XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 2 febbraio 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 2 febbraio 2011.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bocchino, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Malfa, Lamorte, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Lupi, Lusetti, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sanga, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bocchino, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Malfa, Lamorte, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Lupi, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Leoluca Orlando, Palumbo, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sanga, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 1o febbraio 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
BINETTI ed altri: «Disposizioni concernenti l'impiego delle persone anziane da parte delle amministrazioni locali per lo svolgimento di lavori di utilità sociale» (4046);
LULLI: «Norme per l'adozione di un programma strategico nazionale di interventi nonché delega al Governo e altre disposizioni in materia di misure di sostegno in favore delle micro, piccole e medie imprese e di lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali» (4047).

Saranno stampate e distribuite.

Modifica nell'assegnazione di una proposta di legge a Commissione in sede referente.

Su richiesta delle Commissioni VII (Cultura) e XI (Lavoro), la seguente proposta di legge - già assegnata alla XI Commissione (Lavoro) - è assegnata, in sede referente, alle Commissioni riunite VII (Cultura) e XI (Lavoro), per consentire di procedere all'abbinamento, ai sensi dell'articolo 77 del regolamento, con la proposta di legge n. 1286:
CECCACCI RUBINO ed altri: «Introduzione, in via sperimentale, di un'indennità di maternità per gli atleti che praticano attività sportiva dilettantistica» (3655) - Parere delle Commissioni I, V e XII.

Assegnazione di progetto di legge a Commissione in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

II Commissione (Giustizia):
PALAGIANO ed altri: «Introduzione dell'articolo 580-bis del codice penale, concernente il reato di istigazione a pratiche idonee a procurare l'anoressia o la bulimia» (3697) Parere delle Commissioni I, V, IX e XII.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 2 febbraio 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Proposta di decisione del Consiglio che autorizza l'immissione in commercio di prodotti contenenti granturco geneticamente modificato MON 89034 x MON 88017 (MON-89Ø034-3xMON-88Ø17-3), o da esso costituiti o ottenuti, a norma del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2011)28 definitivo), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura);
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all'articolo 54, secondo paragrafo, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (rifusione) (COM(2011)29 definitivo), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Energie rinnovabili: progressi verso gli obiettivi del 2020 (COM(2011)31 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive).

Richiesta di un parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 2 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (328).

Tale richiesta è assegnata, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale. È altresì assegnata, ai sensi del medesimo comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio). Tali Commissioni dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 3 aprile 2011.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 1o febbraio 2011, a pagina 4, prima colonna, dopo la settima riga devono intendersi inserite le seguenti:

«La proposta di legge FEDRIGA ed altri: "Interpretazione autentica del comma 2 dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, in materia di applicazione delle disposizioni concernenti le assunzioni obbligatorie e le quote di riserva in favore dei disabili" (3908) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Laura Molteni».

MOZIONI OLIVERIO ED ALTRI N. 1-00513, FOGLIATO ED ALTRI N. 1-00542, DELFINO ED ALTRI N. 1-00545, BECCALOSSI ED ALTRI N. 1-00547, DI GIUSEPPE ED ALTRI N. 1-00548 E TABACCI ED ALTRI N. 1-00557 CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI RIFORMA DELLA POLITICA AGRICOLA COMUNE (PAC)

Mozioni

La Camera,
premesso che:
il 18 novembre 2010 la Commissione europea ha presentato il documento d'indirizzo generale sulle future modifiche della politica agricola comune - la PAC verso il 2020 - che, in linea con quanto espresso dal Parlamento europeo con la risoluzione approvata l'8 luglio 2010 (cosiddetto «rapporto Lyon»), punta a costruire una riforma robusta e moderna che sappia soddisfare le molteplici attese dei cittadini e valorizzare il contributo dell'agricoltura e delle aree rurali alle nuove emergenze della società;
il documento sulla politica agricola comune (PAC) è il frutto di un lavoro che ha coinvolto le istituzioni ed i cittadini europei che hanno indicato la necessità che la futura politica agricola comune (PAC) mantenga l'assetto odierno di politica comune «forte» e imperniata su due pilastri, al servizio dei seguenti obiettivi strategici: sicurezza dell'approvvigionamento alimentare; produzione sostenibile di derrate alimentari di pregio e di qualità; tutela dell'occupazione locale delle comunità rurali;
questi obiettivi, tuttavia, già centrali nella politica agricola comune del Trattato di Roma e recentemente confermati dal Trattato di Lisbona, non sono stati tutti raggiunti. Infatti, il reddito degli agricoltori rimane ben al di sotto di quello medio complessivo; la bilancia commerciale dell'Unione europea è andata peggiorando, accumulando un pesante deficit commerciale; infine, i mercati sono tutt'altro che stabili ed espongono i redditi degli agricoltori a continue penalizzazioni;
la riforma della politica agricola comune verrà inserita nell'ambito del nuovo bilancio dell'Unione europea e il documento prefigura un primo pilastro più «verde» e più equamente ripartito e un secondo pilastro maggiormente incentrato sulla competitività e l'innovazione, e il cambiamento climatico e l'ambiente, contando su risorse di bilancio limitate che, tuttavia, tengano in debito conto il pesante impatto che la crisi esercita sull'agricoltura;
quindi, per il nostro settore primario assumono un rilievo centrale le decisioni che verranno prese sulle dimensioni del futuro bilancio per la politica agricola comune, sulla riforma del «pagamento unico per azienda» e sulla remunerazione dei servizi collettivi che gli agricoltori forniscono alla società sia in materia di tutela ambientale, sia in materia di sicurezza alimentare;
i due principali nodi, che il documento della Commissione europea non scioglie, si sostanziano nell'esigenza di salvaguardare il budget comunitario complessivo destinato al settore agricolo e nella necessità di imperniare i meccanismi di ripartizione di tali somme su criteri di tipo qualitativo, incentrati sul valore della produzione, piuttosto che sul mero criterio dell'estensione delle superfici, che risulterebbe fortemente penalizzante per il comparto agricolo italiano;
a livello generale, il documento della Commissione europea, che non entra nello specifico delle questioni più spinose, rappresenta comunque una buona base di partenza su cui costruire una riforma ambiziosa che tuteli le specificità del nostro settore primario;
nel documento della Commissione europea si afferma che, per far fronte alle nuove sfide, la politica agricola comune (PAC) deve essere modificata e, in particolare, è necessario fare in modo che il sostegno alla politica agricola comune (PAC) sia ripartito in modo equo e bilanciato tra i vari Stati membri e tra gli agricoltori e sia più efficacemente mirato agli agricoltori in attività, riducendo le disparità tra gli Stati membri e tenendo conto del fatto che un sostegno forfettario non costituisce una soluzione praticabile;
la certezza del quadro finanziario rappresenta per il Parlamento la condizione sine qua non per definire le nuove regole di politica agricola comune; senza un quadro chiaro e definito delle risorse, a avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non si riuscirà ad approvare alcuna disposizione legislativa;
per quanto attiene alle risorse:
a) il documento della Commissione europea prefigura una modalità flessibile nella gestione delle risorse in cui si superano i riferimenti storici della spesa; tale previsione necessita di un'attenta valutazione al fine di evitare eccessivi squilibri del quadro finanziario tra gli Stati membri che determinerebbero un effetto distorsivo molto ampio con drammatiche conseguente per l'agricoltura di molte aree dell'Europa; in particolare, la proposta non chiarisce se sia intenzione della Commissione europea istituire un sistema per riequilibrare eventuali impatti distorsivi su territori e settori derivanti dalla nuova distribuzione delle dotazioni nazionali;
b) fondamentale, in tal senso, è che il meccanismo per la definizione delle dotazioni nazionali tenga conto non solo della superficie, ma anche di altre importanti variabili come il valore e l'occupazione;
c) come ha stabilito il «rapporto Lyon», è necessario inoltre che gli Stati membri abbiano un adeguato margine di flessibilità per gestire al meglio le componenti previste dallo schema di pagamento unico e per ripartire le risorse finanziarie tra le stesse componenti; al riguardo, la componente del voluntary coupled support, sostitutiva dell'attuale articolo 68 del Regolamento (CE) n. 73/2009, dovrà essere infine meglio specificata e definita in termini di misure e modalità di assunzione;
per quanto attiene agli strumenti di gestione delle crisi, la comunicazione non fornisce dettagli esaustivi sullo sviluppo degli strumenti di gestione del mercato all'interno dell'organizzazione comune dei mercati (Ocm unica); il Parlamento europeo con la relazione Lyon ha già stabilito l'importante principio di introdurre strumenti ad hoc per gestire le crisi di mercato, così come specifiche riserve di bilancio per fronteggiare le emergenze;
per quanto attiene al riequilibrio dei rapporti di filiera, il documento non chiarisce gli strumenti che dovranno riequilibrare e stabilizzare le relazioni all'interno della filiera alimentare tra gli anelli più deboli e le fasi a valle; anche questo tema è stato affrontato dal Parlamento europeo che, sia con la relazione Lyon sia con la relazione Bovè - «Redditi equi per gli agricoltori: migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa» - hanno individuato nel rafforzamento delle relazioni contrattuali tra i soggetti della filiera la strada da incentivare; anche le proposte legislative della Commissione europea sul settore lattiero sembrano andare nella stessa direzione,

impegna il Governo:

a convocare, con la massima sollecitudine, un incontro con tutti i soggetti della filiera agroalimentare interessati dalla riforma politica agricola comune (PAC) per formulare una proposta condivisa da portare a Bruxelles quale posizione negoziale dell'Italia, che è stata gravemente assente, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, nella fase antecedente la comunicazione della Commissione europea;
ad effettuare una valutazione di impatto per l'Italia, inerente al nuovo sistema di pagamenti diretti proposto dalla Commissione europea, in particolare in relazione alla ridistribuzione dei pagamenti diretti e al loro spacchettamento in quattro componenti: pagamenti diretti di base, pagamento per l'agricoltura verde, pagamenti per le zone con handicap naturali, pagamenti «accoppiati» per l'agricoltura ad alto valore strategico;
ad individuare soluzioni e proposte per tener conto della particolarità dell'agricoltura italiana, caratterizzata da produzione ad alto valore aggiunto, in modo da evitare un drastico ridimensionamento dei pagamenti diretti che - in base alla proposta attuale della Commissione europea - rischiano di essere distribuiti in base al solo parametro della superficie;
a predisporre un ventaglio di proposte per un sistema di pagamenti diretti più confacente con le caratteristiche socio-economico-strutturali dell'agricoltura italiana, in particolare per l'olivicoltura del Sud Italia e per la zootecnia del Nord Italia, che saranno fortemente penalizzate dalle ipotesi di ridistribuzione dei pagamenti diretti, proposti dalla Commissione europea;
a formulare proposte relativamente al «pagamento per l'agricoltura verde», in modo da renderlo confacente alle caratteristiche dell'agricoltura italiana, in quanto non si ritengono accettabili le proposte della Commissione europea che limitano questo pagamento ai pascoli permanenti, alle coperture vegetali, alla rotazione delle colture e al set aside ecologico;
a formulare proposte relativamente all'«aiuto accoppiato facoltativo» per tipi di agricoltura che sono ritenuti di particolare importanza per ragioni economiche e/o sociali, aiuto che presenta finalità particolarmente importanti per le esigenze dell'agricoltura italiana;
ad individuare soluzioni e proposte che evitino cambiamenti radicali e destabilizzanti del sistema dei pagamenti diretti che potrebbero avere pesanti conseguenze economiche e sociali in alcune imprese agricole e/o in alcuni sistemi produttivi;
ad individuare ed inserire nella proposta negoziale dell'Italia gli strumenti per il miglioramento del funzionamento delle filiere, tema particolarmente importante per l'agricoltura italiana, in modo da migliorare il valore aggiunto dei produttori, rafforzarne il potere di mercato e valorizzare il ricco sistema di strutture associative presenti in Italia;
a promuovere la valorizzazione, nella nuova politica agricola comune, delle positive esperienze delle organizzazioni dei produttori ortofrutticoli, che hanno svolto in questi anni un positivo raccordo tra produttori italiani e il resto della filiera;
ad assumere iniziative per individuare nella nuova politica agricola comune gli strumenti per contrastare le situazioni di crisi di alcuni comparti produttivi importanti per l'Italia (barbabietola da zucchero, tabacco), particolarmente penalizzati dall'ultima riforma della politica agricola comune;
a promuovere l'introduzione nella nuova politica agricola comune di strumenti di mercato e politiche strutturali per contrastare la grave crisi del settore del vino e del latte ovino;
a chiarire il posizionamento dell'Italia sul tema degli «agricoltori attivi», attraverso l'individuazione di criteri di definizione del concetto di «agricoltori attivi», affinché la nuova politica agricola comune sia in grado di orientare il sostegno verso i soli agricoltori in attività;

a promuovere nella nuova politica agricola comune il potenziamento delle misure per il ricambio generazionale, in particolare per accrescere il sostegno all'insediamento di giovani agricoltori, con specifico riferimento alla dotazione di capitali fissi e all'introduzione di innovazioni;
a proporre un ampio spazio per gli strumenti volti alla gestione dei rischi che consenta di valorizzare il sistema di assicurazioni agevolate, particolarmente attivo in Italia, grazie al sistema dei consorzi di difesa, allargando tale strumento alle assicurazioni per contrastare le fluttuazioni del reddito e l'instabilità dei mercati;
ad assumere iniziative nelle competenti sedi per individuare criteri di ripartizione del sostegno allo sviluppo rurale tra i vari Stati membri, evitando la riduzione degli importi attualmente disponibili per il nostro Paese;
ad assumere iniziative volte ad introdurre nella nuova politica agricola comune gli elementi di semplificazione necessari al miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione delle amministrazioni coinvolte nell'erogazione del sostegno agricolo (Agea, organismi pagatori regionali e altre), nonché per ridurre gli oneri amministrativi a carico degli agricoltori.
(1-00513)
(Nuova formulazione) «Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Boccia».

