XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 11 gennaio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 17 GENNAIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
purtroppo, il termine persecuzione è divenuto obbligato per descrivere quella dei cristiani, perché proseguono ormai da anni, tragicamente indisturbate, le persecuzioni dei cristiani nel continente asiatico e, in particolare in Cina, in Iraq e recentemente anche in Pakistan, dove negli ultimi tempi si è continuato a registrare un preoccupante intensificarsi della discriminazione e della persecuzione sui cristiani nel Paese, specialmente sulle donne e sulle ragazze cristiane, e proprio qualche giorno fa anche in Egitto: attacchi che sono il chiaro sintomo dell'affermarsi di fondamentalismi lontani dalla consapevolezza che uccidere nel nome di Dio è il più grave dei peccati;
parimenti va sottolineato che non in tutto il Medio Oriente si registrano violenze di tale portata: in Siria, ma anche in Giordania e in Libano, ad esempio, la convivenza fra cristiani e musulmani si è mantenuta buona, nonostante le difficoltà politiche dell'ultimo decennio. La maggioranza dei musulmani istruiti riconosce il contributo delle comunità cristiane nelle loro società e il ruolo storico-culturale che rivestono;
è vero che quanto avvenuto dal 2004 a oggi ai cristiani in Iraq rappresenta un caso limite, ma è sempre stato forte il timore che le persecuzioni potessero diffondersi anche a livello regionale;
è ancora forte, infatti, il ricordo della strage di 58 cristiani avvenuta il 31 ottobre 2010 nella Chiesa dei siri cattolici di Nostra Signora della salvezza a Baghdad, che non solo ha rappresentato un picco di orrore criminale, ma ha anche comportato una serie di conseguenze: epurazioni sul lavoro, ricatti e minacce per impossessarsi delle loro case e dei loro beni, assassini e violenze contro individui, famiglie, villaggi, che sono diventati quotidiani e non sono stati perseguiti, fuga di metà della popolazione cristiana irachena, che nel giro di pochi anni ha impoverito economicamente e socialmente le comunità, mentre coloro che sono restati vivono in una condizione di estremo pericolo, emarginazione e mancanza di diritti; forte rimane il sospetto, infatti, che esista una strategia tesa ad allontanare i cristiani dall'area irachena, a prefigurare una pulizia etnica in piena regola;
tutto ciò ha anche rappresentato una vera e propria sfida alla comunità internazionale, anche se i media non hanno prestato la dovuta attenzione a una minoranza sconvolta da violenze gravissime e prolungate, come anche si è riscontrato da parte del mondo occidentale e delle sue istituzioni un atteggiamento talvolta di indifferenza, talaltra di complicità morale, nel nome di una fin troppo sbandierata centralità della dimensione economica a scapito di quella spirituale, propria dell'essere umano;
la quiete del primo giorno del 2011 è stata rotta dall'orrore per il capodanno di sangue ai danni dei copti di Alessandria d'Egitto, la cui unica colpa è stata quella di essersi riuniti per pregare nella loro chiesa, che è costata la vita a 21 persone;
il recente appello del Papa, in occasione della Giornata mondiale della pace, unitamente a quello del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato al Pontefice, nel quale ha rimarcato con forza che le persecuzioni contro i cristiani nel mondo devono cessare immediatamente, rendono ormai ineludibile la necessità di mobilitarsi, perché non si può restare inerti di fronte alla drammatica e sistematica violazione delle libertà individuali cui si sta assistendo in molte parti del mondo;
più volte la Chiesa cattolica e la conferenza episcopale hanno chiesto ufficialmente che l'Europa e tutta la comunità internazionale guardino con più attenzione al problema, intervenendo per porre

fine a una situazione di massacri quotidiani nei confronti dei cristiani nel mondo;
ciò che sta accadendo in questi ultimi tempi, con particolare riferimento drammatico alle persecuzioni dei cristiani, non deve, non può far dimenticare che comunque è la differente dimensione spirituale, espressa nel mondo con diverse fedi religiose, a essere sempre più presa di mira, oggetto com'è di attacchi in nome e per conto di un Dio diverso,


impegna il Governo:


ad adottare tutte le iniziative necessarie al fine di contrastare la persecuzione delle comunità cristiane, facendosi promotore presso le sedi internazionali competenti, in sede di Unione europea e di Onu, di azioni concrete finalizzate a contrastare con efficacia i soprusi perpetrati, in ogni angolo del mondo a danno della comunità cristiana;
ad attivare con sollecitudine ogni possibile iniziativa a livello internazionale, anche a carattere d'urgenza, per fronteggiare la drammatica situazione esposta in premessa, in particolare mobilitando tutti gli sforzi culturali, diplomatici, politici e d'opinione contro una condizione di persecuzione che investe numerosi cristiani nel mondo;
ad attivarsi con più forza in sede europea, a partire già dal 31 gennaio 2011, data di convocazione del Consiglio dei ministri dell'Unione europea, nel corso del quale si dibatterà sul tema delle persecuzioni dei cristiani.
(1-00518)
«Leoluca Orlando, Evangelisti, Donadi».

La Camera,
premesso che:
il connazionale Cesare Battisti, ex militante della formazione «Proletari armati per il Comunismo», è stato condannato all'ergastolo con sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Milano del 1988 (definitiva in Cassazione nel 1993), per omicidio plurimo, oltre che per i reati di banda armata, rapina e detenzione di armi;
complessivamente ben sette processi e ventiquattro giudici italiani ne hanno stabilito la colpevolezza;
sottrattosi alla Giustizia italiana e rifugiatosi in Francia, il connazionale è stato tratto in arresto il 10 febbraio 2004 in esecuzione di una richiesta di estradizione avanzata dalla Giustizia italiana, ma non appena Parigi si è pronunciata in senso favorevole all'estradizione, egli si è reso latitante;
nel 2006 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Battisti contro il provvedimento di estradizione concesso dalla Francia, stabilendo, tra l'altro, che i giudici italiani avevano perfettamente rispettato gli standard europei (quanto a diritto d'accesso e informazioni sul procedimento, diritti della difesa);
sulla base delle richieste sia italiana che francese, il 18 marzo 2007 il connazionale è stato arrestato a Rio de Janeiro, ed il 24 marzo dello stesso anno l'Italia ne ha richiesto l'estradizione;
il 13 gennaio 2009 l'allora Ministro della Giustizia brasiliano, Tarso Genro, ha concesso a Battisti lo status di rifugiato politico;
nella seduta del 18 novembre 2009, il Supremo Tribunale Federale (STF) ha dichiarato nullo il provvedimento di rifugio, concesso l'estradizione richiesta dall'Italia e autorizzato il presidente Lula a consegnare Cesare Battisti al nostro Paese in conformità al vigente trattato bilaterale in materia di collaborazione estradizionale, pur precisando che la pronuncia faceva salve le competenze del presidente stesso;
il Capo dello Stato e il Governo italiano, nelle molteplici occasioni di contatto, non hanno mai mancato di sottolineare

alle autorità brasiliane che si aspettavano il rispetto della decisione dei STF di concessione dell'estradizione del Battisti; in particolare, alla luce di questa presa di posizione unitaria, il Ministro degli affari esteri ha dato sempre precise e ferme istruzioni in tal senso; da ultimo il 21 dicembre scorso il Sottosegretario Letta ha convocato l'Ambasciatore brasiliano a Roma ribadendo con fermezza la perdurante aspettativa italiana al riguardo;
il 30 dicembre, l'Avvocatura Generale dello Stato brasiliana ha reso pubblico il proprio parere, approvato dal Vice Avvocato Generale, che richiamando l'articolo 3, capo I, lettera F del Trattato bilaterale di estradizione («l'estradizione non sarà concessa se la Parte richiesta ha serie ragioni per ritenere che la persona richiesta verrà sottoposta ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali, o che la situazione di detta persona rischia di essere aggravata da uno degli elementi suddetti»), si poneva in senso contrario alla concessione dell'estradizione di Battisti;
il 31 dicembre il Presidente Lula ha reso nota la propria decisione - conforme al parere dell'Avvocatura - che non accoglie la richiesta estradizionale dell'Italia nei confronti del connazionale;
la mancata estradizione di Cesare Battisti configura, nell'opinione di autorevoli giuristi, una violazione del predetto Trattato bilaterale di estradizione del 1989 da parte del Brasile, ciò che implicherebbe la responsabilità del Brasile sul piano internazionale per aver disatteso le disposizioni dell'Accordo stesso;
la decisione del Presidente Lula di addurre come motivazione l'articolo 3, capo I, lettera F del trattato bilaterale di estradizione rende tale diniego ancor più inaccettabile per il nostro Paese, profondamente ingiusto sul piano dei princìpi e infondato sul piano legale;
il presidente del supremo tribunale federale del Brasile con decisione del 6 gennaio 2011 ha negato la scarcerazione di Battisti e inviato gli atti al giudice relatore per un ulteriore esame del caso in sede plenaria;
il caso Battisti infine non sembra limitarsi ad una semplice questione bilaterale tra Italia e Brasile, in quanto, mettendo in dubbio che il sistema giudiziario dell'Italia sia in grado di offrire adeguate garanzie al condannato, il provvedimento brasiliano mette in dubbio il rispetto dei princìpi stessi di civiltà giuridica da parte di tutta l'Unione Europea - quale omogenea comunità di valori e spazio di libertà e giustizia - essendone l'Italia un Paese membro,


impegna il Governo:


a percorrere tutte le possibili strade sul versante giudiziario offerte dal STF, non lasciandone intentata alcuna fino ad adire, eventualmente, la Corte internazionale di giustizia, affinché il rifiuto opposto dall'ex presidente Lula alla concessione dell'estradizione venga rimosso e Cesare Battisti possa essere assicurato alla giustizia italiana, a completamento del procedimento estradizionale, come previsto dal trattato bilaterale;
ad esperire nel prosieguo legale della vicenda ogni strumento reso disponibile dall'ordinamento giuridico del Brasile per impugnare il diniego all'estradizione, nonché, ove necessario, ricorrere nelle sedi multilaterali ed europee in tale stessa direzione, anche affinché vengano rispettati i princìpi di civiltà giuridica che sono alla base dello spazio di giustizia europeo e della stessa Unione europea;
nel quadro delle ottime relazioni tradizionalmente in essere con il Brasile e in parallelo con il percorso giudiziario, mantenere costantemente viva la questione in sede di dialogo politico con quel Governo, cogliendo l'occasione di tutti i possibili contatti con la nuova amministrazione Roussef, per rappresentare alle autorità brasiliane la nostra aspettativa per una

corretta interpretazione del contenuto del Trattato bilaterale e quindi per l'accoglimento dell'estradizione;
a fare in modo che la soluzione finale della vicenda sia in sintonia con le norme di tale Trattato e con i sentimenti di un'opinione pubblica che, senza distinzioni di colori ed orientamenti, è sorpresa e indignata per gli ultimi sviluppi.
(1-00519)
«Antonione, Nirenstein, Biancofiore, Angeli, Bonciani, Boniver, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Migliori, Moles, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Pianetta, Picchi, Scandroglio, Zacchera».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
il cittadino italiano Cesare Battisti, ex militante della formazione «Proletari armati per il comunismo», è stato condannato all'ergastolo con sentenza della Corte d'assise d'appello di Milano del 1988 (definitiva in Cassazione nel 1993), per omicidio plurimo, oltre che per i reati di banda armata, rapina e detenzione di armi;
complessivamente ben sette processi e ventiquattro giudici italiani ne hanno stabilito la colpevolezza;
sottrattosi alla giustizia italiana e rifugiatosi in Francia, Battisti è stato tratto in arresto l'11 febbraio 2004 in esecuzione di una richiesta di estradizione avanzata dalla giustizia italiana, ma non appena Parigi si è pronunciata in senso favorevole all'estradizione, egli si è reso latitante;
nel 2006 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Battisti contro il provvedimento di estradizione concesso dalla Francia, stabilendo, tra l'altro, che i giudici italiani avevano perfettamente rispettato gli standard europei (quanto al diritto d'accesso e informazioni sul procedimento, diritti della difesa);
sulla base delle richieste sia italiana che francese, il 18 marzo 2007 Battisti è stato arrestato a Rio de Janeiro, ed il 24 marzo dello stesso anno l'Italia ne ha richiesto l'estradizione;
il 13 gennaio 2009 l'allora Ministro della giustizia brasiliano ha concesso a Battisti lo status di rifugiato politico;
nella seduta del 18 novembre 2009, il tribunale supremo federale ha dichiarato nullo il provvedimento di rifugio, concesso l'estradizione richiesta dall'Italia e autorizzato il Presidente brasiliano a consegnare Cesare Battisti al nostro Paese in conformità al vigente trattato bilaterale in materia di estradizione, pur precisando che la pronuncia faceva salve le competenze del Presidente stesso;
il Capo dello Stato e il Governo italiano, nelle molteplici occasioni di contatto, hanno ripetutamente sottolineato alle autorità brasiliane che si aspettavano il rispetto della decisione del tribunale supremo federale di concessione dell'estradizione di Battisti;
il 30 dicembre 2010, l'avvocatura generale dello Stato brasiliana ha reso pubblico il proprio parere, approvato dal Vice avvocato generale, che richiamando l'articolo 3, capo I, lettera F, del trattato bilaterale di estradizione (l'estradizione non sarà concessa se la Parte richiesta ha serie ragioni per ritenere che la persona richiesta verrà sottoposta ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali, o che la situazione di detta persona rischia di essere aggravata da uno degli elementi suddetti), si poneva in senso contrario alla concessione dell'estradizione di Battisti;
il 31 dicembre 2010 l'ex Presidente brasiliano ha reso nota la propria decisione - conforme al parere dell'Avvocatura generale dello Stato brasiliana - che non accoglie la richiesta di estradizione dell'Italia nei confronti del connazionale;
la mancata estradizione di Cesare Battisti configura, nell'opinione di autorevoli giuristi, una violazione del predetto trattato bilaterale di estradizione del 1989 da parte del Brasile, e ciò implicherebbe la responsabilità del Brasile sul piano internazionale per aver disatteso le disposizioni dell'accordo stesso;
la decisione brasiliana di addurre come motivazione l'articolo 3, capo I, lettera F del trattato bilaterale di estradizione rende tale diniego profondamente ingiusto sul piano dei principi e infondato sul piano legale;
il Presidente del tribunale supremo federale del Brasile, con decisione del 6 gennaio 2011, ha negato la scarcerazione di Battisti e inviato gli atti al giudice relatore per un ulteriore esame del caso in sede plenaria;
il caso Battisti, infine, non sembra limitarsi ad una semplice questione bilaterale tra Italia e Brasile, in quanto, dubitando che il sistema giudiziario dell'Italia sia in grado di offrire adeguate garanzie al condannato, il provvedimento brasiliano mette in discussione il rispetto dei principi stessi di civiltà giuridica da parte di tutta l'Unione europea - quale omogenea comunità di valori e spazio di libertà e giustizia - essendone l'Italia un Paese membro,


impegna il Governo:


a percorrere tutte le strade sul versante giudiziario offerte dal tribunale supremo federale, non lasciandone intentata alcuna fino ad adire, eventualmente, la Corte internazionale di giustizia, affinché il rifiuto opposto dall'ex Presidente brasiliano alla concessione dell'estradizione venga rimosso e Cesare Battisti possa essere assicurato alla giustizia italiana, a completamento del procedimento di estradizione, come previsto dal trattato bilaterale;
ad esperire nel prosieguo legale della vicenda ogni strumento reso disponibile dall'ordinamento giuridico del Brasile per impugnare il diniego all'estradizione, nonché, ove necessario, ricorrere nelle sedi multilaterali ed europee in tale stessa direzione, anche affinché vengano rispettati i principi di civiltà giuridica che sono alla base dello spazio di giustizia europeo e della stessa Unione europea;
nel quadro delle ottime relazioni tradizionalmente in essere con il Brasile e in parallelo con il percorso giudiziario, a mantenere costantemente viva la questione in sede di dialogo politico con quel Governo, cogliendo l'occasione di tutti i possibili contatti con la nuova amministrazione, per rappresentare alle autorità brasiliane la nostra aspettativa per una corretta interpretazione del contenuto del trattato bilaterale e, quindi, per l'accoglimento dell'estradizione;
a fare in modo che la soluzione finale della vicenda sia in sintonia con le norme di tale trattato e con i sentimenti di un'opinione pubblica che, senza distinzioni di colori ed orientamenti, è sorpresa e indignata per gli ultimi sviluppi.
(1-00519)
(Nuova formulazione) «Antonione, Nirenstein, Baldelli, Biancofiore, Angeli, Bonciani, Boniver, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Migliori, Moles, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Pianetta, Picchi, Scandroglio, Valducci, Zacchera, Carlucci, Cazzola».

La Camera,
premesso che:
l'attentato del 31 dicembre 2010 contro la Chiesa dei santi ad Alessandria d'Egitto ha mostrato l'acuirsi del fenomeno diffuso della violenza e persecuzione dei cristiani nel mondo;
precedendo gli eventi drammatici dell'attentato terrorista contro la comunità cristiano copta, Sua Santità Benedetto XVI nel tradizionale discorso prenatalizio alla curia romana aveva rivolto un appello a tutte le persone con responsabilità politica e religiosa perché si fermi la cristianofobia. Durante l'Angelus del 1o gennaio 2010 il Papa Benedetto XVI, tornando sull'argomento, mostrando una sensibile preoccupazione per la crescita esponenziale dei fenomeni di persecuzione dei cristiani nel mondo, ha ribadito come oggi si assiste a due tendenze opposte, due estremi entrambi negativi: da una parte il laicismo, che, in modo spesso subdolo, emargina la religione per confinarla nella sfera privata; dall'altra il fondamentalismo, che invece vorrebbe imporla a tutti con la forza;
il Ministro degli affari esteri Franco Frattini il giorno dopo la strage di Alessandria d'Egitto è intervenuto con una richiesta ufficiale all'Unione europea affinché porti avanti iniziative in difesa della libertà religiosa e prenda posizione contro l'escalation di violenza che colpisce i cristiani. Il Ministro ha, inoltre, sottolineato come il tema della protezione dei cristiani che sono vittime di una vera e propria persecuzione in tanti Paesi richiede un'azione concreta dell'Europa, auspicando che già dal mese di gennaio 2011 il Consiglio dei Ministri degli esteri esamini l'argomento, discuta, tragga delle conclusioni e delle decisioni;
contrariamente a quanto comunemente si pensa, è stato di gran lunga il Novecento il secolo del più grande massacro di cristiani. Nel periodo che va dalla Rivoluzione francese a oggi, ma in particolare nel XX secolo, sono state scatenate persecuzioni mai viste in 2.000 anni per ferocia, vastità, durata e quantità di vittime. Ben 45.500.000 sono stati i martiri cristiani di questo secolo. Il fenomeno è stato ben illustrato in un articolo del professor Ernesto Galli della Loggia in un editoriale apparso su Il Corriere della Sera del 14 maggio 2000;
secondo il rapporto annuale sulla libertà religiosa nel mondo dell'associazione «Aiuto alla Chiesa che soffre», risulta che sono più di 60 le nazioni nel mondo dove si verificano gravi violazioni del diritto alla libertà religiosa dei propri cittadini;
è necessario prendere atto che le comunità cristiane locali possono essere considerate come fattori eversivi da parte di alcuni sistemi politici con base democratiche deboli, proprio perché per la loro stessa esistenza diffondono una religione, una cultura e un sistema di vita fondati sul valore assoluto della persona umana, quindi sulla libertà, l'eguaglianza di tutti di fronte allo Stato, la parità dei diritti tra uomo e donna, la democrazia e la giustizia sociale;
il diritto alla libertà religiosa è un elemento che bisogna garantire ad ogni persona, così come la libertà di parola e di espressione;
se la libertà religiosa, di credenza e di coscienza è un diritto inviolabile consolidato

