XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 17 febbraio 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
il 17 marzo 1861 si riunì a Torino il primo Parlamento e venne proclamato il regno d'Italia: era nata politicamente la nazione italiana;
l'articolo 7-bis del decreto legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito dalla legge 29 giugno 2010, n. 210, ha stabilito che il giorno 17 marzo 2011, ricorrenza della proclamazione dell'Unità d'Italia, fosse dichiarato festa nazionale;
lo stesso articolo ha previsto che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, siano disciplinate le procedure amministrative per il compimento delle attività previste per celebrare la ricorrenza di questa festa nazionale;
l'unica altra festa nazionale della Repubblica, quella del 2 giugno, è considerata giorno festivo agli effetti civili, giorno cioè nel quale si osserva il completo orario festivo e per il quale è fatto divieto di compiere determinati atti giudiziari;
dal Presidente della Repubblica, da esponenti di molte comunità locali, dall'ex-Presidente della Repubblica Ciampi, da ampi settori dell'associazionismo culturale e sociale viene l'auspicio di una celebrazione adeguata di questa ricorrenza;
i simboli per le nazioni sono importanti e festeggiare questa ricorrenza come una vera festività rappresenta un simbolo irrinunciabile, una festa che deve ricordare a tutti i cittadini italiani di appartenere ad un'unica nazione. Lo si deve alle generazioni passate e a quelle future,


impegna il Governo


a predisporre gli opportuni atti e le necessarie disposizioni al fine di celebrare degnamente la giornata del 17 marzo 2011 quale giorno pienamente festivo, ai sensi dell'articolo 2 della legge 27 maggio 1949, n. 260.
(1-00566)
«Donadi, Di Pietro, Evangelisti, Borghesi, Leoluca Orlando, Favia».

TESTO AGGIORNATO AL 12 APRILE 2011

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

NASTRI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il tartufo bianco pregiato, nome scientifico tuber magnatum pico, è un prodotto alimentare pregevole ed estremamente ricercato in particolare dalla gastronomia non solo italiana, in considerazione del riconoscimento qualitativo nazionale ed internazionale che riveste, nonché del successo sul piano commerciale che unanimemente esso ottiene;
conosciuto anche come tartufo d'Alba o del Piemonte, il giro d'affari del tubero è ormai consolidato come peraltro suddetto, anche a livello internazionale, in considerazione che nell'ultima asta di Grinzane Cavour in provincia di Cuneo, l'offerta più importante e considerevole è giunta da Hong Kong;
l'Italia rappresenta uno dei maggiori Paesi produttori ed esportatori di tartufi a livello mondiale, come recentemente confermato dall'Associazione tartufai astigiani e monferrini nel corso dell'assemblea annuale suffragato anche dal Centro nazionale studi sul tartufo d'Alba, i quali hanno proposto, sostenuti anche dalle zone di

grande produzione tartufigene delle tre province del sud Piemonte Asti, Alessandria e Cuneo, il riconoscimento da parte dell'Unesco del tartufo bianco, nella lista del patrimonio mondiale dell'umanità;
appare evidente, a giudizio dell'interrogante, in considerazione di quanto precedentemente esposto, intervenire nelle sedi competenti al fine, di prevedere azioni volte a garantire per il prestigioso prodotto alimentare, l'approvazione all'interno della autorevole lista del patrimonio dell'umanità dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura UNESCO, che ha lo scopo di identificare e mantenere la lista di quei siti che rappresentano delle particolarità di eccezionale importanza da un punto di vista culturale o naturale -:
se intendano, nell'ambito delle rispettive competenze, intraprendere opportune iniziative, anche in sede internazionale, che consentano il riconoscimento per il tartufo bianco come patrimonio dell'Unesco, le cui conseguenze costituirebbero per il nostro Paese un beneficio d'immagine ed economico ragguardevole.
(5-04241)

CODURELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in data 6 ottobre 2010 l'interrogante presentava l'atto di sindacato ispettivo n. 5-03538 per conoscere chi era la personalità a bordo di un auto blu che lungo la strada da Merate verso Milano contravveniva al codice della strada superando una colonna di vetture, ferma a causa del traffico;
nonostante numerosi solleciti da parte dell'interrogante ad oggi non c'è stata alcuna risposta da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri;
in data 21 ottobre 2010 la polizia locale di Calco (LC) durante una mattinata di normali controlli ha effettuato una contravvenzione nei confronti di un Audi con i vetri posteriori oscurati e lampeggiante blu attivo, il cui locatario risulta essere la Presidenza del Consiglio dei ministri;
la Presidenza del Consiglio ha presentato, nel mese di gennaio 2011, ricorso presso la prefettura di Lecco, adducendo come giustificazione alla violazione degli obblighi della circolazione l'urgenza del servizio connessa ad attività governative. Urgenza che però, in base al codice della strada, deve essere segnalata congiuntamente da dispositivi luminosi e acustici. Mentre l'auto blu in questione aveva attivo solo il lampeggiante;
nelle prossime settimane la prefettura di Lecco sarà chiamata a deliberare su questa faccenda -:
se non reputi opportuno riferire in relazioni alle numerose infrazioni al codice della strada da parte delle cosiddette auto blu e in particolare su tale infrazione comminata;
se non ritenga doveroso rendere noto i nomi delle persone trasportate in quella circostanza.
(5-04249)

Interrogazioni a risposta scritta:

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nella programmazione finanziaria 2011 di Ufficio nazionale per il servizio civile (UNSC) la voce «Contributo alle Regioni e Province autonome per spese di funzionamento» ha subito una decurtazione del 35 per cento rispetto a quanto stanziato nel 2010, passando pertanto dallo stanziamento di 1.400.000 euro del 2010 ad uno di 910.000 euro per il 2011;
si nota tuttavia che le voci di spesa dell'obiettivo «3: spese connesse al funzionamento di UNSC», al cui interno è posta la voce 54, subiscono complessivamente una riduzione del 19,8 per cento, passando da uno stanziamento complessivo di 4.489.000 euro del 2010 a 3.600.156 euro del 2011;

se si sommano le voci di spesa degli obiettivi 2 e 3 della programmazione finanziaria UNSC, si nota che la riduzione complessiva è invece del 16,3 per cento;
appare quindi evidente come la voce 54 abbia subito una riduzione di oltre il 100 per cento superiore rispetto a quelle di voci ad essa assimilabili -:
se di tale riduzione delle risorse sia stata preventivamente informata la Conferenza delle regioni;
quali siano le ragioni della forte discrasia tra la riduzione percentuale delle risorse destinate alle regioni e quelle di altre voci ad essa assimilabile e se non ritenga che ciò sia in contrasto con il principio di leale collaborazione tra Stato e regioni.
(4-10936)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comma 8 dell'articolo 6 della legge n. 122 del 2010 stabilisce che non si possono effettuare «spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalità»;
nella programmazione finanziaria 2011 di Ufficio nazionale per il servizio civile (UNSC) ciò ha comportato delle riduzioni di spesa nelle seguenti voci:
10. Spese pubblicitarie per campagne informative UNSC;
51. Convegni, mostre, eventi e fiere di orientamento;
66. Spese relative alla «giornata del servizio civile»;
per tali tre voci nel 2009 si erano spesi 497.421 euro, mentre nel 2010 si sono previste spese assestate per 530.000 euro;
l'applicazione dell'articolo 6 della legge n. 122 del 2010, ha comportato che le tre voci di spesa sopra citate non debbano superare l'importo di 99.485 euro, ed in effetti ciò risulta dalla programmazione stessa;
tuttavia sempre nella programmazione finanziaria per il 2011 si trova una nuova voce, ovvero «9. Spese per opuscoli, diari e agende del servizio civile» che prevede un impegno di 120.000 euro e che in tutta evidenza risulta essere spesa per relazioni pubbliche, di rappresentanza e di pubblicità;
la voce di costo 9 sopra ricordata rappresenta, ad avviso degli interroganti, un aggiramento di quanto stabilito dall'articolo 6 della legge n. 122 del 2010 -:
se non ritengano opportuno procedere all'annullamento della voce di costo 9, destinando le risorse così risparmiate all'aumento del numero di volontari in servizio civile nell'anno 2011.
(4-10937)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 11 della legge 64 del 2001 al comma 1, stabilisce che: «Il Fondo nazionale per il servizio civile è costituito: a) dalla specifica assegnazione annuale iscritta nel bilancio dello Stato; b) dagli stanziamenti per il servizio civile nazionale di regioni, province, enti locali, enti pubblici e fondazioni bancarie; c) dalle donazioni di soggetti pubblici e privati» ;
l'articolo 7 della stessa legge, al comma 3 afferma che «Le spese di funzionamento dell'Ufficio nazionale per il servizio civile (UNSC) sono definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nel limite massimo del 5 per cento delle risorse finanziarie del Fondo nazionale per il servizio civile, di cui all'articolo 11, comma 1, lettera a)»;
il documento di programmazione finanziaria 2011 di UNSC segnala come

l'assegnazione annuale 2011 per il Fondo nazionale per il servizio civile sia di euro 110.800.000;
nella risposta all'interrogazione 5-03471 a firma Silvia Velo, il Sottosegretario Giovanardi ha affermato che «da pochi giorni mi è stata comunicata la notizia che all'interno della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono stati recuperati ulteriori 24 milioni di euro da destinare al servizio civile nazionale» ;
dato che i 24 milioni di cui alle righe precedenti sono stanziati su base triennale, l'assegnazione annuale 2011 per il Fondo nazionale per il servizio civile sarà di euro 118.800.000;
se ne deduce che le spese di funzionamento per il 2011 di UNSC non potranno essere superiori a 5.940.000 euro;
da un rapido esame dei documenti di programmazione finanziaria di UNSC dal 2002 al 2010, risulta evidente come le voci di spesa siano suddivise in due gruppi: «spese istituzionali» e «spese di funzionamento» , al fine di evidenziare al meglio il permanere, per le spese di funzionamento, nel limite del 5 per cento fissato dalla legge 64 del 2001;
il documento di programmazione finanziaria di UNSC per l'anno 2011 abbandona tale metodologia, e raggruppa le spese in tre «programmi», non contemplati dalla normativa in vigore, ovvero: 1 Finanziamento degli interventi di servizio civile; 2 Gestione del trattamento economico del personale assegnato ad UNSC; 3 Spese connesse al funzionamento di UNSC;
a fronte di tale artificio contabile è di ausilio l'allocazione delle singole voci di costo dal 2002 al 2010. Infatti negli anni passati venivano individuate come «spese di funzionamento» le seguenti voci di spesa (vengono citate solo quelle presenti anche nella programmazione 2011):
11. Compensi per lavoro straordinario ed altri trattamenti economici accessori per il personale in servizio;
12. Rimborso competenze fisse ed accessorie al personale comandato appartenente ad Amministrazioni statali e non statali;
14. Buoni pasto al personale in servizio;
17. Spese per consulenti e esperti;
44. Missioni per attività istituzionali ed ispettive;
45. Acquisizione di beni e di servizi, compresi canoni e utenze elettriche, idriche e telefoniche;
46. Spese per l'adeguamento, la gestione e il funzionamento del sistema informativo (assistenza e implementazione software, hardware, internet, abbonamenti a codici telematici, canoni collegamenti informatici);
47. Fitto locali, ivi compresi gli oneri accessori;
49. Manutenzione ordinaria degli impianti;
50. Acquisto di carta, stampati, cancelleria, riviste, giornali, pubblicazioni;
51. Convegni istituzionali e manifestazioni di carattere culturale e istituzionale;
52. Corsi aggiornamento per il personale in servizio, compresi i corsi di informatica;
54. Contributo alle Regioni per spese di funzionamento;
72. Liquidazione premi assicurativi a favore del personale di ruolo e in comando;
82. Servizi di pulizia ordinaria e straordinaria e connesse spese di igienizzazione dei locali (nuova voce creata nel 2010);
83. Acquisto di mobili ed arredi d'ufficio-Spese per facchinaggio, trasporto ed altre spese di funzionamento (nuova voce creata nel 2010);