La Camera,
premesso che:
dal 12 aprile all'11 giugno 2010 la Commissione europea ha tenuto una consultazione pubblica sul futuro della politica agricola comune (PAC), a seguito della quale si è svolta il 19-20 luglio 2010, a Bruxelles, la conferenza sulla PAC dopo il 2013, cui hanno partecipato tutte le parti interessate alla definizione del futuro assetto della stessa politica agricola comune (PAC);
sulla base di quanto emerso dalla conferenza sulla PAC dopo il 2013, la Commissione europea è impegnata a presentare, entro l'anno 2011, una comunicazione sul futuro della politica agricola comune (PAC), che si assocerà al progetto preliminare sulle prospettive finanziarie per il periodo 2014-2020, sempre da presentare entro la medesima scadenza;
la presentazione, da parte della Commissione europea, delle proposte di regolamento sulla nuova politica agricola comune (PAC) e sulle prospettive finanziarie è già previsto che avvenga entro l'estate 2011, dopodiché si avvierà la procedura di co-decisione che, entro il 2012, si concluderà con l'approvazione dei relativi testi di legge;
i contenuti della nuova politica agricola comune (PAC) dovranno necessariamente inserirsi nella strategia «Europa 2020», definita dal Consiglio europeo del 17 giugno 2010 che, come noto, si fonda su tre linee strategiche e cinque obiettivi, finalizzati a favorire una crescita fondata su conoscenza, innovazione, sostenibilità ambientale e inclusione sociale;
in coerenza con tali linee strategiche, nella conferenza sulla PAC dopo il 2013 del 19-20 luglio 2010 sono stati individuati i punti cardine in riferimento ai quali definire il futuro ruolo dell'agricoltura europea e, di conseguenza, gli obiettivi e gli strumenti della nuova politica agricola comune;
i temi individuati sono quelli della sicurezza alimentare (intesa nel suo complesso, quindi in riferimento alle diverse esigenze dell'Europa e dei Paesi più poveri), della sostenibilità ambientale, del legame con il territorio, della gestione delle crisi congiunturali, della semplificazione amministrativa;
sempre per quanto emerso dalle attuali fasi preliminari, appare evidente che i principali strumenti dell'attuale politica agricola comune (PAC) e, in specie, i pagamenti diretti e la struttura su due pilastri saranno confermati in futuro, pur con alcune importanti modifiche che sembrano destinate ad incidere, se non sulla loro natura, sulla loro efficacia;
al riguardo i temi più importanti che, all'atto pratico, saranno oggetto della discussione che condurrà alla definizione della nuova politica agricola comune riguarderanno il quadro finanziario, ossia le risorse che, nell'ambito del bilancio 2014-2020, saranno destinate alla politica agricola comune (PAC), la distribuzione del sostegno attraverso i pagamenti diretti - da rendere più omogeneo, attraverso l'applicazione di una delle ipotesi di regionalizzazione di cui, da tempo, si discute -, la struttura in due pilastri, con una crescente finalizzazione degli interventi, in specie, di quelli del secondo pilastro che, più che in passato, dovranno essere attenti a sostenere la diversità dell'agricoltura europea e delle esternalità positive che, la stessa, produce in favore dell'intera collettività;
il territorio nazionale italiano è costituito per il 76,8 per cento da aree collinari e montane e per più dell'80 per cento da aree rurali, dove l'agricoltura, anche quando non è in grado di svolgere un ruolo economicamente decisivo, contribuisce, comunque, a determinare le caratteristiche sociali, ambientali e paesaggistiche;
il forte legame dell'agricoltura italiana con il territorio non ha solo implicazioni ambientali, in quanto l'agricoltura è la componente centrale di un sistema socio-economico complesso, che include l'insieme delle attività economiche che vanno dalla fornitura dei fattori produttivi agricoli al consumo finale dei prodotti agroalimentari e che vale circa 240 miliardi di euro, pari al 15 per cento del prodotto interno lordo;
l'agricoltura italiana è la seconda in Europa per valore della produzione, ma la prima nel mondo per il valore della sua produzione (in termini di valore aggiunto ad ettaro); la prima in Europa per prodotti di qualità e per produzioni biologiche, per le quali è anche il quarto produttore a livello mondiale;
è pacificamente riconosciuto il ruolo che l'agricoltura è in grado di svolgere ai fini sia della riduzione dei «gas serra» sia della produzione di energie da fonti rinnovabili, puntando non su produzioni che si pongono in alternativa a quelle per fini alimentari, ma sulla possibilità del reimpiego a fini energetici degli scarti e dei sottoprodotti delle coltivazioni e degli allevamenti;
nonostante la vastità delle funzioni che sono - e possono essere - svolte dall'agricoltura e la rilevanza delle aree classificate come rurali e la loro elevata incidenza sul totale della superficie territoriale nazionale, negli ultimi decenni si è assistito ad una progressiva riduzione delle aree destinate ad usi agricoli, mentre è sensibilmente aumentato il peso delle aree, comunque agricole, rimaste incolte a seguito dell'abbandono, e delle aree interessate da infrastrutture e da sistemi insediativi;
ciò ha accresciuto e continua ad accrescere il rischio di perdita del suolo in termini non solo quantitativi, ma anche in riferimento alla sua capacità di svolgere il peculiare ruolo di risorsa multifunzionale, con il risultato che porzioni sempre più ampie del nostro territorio sono esposte alle cosiddette «catastrofi naturali»;
è necessario convincersi che, nell'attuale contesto, la perdita di suolo, unitamente al ridursi delle attività agricole, pone a repentaglio la sopravvivenza di quello straordinario patrimonio ambientale, economico e culturale che è costituito dai rapporti che legano l'agricoltura al territorio, alla natura ed alla società;
mettere a rischio l'insieme di tali rapporti comporta l'inaccettabile conseguenza di porre in pericolo il sistema di diritti (d'impresa, di lavoro, di sovranità e di sicurezza alimentare, di salvaguardia delle risorse naturali ed ambientali ed altro) che, attraverso quegli stessi rapporti, è stato costruito nel tempo;
il ruolo che l'agricoltura svolge sul territorio è, pertanto, un motivo già di per sé sufficiente a giustificare l'impegno pubblico nel settore e, pertanto, un eventuale disimpegno sul fronte degli aiuti comunitari si tradurrebbe in un danno collettivo irreversibile, di portata ben superiore al contributo che il settore agricolo reca, ogni anno, alla determinazione del prodotto interno lordo nazionale,

impegna il Governo:

ad adottare tutte le iniziative necessarie, affinché nell'ambito delle prospettive finanziarie per il 2014-2020 il livello del sostegno all'agricoltura ed alle politiche di sviluppo reale non subisca ridimensionamenti e affinché, rispetto al recente passato, sia maggiormente finalizzato al perseguimento degli obiettivi dichiarati;
ad elaborare un documento di posizione da presentare e sostenere in sede di Unione europea, ove siano chiaramente delineate le linee strategiche che si ritengono prioritarie, affinché la nuova politica agricola comune possa sostenere lo sviluppo futuro del nostro sistema agroalimentare;
a definire le linee strategiche di cui sopra in riferimento alle caratteristiche ed alle potenzialità della nostra agricoltura e, in particolare, al rapporto con il territorio e le altre componenti socio-economiche, alla peculiarità del modello di sviluppo del sistema italiano agroalimentare, fondato sulla qualità, e non sulla quantità, delle proprie produzioni, al ruolo multifunzionale dell'agricoltura e, in specie, ai servizi che può rendere alla collettività e alle funzioni che può svolgere nell'ambito della politica energetica.
(1-00542)
«Fogliato, Callegari, Negro, Rainieri, Fava, Pini, Stucchi, Consiglio, Montagnoli, Bitonci, Dozzo».

La Camera,
premesso che:
la politica agricola comune (PAC), prevista dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, è una delle politiche comunitarie di maggiore importanza, impegnando circa il 34 per cento del bilancio dell'Unione europea;
l'articolo 2 del Trattato di Roma afferma che la Comunità ha il compito di promuovere, mediante l'instaurazione di un mercato comune e il graduale riavvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche. Per raggiungere tale scopo, occorreva:
a) abolire i dazi doganali tra gli Stati membri;
b) istituire tariffe doganali e politiche commerciali nei confronti degli Stati terzi;
c) eliminare gli ostacoli tra gli Stati membri di capitali, servizi e persone;
d) instaurare una politica comune nel settore dei trasporti e in quello dell'agricoltura;
e) creare un fondo sociale europeo e una Banca europea, per promuovere gli investimenti;
la PAC (politica agricola comune o comunitaria), fin dal suo inizio, si era prefissata i seguenti obiettivi:
a) garantire la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare;
b) migliorare le condizioni di esercizio dell'attività agricola, garantendo una sostanziale stabilità dei prezzi, anche grazie al prezzo di intervento stabilito dalla Comunità europea. Di fatto, ai produttori, per le rispettive produzioni,era assicurato un prezzo minimo garantito;
c) promuovere la produzione di derrate alimentari di pregio e qualità;
d) orientare le imprese agricole verso una maggiore capacità produttiva (limitando i fattori della produzione, aumentando lo sviluppo tecnologico e utilizzando delle migliori tecniche agronomiche);
nell'attuale contesto, non si può non osservare come tali obiettivi non siano stati raggiunti, in quanto il reddito degli agricoltori è al di sotto di quello medio complessivo; inoltre, le crisi ripetute e la volatilità dei mercati penalizzano fortemente i redditi dei produttori agricoli;
il 18 novembre 2010 il Commissario europeo Dacian Ciolos ha presentato la comunicazione della Commissione europea sul futuro della politica agricola comune dopo il 2013. Si tratta di una tappa importante nel percorso che condurrà alla definizione della politica agricola comune per il periodo 2014-2020;
il documento reca le linee di indirizzo generale della futura politica agricola comune, che ha lo scopo di realizzare una riforma capace di soddisfare le molteplici attese dei cittadini e, soprattutto, di mettere in risalto il contributo dell'agricoltura alle nuove esigenze ed emergenze della società;
il documento indica la necessità che la futura politica agricola comune sia rivolta verso i seguenti obiettivi: garanzia degli approvvigionamenti, sicurezza delle produzioni alimentari, sostenibilità ambientale delle produzioni, qualità delle derrate alimentari, tutela dell'occupazione delle zone rurali;
per il settore primario italiano assumono un'importanza fondamentale le decisioni che verranno prese sulle dimensioni del futuro bilancio per la politica agricola comune, questione centrale della nuova riforma insieme ai meccanismi di ripartizione delle risorse a favore degli Stati, sulla riforma del pagamento unico per azienda e sulla remunerazione dei servizi collettivi che gli agricoltori forniscono alla società in materia di tutela ambientale e di sicurezza alimentare;
il documento della Commissione europea, anche se non entra in maniera specifica nelle questioni di maggior rilievo, è una buona base di partenza per puntare ad una riforma robusta e ambiziosa per il nostro Paese;
per affrontare con serenità il futuro, la nuova politica agricola comune deve essere modificata in modo tale che il suo sostegno venga ripartito in modo più equo;
in molte proposte emerge una nuova richiesta per la politica agricola comune: il contrasto all'instabilità dei mercati e il miglioramento della posizione degli agricoltori nella filiera agroalimentare;
gli strumenti della vecchia politica di garanzia (prezzi garantiti, dazi, sussidi all'esportazione, ammasso pubblico, quote, set aside ed altro) hanno mostrato tutti i loro limiti e non sono più applicabili nella prospettiva futura. Tuttavia, l'obiettivo della stabilizzazione dei prezzi e dei mercati rimane ancora attuale;
anziché la vecchia politica di garanzia, si richiede di favorire gli strumenti di regolazione dei mercati gestiti direttamente dai produttori agricoli, attraverso la concentrazione dell'offerta, il miglioramento del rapporto tra produttori e primi acquirenti tramite le strutture di aggregazione, la cooperazione, l'associazionismo e l'interprofessione,

impegna il Governo:

ad assumere una posizione forte a difesa del budget destinato alla politica agricola comune, soprattutto alla luce dei nuovi impegni e delle nuove sfide cui viene chiamato il sistema agricolo europeo;
ad effettuare una valutazione di impatto per l'Italia, inerente al nuovo sistema di pagamenti diretti proposto dalla Commissione europea, in particolare in relazione alla ridistribuzione dei pagamenti diretti e al loro «spacchettamento» in quattro componenti: pagamenti diretti di base, pagamento per l'agricoltura verde, pagamenti per le zone con handicap naturali, pagamenti «accoppiati» per l'agricoltura ad alto valore strategico;
a chiedere, in sede di Unione europea, un congruo periodo di adattamento nell'applicazione della riforma, per consentire il raggiungimento graduale degli obiettivi;
ad individuare soluzioni e proposte per tener conto della particolarità dell'agricoltura italiana, caratterizzata da produzione ad alto valore aggiunto, in modo da evitare un drastico ridimensionamento dei pagamenti diretti, che - in base alla proposta attuale della Commissione europea - rischiano di essere distribuiti in base al solo parametro della superficie;
a predisporre un ventaglio di proposte per un sistema di pagamenti diretti più confacente con le caratteristiche socio-economico-strutturali dell'agricoltura italiana, in particolare per l'olivicoltura, l'ortofrutticoltura, l'agrumicoltura e le produzioni zootecniche, che saranno fortemente penalizzate dalle ipotesi di ridistribuzione dei pagamenti diretti proposte dalla Commissione europea;
ad adoperarsi per assicurare la conferma all'interno della futura politica agricola comune di uno strumento di flessibilità quale quello previsto dall'articolo 68 attuale (reg.73/09), capace di intervenire sul sistema agricolo attraverso interventi volti a salvaguardare specifici settori produttivi in crisi strutturale, il sostegno di comparti strategici in aree svantaggiate, oltre che promuovere la qualità, l'origine e la tracciabilità delle filiere;
a richiedere l'istituzione di una effettiva «rete di sicurezza», che permetta di affrontare in maniera tempestiva ed efficace le crisi di mercato, prevedendo allo stesso tempo un fondo anticrisi per tutti i settori;
a richiedere che la politica di sviluppo rurale preveda misure di intervento rivolte principalmente alle imprese e all'aumento della loro competitività;
a sviluppare, all'interno della politica di sviluppo rurale, un'attività di semplificazione e flessibilità finanziaria dei programmi di sviluppo rurale, sia attraverso un coordinamento unitario del Governo, che per mezzo di appositi strumenti finanziari che ne garantiscano il pieno utilizzo delle risorse, sia in termini di efficacia che di efficienza, in un Paese come l'Italia a programmazione regionalizzata;
a promuovere un migliore funzionamento delle filiere, richiedendo l'attivazione di politiche di settore che determinino il rafforzamento della posizione competitiva degli agricoltori nella ripartizione della catena del valore;
a incrementare la compatibilità internazionale della politica agricola comune, richiedendo la formalizzazione del principio di reciprocità e l'individuazione di forme di tutela dalla concorrenza insostenibile esercitata dalle produzioni dei Paesi non appartenenti all'Unione europea non assoggettate alle stesse regole sanitarie e di sicurezza del lavoro;
a proporre strumenti innovativi per l'utilizzo ottimale delle risorse disponibili a favore degli agricoltori in attività;
a sostenere il ricambio generazionale;
a qualificare la gestione dei rischi delle imprese agricole, nonché a valorizzare il patrimonio di realtà associative e cooperative presenti nel nostro Paese.
(1-00545)
(Nuova formulazione) «Delfino, Galletti, Naro, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Libè, Occhiuto, Cera, Marcazzan».

