XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 17 novembre 2010

TESTO AGGIORNATO AL 18 NOVEMBRE 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
la regione Campania vive oramai da diversi anni una situazione di crisi profonda legata alla gestione dei rifiuti urbani;
dopo due anni di promesse ed illusioni, l'emergenza rifiuti non è stata risolta, non solo sul piano pratico, visto che le strutture continuano ad essere insufficienti, ma neanche nelle cause che l'hanno determinata;
il Governo ha avviato una serie di misure straordinarie per affrontare l'emergenza rifiuti in Campania con il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, che ha previsto la nomina di un Sottosegretario di Stato per la gestione dell'emergenza rifiuti in Campania;
l'intervento avviato dal Governo si è focalizzato in primo luogo nella riattivazione delle procedure per il completamento e la messa in funzione del termovalorizzatore di Acerra, che, superata la fase di avviamento e di messa a punto, è diventato operativo e avrebbe dovuto smaltire circa 2 mila tonnellate di rifiuti tritovagliati al giorno, per un totale di 600 mila tonnellate l'anno;
il piano dei rifiuti elaborato dal Governo prevedeva inoltre la realizzazione di diverse discariche fra cui due (Cava Sari e Cava Vitiello) presso il comune di Terzigno all'interno del Parco nazionale del Vesuvio e di altri tre impianti di termovalorizzazione, più un altro impianto, la cui tecnologia rimaneva da decidere in base ai più innovativi sistemi di smaltimento;
il sistema delle discariche e l'inceneritore di Acerra avrebbero consentito lo smaltimento dei rifiuti, secondo il Governo, per un periodo di circa quattro anni permettendo l'entrata a regime della gestione dei rifiuti, attraverso l'aumento della raccolta differenziata e la costruzione dei rimanenti termovalorizzatori;
a fronte di questa scelta il Governo si è impegnato a definire un accordo di programma con la regione Campania in data 18 luglio 2009 che prevedeva uno stanziamento di 526 milioni di euro (263 a carico del Governo e i rimanenti a carico della regione Campania) per opere di compensazione ambientale da erogare ai comuni ospitanti gli impianti di trattamento rifiuti;
il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, impone l'obiettivo minimo di raccolta differenziata pari al 35 per cento entro il 31 dicembre 2010 e pari al 50 per cento entro il 31 dicembre 2011, mentre affida alle province il compito di disincentivare i prodotti «usa e getta»;
i dati sulla raccolta differenziata evidenziano un lieve incremento del valore percentuale, passato dal 15,5 per cento del 2007 al 22,19 per cento del 2008, molto distante però dagli obiettivi stabiliti dalla legge;
l'assessore regionale della regione Campania Giovanni Romano dichiarava il 6 luglio 2010, in Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, che l'Unione europea, al fine di erogare 135 milioni di euro per l'impiantistica a supporto del ciclo integrato dei rifiuti e 10 milioni di euro in base al quadro POR, richiedeva tre cose fondamentali: il piano regionale di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, il piano regionale dei rifiuti speciali e il piano regionale delle bonifiche;
lo stesso assessore in merito alla realizzazione della terza vasca a Terzigno detta cava Vitiello dichiarava che, dati i rilievi mossi dalla Commissione europea per le petizioni del mese di maggio 2010, questa discarica si può anche non fare

contraddicendo di fatto il piano della Protezione civile di cui al decreto-legge n. 90 del 2008;
la stessa Commissione europea nel documento di lavoro pubblicato il 25 giugno 2010, nelle conclusioni e raccomandazioni, pur riconoscendo il lavoro della Protezione civile sottolineava che «alcune decisioni, prese sotto la sua supervisione (ndr della protezione civile) segnatamente la localizzazione delle discariche sono state assunte in modo frettoloso, senza le debite consultazioni e in molti casi frutto di consigli incauti con visibili percussioni. A scanso di equivoci, occorre chiarire che la crisi dei rifiuti in Campania non è finita» e a proposito della discarica di Terzigno «allo stato attuale essa non risponde né ai requisiti della direttiva discariche, in particolare l'articolo 11 sulle procedure di ammissione dei rifiuti, né a quelli della direttiva habitat. L'imminente pericolo di ampliamento della cava Sari e dall'apertura del secondo sito (Vitiello) è inaccettabile in questa situazione ed occorre individuare con urgenza delle alternative adeguate che rispettino la normativa europea»;
l'inceneritore di Acerra impianto chiave sia per la gestione transitoria sia nel piano definitivo presenta delle problematiche tecniche che hanno costretto a fermare il funzionamento per interventi che vanno oltre la manutenzione ordinaria; lo evidenzia il fatto che nel rapporto del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente - gruppo di Napoli - alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti del 5 ottobre 2010 si parla di interventi alla camera di combustione e nella sostituzione di valvole. Si parla inoltre di corrosione dovuta ai fumi acidi di due forni dell'impianto. La FISIA Babcock, che per conto di Impregilo ha costruito l'impianto, non avrebbe provveduto alle adeguate protezioni rispetto alle superfici interne dell'inceneritore e i forni quindi sarebbero forati;
secondo fonti di stampa la società AZA al cui gruppo fa capo la «Partenope Ambiente», soggetto gestore attuale, sta pensando a rattoppi che verrebbero a costare oltre 12 milioni di euro;
lo stesso generale Morelli, responsabile dell'unità stralcio e dell'unità della struttura di Governo per l'emergenza rifiuti in Campania, ha dichiarato che l'inconveniente capitato alla seconda linea ha lasciato molti tecnici perplessi e che questo inconveniente consistente nella crepatura delle pareti del forno si spera non si manifesti nella terza linea;
la regione Campania in previsione di eventuali difficoltà future dell'inceneritore ha indetto nel mese di settembre 2010 un avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni di interesse da parte di operatori economici, in forma singola o associata, disponibili a fornire servizi di smaltimento fuori regione ed in territorio comunitario della frazione secca tritovagliata prodotta da impianti STIR (il combustibile di Acerra);
l'articolo 11, comma 8, del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito dalla legge n. 123 del 2008 ha previsto che i consorzi di bacino delle province di Napoli e Caserta siano sciolti e riuniti in un unico consorzio attraverso la costituzione di società provinciali;
il personale del consorzio, la cui dotazione organica è stata approvata dal Sottosegretario Bertolaso, composto da 2150 persone, presenta 424 esuberi; questo personale nel mese di settembre 2010 non è stato pagato e, da dichiarazione del generale Morelli in Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, non sarà pagato fino a dicembre 2010;
lo stesso generale ha riferito che, da riunioni fatte con i prefetti di Napoli e Caserta e dai due presidenti di provincia nonché con il commissario liquidatore, nelle casse del consorzio non ci sono risorse per pagare le maestranze e che si è arrivati a un punto di collasso;
con il decreto-legge n. 195 del 2009 convertito dalla legge n. 26 del 2010 è

stata di fatto sancita la chiusura dell'emergenza e il passaggio di tutte le competenze e le responsabilità in tema di gestione rifiuti alle province e alla regione, espropriando di fatto i comuni delle loro prerogative, compresa la facoltà di riscossione della TARSU o TIA, così come previsto dalla normativa nazionale;
al di là delle operazioni propagandistiche messe in atto dal Governo, il «decreto di fine emergenza» n. 195 del 2009 ha mostrato tutti i suoi limiti, riducendosi a indicare nel presidente della regione e nei presidenti delle province i soggetti a cui compete il Governo dell'intero ciclo dei rifiuti, sottraendosi dalla responsabilità di costruire un contesto positivo in cui queste istituzioni devono agire;
sarebbe irresponsabile, come è avvenuto in passato, limitarsi alla facile sottolineatura della insostenibilità della situazione, ma è necessario avviare un'azione comune, nell'interesse della Campania, in un quadro in cui strumenti, risorse, procedure, responsabilità, sanzioni e tempi siano chiari e condivisi;
appare ormai indifferibile un nuovo intervento legislativo sia per modificare la legge n. 123 del 2008 sia per rivedere radicalmente il provvedimento, cosiddetto di fine emergenza, di cui al decreto-legge n. 195 del 2009, che ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo non ha prodotto praticamente nulla e rischia di far precipitare in una situazione ancora più difficile e che di fatto, ad avviso dei sottoscritti, è stato dichiarato inutile e superato dalle recenti dichiarazioni del presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi;
allo stato attuale, dopo due anni e mezzo di gestione emergenziale con l'ausilio di poteri straordinari, non si hanno garanzie sul funzionamento del termovalorizzatore, in merito alla gestione delle discariche vi sono state carenze e approssimazioni e in relazione alla realizzazione degli impianti, a partire da quelli per la frazione organica, non si è razionalizzato il sistema per la raccolta, anzi si è creata un'ulteriore confusione di competenze tra comuni e province con aggravi di costi, rendendo praticamente impossibile la programmazione e lo sviluppo della raccolta differenziata in molti comuni; in sostanza il Governo nazionale non ha mantenuto i suoi impegni, alimentando, di fatto, l'emergenza di questi giorni;
non è stata effettuata, nonostante gli impegni, alcuna operazione di bonifica delle aree e dei territori interessati dalle discariche, rendendo meno credibile qualsiasi ipotesi di localizzazione di nuove discariche;
l'amministrazione comunale di Napoli è ancora in attesa del finanziamento regionale di oltre 8 milioni di euro per la raccolta differenziata e il pagamento da parte della provincia delle spese sostenute (12 milioni di euro) per la gestione degli impianti Stir di Giugliano (Napoli) e Tufino (Napoli);
è innegabile che il piano degli interventi concepito dal sottosegretario Bertolaso - e sancito con la legge n. 123 del 2008 - non è stato realizzato, come dimostra la vicenda di Terzigno e il mancato avvio degli inceneritori previsti dal piano;
la normativa comunitaria impone una precisa scala gerarchica delle azioni da porre in essere per una corretta gestione dei rifiuti: in primo luogo, sono necessarie politiche di prevenzione e di riduzione della produzione; al secondo posto, si pone l'esigenza di riutilizzare e riciclare i prodotti e i materiali; al terzo posto, si chiede il recupero dei materiali; solo in ultima istanza si individuano la termovalorizzazione e il conferimento in discarica;

impegna il Governo:

a riferire in ordine ai problemi relativi al funzionamento del termovalorizzatore di Acerra, certificando che le operazioni di collaudo dell'impianto siano state regolari e fornendo elementi sull'eventuale

avvio di indagini giudiziarie relativamente all'impatto ambientale da esso provocato;
a riferire su come intenda collaborare con gli enti competenti per realizzare gli impianti previsti, quali i termovalorizzatori di Salerno e Napoli, e come si intenda procedere allo smaltimento dei sette milioni di ecoballe;
ad assumere iniziative per rivedere il modello organizzativo non trascurando di valorizzare il ruolo dei comuni e il bisogno di risolvere i problemi di natura transitoria;
a erogare, così come richiesto dai comuni, i fondi per le compensazioni ambientali, previste dall'accordo di programma concluso tra il Governo e la regione Campania, attivando le risorse previste pari a 526 milioni di euro;
ad assumere ogni iniziativa di competenza in merito alla situazione debitoria dei comuni, sia nei confronti del Governo sia nei confronti dei consorzi di gestione, al fine di determinare esattamente l'ammontare finanziario e individuare possibili procedure di rateizzazione;
ad assumere iniziative al fine di escludere le province dal ruolo di gestione diretta degli impianti, in virtù del loro ruolo istituzionale di controllo e di programmazione;
ad avviare una seria politica di incentivi per promuovere la raccolta differenziata, nel rispetto della normativa vigente, dando vita a meccanismi premiali per agevolare i cittadini e le comunità più virtuose;
ad assumere, in accordo con gli enti competenti, ogni iniziativa atta a garantire il pagamento regolare dei dipendenti dei consorzi, per evitare tensioni sociali pericolose e infiltrazioni della malavita;
a redigere in accordo con la regione - solo ed esclusivamente per il periodo strettamente legato alla gestione dell'emergenza, ossia fino a quando non saranno entrati in funzione i nuovi impianti e non sarà partita a pieno regime la raccolta differenziata - l'elaborazione di un piano che abbia piena compatibilità ambientale, sociale ed economica e che vagli tutte le possibili opzioni, compreso il trasferimento all'estero di parte dei rifiuti;
a svolgere un ruolo più attivo, così come previsto dalla normativa vigente, nel coordinamento delle regioni riguardo ai piani di gestione integrata dei rifiuti, anche verificando la predisposizione di un piano nazionale per l'impiantistica di smaltimento;
a promuovere l'adeguamento nell'ottica di un effettivo rientro al regime ordinario della gestione dei rifiuti, organizzazione del ciclo integrato dei rifiuti al quadro giuridico nazionale e comunitario, con particolare riferimento alla direttiva europea 98/2008, assumendo iniziative per assicurare l'adozione dei piani dei rifiuti, la corretta individuazione degli ambiti territoriali e procedure chiare sull'affidamento dei servizi di gestione.
(1-00494)
«Franceschini, Bersani, Lenzi, Bratti, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola, Boffa, Bonavitacola, Bossa, Ciriello, Cuomo, D'Antona, Graziano, Mazzarella, Nicolais, Pedoto, Mario Pepe (PD), Piccolo, Picierno, Santagata, Sarubbi, Vaccaro».

Risoluzioni in Commissione:

La III Commissione,
premesso che:
stando ai dati evidenziati da Medici senza Frontiere (MSF) il fenomeno della malnutrizione rappresenta una piaga che cresce in maniera esponenziale. I bambini sotto i cinque anni affetti da malnutrizione sono circa 195 milioni, il 90 per cento dei quali nell'Africa sub-sahariana e nell'Asia meridionale;
la malnutrizione rappresenta ancora oggi la causa del decesso di un terzo degli 8.800.000 bambini sotto i cinque anni che muoiono ogni anno;

la malnutrizione è un fenomeno complesso che non può essere estirpato in maniera semplice ma può essere arginato in maniera efficace: per tale ragione appare prioritario che il contributo dato dai Paesi donatori sia mirato ed adeguato, attraverso la fornitura ai bambini di risorse realmente rispondenti ai loro bisogni nutrizionali;
la qualità del cibo rappresenta un elemento indispensabile, considerando l'impatto di questa sulla salute e sullo sviluppo psico-fisico del bambino;
purtroppo attualmente i programmi nutrizionali destinati ai bambini nei Paesi in via di sviluppo continuano a fondarsi sull'utilizzo di miscele di farine fortificate di cereali, che pur attenuando il senso di fame del bambino, non sono in grado di apportare quegli elementi nutritivi necessari per lo sviluppo e la crescita;
con riferimento ai dati forniti da MSF i Paesi che hanno ridotto con successo la malnutrizione infantile precoce - come Messico, Thailandia, Stati Uniti e molti Paesi europei - ci sono riusciti attraverso programmi che assicurano ai neonati e bambini, anche delle famiglie più povere, l'accesso a cibi di qualità come latte e uova;
è opportuno ricordare che il nostro Paese fa riferimento ad uno specifico standard per i programmi nutrizionali nazionali in favore dei bambini che vivono in Italia, che non viene poi seguito per i programmi di assistenza alimentari internazionali, definendo la sussistenza di un doppio standard nella fornitura di alimenti destinati ai bambini bisognosi. Un gap nei parametri assistenziali che purtroppo accomuna molti dei Paese che maggiormente contribuiscono all'assistenza alimentare nel mondo;
MSF ha lanciato la campagna «Starved for attention: il cibo non basta» proprio per sensibilizzare la comunità internazionale nei confronti della sussistenza del cosiddetto doppio standard alimentare al fine di sollecitare i Paesi maggiormente impegnati nelle campagne di assistenza nutrizionale a superare questo critico gap che purtroppo condiziona la qualità delle forniture e di conseguenza la tutela dei bambini affetti da malnutrizione,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative volte al miglioramento delle politica di aiuti alimentari destinati ai Paesi in via di sviluppo, al fine di garantire un sostegno ai programmi nutrizionali sottoscritti a livello internazionale che sia realmente rispondente ai concreti bisogni dei bambini malnutriti.
(7-00436)
«Di Biagio, Tremaglia, Angela Napoli, Madia, Bucchino, Rosato, Lamorte, Angeli, Pagano, Vignali, Barbieri, Delfino».

La IV Commissione,
premesso che:
il 12 febbraio del 2000 è entrato in vigore il protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati;
il protocollo, ratificato da 132 Paesi nel mondo inclusa l'Italia, vieta la partecipazione diretta di minori di 18 anni nei conflitti armati e fissa a 18 anni l'età minima per il reclutamento anche da parte dei gruppi armati irregolari oltre che per l'arruolamento obbligatorio da parte delle forze armate governative;
nonostante ciò, sono ancora più di 250.000 i minori che prendono parte ai combattimenti in 35 Paesi utilizzati sia dagli eserciti governativi, sia dai gruppi armati irregolari;
tra questi c'è l'Afghanistan, che, pur avendo ratificato il protocollo, è tristemente noto per essere il Paese in cui si registra una delle percentuali più alte di bambini e bambine soldato;

casi documentati dimostrano che i bambini sono anche usati come attentatori suicidi da parte dei talebani. I bambini coinvolti vanno da 13-16 anni di età e, secondo le testimonianze degli attentatori falliti, vengono ingannati con promesse di denaro o altrimenti costretti a diventare kamikaze. Inoltre, molti bambini coinvolti in attacchi suicidi sono stati pesantemente indottrinati, molte volte in Paesi stranieri, e sono necessari ulteriori sforzi per combattere questa pratica;
alcuni rapporti indicano che bambini utilizzati in recenti attentati non erano a conoscenza di quello che portavano;
c'è altresì forte preoccupazione per la presenza di bambini nell'Afghan National Army (ANA) e nella polizia nazionale afgana (ANP);
dalla relazione 2010 del Segretario generale al Consiglio di sicurezza emergono casi di bambini in stato di detenzione da parte del Governo nazionale, presumibilmente per motivi relativi alla sicurezza ed è confermato che un certo numero di questi bambini detenuti era stato attirato con lo scopo di trasportare esplosivi o addestrato a condurre attacchi suicidi a danno della sicurezza nazionale, delle forze internazionali o di funzionari del Governo. Due bambini hanno rivelato che erano stati rapiti dall'Afghanistan e portati in Pakistan dove è avvenuto l'addestramento militare. Diversi casi sono stati confermati di bambini pakistani utilizzati per condurre operazioni militari in Afghanistan;
centinaia di bambini sono stati arrestati dalla Direzione nazionale della sicurezza e dalle forze militari internazionali con accuse relative alla sicurezza nazionale, compresi il presunto coinvolgimento o la collaborazione con i gruppi talebani e altri gruppi armati. L'accesso alle strutture di detenzione continua ad essere difficile e le informazioni sui bambini detenuti dalle forze filo-governative restano limitate. L'uso di tecniche di interrogatorio duro e di pratiche per costringere a rendere confessioni di colpevolezza da parte della polizia nazionale afghana e della Direzione nazionale della sicurezza sono state ampiamente documentate, compreso l'uso di scosse elettriche e percosse;
a febbraio 2010, il Rappresentante speciale del Segretario generale per i bambini coinvolti in conflitti armati, Radhika Coomaraswamy, a conclusione della sua visita di sette giorni in Afghanistan, ha affermato che la protezione dei bambini deve essere al centro dell'agenda di riconciliazione del Governo afghano, come sostenuto dalla comunità internazionale;
il Rappresentante speciale ha dichiarato che i bambini devono essere protetti e di essere pronto a lavorare con l'ISAF e le forze armate governative per lo sviluppo di procedure operative standard che tutelino i bambini durante le operazioni militari, il che significa utilizzare un protocollo per risolvere le problematiche dei bambini associati a gruppi armati e avviare iniziative atte a portare chiarezza nella delineazione di attività civili e attività militari, in modo che l'assistenza umanitaria e gli operatori che agiscono in tale campo non vengano a trovarsi in pericolo;
l'allora comandante generale della NATO Stanley McChrystal ha assicurato al rappresentante speciale che avrebbe lavorato con le Nazioni Unite per assicurare la migliore protezione dei bambini;
il clima generale di impunità, il vuoto normativo e la totale mancanza dei diritti hanno pregiudicato la denuncia delle violenze e degli abusi sessuali contro i bambini alle autorità e il perseguimento dei colpevoli. Secondo la relazione del luglio 2009 intitolata «Il silenzio è la violenza», redatto da UNAMA, l'Ufficio delle Nazioni Unite e l'Alto Commissario per i diritti umani, questi crimini sono collegati all'attività di rappresentanti del potere locale, del Governo o di funzionari eletti, di comandanti di membri dei gruppi armati illegali e delle bande criminali;
sono aumentati gli attacchi alle scuole, la chiusura forzata e l'uso delle

strutture scolastiche per scopi militari, i combattimenti e le esplosioni di ordigni nei pressi di edifici scolastici, gli attacchi militari mirati e le minacce nei confronti di allievi e personale docente;
un adolescente che ha commesso e visto i crimini e le atrocità della guerra difficilmente riuscirà a cancellare quei momenti dalla sua mente. Ma è importante aiutarlo a reinserirsi nella società civile e a ricostruire una vita per quanto possibile normale. Per tali motivi un ruolo molto importante è svolto dalle organizzazioni non governative e di volontariato che operano in Afghanistan;
la loro attività prevede, innanzi tutto, l'accoglienza dei bambini liberati dai gruppi armati: vengono registrati in appositi centri e sottoposti ad esami medici e psicologici. Quindi, ricevono gli aiuti di prima necessità. L'aspetto su cui si punta maggiormente è quello psicologico: bambini e bambine, infatti, arrivano in questi centri con gravissimi traumi. L'obiettivo principale è aiutarli ad uscire dalla condizione di isolamento, dal senso di vergogna o di colpa che si portano dietro. La fase successiva è quella di cercare di ricongiungere i ragazzi alle loro famiglie. Un percorso difficile e pieno di ostacoli;
l'articolo 7 del protocollo opzionale alla Convenzione dei diritti del fanciullo concernente il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati stabilisce al comma 1 che gli Stati parte cooperano all'applicazione del protocollo, in particolare in vista di prevenire qualsiasi attività contraria a quest'ultimo, e di riadattare e di reinserire a livello sociale le persone che sono vittime di atti contrari allo stesso protocollo, mediante la cooperazione tecnica e l'assistenza finanziaria. Tale assistenza e tale cooperazione avverranno in collaborazione tra gli Stati parte interessati e con le organizzazioni internazionali competenti. Il comma 2 stabilisce che gli Stati parte che sono in grado di farlo, forniscono tale assistenza per mezzo di programmi multilaterali, bilaterali o di altra natura già in corso di realizzazione, o, se del caso, nell'ambito di un fondo di contributi volontari costituito in conformità alle regole stabilite dall'Assemblea generale;
se l'obiettivo italiano è quello di portare a termine una missione di pace nei territori in Afghanistan risulta necessario che la protezione dei bambini sia una delle priorità,

impegna il Governo:

a farsi promotore e portavoce con gli Stati alleati e nelle sedi internazionali competenti, di concerto con le organizzazioni non governative e di volontariato che operano per tali scopi, di un piano d'azione per porre fine al reclutamento dei bambini soldato in Afghanistan;
ad attuare tutte le necessarie iniziative di sostegno, controllo e monitoraggio, affinché il Governo afghano rispetti il protocollo opzionale alla convenzione dei diritti del fanciullo, concernente il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati.
(7-00440)
«Di Stanislao».

La IX Commissione,
premesso che:
si fa riferimento alle decisioni adottate dalla indagine conoscitiva del 12 febbraio 2009 sul sistema aeroportuale italiano;
la Commissione stessa si è riservata di vigilare in merito alla attuazione delle enunciate linee di intervento;
dalle citate conclusioni è trascorso un tempo sufficiente per valutare l'atteggiamento del Governo in ordine al detto problema e sono ormai disponibili i risultati di un apposito studio commissionato in materia del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
appare necessaria una adeguata attività di informazione finalizzata verso le regioni, gli enti locali, gli operatori aeronautici ed aeroportuali,

impegna il Governo:

a fornire alla Commissione elementi in merito alle suddette linee che contemplano le seguenti indicazioni:
a) rapida emanazione di un piano nazionale di razionalizzazione, adeguamento ed ammodernamento della rete aeroportuale, con l'individuazione degli interventi da compiere in scala di priorità;
b) sollecita diffusione dello studio predisposto sull'argomento ed in possesso di Enac;
c) classificazione degli aeroporti in base al criterio suggerito dall'indagine che prevede:
1) il potenziamento infrastrutturale degli aeroporti di maggiore interesse per il paese e già ben posizionati (con il traffico superiore a 5 milioni di passeggeri);
2) la regolazione semplificata e la liberalizzazione tariffaria per rendere competitive le strutture più significative (aeroporti da i a 5 milioni di passeggeri);
3) il mantenimento degli altri aeroporti (passeggeri inferiori a 1 milione) solo in quanto rispondenti ad esigenze reali di sviluppo del territorio;
a promuovere l'adeguamento dei collegamenti degli aeroporti di cosiddetto interesse nazionale (Fiumicino, Malpensa, Linate, Venezia, Catania, Napoli, Palermo), considerata attività condivisa di pianificazione;
ad assumere le necessarie iniziative di competenze per:
a) recepire tempestivamente direttiva 2009/12/CE in materia di diritti aeroportuali mediante la revisione della relativa disciplina, allo scopo di far fronte al prevedibile incremento del tratto aereo;
b) snellire le procedure per l'approvazione dei contratti di programma tra Enac e società di gestione aeroportuale;
c) rafforzare i poteri di controllo di Enac nei comparti dei gestori aeroportuali, dei vettori e dei prestatori di servizio in ambito aeronautico;
d) assicurare il sostegno all'azione di Enav per interventi finalizzati alla stretta integrazione operativa tra i soggetti presenti in ambito aeroportuale, allo scopo di migliorare i livelli di servizio a beneficio degli utenti finali (passeggeri ed operatori economici);
e) semplificare la disciplina delle società di Handling anche attraverso iniziative normative;
f) sostenere il trasporto aereo di merci, ivi compresa, l'individuazione di HUB specializzati con riferimento agli aspetti più importanti (voli marittimi, livelli qualitativi di HANDLING, flessibilità, sicurezza, e altro);
g) favorire l'aviazione generale e la sua collocazione (aeroporti di medie e piccole dimensioni, semplificazione adempimenti, riduzione dei costi di servizio, e altro).
(7-00439)
«Antonino Foti, Moffa, Pelino, Toto».

La XII Commissione,
premesso che:
le lesioni ostetriche del plesso brachiale comunemente conosciute con il termine di paralisi ostetrica, rappresentano una varietà di paralisi dell'arto superiore causate dalla lesione delle vie nervose che provvedono all'innervazione motoria e sensitiva dell'arto;
le lesioni nervose del plesso brachiale si presentano in seguito ad un trauma subito dal neonato durante il meccanismo del parto sia esso naturale o cesareo, eutocico o distocico, dovuto ad un'associazione di forze di trazione a forze di compressione;
l'incidenza delle paralisi ostetriche ha subito numerose variazioni nel corso degli anni, il miglioramento delle tecniche di assistenza del parto hanno certamente

ridotto, ma non annullato, il numero di nuovi casi che continuano a presentarsi con relativa frequenza;
attualmente nei Paesi industrializzati la percentuale d'incidenza varia dallo 0,38 al 3 per mille dei nati vivi, la distocia di spalla è la causa principale dell'insorgenza della paralisi ostetrica e tale condizione compare nello 0,6 per cento di tutti i parti vaginali, in Italia l'incidenza è stimata intorno all'uno per mille;
sono presenti dei fattori predisponenti sia materni (viziature pelviche muscolo scheletriche, bassa statura, obesità, fibromi uterini, diabete gestazionale non trattato o mal trattato) che fetali (macrosomia fetale, ipotonia da asfissia, gemellarità, presentazione podalica);
in particolare una delle cause più frequenti di questa patologia è dovuta alla macrosomia fetale inattesa, causata sia dall'errore tecnico degli ecografi nel calcolare il peso del feto, sia dal fatto che il Servizio sanitario nazionale prevede soltanto tre ecografie che terminano all'ottavo mese di gravidanza, quando invece spesso al nono mese si presenta un incremento ponderale massivo ed imprevisto del feto;
fondamentale è, per i neonati colpiti dalla paralisi ostetrica, il tempestivo ricorso alla fisioterapia, che deve essere eseguita quotidianamente sin dai primi giorni di vita e per i successivi quattro mesi, nei quali è possibile riscontrare una risposta spontanea, in quanto questa terapia favorisce la corticalizzazione dell'arto, riduce la decalcificazione, impedisce la rigidità articolare e l'atrofia muscolare secondaria;
in mancanza di ripresa dell'attività motoria si procede alla riparazione delle lesioni nervose del plesso con tecniche microchirurgiche, ossia con interventi di innesto e riparazione dei nervi lesi con tecniche e strumentazione altamente sofisticate, questo sempre entro i primi quattro mesi di vita altrimenti si rischia la cicatrizzazione nervosa che non garantirebbe in seguito la riuscita dell'intervento, causando deficit funzionali gravissimi,

impegna il Governo:

alla creazione presso il Ministero della salute di un Comitato tecnico-scientifico, formato da esperti del settore, che raccolga dati inerenti alla casistica di tali eventi, analizzando il percorso clinico che li ha accompagnati, per realizzare le linee guida operative che offrano strumenti gestionali atti a prevenire il loro accadimento, anche attraverso la previsione sistemica e la formazione obbligatoria;
a stilare linee guida preventive finalizzate all'abbattimento delle percentuali di rischio in merito al verificarsi della patologia, inserendo nei protocolli della preparazione al parto, accertamenti diagnostici non invasivi, obbligatori, finalizzati all'accertamento delle proporzioni fetopelviche del nascituro, prevedendo anche la possibilità di una quarta ecografia al nono mese di gravidanza e assicurando altresì che questi dati siano inseriti nella cartella clinica della partoriente e conosciuti dal personale di assistenza al parto, che in presenza di macrosomia del nascituro deve optare per il parto cesareo, secondo quanto raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità;
ad avviare presso l'Istituto superiore di sanità la realizzazione di linee guida inerenti alla terapia chirurgica della paralisi ostetrica, definendo un protocollo terapeutico chirurgico, specificando le indicazioni d'intervento, le tempistiche consigliate ed il protocollo fisioterapeutico compatibile con i diversi trattamenti e assicurando il massimo grado di appropriatezza e la tempestività degli interventi.
(7-00437)
«Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».

