XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di lunedì 24 gennaio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 24 gennaio 2011.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Barbareschi, Barbi, Bergamini, Berlusconi, Bocchino, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Bratti, Brunetta, Buttiglione, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Gianni Farina, Fava, Fitto, Franceschini, Franzoso, Frattini, Galati, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Libè, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Miccichè, Leoluca Orlando, Pecorella, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Rivolta, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Stefani, Stucchi, Tremonti, Vitali, Vito, Volontè, Zacchera, Zeller.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Barbareschi, Berlusconi, Bocchino, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Bratti, Brunetta, Buttiglione, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Gianni Farina, Fava, Fitto, Franceschini, Franzoso, Frattini, Galati, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Libè, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Leoluca Orlando, Pecorella, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Rivolta, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Stefani, Stucchi, Tremonti, Vitali, Vito, Volontè, Zacchera, Zeller.

Annunzio di proposte di legge.

In data 20 gennaio 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
MARCHIONI: «Trasformazione dell'ENIT-Agenzia nazionale del turismo in società per azioni a maggioranza pubblica per la promozione e la commercializzazione dei prodotti turistici nazionali in Italia e all'estero» (4017);
DE TORRE: «Interventi finanziari per il potenziamento e la qualificazione dell'integrazione scolastica degli alunni immigrati o figli di immigrati e per la promozione della dimensione interculturale dei saperi» (4018);
DI CENTA: «Norme in materia di previdenza e di tutela della maternità per gli atleti non professionisti» (4019);
NIZZI: «Istituzione delle professioni di fisico e di fisico medico» (4020).

In data 21 gennaio 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
VIGNALI: «Modifiche al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di determinazione del reddito di lavoro autonomo, e altre disposizioni in materia di esercizio delle attività professionali e dell'iniziativa privata, nonché delega al Governo per l'adozione di misure volte a favorire l'avvio e lo sviluppo delle attività economiche» (4021);
NASTRI: «Modifica all'articolo 9 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454, concernente l'assunzione di operai agricoli con contratto di lavoro a tempo determinato da parte del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura» (4022);
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE GOZI ed altri: «Modifica degli articoli 56 e 58 della Costituzione, in materia di elettorato attivo e passivo per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica» (4023).

Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di un disegno di legge.

In data 21 gennaio 2011 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
dal ministro degli affari esteri:
«Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Albania, aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 ed alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, ed inteso a facilitarne l'applicazione, fatto a Tirana il 3 dicembre 2007, con Scambio di Note effettuato a Tirana il 18 e 19 settembre 2008» (4024).

Sarà stampato e distribuito.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge LUSSANA: «Modifica all'articolo 442 del codice di procedura penale. Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo» (668) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Di Pietro e Angela Napoli.

La proposta di legge REGUZZONI ed altri: «Disposizioni concernenti l'impiego delle persone anziane da parte delle amministrazioni locali per lo svolgimento di lavori di utilità sociale» (2549) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Rondini.

La proposta di legge LULLI ed altri: «Disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilità mediante veicoli che non producono emissioni di anidride carbonica» (2844) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Lucà.

La proposta di legge BOBBA ed altri: «Delega al Governo per la riforma della disciplina del codice civile in materia di associazioni, di fondazioni e di altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, nonché istituzione dell'Agenzia per il Terzo Settore» (3683) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Binetti, Calgaro, D'Incecco, Ginoble, Sanga e Viola.

La proposta di legge BOBBA ed altri: «Misure a sostegno dell'impresa sociale» (3867) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Binetti, Calgaro, D'Incecco, Ginoble, Sanga e Viola.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
IANNUZZI ed altri: «Modifiche all'articolo 51 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di rieleggibilità alla carica di sindaco nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti» (3961).

II Commissione (Giustizia):
CARLUCCI: «Introduzione dell'articolo 317-ter del codice civile, concernente il diritto di visita dei nonni» (3955) Parere delle Commissioni I, V e XII;
CARLUCCI: «Modifica dell'articolo 348 del codice penale in materia di esercizio abusivo di una professione» (3956) Parere della I Commissione;
LUSSANA ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, in materia di tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire» (3963) Parere delle Commissioni I, V e VI;
CARLUCCI: «Soppressione dei tribunali per i minorenni e istituzione di sezioni specializzate per la famiglia e per i minori presso i tribunali e le corti d'appello nonché di uffici specializzati delle procure della Repubblica presso i tribunali» (3965) Parere delle Commissioni I, V, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

IV Commissione (Difesa):
CODURELLI ed altri: «Disposizioni concernenti il reclutamento delle cittadine italiane nel Corpo militare della Croce rossa italiana» (3977) Parere delle Commissioni I, II, V, VII, XI e XII.

V Commissione (Bilancio):
CARLUCCI: «Modifiche alla legge 20 maggio 1985, n. 222, in materia di destinazione di una quota dell'otto per mille del gettito dell'IRPEF a diretta gestione statale al finanziamento di progetti di studio e ricerca sulle cellule staminali adulte» (3957) Parere delle Commissioni I, VII e XII.

VI Commissione (Finanze):
CARLUCCI: «Modifica all'articolo 2 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, in materia di aliquote agevolate dell'imposta comunale sugli immobili per le unità immobiliari locate a studenti universitari» (3958) Parere delle Commissioni I, V, VII e VIII.

VII Commissione (Cultura):
APREA ed altri: «Disposizioni per il finanziamento di interventi di manutenzione e consolidamento del Duomo di Milano» (4013) Parere delle Commissioni I, V e VIII.

X Commissione (Attività produttive):
CARLUCCI: «Istituzione della Commissione parlamentare per l'innovazione tecnologica» (3954) Parere delle Commissioni I, V, VII e IX.

XI Commissione (Lavoro):
NEGRO ed altri: «Modifica all'articolo 42 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, concernente la durata massima complessiva del congedo spettante per l'assistenza di ciascun figlio con invalidità grave» (3949) Parere delle Commissioni I, V, X e XII.

XII Commissione (Affari sociali):
ARACRI ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 116, in materia di tutela degli animali utilizzati a fini sperimentali o per altri fini scientifici» (3837) Parere delle Commissioni I, II, V, VII, X, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
CONCIA ed altri: «Norme in materia di distribuzione di profilattici e di materiale informativo nelle università e nelle scuole secondarie superiori, per la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili» (3898) Parere delle Commissioni I, V, VII, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
QUARTIANI ed altri: «Istituzione della figura dell'odontoiatra di famiglia» (3975) Parere delle Commissioni I, V, VI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia):
CAPARINI ed altri: «Disposizioni concernenti le indagini giudiziarie sui reati di corruzione, concussione, ricettazione e riciclaggio dei proventi di attività illecite» (3922) Parere delle Commissioni V, VI e VIII.

Commissioni riunite VIII (Ambiente) e IX (Trasporti):
NASTRI: «Istituzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza stradale e altre disposizioni per la sicurezza della circolazione e per l'assistenza alle vittime della strada» (3948) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal ministro del turismo.

Il ministro del turismo, con lettera in data 17 gennaio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta negli anni 2007 e 2008 dall'ENIT - Agenzia nazionale del turismo, con allegati i bilanci di previsione e le relative variazioni, i conti consuntivi e le piante organiche, riferiti alle medesime annualità.
Questa documentazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 20 gennaio 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sui ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2003/71/CE e 2009/138/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) e dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) (COM(2011)8 definitivo), che, in data 21 gennaio 2011, è stata assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla VI Commissione (Finanze) con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea). La predetta proposta è stata altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 21 gennaio 2011.

La Commissione europea, in data 20 e 21 gennaio 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Sviluppare la dimensione europea dello sport (COM(2011)12 definitivo) e relativo documento di accompagnamento - Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Sintesi della valutazione d'impatto (SEC(2011)68 definitivo), che sono assegnati in sede primaria alla VII Commissione (Cultura);
Relazione della Commissione sul cambiamento indiretto di destinazione dei terreni correlato ai biocarburanti e ai bioliquidi (COM(2010)811 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Valutazione intermedia dei programmi europei di radionavigazione via satellite (COM(2011)5 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

Il Ministero dell'interno, con lettere in data 18 gennaio 2011, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dei decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Cerreto Sannita (Benevento), Nizza Monferrato (Asti), Fragagnano (Taranto), e Oria (Brindisi).

Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

Il presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con lettera in data 18 gennaio 2011, ha trasmesso una segnalazione in merito allo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (atto del Governo n. 302).

La suddetta documentazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente), alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI AMICI ED ALTRI N. 1-00512, MURA ED ALTRI N. 1-00532, BINETTI ED ALTRI N. 1-00534 E SALTAMARTINI, LUSSANA, POLIDORI ED ALTRI N. 1-00538 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE AL CONTRASTO DI OGNI FORMA DI VIOLENZA NEI CONFRONTI DELLE DONNE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
tramite la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, invitando i Governi, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative ad organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica in quel giorno;
ci si trova a vivere un inizio di secolo in cui il grande tema dei diritti umani si ripropone in tutta la sua drammaticità e chiama in causa la responsabilità di istituzioni e politica: questo significa fare i conti, in primo luogo, con la violazione dei diritti umani delle donne, a partire dalla dignità del loro corpo;
come hanno dichiarato numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, del Parlamento europeo, di organismi sovranazionali e come hanno sottolineato le prese di posizione di associazioni e studiosi, assumere una visione e un piano per i diritti umani significa oggi per la politica mettere al centro innanzitutto i diritti umani delle donne, il cui riconoscimento determinerà il profilo democratico, la convivenza futura e la stessa crescita economica e civile;
il «libro nero» dei diritti umani delle donne è noto nella sua crudezza e tragicità: è aperto un conflitto nel mondo, una vera e propria guerra sparpagliata, che ha come oggetto il dominio sul corpo delle donne;
nel mondo, dunque, una donna su tre, nella sua vita, è stata o è destinata a essere almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica e il 70 per cento delle donne assassinate muore per mano di parenti;
i dati Istat riferiti al 2006 ed elaborati nel 2007 (non si dispone, allo stato, di dati ufficiali più recenti, poiché il dipartimento per le pari opportunità non ha provveduto all'aggiornamento delle statistiche di genere) parlano chiaro: sono 6 milioni e 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni che sono rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della vita; circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (il 4,8 per cento della popolazione femminile globale); il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner. Il 24,7 per cento delle donne ha subito violenze da un altro uomo, 2 milioni e 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking), dai partner al momento della separazione; nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; ciò che possiamo definire come il «sommerso» è tuttora elevatissimo e rag giunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner; anche nel caso degli stupri la quasi totalità non viene denunciata;
il rispetto dei diritti umani delle donne assurge, ancora una volta, a simbolo di civiltà e di riconoscimento dei diritti umani e civili di ogni persona, dell'uguaglianza innanzi alla legge e del contrasto a ogni forma di discriminazione, diritti sanciti nella Costituzione italiana e nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
il nostro Paese non fa certo eccezione: in Italia il fenomeno della violenza nei confronti delle donne, terribile e declinata in molti modi, è purtroppo fuori controllo;
il 25 novembre del 2008 il Parlamento aveva approvato all'unanimità il dispositivo di una mozione presentata dal gruppo del Partito democratico, la n. 1-00070, che impegnava il Governo: «a presentare in Parlamento al più presto il piano d'azione elaborato dal dipartimento per le pari opportunità in coordinamento con i ministeri interessati, la conferenza Stato-regioni, le forze dell'ordine, i centri antiviolenza e gli operatori di giustizia; a prevedere per l'attuazione del piano d'azione adeguate risorse per il suo funzionamento, a partire dallo stanziamento già previsto dalla finanziaria vigente, nonché un aumento progressivo; a promuovere, altresì:
a) un programma di educazione e formazione al rispetto della donna, della persona e dei diritti umani a partire dalle scuole;
b) la predisposizione di codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, per l'immagine femminile e, più complessivamente, per i linguaggi violenti e prevaricanti;
c) iniziative volte a sensibilizzare l'opinione pubblica attraverso campagne informative sul tema della violenza contro le donne e a rendere le donne consapevoli degli strumenti a disposizione per la loro tutela, tra cui il sostegno dei numeri verdi;
d) il potenziamento della rete dei centri antiviolenza presenti sul territorio nazionale, che prestano un servizio di fondamentale importanza alle vittime di sopraffazione e di violenza;
e) la previsione di iniziative specifiche per la formazione del personale socio sanitario, delle forze dell'ordine e degli operatori di giustizia;
f) azioni positive per l'assistenza legale e psicologica delle vittime di violenza sessuale;
g) le iniziative legislative contro gli atti persecutori e la violenza sessuale, attraverso l'introduzione di norme che garantiscano una seria azione di prevenzione, la certezza della pena e la tutela e la dignità delle vittime dei reati»;
nonostante gli impegni assunti dal Governo ormai due anni fa, oggi le principali reti di associazionismo femminile, impegnate sui temi della tutela della donna e dei servizi territoriali contro la violenza, si trovano a dovere lanciare un grido di allarme per la chiusura forzata di numerosi centri antiviolenza e case rifugio in molto zone del territorio nazionale;
si parla, ad esempio, di Genova, con la paventata chiusura del centro antiviolenza di via Mascherona e gli sportelli territoriali di ascolto e aiuto per le donne in difficoltà, di Catania, con la chiusura del centro antiviolenza «Thamaia», della Calabria, con l'annunciata chiusura del centro antiviolenza donne «Roberta Lanzino», di Palermo, con la vicenda del centro antiviolenza «Le onde», e di tante altre zone d'Italia;
la chiusura dei centri, interamente finanziati dagli enti locali, appare essere la diretta conseguenza della drastica riduzione dei trasferimenti a regioni, province e comuni a seguito delle rigide misure di controllo del debito pubblico prese dal Governo;
anche laddove i centri non rischiano direttamente la chiusura, la riduzione dei trasferimenti economici ridimensiona gravemente le attività e la dimensione dei servizi erogati e, in generale, indebolisce il senso stesso dei centri antiviolenza, che vanno considerati servizi essenziali e riconosciuti come parte essenziale e di un sistema integrato;
con l'approvazione della normativa sullo stalking si è fatto certamente un passo avanti sul tema della tutela della donna, ma intervenire solo sul circuito penale non è certo sufficiente se manca del tutto una cultura della prevenzione e dell'assistenza delle vittime: inoltre appare evidentemente inutile intervenire con leggi nazionali se poi, sui territori, non si finanziano i servizi operativi, anzi li si costringono alla chiusura per totale mancanza di risorse economiche;
inoltre, va considerato che i centri antiviolenza costituiscono un vero e proprio investimento non solo in termini «sociali» ma anche in senso economico per il Paese, perché una donna accolta in un centro «costa» sette volte in meno rispetto al caso in cui la donna vittima di violenza venga assistita dai servizi sociali;
la legge di stabilità non prevede alcun finanziamento per il fondo contro la violenza sulle donne e stanzia, invece, a favore del fondo per le pari opportunità, solo un esiguo e assolutamente insufficiente stanziamento di due milioni,

