XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 19 gennaio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
il nostro Paese è da lungo tempo impegnato in missioni internazionali di stabilizzazione e di mantenimento della pace: dalla prima missione in Libano del 1982 a quella in Afghanistan iniziata nell'agosto del 2003 in ambito Isaf (Nato);
a nove anni dalla presenza della Nato in quel Paese, i cui obiettivi di missione restano ancora la ricostruzione, la stabilizzazione e l'addestramento all'interno di un mandato teso al mantenimento della sicurezza e nonostante le centinaia di miliardi di dollari destinati dalla stessa, la situazione in Afghanistan è peggiorata perché ormai appare come una forza impotente a difendere la popolazione dalle attività di un gruppo sempre più forte e radicato di signori della guerra e dell'oppio;
sono trascorsi nove anni dalla nostra presenza in quella regione e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: i talebani sono sempre più forti, il traffico di droga è aumentato, i signori della guerra si sono arricchiti, diventando sultanati indipendenti, la corruzione regna sovrana, le elezioni sono state inficiate da brogli elettorali di ogni genere, come è stato certificato da organismi internazionali, le donne e i bambini sono sempre in pericolo costante;
appare acclarato ormai che la missione di pace, sia essa di keeping o di enforcing, alla quale era stato destinato il nostro contingente ha prodotto un fallimento e va ammesso in ragione del fatto che tale missione ha in maniera evidente cambiato la propria natura nel corso del tempo trasformandosi in presenza militare, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto di indirizzo, in violazione dell'articolo 11 della Costituzione; va segnalato, in tal senso, che, per le sole missioni Isaf e Eupol, il nostro Governo ha stanziato dal 2002 a oggi, oltre 3 miliardi di euro dei quali circa il 90 per cento destinati per armamenti e equipaggiamento e solo il restante per interventi di carattere civile, per interventi di ricostruzione e aiuto alla popolazione; non è più pensabile di restare in quel drammatico teatro di guerra solo per coprire errori di strategia altrui che stanno producendo una perdita dolorosa in termini di vite umane, sacrificate per stare in un Paese martoriato da troppi conflitti interni, e un dispendio in termini finanziari considerevole;
parimenti non è più pensabile solo rivedere il senso della missione in Afhganistan come già deliberato lo scorso anno nel corso del dibattito sulle mozioni presentate in tale direzione;
va ricordato che il 2010 è stato l'anno più sanguinoso da quando i talebani sono stati cacciati con il contributo delle forze degli Stati Uniti e delle forze afgane, tant'è che è stato pagato un tributo in termini di militari pari a 711 uomini e donne, di cui 13 italiani (in nove anni sono ormai 36 i nostri militari deceduti),


impegna il Governo


ad elaborare un piano di rientro immediato del nostro contingente dal disastroso teatro di guerra quale si sta sempre più rivelando l'Afghanistan.
(1-00530)
«Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Di Stanislao, Leoluca Orlando, Borghesi».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
l'Afghanistan è in una fase cruciale del conflitto e della sua lotta per uscire dalla povertà. C'è una necessità oggettiva che le comunità internazionali facciano di più per aiutare gli afghani a creare istituzioni efficaci e per promuovere una crescita economica equa;
in base al ruolo unico del suo sistema e all'ampiezza delle sue competenze, il quadro delle Nazioni Unite a sostegno dell'Afghanistan National Development Strategy (ANDS) si concentra su tre aree prioritarie: governance di pace e stabilità, vita sostenibile e servizi sociali di base, sostenute da interventi su questioni trasversali come i diritti umani, parità tra i sessi, la tutela dell'ambiente, lotta contro le mine e il narcotraffico. Questi tre settori prioritari sono inquadrati in un contesto in cui l'Onu è nella posizione migliore per sostenere la strategia nazionale di sviluppo, concentrandosi sul nesso tra la stabilità e l'alleviamento della povertà, in particolare per i più emarginati e vulnerabili;
malgrado si sia prossimi ai dieci anni di presenza della Nato (attraverso la missione Isaf i cui obiettivi restano la ricostruzione, la stabilizzazione e l'addestramento all'interno di un mandato teso al mantenimento della sicurezza nell'interesse della ricostruzione e degli sforzi umanitari), la situazione in Afghanistan è peggiorata;
le strade rimangono non edificate, una percentuale, seppur non altissima, di afghani rimane senza accesso a servizi di base, la disoccupazione è diffusa. Nel 2005, l'indice di sviluppo umano per l'Afghanistan era di 173 su 178 Paesi. Oggi è di 181 su 182. La produzione di oppio è aumentata di 40 volte. I proventi della droga rappresentano oltre il 60 per cento dell'economia. L'Afghanistan ha il peggior record delle morti infantili e ha un'aspettativa di vita di 44 anni;
tutto ciò nonostante le centinaia di miliardi di dollari spesi dalla Nato: una forza che sembra impotente a difendere la popolazione dalle attività di un gruppo di signori della guerra;
quello degli aiuti internazionali è stato il problema principale discusso nella conferenza dei donatori a Kabul del luglio 2010 che ha riunito circa 70 delegazioni di Paesi e rappresentanti delle istituzioni internazionali;
tra il 2002 e il 2009 l'Afghanistan ha ricevuto circa 40 miliardi di dollari di assistenza internazionale. Di questi, solo 6 miliardi di dollari sono passati dal Governo centrale del Paese. I rimanenti 34 miliardi sono stati veicolati dalle organizzazioni internazionali (Onu, organizzazioni non governative varie, banca mondiale, banche regionali per lo sviluppo e altre). Una percentuale compresa tra il 70 e l'80 per cento di queste somme non ha mai raggiunto la popolazione afghana. La maggior parte degli aiuti che i contribuenti e i donatori europei e americani intendono destinare a uno dei popoli più poveri del mondo si perde lungo la catena della distribuzione e ritorna sotto altre forme, lecite e illecite, ai centri da cui è partita;
il Governo Usa ha anche istituito un ispettorato generale sulla ricostruzione dell'Afghanistan (Sigar) che inizia a misurare l'impatto dei fondi stanziati per lo sviluppo del Paese, ricostruirne la mappa, prevenire e identificare gli abusi. Sulla scia di quanto stanno facendo gli Stati Uniti, necessitano forme di controllo più rigorose e un'indagine accurata sul miliardo di euro di aiuti civili che l'Unione europea e i Paesi membri destinano ogni anno all'Afghanistan. Nessuna pace duratura è possibile in Afghanistan senza una sostanziale riduzione della povertà e una lungimirante politica di sviluppo sostenibile;
il recente rapporto Onu sulla missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan, la relazione sulla protezione dei civili nei conflitti armati, rivela delle statistiche scioccanti: il numero dei civili uccisi in Afghanistan nei primi sei mesi del 2010 è salito del 31 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009 a causa di un aumento del numero di azioni ostili intraprese da parte di elementi armati;
il Governo afghano ha affermato che il numero di poliziotti afghani uccisi nel corso del 2010 è diminuito di circa il sette per cento, nonostante la violenza diffusa in tutto il Paese all'inizio del decimo anno di guerra;
le vittime straniere, militari e civili, sono giunte, invece, a livelli record, nonostante la presenza di circa 150.000 truppe a guida Nato. Il 2010 è stato l'anno più sanguinoso da quando i talebani sono stati cacciati dalle forze afghane sostenute dagli Stati Uniti alla fine del 2001;
Bashary, il portavoce del Ministero degli interni, ha dichiarato che 2.447 poliziotti afghani sono stati feriti, mentre 5.225 ribelli sono stati uccisi e 949 feriti;
un totale di 6.716 sono gli incidenti di sicurezza nel 2010, come agguati, bombe su strada, attentati suicidi e lanci di razzi;
la rivolta si è spostata, nel corso degli ultimi due anni, dalle sue tradizionali roccaforti nel sud-est in zone un tempo pacifiche del nord-ovest del Paese. Il nord, in particolare, è diventato un nuovo fronte mortale nella guerra;
le Nazioni Unite hanno detto che 2.412 civili sono stati uccisi e 3.803 feriti tra gennaio e ottobre del 2010, il 20 per cento in più rispetto al 2009;
il Ministero della difesa afghano ha reso noto che 821 soldati afghani sono stati uccisi nel 2010. Il generale di brigata Josef Blotz, un portavoce della missione Isaf-Nato, ha dichiarato che l'alto numero di vittime tra le forze di sicurezza afghane, «è un testamento al loro sacrificio, ai loro sforzi, al loro impegno, stanno combattendo per il proprio Paese» e che l'aumento del numero di truppe straniere in guerra in Afghanistan avvenuto l'anno scorso aveva portato a una prevedibile ripresa della violenza. Le forze straniere hanno subito un numero di decessi record nel 2010;
Georgette Gagnon, direttore dei diritti dell'uomo per Unama, ha dichiarato nella sua relazione che «dopo nove anni le misure per proteggere i civili afghani in modo efficace e per ridurre al minimo l'impatto del conflitto sulla base dei diritti umani sono più urgenti che mai»;
invitando tutti gli interessati a fare di più per proteggere i civili, rispettando i loro obblighi di diritto internazionale, nella citata relazione si raccomanda che le forze militari internazionali rendano più trasparente la propria responsabilità nel caso di perdite umane e di essere più attenti durante le attività aeree, e che il Governo afghano si impegni a creare un organismo speciale per rispondere agli incidenti e, infine, che i talebani cessino l'esecuzione di civili;
secondo la convenzione di Ginevra relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra, le clausole prevedono chiaramente che le forze d'invasione hanno la responsabilità di proteggere i civili. Se dopo nove anni le vittime sono in aumento, allora risulta evidente una incapacità della Nato di condurre la missione con successo;
nonostante le dichiarazioni di alto profilo a Washington e Kabul circa i progressi compiuti in Afghanistan, il popolo afghano ha solo assistito e sofferto un conflitto armato intensificatosi negli ultimi mesi. Contrariamente alla promessa del Presidente americano, Barack Obama, secondo cui il dispiegamento di altre 30.000 forze Usa nel Paese avrebbe dovuto «distruggere, smantellare e sconfiggere» i ribelli talebani e i loro alleati di Al-Qaeda nella regione, l'insurrezione è diventata più elastica, più strutturata e mortale;
in termini di insicurezza, il 2010 è stato l'anno peggiore dalla caduta del regime talebano nel 2001. Non solo il numero di incidenti è stato maggiore, ma lo spazio e la profondità della rivolta e le guerriglie connesse non aiutano a contrastare la violenza e hanno, altresì, ingrandito enormemente il pericolo di sicurezza. Fino a 1.200 incidenti per la sicurezza sono stati registrati nel mese di giugno, il più alto numero di incidenti dal 2002;
in mezzo a preoccupazioni diffuse circa la corruzione dilagante e l'abuso di potere da parte della polizia, la Nato non solo ha continuato ad assumere i mal qualificati agenti, come riferito dai rapporti, ma ha ridotto il periodo di formazione a solo quattro settimane;
la stragrande maggioranza delle forze di polizia è analfabeta e vi è una mancanza di conoscenze adeguate circa i fondamenti della polizia per i diritti civili e umani. Molti agenti di polizia sono tossicodipendenti o hanno considerevoli precedenti penali;
la corruzione dominante e l'abuso di autorità da parte della polizia hanno un impatto devastante sugli individui e sulla comunità civile che hanno un disperato bisogno di un senso di sicurezza, di protezione e di regole di diritto;
la corruzione e l'abuso delle forze di polizia hanno anche contribuito alla criminalità diffusa, all'impunità penale e al diniego di accesso al popolo alla giustizia e ad altri servizi essenziali;
l'ultima revisione della strategia Usa in Afghanistan osserva che le truppe della coalizione stanno avendo successo contro i talebani sul campo di battaglia. Ma questo non ha fermato l'afflusso di denaro nelle casse dei talebani;
le pubblicazioni del sito di Wikileaks rivelano una crescente frustrazione degli Stati Uniti con gli alleati arabi e la loro incapacità di trattare con enti di beneficenza e donatori privati che inviano denaro ai gruppi estremisti talebani. Gli analisti e i funzionari affermano che le donazioni per i talebani potrebbe diventare un punto controverso data la loro crescente capacità di generare cassa per conto proprio;
da un recentissimo rapporto pubblicato da Human Rights Watch emerge che il Governo afghano e i suoi sostenitori internazionali hanno ignorato la necessità di tutelare le donne nei programmi per reintegrare i combattenti ribelli e non hanno garantito che i diritti delle donne saranno inclusi nei colloqui potenziali con i talebani;
il report affronta, tra l'altro, le sfide potenziali per i diritti delle donne derivanti da accordi di governo futuro con le forze ribelli e descrive come nelle zone sotto controllo talebano le donne siano spesso vittime di minacce, intimidazioni e violenze, e donne leader politici e attiviste siano attaccate e uccise impunemente;
«le donne afghane non sono tenute a rinunciare ai propri diritti in modo che il Governo possa tracciare un accordo con i talebani», ha detto Tom Malinowski, Direttore a Washington di Human Rights Watch. Sarebbe, infatti, un grave tradimento ai progressi compiuti dalle donne e per le donne e ragazze nel corso degli ultimi nove anni;
nelle zone di controllo o di influenza talebana, hanno minacciato e aggredito le donne nella vita pubblica e donne normali che lavorano fuori casa;
ci sono pochi segni che finora il Governo del presidente Hamid Karzai abbia adeguatamente risposto alle preoccupazioni di questi attacchi nei suoi programmi per reintegrare i ribelli;
il Governo afghano ha offerto soltanto garanzie deboli per le donne che intendono salvaguardare la loro libertà, che hanno recuperato dopo la caduta del Governo talebano nel 2001. Nel marzo del 2009, per esempio, ha firmato la discriminatoria Shia personal status law (che nega alle donne sciite i diritti di custodia dei figli e la libertà di movimento, tra gli altri diritti), e nel 2008 ha perdonato due stupratori per motivi politici;
nonostante le promesse dei sostenitori internazionali dell'Afghanistan per promuovere i diritti delle donne. Human Rights Watch continua a essere preoccupata che anche loro possano sacrificare i diritti delle donne come parte di una strategia di uscita dall'Afghanistan;
il Governo afghano ha cercato di cooptare le fazioni dell'opposizione offrendo loro l'impunità per i crimini di guerra e altre gravi violazioni del diritto internazionale. Ma la giustizia e la responsabilità dei crimini gravi dovrebbero essere al centro di ogni processo di riconciliazione con i talebani e altri insorti;
la relazione descrive le condizioni che dovrebbero essere incluse in qualsiasi reintegrazione e negoziazione o di un processo di riconciliazione per garantire i diritti delle donne. Lavorare, ottenere un'istruzione e impegnarsi nella vita politica dovrebbero essere fattori esplicitamente salvaguardati. Gli individui con una storia di gravi abusi contro le donne e le ragazze dovrebbero essere esclusi dal potere. E i leader delle donne devono essere pienamente coinvolti nei processi decisionali per il reinserimento e la riconciliazione, in quanto essi stessi sono i migliori garanti dei loro diritti;
Human Rights Watch sostiene il documento redatto dalle donne afghane leader della società civile, emesso il 29 gennaio 2010. Esso comprende una serie di raccomandazioni tra cui quella secondo la quale le donne dovrebbero essere consultate e rappresentate in tutte le autorità nazionali di sviluppo della pace e del programma di reinserimento;
inoltre, i Governi impegnati in Afghanistan per continuare lo sviluppo di una strategia di sicurezza nazionale devono agire coerentemente con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a favore delle donne e dei loro diritti nelle zone di conflitto (incluse la risoluzione 1325, che riconosce come fondamentale il ruolo delle donne per raggiungere pace e sicurezza, le risoluzioni 1820 e 1888 sulla prevenzione e l'accusa di violenza sessuale nei conflitti armati, e la risoluzione 1889 che mira a promuovere la partecipazione delle donne durante il post-conflitto e nei periodi di ricostruzione); e, ancora, devono elaborare un piano d'azione nazionale per la pace e la sicurezza in cui le donne devono essere integrate come elemento centrale della politica di sicurezza nazionale;
Human Rights Watch chiede, inoltre alle forze internazionali in Afghanistan di: riconoscere che le vittime civili, le incursioni notturne e le pratiche di detenzione hanno contribuito ad alimentare la rivolta; continuare gli sforzi per ridurre le morti inutili; avviare indagini approfondite e tenere conto del personale militare responsabile di atti illeciti; garantire che l'assistenza militare internazionale agli sforzi di reinserimento non aggravi l'impunità o la corruzione e che ogni impegno con le comunità o persone in cerca di reinserimento o di riconciliazione implichi adeguati controlli dei precedenti per gravi accuse di violazioni dei diritti umani compresi gli attacchi alle donne e all'istruzione delle ragazze; garantire una significativa partecipazione femminile nei pertinenti organi decisionali al fine di creare i presupposti per il finanziamento di programmi di reinserimento e assicurare che i fondi di reinserimento vadano a beneficio delle famiglie e delle comunità, comprese le donne, piuttosto che ai singoli ex combattenti; sollecitare il Governo afghano ad abrogare la legge di amnistia e ad astenersi dal sostenere finanziariamente o pubblicamente qualsiasi processo di riconciliazione che non esclude le persone nei cui confronti vi sono accuse di crimini di guerra, crimini contro l'umanità e altre gravi violazioni dei diritti umani;
un altro dato molto drammatico viene dalla condizione dei bambini in Afghanistan che pagano il prezzo più alto. Infatti, secondo il rapporto del Watchlist on children and armed conflict, un network di organizzazioni umanitarie che si batte contro le violazioni dei diritti dei minori nei Paesi colpiti da guerre e conflitti e di cui fa parte Save the children, «l'Afghanistan è di giorno in giorno sempre meno un paese per bambini»;
l'Afghanistan è tristemente noto per essere il Paese in cui si registra una delle percentuali più alte di bambini e bambine soldato. Casi documentati dimostrano che i bambini sono anche usati come attentatori suicidi da parte dei talebani. I bambini coinvolti vanno da 13-16 anni di età e, secondo le testimonianze degli attentatori falliti, vengono ingannati con promesse di denaro o altrimenti costretti a diventare kamikaze. Inoltre, molti bambini coinvolti in attacchi di tentato suicidio sono stati pesantemente indottrinati, molte volte in Paesi stranieri, e sono necessari ulteriori sforzi per combattere questa pratica. Alcuni rapporti indicano che bambini utilizzati negli ultimi episodi di attentati non erano a conoscenza di quello che portavano;
altresì c'è forte preoccupazione per la presenza di bambini nell'Afghan national army (Ana) e nella Polizia nazionale afghana (Anp);
dalla relazione 2010 del Segretario generale al Consiglio di sicurezza emergono casi di bambini in stato di detenzione da parte del Governo nazionale, presumibilmente per oneri relativi alla sicurezza, ed è confermato che un certo numero di questi bambini detenuti erano stati attirati con lo scopo di trasportare esplosivi o addestrati a condurre attacchi suicidi-tipo contro la sicurezza nazionale e forze internazionali o funzionari del Governo. Due bambini hanno rivelato che erano stati rapiti in Afghanistan e portati in Pakistan dove è avvenuto l'addestramento militare. Diversi casi sono stati confermati di bambini pakistani utilizzati per condurre operazioni militari in Afghanistan;
centinaia di bambini sono stati arrestati dalla direzione nazionale della sicurezza e delle forze militari internazionali con accuse relative alla sicurezza nazionale, compreso il loro presunto coinvolgimento o l'associazione con i gruppi talebani e altri gruppi armati. L'accesso alle strutture di detenzione continua a essere difficile e le informazioni sui bambini detenuti dalle forze filo-governative restano limitate. L'uso di tecniche di interrogatorio duro e pratiche per costringere a dichiarare confessioni di colpevolezza da parte della polizia nazionale afghana e della direzione nazionale della sicurezza sono state ampiamente documentate, compreso l'uso di scosse elettriche e percosse;
nel febbraio 2010, il rappresentante speciale del Segretario generale Onu per i bambini coinvolti in conflitti armati, Radhika Coomaraswamy, a conclusione della sua visita di sette giorni in Afghanistan, ha affermato che la protezione dei bambini deve essere al centro dell'agenda di riconciliazione del governo afghano, come sostenuto dalla comunità internazionale;
il rappresentante speciale ha dichiarato che i bambini devono essere protetti e di essere pronto a lavorare con l'Isafe le forze armate governative per lo sviluppo di procedure operative standard che tutelino i bambini durante le operazioni militari, il che significa utilizzare un protocollo per risolvere le problematiche dei bambini associati a gruppi armati, e avviare iniziative atte a portare chiarezza nella delineazione di attività civili e militari, in modo che l'assistenza umanitaria e gli operatori umanitari non vengano a trovarsi in pericolo;
l'allora comandante generale Nato Stanley McChrystal aveva assicurato al rappresentante speciale che avrebbe lavorato con le Nazioni Unite per assicurare la migliore protezione dei bambini;
il clima generale di impunità, il vuoto normativo e la totale mancanza dei diritti hanno pregiudicato la denuncia della violenza e degli abusi sessuali contro i bambini alle autorità e il perseguimento dei colpevoli. Secondo la relazione del luglio 2009 intitolata «Il silenzio è la violenza», redatta da Unama, l'ufficio delle Nazioni Unite e l'Alto Commissario per i diritti umani, questi crimini sono collegati a rappresentanti del potere locale, come al Governo, a funzionari eletti, a comandanti, a membri dei gruppi armati illegali e a bande criminali;
sono aumentati attacchi alle scuole, le chiusure forzate, l'uso delle strutture scolastiche, i combattimenti o le esplosioni di ordigni nei pressi di edifici scolastici, gli attacchi militari mirati e le minacce nei confronti di allievi e personale docente;
la vendita e il trasferimento di minori sfruttati poi in attività spesso illegali con il Pakistan o l'Iran sono documentati ampiamente e molte sparizioni e rapimenti di bambini in Afghanistan sono collegati al traffico di esseri umani. Talora sono gli stessi familiari, ridotti in povertà, che vendono a reti criminali i propri figli. I minori vengono impiegati come corrieri e spacciatori di droga o di derrate alimentari. Talvolta vengono rapiti dagli stessi sfruttatori e trafficanti, magari nei campi di sfollati interni dove si stima vivano circa 80 mila minori. Nel 2009 sarebbero stati oltre mille i bambini impiegati nel trasporto e nel trasferimento di farina dall'Afghanistan al Pakistan;
l'Afghanistan è il secondo Paese al mondo per tasso di mortalità infantile, con 257 bambini con meno di 5 anni morti su ogni 1.000 nati vivi, e il Paese in cui mamme e bambini stanno peggio al mondo, secondo l'indice sullo stato delle madri di Save the Children. Ancora oggi oltre il 70 per cento dei parti avviene in casa senza alcuna assistenza specializzata. Un dottore segue in media 5.500 pazienti. Molto preoccupante è la diffusione e il consumo di droga, che a volte riguarda l'intera famiglia. Si calcolano in 60 mila i bambini sotto i 15 anni dipendenti da droga. Inadeguate sono l'assistenza e la cura dei bambini tossicodipendenti e anche di quelli colpiti da disturbi mentali e psicologici;
Save the Children, la più grande organizzazione internazionale indipendente per la difesa e la promozione dei diritti dei bambini, ha lanciato un chiaro allarme e ha chiesto «che venga approntato un piano quinquennale per la protezione dei bambini, con degli obiettivi misurabili, come per esempio la riduzione del numero di attacchi alle scuole. Chiede inoltre che sia messo in opera un meccanismo per le vittime che renda facile la denuncia delle violazioni e accessibile l'informazione sul procedimento in corso. Chiede infine la definizione di criteri chiari e validi ovunque per l'assegnazione di sussidi ai familiari delle vittime della guerra e delle violenze. Il successo degli sforzi di portare la pace in Afghanistan risiede nella nostra abilità di proteggere i bambini di questa nazione. È urgente stabilire le giuste priorità per riuscire in questa missione»;
è in pieno svolgimento una lotta determinante per le sorti dell'economia afghana e quindi per il destino di milioni di contadini e delle loro famiglie, ovvero per la stragrande maggioranza del popolo di quel Paese: la lotta tra l'oppio talebano e le colture alternative promosse dalla coalizione internazionale, tra le quali spicca per produttività lo zafferano;
il generale di brigata Josef Blotz, portavoce della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf), durante una conferenza stampa a Kabul, ha affermato che i talebani sono tornati a convincere gli agricoltori della provincia afghana di Herat a coltivare l'oppio e ad abbandonare, di conseguenza, le coltivazioni legali, prima tra tutte, appunto, quella dello zafferano;
gli insorti, ha confermato, sono stati visti distruggere campi di coltivazioni legali e minacciare gli agricoltori nella provincia occidentale di Herat, dove ha sede il Regional Command West a guida italiana e dove sono dispiegati i militari italiani;
due camion carichi di bulbi di zafferano sono stati attaccati dai talebani, in un agguato che è costato la vita agli autisti dei mezzi. L'attacco, ultimo di una serie, quindi, secondo la Nato, sembra confermare che i talebani non sono intenzionati a rinunciare agli introiti derivanti dal narcotraffico, che ogni anno porta nelle loro casse circa 500 milioni di dollari. Anche i militari italiani quest'anno sono rimasti coinvolti in uno scontro a fuoco con gli insorti durante un'attività per la consegna nell'ovest del Paese dei bulbi di zafferano;
la produzione e traffico di droga sono anche effetti della instabilità politica e trovano ampio spazio in uno Stato debole in cui «i signori della guerra» possono intimidire o corrompere i funzionari delle autorità incaricate o le forze di sicurezza;
nel breve e anche medio termine l'Afghanistan rischia di essere il luogo con il primato nella produzione di droga. Attualmente ha un enorme vantaggio di prezzo rispetto ai suoi rivali più vicini come produttore illecito di oppio, in quanto fornisce circa il 90 per cento del mercato mondiale e ha una quota maggiore anche nel mercato dell'emisfero orientale;
come il fattore «addestramento», anche quello delle colture alternative è un elemento essenziale nel faticoso cammino dell'Afghanistan verso la costruzione di uno Stato democratico e la lotta oppio versus altre coltivazioni va necessariamente vinta, da qui al 2014;
e ancora, i medicinali e i prodotti farmaceutici donati allo scopo di mantenere l'esercito e la polizia afghani spariscono prima di raggiungere ospedali e cliniche militari. È stato rimosso dal suo incarico l'alto ufficiale medico dell'esercito nell'ambito di un'inchiesta per presunta corruzione che dovrà chiarire anche la relazione tra la scomparsa di medicinali del valore di 42 milioni di dollari, che gli Stati Uniti hanno donato quest'anno, e la morte di molti soldati afghani;
la strategia europea in materia di sicurezza comune adottata dal Consiglio europeo ha rivendicato un ruolo più incisivo per l'Unione europea nel contesto internazionale. In particolare, si sottolinea la necessità, da parte dell'Unione europea, di assumersi le proprie responsabilità di fronte ad alcune minacce globali (terrorismo, criminalità organizzata, proliferazione delle armi di distruzione di massa, conflitti regionali);
i leader della Nato hanno convenuto al vertice di Lisbona nel mese di novembre 2010 di porre fine alle operazioni di combattimento e di sicurezza e di lasciare la responsabilità in mano a forze afghane entro la fine del 2014. Obama ha promesso di iniziare a ritirare le truppe Usa a partire dal luglio 2011;
la data del 2014 fissata dal presidente Hamid Karzai è stata da più parti criticata in quanto troppo ambiziosa poiché vi sono carenze in Afghanistan e nelle sue forze di sicurezza, e anche perché la fissazione di una data per il ritiro delle truppe rende più forti e temerari gli insorti;
nella relazione inviata nel mese di gennaio 2011 alle Nazioni Unite da parte di Staffan De Mistura, responsabile della missione Onu di assistenza all'Afghanistan, viene riportato che i «prossimi mesi saranno duri e ci sarà un peggioramento delle condizioni di sicurezza». I talebani «sono ancora là e programmano spettacolari attentati» a macchia di leopardo in tutto il Paese;
una realtà drammatica, pertanto, in cui i talebani sono sempre più forti, il traffico di droga è aumentato, i signori della guerra si sono arricchiti, diventando sultanati indipendenti, la corruzione regna sovrana, le elezioni sono state inficiate da brogli elettorali di ogni genere, come è stato certificato da organismi internazionali, le donne e i bambini sono sempre in pericolo costante;
appare acclarato ormai che la missione di pace, sia essa di keeping o di enforcing, alla quale era stato destinato il nostro contingente ha prodotto un fallimento e ciò va ammesso, in ragione del fatto che tale missione ha in maniera evidente cambiato la propria natura nel corso del tempo trasformandosi in presenza militare, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto di indirizzo, in violazione dell'articolo 11 della Costituzione; va segnalato, in tal senso, che, per le sole missioni Isaf e Eupol, il Governo italiano ha stanziato, dal 2002 a oggi, oltre 3 miliardi di euro dei quali circa il 90 per cento destinati per armamenti e equipaggiamento e solo il restante per interventi di carattere civile, per interventi di ricostruzione e aiuto alla popolazione;
non è più pensabile di restare in quel drammatico teatro di guerra solo per coprire errori di strategia altrui, che stanno producendo una perdita dolorosa in termini di vite umane, sacrificate per stare in un Paese martoriato da troppi conflitti interni, e un dispendio considerevole in termini finanziari; parimenti non è più pensabile solo rivedere il senso della missione in Afghanistan come già deliberato nel 2010 nel corso del dibattito sulle mozioni presentate in tale direzione;
il momento che si accinge a vivere l'Afghanistan è uno dei più difficili e soprattutto pericolosi in assoluto da quasi dieci anni a questa parte;
sebbene gli altri alleati, a cominciare da Barak Obama, hanno convenuto di voler attuare una revisione della strategia di guerra, l'Italia non ha affatto posto il problema; ciò, malgrado il 20 gennaio 2010 la Camera dei deputati abbia impegnato il Governo, con la mozione n. 1-00239 (Di Pietro e altri), a contribuire nelle sedi multilaterali all'aggiornamento e alla messa in opera della strategia di intervento per il ristabilimento della pace e della democrazia in Afghanistan, che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è stata invece completamente ignorata;
il principale obiettivo delle missioni internazionali che vedono impegnato in prima linea il nostro Paese è la cooperazione allo sviluppo e al sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione,