le voci sopra elencate nella programmazione finanziaria 2011 sono nella loro quasi totalità contenute nei programmi «32. Gestione del trattamento economico del personale assegnato ad UNSC» e «3. Spese connesse al funzionamento di UNSC»;
fanno eccezione le voci: «44 Missioni per attività istituzionali ed ispettive» e «51. Convegni istituzionali e manifestazioni di carattere culturale e istituzionale», che nel 2011 finiscono nel programma «Finanziamento degli interventi di servizio civile»;
vi è inoltre da segnalare come nel programma «gestione del trattamento economico del personale assegnato ad UNSC» appaia la nuova voce «Rimborsi alla Presidenza per ind. specificità organizzativa e altri pagamenti sul Fondo d'incentivazione in applicazione del contratto collettivo per il personale della PCM (SPESE OBBLIGATORIE)» che risulta evidentemente come una spesa di funzionamento;
pertanto nella programmazione finanziaria 2011 di UNSC le spese di funzionamento, così come indicate dall'articolo 7, comma 3, della legge 64 del 2001 e confermate dalle programmazioni finanziarie di UNSC dal 2002 al 2010 non possono che essere la somma: a) delle voci raggruppate nel programma «2. Gestione del trattamento economico del personale assegnato ad UNSC» che segnala spese per euro 3.300.000; b) delle voci raggruppate nel programma «3. Spese connesse al funzionamento di UNSC» che segnala spese per euro 3.600.156; c) della voce «44 Missioni per attività istituzionali ed ispettive» che segnala spese per euro 140.000; d) della voce «51. Convegni istituzionali e manifestazioni di carattere culturale e istituzionale» che segnala spese per euro 15.300;
sulla base di quanto segnalato nelle righe precedenti, complessivamente le spese di funzionamento di UNSC per l'anno 2011 assommano a 7.055.456 euro con uno sfondamento dei limiti fissati dalla legge 64 del 2001 per l'anno 2011 di ben 1.115.456 euro -:
se gli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze siano stati posti a conoscenza del superamento dei limiti delle spese di funzionamento per l'anno 2011, stabiliti dalla legge n. 64 del 2001;
se gli stessi uffici abbiano mai dato un parere favorevole a quanto descritto in premessa e sulla base di quali ragioni;
quali interventi si intendano assumere affinché la programmazione finanziaria di UNSC dell'anno 2011 rispetti il limite del 5 per cento per le spese di funzionamento, stabilito dalla legge 64 del 2001.
(4-10940)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
le modalità di ricalcolo delle ritenute fiscali per l'anno 2010 operate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale hanno provocato una situazione di estremo disagio tra numerosi pensionati, soprattutto anziani che sopravvivono con pensioni minime di circa 600 euro mensili;
infatti l'INPS ha deciso di effettuare in due uniche soluzioni le trattenute di conguaglio per l'anno 2010, ovvero nei soli mesi di gennaio e febbraio 2011, determinando, in tal modo, una drastica riduzione e, in molti casi, quasi l'azzeramento degli assegni mensili corrisposti ai pensionati per tali mesi;
in particolare, tra le diverse segnalazioni pervenute agli interroganti, si segnalano il caso di una pensionata di Pistoia nei confronti della quale l'INPS, applicando le suddette modalità di ricalcolo delle ritenute fiscali, ha disposto per il mese di gennaio 2011 un assegno di 9 euro a fronte dei 583,53 previsti;
i criteri e le modalità adottati dall'INPS in merito alla rateizzazione del conguaglio per l'anno 2010 risultano incomprensibili, inaccettabili e fortemente

penalizzanti per una categoria di persone che già vive in condizioni precarie e a rischio di povertà -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito;
se non si ritenga di dover intervenire con la massima urgenza presso l'INPS affinché ponga rimedio al grave disagio che le modalità di ricalcolo delle ritenute fiscali per l'anno 2010 hanno provocato tra gli anziani a cui vengono corrisposte pensioni minime;
se non si ritenga necessario prevedere alle trattenute applicabili alle pensioni minime misure di computo e di distribuzione tali da impedire le pesanti decurtazioni ovvero il pressoché azzeramento degli assegni mensili.
(4-10946)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio dei ministri nel corso della seduta del 21 gennaio 2011 ha approvato in via preliminare la nomina dei sette componenti il consiglio direttivo dell'Anvur, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca costituita ai sensi dell'articolo 2, comma 138, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286;
tra i componenti del suddetto consiglio direttivo scelti dal ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca non figura alcun rappresentante delle discipline umanistiche né alcun rappresentante delle istituzioni accademiche del Mezzogiorno; si rileva, inoltre, l'assenza di ricercatori;
la scelta operata dal Ministro interrogato di non includere tra i membri consiglio direttivo i rappresentanti del settore umanistico risulta totalmente incomprensibile ed inaccettabile stante la fondamentale ed indiscutibile importanza che tale settore riveste, che peraltro richiede peculiari e specifici criteri di valutazione;
altresì incomprensibile ed inaccettabile risulta l'esclusione dal medesimo Consiglio direttivo della rappresentanza dell'istituzioni accademiche meridionali che, anche in considerazione delle condizioni di maggiore disagio sociale, economico e culturale in cui operano, meritano di essere adeguatamente rappresentate;
il regolamento concernente la struttura e il funzionamento dell'Anvur adottato ai sensi dell'articolo 2, comma 140, del menzionato decreto-legge, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2010, n. 76, stabilisce che «I componenti del consiglio direttivo sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro, sentite le competenti commissioni parlamentari» -:
sulla base di quali criteri si sia ritenuto di non includere tra i componenti del Consiglio direttivo dell'Anvur i rappresentanti delle discipline umanistiche, delle istituzioni accademiche meridionali e dei ricercatori.
(4-10948)

GIACHETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
domenica 13 febbraio 2011 è apparso sul Corriere della Sera un articolo contenente ampi stralci dell'ultimo libro di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, dal titolo «Vandali» che documenta e denuncia la progressiva distruzione di quello che dovrebbe considerarsi il vero fiore all'occhiello per il nostro Paese, ovvero il nostro patrimonio artistico culturale;
nell'ambito di tale inchiesta i due giornalisti dedicano ampio spazio alle contraddizioni che emergono, in tempo di crisi economica, tra politiche all'insegna di decurtazioni e mancati finanziamenti per

la valorizzazione e promozione del comparto culturale e il mantenimento, ma anche l'incremento, dei costi della politica nonché degli stipendi pubblici più alti all'interno del Palazzo;
più specificamente, nella sezione dedicata alla Presidenza del Consiglio dei ministri, si ricorda di come la manovra del Ministro Tremonti improntata sulla riduzione del peso della spesa pubblica prevedesse, tra le altre, di tagliare del 5 per cento gli stipendi pubblici più alti a partire dal 1o gennaio 2011, operazione peraltro definita una sorta di antipasto dal titolare del Ministero dell'economia e delle finanze (18 maggio 2010, a margine della riunione Ecofin a Bruxelles «Ho sentito parlare di tagli agli stipendi dei parlamentari dell'ordine del 5 per cento. Mi viene da sorridere. Per me è solo un aperitivo»);
a fronte di tali intendimenti i due inviati del Corriere segnalano che tali decurtazioni non avrebbero interessato, stando a quanto riportato nel bilancio ufficiale di Palazzo Chigi, i collaboratori più stretti del Governo, dal segretario generale ai suoi facenti funzioni, dai ministri senza portafoglio ai sottosegretari fino ad arrivare allo stipendio dello stesso Presidente del Consiglio dei ministri, per i quali si prevedrebbe persino un aumento (si parla di 520.000 euro in luogo dei 430.000 euro per il segretario generale e i suoi facenti funzione e di 2,1 milioni anziché 1,6 per tutte le altre figure);
nello stesso bilancio ufficiale si direbbe infatti che il taglio previsto per gli stipendi pubblici più alti «ha sollevato alcuni dubbi di natura interpretativa con specifico riferimento ai destinatari» e che dunque sarebbe stato di fatto congelato;
in aggiunta il testo darebbe conto di una folgorante, a parere dell'interrogante, decuplicazione delle spese per convegni, congressi e visite ufficiali del premier che se nel 2009 erano fissate a 900.000 euro sarebbero oggi arrivate a sfiorare i 10 milioni, oltre a quelle di rappresentanza passate dai 200.000 euro del 2009 agli odierni 800.000 euro;
a parere dell'interrogante, qualora tale ricostruzione giornalistica corrispondesse al vero, saremmo di fronte ad una gravissima violazione di impegni pubblici assunti solennemente dal Governo nell'ambito di una proclamata azione di contenimento e riduzione dei costi della politica -:
se corrisponda al vero che il taglio del 5 per cento e del 10 per cento degli stipendi pubblici più alti, previsto nella manovra economica e che doveva partire dal 1o gennaio 2011, non abbia interessato il Presidente del Consiglio dei ministri, i Sottosegretari, i Ministri senza portafoglio e lo staff della Presidenza del Consiglio dei ministri;
se vi siano e, in tal caso, di quale natura siano «i dubbi interpretativi» che ne impedirebbero l'applicazione;
se corrisponda al vero che il capitolo di spesa relativo ai compensi delle figure succitate sia destinato nell'anno in corso a crescere e non a ridursi;
se corrisponda al vero, e se si per quali ragioni, che le spese di rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei ministri siano quadruplicate nel giro di un anno e quelle inerenti i congressi e i viaggi di rappresentanza del Presidente del Consiglio nello stesso lasso di tempo si siano decuplicate e se tali aumenti abbiano una qualche relazione anche con gli svariati incontri nelle diverse residenze ufficiali del Presidente del Consiglio.
(4-10951)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

GARAVINI, BUCCHINO, FEDI e PORTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
gli istituti di cultura favoriscono importanti forme di collaborazione con il mondo culturale e scientifico dei Paesi

ospitanti e contribuiscono allo sviluppo culturale, scientifico ed economico dell'Italia; essi costituiscono un imprescindibile punto di riferimento per le comunità italiane all'estero che intendono mantenere uno stretto contatto con il Paese d'origine e offrono un prezioso supporto per gli studiosi e studenti nella loro attività di ricerca e di studio;
il Ministero degli affari esteri ha attivato una riorganizzazione della rete degli istituti italiani di cultura all'estero che si traduce, in particolare in Europa, in un nuovo sostanziale depotenziamento della rete stessa;
per quello che riguarda l'Europa, il piano di riorganizzazione prevede il declassamento di numerosi sedi, quali Colonia, Francoforte, Stoccarda, Lione, Salonicco, e la chiusura delle sezioni di Grenoble, Innsbruck e Lilla;
per quello che concerne invece gli altri continenti, vengono declassati, negli Stati Uniti, gli istituti di cultura di Chicago e San Francisco, in Brasile quello di Rio de Janeiro, in Argentina quello di Cordoba, in Australia quello di Sidney;
un tale depotenziamento ha già raccolto il fermo dissenso delle comunità locali, così come la contrarietà del mondo sindacale;
i declassamenti si traducono in un'evidente perdita d'autonomia decisionale, in un appesantimento degli iter burocratici e, in definitiva, in un ridimensionamento dell'offerta di manifestazioni e programmi culturali;
la chiusura degli istituti di cultura a Lilla, Grenoble e Innsbruck, in particolare, segnerebbe un'insostenibile defezione nella rappresentanza e nella promozione della cultura italiana in aree territoriali che vantano un alto valore strategico e una considerevole presenza di connazionali;
a Lilla lo smantellamento della sezione dell'istituto italiano di cultura s'intreccia con la chiusura della locale sede consolare, contro la quale sono state organizzate pubbliche e ferme manifestazioni di dissenso sostenute dal COMITES, dal CGIE, da numerose associazioni italiane ed italo-francesi e da oltre centocinquanta autorità francesi, istituzionali e politiche;
a Grenoble, numerosi italiani residenti in loco sono impegnati da settimane in una ferma mobilitazione contro il progetto di chiusura dell'istituto e hanno altresì promosso una petizione di protesta che ha raccolto in pochi giorni circa 3.000 firme, tra le quali si contano ricercatori universitari e del CNR, importanti esponenti del mondo culturale e dirigenti di imprese italo-francesi;
il sindaco di Grenoble il presidente della provincia dell'Isère, così come numerosi esponenti del mondo politico locale hanno offerto la loro disponibilità al dialogo con le autorità italiane per individuare soluzioni alternative alla chiusura dell'istituto italiano di cultura;
il piano di riorganizzazione degli istituti italiani di cultura adottato nell'evidente intento di adeguarsi alle decurtazioni imposte dalle ultime leggi finanziarie, non sembra tuttavia fornire una giusta considerazione del peso e della struttura organizzativa delle sedi presenti sul territorio -:
se non intenda favorire una riconsiderazione della decisione sulla chiusura dell'istituto italiano di cultura di Grenoble e di Innsbruck;
se non intenda favorire una riconsiderazione della decisione di chiusura del consolato di Lilla e del locale istituto italiano di cultura;
quali siano le misure che il Ministero si propone di adottare, relativamente alle sedi minacciate dal declassamento e dall'aggregazione ad altri istituti come sezioni distaccate, affinché non siano compromesse l'offerta culturale e la capacità di dialogo con quanti sono interessati alla cultura italiana;

come intenda, nelle sedi per le quali è previsto il depotenziamento strutturale, salvaguardare le professionalità impegnate per la promozione della cultura, della lingua e dell'immagine del nostro Paese.
(4-10933)

