dopo che i tecnici hanno ammesso di non potere intervenire è stato possibile autorizzare l'intervento dei vigili del fuoco -:
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, ritengano di

dover adottare promuovere in relazione a quanto sopra esposto al fine di garantire il fondamentale diritto alla mobilità delle persone disabili.
(4-09294)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in data 7 ottobre 2010, la conferenza Stato-regioni ha approvato la relazione sullo stato di applicazione della legge n. 157 del 1992 recante «norme per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio dell'attività venatoria»;
tale decisione è stata presa senza che il comitato tecnico faunistico venatorio abbia potuto esprimere un parere preventivo;
il comma 3 dell'articolo 8 della sopraccitata legge, conferisce a tale comitato compiti di organo tecnico-consultivo per tutto quello che concerne l'applicazione della presente legge;
nell'ultima riunione del Comitato tecnico faunistico venatorio, sia l'allora Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Zaia sia i delegati rappresentati avevano assunto precisi impegni in merito al coinvolgimento del comitato per salvaguardarne le relative funzioni consultive;
considerato ciò, il comitato attraverso i suoi componenti avrebbe potuto esprimere un proprio parere prima della presentazione del testo per la delibera della conferenza Stato-regioni;
il presidente dell'Arci caccia lamenta, dunque, un'esautorazione di fatto di tale organismo previsto dalla sopraccitata legge, essendo stata negata la possibilità di ricercare soluzioni condivise mediante un confronto democratico nelle sedi istituzionali previste dalla vigente normativa -:
quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di convocare a breve il Comitato tecnico faunistico venatorio, per discutere collegialmente su questioni riguardanti la gestione della fauna selvatica e di attività venatoria, evitando di generare occasioni di conflitto e di divisione nel mondo agricolo, venatorio e ambientalista.
(5-03689)

OLIVERIO, BRANDOLINI, ZUCCHI, CENNI, TRAPPOLINO, FIORIO e MARCO CARRA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in data 5 agosto 2010 - prot. n. 0012350 il Dipartimento delle politiche competitive del mondo rurale e della qualità - direzione generale dello sviluppo agro-alimentare e della qualità ha emesso il bando relativo al programma frutta nelle scuole per l'anno scolastico 2010/2011;
il termine per la presentazione delle domande è scaduto il 20 settembre 2010;
era fondamentale la tempestiva assegnazione dei lotti al fine di avviare fin dall'inizio dell'anno scolastico il progetto per la distribuzione della frutta e delle attività di supporto onde evitare di dover successivamente integrare la programmazione scolastica -:
quali ostacoli abbiano finora impedito di pubblicare l'esito della gara e se saranno pienamente rispettate le regole e i criteri previsti dal bando.
(5-03692)

Interrogazione a risposta scritta:

CATANOSO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
come ogni anno arriva puntuale il blocco, sotto forma di divieto ministeriale, della pesca del pesce spada dal 1o ottobre al 30 novembre allo scopo, doveroso e

legittimo, di tutelare il pesce spada piccolo per garantirne la crescita e la qualità della stessa pesca;
sull'argomento, l'interrogante, ha presentato ben due atti di sindacato ispettivo il nr. 5-01856 e il nr. 5-00460 a cui il Governo ha dato risposta in Commissione agricoltura;
come nei precedenti atti di sindacato ispettivo si ribadisce che la tutela della crescita del pesce spada si potrebbe meglio realizzare vietando l'utilizzo di attrezzi da pesca di piccole dimensioni, i veri responsabili della cattura dei giovani esemplari di pescato;
la sensazione della nostra marineria è che il nostro Governo dovrebbe intervenire in sede europea per modificare la normativa comunitaria nel senso espresso in precedenza e non con i soliti divieti temporanei di pesca che procurano solo danni economici ai nostri pescatori e nessun beneficio al fauna marina colpita dalle marinerie dei Paesi non aderenti all'ICCAT che non sono obbligati al rispetto di alcuna normativa nazionale e/o internazionale;
i risarcimenti previsti dallo Stato per i casi di fermo/divieto negli anni passati, per quest'anno non sono stati né previsti né annunciati e quelli degli anni passati non sono bastati e avrebbero dovuto essere incrementati ed estesi, ove possibile, anche agli armatori -:
quali iniziative normative intenda adottare il Ministro interrogato per venire incontro alle legittime esigenze e richieste della marineria italiana esposte in premessa.
(4-09274)

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SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

BINETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
Angelica è una bambina nata il 10 maggio 2010 al policlinico Umberto I di Roma, dove ha sede un centro di maternità di secondo livello (i più attrezzati, dove dovrebbero essere trattate tutte le gravidanze pericolose). La neonata è nata a 22 settimane e 6 giorni, con un peso di soli 550 grammi, senza che polmoni, reni, sistema nervoso e che tutti gli organi principali fossero ancora giunti a maturazione;
il rischio che non ce la facesse era molto alto, ma la fortuna di Angelica è stata quella di avere una mamma che si è fidata di un'equipe di medici straordinari, medici in cui competenza professionale e amore alla vita sono facce di una stessa medaglia;
i medici, si sono messi all'opera, pur sapendo che nel Lazio non c'era nessun precedente e che le statistiche in questi casi sono molto dure. Infatti, il 99 per cento dei super prematuri alla ventiduesima settimana non ce la fa e, se si salva, riporta gravi complicanze neurologiche;
la neonata è tornata a casa dopo 5 mesi senza danni evidenti, niente problemi di udito e vista, nessun danno cerebrale. Ha cominciato a bere il latte dal biberon preparato dalla mamma, è sveglia e risponde bene a tutte le sollecitazioni. Ben diversa sarebbe stata la sua storia se fosse nata in Olanda, Svizzera e Spagna dove i bimbi di 22 settimane non vengono tenuti in vita, mentre in Canada e in Germania la rianimazione viene eseguita solo su richiesta dei genitori;
l'Italia sembra all'avanguardia anche in questo caso e la terapia intensiva neonatale (TIN) costituisce uno dei punti più importanti su cui investire nel nostro panorama sanitario afflitto da una carenza cronica di risorse;
negli ultimi anni il Governo ha accolto numerosi ordini del giorno, anche della firmataria del presente atto, ma non sempre ci sono stati frutti concreti per potenziare e rafforzare le unità di terapia intensiva neonatale (TIN) -:
quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di realizzare una migliore

organizzazione delle cure perinatali e il potenziamento del numero dei posti di terapia intensiva;
se non ritenga opportuno procedere tempestivamente, con iniziative anche normative, al potenziamento e alla creazione di unità di terapia intensiva neonatale (TIN), contribuendo così a migliorare significativamente l'assistenza ai neonati prematuri, nonché ad incentivare l'acquisto di nuove metodiche analitiche e permettere, in tal modo, che il caso della piccola Angelica possa non essere considerato in futuro come eccezionale e isolato;
se non intenda dare tempestiva attuazione agli impegni già presi a seguito della presentazione e discussione di atti di sindacato ispettivo e di ordini del giorno presentati dall'interrogante e accolti dal Governo.
(3-01315)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Messaggero ha pubblicato nella sua edizione del 2 novembre 2010 un dettagliato articolo del giornalista Luca Brugnara, dal titolo: «Esami e analisi? Torni l'anno prossimo. Nelle strutture pubbliche, 90 giorni per una visita cardiologica 120 per una Tac»;
nell'articolo si fa in particolare riferimento a una rilevazione realizzata dall'associazione «Cittadinanzattiva» nel mese di settembre 2010, da cui si ricava che una visita richiesta quest'anno «quasi certamente l'appuntamento sarà nel 2011. Tempi di attesa ancora lunghi per analisi ed esami diagnostici in ambulatori e ospedali pubblici»;
nel citato articolo si racconta inoltre che «contattando il Recup, il centralino unico per le prenotazioni, all'803333 si scopre che una visita cardiologica alla Asl Roma C comporta 92 giorni di attesa, una Tac alla testa 120, un'ecografia dell'addome completo alla Asl Roma E addirittura 134»;
secondo la denuncia del segretario regionale di «Cittadinanzattiva» «da ormai un anno la situazione è fuori controllo e sta peggiorando»;
contattando il Recup, si ottiene una visita ginecologica in 106 giorni, una neurologica in 98, una mammografia bilaterale in 99 giorni: in pratica, su 10 prestazioni richieste, solo una visita ortopedica può essere fissata entro la fine dell'anno (62 giorni dal 28 ottobre, vale a dire il 29 dicembre). Le altre 9 sono possibili tra gennaio e marzo 2011;
i dati rilevati da «Cittadinanzattiva» parlano di attese fino a 212 giorni alla Asl Roma C per un ecodoppler del tronchi sovraortici, fino a 225 per un'ecografia dell'addome completo alla Asl Roma B, oltre due mesi per una visita cardiologica. L'ecografia del capo e del collo, alla Asl Roma D, richiede tempi da 157 a 325 giorni, mentre la visita urologica vede tempi massimi di «solo» un mese;
i dati sono, osserva il giornalista de Il Messaggero confermati dai cittadini-utenti, e si citano alcune testimonianze. In particolare la signora Antonella Cardini ha raccontato di aver dovuto attendere «per una visita oculistica due mesi e mezzo»; il signor Mario Pernarella ha dichiarato che «prenotando il 23 agosto ho fatto la visita ortopedica il 29 ottobre» -:
se quanto pubblicato da Il Messaggero e sopra descritto corrisponda a verità;
in caso affermativo, come ciò sia compatibile con il Piano nazionale delle liste di attesa appena approvato dalla conferenza Stato-regioni, che prevede visite urgenti in 72 ore, e le meno urgenti entro 10 giorni e che prevede inoltre che le visite «differibili» siano da eseguire entro 30 giorni, gli accertamenti non urgenti entro 60, il tutto da mettere in pratica entro due mesi, quindi per l'inizio del 2011;

quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà si intendano promuovere, sollecitare, adottare, in ordine a quanto sopra esposto.
(4-09258)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Mattino nella sua edizione del 25 ottobre 2010 ha pubblicato un articolo del giornalista Leandro del Gudio, intitolato «Malato grave, sospeso il sussidio INPS. Mio fratello vittima dei falsi invalidi»;
nel citato articolo si racconta che nel mese dell'agosto 2010, dopo ben cinquant'anni, la signora Patrizia Lionelli, che assiste il fratello tetraplegico dalla nascita, non ha potuto ritirare il sussidio di invalidità che le spetta come tutor del fratello;
alla richiesta di spiegazioni, alla signora Lionelli è stato comunicato che erano in corso accertamenti da parte dell'INPS, che per questo motivo andavano rifatte visite mediche, e che comunque si trattava di un'istruttoria complessa;
il risultato pratico è che alla signora Lionelli, dopo tre mesi, non è ancora stato corrisposto il sussidio, mentre continua ad assistere il fratello;
il sussidio in questione ammonta a circa settecento euro mensili, improvvisamente sospesi, evidentemente sull'onda d'urto degli accertamenti interni suggeriti da un'inchiesta giudiziaria in corso, e che l'aver adottato in maniera burocratica questo provvedimento comporta disagi e problemi reali che nulla evidentemente hanno a che fare con la giusta esigenza di perseguire gli illeciti e stroncare il mercato delle false invalidità;
la signora Lionelli ha raccontato al cronista de Il Mattino di averle da mesi provate tutte: «Sono andata in giro per uffici, mi hanno detto che dovranno fare nuove visite mediche a mio fratello, siamo in attesa, mentre il tempo passa sperando che qualcuno si accorga del nostro caso. Hanno tolto il mensile proprio a noi, ma io gliel'ho spiegato che l'handicap di mio fratello non è una cosa che passa con il tempo, non è una malattia passeggera...Ci hanno detto che era necessario aggiornare le visite mediche e ben vengano anche i nuovi accertamenti. Non abbiamo nulla da nascondere, purché facciano presto, purché si facciano vivi. Nella mia vita non ho potuto lavorare per accudire mio fratello, per rendergli più lieve la propria condizione, oggi però sono costretta a denunciare l'abbandono subito da parte dello Stato. Anzi la beffa: perché mio fratello ha bisogno di cure, io non so come assisterlo in queste condizioni, mentre attorno a noi ci sono centinaia, forse migliaia, finti invalidi che continuano a farla franca» -:
se quanto riferito dalla signora Lionelli e pubblicato dal quotidiano Il Mattino corrisponda a verità;
il caso affermativo, quali siano le ragioni perché ancora, dopo tre mesi dalla sospensione del sussidio, non si è provveduto a definire la situazione della signora Lionelli, e per responsabilità di chi e cosa si deve questo incredibile ritardo e disfunzione;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, si intendano adottare al fine di risolvere la situazione sopra esposta.
(4-09259)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Repubblica nella sua edizione del 25 ottobre del 2010 pubblicava un articolo del giornalista Carlo Picozza, dal titolo «Ospedali chiusi in provincia. Malati tutti a Roma. Ospedali: tagli in provincia, caos a Roma»;
nel citato articolo si riferisce delle proteste e dei disagi procurati dal «piano

di riordino degli ospedali» approntati dalla commissaria-governatrice della regione Lazio Renata Polverini, e in particolare della vibrata protesta del rettore dell'università de La Sapienza Luigi Frati, secondo il quali «non è possibile che tutto il fabbisogno di assistenza ospedaliera converga su Roma senza un minimo di autonomia nelle province: così si producono sprechi»;
in particolare, sotto accusa sono finiti i quattro mega-distretti sanitari che sono tra l'altro criticati anche dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, in particolare della CGIL e della CISL, secondo i quali «si risolvono i problemi solo sulla carta accrescendoli nelle province», perché «quel Piano produrrà un disastro nelle aree fuori Roma»;
in particolare in Ciociaria, il rapporto tra posti letto ospedalieri e residenti scenderà a 2,1 quando il patto per la salute lo prevede a 3,3; nell'Agro pontino si arriverà a 2,5; nel reatino a 2,6 e nel viterbese a 2,9 -:
se quanto sopra riferito corrisponda a verità;
in caso affermativo, se non ritenga di dover intervenire, e come, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, a fronte di un indubitabile disagio che il citato «piano di riordino degli ospedali» fatalmente comporterà e che procurerà gravi disservizi a popolazioni incolpevoli che già pagano in modo elevato un servizio sanitario che verrebbe ulteriormente pregiudicato mettendo a repentaglio i livelli essenziali di assistenza.
(4-09262)

SCILIPOTI. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo il regolamento dell'ENPAF (Ente nazionale previdenza ed assistenza farmacisti), tutti gli iscritti all'Ordine dei Farmacisti sono tenuti (obbligati) a pagare - in sintesi - una unica cifra (circa 4.050 euro all'anno) uguale per tutti, permettendo solo a disoccupati e dipendenti e a chi ha anche altra cassa previdenziale (per esempio l'INPS) di pagare una cifra minima (intorno ai 660,00 euro l'anno) che, però, per chi è disoccupato da più di 5 anni, può diventare il 100 per cento o, al massimo, il 50 per cento, costringendo tanti iscritti a rinunciare alla propria professione;
le parafarmacie (o meglio esercizi di vicinato) della legge Bersani sono nate come strutture commerciali (questo per legge). Quindi la maggior parte anche dei farmacisti titolari di parafarmacia hanno scelto l'iscrizione all'INPS commercianti e a continuare a pagare la cifra minima (il 15 per cento della cifra unica messa sopra) all'ENPAF. L'INPS si paga tranquillamente con le compensazioni dell'IVA, mentre per l'ENPAF occorre tirar fuori materialmente i soldi (si paga attraverso i MAV): per una attività commerciale non è una differenza da poco. Tutto filava liscio fino al febbraio del 2008, quando l'INPS, con la circolare n. 12 del 1o febbraio 2008, abbandona improvvisamente i farmacisti titolari di farmacia; la circolare n. 12, al punto 4, in sostanza dice che se il titolare di una parafarmacia o socio è un farmacista, ed in questa attività si vendono «farmaci» (fosse anche una aspirina al mese), il farmacista non può essere assoggettato all'INPS, ma deve essere totalmente assoggettato all'ENPAF. Insomma, un problema grave, che molti farmacisti titolari di parafarmacia hanno risolto facendo grandi sacrifici, ma che vede ancora tanti altri in causa contro l'ENPAF o contro l'INPS; o, addirittura, che sta portando molti a dover chiudere o ad indebitarsi, perché hanno da integrare due o tre anni di quote ENPAF. In breve: si pretende che chi ha fatto utili per 10.000,00 euro in un anno, debba versare 3.600 euro circa all'ENPAF. Ricordiamo che le parafarmacie sono nate per far risparmiare i cittadini, ma non sono state messe nelle condizioni di farlo se non accontentandosi di utili ridottissimi;
la circolare n. 12, al punto 4 prevede: «Farmacisti a seguito delle innovazioni

modalità di vendita dei farmaci da banco previste dall'articolo 5 del decreto-legge n. 223 del 2006. L'articolo 5 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, nel disciplinare le modalità di distribuzione dei farmaci da banco, ovvero dei farmaci non soggetti all'obbligo di prescrizione medica, prevede che la vendita possa avvenire esclusivamente alla presenza di uno o più farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti al relativo albo e all'ENPAF. Tale circostanza esclude il farmacista, titolare dell'attività, sia dall'iscrizione alla Gestione Commercio e sia dall'iscrizione alla Gestione separata;
parimenti, l'esclusione dall'iscrivibilità alla gestione separata opera nei confronti dei farmacisti che sono regolarmente iscritti all'albo dei farmacisti e all'ENPAF, anche se svolgono in posizione di associati in partecipazione o con contratto di lavoro «a progetto» l'attività di vendita al pubblico di farmaci da banco o di automedicazione e di altri farmaci o prodotti medicinali non soggetti a prescrizione medica, secondo le modalità previste dal predetto articolo 5 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223. Quanto sopra trae origine nell'articolo 43, comma 1, della legge 24 novembre 2003, n. 326 di conversione del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, che espressamente prevede l'esclusione degli iscritte agli albi professionali dall'iscrizione alla Gestione separata dell'INPS. Nella diversa fattispecie del farmacista che svolge attività in qualità di lavoratore dipendente, sarà soggetto all'obbligo di iscrizione al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti dell'INPS -:
se i Ministri interrogati ritengano giusto promuovere la modifica di un regolamento che fa pagare la stessa identica somma a chi guadagna per esempio 10.000 euro al mese e a chi ne guadagna 1.000, considerato che il libero professionista titolare di parafarmacia, al quale è permesso di vendere un quindicesimo dei farmaci debba pagare come il libero professionista titolare di farmacia che può vendere tutto;
se e quali iniziative anche normative, urgenti, i Ministri interrogati intendano mettere in atto al fine di portare su un piano di equità le situazioni in premessa che, di fatto, mostrano di arrecare un grave danno economico alla categoria più debole dei farmacisti titolari di parafarmacia.
(4-09277)

NEGRO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nelle ultime settimane, gli organi di stampa si sono occupati del caso di Matteo Politi, trentenne veronese che avrebbe curato oltre trecento pazienti senza avere né il titolo, né la competenza di medico chirurgo;
sul caso è stata aperta un'indagine giudiziaria, al fine di verificare presso quali strutture sanitarie M.P. abbia prestato il proprio servizio e quali documentazioni fossero state presentate dal presunto medico per attestare le proprie qualifiche professionali;
le indagini sono state estese anche al restante personale operante presso le strutture sanitarie del veronese presso cui ha prestato la propria attività M.P., al fine di verificare in particolare i titoli professionali dei medici riconducibili a cooperative esterne;
il problema dell'abusivismo medico sembra infatti interessare soprattutto quelle società e cooperative cui le strutture pubbliche spesso appaltano servizi strumentali all'attività istituzionale, quali ad esempio l'utilizzo dei mezzi di soccorso legati al sistema di emergenza territoriale 118;
l'articolo 38 del codice penale punisce chiunque eserciti abusivamente una professione per la quale è richiesto una speciale abilitazione dello Stato. Lo stesso articolo 33 della Costituzione prevede l'esame di stato per l'abilitazione all'esercizio delle professioni. Tale abilitazione appare tanto più necessaria nell'ambito medico, in quanto il diritto alla salute è

espressamente configurato dall'articolo 32 come un diritto fondamentale del singolo ed interesse della collettività;
in Italia, ogni anno, circa mille persone sono sottoposte a processo per esercizio abusivo della professione; l'attività ispettiva è svolta in primo luogo dai Nas e dalla Guardia di finanza; il Nas nel 2009 ha denunciato 1.170 persone per esercizio abusivo della professione medica, di cui 450 falsi odontoiatri;
è molto difficile quantificare il numero effettivo dei soggetti che esercitano abusivamente la professione medica e più in generale le professioni sanitarie: per i «falsi» odontoiatri le stime si aggirano intorno ai circa 15.000 abusivi (contro i 56.000 regolari); per i medici la percentuale tra abusivi e regolari appare più ridotta (10-15 mila abusivi a fronte dei 340.000 iscritti all'ordine);
l'identificazione dei falsi medici, odontoiatri o infermieri comporta un impegno spesso cospicuo di investigatori e mezzi, ma le pene previste continuano ad essere esigue (sei mesi di detenzione o una multa di 516.000 euro);
è necessario adottare tempestivamente misure di controllo sull'effettiva diffusione del fenomeno, al fine di salvaguardare il legittimo affidamento dei pazienti e prevenire ulteriori danni alla salute; in particolare, sarebbe opportuno riflettere su un possibile coinvolgimento delle aziende sanitarie locali e degli stessi comuni nell'attività di monitoraggio sul territorio -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere o abbia avviato al fine di contrastare il fenomeno dell'abusivismo medico e garantire il legittimo affidamento dei pazienti nell'esercizio della libera scelta del medico curante.
(4-09278)