impegna il Governo:


a farsi promotore con gli alleati di un maggiore controllo e monitoraggio sulle conseguenze che la missione in Afghanistan ha sulla popolazione civile;
a valutare l'opportunità di individuare iniziative al fine di agevolare l'azione delle organizzazioni non governative che operano per fini umanitari in Afghanistan e Pakistan;
ad avviare un monitoraggio e un controllo più diretto e mirato degli aiuti internazionali inviati a sostegno della popolazione civile afgana, al fine di dare un concreto aiuto al processo di ricostruzione del Paese, di legalità e di trasparenza;
ad adottare ogni utile iniziativa per affrontare le molteplici problematiche che i bambini di questi territori sono costretti a subire con tragiche conseguenze;
a valutare la reale condizione drammatica delle donne e delle ragazze nei territori dell'Afghanistan e i dati emersi dal rapporto di Human Rights Watch, una delle maggiori organizzazioni non governative internazionali che si occupa della difesa dei diritti umani, e a recepire le richieste di Human Rights Watch e delle donne e delle ragazze che vivono nei territori martoriati dalla guerra in linea con un mandato teso al mantenimento della sicurezza nell'interesse della ricostruzione e degli sforzi umanitari;
a elaborare, a breve termine, un piano di rientro del nostro contingente militare dall'Afghanistan.
(1-00530) (Nuova formulazione) «Di Stanislao, Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Leoluca Orlando, Borghesi».

Risoluzioni in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
attualmente la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali

delle forze armate e di polizia viene assicurata con decreti-legge a cadenza semestrale;
è in esame il disegno di legge atto Camera 3996, di conversione del decreto-legge n. 228 del dicembre 2010, recante tale materia;
in relazione alla materia delle missioni internazionali, la normativa vigente non prevede una disciplina uniforme stabile concernente la loro autorizzazione e il loro svolgimento. La disciplina in materia di svolgimento delle missioni internazionali è, pertanto, contenuta nell'ambito dei provvedimenti legislativi che di volta in volta finanziano le missioni stesse. L'ultimo provvedimento di proroga del finanziamento delle missioni è venuto a scadenza il 31 dicembre 2010. In vigenza delle missioni, è risultato pertanto necessario procedere con urgenza ad un rifinanziamento;
sulla materia delle missioni internazionali di pace, difatti, sono stati emanati finora numerosi decreti legge che hanno, di volta in volta, autorizzato la partecipazione italiana a nuove missioni militari internazionali ovvero prorogato i termini per ciascuna delle missioni internazionali in corso. In particolare, nel corso del 2008, gli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché le missioni internazionali delle Forze armate e di polizia sono stati disciplinati dal decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito dalla legge 13 marzo 2008, n. 45, e dal decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, convertito dalla legge 20 novembre 2008, n. 183. Nel corso del 2009 è dapprima intervenuta la legge n. 108 del 2009 che ha disposto i citati interventi di cooperazione e la proroga delle missioni internazionali per il periodo compreso tra il primo luglio e il 31 ottobre 2009 e, successivamente il decreto-legge n. 152 del medesimo anno relativo al periodo 1o novembre 31 dicembre 2009;
da ultimo, i decreti-legge n. 1 e 102 del 2010 hanno rispettivamente disciplinato i citati interventi di cooperazione, nonché le missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, dal 1o gennaio al 30 giugno 2010 e dal 1o luglio al 31 dicembre 2010;
in relazione al provvedimento in esame, le Commissioni riunite III affari esteri e IV difesa della Camera hanno avviato l'esame in sede referente delle proposte di legge C. 1213, C. 1820, C. 2605 e C. 2849, volte a introdurre una complessiva ed organica normativa di riferimento sul trattamento economico e giuridico del personale impegnato nelle missioni, nonché a disciplinare la procedura da adottare per l'invio dei militari all'estero;
dall'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame, in sede referente, delle proposte di legge C. 1213, C. 1820, C. 2605 e C. 2849 recanti «Disposizioni per la partecipazione italiana a missioni internazionali» sono emersi diversi elementi concreti che hanno evidenziato come sia necessaria una legge ad hoc;
è emerso, altresì, come là necessità di una legge quadro stabile in materia di missioni internazionali deriva dal fatto che tale legge si configurerebbe come lex specialis e non potrebbe quindi essere derogata da una norma successiva di forza formale uguale, a meno che non ci sia un'espressa, o anche implicita, statuizione, o che non sia ricavabile che tale deroga sia effettuata in piena cognizione di causa;
l'Italia, come riporta il resoconto del Ministero della difesa al 31 dicembre 2010 è impegnata in 30 missioni in 22 Paesi più 2 aree geografiche con un totale di 7.811 militari impegnati. È il primo Paese contributore di «caschi blu» tra i partner europei del G8, il secondo Paese dell'Unione europea per il numero di uomini impegnati nelle missioni all'estero ed il nono Paese contributore alle operazioni ONU militari e di polizia;
non è, dunque, più ammissibile l'applicazione di disposizioni inserite di volta in volta nell'ambito di provvedimenti

legislativi con cui si dispone un finanziamento per le missioni internazionali. È necessaria una legge di riferimento sul trattamento economico e normativo del personale militare impegnato e sui molteplici e peculiari profili amministrativi che caratterizzano le missioni stesse;
una serie di disposizioni tese a definire una normativa di carattere generale inerente le missioni internazionali cui partecipa l'Italia facendo ricorso al personale delle Forze armate e delle Forze di polizia che soddisfino le richieste che arrivano dalle comunità internazionali e dalla nostra opinione pubblica con una legge ad hoc che disciplini organicamente la materia delle missioni all'estero;
il lavoro svolto in commissione nell'ambito dell'esame sui progetti di legge riguardanti la legge quadro sulla partecipazione italiana alle missioni internazionali, si è recentemente concretizzato nella predisposizione di un testo unitario delle varie proposte, unanimemente condiviso,


impegna il Governo


a favorire, per quanto di competenza, l'introduzione di una disciplina organica «di sistema» in materia di partecipazione italiana alle missioni internazionali, evitando il ricorso a strumenti d'urgenza o emergenziali.
(7-00469)«Di Stanislao».

La XI Commissione,
premesso che:
nonostante le ripetute assicurazioni del Presidente del Consiglio dei ministri e di altri autorevoli esponenti governativi sulla fine della devastante crisi economica che ha colpito il nostro Paese e sui segnali di ripresa che potrebbero indurre all'ottimismo, i dati ufficiali riguardanti il livello occupazionale in Italia non danno invece modo di essere ottimisti, le stime più recenti continuano a segnare un alto tasso di disoccupazione e di inattività da parte dei lavoratori, soprattutto i più giovani e le donne;
l'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevede che a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie dell'entrate, della dogana e del territorio, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni, contratti a collaborazione coordinata e continuativa, contratti di formazione-lavoro, lavoro accessorio e lavoro in somministrazione nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009;
lo stesso comma precisa che le disposizioni di cui sopra costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, e gli enti del servizio sanitario nazionale;
le disposizioni suddette sembrano andare nel senso contrario a quello auspicabile in un contesto di così grave crisi occupazionale, esse stanno infatti già comportando drammatiche conseguenze per migliaia di persone, soprattutto giovani, che impiegano la propria attività presso le pubbliche amministrazioni, mediante rapporti di lavoro precario. Tali lavoratori sono vittime del drastico taglio apportato dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 e stanno perdendo o rischiano di perdere a breve il posto di lavoro;
la riduzione del personale precario, inoltre, inciderà negativamente sull'efficienza dei servizi e avrà preoccupanti ripercussioni per gli utenti, poiché la maggior parte del personale coinvolto è adibito a funzioni ordinarie e strutturali di lavoro, tanto che il suo dimezzamento non potrà che comportare rallentamenti, se non sospensioni, delle pratiche a esso affidate;

il caso dei lavoratori in somministrazione presso l'INPS è a tale riguardo esemplificativo: dal 1o gennaio 2011 sono rimasti a casa 550 lavoratori mentre i restanti 1240 rischiano la stessa sorte a fine marzo, data di scadenza dell'appalto stipulato tra l'INPS e la società TEMPOR s.p.a., agenzia i fornitrice di lavoro temporaneo;
l'istituto di previdenza sociale ha infatti dichiarato che a causa dei tagli approntati dal decreto-legge n. 78 del 2010 non è in grado di prorogare i contratti oltre le date di scadenza, il tutto malgrado sia stato confermato per il 2011 un fabbisogno pari a quello del 2010;
l'INPS, inoltre, denuncia da anni una carenza di personale dovuto in buona parte al blocco del turn over e presenta bilanci in attivo, quindi avrebbe convenienza nel predisporre le risorse utili per poter provvedere alla proroga dei contratti in oggetto; inoltre la spesa che l'INPS sostiene per impiegare questi lavoratori non si discosta di molto da quella che potrebbe sostenere con l'erogazione di disoccupazione ordinaria per ciascuno di essi;
la situazione è resa ancor più paradossale dalla constatazione relativa alle mansioni svolte dai lavoratori in somministrazione, che si occupano di liquidare prestazioni di cassa integrazione, compresa quella in deroga, disoccupazione per lavoratori impiegati in aziende in crisi, come pure le invalidità civili delle persone diversamente abili; a tali lavoratori, inoltre, è affidato il compito di rilasciare il certificato DURC, documento unico di regolarità contributiva, con il quale si attesta l'assolvimento, da parte dell'impresa, degli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di INPS, INAIL e Cassa edile. Si possono immaginare le difficoltà che si verificheranno per il regolare svolgimento delle attività delle imprese, infatti, la situazione di crisi rende ancora più pesante affrontare, per i lavoratori, il ritardo nell'erogazione delle prestazioni e, per le imprese, il ritardo nel rilascio di documentazione fondamentale per la partecipazione agli appalti;
durante la seduta di venerdì 19 novembre 2010, n. 398, della Camera dei deputati, era stato presentato l'ordine del giorno 9/3778-A/23, a prima firma Damiano, nel quale si impegnava il Governo a promuovere variazioni legislative alla norma in questione, anche al fine di garantire la prosecuzione dell'operatività delle amministrazioni interessate, avvalendosi del personale precario, attualmente impegnato nei servizi della pubblica amministrazione;
il Governo nel corso della medesima seduta accoglieva l'ordine del giorno dando così l'impressione di essersi reso conto della gravità della situazione e delle pericolose conseguenze che il provvedimento avrebbe comportato;
purtroppo, sinora nessun riscontro positivo è maturato a tale riguardo,


impegna il Governo


ad assumere, anche in base agli impegni presi con l'accoglimento dell'ordine del giorno 9/3778-A/23, con la massima urgenza le necessarie iniziative normative, con il primo provvedimento utile, per modificare le disposizioni contenute nell'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, allo scopo di apportare delle deroghe alle drastiche misure di riduzione di spesa delle amministrazioni pubbliche in esso contenute, e garantire ai tanti lavoratori coinvolti un futuro professionale meno incerto e più dignitoso e agli utenti delle amministrazioni pubbliche una maggiore efficienza del servizio loro offerto.
(7-00470)
«Gatti, Bellanova, Damiano, Bobba, Rampi, Codurelli, Schirru, Madia, Miglioli, Mosca, Berretta, Santagata, Boccuzzi, Mattesini, Gnecchi, Cenni, Tullo».