TESTO AGGIORNATO AL 22 FEBBRAIO 2011

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

FUGATTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel 1996 in Trentino, ha preso avvio il progetto di reintroduzione dell'orso bruno mediante un cofinanziamento di fondi dell'Unione europea: il progetto Ursus. Il progetto è stato promosso dal parco naturale Adamello Brenta e condotto in stretta collaborazione con la provincia autonoma di Trento e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica;
in questi anni il numero di orsi presenti sul territorio della regione Trentino Alto Adige è in continuo aumento ed attualmente sembra potersi ipotizzare una presenza di circa 50 orsi;
tale rilevante presenza è fonte di notevole preoccupazione per la popolazione ancora molto legata a quelle attività tradizionali di cui fanno parte l'allevamento e l'alpeggio. I danni subiti in questi anni dalla presenza degli orsi sono stati rilevanti e solo parzialmente indennizzati per gli aspetti materiali, ma ora, anche per le modalità di predazione che causano grandi sofferenze agli animali domestici e per il fatto che dette predazioni avvengono in forma cruenta nelle immediate vicinanze delle abitazioni della popolazione residente in montagna, si sta diffondendo un sentimento di paura, in particolare fra quelle famiglie i cui bambini frequentano abitualmente i prati e le pertinenze delle abitazioni attorno alle quali la presenza dell'orso è sempre più documentabile;
le azioni di disturbo messe in campo dal personale forestale provinciale si sono evidenziate poco efficaci contro gli orsi e, quindi, la preoccupazione nella prospettiva dell'uscita dal letargo degli orsi è crescente;
la popolazione che, pur tra molti sacrifici, ha deciso di vivere in montagna rappresenta oltre che un grande valore sociale e di tradizione per la regione Trentino Alto Adige, anche un importante fattore economico, tenuto conto della rilevanza dell'attività turistica e dell'alpicoltura, attività queste assolutamente collegate -:
se abbia ricevuto richieste da parte delle province autonome di Trento e di Bolzano volte ad individuare soluzioni operative alle tematiche esposte in premessa ed, in caso affermativo, in quali termini siano state riscontrate visto che si tratta di un problema che necessita di adeguate valutazioni e di risposte concrete in quanto potrebbe essere fonte di problemi anche maggiori di quelli sopra evidenziati per la popolazione montana della regione Trentino Alto Adige.
(5-04247)

Interrogazioni a risposta scritta:

FOGLIATO, CALLEGARI e BITONCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
la direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, concernente la protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (cosiddetta direttiva nitrati) introduce misure finalizzate a ridurre l'inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola e a prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo;
la direttiva citata introduce l'obbligo per gli Stati membri di designare ed aggiornare

le zone vulnerabili da nitrati e di approvare adeguati programmi d'azione che tengono conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine e delle condizioni ambientali nelle regioni interessate dello Stato membro;
nella relazione inviata all'Unione europea dal Ministero dell'ambiente, ai sensi dell'articolo 10 della direttiva citata, è evidenziato che: «la conoscenza più articolata, derivante da una rete di monitoraggio più estesa rispetto al quadriennio precedente, determina la necessità di avviare studi ed approfondimenti al fine di comprendere le cause di detti superamenti in quanto il fenomeno potrebbe non essere ascrivibile alla presenza di attività agricole significative, ma ad altre cause, quali una drastica riduzione delle portate dei corsi d'acqua che si verifica, soprattutto nel periodo estivo, nel caso di fiumi a regime torrentizio - come nella maggior parte dei casi nell'Italia centro-meridionale e anche settentrionale per i fiumi appenninici ed alla presenza di scarichi di impianti di depurazione in prossimità delle stazioni di monitoraggio»;
le esperienze di attuazione e le più avanzate conoscenze scientifiche sugli effetti sinergetici delle misure previste nei programmi di azione sui nitrati evidenziano la necessità di adottare un approccio integrato alle politiche in materia di azoto, prendendo in considerazione l'intero ciclo dell'azoto;
l'Italia, nel corso degli ultimi anni, è stata oggetto di numerosi richiami e procedure di infrazione da parte della Commissione europea per la violazione o la mancata applicazione direttiva 1991/271/CE relativa al trattamento delle acque reflue urbane;
risulta dai dati a disposizione che circa 18 milioni di cittadini, pari al 30 per cento della popolazioni, non sono serviti dalla depurazione delle acque reflue;
è evidente la necessità si promuovere in sede comunitaria una riflessione approfondita sull'effettivo contributo del settore agricolo nazionale al problema dell'inquinamento da nitrati, considerando unitariamente, tanto a livello di indagine che normativo, i nitrati di origine agricola e quelli di origine civile;
soltanto a seguito di una compiuta analisi dell'inquinamento e dei rischi connessi è possibile assegnare il peso più adeguato al reale contributo che ciascuna fonte determina sul fenomeno, calibrando, quindi, sulla base dei risultati delle indagini effettuate, gli oneri posti a carico degli operatore le misure di intervento -:
quante e quali procedure di infrazione risultino in corso per la mancata o incompleta depurazione delle acque reflue urbane e per la violazione delle direttive comunitarie in materia di tutela delle acque;
quante sentenze di condanna siano state pronunciate da parte della Corte di giustizia europea, a partire dalla attuazione della «direttiva nitrati» in Italia, per la violazione o la mancata o incompleta attuazione delle direttive comunitarie in materia di acque ed a quanto ammontino le sanzioni a carico dello Stato o delle regioni connesse a tali inadempienze;
quali siano i parametri ed i livelli di inquinamento connessi alle violazioni riscontrate o contestate da parte dell'Unione europea e quanti e quali siano i comuni interessati;
quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di procedere alla verifica della natura e della tipologia delle fonti puntuali e concorrenti di inquinamento da nitrati, con particolare riferimento alla depurazione delle acque reflue urbane ed alla presenza sul territorio di altre attività impattanti;
quali iniziative il Governo intenda assumere per procedere alla revisione delle zone vulnerabili, in funzione dei dati relativi all'individuazione delle fonti puntuali e concorrenti di inquinamento da nitrati;

quali iniziative il Governo intenda assumere per risolvere i problemi connessi al deficit di depurazione sul territorio nazionale.
(4-10941)

BELLOTTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo l'articolo 117 della Costituzioni, lo Stato ha competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e, conseguentemente, deve anche a livello regionale e provinciale l'esercizio di questa funzione, specie se questo sia un presupposto fondamentale per la sicurezza dei cittadini;
la regione Veneto ha subito nel novembre del 2010 danni ingenti derivanti da inondazioni che, a seguito del maltempo, hanno messo in ginocchio le province di Padova, Vicenza e Verona;
per questa ragione, i tagli pesanti determinati dalla regione del Veneto agli stanziamenti per la bonifica dei terreni, l'estrazione di acqua e ai centri di controllo della subsidenza nella zona appare decisamente inopportuna;
i guasti dell'assetto idrogeologico del Veneto, che già hanno dimostrato di non consentire al territorio di sopportare piogge certamente intense ma non per questo eccezionali, potrebbero portare in un prossimo futuro, ove non siano sanati, al ripetersi di fatti devastanti per la Regione e la sua popolazione;
il Veneto merita una particolare attenzione anche perché vi sono zone, come il Polesine, costituito da territori in gran parte sotto il livello del mare, e pertanto che già in condizioni ordinarie necessitano di un costante monitoraggio, opere di drenaggio e riabilitazione di strutture, come i consorzi di bonifica, fondamentali al fine di evitare inondazioni nel territorio;
è inoltre doveroso tener conto dei costi economici, generati dalle inondazioni del novembre 2010, che sono certamente più ingenti rispetto ad un impegno per la manutenzione delle opere idrauliche tramite i consorzi di bonifica;
appare semmai urgente fissare chiaramente le competenze dei soggetti preposti alla cura del territorio, onde evitare che l'incuria possa essere generata dall'impossibilità di determinare oggettive responsabilità;
fermo il principio di sussidiarietà, è indispensabile che tutte le istituzioni competenti intervengano affinché tali nefasti eventi non abbiano a ripetersi e, ove la regione Veneto agisca in modo tale da non tutelare adeguatamente la sicurezza dei suoi cittadini, è compito dello Stato farsi garante della cura del territorio -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intende assumere al fine di compensare con interventi adeguati di competenza la riduzione degli stanziamenti ai consorzi di bonifica operati dalla regione Veneto, in modo da garantire ai cittadini di quel territorio di non essere sottoposti nuovamente al rischio di eventi calamitosi quali quelli occorsi nell'autunno del 2010.
(4-10944)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DE PASQUALE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il mitreo è un santuario dedicato al culto di Mitra, una divinità di origine indo-iranica che, a partire dall'età ellenistica fino al IV secolo dopo Cristo, cioè fra Alessandro Magno e Costantino, assunse valore cosmologico all'interno di una dottrina dai forti connotati simbolici e misterici;
solo a Roma e dintorni sono stati censiti circa un centinaio di mitrei, fra i più noti quelli sottostanti le chiese di San

Clemente e di Santa Prisca, quello del Circo Massimo e quello delle Sette Porte ad Ostia. Innumerevoli altri mitrei sono stati scoperti e aperti al pubblico in Italia, in Germania, in Gran Bretagna e in Ungheria;
la maggior parte di questi santuari sono stati deturpati dal tempo o devastati dagli uomini, sicché piuttosto raramente ci si imbatte in ambienti che non siano stati pesantemente manomessi;
il mitreo di Marino (Roma) rappresenta invece un caso quasi unico nel suo genere, non solo perché inviolato fino a qualche decennio fa, ma anche perché la rappresentazione del sacrificio del toro e le altre scene del culto sono rappresentate non in bassorilievo o a mosaico, ma in forma pittorica assolutamente rara, di cui si riscontrano due soli altri esempi: nei sotterranei di Palazzo Barberini a Roma e a Santa Maria Capua Vetere;
tuttavia quello di Marino, rispetto a questi ultimi due, è di gran lunga il migliore per lo stato di conservazione e per le qualità pittoriche del dipinto;
a fronte delle scarne informazioni pervenuteci sul culto di Mitra e nonostante i numerosi luoghi segnalati, il mitreo di Marino rappresenta un monumento unico al mondo nel suo genere sia sul piano artistico, sia sul piano archeologico, tanto da meritare di essere segnalato fra i principali beni culturali nazionali e del mondo intero;
il mitreo di Marino, databile al II secolo dopo Cristo, fu scoperto ufficialmente nel 1962 e da allora nessuno degli enti pubblici ha provveduto a recuperare un'area archeologica così importante e a valorizzarla dal punto di vista culturale e turistico;
nel 2003 la provincia di Roma, giunta Moffa, stanziò una somma di 365.000 euro su richiesta dell'amministrazione comunale, guidata dal sindaco Desideri, per acquisire da privati l'area di accesso e quindi procedere ai lavori di recupero e di restauro del mitreo;
in attesa che la provincia erogasse l'indispensabile contributo, il sindaco Onorati decise di anticipare con fondi comunali le spese necessarie per l'acquisto dell'area di accesso e per effettuare il primo intervento di lavori necessari per l'apertura al pubblico del monumento;
il 30 aprile del 2004 l'area fu acquisita al patrimonio del comune di Marino e all'inizio del 2005 cominciarono i lavori di ricognizione che hanno portato alla scoperta della scala di accesso originaria al santuario, di un secondo cippo in peperino con iscrizione e altri importanti reperti;
caduta l'amministrazione Onorati, i lavori sono stati eseguiti, durante il periodo commissariale, fino all'esaurimento dei fondi messi a disposizione del comune di Marino -:
se il Ministro sia informato del particolare valore che il ritrovamento riveste e quali iniziative intenda adottare affinché un tale patrimonio storico, artistico e culturale venga valorizzato e perché un bene archeologico di queste dimensioni e di tale importanza venga preso in considerazione per la conclusione del restauro e l'apertura al pubblico.
(5-04237)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

