XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 13 dicembre 2010

TESTO AGGIORNATO AL 24 GENNAIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione di sfiducia:

La Camera,
preso atto che la delicata situazione internazionale, la crisi economica e monetaria che aggredisce l'Europa e lo stato di malessere sociale di ampie fasce della popolazione italiana richiedono la piena operatività di un Governo solido e sicuro;
alla luce dell'attuale inadeguatezza dell'Esecutivo a garantire, oltre alle misure di contenimento del deficit, il risanamento strutturale della finanza pubblica e il sostegno della ripresa economica e dell'occupazione;
auspicando l'avvio di una nuova fase politica della legislatura ispirata al senso di responsabilità nazionale e istituzionale, che punti a modifiche della legge elettorale per restituire ai cittadini la scelta degli eletti, con un Governo capace di prendere le misure adeguate per evitare il declino del Paese e garantire il suo futuro civile ed economico,
esprime, ai sensi dell'articolo 94 della Costituzione, la sfiducia nei confronti del Governo.
(1-00511)
«Adornato, Barbareschi, Barbaro, Bellotti, Binetti, Bocchino, Bongiorno, Bosi, Briguglio, Buonfiglio, Buttiglione, Calgaro, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Casini, Cera, Cesa, Ciccanti, Commercio, Compagnon, Consolo, Giorgio Conte, Cosenza, De Poli, Delfino, Della Vedova, Di Biagio, Dionisi, Divella, Anna Teresa Formisano, Galletti, Granata, Grassano, Guzzanti, La Malfa, Lamorte, Lanzillotta, Latteri, Libè, Lo Monte, Lo Presti, Lombardo, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Melchiorre, Menia, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Misiti, Moffa, Mondello, Moroni, Mosella, Angela Napoli, Naro, Occhiuto, Paglia, Patarino, Perina, Pezzotta, Pisicchio, Poli, Polidori, Proietti Cosimi, Raisi, Rao, Ria, Ronchi, Rosso, Ruben, Ruggeri, Scalia, Scanderebech, Siliquini, Tabacci, Tanoni, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Toto, Tremaglia, Urso, Vernetti, Volontè, Zinzi».
(Presentata il 3 dicembre 2010)

Mozione:

La Camera,
premesso che:
tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, invitando i Governi, le organizzazioni internazionali e le ONG ad organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica in quel giorno;
ci troviamo a vivere un inizio di secolo in cui il grande tema dei diritti umani si ripropone in tutta la sua drammaticità e chiama in causa la responsabilità di istituzioni e politica: questo significa fare i conti, in primo luogo, con la violazione dei diritti umani delle donne, a partire dalla dignità del loro corpo;
come hanno dichiarato numerose risoluzioni delle Nazioni unite, del Parlamento europeo, di organismi sovranazionali e come hanno sottolineato le prese di posizione di associazioni e studiosi, assumere una visione e un piano per i diritti umani significa oggi per la politica mettere al centro innanzitutto i diritti umani delle donne, il cui riconoscimento determinerà il profilo democratico, la convivenza futura e la stessa crescita economica e civile;

il «libro nero» dei diritti umani delle donne è noto nella sua crudezza e tragicità: è aperto un conflitto nel mondo, una vera e propria guerra sparpagliata, che ha come oggetto il dominio sul corpo delle donne;
nel mondo, dunque, una donna su tre, nella sua vita è stata o è destinata a essere almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica e il 70 per cento delle donne assassinate muore per mano di parenti;
i dati Istat riferiti al 2006 ed elaborati nel 2007 (non disponiamo, allo stato, di dati ufficiali più recenti, poiché il dipartimento per le pari opportunità non ha provveduto all'aggiornamento delle statistiche di genere) parlano chiaro: sono 6 milioni e 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni che sono rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della vita; circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (il 4,8 per cento della popolazione femminile globale); il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner. Il 24,7 per cento delle donne ha subito violenze da un altro uomo, 2 milioni e 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking), dai partner al momento della separazione; nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; ciò che possiamo definire come il «sommerso» è tuttora elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner; anche nel caso degli stupri la quasi totalità non viene denunciata;
il rispetto dei diritti umani delle donne assurge, ancora una volta, a simbolo di civiltà e di riconoscimento dei diritti umani e civili di ogni persona, dell'uguaglianza innanzi alla legge e del contrasto a ogni forma di discriminazione, diritti sanciti nella Costituzione italiana e nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
il nostro Paese non fa certo eccezione: in Italia il fenomeno della violenza nei confronti delle donne, terribile e declinata in molti modi, è purtroppo fuori controllo;
il 25 novembre del 2008 il Parlamento aveva approvato all'unanimità il dispositivo di una mozione presentata dal gruppo del Partito democratico, la n. 1/00070, che impegnava il Governo a presentare in Parlamento al più presto il piano d'azione elaborato dal dipartimento per le pari opportunità in coordinamento con i ministeri interessati, la conferenza Stato-regioni, le forze dell'ordine, i centri antiviolenza e gli operatori di giustizia; a prevedere per l'attuazione del piano d'azione adeguate risorse per il suo funzionamento, a partire dallo stanziamento già previsto dalla finanziaria vigente, nonché un aumento progressivo; a promuovere, altresì:
a) un programma di educazione e formazione al rispetto della donna, della persona e dei diritti umani a partire dalle scuole;
b) la predisposizione di codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, per l'immagine femminile e, più complessivamente, per i linguaggi violenti e prevaricanti;
c) iniziative volte a sensibilizzare l'opinione pubblica attraverso campagne informative sul tema della violenza contro le donne a rendere le donne consapevoli degli strumenti a disposizione per la loro tutela, tra cui il sostegno dei numeri verdi;
d) il potenziamento della rete dei centri anti violenza presenti sul territorio nazionale, che prestano un servizio di fondamentale importanza alle vittime di sopraffazione e di violenza;
e) la previsione di iniziative specifiche per la formazione del personale socio sanitario, delle forze dell'ordine e degli operatori di giustizia;
f) azioni positive per l'assistenza legale e psicologica delle vittime di violenza sessuale;

g) le iniziative legislative contro gli atti persecutori e la violenza sessuale, attraverso l'introduzione di norme che garantiscano una seria azione di prevenzione, la certezza della pena e la tutela e la dignità delle vittime dei reati;
nonostante gli impegni assunti dal Governo ormai due anni fa, oggi le principali reti di associazionismo femminile, impegnate sui temi della tutela della donna e dei servizi territoriali contro la violenza, si trovano a dovere lanciare un grido di allarme per la chiusura forzata di numerosi centri antiviolenza e case rifugio in molto zone del territorio nazionale;
si parla ad esempio, di Genova, con la paventata chiusura del centro antiviolenza di via Mascherona e gli sportelli territoriali di ascolto e aiuto per le donne in difficoltà, di Catania, con la chiusura del centro antiviolenza «Thamaia», della Calabria, con l'annunciata chiusura del dentro antiviolenza penne «Roberta Lanzino», di Palermo, con la vicenda del centro antiviolenza «Le onde», e di tante altre zone d'Italia;
la chiusura dei centri, interamente finanziati dagli enti locali, appare essere la diretta conseguenza della drastica riduzione dei trasferimenti a regioni, province e comuni a seguito delle rigide misure di controllo del debito pubblico prese dal Governo;
anche laddove i centri non rischiano direttamente la chiusura, la riduzione dei trasferimenti economici ridimensiona gravemente le attività e la dimensione dei servizi erogati e, in generale, indebolisce il senso stesso dei centri antiviolenza, che vanno considerati servizi essenziali e riconosciuti come parte essenziale e di un sistema integrato;
con l'approvazione della normativa sullo stalking si è fatto certamente un passo avanti sul tema della tutela della donna, ma intervenire solo sul circuito penale non è certo sufficiente se manca del tutto una cultura della prevenzione e della assistenza delle vittime: inoltre appare evidentemente inutile intervenire con leggi nazionali se poi, sui territori, non si finanziano i servizi operativi anzi li si costringono alla chiusura per totale mancanza di risorse economiche;
inoltre va considerato che i centri antiviolenza costituiscono un vero e proprio investimento non solo in termini «sociali» ma anche in senso economico per il Paese, perché una donna accolta in un centro «costa» sette volte in meno rispetto al caso in cui la donna vittima di violenza venga assistita dai servizi sociali;
la legge di stabilità, non prevede alcun finanziamento per il Fondo contro la violenza sulle donne e stanzia, invece, a favore del Fondo per le pari opportunità, solo un esiguo e assolutamente insufficiente stanziamento di due milioni,


impegna il Governo:


ad avviare, prevedendo un'adeguata copertura economica, un piano d'intervento razionale, curato dal dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in accordo con la Conferenza unificata, mirato al sostegno di case rifugio, centri antiviolenza, alla predisposizione di campagne informative e formative nonché di un sistema di misure a tutela delle vittime della violenza, alla costruzione di azioni concrete di prevenzione, nonché ad assumere ogni iniziativa diretta a incrementare i fondi stanziati a favore del dipartimento per le pari opportunità per il finanziamento la rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio al fine di scongiurarne la chiusura e il ridimensionamento, dando, finalmente a questi fondamentali servizi una stabilità e il senso di appartenere ad un sistema strutturato e integrato.
(1-00512)
«Amici, Lenzi, Villecco Calipari, Franceschini, Ventura, Maran, Boccia, Quartiani, Giachetti, Rosato, Bellanova, Bobba, Bocci, Bossa, Brandolini, Bucchino, Castagnetti, Causi, Cenni, Codurelli, Concia, Coscia, D'Incecco, De Biasi,

D'Antona, Esposito, Farinone, Ferranti, Fontanelli, Froner, Garavini, Gatti, Genovese, Ghizzoni, Gnecchi, Grassi, Lulli, Madia, Marchi, Mariani, Mastromauro, Mattesini, Mazzarella, Melis, Mosca, Motta, Murer, Narducci, Pedoto, Peluffo, Pes, Pizzetti, Porta, Pollastrini, Rossa, Rossomando, Samperi, Schirru, Sereni, Servodio, Siragusa, Tidei, Tullo, Vannucci, Lo Moro».

Risoluzioni in Commissione:

La VI e la X Commissione,
premesso che:
per definizione le zone franche urbane (ZFU) sono aree infracomunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese, al fine di favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse;
l'iniziativa nasce dall'esperienza francese delle zones franches urbaines, lanciata nel 1996 e oggi attiva in più di 100 quartieri;
l'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), così come modificato dall'articolo 2, comma 561, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), al fine di contrastare i fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire l'integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città caratterizzati da degrado urbano e sociale, prevede l'istituzione di zone franche urbane (ZFU), con un numero di abitanti non superiore a 30.000, e, nel contempo, istituisce nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito Fondo, con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi nelle ZFU;
l'articolo 1, commi 341, 341-bis, 341-ter e 341-quater, della citata legge n. 296 del 2006, così come modificato dall'articolo 2, comma 562, della legge n. 244 del 2007, definisce le agevolazioni fiscali e contributive di cui possono beneficiare fino a quattordici annualità le piccole e microimprese, con un massimo di cinquanta addetti, che intraprendono una attività economica nelle ZFU, prevedendo, tra l'altro, l'emanazione di un decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale per la definizione del massimale di esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, nonché di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze per la determinazione delle condizioni, dei limiti e delle modalità di applicazione delle agevolazioni fiscali ivi previste;
le agevolazioni consistono nell'esenzione totale, per i primi cinque anni, dalle imposte sui redditi, al 60 per cento negli altri cinque anni e successivamente con percentuali diverse fino al quattordicesimo anno, nell'esenzione dall'IRAP per i primi cinque periodi di imposta (entro un limite massimo di produzione netta pari a 300.000 euro) e dall'ICI dal 2008 al 2012 per gli immobili ad uso commerciale, nonché nell'esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente nei primi cinque anni di attività; questi benefìci rappresentano per l'imprenditore una misura di sostegno per i suoi primi anni di attività, nonché un incentivo all'assunzione di dipendenti;
possono accedere a tali benefìci, ai sensi del citato comma 341, le piccole e microimprese che iniziano nelle ZFU individuate una nuova attività nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012, nonché, ai sensi del comma 341-bis, quelle esistenti al 1o gennaio 2008 se già situate nella ZFU e nei limiti del regolamento (CE) n. 1998/2006 de minimis;

l'articolo 1, comma 342, della medesima legge n, 296 del 2006, così come modificato dall'articolo 2, comma 563, della legge n. 244 del 2007, stabilisce che il CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale (ora Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali), provvede alla definizione dei criteri per l'allocazione delle risorse e per la individuazione e selezione delle ZFU, nonché, successivamente, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, alla perimetrazione delle singole ZFU e alla concessione del finanziamento in favore dei relativi programmi di intervento;
l'efficacia delle agevolazioni è subordinata, ai sensi del citato comma 342, all'autorizzazione della Commissione europea che al riguardo ha dichiarato tale regime di aiuto compatibile con l'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del Trattato con la decisione della Commissione europea C(2009)8126 del 28 ottobre 2009 (aiuto di Stato n. 346/2009 - Italia);
la delibera CIPE del 30 gennaio 2008, n. 5, (Gazzetta Ufficiale 6 giugno 2008, n. 131) ha definito i criteri e gli indicatori per l'individuazione e la delimitazione delle ZFU;
con la circolare del Ministero dello sviluppo economico, dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione, prot. n. 0014180 del 26 giugno 2008 (Gazzetta Ufficiale n. 155 del 2008 e Gazzetta Ufficiale n. 164 del 2008), sono stati definiti i contenuti e le modalità di presentazione delle proposte progettuali delle amministrazioni comunali, precisando l'anno di riferimento per il calcolo della percentuale di popolazione residente nelle ZFU rispetto al totale della popolazione residente nell'area urbana interessata;
sulla base dei criteri stabiliti e sulla base delle proposte pervenute, il Ministero dello sviluppo economico, dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione ha reso noto che sono stati selezionati 63 comuni e 63 ZFU ammissibili al beneficio;
la proposta di ripartizione tra le ZFU delle risorse stanziate dalla legge finanziaria per il 2007, come modificata dalla legge finanziaria per il 2008 (50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009), presentata dal Ministero dello sviluppo economico, prevede che la dotazione annua sia attribuita a ciascuna ZFU per il 60 per cento secondo un criterio di dimensione demografica e per il 40 per cento secondo l'intensità di disagio economico e sociale, al netto dell'attribuzione a ciascuna ZFU di un contributo annuo, in misura fissa, pari a 750.000 euro, quale base di accesso al beneficio identica per tutte le ZFU;
con la delibera CIPE dell'8 maggio 2009, n. 14, (Gazzetta Ufficiale 11 luglio 2009, n. 159) sono state individuate le ZFU da ammettere ai benefìci fiscali e previdenziali previsti dalla normativa vigente ed è stata definita la ripartizione, tra le stesse, delle risorse disponibili per gli anni 2008 e 2009, che risultano pari, rispettivamente, a 50.000.000 euro e a 49.955.833 euro per effetto della riduzione apportata dall'articolo 4 del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 1 del 2009;
tale delibera, al fine di garantire la più ampia diffusione delle agevolazioni in entrambe le macro-aree del Paese (Mezzogiorno e Centro-Nord) ed evitare la concentrazione di interventi su aree svantaggiate eccessivamente contigue, ha ampliato il numero delle ZFU ammesse al beneficio da i 8 a 22, selezionando, sulla base dei criteri e delle valutazioni di disagio socio-economico, quelle ricadenti nei seguenti comuni: Catania, Torre Annunziata, Napoli, Taranto, Cagliari, Gela, Mondragone, Andria, Crotone, Erice, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Rossano, Lecce, Lamezia Terme, Campobasso, Velletri, Sora, Pescara, Ventimiglia, Massa Carrara, Matera;
dal momento che la normativa vigente prevede stanziamenti in favore delle zone franche urbane sino al 2009, l'articolo 3, comma 5, della legge 18 giugno

2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», autorizza il CIPE a destinare risorse, fino al limite annuale di 50 milioni di euro annui, al Fondo destinato a finanziare le agevolazioni previste per le zone franche urbane a valere sulle risorse disponibili del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS). La medesima disposizione, ai fini dell'utilizzo delle risorse stanziate ai sensi del comma in esame, assegna al CIPE il compito di provvedere, con le modalità di cui al comma 342 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007, ad aggiornare i criteri e gli indicatori per l'individuazione la delimitazione delle zone franche urbane al fine di incrementare progressivamente la loro distribuzione territoriale;
una volta ottenuta l'autorizzazione sul regime d'aiuto da parte della Commissione europea, il 28 ottobre 2009 il Ministro per lo sviluppo economico ha annunciato la nascita di 22 «zone franche urbane», cioè aree individuate in quartieri che vivono situazioni di disagio sociale ed occupazionale e con un particolare bisogno di strategie per lo sviluppo e l'occupazione;
tale nascita è avvenuta con la sottoscrizione nella medesima data, da parte del Ministro dello sviluppo economico, dei contratti con i sindaci dei 22 comuni interessati dall'istituzione delle ZFU;
i rapporti tra il Ministero dello sviluppo economico e ciascuna delle città beneficiarie sono infatti regolati dalla stipula di un apposito «contratto di zona franca urbana», che sancisce l'assegnazione delle risorse e gli impegni reciproci assunti dalle parti, sebbene la definitiva attuazione sia vincolata all'emanazione di un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze;
durante la cerimonia di sottoscrizione dei contratti il Ministro dello sviluppo economico ha annunciato che è stata notificata ed ottenuta l'autorizzazione della Commissione europea per sbloccare i fondi necessari per l'avvio del progetto e che in tempi rapidi una task force del Ministero stesso avrebbe messo a disposizione degli imprenditori delle 22 zone interessate le istruzioni necessarie per beneficiare delle diverse agevolazioni;
sebbene i benefici previsti per i nuovi insediamenti produttivi nei comuni rientrati nei parametri per usufruire delle ZFU sarebbero dovuti partire dal 1o gennaio 2010, allo stato attuale non è stato ancora emanato il decreto di attuazione per rendere effettivamente operative tali agevolazioni, opportunità importante per sostenere la crescita economica ed occupazionale nel tessuto produttivo locale e che in altri Paesi europei è stata capace di dare una risposta abbastanza soddisfacente ai problemi dell'inclusione sociale, dello sviluppo e della riqualificazione urbana;
il comma 4 dell'articolo 9 del testo originario del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, (decreto milleproroghe), modificando i commi 341, 341-ter e 341-quater dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, aveva previsto, in luogo di esenzioni fiscali ed esoneri contributivi, un contributo forfetario da commisurare ai contributi previdenziali e alle imposte ICI dovute, da erogarsi a cura dei comuni nei cui territori ricadono le ZFU, nei limiti delle risorse già individuate per ciascun comune dalla delibera CIPE n. 14 del 2009; veniva altresì soppressa la disposizione che prevedeva che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze fossero determinati le condizioni, i limiti e le modalità di applicazione delle esenzioni fiscali di cui ai commi da 341 a 341-ter;
la legge di conversione n. 25 del 26 febbraio 2010 del decreto-legge n. 194 del 2009 ha apportato modifiche rispetto all'iniziale testo dell'articolo 9, comma 4, del decreto-legge, ripristinando, in sostanza, la disciplina previgente delle zone franche urbane e quindi tutte le agevolazioni fiscali e contributive già previste, seppure stabilendo che l'onere finanziario fissato dal comma 340 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007 (50 milioni di euro per le

annualità 2008 e 2009) per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi nelle zone franche urbane costituisce il tetto massimo di spesa, da suddividere tra le imprese che abbiano iniziato la loro attività in quelle aree;
l'articolo 43 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, consente l'istituzione nel meridione d'Italia di «zone a burocrazia zero» in aree non soggette a vincolo, disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, nel rispetto del principio di sussidiarietà e dell'articolo 118 della Costituzione;
in tali zone le nuove iniziative produttive, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78 (31 maggio 2010), al fine di semplificare l'attività procedimentale necessaria per l'avvio, possono godere di tre tipi di vantaggi:
a) i provvedimenti conclusivi dei procedimenti amministrativi di qualunque natura ed oggetto, avviati su istanza di parte, ad esclusione di quelli di natura tributaria, di pubblica sicurezza e di incolumità pubblica, sono adottati in via esclusiva da un Commissario di Governo e si intendono positivamente adottati entro 30 giorni dall'avvio del procedimento se un provvedimento espresso non è adottato entro tale termine; per i procedimenti amministrativi avviati d'ufficio, le amministrazioni che li promuovono e li istruiscono trasmettono al Commissario di Governo i dati e i documenti necessari per l'adozione dei relativi provvedimenti conclusivi;
b) nella realizzazione ed attuazione dei piani di presidio e sicurezza del territorio viene data priorità assoluta da parte delle prefetture alle iniziative da assumere negli ambiti territoriali in cui insistono le zone a burocrazia zero;
c) qualora vi sia coincidenza territoriale tra la «zona a burocrazia zero» e una delle zone franche urbane istituite con la delibera CIPE dell'8 maggio 2009, n. 14, nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, le risorse previste per le zone franche urbane dall'articolo 1, comma 340, della legge n. 296 del 2006 sono utilizzate dal sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero;

l'istituto delle zone a burocrazia zero si distingue dal regime delle Zone franche urbane sia per le aree individuate cui sono rivolti gli aiuti, che non coincidono, sia per la modalità di erogazione del beneficio (non più sotto forma di esenzione fiscale ma di contributo diretto concesso dai sindaci territorialmente competenti), sia per l'ambito soggettivo di applicazione, circoscritto alle sole nuove iniziative produttive avviate successivamente alla data del 31 maggio 2010 (il regime ZFU è, invece, fruibile dalle piccole e microimprese che hanno iniziato una nuova attività economica nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012 e da quelle che hanno iniziato la propria attività antecedentemente al 1o gennaio 2008 ma in quest'ultimo caso nei limiti del regolamento (CE) n. 1998/2006 de minimis);
i sindaci dei comuni interessati sono preoccupati per la rivisitazione, introdotta con il decreto-legge n. 78 del 2010, delle zone franche urbane in non meglio definite e chiare zone a burocrazia zero e temono il rischio che venga meno uno strumento tanto atteso per il rilancio di alcune zone caratterizzate da forte disagio sociale, urbano ed economico;
la previsione dell'articolo 43 del citato decreto-legge n. 78 del 2010 apre di fatto rilevanti dubbi interpretativi che inducono a ritenere «cassato» di fatto l'istituto delle Zone franche urbane, vanificando uno sforzo di approfondimento e programmazione durato anni;
forti perplessità su tale disposizione vanno espresse soprattutto nella

parte in cui si stabilisce che, nel caso in cui taluna delle zone a burocrazia zero coincida con una delle zona franca urbana, il sindaco utilizza le risorse previste in favore delle ZFU ai sensi dell'articolo 1, comma 340, della legge n. 296 del 2006 per la concessione di contributi alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero, assimilando di fatto la norma ad una riproposizione del testo originario dell'articolo 9, comma 4, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 sulla disciplina delle zone franche urbane (poi modificato dalla legge di conversione), che trasformava le esenzioni fiscali in contributi erogati dai sindaci interessati;
in data 9 giugno 2010 il sottosegretario al Ministero dell'economia e delle finanze, onorevole Alberto Giorgetti, in risposta all'interrogazione in Commissione finanze dell'onorevole Occhiuto n. 5-03008 in cui si chiedeva di emanare il tanto atteso decreto attuativo delle ZFU, ha evidenziato, per quanto concerne le modalità di applicazione delle agevolazioni fiscali per le ZFU, «i non indifferenti problemi tecnici connessi con l'eventuale coniugazione delle risorse effettivamente stanziate e la gestione di un beneficio articolato su quattro diverse esenzioni (imposte sui redditi, IRAP, ICI e contributi previdenziali)» e, inoltre, che «data l'identità delle risorse disponibili, l'attivazione delle Zone a burocrazia zero, rimessa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, costituisce ora inevitabilmente una eventualità del tutto preliminare rispetto alla applicazione del più risalente strumento delle ZFU»;
tale risposta lascerebbe intendere che le zone franche urbane sarebbero ormai una realtà superata dalle zone a burocrazia zero in quanto le disposizioni di cui al citato articolo 43 utilizzano le già scarse risorse finanziarie stanziate dall'articolo 1, comma 340, della legge n. 296 del 2006 per l'istituzione delle zone franche, nonché farebbe svanire ogni speranza circa l'emanazione del decreto attuativo delle ZFU (e quindi dei fondi tanto attesi) per rendere finalmente operativo questo strumento a sostegno delle attività economiche in cui le imprese dei territori interessati hanno riposto grandi aspettative, soprattutto in un momento di così grave crisi economica;
mentre la normativa di cui all'articolo 43 del decreto-legge n. 78 del 2010 prevede una procedura molto più complessa, attribuendo ai sindaci, ove la zona a burocrazia zero coincida con la zona franca urbana, il potere di concedere contributi alle nuove iniziative produttive realizzate in tali aree, le zone franche urbane costituiscono uno strumento di sostegno snello, di natura sostanzialmente automatica, innovativo, efficace e trasparente, che ha già ricevuto l'autorizzazione dalla Commissione europea e che per essere operativo attende solo, da oltre due anni, l'emanazione del decreto attuativo,


impegnano il Governo:


a fornire al più presto chiarimenti circa la conferma della fruizione da parte delle zone franche urbane individuate con delibera CIPE delle risorse già assegnate per i citati programmi di interventi, al fine di consentire, in un momento di crisi profonda per tutto un tessuto economico che fatica a mantenere in vita le attività, la nascita di nuove piccole e medie imprese approfittando della fiscalità di vantaggio che rappresenterebbe per l'imprenditore una misura di sostegno per i primi anni, nonché un incentivo all'assunzione di dipendenti;
a far sì che si proceda in tempi brevi all'adozione del tanto atteso e sollecitato decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 1, comma 341-quater, della legge n. 296 del 2006, per la determinazione delle condizioni, dei limiti e delle modalità di applicazione delle agevolazioni fiscali previste, al fine di rendere finalmente operativo questo strumento importante per rivitalizzare aree urbane degradate e rilanciarle in ambito industriale e occupazionale;
ad adottare opportune iniziative normative volte a conciliare il regime di

semplificazione amministrativa delle zone a burocrazia zero, introdotto dall'articolo 43 del decreto-legge n. 78 del 2010 con il regime degli sgravi fiscali e contributivi proprio delle zone franche urbane, così come definito dall'articolo 1, commi 340-341-quater, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), in modo da realizzare un meccanismo davvero attrattivo per i territori interessati e potenzialmente vantaggioso per l'insediamento di nuove imprese.
(7-00451)
«Galletti, Anna Teresa Formisano».

La III Commissione,
premesso che:
l'iniziativa del Partenariato orientale dell'Unione europea, nel quadro della Politica Europea di Vicinato, intende consolidare e migliorare i rapporti politici, economici e di sviluppo tra le istituzioni comunitarie, gli Stati dell'Unione ed i sei paesi dell'Europa orientale Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina, sulla base del rispetto del diritto internazionale, dei princìpi democratici e dei diritti umani;
la Dichiarazione di Praga, istitutiva del Partenariato orientale, potrà trovare un importante supporto sul piano della legittimazione democratica dall'istituzione di un'assemblea parlamentare cui partecipino paritariamente i rappresentanti del Parlamento europeo e dei parlamenti dei sei Paesi partner;
il successo del Partenariato orientale sarà determinato dalle buone relazioni tra i Paesi partner, gli Stati membri dell'UE e le istituzioni comunitarie, dalla capacità di coinvolgere gli altri attori regionali, e dalle conseguenti condizioni di sicurezza e di stabilità, in particolare nell'area del Caucaso meridionale, alla luce del molo che ricoprono alcuni Paesi in tale regione sia per la produzione energetica che per il transito di tali risorse;
il conflitto tra Russia e Georgia dell'agosto 2008 ha riportato all'attenzione della comunità internazionale la fragilità della situazione geopolitica del Caucaso meridionale, dimostrando ancora una volta che contenziosi regionali irrisolti possono condurre a un aumento della tensione e perfino a ostilità armate con conseguenze che vanno oltre il quadro regionale;
il Governo italiano e l'Unione europea sono costantemente impegnati nel ricercare una soluzione pacifica a questo e ad altri conflitti dell'area; a tale proposito si ricorda che la UE ha nominato un Rappresentante speciale per la crisi in Georgia che affianca quello per il Caucaso meridionale;
un altro dei contenziosi regionali irrisolti riguarda la regione del Nagorno-Karabakh, contesa tra Armenia e Azerbaigian, al cui riguardo è apprezzabile l'iniziativa di mediazione russa nel quadro del Gruppo di Minsk in ambito OSCE per giungere ad una soluzione pacifica del conflitto;
la Carta di Parigi dell'OSCE promuove la soluzione pacifica dei contenziosi internazionali e sottolinea il principio in base la quale le frontiere sono inviolabili e possono essere modificate esclusivamente sulla base di un accordo tra le Parti;
il Vertice dei Capi di Stato e di Governo dell'OSCE, riunito ad Astana il 1o e il 2 dicembre scorsi, ha ribadito il principio dell'indivisibilità della sicurezza di tutti gli Stati membri dell'Organizzazione;
l'agenda del ventiseiesimo summit UE-Russia del 7 dicembre include i seguiti del Vertice di Astana ed i cosiddetti conflitti congelati,


impegna il Governo:


a favorire convintamente attraverso tutti gli strumenti diplomatici, bilaterali e multilaterali - anche per il tramite dei

Parlamenti nazionali degli Stati membri dell'Unione europea - la costruzione della dimensione parlamentare del Partenariato orientale al fine di promuovere la cooperazione in particolare nei settori della democrazia e dei diritti umani;
a continuare a sostenere le iniziative dell'UE, del Consiglio d'Europa, dell'OSCE e delle Nazioni Unite nella regione del Caucaso meridionale, anche attraverso il sostegno ai Rappresentanti speciali dell'UE per la crisi in Georgia e per il Caucaso meridionale;
a favorire buone relazioni con i Paesi partner nell'ambito di una cooperazione sempre più stretta nel settore energetico, anche al fine di assicurare al nostro Paese una politica strategica degli approvvigionamenti;
a lavorare per un miglioramento dei rapporti reciproci tra gli Stati del Caucaso attraverso la composizione dei contenziosi territoriali, il ristabilimento di condizioni di sicurezza, stabilità e fiducia reciproca, anche mettendo a frutto il partenariato strategico tra Unione europea e Federazione russa;
a proseguire e intensificare, compatibilmente con i fondi a disposizione, iniziative di cooperazione con Armenia, Azerbaigian e Georgia, anche al fine di garantire assistenza umanitaria ai rifugiati;
a promuovere la stabilizzazione del Caucaso meridionale che, nel quadro degli attuali sistemi di sicurezza euro-atlantica a cui partecipa a pieno titolo l'Italia, coinvolga Russia, Stati Uniti e Turchia, sulla base del rispetto dei princìpi fondamentali della coesistenza pacifica, del principio di autodeterminazione e dell'integrità territoriale;
a sostenere le iniziative di mediazione del Gruppo di Minsk in ambito OSCE e favorire contatti tra Armenia e Azerbaigian utili per la soluzione pacifica del conflitto del Nagorno-Karabakh; a garantire la piena applicazione degli impegni OSCE, nonché a sostenere il rispetto delle raccomandazioni espresse dall'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa sul Nagorno-Karabakh e a prendere tutte le iniziative necessarie a risolvere i problemi aperti tra Azerbaigian e Armenia;
a contribuire in modo propositivo in seno all'OSCE al «processo di Corfù» in vista della realizzazione della visione di una comunità di sicurezza comprensiva, cooperativa ed indivisibile.
(7-00452) «Stefani».

TESTO AGGIORNATO AL 22 DICEMBRE 2010

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:

FARINONE, MOSCA e VELTRONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la Villa Reale di Monza è uno dei monumenti più insigni presenti sul territorio lombardo, testimonianza dell'architettura neoclassica. Nacque come simbolo della magnificenza della corte asburgica. L'imperatrice Maria Teresa ne decise l'edificazione proprio nel momento in cui stabilì di assegnare al suo terzogenito, Ferdinando, l'incarico di governatore generale della Lombardia austriaca. Il 17 aprile del 1777 fu avviata la costruzione sotto le direttive dell'imperiale regio architetto Giuseppe Piermarini, che, nel giro di soli tre anni, portò a compimento la costruzione del grandioso ed imponente complesso. La villa ha ospitato i reali d'Austria e Napoleone, fino ad essere utilizzata dai Savoia dopo l'unificazione nazionale, culminata con il regicidio di Umberto I; dopo un lungo periodo di progressivo degrado ha subito interventi di restauro, sotto l'egida della Soprintendenza per i Beni Storici ed Artistici di Milano;

la villa reale di Monza rientra nel novero delle prestigiose «Ville di delizia», ovvero quelle dimore appartenute (o ancora di proprietà) alle nobili e illustri famiglie locali, datate tra il Medioevo e l'Ottocento. Fin dal Rinascimento erano questi i luoghi di elezione e di riposo scelti dai nobili per evadere dai quotidiani impegni e, talvolta, affanni. Luoghi dove l'arte e la natura reciprocamente si esaltavano. Oggi queste ville sono per i visitatori una grande ricchezza culturale poiché ognuna rappresenta un museo che custodisce arredi, marmi, dipinti preziosi e reperti archeologici, grazie all'antica consuetudine dei signori di collezionare opere d'arte che venivano ospitate ed esposte nelle proprie dimore. Le meraviglie continuano negli esterni con gli splendidi parchi e giardini che circondano le ville;
la villa reale di Monza, con le pertinenze, appartiene oggi al comune di Monza ed alla regione Lombardia, mentre l'annesso parco appartiene ai comuni di Monza e Milano; il Ministero per i beni e le attività culturali è proprietario di alcuni beni ubicati nel compendio, oltre a svolgere le funzioni di vigilanza stabilite dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali);
l'intero complesso, costituito dalla villa reale e dal parco di Monza, costituisce bene culturale di proprietà pubblica, ai sensi degli articoli 10 e strada statale del suddetto decreto legislativo;
per coordinare le rispettive attività, in data 30 luglio 2008 il Ministero per i beni e le attività culturali, la regione Lombardia, il comune di Monza ed il comune di Milano hanno stipulato un accordo di programma per la valorizzazione del complesso monumentale della villa reale di Monza, del parco e delle relative pertinenze, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio (di seguito il «Codice»), ed in particolare dell'articolo 112 del citato codice;
il medesimo accordo era finalizzato a promuovere la conoscenza, a sostenere la conservazione e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e funzione pubblica del complesso sopra indicato, attraverso un'azione programmatica comune improntata alla collaborazione operativa tra i soggetti sottoscrittori nell'individuazione degli obiettivi comuni e nell'attuazione dei relativi interventi;
in detto accordo il ministero per i beni e le attività culturali, la regione Lombardia, il comune di Monza ed il «Comune di Milano» hanno concordato che la finalità e gli obiettivi indicati nell'accordo sarebbero stati conseguiti attraverso la costituzione, secondo quanto previsto dall'articolo 112 del codice, di un apposito ente, di natura consortile non imprenditoriale di diritto pubblico denominato «Consorzio villa reale e parco di Monza», al quale affidare il compito di elaborare e sviluppare il piano strategico di sviluppo culturale e di valorizzazione delle aree ai sensi dei commi 4 e 5 dell'articolo 112 del codice già citato, nonché di provvedere, ai sensi degli articoli 112 e 115 del codice medesimo, a regolare e gestire le attività di valorizzazione, anche in forma integrata, ed anche mediante la costituzione, ove necessario, di appositi uffici e servizi deputati pure all'affidamento a terzi delle dette attività ed al controllo sul loro svolgimento. Il tutto nel rispetto delle prescrizioni di tutela storico-artistica e paesaggistica dettate con i relativi atti di accertamento e di disciplina d'uso;
in data 20 luglio 2009 è stato costituito il menzionato consorzio villa reale e parco di Monza», con sede in Monza all'interno del complesso di Villa Reale e Parco;
sono consorziati promotori il Ministero per i beni e le attività Culturali, la regione Lombardia, il comune di Milano, il comune di Monza. Inoltre è prevista la possibilità di partecipare al consorzio per altri enti, pubblici e privati, senza scopo di lucro, che, aderendo alle finalità del consorzio medesimo, affidano in gestione o conferiscono patrimoni mobiliari ed immobiliari;

al consorzio è stata affidata la gestione unitaria del parco e della villa reale di Monza, nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio ad esso affidato;
nel rispetto delle finalità indicate, il consorzio, anche ricorrendo allo strumento della concessione ove applicabile, è tenuto a:
a) garantire la conservazione, il recupero e la valorizzazione del complesso monumentale ed ambientale della villa reale di Monza, del parco reale e relative pertinenze, e di tutti i beni mobili ed immobili in esso insistenti, inclusi i giardini annessi e l'impianto arboreo, garantendone la fruizione pubblica e sviluppandone i valori culturali, ambientali, architettonici e paesaggistici;
b) valorizzare il potenziale di relazioni del complesso monumentale con il contesto territoriale, secondo obiettivi di sviluppo sostenibile e promozione dell'attrattività, a partire dal parco e in particolare dal suo patrimonio monumentale, naturalistico e paesaggistico, sviluppando sinergie con gli enti Consorziati per la valorizzazione del patrimonio culturale di cui essi hanno disponibilità;
c) svolgere attività di alta rappresentanza istituzionale degli enti consorziati, con particolare riferimento anche agli eventi legati a expo 2015;
d) realizzare strumenti innovativi di conoscenza e di documentazione e di educazione al patrimonio culturale, naturalistico ed ambientale, storico-monumentale, idonei a consentire ai visitatori di seguire, anche contestualmente al loro svolgimento, le attività di restauro sia del patrimonio architettonico e paesaggistico che storico-artistico;
il consorzio può gestire, direttamente o indirettamente, tutte le attività di valorizzazione del patrimonio ritenute necessarie, ai sensi dell'articolo 115, comma 1, del codice dei beni culturali;
ai sensi dell'articolo 115, comma 3, del codice dei beni culturali, in caso di gestione indiretta tramite concessione a terzi delle attività di valorizzazione, anche in forma congiunta e integrata, si ricorre a procedure di evidenza pubblica, sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti;
all'articolo 7 dell'atto costitutivo del Consorzio è previsto che «Il Consorzio provvede agli affidamenti di cui al precedente periodo tramite Regione Lombardia, che si avvale di Infrastrutture Lombarde s.p.a., ente strumentale della Regione stessa». «A tale scopo il Consorzio stipulerà apposita convenzione con la Regione, anche al fine di definire le modalità di programmazione e vigilanza dell'attività della società strumentale sopra menzionata»;
sulla base di tale ultima previsione, regione Lombardia, per il tramite di Infrastrutture Lombarde s.p.a., con bando del 17 marzo 2010, ha indetto una procedura ristretta per l'affidamento del contratto di concessione di lavori pubblici;
è stato lamentato che la procedura di gara si sarebbe svolta in modo poco trasparente. In particolare, si sarebbero registrate difficoltà nell'accesso al capitolato d'oneri, allo schema del contratto di concessione ed alla lettera di invito;
inoltre, l'attribuzione a infrastrutture Lombarde delle funzioni di amministrazione aggiudicatrice ed il suo esercizio tramite il bando di gara del 17 marzo 2010, benché prevista dall'accordo di programma, non risulta, ad avviso degli interroganti, in linea con le disposizioni vigenti, in base alle quali la gestione indiretta è attuata per mezzo di concessione a terzi delle attività di valorizzazione, da parte delle amministrazioni cui i beni appartengono, ovvero da parte dei soggetti appositamente costituiti, ex articolo 112, comma 5, del codice dei beni culturali, cui affidare l'elaborazione e lo sviluppo dei piani strategici di sviluppo culturale e i programmi, relativamente ai beni culturali di pertinenza pubblica;
non risulta ammissibile, invece, demandare tale indispensabile funzione ad

un soggetto terzo, come Infrastrutture Lombarde s.p.a., che non rientra né nella prima categoria né nella seconda;
nel bando di gara pubblicato indetto da Infrastrutture Lombarde emergerebbero alcune evidenti e gravi anomalie. Non si comprende quale sia l'oggetto dell'appalto dal tenore del bando che, imprecisamente prima cita lavori di ristrutturazione e poi, nella descrizione dell'appalto, individua l'oggetto dello stesso in maniera, ad avviso dell'interrogante, irragionevolmente estensiva, comprendendo interventi di recupero, valorizzazione, restauro e addirittura gestione per l'intera durata della concessione (30 anni) non solo del corpo centrale della villa Reale di Monza, della parte di Ala Nord oggetto di intervento ma anche degli spazi esterni, ivi comprese le aree di destinazione commerciale, laboratori artigianali, bar, caffetteria, ristorante e spazi flessibili e polifunzionali, dai quali è indubbio un ulteriore arricchimento;
non è chiaro, pertanto, quali siano (e se vi siano) gli obblighi del concessionario per garantire la fruizione pubblica del bene culturale, secondo quanto previsto dalla legge e dagli stessi atti (accordo di programma, statuto del consorzio) sopra menzionati;
la durata della concessione, prevista dal bando, è pari a 30 anni, decorrenti dalla data di sottoscrizione del contratto, a fronte di un canone di concessione di 30 mila euro l'anno;
l'importo complessivo stimato per l'intervento è pari 23.385.154,26 euro, dei quali 18.969.628,94 euro a carico dell'amministrazione aggiudicatrice, mentre il finanziamento residuo delle opere, di appena 4.415.525,32 euro è a carico del concessionario, il quale avrà come controprestazione il diritto, per tutta la durata della concessione, di gestire il corpo centrale della Villa Reale di Monza, la parte di Ala Nord oggetto di intervento e degli spazi esterni, ivi comprese le aree di destinazione commerciale, laboratori artigianali, bar, caffetteria, ristorante e spazi flessibili e polifunzionali;
il bando di gara non appare conforme, a giudizio degli interroganti, all'articolo 112, comma 5, del decreto legislativo n. 42 del 2004, sotto il profilo della legittimazione attiva di Infrastrutture lombarde, incaricata, con il citato accordo , di elaborare e sviluppare piani strategici di sviluppo culturale e programmi, relativi a beni culturali di pertinenza pubblica, e non di concedere totalmente un bene pubblico ad un privato, come invece risulta dal bando;
a giudizio degli interroganti, il bando di gara sembra presentare, altresì, un vizio sostanziale per indeterminatezza dell'oggetto dell'appalto;
inoltre, suscita dubbi sul piano della legittimità la previsione, a fronte di un esiguo canone e di un residuo e irrisorio finanziamento, di una concessione trentennale di un bene pubblico ad un privato, quale controprestazione di un intervento finanziato principalmente dall'amministrazione aggiudicatrice, con il rischio di rendere la Villa un luogo per iniziative preminentemente remunerative, assicurando un arricchimento del privato a discapito dell'interesse di tutti i cittadini;
andrebbe chiarito se, nell'ambito delle procedure di evidenza pubblica, che dovrebbero svolgersi ai sensi dell'articolo 115, comma 3, del codice dei beni culturali, ci sia stata la dovuta valutazione comparativa di specifici progetti e quali siano stati i progetti presentati dai concorrenti;
risulta poi necessario secondo gli interroganti che sia pienamente rispettata la normativa in materia di attività contrattuale della pubblica amministrazione;
non si comprende, tra l'altro, come si giustifichi la discrepanza tra la durata del consorzio, stabilita in 20 anni nel suo statuto, e la durata della concessione al privato, stabilita in 30 anni e inoltre non appare chiaro se il programma sia finanziato con fondi europei -:
di quali elementi disponga il Governo in relazione ai fatti esposti in premessa e

quali iniziative di competenza intenda assumere, anche in seno al Consorzio «Villa reale e parco di Monza», al fine di tutelare la Villa Reale di Monza ed evitare il rischio di una sostanziale privatizzazione del bene, con conseguente compromissione della sua funzione pubblica;
se risulti che l'appalto di cui in premessa sia finanziato con fondi europei.
(3-01365)

