XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 27 gennaio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 2 FEBBRAIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il sistema della piccola e media impresa rappresenta il vero motore dell'economia del nostro Paese, costituendo la quasi totalità del tessuto imprenditoriale italiano (il 94,8 per cento, dati Istat 2009) e occupando circa il 50 per cento degli addetti (dati Istat 2009);
nonostante la crisi economica globale, le piccole e medie imprese italiane si confermano un tassello importante del patrimonio economico europeo, così come dimostrano i recenti dati sul valore aggiunto: nel 2008 il manifatturiero italiano ha generato un valore aggiunto di 86,4 miliardi di euro, il 40 per cento in più di quello delle omologhe imprese tedesche e oltre il 60 per cento in più di quello delle francesi. Sempre nel 2008 le microimprese italiane dei settori tessile-abbigliamento, cuoio-pelletteria-calzature e mobile hanno generato un valore aggiunto di quasi 9 miliardi di euro, superiore a quello dell'industria aerospaziale francese (8,7 miliardi di euro). Nel complesso, le piccole e medie imprese italiane hanno dato un contributo al prodotto interno lordo europeo di quasi 10 miliardi di euro superiore a quello delle grandi imprese dell'auto in Germania, Francia e Spagna;
la politica di rigore avviata dal Governo ha consentito al sistema Paese di resistere alla crisi finanziaria e nello stesso tempo ha attivato una serie di misure volte a liberare le potenzialità inespresse delle imprese; tra gli interventi di maggior rilievo si segnalano: la detassazione delle prestazioni di lavoro straordinario e l'introduzione della detrazione del 10 per cento dell'irap dall'ire; il differimento del pagamento dell'iva al momento dell'effettivo incasso delle fatture, al fine di favorire, soprattutto, le piccole imprese; le agevolazioni per alcuni tra i settori industriali più importanti, quali quello automobilistico, tessile e degli elettrodomestici, che sono stati oggetto di forti incentivi; la possibilità di rivalutazione degli immobili iscritti a bilancio a fronte del pagamento di un'imposta sostitutiva; l'introduzione della cosiddetta Tremonti-ter, che ha consentito di riavviare gli investimenti in macchinari da parte delle imprese e, proprio nel senso di incentivare gli investimenti, dovrebbe continuare ad indirizzarsi, tra l'altro, l'azione di Governo. Una riproposizione, magari in forma diversa, delle agevolazioni fiscali per le aziende che investono in macchinari e attrezzature costituirebbe una «boccata di ossigeno», soprattutto per le imprese medio-piccole. Altre misure varate a sostegno di una nuova politica produttiva vanno dalle agevolazioni per l'accesso al credito con il rifinanziamento del fondo di garanzia, alla moratoria sui debiti, dalla semplificazione del rapporto con la pubblica amministrazione attraverso strumenti quali la comunicazione unica, lo sportello unico per le attività produttive e la segnalazione certificata di inizio attività, al contratto di rete per accrescere la competitività e la capacità innovativa ed infine al taglio degli oneri amministrativi gravanti sulle imprese al fondo nazionale di investimento a sostegno dei processi di patrimonializzazione;
la difficile congiuntura economica continua ad incidere pesantemente sul nostro sistema produttivo, come testimoniano le molte crisi aziendali aperte e il massiccio ricorso alla cassa integrazione;
i segnali di ripresa degli ordinativi che si registrano negli ultimi mesi sono da attribuirsi prevalentemente alla domanda che proviene dall'estero, mentre non si evidenziano segnali positivi sul fronte della domanda interna, sicché si rende necessario assumere iniziative che diano stimolo ai consumi privati e agli investimenti pubblici;
nonostante gli ultimi dati sulla produzione industriale risultino incoraggianti ancora oggi, tuttavia, molte imprese si

trovano in una situazione di oggettiva difficoltà, dovuta al perpetuarsi di molteplici problematiche che la crisi ha contributo ad accentuare;
un primo ostacolo alla crescita di queste importanti realtà produttive è rappresentato dalla minore liquidità, dovuta alla concreta difficoltà che le imprese di minori dimensioni hanno di veder soddisfatti in tempi ragionevoli i propri crediti, anche a causa della lentezza della giustizia civile: in media occorrono 1765 giorni per la conclusione di un procedimento, con un conseguente onere a carico delle aziende stimato in 2.331 milioni di euro (dati Confartigianato 2006);
le piccole e medie imprese, già fortemente provate dalle difficoltà di accesso al credito bancario, circostanza che richiede un attento monitoraggio degli accordi di Basilea 3, accusano più delle grandi i ritardi nei pagamenti, rischiando la propria stessa sopravvivenza, con conseguenze dannose per l'intera filiera produttiva;
al fine di contenere la pratica dei ritardi di pagamento, che interessa la maggior parte dei Paesi dell'Unione europea, è stata approvata una direttiva relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, finalizzata a migliorare l'efficienza e l'efficacia degli strumenti di ricorso, con particolare riferimento a quelli delle pubbliche amministrazioni;
sul fronte degli investimenti pubblici, occorre rilevare che il patto di stabilità interno impone vincoli stringenti agli enti locali, penalizzando, soprattutto, quelli più virtuosi, che si vedono costretti a dover sospendere i progetti di investimento e i pagamenti alle aziende;
un ulteriore freno agli investimenti e al rilancio delle attività produttive è rappresentato dai pesanti costi burocratici che gravano sulle nostre piccole e medie imprese; su questo versante, nonostante le importanti iniziative già assunte dal Governo e sopra richiamate, si stima che l'onere a carico delle piccole e medie imprese si aggira intorno ad una media che va dai 1900 ai 2300 euro ad impresa;
un particolare sostegno alle piccole e medie imprese è arrivato dal rafforzamento delle misure di contrasto all'ingresso sul territorio nazionale di prodotti industriali contraffatti e dall'obbligo di etichettatura dei prodotti con l'approvazione della legge 8 aprile 2010, n. 55, («legge Reguzzoni-Versace»), che rappresenta un valido strumento di tutela del made in Italy. Attualmente sono state presentate alla Camera dei deputati numerose altre proposte di legge, che hanno l'obiettivo di estendere l'obbligo di etichettatura ai più importanti settori merceologici. In sede europea, la Commissione commercio internazionale ha adottato a larga maggioranza la relazione sulla proposta di regolamento sull'indicazione del Paese di origine di alcuni prodotti importati da Paesi terzi; ciò è l'espressione di una volontà di cambiamento che il Governo italiano dovrebbe cogliere, per dare concreta attuazione alle istanze espresse dalle imprese manifatturiere per una maggiore tutela del made in Italy,


impegna il Governo:


a prevedere, nell'ambito delle disponibilità finanziarie, ulteriori meccanismi di incentivazione degli investimenti effettuati dalle imprese, soprattutto le medio-piccole, mediante l'adozione di misure di impulso al rinnovamento dei macchinari e delle attrezzature, sul modello della «Tremonti-ter», avviando la riforma del sistema degli incentivi alle imprese al fine di semplificarne le procedure di accesso e di destinare una maggior quota di risorse disponibili per l'attivazione, in particolare, di progetti di imprenditoria giovanile e femminile e adottando nel contempo misure a sostegno dei distretti produttivi italiani;
ad assumere, quanto prima, iniziative normative di modifica dell'attuale disciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, con particolare riguardo alle pubbliche amministrazioni,

che puntino al miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia degli strumenti di ricorso contro tali ritardi, dando piena attuazione alle recenti misure adottate in materia dall'Unione europea e allineando il nostro Paese alle normative delle economie più avanzate;
ad assumere iniziative di competenza dirette a rivedere ulteriormente il patto di stabilità interno, consentendo alle amministrazioni locali l'utilizzo delle risorse disponibili per portare a termine gli investimenti già programmati, in particolare per gli interventi necessari sulle infrastrutture, l'edilizia scolastica, le manutenzioni ordinarie e straordinarie, ritenute essenziali per l'erogazione dei servizi ai cittadini;
a proseguire nel processo di informatizzazione e semplificazione dei procedimenti amministrativi, anche introducendo il principio di proporzionalità, al fine di correlare l'onerosità degli adempimenti amministrativi alla dimensione dell'impresa, con l'obiettivo di snellire i tempi e le modalità di esecuzione degli obblighi a carico delle imprese;
a rafforzare gli strumenti di tutela del made in Italy, favorendo, per quanto di sua competenza, il rapido iter delle proposte di legge presentate alla Camera dei deputati sulla commercializzazione di prodotti strategici per l'industria italiana e adoperandosi in sede europea affinché venga quanto prima adottato il regolamento sull'indicazione del Paese di origine dei prodotti importati da Paesi extracomunitari;
a proseguire nella revisione degli studi di settore, nella loro architettura generale, ma soprattutto nella concreta applicazione sul territorio, tenendo presente che l'utilizzo delle stime operate dagli studi non può avvenire in maniera automatica, ma deve tenere in massima considerazione gli elementi forniti dal contribuente e che gli studi devono tornare ad essere un mero strumento statistico, applicato in maniera flessibile, con un diverso rapporto tra fisco e contribuente, in base alle specificità delle diverse realtà territoriali, dei singoli settori merceologici e tenendo in debito conto gli effetti e le conseguenze della crisi economico-finanziaria, che ancora sta colpendo il nostro sistema produttivo;
a monitorare le condizioni di accesso al credito per le piccole e medie imprese, alla luce del progressivo recepimento degli accordi di Basilea 3, aventi ad oggetto la capitalizzazione del sistema bancario, affinché il raggiungimento dei nuovi parametri patrimoniali richiesti alle banche non comporti una stretta sul credito alle imprese e ad un aumento dei tassi di interesse.
(1-00540)
«Reguzzoni, Montagnoli, Lussana, Luciano Dussin, Fogliato, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fava, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Giancarlo Giorgetti, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 297, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (come già previsto dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244, all'articolo 2, comma 627) stabilisce: «In relazione alle esigenze derivanti dalla riforma strutturale connessa al nuovo modello delle Forze armate, conseguito alla sospensione del servizio obbligatorio di leva, il Ministero della difesa predispone, con criteri di semplificazione,

di razionalizzazione e di contenimento della spesa, un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio di cui all'articolo 231, comma 4»;
lo stesso decreto legislativo n. 66 del 2010, all'articolo 306, comma 3, prevede il diritto alla continuità alla conduzione dell'alloggio, rimanendo in affitto, per coloro che non sono in grado di acquistare l'alloggio in cui abitano, se messo in vendita, laddove sancisce che sia assicurata «la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliari e del coniuge superstite, alle condizioni di cui al comma 2, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato con il decreto ministeriale di cui al comma 2, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici Istat»;
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, all'articolo 6, comma 21-quater, prevede: «Con decreto del Ministero della difesa, adottato d'intesa con l'Agenzia del demanio, sentito il Consiglio centrale della rappresentanza militare, si provvede alla rideterminazione, a decorrere dal 1o gennaio 2011, del canone di occupazione dovuto dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio del Ministero della difesa, fermo restando per l'occupante l'obbligo di rilascio entro il termine fissato dall'Amministrazione, anche se in regime di proroga, sulla base dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall'Agenzia del territorio, del reddito dell'occupante e della durata dell'occupazione. Le maggiorazioni del canone derivanti dalla rideterminazione prevista dal presente comma affluiscono ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate per le esigenze del Ministero della difesa»;
il termine del 1o gennaio 2011 è trascorso senza che sia stato emanato il decreto ministeriale sopra richiamato,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative, anche normative, intese:
a) a rideterminare la data di vigenza degli eventuali nuovi canoni, fissando una data successiva a quella di emanazione del decreto ministeriale di cui all'articolo 6, comma 21-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78;
b) a prevedere, in sede di attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 6, comma 21-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, relative alla determinazione di nuovi canoni, anche alla luce del richiamo esplicitamente riportato nelle citate norme al «reddito dell'occupante», la non applicabilità di maggiorazioni di canone, rispetto a quello già in vigore, nei confronti degli utenti con reddito familiare annuo lordo non superiore a quello da fissare annualmente con decreto del Ministro della difesa, ai sensi dell'articolo 306, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, nonché degli utenti nel cui nucleo familiare sia compreso un portatore di handicap;
c) a esplicitare che l'applicazione di qualunque variazione di canone ha efficacia solamente a partire dalla data di notifica al conduttore del nuovo canone determinato;
d) con particolare riguardo a quanto disposto nell'articolo 7, commi 4 e 5, lettera a), del decreto del Ministro della difesa n. 112 del 2010, recante il regolamento per l'attuazione del programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio per il personale militare, a garantire che l'esercizio del diritto di acquisto dell'usufrutto sia esercitato dai conduttori, così come definiti nell'articolo 7, comma 4, del citato regolamento, senza la necessità di corrispondere una caparra confirmatoria a mezzo di assegno circolare non trasferibile ovvero fideiussione bancaria o assicurativa pari al 5 per cento del valore dell'usufrutto, considerato il carattere oneroso di tale garanzia, che, peraltro, risulta

non necessaria, in quanto l'amministrazione della difesa è già garantita, così come previsto dall'articolo 7, comma 4, lettera a), del predetto regolamento, attraverso il pagamento del valore dell'usufrutto con il prelievo automatico di un importo non superiore al 20 per cento del reddito mensile del conduttore;
e) a disporre la sospensione delle procedure di recupero forzoso, di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto ministeriale n. 112 del 2010, sino all'emanazione del decreto di trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato degli alloggi da alienare, di cui all'articolo 6, comma 3, dello stesso decreto n. 112 del 2010;
f) a riconoscere, per quanto riguarda gli alloggi per i quali non si prevede la vendita, possibili ed alternative formule di acquisizione e/o conduzione dell'immobile, come l'acquisizione dell'usufrutto a vita per i conduttori sine titulo ultrasessantacinquenni che manifestino la volontà di continuare nella conduzione stessa.
(1-00541)
«Villecco Calipari, Rugghia, Garofani, Gianni Farina, La Forgia, Laganà Fortugno, Mogherini Rebesani, Rampi, Recchia, Samperi, Schirru, Vico».

La Camera,
premesso che:
dal 12 aprile all'11 giugno 2010 la Commissione europea ha tenuto una consultazione pubblica sul futuro della politica agricola comune (PAC), a seguito della quale si è svolta il 19-20 luglio 2010, a Bruxelles, la conferenza sulla PAC dopo il 2013, cui hanno partecipato tutte le parti interessate alla definizione del futuro assetto della stessa politica agricola comune (PAC);
sulla base di quanto emerso dalla conferenza sulla PAC dopo il 2013, la Commissione europea è impegnata a presentare, entro l'anno 2011, una comunicazione sul futuro della politica agricola comune (PAC), che si assocerà al progetto preliminare sulle prospettive finanziarie per il periodo 2014-2020, sempre da presentare entro la medesima scadenza;
la presentazione, da parte della Commissione europea, delle proposte di regolamento sulla nuova politica agricola comune (PAC) e sulle prospettive finanziarie è già previsto che avvenga entro l'estate 2011, dopodiché si avvierà la procedura di co-decisione che, entro il 2012, si concluderà con l'approvazione dei relativi testi di legge;
i contenuti della nuova politica agricola comune (PAC) dovranno necessariamente inserirsi nella strategia «Europa 2020», definita dal Consiglio europeo del 17 giugno 2010 che, come noto, si fonda su tre linee strategiche e cinque obiettivi, finalizzati a favorire una crescita fondata su conoscenza, innovazione, sostenibilità ambientale e inclusione sociale;
in coerenza con tali linee strategiche, nella conferenza sulla PAC dopo il 2013 del 19-20 luglio 2010 sono stati individuati i punti cardine in riferimento ai quali definire il futuro ruolo dell'agricoltura europea e, di conseguenza, gli obiettivi e gli strumenti della nuova politica agricola comune;
i temi individuati sono quelli della sicurezza alimentare (intesa nel suo complesso, quindi in riferimento alle diverse esigenze dell'Europa e dei Paesi più poveri), della sostenibilità ambientale, del legame con il territorio, della gestione delle crisi congiunturali, della semplificazione amministrativa;
sempre per quanto emerso dalle attuali fasi preliminari, appare evidente che i principali strumenti dell'attuale politica agricola comune (PAC) e, in specie, i pagamenti diretti e la struttura su due pilastri saranno confermati in futuro, pur con alcune importanti modifiche che sembrano destinate ad incidere, se non sulla loro natura, sulla loro efficacia;

al riguardo i temi più importanti che, all'atto pratico, saranno oggetto della discussione che condurrà alla definizione della nuova politica agricola comune riguarderanno il quadro finanziario, ossia le risorse che, nell'ambito del bilancio 2014-2020, saranno destinate alla politica agricola comune (PAC), la distribuzione del sostegno attraverso i pagamenti diretti - da rendere più omogeneo, attraverso l'applicazione di una delle ipotesi di regionalizzazione di cui, da tempo, si discute -, la struttura in due pilastri, con una crescente finalizzazione degli interventi, in specie, di quelli del secondo pilastro che, più che in passato, dovranno essere attenti a sostenere la diversità dell'agricoltura europea e delle esternalità positive che, la stessa, produce in favore dell'intera collettività;
il territorio nazionale italiano è costituito per il 76,8 per cento da aree collinari e montane e per più dell'80 per cento da aree rurali, dove l'agricoltura, anche quando non è in grado di svolgere un ruolo economicamente decisivo, contribuisce, comunque, a determinare le caratteristiche sociali, ambientali e paesaggistiche;
il forte legame dell'agricoltura italiana con il territorio non ha solo implicazioni ambientali, in quanto l'agricoltura è la componente centrale di un sistema socio-economico complesso, che include l'insieme delle attività economiche che vanno dalla fornitura dei fattori produttivi agricoli al consumo finale dei prodotti agroalimentari e che vale circa 240 miliardi di euro, pari al 15 per cento del prodotto interno lordo;
l'agricoltura italiana è la seconda in Europa per valore della produzione, ma la prima nel mondo per il valore della sua produzione (in termini di valore aggiunto ad ettaro); la prima in Europa per prodotti di qualità e per produzioni biologiche, per le quali è anche il quarto produttore a livello mondiale;
è pacificamente riconosciuto il ruolo che l'agricoltura è in grado di svolgere ai fini sia della riduzione dei «gas serra» sia della produzione di energie da fonti rinnovabili, puntando non su produzioni che si pongono in alternativa a quelle per fini alimentari, ma sulla possibilità del reimpiego a fini energetici degli scarti e dei sottoprodotti delle coltivazioni e degli allevamenti;
nonostante la vastità delle funzioni che sono - e possono essere - svolte dall'agricoltura e la rilevanza delle aree classificate come rurali e la loro elevata incidenza sul totale della superficie territoriale nazionale, negli ultimi decenni si è assistito ad una progressiva riduzione delle aree destinate ad usi agricoli, mentre è sensibilmente aumentato il peso delle aree, comunque agricole, rimaste incolte a seguito dell'abbandono, e delle aree interessate da infrastrutture e da sistemi insediativi;
ciò ha accresciuto e continua ad accrescere il rischio di perdita del suolo in termini non solo quantitativi, ma anche in riferimento alla sua capacità di svolgere il peculiare ruolo di risorsa multifunzionale, con il risultato che porzioni sempre più ampie del nostro territorio sono esposte alle cosiddette «catastrofi naturali»;
è necessario convincersi che, nell'attuale contesto, la perdita di suolo, unitamente al ridursi delle attività agricole, pone a repentaglio la sopravvivenza di quello straordinario patrimonio ambientale, economico e culturale che è costituito dai rapporti che legano l'agricoltura al territorio, alla natura ed alla società;
mettere a rischio l'insieme di tali rapporti comporta l'inaccettabile conseguenza di porre in pericolo il sistema di diritti (d'impresa, di lavoro, di sovranità e di sicurezza alimentare, di salvaguardia delle risorse naturali ed ambientali ed altro) che, attraverso quegli stessi rapporti, è stato costruito nel tempo;
il ruolo che l'agricoltura svolge sul territorio è, pertanto, un motivo già di per sé sufficiente a giustificare l'impegno pubblico nel settore e, pertanto, un eventuale disimpegno sul fronte degli aiuti comunitari si tradurrebbe in un danno collettivo

irreversibile, di portata ben superiore al contributo che il settore agricolo reca, ogni anno, alla determinazione del prodotto interno lordo nazionale,


impegna il Governo:


ad adottare tutte le iniziative necessarie, affinché nell'ambito delle prospettive finanziarie per il 2014-2020 il livello del sostegno all'agricoltura ed alle politiche di sviluppo reale non subisca ridimensionamenti e affinché, rispetto al recente passato, sia maggiormente finalizzato al perseguimento degli obiettivi dichiarati;
ad elaborare un documento di posizione da presentare e sostenere in sede di Unione europea, ove siano chiaramente delineate le linee strategiche che si ritengono prioritarie, affinché la nuova politica agricola comune possa sostenere lo sviluppo futuro del nostro sistema agroalimentare;
a definire le linee strategiche di cui sopra in riferimento alle caratteristiche ed alle potenzialità della nostra agricoltura e, in particolare, al rapporto con il territorio e le altre componenti socio-economiche, alla peculiarità del modello di sviluppo del sistema italiano agroalimentare, fondato sulla qualità, e non sulla quantità, delle proprie produzioni, al ruolo multifunzionale dell'agricoltura e, in specie, ai servizi che può rendere alla collettività e alle funzioni che può svolgere nell'ambito della politica energetica.
(1-00542)
«Fogliato, Callegari, Negro, Rainieri, Fava, Pini, Stucchi, Consiglio, Montagnoli, Bitonci, Dozzo».