La XIII Commissione,
premesso che:
tra le disposizioni rilevanti in tema di apicoltura si ricordano:
risoluzione del Parlamento europeo del 9 ottobre 2003 sulle difficoltà incontrate dall'apicoltura europea e l'ultima, risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2010 sulla situazione nel settore dell'apicoltura; la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, la risoluzione del Parlamento europeo del 22 aprile 2004 sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alle azioni nel settore dell'apicoltura; il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM), che stabilisce norme speciali per il settore dell'apicoltura nell'Unione europea; la risoluzione del Parlamento europeo del 20 novembre 2008 sulla situazione nel settore dell'apicoltura; la direttiva 2010/21/UE della Commissione, del 12 marzo 2010, che modifica l'allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio per quanto riguarda le disposizioni specifiche relative a clothianidin, tiametoxam, fipronil e imidacloprid; la decisione 2010/270/UE della Commissione, del 6 maggio 2010, che modifica le parti 1 e 2 dell'allegato E della direttiva 92/65/CEE del Consiglio relativamente ai modelli di certificati sanitari per animali provenienti da aziende e per api e calabroni; la relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 28 maggio 2010, sull'applicazione degli articoli 105 e seguenti del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio concernenti le azioni intese a migliorare le condizioni di produzione e di commercializzazione dei prodotti dell'apicoltura (COM(2010)0267);
i programmi nazionali per il settore dell'apicoltura europea elaborati degli Stati europei per un periodo triennale sono stati utilizzati da tutti i 27 Stati europei dell'Unione europea con un tasso medio di utilizzo del 90 per cento che la Commissione, nella sua succitata relazione del 28 maggio 2010, ha dichiarato che i programmi nazionali a favore dell'apicoltura hanno prodotto benefici nel corso degli ultimi anni;
nel 2010, Anno europeo della biodiversità, su scala mondiale il settore dell'apicoltura è gravemente minacciato poiché si osservano perdite tra 100 cento e mille volte più rapide del normale; alla luce delle prestazioni pubbliche ed ecologiche che gli apicoltori realizzano per la società, il settore dell'apicoltura svolge una funzione strategica, poiché le sue attività sono un limpido esempio di «occupazione ecologica» (miglioramento e mantenimento della biodiversità, equilibrio ecologico e conservazione della flora) e un modello di produzione sostenibile nel mondo rurale;
i programmi vigenti scadono nel 2013, che l'attuale sostegno dell'Unione europea a favore del settore apicolo dipende dalle attuali modalità della PAC, che gli operatori devono pianificare la loro attività per il periodo successivo al 2013 e considerando che la Commissione intende pubblicare la sua comunicazione sul futuro della PAC entro il novembre 2010;
l'agricoltura ha un enorme interesse a mantenere le api quali agenti impollinatori, che la FAO ha avvertito la comunità internazionale dell'allarmante riduzione di insetti impollinatori, tra cui le api da miele; considerando che l'84 per cento delle specie di piante e il 76 per cento della produzione alimentare in Europa dipendono in larga misura dall'impollinazione ad opera delle api, per cui il valore economico dell'impollinazione risulta tra sette e dieci volte maggiore del valore del miele prodotto;
la moria delle api costituisce un problema sempre più grave in molte regioni a causa di una combinazione di fattori, tra cui malattie delle api, la minore immunità nei confronti di agenti patogeni

e parassiti, il clima e, in certa misura, la variazione della destinazione d'uso dei terreni in periodi di penuria di alimenti e di aree di raccolta per le api nonché la progressiva distruzione delle piante mellifere e l'uso di prodotti fitosanitari e tecniche agricole non sostenibili;
la diminuzione del numero di colonie di api in alcuni Stati europei non può essere collegata con certezza all'uso di organismi geneticamente modificati (OGM), dato che la loro coltivazione per il momento è insignificante, e l'aumento delle monocolture porta alla scomparsa delle piante mellifere;
il costante aumento di una moltitudine di malattie delle api su scala mondiale è tale che l'apis mellifera rischia di diventare una specie minacciata di estinzione, in particolare a causa della presenza sempre più massiccia dell'acaro varroa che compromette il sistema immunitario delle api, provoca tutta una serie di malattie correlate e costituisce pertanto un grave problema sanitario che colpisce le colonie di api in Europa;
è necessario approfondire la ricerca al fine di invertire il declino delle specie di insetti impollinatori per evitare situazioni, come quelle presenti in altre parti del mondo, in cui i bassi tassi di impollinatori naturali fanno sì che la produzione di ortofrutticoli e di taluni seminativi richieda l'impollinazione artificiale, con considerevoli spese aggiuntive per gli agricoltori;
il 40 per cento del mercato europeo del miele dipende dalle importazioni, la dipendenza dell'Unione europea per quanto riguarda l'approvvigionamento di miele determina una considerevole volatilità dei prezzi, derivante anche dalle sofisticazioni nel mercato mondiale, in quanto in passato l'apertura del mercato dell'Unione europea al miele proveniente da Stati terzi ha comportato un pesante svantaggio concorrenziale per gli apicoltori di tutta l'Unione europea;
tanto gli Stati europei quanto gli operatori del settore hanno manifestato esigenze concrete per quanto riguarda il miglioramento delle norme di attuazione e la continuazione del sostegno a lungo termine;
la relazione scientifica dell'autorità europea per la sicurezza alimentare (AESA), dell'11 agosto 2008 e la relazione scientifica commissionata e adottata dall'EFSA il 3 dicembre 2009, ambedue sulla mortalità e la sorveglianza delle api in Europa, hanno rilevato la scarsità di sistemi di controllo e la loro variabilità tra gli Stati europei nonché la mancanza di armonizzazione o di indicatori di rendimento comuni;
conformemente alla direttiva 2010/21/UE, gli Stati europei sono tenuti a garantire, a decorrere dal 1o novembre 2010, l'introduzione di taluni obblighi in materia di etichettatura per i prodotti fitosanitari, l'inserimento di misure di attenuazione dei rischi tra le condizioni di autorizzazione del prodotto e l'attuazione di programmi di monitoraggio volti a verificare l'esposizione diretta e indiretta delle api da miele a talune sostanze attive,


impegna il Governo:


a rispondere favorevolmente alle richieste del Parlamento europeo e degli operatori del settore, ad esempio, migliorando i dati statistici relativi alle previsioni di produzione, compresa l'introduzione di identici requisiti di qualità per il miele, e migliorando e armonizzando i programmi di monitoraggio e di ricerca nel settore dell'apicoltura;
a prendere in considerazione, la possibilità di assumere iniziative dirette a modificare le disposizioni concernenti l'etichettatura d'origine del miele onde evitare di comunicare informazioni fallaci ai consumatori, in particolare nel caso delle miscele di mieli provenienti da paesi dell'Unione europea e da paesi terzi;
a considerare come obbligatoria la consultazione degli apicoltori nel corso

dell'elaborazione dei programmi destinati all'apicoltura e della relativa legislazione, al fine di garantire l'efficacia di tali programmi e la loro attuazione tempestiva;
a predisporre un sistema affidabile di censimento delle colonie di api anziché basare i programmi in materia di apicoltura su dati stimati;
a riconoscere lo sviluppo di trattamenti innovativi ed efficaci per combattere l'acaro varroa, parassita responsabile in alcune regioni di notevoli perdite annuali; a incrementare la disponibilità di efficaci trattamenti veterinari contro l'acaro varroa e contro tutte le patologie riconducibili ad esso nell'intero territorio europeo; ad introdurre orientamenti comuni in materia di trattamenti veterinari in tale settore, con l'indispensabile collaborazione delle organizzazioni degli apicoltori;
ad assicurare che il sostegno attualmente concesso al settore dell'apicoltura sia mantenuto e che in futuro tale politica sia rafforzata dopo il 2013, al fine di garantire la continuità e il miglioramento di questo settore in considerazione della positiva decisione, adottata dalla Commissione nel luglio 2010, di aumentare il bilancio dei programmi a favore dell'apicoltura riconoscendo che si tratta di un metodo volto a sostenere lo sviluppo futuro dell'apicoltura europea, contribuendo a preservare la biodiversità e l'importanza delle api per mantenere il livello di produzione nella coltura dei campi e nel settore orticolo e ritiene particolarmente importante che la disponibilità di questo bene pubblico ambientale venga remunerata;
a garantire che vi sia un sostegno finanziario a favore dell'istruzione e della formazione di nuovi apicoltori di professione e di campagne d'informazione rivolte ad essi, soprattutto per incoraggiare i nuovi apicoltori a inserirsi nel settore, anche mediante scambi di esperienze con gli apicoltori di altri paesi;
ad esaminare, di concerto con gli altri Stati europei e le organizzazioni di apicoltori, la possibilità, già prevista in alcuni Stati europei, di istituire un piano di orientamento comunitario del settore veterinario concernente la salute delle api volto a garantire l'accessibilità ai medicinali veterinari in caso di bisogno, il cui finanziamento dovrebbe avvenire nell'ambito della politica veterinaria europea;
ad adottare un approccio globale e sostenibile nella futura elaborazione dell'attuazione del programma di aiuto comunitario nel settore dell'apicoltura, che comprenda, in particolare, lo sviluppo rurale, il cambiamento climatico e la biodiversità, soprattutto incoraggiando le misure volte a mantenere ed estendere i pascoli fioriti;
a sostenere l'apicoltura in maniera ancora più ampia e coerente, utilizzando in particolare misure volte a valorizzare la biodiversità, ad attenuare gli effetti del cambiamento climatico, a preservare il patrimonio di tradizioni e culture nazionali che danno lavoro a numerose famiglie europee e a salvaguardare e migliorare la qualità e il buon funzionamento del mercato dei prodotti dell'apicoltura;
a promuovere i programmi di monitoraggio nazionale concernenti i requisiti in materia di etichettatura e le misure di attenuazione dei rischi, che dovrebbero essere inclusi nelle condizioni di autorizzazione dei prodotti fitosanitari, nonché i programmi di monitoraggio dell'esposizione per i prodotti fitosanitari;
a incoraggiare la vendita diretta dei prodotti apicoli ai consumatori sui mercati locali.
(7-00468)
«Servodio, Schirru, Zucchi, Brandolini, Oliverio, Agostini, Mario Pepe (PD), Trappolino, Marco Carra, Cenni, Fiorio, Cuomo».

TESTO AGGIORNATO AL 3 MAGGIO 2011

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

OLIVERIO, LAGANÀ FORTUGNO e LARATTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il porto di Gioia Tauro fino a pochi anni fa è stato il principale porto di transhipment nel Mediterraneo rappresentando una risorsa straordinaria per la Calabria e per tutto il nostro Paese;
lo scalo di Gioia Tauro, dopo l'avvio del mega terminal voluto da Angelo Ravano che siglò nel 1993 un protocollo d'intesa con il Governo e la regione Calabria aggiudicandosi per 50 anni quasi tutte le banchine e il piazzale retrostante, raggiunse il vertice delle classifiche dei porti europei e si aggiudicò la leadership nel Mediterraneo; la sua felice collocazione geografica lungo la direttrice Suez-Gibilterra indusse diverse linee di navigazione a far sbarcare i container sulla sponda tirrenica calabrese;
il primo rallentamento delle attività è avvenuta nel 2001 quando uno dei maggiori clienti di Gioia Tauro decise di spostare i suoi traffici verso Taranto dando vita al secondo porto hub di transhipment dell'Italia, dopo Gioia Tauro; a questi due hub si è aggiunto anche il porto di Cagliari; conseguentemente lo scalo calabrese ha perso volumi annui per circa mezzo milione di teus ma, nonostante questo, ha continuato a rivestire il suo ruolo di porto baricentrico nella distribuzione delle merci nel Mediterraneo;
nel frattempo, a partire dei primi anni del 2000 si sono cominciati ad affacciare sul mercato altri porti competitor, come Algesiras, Barcellona, Tangeri in Marocco e Port Said in Egitto, che hanno messo in ulteriore difficoltà il ruolo che Gioia Tauro aveva raggiunto nello scacchiere dei trasporti marittimi;
la grave crisi economica degli ultimi anni ha contribuito a rendere più competitivi gli scali del Nord Africa; infatti, le grandi linee di navigazione, per far fronte alle enormi perdite accumulate nel 2008 e nel 2009, hanno pianificato strategie di risparmio prevedendo un utilizzo massiccio degli scali dove il costo dei servizi portuali e della mano d'opera è inferiore rispetto a quello degli scali europei;
nonostante la crisi in atto, lo scalo calabrese nel 2010 ha tenuto, movimentando qualcosa in più di 2 milioni e 800 mila teus, grazie alla riduzione delle tasse di ancoraggio e ai volumi portati da Msc; tutto ciò non ha comunque evitato il ricorso alla cassa integrazione per molti lavoratori portuali;
le prospettive future rimangono inoltre estremamente precarie, anche a seguito del blocco totale dell'attività, verificatosi lo scorso 8 e 9 gennaio che per trenta ore ha fatto sì che nessun armatore abbia richiesto i servizi di Medcenter Container Terminal (Mct), azienda del Gruppo Contship Italia, lasciando a casa circa 1200 operai;
in merito al suddetto fermo temporaneo dell'attività, al container terminal di Gioia Tauro gestito dalla propria filiale Medcenter Container Terminal (MCT), il gruppo terminalistico Contship Italia ha diffuso una nota non per giustificare il proprio operato, ma ad avviso degli interroganti per sfidare l'opinione pubblica e le istituzioni evidenziando «l'eccezionalità della mancanza di attività al terminal», al fine di invitare Governo e sindacati a fare squadra per superare il momento critico e affiancare l'azienda che - si legge ancora nella nota di Contship - «crede fortemente negli investimenti realizzati in Italia»;
nella nota menzionata si rileva una particolare leggerezza dei terminalista che si riverbera sulle sorti di 1.200 dipendenti e di oltre 300 addetti che operano

nell'indotto legato al porto che, tra l'altro, ha provocato una caduta d'immagine del terminal, sino a poco anni fa il più grande ed importante del Mediterraneo;
la crisi dei mercati asiatici, fattore determinante per la crisi commerciale che ha investito gli scambi commerciali del mondo fra il 2008 e il 2009, è ormai superata e pertanto la perdita di traffico a Gioia Tauro potrebbe essere causata da una cattiva gestione portuale e da una condotta squilibrata che la Contship (detentrice del monopolio del transhipment in Italia, in virtù di concessioni ultradecennali in Calabria e Sardegna, determinando quindi il destino di ben due terminal sui tre che il Paese ha dedicato al transhipment) opera a danno della Medcenter;
il porto calabrese è monocliente e la compagnia Msc ha avuto il merito di aver utilizzato al meglio gli sgravi sulle tasse di ancoraggio, secondo quanto dichiarato sulla stampa locale dal presidente dell'autorità portuale Giovanni Grimaldi che, tra l'altro, ha affermato di aver investito, con l'autorizzazione del Governo, sei milioni di euro per abbassare le tasse di ancoraggio del 90 per cento;
si è diffusa la notizia di un passaggio della maggioranza del pacchetto azionario di Medcenter, da Contsip e Msc:
la Cina ha acquisito, in questi ultimi mesi ed a seguito della gravissima crisi economica che ha investito la Grecia, l'utilizzazione del porto del Pireo in Atene a vantaggio della società COSCO e che tale iniziativa rischia di vulnerare pesantemente la possibilità di far veicolare su Gioia Tauro grande parte delle merci provenienti dall'est;
nello scorso mese di dicembre, lo stesso Governo, attraverso il Ministro degli affari esteri Franco Frattini, ha riaffermato l'appoggio totale al progetto Ministero degli affari esteri-Unicredit-Maersk per la realizzazione del gateway europeo dell'Alto Adriatico (piattaforma logistica Trieste-Monfalcone) e che il porto di Monfalcone sarà il primo terminal automatizzato d'Italia (ce ne sono circa quindici in tutto il mondo) e che la sola Maersk porterà 800 mila-1 milione di teu all'anno e che le merci sulla Piattaforma viaggeranno per il 60 per cento via treno (fin sulla banchina arriveranno ben otto binari dove si potranno allestire convogli lunghi 750 metri) e che tutto ciò sarà possibile grazie al coinvolgimento di European rail shuttle, il più grande vettore del settore trasporto container su ferrovia, anch'esso controllato da Maersk, che opererà in joint venture con Trenitalia cargo;
tale iniziativa sarà presto sancita da una intesa Stato-regione e punta a rendere marginale il porto di Gioia Tauro in considerazione anche del coinvolgimento diretto di Trenitalia e che essa sarà crocevia strategica dei corridoi paneuropei;
il sistema portuale italiano e, nel caso specifico il porto di Gioia Tauro, necessita di una strategia di lungo respiro che si concentri su alcune grandi questioni che consentano di agganciare il settore ad aspetti fondamentali relativi allo sviluppo economico e competitivo dell'Italia;
in particolare si tratta di delineare una strategia che partendo dall'esame dei nuovi flussi dei movimenti di merci, servizi e persone, ormai totalmente diversi dal passato, consenta la concreta realizzazione della filiera lunga, ossia di una retroportualità capace di intercettare e incidere sullo sviluppo economico e sociale del territorio creando condizioni infrastrutturali, logistiche e di servizio che favoriscano lo sviluppo di imprese e una efficiente rete di servizi e di scambi sul territorio -:
se sia intenzione del Governo porre fine alla palese gravità della scelta di sostenere pesantemente la portualità del nord est del Paese, penalizzando quella del mezzogiorno ed in particolare quella di Gioia Tauro e di rilanciare con decisione il porto di Gioia Tauro, salvaguardando i già precari livelli occupazionali e delineando nuove strategie di sviluppo centrate sulla realizzazione di una efficiente rete di collegamenti marittimi, ferroviari,