La XII Commissione,
premesso che:
ai sensi del regolamento (CE) n. 141/2000 e delle precedenti normative

sono considerate rare quelle patologie «che colpiscono non più di cinque individui su diecimila»;
nel mondo si riscontrano circa 7-8.000 patologie, molte delle quali croniche, invalidanti o fatali, che colpiscono tra il 6 e l'8 per cento della popolazione nel corso della vita e, malgrado le singole malattie rare siano caratterizzate da una bassa prevalenza, il numero totale di persone che ne sono affette, solo nell'Unione europea, varia tra i 27 e i 36 milioni, pari a una persona su 100.000;
l'80 per cento di queste malattie è di origine genetica, per il restante 20 per cento dei casi si tratta di malattie acquisite;
l'Unione europea ha indicato le malattie rare tra i temi prioritari delle politiche sanitarie, al fine di stabilire l'uguaglianza del trattamento dei cittadini rispetto ai livelli essenziali di assistenza stabiliti dagli Stati membri;
diversi Stati membri hanno recepito le indicazioni dell'Unione europea, ponendo in essere una crescente attenzione e sensibilità verso tali patologie;
in Francia, in particolare, da tempo è stato adottato un piano nazionale per le malattie rare, e già dal 1994 è in vigore l'autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci orfani;
da quanto emerge dai rapporti dell'Agenzia francese per la sicurezza sanitaria dei prodotti relativi alla salute, dallo stesso anno, più di 400 prodotti farmaceutici sono stati oggetto di autorizzazione temporanea di utilizzo (ATU), con la possibilità di far accedere i pazienti alle cure in media 12 mesi prima dell'ottenimento dell'autorizzazione all'immissione in commercio;
l'ATU ha come finalità quella di consentire l'utilizzo di un farmaco orfano e/o destinato alla cura di malattie rare o gravi, prima ancora che lo stesso abbia ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio, purché il farmaco sia in fase di sviluppo e non vi sia una valida alternativa terapeutica garantita da un farmaco regolarmente autorizzato;
in Spagna, il Ministro della salute ha recentemente annunciato l'istituzione di un gruppo di lavoro finalizzato allo sviluppo di una strategia nazionale per le malattie rare;
in Belgio è stata istituita una Commissione nazionale per le malattie rare e i farmaci orfani, con l'obiettivo di sviluppare una strategia finalizzata ad incrementare l'attenzione per le problematiche connesse alle malattie rare e al rimborso dei farmaci orfani;
in Romania è stata presentata, alla fine del 2007, una proposta di piano nazionale per le malattie rare, attualmente all'esame del Ministro della salute;
in Italia, nonostante ci siano circa 2 milioni di malati, moltissimi dei quali in età pediatrica, e nonostante, fin dalla XIII Legislatura, si sia cercato di richiamare l'attenzione su questa tematica, non si è ancora ottenuto adeguato impegno da parte del legislatore;
attualmente, nel nostro Paese, il Sistema sanitario nazionale riconosce l'esenzione per l'acquisto solo di determinati farmaci, vista la difficoltà riscontrata nella classificazione di queste malattie, con conseguente aggravio per le famiglie dei pazienti;
ad oggi non è stata ancora approvata una legge idonea ad affrontare e risolvere le tante problematiche dei pazienti e delle loro famiglie, che incontrano enormi difficoltà di tipo economico ed assistenziale, ma soprattutto di grave carenza di strutture e farmaci adeguati alla cura di tali patologie, nonostante dalla XIII Legislatura ad oggi siano stati depositati numerosi disegni e progetti di legge a riguardo;
nell'ordinamento italiano la possibilità di accedere a farmaci non ancora dotati di autorizzazione all'immissione in commercio è limitata ai casi disciplinati

dal decreto ministeriale 8 maggio 2003, relativo al cosiddetto «uso compassionevole», e dal decreto-legge n. 536 del 1996, convertito dalla legge n. 648 del 1996 concernente i medicinali inseriti in appositi elenchi;
in entrambi i casi, i farmaci privi di autorizzazione possono essere somministrati ai pazienti solo in presenza di sperimentazioni cliniche in fase già avanzata;
lo schema dell'ATU, mutuato dal sistema francese, applicato ai farmaci destinati alla cura di malattie rare, orfane o gravi, consentirebbe ai pazienti di avere a disposizione tali farmaci con largo anticipo, rispetto ai tempi necessari alla conclusione degli studi clinici e all'ottenimento dell'autorizzazione alla commercializzazione;
il percorso autorizzativo di detta tipologia di farmaci è molto lungo e reso difficoltoso dal fatto che, solitamente, gli studi clinici richiedono molto tempo, in quanto la ricerca scientifica ha difficoltà a raggiungere sufficienti prove di evidenza e di efficacia visto l'esiguo numero di pazienti su scala mondiale e risulta, quindi, necessario dislocare le sperimentazioni in diversi Paesi, con conseguente ulteriore aggravio dal punto di vista dei tempi necessari alla relativa conduzione,

impegna il Governo:

a porre in essere tutte le iniziative necessarie per garantire la presa in carico dei malati affetti da malattie rare e delle loro famiglie, in particolare attraverso l'accesso alle cure e all'assistenza materiale, economica e psicologica, in modo da ottemperare alle indicazioni dell'Unione europea;
ad istituire un comitato nazionale per le malattie rare, in grado di monitorare la fenomenologia e l'incidenza delle malattie rare e gestire i fondi relativi;
a promuovere la predisposizione di una normativa che preveda l'autorizzazione temporanea di utilizzo per favorire l'accesso ai farmaci innovativi cosiddetti orfani, mutuando il modello francese.
(7-00438)
«Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».

TESTO AGGIORNATO AL 1° FEBBRAIO 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
l'imprenditore abruzzese Giuseppe Spadaccini, affidatario dell'appalto per la gestione della flotta dei Canadair della Protezione civile, è stato arrestato il 21 ottobre 2010, dalla Guardia di Finanza di Pescara per evasione fiscale internazionale da oltre 90 milioni di euro;
secondo i finanzieri, Spadaccini avrebbe costituito all'estero, ed in particolare a Madeira, in Portogallo, fittizie compagini societarie, e attraverso un complesso meccanismo amministrativo e finanziario, avrebbe fatturato oltre 30 milioni di euro per operazioni inesistenti;
Spadaccini, dunque, secondo la procura di Pescara, sarebbe al vertice dell'associazione a delinquere basata sul metodo della «estero vestizione» delle società evadendo così le tasse italiane e creando ingenti fondi neri;
dell'impero societario di Spadaccini fa parte la società Italia Airlines, che vedrebbe tra i propri soci il deputato Sabatino Aracu del PDL. L'operazione di compravendita delle quote sarebbe avvenuta attraverso la Bytols Sa di Madeira;
da un memoriale pubblicato su «L'Espresso» si parla «di versamenti di

Aracu a Cicchitto e di somme per sostenere la candidatura di Filippo Piccone intorno all'ordine di 500 mila euro. Nel memoriale si parla degli appartamenti comprati nel residence Smeralda Village di Porto Rotondo, lo stesso dove aveva decine di appartamenti Spadaccini, sequestrati contestualmente agli arresti, la signora Maria Maurizio, ex moglie di Aracu, riferì alla procura di regali di Angelini, i famosi Rolex comprati alla gioielleria Cazzaniga di Pescara, per una serie di personaggi politici dell'epoca e le loro consorti tra i quali spiccano la signora Domenici (moglie di Vito, assessore regionale) e la signora Paolini (moglie di Enrico allora vice presidente della Regione con Del Turco)» (PrimaDaNoi.it del 25 ottobre 2010);
l'ex vice presidente Enrico Paolini, già amministratore unico di Air Columbia, anch'essa facente parte dell'impero societario di Spadaccini, è entrato nei consigli di amministrazione della Sorem e della San, società che hanno subito il provvedimento di sequestro da parte della procura di Pescara;
per la Guardia di finanza, che indaga sin dal 2007 sul caso, la «vera cassaforte del gruppo Spadaccini» è la Sorem, società che da 11 ami si occupa della gestione operativa e logistica dei Canadair della protezione civile, per il soccorso aereo in caso di incendi boschivi;
la Sorem si aggiudicò infatti il bando indetto il 30 luglio 1997 dalla Protezione Civile per la gestione della flotta Canadair, nonostante la Commissione di esperti incaricata di valutare l'idoneità delle ditte partecipanti, avesse giudicato la domanda della Sorem carente nella parte relativa alla documentazione atta ad accertare la competenza tecnica e la capacità economica-finanziaria;
in seguito, anche la Corte dei conti, nel 2002 accertò l'assenza dei requisiti della Sorem per la partecipazione alla gara, e chiese ai dirigenti della Protezione civile di risarcire il danno causato alle casse dello Stato, circa 21 miliardi di lire, spesi per supplire alle carenze della Sorem nella fase iniziale del contratto (Corriere della Sera del 12 agosto 2003);
la stessa Sorem avrebbe inoltre dichiarato nel 1995 zero dipendenti, e una produzione annua di 220 milioni di lire, ovvero cinquanta volte inferiore al prezzo annuo del servizio che ha inspiegabilmente preso in gestione;
nel dicembre '97, mediante trattativa privata, il dipartimento di protezione Civile aggiudicò comunque il servizio alla Sorem, sebbene la società avesse presentato addirittura l'offerta a bando già scaduto;
quindi nel '98 sei Canadair furono consegnati alla Sorem, che ne affidò la manutenzione in subappalto alla Leat srl, società priva del certificato di idoneità tecnica rilasciato dal Registro aeronautico italiano;
risulta che la Sorem non sia mai riuscita a garantire né la manutenzione dei Canadair né il servizio richiesto. «Per mesi i Canadair della Protezione Civile rimasero a terra, anche perché la Sorem al momento dell'aggiudicazione non aveva piloti, né esperienza, né strutture per la manutenzione degli aerei» (Corriere della Sera del 12 agosto 2003);
per questo consta all'interrogante che sarebbero stati utilizzati personale e mezzi esterni alla Sorem, come aerei dell'Aeronautica militare, elicotteri dell'esercito e piloti dell'Alitalia;
ciononostante, l'appalto per lo spegnimento degli incendi, per gli anni 2005-2014, è stato nuovamente affidato tramite trattativa privata alla Sorem dell'imprenditore Giuseppe Spadaccini, per 40 milioni all'anno. La Protezione civile continua ad acquistare i Canadair, il cui costo è esorbitante, e ad affidarli alla Sorem, società di fatto inadeguata allo svolgimento del servizio;
la Protezione civile non ha peraltro tenuto conto delle offerte della ditta Avianord dalla lista delle società partecipanti

al bando, nonostante l'offerta più vantaggiosa sul piano economico. In particolare l'Avianord aveva proposto l'uso degli aerei Domader, che possono trasportare sino a 2300 litri di liquido, possono volare in ricognizione con l'acqua e decollare anche su piccole piste;
invece la Protezione civile avrebbe speso oltre 700 miliardi di lire per acquistare i Canadair, poi gestiti da una ditta priva dei requisiti e con cui il 29 ottobre 2010 a seguito dell'inchiesta è stato risolto il contratto;
ad oggi dunque la Sorem di Spadaccini è sotto inchiesta e il suo vertice è agli arresti. La Procura starebbe indagando anche sulla possibilità che fondi neri sarebbero stati utilizzati per finanziare politici;
la Protezione civile deve affrontare però un'emergenza, ovvero, avendo affidato la gestione alla Sorem e avendo oggi risolto il contratto, di fatto si trova nelle condizioni di avere i Canadair fermi a terra perché mancherebbe personale e manutenzione;
conseguentemente non ci sono piloti né tecnici che possano gestire i Canadair della Protezione civile;
allo scrivente risulta inoltre che i dipendenti della Sorem sarebbero a rischio licenziamento e da mesi non riceverebbero lo stipendio -:
alla luce di quanto riportato, come la Protezione civile intenda affrontare l'eventuale emergenza di incendi boschivi sul territorio nazionale e garantire la sicurezza, avendo affidato la gestione del servizio antincendio ad una società inadeguata sin dal 1998 e con cui è stato risolto il contratto il 29 ottobre 2010;
se il Ministro intenda chiarire anche sulla base degli atti depositati su quali basi la Protezione civile abbia potuto rinnovare l'affidamento alla Sorem per gli anni 2005-2014, nonostante gli scarsi servizi sino ad oggi forniti, anche verificando la regolarità della procedura del concorso relativo e dei requisiti della società vincitrice;
cosa il Ministro intenda fare al fine di evitare che i dipendenti della Sorem, che attualmente si troverebbero senza stipendio, restino anche senza lavoro;
se la Protezione civile sia a conoscenza dell'esistenza dei Domader, aerei molto più economici rispetto ai Canadair;
se la Protezione civile abbia effettivamente risarcito il danno causato all'erario, così come accertato dalla Corte dei conti nel 2002.
(2-00891)
«Zazzera, Di Pietro, Donadi, Barbato, Di Stanislao».

Interrogazione a risposta orale:

ROSATO, LOVELLI e PEDOTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
con comunicato stampa pubblicato il 29 ottobre 2010 sul sito del Dipartimento della Protezione civile www.protezionecivile.it si fa sapere che: «A seguito della comunicazione con cui la società Sorem, che gestisce la flotta dei Canadair della Protezione civile nazionale, dichiara di non essere più in grado di garantire il rispetto delle norme contrattuali che prevedono il quotidiano schieramento di un determinato numero di mezzi aerei a seconda delle situazioni e della pericolosità collegata al rischio incendi boschivi, sarà risolto il contratto che lega il Dipartimento della Protezione civile alla stessa società Sorem. L'attività amministrativa in corso non pregiudica comunque la copertura dell'intero territorio nazionale da adeguate risorse aeree dello Stato specifiche per la lotta agli incendi boschivi. Viene inoltre assicurato dal Dipartimento della Protezione civile tutto l'impegno per fornire le tutele necessarie al personale di volo e a quello tecnico addetto alla manutenzione della Sorem e della San, che il

Dipartimento ringrazia per il senso di responsabilità che anche in questi frangenti sta dimostrando»;
secondo notizie riportate dalla stampa (Il Sole24 Ore del 16 novembre 2010), il consigliere giuridico della Protezione civile Giacomo Aiello avrebbe dichiarato che si tratta di «una revoca necessaria, come peraltro prevedeva lo stesso contratto, perché la società ci ha comunicato di non essere più in grado di assicurare il servizio e di continuare con la gestione dei mezzi» a causa della «scoperta di un importante buco di bilancio»;
il proprietario della Sorem, Giuseppe Spadaccini, è in stato di arresto da circa un mese con l'accusa di avere evaso il fisco per una somma di circa 90 milioni di euro;
il personale della Sorem, 90 dipendenti di cui 70 con contratto a tempo indeterminato e i rimanenti con contratti stagionali, non percepiscono lo stipendio da circa due mesi e mezzo;
nonostante la grave situazione, come dichiarato in una nota UGL Trasporti e Ipa (Italian Pilots Association), «dimostrando un alto senso di responsabilità, piloti e tecnici hanno fino a questo momento garantito la disponibilità ad effettuare le operazioni antincendio. Tuttavia, anche se i piloti appartenenti alle due sigle confermano la disponibilità ad andare in volo, le operazioni antincendio non possono essere effettuate per l'assenza del presupposto di aeronavigabilità e del titolo sull'operatore. Alla data odierna, dal Dipartimento della Protezione Civile sono pervenute solo vaghe promesse, mentre permane l'assenza di un impegno che offra concretamente garanzie sul mantenimento dei livelli occupazionali del personale Sorem e San»;
la conseguenza di questa situazione è che i 19 canadair, la cui proprietà è della Protezione Civile e che rappresentano l'ossatura del servizio antincendio dello Stato italiano, sono in questo momento fermi all'aeroporto di Ciampino e nel caso in cui fosse necessario un loro intervento non potrebbero volare -:
quali urgenti iniziative intenda assumere per assicurare la piena funzionalità e operatività del servizio aereo antincendio;
se non ritenga opportuno affidare, salvaguardando le professionalità esistenti, la gestione del servizio aereo antincendio ad un unico soggetto statale, ovvero al Ministero dell'interno e, in particolare, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, unica struttura, a parere degli interroganti, in grado di garantire gli interventi operativi e il coordinamento necessario con gli altri soggetti istituzionali coinvolti, sia nella fase di avvistamento che di spegnimento, essendo i «professionisti» indiscussi dell'antincendio.
(3-01331)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'attività di bonifica degli ordigni bellici residuati della 1a e 2a Guerra Mondiale, intesa come attività di bonifica sistematica preventiva all'esecuzioni di opere comportanti operazioni di scavo era regolata, fino al giorno 8 ottobre 2010, dal decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1946, n. 320;
il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, (entrato in vigore il 9 ottobre 2010, all'articolo 2268, n. 258, ha abrogato il citato decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1946, n. 320. Il pericoloso vuoto normativo che, di fatto, si è venuto a creare con la soppressione della norma in parola ha cancellato anche la successiva regolamentazione emanata dal Ministero della difesa inerente la bonifica sistematica preventiva alla quale, fin dal 1946, le ditte private hanno sempre fatto riferimento nello svolgimento delle loro attività con il proprio personale, addestrato e brevettato dal Ministero della difesa;

l'Associazione di categoria delle imprese bonifiche belliche (ASSOBON) ha fatto rilevare agli interroganti che in particolare si è determinata una assenza assoluta di norme atte a regolamentare un'attività tanto delicata per quanto attiene la sicurezza sui cantieri edili ma anche per la manipolazione degli stessi residuati bellici. Infatti, allo stato attuale, sembrerebbe che chiunque possa eseguire dette operazioni secondo le proprie necessità anche avvalendosi di personale non adeguatamente addestrato ed inoltre si è determinata una preoccupante incertezza sull'esito e sulla prosecuzione delle attività lavorative delle aziende che operano nel settore con un organico complessivo di oltre 1.000 unità;
l'attuale situazione indubbiamente riversa i suoi effetti negativi oltre che sulle economie delle ditte interessate dalle attività di bonifica degli ordigni bellici, anche sulla sicurezza dei cantieri di lavoro, nonché e a maggior ragione sull'incolumità dei lavoratori e dei cittadini residenti nelle aree limitrofe ai medesimi cantieri -:
quali immediati interventi intenderà attuare per porre rimedio all'evidente e grave errore contenuto nel decreto legislativo n. 66 del 2010 e quali immediate iniziative per ristorare gli eventuali danni che l'impropria abrogazione del decreto legislativo luogotenenziale in premessa ha causato e continuerà a causare alle ditte del settore;
se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per sospendere l'applicazione del decreto legislativo n. 66 del 2010 ed istituire un'apposita commissione interministeriale con lo scopo di rivedere e correggere i molteplici errori contenuti nella predetta norma al fine di evitare nuovi e maggiori danni dovuti alla grave approssimazione con cui secondo gli interroganti ha lavorato la commissione di esperti e tecnici che hanno operato per redigere l'attuale testo vigente.
(4-09475)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 16 novembre 2010, il sito web Repubblica.it ha pubblicato la notizia in possesso di «Reprieve», un'organizzazione umanitaria britannica che si batte contro la pena capitale e la tortura in tutto il mondo, secondo la quale la Hospira Spa, un'azienda farmaceutica con base a Liscate, in provincia di Milano, è stata incaricata di produrre Sodium Thiopental (o Pentotal), un potente barbiturico utilizzato, tra l'altro, in tutti i protocolli di iniezione letale dei vari Stati della federazione americana;
secondo la notizia, a partire da gennaio, la società milanese, sussidiaria di una multinazionale americana, dovrebbe esportare la sostanza negli Usa, dove la carenza di Pentotal ha già indotto una decina di Stati, tra cui il Kentucky, l'Ohio, il Missouri, l'Arizona e l'Oklahoma a rinviare le esecuzioni già programmate fino a che non riceveranno nuove dosi;
inoltre, secondo l'avvocato Clive Stafford Smith, direttore di «Reprieve», uno dei difensori dei diritti umani più famosi del mondo, la fabbrica milanese «è stata già usata in passato per questo scopo», cioè la produzione di Sodium Thiopental da destinare ai penitenziari americani, almeno fino a quando la produzione non riprenderà negli Stati Uniti;
negli Stati Uniti, la casa madre, la Hospira che ha sede nei sobborghi di Chicago, ha spiegato che la carenza deriva dalla carenza di un altro farmaco, il Propofol, di più comune uso nelle sale operatorie, il che avrebbe indotto diversi anestesisti a ripiegare sul Pentotal, generando così la scarsità del barbiturico;
la Hospira ha assicurato che le scorte potrebbero essere ripristinate nei primi mesi del 2011 e, nonostante abbia ribadito che «la ditta produce questo farmaco per migliorare o salvare una vita umana e che il suo uso va limitato esclusivamente alle indicazioni scritte sull'etichetta del farmaco», è probabile che le iniezioni letali con l'uso di Pentotal continuino come in passato;
nel frattempo, lo stato dell'Arizona se ne è procurato un quantitativo, prodotto da un'altra azienda farmaceutica in Gran Bretagna, con il quale è il 25 ottobre 2010 è stata eseguita l'iniezione letale nei confronti di Jeffrey Landrigan, ragion per cui «Reprieve» ha intrapreso un'azione legale volta a evitare che il Pentonal britannico sia nuovamente esportato per l'esecuzione di altri detenuti americani, in base anche a una norma europea (EU Council Regulation 1236/2005), secondo la quale «l'esportazione di merci che non hanno nessun utilizzo pratico se non quello per la pena capitale, la tortura o altri trattamenti crudeli e inumani... è proibita, indipendentemente dall'origine della merce»;
l'Italia non ha la pena capitale ed è impegnata proprio in queste settimane al Palazzo di Vetro per l'approvazione di una nuova Risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali -:
se corrisponda al vero quanto detto in premessa e, in particolare, se l'azienda farmaceutica Hospira con base a Liscate sia stata incaricata di produrre Sodium Thiopental per il «mercato» americano e se lo abbia già fatto in passato;
se non ritenga di dover intervenire, in coerenza anche con l'impegno dell'Italia che ha abolito la pena di morte ed è mobilitata a tal fine a anche a livello internazionale, perché siano rispettate tutte le nostre leggi e le norme europee che vietano di cooperare in ogni modo alla pratica della pena capitale, della tortura o di altri trattamenti crudeli e inumani.
(4-09476)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da articoli della stampa locale emerge che il presidente della regione Veneto Zaia sulle recenti alluvioni ha affermato che sono caduti 50 centimetri d'acqua in 48 ore, mentre nel 1966 ne caddero 20 di centimetri;
secondo Luigi D'Alpaos, ordinario di idraulica all'università di Padova, che faceva parte della commissione De Marchi, e che esaminò là situazione dei fiumi veneti dopo l'alluvione del '66, indicò gli interventi per evitare la ripetizione della sciagura, già allora «C'erano due strade possibili: adeguare alle massime portate di piena i corsi vallivi dei fiumi o decapitare temporaneamente i colmi di piena trattenendoli con invasi da costruire. Si optò per una serie di serbatoi anti-piena»;
questi serbatoi dovevano essere collocati: «Uno a Pinzano per il Tagliamento, di circa 100 milioni di mc. Uno a Ravedis per il Cellina, di 20-25 milioni di mc e un altro a Colle di 60 milioni di mc per il Meduna. Tutto questo per ridurre la portata di piena del Livenza». «Per il Piave veniva suggerito un serbatoio a Falzè di 90 milioni di mc, che era in grado di controllare qualsiasi piena. Per il Brenta-Bacchiglione alcuni invasi vicino all'Astico e sui corsi d'acqua che formano poi il Bacchiglione a Vicenza, quindi Timonchio-Leogra e Retrone»;
di queste opere sono state realizzate «Solo quella di Ravedis e solo perché ne era prevista l'utilizzazione irrigua e idroelettrica. Il Bacchiglione non ha nessun serbatoio elettroirriguo a monte. Sul Brenta c'è il sistema del Cismon che fa capo al lago del Corlo: non so come abbia operato, sta di fatto che stavolta il Brenta ha avuto portate modeste. Per fortuna di Padova»;
quanto ai canali della bonifica: «La rete dei consorzi ha un ruolo secondario. Va in crisi per le piogge più brevi e più intense, che non preoccupano il grande sistema idrografico, ma producono i vari episodi di allagamento ripetuto»;
quanto alle emergenze, sempre secondo Luigi D'Alpaos: «Una l'abbiamo creata noi in questi 50 anni, quella della

rete idraulica minore: un terreno agricolo ha una portata 10 litri al secondo per ettaro, l'area urbanizzata li fa diventare 150-200. I centri del Veneto sono andati estendendosi in barba a tutti i problemi idraulici, pianificati da tecnici scellerati e da sindaci che chiudono i fossi per farci sopra piste ciclabili» -:
se risulti vero sulla base degli atti depositati che siano caduti 50 centimetri d'acqua in 48 ore, mentre nel 1966 ne caddero 20 di centimetri, e sulla base di quali dati ed elaborazioni, e quali iniziative di competenza si intendano assumere in relazione a quanto riportato in premessa.
(4-09480)

TOTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con precedenti atti di sindacato ispettivo, che non hanno ricevuto risposta dal Governo, l'interrogante, in relazione al funzionamento del sistema sanitario nella regione Abruzzo, aveva già richiesto di conoscere, rispettivamente, se il Governo non intendesse «specificamente verificare il concreto rispetto dei livelli essenziali di assistenza attualmente definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 2008 nell'ambito del sistema sanitario regionale abruzzese» (interrogazione a risposta scritta 4-06460 presentata il 10 marzo 2010); e, successivamente, se «in atto i LEA risultino, e in che misura, soddisfatti nel territorio regionale abruzzese» (interrogazione a risposta scritta 4-06672 presentata il 31 marzo 2010);
sennonché, le liste d'attesa per le prestazioni sanitarie, anche le più urgenti ed essenziali, lungi dall'essere più celermente smaltite, si sono ulteriormente allungate, con un notevole aggravio di tempi per l'effettuazione delle prestazioni prenotate, tanto da indurre l'ufficio del commissario ad acta per il piano di rientro dai debiti sanitari della regione Abruzzo, a indire una riunione, svoltasi, settimane or sono, presso l'assessorato regionale alle politiche della salute, per affrontare, con i responsabili dei vari centri unici di prenotazione locali, il gravissimo problema delle liste d'attesa. Di esso, periodicamente, danno testimonianza anche i mezzi di comunicazione, compresi quelli nazionali, come accaduto nella scorsa primavera allorquando due telegiornali nazionali, TG1-Rai e TG5-Mediaset, diedero notizie di intollerabili ritardi nella prenotazione di prestazioni sanitarie urgenti, consistenti in indagini di diagnostica strumentale riferite a patologie anche di natura oncologica;
specie in taluni presidi della regione, per esempio nel policlinico di Chieti, tra le prestazioni che si riescono a prenotare solo a considerevole distanza di tempo, comunque superiore a un anno, vi sono, per esempio, le mammografie, indagini radiologiche del seno, fondamentali per la conferma di quesiti diagnostici, per lo screening finalizzato all'eventuale diagnosi precoce di tumori di quell'organo e per i controlli successivi alle cure per patologie neoplastiche mammarie. In relazione a esse, la Camera dei deputati nella seduta del 30 giugno 2010 ha approvato, pressoché all'unanimità, la mozione 1-00401 Carlucci e altri, con la quale si è impegnato il Governo, tra l'altro a «g) ad assicurare una specifica iniziativa di affiancamento per le regioni inadempienti a quanto previsto negli attuali LEA, in termini di presa in carico, screening e prevenzione del carcinoma per consentire l'adozione di specifici programmi di recupero dei ritardi. Tali programmi saranno valutati dal CCM e dal Comitato per la Verifica dei LEA, e condizioneranno l'accesso da parte delle regioni alla quota premiale del 3 per cento dell'intero finanziamento regionale per i servizi sanitari»;
in un siffatto contesto, si calano, ineludibili e significativi, i dati della cosiddetta «mobilità sanitaria passiva» regionale, ossia l'effettuazione di prestazioni sanitarie, a carico del servizio sanitario regionale, fuori dell'Abruzzo. Da essi si riscontra come nella regione Abruzzo si

sia passati dai circa 110 milioni di euro di «mobilità passiva» rilevata nell'anno 2007 ai circa 132 milioni di euro di «mobilità passiva» rilevata nel 2009, con un incremento del 20 per cento della valorizzazione su base economica delle prestazioni sanitarie richieste ed effettuate fuori regione dagli utenti del servizio sanitario regionale abruzzese;
è da escludere, intuitivamente, che il rilevante incremento della «mobilità sanitaria passiva» regionale sia motivabile unicamente riconducendola alle conseguenze derivanti dal noto sisma occorso in Abruzzo, particolarmente nell'aquilano, il 6 aprile dell'anno 2009, mentre è assolutamente ragionevole che gran parte di quell'incremento sia da ricondurre all'accentuato decadimento dell'offerta sanitaria in ambito regionale, sempre più inadeguata ad assorbire la domanda di prestazioni sanitarie, specialistiche, di diagnostica strumentale o, anche, di ricovero ospedaliero, come, ma solo esemplificativamente, è emerso negli scorsi mesi negli ospedali di Pescara e di Chieti in relazione alla situazione dei rispettivi reparti geriatrici. È indubbio, infatti, che insufficienze organizzative, la progressiva maggiore penuria di personale, la chiusura o dismissione di reparti e servizi e, da ultimo, di presidi, in assenza del preventivo o almeno contemporaneo allestimento di strutture alternative, sui territori interessati a quei tagli, concorrono in modo rilevante a orientare altrove, in primo luogo Marche, Lazio ed Emilia-Romagna, l'allocazione della domanda di prestazioni, come dimostra il cospicuo «esodo» di pazienti verso la citata regione limitrofa Marche, agevolmente raggiungibile, in particolare dalla provincia di Teramo, porzione del territorio abruzzese, che, non a caso, sviluppa la più alta percentuale di «mobilità sanitaria passiva»;
le liste d'attesa rischiano di essere negativamente condizionate anche dalla totale estromissione ai provvedimenti correttivi dei soggetti artefici del sistema sanitario regionale a causa del regime commissariale, interpretato, dal relativo ufficio, ad avviso dell'interrogante, con un orientamento ad excludendum, rispetto a qualunque istanza o richiesta di confronto da parte di soggetti istituzionali e operatori, in fase decisionale. E, in proposito, non risulta che la regione Abruzzo abbia presentato un nuovo piano di rientro dai debiti sanitari, ai sensi dell'articolo 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 («Finanziaria 2010»), con ciò rinunciando alla prospettiva del passaggio, secondo tempi e procedure definiti nel piano medesimo, soggetto ad approvazione, dalla gestione straordinaria commissariale alla gestione ordinaria regionale. Ciò, avrebbe comportato, in sede di predisposizione del nuovo piano, quella partecipazione degli organi regionali, giunta e consiglio regionale, quest'ultimo, attualmente, estromesso, a quanto consta all'interrogante, non solo da ogni ruolo attivo ma anche da ogni informativa preventiva, alla stregua dei comuni cittadini, che meglio avrebbe predisposto la definizione e la successiva attuazione delle misure in adozione. L'esercizio della richiamata facoltà, normata nella «Finanziaria 2010» per le regioni, come l'Abruzzo, già sottoposte ai piani di rientro e già commissariate alla data del 1o gennaio 2010, avrebbe, altresì, consentito la ricerca della condivisione dei predisponendi interventi del piano da parte degli altri soggetti istituzionali locali, delle categorie interessate e degli operatori di settore, ai fini di una più vasta e consapevole assunzione di responsabilità, un'ampia adesione alle decisioni da intraprendere e un'appropriata e utile sollecitazione a un fondamentale e diffuso spirito collaborativo, in difetto dei quali, come ogni esperienza di organizzazioni complesse insegna, anche i provvedimenti più severi, ancorché di evidente rigore, rischiano di fallire i propri obiettivi, tra i quali quello dell'abbattimento delle liste d'attesa è uno tra i maggiori da conseguire -:
se, nel periodo, a tutt'oggi trascorso, decorrente dall'avvio della fase commissariale per la gestione del piano di rientro dai debiti sanitari della regione Abruzzo, la «mobilità sanitaria passiva» regionale

sia variata, ed eventualmente, in quale direzione, in quale misura e con quali consistenze per scansioni annuali;
se il Governo intenda, sulla scorta della rilevazione dei dati sulla «mobilità sanitaria passiva» della regione Abruzzo, compresi gli specifici flussi ad essa attinenti, approfondire e individuare le sue specifiche cause e approntare e definire i necessari interventi, eventualmente anche mediante la rimodulazione, in sede appropriata, del piano di rientro dai debiti sanitari della regione Abruzzo, alla luce delle cause riscontrate e dell'osservazione degli effetti collaterali relativi alla «mobilità sanitaria passiva», per il contenimento della negativa incidenza economico-finanziaria della medesima sui risparmi eventualmente realizzati con l'attuazione del richiamato piano di rientro dai debiti sanitari;
se il Governo abbia mai calcolato, ed eventualmente quali siano, o, in caso contrario, se non intenda farlo, gli effetti, in sede previsionale, sui conti di settore, con riferimento all'Abruzzo, per l'anno 2012, e i «costi sociali» indotti dalla «mobilità sanitaria passiva», in termini di spese accessorie a carico di pazienti, di loro parenti o accompagnatori, per trasporti, vitto, alloggio, in termini di oneri riflessi sul sistema economico, per la fruizione da parte di parenti o accompagnatori, se lavoratori, di permessi e ferie, e, comunque, per l'inevitabile loro assenza dal lavoro nonché in termini di incidenza, per le analoghe motivazioni, sul funzionamento dei pubblici uffici e servizi.
(4-09484)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con gli atti di sindacato ispettivo n. 4-08871 e 4-09083 gli interroganti hanno richiesto dettagliati chiarimenti in merito alle notizie di stampa e a quelle reperite su alcuni siti internet, relative alla sottoscrizione di due differenti versioni dello schema di provvedimento di concertazione per il personale delle Forze armate (esercito, Marina compreso il Corpo delle capitanerie di porto, e Aeronautica) relativo al biennio economico 2008-2009 da parte di alcuni delegati della rappresentanza militare;
il giorno 10 novembre 2010, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (Supplemento Ordinario n. 246) il decreto del Presidente della Repubblica ottobre 2010, n. 185, recante il recepimento del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze armate (biennio economico 2008-2009);
l'articolo 4 del provvedimento in argomento è differente da quello originariamente concertato e sottoscritto il 16 settembre 2010, dalle parti interessate;
ad avviso degli interroganti, sostanziale differenza tra il testo concertato e il testo effettivamente recepito nel decreto del Presidente della Repubblica n. 185 del 2010, espone il citato decreto del Presidente della Repubblica alla concreta possibilità di essere sottoposto ad un giudizio di annullamento il cui esito, in caso di declaratoria di nullità dell'atto, a favore della parte ricorrente, comporterebbe inevitabili e gravi ripercussioni su tutto il personale militare interessato;
secondo la giurisprudenza delle corti, i soggetti legittimati ad agire in giudizio avverso e per l'annullamento di un atto o di una norma sono tutti coloro verso i quali questi sono destinati a produrre effetti;
nella medesima Gazzetta Ufficiale e stato pubblicato anche il decreto del Presidente della Repubblica n. 184 del 2010, relativo al recepimento dell'accordo sindacale per il personale non dirigente delle forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle forze di polizia ad ordinamento militare verso il quale non può essere mossa alcuna censura attesa la

piena corrispondenza tra i documenti sottoscritti in sede di trattativa e quanto recepito con il decreto del Presidente della Repubblica citato;
se il Presidente del consiglio e i ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti in premessa;
quali immediate e urgenti azioni si intendano avviare per ripristinare la piena legalità nei rapporti tra le parti ad avviso degli interroganti violata dai rappresentanti dello stato maggiore della difesa e dai delegati del Consiglio centrale della rappresentanza militare e quali immediati provvedimenti si ritenga di assumere per rimuovere dai loro incarichi i predetti soggetti qualora siano accertati le loro responsabilità;
se il Presidente del Consiglio non intenda acquisire elementi in relazione alla vicenda assumendo ogni iniziative di competenza qualora siano accertate responsabilità;
quali immediati provvedimenti intenderà adottare per evitare che il personale militare si trovi a dover fronteggiare le conseguenze di una eventuale dichiarazione giurisdizionale di nullità del provvedimento di concertazione di cui in premessa.
(4-09485)

MARSILIO e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i rapporti con le regioni le la coesione territoriale, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il comune di Palombara Sabina è stato accreditato come ente di Servizio civile con richiesta prot. n. 19438 del 28 luglio 2009, ed ha avviato nell'anno in corso il progetto denominato «Nessun Diritto Senza Informazione», il quale a tutt'oggi impegna due volontari;
nell'anno 2010 al suddetto ente è stato negato l'accredito come ente di servizio in quanto, come da missiva dell'11 novembre 2009 prot. n. 27917 inviata dalla regione Lazio, veniva contestata la regolarità degli allegati alla delibera di giunta ed in particolare la mancata allegazione del titolo di possesso dell'immobile sede di attuazione del progetto;
quanto sopra esposto comporta un grave pregiudizio sia per l'Ente che per i giovani potenzialmente interessati allo svolgimento del servizio civile presso il comune di Palombara Sabina;
risulta allo scrivente che sia stato approvato recentemente un progetto di servizio civile da svolgersi anche presso il Comune di Palombara Sabina, nella specie presso il centro anziani comunale;
risulta altresì che tale progetto, denominato «si può dare di più», sia stato promosso dall'associazione «Libera Civitas», con sede in Montorio Romano;
i dati riportati nel progetto non sarebbero stati forniti dal comune di Palombara Sabina, il quale non avrebbe mai intrattenuto alcuna corrispondenza con l'associazione «Libera Civitas», rischiando di ingenerare, ad avviso dell'interrogante, una visione distorta della realtà locale. Difatti l'intervento di un servizio di natura socio-sanitaria su un territorio comunale senza il necessario coordinamento con lo stesso ente locale risulterebbe inefficace, se non persino dannoso;
da quanto si evince dal progetto, la sede accreditata per la formazione dei volontari nonché sede di attuazione, sarebbe una struttura immobiliare sita a Montorio Romano, in via delle Volte n. 11 censita al catasto fabbricati al Fg. 11 particolo 227 sub 12 cat. A/6 civile abitazione priva di abitabilità;
da informazioni assunte risulta inoltre che l'associazione non vanti alcun titolo sulla sede di realizzazione del progetto, che sarebbe stata indicata in piazza del Municipio 1 a Montorio Romano dichiarata quale proprietà dell'associazione, ma che apparterrebbe in realtà al suddetto comune -:
di quali elementi il Governo disponga in relazione a quanto esposto in premessa;

se risulti che l'associazione Libera Civitas con sede in Montorio Romano, via delle Volte n. 11, accreditata nell'anno 2010 come ente di servizio civile, abbia indicato come locali, sedi di attuazione del progetto «SI PUÒ DARE DI PIÙ», edifici destinati a civile abitazione, alcuni di proprietà di un comune e comunque non in possesso dei requisiti previsti dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute pubblica, come richiesto dalla circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri del 17 giugno 2009;
se risulti a quanto ammonti il costo totale del progetto per cui la Libera Civitas ha ottenuto l'accredito per l'anno 2010 per il progetto denominato «SI PUÒ DARE DI PIÙ».
(4-09492)

TESTO AGGIORNATO AL 1° FEBBRAIO 2011

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si sono tenute nei giorni scorsi le elezioni politiche nel Myanmar (ex Birmania);
secondo tutte le fonti e la diplomazia internazionale le elezioni non sono state minimamente libere, ma pesantemente condizionate dal regime militare al potere -:
quali iniziative sul piano politico-diplomatico abbia assunto l'Italia per la difesa della democrazia nel Myanmar e quali atteggiamenti terrà nei confronti della giunta militare attualmente al potere in quella Nazione.
(4-09464)

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 2 ottobre scorso, il giornale ugandese, Rolling Stone ha pubblicato un articolo intitolato Divulgate 100 Foto dei Leader Gay Ugandesi;
nell'articolo, prima parte di una serie di 4 edizioni, si mostrano 100 foto di persone gay o lesbiche, che sono correlate da: nomi, posizione professionale, descrizione della vita privata, ubicazione dell'abitazione sia privata che lavorativa;
in tale articolo, inoltre, si rendono note le seguenti affermazioni:
si sollecita «l'impiccagione degli omosessuali» in Uganda, chiedendo al Governo ugandese di intervenire pesantemente nei loro confronti.
si sostiene che gay e lesbiche sarebbero volti a «reclutare» entro il 2012 un milione di bambini sotto i dodici anni, in quanto ritenuti facilmente indirizzabili all'omosessualità ed alla bisessualità;
un anonimo dirigente della chiesa ugandese asserisce che: «Se il governo non farà un passo coraggioso per l'impiccagione di decine e decine di omosessuali, il vizio continuerà a mangiare la fibra morale e la cultura della nostra grande nazione»;
alcuni leader politici e della chiesa ugandesi, per anni hanno sostenuto che ci sia in atto una cospirazione internazionale delle Nazioni Unite e di alcuni governi occidentali, per convertire i giovani ugandesi all'omosessualità, con miliardi di dollari che sono incanalati segretamente verso associazioni gay ugandesi;
lo stesso articolo fa menzione della metodologia usata per l'indagine ossia l'uso di vari siti web sia nazionali che internazionali, di Facebook per rintracciare, collezionare per poi pubblicare, foto, identità e dati, nonché infiltrazioni effettuate anche con l'uso di telecamere nascoste sia in luoghi di ritrovo pubblici che in abitazioni private;
fonti locali riferiscono che una coalizione formatasi a seguito della pubblicazione del suddetto articolo, si è recata presso la sede del giornale per consegnare personalmente una lettera al redattore, in cui si chiede un atto pubblico di scuse e

di non proseguire nella pubblicazione di ulteriori foto e dati personali come già annunciato nell'articolo del 2 ottobre 2010;
la lettera ha ricevuto risposta negativa da parte del direttore, che ha invece confermato la linea del giornale, ossia, la pubblicazione di nuove foto e dati personali nei prossimi quattro numeri;
come riportato da Apcom il 21 ottobre scorso, l'attivista ugandese per i diritti umani Julian Onziema ha denunciato che: «Almeno quattro omosessuali sono stati aggrediti e molti altri sono stati costretti a nascondersi dopo la pubblicazione sulla prima pagina della rivista ugandese Rolling Stone di nome, indirizzo e fotografia di 100 gay, con la scritta "Impiccateli"»;
il 10 novembre scorso Amnesty International ha, inoltre denunciato che: «il Presidente dell'ONG Minoranze Sessuali Uganda, Frank Mugisha, così come molte delle persone additate dal giornale ugandese Rolling Stone, hanno ricevuto minacce di morte e insulti, per telefono, in strada e dai vicini»;
il 25 settembre 2009, il deputato David Bahati ha presentato al Parlamento ugandese una proposta di legge contro l'omosessualità denominata «Anti Homosexuality Bill 2009»;
con tale proposta di legge, si prevede in particolare quanto segue:
per coloro che sono ritenuti colpevoli di atti omosessuali la pena detentiva è portata da 14 anni all'ergastolo;
la pena di morte è prevista per coloro che commettono atti omosessuali con minori o se malati di HIV;
pene severe sono stabilite, anche nei confronti di coloro che sono a conoscenza di persone omosessuali e non le denunciano, per esempio, ogni genitore che non denuncia alle autorità competenti la figlia lesbica o il figlio gay rischia multe salate e sino a 3 anni di carcere; lo stesso destino per gli insegnanti, mentre il padrone di casa che osasse affittare proprietà a sospetti omosessuali rischia sino a 7 anni di prigione;
si minaccia anche di punire o rovinare la reputazione di chiunque sia a favore della legalizzazione dell'omosessualità e di chi lavora per la protezione dei diritti delle minoranze sessuali, e nella categoria sono compresi medici e attivisti della società civile;
il progetto in questione prevede l'annullamento, da parte dell'Uganda, di tutti gli impegni internazionali o regionali assunti dal paese che siano considerati in contrasto con le disposizioni di siffatto progetto;
la legge è già stata condannata dal Commissario europeo De Gucht, dai Governi britannico, francese e svedese, come pure dal Presidente degli Stati Uniti Obama e dal Presidente e dal vicepresidente della commissione per gli affari esteri della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti;
il progetto di legge è stato anche denunciato da organizzazioni non governative di tutto il mondo e nella stessa Uganda come un grande ostacolo alla lotta contro l'HIV e l'AIDS nella comunità omosessuale;
in Africa l'omosessualità è legale soltanto in 13 Paesi ed è un reato punibile in 38 Paesi, tra i quali la Mauritania, il Sudan e la Nigeria settentrionale che prevedono per l'omosessualità addirittura la pena di morte, e l'approvazione di una legge siffatta in Uganda potrebbe avere effetti a cascata su altri paesi africani, nei quali le persone sono o potrebbero essere perseguitate in ragione del loro orientamento sessuale;
la risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2009 sulla proposta di legge contro l'omosessualità in Uganda sottolinea che: «l'orientamento sessuale è una questione che rientra nella sfera del diritto individuale alla vita privata, garantito dalla legislazione internazionale in materia di diritti umani, secondo cui

l'uguaglianza e la non discriminazione dovrebbero essere promosse e la libertà di espressione garantita; condanna pertanto la proposta di legge del 2009 contro l'omosessualità»;
la Risoluzione, inoltre, chiede: «alle Autorità ugandesi di non approvare la proposta di legge e di rivedere la legislazione nazionale allo scopo di depenalizzare l'omosessualità» -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra menzionati;
se alla luce di quanto riportato, il Governo italiano abbia intenzione di adottare, sia in sede bilaterale sia in quella internazionale, iniziative volte a spingere il Governo ugandese - vincolato dall'accordo di Cotonou del 23 giugno 2000 al rispetto dei diritti umani universali - a contrastare i reati di omofobia che mettono a rischio la vita dei cittadini ugandesi gay o lesbiche;
se il Governo italiano non intenda adoperarsi, sia in sede bilaterale sia internazionale, per chiedere alle Autorità ugandesi di non dar seguito alla proposta di legge che mira a discriminare le persone omosessuali.
(4-09481)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il Corriere.it dell'11 novembre 2010, la procura di Milano ha sequestrato un'area di circa 260.000 metri quadrati per irregolarità nelle bonifiche autorizzate dal comune di Milano e per la presenza di metalli tossici, diossina e altri elementi cancerogeni;
l'area, che si trova in zona Bisceglie, è stata recentemente indicata dall'amministrazione comunale per ospitare un progetto di riqualificazione in vista dell'Expo. Già da un mese si sarebbero dovuti iniziare i lavori per il parco delle vie d'acqua dell'Expo; tuttavia, secondo i pubblici ministeri l'area dell'ex cava Garegnano, utilizzata in passato come discarica, non sarebbe stata bonificata in modo adeguato;
«Era impensabile non intervenire, lo abbiamo fatto per tutelare la salute pubblica», dice il procuratore aggiunto Alfredo Robledo che coordina le indagini del pubblico ministero Paola Pirotta dove si ipotizzano i reati di avvelenamento delle acque, gestione illegittima di discarica e omessa bonifica. La procura accusa il Comune di Milano «di aver dato autorizzazioni illegittime». In particolare quella che, anziché la bonifica dai costi elevatissimi, consente la «messa in sicurezza dell'area»: un telo di 1,5 millimetri su cui costruire delle sorte di palafitte, «un sistema di sbarramento per bloccare gli inquinanti». Tuttavia, questa sorta di «tappo» per la magistratura è un provvedimento inadeguato, come si legge nel decreto di sequestro, che dovrà ora essere convalidato dal giudice per le indagini preliminari;
nell'ottobre 2010, l'Asl in un rapporto aveva sottolineato a pericolosità del sito, negando alla società che cura la «messa in sicurezza» l'autorizzazione a rimuovere i monitoraggi dei gas interstiziali. «Tutto come previsto. La bonifica è fatta sotto l'osservazione degli enti preposti. Non abbiamo causato noi l'inquinamento, siamo trasparenti. Ci hanno approvato i progetti dopo tre anni di iter» dice Claudio De Albertis, uno dei titolari del piano di intervento, per il gruppo Residenze Parchi Bisceglie, respingendo ogni addebito. «Abbiamo fatto tutto secondo quanto prescritto da Comune, Asl, Arp e Provincia. E affidato la bonifica a una delle più importanti

aziende al mondo», rilanciano anche dalla Società dell'Acqua Pia Antica Marcia, che fa capo al gruppo Bellavista Caltagirone;
si tratta di un'area nella quale diverse persone avevano già investito per comprare abitazioni da due cooperative;
l'autorizzazione alla bonifica dell'area era stata concessa alle società Antica Pia Marcia (gruppo Bellavista Caltagirone) e Torri Parchi di Bisceglie poi diventata Residenze di Bisceglie (gruppo Mangiarotti). Gli esecutori dei lavori erano le aziende Mspa e Arcadis srl;
nel decreto di sequestro si parla di una falda inquinata, di rifiuti, di sostanze cancerogene. La tesi della procura è che la bonifica non sia stata fatta perché sarebbe costata 165 milioni di euro, 700 euro al metro quadro, molto di più del valore dell'area che si aggira intorno ai 120 euro al metro quadro;
secondo il progetto approvato nel 2007 e illustrato un mese fa dall'assessore Masseroli, sull'area avrebbero dovuto essere realizzati 2600 alloggi, un centro per giovani e anziani, una struttura sanitaria per disabili, un centro polisportivo. Gli inquirenti parlano della realizzazione di un «paradiso sull'immondizia»;
Alessandro Miano, di Assoconsumatori, ammonisce: «Tutti erano a conoscenza della impossibilità di bonificare il terreno radicalmente, Comune compreso, a quanto riferito da Consorzio Casa. Nelle immediate adiacenze sono in corso altre iniziative edilizie di grande impegno su terreni sfuggiti al sequestro ma che non si esclude siano in condizioni similari o per lo meno inquinate dalla vicinanza della ex cava» -:
di quali elementi dispongano in relazione a quanto esposto in premessa e se e quali iniziative di competenza intendano avviare urgentemente al fine di tutelare la salute pubblica e l'ambiente;
se intendano costituirsi parte civile nel processo.
(4-09477)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta un articolo di Carlo Vulpio sul Corriere della Sera il 19 novembre 2008, la Valle dei Templi è stata «cancellata» per decreto a causa del rigassificatore;
infatti il provvedimento di Via (valutazione di impatto ambientale) adottato il 20 settembre 2008 dal ministro dell'ambiente «di concerto» con il Ministro per i beni culturali (Sandro Bondi), dichiara che il progetto di un rigassificatore da 8 miliardi di metri cubi l'anno, che l'Enel vuole realizzare nel porticciolo di Porto Empedocle, «non incide su zone speciali tutelate a livello comunitario, in quanto i proposti siti di interesse comunitario più vicini (pSic) distano da 13 a 20 chilometri dall'area di intervento»;
il rigassificatore Enel aveva pertanto ottenuto il parere favorevole della commissione ministeriale di verifica dell'impatto ambientale (Via) perché non intaccherebbe i siti di interesse comunitario. Tuttavia, a meno di un chilometro (e non 13 o 20) dal punto in cui si vorrebbe realizzare l'opera (due serbatoi da 160 mila metri cubi ciascuno, 47 metri di altezza, 72 di diametro, più la torre torcia, di 40 metri) si trova il Parco archeologico della Valle dei Templi, un sito di interesse mondiale: patrimonio dell'umanità, tutelato dall'Unesco. Sempre lì, inoltre, c'è anche la stupenda contrada Caos, dove si trova la casa di Luigi Pirandello, che è anche parco letterario. Facile immaginare come verrebbe stravolto il paesaggio, con i serbatoi del gas, la torcia, le centinaia di navi gasiere lunghe 2-300 metri in arrivo e in partenza da Porto Empedocle, dicono le associazioni riunite nel comitato «No al rigassificatore ad Agrigento», guidato da Francesca Autiello, Caterina e Gaetano Gaziano, Alessio Lattuca e Joseph Morici;

sul tema è già stata proposta un'interrogazione parlamentare da parte dell'onorevole Ignazio Messina (n. 4-01763 del 27 novembre 2008). Nella risposta del sottosegretario dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Roberto Menia (15 giugno 2009) si evidenziava, tra l'altro, che la commissione per le valutazioni dell'impatto ambientale ha escluso la possibilità che la realizzazione del terminale di rigassificazione di GNL in questione possa comportare impatti negativi sul detto sito UNESCO. Tuttavia, non è ancora giunta risposta da parte del ministero per i Beni Culturali. Nella risposta del sottosegretario Menia si legge: «Per quanto riguarda i siti di interesse storico culturale, si rammenta che il giudizio di compatibilità ambientale è reso di concerto tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero per i beni e le attività culturali, pertanto, tutti questi aspetti, oltre ad essere stati esaminati dalla commissione di esperti ministeriale (commissione tecnica VIA Valutazione Ambientale Strategico), sono stati esaminati e valutati dal Ministero per i beni e le attività culturali, Amministrazione competente in materia.»; Però il Sottosegretario Menia ha precisato che «Comunque in relazione alla problematica sopra detta (impatto ambientale sul sito Unesco della Valle dei Templi) è stato richiesto alla Regione Siciliana di volere integrare il provvedimento autorizzativo con alcune prescrizioni aggiuntive del parere già espresso in data 19 marzo 2008 dal Ministero dei beni culturali, recepito nel decreto di Via, indicate dall'Ufficio di gabinetto dello stesso Ministero dei beni culturali. In particolare detto Gabinetto ha chiesto che i progetti di compensazione e mitigazione ambientale, posti in essere anche al fine di migliorare e l'accoglienza turistica siano valutati preventivamente dalla Regione Siciliana e dallo stesso Ministero anche ai fine di individuare le migliori soluzioni progettuali volte a mitigare il possibile impatto visivo dell'intervento sul sito tutelato dell'Unesco e sul Parco letterario Luigi Pirandello»;
la regione siciliana sembrerebbe aver disatteso totalmente questa precisa prescrizione del Ministero per i beni culturali in quanto non ha valutato i «progetti di mitigazione ambientale» né preventivamente, come espressamente disposto dal Ministero, né successivamente all'emanazione del decreto autorizzativo pubblicato sulla Gazzetta della regione siciliana del 24 dicembre 2009;
Massimo Giannetti, il 15 gennaio 2008, scriveva sul Manifesto: «[...] nel 2004, ha iniziato a muovere i primi passi sotto altre generalità. Il progetto del rigassificatore, per la cui realizzazione è previsto un investimento di oltre 500 milioni di euro, è stato infatti formalmente presentato da una società a responsabilità limitata, la Nuova energie srl, di cui era titolare al 90 per cento il gruppo siderurgico bresciano Stabiumi, e del restante 10 per cento la Gi Gas di Siderurgia Investimenti. L'Enel ha rilevato la quota Stabiumi soltanto nel giugno scorso, dopo cioè che il progetto aveva ottenuto l'approvazione della regione. «Perché - si chiede il presidente del comitato referendario Joseph Morici, che per la sua opposizione al rigassificatore ha anche ricevuto due minacce di morte di probabile matrice mafiosa - l'Enel non ha presentato direttamente il progetto, visto che già all'epoca si parlava di una sua acquisizione di Nuove energie? Che bisogno aveva di mandare avanti una scatola vuota? E perché la regione ha rilasciato le autorizzazioni a un'azienda che non solo non aveva nessuna esperienza sui rigassificatori ma non aveva neanche i soldi per realizzarlo?»;
«il gas rigassificato - evidenzia Gaetano Gaziano, presidente Ass. Salviamo la Valle dei Templi - non servirebbe alla Sicilia che già esporta al resto d'Italia il 90 per cento del gas trasportato attraverso i gasdotti provenienti dalla Libia e dall'Algeria, e non servirebbe neppure all'Italia, come ha osservato Jacopo Giliberto, giornalista del Sole 24 Ore, tant'è, nota sempre Giliberto, che l'Italia ha chiesto di esportare gas verso l'Europa. I rigassificatori servono solo alle lobby del gas e dell'energia che si sono riversati sul ghiotto business,