La Camera,
premesso che:
la politica agricola comune (PAC) è uno degli impegni comunitari di maggiore rilevanza strategica ed economica, la politica comune in campo agricolo è prevista espressamente dal Trattato delle Comunità;

il Trattato di Roma, all'articolo 2, afferma, infatti, che la Comunità ha il compito di promuovere, mediante l'instaurazione di un mercato comune e il graduale riavvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche. Nel trattato si precisava che per raggiungere tale scopo era necessario:
a) abolire i dazi doganali tra gli Stati membri;
b) istituire tariffe doganali e politiche commerciali nei confronti degli Stati terzi;
c) eliminare gli ostacoli tra gli Stati membri di capitali, servizi e persone;
d) instaurare una politica comune nel settore dei trasporti e in quello dell'agricoltura;
e) creare un fondo sociale europeo e una Banca europea, per promuovere gli investimenti;
la politica agricola comune sin dall'origine si era prefissata due principali obiettivi:
a) soddisfare gli agricoltori grazie al cosiddetto prezzo di intervento. Si stabiliva, cioè, in sede comunitaria un prezzo minimo garantito per i prodotti agricoli. Il prezzo delle produzioni non poteva scendere al di sotto di questo;
b) orientare le imprese agricole verso una maggiore capacità produttiva (limitando i fattori della produzione, aumentando lo sviluppo tecnologico e utilizzando delle migliori tecniche agronomiche);
questo meccanismo ha mostrato nel tempo un difetto di fondo: l'obiettivo della garanzia ha finito per prevalere su quello dell'orientamento, favorendo da parte delle aziende agricole una tendenza ad accontentarsi del profitto garantito dai prezzi di intervento e dai prelievi tariffari. Questa tendenza ha comportato una costante mancanza di propensione all'ammodernamento;
sulla scorta dell'esperienza maturata, dagli anni '90 in poi, progressivamente, si è cominciato a dare sempre più applicazione al cosiddetto sistema delle quote di produzione, in modo da garantire agli agricoltori un livello minimo dei prezzi dei prodotti e di ripartire equamente tra i vari Paesi comunitari una quota di produzione garantita;
nel 2003 si è avuta poi una profonda riforma della politica agricola comune, che di certo ha costituito un momento chiave della sua evoluzione, adattandola alle nuove esigenze degli agricoltori, dei consumatori e del pianeta;
da ultimo, dal mese di aprile 2010 fino a quello di giugno 2010, su iniziativa di Dacian Ciolos, il Commissario europeo responsabile dell'agricoltura e dello sviluppo rurale, si è sviluppato un dibattito pubblico sul futuro della politica agricola comune. Secondo il Commissario europeo: «La politica agricola europea non è un dominio riservato ai soli agricoltori. È la società intera a beneficiare di questa politica comune europea, che investe aree come l'alimentazione, la gestione dei territori e la protezione dell'ambiente»;
in un contesto globale in rapida evoluzione, si è oggi di fronte ad un panorama particolarmente complesso; se da una parte, infatti, si registra il raddoppio della domanda alimentare, contemporaneamente dall'altra si deve affrontare la diminuzione costante di risorse naturali meno terra da coltivare, meno acqua e, soprattutto, meno energia a causa dell'impatto del cambiamento climatico;
come ha ricordato George Lyon nella discussione tenutasi giovedì 8 luglio 2010 al Parlamento europeo: «Se non affrontiamo la questione, possiamo aspettarci una grave destabilizzazione, un aumento dei rivolgimenti popolari e problemi potenzialmente significativi a livello di migrazione internazionale perché la gente si sposta per evitare penuria di cibo e acqua»;
i flussi migratori sono già oggi, in buona parte, determinati da un evidente squilibrio nel consumo delle risorse naturali ed ancora di più delle tecnologie necessarie per utilizzarle. I Paesi emergenti ed anche molti di quelli del «terzo mondo», denunciano i sostegni economici che quelli più avanzati mettono a disposizione dei propri comparti agricoli, imputando, proprio a questi sostegni, una delle ragioni principali del mantenimento del gap internazionale;
a tale riguardo si sono spesso manifestate contraddizioni lampanti. Non è con un approccio ideologicamente antiglobalizzazione che si può governare la complessa realtà che si ha di fronte. Spesso sono stati invocati aiuti ai Paesi poveri dagli stessi che contemporaneamente proponevano, in nome dell'antiglobalizzazione, sostegni economici a produzioni agricole tipiche dei Paesi più sviluppati. Non è così che si può governare la situazione presente, la globalizzazione impone un'analisi seria ed approfondita, pone di fronte sfide complesse, che devono essere affrontate responsabilmente. Il sostegno al comparto agricolo dei Paesi più industrializzati e, nel contempo, una gestione delle risorse che tenga conto dei margini di sviluppo dei Paesi emergenti sono possibili e possono essere messi in atto solo con la necessaria gradualità; per governare il presente è necessario focalizzare un percorso virtuoso di sviluppo sostenibile a livello planetario;
in questa ottica le riforme della politica agricola comune sono state realizzate anche per rendere il commercio mondiale più equo, ad esempio riducendo il rischio di creare distorsioni sui mercati con le sovvenzioni concesse dall'Unione europea per l'esportazione della produzione eccedentaria. Nel cosiddetto ciclo di negoziati di Doha per la liberalizzazione degli scambi internazionali, l'Unione europea ha proposto di sopprimere integralmente le sovvenzioni all'esportazione entro il 2013 anche in caso di fallimento dei negoziati;
affrontare il cambiamento climatico e rendere la nostra produzione agricola più sostenibile sono obiettivi di primaria importanza, passaggi indispensabili se si vuole continuare a garantire la sicurezza alimentare dei cittadini europei e contribuire a rispondere a una domanda mondiale di cibo in costante aumento;
il processo di aggiornamento del sistema di sostegno allo sviluppo agricolo prosegue con costanza, la Commissione europea ha pubblicato il 18 novembre 2010 la comunicazione «La politica agricola comune (PAC) verso il 2020. Rispondere alle sfide future dell'alimentazione, delle risorse naturali e del territorio». Tre sono stati gli obiettivi principali delineati:
a) produzione alimentare economicamente redditizia (la fornitura di derrate alimentari sicure e in quantità sufficienti in un contesto di crescente domanda mondiale, di crisi economica e di maggiore instabilità dei mercati per contribuire alla sicurezza dell'approvvigionamento);
b) gestione sostenibile delle risorse naturali e azione a favore del clima (gli agricoltori devono spesso far prevalere le considerazioni ambientali su quelle economiche, ma i relativi costi non vengono compensati dal mercato);
c) mantenimento dell'equilibrio territoriale e della diversità delle zone rurali (l'agricoltura resta un motore economico e sociale di grande importanza nelle zone rurali e un fattore fondamentale per mantenere in vita la campagna);
in particolare, con riguardo ai pagamenti diretti, la comunicazione sottolinea l'importanza di ridistribuire, riformulare e rendere più mirato il sostegno, sulla base di criteri oggettivi ed equi, facilmente comprensibili per il contribuente. I nuovi criteri dovrebbero essere sia economici (data la funzione di «sostegno al reddito» propria dei pagamenti diretti) che ambientali (per tener conto dei beni di pubblica utilità forniti dagli agricoltori) e il sostegno dovrebbe essere maggiormente orientato verso gli agricoltori attivi. Secondo la Commissione europea, andrebbe organizzata una distribuzione più equa dei fondi, in modo fattibile sotto il profilo economico e politico, prevedendo un margine di transizione per evitare gravi perturbazioni;
la Commissione europea presenterà entro l'estate del 2011 una comunicazione sul futuro della politica agricola comune, che si assocerà al progetto preliminare sulle prospettive finanziarie per il periodo 2014-2020, sempre da presentare entro la medesima scadenza. Entro il 2012 si arriverà poi all'approvazione dei relativi testi di legge;
alla fine di questo percorso i contenuti della nuova politica agricola comune dovranno comunque fare riferimento e coordinarsi nel quadro complessivo della strategia «Europa 2020», definita dal Consiglio europeo del 17 giugno 2010;
in questo quadro non appare coerente sostenere di ridistribuire le risorse della politica agricola comune in base a criteri esclusivamente legati alla superficie, perché ciò non premierebbe la qualità che deve invece caratterizzare le coltivazioni. La ricerca costante dell'aumento della qualità deve, infatti, caratterizzare la produzione agricola dei Paesi più industrializzati;
inoltre, appare inaccettabile l'ipotesi di ridurre il budget della politica agricola comune; va ricordato, infatti, che il bilancio della politica agricola comune, che costituiva il 65 per cento del bilancio comunitario nel 1988, oggi rappresenta solo il 34 per cento del totale,

impegna il Governo:

a valutare, con riferimento alle possibili modifiche del sistema dei pagamenti diretti, l'impatto che tali cambiamenti comporterebbero per il nostro Paese, evitando soluzioni troppo radicali e repentine che potrebbero danneggiare diverse imprese agricole italiane, con gravi conseguenze anche occupazionali;
a sostenere, in sede comunitaria, strategie finalizzate a incentivare il sistema agroalimentare italiano, promuovendo investimenti finalizzati allo sviluppo della qualità del settore agroalimentare;
a fare in modo che le modifiche ai criteri di ripartizione dei fondi destinati alla politica agricola comune tengano conto di fattori fondamentali, oltre quello della superficie, come l'impatto occupazionale, il valore aggiunto e la qualità della produzione;
a promuovere, in sede comunitaria, lo sviluppo degli strumenti necessari per migliorare il raccordo ed il funzionamento delle filiere, fattore determinante per il comparto agricolo italiano, valorizzando anche l'esperienza maturata negli ultimi anni dai nostri produttori ortofrutticoli, in modo da remunerare adeguatamente la fase produttiva agricola, primo anello fondamentale di qualsiasi filiera agroalimentare;
a favorire, a livello comunitario, il rafforzamento delle politiche mirate allo sviluppo delle nuove generazioni di agricoltori, legandole, in particolare, all'innovazione del settore e all'introduzione di incentivi mirati a favorire la dotazione di capitali fissi e l'accesso al credito;
ad investire anche a livello nazionale nello sviluppo della qualità della produzione del settore agricolo, premiando le produzioni di pregio e valorizzando le sue potenzialità occupazionali;
a promuovere l'introduzione nella nuova politica agricola comune, anche in previsione del progressivo smantellamento dei vecchi sistemi di intervento di mercato non più compatibili con le regole dell'Organizzazione mondiale del commercio, di adeguati strumenti di gestione del rischio di mercato, a garanzia del reddito degli agricoltori;
ad assumere ogni iniziativa affinché la proposta di riforma della politica agricola comune presentata dalla Commissione europea, nella sua organizzazione in due pilastri, superi con decisione gli attuali problemi di sovrapposizione e demarcazione tra gli strumenti di intervento disponibili, la cui gestione rappresenta un inutile onere sia per la pubblica amministrazione che per gli agricoltori.
(1-00547)
«Beccalossi, Baldelli, Biava, Catanoso, De Camillis, De Girolamo, Di Caterina, Dima, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Gottardo, Muro, Nastri, Nola, Romele, Paolo Russo, Taddei, Ruvolo».