(estendendo fino a Reggio Calabria l'Alta velocità ferroviaria, senza la quale non è possibile rendere competitivo il porto di Gioia Tauro e ricomprendendola pienamente, da subito, nel nuovo contratto di programma 2011-2014 tra Ferrovie dello Stato S.p.a. e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), autostradali e interportuali - in primo luogo con Crotone e Corigliano Calabro - che consentano finalmente a Gioia Tauro di tornare ad essere al centro di una piattaforma logistica di infrastrutture e di servizi che favoriscano lo sviluppo socio-economico del territorio mediante l'avvio di attività imprenditoriali e di proficui scambi sul territorio;
se il Governo non intenda rivedere con un'iniziativa normativa urgente la materia in tema di concessioni demaniali e stabilire nuove regole che rendano più vantaggioso per lo Stato e per il territorio l'utilizzo privato del territorio, tenendo conto del fatto che alla Medcenter Container Terminal (MCT), sono stati concessi dal demanio 1 milione e mezzo di metri quadrati ad un prezzo assolutamente fuori mercato per la rilevanza strategica che fino ad ora ha rivestito il terminal di Gioia Tauro;
se sia intenzione del Governo acquisire ulteriori informazioni per valutare:
a) l'effettivo utilizzo dei finanziamenti erogati da sviluppo Italia a Contship o alle società da essa partecipate per l'acquisto di attrezzature logistiche nei terminal;
b) l'ammontare complessivo degli aiuti di stato devoluti ad una società che, senza linee di navigazione, prospera in tutto il mondo, e che sta affossando il porto calabrese, così come già aveva tentato con il porto di Cagliari, mossa bloccata dalla intraprendenza del Governatore del tempo, Soru, traendo dalla situazione così tanti profitti da investire nel Tanger med che oggi è il massimo competitore dei porti italiani.
(5-04070)

IANNUZZI, CUOMO, BONAVITACOLA e VACCARO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
eventi alluvionali di eccezionale gravità, con precipitazioni e piogge violentissime, hanno colpito nei giorni 8, 9 e 10 novembre 2010 diverse zone della provincia di Salerno, causando danni ingentissimi;
in particolare sono state duramente colpite aree estese come la valle del Sele, la piana di Paestum, il Vallo di Diano, l'area del Tanagro, l'Agro Sarnese-Nocerino, la Costiera Amalfitana, il Cilento, la città di Salerno;
alcuni fiumi, il Sele, il Tanagro e il Sarno, in più punti hanno rotto gli argini, con esondazioni che hanno devastato nuclei abitati, terreni coltivati, allevamenti di bestiame, ponendo in ginocchio tante famiglie e tante attività economiche;
numerose aziende hanno subito danni assai consistenti innanzitutto nel settore agricolo e zootecnico, ma anche nel comparto delle attività artigianali, turistiche e commerciali;
l'acquedotto del Basso Sele ha sofferto danni molto forti che hanno privato circa 350.000 persone della regolare erogazione idrica per alcune settimane, necessarie per l'esecuzione delle opere urgenti e provvisorie di ripristino della condotta;
rilevanti sono i danni che si sono determinati per diverse infrastrutture stradali;
urgono anche lavori di consolidamento, di ripristino, di potenziamento e messa in sicurezza degli argini e del corso dei fiumi sopraindicati;
con ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri del 18 novembre 2010 e 24 novembre 2010 è stato dichiarato lo stato di emergenza nei territori salernitani e l'assessore ai lavori pubblici

della regione Campania Eduardo Cosenza è stato nominato commissario delegato per l'emergenza, con l'assegnazione, però, di appena 5 milioni di euro per i lavori urgenti di ripristino delle condotte dell'acquedotto del Sele;
i danni sofferti sono estremamente pesanti e rilevanti e sono stati puntualmente monitorati ed attestati;
il sopralluogo nelle zone colpite del salernitano del Ministro per le politiche agricole alimentari e forestali, con conseguente incontro con i sindaci salernitani nella sede della prefettura, nel mese di novembre non è stato seguito da nessun provvedimento concreto di assegnazione dei necessari finanziamenti;
nell'ambito della discussione sulla legge di stabilità n. 220 del 2010 per l'anno 2011, alla Camera dei deputati, il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 9/3778/142 presentato dal gruppo del Partito Democratico, che impegna per questa vicenda che interessa il Salernitano il Governo stesso ad assegnare rapidamente «i finanziamenti occorrenti per tutte le opere necessarie per assicurare un concreto ed efficace sostegno ai comuni interessati nonché alle imprese ed alle aziende che hanno subito danni così forti e penalizzanti, adottando tutti i provvedimenti e le misure anche di carattere fiscale indispensabili»;
risorse tratte dal fondo Fas destinato al Mezzogiorno sono state ripetutamente negli scorsi mesi destinati dal Governo ad eventi alluvionali e a gravissime calamità, in particolare 67 milioni di euro per le agevolazioni ai terremotati di Umbria e Marche, 50 milioni di euro per le alluvioni in Piemonte e Valle d'Aosta, 281 milioni di euro per le agevolazioni ai terremotati di Molise e Puglia, oltre a circa 5 miliardi di euro assegnati alla ricostruzione ed agli interventi conseguenti al terribile terremoto in Abruzzo;
ad oggi, ad eiezione dei 5 milioni di euro erogati per i lavori urgenti relativi all'acquedotto, nessun finanziamento è stato ancora erogato, né tantomeno, è stata disposta alcuna misura di natura fiscale per gli imprenditori e le aziende colpiti dall'ondata di nubifragi nel salernitano;
ben diverso è stato il comportamento tenuto dal Governo per l'alluvione che ha devastato il Veneto;
difatti per questo evento alluvionale giustamente il Governo sin dall'ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri 13 novembre 2010, ha subito disposto uno stanziamento di 300 milioni di euro, definendo anche la tipologia dei relativi interventi;
inoltre il Governo ha deciso di prorogare i termici per adempimenti fiscali (acconti Irpef, ed Irap, contributi previdenziali Inps) a beneficio degli intenditori e dei liberi professionisti, la cui aziende ed i cui studi sono stati danneggiati dall'eccezionale ondata di maltempo; tali termini, dapprima con decreto ministeriale del Ministro dell'economia e delle finanze del 26 novembre e del 2 dicembre 2010 sono stati differiti al 20 dicembre 2010 e, poi, con il decreto-legge, cosiddetto mille-proroghe, n. 225 del 2010, al 30 giugno 2011;
questi provvedimenti, sia finanziari che fiscali, sono sicuramente giusti, attesi gli enormi danni subiti dalle comunità venete;
ma lo stesso principio di giusta e doverosa solidarietà nazionale e lo stesso comportamento del Governo debbono valere naturalmente anche per i territori della provincia di Salerno, devastati dagli eventi alluvionali di novembre 2010;
ogni scelta e comportamento differenti da parte del Governo violerebbero e offenderebbero quei valori primari ed inderogabili di solidarietà, di giustizia, di uguaglianza di trattamento che sono fondamento del nostro ordinamento e dello stesso molo dello Stato nell'intero Paese;
è pertanto indispensabile, urgente e non più differibile l'assegnazione di adeguate

risorse finanziarie e fiscali per fronteggiare i danni così rilevanti nei territori salernitani;
tali risorse potrebbero essere assegnate nell'ambito della conversione in legge del decreto-legge n. 228 del 2010 cosiddetto mille-proroghe, ovvero con ordinanza specifica della Presidenza del Consiglio dei ministri a carico del fondo della Protezione Civile come è già avvenuto per il Veneto con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 novembre 2010;
analoghe, motivate e ripetute iniziative legislative sono state assunte anche al Senato della Repubblica dal gruppo del Partito Democratico con il senatore Alfonso Andria -:
quando e con quali provvedimenti il Governo finalmente e senza ulteriori, inaccettabili ed ingiustificati ritardi e rinvii, intenda stanziare i finanziamenti necessari per gli ingenti e pesanti danni cagionati in tanti territori della provincia di Salerno dagli eventi alluvionali dell'8, 9, 10 novembre 2010, alle infrastrutture, all'acquedotto del Sele, per tante attività economiche e produttive in particolare nel comparto agricolo e zootecnico, nel settore dell'artigianato e delle attività turistiche, nonché per le necessarie opere di potenziamento, consolidamento e messa in sicurezza degli argini e del corso dei fiumi Sele, Tanagro e Sarno, interessati da massicce e devastanti esondazioni ed infine per adottare tutte le misure fiscali utili ed indispensabili per gli imprenditori e le aziende colpiti da tali nubifragi, così come già accaduto in Veneto.
(5-04077)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il «Giorno della Memoria» è una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata di commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo e del fascismo, dell'Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati;
il «Giorno del Ricordo» è una ricorrenza istituita con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Tale ricorrenza è considerata inoltre solennità civile ai sensi della legge 27 maggio 1949, n. 260;
entrambe le leggi sopra citate prevedono momenti di approfondimento, di ricordo e di sensibilizzazione e celebrazioni di carattere pubblico da parte delle istituzioni e di enti di natura pubblica e privata, che costituiscono le occasioni essenziali attraverso le quali tramandare la memoria di questi eventi, che costituiscono alcune delle pagine più drammatiche del Novecento;
le disposizioni previste nelle leggi sopra citate non sono sempre attuate in particolar modo da parte delle amministrazioni locali, spesso a causa di pregiudizi di tipo politico-ideologico nei confronti di una o entrambe le ricorrenze;
questo stato di cose, ove si manifesti, contribuisce ad acuire la tensione del clima politico che viene proiettato su vicende storiche drammatiche o, viceversa, attualizzato per fini di natura politico-ideologica, provocando un danno irreparabile nei confronti delle giovani generazioni e soprattutto della memoria delle vittime;
la prefettura, organo che rappresenta lo Stato centrale nell'ambito di ogni provincia, ha le caratteristiche ideali per effettuare azioni di monitoraggio riguardo all'applicazione delle disposizioni normative da parte degli enti locali, salvo poi

segnalare i casi delle amministrazioni locali inadempienti, insieme alle relative motivazioni -:
se si intendano dare disposizioni immediate per predisporre azioni di monitoraggio da parte delle prefetture, o altri enti o istituzioni, relative allo stato di attuazione delle leggi istitutive delle giornate sopra citate;
se risultino i motivi per i quali le amministrazioni locali non hanno applicato le disposizioni previste dalle leggi sopra citate, in modo particolare in riferimento alle celebrazioni ed ai momenti di sensibilizzazione pubblica previste nei testi legislativi, in riferimento all'anno appena trascorso ed a quello presente.
(4-10441)

MONTAGNOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 46 della legge regionale 29 dicembre 2010, n. 34, approvata dal consiglio regionale della Calabria nella seduta del 22 dicembre 2010, stabilisce la compatibilità con la carica di consigliere regionale delle cariche di presidente e assessore della giunta provinciale e di sindaco e assessore dei comuni compresi nel territorio della regione, disponendo, per il consigliere regionale che svolge contemporaneamente altro incarico (tra quelli citati dalla norma) l'obbligo di «optare e percepire solo una indennità di carica»;
tale compatibilità è introdotta in deroga alle disposizioni vigenti in materia di ineleggibilità ed incompatibilità cosi come disposto dall'articolo 4 della legge n. 154 del 1981 e dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 che, all'articolo 65, prevede espressamente che «Il presidente e gli assessori provinciali, nonché il sindaco e gli assessori dei comuni compresi nel territorio della regione, sono incompatibili con la carica di consigliere regionale»;
in materia di derogabilità della normativa statale sulle incompatibilità del consigliere regionale, con sentenza n. 201 del 12 giugno 2003, la Corte Costituzionale ha affermato che «la competenza legislativa regionale vale »nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica«» e che «non la regola dell'articolo 65 del decreto legislativo n. 267 del 2000, dunque, deve assumersi come limite alla potestà legislativa regionale, ma il principio ispiratore di cui essa è espressione e che si sostanzia nell'esistenza di ragioni che ostano all'unione nella stessa persona delle cariche di sindaco o assessore comunale e di consigliere regionale e nella necessità conseguente che la legge predisponga cause di incompatibilità idonee a evitare le ripercussioni che da tale unione possano derivare sulla distinzione degli ambiti politico-amministrativi delle istituzioni locali e, in ultima istanza, sull'efficienza e sull'imparzialità delle funzioni, secondo quella che è la ratio delle incompatibilità, riconducibile ai princìpi indicati in generale nell'articolo 97 della Costituzione» -:
di quali elementi disponga il Governo relativamente a quanto esposto in premessa e se non ritenga opportuno, ai sensi dell'articolo 127, primo comma, della Costituzione, impugnare urgentemente la normativa regionale in questione.
(4-10450)

SIMONETTI, CAPARINI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
alcune persone, come evidenziato il 14 gennaio 2011 sul quotidiano La Stampa, svolgono l'attività di maestri di sci presso le piste nazionali mediante l'ottenimento in soli tre giorni dell'abilitazione in Romania, Montenegro e Albania, ove i corsi non sono così scrupolosi come quelli italiani. Difatti per ottenere la medesima abilitazione è necessario, dopo un lungo tirocinio, aver superato una dura selezione

cimentandosi in prova di slalom gigante nella quale è obbligatorio rimanere nei parametri dei tempi di discesa dettati dagli istruttori nazionali;
gli ultimi riconoscimenti di titoli esteri da maestro di sci, sono stati rilasciati dall'ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri;
si rimarca la necessità che le prove di Eurotest e Eurosicuritè vengano adottate in ogni Paese con riconoscimento da parte della dell'Unione europea, così come previsto dal protocollo d'intesa sottoscritto all'unanimità dai collegi regionali italiani riunitisi nel mese di dicembre 2010;
la legge quadro del 1991, finalizzata a tutelare e migliorare la professionalità del maestro di sci, va comunque rivista;
le difficoltà che emergono dal rilascio di abilitazioni in maniera disinvolta porta in sé un pericolo per la sicurezza sulle piste da sci, perché queste, se non utilizzate con capacità e consapevolezza, possono essere dei luoghi in cui l'incidente può risultare grave;
lo sci è uno sport che comporta certi rischi e la figura del maestro non deve venire compromessa da normative non pertinenti ed efficaci -:
quali iniziative si intendano adottare per risolvere le problematiche descritte in premessa.
(4-10461)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi

63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Piacenza-Bobbio è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Restauro, consolidamento e riqualificazione del complesso monumentale di San Benedetto Abate, della cantoria e dell'organo e riuso della canonica, nel comune di Borgo Val di Taro (Parma) - Località Baselica - Ente: Parrocchia di San Benedetto in località Baselica - Euro: 374.921,92 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10463)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia

di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Pescara-Penne sono stati finanziati i seguenti progetti:
Intervento: Lavori di consolidamento e della copertura dell'oratorio di Santa Maria delle Grazie e sistemazione dell'area di pertinenza nel comune di Alanno (Pescara) - Ente: Comune di Alanno - Euro: 227.950,75;
Intervento: Messa in sicurezza e conservazione della chiesa di Santa Giusta in Penna Sant'Andrea (Teramo) - Ente: Parrocchia di Santa Giusta in Penna Sant'Andrea - Euro: 256.620,96;
Intervento: Completamento del restauro e consolidamento statico del convento e della chiesa di San Francesco d'Assisi in Castelvecchio Subequo (Aquila) - Ente: Ente morale provincia d'Abruzzo frati minori conventuali - Euro: 823.765,78 -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10464)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel

mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 ed euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Perugia-Città della Pieve è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Completamento dei lavori di consolidamento e restauro della cattedrale dei Santi Protasio e Gervasio di Città della Pieve (Perugia) - Ente: Capitolo dei canonici della cattedrale dei Santi Protasio e Gervasio - Euro: 348.561,93 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10465)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici

sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Pavia è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Restauro e consolidamento delle superfici interne delle navate, dell'abside e del transetto della chiesa di Santa Maria del Carmine in Pavia - Ente: Parrocchia di Santa Maria del Carmine in Pavia - Euro: 456.387,63 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10466)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione

della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 ed euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Parma sono stati finanziati i seguenti progetti:
Intervento: Restauro e consolidamento del paramento murario del fronte nord e della cupola dalla basilica cattedrale dell'Assunzione di Parma - Ente: Diocesi di Parma - Euro: 426.047,64;
Intervento: Restauro della chiesa di Santa Maria della neve e locali annessi appartenenti all'abbazia benedettina in località Torrechiara comune di Langhirano (Parma) - Ente: Monastero Benedettino di San Giovanni Evangelista in Parma - Euro: 137.322,18 -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28

dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10467)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Palestrina è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Restauro conservativo, consolidamento statico e valorizzazione della chiesa-convento di San Pio in Genazzano (Roma) - Ente: Convento Santa Maria del buon consiglio in Genazzano - Euro: 972.240,71 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai

Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10468)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Palermo è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Restauro e manutenzione straordinaria della chiesa dei SS. quaranta Martiri al casalotto in Palermo - Ente: Congregazione missionari servi dei poveri (boccone del povero) - Euro: 247.301,10 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;

se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10469)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Padova è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Completamento del restauro delle facciate e delle coperture, rifacimento della scala - detta del Frigimelica - del palazzo vescovile di Padova - Ente: Diocesi di Padova - Euro: 749.795,27 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;

se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10470)

PICIERNO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Moccia spa, dedita da molti anni ad attività estrattive in provincia di Caserta, ha fatto richiesta alla regione Campania dell'autorizzazione per delocalizzare a Monte Monaco di Pietravairano, località dell'alto casertano, una cava di calcare e l'annesso cementificio;
Pietravairano è un piccolo paese dell'Alto Casertano, collocato in zona rurale e pedemontana, incontaminata e protetta da leggi e vincoli paesaggistici e ambientali inderogabili. Nella zona di Monte Monaco sono presenti aree di interesse archeologico, fra cui un teatro sannitico, per le quali è siglato un protocollo di intesa per gli scavi con l'università di Lecce, tuttora in vigore;
trattandosi di località montane ancora abitate, per il recupero delle zone archeologiche si è usufruito dei finanziamenti europei P.I.T. «itinerario direttrice dei monti Trebulani-Matese» (16 gennaio 2004), che non consentono di effettuare alcun intervento invasivo e/o offensivo del territorio;
il Monte Monaco è collocato su una faglia sismica che ha provocato alcuni recenti terremoti nel 2007 e nel febbraio 2009, rilevati dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, per questo rientra nella zona «2», a sismicità media. Inoltre, l'intera area è classificata come zona «A4», ad alto rischio idrogeologico con conseguente pericolosità e rischio frane, dal progetto del «piano stralcio di rischio idrogeologico» redatto dall'Autorità di bacino comparto Liri-Garigliano e Volturno (come riportato nella tavola 6-CE allegata al PRAE);
l'area di Monte Monaco, inoltre, risulta sottoposta a divieto di estrazione dal P.R.A.E. all'articolo 7 - lettera c) - in quanto «area boscata» - e lettera h) - in quanto area caratterizzata da una morfologia carsica con evidenti indizi superficiali di processi carsici in atto, com'è stato più volte rilevato nelle relazioni geologiche presentate in conferenza di servizi, sia dal comune di Pietravairano e dal comitato civico, che nella relazione geologica, allegato C, pagina 13, dello stesso progetto Moccia s.p.a.;
a quanto risulta dagli elaborati progettuali, la Moccia s.p.a. vorrebbe estrarre dal Monte Monaco un volume di circa 10 milioni di metri cubi di calcare in 50 anni: un'ingente quantità, che abbasserebbe notevolmente la collina e comporterebbe stravolgimenti microclimatici e ambientali tali da far presupporre conseguenze negative per la biodiversità e per la produzione agricola locale, nonché un aumento del rischio idrogeologico a causa dell'utilizzo di esplosivi per frantumare la roccia. Una tale quantità di calcare, inoltre, non appare compatibile con una localizzazione esclusiva presso Monte Monaco, ragione

per cui i cittadini temono un'espansione delle cave ad altre località dell'alto casertano;
la delibera n. 1500 del 18 settembre 2008 della giunta della regione Campania ha dato via libera alla delocalizzazione. Contro questo provvedimento si è espresso con larga maggioranza il consiglio regionale, il 20, novembre 2008, impegnando la giunta a revocare il provvedimento. Ad oggi non c'è stato nessun seguito alla delibera del consiglio da parte della giunta;
contro la realizzazione del progetto di delocalizzazione si sono mobilitate le associazioni socio-culturali e ambientaliste locali, insieme ai cittadini riuniti nel comitato civico «Per la tutela e la difesa di Pietravairano», con petizioni, assemblee pubbliche e manifestazioni popolari, e si è espresso il sindaco del comune interessato, portando gli enti preposti, nel corso della conferenza di servizi del 12 aprile 2010, ad esprimere a loro volta un parere contrario;
in seguito a questa decisione, la Moccia s.p.a. ha inoltrato un ricorso al tribunale amministrativo regionale della Campania accolto, che ha determinato la riapertura della conferenza di servizi finalizzata all'accordo di programma. Contro questa scelta, a sua volta, il comune di Pietravairano ha inoltrato ricorso al consiglio di Stato, che è stato respinto;
il provvedimento è quindi rinviato alla decisione del Consiglio dei ministri, in base allo stesso articolo 14-quater 241/90 (modificato dal decreto-legge n. 78 del 2010), per il quale, il 12 aprile 2010, gli enti preposti avevano ritenuto opportuno chiudere la conferenza, tenendo conto delle motivazioni addotte dal sindaco di Pietravairano -:
quali procedure si intendano intraprendere al fine di verificare se sussistano le condizioni per la formulazione di progetti alternativi e la composizione del conflitto creatosi con l'amministrazione comunale di Pietravairano, di modo che la decisione finale sulla localizzazione dell'attività estrattiva dell'azienda Moccia s.p.a. possa provenire da una più attenta discussione alla luce di fondate documentazioni sui rischi sismici, idrogeologici e ambientali connessi alla realizzazione del programma nella zona di Monte Monaco.
(4-10471)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