impegna il Governo

ad avviare, prevedendo un'adeguata copertura economica, un piano d'intervento nazionale, curato dal dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in accordo con la Conferenza unificata, mirato al sostegno di case rifugio e centri antiviolenza, alla predisposizione di campagne informative e formative nonché di un sistema di misure a tutela delle vittime della violenza e alla costruzione di azioni concrete di prevenzione, nonché ad assumere ogni iniziativa diretta a incrementare i fondi stanziati a favore del dipartimento per le pari opportunità per il finanziamento della rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio al fine di scongiurarne la chiusura e il ridimensionamento, dando finalmente a questi fondamentali servizi una stabilità e il senso di appartenere ad un sistema strutturato e integrato.
(1-00512)
«Amici, Lenzi, Villecco Calipari, Franceschini, Ventura, Maran, Boccia, Quartiani, Giachetti, Rosato, Bellanova, Bobba, Bocci, Bossa, Brandolini, Bucchino, Castagnetti, Causi, Cenni, Codurelli, Concia, Coscia, D'Incecco, De Biasi, D'Antona, Esposito, Farinone, Ferranti, Fontanelli, Froner, Garavini, Gatti, Genovese, Ghizzoni, Gnecchi, Grassi, Lulli, Madia, Marchi, Mariani, Mastromauro, Mattesini, Mazzarella, Melis, Mosca, Motta, Murer, Narducci, Pedoto, Peluffo, Pes, Pizzetti, Porta, Pollastrini, Rossa, Rossomando, Samperi, Schirru, Sereni, Servodio, Siragusa, Tidei, Tullo, Vannucci».
(13 dicembre 2010)

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 463, della legge finanziaria per il 2008, l'ultima del Governo Prodi, finanziava con 20 milioni di euro un piano contro la violenza sulle donne, piano che si sarebbe concretizzato, oltre che nell'erogazione di risorse al fondo contro la violenza sulle donne e di genere ed ai centri e alle associazioni specializzate, in una campagna di rieducazione al rispetto e alla dignità verso le donne, che avrebbe raggiunto le istituzioni locali, gli organi mediatici, le scuole, la pubblicità ed i programmi televisivi;
il piano ricalcava la legge organica contro la violenza sulle donne, varata con serietà ed efficacia dalla Spagna nel 2004, che riconosce la violenza - anche quando abbia luogo fra le mura domestiche - come problema sociale di cui i poteri pubblici devono farsi carico per prevenire e porre rimedio attraverso sistemi adeguati, non limitandosi ad inasprire le pene: in quest'ottica è stato predisposto un intervento integrato e multidisciplinare che deriva dal fatto di considerare, quale origine delle violenza sessista, la discriminazione della donna nella società, al fine di consentire l'adozione di trattamenti differenziati per sesso, al contempo organizzando una vera e propria campagna educativa capillare;
uno dei primi atti del Governo insediatosi con l'avvio della nuova legislatura, quella attualmente in corso, è stato quello di tagliare i fondi stanziati per il sostegno alle donne vittime di violenza e per la prevenzione;
nel nostro Paese, nell'anno appena trascorso, oltre 120 donne hanno perso la vita per mano, nella maggioranza dei casi, di mariti, fidanzati o ex partner: spesso la morte o altri atti di violenza gravi sono giunti in seguito alla decisione delle vittime di interrompere una relazione;
guardare alle statistiche può essere d'aiuto a capire la situazione: i numeri dicono che in Italia ci sono 14 milioni di donne vittime di violenza di cui ben tre milioni tra le mura domestiche, drammi vissuti nel silenzio e nell'indifferenza: in Italia una donna su tre subisce violenza fisica e sessuale, soprattutto tra le mura di casa, e si stima possano essere circa il 65 per cento della popolazione femminile; un milione e 400 mila donne hanno patito uno stupro prima dei 16 anni, ma il 96 per cento delle violenze non viene denunciato, il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una volta violenza fisica o sessuale dal partner, attuale o ex, mentre il 24,7 per cento le ha ricevute da un altro uomo;
secondo dati Istat, solo il 18,2 per cento delle donne considera la violenza patita in famiglia un «reato», mentre il 44 per cento la giudica semplicemente «qualcosa di sbagliato» e ben il 36 per cento solo «qualcosa che è accaduto»;
nel lontano 2002, il Consiglio d'Europa ha varato una raccomandazione (n. 5/02) in cui sottolineava che la violenza maschile contro le donne è il maggior problema strutturale della società che si basa sulla ineguale distribuzione di potere nelle relazioni tra uomo e donna;
più di recente, la Commissione europea, nella conferenza del 31 gennaio 2009, ha ribadito la necessità di individuare percorsi utili «per eliminare tempestivamente ruoli tradizionali e stereotipi legati al genere, in particolare nei settori della educazione, formazione, cultura», anche sostenendo «la partecipazione delle donne all'economia e ai processi decisionali in materia politica»;
l'Unione europea mostra un orientamento ed una volontà tesi ad affrontare il cuore del problema: la violenza sessista quale manifestazione di abuso derivante da situazioni di svantaggio sociale e politico a sfavore delle donne, definendo anche un percorso promozionale di opportunità e diritti, quale risposta complessa e coinvolgente i pubblici poteri per l'avvio alla soluzione di un problema complesso, soprattutto a causa del suo persistente radicamento nel tessuto sociale;
la Dichiarazione dell'Onu sull'eliminazione della violenza contro le donne definisce quest'ultima come ogni atto di violenza basata sul genere che risulti, o possa risultare, in un danno fisico, psicologico o sessuale sofferto dalle donne: gli atti in questione includono la violenza fisica, l'abuso o la coercizione sessuale, o la molestia sessuale;
l'aggressività maschile, sottolinea l'Onu, è la prima causa di morte e di invalidità per le donne tra i 16 ed i 44 anni di tutto il mondo;
eppure, nonostante gli appelli, i proclami, i buoni intendimenti, il mondo non si è spinto molto avanti nel mettere fine alla violenza ed all'abuso sessuale contro donne e bimbe, che comportano lesioni non solo sotto il profilo psico-fisico ma anche sul piano dei diritti umani;
ugualmente può dirsi per i luoghi politico-istituzionali, pervasi da un antico disinteresse unito a coriacea noncuranza nei confronti della questione femminile, a volte con un messaggio esplicito, altre volte con venature ammiccanti o paternalistiche;
peggio, attualmente la sessualità sta entrando prepotentemente nella sfera pubblica, politico-istituzionale, portando allo scoperto i legami tra una sessualità «di servizio», come quella femminile, e il potere che ne gode i benefici, compensandoli con protezione, denaro, doni, onorificenze;
il rapporto tra i sessi riscontrabile nello scambio di sesso con cariche di rappresentanza o benefici di varia natura non solo investe le persone, ma la democrazia stessa e la credibilità delle istituzioni che rappresentano: ciò non può che riversarsi in modo infausto nella quotidianità del comune cittadino, acuendone il maschilismo e l'aggressività;
benché l'Italia detenga la non invidiabile definizione di «fanalino di coda» quanto a condizione femminile, pochi si indignano, la gran parte dell'opinione pubblica risulta indifferente, inerte nonostante al tema della dignità e del corpo offesi delle donne reagiscano associazioni femministe, libri e campagne, una delle quali, in particolare, ha assunto la forma di un documentario, della durata di 25 minuti, sull'uso del corpo della donna in tv, curato da Lorella Zanardo e Marco Malfi Chindemi, visionato in tutto il mondo grazie alla tecnologia internet: gli autori hanno dichiarato di essere partiti da un'urgenza, dalla constatazione che le donne, le donne vere, stiano scomparendo dalla tv e che siano state sostituite da una rappresentazione grottesca, volgare e umiliante, che cancella l'identità delle donne, che sta avvenendo sotto lo sguardo di tutti ma senza che vi sia un'adeguata reazione, nemmeno da parte delle donne medesime;
il documentario mostra esclusivamente immagini televisive che hanno in comune l'utilizzo manipolatorio del corpo delle donne, per raccontare quanto sta avvenendo non solo a chi non guarda mai la tv, ma specialmente a chi la guarda ma «non vede», al fine di interrogarsi sulle ragioni di questo «pogrom, di cui siamo tutti spettatori silenziosi»: ciò che emerge è un'anomalia tutta italiana, la banalizzazione della rappresentazione della donna, raccontata come se non avesse rispetto di sé e gli altri non la rispettassero;
il documentario ha poi dato particolare risalto alla cancellazione dei volti adulti in tv, al ricorso alla chirurgia estetica per cancellare qualsiasi segno del passaggio del tempo e alle conseguenze sociali di questa rimozione: l'apparenza fisica rischia di tradursi in ulteriore fattore di discriminazione, una selezione «estetica» che ha conseguenze drammatiche anche nell'ambito lavorativo e professionale e che recentemente ha lambito, in forma di sospetto, finanche le istituzioni e la selezione delle rappresentanti politiche;
resta, comunque, il fatto che di donne ce ne sono ben poche nei consigli di amministrazione, nel business dell'impresa, nelle funzioni di responsabilità ed i recentissimi dati Istat mostrano un panorama ancora peggiore;
dal rapporto Istat «Noi Italia», appena pubblicato, emerge che nel nostro Paese quasi una donna su due non ha un'occupazione né la cerca più, in particolare, il tasso di inattività femminile italiano è il secondo in Europa, inferiore solamente a quello di Malta; se in tutti i Paesi dell'Unione i tassi di inattività degli uomini (22,2 per cento nella media comunitaria) risultano inferiori a quelli delle donne (35,7 per cento), è anomalo e preoccupante il dato del nostro Paese circa l'accentuato differenziale di genere, pari ad oltre 22 punti percentuali: il livello di inattività maschile è pari al 26,3 per cento, più o meno in linea con la media europea, mentre quello femminile è straordinariamente elevato, essendo pari al 48,9 per cento;
la questione è all'ordine del giorno, indagata da organi d'informazione e specialisti di ricerche sociologiche: ad esempio, un articolo del New York Times dell'11 ottobre 2010 attribuisce al «machismo» dei Paesi del Sud Europa lo scarso sviluppo e la fragilità delle loro basi economiche, esaminando accuratamente la qualità e la misura dell'esclusione femminile;
è perfino superfluo affermare che l'espulsione delle donne dal mercato del lavoro e il loro confinamento nel precariato toglie loro indipendenza economica e autonomia, cosa che crea un circolo vizioso;
ci si chiede quanto debba ancora incrementarsi per diventare «significativa» la violenza maschile contro le donne e se non bastino i rapporti allarmanti di tutte le organizzazioni nazionali ed internazionali, insieme alla catena di omicidi, stupri e violenze quasi quotidiani, perché le istituzioni pubbliche arrivino a riconoscerne la gravità e la portata politica eccezionale;
la nostra società fatica ancora a riconoscere pienamente il profondo disvalore della condotta maschile violenta - sessuale, fisica, psicologica - realizzata contro le donne, anche a causa della confusione creata da alcuni modelli che vengono sistematicamente proposti: «si tratta di una forma di violenza sottile nuova per i parametri di riferimento estetici e di presunta affermazione sociale, ma vecchia per il modo di considerare la donna» (Fabio Roia, ex componente del Consiglio superiore della magistratura, 2009);
due anni or sono, la recrudescenza degli stupri e delle violenze ha comportato, quale riflesso condizionato da parte del Governo, la messa in campo di misure emergenziali attraverso la militarizzazione del territorio anche finalizzata al respingimento dei migranti: con ciò si è nascosta una verità assodata, che il luogo privilegiato delle violenze sono le mura domestiche, contesto in cui prevalentemente si origina e si coltiva la violenza sessista contro le donne;
rispetto alla violenza contro le donne l'approccio è rimasto nell'ambito del diritto criminale - comportamenti previsti e puniti, una volta messi in atto, a posteriori, secondo le tipologie di reato, atti di violenza sessuale, percosse, lesioni personali, violenza privata, minacce, maltrattamenti, violazione degli obblighi di assistenza famigliare e così via - compresa, in parte, anche la recente normativa che ha introdotto, pur lodevolmente, il reato di stalking, nata come decreto-legge dal titolo-simbolo «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori»;
nulla è pensato in ordine alle cause e alla situazione predisponente, in quanto gli interventi istituzionali sono rigidamente costretti nel quadro della sicurezza pubblica e del contrasto a comportamenti delittuosi;
l'uguaglianza fra i sessi incontra un ostacolo insormontabile nella violenza quotidianamente perpetrata contro molte donne da parte di molti uomini; non può esistere pari opportunità per una democrazia paritaria se il fenomeno non viene considerato dalle istituzioni quale problema sociale grave, assumendosene la responsabilità attraverso un messaggio culturale e politico di contrasto e facendosi carico di azioni mirate in particolare alla prevenzione, oltre che alla doverosa repressione;
nel documento «Sessismo: la violenza che tutti evitano di nominare» (gennaio 2009), elaborato da alcune associazioni di donne, si legge che «la violenza contro le donne, anche domestica, non può mai essere un fatto privato, ma è un'indecenza pubblica che le istituzioni non possono ignorare o mistificare attraverso la scorciatoia dell'utilizzo del diritto criminale come risposta esclusiva o preponderante. Ben altri livelli occorre agire per contrastare questo grumo di violenza ancestrale, sedimentato nell'immaginario maschile, che va contrastato a partire dai primissimi messaggi che i bambini ricevono dalla famiglia, dalla scuola e dalla società»;
nel nostro Paese, ove più marcata risulta la disuguaglianza fra i sessi, ove anche i media indulgono in un'immagine poco dignitosa se non degradata della donna, non è più il tempo di escogitare tecnologie di protezione per le donne, di gridare a pene severe e punizioni esemplari: ciò è stato fatto, ma non è bastato e non può bastare;
i pregiudizi e gli stereotipi dei quali sono vittime le donne non possono essere regolati solo sulla base del diritto criminale e delle norme giuridiche;
impressionante è l'attuale regressione quasi collettiva rispetto al riconoscimento della dignità delle donne, che colpisce anche inconsapevoli, al momento, bambini e ragazzi maschi; il modello «velina» e tutte le immagini pubblicitarie che rappresentano la donna solo come corpo erotico, hanno sicuramente contribuito a incrementare quella «violenza sottile» che reca discredito preconcetto verso le donne: chi lavora nella scuola e nei servizi sociali denuncia una situazione spesso molto critica nei comportamenti degli adolescenti maschi, inclini verso le loro coetanee e non solo, a comportamenti violenti, individuali e di gruppo;
non è ancora chiaro se si è di fronte ad una recrudescenza quantitativa delle violenze contro le donne o ad un aumento delle denunce da parte delle donne, resta il fatto che non possono essere tollerabili le manifestazioni estreme del «machismo» e della prevaricazione maschile e, banalmente, resta il fatto che violenze, abusi e stupri finiranno quando gli uomini smetteranno di perpetrarli;
è giunto il momento, per le istituzioni pubbliche, di una chiara presa di posizione e di un'assunzione di responsabilità che, in parte, può essere soddisfatta da un piano organico e multidisciplinare di intervento, destinato a conoscere e ad affrontare la complessa problematica nei suoi vari aspetti, una sorta di piano nazionale onnicomprensivo che mira ad un cambiamento della cultura e delle relazioni reciproche fra i generi in vari campi sociali;
doveroso risulta, in particolare, l'impegno da parte di tutte le donne che ricoprono ruoli istituzionali a proporre, seguire e curare ad ogni livello le misure necessarie ad una svolta di civiltà e di pensiero e ad una nuova pedagogia del rispetto e della dignità delle donne;
va ricordato che contro il fumo è stata scatenata una campagna di sensibilizzazione imponente, che ha coinvolto anche le istituzioni europee, che è giunta ad impostare una nuova cultura e che ha condotto all'abolizione delle sigarette dai film e dalle pubblicità al fine di non istigare a comportamenti nocivi per la salute, segno ed esempio evidente che pensiero e cultura possono essere modificati, anche radicalmente,