in quanto una "generosa" delibera dell'Autorità dell'energia e del gas ha stabilito che alle società di gestione di rigassificatori spetterà in ogni caso l'80 per cento dei ricavi di riferimento (che in caso di Enel sono valutati a 3 milioni di euro l'anno) anche se gli impianti dovessero restare inattivi», gravando la spesa, precisa l'Authority sul «sistema tariffario nazionale», cioè sulle bollette degli italiani;
da quasi 4 anni alcune associazioni - cui si uniscono il sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, e la camera di commercio di Agrigento - stanno portando avanti una disperata battaglia per evitare ciò che costituirebbe motivo di ignominia di fronte al mondo della cultura, sebbene con diversi ostacoli. Sono stati presentati ricorsi al Tar da parte di Gaetano Gaziano, presidente dell'associazione «Salviamo la Valle dei Templi di Agrigento», il sindaco di Agrigento, Legambiente, Arci, Italia Nostra, Codacons, Cittadinanzaattiva, Confimpresa, Il Cerchio, Free e altre venti associazioni e soggetti individuali. Vi sono state anche denunce dinanzi alla Commissione Europea (Salviamo la Valle dei Templi, Confimpresa e Il Cerchio);
oltre al fatto che nel decreto di Via non si sarebbe tenuto conto della vicinanza del rigassificatore al parco archeologico di Agrigento come segnalato al Tar del Lazio, abusi e falsi sarebbero stati commessi e denunciati alla magistratura penale. Il Comitato tecnico di coordinamento della commissione di Via del Ministero dell'ambiente avrebbe attestato che il gasdotto che dovrà collegare il rigassificatore di Porto Empedocle alla rete nazionale del gas misura chilometri 7,300, attraverserà solo il territorio del comune di Porto Empedocle e che sarò interamente interrato, mentre dal progetto di gasdotto elaborato dalla Snam Rete Gas spa, risulta chiaramente che il gasdotto sarà lungo circa 14 chilometri, sarà solo parzialmente interrato, e attraverserà i territori di più comuni, compreso quello di Agrigento, e che addirittura attraverserà, nella prima parte, la zona Caos facente parte integrante del parco letterario «Luigi Pirandello», zona delimitata dall'Unesco come buffer zone (zona di rispetto) del parco archeologico della Valle dei Templi di Agrigento. Tutto ciò per eludere una precisa prescrizione della commissione di via del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che imponeva di sottoporre alla procedura di valutazione di impatto ambientale anche il gasdotto di collegamento, prima dell'emissione del relativo decreto di via da parte del Ministro;
l'onorevole Rita Borsellino ha presentato un'interrogazione alla Ue sulla realizzazione del rigassificatore empedoclino. Questo è il contenuto della risposta fornita il 16 febbraio 2010 dal commissario all'ambiente della Stavros Dimas: «per l'Unione Europea le procedure seguite sulla costruzione del rigassificatore di Porto Empedocle sono corrette e d'altra parte la decisione riguardante la costruzione di questo genere di impianti fa parte dell'attività di pianificazione ed è di competenza di ciascuno degli Stati membri al quale poi spetta di garantire che essi non abbiano gravi ripercussioni sul territorio sotto il profilo ambientale e archeologico»;
un'interrogazione alla Ue è stata presentata anche da Sonia Alfano e riguarda la denuncia presentata dalle associazioni «Salviamo la Valle dei Templi» di Gaetano Gaziano, «Il Cerchio» di Bernardo Barone e «Confimpresa» di Alessio Lattuca in data 03/02/2009 alla Commissione Europea relativamente alla presunta violazione del divieto di aiuto di Stato ad imprese (articolo 107, par. 1, TFUE). Il Commissario Europeo per la concorrenza, Dr. Joacquin Almunia, ha risposto in data 12 agosto 2010 che è stata aperta un'indagine per violazione del divieto degli aiuti illegali di Stato e che sono stati chiesti ufficialmente chiarimenti al Governo italiano;
al riguardo si ricorda inoltre che Piercarmelo Russo, ex assessore regionale siciliano all'energia oggi assessore alle infrastrutture, ha dichiarato ufficialmente, con lettera indirizzata alla società Erg-Shell e pubblicata dalla stampa, che è

stata sospesa la procedura autorizzativa per il rigassificatore di Priolo in zona industriale a seguito proprio dell'indagine aperta dalla Commissione europea per il rigassificatore di Porto Empedocle, mentre incredibilmente non viene revocata l'autorizzazione per quest'ultimo rigassificatore che dovrà essere realizzato in zona archeologica;
in un articolo di Elio Di Bella del 22 febbraio 2010 (agoravox.it) si legge che, in vista della costruzione del rigassificatore, i lavori iniziali consisteranno nel dragaggio del porto e dell'area in cui sorgerà l'impianto: la Regione Sicilia vuole riversare sulle spiagge agrigentine sabbia e fango di un'area portuale inquinata. Con l'escavazione dei fondali del porto di Porto Empedocle, infatti, «tonnellate di sabbia, arricchita dalle peggiori porcherie da decenni scaricate dalle navi attraccate al porto empedoclino, potrebbero essere presto messe a disposizione dall'assessorato regionale territorio ed ambiente, già diretto dall'agrigentino Roberto Di Mauro. I comuni agrigentini che si affacciano sul mare e la capitaneria di porto sono stati invitati a Palermo per discutere sull'opportunità di trasportare la sabbia empedoclina sulle proprie spiagge per il ripascimento della costa o per altre salutari operazioni»;
nel corso della recente cattura del boss mafioso di Porto Empedocle, Gerlandino Messina, sarebbero stati scoperti alcuni «pizzini» con indicazioni che Cosa Nostra avrebbe messo le mani sul rigassificatore di Porto Empedocle;
nel frattempo, l'Enel sta facendo confluire su Porto Empedocle materiali per l'inizio dei lavori -:
se sia vero e di quali dati i Ministri interrogati dispongano in merito alle indicazioni di un'infiltrazione mafiosa nel progetto del rigassificatore di Porto Empedocle;
quali risposte intendano dare al fatto che la prima parte del gasdotto di collegamento alla rete nazionale del gas attraverserà proprio la buffer zone (zona di rispetto) delimitata dall'Unesco, circostanza ignorata in quanto il gasdotto sarebbe stato sottratto alla procedura di via sulla scorta delle dichiarazioni del comitato di coordinamento della commissione di via;
se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle conseguenze ambientali delle operazioni di dragaggio dell'area in cui sorgerà l'impianto;
per quali ragioni l'Enel non abbia presentato direttamente il progetto, considerato che all'epoca si parlava di una sua acquisizione di Nuove Energie;
per quali ragioni sia stato progettato il rigassificatore in questione, considerata l'autonomia della Regione Sicilia che già esporta al resto dell'Italia il 90 per cento del gas per mezzo dei gasdotti;
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non intenda revocare in autotutela il proprio decreto di via del 29 settembre 2008, per evitare all'Italia gravi sanzioni pecuniarie per la probabile sottoposizione del nostro Paese a procedura di infrazione del diritto comunitario (articolo 107, paragrafo primo, del Tfeu);
se il Ministro per i beni e le attività culturali non intenda revocare in autotutela il proprio parere del 19 marzo 2008, avendo disatteso la regione siciliana la precisa prescrizione che imponeva di valutare preventivamente i progetti mitigativi dell'impatto ambientale sul sito Unesco della Valle dei Templi di Agrigento e sul parco letterario «Luigi Pirandello».
(4-09493)

TESTO AGGIORNATO AL 1° FEBBRAIO 2011

...

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

MANCUSO, VIOLA e CARLUCCI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
lo Stato maggiore della difesa ha recentemente costituito un gruppo di lavoro

che si occuperà del «Progetto per la definizione del riordino della Sanità Militare»;
l'obiettivo è quello della riorganizzazione del vertice sanitario interforze, della razionalizzazione e della ottimizzazione del settore;
entro il 30 novembre 2010 il gruppo di lavoro dovrà sviluppare un progetto di riordino in senso interforze, che si riferisce a varie attività, tra cui l'accentramento delle competenze in materia di policy sanitaria e veterinaria;
il gruppo di lavoro è composto da membri che rappresentano le varie componenti sanitarie delle Forze armate, tranne quella medico-veterinaria;
presentano specifiche peculiarità le attività professionali svolte dal servizio veterinario dell'Esercito, tanto sugli animali utilizzati dalle Forze armate (cani, cavalli), quanto soprattutto sulla sicurezza degli alimenti consumati dal personale che opera in patria e nei teatri bellici;
il Ministero della salute ha recentemente attivato una collaborazione con il Ministero della difesa proprio sulle materie di competenza della medicina veterinaria -:
se il Governo intenda promuovere una revisione della composizione del gruppo di lavoro, al fine di inserire un rappresentante dell'unica Forza armata che contempla i servizi veterinari, cioè l'Esercito italiano.
(5-03835)

Interrogazione a risposta scritta:

MELIS, FERRANTI, TOUADI e FARINA COSCIONI. - Al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la sera del 10 ottobre 2010 in località Fabbrica di Roma, via Roma antistante civico n. 47, una pattuglia dei carabinieri di Civita Castellana si fermava accanto a un'auto parcheggiata su un posteggio riservato a disabili (per quanto i relativi segnali fossero praticamente illeggibili, come risulta da una successiva fotografia) e iniziava le consuete pratiche per la rimozione forzata;
sopravvenuto il proprietario dell'auto, un cittadino romeno residente in Italia, questi dichiarava subito di essere disposto a conciliare la sanzione, ma pregava i militari di annullare la chiamata del carro attrezzi, già da essi effettuata, anche per evitare a quell'ora tarda (erano oltre le 22,40) disagi alla moglie, alla sorella e al bimbo piccolo che sostavano dentro l'auto;
ciò nonostante arrivava il carro attrezzi della ditta Fratelli Crescenzi & Co., con a bordo i signori Ivan e Luigi Crescenzi, i quali si avvicinavano all'auto e, nonostante le proteste del proprietario, iniziavano ad agganciarla per portarla via, pur essendovi dentro la moglie, la sorella e il figlio del proprietario stesso;
mentre avvenivano queste animate discussioni, un amico dell'automobilista, anche egli romeno, abitante in una casa antistante (la stessa persona che, come poi sarebbe risultato, aveva avvertito l'interessato della presenza dei carabinieri), interveniva con una piccola telecamera a filmare la scena;
i carabinieri intimavano al sopravvenuto di non filmare, anche se riprendere in luogo pubblico è com'è noto attività consentita dalla legge;
a questo punto Luigi Crescenzi si avventava contro la persona munita di telecamera (il cittadino romeno Mihai Mot) senza che vi fosse stata alcuna violenza da parte di quello e lo colpiva con un violento pugno in faccia, provocandogli la caduta per terra, mentre consta agli interroganti, il figlio del Crescenzi, Ivan, lo colpiva a sua volta con dei calci; avendo il signor Mot cercato di rialzarsi, era di nuovo colpito da un pugno;
tutto ciò, documentato dal filmato in questione senza ombra di dubbi, avveniva nell'assoluta inerzia dei militari, che non solo non intervenivano ad impedire la violenza, ma, una volta avvenuto il fatto,

nulla facevano per identificare e fermare gli aggressori; anzi, come risulta dalle immagini, uno dei carabinieri si allontanava di qualche passo della scena del reato, come se la cosa non lo riguardasse;
le fasi successive, filmate dal figlio dell'aggredito (che rimaneva per terra dolorante), documentano la gravità delle lesioni prodotte e l'anomalo comportamento dei carabinieri che minacciavano la vittima e suo figlio, preoccupandosi unicamente di impedire le riprese filmate;
un'ambulanza chiamata dalla pattuglia veniva utilizzata allo scopo di soccorrere il Crescenzi, cioè l'aggressore, il quale palesemente stava benissimo; si doveva attendere un'ora e mezza perché giungesse un'altra ambulanza a soccorrere la vittima, alla quale presso l'ospedale di Civita Castellana sarebbero state riscontrate fratture multiple e prescritto un ricovero per 4 giorni con successivi 20 giorni di riposo ed altri 15 giorni di malattia, per un totale di 39 giorni di prognosi, come da documentazione medica, ora in possesso dell'autorità giudiziaria;
successivamente il Crescenzi sporgeva denuncia contro la vittima alla caserma di Civita Castellana, ma la diffusione del filmato, ripreso dai principali media nazionali e dalla televisione romena Antena3, dimostra inequivocabilmente il reale svolgersi dei fatti, documentando che la violenza è stata esercitata dai due Crescenzi;
successive dichiarazioni del comandante provinciale di Viterbo, Gianluca Dell'Agnello, mirano a sostenere che la dinamica dei fatti è stata tanto improvvisa da impedire ai carabinieri di pattuglia di evitare la violenza e di identificare l'aggressore; ciò è ampiamente smentito dal filmato, dal quale si evince con chiarezza una grave e consapevole astensione dei militari dal loro dovere, sia nella fase dell'aggressione vera e propria, sia in quella immediatamente successiva, quando l'unica loro preoccupazione appare quella di identificare l'aggredito, minacciandolo addirittura di arresto, ove non produca all'istante un documento di identificazione;
la vittima dei fatti, tramite il suo legale, ha presentato regolare denuncia penale presso la procura della Repubblica di Viterbo;
il Partito identità romena, che ha pure denunciato i fatti, ha sostenuto che l'atteggiamento dei militari, come rivelerebbero diverse frasi registrate nel filmato, si inquadrerebbe in un pregiudizio più generale nei confronti della comunità romena -:
se i carabinieri presenti sul luogo il 10 di ottobre 2010 abbiano informato il comando con una relazione di servizio sull'accaduto e cosa contenga l'eventuale relazione;
se i Ministri abbiano preso visione del filmato trasmesso dai media e quali valutazioni siano state compiute sul piano amministrativo e disciplinare in relazione al comportamento della pattuglia, in particolare con riferimento:
a) alla richiesta perentoria di rimuovere l'auto, quando il proprietario si dichiarava disponibile a pagare la multa e a rimuovere l'auto personalmente (e ciò, va aggiunto, in presenza di strisce, segnaletiche, quasi invisibili, come dimostra il fatto documentato anche esso da fotografie, che il giorno 15 di ottobre 2010 il comune ha inviato una squadra di operatori per tracciarle con nettezza);
b) all'aver assistito all'aggressione senza assumere misure idonee e tempestive per impedirla;
quali iniziative intenda assumere per fare luce sui fatti ed accertare le eventuali responsabilità sul piano amministrativo-disciplinare degli stessi militari ad essi presenti;
se sussiste un qualche collegamento tra la nazionalità delle persone implicate e il comportamento dei militari, come denunciato, tra gli altri, dall'avvocato dell'aggredito.
(4-09486)

TESTO AGGIORNATO AL 1° FEBBRAIO 2011

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

CICCANTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Poste italiane spa è stata interessata, negli ultimi anni, da un vasto fenomeno di contratti a tempo determinato, che ha generato anche un massiccio ricorso alla giurisdizione del lavoro, con conseguente trasformazione - in gran parte dei casi - del contratto di lavoro a tempo indeterminato;
in data 13 gennaio 2006, Poste italiane spa ha sottoscritto con le organizzazioni sindacali un accordo teso a regolamentare le migliaia di sentenze di reintegro emesse dai vari giudici del lavoro aditi; l'accordo prevedeva, in sede di conciliazione, la sottoscrizione di un verbale con il quale il lavoratore ricorrente si impegnava alla restituzione delle somme percepite per il periodo non lavorato (ossia quello intercorrente tra la data della scadenza del contratto a tempo determinato e la sentenza di riassunzione) in cambio della desistenza all'appello ai gradi superiori della giustizia;
in data 10 luglio 2008, è stato sottoscritto un ulteriore accordo tra Poste italiane e organizzazioni sindacali, con il quale venivano esclusi, dai supposti benefici del precedente accordo citato, coloro che si trovavano in servizio in forza di una sentenza del giudice del lavoro adito, ma, nel contempo, erano anche rientrati in servizio a causa di un contratto di lavoro interinale;
in data 27 luglio 2010, Poste italiane spa ha sottoscritto un ulteriore accordo con le organizzazioni sindacali per meglio regolare le situazioni derivanti dai contratti a tempo determinato e dei riammessi in servizio a seguito di sentenza giurisdizionale. Con tale accordo si dava la possibilità di conciliare anche a coloro per i quali pendevano i ricorsi in sede di corte d'appello al momento della sottoscrizione del primo accordo del 13 gennaio 2006;
con questo ultimo accordo del 27 luglio 2010, però, sono stati ancora esclusi coloro che erano stati riammessi a lavoro con contratto interinale, ancorché godessero, parimenti agli altri, di una sentenza di riammissione al lavoro da parte del giudice del lavoro adito -:
quali motivazioni d'ordine giuridico e di strategia aziendale vengano addotte ancora oggi per escludere da una regolamentazione transattiva quelle centinaia di lavoratori che hanno avuto una sentenza di reintegro al lavoro, con trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, solo perché nel periodo di pendenza del processo sono stati reinseriti con contratto interinale, ancorché abbiano dichiarato la loro disponibilità a restituire, parimenti agli altri, gli emolumenti percepiti per il periodo non lavorato.
(4-09459)

FRANZOSO, NICOLUCCI, PECORELLA, FORMICHELLA, FUCCI, LISI, SISTO, VITALI, SAVINO, TERRANOVA, PESCANTE, CASTIELLO, TADDEI, DI CATERINA, ROSSO, NASTRI, DE CAMILLIS, BELLOTTI, SIMEONI, MILANATO, GAVA, BERNARDO, LO PRESTI, DISTASO, DI CAGNO ABBRESCIA, GIOACCHINO ALFANO, D'IPPOLITO VITALE, PUGLIESE, PAGANO, SBAI, SCELLI, FALLICA, VERSACE, COMMERCIO, CERONI, GARAGNANI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
all'interno della legge obiettivo, col titolo «Piastra logistica del porto di Taranto» sono state inserite una serie di opere infrastrutturali la cui realizzazione era prevista dal Piano operativo triennale dell'autorità portuale di Taranto;
le opere inserite sono:
a) il raddoppio del IV° sporgente all'interno del porto storico per spostare

traffici insistenti sul molo polisettoriale e che, in qualche modo, convivono con il terminal contenitori nel nuovo porto fuori rada;
b) la realizzazione del collegamento tra il porto storico ed il nuovo porto denominato «Strada dei Moli» per collegare funzionalmente ed in sicurezza le due realtà portuali oggi slegate e che comportano altresì dispendio anche per le forze di polizia costrette a vigilare due realtà anziché una integrata da strada e annessi servizi efficienti;
c) una piattaforma logistica all'interno del porto storico dotata dell'intermodalità marittima, ferroviaria, stradale ed aerea, che potesse fornire servizi complementari al terminal contenitori già realizzato ed all'epoca in via di sviluppo e tale da consentire l'affermazione nel Mediterraneo del patto con riferimenti mondiali;
d) l'ampliamento della darsena servizi in posizione baricentrica rispetto alle due realtà portuali tarantine;
il progetto di piastra logistica, inserito nell'ambito della «legge obiettivo», vide l'interesse di uno dei gruppi industriali italiani tra i più attivi nel mondo dei trasporti e della logistica, il gruppo Gavio, che presentò la proposta di un progetto di finanza per l'ottenimento della relativa concessione con partecipazione alla spesa con fondi propri;
tale proposta ottenne il benestare sia dalla struttura di Missione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che dal Cipe, competente per l'approvazione dei progetti di finanza;
durante il Governo Prodi, la decisione dell'allora ministro all'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Pecoraro Scanio, di richiedere la redazione di valutazione di impatto ambientale, pur non essendo contemplata dalla legge obiettivo, comportò notevoli ritardi all'approvazione del progetto definitivo, determinando inoltre un notevole incremento dei costi per ulteriori richieste da parte del Ministero per i beni e le attività culturali;
l'attuale Governo, pur avendo dato seguito all'approvazione con tutte le autorizzazioni necessarie, a causa della ormai nota crisi economica con blocchi generalizzati alla spesa pubblica, ha rinviato la definitiva approvazione del progetto, utile alla cantierizzazione dell'opera -:
se e come intendano intervenire - e con quale tempistica - affinché l'opera di cui trattasi sia licenziata definitivamente dal Cipe, atteso che trattasi di opera assolutamente indispensabile per il porto, per il sistema logistico della Puglia e dell'intero Paese oltre che per la città di Taranto, che sta subendo una crisi endemica socio-economico-ambientale con forti ripercussioni sul piano occupazionale del tutto specifica e propria del territorio jonico.
(4-09470)

NACCARATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, diversi organi della stampa locale del Veneto hanno pubblicato la notizia secondo cui Helios Technology, società per azioni con sede legale in via Postumia 9/b a Carmignano di Brenta (Padova) - soggetta alla direzione e al coordinamento della società Kerself Spa con sede in Prato di Correggio (Reggio Emilia) - si apprestava a predisporre la cassa integrazione per 190 dei 200 dipendenti. Negli articoli in questione si precisava inoltre che «la situazione di difficoltà sarebbe stata generata anche da una vertenza giudiziaria finita male e a questo quadro preoccupante si aggiunge il fatto che la Helios ha perso un lodo di 30 milioni di dollari con la Ldk, azienda cinese fornitrice di silicio. L'esposizione finanziaria è dunque di circa 90 milioni di euro», come riportato dal quotidiano il Mattino di Padova nell'edizione dell'11 novembre 2010;
Kerself Spa è il leader nazionale nel settore di celle e pannelli fotovoltaici. Tra

gli azionisti rilevanti di Kerself Spa al 31 giugno 2009, risultano: Finmav Spa (detentore del 29,9 per cento del capitale sociale). Franco Traverso (8,66 per cento). Banca Monte dei Paschi di Siena Capital Services per le Imprese Spa (3,83 per cento), Nobis Srl con sede (2,23 per cento). Mais Spa (2,16 per cento), Pioneer Asset Management Sa (2,03 per cento) e Free Float (51,19 per cento);
Kerself Spa controlla inoltre le seguenti società: Helios Technology Spa (di cui detiene il 70 per cento del capitale sociale). Nuova Thermosolar Srl (100 per cento), Dea Srl (60 per cento), Saem Srl (55 per cento), Ecoware Spa (65 per cento), Ircem industriale (100 per cento) e Jet Spa (100 per cento). Attualmente il presidente del CdA di Kerself Spa, è Pier Angelo Maselli, residente a Rio Saliceto (Reggio Emilia);
nella relazione del collegio sindacale di Helios Technology Spa, redatta ai sensi dell'articolo 2429 comma 2 del Codice civile, relativa al bilancio al 31 dicembre 2009, la società ha dichiarato un utile 1.267.128. Alla stessa data il capitale sociale risultava pari a 7.000.000 euro;
il 23 novembre 2009, la Consob ha notificato a Kerself Spa una contestazione emessa ai sensi degli articoli 193 e 195 del Testo unico della Finanza, relativa alla violazione dell'articolo 87 del Regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli emittenti adottato da Consob con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999, e successive modificazioni: in particolare Consob contesta a Kerself Spa di non aver comunicato tempestivamente e in modo completo le operazioni di acquisto di proprie azioni effettuate per suo conto da Intermonte Sim Spa. Tale procedimento si è concluso con la condanna della Kerself;
il 1o novembre 2010, sul Corriere Economia - inserto finanziario de Il Corriere della Sera - è apparso un articolo recante notizia dell'apertura di due indagini giudiziarie da parte delle Procure della Repubblica di Milano e Reggio Emilia che, nei confronti di Kerself Spa, risulterebbero «aver acquisito l'informativa che la Consob si è premurata di consegnare fin dallo scorso giugno»;
secondo la medesima fonte «a prescindere dall'ispezione in corso, gli uomini della Commissione (Nazionale per le Società e la Borsa) avevano ritenuto che ci fossero elementi tali da investire le competenze della Procura della Repubblica». Inoltre, «sarebbero state acquisite e consegnate ai magistrati relazioni dei sindaci di controllate Kerself che segnalavano fatti censurabili. E poi una serie di presunte anomalie nel sistema di fatturazione intercompany. Anche le operazioni di sostegno del titolo farebbero parte del dossier in mano alle Procure»;
l'articolo sopra citato prosegue dando notizia che «È probabile che i finanzieri si facciano un giro a Padova. E lì, alla controllata Helios Technology, il più importante produttore italiano di celle e moduli fotovoltaici, che si sono accorti che il magazzino era pressoché vuoto. Un buco contabile da 7,8 milioni (di euro)». Anche il quotidiano il Mattino di Padova nell'edizione dell'11 novembre 2010 dà notizia che sulla vicenda «La Guardia di Finanza di Padova sta indagando»;
Helios Technology Spa e alcune delle aziende da essa partecipate, lavorano per Enti pubblici che rischiano ora, in caso di difficoltà aziendali, di non riuscire a realizzare gli interventi programmati -:
se i Ministri siano al corrente dei fatti fin qui esposti;
quali concrete misure i Ministri intendano adottare per evitare che la crisi della Helios Technology Spa ricada sui dipendenti dell'azienda e possa trasformarsi in una crisi occupazionale.
(4-09487)

GIRLANDA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 30 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni,

dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2, recante «Controlli sui circoli privati», ha stabilito nuove disposizioni per gli enti di tipo associativo e per le organizzazioni di volontariato;
la norma subordina l'applicabilità del regime fiscale agevolato - consistente nella non imponibilità di corrispettivi, quote e contributi associativi - in favore degli enti d tipo associativo in possesso dei requisiti previsti dalla legge alla trasmissione all'Agenzia delle entrate per via telematica da parte i dei suddetti enti di dati e notizie rilevanti a fini fiscali mediante il modello Eas della stessa Agenzia delle entrate;
sono escluse dall'applicazione delle suddette norme le associazioni pro-loco, optanti per il regime fiscale di cui alla legge n. 398 del 1991, e gli enti associativi dilettantistici iscritti all'apposito registro del CONI, mentre l'onere della trasmissione è assolto anche dalle società sportive dilettantistiche di cui all'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289;
per quel che riguarda le organizzazioni di volontariato, di cui alla legge n. 266 del 1991, la norma detta criteri specifici, disponendo che la qualifica di diritto di organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) con i conseguenti benefici fiscali di cui all'articolo 10, comma 8, del decreto legislativo n. 460 del 1997, si applica alle suddette organizzazioni che non svolgono altre attività commerciali diverse da quelle marginali individuate dal decreto interministeriale del 25 maggio 1995;
pertanto, sono tenuti alla presentazione del modello di comunicazione gli enti associativi di natura privata, con o senza personalità giuridica, che si avvalgono di una o più delle previsioni di decommercializzazione previste dagli articoli 148 del testo unico delle imposte sui redditi e 4, quarto comma, secondo periodo, e sesto comma del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
le associazioni del terzo settore nonché la stessa consulta delle associazioni di promozione sociale, hanno espresso cautela nei confronti della norma e, pur condividendo l'obiettivo di individuare e contrastare eventuali usi distorti della forma associazionistica, hanno chiesto al Governo un approfondimento sulle misure introdotte al fine di pervenire a regole che, tenendo conto dell'effettiva realtà del fenomeno associazionistico nelle sue diverse articolazioni, non penalizzino la reale agibilità degli spazi di partecipazione e la stessa libertà di associazione;
l'impostazione seguita nella definizione della normativa non appare all'interrogante del tutto idonea ad una effettiva individuazione di eventuali abusi mentre i nuovi adempimenti burocratici prescritti finiscono per penalizzare soprattutto le esperienze associative più fragili e meno strutturate, che vivono esclusivamente dell'impegno volontario degli associati, come dimostrato dalla percentuale limitata di enti che hanno provveduto all'invio della comunicazione;
la protesta contro il provvedimento applicativo dell'articolo 30 del decreto-legge n. 185 del 2009 ha determinato l'attivazione di un tavolo di confronto tra l'Agenzia delle entrate, il Forum del terzo settore e l'agenzia per le Onlus, che aveva portato - per l'anno 2009 - all'estensione temporale dei termini per la presentazione del modello al 31 dicembre 2009, mantenendo il termine di 60 giorni dalla costituzione dell'ente associativo per rinvio del modello Eas per gli enti costituiti dopo l'entrata in vigore del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185;
in tale sede, l'Agenzia delle entrate aveva ribadito il carattere conoscitivo e non sanzionatorio del provvedimento e la volontà di gestirlo in modo comprensivo e non punitivo, mancando però di specificare, anche nel corso delle successive circolari, gli effetti della mancata presentazione del modello telematico nonché i termini cronologici relativi all'eventuale adempimento di tale processo;

rispondendo ad un'interrogazione di altri parlamentari, il Sottosegretario Molgora aveva precisato la necessità dell'avvio di un'adeguata campagna informativa nei confronti degli enti interessati, di concerto con la direzione dell'Agenzia delle entrate, il Forum del terzo settore e l'Agenzia per le Onlus per implementare la capillarità dell'azione conoscitiva;
ad oggi, tuttavia, tale provvedimento risulta essere solo parzialmente applicato e conosciuto, in primo luogo dagli stessi dipendenti dell'Agenzia delle entrate, nonché dai commercialisti, al punto che un'altissima percentuale di enti che effettuano l'iscrizione all'ufficio del registro in qualità di associazioni di promozione sociale o di altra natura, non ricevono informazioni inerenti alla necessità dell'invio del modello telematico Eas entro 60 giorni dalla costituzione dell'ente stesso, non essendo infatti prevista nella legge 7 dicembre 2000, n. 383, a cui i rappresentanti legali si rifanno;
la conoscenza parziale o tardiva dell'esistenza di questo provvedimento da parte degli enti associativi, spesso dovuta anche alla scarsa conoscenza delle norme da parte delle figure deputate alla consulenza per gli enti associativi, sta provocando importanti contraccolpi sul sistema associazionistico nazionale, tanto da portare moltissime associazioni allo scioglimento e alla ricostituzione, ovvero costi aggiuntivi a causa della perdita del regime fiscale agevolato -:
quali siano la percentuale ed il numero degli enti interessati che hanno provveduto all'invio del modello telematico;
per quale motivo chi ha inviato la corretta documentazione non abbia ricevuto risposta da parte dell'Agenzia delle entrate o altre comunicazioni inerenti alla conferma del possesso dei requisiti per il mantenimento del regime fiscale agevolato;
quali procedimenti siano stati avviati per l'individuazione del numero e della natura degli enti che non hanno provveduto all'invio della comunicazione dei dati rilevanti ai fini fiscali;
se si intendano assumere iniziative volte a chiarire gli effetti sanzionatori della mancata comunicazione dei dati e le modalità della loro eventuale entrata in vigore;
se si intenda promuovere una possibile sanatoria per l'anno 2010 per gli enti che, pur essendo chiamati all'invio del modello, non vi hanno provveduto per ignoranza del provvedimento;
se il Ministro intenda assumere iniziative per integrare la normativa vigente, a partire dalle previsioni di cui alla legge n. 383 del 2000, all'interno della quale andrebbero incluse le disposizioni previste nel decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, in modo da definire una riforma strutturale dei requisiti per l'accesso al regime fiscale agevolato per gli enti associazionistici.
(4-09489)