La Camera,
premesso che:
gli obiettivi della politica agricola comune (PAC), fissati oltre 50 anni fa con la Conferenza di Stresa, sono stati recentemente confermati dal Trattato di Lisbona e prevedono: l'incremento della produttività, il miglioramento del reddito degli agricoltori, la sicurezza degli approvvigionamenti, la stabilizzazione dei mercati e prezzi ragionevoli per i consumatori. Purtroppo la recente evoluzione della politica agricola comune non ha consentito di cogliere tutti questi obiettivi: infatti, il reddito degli agricoltori rimane ben al di sotto di quello medio complessivo; la bilancia commerciale dell'Unione europea è andata peggiorando, accumulando un pesante deficit commerciale; infine, i mercati sono tutt'altro che stabili ed espongono i redditi degli agricoltori a continue penalizzazioni;
l'8 luglio 2010 è stata approvata una risoluzione del Parlamento europeo sul futuro della politica agricola comune dopo il 2013, con la quale vengono formulate proposte e raccomandazioni alla Commissione europea al fine di una riforma della politica agricola comune, capace di soddisfare le esigenze socioeconomiche e di tutelare gli interessi di tutti gli agricoltori europei e di offrire più ampi benefici alla società. In particolare, si chiede che la struttura e l'attuazione della nuova politica agricola comune sia incentrata su semplicità e proporzionalità, nonché sulla riduzione della burocrazia e dei suoi costi amministrativi, in un quadro di equità, sostenibilità ambientale e sicurezza alimentare;
il 18 novembre 2010 la Commissione europea ha presentato il documento d'indirizzo generale sul futuro della politica agricola comune (PAC), denominato «La PAC verso il 2020: rispondere alle sfide future dell'alimentazione, delle risorse naturali e del territorio». Il documento presenta i principi, gli obiettivi e le linee guida volte a riformare la politica agricola comune dopo il 2013, sulla base della strategia «Europa 2020» volta a supportare una crescita sostenibile, intelligente ed inclusiva nell'Unione europea. Le proposte normative per la riforma della politica agricola comune saranno presentate verso la metà del 2011, a seguito della procedura di codecisione che coinvolgerà il Parlamento europeo e la Commissione europea;
la comunicazione esamina dei possibili futuri strumenti da mettere in campo per realizzare al meglio una serie di obiettivi che vanno dalla necessità di una produzione alimentare economicamente redditizia per gli agricoltori, alla gestione sostenibile delle risorse naturali, da azioni in grado di combattere i cambiamenti climatici, al mantenimento dell'equilibrio territoriale e della diversità delle zone rurali;
nel documento si afferma che, per far fronte alle nuove sfide, la politica agricola comune deve essere modificata e, in particolare, è necessario fare in modo che il sostegno della politica agricola comune sia ripartito in modo equo e bilanciato tra i vari Stati membri e tra gli agricoltori e sia più efficacemente mirato agli agricoltori in attività, riducendo le disparità tra gli Stati membri e tenendo conto del fatto che un sostegno forfettario non costituisce una soluzione praticabile;
la prossima riforma della politica agricola comune verrà inserita nell'ambito del nuovo bilancio dell'Unione europea. L'attuale bilancio di lungo termine copre il periodo 2007-2013. Il prossimo (definito anche come «prospettive finanziarie») che partirà dall'anno 2014 è attualmente in via di negoziazione. Le questioni principali includono: le dimensioni del futuro bilancio per la politica agricola comune, l'eliminazione graduale o la riforma del «pagamento unico per azienda» ed il rafforzamento di pagamenti specifici per i beni pubblici ambientali (ad esempio, ricompensare gli agricoltori per servizi di tutela ambientale) ed i beni pubblici sociali (garantire la sicurezza alimentare per i cittadini europei);
i due principali nodi, ancora non risolti dal documento della Commissione europea, nell'ambito del negoziato inerente alla riforma della politica agricola comune dopo il 2013, si sostanziano nell'esigenza di salvaguardare il budget comunitario complessivo destinato al settore agricolo, come pure nella necessità di imperniare i meccanismi di ripartizione di tali somme su criteri di tipo qualitativo, incentrati sul valore della produzione, piuttosto che sul mero criterio dell'estensione delle superfici, che risulterebbe fortemente penalizzante per il comparto agricolo italiano;
l'attuale politica agricola comune risulta del tutto inefficiente, in quanto fornisce sostegno agli agricoltori non sulla base dei comportamenti futuri che essi si impegnano a mettere in atto e dei progetti che intendono realizzare, bensì sulla base del titolo di possesso del fondo e dei diritti acquisiti in passato, determinando così rendite di posizione e discriminazioni, soprattutto nei confronti dei giovani;
sinora i pagamenti «disaccoppiati» sono stati erogati ai beneficiari storici, perché «compensativi» di una situazione pregressa, poi venuta meno, che concedeva agli agricoltori determinate garanzie di prezzo e di mercato. Oggi questa voce di spesa rimane comunque determinante per il reddito degli agricoltori e, conseguentemente, per i beni pubblici che il settore agricolo garantisce alla collettività. Ciononostante, il criterio di assegnazione su base storica dei pagamenti diretti «disaccoppiati» non risulta giustificabile dopo diversi anni di applicazione. Esso, inoltre, sta rischiando di generare disparità di trattamento tra soggetti beneficiari e comparti produttivi;
le misure intese ad assicurare la stabilità del mercato, disponibili in passato nel quadro della politica agricola comune, sono state progressivamente smantellate. Pertanto, l'instabilità del mercato è in aumento: durante la crisi agricola del 2009, è diventato purtroppo ovvio che le autorità non disponevano più degli strumenti necessari per far fronte a crisi così gravi e i redditi degli agricoltori sono scesi in media del 12 per cento;
per fare in modo che gli agricoltori ricavino una parte più cospicua del loro reddito dal mercato, è essenziale rafforzare la loro posizione nella catena alimentare. I 13,4 milioni di agricoltori europei hanno un potere contrattuale estremamente scarso nei confronti di un gruppo ristretto di fornitori, trasformatori e distributori di grandissime dimensioni. Ne consegue che il valore aggiunto fornito dagli agricoltori in azienda (ad esempio, il pascolo per il latte) viene compensato a un prezzo molto inferiore rispetto a quello creato dagli altri operatori della catena alimentare;
per rispondere alle preoccupazioni dei cittadini, l'Unione europea ha optato per un tipo di agricoltura caratterizzato da costi più elevati, inteso a garantire che tutta la produzione osservi criteri di sicurezza e di sostenibilità molto rigidi (sicurezza alimentare, tracciabilità, rispetto dell'ambiente, benessere degli animali, biodiversità). Questa situazione colloca i produttori europei in una condizione di forte svantaggio competitivo rispetto alle importazioni;
l'aumento della domanda mondiale di prodotti alimentari, le condizioni climatiche avverse sempre più frequenti e una maggiore volatilità del mercato faranno della sicurezza alimentare una delle principali priorità politiche per i Governi di tutto il mondo. L'esigenza di sfruttare il potenziale dell'agricoltura europea per mitigare il cambiamento climatico ed aumentare la sicurezza energetica attraverso la produzione di energie rinnovabili e la cattura del carbonio rivestirà un ruolo essenziale;
nonostante l'enfasi sul tema delle filiere, il documento sul futuro della politica agricola comune non entra nei dettagli, limitandosi a evocare le relazioni contrattuali, la necessità di una ristrutturazione e consolidamento del settore agricolo, la trasparenza ed il funzionamento di mercati di derivati sui prodotti agricoli, ipotizzando di rafforzare gli aiuti alle organizzazioni dei produttori, estendendo il modello dell'ortofrutta a tutti gli altri settori;
la politica agricola comune deve intervenire sull'intero territorio comunitario e deve ispirarsi a principi di equità, seppure differenziati territorialmente, tenendo conto delle necessità espresse anche dai nuovi Stati membri e dell'importanza di non diminuire i budget storici, al fine di mantenere adeguato il livello di stabilità di reddito in questi territori; si chiede di mantenere a livello comunitario un rapporto risorse/superfici commisurato anche a criteri di contesto e di redditività che, diversamente, destabilizzerebbero aree geopoliticamente strategiche dal punto di vista della produttività. Per tutto questo, le risorse finanziarie da destinare alla politica agricola comune, nella sua globalità, devono essere adeguate alle sfide che l'agricoltura è chiamata ad affrontare;
è di estrema importanza che tutti gli aggiustamenti introdotti nella politica agricola comune del dopo 2013 rafforzino la valenza comune della politica, sempre tenendo conto della diversità dell'agricoltura europea. Qualsiasi ulteriore rinazionalizzazione della politica agricola comune causerebbe distorsioni della concorrenza, minacciando il mercato interno e, di conseguenza, sia la crescita che l'occupazione;
i fondi necessari per il rilancio del comparto agricolo, completamente assenti dalla legislazione a livello nazionale e regionale, devono essere ricercati in ambito comunitario; risulta così evidente la strategica importanza della discussione in ambito europeo sulla riforma della politica agricola comune;
oggi la politica agricola comune può contare su circa 54 miliardi di euro, dei quali, oltre due terzi sono riferiti al primo pilastro, ovvero ai sostegni alle aziende, agli aiuti diretti che giungono a tutte le aziende agricole d'Europa in base ad un calcolo che ha portato all'identificazione di un importo per ettaro di superficie coltivata, indipendentemente dall'indirizzo produttivo adottato, e meno di un terzo al secondo pilastro, cioè allo sviluppo rurale e alle politiche qualitative di sostegno alle imprese e ai territori rurali;
l'Italia, nel riparto europeo, percepisce circa il 10 per cento delle somme stanziate per la politica agricola comune. Oggi si intendono azzerare i criteri con i quali tale aiuto diretto era stato calcolato al fine della successiva redistribuzione secondo un nuovo criterio, ed è su questo punto che occorre riflettere, avere piena comprensione della posta in gioco e adoperarsi a livello europeo, con tutti i mezzi possibili, a difesa dell'agricoltura nazionale. Infatti, uno dei criteri proposti sui quali si sono raccolti i maggiori consensi a livello europeo è quello della redistribuzione della spesa secondo la superficie agricola utilizzabile. Ciò porterebbe l'Italia, fortemente connotata da agricoltura intensiva e che ha fatto del lavoro agricolo e dell'investimento per ettaro - si pensi alle serre, ai vigneti, alla zootecnia - un'esperienza di alta tecnologia e di maestria professionale, a ridurre la propria partecipazione all'utilizzo della spesa comunitaria fino a circa 3,5 miliardi di euro, con una riduzione che, seppure graduale, alla fine sarebbe rilevantissima e del tutto insopportabile per gli operatori agricoli nazionali;
l'intero comparto agricolo nazionale, settore primario dell'economia italiana, versa in una situazione a dir poco allarmante, le aziende sono alle prese con una crisi intensa, con costi produttivi insostenibili e con prezzi sui mercati in crollo. Le imprese agricole, nel corso del 2009, hanno registrato enormi difficoltà e perdite di redditività; la crisi è stata incrementata da una flessione della domanda sia interna sia estera, determinata dalla crisi internazionale; a tutti gli effetti, si è verificata una flessione sia delle vendite alimentari al dettaglio sia dell'export agroalimentare;
le nuove politiche devono offrire una spinta affinché l'agricoltura diventi più attrattiva per i giovani e siano salvaguardate le imprese che hanno come obiettivo la qualità e la sicurezza del prodotto;
è evidente che la scelta obbligata e vincente per la nostra agricoltura è che le produzioni agroalimentari siano di qualità; questa scelta non nasce solo dalla difficoltà per le imprese di competere sul fronte dei costi, ma anche dal crescente ruolo dei consumatori nel sistema economico e dalla centralità che le tematiche della salute e del benessere dei cittadini hanno giustamente assunto nelle valutazioni e nelle scelte private e pubbliche,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative volte:
a) ad eliminare le incongruenze, iniquità ed inefficienze dell'attuale politica agricola comune, facendo in modo che da semplice politica di sostegno al reddito diventi una vera e propria politica di promozione di beni pubblici e di processi innovativi, ponendo così i sistemi agricoli e alimentari nelle condizioni di essere un motore di sviluppo economico e di gestire, con altri attori economici e sociali, i territori rurali e le loro risorse naturali, contribuendo così non solo all'approvvigionamento alimentare ma anche alla crescita sostenibile e all'occupazione;
b) ad assicurare il mantenimento del budget della politica agricola comune, al fine di consentire agli agricoltori di continuare ad usufruire di benefici economici, sociali e rurali di vasta portata, individuando, altresì, criteri qualitativi di ripartizione dello stesso, incentrati sul valore della produzione, piuttosto che sul mero criterio dell'estensione delle superfici, ciò al fine di contribuire a raccogliere le sfide che l'Unione europea dovrà affrontare in futuro, posto che la solidarietà finanziaria, unitamente a un bilancio adeguato, rappresenta l'unica maniera per assicurare che la politica agricola comune resti una politica comune senza distorsione della concorrenza, garantendo, altresì, un trattamento giusto ed equo di tutti gli agricoltori, tenendo conto delle diverse condizioni;
c) a semplificare, in relazione ai pagamenti diretti, l'attuale criterio di erogazione dei pagamenti, rendendolo più selettivo in maniera da concentrarlo sugli agricoltori professionali, il tutto non consentendo comunque criteri di selettività arbitrari, che determinerebbero una discriminazione tra produttori contraria alle norme del Trattato;
d) a introdurre, in relazione agli interventi di mercato, un'effettiva «rete di sicurezza», che permetta di affrontare in maniera tempestiva ed efficace le crisi di mercato anche istituendo un «fondo anti-crisi» per tutti i settori, basato su parametri e metodi di rilevazione comuni a livello europeo, che preveda strumenti di gestione dell'offerta e che sia adeguatamente finanziato;
e) a indirizzare, in relazione allo sviluppo rurale, la spesa verso alcuni obiettivi prioritari dell'attuale politica dello sviluppo rurale che dovrà concentrarsi su misure a vantaggio delle imprese, puntando principalmente sull'aumento della competitività ed essere finalizzata a sostenere:
1) gli investimenti aziendali, con particolare priorità a quelli indirizzati all'introduzione di innovazione tecnologica e organizzativa delle imprese da coniugare con la tutela della specificità delle produzioni e dei prodotti tipici e la conservazione del territorio;
2) il ricambio generazionale, focalizzando e rivedendo le due misure del primo insediamento e del prepensionamento;
3) il recupero di competitività sui mercati con iniziative di integrazione di filiera e di promozione all'export;
f) a provvedere a garantire la sicurezza alimentare e la tracciabilità, rafforzando il ruolo di produzione economica degli agricoltori e consentendo agli agricoltori stessi di ricavare un reddito equo dal mercato e di contribuire ulteriormente a fornire servizi economici, sociali e rurali di vasta portata, assicurando, altresì, a tutti gli agricoltori europei operanti nel mercato unico di godere delle medesime condizioni;
g) a rafforzare le misure intese a consentire agli agricoltori e alle cooperative di svolgere un ruolo positivo nel far fronte alle nuove sfide, segnatamente a quelle del cambiamento climatico e della carenza di risorse idriche, assicurando, altresì, che il contributo offerto dagli agricoltori per ridurre le emissioni e provvedere alla sicurezza energetica sia massimizzato attraverso la produzione di energie rinnovabili;
h) ad adottare misure volte a migliorare la trasparenza, fornendo agli agricoltori informazioni aggiornate sui mercati, soprattutto riguardo ai margini e alla ripercussione dei prezzi nella catena alimentare, nonché rafforzando il sistema dell'etichettatura, anche al fine di proteggere le indicazioni geografiche nel quadro degli accordi commerciali, cosa che non solo permetterebbe ai consumatori di fare scelte informate, ma offrirebbe anche maggiori incentivi ai produttori per conservare le tradizioni culturali legate alle produzioni e migliorare la qualità dei prodotti;
i) ad assicurare che tutte le importazioni soddisfino i criteri europei di sicurezza alimentare e di tracciabilità e che sia raggiunta una parità di condizioni per la produzione europea;
l) a garantire incentivi agli Stati membri affinché migliorino le misure fiscali applicate agli agricoltori e facilitino l'accesso al credito;
m) ad individuare nella nuova politica agricola comune gli strumenti per contrastare le situazioni di crisi di alcuni comparti produttivi importanti per l'Italia, come tabacco, barbabietola da zucchero e altri, particolarmente penalizzati dall'ultima riforma della politica agricola comune;
n) ad individuare strumenti idonei al miglioramento delle filiere, tali da poter potenziare il valore aggiunto dei produttori, rafforzarne il potere di mercato e valorizzare il sistema di strutture associative presenti in Italia, così come è emerso dalle esperienze positive delle organizzazioni dei produttori ortofrutticoli.
(1-00548)
«Di Giuseppe, Rota, Borghesi, Donadi, Evangelisti, Di Pietro, Piffari, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Porcino, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
gli obiettivi della politica agricola comune (PAC), fissati oltre 50 anni fa con la Conferenza di Stresa, sono stati recentemente confermati dal Trattato di Lisbona e prevedono: l'incremento della produttività, il miglioramento del reddito degli agricoltori, la sicurezza degli approvvigionamenti, la stabilizzazione dei mercati e prezzi ragionevoli per i consumatori. Purtroppo la recente evoluzione della politica agricola comune non ha consentito di cogliere tutti questi obiettivi: infatti, il reddito degli agricoltori rimane ben al di sotto di quello medio complessivo; la bilancia commerciale dell'Unione europea è andata peggiorando, accumulando un pesante deficit commerciale; infine, i mercati sono tutt'altro che stabili ed espongono i redditi degli agricoltori a continue penalizzazioni;
l'8 luglio 2010 è stata approvata una risoluzione del Parlamento europeo sul futuro della politica agricola comune dopo il 2013, con la quale vengono formulate proposte e raccomandazioni alla Commissione europea al fine di una riforma della politica agricola comune, capace di soddisfare le esigenze socioeconomiche e di tutelare gli interessi di tutti gli agricoltori europei e di offrire più ampi benefici alla società. In particolare, si chiede che la struttura e l'attuazione della nuova politica agricola comune sia incentrata su semplicità e proporzionalità, nonché sulla riduzione della burocrazia e dei suoi costi amministrativi, in un quadro di equità, sostenibilità ambientale e sicurezza alimentare;
il 18 novembre 2010 la Commissione europea ha presentato il documento d'indirizzo generale sul futuro della politica agricola comune (PAC), denominato «La PAC verso il 2020: rispondere alle sfide future dell'alimentazione, delle risorse naturali e del territorio». Il documento presenta i principi, gli obiettivi e le linee guida volte a riformare la politica agricola comune dopo il 2013, sulla base della strategia «Europa 2020» volta a supportare una crescita sostenibile, intelligente ed inclusiva nell'Unione europea. Le proposte normative per la riforma della politica agricola comune saranno presentate verso la metà del 2011, a seguito della procedura di codecisione che coinvolgerà il Parlamento europeo e la Commissione europea;