TEMPESTINI, MARAN e AMICI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
le notizie pubblicate da giornali nazionali e internazionali relative alle valutazioni compiute, in rapporti riservati ma ufficiali, da autorevoli rappresentanti diplomatici in Italia circa i rapporti politici, diplomatici ed economici intercorsi tra l'Italia e la Russia, risollevano la questione della scarsa trasparenza nella conduzione di alcuni dossier particolari di politica estera che appaiono riservati alla diretta gestione di palazzo Chigi;
tali rapporti appaiono incentrati quasi esclusivamente sulla relazione personale e speciale tra il Presidente del Consiglio italiano e l'allora Presidente russo Putin pur coinvolgendo interessi strategici fondamentali, inerenti la politica energetica, la sicurezza degli approvvigionamenti e interessi economici di prima grandezza per l'azienda nazionale del settore;
un tale stile di promozione dell'azione internazionale da parte del Presidente del Consiglio, producendo una sovraesposizione della massima autorità di Governo e confondendo i profili personali con quelli istituzionali, finisce per arrecare un danno all'immagine dell'Italia e alla credibilità e autorevolezza delle sue istituzioni;
l'azione di politica estera, l'immagine internazionale del Paese, la sua diplomazia possono costituire un asset essenziale per l'Italia - un Paese con una forte proiezione internazionale in molti campi, da quello arustico e culturale a quello economico - a patto che i vari soggetti che concorrono a promuovere tale immagine agiscano sinergicamente e «facendo sistema»;
al contrario, l'Italia non riesce a organizzare le proprie risorse nel settore, non valorizza la professionalità della propria diplomazia, non investe in un coordinamento efficace dell'azione di politica estera e anzi sembra consentire una sorta di duplicazione dei centri di conduzione della politica estera dal momento che la presidenza del Consiglio sembra riservarsi l'autonoma gestione di alcuni dossier internazionali di particolare sensibilità e rilievo, producendo inefficienze e incoerenze da una parte e riducendo, dall'altra, la trasparenza e la possibilità di controllo parlamentare;
questi profili sono appunto particolarmente ricorrenti ed evidenti nella costante attenzione del Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi, nei confronti della Russia e di alcuni altri Paesi, di rilevante importanza strategica per l'Italia ma soprattutto di particolare complessità e delicatezza quanto al quadro generale delle relazioni internazionali;
quanto ai rapporti con Mosca, nessuno può dubitare della necessità, oggi e nel futuro, di addivenire a un salto di qualità in positivo nei rapporti tra l'Europa e la Russia, superando il passato rapporto di diffidenza e antagonismo verso una cooperazione e una partnership strategica che addirittura rinnovi profondamente l'architettura di sicurezza europea, creando un'area di stabilità e prosperità economica;
in particolare, non può non esservi apprezzamento per i passi avanti compiuti nel vertice Nato di Lisbona, nell'auspicio di una rapida ratifica da parte del Senato americano del nuovo Trattato START, quale presupposto per ulteriori riduzioni negli armamenti atomici e convenzionali;
in questo contesto di dialogo positivo e di riavvicinamento delle posizioni politiche,

l'Italia potrebbe veramente assurgere, per i suoi legami storici e culturali, a ruolo di ponte e cerniera tra l'Europa e la Russia, promuovendo una cooperazione franca e proficua per entrambi e agendo da facilitatrice e acceleratrice del processo democratico interno allo Stato russo, sfruttando la complementarietà tra le nostre economie, caratteristica comune all'intera industria europea;
presupposto di questo risultato sarebbe una condotta diplomatica istituzionalmente attenta, di grande spessore e contenuto politico; una politica estera vista, al contrario, come pragmatica e utilitarista, eccessivamente inquinata da interessi particolari, finisce per perdere di credibilità, troppo arrendevole sulle questioni dei diritti, poco prudente sul tema della dipendenza energetica e quindi in sostanza di scarso spessore politico;
danneggiano, invece, la politica estera italiana, oltre l'eccessiva personalizzazione del rapporto con il Presidente russo Vladimir Putin, la scarsa trasparenza sull'agenda e i contenuti dei colloqui, più volte tenuti in viaggi definiti «non ufficiali», quindi non oggetto di valutazione parlamentare e il moltiplicarsi di iniziative slegate da qualsiasi coordinamento con i partner, europei e non, con la conseguenza di rendere meno influente il ruolo politico italiano considerato ispirato a una diplomazia esclusivamente «mercantile», priva di considerazioni strategiche, politiche o etiche;
la linea del Presidente del Consiglio è stata, inoltre, segnata dalla costante difesa delle azioni più censurabili della presidenza della Russia in Cecenia, dall'assenza di un confronto serio sull'insufficiente rispetto dei diritti umani, della libertà di stampa, dalla mancata denuncia dei comportamenti illiberali tenuti dalle autorità russe nel trattare gli oppositori politici interni, infine dalla singolare arrendevolezza alle ragioni addotte da Mosca nella questione del Kosovo ovvero in tutta la partita energetica legata ai grandi progetti di infrastrutture strategiche per il trasporto del gas;
in particolare, si deve insistere nel rilevare come la conduzione della politica energetica, le scelte strategiche ad essa connesse non sono state mai oggetto di un dibattito parlamentare e alcuni atti politici rilevanti, cui il Presidente Berlusconi ha partecipato in contesti internazionali, si sono svolti senza che il Parlamento ne fosse informato in alcun modo, come già denunciato dal gruppo PD in particolare con l'interpellanza urgente presentata il 13 gennaio 2009;
medesime preoccupazioni, critiche e valutazioni possono essere fatte per iniziative analoghe assunte dal premier nei confronti della Bielorussia e di altri Stati europei e centroasiatici, con profili politici interni simili a quelli rilevati per la Russia;
addirittura inquietanti appaiono ulteriori risvolti, presenti nelle indiscrezioni uscite sulla stampa nazionale e internazionale, circa vantaggi impropri e legami inopportuni con le autorità di Governo italiane, aspetti sui quali è doveroso sgombrare rapidamente il campo informando prontamente e compiutamente il Parlamento -:
quale risposte il Governo intenda fornire ai pesanti interrogativi che si ricavano dalla lettura delle indiscrezioni pubblicate sul sito Wikileaks e riprese dalla stampa internazionale, collegate alla scarsa trasparenza della complessiva azione di politica estera condotta direttamente da palazzo Chigi nei confronti della Russia e sulla quale il Parlamento non è mai stato sufficientemente informato.
(3-01367)

Interrogazioni a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
come si apprende dalla relazione della Corte dei conti sugli appalti secretati

trasmessa al Parlamento, per la costruzione della scuola dei marescialli dei carabinieri di Firenze l'importo dei lavori complessivi si è aggirato intorno ai 450 milioni di euro;
i magistrati contabili hanno espresso un giudizio particolarmente duro sulla realizzazione di quest'opera, attualmente al centro anche dell'inchiesta giudiziaria che vede coinvolto un coordinatore nazionale del partito di maggioranza;
si legge nella Relazione: «Emblematico e grave è il caso della realizzazione della nuova Scuola per marescialli del Carabinieri di Firenze non ancora ultimato a 13 anni dall'iniziale protocollo d'intesa e oggetto di lunghi e pesanti contenziosi legati sia a vere o presunte responsabilità dell'Amministrazione per aver messo a gara la realizzazione di un progetto di dubbia esecutività senza aver prima provveduto tempestivamente all'eliminazione delle incertezze sorte sulla completezza della bonifica del suolo, sia a comportamenti delle imprese aggiudicatarie dell'appalto temporaneamente associate (ATI)»;
risulta all'interrogante che la documentazione relativa a quest'opera sia stata trasmessa alla Corte dei conti con dati errati, con riferimento, ad esempio, alla conversione in euro di circa 10 miliardi di lire (10.561.647.502) per i quali è stata indicata la cifra di circa 545 mila euro (545.635,71), in luogo degli oltre cinque milioni (5.454.635,70); come segnalato anche dai magistrati contabili, tali errori, che sembrano apparire disattenzioni superficiali, «potrebbero indurre in ulteriori errori nelle fasi successive dei procedimenti» -:
di quali ulteriori informazioni dispongano in ordine a quanto evidenziato in premessa e quali siano gli intendimenti del Governo con riguardo ai rilievi effettuati dai magistrati contabili della Corte dei conti.
(4-09910)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso, ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:

Anno Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3621 del 18 ottobre 2007 per eventi meteorologici del 26 settembre 2007;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-09916)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso, ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:

Anno Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative

di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3734 del 24 gennaio 2009 per l'emergenza: alluvione sul territorio nazionale-atmosferico novembre-dicembre 2008;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-09917)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso, ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a

12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:

Anno Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di

predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3643 del 1o gennaio 2008 per l'emergenza: eventi alluvionali Teramo e Ascoli Piceno del 6 e 7 ottobre 2007;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-09918)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso, ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:

Anno Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;

si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3746 del 12 marzo 2009 per l'emergenza: eventi alluvionali Sondrio 12 e 13 luglio 2008;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-09919)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso, ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione

che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:

Anno Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;
l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun

esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato dei Commissari delegati nelle persone delle regioni Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia nominati con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3835 del 29 dicembre 2009 per l'emergenza Piemonte - provincie Piacenza e Pavia dell'aprile 2009 e dal 26 al 30 aprile 2009 nelle province di Lodi e Parma e mareggiata 26-27 aprile 2009 nelle province Ferrara, Ravenna, Forlì, Cesena e Rimini;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-09920)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'11 novembre 2010, Guido Bertolaso, ha lasciato il vertice della Protezione civile che ricopriva dal 2001 per andare in pensione;
dal 2001 la competenza della Protezione civile si è ampliata a ricomprendere i cosiddetti «grandi eventi» con 34 dichiarazioni adottate in tale senso e con 81 gestioni commissariali istituite in seguito alla dichiarazione di stato d'emergenza o di «grande evento»;
nella XVI legislatura in corso, da maggio 2008 ad agosto 2010, in 63 riunioni del Consiglio dei ministri, su 104 complessivamente tenute, sono stati adottati 154 provvedimenti d'emergenza che nel dettaglio hanno riguardato: 47 dichiarazioni dello stato di emergenza; 107 proroghe dello stato d'emergenza;
l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha presentato, il 22 giugno 2010, la sua relazione che, al capitolo VII sugli interventi emergenziali, rivolge particolare attenzione a quelli realizzati a seguito di ordinanze di protezione civile comprese quelle relative ai «grandi eventi» e dall'analisi delle ordinanze di protezione civile emanate dal 1o gennaio 2001 al 31 marzo 2010 fa emergere che quelle relative al settore appalti sono state 302 e hanno riguardato uno stanziamento complessivo di risorse pubbliche pari a 12.894.770.574,38 euro così ripartite negli anni:

Anno Importo spesa globale N. ordinanze
2001 1.956.118.571,91 28
2002 1.109.004.356,10 33
2003 283.763.347,26 24
2004 730.730.577,28 30
2005 253.074.138,76 24
2006 2.788.111.622,26 34
2007 1.057.819.764,68 39
2008 2.730.451.115,39 41
2009 3.939.859.534,08 49
totale 12.894.770.574,38 302

tra le disposizioni del codice dei contratti pubblici più di frequente derogate si rinvengono quelle relative alla figura del responsabile del procedimento, alla qualificazione necessaria per eseguire i lavori, alle procedure di scelta del contraente, alle modalità di pubblicazione dei bandi ed ai relativi termini, ai criteri di selezione delle offerte e verifica delle offerte anormalmente basse, alla progettazione, alle garanzie in fase di gara ed esecuzione, ai subappalti;

l'elaborazione dei dati che emergono dal numero delle ordinanze esaminate, dalla tipologia delle disposizioni derogate e dagli importi stanziati per gli interventi urgenti, permette di evidenziare che nell'arco dell'ultimo decennio una fetta rilevante di spesa pubblica è stata impiegata per investimenti relativi ad interventi sottratti in tutto o in parte non solo all'osservanza delle procedure previste dal codice degli appalti ma, in alcuni casi di non poca rilevanza e specialmente nell'ambito dei «grandi eventi», anche ad ogni attività di rilevazione e controllo da parte dell'Autorità di vigilanza;
si tratta inoltre di atti sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti come si evince dalla norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2008;
la Corte dei conti nella recente deliberazione n. 5 del 2010 ha suggerito un contenimento dello strumento del «grande evento», suggerimento condiviso anche dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ha sottolineato non solo i profili di legittimità ma anche «la necessità di evitare turbative di mercato che si traducono in una sistematica alterazione della libera concorrenza»;
il 19 ottobre 2010, in occasione dell'insediamento del neo presidente dei magistrati contabili, Luigi Giampaolino, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, nel suo intervento alla cerimonia ha dichiarato che: «Il governo, in un contesto di leale cooperazione istituzionale - ha detto Letta - vede nello svolgimento delle funzioni della Corte un supporto importante, cui ricorrere anche oltre i limiti strettamente imposti dalla legge, ad esempio avvalendosi della facoltà di avviare alcuni rilevanti provvedimenti al controllo preventivo di legittimità della Corte» lasciando intendere l'intenzione del Governo di sottoporre al controllo della Corte dei conti anche le ordinanze della Protezione civile per le quali la legge non impone tale passaggio;
nella risposta del 15 aprile 2010 all'interrogazione n. 2-00647, lo stesso Guido Bertolaso affermava che: «Per quanto attiene alla rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis della legge 24 febbraio 1992, n. 225 prevede che i Commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento delegato. I rendiconti corredati dalla documentazione giustificativa debbono essere trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze» e che «al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento di protezione civile... erano in corso di predisposizione i relativi supporti informatici» -:
se si intenda pubblicare on line ed in che tempi, la rendicontazione analitica dell'operato del Commissario delegato nominato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3708 del 17 ottobre 2008 per l'emergenza dovuta agli eventi atmosferici a Roma, Latina e Frosinone nei giorni 20 e 21 maggio 2008;
se, considerando il caso di durata pluriennale della gestione commissariale, il dipartimento abbia tenuto una contabilità aggiornata e dettagliata della stessa.
(4-09921)

BITONCI e DAL LAGO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le eccezionali piogge cadute in Veneto dal 31 ottobre al 2 novembre scorso hanno provocato un vero e proprio disastro idrogeologico, colpendo in particolare le province di Vicenza, Padova e Verona;
il tessuto socio-economico della regione è stato messo in ginocchio: le piogge

e le esondazioni dei corsi d'acqua conseguenti hanno invaso e reso inutilizzabili migliaia di abitazioni private, di industrie manifatturiere, di imprese agricole; le coltivazioni nelle tre province sono quasi completamente distrutte; i macchinari di tutte le imprese colpite sono inutilizzabili e non recuperabili;
il Consiglio dei ministri il 5 novembre 2010 ha dichiarato lo stato di emergenza per le zone colpite dall'alluvione e la Presidenza del Consiglio dei ministri il 13 novembre ha emesso l'ordinanza n. 3906, con la quale ha nominato il presidente della regione Veneto commissario delegato per il superamento dell'emergenza e ha stanziato la somma di 300 milioni di euro per finanziare i primi interventi nelle zone colpite; le banche maggiormente presenti sul territorio veneto hanno stanziato plafond che complessivamente ammontano a 700 milioni di euro, destinati all'erogazione di finanziamenti agevolati alle famiglie ed alle imprese per fronteggiare i gravi danni subiti e consentire il riavvio della normalità;
numerose sono le iniziative di solidarietà e le raccolte fondi per sostenere le famiglie e le imprese colpite dal disastro promosse da enti pubblici, associazioni private e singoli cittadini;
la citata ordinanza n. 3906, al comma 2 dell'articolo 9, stabilisce che «I contributi di cui all'articolo 5 non concorrono a formare il reddito ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e non rilevano ai fini della formazione del valore della produzione netta di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446»;
i contributi di cui all'articolo 5 sono esclusivamente quelli erogati dal Commissario delegato nell'ambito delle risorse assegnate nell'ordinanza stessa, assimilando, di fatto, tutte le altre somme ricevute dalle imprese danneggiate a redditi di impresa e assoggettandole, quindi, ad imposizione fiscale;
tale situazione risulta palesemente assurda, in quanto le donazioni verrebbero tassate alla stessa stregua dei ricavi di esercizio, aggiungendo al danno subito a causa degli eventi alluvionali anche la beffa di pagare le tasse sulla beneficenza ricevuta;
a parere dell'interrogante sarebbe necessario un intervento urgente da parte del Governo per escludere da imposizione fiscale tutte le donazioni ricevute da parte delle famiglie e dalle imprese colpite dall'alluvione -:
se il Governo intenda intervenire per porre rimedio alla palese ingiustizia di assimilare al reddito di impresa tutte le donazioni non erogate dal commissario delegato che le imprese venete colpite dagli eventi alluvionali di inizio novembre hanno ricevuto e riceveranno.
(4-09944)

GIOVANELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
il dipartimento della gioventù della Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso il fondo delle politiche giovanili ha indetto un bando di concorso al fine di promuovere progetti volti a sostenere la creatività ed il protagonismo giovanile, a sviluppare la cultura del merito e dell'eccellenza tra le giovani generazioni ed a favorire la partecipazione attiva alla vita sociale, culturale ed economica della comunità;
i termini di presentazione del bando sono scaduti a marzo 2009 e il 28 luglio del 2009 è stata nominata la commissione di valutazione dei progetti presentati;
ad oggi i partecipanti a tale bando non hanno ricevuto alcuna comunicazione sugli esiti dei progetti presentati;
considerato che altri bandi gestiti in collaborazione con regioni e autonomie locali hanno già concluso il loro iter, ad avviso dell'interrogante si evidenziano per questo bando una grave anomalia e una

palese inefficienza del dipartimento della gioventù -:
quali siano le motivazioni e le ragioni per cui a distanza di quasi due anni non siano ancora stati resi noti gli esiti di tale bando.
(4-09946)

ARGENTIN, VERINI e COSCIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la giunta comunale di Roma Capitale ha adottato una specifica direttiva, in data 11 luglio 2008, recante le «linee guida volte alla revisione dell'assetto organizzativo della macrostruttura comunale, con la finalità di garantire un più razionale esercizio delle funzioni dell'Ente»;
da quanto si apprende dal sito del comune di Roma, «Roma capitale», per la missione indicata nella direttiva di cui sopra, in particolare per quanto riguarda la formazione, sarà affiancata da Formez Italia;
la finalità del progetto, riportata anche dal sito di Formez Italia, è la seguente: «Favorire lo sviluppo quali-quantitativo degli organici, in quanto correlato alla rilevazione degli effettivi fabbisogni di personale nelle varie aree funzionali, principalmente mediante la valorizzazione delle competenze professionali sviluppate dai dipendenti a tempo indeterminato dell'Amministrazione Comunale e in tale contesto FormezItalia realizzerà le seguenti attività e prodotti;
nell'ambito del programma del corso di formazione relativo alla progressione verticale per il conferimento di n. 380 posti nel profilo professionale di funzionario amministrativo categoria D, posizione economica D1, famiglia economico-amministrativa e servizi di supporto, sono stati messe a disposizione dei dipendenti comunali, e rese accessibili a tutti tramite il sito internet, numerose dispense (alcune firmate dagli autori, altre anonime);
una di queste, che si può reperire alla voce «materiali di studio», reca il titolo «nozioni di diritto costituzionale»;
alla voce «I. La costituzione italiana e i suoi valori fondamentali. Brevi premesse in ordine agli articoli 1-12 Cost. Articoli 1-2-3», nell'illustrare l'articolo 3 della Costituzione, l'ignoto autore scrive così: «L'articolo 3 nella prima parte enuncia il principio di uguaglianza formale in quanto esseri umani (assenza di norme discriminatorie). Non bisogna però considerare uguali a noi le persone in condizioni inferiori alle nostre (handicappati).»;
si tratta di un'interpretazione del principio costituzionale di uguaglianza sostanziale, contenuto nel secondo comma dell'articolo 3 della Carta costituzionale, decisamente «libera», per usare un eufemismo, e che, tradendo una preoccupante e gravissima ignoranza di fondo, assume toni e contenuti gravemente discriminatori nei confronti delle persone che vengono definite «handicappate» e pertanto, sempre secondo l'autore «diverse da noi» -:
se il Governo non ritenga estremamente grave che, utilizzando risorse pubbliche, vengano formati centinaia di funzionari pubblici sulla base di dispense contenenti nozioni assurde e discriminatorie come quella esposta in premessa e se non ritenga di dovere fare chiarezza in merito ai criteri di selezione utilizzati da Formez Italia per la scelta degli estensori delle dispense utilizzate per la formazione dei dipendenti pubblici, nonché sull'entità delle risorse pubbliche utilizzate per il pagamento del progetto realizzato dal Formez Italia per Roma capitale.
(4-09969)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

TEMPESTINI, PORTA, COLOMBO e BUCCHINO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da notizie a mezzo stampa si apprende della disperata richiesta di aiuto da parte di profughi eritrei caduti da oltre un mese nelle mani di una banda di trafficanti d'esseri umani che pretendono il pagamento di 8.000 dollari per la loro liberazione. I profughi, fuggiti dalla Libia nel tentativo di raggiungere l'Europa attraverso Israele, si troverebbero nel Sinai, al confine tra Egitto e Israele;
l'allarme è stato lanciato dall'agenzia di cooperazione Habeshia e dal sacerdote eritreo cattolico Mussi Zerai che, dal 24 novembre, è in contatto telefonico con questi sventurati ai quali i carcerieri lasciano usare il cellulare per richiedere il pagamento del riscatto;
dalle informazioni in possesso del prete eritreo risulterebbe che tre persone sono state torturate e uccise a sangue freddo e che altre tre sarebbero state uccise in seguito ad un tentativo di fuga represso con inaudita violenza;
dalle notizie raccolte da Zerai si apprende, inoltre, che gli ostaggi sono quasi tutti sotto i trent'anni, che tra di loro vi sono alcune donne incinte, che sono tenuti in condizioni inumane, incatenati, maltrattati, abusati, senza vitto e acqua. Gli ostaggi sarebbero oltre 250 provenienti anche dal Corno d'Africa e dal Sudan e non sono in grado di comunicare la località esatta sebbene ritengano si tratti di un villaggio egiziano -:
quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare, sia nelle opportune sedi internazionali sia nei confronti del Governo egiziano, qualora le notizie citate trovassero conferma, affinché queste persone vengano liberate e siano garantite loro incolumità e sicurezza.
(5-03946)

Interrogazioni a risposta scritta:

BUCCHINO, PORTA, FEDI e GARAVINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nella rete diplomatico-consolare di cui il nostro Paese si serve per le sue funzioni di rappresentanza e di servizio a beneficio delle comunità italiane all'estero, un contributo di indiscussa utilità è stato dato per lungo tempo dagli uffici consolari di II categoria retti gratuitamente da persone prescelte a titolo onorario;
i titolari degli uffici di II categoria, in base all'articolo 72 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1969, rispondono direttamente delle spese sostenute, ricevono dal Ministero degli affari esteri il rimborso per le spese postali, telegrafiche e telefoniche e contributi per le spese di ufficio e di rappresentanza, tramite la missione diplomatica e gli uffici di I categoria cui rendono i conti;
il lavoro di tali collaboratori nel tempo si è rivelato prezioso per rispondere alle esigenze delle nostre comunità, in particolare per quelle insediate a notevole distanza dai centri maggiori, e per integrare il servizio degli stessi consolati, oberati da funzioni che si sono moltiplicate nel tempo senza un adeguato supporto organizzativo e di personale;
la presenza e l'operatività degli uffici di II categoria sono divenute oggi ancora più necessarie a seguito del cosiddetto «piano di razionalizzazione» dei consolati, che sta portando all'abolizione di decine di strutture e all'accorpamento di esse in consolati la cui distanza e la cui efficienza non sempre consentono di rispondere efficacemente alle esigenze più dirette dei nostri connazionali;
nel bilancio del Ministero degli affari esteri i contributi per gli uffici di seconda categoria previsti nel capitolo 1280 per l'anno 2009 sono stati di 1,7 milioni di euro, mentre per il 2010 sono precipitati a 935.000 euro, con una flessione del 45 per cento;

in una realtà come il Canada, in cui esistono comunità situate rispetto al consolato di riferimento ad una distanza che va da cento a oltre mille chilometri, il contributo per gli uffici di II categoria è passato da circa 140.000 euro annui a meno di 50.000, con una decurtazione di oltre il 65 per cento, con la conseguenza di indurre tutti i vice consoli onorari del Canada ad evocare compostamente la necessità delle loro dimissioni dall'incarico, nel caso che esso non possa essere più svolto in modo dignitoso o comporti l'assunzione di oneri finanziari per le mere spese di funzionamento a carico degli stessi titolari che già offrono la loro opera a titolo gratuito;
questi livelli di finanziamento mettono in discussione non solo la dimensione e la qualità del servizio, ma in molti casi la stessa possibilità di conservare un benché minimo riferimento logistico per i nostri connazionali;
le soluzioni alternative, alle quali si pensa in conseguenza di una così drastica riduzione di fondi (appuntamenti in luoghi esterni, contribuzione diretta degli utenti alle spese, eccetera) sarebbero non solo lesive dei diritti dei richiedenti, ma contrarie alle disposizioni di contabilità pubblica e lesive dell'immagine del nostro Paese nei confronti degli interlocutori internazionali -:
se non intenda disporre per l'anno 2011 una sostanziale reintegrazione dei fondi previsti come contributo agli uffici consolari di II categoria, in modo da raggiungere gli standard della spesa media degli ultimi anni e garantire in tal modo il livello e la qualità dei servizi consolidati nel tempo.
(4-09897)

BUCCHINO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'esperienza di diffusione e integrazione dell'insegnamento della lingua e della cultura italiane che nel giro degli ultimi decenni si è realizzata nella provincia canadese dell'Ontario e che ogni anno circa 30.000 utenti, rappresenta uno dei momenti più significativi della presenza culturale del nostro Paese nelle realtà di più consistente insediamento di nostri connazionali;
tale esperienza, è caratterizzata, in particolare, da due profili particolari: la diffusa integrazione dell'insegnamento nel sistema scolastico della provincia, sia in quello pubblico che in quello privato di ispirazione confessionale, in Canada molto esteso; la partecipazione finanziaria, del tutto prevalente, del Governo dell'Ontario al sostegno dei costi di organizzazione e di insegnamento dei corsi di lingua e cultura italiana, in forza di una consolidata ispirazione multiculturale dei governi di quel Paese;
il sistema di finanziamento prevede il contributo del Governo italiano, tramite gli enti gestori riconosciuti, che integrano nella misura grosso modo di un quarto l'intervento del Governo dell'Ontario, a conferma dell'interesse che l'Italia ha per la preservazione e la diffusione della lingua italiana anche tra le nuove generazioni;
di recente, il provveditorato di distretto della scuola cattolica di York ha comunicato al Centro scuola e cultura italiana, l'ente con il quale realizza in partnership i corsi di lingua e cultura italiane, di voler procedere per il corrente anno scolastico al taglio di alcuni corsi al livello di insegnamento pre-elementare, a causa della diminuzione dei finanziamenti da parte del Governo dell'Ontario, e di riservarsi di valutare la situazione per il futuro prima dell'avvio del prossimo anno scolastico;
la ricaduta dei tagli lineari sulle voci di bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze e, in particolare, su quella riguardante la diffusione della lingua e della cultura italiane all'estero, oltre a limitare nel suo complesso la promozione della nostra cultura nel mondo, rischia di introdurre un elemento di destabilizzazione nell'esemplare sistema di collaborazione tra la parte italiana e il Governo

dell'Ontario, con esiti che tendono a moltiplicarsi nel tempo e a determinare situazioni irrecuperabili di allontanamento delle nuove generazioni dalla cultura italiana -:
se non intenda rappresentare ai settori di amministrazione che gestiscono l'intervento per la diffusione della lingua e della cultura italiane all'estero l'esigenza di salvaguardare i rapporti più consolidati con le autorità di quei Paesi che intervengono con proprie risorse nella realizzazione di attività formative e culturali di interesse delle nostre comunità.
(4-09898)

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 28 settembre 2010 sul Corriere.it (cronaca di Milano) si legge che dal giorno precedente è partita, sul famoso social network Facebook, una campagna razzista e diffamatoria contro i lavoratori frontalieri italiani. La campagna, denigratoria e xenofoba, che paragona i lavoratori italiani a «ratti famelici» che rubano il lavoro agli svizzeri, prende di mira gli oltre 45.000 dipendenti (oltre i 12.000 autonomi) nostri connazionali, che quotidianamente si recano nel Canton Ticino. Tra le motivazioni, oltre alle problematiche legate al mercato del lavoro, la paura di un aumento della criminalità ma anche la ricaduta sulle banche svizzere dello scudo fiscale di Tremonti. Il mandante di tale iniziativa non è stato divulgato, ma l'accostamento con la Lega dei Ticinesi è legittimo, vista la dura politica di chiusura delle frontiere elvetiche che il suddetto movimento, che presiede il governo del Canton Ticino, porta avanti ormai da anni;
in linea con questa campagna, su La Provincia, il quotidiano di Como online, del 23 novembre 2010, vengono pubblicate le dichiarazioni di Giuliano Bignasca, Presidente della Lega Ticinese, già riportate dal Mattinale della domenica online del 19 novembre, con cui minaccia forti ripercussioni per i frontalieri se il nostro Governo non farà un passo indietro sulla questione dei paradisi fiscali, che, così com'è stata impostata, comporterebbe indirettamente una riduzione degli utili destinati al sistema bancario svizzero. Le minacce si sostanziano nell'allungamento dei tempi, fino a 6 ore di fila, in dogana per passare in Svizzera e nell'abbassamento della quota ammessa dei transfrontalieri, da 45.000 a 35.000. In questo caso la disoccupazione non sarebbe sostenuta dalla Svizzera ma dall'INPS;
dalla stessa fonte si apprende, inoltre, che il presidente della Lega Ticino, si rivolge al Ministro Umberto Bossi affinché convinca Tremonti a rivedere le proprie posizioni -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questa situazione ad alto rischio per gli italiani che lavorano oltralpe, i quali da tempo subiscono vere e proprie discriminazioni e quali azioni intenda intraprendere per contrastarle.
(4-09902)

PORTA, BUCCHINO, GARAVINI, FEDI e NARDUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
con un trattato internazionale del 1966 tra il Governo italiano e i Governi dei Paesi dell'America latina è stato costituito l'Istituto Italo-Latino Americano (IILA) con il compito di svolgere una funzione di conoscenza e di collegamento con la regione latinoamericana;
nel corso degli anni, l'attività dell'istituto si è sviluppata e articolata nel campo culturale, in quello socio-economico e in quello tecnico-scientifico mediante numerosi progetti che hanno interessato di fatto tutti i Paesi dell'America Latina;
la presenza italiana in America Latina, anche grazie al radicamento di consistenti comunità d'origine e alla rilevanza crescente delle attività economiche, commerciali e professionali in quell'area, si è andata progressivamente rafforzando a partire dal 2006;

l'Italia organizza con cadenza biennale la Conferenza nazionale Italia-America Latina, che nel 2011 giungerà alla quinta edizione, con l'obiettivo di migliorare le relazioni economiche e culturali bilaterali e multilaterali, che nell'IILA trovano uno degli strumenti di promozione e di sviluppo;
l'articolo 9 del trattato istitutivo prevede che l'IILA sia annualmente finanziato con una quota ordinaria di tutti gli Stati membri e con una quota speciale dell'Italia, a cui spetta anche l'onere di mettere a disposizione i locali idonei allo svolgimento delle attività di istituto;
il contributo dell'Italia, che nel 1995 è stato di 8 miliardi di lire, di cui 3 per la sede, è sceso progressivamente fino ai 2.359.764 euro dell'anno corrente, di cui 820.000 per la sede, con la realistica prospettiva di un'ulteriore riduzione del 10 per cento per il 2011, che porterebbe la dotazione complessiva a 2.100.000 euro;
la riduzione del sostegno italiano ha comportato una serie di trasferimenti della sede, che è passata dagli iniziali 12.000 metri quadri del Palazzo della civiltà del lavoro, ai 3.500 attuali in una zona del centro storico, e si ridurrà ulteriormente di qui a breve;
al di là delle concrete difficoltà operative, la contrazione dell'impegno italiano potrebbe essere interpretato come un segnale negativo, di ridimensionamento dell'interesse del nostro Paese verso una regione nella quale sono vivi e persistenti i legami storici e culturali e che nell'attuale congiuntura mondiale presenta indici di sviluppo positivi -:
se, in coerenza con le affermazioni rese dal Ministro degli affari esteri, per il quale «l'IILA rappresenta un prezioso strumento operativo», non si ritenga di disporre, almeno la conferma del livello di contribuzione del corrente anno e per gli anni successivi la reintegrazione di una parte delle risorse venute a mancare negli ultimi anni.
(4-09935)

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel comunicato stampa del 16 novembre 2010 pubblicato sul sito di Oxfam Italia-ONG specializzata in aiuto umanitario e progetti di sviluppo -, si riporta che: «Nella lotta ai cambiamenti climatici l'Unione europea rischia ancora una volta di fare una figuraccia per colpa dell'Italia»;
nel comunicato si riportano, inoltre, le seguenti affermazioni:
l'Unione Europea si è impegnata a versare 7,2 miliardi di euro per il triennio 2010-2012 per aiutare i Paesi più indigenti ad affrontare i cambiamenti climatici.
l'Italia rischia di essere la principale responsabile di mancate entrate per tale fondo pari a 357 milioni di euro, e ciò impedirà all'Europa di aiutare i Paesi poveri ad affrontare i cambiamenti climatici nel triennio 2010-2012;
al vertice sul clima dello scorso anno a Copenaghen, il Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi aveva annunciato un contributo italiano alla lotta dei cambiamenti climatici pari a 600 milioni di euro e da ripartirsi in tre anni.
in merito alla vicenda, la portavoce di Oxfam Italia Farida Bena ha, inoltre, denunciato che: «Ancora una volta l'Italia sta trascinando l'Europa verso il basso, minandone la credibilità internazionale. È già successo quest'anno con gli aiuti europei ai Paesi poveri e ora rischiamo di ripetere la figuraccia sui cambiamenti climatici»;
si aggiunge a ciò l'osservazione di Elise Ford, portavoce di Oxfam International a Bruxelles, ossia: «Sembra che l'Italia stia indietreggiando e questo significa che l'Europa non riuscirà a mantenere nemmeno i suoi impegni finanziari minimi in materia di cambiamenti climatici»;

ad oggi - 9 dicembre 2010 -, il Governo non ha ancora stanziato i 600 milioni di euro che erano stati promessi al vertice sul clima di Copenaghen;
come riportato da www.adnkronos.com, il Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti ha così risposto dinanzi l'allarme lanciato da Oxfam Italia: «L'Italia conferma gli impegni assunti nei confronti dei Paesi poveri per aiutarli nella lotta contro i cambiamenti climatici»;
il Ministro, tuttavia, non ha voluto quantificare gli aiuti italiani, affermando che: «Stiamo facendo dei calcoli, e non è una materia politica» -:
quali iniziative immediate il Governo italiano intenda assumere al fine di riuscire a rispettare gli impegni sopra menzionati.
(4-09941)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

COSENZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la convenzione internazionale MARPOL 73/78 vieta lo scarico in mare di plastica, rifiuti, liquami e residui di detersivi;
inoltre, per i natanti è obbligatorio scaricare esclusivamente presso i porti di attracco, ai sensi della direttiva europea 2000/59/CE - recepita nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo n. 182 del 2003 - recante la disciplina sugli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico;
più di recente l'Unione europea è ancora intervenuta aggiornando ulteriormente la disciplina in materia di impianti di raccolta nei porti con la direttiva europea 2007/71/CE, a sua volta recepita dall'Italia con il decreto ministeriale 1o luglio 2009;
in realtà, nonostante queste normative e il quadro di più ampio respiro in materia di specifica protezione del mar Mediterraneo, introdotto dalla Convenzione di Barcellona del 1976, nei mari italiani la situazione è assai deficitaria;
l'articolo 117 della Costituzione devolve in via esclusiva allo Stato la competenza sulla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. Per questo, alla luce dell'importanza che la protezione del mare ha per il nostro Paese, proiettato nel cuore del Mediterraneo, è opportuno intervenire per prevenire e bloccare l'inquinamento causato dallo scarico in mare di sostanze inquinanti -:
quali siano stati gli esiti, soprattutto nel Mezzogiorno, finora ottenuti dall'Italia a seguito del recepimento delle norme internazionali ed europee di cui in premessa e quali iniziative il Governo intenda assumere in materia di prevenzione e contrasto dello smaltimento di sostanze inquinanti in mare da parte delle imbarcazioni.
(5-03947)