TESTO AGGIORNATO AL 1° FEBBRAIO 2011

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CONTENTO e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è notizia di questi giorni di una mobilitazione di protesta da parte dell'Ordine degli avvocati di Tolmezzo (Udine) per sensibilizzare l'opinione pubblica circa i disservizi legati alla carenza della pianta organica del locale nucleo di ufficiali giudiziari;
di tale situazione ha preso atto la stessa amministrazione comunale nel corso di apposite sedute di consiglio -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e, in caso affermativo, quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato con la massima sollecitudine, al fine di risolvere un'ormai

cronica carenza di personale nel plesso giudiziario della Carnia.
(5-03833)

CENNI e CECCUZZI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è attiva, dal mese di novembre 1991 in località Ciuciano Ranza nel comune di San Gimignano (Siena) una casa di reclusione maschile; si tratta del carcere più grande dell'intera provincia con una capienza regolamentare di 227 detenuti;
la casa di reclusione ospita, nelle 50 apposite camere, detenuti in regime di alta sicurezza. La categoria della casa di reclusione, in relazione soprattutto alla presenza di detenuti con condanne definitive e per reati gravi e di ergastolani appartenenti ad associazioni criminali, richiede una sorveglianza attenta e continua che rischia di essere incompatibile con l'attuale personale in servizio;
secondo quanto reso noto da alcune organizzazioni sindacali sono attualmente presenti oltre 400 detenuti;
secondo quanto reso noto a mezzo stampa, da alcune organizzazioni sindacali, la carenza di organico degli agenti di polizia penitenziaria è di oltre il 40 per cento. Una situazione che costringe conseguentemente il personale a continui turni straordinari, che oltre a ripercuotersi sulla qualità della vita degli agenti e dei loro familiari potrebbe comportare gravi rischi per la gestione della casa di reclusione e per la sicurezza di personale e detenuti;
va inoltre sottolineato come anche l'edificio che ospita il carcere presenti, da anni, gravi e mai risolte problematiche di molteplice natura tali da compromettere il corretto svolgimento delle attività preposte oltre a non garantire la tutela dei diritti di detenuti e personale impiegato. Ad esempio: di disposizione logistica della struttura (costruita ad un livello inferiore rispetto alla strada provinciale che lo sovrasta e che la espone conseguentemente a pericoli), di stabilità (testimoniata da continui cedimenti), di carattere igienico-sanitario (aggravata dalla carenza cronica di acqua, il cui approvvigionamento avviene soltanto attraverso alcuni pozzi e non tramite l'allacciamento all'acquedotto), di mancanza di collegamenti pubblici tra il carcere e gli insediamenti urbani territoriali vicini;
tali problematiche sono state segnalate al Ministero competente in numerose occasioni dagli interroganti: in particolare con l'interrogazione a risposta scritta 4-00134 del 20 maggio 2008, a prima firma del deputato Franco Ceccuzzi, e successivamente con le interrogazioni a risposta scritta 4-02432 del 9 marzo 2009 a prima firma del deputato Susanna Cenni;
se all'atto di sindacato ispettivo numero 4-00134, il Ministro della Giustizia aveva risposto in forma scritta il primo dicembre 2008 segnalando le misure messe in campo dallo stesso dicastero per risolvere i problemi (annunci che si sono poi rivelati infondati a fronte di un peggioramento complessivo della situazione sovraesposta), le altre due interrogazioni sono rimaste ancora senza risposta;
la persistenza dei problemi relativi al carcere di Ranza è testimoniato, ad esempio, dalle manifestazioni di protesta organizzate dalla organizzazioni sindacali di polizia penitenziaria e dai drammatici tentativi di suicidi da parte dei detenuti all'interno del carcere. Suicidi sventati soltanto dal tempestivo ed efficace intervento del personale presente;
va inoltre aggiunto che tali problematiche erano state inoltre sottoposte dettagliatamente all'attenzione del Ministro della giustizia, onorevole Angelino Alfano, con una lettera inviata il 30 giugno 2010 dagli interroganti. Nella lettera si segnalava testualmente, tra l'altro, come i deputati Cenni e Cecuzzi avessero incontrato «più volte le organizzazioni sindacali, la Direttrice del carcere, visitato il carcere stesso», oltre al «dottor Massimo De Pascalis, Direttore generale personale e formazione del Dap che ha assicurato l'impegno del Dipartimento dell'Amministrazione

Penitenziaria per l'assunzione anticipata di 21 agenti per cercare di rendere più sostenibile la gestione del carcere di Ranza. Numeri di per sé non sufficienti e comunque quasi annullati da trasferimenti e pensionamenti». La missiva puntualizzava inoltre l'attenzione continua delle istituzioni locali (comune di San Gimignano e provincia di Siena), anche se risultava «evidente come, sui temi della dotazione di personale, solo il suo Ministero e la direzione del Dap possano fornire fattive e concrete risposte»;
anche tale missiva, risulta, ad oggi, senza risposta;
a conferma dei problemi di sicurezza e gestione dei detenuti che caratterizzano il carcere di Ranza va aggiunto che domenica 14 ottobre 2010 si è verificato un tentativo di evasione, denunciato dalle organizzazioni sindacali di Polizia penitenziaria, sventato soltanto dal coraggio, dalla prontezza e dalla professionalità degli agenti. Le stesse organizzazioni sindacali, in una nota stampa, hanno annunciato ulteriori iniziative di protesta rimarcando ancora una volta come la «carenza d'organico e sovraffollamento dei detenuti» rappresenti «un mix esplosivo che sta generando un grave deficit operativo che inevitabilmente comprometterà la stabilità gestionale del penitenziario»;
tale situazione di criticità è stata inoltre rimarcata dallo stesso sindaco del comune di San Gimignano che in una nota stampa del 15 novembre 2010 ha dichiarato come: «la sicurezza di Ranza» sia ormai «compromessa da fattori denunciati da anni senza che il governo e l'amministrazione penitenziaria abbiano mai preso nemmeno in considerazione eventuali provvedimenti. A essere in pericolo, oggi, è tutto il personale penitenziario ma anche la popolazione di San Gimignano» -:
se sia a conoscenza della reale situazione di disagio in cui versano da anni il personale dipendente ed i detenuti del carcere di Ranza e quali iniziative urgenti intenda quindi intraprendere affinché venga attuato un intervento reale, tempestivo ed efficace, sia a livello strutturale che di organico, evitando il sovraccarico di lavoro del personale dipendente ed il sovraffollamento di detenuti che stanno causando gravi problemi di ingovernabilità per la casa di reclusione anche per evitare che tali problematiche possano compromettere l'ordine pubblico e la sicurezza della popolazione residente.
(5-03843)

TESTO AGGIORNATO AL 23 NOVEMBRE 2010

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

GINEFRA e VICO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a partire dal mese di settembre 2010 sono entrate in vigore le ultime modifiche apportate dai responsabili di Trenitalia ai collegamenti regionali pugliesi che ogni giorno vengono utilizzati da centinaia di pendolari che si recano al lavoro o all'università;
oltre all'aumento di biglietti e tariffe che da tempo pesano sulle tasche dei viaggiatori, i treni regionali vengono colpiti da un'ulteriore scure che taglia diversi collegamenti: soppresso il treno delle 10:20 e delle 18:08 che collega Taranto a Bari e, sulla stessa linea ma nella direzione opposta, sono stati soppressi i treni delle 8:17 e delle 23:18; dalla città di Bari non sarà più possibile partire per Foggia con il treno delle 18:42 e quindi raggiungere tutte le stazioni intermedie, medesima cosa per quello delle 21:52 che da Foggia ritornava al capoluogo; è stato eliminato il collegamento dalla città di Barletta per Bari delle 19:25, e quello della tratta inversa delle 20:29;
la situazione ferroviaria pugliese è già di per sé complessa: con questi nuovi tagli i collegamenti ferroviari in Puglia risultano drasticamente ridotti per il 15-20 per cento delle corse, mentre aumentano in

maniera inversamente proporzionale i disagi per tutti i viaggiatori della regione;
in aggiunta a questi disagi, sempre dal mese di settembre 2010 sono stati soppressi tre coppie di treni regionali di Trenitalia che collegavano la Puglia con il sub Appennino Dauno, penalizzando i viaggiatori pugliesi che lavorano in Campania e che hanno subito il taglio di tutti i collegamenti, classificati come regionali, sulla linea Foggia-Benevento;
l'attuale manovra economica comporta la riduzione dei corrispettivi per la fornitura dei servizi di trasporto pubblico locale (TPL) (ferroviario, filoferrotranviario e su gomma) derivanti dall'ex fondo nazionale trasporti e successive rivalutazioni e integrazioni, trasferiti alle regioni, per un ammontare variabile tra il 30 ed il 50 per cento;
le conseguenze sul traffico dei centri urbani e sull'inquinamento ambientale derivanti dal maggiore ricorso al mezzo privato, causa della riduzione dei servizi di trasporto pubblico o dall'aumento delle tariffe, hanno ricadute in termini di maggiori costi sanitari, ambientali e di realizzazione di opere stradali;
nel decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, «per assicurare i necessari servizi di trasporto pubblico al fine della stipula dei nuovi contratti di servizio con Trenitalia S.p.A.» era stata autorizzata una spesa di 480 milioni di euro per gli anni 2009, 2010 e 2011, adeguando finalmente, dopo molti anni, l'ammontare degli stanziamenti pubblici ex fondo nazionale trasporti;
la legge n. 33 del 2009, imponeva alle regioni di affidare i contratti di servizio per il trasporto ferroviario locale alla società Trenitalia S.p.A., soggetto monopolista di cui Ferrovie dello Stato è azionista, pena la perdita dei finanziamenti del decreto-legge n. 185, quando detti contratti di servizio si sarebbero potuti affidare mediante gare ad evidenza pubblica europea, conseguendo risparmi economici nonché miglioramento della qualità dei servizi;
i costi di esercizio del trasporto pubblico, e in particolare di quello ferroviario, potrebbero essere notevolmente inferiori semplicemente mediante la revisione delle norme che ne regolano l'esercizio, con benefici sulla velocità commerciale e quindi maggiore soddisfazione da parte dell'utenza -:
come si intenda ovviare ai problemi a cui vanno incontro i lavoratori e gli studenti che quotidianamente usufruiscono dei treni delle Ferrovie dello Stato per raggiungere il posto di lavoro o le università;
se siano state valutate dal Ministro le conseguenze che si potranno avere sul traffico dei centri urbani e sull'inquinamento ambientale a causa del maggiore ricorso al mezzo privato connesso alla riduzione dei servizi di trasporto pubblico o all'aumento delle tariffe, nonché le conseguenti ricadute in termini di maggiori costi sanitari, ambientali e per la realizzazione di opere stradali.
(5-03828)

Interrogazioni a risposta scritta:

GRIMOLDI e STUCCHI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i lavori di riqualificazione della strada statale 36 «del lago di Como e dello Spluga», nel tratto terminale di collegamento al sistema autostradale di Milano (A52-tangenziale Nord, A4-Torino-Venezia), stanno subendo notevoli ritardi;
in questo tratto l'arteria attraversa il territorio dei comuni di Monza e Cinisello Balsamo (Milano), interessando aree urbane caratterizzate dalla presenza diffusa di insediamenti residenziali, produttivi e commerciali;
dopo lunga attesa, è stata approvata la perizia di variante tecnica per i lavori inerenti alla strada statale 36 e il conseguente aggiornamento del quadro economico del progetto e del relativo cronoprogramma delle lavorazioni;

tale cronoprogramma evidenzia una forte dilatazione dei tempi realizzativi inizialmente preventivati;
questo comporta gravissimi disagi per la popolazione del territorio monzese e lombardo in genere;
vi è stata una completa assenza di comunicazioni preventive alle amministrazioni comunali e, per ricaduta, agli utenti sulle motivazioni tecniche che hanno portato a nuove tempistiche che penalizzano fortemente l'intera area e l'intera città;
è doveroso, nel rispetto di tutti quei cittadini che da anni attendono una soluzione dei problemi viabilistici dell'area interessata ai lavori e che si vedono oggi colpiti da una decisione presa dall'alto, essere a conoscenza dei dettagli della perizia e conseguentemente del nuovo cronoprogramma -:
se il Ministro, essendo a conoscenza delle problematiche che affliggono il sistema della viabilità a nord di Milano, in un'area densamente popolata, e della strategica importanza di questa infrastruttura, intenda fornire informazioni e contenuti di dettaglio in relazione alla variante, affinché si possa vagliare, congiuntamente tra Anas e amministrazioni comunali coinvolte, ogni ipotesi di intervento sulla programmazione dei lavori, l'organizzazione del cantiere e l'incentivazione delle ditte esecutrici e delle maestranze, al fine di ridurre il prolungamento dei tempi rispetto alla data comunicata del 30 novembre 2013; per quale motivo Anas non abbia coinvolto le amministrazioni comunali del territorio.
(4-09463)

SCILIPOTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel 2005 i treni che attraversavano l'Italia in tutta la sua lunghezza, i cosiddetti treni a lunga percorrenza, erano ben 56. Si saliva ad Agrigento e si scendeva a Milano o Torino: e viceversa. Erano treni che, purtroppo, si potevano ben definire carri-bestiame: affollati all'inverosimile, con la gente sdraiata sul pavimento del corridoio, con i bagni occupati da valigie. Eppure, si viaggiava ed i treni erano sempre pieni. Ora, in mancanza di volontà politica differente, i treni a lunga percorrenza, con il nuovo orario invernale, passeranno da 56 a 14. E così, mentre i bei treni veloci e nuovi solcheranno il ricco Nord, mentre le infrastrutture ferroviarie (ma anche autostradali e aeroportuali) vedranno applicati parametri di investimenti ben differenti e sostanziosi di quelli applicati al Sud, il Sud sarà sempre più profondo sud, sempre più ghetto isolato, anche dal punto di vista ferroviario;
ecco dunque una volontà che, nell'evidenza dei fatti, si presenta decisamente prevaricante: mentre si indirizza maggiore attenzione e si finanzia lo sviluppo e l'infrastrutturazione del Nord, si tolgono, alle aree del meridione e particolarmente alla Sicilia, risorse e speranze. Cosi i passeggeri, non trovando treni, sono costretti a utilizzare il trasporto su ruota. Meno treni, uguale meno passeggeri: e mentre prima ad utilizzare le ferrovie c'erano almeno diecimila utenti al giorno, adesso viaggiano in treno circa tremila persone, con disagi sempre più evidenti, servizi non equiparabili a quelli una volta offerti dai treni e scomodità a volte intollerabili:
l'alternativa potrebbe essere viaggiare in aereo. Ma anche così, la perdita di tempo è grande, il servizio scarso per i pochi voli disponibili, i prezzi eccessivi; e il cumulo delle ore per chi, per esempio, dalla provincia di Agrigento intende raggiungere il Centro o il Nord, risulta essere di circa 9 ore, con l'aereo che decolla da Catania o Palermo;
e allora, alla luce di incrementi dei servizi su ferrovia e di una giusta competizione con il trasporto aereo e su ruote che si registra al Nord, al Meridione si prospetta un programma di pseudo-ghettizzazione che vede tagliare sempre di più, da parte di Trenitalia finanziamenti, opere di risanamento e consolidamento, mezzi efficienti e veloci, prezzi competitivi -:

quali prossime strategie il Ministro interrogato intenda adottare per cambiare la situazione ferroviaria del Meridione, in particolare dei treni transitanti dallo stretto di Messina per l'estremo Sud e per il sempre più lontano Nord, anche attraverso l'ottica della futura applicazione del federalismo fiscale.
(4-09474)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nella primavera del 2000 è stata inaugurata a Roma la nuova linea ferroviaria metropolitana/regionale San Pietro-Cesano;
la ferrovia è stata realizzata con finanziamento statale, nell'ambito dei vari interventi infrastrutturali realizzati nella capitale in occasione del Giubileo del 2000, sfruttando il sedime ferroviario già esistente della vecchia ferrovia Roma-Viterbo - che era stata realizzata circa un secolo prima - raddoppiando i binari e realizzando nuove stazioni;
tra le stazioni «Valle Aurelia» e «Monte Mario» la linea ferroviaria è stata inoltre abbassata di livello, al duplice fine di permettere alla ferrovia stessa di poter passare senza difficoltà al di sotto del piano stradale lì dove le strade dei quartieri Balduina e Torrevecchia/Monte Mario incrociano la ferrovia, e di poterla completamente interrare o chiudere, ovvero «inscatolare» tra pareti laterali e copertura superiore (solaio) di cemento armato. Ciò al fine di eliminare l'inquinamento acustico che inevitabilmente avrebbe colpito e danneggiato le numerose abitazioni addicenti la linea ferroviaria stessa una volta avviato il nuovo servizio ferroviario metropolitano/regionale (che vede il passaggio di un treno ogni 15 minuti per ciascuna direzione di marcia);
in tal modo, lungo l'intero percorso ferroviario, ma al di sopra di esso ed in situazione che può essere messa in completa sicurezza con modesti interventi, nel tratto compreso tra le stazioni «Valle Aurelia» e «Monte Mario» si è venuto a creare un percorso lineare di notevole lunghezza (circa 4,5 chilometri) e di notevole ampiezza (come minimo 9-10 metri) ricompreso, a destra e a sinistra della linea ferroviaria, tra i palazzi di abitazione dei quartieri Balduina e Torrevecchia/Monte Mario, già in precedenza affacciati sulla vecchia ferrovia. Tra le stazioni «Valle Aurelia» (ubicata in corrispondenza del ponte che scavalca via Anastasio II) e la stazione «Monte Mario» tale percorso presenta solo 2 discontinuità: la prima di queste discontinuità è costituita dall'ultima propaggine della collina che sovrasta la stazione «Valle Aurelia»; la seconda dal ponte che attraversa il parco del Pineto a brevissima distanza dalla stazione «Gemelli». In realtà, codesto attraversamento è costituito da 2 ponti: il vecchio ponte ferroviario, realizzato alla fine del diciannovesimo secolo, oggi in disuso, e quello nuovo, realizzato alla fine degli anni Novanta del ventesimo secolo e attualmente utilizzato dai treni. La collina sotto la quale passa la galleria ferroviaria immediatamente prima (per i treni in arrivo dalla stazione «Appiano») della stazione «Valle Aurelia» è peraltro occupata da numerose aree verdi; fin dai mesi immediatamente precedenti l'inaugurazione della nuova ferrovia negli ambienti del comune di Roma si affermava tranquillamente che in tempi brevi, sfruttando la copertura (o l'interramento) della nuova linea ferroviaria sarebbe stato aperto al pubblico un assai importante, utilissimo e innovativo percorso ciclo-pedonale che servendo i quartieri Monte Mario, Torrevecchia e Balduina, avrebbe messo in collegamento le stazioni «Monte Mario», «Gemelli», «Balduina», «Appiano» e «Valle Aurelia» e le aree limitrofe a dette stazioni, consentendo, potenzialmente, a migliaia di cittadini del quadrante Nord-Ovest di Roma di spostarsi in bicicletta, lungo un percorso anche interessante dal punto di vista urbanistico e paesaggistico, tra la periferia e il centro della città;

poiché la linea ferroviaria in questione prosegue, dopo la stazioni «Monte Mario», parallela alla via Trionfale verso il quartiere di Ottavia e quindi verso il Grande raccordo anulare, sarebbe inoltre tecnicamente possibile progettare un prolungamento del percorso ciclo-pedonale in questione anche oltre la stazione «Monte Mario», fino all'ospedale San Filippo Neri e al quartiere di Ottavia, e da qui, da una parte, con percorso adiacente alla via Casal del Marmo, fino all'estremo sud-occidentale del quartiere di Palmarola, dall'altra, proseguendo verso Nord, fino alla vicinissima stazione di «Ipogeo degli Ottavi», adiacente il Grande raccordo anulare; l'utilità dell'apertura al pubblico di detto percorso ciclo-pedonale risiede anche nel fatto che gli abitanti del quartiere Torrevecchia/Monte Mario residenti nell'area intorno a largo Millesimo, via Taggia e via Cogoleto potrebbero raggiungere la stazione «Gemelli» con un percorso assai più breve e molto meno difficoltoso di quello attualmente in essere (in pratica il percorso attuale più breve per il raggiungimento della stazione «Gemelli» passa per via La Nebbia, una stradina indegna dal punto di vista della civiltà urbanistica moderna, priva di marciapiedi ma attraversata - pericolosamente - dal traffico automobilistico) -:
se risponda al vero la voce che la realizzazione del detto percorso ciclo-pedonale sia ostacolata dal mancato accordo tra il comune di Roma e Rete Ferroviaria Italiana circa la gestione di un piccolo tratto dell'intero percorso di cui trattasi, ubicato nei pressi della stazione «Valle Aurelia».
(4-09478)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Terra del 14 novembre 2010, la valle della Bevera, territorio prezioso per la sua biodiversità e bacino idrico fondamentale del varesotto, affronta il problema dello sviluppo di due importanti reti viarie: la Pedemontana autostradale e il tratto ferroviario Arcisate-Stabio. Si tratta di due infrastrutture molto importanti, ma con forte impatto ambientale e sull'uso del suolo, al centro da mesi delle critiche degli abitanti;
la valle è popolata da boschi rigogliosi e ospita diverse specie faunistiche tipiche dei luoghi umidi, riconosciute dalla Unione europea con la direttiva Habitat. Inoltre, in questi luoghi suggestivi si aggirano specie rare e protette come il Tritone crestato e la rana di Lataste. Ovunque boschi di latifoglie, quercia, carpino e ciliegio selvatico si alternano ad un fitto sottobosco di dente di cane, campanellino e ciclamino, che rischiano di essere ricoperte da una colata di cemento -:
se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti di cui in premessa e se siano all'esame soluzioni differenti alla viabilità che non siano sempre nuove infrastrutture che rischiano di danneggiare l'area considerata, fonte prioritaria per la biodiversità per il rifornimento idrico e, in particolare, se i Ministri interrogati siano a conoscenza della presenza nell'area di specie faunistiche riconosciute dall'Unione europea tramite direttiva habitat 92/43/CEE e come intendano tutelarla.
(4-09479)

MOFFA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Governo, in data 17 settembre 2010, ha approvato il regolamento di riordino dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV) per le sole finalità di contenimento della spesa pubblica, di cuial decreto-legge n. 112 del 2008;
la decisione è intervenuta con soli quattro giorni di anticipo rispetto all'approvazione (21 settembre 2010) del nuovo regolamento europeo (che abroga la precedente direttiva comunitaria 94/56, in tema di inchieste e prevenzione di incidenti e inconvenienti nel settore dell'aviazione

civile); conseguentemente non risulta rinvenibile nel testo del riordino dell'ANSV alcun riferimento alle nuove ed importanti procedure inserite nel predetto regolamento europeo;
l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV) è stata istituita con decreto-legge n. 66 del 1999, proprio in attuazione della richiamata direttiva comunitaria 94/56 abrogata, con il compito di assolvere, essenzialmente, a compiti di investigazione e prevenzione degli incidenti ed inconvenienti nel settore dell'aviazione civile;
le misure di contenimento della spesa pubblica avrebbero potuto essere utilmente accompagnate, nel testo di riordino, anche da innovazioni di prospettiva e procedurali sul ruolo della ANSV alla luce dei cambiamenti in corso in Europa;
la Commissione trasporti (seduta del 23 giugno 2010) e la Commissione per la semplificazione legislativa (seduta del 14 luglio 2010), sulla spinta di sollecitazioni di molti operatori aeronautici, avevano già segnalato al Governo il fatto che sarebbe potuta emergere l'esigenza di riconsiderare le competenze e le modalità di interventi dell'Agenzia ove il regolamento europeo fosse stato approvato;
le citate Commissioni parlamentari avevano anche rivolto un preciso invito al Governo a valutare alcune delle complesse questioni, già sollevate nel corso della audizione presso la Commissione parlamentare per la semplificazione (audizione del 23 giugno 2010), quali:
a) la possibilità di differire l'adozione dello schema di riordino dell'ANSV per introdurre importanti elementi di innovazione e rilancio dell'Agenzia in conseguenza del pressoché contemporaneo iter di pubblicazione del nuovo regolamento europeo, allineando il prospettato riordino alle nuove regole comunitarie;
b) la necessità di introdurre formalmente il principio di indipendenza dei ruoli e dei compiti tra gli investigatori tecnici sugli incidenti aeronautici ed autorità di investigazione giudiziaria, per evitare che gli investigatori tecnici potessero essere chiamati a svolgere contestualmente anche incarichi di perito o consulente in procedimenti giudiziari; ciò anche per escludere qualunque possibile interferenza dell'autorità giudiziaria nella conduzione dell'investigazione tecnica salvo che in limitatissimi e bene definiti casi, come prefigurato nel testo del regolamento europeo;
c) la opportunità di formalizzare i principi internazionali dettati dall'ICAO (Organizzazione internazionale dell'aviazione civile) concernenti la «Just Culture», cultura mirata a distinguere gli errori umani, non intenzionali, dalla negligenza grave, evitando la criminalizzazione degli stessi, allo scopo di incoraggiare un sistema di segnalazioni spontanee indispensabili per la prevenzione dei rischi in ossequio alla direttiva 42/2003, recepita ex decreto legislativo n. 213 del 2006: va notato che i principi della Just Culture sono stati a suo tempo oggetto di vivo interessamento ed apprezzamento da parte della IX Commissione Trasporti (seduta del 16 febbraio 2010 relativa all'esame dello schema di decreto legislativo recante modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 118);
d) la realistica previsione di inserimento della ANSV in un mutato assetto della regolamentazione europea sulla safety grazie alla prevista costituzione di una Rete europea delle agenzie di investigazione coordinata da EASA (Agenzia europea per la sicurezza del volo, costituita ex regolamento (CE) n. 216/08) nelle sue nuove prerogative di autorità sovranazionale sulle indagini degli incidenti ed altri eventi pregiudizievoli per il volo;
e) l'inopportunità, con riferimento al comma 2 dell'articolo 6 del provvedimento di riordino, di introdurre in via transitoria una disciplina speciale con la quale si esclude l'applicazione, in sede di prima attuazione del regolamento, del limite massimo di due mandati stabilito in via generale per il presidente e i membri

del collegio dell'Agenzia dal comma 6 dell'articolo 21 -:
quali siano le motivazioni tecniche e di urgenza che hanno indotto il Governo ad accelerare l'iter di approvazione del regolamento di riordino della ANSV senza tenere conto dell'imminenza delle nuove e mutate prescrizioni europee di cui al regolamento citato in premessa;
se non ritenga che sussistano le condizioni per un'urgente azione atta a rimuovere la difformità relativa al mancato allineamento dello schema di riordino dell'ANSV, evitando che l'attenzione sia solo ed esclusivamente focalizzata sul contenimento della spesa (peraltro minimale) in un settore delicato quale quello della sicurezza del volo, tra l'altro estremamente esposto in questo momento sia alla rapida e molteplice mutazione di leggi e regolamenti internazionali che interessano il sistema del trasporto aereo, sia al possibile negativo giudizio delle agenzie specializzate internazionali su adempimenti non conformi all'evoluzione degli standard di settore;
quali iniziative di competenza intenda assumere affinché gli investigatori tecnici incaricati di svolgere l'indagine sul recente incidente di Palermo Punta Raisi del 24 settembre 2010, possano procedere alla rilevazione scientifica di tutti gli indizi necessari al processo investigativo tecnico posto il rischio, tra l'altro, che possa essere pregiudicata la prevenzione di altri analoghi incidenti tenuto conto che al momento, è stato disposto immediatamente il sequestro di elementi determinati per l'indagine tecnica.
(4-09491)

TESTO AGGIORNATO AL 1° FEBBRAIO 2011

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INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MATTESINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con il decreto ministeriale del 16 marzo 1989 furono previste per il territorio aretino 100 unità ruoli agenti-assistenti e a distanza di 21 anni, l'organico è sceso di sole 85 unità, con un conseguente sotto organico di 15 unità;
dal 1989 sono molto cambiate le condizioni del territorio aretino, sia con l'aumento della popolazione che con l'incremento consistente di aziende, a partire da quelle del settore orafo, così come degli esercizi commerciali;
pur rilevando negli ultimi anni un decremento dei reati, anche grazie ad un intenso lavoro congiunto delle forze dell'ordine, ad oggi persiste un'attenzione particolare sui temi dell'ordine pubblico e della sicurezza da parte di cittadini ed istituzioni tutte;
va rilevata pertanto la necessità di un adeguamento del numero degli addetti alle reali esigenze della città di Arezzo, pur sottolineando la qualità dell'azione svolta dalle forze dell'ordine, anche in grande sinergia con le istituzioni locali;
si registra un rilevante sotto organico che riguarda in modo particolare il personale adibito al controllo del territorio (volanti, pattuglie appiedate, e altro), in particolare agenti ed assistenti, e pertanto, considerato il concomitante impiego del personale in servizi di ordine pubblico, come ad esempio manifestazioni, incontri di calcio, accompagnamento stranieri, pentiti, e altro, può risultarne danneggiato l'effettivo controllo di tutto il territorio;
attualmente la questura di Arezzo è priva del dirigente della squadra mobile, figura professionale indispensabile nel contrasto alla criminalità, posto che detto incarico è rivolto alla lotta di qualsiasi tipo di criminalità che non sia terrorismo (furti, rapine, omicidi), e tale situazione si somma anche alla vacanza del prefetto di Arezzo, conseguentemente al pensionamento del dottor Salvatore Montanaro;
tale situazione è stata ripetutamente segnalata anche negli organi di informazione locale dal SIULP aretino -:
cosa intenda fare il Ministro, ed in che tempi, per risolvere il problema del

sotto organico e giungere alla nomina del nuovo capo della squadra mobile di Arezzo.
(5-03834)

SPOSETTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nell'edizione di vari telegiornali di domenica 14 novembre 2010 si riferiva dell'aggressione subita da un cittadino rumeno, avvenuta il 10 ottobre 2010 a Fabrica di Roma (VT), ad opera di un autista di un carro attrezzi chiamato per rimuovere un'auto in sosta negli spazi riservati ai disabili;
nel servizio in questione si fa riferimento a un video, girato con il telefonino del figlio del cittadino, nel quale si vede il conducente del carro attrezzi avventarsi con violenza contro il giovane rumeno intento a filmare la rimozione dell'auto;
il suddetto cittadino rumeno nel presentare denuncia presso la procura di Viterbo attraverso il suo legale, ha consegnato il video che documenta quanto accaduto e ha denunciando una presunta discriminazione, in quanto i carabinieri, intervenuti precedentemente sul luogo, avrebbero assistito all'aggressione senza intervenire e l'ambulanza chiamata a prestare soccorso avrebbe fatto salire l'aggressore e non l'aggredito, al quale sono state diagnosticate fratture multiple facciali e una prognosi di 35 giorni -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e quali iniziative efficaci ed urgenti intenda porre in essere al fine di ripristinare il rispetto della legalità, evitando il perpetuarsi di ulteriori episodi quali quelli descritti.
(5-03838)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
attualmente 650 dipendenti del Ministero dell'interno impiegati presso lo sportello unico per l'immigrazione delle prefetture e questure d'Italia versano in una condizione di estrema precarietà;
lo sportello unico per l'immigrazione, di cui fanno parte, ha assunto nel corso degli ultimi anni un numero crescente di compiti, alcuni dei quali di notevole rilevanza e di estrema delicatezza: dalle procedure per l'emersione del lavoro irregolare di colf e badanti, alle pratiche di ricongiungimento familiare per gli stranieri, a quelle per l'assunzione di lavoratori neo-comunitari, ai procedimenti di conversione del permesso di soggiorno e di perfezionamento dell'ingresso per attività di lavoro subordinato a tempo indeterminato o determinato, stagionale, autonomo, nell'ambito delle quote stabilite dal «decreto-flussi», e così via. Per le esigenze di funzionamento dello sportello unico per l'immigrazione presso le prefetture - uffici territoriali del Governo e degli uffici delle questure sono stati assunti con contratto a tempo determinato della durata totale di 36 mesi (a partire dal gennaio 2008), a conclusione di una procedura concorsuale destinata al personale precario del Ministero dell'interno, anche se di fatto sono stati utilizzati sin dal marzo 2003 per far fronte ad una più efficace gestione dei compiti connessi alla procedura di regolarizzazione (ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3262 del 31 gennaio 2003);
l'assunzione a tempo determinato era motivata dall'esigenza, ancora attuale, di rafforzare in maniera adeguata ed immediata l'organizzazione dello sportello unico per l'immigrazione, al fine di garantire in modo più efficace la continuità delle attività relative all'espletamento delle procedure amministrative connesse all'attuazione della normativa in materia di immigrazione;
l'importanza delle attività che svolgono e la serietà con cui operano quotidianamente risultano dalle note di merito di diversi questori e prefetti, nonché dalle numerose comunicazioni inviate dalle medesime autorità al Ministero dell'interno, al fine di mantenere le 650 unità in

servizio ben oltre il 2010, e dunque con implicita richiesta di stabilizzazione del personale interessato -:
se il Governo intenda assumere iniziative per stabilizzare i 650 dipendenti precari del Ministero dell'interno e, in caso negativo, se il Governo dal 1o gennaio 2011 intenda sostituire tale personale civile con personale di polizia e come ritenga di garantire la sicurezza del Paese, se si vedrà costretto a dislocare poliziotti per lo svolgimento di attività amministrativa.
(4-09467)

LISI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha previsto una procedura di stabilizzazione specifica per il personale precario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
per tale procedura si utilizzano gli idonei della graduatoria approvata con decreto del Ministro dell'interno n. 1996 del 28 aprile 2008;
in tale graduatoria, vi sono circa 400 idonei già sottoposti da circa un anno a relativa visita medica e psico-attitudinale, i quali, ciò nonostante, non sono ancora stati assunti;
per i primi 95 di costoro, è in via di emanazione l'autorizzazione all'assunzione da parte del dicastero preposto;
come segnalato dal CONAPO, il sindacato autonomo vigili del fuoco, per i restanti non vi sono notizie di assunzione, essendo questa subordinata ad una specifica norma autorizzatoria;
in data 16 dicembre 2009, il Governo, per il tramite del sottosegretario di Stato all'economia e finanze, Luigi Casero, ha accolto l'ordine del giorno n. 9/02936/A234 (primo firmatario onorevole Grimoldi Paolo, cofirmatari onorevoli Comaroli Silvana Andreina, Caparini Davide, Allasia Stefano, Meccanti Elena) impegnandosi «ad adottare iniziative volte ad autorizzare il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco ad utilizzare le procedure previste dall'artico 1, comma 526 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296 per assumere a tempo indeterminato gli aspiranti vigili dichiarati idonei della graduatoria approvata con il Decreto del Ministro dell'interno 28 aprile 2008, n. 1996 e già sottoposti a prova motoria e relativa visita psico-attitudinale»;
sono inoltre in fase di conclusione le procedure del concorso pubblico per titoli ed esami, a ottocentoquattordici posti per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco del ruolo dei vigili del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco -:
se il Ministro interrogato ritenga di avviare iniziative autorizzatorie per la stabilizzazione degli idonei già visitati, così come previsto nell'ordine del giorno di cui in premessa, se del caso assumendo iniziative normative straordinarie ed aggiuntive rispetto alle assunzioni già programmate per il concorso a 814 posti da vigile del fuoco, tenendo conto delle necessità funzionali e correlate alle annunciate norme sui passaggi di qualifica del personale permanente, che, come è noto, dovrebbero assorbire un considerevole numero di vigili del fuoco da colmare, almeno in parte, con la procedura speciale della stabilizzazione del personale precario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
(4-09471)

SARDELLI, BELCASTRO, GAGLIONE, IANNACCONE e MILO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
gli operatori, di polizia, durante la loro attività al servizio della collettività, possono essere esposti a rischi per i quali si debbono assumere specifiche responsabilità;
alcune disposizioni di legge, dettate da provvedimenti legislativi da accordi sindacali, consentono ai dipendenti, in forza del vincolo che li lega all'amministrazione d'appartenenza, di esercitare il diritto alla difesa sollevandoli dall'onere economico;

la materia è regolata dalle seguenti, disposizioni: Art. 32 del decreto legge 22 maggio 1975 n. 152 che è una norma speciale che trova applicazione solo nei riguardi di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza e solo in relazione a reati inerenti l'uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica;
proprio in ragione dello speciale settore che disciplina, la menzionata norma pone a carico del Ministero dell'interno l'obbligo di farsi carico integralmente delle spese legali che l'agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza si trova a dover affrontare nel corso del procedimento penale, salva rivalsa nel caso di accertamento della responsabilità per fatto doloso;
l'articolo 18 del decreto-legge 25 marzo 1997 n. 67, convertito dalla legge 23 maggio 1997 n. 135, disciplina tutte le altre ipotesi in cui un dipendente dell'amministrazione dello Stato sia sottoposto procedimento, penale, civile o amministrativo, ove questo sia conseguenza di fatti o atti connessi con l'espletamento del servizio, o con l'assolvimento di obblighi istituzionali;
in questo caso l'obbligo per l'amministrazione sorge solo in caso di sentenza passata in giudicato che escluda la responsabilità del dipendente;
in particolare è sostanzialmente disapplicata la norma dettata dall'articolo 32, legge n. 22 maggio 1975 n. 152 che prevede espressamente e con estrema chiarezza che il Ministero dell'interno è obbligato, senza che residui alcun margine di discrezionalità, ad anticipare integralmente le spese legali sostenute nel corso del procedimento penale dall'agente o ufficiale di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, ove lo stesso sia indagato, e/o imputato per reati inerenti l'uso delle armi o altro mezzo di coazione fisica;
è da sottolineare, inoltre, che fuori dall'ambito di applicazione della disposizione normativa sopra citata, l'agente o ufficiale di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza viene trattato dal legislatore alla stregua di qualunque altro dipendente pubblico;
ad oggi, nonostante l'Avvocatura dello Stato abbia espresso più pareri in merito alla corretta applicazione dell'articolo 32 citato, da parte dei funzionari del Ministero dell'interno addetti alla materia si continua ad interpretare la norma in maniera sfavorevole per i dipendenti delle forze dell'ordine;
da ultimo è stato negato un pagamento di spese legali in favore di alcuni dipendenti sottoposti a procedimento penale in quanto pendente un procedimento disciplinare sugli stessi nonostante fossero già stati emessi pareri favorevoli da parte della competente Avvocatura dello Stato e fosse stato emesso, su richiesta del Ministero dell'interno, parere di congruità sulla parcella del loro legale;
i giovani agenti in questione, imputati per reati ricompresi espressamente articolo 32, legge 22 maggio 1975 n. 152 «uso delle armi o altro mezzo di coazione fisica», nonostante il parere della Avvocatura dello Stato, oltre all'inferno di un interminabile processo oggi sono lasciati indebitamente e irragionevolmente da soli;
i funzionari del Ministero hanno sollevato la questione del conflitto di interessi in «pendenza del procedimento disciplinare», ignorando così quanto previsto dall'articolo 32 della legge 22 maggio 1975 n. 152;
il citato articolo di legge, norma speciale, prevede il pagamento delle spese legali anche in caso di condanna, addirittura, in caso di condanna per dolo salvo la possibilità della rivalsa;
il tenore della norma, chiaro e preciso è del tutto diverso dall'articolo 18 del decreto-legge 25 marzo 1997 n. 67 convertito dalla legge 23 maggio 1997 n. 35: «le spese relative a giudizi per responsabilità civile, penale ed amministrativa, promossi nei confronti dei dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento

del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o con provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura Di Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l'Avvocatura di Stato possono concedere anticipazioni del rimborso, salvo ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità. La disposizione si applica in favore del personale delle Forze di Polizia nelle ipotesi di procedimenti connessi con l'attività di servizio residuali rispetto alle fattispecie disciplinate dalle altre disposizioni sopra citate»;
in questo caso si vi è un potere discrezionale della PA sorretto anche dalla giurisprudenza del TAR, per verificare che non vi sia colpa grave e quindi vi è la possibilità di imbastire tutto il procedimento per verificare la fattività del rimborso delle spese legali;
al contrario negando il pagamento delle spese legali così come imposto per legge dall'articolo 32, quando si verte nell'ambito del suddetto articolo per il quale non vi è possibilità di discrezionalità della PA ma solo la possibilità del recupero di quanto già pagato in caso di condanna per dolo, si stravolge di fatto il dettato stesso della legge;
anteriormente all'entrata in vigore dell'articolo 18 citato, mancava, per i dipendenti statali, un'espressa enunciazione legislativa della regola generale della rimborsabilità delle spese legali; ciò diversamente da quanto previsto. Invece, per i dipendenti degli enti locali, regionali e per gli ufficiali agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria nonché per i militari in servizio di pubblica sicurezza -:
se non si ritenga necessario intervenire al fine di chiarire in maniera definitiva, le norme in premessa dissolvendo le ombre e le interpretazioni che ad avviso degli interroganti illegittimamente danneggiano coloro che sono esposti in prima persona, con la loro vita, nella difesa dello Stato;
se non si ritenga necessario, a questo scopo, assumere iniziative dirette a emanare una norma interpretativa al fine di definire la materia che sembrerebbe già chiara alla semplice lettura del più volte richiamato articolo 32 della legge 22 maggio 1975 n. 152, che risulta però costantemente disapplicato dall'amministrazione, ovvero l'obbligo in capo al Ministero dell'interno di anticipazione integrale delle spese legali sostenute dall'agente o ufficiale di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza sottoposto a procedimento penale per reati inerenti l'uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, salva rivalsa in caso accertamento definitivo della responsabilità per fatto doloso dell'agente o ufficiale di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza;
se non si ritenga necessario emanare un regolamento chiaro e preciso al quale debbano attenersi gli uffici preposti alla tutela legale del Ministero dell'interno.
(4-09482)

PINI e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sin dal mese di febbraio 2010 il prefetto di Forlì - Cesena è stato informato circa la presenza di una moschea, a quanto pare, abusiva in territorio cesenate;
lo stesso prefetto, in data 11 marzo 2010, rispondeva che «le verifiche di competenza immediatamente avviate attraverso una sensibilizzazione delle Forze di Polizia non hanno fatto emergere la sussistenza, allo stato, di problematiche di sorta sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica. Ciò anche con riferimento al presunto svolgimento di attività di preghiera presso il richiamato centro, le cui implicazioni sotto il profilo squisitamente amministrativo non possono che rientrare nella competenza del Sindaco di Cesena;
con tali affermazioni il prefetto di Forlì-Cesena ammetteva di fatto la presenza di un luogo di culto sul territorio di competenza senza entrare nel merito del

rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa vigente e disporne la chiusura;
la struttura, è bene ribadirlo, deve essere adibita esclusivamente a centro culturale, così come da disposizioni comunali, escludendone pertanto l'utilizzo per qualsivoglia carattere religioso;
nel marzo 2009 gli artigiani di Torre del Moro, in una conferenza stampa, protestarono contro l'insediamento del centro islamico e successivamente presentarono un esposto-denuncia alla procura della Repubblica presso il tribunale di Forlì-Cesena, che ancora, a quanto è dato di sapere, non ha avuto risposta;
in consiglio comunale sono state mostrate foto relative a tappeti da preghiera esposti all'esterno del capannone;
da notizie di stampa si apprende nelle giornate di venerdì 15 e 22 ottobre 2010 un mezzo della polizia è stato visto accompagnare alcuni nordafricani (pare poliziotti libici ospiti del Centro di addestramento della polizia di Stato di Cesena CAPS) presso la struttura di via Longo a Torre del Moro;
le persone scese dal pulmino sono entrate nell'edificio insieme a numerosi fedeli islamici, ricordando che il venerdì sia giorno di preghiera;
il mezzo della polizia di Stato ha atteso al di fuori della moschea abusiva la fine della preghiera, ha fatto risalire i soggetti e li ha portati via;
a seguito di una specifica interpellanza comunale della Capogruppo della Lega Nord Romagna, dottoressa Antonella Celletti, il comandante del CAPS di Cesena - dottor Veri - ha, pur confermando gli eventi, minimizzato l'accaduto con toni che sono apparsi quasi irrisori in relazione ai quesiti posti dalla rappresentante della Lega Nord nel comune di Cesena affermando di non sapere cosa gli ospiti fossero andati a fare nella moschea abusiva, aggiungendo forse a trovare qualcuno;
nelle tre provincie romagnole nell'arco di 3 anni sono state smantellate diverse cellule estremiste filo islamiche che proprio in luoghi di culto abusivi o centri culturali islamici trovavano asilo -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;
se il Ministro sia stato informato dal prefetto della presenza di un luogo di culto in località Torre del Moro, comune di Cesena, che risulterebbe abusivo e quali iniziative intenda adottare per ripristinare la piena legalità sul territorio, anche in relazione alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica;
se il Ministro ritenga opportuno attivare le opportune verifiche al fine di conoscere le reali motivazioni della visita degli ospiti del CAPS presso la moschea di Torre del Moro;
se si intendano assumere iniziative sul piano amministrativo e disciplinare in relazione al comportamento del direttore del CAPS dottor Veri.
(4-09483)

TESTO AGGIORNATO AL 1° FEBBRAIO 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
quello allo studio è uno dei diritti tutelati dalla nostra Costituzione agli articoli 33 e 34, che sanciscono l'accessibilità a livello universale dell'istruzione di base;
la stessa Costituzione afferma, nel suo terzo articolo, che: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;

le recenti esternazioni di alcuni amministratori locali (Friuli e Chieri) suonano ancora una volta come un campanello di allarme che deve far riflettere sull'ormai strisciante e inarrestabile darwinismo sociale che pervade la collettività in cui i princìpi perequativi ed egualitari si stanno sostituendo via via con criteri selettivi in cui i meno fortunati restano indietro;
le difficoltà che sono quotidianamente affrontate dalle migliaia di amministratori italiani sono frutto di una cattiva gestione del sistema scolastico dopo la riforma, unita ad una generale disattenzione nella pianificazione delle risorse realmente necessarie agli organici scolastici, che mal si coniuga con i tagli effettuati;
ad avviso degli interroganti, le affermazioni prive di rispetto e decoro, rese da parte di rappresentanti delle istituzioni, sono censurabili e oggetto di una netta presa di posizione da parte del Governo che non sia una mera dissociazione -:
se si intenda promuovere un'urgente revisione della riforma della scuola per rimediare al grave disagio che vivono gli studenti italiani, con particolare attenzione a quelli diversamente abili.
(4-09472)

MURGIA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende da un articolo apparso sull'Unione Sarda, la «falce» dei tagli - che ha già colpito insegnanti, segretari e collaboratori scolastici, potrebbe piombare pesantemente anche sugli addetti alle pulizie delle scuole;
secondo quanto sostiene la Cgil un esercito di 750 persone rischia, seriamente, di perdere il posto di lavoro;
chi si occupa, dal 2001, di effettuare la pulizia delle aule e delle palestre negli istituti della Sardegna, sono gli ex lavoratori socialmente utili;
a lanciare l'allarme è la Filacams-Cgil, secondo cui i tre consorzi per cui lavoravano gli addetti (e che hanno in appalto le pulizie delle scuole) avrebbero già avviato le procedure di licenziamento a causa dei pesanti tagli disposti dal Ministero;
secondo la segretaria regionale del sindacato - Simona Fanzecco - i lavoratori stabilizzati attraverso l'affidamento ai consorzi degli appalti di pulizia non hanno alcuna certezza sulla prosecuzione della loro prestazione;
nelle scuole dove non sono presenti gli ex lavoratori socialmente utili, il compito di assicurare l'igiene e la pulizia dei locali è affidato ai collaboratori scolastici;
sempre secondo la Cgil i lavoratori licenziati non verranno integrati con altro personale diretto che potrebbe garantire un servizio di qualità;
ad avviso dell'interrogante, questa situazione - dovuta al taglio del numero dei collaboratori scolastici - verrà pagata soprattutto dalle famiglie degli stessi alunni perché saranno costretti a frequentare scuole materne, elementari e superiori prive di un adeguato servizio di pulizia -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato in relazione a quanto rappresentato in premessa, tenendo conto che in questa incresciosa situazione il rischio è che a rimetterci siano la pulizia e la sicurezza degli alunni.
(4-09488)

TESTO AGGIORNATO AL 1° FEBBRAIO 2011

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
la legge 21 maggio 1998, n. 162, «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave»,

sancisce che le regioni possono, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, programmare interventi di sostegno alla persona e ai suoi familiari, come prestazioni integrative degli interventi realizzati dagli enti locali a favore delle persone con handicap di particolare gravità, mediante forme di assistenza domiciliare e di aiuto personale;
in Sardegna, il 18 dicembre 2010 è stata approvata la delibera della giunta regionale n. 34/30 sulla modifica dei criteri per la predisposizione e l'erogazione dei finanziamenti dei piani di sostegno personalizzati di cui alla legge n. 162 del 1998, individuando una dotazione di risorse pari a euro 91.500.000 per l'anno 2010, contro gli oltre 116 milioni di euro dello scorso anno; la giunta regionale ha inoltre deciso di modificare i criteri per l'erogazione dei finanziamenti in senso fortemente restrittivo. Di fatto, si è ridotto d'ufficio il punteggio attribuibile a migliaia di persone con disabilità, che vedranno improvvisamente «tagliata» la propria quota di finanziamento, senza alcun motivo reale, eventualmente connesso ad una riduzione della situazione di handicap grave, solo perché la giunta ha ritenuto di modificare i criteri allo scopo di restare all'interno di un budget prefissato notevolmente inferiore a quello del 2009;
facendo una previsione, ove si applicassero i nuovi criteri della giunta ai casi dello scorso anno circa l'86 per cento dei progetti personalizzati subirebbe un taglio, l'8 per cento resterebbe invariato e solo il 6 per cento dei progetti aumenterebbe le proprie risorse: è ovvio che le famiglie con meno ore di assistenza potrebbe rivolgersi alle strutture residenziali, che costano alle casse pubbliche da 4 a 10 volte in più rispetto ad un progetto personalizzato ai sensi della legge n. 162 del 1998 (che come è noto è incompatibile con qualsiasi forma di residenzialità);
l'esperienza sarda è diventata una buona pratica di eccellenza nazionale e internazionale, come dimostrano gli studi e le recenti pubblicazioni (il «modello sardo» è stato indicato tra le buone prassi; ne sono state scelte solo 5 in tutta Italia a partire dal rapporto di monitoraggio del piano d'azione nazionale per l'inclusione sociale 2003-2005 a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; come buona pratica di «welfare plurale sociale» è stato oggetto di ricerca da parte dell'osservatorio nazionale ministeriale sulla famiglia, che ha pubblicato il libro, editrice F. Angeli, BP Buone pratiche e servizi innovativi per la famiglia; ancora, è stata oggetto di seminari e ricerche all'università degli studi di Milano, facoltà di scienze politiche e considerata buona prassi a Berlino nel giugno 2007, alla 15a Conferenza europea dei servizi sociali organizzata da dall'European Social Network in cooperazione con l'Unione europea; infine è stata oggetto di menzione da parte dell'Agenzia per le Onlus che ha pubblicato un approfondito studio nella propria rivista «Aretè» classificandola come prassi di eccellenza (n. 2/2009);
con la legge n. 162 del 1998 si è contribuito realmente a garantire una migliore qualità della vita alle persone con disabilità e alle loro famiglie e si sono date risposte adeguate a misura delle persone con disabilità, specie a quelle in situazione di gravità, con il sostegno dato in continuità a percorsi di vita di vera inclusione sociale, compresi quelli per la «vita indipendente», attivando un processo di sussidiarietà che rende i finanziamenti erogati non mera assistenza ma un vero e proprio investimento, in quanto vengono rese disponibili risorse umane ed economiche aggiuntive da parte delle persone con disabilità e delle loro famiglie;
i tagli intervenuti porterebbero anche un grave danno per i comuni, l'istituzione più vicina al cittadino che deve dare adeguate risposte alle esigenze legittime della propria comunità e, in particolare, delle persone più deboli e verso le quali le famiglie non potranno che richiedere assistenza suppletiva, creando profonda instabilità a livello locale nella rete dei servizi alla persona e nel sistema di sicurezza sociale; si creerebbero difficoltà reali per gli operatori

professionali che sono impegnati nei compiti di cura ed educativi (il cui numero si valuta, solo in Sardegna, intorno a 14.000 operatori, dei quali migliaia, grazie alla legge 162, sono «usciti» dal lavoro nero, spesso piaga dei servizi alla persona, e ora contribuiscono alla fiscalità generale come tutti i lavoratori) con il rischio di perdita di lavoro, super part-time di circa 2500 persone. Il limite del diritto di accesso per i bambini da zero a tre anni con disabilità grave al progetto personalizzato ai sensi della legge 162 tiene conto dei soli aspetti sanitari senza la considerazione del bisogno o del disagio anche sociale; addirittura, il calcolo nel carico familiare dei permessi ai sensi della legge n. 104 del 1992 è una vera e propria incoerenza rispetto all'impegno sostenuto dai familiari per prendersi cura della persona non autosufficiente, un passo indietro rispetto ai diritti esigibili, alle disposizioni normative che sono il frutto di battaglie nazionali delle persone con disabilità dei familiari e loro organizzazioni; nella delibera regionale, si prevede, inoltre, la sola firma del medico in relazione alla scheda di gravità, comportando così un aumento dei costi, dello stress e delle burocrazie che ricadono sulla famiglia e persone con disabilità;
inoltre, come denunciato anche nella mozione del consiglio regionale della Sardegna, primi firmatari Espa e Bruno, in riferimento alla valutazione della capacità economica del nucleo familiare (ISEE) ai fini della compartecipazione al finanziamento, si deve considerare il reddito del solo assistito per le persone disabili in condizione di gravità (articolo 3, comma 4 e 2-ter del decreto legislativo n. 130 del 2000; al riguardo, si teme anche la possibilità di eventuali ricorsi al TAR da parte delle persone con disabilità e delle loro famiglie; molti TAR in tutta Italia hanno già sentenziato con orientamento chiaro che il decreto legislativo n. 130 del 2000 è immediatamente applicabile, richiamando diversi principi costituzionali e di diritto internazionale;
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi, il 26 maggio 2010, su Raiuno nella trasmissione Porta a porta, ha dichiarato «le persone non autosufficienti assistite a domicilio costano un settimo di quanto costerebbero se fossero ospedalizzate»;
il problema della non autosufficienza sta assumendo nel nostro Paese contorni sempre più allarmanti sotto il profilo sociale ed economico. L'urgenza di tali questioni impone una presa di posizione netta da parte del legislatore, affinché tutti i cittadini si sentano partecipi di un progetto globale e solidaristico, volto ad affrontare un problema che coinvolge l'intera società;
quando si interviene dal punto di vista normativo per la tutela delle persone con disabilità gravi, non si può prescindere dai familiari che li assistono: la famiglia deve essere messa nelle condizioni di compiere al meglio il proprio ruolo educativo di cura e di socializzazione, differenziando progettualità e sostegni, soprattutto nei confronti dei soggetti giovani disabili in condizione di non autosufficienza, con l'obiettivo prioritario di migliorare il più possibile la qualità della loro vita e di quella delle loro famiglie;
è necessario riconoscere il diritto delle persone non autosufficienti ad accedere a un progetto di vita individualizzato, aggiuntivo rispetto alle prestazioni socio-sanitarie già incluse nei livelli essenziali di assistenza, conferendo piena attuazione alle leggi n. 104 del 1992 e n. 162 del 1998; il progetto individualizzato deve comprendere sia le prestazioni socio-sanitarie, sia tutte le ulteriori attività volte alla più ampia integrazione del singolo nell'ambiente scolastico, sociale e, ove possibile, occupazionale. I progetti devono essere elaborati in stretta collaborazione con la famiglia del disabile non autosufficiente, nell'ottica del massimo rispetto del principio di autodeterminazione e di libera gestione delle attività familiari. Tale progetto di vita deve comprendere anche l'assistenza domiciliare, il trasporto alla struttura diurna, le attività ricreative, le politiche scolastiche, le politiche per la casa;

occorre salvaguardare il livello essenziale di assistenza sociale, raggiunto in oltre dieci anni di ottima applicazione della legge, per i cittadini in situazione di handicap grave aventi diritto ai finanziamenti dei progetti personalizzati e co-progettati tra istituzioni locali, famiglie e persone con disabilità ai sensi della legge n. 162 del 1998:
se non ritenga utile adottare ulteriori e urgenti iniziative per garantire il riconoscimento individualizzato della non autosufficienza, al fine di assicurare alle persone non autosufficienti un progetto di vita individualizzato e un sistema di protezione e di assistenza globale che prevenga e rimuova le cause che possono concorrere alla loro emarginazione;
se non ritenga opportuno assumere iniziative al fine di elaborare un sistema di agevolazioni fiscali unico che supporti le persone diversamente abili e le loro famiglie nel raggiungimento di un livello di qualità della vita compatibile con lo stato di salute del disabile.
(2-00892)
«Schirru, Pes, Calvisi, Melis, Fadda, Parisi Arturo Mario Luigi, Soro, Marrocu, Mastromauro, Marchi, Farinone, Codurelli, Miglioli, Esposito, Madia, Gnecchi, Verini, Bucchino, Braga, Pedoto, Siragusa, Murer, Concia, Motta, Laganà Fortugno, Bobba, Gatti, Vico, Lulli, Froner, Vaccaro, Bocci, Damiano, Gozi, Rosato, Sanga, Sani, Santagata, Scarpetti, Tempestini, Tocci, Vannucci, Vassallo, Viola, Zucchi, Zunino».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:

DAMIANO, BERRETTA, BELLANOVA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI. GNECCHI, LETTA, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il disegno di legge dal titolo «Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro», legge 4 novembre 2010, n. 183, all'articolo 32 contiene una norma gravemente penalizzante per i lavoratori titolari di contratti a termine;
l'articolo citato, infatti, al comma 1, prevede il termine di 60 giorni per l'impugnativa del licenziamento a pena di decadenza;
il comma 4 stabilisce che tale disposizione si applica anche: «a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza alla scadenza del termine; b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge»;
ciò significa che si applica il termine di 60 giorni per l'impugnativa del licenziamento anche ai casi di contestazione di irregolarità nei contratti a carattere temporaneo e precario;
si tratta di una profonda novità che pone i lavoratori in questione, alla scadenza del contratto, in una profonda incertezza se attendere l'eventuale rinnovo del contratto qualora terminato, o eventualmente impugnare il contratto qualora presenti irregolarità;
le disposizioni di cui all'articolo 32 si applicano anche a tutti i rapporti a tempo

determinato conclusi prima dell'entrata in vigore del cosiddetto «Collegato lavoro»; dunque allo scadere del termine di 60 giorni dal momento dell'entrata in vigore della legge in oggetto, non sarà più possibile per i lavoratori precari che hanno riscontrato irregolarità nel proprio contratto adire alla giustizia;
la conseguenza di tale disposizione sarà duplice: molti lavoratori, non avendo le informazioni sufficienti in un lasso di tempo cosi ristretto, perderanno per sempre la possibilità di adire all'autorità giudiziaria qualora il contratto presenti irregolarità, mentre coloro che ne saranno informati, è presumibile, che si affrettino comunque ad impugnarlo generando un forte aumento del contenzioso in un breve lasso di tempo -:
se non ritenga di dover intervenire con urgenza tramite un'apposita iniziativa normativa al fine di risolvere i problemi generati all'articolo 32 nei confronti dei lavoratori titolari di contratti a termine affinché non si verifichi una vera e propria discriminazione nei confronti di tali lavoratori, già di per sé soggetti deboli del mercato del lavoro.
(5-03839)