nella cultura del popolo italiano e riconosciuto in modo inequivocabile dal combinato disposto degli articoli 3, 8, 19 e 20 della Costituzione, è innegabile che il patrimonio storico culturale del nostro Paese affonda le proprie radici nella civiltà e nella tradizione cristiana;
la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, sancisce all'articolo 18 che «ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»;
scrive Olga Matera su Limes: «Il cristianesimo è la religione oggi più perseguitata del mondo. Conta migliaia di vittime; i suoi fedeli subiscono torture e umiliazioni di ogni tipo. Ma l'opinione pubblica occidentale, proprio quella di cultura cristiana, non concede a questo dramma alcuna attenzione»;
si constata purtroppo tristemente come la cronaca più recente continui a testimoniare la tragica condizione di paura e di pericolo in cui vive in molte parti del mondo chi professa e testimonia la fede cristiana, in particolar modo in quei Paesi dove vige la sharia (complesso di norme religiose, giuridiche e sociali direttamente fondate sulla legge coranica). Basti pensare al recente caso del Pakistan, dove Asia Bibi, donna cristiana era stata condannata a morte per blasfemia;
si ricorda come negli ultimi 30 anni molti Paesi islamici sono stati investiti da movimenti fondamentalisti che hanno fatto sì che quegli stessi Paesi reintroducessero i precetti della legge islamica precedentemente esclusi dalla propria giurisdizione. Così è avvenuto in Kuwait, Libia, Emirati Arabi Uniti ed Egitto. Nel 1990 il Pakistan ha reintrodotto la dottrina penale islamica che era stata abolita 200 anni prima. Altri regimi più integralisti, come Iran, Arabia Saudita e Sudan, sono giunti ai risultati più estremi, approvando vere e proprie costituzioni islamiche;
nei Paesi islamici il ruolo del Parlamento è, quindi, assolutamente marginale, mentre quello degli ulema e delle scuole coraniche a cui appartengono, uniche depositarie dell'interpretazione e della corretta applicazione della legge, è immutabile;
si ritiene che tutti i rapporti, sia politici che economico-commerciali, intrattenuti dal nostro Paese e dagli altri Paesi dell'Unione europea con partner internazionali, non debbano mai prescindere dalla valutazione del rispetto dei diritti umani in quei Paesi e dalle condizioni di vita delle loro popolazioni;
un'Europa che rinuncia alle sue stesse radici non può essere altro che un progetto fallimentare, proprio per la fragilità valoriale su cui si fonda;
l'integrazione europea, per essere non solo formale, ma anche sostanziale e valoriale, deve fondarsi su un rispetto delle identità che contraddistinguono i popoli europei. L'Europa non può ignorare da dove deriva la sua stessa democrazia. È, infatti, innegabile che sia proprio la tradizione cristiana ad aver consegnato alla storia il moderno concetto di persona (cioè dell'individuo che in quanto tale, prima ancora di essere cittadino, è portatore di dignità e di diritti), principio recepito come fondante da tutte le Costituzioni laiche degli Stati membri dell'Unione europea. Un'Europa che rinuncia alla propria anima è destinata a morire. Relegare la religione alla sfera privata, escludendo la tradizione religiosa dell'Europa dal dialogo pubblico, è un grave errore che rischia di far precipitare le nuove generazioni in un vuoto valoriale,


impegna il Governo:


ad adoperarsi, direttamente e attraverso l'Unione europea, per verificare e monitorare la condizione dei cristiani nei Paesi in cui essi costituiscono una minoranza

e a valutare l'opportunità di subordinare ogni ulteriore rapporto di carattere politico o economico con tali Paesi all'effettiva tutela da parte loro delle minoranze cristiane presenti sul loro territorio;
ad istituire presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un «osservatorio sulla condizione dei cristiani nel mondo», che avrà, tra le altre, funzioni di consulenza al Governo, come quella di valutare il prosieguo delle relazioni diplomatiche, in particolare quelle relative alla cooperazione allo sviluppo che implicano l'erogazione di fondi da parte del bilancio statale, con i Paesi che non garantiscono il rispetto dei diritti delle minoranze cristiane e/o non hanno sottoscritto la Convenzione Onu dei diritti dell'uomo;
a richiedere in ambito internazionale, sempre di concerto con i partner dell'Unione europea, la rimozione delle limitazioni dei diritti umani e della libertà religiosa per le minoranze religiose in quegli Stati dove vige la sharia;
a promuovere con i partner dell'Unione europea un'iniziativa per rafforzare il dialogo già esistente tra Unione europea e Stati islamici, al fine di riprendere un confronto sul rispetto dei diritti umani fondamentali in quei Paesi.
(1-00520)
«Reguzzoni, Polledri, Laura Molteni, Montagnoli, Luciano Dussin, Fogliato, Lussana, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fava, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Molgora, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».

Risoluzione in Commissione:

La XIII Commissione,
premesso che:
con la direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, concernente la protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (cosiddetta direttiva nitrati), sono stati introdotti nell'ordinamento comunitario, i princìpi fondamentali che gli Stati membri devono osservare, al fine di ridurre l'inquinamento delle acque dai nitrati di origine agricola;
in particolare, gli articoli 3 e 5 della predetta direttiva, prevedono che gli Stati membri debbano individuare e rivedere sistematicamente le designazioni relative alle zone vulnerabili in base a specifici criteri, evidenziando inoltre i cambiamenti intervenuti;
i medesimi articoli stabiliscono,altresì, che gli stessi Stati membri, devono conseguentemente fissare specifici programmi d'azione per quanto riguarda le zone vulnerabili designate, volti a ridurre l'inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola o a prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo;
i suddetti programmi devono osservare, in particolare, i dati scientifici e ambientali delle singole zone nonché dell'efficacia e dei costi delle misure individuate;
la suddetta direttiva individua inoltre gli obiettivi da raggiungere e stabilisce esclusivamente prescrizioni generiche, che consentono agli Stati membri la facoltà di decidere sulle questioni tecniche;
risulta tuttavia importante evidenziare, come alcune disposizioni della direttiva sembrano non tenere in sufficiente considerazione, le specificità dell'agricoltura mediterranea, con particolare riferimento ai limiti imposti per lo spandimento dei nitrati nelle aree vulnerabili, in particolare nell'area della pianura Padana;

nell'ambito dell'Unione europea alcuni Paesi, inclusa la Germania, hanno chiesto ed ottenuto una deroga ai limiti massimi di azoto spandibili per ettaro. In particolare, le deroghe sono state concesse: dall'anno 1998 all'anno 2004 e dall'anno 2004 all'anno 2007 alla Danimarca, ai sensi della decisione 2002/915/CE della Commissione, del 18 novembre 2002, relativa a una domanda di deroga ai sensi dell'allegato III, punto 2, lettera b), e dell'articolo 9 della direttiva [notificata con il numero C(2002) 464] e della decisione 2005/294/CE della Commissione, del 5 aprile 2005, relativa a una domanda di deroga ai sensi dell'allegato III, punto 2, lettera b), e dell'articolo 9 della direttiva 91/676/CEE [notificata con il numero C(2005) 1032]; dall'anno 2004 all'anno 2007, all'Austria, ai sensi della decisione 2006/189/CE della Commissione, del 28 febbraio 2006, relativa alla concessione di una deroga richiesta dall'Austria [notificata con il numero C(2006) 590];
anche l'Italia è afflitta da analoghe problematiche che hanno spinto i citati Stati a chiedere alcune deroghe alla citata direttiva;
in particolare, il nostro Paese, ponendo alla Commissione europea le medesime questioni che hanno consentito a tali Stati l'ottenimento delle previste deroghe, potrebbe conseguentemente ottenere gli stessi risultati in relazione a colture ad alto assorbimento di azoto, seppure sotto attenta sorveglianza ed in presenza di programmi mirati e dettagliati e per un periodo di tempo limitato;
risulta importante ricordare, inoltre, che la direttiva in questione, è stata inizialmente recepita dallo Stato italiano ai sensi del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, successivamente abrogato dall'articolo 175 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, mentre è stata resa applicabile ai sensi del decreto ministeriale 7 aprile 2006, recante «Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152», nonché di altri provvedimenti adottati in materia dalle singole regioni, provocando una situazione non sempre uniforme e congruente sull'intero territorio nazionale;
la nuova disciplina invece prevede la designazione da parte delle regioni di zone vulnerabili ai nitrati e l'applicazione in esse di programmi d'azione recanti misure e vincoli all'attività agricola, in particolare all'utilizzazione agronomica delle deiezioni zootecniche, fissando specifici limiti quantitativi ed operativi per lo spandimento di azoto nei campi;
in relazione alla comunicazione di infrazione n. 2006/2163 della Commissione europea, le regioni italiane, ed in particolare quelle del bacino padano, stanno ampliando le zone vulnerabili da nitrati, delimitando in quest'ultimo caso più del 65 per cento della superficie agricola;
la nuova situazione che si sta delineando aggrava notevolmente l'impatto della normativa sull'agricoltura, visto che nelle aree vulnerabili occorre ridurre in tempi eccessivamente ristretti la quantità di azoto organico spandibile per ettaro e per anno;
la gravità dei limiti imposti alle aziende agricole con il decreto ministeriale 7 aprile 2006 rischia pertanto di incidere oltre misura sul sistema produttivo e strutturale delle aziende stesse costrette a drastici adeguamenti e a contrazioni produttive, segnatamente dei capi allevati nonché di alcune coltivazioni;
risultano inoltre onerosi, gli investimenti volti al riordino dei processi produttivi e all'utilizzo e al trattamento delle deiezioni, anche a fini energetici. In tale ambito, quindi, appare evidente prevedere ogni iniziativa volta a favorire e sostenere progetti che consentano la realizzazione d'impianti per la trasformazione, la depurazione delle deiezioni e dei liquami zootecnici e la riconversione o l'adeguamento delle aziende interessate dalla direttiva;

in considerazione dei suesposti profili di criticità generali appare oggettivamente reale e preoccupante il pericolo di un forte ridimensionamento numerico delle aziende, specie zootecniche e soprattutto nella pianura padana, con le conseguenti ripercussioni sull'intera filiera, sull'economia nazionale e sull'occupazione, senza trascurare l'impatto su molte produzione «DOP»;
occorre pertanto introdurre adeguate misure in grado di coniugare, nel migliore dei modi, gli inderogabili princìpi della tutela delle aree vulnerabili con la necessità di mantenere un sistema agricolo efficiente ed aziende capaci di generare reddito approfondendo in particolare con maggiori dettagli, i criteri attuativi delle vigenti norme sulla protezione delle acque dai nitrati, anche verificando se vi siano altre cause, oltre le deiezioni zootecniche, che possano provocare danni alle risorse idriche, in particolare i concimi chimici, ed in tali circostanze mettendo in gioco tutti i fattori che interessano la questione;
attraverso l'introduzione di specifici provvedimenti, si potrebbe conseguentemente procedere ad una revisione nonché ad una semplificazione delle norme di cui trattasi, in particolare delle disposizioni recate dal citato decreto ministeriale 7 aprile 2006, ciò con particolare riferimento alle misure relative ai periodi di spandimento, visto che le stesse non tengono conto, ad esempio, dei mutamenti climatici ed idrogeologici che si stanno verificando nel Nord Italia, ai divieti di spandimento, ai limiti tecnici e temporali imposti per lo stoccaggio, ai limiti relativi alle aziende soggette agli obblighi amministrativi, alle procedure concernenti la comunicazione, il PUA (piano di utilizzazione aziendale) ed il trasporto degli effluenti, alle tipologie di allevamento (a tal proposito, occorrerebbero maggiori semplificazioni in relazione al tipo di effluente prodotto, all'organizzazione dell'allevamento, brado semibrado, e altro), al permesso di utilizzare i fertilizzanti chimici a supporto dello spandimento degli effluenti zootecnici;
l'articolo 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce che entro due anni dalla data di pubblicazione dello stesso decreto, il Governo adotti i necessari provvedimenti per la modifica e l'integrazione delle norme dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale, tra cui può essere citato anche l'articolo 112 del medesimo decreto, che concerne l'utilizzazione agronomica;
è importante ricordare che, in considerazione di quanto suesposto, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, rispondendo ad un'interrogazioni a risposta immediata nella seduta dell'Assemblea del 24 novembre 2010, ha reso noto che il 24 aprile 2010 è stato approvato il piano strategico nazionale sui nitrati, che l'Italia ha sottoposto all'Unione europea una richiesta volta ad ottenere una concessione di deroga al valore limite di 170 chilogrammi di azoto previsto dalla «direttiva nitrati» e che l'operatività di questa deroga è subordinata alla rivisitazione dei singoli programmi regionali,


impegna il Governo:


ad attivarsi, in sede europea e con le regioni, affinché la richiesta di deroga al valore limite di 170 chilogrammi di azoto previsto dalla direttiva 91/676/CE (cosiddetta direttiva nitrati) possa essere effettivamente concessa;
ad avviare un processo di verifica dei contenuti del decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 7 aprile 2006, recante criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, al fine di renderlo più facilmente applicabile agli allevamenti, attraverso una semplificazione degli adempimenti dal punto di vista tecnico e amministrativo;
a prevedere, nell'ambito di una possibile modifica del decreto ministeriale 7 aprile 2006 di cui in premessa, disposizioni

minime omogenee per tutto il territorio nazionale, consentendo alle amministrazioni regionali di prevedere integrazioni, anche meno restrittive, in relazione alla specificità degli allevamenti presenti sul proprio territorio.
(7-00463)
«Beccalossi, Biava, Catanoso, De Camillis, De Girolamo, Di Caterina, Dima, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Gottardo, Nola, Muro, Romele, Taddei».

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale e il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
il consiglio regionale della Calabria con una norma inserita nel collegato alla manovra di finanza regionale per l'anno 2011 (legge regionale 29 dicembre 2010, n. 34) ha sancito, con riferimento al territorio regionale, la compatibilità con la carica di consigliere regionale delle cariche di presidente e assessore provinciale e di sindaco e assessore comunale, prevedendo per il consigliere regionale che svolge contestualmente altro incarico (tra quelli citati dalla norma) l'obbligo di «optare e percepire solo una indennità di carica»;
nel testo della norma si legge testualmente che la compatibilità viene introdotta «anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 4 legge n. 154 del 1981, e dall'articolo 65 decreto legislativo n. 267 del 2000», il quale ultimo disciplina sul piano generale e con riferimento all'intero territorio nazionale, le incompatibilità del consigliere regionale, prevedendo espressamente che «Il presidente e gli assessori provinciali, nonché il sindaco e gli assessori dei comuni compresi nel territorio della regione, sono incompatibili con la carica di consigliere regionale»;
peraltro, a seguito della riforma del titolo V della parte II della Costituzione, che rafforza le autonomie regionali e la potestà legislativa delle regioni, si è posto il problema della derogabilità della normativa statale sulle incompatibilità del consigliere regionale, con esito negativo sancito da sentenze della Corte costituzionale che hanno espressamente affermato che «la competenza legislativa regionale in questione vale «nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica» (Corte Costituzionale sentenza n. 201 del 2003);
ne discende l'obbligo delle regioni di legiferare nel rispetto dei principi generali in materia, che, in mancanza di ulteriore normativa, non possono che ricavarsi, allo stato della legislazione, dall'articolo 65 del decreto legislativo n. 267 del 2000;
argomenta ancora la Corte che «non la regola dell'articolo 65 del decreto legislativo n. 267 del 2000, dunque, deve assumersi come limite alla potestà legislativa regionale, ma il principio ispiratore di cui essa è espressione. Il principio in questione consiste nell'esistenza di ragioni che ostano all'unione nella stessa persona delle cariche di sindaco o assessore comunale e di consigliere regionale e nella necessità conseguente che la legge predisponga cause di incompatibilità idonee a evitare le ripercussioni che da tale unione possano derivare sulla distinzione degli ambiti politico-amministrativi delle istituzioni locali e, in ultima istanza, sull'efficienza e sull'imparzialità delle funzioni, secondo quella che è la ratio delle incompatibilità, riconducibile ai principi indicati in generale nell'articolo 97, primo comma, della Costituzione... In sintesi: il co-esercizio delle cariche in questione è, a quei fini, in linea di massima, da escludere. Il legislatore statale, con il citato articolo 65, ha

messo in opera il principio anzidetto, tramite la predisposizione di una regola generale di divieto radicale. Ma ciò non esclude scelte diverse nello svolgimento del medesimo principio, con riferimento specifico all'articolazione degli enti locali nella Regione, naturalmente entro il limite della discrezionalità, oltrepassato il quale il rispetto del principio, pur apparentemente assicurato, risulterebbe sostanzialmente compromesso»;
non c'è dubbio che l'articolo 46 del collegato alla manovra di finanza della regione Calabria per l'anno 2011, ponendosi in deroga con la normativa statale in materia, supera i limiti di autonomia legislativa in materia e si traduce in una elusione di un principio generale;
tale problematica è oggetto di vivace discussione in Calabria, anche perché l'adozione della nuova normativa, inserita in una sede impropria (il collegato alla finanziaria), non era presente nell'agenda politica regionale non è stata preceduta da alcun dibattito in materia, nell'ambito del quale le ragioni di incostituzionalità sarebbero state sollevate così come sta avvenendo in questi giorni sulla stampa locale (si veda l'articolo «Sull'incompatibilità la Corte Costituzionale ha già fatto chiarezza» a firma di Claudio Cavaliere, segretario generale della Legautonomie calabrese, pubblicato su «Il quotidiano della Calabria» in data 6 gennaio 2011) -:
se alla luce del contenuto dell'articolo 46 del collegato alla manovra di finanza della regione Calabria per l'anno 2011 e del fatto che con tale norma il consiglio regionale calabrese, ad avviso degli interpellanti, va oltre la sua competenza eludendo un principio generale al cui rispetto sono tenute tutte le regioni italiane, il Governo non ritenga urgente e necessario impugnare ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, perché incostituzionale, la normativa regionale in questione.
(2-00917)
«Lo Moro, Ventura, Bressa, Amici, Cesare Marini, Fiano, Ferranti, Oliverio, Laratta, Bratti, Zaccaria, Minniti, Garavini, Laganà Fortugno, Giovanelli, Naccarato, Fontanelli, Ferrari, Bordo, D'Antona».

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre

2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella Diocesi di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola sono stati finanziati i seguenti progetti:
Intervento:ripristino, consolidamento, risanamento conservativo ed adeguamento degli impianti tecnologici della chiesa della natività (detta san girolamo) e del complesso annesso, denominato «villa bassa del prelato» in fano (PU) - Ente: diocesi di fano fossombrone cagli pergola - Euro: 565.724,45;
Intervento: completamento restauro, risanamento conservativo e consolidamento della chiesa di san silvestro (sec. XVII) in orciano di pesaro (PU) - Ente: parrocchia di santa maria nuova in Orciano di Pesaro - Euro: 348.421,00 -:
se le stesse opere non siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10306)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355);
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;

l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della 61a assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Foligno sono stati finanziati i seguenti progetti:
Intervento:restauro degli apparati decorativi dell'oratorio del crocifisso in foligno (PG) - Ente: Comune di Foligno - Euro: 232.622,01;
Intervento: completamento dell'intervento e miglioramento sismico della chiesa della madonna di vico di spello (PG) - Ente: comune di spello - Euro: 281.655,40 -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche.
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10307)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010. (10A15355)»;

detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della 61a assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e, in particolare, nella Diocesi di Bologna è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: restauro e risanamento conservativo della copertura della chiesa di S.Maria delle grazie all'osservanza - Bologna - I lotto - Ente: provincia minoritica di Cristo re dei frati minori dell'Emilia - Euro: 260.572,21 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10308)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento

ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della 61a assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Albenga-Imperia è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: completamento del restauro della parte più degradata della copertura e conclusione del restauro della facciata principale della chiesa San Giovanni Battista in Pieve di Teco (IM) - Ente: parrocchia di San Giovanni Battista in Pieve di Teco - Euro: 553.861,93 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28

dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.
(4-10309)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della 61a assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e, in particolare, nella diocesi di Ancona-Osimo è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: restauro e consolidamento statico della cella campanaria e del paramento esterno all'abside della chiesa del ss. Sacramento in Agugliano (AN) - Ente: comune di Agugliano - Euro: 105.220,06 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica

n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10310)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della 61a assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e, in particolare, nella diocesi di Alife-Caiazzo è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: consolidamento della chiesa di San Leone Magno sita nel comune di Ruviano (CE) - Ente: diocesi di Alife-Caiazzo - Euro: 399.419,66 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;

se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10311)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della 61a assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e, in particolare, nella diocesi di Agrigento è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: restauro del coro ligneo e della custodia eucaristica in legno intagliato e dorato della parrocchia San Pancrazio in Canicattì (AG) - Ente: parrocchia di San Pancrazio in Canicattì - Euro: 96.433,79 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale

italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10312)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della 61a assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e, in particolare, nella diocesi di Albano è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: restauro e valorizzazione del complesso monumentale della

chiesa di Santa Maria Assunta in cielo in Ariccia (RM) - Ente: parrocchia di Santa Maria Assunta in cielo in Ariccia - Euro: 639.071,45 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10313)