impegna il Governo:

a promuovere, al fine di spezzare la catena della continuità generazionale, una riflessione pubblica sulla questione eminentemente sociale e culturale della violenza contro le donne, che coinvolga uomini e donne, famiglie, scuole ed università, luoghi della politica e dell'informazione, mondo del lavoro;
ad assumere iniziative per dotare il fondo contro la violenza sessuale e di genere di risorse adeguate agli obiettivi di competenza e per reintegrare le risorse sottratte ai centri antiviolenza e alle case delle donne maltrattate, al fine di cancellare la sensazione di indifferenza istituzionale;
a promuovere e curare - attraverso il coinvolgimento di tutti i poteri pubblici competenti, centrali e territoriali - campagne di informazione, formazione e sensibilizzazione finalizzate alla prevenzione della violenza di genere, utilizzando l'esperienza e la competenza delle organizzazioni di settore;
ad adottare, a fronte del ruolo fondamentale nella crescita delle nuove e dei nuovi cittadini ricoperto dalle istituzioni scolastiche, iniziative ordinamentali - quali settimane dedicate, dalla scuola materna all'università - al fine di dare fondamento ai principi costituzionali che dichiarano l'uguaglianza e la pari dignità tra i sessi e di combattere gli stereotipi di genere, che si formano sin dai primi anni di età, in particolare prevedendo un programma di rieducazione e formazione sull'esercizio di diritti e obblighi uguali fra maschi e femmine nell'ambito sia privato che pubblico;
a valutare le opportune ed appropriate modalità per adottare iniziative contro l'uso del corpo delle donne nella pubblicità, nella televisione e sui media, a causa del quale anche indagini internazionali segnalano lo scadimento della rappresentazione delle donne in Italia;
a farsi promotore e portatore nelle competenti sedi istituzionali europee della necessità di un programma incisivo e comune, rivolto in particolare ai giovani per mettere fine alle discriminazioni e alle violenze intrecciate al genere.
(1-00532)
«Mura, Di Giuseppe, Donadi, Evangelisti, Borghesi».
(20 gennaio 2011)

La Camera,
premesso che:
la violenza contro le donne è un problema diffuso che ha gravi conseguenze sociali e inevitabili ripercussioni sulla salute fisica e psichica delle donne. Si ripercuote per generazioni e non risparmia nessuna nazione o Paese, sia industrializzato che in via di sviluppo. Sia le vittime che gli aggressori appartengono a tutte le classi sociali; secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) una donna su cinque ha subito, nella sua vita, abusi fisici o sessuali da parte di un uomo;
si è in presenza di un problema globale che deve essere affrontato responsabilmente da parte di tutte le istituzioni. Secondo le rilevazioni effettuate dall'Organizzazione mondiale della sanità tra i fattori causa del problema concorrono motivi individuali, familiari, della comunità e della società che accrescono il rischio di violenza contro le donne: bassa posizione socioeconomica e istruzione; dipendenza da sostanze; cattivo funzionamento della famiglia; marcata diseguaglianza di genere nella comunità e scarsa coesione sociale; società con norme che conferiscono insufficiente autonomia alle donne. Purtroppo, quelli enumerati sono solo una parte delle cause del fenomeno;
si tratta di una violazione dei diritti umani, troppo spesso ignorata o sottostimata che dovrebbe essere trattata con priorità nella sanità pubblica; l'esperienza internazionale della violenza sulle donne ha creato una sorta di «libro nero» dei diritti umani delle donne, noto nella sua crudezza e tragicità, da cui si rileva come nel mondo sia aperta una sorta di guerra in ordine sparso, che ha come oggetto il dominio e la sopraffazione del corpo delle donne; il rispetto dei diritti umani delle donne assurge, ancora una volta, a simbolo di civiltà e di riconoscimento dei diritti umani e civili di ogni persona, dell'uguaglianza innanzi alla legge e del contrasto a ogni forma di discriminazione, diritti sanciti nella Costituzione italiana e nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
nel corso della prima Conferenza internazionale sulla violenza contro le donne nell'ambito della Presidenza italiana del G8 nel 2009 è stata affermata la necessità di educare tutte le società ai valori dell'uguaglianza, senza distinzione di «sesso, religione, razza, lingua, opinioni politiche, condizioni personali e sociali e di creare una grande alleanza tra tutti i Governi e la società civile per porre fine a ogni forma di violenza contro le donne»;
ci sono luoghi e culture dove la donna viene discriminata o sottovalutata per il solo fatto di essere donna, dove si fa ricorso persino ad argomenti religiosi e a pressioni familiari, sociali e culturali per sostenere la disparità dei sessi, dove si consumano atti di violenza nei confronti della donna, rendendola oggetto di maltrattamenti e di sfruttamento nella pubblicità e nell'industria del consumo e del divertimento;
purtroppo, non molto è stato fatto; infatti, dall'ultimo rapporto Eures-Ansa emergono numeri preoccupanti che fotografano una situazione tutt'altro che rassicurante. Teatro delle violenze è sempre più spesso l'ambito familiare. Gli uomini continuano ad occupare il primo posto nella classifica delle vittime di omicidio, ma il numero delle donne morte per mano di un assassino è cresciuto vertiginosamente negli ultimi anni. In Italia una vittima di omicidio su quattro è donna. Si è passati dal 15,3 per cento delle vittime femminili di delitti nel biennio 1992-1994 al 23,8 per cento tra il 2007 e il 2008;
l'Istat, nella prima indagine sulla sicurezza interamente dedicata al fenomeno della violenza fisica e sessuale contro le donne, riporta che in Italia, nel 2006, quasi sette milioni di donne - tra i 16 e i 70 anni - sono state vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita. Il sommerso è elevatissimo ed è consistente anche la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite. Ciò accade perché la donna anche se vittima si sente in colpa e ha difficoltà a riconoscere la violenza subita come reato;
tra le morti da violenza contro le donne vanno annoverati i delitti d'onore (5.000 l'anno in tutto il mondo), i suicidi, gli infanticidi di femmine e le morti materne da aborto insicuro. In Italia, un omicidio su quattro avviene in famiglia e il 70 per cento delle vittime sono donne;
il fenomeno della violenza fisica e sessuale degli uomini contro le donne ha riguardato un terzo delle donne che vivono in Italia: sono, infatti, 6 milioni e 743 mila (il 31,9 per cento) le donne vittime di tali violenze nel corso della propria vita. Tra queste, quasi 4 milioni di donne hanno subito violenza fisica (il 18,8 per cento, il 16 per cento se si esclude la sola minaccia di violenza) e circa 5 milioni (23,7 per cento) hanno subito violenza sessuale. Se fra le violenze sessuali si considerano solo lo stupro e il tentato stupro, la percentuale di vittime è pari al 4,8 per cento, che corrisponde a oltre un milione di donne;
lo stupro colpisce ogni parte del globo: i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità fissano tra il 14 ed il 20 per cento il numero di donne che, negli Stati Uniti, subiscono uno stupro durante il corso della vita. Percentuali analoghe sono rilevate in Canada, Corea e Nuova Zelanda. La violenza sessuale è anche un'arma di guerra, solo da poco riconosciuta come tale dalle leggi internazionali. I conflitti con un forte connotato etnico, come quelli nei Balcani o in Africa centrale, vedono l'uso dello stupro come strumento bellico da parte di entrambi i contendenti. Nel 1993, il Centro per i crimini di guerra di Zenica aveva documentato in Bosnia 40 mila casi di stupro, ma le cifre reali sono ritenute ben più alte e vi sono sospetti che persino alcuni soldati dell'Onu si siano resi responsabili di aggressioni;
l'indagine Istat presenta dati che fanno riflettere e spostano il quadro dell'immaginario collettivo rispetto alle violenze. Le donne vittime di abusi sessuali o stupri sono nel 45 per cento dei casi donne divorziate, con una laurea e con lavori di responsabilità. Nel 64 per cento dei casi abitano al Centro-Nord;
tali dati dimostrano che il ventaglio della diffusione della violenza sessuale sta mettendo radici su diversi livelli di stratificazioni sociali. Le donne che dovrebbero essere meno soggette a tale problematica, che dovrebbero essere più capaci a difendersi e con una possibilità economica maggiore per poter essere indipendenti, purtroppo non risultano essere, attenendosi ai dati, così capaci;
anche le cosiddette donne in carriera mostrano fragilità a livello personale, insicurezza relazionale e, quindi, possibilità di divenire vittime di violenze intrafamiliari. Va considerato anche che esse sono sempre più sole e sempre meno protette dalla famiglia d'origine per l'impianto della famiglia mononucleare; donne sempre più sole in città sempre più affollate e costrette a difendere se stesse e i propri figli dalla ferocia dei violenti;
il 25 novembre, giornata simbolo scelta dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite (con la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999) per celebrare la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, diverse istituzioni e vari enti hanno festeggiato questa giornata attraverso iniziative politiche e culturali;
purtroppo, nonostante l'intervento delle istituzioni, a fronte di un fenomeno che registra un generale aumento delle richieste di aiuto e della gravità dei casi, le risorse a sostegno dei centri antiviolenza rischiano di subire i tagli dovuti alla crisi: sostenere adeguatamente chi aiuta le vittime è il primo atto di responsabilità sociale da parte dei Governi locali e nazionale;
nel mese di novembre 2010, da un importante convegno tenuto dall'Aogoi, l'Associazione ginecologi ed ostetrici ospedalieri italiani, che ha affrontato la delicata tematica della violenza sessuale sulle donne, è emerso che le conseguenze di una violenza sessuale, a livello fisico e psichico, sono, devastanti e distruttive;
si è rilevato che l'81 per cento delle donne che si sono suicidate, erano persone vittime di abusi. Inoltre, le donne violate, presentano disturbi fisici importanti, che vanno dalla sindrome post traumatica da stress, a seri disturbi del sonno, a problematiche alimentari piuttosto gravi ed alla pericolosa tendenza ad isolarsi socialmente; un dato inquietante, ad esempio, mette in evidenza che in Italia le denunce contro gli atti di violenza avvenuti in famiglia vengano spesso scoraggiate dalle forze dell'ordine. A livello giudiziario, spesso un padre violento nei confronti della propria moglie o compagna in molti casi non viene valutato negativamente come genitore, mentre le due cose non dovrebbero essere scisse;
in Italia, purtroppo, si è ancora molto indietro su questa tematica ed il personale sanitario non è sempre all'altezza di seguire con accuratezza le donne violate; la metà delle donne che si rivolgono ai centri per denunciare episodi di violenza si ritengono non autosufficienti dal punto di vista economico e questo dato è tanto più negativo se si pensa che è spesso lo stesso partner ad usare violenza. Metà delle donne non possono garantirsi l'indipendenza economica e, di conseguenza, non possono garantirla ai figli; questo fattore determina che la maggior parte delle donne che subiscono violenza economica e psicologica la subiscono perché non si sentono economicamente autosufficienti e non vedono alternative alla situazione di cui sono vittime;
il sistema sanitario italiano sente la coscienziosa esigenza di poter intervenire in modo corretto e competente, unendo le forze mediche, psicologiche e legali; questo significa che il problema esiste ed è sempre più grave;
solo nel 2009 si è legiferato sullo stalking, il reato di atti persecutori e molestie insistenti, introdotto con il decreto-legge cosiddetto anti-stupri del 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38. Da allora i dati del Ministero della giustizia riferiscono di 5.200 denunce e oltre 1.000 arresti dall'introduzione del reato, con un aumento delle richieste d'aiuto del 25 per cento; nei primi tre mesi del 2010 le persone denunciate per stalking sono state 1.592, quelle arrestate 293,