GALATI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
un recente studio condotto dall'Istituto Humanitas di Milano sul cancro al seno ha rivelato che le donne over 65 sono quelle più colpite e, purtroppo, anche quelle più trascurate. Le donne che si ammalano di tumore al seno dopo i 65 anni sono in aumento e rappresentano ormai il 40 per cento di tutti i casi, ma i programmi di screening con la mammografia, per la diagnosi precoce, si fermano a 69 anni e la ricerca clinica sui farmaci antitumorali non prende in considerazione le persone anziane. Storicamente gli studi, che vengono condotti per sperimentare gli antitumorali, escludono le persone più anziane perché più fragili e perché possono soffrire di malattie concomitanti. Ma la notevole crescita demografica della popolazione anziana nei prossimi anni, come fa notare l'Istituto Humanitas, rende necessaria una particolare attenzione alla standardizzazione dell'assistenza, attraverso una partecipazione multidisciplinare condivisa e linee guida omogenee per le donne over 65. Una conferenza organizzata dallo stesso Istituto pone fra i suoi obiettivi anche l'introduzione di una omogeneizzazione delle pratiche cliniche con la promozione di progetti di ricerca e trial clinici specifici per questa fascia di popolazione -:
se il Ministero della salute, anche e soprattutto in virtù della crescita demografica della popolazione anziana nei prossimi anni, abbia intenzione di procedere con politiche rivolte a contrastare il cancro che colpisce le donne over 65.
(4-09279)

SCILIPOTI. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo uno studio del Queen's Medical Research Institute e dell'University of Edinburgh/MRC Center for Inflammation Research sugli effetti geno-tossici dei nano tubi di carbonio, nerofumo e amianto, viene confermata ed equiparata a quelle delle fibre d'amianto la capacità dei nano tubi di carbonio di indurre e o provocare

mesoteliomi. Il mesotelioma è una neoplasia che origina dal mesotelio, lo strato di cellule che riveste le cavità sierose del corpo: pleura, peritoneo, pericardio, cavità vaginale dei testicoli;
già diverse case produttrici si avvalgono di queste sostanze per la realizzazione del toner. Lo studio inquadra il problema dell'inquinamento in-door (ambiente confinato o chiuso, ufficio, casa, luogo di vita o di lavoro), facendo risaltare che, in tali ambienti, possono essere e sono state rilevate concentrazioni di inquinanti fino a 10 volte superiori a quelli, riscontrati, in ambienti outdoor (all'aperto) e sottolinea che tale inquinamento è in crescita anche per la presenza di stampanti e fotocopiatori, specificando le sostanze rilevate ed emesse da apparati di stampa a tecnologia a laser e fotocopiatori: polveri, ozono e vocs, con riscontro di aldeidi, stirene, etilbenzene, isodecano, xilene, -2,2,4trimetilottano-, alcani, nitropirene, ftalati ed isocianati, che vengono liberati, per forte riscaldamento, dagli inchiostri e dai toner e vengono depositati sulla carta -:
quali iniziative a tutela della salute, nei luoghi pubblici o privati dove si rilevano le citate sostanze e alla fonte, presso le industrie di produzione dei toner, intenda assumere il Ministro interrogato in riferimento agli effetti a breve e lungo termine, per la prevenzione generale e per i rischi personali.
(4-09289)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Mattino nella sua edizione del 31 ottobre 2010 ha pubblicato un articolo del giornalista Luigi Roano, intitolato «Discariche killer e morti sospette, dossier da Londra»;
nel citato articolo si sostiene che vi sono «alte probabilità» che l'esposizione alle discariche, legali o no, e più in generale ai rifiuti provochi mortalità e patologie come il cancro;
«da un punto di vista statistico il dato è evidente e raccapricciante nella sua semplicità. In otto anni sono morte precocemente 848 persone residenti nel raggio di tre chilometri dalle discariche nelle province di Napoli e Caserta»;
quanto sopra esposto si evince da indagine condotta dalla dottoressa Carla Guerriero, ricercatrice presso il celebre «London School of Economics» di Londra, pubblicata sulla rivista Environmental Health, ed è co-firmata dal dottor John Cairns, professore di economia della salute presso il medesimo istituto di ricerca;
i dati elaborati in collaborazione con l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) raccontano che negli otto anni presi in esame (1994-2001), nelle due province sono morte prematuramente ben 6.780 persone, di cui 848 residenti nel raggio di tre chilometri dalle discariche. Il trend, negli otto anni successivi, ovvero dal 2000 a oggi, si caratterizza per le stesse quantità;
dai dati e dalle ricerche citate si ricava che «se si effettuasse la bonifica dei territori inquinati da rifiuti nell'arco di 30 anni, i benefici finanziari ammonterebbero a 11,4 miliardi di euro. Se si prende in considerazione un periodo di 10 anni i benefici superano i 5 miliardi di euro. Se si prende in considerazione un periodo di 50 anni, il beneficio economico sale a 20 miliardi. Non è questione di speculare sulle vite umane, anzi, è esattamente il contrario. Con la bonifica non solo si ridurrebbero le morti, ma migliorerebbe la vita di circa 4 milioni di persone. Con il denaro risparmiato si potrebbe veramente dare una svolta a territori martoriati da almeno mezzo secolo. In Campania si calcola che siano stati sversati almeno 5 milioni di tonnellate di rifiuti inquinanti in discariche clandestine» -:
se quanto sopra esposto corrisponda a verità, e in particolare se i dati in

possesso del Ministro interrogato confermino quelli di cui in premessa relativi ai decessi per tumore nelle aree prese in esame dai due ricercatori; in caso affermativo, quali iniziative - nell'ambito delle proprie prerogative - intenda adottare o promuovere, in ordine a quanto sopra esposto.
(4-09305)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
risulterebbe che malati di sclerosi laterale amiotrofica saranno sottoposti a trattamento con cellule staminali prodotte dalla Fondazione cellule staminali di Terni -:
se e dove siano stati pubblicati i risultati scientifici, ovvero i dati sulla sicurezza e la validità del protocollo ottenuti su animali, che giustificano eticamente il trapianto sull'uomo delle cellule prodotte dal laboratorio di Terni;
se sia vero che il Ministro interrogato abbia deciso di stanziare ulteriori tre milioni di euro per aiutare la sopra citata sperimentazione e, in caso affermativo, su quali valutazioni si basi questa decisione;
dal momento che il Ministro interrogato aveva assicurato che tutti i finanziamenti alla ricerca devono passare per un processo competitivo, se e dove sia stato pubblicato un bando pubblico per decidere, attraverso una valutazione obiettiva, quale sperimentazione clinica con cellule staminali risulti più promettente;
se sia vero che spetterà all'Istituto superiore di sanità approvare il protocollo e controllare la qualità etica della sperimentazione; e, in caso affermativo, se non si ritenga che ciò sia gravemente inopportuno, dal momento che il presidente dell'Istituto superiore della sanità, professor Enrico Garaci, risulta essere anche presidente della Fondazione Cellule Staminali di Terni;
se non si ritenga di dover intervenire perché l'indipendenza del comitato etico, requisito imposto dalla dichiarazione di Helsinki per la protezione dei soggetti umani sottoposti a sperimentazione, sia effettivamente garantita, tutelata e rispettata.
(4-09309)

DONADI, PALAGIANO e MURA. - Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la Croce rossa italiana è una associazione di volontariato fondata nel 1864 che svolge la sua opera su tutto il territorio nazionale grazie agli oltre 150 mila volontari e soci attivi appartenenti all'organizzazione e oltre 5.000 dipendenti, ed è composta anche dagli ausiliari del Corpo militare, una componente centrale della Cri adibita al primo soccorso durante le emergenze;
la C.R.I. è l'unica organizzazione del suo genere, almeno in Europa, che dipende politicamente ed economicamente dal Governo, il quale versa nelle casse dell'organizzazione oltre 160 milioni di euro l'anno (l'80 per cento se ne va in spese per il personale). La storia recente dice che la Croce rossa è stata commissariata quattro volte dal 1995 a oggi e ha vissuto 18 degli ultimi 25 anni in gestione straordinaria, con commissari nominati per cercare di sanare i deficit delle precedenti gestioni. L'ultimo commissario straordinario è il dottor Francesco Rocca;
da troppo tempo vengono denunciate irregolarità, poca trasparenza nella gestione dell'associazione, nonché una situazione di caos organizzativo con mancata corresponsione degli arretrati salariali ai dipendenti, assunzioni «facili» e senza concorso nel Corpo militare;
è sintomatico che già nel 2008, il Corriere della Sera, Gian Antonio Stella, titolava un suo articolo del 27 settembre con: «Sprechi, dossier dello Stato alla Corte dei Conti. La Croce rossa raddoppia i Centri. Ma per sole nove pratiche all'anno. Dopo l'ispezione partita richiesta