GOZI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo la raccomandazione della Commissione europea il 13 giugno 2007, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea L159/45, il commercio illegale di esemplari delle specie contemplate dal regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996 (che attua la Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES) firmata a Washington il 3 marzo 1973) «causa gravi danni alle popolazioni di specie selvatiche, riduce l'efficacia dei programmi di gestione relativi, indebolisce il commercio legale e sostenibile e minaccia lo sviluppo

sostenibile, in particolare nelle economie in via di sviluppo di molti paesi produttori»;
la Commissione europea ha rivolto agli Stati membri, il 13 giugno 2007, una raccomandazione sulla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio. Questa raccomandazione prevede che gli Stati membri debbano adottare provvedimenti adeguati per garantire che siano irrogate sanzioni per le infrazioni commesse (a norma dell'articolo 16 del regolamento (CE) 338/97) adeguate alla natura e alla gravità delle stesse allo scopo di combattere il commercio illegale (Raccomandazione della Commissione del 13 giugno 2007, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea L159/45);
il Ministero dell'ambiente, ai sensi dell'articolo 8 della legge 7 febbraio 1992, n. 150, cura l'adempimento della CITES;
nel 2011 il Governo pubblica un decreto (decreto del Ministero dell'ambiente 3 maggio 2001 in materia di detenzione degli esemplari di specie animali e vegetali) che istituisce l'obbligo di registrare le movimentazioni di flora e fauna e che è seguito da un secondo nel 2002 [decreto del Ministero dell'ambiente 8 gennaio 2002 (registro di detenzione)];
per applicare la CITES ratificata in Italia con legge 19 dicembre 1975, n. 874, i Governi che l'hanno sottoscritta hanno istituito all'interno dei loro ministeri, gruppi di lavoro con membri del mondo associativo;
l'Italia rimane l'unico Stato membro che non si è ancora adeguato alla raccomandazione della Commissione;
in Italia le norme e sanzioni Cites sugli animali in via di estinzione non distinguono quelli selvatici da quelli nati in cattività la cui provenienza lecita è garantita tramite micrichip o anello («marcaggio»);
il decreto del 2001 fa dell'Italia l'unico Paese che sottopone all'obbligo di tenuta di registro anche i possessori di animali elencati nell'allegato B di CITES che non sono per il momento minacciati di estinzione, non ritenendo sufficiente il marcaggio, come avviene in altri Paesi europei;
il decreto del 2002, all'articolo 3, esenta alcune categorie definite, tra cui istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche e private dall'obbligo di tenere un registro;
le sanzioni previste, elencate dalla legge n. 152 del 1992 e che vanno da 3.098,00 a 9.296,00 euro, si applicano perfino agli errori amministrativi legati del registro (3.098,00 euro per qualsiasi errore di questo tipo), in violazione delle norme vigenti ed in particolare della raccomandazione (UE) del 13 giugno 2007, considerando nn. 5 e 6, mentre il problema rappresentato dal mercato nero, responsabile per l'80 per cento del commercio illegale e stimato in 5 miliardi di euro, non è affrontato in un modo adeguato -:
quale sia la posizione del Governo italiano rispetto alla richiesta di adeguamento sanzioni Cites sottopostagli il 1o marzo 2010 da A.I.P.A. - Associazione italiana pesci ed acquari, AISAD - Associazione italiana imprese federazione settore animali domestici ed ornicoltori italiani ONLUS;
se il Governo italiano intenda includere in seno al Ministero dell'ambiente rappresentanti del mondo associativo e non profit specializzati e realmente operativi nel settore di fauna e flora;
se il Governo sia alla conoscenza dei problemi interni della Commissione scientifica CITES istituita nel 1993 per applicare la Convenzione di Washington, che creano dei ritardi nei rilasci dei certificati degli animali nati in cattività che di seguito ostacolano l'esercizio delle attività imprenditoriali delle aziende e inducono a percorrere la strada del sommerso.
(5-03950)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Terra del 3 dicembre 2010, l'ondata di maltempo che sta mettendo in crisi l'Europa con pioggia e neve impone uno stato di allerta costante, con bollettini che variano repentinamente di ora in ora e da luogo a luogo. Dopo le criticità del primo dicembre 2010 - che ha visto le province colpite dal terremoto del 6 aprile, alle prese con allagamenti ed esondazioni dei fiumi, con i vigili del fuoco costretti ad evacuare oltre 200 persone - la situazione in Abruzzo è andata «normalizzandosi», ha dichiarato il presidente della regione Chiodi: solo quattordici gli «sfollati bis», cessati gli esodi verso la costa e traffico ripristinato su alcune importanti arterie stradali, come la strada statale 696 Sirente-Velino;
tuttavia, una drammatica serie di incognite grava sulla regione. Intanto, le previsioni meteorologiche che, cessate le piogge, indicano l'arrivo di consistenti fenomeni nevosi. Inoltre, i danni lasciati sul campo che, secondo le cronache locali, vanno a comporre uno scenario da incubo: alcuni paesi dell'Aquilano sono ancora senza luce, vaste aree di campagna completamente sommerse e vi è la possibilità che alle acque di alcuni corsi si siano ormai mescolati gli scarichi fognari;
gli abruzzesi e i vigili del fuoco sono impegnati per risolvere una situazione che sta rendendo impossibili gli interventi post-terremoto, allagando molte costruzioni provvisorie in legno, utilizzate per far fronte all'emergenza abitativa, e provocando gravi disagi nei Map e negli alloggi del progetto Case;
proprio il sisma ritorna alla mente, non tanto per l'impatto, quanto per la dinamica degli eventi: nessuno ha anticipato l'arrivo di piogge così insistenti e abbondanti e non esisteva un qualche piano per arginarne le conseguenze, nonostante la nota fatiscenza del sistema idrografico locale e la crescente urbanizzazione che sta interessando il territorio. Ad oggi, ammonta ad almeno 10 milioni di euro la prima stima dei danni, nella sola viabilità provinciale de l'Aquila, ma la conta è «destinata a salire», ha fatto sapere il presidente della provincia, Antonio Del Corvo;
altri fronti fragili sono la Marsica, dove il fiume Sangro è esondato e l'occupante di un rifugio allagato, nella località Opi, è stato tratto in salvo da un carro gru, e Pescara, dove il fiume che porta il nome della città è da ieri a rischio esondazione per un'ondata di piena;
il Governo ha introdotto la novità delle modalità di programmazione ed utilizzo delle risorse destinate alla prevenzione del dissesto idrogeologico che consiste nell'accordo di programma che consente di pianificare simultaneamente le risorse ministeriali e regionali per la realizzazione di un unico programma straordinario condiviso anche con la Protezione civile nazionale e con le autorità di bacino, evitando così duplicazioni di interventi e frammentazione della spesa -:
quale sia e di cosa consti l'accordo di programma per la regione Abruzzo.
(4-09911)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta L'Espresso n. 50 anno LVI, esiste presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'Osservatorio nazionale sui rifiuti (Onr), un organismo le cui funzioni - sottolinea il vicepresidente Fabrizio Clementi - «sono dal 2008 il controllo sulla gestione dei rifiuti, l'analisi delle strategie per prevenire le emergenze. E in parallelo, la stesura di rapporti annuali per orientare i Ministeri dell'ambiente, della sanità

e dello sviluppo economico». A tali compiti si aggiunge il potere di sostituirsi agli enti locali, qualora inadempienti sul fronte della gestione dei rifiuti;
«Le relazioni instauratesi con gli organi del ministero», si legge in una lettera scritta al Ministro interrogato il 7 dicembre 2009 da Antonio Cavaliere, presidente dell'Osservatorio, «si sono consolidate nella prassi negativa, in base a cui qualsiasi nota o quesito posto non riceve alcun riscontro»;
ciononostante l'Osservatorio (che è sostenuto per legge con 2 milioni di euro annui dal Conai, il Consorzio nazionale imballaggi) ha continuato a lavorare: ad esempio, ha recapitato al Ministro interrogato un parere poco entusiasta sull'accordo quadro tra l'Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) e Conai. Ha anche presentato, il 6 maggio 2009, un report critico sulla produzione e gestione dei rifiuti in Italia;
tramite decreto presidenziale (sulla riorganizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), il 3 agosto 2009, i componenti dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti venivano all'improvviso destituiti dall'incarico. «Per paradosso - dice il vicepresidente Clementi - l'Osservatorio sopravviveva: ma senza i suoi membri»;
da qui la decisione dei vertici dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti di ricorrere al Tar del Lazio, che a ottobre 2010 ha riscontrato l'illegittimità dell'atto e ha ordinato il reintegro dei componenti. Tuttavia presso l'Osservatorio testimoniano: «Ci hanno ritirato i badge per entrare negli uffici al ministero. Il nostro mandato scade il prossimo 18 gennaio e non sono ancora stati nominati i successori» -:
se sia vero quanto emerge in premessa relativamente alla mancata disponibilità del Ministero nei confronti dei vertici dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti e, in particolare, per quale motivo non si sia dato alcun riscontro alle varie note o questi posti dall'Osservatorio nazionale sui rifiuti;
quali iniziative abbia adottato il Ministro in merito alle problematiche e criticità, tanto per quanto riguarda gli aspetti generali che per quelli specifici, evidenziate dall'Osservatorio nazionale sui rifiuti il 4 novembre 2009 in merito all'accordo quadro ANCI-CONAI 2009-20013;
quali iniziative abbia adottato il Ministro in merito alle problematiche e criticità, evidenziate dall'Osservatorio nazionale sui rifiuti il 6 maggio 2009, sulla produzione e gestione dei rifiuti in Italia;
se vi sia l'intenzione di nominare i componenti dell'Osservatorio a seguito della sentenza del TAR che nel mese di ottobre 2010 ha riscontrato l'illegittimità del decreto del 3 agosto 2009.
(4-09958)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Terra del 30 novembre 2010, nel trevigiano si concentra da sempre, per quanto riguarda il Veneto, il maggior numero di imprese specializzate nell'asporto di ghiaia ed altri materiali per l'edilizia ma anche per le infrastrutture viarie. Proprio in quest'area i cavatori hanno scavato ed estratto più del dovuto. Tuttavia, la sanzione che pagheranno all'erario sarà comunque inferiore al guadagno percepito dalla vendita del materiale asportato: le multe non interferiscono minimamente negli affari dei cavatori;
l'istituto oceanografico dell'università di Trieste, su incarico della provincia di Treviso (costo 69 mila euro), tra il 2008 ed il 2009 ha passato in rassegna ben 13 cave monitorando le quote indicate ed autorizzate

dalla regione Veneto per l'estrazione e mettendo nero su bianco un dato certo: le 13 cave sottoposte ad ispezione hanno estratto complessivamente più del dovuto 360 mila metri cubi di materiale pari a 18 mila camion di ghiaia. Ciò ha comportato una multa pari a 770 mila euro;
i risultati dell'indagine morfo-batimetrica sui bacini estrattivi sottofalda della provincia di Treviso sono stati resi noti nel corso di una seduta consiliare ed è la prima volta che una simile ricerca viene svolta. In passato, non esistevano strumenti tecnici capaci di sondare le cave fornendo le informazioni richieste e soprattutto precise;
la provincia non ha voluto rivelare i nomi dei cavatori sanzionati per ragioni di privacy: essi sono tuttavia già noti essendo autorizzati dalla regione e sono, secondo un consigliere in provincia, i Mosole a Villorba, i Sartor ad Istrana, Biasuzzi a Paese, Tonini a Paese, Ceotto e Telvea Vedelago, ancora Biasuzzi a Ponzano, la Beton Rossi a Castelfranco, la Biasuzzi a Padernello, i fratelli Michieletto a Istrana, la Sigma a Morgano. Il «cartello dei cavatori» si concentra su una area vasta, determina il prezzo della ghiaia, «gode» di relazioni politiche e soprattutto, appena si annuncia la costruzione di una nuova strada, si mette in moto comprando i terreni su cui si affaccia la nuova rete viaria -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dello studio condotto dall'università triestina;
se tra quelle passate in rassegna dall'istituto risultino anche cave situate in aree vincolate;
se infine non ritengano opportuno assumere iniziative a carattere generale, di concerto con gli enti preposti e nell'ambito delle competenze previste, in linea con il rafforzamento della pianificazione e soprattutto del controllo dell'attività nel territorio.
(4-09960)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nella primavera del 2004 gli allora consiglieri regionali piemontesi radicali Bruno Mellano e Carmelo Palma avevano campionato gli scarichi della società Alluminio Carisio spa (Sacal), sita nel comune di Carisio (Venezia), nelle immediate vicinanze dell'uscita dell'autostrada Torino-Milano, rilevando il superamento di alcuni parametri nelle acque reflue rispetto alle soglie previste dall'allegato 5, tabelle III e IV, del decreto legislativo n. 152 del 1999, poi ricompreso all'interno del decreto legislativo n. 152 del 2006;
analisi fatte dall'Arpa successivamente alla denuncia dei radicali avevano confermato lo stato di inquinamento in atto;
da due nuovi campionamenti - effettuati nuovamente da esponenti di Radicali italiani il 18 e il 22 dicembre 2004 e poi fatti analizzare dalla Alchim sas di Chieri (Torino) - risultava nuovamente il superamento di alcuni parametri relativamente alle acque di scarico;
in particolare, era stata rilevata una presenza di: ammoniaca pari a 44,9 e 37,5 mg/l (limite per scarico in acque superficiali di 15 mg/l); tensioattivi pari a 4,1 e 2,1 mg/l (limite per scarico in acque superficiali di 2 mg/l; sul suolo di 0,5 mg/l);
sono state in questi anni numerose le denunce dei cittadini che accusavano malesseri dovuti probabilmente ai fumi tossici delle ciminiere della Sacal e quelle di alcuni risicoltori della zona che avevano danni al raccolto per crescite anomale del riso (il cosiddetto «riso impazzito»);
continua ad essere riscontrabile, per chiunque passi nei pressi dell'uscita di Carisio dell'autostrada, un odore acre e persistente;

l'Arpa Piemonte (ente preposto ai controlli ambientali) è da tempo a conoscenza della situazione di pericolo generata dagli scarichi della ditta Sacal;
il 3 giugno 2004 i radicali presentarono alla procura di Vercelli un esposto su «Scarichi inquinanti ditta Sacal di Carisio (Venezia) e eventuali inadempienze degli organismi preposti alla vigilanza, al controllo»;
il 9 febbraio 2005 gli stessi radicali hanno inviato alla Procura di Vercelli un'integrazione al suddetto esposto con allegati i rapporti delle nuove analisi effettuate dalla Alchim sas di Chieri (Torino);
nel mese di giugno del 2008 la procura di Vercelli ha archiviato gli esposti dei radicali dopo tre anni di silenzio;
nell'autunno del 2008, da notizie giornalistiche, si è appreso di gravi inquinamenti nei dintorni della Sacal dovuti alla presenza di diossina nel latte e nelle uova; inquinamento che con buona probabilità era da attribuire alla Sacal dato che non esistono altre fabbriche nei dintorni dell'area;
nel luglio del 2010, nel rinvio a giudizio degli imputati per lo scandalo della discarica di Pitelli a La Spezia si legge tra le accuse l'interramento di rifiuti speciali tra i quali «253 tonnellate circa di polveri di abbattimento fumi di fonderia della ditta SACAL spa di Carisio (Vicenza) smaltite nella discarica di Pitelli in violazione alle prescrizioni contenute nell'autorizzazione regionale n. 3493/89 (trattasi di rifiuti che non potevano essere smaltiti nella discarica in quanto sottoposti alle prove di cessione di cui al pr. 6.2 della Deliberazione 27 luglio 1984 del C.I., hanno dato un eluato con valori superiori ai limiti di accettabilità previsti dalla tabella A della legge n. 319 del 1976 e successive modificazioni per i metalli compresi nell'allegato al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982) (tra il febbraio e l'aprile 1995)»;
nell'ottobre 2010 la procura di Vercelli ha richiesto il rinvio a giudizio di quattro persone del vertice della ditta Sacal per l'inquinamento da diossina riscontrato;
il 23 novembre 2010, da notizia dell'Ansa si è appreso che «sono state rilevate dall'Asl 11 di Vercelli presenze di microinquinanti diossine e Pcb provenienti dallo stabilimento Sacal nel territorio di Carisio. Di conseguenza il sindaco del paese, Claudio Costanzo, ha firmato un'ordinanza con la quale si vieta la consumazione di uova e carni di animali da cortile allevati a terra nel raggio di due chilometri attorno allo stabilimento; inoltre di lavare con cura frutta e ortaggi coltivati nella stessa area» -:
se i Ministri siano a conoscenza del perdurare da anni della situazione di rischio dovuta ad una gestione degli scarichi liquidi e dei fumi della ditta Sacal di Carisio;
in che modo si ritiene di risarcire gli agricoltori nella eventuale constatazione di inquinamento da diossina derivante dalle ciminiere delia Sacal, con il principio del chi inquina paga o con i contributi della regione e dello Stato, quindi dei cittadini italiani;
se non ritenga opportuna e urgente anche per il tramite del comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente effettuare un'ispezione nella struttura e in tutta l'area per verificare lo stato delle cose e per fornire il massimo di informazioni possibili a tutti gli abitanti dell'area.
(4-09961)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI, FONTANELLI e GATTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel 1998 a Pisa, in occasione della costruzione di un nuovo centro direzionale

delle Ferrovie dello Stato, ubicato poco all'esterno delle mura della città medievale, ed in seguito al rinvenimento nel suolo sottostante di importanti parti di manufatti lignei, si decise di procedere all'esplorazione del sito ferroviario, allestendo un cantiere di carattere estensivo, denominato cantiere delle «Navi Antiche di Pisa»;
lo straordinario ritmo incalzante di rinvenimenti, 16 relitti, interi o parzialmente conservati, individuati in pochi mesi portò, nell'estate nel 1999, alla decisione di destinare l'intera alla ricerca archeologica. Dal dicembre dello stesso anno, stipulato l'accordo che passava alla Soprintendenza la piena responsabilità dello scavo, si è proceduto con una nuova strategia di intervento che, secondo i princìpi della stratigrafia archeologica, permettesse il recupero e il trasferimento dei relitti individuati in luoghi accatti alla conservazione e al restauro;
lo scavo archeologico all'avanguardia sia per le attrezzature impiegate per il recupero sia per il restauro dei materiali, agibile e visitabile anche da parte del pubblico, costituisce un esempio di straordinaria rarità e unicità nel panorama degli scavi archeologici mondiali;
come lamenta l'articolo di Giovanni Parlato, pubblicato il 5 dicembre 2010 su Il Tirreno, il prezioso sito archeologico delle «Navi antiche di Pisa» si trova in stato di semiabbandono e di limbo senza alcuna certezza per il suo futuro in ragione degli scarsissimi fondi messi a disposizione dal Ministero per i beni e per le attività culturali che rendono ancora più incerto il proseguo dello scavo e del progetto del museo delle navi che dovrebbe essere ospitato negli arsenali medicei alla Cittadella;
dal 1998, anno della scoperta in occasione dei lavori per l'ampliamento della stazione di San Rossore al 2010 sono stati stanziati 13 milioni di euro, ma già uno studio di fattibilità dell'epoca indicava come necessari 25 milioni di euro. Attualmente si sopravvive con i 300 mila euro del finanziamento per il mantenimento del cantiere aperto che non permettono però altre attività -:
quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro interrogato per mettere a disposizioni fondi sufficienti al prosieguo dell'importante scavo archeologico della navi antiche di Pisa e se non ritenga opportuno farsi parte attiva per il riconoscimento per l'inserimento del sito fra i beni tutelati dall'UNESCO, come altri gioielli artistici della città di Pisa e d'Italia.
(4-09907)

CIMADORO e PIFFARI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
dopo il crollo del 6 novembre 2010 della schola armaturarum juventis pompeiani, la palestra degli atleti dell'antica città romana di Pompei, si è acceso il dibattito sull'uso dei fondi destinati alla salvaguardia dell'area;
tra i progetti beneficiari di tali fondi, anche quello denominato «(C)Ave Canem», partito il 12 novembre 2009 e conclusosi il 31 luglio 2010, per un impegno complessivo di 261 giorni. Sul sito ufficiale, www.icanidipompei.com, si legge che il progetto era finalizzato alla «lotta al randagismo, cura e tutela dei cani presenti nell'area archeologica di Pompei» ed è stato «istituito su iniziativa del Commissario delegato (per l'emergenza dell'area archeologica di Pompei), Marcello Fiori». Sempre dal sito si apprende che «grazie ad una Convenzione sottoscritta dal Commissario delegato Marcello Fiori e dalla LAV (Lega Anti Vivisezione), in sinergia con le associazioni Enpa (ente nazionale protezione animali) e lega nazionale per la difesa del cane, i cani degli scavi pompeiani, fin a quel momento randagi, sono stati censiti, vaccinati, curati e sterilizzati.

È stata cercata per loro una casa e una famiglia che potesse dare l'affetto indispensabile ai cani»;
un servizio della trasmissione AnnoZero di Rai2, nella puntata del 18 novembre 2010, denunciava che: «Nonostante siano stati investiti più di 100 mila euro, dati alla LAV per cercare di non far girare i cani randagi all'interno degli scavi, i cani randagi, all'interno degli scavi, continuano ad esserci»;
una discussione sul forum dell'Associazione «Centopercentoanimalisti», iniziata il 24 novembre 2010, era intitolata: «Scandalo LAV a Pompei! 100.000 euro mai arrivati ai cani»;
in risposta alle accuse, la LAV (Lega Anti Vivisezione), il 29 novembre 2010, ha pubblicato sul proprio sito (www.lav.it) un articolo intitolato «Ma quanto costano i cani di Pompei: considerazioni», a firma del suo Presidente Gianluca Felicetti. Nell'articolo Felicetti fa sapere di aver richiesto e ottenuto una rettifica dalla trasmissione AnnoZero, la quale, però, il 26 novembre 2010 scriveva solamente sul proprio sito web: «A seguito di una richiesta di precisazione da parte della LAV (Lega Anti Vivisezione), in merito alla puntata del 18 novembre 2010 "Macerie", si precisa che l'obiettivo del progetto della LAV "(C)ave canem", all'interno degli scavi di Pompei, era quello di prendersi cura, vaccinare, iscrivere i cani all'anagrafe, favorire le adozioni e prevenire la nascita di cucciolate»;
nella lettera in cui Felicetti richiede la rettifica, fa sapere anche che «sette cani rimasti nell'area, dei 55 inclusi nel Progetto, assolvono a una funzione di prevenzione etologica sul campo. La loro presenza, infatti, impedisce nuovi inserimenti naturali di vaganti e randagi, evitando, quindi, di far rioccupare l'area da un numero non sostenibile di cani»;
allegati all'articolo della LAV, vi erano anche un resoconto che elencava i risultati del progetto: 55 cani censiti, 26 cani adottati; 3 cani restituiti al legittimo proprietario; 2 cani trasferiti in centro di accoglienza per percorso educativo. Veniva pubblicato anche un bilancio in cui la LAV spiegava di aver «impiegato oltre 18.000 euro dal proprio Fondo 5x1000 donato generosamente da soci e simpatizzanti» e che il costo totale del progetto è stato di 121.000,35 euro così suddivisi: 75.793,61 euro per accudimento e tutela dei cani; 32.606,04 euro per spese veterinarie; 7.040,20 euro per attività di comunicazione e stampa; 5.560,50 euro per segreteria organizzativa ed amministrativa;
in tale bilancio veniva riportato che i 75.793,61 euro per spese di accudimento e tutela degli animali, erano stati ripartiti nelle seguenti voci: «cibo, cucce, guinzagli, collari, medagliette, microchip, lettori di microchip, personale qualificato, trasportini, assicurazione volontari, trasporto animali-materiali e persone, censimento»;
il segretario di FederFauna (Confederazione sindacale di allevatori, commercianti e detentori di animali), in data 6 dicembre 2010, ha inviato una nota agli interroganti in cui, ipotizzando il permanere nell'area di tutti i 55 cani censiti per l'intera durata del progetto ed ipotizzando il medesimo trattamento per ciascun cane, ha elaborato un conteggio utilizzando prezzi reperibili sul web e pertanto da chiunque verificabili. Il risultato è il seguente:
cibo: 240 grammi al giorno a cane per 55 cani per 261 giorni = 3.410 chilogrammi di mangime. Utilizzando sacchi da 15 chilogrammi di mangime olistico monoproteico (il migliore consigliato da allevatori esperti) al prezzo di 70,00 euro cadauno, il totale è 15.913,33 euro;
cucce: 55 cucce (una per ogni cane) modello completamente in legno naturale di pino nordico, apribile per la pulizia interna, trattata con procedimento antimuffa per garantire la sicurezza contro l'umidità e le intemperie del tempo, al prezzo di 154,68 euro cadauna, il totale è 8.507,40 euro;
guinzagli: 55 guinzagli (uno per ogni cane), modello in cuoio di buona

qualità, al prezzo di 13,00 euro cadauno, il totale è 715,00 euro;
collari: 55 collari (uno per ogni cane), modello in pelle di buona qualità, al prezzo di 3,50 euro cadauno, il totale è 192,00 euro;
medagliette: 55 medagliette (una per ogni cane), in metallo, forma di osso o di cuore con i brillantini e l'incisione, al prezzo di 14,90 euro cadauno, il totale è 819,50 euro;
microchip: 55 microchip (normalmente a carico della struttura pubblica competente), a 30,00 euro cadauno, prezzo medio sostenuto da un privato per il cane di proprietà, presso un veterinario libero professionista, il totale è 1.650,00 euro;
lettori di microchip: 55 lettori di microchip (uno per ogni cane anche se ne basta uno per leggere infiniti microchip), al prezzo di 200,00 euro cadauno, il totale è 11.000,00 euro;
trasportini: 55 trasportini (uno per ogni cane anche se con essi si può trasportare solo un cane alla volta e per di più il sito diceva che le spese di trasporto erano a carico dell'adottante e dovevano essere concordate con la Lav), modello per cani di taglia media, in regola con le norme IATA per il trasporto aereo, al prezzo di 95,44 euro cadauno, il totale è 5.249,20 euro;
assicurazione dei volontari: 55 polizze assicurative (ipotizzando un volontario per ogni cane e una copertura annuale sia per gli infortuni sia per la responsabilità civile), al prezzo di 100,00 euro cadauno, il totale è 5.500,00 euro;
la somma dei totali è di 49.546,43 euro e perciò ben inferiore agli 75.793,61 euro dichiarati come spesi dalla Lav. Il conteggio non riporta le voci relative a «personale qualificato, trasporto animali, materiali e persone, censimento», ma di contro è stato calcolato in eccesso per quanto riguarda i lettori di microchip o la tipologia di medagliette extra lusso o il numero di volontari necessari. A questo proposito va anche evidenziato che in bilancio esiste una voce di spesa per le persone, che, essendo volontarie, non dovrebbero essere conteggiate -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza del fatto e del permanere di alcune condizioni, quali il randagismo tra gli scavi di Pompei, per i quali il progetto è stato finanziato;
secondo quale criterio siano stati riconosciuti finanziamenti ad associazioni di volontariato, perché esse li spendano nell'acquisto di beni o servizi che potrebbe essere forniti dalle strutture pubbliche;
quali verifiche siano state compiute, al fine di determinare che sussistessero i necessari requisiti, nell'assegnazione dei fondi al progetto «(C)Ave Canem»;
se siano state effettuate verifiche, in corso d'opera e a conclusione del progetto, al fine di accertare la corrispondenza tra le spese dichiarate e quelle sostenute e la tracciabilità degli animali dichiarati affidati, ovvero, se sia stata fisicamente accertata dalla pubblica amministrazione l'adozione e l'attuale collocazione dei cani;
quale sia il supporto scientifico secondo il quale i «sette cani rimasti nell'area, dei 55 inclusi nel progetto, assolvano a una funzione di prevenzione etologica sul campo» e se sia stato verificato che i cani rimasti nell'area siano effettivamente sette.
(4-09933)

VACCARO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in data martedì 19 ottobre 2010, l'interrogante ha presentato un'interrogazione a risposta scritta, la n. 4-09080, sul tema della situazione di allarmante disattenzione e drammatica incuria in cui versa il sito archeologico di Pompei; in tale circostanza si interrogava il Ministro per i beni e le attività culturali, onorevole Sandro Bondi, principalmente in ordine a quali iniziative il Governo avesse in programma di adottare e in quali tempi, al

fine della conservazione e della valorizzazione dell'intera area dichiarata patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO nel 1997. Ad oggi, l'interrogazione è ancora pendente in attesa di trovare una risposta da parte del Ministro;
successivamente al deposito di tale interrogazione, in data 6 novembre, è avvenuto - all'interno del medesimo sito archeologico - il crollo dell'intera «Schola Armaturarum» (la domus dei gladiatori), così chiamata perché al suo interno si allenavano gli atleti nell'antica Pompei;
in considerazione della gravità dell'accaduto - lo stesso Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, non ha esitato a definire l'intera vicenda «Una vergogna per l'Italia» - l'interrogante ha ritenuto opportuno promuovere lo sviluppo di un momento di riflessione aggregativa su Facebook, mediante la creazione ad hoc di un gruppo aperto dal titolo «SALVA POMPEI», soprattutto al fine di sensibilizzare la cittadinanza sulla tematica;
in data 30 novembre 2010, anche in seguito alle precipitazioni temporalesche che hanno interessato negli ultimi giorni l'area campana, si è verificato uno smottamento di terreno nella medesima area archeologica di Pompei, nella fattispecie nella zona non scavata posta a nord della casa del Moralista. Tale smottamento ha interessato, piegandola in più punti e scalzandola, la viminata a gradini posta a protezione della scarpata e ha determinato il crollo del muro perimetrale nord del giardino della casa del Moralista. Il crollo, stando a quanto dichiarato dalla Soprintendenza e dallo stesso Ministro, ha riguardato un muro ricostruito nel dopoguerra;
è notizia poi del 1o dicembre che, presumibilmente a causa dell'incuria in cui versa l'intero sito, sono crollati altri due muri negli scavi archeologici di Pompei: il primo muro crollato (lungo cinque metri) è quello di una bottega in via Stabiana, nella zona dei teatri, l'altro crollo si è verificato in un'area alle spalle della Casa del Centenario, in una piccola abitazione denominata «piccolo lupanare», e si tratterebbe di un muro lungo 4 metri;
è quindi drammatica la situazione in cui versa l'interno sito archeologico di Pompei -:
se si sia dato seguito a quanto previsto dall'articolo 9, comma 8 della legge 8 ottobre 1997 n. 352, recante «Disposizioni sui beni culturali», rubricato «Provvedimenti a favore delle aree archeologiche di Pompei», che nella fattispecie stabilisce l'obbligo di destinare i proventi esterni della soprintendenza alle attività di recupero, restauro, adeguamento strutturale e funzionale del sito archeologico;
quale sia l'ammontare annuale di tali proventi dall'entrata in vigore della legge 8 ottobre 1997, n. 352;
quanti e quali siano gli interventi di recupero, restauro, adeguamento strutturale e funzionale attuati sulla base di tali proventi.
(4-09945)

EVANGELISTI. - Al ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel dicembre del 1998, durante i lavori per la costruzione di uno snodo ferroviario presso la stazione di Pisa San Rossore, iniziarono a emergere dagli scavi sotterranei tracce di materiale archeologico; la scoperta si rivelò presto ben più importante del previsto, trattandosi di un sito di grande importanza; inizialmente, infatti, si riteneva si trattasse di uno scalo portuale, ma ben presto, identificando la vera natura del deposito, si comprese che si trattava del punto di incrocio di un canale della centuriazione pisana con il corso del fiume Serchio (l'antico «Auser»), dove, a seguito di una serie di disastrose alluvioni (ne sono state identificate almeno sette, dal II secolo avanti Cristo al VII secolo dopo Cristo), erano affondate almeno trenta imbarcazioni; la scoperta eccezionale aveva subito fatto

parlare di una Pompei in versione marittima e il cantiere, data la grande complessità della situazione stratigrafica, è stato reso stabile e trasformato in un cantiere scuola, dove gli scavi proseguono alacremente;
le imbarcazioni sono in corso di restauro presso il Centro di restauro del legno bagnato, realizzato presso il cantiere;
le cosiddette navi di Pisa potrebbero essere (o avrebbero potuto essere) un modello esemplare di come la scienza archeologica debba investigare sul passato di un territorio, unendo organicamente le esigenze di ricerca scientifica con quelle della salvaguardia del patrimonio, della musealizzazione a scopo conservativo e didattico, della valorizzazione di un bene culturale, fino a raggiungere obiettivi di promozione economica e turistica;
attualmente, a distanza di oltre un decennio, lo scavo è bloccato da un anno, le condizioni di giacitura dei reperti sono in pericolo a causa delle condizioni meteo e di una mancanza di protezione efficace agli agenti atmosferici, mentre il museo non è ancora completato e mancano i fondi per terminare i lavori e musealizzare il ritrovamento;
lo scavo è certamente complesso e delicato e le esigenze in gioco sono molteplici, eppure si tratta di un contesto delicatissimo che andrebbe trattato con un occhio di riguardo in più rispetto ad altri depositi archeologici, proprio per la natura di altissima deperibilità dei materiali. Già nel 2002 gli archeologi del simposio internazionale di navistica antica denunciavano che «molte informazioni erano andate perdute» dai primi mesi dell'intervento e avevano rivelato numerosi punti di criticità del progetto conservativo;
il direttore degli scavi, dottor Camilli, della Soprintendenza Archeologica della Toscana ha evidenziato espressamente come: «da mesi non si riceva più un solo euro di finanziamento» e «il cantiere sia di fatto fermo da un anno»; lo stesso direttore sostiene inoltre che le potenzialità del cantiere sono avvilite, che vi sono emergenze che la situazione finanziaria e di carenza di personale del Ministero non sono in grado di tamponare, che i fondi per il restauro sono arrivati solo in parte, che gli scafi sono ancora in situ, e infine che non ci sono da tempo fondi sufficienti per il restauro e la conservazione temporanea dei reperti -:
di quali informazioni aggiornate disponga in ordine a quanto evidenziato in premesse e quali siano i motivi dell'incomprensibile impasse in cui si trova lo scavo del sito fermo da più di un anno;
quali urgenti iniziative intenda adottare per consentire il prosieguo dell'opera conservativa di tale patrimonio culturale e artistico e per quale ragione non si ritenga di sostenerne e valorizzarne l'importanza;
come mai non si sia ancora deciso di sostenere l'attività del comitato promotore dell'inserimento di tale patrimonio tra quelli in elenco all'Unesco;
quali iniziative intenda assumere in relazione alle criticità evidenziate dal direttore degli scavi della Soprintendenza archeologica della Toscana.
(4-09959)

TESTO AGGIORNATO AL 9 MARZO 2012

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MATTESINI e FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 26 aprile 2010 è stato indetto dal comando generale della Guardia di finanza il concorso pubblico, per titoli ed esami, per l'ammissione di 400 allievi marescialli all'82o corso presso la scuola ispettori e sovrintendenti della Guardia di finanza, per l'anno accademico 2010/2011;

il concorso è terminato il 22 novembre 2010 con l'uscita della graduatoria finale che, in base al bando, ha una validità di 18 mesi dall'approvazione della stessa. Nello stesso giorno il numero di posti a concorso è stato incrementato di 39 unità. Quindi, dei 557 idonei totali solo 439 sono stati ammessi al corso di formazione che ha avuto inizio il 29 novembre 2010;
risulterebbe che la Guardia di finanza abbia intenzione per il prossimo anno di indire un nuovo concorso per l'assunzione di nuovo personale. Se confermata, tale notizia, sarebbe in netta contraddizione con la politica di risparmio e di rigore predicata dall'Esecutivo, soprattutto sul fronte del contenimento della spesa pubblica;
l'indizione di un nuovo concorso comporterebbe inevitabilmente un aggravio della spesa pubblica, mentre sarebbe più logico, e conveniente per l'erario, attingere dalle graduatorie composte da idonei non vincitori dei precedenti concorsi espletati, per coprire la carenza di organico;
per poter attingere dalle suddette graduatorie è necessario che chi vi è inserito, ed ha quindi ottenuto l'idoneità, sia ammesso a frequentare il corso di formazione propedeutico, che viene attivato in base al numero di persone che saranno assunte in seguito. Sarebbe intanto più conveniente per le casse dello Stato ammettere al corso di formazione tutti i candidati risultati idonei in graduatoria per poi procedere gradualmente all'assunzione in base alle esigenze della pianta organica. In tal modo il personale dichiarato idoneo ed in graduatoria sarebbe formato ad hoc ed all'occorrenza sarebbe pronto ed operativo per essere chiamato in servizio in caso di necessità;
va ricordato inoltre che le procedure di selezione per la tipologia di concorso in premessa sono molto complesse. Prevedono infatti: una prova preliminare consistente in questionari a risposta multipla; una prova scritta di composizione italiana; l'accertamento dell'idoneità psico-fisica; l'accertamento dell'idoneità attitudinale; una prova orale di cultura generale; un esame facoltativo in una o più lingue straniere, consistente in una prova scritta ed una prova orale per ciascuna lingua prescelta; una prova facoltativa di informatica. Gli idonei non vincitori di concorso, presenti in graduatoria, hanno già superato tutte le prove richieste dal bando, pertanto, in caso di indizione di nuovo concorso si troverebbero a ripeterle nuovamente, con il rischio, però, di non superarle un seconda volta -:
se non si reputi doveroso, ai fini di un notevole risparmio della spesa pubblica e vista la validità delle graduatorie pubbliche, consentire ai candidati risultati idonei di partecipare al corso di formazione previsto dal concorso per favorire le assunzioni di personale, laddove vi sia necessità;
se corrisponda al vero la notizia relativa all'indizione di un nuovo concorso da parte della Guardia di finanza, notizia che, se avvalorata, renderebbe fondamentale estendere la formazione di cui sopra a tutti gli idonei presenti in graduatoria.
(5-03948)

CAVALLOTTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con sentenza n. 12110 del 26 maggio 2009 la Corte di cassazione ha espressamente stabilito: «Pertanto, anche con riferimento all'agente di commercio e al promotore finanziario (omissis) deve essere ribadito il principio che la soggezione ad IRAP delle loro attività è possibile solo nell'ipotesi nelle quali sussista il requisito dell'autonoma organizzazione che costituisce accertamento di fatto spettante al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato»;
la conclusione secondo la quale agenti di commercio e promotori finanziari devono pagare l'IRAP solo se sono

dotati di autonoma organizzazione, è stata ribadita dalla medesima Corte anche in altre varie sentente (n. 12108, 12109, 12110 e 12111/2009);
in materia l'Agenzia delle entrate ha emanato la circolare n. 28/E del 28 maggio 2010, che detta ulteriori istruzioni operative per la gestione del contenzioso pendente;
ciononostante vige ancora una certa confusione in merito alla questione dell'assoggettabilità ad IRAP degli agenti di commercio; talune pronunce di commissioni tributarie regionali decretano che se l'agente è monomandatario, svolge la propria attività personalmente senza collaboratori o dipendenti e come bene strumentale ha solo l'automobile ed il telefono sicuramente non ricorre l'autonoma organizzazione e quindi non paga IRAP; viceversa, qualora ci sia l'utilizzo di beni strumentali mobili o immobili (ad esempio uno studio o ufficio) eccedenti lo stretto indispensabile, l'utilizzo di lavoro altrui (anche non dipendente), organizzati in modo da accrescere in modo apprezzabile la capacità di guadagno del lavoratore autonomo, sono soggetti ad IRAP -:
se il Governo non ritenga necessario intervenire in tempi rapidi con iniziative, anche normative, di propria competenza, atte a fissare oggettivamente i requisiti dell'autonoma organizzazione dell'agente ai fini dell'applicabilità dell'IRAP.
(5-03951)

Interrogazioni a risposta scritta:

REGUZZONI, SIMONETTI, DAL LAGO e MONTAGNOLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 4 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è stata liberalizzata l'attività di panificazione, consentendo a chiunque sia in possesso dei requisiti strutturali ed igienico-sanitari di esercitarla;
con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 5 agosto 2010, l'attività di produzione di prodotti di panetteria freschi è stata inserita nell'elenco delle attività produttive di reddito agrario;
il citato decreto ministeriale elenca i beni che, se ottenuti nell'ambito della attività di manipolazione e trasformazione di prodotti agricoli ottenuti prevalentemente dal fondo o dall'allevamento, rientrano nella tariffa catastale, con la conseguenza che il maggior reddito derivante dalla lavorazione dei prodotti agricoli non è soggetto ad alcuna tassazione;
l'attività di panificazione è un'attività di trasformazione secondaria: la stessa si esercita a partire non dal grano, ma dalla farina; soltanto la produzione di quest'ultima può essere considerata quale prodotto di prima trasformazione e, come tale, rientrante nell'attività primaria di trasformazione dei prodotti agricoli;
l'inclusione tra le attività produttive di reddito agrario configura una disparità di trattamento fiscale tra operatori che dovrebbero essere assoggettati alle stesse normative: lo stesso tipo di attività produttiva, infatti, verrebbe sottoposta a regimi fiscali diversi se praticata da un imprenditore artigiano oppure se esercitata da un imprenditore agricolo, con evidente distorsione delle garanzie costituzionali e della libera concorrenza -:
se il Ministro intenda intervenire per ripristinare le regole della libera concorrenza nel settore della panificazione, assoggettando i produttori di pane fresco al medesimo regime fiscale e ad univoche norme igienico-sanitarie, ambientali e di sicurezza, indipendentemente dalla natura del soggetto che la intraprende.
(4-09895)

SCHIRRU. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 26 marzo 2010 è stato bandito il concorso, per titoli ed esami, per l'ammissione di 400 allievi marescialli all'82o corso

presso la scuola ispettori e sovrintendenti della Guardia di finanza, per l'anno accademico 2010/2011; il numero dei posti a concorso è stato poi incrementato a 439 unità,
mentre il Governo ha promosso una legge finanziaria che ad avviso degli esponenti del Governo stesso intende privilegiare la lotta all'evasione fiscale, lo sviluppo, la piena occupazione ed il contenimento della spesa pubblica, le scelte della pubblica amministrazione ancora una volta dimostrano secondo l'interrogante di non essere ispirate ai criteri di economicità ed efficienza ed alle più elementari regole di trasparenza e buon andamento;
i concorsisti che hanno superato le prove concorsuali ma che non sono stati ammessi a partecipare al corso di formazione, perché non rientranti nei posti previsti dal bando, vorrebbero si attingesse dalla graduatoria per coprire l'organico che la Guardia di finanza ha previsto per i prossimi anni, anziché indire un nuovo concorso della stessa tipologia con conseguente aggravio della spesa pubblica;
come è noto, e come ormai è stato denunciato in diversi atti di sindacato ispettivo, un bando di concorso prevede una complessa procedura selettiva caratterizzata da dna prova preliminare consistente in questionari a risposta multipla; una prova scritta di composizione italiana; accertamento dell'idoneità psico-fisica; accertamento dell'idoneità attitudinale; una prova orale di cultura generale; un esame facoltativo in una o più lingue straniere, consistente in una prova scritta ed una prova orale per ciascuna lingua prescelta; una prova facoltativa di informatica;
chi ha superato tutte le prove richieste dal bando, ma attualmente non rientrante nei posti previsti dal bando, dovrebbe ripetere tutte le prove del concorso col rischio anche di non superarle;
secondo le informazioni in possesso dell'interrogante, la Guardia di finanza per il prossimo anno vorrebbe indire un nuovo concorso per l'assunzione di nuovo personale -:
se non ritenga opportuno intervenire per evitare inutili sprechi di denaro pubblico, e provvedere ad un legittimo assorbimento di risorse umane dalle graduatorie composte da idonei non vincitori dei precedenti concorsi espletati, anche al fine di legittimare il prolungamento della validità delle graduatorie, attingendo appunto da esse.
(4-09938)

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
malgrado i progressi definiti dal Governo italiano negli ultimi anni sul versante della politica energetica, così come evidenzia anche il rapporto del 2009 dell'Agenzia internazionale dell'energia (AIE), la normativa italiana in materia presenta ancora importanti lacune e frammentarietà che non consentono di tratteggiarne un quadro globale coerente e fattivo;
la sfida del raggiungimento degli obiettivi comunitari riguardo al «pacchetto energia-ambiente» dell'Unione Europea per adeguarsi agli obiettivi concordati per la diffusione delle energie rinnovabili, impone all'Italia che entro il 2020, dovrà abbattere le emissioni di CO2 e quindi il 17 per cento dell'energia che consumiamo dovrà provenire da fonti rinnovabili;
a tal fine è stato predisposto un sistema promozionale delle fonti rinnovabili, attraverso meccanismi di incentivazioni, che ad oggi risultano collocarsi tra le più alte d'Europa e finanziate dallo Stato attraverso oneri di sistema che gravano sulla bolletta dei cittadini, nella componente tariffaria definita A3;
sui tali dinamiche in data 28 novembre 2010, Report, programma di approfondimento giornalistico della Rai, ha evidenziato

importanti criticità legate in particolare alla gestione e al monitoraggio dei suindicati sistemi di incentivazione;
il suddetto reportage giornalistico approfondiva le criticità legate al meccanismo dei certificati verdi, ovvero di titoli quotati e venduti in borsa dai produttori di energia verde, quindi energia prodotta da sistemi alternativi, e che sulla base della normativa vigente sono acquistati dai produttori di energia cosiddetta sporca, in quanto strumento principale di cui il nostro Stato si è dotato per promuovere le fonti rinnovabili;
nelle premesse il nostro ordinamento avrebbe dunque definito un sistema apparentemente virtuoso, ma nel quale non sembrano mancare inevitabili quanto deprecabili vie di uscita soprattutto per quanto riguarda l'importazione dell'energia elettrica dall'estero. Infatti all'obbligo in capo ai produttori di conseguire una determinata quota di energia da fonte rinnovabile, accanto ai certificati verdi è stato riconosciuto dalla normativa in vigore un sorta di escamotage più economico che permetterebbe di acquistare energia dall'estero solo se provvista di un certificato di «Garanzia d'origine»;
il cosiddetto certificato di garanzia, - meno costoso di quello verde, - dovrebbe attestare la configurazione di energia «verde» di quella acquistata e portata in Italia dall'estero;
così come evidenziato dal reportage della Rai, al momento manca un adeguato sistema di controllo con la conseguenza che spesso ciò che si acquista all'estero non è energia verde. Dunque la legge italiana permetterebbe di fare riferimento a fonti estere, per lo più non alternative, piuttosto che a quelle realmente alternative operanti in Italia;
l'Italia al momento importa il 12 TWh di elettricità rinnovabile dall'estero per cui in 10 anni il nostro Paese avrebbe pagato 500 milioni di euro ai produttori stranieri. Risorse prelevate dalle bollette e quindi sostenute dai cittadini;
tale discrasia normativa e procedurale, renderebbe vana qualsivoglia politica di incentivazione e di promozione dell'energia alternativa nel nostro Paese, continuando a valorizzare i grossi produttori che traggono vantaggio dall'importazione di energia «finta verde» mettendo sempre più in ombra oltre che in seria difficoltà quei piccoli produttori che invece renderebbero realmente fattivo e lungimirante il sistema dei certificati verdi;
stando agli aspetti evidenti, legittimati da una normativa confusa e deficitaria, dinanzi ad un obbligo legittimo e orientato all'implementazione della produzione di energia pulita è stato riconosciuto anche lo strumento per superarlo;
il suindicato meccanismo di laissez faire energetico andrebbe a legittimare i grandi produttori di energia confermandone una sorta di «monopolio» nel settore, limitando, malgrado le iniziali intenzioni, le possibilità di crescita e di sviluppo delle piccole realtà operanti nel campo dell'energia alternativa -:
quali siano le iniziative e le misure che si intendano predisporre al fine di colmare l'evidente quanto deplorevole anomalia normativa e procedurale evidenziata in premessa allo scopo di tutelare i produttori di energia verde, rispettare i vincoli comunitari e attuare un piano energetico nazionale esplicativo del fabbisogno di energia rinnovabile sul territorio nazionale e regionale;
se si intenda condurre un'analisi fattiva del meccanismo degli incentivi nella sua completezza al fine di assumere le opportune iniziative normative di rettifica della disciplina vigente.
(4-09955)