SBROLLINI e MARCO CARRA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da circa sei mesi, tre italiani, tra cui un cittadino di Vicenza, sono detenuti a Cuba nell'ambito delle indagini svolte dalle autorità locali sulla morte di una minorenne, avvenuta il 14 maggio 2010 nella camera di un hotel a Bayamo;
i tre italiani sono Simone Pini, 43 anni, di Firenze, Angelo Malavasi, di Mantova, e Luigi Sartorio, 44 anni, di Vicenza; ai tre, dopo sei mesi, non sono stati ancora comunicati ufficialmente i capi di imputazione. Pare che le autorità cubane vogliano processarli per concorso in omicidio, istigazione alla prostituzione minorile e spaccio di stupefacenti;
secondo l'avvocato di Luigi Sartorio è impossibile che il suo assistito sia colpevole perché il 14 maggio, giorno in cui è avvenuto il delitto, era in Italia nel suo studio a Vicenza per discutere di altre questioni;
per la precisione, i legali italiani avrebbero già fornito documentazione (biglietti aerei, ricevute di visite mediche, dichiarazioni controfirmate che documentano la presenza dell'uomo nell'ufficio del suo avvocato a Vicenza, e la testimonianza che lo stesso Sartorio, il 17 maggio, aveva rilasciato alla procura di Vicenza nell'ambito di un'indagine per alcuni reati di

usura) che comproverebbe la presenza in Italia di Sartorio dal 2 aprile al 28 maggio;
in un'anteprima di giudizio a pochi giorni dal Natale, l'autorità giudiziaria de L'Avana, valutando la documentazione arrivata dall'Italia, avrebbe alleggerito la posizione di Luigi Sartorio, senza tuttavia rimetterlo in libertà;
l'avvocato cubano assegnato d'ufficio a Sartorio ha fatto sapere che la documentazione di prova deve essere integrata con una dichiarazione originale, firmata dal procuratore capo di Vicenza o dal comandante della guardia di finanza locale, in cui sia specificata in modo ancora più chiaro la sua presenza in Italia nel giorno del delitto, il 14 maggio 2010;
intanto, il 44enne di Vicenza resta in carcere a Combinado dell'Est, a L'Avana, e riferisce, in lettere inviate ai familiari, di trovarsi in «condizioni igienico sanitarie insopportabili», di subire «fame e torture»;
nel mese di ottobre 2010, Sartorio ha inviato una lettera all'ambasciata italiana sull'isola, in cui così racconta i dettagli legati al suo arresto e alla falsa confessione resa: «Mi hanno preso il 2 luglio a Holguin, mi hanno messo in una cella larga due metri e lunga due metri e mezzo senza luce, aria e acqua. Mi hanno obbligato a sostenere che ero presente alla festa: io, anche per colpa della mia inesperienza e delle torture subite, ho accettato dichiarando che ero presente» -:
se sia a conoscenza dei fatti sopra riferiti; se intenda accertare, anche attraverso l'ambasciata italiana a Cuba, che siano state garantite ai cittadini italiani detenuti tutte le garanzie e le tutele che, al di là del merito della vicenda che sarà definito in sede giudiziaria, sono diritti fondamentali dell'individuo; se intenda assumere immediate iniziative perché siano garantiti ai detenuti italiani a Cuba una tutela adeguata, tutti i diritti della difesa, le protezioni da eventuali abusi e violenze, e la celerità delle procedure per arrivare rapidamente alla definizione della vicenda e all'accertamento delle responsabilità.
(5-04072)

Interrogazione a risposta scritta:

GIOVANELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
tutti i Ministeri spendono ogni anno una parte delle loro dotazioni finanziarie per la stipula di abbonamenti ad agenzie di stampa;
è fondamentale il ruolo che il dicastero degli affari esteri ha nei confronti delle minoranze italiane all'estero -:
con quali e quante agenzie il Ministero degli affari esteri abbia stipulato abbonamenti a notiziari e per quale importo.
(4-10454)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:

MELIS, CALVISI, FADDA, MARROCU, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES, SCHIRRU e SORO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 12 e il 13 gennaio 2011, nell'area di mare antistante la città e la zona industriale di Porto Torres e comprendente il litorale di Platamona e Marina di Sorso, si è verificato un gravissimo fenomeno di inquinamento, avendo ceduto una «flangia» (tubazione) in banchina attraverso la quale una nave petroliera pompava combustibile per i due vecchi gruppi della termocentrale risalente ai primi anni Ottanta, oggi tenuti in marcia solo in virtù di una sequenza di deroghe;
l'olio, fuoriuscendo, pare, attraverso la frattura della tubazione, si è sparso nel

mare (secondo E.On, proprietaria della centrale in questione, in una quantità di circa 10 mila litri ma secondo altri fonti riportate dalla stampa locale in quantità più ingenti, forse 30 mila litri, secondo altre voci 500 mila litri) e, trasportato dalle correnti, ha creato subito danni naturali gravissimi in un litorale esteso oltre 18 chilometri, come testimonia l'immediata moria di gabbiani e di pesci e il deposito sulla spiaggia di grandi blocchi di catrame;
i sindaci di Sassari, Porto Torres e Sorso hanno dovuto emettere tempestive ordinanze di divieto di accesso alle spiagge, con esplicito richiamo alla pericolosità del materiale sparso nelle acque, classificato R45, quindi tra quelli cancerogeni;
nonostante i tempestivi interventi di pulizia in mare a terra (che tuttavia non possono ovviamente escludere che parte del materiale si sia dissolto nelle acque), deriva dal fatto un gravissimo danno economico per un territorio a forte vocazione turistica, situato di fronte al parco naturale dell'Asinara -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro per accertare le cause specifiche dell'accaduto, anche alla luce del fatto che pare l'operazione di scarico non fosse debitamente sorvegliata a vista da addetti di E.On e che l'impianto di scarico situato in banchina non sia stato costruito totalmente a vista ma parzialmente interrato, né sia dotato delle opportune barriere protettive che avrebbero limitato le conseguenze della fuga di olio;
quali rassicurazioni possa dare il Ministro circa l'effettuazione tempestiva delle analisi delle acque interessate, al fine di accertare quale sia lo stato reale dell'inquinamento, in particolare in relazione al danno biologico;
quali misure il Ministro intenda assumere o promuovere per evitare che in futuro simili episodi (purtroppo, sia pure in forma meno grave, già accaduti anche nel recente passato nell'area di Porto Torres) abbiano a ripetersi.
(3-01413)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BRATTI, MARGIOTTA, REALACCI, BRAGA e MARIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
a Cancun, in Messico, dall'8 al 10 dicembre 2010 si è tenuta la sedicesima Conferenza delle parti nell'ambito della Convenzione delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, a cui ha preso parte una delegazione della Commissione VIII ambiente della Camera dei deputati;
in occasione della Conferenza, l'Unione interparlamentare ed il Parlamento messicano hanno organizzato congiuntamente un incontro parlamentare, che ha avuto luogo lunedì 6 dicembre 2010 e si è occupato dello stato d'avanzamento dei negoziati COP16/CMP6, e due Tavole rotonde interattive, rispettivamente sul tema: «La crescita delle energie pulite come nuovo paradigma di sviluppo» e sul tema: «Aprire le porte ad un'azione efficace sul clima a livello nazionale: i Parlamenti ne possiedono le chiavi?». Si è inoltre tenuta una sessione sul tema. «La governance internazionale della finanza climatica»;
al termine dei lavori è stata adottata una dichiarazione finale in cui, tra l'altro, si è ribadita l'importanza dell'approccio multilaterale per affrontare il problema dei cambiamenti climatici, in quanto problematica di carattere mondiale, nonché la necessità di stipulare una sorta di «nuovo patto con la natura»; è stata inoltre sottolineata l'assoluta necessità di realizzare tagli netti alle emissioni globali al fine di conseguire il contenimento degli aumenti di temperatura globale entro i 2 gradi centigradi; grande preoccupazione è stata espressa per il mancato conseguimento degli impegni finanziari assunti a Copenaghen;

il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha auspicato che l'appuntamento di Cancun potesse rappresentare un significativo passo in avanti nella realizzazione di una cornice internazionale volta a combattere il cambiamento climatico;
in parziale controtendenza rispetto agli esiti di Copenaghen la plenaria conclusiva ha approvato un pacchetto di decisioni, i «Cancun Agreements», in cui sono state sintetizzate in modo piuttosto bilanciato le istanze di tutte le Parti, rassicurando i Paesi in via di sviluppo sulla continuità del Protocollo di Kyoto, ma allo stesso tempo compiendo un primo passo importante per superarne la logica nella prospettiva di un futuro accordo legalmente vincolante sul clima. Ciò sia in termini di attenuazione della netta separazione tra impegni vincolanti dei Paesi industrializzati ed azioni volontarie » dei Paesi emergenti, sia in termini di approccio alla definizione di obiettivi di riduzione delle emissioni collettivi ed individuali da raggiungere;
in particolare è stato riconfermato l'impegno della comunità internazionale a realizzare un secondo periodo di impegni ai sensi del Protocollo di Kyoto, pur rinviando al prossimo anno la definizione giuridica di tale periodo, così come l'individuazione di eventuali obiettivi di riduzione delle emissioni aggregate ed individuali per i singoli paesi; a tal fine, la decisione «sollecita» ma non vincola le parti ad aumentare il proprio obiettivo collettivo di mitigazione in linea con quanto suggerito dal quarto rapporto dell'Intergovernamental Panel on Climate Change e registra gli obiettivi di riduzione e degli impegni di azione espressi su base volontaria da oltre 140 Paesi a seguito dell'Accordo di Copenaghen;
in sostanza la conferenza di Cancun ha rappresentato un piccolo ma significativo passo avanti per l'adozione di una strategia condivisa di riduzione delle emissioni climalteranti, cercando di trovare un ragionevole punto di equilibrio tra le esigenze di tutti i Paesi;
il principale risultato è stata la volontà di mantenere in piedi un processo negoziale che sembrava rischiare di essere giunto ad un punto di impasse; i principali presupposti del rinnovato impegno delle parti sono:
una visione comune di lungo periodo (shared vision) volta a conseguire gli obiettivi della Convenzione;
la necessità di aumentare l'azione e la cooperazione internazionale sul fronte dell'adattamento, creando al riguardo un Comitato per l'Adattamento;
la necessità di rafforzare l'azione sulla mitigazione, compresi i meccanismi di lotta alla deforestazione, i meccanismi settoriali e gli approcci di mercato;
misure a favore dello sviluppo e del trasferimento tecnologico;
interventi sul fronte della finanza e della capacity building;
tra i principali obiettivi che gli accordi intendono perseguire vi sono:
fissazione a 2 gradi centigradi dell'aumento massimo della temperatura tollerabile rispetto all'era preindustriale, prevedendo un meccanismo di revisione e la possibilità di abbassare questo limite a 1,5 in presenza di indicazioni della comunità scientifica. Inoltre, si formalizza la necessità di arrivare quanto prima al «picco» delle emissioni mondiali per una progressiva riduzione successiva con un orizzonte al 2050;
istituzione del Cancun Adaptation Framework al fine di favorire lo sviluppo di ricerca e tecnologia rilevanti e rafforzare le capacità istituzionali ed i meccanismi di pianificazione dei Paesi in via di sviluppo, in particolare i Paesi più vulnerabili;
istituzione di un Adaptation Committee della Convenzione per rafforzare il coordinamento delle azioni internazionali di adattamento;
avvio di un processo di valutazione delle iniziative di interesse per i Paesi più

vulnerabili, quali opzioni per l'istituzione di meccanismi di assicurazione contro i rischi climatici;
acquisizione e approfondimento del sistema di monitoraggio, reportistica e verifica (Monitoring Reporting and Verification MRV) maturato a Copenaghen, ponendo le basi per nuovi meccanismi di verifica internazionale sull'erogazione di finanziamenti per i paesi industrializzati e meccanismi di consultazione e analisi a livello Internazionale (ICA, International Consultation and Analysis) per i Paesi in via di sviluppo;
istituzione di un meccanismo per la lotta alla deforestazione (REDD+), lanciando il processo verso la definizione di regole condivise per il monitoraggio e la quantificazione delle riduzioni di emissioni; avvio di un nuovo impulso al processo per la definizione di meccanismi di mercato che agevolino la riduzione di emissioni nella maniera economicamente più efficace; istituzione di un Forum nell'ambito degli organi sussidiari della conferenza per valutare l'impatto avverso delle azioni di mitigazione;
maggiore impegno per il reperimento delle risorse finanziarie stanziate per il clima, a partire dai 30 miliardi di dollari USA stanziati come «fast-start finance» ai 100 miliardi di dollari da recuperare con una mobilitazione pubblico-privata;
avvio del processo per la costituzione del Green Climate Fund quale strumento aggiuntivo per l'efficace canalizzazione delle risorse;
istituzione di un meccanismo per il trasferimento tecnologico, basato sul lavoro di guida e raccordo di un Technology Executive Committee della Convenzione e operativamente facilitato da una rete internazionale per il trasferimento tecnologico stimolata da un Climate Technology Center della Convenzione;
il quadro finale delineato a Cancun traccia le linee per una evoluzione verso un «nuovo accordo sul clima» in forma legalmente vincolante e presenta aspetti positivi - legati alla ritrovata volontà di proseguire un percorso condiviso sui cambiamenti climatici -, ma anche alcuni limiti che non debbono essere sottovalutati, a partire dalla mancata soluzione di alcuni nodi di fondo del negoziato, come l'esigenza, irrisolta, di addivenire ad una concreta formalizzazione di impegni per la limitazione dell'aumento della temperatura a 2 gradi rispetto all'era preindustriale -:
quali siano gli impegni specifici del Governo italiano rispetto ai diversi obiettivi posti dall'Accordo di Cancun;
se il Governo intenda assumere iniziative specifiche in Italia riguardo al tema dei cambiamenti climatici sia per quanto riguarda le politiche di mitigazione che quelle di adattamento;
quali e quante risorse siano state impegnate per il 2011 riguardo al contrasto ai cambiamenti climatici (mitigazione ed adattamento) in progetti internazionali;
quali siano i progetti internazionali ad oggi realizzati, anche in collaborazione con partner privati, eseguiti sotto l'egida degli accordi internazionali per contrastare i cambiamenti climatici.
(5-04075)

Interrogazioni a risposta scritta:

COSENZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 24 novembre2010 la Commissione europea ha richiamato l'Italia in materia di depurazione delle acque invitandola a conformarsi a una sentenza della Corte di giustizia europea che nel 2006 aveva imposto al nostro Paese, in relazione al trattamento delle acque reflue nel bacino del fiume Olona, in Lombardia, di procedere ad assicurare la protezione delle acque;

l'Italia ha due mesi per mettersi in regola. In caso di inadempienza potrebbe essere portata nuovamente in giudizio e potrebbero esserle applicate sanzioni pecuniarie;
la vicenda sopra richiamata, che, andando a colpire anche il Nord, dimostra che quella della mancata depurazione delle acque è una potenziale emergenza ambientale per l'intero Paese, si ricollega al disastroso stato in cui versano molti impianti per il trattamento delle acque reflue nel Mezzogiorno (come peraltro più volte denunciato dall'interrogante con gli atti di sindacato ispettivo n. 3-00618, n. 5-02141, n. 5-01460 e n. 7-0036) -:
quali urgenti e ormai non più indifferibili iniziative il Governo stia assumendo o abbia intenzione di assumere per rispondere ai richiami dell'Unione europea e per garantire il diritto alla salute e a una buona tutela delle risorse idriche, che è proprio di tutti i cittadini italiani e che lo Stato, alla luce del dettato dell'articolo 117 della Costituzione, ha il dovere di promuovere.
(4-10459)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa risulta che lungo trenta chilometri di costa, nel nord ovest della Sardegna, è scattata un'emergenza ambientale dovuta a diciottomila litri di olio combustibile che rischiano di compromettere le acque cristalline del golfo dell'Asinara;
nell'area non vi sono pozzi petroliferi, ma un traffico costante di navi con le stive piene di sostanze ad altissimo rischio. E proprio durante le operazioni di scarico del combustibile destinato alla centrale E.On, nella zona industriale di Fiume Santo, una grande quantità di olio è finita in mare;
la stampa parla di una falla millimetrica in una condotta che avrebbe provocato il danno che rischia di aggravarsi a causa del maltempo;
le mareggiate di questi giorni hanno portato sulla sabbia e sulle dune una parte di questa massa di olio trasformato in catrame appiccicoso. Una squadra di operai, ma anche tanti volontari, stanno battendo a tappeto la zona per ripulire l'arenile, ma sarà necessario tanto lavoro per completare la bonifica;
ed è necessario fare in fretta. Bisogna ripulire tutto prima che le correnti facciano arrivare la marea nera fino all'Isola dell'Asinara. O, peggio ancora, nella zona della Pelosa, una delle spiagge-perla dell'Isola, il simbolo dell'ambiente incantevole della Sardegna;
domenica un aereo della Guardia costiera ha sorvolato lo specchio di mare tra Platamona e l'Asinara: le foto rassicurano, ma da queste parti il maestrale soffia forte e cambia direzione improvvisamente. «Eravamo convinti che l'olio combustibile fosse stato contenuto nel bacino di fronte allo stabilimento, ma ci siamo resi conto che è fuoriuscito verso il golfo - ha ammesso ieri il comandante della Capitaneria di porto, Giovanni Stella - Il giorno che c'è stato l'incidente, cioè il 10 gennaio, il vento ha raggiunto i venticinque nodi. E questo spiega anche l'invasione di catrame nelle spiagge» -:
di quali informazioni disponga in merito il Governo;
se e quali azioni si intendano promuovere a sostegno della bonifica;
quali azioni si intendano avviare nei confronti di E.On;
se e quali azioni si intendano promuovere in vista della dismissione del petrolchimico di Porto Torres.
(4-10475)

TESTO AGGIORNATO AL 27 GENNAIO 2011

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

DUILIO, GHIZZONI e DE PASQUALE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si è appreso che la direzione generale per le biblioteche, gli istituti culturali ed il diritto d'autore del Ministero per i beni e le attività culturali, ha inviato a tutti i comuni d'Italia un compact-disc di musiche varie intitolato «Invito all'ascolto», registrato nell'Istituto centrale per i beni sonori dalla banda di Allumiere, dal coro giovanile «Vivaldi» di Roma e da un gruppo folkloristico pugliese;
il predetto compact-disc sarebbe accompagnato da una lettera nella quale si invitano tutti i sindaci d'Italia, in occasione dei 150 anni della Repubblica, ad indire per le ore 17,30 del 18 gennaio 2011 un consiglio comunale straordinario aperto per discutere del tema: «la musica popolare e amatoriale dal 1861 ad oggi» nel corso del quale ascoltare i brani del compact-disc e in cui dare spazio ai gruppi amatoriali diffusi sul territorio e accreditarne, con una delibera, l'interesse comunale al fine di ottenere finanziamenti pubblici;
con tali delibere, che devono essere inviate al Ministero per i beni e le attività culturali entro il 31 gennaio 2010, i gruppi musicali saranno poi riconosciuti, attraverso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di interesse nazionale. Tutto questo ruoterebbe intorno ad una direttiva del Ministro per i beni e le attività culturali, Sandro Bondi, che ha voluto istituire il tavolo nazionale della musica popolare d'Italia;
il Ministro dell'economia e delle finanze, anche recentemente, ha invitato le amministrazioni centrali dello Stato a perseguire il massimo rigore nelle decisioni di spesa al fine di realizzare il massimo di efficacia nell'utilizzo delle risorse pubbliche -:
quali siano i costi che il Ministero per i beni e le attività culturali ha sostenuto per la predetta iniziativa;
quali risorse pubbliche siano state utilizzate allo scopo e quali valutazioni di opportunità siano state fatte al fine di destinare le stesse risorse alle finalità oggetto della presente interrogazione, ritenute preminenti rispetto alle altre possibili.
(4-10443)

GRIMOLDI e STUCCHI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la storia e la cultura locale sono state spesso raccontate e trasmesse dalle televisioni e dalle radio locali;
in Lombardia, ad esempio, è nata la prima alternativa alla Rai, Antenna 3 di Renzo Villa, le cui trasmissioni erano seguite in tutto il Nord e replicate da altre Tv locali;
tante altre reti televisive e radio locali hanno raccontato l'Italia dalla provincia, fornendo un racconto spesso diverso da quello delle reti nazionali e della Rai;
i loro archivi sono in parte spariti e in parte si stanno smagnetizzando, facendo perdere per sempre questi documenti storici, tra cui anche importanti telegiornali locali;
per conservare questi archivi sarebbe utile e necessario convertire le pellicole o i VHS in digitale ed archiviare in videoteche apposite questi importanti documenti;
in tal modo, sarebbe possibile salvare una parte importante della nostra storia e della nostra cultura e permettere ai posteri di avere un'importante fonte culturale che vada al di là dei filmati delle teche Rai -:
se il Ministro sia a conoscenza di questa problematica e se non intenda

intervenire, anche con il coinvolgimento di volontari, affinché un'importante testimonianza storica, quale quella delle televisioni e delle radio locali, venga salvaguardata.
(4-10456)

...