alla Difesa di bloccare «il contributo per l'incapacità di spesa dimostrata». Nell'articolo si fa riferimento ad un Rapporto firmato da Fabrizio Valenza dei Servizi Ispettivi di Finanza pubblica, nel quale tra l'altro, relativamente alle verifiche fatte su stipendi dei rimborsi, e promozioni, si denuncia l'«irregolare riconoscimento al personale di assistenza di gradi non previsti dalla legge», l'«illegittima presenza di personale militare in servizio continuativo in assenza di una norma che lo consenta», la «necessità di annullare promozioni effettuate» grazie alla laurea in materie non previste dalla legge, l'assenza di copertura finanziaria dei provvedimenti con cui erano stati distribuiti molti aumenti in busta paga, «l'erogazione di buoni pasto per importi superiori al dovuto» e così via»;
e ancora il 10 dicembre 2009, il quotidiano La Repubblica riporta un articolo ancora una volta dedicato alla Croce rossa italiana dal titolo «Assunzioni facili e conti fuori controllo. Il crac Croce Rossa». L'articolo riferisce ancora una volta di una Croce rossa alle prese con i mali della pubblica amministrazione: conti incerti, organici sovraffollati, gestioni instabili, influenza della politica. Otto ufficiali superiori sono stati chiamati a restituire i gradi, ottenuti in seguito a promozioni giudicate illegittime da un ispettore ministeriale, e cento dipendenti hanno fatto ricorso al giudice del lavoro dopo l'annullamento di generosi benefici economici, eccetera;
il medesimo articolo de La Repubblica sottolinea come la Croce rossa, sia «un ente costretto a muoversi al confine fra solidarietà e spreco, fra volontariato entusiasta e lavoro assistito. ... La grana più grossa rimane quella della riorganizzazione del corpo militare, una delle sei componenti della Croce rossa (le altre sono i volontari del soccorso, i donatori di sangue, i giovani pionieri, le pie donne e le crocerossine) che, a leggere il j'accuse dell'ispettore del ministero, si è trasformata in un carrozzone. Ben 670 degli 877 militari in servizio continuativo nel corpo sono stati di fatto stabilizzati «senza che alcuna norma lo prevedesse». E due terzi del personale, a fine 2007, risultavano impiegati in servizi civili, per lo svolgimento di attività in convenzione con enti pubblici e organismi privati. Per le emergenze come alluvioni e terremoti, insomma per la funzione istituzionale del corpo, la Croce rossa ha fatto soprattutto ricorso ai precari, che oggi sono 375, tutti arruolati senza concorso. Il personale militare a tempo determinato, dal 2001 al 2007, è cresciuto del 77 per cento. Quello civile in sette anni è addirittura triplicato»;
più recentemente, il 23 marzo 2010, il settimanale L'Espresso, riportava un articolo di Fittipaldi e Soldano dal titolo chiarificatore «Vertici strapagati. Boom di consulenti. Debiti in aumento. Sprechi. Anche un ex terrorista a fianco del commissario. Ecco come funziona l'associazione»;
il medesimo articolo sottolinea come «non stupisce che in Italia, unico caso in Occidente, l'ente invece di essere indipendente è sotto il controllo ferreo dei partiti. Che da sempre usano la Croce rossa per fare assunzioni di massa (migliaia di precari militari e civili sono stati chiamati senza concorso e senza criteri): le emergenze e le calamità sono eventi secondari. I bilanci non vengono approvati dal 2005, e i commissari straordinari vanno e vengono». Nell'articolo si legge inoltre che nel 2008, un'ispezione del Ministero dell'economia stilò una lista di ben 54 rilievi che denunciavano gravi irregolarità degli ausiliari militari: promozioni illegittime, benefici economici non dovuti, sprechi senza fine. Successivamente, gli ispettori del Ministero della difesa verificavano per il periodo che va dal 2005 al 2009, le storture della gestione di presidenti e commissari: 17 milioni destinati dalla Difesa per le esigenze del Corpo (medicinali, automezzi, attrezzature da campo) non sarebbero stati mai spesi, le esposizioni con le banche sarebbero «ormai stabilmente sopra i 55 milioni di euro nelle sue punte massime», mentre oltre 15 milioni di euro avuti dalla Cri per l'operazione

Antica Babilonia in Iraq sono «ancora da impegnare»;
ancora il settimanale L'Espresso, in un articolo del 30 luglio 2010 dal titolo «Croce Rossa conti al verde» riporta come «Il 12 luglio, la Banca nazionale del lavoro ha scritto al servizio amministrazione e finanza della Cri per lanciare l'allarme: è stata superata la soglia di fido e di extrafido di 53 milioni di euro e non sarà possibile effettuare i pagamenti giacenti per 11 milioni. In gran parte, oneri previdenziali e fiscali in scadenza -:
se non si intenda intervenire con fermezza per porre termine alle gravi irregolarità esposte in premessa nella gestione della Croce Rossa, riportando la necessaria indispensabile trasparenza nell'organizzazione e gestione di questa storica associazione.
(4-09311)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
Il Giornale di Sicilia nella sua edizione dell'11 settembre 2010 riferiva che a Palermo l'assegnazione del servizio per la raccolta dell'eternit viene costantemente e ripetutamente rinviata, e che si è in attesa da oltre sei mesi;
in particolare, si apprende che quello dell'amianto abbandonato nelle strade del capoluogo siciliano sembra essere «un problema senza fine: di rinvio in rinvio, sei mesi non sono bastati per affidare l'appalto a una ditta per lo smaltimento del materiale, altamente pericoloso per la salute»;
«non esiste una data certa», e da «oltre un mese i tecnici dell'assessorato all'Ambiente stanno valutando le due offerte anomale pervenute in seguito alla gara bandita dal Comune lo scorso 14 maggio»;
l'ultima campagna di smaltimento nella città di Palermo risale al 2009, e furono bonificate una trentina di strade, provvedendo al risanamento e allo smaltimento dell'amianto;
come riferisce sempre Il Giornale di Sicilia, «sono tante le lastre di eternit in città. Basta fare un giro dal centro alla periferia per individuarne decine. I codini protestano contro il materiale inquinante che invade le vie, spesso vicine alle loro abitazioni»;
non è noto se, a due mesi dall'articolo-denuncia de Il Giornale di Sicilia la situazione sia nel frattempo mutata, e in particolare se il servizio per lo smaltimento dell'eternit abbandonato nelle pubbliche vie, che costituisce un indubbio e grave pericolo per la salute della collettività, sia stato finalmente assegnato -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto riportato in premessa.
(4-09314)

TESTO AGGIORNATO ALL'11 NOVEMBRE 2010

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze (PNAF) che pianifica per le emittenti televisive il passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale terrestre, assegna in ciascuna area tecnica 25 frequenze ad emittenti televisive nazionali ed almeno 13 frequenze ad emittenti locali (articolo 3, comma 5.1 legge n. 249 del 1997);
mentre le frequenze destinate dal PNAF alle emittenti nazionali sono quelle assegnate, a livello internazionale all'Italia, secondo quanto previsto dall'Accordo di Ginevra (2006), per le emittenti locali

rimangono le frequenze assegnate ad altri Paesi, il cui libero utilizzo non è pertanto garantito, in quanto gli accordi internazionali le hanno attribuite agli Stati esteri affacciati sull'Adriatico, in particolare Slovenia, Croazia, Bosnia, Albania e Montenegro, e che tale sovrapposizione, indipendentemente dalla legittimità, comporta un rischio di interferenze;
per l'area adriatica, il reperimento delle frequenze deve necessariamente tenere conto degli accordi internazionali (Ginevra 2006) e delle frequenze effettivamente disponibili a livello nazionale per il passaggio dal sistema televisivo analogico a quello digitale terrestre;
il calendario per il completamento del passaggio al digitale terrestre si concluderà entro il 2012 ed è pertanto necessario che le frequenze destinate alle emittenti locali siano conosciute per tempo e verificate sul loro effettivo utilizzo;
l'assegnazione alle sole emittenti nazionali delle frequenze che in sede internazionale sono destinate all'uso esclusivo dell'Italia fa fortemente preoccupare le regioni e le televisioni locali, in quanto proprio queste ultime sono così a rischio di sopravvivenza. Senza garanzie concrete di utilizzo delle frequenze a loro assegnate, le emittenti locali si troverebbero ad affrontare nuovi investimenti con il rischio di oscuramento del loro segnale in parte o in gran parte del territorio su cui operano da anni. Né è agevole ipotizzare una rilocalizzazione delle antenne, in quanto tale operazione comporterebbe un grosso sforzo economico senza alcuna garanzia effettiva di non interferenza con i segnali esteri;
nelle regioni italiane nelle quali è avvenuto, o si sta avviano, lo «switch-off», si è proceduto, o si sta procedendo, ad assegnare frequenze destinate dal PNAF all'emittenza locale senza una preventiva simulazione dei problemi di interferenza che si potranno presentare, ma affrontando la questione solo a pochi giorni dallo switch off o addirittura a switch off avvenuto;
pur essendo la materia delle comunicazioni disciplina concorrente tra Stato e regioni queste ultime, nonostante l'approvazione di uno strumento di pianificazione (il PNAF), non sono state portate a conoscenza delle frequenze sulle quali l'informazione televisiva locale potrà operare;
per le regioni adriatiche le emittenti locali rappresentano un importante patrimonio per la loro identità culturale ed economica, indispensabile per un sistema radiotelevisivo pluralistico e democratico;
è indispensabile garantire la loro sopravvivenza, proprio in attuazione dei principi di «massimo grado di pluralismo del sistema radio-televisivo a livello locale» e la «massima efficienza allocativa», citati in premessa dal Piano nazionale di assegnazione delle frequenze (PNAF), approvato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) il 15 giugno 2010 con delibera 300/10/CONS - pubblicata il 28 giugno 2010 - ma che di fatto non trovano nella stessa adeguata attuazione;
il Coordinamento nazionale dei comitati per le comunicazioni delle regioni e delle province autonome il 2 luglio scorso, facendo seguito all'appello pervenuto dalle emittenti locali di varie regioni dell'Adriatico, ha approvato un documento che sottolinea l'assoluta necessità di garantire alle emittenti locali la riserva di almeno 1/3 delle frequenze pianificabili effettivamente fruibili, in modo da rispondere alle esigenze di tutte le emittenti delle regioni che si affacciano sull'Adriatico;
anche le organizzazioni di categoria delle emittenti televisive hanno preso posizione in merito, segnalando difficoltà per le aree di confine. In particolare, risulta che nella regione Veneto l'emittente «Rete Veneta», il 19 luglio 2010, ha presentato ricorso al TAR contro la delibera 300/10/CONS dell'Agcom, denunciando il potenziale danno che l'attuazione della delibera arrecherebbe;
per le regioni adriatiche la situazione relativa alle frequenze appare delicata e urgente in quanto il mare Adriatico non