Risoluzione in Commissione:

La IX Commissione,
premesso che:
la legge 29 luglio 2010, n. 120, recante «Disposizioni in materia di sicurezza stradale», ha modificato - tra l'altro - l'articolo 94 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni ed integrazioni, recante «Nuovo codice della strada»;
in particolare, l'articolo 12, comma 1, lettera a), della predetta legge ha introdotto il comma 4-bis al citato articolo 94, inteso a prevedere che - previa dichiarazione dell'avente causa al centro elaborazione dati del dipartimento per i trasporti, la navigazione e di sistemi informativi e statistici - debba procedersi all'aggiornamento della carta di circolazione del veicolo ed all'aggiornamento dell'archivio nazionale dei veicoli qualora si verifichino atti che, ancorché diversi da quelli che mutino il titolo di proprietà del veicolo stesso, comportino una variazione dell'intestatario della carta di circolazione ovvero comportino la disponibilità del veicolo per un periodo superiore a trenta giorni, in favore di un soggetto diverso dall'intestatario stesso;
la finalità perseguita dalla suddetta disposizione risiede nella necessità di assicurare certezza nell'individuazione del responsabile della circolazione dei veicoli, in funzione dell'applicazione delle sanzioni per le violazioni del codice della strada con particolare riferimento alla decurtazione dei punti patente di cui all'articolo 126-bis, rafforzando la tutela degli interessi di ordine pubblico già garantita dall'articolo 93, comma 2, del medesimo codice;
tale ultima norma, infatti, prevede che la carta di circolazione debba essere intestata al soggetto che si dichiara proprietario e che vengano altresì annotate, in particolare, le generalità dell'usufruttuario e del locatario con facoltà di acquisto, vale a dire dei soggetti che in concreto hanno la disponibilità del veicolo;
l'introduzione all'articolo 94 del codice del comma 4-bis ha inteso ampliare lo scenario delle possibili e variegate casistiche che danno luogo, di fatto, all'utilizzo dei veicoli da parte di soggetti diversi dai relativi intestatari, allorché non sussista un trasferimento di proprietà degli stessi;

ai fini delle concrete ipotesi a cui la predetta disciplina deve applicarsi, lo stesso legislatore ha ritenuto di prevedere, nel medesimo articolo 12, comma 1, lettera a), della citata legge n. 120 del 2010 una norma di rinvio al regolamento di esecuzione ed attuazione del codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495;
in seconda lettura dell'AC 44-B - poi divenuto legge n. 120 del 2010 -, nel corso dell'esame, in sede legislativa, presso la IX Commissione della Camera dei deputati, nella seduta del 14 luglio 2010, il rappresentante del Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 0/44 e abb.- B/IX/5.Velo, che, tra l'altro, impegna il Governo: prevedere, nell'ambito del predetto regolamento di esecuzione, quale fattispecie rientrante nel disposto di cui al comma 4-bis de quo, quella della locazione senza conducente;
con riferimento a tali contratti, occorre tener conto della struttura organizzativa delle imprese di settore, normalmente dotate di una rete capillare di erogazione del servizio, la quale impone flessibilità nella reperibilità sul territorio dei veicoli da porre a disposizione dei clienti;
le finalità di cui all'articolo 94, comma 4-bis, del codice della strada possono e devono, pertanto, essere assicurate con strumenti più flessibili che non compromettano la dinamicità delle contrattazioni di settore, da un canto, né la certezza del soggetto responsabile delle violazioni delle norme di circolazione poste dal codice, dall'altro;
nella predisposizione della disciplina regolamentare applicativa, inoltre, occorre tener conto della facoltà, sancita dall'articolo 180, comma 4, del codice della strada di sostituire la carta di circolazione con la fotocopia autentica della stessa, ai fini della regolarità della circolazione su strada: precauzione adottata dalle imprese di locazione al fine di impedire illeciti utilizzi del documento di circolazione stesso,


impegna il Governo:


ad interpretare, in sede di predisposizione del decreto del Presidente della Repubblica recante disposizioni attuative dell'articolo 94, comma 4-bis, del codice della strada, come introdotto dall'articolo 12, comma, 1, lettera a), della legge 29 luglio 2010, n. 120, nel senso che, nel caso di locazione senza conducente, al fine di assicurare le finalità proprie di tale disposizione possa procedersi al solo aggiornamento dell'archivio nazionale dei veicoli attraverso l'annotazione, nella stessa banca dati, del nominativo del locatario e della scadenza del contratto, al fine di assicurare - in sede di controllo - la certa ed univoca attribuibilità del veicolo a chi effettivamente ne dispone, ed al contempo non appesantire le pratiche commerciali delle aziende di locazione con adempimenti (quali l'emissione della carta di circolazione aggiornata) che di fatto segnerebbero una battuta di arresto nella necessaria dinamicità delle stesse;
a prevedere che - a fronte dell'avvenuta comunicazione - venga contestualmente rilasciata una ricevuta che il locatario ha l'onere di tenere con sé, unitamente alla fotocopia della carta di circolazione, durante la circolazione, al fine di comprovare l'assolvimento degli obblighi di cui al più volte menzionato articolo 94, comma 4-bis, del codice della strada.
(7-00483) «Valducci, Velo».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

TOUADI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 3 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni

ed integrazioni, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero dispone che la determinazione annuale delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato avviene con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sulla base dei criteri generali per la definizione dei flussi d'ingresso individuati nel documento programmatico triennale, relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, e che «in caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, entro il 30 novembre, nel limite delle quote stabilite nell'ultimo decreto emanato»;
la programmazione dei flussi - prevista dalla legge - non ha trovato puntuale attuazione negli ultimi tre anni spingendo famiglie ed imprese a ricorrere al lavoro irregolare;
la farraginosità dei meccanismi burocratici dell'attuale disposizione di legge impedisce, di fatto, l'incontro tra offerta e domanda di lavoro, costringendo famiglie ed imprese alla finzione della chiamata diretta dall'estero con notevoli esborsi di denaro e di tempo;
molte associazioni di volontariato e di difesa dei diritti degli immigrati segnalano casi di pressioni, ricatti e intimidazioni esercitati sui lavoratori impiegati irregolarmente in vista del click-day fissato per il 3 febbraio 2011 -:
se il Ministro interrogato sia al corrente di tali fatti;
se il Governo non intenda procedere - in concomitanza con il cosiddetto decreto flussi - alla regolarizzazione di altre tipologie lavorative precedentemente escluse dall'ultima regolarizzazione - rivolta in via esclusiva a colf e badanti;
se il Governo intenda facilitare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro attraverso la semplificazione burocratica e l'attivazione dell'istituto dello sponsor - persona fisica o ente morale - in grado di conferire maggiori garanzie all'intero processo di regolarizzazione.
(3-01425)

Interrogazioni a risposta scritta:

STRIZZOLO, MARAN e ROSATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 65 dello statuto della regione autonoma Friuli Venezia Giulia prevede la costituzione di una commissione paritetica, composta da tre membri eletti dal consiglio regionale e da tre membri nominati dal Governo, con il compito di approfondire le tematiche oggetto di decreti legislativi emanati in attuazione dello statuto speciale della regione;
tale commissione paritetica, che negli anni ha sempre svolto un prezioso lavoro di approfondimento e di raccordo tra la regione Friuli Venezia Giulia e lo Stato nella definizione di problematiche attinenti il trasferimento di funzioni e di risorse, in attuazione dei dispositivi di legge di volta in volta emanati e riguardanti i complessi rapporti tra la regione e lo Stato, contribuendo a creare i prodromi di un positivo percorso di decentramento di funzioni e di competenze dallo Stato alle autonomie regionali, è stata rinnovata nella sua composizione a seguito delle elezioni regionali e politiche nazionali del 2008, designando quale presidente, in rappresentanza del Governo, l'europarlamentare Giovanni Collino;
il percorso avviato, con un ampio dibattito politico-istituzionale, per una riforma in senso federalista dello Stato, comporta anche un sempre più necessario lavoro di coordinamento tra Stato e regione, con l'obiettivo della completa attuazione dello statuto di autonomia del Friuli Venezia Giulia, tenendo conto dei complessi e specifici rapporti di natura finanziaria,

legislativa ed amministrativa esistenti tra lo Stato e le regioni a statuto speciale;
nel corso della prima metà del mese di dicembre 2010, l'onorevole Collino ha rassegnato le dimissioni da presidente e da membro della commissione paritetica determinando così la non operatività dell'organismo in questa particolare fase che vede le regioni e il sistema delle autonomie locali impegnate in un serrato confronto con il Governo per l'attuazione della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale;
nei rapporti tra il Governo e la regione Friuli Venezia Giulia è in fase di approfondimento una nutrita serie di problematiche attinenti il trasferimento di nuove funzioni, il trasferimento di immobili di particolare significato storico e culturale come il castello di Udine, di caserme e altre strutture militari dismesse nonché importanti questioni attinenti i rapporti più strettamente finanziari -:
quali siano le ragioni che, fino ad oggi, non hanno consentito al Governo di procedere con la designazione del nuovo presidente della commissione paritetica in sostituzione del dimissionario onorevole Giovanni Cellino;
se sia intenzione dei Ministri interrogati procedere in tempi brevi con la nuova nomina che consentirebbe all'organismo di riprendere la sua importante e necessaria attività.
(4-10624)

PALADINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge n. 7 del 2005, convertito con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005, furono stanziati 24 milioni di euro in favore del fondo pensione per il personale delle Ferrovie dello Stato;
la Camera dei deputati il 21 aprile 2004 approvò la suddetta disposizione;
tale stanziamento non fu da allora più discusso al Senato fino alla seduta n. 282 del 27 febbraio 2008, durante la discussione del decreto-legge n. 247 del 2007 quando il Governo accolse un ordine del giorno (n. G6-100) in proposito;
tale ordine del giorno invitava il Governo ad assumere iniziative, affinché la dotazione di bilancio del fondo per il personale delle Ferrovie dello Stato (di cui all'articolo 7-ter, comma 1, del decreto-legge n. 7 del 2005) fosse trasferito per ciascuno degli anni 2008-2010 ed utilmente mantenuto con relativa attribuzione dei criteri di ripartizione al competente Ministero;
risulta oramai improrogabile ogni determinazione del Governo al fine di porre in essere quanto necessario per l'erogazione del finanziamento a suo tempo accantonato -:
quali siano gli intendimenti attuali del Governo in merito al caso in questione e se non si ritenga urgente individuare ed erogare il giusto stanziamento di 24 milioni di euro accantonato per sanare dopo 25 anni le legittime rivendicazioni dei pensionati ferrovieri.
(4-10627)

LEOLUCA ORLANDO e EVANGELISTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la recente rivolta popolare in Tunisia non ha precedenti nella storia moderna del Paese. Nasce anche per il gesto di un giovane laureato che, per disperazione, si dà fuoco il 17 dicembre 2010 dopo che la polizia gli aveva sequestrato la frutta e la verdura che vendeva per vivere. Meno di un mese dopo l'intero Paese si è mobilitato per cacciare il presidente-dittatore Ben Alì. Tale episodio ha innescato in tutto il Paese un movimento per la libertà e la fine della dittatura nonostante il tentativo di una sanguinosa repressione da parte dell'ormai ex-governo. Il bilancio, ad oggi, è di quasi un centinaio di morti e un centinaio di feriti. Il Paese versa nel caos

più totale, infuriano bande armate che sparano, organizzano rapine e compiono saccheggi. Si teme, inoltre, che la rivolta si propaghi nella vicina Algeria, dove si contano già numerose persone che hanno tentato di immolarsi, imitando il drammatico gesto del giovane ambulante tunisino;
se la rivoluzione tunisina è importante, in quanto si tratta del primo caso di ribellione democratica a un regime decennale, scoppiata per cause interne, è altrettanto vero che avrà sicuramente ricadute internazionali in quanto per anni, la comunità internazionale ha assistito, con disinteresse e distrazione, alla mortificazione di libertà democratiche e diritti umani sotto il regime di Abidine Ben Alì;
la Tunisia è da sempre un Paese vicino all'Italia. Vicino innanzitutto in senso geografico, ma anche da un punto di vista economico: l'Italia rappresenta il secondo partner commerciale per la Tunisia sia in termini di esportazioni che di importazioni. Vicino, infine, anche e soprattutto da un punto di vista storico: la presenza degli italiani in territorio tunisino tra il XIX e il XX secolo è stata assolutamente considerevole; basti pensare che a fine 800 vi erano 80.000 italiani e, pur diminuendo nei decenni, i 3000 connazionali che vivono in Tunisia - di cui circa 900 appartengono alla vecchia comunità - rappresentano la seconda minoranza presente sul suolo tunisino dopo quella francese;
considerata la consistenza delle relazioni tra i due Paesi, risulta logico chiedersi quale sia stata la valutazione data dal Governo italiano agli importanti eventi recentemente verificatisi in Tunisia, quali le prese di posizione, quali le eventuali reazioni a livello politico, e quali le reazioni al perverso intreccio tra affari speculativi e indifferenza per i diritti umani che ne derivano;
l'Italia, secondo il modo di vedere dell'interrogante, non sta cogliendo una serie di occasioni di portata storica: quella di rivedere e correggere la propria posizione avuta rispetto a un regime deprecabile come quello di Ben Alì, riscattandosi di fronte al popolo tunisino, dare una svolta alla nostra politica estera, contrassegnata da due anni a questa parte da una serie di iniziative infruttuose, da un allineamento su posizioni di convenienza e da una certa indolenza; e infine quella, mai banale, di schierarsi dalla parte della giustizia e dei diritti dei popoli;
è necessario, non solo tener conto del consolidamento del partenariato euro-mediterraneo, ma ancor più della necessità di promuovere una modernizzazione dei paesi della sponda sud che non riguardi solo il campo economico e politico, ma soprattutto il rispetto dei diritti umani, ricordando che l'Italia, dal dopoguerra ad oggi, ha sempre aderito ai più significativi accordi internazionali in tema di diritti umani, come ad esempio la Dichiarazione universale dei diritti umani del '48, la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici del '66, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea firmata a Nizza nel 2000; negli atti di partenariato e di collaborazione tra Unione europea e Tunisia è sempre riportata la clausola del rispetto dei diritti umani e delle libertà democratiche, anche se, molto spesso, tale clausola è rimasta lettera morta in nome di logiche affaristiche e spesso speculative;
l'impegno nel campo della salvaguardia dei diritti umani, che sulla carta appare come la stella polare della nostra politica estera, in questa circostanza sembra essere messo in secondo piano allorché si tratta di ottenere vantaggi e facilitazioni - come quelli offerti da Ben Alì, che per anni ha garantito un concreto e tangibile supporto nella lotta all'immigrazione clandestina;
la Tunisia è, ancora, in una fase delicata e il nascente Governo di solidarietà nazionale ha davanti a sé un percorso difficile. Ma al di là di incertezze e rischi di instabilità, il messaggio del popolo tunisino è forte e chiaro: la Tunisia vuole libertà, una democrazia stabile e il pieno rispetto dei diritti fondamentali;

è tempo di guardare avanti, e il popolo tunisino ha dimostrato in modo inequivocabile di voler scrivere una nuova pagina della sua storia, ed è dovere dell'Europa aiutarla a scriverla. Il rispetto della Costituzione e la volontà di fare un Governo di solidarietà nazionale per preparare le elezioni sono passi nella giusta direzione, come ha dichiarato l'Alto rappresentate per la politica estera e vice presidente della Commissione europea Cathy Ashton ed il Commissario Fule il 17 gennaio 2011, «l'UE è pronta a dare il suo pieno sostegno a un processo autenticamente democratico verso le elezioni che, si spera, possano essere annunciate e indette il prima possibile; e a fornire assistenza per la loro organizzazione e per accompagnare il processo di transizione verso una democrazia effettiva e stabile che porti anche maggiore giustizia sociale»;
lo stesso Presidente degli Stati Uniti d'America Barack Obama ha affermato che il popolo della Tunisia «ha il diritto di scegliersi i suoi governanti» e chiedendo elezioni libere ha condannato qualsiasi violenza plaudendo alla dignità e al coraggio del popolo tunisino -:
quali iniziative e quali interventi il Governo italiano intenda intraprendere presso l'ONU, l'Unione europea e l'OSCE:
a) a garanzia di ogni attenzione per il passaggio ad una fase democratica della Tunisia, per la garanzia della costituzione di un Governo di rottura e discontinuità rispetto al regime di Ben Alì e al suo sistema affaristico;
b) per la celebrazione di libere elezioni politiche con la presenza di osservatori internazionali;
c) per la garanzia indipendenza dei negoziati e delle libertà di quanti svolgono attività legale a difesa dei diritti umani e delle libertà democratiche;
se non si ritenga opportuno, in linea con i dettami degli accordi internazionali, creare le condizioni affinché siano accolti in Italia e messi in condizione di esprimere problemi e prospettive, i tanti esponenti della società civile tunisina che sta giocando una importante partita per un autentico processo democratico.
(4-10628)