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

TIDEI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
strani avvenimenti degni di attenzione vengono segnalati all'interrogante dall'associazione A.G.U.D. (associazione genitori utenti disabili onlus) e dagli stessi operatori riguardanti il centro ex articolo 26 «A. Boggi» di Santa Severa (Roma);
in particolare, il giorno 1o gennaio 2011, alle ore 6.30 circa, si è verificato un fatto estremamente insolito: 4 autovetture dell'Arma dei carabinieri si sono fermate all'esterno del predetto centro in prossimità del cancello d'entrata. Contestualmente una decina di militari in divisa sono entrati all'interno della struttura, scortando all'uscita gli operatori che terminavano il turno di notte;
gli stessi carabinieri hanno inoltre accertato le generalità degli operatori del successivo turno di lavoro e stranamente scattato foto ad ognuno di essi;
dopo gli accurati ma alquanto anomali accertamenti, i militari sono rientrati nelle proprie autovetture stazionando fuori dal centro, in prossimità del cancello d'ingresso sino alle ore 13:00;
i familiari dei disabili ricoverati, che in quel giorno si sono recati in visita, hanno riscontrato di essere stati anche loro oggetto di fotografie da parte dei carabinieri, i quali hanno rasserenato gli animi e le preoccupazioni di tutti sostenendo che si trattava di un normale controllo di routine;
tale imprevista azione ha destato ansia e preoccupazione sia per gli operatori che per gli utenti del medesimo centro;
gli stessi operatori e familiari, i quali ravvisano un comportamento assurdo da parte delle forze dell'ordine intervenute, si rivolgeranno alle autorità competenti per essere stati vittima di procurato allarme e per violazione della privacy -:
se se il Ministro non intenda intervenire chiarendo:
a) chi abbia richiesto l'intervento dei carabinieri, a che titolo e per quali motivazioni;
b) quale comando o stazione abbia ricevuto la richiesta di intervento e quali siano le motivazioni che hanno indotto i militari a procedere;
c) quali reati siano stati ravvisati in sede di accertamento e a carico di quali persone;
d) se nell'operazione condotta dai carabinieri siano stati pienamente rispettati i diritti dei disabili e dei lavoratori stessi.
(4-10462)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è notizia di questo giorni che numerosi pensionati italiani avrebbero ricevuto dagli uffici dell'Agenzia delle entrate di rispettiva competenza territoriale la richiesta di restituzione del bonus fiscale ricevuto nel dicembre del 2007;
la vicenda sta facendo scalpore anche per il risalto fornitole dalla stampa nazionale;

l'erogazione sarebbe state attribuita in automatico a ciascun pensionato, facendo gravare su quest'ultimo l'onere di comunicare al sostituto d'imposta - con apposito modulo o mediante una corretta compilazione della dichiarazione dei redditi - la non applicabilità del bonus al proprio caso concreto;
tra capitale, interessi e sanzioni, ogni anziano interessato ai provvedimenti in questione dovrebbe sborsare circa 200 euro -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e quanti pensionati siano coinvolti nell'operazione di recupero dell'indebito, avendo cura di specificare l'importo complessivo che si ritiene introitabile all'esito dell'intera procedura;
quale sia la normativa applicabile al caso di specie e se la stessa prevedesse effettivamente un'attribuzione automatica del beneficio, salvo far ricadere sul ricevente gli oneri dell'eventuale storno a favore dell'erogante.
(5-04071)

FEDRIGA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge n. 159 del 2007, collegato alla legge finanziaria per il 2008, l'allora Ministro dell'economia e delle finanze, Tomaso Padoa Schioppa aveva previsto il cosiddetto «bonus incapienti», un sussidio del valore di 150 euro, a titolo di rimborso forfettario ai contribuenti che hanno avuto l'imposta netta pari a zero nell'anno precedente;
il decreto 8 novembre 2007, attuativo dell'articolo 44 del citato decreto-legge n. 159 del 2007, nel fissare le regole sul riconoscimento e sull'erogazione dell'incentivo, aveva disposto che il bonus fosse erogato direttamente dal datore di lavoro, dal committente o dall'istituto previdenziale se questi, a dicembre 2007, risultavano essere gli stessi soggetti che avevano rilasciato il cudd2007 (relativo al 2006) agli aventi diritto, altrimenti su richiesta dell'interessato al datore di lavoro, al committente o all'istituto previdenziale con cui era in rapporto nel mese di dicembre 2007, qualora risultassero diversi i soggetti che avevano rilasciato il cud2007 (relativo al 2006);
a distanza di tre anni, giungono migliaia di lettere ai percettori del bonus da parte dell'Agenzia delle entrate, che richiede indietro la somma di 150 euro con l'aggiunta della sanzione e degli interessi (30 per cento) motivando che diversi beneficiari sono risultati al successivo controllo «fiscalmente a carico di altro contribuente nell'anno d'imposta 2006»;
solo in Friuli Venezia Giulia si sono rivolte ai Caaf circa un centinaio di persone, preoccupate ed indignate, in gran parte pensionati, che lamentano di aver ricevuto d'ufficio il bonus, attraverso l'Inps, e pertanto protestano per la richiesta di restituzione, ritenendola una presa in giro;
oltre al danno, c'è anche la beffa dello sconto sulla «multa» per chi si affretta a pagare: «La sanzione sarà ridotta al 20% se effettua il versamento entro 30 giorni» recita, testuale, una delle lettere recapitate in queste settimane, e, addirittura, l'Agenzia consente anche la rateizzazione: «Anche in questo caso, versando la prima rata entro 30 giorni, la sanzione sarà ridotta», si legge sempre nelle lettere;
appare ingiusto ed immorale richiedere a soggetto incapienti - a distanza di tre anni - una somma oramai spesa e percepita, sia pure indebitamente, di certo involontariamente e meccanicamente, peraltro maggiorata di interessi e sanzioni -:
quale sia il numero preciso dei beneficiari del bonus che dovrebbero restituire la somma percepita e quali iniziative intenda assumere al riguardo.
(5-04078)

Interrogazioni a risposta scritta:

NACCARATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 12 gennaio 2010 l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (di seguito INAIL) ha promosso l'operazione denominata ISI INAIL 2010 - INCENTIVI ALLE IMPRESE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO in attuazione dei decreti legislativi 81/2008 e 106/2009, articolo 11, comma 5, più nota come Click day;
l'obiettivo di tale iniziativa era quello di dare la possibilità alle piccole e medie imprese italiane di presentare in forma telematica le richieste di finanziamento-contributo economico per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro;
il bando dell'iniziativa promossa dall'INAIL prevedeva che tutti i fondi disponibili - pari a 60 milioni di euro complessivi, suddivisi per regione - fossero destinati, fino ad esaurimento, alle domande di contributo inviate all'apposito portale INAIL a partire dalle ore 14 del 12 gennaio 2010, seguendo un ordine cronologico di accettazione delle richieste;
per i soggetti interessati, in particolare le piccole e medie imprese, il 12 gennaio 2010 è stato impossibile accedere al sito anche oltre le ore 14, orario di inizio degli invii delle domande di contributo;
i vertici dell'istituto hanno giustificato i gravi disguidi tecnici che si sono verificati adducendo il fatto che sul portale dell'INAIL è stato registrato un numero altissimo di connessioni contemporanee e i contatti totali della giornata hanno superato i 3 milioni. Ciò avrebbe provocato un sovraccarico di richieste ed un conseguente esaurimento dell'intero budget disponibile nel giro di pochi minuti;
secondo quanto dichiarato alla stampa lo stesso 12 gennaio 2010 dalle principali organizzazioni di rappresentanza delle piccole e medie imprese e dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, dalle ore 13,30 fino a oltre le ore 14 - almeno fino alle 14,10 - il sito INAIL è stato completamente bloccato. Quando è stato possibile accedere al sito, ormai oltre le previste ore 14, l'Istituto aveva ormai comunicato ufficialmente l'esaurimento del budget previsto;
l'impossibilità, a causa del blocco del sito INAIL, di poter ottenere i contributi per la sicurezza sul lavoro ha suscitato forte scontento tra i titolari delle piccole e medie imprese destinatari di questi incentivi;
infatti, migliaia di piccole e medie imprese - in particolare nella regione Veneto alla quale erano stati riservati ben 4,7 milioni di euro per questa operazione - avevano colto l'occasione di accedere ai contributi INAIL per la sicurezza sul lavoro come incentivo per avviare interventi di ammodernamento radicali e costosi quali, ad esempio, solo per citarne alcuni, la bonifica dall'amianto di vecchi tetti e capannoni industriali, l'acquisto di moderni macchinari secondo le norme della comunità europea, l'acquisto di cabine isolanti necessarie per proteggere i lavoratori nei processi di verniciatura;
oltre al danno economico causato dal blocco del portale INAIL dopo l'orario stabilito per l'invio delle domande, le organizzazioni di categoria delle piccole e medie imprese hanno anche sottolineato con forza l'iniquità del criterio cronologico adottato per l'accettazione delle richieste di contributo. Tale criterio, infatti, è inadeguato per accedere alle risorse pubbliche e contrasta palesemente con l'obiettivo dell'iniziativa, ovvero quello di sostenere in primo luogo quelle imprese che, per le dimensioni assai ridotte e lo scarso numero di dipendenti, non sarebbero certamente in grado con le proprie forze di investire risorse adeguate nel settore della sicurezza sul lavoro;
l'impossibilità di accedere al portale INAIL per ottenere i contributi per la

promozione della sicurezza sul lavoro colpisce soprattutto le piccole imprese dell'edilizia, settore nel quale sono purtroppo assai frequenti i casi di incidenti nei cantieri o, peggio, delle cosiddette «morti bianche» che - secondo quanto ha calcolato l'osservatorio di Bologna - nel 2010 in Italia si sono attestate a 1.080 casi rispetto ai 1.050 dell'anno precedente -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;
quali misure intendano porre in essere nei confronti dell'INAIL per verificare la regolarità del funzionamento del sito internet predisposto per l'invio delle richieste di contributo per interventi sulla sicurezza sul lavoro da parte delle piccole e medie imprese;
quali azioni intendano intraprendere per verificare a quali e quanti soggetti siano stati destinati i fondi stanziati dall'INAIL, stante l'esclusione di migliaia di piccole e medie imprese dalla possibilità di accesso al sito internet dell'INAIL;
se i Ministri interrogati stiano valutando la possibilità di riaprire i termini d'invio delle domande di contributo con la ripetizione di ogni operazione, adottando un criterio di selezione delle richieste più equo rispetto al semplice criterio cronologico utilizzato durante il cosiddetto click day, al fine di garantire pari opportunità a tutti gli aventi diritto.
(4-10439)

RAZZI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
si apprende all'improvviso dai giornali che Finmeccanica starebbe per vendere una quota significativa e rilevante di Ansaldo Energia, operazione che «Pier Francesco Guarguaglini avrebbe voluto concludere entro il 31 dicembre 2010 e che invece resta aperta. Aperta e non priva di incognite»;
non si comprende come si possano conciliare le continue comunicazioni del gruppo Finmeccanica relativamente ai risultati economici con la scelta di vendere per esigenze finanziarie asset importanti del gruppo e strategici per il Paese a soggetti stranieri;
sarebbe opportuno un ampio dibattito sul tema visto che Ansaldo Energia potrebbe essere una delle poche se non l'unica azienda italiana a realizzare eventuali centrali nucleari -:
chi abbia autorizzato queste trattative;
chi abbia autorizzato la vendita di questo asset dello Stato;
chi siano le società italiane ed estere che hanno eventualmente curato l'affare;
se non intenda il Governo fornire preventivamente dettagliati elementi al riguardo.
(4-10442)

ZACCHERA e CATTANEO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
anche per un evidente collegamento con le norme finanziarie che si sono succedute negli ultimi anni, molto spesso i comuni si ritrovano nella necessità di non poter spendere fondi già nella loro disponibilità che restano bloccati in tesoreria, pena la non osservanza dei patti di stabilità cosa che espone i comuni stessi a nuovi tagli nei trasferimenti;
su queste somme non vengono corrisposti interessi -:
se non si ritenga doveroso in qualche modo permettere alle amministrazioni comunali di poter trarre un interesse finanziario dai fondi di loro competenza depositati nelle diverse tesorerie e che spesso non per loro volontà non possono essere spesi a breve.
(4-10449)

NACCARATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la regione Veneto, con delibera della giunta regionale n. 2685 dell'11 settembre

2007, ha autorizzato la società Cosecon spa (ora denominata Attiva spa) alla realizzazione ed all'esercizio di un impianto di cogenerazione con potenza elettrica di 5,3 MW alimentato a biomassa costituita da olio vegetale, da localizzare nel territorio al confine tra i comuni di Conselve e Bagnoli di Sopra, in proviricia di Padova;
la società Cosecon spa per realizzare l'impianto di cogenerazione in questione ha ottenuto un contributo della Comunità europea di 2 milioni e 600.000 euro, nell'ambito del DOCUP (Documento unico di programmazione), obiettivo 2 per gli interventi strutturali comunitari nella regione Veneto, per il periodo 2000-2006, relativamente alla misura 2.2 relativa ad «investimenti di carattere energetico», sulla base dello specifico presupposto, indicato nella delibera della giunta regionale che autorizza il finanziamento (DGR n. 3074/2006), che «la provenienza e disponibilità del combustibile sarà assicurata dalla produzione locale nella misura richiesta dall'impianto tramite un accordo in corso di definizione tra Cosecon spa e Consorzio Agrario di Padova e Venezia»;
la regione Veneto, con la delibera di giunta n. 1682 del 2002, aveva già in precedenza stabilito che la provenienza del combustibile da produzioni locali era condizione necessaria per accedere a contributi comunitari per impianti di cogenerazione energetica con l'utilizzo di biomasse;
sempre sulla base del medesimo presupposto indicato dalla regione Veneto, in particolare dalla Commissione tecnica regionale dell'ambiente (CTRA), sulla provenienza territoriale del combustibile, il consiglio comunale della città di Conselve (PD), anch'essa limitrofa al sito della centrale, con la delibera n. 17 del 7 marzo, ha mutato la destinazione urbanistica della zona di localizzazione da «area a verde di valenza superiore» ad area «per attrezzature di interesse comune»;
il presupposto e la condizione che hanno consentito a Cosecon spa di ricevere il finanziamento europeo non sono stati rispettati. Infatti lo studio di impatto ambientale allegato al progetto approvato dalla regione Veneto prevede che «il fabbisogno dell'impianto sarà soddisfatto per almeno il 51 per cento attraverso l'impiego di olio di provenienza regionale (olio di colza, girasole, soia, e altro) mediante il coinvolgimento di superfici agricole le più prossime all'impianto. Il restante combustibile potrà avere provenienza estera (esempio olio di palma) per il quale si prevede il trasporto su gomma dal più vicino porto sul litorale Adriatico veneto»;
la decisione di Attiva spa di affittare il cogeneratore a biomasse a soggetti privati prima ancora che l'impianto sia entrato in funzione desta forti dubbi sulle reali finalità della sua costruzione dal momento che lo scopo principale dell'impianto è quello di produrre energia per il territorio circostante, non quello di costituire esclusivamente una fonte di reddito per la società proprietaria;
ad oggi l'impianto non è utilizzato. I molteplici tentativi di affittarlo a soggetti privati portati avanti dalla società proprietaria, Attiva spa, sono falliti -:
se il Governo sia al corrente dei fatti sopra esposti e se non intenda adottare, per il tramite del comitato di sorveglianza DOCUP Obiettivo 2, iniziative volte a verificare la correttezza dell'iter di realizzazione dell'impianto di cogenerazione a biomasse, in particolare con riferimento alle disposizioni comunitarie.
(4-10460)

...