FEDRIGA e RONDINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il giorno 4 novembre 2010 nel comune di Paderno Dugnano (MI), in via Mazzini, frazione Palazzolo, avveniva un'esplosione all'interno della ditta Eureco Holding, società specializzata nel trattamento e stoccaggio di rifiuti speciali e pericolosi;
nell'esplosione e nel successivo incendio sette operai che lavoravano nel piazzale della Eureco Holding sono rimasti ustionati, uno dei quali è deceduto mentre tre rischiano la vita a causa delle gravi ustioni;
da notizie di stampa risulta che parte degli operai coinvolti nell'esplosione erano messi a disposizione da una cooperativa che fornisce forza lavoro di supporto alla Eureco Holding;
nello stesso sito industriale dove opera la ditta Eureco Holding, operano anche altre tre aziende -:
se sia intenzione del Governo effettuare una verifica su tali cooperative per accertare quale formazione e quali corsi professionali vengano svolti dagli operai prima di poter operare all'interno di aziende a rischio, nonché prevedere forme di limitazione all'utilizzo di personale di cooperative di lavoro interinale nelle aziende che trattano materiali pericolosi ed una particolare abilitazione all'uso e maneggio delle sostanze pericolose, come lo sono i rifiuti industriali e speciali, tale per cui unicamente le persone riconosciute idonee per formazione e competenza possano operare direttamente con tali sostanze, chiarendo altresì se sia intenzione del Governo prevedere che, se all'interno di uno stesso sito industriale insistono più aziende, la formazione e le competenze degli operatori di tutte le aziende debbano corrispondere anche a quelle richieste ai dipendenti dell'azienda che opera in condizioni di rischio più elevato.
(5-03840)

POLI e CESA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
desta profonda preoccupazione la drammatica situazione in cui si trovano 220 operatrici scolastiche a Lucca, che svolgono il servizio di sorveglianza e pulizia nelle scuole prevalentemente materne ed elementari e che il 31 dicembre 2010, data di scadenza dell'appalto alle cooperative di cui sono dipendenti, si troveranno senza lavoro;
dopo il taglio deciso dal Governo già dal 2010 del 25 per cento del monte-ore di lavoro delle bidelle (e quindi delle retribuzioni), il mancato finanziamento del nuovo appalto sui servizi ausiliari nelle scuole apre scenari drammatici sia per gli aspetti sociali, legati cioè alla perdita di 220 posti

di lavoro, sia per gli aspetti connessi al funzionamento delle attività scolastiche, in particolare per i servizi di pulizia e di igiene dei locali, di sicurezza e di sorveglianza dei bambini, che non possono certamente essere controllati da un numero sottodimensionato di operatrici;
le scuole materne ed elementari di tutta la Toscana non avranno più il servizio di sorveglianza e di pulizia. Se non saranno rifinanziati i bandi affidati alle cooperative, circa 1500 bidelle perderanno il posto di lavoro, si tratta di donne di età media tra i 45 ed i 50 anni, che in gran maggioranza lavorano a tempo pieno nella scuola e che provengono da lavori socialmente utili cui era stato garantito un percorso di stabilizzazione. In tutta Italia l'appalto ex LSU e MIUR riguarda un totale di 25 mila persone -:
quali urgenti e puntuali iniziative intenda adottare al fine di tutelare l'occupazione delle lavoratrici dell'intero territorio toscano e di Lucca in particolare e la stessa sicurezza dei bambini, chiarendo le misure previste per impedire che venga sospeso da gennaio questo importante servizio e per intervenire prorogando il servizio, almeno fino alla fine dell'anno scolastico.
(5-03841)

PALADINI, PORCINO e BORGHESI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nelle ultime settimane è ritornato un diffuso allarme sulle entrate contributive dell'INPS, che sono in sofferenza;
le difficoltà esistenti non sono state smentite dal presidente dell'INPS Mastrapasqua, intervenuto in Commissione lavoro nel corso delle audizioni sul Libro Verde delle pensioni dell'UE, ed emergono dalla lettura dei documenti di bilancio all'esame della Camera dei deputati;
la conferma è arrivata anche dalla relazione annuale della Corte dei conti sulla gestione finanziaria dell'INPS, presentata in Parlamento la settimana scorsa. Secondo i magistrati contabili, «la caduta del Pil e la flessibilità del mercato del lavoro incidono sul disavanzo tra monte retribuzioni e monte prestazioni, e quindi vanno attentamente monitorati»;
già nel 2009, la Corte dei conti aveva evidenziato un sostanziale dimezzamento dei saldi positivi di bilancio, con un risultato di esercizio passato da 6,9 a 3,2 miliardi di euro e un avanzo finanziario in discesa da 13,5 a 5,3 miliardi. Preoccupante, secondo la relazione, anche il fatto che l'avanzo economico sia dipeso esclusivamente da fatti gestionali straordinari, senza i quali il risultato sarebbe stato negativo per circa un miliardo. Questo trend negativo si riflette in pieno anche nelle previsioni per il 2010, che vedono un ritorno al disavanzo economico per 3,8 miliardi;
esiste quindi una forte preoccupazione che la spesa fuori controllo possa ricadere sulla tenuta e la stabilità del sistema pensionistico a detrimento futuro dei lavoratori -:
quali siano gli intendimenti del Ministro in merito e come il Governo intenda fare fronte alla situazione illustrata.
(5-03842)

Interrogazione a risposta in Commissione:

PORCU e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
tra le Associazioni nazionali dei Disabili italiani, hanno destato particolare preoccupazione alcune iniziative dell'INPS, comunicate formalmente alle stesse associazioni dirette ad introdurre novità nelle procedure di accertamento della invalidità civile;
in particolare le associazioni di categoria contestano la decisione dell'INPS, di controllare ex novo in via diretta, e presso la direzione centrale tutti i verbali di accertamento, comportanti benefici economici nonostante, che nelle commissioni ASL, siano presenti (con voto, peraltro

determinante), medici dell'INPS. Con questo provocando come minimo ritardi e intralci burocratici;
inoltre l'INPS, dovendo provvedere alle verifiche straordinarie (di 200.000 invalidi solo per il 2010), in seguito alle sollecitazioni arrivate da più parti, affinché la giusta lotta al vergognoso fenomeno dei falsi invalidi, non si trasformasse nella grave penalizzazione dei veri invalidi, aveva assicurato che, previa acquisizione di documentazione medica, sarebbero stati esclusi da tali accertamenti, tutti quei soggetti portatori di particolari patologie esclusi per legge da questi controlli;
ora sembra invece che, nonostante questi disabili abbiano fornito la necessaria documentazione medica specialistica, verranno egualmente tutti convocati alla visita diretta con intuibili disagi di ogni genere ed anche per costoro i verbali verranno mandati alla sede centrale INPS di Roma, con la conseguenza che le decisioni verranno prese senza che gli interessati vengano nemmeno visti dai medici -:
se il Ministero, anche alla luce di quanto in premessa, ritenga le decisioni dell'INPS coerenti con il dettato di legge sull'accertamento delle invalidità civili;
se comunque non ritenga che le nuove direttive INPS, possano creare incertezze nelle procedure con conseguente crescita di un contenzioso che nella materia è già assai consistente e quali iniziative intenda assumere per scongiurare tali rischi;
cosa intenda fare affinché l'INPS, una volta per tutte, prenda decisioni definitive sulla esclusione dalle verifiche straordinarie, di tutti quei soggetti affetti da patologie gravissime ed irreversibili - come peraltro previsto da alcune vigenti disposizioni normative.
(5-03837)

Interrogazioni a risposta scritta:

GINEFRA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Poste Italiane s.p.a. nell'ultimo decennio ha assunto migliaia di lavoratori precari con contratti non definitivi e atipici, reiterati nel tempo, in un periodo in cui azienda - in fase di ristrutturazione e di privatizzazione - poteva ancora attingere con una certa facilità ad istituti di matrice pubblicistica speciali e derogatori rispetto alla disciplina di diritto del lavoro comune;
la fine del «periodo agevolato» e la mancata riconferma di tali contratti atipici da parte di Poste Italiane, ha provocato una serie di vertenze di lavoro, dagli esiti altalenanti, che - negli anni 2004 e 2005 - hanno obbligato l'amministrazione postale ad effettuare circa 5000 reintegri;
l'argomentazione principale sostenuta dall'azienda è stata la sussistenza di una contrattazione collettiva che legittima la stipulazione di forme contrattuali ulteriori e sui generis rispetto a quelle di stretta matrice legale: in passato l'Azienda si era avvalsa di questa «legittimazione pattizia» - concordata con le parti sociali firmatarie del contratto collettivo di categoria - specie per quanto concerne la successione nel tempo di contratti a termine ovvero la non applicabilità ad essi della sanzione legale della conversione contrattuale nel caso di mancata indicazione del termine ed ancora l'omissione di individuazione del nominativo del lavoratore pro tempore sostituito dal nuovo lavoratore precario assunto con contratto a termine;
molti lavoratori hanno quindi fatto causa all'azienda sindacando giudizialmente la sussistenza nel caso concreto dei presupposti che hanno legittimato la loro assunzione mediante contratto a termine e tali presupposti sono rappresentati dall'effettività delle esigenze aziendali di Poste Italiane come individuate nel piano di ristrutturazione: sostituzione di lavoratori assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto, presenza di nuovi

processi produttivi e di nuovi servizi predeterminati nel tempo e aventi carattere straordinario, esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione degli assetti occupazionali in corso; parametri la cui ricorrenza è necessaria per integrare il requisito della specialità del rapporto di lavoro e per giustificare la limitazione temporale della durata dello stesso;
in data 13 gennaio 2006, Poste Italiane spa ha sottoscritto con le organizzazioni sindacali un accordo teso a regolamentare le migliaia di sentenze di reintegro emesse dai vari giudici del lavoro aditi: l'accordo prevedeva, in sede di conciliazione, la sottoscrizione di un verbale con il quale il lavoratore ricorrente si impegnava alla restituzione delle somme percepite per il periodo non lavorato - ossia quello intercorrente tra la data della scadenza del contratto a tempo determinato e la sentenza di riassunzione - in cambio della desistenza all'appello e ai gradi superiori della giustizia da parte dell'azienda;
in data 10 luglio 2008, è stato sottoscritto un ulteriore accordo tra Poste Italiane e organizzazioni sindacali, con il quale venivano esclusi, dai supposti benefici del precedente accordo citato, coloro che si trovavano in servizio in forza di una sentenza del giudice del lavoro adito, ma la cui origine del rapporto di lavoro con Poste Italiane era stata un'assunzione da agenzia interinale anziché un'assunzione diretta da parte di Poste;
in data 27 luglio 2010, Poste Italiane spa ha sottoscritto un ulteriore accordo con le organizzazioni sindacali, per meglio regolare le situazioni derivanti dai contratti a tempo determinato e dei riammessi in servizio a seguito di sentenza giurisdizionale e con tale accordo si dava la possibilità di conciliare anche a tutti coloro i quali erano risultati esclusi dai primi due accordi, fatta eccezione per gli ex-interinali;
anche con questo ultimo accordo del 27 luglio 2010, però, sono stati esclusi coloro i quali erano stati riammessi in servizio dal giudice del lavoro, pur essendo stati assunti da agenzie interinali e non direttamente dall'azienda, e questi, pur godendo parimenti agli altri di una sentenza di riammissione in servizio da parte del giudice del lavoro adito, non hanno potuto conciliare la propria posizione giudiziale con l'azienda subendo una vera e propria discriminazione nel trattamento a parità di condizione data dall'iter giudiziario;
è importante precisare che la succitata esclusione dei lavoratori di Poste ex-interinali non si evince in maniera esplicita dalla lettura dell'accordo del 27 luglio 2010, bensì è stata estrinsecata verbalmente dai responsabili dell'azienda alle organizzazioni sindacali in sede di stesura dello stesso -:
quali motivazioni d'ordine giuridico e di strategia aziendale ancora oggi vengano addotte per escludere da una regolamentazione transattiva quelle centinaia di lavoratori che hanno avuto una sentenza di reintegro al lavoro e hanno dichiarato la loro disponibilità a restituire gli emolumenti percepiti per il periodo non lavorato, con trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, solo perché assunti da agenzia interinale nonostante diversi giudici dei tribunali del lavoro in Italia li hanno paragonati agli ex-ctd, ovvero i lavoratori con contratto a tempo determinato.
(4-09460)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 21 novembre 1988, n. 508, prevede che l'indennità di accompagnamento viene oggi concessa alle persone con inabilità totale quando i cittadini si trovino nell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore, oppure,

non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, necessitino di un'assistenza continua;
l'indennità viene, quindi, concessa nel caso in cui ricorra o il grave impedimento alla deambulazione, tanto grave da non potersi muovere senza l'aiuto di un accompagnatore, oppure qualora vi sia la necessità di assistenza continua, riscontrabile ogniqualvolta una persona non sia in grado di compiere gli atti quotidiani della vita;
dal 1o gennaio 2010 la domanda di accertamento di invalidità, handicap e disabilità si presenta all'INPS e non più alle aziende Unità sanitaria locale e le competenti commissioni delle ASL sono integrate da un medico dell'INPS, cosi come disciplinato dal decreto-legge n. 78 del 2009 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009), all'articolo 20, e dalla circolare 28 dicembre 2009, n. 131, dell'INPS;
in sede di conversione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le proposte avanzate di una modifica dei criteri di concessione dell'indennità di accompagnamento per le persone disabili, che incidevano sulla qualifica delle capacità deambulatorie e sulla capacità di svolgere gli atti elementari della vita e che avrebbero portato ad una sensibile riduzione delle erogazioni degli assegni a favore di persone realmente disabili, piuttosto che di una lotta all'abusivismo, non ebbero seguito;
non è pertanto rilevante ai fini del riconoscimento dell'assegno la necessità di assistenza continua nel caso di impossibilità allo svolgimento degli atti strumentali della quotidianità, ovvero quegli atti che includono la capacità di usare il telefono, di fare acquisti e gestire il denaro, di preparare il cibo, di governare la casa, di cambiare la biancheria, di usare i mezzi di trasporto, di essere responsabili nell'uso dei farmaci, di essere capaci di maneggiare il denaro;
nonostante quanto emerso dall'attività parlamentare, l'INPS, con una comunicazione del 20 settembre 2010, ha stabilito che «si rende indispensabile potenziare (...) il ricorso all'accertamento sanitario diretto sulla persona con l'obiettivo di verificare la sussistenza ovvero la permanenza dei requisiti sanitari»;
nonostante la nota affermi che l'intento è di rendere «definitivo il giudizio medico legale dei sanitari INPS, con il dichiarato obiettivo di evitare futuri disagi al cittadino conseguenti a successive verifiche sanitarie straordinarie», non appare inverosimile che il vero obiettivo sia quello di stringere ulteriormente i meccanismi di controllo e di restrizione delle provvidenze concesse;
le stesse «Linee Guida operative per l'invalidità civile», allegate alla nota del direttore generale (paragrafo «Visita diretta»), a cui dovrebbero attenersi i medici dell'INPS nell'esame delle domande di invalidità, sottolineano «che l'accertamento sanitario diretto è da ritenersi prioritario al fine di garantire la massima coerenza metodologica e la trasparenza dell'iter valutativo e del conseguente giudizio medico-legale. Ciò soprattutto nei casi in cui si evidenzi una severa minorazione dell'integrità psico-fisica da cui derivano benefici assistenziali»;
le linee guida intervengono nel limitare il concetto di autonomia nella deambulazione, restringendo notevolmente il campo di applicazione anche per persone che possono muoversi solo a stento in modo autosufficiente, escludendoli addirittura se in grado di muoversi su una sedia a ruote senza accompagnatore;
intervengono, altresì, sulla definizione di atti quotidiani della vita, anche in questo caso restringendo l'applicazione rispetto alle attuali valutazioni, di modo che potrebbe essere esclusa dall'assegno una persona affetta da sindrome di Down o in grado di svolgere singoli atti quotidiani ma assolutamente incapace di muoversi in modo autonomo fuori da casa propria, come avviene anche per gravi forme di disabilità intellettiva;

la circolare n. 131 del 2009 prevedeva una valutazione sugli atti o con visita diretta presso la commissione INPS, mentre, con le nuove disposizioni, l'INPS suggerisce il ricorso prioritario alla visita diretta;
il ricorso alla visita diretta è prioritario, secondo INPS, anche nel caso in cui il giudizio della commissione ASL, integrata con il medico INPS, sia stato unanime, soprattutto nei casi in cui siano previsti benefici assistenziali, ovvero, in particolare, pensioni, assegni, indennità;
non si esclude che molti disabili verranno, d'ora in poi, sottoposti ad una doppia visita: prima all'ASL e poi all'INPS, con l'esponenziale aumento di disagi e ritardi, a causa della dubbia motivazione dell'INPS relativa al fatto che tali procedure siano rivolte ad un minor disagio per il cittadino;
secondo quanto affermato, il permanere dei medici dell'INPS in seno alle commissioni delle ASL, perde il requisito di opportunità di accelerare e ottimizzare i procedimenti e, dopo le nuove indicazioni, appare piuttosto come un costo per l'INPS senza vantaggio per il sistema;
a parere dell'interrogante i contenuti nelle linee guida riconosciuti alle persone disabili si pongono in chiaro contrasto con l'intenzione del legislatore;
l'articolo 20, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2009, stabilisce che «In ogni caso l'accertamento definitivo è effettuato dall'INPS», rischiando in questo modo di determinare la prevalenza delle indicazioni interne dell'INPS sulle stesse disposizioni di legge interpretate dall'Istituto e generando verosimilmente nuovi e copiosi contenziosi -:
se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali abbia espresso delle direttive in materia all'INPS;
se i Ministri interrogati non ritengano di intervenire per assicurare che sia pienamente applicata la normativa in materia senza violare i diritti dei cittadini inabili, previsti dalle vigenti leggi in materia di invalidità e dalla Costituzione.
(4-09473)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Terra del 16 novembre 2010, il 19 aprile 2011 vi sarà la prima udienza nel tribunale di Paola relativa al processo contro i 13 imputati del caso Marlane-Marzotto, la fabbrica tessile di Praia a Mare, in provincia di Cosenza, chiusa nel 2004 e che all'origine di numerosi decessi di operai per tumore e di interramento di veleni. Gli imputati, tra cui figurano ex dirigenti della Lanerossi e del gruppo Marzotto, a cominciare dall'ex presidente, Pietro Marzotto, direttori e responsabili dello stabilimento in cui si producevano i capi del noto marchio Marlane, la linea di abbigliamento sportivo ora trasferita vicino Biella, dovranno rispondere a vario titolo di accuse che vanno dalle lesioni colpose all'omicidio colposo plurimo fino al disastro ambientale. Il giudice dell'udienza preliminare, Salvatore Scarpino, ha respinto l'istanza di incompatibilità territoriale chiesta dai difensori degli imputati, gli avvocati Sisto e Ghedini deputati della Repubblica. Respinta anche l'incompetenza territoriale del tribunale di Paola, che avrebbe comportato il trasferimento del processo in un altro tribunale, quello di Vicenza, sede più vicina alla Marzotto;
sessanta operai che hanno lavorato nella fabbrica tessile sono attualmente malati di cancro e presenterebbero tumori alla vescica, ai polmoni, all'utero e al seno che, secondo le ipotesi della Procura di Paola, andrebbero fatti risalire - così come i morti già accertati, più di quaranta - all'uso di alcune sostanze per la produzione, in particolare coloranti azoici che contengono ammine aromatiche, presunte responsabili delle patologie tumorali. Inoltre,

il lavoro d'indagine ha evidenziato come la causa di alcune ulteriori morti di operai della fabbrica possa essere fatta risalire all'uso di amianto, presente sui freni dei telai utilizzati nello stabilimento calabrese;
l'inchiesta conclusa qualche mese fa è durata oltre dieci anni e si è sviluppata in tre procedimenti: il primo iscritto a ruolo nel 1999, il secondo nel 2006 (con sette indagati) e il terzo nel 2007 (con quattro indagati). Procedimenti confluiti, infine, in un unico fascicolo. A chiusura delle indagini, il procuratore Bruno Giordano ha richiesto anche il sequestro preventivo - che il gip ha già emesso - relativamente all'area circostante lo stabilimento dove, sotto terra, si troverebbero tonnellate di rifiuti industriali mai smaltiti. Sostanze che erano nocive ancora prima di diventare rifiuti e che per questo avrebbero dovuto seguire l'iter di smaltimento secondo legge. Per profitto o per incuria qualcuno invece ha preferito seppellirle lì. Per questo, all'indagine iniziale sulle morti bianche se ne è aggiunta una seconda sull'interramento dei rifiuti;
secondo la procura di Paola, infine, gli operai deceduti potrebbero essere in realtà già più di ottanta, considerato che non tutte le famiglie degli operai morti hanno sporto denuncia. Le prime vittime alla Mariane risalgono ai primi anni Settanta, precisamente al 1973 quando morirono due operai trentenni che lavoravano con gli acidi. Per questo motivo Giordano ha costituito un gruppo di lavoro per individuare tutte le eventuali parti offese -:
se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti di cui in premessa;
quali iniziative intendano avviare anche per il tramite dei competenti ispettorati del lavoro in merito all'uso presso gli stabilimenti del gruppo sotto inchiesta di alcune sostanze per la produzione, in particolare coloranti azoici che contengono ammine aromatiche, presunte responsabili delle patologie tumorali ed in merito all'uso di amianto, presente a sui freni dei telai utilizzati nello stabilimento calabrese al fine di salvaguardare la salute dei lavoratori;
se non ritengano opportuno acquisire elementi relativamente all'interramento di rifiuti pericolosi;
quali iniziative di carattere generale intendano adottare al fine di rispettare i diritti dei cittadini e salvaguardare la loro salute in materia di protezione da sostanze tossiche e pericolose, in particolare nell'ambito lavorativo.
(4-09490)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

COMAROLI, NEGRO, RAINIERI, CAPARINI, FAVA, FUGATTI, VANALLI e SIMONETTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla proposta di modifica del decreto ministeriale 4 agosto 2005 (Modificazione al disciplinare di produzione dei vini ad indicazione geografica tipica «Emilia» o «dell'Emilia»);
le vicende legate alle diverse proposte di modifica del disciplinare in essere dei vini IGT «Emilia» o «dell'Emilia», ormai confluite in una proposta di disciplinare redatta dalla regione Emilia Romagna, destano viva preoccupazione nelle aziende site nella provincia di Cremona;
infatti l'articolo 3 dell'attuale disciplinare prevede una zona di produzione delle uve coincidente con l'Emilia, cioè con le province di Ferrara, Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e con quella parte della provincia di Bologna situata a sinistra del fiume Sillaro. Per contro, nulla è specificato dall'articolo 5 dell'attuale disciplinare in materia di vinificazione;
a fronte di un'ampia facoltà, quindi, riconosciuta dalla vigente normativa alle

aziende vitivinicole situate al di fuori della zona di produzione di vivificare vini IGT «Emilia» o «dell'Emilia», le proposte di modifica del disciplinare elaborate dai diversi consorzi di tutela, poi confluite nella bozza finale, risultano fortemente penalizzanti per le aziende, stabilite fuori dell'Emilia Romagna, che hanno investito negli anni sui vini emiliani ed hanno contribuito a farli conoscere nel mondo, ricevendo anche premi per la qualità;
il nuovo testo dell'articolo 5 della proposta di disciplinare, cosi come oggi formulato, prevede alcuni assunti suscettibili di incidere in profondità non tanto (in positivo) sulla qualità finale del prodotto, quanto (in negativo) sui diritti acquisiti dalle aziende che hanno vinificato vini IGT «Emilia» o «dell'Emilia» in zone diverse da quelle indicate dal disciplinare all'articolo 3;
secondo il nuovo testo, infatti la vinificazione delle uve IGT Emilia dovrebbe essere effettuata negli stabilimenti ubicati nel territorio delle province di Ferrara, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e di quella parte della provincia di Bologna situata alla sinistra del fiume Sillaro e, per quanto concerne gli impianti enologici situati in zone diverse, sarebbero ammessi alle procedure di vinificazione soltanto gli stabilimenti cooperativi ubicati in zone limitrofe (peraltro non indicate) che trasformano le uve dei propri soci conferenti conduttori di superfici vitate iscritte all'elenco delle vigne dell'IGT Emilia;
si osserva che uno stabilimento enologico, non strutturato come cooperativa, ubicato in (non identificate) zone limitrofe, il quale trasformi oggi uve di conferenti conduttori o proprietari di superfici vitate iscritte all'elenco delle vigne dell'IGT Emilia, non potrebbe ulteriormente effettuare le operazioni di vinificazione;
secondo il nuovo testo, inoltre, l'elaborazione dei vini frizzanti IGT Emilia, ivi compresa la presa di spuma atta a conferire le caratteristiche finali del prodotto, dovrebbe essere effettuata nell'area vocata ma, tenuto conto della consolidata tradizione produttiva, sarebbe consentita l'elaborazione presa di spuma dei vini IGT Emilia tipologia frizzante (ma non spumante, forse per un errore redazionale) negli stabilimenti ubicati nel territorio delle province di Forlì-Cesena, Ravenna e Mantova;
non si vuole in questa sede entrare nel merito dell'inserimento delle province di Forlì-Cesena e Ravenna, costituenti la Romagna;
tuttavia, l'inserimento della provincia lombarda di Mantova e l'esclusione di quella, ugualmente lombarda, di Cremona, appare piuttosto singolare, soprattutto considerando che tra le originarie proposte di modifica, quella elaborata dal Consorzio tutela del lambrusco di Modena avrebbe incluso, tenuto conto della consolidata tradizione produttiva, l'elaborazione e la presa di spuma dei vini IGT Emilia tipologia frizzante negli stabilimenti ubicati anche nella provincia di Cremona;
era stato quindi lo stesso Consorzio tutela del lambrusco di Modena a sancire che, alla luce di una consolidata tradizione produttiva di qualità, la provincia di Cremona (come quella di Mantova) rientra nella zona di elaborazione dei vini IGT Emilia tipologia frizzante (e spumante);
non è necessario di certo ricordare che, ai sensi dell'articolo 34 del regolamento (CE) 479/2008, la produzione di un vino DO o a IG deve avvenire nella zona geografica in questione, ma che il regolamento applicativo del regolamento (CE) 479/2008, cioè il regolamento (CE) 607/2009, specifica, all'articolo 6, che, in deroga al predetto articolo 34, un prodotto a DOP o IGP può essere vinificato sia in una zona nelle immediate vicinanze della zona geografica delimitata (Cremona è confinante con la zona geografica in questione), sia in una zona situata nella stessa unità amministrativa o in un'unità amministrativa limitrofa (Cremona è confinante con l'unità amministrativa in questione), in conformità alle disposizioni nazionali;

importanti aziende di vinificazione sono situate a Motta Baluffi e in altri comuni del casalasco che rientrano pertanto in una zona nelle immediate vicinanze della zona geografica delimitata, a pochi chilometri di distanza dal fiume Po e dal territorio amministrativo delle province di Parma e Mantova e rientrano nella provincia di Cremona, in un'unità amministrativa, quindi limitrofa alla zona geografica delimitata;
sarebbe invero piuttosto arduo sostenere una modifica del disciplinare tesa ad escludere la provincia di Cremona dalle operazioni di vinificazione delle uve IGT «Emilia» o «dell'Emilia», tanto più difficile nel caso di aziende, che effettuano tali operazioni da decenni;
infine, permettere l'elaborazione dei vini frizzanti IGT Emilia, ivi compresa la presa di spuma atta a conferire le caratteristiche finali del prodotto, negli stabilimenti ubicati nel territorio della provincia lombarda di Mantova, ma vietarla negli stabilimenti ubicati nel territorio di quella limitrofa di Cremona, costituisce, ad avviso degli interroganti, un artificio suscettibile di integrare gli estremi di un grave vizio del procedimento -:
se si intenda operare un difforme trattamento tra provincia lombarda di Mantova e quella, ugualmente lombarda, di Cremona, soprattutto considerando che tra le originarie proposte di modifica, quella elaborata dal Consorzio tutela del lambrusco di Modena avrebbe incluso, tenuto conto della consolidata tradizione produttiva, l'elaborazione e la presa di spuma dei vini IGT Emilia tipologia frizzante negli stabilimenti ubicati anche nella provincia di Cremona;
se si intenda operare un difforme trattamento tra gli stabilimenti cooperativi ubicati in zone limitrofe (peraltro non indicate) che sarebbero ammessi alle procedure di vinificazione che trasformano le uve dei soci conferenti conduttori di superfici vitate iscritte all'elenco delle vigne dell'IGT Emilia e gli stabilimenti enologici, non strutturati come cooperativa, ubicati in (non identificate) zone limitrofe, i quali trasformano oggi uve di conferenti conduttori o proprietari di superfici vitate iscritte all'elenco delle vigne dell'IGT Emilia, non ammessi alle operazioni di vinificazione;
se il Ministra intenda intervenire al fine di rivedere la proposta di modifica del decreto ministeriale 4 agosto 2005 (Modificazione al disciplinare di produzione dei vini ad indicazione geografica tipica «Emilia» o «dell'Emilia») in discussione, allo scopo di rendere più forte l'immagine dei vini IGT Emilia nel mondo, non a discapito proprio di quelle aziende che tanto hanno fatto per promuovere quell'immagine.
(5-03836)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