LEOLUCA ORLANDO, BORGHESI, EVANGELISTI, MESSINA e BARBATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il numero del settimanale L'espresso del 20 gennaio 2011 riferisce che il senatore Marcello Dell'Utri è titolare di due conti correnti presso il Credito Cooperativo Fiorentino di proprietà dell'onorevole Denis Verdini, coordinatore del Popolo della libertà, istituto di credito commissariato nel luglio 2010 dalla Banca d'Italia;
i commissari della Banca d'Italia scoprono che su uno di questi conti correnti, il 22 maggio del 2008, è stato accreditato un bonifico di valore pari ad un milione e mezzo di euro. Un'operazione che non fu segnalata all'ufficio italiano cambi come previsto dalle norme antiriciclaggio;
nel loro documento i commissari scrivono che il bonifico proviene «da Berlusconi Silvio, tramite intermediario Monte dei Paschi di Siena. Si precisa che la posizione del cliente al momento della disposizione presentava un saldo negativo pari a euro tre milioni 150.134 (affidamento 2,8 milioni). Il bonifico ricevuto serviva a riassorbire l'esposizione»;
questo spiega perché il 30 settembre 2010 i responsabili dell'amministrazione straordinaria hanno fatto partire la segnalazione sulla violazione delle norme antiriciclaggio, attivando cosi gli ispettori di Bankitalia e gli investigatori dei carabinieri del Ros coordinati dalle procure di Firenze e Roma;
un'altra indagine a carico dell'onorevole Verdini mira a chiarire i rapporti fra il Credito Cooperativo Fiorentino e la Btp, di cui era presidente Riccardo Fusi. Nei giorni scorsi sono stati perquisiti tre studi legali fra Firenze e Siena e ci sono cinque

nuovi indagati. I pubblici ministeri ipotizzano, tra l'altro, fatturazioni emesse da Verdini per collaborazioni mai svolte con studi legali che avevano ottenuto consulenze per un mutuo da 150 milioni contratto nel 2008 dalla Btp con un pool di banche: Mps, Unipol, Cariprato, banca Mb e lo stesso Credito Cooperativo Fiorentino. «Risulta essere stata emessa una fattura - è scritto nel decreto di perquisizione - da parte di Verdini Denis (all'epoca presidente del Credito Cooperativo Fiorentino) a favore degli avvocati Olivetti e Rason per la somma di euro 260.000. Ed è ragionevole ritenere, per i molteplici e consistenti intrecci e interessi economici tra il Verdini e il Fusi e per gli innumerevoli interventi del primo nella vicenda che ha avuto ad oggetto il finanziamento a favore del secondo, che anche tale fatturazione possa essere stata fatta a fronte di operazioni inesistenti» -:
se sulla vicenda illustrata vi siano profili di competenza del Governo e in tal caso quali iniziative intendano adottare.
(4-10629)

BORGHESI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
esiste un fondo pensionistico integrativo, denominato PREVAER, per il personale del settore aereo;
nel febbraio 2010 con un comunicato ufficiale inviato da PREVAER si invitava Alitalia in amministrazione straordinaria a provvedere al versamento delle quote TFR. Nello stesso periodo in una nota dell'INPS si specificava che «spetta al datore di lavoro continuare a versare le quote di TFR ai relativi Fondi» e che «solo al termine della CIGS e dunque al momento della cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro maturerà il diritto a recuperare tali somme»;
nell'aprile 2010 in un verbale redatto dall'INPS, in occasione di un incontro con Alitalia in amministrazione straordinaria e il Fondo del trasporto aereo, viene fatto nuovamente riferimento alla questione PREVAER, attraverso la seguente affermazione: «viene richiesta, inoltre, una possibile verifica sul versamento delle quote TFR ai fondi di previdenza complementare;
in data 29 luglio 2010 uno dei comitati - quello che rappresenta i lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinari del centro-sud Italia - si è incontrato con alcuni rappresentanti di Alitalia in amministrazione straordinaria, e durante l'incontro è stato nuovamente toccato il punto riguardante il TFR e il versamento delle quote del medesimo verso i gestori dei Fondi (tra cui anche PREVAER). In quell'occasione Alitalia in amministrazione straordinaria ha riferito di aver sollevato il problema con INPS e con i vari gestori dei Fondi e ha coinvolto il ministero per un pronunciamento sulla legge (legge n. 464 del 1972), sostenendo che, poiché Alitalia è in procedura fallimentare e quindi tutti i dipendenti in cassa integrazione guadagni straordinaria non potranno rientrare in un'azienda che non esiste, è il caso che di tali importi si faccia direttamente carico INPS. Alitalia in amministrazione straordinaria è in attesa di un pronunciamento istituzionale;
in sostanza, stando alla situazione attuale, tutti coloro che hanno aderito al fondo complementare e, non si sono più visti versare le proprie quote di TFR al fondo pensionistico a partire da gennaio 2009;
inoltre non si ha traccia, a tutt'oggi, di quanto TFR sia maturato nel corso di questi ultimi due anni;
nonostante le ripetute richieste di chiarimento e il tentativo di coinvolgimento delle parti in causa - Alitalia/INPS e Prevaer -, ancora i cassaintegrati Alitalia non sono riusciti a ricevere delle risposte risolutive, ma solo un continuo rimpallo e scarico di responsabilità vicendevoli;

oltre al danno derivante dal mancato versamento, si deve aggiungere anche, come ulteriore aspetto penalizzante, la mancata rivalutazione che si sarebbe generata se le quote fossero state versate e quindi investite a seconda della linea di rischio di investimento prescelta. Vi era infatti la possibilità di optare tra una delle quattro linee, dalla linea più sicura denominata GARANTITA, a quella con maggiori rischi denominata DINAMICA, che si differenziano per la diversificazione degli investimenti, dei rischi e della massimizzazione delle rendite nette -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto appena esposto;
come intendano intervenire affinché si riesca a tutelare le diverse centinaia di lavoratori che avevano sottoscritto questa forma pensionistica integrativa.
(4-10630)

DI PIETRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in data 13 ottobre 2009, l'interrogante presentava un'interrogazione a risposta scritta (4-04543), cui ancora oggi non è stata data risposta alcuna;
nell'interrogazione in oggetto si rappresentavano le dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri a seguito della notizia della sentenza della Corte costituzionale con cui si dichiarava l'incostituzionalità della legge 23 luglio 2008, n. 124 (cosiddetto «Lodo Alfano»), recante la sospensione dei processi per le quattro alte cariche dello Stato;
il Presidente del Consiglio, intervistato a via del Plebiscito, avrebbe infatti commentato, come riportato a pagina 3 del quotidiano La Repubblica dell'8 ottobre 2009, con le parole: «Mi sento preso in giro», E poi, ancora, nel corso della trasmissione «Porta a Porta», con un intervento telefonico, avrebbe dichiarato che «Il Presidente della Repubblica aveva garantito con la sua firma che la legge sarebbe stata approvata dalla Consulta. Bastava che il Capo dello Stato intervenisse con la sua nota influenza sui giudici, e ci sarebbe stato quello spostamento di due voti che avrebbe fatto passare la legge». Sempre secondo quanto riportato da La Repubblica, il Presidente del Consiglio avrebbe minacciato: «le mie dichiarazioni potrebbero essere anche più esplicite e più dirette»;
inoltre nella stessa telefonata il Premier aggiungeva «La Consulta non è un organo di garanzia ma un organo politico» «Oggi - aggiungeva il premier - la Corte è occupata e dominata da 11 giudici di sinistra e 4 che non sono di sinistra. Non c'è nessuna speranza di decisioni autonome».
«In Italia abbiamo una maggioranza di giudici di sinistra, una stampa di sinistra con a capo Repubblica, una Rai che, a parte lei signor Vespa, va contro il governo, e in più un capo dello Stato espressione della vecchia maggioranza di sinistra». «Su Napolitano - aggiungeva il premier, a proposito dei giudizi già espressi in precedenza - ho detto quello che penso: non ho nulla da modificare sulle mie dichiarazioni che potrebbero essere anche più esplicite e più dirette»;
ancora, qualche giorno dopo, il Presidente del Consiglio, intervenendo al congresso del Partito popolare europeo a Bonn, tornava ad attaccare i magistrati e la Consulta, affermando: «Una parte dei giudici sta con la sinistra», E ancora: «La sovranità in Italia, e non credo di dire una cosa eccessiva, è passata dal Parlamento al partito dei giudici»;
preme inoltre all'interrogante, ricordare che (L'Espresso del 26 giugno 2009), presso l'abitazione del giudice della Corte Costituzionale, Luigi Mazzella, ha avuto luogo una cena avente come partecipanti il Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi, il Ministro della giustizia, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Gianni Letta, il Presidente della Commissione affari costituzionali del Senato, Carlo Vizzini, e il giudice della Corte Costituzionale Paolo Maria Napolitano, eletto alla Consulta nel 2006;

spetta proprio alla stessa Consulta a pronunciarsi in merito alla costituzionalità della legge che ha determinato la sospensione dei processi penali a carico del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi;
le dichiarazioni del Premier, assieme a quelle relative al lavoro della Consulta (definita - nel corso dell'intervento a «Porta a Porta» del 7 ottobre - «non un organo di garanzia, ma politico. Oggi è occupata e dominata da undici giudici di sinistra»), sembrerebbero all'interrogante essere più che altro un attacco strumentale ai massimi organi di garanzia del nostro sistema costituzionale; simili affermazioni dal carattere vagamente allusivo si prestano ad interpretazioni distorte e denotano un comportamento che, a parere degli interroganti, è poco coerente e, soprattutto, per niente corretto rispetto a quella che è la tutela di organi quali il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale, la cui onorabilità e autorevolezza vanno difese non solo dal Parlamento, ma anche dall'Esecutivo e dai suoi componenti -:
se il Presidente del Consiglio dei ministri confermi le suddette dichiarazioni, e, in tal caso, come intenda chiarire quanto affermato, spiegando da chi si sente ingannato, e quali siano le dichiarazioni «più esplicite e più dirette» a cui si riferirebbe.
(4-10634)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAZZERA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
notizie stampa riportano che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sia in procinto di sottoscrivere un protocollo d'intesa tra l'Eni spa, Syndial, Polimeri Europa, Enipower;
in particolare, l'intesa sarebbe finalizzata a tutelare l'Eni e le società controllate da eventuali contenziosi legali, correlati a danni ambientali rispetto a siti di interesse nazionale;
tra i siti citati nel protocollo, vi sarebbero Mantova, Avenza, Napoli Orientale, Crotone, Priolo, Gela, Porto Torres, Brindisi e Pieve Vergonte;
proprio rispetto all'ultima area citata, nel luglio 2008 il colosso petrolifero è stato condannato dal tribunale di Torino ad un notevole risarcimento danni (oltre 1,833 miliardi di euro più interessi e spese legali);
il tribunale torinese ha dichiarato l'Eni responsabile di inquinamento ambientale dal 1990 al 1996. La società ha fatto appello avverso la sentenza di condanna, chiedendo la sospensione del pagamento;
considerata la grande attività dell'Eni e delle società controllate sul territorio nazionale, non può escludersi che alla sentenza del 2008 possano seguirne altre, del medesimo tenore sanzionatorio;
risulta inoltre che il 26 ottobre 2010 la procura della Repubblica di Brindisi abbia disposto il sequestro di alcuni impianti della società Polimeri Europa, con l'accusa di presunto inquinamento ambientale -:
quali siano le finalità del protocollo d'intesa citato in premessa e se il Ministro intenda chiarire se l'atto contenga o meno accordi diretti a tutelare l'Eni s.p.a. e le società controllate da eventuali contenzioni giudiziari.
(5-04119)

VIOLA, RUBINATO e STRIZZOLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in attuazione del decreto legislativo n. 112 del 1998 le regioni hanno assunto

piena competenza sulla rete idrografica e sulle relative opere con piena responsabilità e in modo particolare ciò è avvenuto per la regione Veneto dal 1o gennaio 2003;
il dato di fatto inquietante, ripetutamente posto in evidenza, è che tutti i maggiori corsi d'acqua del Veneto - già di competenza del magistrato alle acque - hanno condizioni di rischio non inferiori a quelle che avevano nel 1966 allorché, come ben noto, si verificò, in concomitanza di un evento meteo eccezionale, una delle più disastrose alluvioni che abbiano mai colpito questa regione;
in questi quarant'anni non si sono infatti concretizzati, per detti corsi d'acqua, i necessari risolutivi interventi che rendano compatibile il transito della massima piena prevista con l'assetto delle difese e delle arginature nei tratti che vanno dall'alta pianura alla foce in Adriatico. Ciò nonostante tali opere siano state individuate, ancorché in linea di massima, già da tempo (atti della commissione De Marchi del 1970 e, da ultimo, piani stralcio per l'assetto idrogeologico - PAI);
alle gravi problematiche connesse alla rete idrografica principale, che caratterizza, segna, condiziona e spesso minaccia gran parte del territorio veneto, si devono aggiungere quelle derivanti dalla diffusa rete minore che, sempre più frequentemente, va in crisi anche in occasione di eventi non certo caratterizzati da tempi di ritorno elevati;
non bisogna sottovalutare la fragilità della costa veneta soggetta a gravi fenomeni di erosione e le situazioni di criticità connesse ai numerosissimi e rilevanti dissesti geologici;
queste insufficienze della rete idraulica si sono ulteriormente verificate, su parte del territorio veneto, durante l'evento calamitoso del 31 ottobre e 1o e 2 novembre 2010 evidenziando così i problemi in particolar modo della rete idraulica di pianura;
la legge 23 dicembre 2009, n. 191 recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria per il 2010) all'articolo 2, comma 240, prevede che le risorse assegnate per interventi di risanamento ambientale con delibera del CIPE del 6 novembre 2009, pari a 1.000 milioni di euro, siano assegnate a piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico individuate dalla direzione generale competente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti le autorità di bacino e il dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri;
lo stesso articolo 2, comma 240 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 prevede altresì che le risorse possono essere utilizzate anche tramite accordo di programma, sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che definisce la quota di cofinanziamento regionale;
in tal senso la regione Veneto con proprio atto Dgr n. 2816 del 23 novembre 2010 ha approvato lo schema di accordo di programma con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e i relativi allegati che individuano una prima serie di interventi per la salvaguardia del territorio e le risorse necessarie per un ammontare di 64.077.000,00 di euro dei quali 55.193.000,00 a carico dello Stato e 8.884.000,00 quale rimodulazione di risorse già a disposizione della regione a valere sulla legge n. 183 del 1989;
una della aree maggiormente colpite nell'alluvione del 1966 e periodicamente interessata da eventi calamitosi è quella del bacino idrografico del Livenza;
nell'articolo 67 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto codice ambientale) sono previsti piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI) per la tutela dal rischio idrogeologico;
nel medesimo articolo, al comma 2, si prevede che le autorità di bacino possano approvare piani straordinari di emergenza

diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico; tali piani straordinari di emergenza devono essere corredati di alcuni elementi essenziali, e in particolare devono prevedere l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale, con priorità per le aree a rischio idrogeologico per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992;
il bacino idrografico del fiume Livenza ha una superficie di 2500 chilometri quadrati e si estende cavallo tra le regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, che l'affluente principale è il fiume Meduna, che a sua volta riceve il Fiume Cellina e assieme costituiscono un sistema caratterizzato da un disordine idrogeologico consistente e che in questa parte del bacino, collocata prevalentemente nella regione Friuli Venezia Giulia, si generano le portate critiche per il percorso vallivo;
il PAI del bacino idrografico del fiume Livenza ha individuato le opere prioritarie e necessarie per la messa in sicurezza di quel territorio che anche nella recente alluvione che ha colpito la regione Veneto ha corso gravissimi rischi di esondazione;
tra quelle principali previste dal PAI del Livenza vi sono 2 interventi di regolazione delle aree di espansione naturale delle piene del Livenza (nell'area Prà di Gai e Prà dei Bassi e nell'area golena di Motta di Livenza e Meduna per un ammontare secondo le ultime stime di 55 milioni di euro per il primo intervento e 15 milioni per il secondo);
che anche il PAT (piano di assetto del territorio) del comune di Motta di Livenza prevede che «il raggiungimento della sicurezza idraulica si può perseguire intervenendo mediante l'esecuzione delle opere (costituzione di bacini d'invaso per la laminazione delle piene, adeguamento sezioni d'alveo e manufatti arginali, interventi di regimazione sui territori e sull'idrografia minore del bacino, e altri);
tra gli interventi previsti nell'accordo di programma citato per la zona relativa al PAI del Livenza sono stati finanziati solo 2 milioni di euro per il potenziamento degli argini del Livenza 1,8 per quelli del Monticano e 500 mila euro per il fiume Meschio;
pare quindi allo scrivente assolutamente insufficiente lo stanziamento previsto nell'accordo di programma, rientrante nella manutenzione ordinaria degli argini dei fiumi di quel territorio ma non in grado di affrontare la straordinarietà degli eventi e soprattutto di dare risposte definitive e incomprensibile quindi il fatto che non si siano previste le risorse per l'intervento l'esecuzione della regolazione dell'esistente bacino del Prà dei Gai;
non ci sono notizie al momento di alcun accordo di programma con la regione Friuli Venezia Giulia -:
se il Ministro non ritenga di assumere le iniziative necessarie per stanziare le risorse (almeno i primi 35 milioni di euro) per finanziare l'intervento di Prà di Gai previsto dal PAI del bacino del Livenza considerato da tutti gli enti interessati l'opera fondamentale per una soluzione del rischio idraulico nel bacino del Livenza, a partire dal primo strumento finanziario che verrà adottato dal Ministero dell'ambiente, utilizzando in tal senso anche l'accordo di programma con il Friuli Venezia Giulia non ancora stipulato.
(5-04122)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

GHIZZONI e DE BIASI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nell'ottobre del 2007 l'allora Ministro per i beni e le attività culturali Francesco