impegna il Governo:

a promuovere una più incisiva strategia politico-sociale in grado di portare allo sviluppo dell'equità tra tutte le persone senza distinzioni di età e sesso, anche attraverso adeguate procedure amministrative che rendano più facile l'accesso alle informazioni;
a potenziare la prevenzione della violenza attraverso interventi che aumentino l'istruzione e le opportunità per le donne e le ragazze e che riducano tutti i tipi di disuguaglianze, nonché a rendere operativi programmi per i ragazzi che crescono in famiglie con violenza domestica, dal momento che risiede proprio là il rischio maggiore che diventino adulti violenti;
a promuovere, in linea anche con quanto sancito dal nuovo contratto di servizio pubblico tra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico, che prevede un maggior rispetto dell'immagine e della dignità della donna, dei codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, per l'immagine femminile e, più complessivamente, per il contrasto dei linguaggi violenti e prevaricanti per evitare una strumentalizzazione della donna in genere e del corpo della donna in particolare, che, attraverso immagini che feriscono la dignità umana e non solo quella femminile, provoca la riduzione della figura femminile ad esclusivo oggetto di desiderio;
a garantire una rapida conclusione ed entrata in vigore del contratto di servizio pubblico tra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico per il 2010-2012, non ancora firmato pur essendo il precedente già scaduto a dicembre 2009, permettendo in tal modo l'applicazione delle proposte ivi contenute e atte a sostenere una migliore rappresentazione delle donne;
ad incentivare interventi complessivi e integrati a sostegno delle donne che subiscono violenza attraverso il coordinamento dei centri antiviolenza sorti a livello regionale con il piano nazionale antiviolenza, al fine di attuare una politica unitaria più compatta e duratura;
ad attivare con tempestività un sistema di monitoraggio a livello di sanità pubblica, atto ad individuare e ridurre le conseguenze della violenza sulle donne, sia sul piano assistenziale che organizzativo, attraverso una maggiore informazione e formazione di personale addetto che sia in grado di affrontare i casi specifici con piena consapevolezza;
a stimare le risorse realmente messe a disposizione dal Governo per le donne vittime di violenza, assumendo iniziative per incrementare i fondi a favore della loro assistenza legale, dei centri di aiuto e degli sportelli anti-violenza sorti in tutta Italia;
a collocare il contrasto alla violenza contro le donne ai primi posti della programmazione politica, sia sul piano nazionale che su quello territoriale, prevenendo i reati più gravi come le lesioni personali e l'omicidio e facendo in modo che le iniziative normative contro gli atti persecutori e la violenza sessuale garantiscano la certezza della pena e la tutela e la dignità delle vittime dei reati;
a valutare - alla luce degli ultimi fatti di cronaca che dimostrano che la molestia troppo spesso si trasforma in omicidio - quali misure urgenti possano essere messe in campo per una più efficace collaborazione tra soggetti istituzionali e l'Osservatorio nazionale stalking, ai fini dell'attività di protezione delle vittime.
(1-00534)
«Binetti, Capitanio Santolini, Mondello, Formisano Anna Teresa, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Naro, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Rao».
(24 gennaio 2011)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera
premesso che:
i diritti delle donne sono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche; combattere con forza ogni atteggiamento e comportamento che tendono a tollerare, giustificare o ignorare la violenza commessa contro le donne è, pertanto, assoluta priorità di ogni livello di Governo; vale la pena citare le parole di Kofi Annan: «La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace»;
nonostante il riconoscimento di fondamentali diritti civili, sociali e culturali a favore delle donne, la violenza fisica e sessuale è ancora oggi una delle forme di violazione dei diritti umani più grave e più diffusa nel mondo;
a livello mondiale, le cronache riportano con puntuale periodicità episodi di violenza commessi nei confronti di donne molestate, minacciate, violentate, stuprate, uccise, cui si aggiungono le donne vittime di ogni forma di violenza per il loro rifiuto di sottoporsi ad irragionevoli dettami fanatico-religiosi, nonché altre forme di violazione dei diritti delle donne o che con la violenza contro le donne sono connesse, come la violenza sui luoghi di lavoro, i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali femminili, la tratta di donne e di bambine;
per chiarire la gravità e la frequenza di questi episodi di soprusi occorre riportare l'attenzione su alcuni dati: secondo l'Organizzazione mondiale della sanità una donna su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un uomo; nel mondo viene uccisa una donna ogni otto minuti, di cui il 50 per cento è vittima del partner; la violenza subita da mariti, fidanzati, padri è la prima causa di morte e di invalidità permanente per le donne tra i sedici e i quarantaquattro anni, più del cancro, degli incidenti stradali, della guerra;
la situazione non è affatto rosea nemmeno in Italia. Secondo stime Istat quasi il 32 per cento delle donne italiane (circa 6 milioni e 743 mila) ha subito forme di violenza fisica o sessuale; quasi il 5 per cento di esse (oltre un milione) ha subito uno stupro vero e proprio. Si pensi poi che, sempre secondo dati Istat, il 91,6 per cento degli stupri non viene denunciato alle autorità;
la violenza sulle donne, purtroppo, non è un fenomeno tipico di ambienti degradati e poveri, ma è trasversale a tutte le classi sociali e culturali; per contrastare a tutti i livelli questa terribile piaga sociale, sono necessarie azioni concrete di prevenzione e sostegno alle donne vittime di violenza, le quali troppo spesso sono lasciate sole;
la raccomandazione del Consiglio dei ministri del Consiglio d'Europa REC(2002)5, del 30 aprile 2002, ha invitato gli Stati membri a promuovere la ricerca e la raccolta di dati sulla violenza contro le donne;
in sede di Consiglio d'Europa è, attualmente, in discussione una convenzione finalizzata «alla prevenzione e alla lotta contro la violenza domestica nei confronti delle donne, alla tutela e al sostegno delle vittime di tali atti, nonché al perseguimento penale degli autori di reato»;
nella consapevolezza che per garantire la tutela delle donne contro ogni forma di violenza e di sopraffazione non è più sufficiente l'attività di un singolo Governo, ma è necessario stabilire un momento di confronto internazionale, il Ministero per le pari opportunità ha promosso nel settembre 2009, in collaborazione con il Ministero degli affari esteri, una Conferenza dedicata al tema della violenza contro le donne e sulle sue molteplici manifestazioni, nell'ambito della Presidenza italiana del G8; la Conferenza è stata preceduta dall'importante campagna di comunicazione, partita il 4 settembre 2010, «respect women respect the world»: una rosa bianca, simbolo del candore del mondo femminile, diventa gradualmente nera, avvelenata da quel «male oscuro» che è la violenza contro le donne, causa di un dolore che resta troppo spesso privato e taciuto, per paura o vergogna;
lo studio e l'attuazione di interventi volti a prevenire gli episodi di violenza, abuso e vessazione di cui le donne sono vittime rappresenta, quindi, uno dei principali obiettivi del Ministero per le pari opportunità, nonché una priorità dell'intero Esecutivo;
il decreto-legge n. 11 del 2009, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori, convertito con modificazioni dalla legge n. 38 del 23 aprile 2009, che ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico, con l'articolo 612-bis del codice penale, il reato di stalking, è una chiara dimostrazione dell'attenzione del Governo all'individuazione di strategie di contrasto, di prevenzione della violenza e di reinserimento delle vittime di tale reato;
dall'introduzione di tale nuova fattispecie di reato ad oggi, emergono circa 10.149 casi di stalking; le persone denunciate sono state 10.385, quelle arrestate 1.811. Sono stati emessi dai questori 1.891 provvedimenti di ammonimento, ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge n. 38 del 2009 e da parte dell'autorità giudiziaria sono stati disposti 2.629 divieti di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;
i dati riferiti sottolineano i punti di forza della normativa in materia di atti persecutori: il riconoscimento del disvalore sociale e criminale degli atti persecutori nonché l'importanza di proteggere e tutelare l'incolumità psicofisica della persona;
il Governo nella presente legislatura si è distinto in un impegno che non trova precedenti nella storia della nostra Repubblica, mirato ad affrontare misure di contrasto contro ogni forma di violenza; l'attività del Governo si è, infatti, caratterizzata per una serie di costanti interventi in materia di sicurezza. Il cosiddetto «pacchetto sicurezza» del Governo comprende una serie di provvedimenti che, dal 2008 ad oggi, hanno fatto del rafforzamento della sicurezza urbana e della repressione dei reati di particolare allarme sociale due fondamentali obiettivi da perseguire costantemente;
il tema della violenza in generale, quella nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle case, quella che riguarda ogni essere umano, di qualsiasi età, religione e nazionalità, è un tema che il Governo ha affrontato in tutte le sue forme, attraverso provvedimenti che hanno interessato ciascun Ministero;
contestualmente all'emanazione della legge sullo stalking, con Protocollo d'intesa del 15 gennaio 2009 - sottoscritto dal Ministro per le pari opportunità e dal Ministro della Difesa - è stata istituita la sezione «atti persecutori», una task-force che studia il fenomeno degli atti persecutori e delle manifestazioni di violenza e di vessazione con il compito di delineare strategie di prevenzione e di contrasto aggiornate ed efficaci;
ad ulteriore conferma dell'impegno del Governo nel combattere ogni forma di violenza è altresì importante ricordare la firma, nel luglio 2009, di ulteriori due protocolli d'intesa per altrettante iniziative contro la violenza e le discriminazioni;
il Ministro per le pari opportunità ed il Ministro dell'interno hanno, infatti, siglato un protocollo d'intesa concernente il miglior raccordo dell'attività del Dipartimento per le pari opportunità con le azioni delle forze dell'ordine; il protocollo d'intesa, finalizzato al contrasto e alla prevenzione della violenza di genere e dello stalking, alla protezione e all'assistenza delle vittime; da ultimo ha portato, il 12 gennaio 2011, alla firma di due convenzioni tra il capo Dipartimento per le pari opportunità e il direttore dell'Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle forze di polizia: la prima consentirà un raccordo più efficace tra le forze dell'ordine ed il servizio di accoglienza telefonica 1522 (inaugurata già nel settembre 2009) per le vittime di violenza allo scopo di ottimizzare il servizio svolto dal numero di pubblica utilità e prevede la possibilità di un contatto diretto, sia telefonico che telematico, tra il call center e le forze di polizia per gli episodi che presentino caratteristiche di emergenza; il secondo documento prevede la realizzazione di un progetto integrato per la raccolta e la condivisione dei dati quantitativi e qualitativi sul fenomeno delle violenze sessuali e di genere. La banca dati sarà istituita presso la Direzione centrale della polizia criminale - Servizio analisi criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno - e sarà alimentata dal flusso dei dati provenienti dalla banca dati interforze del sistema di indagine, dal Ministero della sanità e dal Ministero della giustizia raccolti dall'Istat, dal Dipartimento per le pari opportunità attraverso proprio il servizio di accoglienza telefonica 1522;
il secondo protocollo siglato nel luglio 2009 è quello che porta la firma del Ministro per le pari opportunità e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: in particolare questo ha istituito la «settimana contro la violenza» all'interno degli istituti scolastici, che ha coinvolto nelle due edizioni finora svolte studenti, genitori e docenti in iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione sulla prevenzione della violenza fisica e psicologica, compresa quella fondata sull'intolleranza razziale, religiosa e di genere, con approfondimenti ed eventi dedicati, avvalendosi anche della partecipazione di esperti di carabinieri, polizia postale, polizia di Stato, Telefono azzurro e altre associazioni;
all'interno del medesimo protocollo di intesa tra i Ministeri per le pari opportunità e dell'istruzione, dell'università e della ricerca si è inserito anche il progetto «Campus non-violenza», rivolto agli studenti del quinto anno delle scuole superiori e alle matricole delle università; si tratta di un'iniziativa con l'obiettivo di promuovere nei ragazzi una presa di coscienza delle regole che sono alla base della convivenza civile, del rispetto e dell'integrazione; oltre 250 i ragazzi tra i 18 e i 22 anni e i docenti provenienti da tutta Italia sono partiti dal 22 al 28 febbraio 2010 per trascorrere tre giorni di soggiorno negli ostelli della gioventù italiani nelle città di Roma, Milano, Firenze, Napoli, Bologna e Perugia, per vivere un'esperienza unica nel suo genere, che li ha visti coinvolti in attività creative e formative sul tema dell'integrazione e della non violenza;
tra le iniziative che fanno capo al Dipartimento per le pari opportunità si ricordano: il numero verde contro la tratta degli esseri umani (n. 800290290) per la protezione sociale delle vittime della tratta: tale progetto consiste in un servizio telefonico gratuito (attivo 24 ore su 24 su tutto il territorio nazionale) in grado di fornire alle vittime, e a coloro che intendono aiutarle, tutte le informazioni sulle possibilità di aiuto e assistenza che la normativa italiana offre per uscire dalla situazione di sfruttamento; il progetto, attivo dal 2000 a supporto delle vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale, dal 2007 si rivolge anche alle vittime di tratta per sfruttamento del lavoro, dell'accattonaggio e delle economie illegali; il numero verde nazionale 800669696, per l'ascolto e la consulenza in casi di violenza a scuola; ben ventuno progetti volti alla prevenzione e al contrasto delle pratiche di mutilazione genitale femminile;
nella sua costante azione propulsiva di contrasto ad ogni forma di violenza il Governo ha ottenuto l'appoggio del Parlamento che, come accaduto con le norme relative allo stalking, ha approvato una serie di misure che hanno trovato anche l'unanimità delle forze politiche;
lo stesso decreto-legge n. 11 del 2009, convertito dalla legge n. 38 del 2009, che ha introdotto il reato di stalking, ha inoltre previsto ulteriori interventi in materia di violenza sessuale; il provvedimento, in particolare, ha introdotto l'arresto obbligatorio in flagranza per la violenza sessuale (esclusi i casi di minore gravità) e la violenza sessuale di gruppo, nonché disposizioni volte a rendere più difficile ai condannati per taluni delitti a sfondo sessuale l'accesso ai benefici penitenziari, tra cui le misure alternative alla detenzione. La medesima legge ha, inoltre, consentito l'accesso al gratuito patrocinio, anche in deroga ai limiti di reddito ordinariamente previsti, a favore della persona offesa da taluni reati a sfondo sessuale. Il decreto-legge n.11 del 2009 ha poi previsto, quale aggravante speciale dell'omicidio, il fatto che esso sia commesso in occasione della commissione del delitto di violenza sessuale, di atti sessuali con minorenne e violenza sessuale di gruppo, nonché da parte dell'autore del delitto di atti persecutori nei confronti della stessa persona offesa;
la Camera dei deputati ha poi licenziato nelle scorse settimane, in terza lettura, all'unanimità, il disegno di legge di ratifica della Convenzione per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale (Convenzione di Lanzarote); il testo approvato individua il nuovo delitto di adescamento di minorenni (per cui si applica la pena della reclusione da uno a tre anni), nonché introduce il reato di istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia, punito con la reclusione da tre a cinque anni. La nuova fattispecie di reato è individuata nella condotta di chi, anche con mezzi telematici, pubblicamente istiga a commettere o fa l'apologia di delitti a sfondo sessuale in danno di minorenni. Il disegno di legge incide anche su altri aspetti del diritto e della procedura penale, prevedendo in particolare: il raddoppio dei termini di prescrizione per alcuni delitti a sfondo sessuale (tra i quali la violenza sessuale e gli atti sessuali con minorenne, con esclusione di alcune fattispecie di minore gravità) e per il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi; l'inasprimento delle pene per l'associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati sessuali nei confronti di minori; l'introduzione di una nuova aggravante dell'omicidio commesso in occasione dei delitti di prostituzione minorile o di pornografia minorile; l'individuazione di ulteriori condotte riconducibili ai reati di prostituzione minorile, di pornografia minorile e di corruzione di minorenne; l'inasprimento delle pene per il reato di corruzione di minorenne; l'applicabilità del delitto di atti sessuali con minorenne, oltre che all'ascendente, al genitore o al tutore, a qualunque persona a cui il minore sia affidato o che conviva con il minore; l'esclusione dell'applicazione del patteggiamento alla prostituzione minorile; l'inserimento nel catalogo dei delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza del delitto di atti sessuali con minorenne; l'estensione della competenza delle procure distrettuali all'associazione a delinquere diretta a commettere alcuni reati a sfondo sessuale nei confronti di minori;
tali provvedimenti sono il frutto di un intenso lavoro del Governo e del Parlamento sul tema, che è cominciato sin dall'inizio della legislatura; già nel luglio 2009 l'assemblea della Camera dei deputati aveva approvato un testo unificato di numerosi progetti di legge (uno dei quali del Governo), che recava un organico intervento in materia di violenza sessuale; molti degli interventi contenuti nel testo sono stati poi a vario titolo introdotti nei diversi provvedimenti approvati in materia di sicurezza nell'ultimo anno;
va segnalata, inoltre, la discussione all'interno della Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati in merito ad una serie di proposte di legge di iniziativa bipartisan sul divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab, o comunque indumenti che rendono difficoltoso il riconoscimento della persona in pubblico: si tratta di proposte dirette a tutelare la pubblica sicurezza e la dignità della donna;
va segnalato, infine, quanto disposto dall'articolo 1, comma 1261, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, che prevede la destinazione di una quota parte del fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità all'elaborazione di un piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere;
il suddetto piano dovrà affrontare, in modo organico ed in sinergia con i principali attori coinvolti sia a livello centrale che territoriale, il fenomeno della violenza contro le donne, nel pieno rispetto degli interventi in atto a livello locale e regionale;
in particolare, il piano dovrà contribuire a potenziare i centri antiviolenza quale luogo privilegiato per l'assistenza e il sostegno delle donne vittime di violenza e dei loro bambini,