VESSA e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il maltempo dello scorso autunno ha provocato danni ingenti su tutto il territorio della provincia di Salerno causando allagamenti, smottamenti e movimenti franosi che hanno interessato numerosi comuni del salernitano;
la situazione desta preoccupazione anche per il grande valore naturalistico e agricolo che l'area salernitana rappresenta nel territorio campano;
in seguito alle avverse condizioni atmosferiche, del mese di novembre 2010, tutta la provincia di Salerno è stata interessata da gravi dissesti geologici del territorio, e si sono registrati ingenti danni con sgomberi di case in alcuni comuni, dove si sono addirittura sfiorate delle tragedie a seguito della caduta di massi staccatisi dai costoni -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per favorire un rapido e pieno utilizzo delle risorse assegnate anche tramite uno specifico accordo di programma, al fine di individuare e rendere immediatamente operativi piani straordinari di emergenza e piani stralcio di distretto per la tutela dal rischio idrogeologico ai sensi dell'articolo 67 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto codice ambientale);
se, alla luce dei gravi danni subiti dalla provincia di Salerno, non si ritenga di accelerare la realizzazione delle opere che si riterranno necessarie favorendo adeguate modalità di gestione degli interventi pubblici, sia per quanto riguarda la programmazione, sia per quanto riguarda l'emergenza.
(4-10317)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la conferenza sul clima dell'ONU a Cancun, in Messico, dal 29 novembre al 10 dicembre 2010, non ha di fatto rappresentato un concreto passo avanti nella lotta ai cambiamenti climatici;
per il momento, comunque, si possono registrare almeno tre risultati positivi. Il primo riguarda l'approvazione di un meccanismo di finanziamento per i Paesi poveri, affinché preservino le loro foreste, noto come riduzione delle emissioni da

deforestazione e degrado delle foreste (Redd +). Non è ancora chiaro, tuttavia, se i finanziamenti verranno stanziati direttamente ai singoli Paesi, rendendo i controlli più facili, o in base ai singoli progetti;
un secondo risultato positivo è l'impegno, sottoscritto dalle parti, per l'istituzione di un fondo di aiuti ai Paesi poveri per la riduzione delle emissioni e, soprattutto, per interventi di adattamento ai cambiamenti climatici. Non sono state rese pubbliche delle cifre esatte, anche se i Paesi industrializzati hanno confermato gli impegni sottoscritti lo scorso anno a Copenaghen: 30 miliardi di dollari fino al 2012 (il cosiddetto «fast-track», cui l'Italia non sta contribuendo, nonostante gli impegni pubblicamente assunti dal Governo) e 100 miliardi di dollari all'anno tra 2012 e 2020. Tali cifre, però, non figurano nell'accordo finale sottoscritto a Cancun;
il terzo risultato positivo, infine, riguarda l'accordo di massima per realizzare ispezioni di verifica dei tagli alle emissioni nei singoli Paesi e l'impegno a dar vita ad un comitato che studi come trasferire tecnologie per l'abbattimento delle emissioni dai Paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo o meno avanzati;
in questo contesto il ruolo dell'Italia, ad avviso dell'interrogante, è stato per nulla costruttivo e privo di alcuna partecipazione ed iniziativa concreta. Su diversi dossier ha assunto posizioni non in linea con la maggioranza (o la totalità) degli altri Paesi dell'Unione europea: il nostro Paese è stato l'unico, tra quelli europei, ad opporsi al sostegno dell'Unione europea per il prolungamento degli effetti del protocollo di Kyoto, che scadrà nel 2012 e continua ad opporsi all'aumento unilaterale da parte dell'Unione europea degli impegni per la riduzione delle emissioni di CO2 dal 20 per cento al 30 per cento e alla fissazione di obiettivi vincolanti per l'efficienza energetica;
l'Italia è uno dei Paesi europei potenzialmente più esposti alle conseguenze dei cambiamenti climatici, a causa degli scarsi investimenti per arginare il crescente dissesto idrogeologico e di un modello di sviluppo disordinato, pur se il clima variabile della penisola può rendere l'aumento della temperatura meno evidente;
il Governo italiano, a giudizio dell'interrogante, continua a non assumere iniziative di contrasto ai cambiamenti, nonostante l'abbassamento dei prezzi costituisca un'opportunità importante per la promozione di attività economiche innovative in campo ambientale o volte al risparmio energetico (la cosiddetta green economy). Si tratta di attività presenti in Italia, ma meno valorizzate che in altri Paesi europei: la Germania, ad esempio, ne ha fatto uno dei settori trainanti della sua significativa crescita economica attuale;
in particolare, la conferenza di Cancun si chiude con la messa a punto di due testi, interconnessi tra loro, che però non contengono vincoli per i Paesi firmatari. Si tratta del documento finale che riguarda gli obiettivi a lungo termine e del testo sul protocollo di Kyoto;
la lotta ai cambiamenti climatici è considerata come la più grande sfida che l'umanità ha di fronte per i prossimi anni;
un'intesa di massima è stata raggiunta in vista dell'accordo definitivo da raggiungere alla conferenza sul clima di Durban, nel 2011;
inoltre, nell'ambito della conferenza un'associazione inglese benefica, la Oxfam, ha presentato il rapporto intitolato: «Ora più che mai: negoziati sul clima che fanno la differenza per chi ne ha più bisogno». Nel rapporto emerge che 21.000 persone sono morte in catastrofi connesse a cambiamenti climatici nei primi nove mesi del 2010; più del doppio il numero per l'intero 2009;
secondo le statistiche il 2010 ha già registrato più eventi climatici estremi della media degli ultimi dieci anni, che ammonta a circa 770 l'anno. L'anno 2010 ha visto intere popolazioni soffrire e perdere ciò che è a loro più caro a causa di disastri

legati al clima estremo. Un fenomeno che probabilmente peggiorerà, perché i cambiamenti climatici stanno stringendo la loro morsa sul pianeta;
è vero che i cambiamenti climatici non possono essere considerati responsabili di uno specifico disastro legato al clima, ma i modelli scientifici indicano che i cambiamenti climatici causeranno un aumento sia dell'intensità che della frequenza di avvenimenti meteorologici estremi. A subirne le conseguenze più gravi saranno le persone già vulnerabili;
all'interrogante appaiono deludenti i risultati che finora ha raggiunto l'Italia nella lotta ai cambiamenti climatici e scarsi gli impegni che ha dimostrato di mettere in campo per tale causa sia in campo nazionale sia in campo internazionale -:
se in che modo il Governo intenda giustificare il ruolo che ha tenuto alla recente conferenza di Cancun e, in relazione a ciò, come e con quali impegni intenda presentarsi alla prossima e decisiva conferenza di Durban;
quali siano le scelte che il Governo è in grado di compiere nei prossimi mesi al fine di adottare decisioni efficaci che consentano all'Italia di essere protagonista e contribuire finalmente e concretamente alla lotta contro i cambiamenti climatici.
(4-10318)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta immediata:

MECACCI, MARAN, QUARTIANI, GIACHETTI, BELTRANDI, BERNARDINI, COLOMBO, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dagli organi di informazione, in occasione del primo vertice bilaterale tra un capo di Governo di un Paese membro dell'Unione europea e il Presidente bielorusso, che si è svolto il 30 novembre 2009 a Minsk, il Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi dichiarò pubblicamente, rivolgendosi a Lukashenko: «La sua gente la ama e questo è dimostrato dai risultati delle elezioni, che sono sotto gli occhi di tutti, che noi apprezziamo e conosciamo»;
le elezioni presidenziali del 2006, a cui il Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi faceva riferimento, furono definite dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, in grave violazione degli standard internazionali. sottoscritti dai Paesi membri dell'Osce;
in occasione del vertice del 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi ha anche ricevuto dal Presidente della Repubblica bielorussa, Alexander Lukashenko, una serie di documenti inediti relativi alla sorte di cittadini italiani prigionieri nell'allora Unione Sovietica e scomparsi durante la seconda guerra mondiale, dichiarando con grande enfasi: «È con commozione che ricevo queste carte che sono un omaggio veramente imprevisto. Approfondiremo tutte le notizie di questi documenti e posso interpretare il sentimento delle famiglie italiane nel rivolgerle un ringraziamento cordialissimo»;
dopo oltre un anno dalla consegna di questi fascicoli provenienti dagli archivi dei servizi segreti russi e bielorussi, non vi sono state ulteriori comunicazioni o informazioni da parte del Governo, né relative ai contenuti della documentazione, né riguardo all'avvio di alcun lavoro istruttorio in Bielorussia - che è essenziale per garantire l'efficacia e l'effettività di tale ricerca - per la verifica dell'esistenza e della locazione di cimiteri dove siano stati sepolti cittadini italiani menzionati in tali documenti;
inoltre, in occasione delle ultime elezioni presidenziali del 19 dicembre 2010, l'Osce, insieme all'Unione europea e agli Stati Uniti, ha nuovamente denunciato la non democraticità delle procedure elettorali,

che hanno portato alla rielezione del Presidente Lukashenko, con oltre l'80 per cento dei voti;
inoltre, tali organizzazioni, insieme a molte altre, hanno denunciato con forza l'arresto ingiustificato di centinaia di attivisti che manifestavano la sera del 19 dicembre 2010 per denunciare tali irregolarità;
a seguito delle critiche mosse dagli osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa circa le irregolarità del voto durante le ultime elezioni presidenziali, il Presidente bielorusso ha disposto il 20 dicembre 2010 l'immediata chiusura dell'ufficio dell'Osce a Minsk;
tra gli arrestati vi sono anche 6 candidati alla presidenza, che, insieme ad altre decine di attivisti, sono stati maltrattati dalle forze di polizia durante la detenzione - come denunciato da numerose organizzazioni non governative indipendenti - e sono attualmente sotto processo, rischiando lunghe condanne detentive, mentre giungono notizie preoccupanti anche sulla sorte di minori con legami di parentela con alcuni degli oppositori arrestati;
secondo notizie a mezzo stampa, all'indomani dei gravi fatti avvenuti il 19 dicembre 2010, alcuni Paesi dell'Unione europea avrebbero dichiarato Lukashenko quale «persona non grata», mentre nelle discussioni in corso all'interno dell'Unione europea sulla necessità di ripristinare sanzioni nei confronti degli esponenti del Governo bielorusso (dalla sospensione dei visti verso l'Unione europea, al congelamento dei loro beni all'estero) la posizione del Governo italiano - in linea con le dichiarazioni a sostegno di Lukashenko del Presidente del Consiglio dei ministri del novembre 2009 - sarebbe contraria a una dura condanna politica di quanto avvenuto nel corso delle elezioni presidenziali del 2010 -:
se, alla luce dei gravi fatti riportati, il Governo non ritenga necessario, sia a livello europeo che a livello bilaterale, l'assunzione di una dura presa di posizione politica nei confronti dei comportamenti del Governo bielorusso contro le opposizioni democratiche di quel Paese, anche sostenendo a livello europeo l'introduzione di sanzioni personali, come la sospensione dei visti verso l'Unione europea, nei confronti degli esponenti del Governo e dell'apparato di sicurezza bielorusso che si sono resi responsabili delle gravissime violazioni delle norme democratiche e dei diritti umani in occasione delle ultime elezioni presidenziali.
(3-01391)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per le politiche europee, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale n. 56 del 9 marzo 2010 - supplemento ordinario n. 47 è stato pubblicato il decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 32 «Attuazione della direttiva 2007/2/CE, che istituisce un'infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea (INSPIRE)»;
il decreto è finalizzato alla realizzazione dell'infrastruttura nazionale per l'informazione territoriale e del monitoraggio ambientale che consente allo Stato italiano di partecipare all'infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea (INSPIRE) per gli scopi delle politiche ambientali e delle politiche o delle attività che possono avere ripercussioni sull'ambiente e stabilisce norme generali

per lo scambio, la condivisione, l'accesso e l'utilizzazione, in maniera integrata con le realtà regionali e locali, dei dati necessari;
il decreto si applica a tutti i dati territoriali che sono disponibili in formato elettronico e che sono detenuti da un'autorità pubblica, cioè da qualsiasi amministrazione pubblica, a livello statale, regionale o locale, aziende autonome e speciali, enti pubblici, concessionari di pubblici servizi, organi consultivi pubblici;
si tratta di disposizioni quanto mai urgenti tenuto conto della profonda disomogeneità che esiste nel nostro Paese in materia di rilevamento e rappresentazione del territorio con una miriade di leggi che affidano competenze ad enti e strutture nazionali e locali, senza criteri omogenei e senza una logica unitaria di efficienza e di utilità collettiva;
secondo la Federazione ASITA (Associazioni scientifiche per le informazioni territoriali e ambientali) se si analizzano sotto il profilo dell'efficacia e le informazioni territoriali disponibili presso gli enti centrali e locali, utilizzando canoni oggettivi consolidati a livello europeo che tengano conto dei parametri di scala e anno di produzione, se ne ricava che la copertura efficace (cioè con anzianità minore di 10 anni per le scale medio-piccole e minore di 5 anni per le medio-grandi) varia da un rispettabile 95 per cento per i casi più meritevoli a un intollerabile 5 per cento per i casi patologici, meritevoli forse di attenzioni amministrative più che tecniche;
la direttiva identifica come interlocutore unico il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che deve coordinare tutte le attività pubbliche che raccolgono, trattano e diffondono dati ambientali e sancisce i principi dell'accessibilità ai dati ambientali, che devono essere facilmente raggiungibili, e la gratuità di tale accessibilità;
le amministrazioni avrebbero dovuto, in base alle disposizioni dell'articolo 14, adeguarsi a quanto stabilito dal decreto entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore;
a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, era previsto che il «tavolo di coordinamento Stato - regioni per il sistema nazionale di osservazione ed informazione ambientale» costituito con atto n. 1367 del 17 gennaio 2002 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, fosse trasferito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, assumendo la denominazione di Consulta nazionale per l'informazione territoriale ed ambientale e che la sua composizione fosse adeguata secondo quanto stabilito dal decreto stesso. La Consulta è presieduta da un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed è costituita da un massimo di 50 componenti, di cui 19 di diritto; inoltre, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avrebbero dovuto essere trasmessi entro il 24 dicembre 2010 i metadati di cui all'allegato 1, sulle «parcelle catastali», e di cui all'allegato 2, su «suolo, utilizzo del territorio, impianti industriali, agricoli e di acquacoltura, sistemi di irrigazione, serre e stalle, discariche» -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito all'adeguamento, e ai relativi tempi, da parte delle amministrazioni a quanto stabilito ex articolo 14 del decreto legislativo n. 32 del 2010 -:
se i metadati di cui agli allegati I e II siano stati trasmessi nei tempi previsti dal decreto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia provveduto all'immissione dei metadati di cui agli allegati I e II nella banca dati;
se si sia provveduto alla costituzione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare della Consulta nazionale per l'informazione territoriale ed ambientale;

se il Governo non ritenga di assumere iniziative volte a correggere il testo del decreto per assicurare la piena accessibilità e gratuità da parte dei cittadini ai dati in questione.
(5-04024)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'ultima revisione della strategia degli Usa in Afghanistan osserva che le truppe della coalizione stanno facendo guadagni contro i talebani sul campo di battaglia. Ma questo non ha fermato il flusso di denaro nelle casse dei talebani;
le pubblicazioni di Wikileaks rivelano una crescente frustrazione degli Stati Uniti con gli alleati arabi e la loro incapacità di trattare con enti di beneficenza e donatori privati che inviano denaro ai gruppi estremisti talebani;
gli analisti e funzionari dicono che le donazioni per i talebani potrebbe diventare un punto controverso, data la loro crescente capacità di generare cassa per conto proprio;
le investigazioni delle Nazioni Unite si aprono a ventaglio in tutto l'Afghanistan in questo periodo per valutare e prevedere il raccolto di oppio del Paese nel corso del prossimo anno;
non hanno ancora depositato la loro relazione, ma già forti sono le preoccupazioni;
Jean-Luc Lemahieu, che dirige l'ufficio delle Nazioni Unite sulla droga e il crimine in Afghanistan, ha affermato che il prezzo dell'oppio negli ultimi mesi è salito vertiginosamente e questo è un chiaro segnale che il mercato cresce e non stenta ad arrestare. L'Afghanistan rimane il maggiore produttore mondiale di oppio;
la possibilità di fare soldi 10 volte di più con la produzione di oppio rispetto a quella del grano sta iniziando a diventare una tentazione troppo forte per gli agricoltori;
lo studioso Gretchen Peters, che analizza il crimine organizzato e il fenomeno degli insorti in Afghanistan e Pakistan, afferma che i talebani stanno diventando sempre più esperti nella gestione dei laboratori di droga e del contrabbando;
il denaro della droga non è l'unica fonte di reddito di riempimento dei conti talebani. Gli esperti parlano anche di estorsione, contrabbando, rapimenti e pagamenti di imprenditori occidentali;
l'incapacità di affrontare adeguatamente il finanziamento di gruppi estremisti come i talebani è frustrante non solo per l'Occidente, ma anche per alcuni degli alleati dell'America nel mondo arabo. In una recente conferenza sulla sicurezza regionale in Bahrain, Nasser al-Bloushi, ambasciatore del regno a Parigi, si lamentava che nessuno dei leader parlava di tale argomento, affermando che la continuità di attacchi terroristici non è causata dalla determinazione dei gruppi estremisti, ma dalla nostra incapacità a fermare il flusso dei finanziamenti nelle loro mani;
fino a quando la droga e la corruzione rimangono le principali fonti di entrate in Afghanistan sarà molto difficile reprimere e controllare il finanziamento dei talebani -:
se il Governo sia a conoscenza della situazione citata in premessa e quale sia il contributo italiano sul campo e nelle sedi istituzionali finalizzato ad arginare la produzione di droga e la corruzione dilagante in Afghanistan, problematiche fondamentali di necessaria soluzione per la fine della missione.
(4-10314)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 3 gennaio 2011 il Governo afghano ha affermato che il numero di poliziotti

afghani uccisi nel corso del 2010 è diminuito di circa il sette per cento, nonostante la violenza diffusa in tutto il Paese all'inizio del decimo anno di guerra;
le vittime straniere, invece, militari e civili, sono a livelli record, nonostante la presenza di circa 150.000 truppe a guida NATO. Il 2010 è stato l'anno più sanguinoso da quando i talebani sono stati cacciati dalle forze afghane sostenute dagli Stati Uniti alla fine del 2001;
Bashary, il portavoce del Ministero degli interni, ha dichiarato che 2.447 poliziotti afghani sono stati feriti, mentre 5.225 ribelli sono stati uccisi e 949 feriti;
si è registrato un totale di 6.716 incidenti di sicurezza nel 2010, come agguati, bombe su strada, attentati suicidi e lanci di razzi;
la rivolta si è spostata, nel corso degli ultimi due anni, dalle sue tradizionali roccaforti nel sud-est in zone un tempo pacifiche del nord-ovest del Paese. Il nord, in particolare, è diventato un nuovo frontale mortale nella guerra;
le Nazioni Unite hanno detto che 2.412 civili sono stati uccisi e 3.803 feriti tra gennaio e ottobre del 2010, il 20 per cento in più rispetto al 2009;
il Ministero della difesa ha detto che 821 soldati afghani sono stati uccisi nel 2010. Il generale di brigata Josef Blotz, un portavoce della NATO International Security Assistance Force (ISAF), ha dichiarato che l'alto numero di vittime tra le forze di sicurezza afghane «è un testamento al loro sacrificio, ai loro sforzi, al loro impegno, stanno combattendo per il loro paese»;
Blotz ha detto, inoltre, che l'aumento del numero di truppe straniere in guerra in Afghanistan avvenuto l'anno scorso aveva portato ad una prevedibile ripresa della violenza, «ma ovviamente questo era un passo necessario nella strategia globale»;
le forze straniere hanno subito un numero di decessi record nel 2010, con 711 soldati uccisi, circa i due terzi dei quali americani, secondo www.iCasualties.org, che svolge attività di monitoraggio di siti web. È stato di gran lunga l'anno più letale per le truppe straniere;
una revisione della strategia di guerra portata avanti dal presidente Usa Barack Obama il mese scorso fa notare come siano stati fatti progressi contro i talebani e al Qaeda, ma che permangono gravi problemi;
i leader della NATO hanno convenuto al vertice di Lisbona nel mese di novembre 2010 di porre fine alle operazioni di combattimento e di sicurezza e di lasciare la responsabilità in mano a forze afghane entro la fine del 2014. Obama ha promesso di iniziare a ritirare le truppe Usa a partire dal luglio 2011;
ma i critici sostengono che la data del 2014 fissata dal presidente Hamid Karzai è troppo ambiziosa e che vi sono carenze in Afghanistan e nelle sue forze di sicurezza, e che la fissazione di una data per il ritiro delle truppe rende più forti e temerari gli insorti;
nella relazione inviata nei giorni scorsi alle Nazioni Unite da parte di Staffan De Mistura, responsabile della Missione ONU di assistenza all'Afghanistan viene riportato che i «prossimi mesi saranno duri e ci sarà un peggioramento delle condizioni di sicurezza.» I talebani «sono ancora là e programmano spettacolari attentati» a macchia di leopardo in tutto il Paese;
il momento che si accinge a vivere l'Afghanistan è uno dei più difficili e soprattutto pericolosi in assoluto da quasi dieci anni a questa parte;
sebbene gli altri alleati, a cominciare da Obama, hanno convenuto di attuare una revisione della strategia di guerra, l'Italia non ha affatto posto il problema -:
se il Governo non ritenga di dover adottare una rinnovata strategia in un contesto che muta costantemente e che vede continue prese di posizione da parte