Rutelli ha lanciato «Maratonarte», una sottoscrizione nazionale con lo scopo di finanziare il restauro e la valorizzazione di 7 beni nazionali di rilevanza storica e culturale, quali il treno museo Modica-Ragusa, il museo tattile Omero ad Ancona, la casa di Augusto al Palatino di Roma, la scuola di restauro di strumenti musicali a Cremona, le serre reali del castello di Racconigi, la rocca medievale di Santa Maria del Cedro e la città fenicia di Sulky di Sant'Antioco;
grazie alla sensibilità culturale degli italiani l'iniziativa «Maratonarte» ha raccolto circa tre milioni di euro dei quali 424 mila euro da destinare al restauro della città fenicia di Sulky di Sant'Antioco, un sito archeologico che presenta sepolture con reperti unici del mondo fenicio-punico;
da un articolo pubblicato nel Giornale dell'Arte, nel n. 305 del mese di gennaio 2011, si apprende la denuncia del sindaco di Sant'Antioco (Carbonia-Iglesias), il quale dichiara di non aver ancora ricevuto, a distanza di due anni, i fondi raccolti e destinati al restauro della suddetta città fenicia e di aver, al contrario, appreso che i 424 mila euro raccolti con l'iniziativa «Maratonarte» siano stati in realtà dirottati dal Ministro Bondi ai lavori di preparazione del vertice G8 del 2009, previsto prima a La Maddalena e poi svolti a L'Aquila;
se tale notizia dovesse essere confermata sarebbe alquanto grave apprendere che un Ministro decida di stornare dei fondi donati dai cittadini per una specifica causa ad altra finalità -:
quale reale sorte abbiano avuto i fondi raccolti con «Maratonarte» e quali iniziative intenda assumere il Ministero interrogato per assicurare il consolidamento della necropoli punica di Sulky, che avrebbe dovuto beneficiare dei finanziamenti di «Maratonarte».
(5-04120)

Interrogazione a risposta scritta:

SCHIRRU. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
i lavoratori dell'ente lirico di Cagliari, da tre mesi senza stipendio, vivono ormai nell'incertezza quotidiana, aggravata dalla totale assenza di un interlocutore. Il sovrintendente, come è stato messo in evidenza anche con l'interrogazione presentata nel novembre 2010 (atto n. 5/03699) denunciando le difficoltà finanziarie dell'ente, il dissesto del bilancio e le incapacità gestionali, non si presenta da oltre un mese;
durante un incontro avuto nel mese di gennaio 2011 con i lavoratori dell'ente, si sono ribadite alcune criticità: oltre alla situazione locale, anche la vertenza dei tagli al FUS, come l'interrogante aveva preannunciato in occasione della riforma, è insufficiente a soddisfare le esigenze delle 14 fondazioni liriche e nel richiedere più fondi pubblici per lo spettacolo sono necessarie misure mirate e risolutive, quali ad esempio le riduzioni fiscali per soggetti privati che investono nella cultura;
occorre cambiare gestione ed amministrazione: non sono più ammessi acquisti dissennati e spese folli; è necessario eliminare le assunzioni clientelari e assumere solo quelle figure indispensabili ed utili alle produzioni e attività di lungo periodo. È necessario lavorare affinché il teatro sia davvero capace di agire su tutto il territorio regionale, che vive con fondi nazionali, regionali,delle amministrazioni locali, di banche e imprese e singoli sostenitori: solo così sarà possibile risanare i debiti e non far morire la cultura. Si deve evitare in tutti i modi, come già accade altrove in Italia, di ricorrere ai contratti di solidarietà e alla cassa integrazione;
ciò che risulta ancora incomprensibile è che un teatro come il Lirico di Cagliari sia arrivato a questa crisi malgrado le enormi potenzialità, il ridotto

numero di lavoratori, il finanziamento sostanzioso della regione Sardegna, sei bilanci in pareggio e l'intero bacino di pubblico regionale;
evidentemente l'importante propaganda che ha visto questo teatro come uno dei più virtuosi, cela, invece, una crisi strutturale di cui si sta approfittando e le cui conseguenze vorrebbero farsi ricadere sui soli lavoratori. Le risposte del Governo arrivate con l'interrogazione n. 5/03699, sono state, ad avviso dell'interrogante elusive e tuttora resta da chiarire come il Ministero intenda risolvere la situazione della governance del teatro, mancando indirizzi e indicazioni utili. Non si è voluto prendere atto della precarietà del personale né si sono date certezze sui finanziamenti FUS per la programmazione artistica culturale per i prossimi anni. Il finanziamento di 7.987.534 euro per il 2010, su cui però non è stata data certezza né sulla data di erogazione e né se si tratta di un finanziamento di carattere ordinario oppure straordinario, su cui si aspetta una risposta in tempi brevi;
la notizia di assegnazione di 500.000 euro al teatro, che risale alle prime settimane dell'anno, deve ancora essere concretizzata;
intanto, è passato nel consiglio regionale della Sardegna l'emendamento sul contributo annuo alla fondazione teatro lirico di Cagliari che, seppure con mezzo milione in meno rispetto alla richiesta di due milioni di euro, prevede almeno che il finanziamento sia direttamente alla Fondazione, e non genericamente per manifestazioni e attività di spettacolo;
ci si aspetta ora è che si esca subito dalla situazione critica in cui versano i lavoratori, tutti senza stipendio da circa tre mesi -:
se non ritenga urgente fornire dei chiarimenti in merito alla situazione debitoria, patrimoniale e finanziaria della fondazione e, in seguito ai tagli al FUS, quale sia la quota esatta di finanziamenti assegnata alla Fondazione teatro Lirico di Cagliari e quando questa cifra possa essere erogata;
se non ritenga opportuno sollecitare presso il consiglio di amministrazione la nomina di un nuovo sovrintendente con criteri di trasparenza;
se non ritenga urgente assumere ogni iniziativa di competenza per reintegrare al più presto i lavoratori per le attività programmatiche e di biglietteria, poiché il lirico non è un ente di mera esecuzione come, ad avviso dell'interrogante, è stato trattato finora ma di produzione di spettacoli e di esportazione di essi.
(4-10626)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

NICOLA MOLTENI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, disciplina la riscossione delle imposte sul reddito e, in particolare, la possibilità per i debitori di richiedere la rateazione delle somme da versare; l'articolo 19 prevede la ripartizione delle somme iscritte a molo fino ad un massimo di 72 rate mensili nelle ipotesi di temporanea situazione di difficoltà del contribuente;
nella direttiva di Equitalia n. DSR/NC/2008/012 del 27 marzo 2008 veniva precisato che, nell'ipotesi di concessione del beneficio della rateazione, nella prima rata del piano di ammortamento, il debitore deve versare in unica soluzione l'importo degli interessi di mora, degli aggi, delle spese per le procedure di riscossione coattiva e dei diritti di notifica della cartella; tale obbligo mette in difficoltà molte imprese, essendo in molti casi non sostenibile il pagamento della prima rata;

nei giorni scorsi su un quotidiano della provincia di Como è stata segnalata la vicenda, peraltro comune a molte imprese, di un'azienda artigiana che ha chiesto la rateazione del proprio debito tributario di circa 100 mila euro; tale debito deriva da una progressiva perdita di fatturato dovuta alla crisi economico-finanziaria e al fatto che l'azienda ha privilegiato il pagamento degli stipendi rispetto a tutti gli altri adempimenti; tale richiesta viene, di fatto, vanificata dalla richiesta di Equitalia di pagare immediatamente il 40 per cento del debito complessivo, compresi gli interessi;
notizia recente è che le richieste di rateazione sono in continua crescita, tanto che Equitalia ha comunicato che, alla data del 31 dicembre 2010, ne sono state concesse oltre un milione per un importo complessivo superiore a 14 miliardi di euro;
consapevole di questo trend negativo, conseguente alla crisi, Equitalia, con la direttiva n. DSR/NC/2009/02, ha corretto quanto indicato nella direttiva 12/2008, affermando che «tenuto conto delle numerose segnalazioni che evidenziano una situazione di diffusa difficoltà nel sostenere l'onere finanziario in tal modo gravante sulla prima rata ed acquisito in materia il conforme parere dell'Agenzia delle entrate e dell'I.N.P.S., riteniamo che per l'avvenire debbano essere rateizzati anche gli interessi di mora ed i compensi di riscossione»;
la questione evidenziata dalla stampa comasca appare m contraddizione con quanto stabilito nel gennaio 2009 e, in ogni caso, a parere dell'interrogante, è necessario rivedere complessivamente la disciplina della rateazione della riscossione delle imposte, alla luce degli effetti devastanti della crisi economica sulle imprese, soprattutto su quelle più piccole -:
se le indicazioni contenute nella direttiva di Equitalia n. DSR/NC/2009/02 relative alla rateazione degli interessi di mora e degli aggi di riscossione siano pienamente applicate e se siano allo studio altri provvedimenti per permettere alle imprese debitrici, in questa fase di crisi, di assolvere i propri debiti tributari in maniera sopportabile, senza mettere a repentaglio l'esistenza stessa dell'impresa.
(4-10617)

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
un articolo apparso recentemente sul Financial Times stigmatizza in modo assai deciso la «liquidazione» di 40 milioni di euro attribuita ad Alessandro Profumo, già amministratore delegato di Unicredit;
si tratta di una delle somme più elevate mai attribuite in casi simile;
l'autore dell'articolo si chiede cosa mai abbia fatto un uomo per meritare un tale premio. Infatti pagare per un risultato è una cosa, ma dare un «paracadute dorato» a chi è stato dimesso appare un non senso;
secondo l'articolista «Unicredit» propone tre linee difensive, tutte discutibili;
il consiglio sostiene che la somma era giustificata dal fatto che Profumo è stato amministratore delegato per 15 anni durante i quali la banca è divenuta una delle principali in Europa. È un buon punto ma Profumo è stato mediamente pagato 4,3 milioni di euro all'anno per questo;
il consiglio sostiene che Profumo aveva un contratto che prevedeva tre anni di pagamento in caso di uscita. Non si comprende perché il consiglio aveva approvato una tale clausola. È una delle questioni che neppure la Banca d'Italia sembra sia ancora riuscita a chiarire;
in terza linea difensiva è che Matteo Arpe, cessato dalla carica di amministratore delegato di Capitalia, quando Unicredit l'acquistò aveva avuto 30 milioni di euro e dunque lui non poteva avere di meno;
in nessun altro Paese e neppure nel Regno Unito è mai stata fatta una cosa

simile. Ad esempio l'amministratore delegato di HSBC riceverà 1,42 milioni di sterline;
nessuna trasparenza è stata data da Unicredit alla vicenda;
è vero che Unicredit sembrava aver superato meglio degli altri la crisi finanziaria, ma la sua capitalizzazione di mercato oggi è molto distante dai valori contabili delle sue «attività» ed è una delle valutazioni più basse in Europa grazie alla sua bassa capitalizzazione ed a incerte previsioni di profitto per il futuro -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto appena esposto;
se non intenda assumere iniziative normative al fine di garantire che almeno per il futuro e da parte di aziende che dovrebbero tutelare il pubblico risparmio non si proceda ad azioni che aggravano conti societari e che finiscano con il ricadere sui risparmiatori medesimi.
(4-10631)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARCO CARRA, COLANINNO, TABACCI, MARCAZZAN e FAVA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 19 gennaio 2011, il Sottosegretario ai trasporti onorevole Giachino, rispondendo ad una interrogazione del primo firmatario del presente atto (atto n. 5-04013) sulla grave situazione nella quale si trova la linea ferroviaria Mantova-Milano, ha sostenuto che si stavano registrando dei sensibili miglioramenti degli indici di puntualità per il 2010;
nella stessa settimana in cui è stata data risposta all'interrogazione, sono accaduti sulla stessa linea ferroviaria i seguenti fatti:
a) lunedì 17 gennaio è stato soppresso un treno;
b) martedì 18 gennaio due convogli hanno avuto più di 30 minuti di ritardo;
c) venerdì 21 gennaio, il treno da Milano per Mantova del pomeriggio, che trasportava numerosi pendolari, è arrivato a destinazione con più di 5 ore di ritardo;
d) lunedì 24 gennaio, il treno per Milano delle 6.52 è arrivato a Cremona con 20 minuti di ritardo ed a Milano con 42 minuti di ritardo;
sulla base dei fatti sopra richiamati, si deduce che la situazione non è affatto migliorata, ma che, al contrario, peggiora di giorno in giorno;
i rappresentanti dei pendolari hanno chiesto a tutte le istituzioni, vista la situazione ormai giunta ad un livello di totale insopportabilità, di intervenire con investimenti per garantire il rinnovamento ed il funzionamento dei locomotori e del materiale rotabile, in tutti i suoi aspetti -:
se il Governo, vista la gravità della situazione nella quale versa la linea ferroviaria Mantova-Milano, intenda farsi promotore di un tavolo istituzionale, aperto alle forze sindacali ed ai rappresentanti di consumatori e pendolari, per definire gli investimenti necessari per rendere questa linea ferroviaria degna di un Paese dell'Unione europea.
(5-04116)

TOTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Trenitalia spa - divisione cargo, Gruppo Ferrovie dello Stato, nel recente passato ha assunto numerose iniziative dichiaratamente tese a razionalizzare la gestione del trasporto merci, operando tagli di servizi stimati, evidentemente, eccessivamente onerosi o, comunque, non remunerativi;
conseguentemente, negli ultimi quattro anni, i volumi trasportati dal cargo

ferroviario, in Italia, sono progressivamente scemati registrando una contrazione delle quote di settore, di circa il 40 per cento; una riduzione, questa, nettamente superiore a quella generata dalla crisi finanziario-economica, sull'intero sistema italiano di trasporti nel settore, di tal ché si è determinata, ovviamente, una perdita di quote modali da parte del sistema ferroviario;
ancorché non si disponga di un bilancio settoriale, i conti della divisione cargo di Trenitalia spa, in ogni caso, non sembrano essere significativamente migliorati rispetto a quelli dell'anno 2007, come appare riscontrato da talune cifre fornite dalla Ferrovie dello Stato con riferimento alla divisione cargo in una presentazione divulgativa in data 30 marzo 2010 nella quale è esposto, per l'anno 2009, un risultato d'esercizio in perdita stimata di 300 milioni di euro, laddove, per gli anni 2008 e 2007, sono indicate perdite d'esercizio, rispettivamente, pari a 270 e a 366 milioni di euro;
Trenitalia - divisione cargo nel corso degli anni ha continuato a beneficiare di contributi stanziati dallo Stato a fronte dell'espletamento del cosiddetto «servizio universale», ovvero l'attività «non a mercato». Si tratta, in altri termini, di servizi garantiti per necessità del sistema pur generando, il loro espletamento, perdite di ragionevolmente certa prevedibilità. Esemplificativamente, per l'anno 2009, un'analisi del bilancio di Ferrovie dello Stato svolta da Mediobanca ha indicato in 95 milioni di euro la perdita per detto servizio. E pur tuttavia, nel corso degli ultimi anni, come rilevato da alcuni deputati, membri della IX Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati, nel corso dello svolgimento di audizioni dell'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, ingegner Mauro Moretti, i servizi universali nell'ambito del trasporto «cargo» sono sempre meno riscontrabili;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, relativamente a talune macchine locomotrici utilizzate nel traffico merci, all'inizio dell'anno 2010 comunicava, nella risposta all'interrogazione n. 5-02270 del firmatario del presente atto, che esse erano «temporaneamente accantonate per effetto della contrazione della domanda conseguente alla nota situazione di congiuntura economica», riferendo, altresì, con riferimento agli stessi mezzi, che la divisione cargo di Trenitalia «ritiene sempre possibile valutare eventuali richieste di noleggio» -:
se il Governo disponga di puntuali informazioni sui dati contabili attinenti la divisione cargo di Trenitalia spa ed eventualmente quali essi siano;
se Trenitalia spa - divisione cargo espleti attività in regime di «servizio universale», ossia «non a mercato», quali, eventualmente, esse siano e quali, comunque, siano state svolte, anche nel corso dell'anno 2010, a fronte dei contributi statali per il servizio in questione;
se i locomotori accantonati dall'esercizio, come specificato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nella risposta all'interrogazione richiamata in premessa, siano ancora in disuso e, nell'eventualità, Trenitalia spa - divisione cargo abbia manifestato, in relazione a detti mezzi, offerte di disponibilità al noleggio in relazione al quale era stata riferita la disponibilità dell'azienda a valutare eventuali richieste.
(5-04121)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCHIRRU, MARROCU, CALVISI, MELIS, PES e SORO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nelle rotte da e per la Sardegna, le tariffe di biglietti navali, nel 2011, sono aumentate in media del 66 per cento, con punte del 100 per cento e non sono previste promozioni stagionali rispetto al 2010, anche a causa dell'effetto della debolezza di Tirrenia sulle rotte sarde. Vista la debolezza di Tirrenia, infatti, e la mancanza

di prospettive (attualmente è impossibile prenotare un biglietto per i mesi estivi), le altre compagnie hanno incrementato i prezzi, spiegando che il caro carburante impone ai vettori una rivisitazione delle tariffe per la prossima stagione;
l'associazione Altroconsumo ha segnalato il caso all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, dopo aver controllato le tariffe proposte da Grandi Navi Veloci, Moby e Sardinia Ferries. Dalla comparazione dei prezzi emerge un livellamento verso l'alto delle tariffe - la media è del 66 per cento - con prezzi in alcuni casi più che raddoppiati e scarse possibilità di scelta per i viaggiatori. E anche se si prenota con un certo anticipo, non ci sono possibilità di trovare tariffe promozionali. Da qui l'ipotesi, ventilata dalle associazioni dei consumatori, che ci possa essere un cartello tra i vettori marittimi e la richiesta di un intervento da parte dell'Antitrust;
il presidente della compagnia Moby, intervenendo sulla questione dell'aumento delle tariffe ha sostenuto che «Nell'ultimo anno l'incremento del prezzo del carburante è stato di oltre il 40% e continua ad aumentare ogni giorno». L'armatore cita alcuni dati, per far capire la gravità del caro-carburante: «Oggi un viaggio di andata e ritorno, ad esempio, sulla tratta Genova-Olbia, costa 66.000 euro di solo carburante. Tutti gli altri costi (personale, spese portuali, assicurazioni) sono pari a 60.000 euro. Si potrà banalmente dedurre che il solo carburante incide, da solo, ben oltre il 50% dei costi complessivi». Peraltro, «la salute dell'economia della Sardegna, strutturalmente legata al turismo, è un interesse assolutamente condiviso da Moby»;
anche altre associazioni, come «Sardegna Donna» hanno condotto delle analisi sulle nuove tariffe dei vettori marittimi passeggeri in servizio da e per la Sardegna riguardanti l'anno 2011, riscontrando gravosi aumenti in particolare, ma non solo, nel periodo riferito alla stagione estiva coincidente di fatto, per la nostra regione, con quella turistica con tetti massimi che sfiorano l'80 per cento e con una media del 66 per cento. Gli aumenti possono considerarsi in egual misura sullo stesso livello per ciò che concerne in pratica tutti i principali vettori. Sono altresì prevenute, in particolare, richieste di aiuto da alcune associazioni che riuniscono i sardi che vivono nel resto della penisola, per impedire che, a causa di questi inaccettabili ed in gran parte ingiustificati aumenti, venisse loro negato il diritto alla continuità territoriale e quindi, di poter riabbracciare durante le vacanze estive i propri cari e più in generale la loro terra d'origine; è evidente che il problema tocca allo stesso modo tutti i sardi che per motivi di lavoro vivono nel resto della penisola e che metodicamente sono abituati a tornare con una certa frequenza nella loro isola natia;
va poi evidenziato l'enorme danno economico che questi aumenti potrebbero portare al turismo sardo per la prossima stagione estiva, praticamente alle porte per ciò che riguarda la programmazione anticipata. Molti abituali frequentatori, italiani e non, dell'isola saranno inevitabilmente portati a fare scelte diverse per le loro vacanze estive per evitare i gravosi esborsi necessari solo per il viaggio per la Sardegna, scegliendo mete alternative anche in considerazione del particolare momento economico generale. Tutto questo potrebbe essere un ennesimo colpo per le famiglie e l'economia dell'isola già alle prese con gravissimi problemi economici ed occupazionali -:
se la situazione evidenziata in premessa corrisponda al vero e se non ritenga opportuno intervenire urgentemente, per quanto di competenza, al fine di garantire la mobilità dei cittadini in sistema di continuità territoriale.
(4-10614)

REALACCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale,

al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da diverso tempo numerose associazioni di cittadini pendolari, associazioni degli utenti ed anche articoli di stampa nazionale lamentano le precarie condizioni del servizio di trasporto ferroviario pendolare regionale e interregionale in termini di qualità, puntualità, pulizia delle carrozze e vetustà del materiale rotabile;
secondo l'approfondito dossier «Pendolaria 2010» curato da Legambiente, il 2011 sarà probabilmente l'anno nero del trasporto ferroviario in Italia. Al servizio ferroviario pendolare infatti, secondo i tagli imposti dalla legge di stabilità per l'anno corrente, mancano 800 milioni di euro rispetto al 2010, ossia il 4 per cento delle risorse necessarie per garantire il servizio;
a fronte di quanto predetto un articolo di Daniele Martini, pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 26 gennaio 2011, denuncia altresì un paradossale meccanismo di calcolo della tariffa che le regioni devono al gestore che potrebbe incentivare il fornitore del servizio di trasporto su ferro ad aumentare il tempo di percorrenza;
si legge sempre sul Il Fatto Quotidiano che secondo diversi esperti, in particolare quelli di Assoutenti, la causa è da attribuirsi al «contratto di servizio» tra Ferrovie dello Stato e regioni. In base al quale, tra i parametri usati per calcolare il prezzo che le regioni devono corrispondere a Trenitalia (Gruppo Fs) per i treni locali, il fattore tempo è diventato determinante. Sommariamente: più tempo si impiega per percorrere una linea, più il prezzo sale, mettendo anche al riparo Trenitalia dalle penali per gli eventuali ritardi;
in base al contratto proposto dalle Ferrovie dello Stato alle regioni vi sono diversi elementi che assieme al tempo concorrono a stabilire il prezzo base dei treni, ad esempio: dai posti a sedere al coefficiente di riempimento dei vagoni, al servizio festivo e/o notturno, alla età del materiale rotabile impiegato. Ma fino al 2009, con il «vecchio contratto a catalogo», per determinare il prezzo di ogni convoglio si faceva riferimento soprattutto alla lunghezza della tratta, ora al tempo di percorrenza;
il nuovo orario ufficiale di Trenitalia, in vigore dal 13 dicembre 2010, contempla da un lato una riduzione del tempo per i collegamenti alta velocità e a tariffazione con supplemento (IC; EScity), mentre dall'altro un aumento di tempo per le tratte locali;
infatti da quando il sopraddetto sistema dei contratti di servizio è mutato si assiste ad un progressivo aumento della durata di percorrenza di numerosi collegamenti pendolari regionali e interregionali. Ecco così che comparando l'orario in vigore con quello di sedici anni fa si può notare che: il tempo medio ufficiale di percorrenza di un regionale tra Bolzano e Verona era di 108 minuti, nell'inverno 2010 è salito a 121 minuti (+12 per cento), tra Firenze e Roma l'incremento è stato di 37 minuti (+ 18,5 per cento), tra Roma e Ancona 22 minuti (+ 9,5 per cento), tra Roma e Sulmona 12 minuti (+7,5 per cento), tra Avezzano e Roccasecca 13 minuti (+12). L'incremento è stato repentino soprattutto negli ultimi mesi: 10 per cento medio dal 2008 al 2010 tra Roma e Firenze, 2 per cento tra Bolzano e Verona, 2,5 tra Roma e Ancona, più 5 Roma-Sulmona, più 2,5 Avezzano-Roccasecca;
sussiste perciò il sospetto che Rete ferroviaria italiana (gruppo ferrovie dello Stato) possa essere tentata di allungare i tempi così da consentire a Trenitalia (Gruppo FS) di incassare più soldi. Si è infatti calcolato che su una linea dove corrono 15 coppie di treni (30 treni al giorno) con meno di 150 posti, ogni minuto di percorrenza in più comporta un aggravio di spesa per le regioni di circa 78 mila euro all'anno. Conseguentemente, poiché i treni sono migliaia e i tempi di percorrenza sono aumentati su moltissime linee è facile supporre che gli incassi di

Trenitalia siano cresciuti consistentemente;
parallelamente, per effetto dei tagli imputabili alle politiche del Ministero dell'economia e delle finanze, le amministrazioni regionali sono indotte ad un consistente taglio del servizio ai cittadini affiancato ad un aumento delle tariffe. Questo, come è spesso accaduto, sarà evidentemente accompagnato da una riduzione della qualità del servizio per l'utenza;
un ulteriore peggioramento del servizio ferroviario pendolare contrasta con un aumento degli utenti del trasporto su ferro per brevi tratti. Secondo quanto risulta dal predetto studio «Pendolaria» di Legambiente, tra il 2008 e il 2010, tra il 2008 e il 2010 il numero di persone che ogni giorno prendono il treno per ragioni di lavoro e di studio è aumentato dell'11,5 per cento per 300 mila passeggeri in più. Complessivamente sono 2 milioni e 700 mila le persone che prendono i treni pendolari grazie ad un «servizio» operato da 22 gestori, in primis Trenitalia. E molti di più sono quelli che complessivamente si muovono verso le grandi e piccole città, 14 milioni complessivamente in base ai dati del Censis e che in larga parte utilizzano l'auto. Ed è importante sottolineare come il 70 per cento di coloro che utilizzano l'auto si dichiarano disponibili a cambiare e a prendere il treno qualora il servizio fosse competitivo;
il gruppo Ferrovie dello Stato ha inoltre recentemente acquisito il controllo di Arriva, secondo operatore di trasporto ferroviario locale in Germania, ed altre acquisizioni sono previste in Francia con Veolia -:
se i Ministri interrogati non intendano verificare se questo nuovo regime di calcolo tariffario abbia assicurato al gruppo Ferrovie dello Stato proporzionali introiti e se questi siano coerenti o meno con il servizio offerto;
se non sia opportuno, anche in seno alla Conferenza Stato-Regioni, l'insediamento di una commissione neutra ad hoc per la valutazione del servizio ferroviario locale e la determinazione di tempi limite di percorrenza media per le tratte percorse;
se non sia altresì utile riconsiderare gli effetti dei tagli di bilancio al trasporto locale su ferro oltre a verificare come siano articolati i contratti di servizio che ferrovie dello Stato sottoscrive con gli enti locali stranieri nelle sue attività di gestore ferroviario all'estero.
(4-10625)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:

FOGLIARDI e FEDERICO TESTA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 3 gennaio 2011, la segreteria provinciale di Verona del Sindacato italiano unitario lavoratori polizia (SIULP), ha diffuso un comunicato stampa con il quale denunciava l'insostenibile situazione patita dal parco vetture della questura scaligera, con particolare riferimento ai veicoli destinati al servizio di «volante»;
nel comunicato stampa, ampiamente ripreso da lanci d'Agenzia, si sosteneva in sintesi che ben 11 delle 16 auto destinate al servizio di Volante era inutilizzabile, che i 5 veicoli marcianti avevano oltre 200 mila chilometri, e proprio per tale ragione, in capo a breve termine, se non fossero state assegnate nuove autovetture, le pattuglie sarebbero dovute uscire a piedi; il comunicato spiegava altresì che, essendovi uomini a sufficienza per comporre un numero di almeno 7 volanti, era già successo che alcune pattuglie erano uscite in servizio con veicoli del tutto improbabili, come ad esempio furgoni e ingombranti fuoristrada, proprio al fine di evitare il paradosso di derubricare a pattuglia appiedata il servizio automontato;

il Siulp ha invero affermato che tale situazione altro non sarebbe che il risultato dei devastanti effetti provocati dal taglio ai fondi del comparto sicurezza, da ultimo quelli introdotti dalla recente manovra correttiva ai bilanci dello Stato, che nella realtà veneta si sarebbero tradotti anche in mancati rifornimenti alle cisterne di benzina e in carenza di fondi per assicurare le riparazioni e/o manutenzioni di routine al parco veicoli delle Forze di polizia;
segnalava altresì il Siulp che le sole cinque autovetture marcianti venivano impiegate a ciclo continuo, senza alcuna interruzione nell'arco delle 24 ore, circostanza che, per veicoli con oltre 200 mila chilometri, costretti a percorrere a tale stregua almeno altri 15 mila chilometri in media al mese, avrebbe sicuramente significato un prematuro cedimento strutturale dei mezzi;
e tutto ciò senza che sia prevista, né nel breve, né nel medio periodo, l'assegnazione di alcuna nuova autovettura di servizio, non constando che vi siano fondi a ciò destinati; e quand'anche questi fondi vi fossero, occorrerebbe probabilmente attendere a lungo prima del completamento delle procedure negoziali per l'assegnazione della commessa;
la denuncia del SIULP, veniva riportata dai principali organi di stampa regionali del 4 gennaio destando non indifferente preoccupazione nella cittadinanza veronese (300.000 abitanti), che apprendeva persino dell'impiego di un fuoristrada (modello Defender) per l'attività di pronto intervento «113» con comprensibili limiti alle condizioni d'operatività;
dai report giornalistici si veniva a conoscenza che molti veicoli erano fermi in officina in attesa di riparazione in quanto i titolari delle medesime officine, che già vantavano crediti nei confronti del Ministero dell'interno per alcune decine di migliaia di euro, non intendevano esporsi ulteriormente concedendo nuove aperture di credito;
sempre dalla cennata rassegna stampa si è appresa la non meno sconvolgente circostanza che per i rifornimenti erano stati forniti buoni benzina spendibili solo in impianti di una compagnia petrolifera presente con pochissimi distributori sul territorio. Pertanto, non solo il rifornimento era reso già di per sé difficoltoso nel corso della giornata, ma pure, dovendosi necessariamente presentare il ticket al gestore dell'impianto, nei giorni festivi e in orario serale e notturno, per poter rifornire il veicolo di servizio era necessario percorrere decine di chilometri fino alla prima pompa utile presente in autostrada, e cioè quella dell'ara di servizio di Desenzano, che dista dal centro di Verona una quarantina di chilometri;
nel corso dei giorni seguenti la situazione, lungi dal migliorare, è rimasta pericolosamente stabile, nel senso che, come era ampiamente prevedibile, alcune delle auto marcianti si sono guastate, e solo la riparazione di alcune di quelle in giacenza presso officine ha consentito il mantenimento della soglia di sussistenza, di modo che, ad oggi, ogni giorno si assiste ad una frenetica rincorsa per riuscire a far riparare veicoli guasti in tempo utile per sostituire quelli che nel frattempo si sono bloccate. Uno spettacolo al quale si dovrà continuare ad assistere sino a quando i rappezzi non basteranno più a tenere in vita un parco auto vetusto e inaffidabile, che da un giorno all'altro potrebbe definitivamente essere inagibile -:
se risponda al vero che non sono previste sostituzioni dei veicoli da destinare al servizio di squadra volante nonostante tutte le vetture del parco auto abbiano da tempo superato la percorrenza di 200 mila chilometri, e se sì per quale ragione;
se risponda al vero che, come risulterebbe dalle notizie ricordate in premessa, il dipartimento della pubblica sicurezza non stia fornendo le somme necessarie per procedere al pagamento delle riparazioni dei veicoli utilizzati dalle Volanti di Verona giacenti in officina, e che

molti artigiani già vantano per le riparazioni effettuate crediti che ammontano a decine di migliaia di euro;
se risponda al vero che la questura di Verona, non abbia ricevuto nel periodo da ottobre a dicembre 2010, i necessari approvvigionamenti all'impianto di distribuzione carburante preposto al rifornimento dei veicoli di Polizia;
come intenda intervenire per permettere di affrontare alla questura di Verona l'emergenza descritta in premessa, garantendo alla cittadinanza un adeguato controllo del territorio e la connessa prevenzione dei reati;
visto e considerato che la ragione ultima di tali disservizi ha evidentemente origine nei tagli di bilancio, per quale ragione le denunce dei sindacati di polizia, susseguitesi negli ultimi mesi con cadenza quasi settimanale, siano state oggetto di scarsa considerazione da parte del Ministro dell'interno, e non siano state, come invece avrebbero dovuto essere, trattate con la dovuta scrupolosa serietà.
(4-10616)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Messaggero nella sua edizione del 27 gennaio 2011 riferisce che la palestra della scuola elementare «Dante Alighieri» di Roma è stata chiusa perché, in seguito a un sopralluogo voluto dalla preside dell'istituto si sarebbe riscontrata la presenza di amianto;
il direttore del XVII Municipio di Roma, dottor Giovanni Berbera ha dichiarato «ancora una volta siamo costretti a dover intervenire per denunciare lo stato di degrado degli edifici scolastici e il mancato trasferimento delle risorse finanziarie necessarie per poter intervenire efficacemente e tempestivamente come istituzione pubblica locale. Non è un mistero che il 70 per cento degli edifici scolastici del nostro Paese è fuori norma dal punto di vista della sicurezza, dell'impiantistica e della struttura» -:
quali urgenti misure si intendano promuovere o adottare, nell'ambito delle rispettive prerogative e facoltà, per garantire e tutelare l'incolumità e la salute degli studenti, e del personale insegnante e non, sia della scuola elementare «Dante Alighieri»;
se sia stata disposta una mappatura degli edifici che non sono a norma dal punto di vista della sicurezza, dell'impiantistica e della struttura;
quali iniziative e misure si intendono promuovere e adottare, nell'ambito delle rispettive prerogative e facoltà, in relazione alla generale situazione in cui verserebbe la stragrande maggioranza degli istituti scolastici.
(4-10619)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 MARZO 2011

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TRAPPOLINOe SERENI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 20 del decreto-legge n. 48 2009 - «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile» - convertito dalla legge 3 agosto 2009 n. 201, il Governo ha inteso rivedere le modalità di presentazione delle domande di accertamento delle minoranze civili, handicap (legge n. 104 del 1992) e disabilità (legge

n. 68 del 1999), e delle procedure di valutazione, concessione e del ricorso giurisprudenziale;
secondo le dichiarazioni del Governo, il provvedimento, attribuendo all'INPS nuove competenze, avrebbe dovuto consentire una maggiore rapidità e modalità più chiare per il riconoscimento dell'invalidità civile, dell'handicap e della disabilità;
l'articolo 20, non faceva alcun riferimento rispetto ad una diversa fissazione dei tempi massimi di accertamento e di concessione;
ad oggi, gli effetti del provvedimento risultano essere, almeno in Umbria, decisamente controversi. Il 13 dicembre 2010, in occasione della riunione del comitato provinciale dell'INPS, a cui afferiscono tutte le parti sociali, è stato approvato all'unanimità, con la sola astensione del direttore, un ordine del giorno nel quale si afferma che «il decreto 78/2009 interviene pesantemente sui diritti delle persone disabili e dei loro familiari stravolgendo l'orientamento del Parlamento con ricadute negative sull'accesso ai permessi ed ai congedi». «Il Comitato - prosegue l'odg - ritiene inaccettabili simili procedure di negazione generalizzata dei diritti ai cittadini più deboli. Procedure che si prestano non tanto alla eliminazione di assegnazione di benefici giuridici e monetari a chi non ne ha diritto, cosa che condivideremmo in pieno, quanto a risparmiare, creando disagio a persone realmente malate e con l'aggravio dei costi a carico di Inps e Asl per commissioni mediche doppie o triple»;
con le nuove regole previste dal dispositivo di legge - affermano le organizzazioni sociali e i patronati - una pratica per il riconoscimento di invalidità civile, handicap o disabilità deve essere esaminata tre volte: dai medici della Asl, poi da quelli dell'INPS e, infine, dalla sovrintendenza medica nazionale a Roma. Una procedura più complessa che fa lievitare i costi ma, soprattutto, i tempi di attesa. Si hanno casi di persone che hanno dovuto attendere fino a sette mesi per una visita e, tra queste, anche un malato oncologico che, per legge, avrebbe dovuto essere convocato entro 15 giorni;
non sono in discussione le iniziative di contrasto alle frodi in materia di invalidità civile né le misure che tendono a ripristinare la legalità violata e a riaffermare i princìpi di un'etica pubblica che queste frodi invece ammorbano e avvizziscono. Tuttavia, se la ricerca e la scoperta dei «falsi invalidi» rappresenta un imperativo dell'etica pubblica e della legalità, è meno evidente la ratio che presiede alla convocazione dinanzi alle commissioni di tutti gli invalidi, comprese le persone senza gambe, tetraplegici, sordumuti, ciechi assoluti, le persone affette da nanismo. Cosa che accade in Umbria e che pare colpevolizzare tutti gli invalidi, compresi quindi coloro che non falsificano alcunché. Da notizie in nostro possesso, ritardi anomali, attribuibili alle procedure imposte dalla nuova normativa, si stanno accumulando in provincia di Terni, compromettendo in tal modo i diritti delle persone disabili -:
se il Ministro abbia notizie circostanziate della situazione in Umbria prodottasi a seguito dell'approvazione della nuova disciplina relativamente ai tempi di accertamento e concessione dell'invalidità civile, dell'handicap e della disabilità;
se il Ministro non intenda riconsiderare il meccanismo di commissioni mediche doppie e triple che comportano un aggravio dei costi per INPS e ASL e un'insostenibile dilatazione dei tempi;
se il Ministro non intenda intervenire, con opportuni provvedimenti, nei casi in cui la dilazione dei tempi risulti oggettivamente penalizzante per persone, riconosciute invalide o in attesa di riconoscimento, affette da patologie gravi e conclamate;
se il Ministro abbia fornito indicazioni relative ad un presunto «contingentamento» a livello provinciale di riconoscimenti di invalidità civile, handicap e disabilità, determinato da obiettivi di contenimento della spesa;

se il Ministro, a fronte di ritardi penalizzanti causati dalla nuova normativa, non intenda provvedere al riconoscimento di un disagio suscettibile di una qualche mitigazione o compensazione.
(5-04115)