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro per le politiche europee, per sapere - premesso che:
l'articolo 50 della legge del 7 luglio 2009, n. 88, - legge comunitaria 2008 -

ha fissato princìpi e criteri direttivi per l'esercizio della delega legislativa volta a dare attuazione della decisione quadro 2006/783/GAI, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca dei proventi del reato, il cui termine di attuazione era stato fissato al 24 novembre del 2008;
la decisione quadro mira a realizzare un efficace e uniforme contrasto sul territorio europeo della formazione dei profitti economici della criminalità organizzata ed ha per oggetto il riconoscimento e l'esecuzione immediata delle decisioni di confisca emesse dalle autorità competenti di altri Paesi dell'Unione europea. La sua attuazione assume una particolare rilevanza e richiama il nostro Paese a regolare, in coerenza con la decisione quadro, aspetti importanti in materia di confisca di beni e proventi di attività illecite e mafiose. Il necessario adeguamento riguarda la regolazione dei rapporti fra gli Stati, l'individuazione delle autorità competenti necessarie a regolare le richieste e le decisioni di confisca e la verifica della doppia incriminabilità nel rispetto del principio ne bis in idem, nonché la definizione di modalità operative atte ad applicare il principio di reciproco riconoscimento delle decisioni e delle esecuzioni di confisca fra gli Stati membri;
il termine previsto dalla legge comunitaria 2008 per l'esercizio della delega è trascorso senza che sia stato adottato il necessario decreto legislativo;
di fronte allo scadere del termine per l'esercizio della delega legislativa il Governo non si poi è attivato in nessun modo per evitare la mancata attuazione della decisione quadro. Infatti, non è stata inserita alcuna disposizione nell'ambito del disegno di legge comunitaria 2010 (A.S. n. 2322, ancora in corso di esame al Senato), mentre sarebbe stata auspicabile una nuova previsione di delega per l'attuazione della suddetta decisione quadro;
anche se le norme delle decisioni quadro, a differenza delle direttive, non sono vincolanti è necessario che il nostro Paese dia immediata e definitiva attuazione della decisione quadro in materia di confisca, al fine di evitare che tra le diverse autorità giudiziarie possano insorgere difficoltà sul piano operativo e questioni relative al reciproco riconoscimento in ordine alle decisioni di confisca. La mancanza di una normativa di attuazione e di un coordinamento delle disposizioni già vigenti a livello nazionale con quelle contenute nella decisione quadro può rendere difficoltosa una collaborazione fra le nostre autorità giudiziarie e quelle degli altri Stati membri e pregiudicare un'efficace azione di contrasto del crimine transfrontaliero, un'azione che proprio nell'esecuzione senza ulteriori formalità della confisca dei proventi acquisiti illecitamente e nell'aggressione dei patrimoni mafiosi a livello transnazionale rinviene uno strumento di contrasto fondamentale e insostituibile;
la Commissione europea, chiamata a controllare l'attuazione della decisione quadro 2006/783/GAI e la sua osservanza da parte degli Stati membri, in una relazione del febbraio del 2010 e in una comunicazione dell'agosto 2010, ha invitato i Paesi che non hanno ancora implementato la legislazione a provvedere in tal senso, mettendo in luce come uno scarso livello di attuazione della normativa contenuta nella decisione quadro, unitamente alla permanenza di ostacoli burocratici, impedisca il riconoscimento e la fiducia fra gli Stati;
occorre evitare che proprio in un momento di grave crisi economico-finanziaria, gli Stati membri si lascino sfuggire miliardi di euro provenienti da attività illecite, non dotandosi appieno di uno strumento concordato anni fa dagli Stati membri al fine di contrastare il crimine transfrontaliero, mediante l'adozione della suddetta decisione quadro 2006/783/GAI -:
quali iniziative normative i Ministri interpellati intendano adottare, al fine di dare urgentemente attuazione alla decisione quadro 2006/783/GAI in materia di reciproco riconoscimento delle decisioni di

confisca, che prevede la regolazione delle misure di confisca dei proventi del reato in modo uniforme sul territorio europeo.
(2-00935)
«Garavini, Agostini, Albonetti, Argentin, Bachelet, Boccia, Calvisi, Carella, Colaninno, Cuomo, Fassino, Fedi, Fiorio, Genovese, Giacomelli, Marchi, Marchignoli, Pierdomenico Martino, Mastromauro, Morassut, Peluffo, Pollastrini, Sani, Sarubbi, Scarpetti, Tullo, Livia Turco, Villecco Calipari, Zucchi, Lo Moro, Giulietti, Fogliardi».

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2011

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DELFINO e COMPAGNON. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la convenzione unica in atto tra l'ANAS S.p.A. e la società autostradale Torino-Savona S.p.A., avente per oggetto l'affidamento della costruzione e dell'esercizio dell'autostrada Torino-Savona, prevede all'articolo 2-bis per il concessionario l'impegno a sviluppare la progettazione preliminare tra la strada regionale 20, la strada reale e l'autostrada Torino-Savona;
in data 22 dicembre 2010, con successivo atto, l'ANAS ha definito con la società autostradale Torino-Savona le modalità attuative di questo impegno;
viene valutata sempre più urgente e indispensabile la realizzazione di tale bretella autostradale verso Savigliano-Saluzzo per assicurare ad un vasto comprensorio, ricco di attività economiche industriali, artigianali, agricole e turistiche, un pieno inserimento nella grande viabilità del Paese al fine del loro sviluppo;
sarebbe necessario predisporre uno specifico cronoprogramma, quale quadro di riferimento temporale delle attività progettuali, esecutive e procedurali correlate alla progettazione preliminare nonché alla progettazione definitiva, allo studio di impatto ambientale, all'inserimento di tale opera tra gli impegni di investimento e alla stipula di apposito atto convenzionale -:
quali iniziative di competenza intenda assumere per una sollecita attuazione degli impegni contrattuali da parte della società autostradale Torino-Savona, richiamati in premessa;
se non ritenga opportuno che ANAS predisponga un apposito cronoprogramma dell'intervento in oggetto per dare una risposta certa, autorevole e concreta alle grandi aspettative delle comunità e dei mondi produttivi interessati.
(5-04079)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA e CATTANEO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che
sono stati annunciati importanti tagli economici alla gestione 2011 dei servizi di navigazione pubblica lacuale dei laghi Maggiore, Garda e di Como che forzatamente comporteranno una riduzione dei servizi;
va tenuto conto del numero dei dipendenti coinvolti e dell'importanza turistica ed economica della navigazione sui laghi prealpini -:
se non si ritenga di dover assumere iniziative per rivedere almeno parzialmente l'annunciata stretta finanziaria al fine di non compromettere in maniera sensibile il servizio pubblico prestato.
(4-10448)

RAINIERI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di dicembre 2010 Trenitalia sta pubblicizzando il nuovo servizio a disposizione dei viaggiatori che utilizzano la rete ad alta velocità: la connessioni wi-fi a bordo dei treni;
questo nuovo servizio ha come obiettivo il potenziamento della connessione di pc e cellulari senza alcuna interruzione, neanche durante i passaggi in galleria;
per questo sono stati installati ben 100 chilometri di fibra ottica e sono stati fatti investimenti per parecchi milioni di euro. In realtà pare che il servizio wi-fi proposto da Trenitalia e Telecom presenti qualche problema;
la connessione ad internet non è poi così veloce, ci sono difficoltà a collegarsi, soprattutto a causa di una procedura piuttosto complessa che richiede l'utilizzo di una password;
su certe tratte si nota che la connessione si interrompe all'entrata in stazione (ad esempio Firenze) per poi riprendere una volta in viaggio. La connessione cade spesso o rallenta;
una spiegazione sembra venga fornita dal numero verde di Trenitalia predisposto per questo servizio, e pubblicato già da svariati siti specializzati italiani: praticamente ogni carrozza è collegata con la rete cellulare con una linea, poi «gira» la banda dentro il vagone;
tecnicamente succede che gli utenti che si connettono al wi-fi si dividono la banda di una chiavetta; se si collegassero con le proprie chiavette, avrebbero tutta la banda per loro;
oltre ai disservizi sopra citati, gli utenti lamentano i continui distacchi dalla rete mobile che si verificano sulla linea tra Bologna e Roma;
questi servizi, oltre che essere utilizzati da tutti i clienti, sono uno strumento indispensabile di lavoro per quella clientela d'affari che utilizza il treno per spostarsi tra Milano e Roma -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e quali iniziative intenda assumere nei confronti di Trenitalia, al fine di porre rimedio ad un disservizio che danneggia la clientela dei treni ad alta velocità.
(4-10452)

FAVA e STUCCHI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a 12 anni dalla raccomandazione della Comunità europea, che sollecitava gli Stati membri a rendere uniformi i tagliandi, dovrebbe arrivare anche in Italia il «Contrassegno unificato disabili europeo» (Cude), già in vigore in 15 Paesi dell'Unione europea;
sino ad ora l'ostacolo per adottarlo nel nostro Paese era una specifica norma sulla privacy;
il contrassegno europeo, infatti, ha sul fronte la dicitura «disabile» e il simbolo di riconoscimento internazionale (la sedia a rotelle), in contrasto con l'articolo 74 della legge italiana n. 196 del 2003 che vieta, appunto, l'ostentazione di simboli e diciture su dati sensibili;
con l'entrata in vigore del nuovo codice della strada, viene ora modificata la norma che poneva il divieto. In base all'articolo 58, il divieto riguarderà soltanto diciture dalle quali può individuarsi la persona fisica interessata. In pratica, si può esporre il contrassegno purché non sia visibile il nome;
con l'adozione del contrassegno unificato, la persona disabile può vedere riconosciuti i suoi diritti non solo se viaggia in auto per l'Europa, ma anche se circola o sosta in altri comuni italiani: ad oggi, infatti, il tagliando è rilasciato dai comuni di residenza e ognuno ha le sue regole -:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative di competenza, anche

normative, affinché l'adozione del contrassegno unificato disabili europeo avvenga nel più breve tempo possibile al fine di rendere omogenea la disciplina per rendere più semplice circolare in Europa essendo noto che in alcuni Stati l'attuale tagliando arancione non è considerato valido, per cui il parcheggio nelle strisce riservate può costare una multa.
(4-10458)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

LARATTA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella serata del 7 gennaio 2011, in un agguato nel centro di Reggio Calabria, è stato ucciso il giovane parrucchiere Giuseppe Sorgonà, 25 anni, incensurato. Il giovane è stato ucciso a colpi di arma da fuoco mentre in auto rientrava a casa. Nella stessa auto era presente un bambino di due anni rimasto illeso;
le indagini hanno accertato che l'automobile di Giuseppe Sorgonà, in via Nava è stata affiancata da uno scooter. Il killer ha esploso più colpi di pistola all'indirizzo del giovane che, raggiunto in diverse parti del corpo e alla testa, è morto immediatamente;
questo barbaro assassinio ha gettato nel più completo sconforto i parenti, gli amici e i conoscenti del giovane parrucchiere, che è risultato del tutto estraneo a qualsiasi ambiente malavitoso, e mai è rimasto coinvolto in azioni illecite. Anche nei confronti della famiglia del giovane si nutre un generale apprezzamento, e mai in nessun caso è stata accostata ad ambienti criminali o sfiorata da qualsiasi sospetto;
proprio per questa ragione, il brutale assassinio appare del tutto incomprensibile. E le indagini non hanno dato finora alcuna risposta;
la gente del posto vive nello sconforto il verificarsi di fatti di questo genere, e sente il bisogno di avere risposte che facciano chiarezza su un atto così drammatico;
la Calabria degli onesti, che è la grande parte di questa terra, ha organizzato in questi giorni manifestazioni di solidarietà e vicinanza alla famiglia Sorgonà. Nel contempo ha chiesto allo Stato di mettere in atto tutti gli strumenti per fare luce su questo episodio -:
se sia a conoscenza del mortale agguato al giovane Giuseppe Sorgonà;
quali iniziative intenda promuovere per assicurare adeguate forze e strumenti necessari per garantire un pronto svolgimento delle indagini per identificare gli assassini del povero Giuseppe Sorgonà.
(4-10440)

ZACCHERA e CATTANEO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i pesanti tagli finanziari imposti alle amministrazioni comunali si ripercuotono in maniera sensibile sul numero dei dipendenti comunali che sarà possibile assumere nei prossimi anni, oltre ai limiti di una più generale riduzione della spesa per il personale;
alcune funzioni dei dipendenti potrebbero essere svolte direttamente dagli amministratori comunali, soprattutto nei piccoli comuni;
ad esempio le funzioni di ausiliario al controllo della sosta degli autoveicoli potrebbero essere svolte dal sindaco o dagli assessori, soprattutto nei comuni in cui non vi è alcun vigile urbano in organico -:
se non si ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, al fine di prevedere questa possibilità, permettendo ai comuni di introitare maggiori

risorse e di poter così meglio organizzare e razionalizzare l'attività dei propri dipendenti.
(4-10444)

ZACCHERA e CATTANEO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le richieste per la disponibilità di suolo pubblico, anche di modeste dimensioni, per poter raccogliere firme, disporre di aree per la predisposizione di gazebo e altro prevedono la presentazione ai comuni di una domanda in bollo anche per la sola disponibilità di poche ore;
si riterrebbe opportuno che questo tipo di richieste possa essere predisposto in carta libera o che - in alternativa - fosse versata una somma direttamente alle amministrazioni interessate e che essa in qualche modo possa essere parametrata al valore economico della richiesta e/o al valore civico della motivazione -:
se non si ritenga doveroso da parte del Governo assumere iniziative normative in questo senso in qualche modo dirette a favorire la libera espressione dei cittadini.
(4-10445)

CATANOSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 30 dicembre del 2003 veniva indetto un concorso per 15 «Ispettori amministrativi» nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
la graduatoria di questo concorso, con relativi vincitori ed idonei, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica il 30 dicembre del 2005;
queste date sono essenziali in quanto, a giudizio dell'interrogante, si era in vigenza di blocco delle assunzioni nelle amministrazioni dello Stato con la relativa proroga di validità al 31 dicembre 2010;
il cosiddetto decreto-legge «mille proroghe» prevede il rinnovo della validità al 31 dicembre 2011 per consentire all'amministrazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco l'assunzione degli idonei fino al totale esaurimento della graduatoria;
la carenza di organico del Corpo è nota e certificata ed è diventata inderogabile la necessità di assunzione di nuovo e qualificato personale a tempo indeterminato -:
se sia prevista l'assunzione degli idonei al concorso per 15 ispettori amministrativi nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per coprire i vuoti d'organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
(4-10451)

CATANOSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
circa un anno addietro, durante un controllo finalizzato all'attività illecita di merci contraffatte in corso Sicilia, le volanti della polizia di Stato della questura di Catania vennero aggredite da un gruppo di immigrati clandestini armati di spranghe;
in quella occasione, il sindacato «Autonomi di Polizia» aveva diramato un comunicato stampa in cui si stigmatizzava l'accaduto e si invitavano le autorità a prendere opportuni ed adeguati provvedimenti;
a distanza di un anno, l'ordine pubblico in corso Sicilia e nelle vie limitrofe continua a soffrire e la cittadinanza lamenta l'inefficacia dell'intervento delle forze di polizia;
il culmine si è raggiunto l'11 gennaio 2011 quando alcune volanti della polizia, una squadra del reparto mobile di Catania ed una pattuglia della polizia locale, al fine di contrastare l'attività illecita di merce contraffatta e di immigrazione clandestina venivano impegnate in un controllo in via

Reggio a Catania dove vi sono innumerevoli cittadini extra-comunitari regolari e non;
gli extra-comunitari si sono barricati in uno stabile fatiscente e nel giro di pochissimo tempo tutti gli operatori sono stati letteralmente aggrediti da circa 200 extra-comunitari costringendo tutti gli operatori ad andare via da quel posto senza poter iniziare la perquisizione;
in quell'occasione, piuttosto che i poliziotti e gli altri agenti di polizia, è lo Stato ad essere stato umiliato e se non si è arrivati allo scontro fisico lo si deve alla grande professionalità dimostrata dal dirigente e vice-dirigente l'Upgsp nonché dal personale delle volanti che era sul posto;
non è tollerabile che a Catania, come in qualunque altra città d'Italia, vi siano delle zone franche rispetto alla legalità, all'ordine pubblico ed all'incolumità fisica dei nostri concittadini;
a peggiorare l'accaduto dell'11 gennaio v'è da ricordare che l'indomani anche un negoziante della zona veniva aggredito sempre dagli stessi extra-comunitari perché lo stesso aveva richiesto l'intervento della polizia a tutela del suo negozio -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-10474)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in sede di approvazione della legge di stabilità, con l'approvazione di un emendamento bipartisan, il finanziamento delle istituzioni scolastiche non statali e paritarie è stato reintegrato di 245 milioni di euro;
la ripartizione delle suddette risorse, comprese nel fondo «esigenze indifferibili e urgenti» presso lo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, avviene attraverso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
per il suddetto decreto non è stabilito alcun termine di approvazione e non è prevista la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
tale procedura causa un ritardo insostenibile dagli istituti scolastici che spesso si trovano nella necessità di accendere finanziamenti presso istituti di credito per pagare gli stipendi e per affrontare le spese amministrative e di gestione -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno semplificare la ripartizione delle risorse destinate alle scuole paritarie al fine di garantire a tante famiglie il servizio educativo dell'infanzia.
(5-04074)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 23 agosto 2010 Luciano Perfetto, quaranteseienne di Giuggianello, comune in provincia di Lecce, muore, da quanto riportato dagli organi di informazione, a seguito di una ferita causata da una cinghia metallica che pare si sia sganciata e lo abbia colpito in pieno petto mentre si stavano scaricando balle di lana pressata in un piazzale antistante il capannone della ditta operante nel settore di tessuti;
dal notiziario web www.sanmarinortv.sm si apprendeva che «i camion che

avevano trasportato i materiali fino al piazzale stavano svuotando il carico insieme al carrellista della azienda locale con l'agenzia appaltatrice dello scarico e magazzinamento. Vicino agli autisti c'era Luciano Perfetto che accompagnava un addetto ai lavori del luogo. Durante lo scivolamento del blocco di pressato in lana dal bilico, una cinghia metallica a pressione si è sganciata spezzandosi e per fatalità colpendo in pieno torace il giovane uomo»;
il 18 gennaio 2011 sulla stampa locale emerge un'ulteriore notizia: i parenti dello sfortunato defunto hanno denunciato che il signor Perfetto si trovasse a San Marino e precisamente nel luogo dove è avvenuta la tragedia, non per una sfortunata casualità, ma per lavoro e gli stessi hanno dichiarato che al momento dell'incidente il signor Perfetto stesse scaricando le balle di lana -:
se siano già stati attivati i competenti uffici periferici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per appurare ed approfondire se si tratta di un decesso a seguito di un incidente sul lavoro, poiché, se così fosse, emergerebbe l'utilizzo della pratica di lavoro nero e si dovrebbero, inoltre, rapidamente accertare le responsabilità della morte dello sfortunato Luciano Perfetto, drammaticamente scomparso lasciando soli una moglie e ben tre figli ai quali deve essere fornita una risposta.
(5-04073)

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come ha informato l'agenzia di informazioni «ANSA» il 18 gennaio 2011 si è verificato un grave incidente sul lavoro in un deposito ATAC a Roma, dove un dipendente è rimasto ferito;
secondo una prima ricostruzione durante lo smontaggio dello scambio di un autobus, alcuni supporti di ghisa hanno ceduto e il motore è finito sull'operaio ferendolo -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in merito alla dinamica dell'incidente;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-10446)

TESTO AGGIORNATO AL 30 MARZO 2011

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

AGOSTINI, BRANDOLINI, SERVODIO, SANI, OLIVERIO e ZUCCHI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il regolamento (CE) 1967/2006 prevede dal 1o giugno 2010 la scadenza delle deroghe relativamente alle cosiddette pesche speciali (rossetto, bianchetto e cicerello);
il regolamento sopra citato contempla l'utilizzo di determinati attrezzi per la catture delle specie bersaglio di tali pesche mediante la redazione di specifici piani di gestione da sottoporre all'accettazione della Commissione europea;
di tali piani di gestione solo quello relativo al rossetto per Toscana e Liguria ha registrato il parere positivo del comitato tecnico scientifico ed economico per

la pesca, ma non è operativo, poiché non ha ancora ricevuto l'approvazione da parte della direzione generale MARE;
risulta che il nostro Paese, abbia accumulato un ritardo nella predisposizione degli atti per l'ottenimento delle deroghe già concesse ad altri Paesi;
la scadenza delle deroghe comporta documentati e gravi rischi sul piano socio-economico per la perdita di redditività delle imprese ed il conseguente aumento della disoccupazione nel settore. Lo stesso Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali dichiara che il ricavo derivante dalla pesca del solo bianchetto è stimabile in 17 milioni di euro, concentrato in Sicilia e Calabria ionica;
il settore sta attraversando un generalizzato momento di forte crisi: nell'ultimo lustro si è assistito ad un calo della produttività pari al 41 per cento, ad una riduzione del fatturato pari al 25 per cento, ad un crollo dei livelli occupazionali pari a 17.000 posti di lavoro (passando da circa 46.000 a 29.349 addetti), ad un incremento del 240 per cento dei prezzi del carburante che ha avuto un'incidenza sui costi di produzione fino al 60 per cento per il sistema più colpito, quello dello strascico;
la normativa nazionale di settore, come ad esempio il decreto legislativo di modernizzazione n. 154 del 2004, valorizza il ruolo multifunzionale delle imprese ittiche ed incentiva forme di integrazione al reddito derivante dall'attività di cattura;
il movimento cooperativo e le associazioni ambientaliste hanno sviluppato una lunga e seria collaborazione per rafforzare e valorizzare il binomio pesca-ambiente;
il Governo francese nella legge finanziaria per il 2011 ha previsto finanziamenti per rilanciare i cosiddetti contratti blu tra pescatori ed enti pubblici volti a far giocare al pescatore il ruolo di «guardiano del mare» -:
quali iniziative siano state poste in essere per sollecitare le regioni alla predisposizione dei piani di gestione così come regolamentati dal regolamento (CE) 1967/2006, e per ottenere in attesa dei piani di gestione la concessione delle deroghe per la pesca al «rossetto», così come avvenuto per altri Paesi europei;
se il Governo intenda mettere in campo eventuali azioni al fine di tutelare il diritto al lavoro di coloro che da tempo praticano l'attività delle pesche speciali che ha rappresentato una significativa forma di integrazione del loro reddito, per valorizzare le vocazioni territoriali e garantire la salvaguardia e la tutela degli ecosistemi e della biodiversità, e se intenda soccorrere la categoria tramite l'avvio di un'azione di economia ecologica a favore della collettività che coinvolga i pescatori che praticano l'attività di pesche speciali, sulla scia della positiva esperienza di bonifica del mare del movimento cooperativo della pesca e degli ambientalisti, nonché dei contratti blu francesi.
(5-04076)