degli altri Paesi a fronte di quella che all'interrogante appare una totale immobilità dell'Italia.
(4-10315)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
i medicinali e i prodotti farmaceutici donati per le esigenze dell'esercito e della polizia afghani spariscono prima di raggiungere ospedali e cliniche militari. È stato rimosso dal suo incarico l'alto ufficiale medico dell'esercito nell'ambito di un'inchiesta per presunta corruzione;
il Ministro della difesa afghano il generale Abdul Rahim Wardak ha inoltre dichiarato che tre funzionari della struttura superiore medica del Paese, Dawood National Military Hospital di Kabul, sono stati vittima di un attentato;
l'inchiesta dovrà chiarire anche la relazione tra la scomparsa di medicinali del valore di 42 milioni di dollari che gli Stati Uniti hanno donato questo anno e la morte di molti soldati afghani;
gli americani hanno ripetutamente sollecitato il presidente afghano Hamid Karzai a sradicare la corruzione del Governo e dimostrare che la sua amministrazione può essere un vero partner per ristabilire il controllo del Paese. Tuttavia, molte campagne anti-corruzione segnano il passo e l'estate scorsa Karzai ha bloccato un'indagine su alcuni aiutanti di alto livello, presumibilmente accettando tangenti;
l'appropriazione indebita di fondi dell'esercito, se dimostrata, sarebbe particolarmente preoccupante in quanto la stabilità dell'esercito afghano è vista come chiave per la strategia di uscita della NATO. La missione ISAF, infatti, si concentra sulla formazione dei soldati afghani in modo che possano prendere in consegna l'autorità per la protezione del Paese nel 2014;
un funzionario militare americano ha detto che le medicine fornite dagli americani, insieme ad ulteriori fondi donati, sarebbero stati sufficienti per l'intero esercito afghano. Il funzionario ha parlato in condizione di anonimato, perché ha detto che qualsiasi annuncio dovrebbe venire da parte del Governo afghano;
tuttavia, le unità dell'esercito afghano in tutto il Paese si lamentano della carenza di medicinali, tra cui la morfina e gli antibiotici. I funzionari dicono che i pazienti a Dawood Hospital sono spesso senza medicine adeguate, non hanno il cambio delle medicazioni e sono lasciati incustoditi dai medici;
un ufficiale dell'esercito afghano coinvolto nelle indagini ha detto che sono scomparse anche attrezzature molto costose. In almeno un caso, macchine di diagnostica significative per l'esercito sono finite in cliniche private a Kabul, ha detto il funzionario, che ha parlato in forma anonima, perché non era autorizzato a parlare con i giornalisti;
Ahmad Nasar Rahimi, il direttore di una clinica dell'esercito a Kabul, ha detto che il dipartimento di salute dell'esercito afghano offre molti meno tipi di medicine e in quantità molto più ridotte delle richieste fatte;
ha affermato che su circa 120 tipi diversi di farmaci alla fine ne ottiene qualcosa come 30. La sua clinica non ha avuto il metronidazolo - un antibiotico chiave per il trattamento di infezioni gastrointestinali - per due mesi, nonostante le ripetute richieste;
la carenza di medicine è un problema per l'intero esercito. In altre parti del Paese, i comandanti dicono che i soldati spesso devono comprare le medicine al mercato locale;
vi sono macchine a raggi X che non possono essere usate perché senza batterie e laboratori pieni di attrezzature moderne, dove i medici non possono fare le analisi del sangue a causa delle sostanze chimiche mancanti;
il colonnello Schuyler Geller, comandante di un gruppo di medici di formazione

degli Stati Uniti di consulenza per le forze afghane ha detto che l'invio da parte americana di medicinali per l'esercito afghano ha tenuto il passo con la crescita da 70.000 soldati nel 2008 a 147.000 oggi, ma attualmente è difficile sapere esattamente dove finisce tutto;
il colonnello Geller ha dichiarato che è «molto probabile» che i farmaci vengano venduti a parte -:
se il Governo sia a conoscenza degli episodi citati in premessa e del presunto traffico di medicinali;
se e come il Governo, per quanto di competenza, intenda affrontare tale questione e se non ritenga di dover farsene portavoce con gli alleati al fine di fare chiarezza e contribuire efficacemente al raggiungimento dell'obiettivo finale fissato per il 2014.
(4-10316)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
gli articoli 3 e 51 della Costituzione impongono che sia garantito all'uno e all'altro sesso un pari trattamento nell'accesso agli uffici pubblici;
l'amministrazione pubblica deve parimenti assicurare il principio di uguaglianza, ponendo in essere tutti i comportamenti necessari per realizzare di fatto tale principio. Pertanto, la condizione di gravidanza impone alla pubblica amministrazione di adottare tutte quelle misure che tutelino la donna e la maternità e che garantiscano la partecipazione ai concorsi pubblici in condizioni di effettiva parità con gli altri candidati;
l'articolo 1 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246) prevede che «la parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compresi quelli dell'occupazione, del lavoro e della retribuzione»;
l'articolo 27 dello stesso decreto stabilisce che «è vietata qualsiasi discriminazione per quanto riguarda l'accesso al lavoro, in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, nonché la promozione, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale»;
ai sensi dell'articolo 3 del decreto ministeriale 4 aprile 2000, n. 114, secondo comma, lo stato di gravidanza costituisce impedimento solo temporaneo all'accertamento dell'idoneità al servizio militare;
alla luce di tali princìpi e regole di rango costituzionale e legislativo, quindi, nessuna conseguenza giuridica sfavorevole può derivare ex se dal sesso della lavoratrice né dall'evento tipico e sacro che caratterizza la vita della donna: la procreazione;
il 1o caporal maggiore dell'Esercito italiano Valentina Fabri ha partecipato al concorso per l'immissione di 3392 unità nel ruolo dei volontari in servizio permanente dell'Esercito, 15o concorso straordinario (G.U.R.I. - 4a serie speciale - n. 69 dell'8 settembre 2009);
con verbale degli accertamenti psico-fisici del 9 novembre 2010 della direzione generale per il personale militare presso il Ministero della difesa, I reparto, 4a divisione reclutamento truppa, 3a sezione, la predetta signora Fabri è stata dichiarata non idonea al servizio militare in quanto in attuale stato di gravidanza ed è stata pertanto esclusa dal concorso -:
se si intendano adottare gli opportuni ed urgenti provvedimenti idonei a consentire alla predetta volontaria dell'Esercito la partecipazione al concorso, anche al fine di stabilizzare il proprio rapporto di lavoro meramente precario;
se e quali provvedimenti si intendano adottare nei confronti dei vertici militari che, omettendo la dovuta attenzione, hanno determinato l'errata applicazione

dei princìpi giuridici e costituzionali sopra citati.
(4-10319)

TESTO AGGIORNATO AL 12 GENNAIO 2011

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:

REGUZZONI, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le eccezionali piogge cadute in Veneto dal 31 ottobre al 2 novembre 2010 hanno provocato un vero e proprio disastro idrogeologico, colpendo, in particolare, le province di Vicenza, Padova e Verona;
il tessuto socio-economico della regione è stato messo in ginocchio: le piogge e le esondazioni dei corsi d'acqua conseguenti hanno invaso e reso inutilizzabili migliaia di abitazioni private, di industrie manifatturiere, di imprese agricole; le coltivazioni nelle tre province sono quasi completamente distrutte; i macchinari di tutte le imprese colpite sono inutilizzabili e non recuperabili;
il Consiglio dei ministri il 5 novembre 2010 ha dichiarato lo stato di emergenza per le zone colpite dall'alluvione e la Presidenza del Consiglio dei ministri il 13 novembre 2010 ha emesso l'ordinanza n. 3906, con la quale ha nominato il presidente della regione Veneto commissario delegato per il superamento dell'emergenza e ha stanziato la somma di 300 milioni di euro per finanziare i primi interventi nelle zone colpite; le banche maggiormente presenti sul territorio veneto hanno stanziato plafond, che complessivamente ammontano a 700 milioni di euro, destinati all'erogazione di finanziamenti agevolati alle famiglie ed alle imprese per fronteggiare i gravi danni subiti e consentire il riavvio della normalità;
numerose sono le iniziative di solidarietà e le raccolte fondi per sostenere le famiglie e le imprese colpite dal disastro promosse da enti pubblici, associazioni private e singoli cittadini;
la citata ordinanza n. 3906, all'articolo 9, comma 2, stabilisce che: «I contributi di cui all'articolo 5 non concorrono a formare il reddito, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e non rilevano ai fini della formazione del valore della produzione netta di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446»;
i contributi di cui all'articolo 5 sono esclusivamente quelli erogati dal commissario delegato nell'ambito delle risorse assegnate nell'ordinanza stessa, assimilando, di fatto, tutte le altre somme ricevute dalle imprese danneggiate a redditi di impresa e assoggettandole, quindi, ad imposizione fiscale;
tale situazione risulta, ad avviso degli interroganti, palesemente assurda, in quanto le donazioni verrebbero tassate alla stessa stregua dei ricavi di esercizio, aggiungendo al danno subito a causa degli eventi alluvionali anche la beffa di pagare le tasse sulla beneficenza ricevuta;
a parere degli interroganti, sarebbe necessario un intervento urgente da parte del Governo per escludere da imposizione fiscale tutte le donazioni ricevute da parte delle famiglie e dalle imprese colpite dall'alluvione -:
se il Governo intenda intervenire per porre rimedio a quella che agli interroganti sembra la palese ingiustizia di assimilare

al reddito di impresa tutte le donazioni non erogate dal commissario delegato, che le imprese venete colpite dagli eventi alluvionali di inizio novembre 2010 hanno ricevuto e riceveranno.
(3-01390)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:

BERNARDO e CICCIOLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la disciplina in materia di detrazione IRPEF delle spese di ristrutturazione edilizia, introdotta nell'ordinamento tributario dall'articolo 1 della legge n. 449 del 1997 (legge finanziaria per il 1998), è stata costantemente prorogata negli anni successivi;
la detraibilità, inizialmente prevista solo in favore degli interventi effettuati dai proprietari degli immobili, è stata successivamente estesa, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002), anche agli interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano alla successiva alienazione o assegnazione dell'immobile, prevedendosi in tal caso che la detrazione possa essere fruita dal successivo acquirente o assegnatario delle singole unità immobiliari;
da ultimo, l'articolo 1, comma 17, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) ha prorogato tale disciplina fino al 2012;
in tale contesto, l'articolo 1, comma 387, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), nel prorogare, per l'anno fiscale 2007, la detraibilità delle medesime spese di ristrutturazione, fa tuttavia riferimento alle sole spese sostenute dai proprietari e non anche a quelle sostenute dalle imprese, di cui al predetto articolo 9, comma 2, della legge n. 448 del 2001;
l'esclusione, con riferimento al solo anno fiscale 2007, della detraibilità delle spese di ristrutturazione sostenute da imprese che abbiano successivamente rivenduto l'immobile, determinerebbe una differenziazione nel regime tributario applicabile a fattispecie che il legislatore ha invece regolato unitariamente negli anni precedenti e successivi, la quale risulterebbe priva di una giustificazione logica, penalizzando i contribuenti che hanno acquistato una casa ristrutturata nel corso del 2007 -:
se le spese per interventi di restauro o ristrutturazione edilizia effettuati nel corso del 2007 da imprese che abbiano successivamente rivenduto l'immobile, di cui all'articolo 9, comma 2, della legge n. 448 del 2001, siano effettivamente indetraibili ai fini IRPEF, e se ritenga in tal caso opportuno adottare iniziative volte ad eliminare tale disparità di trattamento.
(5-04025)

FUGATTI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 3 agosto 2009 il Ministro dell'economia e delle finanze, il Presidente dell'ABI e le Associazioni dei rappresentanti delle imprese hanno firmato un avviso comune per la sospensione dei debiti delle piccole e medie imprese verso le banche, con l'obiettivo di aiutare le imprese in un momento storico di grave crisi economico-finanziaria;
l'accordo, in particolare, prevedeva: la sospensione per 12 mesi, ovvero per 6 mesi, del pagamento della quota capitale implicita nei canoni di operazioni di leasing rispettivamente «immobiliare» ovvero «mobiliare»; l'allungamento a 270 giorni delle scadenze del credito a breve termine per sostenere le esigenze di cassa, con riferimento alle operazioni di anticipazione su crediti certi ed esigibili; il contributo al rafforzamento patrimoniale delle imprese di piccole e medie dimensioni, prevedendo un apposito finanziamento

o altre forme di intervento per chi realizzava processi di rafforzamento patrimoniale;
il termine per l'accesso alla moratoria è stato successivamente prorogato al 31 gennaio 2011;
per le imprese italiane la moratoria è stato un efficace strumento per alleviare le tensioni finanziarie conseguenti alla grave crisi che ha colpito tutte le economie occidentali; secondo uno studio di Intesa San Paolo sui dati dei bilanci aziendali del 2009, il 40 per cento delle imprese italiane ha chiuso l'esercizio in perdita e il 20 per cento non è stato in grado di generare flussi di cassa; i dati al 30 settembre 2010 parlano di circa 180 mila imprese che hanno aderito alla moratoria per un ammontare complessivo di 55 miliardi di debiti sospesi;
le imprese che hanno goduto della sospensione oggi non sono nella condizione di riprendere i pagamenti senza mettere a repentaglio il loro equilibrio finanziario;
Confindustria ed ABI stanno studiando soluzioni per consentire un'uscita morbida dalla moratoria per le imprese che hanno ancora problemi di tensione finanziaria -:
se il Governo intenda farsi promotore della proroga del termine della sospensione dei debiti, in considerazione del fatto che le imprese italiane, spesso sottocapitalizzate, non sono in grado di riprendere i pagamenti senza mettere a repentaglio il loro equilibrio finanziario.
(5-04026)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel maggio 2010 è stato introdotto l'ISC - indicatore sintetico di costo dei conti correnti attivati presso le banche;
dai primi dati apparsi sulla stampa risultano rincari dei costi dei conti correnti pari in media al 5 per cento;
i rincari hanno toccato punte del 6,5 per cento per i pensionati, mentre la categoria più colpita dopo questi ultimi è quella delle famiglie, dove i costi toccano punte del 5,3 per cento, in evidente contraddizione con le dichiarazioni, ad avviso dell'interrogante, propagandistiche del Governo in materia di quoziente familiare e di aiuto alle famiglie;
in alcune filiali della stessa banca vengono addirittura praticati, per analoghe operazioni e tipologia di conti, costi diversi: ad esempio, a quanto consta all'interrogante, i correntisti del Banco Popolare di Novara pagano costi più alti rispetto ai conti aperti presso la filiale di Verona, determinando un'inverosimile diversità di trattamento tra clienti della medesima Banca Popolare, che così facendo considera correntisti «di serie A» quelli di Verona, e correntisti «di serie B» quelli di Novara;
analogo comportamento sembra sia stato seguito dalla Banca UBI, che pratica condizioni peggiorative nei confronti dei clienti delle filiali di Bergamo rispetto a quelli delle filiali di Brescia;
il sensibile rincaro dei costi dei conti correnti sembra costituire uno strumento occulto con il quale le banche stanno provvedendo al loro consolidamento patrimoniale, facendone pagare il prezzo soprattutto alle famiglie;
dietro i rincari di correntisti serviti «al banco» ed in modo tradizionale negli sportelli bancari, si evidenzia inoltre la politica, seguita dalle banche, di spingere la clientela verso il canale della banca telematica, per ridurre i costi attualmente sostenuti per il mantenimento degli sportelli bancari ed a discapito della qualità del servizio offerto;
a tale complessa situazione si aggiunge l'allarme lanciato recentissimamente dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale evidenzia la

concreta possibilità che, nel corso del 2011, le banche incrementino sensibilmente il costo dei fidi -:
quali iniziative intenda assumere in tale contesto, nell'ambito delle proprie competenze in materia, a tutela dei diritti dei consumatori e dei correntisti bancari, che sono sempre più colpiti dall'incremento del costo dei servizi bancari posto in essere dagli istituti di credito, in particolare per quanto riguarda le famiglie, i pensionati e le categorie più deboli, che già in passato sono stati spesso vittime di pratiche commerciali assolutamente inaccettabili da parte delle stesse banche, ad esempio in occasione del collocamento presso il pubblico di titoli cosiddetti tossici.
(5-04027)

CECCUZZI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i commi dal 475 al 480 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, istituiscono e regolamentano il fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa, che prevede la sospensione del pagamento delle rate per le famiglie in difficoltà;
il regolamento attuativo del Fondo in questione (decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 21 giugno 2010, n. 132), che prevede una dotazione di 20 milioni di euro (inizialmente 10 milioni per il 2008 e 10 milioni per il 2009), è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 agosto 2010, n. 192, ma è stato attivato concretamente dalla metà del mese di novembre 2010;
nonostante siano passati circa due anni dall'entrata in vigore della legge «madre» questo provvedimento assume ancora oggi carattere di estrema urgenza alla luce della grave situazione finanziaria che sta caratterizzando ampie fasce di popolazione del nostro Paese, indebolendo il potere d'acquisto di cittadini e famiglie e pregiudicando la ripresa economica e produttiva dell'Italia;
una crisi economica e sociale che continua ad essere testimoniata anche da alcuni recenti dati:
il tasso di disoccupazione «reale» nazionale (secondo la Cgia di Mestre che ha elaborato le cifre Istat) supera attualmente il 10 per cento;
l'inflazione a dicembre 2010 (sempre secondo le rilevazioni dell'istituto italiano di statistica) presenta una variazione in crescita dello 0,4 per cento rispetto al mese di novembre ed un aumento dell'1,9 per cento se si considera dicembre 2009 (complessivamente il tasso di inflazione medio nel 2010, pari all'1,5 per cento, è quasi raddoppiato rispetto al 2009 in cui si assestava all'0,8 per cento);
le associazioni dei consumatori hanno inoltre rimarcato che l'aumento del 20 per cento dei debiti contratti dalle famiglie italiane, registrato negli ultimi mesi e certificato dalla Banca d'Italia, rappresenta un indice inconfutabile dello stato di povertà in cui versano milioni di cittadini: dati confermati anche dall'Abi che nel primo trimestre 2010 ha segnalato un calo del credito al consumo, per quanto riguarda l'erogazione (-11 per cento nel 2009 e -5 per cento nel 2010) e per la prima volta per ciò che concerne la consistenza (passata a 110 miliardi del 2010, rispetto ai precedenti 113 miliardi del 2009);
secondo l'Istat nel terzo trimestre del 2010 il reddito disponibile delle famiglie italiane non è cresciuto: in valori correnti ha infatti registrato una variazione nulla rispetto al trimestre precedente. Il potere d'acquisto dei nuclei familiari, nello stesso periodo, ha invece segnato un calo dello 0,5 per cento sia su base congiunturale che annua (-1,2 per cento nei primi nove mesi del 2010);
secondo i dati di Confcommercio, nel biennio 2008-2009, i consumi delle famiglie a causa della crisi hanno registrato

una contrazione media annua del 2,1 per cento, tornando ai livelli del 1999;
le difficoltà economiche delle famiglie si ripercuotono inevitabilmente sulla capacità di rimborsare le rate del mutuo per l'acquisto della prima casa e, quindi, sulla possibilità di mantenere la propria abitazione;
al riguardo alcune associazioni sindacali hanno reso noto che nei prossimi anni potrebbero essere eseguibili 300 mila sfratti di cui 250 mila per morosità. Nel 2009 gli sfratti emessi sono infatti aumentati del 17,5 per cento rispetto al 2008 (valore più alto degli ultimi 13 anni);
secondo quanto emerge da organi di stampa (nello specifico Il Sole 24 Ore del 9 gennaio 2011) il fondo di Solidarietà potrebbe «a breve termine esaurire la dotazione di 20 milioni: in queste prime settimane di attività Consap, la società che gestisce materialmente il fondo per conto del Ministero dell'economia e delle finanze, ha ricevuto ben 2.800 istanze da parte dei mutuatari e questo ha reso necessario vincolare parte delle somme che andranno a compensare le banche per le spese sostenute in termini di interessi»; «Nel complesso la disponibilità residua del Fondo ammonta a quasi 13 milioni. Con questi ritmi prevediamo di esaurire le risorse già tra febbraio e marzo» 2011, ha confermato a Il Sole 24 Ore Giulio Ascioti, responsabile del servizio gestione fondi di solidarietà di Consap;
«quello della dotazione non è però l'unico impasse del Fondo di solidarietà - riporta ancora Il Sole 24 Ore - delle 1.100 domande finora valutate soltanto 380, cioè poco più di una su tre, sono state regolarmente accettate. Circa 500 sono state respinte, meno di 100 per questioni di merito (mancavano i presupposti per l'accesso al beneficio), oltre 400 sono state rinviate alle banche perché la documentazione presentata era incompleta (tra i casi più diffusi è la mancanza di attestazione dello stato di disoccupazione per un periodo inferiore a 3 mesi). Ma è il caso di altri 220 mutuatari a suscitare le perplessità maggiori: queste domande sono state formulate da cittadini che hanno perso un lavoro a tempo determinato, tipologia incredibilmente ignorata dal decreto che regola il Fondo, che si riferisce invece al lavoro a tempo indeterminato oppure ai contratti parasubordinati o assimilati» (come riporta l'articolo 1, comma 2, lettera a), del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 21 giugno 2010, n. 132);
alla luce di quanto appena esposto risulta quindi evidente che la dotazione finanziaria del fondo in questione non sia in grado di soddisfare tutti quei cittadini che hanno difficoltà con il pagamento delle rate dei mutui «prima casa»;
è altrettanto evidente che alcuni parametri necessari per poter accedere al citato fondo di solidarietà, introdotti dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 21 giugno 2010, n. 132, debbano essere rivisti ed ampliati alla luce delle reali situazioni sociali ed economiche in cui versano le famiglie ed, in primo luogo, rispetto alle differenti metodologie contrattuali diffuse sul territorio nazionale -:
se non ritenga necessario ed urgente, conseguentemente a quanto esposto in premessa, assumere iniziative per stanziare fin dal prossimo provvedimento utile una dotazione aggiuntiva del citato fondo di solidarietà per poter venire incontro a tutte le gravi, perduranti e irrisolte difficoltà economiche delle famiglie per quanto riguarda il pagamento delle rate dei mutui contratti per la acquisto della prima casa e se non ritenga altrettanto necessario ed urgente rivedere ed ampliare i parametri necessari per poter accedere al fondo in questione (introdotti dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 21 giugno 2010, n. 132) includendo, in primo luogo, anche la perdita di lavoro con

contratto a «tempo determinato» come requisito per i potenziali beneficiari del medesimo fondo.
(5-04028)

TESTO AGGIORNATO AL 12 GENNAIO 2011

...