PINI e STUCCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il giorno 28 ottobre 2010 il consiglio comunale di Ravenna approvava l'ordine del giorno presentato dalla maggioranza in

merito alla relazione conclusiva della commissione comunale di indagine istituita il 6 maggio 2010 a seguito del disavanzo di circa 9,5 milioni di euro dell'ex Consorzio per i servizi sociali (CSS);
con tale atto il comune di Ravenna: a) si impegnava a costituirsi parte civile negli eventuali procedimenti penali (ovviamente a carico dei presunti responsabili), al fine di assicurare la più efficace tutela, anche di ordine risarcitorio, alla comunità ravennate; b) chiedeva al liquidatore dell'ex Consorzio per i servizi sociali di collaborare con il gruppo tecnico espressione dei soci, affinché fossero effettuati, con la massima tempestività, i pagamenti dovuti ai fornitori dell'ex Consorzio (cooperative sociali);
l'attivo del bilancio di esercizio 2009 del comune di Ravenna è pari a 6 milioni 437 mila euro, come risulta da consuntivo 2009 approvato dalla maggioranza l'11 maggio 2010, e verrà utilizzato per soddisfare il citato punto b) degli impegni presi con la delibera consiliare del 28 ottobre 2010;
esistono altre due relazioni redatte dai consiglieri comunali dell'opposizione, una a firma della lista civica LPRA e l'altra del PdL, ad avviso dell'interrogante ignorate ma molto importanti, che evidenziano a fine indagine l'iter che ha portato al 31 dicembre 2009 ad un disavanzo del CSS di ben 9,5 milioni di euro, oltre ai 2 milioni e 383 mila euro già versati al 30 novembre 2009 dal comune di Ravenna;
il Consorzio per i servizi sociali di Ravenna nasceva nel 1997 tra il comune di Ravenna (quota 52 per cento), il comune di Russi (quota 1 per cento), il comune di Cervia (quota 4 per cento) e l'AUSL (quota 43 per cento);
grazie allo statuto e alla relativa convenzione, approvati con delibera dell'assemblea del CSS PG 9/4576 del 30 settembre 1998, modificata con deliberazioni dell'assemblea PG 11/10496 del 24 dicembre 2001 e PG 2/832 del 14 febbraio 2005, l'ente consortile aveva una propria autonomia statutaria, gestionale e amministrativa, era dotato di personalità giuridica con durata di anni 12 ed era un'azienda speciale pubblica regolamentata dall'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000);
come da statuto e convenzione, l'assemblea consortile era composta dai legali rappresentanti di ogni ente consorziato o dai delegati da essi nominati direttamente, i quali, tra gli altri atti, dovevano approvare i bilanci preventivi ed i conti consuntivi, inviati con tutta la documentazione dal consiglio di amministrazione del CSS;
l'articolo 5 dello statuto elenca, però, alcuni «atti dell'assemblea su cui è richiesta la preventiva approvazione», indicando, al comma 1, il bilancio preventivo [lettera b)] e il conto consuntivo [lettera c)], per i quali è necessario il parere degli «Enti consorziati, che sono tenuti ad esprimersi entro giorni trenta (30) dalla data di ricevimento»;
il consiglio di amministrazione era composto con nomina diretta da parte degli enti interessati;
i precari equilibri finanziari e, di conseguenza, i disallineamenti di bilancio erano evidenti e già noti sia agli organi consortili sia agli enti soci almeno a far tempo dal 2008. A pagina 10 e 11 della relazione conclusiva dei consiglieri di maggioranza del 21 ottobre 2010, si apprende che il dottor Alberto Minardi, membro delegato dall'AUSL nel consiglio di amministrazione del CSS, in data 7 giugno 2010 dichiarava durante la quarta seduta della commissione interna di indagine, come i primi dubbi sul corretto andamento fossero stati da lui manifestati già nel 2008. Premettendo di essere un medico e in quanto tale di dover svolgere un lavoro all'interno del consiglio di amministrazione in merito alla «governance delle linee sociosanitarie» e non certamente un esperto di bilancio, Minardi proseguiva denunciando che sin dal 2008 vi erano nel CSS «scarsità di informazioni», ma soprattutto

un «atteggiamento eccessivamente "ratificante"», al punto da farlo astenere come da verbale del consiglio di amministrazione del CSS del 3 dicembre 2008, dall'impegnare l'AUSL (anche a seguito di una nota del direttore amministrativo AUSL) in argomenti rilevanti ma ritenuti oscuri, quali soprattutto la proposta di bilancio di previsione 2009;
l'astensione dell'AUSL verbalizzata nella seduta del consiglio di amministrazione del 3 dicembre 2008, è il risultato di tutta una serie di comportamenti del consiglio di amministrazione che andrebbero chiariti e di criticità che, a detta del dottor Minardi, emersero subito sin dalla sua nomina agli inizi del 2008 (pagina 10 della relazione di cui sopra) e che nonostante i rilievi espressi, a quanto pare, continuarono;
appare molto improbabile che gli enti soci consorziati non ne fossero a conoscenza poiché tutta la documentazione, soprattutto in materia di bilanci preventivi, per statuto e convenzione veniva inviata dal consiglio di amministrazione all'assemblea consortile e da questa per il parere obbligatorio, per legge, agli enti consorziati, ovviamente con il parere del collegio dei revisori dei conti;
ciò, ad avviso dell'interrogante, induce a ritenere che, quando il presidente dell'assemblea consortile, assessore Pericle Stoppa, nella relazione per l'espressione di parere favorevole sul bilancio di previsione 2008 del CSS, illustrava in consiglio comunale a Ravenna il 27 maggio 2008, avrebbe dovuto essere a conoscenza delle criticità avanzate, proprio in tema di bilancio di previsione, dall'AUSL;
eppure, il consiglio comunale di Ravenna, in data 27 maggio 2008 esprimeva parere favorevole senza alcuna richiesta di indagine istruttoria, nonostante i documenti ed i pareri del comitato dei revisori del CSS;
nella seduta del consiglio di amministrazione del 29 settembre 2009, prosegue il dottor Minardi a pagina 11 della sopracitata relazione conclusiva, veniva presentata una bozza per l'approvazione del bilancio di previsione 2009, «visto il parere favorevole espresso dal Collegio dei revisori», ma in quella seduta, su richiesta dello stesso dottor Minardi, veniva fornito il verbale n. 8 dei revisori, dal quale si evinceva, al contrario, una «situazione... critica», con l'invito «ai soci, nel più breve tempo possibile... a prendere opportune decisioni al fine di garantire l'equilibrio finanziario del Consorzio»;
il 30 settembre 2009 il consiglio di amministrazione provvede a votare un'ulteriore bozza in cui si prevede «di riservare ad un successivo ulteriore atto... l'accertamento degli equilibri di bilancio e adottare, nel caso, i necessari provvedimenti tesi a preservare il pareggio di bilancio»;
Minardi, a pagina 12 della sopracitata relazione, dichiara di non aver votato la bozza di modifica di approvazione di bilancio perché, come si legge nella relazione, nel verbale n. 10 del 13 ottobre 2009 i revisori evidenziavano irregolarità ripetute nel tempo nella gestione del Consorzio. Minardi conclude evidenziando che in quella fase non si considerava l'eventualità di un disavanzo tanto grave;
la gravità del disavanzo è, invece, evidenziata nella lettera del direttore del CSS, Carlo Savorelli, al presidente dell'assemblea, Pericle Stoppa, datata giugno 2009 e pervenuta al direttore generale per il comune di Ravenna, Carlo Boattini, il 3 luglio 2009, ove a sei mesi dallo scioglimento del CSS si ravvisava un disavanzo di circa 1 milione e 500 mila euro (dichiarazione Boattini pagina 12 della sopracitata relazione);
da un anno all'altro, il Consorzio, di fatto in violazione delle norme in materia di contabilità delle aziende speciali degli enti pubblici consorziati e di bilanci (inclusa la prescritta parità di bilancio), avrebbe spostato centinaia e poi milioni di euro di costi da un esercizio all'altro dal 2002 fino alla data di scioglimento al 31 dicembre 2009 (durata per statuto fissata

in dodici anni). Sarebbero state scaricate dall'anno di competenza a quello successivo fatture passive, quindi costi, per ingenti somme (dal 2002 al 2003, 507.785,99 euro; dal 2003 al 2004, 543.850,58 euro; dal 2004 al 2005, 482.563,93 euro; dal 2005 al 2006, 1.623.342,97 euro; dal 2006 al 2007, 2.268.059,60 euro; dal 2007 al 2008, 3.455.023,08 euro; dal 2008 al 2009, 3.243.609,91 euro);
il fatto che le comunicazioni per l'approvazione delle bozze di bilanci di previsione rese in seno al consiglio di amministrazione - almeno dagli inizi del 2008 in poi, emblematica la dichiarazione del dottor Minardi membro dell'AUSL che si asteneva - fossero in totale disaccordo con un dissesto evidenziato dai revisori dei conti, non poteva, ad avviso dell'interrogante, non essere a conoscenza dei membri delegati e nominati dai soci consorziati. Egualmente, l'assemblea consortile avrebbe dovuto essere a conoscenza della situazione dato che il consiglio di amministrazione inviava con la bozza di bilancio di previsione anche il parere dei revisori; egualmente, il presidente dell'assemblea era, poi, direttamente informato dal direttore del CSS a giugno del 2009 del disavanzo con una lettera, che giungeva il 3 luglio al direttore generale per il comune di Ravenna; ed in ogni caso, tutta la documentazione per le previsioni di bilancio, di anno in anno, veniva inviata agli uffici competenti degli enti consorziati;
il «parere» dell'ente socio previsto all'articolo 5 dello statuto del CSS, ripreso nella rispettiva convenzione, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 267 del 2000, è un parere di controllo e/o di vigilanza su alcuni atti fondamentali, quali bilanci economici di previsione pluriennale ed annuale, conto consuntivo, bilancio di esercizio;
occorre ricordare che l'esercizio della vigilanza dell'ente socio-consorziato sugli atti fondamentali, quali bilanci di previsione annuale e pluriennale, è previsto per legge (articolo 114 del decreto legislativo n. 267 del 2000), al fine di perseguire i criteri di «efficacia, efficienza ed economicità» del consorzio che ha, sempre per legge, un obbligo di pareggio di bilancio;
da un punto di vista tecnico, andrebbero individuate le responsabilità dell'omissione di controllo e vigilanza della documentazione relativa ai bilanci inviata dal CSS al comune di Ravenna;
la sesta seduta della commissione comunale d'indagine del 5 luglio 2010 raccoglie, in merito ai rapporti tra comune e CSS, in particolare sul parere del bilancio, quanto riferito dal dirigente capo area politiche di sostegno del comune di Ravenna e dal dirigente capo servizio, Vanna Moro. A pagina 15-16 della relazione di maggioranza testualmente si legge: «la Moro tiene subito a precisare che [...] in tema di bilancio, poi, questo veniva trasmesso all'ente Comune per l'espressione di parere preventivo: più in particolare, la delibera del CdA consortile era accompagnata dalla relazione previsionale e programmatica, nonché dallo schema di bilancio. Pur non rientrando tale compito strettamente nel proprio ambito di competenza, Moro precisa di aver sempre svolto, o almeno cercato di svolgere, un'azione di controllo su alcune voci, a suo giudizio le più significative, al fine di verificare la corrispondenza tra il bilancio comunale e quello consortile»; la relazione continua: «È Moro a chiarire come il CSS fosse tenuto a trasmettere le delibere, cioè gli atti a rilevanza esterna, mentre, per quanto attiene alle relazioni dei Revisori, ammette di aver avuto la possibilità di visionarle, ma soltanto dopo la deliberazione del bilancio di previsione e di quello consuntivo, poiché il parere dei revisori risultava allegato alla delibera consortile»; Moro conclude precisando che alla documentazione delle delibere di bilancio del consorzio votate in consiglio comunale veniva allegato anche il verbale dei revisori dei conti; tale verbale tuttavia «perveniva agli uffici a bilancio già approvato e, di conseguenza, non era tra la documentazione consultabile dai consiglieri comunali». Quindi il comune di Ravenna, che dal 1997 al 2009 ha trasferito

(ovviamente per la propria quota del 52 per cento) al CSS ben 106.801.000 euro di risorse proprie oltre a 27.348.000 euro ricevuti dallo Stato e dalla regione per finanziare e potenziare i servizi sociali, esprimeva parere favorevole sui bilanci preventivi ed i conti consuntivi del CSS con tutta l'allegata documentazione contabile, con un controllo da parte del dirigente capo servizio dell'area delle politiche di sostegno, solo su alcune voci ritenute significative a giudizio della stessa. Il consiglio comunale sembrerebbe, quindi, aver approvato le delibere di bilancio del CSS, praticamente al buio, dal 1997 al 2009;
per quanto concerne i crediti al 31 dicembre 2009 la situazione contabile, grazie anche ai 2 milioni e 383 mila euro erogati dal comune di Ravenna (socio al 52 per cento) al 30 novembre 2009, sembrava in ordine. Il comune di Ravenna approvava, infatti, nonostante gli evidenti disallineamenti di bilancio espressi dagli inizi del 2008 dal delegato AUSL, dottor Minardi, il 1o dicembre 2009 l'assestamento di bilancio di previsione 2009 con il trasferimento di ben 2 milioni e 383 mila euro al CSS al fine di ripianare i conti. Il liquidatore, dottor Cesare Focaccia, in data 2 ottobre 2010 presentava al collegio dei revisori una bozza di rendiconto 2009 che evidenziava un «saldo della gestione dei residui fortemente negativo tanto da far rilevare un disavanzo di euro 1.084.598,30», ipotizzando un disavanzo reale «di gran lunga superiore, poiché rispetto alla rilevazione delle partite aperte con i principali fornitori si riscontrava che molte fatture da questi emesse per prestazioni» erogate non erano state contabilizzate. Il disavanzo reale, al 3 aprile 2010, di circa 9 milioni e 543 mila euro era così composto: al saldo negativo dell'anno 2009 di euro 1.084.598,30 si dovevano aggiungere euro 4 milioni e 534 mila euro di debiti fuori bilancio emergenti da ben 12.000 fatture, 346 mila euro per debiti di fornitori non circolarizzati, 2 milioni e 232 mila euro di prestiti sull'onore non incassati, e residui anteriori al 2007 di dubbia esigibilità per 1 milione e 345 mila euro;
continuando nella lettura delle relazioni della commissione di indagine, emergerebbe, quindi, che i bilanci del CSS dal 1997 al 2009 raggiungevano il pareggio artificiosamente, poiché, oltre a costi in centinaia di mila euro e poi in milioni di euro che slittavano da un esercizio a quello successivo, come illustrato sopra, sarebbero stati inseriti, almeno nell'ultimo bilancio approvato, anno 2008, crediti inesistenti e/o inesigibili. È noto che esistono nell'area che si occupa del «sociale», e il CSS non fa eccezione, i prestiti sull'onore, erogati a persone e/o famiglie in momentanea difficoltà economica. Si sottolinea che si tratta di un prestito e non di un contributo a fondo perduto, in quanto il richiedente deve comunque avere una disponibilità di minimo reddituale per il rimborso delle rate di capitale, mentre gli interessi richiesti dalla Banca etica sono posti a carico dell'ente pubblico, come da convenzione. Le banche erogatrici di detti prestiti richiedevano al Consorzio, garante, il rimborso delle rate scadute ed insolute dei prestiti d'onore, somma che dal 1997 al 2009 è di 306.000 euro;
al fine di recuperare i crediti emergenti a causa del rimborso agli istituti di credito convenzionati, che si ricorda ammontavano a 306.000 euro, il consiglio di amministrazione del CSS (verbale del 28 aprile 2009) rinnovava la convenzione con la società di riscossione SORIT, pare per 1.000.000 euro, iscrivendo però nel prospetto di bilancio la cifra di 2.232.000 euro. Sarebbe così stata operata una sorta di «bonifica» contabile per pareggiare con i crediti stralciati nel bilancio 2008 di 2.318.000 euro, come spiega il direttore del comune di Ravenna, Boattini, durante la 5a seduta della commissione di indagine del 14 giugno 2010. La SORIT recuperava unicamente 465 euro su 306.000 euro, rimborsati come evidenziato sopra. Risultavano, quindi, cancellati, secondo tale ricostruzione, 2.300.000 euro di crediti verso i soci (ossia i comuni di Ravenna,

Cervia, Russi e l'AUSL dell'Emilia-Romagna);
come si evince dalla relazione del 1o dicembre 2009 in consiglio comunale di Ravenna, l'assessore al bilancio, Alberto Cassani, evidenziava la necessità di un terzo assestamento di bilancio, il più pesante, posto che venivano trasferiti al CSS ben 2 milioni e 383 mila euro per il disavanzo dell'ente consortile;
l'assessore Cassani precisava, altresì, che i 2 milioni e 383 mila euro venivano coperti in parte con l'attivo del comune di Ravenna per avanzo di esercizio 2008, oltre incasso di contravvenzioni e maggior gettito IRAP, e in parte con 861 mila euro di fondi regionali a specifica destinazione, senza specificare quale fosse la specifica destinazione;
emergono molti dubbi sul rispetto delle norme di bilancio e di contabilità di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 da parte del comune di Ravenna, che destina fondi a specifica destinazione regionale al ripiano del disavanzo del CSS, derivante non da andamento di gestione, ma da contabilità gestite, secondo l'interrogante, in modo molto discutibile;
il disavanzo di ulteriori 9,5 milioni di euro del CSS, esposto dal liquidatore ai primi di aprile del 2010, pur evidenziando altre situazioni che inquadrano possibili responsabilità, non è altro, ad avviso dell'interrogante, che la prosecuzione del danno economico iniziato e perfezionatosi a novembre 2009;
la denuncia in procura del sindaco di Ravenna dopo il 17 aprile 2010, quando il liquidatore evidenziava il «buco» contabile del CSS in tutta la sua pregressa enormità, appare all'interrogante tardiva almeno per il bilancio di previsione 2009;
dai fatti esposti sembrerebbero emergere, quindi, a giudizio dell'interrogante, gravi omissioni nelle attività di vigilanza e controllo, previste per legge direttamente in capo agli enti consorziati dal decreto legislativo n. 267 del 2000;
inoltre, il 28 ottobre 2010 il consiglio comunale di Ravenna approvando l'ordine del giorno (PG 110267/2010) chiedeva al liquidatore dell'ex Consorzio per i servizi sociali di collaborare con il gruppo tecnico espressione dei soci, affinché fossero effettuati, con la massima tempestività, i pagamenti dovuti ai fornitori dell'ex Consorzio;
su questo spinoso lato della vicenda del CSS occorre evidenziare come a pagina 4-5 della relazione conclusiva della commissione di indagine a firma dei consiglieri di opposizione Ancisi e Spadoni, sono sottolineate alcune anomalie in merito all'aggiudicazione di appalti pubblici tra cooperative sociali e CSS;
infatti, la verifica delle voci che hanno portato ed ampliato il disavanzo del CSS dal 2002 al 2009 porterebbe ad individuare diversi aspetti di dubbia regolarità sul piano amministrativo-contabile. Sono esemplificative le modalità di aggiudicazione dei bandi di gara, che vedevano un'unica cooperativa sociale partecipante e ovviamente vincitrice, nonché l'applicazione non corretta dei contratti poliennali, alcuni addirittura con durata di ben 9 anni, con revisione dei prezzi che risulterebbe in contrasto con l'articolo 115 del codice dei contratti pubblici (decreto legislativo del 12 aprile 2006, n. 163). In sintesi, l'indice di revisione dei prezzi, contrattualmente concordato annualmente tra CSS e cooperative sociali e fissato in ragione, per il personale, del 70 per cento della variazione del costo del lavoro e, per i servizi generali, del 30 per cento dell'indice medio annuale dell'ISTAT, è notevolmente superiore a quello previsto obbligatoriamente per legge (articolo 115 e articolo 7 del codice dei contratti pubblici). Quindi maggiori costi per il CSS e ora per la nuova azienda per i servizi alla persona (ASP), che è subentrata nell'erogazione dei servizi sociali, ed un maggior introito per le cooperative sociali, in difformità, come già detto, dall'articolo 115 del codice dei contratti pubblici. Il danno all'erario aumenta se si considerano le richieste del pagamento del «quarto

d'ora» aggiuntivo richiesto dalle cooperative sociali per il trasferimento del proprio personale da un domicilio all'altro nell'assistenza domiciliare, cosa che risulterebbe in aperto contrasto con il contratto che nasce dalla gara pubblica, ove il capitolato prevede in tale ipotesi solo il pagamento strettamente orario del servizio erogato;
un'ultima analisi sui debiti fuori bilancio del CSS evidenzierebbe pertanto, ancora una volta, non solo l'omesso dovere di vigilanza dell'ente territoriale sul consorzio, previsto per legge, ma anche una condotta molto discutibile, che andrebbe valutata anche dal punto di vista delle eventuali conseguenze penali;
nella seduta consiliare del 29 ottobre 2010, a pagina 11, il sindaco del comune di Ravenna esprimeva la scelta del comune di pagare le fatture passive dei fornitori prima di quelli iscritti a bilancio e, poi, nel 2011 anche di quelli fuori bilancio;
il comune non può riconoscere debiti fuori bilancio derivanti da coperture di disavanzi del consorzio, perché, in questo caso, il CSS non aveva rispettato dal 2002 in poi il pareggio di bilancio, come previsto dall'articolo 194 del decreto legislativo n. 267 del 2000;
i sindaci dei comuni di Ravenna, Russi e Cervia, da gennaio 2008 hanno costituito un'azienda pubblica di servizi alla persona (ASP), che ha continuato, da gennaio 2010, la gestione delle attività del disciolto CSS, gravandosi soprattutto delle difficoltà derivanti dalla mala gestio del CSS, compresi debiti e dubbi contratti con i fornitori;
a novembre 2010 il nuovo direttore dell'ASP ha dichiarato che l'azienda pubblica ha un disavanzo di circa 400 mila euro;
in considerazione di tutto quanto sopra esposto, sarebbe opportuno evitare che lo schema dei dissesti di bilancio dal 2002 al 2009 del disciolto CSS, che ha determinato enormi conseguenze sulla collettività, si riverberi e prosegua con la gestione e contabilità dell'ASP -:
se si intendano assumere iniziative, anche tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica, per verificare la regolarità della gestione amministrativa, contabile e finanziaria degli enti locali di cui in premessa, alla luce delle evidenti anomalie che sembrano aver caratterizzato la gestione dell'ex Consorzio per i servizi sociali;
se siano state avviate indagini in relazione alla vicenda di cui in premessa.
(4-09970)

TESTO AGGIORNATO AL 26 GENNAIO 2011

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BARBIERI e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel 2008, dopo quattro anni di lavori di ristrutturazione e adeguamento, la casa circondariale di Locri è stata completamente attivata e destinata ad ospitare 83 detenuti - capienza regolamentare - del circuito di media sicurezza;
la pianta organica del corpo di polizia penitenziaria risale al 2001 e prevede un organico complessivo di 94 unità a fronte delle quali risultano amministrate 90. Di queste 90 unità, 15 svolgono servizio in distacco o missione presso altre sedi dell'amministrazione penitenziaria (a fronte di 4 unità distaccate in entrata), 15 unità sono a disposizione della C.M.O. di Messina, in attesa di riforma trattandosi di personale anziano, e 3 unità sono assenti dal servizio per altri motivi (sospensione dal servizio, aspettativa per inidoneità permanente parziale e prossimo pensionamento);
ad oggi, pertanto, le unità effettivamente in servizio sono 61 (1/3 in meno rispetto all'organico di cui al decreto ministeriale 2001, e devono occuparsi di circa 190 detenuti (di cui la metà extracomunitari e circa 50 tossicodipendenti) con una percentuale di sovraffollamento

del 228 per cento rispetto alla capienza regolamentare, una delle più alte dell'intero territorio nazionale;
in questa situazione la programmazione del servizio giornaliero risulta quasi impossibile: risultano mancanti i seguenti posti di servizio: vigilanza armata sul muro di cinta h 24; preposto sezioni detentive; addetto alla vigilanza dei detenuti in infermeria; addetto caserma agenti; addetto alla porta carraia; addetto alle lavorazioni; addetto atrio-portineria; addetto alla sala convegno; addetti al reparto media sicurezza, al reparto accettazione e transito (in orario notturno), al reparto semiliberi; addetto magazzino detenuti;
il S.A.P.P.E. (sindacato autonomo polizia penitenziaria) ha più volte rappresentato alle competenti autorità amministrative la criticità operativa del personale del Corpo, in una zona del Paese dove particolarmente radicata è la criminalità organizzata evidenziando la carenza di uomini, mezzi e risorse finanziarie;
la carenza del personale disponibile, inoltre, limita la fruizione dei diritti personali dei dipendenti (riposi settimanali, congedi e le altre assenze) e costringe ad un costante ricorso al lavoro straordinario pur essendo i fondi assegnati assolutamente insufficienti, come insufficienti sono le risorse destinate al rimborso ed al pagamento delle indennità per il servizio di missione effettuato dal personale del corpo -:
se non si ritenga necessario, anche in considerazione dell'elevato tasso di criminalità organizzata nella provincia reggina, intervenire per ripristinare la pianta organica nonché per assegnare almeno 15 unità di personale di polizia penitenziaria al fine di adeguare l'organico del personale di polizia penitenziaria in servizio a Locri alle previsioni ministeriali del 2001;
se non si ritenga necessario trasformare la casa circondariale di Locri in un istituto penitenziario di alta sicurezza per ospitare i detenuti appartenenti a questo circuito citati a comparire dinanzi all'autorità giudiziaria della Locride, in modo da sollevare dai compiti anche di trasferimento nelle aule di giustizia gli istituti penitenziari viciniori come Reggio Calabria, Palmi e Vibo Valentia, in considerazione dei lavori che interessano la rete viaria calabrese e che dilatano notevolmente i tempi di percorrenza anche di brevi tratti autostradali;
se non si ritenga necessario procedere all'urgente integrazione dei fondi destinati al personale della polizia penitenziaria di Locri ai fini del pagamento del lavoro straordinario e delle missioni e l'adeguamento delle risorse per gli altri capitoli carenti.
(4-09901)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto affermato alle agenzie di stampa da Michele Bordo, deputato del PD e componente della Commissione bicamerale antimafia, il carcere di Foggia ospita il doppio dei detenuti e opera con personale ridotto;
la presenza di un numero doppio di detenuti incide negativamente sull'adeguatezza e la fruibilità degli spazi e delle strutture comuni, aggravando la qualità della vita già compromessa dal sovraffollamento delle celle;
alla prima firmataria del presente atto risulta che nella sola provincia di Foggia vi siano 5 strutture detentive costate 10 milioni di euro e mai attivate -:
come intenda intervenire per coprire le carenze di organico della polizia penitenziaria assegnata presso il carcere di Foggia;
cosa intenda fare per affrontare il sovraffollamento detentivo che si registra attualmente nel predetto istituto di pena;
quali spiegazioni intenda dare il Ministro a proposito del mancato utilizzo dei 5 istituti di pena costruiti negli ultimi anni

nella provincia di Foggia e quali provvedimenti intenda adottare al fine di garantire la loro immediata apertura.
(4-09903)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
come riportato sul quotidiano La Sicilia del 30 novembre scorso, il detenuto Orazio Buonprincipio è rimasto «intrappolato» per quasi due ore dentro il mezzo blindato della polizia penitenziaria perché la chiave del portello che serve per far entrare e uscire i detenuti si era spezzata dentro la serratura;
l'uomo imputato nel processo «Venerdì Nero 2», è cardiopatico e se avesse accusato un malore la situazione poteva diventare seria;
Buonprincipio, attualmente detenuto al carcere «Petrusa» di Agrigento, deve essere trasportato con un mezzo per disabili; mezzo di cui è sprovvisto il carcere agrigentino e che deve essere fatto arrivare appositamente da Messina. Queste circostanze sono state rappresentate dallo stesso Buonprincipio nel corso delle dichiarazioni spontanee rese in apertura d'udienza alla corte d'assise nissena, chiedendo per questo motivo di essere trasferito al carcere «Malaspina» di Caltanissetta -:
cosa intenda fare affinché il carcere di Agrigento venga dotato di un mezzo di traduzione in grado di trasportare le persone disabili;
se non intenda assumere iniziative affinché si possa trasferire il detenuto in questione presso il carcere Malaspina di Caltanissetta così da consentire allo stesso di assistere alle udienze del processo che lo riguardano senza dover sottostare a lunghi ed estenuanti viaggi di traduzione.
(4-09904)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Gazzettino di venerdì 2 dicembre 2010 è apparso un articolo firmato da Gianluca Amadori intitolato: «In carcere siamo trattati come animali, un detenuto sporge querela»;
l'articolo in questione dà conto della difficile situazione in cui sono costretti a vivere le persone recluse nell'istituto penitenziario veneziano e, vista la gravità delle circostanze in esso riportate, la prima firmataria del presente atto ritiene opportuno trascriverlo integralmente: «La vita all'interno del carcere di Santa Maria Maggiore è sempre più difficile a causa della grave situazione di sovraffollamento. E non mancano gli incidenti. Un detenuto di nazionalità algerina, di 37 anni, ha denunciato di essere caduto dalla branda al terzo piano, posta a notevole altezza dal suolo, e di essersi procurato gravi lesioni ai polmoni. Il suo legale, l'avvocato Marco Zanchi, ha depositato ieri in procura una querela con la quale chiede ai magistrati di accertare le eventuali responsabilità per l'accaduto: "È incredibile che in carcere possano esistere letti a castello a tre piani senza la ben che minima sponda protettiva", si legge nella querela. Nelle scorse settimane il legale veneziano ha raccolto numerose testimonianze di detenuti di Santa Maria Maggiore i quali lamentano le condizioni in cui sono costretti a vivere: "In tutte le tipologie di celle si osserva un sovrannumero che a volte è triplo di quello consentito dalle normative di sicurezza europea", si legge in un documento firmato da una settantina di detenuti, i quali lamentano le poche ore d'aria e i molti problemi nell'assistenza sanitaria. I sempre più numerosi atti di autolesionismo e suicidio vengono correlati alle carenti condizioni dei penitenziari: "Non siamo animali, ma esseri umani che sono chiamati a scontare una pena - scrivono - chiediamo che vengano applicati i nostri diritti di detenuti". L'avvocato Zanchi ha scritto anche una lettera al presidente del Tribunale di sorveglianza Giovanni Maria

Pavarin, chiedendo un suo intervento a tutela dei carcerati» -:
se sia vero che i detenuti reclusi nel carcere di Venezia siano il triplo della presenza regolamentare; quanti siano i detenuti in attesa di giudizio, e per quali reati siano imputati; quanti siano gli stranieri reclusi;
quali urgenti provvedimenti i Ministri intendano adottare, promuovere e sollecitare per garantire il fondamentale diritto alla salute di cittadini che ne sono titolari anche se detenuti e quali iniziative si intendano promuovere per garantire uno standard minimo di vivibilità nel carcere di Santa Maria Maggiore di Venezia sia per i detenuti che per gli agenti della polizia penitenziaria;
più in generale, se non si ritenga opportuno adottare una politica carceraria tendente a contenere il sovraffollamento, attraverso la riduzione dei tempi di custodia cautelare, la rivalutazione delle misure alternative al carcere e la riduzione delle pene per chi commette fatti di lieve entità, nonché istituire un organo di monitoraggio indipendente che controlli i luoghi di detenzione, in linea con quanto stabilito dal protocollo addizionale alla Convenzione Onu contro la tortura, firmato anche se non ancora ratificato dall'Italia, che ne prevede l'istituzione in tutti gli Stati aderenti entro il termine di un anno dalla ratifica.
(4-09905)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il vicesegretario generale nazionale dell'Osapp, Domenico Mastrulli ha reso noto che lo scorso 2 dicembre 2010 un assistente di polizia penitenziaria è stato aggredito nel carcere di Trani con pugni sferrati allo stomaco da un detenuto, che si trovava nel reparto infermeria «per problemi psichiatrici»;
l'agente è stato soccorso da operatori del 118 che lo hanno trasportato in ospedale dove è stato diagnosticato un «trauma contusivo al torace»;
a sferrare i pugni contro l'agente è stato lo stesso detenuto che alcuni mesi fa aggredì altre due unità di polizia e lanciò contro di questi e nella propria cella escrementi umani;
a giudizio della prima firmataria del presente atto questa ennesima aggressione in danno di un agente di polizia penitenziaria è da collegare senza dubbio al sovraffollamento (in Puglia ci sono 4.800 reclusi rispetto ad una capienza di 2.500 posti) e all'eccessivo carico di lavoro al quale sono costretti i baschi azzurri. In Puglia mancano in organico circa 400 agenti, il che costringe i poliziotti penitenziari ad espletare anche 15 ore consecutive di lavoro; senza contare i doppi turni e le ore di straordinario che poi non vengono pagate -:
quali siano le modalità e le circostanze in cui è maturata questa ennesima aggressione ad un agente di polizia penitenziaria;
come intenda intervenire per coprire le carenze di organico della polizia penitenziaria e per rispettare le norme contrattuali e di legge sulle condizioni di lavoro e sugli straordinari effettuati dagli agenti del corpo;
cosa intenda fare per affrontare il sovraffollamento detentivo che determina un degrado che offende la dignità umana dei reclusi.
(4-09908)

SCHIRRU e MELIS. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor Graziano Congiu, bracciante agricolo di Milis (Oristano), veniva arrestato lo scorso luglio presso la casa circondariale di Oristano, per il suo presunto coinvolgimento nella rapina ad una tabaccheria di Simala;

il 24 ottobre 2010 Congiu, veniva trasferito alla casa circondariale Bruno Magli di Taranto;
con decreto di giudizio immediato, il giudice del tribunale di Oristano, fissava il 12 novembre 2010 per la trattazione del processo, da tenersi ad Oristano;
la difesa lamenta il fatto di non poter svolgere nel migliore dei modi il proprio lavoro: le difficoltà sono numerosissime da quando è stato deciso il suo trasferimento. Le distanze dalla Sardegna creano di fatto problemi insormontabili che ledono il diritto della difesa sancito dalla Costituzione italiane. Senza entrare nel merito della decisione sull'applicazione dell'articolo 14-bis della legge sull'ordinamento penitenziario secondo cui veniva applicato il regime di sorveglianza particolare, di fatto, lo priva di ogni minima possibilità di difesa in ordine al procedimento penale per il quale è stato tratto in arresto;
infatti, in questa fase pre dibattimentale e particolarmente delicata, richiede un confronto diretto tra il difensore ed il proprio cliente al fine di poter nel modo migliore possibile e senza alcuna limitazione, tutelare gli interessi dell'imputato ed approntare, in comune accordo con il difeso, tutte le migliori strategie processuali volte a preservare e garantire quel diritto alla difesa garantito dalla Carta costituzionale e dalla legge;
trasferire a Taranto un cittadino di Milis, indagato per una rapina, non è soltanto un atto in contrasto con il principio della territorialità della pena, ma è anche un inutile spreco di denaro pubblico;
l'allontanamento di un detenuto in attesa di giudizio e quindi presunto innocente, non sembra davvero avere nessuna giustificazione. Di fatto, in questa fase così delicata del procedimento penale, si devono prendere decisioni determinanti, quali la scelta del rito - patteggiamento o abbreviato - con termini strettissimi per la richiesta del medesimo, a maggior ragione se il tipo di giudizio è quello immediato, come in questo caso;
ciò che lascia perplessi è il costante ricorso alle traduzioni di cittadini privati della libertà. L'applicazione di questo regime per i sardi significa sottoporre le famiglie a viaggi lunghi e dispendiosi per i colloqui. La questione non è differente per i tantissimi detenuti che al contrario vengono mandati in Sardegna per scontare la pena;
occorre ricordare, anche a questo proposito, che il disposto dell'articolo 42, secondo comma, dell'ordinamento sull'ordinamento penitenziario prescrive che «nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i soggetti in Istituti prossimi alla residenza delle famiglie». In Sardegna, esistono altre strutture idonee ad ospitare detenuti sottoposti all'articolo 14-bis della legge sull'ordinamento penitenziario (come Macomer, in provincia di Nuoro), facilmente raggiungibili dal difensore per poter adempiere al mandato professionale conferitogli dal Congiu;
diventa determinante il rispetto della territorialità della pena, un principio che se applicato renderebbe il sistema più efficace ed efficiente. Eviterebbe inoltre lo spreco di denaro pubblico e garantirebbe agli agenti di polizia penitenziaria una condizione di lavoro migliore;
sarebbe opportuno ridurre questa prassi, adottata dal dipartimento per l'amministrazione penitenziaria, a casi sporadici, al fine di evitare il mancato rispetto delle norme costituzionali e della legge sull'ordinamento penitenziario -:
se il Ministro sia al corrente della situazione sopra evidenziata;
per quale ragione il signor Graziano Congiu non sia stato trasferito in un carcere dell'isola al fine di rispettare il principio della territorialità della pena;
a quanto ammonti la spesa sostenuta per il continuo ricorso alle traduzioni.
(4-09937)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 5 dicembre 2010, la prima firmataria del presente atto è andata a visitare il carcere Mammagialla di Viterbo accompagnata dal presidente di Casa Pound Italia, Gianluca Iannone e da Enrico Salvatori, militante di Radicali italiani;
nel corso della visita ispettiva la delegazione è stata accompagnata dall'ispettore di polizia penitenziaria Taranta;
i ristretti presenti nel carcere di Viterbo sono 750 ai quali si aggiungono due semiliberi; altri 5 internati sono in licenza sperimentale e il loro rientro nella struttura è previsto a giorni;
226 detenuti sono affetti da patologie di tipo psichiatrico, i tossicodipendenti sono 230; gli affetti da malattie infettive sono 110, di cui 9 casi di Hiv, 77 di epatite C e 24 Epatite B;
la carenza di personale è a dir poco preoccupante: nella casa circondariale operano 150 agenti di polizia penitenziaria in meno rispetto a quanto previsto dalla pianta organica, tutti «costretti» allo straordinario obbligatorio quotidiano nonostante il loro sia considerato un lavoro usurante. Tutto questo naturalmente si ripercuote sulle attività carcerarie anche per motivi di sicurezza, tanto che nel carcere non si fanno attività trattamentali, che invece sono fondamentali per il reinserimento del condannato;
l'istituto di pena «Mammagialla» ospita diverse tipologie di detenuti: tra i 750 reclusi ci sono detenuti con il 41-bis, detenuti in regime di massima sicurezza, detenuti con condanna definitiva e circa 50 ergastolani, e per chi organizza la sicurezza interna del carcere è difficile mantenerli separati. Cosi ci si trova nella situazione paradossale che ergastolani «coabitino» nella stessa cella con detenuti comuni o addirittura con reclusi in stato di carcerazione preventiva, con le conseguenze immaginabili in termini di disagio psicologico. Una situazione peraltro contraria alla legge, visto che il codice stabilisce che gli ergastolani debbano scontare la pena in istituti ad hoc, in isolamento notturno e con l'obbligo di lavorare;
il lavoro è un altro punto dolente, solo il 10 per cento dei detenuti infatti lavora, e lo fa a rotazione. Nel carcere inoltre ci sono solo cinque educatori e tre psicologi, un numero evidentemente insufficiente a fare fronte alle esigenze dei detenuti;
anche dal punto di vista sanitario la situazione è complicata, oltre che per le carenze di tipo sanitario in senso stretto, anche per la carenza di medici e infermieri, che potrebbero non essere in grado di affrontare tempestivamente le emergenze che dovessero di volta in volta presentarsi. Il personale presente al momento della visita ispettiva ha ben descritto le criticità del settore: quotidianamente nella casa circondariale vi è un via vai di circa 1.300 persone tra detenuti, agenti, personale amministrativo, parenti dei detenuti, avvocati, magistrati, volontari, ed altro). Al mattino sono in attività sempre 2 ambulatori medici per le visite di routine, con una media di circa settanta visite. Attualmente, il modello organizzativo in atto dopo anni di funzionamento, sembra quello più funzionale e comunque necessita sicuramente di essere migliorato e integrato con risorse di personale. Il numero delle ore dei medici e infermieri a disposizione per l'area sanitaria si è ridotto progressivamente negli anni;
il responsabile dell'area sanitaria del carcere ha recentemente prodotto una dettagliata relazione che non solo espone le criticità dell'istituto, ma prospetta concrete soluzioni organizzative che non possono prescindere, evidentemente, dal reperimento delle necessarie risorse;
d'altra parte, lo svolgimento degli interventi sanitari deve confrontarsi anche con le carenze del personale di polizia penitenziaria. Per quanto concerne il rapporto di collaborazione con l'amministrazione