costituisce una efficace barriera fisica alla propagazione dei segnali televisivi della prospiciente Croazia e che attualmente in alcune aree costiere si registrano disturbi provenienti dalle tv, nazionali e locali, dei Paesi costieri della ex-Jugoslavia, nonostante non siano utilizzate le medesime frequenze delle tv locali;
per le caratteristiche proprie delle frequenze digitali, l'interferenza tra segnali comporterebbe il totale oscuramento dell'emittente locale e la conseguente scomparsa delle tv locali stesse;
a pochi mesi dallo «switch-off» molte delle regioni adriatiche non sono ancora a conoscenza delle frequenze che verranno attribuite alle emittenti locali del proprio territorio, né è a conoscenza delle frequenze che saranno assegnate alle altre regioni italiane, ancora in attesa di «switch-off». Pertanto, in mancanza di un processo di armonizzazione anche nazionale, non è possibile escludere eventuali problemi di interferenza;
attualmente, non si è a conoscenza di avvenuti studi tecnici e simulazioni che escludano il rischio di interferenze tra i canali che saranno attribuiti all'emittenza locale delle regioni adriatiche e i canali che, secondo gli accordi internazionali, apparterranno alle emittenti degli Stati esteri della medesima costa adriatica;
la mancata comunicazione, con congruo anticipo rispetto al termine per lo «switch-off» previsto per le regioni adriatiche, delle frequenze che saranno loro assegnate, non consente lo studio di soluzioni preventive che potrebbero evitare o limitare i problemi relativi alle interferenze, agendo per esempio sull'orientamento delle antenne di ricezione;
tale scenario rischia di determinare l'oscuramento del segnale ed il conseguente blocco delle trasmissioni e la successiva grave crisi del sistema radio-televisivo locale che rappresenta a tutti gli effetti un importante settore economico e occupazionale del territorio regionale;
tale oscuramento lederebbe, in modo sostanziale, il pluralismo dell'informazione locale -:
se e quali iniziative il Ministro abbia intrapreso o intenda intraprendere a livello nazionale per scongiurare il manifestarsi di uno scenario che porterebbe alla morte del sistema radiotelevisivo locale italiano;
se il Ministro sia a conoscenza di quali siano le frequenze che il PNAF assegna alle regioni adriatiche, con adeguato anticipo rispetto alla data dello «switch-off», in modo da poter consentire a ciascuna regione e agli altri enti locali, lo studio di possibili soluzioni;
se il Ministro intenda costituire e convocare un tavolo tecnico delle regioni adriatiche per rafforzare, in modo condiviso e coordinato, la questione dell'assegnazione delle frequenze alle emittenti locali, in modo da avviare un confronto e un processo di armonizzazione delle frequenze tra le regioni interessate e tra queste ultime ed i paesi esteri che si affacciano sull'Adriatico, come previsto dalle direttive europee.
(2-00876)
«Di Pietro, Donadi, Favia, Monai, Borghesi, Mura, Di Stanislao, Razzi, Di Giuseppe, Zazzera».

Interrogazioni a risposta orale:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 32 della legge 23 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), ha ridisciplinato il sistema di riparto, da parte dei singoli Ministeri, dei contributi a favore di enti ed organismi vari;
tale articolo ha stabilito, al comma 2, che gli importi dei contributi dello Stato in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, elencati nella tabella 1 allegata alla legge, siano iscritti in

un'unica unità previsionale di base nello stato di previsione di ciascun Ministero interessato;
il riparto delle risorse stanziate su ciascuna di tali unità previsionali di base deve essere effettuato annualmente entro il 31 gennaio dal Ministro competente, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e sul suddetto decreto è prevista l'espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari;
il comma 3 del citato articolo 32 ha stabilito che la dotazione delle suddette unità previsionali di base venga quantificata annualmente ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni e integrazioni;
per l'anno 2010 le risorse iscritte nel cap. 2280 (UPB 3.1.2 - Trasferimenti correnti ad imprese) dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 30 dicembre 2009, recante «Ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010», risultano complessivamente pari a 782.289 euro e la disponibilità da ripartire col decreto ministeriale ammonta a 339.353,49 euro -:
quali siano i criteri adottati dal Ministero dello sviluppo economico per la ripartizione delle risorse, la selezione dei progetti e l'assegnazione dei relativi contributi finanziari.
(3-01314)

PELUFFO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 4 novembre 2010 a Paderno Dugnano (Milano) la fabbrica Eureco è praticamente esplosa causando 5 feriti per ustioni gravi e altri due feriti lievi;
la Eureco srl European Ecology International è registrata alla camera di commercio per attività di raccolta, trasporto, conferimento agli impianti di smaltimento finali di rifiuti speciali pericolosi e non, ma non è classificata tra le aziende a rischio di incidenti rilevanti;
la Eureco srl comincia la sua attività nella metà degli anni 90 quando la regione Lombardia autorizzò la localizzazione di un sito per lo stoccaggio di rifiuti tossici, nocivi e pericolosi nella città di Paderno, la allora amministrazione comunale si oppose, con atti formali, al progetto ritenendo che non era la localizzazione ideale in quanto vicino alla superstrada Milano Meda (80000 veicoli giorno) e a fianco del canale Villoresi, tra l'altro a 500 metri di distanza in linea d'aria insiste un termovalorizzatore per la combustione dei rifiuti speciali di origine ospedaliera e a 1000 metri di distanza una grande azienda chimica che occupa circa 300 dipendenti assoggettata alla legge Seveso come azienda insalubre di prima classe, nonostante tutto la regione ha autorizzato l'impianto;
la regione Lombardia ha rinnovato l'autorizzazione tre anni fa in ottemperanza di una direttiva dell'Unione europea;
la direzione sanità regionale aveva ripreso l'Eureco Srl, durante un controllo per la prevenzione, perché mancava il documento di valutazione del rischio cancerogeno previsto per legge;
come riportato da organi di stampa il proprietario della Eureco srl Giovanni Merlino, nel 2003 finì ai domiciliari per una vicenda di irregolarità nelle «bolle» di smaltimento dei rifiuti al termine di un'inchiesta piemontese che aveva portato alla scoperta di una discarica di rifiuti tossici di Sant'Albano Stura (Cuneo); poi, nel luglio scorso, il rinvio a giudizio per un'indagine della procura di Lodi su oli smaltiti (da un'altra ditta) senza rispettare le procedure;
secondo alcune dichiarazioni sembra che lo scoppio sia stato a causa della

presenza di bombole di acetilene (gas estremamente pericoloso perché può esplodere anche con inneschi minimi);
i cittadini del centro abitato vicino in alcuni organi di stampa hanno dichiarato: «si capiva che a bruciare era qualcosa di tossico» -:
quali siano le iniziative avviate dal Governo per far luce sull'accaduto e se non ritenga opportuno accertare se le autorizzazioni sulla sicurezza e non pericolosità dell'azienda siano regolari e se l'azienda era pienamente in regola nel rispetto della normativa sulla sicurezza nel lavoro;
quali iniziative intenda intraprendere per appurare che lo scoppio della Eureco non abbia arrecato danni alla salute della popolazione del comune di Paderno e alla sicurezza ambientale del territorio e nel caso come intenda intervenire per attivare tutti gli strumenti necessari per la salute dei cittadini e dell'ambiente.
(3-01316)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
il Governo ha inteso inserire tra le scelte energetiche strategiche per il nostro Paese l'uso dell'energia nucleare, che dovrebbe portare diversi vantaggi all'economia nazionale, quali l'incentivazione ai grandi investimenti industriali, la riduzione dei costi delle bollette per i cittadini e, non da ultimo, l'alleggerimento del fisco;
le previsioni di investimento per il 2030, che segna la data di entrata in funzione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonte nucleare, sono stati elencati in un documento di ricerca realizzato da The European House - Ambrosetti, da Enel ed Edf, e pubblicata da autorevoli quotidiani economici;
in sintesi, i potenziali vantaggi, riportati nel rapporto di ricerca, si sostanzierebbero entro il 2030 nel: 25-30 per cento del taglio dei prezzi dell'elettricità, 20 per cento del taglio alle emissioni di anidride carbonica, in almeno 10 mila nuovi posti di lavoro, risparmio per il fisco da 4,5 a 11 miliardi di euro annui, diversificazioni delle fonti energetiche, visto che attualmente il Paese dipende dall'importazione di fonti energetiche fossili per l'86 per cento dall'estero;
il piano nazionale per il nucleare, così come disposto con la legge sviluppo e il successivo decreto legislativo n. 31 del 2010 di attuazione della delega al Governo in materia, prevede varie fasi di attuazione, che hanno visto al momento siglare accordi industriali con un grande colosso francese e poi statunitense, nonché l'istituzione dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, ancora senza presidente, e la futura realizzazione delle centrali nucleari sul territorio italiano, l'avvio della cui costruzione è previsto entro il 2013;
affinché, però, questo quadro di vantaggi connessi al ritorno al nucleare per usi civili possa essere credibile, non si possono non analizzare e risolvere gli aspetti critici di questo particolare investimento;
da dirimere, in primo luogo, è la questione della condivisione e della conoscenza per i cittadini di questo particolare investimento industriale, oltre che dei costi per la realizzazione degli impianti nucleari e dello smaltimento delle scorie, e non da ultimo del coinvolgimento degli enti locali nella scelta dei siti su cui realizzare gli impianti;
rispetto alla questione della localizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonte nucleare, si rileva che, nonostante ai sensi della legge n. 99 del 2009, spetti al Governo in via esclusiva la potestà in materia, le regioni hanno eccepito la sussistenza di una loro potestà legislativa concorrente, tant'è che ritengono che la mera previsione, nella legge, della facoltà della Conferenza unificata

di esprimere un parere, non garantisca un adeguato coinvolgimento delle regioni nella predisposizione del decreto di attuazione;
purtroppo, ad onor del vero, i rilievi delle regioni sono stati ritenuti infondati dalla Corte costituzionale, che, con sentenza del 22 luglio 2010, n. 278, si è pronunciata favorevolmente sulla legittimità costituzionale della legge sviluppo, mentre la dottrina prevalente ha comunque dichiarato che sarebbe utile non sottovalutare la questione evidenziata per il pieno rispetto del principio costituzionale della leale collaborazione;
pertanto, alla luce di queste evidenze, sarebbe auspicabile che tutta questa operazione fosse gestita con proporzionalità e ragionevolezza, tanto da coinvolgere le regioni nel processo decisionale e i cittadini ai fini della metabolizzazione di un processo industriale epocale -:
se i Ministri interrogati abbiano previsto la possibilità di predisporre un accordo preventivo o un'intesa da stipulare con le regioni coinvolte nell'allocazione delle centrali nucleari, per stabilire un adeguato e doveroso coinvolgimento degli enti locali, e se abbiano previsto adeguati livelli di comunicazione e di conoscenza per i cittadini sulle modalità di realizzazione degli impianti e dei protocolli di sicurezza delle centrali nucleari.
(4-09281)