impegna il Governo:

a proseguire nelle iniziative già avviate con successo, tra le quali si ricordano in particolare:
a) la rete nazionale antiviolenza, il telefono di pubblica utilità 1522 e il potenziamento del sito www.antiviolenzadonna.it;
b) il numero verde contro la tratta degli esseri umani (n. 800290290) per la protezione sociale delle vittime della tratta;
c) il protocollo contro la violenza e le discriminazioni del Ministero per le pari opportunità d'intesa con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che ha istituito la «settimana contro violenza» negli istituti scolastici;
d) l'attività di prevenzione e tutela contro gli atti persecutori con il Ministero dell'interno e le forze dell'ordine;
a dare attuazione al piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere, utilizzando le risorse all'uopo stanziate, individuando specifiche iniziative volte a potenziare i servizi e le misure di assistenza delle vittime di violenza, ad aumentare il livello di formazione degli operatori coinvolti, a monitorare efficacemente il fenomeno della violenza sulle donne;
a promuovere in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano azioni volte ad incentivare la realizzazione di misure a favore delle vittime di violenza e a coinvolgere le stesse, laddove sia necessario, in percorsi di formazione e di inserimento lavorativo.
(1-00538)
«Saltamartini, Lussana, Polidori, Cicchitto, Reguzzoni, Sardelli, Lorenzin, Bertolini, Santelli, Bergamini, Aprea, Armosino, Beccalossi, Bernini Bovicelli, Biancofiore, Bocciardo, Boniver, Calabria, Carlucci, Castellani, Castiello, Ceccacci Rubino, Centemero, Comaroli, Dal Lago, De Camillis, De Girolamo, De Nichilo Rizzoli, Di Centa, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Renato Farina, Frassinetti, Giammanco, Golfo, Goisis, Lanzarin, Mannucci, Milanato, Mistrello Destro, Laura Molteni, Munerato, Mussolini, Negro, Nirenstein, Pastore, Pelino, Petrenga, Repetti, Rivolta, Mariarosaria Rossi, Savino, Sbai, Siliquini, Stasi».
(24 gennaio 2011)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

MOZIONI BOCCHINO, GALLETTI, VERNETTI, LO MONTE, MELCHIORRE ED ALTRI N. 1-00531, DI STANISLAO ED ALTRI N. 1-00535, TEMPESTINI ED ALTRI N. 1-00536 E ANTONIONE, STEFANI, SARDELLI ED ALTRI N. 1-00537 CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL RISPETTO DEI DIRITTI CIVILI E POLITICI IN BIELORUSSIA

Mozioni

La Camera,
premesso che:
il 19 dicembre 2010 si sono svolte in Bielorussia le elezioni presidenziali, il cui esito ufficiale è stata la vittoria del Presidente in carica Alexandr Lukashenko, con una percentuale di consensi pari al 79,67 per cento dei voti;
come purtroppo è avvenuto sistematicamente fin dal 1996, la validità della recente consultazione è stata contestata dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), che ha riscontrato pesanti irregolarità nelle fasi di voto e di scrutinio; il giudizio negativo sulle elezioni dell'Osce - insieme alle critiche della stessa organizzazione internazionale per l'azione di repressione messa in essere dalla polizia bielorussa nei confronti dei circa diecimila manifestanti che, denunciando i brogli, avevano protestato per le strade di Minsk - ha indotto il 31 dicembre 2010 il Governo bielorusso a sospendere unilateralmente le attività dell'ufficio Osce di Minsk;
la reazione del Governo bielorusso alla manifestazione di protesta è stata spropositata: circa 600 attivisti sono stati arrestati, tra i quali sei candidati alla presidenza; un candidato, Vladimir Neklyayev, ferito dalla polizia durante le manifestazioni di piazza, è stato arrestato in ospedale da uomini in borghese; lo stesso Neklyayev, insieme ad altri tre ex candidati presidenziali - Andrei Sannikov, Nikolai Statkevich e Alex Mikhalevich - si trova attualmente nel centro di detenzione del Kgb della Repubblica di Bielorussia;
le vicende delle scorse settimane rappresentano l'ennesimo episodio di violazione delle libertà individuali e dei diritti politici da parte del Governo guidato da Lukashenko: dal 1994 ad oggi si ripetono con frequenza arresti e detenzioni arbitrarie di esponenti dell'opposizione e della società civile, come nei casi di Alexander Kozulin (già candidato alle elezioni presidenziali nel 2006 e privato della libertà per oltre due anni), del giovane attivista di Malady Front Arstyom Dubski e dei leader dell'associazione di liberi imprenditori Mikalay Autukhovich e Vladimir Asipenka (questi ultimi due sono ancora reclusi); la stampa e la distribuzione dei giornali è appannaggio di un'azienda monopolista governativa, che discrezionalmente redige la lista dei giornali diffusi nel Paese; dal 1o febbraio 2010 internet è sotto il controllo diretto della Presidenza; il 3 settembre 2010 è stato trovato morto Aleh Byabenin, giornalista e fondatore del più autorevole sito di contro-informazione Charter 97, in circostanze considerate poco coerenti con la versione ufficiale, che parla di suicidio; alle organizzazioni non governative indipendenti viene sistematicamente negata la registrazione (necessaria per operare legalmente nel Paese), impedendo così lo svolgimento di qualsiasi attività; sono frequenti gli episodi di interferenze arbitrarie nella sfera privata e familiare degli individui, nonché le discriminazioni perpetrate nei confronti di minoranze etniche (in special modo polacche e rom) e sessuali (gay e transessuali); la libertà di insegnamento è duramente messa a repentaglio dalle pressioni ideologiche del regime;
il 25 ottobre 2010, il Consiglio dell'Unione europea aveva esteso fino al 31 ottobre 2011 il divieto d'ingresso nel territorio dei Paesi dell'Unione europea per 41 alti rappresentanti del Governo bielorusso, vigente dal 2008, allo stesso tempo confermando la sospensione dell'applicazione del divieto per 36 alti funzionari, incluso il presidente Lukashenko, in ossequio alla decisione del Governo di accettare regole di campagna elettorale che rispondessero agli standard democratici internazionali;
secondo fonti di stampa internazionale, a seguito delle elezioni presidenziali, i Paesi membri dell'Unione europea, in un incontro tra rappresentanti diplomatici svoltosi a Bruxelles il 7 gennaio 2011, avrebbero espresso un generale consenso sulla necessità di un'azione comune nei confronti della Bielorussia atta a conseguire tre priorità:
a) il rilascio dei manifestanti arrestati;
b) il supporto della società civile, con il consolidamento dei diritti democratici nel Paese;
c) la perseguibilità dei responsabili delle violazioni;
tuttavia, la contrarietà dei rappresentanti di alcuni Paesi membri circa la riattivazione delle sanzioni vigenti nei confronti degli alti funzionari bielorussi (richiesta dai Governi tedesco, svedese, britannico, polacco, francese, olandese e ceco) avrebbe reso impossibile il raggiungimento di un accordo sui provvedimenti concreti da intraprendere;
è parsa, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, finora ambigua la posizione adottata dal Governo italiano: sulla base delle sopra indicate fonti giornalistiche, questo avrebbe espresso in sede europea la sua contrarietà alla riattivazione delle sanzioni; intervenendo alla Camera dei deputati, in risposta ad un'interrogazione parlamentare sull'argomento, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Elio Vito, pur affermando che l'Italia «assieme a molti altri Paesi membri, è a favore di un approccio articolato, che preveda forme anche energiche di pressione, compresa la limitazione nella concessione di visti d'ingresso a personalità a funzionari bielorussi responsabili delle violenze», ha aggiunto come, a giudizio del Governo italiano, la risposta europea sia tale che «non interrompa del tutto la collaborazione politica con le autorità di Minsk» e che «non possa limitarsi di riportare indietro le lancette dell'orologio con un semplice ritorno alla situazione pre-2008, quando di fatto l'Unione si rifiutava di parlare con Minsk»;
la questione dei rapporti tra l'Unione europea e la Bielorussia sarà nell'agenda della riunione dei Ministri degli esteri dell'Unione europea del 31 gennaio 2011,