penitenziaria, ai fini di un adeguato funzionamento della complessa organizzazione sanitaria dell'istituto, i sanitari ritengono indispensabile che il nucleo di polizia penitenziaria per la vigilanza dell'infermeria centrale e degli ambulatori periferici possa contare su un organico fisso non inferiore alle 7 unità (rispetto agli attuali 4 operatori messi in campo dalla direzione). Il potenziamento del settore, fra l'altro, consentirebbe di poter allargare la fascia pomeridiana di accesso di alcuni specialisti considerato che al momento non possono essere svolte prestazioni specialistiche oltre le 17,30. Vi sono delle giornate dove è possibile che nessun agente sia disponibile per l'area sanitaria e quindi con tutta una serie di conseguenze facilmente immaginabili;
il problema più grave resta però il sovraffollamento, dimostrato dal fatto che anche nelle piccole celle da un posto sono sistemati due detenuti con letto a castello, e che venga utilizzato per i detenuti comuni anche un reparto come quello dell'isolamento, che per legge dovrebbe avere finalità completamente diverse. Una condizione cosi drammatica che può accadere, come è appunto successo due sere fa, che sei persone arrestate siano state costrette a dormire per terra nel corridoio perché il carcere registrava il «tutto esaurito». Note positive sono il buon rapporto tra gli agenti penitenziari e i detenuti, la pulizia del carcere e la professionalità, nonostante le carenze di organico, del personale sanitario;
nel carcere di Viterbo si trova ristretto anche P.C. avvocato romano, indagato nell'ambito dell'inchiesta della procura della Repubblica di Roma sulle così dette «frodi carosello» e sui successivi fatti di riciclaggio. L'avvocato P.C. - dopo essersi costituito nell'ufficio del titolare delle indagini il 2 marzo 2010 - è rimasto in isolamento per 24 giorni nel carcere di Regina Coeli, poi trasferito presso la casa di reclusione di Opera, ed ora è stato allocato nel reparto di «alta sorveglianza» del carcere Mammagialla di Viterbo. Alla prima firmataria del presente atto lo stesso ha dichiarato: «Le mie condizioni di salute, già precarie all'atto dello ingresso nell'istituto penitenziario, peggiorano di giorno in giorno. Soffro di ipertensione grave, problemi cardiaci, problemi alla vista, rene policistico, problemi alla prostata, pressione alta. Ciò che mi preoccupa è soprattutto se dovessi trovarmi in situazione di emergenza, vista la carenza di personale». L'avvocato P.C., inoltre, ha un figlio piccolo con la compagna brasiliana, che è costretta a viaggiare in continuazione per effettuare i colloqui;
nell'istituto di pena in questione è recluso anche S. G. sessantenne, diabetico e claustrofobico, detenuto nel reparto alta sorveglianza, il quale due mesi fa ha fatto richiesta di trasferimento al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria al fine di scontare la pena vicino alla famiglia e, quindi, presso la casa circondariale di Nola;
A.C. un detenuto definitivo che finirà di scontare la pena nel 2015. Recluso nel reparto D2 detenuti comuni, ha fatto diverse richieste al dipartimento dell'amministrazione Penitenziaria senza ottenere alcuna risposta. Chiede di essere trasferito a Milano, vicino alla famiglia; a Milano vivono infatti la moglie, la madre malata e la figlia piccola che, scontando la pena a Viterbo, non può mai vedere;
il trattamento penitenziario deve essere realizzato secondo modalità tali da garantire a ciascun detenuto il diritto inviolabile al rispetto della propria dignità, sancito dagli articoli 2 e 3 della Costituzione; dagli articoli 1 e 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000; dagli articoli 7 e 10 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1977; dall'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali del 1950; dagli articoli 1 e 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948; nonché dagli articoli 1, 2 e 3 della raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa del 12 febbraio 1987, recante «Regole minime per il trattamento

dei detenuti» e dall'articolo 1 della raccomandazione (2006) del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa dell'11 gennaio 2006, sulle norme penitenziarie in ambito europeo; tale garanzia è ribadita dall'articolo 1, commi primo e sesto, della legge 26 luglio 1975, n. 354, che prescrive che «il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona», dovendo altresì essere attuato «secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti»;
l'articolo 15, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, prescrive che «il trattamento del condannato e dell'internato è svolto avvalendosi principalmente dell'istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno ed i rapporti con la famiglia»;
gli articoli da 5 a 12 della legge 26 luglio 1975, n. 354, dettano una rigorosa disciplina in ordine ai requisiti strutturali minimi degli istituti di pena, prescrivendo che le carceri siano realizzate in modo tale «da accogliere un numero non elevato di detenuti o internati»; che «i locali nei quali si svolge la vita dei detenuti e degli internati devono essere di ampiezza sufficiente»; analoga disciplina prevedono gli articoli da 8 a 13 della raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 12 febbraio 1987, recante «Regole minime per il trattamento dei detenuti» e gli articoli da 17.1 a 18.10 della raccomandazione (2006) del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 1o gennaio 2006 sulle norme penitenziarie in ambito europeo;
le condizioni di sovraffollamento in cui versa la casa circondariale di Viterbo, l'inadeguatezza delle strutture, la carenza di personale e la scarsa assistenza sanitaria sono già stati oggetto di due separati atti di sindacato ispettivo (n. 4-06612 e 4-03782) depositati in questa legislatura dalla prima firmataria del presente atto e rimasti senza risposta -:
se il Ministro della giustizia sia a conoscenza delle gravi condizioni di disagio che caratterizzano la vita penitenziaria nella casa circondariale di Viterbo;
se, negli ambiti di rispettiva competenza, ritengano opportuno effettuare delle ispezioni all'interno del carcere Mammagialla;
quali urgenti iniziative si intendano assumere al fine di far rientrare l'istituto di pena laziale nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
quali provvedimenti di competenza ritengano opportuno adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, al fine di garantire il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione e di migliorare le condizioni della vita penitenziaria nel carcere di Viterbo, cosi da garantire il pieno rispetto dei diritti alla dignità, alla salute ed allo studio dei detenuti;
senon si intenda urgentemente rivedere il numero degli agenti di polizia penitenziaria attualmente assegnato presso il predetto istituto di pena posto che lo stesso risulta attualmente gravemente sottodimensionato;
se non si intenda assumere ogni iniziativa di competenza per aumentare il numero degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;
se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;
cosa si intenda fare, per quanto di competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti reclusi nel carcere Mammagialla di Viterbo, anche per tutto ciò che concerne il ripristino di un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;

per quali motivi i detenuti A.C. e S.G., nonostante le istanze rivolte al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, non siano ancora stati trasferiti presso un istituto di pena prossimo al luogo di residenza dei loro familiari;
quali iniziative si intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di garantire al detenuto P.C. il rispetto del suo inalienabile diritto alla salute e per quali motivi lo stesso si trovi ristretto all'interno del reparto alta sorveglianza;
per quali motivi nel carcere di Viterbo vi siano ergastolani che - contrariamente al dettato normativo e regolamentare - continuano a condividere le stesse celle con i detenuti comuni.
(4-09943)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la Uil penitenziari ha recentemente diffuso un rapporto sulla drammatica situazione delle carceri lucane che è stato ripreso dal quotidiano La Nuova che l'11 novembre 2010, a pagina 13, Potenza città, titolava «In carcere si delinque» - «la UIL denuncia le immutate condizioni di precariato della struttura di Betlemme»;
nel documento indirizzato ai massimi vertici dell'amministrazione penitenziaria e riguardante la carenza del personale si legge questa considerazione: «Non si possono abbandonare i 434 baschi blu che operano all'interno degli istituti della Basilicata e anche le 597 persone detenute ivi ristrette, crediamo che sia un dovere morale e istituzionale conoscere queste realtà e risolvere le annose criticità»; inoltre, con riferimento ai pensionamenti, si fa presente che negli ultimi anni questi «hanno aggravato la situazione all'interno delle carceri, con notevoli difficoltà operative che condizionano il lavoro della Polizia penitenziaria con turni massacranti anche di 12 ore consecutive», sottoponendo il corpo «a notevoli stress psicofisici» che determinano l'aumento della percentuale di assenza in servizio;
nel sopracitato documento si riportano le criticità nella sicurezza collegando la carenza di organico con il sovraffollamento detentivo che in regione è del 46,2 per cento con il carcere di Melfi all'82 per cento e quello di Potenza al 57 per cento quest'ultimo sembra creare la situazioni più critica e a rischio;
sotto questo profilo si denuncia quanto segue:
i livelli di sicurezza delle carceri lucane non forniscono più quei parametri di garanzia al personale di polizia penitenziaria, che sono necessari sotto tutti gli aspetti;
tutte le traduzioni vengono effettuate sotto scorta con le responsabilità dirette del personale e del coordinatore NTP;
l'istituto Melfese risulta ancora oggi classificato di III livello nonostante ospiti solo detenuti alta sicurezza, così come previsto dal decreto ministeriale 2007 approvato in data 22 gennaio 2008;
i tre istituti vivono nella normale irregolarità; l'ex decreto legislativo n. 626 del 1994 e le successive normative sono una cognizione astratta, anche nella casa circondariale di Matera oggetto di recente ristrutturazione;
il personale addetto alla vigilanza ed osservazione delle sezioni detentive subisce un sovraccarico di lavoro dovuto al sovraffollamento crescente di detenuti, svolgendo quotidianamente tripli incarichi, circostanza di estrema frustrazione e disagio, tanto che non riescono a consumare il pasto per l'impossibilità di un cambio;
Potenza è il carcere che attualmente si trova nelle condizioni peggiori; il ruolo degli ispettori va anche a sopperire alle emergenze diventate quotidianità; impiegati con le chiavi in mano all'apertura di cancelli, recentemente hanno sostituito agenti nelle sezioni per la consumazione del pasto, per evitare ulteriori disordini. Si

è giunti allo sfascio, non esiste più un'organizzazione e la differenziazione dei ruoli, non vengono più garantiti i servizi primari (come il casellario, magazzino detenuti, sopravvitto, e altro), tutti i restanti uffici ridotti all'osso spesso chiusi per far fronte alle esigenze presenti all'interno dei padiglioni detentivi, «una bomba a orologeria pronta ad esplodere». Il livello del degrado offende la dignità umana e la mancanza di spazi determina l'inciviltà della detenzione; è evidente che in tantissimi anni, nessun lavoro di adeguamento strutturale è stato posto in essere. La cinta muraria, per le condizioni in cui versa, è inadeguata e pericolosa per l'incolumità fisica, non conforme alle norme di sicurezza più volte denunciate;
il personale femminile non riesce a garantire la gestione ordinaria all'interno dell'unico reparto femminile presente a livello regionale (Potenza). Su 14 unità risultano in servizio solamente 7 perché assenti a vario titolo (maternità, aspettativa, CS, e altro). Delle 7 unità solamente 4 possono espletare servizio notturno, tanto che vengono impiegati agenti maschili in un reparto di sesso diverso, recentemente impiegati anche in piantonamenti presso strutture ospedaliere di detenute in mancanza di unità femminili;
a Matera non esiste ancora un reparto protetto per i piantonamenti presso il nuovo ospedale civile «Madonna delle Grazie»;
vi sono ritardi nel pagamento del lavoro straordinario, che, visti i tagli, non è nemmeno garantito entro la fine dell'anno; lo straordinario sarebbe di fatto imposto ai poliziotti penitenziari contro la loro volontà, in palese violazione dell'articolo 36, comma 1, della Costituzione, della legge n. 300 del 1970 e delle normative contrattuali;
il provveditorato risulta essere sede per gli emergenti dirigenti generali o prossimi alla pensione; questa situazione ha fatto sì che la Basilicata abbia risentito moltissimo in termini organizzativi; ad oggi si è in attesa della nuova nomina e l'incarico è affidato provvisoriamente e a part-time al provveditore della Campania;
dopo aver esposto queste problematiche, il segretario provinciale della UIL penitenziari Donato Sabia e il Segretario regionale Giovanni Gruppo, concludono auspicando un dovuto intervento risolutivo e restando in attesa di ricevere sviluppi ed una eventuale convocazione, perché le carceri lucane rivestono un vero e proprio allarme sociale. Le annose carenze comportano solo una mala produttività, il mancato rispetto dei dettati normativi, la negazione dei più elementari diritti del personale previsti dalle vigenti normative in materia e dai contratti;
in particolare, per quel che riguarda il carcere di Potenza, in un altro documento indirizzato alle massime cariche del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria è possibile leggere: «Il Carcere di Potenza viene considerato come un raccoglitore di rifiuti sociali, arriva di tutto proprio per la posizione strategica che riveste, sì perché Potenza è sede di Corte d'Appello, ospita anche l'unica sezione femminile e la sezione sex offender e vari soggetti di categoria cosiddetta protetta, ha un alto indice di detenuti tossicodipendenti e psichiatrici, basti vedere gli atti autolesionistici che ammontano a 40 dall'inizio dell'anno e 2 tentati suicidi, mentre al contrario, il personale diminuisce giorno per giorno a seguito dei pensionamenti. Potenza è il carcere che attualmente si trova nelle condizioni peggiori, non esiste più una organizzazione né la differenziazione dei ruoli; non vengono più garantiti i servizi primari»;
tutti gli uffici sono ridotti all'osso, spesso chiusi per far fronte alle esigenze presenti all'interno dei padiglioni detentivi;
le osservazioni contenute nei due documenti citati coincidono quasi perfettamente con quanto la prima firmataria del presente atto ebbe a scrivere in due atti di sindacato ispettivo (n. 4/05651 dell'11 gennaio 2010 e n. 4/06613 del 30 marzo 2010, redatti all'indomani di visite effettuate con il segretario di Radicali Lucani, Maurizio

Bolognetti), atti di sindacato ispettivo che non hanno ancora ricevuto risposta -:
se quanto riscontrato dalla UIL penitenziari della Basilicata e dalla stessa prima firmataria del presente atto sulle gravi carenze degli istituti penitenziari lucani corrisponda a quanto rilevato dal Ministro;
se sia vero o meno che la sicurezza degli istituti lucani sia deficitaria;
come intenda intervenire per coprire le carenze di organico della polizia penitenziaria e per far rispettare le norme contrattuali e di legge sulle condizioni di lavoro e sugli straordinari effettuati dagli agenti del Corpo;
cosa intenda fare per affrontare il sovraffollamento detentivo che, ad avviso della UIL e degli interroganti, determina un degrado che offende la dignità umana dei reclusi;
se intenda adoperarsi affinché abbia seguito la richiesta di incontro manifestata dagli esponenti del sindacato lucano della UIL-penitenziari con i vertici del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
(4-09947)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da un lancio dell'agenzia di stampa AGI, nel carcere di Ranza a San Gimignano negli scorsi giorni sarebbe stata razionata l'acqua;
la decisione è stata presa per problemi riguardanti i pozzi di raccolta dell'acqua;
sulla vicenda Massimo Miscia, componente della funzione pubblica della Cgil, ha dichiarato: «Questo dell'acqua nel carcere è un problema estremamente delicato che da troppi anni si presenta continuamente, con disagi per gli operatori penitenziari e per la popolazione detenuta ristretta nell'istituto. Due anni fa l'amministrazione penitenziaria ha rifiutato una proposta del comune di San Gimignano che si era offerto di farsi carico delle spese necessarie per la risoluzione del problema (circa tre milioni di euro), praticamente il 50 per cento delle spese per l'allacciamento alla conduttura comunale» -:
se e per quali motivi il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria abbia rifiutato la proposta del comune di San Gimignano con la quale quest'ultimo si sarebbe offerto di farsi carico delle spese necessarie per la risoluzione del problema della mancanza di acqua nel carcere di Ranza;
quali provvedimenti intenda adottare, sollecitare e/o promuovere al fine di risolvere i gravi problemi riguardanti i pozzi di raccolta di raccolta dell'acqua, in modo da garantire agli operatori penitenziari e ai detenuti del carcere di Ranza condizioni di vita e di lavoro più dignitose.
(4-09950)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia ANSA del 10 dicembre 2010 riporta la denuncia del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria in merito a tre aggressioni avvenute nel giro di poche ore all'interno del carcere di Pontedecimo ai danni di alcuni agenti di polizia penitenziaria;
nella giornata del 9 dicembre, intorno a mezzogiorno, un detenuto tossicodipendente italiano di 30 anni, già in passato al centro di vicende di intolleranza nel carcere ligure al punto da essere stato già allontanato più volte dall'istituto, ha colpito con un pugno al volto un agente impegnato nella sorveglianza, mandandolo in ospedale. Poco più tardi un detenuto ha tentato di uccidersi prima ferendosi volontariamente al collo e poi inghiottendo una lametta. È stato salvato da un agente e ora è ricoverato nel reparto detenuti dell'ospedale San Martino. In serata un marocchino ha aggredito violentemente e

ferito a colpi di lametta due connazionali attirati nella sua cella con la scusa di un caffè. Entrambi sono stati feriti e trasportati al San Martino nel reparto detenuti;
nella casa circondariale di Pontedecimo il numero dei detenuti è quasi il doppio rispetto a quello consentito e quello degli agenti di polizia penitenziaria è appena la metà;
Roberto Martinelli, segretario aggiunto del Sappe, ha dichiarato: «Oltre ai problemi di sovraffollamento e di carenza di personale gli agenti sono mal considerati dal comandante di reparto che li demotiva con continui rapporti disciplinari e non li fa lavorare nella condizione ideale con gravi rischi per la sicurezza degli stessi poliziotti ma anche dei detenuti. Per rendersene conto basta pensare che ieri a guardia di tre piani c'era un solo agente» -:
di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
se non intenda avviare una ispezione all'interno del carcere di Pontedecimo, anche al fine di verificare quali siano i motivi di contrasto tra gli agenti penitenziari ed il loro comandante di reparto;
se il Ministro non ritenga di dovere intervenire con urgenza per ripristinare all'interno dell'istituto di pena sopra citato le necessarie condizioni di sicurezza, per garantire corrette relazioni lavorative e il ritorno ad un clima il più possibile sereno, e al fine, altresì, di assicurare la fruizione dei diritti stabiliti dal nostro ordinamento per i detenuti e per i lavoratori del carcere;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di rimediare alla grave mancanza di agenti di polizia penitenziaria assegnati presso la casa circondariale di Pontedecimo;
se non intenda adottare misure urgenti al fine di ridurre sensibilmente il numero dei detenuti presenti nel predetto istituto di pena.
(4-09966)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Heinrich Johannes Spieker è un cittadino tedesco di anni 48, attualmente detenuto nel carcere di Opera con l'accusa, insieme ad un altro imputato, di aver abusato sessualmente di una persona in condizioni di inferiorità psichica;
il 26 ottobre 2010, il signor Spieker è stato condannato a sei anni e quattro mesi di reclusione e recentemente sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza; a seguito di questa sentenza, dal 1o novembre 2010, il signor Heinrich Johannes Spieker ha avviato uno sciopero della fame concluso il 28 novembre; nonostante avesse necessità di alcuni medicinali gli è stato impedita la possibilità di averli;
su ordine di un mandato di arresto europeo, richiesto dalla procura della Repubblica di Sondrio, il signor Spieker venne arrestato in Germania nel febbraio 2010; dopo essere stato detenuto in almeno tre diversi istituti tedeschi è stato trasferito nel carcere di Monza dove ha subìto violenze gravi da parte di altri detenuti;
successivamente il signor Spieker è stato trasferito nel carcere di Sondrio dove ha subito violenze di tipo psicologico e almeno una violenza fisica da parte di un altro detenuto in data 3 novembre 2010, violenze - a detta della direttrice - regolarmente refertate dall'infermeria dell'istituto; ciò è accaduto pochi giorni prima della visita ispettiva che l'interrogante ha svolto nella qualità di parlamentare all'interno del carcere domenica 7 novembre 2010 -:
se sia a conoscenza delle violenze fisiche subìte dal signor Spieker all'interno degli istituti penitenziari di Monza e Sondrio e quali iniziative intenda assumere per evitare che tali episodi si ripetano;

per quali ragioni non siano state assicurati al detenuto i medicinali richiesti durante il suo sciopero della fame.
(4-09967)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Mattino del giorno 11 dicembre 2010 è apparso un articolo di Rosaria Capacchione intitolato: «Detenuto cardiopatico trapiantato, per i medici non può stare in carcere, per i giudici si»;
nel citato articolo, la giornalista del Mattino espone i seguenti fatti: «La Corte di giustizia chiede spiegazioni al Guardasigilli, la Corte di Assise di Napoli risponde rincarando la dose e ordinando il trasferimento in carcere dell'imputato Tommaso Prestieri, camorrista e trafficante di droga, cardiopatico grave e paziente trapiantato. Una sfida a distanza, giocata sul filo delle prerogative del giudice italiano contrapposte a quelle del giudice europeo; magistrati che, dal punto di vista formale, non si parlano e che ignorano le rispettive decisioni. Il risultato è che Prestieri fa ritorno nel penitenziario di Secondigliano. «è stato dichiarato guarito non da un medico specialista ma da un'ordinanza della Corte d'assise di Napoli (IV sezione) proprio mentre la II sezione della Corte di Strasburgo, con nota datata 25 novembre 2010, informa il difensore di Prestieri, l'avvocato Vittorio Giaquinto, di aver preso in esame il ricorso, di avere necessità di informazioni dettagliate sullo stato di salute del ricorrente e di averle chieste al ministero della Giustizia, il quale «è stato invitato a informare la Corte delle ragioni per le quali il ricorrente non è stato trasferito in un centro medico specializzato, al fine di seguire una riabilitazione cardiaca». Perché il punto in contestazione è proprio questo: Tommaso Prestieri, sottoposto a trapianto cardiaco nel maggio scorso, dopo l'intervento avrebbe dovuto effettuare obbligatoriamente una terapia riabilitativa, così come evidenziato anche dai consulenti d'ufficio. Cura che non c'è stata perché nessuno dei centri specializzati indicati anche dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha fornito la sua disponibilità a ospitare un paziente piantonato. Il risultato è stato che il boss di Secondigliano è stato ricoverato fino all'altro giorno, agli arresti domiciliari, al Cardarelli, che non è in grado di fornire l'assistenza specialistica richiesta. Il 6 dicembre, la notifica dell'ordinanza della Corte di Assise di Napoli, presso la quale è in corso il processo per l'omicidio di Alfredo Negri, ucciso il 27 luglio del 1992 e per il quale sono imputati, tra gli altri, anche Paolo Di Lauro e Antonio Amato. Scrive la Corte: «Avendo il Prestieri superato senza alcuna complicanza tale periodo (sei mesi dalla data del trapianto, ndr), la situazione di incompatibilità deve considerarsi cessata e va ripristinata, perdurando le eccezionali esigenze cautelari poste originariamente a fondamento della misura restrittiva, la custodia cautelare in carcere». Prestieri, che ha interamente scontato le condanne per fatti contestati negli anni passati, è detenuto solo sulla scorta di titoli provvisori: uno, per il quale il gip aveva concesso gli arresti domiciliari, per traffico di droga; l'altro, quello per il quale è processo dinanzi alla Corte di Assise, nel quale è stato accusato da alcuni collaboratori di giustizia ma «salvato» dal fratello Maurizio, che pure lo ha indicato quale responsabile di altri gravissimi episodi. Secondo l'accusa, Negri era stato tra gli ideatori della strage del Rione Monterosa. L'ordinanza, contestata dalla difesa di Prestieri, è basata sulla relazione del reparto detenuti del Cardarelli il quale, il 9 ottobre, aveva certificato che le condizioni del paziente detenuto erano «stabili sia dal punto di vista emodinamico che metabolico» e che quindi «il paziente può essere trasferito presso il centro clinico della casa circondariale di appartenenza qualora sia disponibile un ambiente idoneo in stanza singola per prevenire eventuali complicazioni infettive». I precedenti. Il cuore pazzo gli spalancava le

porte del carcere ogni volta che lo arrestavano: in Costa Azzurra o a Parigi, tradito dalla passione per il calcio e da quella malattia che funzionava come un segnalatore a distanza quando i gps ancora non erano stati inventati. Michele Zaza, uomo di collegamento tra la camorra e la mafia, in cella non rimaneva mai a lungo perché troppo malato. E quando vi era capitato, e fino al suo decesso nel 1994, era stato un detenuto speciale, proprio perché cardiopatico a rischio di morte. Lorenzo Nuvoletta, capomafia di Marano, condannato da un tumore al fegato, era morto in ospedale in quello stesso anno. Piantonato, certo, ma in corsia. A casa, invece, ha concluso nel 2007 la sua esistenza Vincenzo Lubrano, consuocero di Nuvoletta, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Franco Imposimato. Tutti boss di estrema pericolosità, tutti con il fisico minato, tutti destinatari di provvedimenti di clemenza fondati sull'incompatibilità con il regime carcerario e sull'obbligo previsto dalla Costituzione di garantire il diritto alla salute a chiunque. Ricorda l'avvocato Vittorio Giaquinto, difensore di Tommaso Prestieri: «Non mi risulta che in Italia sia in vigore la pena di morte. Al di là delle responsabilità giudiziarie del mio assistito, ancora da dimostrare, non si comprende la ragione per la quale gli sia stata negata la possibilità di sottoporsi alle terapie riabilitative previste per i trapiantati. Il suo rientro in carcere sta esponendo la sua vita a un gravissimo rischio. Rischio che anche la Corte di giustizia ha ritenuto fondato -:
di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
per quale motivo sia stata negata al detenuto Tommaso Prestieri, fino a questo momento, la possibilità di sottoporsi alle terapie riabilitative previste per i trapiantati;
quali siano le ragioni per le quali il detenuto non sia stato trasferito in un centro medico specializzato, al fine di seguire una riabilitazione cardiaca;
quali iniziative urgenti intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza e alla luce di quanto richiesto dalla Corte di giustizia, affinché al detenuto in questione sia garantito il diritto alla salute e, quindi, l'accesso alle cure e/o terapie imposte dal suo precario quadro clinico.
(4-09968)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
martedì 7 dicembre 2010 il quotidiano Il Tirreno ha riportato l'appello di un giovane detenuto nel carcere di Massa;
l'uomo, con problemi di tossicodipendenza, ha 28 anni e da 24 mesi si trova in una cella del penitenziario di via Pellegrini. Da allora non vede il figlio di 5 anni. Sembra sia stata l'assistente sociale a impedire al bimbo di vedere il genitore, in quanto il carcere non è un luogo adatto ai minori;
nell'appello il detenuto scrive quanto segue: «Senza mio figlio sto male. Anche mia moglie ha problemi di tossicodipendenza e di depressione, ma lei sta con nostro figlio giorno e notte. Non è giusto che mi si faccia pagare una condanna sulla condanna. Io voglio vedere il mio bimbo perché senza di lui sto troppo male. Da quando mi vietano di vederlo sono caduto in depressione. C'è anche un decreto del giudice che dice che posso vederlo purché alla presenza di un'educatrice. E per questo non riesco a capire perché non posso parlargli, perché non posso abbracciarlo, perché non posso accarezzarlo come fanno tutti i genitori con i loro figli. Io ho commesso degli errori e per questi sto pagando con il carcere, non vedo ragione perché debba pagare ulteriormente stando lontano dal mio piccolino. Questo appello attraverso le pagine del Tirreno è l'ultima speranza che mi rimane. Io sto troppo male, ho bisogno di mio figlio. Questa depressione mi sta divorando l'esistenza» -:
se risulti per quali motivi il detenuto non riesca a vedere suo figlio nonostante

il giudice abbia disposto il contrario e cosa intenda fare nell'ambito delle proprie competenze per garantire ad un padre il diritto di mantenere, anche se dal carcere, un contatto umano ed affettivo con il proprio bambino.
(4-09971)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LOVELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la legge finanziaria per il 2009 ha stabilito che gli aumenti annuali dei pedaggi fossero certi e quasi automatici per le concessionarie, attivabili attraverso una semplice richiesta della società privata autorizzata dall'Anas e ratificata da decreto dei Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze;
con tale meccanismo i pedaggi sono aumentati sinora due volte, nel maggio 2009 e nel gennaio 2010, secondo le statistiche «in media» di poco oltre l'inflazione Istat;
peraltro sul territorio della regione Piemonte, secondo calcoli di associazione consumatori Milano-Lombardia, risulta che la A4 Torino-Milano sia aumentata del 35 per cento, la A21 Torino-Piacenza del 21 per cento, la Ativa Torino-Ivrea 13 per cento andando a pesare particolarmente su una regione già colpita e non poco dalla crisi dell'auto;
il recente decreto-legge 78 del 2010 ha imposto inoltre sovrapprezzi a favore del bilancio Anas, per compensare il mancato trasferimento di risorse da parte dello Stato, aggravando così il peso dei pedaggi sugli utenti pendolari che rappresentano la grande maggioranza nei collegamenti fra le aree metropolitane del Nord Ovest -:
quali siano gli orientamenti del Ministro in merito all'andamento effettivo dei pedaggi autostradali in conseguenza dei provvedimenti legislativi sopra citati, con particolare riferimento alle tratte riguardanti la regione Piemonte e i collegamenti con le regioni limitrofe;
se non ritenga che gli aumenti in programma debbano essere rigorosamente contenuti entro il tasso d'inflazione reale e se non debbano essere congelati quelli riguardanti tratte già interessate da aumenti pregressi di rilevante entità e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza intenda assumere in tal senso.
(5-03940)

IANNUZZI e VACCARO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Sottosegretario Mantovani, nella seduta della Commissione Trasporti del 24 novembre 2010 rispondendo, ad un'interrogazione a firma degli scriventi, ha precisato che finalmente e senza nuovi ed ingiustificati rinvii dal 1o gennaio 2011 sarà attivato in via sperimentale il sistema del pedaggio differenziato e legato al chilometraggio effettivamente percorso sull'autostrada Napoli-Pompei-Salerno;
a tal fine, le relative tariffe per gli utenti dotati di Telepass andranno da 0,80 euro per le tratte da 0 a 5 chilometri, a 2 euro per le tratte oltre i 30 chilometri;
la tariffa minima dovrebbe essere 0,60 e non già 0,80 euro; del resto, nella seduta della Commissione Trasporti del 21 luglio 2010, il Vice-Ministro Castelli aveva riferito che «SAM partirà con la parcella più favorevole all'utenza (0,60 euro) per transiti fino a 5 Km; pertanto va modificata la tariffa minima»;
le tariffe vanno ora definite con massima attenzione alle giuste esigenze dei cittadini di massimo contenimento dei costi di utilizzo della autostrada;
tali tariffe vanno ora scaglionate in concreto in modo da ridurre i livelli tariffari

più elevati; in particolare la riduzione dei pedaggi andrà verificata in relazione al prevedibile incremento dei volumi di traffico lungo l'autostrada Napoli-Salerno;
questo incremento deriverà sia dalla introduzione del nuovo meccanismo di pedaggio, che renderà più conveniente per gli spostamenti brevi e medi l'impiego dell'autostrada rispetto alla intasata viabilità ordinaria sia dal completamento previsto fra febbraio 2011, (lotto 2-4-5) e dicembre 2011 (lotto 3), aprile 2012 (lotto 1) dei lavori di ammodernamento e messa in sicurezza dell'autostrada, lavori che renderanno finalmente la circolazione più fluida e scorrevole e senza le code, gli ingorghi e le file paralizzanti di questi anni;
gli aumenti dei volumi di traffico non possono tradursi in incremento di introiti per la Società autostrade meridionali (SAM), che gestisce in concessione l'autostrada e che deve anzi accelerare i lavori;
pertanto fin dai primi mesi del 2011 va controllato il funzionamento del nuovo sistema e vanno monitorati i livelli di traffico per la riduzione dei pedaggi;
il costo di acquisto del telepass, necessario per il nuovo sistema, secondo gli impegni più volte assunti dal Governo ed ANAS, deve essere assai ridotto ed essere contenuto al mero costo di produzione -:
quali saranno le tariffe applicate nel nuovo modello di pedaggio differenziato a partire dal prossimo 1o gennaio 2011 tenuto conto che, conformemente alle dichiarazioni già rese dal Governo, la tariffa minima deve essere di 0,60 euro e non già di 0,80 euro;
quali azioni il Governo e l'ANAS intendano porre in essere, fin dall'introduzione del nuovo sistema e, quindi, fin dai primi mesi del 2011, per verificare il funzionamento del nuovo modello e per garantire che incrementi del volume di traffico si traducano in giuste riduzioni dei diversi pedaggi;
quale sarà in concreto il costo di acquisto del telepass, necessario per l'attivazione del pedaggio differenziato, tenuto conto dell'impegno di Governo ed ANAS di contenerlo al mero costo di produzione.
(5-03943)

FRONER. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
mercoledì 1o dicembre 2010 la Valsugana ha visto precipitazioni nevose, peraltro nella norma (non oltre i 30 cm in Valsugana) considerato il periodo: 9 treni sono stati soppressi nel corso della giornata in quanto RFI, gestore della linea ferroviaria, ha lanciato lo stato di «allerta livello grave» causa neve, e Trenitalia ha dovuto prendere atto per poi provvedere ad organizzare servizi sostitutivi con bus;
tenuto conto che nella stessa giornata tutte le corse della ferroviaria Trento-Malè, gestita dalla società provinciale Trentino trasporti esercizio spa in area geografica della provincia interessata da analoghe precipitazioni nevose, hanno avuto svolgimento regolare, la considerazione immediata che ogni utente della Valsugana ha fatto è quella di un minore «presidio» e «cura» della linea gestita da RFI;
numerosi disservizi si sono verificati anche nel mese di novembre, che ha visto soppressioni e ritardi spesso legati all'infrastruttura (tra essi frequente guasti ai passaggio a livello), ma già dall'estate scorsa il grado di puntualità ed affidabilità della ferrovia della Valsugana è diminuito, e con esso il grado di affezione degli utenti;
lo scorso dicembre era stato pubblicato un nuovo orario che prevedeva l'accorciamento dei tempi di percorrenza tra Trento e Borgo grazie ad alcuni lavori conclusi nella stazione di Levico: evidentemente valutazioni ottimistiche da parte dei gestori del servizio avevano avallato un

orario che alla prova dei fatti, specie sui treni del mattino in arrivo a Trento ha faticato a mantenere la puntualità;
nel corso dell'estate, poi, RFI ha deciso di spostare a Verona il DCO (in pratica il posto di comando centralizzato che dirige tutta la circolazione). Si tratta di scelte aziendali non opponibili, ma non si può fare a meno di notare che lo spostamento ha nuociuto alla regolarità della circolazione;
tutto il mese di agosto e inizio settembre hanno infine visto soppressioni per indisponibilità del materiale rotabile. I 15 treni (10 di Trentino trasporti dati in comodato a Trenitalia, 5 dell'azienda stessa) sono stati «vittime» di guasti ripetuti;
in prospettiva non si può non osservare che il quadro dei gestori del servizio pubblico ferroviario si va evolvendo e la Provincia autonoma di Trento non potrà non tenerne conto in scadenza di contratto a fine 2013. Per quanto riguarda il proprietario e gestore attuale, RFI, va ricordato che negli ultimi 10 anni esso, pur avendo beneficiato degli investimenti finanziati dalla provincia di Trento (investimenti per oltre 50 milioni di euro), non risponde in alcun modo alla Provincia circa la «manutenzione» della linea, del grado di affidabilità degli apparati di stazione, del sistema degli annunci, del funzionamento degli scambi, della qualità dei binari, del presidio umano in circostanze come quella descritta della neve, avendo rapporti contrattuali unicamente con la consorella Trenitalia;
il «federalismo ferroviario» risulta, insomma, «monco», poiché gli enti territoriali, che stipulano contratti di servizio con le imprese ferroviarie, non hanno poi alcun potere nei confronti di chi gestisce la linea (e quanto influisca sul buon funzionamento del servizio la cura del «binario» è sotto gli occhi di tutti);
appare anomalo l'assetto organizzativo del gruppo FS laddove viene demandato ad un unico gruppo societario di essere al contempo gestore dei servizi e gestore dell'infrastruttura, senza che vi sia un reale rapporto contrattuale tra i due soggetti in grado di far corrispondere, alle inefficienze del secondo, sostanziali rimedi riparatori a favore del primo ed, in definitiva, degli enti che affidano i servizi;
data l'assenza di un rapporto basato su reali prestazioni pretendibili ed inadempimenti corrispondenti «sanzionabili» tra Trenitalia ed RFI, appare altresì anomalo e fuorviante che siano gli enti affidanti i servizi senza poi avere a disposizione alcun rimedio giuridico od economico, a lamentare presso le sedi più disparate i problemi ferroviari legati alla manutenzione dell'infrastruttura;
appare infine sterile la discussione limitata alla questione circa il trasferimento (peraltro dai vertici del gruppo FS sin qui sempre avversato) della linea ferroviaria delle Valsugana alla Provincia autonoma di Trento -:
se il Ministro sia al corrente del degrado delle prestazioni nel servizio ferroviario lungo la linea della Valsugana, nella tratta Trento-Bessano;
se non ritenga opportuno che, in un quadro di collaborazione istituzionale e di un reale «federalismo ferroviario», il gestore dell'infrastruttura concordi, con gli enti territoriali, e nello specifico con la provincia di Trento, forme di compartecipazione alla gestione dell'infrastruttura stessa tese a garantire il miglior servizio alle imprese ferroviarie;
se non ritenga più produttivo individuare forme graduali di «subentro» nella gestione della linea della Valsugana medesima attraverso idonee regolazioni (anche attinenti i profili della competenza in materia di sicurezza) che possano vedere la collaborazione degli enti territoriali;
quali iniziative intenda assumere per superare l'attuale assetto del gruppo FS, alla luce delle considerazioni esposte in premessa.
(5-03953)

DESIDERATI e RONDINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la stazione ferroviaria al servizio dei comuni di Melzo e di Pozzuolo Martesana è oggetto da tempo di continue lamentele sia da parte dei pendolari, costretti ad utilizzarla quotidianamente, sia anche da parte dei cittadini che risiedono nelle zone limitrofe, a causa della situazione di grave degrado che la caratterizza;
la struttura risulta, infatti, fortemente carente dal punto di vista della sicurezza, ma anche dell'efficienza e della pulizia;
quanto alla mancanza di sicurezza, infatti, la pavimentazione della stazione, oltre alla totale assenza di pulizia, diventa assai pericolosa per gli utenti soprattutto nei periodi in cui le forti piogge e l'umidità la rendono scivolosa e di fatto impraticabile;
parimenti nelle giornate di abbondante pioggia, bastano poche ore perché il sottopasso di via Villafranca, al servizio della stazione, sia allagato e di conseguenza inagibile;
in presenza di nevicate, fenomeno frequente durante la stagione invernale, si corre il rischio che, come per gli anni passati, non sia chiaro a chi spetti l'onere della pulizia dell'area della stazione dalla neve, con conseguenti gravi disagi all'utenza;
ancora in ordine alla sicurezza, tutta l'area di sedime ferroviario a sud della fermata, di proprietà di Rete ferroviaria italiana spa, ha da tempo la recinzione divelta ed è in stato di totale abbandono, rendendo l'area accessibile anche in ore notturne e oggetto di azioni vandaliche;
quanto alla scarsa efficienza degli impianti della stazione, risultano danneggiate e inutilizzabili molte attrezzature di pertinenza della stazione e dedicate al corretto esercizio del servizio ferroviario, quali ad esempio i tabelloni informativi per l'utenza e le obliteratrici; gli stessi arredi della stazione, come ad esempio le panchine ad uso dell'utenza, versano in condizioni di totale degrado;
al riguardo il gestore dell'infrastruttura è stato più volte interpellato, ma nessun atto conseguente è stato compiuto in risposta alle sollecitazioni che sono state fatte;
a ciò si aggiunge la situazione di totale degrado dell'intera area della stazione, con muri sporchi e imbrattati, detriti di precedenti cantieri ancora presenti nelle zone comuni e una generale assenza di pulizia e di ordine;
in ultimo, a differenza di quanto previsto dall'accordo di programma, non sono ancora state realizzate alcune opere di mitigazione ambientale previste e le barriere fonoassorbenti non sono ancora state tutte montate -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione sopradescritta;
se non ritenga opportuno mettere in atto tutte le opportune iniziative nei confronti di Rete ferroviaria italiana perché vengano risolti i gravi problemi evidenziati in premessa, soprattutto in ordine alla sicurezza dell'area della stazione ferroviaria, per porre rimedio alla situazione di disagio che grava sui pendolari e sui cittadini di Melzo, recuperando il grave stato di degrado ed abbandono in cui versa la stazione ferroviaria.
(5-03956)

Interrogazioni a risposta scritta:

NICOLA MOLTENI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la Svizzera rappresenta la via più breve dall'Italia per raggiungere il centro e il nord Europa, ma con l'autotrasporto continua ad avere un rapporto conflittuale;
se da un lato la Svizzera acquisisca notevoli proventi dell'attività doganale per il passaggio delle merci dall'altro lato

manifesta insofferenza per il continuo passaggio di mezzi pesanti sul proprio territorio;
infatti, il Gran consiglio ticinese ha deciso di introdurre la cosiddetta «fase rossa» sull'autostrada A2. Ovvero, stop ai mezzi pesanti, che non potrebbero circolare, in direzione nord, dalle 6.30 alle 9 nel tratto dal valico di Brogeda fino a Lugano nord, e in direzione sud, dalle 17 alle 20 da Taverne ai valichi. Oggi in Svizzera, sulle autostrade di tutto il territorio, vige già il divieto di circolazione per i Tir dalle 22 alle 5;
il nuovo divieto potrebbe incidere notevolmente sul traffico nel territorio comasco; infatti imporre ulteriori restrizioni sull'orario porterebbe inevitabilmente maggior concentrazione di tir durante gli orari permessi alla circolazione: con il divieto di transito da nord verso sud sul ponte diga di Melide, dalle 17 alle 20, si determinerebbe un'invasione di camion sull'autostrada a Chiasso, e i tir per ovvie ragioni, non potranno far fronte alle formalità doganali necessarie per uscire dal nostro Paese, creando una coda interminabile già la sera stessa, con un difficile smaltimento della medesima anche il giorno successivo;
ad essere penalizzati saranno anche tutti coloro che attendono le merci, ovvero artigiani e aziende che hanno già manifestato situazioni di disagio per le nuove determinazioni;
gli autotrasportatori, contrari a questi ulteriori limiti affermano che la decisione del parlamento ticinese non risolve il problema del traffico a sud del Ponte Diga, anzi in un certo senso lo esaspera;
la previsione più realistica sarà di avere le colonne di automezzi fino allo svincolo di Mendrisio; sull'altro versante il divieto in direzione nord, dalle 6.30 alle 9 causerebbe un blocco totale dell'entrata dell'autostrada a Chiasso in direzione nord;
esiste una commissione tecnica composta da membri italiani e svizzeri che si occupa dei numerosi problemi di relazione tra Italia e Svizzera in modo particolare con riferimento alle tematiche relative al trasporto transfrontaliero. Tale commissione pur essendosi riunita poche settimane fa non è minimamente stata interessata delle nuove determinazioni circa le limitazioni di circolazione -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e intenda quindi intervenire al più presto nei confronti degli organi competenti della Confederazione svizzera anche attraverso un tavolo di confronto appositamente convocato o attraverso eventuali organi o strumenti di relazione già attualmente in vigore con la Confederazione elvetica, al fine di trovare in tempi rapidissimi una soluzione al problema autotrasportistico che rischia di paralizzare il sistema viabilistico vicino al confine elvetico, oltre ad arrecare possibili danni alle imprese comasche dovute al blocco dei trasporti e ai ritardi nelle consegne.
(4-09896)