DONADI, PALADINI e PORCINO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Italtel s.p.a. è un'azienda che opera nel settore delle telecomunicazioni; il gruppo Italtel progetta, sviluppa e installa soluzioni per reti integrate multi servizio (voce/dati/immagini) di nuova generazione;
nel 2009 l'Italtel ha annunciato che in Italia c'erano 450 esuberi nelle sedi di sua competenza;
sempre nel 2009 Italtel annunciava che per la sede di Palermo della società si prevedeva la creazione di una software factory che avrebbe assorbito le lavorazioni commissionate all'estero e che i 243 dipendenti impegnati nella ricerca di soluzioni per le reti di telecomunicazione sarebbero stati divisi tra questo progetto e i progetti speciali della Cisco System International, socio di Italtel;
dal mese di aprile 2010 sono stati cassaintegrati 341 lavoratori tra le sedi di Palermo, Roma e Napoli: sono 53 i lavoratori dell'Italtel di Carini, si tratta di tecnici, ricercatori e quadri specializzati;
nel mese di settembre 2010 è stato eletto il nuovo amministratore delegato di Italtel, che ha inviato un messaggio a tutti i dipendenti nel quale, oltre alla dichiarazione sugli obiettivi strategici e tecnologici, dichiara entusiasmo, determinazione e consapevolezza di dover rappresentare al meglio il made in Italy nella tecnologia ICT, indicando in queste le emozioni che provava nell'assumere la guida dell'Italtel;
i lavoratori dell'Italtel Italia hanno inviato al nuovo amministratore delegato una risposta nella quale, pur apprezzando l'entusiasmo, evidenziano il loro sconcerto soprattutto per la totale assenza, in quella missiva, di riferimenti circa le risorse umane e il futuro lavorativo delle persone che ad oggi sono in cassa integrazione a zero ore -:
se non si ritenga di verificare la documentazione della cassa integrazione inoltrata dall'Italtel in virtù delle nuove mission dell'azienda;
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno avviare delle consultazioni con l'azienda e le parti sociali atte a far rientrare sul posto di lavoro quei dipendenti tuttora sottoposti a cassa integrazione straordinaria a zero ore, che costituiscono un importante patrimonio di know how e di professionalità.
(4-09291)

FUGATTI e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'innovazione tecnologica nel campo della telefonia mobile ha portato la Telecom a mettere in atto una campagna di rottamazione delle cabine telefoniche, giudicate obsolete e poco funzionali;
la Telecom ha motivato la rimozione delle cabine telefoniche con ragioni di carattere economico, spiegando che costa alcune decine di milioni di euro ogni anno tenere in attività le postazioni pubbliche;
i soldi utilizzati da Telecom per tenere in vita le cabine telefoniche derivano, almeno in parte, dal sostegno pubblico statale al servizio universale, che ammonta a circa 15 milioni annui;
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) ha autorizzato lo smantellamento delle 130 mila cabine telefoniche presenti sul territorio italiano, di proprietà della Telecom, salvo quelle collocate nei luoghi di pubblica utilità come scuole, ospedali, carceri, caserme o rifugi di montagna;
l'Agcom ha contestualmente chiesto a Telecom che venga dato un preavviso attraverso il posizionamento di un cartello sulle cabine da demolire che riporti un numero telefonico e un indirizzo e-mail a disposizione dei cittadini, delle associazioni o del comune per chiedere che la cabina telefonica venga lasciata in attività;
l'Agcom, in seguito alle richieste pervenute, procederà con delle valutazioni relative all'utilità della postazione telefonica in procinto di essere rimossa e, nei successivi due mesi, si esprimerà in merito;
l'Agcom, con la delibera 31/2010 CONS del 4 febbraio 2010 chiede anche che le cabine superstiti siano mantenute efficienti e funzionanti: in caso di avaria, Telecom dovrà ripararle entro 15 giorni; il 50 per cento delle cabine operative dovrà permettere di chiamare con le monetine e il 75 per cento delle cabine dovrà essere congegnato per consentire ai disabili di telefonare;
nel corso dell'anno 2010, dovrebbero essere rimosse 30 mila cabine, fra cui anche quella della frazione di Cimirlo, nel comune di Trento, luogo di partenza per le escursioni nelle zone limitrofe;
la frazione di Cimirlo è scarsamente coperta dalla rete mobile e la postazione telefonica fissa è un presidio di soccorso e di emergenza per gli escursionisti in difficoltà;
l'articolo 61 del Codice delle comunicazioni, prevede, al comma 1, che le imprese assoggettate ad obblighi di servizio universale, che comprende la fornitura agli utenti finali del servizio di telefonia vocale da una postazione fissa, pubblichino informazioni adeguate ed aggiornate sulla loro efficienza nella fornitura del servizio universale, basandosi su parametri di qualità del servizio, sulle definizioni e sui metodi di misura stabiliti per legge -:
se il Ministro sia a conoscenza della mappatura geografica aggiornata delle postazioni telefoniche pubbliche, attive, rimosse e in fase di rimozione, sull'intero territorio nazionale, e se non ritenga opportuno, per quanto di sua competenza, rendere pubblico tale elenco, così come disposto dall'articolo 2 della delibera dell'Agcom n. 31/10/CONS, dove si prevede la possibilità per la cittadinanza di consultare un indirizzo internet per conoscere come procede la revisione dei criteri di distribuzione sul territorio nazionale delle postazioni telefoniche pubbliche nell'ambito del servizio universale, al fine di permettere il mantenimento della postazione di Cimirlo.
(4-09306)

DI PIETRO, ZAZZERA, PALADINI e PORCINO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'ENEA è un ente di diritto pubblico, da tempo commissariato;

il decreto legislativo n. 115 del 30 maggio 2008 ha assegnato all'ENEA le funzioni di agenzia nazionale per l'efficienza energetica; l'ENEA svolge tale ruolo tramite l'unità tecnica per l'efficienza energetica e in tale ambito mette a punto e rende disponibili specifici strumenti per analisi e valutazioni a supporto di chi opera, enti pubblici e privati, nei campi dell'energia, dell'ambiente e dell'innovazione;
per tutto questo lavoro l'ENEA si avvale di circa tremila dipendenti metà dei quali specializzati o laureati in diverse discipline scientifiche;
risulterebbe all'interrogante che i dipendenti dell'Enea sottostanno a un contratto di lavoro costruito con clausole ad hoc per l'ENEA stesso sin dal 1982;
risulterebbe che, a parte gli scatti di anzianità, riconosciuti dalla legge, gli aumenti di merito e i passaggi di livello (o categoria), siano gestiti discrezionalmente dalla direzione generale;
quando si rendono disponibili dei posti per i passaggi di categoria, ad ogni responsabile diretto dei dipendenti dell'ENEA verrebbe chiesta, dalla sede generale, una scheda di valutazione del singolo dipendente, i responsabili dei vari dipartimenti allegherebbero alle schede l'elenco delle persone proposte ai passaggi di categoria e invierebbero il tutto alla sede generale; qui, con l'avvenuta ricezione di tutte le schede di tutti i centri ENEA in Italia, si compierebbero le scelte, dopo una serie di incontri e confronti anche sindacali, che risulterebbero aver poco a che fare con la produttività e il merito dei singoli dipendenti;
risulterebbe agli interroganti che l'ENEA abbia avuto e abbia ad oggi migliaia di ricorsi in atto causati proprio da queste scelte -:
se non si ravvisi la necessità di verificare tale situazione così altamente soggetta ad interferenze che poco hanno a che fare con la meritocrazia e la produttività dei lavoratori;
se non si intenda regolamentare in modo certo il contratto di tutti quei ricercatori che lavorano onestamente e che rappresentano le basi per il nostro futuro scientifico.
(4-09321)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Bersani e altri n. 1-00471, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sposetti.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in commissione Braga e altri n. 5-03611, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rubinato.

L'interrogazione a risposta scritta Mastromauro e altri n. 4-09240, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Brandolini, Gozi, Marco Carra, Gatti, Touadi, Fogliardi, Berretta, Viola, Mosella, Graziano.

Pubblicazione di testi riformulati.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Cristaldi n. 1-00447, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 376 del 30 settembre 2010.