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
la legge di stabilità 2011 ha confermato i tagli lineari ai Ministeri già attuati con il decreto-legge n. 78 del 2010;
nel settore della giustizia, in particolare, a parte i suddetti tagli, nulla è stato fatto, ad avviso degli interpellanti, per migliorare la qualità ed i tempi del servizio reso ai cittadini: nulla per la riorganizzazione degli ambiti di competenza territoriale degli uffici giudiziari ancorati al 1800, nulla per prevedere la copertura o l'adeguamento degli organici dei magistrati ordinari e del personale giudiziario, nulla per la realizzazione dell'informatizzazione secondo sistemi sinergici, operativi ed uniformi sul territorio nazionale;
in particolare, per quanto riguarda l'informatizzazione del settore giustizia la situazione è decisamente preoccupante: il panorama nazionale è quello della dotazione di strumenti obsoleti, di assenza di programmazione di scelte di spesa oculate e a lungo termine, dell'utilizzo di programmi e sistemi che spesso non colloquiano tra di loro, mentre è carente una politica di potenziamento, formazione e valorizzazione della professionalità del personale degli uffici giudiziari;
questa situazione era già ben chiara alla data di discussione della manovra di bilancio per il 2011 e il Partito Democratico, proprio per la consapevolezza che questi tagli avrebbero potuto portare gravi disservizi se non addirittura al blocco dell'attività del settore giudiziario, aveva presentato un emendamento (A.C. 3778, n. 3778/II/Tab.B.1.) che, in particolare, era volto a reintegrare i tagli riguardanti l'informatica;
in Commissione giustizia, nel corso della seduta del 27 ottobre 2010, il relatore di maggioranza, onorevole Vitali, aveva espresso parere favorevole al suddetto emendamento, ma il Governo, ciò nonostante, ha dato parere contrario e l'emendamento non è stato approvato. In luogo del predetto emendamento il Governo ha accolto un ordine del giorno Vitali ed altri n. 9/3778/II/2 in cui si impegna il Governo:d adottare tutte le misure necessarie, anche di natura normativa, per realizzare investimenti a favore della informatizzazione della giustizia di almeno 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2011 nonché per ottimizzare i servizi della giustizia in una ottica di maggiore efficienza della relativa organizzazione;
in data 21 dicembre 2010, l'onorevole Cinzia Capano ha presentato un' interrogazione a risposta in Commissione in cui si chiedeva al Ministro interpellato di rivedere urgentemente le sue scelte riguardo alla sospensione del servizio di assistenza applicativa ai computer degli uffici giudiziari e di attivarsi per far fronte alle eventuali disfunzioni;
alla suddetta interrogazione il Governo, in data 22 dicembre 2010, per il tramite del Sottosegretario Caliendo, ha risposto affermando che «(...)la paventata interruzione del servizio di assistenza applicativa agli uffici giudiziari non è una decisione dell'Amministrazione, ma un effetto della mancata copertura nell'anno 2011 dei contratti pluriennali, sottoscritti negli anni 2009 e 2010 per garantire l'assistenza applicativa agli uffici giudiziari. Tale circostanza potrà verificarsi qualora non si intervenga per adeguare gli stanziamenti destinati per il 2011 al mantenimento di tali servizi. (...)L'esiguità delle risorse previste dal Ministero dell'economia e finanze per il 2011 ha imposto

l'inserimento nei suddetti contratti (peraltro, su diretta sollecitazione della Corte dei conti, oltre che dell'Ufficio Centrale del Bilancio di questo Dicastero) di una clausola determinante l'arresto delle attività di supporto agli uffici giudiziari, a decorrere dal 1o gennaio 2011, in assenza di adeguata copertura finanziaria. Peraltro, la spesa corrente destinata al mantenimento dei sistemi informatici degli uffici giudiziari, allo stato attuale, non è ulteriormente comprimibile senza rischiare di compromettere il mantenimento di tutti i sistemi. Tengo a sottolineare, infatti, che negli ultimi anni la spesa collegata al settore si è notevolmente ridimensionata, passando da una spesa registrata di circa 79 milioni di euro nel 2008 ad una previsione di spesa di circa 56 milioni di euro per il 2011. È evidente, quindi, che la situazione descritta non soltanto è nota, ma è anche oggetto di costante e puntuale verifica. In tal senso, quindi, intendo rassicurare gli onorevoli interroganti, rappresentando che di tali problematiche è già stato interessato il Ministero dell'economia e finanze, il quale sta valutando le soluzioni possibili. E comunque, in assenza di eventuali ulteriori disponibilità, si cercherà, anche attraverso lo strumento delle variazioni compensative, di inserire all'interno del bilancio le somme necessarie ad un adeguato funzionamento dei servizi di assistenza informatica»;
qualche giorno dopo, il direttore generale del direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, dottor Stefano Aprile, annuncia in una comunicazione che «In ragione della assenza di adeguate risorse finanziarie sull'esercizio 2011, a decorrere dal prossimo 2 gennaio sarà interrotto il servizio di assistenza applicativa agli uffici giudiziari, mentre proseguirà senza alcuna interruzione il servizio di assistenza alle postazioni di lavoro ed ai server nell'ambito del contratto SPC in merito alle ordinarie problematiche di funzionamento (non sarà fornita assistenza ai vari software dell'amministrazione, quali Re.Ge., SICP, SICID, SIECIC, eccetera)»;
il 3 gennaio 2010, in una nota del capo dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della giustizia, Luigi Birritteri, si legge che «nell'attesa di un auspicabile e necessario intervento del MEF per il ripianamento del fabbisogno 2011 (pari a circa 33 milioni di euro) nelle prossime ore verificheremo la fattibilità tecnica di una soluzione ponte (se del caso attraverso il ricorso alla procedura negoziata d'urgenza prevista dall'articolo 57 del codice dei contratti) che consenta, in via di urgenza, di assicurare provvisoriamente il servizio, nelle more del reperimento delle risorse per riattivare l'assistenza ordinaria. Ciò, rende, ovviamente necessario procedere a «dolorose» variazioni compensative di bilancio (peraltro tecnicamente difficili da individuare visto che nessun'altra articolazione ministeriale naviga nell'oro) finalizzate a reperire alcuni milioni di euro sufficienti ad assicurare qualche mese di autonomia al sistema di assistenza in questione»;
il 4 gennaio 2010, il segretario generale Giuseppe Cascini e il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Luca Palamara hanno lanciato l'allarme riguardante il blocco dell'assistenza ai servizi informativi dal 2011 che avrebbe potuto causare il rischio di una paralisi degli uffici giudiziari e del sistema con conseguente chiusura dei tribunali e, dunque, innanzitutto, il blocco dell'attività processuale;
il 5 gennaio 2010 il Ministro interpellato ha annunciato che «Il problema è stato risolto. Il servizio riprenderà regolarmente dal 7 gennaio, ancora prima della piena ripresa del lavoro negli uffici giudiziari», precisando di aver sottoscritto le variazioni di bilancio necessarie per ottenere il ripristino del servizio. Il Ministro ha inoltre aggiunto che, insieme al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione Renato Brunetta, «farà il punto con la stampa sullo stato della digitalizzazione del sistema giustizia, per comunicare i nuovi obiettivi dell'anno

2011 e per annunciare un piano di razionalizzazione dei costi dei servizi di manutenzione» -:
a quanto ammonti esattamente il fabbisogno complessivo per assicurare il servizio ordinario di assistenza informatica per l'intero anno 2011 e a quanto ammontino le risorse che il Ministro ha dichiarato di avere stanziato sottoscrivendo le variazioni di bilancio necessarie per ottenere il ripristino dell'assistenza;
quali siano, nel dettaglio, le soluzioni economiche e contrattuali adottate per assicurare il ripristino in via d'urgenza del servizio di assistenza e in danno di quale altro settore della giustizia siano state reperite le risorse;
quali possibili soluzioni intenda individuare per assicurare il servizio per l'intero anno 2011 e se non ritenga quanto meno opportuno rendere ufficialmente edotti tutti i soggetti direttamente interessati della delicatezza della situazione e delle possibili conseguenze sul funzionamento ordinario degli uffici giudiziari;
come e perché questa vicenda sia potuta accadere, considerato che, dalla ricostruzione temporale esposta in premessa, è evidente che il problema era noto già molto tempo prima dell'approvazione della manovra di bilancio per il 2011;
quale sia lo stato concreto della digitalizzazione del sistema giustizia, considerato che, tra l'altro il Ministro interpellato ha presentato il 6 dicembre 2010 «la piattaforma on line che consentirà agli avvocati di ricevere in tempo reale, sul pc o sul telefonino, tutta una serie di informazioni su decreti, ordinanze e sentenze», aggiungendo anche che «siamo sulla strada giusta e se continueremo a lavorare così nei prossimi due anni e mezzo potremo fare della giustizia il portabandiera della informatizzazione della pubblica amministrazione»;
quali siano gli obiettivi dell'anno 2011 e quale sia il piano di razionalizzazione dei costi dei servizi di manutenzione che il Ministro interpellato ha annunciato di volere esporre nel corso di una conferenza stampa;
come intenda dare seguito all'ordine del giorno al disegno di legge di stabilità 2011 n. 0/3778/II/2 Vitali e altri, nel quale si impegna il Governo:d adottare tutte le misure necessarie, anche di natura normativa, per realizzare investimenti a favore della informatizzazione della giustizia di almeno 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2011 nonché per ottimizzare i servizi della giustizia in una ottica di maggiore efficienza della relativa organizzazione;
quali strategie di lungo periodo intenda intraprendere per superare la logica degli interventi emergenziali ed intervenire con strategie globali di investimento e progettazione ispirate a criteri di trasparenza che, fino ad ora, a giudizio degli interpellanti, sono state del tutto inesistenti.
(2-00915)
«Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Touadi, Baretta, Braga, Brandolini, Capodicasa, Codurelli, Dal Moro, Esposito, Farinone, Ferrari, Gatti, Ghizzoni, Ginefra, Ginoble, Giovanelli, Madia, Marantelli, Pizzetti, Servodio, Siragusa, Vassallo, Rubinato, Fogliardi».

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

IANNUZZI e VACCARO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dal 1o gennaio 2011 è entrato in vigore sulla autostrada Napoli-Pompei-Salerno

gestita in concessione dalla Società Autostrade Meridionali (SAM), il nuovo sistema tariffario differenziato e fondato sui chilometri effettivamente percorsi;
è giusta l'introduzione di questo nuovo modello tariffario che sostituisce il precedente pedaggio - unico ed indifferenziato a prescindere dal chilometraggio effettuato - soprattutto per venire incontro alle esigenze delle tantissime persone che ogni giorno utilizzano per ragioni di studio e/o di lavoro l'autostrada;
è assolutamente necessario tuttavia che i pedaggi differenziati, scaglione per scaglione e tratta per tratta, siano al massimo contenuti e ridotti per evitare pesanti ed inaccettabili conseguenze economiche negative sugli utenti dell'autostrada, soprattutto in una fase economica e sociale così dura per le famiglie ancora di più nel Mezzogiorno del Paese;
il quadro delle nuove tariffe è ingiustificato e troppo oneroso e, quindi, va con immediatezza e tempestività modificato;
le tariffe in vigore dal 1o gennaio 2011 sono nettamente più elevate di quelle comunicate dal Vice Ministro alle infrastrutture Roberto Castelli nella seduta della IX Commissione il 21 luglio 2010, sempre in risposta ad una interrogazione degli esponenti che hanno costantemente seguito la vicenda dall'inizio della legislatura;
infatti, il quadro delle tariffe oggi in vigore, rispetto a quello in precedenza indicato dal Governo in Commissione, presenta le seguenti sensibili e consistenti differenze:

Tariffa in vigore Tariffa indicata il 21 luglio 2010
Fino a 5 chilometri 0,80 euro 0,60 euro
5-10 chilometri 1,00 euro 0,80 euro
10-15 chilometri 1,30 euro 1,00 euro
15-20 chilometri 1,50 euro 1,20 euro
20-25 chilometri 1,80 euro 1,40 euro
25-30 chilometri 1,90 euro 1,60 euro
Oltre i 30 chilometri 2,00 euro 2,00 euro;

è, quindi, evidente che in appena 5 mesi la SAM ha aumentato in misura rilevante e pesante il quadro dei pedaggi differenziati senza fornire alcuna giustificazione;
in particolare lo scaglione iniziale non è più fissato a 0,60 euro ma a 0,80 euro, per le tratte da 10-15 chilometri e 20-25 chilometri l'incremento rispetto al precedente scaglione non è più di 0,20 euro ma di 0,30 euro;
ne deriva che, a fronte della tariffa unica in vigore sino al 31 dicembre 2010 di 1,60 euro, con il nuovo meccanismo tariffario si pagherà di più a partire dai 20 chilometri in su, quindi per più del 60 per cento dell'intero tracciato autostradale pari a 51,6 chilometri;
il Governo deve intervenire con urgenza per la modifica dei pedaggi che vanno riportati ai livelli già indicati a luglio 2010;
del resto la nuova decisione entrata in vigore il 1o gennaio 2011, contraddice e confligge in modo assai rilevante con le analisi sui flussi di traffico e le attività istruttorie svolte fino a luglio 2010 e poste alla base del quadro dei pedaggi comunicati ufficialmente dal Governo in Parlamento in quella data;
ci sono tutte le condizioni anche per un vasto e motivato contenzioso innanzi agli organi di giustizia amministrativa, per far valere le giuste ragioni degli enti locali e delle comunità interessate;
non è ragionevole né corretto, a giudizio degli interroganti, modificare così sensibilmente in appena cinque mesi il quadro delle tariffe, né il Governo e l'ANAS possono rimanere inerti e legittimare così questa operazione penalizzante per i territori campani;
è poi gravissimo e privo di ogni giustificazione che, per gli utenti cosiddetti «manuali», viene applicata la tariffa di 2 euro, una tariffa quindi maggiorata addirittura del 25 per cento rispetto a quella previgente di 1,60 euro: è questo un aumento fortissimo che non trova riscontro in nessun incremento tariffario disposto a

partire dal 1o gennaio 2011 nelle diverse zone del Paese e per le diverse tratte autostradali;
si tratta di una decisione secondo gli interroganti, assolutamente inaccettabile, senza alcun fondamento e da annullare con la massima urgenza;
il Governo e l'ANAS, poi, non hanno rispettato l'impegno di consentire che l'acquisto del telepass, necessario per fruire del pedaggio differenziato, avvenga al mero costo di produzione non più di 20 euro), e non, invece, al prezzo di 49 euro;
il nuovo sistema va pertanto rivisto e modificato con una ferma e non più differibile azione del Governo verso la SAM, come gli interroganti avevano già con forza sollecitato nella seduta della IX Commissione del 21 dicembre 2010;
il Governo e l'ANAS debbono assumere senza indugio e senza altre gravi incertezze una decisa iniziativa nei confronti della SAM, volta a modificare il quadro delle tariffe e a riportarlo agli scaglioni indicati dal Governo a luglio 2010, anche in considerazione del prevedibile incremento dei volumi di traffico che potrà assicurare alla predetta società introiti invariati pur in presenza di una riduzione delle tariffe. In particolare, tale incremento si registrerà sull'autostrada Napoli-Pompei-Salerno in ragione sia dell'introduzione del pedaggio differenziato che, per i percorsi brevi e medi, renderà più conveniente l'utilizzo della Napoli-Pompei-Salerno rispetto alla intasata viabilità ordinaria, sia dell'ultimazione dei lavori di ammodernamento e messa in sicurezza dell'autostrada medesima, che, stando alle indicazioni fornite in Commissione dal Governo il 24 novembre 2010 sarebbero vicini alla conclusione, visto che i lotti 2, 4 e 5 dovrebbero essere ultimati entro il mese di febbraio 2011, e il lotto 3 entro il mese di dicembre 2011;
pertanto la società SAM deve farsi carico di questa esigenza giusta, prioritaria e doverosa, essendo, ad avviso degli interroganti, assurdi e non giustificati degli aumenti così sensibili rispetto al quadro definito a luglio, cioè appena di 5 mesi orsono;
a tal fine, è doveroso che il Governo assuma iniziative per tutelare l'interesse pubblico generale delle comunità interessate e per evitare aumenti di pedaggi privi di ogni giustificazione e clamorosamente contraddetti dall'operato precedente e dalle dichiarazioni ufficiali dell'Esecutivo e dalla modulazione dei pedaggi, ben più favorevole per gli utenti, prevista dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in IX Commissione il 21 luglio 2010 -:
quali iniziative di massima urgenza e senza rinvii ingiustificati il Governo - nella sua prioritaria ed irrinunciabile funzione di vigilanza e controllo sulle tariffe autostradali, nella sua competenza primaria per la politica nazionale nel settore delle infrastrutture e dei trasporti e della mobilità, nel suo ruolo di tutela degli interessi dei cittadini e dell'intero Paese nel rapporto con i diversi soggetti concessionari delle tratte stradali ed autostradali - intenda assumere nei confronti della SAM per modificare con tempestività i nuovi pedaggi differenziati lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno e per riportarli al quadro reso dal Ministro in Commissione nella seduta del 21 luglio 2010, per eliminare il pesantissimo ed assurdo aumento da 1,60 a 2 euro per gli utenti privi di telepass, nonché per contenere il prezzo di acquisto del telepass al mero e contenuto costo di produzione.
(5-04023)

Interrogazione a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'autostrada tirrenica venne immaginata nei primi anni sessanta, dall'Ingegner Mario Bruni, accanito sostenitore della mobilità su gomma come volano per lo sviluppo economico, e famoso progettista di varie autostrade italiane (tra cui le toscane Sestri Levante-Livorno e la Viareggio-Lucca).