la comunicazione esamina dei possibili futuri strumenti da mettere in campo per realizzare al meglio una serie di obiettivi che vanno dalla necessità di una produzione alimentare economicamente redditizia per gli agricoltori, alla gestione sostenibile delle risorse naturali, da azioni in grado di combattere i cambiamenti climatici, al mantenimento dell'equilibrio territoriale e della diversità delle zone rurali;
nel documento si afferma che, per far fronte alle nuove sfide, la politica agricola comune deve essere modificata e, in particolare, è necessario fare in modo che il sostegno della politica agricola comune sia ripartito in modo equo e bilanciato tra i vari Stati membri e tra gli agricoltori e sia più efficacemente mirato agli agricoltori in attività, riducendo le disparità tra gli Stati membri e tenendo conto del fatto che un sostegno forfettario non costituisce una soluzione praticabile;
la prossima riforma della politica agricola comune verrà inserita nell'ambito del nuovo bilancio dell'Unione europea. L'attuale bilancio di lungo termine copre il periodo 2007-2013. Il prossimo (definito anche come «prospettive finanziarie») che partirà dall'anno 2014 è attualmente in via di negoziazione. Le questioni principali includono: le dimensioni del futuro bilancio per la politica agricola comune, l'eliminazione graduale o la riforma del «pagamento unico per azienda» ed il rafforzamento di pagamenti specifici per i beni pubblici ambientali (ad esempio, ricompensare gli agricoltori per servizi di tutela ambientale) ed i beni pubblici sociali (garantire la sicurezza alimentare per i cittadini europei);
i due principali nodi, ancora non risolti dal documento della Commissione europea, nell'ambito del negoziato inerente alla riforma della politica agricola comune dopo il 2013, si sostanziano nell'esigenza di salvaguardare il budget comunitario complessivo destinato al settore agricolo, come pure nella necessità di imperniare i meccanismi di ripartizione di tali somme su criteri di tipo qualitativo, incentrati sul valore della produzione, piuttosto che sul mero criterio dell'estensione delle superfici, che risulterebbe fortemente penalizzante per il comparto agricolo italiano;
l'attuale politica agricola comune risulta del tutto inefficiente, in quanto fornisce sostegno agli agricoltori non sulla base dei comportamenti futuri che essi si impegnano a mettere in atto e dei progetti che intendono realizzare, bensì sulla base del titolo di possesso del fondo e dei diritti acquisiti in passato, determinando così rendite di posizione e discriminazioni, soprattutto nei confronti dei giovani;
sinora i pagamenti «disaccoppiati» sono stati erogati ai beneficiari storici, perché «compensativi» di una situazione pregressa, poi venuta meno, che concedeva agli agricoltori determinate garanzie di prezzo e di mercato. Oggi questa voce di spesa rimane comunque determinante per il reddito degli agricoltori e, conseguentemente, per i beni pubblici che il settore agricolo garantisce alla collettività. Ciononostante, il criterio di assegnazione su base storica dei pagamenti diretti «disaccoppiati» non risulta giustificabile dopo diversi anni di applicazione. Esso, inoltre, sta rischiando di generare disparità di trattamento tra soggetti beneficiari e comparti produttivi;
le misure intese ad assicurare la stabilità del mercato, disponibili in passato nel quadro della politica agricola comune, sono state progressivamente smantellate. Pertanto, l'instabilità del mercato è in aumento: durante la crisi agricola del 2009, è diventato purtroppo ovvio che le autorità non disponevano più degli strumenti necessari per far fronte a crisi così gravi e i redditi degli agricoltori sono scesi in media del 12 per cento;
per fare in modo che gli agricoltori ricavino una parte più cospicua del loro reddito dal mercato, è essenziale rafforzare la loro posizione nella catena alimentare. I 13,4 milioni di agricoltori europei hanno un potere contrattuale estremamente scarso nei confronti di un gruppo ristretto di fornitori, trasformatori e distributori di grandissime dimensioni. Ne consegue che il valore aggiunto fornito dagli agricoltori in azienda (ad esempio, il pascolo per il latte) viene compensato a un prezzo molto inferiore rispetto a quello creato dagli altri operatori della catena alimentare;
per rispondere alle preoccupazioni dei cittadini, l'Unione europea ha optato per un tipo di agricoltura caratterizzato da costi più elevati, inteso a garantire che tutta la produzione osservi criteri di sicurezza e di sostenibilità molto rigidi (sicurezza alimentare, tracciabilità, rispetto dell'ambiente, benessere degli animali, biodiversità). Questa situazione colloca i produttori europei in una condizione di forte svantaggio competitivo rispetto alle importazioni;
l'aumento della domanda mondiale di prodotti alimentari, le condizioni climatiche avverse sempre più frequenti e una maggiore volatilità del mercato faranno della sicurezza alimentare una delle principali priorità politiche per i Governi di tutto il mondo. L'esigenza di sfruttare il potenziale dell'agricoltura europea per mitigare il cambiamento climatico ed aumentare la sicurezza energetica attraverso la produzione di energie rinnovabili e la cattura del carbonio rivestirà un ruolo essenziale;
nonostante l'enfasi sul tema delle filiere, il documento sul futuro della politica agricola comune non entra nei dettagli, limitandosi a evocare le relazioni contrattuali, la necessità di una ristrutturazione e consolidamento del settore agricolo, la trasparenza ed il funzionamento di mercati di derivati sui prodotti agricoli, ipotizzando di rafforzare gli aiuti alle organizzazioni dei produttori, estendendo il modello dell'ortofrutta a tutti gli altri settori;
la politica agricola comune deve intervenire sull'intero territorio comunitario e deve ispirarsi a principi di equità, seppure differenziati territorialmente, tenendo conto delle necessità espresse anche dai nuovi Stati membri e dell'importanza di non diminuire i budget storici, al fine di mantenere adeguato il livello di stabilità di reddito in questi territori; si chiede di mantenere a livello comunitario un rapporto risorse/superfici commisurato anche a criteri di contesto e di redditività che, diversamente, destabilizzerebbero aree geopoliticamente strategiche dal punto di vista della produttività. Per tutto questo, le risorse finanziarie da destinare alla politica agricola comune, nella sua globalità, devono essere adeguate alle sfide che l'agricoltura è chiamata ad affrontare;
è di estrema importanza che tutti gli aggiustamenti introdotti nella politica agricola comune del dopo 2013 rafforzino la valenza comune della politica, sempre tenendo conto della diversità dell'agricoltura europea. Qualsiasi ulteriore rinazionalizzazione della politica agricola comune causerebbe distorsioni della concorrenza, minacciando il mercato interno e, di conseguenza, sia la crescita che l'occupazione;
i fondi necessari per il rilancio del comparto agricolo, completamente assenti dalla legislazione a livello nazionale e regionale, devono essere ricercati in ambito comunitario; risulta così evidente la strategica importanza della discussione in ambito europeo sulla riforma della politica agricola comune;
oggi la politica agricola comune può contare su circa 54 miliardi di euro, dei quali, oltre due terzi sono riferiti al primo pilastro, ovvero ai sostegni alle aziende, agli aiuti diretti che giungono a tutte le aziende agricole d'Europa in base ad un calcolo che ha portato all'identificazione di un importo per ettaro di superficie coltivata, indipendentemente dall'indirizzo produttivo adottato, e meno di un terzo al secondo pilastro, cioè allo sviluppo rurale e alle politiche qualitative di sostegno alle imprese e ai territori rurali;
l'Italia, nel riparto europeo, percepisce circa il 10 per cento delle somme stanziate per la politica agricola comune. Oggi si intendono azzerare i criteri con i quali tale aiuto diretto era stato calcolato al fine della successiva redistribuzione secondo un nuovo criterio, ed è su questo punto che occorre riflettere, avere piena comprensione della posta in gioco e adoperarsi a livello europeo, con tutti i mezzi possibili, a difesa dell'agricoltura nazionale. Infatti, uno dei criteri proposti sui quali si sono raccolti i maggiori consensi a livello europeo è quello della redistribuzione della spesa secondo la superficie agricola utilizzabile. Ciò porterebbe l'Italia, fortemente connotata da agricoltura intensiva e che ha fatto del lavoro agricolo e dell'investimento per ettaro - si pensi alle serre, ai vigneti, alla zootecnia - un'esperienza di alta tecnologia e di maestria professionale, a ridurre la propria partecipazione all'utilizzo della spesa comunitaria fino a circa 3,5 miliardi di euro, con una riduzione che, seppure graduale, alla fine sarebbe rilevantissima e del tutto insopportabile per gli operatori agricoli nazionali;
l'intero comparto agricolo nazionale, settore primario dell'economia italiana, versa in una situazione a dir poco allarmante, le aziende sono alle prese con una crisi intensa, con costi produttivi insostenibili e con prezzi sui mercati in crollo. Le imprese agricole, nel corso del 2009, hanno registrato enormi difficoltà e perdite di redditività; la crisi è stata incrementata da una flessione della domanda sia interna sia estera, determinata dalla crisi internazionale; a tutti gli effetti, si è verificata una flessione sia delle vendite alimentari al dettaglio sia dell'export agroalimentare;
le nuove politiche devono offrire una spinta affinché l'agricoltura diventi più attrattiva per i giovani e siano salvaguardate le imprese che hanno come obiettivo la qualità e la sicurezza del prodotto;
è evidente che la scelta obbligata e vincente per la nostra agricoltura è che le produzioni agroalimentari siano di qualità; questa scelta non nasce solo dalla difficoltà per le imprese di competere sul fronte dei costi, ma anche dal crescente ruolo dei consumatori nel sistema economico e dalla centralità che le tematiche della salute e del benessere dei cittadini hanno giustamente assunto nelle valutazioni e nelle scelte private e pubbliche,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative volte:
a) ad eliminare le incongruenze, iniquità ed inefficienze dell'attuale politica agricola comune, facendo in modo che ferma la politica di sostegno al reddito diventi anche una vera e propria politica di promozione di beni pubblici e di processi innovativi, ponendo così i sistemi agricoli e alimentari nelle condizioni di essere un motore di sviluppo economico e di gestire, con altri attori economici e sociali, i territori rurali e le loro risorse naturali, contribuendo così non solo all'approvvigionamento alimentare ma anche alla crescita sostenibile e all'occupazione;
b) ad assicurare il mantenimento del budget della politica agricola comune, al fine di consentire agli agricoltori di continuare ad usufruire di benefici economici, sociali e rurali di vasta portata, individuando, altresì, criteri qualitativi di ripartizione dello stesso, incentrati sul valore della produzione, piuttosto che sul mero criterio dell'estensione delle superfici, ciò al fine di contribuire a raccogliere le sfide che l'Unione europea dovrà affrontare in futuro, posto che la solidarietà finanziaria, unitamente a un bilancio adeguato, rappresenta l'unica maniera per assicurare che la politica agricola comune resti una politica comune senza distorsione della concorrenza, garantendo, altresì, un trattamento giusto ed equo di tutti gli agricoltori, tenendo conto delle diverse condizioni;
c) a semplificare, in relazione ai pagamenti diretti, l'attuale criterio di erogazione dei pagamenti, rendendolo più selettivo in maniera da concentrarlo sugli agricoltori professionali, il tutto non consentendo comunque criteri di selettività arbitrari, che determinerebbero una discriminazione tra produttori contraria alle norme del Trattato;
d) a introdurre, in relazione agli interventi di mercato, un'effettiva «rete di sicurezza», che permetta di affrontare in maniera tempestiva ed efficace le crisi di mercato anche istituendo un «fondo anti-crisi» per tutti i settori, basato su parametri e metodi di rilevazione comuni a livello europeo, che preveda strumenti di gestione dell'offerta e che sia adeguatamente finanziato;
e) a indirizzare, in relazione allo sviluppo rurale, la spesa verso alcuni obiettivi prioritari dell'attuale politica dello sviluppo rurale che dovrà concentrarsi su misure a vantaggio delle imprese, puntando principalmente sull'aumento della competitività ed essere finalizzata a sostenere:
1) gli investimenti aziendali, con particolare priorità a quelli indirizzati all'introduzione di innovazione tecnologica e organizzativa delle imprese da coniugare con la tutela della specificità delle produzioni e dei prodotti tipici e la conservazione del territorio;
2) il ricambio generazionale, focalizzando e rivedendo le due misure del primo insediamento e del prepensionamento;
3) il recupero di competitività sui mercati con iniziative di integrazione di filiera e di promozione all'export;
f) a provvedere a garantire la sicurezza alimentare e la tracciabilità, rafforzando il ruolo di produzione economica degli agricoltori e consentendo agli agricoltori stessi di ricavare un reddito equo dal mercato e di contribuire ulteriormente a fornire servizi economici, sociali e rurali di vasta portata, assicurando, altresì, a tutti gli agricoltori europei operanti nel mercato unico di godere delle medesime condizioni;
g) a rafforzare le misure intese a consentire agli agricoltori e alle cooperative di svolgere un ruolo positivo nel far fronte alle nuove sfide, segnatamente a quelle del cambiamento climatico e della carenza di risorse idriche, assicurando, altresì, che il contributo offerto dagli agricoltori per ridurre le emissioni e provvedere alla sicurezza energetica sia massimizzato attraverso la produzione di energie rinnovabili;
h) ad adottare misure volte a migliorare la trasparenza, fornendo agli agricoltori informazioni aggiornate sui mercati, soprattutto riguardo ai margini e alla ripercussione dei prezzi nella catena alimentare, nonché rafforzando il sistema dell'etichettatura, anche al fine di proteggere le indicazioni geografiche nel quadro degli accordi commerciali, cosa che non solo permetterebbe ai consumatori di fare scelte informate, ma offrirebbe anche maggiori incentivi ai produttori per conservare le tradizioni culturali legate alle produzioni e migliorare la qualità dei prodotti;
i) ad assicurare che tutte le importazioni soddisfino i criteri europei di sicurezza alimentare e di tracciabilità e che sia raggiunta una parità di condizioni per la produzione europea;
l) a garantire incentivi agli Stati membri affinché migliorino le misure fiscali applicate agli agricoltori e facilitino l'accesso al credito;
m) ad individuare nella nuova politica agricola comune gli strumenti per contrastare le situazioni di crisi di alcuni comparti produttivi importanti per l'Italia, come tabacco, barbabietola da zucchero e altri, particolarmente penalizzati dall'ultima riforma della politica agricola comune;
n) ad individuare strumenti idonei al miglioramento delle filiere, tali da poter potenziare il valore aggiunto dei produttori, rafforzarne il potere di mercato e valorizzare il sistema di strutture associative presenti in Italia, così come è emerso dalle esperienze positive delle organizzazioni dei produttori ortofrutticoli.
(1-00548)
(Testo modificato nel corso della seduta)
«Di Giuseppe, Rota, Borghesi, Donadi, Evangelisti, Di Pietro, Piffari, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Porcino, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
l'Italia è un Paese industrializzato con una riconosciuta vocazione alla qualità delle proprie produzioni, meglio nota come made in Italy;
la stessa caratterizzazione deve contraddistinguere una forte agricoltura di un Paese di forte industrializzazione;
tuttavia, sul piano della comunicazione e dell'informazione generali, quelle che raggiungono il cittadino a prescindere dal suo coinvolgimento d'interesse professionale, non è riscontrabile una sensibilità diffusa per le problematiche dell'agricoltura, talché perfino nelle più accreditate analisi sociali annuali tale comparto risulta marginale o negletto;
tale situazione si riverbera in una incomprensibile quanto ingiusta compressione di un potenziale che l'Italia non può permettersi di dissipare, in termini economici, di opportunità occupazionali, di sviluppo territoriale, particolarmente nel Mezzogiorno, di cultura e appartenenza, beni immateriali quanto mai necessari allo sviluppo di qualità della vita, di tutela della salute;
le regioni, i territori per competenze formali e naturali costituiscono i soggetti principali dell'agricoltura nazionale e, quale che sia la prospettiva federalista, hanno il sacrosanto diritto di desumere dallo Stato la certezza di far parte di una logica di sistema, nel quadro di una più ampia logica comunitaria, governabile con gli affinati strumenti della tradizione europeista e globale, del tutto ingovernabile se non nel quadro di una competizione fortemente darwinista;
secondo le elaborazioni dell'Eurispes, nel suo rapporto per il 2011, tra il 1995 e il 2009 l'Italia ha importato dal resto del mondo 384,9 milioni di tonnellate di prodotti agroalimentari, con un controvalore economico di 333,7 miliardi di euro, mentre ne ha esportati 235,7 milioni di tonnellate, per un valore di 265,6 miliardi di euro; insomma, il deficit della bilancia commerciale è stato superiore a 149 milioni di tonnellate di merci e a 69 miliardi di euro in controvalore;
all'interno degli indici statistici generali, si individuano specificità che non possono essere trascurate; tra queste, il fatto che l'Italia esporta prevalentemente prodotti delle industrie alimentari e delle bevande, per una valore che, secondo la citata fonte, corrisponde ad oltre il 50 per cento del valore complessivo delle esportazioni dell'Italia nel mondo; l'incidenza dei prodotti agroalimentari non lavorati è di gran lunga inferiore; al contrario, sempre secondo la citata fonte, i flussi commerciali relativi alle importazioni italiane di prodotti agroalimentari consistono di materie prime non lavorate; con una conclusione che la combinazione tra esportazioni prevalentemente incentrate sul commercio di prodotti delle industrie alimentari e importazioni prevalentemente incentrate sul commercio di materie prime non lavorate, a causa del più alto valore dei prodotti trasformati rispetto alle materie prime, fa segnare una significativa differenza tra deficit commerciale in valore e deficit commerciale in quantità del settore agroalimentare italiano;
l'immagine agroalimentare italiana nel mondo è fortemente insidiata e penalizzata da pesanti flussi di contraffazione dei prodotti italiani dei quali vengono usate le parti marchi, immagini, denominazioni con una plausibile conclusione, quella riportata dalla fonte sopra citata, secondo la quale per raggiungere un pareggio della bilancia commerciale del settore agroalimentare italiano, ad importazioni invariate, sarebbe sufficiente recuperare quote di mercato estero per un controvalore economico pari al 6,5 per cento dell'attuale volume d'affari del cosiddetto Italian sounding;
la Commissione europea ha rilasciato il documento d'indirizzo generale sulle future modifiche della politica agricola comune (PAC), per un'agricoltura protagonista di pari dignità nelle politiche di sviluppo della società, con riguardo all'approvvigionamento alimentare; alle produzioni sostenibili, alla tutela dell'occupazione;
la bilancia commerciale dell'Unione europea, al pari di quella italiana, è andata peggiorando, facendo registrare un pesante deficit commerciale e, per una volta, ci si interroga sulla componente di responsabilità europea della caduta settoriale italiana;
proprio in ragione della preoccupazione sopra espressa, il Paese, forte di una cooperazione attiva di tutte le regioni e delle rappresentanze di settore, deve essere cosciente e compartecipe delle decisioni che verranno assunte nel quadro della politica agricola comune sui fronti del valore della produzione e dell'estensione delle superfici, parametri rispetto ai quali l'agricoltura nazionale può ottenere rispettivamente maggiore o minore spinta,