La Camera,
premesso che:
il 12 settembre del 2010 il motopesca «Ariete» del compartimento marittimo di Mazara del Vallo è stato raggiunto da colpi di mitraglia sparati da una motovedetta libica che aveva intimato l'alt al natante italiano;

l'episodio si è verificato ad oltre trenta miglia dalla costa libica, da sempre acque internazionali e sulle quali la Libia ha esteso con decisione unilaterale il proprio controllo sino a 72 miglia dalla costa di quel Paese;
la decisione della Libia di estendere le proprie acque territoriali non è mai stata ratificata da alcun organismo abilitato e, quindi, le stesse acque sono da intendersi come internazionali, secondo quanto previsto dal diritto marittimo internazionale;
i colpi di mitraglia sparati dalla vedetta libica hanno colpito il natante italiano in più parti e solo per caso nessun componente l'equipaggio, composto da 10 uomini di cui sette italiani e tre extracomunitari, è risultato ferito;
la vedetta libica in questione è stata fornita dal Governo italiano nel quadro degli accordi tendenti a ridurre il flusso di immigrati clandestini dai Paesi del Mediterraneo;
lo stesso motopesca «Ariete» in passato è stato protagonista di numerosi interventi di soccorso a barconi di migranti in difficoltà, come quando il 28 novembre del 2007 i marinai dell'«Ariete» salvarono 54 extracomunitari, tra cui una bimba e nove donne in balia delle onde a circa trenta miglia dalla costa di Lampedusa. Un anno dopo tale episodio, lo stesso motopesca ed altri tre natanti di Mazara del Vallo salvarono 650 migranti su due barconi in mezzo alla tempesta e ancora, il 5 giugno del 2008, l'«Ariete» salvò altri 27 naufraghi e, a seguito di tali gesti, l'istituto dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati ha concesso ai marinai dell'«Ariete» il premio «per mare» per lo spirito solidaristico e per il coraggio dimostrato;
l'episodio riporta ai tanti altri atti simili compiuti dalle autorità libiche;
il Canale di Sicilia da sempre costituisce luogo di lavoro per i marittimi italiani e per quelli degli altri Paesi rivieraschi;
la decisione della Libia già in passato ha provocato reazioni internazionali, ma senza che si sia data soluzione alla questione;
anche con altri Paesi rivieraschi si verificano contenziosi costanti sulle acque utilizzate dai marittimi italiani per la pesca;
il Mediterraneo può costituire fonte di ricchezza non solo economica, alla condizione che si instauri tra tutti i Paesi rivieraschi un rapporto di collaborazione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche;
appare evidente la sottovalutazione dell'Unione europea sulla questione della pesca nel Canale di Sicilia, anche in considerazione delle direttive comunitarie che stanno provocando seri danni occupazionali, soprattutto per le imprese siciliane. Si tenga conto che dal programma operativo trasmesso dall'Italia a Bruxelles si evince un piano di riduzione della flotta a strascico del 25 per cento, degli altri sistemi di pesca del 10 per cento e della pesca «volante» del 3 per cento, con la conseguenza che saranno 393 le imbarcazioni da demolire con una perdita di posti di lavoro di oltre 1.200 unità. Il costo degli interventi di dismissione della flotta per la sola regione Sicilia può essere valutato in oltre 78 milioni di euro, senza che un piano di tale portata assicuri un futuro per le imprese rimanenti;
anche gli altri Paesi comunitari che si affacciano nel Mediterraneo, pur con sfaccettature diverse, hanno l'interesse di creare condizioni di cooperazione in materia di sfruttamento delle risorse ittiche e, in particolare, si fa riferimento, oltre all'Italia, alla Francia, alla Grecia ed alla Spagna, anche ai Paesi che affidano il proprio futuro alle decisioni dell'Unione europea, come Cipro, Malta e la Slovenia;
la pesca ormai è uno dei settori economici globali che vedono Paesi molto lontani dal Mediterraneo interessarsi al nostro prodotto ittico, non solo attraverso l'importazione commerciale, ma anche attraverso

la cattura del pesce con propri natanti, che lavorano costantemente nelle acque mediterranee a danno delle potenzialità delle flotte dei Paesi che tradizionalmente operano principalmente nel Canale di Sicilia;
appare urgente e necessario un piano di cooperazione tra i Paesi che si affacciano nel Mediterraneo, tenendo conto di quelli già citati e di quelli che hanno tutto l'interesse a creare forme di collaborazione con le economie comunitarie, come l'Albania, l'Algeria, la Croazia, l'Egitto, Israele, il Libano, la Libia, il Marocco, la Serbia, Montenegro, la Siria, i territori autonomi palestinesi, la Tunisia e la Turchia,

impegna il Governo:

ad intervenire presso gli organi competenti dell'Unione europea affinché la stessa affronti la questione della pesca mediterranea tenendo conto delle esigenze dei Paesi rivieraschi, in linea con le conclusioni della conferenza ministeriale di Venezia tenutasi nel 2003;
ad operare presso le sedi comunitarie perché l'Italia possa ottenere la possibilità di trattare bilateralmente con i Paesi rivieraschi su questioni riguardanti il settore pesca, senza che ciò comunque comporti atti in contrasto con lo spirito delle direttive comunitarie in materia di pesca;
a farsi promotore di una conferenza internazionale sulla pesca mediterranea, con la partecipazione di tutti i Paesi che si affacciano sul Canale di Sicilia e che hanno interesse a forme di cooperazione in tale comparto;
a muovere ogni passo utile perché la Libia nello spirito di collaborazione, riaffermato con le recenti intese italo-libiche, possa riconsiderare la decisione di estendere il controllo delle acque sino a 72 miglia dalla propria costa, al fine di consentire l'esercizio della pesca in acque internazionali;
ad affidare ad istituti di ricerca e ad università specializzate il compito di procedere alla redazione di un dettagliato studio sulle conseguenze economiche sul settore della pesca derivanti dall'applicazione delle direttive comunitarie;
ad operare in sede di Unione europea affinché si proceda all'ammodernamento della flotta peschereccia italiana, attualmente tra le più vetuste d'Europa;
ad avviare uno studio dettagliato sullo stato dei porti adibiti alla pesca, con specifico riferimento alla sicurezza ed ai servizi forniti alle imprese operanti nel settore della pesca;
ad operare a sostegno di quegli istituti scolastici che assicurano la formazione e la professionalità della gente di mare;
ad operare perché conformemente con le indicazioni derivanti dalla politica comune della pesca (pcp) - si limiti la politica della demolizione dei natanti e si avvii in maniera definitiva la politica del «riposo biologico», cioè si proceda a limitare i giorni di pesca ed a ridurre per certi periodi dell'anno gli specchi acquei sui quali esercitare la cattura del prodotto ittico, prevedendo ove coerenti con l'effettiva disponibilità di bilancio - agevolazioni finanziarie per le imprese ed indennità adeguate per i marittimi.
(1-00447)
(Nuova formulazione) «Cristaldi, Marinello, Laboccetta, Ciccioli, Renato Farina, Biava, Laffranco, Pittelli, Sbai, Contento, Lehner, Terranova, Castellani, Porcu, Landolfi, Saltamartini, Germanà, Antonio Pepe, Lamorte, Dima, Traversa, Patarino, Scandroglio, Pugliese, Vincenzo Antonio Fontana».

La Camera,
premesso che:
le imprese del settore ittico sono al centro di una grave e prolungata crisi di redditività imputabile ai problemi di eccessivo sfruttamento, ad un insostenibile aumento dei costi di produzione (+ 240 per cento dal 2006 al 2009) e all'impossibilità di incidere sui meccanismi di formazione del prezzo con un'adeguata presenza nella rete distributiva;
la filiera ittica è caratterizzata da forti limiti strutturali, come, ad esempio, le ridotte dimensioni aziendali, la frammentazione dell'offerta e l'assenza di forme di organizzazione commerciale e di vendita, che ostacolano l'avvio di urgenti forme di integrazione, innovazione e sviluppo della filiera;
è in scadenza la proroga, concessa per l'anno 2010, del primo programma nazionale della pesca e dell'acquacoltura 2007/2009, unico strumento di programmazione a disposizione del settore secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 154 del 2004;
se entro fine 2010 non verranno impegnati i fondi del fondo europeo per la pesca (fep) a valere sulla programmazione 2008, per la regola comunitaria dell'«n+2», si attiverà il meccanismo di disimpegno automatico, con il rischio concreto che un'entità cospicua di risorse non impegnate andrebbero perdute a danno del settore già fortemente penalizzato;
la legge comunitaria 2009 (legge n. 96 del 2010), in vigore dal 7 luglio 2010, all'articolo 28, delega il Governo ad adottare decreti legislativi per il riassetto, il riordino, il coordinamento e l'integrazione della normativa nazionale in materia di pesca e acquacoltura entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione;
il 19 ottobre 2010 è stato approvato definitivamente il cosiddetto collegato lavoro, che, tra l'altro, delega il Governo ad adottare provvedimenti per la revisione della disciplina in tema di lavori usuranti, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione;
la scadenza a giugno 2010 di una serie di deroghe comunitarie, previste dal regolamento sulla pesca mediterranea (regolamento n. 1967/2006) su attrezzi, dimensione delle maglie delle reti e distanza dalla costa, sta generando una situazione emergenziale e di crescente tensione nelle marinerie italiane, non solo per i pesanti impatti socioeconomici che interessano tutte le realtà costiere, ma soprattutto per una serie di problemi lasciati aperti dal processo di adeguamento alle disposizioni comunitarie;
in particolare, nel suddetto regolamento è prevista la possibilità per gli Stati membri di adottare autonomi piani di gestione, volti a disciplinare attività di pesca specifiche, coniugando la sostenibilità ambientale, in linea con gli obiettivi della politica comune della pesca (pcp), con quella economica e con il diritto al lavoro;
con la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007, articolo 2, comma 120) è stato esteso l'ambito di applicazione del fondo per l'imprenditoria giovanile in agricoltura, prevedendone l'utilizzo anche per l'imprenditoria giovanile nel settore della pesca e una dotazione annua di 10 milioni di euro l'anno per il quinquennio 2007/2011;
non è stato predisposto alcun bando per l'utilizzo di tali risorse per il comparto della pesca marittima, al contrario le risorse del fondo sono state ripetutamente rimodulate in diminuzione e, per la restante parte, sono rimaste inutilizzate;
annualmente vengono ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano le risorse finanziarie del fondo unico agricoltura e pesca, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 maggio 2001, attuativo del decreto legislativo n. 143 del 1997;
per un concreto sviluppo del settore ittico nazionale rivestono un'importanza strategica le politiche di cooperazione tra i Paesi del Mediterraneo; il Trattato italo-libico firmato il 30 agosto 2008 ed entrato in vigore con la legge di ratifica e di esecuzione n. 7 del 2009, stabilisce un «nuovo partenariato bilaterale», nel cui ambito è prevista una collaborazione economica e industriale, che ha per oggetto anche la pesca (articolo 17);
tuttavia, i continui problemi che i pescherecci italiani, in particolare quelli siciliani, hanno con gli altri Paesi rivieraschi, in primo luogo con la Libia, dimostrano l'insufficienza e l'inadeguatezza degli accordi bilaterali fin qui assunti e devono indurre il Governo ad assumere iniziative immediate per fare in modo che l'attività della pesca possa rappresentare per tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo un elemento di sviluppo;
i rapporti italo-libici in materia di pesca costituiscono, tra l'altro, solo un aspetto di una questione più ampia riguardante la disciplina dello sfruttamento delle risorse ittiche e della loro conservazione nell'intero Mediterraneo; le politiche bilaterali del Mediterraneo dovrebbero essere, a loro volta, parte di una più ampia visione multilaterale in grado di essere la base per una disciplina giuridica dei mari «semichiusi»,