impegna il Governo:

a chiedere ufficialmente al Governo bielorusso l'immediata scarcerazione di quanti siano stati arrestati a seguito delle manifestazioni politiche del 19 dicembre 2010 e dei giorni successivi;
ad agire in sede di Unione europea affinché, fino a quando il Governo bielorusso non abbia intrapreso atti concreti nella direzione della democratizzazione del Paese, siano ripristinate le sanzioni nei confronti della Bielorussia al momento sospese, in particolare il divieto d'ingresso nel territorio dei Paesi dell'Unione europea per 36 alte cariche bielorusse, incluso il Presidente Lukashenko;
ad adottare tutte le iniziative possibili per sostenere le attività delle organizzazioni politiche bielorusse ed internazionali impegnate per il consolidamento della democrazia, delle libertà individuali e dei diritti umani nel Paese est-europeo.
(1-00531)
«Bocchino, Galletti, Vernetti, Lo Monte, Melchiorre, La Malfa, Guzzanti, Adornato, Barbareschi, Barbaro, Bellotti, Binetti, Bongiorno, Bosi, Briguglio, Buonfiglio, Buttiglione, Calgaro, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Casini, Ciccanti, Cera, Cesa, Commercio, Compagnon, Consolo, Giorgio Conte, Cosenza, De Poli, Di Biagio, Della Vedova, Delfino, Dionisi, Divella, Anna Teresa Formisano, Granata, Lamorte, Lanzillotta, Latteri, Libè, Lo Presti, Lombardo, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Menia, Mereu, Riccardo Antonio Merlo, Misiti, Mondello, Moroni, Mosella, Angela Napoli, Naro, Occhiuto, Paglia, Patarino, Perina, Pezzotta, Pisicchio, Poli, Proietti Cosimi, Raisi, Rao, Ria, Ronchi, Rosso, Ruben, Ruggeri, Scalia, Scanderebech, Tabacci, Tanoni, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Toto, Tremaglia, Urso, Volontè, Zinzi».
(20 gennaio 2011)

La Camera,
premesso che:
il 25 ottobre 2010 il Consiglio dell'Unione europea aveva invitato le autorità bielorusse a garantire che le elezioni si sarebbero tenute il mese successivo si svolgessero in conformità alle regole e alle norme internazionali in materia di elezioni democratiche, nonché agli impegni assunti dalla Bielorussia stessa nell'ambito dell'Osce e dell'Onu per quanto riguarda i miglioramenti da apportare alla propria legge elettorale, al fine di allinearla alle norme internazionali in materia di elezioni democratiche, assicurando anche che avrebbe consultato tempestivamente l'Osce in merito alle modifiche previste;
l'Assemblea nazionale bielorussa ha, invece, approvato una riforma del codice elettorale senza aver preventivamente consultato l'Osce;
la dichiarazione sui risultati e le conclusioni preliminari della missione internazionale di osservazione delle elezioni presidenziali in Bielorussia sono state rese note dall'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'Osce e dall'Assemblea parlamentare dell'Osce il 20 dicembre 2010 e hanno evidenziato, malgrado i pochi miglioramenti intervenuti nel periodo pre-elettorale, che le elezioni presidenziali del 19 dicembre 2010 non si sono svolte nel rispetto delle norme internazionali in materia di elezioni libere, eque e trasparenti; le elezioni hanno comunque portato alla rielezione del Presidente Lukashenko, con l'80 per cento dei voti;
a seguito delle critiche mosse dagli osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa circa le irregolarità del voto durante le ultime elezioni presidenziali, il Presidente bielorusso ha disposto il 31 dicembre 2010 l'immediata chiusura dell'ufficio dell'Osce a Minsk;
oltre 700 persone sono state arrestate per aver partecipato alla manifestazione del 19 dicembre 2010 a Minsk e la maggior parte di esse sono state rilasciate dopo aver scontato brevi pene amministrative, mentre 24 militanti e giornalisti dell'opposizione, tra cui 6 candidati presidenziali, sono stati accusati di aver organizzato disordini di massa, attacchi violenti e resistenza armata, il che potrebbe comportare pene detentive fino a 15 anni;
all'indomani di tali gravi fatti, alcuni Paesi dell'Unione europea hanno dichiarato Lukashenko quale «persona non grata», mentre sono in corso discussioni in all'interno dell'Unione europea sulla necessità di ripristinare sanzioni nei confronti degli esponenti del Governo bielorusso, anche con l'adozione di una nuova risoluzione del Parlamento europeo;
tale ipotesi prevedrebbe, tra l'altro, di impegnare il Consiglio, la Commissione e l'Alto rappresentante dell'Unione europea: a rivedere la politica dell'Unione europea nei confronti della Bielorussia, anche esaminando la possibilità di imporre sanzioni economiche mirate e di congelare tutti gli aiuti macrofinanziari forniti attraverso prestiti del Fondo monetario internazionale e operazioni di prestito della Banca europea per gli investimenti e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo; a modificare l'orientamento della politica europea di vicinato e dell'assistenza nazionale a favore della Bielorussia, in modo da garantire un adeguato sostegno alla società civile; a reintrodurre immediatamente il divieto di visto per i dirigenti bielorussi, estendendolo anche ai funzionari pubblici, ai magistrati e agli ufficiali di sicurezza potenzialmente responsabili dei brogli e delle rappresaglie postelettorali, nonché dell'arresto degli esponenti dell'opposizione, e a congelare i beni di tali persone;
il Governo polacco e il Parlamento lituano, in tal senso, hanno già imposto restrizioni di viaggio ai rappresentanti del regime di Minsk e, nel contempo, semplificato l'accesso all'Unione europea per i cittadini bielorussi;
tale sospensione non dovrebbe essere applicata ai rappresentanti di organizzazioni non governative e della società civile;
già il 15 febbraio 2010 furono arrestati in Bielorussia 40 attivisti, per la maggior parte membri dell'Unione dei polacchi di Bielorussia (Upb), tra cui Angelika Borys (presidente dell'Upb), Igor Bancer (portavoce dell'Upb), Mieczyslaw Jaskiewicz (vicepresidente), Andrzej Poczobut (presidente del consiglio di vigilanza dell'Upb) e Anatol Lebedzka, leader del partito di opposizione bielorusso, il Partito civico unito, allo scopo di impedire loro di partecipare al processo concernente la Casa dei polacchi di Ivyanets; la comunità dei polacchi, circa 400.000 persone, è costantemente oggetto di repressione e censura da parte delle autorità bielorusse;
il ricorso alla violenza da parte della polizia e dei servizi del Kgb nei confronti dei manifestanti durante la giornata elettorale e, in particolare, la brutale aggressione a Vladimir Neklyayev, hanno comportato gravi violazioni dei principi democratici fondamentali, come quelli della libertà di riunione e della libertà di espressione, nonché dei diritti umani;
preoccupazione hanno destato i tentativi delle autorità bielorusse di affidare alla custodia dello Stato Danil Sannikov, figlio di tre anni del candidato alle elezioni presidenziali Andrei Sannikov e di Irina Chalip, una giornalista investigativa, i quali dal giorno delle elezioni si trovano entrambi in carcere;
il Presidente del Parlamento europeo, l'Alto rappresentante dell'Unione europea e il Segretario generale dell'Onu hanno condannato la repressione della manifestazione del 19 dicembre 2010 e le ulteriori misure adottate dalle forze di polizia nei confronti dell'opposizione democratica, dei mezzi di comunicazione indipendenti e degli attivisti della società civile;
risulta che gli avvocati che rappresentano i manifestanti, gli oppositori politici o le loro famiglie sono minacciati di perdere la loro licenza o essere radiati;
la dichiarazione del vertice di Praga sul partenariato orientale aveva ribadito gli impegni, sottoscritti anche dalla Bielorussia, nei confronti dei principi del diritto internazionale e dei valori fondamentali, tra i quali la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
il 1o febbraio 2010 Alexander Lukashenko aveva firmato un decreto che imponeva la censura su internet e aveva creato un «centro d'analisi» in grado di monitorare internet e di esigere che i fornitori di accesso al servizio potessero bloccare nel giro di 24 ore qualsiasi sito web specificato, fatto che ha posto la Bielorussia allo stesso livello di Paesi come la Cina, la Corea del Nord e l'Iran;
il Consiglio dell'Unione europea ha ribadito la propria disponibilità ad approfondire le relazioni con la Bielorussia subordinatamente al raggiungimento in Bielorussia di sviluppi positivi verso la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto, così come la disponibilità ad assistere il Paese nel conseguimento di questi obiettivi;
la mossa della Federazione russa, che ha riconosciuto le elezioni e descritto la repressione come un «affare interno», è stata deplorata anche dalla Commissione europea intenta a avviare un processo di dialogo, consultazione e coordinamento politico con i Paesi terzi limitrofi della Bielorussia, che intrattengono tradizionalmente relazioni speciali con tale Paese, onde massimizzare l'efficienza della politica dell'Unione europea nei confronti della stessa e cooperare al fine di coniugare opportunamente la risposta al deficit democratico e alle violazioni dei diritti umani con la necessità di evitare l'isolamento internazionale del Paese;
va ricordato, infine, che in occasione del primo vertice bilaterale tra un Capo di Governo di un Paese membro dell'Unione europea e il Presidente bielorusso, che si è svolto il 30 novembre 2009 a Minsk, il Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi dichiarò pubblicamente, rivolgendosi a Lukashenko: «La sua gente la ama e questo è dimostrato dai risultati delle elezioni, che sono sotto gli occhi di tutti, che noi apprezziamo e conosciamo», elezioni che furono, invece, definite dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa in grave violazione degli standard internazionali sottoscritti dai Paesi membri dell'Osce;
nel 2014 è previsto che si svolga in Bielorussia il campionato mondiale di hockey su ghiaccio;
secondo notizie a mezzo stampa, la posizione del Governo italiano - in linea con le dichiarazioni a sostegno di Lukashenko del Presidente del Consiglio dei ministri del novembre 2009 - sarebbe contraria a una dura condanna politica di quanto avvenuto nel corso delle elezioni presidenziali del 2010,

impegna il Governo:

a sostenere con forza l'azione europea circa l'introduzione di sanzioni personali, come la sospensione dei visti verso l'Unione europea, nei confronti degli esponenti del Governo e dell'apparato di sicurezza bielorusso che si sono resi responsabili delle gravissime violazioni delle norme democratiche e dei diritti umani in occasione delle ultime elezioni presidenziali, quanto meno fintantoché tutti i prigionieri e i detenuti politici non saranno stati liberati e scagionati da ogni accusa;
a sospendere l'adozione di iniziative bilaterali con il regime bielorusso, che minano la credibilità e l'efficacia della politica estera europea;
a chiedere nelle sedi opportune e attraverso i canali diplomatici il rilascio immediato e incondizionato di tutte le persone arrestate durante la giornata elettorale e all'indomani della stessa, nonché dei prigionieri di coscienza riconosciuti da Amnesty international;
a chiedere alle autorità bielorusse di fornire ai detenuti accesso senza restrizioni ai propri familiari, all'assistenza legale e alle cure mediche;
a condannare fermamente le azioni delle autorità bielorusse nei confronti dei membri dell'organizzazione che rappresenta la minoranza nazionale polacca e a ribadire il proprio appello alla Bielorussia affinché rispetti i diritti umani e i diritti di tutti i suoi cittadini;
a chiedere con forza che vengano garantite la libertà dei media, la libertà di associazione e di riunione, la libertà di religione per le chiese diverse dalla Chiesa ortodossa bielorussa e gli altri diritti e libertà politiche;
a sostenere la posizione avanzata in sede europea secondo la quale sarebbe auspicabile che non si svolgano in Bielorussia i campionati mondiali di hockey su ghiaccio previsti per il 2014, fintantoché restano ancora in prigione i detenuti politici.
(1-00535)
«Di Stanislao, Evangelisti, Donadi, Borghesi, Leoluca Orlando».
(24 gennaio 2011)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
in occasione delle ultime elezioni presidenziali avvenute in Bielorussia il 19 dicembre 2010 l'Osce, insieme all'Unione europea e agli Stati Uniti, ha nuovamente denunciato la non democraticità delle procedure elettorali, che hanno portato alla rielezione del Presidente Lukashenko con l'80 per cento dei voti; tali organizzazioni, insieme a molte altre, hanno, inoltre, denunciato con forza l'arresto ingiustificato di centinaia di attivisti che manifestavano la sera del 19 dicembre 2010 per denunciare tali irregolarità;
a seguito delle critiche mosse dagli osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa circa le irregolarità del voto durante le ultime elezioni presidenziali, il Presidente bielorusso ha disposto il 31 dicembre 2010 l'immediata chiusura dell'ufficio dell'Osce a Minsk;
il 12 gennaio 2011, in una dichiarazione congiunta del Presidente del Parlamento europeo e dei Presidenti rispettivamente della Commissione affari esteri, della sottocommissione per i diritti umani e delle delegazioni per le relazioni con la Bielorussia e per l'Assemblea parlamentare Euronest - in seno al Parlamento europeo - è stata stigmatizzata la brutale repressione delle pacifiche dimostrazioni avvenute il 19 dicembre 2010; una repressione caratterizzata da una violenza sproporzionata e arresti di massa, nonché dal ferimento di centinaia di attivisti bielorussi, giornalisti e rappresentanti della società civile;
nella stessa dichiarazione, veniva messo in luce come le elezioni del 19 dicembre 2010 si fossero svolte senza un adeguato rispetto degli standard internazionali di elezioni libere, giuste e trasparenti e si poneva la necessità di ripensare le relazioni dell'Unione europea con la Bielorussia, in particolare prevedendo la sospensione dei visti verso l'Unione europea e il congelamento dei beni all'estero di esponenti del Governo e dell'apparato di sicurezza bielorusso coinvolti nei gravi fatti del 19 dicembre 2010, condizionando la futura attenuazione o sospensione di queste misure al rilascio di tutti i leader delle opposizioni detenuti dal 19 dicembre 2010;
tra gli arrestati vi sono anche sei candidati alla presidenza che, insieme ad altre decine di attivisti, sono stati maltrattati dalle forze di polizia durante la detenzione - come denunciato da numerose organizzazioni non governative indipendenti - e sono attualmente sotto processo, rischiando lunghe condanne detentive, mentre giungono notizie preoccupanti anche sulla sorte di minori con legami di parentela con alcuni degli oppositori arrestati;
secondo notizie a mezzo stampa, all'indomani dei gravi fatti avvenuti il 19 dicembre 2010, alcuni Paesi dell'Unione europea, come Germania e Polonia, ma anche Gran Bretagna, Francia, Svezia, Olanda e Repubblica ceca, si sarebbero espressi per la necessità di sanzioni ferme e chiare e misure restrittive per i membri dell'establishment di Lukashenko, mentre la posizione del Governo italiano sembrerebbe ai firmatari del presente atto di indirizzo, da alcune notizie a mezzo stampa, contraria ad una dura condanna politica di quanto avvenuto nel corso delle elezioni presidenziali del 2010;
del resto tale posizione sembrerebbe in linea con gli ottimi rapporti personali del Presidente del Consiglio dei ministri con il Presidente bielorusso, confermati dalle dichiarazioni rilasciate già in occasione del primo vertice bilaterale tra un Paese membro dell'Unione Europea e il Presidente bielorusso, che si tenne a Minsk il 30 novembre del 2009, nelle quali, secondo quanto riportato dagli organi di informazione, Berlusconi pubblicamente, rivolgendosi a Lukashenko, affermava che: «La sua gente la ama e questo è dimostrato dai risultati delle elezioni, che sono sotto gli occhi di tutti, che noi apprezziamo e conosciamo»;
la necessità di rivedere le relazioni europee e bilaterali con la Bielorussia e di introdurre nuove sanzioni è finalizzata all'obiettivo di ripristinare quanto prima una situazione di normalità democratica sotto il profilo del rispetto dei diritti umani, della libertà di espressione e manifestazione, nonché dalla necessità di ottenere in via immediata il rilascio degli oppositori politici e di tutti i giornalisti ed esponenti della società civile, che hanno espresso il legittimo dissenso sulle modalità in cui sono state tenute le ultime elezioni;
il dialogo con la Bielorussia, il suo coinvolgimento stabile in un'area di democrazia e il suo ingresso nel novero dei Paesi che rispettano i diritti umani e i principi dello stato di diritto resta l'obiettivo principale nell'interesse strategico, tanto dell'Italia quanto dell'Unione europea;
tuttavia, solo a fronte del riaprirsi di un dialogo politico e di una disponibilità del Governo bielorusso a conformarsi al rispetto degli standard europei e internazionali in materia di tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, le sanzioni potrebbero essere attenuate o tolte, come già avvenuto nel recente passato quando l'Unione europea a seguito delle elezioni del 2006 approvò sanzioni nei confronti del medesimo Presidente bielorusso per le modalità con cui erano state gestite le elezioni nel 2006 e successivamente represse le conseguenti manifestazioni di protesta,

impegna il Governo:

ad assumere una dura presa di posizione politica, sia a livello europeo che a livello bilaterale, nei confronti dei comportamenti del Governo bielorusso contro le opposizioni democratiche di quel Paese e ad adottare ogni iniziativa utile volta ad ottenere l'immediata scarcerazione di quanti siano stati arrestati a seguito degli avvenimenti del 19 dicembre 2010;
ad adottare - in seno alla riunione del Consiglio dei Ministri degli esteri prevista per il 31 gennaio 2011 - ogni iniziativa utile volta a sostenere, in linea con la dichiarazione congiunta del 12 gennaio 2011 dei Presidenti del Parlamento europeo e di importanti Commissioni, l'introduzione di sanzioni personali, come la sospensione dei visti verso l'Unione europea, nei confronti degli esponenti del Governo e dell'apparato di sicurezza bielorusso che si sono resi responsabili delle gravissime violazioni delle norme democratiche e dei diritti umani in occasione delle ultime elezioni presidenziali;
ad adottare ogni iniziativa utile a livello europeo volta a sostenere l'introduzione di sanzioni personali, come il congelamento dei beni all'estero di esponenti del Governo e dell'apparato di sicurezza bielorusso coinvolti nei gravi fatti del 19 dicembre 2010, condizionando il loro eventuale futuro ritiro al rilascio di tutti i leader dell'opposizione detenuti dal 19 dicembre 2010;
a farsi sostenitore della necessità di aumentare il sostegno finanziario alla società civile bielorussa, ai media indipendenti e alle organizzazioni non governative, anche prevedendo il rilascio di borse di studio e di visti di viaggio a favore degli studenti, molti dei quali sono stati espulsi dall'università a causa della loro partecipazione alle manifestazioni del 19 dicembre 2010;
ad adottare ogni iniziativa utile a livello europeo volta ad introdurre una riduzione delle tasse per il rilascio di visti a favore dei cittadini bielorussi, anche valutando l'opportunità di abolirle del tutto nei confronti di studenti, scienziati e artisti di cittadinanza bielorussa;
ad adottare ogni iniziativa utile, sia nelle sedi europee che a livello bilaterale, volta a favorire l'immediata riapertura dell'ufficio dell'Osce a Minsk.
(1-00536)
«Tempestini, Mecacci, Maran, Amici, Barbi, Beltrandi, Bernardini, Colombo, Corsini, Farina Coscioni, Losacco, Narducci, Pistelli, Porta, Maurizio Turco, Zamparutti».
(24 gennaio 2011)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
a seguito delle elezioni presidenziali di marzo 2006, il Consiglio dell'Unione europea ha adottato delle sanzioni contro la Bielorussia, adottando misure restrittive contro i responsabili politici e amministrativi delle violazioni degli standard elettorali internazionali, con l'obiettivo di indurre il Governo della Bielorussia a conformarsi alle regole basilari di un ordinamento democratico;
nel 2008, a seguito della liberazione di alcuni militanti dell'opposizione incarcerati due anni prima, l'Unione europea ha deciso di spronare il Governo bielorusso a proseguire sulla via di una graduale democratizzazione e di mandare un segnale di incoraggiamento in tal senso, sospendendo le sanzioni, tra le quali figurano limitazioni alle concessioni di visti ed il congelamento dei beni finanziari all'estero di una lista di alti esponenti bielorussi, compreso il Presidente Lukashenko;
nell'ottobre 2010 l'Unione europea ha deciso di confermare il «congelamento» delle misure restrittive, prorogandolo fino al 31 ottobre 2011, anche nel quadro della politica di dialogo critico nel frattempo avviata con il Governo di Minsk nell'intento di instaurare un canale di comunicazione più strutturato ed efficace;
il medesimo Consiglio affari esteri di ottobre 2010 aveva, altresì, indicato che «chiari e visibili progressi nella condotta delle elezioni» del 19 dicembre 2010 avrebbero avuto effetti positivi nei rapporti tra Unione europea e Bielorussia;
il 20 dicembre 2010 gli osservatori internazionali dell'Organizzazione per la Sicurezza e la cooperazione europea (Osce) hanno riscontrato gravi irregolarità nello svolgimento delle elezioni in Bielorussia, in particolare in fase di conteggio dei voti, i cui risultati ufficiali hanno portato a massicce proteste di piazza, a centinaia di inaccettabili arresti ed a violente repressioni contro oppositori del regime, compresi diversi candidati presidenziali, in assoluta violazione di tutti gli standard democratici sulla libertà politica e sulla libertà di protesta e manifestazione pacifica;
nelle settimane successive alle elezioni, si sono susseguiti espulsioni di studenti universitari dagli atenei bielorussi e licenziamenti di lavoratori, con motivazioni meramente politiche, alimentando un'atmosfera di insicurezza e di repressione delle libertà democratiche;
a fine dicembre del 2010 le autorità bielorusse hanno unilateralmente disposto la chiusura della missione Osce a Minsk, a seguito delle valutazioni da questa espresse in merito alle irregolarità nelle votazioni e ai gravi episodi di violenza verificatisi, vanificando l'opera di raccordo e di dialogo intrapresa in tale ambito sin dal 2003;
la comunità internazionale, in particolare l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, hanno condannato con decisione sia lo svolgimento delle elezioni che i gravi episodi di violenza registrati successivamente, richiedendo la liberazione immediata delle persone detenute per motivi politici dal regime del Presidente Lukashenko;
il Governo italiano ha da subito espresso la più ferma condanna delle misure repressive adottate dalle autorità della Bielorussia. Il Ministro degli affari esteri Frattini, con dichiarazioni rese il 20 dicembre 2010, ha qualificato come «inaccettabili» le violenze ai danni dei manifestanti e gli arresti di esponenti dell'opposizione. Lo stesso Ministro Frattini ha successivamente ribadito al suo omologo bielorusso Martynov la forte preoccupazione del Governo italiano in merito alla condotta di Minsk, anche in relazione ai riflessi sul dialogo con l'Unione europea delle misure prese dalla Bielorussia,

impegna il Governo:

a sollecitare l'immediato rilascio di quanti siano ancora detenuti per motivazioni di natura esclusivamente politica;
ad impegnarsi assieme ai partner dell'Unione europea per esercitare le necessarie pressioni, anche attraverso il temporaneo ripristino di sanzioni verso i responsabili degli abusi, affinché le autorità di Minsk imbocchino con decisione il cammino verso il raggiungimento degli standard europei in materia di stato di diritto e libertà democratiche;
ad effettuare concreti gesti di solidarietà e di sostegno alla società civile bielorussa, nello spirito di una collaborazione con l'Unione europea che va incoraggiata e rilanciata.
(1-00537)
«Antonione, Stefani, Sardelli, Baldelli, Angeli, Biancofiore, Bonciani, Boniver, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Migliori, Moles, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Nirenstein, Pianetta, Picchi, Scandroglio, Zacchera, Dozzo, Pini, Cesario, Grassano, Moffa, Razzi, Ruvolo».
(24 gennaio 2011)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

MOZIONI GHIZZONI, ZAZZERA ED ALTRI N. 1-00491 E BUTTIGLIONE, GRANATA, TABACCI, MELCHIORRE ED ALTRI N. 1-00533, PRESENTATE A NORMA DELL'ARTICOLO 115, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO, NEI CONFRONTI DEL MINISTRO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, SENATORE SANDRO BONDI