impegna il Governo:

ad indire tempestivamente incontri bilaterali e collegiali con tutti i soggetti della filiera agroalimentare interessati dalla riforma politica agricola comune (PAC) per l'elaborazione di proposte che integrino la posizione dell'Italia al tavolo comunitario;
a pretendere, d'altronde in linea con le linee di politica industriale, che i prodotti agricoli rechino l'indicazione relativa alla loro origine, quando commercializzati allo stato fresco, nonché l'indicazione delle materie prime di origine agricola e i luoghi di trasformazione materiale dei prodotti, nel caso di prodotti trasformati;
a valorizzare, nella prospettiva comunitaria, le peculiarità dell'agricoltura italiana, caratterizzata da produzione ad alto valore aggiunto, in modo da evitare la riduzione dei pagamenti diretti, che, allo stato, rischiano di essere distribuiti in base al prevalente parametro della superficie;
ad elaborare proposte che rappresentino le aspettative regionali con riguardo al cosiddetto «aiuto accoppiato facoltativo»;
a valorizzare la logica delle filiere, essenziale allo sviluppo dell'agricoltura italiana, segnatamente nel settore ortofrutticolo;
ad individuare nella nuova politica agricola comune gli strumenti per contrastare le situazioni di crisi di alcuni comparti produttivi importanti per l'Italia (barbabietola da zucchero, tabacco);
a promuovere l'introduzione nella nuova politica agricola comune di strumenti di mercato e politiche strutturali per contrastare la grave crisi del settore del vino e del latte ovino;
ad identificare correttamente gli «agricoltori attivi» per evitare fenomeni elusivi dei principi di lealtà comunitaria;
ad assumere iniziative nelle competenti sedi per individuare criteri di ripartizione del sostegno allo sviluppo rurale tra i vari Stati membri, che non penalizzino il nostro Paese;
ad adottare tutte le iniziative necessarie, affinché le logiche monetariste e finanziarie non provochino il ridimensionamento delle politiche agricole con danni incalcolabili nel presente e in prospettiva futura sulle economie nazionali;
a modellare la posizione italiana sulle esigenze effettive dell'agricoltura italiana, facendo della trasparenza e dell'oggettività i punti di forza della nostra capacità negoziale.
(1-00557)
«Tabacci, Calgaro, Lanzillotta, Mosella, Pisicchio, Vernetti, Brugger».

PROPOSTA DI LEGGE: BARBIERI ED ALTRI: CONCESSIONE DI CONTRIBUTI PER IL FINANZIAMENTO DELLA RICERCA SULLA STORIA E SULLA CULTURA DEL MEDIOEVO ITALIANO ED EUROPEO (A.C. 2774-A)

A.C.2774-A - Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 2774-A - Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
sia approvato l'emendamento Lusetti 4.5.

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli articoli aggiuntivi 4.01 e 4.02 in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti.

A.C.2774-A - Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

ART. 1.
(Contributi in favore della Società internazionale per lo studio del medioevo latino e della Fondazione Ezio Franceschini).

1. Per sostenere le attività di ricerca storica, filologica e bibliografica sulla cultura latina del medioevo italiano ed europeo, è concesso alla Società internazionale per lo studio del medioevo latino (SISMEL), con sede in Firenze, un contributo annuo di 600.000 euro a decorrere dall'anno 2012.
2. È concesso alla Fondazione Ezio Franceschini, con sede in Firenze, un contributo annuo di 450.000 euro a decorrere dall'anno 2012.
3. I contributi di cui ai commi 1 e 2, utilizzabili esclusivamente per lo svolgimento delle attività istituzionali, sono versati dal Ministero per i beni e le attività culturali entro il 30 giugno di ciascun anno. La SISMEL e la Fondazione Ezio Franceschini, entro il 30 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento, trasmettono al Ministero per i beni e le attività culturali una relazione sull'impiego dei contributi medesimi.

A.C.2774-A - Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

ART. 2.
(Contributo in favore dell'Istituto storico italiano per il medio evo).

1. È concesso all'Istituto storico italiano per il medio evo, con sede in Roma, un contributo annuo di 500.000 euro a decorrere dall'anno 2012.
2. Il contributo di cui al comma 1, utilizzabile esclusivamente per lo svolgimento delle attività istituzionali, è versato dal Ministero per i beni e le attività culturali entro il 30 giugno di ciascun anno. L'Istituto storico italiano per il medio evo, entro il 30 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento, trasmette al Ministero per i beni e le attività culturali una relazione sull'impiego del contributo medesimo.

A.C.2774-A - Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

ART. 3.
(Contributo in favore del Centro italiano di studi sull'alto medioevo).

1. È concesso alla Fondazione Centro italiano di studi sull'alto medioevo, con sede in Spoleto, un contributo annuo di 450.000 euro a decorrere dall'anno 2012.
2. Il contributo di cui al comma 1, utilizzabile esclusivamente per lo svolgimento delle attività istituzionali, è versato dal Ministero per i beni e le attività culturali entro il 30 giugno di ciascun anno. La Fondazione Centro italiano di studi sull'alto medioevo, entro il 30 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento, trasmette al Ministero per i beni e le attività culturali una relazione sull'impiego del contributo medesimo.

A.C.2774-A - Articolo 4

ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

ART. 4.
(Disposizioni concernenti l'Edizione nazionale dei testi mediolatini d'Italia).

1. È istituita l'Edizione nazionale dei testi mediolatini d'Italia (ENTMI), disciplinata dalle disposizioni del presente articolo. Essa succede, in tutti i rapporti attivi e passivi, all'Edizione nazionale dei testi mediolatini, istituita con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 16 gennaio 2001.
2. L'ENTMI cura la pubblicazione, in edizione critica, dei testi composti in Italia in lingua latina fra il V e il XV secolo, secondo il programma deliberato dalla commissione scientifica di cui al comma 3, lettera d), e comunicato al Ministero per i beni e le attività culturali. A questo fine essa attribuisce gli incarichi e può acquisire le dotazioni materiali e scientifiche necessarie.
3. Sono organi dell'ENTMI:
a) il presidente;
b) il vicepresidente, scelto dal presidente dell'Istituto storico italiano per il medio evo, sentito il consiglio direttivo del medesimo Istituto;
c) il segretario tesoriere;
d) la commissione scientifica.

4. L'incarico di componente della commissione scientifica dura sei anni ed è rinnovabile una sola volta. Salvo quanto previsto dal comma 3, lettera b), i componenti sono nominati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, su proposta del presidente dell'ENTMI, previa deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei componenti della commissione scientifica in carica.
5. In sede di prima attuazione, la commissione scientifica dell'ENTMI è costituita dai componenti della commissione scientifica dell'Edizione nazionale dei testi mediolatini, in carica alla data di entrata in vigore della presente legge. Alla scadenza del terzo e del sesto anno successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, si procede al rinnovo di un terzo della commissione scientifica, iniziando dai componenti più anziani per nomina e, a parità di data di nomina, più anziani per età.
6. La commissione scientifica elegge tra i propri componenti il presidente e il segretario tesoriere. Il mandato del presidente, del vicepresidente e del segretario tesoriere dura tre anni ed è rinnovabile.
7. La commissione scientifica delibera e aggiorna il programma di attività dell'ENTMI, affida a propri componenti o a studiosi italiani o stranieri la predisposizione delle edizioni critiche di cui al comma 2 e la revisione degli elaborati presentati, deliberandone il compenso.
8. La commissione scientifica si riunisce almeno una volta all'anno per deliberare sul programma di attività, sul bilancio di previsione e sul rendiconto della gestione dell'anno precedente, che sono trasmessi al Ministero per i beni e le attività culturali entro il 30 aprile di ogni anno. Essa può nominare al proprio interno un comitato esecutivo, determinandone le competenze.
9. Al presidente, al segretario tesoriere e ai componenti della commissione scientifica e del comitato esecutivo non possono essere attribuiti gettoni di presenza o compensi comunque denominati, salvo quanto previsto dal comma 7. È ammesso il rimborso delle spese documentate.
10. All'ENTMI è attribuito un contributo annuo di 70.000 euro a decorrere dall'anno 2012, utilizzabile esclusivamente per lo svolgimento delle attività istituzionali di cui al comma 2. L'ENTMI può ricevere altresì contributi dalle amministrazioni statali, dalle regioni, dagli enti locali e da istituzioni e soggetti pubblici e privati.
11. Si applicano le disposizioni dell'articolo 3, commi 6 e 7, della legge 1o dicembre 1997, n. 420.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 4.
(Disposizioni concernenti l'Edizione nazionale dei testi mediolatini d'Italia).

Al comma 1, primo periodo, premettere le parole: A decorrere dal 1o gennaio 2012.
4. 1. Lusetti.
(Approvato)

Al comma 4, primo periodo, sopprimere le parole: una sola volta.
4. 2. Lusetti.
(Approvato)

Al comma 4, secondo periodo, sostituire le parole: adottata a maggioranza assoluta dei componenti con la seguente: motivata.
4. 3. Lusetti.
(Approvato)

Al comma 5, secondo periodo, sostituire la parola: sesto con la seguente: quinto.
4. 4. Lusetti.
(Approvato)

Al comma 9, primo periodo, dopo le parole: Al presidente aggiungere le seguenti:, al vicepresidente.
4. 5. Lusetti.
(Approvato)

Al comma 11, sostituire le parole: commi 6 e 7 con le seguenti: comma 7.
4. 6. Lusetti.
(Approvato)

Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 4-bis. - (Contributo a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi). - Per l'anno 2011, la spesa autorizzata in favore di enti e istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi di cui alla legge 17 ottobre 1996, n. 534, (cap. 3670), è incrementata di 8 milioni di euro.
4. 01. Ghizzoni, De Pasquale, De Biasi, Coscia, Levi, Bachelet, Nicolais, De Torre, Lolli, Mazzarella, Melandri, Siragusa, Rossa, Pes, Antonino Russo.
(Inammissibile)

Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 4-bis. - (Contributo a enti e istituti culturali). - Per l'anno 2011, la spesa autorizzata in favore di enti e istituti culturali di cui alla legge 17 ottobre 1996, n. 534, articoli 1 e 8 (cap. 3671), è incrementata di 3 milioni di euro.
4. 02. Ghizzoni, De Pasquale, De Biasi, Coscia, Levi, Bachelet, Nicolais, De Torre, Lolli, Mazzarella, Melandri, Siragusa, Rossa, Pes, Antonino Russo.
(Inammissibile)

A.C.2774-A - Articolo 5

ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

ART. 5.
(Copertura finanziaria).

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a 2.070.000 euro a decorrere dall'anno 2012, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per gli anni 2012 e 2013, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C.2774-A - Articolo 6

ARTICOLO 6 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

ART. 6.
(Disposizioni finali).

1. Gli enti e le istituzioni di cui alla presente legge, nello svolgimento delle attività di ricerca e di organizzazione e promozione degli studi sulla storia e sulla cultura del medioevo italiano ed europeo, secondo i rispettivi statuti, curano il coordinamento delle iniziative da ciascuno promosse adottando le opportune forme di consultazione, di programmazione e di collaborazione, anche sulla base di convenzioni eventualmente stipulate fra essi e con altri soggetti pubblici o privati, italiani e stranieri.
2. Resta fermo che gli enti e le istituzioni di cui alla presente legge possono ricevere contributi da amministrazioni statali, regioni, enti locali e altri soggetti pubblici e privati.

A.C. 2774-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
alla luce dei recenti danni culturali causati dalla scarsità delle risorse stanziate, è più che mai necessaria un'azione politica culturale autorevole che, nel quadro delle attuali condizioni economico-finanziarie, valorizzi e salvaguardi il vasto e straordinario patrimonio storico, culturale ed artistico del nostro Paese, onde consentirne una migliore trasmissione alle generazioni future;
occorre promuovere la ricerca sulla storia e sulla cultura del medioevo che rappresenta un'epoca di fondamentale importanza per lo sviluppo dell'Italia e dell'Europa intera, stanziando risorse adeguate a favore delle quattro istituzioni previste dal testo in esame ed altre istituzioni italiane, pubbliche e private, operanti nell'ambito degli studi medievali soprattutto afferenti alle comunità longobarde e sannite,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sostenere, con adeguate risorse, iniziative di promozione culturale, di valorizzazione dei beni artistici e storici, di riqualificazione delle preesistenze storiche ed architettoniche dell'età longobarda nelle città della Longobardia maior e minor (Benevento, Salerno, Pavia, Spoleto, Capua) del periodo medievale, sostenendo le province, le fondazioni, i musei e le biblioteche che promuovono piani finalizzati al raggiungimento degli obiettivi della presente legge.
9/2774-A/1. Mario Pepe (PD).

La Camera,
premesso che:
gli istituti culturali italiani, che sono organizzazioni senza scopo di lucro, promuovono le attività di studio e di ricerca, nonché di elaborazione culturale destinata alla pubblica fruizione; si occupano della tenuta, della conservazione, della valorizzazione e dell'arricchimento del proprio patrimonio bibliotecario e archivistico; mettono a disposizione degli studiosi e dei cittadini, gratuitamente, la documentazione archivistica e il patrimonio librario di cui sono proprietari;
l'impegno e le attività degli enti e degli istituti culturali copre l'intero panorama della cultura e della conoscenza, incrementando così le possibilità di accesso dei cittadini e le opportunità di crescita civile e culturale;
in ragione della funzione di interesse pubblico rivestita dagli istituti, dalle associazioni, dagli enti, dalle fondazioni e, in generale, dagli organismi culturali, essi sono sostenuti dallo Stato con le risorse pubbliche assegnate ai sensi della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e annualmente stabilite in sede di legge di stabilità nella Tabella C;
l'articolo 7, comma 24, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, ha ridotto, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, gli stanziamenti sui capitoli iscritti negli stati di previsione delle amministrazioni centrali vigilanti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni e altri organismi per una quota pari al 50 per cento delle dotazioni dell'anno 2009. La stessa disposizione ha, altresì, previsto che, i Ministri competenti, entro sessanta giorni, stabilissero con decreto il riparto delle risorse rimaste disponibili nei citati capitoli;
il Ministro per i beni e le attività culturali, intervenendo il 9 giugno 2010, in audizione presso la VII Commissione della Camera, aveva evidenziato di aver proceduto al ritiro della proposta relativa al riparto dei fondi 2010 per i comitati e le edizioni nazionali (Atto del Governo sottoposto al parere parlamentare n. 202), nelle more di definire gli interventi e i provvedimenti necessari per ottemperare ai tagli previsti dalla manovra estiva. Nella stessa sede aveva anticipato, tra l'altro, l'intenzione di compiere, per un anno, «il sacrificio di non organizzare i comitati per le celebrazioni, salvo quello di Cavour, proprio per impedire i tagli agli enti più importanti», inoltre, il Ministro aveva anticipato l'intenzione di stilare un elenco di istituti, associazioni e fondazioni di rilievo nazionale o, in alcuni casi, internazionale (istituzioni - a suo parere - alle quali non è possibile rinunciare) e una seconda lista di istituti parimenti importanti, ma di natura e di interesse culturale di carattere regionale o locale, evidenziando che per questi ultimi riteneva necessario anche un coinvolgimento degli enti locali e delle regioni;
è attualmente in discussione al Senato il disegno di legge (Atto Senato n. 2324) «Disposizioni in materia di attività cinematografiche ed istituzioni culturali», il cui articolo 2 stabilisce che con regolamento di delegificazione si preveda la costituzione di un registro delle istitu- zioni culturali aventi rilievo nazionale, l'iscrizione al quale è condizione per accedere ai contributi statali. Come si legge nella relazione introduttiva, l'articolo reca disposizioni volte a riformare, attraverso il ricorso al regolamento di delegificazione, o tenuto conto della contrazione delle risorse finanziarie statali destinate al settore, le modalità di sostegno delle istituzioni culturali di cui alla legge 17 ottobre 1996, n. 534, allo scopo di valorizzare solo quello aventi reale rilievo nazionale;
il 25 ottobre 2010, è stato presentato ai due rami del Parlamento, per l'espressione del parere, lo schema di decreto n. 288, proposta di istituzione e finanziamento di un comitato nazionale per l'anno 2010, che, a seguito dell'intervento del decreto-legge n. 78 del 2010, istituisce e finanzia esclusivamente il Comitato nazionale per le celebrazioni del bicentenario della nascita di Camillo Benso Conte di Cavour, assegnandovi la somma di 182 mila euro;
da quanto emerso in occasione della risposta ad un'apposita interrogazione del gruppo PD, si evidenzia che per quanto riguarda l'anno 2010, attraverso il reperimento di risorse da altri capitoli del bilancio, è stato possibile procedere all'erogazione del contributo ai soli istituti inseriti nella Tabella di cui all'articolo 1 della legge n. 534 del 1996, con una somma ridotta di circa il 16 per cento di quanto previsto all'atto dell'emanazione della Tabella medesima, valida per il triennio 2009-2011;
in sede di approvazione della legge 13 dicembre 2010, n. 220 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011)» il Governo, accogliendo l'ordine del giorno n. 9/3778-A/107 a prima firma Ghizzoni, si è già impegnato a incrementare le risorse destinate agli istituti culturali italiani,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive, almeno pari alle somme erogate nell'anno 2008, finalizzate a garantire la continuità delle attività svolte dai prestigiosi istituti culturali.
9/2774-A/2. Ghizzoni, De Pasquale, Coscia, De Biasi, Bachelet, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Siragusa, Antonino Russo, Zazzera.