MIOTTO, MURER, LIVIA TURCO, BOSSA, ARGENTIN, BUCCHINO e SBROLLINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
questo Governo dal 2008 ad oggi ha promosso diverse iniziative normative volte a verificare le «false invalidità»;
nei vari piani di verifica delle false invalidità sono state chiamate anche persone che di fatto dovevano essere escluse in quanto rientranti in una delle patologie di cui al decreto ministeriale 2 agosto 2007;
risulta che l'Inps abbia chiamato e stia continuando a chiamare a verifica anche persone disabili rientranti in uno dei molteplici casi previsti dal decreto ministeriale del 2 agosto 2007 poiché ritiene non sufficiente la documentazione in suo possesso;
già in precedenza il gruppo parlamentare del PD ha chiesto chiarimenti su tale questione (atto 4-10155; 4-03109; 5-03232; 5-01526 solo per citarne alcuni);
inoltre, il Governo, con accoglimento dell'ordine del giorno n. 9/3638/192 si era impegnato a «valutare l'opportunità di adottare iniziative nei confronti dell'Inps affinché abbia cura di evitare i controlli su soggetti portatori di menomazioni di natura irreversibile o di patologie rispetto alle quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante ai sensi del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 2 agosto 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 settembre 2007, n. 225 onde evitare che tali soggetti debbano subire un ulteriore umiliazioni rispetto al loro stato di salute»;
tale richiesta nasceva dall'ovvia constatazione che chi è portatore di menomazione dichiarata irreversibile non può certo regredire dalla sua condizione e quindi la visita di controllo diventa solo un ulteriore, ed inutile, disagio per l'utente e la sua famiglia, oltre che una superflua umiliazione rispetto ad uno stato di salute già verificato e certificato come patologico e non reversibile;
nonostante l'approvazione di tale ordine del giorno e le disposizioni normative risulta da notizie che provengono da utenti e da sedi territoriali di associazioni di categoria, che l'INPS stia continuando a chiamare, nell'ambito del suo programma di verifica sulle pensioni, utenti con malattie irreversibili, come, ad esempio, cittadini affetti da sindrome di down;
inoltre, sta aumentando presso l'INPS il volume di verbali di visita sullo stato di accertamento dell'invalidità non immediatamente sottoposti a validazione, facendo perdere così al soggetto disabile il diritto a percepire l'emolumento economico di cui è titolare per il lasso di tempo che intercorre tra la visita e la vidimazione del verbale -:
quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare onde evitare che persone affette dalle patologie di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 2 agosto 2007 siano escluse dalle verifiche sulle false invalidità e quanti invalidi affetti da patologie rientranti di cui al decreto in oggetto siano state chiamate a verifica sulla loro condizione da parte dell'Inps nonché a quante di queste sia stata ritirata la pensione di invalidità e, se non ritenga opportuno che il soggetto chiamato dall'Inps a verifica sull'accertamento del suo stato invalidante non perda il diritto a percepire l'emolumento economico di cui è titolare anche se i verbali di visita non siano immediatamente vidimati dal responsabile preposto nonché che la verifica sia limitata alle condizioni di invalidità non sufficientemente documentati.
(5-04117)

ZAZZERA e CERA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la società Sita s.p.a., appartenente al Gruppo Ferrovie dello Stato, si occupa del trasporto di passeggeri su strada, svolge servizi di trasporto locale, urbani ed extraurbani, noleggio e attività complementari;
la società ha sede centrale a Firenze ed è suddivisa in direzioni regionali;
all'interrogante risulta che il giorno 24 settembre 2010, a seguito di una visita medica di controllo presso l'unità sanitaria territoriale delle Ferrovie dello Stato di Bari, il signor Antonio Totta, dipendente della società, sia stato dichiarato temporaneamente inidoneo (1 mese) a svolgere la mansione di operatore di esercizio presso la Sita di Foggia;
eseguiti gli opportuni accertamenti presso l'ospedale di San Giovanni Rotondo, il signor Totta si è sottoposto il 27 ottobre 2010 alla visita di controllo presso l'unità sanitaria delle Ferrovie dello Stato di Bari, fornendo tutta la documentazione relativa al ricovero;
la suddetta visita lo ha riconosciuto pienamente idoneo alla mansione, pertanto l'uomo ha ripreso la sua normale attività lavorativa;
dopo soli tre giorni, la Sita avrebbe inspiegabilmente comunicato al dipendente la sua inidoneità in via definitiva, a seguito della visita medica del 27 ottobre 2010;
non sussistendo posti disponibili per una diversa mansione, il 2 novembre 2010 il signor Totta è stato esonerato dalla società, dopo ben 26 anni di servizio;
il dipendente ha presentato ricorso e il 13 novembre 2010 ha ricevuto la comunicazione di accoglimento dell'aspettativa fino al giudizio di idoneità della mansione di operatore di esercizio ovvero la deliberazione dell'esonero definitivo;
il 23 novembre 2010 il signor Totta ha effettuato la visita medica superiore presso la direzione sanitaria delle Ferrovie dello Stato di Roma;
il 6 dicembre 2010 è stato esonerato definitivamente dal servizio a seguito del giudizio di inidoneità della visita superiore effettuata;
il signor Totta è profondamente stimato dai suoi colleghi di lavoro, i quali hanno già provveduto a sottoscrivere una petizione per il reintegro di Totta in azienda;
Totta ha 49 anni, è sposato ed è padre di due figli. Da due mesi è senza lavoro, e sulla stampa circola la voce che la causa del suo licenziamento sarebbe l'iscrizione al sindacato RdB, «scomodo alla Sita» -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
se la società di cui in premessa abbia applicato correttamente la normativa circa l'accertamento della idoneità fisica al lavoro;
se i Ministri interrogati intendano chiarire come mai gli esiti degli accertamenti svolti dall'unità sanitaria territoriale delle Ferrovie dello Stato di Bari non siano stati condivisi dalla direzione sanitaria delle Ferrovie dello Stato di Roma;
se non intendano accertare l'effettiva assenza di mansioni alternative rispetto a quella svolta dal signor Totta;
quali iniziative intendano adottare affinché il signor Antonio Totta sia reintegrato presso l'azienda di cui in premessa.
(5-04118)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come riferiscono agenzie di stampa e siti internet, un operaio ha perso la vita

nella notte tra il 26 e il 27 gennaio 2011 sulla linea ferroviaria jonica nel Materano, tra le città di Policoro e Nova Siri;
a quanto risulta l'operaio stava effettuando dei lavori di manutenzione quando è stato travolto da un carro adibito a tali interventi;
quale sia l'esatta dinamica dell'incidente;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-10618)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come hanno informato agenzie di informazioni e siti internet a Nicolosi, in provincia di Catania, si è verificato l'ennesimo incidente mortale sul lavoro;
la vittima è un operaio, S.C. di 41 anni, originario di Trecastagni, che stava lavorando in una cava per l'estrazione di pietra lavica dell'Etna, quando è stato travolto dai detriti che si sono staccati da un costone roccioso -:
quale sia l'esatta dinamica dell'incidente;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-10620)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come ha informato l'agenzia di informazioni «ANSA» il 26 gennaio 2011 il signor Michele Capitani di 62 anni, originario di Pinerolo, è deceduto;
il signor Capitani, è caduto nella tromba del montacarichi del teatro sociale della sua città, dove stava trasportando dei fiori per l'allestimento del palco per la presentazione della tappa del tour de France di ciclismo -:
quale sia l'esatta dinamica dell'incidente, e in particolare quali siano le ragioni per le quali la porta del montacarichi era aperta, considerato che l'area dovrebbe essere accessibile solo per il personale addetto ai lavori;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-10621)

MATTESINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
INPDAP (Istituto nazionale di previdenza dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche) è un ente pubblico non economico di primaria importanza, posto che gestisce le entrate contributive dell'intero settore del lavoro pubblico ed eroga, unico ente nel panorama italiano ed europeo, un ampio pacchetto di servizi di welfare

integrato (prestazioni pensionistiche e previdenziali, sociali e creditizie);
a seguito della riduzione posta in essere dall'istituto nell'anno 2010 per conformarsi alle più recenti normative di contenimento della spesa pubblica, la dotazione organica dei dirigenti di I fascia a ammonta ad oggi a 26 posizioni e quella dei dirigenti di II fascia ammonta a 152 posizioni;
negli anni INPDAP ha fatto massicciamente ricorso al conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato ai sensi della fattispecie prevista all'articolo 19 comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001 che rende possibile per le pubbliche amministrazioni l'attribuzione di incarichi dirigenziali a tempo determinato «fornendone esplicita motivazione» a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione;
emerge con assoluta chiarezza dalla lettura del decreto legislativo n. 165 del 2001 come il ricorso al reclutamento di dirigenti ex articolo 19, comma 6, sia ipotesi eccezionale e derogatoria alle normali modalità di reclutamento della dirigenza pubblica e di attribuzione degli incarichi dirigenziali;
ad oggi in INPDAP risultano in vigenza n. 12 incarichi dirigenziali a tempo determinato ex articolo 19, comma 6, decreto legislativo n. 165 del 2001, precisamente un incarico di I fascia e 11 incarichi di II fascia;
l'incarico a tempo determinato di I fascia a quanto consta all'interrogante, è attribuito, senza alcuna soluzione di continuità, ormai dall'inizio dell'anno 2004 ad un professionista legale dell'istituto, in relazione a specifiche competenze possedute dal predetto professionista in materia di gestione patrimoniale, pur in presenza di dirigenti di I e II fascia incardinati nei ruoli organici forniti di professionalità del tutto comparabili e in qualche caso anche più risalenti nel tempo;
al predetto professionista legale a decorrere dal febbraio dell'anno 2009 sarebbero state anche attribuite le funzioni vicarie del direttore generale, in apparente violazione del regolamento di organizzazione interno, ai sensi del quale tali funzioni debbono essere attribuite esclusivamente ad un dirigente di I fascia;
tale attribuzione era già stata oggetto di atto di sindacato ispettivo n. 4-01503 nella legislatura 16a al Senato della Repubblica;
ciononostante al citato professionista legale le funzioni vicarie del direttore generale sarebbero state confermate al suddetto professionista alla fine dell'anno 2009 e sono tuttora attribuite, nonostante siano state contemporaneamente e legittimamente assegnate, ai sensi del summenzionato regolamento di organizzazione, ad un dirigente di I fascia dei ruoli dell'istituto, con conseguente duplicazione di funzione senza apparente fondamento nell'attuale modello organizzatorio dell'ente e correlato ingiustificato aumento della spesa per retribuzioni in relazione al quid pluris stipendiale correlato alle citate funzioni vicarie;
gli 11 incarichi dirigenziali di II fascia a tempo determinato ad oggi in essere sarebbero anch'essi in vigenza da svariati anni ed in alcuni casi addirittura dall'anno 2001 e verrebbero conferiti e rinnovati in relazione a professionalità nella maggior parte dei casi rinvenibili in dirigenti appartenenti ai ruoli organici dei dirigenti di II fascia dell'istituto, tutto ciò in difformità dallo spirito della norma utilizzata;
addirittura si sarebbe attribuito, a quel che risulta all'interrogante, ad un dirigente con incarico a tempo determinato, senza professionalità specifica oltre all'attività di impiegato prima e funzionario poi presso l'ARAN, il delicatissimo incarico di dirigente preposto all'ufficio «Relazioni sindacali»;
a decorrere dalla metà del prossimo mese di aprile, all'immissione in servizio di 11 dirigenti di II fascia neo assunti, il

numero dei dirigenti in forza all'ente sarà superiore alla dotazione organica vigente ed ai correlati posti funzione, stante la presenza dei citati 11 incarichi dirigenziali a tempo determinato;
nonostante tale circostanza, foriera di spese stipendiali ingiustificate a carico del bilancio dell'ente, gli incarichi dirigenziali a tempo continuano ad essere ad avviso dell'interrogante immotivatamente prorogati o riattribuiti. Si veda al riguardo la vicenda di un professionista tecnico dell'istituto al quale viene continuamente prorogato un incarico dirigenziale a tempo determinato, da ultimo scaduto il 31 dicembre 2010 e prontamente riattribuito nonostante la presenza nella regione in cui opera di personal dirigenziale con competenze professionali comparabili e la consapevolezza da parte dei vertici dell'ente del prossimo superamento del limite degli organici dei dirigenti di II fascia-:
di quali elementi disponga il Governo in ordine ai fatti illustrati in premessa e ove risultassero confermati, quali interventi il Ministro interrogato intenda porre in essere nei confronti dell'INPDAP al fine di garantire il rispetto della normativa in materia di reclutamento e attribuzione degli incarichi dirigenziali in relazione a quanto prescritto dall'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e, conseguentemente, ricondurre la situazione attuale nei binari della piena legittimità.
(4-10632)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:

SCHIRRU. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con l'interrogazione a risposta scritta 4-02420 Schirru, si interrogava il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, affinché valutasse l'ipotesi di un articolato per il riconoscimento dell'assegnazione del gasolio agricolo anche per l'apicoltura, in funzione della pratica del nomadismo, con assegnazione di almeno dodici litri di gasolio per arnia movimentata e la possibilità che il gasolio sia impiegato sui mezzi che effettivamente vengono utilizzati per tale pratica (camion e veicoli 4x4 attrezzati di rimorchio, da dichiarare eventualmente nella domanda di assegnazione);
nella sua risposta, il Ministro interrogato rispondeva che l'aliquota di accisa ridotta sul gasolio è stata riconosciuta agli apicoltori, agli imprenditori apistici ed agli apicoltori professionisti che attuano la pratica del nomadismo con l'articolo 1, comma 1066, della legge finanziaria per il 2007, che ha esteso, così, al settore apistico i benefici già previsti per tutti gli altri settori dell'agricoltura;
attraverso lo schema di regolamento concernente le modalità di applicazione dell'aliquota agevolata come previsto dalla citata legge finanziaria per il 2007, si definiscono le modalità per l'accesso all'agevolazione da parte degli apicoltori, degli imprenditori apistici e degli apicoltori professionisti che attuano la pratica del nomadismo con l'utilizzo degli autoveicoli di cui all'articolo 54, comma 1, lettere d), e), h), ed i), del decreto legislativo n. 285 del 1992, adibiti in via permanente ed esclusiva al trasporto delle api e sono disciplinati altresì gli adempimenti di natura tecnico/fiscale per l'ammissione all'agevolazione e le modalità di fruizione del beneficio;
i veicoli in questione, sono i seguenti:
1) autocarri, di cui alla lettera d): veicoli destinati al trasporto di cose e delle persone addette all'uso o al trasporto delle cose stesse; 2) trattori stradali, di cui alla lettera e): veicoli destinati esclusivamente al traino di rimorchi o semirimorchi; 3) autotreni, di cui alla lettera h): complessi di veicoli costituiti da due unità distinte, agganciate, delle quali una motrice; 4)

autoarticolati, di cui alla lettera h): complessi di veicoli costituiti da un trattore e da un semirimorchio;
per quanto concerne i quantitativi da assegnare ai beneficiari, è stato stimato il consumo specifico massimo annuo necessario per lo spostamento di ogni alveare con i predetti autoveicoli in 2,0 litri di gasolio, in relazione alla tipologia, alla modalità ed all'entità degli spostamenti effettuati dagli apicoltori, dagli imprenditori apistici e dagli apicoltori professionisti che attuano la pratica del nomadismo;
il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, dopo aver ottenuto il parere della ragioneria generale dello Stato e del Consiglio di Stato, ha inviato, in data 1o aprile 2008, lo schema di regolamento al Ministero dell'economia e delle finanze, che lo ha restituito, con la richiesta di apportare talune modifiche, in data 13 maggio 2009;
lo schema di decreto interministeriale è stato inviato al citato Ministero economico, per l'intesa, in data 21 dicembre 2009;
il nomadismo, variamente specializzato, sta diventando indispensabile per una gestione economica degli alveari in larga parte del territorio nazionale. Una maggiore attenzione per la qualità del lavoro e la salute motiva l'interesse crescente degli apicoltori per una razionalizzazione e meccanizzazione degli spostamenti di alveari, melari e attrezzature di lavoro. Considerando che gli spostamenti nel nomadismo sono concentrati in pochi mesi, che sono imprevedibili come il tempo e le fioriture, diventa importante poterli effettuare con i melari pieni senza arrivare al limite delle forze fisiche, in periodi in cui sovente si deve lavorare continuativamente giorno e notte. La scelta di come attrezzarsi per gli spostamenti è utile tanto per ridurre i tempi di lavoro legati al nomadismo, quanto per permettere agevolmente gli spostamenti anche con i melari pieni, o quando si è costretti a lavorare da soli. Tale scelta è condizionata da diversi fattori: dalle caratteristiche e dimensioni aziendali, dal tipo di nomadismo, dalle postazioni, dalla possibilità di utilizzare o meno l'autocarro e/o la meccanizzazione non esclusivamente per il nomadismo e altro;
tra l'altro nelle aziende più piccole, la necessità di ridurre i costi viene soddisfatta acquistando mezzi più economici e versatili che possano essere utilizzati non solo per il nomadismo, ma anche per altri lavori aziendali, oppure utilizzando i mezzi in più aziende, attraverso la collaborazione fra apicoltori. Per esempio, in Sardegna, si è costretti ad effettuare centinaia di chilometri, tra territori collinari, montagnosi e pianure, che rendono davvero impossibili gli spostamenti solo con i mezzi sopra enunciati -:
a che punto sia l'iter dell'intesa interministeriale sopra citata, poiché dopo tredici mesi non si hanno notizie in merito;
se non ritengano opportuno estendere le modalità per l'accesso all'agevolazione da parte degli apicoltori, degli imprenditori apistici e degli apicoltori professionisti che attuano la pratica del nomadismo agli autoveicoli di cui all'articolo 54, comma 1, lettere f) e g) del decreto legislativo n. 285 del 1992.
(4-10613)