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 9 novembre 2010, nella seduta n. 392 dell'VIII Commissione della Camera dei deputati, gli interroganti, con un'interrogazione indirizzata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (Atto Camera n. 5-03734), hanno chiesto «quali iniziative intendesse assumere per impegnare RFI al rispetto degli accordi stipulati con CAL e Brebemi, al fine di scongiurare ritardi nella realizzazione dell'autostrada Brebemi e nel rispetto dei diritti dei cittadini privati espropriati»;
il sottosegretario alle infrastrutture e trasporti, onorevole Bartolomeo Giachino, nella sua risposta del 18 novembre scorso, ha dichiarato che «risultano espropriate circa il 70 per cento delle aree previste per l'asse autostradale e si prevede entro la fine dell'anno di acquisire la disponibilità

del 90 per cento del totale delle suddette aree. Inoltre è stato manifestato da Brebemi stessa che sussistono significativi ritardi nei pagamenti delle indennità correlate ad accordi bonari già sottoscritti, a causa dei necessari passaggi formali tra CAL e Brebemi. A tal riguardo CAL e Brebemi hanno evidenziato di essere giunti recentemente ad uno snellimento delle procedure. Inoltre, al fine di garantire il coordinamento tra i procedimenti espropriativi relativi alle due infrastrutture in questione e su specifica richiesta della regione Lombardia, RFI ha provveduto tempestivamente a sottoscrivere con la regione Lombardia, Confagricoltura Lombardia, Coldiretti Lombardia, CIA Lombardia e Unione Regionale Lombarda Proprietà Fondiaria, CAL e Brebemi specifici accordi in data 18 marzo 2010 e in data 26 aprile 2010»;
nella succitata risposta il rappresentante del Governo aveva concluso dichiarando che: «ad eccezione del tema relativo all'acquisizione della cosiddetta »Cascina Lina« in comune di Cassano d'Adda, Brebemi non ha posto a RFI alcun altro caso specifico da trattare con urgenza»;
da un articolo pubblicato su L'Eco di Bergamo in data 3 dicembre 2010 si apprende la notizia dell'accoglimento della richiesta di sospensiva, da parte del TAR di Brescia, avanzato da un'altra cascina, in opposizione al decreto di occupazione d'urgenza e alla relativa indennità prevista, che tiene conto solo del valore del terreno espropriato senza considerare quello degli edifici costruiti sullo stesso, con ulteriore ritardo sulla realizzazione dell'opera -:
se il Ministro non ritenga opportuno risolvere definitivamente la questione degli espropri e dei relativi pagamenti, scongiurando sia ritardi nel completamento delle opere infrastrutturali sia la lesione di basilari diritti meritevoli di tutela dei proprietari dei terreni espropriati, e quali iniziative intenda intraprendere.
(4-09899)

PICCHI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Gruppo Ferrovie dello Stato, società per azioni interamente detenute dallo Stato, secondo fonti stampa, avrebbe concluso l'acquisto della società Arriva Deutschland per oltre 370 milioni di euro dal Gruppo Deutsche Bahn AG, dimostrando quindi di avere la capacità finanziaria e la liquidità adeguata per affrontare pagamenti all'estero;
i fornitori di Trenitalia e delle altre società del Gruppo all'estero e, in particolare, i fornitori di servizi di pulizia dei convogli ferroviari all'estero invece subirebbero pesanti ritardi nei pagamenti rispetto a quanto previsto contrattualmente e tali da mettere in difficoltà le realtà più piccole che non hanno la capacità finanziaria di sostenerli, fino al rischio di fallimento -:
se e come intenda agire affinché il Gruppo Ferrovie dello Stato, in quanto società pubblica, adempia in modo puntuale alle proprie obbligazioni e sblocchi i pagamenti più datati.
(4-09942)

SCHIRRU. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in Sardegna si protrae la protesta dei lavoratori della ditta d'appalto Geas, del gruppo Mazzoni, che cura la pulizia dei convogli e il supporto alla manutenzione, 116 dipendenti da quattro mesi senza stipendio, chiedono garanzie per il loro futuro occupazionale e hanno indetto una protesta che sta causando il blocco del traffico ferroviario ed un presidio permanente, all'interno della stazione di piazza Matteotti a Cagliari;
dopo tre giorni e due notti si è conclusa sabato 4 dicembre 2010, la seconda occupazione del tetto della stazione ferroviaria di piazza Matteotti da parte degli operai - la prima ad ottobre scorso;

Trenitalia ha provveduto a riorganizzare i bandi per le gare di pulizia dei treni sui territori regionali, anche a seguito dei disservizi registrati ed auspicando un miglioramento del servizio. A seguito di tali decisioni in Sardegna l'azienda Nord Servizi Srl dovrebbe subentrare alla Società Geas che attualmente fornisce il servizio di pulizia dei treni ferroviari. A seguito di tale scelta e il conseguente ricorso al TAR sull'assegnazione dell'appalto da parte di Geas, si è determinata una situazione che ha creato gravi problemi sulla qualità degli interventi di pulizia con ricadute per i passeggeri e di grande incertezza per i lavoratori dell'azienda;
visto il rischio di licenziamento di 50 dipendenti su 116 lavoratori e senza nessuna garanzia sull'assorbimento dei restanti nella nuova società subentrante, la giunta regionale si è impegnata il 26 ottobre 2010 a intraprendere dei rapporti fra Trenitalia e il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti per risolvere la vertenza e firmare un accordo di programma per decidere autonomamente la quantità e qualità dei servizi svolti da Trenitalia in Sardegna;
nell'attesa delle interlocuzioni fra regione, Ministero e Trenitalia, la giunta regionale ha deliberato un sussidio una tantum per i lavoratori Geas di euro 1.350 per ciascun lavoratore stanziando un totale di risorse pari a 139.05,00 euro;
in base all'accordo tra l'assessore ai trasporti e Trenitalia, la Nord Servizi dovrebbe subentrare alla Geas e assorbire i dipendenti per 6 mesi, in attesa che venga sbloccato il bando oggetto di un ricorso al Tar. Ad oggi il suddetto accordo risulta disatteso per un contenzioso legale fra la società Geas e Trenitalia e anche il sussidio regionale risulta scaduto;
secondo quanto si apprende dalle organizzazioni sindacali e dagli organi di stampa, la vertenza in atto nella sua drammaticità rischia di creare seri problemi di ordine pubblico, se non si trova una soluzione in tempi brevi ed il rispetto degli accordi intrapresi con i lavoratori;
dalle ultime notizie in possesso dell'interrogante, parrebbe verrà costituita una Ati (associazione temporanea di imprese), tra Fulgens e Medigas, che curerà il servizio per 12 mesi;
il decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003 all'articolo 29 come modificato dalla legge finanziaria 2007 (legge 296 del 27 dicembre 2006) stabilisce che in caso di «appalto di opere e servizi il committente imprenditore o datore di lavoro, è obbligato in solido con l'appaltatore nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori sub appaltatori entro il limite di 2 anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti quindi anche la società Trenitalia è interessata e coinvolta direttamente alla vertenza in corso -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra descritti;
se ritengano di assumere iniziative nei confronti di Trenitalia affinché si assuma le proprie responsabilità secondo quanto stabilito dalla normativa sugli appalti e svolga una funzione di garante in questa vicenda che lede i diritti dei lavoratori e tutela dei livelli occupazionali;
se i Ministri interrogati intendano acquisire elementi, anche per il tramite di Trenitalia, in relazione alle gravissime problematiche rappresentate in premessa;
se e quando si intenda procedere ad un accordo di programma con la Regione Sardegna che garantisca autonomia gestionale dei servizi del trasporto pubblico ferroviario.
(4-09951)

COSENZA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il «parco traghetti» presente soprattutto nel Mezzogiorno è ormai molto vecchio e inquinante, come si può facilmente constatare in un qualunque porto (sia che si tratti di una grande città, come Napoli

o Palermo, che di una piccola isola come Ischia o Capri), osservando la quantità impressionante di fumi neri sparsi nell'aria dai natanti;
evidentemente questa situazione è, in primo luogo, nociva per la salute umana, per la qualità della vita dei cittadini e per l'ambiente, ma, in secondo luogo, è anche un'ulteriore causa di allontanamento del turismo da luoghi tanto belli e affascinanti quanto ormai oppressi dall'inquinamento proveniente sia dai veicoli su strada che dagli stessi traghetti -:
se, alla luce di quanto esposto in premessa e dell'evidente necessità di assumere provvedimenti di sistema per l'inquinamento dell'aria prodotto in mare, sia attuabile e condivisa dal Governo l'idea di vincolare l'effettiva concessione e la quantità delle sovvenzioni statali in favore degli operatori che conducono linee di trasporto marittimo essenziali al rispetto di precisi e adeguati standard ambientali e all'impegno di rinnovare il «parco traghetti».
(4-09953)

TESTO AGGIORNATO AL 26 GENNAIO 2011

...

INTERNO

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
l'evoluzione normativa in materia di regolazione dell'attività degli enti territoriali (legge n. 142 del 1990, legge n. 81 del 1993, legge n. 127 del 1997, legge n. 265 del 1999 e, conclusivamente, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000) ha profondamente modificato la regolazione dei poteri del sindaco (e del presidente della provincia), del consiglio e della giunta comunali e provinciali. Si è passati da una concezione «consiglio-centrica», pensata per un sindaco eletto dal consiglio comunale, dal quale traeva la propria legittimazione politica, ad una concezione «sindaco-centrica», nella quale si è concentrata nelle mani dell'organo di vertice, eletto dal popolo sulla base di un programma impegnativo, gran parte dei poteri, sia di iniziativa politica che esecutivi;
occorre riconoscere i risultati positivi conseguenti a una maggiore rapidità dell'azione di governo, a fronte dell'assemblearismo paralizzante che ha caratterizzato i primi decenni di vita delle amministrazioni locali, a maggior ragione di fronte alla cresciuta autonomia e all'incremento delle competenze derivanti dalle riforme istituzionali;
tuttavia è necessario anche riconoscere la validità delle osservazioni contra, volte a impedire l'evoluzione dell'azione del sindaco e del presidente della provincia verso forme «podestarili» e a evitare lo svuotamento delle competenze dei consigli comunali e provinciali e dei poteri dei consiglieri;
sulla linea di tendenza al riequilibrio si è mossa la legge n. 265 del 1999, in particolare, «demandando allo statuto l'individuazione delle modalità con le quali il consiglio partecipa all'individuazione, all'adeguamento e alla verifica delle linee di governo (elemento poi ripreso e sistematizzato nel testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000). D'altronde è innegabile che l'attuale sistema tende ad affrontare in termini di riconoscimento e di garanzia la relazione dialettica che sostanzia il rapporto tra maggioranza e opposizione (si vedano per tutte le statuizioni dell'articolo 44 del citato testo unico, in materia di diritti delle minoranze consiliari);
questo riconoscimento porterà probabilmente in un futuro più o meno immediato a un complesso di regole che la dottrina più avveduta ha denominato «statuto delle opposizioni»;
si tratta, in sostanza, di allocare in modo nuovo i poteri in capo ai vari organi,

senza mortificarne la funzione, stante il fatto che l'articolazione interna delle competenze tra organi deve costituire diretta attuazione di un più generale principio di responsabilità e di distinzione tra indirizzo, gestione e controllo all'interno delle pubbliche amministrazioni;
si inquadra in questa tendenza evolutiva, in base alla quale chi governa deve poter governare e chi è all'opposizione deve poter controllare, nella consapevolezza, da un lato, che la qualità di governo è spesso pungolata dalla qualità dell'opposizione e, da un'altro lato, che la funzione di consigliere, svolta sul campo, ha evidenziato taluni limiti legati alle previsioni di legge;
si prospettano alcune modifiche che non incidono sul «fare» dell'esecutivo, quanto semmai sul suo eventuale «non fare»; si incrementa la dialettica consiliare al fine di rendere maggiormente conoscibili gli elementi in base ai quali si forma l'indirizzo politico; si sanzionano i comportamenti non rispettosi delle funzioni del consiglio; ma, d'altro canto, in relazione all'esercizio dell'attività di controllo, si sottolinea il senso di responsabilità con cui deve essere esercitata;
pertanto si rende obbligatoria la previsione del referendum, quale strumento di partecipazione popolare, quando lo richieda un adeguato numero di cittadini o un quarto dei componenti del consiglio comunale;
si dimezza da venti a dieci giorni il termine per la convocazione del consiglio comunale o provinciale, quando lo richieda un quinto dei consiglieri e, per i comuni con oltre 15.000 abitanti e per le province, il sindaco o il presidente della provincia;
si estende tale disciplina anche ai comuni con meno di 15.000 abitanti;
si ampliano le competenze dei consiglieri comunali e provinciali: oltre infatti a definire gli indirizzi per la nomina dei rappresentanti del comune o della provincia presso enti e istituzioni, si è prevista anche la possibilità di verifica della congruità dei requisiti dei candidati e la possibilità, disciplinata dallo statuto, di prevedere forme di partecipazione alle designazioni in oggetto. Infine si è introdotta la possibilità di sfiducia al singolo assessore, diversa dalla sfiducia al sindaco o al presidente della provincia, ovvero alla giunta regolata dall'articolo 52 del medesimo testo unico. Si tratta di sfiducia personale e non politica;
si ampliano i poteri di controllo dei singoli consiglieri, estendendoli all'attività contrattuale dell'ente e agli enti o alle aziende dipendenti dal comune o dalla provincia. Si tratta di previsioni che la dottrina già ritiene contenute nella normativa vigente, ma che si ritiene opportuno esplicitare. Si stabilisce inoltre che lo statuto possa determinare ulteriori casi di segretezza dei documenti, oltre a quelli già stabiliti dalle leggi vigenti in materia;
si introducono sanzioni, la cui determinazione è rinviata agli statuti, per gli assessori inadempienti rispetto agli obblighi di risposta ai documenti di sindacato ispettivo, presentati dal consigliere;
si introduce la possibilità di istituire commissioni consiliari di indagine sull'attività dell'amministrazione, con voto non a maggioranza assoluta (come ora previsto), ma a maggioranza semplice, al fine di consentire lo sviluppo del ruolo dell'opposizione. A contemperamento è previsto che la loro composizione deve rispecchiare la consistenza numerica dei gruppi consiliari;
si prevede che il sindaco o il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio;
si modifica il rapporto tra consiglio e giunta nel senso di incrementare la dialettica tra i due organi, nell'ambito della definizione dei diversi indirizzi e di rendiconto; gli interventi degli assessori dovranno essere maggiormente analitici, mentre si consente ai consiglieri di formulare osservazioni ricevendone risposta;

si prevede che gli statuti fissino i termini per la verifica dei requisiti dei candidati a rappresentare il comune o la provincia presso enti o aziende;
si amplia il termine entro il quale il sindaco o il presidente della provincia deve provvedere alla nomina dei predetti rappresentanti dell'ente -:
quali siano gli orientamenti del Ministro sulle succitate proposte che non ledono i princìpi cardine della disciplina che regola l'elezione diretta del sindaco e del presidente della provincia, posto che si limitano a garantire il ruolo essenziale dei consigli, che rischiano un effettivo depotenziamento a fronte dell'eccessivo rafforzamento degli esecutivi, e se intenda assumere iniziative normative per modificare in tal senso la disciplina esistente.
(2-00907) «Garagnani».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si è svolta il 9 dicembre 2010 una manifestazione a cui hanno aderito 22 sigle sindacali del comparto sicurezza dello Stato in località Arcore, presso la Villa San Martino;
in tale manifestazione i portavoce dei sindacati hanno denunciato che i tagli dei finanziamenti del comparto in questi ultimi due anni hanno procurato danni all'efficienza del sistema di sicurezza dello Stato;
nello specifico della sola Lombardia mancherebbero alla Polizia di Stato 1.300 persone rispetto all'organico previsto;
tale computo si tradurrebbe in un 40 per cento in meno di operatori per la polizia stradale, in un 45 per cento in meno per la polizia ferroviaria, in un 80 per cento in meno per la polizia postale -:
se tali dati corrispondano a quanto risultante al Governo;
quali provvedimenti intenda attuare per sanare tale grave deficit di organico.
(5-03954)

FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte scorsa, per la sesta volta dall'inizio dell'anno, nel CIE di via Corelli a Milano numerosi ospiti del centro sono saliti sul tetto di uno degli edifici per tentare la fuga;
in tale occasione il tentativo di fuga non è riuscito grazie all'intervento delle forze di Polizia;
circa la metà dei 120 ospiti del centro, ha successivamente proseguito la protesta all'interno di uno dei cortili del centro procurando nell'occasione ingentissimi danni alle strutture;
alla fine della protesta si sono contati una decina di contusi tra manifestanti e forze dell'ordine;
non sono al momento ancora quantificati i danni complessivi né il numero di posti letto che risultano di conseguenza inutilizzabili -:
per quali ragioni il Ministero non abbia preso provvedimenti adeguati a prevenire tali periodiche manifestazioni;
quale fine abbia fatto la promessa fatta all'inizio di questo anno dal Ministro per la realizzazione di quattro nuovi centri di identificazione ed espulsione sul territorio nazionale.
(5-03955)

Interrogazioni a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante, anche secondo quanto riportato da alcuni articoli di stampa, che è stato impedito al segretario regionale della Cgil Toscana, Alessio Gramolati, di partecipare a un'assemblea sindacale interna della Silp-Cgil, richiesta regolarmente l'11 novembre 2010;

l'ordine al dirigente dell'VIII reparto mobile di Poggio Imperiale (Firenze) risulta essere giunto direttamente dal Viminale sulla scorta di una vecchia circolare interna del 2001 che vieta l'ingresso alle persone estranee all'amministrazione di pubblica sicurezza alle assemblee sindacali e applicata pretestuosamente e diligentemente in questo caso;
tutto ciò avviene, incomprensibilmente, in un momento particolare della vita del Paese in cui il sindacato di polizia è rimasto l'unico a svolgere una vera opera di collaborazione con tutte le categorie sociali, a partire dagli studenti impegnati in questi giorni nelle manifestazioni di protesta e proprio per questo desta preoccupazione e apprensione;
nel corso dell'assemblea si discuteva dei tagli al comparto previsti nella manovra economica, e delle condizioni di lavoro degli agenti -:
come mai si sia ritenuto di applicare una circolare che, secondo gli addetti, era da tempo inapplicata anche alla luce della presenza di esterni in questi ultimi nel corso delle riunioni;
come mai il sindacato Silp-Cgil non sia stato informato di tale intervenuto divieto.
(4-09906)

MIGLIORI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'interno dipartimento dei vigili del fuoco e del soccorso pubblico e della protezione civile, ha approntato un piano di ridistribuzione degli elicotteri e di costituzione dei nuclei di soccorso speciale dei vigili del fuoco elitrasportati in convenzione con le regioni;
tale piano, tra l'altro, ha come scopo di riorganizzare la distribuzione degli elicotteri sul territorio nazionale, riducendo le linee di volo presso ciascun reparto ed ottimizzando così l'impiego delle risorse umane e strumentali disponibili, con l'obbiettivo di creare le condizioni per conseguire più elevati standard di sicurezza e qualità nelle attività operative e tecnico logistiche;
il piano di ridistribuzione dei veicoli prevede il raggruppamento dei nuclei elicotteri in tre regioni aeree (Nord-Centro-Sud); tra queste per l'area Centro spicca il notevole ridimensionamento della capacità operativa del nucleo elicotteri vigili del fuoco di Arezzo;
allo scopo di razionalizzare le risorse, secondo il nuovo piano di distribuzione degli aeromobili sul territorio nazionale, sarà destinato ad altra sede l'unico elicottero capace di prestare soccorso tecnico urgente in Toscana e nelle provincie di Ancona, Pesaro Urbino e Perugia. L'elicottero AB 412 Drago 53, in dotazione al reparto volo della Toscana da oltre 20 anni, sarà sostituito da altro aeromobile (AB 206), utilizzabile soltanto per voli di ricognizione, compromettendo notevolmente le capacità professionali maturate negli anni da piloti, tecnici e aerosoccorritori;
tali zone, per conformazione geografica, comprendendo territori con isole, montagna e una scarsa rete di comunicazioni infrastrutturali, hanno visto nel tempo gravi fenomeni che hanno richiesto interventi di protezione civile e pronto intervento, oltre che un dislocamento dei centri di eccellenza sanitaria in poche città (Firenze e Pisa) -:
quali iniziative urgenti si intendano attuare per evitare il declassamento operativo del nucleo elicotteri in questione e la conseguente perdita di una risorsa importante per il territorio della Toscana e per le province menzionate in premessa, tali da garantire un efficace e tempestivo intervento di soccorso sul territorio e da assicurare così alla popolazione gli standard di sicurezza dovuti.
(4-09914)

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 25 settembre 2001 Enel produzione ha presentato un progetto di riattivazione

della centrale termoelettrica del Mercure, un impianto costruito a metà degli anni '60 ed ormai completamente inattivo da oltre 12 anni;
tale impianto, situato nel territorio di Laino Borgo (Cosenza) all'interno del perimetro del Parco nazionale del Pollino (istituito sin dal 15 novembre 1993), dovrebbe utilizzare come combustibile le biomasse per una potenza, che ne farebbe una delle centrali a biomasse più grandi d'Italia;
la centrale risulta incompatibile con l'idea stessa di parco nazionale, come per altro sancito anche in un parere reso all'ente parco nazionale del Pollino dall'avvocatura dello Stato di Potenza;
le emissioni della centrale determinerebbero, cosi come è avvenuto in passato e come un'ampia letteratura scientifica internazionale al riguardo conferma, rischi per la salute dei residenti;
ulteriori danni deriverebbero all'economia del territorio, con depauperamento dei posti di lavoro legati alle produzioni alimentari tipiche e ai flussi turistici;
tale impatto occupazionale negativo non sarebbe neanche lontanamente bilanciato dalla nuova occupazione determinata dalla riapertura della centrale;
per tali motivi, da quasi dieci anni è in corso una vertenza civile e democratica in opposizione al progetto dell'ENEL che vede ad esso contrari associazioni, comitati, ente parco del Pollino, sindaci dell'area, regione Basilicata, provincia di Potenza, ma soprattutto la gente della Valle del Mercure più volte mobilitatesi con granai manifestazioni popolari;
da circa un anno si è avuta la comparsa di un gruppo di persone, autodefinitisi «Comitato del SI», a sostegno del progetto dell'ENEL e che con ENEL stessa parrebbero in qualche modo collegati visto che, come appreso dalla stampa, riunioni di tale comitato sarebbero state effettuate all'interno della centrale;
l'attività di tali soggetti, di incerta provenienza, ma sicuramente non appartenenti al territorio della valle del Mercure né ad ambiti viciniori, denunciata agli organi competenti, si è rivolta nei confronti di esponenti di associazioni contrarie alla riapertura della centrale;
un ulteriore, preoccupante e gravissimo livello di turbativa dell'ordine pubblico, riportato dalla stampa e denunciato anch'esso alle Autorità competenti, si è verificato nel corso di una diretta televisiva effettuata dalla RAI dal sito della centrale, durante la quale un noto attore lucano, esponente del Forum contrario al progetto ENEL, è stato fatto oggetto di minacce, intimidazioni e sputi;
sempre in tale circostanza, una persona dall'interno dell'area della centrale, assieme alle ricordate violenze, verbali e non, più volte ripeteva la frase «la mafia è con noi, la mafia è con noi» -:
quali urgenti iniziative il Ministro dell'interno intenda adottare per far luce su questo sconcertante e gravissimo episodio e per ripristinare l'ordine e la legalità, così clamorosamente e ripetutamente violati, prima che ulteriori e più gravi accadimenti abbiano a verificarsi;
quali urgenti iniziative il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda adottare affinché la volontà e i diritti delle popolazioni della Valle del Mercure, minacciati dal progetto dell'ENEL, vengano rispettati e tutelati in maniera adeguata, considerato che la centrale avrebbe sede all'interno di un parco nazionale.
(4-09934)

AMICI e BRESSA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la Corte dei conti - sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato - con lettera in data

22 novembre 2010, ha trasmesso al Parlamento ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 22 del 2010, emessa dalla sezione stessa nell'adunanza del 24 settembre 2010, e la relativa relazione concernente la gestione delle opere secretate ai sensi dell'articolo 33, comma 3, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni;
le «opere secretate» di cui all'articolo 33 della legge 14 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni (legge-quadro sui lavori pubblici), sostituito dall'articolo 17 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (approvativo del codice dei contratti pubblici), con decorrenza 2 luglio 2006, sono state oggetto di un'approfondita e complessa istruttoria, conclusasi con una relazione approvata dalla sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato ed inviata al Parlamento;
l'indagine ha riguardato le opere eseguite ovvero in corso di esecuzione del Ministero dell'interno e del Ministero della difesa, limitatamente al Corpo dei vigili del fuoco ed all'Arma dei carabinieri, che per la loro natura o destinazione abbiano carattere riservato ovvero debbano essere eseguite con speciali misure di sicurezza da parte di imprese dotate di specifica abilitazione (NOS);
l'esame degli atti si è concentrato su quelli pervenuti alla magistratura contabile negli anni 2005-2007, con aggiornamenti fino a data corrente per gli interventi controllati;
sotto il profilo gestionale l'indagine della Corte ha evidenziato:
un generalizzato ricorso alla secretazione che, per legge, dovrebbe essere limitata ai soli casi in cui siano richieste misure «speciali» di sicurezza e segretezza ed in presenza dell'esigenza di proteggere gli «interessi essenziali» della sicurezza dello Stato;
la mancanza di idonea motivazione in numerosi atti di secretazione per lo più adottati da dirigenti e non dall'organo di vertice dell'amministrazione;
dall'indagine sono emersi, inoltre, numerosi profili di criticità. In particolare:
genericità e incompletezze nella fase della programmazione che hanno influito sui tempi ed i costi delle opere;
ritardi abbastanza frequenti e spesso ingiustificati nella stipulazione dei contratti, nella consegna dei lavori e nella loro esecuzione in evidente contrasto con la dichiarata urgenza e indifferibilità degli interventi;
frequente ricorso a perizie di variante e suppletive in prossimità della scadenza dei termini contrattuali, che spesso sono risultate ascrivibili, non ad eventi sopravvenuti ed imprevedibili, ma piuttosto a lacune o insufficienze dei progetti originari emerse in fase esecutiva;
casi di varianti con modificazioni del progetto iniziale che, tenuto conto dell'importo dei costi aggiuntivi, avrebbero dovuto comportare una nuova dichiarazione di secretazione ed una nuova gara;
omissione in molti casi di invio di documentazione fondamentale: pareri del C.T.A., verbali di gara, contratti, atti aggiuntivi, verbali di sospensione o interruzione e di ripresa dei lavori, verbali di regolare esecuzione o di collaudo dei lavori;
omissione in molti casi di notizie sul possesso «dell'abilitazione di sicurezza» da parte degli incaricati della progettazione, della direzione dell'esecuzione e del collaudo dei lavori, qualora esterni all'amministrazione, nonché delle imprese invitate alle gare;
la Corte ha anche espresso delle perplessità sul forte divario tra gli importi delle penali stabilite da parte delle diverse amministrazioni interessate in sede contrattuale per i ritardi nel completamento delle opere, con importi che vanno da 250 ad oltre mille euro a giorno;

nelle considerazioni conclusive la Corte ha formulato le seguenti raccomandazioni al fine di limitare la deroga alle disposizioni relative alla pubblicità delle procedure di affidamento dei lavori pubblici ai casi strettamente necessari, con positive ricadute sulla stessa trasparenza dell'azione amministrativa:
che il provvedimento di secretazione sia adeguatamente motivato ed attenga strettamente alle condizioni previste dalla legge: esistenza di specifiche disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o esigenza di protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato;
che in fase di programmazione siano dettagliatamente indicate e descritte le opere da eseguire e da assoggettare alla particolare normativa in tema di secretazione;
che per le varianti in corso d'opera si adotti un nuovo provvedimento di secretazione quando le stesse non rientrino nelle ipotesi previste dalla legge -:
quali misure intendano adottare a seguito delle osservazioni e valutazioni formulate dalla deliberazione della Corte dei conti n. 22/2010/G.
(4-09936)

SCHIRRU. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il concorso pubblico, a 115 posti per l'accesso al profilo professionale di assistente amministrativo contabile, area funzionale seconda, posizione economica ex B3, del ruolo del personale dell'amministrazione civile dell'interno è stato indetto con decreto ministeriale del 26 maggio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4a Serie Speciale Concorsi ed Esami n. 42, del 30 maggio 2008 per le esigenze degli uffici periferici del Ministero dell'interno, da ripartire nell'ambito delle seguenti regioni: Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto;
in Gazzetta Ufficiale n. 17 del 2 marzo 2010 è pubblicata la graduatoria: avviso relativo alla pubblicazione della graduatoria del concorso pubblico, per esami, a centoquindici posti per l'accesso al profilo professionale di assistente amministrativo contabile, del ruolo del personale dell'amministrazione civile dell'interno, relativa appunto al concorso per Assistente amministrativo-contabile del Ministero dell'interno. Si evince che: «Ai sensi dell'articolo 15, commi 5 e 6, del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, si avvisa che graduatoria del concorso pubblico, per esami, a centoquindici posti per l'accesso al profilo professionale di assistente amministrativo contabile, area funzionale seconda, posizione economica ex B1 del ruolo del personale dell'amministrazione civile dell'interno, indetto con decreto ministeriale 24 maggio 2004, è stato pubblicato nel Bollettino ufficiale del personale del Ministero dell'interno n. 9 del 2009. Lo stralcio del predetto Bollettino ufficiale è consultabile, per almeno centoventi giorni dalla data del presente avviso, nel sito Internet http://concorsiciv.interno.it»;
attualmente vige il blocco delle assunzioni che impedisce alle amministrazioni di procedere alla chiamata senza aver provveduto alla effettuazione dei tagli previsti dal «decreto anti-crisi». Questa condizione risulta particolarmente dannosa per i vincitori, non solo perché vengono privati di un diritto costituzionalmente garantito ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, ma soprattutto perché il clima di incertezza sulla tempistica di assunzione, impedisce loro di poter pianificare il proprio futuro anche in previsione di ulteriori attività di formazione post universitaria;
dalle informazioni in nostro possesso, sappiamo che sono state inviate le autorizzazioni alla funzione pubblica per 41 unità, e che queste sono congelate in attesa dell'approvazione dei tagli da parte del Ministero. Ad oggi pertanto, non solo non si vede concretizzarsi il diritto dei vincitori di concorso ad essere assunti,

nonostante il Ministero proceda all'assunzione di unità a tempo determinato con contratti interinali, ma a questi ragazzi vengono continuamente rese comunicazioni prive di fondamento sui tempi di chiamata;
l'interrogante è cosciente che data la grave situazione di crisi economica lo Stato a sua volta abbia dovuto contenere la spesa anche nell'assunzione di personale a tempo indeterminato, ma francamente questo clima di incertezza assoluta diventa inaccettabile e insostenibile, ragione per cui persino i vincitori di concorso hanno pensato di costituirsi in comitato nella prospettiva di agire giuridicamente contro l'amministrazione;
l'annosa vertenza dei vincitori di concorso non assunti è stata ripresa da numerosi atti parlamentari, tra cui l'interrogazione a risposta scritta 4-01201 presentata dall'interrogante mercoledì 1o ottobre 2008, seduta n. 58, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione -:
se il Ministro non ritenga opportuno riferire con chiarezza sull'iter dell'assunzione, relativamente alle richieste inviate al dipartimento della funzione pubblica e all'approvazione dei tagli, che tra l'altro il Ministro avrebbe dovuto inviare entro il 15 novembre in base a quanto indicato nella recente circolare del dipartimento della funzione pubblica.
(4-09939)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Governo il 19 novembre 2010 ha accolto dell'ordine del giorno 9/3778-A/131 presentato dall'onorevole Livia Turco in occasione del voto finale sulla legge di stabilità finanziaria per regolarizzare la posizione degli stranieri che hanno un lavoro;
Abderrazak Moudakkir è un cittadino del Marocco (27 aprile 1978), entrato in Italia tre anni e mezzo fa in cerca di un lavoro;
nel settembre 2009, il suo datore di lavoro ha inoltrato nel suo interesse alla prefettura di Brescia domanda di emersione dal lavoro irregolare (decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009);
un mese fa, insieme ad altri cittadini stranieri, Abderrazak è salito sulla torre Carlo Erba di Milano in via Imbonati, in segno di protesta per le condizioni degli stranieri in Italia, ai quali è negato il diritto di lavorare regolarmente;
il 2 dicembre Abderrazak, stremato, in condizioni di salute seriamente compromesse, è sceso dalla torre. È stato ricoverato presso l'ospedale Niguarda di Milano;
agenti di polizia lo hanno seguito in ospedale e costantemente piantonato, nonostante si trattasse di persona del tutto libera, sicuramente già identificata, non sottoposta ad alcun vincolo da parte dell'autorità giudiziaria, ancora legittimata alla permanenza sul territorio dello Stato;
dopo le prime cure, verso le ore 20, è stato prelevato da questi agenti e condotto presso l'ufficio immigrazione della questura di Milano (terza sezione, squadra espulsioni);
qui gli è stato consegnato un provvedimento di archiviazione della domanda di regolarizzazione già presentata dal suo datore di lavoro. L'archiviazione è motivata con riferimento al fatto che il datore di lavoro non si sarebbe presentato all'appuntamento per l'espletamento della pratica di emersione;
contestualmente, gli sono stati notificati il decreto del prefetto di espulsione dal territorio dello Stato e l'ordine del questore di trattenimento presso il centro di identificazione e di espulsione (CIE) di

Milano (Corelli) in attesa dell'esecuzione dell'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera;
Abderrazak è stato immediatamente condotto al CIE. Durante la notte è stato tenuto in isolamento dagli altri detenuti della struttura in una stanza chiamata astanteria. È stato costantemente sorvegliato a vista da numerosi agenti in borghese;
la mattina successiva, alle ore 8 e 59 minuti, l'avvocato Eugenio Losco è stato avvisato tramite comunicazione trasmessa via fax dall'ufficio del giudice di pace di Milano che lo stesso giorno, alle ore 9 e 15 (cioè sedici minuti più tardi), avrebbe avuto luogo l'udienza di convalida dell'ordine del questore di trattenimento presso il CIE;
non appena l'avvocato Losco si è presentato al CIE, il giudice di pace ha immediatamente chiamato l'udienza di Abderrazak. Questi è stato prelevato dal luogo in cui era ancora tenuto in isolamento e condotto dinanzi al giudice di pace;
l'udienza si è svolta in una stanza all'interno del CIE, alla costante presenza di una ventina di poliziotti in divisa, alcuni agenti in borghese, alcuni di questi della Digos;
il giudice di pace, rigettando le numerose eccezioni della difesa, ha convalidato il trattenimento. Immediatamente dopo la convalida, Abderrazak è stato tradotto presso il CIE di Modena;
appare inaccettabile che una mancanza del datore di lavoro costringa il lavoratore ad essere espulso -:
perché la polizia abbia seguito e piantonato in ospedale una persona già identificata, in stato di libertà, ancora in possesso di validi documenti (infatti, la ricevuta dell'inoltro della domanda di sanatoria autorizza il soggiorno sul territorio nazionale e il decreto di rigetto del procedimento per la regolarizzazione è stato emesso solo successivamente) per restare sul territorio nazionale;
se risulti che l'ospedale abbia emesso un regolare certificato di dimissioni;
per quali motivi la prefettura di Brescia abbia deciso di archiviare la domanda di emersione proprio la stessa sera in cui Abderrazak è sceso dalla torre e perché non abbia valutato la possibilità di concedere un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, visto che il motivo dell'archiviazione risiede nella mancata presentazione del datore di lavoro allo sportello per la sottoscrizione del contratto;
quali misure intenda attuare il Governo, anche a seguito dell'accoglimento da parte del Governo il 19 novembre 2010 dell'ordine del giorno 9/3778-A/131 presentato dall'onorevole Livia Turco in occasione del voto finale sulla legge di stabilità finanziaria per regolarizzare la posizione degli stranieri che hanno un lavoro;
per quale motivo Abderrazak sia stato trattenuto in condizioni di isolamento e chi abbia deciso il trattenimento in tali condizioni;
per quale motivo l'udienza si sia svolta alla costante presenza di numerosi agenti.
(4-09962)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'associazione radicale Il detenuto ignoto, ha di recente ripubblicato nel suo sito internet un'intervista apparsa sull'Unione Sarda del 18 giugno 1998 alla dottoressa Carmen Pugliese, giudice istruttore all'epoca dello svolgimento della drammatica vicenda riguardante Aldo Scardella giovane suicidatosi il 2 luglio 1986 nel carcere Buoncammino di Cagliari, dopo 185 giorni di detenzione cautelare a seguito di un'ingiusta accusa di

omicidio per la quale non fu mai interrogato, delitto per il quale nel 1996 si indagarono i reali colpevoli, condannati definitivamente nel 2002;
nell'intervista, realizzata da Giorgio Pisano e intitolata «Il giudice Carmelina Pugliese: se parlo scoppia la guerra», era scritto: Certo che se lo ricorda: proprio per questo non ne vuole parlare. Aldo Scardella, quel povero ragazzo che ha aspettato sei mesi in isolamento a Buoncammino, torna e ritorna nella sua memoria come un fantasma ingombrante. E non solo perché si è impiccato in attesa di un interrogatorio che non arrivava. Altri impegni, altro codice penale. Altra vita quella che Carmen Pugliese conduceva allora a Cagliari nella veste di giudice istruttore. Quando se ne è andata, lasciandosi alle spalle un cadavere e un oceano di polemiche, sperava in qualche modo di chiudere, dimenticare. Anzi, come dice lei: «archiviare per sempre la fase Sardegna del mio lavoro». Nessuno poteva immaginare che dopo quella piccola tragedia privata un pentito assolvesse Scardella sparando i nomi dei veri assassini nella rapina al Bevimarket di via dei Donoratico. Boom: la notizia è finita sulle prime pagine di tutti i giornali italiani riaprendo ferite mai rimarginate. Carmen Pugliese, pubblico ministero a Bergamo, l'ha presa male, «innanzitutto perché alcuni quotidiani hanno mentito sostenendo addirittura che ero stata allontanata per questa storia». Il che non è vero? «no nel modo più assoluto. Ho fatto regolare richiesta di trasferimento ed eccomi qui a lavorare moltissimo e benissimo in un luogo eccezionale. Non ho altro da aggiungere». Riuscire ad intercettarla non è facile, portarla sull'argomento quasi impossibile. Giacca rossa e gonna nera, capelli corvini, tono da signora borghese molto impegnata, accetta un civile posto di blocco durante una pausa d'udienza in corte d'assise. Sorriso e grande cortesia. Dietro la maschera della buona educazione, affiora comunque il giudice descritto dagli avvocati di questo palazzo di giustizia: combattiva, molto determinata. Falco e colomba? «se andiamo per etichette, né l'uno né l'altro. È un magistrato che difende le sue convinzioni con fermezza, questo sì». Mentre riordina i fascicoli sparsi sul tavolino, capisce al volo perché L'Unione Sarda voglia parlarle. «Ma non ho niente da dire» dice senza spegnere il sorriso. Il caso Scardella. «Ancora? Vi prego. Per me è una storia chiusa. Finita. Beh, quello c'è morto». Lo so. Mi servirebbe un'intera giornata per affrontare questo argomento. Ma non ne ho alcuna intenzione e sa perché? conosco l'ambiente sardo: ricomincerebbero le polemiche, le guerre. «Non si può dire che le sia rimasta la Sardegna nel cuore». A Bergamo sto molto bene. Ho ottimi rapporti coi giornalisti e con gli avvocati «mentre a Cagliari da giudice istruttore ne avevo di buoni con qualche giornalista, decisamente pessimi col foro». Anche per questo è andata via. «Sono andata via, tre anni dopo la morte di Scardella, perché mi piaceva l'idea di cambiare aria». I penalisti sardi non hanno pianto. «Probabile. Neppure io». Ha saputo degli sviluppi dell'inchiesta? «Ho letto». Niente da dire? Se parlassi, presterei il fianco alla speculazione. Vuol dire che «poteva» succedere? Col vecchio codice «poteva» succedere, anche. Poteva succedere che un indiziato aspettasse sei mesi per essere interrogato? Se rispondessi come dovrei a questa domanda scoppierebbe il finimondo. Mi creda, meglio star zitti. Dunque silenzio, nessuno paga. «Le ho detto che per chiarire questa vicenda, dovrei riferire dei rapporti con alcune persone dell'ambiente di lavoro e altro. Dovrei dire come andavano le cose allora al palazzo di giustizia di Cagliari. Esattamente quello che voglio evitare». Le sembra giusto il silenzio? Non so se sia giusto. So che non intendo fare il minimo accenno. Ne ho davvero, ma davvero, le tasche piene. Vabbè, passiamo al privato. «Al privato di Carmen Pugliese?». Sotto la toga, c'è un giudice no? Cosa ha provato. Ma lei cosa ha provato? «Io, io... chiedo scusa ma non ne voglio proprio parlare». Ha avuto un pensiero privato, un rimorso? «Ho detto che non voglio parlarne». Ha pensato di scrivere un biglietto ai familiari? La domanda

resta appesa ad uno sguardo che si fa improvvisamente serio. La disponibilità di Carmen Pugliese è entrata in riserva: l'idea che la mancanza di un suo commento lasci la cronaca in qualche modo incompleta non sposta il dialogo di un millimetro. «La pregherei di essere corretto. Il suo giornale finora lo è stato. Scriva che non intendo rilasciare dichiarazioni di alcun genere». Saluta e fa per andarsene, tre chili di fascicoli sottobraccio. Uno due passi. Si ferma, si volta e torna il miglior sorriso: «Posso chiedere un favore? Mi saluti la Sardegna buona». Dev'essere una fettina sottile sottile questa Sardegna buona: i dieci anni (1979-1989) trascorsi all'ufficio istruzione di Cagliari non sono stati allegri. Ce l'ha scritto in faccia. «Un capitolo finito», ha detto. A Bergamo le cose vanno invece diversamente. L'avvocato Roberto Mari (l'unico a uscire volentieri dall'anonimato), confessa che «agli inizi, quand'è arrivata, eravamo abbastanza preoccupati. Era seguita da una fama tempestosa, personaggio durissimo». Il cambio di sede le ha giovato «grande lavoratrice, ottimi rapporti con i penalisti, magistrato sensibile e corretto». Pecche non riesce a trovarne neanche radio sussurro, che trasmette dal bar di piazza Dante il ritratto di «un PM fiero e sensibile, laboriosamente impegnato soprattutto su reati di violenza sessuale e droga». Il resto è silenzio, il passato non merita neppure una parola di scuse, una lapide in memoria. È morto e sepolto: come Aldo Scardella;
recentemente, il fratello di Aldo, Cristiano, ha pubblicato un articolo sul quotidiano online Notizie Radicali nel quale, fra l'altro, si legge: «Il caso di Aldo è stato aperto tante volte, la maggior parte su mia iniziativa; l'ultima istanza da me fatta è stata perché ipotizzavo il delitto volontario, aggravato ai danni di Aldo e sottolineavo anche che nel referto autoptico i medici facevano figurare quantità e dosaggi di una terapia metadonica inesistente. Il caso è stato chiuso ma l'anno scorso ho ripresentato, tramite un'avvocatessa di Foggia, Rosa Federici, un'altra istanza in Tribunale per la riapertura della vicenda. Poco tempo dopo, esattamente nel novembre del 2009, fece irruzione in casa mia la polizia, senza mandato, piombò nella mia stanza quando ancora mi trovavo addormentato e mi sottopose a domande e nell'occasione si trovò ad assistere alla scena mia madre affetta da Alzheimer... In parole povere una persona in scooter del colore uguale al mio aveva tentato una rapina, ma la polizia per fortuna dovette constatare che il motore del mio scooter era freddo e che quindi non poteva essere quello utilizzato per la rapina. Anche i vertici della polizia dichiararono che ero risultato completamente estraneo al fatto delittuoso. Per dovere di cronaca devo dire che chi decise di inviare gli agenti 24 anni fa in casa mia, con la motivazione che Aldo era stato visto due o tre giorni prima del delitto del commerciante nei pressi del negozio, è lo stesso uomo che oggi sta a capo degli investigatori che sono venuti improvvisamente nella mia stanza e, credetemi, non è stato tanto bello -:
se non si ritenga di dover acquisire elementi in ordine alle modalità in cui si e svolta l'irruzione di alcuni agenti di polizia nella casa di Cristiano Scardella nel novembre del 2009; in particolare, se non ritenga di dover verificare se nel caso di specie vi siano state violazioni delle procedure che sovrintendono a operazioni di questo tipo e quali provvedimenti intenda assumere in tal caso.
(4-09972)