La Camera,
tenuto conto che:
la Fondazione Istituto Nazionale di storia economica «F. Datini», fondata nel 1968 per iniziativa di Federigo Melis e Fernand Braudel, costituisce la più importante istituzione e il fondamentale punto di riferimento per lo studio della storia economica dell'età preindustriale (secc. XIII-XVIII). Le sue attività sono dirette da un comitato scientifico composto di studiosi di tutto il mondo occidentale e dell'area del Mediterraneo, attualmente presieduto da Wim Blockmans (Università di Leiden). Vicepresidenti: Miguel Angel Ladero Quesada (Università di Madrid), Michele Cassandro (Università di Siena). Direttore scientifico: Giampiero Nigro (Università di Firenze);
promuove annualmente una settimana di studi, giunta alla 43esima edizione, alla quale partecipano studiosi provenienti da tutto il mondo, per discutere ricerche originali, commissionate dalla stessa Fondazione e selezionate attraverso una call, su un tema prescelto dal comitato scientifico e annunciato con almeno tre anni di anticipo. Il tema della prossima settimana di studi sarà: «Religione e istituzioni religiose nell'economia europea». I temi prescelti per gli anni successivi sono: «Assistenza e solidarietà in Europa» (2012), «Schiavitù e servaggio nell'economia europea» (2013);
che nell'anno 2009 ha trasformato il tradizionale corso di specializzazione in una scuola di alta specializzazione, con l'obiettivo di fornire ai giovani studiosi strumenti metodologici e critici finalizzati alla impostazione e realizzazione di un piccolo saggio (50/70.000 battute) su un caso di studio collegato con uno degli argomenti affrontati dalla settimana di studi. I saggi che superano l'esame di un referee sono pubblicati in una apposita collana elettronica, edita dalla Fondazione Datini, denominata «Quaderni di ricerca»;
che offre il proprio supporto scientifico a giovani dottorandi delle università europee, inviati ad effettuare ricerche in Italia, nell'ambito del proprio percorso formativo. Attraverso il sito web, che registra oltre un milione di accessi annui, offre servizi di supporto scientifico alla ricerca: una banca-dati immagini per la storia economica e sociale, gli indici di oltre 360 testate italiane e straniere, tre collane di e-book;
che svolge attività di studio e ricerca, con particolare interesse per i fondi archivistici toscani e in particolare il fondo Datini, conservato nell'Archivio di Stato di Prato, che costituisce l'unico esempio di fondo mercantile tre-quattrocentesco conservatosi nella sua interezza,

impegna il Governo

nel quadro degli equilibri di bilancio dello Stato, a sostenere le prestigiose attività della Fondazione Istituto Nazionale di Storia Economica «Francesco Datini».
9/2774-A/3. Lulli, Giacomelli, Mazzoni.

La Camera,
considerato che sono in corso le celebrazioni per il 150o anniversario dell'Unità d'Italia;
che il medioevo è stato un periodo storico propedeutico al maturare delle condizioni che hanno portato al risorgimento italiano;
che anche la cura e la riscoperta dei documenti dell'epoca medievale possono contribuire a conoscere la storia nazionale,

invita il Governo

a sollecitare gli enti beneficiati dalla presente legge perché mettano a disposizione il proprio patrimonio storico ed artistico anche a favore di iniziative legate ad una più completa conoscenza del risorgimento italiano.
9/2774-A/4. Zacchera.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Intendimenti in merito ai provvedimenti attuativi del Piano nazionale per il Sud - 3-01428

LATTERI. - Al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio dei ministri del 26 novembre 2010 ha varato il Piano nazionale per il Sud, un documento programmatico che dovrebbe liberare risorse per un valore complessivo di 100 miliardi di euro e che rappresenta un atto di impegno politico e di indirizzo strategico, avente come scopo la riduzione del divario territoriale attraverso una linea d'azione che si basa su otto punti: infrastrutture, ricerca, scuola, giustizia, sicurezza, pubblica amministrazione e servizi pubblici, incentivi alle imprese, Banca del Sud;
i recenti dati resi noti dall'Eurispes sono allarmanti ed impongono al Governo un'accelerazione politica, legislativa, finanziaria e culturale per far fronte alle problematiche del Mezzogiorno;
il Ministro interrogato il 26 gennaio 2011 dichiarava testualmente: «Febbraio sarà il mese nel quale i primi importanti provvedimenti troveranno una loro approvazione finale e, quindi, la fase di attuazione troverà un suo concreto avviamento nel merito delle indicazioni manifestate dal Governo in più circostanze» -:
quali siano in concreto i provvedimenti che troveranno la loro approvazione finale nelle prossime quattro settimane , il loro contenuto e le risorse con le quali saranno finanziati.(3-01428)

Misure a favore dei lavoratori collocati in cassa integrazione o in mobilità che hanno maturato l'età pensionabile - 3-01429

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 19 gennaio 2011 la Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati ha approvato la risoluzione n. 8-00103, con la quale si impegnava il Governo a:
a) comprendere, nei limiti delle risorse disponibili, nell'ambito dell'intesa Stato-regioni sugli ammortizzatori sociali in deroga, una specifica attenzione a coloro che, collocati in cassa integrazione o in mobilità, hanno maturato l'età di pensione e sono in attesa dell'effettiva decorrenza del trattamento pensionistico;
b) confermare comunque che le tutele riconosciute al lavoratore dall'articolo 18 della legge n. 300 del 1970 sono operanti anche nel periodo intercorrente tra la data di maturazione del diritto a pensione e quello dell'effettiva apertura della «finestra»;
c) impartire istruzioni alle pubbliche amministrazioni affinché tengano conto dei nuovi termini di decorrenza della pensione nei casi in cui decidano di avvalersi della facoltà di risolvere il rapporto di lavoro di quei soggetti che abbiano raggiunto il 40o anno di servizio, ciò al fine di evitare che il pubblico dipendente debba restare un periodo ragguardevole senza stipendio e senza pensione;
detta approvazione concludeva un lungo ed articolato lavoro svolto da tutti i componenti della Commissione, di maggioranza ed opposizione, sulle problematiche emerse a seguito dei recenti interventi legislativi del Governo in materia previdenziale;
in particolare, i presentatori delle singole risoluzioni confluite poi nel testo unificato approvato, tra cui anche componenti del gruppo della Lega Nord, avevano sollevato il timore derivante dalla previsione contenuta nel decreto-legge n. 78 del 2010 della possibilità di andare in quiescenza dopo un anno dal compimento dei prescritti requisiti anagrafici e contributivi, con il rischio di lasciare taluni soggetti privi di alcuna tutela reddituale;
in quell'occasione il Ministro interrogato aveva dichiarato che: «allo stato, il Governo è in grado di offrire una propria disponibilità, nei limiti delle risorse esistenti, in ordine alla definizione degli ammortizzatori sociali, nell'ambito dell'intesa Stato-regioni, per riconoscere la tutela a coloro che, collocati in cassa integrazione o in mobilità, hanno maturato l'età di pensione e sono in attesa della decorrenza del trattamento pensionistico, in continuità con quanto stabilito con la recente approvazione della legge di stabilità» -:
se e quali iniziative il Governo abbia intrapreso in accordo con le regioni per dare seguito agli impegni assunti con la risoluzione di cui in premessa.(3-01429)

Iniziative del Governo in materia di lotta alla disoccupazione giovanile - 3-01430

BALDELLI e CALABRIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nell'ultima rilevazione Istat il tasso di disoccupazione rimane fermo all'8,6 per cento, indicando una stabilizzazione degli effetti della crisi economico-finanziaria sull'occupazione;
rimane, invece, alto il tasso di disoccupazione giovanile che si attesta al 29 per cento;
il Governo ha recentemente presentato alla stampa le nuove prospettive del piano per l'occupabilità dei giovani, su iniziativa del Ministro interrogato e dei Ministri Gelmini e Meloni -:
quali iniziative il Governo stia intraprendendo per rispondere al problema della disoccupazione, con particolare riferimento a quella giovanile.(3-01430)

Misure volte a sostenere la natalità e le politiche familiari e per favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e di cura - 3-01431

VOLONTÈ, GALLETTI, COMPAGNON, CICCANTI, NARO, BINETTI, CAPITANIO SANTOLINI, RAO, LIBÈ, OCCHIUTO e DELFINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati Istat diffusi la scorsa settimana, i nati nel 2010 sono stati 557.000, 12.200 in meno rispetto al 2009. Per rilevare un numero di nascite inferiore a quello del 2010 occorre tornare al 2005, anno in cui se ne rilevarono 554.000;
anche la fecondità delle donne è in calo (1,4 figli per donna) e sembra essersi conclusa la fase di recupero cui si era assistito per ampia parte dello scorso decennio. In questo contesto diventa sempre più importante il contributo alla natalità delle straniere: l'Istat stima che nel 2010 oltre 104.000 nascite (18,8 per cento del totale) siano attribuibili a madri non italiane (erano 35.000 nel 2000 e 103.000 nel 2009), di cui il 4,8 per cento con partner italiano e il restante 14 per cento con partner straniero;
il dato italiano stride con quello rilevato in Francia, dove, nel 2010, i nati sono stati 828.000, dato che supera quello del 1973, anno in cui lo shock petrolifero mise fine al periodo del baby-boom;
con 2,01 figli per donna, dunque, i francesi consolidano il loro primato tra i grandi Paesi europei e sfatano un altro mito secondo cui meno le donne lavorano più alto è il tasso di natalità, visto che in Francia il tasso di attività femminile è superiore all'80 per cento;
l'aumento delle nascite in Francia e l'abbinamento tra tasso di natalità e tasso di attività non sono altro che gli effetti di una politica pubblica che investe massicciamente nelle politiche familiari;
gli interventi a sostegno della famiglia in Francia - dai nidi alle detrazioni fiscali fino agli aiuti per gli alloggi - oscillano, a seconda delle voci che vengono considerate, tra gli 80 e i 120 miliardi di euro all'anno;
con la legge di stabilità il Governo italiano ha tagliato il fondo delle politiche familiari, passato da 185,3 milioni di euro nel 2010 a 51,5 milioni di euro nel 2011;
il calo delle nascite, unito ai continui progressi della vita media, renderanno, soprattutto, insostenibile la tenuta del nostro sistema previdenziale e l'aumento del prodotto interno lordo, quindi della crescita, non può avvenire senza crescita demografica -:
se, a fronte dei dati sopra esposti, non ritenga di avviare concretamente e significativamente misure volte a sostenere la natalità e le politiche familiari, oltre che a favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e di cura.(3-01431)

Iniziative di competenza per il contenimento dei costi e il miglioramento del servizio liquidativo relativo all'assicurazione per la responsabilità civile auto - 3-01432