impegna il Governo:

a prorogare anche per l'anno 2011 l'applicazione del programma triennale della pesca e dell'acquacoltura per dare tempo all'amministrazione di redigere il nuovo programma triennale, che dovrà tenere conto degli attuali mutamenti di scenario in atto;
ad intraprendere una forte azione politica e diplomatica nei confronti della Commissione europea per scongiurare il disimpegno automatico a fine 2010 dei fondi del fondo europeo per la pesca (fep) anche mediante un confronto con gli altri Stati membri dell'Unione europea che evidenziano ritardi nelle azioni di impegno dei fondi, come Spagna e Grecia, al fine di raggiungere una posizione unitaria per chiedere, in via straordinaria, lo slittamento di un anno dei termini relativi al meccanismo del disimpegno automatico («n+3»);
ad avviare al più presto le procedure per l'attuazione della delega contenuta nella legge comunitaria 2009 per il riassetto, il riordino, il coordinamento e l'integrazione della normativa nazionale in materia di pesca e acquacoltura, mediante la compilazione di un unico testo normativo;
ad assumere ogni iniziativa di competenza al fine di inserire la pesca marittima tra i lavori usuranti;
in vista della verifica del regolamento sulla pesca mediterranea (regolamento n. 1967/2006), a predisporre, d'intesa con le regioni, uno studio tecnico-scientifico sulle condizioni del Mar Mediterraneo, al fine di riconsiderare in ambito di Unione europea le decisioni di maggior impatto socioeconomico per l'Italia e al fine di dare soluzioni concrete e non penalizzanti al settore ittico nazionale, in relazione al processo di adeguamento alle disposizioni comunitarie;
a caldeggiare una rapida approvazione dei piani di gestione inviati a Bruxelles, in materia di pesche speciali per scongiurare il ritardato o addirittura mancato avvio della campagna di pesca 2010-2011, che tradizionalmente inizia a novembre;
ad attivare misure a favore della pesca a valere sulle risorse del fondo per l'imprenditoria giovanile in agricoltura e pesca, definendo una riserva di quota parte alla filiera ittica, nonché ad assumere iniziative per il rifinanziamento del fondo stesso;
a mettere in atto tutte le azioni e gli strumenti per individuare una dotazione separata e distinta per la pesca all'interno della ripartizione annuale del fondo unico agricoltura e pesca, dando certezza di programmazione al settore;
ad attivare nuove forme di supporto agli investimenti delle imprese ittiche ed allo sviluppo di azioni innovative, anche attraverso nuove modalità di intervento, in linea con la più recente normativa europea sugli aiuti di Stato per le piccole e medie imprese di settore, favorendo gli investimenti orientati alla crescita delle dimensioni aziendali, alle ristrutturazioni e ai salvataggi, alle concentrazioni e alle fusioni e ai prestiti partecipativi;
a disporre una revisione della proposta sul fermo biologico, prevedendo un prolungamento dei giorni, nell'ambito di una diversificazione dei periodi di fermo e di una diversificazione per specie;
nel quadro dei rapporti italo-libici, a negoziare ulteriori intese volte ad assicurare che nelle zone dell'alto mare siano garantite le tradizionali libertà e che, in particolare, non venga impedita in alcun modo la libertà di navigazione;
nel quadro dei rapporti italo-libici, ad adottare ogni iniziativa diplomatica volta a modificare la decisione libica di estendere il controllo delle acque sino a 72 miglia dalla propria costa, così consentendo l'esercizio della pesca in acque internazionali ai pescherecci italiani;
a farsi promotore nelle opportune sedi internazionali e, in particolare nell'ambito della politica europea di vicinato, della necessità di giungere ad una disciplina equa dello sfruttamento delle risorse ittiche e della loro conservazione nell'intero Mediterraneo.
(1-00477)
(Nuova formulazione) «Agostini, Sani, Oliverio, Zucchi, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Servodio, Trappolino».
(8 novembre 2010)

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta orale Villecco Calipari n. 3-01312, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 390 del 28 ottobre 2010.

VILLECCO CALIPARI, MARAN, TEMPESTINI, PISTELLI e SARUBBI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 209 del 2000, relativa a misure per la riduzione del debito estero dei Paesi a più basso reddito e maggiormente indebitati, approvata all'unanimità dal Parlamento italiano, è stata non solo una delle leggi più avanzate in materia, ma ha previsto requisiti assai stringenti sia rispetto alle categorie di Paesi che possono essere beneficiari di un accordo per la cancellazione del debito (articolo 1, commi 2, 3, e 4); sia rispetto alle condizioni cui devono essere subordinate le cancellazioni accordate dall'Italia, quali ad esempio l'impegno del Paese debitore al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, la rinuncia alla guerra come mezzo di risoluzione delle controversie, o il perseguimento del benessere e del pieno sviluppo sociale e umano, con particolare riferimento alla riduzione della povertà;
il regolamento attuativo della legge (decreto ministeriale 4 aprile 2001, n. 185) prevede altresì che la stipula e l'efficacia degli accordi bilaterali con i Paesi interessati sono subordinate alla verifica delle condizioni menzionate; che gli accordi bilaterali di cancellazione del debito debbano contenere modalità di monitoraggio circa la corretta attuazione dell'accordo e la procedura per la sua sospensione (articolo 4, comma 1, lettere c) e d)) stabilendo altresì all'articolo 5 che il mancato rispetto delle condizioni esposte costituisce «uso illecito», il cui accertamento è demandato al Ministero degli affari esteri, e definendo altresì l'eventuale procedura preliminare di sospensione dell'accordo;
da notizie a mezzo stampa, alla fine del 2004 il Ministro delle finanze di Antigua e Barbuda, Errol Cort, annuncia di aver negoziato con l'Italia la cancellazione del 90 per cento del debito del Paese caraibico nei confronti dell'Italia;
nel discorso tenuto alla nazione il 5 gennaio del 2005, l'allora Primo Ministro di Antigua e Barbuda, Baldwin Spencer, afferma che il Ministro delle Finanze del Paese Antillano sarebbe appena tornato da Roma con una conferma formale di sostanziale riduzione del debito per una somma che, sempre da notizie a mezzo stampa, sarebbe pari a circa 160 milioni di euro;
Antigua e Barbuda costituiscono un Paese che vanta un reddito pro-capite pari a 10.000 dollari, cifra ampiamente superiore a tutti i Paesi africani, e a molti Paesi asiatici, rispetto ai quali il nostro Paese non è stato in grado di onorare spesso gli impegni internazionali di aiuto e cooperazione;
la presunta cancellazione del 90 per cento del debito nei confronti di Antigua e Barbuda ha destato grave allarme e preoccupazione anche tra tutti gli attori impegnati a vario titolo in attività di cooperazione allo sviluppo, a fronte del mancato versamento delle quote promesse per il 2009 e il 2010 al fondo globale per la tubercolosi, la malaria, l'AIDS e le altre pandemie; a fronte dei soli 175 milioni stanziati alla cooperazione allo sviluppo dalla legge di stabilità attualmente all'esame della Camera e del cronico ritardo italiano nel raggiungimento degli obiettivi del Millennium;
da un esame di tutte le relazioni presentate ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 209 del 2000 - in base al quale il Ministro dell'economia e delle finanze trasmette entro il 30 settembre di ogni anno una relazione sullo stato di attuazione della legge, con informazioni relative ai Paesi beneficiari, l'ammontare, la data di erogazione e la durata del prestito, il tasso di interesse e la forma di restituzione in origine concordata, nonché la data e l'ammontare del credito annullato - Antigua e Barbuda non figura mai nella lista dei Paesi debitori interessati, né risulta che alcun debito sia mai stato cancellato nei suoi confronti ai sensi della legge n. 209 del 2000;
in particolare, nell'ultima relazione presentata dal Ministro alla Camera dei

deputati il 30 ottobre del 2009, vengono riportati tutti gli accordi di cancellazione del debito firmati dal 1o ottobre 2001 al 30 giugno 2009, senza che venga mai fatto alcun riferimento ad un possibile accordo di cancellazione del debito con questo Stato;
qualora la cancellazione del debito con Antigua e Barbuda venisse confermata, il mancato inserimento di questo accordo nelle relazioni annuali sullo stato di attuazione della legge sarebbe assai grave, sia dal punto di vista della mancata trasparenza ed informazione al Parlamento, sia perché non si comprendono i parametri o le condizioni in base alle quali tale debito sarebbe stato cancellato -:
se sia vero che l'Italia ha sottoscritto un accordo di cancellazione nel debito nei confronti dello Stato di Antigua e Barbuda, e per quale ammontare, e in caso affermativo, come, quando e soprattutto sulla base di quali parametri sia stata decisa la cancellazione del debito nei confronti di questo Stato che non figura nella lista dei Paesi così considerati ai sensi della legge n. 209 del 2000;
in caso affermativo, perché non se ne sia mai data notizia al Parlamento nella relazione di attuazione della legge n. 209 del 2000, che dovrebbe assicurare la trasparenza in ordine ad accordi di questo tipo;
in caso affermativo, essendo tale cancellazione avvenuta al di fuori delle condizioni e delle garanzie previste dalla legge n. 209 del 2000 a quali condizioni e con quali garanzie sia stata negoziata la cancellazione del debito. (3-01312)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza Di Pietro n. 2-00862 del 19 ottobre 2010;
interpellanza Farina Coscioni n. 2-00874 del 28 ottobre 2010.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta in commissione Ghizzoni e De Pasquale n. 5-03560 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 381 del 12 ottobre 2010. Alla pagina 16222, prima colonna, dalla riga venticinquesima alla riga ventisettesima deve leggersi: «De Pasquale. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:» e non «Ghizzoni. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:», come stampato.