SAMPERI. - Al Ministro della difesa, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
dal 1993 ad oggi, a seguito dell'emanazione di varie leggi che hanno riguardato l'Arma dei carabinieri, gli ufficiali in servizio permanente a cui sono demandati compiti operativi sono stati distinti in ufficiali del «ruolo normale» ed ufficiali del «ruolo speciale», malgrado svolgano gli stessi compiti e rivestano le medesime funzioni, e ciò, per gli ufficiali del ruolo

speciale, comporta una marcata disuguaglianza rispetto agli ufficiali del ruolo normale relativamente ad un peggiore trattamento per la permanenza nei vari gradi, per l'impossibilità di ricoprire i gradi apicali e la possibilità davvero esigua di usufruire dei corsi di aggiornamento e di elevazione professionale;
per quanto riguarda l'avanzamento e la progressione in carriera per gli ufficiali del ruolo speciale è prevista una più lunga permanenza nei gradi rispetto a quanto previsto per i loro colleghi del ruolo normale. In sostanza si tratta di un 1 anno nel grado di tenente, 3 anni nel grado di capitano, 2 anni nel grado di tenente colonnello. Riguardo alle promozioni al grado superiore nei gradi di sottotenente, tenente e capitano, in linea di massima, le percentuali di promozione nei due ruoli sono analoghe, anche in considerazione della consistenza organica dei vari gradi, ma poi solo il 2,3 per cento di ufficiali del ruolo speciale è promosso colonnello, mentre nel ruolo tecnico logistico il 7,3 per cento e nel ruolo normale il 17,1 per cento. Inoltre, il grado apicale previsto per il ruolo speciale è quello di colonnello, mentre per gli ufficiali del ruolo normale sono previsti 61 generali di brigata, 20 generali di divisione e 10 generali di corpo d'armata. Il ruolo speciale risulta perdente anche nel confronto con il ruolo tecnico-logistico dell'Arma dei carabinieri, per il quale il grado apicale è quello di generale di divisione, e con l'omologo ruolo speciale della Guardia di finanza;
riguardo all'attribuzione degli incarichi di comando per i tenenti colonnelli e per i colonnelli del ruolo speciale sono state stabilite delle limitazioni che di fatto penalizzano ancora di più la categoria degli ufficiali del ruolo speciale e ciò risulta ancora più umiliante atteso che tali limitazioni sono state statuite con un atto amministrativo e, segnatamente con la circolare 545/228 del 1991 di protocollo emanata il 16 settembre 1995 dal comando generale dell'Arma dei carabinieri e non con un provvedimento di legge, malgrado sia del tutto evidente che la limitazione dei diritti, al di là di ogni considerazione di merito, non possa che avvenire per legge, come si conviene e si addice ad un Paese democratico e rispettoso dei diritti;
la normativa vigente, ad avviso dell'interrogante, determina nei confronti degli ufficiali del ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri una vera e propria discriminazione in merito ad opportunità di carriera e di trattamento economico e tale disparità risulta del tutto ingiustificata in relazione al fatto che gli ufficiali del ruolo speciale rispetto ai colleghi del ruolo normale non si differenziano in nessun modo, anzi hanno le medesime attribuzioni, funzioni e responsabilità;
circa trecento ufficiali del ruolo speciale hanno incaricato un legale di predisporre un ricorso amministrativo in relazione a quella che appare una evidente violazione dei diritti riconosciuti dalla Carta costituzionale, dalle convenzioni firmate e ratificate dallo Stato italiano e dall'Unione europea;
attualmente all'interno dell'Arma dei carabinieri si rileva una fortissima mobilitazione degli ufficiali del ruolo speciale che ha l'obiettivo dell'abolizione del ruolo speciale, attraverso la via giurisdizionale, la sensibilizzazione della classe politica e delle istituzioni nazionali e dell'Unione europea, e della creazione di un ruolo unico degli ufficiali che metterebbe fine alle proteste, alle tensioni ed alle disuguaglianze presenti nell'Arma dei carabinieri -:
se il Governo intenda, e in che modo, procedere ad affrontare la problematica segnalata, al fine di eliminare ogni forma di discriminazione e di rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla piena equiparazione

dei diritti in ordine allo status degli ufficiali dell'Arma dei carabinieri interessati dalla questione esposta.
(4-10939)

RUGGHIA, VILLECCO CALIPARI, MOGHERINI REBESANI e LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'uso dell'uniformi e dei vari capi che le corredano è disciplinato da specifiche normative che dispongono anche modalità e tempi per la loro sostituzione; diversi organismi della rappresentanza militare segnalano che ormai da tre anni non si da più seguito al ricambio di diversi capi di corredo;
il personale militare è costantemente impegnato in attività che richiedono un adeguato assetto formale in relazione al tipo di attività svolta, sia quella addestrativa in ambiente nazionale o multinazionale o quella di rappresentanza durante le cerimonie;
viene in particolare segnalata una criticità nel ricambio della dotazione mimetica e degli anfibi che potrebbe essersi determinata in seguito alla sensibile diminuzione delle risorse assegnate alla funzione difesa nel settore dell'esercizio;

il criterio dei tagli lineari alle spese per l'esercizio ha acuito le difficoltà funzionali nei vari settori, quindi anche nell'ottenimento del nuovo vestiario del personale militare -:

se il Ministro intenda adoperarsi per garantire un ricambio del corredo militare adeguato per tutto il personale, recuperando a tal fine anche le risorse accantonate per i corsi di formazione a carattere teorico-pratico per i giovani presso i reparti enti (mini-naia) delle Forze armate non ancora svolti (cosiddetta mini-naia).
(4-10943)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

CAPITANIO SANTOLINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il metodo di calcolo dell'ISEE (indicatore della situazione economica equivalente) è rigido e poco rispondente alla realtà con una scala di equivalenza ampiamente sottostimata che causa situazioni di iniquità soprattutto per le famiglie numerose e con disabili e non autosufficienti a carico;
è da più parti e da diversi anni evidenziata la necessità di individuare una scala di equivalenza che sia il più possibile coerente con i dati statistici che fotografano la realtà attuale, con particolare riguardo ai figli e alle situazioni di non autosufficienza;
numerosi sono gli effetti negativi dovuti alle elusioni ed evasioni causate anche dall'assenza di un sistema continuo di monitoraggio, analisi e controllo che consenta di avviare un processo di miglioramento continuo dello strumento ISEE e della sua applicazione;
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha annunciato in occasione della Conferenza nazionale della famiglia la revisione dell'ISEE e la creazione di un «casellario per famiglie», ma al momento non si vedono interventi concreti in questo senso -:
quali urgenti iniziative si intendano attuare per dare seguito agli impegni presi in merito alla revisione dell'ISEE che tenga conto della situazione attuale, con particolare riguardo ai figli e alle situazioni di non autosufficienza, proponendo soluzioni atte ad individuare la situazione economica della famiglia nel modo più oggettivo possibile, cercando altresì di limitare

gli effetti negativi dovuti alle elusioni ed evasioni attraverso il potenziamento dei controlli.
(3-01472)

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da una notizia pubblicata dal quotidiano locale Gazzetta di Mantova emerge la situazione paradossale che coinvolge una insegnante di materie alternative all'ora di religione presso la scuola primaria dell'istituto «Il Milione» di Suzzara in provincia di Mantova;
dalla notizia riportata dal giornale, la CGIL scuola denuncia che a causa del «rimpallo» di responsabilità tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministero dell'economia e delle finanze, l'insegnante non riceve lo stipendio da quattro mesi;
il meccanismo dell'erogazione è semplice in quanto la scuola verifica il numero di ore alternative a quella di religione svolte, lo comunica alla direzione provinciale del Tesoro la quale provvede al pagamento;
la scuola dice di aver redatto il contratto di supplenza secondo le indicazioni della direzione regionale scolastica di Milano;
la direzione provinciale del Tesoro sostiene di non aver avuto istruzioni in merito dal Ministero dell'economia e delle finanze per eventuali erogazioni;
il risultato di tutto ciò è rappresentato dal mancato pagamento dello stipendio all'insegnante pur continuando a lavorare -:
se i Ministri, alla luce di quanto esposto in premessa, intendano dar corso ad una verifica presso gli uffici di loro competenza in merito alla causa che ha prodotto la negazione di questo diritto e come intendano porre rimedio a tale situazione nel più breve tempo possibile.
(5-04239)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:

TENAGLIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la situazione di generale sovraffollamento delle carceri italiane, che vede coinvolti anche gli otto istituti penitenziari ubicati nel distretto della corte di appello di L'Aquila, comporta un sensibile deterioramento delle condizioni di vita dei detenuti e la compressione di diritti fondamentali, con conseguente, inevitabile obliterazione della funzione rieducativa della pena;
in tale quadro di per sé drammatico, si segnala per l'assoluta emergenza nella quale versa il carcere di Sulmona, nel quale si avvertono generali difficoltà di gestione originate dal sovraffollamento e situazioni critiche e peculiari connesse alla tipologia della popolazione ristretta;
il dottor Giovanni Canzio - presidente della corte di appello de L'Aquila, nella Relazione sull'amministrazione della giustizia per l'anno 2011 - scrive che «La Casa di reclusione di Sulmona ospita 243 detenuti (di cui 218 definitivi) e 156 internati nella casa di lavoro. Tra i detenuti, la gran parte (169) espia pene di notevole entità o l'ergastolo (49) per gravi delitti previsti dall'articolo 4-bis O.P. prima fascia (articoli 416-bis c.p., 630 c.p., 74 T.U., 309/90), con evidente contrazione delle possibilità di accesso ai benefici penitenziari date le restrittive condizioni imposte dalla norma citata, costituite dalla collaborazione o dalle condotte ad essa equipollenti della inesigibilità o impossibilità della stessa. Sicché il carcere è connotato dalla prevalenza di circuiti di massima e media sicurezza che, stante la tipologia dei

reati, inevitabilmente privilegiano l'aspetto della sicurezza interna ed esterna, rispetto a quello trattamentale e rieducativo. Va inoltre segnalata la delicatissima situazione in cui versa la casa di lavoro. All'obiettiva difficoltà per i soggetti internati di accettare una misura di sicurezza detentiva, fisiologicamente sottratta alla certezza della scadenza temporale, si aggiunge il fatto che su 156 internati solo 80 svolgono attività lavorativa con un numero esiguo di ore settimanali. Si distinguono due tipi di attività: le cosiddette lavorazioni industriali, nelle quali l'impiego lavorativo va dalle 3 alle 6 ore giornaliere per 5 giorni settimanali, e le attività meramente funzionali alla conduzione della struttura, dove l'impiego lavorativo è stabilito in 3 ore giornaliere per 5 giorni a settimana e per un corrispettivo di circa 10 giornate in pagamento. La vita dei soggetti ristretti è connotata, quindi, dall'ozio, cui si aggiunge la mancanza di adeguate opportunità risocializzanti e ricreative all'interno dell'istituto. Nella sostanza, l'internamento presso la Casa di Sulmona si risolve in una limitazione della libertà personale, priva di quelle finalità rieducative che la Costituzione assegna alla pena detentiva. Tali condizioni inevitabilmente originano situazioni di disadattamento psicologico e comportamentale, di cui i ricorrenti gesti di autolesionismo o di suicidio sono diretta e concreta testimonianza. A tale proposito si evidenza che solo nell'anno in esame si sono verificati cinque casi di suicidio tra gli internati, in circostanze che hanno avuto ampia eco mediatica. Le indagini hanno consentito di appurare che in tre casi si è trattato di suicidio senza responsabilità di terzi, mentre negli altri due il decesso è stato conseguente ad assunzione di sostante stupefacenti, e per uno di essi l'autore dell'illecita cessione è stato identificato, sottoposto a misura cautelare e tratto a giudizio immediato. In tale difficilissima situazione appare inopportuna la scelta del D.A.P. di destinare al carcere di Sulmona un cospicuo numero di soggetti affetti da gravi patologie psichiatriche (140 allo stato), di cui molti bisognosi di assistenza e vigilanza continuativa, la cui gestione è di fatto impossibile, data la presenza di un solo psichiatra, altresì aggravata dalla mancanza di circa 50 unità di personale di polita penitenziaria»;
la situazione descritta va affrontata e risolta con urgenza, mediante diversi interventi e in particolare:
a) la risoluzione delle gravi problematiche connesse al sovraffollamento della casa circondariale di Sulmona;
b) l'amministrazione penitenziaria deve modificare i criteri di destinazione dei detenuti, prevedendo una più equa distribuzione in ambito nazionale dei soggetti più pericolosi;
c) per la casa di lavoro, occorrono stanziamenti che consentano lo svolgimento dell'attività lavorativa a tutti gli internati, come la misura di sicurezza prevede -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per far fronte alla situazione descritta e se, in particolare, intenda adottare con urgenza i provvedimenti descritti nei punti a), b) e c) delle premesse.
(4-10945)