CESARIO, SARDELLI, BELCASTRO, CALEARO CIMAN, CATONE, D'ANNA, GIANNI, GRASSANO, IANNACCONE, MILO, MOFFA, MARIO PEPE (IR), PIONATI, PISACANE, POLIDORI, PORFIDIA, RAZZI, ROMANO, RUVOLO, SCILIPOTI e SILIQUINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
all'inizio del 2011 non si arresta l'aumento dei premi per le assicurazioni per la responsabilità civile auto e le problematiche del settore diventano nuovamente di scottante attualità, perché la loro mancata soluzione è per i cittadini particolarmente penalizzante ed insopportabile;
tutti sono impegnati nella ricerca di un punto di equilibrio che superi l'insostenibilità per molte famiglie italiane dei premi per le assicurazioni per la responsabilità civile auto, cercando di coniugare le istanze imprenditoriali, la tutela del consumatore, l'importanza che riveste la fiscalità del settore nelle strategie di finanza pubblica, il rispetto delle regole di mercato e della libera concorrenza, nonché il pieno sviluppo della funzione sociale dell'assicurazione;
nonostante gli interventi legislativi degli ultimi anni non si è ancora determinata l'auspicata contrazione del pagamento dei sinistri, anzi questi assorbono annualmente gli onerosi aumenti tariffari;
sono significative le criticità interne del settore delle assicurazioni per la responsabilità civile auto, evidenti se nel 2009 i reclami pervenuti all'Isvap sono oltre 32000, con un aumento del 14 per cento rispetto al 2008, dei quali il 75 per cento si riferisce al ramo della responsabilità civile auto e di cui la liquidazione dei sinistri è la tipologia più frequente (83 per cento). Inoltre, sempre nel 2009, l'Isvap ha irrogato 50 milioni di euro di sanzioni ascrivibili ad illeciti per violazione della normativa sulla responsabilità civile auto, di cui 47 milioni per violazioni in materia di liquidazione dei sinistri;
l'Isvap è intervenuto presso le imprese e primi segnali positivi provengono da importanti gruppi che stanno finalmente investendo in risorse umane e tecnologiche ed in controlli più sistematici della «filiera operativa». Il potenziamento in atto delle strutture delle imprese contribuirà nel tempo a migliorare la qualità del servizio reso agli utenti, riducendo i motivi di conflittualità, i reclami e le sanzioni;
nel 2010 si è manifestata la preoccupante criticità della riduzione dei sinistri gestiti dalla stanza di compensazione presso la Consap, con punte del 16,1 per cento in Campania e dell'11,6 per cento in Puglia, dovuta al ridimensionamento della presenza delle reti produttive delle compagnie, alla maggiore frequenza dei fenomeni fraudolenti nell'assunzione del rischio della responsabilità civile auto e della circolazione dei veicoli senza assicurazione;
il settore delle assicurazioni per la responsabilità civile auto richiama una particolare attenzione al controllo delle dinamiche economiche dei territori meridionali, per il fatto che negli ultimi due anni hanno operato in Italia, principalmente nel Meridione, 18 compagnie fantasma: è stata decretata la liquidazione coatta della Progress, con sede a Palermo (i relativi sinistri sono a carico del fondo di garanzia per le vittime della strada, il cui finanziamento grava per il 2,5 per cento del premio per le assicurazioni per la responsabilità civile auto e, quindi, sui cittadini onesti); è intervenuto il divieto di assunzione di nuovi affari a carico della maltese Eig con intermediari nel napoletano e, per quanto risulta agli interroganti, il commissariamento della Novit;
il fenomeno fraudolento nel comparto dei sinistri relativi alla responsabilità civile auto a danno delle imprese nel 2009 vale 314,5 milioni di euro, ha un'incidenza in numero del 2,5 per cento, un importo del 2,4 per cento rispetto alla globalità dei sinistri del ramo e rappresenta l'1,9 per cento dei premi del ramo. In Campania, invece, si registra un importo dei sinistri connessi a reato di 107 milioni di euro (119 milioni nel 2006 e 97,2 milioni nel 2008), pari al 9,6 per cento dei sinistri, l'8,7 per cento degli importi dei risarcimenti ed il 7,7 per cento dei premi del ramo. Le criticità in cui operano gli assicuratori nella provincia napoletana e casertana sono negli ultimi anni esplose fino a diventare allarmanti per le citate crisi d'impresa;
sul territorio mancano le sinergie tra le istituzioni pubbliche ed il mercato per approfondimenti e ricerche storiche, dirette a creare informazioni utili per prevenire, contrastare e reprimere le frodi e i comportamenti criminosi nel settore della responsabilità civile auto. È auspicabile, quindi, non un'agenzia antifrode con nuovi costi, ma una razionalizzazione delle energie e dei poteri di coloro che già sono coinvolti nell'opporsi a questo triste fenomeno criminale, che grava sui cittadini onesti, sia a livello nazionale che nelle regioni più colpite dalle frodi;
nel 2009 si registra, per la prima volta dal 2003, un aumento delle cause presso i conciliatori e i giudici di pace rispetto all'esercizio precedente, attestatesi a 197.679 contro 180.281 del 2008, con un incremento del 9,6 per cento e con un'incidenza del 77,6 per cento rispetto al totale delle cause civili di primo grado. Il fenomeno è dovuto alla forte crescita del contenzioso residuo alla fine dell'anno delle ultime due generazioni 2008 e 2009 e, in particolare, alla crescita del contenzioso pendente alla fine dell'anno presso i giudici di pace, quello di importo medio non rilevante per la compagnia ma di notevole numerosità, mortificando i diritti dei cittadini ad un rapido e giusto risarcimento;
non è presente nella disciplina speciale assicurativa una norma sanzionatoria che stimoli l'assicuratore a non proseguire fino alla sentenza ed al pignoramento dei suoi beni; quel contenzioso che dopo le prime udienze è palese gli sarà avverso, con l'effetto anche di accelerare i tempi medi di risoluzione del contenzioso civile, di velocizzare il pagamento dei sinistri e di rafforzare i presidi per l'equità delle offerte risarcitorie dell'assicuratore. L'articolo 148, comma 10, del codice delle assicurazioni non infligge, infatti, una sanzione pecuniaria all'assicuratore nel caso di accertamento del giudice dell'incongruità dell'offerta della compagnia;
la piaga degli incidenti stradali mortali va contrastata con forza e la liquidazione dei sinistri mortali che coinvolgono i terzi trasportati viene in tempi esageratamente lunghi -:
quali siano i dati a conoscenza del Governo e, nell'ambito delle proprie competenze, quali iniziative ritenga sia urgente assumere sotto il profilo normativo per risolvere definitivamente le citate problematiche e quelle complessive del settore della responsabilità civile auto, nell'obiettivo di un contenimento del costo delle polizze assicurative per la responsabilità civile auto e del miglioramento della qualità del servizio liquidativo dei sinistri relativi alla responsabilità civile auto.
(3-01432)

Chiarimenti e iniziative in merito ai controlli sugli emoderivati - 3-01433

PALAGIANO e MURA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano la Repubblica del 24 gennaio 2011 ha pubblicato un articolo nel quale si evidenzia come i prodotti derivati dal sangue, commercializzati in Italia, potrebbero non essere sicuri dal punto di vista infettivo;
a sospettare il possibile rischio di contagio derivante dagli emoderivati è lo stesso professor Guido Rasi, direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), in quanto non verrebbero eseguiti tutti i controlli per escludere la presenza di vari virus. Per tale motivo lo stesso Rasi avrebbe minacciato di chiedere il sequestro dei lotti a rischio. Di parere diverso, il professor Enrico Garaci, presidente dell'Istituto superiore di sanità (Iss), secondo il quale il rischio di contagio sarebbe minimo, ed ha pertanto autorizzato l'impiego dei prodotti in questione. Il professor Garaci, inoltre, si opporrebbe al sequestro poiché il ritiro di tali emoderivati provocherebbe un danno maggiore (essendo la ditta produttrice, la Kedrion spa, monopolista nel settore), lasciando gli ospedali e le farmacie privi di «sacche» o flaconi necessari a molti pazienti;
il Ministero della salute ha chiesto il parere del Consiglio superiore di sanità (Css) - presieduto dallo stesso professor Garaci - al fine di dirimere la questione e giungere ad una soluzione che non comprometta in alcun modo la salute pubblica. Il Consiglio superiore di sanità ha fornito al Ministro interrogato - secondo quanto dallo stesso affermato in risposta ad alcune interrogazioni il 27 gennaio 2011 - totali rassicurazioni al riguardo, escludendo l'opportunità di misure restrittive;
la vicenda, come riporta dettagliatamente l'articolo de la Repubblica, ha inizio quasi casualmente un paio di mesi fa, quando la Kedrion spa - società farmaceutica tra i leader mondiali del settore plasma-derivati - chiede l'autorizzazione europea alla commercializzazione di alcuni lotti di derivati del sangue. L'Agenzia italiana del farmaco si accorge, quindi, che la documentazione presentata dalla Kedrion spa non è conforme a quanto richiesto;
l'Agenzia italiana del farmaco, che nella aic (autorizzazione immissione in commercio) richiedeva sui lotti finali di sangue specifiche analisi atte ad escludere la presenza di contaminazioni virali, si accorge che Kedrion spa effettua solo la ricerca del virus dell'epatite c e trascura tutti gli altri, tra cui hiv e hbv;
l'Agenzia italiana del farmaco, quindi, ritiene di avere il diritto-dovere di chiedere il ritiro di quei lotti, in quanto non conformi all'autorizzazione, poiché il rischio di contagio, seppur molto basso, esiste. Opposta la posizione dell'Istituto superiore di sanità che afferma - in sintonia con la posizione della Kedrion spa - che non sussistono rischi reali di contagio, anche se vengono utilizzati lotti non conformi alle norme dell'Agenzia italiana del farmaco, considerato che il sangue all'origine è ben controllato anche dal punto di vista infettivo;
è indispensabile che si mantenga in proposito la massima vigilanza: la nostra storia recente ha purtroppo dimostrato che interessi privati e corruzione possono infiltrarsi in campo sanitario, provocando danni irreparabili. Lo scandalo del sangue infetto è ancora una vergogna nazionale ed ha mietuto già troppe vittime;
la risposta del Ministro interrogato del 27 gennaio 2011 ad alcune interrogazioni in Commissione affari sociali della Camera dei deputati è da ritenersi non soddisfacente, in quanto tutta la vicenda richiamata ha avuto origine proprio da un atto dell'Agenzia italiana del farmaco: pertanto, non risulta comprensibile la richiesta della medesima di ritirare dal commercio alcuni lotti di emoderivati, dal momento che, come ha assicurato il Ministro interrogato nella risposta alle interrogazioni, non esiste alcun pericolo per la salute pubblica;
nel comunicato congiunto dell'Agenzia italiana del farmaco e dell'Istituto superiore di sanità, diramato il giorno stesso in cui il quotidiano la Repubblica ha pubblicato l'articolo richiamato, si fa riferimento a problematiche tecniche non ancora risolte;
non si ritiene credibile che la richiesta di ritiro dal commercio di lotti di emoderivati da parte della stessa Agenzia italiana del farmaco sia stata dettata da problematiche di natura esclusivamente formale, come appare dalla citata risposta del Ministro interrogato;
occorre, dunque, fare piena chiarezza sulla vicenda esposta e sui conseguenti potenziali rischi per la salute pubblica, affrontando immediatamente la querelle tra l'Agenzia italiana del farmaco e l'Istituto superiore di sanità e le diverse versioni proposte dai due soggetti, circa i mancati controlli sugli emoderivati, a piena garanzia della salute dei cittadini;
si osserva, infine, che la credibilità del parere reso dal Consiglio superiore di sanità appare oggettivamente inficiata, ad avviso degli interroganti, dal doppio ruolo ricoperto dal professor Garaci, come presidente dell'Istituto che ha richiesto il parere e dello stesso Consiglio, che lo ha reso. Egli finisce per essere controllore di se stesso e ciò non rende pienamente rassicuranti le valutazioni espresse dai due soggetti da ultimo citati -:
quali ulteriori chiarimenti il Ministro interrogato intenda fornire in merito e quali iniziative intenda assumere per garantire la salute dei cittadini.(3-01433)

Misure a tutela dei pazienti in relazione alla consegna domiciliare dei farmaci - 3-01434

MORONI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
Farmindustria ha stipulato un accordo con Poste italiane per la consegna a domicilio di farmaci destinati ai pazienti affetti da particolari patologie, che devono oggi ritirarli presso le farmacie ospedaliere;
l'accordo sembra garantire un vantaggio per i cittadini, ma presenta, al contrario, molteplici profili di rischio: per i malati, per i conti pubblici e per l'efficienza del mercato farmaceutico;
la consegna domiciliare di farmaci non può essere esposta agli inconvenienti ricorrenti nei servizi di recapito, che Poste italiane gestisce direttamente o affida ad operatori terzi; un farmaco non può - come un pacco qualsiasi - finire «non consegnato» per assenza del destinatario, smistato in un magazzino decentrato, difficilmente raggiungibile e inadatto a conservarlo, e infine, magari, «recuperato» fuori tempo massimo, con possibili rischi di interruzione delle terapie;
la consegna a domicilio non verrebbe, comunque, effettuata da operatori sanitari e, dunque, i dubbi e le richieste di informazioni dei pazienti rimarrebbero senza risposta;
la privacy dei pazienti non sarebbe comunque salvaguardata, perché i portieri degli stabili, i vicini di casa, i corrieri e quanti altri potrebbero essere coinvolti dalle procedure di consegna dei prodotti farmaceutici: sarebbero, di fatto, informati delle condizioni di salute del destinatario e ciò appare gravemente in contrasto con i numerosi adempimenti cui gli operatori sanitari sono sottoposti per garantire la privacy dei pazienti;
se i costi della consegna fossero a carico dei produttori, ciò comporterebbe un'illegittima integrazione verticale del mercato dei farmaci, censurata dalla stessa Corte di giustizia europea; se fossero, invece, a carico del servizio sanitario nazionale sarebbero decisamente superiori a quelli della consegna - ben più sicura, da tutti i punti di vista - tramite le farmacie;
questa modalità di consegna rende più complesso l'effettivo monitoraggio dell'efficacia del farmaco e i risultati terapeutici delle cure -:
se non condivida le perplessità esposte in premessa e se non ritenga di intervenire, per quanto di competenza, nell'interesse dei pazienti, per evitare i rischi connessi alla situazione rappresentata in premessa.(3-01434)

Chiarimenti in merito alle risorse pubbliche e private destinate alla social card per l'anno 2011 - 3-01435

LENZI, MARAN, BOCCIA, QUARTIANI, GIACHETTI, MIOTTO, BARETTA, ARGENTIN, BOSSA, BUCCHINO, BURTONE, D'INCECCO, GRASSI, MURER, PEDOTO, SARUBBI, SBROLLINI e LIVIA TURCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo fonti Istat, sono circa 2 milioni e 653 mila le famiglie in condizioni di povertà, nei confronti delle quali si attende un intervento organico di integrazione al reddito;
l'unico provvedimento di lotta alla povertà intrapreso da questo Governo è stato l'istituzione della carta acquisti o social card nel 2008, con l'articolo 81, comma 29 e seguenti, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, poi riconfermato nel 2009. La carta è rivolta a cittadini che versano in condizioni di disagio economico con queste caratteristiche: anziani ultrasessantacinquenni e famiglie con figli di età inferiore ai 3 anni, che abbiano un reddito fino a 6.000 euro. Per chi ha più di 70 anni, la soglia di reddito è 8.000 euro. La carta consente, per una parte, di usufruire di una vera e propria carta prepagata finalizzata all'acquisto di beni alimentari o farmaceutici e al pagamento delle tariffe per le utenze domestiche, per l'altra, di beneficiare di sconti nell'acquisto di prodotti alimentari o parafarmaceutici (ad esempio, i pannolini e il latte in polvere) che il Governo ha negoziato con le principali reti di distribuzione e di produzione di beni alimentari. La carta acquisti vale 480 euro l'anno e viene caricata ogni 2 mesi con 80 euro, sulla base degli stanziamenti disponibili;
con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 30 novembre 2009 (Gazzetta Ufficiale 28 dicembre 2009, n. 300), è stato ampliato l'utilizzo della carta acquisti, assegnando 20 euro a bimestre per gli utilizzatori, sul territorio nazionale, di gas naturale o gpl, per uso finalizzato al riscaldamento e/o uso cucina e/o produzione di acqua calda per la propria unità abitativa. E con successivo provvedimento sono state definite le modalità di distribuzione dei 20 euro all'anno per acquisto di latte in polvere e pannolini;
sono escluse dal beneficio le persone indigenti prive di alcun reddito, le persone disabili titolari di altro trattamento, quale, ad esempio, un assegno di accompagnamento, le famiglie con minori sopra i tre anni, risultando, quindi, con ogni evidenza che gran parte delle famiglie povere ne è esclusa;
al momento del lancio era stata prevista la distribuzione di 1 milione e 300.000 social card. Al riguardo, si fa presente che alla data del 20 gennaio 2010, nel rispondere ad un'interrogazione del gruppo del Partito democratico in Commissione bilancio, tesoro e programmazione, a firma dell'onorevole Baretta, il Governo informava che i cittadini beneficiari e utilizzatori della carta acquisti ammontavano complessivamente a circa 450.000. Nel mese di gennaio 2010, 350.500 soggetti, di cui 197.500 con età superiore ai 65 anni e 153.000 con età inferiore ai 3 anni, avevano ricevuto l'accredito dell'importo relativo al primo bimestre 2010. Complessivamente i soggetti che hanno avuto accesso al programma dal dicembre 2008 al 2010 sono stati in numero di 640.600, di cui 366.600 cittadini di età superiore ai 65 anni e 274.000 bambini di età inferiore ai 3 anni;
all'inizio la carta doveva essere finanziata con risorse pubbliche: 170 milioni di euro stanziati dal decreto-legge n. 112 del 2008; 485,6 milioni di euro resi disponibili dal decreto-legge n. 155 del 2008; 2 milioni di euro stanziati dalla legge n. 2 del 2009, quale contributo per latte artificiale e pannolini; e con donazioni: 200 milioni di euro da Eni s.p.a. e 50 milioni di euro da Enel s.p.a. -:
quali siano le risorse che il Governo intende destinare per l'anno 2011 e quale sia la quota di risorse messe a disposizione da parte di soggetti privati, al fine di assicurare la prosecuzione dell'esigibilità del contributo della social card da parte di una platea di beneficiari almeno comparabile con quella degli anni precedenti.
(3-01435)