Mozioni

La Camera,
premesso che:
il crollo della Schola Armaturarum di Pompei rappresenta, anche dal punto di vista simbolico, il fallimento della politica in materia di tutela dei beni e delle attività culturali, e più in generale del valore dei saperi, portata avanti dal Governo in carica sin dai suoi primi provvedimenti;
la cultura è stata considerata, nei fatti e con dichiarazioni esplicite, non come un fattore di crescita civile ed economica, ma come un costo per la collettività, da ridimensionare con progressivi tagli degli stanziamenti del bilancio statale e con iniziative volte a snaturare il valore e la finalità del nostro patrimonio culturale;
il crollo dell'Armeria dei Gladiatori rappresenta uno dei più gravi danni al nostro patrimonio artistico degli ultimi decenni e, giustamente, è stato definito dal Presidente della Repubblica come una vergogna nazionale. Un episodio che, ripreso e divulgato dalle principali agenzie di informazione e dai quotidiani internazionali, ha arrecato un irreparabile pregiudizio per l'immagine dell'Italia nel mondo;
il Ministro per i beni e le attività culturali non è stato in grado di andare al di là di atti puramente simbolici e ininfluenti, quali la mancata partecipazione alle riunioni del Consiglio dei ministri in cui venivano adottate le misure di taglio alle risorse del Ministero, né di promuovere alcuna seria iniziativa per la tutela del patrimonio artistico e culturale italiano, come dimostra il crollo di Pompei, peraltro preceduto da quello delle arcate di Traiano alla Domus Aurea e da quello di elementi del Colosseo;
peraltro, la scelta di procedere nel luglio 2008, con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3692, al commissariamento della gestione del sito archeologico «per la realizzazione di interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare la grave situazione di pericolo in atto nell'area archeologica di Pompei», così come la decisione di dichiarare conclusa la fase emergenziale nel giugno 2010, con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3884, ha visto il pieno coinvolgimento del Ministero per i beni e le attività culturali, sia per quanto attiene alle procedure adottate, che per quanto concerne la supervisione e la valutazione delle iniziative e dei relativi risultati;
ne discende che appare del tutto priva di fondamento giuridico e fattuale la dichiarazione del Ministro volta ad asserire la sua totale estraneità nella responsabilità di quanto accaduto a Pompei;
del resto, anche sulla gestione commissariale non sono mancate le riserve e le critiche di quanti hanno a cuore la tutela del principale sito archeologico del mondo, circa l'applicazione del modello «Protezione civile», basato su deroghe e gestioni fuori controllo, opere faraoniche e grossolane iniziative di marketing, affidamenti senza evidenza pubblica e mortificazione delle competenze del mondo scientifico, che da anni studia e vigila sul delicato equilibrio di un sito unico al mondo;
il nostro sistema dei beni e delle attività culturali risulta penalizzato nel suo complesso dall'azione del Governo e dalla visione che ha imposto il Ministro dell'economia e delle finanze, il quale neanche un mese fa dichiarò che «la gente non mangia cultura» e che, pertanto, alla luce di questa massima, ha proposto con i disegni di legge di stabilità e di bilancio pesanti tagli di risorse per lo svolgimento delle funzioni del Ministero per i beni e le attività culturali, in un Paese che ospita un sesto delle risorse artistiche e archeologiche di tutto il mondo e che ricava una parte significativa del suo prodotto interno lordo dal turismo domestico ed estero;
il Ministro ha privilegiato la sua attività di coordinatore nazionale del partito del Popolo della Libertà, piuttosto che i difficili compiti di direzione strategica e amministrativa del patrimonio artistico nazionale;
egli si è quindi dimostrato inadeguato al ruolo conferitogli;
per tali motivi:
visto l'articolo 94 della Costituzione;
visto l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati;
esprime la propria sfiducia al Ministro per i beni e le attività culturali, senatore Sandro Bondi, e lo impegna a rassegnare le proprie dimissioni.
(1-00491)
«Ghizzoni, Zazzera, De Biasi, Bachelet, Coscia, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Antonino Russo, Siragusa, Agostini, Albonetti, Amici, Argentin, Barbato, Baretta, Bellanova, Benamati, Berretta, Bersani, Bindi, Bobba, Bocci, Boccia, Boccuzzi, Boffa, Bonavitacola, Bordo, Borghesi, Bossa, Braga, Brandolini, Bratti, Bressa, Burtone, Calvisi, Cambursano, Capano, Capodicasa, Cardinale, Carella, Marco Carra, Castagnetti, Causi, Cavallaro, Ceccuzzi, Cenni, Cimadoro, Ciriello, Codurelli, Colaninno, Colombo, Concia, Corsini, Cuomo, Cuperlo, D'Alema, D'Antona, D'Antoni, D'Incecco, Dal Moro, Damiano, Grassi, Graziano, Iannuzzi, La Forgia, Laganà Fortugno, Laratta, Lenzi, Letta, Lo Moro, Losacco, Lovelli, Lucà, Lulli, Luongo, Madia, Maran, Marantelli, Marchi, Marchignoli, Marchioni, Margiotta, Mariani, Cesare Marini, Marrocu, Martella, Pierdomenico Martino, Mastromauro, Mattesini, Melis, Giorgio Merlo, Messina, Meta, Migliavacca, Miglioli, De Micheli, Di Giuseppe, Di Pietro, Di Stanislao, Donadi, Esposito, Evangelisti, Fadda, Gianni Farina, Farinone, Fassino, Favia, Ferranti, Ferrari, Fiano, Fiorio, Fluvi, Fogliardi, Fontanelli, Aniello Formisano, Franceschini, Froner, Garavini, Garofani, Gasbarra, Gatti, Genovese, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Ginefra, Ginoble, Giovanelli, Gnecchi, Gozi, Minniti, Miotto, Misiani, Mogherini Rebesani, Monai, Morassut, Mosca, Motta, Mura, Murer, Naccarato, Nannicini, Narducci, Oliverio, Andrea Orlando, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Peluffo, Mario Pepe (PD), Piccolo, Picierno, Piffari, Pistelli, Pizzetti, Pollastrini, Pompili, Porcino, Porta, Portas, Quartiani, Rampi, Realacci, Recchia, Rigoni, Rosato, Rossomando, Rota, Rubinato, Rugghia, Samperi, Sanga, Sani, Santagata, Sarubbi, Sbrollini, Schirru, Sereni, Servodio, Soro, Sposetti, Strizzolo, Tempestini, Tenaglia, Federico Testa, Tidei, Tocci, Touadi, Trappolino, Livia Turco, Vaccaro, Vannucci, Vassallo, Velo, Veltroni, Ventura, Verini, Vico, Villecco Calipari, Viola, Zaccaria, Zampa, Zucchi, Zunino, Scarpetti, Merloni, Fedi, Tullo».
(11 novembre 2010)

La Camera,
premesso che:
le politiche pubbliche per la cultura sono fondamento indispensabile della civiltà italiana;
la qualità, la vastità, le stratificazioni del patrimonio culturale italiano - impareggiabili nel mondo - esigono un adeguato e sempre più integrato e complesso sistema di esercizio della tutela, stabilita dall'articolo 9 della Costituzione ed attribuita esclusivamente allo Stato;
le missioni della tutela del patrimonio e del paesaggio, della valorizzazione e gestione dei beni culturali pubblici e privati, della promozione delle attività culturali, dello sviluppo delle produzioni culturali, esigono la piena assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti costitutivi la Repubblica, in base alle loro rispettive competenze ed attraverso l'individuazione delle risorse indispensabili per farvi fronte;
tale assunzione di responsabilità è cruciale per la definizione stessa dell'identità nazionale contemporanea dell'Italia, compito specialmente significativo in occasione del centocinquantenario dell'unità;
l'Italia trae elementi e valori fondamentali per il proprio ruolo nel mondo proprio dalla dimensione culturale, peraltro simboleggiata dal primato conseguito con i siti ed i contesti definiti patrimonio dell'umanità dall'Unesco;
il vasto settore delle industrie creative e delle professioni culturali rappresenta una parte determinante della ricchezza nazionale, in termini di occupazione, di competenze tecnico-scientifiche, di creazione di prodotto interno lordo, stimato nel Libro bianco sulla creatività del 2008 come uno dei principali macrosettori dell'economia italiana;
occorre confutare l'infondata teoria circa una presunta autonoma capacità di «autofinanziamento» della cultura, sulla base di astratte ipotesi di sfruttamenti economici di «giacimenti culturali», o dei proventi turistici; poiché i compiti primari dei poteri pubblici non potranno mai essere sostituiti da meccanismi di mercato, che non potrebbero essere remunerativi rispetto agli imprescindibili e gravosi oneri della tutela, del restauro, della manutenzione, della gestione; si tratta piuttosto di integrare i compiti del pubblico e le opportunità attivabili attraverso meccanismi concreti di incentivazione dell'intrapresa privata, che le attuali disposizioni finanziarie e di bilancio si sono invece incaricate di rendere molto più difficili, se non proibitivi (detrazioni fiscali, crediti d'imposta, sponsorizzazioni, deducibilità di acquisizioni, mostre, spettacoli ed iniziative culturali ed altro); nel contesto della caduta dei contributi privati, le sponsorizzazioni si sono ridotte dai 258 milioni di euro nel 2008 ai 181 milioni di euro del 2010, le erogazioni liberali sono diminuite di oltre il 6 per cento tra il 2008 e il 2009, mentre i contributi in conto capitale per gli investimenti effettuati da privati per la tutela e valorizzazione del patrimonio storico artistico vedono lo stanziamento per il 2011 ridursi del 40 per cento;
in particolare, il bilancio dell'attuale Governo in materia di politiche culturali è disastroso, in quanto la quota sul prodotto interno lordo del bilancio della cultura si riduce per la prima volta, nel 2011, allo 0,18 per cento, mentre le riduzioni programmate del bilancio Ministero per i beni e le attività culturali nel quinquennio 2008-2013 raggiungono l'impressionante importo di 2.851.192.154,72 euro;
nel settore della manutenzione e del restauro del patrimonio, la capacità annua consolidata di spesa è stata di circa 450 milioni di euro all'anno, ma la disponibilità totale per il 2011 è pari ad appena 102 milioni di euro, incluso il fondo del lotto, così da ridimensionare in modo intollerabile il livello della cura ordinaria e straordinaria del patrimonio, instaurando le condizioni del suo deterioramento e degrado; in particolare, oltre a 4 milioni di euro per il fondo di riserva, i 49 milioni di euro della programmazione ordinaria risultano così ripartiti: 5 milioni di euro a disposizione del segretario generale, 7,3 milioni di euro per archivi e beni librari, 132 mila euro per architettura e arte contemporanea, 5,5 milioni di euro per i beni storico artistici (soprintendenze e musei), 10,4 milioni di euro per il patrimonio archeologico, 20,5 per i beni architettonici e la tutela del paesaggio;
il ridimensionamento del personale del Ministero per i beni e le attività culturali sta lasciando drammaticamente scoperti settori tecnici indispensabili, tra cui in particolare architetti ed archeologi; la dotazione organica passerebbe in soli tre anni dalle 23.000 unità del 2008 a poco più di 18.000 nel 2011; il personale tecnico in servizio è pari appena al 13 per cento dell'organico; restano scoperti - e spesso coperti con doppi incarichi di sicura inefficienza - decine di posti di dirigenti di prima e soprattutto di seconda fascia, inclusi numerosi soprintendenti; nella recente riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali è stata ulteriormente indebolita la struttura posta a difesa del paesaggio italiano;
i recenti drammatici crolli verificatisi nell'area archeologica di Pompei sono divenuti emblematici presso l'opinione pubblica italiana ed internazionale dello stato di degrado che minaccia il nostro patrimonio culturale;
il Presidente del Consiglio superiore per i beni culturali, professor Andrea Carandini, ha reso noto, a nome dell'intero Consiglio, al Capo dello Stato che «in tali condizioni, il nostro Ministero non è più in grado di attuare quanto l'articolo 9 della Costituzione impone: curare il patrimonio culturale»;
nel comparto delle attività culturali, le risorse disponibili sono state dimezzate in due anni, e il pur inadeguato impegno assunto dal Governo di riportare il fondo unico per lo spettacolo almeno a 400 milioni di euro è stato disatteso, lasciando le risorse disponibili per il 2011 ad appena 258 milioni di euro;
il rifinanziamento per appena sei mesi dei meccanismi innovativi - e non assistenziali, ma produttivi, come dimostrato dalla stessa direzione competente del Ministero per i beni e le attività culturali - di tax credit e tax shelter si presenta come una misura beffarda: un disincentivo alla programmazione d'impresa, anziché un incentivo per il cinema italiano;
anche l'unica riforma di settore che è stata approvata, quella relativa alle fondazioni lirico-sinfoniche, è impossibile da attuare a causa della mancanza delle condizioni minime per l'espletamento delle attività già programmate e delle necessità contrattuali;
i pesanti tagli apportati ai trasferimenti verso regioni ed enti locali si stanno riflettendo in modo generalizzato sui bilanci della cultura, con conseguenze molto gravi di ulteriore impoverimento delle attività di valorizzazione e gestione del patrimonio e di quelle dello spettacolo dal vivo, e con un forte impatto negativo in termini di chiusura di enti ed imprese culturali nonché di occupazione, come documentato da un recente rapporto di Federculture;
tutti i ripetuti appelli rivolti dal Ministro Bondi al Governo di cui fa parte, nonché le sue richieste rese pubbliche per il ripristino di risorse economiche e professionali indispensabili allo svolgimento dei compiti istituzionali del Ministero per i beni e le attività culturali sono stati ignorati, ed i suoi pubblici impegni sono stati disattesi - a titolo di esempio, quelli per le assunzioni di personale tecnico all'indomani dei crolli a Pompei, e quelli per il finanziamento dello spettacolo assunti in occasione della Festa del cinema di Roma e nel corso di cerimonie alla presenza del Presidente della Repubblica;
dunque, il Ministro - a differenza di altri suoi colleghi - ad avviso dei firmatari del presente atto, non è stato in grado di far valere la propria iniziativa presso il Presidente del Consiglio dei ministri, presso il Ministro dell'economia e delle finanze e in seno alla collegialità del Consiglio dei ministri, così non riuscendo ad arginare un irreparabile guasto delle politiche pubbliche per la cultura in Italia, che la linea prevalente nel Governo tende a definire come un costo superfluo per le finanze pubbliche;
in base all'articolo 94 della Costituzione e secondo l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati;
esprime la propria sfiducia al Ministro per i beni e le attività culturali e lo impegna a rassegnare le dimissioni.
(1-00533)
«Buttiglione, Granata, Tabacci, Melchiorre, Adornato, Binetti, Bosi, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Casini, Cera, Cesa, Ciccanti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Scanderebech, Tassone, Nunzio Testa, Volontè, Zinzi, Bocchino, Della Vedova, Giorgio Conte, Moroni, Barbaro, Bellotti, Bongiorno, Briguglio, Buonfiglio, Consolo, Cosenza, Di Biagio, Divella, Lamorte, Lo Presti, Menia, Angela Napoli, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ronchi, Rosso, Ruben, Scalia, Toto, Tremaglia, Urso, Calgaro, Lanzillotta, Mosella, Pisicchio, Vernetti, Tanoni».
(20 gennaio 2011)