TESTO AGGIORNATO AL 22 FEBBRAIO 2011

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VELO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la lettera c) del comma 1 dell'articolo 16 della legge n. 120 del 2010, con l'introduzione del comma 2-bis all'articolo 115 del decreto legislativo n. 285 del 1992, prescrive che, fatti salvi i limiti di età di cui al comma 2 dello stesso articolo 115, il conducente che abbia superato ottanta anni può continuare a condurre ciclomotori e veicoli per i quali è richiesta la patente delle categorie A, B, C ed E, qualora consegua uno specifico attestato

rilasciato dalla commissione medica locale di cui al comma 4 dell'articolo 119 del decreto legislativo n. 285 del 1992, a seguito di visita specialistica biennale, rivolta ad accertare la sussistenza dei requisiti fisici e psichici prescritti;
il comma 3 dell'articolo 16 della citata legge n. 120 del 2010 ha demandato ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti la disciplina applicativa delle modifiche all'articolo 115 del decreto legislativo 285 del 1992;
tale decreto è stato emesso l'8 settembre 2010 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale serie generale, n. 216 del 15 settembre 2010, data a partire dalla quale sono considerate in vigore le modifiche al citato articolo 115 del decreto legislativo n. 285 del 1992;
tale procedura è affiancata da una serie di pratiche burocratiche da espletare: pagamento di due conti correnti, marca da bollo, e lunghe attese per la prenotazione della visita presso la commissione medica locale;
ciò comporta inevitabilmente gravi disagi agli anziani cittadini e, in particolar modo, per coloro che non risiedono nei capoluoghi di provincia bensì in piccoli centri o nelle isole minori, che si trovano così costretti a disagevoli trasferte presso la sede della commissione medica locale di appartenenza;
il quotidiano La Nazione di Livorno, il 16 febbraio 2011, ha pubblicato un articolo di denuncia dei cittadini ultraottantenni piombinesi che oltre al complesso iter burocratico da seguire per cui è necessario rivolgersi ad un'agenzia si vedono costretti a recarsi a Livorno per essere sottoposti a visita medica dalla commissione medica locale -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di agevolare i cittadini ultraottantenni nella procedura per il rinnovo della patente.
(5-04242)

MIGLIOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il prolungamento della tangenziale di Modena complanare alla A1 da Cantone di Mugnano sino al casello di Modena sud, già presente nelle previsioni di piano regolatore generale, venne programmata come opera da realizzarsi nell'ambito dei lavori per la realizzazione della 4a corsia della A1 da Modena nord a Bologna, con convenzione stipulata l'8 febbraio del 2002;
nel corso della conferenza di servizi del 14 aprile 2000 relativa ai lavori della 4a corsia, gli enti territoriali interessati riaffermarono l'esigenza di realizzare oltre alle opere di mitigazione ambientale e di sicurezza;
venne ritenuto strategico collegare la strada statale Abetone-Brennero e la tangenziale complanare esistente con il casello di Modena Sud, così anche da sgravare di traffico la ex strada statale Passo Brasa (ora provinciale comunemente chiamata «Vignolese») fortemente impattante sugli abitati attraversati di San Damaso e San Donnino;
tale previsione trovò corpo nella convenzione siglata a Bologna l'8 febbraio 2002 tra regione Emilia Romagna, Autostrade s.p.a. ente nazionale per le strade (ANAS), provincia di Modena, comune di Modena, comune di San Cesario, comune di Campogalliano, comune di Castelfranco E. e comune di Crespellano;
in tale convenzione, tra le altre, veniva stabilito che detta opera doveva essere progettata e realizzata da Autostrade s.p.a. recuperando le risorse finanziarie (costo stimato in 28.404.129,45 euro 50.000.000.000 lire) attraverso un aumento del pedaggio autostradale ai due caselli di Modena Nord e Modena Sud, con l'impegno di realizzare l'opera contemporaneamente alla realizzazione della 4a corsia della A1;

il 14 febbraio 2006 con i comuni di Modena, Spilamberto, Castelnuovo Rangone, si sono svolte riunioni nel corso delle quali sono state esaminate le prescrizioni impartite dalla delibera della giunta provinciale di Modena n. 492 del 7 dicembre 2004 di esclusione del progetto dalla procedura di Via, comportanti modifiche e integrazioni al progetto del prolungamento della complanare;
in data 4 luglio 2006 Autostrade per l'Italia ha trasmesso all'Anas una copia del progetto definitivo per la validazione tecnica segnalando che il costo dell'intervento originariamente previsto di euro 28.404.129,45 risulta elevato a circa euro 48.000.000,00 + Iva;
in data 24 ottobre 2008 la regione Emilia Romagna, al termine dell'istruttoria, ha inoltrato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le determinazioni assunte dalla giunta regionale con delibera n. 1584 del 6 ottobre 2008;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 6 novembre 2008 ha convocato la conferenza servizi presso gli uffici di Roma per il giorno 11 dicembre 2008;
nel corso della seduta della suddetta conferenza di servizi sono state disposte prescrizioni comportanti la realizzazione di ulteriori barriere acustiche e la revisione di tutto lo studio acustico come già richiesto in sede di procedura di screening, nonché opere idrauliche mancanti e 4 rotatorie aggiuntive, con conseguente necessità di una ulteriore verifica di ottemperanza alle suddette prescrizioni;
per tali motivi il presidente della conferenza di servizi ha indetto una successiva sessione in data 26 febbraio 2009, onde consentire ad autostrade per l'Italia di effettuare le integrazioni e le verifiche progettuali richieste;
tale seconda seduta della conferenza di servizi non è mai stata convocata in quanto valutazioni successive hanno portato i progettisti dell'opera a ritenere non sostenibile il rischio residuo di allagamento della galleria;
nel corso di un incontro tenutosi il 21 gennaio 2009, presso comune di Modena, tra Autostrade per l'Italia, regione Emilia Romagna, comune di Modena medesimo - volto a delineare le criticità della galleria - Autostrade per l'Italia presentò una ipotesi progettuale del tracciato del prolungamento della complanare, priva di galleria;
il comune di Modena, nel corso del predetto incontro 21 gennaio 2009, ha richiesto ad Autostrade per l'Italia che la somma di euro 48.000.000,00 approvata dall'Anas per l'opera fosse utilizzata per il miglioramento del prolungamento della complanare relativamente allo svincolo di connessione con la strada statale 12 e con i rami già in esercizio della complanare all'A1, al fine di ottimizzare alcune manovre di collegamento con la viabilità esistente e con quella oggetto di futura realizzazione;
nel corso di una riunione tenutasi il 29 gennaio 2009 tra comuni di Modena, Spilamberto e Castelnuovo Rangone, provincia di Modena, autostrade per l'Italia, regione Emilia Romagna, Anas:
1) è emersa la necessità di sottoporre il nuovo progetto del prolungamento della complanare ad una nuova procedura di screening, in considerazione della modificazione del progetto a causa della eliminazione della galleria;
2) il comune di Modena ha avanzato la richiesta di realizzare anche il tratto di Tangenziale est di circa 2.5 chilometri in località Vaciglio per completare l'anello tangenziale, da tempo previsto nel piano regolatore e di competenza Anas;
in data 19 marzo 2009, nel corso di un incontro indetto presso la regione Emilia Romagna con Anas e comune di Modena, Autostrade per l'Italia ha presentato una ipotesi progettuale coerente con le richieste avanzate dal comune di Modena;

nel corso degli incontri del 4 e del 19 marzo 2009 predetti, Autostrade per l'Italia ha evidenziato che la soluzione progettuale comprensiva della tangenziale est avrebbe sensibilmente elevato il costo economico dell'intervento ad un ordine di grandezza di circa euro 60.000.000,00, mentre la convenzione dell'8 febbraio 2002 conveniva lavori a carico di Autostrade per l'Italia di euro 28.404.129,45 (50.000.000.000 lire) poi divenuti euro 48.000.000,00 nel progetto definitivo;
in questi incontri Anas ipotizzò la stipula di una convenzione modificativa rispetto a quella siglata l'8 febbraio 2002 con cui:
1) Autostrade per l'Italia si assume l'impegno di erogare ad Anas euro 48.000.000,00 da recuperarsi integralmente attraverso maggiorazioni tariffarie ai caselli di Modena Sud e Modena Nord così come previsto nell'originaria Convenzione;
2) Anas si fa carico di integrare il fabbisogno economico residuo per la realizzazione delle opere (con l'evidente vantaggio di realizzare l'opera comunque prevista a suo carico di completamento della tangenziale di Modena con un impegno di risorse notevolmente inferiore a quello che avrebbe dovuto destinare con una realizzazione non integrata con la complanarina);
3) Anas si assume l'impegno relativo agli oneri gestionali e di manutenzione delle opere;
tale accordo integrativo per la realizzazione del prolungamento della complanare fino al casello di Modena Sud ed il completamento della tangenziale in località Vaciglio, condivisa tra Anas Ispettorato vigilanza concessioni, Autostrade per l'Italia, regione Emilia Romagna, provincia di Modena, comune di Modena, comune di Spilamberto e comune di Castelnuovo Rangone, è stata approvata dal comune di Modena, con delibera di consiglio comunale n. 85 del 10 dicembre 2009;
mentre gli enti locali sono pronti alla stipula di detto Accordo, Anas a distanza di oltre un anno e nonostante i continui inviti della regione Emilia Romagna ad ottemperare agli impegni assunti, non si è ancora espressa causando ritardi ingiustificabili e un danno rilevante all'economia e alla mobilità del territorio -:
quali iniziative intende intraprendere il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti affinché Anas e Autostrade s.p.a. rispettino gli impegni sottoscritti per la realizzazione della tangenziale di Modena cosiddetta complanare sino al casello autostradale di Modena sud.
(5-04244)

VELO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 17 giugno 2010 è stato siglato da Governo, committenza e associazioni dell'autotrasporto un protocollo d'intesa volto a migliorare la disciplina dei servizi di autotrasporto merci per conto di terzi;
l'accordo, che mira a rendere sempre più competitive le aziende di autotrasporto, si propone l'obiettivo di favorire la promozione della legalità e il rispetto delle tutele sociali e delle norme sulla sicurezza della circolazione;
in particolare, nell'accordo sono contenute una serie di proposte normative volte a valorizzare gli accordi di settore fra vettore e committente, relative ai costi minimi di esercizio, alla possibilità di azione diretta del vettore nei confronti della committenza, ai tempi di pagamento, ai tempi di carico e scarico della merce, alla regolarità contributiva dei vettori come condizione preliminare per la stipula dei contratti, alla migliore definizione della corresponsabilità dei soggetti della filiera del trasporto e alla disciplina degli imballaggi (pallets);
la finalità prioritaria dell'accordo è quella di far sì che il sistema di trasporto su strada delle merci sia contraddistinto