COMAROLI, NEGRO, RAINIERI, CAPARINI, FAVA, FUGATTI, VANALLI e SIMONETTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla proposta di modifica del decreto ministeriale 4 agosto 2005 (Modificazione al disciplinare di produzione dei vini ad indicazione geografica tipica «Emilia» o «dell'Emilia»);
le vicende legate alle diverse proposte di modifica del disciplinare in essere dei vini IGT «Emilia» o «dell'Emilia», ormai confluite in una proposta di disciplinare redatta dalla regione Emilia Romagna, destano viva preoccupazione nelle aziende site nella provincia di Cremona;

infatti l'articolo 3 dell'attuale disciplinare prevede una zona di produzione delle uve coincidente con l'Emilia, cioè con le province di Ferrara, Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e con quella parte della provincia di Bologna situata a sinistra del fiume Sillaro. Per contro, nulla è specificato dall'articolo 5 dell'attuale disciplinare in materia di vinificazione;
a fronte di un'ampia facoltà, quindi, riconosciuta dalla vigente normativa alle aziende vitivinicole situate al di fuori della zona di produzione di vivificare vini IGT «Emilia» o «dell'Emilia», le proposte di modifica del disciplinare elaborate dai diversi consorzi di tutela, poi confluite nella bozza finale, risultano fortemente penalizzanti per le aziende, stabilite fuori dell'Emilia Romagna, che hanno investito negli anni sui vini emiliani ed hanno contribuito a farli conoscere nel mondo, ricevendo anche premi per la qualità;
il nuovo testo dell'articolo 5 della proposta di disciplinare, così come oggi formulato, prevede alcuni assunti suscettibili di incidere in profondità non tanto (in positivo) sulla qualità finale del prodotto, quanto (in negativo) sui diritti acquisiti dalle aziende che hanno vinificato vini IGT «Emilia» o «dell'Emilia» in zone diverse da quelle indicate dal disciplinare all'articolo 3;
secondo il nuovo testo, infatti la vinificazione delle uve IGT Emilia dovrebbe essere effettuata negli stabilimenti ubicati nel territorio delle province di Ferrara, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e di quella parte della provincia di Bologna situata alla sinistra del fiume Sillaro e, per quanto concerne gli impianti enologici situati in zone diverse, sarebbero ammessi alle procedure di vinificazione soltanto gli stabilimenti cooperativi ubicati in zone limitrofe (peraltro non indicate) che trasformano le uve dei propri soci conferenti conduttori di superfici vitate iscritte all'elenco delle vigne dell'IGT Emilia;
si osserva che uno stabilimento enologico, non strutturato come cooperativa, ubicato in (non identificate) zone limitrofe, il quale trasformi oggi uve di conferenti conduttori o proprietari di superfici vitate iscritte all'elenco delle vigne dell'IGT Emilia, non potrebbe ulteriormente effettuare le operazioni di vinificazione;
secondo il nuovo testo, inoltre, l'elaborazione dei vini frizzanti IGT Emilia, ivi compresa la presa di spuma atta a conferire le caratteristiche finali del prodotto, dovrebbe essere effettuata nell'area vocata ma, tenuto conto della consolidata tradizione produttiva, sarebbe consentita l'elaborazione presa di spuma dei vini IGT Emilia tipologia frizzante (ma non spumante, forse per un errore redazionale) negli stabilimenti ubicati nel territorio delle province di Forlì-Cesena, Ravenna e Mantova;
non si vuole in questa sede entrare nel merito dell'inserimento delle province di Forlì-Cesena e Ravenna, costituenti la Romagna;
tuttavia, l'inserimento della provincia lombarda di Mantova e l'esclusione di quella, ugualmente lombarda, di Cremona, appare piuttosto singolare, soprattutto considerando che tra le originarie proposte di modifica, quella elaborata dal Consorzio tutela del lambrusco di Modena avrebbe incluso, tenuto conto della consolidata tradizione produttiva, l'elaborazione e la presa di spuma dei vini IGT Emilia tipologia frizzante negli stabilimenti ubicati anche nella provincia di Cremona;
era stato quindi lo stesso Consorzio tutela del lambrusco di Modena a sancire che, alla luce di una consolidata tradizione produttiva di qualità, la provincia di Cremona (come quella di Mantova) rientra nella zona di elaborazione dei vini IGT Emilia tipologia frizzante (e spumante);
non è necessario di certo ricordare che, ai sensi dell'articolo 34 del regolamento (CE) 479/2008, la produzione di un vino DO o a IG deve avvenire nella zona geografica in questione, ma che il regolamento applicativo del regolamento (CE) 479/2008,

cioè il regolamento (CE) 607/2009, specifica, all'articolo 6, che, in deroga al predetto articolo 34, un prodotto a DOP o IGP può essere vinificato sia in una zona nelle immediate vicinanze della zona geografica delimitata (Cremona è confinante con la zona geografica in questione), sia in una zona situata nella stessa unità amministrativa o in un'unità amministrativa limitrofa (Cremona è confinante con l'unità amministrativa in questione), in conformità alle disposizioni nazionali;
importanti aziende di vinificazione sono situate a Motta Baluffi e in altri comuni del casalasco che rientrano pertanto in una zona nelle immediate vicinanze della zona geografica delimitata, a pochi chilometri di distanza dal fiume Po e dal territorio amministrativo delle province di Parma e Mantova e rientrano nella provincia di Cremona, in un'unità amministrativa, quindi limitrofa alla zona geografica delimitata;
sarebbe invero piuttosto arduo sostenere una modifica del disciplinare tesa ad escludere la provincia di Cremona dalle operazioni di vinificazione delle uve IGT «Emilia» o «dell'Emilia», tanto più difficile nel caso di aziende, che effettuano tali operazioni da decenni;
infine, permettere l'elaborazione dei vini frizzanti IGT Emilia, ivi compresa la presa di spuma atta a conferire le caratteristiche finali del prodotto, negli stabilimenti ubicati nel territorio della provincia lombarda di Mantova, ma vietarla negli stabilimenti ubicati nel territorio di quella limitrofa di Cremona, costituisce, ad avviso degli interroganti, un artificio suscettibile di integrare gli estremi di un grave vizio del procedimento -:
se si intenda operare un difforme trattamento tra provincia lombarda di Mantova e quella, ugualmente lombarda, di Cremona, soprattutto considerando che tra le originarie proposte di modifica, quella elaborata dal Consorzio tutela del lambrusco di Modena avrebbe incluso, tenuto conto della consolidata tradizione produttiva, l'elaborazione e la presa di spuma dei vini IGT Emilia tipologia frizzante negli stabilimenti ubicati anche nella provincia di Cremona;
se si intenda operare un difforme trattamento tra gli stabilimenti cooperativi ubicati in zone limitrofe (peraltro non indicate) che sarebbero ammessi alle procedure di vinificazione che trasformano le uve dei soci conferenti conduttori di superfici vitate iscritte all'elenco delle vigne dell'IGT Emilia e gli stabilimenti enologici, non strutturati come cooperativa, ubicati in (non identificate) zone limitrofe, i quali trasformano oggi uve di conferenti conduttori o proprietari di superfici vitate iscritte all'elenco delle vigne dell'IGT Emilia, non ammessi alle operazioni di vinificazione;
se il Ministro intenda intervenire al fine di rivedere la proposta di modifica del decreto ministeriale 4 agosto 2005 (Modificazione al disciplinare di produzione dei vini ad indicazione geografica tipica «Emilia» o «dell'Emilia») in discussione, allo scopo di rendere più forte l'immagine dei vini IGT Emilia nel mondo, non a discapito proprio di quelle aziende che tanto hanno fatto per promuovere quell'immagine.
(4-10615)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come riferisce l'agenzia ANSA del 27 gennaio 2011, sono state rinvenute alcune partite di uova contaminate dalla diossina dalla ASL di Mantova in alcuni allevamenti rurali di galline che si trovano vicino ad impianti industriali nel mantovano;
la ASL ha già emesso un'ordinanza di divieto di consumo e di commercializzazione di dette uova;
gli allevamenti dove sono stati trovati i prodotti contaminati sono di piccole

dimensioni, si tratta di agricoltori che allevano animali ruspanti all'aperto e alimentati con becchime autoprodotto;
se quanto sopra riferito corrisponda a verità;
in caso affermativo, quali urgenti iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, si intendano promuovere, sollecitare, adottare.
(4-10622)

...

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:

CASSINELLI e SCANDROGLIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa confermate da autorevoli fonti riferiscono del sovraffollamento degli ospedali genovesi, ove decine di barelle sono regolarmente abbandonate nei corridoi con tanto di malati in attesa di essere visitati e non seguiti con le dovute cure per mancanza di personale;
la condizione dei nosocomi di Genova, ed in particolare di quello di San Martino, è sempre più grave, alla luce del succitato problema relativo al sovraffollamento e della mancanza di personale, circostanze che minano la qualità e l'efficienza del servizio offerto, già in difficoltà, per la situazione della sanità ligure, eccezionale per ragioni anagrafiche (il 27 per cento dei residenti è ultrasessantacinquenne) e di bilancio (già oggi vi è un buco di 145 milioni di euro) -:
se non si ritenga necessario un accertamento da parte del Ministro interrogato, anche attraverso il sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria (SiVeAS), per accertare che non siano pregiudicati i livelli essenziali di assistenza nella regione Liguria.
(4-10633)

TESTO AGGIORNATO AL 23 FEBBRAIO 2011

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale del 21 ottobre 2010, il Ministro interpellato ha aggiornato la rete nazionale dei gasdotti per il trasporto di gas naturale su istanza della Società Snam Rete-Gas con la quale chiedeva l'inserimento di nuovi metanodotti, tra i quali quelli Sealine Monforte S. Giorgio-Policastro Bussentino e San Pier Niceto-Monforte San Giorgio;
l'articolo 3 del decreto ministeriale 22 dicembre 2000, con il quale è stata individuata la rete nazionale dei gasdotti, dispone che il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora Ministero dello sviluppo economico) provvede, su richiesta di una impresa di trasporto del gas, all'inclusione nella rete nazionale dei gasdotti di nuovi gasdotti rispondenti ai requisiti di legge, sentite l'autorità per l'energia elettrica e il gas, le regioni e le province autonome interessate, e provvede, in funzione delle modifiche intervenute, all'aggiornamento degli allegati al predetto decreto, dandone comunicazione all'autorità per l'energia elettrica e il gas, alle regioni interessate ed ai soggetti che svolgono attività di trasporto e dispacciamento sulla rete nazionale di trasporto;
nella fattispecie, come recita in premessa il suddetto decreto ministeriale del 21 ottobre 2010, il predetto parere favorevole dell'autorità per l'energia elettrica e il gas delle varie regioni interessate sarebbe stato acquisito per comunicazione scritta o per intervenuto silenzio-assenso, essendo trascorsi i termini previsti per la formulazione del parere richiesto senza che sia pervenuta alcuna manifestazione di dissenso;
il 20 gennaio 2009 la società Snam Rete Gas ha accettato la proposta dell'assessore

regionale all'industria della regione Sicilia onorevole Giuseppe Gianni, di realizzare in una zona ricadente nel comune di Fondachelli Fantina, in provincia di Messina, la centrale di compressione gas, denominata «Sealine», inizialmente prevista a Monforte San Giorgio dietro stipula di un accordo tra l'amministrazione regionale e il gruppo Snam, in raccordo con l'amministrazione comunale di Fondachelli Fantina, per definire le misure compensative in favore del territorio di quest'ultima -:
quando e con quale modalità sia stato espresso il parere favorevole dell'autorità per l'energia elettrica e il gas della regione Sicilia;
di quali elementi disponga il Ministro, per quanto di competenza, con riferimento a quanto riportato in premessa con specifico riferimento al mancato spostamento del comune di Monforte San Giorgio a Fondachelli Fantina dell'infrastruttura.
(2-00947) «Lo Monte, Brugger».

Interrogazione a risposta scritta:

CROSIO e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Livigno è una importante località turistica nota in tutta Europa, con un flusso importante di turisti e per questo ha servizi che sono in grado di sostenere le necessità degli ospiti sia invernali che estivi, ad eccezione dell'ufficio postale il cui malfunzionamento crea notevoli disagi;
il problema, oltre al disagio per l'utenza locale, comporto il deterioramento dell'immagine per il turista straniero che deve usufruire dei servizi;
l'ufficio postale di Livigno, già insufficiente per l'utenza livignasca di 5.800 abitanti quando le presenze arrivano a oltre 20.000, durante la settimana si trova ad essere congestionato dai clienti con permanenze di oltre un'ora per ciascun servizio;
i turisti prevalentemente stranieri abituati ad usare le poste molto più degli italiani, rassegnati ai disservizi che le caratterizzano, restano basiti di fronte all'incapacità e al disagio che devono affrontare in un paese turistico all'avanguardia in Europa;
la situazione si protrae da decenni, soffrendo di questa intollerabile disorganizzazione che denigra l'offerta di tutto il paese non potendo dare alternative;
all'interno dell'ufficio postale vi sono 4 postazioni di cui solo due con impiegato;
vi è una mancanza assoluta di indicazioni su quale postazione ottenere il servizio;
pur trovandosi in un ufficio postale con altissime presenze di stranieri c'è, a quanto consta all'interrogante, solo una sporadica presenza di personale che conosca una lingua straniera, unita ad una evidente incapacità organizzativa del front office;
la disorganizzazione si unisce ad un accumulo di oggetti che impediscono i movimenti all'interno dell'ufficio e compromettono l'esecuzione del servizio a causa dei banchi occupati da libri, cartoline e altro materiale;
i disservizi all'interno dell'ufficio postale si ripercuotono anche all'esterno; infatti la posta nella frazione di Trepalle viene distribuita a giorni alterni e spesso una sola volta la settimana -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e intenda assumere iniziative nei confronti di Poste italiane al fine di consentire ai cittadini livignaschi ed ai turisti che utilizzano l'ufficio postale di potere usufruire di un servizio all'altezza delle aspettative, anche al fine di non danneggiare un comparto che grazie all'eccellenza delle sue strutture riesce a resistere in un momento di grave crisi.
(4-10623)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza urgente Mosca e altri n. 2-00926, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Beltrandi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni n. 5-03212, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Torre.
L'interrogazione a risposta in Commissione Pes n. 5-03445, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Coscia.
L'interrogazione a risposta in Commissione De Pasquale n. 5-03764, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Torre.
L'interrogazione a risposta in Commissione Graziano n. 5-03795, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta orale Mario Pepe (IR) n. 3-01334, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09504, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09505, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09506, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09508, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09509, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09510, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Holzmann n. 4-09511, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09514, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Aracri n. 4-09515, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09517, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09527, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09528, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09529, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09530, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09535, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Girlanda n. 4-09536, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Papa n. 4-09542, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta in Commissione Tommaso Foti n. 5-03855, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09549, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09550, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09551, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09564, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09570, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09572, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09573, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09574, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09575, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09578, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09579, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09581, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09582, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09583, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09584, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09585, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09586, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09587, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09588, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Girlanda n. 4-09592, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Girlanda n. 4-09593, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta in Commissione Mancuso n. 5-03861, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09613, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09614, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09615, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09616, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09617, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09618, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09626, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09638, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 22 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09639, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-09640, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Buonanno n. 4-09867, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.
L'interrogazione a risposta scritta D'Anna n. 4-10188, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi chera n. 4-10456, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.
L'interrogazione a risposta scritta Buonanno n. 4-10564, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.
L'interrogazione a risposta in Commissione Codurelli n. 5-04087, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marco Carra.

Pubblicazione di testi riformulati.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Di Biagio n. 1-00451, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 380 del 7 ottobre 2010.

La Camera,
premesso che:
il patrimonio immobiliare della Difesa conta circa 18.500 abitazioni collocate su tutto il territorio nazionale, di cui circa 5.000 unità sono riconosciute ad utenti cosiddetti sine titulo, configurabili anche in personale militare in quiescenza che corrisponde un canone mensile non negoziato né negoziabile ma «imposto», variabile tra i 400 e i 1.200 euro;
attualmente sul versante del gettito l'amministrazione raccoglie circa 35 milioni di euro annui dalle sopra indicate concessioni, risorse non trascurabili perché rappresentano una voce indifferibile tra le entrate del Ministero della difesa;
l'articolo 2, comma 627, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, (legge finanziaria 2008), le cui previsioni sono ora confluite nell'articolo 297, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ha stabilito che il Ministero della difesa predisponesse con criteri di semplificazione, di razionalizzazione e di contenimento della spesa, un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio;
l'articolo 306, comma 3, del citato decreto legislativo n. 66 del 2010, pur prevedendo la possibilità di vendita di quella aliquota di alloggi non ulteriormente utili per soddisfare esigenze della difesa, riconosce il diritto di continuazione della locazione agli utenti che non possono sostenerne l'acquisto, assicurando la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliari e del coniuge superstite, alle condizioni di cui al comma 2, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato con il decreto ministeriale di cui al comma 2, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici ISTAT;
nel 2008 la cosiddetta problematica alloggiativa concernente gli immobili della difesa è stata oggetto di analisi di uno specifico gruppo di progetto che è appro

dato ad un apposito documento redatto sulla base dell'obiettivo 9 indicato nel piano attuativo della direttiva logistica interforze del 2006 che comprende «l'individuazione di soluzioni alternative per soddisfare le esigenze alloggiative del personale in servizio permanente»;
stando alle riflessioni tracciate nel sopra indicato documento, la risoluzione delle problematiche abitative rappresenterebbe un'esigenza fondamentale ed imprescindibile, in quanto tale elemento andrebbe addirittura ad incidere sulla mobilità del personale e, conseguentemente, sull'efficacia e sull'operatività dello strumento militare;
il documento provvede ad evidenziare un programma di interventi volti a massimizzare la disponibilità abitativa del comparto difesa, anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia di gestione degli alloggi;
nelle «ipotesi di sviluppo finanziario complessivo», sancite nel documento sopra indicato, viene ipotizzato il rilascio delle unità abitative da parte degli utenti sine titulo attraverso la loro sottoposizione ad un fitto di libero mercato di portata tale che «il canone elevato che si viene a determinare risulta sicuramente antieconomico/insostenibile rispetto ad altra sistemazione abitativa (anche in zone periferiche) tratta dal libero mercato», determinando di conseguenza una maggiore disponibilità abitativa;
nell'obiettivo 9, di cui sopra, emerge, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, una condizione di criticità e di seria difficoltà per un numero considerevole di utenti sine titulo, che verrebbero indotti a lasciare le unità abitative concesse loro in virtù delle precedenti disposizioni in materia, che legittimavano la conduzione agli occupanti verso il pagamento di un equo canone (per i titolari di minor reddito) e di equo canone maggiorato del 50 per cento (per i titolari di redditi più elevati). Un approccio dalla ratio, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, di dubbia conformità al dettato costituzionale, aggravato dal fatto di essere tratteggiato nelle linee guida operative di un documento dell'amministrazione competente, nonché di fruizione pubblica;
nel maggio 2010 è stato adottato il decreto ministeriale n. 112 recante regolamento per l'attuazione del programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio per il personale militare;
l'articolo 7 del sopra indicato decreto ministeriale stabilisce che gli alloggi di servizio non più funzionali sono alienati, con diritto di prelazione per il conduttore. In antitesi rispetto al diritto di continuità della locazione chiaramente già sancito dalla legge finanziaria per il 2008, ai conduttori che abbiano manifestato la volontà di continuare nella conduzione dell'alloggio è riconosciuto il diritto di usufruire di un contratto di locazione che abbia la durata di nove anni, se il reddito del nucleo familiare non è superiore a 19.000 euro, ovvero a 22.000 euro nel caso di famiglie con componenti ultrasessantacinquenni o disabili, o di cinque anni, se il reddito del nucleo familiare è superiore a quello sopra indicato, ma non superiore a quello determinato dal decreto di gestione annuale;
in questa prospettiva, si aggiunge la ratio dell'articolo 6, comma 21-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che prevede che, a decorrere dal 1o gennaio 2011, venga ridefinito il canone di occupazione dovuto dagli utenti sine titulo in atto, conduttori di alloggi non compresi tra quelli posti in vendita, fermo restando per l'occupante l'obbligo di rilascio entro il termine fissato dall'amministrazione, anche se in regime di proroga. Tale ridefinizione del canone sarà operata sulla base dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall'Agenzia del territorio, del reddito dell'occupante e della durata dell'occupazione;
a partire dai primi giorni di settembre 2010, è stata inviata la notifica di