Interrogazioni a risposta scritta:

OLIVERIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la scadenza delle deroghe, previste dal regolamento comunitario 1967/2006, relative alle cosiddette «pesche speciali» (bianchetto, rossetto e cicerello), ha destato grande preoccupazione tra quegli addetti del settore che integrano il proprio reddito con questo tipo di pesca;
il mancato esercizio di questa attività comporterà una secca perdita finanziaria delle imprese ittiche, che provocherà un significativo aumento disoccupazione in un settore già in crisi;
il regolamento, operativo dal 1o giugno 2010, avrebbe consentito, seppur razionalizzandone

l'attività, di attutire questo divieto attraverso l'elaborazione di specifici piani di gestione. Tra i piani di gestione presentati dall'amministrazione centrale all'Unione europea, solo quello relativo alla pesca del rossetto ha ricevuto il parere positivo del comitato tecnico-scientifico, ma non è stato approvato dalla direzione generale mare;
per la Calabria questa decisione rappresenta un grave danno che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha stimato per la sola pesca del bianchetto intorno ai 17 milioni di euro;
in Calabria l'attività del bianchetto ha rappresentato storicamente oltre che una specificità per la gastronomia, tanto da essere definito «il caviale calabrese», anche un'importante integrazione del reddito, per un numero cospicuo di operatori del settore. In particolare in Calabria l'attività delle pesche speciali regolamentate insieme a quelle tradizionali sugli ambiti locali (pesce pettine, cicerello e costardella in particolare) coinvolge l'80 per cento delle circa 700 imbarcazioni di piccola pesca costiera per un totale, su questo segmento, di oltre 1000 addetti;
gli effetti nefasti di queste scelte ha prodotto tra il 2003 ed il 2008 una diminuzione delle imbarcazioni (-110), degli occupati (-770 unità), delle catture (-2540) e del valore della produzione (-14 milioni di euro);
la legge di settore della regione Calabria (legge n. 27 del 2004), approvata con un consenso bipartisan e ritenuta meritevole da partr dei portatori di interesse, non è mai stata finanziata, pur contenendo la previsione di strumenti ed azioni che avrebbero potuto contribuire ad un risanamento generale del settore ed in particolare dell'attività delle pesche speciali;
la normativa nazionale di settore, come ad esempio il decreto legislativo di modernizzazione n. 154 del 2004, valorizza il ruolo multifunzionale delle imprese ittiche ed incentiva forme di integrazione al reddito derivante dall'attività di cattura;
il movimento cooperativo e le associazioni ambientaliste hanno sviluppato una lunga e seria collaborazione per rafforzare e valorizzare il binomio pesca-ambiente;
in questo quadro la pulizia dei fondali, che ha visto coinvolti 700 pescatori, 600 subacquei e circa 400 pescherecci, armati anche con il sistema a strascico quale simbolo di un utilizzo diverso da quello spesso criminalizzato, che hanno operato supportati da sofisticate tecnologie, come il Remote operated underwater video (Rov) ha portato alla raccolta in 3 anni di circa 204 tonnellate di rifiuti di vario genere;
il Governo francese nella legge finanziaria 2011 ha previsto finanziamenti per rilanciare i cosiddetti contratti blu tra pescatori ed enti pubblici volti attribuire al pescatore il ruolo di «guardiano del mare» -:
quali iniziative siano state promosse per richiedere, in attesa dei piani di gestione, la concessione delle deroghe per la pesca speciale, come il bianchetto, il rossetto e il cicerello, cosi come è avvenuto per altri paesi dell'Unione europea;
se il Ministro interrogato intenda intervenire a sostegno dell'occupazione di coloro che da tempo praticano l'attività delle pesche speciali che ha rappresentato una significativa forma di integrazione del loro reddito soprattutto in questi anni di crisi che il settore ha affrontato, nonché per valorizzare le vocazioni territoriali e garantire la salvaguardia e la tutela degli ecosistemi e della biodiversità, cercando inoltre di promuovere regole condivise per una pesca sostenibile ed evitare che i nostri mercati possano essere invasi da prodotti esteri che non sempre garantiscono genuinità e freschezza.
(4-10472)

NEGRO e STUCCHI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in data 20 dicembre 2010 sono stati emanati quattro dei sette decreti applicativi del decreto legislativo n. 61 del 2010, il provvedimento quadro di modifica delle norme sui vini a denominazione d'origine;
tali norme attuative riguardano aspetti di particolare importanza, quali lo schedario vitivinicolo, i consorzi di tutela, la disciplina per l'istituzione di nuove Doc, le regole per i concorsi enologici;
per quanto previsto dal richiamato decreto legislativo n. 61 del 2010, ai fini del completamento del quadro delle norme di attuazione, sono rimasti da emanare i decreti sulle commissioni di degustazione e sui contrassegni per distinguere le bottiglie a Doc da quelle a Docg;
la mancata emanazione delle regole sulle commissioni di degustazione, oltre a lasciare incompleto il quadro dei decreti attuativi, crea una grave vuoto normativo, ai fini del corretto svolgimento delle nuove attività di controllo, il cui avvio è previsto per il 20 gennaio 2011;
le principali organizzazioni di rappresentanza, già prima dell'emanazione dei quattro decreti di cui sopra, avevano, formalmente, chiesto che, ai fini del necessario coordinamento fra le diverse misure attuative, tutti e sette i decreti previsti dal decreto legislativo n. 61 del 2010 fossero emanati contestualmente -:
in quali tempi si intenda provvedere all'emanazione dei decreti ancora mancanti, ai fini della corretta attuazione del decreto legislativo n. 61 del 2010 e come si intenda ovviare a tale lacuna normativa, al fine di garantire l'avvio delle nuove attività di controllo, nelle more dell'emanazione delle norme sulle commissioni di degustazione.
(4-10473)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
risultano censiti almeno 97 siti, «contagiati» dall'amianto tra Bologna e provincia;
tra questi, vi sarebbero scuole elementari, istituti professionali, e il palazzo dello sport di Imola, come emerge dall'ultimo censimento (aggiornato al 23 dicembre 2010) degli stabili da bonificare effettuato dalla regione Emilia-Romagna;
la città e provincia di Bologna risultano essere al terzo posto in Emilia-Romagna come numero di siti «contagiati», dopo Modena (129) e Reggio Emilia (107) -:
quali iniziative urgenti, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda promuovere e adottare a fronte di una situazione che appare allarmante per la salute dei cittadini delle zone interessate.
(4-10447)

GIRLANDA. - Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la disciplina inerente alle bevande analcoliche è contenuta nel regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nel decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1958, n. 719, nella legge 3 aprile 1961, n. 286, nella circolare n. 85 del Ministero della sanità dell'8 giugno 1972 e nella circolare n. 135 del 30 giugno 1988;
le disposizioni inerenti alle acque minerali sono contenute nella direttiva 80/777/CEE, nel decreto-legge 25 gennaio 1992, n.105, e nel decreto ministeriale 12 novembre 1992, n. 542;
attualmente nelle etichette delle bevande analcoliche quali succhi di frutta, tè

freddo e bevande gassate di altra natura non compaiono le caratteristiche chimiche e chimico-fisiche altrimenti presenti nelle etichette delle normali acque minerali naturali o frizzanti;
è necessario tutelare i consumatori di tali bevande, fornendo le dovute garanzie sulla natura microbiologica dell'acqua impiegata per la loro preparazione -:
quale sia il motivo dell'assenza di tali indicazioni nelle etichette delle bevande analcoliche;
se si ritenga utile assumere iniziative normative al fine di introdurre l'obbligo di effettuazione delle analisi chimiche e chimico-fisiche delle acque utilizzate nella preparazione di bevande analcoliche.
(4-10453)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

BELLANOVA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la questione del disservizio postale ed, in particolare, del recapito postale nel Salento, segnalata attraverso precedenti interrogazioni, si protrae oramai da mesi. Si è rilevato, tramite denuncia della cittadinanza che molto spesso la posta rimane in giacenza presso l'ufficio postale locale;
il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 1o ottobre 2008 «Approvazione delle condizioni generali per l'espletamento del servizio postale universale», all'articolo 2, reca: «gli invii per corrispondenza comprendono le comunicazioni in forma scritta, anche generate mediante l'ausilio di mezzi telematici, su supporto materiale di qualunque natura che vengono trasportati e consegnati all'indirizzo indicato dal mittente sull'oggetto stesso o sul suo involucro»;
il 27 luglio 2010 Poste Italiane ha dato avvio, in vista della liberalizzazione del mercato postale, definita dalla direttiva comunitaria 2008/6/CE del 20 febbraio 2008, ad un nuovo piano di revisione dell'assetto logistico e del recapito la cui entrata in vigore, in tutte le sue parti, è stata prevista a partire dal 1o gennaio 2011;
questo nuovo modello organizzativo di recapito introduce non solo una nuova concezione del ruolo del portalettere, definendolo nel paragrafo «L'evoluzione del molo del portalettere», ma congiuntamente anche una serie di modifiche inerenti all'orario di lavoro dello stesso. Nella fattispecie: la consegna della posta prioritaria, raccomandata e commerciale verrà eseguita dal lunedì al venerdì dalle ore 8 fino alle ore 16. Mentre dalle ore 14 alle ore 20 saranno espletati i servizi: Dimmiquando, Aspettami, recapito telegrammi, messo notificatore, ritiro a domicilio, ritiro posta registrata. Dall'accordo si evince che tali servizi congiunti con la consegna della posta a firma, con orari concordati, saranno assicurati anche il sabato dalle ore 8 alle ore 14;
con riferimento al sopra citato accordo nazionale, in data 6 ottobre 2010 è stato sottoscritto un accordo per la regione Puglia, che, oltre a recepire le indicazioni nazionali, stabilisce le ricadute occupazionali sul territorio e i relativi accorpamenti dei portalettere da uffici di piccole dimensioni a quelli più grandi;
gli accorpamenti in provincia di Lecce interesseranno molti comuni, ad esempio, i portalettere di Salice Salentino e Guagnano verranno dirottati presso la sede operativa di Campi Salentina, quelli di Frigole, Surbo, Lequile, Lizzanello e San Cesario saranno spostati nel CPO di Lecce, i portalettere di Gagliano del Capo andranno ad essere operavi nella sede di Castrignano del Capo e cosi via;

le organizzazioni sindacali in data 24 novembre 2010 unitariamente hanno redatto un documento nel quale sottolineano diversi punti nevralgici che metterebbero a rischio il recapito postale in provincia di Lecce e nel contempo i diritti sindacali e la tutela dei portalettere, che, attraverso l'applicazione del sopracitato accordo ed in assenza di una effettiva riorganizzazione del sistema postale, sarebbero a rischio;
il documento sindacale reca «nel ricordare l'impegno profuso al tavolo da tutta la delegazione sindacale, approdato ad un accordo epocale per l'intero settore del recapito e nel ricordare gli impegni e le assicurazioni datoriali sull'applicazione di una nuova organizzazione del lavoro che si sarebbe dovuta efficientare senza eccessivi traumi organizzativi per i lavoratori, nella consapevolezza delle difficoltà oggettive di un'azienda a rete come Poste Italiane, garantendo al contempo tutele e diritti contrattuali come quello della sicurezza sui posti di lavoro, registrano seri problemi organizzativi che mettono in serio pericolo la tenuta delle relazioni industriali sul territorio di Lecce»;
nello stesso documento le organizzazioni sindacali in virtù del rispetto degli accordi hanno chiesto l'attivazione di un tavolo tecnico provinciale per ribadire la tutela sindacale dei portalettere, in termini di orario di lavoro, diritto ad un carico equo di lavoro, sicurezza e prevenzione sul luogo di lavoro, tutela e conservazione della posta non recapitata e conseguenti responsabilità patrimoniali e penali, tutela sindacale alla quale è conseguente la tutela del cittadino fruitore del servizio;
il nuovo piano adottato da Poste Italiane se non sufficientemente organizzato in modo capillare rischia di produrre un disservizio alla cittadinanza, la quale in provincia di Lecce già lamenta fortemente problemi di recapito, ma anche una paventata contrazione dei diritti e delle tutele per gli addetti del settore, i quali, a causa di una mancata organizzazione territoriale, possono subire le penalizzazioni derivanti dal piano aziendale -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire con urgenza, vista la prossima liberalizzazione dei servizi postali, per esplicitare quali siano le linee di indirizzo ministeriali attivando congiuntamente con Poste italiane un'azione di monitoraggio degli uffici in sofferenza, al fine di applicare correttamente il piano industriale in questione senza il rischio di penalizzare la cittadinanza, soprattutto nelle aree periferiche, ed i lavoratori.
(4-10455)

GIRLANDA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, recante «Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative», definisce l'accisa come «imposizione indiretta sulla produzione e sui consumi prevista con la denominazione di imposta di fabbricazione o di consumo e corrispondente sovrimposta di confine o di consumo» (articolo 1, comma 2, lettera b) del decreto legislativo n. 504 del 1995);
le accise costituiscono una quota importante delle entrate nel bilancio di ogni Paese, anche perché, come componenti del valore di un prodotto, sono soggette esse stesse all'Iva;
nel caso specifico dei carburanti, in Italia sono state istituite nel tempo una serie di accise, di volta in volta nate per finanziare alcune emergenze, come crisi o disastri naturali, e che ancora oggi permangono gravando sull'acquisto di benzina e gasolio;
risale addirittura al 1935 l'imposta di 1,90 lire per il finanziamento della guerra d'Etiopia, a cui si sono aggiunte le 14 lire per il finanziamento degli interventi connessi alla crisi di Suez del 1956, le 10 lire ciascuno per il finanziamento

degli interventi relativi al disastro del Vajont del 1963, all'alluvione di Firenze del 1966 e al terremoto del Belice del 1968, le 99 lire per il finanziamento degli interventi relativi al terremoto del Friuli del 1976, le 75 lire per il finanziamento di quelli relativi al terremoto dell'Irpinia del l980, le 205 lire per il finanziamento di quelli connessi alla guerra del Libano del 1983, le 22 lire per il finanziamento della missione in Bosnia del 1996, le 39 lire per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004 e infine gli 0,5 centesimi di euro nel 2005 per l'acquisto di autobus ecologici;
prendendo ad esempio il mese di agosto 2009, per un prezzo al consumo della benzina pari a 1,295 euro al litro, ben 0,564 euro sono frutto di accise e 0,215 euro di iva, per un totale di 0,779 euro di tasse, pari al 60 per cento del prezzo del carburante;
le accise incidono in maniera minore sul gasolio, con una percentuale approssimativa compresa tra il 48 per cento e il 56 per cento del prezzo e ancor meno sul gpl, con una quota compresa tra il 35 per cento ed il 41 per cento del prezzo al consumo;
l'articolo 2 della legge n. 203 del 2008 è intervenuto in materia di agevolazioni fiscali disponendo l'introduzione a regime di alcuni benefici che venivano in precedenza annualmente prorogati, nonché la proroga per l'anno 2009 di altre importanti agevolazioni;
la legge n. 99 del 2009 («collegato energia») è intervenuta sui criteri di miscelazione tra biodiesel e gasolio ai fini della fruizione dell'aliquota di accisa agevolata, elevando dal 5 per cento al 7 per cento la quota massima di biocarburante che può essere contenuta nella miscela ottenuta;
il testo unico sulle accise (TUA), di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, è stato oggetto di importanti modifiche operate con il decreto legislativo 29 marzo 2010, n. 48, recante «Attuazione della direttiva 2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE». Il suddetto provvedimento, oltre a recepire ed adeguare la normativa nazionale alla disciplina europea, ha anche provveduto ad armonizzare il regime fiscale delle accise inserendo nel TUA la disciplina contenuta in diversi testi normativi sia di carattere primario che secondario;
appare necessario rilanciare l'economia riducendo la tassazione sui consumi, il lavoro, l'occupazione, i trasporti su gomma, la competitività, nonché il costo della vita per le famiglie, attuando le politiche necessarie a contenere i costi del carburante;
va tenuto conto del frequente rischio di rincari sul prezzo dei carburanti, particolarmente soggetti alle variazioni dei mercati, alle condizioni climatiche ed all'aumento dei costi delle varie fasi di lavorazione;
vanno altresì considerate le numerose petizioni delle associazioni dei consumatori, di categoria e dei cittadini volte a richiedere la riduzione delle accise relative a particolari eventi o momenti storici lontani nel tempo, il cui carattere transitorio è oramai concluso, come nel caso del conflitto italo-etiopico degli anni Trenta -:
se i Ministri interrogatiintendano promuovere una riduzione a breve termine delle accise sui carburanti ed in quale misura;
quali siano le modalità attraverso le quali difendere i consumatori dal fenomeno del «caro benzina»;
quale sia il computo dei benefici fiscali, in termini economici, ottenuti con l'introduzione a regime da parte dell'attuale Esecutivo di alcune agevolazioni che venivano in precedenza annualmente prorogate.
(4-10457)

PORFIDIA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta un articolo dell'AgenParl del 14 gennaio 2011, l'ufficio postale del comune di Alfano, un piccolo centro dell'entroterra cilentano lungo la valle del Mingardo, è sprovvisto di un postino da circa due settimane;
secondo la notizia stampa il precedente addetto allo smistamento della posta sarebbe andato in pensione e non avrebbe ancora un sostituto, con il risultato che i cittadini di Alfano non ricevono più la posta, la quale al momento è depositata nell'ufficio postale di Laurito, paese che dista 3,5chilometri da Alfano;
il comune di Alfano conta circa 1.300 abitanti e la cittadinanza non ha ricevuto alcuna comunicazione da parte delle poste locali, né che avvisasse del disservizio né sulle cause dello stesso;
il sindaco di Alfano Angelo Grosso si sarebbe subito attivato presso il direttore dell'ufficio postale di Vallo della Lucania - dal quale dipende l'ufficio postale di Alfano - che a sua volta ha individuato la responsabilità del caso nella sede centrale di Napoli;
al momento il problema non ha ancora trovato soluzione e i cittadini di Alfano continuano a non ricevere la posta -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'episodio indicato in premessa e, in caso affermativo, quali iniziative intenda assumere al fine di assicurare il ripristino al più presto del servizio postale di Alfano;
quali siano le ragioni che hanno determinato il disservizio e quali azioni intenda intraprendere affinché situazioni del genere non si abbiano a ripetere.
(4-10476)

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Apposizione di firme a risoluzioni.

La risoluzione in Commissione Tommaso Foti n. 7-00464, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Polledri, Alessandri.

La risoluzione in Commissione Fogliato n. 7-00466, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Apposizione di firme ad interpellanze.

L'interpellanza urgente Polledri e altri n. 2-00932, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interpellanza urgente Narducci e altri n. 2-00934, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lucà.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Nicola Molteni n. 4-08795, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Nicola Molteni n. 4-08796, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Nicola Molteni n. 4-08797, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Nicola Molteni n. 4-08798, pubblicata

nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Nicola Molteni n. 4-08799, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Nicola Molteni n. 4-08801, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Nicola Molteni n. 4-08802, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Nicola Molteni n. 4-08874, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Nicola Molteni n. 4-09176, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Nicola Molteni n. 4-09177, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta in Commissione Marco Carra e altri n. 5-04038, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Beccalossi.

L'interrogazione a risposta in Commissione Codurelli e Lulli n. 5-04055, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Velo.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Comaroli e altri n. 5-04068, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.