TESTO AGGIORNATO AL 16 DICEMBRE 2010

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BOBBA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la II facoltà di ingegneria del politecnico di Torino è stata istituita con il decreto rettorale 9 luglio 1990, n. 695, il

quale rispondeva alla necessità di attivare poli universitari in sedi decentrate, con l'obiettivo di fornire un servizio al territorio portando l'offerta didattica universitaria verso l'utenza, sempre crescente, favorita e spinta non solo da motivazioni e richieste forti sia dell'ateneo che degli stakeholder locali, ma da condizioni di contesto particolarmente favorevoli, anche di carattere finanziario, che si sono tradotte in investimenti cospicui e specifici;
delle 5 sedi decentrate del politecnico di Torino, Mondovì, Alessandria, Biella, Verres, e Vercelli, quest'ultima è l'unica sede universitaria distaccata, con due corsi di laurea autonomi in ingegneria;
le aziende afferenti il territorio vercellese hanno costituito con la sede universitaria locale del politecnico un vero e proprio polo innovativo, in termini di ricerca, di collaborazione e di inserimento lavorativo, prestandosi la facoltà di ingegneria a radicarsi nella vocazione territoriale industriale;
con decreto rettorale del politecnico di Torino, del 28 dicembre 2009 n. 283, è stata disattivata la II facoltà di ingegneria con sede in Vercelli, a far data dal 1o gennaio 2010;
il senato accademico del politecnico di Torino, in data 19 novembre 2009 ha inoltre deliberato di spostare l'afferenza dei CdS della II facoltà di ingegneria alle pertinenti facoltà metropolitane che, solo nel transitorio, acquisiranno come sede decentrata Vercelli e di trasferire, dal punto di vista amministrativo, gli studenti della II facoltà alle nuove facoltà;
la decisone di limitare l'offerta decentrata sul territorio è successiva al decreto ministeriale per il riordino dell'offerta didattica delle università e alla nota del Ministro dell'istruzione, università e ricerca, riguardante «Ulteriori interventi per la razionalizzazione e qualificazione dell'offerta formativa nella prospettiva dell'accreditamento dei corsi di studio», i quali hanno imposto limiti stringenti alle possibilità di progettazione dei percorsi formativi universitari;
in data 19 ottobre 2009, diffusasi la notizia dell'imminenza di detto provvedimento, il consiglio comunale e il consiglio provinciale di Vercelli si riunirono in seduta congiunta, tenutasi nell'aula magna della facoltà di ingegneria di Vercelli, cui intervenne anche il rettore del politecnico di Torino, professor Profumo, chiedendo unanimemente, a seguito di vivace dibattito, allo stesso e al senato accademico, «di rivedere la proclamata volontà di concentrare su Torino tutta l'attività di ricerca e di didattica»;
nonostante il rettore, chiarissimo professor Profumo, abbia rassicurato sia gli studenti, sia il corpo docente e amministrativo, esplicitando l'intenzione di «mantenere in vita ciò che già esiste» e aggiungendo che «nessun dipendente rischierà il posto di lavoro né sarà obbligato a cambiare sede» (La Repubblica, edizione di Torino, 10 febbraio 2010) forte è la preoccupazione sul territorio vercellese;
il presidente della Camera di commercio di Vercelli ha palesato il proprio disappunto, contestualizzando la chiusura della sede di ingegneria con una perdita in termini di ricavi derivanti dalla spesa e consumo di docenti, ricercatori e studenti, per un totale di circa 1.100 persone, con una conseguenza non indifferente per la città eusebina;
nei mesi precedenti al decreto senatoriale si è fatto un investimento rilevante per il politecnico di Vercelli, grazie alla fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli, che ha investito 900 mila euro e allo stanziamento di pari importo, recato complessivamente dal Comune e dalla Provincia;
con ricorso, ancora pendente, presso il tribunale amministrativo regionale per il Piemonte in data 5 febbraio 2010 contro il Politecnico di Torino e il Ministero dell'istruzione, università e ricerca, il Comune di Vercelli e la provincia di Vercelli, patrocinati dal professor avvocato Vittorio Barosio di Torino, hanno chiesto l'annullamento del decreto 28 dicembre 2009, n. 283 del 2009, nonché di ogni altro atto

antecedente, preparatorio, presupposto, consequenziale o comunque connesso con quello impugnato;
in data 20 aprile 2010 il sottosegretario di Stato, onorevole Guido Viceconte, nel rispondere all'interrogazione 3-00797, relativa alla medesima problematica, precisava: «Le sedi decentrate, pertanto, non verranno chiuse, bensì rafforzate, in linea con il piano strategico di ateneo e la sua caratterizzazione in termini di ricerca, trasferimento tecnologico, servizi al territorio, localizzazione di attività formative non istituzionali, di percorsi formativi professionalizzanti e di formazione continua e permanente, nonché di formazione istituzionale erogata con modalità diverse (tutorati, esercitazioni e laboratori in loco, lezioni in formato e-learning)»;
il sottosegretario Viceconte, nella stessa sede, faceva presente che «, il senato ha dato mandato al rettore di avviare con la regione Piemonte un tavolo per la pianificazione e la progettazione degli istituti tecnici superiori, con il concorso del Ministero, di quello dello sviluppo economico e degli altri attori del sistema socio-economico, con l'obiettivo di adottare in Piemonte un nuovo sistema di alta formazione che preveda, accanto ai percorsi curriculari di primo, secondo e terzo livello, concentrati nella sede metropolitana, percorsi professionalizzanti post-secondari, prevalentemente localizzati sul territorio e specificamente presso i poli decentrati del Politecnico di Torino», quindi anche per ciò che concerne la sede di Vercelli;
ad oggi quanto annunciato dall'onorevole Viceconte è del tutto disatteso e lo stesso chiarissimo rettore professor Profumo, nulla ha predisposto in tal senso, quantunque gli sia stato attribuito mandato in tal senso dal senato accademico;
nonostante la chiusura della II facoltà di ingegneria di Vercelli, gli studenti dello stesso ateneo hanno vinto il premio per l'innovazione al «Motostudent», iniziativa spagnola organizzata dalla Moto Engineering Foundation;
i ragazzi del politecnico di Vercelli erano gli unici italiani invitati a gareggiare, dopo aver battuto sul tempo i colleghi torinesi, e la loro moto, realizzata in collaborazione con diverse aziende del settore, caratterizzata da un telaio completamente incollato è stata definita all'altezza di un Gran Premio, portando i ragazzi a ricevere il primo premio;
la vittoria conseguita ribadisce l'eccellenza del made in Italy e l'avanguardia della ricerca italiana nel mondo, ma anche l'eccellenza del territorio vercellese, con le sue peculiarità;
la riforma dell'università attualmente all'esame del Senato della Repubblica, avrebbe l'innovativa peculiarità, secondo il Ministro Mariastella Gelmini, di incentivare la meritocrazia e di recare misure premiali nei confronti di quelle università in grado di distinguersi -:
quali urgenti iniziative si intenda porre in essere, anche in sede di riparto del Fondo di finanziamento ordinario delle università, al fine di agevolare una riconsiderazione della chiusura della facoltà di ingegneria della sede di Vercelli, adottata dal Senato accademico, anche alla luce del recente premio attribuito agli studenti della sede locale, al fine di permettere un'offerta formativa didattica contemperata al territorio e di evitare il rischio di distruggere l'economia del territorio ormai basata anche sull'università e allo stesso tempo di perdere gli ingenti investimenti attuati.
(5-03945)

COSENZA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la difficile situazione in cui versa la tutela dell'ambiente e del territorio in Italia - si pensi all'emergenza rifiuti in Campania, alle molte situazioni di dissesto idrogeologico e al grave livello di inquinamento dell'aria nelle città certificato dalla recente decisione della Commissione europea di deferire il nostro Paese per

violazione delle direttive comunitarie - impone una strategia innovativa e di ampio respiro che nel lungo periodo, al fianco delle misure occorrenti per rispondere alle emergenze, punti anche sulla prevenzione attraverso la sensibilizzazione delle nuove generazioni ai temi relativi alla tutela dell'ambiente e del territorio;
è infatti decisivo, per il futuro del nostro Paese (dalla qualità della vita per tutti i cittadini alla creazione di contesti ambientali sempre più favorevoli per lo sviluppo del turismo in particolar modo nel Mezzogiorno), il formarsi di giovani generazioni che siano consapevoli dell'essenzialità di tenere comportamenti responsabili e innovativi, così come siano consapevoli anche circa i diritti sulla propria salute, circa la conservazione e la corretta gestione delle risorse della natura, circa le opportunità di sviluppo economico collegate alla tutela ambientale (la cosiddetta «green economy») e circa la necessità di gestire i rifiuti come una potenziale risorsa attraverso lo sviluppo di una vera e propria economia del riciclo e del recupero, cosa, quest'ultima, ancora più urgente in Campania dove si vive una condizione di grave arretratezza;
l'articolo 7-bis del primo decreto-legge sull'emergenza rifiuti in Campania (n. 172 del 2008, convertito in legge con modificazioni dalla legge n. 210 del 2008) varato nella presente legislatura prevede già l'inserimento, nei programmi scolastici della scuola dell'obbligo, dell'educazione ambientale e afferma che le modalità attuative saranno determinate da un successivo decreto ministeriale;
tale innovativa previsione, introdotta grazie all'approvazione di un emendamento dell'interrogante durante l'esame in Commissione ambiente del decreto-legge n. 172 del 2008, non è stata però mai concretamente realizzata a causa del mancato varo del decreto attuativo;
l'assenza dell'educazione ambientale nelle scuole, tanto più in presenza di una norma di legge che espressamente la prevede e alla luce del perenne stato di emergenza in cui versa la Campania sul tema della gestione dei rifiuti, rappresenta una lacuna che è assolutamente essenziale, proprio nell'ottica di lungo periodo e di ampio respiro in materia ambientale e di tutela del territorio sopra evidenziata, riempire -:
quali urgenti iniziative il Governo, nell'ambito della sua politica a tutela dell'ecosistema e del territorio, intenda assumere per dare concreta attuazione all'insegnamento dell'educazione ambientale;
se, in attesa di una completa copertura del territorio nazionale, sia ritenuto opportuno anticipare l'inserimento dell'educazione ambientale con specifico riferimento alle scuole della regione Campania, dove il drammatico susseguirsi di emergenze sulla gestione dei rifiuti impone, più che in ogni altro luogo del Paese, la promozione tra i giovani di un'autentica cultura della prevenzione che insegni loro i principi della raccolta differenziata e più in generale di tutti i comportamenti virtuosi per la protezione dell'ambiente e del territorio;
se, in ragione dell'importanza del tema e della necessità di non far trascorrere altro tempo invano, qualora vi siano ostacoli di tipo organizzativo e amministrativo che materialmente impediscono l'immediato avvio dell'educazione ambientale nell'ambito dei regolari piani di studio, sia valutabile da parte del Governo l'ipotesi di avvalersi della collaborazione di soggetti privati, attivi nel settore ambientale, per l'organizzazione, al di fuori del piano di studi, di corsi da realizzarsi in ambito scolastico e volti a sensibilizzare e rendere consapevoli i giovani sulla tutela dell'ambiente e del territorio.
(5-03952)

Interrogazioni a risposta scritta:

CICCANTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
per accedere all'insegnamento della classe di concorso «A019 - Discipline

giuridiche ed economiche negli Istituti di Istruzione secondaria di II grado» i laureati in economia e giurisprudenza devono aver sostenuto o sostenere esami integrativi che, come richiesto dal Ministero, prevedono:
a) per politica economica: 12 crediti formativi nel settore SECS-P/02;
b) per economia aziendale: 12 crediti formativi nel settore SECS-P/07;
c) per economia politica: 12 crediti formativi nel settore SECS-P/01;
d) per statistica: 12 crediti formativi nel settore SECS-S/03;
varie facoltà, come la facoltà di economia dell'università «Carlo Bo» di Urbino riconoscono:
a) per politica economica ed economia delle aziende solo dieci crediti a fronte dei 12 previsti dal Ministero;
b) per statistica solo 10 crediti, per di più, nel settore SECS-S01 e non nel SECS-S/03;
gli interessi di numerosi laureati - che hanno già sostenuto gli esami integrativi previsti dagli atenei, anche con dispendio di denaro per il pagamento delle tasse - non possono venire lesi dalle divergenze tra i vincoli crediti/settori posti dal Ministero per l'accesso alla classe di concorso e quelli riconosciuti da vari atenei -:
se non ritenga opportuna l'assunzione di iniziative volte a fare in modo che i crediti formativi acquisiti e corrispondenti alla preparazione culturale ottenuti possano essere sempre sufficienti di integrare i requisiti ministeriali e, per quanto concerne l'esame di statistica, il settore SECS-S01 sia considerato omogeneo al SECS-S/03.
(4-09893)

GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a seguito dell'ultimo riordino delle classi di concorso approvato con decreto ministeriale 39/98, l'insegnamento di disegno tecnico è stato attribuito, nei bienni di tutti gli istituti tecnici, agli abilitati alla classe di concorso A071 - tecnologie e disegno tecnico (riferimento decreto 39/98 - tabella A);
i docenti abilitati alla suddetta classe di concorso sono ingegneri e architetti;
l'attuale classe di concorso A071 - tecnologie e disegno tecnico - secondo le disposizioni dello «Schema di Regolamento per la razionalizzazione e l'accorpamento delle classi di concorso» - sarà unita alla classe di concorso A016 (costruzioni, tecnologia delle costruzioni e disegno tecnico) e alla classe di concorso A027 (disegno tecnico e artistico) per formare una nuova classe di concorso A-56 (tecnologie e tecniche di rappresentazione grafica), i cui contenuti, rispetto alla disciplina «Tecnologie e Disegno», riguarderanno solo il linguaggio tecnico-grafico e non più la tecnologia e i relativi processi produttivi;
altresì, i docenti, ingegneri e architetti, abilitati per la citata classe di concorso A016, potranno, previo aggiornamento, essere accorpati ai docenti A072 (tipografia, costruzioni rurali e disegno) per formare una ulteriore classe di concorso, l'A-35 (scienze e tecnologie delle costruzioni). Tale possibilità viene invece negata ai docenti A071, egualmente ingegneri e architetti. Per la nuova classe A35 è ammesso l'insegnamento di «Tecnologie e tecniche di rappresentazione grafica», permettendo in tal modo a due nuove classi di concorso, A-56 e A-35, di insegnare «Tecnologie e tecniche di rappresentazione grafica» al biennio degli istituti tecnici - settore tecnologico: (indirizzo agraria, agroalimentare e agroindustria e indirizzo costruzioni, ambiente e territorio);
a fronte di tali presupposti, si evidenzia una forte riduzione delle opportunità di insegnamento per i docenti A071 e una disparità di trattamento tra coloro che possiedono gli stessi titoli di studio e abilitazioni simili, così come appare poco

chiara la motivazione di una scelta che rende più complessa la gestione degli organici nei suddetti istituti tecnici e più incerte e difficoltose le operazioni di reclutamento dei docenti;
i contenuti della nuova disciplina «Scienze e Tecnologie applicate», si riferiscono a quelli della precedente disciplina «Tecnologie e disegno» della classe di abilitazione A071, nei cui percorsi abilitanti delle università italiane erano contemplati esami con specifici argomenti riguardanti la tecnologia, i processi di lavorazione dei materiali congiunti ai processi produttivi; tali contenuti ora, impropriamente, vengono scissi dai contenuti di rappresentazione grafica per costituire una nuova disciplina «Scienze e Tecnologie applicate» che, senza motivo, non può essere insegnata dai docenti A071, nonostante gli stessi abbiano acquisito sia una preparazione adeguata durante i percorsi di abilitazione sia esperienza maturata durante gli anni di insegnamento;
a seguito del regolamento di riordino degli istituti tecnici, la classe di concorso A071 risulta peraltro ulteriormente penalizzata: la riduzione delle ore di laboratorio (- 3 ore al secondo anno) determina l'assegnazione di più classi ad ogni singolo docente e, di conseguenza, la perdita di posti disponibili e l'impossibilità da parte dei docenti precari di ottenere incarichi a tempo determinato -:
se il Ministro interrogato, in vista dell'adozione del regolamento per la razionalizzazione e l'accorpamento delle classi di concorso, non ritenga opportuno consentire ai docenti della classe A071 di insegnare la disciplina «scienze e tecnologie applicate», prevista al secondo anno del biennio degli istituti tecnici e, previo aggiornamento, prevedere la possibilità di essere accorpati alla nuova classe A35, in analogia a quanto previsto per i colleghi della classe A016.
(4-09940)

PICCHI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da fonti stampa si apprende che una studentessa di prima media in un istituto della provincia di Firenze è stata costretta dal padre per motivi religiosi a saltare la scuola ogni volta che c'era lezione di musica, accumulando così troppi giorni di assenza tali da costringere gli insegnanti a bocciarla nel giugno 2008, nonostante il buon andamento scolastico nelle altre materie e che i dirigenti scolastici hanno esperito tutti i tentativi possibili per aprire un dialogo col padre;
il compromesso raggiunto per evitare i giorni di assenza è che durante le ore di musica la bambina indossa una cuffia che la isoli completamente dal contesto;
impedire ai figli di frequentare la scuola dell'obbligo è un reato e, dopo che la vicenda è stata segnalata al sindaco e poi ai carabinieri, il padre della ragazzina è stato denunciato e rinviato a giudizio e la prima udienza del processo di fronte al giudice di pace si è svolta il 25 novembre 2010;
il padre ha altri figli, ragionevolmente il problema potrebbe riproporsi è ed è inaccettabile privare chiunque del diritto all'istruzione -:
quali siano gli intendimenti del Ministro in relazione al problema della dispersione scolastica determinata da motivi religiosi e quali iniziative di competenza intenda assumere per favorire l'integrazione ed impedire che si verifichino altri eventi analoghi in futuro.
(4-09949)

COSENZA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
le cattive abitudini alimentari, la mancanza di movimento fisico, la diffusione del fumo, i rischi legati alla droga e le influenze diseducative provenienti dall'offerta televisiva e su internet sono tra i fattori che mettono a rischio il sereno

sviluppo dei bambini e degli adolescenti. Si pensi al crescente tasso di sovrappeso e obesità che, soprattutto in alcune regioni come la Campania, si registra in età scolare e agli esempi diseducativi che sempre di più giungono dai mezzi di comunicazione;
la società italiana deve nel suo complesso reagire a questi pericoli nella consapevolezza che in gioco, con la salvaguardia delle giovani generazioni, c'è il futuro stesso del nostro Paese. Non c'è dubbio che, in tal senso, il ruolo più importante lo giochi la famiglia, ma anche le istituzioni devono avere un ruolo molto forte;
in tal senso, il luogo ideale in cui intervenire è rappresentato dalla scuola, intesa anche come luogo in cui ai giovani viene offerta la possibilità di comprendere in modo davvero consapevole la pericolosità e l'insensatezza di alcuni comportamenti, veicolati anche dai media e da internet, che per molti anni sono stati accomunati a modelli di vita «vincenti»;
un sostegno importante perché tale strategia abbia davvero successo può essere offerto dalla partecipazione di soggetti privati (fondazioni, associazioni di categoria, istituti di ricerca e singoli progetti di ricerca sostenuti da grandi aziende, in particolare del mondo dell'alimentazione e della comunicazione) che già oggi sono attivi nel settore della tutela e della diffusione tra i giovani dei corretti stili di vita e che quindi, pur nell'ottica di un equilibrato rapporto tra pubblico e privato, potrebbero cooperare in modo fecondo con le istituzioni scolastiche, per esempio offrendo un contributo importante anche sul piano finanziario -:
se il Governo intenda valutare l'ipotesi di avvalersi della collaborazione di soggetti privati, attivi nella tutela e nella promozione dei corretti stili di vita, per l'organizzazione, al di fuori del piano di studi, di corsi volti a sensibilizzare e rendere consapevoli i giovani a tale riguardo.
(4-09952)

TESTO AGGIORNATO AL 26 GENNAIO 2011

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CAZZOLA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 53 del 2000, recante disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città, all'articolo 4, comma 2, prevede che i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari relativi alla situazione personale, della propria famiglia anagrafica, dei soggetti di cui all'articolo 433 del codice civile anche se non conviventi, nonché dei portatori di handicap, parenti o affini entro il terzo grado, anche se non conviventi, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni;
durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa, con l'effetto che tali congedi non producono alcun onere diretto a carico del bilancio dello Stato;
l'articolo 2 del decreto ministeriale 21 luglio 2000, n. 278, che ne regolamenta l'attuazione, concernente i congedi per eventi e cause particolari, stabilisce i presupposti in base ai quali può essere richiesto il suddetto congedo per gravi e documentati motivi familiari;
tra tali presupposti, oltre alla sussistenza di patologie, espressamente elencate, sono indicati, al comma 1, lettera a) del citato articolo 2, le necessità familiari derivanti dal decesso di una delle persone sopra indicate e, alla lettera c), le situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il dipendente;

tali disposizioni, mentre non lasciano dubbi in ordine alle patologie ritenute rilevanti, contengono invece un ambito di genericità, espressamente voluto dal legislatore nell'impossibilità di prevedere tutte le possibili cause e tuttavia senza voler precludere altre rilevanti motivazioni riscontrabili nella pratica, in merito al presupposto del grave disagio personale di cui non sono indicate le situazioni ad esso riconducibili;
tale genericità può dar luogo a casi di disparità di trattamento dei richiedenti, ove non fossero riconosciute fattispecie non indicate, come le situazioni derivanti dalla scomparsa di familiari, anche non conviventi, quale risulta da atti della pubblica autorità;
tale scomparsa - fenomeno purtroppo crescente, come evidenzia la relazione semestrale giugno 2010 del Commissario straordinario per le persone scomparse - costituisce un fatto gravissimo oltre che sul piano degli affetti, anche su quello dell'impegno personale richiesto ai familiari a fini dello svolgimento di tutte le incombenze, anche burocratiche, quali la presenza durante le battute di ricerca organizzate dalle prefetture territorialmente competenti, prevista espressamente dalle linee guida del Ministero dell'interno del 5 agosto 2010 emanate per favorire la ricerca di persone scomparse -:
se il Ministro non ritenga che la fattispecie del grave disagio personale non possa contemplare anche il caso in esame e - in caso affermativo - se non giudichi opportuno agire in via interpretativa affinché, in sede di applicazione dell'articolo 4 della citata legge n. 53 del 2000, tra i motivi previsti dal citato decreto ministeriale n. 278 del 2000, per i quali può essere concesso il congedo in questione, sia incluso quello della scomparsa di familiari entro il secondo grado, anche non conviventi, quale risulta da atti della pubblica autorità.
(5-03942)

Interrogazioni a risposta scritta:

PES e ARGENTIN. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da gennaio ad ottobre dell'anno in corso sono state presentate presso la sede INPS di Oristano 3.535 domande di invalidità civile, cecità, sordità, riconoscimento della legge 104 e del collocamento mirato, per un totale di 6.293 prestazioni;
in base ai dati diffusi dalla CGIL risulterebbero liquidate appena 374 domande;
da settembre, sempre secondo i dati del sindacato, le pratiche di invalidità e l'indennità di accompagnamento sono bloccate;
anche quelle già definite non vengono ufficializzate con i verbali;
anche i soggetti affetti da gravi patologie o disabilità (500 i malati tumorali e 600 con disabilità gravi), per i quali la legge prevede 15 giorni per l'espletamento della pratica, non ricevono da tempo alcuna risposta;
si sta procedendo a convocare per accertamenti sull'effettivo possesso dei requisiti soggetti portatori di disabilità non reversibili e definitive (quali per esempio la sindrome di Down, la cecità, la poliomielite) per le quali appare priva di senso una nuova verifica;
sempre per accertamenti, si sta procedendo a convocare soggetti impossibilitati alla deambulazione, che per raggiungere le sedi in cui sono effettuati i controlli devono fare ricorso ad autoambulanze e barelle;
sia i ritardi nell'evasione delle pratiche, sia il rigido sistema di convocazione penalizzano soggetti colpiti da gravi invalidità -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopra descritta e se non ritenga opportuno intervenire al più presto per modificare e snellire l'iter burocratico

e modificare le modalità e i criteri di convocazione dei soggetti invalidi.
(4-09909)

LANDOLFI e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 26 aprile 2010, il Presidente dell'ufficio provinciale di Matera dell'A.I.C. (Associazione italiana coltivatori) federata Copagri, cui afferisce il patronato INPAL, dottor Eustachio Ricchiuti, inoltrava al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - dipartimento vigilanza attività dei patronati divisione V, una lettera con protocollo n. 522/2010 che testualmente riferiva: «Con riferimento all'allegata nota prot. n. 516/2010, nonché all'allegato n. 1, indirizzati anche a codesto Ministero, con la presente si invita il preposto Dipartimento, ad effettuare un capillare accertamento circa la denunciata distrazione ed uso in proprio di fondi pubblici, come riportati al punto 2 del citato allegato n. 1, con conseguente adozione dei provvedimenti di legge previsti in materia. Si presume, infatti, che il residuo importo di euro 750.000,00 (settecentocinquantamila/00) trasferito all'A.I.C., sia stato indebitamente incamerato dall'ex Presidente INPAL Giuseppino Santoianni, attraverso procedure di forme diverse di fatturazione, con il coinvolgimento del genero Sig. Berlingeri Orlando. Si resta in attesa di quanto sarà fatto in merito e si porgono distinti saluti.»;
in data 8 giugno 2010, il Ministero, con missiva firmata dal direttore generale della divisione V, professor Giovanni Geroldi, prot. n. 24/V/0011774 avente ad oggetto «Presunte irregolarità gestionali Patronato INPAL. Presidente Nazionale A.I.C. Giuseppino Santoianni», così rispondeva al Presidente dell'INPAL, dottor Domenico Commisso: «È pervenuto allo scrivente da parte del presidente AIC di Matera, sig. Eustachio Ricchiuti, un esposto concernente presunte irregolarità nella gestione finanziaria di codesto patronato, con storno di somme ad esso destinate verso attività immobiliari poste in essere dal presidente A.I.C. pro-tempore, Giuseppino Santoianni, già presidente INPAL. Inoltre, il sig. Ricchiuti denuncia la gestione nepotistica del Patronato, sempre ad opera del Santoianni, e lamenta vessazioni ed intimidazioni nei confronti suoi e del personale operante presso la sede nazionale INPAL e verso le sedi provinciali che hanno condiviso tale azione di denuncia. A riguardo, stante la gravità dei fatti esposti che, se accertati, potrebbero portare al commissariamento di codesto Istituto ex-lege n. 152 del 2001, si richiede di fornire - con ogni urgenza - elementi di conoscenza e quanto utile alle valutazioni di competenza dello scrivente, nonché copia di verbali e/o documentazione relativa agli anni 2005-2010. Si resta in attesa di sollecito riscontro»;
in data 17 giugno 2010, la documentazione richiesta veniva inviata al Ministero dal dirigente facente funzioni, vicepresidente nazionale dell'INPAL, dottor Fedele Lucarelli -:
quale esito abbia prodotto l'attività ispettiva del Ministero vigilante;
quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro al fine di assicurare condizioni di agibilità e trasparenza nella gestione del Patronato INPAL non escluso il commissariamento di suddetto patronato.
(4-09956)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

BELLANOVA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
i consorzi di bonifica, già previsti nel regio decreto 8 maggio 1904, n. 368 nascono, di fatto, con il regio decreto 13 febbraio 1933 n. 215 che disponeva la

costituzione obbligatoria degli stessi a richiesta dei proprietari agricoli della maggior parte del territorio. I consorzi si qualificavano, dunque, come organi di autogoverno del territorio ed in particolare del mondo agricolo. Nel corso degli anni, però, la forma dell'autogoverno è quasi totalmente scomparsa e gli agricoltori, oggi, si trovano a corrispondere vere e proprie imposte, a beneficio degli stessi consorzi, delle quali non conoscono, nell'effettivo, nemmeno l'utilità;
in tempi recenti si sono avviate vere e proprie proteste popolari, sfociate poi in numerose vertenze, per l'ingiustizia e l'infondatezza anche giuridica di un tributo consortile richiesto per anni ai cittadini;
la tutela del territorio è da ritenersi sacrosanta, ma la stessa dovrebbe essere perseguita attraverso un nuovo assetto normativo che vede le funzioni pubbliche, esercitate oggi dai consorzi, affidate ad altri enti pubblici territoriali e nella fattispecie, i comuni e le province. Ciò anche per evitare eventuali episodi, verificatisi nel corso degli anni che hanno trasformato l'attività dei consorzi e relative nomine a capo di gestione degli stessi, in veri e propri «carrozzoni di potere» di nessuna utilità per gli agricoltori ed i cittadini;
molte regioni italiane nell'applicazione di quanto previsto dalle cosiddette «Leggi Bassanini» (legge n. 59 del 1997 e del decreto legislativo n. 112 del 1998) hanno già, di fatto, trasferito l'effettivo esercizio delle funzioni agli enti locali territoriali;
lo stesso codice delle autonomie presentato dal Ministro Calderoli aveva previsto la soppressione dei sopra citati consorzi, definiti dallo stesso, da quanto riportato dagli organi di informazione, addirittura come «enti dannosi»;
sarebbe opportuno sopprimere i consorzi di bonifica, affidandone le competenze a Province e Comuni, scongiurando, in tal modo, la possibilità di mantenere un ingiusto privilegio anacronistico di potere oligarchico a favore di una ristretta categoria di soggetti privati -:
se non si ritenga necessario, anche mediante gli opportuni accordi con le regioni, promuovere la soppressione dei consorzi di bonifica, anche in considerazione di quanto risulta dalla proposta formulata dal Ministro per la semplificazione.
(4-09957)

TESTO AGGIORNATO AL 26 GENNAIO 2011

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POLITICHE EUROPEE

Interrogazione a risposta scritta:

ANTONIONE e CARLUCCI. - Al Ministro per le politiche europee, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 10 dicembre 2010 si svolgerà il Consiglio competitività dell'Unione europea;
Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia e Slovenia hanno chiesto di inserire all'ordine del giorno il tema dei futuri sviluppi del brevetto europeo;
l'intento di questi Paesi sembra essere quello di attivare, in mancanza della prescritta unanimità fra i 27 Stati membri, il regime di cooperazione rafforzata, che consentirebbe, ad una mera maggioranza qualificata di Stati membri dell'Unione europea, di decidere che solo tre lingue, inglese, francese e tedesco, vengano utilizzate nel regime di traduzione del sistema brevettuale dell'Unione europea;
questa decisione andrebbe chiaramente contro due fondamentali esigenze: la non discriminazione fra gli Stati europei e le loro imprese e la definizione di un sistema che sia finanziariamente sostenibile e giuridicamente certo;
per quanto riguarda il nostro Paese, nel trasferire il regime trilinguista inglese-francese-tedesco nel sistema comunitario, si introdurrebbe un gravissimo elemento

di discriminazione contro l'Italia, la lingua italiana e il nostro sistema d'imprese -:
quali iniziative intenda adottare e in quali sedi, per tutelare questo gravissimo «attacco politico» contro il nostro Paese, la nostra lingua e le nostre imprese;
come si intenda intervenire, a livello bilaterale, nei confronti dei Paesi che hanno assunto questa inaccettabile determinazione;
se e come si ritenga di stigmatizzare il comportamento della Slovenia che da sempre è in prima fila per la tutela della propria minoranza linguistica.
(4-09915)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il pensionato INPDAP, già dipendente di un ente locale, nel caso riprenda a lavorare nella stessa amministrazione, è assoggettato, nel chiedere una nuova pensione per la totalità del servizio lavorativo, alla restituzione della pensione percepita durante il periodo di pensionamento puro che separa i due servizi;
l'assoggettamento è frutto dell'applicazione da parte dell'INPDAP del regio decreto n. 680 del 1938 che rappresenta l'ordinamento della Cassa pensioni dei dipendenti degli enti locali, in particolare dell'articolo 63;
l'articolo 63 è stato formalmente abrogato nel 1965, ormai da 45 anni, dal decreto del Presidente della Repubblica n. 758 del 1965 con il quale sono state introdotte nell'ordinamento giuridico le nuove norme sul cumulo di pensioni e stipendi a carico dello stato e degli enti pubblici. Tale decreto, che ha rivisto nell'ambito del pubblico impiego l'intera materia del cumulo predetto, prevede, all'articolo 9, l'abrogazione di tutte le norme precedentemente in vigore che attenevano al cumulo;
tra le disposizioni già in vigore in materia di cumulo non può non farsi rientrare l'articolo 63 citato, che si occupa di quella particolare forma di cumulo che riguarda l'impiegato, al quale, dopo la ripresa dell'attività, è concesso di «continuare a godere della pensione», come è scritto nel comma 1, cumulandola con lo stipendio;
l'aver mantenuto in vita l'articolo 63, ignorando l'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 758 del 1965, penalizza l'impiegato che rientra in servizio con il solo stipendio: detto impiegato, quanto alla restituzione della pensione, riceve lo stesso trattamento di quello ex articolo 63 il quale, ripresa l'attività, ottiene con lo stipendio la pensione del precedente servizio;
l'INPDAP non può, data la differenza che passa tra le due situazioni, farne una sola ai fini della restituzione della pensione in presenza di richiesta di nuova pensione;
d'altra parte non può costituire una soluzione la quota aggiuntiva sulla pensione già attribuita: a parità di contribuzione detta quota è insignificante rispetto al trattamento che si verrebbe a ricevere per l'insieme dei servizi;
si segnala il caso di un dipendente regionale, che, avendo ripreso servizio nella stessa amministrazione (la regione Lazio), ha chiesto all'INPDAP, ai sensi dell'articolo 134 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973, la ricongiunzione dei servizi per ottenere la

pensione, calcolata sulla totalità degli stessi -:
quali siano i motivi per i quali non si sia ancora tenuto conto dell'abrogazione dell'articolo 63 del regio decreto n. 680 del 1938 ad opera dell'articolo 9 del decreto n. 758 del 1965, considerato che sono trascorsi ben 45 anni dall'entrata in vigore del citato decreto;
quali siano i motivi per i quali non si sia tenuto conto delle prescrizioni dell'articolo 134 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973, per quanto attiene alla fattispecie dell'impiegato pubblico che rientra in servizio nella stessa amministrazione con iscrizione allo stesso ente previdenziale e in regime di divieto di cumulo, considerato che sono trascorsi ben 37 anni dall'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973;
quali siano i motivi per i quali l'Ispettorato del Dipartimento della funzione pubblica, a fronte della denuncia dall'Associazione per i diritti degli utenti e consumatori non abbia ritenuto di sollecitare ulteriormente l'INPDAP che non ha portato a conclusione ben 4 procedimenti avviati che obbligatoriamente conseguono ad altrettante istanze di un impiegato.
(4-09964)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

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SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

BINETTI. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il piano di revisioni nei confronti dei titolari di pensione sociale avviato dall'INPS in base al decreto legge n. 78 del maggio 2010 ha causato l'indignazione di quanti, sulla sedia a rotelle o direttamente in ambulanza si sono recati o sono stati chiamati a farlo, negli uffici dell'INPS per produrre la documentazione aggiuntiva a quella già in possesso e considerata insufficiente;
la signora Maria Elena è una dei 200 mila titolari di pensione di invalidità civile scelti a campione per le verifiche disposte dal Ministero nella campagna contro i falsi invalidi. All'improvviso, dopo undici anni, l'INPS chiede entro 15 giorni tutta la documentazione probante la sua invalidità, pena la sospensione del sussidio;
la donna barese di 46 anni affetta da sclerosi multipla, immobilizzata braccia e gambe dalla malattia, costretta alla sedia a rotelle da undici anni e perciò titolare di pensione sociale ha subito oltre il danno della malattia, la beffa della burocrazia. Un contributo pubblico di 250 euro più 470 di indennità di accompagnamento, praticamente solo un terzo di quanto spende per essere assistita da tre badanti che si alternano giorno e notte;
l'INPS dichiara che l'anno scorso la pensione non è stata confermata nel 15 per cento dei casi verificati perché si trattava di finti invalidi. Tutto ciò accade perché ci sono patologie suscettibili di miglioramento, ma anche situazioni certificate all'origine con superficialità, a fronte di situazioni diametralmente opposte in cui le lesioni degenerative sono progressive nel tempo;
tuttavia per ogni invalido che gode della pensione di invalidità esiste già sia presso l'ASL che presso l'INPS una documentazione molto chiara che permette di suddividere i pazienti almeno in tre classi:
a) pazienti la cui patologia è legata all'età e al naturale deterioramento delle condizioni fisiche, a cui si può aggiungere un ulteriore deterioramento delle capacità mentali (anziani disabili affetti da possibili forme di demenza);
b) pazienti la cui diagnosi è chiaramente riconducibile a patologie cronico-degenerative che non possono che peggiorare nel tempo, accentuando lo stato di disabilità e di non autosufficienza (SLA, SM, e altro);

c) altri pazienti;
almeno per quanto riguarda i pazienti delle due prime classi sopra citate, le indagini relative allo status della malattia dovrebbero essere affidate al medico generale (o medico di famiglia) con un esplicito invito a ricordare che dichiarazioni false sono passibili di condanna penale. In questi casi la visita di controllo dovrebbe essere di tipo domiciliare;
l'INPS nella sua azione di controllo dovrebbe contemplare anche l'azione positiva di sostegno a questi pazienti con un incremento reale delle indennità che ricevono, se le condizioni si dovessero aggravare, o comunque con una più ampia defiscalizzazione di tutti i costi relativi alla loro condizione di pazienti;
in sintesi: è possibile prevedere in anticipo quali sono i pazienti che non possono recarsi nella sede INPS e in questi casi effettuare una visita domiciliare; fare controlli non solo per punire, ma anche per sostenere più e meglio chi sta davvero male -:
quali iniziative urgenti intendano attuare per impedire che i «veri» malati debbano subire l'umiliazione di dimostrare il loro stato di reale ed evidente malattia e se non ritengano necessario adottare puntuali iniziative normative al fine di garantire che l'attività di verifica dell'invalidità civile, si svolga con ogni cautela possibile senza arrecare fastidi e disagi a persone affette da patologie gravi, contemplando la possibilità di effettuare visite domiciliari per i pazienti che non possono recarsi nelle sedi INPS.
(3-01366)

Interrogazioni a risposta scritta:

MIOTTO, FARINA COSCIONI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i limiti imposti ai cementifici ed agli inceneritori-termovalorizzatori, dalle vigenti norme, per le emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti appaiono disomogenei ed in particolare, per i cementifici il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 prevede che i limiti giornalieri siano i seguenti:
polveri totali: mg 30/Nm3;
biossido di zolfo: mg. 600/Nm3;
ossido di azoto: mg. 1.800/Nm3;

mentre per gli inceneritori-termovalorizzatori il decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 in attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti, prevede i seguenti limiti:
polveri totali: mg. 10/Nm3;
biossido di zolfo: mg. 50/Nm3;
ossido di azoto: mg. 200/Nm3;

appare evidente la macroscopica diversità dei limiti massimi tollerabili per fattori inquinanti analoghi, molto pericolosi per la salute;
non si evince dalle norme alcun ulteriore vincolo, qualora in un distretto territoriale a qualche chilometro di distanza, operi più di un cementificio, moltiplicando per due o per tre le quantità degli inquinanti immessi in atmosfera -:
se i Ministri intendano assumere le necessarie iniziative normative per allineare i limiti degli inquinanti previsti per i cementifici, al livello dei termovalorizzatori;
se i Ministri ritengano di assumere le necessarie iniziative anche normative per precisare le distanze minime fra gli impianti indicati in premessa, al fine di evitare gravi rischi alla salute dei cittadini, in presenza di più impianti nel medesimo territorio.
(4-09900)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'inquinamento acustico - traffico stradale, rumori condominiali, cantieri, aerei, treni, concerti - risulta spesso sottovalutato, nonostante sia causa di molti danni per la nostra salute. L'Organizzazione mondiale della sanità indica come soglia massima un livello tra i 55 e i 65 decibel, eppure tali limiti sono spesso lo standard in Italia;
secondo l'Airs, l'Associazione italiana per la ricerca sulla sordità, in Europa 80 milioni di persone sono sottoposte a livelli superiori ai 65 decibel e ben 170 milioni, ossia il 42 per cento della popolazione, al livello limite. Dati in linea con quelli italiani, dove il 70 per cento della popolazione subisce un'esposizione al rumore superiore a quello ritenuto accettabile dalla normativa vigente. La situazione non è migliore negli ambienti di lavoro. Lo scorso anno sono stati denunciati all'Inail quasi 6 mila casi di ipoacusia da rumore;
la diminuzione fino alla perdita della capacità uditiva è, infatti, uno dei rischi più diffusi a cui il lavoratore va incontro. Si tratta di una patologia da troppo tempo ai primi posti tra le malattie professionali, la più diffusa in Europa. Secondo un articolo pubblicato dal quotidiano Terra si stima che circa un terzo dei lavoratori europei sia esposto a livelli di rumore potenzialmente pericolosi per almeno un quarto dell'orario di lavoro. Ronzii, fischi, mal di testa, interferenza con le fasi del sonno: sono questi i primi sintomi causati dalla continua esposizione a decibel troppo alti. Spesso sono latenti e spesso degenerano in un deficit permanente, quale la perdita dell'udito. La continua esposizione a decibel superiori alla norma agisce, inoltre, sui sistemi neuro-regolatori modificandone le funzioni e provocando svariati disturbi. Il rumore diventa così responsabile di stress e di maggiori infortuni dovuti alla distrazione, ma anche di altre patologie che all'apparenza non hanno nulla a che vedere con l'udito. Si tratta di malattie complesse ai danni del sistema endocrino, all'apparato cardiovascolare e gastrointestinale. Tra i lavoratori, i settori più a rischio non sono solo quelli della metallurgia e dell'edilizia, ma anche la scuola, l'intrattenimento e i call center ed è per questo che la legislazione nazionale obbliga il datore di lavoro ad adottare una serie di provvedimenti preventivi per tutelare la salute dei dipendenti. Le aziende devono, infatti, attuare una riduzione del rumore a vari livelli: sia alla fonte, ovvero sui macchinari, sia sul percorso di propagazione, mediante cabine acustiche e schermi, sia con misure sull'operatore. In particolare, è bene sapere che laddove l'esposizione quotidiana sia oltre gli 85 decibel sono necessari dispositivi di protezione individuali. La prevenzione risulta l'arma più efficace contro la sordità, una malattia sociale fortemente invalidante che impedisce la comunicazione -:
se i Ministri interrogati siano al corrente dei dati divulgati dall'Airs;
se e quali iniziative intendano promuovere al fine di ridurre l'impatto dell'inquinamento acustico sulla salute.
(4-09912)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia francese per gli alimenti, l'ambiente e la sicurezza (AFSSA) ha effettuato uno studio sui possibili rischi derivanti dall'uso di particolari lampade led a forte intensità e con una notevole componente blu della luce;
secondo tale studio l'effetto negativo sulla retina della componente blu della luce può provocare danni soprattutto ai bambini;
lo studio rileva anche il rischio di abbagliamento a causa della forte intensità

(1.000 volte superiore a quella tradizionale) e direzionalità della luce stessa;
l'Agenzia ha sconsigliato l'utilizzo di fonti di luce «blu» in luoghi frequentati dai bambini e ritiene che queste particolari lampade debbano essere usate solo professionalmente e in condizioni che permettano la sicurezza dei lavoratori;
questi sistemi di illuminazione si stanno rapidamente diffondendo in ogni campo di applicazione a causa del basso consumo di energia e delle alte prestazioni che presentano -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intenda assumere iniziative per definire misure di tutela in conformità a quanto suggerito dall'AFSSA.
(4-09913)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «aperta» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2008-008719-25; codice protocollo: CBAF312A2201; titolo protocollo: Studio multicentrico di fase II, controllato in doppio cieco verso placebo, randomizzato, a gruppi paralleli, adattativo per la dose, per valutare sicurezza, tollerabilità ed efficacia sui parametri delle lesioni valutati con la risonanza magnetica nucleare e per determinare la curva dose-risposta di BAF312 somministrato una volta al giorno, per via orale, in pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente; data di registrazione: 6 febbraio 2009; promotore: Novartis Farma; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: sclerosi multipla -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-09922)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «aperta» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2007-001162-32; codice protocollo: CAMMS32400507; titolo protocollo: Studio randomizzato di Fase 3, con valutatore e dose in cieco, di confronto tra due diversi dosaggi di Alemtuzumab somministrato per via endovenosa annualmente e tre iniezioni sottocutanee settimanali di Interferone beta-1a (Rebif) in pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente che abbiano presentato una recidiva durante il trattamento con immunomodulanti; data di registrazione: 8 gennaio 2008; promotore: Genzyme; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: sclerosi multipla recidivante-remittente -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-09923)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui

medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «aperta» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2006-003366-33; codice protocollo: 26593; titolo protocollo: Studio di fase II, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, per valutare la sicurezza, tollerabilità ed efficacia di Cladribina in compresse orali in aggiunta a Rebif New Formulation in pazienti con sclerosi multipla in fase attiva; data di registrazione: 26 settembre 2007; promotore: Merck Serono Sa; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: sclerosi multipla -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-09924)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «aperta» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2009-017003-28; codice protocollo: BD0109; titolo protocollo: Relationship between IL-6 and TNF-alfa polymorphism with Flu like Syndrome development in Multiple Sclerosis patients treated with interferon-beta 1a im; data di registrazione: 8 marzo 2010; promotore: Biogen-Dompé SRL; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: sclerosi multipla -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-09925)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «aperta» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2009-012500-11; codice protocollo: 205MS301; titolo protocollo: Studio Multicentrico, Randomizzato, in Doppio Cieco, a Gruppi Paralleli, Controllato verso Farmaco Attivo per Determinare l'Efficacia e la Sicurezza della Monoterapia di Daclizumab High Yield Process (DAC HYP) rispetto ad Avonex (Interferone ß-1a) nei Pazienti affetti da SCLEROSI MULTIPLA Recidivante-Remittente; data di registrazione: 11 febbraio 2010; promotore: Biogen Idec Ltd; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: sclerosi multipla Recidivante-Remittente -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se saranno divulgati in congressi nazionali e internazionali e confrontati con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-09926)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui

medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «in fase di approvazione» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2008-004753-14; codice protocollo: 109MS303; titolo protocollo: A Dose-Blind, Multicenter, Extension Study to Determine the Long-Term Safety and Efficacy of Two Doses of BG00012 Monotherapy in Subjects with Relapsing-Remitting Multiple Sclerosis; data di registrazione: 23 marzo 2010; promotore: Biogen Idec LtD; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: sclerosi multipla recidivante-remittente -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se sarà divulgata in congressi nazionali e internazionali e confrontata con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-09927)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «conclusa» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2005-005985-35; codice protocollo: 1206.15; titolo protocollo: studio di 24 settimane, basato sulla risonanza magnetica, doppio-cieco, randomizzato, controllato verso placebo, a dosi crescenti variabili, per valutare la sicurezza, l'efficacia e la farmacocinetica di BIRT 2584 XX compresse, alle dosi di 100, 300 e 500 milligrammi, somministrato una volta al giorno in pazienti con forme recidivanti di sclerosi multipla; data di registrazione: 15 giugno 2006; promotore: Boehringer Ing.; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: forme recidivanti di sclerosi multipla -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se sarà divulgata in congressi nazionali e internazionali e confrontata con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-09928)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'agenzia italiana del farmaco, risulta «aperta» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2009-015556-15; codice protocollo: 101MS325; titolo protocollo: studio multicentrico, randomizzato, in cecità parziale, a gruppi paralleli, controllato verso farmaco attivo per valutare i benefici associati alla conversione della terapia (da glatiramer acetato oppure Interferone I2-1a) a Natalizumab nei soggetti affetti da sclerosi multipla recidivante-remittente; data di registrazione: 24 febbraio 2010; promotore: Biogen Idec LtD; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: sclerosi multipla recidivante remittente -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se sarà divulgata in congressi nazionali e internazionali e confrontata con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-09929)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il sito dell'osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «conclusa» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2007-000192-42; codice protocollo: 191622-516-00; titolo protocollo: studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, verso placebo, su gruppi paralleli, finalizzato a valutare la sicurezza e l'efficacia di un singolo trattamento a due livelli di dose con Botox (tossina botulinica di tipo A) complesso di neurotossine purificato, seguito da un secondo trattamento con Botox in pazienti presentanti incontinenza urinaria da iperattività detrusoriale neurogena; data di registrazione: 19 aprile 2007; promotore: Allergan; area terapeutica: nefrologia/urologia; indicazione proposta: incontinenza urinaria causata da iperattività detrusoriale neurogena (lesione spinale o sclerosi multipla) -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se sarà divulgata in congressi nazionali e internazionali e confrontata con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-09930)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la sclerosi multipla (SM), o sclerosi a placche, è una malattia a decorso cronico della sostanza bianca del sistema nervoso centrale; determina un danno e una perdita di mielina (processo di demielinizzazione) in più zone (da cui il nome «multipla») del sistema nervoso centrale. Le cause della malattia sono ancora in parte sconosciute, tuttavia la ricerca ha fatto grandi passi nel chiarire il modo con cui la malattia agisce, permettendo così di arrivare a una diagnosi e a un trattamento precoce che consentono alle persone con sclerosi multipla di mantenere una buona qualità di vita per molti anni. La sclerosi multipla è complessa e imprevedibile, ma non riduce l'aspettativa di vita, infatti la vita media delle persone ammalate è paragonabile a quella della popolazione generale;
secondo il sito dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'Agenzia italiana del farmaco risulta «in fase di approvazione» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2006-003696-12; codice protocollo: 109MS301; titolo protocollo: studio randomizzato, multicentrico, in doppio cieco, controllato verso placebo, con confronto della dose, mirato a valutare efficacia e sicurezza di BG00012 in soggetti con sclerosi multipla recidivante-remittente; data di registrazione: 19 giugno 2008; promotore: Biogen Idee LtD; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: sclerosi multipla recidivante-remittente -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se sarà divulgata in congressi nazionali e internazionali e confrontata con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-09931)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:

la sclerosi multipla (SM) è una malattia autoimmune che colpisce il sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale).

Intorno alle fibre nervose esiste una sostanza di rivestimento chiamata mielina che, oltre a proteggere le fibre, le aiuta a condurre gli impulsi nervosi. La perdita di questa protezione rende le fibre non efficienti nel condurre gli impulsi nervosi, causando disturbi legati alla sede del danno. La malattia si chiama così perché si formano delle «cicatrici» (sclerosi) nel tessuto nervoso leso e queste possono localizzarsi virtualmente in ogni parte del sistema nervoso centrale (ecco perché è detta «multipla»);
la causa esatta della sclerosi multipla è ad oggi sconosciuta; i ricercatori comunque ritengono che il danno alla mielina sia provocato da una reazione anomala del sistema immunitario che normalmente difende in nostro organismo da virus o batteri. In definitiva si parla di una malattia autoimmune, in cui il nostro organismo attacca per errore i suoi stessi tessuti, nel caso specifico la mielina;
non si sa ancora che cosa induca il sistema immunitario ad aggredire la mielina, ma probabilmente sono implicati diversi fattori, in particolare la predisposizione genetica e fattori ambientali scatenanti;
secondo il sito dell'osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica sui medicinali (OSSC) dell'agenzia italiana del farmaco, risulta «aperta» la seguente sperimentazione: EudraCT number: 2005-004061-41; codice protocollo: l0l-MS-321; titolo protocollo: studio di estensione multicentrico in aperto per valutare la sicurezza e la tollerabilità di Natalizumab dopo ripresa di somministrazione in soggetti con sclerosi multipla che hanno completato gli studi C-1801 o C-1802 ed una valutazione della sicurezza dopo sospensione della somministrazione del prodotto; data di registrazione: 22 dicembre 2005; promotore: Biogen-Idec LtD; area terapeutica: neurologia; indicazione proposta: sclerosi multipla -:
quali siano i criteri di reclutamento dei pazienti;
quale sia il costo della sopra citata sperimentazione;
se siano disponibili, e dove, i risultati parziali della sopra citata sperimentazione, e se sarà divulgata in congressi nazionali e internazionali e confrontata con i risultati di altri analoghi studi e sperimentazioni.
(4-09932)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 16 ottobre 2003 è stato emanato il decreto legislativo n. 288 riguardante il «Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell'articolo 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3»;
l'articolo 1 del citato decreto legislativo stabilisce che «Gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico sono enti (...) che, secondo standards di eccellenza, perseguono finalità di ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale, nel campo biomedico e in quello dell'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, unitamente a prestazioni di ricovero e cura di alta specialità»;
attualmente in Italia sono 43 gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) che beneficiano di finanziamenti pubblici stanziati sia per la ricerca scientifica corrente, sia per la ricerca finalizzata, ma la cui erogazione avviene di fatto a quel che sembra agli interroganti su basi discrezionali in assenza di un sistema rigoroso di valutazione scientifica dei risultati;
il comma 3 dell'articolo 11 stabilisce che «Nelle Fondazioni e negli Istituti non trasformati gli incarichi di direttore generale, direttore scientifico, direttore amministrativo e direttore sanitario sono di natura autonoma, esclusivi e di durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque (...). Le funzioni di direttore sanitario

e di direttore amministrativo cessano al compimento del sessantacinquesimo anno di età»;
si registrano casi di violazione delle citate norme di legge sulla esclusività del rapporto di lavoro in caso di conferimento di incarichi direttivi e scientifici presso gli Irccs;
l'importanza, la delicatezza e le attese che suscita tra i ricercatori, gli scienziati, nella pubblica opinione un'attività come la ricerca biomedica richiedono un'attenzione più vigile verso una scrupolosa osservanza delle norme sull'esclusività richiesta per ricoprire fondamentali incarichi in strutture che devono produrre ricerca, risultati, eccellenza scientifica, competitivi ai più alti livelli e internazionalmente apprezzati;
l'eventualità di una «sanatoria» attraverso una legge che renda possibile la non esclusività nel rapporto di lavoro dei direttori scientifici degli IRCCS apparirebbe in contraddizione aperta con l'esigenza di dotare codeste istituzioni di personalità di alto livello scientifico, stabilendo che esse possono sottrarre tempo e energie ad un'attività di ricerca e cura che tutti proclamano essere fondamentale, tanto sotto il profilo della qualità della ricerca, quanto per garantire alle persone l'effettivo diritto costituzionale alla salute -:
se al Ministro interrogato risultino attualmente in carica, presso gli Irccs, direttori scientifici che cumulino detto incarico con altri rapporti di lavoro variamente denominati con realtà, istituzioni e soggetti esterni agli Irccs medesimi;
se risultino incarichi di direttore scientifico presso presidi ospedalieri classificati come Irccs cumulati con incarichi conferiti da università;
se non sia opportuno e doveroso scongiurare ogni propensione a produrre «sanatorie», pratica annosa che, a giudizio degli interroganti, in molti campi dell'azione istituzionale ha prodotto solo guasti.
(4-09963)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
Antonio Alibrandi, 32 anni, ex tossicodipendente, colpito da febbre altissima a metà di settembre all'interno del carcere Rebibbia Nuovo Complesso, è morto il 5 ottobre 2010 al Policlinico Umberto I;
non si sa se la morte sia dipesa da una meningite, da una leucemia fulminante, oppure da una diagnosi ritardata dalla burocrazia;
sulla vicenda l'ennesimo dramma viene denunciato da Angiolo Marroni, garante dei detenuti per il Lazio, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «La vicenda è emblematica. La cosa certa è che, con i livelli di sovraffollamento attuali, le carceri non sono adeguate a garantire l'assistenza a persone in certe condizioni di salute. È possibile che nel caso di Alibrandi, conoscendo la burocratizzazione delle procedure, ci sia stata una incertezza diagnostica e che questa abbia contribuito a quello che è successo»;
Alibrandi, originario della Calabria, era in carcere dall'ottobre del 2009. Doveva scontare una pena definitiva a due anni per rapina. A metà settembre i sintomi: febbre altissima, un possente mal di testa, malessere generale -:
se intenda acquisire elementi in relazione alle cause che hanno provocato il decesso di Antonio Alibrandi e se con riferimento ad esse non siano rinvenibili profili di responsabilità amministrativa e disciplinare da parte del personale che ha avuto in cura e custodia il detenuto.
(4-09965)

TESTO AGGIORNATO AL 13 GENNAIO 2011

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

NASTRI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto pubblicato dal quotidiano La Stampa in data 3 dicembre

2010, nella città di Novara e nell'intera provincia interessata, da oltre una settimana il cosiddetto «switch-off», ovvero la fase terminale della transizione alla televisione digitale in cui avviene lo spegnimento della televisione analogica, che avrebbe dovuto garantire la visione di nuovi canali digitali, migliorandone la qualità audio-video dei canali esistenti, nonché l'alta definizione, in realtà non consente un'adeguata visione dei canali, per gli utenti televisivi dell'intera area novarese;
il medesimo articolo in particolare, sostiene che il canale Rai 3 Piemonte, è visibile ad intermittenza e le immagini risultano essere confuse ed irregolari, mentre l'audio appare spesso incomprensibile;
a giudizio dell'ufficio stampa della Rai, esiste un problema di interferenze sul canale 22, che provoca attualmente una scarsa visione dei programmi di Rai 3 Piemonte e che attraverso i tecnici di Rai Way, sono state fatte le segnalazioni al Ministero interrogato, al fine di migliorare l'adeguamento dell'assegnazione delle frequenze ed interrompere i disturbi nelle trasmissioni -:
se quanto riportato dall'articolo pubblicato da La Stampa ed esposto in premessa corrisponda al vero, e in caso affermativo, quali iniziative urgenti intenda intraprendere al fine di consentire agli utenti televisivi della seconda città più popolosa del Piemonte, ovvero Novara, nonché per l'intera provincia interessata, una corretta ed adeguata visione dei programmi televisivi di Rai 3 Piemonte, i quali attraverso l'avvio del digitale terrestre, avvenuto il 26 novembre 2010 per l'area piemontese, auspicavano un complessivo miglioramento qualitativo delle immagini e della visione dei programmi televisivi trasmessi.
(5-03941)

LOVELLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dalle notizie pubblicate sugli organi di informazione nazionali si è appreso che entro l'anno il Tesoro intende portare al 100 per cento la sua partecipazione azionaria in Poste spa mediante l'acquisizione della quota del 35 per cento attualmente posseduta dalla Cassa depositi e prestiti;
la terza direttiva postale europea 2008/6/CE, ha previsto la liberalizzazione del settore postale a partire dal 1o gennaio 2011 e pertanto il Governo ha allo studio l'apposito decreto legislativo di recepimento che deve essere approvato da parte del Consiglio dei ministri;
il Ministro Romani ha firmato il 12 novembre scorso il nuovo contratto di programma con Poste Italiane che per la gestione nella fase transitoria del servizio universale, ossia del diritto di ogni cittadino ad un'offerta di servizi postali a prezzi accessibili su tutto il territorio nazionale;
i tempi per l'attuazione della direttiva europea appaiono molto stretti e il Parlamento non è ancora stato messo in condizione di svolgere un adeguato approfondimento della questione, né di poter esaminare gli atti su cui dovrà esprimere la sua valutazione a norma di legge -:
quale sia l'orientamento operativo del Governo in vista della scadenza del prossimo 1o gennaio 2011 per la liberalizzazione del servizio postale europeo e come si inseriscano in questo contesto il nuovo contratto di programma con Poste Italiane spa e il passaggio al Tesoro del 100 per cento delle quote della stessa società;
come intenda tutelare il diritto dei cittadini italiani ad avere in futuro un servizio postale diffuso su tutto il territorio nazionale a prezzi accessibili (servizio universale) e se la garanzia di tale diritto sia stata finora sempre garantita, sulla base delle previste verifiche di competenza del Ministero, in base alle condizioni previste dal contratto di programma precedentemente in essere;
come intenda assicurare che la completa apertura del mercato postale nazionale

sia assicurata da un regolatore indipendente, come previsto dalla normativa europea.
(5-03944)

VICO, LULLI e ESPOSITO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 15 giugno 2009, i lavoratori del ramo IT di Eutelia sono stati trasferiti alla Agile srl, controllata della stessa Eutelia e, nello stesso giorno, la stessa Agile è stata ceduta al gruppo Omega;
la società Eutelia Spa, a seguito della cessione alla Agile srl, ha proceduto ad una riduzione del personale, trasferendo quasi duemila lavoratori, tra quadri, operai ed impiegati - molti di più rispetto a quelli inizialmente determinati - con milioni di euro di debito in una società con capitale sociale di 96.000 euro;
lo scorso 23 dicembre 2009 il tribunale fallimentare ha ordinato il sequestro cautelativo del gruppo Omega nominando tre custodi cautelari;
con sentenza depositata in data 14 gennaio 2010, il tribunale di Roma, sezione lavoro, ha dichiarato antisindacale la condotta di Eutelia Spa e di Agile srl, in relazione alla mancata informativa in ordine al numero dei lavoratori coinvolti nella cessione, condannando le società convenute alla rimozione degli effetti della cessione del ramo di azienda IT da Eutelia spa ad Agile srl ed al pagamento degli stipendi dei lavoratori; con questa sentenza, i dipendenti tornerebbero di nuovo in capo ad Eutelia, che ovviamente, al pari di Omega, si ritroverebbe nella situazione di non poter pagare un personale che ritornerebbe oltre le 2 mila unità, rispetto alle attuali 400-450 unità;
allo stato attuale non è ancora stata eseguito il dispositivo della sopracitata sentenza e le aziende Agile ed Eutelia, dopo l'intervento deciso della magistratura, sono commissariate e in amministrazione straordinaria;
il 15 dicembre 2010 la magistratura dovrà pronunciarsi in secondo grado sulla cessione di ramo da Eutelia ad Agile e la successiva acquisizione del pacchetto azionario da parte di Omega, osservando che parte del management Eutelia/Agile/Omega è stata oggetto di misure cautelari;
l'operazione di cessione di ramo di azienda non aveva nessun connotato industriale tant'è che, dopo il primo mese, i lavoratori non hanno percepito più lo stipendio fino alla presentazione dell'istanza di fallimento;
la gravissima situazione dell'azienda ha fatto progressivamente venir meno commesse importanti di imprese e istituzioni pubbliche centrali e locali;
il piano industriale presentato al Ministero dello sviluppo economico dai commissari di Agile prevede, oltre alla cessione di parte delle attività, un mantenimento in servizio di 373 dipendenti nel business dell'I.T., 90 per management, servizi e call center e 1015 dipendenti non allocati. Di questi si prevede il pensionamento di 300 dipendenti, l'uscita volontaria di altri 200 per altro impiego o per il reimpiego in lavori socialmente utili, e circa 500 persone coinvolte in processi formativi;
per i sopraindicati lavoratori si prevedono grossi disagi di difficili prospettive lavorative future circostanza che determinerebbe la perdita di altissime professionalità che se non impiegate all'interno dell'azienda difficilmente troverebbero una collocazione e riqualificazione nel mercato del lavoro;
negli incontri alla Presidenza del Consiglio dei ministri da parte delle organizzazioni sindacali e dei lavoratori sono state avanzate proposte di attribuzione di «un punteggio di miglior favore» nelle gare d'appalto per le associazioni temporanee d'impresa con all'interno le aziende in amministrazione straordinaria e per le aziende che assumono lavoratori in cassa integrazione straordinaria da aziende in crisi;

gli investimenti sulla banda larga previsti dal Governo dovrebbero interessare anche Agile Eutelia e le professionalità ivi impiegate che potrebbero essere pienamente utilizzate per interventi informatici ed al contempo, o in alternativa, essere riqualificati da operatori informatici a operatori telefonici aumentandone l'appetibilità sul mercato del lavoro;
la riattribuzione di Agile ad Eutelia consentirebbe una più positiva ed efficace gestione della stessa Agile determinando, così, una amministrazione straordinaria con maggiori possibilità di successo e in posizione fortemente competitiva sul mercato per una società che dovesse detenere sia l'infrastruttura materiale (Eutelia) che l'erogazione e strutturazione dei servizi legati ai contenuti, in prossimità dell'avvio della «banda larga» con iniziative pubbliche e private che si determineranno -:
quali siano gli intendimenti e le iniziative del Governo in relazione alla situazione Agile-Eutelia;
quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro dello sviluppo economico al fine di riattivare le opportune sedi negoziali con tutti i soggetti interessati ad una soluzione positiva dello stato di crisi dell'azienda, convocando un tavolo con le organizzazioni sindacali, le amministrazioni locali, le regioni interessate, le imprese pubbliche committenti e l'imprenditoria qualificata, anche allo scopo di garantire il mantenimento della struttura aziendale, la totalità delle attività ad essa legate e la piena tutela occupazionale;
quali iniziative per interventi strutturali intendano assumere a favore dell'occupazione alla luce di quanto descritto dalla presente interrogazione;
quali iniziative si intendano assumere in direzione del sostegno al reddito attraverso gli ammortizzatori sociali per la tutela dei lavoratori interessati.
(5-03949)

Interrogazioni a risposta scritta:

BOFFA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel marzo 1999 fu sottoscritto tra i rappresentanti del Governo italiano, le istituzioni territoriali, alcuni imprenditori bergamaschi e i sindacati nazionali e locali, il Contratto d'area per la industrializzazione dell'area industriale di Airola attraverso la riattivazione degli stabilimenti abbandonati dalla ex Alfa Cavi (gruppo Pirelli). Gli imprenditori bergamaschi avevano annunciato (e garantito) una occupazione di circa 800 operai (obbligandosi pure con le organizzazioni sindacali al pieno rispetto dei diritti e delle tutele sancite dalla legge in favore dei lavoratori) ed una capacità produttiva così ripartita: Benfil, attività produttiva (a pieno regime) di 8.600 tonnellate annue di filato mod. cosiddetto ring; Tessival, una capacità produttiva di 41.728.000 metri lineari di tessuto greggio. I progetti di Benfil (filatura di cotone) e Tessival Sud (tessitura di cotone), attesi gli annuii occupazionali e produttivi di cui sopra, furono controllati e approvati dalla Commissione europea e finanziati con fondi pubblici per circa 180 milioni di euro; nello specifico la Tessival Sud annunciò una capacità occupazionale prevista di 400 posti di lavoro con ulteriore creazione, attraverso l'indotto, di altre 288 unità lavorative; mentre la Benfil annunciò una capacità occupazionale di circa 200 posti di lavoro con creazione, sempre attraverso l'indotto, di 131 ulteriori unità lavorative;
nel corso del 2002/2003 furono completati gli stabilimenti e attivati gli impianti; sempre nel corso del 2003 la Benfil ha raggiunto il pieno regime produttivo, mentre la Tessival Sud lo ha fatto solo nel corso del 2005 e per un brevissimo intervallo di tempo;
le due aziende, pur nel momento di massima occupazione, non hanno mai raggiunto i livelli occupazionali e produttivi annunciati nei progetti approvati dall'Unione europea e dalla stessa finanziati,

lo si ripete, per il rilevante importo di circa 180 milioni di euro;
attualmente, la Tessival Sud ha arrestato la propria produzione. I dipendenti fruiscono di trattamento di integrazione salariale straordinario - CIGS;
buona parte dei lavoratori addetti alla Tessival, al momento della formalizzazione del rapporto, sono stati inquadrati con contratto di apprendistato e/o di apprendistato professionalizzante;
gli apprendisti, sin da subito, sono stati inseriti nella «normale» filiera aziendale, senza apprendimento, senza formazione, o comunque sono stati chiamati a svolgere compiti/mansioni/responsabilità ben diverse da quelle previste nei «formalizzati» contratti di apprendistato e/o di apprendistato professionalizzante;
alcuni di essi, inquadrati con contratto di apprendistato e/o di apprendistato professionalizzante, sono stati chiamati addirittura allo svolgimento di compiti di direzione di reparto;
il «Servizio Ispettivo» della direzione provinciale del lavoro di Benevento ha accertato l'utilizzo da parte della Tessival di manodopera in nero, nonché la circostanza che alcuni lavoratori, pur se assunti ed inquadrati come apprendisti, «di fatto» hanno sempre prestato hanno sempre prestato «normali» mansioni di operaio;
non può consentirsi ad un'azienda, beneficiaria di ingente contribuzione statale e comunitaria, lo sfruttamento di una tipologia contrattuale flessibile, come è appunto il contratto di apprendistato e/o di apprendistato professionalizzante, per conseguire un risultato del tutto incompatibile, nella sua configurazione effettiva, con la normativa inderogabile: avvalersi, con un ridotto costo del lavoro, delle prestazioni lavorative dei dipendenti per far fronte alle esigenze di ordinaria operatività aziendale, in assenza dei requisiti di legge -:
se non ritengano opportuno verificare il rispetto della normativa di riferimento per i lavoratori inquadrati con contratto di apprendistato e/o apprendistato professionalizzante;
se non ritengano, altresì, verificare se l'azienda Tessival abbia beneficiato anche della contribuzione prevista per la formazione dei lavoratori inquadrati con contratto di apprendistato professionalizzante con obbligo per l'azienda di rendicontare circa l'attività di formazione fatta espletare a ciascun lavoratore apprendista.
(4-09894)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la perdurante inadeguata rappresentazione del mondo femminile nei media, con stereotipi riduttivi rispetto alla pluralità espressa dalle donne nella realtà, rende sempre più urgente dare risposte al piano di riforme sostenuto attraverso l'«Appello donne e media», lanciato con la campagna diffusa nel web da key4biz a partire da novembre 2009 e con una serie di iniziative condivise in rete e in numerosi dibattiti pubblici;
le oltre mille sottoscrizioni da parte di associazioni e singole persone, a sostegno delle riforme proposte, rendono ancora più evidente la necessità che la classe politica dia risposte puntali alle altrettanto puntuali richieste;
l'impegno assunto in sede pubblica dal Ministro dello sviluppo economico il 15 aprile 2010, con l'affermazione che un ruolo importante può e deve essere svolto dalla televisione e da tutti i mezzi di comunicazione, che sempre più hanno la responsabilità sociale di promuovere un'immagine femminile moderna fedele alla realtà, rispettosa della dignità umana, culturale e professionale delle donne. Proprio in linea con questa esigenza, nel parere obbligatorio ma non vincolante reso dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi

radiotelevisivi sul nuovo contratto nazionale di servizio Rai 2010-2012, è stata dedicata particolare attenzione al ruolo femminile, anche recependo molte delle indicazioni contenute nell'appello «Donne e media»;
fra queste indicazioni si segnala, in particolare, l'impegno della Rai ad operare un monitoraggio, con produzione idonea di reportistica semestrale, che consenta di controllare il rispetto di quanto previsto dal contratto di servizio o da altre disposizioni che la Rai è tenuta ad osservare circa le pari opportunità. I report devono essere trasmessi al Ministero, all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e contenere un'informazione che sia quanto più possibile esaustiva; tuttavia il nuovo testo del contratto di servizio pubblico televisivo 2010-2012 non è stato ancora sottoscritto dal consiglio di amministrazione della Rai, anche contro il parere espresso del direttore generale della Rai Mauro Masi;
nel medesimo contesto del 15 aprile, il Governo ha ammesso la necessità di un profondo cambiamento culturale, «una maggiore "educazione" del pubblico, un diverso approccio nel rappresentare sui mezzi di comunicazione l'immagine della donna, le sue esigenze, le sue aspirazioni e che in tale prospettiva, risultati positivi possano essere raggiunti attraverso iniziative di autoregolamentazione, come l'adozione - da parte degli operatori dei settori dell'informazione, dello spettacolo e della pubblicità - di un apposito codice deontologico condiviso, orientato al rispetto della dignità delle donne e alla valorizzazione della figura femminile in tutte le sue espressioni» -:
se non ritenga urgente ed opportuno adoperarsi, per quanto di competenza, affinché nell'ambito del nuovo contratto di servizio per gli anni 2010-2012 - atteso che il precedente è scaduto a dicembre 2009 - sia previsto in particolare il monitoraggio circa le pari opportunità, con obbligo di reportistica semestrale, promosso dall'Appello per una migliore rappresentazione delle donne e già inserito nel parere al contratto di servizio reso all'unanimità dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi;
se non ritenga inoltre necessario adottare le opportune iniziative al fine di:
convocare il tavolo tecnico di confronto tra soggetti istituzionali e datoriali per l'adozione di un codice di autoregolamentazione «donne e media» condiviso, in linea con gli altri Paesi europei;
istituire ed insediare un comitato ad hoc per l'applicazione del codice medesimo, con compiti di monitoraggio, vigilanza, sanzione e proposta per il raggiungimento degli obiettivi;
promuovere un'armonizzazione dei sistemi regolatori attualmente esistenti nei Paesi membri dell'Unione, per il raggiungimento di uno standard europeo nel settore regolamentare «donne e media».
(4-09948)

CAVALLOTTO, ALLASIA, TOGNI e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il collegamento alla rete internet e una connessione veloce sono elementi ormai di necessità per tutti i cittadini, ma risultano assolutamente indispensabili per gli esercizi commerciali, le aziende e i professionisti che utilizzano quotidianamente strumenti informatici e telematici nello svolgimento della propria attività;
internet, la posta elettronica, la linea per gli accessi rapidi sulla rete e sugli accessi sono diventati per gli imprenditori e per le piccole e grandi aziende uno strumento indispensabile per gli scambi di dati, sia fra le aziende stesse, sia nei rapporti con i privati, senza il quale si rimane esclusi dalla competizione commerciale;

le aziende del comune di Rocca Canavese (Torino) lamentano disservizi della linea Adsl per lentezza eccessiva, che rende il servizio scarso e discontinuo, compromettendo anche le più semplici operazioni di connessione e navigazione e provocando, per questo disagi e danni economici che penalizzano tutto il comparto industriale;
le imprese che hanno fatto la difficile scelta di non abbandonare il proprio territorio in favore dei grandi centri urbani e industriali dovrebbero essere sostenute nelle loro azioni e incentivate a portare avanti la propria attività mentre invece, a causa dei disagi causati dal mal funzionamento della linea Adsl, vengono penalizzate;
le aziende del comune di Rocca Canavese pagano regolarmente il canone alla Telecom Italia, anche per mantenere ed ammodernare la rete telefonica, eppure, a tutt'oggi, la compagnia telefonica vede circa il 15-20 per cento delle sue centrali impossibilitate ad erogare i servizi Adsl a causa di apparecchiature limitanti;
gli utenti esigono di vedere tutelati i propri diritti e pretendono che, a fronte del canone da loro pagato, la compagnia telefonica eroghi un servizio adeguato e provveda a fornire l'adeguato servizio Adsl anche nel comune di Rocca Canavese, verificando le eventuali soluzioni tecniche che consentano di superare le attuali limitazioni -:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro intenda intraprendere, per garantire la tutela dei diritti a tutti gli utenti consumatori, fra cui anche le aziende del comune di Rocca Canavese, rafforzando le politiche volte a superare il cosiddetto digital divide in modo da porre fine ai disagi e ai danni nella propria vita professionale derivanti dalla mancanza del collegamento veloce ad internet su una vasta area del territorio nazionale.
(4-09954)

...

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

La mozione di sfiducia Franceschini, Donadi ed altri n. 1-00492, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Giulietti. Contestualmente, su richiesta del presentatore, l'ordine delle firme viene così modificato: «Franceschini, Donadi, Agostini, Albonetti, Amici, Argentin, Bachelet, Barbi, Barbato, Baretta, Bellanova, Benamati, Berretta, Bersani, Bindi, Bobba, Bocci, Boccia, Boccuzzi, Boffa, Bonavitacola, Bordo, Borghesi, Bossa, Braga, Brandolini, Bratti, Bressa, Bucchino, Burtone, Calvisi, Cambursano, Capano, Capodicasa, Cardinale, Carella, Marco Carra, Castagnetti, Causi, Cavallaro, Ceccuzzi, Cenni, Cimadoro, Ciriello, Codurelli, Colaninno, Colombo, Concia, Corsini, Coscia, Cuomo, Cuperlo, D'Alema, D'Antona, D'Antoni, D'Incecco, Dal Moro, Damiano, De Biasi, De Micheli, De Pasquale, De Torre, Di Giuseppe, Di Pietro, Di Stanislao, Duilio, Esposito, Evangelisti, Fadda, Gianni Farina, Farinone, Fassino, Favia, Fedi, Ferranti, Ferrari, Fiano, Fiorio, Fioroni, Fluvi, Fogliardi, Fontanelli, Aniello Formisano, Froner, Garavini, Garofani, Gasbarra, Gatti, Genovese, Gentiloni Silveri, Ghizzoni, Giachetti, Giacomelli, Ginefra, Ginoble, Giovanelli, Giulietti, Gnecchi, Gozi, Grassi, Graziano, Iannuzzi, La Forgia, Laganà Fortugno, Laratta, Lenzi, Letta, Levi, Lo Moro, Lolli, Losacco, Lovelli, Lucà, Lulli, Luongo, Madia, Maran, Marantelli, Marchi, Marchignoli, Marchioni, Margiotta, Mariani, Cesare Marini, Marrocu, Martella, Pierdomenico Martino, Mastromauro, Mattesini, Mazzarella, Melandri, Melis, Giorgio Merlo, Merloni, Messina, Meta, Migliavacca, Miglioli, Minniti, Miotto, Misiani, Mogherini Rebesani, Monai, Morassut, Mosca, Motta, Mura, Murer, Naccarato, Nannicini, Narducci, Nicolais, Oliverio, Andrea Orlando, Leoluca Orlando, Arturo Mario Luigi Parisi, Paladini,

Palagiano, Palomba, Pedoto, Peluffo, Mario Pepe (PD), Pes, Piccolo, Picierno, Piffari, Pistelli, Pizzetti, Pollastrini, Pompili, Porcino, Porta, Portas, Quartiani, Rampi, Razzi, Realacci, Recchia, Rigoni, Rosato, Rossa, Rossomando, Rota, Rubinato, Rugghia, Antonino Russo, Samperi, Sanga, Sani, Santagata, Sarubbi, Sbrollini, Scarpetti, Schirru, Scilipoti, Sereni, Servodio, Siragusa, Soro, Sposetti, Strizzolo, Tempestini, Tenaglia, Federico Testa, Tidei, Tullo, Tocci, Touadi, Trappolino, Livia Turco, Vaccaro, Vannucci, Vassallo, Velo, Veltroni, Ventura, Verini, Vico, Villecco Calipari, Viola, Zaccaria, Zampa, Zazzera, Zucchi, Zunino».

Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Mogherini Rebesani e altri n. 1-00506, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Sereni, Castagnetti.

La mozione Zamparutti e altri n. 1-00508, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Motta.

La mozione Bratti e altri n. 1-00510, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ginoble.

Apposizione di una firma ad una interrogazione e cambio presentatore.

L'interrogazione a risposta scritta Tassone n. 4-09866, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta dal deputato Scanderebech che ne diventa il primo firmatario.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in Commissione Giovanelli e altri n. 5-03916, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Concia, Ferrari, Marchi.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Giovanelli n. 5-03916, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 404 del 30 novembre 2010.

GIOVANELLI, CODURELLI, ESPOSITO, BERRETTA, MELIS, BELLANOVA, MIGLIOLI, MOTTA, FERRANTI, VICO, GNECCHI, LENZI, CECCUZZI, MATTESINI, SAMPERI, BRANDOLINI, RUBINATO, PELUFFO, TRAPPOLINO e FONTANELLI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'avvocato generale della Corte di cassazione, il dottor Antonio Martone, nonché presidente della Civit - Commissione per la valutazione, l'indipendenza e l'integrità della pubblica amministrazione - si apprende che nel luglio 2010 sembra essere coinvolto nell'inchiesta sull'eolico in Sardegna e la cosiddetta loggia P3, e per questo sentito dalla Magistratura come persona informata sui fatti, per aver partecipato a una delle cene della cosiddetta loggia per avvicinare i giudici della Consulta che avrebbero deliberato sul Lodo Alfano entro pochi giorni; a pochi giorni dall'inchiesta il suddetto ha fatto richiesta di avvalersi in maniera insolita del pensionamento all'età di 69 anni, quando i giudici della Cassazione possono continuare il loro mandato fino all'età di 75; nonostante l'inchiesta in corso e i rapporti da questa evidenziati che il dottor Antonio Martone intrattiene egli è stato nominato presidente di un organismo super partes per definizione, che deve valutare con assoluta indipendenza l'operato delle pubbliche amministrazioni;
l'interrogante ha già presentato a luglio del 2010 un'interrogazione in cui si

segnalava l'opportunità delle dimissioni dell'avvocato Antonio Martone dalla presidenza della Civit, ma non ha ancora ricevuto alcuna risposta né spiegazione dal Ministro;
il Ministro interrogato si è sempre espresso per la meritocrazia come unico criterio di valutazione per la scelta dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni mentre, in questi giorni si viene a sapere che il figlio del Presidente Antonio Martone, l'avvocato Michele Martone, ha stipulato un contratto di consulenza con il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio per 40 mila euro per «studi giuridici sulla digitalizzazione e informatizzazione dei Paesi terzi»; e come si apprende dal sito del Governo, il suddetto contratto è iniziato il 1o gennaio 2010 e avrà termine il 31 dicembre 2010 -:
se il Ministro non ravvisi la grave inopportunità dell'incarico di consulenza affidato all'avvocato Michele Martone;
se, in considerazione di quanto premesso, il Ministro non ritenga urgente e necessaria, la rimozione dell'avvocato Antonio Martone dalla carica di presidente della Civit, anche in considerazione del fatto che la rilevanza dei dati sopra esposti rischiano di compromettere la credibilità dell'intera Commissione per la valutazione, l'indipendenza e l'integrità della pubblica amministrazione.
(5-03916)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in commissione Desiderati n. 5-03866 del 23 novembre 2010.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Ciccanti n. 5-03237 del 14 luglio 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-09893.