da correttezza e trasparenza nei rapporti tra tutti i soggetti della filiera del trasporto;
il Governo si è inoltre impegnato - a fronte della rassicurazione delle imprese di autotrasporto a mantenere la pace sociale fino al 31 dicembre 2011 - ad attuare una serie di misure volte a migliorare la regolamentazione dell'autotrasporto e in particolare: ad intervenire sugli albi provinciali, attraverso la cancellazione immediata delle 50.000 imprese prive di veicoli; a recepire le modifiche alla direttiva controlli finalizzata a costituire, sulla scorta del registro elettronico delle imprese di autotrasporto previsto dal regolamento 1071/2009/CE, una banca dati dei vettori che operano regolarmente; a riconoscere un ruolo primario al tema della distribuzione urbana delle merci, con norme uniformi cui anche gli enti locali dovranno attenersi, evitando l'adozione di divieti, limiti e balzelli ingiustificati per gli autotrasportatori e ad insediare l'osservatorio sull'attività di trasporto entro luglio 2010, con l'obbligo di tale organismo di completare le prime rivelazioni entro ottobre 2010;
malgrado le ingenti risorse destinate in questi anni all'autotrasporto, il settore registra uno stato di crisi costante ed è costretto a richiedere ulteriori risorse pubbliche, mentre sarebbe opportuno che i mezzi finanziari arrivassero dal mercato e quindi dalla committenza;
pur dando atto al Governo di aver mantenuto il finanziamento del progetto «autostrade del mare», fortemente voluto dal settore dell'autotrasporto, non si può non rilevare l'esiguità di tale finanziamento, pari, per il 2010, a soli 30 milioni di euro;
il mantenimento della possibilità di usufruire del fondo di garanzia per l'acquisto dei veicoli si è rivelato un nulla di fatto dal momento le imprese in questo frangente di crisi non possono rischiare investendo nell'acquisto, di automezzi, i cui costi di gestione sono tra le principali cause della crisi del settore;
il Governo, ad avviso dell'interrogante, non ha dato ancora attuazione ai più importanti impegni concordati con le associazioni di settore: risultano infatti bloccate le procedure per consentire i controlli a carico dei committenti del trasporto previsti dal decreto-legge n. 112 del 2008 pregiudicando così il rispetto dei costi minimi di sicurezza, non risulta emanato il decreto che definisce le modalità per i tempi di carico e scarico delle merci, né è entrato nel pieno della sua operatività l'osservatorio;
per contro, sono aumentati il costo del gasolio, dei pedaggi autostradali e delle assicurazioni obbligatorie per responsabilità civile dei veicoli e, a fronte di tali aumenti, non solo non è aumentato il costo del trasporto, ma i committenti continuano a chiedere ribassi di tariffe;
sono pervenuti importanti segnali di tensione e di allarme da parte delle imprese di autotrasporto, alcune delle quali hanno minacciato la rottura della pace sociale concordata fino al 31 dicembre 2011 -:
se il Ministro non ritenga opportuno mettere in atto tutte le opportune iniziative volte a dare attuazione, nel più breve tempo possibile, agli interventi definiti con le associazioni di categoria, al fine di dare al settore una regolamentazione corretta e trasparente del settore, mantenendo la pace sociale concordata in sede di stipula degli accordi.
(5-04246)

LOVELLI e FIORIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con precedente interrogazione n. 5-04037 sullo stato dei collegamenti ferroviari in provincia di Alessandria e nel Basso Piemonte veniva riproposta la situazione di difficoltà che colpisce principalmente i pendolari che abitano in questa provincia e che devono spostarsi verso altre destinazioni piemontesi o verso altre regioni italiane;

nella sua risposta in Commissione in data 2 febbraio 2011, il Sottosegretario Bartolomeo Giachino ribadiva che la soppressione già avvenuta di collegamenti Eurostar City e Intercity soprattutto in direzione Roma sarebbe rimasta confermata e che non erano possibili ulteriori fermate a Novi Ligure e Tortona degli Intercity che transitano in queste stazioni, anche se assumeva l'impegno a nome del Governo di incontrare i rappresentanti delle istituzioni locali e della provincia di Alessandria per affrontare i problemi evidenziati dai comuni e dalle associazioni dei pendolari;
con improvvisa decisione intervenuta in data successiva e senza che sia nel frattempo avvenuto l'incontro promesso dal Sottosegretario, Trenitalia ha annunciato la soppressione a partire dal 14 febbraio 2011 anche dei treni Intercity IC 514 (Genova-Torino, p. 18.53), con fermate intermedie a Novi alle 19.42, ad Alessandria alle 19.54 e ad Asti e 517(Torino-Genova, p. 16.05), con fermate intermedie ad Asti, ad Alessandria alle 17 e aNovi alle 17.15;
si tratta di una decisione inaccettabile resa operativa, come denunciano le associazioni dei pendolari con un margine di tempo ridotto, «senza dare alcun modo alla "clientela" di potersi organizzare in maniera da ridurre gli effetti negativi da essa generata» -:
se sia conoscenza delle decisioni assunte da Trenitalia in merito alla soppressione dei treni Intercity in premessa e delle relative fermate nelle stazioni di Novi Ligure,Alessandria ed Asti in contrasto con gli impegni assunti dal Governo in risposta all'interrogazione n.5-04037;
quali iniziative intenda assumere per ripristinare la situazione precedente e promuovere un incontro con le istituzioni locali per affrontare in modo organico la questione dei collegamenti ferroviari della provincia di Alessandria e del Basso Piemonte.
(5-04248)

GAROFALO, CATANOSO, GIBIINO, GERMANÀ, VINCENZO ANTONIO FONTANA, MARINELLO, MISURACA, PAGANO, TERRANOVA e TORRISI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è grave la perdita di posti di lavoro del comparto ferroviario della Sicilia e soprattutto nella provincia di Messina;
infatti, sono 550 i posti di lavoro perduti, 127 i dipendenti in cassa integrazione straordinaria e 165 in mobilità della società Multiservice che operano al Ferrotel delle Ferrovie dello Stato di Messina;
a questo va aggiunto che 85 addetti della Servirail Wagons Lits, impegnati per conto di Trenitalia, nell'attività di assistenza e accompagnamento sui treni a percorrenza notturna rischiano di rimanere senza lavoro;
la politica di abbandono del territorio da parte del Ferrovie dello Stato ha forti ripercussioni anche sull'indotto. Infatti la stessa società Servirail, vista la riduzione dei treni passeggeri operata da Trenitalia, sarà costretta a chiudere il proprio impianto messinese, unico in Sicilia, creando notevoli problemi agli stessi lavoratori -:
se sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e quali interventi intenda adottare per risolvere la situazione che si crea con il processo di disimpegno concreto del gruppo Ferrovie delle Stato, fortemente penalizzante per il meridione d'Italia, con particolare riguardo alla perdita dei posti di lavoro.
(5-04251)

DESIDERATI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il trasporto aereo incide per il 10 per cento sul totale globale dell'effetto serra e gli sforzi e gli investimenti che si faranno nei prossimi 2 o 3 decenni avranno un grande impatto sulle opportunità di realizzare dei livelli di stabilizzazione più bassi e una diminuzione del rischio di impatti severi sui cambiamenti climatici;

il traffico aereo, e quindi l'inquinamento ad esso collegato, è la fonte di emissioni di gas serra che aumenta più in fretta, tanto che uno studio della Commissione europea ha stimato che nel 2004 le emissioni di gas serra prodotte dai voli aerei internazionali imputabili all'Unione europea sono cresciute dell'87 per cento rispetto al 1990 e l'effetto serra da aviazione civile si triplicherà entro il 2050;
il Parlamento europeo ha chiesto di includere dal 2012 il trasporto aereo nel sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas serra e questo comporta che le compagnie aeree riducano le proprie emissioni del 10 per cento rispetto al passato, presumibilmente dotandosi di nuove tecnologie per la riduzione delle emissioni con aerei più efficienti, biocarburanti, eccetera;
la Commissione europea ha lanciato il progetto «Clean Sky» per ridurre l'impatto ambientale degli aerei attraverso nuove tecnologie in grado di costruire una nuova generazione di apparecchi meno inquinanti e più silenziosi;
molte compagnie aeree europee hanno reso note le azioni che hanno intrapreso al fine di ridurre le emissioni di gas inquinanti dei voli da e per l'Europa a partire dal 2012, adeguandosi alle norme europee antinquinamento, presentando anche accordi tra compagnie aeree, aeroporti e costruttori per ridurre le emissioni del 50 per cento entro il 2050;
in occasione dell'ultima riunione dei membri dell'Organizzazione internazionale per l'aviazione civile, che conta 190 stati membri, le linee aeree di tutto il mondo hanno discusso la loro partecipazione al sistema di scambio di emissioni proposto dall'Unione europea: chi rifiuterà l'ETS (emission trading scheme) non potrà più atterrare sul suolo europeo -:
se il Ministro sia a conoscenza delle iniziative intraprese dalla compagnia aerea Alitalia per ridurre l'emissione di gas inquinanti dei propri velivoli, in conformità al programma europeo ETS, finalizzato a ridurre le emissioni di gas a effetto serra a partire dal 2012 e se il Ministro non ritenga opportuno rendere note, a tal proposito, le azioni programmatiche previste dal piano industriale Alitalia, volte anche all'adeguamento e all'ammodernamento dei propri aerei.
(5-04252)

Interrogazione a risposta scritta:

NACCARATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'allegato alla DFP (decisione di finanza pubblica) per gli anni 2011-2013 pubblicato a settembre 2010 dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha definito le più recenti linee programmatiche e lo stato di attuazione del PIS (programma infrastrutture strategiche) avviato dalla legge n. 443/2001 (denominata legge Obiettivo) e successive modificazioni e integrazioni;
in particolare nella Tabella n. 1 «Aggiornamento 2010» dell'allegato sopra citato - che recepisce tutti gli interventi derivati dalle Delibere n. 121 del 2001 e n. 130 del 2006 - risulta il seguente elenco di opere strategiche con annesso stato di avanzamento finanziario della realizzazione: Asse ferroviario Monaco-Verona: valico del Brennero e tratta Fortezza-Verona (costo: 8.159 milioni di euro di cui solo 1.198 disponibili), Sistemazione del nodo Alta velocità/Alta capacità di Verona (670 milioni, di cui 18,4 disponibili), Tratte AV/AC Brescia-Verona (2.800 milioni, di cui 53 disponibili) e Verona-Padova (5.130 milioni, di cui 161 disponibili), SS n. 51 «Alemagna», variante all'abitato di Cortina d'Ampezzo, lotto I e completamento (590,6 milioni, di cui 590,6 disponibili). Superstrada pedemontana veneta (1.988 milioni, di cui 1.828 disponibili). Passante autostradale di Mestre (986,4 milioni, di cui 986,4 disponibili). Tunnel autostradale di Mestre (1.224 milioni, di cui zero disponibili). Asse ferroviario Bologna-Verona-Brennero (810,2

milioni, di cui zero disponibili). Progetto di salvaguardia della laguna e della città di Venezia «sistema MOSE» (5.496 milioni, di cui 3.243 disponibili), Sistema ferroviario metropolitano regionale - II fase - tratte Vicenza-Castelfranco, Treviso-Conegliano, Quarto d'Altino-Portogruaro e Padova-Monselice (140 milioni, di cui 140 disponibili). Trasporto a guida vincolata di Padova Sistema intermedio a rete SIR 2 Rubano-Stazione-Vigonza (122 milioni, di cui 38,09 disponibili) e SIR 3 Stazione-Ospedali-Voltabarozzo (52 milioni, di cui 15,81 disponibili). Metropolitana lagunare di Venezia (377 milioni, di cui zero disponibili). Nuovo palazzo del cinema e dei congressi di Venezia (79,5 milioni, di cui 79,5 disponibili);
alla voce «Richieste della Regione - "nuovo inserimento" - della medesima Tabella risultano altresì le seguenti infrastrutture: Terminal intermodale di Isola della Scala (Verona), Autostrada A27 «Alemagna» e valichi confinari, Autostrada A4 Venezia - Trieste e il sistema turistico del litorale Veneto: collegamenti con le tratte Meolo-Jesolo-Alvisopoli, (strada statale 47 della Valsugana: ammodernamento in nuova sede tra Bassano del Grappa (Vicenza) e confine regionale, Sistema delle tangenziali Venete e strada mediana di collegamento, SR 10 nuova tratta Este-Legnago. Alla voce «Richieste della Regione - Rettifiche materiali» - della stessa tabella risultano invece le Opere integrate al passante di Mestre: Circonvallazione orbitale di Padova «GRAP» e Asse intermodale Padova Venezia «CAV» (costo previsto: 730 milioni di euro);
a dieci anni dall'approvazione della Legge n. 443 del 2001, quadro normativo che avrebbe dovuto rilanciare le grandi opere strategiche, il piano sulle infrastrutture risulta completato nella misura di appena il 20 per cento, mentre per il 55 per cento delle opere il cantiere non è mai stato avviato. Ne deriva che solamente il 25 per cento dei lavori è in fase di realizzazione, come confermato dai dati recentemente forniti dall'Ance (Associazione nazionale dei costruttori edili). Dall'Allegato sopra citato si evince altresì che su 231 miliardi di euro stimati necessari per realizzare 162 opere infrastrutturali strategiche ne risultano disponibili appena 89. La misura del fallimento del piano delle opere strategiche, nel Veneto può essere ulteriormente dedotta dal crollo del flusso di investimenti privati sulle stesse, unitamente a una sovrastima della capacità di spesa pubblica da parte del Governo e della regione, come dimostra lo scarso stato di avanzamento dei cantieri delle tratte venete dell'Alta Velocità/Alta Capacità - di cui risulta completata solo la linea Venezia-Padova - e il recente declassamento dell'Idrovia Padova-Venezia a canale di scolo;
per attuare le sole fasi di progettazione, e in alcuni casi di parziale realizzazione delle infrastrutture sopra citate sono già state impiegate ingenti risorse pubbliche come si evince dalla mole dei finanziamenti sopra citati;
dagli organi della stampa locale si apprende della presentazione, in data 20 gennaio 2011, di «una proposta embrionale» da parte dalla società Alba Immobiliare di Ravenna - amministrata dall'imprenditore marchigiano Alberto Ferri e controllata per il 66 per cento) dalla società Giulia Srl di Senigallia (Ancona) - che punta alla realizzazione di un «distretto logistico» a Mira (Venezia) nell'area Dogaletto-Giare tra la Statale Romea e l'Idrovia «inserito nel più ampio sistema della piattaforma portuale d'altura collegato a tre punti di gronda lagunare - terminal Montefibre, Chioggia e Porto Levante - e al progetto di un porto off-shore a 8 miglia dalla costa dell'Adriatico»;
il progetto di un ennesimo distretto logistico nel Veneto contrasta con la specifica programmazione fin qui perseguita nella regione che - nell'ambito della movimentazione delle merci sull'asse Venezia-Padova - che si basa sull'implementazione della sinergia tra l'interporto di Padova (struttura che ha recentemente provveduto a un'efficace razionalizzazione