GNECCHI, SCHIRRU, GATTI e CODURELLI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il Ministro interrogato, rispondendo all'atto di sindacato ispettivo n. 4-04782 sul numero delle dipendenti donne cui sia stata comunicata la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, ha sostenuto il 18 febbraio 2010: «Tuttavia, in conformità ai princìpi di trasparenza ed accessibilità a cui deve ispirarsi in ogni caso l'attività degli uffici pubblici, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione intende, anche in riscontro all'istanza dell'interrogante, avviare, presso tutte le amministrazioni pubbliche, una ricognizione delle modalità di applicazione delle suddette normative e dei relativi effetti»;
con l'accoglimento dell'ordine del giorno 9/3638/109 del 29 luglio 2010, seduta n. 361, il Governo si è impegnato a riferire alle Camere, previo attento monitoraggio, il numero dei dipendenti pubblici

collocati obbligatoriamente a riposo, in base all'articolo 17, comma 35-novies, della legge n. 102 del 2009, con particolare riferimento alla quantità sia degli uomini che delle donne, all'età anagrafica degli stessi, alla loro ripartizione nei diversi settori della pubblica amministrazione, anche al fine di verificare con esattezza a quale età siano stati collocati obbligatoriamente a riposo;
non risulta ad oggi se il Ministro interrogato abbia proceduto ad effettuare la relativa ricognizione, come dichiarato in risposta all'atto di sindacato ispettivo 4-04782 -:
se sia stata effettuata la ricognizione di cui sopra ed entro quali tempi il Ministro interrogato intenda dare seguito a quanto previsto nell'ordine del giorno citato in premessa e fornire i relativi dati.
(4-09465)

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RAPPORTI CON LE REGIONI E PER LA COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:

ROSATO, STRIZZOLO e MARAN. - Al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 482 del 1999 ha dato attuazione all'articolo 6 della Costituzione e la sua applicazione ha consentito negli anni la tutela e la promozione delle lingue minoritarie, patrimonio di tante nostre comunità;
i fondi in questi ultimi anni si sono ridotti sempre di più, fino ad arrivare agli stanziamenti per il 2010 che ammontano solamente a 5.629.242 euro per i progetti presentati dalle amministrazioni territoriali e locali;
con circolare del 15 marzo 2010 il dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri ha comunicato alle regioni e alle province autonome il riparto delle risorse, stravolgendo completamente i criteri fino ad oggi utilizzati e passando da quello che premia la popolazione residente nel territorio in cui la lingua è ammessa a tutelata a quello che valuta solamente il numero dei comuni in cui tale lingua è presente;
questo cambiamento di criterio di riparto, ad avviso degli interroganti ingiustificato e fortemente discutibile sotto il profilo della coerenza logica, ha prodotto una pesante decurtazione in particolare alle comunità di lingua friulana, slovena e tedesca nel Friuli Venezia Giulia, e sarda in Sardegna -:
se il Governo non intenda convocare le regioni e le province autonome coinvolte al fine di rivedere concordemente i criteri di riparto.
(4-09468)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:

D'ANNA e BARANI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 15 dicembre 2009 la Sezione II del Consiglio superiore della sanità fu chiamato ad esprimere parere sulla base di una specifica richiesta del dipartimento qualità - Direzione generale delle risorse umane e delle professioni sanitarie;
tale richiesta di parere discendeva da quesiti posti relativamente allo svolgimento di attività in materia di nutrizione ed alle professioni competenti in materia;
il Consiglio superiore della sanità preso atto dei diversi interventi proposti, nonché sulla base di un'accurata disamina della legislazione esistente in materia e della giurisprudenza intervenuta, rese tale parere in data 15 dicembre 2009;

tale parere, concernente in particolare «Competenze del biologo in materia di nutrizione» fu trasmesso dalla segreteria generale del Consiglio superiore della sanità in data 13 gennaio 2010, protocollo 0000023, alla Direzione generale delle risorse umane e delle professioni sanitarie;
la Direzione generale competente, trascorsi oltre dieci mesi dal ricevimento, non ha ancora trasmesso il parere ai richiedenti -:
quali siano i motivi di tale ritardo e quando il parere sarà effettivamente inviato ai richiedenti ed agli altri soggetti interessati.
(5-03829)

PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la situazione dei rifiuti in Campania è quanto mai lontana dall'essere risolta. Uno dei principali problemi relativi ai rifiuti è certamente il traffico illecito, dal quale derivano discariche abusive, sversamento di rifiuti tossici o radioattivi presso le foci dei fiumi, roghi illegali di eternit, pneumatici, elettrodomestici, colle, solventi e vernici industriali, che sprigionano quantità elevate di diossine;
i procedimenti penali avviati nella regione Campania per le ipotesi di reati previste degli articoli 438 e 452 c.p. (epidemia colposa) e di cui articolo 434 c.p. (disastro ambientale) proprio in riferimento alle gestioni criminali di discariche abusive e alle attività illecite di occultamento e combustione di rifiuti tossici, si bloccano, il più delle volte, a causa della difficoltà di ricostruire scientificamente il nesso di causalità tra l'incremento esponenziale di tumori e la contaminazione ambientale;
in uno studio del 2004 del Cnr, che fotografava la situazione dal 1995 al 2002, la spazzatura lasciata in cumuli e discariche illegali emerse chiaramente come causa di gravi danni alla salute delle popolazioni esposte; danni quali tumori al polmone e al fegato, linfomi e sarcomi, malformazioni congenite, con un incremento di mortalità del +12 per cento per le donne e del +9 per cento per gli uomini;
sono state rilevate, inoltre, da uno studio scientifico condotto da circa 30 ricercatori e commissionato dalla Protezione Civile, il cui rapporto finale fu pubblicato a fine primavera 2007, numerose associazioni positive e statisticamente significative (cioè non imputabili al caso) fra salute e rifiuti. Lo studio era stato condotto nelle province di Napoli e Caserta, rispettivamente in 86 e 140 siti classificati in 5 gruppi in base alla pericolosità e alla densità di popolazione residente intorno ai siti stessi, per un totale di 196 Comuni;
i dati emersi hanno evidenziato un trend di rischio in aumento al passaggio da uno dei cinque gruppi a quello superiore. In particolare sono stati osservati; mortalità generale (aumento medio di 2 per cento per ogni classe, uomini e donne), tumore del polmone (+2 per cento uomini), tumore del fegato (+4 per cento uomini, +7 per cento donne), tumore dello stomaco (+5 per cento uomini), malformazioni congenite del sistema nervoso (trend +8 per cento) e dell'apparato uro-genitale (+14 per cento);
in seguito ad un incontro organizzato dall'Ordine dei medici di Napoli, il 15 febbraio 2010, è stato stimato che il 24 per cento delle patologie tumorali nella regione Campania ha una causa ambientale;
di fronte a questa gravissima situazione - che di sicuro negli ultimi anni non ha visto alcun miglioramento (l'emergenza rifiuti è, infatti, scoppiata dopo il 2007 e tutti i dati sopra riportati si riferiscono a studi conclusi precedentemente) - si sarebbe dovuto avviare un tempestivo potenziamento del Registro Tumori in Campania;
uno strumento come il Registro Tumori è fondamentale, in quanto soltanto un'osservazione epidemiologica attenta della popolazione, condotta per aree geografiche

e sul lungo periodo può evidenziare la differenza dell'incidenza tumorale nelle diverse aree e la correlazione inquinamento ambientale/tumore;
il «Registro Tumori di Popolazione della Regione Campania» ad oggi prevede ancora un'estensione territoriale limitatissima: soltanto 35 comuni afferenti all'area dell'ex ASL NA4. Ne sono fuori comuni ad alto rischio come quelli dell'area giuglianese e dell'intera provincia di Caserta, devastate da una serie di sversatoi fuorilegge. Su sei milioni di campani, il registro ne copre meno di un milione. Inoltre, per carenze di risorse, dal 2007 questo «mini-registro» fatica nel produrre dati utilizzabili;
una delibera della Giunta Regionale Campania del 2007, la n. 1293, evidenziava «la necessità di ampliare la quota di popolazione coperta dai Registri Tumori, in particolare estendendo l'osservazione alle provincie di Caserta e di Napoli (...), poiché allo stato attuale in Campania non esiste un sistema di sorveglianza integrato salute-ambiente tale da consentire rapide valutazioni in campo di tutela della popolazione da rischi ambientali»;
per la realizzazione di questa delibera furono stanziati circa 2 milioni e mezzo di euro, ma ad oggi un registro tumori efficiente di fatto non c'è;
in assenza di un registro completo ed ufficiale è quindi impossibile stabilire una relazione, efficace ai sensi di legge, tra incremento dell'incidenza tumorale in un determinato territorio e la presenza di una discarica o di un sito di smaltimento di rifiuti nelle vicinanze;
in quasi tutte le regioni italiane, così come in altri Paesi Europei, esiste un registro ufficiale dei tumori;
va considerata, inoltre, la risposta scritta del Ministro interrogato, pubblicata il 30 luglio 2010, all'interrogazione n. 4-06651 presentata dall'onorevole Elisabetta Zamparutti - risposta nella quale si evidenziava l'intenzione di inserire in un disegno di legge di iniziativa governativa una norma che risponda alle esigenze di sanità pubblica e che affronti in maniera organica la tematica dei registri sanitari nel nostro Paese, con riferimento anche a quello per i tumori -:
se, alla luce di quanto descritto e compatibilmente con le proprie competenze, intenda avviare l'istituzione, con carattere d'urgenza e perentorietà, di un registro dei tumori completo e efficiente, che sia in grado di monitorare anche la regione Campania e in particolare le aree sedi di discariche, smaltimento di rifiuti e termovalorizzazione, al fine di tutelare la popolazione che abita nei pressi di queste zone e che risente di una crescente incidenza di malattie tumorali, restituendo così dignità ad una popolazione che lotta ogni giorno per riaffermare il proprio diritto alla salute.
(5-03830)

BINETTI, NUNZIO FRANCESCO TESTA e DE POLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il diabete è una malattia che colpisce 285 milioni di persone nel mondo, 3 milioni nella sola Italia ed è considerata la quarta causa di morte in assoluto sul pianeta. Si stima che oltre 270 mila laziali siano diabetici (il 4,9 per cento della popolazione); ma è al sud che si registra la più alta prevalenza di persone con diabete: sul podio Basilicata (7,2 per cento), Calabria (6,5 per cento) e Puglia (6,4 per cento);
le stime prevedono che nel 2030 saranno circa 430 milioni le persone che si ammaleranno di diabete; in Italia il 4,8 per cento della popolazione ne soffre, si tratta di dati allarmanti che spingono l'Oms a parlare di «emergenza diabete» in occasione della giornata mondiale del diabete celebrata il 14 e il 15 novembre;
in Italia sono 18 mila i minori di 18 anni affetti da questa malattia cronica di cui si ignorano le cause e la cui unica cura, al momento è assumere insulina per

tutta la vita. Si tratta di bambini e ragazzi che incontrano insieme alle loro famiglie difficoltà nella vita di tutti i giorni;
l'incidenza del diabete giovanile negli ultimi 20 anni è passata da 9 a 14 casi ogni 100 mila abitanti, è evidente come il numero sia in forte crescita;
il diabete di tipo 1, quello giovanile, non ha nulla a che fare con il tipo 2 che di solito colpisce dopo i cinquant'anni. Un aspetto allarmante denunciato dal presidente della Federazione nazionale diabete giovanile, Antonio Cabras è che il 31 per cento delle diagnosi riguarda bambini fin a 4 anni. Nel nostro Paese 4 bambini su 10 sono obesi e questo aumenta notevolmente il rischio di ammalarsi;
da una rilevazione effettuata su scala nazionale è emerso che l'85 per cento dei bambini diabetici non può fare né il controllo glicemico né ricevere l'insulina all'interno delle scuole, di conseguenza provvedono a proprie spese le famiglie, inoltre, il 60 per cento degli istituti non prevede menù specifici per gli alunni diabetici, quindi i genitori portano a casa i figli e all'ora di pranzo li fanno mangiare per poi riaccompagnarli a scuola con grave disagio per i bambini;
il diabete per tutte queste ragioni meriterebbe un controllo e un monitoraggio più tempestivi nelle scuole italiane, anche perché i bambini vi trascorrono buona parte del loro tempo -:
quali siano le iniziative previste per garantire nelle scuole la cura delle patologie croniche come il diabete, uniformemente ad un'adeguata informazione sulla pericolosità di alcuni alimenti ricchi di grassi e zuccheri che intensificano il legame tra obesità e diabete infantile e se non ritenga opportuno rivalutare e riqualificare la figura del medico scolastico, identificando ambiti specifici per la sua competenza e per il suo ruolo in rapporto ai dati epidemiologici emergenti, alla maggiore diffusione di alcune patologie infantili correlate a stili di vita e alle gravità delle conseguenze che si possono prevedere per alcune patologie.
(5-03831)

MIOTTO e BURTONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il settore farmaceutico degli informatori scientifici ha subito notevoli tagli occupazionali, con la perdita, nell'ultimo biennio, di circa 15.000 posti di lavoro;
in Sicilia l'espulsione dal mondo del lavoro ha interessato circa 1.700 professionisti mentre a Catania, dove operano 1.000 informatori scientifici, la riduzione ha interessato il 25 per cento di loro;
le aziende interessate ai licenziamenti, spesso immotivati, pur con bilanci floridi, hanno usufruito degli ammortizzatori sociali e dietro questi licenziamenti non c'è una vera crisi aziendale ma una immorale strategia speculativa che va smascherata;
alcune delle società che hanno deciso i licenziamenti hanno assunto atteggiamenti vessatori e mobilizzanti, con umilianti demansionamenti e trasferimenti forzati verso quei lavoratori che hanno cercato di difendere il proprio posto di lavoro;
alcuni lavoratori hanno dovuto accettare di transitare a seguito delle procedure di mobilità, verso altre società, anticamera del licenziamento vero e proprio, come la X-Pharma e la Marvecs, note per avere eseguito licenziamenti in massa;
tale situazione oltre a danneggiare i lavoratori danneggia la distribuzione dei farmaci su tutto il territorio nazionale ed incide sui livelli essenziali d'assistenza -:
se il Ministro abbia il quadro completo della situazione riguardante il settore degli informatori scientifici e, non ritenga opportuno intervenire per ovviare ad una lesione di un servizio di pubblica utilità.
(5-03832)

Interrogazioni a risposta scritta:

PORFIDIA. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
al 31 marzo del 1999 risale l'accordo di programma tra i Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e della sanità e gli enti locali che, dopo quattro anni, dava finalmente corpo a un trasferimento fino a quel punto confinato tra le buone intenzioni di un riequilibrio territoriale sempre disatteso, per la costruzione del policlinico di Caserta. Obiettivo primario era la delocalizzazione dei posti letto dal centro storico di Napoli;
il 19 ottobre del 2000 in regione l'allora governatore della Campania Antonio Bassolino e il sindaco di Caserta Luigi Falco firmano l'accordo di programma per la variante urbanistica al piano regolatore su quei 250 mila metri quadrati a sud-est della città, in frazione Tredici, delimitati dalla variante Anas, per ospitare la struttura disegnata dallo studio Pica Ciamarra, capolista di un'associazione temporanea di imprese;
dopo il completamento delle procedure burocratiche di esproprio delle aree e l'espletamento del bando di gara, si giunse, il 29 dicembre del 2004, al contratto di appalto stipulato tra la Sun (Seconda Università di Napoli) e la Immobilgi Federici Stirling;
la prima pietra viene depositata il 4 febbraio del 2005 alle ore 13, in via Grazia Deledda in località Tredici, ma la giornata ebbe inizio alle ore 9,30 presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione, ospitata nella Reggia;
una giornata storica per Caserta con il saluto delle autorità presenti: il sindaco Falco e l'assessore alla sanità della regione Campania, Rosalba Tufano. Intervenne il rettore della Sun, Grella, seguito dal preside della facoltà di medicina e chirurgia, Francesco Rossi (colui il quale sarebbe diventato poi ed è l'attuale rettore);
furono presentate anche le opere di urbanizzazione e di viabilità mentre l'architetto Massimo Pica Ciamarra operò un'ampia illustrazione del progetto. L'intera cittadella, universitaria-assistenziale-didattica era stata progettata già nel '96;
la data presunta di fine lavori era stata indicata nel 28 dicembre 2008. L'area interessata è di 250.965 metri quadrati di cui più di 45 mila metri quadrati di superfici coperte e 205 mila 162 di spazi liberi: il tutto, più circa 1900 posti auto, per un costo complessivo di 206,5 milioni di euro, finanziati per due terzi dalla regione Campania e dal Ministero della salute e per un terzo da quello dell'università e della ricerca scientifica;
nell'aprile del 2009 la Immobilgi Federici Stirling viene colpita da un'interdittiva antimafia emessa dalla prefettura di Napoli, un provvedimento a seguito del quale la Sun ha revocato l'appalto;
il 31 marzo 2009 con la delibera n. 30 del consiglio di amministrazione della Sun viene dichiarato risolto il contratto d'appalto con l'Immobilgi per «gravi e continue inadempienze»;
nella fase successiva alla rescissione unilaterale del contratto d'appalto da parte della Sun, quest'ultima, riportandosi a quanto previsto dall'articolo 140 del nuovo codice degli appalti che contempla le «procedure di affidamento in caso di risoluzione del contratto per grave inadempimento dell'esecutore», aveva interpellato progressivamente i soggetti che avevano partecipato all'originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l'affidamento del completamento dei lavori. In taluni casi, si procede all'interpello a partire dal soggetto che ha formulato la prima migliore offerta e l'affidamento avviene alle medesime condizioni già proposte dall'originario aggiudicatario in sede in offerta. Nella fattispecie

fu consultata quindi la seconda in graduatoria: il colosso di Parma Pizzarotti, il quale però, dopo un primo cenno di disponibilità e dopo un sopralluogo sui cantieri per le valutazioni del caso, ha rinunciato all'appalto;
il perché lo spiega oggi il sindacalista Giovanni Letizia della Cisl: «L'Università aveva avviato un rapporto con la Pizzarotti che poi si è interrotto. La Pizzarotti aveva chiesto una revisione sui prezzi, voleva un appalto maggiorato perché, probabilmente, non riusciva a rientrare nei costi. L'Università a questo punto aveva dovuto interpellare l'Autorità di vigilanza dei Lavori pubblici e l'Avvocatura di Stato che emisero un giudizio negativo nei confronti della nuova proposta contrattuale avanzata dalla Pizzarotti e sembrerebbe che ci siano state delle dinamiche tali, che non conosco nel dettaglio, che abbiano pregiudicato anche la possibilità di un rapporto con la terza impresa in graduatoria che l'Università ci aveva fatto sapere di aver contattato successivamente. Adesso si è fermato tutto. Posso dire che così è effettivamente uno scempio: sono stati spesi milioni di euro di soldi pubblici e i centoventi lavoratori dell'Immobilgi sono in cassa integrazione in deroga avendone ottenuto proroga fino al 31 dicembre 2010;
sul policlinico di Caserta grava anche la scure di una «ipoteca ambientale» rappresentata dalla presenza di cave e di cementifici;
così a quasi dieci anni di distanza da quello storico 19 ottobre del 2000, l'ex sindaco Luigi Falco, a proposito della questione riguardante la scelta dell'area, dichiara: «Se uno fa il Policlinico e ci lascia la discarica Lo Uttaro davanti e le cave dietro, il Policlinico non verrà mai da nessuno utilizzato. Se uno fa un progetto di sistema ampio e bonifica Lo Uttaro e le cave, può darsi che a Caserta il Policlinico sia un altro attrattore tipo Parco Reale perché il Policlinico ha sempre tirato gente da tutto il Sud d'Italia. Tentai, quando ho trovato i progetti fatti esecutivi, di oppormi perché vedevo chiaramente che era una cosa stupida aver operato quella scelta fatta prima di me dall'amministrazione che mi aveva preceduto. Io mi scagliai contro questa scelta ma fu il buon rettore di allora Grella che mi calmò dicendomi queste parole: "Se mettiamo in discussione anche l'area, il Policlinico non parte neanche tra vent'anni ". Per me il Policlinico doveva nascere dove è sorta adesso la caserma dei vigili del fuoco che io feci autorizzare a fare in quella zona ma era lì che secondo me doveva nascere il Policlinico ossia la strada che collega la città di Caserta con Centurano e la zona collinare"»;
sulla questione ambientale a più riprese, tra gli altri, anche Pasquale Costagliola presidente di Terra Nostra: «I lavori per il Policlinico partirono sub condicione: l'assessore regionale alle attività produttive Andrea Cozzolino (giunta Bassolino), pose l'obbligo di una valutazione d'impatto ambientale posticipata. Vale a dire che si diede l'assenso alla costruzione della nosocomio a patto che per l'apertura si sgombrasse il campo dalle condizioni avverse, ovvero i cementifici e le cave dovevano sparire al momento dell'apertura della struttura»;
a poche centinaia di metri dal cantiere, nel 2007 l'allora commissario straordinario per l'emergenza rifiuti, Guido Bertolaso, individuò la zona denominata Lo Uttaro, come luogo idoneo per una mega discarica. E così Bertolaso aprì la discarica che circa un anno dopo verrà poi posta sotto sequestro dalla magistratura. Ma ciò, alla luce delle recenti notizie, è un problema già in via di risoluzione. Infatti la provincia, guidata dal presidente Domenico Zinzi, ha reso noto l'avvio dell'attività di svuotamento del cosiddetto «panettone», ovvero l'enorme cumulo di rifiuti solidi urbani ubicato in località «Lo Uttaro»;
al momento c'è una causa in corso tra SUN e l'azienda Immobilgi Federici Stirling controllata dall'imprenditore Mario Granata che contesta l'illegittimità della rescissione unilaterale del contratto da parte della Sun datata 31 marzo 2009 e chiede

diversi milioni di euro a titolo di risarcimento dei danni che ne sono derivati -:
se i Ministri siano a conoscenza della situazione sopradescritta e se non ritengano opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di trovare una soluzione alle problematiche segnalate, anche in considerazione delle notevoli risorse economiche impegnate dallo Stato ed, in particolare, dai Ministeri della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e dell'attuale commissariamento della sanità campana.
(4-09462)

NARDUCCI. - Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
i consolati, le ambasciate e gli istituti italiani di cultura all'estero si avvalgono di collaboratori assunti a contratto, per i quali si registrano continuamente difficoltà nel provvedere ai rimborsi dovuti per le prestazioni sanitarie;
il rimborso delle spese sanitarie è disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 618 del 1980 - articolo 2, primo comma, lettera b), che si applica alla totalità dei lavoratori in servizio all'estero, assicurati con il Servizio sanitario nazionale;
per quanto concerne l'esenzione dalla quota di partecipazione ai costi, la questione è tuttora irrisolta poiché non esiste all'estero una ASL per i non residenti - quindi anche per il personale a contratto - preposta al riconoscimento dei rimborsi a favore degli assistiti;
a livello ministeriale, il sindacato che rappresenta la summenzionata categoria di impiegati ha sollecitato l'ufficio addetto ai servizi sociali, ottenendo una risposta interlocutoria nella quale si fa cenno alle difficoltà sussistenti nei rimborsi delle spese medico-sanitarie, che sarebbero di natura giuridica, amministrativa, sanitaria e finanziaria, tali da far presumere lo slittamento, sine die, della soluzione invocata dai diretti interessati;
il Ministero della salute - pur riconoscendo la mancanza di strutture da destinare al rimborso o all'esenzione del ticket di terapie necessarie - non accenna minimamente alle soluzioni, soprattutto di carattere temporale, occorrenti per superare le difficoltà, limitandosi ad una non ben qualificata disponibilità a studiare i rimedi di concerto con le amministrazioni cointeressate;
nelle more di definire le soluzioni si segnalano, ancora una volta, le difficoltà e gli oneri sopportati dal personale a contratto relativamente alle esigenze di natura medica, diversamente da quanto è previsto per coloro che, pur risiedendo all'estero, godono del Servizio sanitario nazionale;
sono oramai indifferibili gli interventi volti a sanare le deficienze emerse nel campo dell'assistenza obbligatoria a favore del personale a contratto, soggetto al prelievo dei contributi per garantirsi il diritto alla salute propria e dei familiari a carico -:
se si intendano assumere, con la sollecitudine che il caso esige, tutte le iniziative necessarie al superamento delle non più tollerabili carenze del Servizio sanitario per garantire le prestazioni spettanti al personale a contratto operante alle dipendenze del Ministero degli affari esteri nelle rappresentanze diplomatico-consolari, nonché presso gli istituti italiani di cultura all'estero.
(4-09466)

TESTO AGGIORNATO AL 23 NOVEMBRE 2010

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

MOFFA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da qualche tempo, anche sulla stampa, circolano voci discordanti circa il

futuro dei due stabilimenti della AugustaWestland di Anagni e Frosinone, società controllate da Finmeccanica;
in particolare, alcune organizzazioni sindacali, tra le quali precipuamente la Ugl, hanno recentemente evidenziato una sensibile contrazione delle attività produttive collegata al venir meno di significative forniture, alcune delle quali, peraltro, accompagnate dalla dislocazione di alcune attività («lattoneria») in altre unità produttive (Brindisi e nord Italia);
di recente la medesima società ha acquisito un nuovo sito in Veneto presso gli ex cantieri navali di Mestre destinato ad attività di revisione degli elicotteri;
nella mancanza di informazioni da parte della direzione aziendale, nonostante la Ugl abbia più volte chiesto chiarimenti in proposito, si sta diffondendo sconcerto e preoccupazione tra le maestranze -:
quali iniziative si intendano assumere per allontanare lo spettro di una ulteriore ferita ai livelli occupazionali e alla rete produttiva in un'area, come quella della provincia di Frosinone, già fortemente segnata dalla crisi industriale e dove il ricorso agli ammortizzatori sociali ha raggiunto livelli superiori alla media nazionale.
(3-01332)

Interrogazioni a risposta scritta:

MANCUSO, DE LUCA, GIRLANDA, CICCIOLI, PATARINO e DI VIRGILIO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto del 30 marzo 2010, che abolisce le tariffe editoriali ridotte, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 75 del 31 marzo 2010 ha sospeso la tariffa editoriale ridotta per gli editori indipendenti;
il decreto ha aumentato del 70 per cento i costi di spedizione delle edizioni per le assicurazioni non profit e la piccola editoria;
numerosi lettori di riviste di associazioni non profit, per esigenze legate all'età anagrafica, non sono raggiungibili on line e necessitano quindi di ricevere le riviste cartacee;
in molti casi gli editori avevano già provveduto a determinare i costi degli abbonamenti in base alle vecchie tariffazioni, avendo le nuove disposizioni effetto dal 1° aprile 2010;
ogni attività editoriale rappresenta un enorme valore aggiunto nell'ottica del pluralismo del dibattito socio-politico ed economico;
il mantenimento di questo livello di tariffazione comporterebbe la chiusura di innumerevoli testate locali, edite dalla piccola editoria o da associazioni non profit -:
se il Governo intenda rettificare il testo del decreto e rimodulare le tariffe editoriali di spedizioni, affinché venga ripristinata la possibilità, soprattutto per le associazioni non profit, di esercitare la libertà di espressione.
(4-09461)

GRIMOLDI e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da lunedì 8 novembre 2010 e per tutto il mese di dicembre 2010 l'ufficio postale di Carate Brianza (MB) di via Cantore resterà chiuso per adeguamenti;
Poste Italiane, con un comunicato, indirizza la popolazione all'ufficio postale di Verano Brianza (MB) o ad altri paesi limitrofi;
la zona, collinare, non è servita da mezzi pubblici che possano collegare i paesi;
questa situazione comporta gravi disservizi e notevoli inconvenienti agli utenti, soprattutto per quelli che non dispongono di mezzi privati, ed in particolare per le categorie protette come gli anziani, che si recano agli uffici postali anche per il ritiro della pensione;
quando situazioni analoghe si sono verificate in altri paesi del circondario (Briosco, Seregno), Poste Italiane aveva messo a

disposizione uffici mobili che consentivano di risolvere la problematica -:
se il Ministro sia a conoscenza della problematiche di cui in premessa e se non intenda assumere iniziative affinché Poste Italiane intervenga per limitare i disagi dei cittadini caratesi.
(4-09469)

...

Apposizione di firme ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in Commissione Cenni n. 5-03818, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Brandolini, Zucchi.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza urgente Franzoso n. 2-00805 del 2 agosto 2010;
interrogazione a risposta scritta Zamparutti n. 4-09342 del 9 novembre 2010.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Mancuso e altri n. 5-02784 del 21 aprile 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-09461.
interrogazione a risposta in Commissione Ciccanti n. 5-03376 del 14 settembre 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-09459;
interrogazione a risposta in Commissione Ginefra n. 5-03577 del 13 ottobre 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-09460;
interrogazione a risposta orale Ginefra e Vico n. 3-01297 del 26 ottobre 2010 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-03828.