Nel 1969 fu costituita la Società Autostrada Tirrenica (SAT) avente come oggetto sociale esclusivo la costruzione di un'autostrada a pedaggio tra Civitavecchia e Livorno; si trattava di una società di proprietà del gruppo Autostrade, allora interamente a capitale pubblico: la strada statale Aurelia, gestita dall'Anas, era ancora tutta a due corsie (e tale sarebbe rimasta fino alla fine degli anni ottanta, fino al «raddoppio» della cosiddetta «variante Aurelia»). Per anni, nelle mappe della Toscana, è stato visibile l'ipotetico tracciato autostradale: il percorso, soprattutto a sud di Grosseto, era previsto piuttosto interno, tra le colline della Maremma; nel Lazio attraversava la zona archeologica di Vulci (dietro Montalto) e si andava a ricongiungere con l'autostrada a Civitavecchia, passando sotto la città di Tarquinia;
tuttavia, mancava un progetto tecnico ufficiale. Dopo che la commissione parlamentare Oddorisio nel 1976 aveva constatato, a seguito di un'attenta analisi economico-finanziaria, che le opere pubbliche allora previste in Italia (tra cui la Livorno-Civitavecchia) avrebbero portato alla bancarotta lo Stato, l'ipotesi di autostrada tirrenica fu congelata, e reinserita nel piano delle infrastrutture pubbliche solo nel 1982;
non c'erano, in quegli anni, particolari valutazioni tecniche sulle opere proposte: le scelte erano soprattutto politiche. Fu così che alla fine degli anni ottanta, la SAT costruì la prima tratta costiera tra Livorno e Rosignano (per chilometri e chilometri appoggiata su piloni giganteschi in mezzo a splendide colline). Per le grandi opere fu finalmente prevista una particolare procedura cautelare scientifica, la valutazione di impatto ambientale (VIA), cioè una particolare verifica multidisciplinare degli impatti dell'opera sull'ambiente. Detta verifica si faceva (e si fa tutt'oggi) sullo studio di impatto ambientale (SIA), consegnato dal proponente assieme al progetto;
nel 1990 la tratta tra Rosignano e Civitavecchia fu bocciata dalla commissione VIA, dichiarata insostenibile per un'infinità di ragioni paesaggistiche, idrogeologiche, economico-finanziarie, progettistiche; si trattò, in verità, della prima bocciatura di un'importante opera pubblica in Italia;
nel 1997 la SAT era a un passo dal portare i libri contabili in tribunale: l'autostrada tra Rosignano e Livorno era assai poco transitata e mai e poi mai si sarebbe potuto pensare di ammortizzare l'investimento fatto con una concessione di soli trent'anni;
non senza contrasto, nel dicembre 2008 giungeva a conclusione un percorso con il quale si approvava un progetto ben definito come struttura e come collocazione territoriale, il quale era ratificato con osservazioni, dai vari enti locali interessati, dalle regioni Toscana e Lazio, dal Ministero delle infrastrutture, approvato dal Cipe nel 2008 con 127 prescrizioni e raccomandazioni;
il CIPE con deliberazione del 22 luglio 2010 n. 78 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 235 del 7 ottobre 2010) chiede la modifica di un punto essenziale dello schema di convenzione unica tra Anas spa e Società Autostrada Tirrenica (SAT) spa, relativo al completamento del tratto autostradale da Rosignano a Civitavecchia, esattamente prescrivendo che, ai sensi dell'articolo 2, comma 202, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, deve essere assicurata l'invarianza di effetti sulla finanza pubblica in modo da riportare un valore di subentro, a fine concessione, pressoché nullo, prima previsto in 3.777,2 milioni di euro, pari al costo degli investimenti effettuati per la realizzazione dell'opera;
tutto ciò premettendo, la SAT, nell'intento di rendere compatibili gli effetti di tale prescrizione con il piano di project financing, ha deciso di modificare drasticamente il progetto dell'opera, facendolo anche nel punto essenziale, chiesto dal comune di Orbetello, rappresentato dalla variante interna tra Fonteblanda e Orbetello;

l'avvocato Bargone, presidente della Sat e commissario nominato dal Governo con pieni poteri per accelerare i lavori, in data 4 novembre 2010, nel corso dell'audizione tenutasi presso la Commissione lavori pubblici del Senato, ha dichiarato di aver avviato lo studio di un progetto d'intervento anche in funzione delle nuove indicazioni formulate dagli enti locali (circostanza che ha poi anche ribadito nell'intervista rilasciata al quotidiano La Nazione di sabato 20 novembre 2010), il quale ricalcherà quasi per intero quello già esistente dell'Aurelia, tranne nel tratto che attraversa il territorio comunale di Orbetello, dove si parla di un'idea progettuale del tutto nuova anche rispetto a quelle che sono state le raccomandazioni e le indicazioni del Cipe, i cui tempi di attuazione potrebbero sì allungarsi, ma solo di alcuni mesi;
in consiglio comunale sia l'opposizione sia la maggioranza hanno chiesto alla Sat, rispettivamente, di tornare al tracciato preliminare del 2008, approvato dal Cipe, e di verificare la possibilità di ritornare a quel tracciato costoso e con alcuni vincoli e problemi irrisolti (tra i quali quelli provocati alle numerose aziende agricole presenti nel comune di Orbetello) -:
se la Sat abbia effettivamente avviato l'annunciata serie di incontri con gli enti territoriali;
se gli incontri siano stati, o saranno, finalizzati a ridefinire le opere strettamente funzionali all'intervento, ridimensionando fortemente le opere cosiddette compensative, come ha sempre sottolineato l'avvocato Bargone in Senato;
quali siano le nuove indicazioni che gli enti locali hanno fornito al citato Bargone per la «ridefinizione» del tracciato autostradale nel territorio in questione;
se tali indicazioni risultino volte alla tutela e salvaguardia del territorio e se tengano conto dei vincoli, delle normative nazionali e internazionali e dei decreti ministeriali che proteggono la relativa fascia costiera nonché del fatto che le prescrizioni del Cipe al progetto approvato nel 2008 dichiarano la non idoneità del territorio fra colli e laguna ad accogliere un'autostrada;
come il Ministro interrogato che è anche il sindaco di Orbetello, ritenga di tutelare i cittadini del comune stesso;
quali garanzie possa offrire l'avvocato Bargone che risulta al contempo il Presidente della Sat e il Commissario governativo nel rappresentare e tutelare i cittadini tutti;
se non ritenga si possa configurare in tutto ciò, riprendendo le parole dei giornalisti del Corsera, Rizzo e Stella, l'ipotesi di un «conflitto di interessi a testata multipla» giacché, appunto, il Ministro interrogato ha nominato un commissario (l'avvocato Antonio Bargone) che nello stesso tempo è anche presidente della Sat, che propone di cambiare il percorso proprio nel territorio di Orbetello e, in tal caso, se non ritenga di assumere iniziative al riguardo;
se sia stata valutata l'esistenza di altri possibili tracciati meno costosi e meno impattanti, diversi dall'annunciata sovrapposizione dell'autostrada alla vecchia Aurelia, la quale creerebbe ancor più problemi alla popolazione e alle aziende agricole per gli attraversamenti e per l'onere del pedaggio.
(4-10324)

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

RENATO FARINA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta di Benevento è riportato il racconto di alcuni genitori che riferiscono di un'azione non condivisa e non condivisibile, messa in atto dalla dirigente scolastica del secondo circolo didattico di Benevento, Caterina Rossi, della

scuola elementare «Nicola Sala» in via Marmorale al rione Mellusi, la quale ha fatto smantellare, fuori dall'orario delle lezioni, due Madonnine, posizionate l'una al piano terra e l'altra al primo piano, lì ubicate da circa 40 anni, su pilastrini in marmo. Pare lo abbia fatto per ragioni di sicurezza;
il parroco della chiesa di S. Gennaro, monsignor Pasquale Maria Mainolfi, sul citato giornale conferma tutto raccontando inoltre di un passato episodio: «Sono venuti da me i genitori dei ragazzi ed anche insegnanti ed appartenenti al Consiglio d'Istituto della scuola elementare "Nicola Sala" per dichiarare il loro amaro commento per la inopportuna ed ingiustificata scelta della dirigente scolastica di eliminare i Crocefissi dalle aule scolastiche. Ho suggerito loro di evitare inutili proteste e manifestazioni chiassose ma di raccogliere firme di adesione dei genitori portandole con le dovute motivazioni alla dirigente che si è vista così costretta a ricollocare i Crocefissi al loro posto»;
la Gazzetta di Benevento riporta una lettera firmata di un genitore della scuola Ponticelli (legata alla «Nicola Sala» dalla presenza della stessa dirigente), il quale afferma: «Ero incredulo sulle voci che mi riportavano in riferimento alla rimozione di crocifissi e delle Madonnine, ma purtroppo anche nella nostra scuola i crocifissi sono spariti dall'oggi al domani e spero vivamente che dopo l'uscita del vostro articolo, la nostra cara Madonnina rimanga dove l'abbiamo sempre vista. La dirigente vuole che non si faccia neppure la recita di Natale, ma gli insegnanti si sono dovuti battere per non far scomparire una tradizione secolare»;
la dirigente sostiene che «per quanto riguarda le statue sacre non risulta agli atti della scuola alcun documento sia scolastico che comunale circa la loro esposizione nell'atrio, pertanto nel rispetto della libertà di tutti, si è provveduto a rimuovere le statue che non sono state affatto distrutte, ma conservate in altro luogo sicuro. Ora, alla luce del dissenso emerso, valuterò le procedure più idonee per salvaguardare il rispetto della libertà di tutti come recita il dettato costituzionale, senza lasciarmi intimorire e condizionare da alcuno, certa di proseguire nel mio quotidiano lavoro con la coscienza di chi svolge il proprio operato con serietà, professionalità e impegno nel rispetto di tutti»;
l'interrogante, così come i rappresentanti dei genitori nel consiglio del Circolo, ritiene che la vera cultura non è sottrazione, ma addizione. La ricchezza dei valori, quando è variegata, genera una formazione integrale che rispetta tutte le dimensioni formative dei giovani. È strano che, nel deserto dei valori e nell'ora dell'emergenza educativa, quelli che sono preposti a dirigere le comunità scolastiche facciano scelte senza storia, senza radici e senza prospettive, bruciando con eccessiva e banale superficialità la speranza;
quanto accaduto, ad avviso dell'interrogante, rappresenta una forma di discriminazione religiosa nei confronti del cattolicesimo;
se il Ministro sia a conoscenza della vicenda di cui in premessa;
se non intenda attivarsi affinché sia rispettata la libertà religiosa degli studenti e delle famiglie che si riconoscono nei valori che le statue delle Madonnine tolte rappresentavano.
(4-10323)

TESTO AGGIORNATO AL 19 APRILE 2011

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:

BINETTI, GALLETTI, CICCANTI, COMPAGNON, NARO, VOLONTÈ, POLI, ANNA TERESA FORMISANO, LIBÈ, RAO, OCCHIUTO e NUNZIO FRANCESCO TESTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il piano di revisioni nei confronti dei titolari di pensione sociale avviato dall'Inps, in base al decreto-legge 31 maggio

2010, n. 78, sta producendo notevoli disagi a coloro che, sulla sedia a rotelle o direttamente in ambulanza, si sono recati o sono stati chiamati a farlo negli uffici dell'Inps per produrre la documentazione aggiuntiva a quella già in possesso e considerata insufficiente;
l'Inps ha dichiarato che nel 2010 la pensione non è stata confermata nel 15 per cento dei casi verificati, perché si trattava di finti invalidi. Tutto ciò accade perché ci sono patologie suscettibili di miglioramento, ma anche situazioni certificate all'origine con superficialità, a fronte di situazioni diametralmente opposte in cui le lesioni degenerative sono progressive nel tempo;
tuttavia per ogni invalido che gode della pensione di invalidità esiste già sia presso l'azienda sanitaria locale che presso l'Inps una documentazione molto chiara che permette di suddividere i pazienti almeno in tre classi:
a) pazienti la cui patologia è legata all'età e al naturale deterioramento delle condizioni fisiche, a cui si può aggiungere un ulteriore deterioramento delle capacità mentali (anziani disabili affetti da possibili forme di demenza);
b) pazienti la cui diagnosi è chiaramente riconducibile a patologie cronico-degenerative, che non possono che peggiorare nel tempo, accentuando lo stato di disabilità e di non autosufficienza (sclerosi laterale amiotrofica, sclerosi multipla e altro);
c) altri pazienti;
almeno per quanto riguarda i pazienti delle due prime classi sopra citate, le indagini relative allo status della malattia dovrebbero essere affidate al medico generale (o medico di famiglia), con un esplicito invito a ricordare che dichiarazioni false sono passibili di condanna penale. In questi casi la visita di controllo dovrebbe essere di tipo domiciliare;
l'Inps nella sua azione di controllo dovrebbe contemplare anche l'azione positiva di sostegno a questi pazienti, con un incremento reale delle indennità che ricevono, se le condizioni si dovessero aggravare, o comunque con una più ampia defiscalizzazione di tutti i costi relativi alla loro condizione di pazienti;
in sintesi: è possibile prevedere in anticipo quali sono i pazienti che non possono recarsi nella sede Inps e in questi casi effettuare una visita domiciliare; fare controlli non solo per punire, ma anche per sostenere più e meglio chi sta davvero male -:
se non ritenga di adottare iniziative volte ad impedire che i «veri» malati debbano subire l'umiliazione di dimostrare il loro stato di reale ed evidente malattia e a garantire che l'attività di verifica dell'invalidità civile si svolga con ogni cautela possibile senza arrecare fastidi e disagi a persone affette da patologie gravi, contemplando la possibilità di effettuare visite domiciliari per i pazienti che non possono recarsi nelle sedi Inps.
(3-01386)

BALDELLI e SCANDROGLIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Italia sta affrontando, come il resto dei Paesi industrializzati, il persistere della crisi economico-finanziaria che si è abbattuta sui mercati nel 2008;
grazie alle politiche di finanza pubblica e a quelle del lavoro promosse dal Governo, l'Italia ha guadagnato durante la crisi posizioni competitive rispetto ad altri Paesi che prima le erano davanti;
in particolare, il tasso di disoccupazione italiano è sotto la media dell'Unione europea e il mercato del lavoro interno ha assorbito bene lo shock finanziario;
la crisi, però, non è finita, come sottolineano autorevoli esponenti del Governo e di istituzioni sopranazionali, e

pertanto non si può abbassare la guardia, soprattutto sul tema dell'occupazione;
l'Italia deve attirare investimenti per rimanere competitiva in un'economia globale di mercato e a tal fine le parti sociali hanno avviato tra loro un proficuo dialogo sul ruolo delle relazioni industriali nella moderna economia;
con l'adozione nel 2009 della nuova piattaforma contrattuale, che valorizza la contrattazione decentrata, sia essa territoriale o aziendale, sindacati e parti datoriali si sono assunti maggiore responsabilità nel definire insieme il futuro delle aziende italiane;
il caso dell'azienda Fiat di Pomigliano d'Arco è stato emblematico di questa nuova impostazione, dimostrando come sia possibile mantenere siti industriali in Italia, premiando adeguatamente gli incrementi di produttività;
l'Italia registra, infatti, tassi di produttività nel settore auto inferiori alla media delle altre aziende ed è chiamata ad allinearsi agli standard europei per rimanere appetibile agli occhi degli investitori;
oggi la storia si ripete per il sito di Mirafiori, che vede Fiat impegnata nell'attuazione di un ambizioso piano industriale nel nostro Paese;
giovedì 13 gennaio 2010 e venerdì 14 gennaio 2010 i lavoratori dello stabilimento sono chiamati ad esprimersi tramite referendum sulla proposta del nuovo contratto aziendale;
l'amministratore delegato Marchionne ha dichiarato come condizione necessaria alla conferma degli investimenti e, dunque, al mantenimento del sito produttivo, l'approvazione del referendum a maggioranza assoluta -:
quale sia lo stato dell'arte della trattativa sullo stabilimento Fiat di Mirafiori e quali siano gli interventi messi in atto per favorire una conclusione positiva della vicenda.
(3-01387)

BORGHESI, DI PIETRO, DONADI, EVANGELISTI, ZAZZERA, PORCINO e PALADINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 7 gennaio 2011, l'Istat ha diffuso le stime relative al mese di novembre 2010 dei principali indicatori del mercato del lavoro derivanti dalla rilevazione sulle forze di lavoro, contestualmente alla pubblicazione dei dati a livello europeo da parte di Eurostat;
l'istituto ha precisato che si tratta di stime provvisorie, ma comunque basate su un numero consistente, oltre cinquantamila individui, del campione coinvolto nella rilevazione;
il dato generale sul tasso di disoccupazione, pari all'8,7 per cento, appare in leggerissima diminuzione, pari allo 0,1 per cento, rispetto al mese di ottobre 2010, ma registra un aumento di ben 0,4 per cento rispetto al mese di novembre 2009. Secondo Eurostat il dato sulla disoccupazione all'interno dei 27 Paesi dell'Unione europea è passato dal 9,4 per cento del novembre 2009 al 9,6 del novembre 2010, mentre all'interno dei Paesi dell'area euro è passata dal 9,9 per cento al 10,1;
molto preoccupante è il dato relativo alla disoccupazione giovanile, che è pari al 28,9 per cento e che risulta in deciso aumento sia rispetto al mese di ottobre 2010, dello 0,9 per cento, sia rispetto a novembre 2009, del 2,4 per cento. All'interno dell'area euro, invece, secondo i dati di Eurostat, la disoccupazione giovanile è passata dal 20,1 per cento del novembre 2009 al 20,7 di novembre 2010, mentre all'interno dei 27 Paesi dell'Unione europea è passata dal 20,5 per cento al 21, nello stesso periodo considerato;
la comparazione dei dati italiani con quelli europei evidenziano che in un anno la crescita della disoccupazione giovanile in Italia è stata di molto maggiore in termini assoluti rispetto al dato aggregato dell'area euro e dell'area dell'Unione europea: più 2,4 per cento, rispetto a un più

contenuto 0,6 per cento dell'area euro e 0,5 per cento dell'area dell'Unione europea;
commentando i dati che precedono, il Ministro interrogato ha parlato di una cabina di regia sull'occupazione giovanile, che dovrebbe esaminare «le nuove iniziative di spesa deliberate a fine anno dal Ministero del lavoro per circa 200 milioni di euro e dal Ministero della gioventù per circa 50 milioni, rivolte alla promozione dell'apprendistato nei lavori tradizionali e manuali dell'artigianato, contro la dispersione scolastica giovanile, al sostegno della occupazione dei lavoratori svantaggiati, come i giovani disoccupati di lungo periodo, attraverso le agenzie per il lavoro e l'assunzione a tempo indeterminato degli under 35 con figli a carico. Più in generale - conclude il Ministro interrogato - la riunione della cabina di regia sarà dedicata, anche alla luce dell'accordo unanime Stato, regioni e parti sociali, alla promozione del contratto di apprendistato quale strumento ottimale per la transizione dalla scuola al lavoro, alla riqualificazione delle attività di istruzione e formazione e all'irrobustimento dei servizi offerti dal motore di ricerca istituzionale cliclavoro, con l'agevole possibilità di inserimento, tra i curricula, di quelli dei neolaureati, che le università sono tenute a inviare, in base alle recenti norme del collegato lavoro»;
a fronte della drammatica situazione della disoccupazione giovanile, le dichiarazioni del Ministro interrogato appaiono, ad avviso degli interroganti, un mero proclama, come tanti altri in precedenza, e dissimulano il fallimento dell'intera politica del Governo Berlusconi in materia di lavoro;
nessuna attenzione viene posta, per esempio, alla disoccupazione tra i neo-laureati, in continua e sensibile crescita indipendentemente dalle sedi e dalla tipologia della laurea conseguita, come si è potuto evincere, per esempio, dai dati diffusi nel 2010 dal consorzio universitario Alma laurea;
a fronte di ciò, il 27 dicembre 2010, il Ministro interrogato, parlando su Radio Rai 1, ha detto che i giovani «sono certamente particolarmente esposti alla disoccupazione soprattutto perché pagano il conto di cattivi maestri e qualche volta di cattivi genitori, perché distratti e cattivi maestri che li hanno condotti a competenze che non sono richieste dal mercato del lavoro»;
il Ministro interrogato ha aggiunto che è necessario rivalutare il «lavoro manuale, l'istruzione tecnica e professionale, evitando che una scelta liceale sia fatta per sola convenzione sociale e magari non vedendo che un giovane ha l'intelligenza nelle mani»;
il Ministro interrogato ha ancora aggiunto che la risposta «fondamentale» non può che essere «quella dell'investimento nelle conoscenze, nelle competenze, dalla scuola all'università, alla formazione, che si deve realizzare, in particolare, dalla scuola al lavoro. L'orientamento delle scelte educative è un momento importantissimo»;
ad avviso degli interroganti, pur prescindendo da qualsiasi negativa valutazione sulle non condivisibili parole del Ministro interrogato sui cattivi maestri e cattivi genitori, colpisce il fatto che egli dichiari essere «fondamentale» l'investimento nelle conoscenze, nella scuola e nell'università, ma sembra ignorare quel che la sua collega di Governo, Ministro Gelmini, ha operato;
è incredibile il taglio lineare all'università di oltre 1,355 miliardi di euro rispetto al 2009, su un fondo di circa 7 miliardi (taglio che arriverà ai 1,433 miliardi nel 2012). In cinque anni verrà operato un taglio pari a circa il 30 per cento dell'intero fondo assegnato all'università. Si è passati dalla riduzione nell'ordine dell'1 per cento del 2009 ad una del 7,8 per cento fra il 2012 e il 2013;
il Governo era intervenuto anche per ridurre drasticamente il fondo per le borse di studio, solo in extremis riportato alla sua consistenza precedente, grazie agli emendamenti delle opposizioni, senza che

si sia tuttavia provveduto ad aumentare le risorse disponibili, come invece risulta necessario;
ad avviso degli interroganti, ciò evidenzia la contraddittorietà delle dichiarazioni propagandistiche del Ministro interrogato e l'irresponsabilità e il disinteresse del Governo per un settore fondamentale per la crescita del Paese, quale quello dell'istruzione universitaria, che, purtroppo, non potrà non continuare a risentire di una politica di tagli, i quali, anno dopo anno, producono dissesto ed una situazione economica insostenibile -:
quali azioni intenda intraprendere il Governo per la riduzione della disoccupazione giovanile, in particolare con riferimento ai neo-laureati e ai giovani in possesso di qualifiche professionali.
(3-01388)

Interrogazione a risposta orale:

MAZZOCCHI e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
risulterebbe che l'INPDAP con determinazione presidenziale n. 259 del 30 novembre 2010, abbia provveduto a modificare le competenze di alcune direzioni centrali, a sopprimere alcune, ad accorpare in un'unica struttura le competenze relative alle entrate ed alla posizione assicurativa ed infine ad aggiungere alla direzione welfare la competenza creditizia;
con successiva determinazione del 30 novembre 2010, n. 260, sulla base del nuovo assetto organizzativo posto in essere con la determinazione n. 259 di cui sopra, il presidente sembrerebbe aver rinnovato e riorganizzato gli incarichi dei dirigenti generali delle varie direzioni centrali;
risulterebbe che su 11 dirigenti generali centrali, rispetto alle 13 direzioni centrali di prima fascia di cui due vacanti di titolari (direzione centrale previdenziale e direzione centrale audit), il riassetto abbia interessato solo una dirigente che si sarebbe vista revocare implicitamente l'incarico svolto presso la direzione centrale welfare con conseguente riassegnazione di un nuovo incarico presso la direzione centrale audit;
la decisione assunta risulterebbe alquanto anomala non solo perché non sembrerebbe aver tenuto conto della professionalità acquisita dalla dirigente stessa nel corso degli anni in un determinato comparto, ma, soprattutto, ove si consideri che la stessa, risulterebbe in soli quattro anni, esser stata destinataria già di tre distinti incarichi dirigenziali, peraltro tutti anticipatamente risolti;
giova evidenziare inoltre il fatto che la decisione assunta nella determinazione presidenziale n. 260 del 2010 non risulterebbe esser stata nemmeno notificata formalmente, ma soprattutto tempestivamente, alla diretta interessata che avrebbe ricevuto solo in data 9 dicembre 2010, il provvedimento di cui trattasi su sua esplicita richiesta nonostante lo stesso avesse decorrenza 20 dicembre 2010;
occorre, ad avviso dell'interrogante, sottolineare il fatto che la dirigente interessata da tale provvedimento, a seguito della delibera del commissario straordinario n. 35 del 18 dicembre 2008, con cui veniva confermata alla direzione centrale welfare e strutture sociali, in data 7 gennaio 2009 stipulò apposito contratto individuale di lavoro di durata triennale, con decorrenza 1o gennaio 2009-31 dicembre 2011, la cui revoca poteva intervenire solo in caso di risultati negativi dell'attività amministrativa e della gestione nonché per il mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati ai sensi dell'articolo 29 del regolamento di organizzazione od, infine, per risoluzione del rapporto di lavoro;
durante lo svolgimento del suo incarico non risulterebbe esserle stata contestata nessuna delle ipotesi sopra menzionate;
nel caso di specie, ad avviso dell'interrogante, qualora si considerasse lo spostamento quale modifica dell'incarico precedentemente

attribuito, la stessa risulterebbe unilaterale e, dunque, illegittima;
tale decisione invece si configurerebbe, sempre ad avviso dell'interrogante, quale vera e propria sostituzione di un incarico con un altro avente un contenuto del tutto eterogeneo e, di conseguenza, competenze del tutto opposte;
tutte le direzioni, oggetto di modifiche anche più sostanziali di quella in questione, risultano esser state riassegnate ai dirigenti che già precedentemente se ne occupavano tranne una: la direzione welfare;
di fronte alla eliminazione di due posti da dirigente generale, conseguente alla modifica organizzativa ed alla fusione intervenuta, l'amministrazione avrebbe ben potuto assegnare i due dirigenti in esubero ai posti delle direzioni centrali vacanti ovvero direzione audit e previdenza;
in tal modo, si sarebbe sicuramente garantita la continuità dell'azione amministrativa della direzione centrale welfare ed, al contempo, il diritto del dirigente ad esercitare il suo mandato per la durata contrattuale prevista così da poter esser valutato in relazione all'attività svolta ed ai risultati conseguiti;
nel caso di specie, sembrerebbe che si sia voluto procedere più che ad una riorganizzazione complessiva che, peraltro, dovrebbe attuarsi entro il mese di giugno 2011 come da relazione del direttore generale del 15 novembre 2010, ad una revoca anticipata che, a parere dell'interrogante, assume di fatto i connotati di una vera e propria punizione avente lo scopo di allontanare un dirigente senza che le siano stati prospettati nemmeno i posti disponibili per un nuovo incarico, privandola in tal modo di effettuare una sua valutazione al fine di manifestare la sua disponibilità per quella o altra direzione;
qualora l'amministrazione avesse voluto davvero agire con la massima trasparenza e correttezza, principi cardine per una buona amministrazione, avrebbe richiesto preventivamente le varie disponibilità e, successivamente, effettuato una valutazione comparativa delle stesse nel rispetto delle professionalità acquisite -:
se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per verificare i criteri seguiti e le motivazioni delle scelte assunte dall'INPDAP e, se del caso, se non ritenga opportuno procedere alla sospensione della esecuzione delle determinazioni presidenziali citate, così come già avvenuto per le determinazioni presidenziali n. 226 e n. 227 del 22 settembre 2010, onde poter valorizzare al meglio le risorse umane presenti all'INPDAP.
(3-01385)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MECACCI, BELTRANDI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il totale dei morti sui luoghi di lavoro nel 2010 risulta ammontare, secondo studi e inchieste attendibili, a ben 593, cioè il 6,5 per cento in più rispetto al 2009;
se si considerano i lavoratori morti in itinere o che lavorano sulle strade spostandosi con mezzi di trasporto propri o aziendali si arriva a contare ben 1.080 vittime e oltre 25.000 invalidi;
le categorie con più vittime sono lavoratori nell'edilizia (il 28,4 per cento sul totale, 167 morti), nell'agricoltura (il 28,1 per cento, 165 morti), nell'industria (il 12,5 per cento,73 morti), nell'autotrasporto (l'8,7 per cento, 51 morti), nell'artigianato (il 4,4 per cento, 30 morti nell'installazione o manutenzione di impianti elettrici, fotovoltaici, revisione caldaie e altro), nell'esercito italiano (l'1,9 per cento, 12 vittime di cui 11 in Afghanistan);
i lavoratori stranieri morti sono stati il 10,1 per cento sul totale (60 vittime), di

cui il 41 per cento di nazionalità romena nella fascia d'età compresa tra i 19 e i 39 anni;
l'edilizia vede aumentare nel 2010 le vittime del 3,6 per cento; l'agricoltura ha avuto nel 2010 165 vittime, con un aumento rispetto al 2009 del 4,3 per cento; l'industria passa da 71 vittime del 2009 a 73 del 2010, con aumento del 3,25 per cento;
le vittime per infortuni sul lavoro propriamente dette, cioè i lavoratori deceduti esclusivamente a causa di infortuni sui luoghi di lavoro, non calano, ma aumentano;
il calo complessivo delle vittime registrato in questi ultimi anni non è imputabile alla prevenzione messa in campo nelle aziende, ma alla diminuzione dei decessi che si registra in itinere o più genericamente «sulle strade». Le ragioni di questo calo derivano soprattutto dall'acquisto da parte dei lavoratori di automobili nuove più sicure, dopo la rottamazione delle vecchie. Questo fa pensare che ci sia una maggiore attenzione verso il fenomeno degli infortuni sul lavoro soprattutto da parte delle imprese, purtroppo non è così. Al contrario, la crisi ha fatto aumentare i morti sui luoghi di lavoro perché nel clima generale di difficoltà la «sicurezza» viene messa in secondo piano. Pur di evitare il fallimento, le aziende accettano commesse a prezzi più bassi e i lavoratori per non perdere il lavoro aumentano i ritmi e accettano senza contestazioni condizioni di maggior rischio;
meridionali e stranieri rappresentano quasi la totalità delle vittime in edilizia e i romeni hanno registrato quasi la metà dei morti tra gli stranieri;
gli agricoltori hanno registrato percentualmente un calo dei morti, dovuto perlopiù alla casualità, così com'era accaduto in alcune regioni l'anno scorso; nulla è stato fatto per incentivare la rottamazione dei vecchi trattori, veri e propri killer che uccidono centinaia di agricoltori a causa del ribaltamento del mezzo e di riflessi poco pronti dovuti all'età avanzata;
ciascun morto sul lavoro, oltre alla perdita umana, rappresenta sempre una tragedia sociale, ma anche un ingente costo di denaro, centinaia di migliaia di euro, che lo Stato paga per il mantenimento dei familiari della vittima, spesso bambini in tenera età -:
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà intenda promuovere o adottare in relazione a quanto sopra evidenziato.
(4-10320)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 9 gennaio 2011 l'agenzia «ANSA» ha riferito della morte, in seguito a un gravissimo incidente sul lavoro, di un ingegnere di 49 anni, il signor Paolo Traci, che all'interporto di Rovigo stava controllando il tetto in costruzione di un capannone, quando è caduto da un'altezza di circa otto metri -:
di quali elementi disponga in ordine alle esatte dinamiche dell'incidente di cui è rimasto vittima il signor Traci.
(4-10321)

OLIVERIO e TULLO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) ha apportato sostanziali modifiche in materia di ricongiunzione dei contributi e di trasferimento gratuito nell'assicurazione generale obbligatoria della contribuzione versata in fondi sostitutivi o esclusivi dell'assicurazione stessa;

in particolare il comma 12-septies dell'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010 ha previsto, a decorrere dal 1o luglio 2010, l'onerosità per le lavoratrici e per i lavoratori della ricongiunzione della contribuzione versata a fondi diversi verso l'INPS. Tale ricongiunzione era prima dell'entrata in vigore delle suddette norme completamente gratuita;
con la medesima decorrenza per i lavoratori elettrici e per i telefonici (commi 12-octies e 12-novies dell'articolo 12) è stata prevista l'onerosità del trasferimento della contribuzione dai loro fondi all'assicurazione generale obbligatoria e sono state anche abrogate le norme (articolo 3, comma 14, del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 562; articolo 28 della legge 4 dicembre 1956, n. 1450) che prevedevano per questi lavoratori la possibilità di trasferire gratuitamente all'INPS la contribuzione versata presso i fondi;
con decorrenza 31 luglio 2010 (data di entrata in vigore della legge n. 122) sono state altresì abrogate tutte le norme che prevedevano la possibilità di far confluire gratuitamente nell'assicurazione generale obbligatoria la contribuzione versata a fondi sostitutivi o esclusivi della predetta assicurazione. È stata abrogata la legge n. 322 del 1958 (costituzione della posizione assicurativa all'INPS); sono stati altresì abrogati l'articolo 40 della legge n. 1646 del 1962 (personale dipendente amministrazioni statali, anche con ordinamento autonomo, personale iscritto agli Istituti di previdenza ora INPDAP, personale iscritto all'IPOST), l'articolo 124 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 (dipendenti civili statali, militari in servizio permanente e continuativo), l'articolo 21, comma 4, e l'articolo 40, comma 3, della legge n. 958 del 1986 (carabinieri, graduati e militari di truppa, sergenti di complemento);
le nuove disposizioni penalizzano fortemente le lavoratrici ed i lavoratori che, non potendo più avvalersi né della ricongiunzione gratuita né del trasferimento gratuito della propria posizione assicurativa presso l'assicurazione generale obbligatoria, per poter maturare il diritto a pensione dovranno:
a) pagare la ricongiunzione onerosa, il cui costo è veramente considerevole. È da rilevare, peraltro, che molte lavoratrici e lavoratori saranno costretti a pagare di nuovo anche periodi precedentemente riscattati presso i vari fondi sostitutivi o esclusivi;
b) non potendo pagare la ricongiunzione onerosa, a causa dei costi, continuare a lavorare, nel caso in cui sia possibile, fino al raggiungimento autonomo del diritto a pensione (almeno 20 anni di contribuzione) presso ogni singolo fondo e chiedere successivamente per la contribuzione versata presso l'assicurazione generale obbligatoria il diritto alla pensione supplementare. È da rilevare che in caso di diritto a pensione nell'assicurazione generale obbligatoria, la contribuzione versata nei vari fondi non più ricongiungibile né trasferibile gratuitamente non dà luogo ad alcun trattamento previdenziale, visto che nei fondi sostitutivi o esclusivi la pensione supplementare non esiste;
c) avvalersi della totalizzazione dei contributi con tutti i vincoli e le penalizzazioni che tale istituto attualmente comporta (tre anni in ogni singolo fondo per poter totalizzare; si può totalizzare solo con 40 anni di contribuzione - diritto alla pensione di anzianità - o con 65 anni di età e 20 anni di contribuzione - diritto alla pensione di vecchiaia -; il calcolo della pensione viene effettuato con il sistema contributivo; è da rilevare, inoltre, che il decreto-legge n. 78 del 2010, ha introdotto per le pensioni liquidate con la totalizzazione la finestra «mobile» di 18 mesi;
moltissimi sono i casi di lavoratrici e di lavoratori che cessano dal servizio senza diritto a pensione e che si trovano a dover «scegliere» tra le alternative sopra elencate;
l'abrogazione della legge n. 322 del 1958 e di tutte le altre norme che prevedevano

la possibilità di trasferire gratuitamente la posizione assicurativa all'assicurazione generale obbligatoria (addirittura in maniera retroattiva per quanto riguarda i lavoratori elettrici ed i telefonici), unita all'onerosità della ricongiunzione prevista anch'essa dal 1o luglio 2010, incide pesantemente sui diritti di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori, violando, ad avviso dell'interrogante, l'articolo 38, secondo comma, della Costituzione che garantisce al lavoratore mezzi adeguati alle esigenze di vita al verificarsi degli eventi previsti, tra cui rientrano i trattamenti di invalidità e di vecchiaia;
la gratuità dell'operazione consentiva quindi di utilizzare l'intera contribuzione versata, evitando la sterilizzazione di tutta o di una parte della contribuzione, da parte di soggetti che già avevano concorso al finanziamento della gestione;
imporre il pagamento di una riserva matematica, che in molti casi, peraltro, potrebbe risultare economicamente proibitiva per le condizioni del lavoratore, significa declassare gravemente il livello di tutela raggiunto dal nostro ordinamento previdenziale per dare effettività alla garanzia costituzionale. Peraltro, la determinazione dell'onere nell'attuale interpretazione dell'istituto da parte dell'Inps, è del tutto scollegata dal reale beneficio che il trasferimento di contribuzione all'Inps comporta sulla pensione dovuta;
la retroattività della norma ha, poi, di fatto violato il principio di affidamento nei confronti di tutti coloro che tra il 1o e il 30 luglio hanno presentato domanda di ricongiunzione e di trasferimento della contribuzione dal fondo sostitutivo all'assicurazione generale obbligatoria, e sono cessati dal servizio senza diritto a pensione nel settore pubblico -:
se il Ministro interrogato, al fine di evitare l'insorgere di un notevole contenzioso, intenda assumere tutte le iniziative possibili per ripristinare per tutti i lavoratori, che sono cessati o cesseranno dal servizio, senza diritto a pensione, la possibilità di ricorrere gratuitamente alla ricongiunzione o al trasferimento gratuito della posizione assicurativa presso l'assicurazione generale obbligatoria.
(4-10322)

...

SALUTE

Interrogazione a risposta immediata:

MELCHIORRE e TANONI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 27 dicembre 2010 il Ministero dell'agricoltura dello Schleswig-Holstein veniva a conoscenza che una società aveva utilizzato oli industriali nella linea produttiva di mangimi per animali, producendo la contaminazione da diossina di uova e carni avicole e causando la chiusura di oltre 4.700 allevamenti di polli e suini;
il Ministro della salute tedesco rendeva noto che il livello di contaminazione delle uova era di tre o quattro volte superiore alla soglia consentita, aggiungendo che detto superamento dei limiti non fosse da considerarsi pericoloso per la vita umana, salvo poi essere corretto dallo stesso Ministro dell'agricoltura dello Schleswig-Holstein che avrebbe parlato di valori di contaminazione da diossina nei grassi animali prodotti dall'azienda pari a 78 volte quelli consentiti;
successivamente, l'associazione di consumatori tedesca Foodwatch rendeva noto che un campione di mangime conteneva 123 nanogrammi di diossina per chilogrammo, ovvero un livello 164 volte superiore ai limiti consentiti dalla legge. pari a 0,75 nanogrammi;
l'istituto tedesco federale per la valutazione del rischio segnalava, comunque, l'assenza di un rischio sanitario acuto

come conseguenza del consumo per un breve periodo di uova e carni avicole, contaminate ai livelli riscontrati;
il Governo italiano ha ritenuto di non disporre il blocco dell'import degli alimenti a rischio dalla Germania, anche in ragione della tracciabilità degli alimenti come le uova a maggior rischio di contaminazione e annunciando di puntare per ciò che riguarda il resto dei possibili cibi contaminati dalla diossina all'adozione di rigidi controlli a campione -:
se il Ministro interrogato, anche alla luce della richiamata libertà lasciata al consumatore di operare le proprie scelte di acquisto, possa fornire una risposta chiara in merito ai reali rischi, anche immediati, per la salute dei consumatori in caso di ingestione di cibi contaminati da diossina, anche in considerazione di come esso possa variare a seconda dei livello di contaminazione raggiunto dagli alimenti ingeriti, su cui, ad oggi, almeno per ciò che concerne i mangimi tedeschi, si attende un dato definitivo.
(3-01389)

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il manager dell'azienda ospedaliera di Perugia «Santa Maria della Misericordia», Walter Orlandi, in un'intervista pubblicata il 6 gennaio 2011 dal quotidiano Il Mattino cronaca di Salerno, conferma l'esistenza di una circolare secondo la quale dal 1o febbraio le prestazioni ambulatorialmente non potranno essere più somministrate a chi è di fuori regione;
sempre secondo quanto affermato dal dottor Orlandi, se un ammalato è ricoverato forniamo la prestazione; se invece viene nella nostra farmacia e poi il farmaco è somministrato altrove, la pratica è sospesa;
la signora Di Prisco, la cui vicenda è oggetto di una precedente interrogazione, secondo quanto afferma il dottor Orlandi, non avrebbe nulla da temere e potrà avere tranquillamente le cure che fino ad oggi le hanno procurato giovamento;
secondo quanto riferito dalla figlia della signora Di Prisco, signora Marilù, la paziente sarebbe stata allontanata e questo per una restrittiva interpretazione della circolare del dottor Orlandi;
il direttore regionale della sanità umbra dottor Paolo Di Loreto ha minacciato la prima firmataria del presente atto di agire per vie legali per aver sollevato la questione, nell'ambito delle sue prerogative e facoltà di sindacato ispettivo;
la fondatezza della denuncia risulta confermata dalle inequivocabili affermazioni del dottor Orlandi, che ha ammesso un'interpretazione restrittiva ed errata della sua circolare, al caso della signora Di Prisco, e dunque nessun intento diffamatorio è ravvisabile nella pubblica denuncia del caso;
Il Mattino nell'articolo del giornalista Giovanni Colucci pubblicato il 5 gennaio 2011, sostiene come «il caso dell'ammalata di Salerno non sia che la prima di una lunga serie di pazienti oncologici che dovranno rinunciare alle terapie fuori regione» -:
se sia noto quanti siano questi pazienti, che appaiono, come la signora Di Prisco, rubricabili tra i casi vittime di interpretazione restrittiva della circolare Orlandi;
quali iniziative il Ministro intenda promuovere o adottare, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, per evitare che si verifichino violazioni dei livelli essenziali di assistenza e che abbiano a ripetersi episodi come quelli di cui in premessa.
(4-10325)

SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per la semplificazione normativa, per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212, recante Abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma dell'articolo 14, comma 14-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246, abroga esplicitamente le disposizioni legislative riportate nell'elenco allegato al medesimo decreto legislativo;
il numero 57959 dell'elenco contiene l'abrogazione del Regio decreto legge n. 1404 del 20 luglio 1934, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, recante Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni;
il decreto legislativo n. 212 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 dicembre 2010, n. 292 ed è entrato in vigore il giorno dopo, come disposto dall'articolo 2 dello stesso decreto legislativo; con successivo avviso di rettifica pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 7 gennaio 2011, n. 4, è stato eliminato dall'elenco degli atti legislativi abrogati il numero 57959, che aveva abrogato il già citato Regio decreto legge n. 1404;
tale rettifica veniva effettuata ben 22 giorni dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 212 del 2010;
il Ministro per la semplificazione normativa, onorevole Roberto Calderoli, con proprio comunicato stampa pubblicato dall'Agenzia AGI alle 18,07 del 10 gennaio 2011, a seguito di pubblica denuncia da parte dell'Italia dei Valori, comunicava che la rettifica era stata operata in quanto l'inserimento del Regio decreto legge del 1934 tra quelli abrogati era frutto di «un mero errore informatico»; negli scorsi mesi, lo stesso Ministro è stato protagonista di un'analoga vicenda, dagli stessi contorni tecnico giuridici, che riguardava l'erroneo inserimento tra gli atti aventi forza di legge da abrogare, sulla base della delega contenuta nel cosiddetto taglia-leggi, del decreto legislativo n. 43 del 1948, che prevedeva e puniva il reato di costituzione di associazioni di carattere militare, con finalità politiche, anche indirette;
è noto che l'eliminazione del reato di associazione militare con scopi anche politici ha beneficiato militanti e iscritti al partito della Lega Nord, cui appartiene il Ministro Calderoli, che a Verona erano sottoposti a processo con questa accusa;
in quella circostanza, il Ministro Calderoli ha più volte ribadito che si è esplicitamente opposto all'eliminazione dall'elenco delle leggi abrogate del decreto legislativo n. 43 del 1948, in quanto «dopo l'approvazione definitiva del consiglio dei ministri e addirittura dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il Governo non poteva salvare da abrogazione il decreto legislativo n. 43 del 1948 con una semplice rettifica sulla stessa Gazzetta, trattandosi, nella specie, non della correzione di un errore materiale bensì di una modifica sostanziale al testo legislativo, che non soltanto sarebbe andata contro le ripetute determinazioni del Consiglio dei Ministri, ma avrebbe anche modificato nella sostanza un testo passato al vaglio del Parlamento e del Consiglio di Stato»;
secondo il Ministro Calderoli, il decreto legislativo n. 43 del 1948 poteva essere salvato o reintrodotto solo con un nuovo atto avente forza di legge;
appare evidente agli interpellanti come sia arbitraria la scelta del Ministro Calderoli di agire in maniera differente in due situazioni del tutto identiche;
in entrambi i casi, infatti, si è di fronte ad atti aventi forza di legge che, sulla base del taglia-leggi, vengono erroneamente inserite in un elenco di norme e da abrogare;