interna) e il Porto di Venezia, con il duplice obiettivo dell'ottimizzazione operativa e del rilancio della competitività. Inoltre, il progetto della nuova infrastruttura ha sollevato la contrarietà di molti operatori del settore, tra cui il presidente di Interporto di Padova Spa che ha prospettato un calo di affari nel settore di circa il 30 per cento, precisando come gli scali per la movimentazione delle merci nel Veneto siano già sovradimensionati rispetto alle necessità, ed esprimendo parere negativo circa la reale utilità di un ulteriore struttura da sommarsi ad analoghe gestite da Interporto di Padova Spa, Interporto di Venezia Spa, Interporto di Rovigo Spa, Interporto Quadrante Europa Spa di Verona e Intermodale Vittoriese Srl di Vittorio Veneto, (Treviso). A riguardo il 3 febbraio 2011 anche il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha pubblicamente sottolineato la volontà dell'amministrazione regionale di «non avallare progetti che "cannibalizzino" l'esistente» come riportato dagli organi della stampa locale -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se non ritenga opportuno ridefinire - nell'ambito della legge obiettivo e ai fini di ottimizzare l'azione amministrativa - quali infrastrutture verranno concretamente realizzate e quali invece dovranno essere escluse a causa dell'impossibilità finanziaria di procedere alla loro esecuzione nei tempi stabiliti dalla norma;
in che modo intenda procedere, per evitare il proliferare di inutili e dannosi «doppioni» di piattaforme logistiche destinate a svolgere la medesima funzione, alla definizione di nuove linee-guida sulle grandi opere che tengano conto della priorità e dell'utilità delle stesse.
(4-10935)

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
nella città di Bitonto negli ultimi anni si sono succeduti una serie di omicidi, molti casi di lupara bianca, rapine, furti in abitazioni e in esercizi commerciali, e la città è da tempo teatro di spaccio di sostanze stupefacenti;
solo nei mesi di luglio e di agosto 2010 sono stati commessi ben due omicidi;
il perpetuarsi di questa lunga serie di episodi malavitosi ha, naturalmente, generato una crescente paura e un profondo senso di sfiducia nei cittadini, i quali sempre più hanno visto assottigliarsi il loro diritto ad una completa fruizione degli spazi della città, e quasi mai la risposta dell'amministrazione comunale è sembrata adeguata rispetto alla denuncia di questi ultimi gravi accadimenti innanzi riferiti;
nei primi giorni di agosto 2010 si è appreso essere stata inoltrata al sindaco del comune di Bitonto da parte di Michele De Palo, in qualità di vicepresidente del circolo ricreativo «La Vela Crociata», sito in Bitonto, in via Carelli n. 13, una richiesta di autorizzazione per una pubblica manifestazione denominata «festa della birra», da tenersi su un'ampia area pubblica antistante le piscine comunali, dal 20 al 29 del suddetto mese; per la medesima iniziativa, inoltre, risulta agli interpellanti essere pervenuta richiesta di patrocinio all'amministrazione comunale di Bitonto, che lo avrebbe concesso; nonostante i permessi già concessi, la manifestazione è stata annullata a causa del parere negativo delle Forze di polizia, motivato espressamente in relazione ad esigenze di ordine e sicurezza pubblica, «in considerazione del sicuro assembramento di persone, anche pregiudicate, che affollerebbero il sito

della manifestazione», come risulta dalla nota della Polizia municipale di Bitonto del 20 agosto 2010;
si apprende inoltre che l'assessore all'ambiente presso il comune di Bitonto, Francesco Ragno, sia stato socio fondatore del suddetto circolo;
inoltre pare che sempre lo stesso Michele De Palo sia stato incaricato, in via del tutto ufficiosa, visto che non vi è alcuna traccia di un atto amministrativo di incarico, di effettuare dei lavori di tinteggiatura presso il Palazzo della Città, in corso Vittorio Emanuele, lavori che il De Palo avrebbe effettivamente eseguito e per i quali avrebbe percepito una retribuzione -:
se il Ministro interpellato non ritenga di dover far luce con urgenza riguardo alle circostanze esposte in premessa, le quali, laddove risultassero effettivamente rispondenti al vero, getterebbero più di un'ombra sulla trasparenza e sulla legalità dell'azione amministrativa in capo al comune di Bitonto ed, eventualmente, quali iniziative in merito intenda adottare.
(2-00977)
«Boccia, Ginefra, Ventura, Garavini, Recchia, Vico, Boffa, Andrea Orlando, Esposito, Velo, De Micheli».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GINEFRA, VICO e CAPANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nelle scorse ore un numero consistente di immigrati di cittadinanza tunisina sbarcati a Lampedusa sono stati destinati anche ai C.A.R.A. (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) pugliesi;
la situazione ha posto in stato di allarme i sindaci e la regione Puglia, tanto da spingere quest'ultima a chiedere stanziamenti straordinari immediati al Governo e all'Unione europea;
ciò che si teme particolarmente è la reale difficoltà di riuscire a mantenere l'ordine pubblico qualora si verificasse un esodo massiccio, tenendo conto che le suddette strutture di accoglienza risultano essere ad oggi già al limite massimo di capienza;
a Bari, in particolare, la sola gestione dei minori non accompagnati ha già comportato un esborso per il quale il comune rischia di non avere dotazioni economiche sufficienti;
lo scorso venerdì sono stati affidati all'ente locale 35 minorenni, tutti maschi, da dirottare nei Centri di accoglienza disponibili: diciannove di loro sono già divenuti irreperibili, eludendo il controllo di coloro che gestiscono la prima accoglienza;
per assicurare rispetto delle garanzie minime e l'accesso alla procedura di asilo, è necessario uno stanziamento straordinario di risorse, visto il ruolo di prima fila di Bari e della Puglia nell'accoglienza dei migranti;
considerata l'enorme pressione sulla rete dell'accoglienza che già in condizioni normali regge in maniera precaria, c'è il reale rischio che la situazione possa sfuggire di mano -:
quali misure il Ministro intenda assumere affinché vendano messi a disposizione immediati stanziamenti straordinari nelle more di un eventuale intervento dell'Unione europea, con particolare riferimento a quelli destinabili alla fase di seconda accoglienza.
(5-04250)

CICCANTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 189 del 2002 ha istituito misure di accoglienza a favore dei richiedenti asilo ed ha costituito il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) da attuare attraverso una struttura di coordinamento del sistema - il Servizio Centrale di informazione, promozione,

consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali - la cui gestione è stata affidata all'ANCI;
gli enti locali garantiscono interventi di «accoglienza integrata», comprendente servizi di sussistenza ed assistenza socio-sanitaria, nonché apprendimento della lingua e l'avviamento al lavoro, affinché sia assicurata ogni migliore autonomia;
l'amministrazione provinciale di Ascoli Piceno per gli anni 2006, 2007, 2008, 2009 e 2010 ha realizzato nel comune di Ripatransone, con il Fondo nazionale per le politiche per l'asilo, una casa di accoglienza (Casa del Sol) per donne, anche con figli a carico, richiedenti asilo politico, ovvero rifugiate vittime di violenza e di tortura;
la gestione del progetto è stata affidata, tramite convenzione e con rapporto fiduciario (quindi senza selezione) all'Associazione On the Road Onlus (sembra) di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), i cui risultati erano controllati, mediante convenzione, dalla provincia attraverso propri dipendenti all'uopo dedicati, tra cui una dipendente del servizio politiche sociali, con titolo di assistente sociale facente parte dell'equipe multidisciplinare dall'inizio del progetto (luglio 2006), con funzioni di controllo, in quanto corresponsabile della redazione del percorso di assistenza integrazione Sociale (PAIS);
la provincia di Ascoli Piceno ha partecipato, per il 20 per cento, al cofinanziamento, di cui il 50 per cento rappresentato da spese di personale all'uopo impiegato;
sulla base di quali disposizioni e con quali procedure è stata selezionata la citata associazione per la gestione del progetto, trattandosi di spesa pubblica dello Stato e della provincia;
a quanto ammonti l'importo complessivo, a consuntivo, erogato dallo Stato dal 2006 al 2010 per la realizzazione del progetto di che trattasi;
se le professionalità utilizzate dall'associazione On the Road Onlus, nell'arco di tempo 2006-2010, siano corrispondenti a quelle richieste dalla normativa ministeriale per l'accreditamento del progetto;
se il Ministero dell'interno, attraverso propri uffici, all'uopo preposti, abbia mai verificato la contabilità riguardante la corretta corrispondenza tra prestazioni quali-quantitative e remunerazione in merito al progetto gestito dall'Associazione On the Road Onslus negli anni che vanno dal 2006 al 2010;
se risultino ispezioni effettuate dall'Arma dei Carabinieri quale sia stato l'esito e se risultino eventuali infrazioni;
se risulti un nuovo progetto, presentato dalla provincia di Ascoli Piceno, per il triennio 2011/13, per un costo complessivo di 255.000 euro.
(5-04253)

Interrogazione a risposta scritta:

ROSSA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2, comma 59, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge finanziaria 2010) dispone che «Nei confronti degli orfani delle vittime di terrorismo e delle stragi di tale matrice che siano stati già collocati in pensione è riconosciuto un contributo straordinario per l'anno 2010 pari a 5 milioni di euro. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede alla ripartizione del predetto contributo sulla base dei criteri di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 3 agosto 2004, n. 206, e successive modificazioni, in modo tale da escludere sperequazioni di trattamento tra le diverse categorie di beneficiari. Tale contributo non è decurtabile ad ogni effetto di legge e allo stesso contributo si applicano i benefici fiscali di cui all'articolo 2, commi