provvedimento di recupero forzoso degli immobili dall'Aeronautica militare agli utenti ricadenti nella fattispecie di cui sopra, in deroga a quanto disposto dall'articolo 6, comma 3, del regolamento di cui al decreto ministeriale 18 maggio 2010, n. 112, in base al quale «la Direzione generale ne riferisce al Ministro della difesa, ai fini della verifica della coerenza delle attività rispetto agli indirizzi politico-amministrativi e, (...), approva l'elenco degli alloggi, non più funzionali alle esigenze istituzionali, da alienare». Una scelta operativa che ai firmatari del presente atto di indirizzo appare unilaterale e non aderente ai principi costituzionali che, se confermata ed estesa a tutti i conduttori che si trovano in analoga posizione, rischia di mettere alla porta migliaia di famiglie italiane che hanno servito lo Stato e che - in moltissimi casi - si ritrovano a vivere difficili situazioni sotto il profilo umano ed economico;
le disposizioni sopra indicate, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, non appaiono conformi ai principi del buon andamento e dell'imparzialità dell'Amministrazione sanciti dalla Carta costituzionale e contrastano, altresì, con i principi generali dell'ordinamento giuridico italiano, in base ai quali sono vietate le condizioni vessatorie, espressamente per i negozi giuridici di diritto civile, implicitamente, e con evidente maggior cogenza, nei rapporti tra pubblica amministrazione e suoi dipendenti e/o privati cittadini,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative normative finalizzate a prevedere che le eventuali maggiorazioni di canone, rispetto a quello già in vigore, derivanti dall'attuazione dell'articolo 6, comma 21-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, non siano applicabili nei confronti degli utenti con reddito familiare annuo lordo non superiore a quello fissato annualmente con decreto del Ministro della difesa, tenendo conto della sostenibilità dei nuovi canoni da introdurre in relazione ai redditi complessivi familiari dei conduttori degli alloggi;
ad adottare iniziative, anche normative, al fine di stabilire che l'applicazione di qualunque variazione dei canoni in atto vigenti abbia efficacia solo a partire dalla data di notifica formale, agli interessati, del nuovo canone, restando impregiudicato il diritto del conduttore a presentare ricorso avverso il provvedimento emesso;
a fornire chiarezza al portato dell'articolo 7 del decreto ministeriale n. 112 del 2010, garantendo che l'esercizio del diritto di acquisto dell'usufrutto ai sensi dello stesso articolo, sia riconosciuto ai conduttori, così come definiti nel comma 4 del citato articolo, senza la necessità di corrispondere una caparra confirmatoria a mezzo di assegno circolare non trasferibile ovvero fideiussione bancaria o assicurativa pari al 5 per cento del valore dell'usufrutto medesimo, considerato il carattere oneroso di tale garanzia, che, peraltro, risulta non necessaria, in quanto l'amministrazione della Difesa è già garantita, così come previsto dal comma 4, lettera a) dello stesso articolo 7, attraverso il pagamento del valore dell'usufrutto con il prelievo automatico di un importo non superiore al 20 per cento del reddito mensile del conduttore;
a prevedere - mediante apposite iniziative normative - la sospensione dei recuperi forzosi previsti all'articolo 2, comma 3, del citato decreto ministeriale n. 112 del 2010, sino all'adozione del decreto di trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato degli alloggi da alienare propedeutico al procedimento di alienazione della proprietà, dell'usufrutto e della nuda proprietà degli alloggi risultati alienabili, di cui all'articolo 6, comma 3, dello stesso decreto n. 112 del 2010;
a riconoscere, con apposite iniziative normative, per quanto riguarda gli alloggi per i quali non si prevede la vendita, possibili ed alternative formule di acquisizione e/o conduzione dell'immobile, come l'acquisizione dell'usufrutto «a

vita», per i conduttori sine titulo ultrasessantacinquenni che manifestino la volontà di continuare nella conduzione stessa.
(1-00451)
(Nuova formulazione) «Di Biagio, Bocchino, Granata, Patarino, Divella, Lo Presti, Proietti Cosimi, Angela Napoli, Siliquini, Briguglio».

Si pubblica il testo riformulato della mozione Bosi n. 1-00488, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 392 del 9 novembre 2010.

La Camera,
premesso che:
il patrimonio immobiliare abitativo della Difesa ammonta a circa 18.000 alloggi appartenenti alle diverse Forze armate e collocati su tutto il territorio nazionale realizzati nel tempo per le diverse esigenze dei militari;
nell'ambito di detto patrimonio immobiliare risulta che circa 5.000 alloggi siano utilizzati da utenti cosiddetti sine titulo ovvero da personale in quiescenza che corrisponde un canone fissato in forma variabile così come definito dall'Amministrazione della difesa, che da tali canoni raccoglie circa 35 milioni di euro all'anno;
il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ha stabilito che il Ministero della difesa predisponga un programma per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio, anche attraverso la vendita di quelli non più utili alle esigenze delle Forze armate, pur riconoscendo, all'articolo 306, comma 3, il diritto di continuazione della locazione agli utenti che non possono sostenerne l'acquisto, assicurando la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliari e del coniuge superstite, alle condizioni di cui al comma 2, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato con il decreto ministeriale di cui al comma 2, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici ISTAT;
nel maggio 2010 è stato emesso il decreto ministeriale n. 112 recante regolamento per l'attuazione del programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio per il personale militare;
l'articolo 6, comma 21-quater del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, prevede che, a decorrere dal 1o gennaio 2011, venga ridefinito il canone di occupazione dovuto dagli utenti sine titulo, fermo restando, per l'occupante, l'obbligo di rilascio entro il termine fissato dall'Amministrazione, anche se in regime di proroga. Tale ridefinizione del canone sarà operata sulla base dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall'Agenzia del territorio, del reddito dell'occupante e della durata dell'occupazione,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative normative finalizzate a prevedere che le eventuali maggiorazioni di canone, rispetto a quello già in vigore, derivanti dall'attuazione dell'articolo 6, comma 21-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, non siano applicabili nei confronti degli utenti con reddito familiare annuo lordo non superiore a quello fissato annualmente con decreto del Ministro della difesa, tenendo conto della sostenibilità dei nuovi canoni da introdurre in relazione ai redditi complessivi familiari dei conduttori degli alloggi;
ad assumere iniziative, anche normative, volte a chiarire che l'applicazione di qualunque variazione di canone abbia efficacia solamente a partire dalla data di notifica al conduttore del nuovo canone in tal modo determinato;
a garantire, mediante apposite iniziative normative, la sospensione dei recuperi forzosi previsti all'articolo 2, comma 3, del

citato decreto ministeriale, n. 112 del 2010, ciò almeno sino all'emissione del previsto decreto di trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato degli alloggi da alienare;
ad assumere iniziative per riconoscere agli occupanti di alloggi sine titulo ultrasessantacinquenni la facoltà di poter continuare nella conduzione dell'immobile mediante l'acquisizione di un usufrutto a vita, secondo quanto previsto dal decreto n. 112 del 2010, articolo 7, comma 4.
(1-00488)
(Nuova formulazione) «Bosi, Marcazzan, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Volontè, Naro, Libè, Occhiuto, Rao».

Si pubblica il testo riformulato della mozione Oliverio n. 1-00513, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 411 del 21 dicembre 2010.

La Camera,
premesso che:
il 18 novembre 2010 la Commissione europea ha presentato il documento d'indirizzo generale sulle future modifiche della politica agricola comune - la PAC verso il 2020 - che, in linea con quanto espresso dal Parlamento europeo con la risoluzione approvata l'8 luglio 2010 (cosiddetto «rapporto Lyon»), punta a costruire una riforma robusta e moderna che sappia soddisfare le molteplici attese dei cittadini e valorizzare il contributo dell'agricoltura e delle aree rurali alle nuove emergenze della società;
il documento sulla politica agricola comune (PAC) è il frutto di un lavoro che ha coinvolto le istituzioni ed i cittadini europei che hanno indicato la necessità che la futura politica agricola comune (PAC) mantenga l'assetto odierno di politica comune «forte» e imperniata su due pilastri, al servizio dei seguenti obiettivi strategici: sicurezza dell'approvvigionamento alimentare; produzione sostenibile di derrate alimentari di pregio e di qualità; tutela dell'occupazione locale delle comunità rurali;
questi obiettivi, tuttavia, già centrali nella politica agricola comune del trattato di Roma e recentemente confermati dal Trattato di Lisbona, non sono stati tutti raggiunti. Infatti, il reddito degli agricoltori rimane ben al di sotto di quello medio complessivo; la bilancia commerciale dell'Unione europea è andata peggiorando, accumulando un pesante deficit commerciale; infine, i mercati sono tutt'altro che stabili ed espongono i redditi degli agricoltori a continue penalizzazioni;
la riforma della politica agricola comune verrà inserita nell'ambito del nuovo bilancio dell'Unione europea e il documento prefigura un primo pilastro più «verde» e più equamente ripartito e un secondo pilastro maggiormente incentrato sulla competitività e l'innovazione, il cambiamento climatico e l'ambiente, contando su risorse di bilancio limitate che, tuttavia, tengano in debito conto del pesante impatto che la crisi esercita sull'agricoltura;
quindi, per il nostro settore primario assumono un rilievo centrale le decisioni che verranno prese sulle dimensioni del futuro bilancio per la politica agricola comune, sulla riforma del «pagamento unico per azienda» e sulla remunerazione dei servizi collettivi che gli agricoltori forniscono alla società sia in materia di tutela ambientale, sia in materia di sicurezza alimentare;
i due principali nodi, che il documento della Commissione non scioglie, si sostanziano nell'esigenza di salvaguardare il budget comunitario complessivo destinato al settore agricolo e nella necessità di imperniare i meccanismi di ripartizione di tali somme su criteri di tipo qualitativo, incentrati sul valore della produzione, piuttosto che sul mero criterio dell'estensione delle superfici, che risulterebbe fortemente penalizzante per il comparto agricolo italiano;

a livello generale, il documento della Commissione europea, che non entra nello specifico delle questioni più spinose, rappresenta comunque una buona base di partenza su cui costruire una riforma ambiziosa che tuteli le specificità del nostro settore primario;
nel documento della Commissione europea si afferma che, per far fronte alle nuove sfide, la politica agricola comune (PAC) deve essere modificata e, in particolare, è necessario fare in modo che il sostegno alla politica agricola comune (PAC) sia ripartito in modo equo e bilanciato tra i vari Stati membri e tra gli agricoltori e sia più efficacemente mirato agli agricoltori in attività, riducendo le disparità tra gli Stati membri e tenendo conto del fatto che un sostegno forfettario non costituisce una soluzione praticabile;
la certezza del quadro finanziario rappresenta per il Parlamento la condizione sine qua non per definire le nuove regole di politica agricola comune; senza un quadro chiaro e definito delle risorse, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non si riuscirà ad approvare alcuna disposizione legislativa;
per quanto attiene alle risorse:
a) il documento della Commissione europea prefigura una modalità flessibile nella gestione delle risorse in cui si superano i riferimenti storici della spesa; tale previsione necessita di un'attenta valutazione al fine di evitare eccessivi squilibri del quadro finanziario tra gli Stati membri che determinerebbero un effetto distorsivo molto ampio con drammatiche conseguenze per l'agricoltura di molte aree dell'Europa; in particolare, la proposta non chiarisce se sia intenzione della Commissione europea istituire un sistema per riequilibrare eventuali impatti distorsivi su territori e settori derivanti dalla nuova distribuzione delle dotazioni nazionali;
b) fondamentale, in tal senso, è che il meccanismo per la definizione delle dotazioni nazionali tenga conto non solo della superficie, ma anche di altre importanti variabili come il valore e l'occupazione;
c) come ha stabilito il «rapporto Lyon», è necessario inoltre che gli Stati membri abbiano un adeguato margine di flessibilità per gestire al meglio le componenti previste dallo schema di pagamento unico e per ripartire le risorse finanziarie tra le stesse componenti; al riguardo, la componente del voluntary coupled support, sostitutiva dell'attuale articolo 68 del Regolamento (CE) n. 73/2009, dovrà essere infine meglio specificata e definita in termini di misure e modalità di assunzione;
per quanto attiene agli strumenti di gestione delle crisi, la comunicazione non fornisce dettagli esaustivi sullo sviluppo degli strumenti di gestione del mercato all'interno dell'organizzazione comune dei mercati (Ocm unica); il Parlamento europeo con la relazione Lyon ha già stabilito l'importante principio di introdurre strumenti ad hoc per gestire le crisi di mercato, così come specifiche riserve di bilancio per fronteggiare le emergenze;
per quanto attiene al riequilibrio dei rapporti di filiera, il documento non chiarisce gli strumenti che dovranno riequilibrare e stabilizzare le relazioni all'interno della filiera alimentare tra gli anelli più deboli e le fasi a valle; anche questo tema è stato affrontato dal Parlamento europeo che, sia con la relazione Lyon sia con la relazione Bovè - «Redditi equi per gli agricoltori: migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa» - hanno individuato nel rafforzamento delle relazioni contrattuali tra i soggetti della filiera la strada da incentivare; anche le proposte legislative della Commissione europea sul settore lattiero sembrano andare nella stessa direzione,


impegna il Governo:


a convocare, con la massima sollecitudine, un incontro con tutti i soggetti della filiera agroalimentare interessati dalla riforma politica agricola comune

(PAC) per formulare una proposta condivisa da portare a Bruxelles quale posizione negoziale dell'Italia, che è stata gravemente assente, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, nella fase antecedente la comunicazione della Commissione europea;
ad effettuare una valutazione di impatto per l'Italia, inerente al nuovo sistema di pagamenti diretti proposto dalla Commissione europea, in particolare in relazione alla ridistribuzione dei pagamenti diretti e al loro spacchettamento in quattro componenti: pagamenti diretti di base, pagamento per l'agricoltura verde, pagamenti per le zone con handicap naturali, pagamenti «accoppiati» per l'agricoltura ad alto valore strategico;
ad individuare soluzioni e proposte per tener conto della particolarità dell'agricoltura italiana, caratterizzata da produzione ad alto valore aggiunto, in modo da evitare un drastico ridimensionamento dei pagamenti diretti che - in base alla proposta attuale della Commissione europea - rischiano di essere distribuiti in base al solo parametro della superficie;
a predisporre un ventaglio di proposte per un sistema di pagamenti diretti più confacente con le caratteristiche socio-economico-strutturali dell'agricoltura italiana, in particolare per l'olivicoltura del Sud Italia e per la zootecnia del Nord Italia, che saranno fortemente penalizzate dalle ipotesi di ridistribuzione dei pagamenti diretti, proposti dalla Commissione europea;
a formulare proposte relativamente al «pagamento per l'agricoltura verde», in modo da renderlo confacente alle caratteristiche dell'agricoltura italiana, in quanto non si ritengono accettabili le proposte della Commissione europea che limitano questo pagamento ai pascoli permanenti, alle coperture vegetali, alla rotazione delle colture e al set aside ecologico;
a formulare proposte relativamente all'«aiuto accoppiato facoltativo» per tipi di agricoltura che sono ritenuti di particolare importanza per ragioni economiche e/o sociali, aiuto che presenta finalità particolarmente importanti per le esigenze dell'agricoltura italiana;
ad individuare soluzioni e proposte che evitino cambiamenti radicali e destabilizzanti del sistema dei pagamenti diretti che potrebbero avere pesanti conseguenze economiche e sociali in alcune imprese agricole e/o in alcuni sistemi produttivi;
ad individuare ed inserire nella proposta negoziale dell'Italia gli strumenti per il miglioramento del funzionamento delle filiere, tema particolarmente importante per l'agricoltura italiana, in modo da migliorare il valore aggiunto dei produttori, rafforzarne il potere di mercato e valorizzare il ricco sistema di strutture associative presenti in Italia;
a promuovere la valorizzazione, nella nuova politica agricola comune, delle positive esperienze delle organizzazioni dei produttori ortofrutticoli, che hanno svolto in questi anni un positivo raccordo tra produttori italiani e il resto della filiera;
ad assumere iniziative per individuare nella nuova politica agricola comune gli strumenti per contrastare le situazioni di crisi di alcuni comparti produttivi importanti per l'Italia (barbabietola da zucchero, tabacco), particolarmente penalizzati dall'ultima riforma della politica agricola comune;
a promuovere l'introduzione nella nuova politica agricola comune di strumenti di mercato e politiche strutturali per contrastare la grave crisi del settore del vino e del latte ovino;
a chiarire il posizionamento dell'Italia sul tema degli «agricoltori attivi», attraverso l'individuazione di criteri di definizione del concetto di «agricoltori attivi», affinché la nuova politica agricola comune sia in grado di orientare il sostegno verso i soli agricoltori in attività;
a promuovere nella nuova politica agricola comune il potenziamento delle

misure per il ricambio generazionale, in particolare per accrescere il sostegno all'insediamento di giovani agricoltori, con specifico riferimento alla dotazione di capitali fissi e all'introduzione di innovazioni;
a proporre un ampio spazio per gli strumenti volti alla gestione dei rischi che consenta di valorizzare il sistema di assicurazioni agevolate, particolarmente attivo in Italia, grazie al sistema dei consorzi di difesa, allargando tale strumento alle assicurazioni per contrastare le fluttuazioni del reddito e l'instabilità dei mercati;
ad assumere iniziative nelle competenti sedi per individuare criteri di ripartizione del sostegno allo sviluppo rurale tra i vari Stati membri, evitando la riduzione degli importi attualmente disponibili per il nostro Paese;
ad assumere iniziative volte ad introdurre nella nuova politica agricola comune gli elementi di semplificazione necessari al miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione delle amministrazioni coinvolte nell'erogazione del sostegno agricolo (Agea, organismi pagatori regionali e altre), nonché per ridurre gli oneri amministrativi a carico degli agricoltori.
(1-00513)
(Nuova formulazione) «Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Boccia».

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Comaroli e altri n. 5-03836 del 17 novembre 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10615.