in entrambi i casi i due atti da abrogare erano presenti negli elenchi fin dall'approvazione da parte del Consiglio dei ministri della prima bozza di testo del decreto legislativo, successivamente sottoposto al parere del Consiglio di Stato e delle competenti Commissioni parlamentari, che in entrambi in casi non hanno deliberato alcun parere per mancanza di numero legale;
per giunta nel caso del Regio decreto-legge, il Consiglio di Stato nel suo parere definitivo, adottato nell'adunanza del 20 settembre 2010, ha esplicitamente preso atto che l'allegato 1, recante le norme espressamente da abrogare è stato «redatto all'esito dell'istruttoria sopra descritta, [e successivamente] sono stati sottoposti all'esame di tutti i Dicasteri, al fine di valutarne ulteriormente la necessità o no del mantenimento in vigore». Sembrerebbe, pertanto, che nel caso del decreto legislativo n. 212 del 2010, il controllo e la revisione sia stato particolarmente attento da parte del Governo, ma l'abrogazione del Regio decreto legge sia volutamente rimasta nel testo;
non va sottovalutato, infine, che la richiesta di sottrarre all'abrogazione il reato di associazione militare con scopi anche politici sia stata avanzata prima dell'entrata in vigore del relativo decreto legislativo abrogativo e che il Governo aveva tutto il tempo di far pubblicare in Gazzetta Ufficiale una rettifica, mentre nel caso del Regio decreto legge la rettifica è intervenuta ben 22 giorni dopo la sua entrata in vigore;
va precisato che sull'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 217 del 1986, che disciplina la materia delle rettifiche, esiste una giurisprudenza copiosa e costante nel senso di ammettere rettificazioni come quella che chiedeva l'eliminazione del decreto legislativo n. 43 del 1948 dall'elenco delle abrogazioni, dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e ancor prima che entrasse in vigore;
a tal proposito è sufficiente ricordare due delle sentenze della Corte costituzionale: la n. 20 del 2006, che riguarda una rettifica apportata ad un decreto legislativo dopo la sua entrata in vigore, nella quale la Corte afferma che «La rettifica dell'espressione normativa, con relativa pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, è legittima [...] senza che rilevi se si sia trattato di un errore materiale o di un originario fraintendimento del legislatore»; nonché la n. 152 del 1994, relativa sempre ad un decreto legislativo, rispetto al quale il giudice a quo dubitava che la rettifica apportata fosse stata introdotta attraverso una via idonea, sul presupposto che, trattandosi di una modifica sostanziale del testo legislativo pubblicato, avrebbe dovuto essere deliberata con un nuovo atto avente forza di legge, e non già con un comunicato di rettifica. Secondo la Corte lo strumento della rettifica era stato correttamente utilizzato dal Governo in quanto non si poteva dubitare che andava a correggere un errore, che aveva dato luogo a un'abrogazione solo apparente, non voluta dal legislatore, cosa che «si poteva già dedurre in via interpretativa» dai principi e criteri direttivi inseriti nella legge che conteneva la delega. Secondo la Corte: «In sostanza, poiché non si può in alcun modo dubitare che l'errore si è verificato, non nel momento della formazione dell'atto legislativo, ma in quello successivo della sua comunicazione», l'avviso di rettifica è lo strumento previsto dall'ordinamento per porre rimedio ad errori occorsi nella comunicazione o nella pubblicazione degli atti normativi; dagli insegnamenti della Corte costituzionale si deduce, infine, che l'abrogazione del decreto legislativo n. 43 del 1948 è da ritenere solo apparente, sulla base di numerosi canoni, tra i quali il fatto che conteneva «disposizioni la cui abrogazione comporterebbe lesione dei diritti costituzionali» (articolo 14, comma 14, lettera c, della legge 28 novembre 2005, n. 246) che sono esplicitamente escluse dalla delega data al Governo per la semplificazione normativa; che lo stesso decreto legislativo era stato già inserito dal decreto legislativo

n. 179 del 2009 tra quelli da salvare esplicitamente; che la sua abrogazione è stata inserita in un atto, il «Codice dell'ordinamento militare», con il quale non ha nulla da condividere dal punto di vista sistematico e logico-giuridico; la volontà del legislatore di non abrogare il reato di associazione militare con scopi anche indirettamente politici era oltremodo chiara ed in equivoca nei principi e criteri direttivi che aveva dettato e il suo inserimento nell'elenco delle leggi da abrogare è stato un errore o, per dirla con la Corte costituzionale, un'abrogazione non voluta dal legislatore;
le sentenze della Corte costituzionale, che riguardano anche leggi «corrette» addirittura dopo la loro entrata in vigore, dimostrano che il Governo può intervenire con una rettifica in Gazzetta ufficiale anche dopo l'entrata in vigore di una legge, perché un errore rimane sempre un errore;
ad avviso degli interpellanti il Ministro per la semplificazione normativa ha assunto decisioni diverse ed opposte a fronte delle due identiche vicende illustrate in premessa -:
se il Ministro per la semplificazione normativa non ritenga di dover intervenire a rettificare l'errore contenuto nel decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante il «Codice dell'ordinamento militare», eliminando dall'articolo 2268, il numero 297 che abroga apparentemente il decreto legislativo n. 43 del 1948;
se il Ministro per la semplificazione normativa non ritenga che la soppressione del Regio decreto legge recante l'istituzione del tribunale per i minorenni possa inficiare la legittimità degli atti e provvedimenti assunti dai tribunali per i minorenni tra il 16 dicembre 2010 e il 7 gennaio 2011.
(2-00916)
«Donadi, Palomba, Di Pietro, Borghesi, Evangelisti».

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
il recente passaggio al digitale terrestre ha comportato notevoli disagi nei territori del Veneto orientale e della confinante Friuli Venezia Giulia e oggi, a più di 40 giorni dal suo avvio, si contano a centinaia di migliaia gli utenti che non sono in grado di vedere le trasmissioni di RAI 1, RAI 2, RAI 3 e nel Veneto orientale moltissimi non riescono a vedere il TG3 Veneto;
al momento, da dichiarazioni fatte sulla stampa dai responsabili di RAI Way, l'unica soluzione possibile per i cittadini pare sia quella di modificare a spese proprie l'impianto dell'antenna;
al contrario sarebbe stato sufficiente che il piano delle frequenze per il Veneto orientale, tenendo conto della situazione antennistica locale, rimanesse in banda 5 UHF da Piancavallo o canale 22 da Udine o canale 7 (F) sempre da Udine, permettendo a tutti di ricevere i canali RAI senza alcun aggravio di costi e senza nessun intervento all'antenna;
inoltre sarebbe stato sufficiente fare un ponte radio tra Monte Venda e Piancavallo per irradiare il TGR Veneto in tutto il Veneto orientale, mentre ora gli utenti sono costretti a vedere il TGR Friuli;
l'onere per la realizzazione del ponte radio è stimata in circa 200.000 euro ma né la regione Veneto né la RAI intendono affrontare tale spesa perché è troppo esigua la popolazione che ne beneficerebbe;
non si è fatta adeguata informazione, affermando da parte della RAI che non serviva cambiare le antenne, mentre i tecnici antennisti già da mesi affermavano il contrario;

si parla di un periodo di 6 mesi di sperimentazione;
vengono privati centinaia di migliaia di cittadini del diritto ad essere informati e, nel caso del TG3 Veneto, di un organo di informazione fondamentale e tempestivo in occasione di eventi calamitosi, come dimostrato dalla recente alluvione in Veneto;
nulla si sa delle frequenze rimaste libere a disposizione della RAI oltre al già citato Canale 7 di Udine, tenendo conto che i criteri adottati nella scelta di fatto hanno penalizzato solo il servizio pubblico;
moltissime segnalazioni su problemi analoghi arrivano da altre parti del Veneto, dal Friuli Venezia Giulia e dall'Emilia Romagna;
nulla si sa delle modalità con le quali sono stati spesi i 33 milioni di euro dati dal Ministro Gentiloni a RAI Way per il passaggio al digitale terrestre nel luglio 2007, che erano un anticipo dei 145 previsti per l'adeguamento delle proprie strutture e che avrebbero potuto essere utilizzati in questo caso a vantaggio dei cittadini;
si continua a chiamare canone in tutte le documentazioni ministeriali quella che invece è una tassa di possesso, senza avere poi l'obbligo di fornire e garantire la visione dei canali radio televisivi, e sarebbe necessario adeguare anche la normativa tributaria in materia;
proprio per questo il cittadino utente, in casi di contenzioso come in questo, non sa se rivolgersi all'erogatore del servizio e, cioè, la RAI o al Ministero competente -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interpellato al fine di tutelare i cittadini, privati di un servizio per il quale già pagavano e pagano il canone;
se non ritenga necessario, come gli interpellanti auspicano, adottare iniziative per il rimborso delle spese sostenute dai cittadini per adeguare il proprio impianto antennistico, risolvendo nel contempo il problema della visione del TG3 Veneto nel Veneto orientale, e se, in attesa di provvedimenti di risarcimento, non ritenga di assumere iniziative per congelare il pagamento del canone per l'anno appena iniziato, individuando le forme che riterrà più opportune per evitare abusi;
quale sia con esattezza il numero dei cittadini che lamentano il disservizio e le modalità con le quali la RAI ha speso le risorse assegnate dall'allora Ministro Gentiloni.
(2-00914)
«Viola, Martella, Murer, Baretta, Rubinato, Naccarato, Velo, Meta, Fogliardi, Tempestini, Benamati, Braga, Strizzolo, Maran, Realacci, Margiotta, Levi, Tenaglia, Lulli, Fioroni, Pedoto, Bratti, Zaccaria, Iannuzzi, Pompili, Miotto, Grassi, D'Incecco, Zampa, Vannucci, Gentiloni Silveri, Gasbarra, Dal Moro».

Interrogazione a risposta immediata:

PERINA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le recenti delibere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (n. 606/10/CONS e n. 607/10/CONS) hanno l'obiettivo di chiarire gli obblighi a carico degli operatori di servizio audiovisivo (tra i quali: controllo preventivo dei contenuti, obbligo di rettifica, rispetto delle fasce orarie protette per i minori) e contestualmente di definirne i relativi campi di applicabilità;
sebbene i nuovi oneri siano esplicitamente esclusi per «quei servizi i cui ricavi annui derivanti da pubblicità, televendite, sponsorizzazioni, contratti e convenzioni con soggetti pubblici e privati, provvidenze pubbliche e da offerte televisive a pagamento, non superino centomila euro», vale a dire web-tv e web-radio di piccole dimensioni, tale esclusione non riguarderebbe le piattaforme cosiddette ugc (user generated content), qualora vi

siano «congiuntamente responsabilità editoriale, in qualsiasi modo esercitata, e sfruttamento economico da parte dei soggetti che provvedono all'aggregazione dei contenuti»;
entro i suddetti criteri sembrano rientrare servizi quali Youtube, Vimeo e Dailymotion; se è evidente che per gli stessi sussista il criterio dello «sfruttamento economico», pare affermarsi la tesi (espressa pubblicamente dal consigliere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Stefano Mannoni, ad esempio) secondo la quale gli algoritmi che tali siti usano per la gerarchizzazione dei contenuti caricati sulle loro piattaforme corrisponderebbe ad una firma di controllo editoriale; in tal senso, le piattaforme ugc più evolute sarebbero equiparate alle web-tv e quindi tenute al rispetto degli obblighi previsti dalle delibere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
l'approccio di cui sopra, relativamente alle piattaforme ugc, appare in contrasto, tanto con il diritto comunitario, quanto con l'articolo 4 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (cosiddetto decreto Romani), decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, che escludeva esplicitamente l'applicabilità degli obblighi ai «servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio nell'ambito di comunità di interesse»;
qualora fossero effettivamente le delibere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni a prevalere sul piano giuridico, si aprirebbero tre questioni sostanziali:
a) la libertà degli utenti della rete risulterebbe colpita, a fronte di un accresciuto controllo pubblico sui contenuti del web; ne scaturirebbe la necessità per le piattaforme di «moderare» con severità i contributi caricati dai privati, onde evitare denunce e sanzioni;
b) la portata della regolamentazione per le piattaforme ugc rischierebbe di compromettere la profittabilità della presenza in Italia delle stesse, considerata la differenza sostanziale che intercorre tra il controllo contenutistico della programmazione di un'emittente tv e il filtro di milioni di file costantemente caricati da milioni di utenti;
c) verrebbe limitato l'accesso degli utenti italiani a servizi liberi nel mondo -:
se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza al fine di evitare che dall'applicazione della disciplina complessiva derivino le criticità segnalate in premessa, con particolare riferimento alle più importanti piattaforme ugc (user generated content) presenti sulla rete.
(3-01392)

...

Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Mazzocchi e altri n. 1-00486, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marinello.

La mozione Fioroni e altri n. 1-00515, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Touadi, Marco Carra, Castagnetti, De Torre.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in Commissione Di Biagio n. 5-03540, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Narducci.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Mazzocchi n. 1-00486, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 391 dell'8 novembre 2010.

La Camera,
premesso che:
la strage perpetrata alla Cattedrale dei santi contro la comunità copto-ortodossa ad Alessandria d'Egitto, durante la celebrazione della messa per il nuovo anno, verosimilmente opera del terrorismo al-qaedista che minaccia contemporaneamente il Governo di Mubarak, è il culmine di un'offensiva condotta con violenza sistematica e indiscriminata contro la presenza cristiana in vaste aree del mondo, in particolare dove ha carattere di minoranza religiosa;
l'immagine del Cristo imbrattata di sangue innocente diffusa dai media di tutto il mondo, con la sua potenza simbolica, ha scosso l'indifferenza di molta opinione pubblica occidentale, fin qui poco disposta a impegnarsi attivamente anche in presenza di situazioni che si protraggono tragicamente da anni. Tra i casi di persecuzione conclamata si segnalano, senza voler esaurire l'elenco:
a) il già citato caso dell'Egitto, dove, sebbene il Governo egiziano si sia da tempo impegnato contro il terrorismo ed a favore della convivenza civile e religiosa dei popoli, hanno avuto purtroppo luogo atti ricorrenti di violenza contro cristiani copti ed attacchi di varia natura ai cristiani, fino ai recenti attentati del 6 gennaio 2010;
b) la vera e propria pulizia etnica che riguarda le varie denominazioni cristiane in Iraq, presenze fondativi: della civiltà mesopotamica, oggetto da anni di una sequela ininterrotta di sequestri di persona, omicidi di vescovi, sacerdoti e semplici fedeli, emarginazione dalla vita pubblica, fino allo spaventoso attentato nella cattedrale sirocattolica di Baghdad del 31 ottobre 2010, con più di cinquanta morti. Il dato attuale è che la comunità ecclesiale, che prima della guerra del 2003 era costituita da oltre un milione di persone, ora, costretta alla diaspora, è ridotta a meno della metà e spinta a costituirsi in ghetti nel Nord del Paese;
c) la persecuzione che dall'agosto del 2008 investe, in particolare, i cristiani dello Stato di Orissa, in India. In quel primo pogrom, perpetrato da fanatici indù sostenuti da partiti nazionalisti, si sono contate un centinaio di vittime linciate. I numeri parlano di 50 mila profughi fuggiti nelle foreste, i quali una volta tornati a casa sono oggetto di minacce per la conversione forzata all'induismo, la distruzione di 6.500 case, 350 chiese e 45 scuole;
d) in Pakistan la legge sulla blasfemia è usata per consegnare al carcere e alla morte i cristiani più attivi. Tra i casi recenti si segnala il linciaggio dei fratelli Emmanuel, assassinati mentre in manette venivano trascinati in prigione, e la sentenza capitale contro Asia Bibi, una contadina che non ha accettato di rinunciare alla sua fede;
e) lo stato di tensione per la volontà di imporre la sharia anche nelle zone della Nigeria e del Sudan, dove sono presenti comunità cristiane; da ultimo l'assalto durante il Natale a numerose chiese in Nigeria, con eccidi e successivi scontri e vittime anche tra i musulmani;
f) la situazione di persecuzione totale dei cristiani in Corea del Nord, immediatamente consegnati, quando scoperti come tali, al sistema concentrazionario equivalente alla morte certa;
g) l'oppressione in Vietnam dei cattolici montagnard, un'etnia cattolica, oggetto per questo di vessazioni continue;
in Cina la carcerazione e l'internamento nei lager (laogai) di clero e laici cattolici fedeli a Roma;
la libertà religiosa è un diritto essenziale, in quanto coinvolge direttamente la coscienza della persona in relazione alla sua identità più profonda. Come è stato scritto, essa è la madre di tutte le libertà; è un principio di civiltà universale, che deve interessare tutti, anche i non credenti. I delitti commessi contro di essa sono una ferita all'umanità in quanto tale. E per questo essa è tutelata in maniera particolare nella Dichiarazione universale

dei diritti dell'uomo, trovando nell'articolo 9 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu) la sua formulazione più completa, che qui conviene ribadire nella sua interezza: «Libertà di pensiero, di coscienza e di religione. 1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti. 2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell'ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui»;
il termine «cristianofobia» è quello che descrive più compiutamente questo fenomeno di portata universale, e come tale è stato adottato dall'Onu sin dal 2003 e dal Parlamento europeo nel 2007. Con questa espressione si vuole qualificare l'unicità di questa persecuzione, che si esprime in odio cruento in Paesi dove il cristianesimo è in minoranza, ma trova fertile terreno anche in Occidente, dove si vuole negare la pertinenza pubblica della fede cristiana o se ne censurano i simboli o si vuole limitare l'obiezione di coscienza in questioni sensibili di etica sociale;
il Governo italiano si è fatto promotore di una politica attiva di difesa della libertà di coscienza e di religione ovunque nel mondo, ed in particolare in Medio Oriente; in ossequio alla sua vocazione culturale e alla collocazione geografica di «ponte» tra l'Europa e il Mediterraneo, tra Nord e Sud, ha da tempo sviluppato un'azione per promuovere l'apertura ed il dialogo reciprocamente rispettoso con i popoli vicini di religione islamica. Un'azione che è stata intensificata negli ultimi anni a fronte dei numerosi attacchi contro le minoranze religiose nel mondo, in particolare quelle cristiane. Il Governo Berlusconi, all'interno dell'Unione europea, ha proposto un piano d'azione che rafforzerà l'impegno ed il coordinamento dei Paesi europei per il rispetto delle libertà religiose nel mondo. Su impulso italiano, i Paesi europei hanno presentato alle Nazioni Unite una risoluzione sulla libertà religiosa, che è stata approvata nel dicembre del 2009 e che è stata presentata nuovamente e con rinnovata forza alla 65.ma sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite,


impegna il Governo:


a far valere con ogni forma di legittima pressione diplomatica ed economica il diritto alla libertà religiosa, in particolare dei cristiani e di altre minoranze perseguitate, laddove risulti minacciata o compressa per legge o per prassi, sia direttamente dalle autorità di Governo, sia attraverso un tacito assenso e l'impunità dei violenti;
a promuovere in Italia, nelle scuole e in ogni ambito culturale, la sensibilità alle tematiche della libertà religiosa e della «cristianofobia»;
a far valere nelle relazioni diplomatiche ed economiche, bilaterali o multilaterali, la necessità di un effettivo impegno degli Stati per la tolleranza e la libertà religiosa, fino al diritto sancito alla «libertà di cambiare religione o credo»;
ad adoperarsi affinché analogo principio sia fatto valere a livello di Unione europea e di qualsiasi altro organismo internazionale per l'assegnazione di aiuti agli Stati;
a continuare nell'impegno perché la risoluzione sulla libertà religiosa sia effettivamente implementata negli Stati dell'Onu, promuovendo la costituzione di un organismo dedicato.
(1-00486)
(Ulteriore nuova formulazione) «Mazzocchi, Angelucci, Di Virgilio, Renato Farina, Pagano, Laboccetta, Baldelli,

Pittelli, Speciale, Malgieri, De Nichilo Rizzoli, Antonio Pepe, Gioacchino Alfano, Aprea, Aracri, Armosino, Ascierto, Baccini, Barani, Barbieri, Beccalossi, Bergamini, Bernardo, Bernini Bovicelli, Berruti, Bertolini, Biancofiore, Bianconi, Bocciardo, Boniver, Bruno, Calabria, Carlucci, Castellani, Catanoso, Cazzola, Ciccioli, Cirielli, Colucci, Corsaro, De Camillis, Del Tenno, Di Caterina, Franzoso, Frassinetti, Fucci, Garagnani, Garofalo, Germanà, Ghiglia, Giammanco, Girlanda, Gottardo, Holzmann, La Loggia, Laffranco, Landolfi, Lehner, Lisi, Lorenzin, Lupi, Mancuso, Mantovano, Giulio Marini, Marsilio, Mazzuca, Migliori, Minardo, Minasso, Mussolini, Nirenstein, Nola, Palmieri, Palumbo, Pelino, Pianetta, Polidori, Porcu, Pugliese, Rampelli, Razzi, Mariarosaria Rossi, Saltamartini, Sammarco, Savino, Sbai, Scalera, Scandroglio, Sisto, Stagno d'Alcontres, Stradella, Toccafondi, Torrisi, Valducci, Ventucci, Versace, Vignali, Zacchera, Marinello».

Ritiro di documenti di indirizzo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
Mozione Marinello n. 1-00334 del 1o marzo 2010;
Mozione Bocchino n. 1-00495 del 18 novembre 2010.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
Interrogazione a risposta scritta Bitonci n. 4-09944 del 13 dicembre 2010;
Interrogazione a risposta in Commissione Binetti n. 5-03996 del 21 dicembre 2010.