5 e 6, della legge 23 novembre 1998, n. 407, in materia di esenzioni dall'IRPEF»;
in data 22 dicembre 2010 è stato emesso il decreto attuativo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 2011 concernente le «Modalità di erogazione del contributo straordinario previsto dall'articolo 2, comma 59 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, a favore degli orfani delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, che siano già stati collocati in pensione» -:
quanti siano stati i beneficiari delle disposizioni di cui in premessa;
in che misura siano stati assegnati e ripartiti i contributi;
se siano stati elargiti tutti i cinque milioni di euro;
come si intenda impiegare le eventuali eccedenze.
(4-10934)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
il professor Intilisano Carmelo, di Messina, fece istanza all'Ufficio Scolastico Provinciale di Messina (ex CSA), per partecipare alla graduatoria per il conferimento di incarico di presidenza, settore formativo di 1o grado, per l'anno scolastico 2005/2006;
in particolare tre insegnanti si classificarono all'8o, 15o e 19o posto, riportando rispettivamente punti 226, 209 e 191;
da una comparazione con la medesima graduatoria dell'anno scolastico precedente (2004/2005), si evidenziava che i tre docenti da ultimo citati, nella graduatoria 2005/2006 beneficiavano di vistosi incrementi di punteggio, tali da consentire:
a) al primo, da punti 121,60 a 226,00 (cioè oltre 105 punti in più in un solo anno), collocandolo dal 64o all'8o posto della graduatoria;
b) al secondo, da punti 151,00 a 209,00 (cioè 58 punti in più), collocandolo dal 49o al 15o posto della graduatoria;
c) al terzo, da punti 157,00 a 191,00 (cioè 31 punti in più), collocandolo dal 48o al 19o posto della graduatoria;
il professor Intilisano, poco convinto dell'attribuzione dei punteggi, in data 8 agosto 2005, cioè alcuni giorni dopo che erano state effettuale le nomine secondo la graduatoria di che trattasi, inoltrava istanza formale al dirigente pro tempore dell'ex CSA di Messina, per avere tutti gli atti che erano serviti a formare il punteggio dei predetti tre docenti;
in data 17 agosto 2005, l'ex CSA di Messina rilasciava al professor Intilisano, in maniera incompleta, gli atti richiesti. In particolar modo non veniva rilasciata la tabella di attribuzione dei punteggi e, dalla documentazione comunque inviata dal CSA, per il primo docente citato, emergeva che, ad eccezione di un certificato di laurea e di un certificato di servizio, aveva prodotto solo e soltanto autocertificazioni. Comparando il punteggio attribuito alle autocertificazioni, inoltre, si rendevano evidenti contraddizioni con la graduatoria dell'anno precedente, facendo insorgere dubbi nel professor Intilisano;
il predetto professor Intilisano, attraverso apposite istanze inoltrate, ai sensi della legge n. 241 del 1990, il 26 agosto 2005 (prot. 4273 e 4272) all'istituto comprensivo n. 8 di Messina, procedeva così ad una verifica relativa alle autocertificazioni del docente classificatosi all'8o della graduatoria, il quale, particolare non del tutto insignificante, in quel periodo era vicario proprio del dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo n. 8 di Messina;

non a caso, quindi, proprio nel medesimo giorno (26 agosto 2005) in cui l'Intilisano esercitava il diritto d'accesso agli atti, con nota prot. 4279, quindi successiva alle istanze dell'Intilisano medesimo, inviata al dirigente del CSA di Messina, il predetto docente classificatosi all'8o posto, al fine di evitare proprie responsabilità, comunicava di avere erroneamente dichiarato, a suo dire in buona fede, di non essere stato designato, con regolare atto formale, collaboratore vicario nell'anno scolastico 1997/1998, aggiungendo che l'autocertificazione non andava tenuta in considerazione ai fini dell'attribuzione del relativo punteggio;
a seguito della comunicazione di rettifica del predetto docente, tuttavia, il Dirigente del CSA di Messina non provvedeva a verificare tutti gli atti e le certificazioni di quanto dichiarato in autocertificazione e, cosa ancor più grave, non provvedeva a segnalare i fatti alla competente autorità giudiziaria, cosicché potesse accertarsi se si era in presenza di dichiarazioni mendaci o no, inoltre il dirigente pro tempore del CSA di Messina, adito dall'Intilisano per riformulare la graduatoria, previa verifica degli atti, confermava «inequivocabilmente» (così testualmente nella risposta fornita al ricorrente) il punteggio e il posto in graduatoria precedentemente attribuiti al docente classificatosi all'8o posto;
a questo punto il professor Intilisano, in copia conforme, acquisiva i documenti per i quali il CSA di Messina aveva attribuito quei punteggi. Dall'analisi di essi, scaturivano altri macroscopici errori;
pertanto il professor Intilisano, il 14 ottobre 2005, inviava un esposto al Direttore pro tempore dell'Ufficio scolastico regionale della Sicilia (USR), sovraordinato gerarchicamente al dirigente del CSA, contestando i fatti e censurando l'applicazione dell'apposito decreto in cui venivano fissati i criteri previsti dall'ordinanza ministeriale n. 40 del 2005;
constatato che i dirigenti pro tempore dell'ex CSA di Messina e dell'USR, sebbene fosse trascorso un lasso di tempo più che ragionevole (4 mesi) non rispondevano, il professor Intilisano, attraverso il suo legale, notificava, a distanza di poco tempo, atto extragiudiziale al dirigente dell'USR Sicilia e al dirigente dell'ex CSA, affinché, in autotutela, annullassero la graduatoria provinciale per il conferimento degli incarichi di presidenza per l'anno scolastico 2005/2006 e procedessero all'applicazione delle sanzioni previste dall'ordinanza ministeriale n. 40, in materia di dichiarazioni mendaci;
nulla verificandosi, il professor Intilisano, sporgeva presso la Procura di Messina una regolare denuncia e a distanza di poco tempo inviava una nuova nota diffida al Dirigente dell'USR, il quale provvedeva a diffidare il Dirigente del CSA;
ad oggi il silenzio totale, ad eccezione del fatto che i tre docenti di cui s'è detto, sono diventati dirigenti scolastici, prendendo parte a concorsi riservati che avevano proprio nell'incarico di presidenza il requisito essenziale di partecipazione. Al contrario, proprio perché non incaricato, il professor Intilisano non ha avuto tale possibilità: al danno si è aggiunta la beffa -:
se il Governo non intenda fare luce su un caso che mette insieme complicità, illegalità e reticenze;
se il Ministro della pubblica istruzione, nel caso i fatti fossero veri, non intenda procedere disciplinarmente nei confronti dell'insegnante che ha prodotto le predette dichiarazioni, nei confronti dei Dirigenti pro tempore del CSA di Messina e dell'USR della Sicilia, quest'ultimo almeno negligente - ad avviso dell'interrogante - nel non avere attivato le dovute procedure di controllo, atteso che nella qualità di responsabile dell'USR è il soggetto conferente l'incarico di dirigente dei CSA;
se il Ministro della pubblica istruzione, nel caso i fatti fossero veri, non ritenga di dover revocare l'incarico di dirigente scolastico a quei soggetti che

l'hanno ottenuto dopo aver partecipato ad un concorso per il quale non avrebbero avuto i requisiti formali per prendervi parte (anzianità come dirigenti incaricati);
se il Ministro della pubblica istruzione, proprio per dare un segnale al mondo scolastico in termini di legalità, sia intenzionato a trovare un modo per ristorare il diritto negato del professor Intilisano, il quale, non essendosi utilmente collocato nella graduatoria per il conferimento di incarico di dirigente a causa delle predette irregolarità, non ha potuto partecipare al concorso riservato per dirigenti scolastici.
(2-00976)«Lo Monte, Brugger».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
«in Italia le scuole a rischio sono ben 12 mila, ossia il 28 per cento del totale e il dato è stato fornito proprio dal Ministero della pubblica istruzione». Lo dice Carlo Rienzi, presidente del Codacons;
gli istituti con gravi criticità sono 390 in Abruzzo, 228 in Basilicata, circa 300 in Campania, 1.428 in Calabria, 467 in Emilia Romagna, 306 in Friuli, 1.330 nel Lazio, 271 in Liguria, 1.026 in Lombardia, 383 nelle Marche, 95 in Molise, 951 in Piemonte, 974 in Puglia, 541 in Sardegna, 1.259 in Sicilia, 772 in Toscana, 263 in Umbria e 1.062 in Veneto;
inoltre i geologi sostengono che il 46 per cento degli edifici scolastici (oltre 20 mila scuole) e il 41 per cento degli ospedali italiani sorgono in zone ad alto rischio sismico, coinvolgendo quasi 5 milioni di utenti;
e purtroppo, la pericolosità dei terremoti è amplificata dall'elevata vulnerabilità delle strutture: il 60 per cento degli edifici è, infatti, stato costruito prima del 1971, e dunque non rispetta la normativa antisismica varata nel 1974;
nel forum del Codacom che si è svolto a Firenze viene denunciata la mancanza dei geologi negli uffici preposti al monitoraggio del territorio e non attualità delle norme di settore sulla pianificazione territoriale;
anche Oreste Giurlani - presidente di Uncen Toscana - denuncia che al di là della differenza di dati resta molto elevato il rischio sismico in Italia e nella stessa Toscana, dove oltre i quattro quinti dei comuni sono a rischio sismico. In particolare gli edifici scolastici, molti dei quali non a norma. D'altra parte senza l'aiuto del Governo non si va molto lontani considerati i costi eccessivi di messa in sicurezza -:
quali azioni urgenti ed efficaci il Ministro intenda porre in essere al fine di risolvere il grave problema della messa in sicurezza degli edifici scolastici e come e quando intenda provvedere al fine di allentare il patto di stabilità per gli interventi sugli edifici scolastici, patto di stabilità che rende impossibile per gli enti locali investire risorse, anche ove presenti, per la messa in sicurezza delle scuole e la loro nuova costruzione, anche tenuto conto che sono più di uno gli ordini del giorno presentati dall'interrogante ed accolti dal Governo ove lo stesso si impegnava ad allentare il patto di stabilità per gli interventi sull'edilizia scolastica da parte degli enti locali.
(5-04236)

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
martedì 9 marzo 2010 si era svolto un incontro presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, via I. Nievo 35 sul tema: «passaggio al nuovo ordinamento degli Istituti Professionali - anno scolastico 2010/2011 - prosecuzione dei percorsi di qualifica per massofisioterapisti e centralinisti non vedenti»;
il nuovo ordinamento fissa la durata degli studi negli istituti professionali in 5 anni. Qualifiche più brevi (triennali-quadriennali)

possono essere organizzate sulla base di intese con le singole regioni (regime sussidiario);
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nello spazio di circa dieci giorni dalla data del 9 marzo 2010 si era impegnato a trasmettere alle Regioni interessate uno schema di accordo fra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero della salute e regioni per definire la figura dell'operatore del benessere, all'interno dei servizi socio-sanitari. Il documento doveva rappresentare una «bozza» alla quale doveva essere possibile apportare modifiche, integrazioni ecc. per renderlo più rispondente allo scopo per cui è stato formulato. Nel frattempo le scuole sono rimaste dimensionate come erano;
nel contempo il Ministero della salute prevedeva possibili accordi con le tre regioni interessate dove si trovano gli istituti professionali per i non vedenti, ed inoltre sosteneva che:
l'alunno non vedente può esercitare la professione di fisioterapista, deve proseguire gli studi fino al V anno ed avere l'accesso all'università;
occorrono convenzioni fra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ministero della salute e regioni ed è possibile anche definire una nuova figura: quella «dell'operatore del benessere»;
ad aggravare la situazione e la confusione è intervenuta la circolare per le iscrizioni all'anno scolastico 2011/2012 datata 3 dicembre 2010 n. 101 che prevede l'impossibilità per le scuole di accogliere le iscrizioni ai corsi triennali di qualifica relativi al previgente ordinamento e che quest'anno scolastico hanno funzionato in deroga -:
se il Ministro non ritenga urgente e di prioritaria importanza sia definire le linee guida col Ministero della salute (questione massofisioterapisti), sia valutare realmente la possibilità di far confluire l'attuale corso di massofisioterapista nell'indirizzo «servizi socio sanitari» e creare la figura del «Tecnico delle attività del benessere» ed un corso di cinque anni per «tecnico delle attività del benessere», all'interno dei servizi socio sanitari con una qualifica intermedia per «massaggiatore non terapeutico»;
se nelle more dei provvedimenti da adottare per regolamentare i nuovi corsi degli istituti professionali per non vedenti o ipovedenti come l'istituto Nicolodi di Firenze, in assenza di una chiara regolamentazione e di un vuoto legislativo, gli istituti scolastici non debbano accogliere le istanze di iscrizione presentate da chi chiede la possibilità di frequentare i corsi triennali stessi, diversamente da come contemplato nella circolare n. 101 del 3 dicembre 2010.
(5-04238)

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2011

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GNECCHI, CODURELLI e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con circolare n.28 dell'8 febbraio 2011, l'INPS ha definito gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, ivi compresa la trasmissione telematica della documentazione previdenziale;
questa nuova modalità di trasmissione telematica metterà in serie difficoltà tutte quelle persone anziane bisognose di assistenza, che non sono sicuramente in grado di districarsi in ambienti telematici, che hanno alle loro dipendenze una badante e che normalmente si affidano ai CAAF per l'espletamento di tutti quegli adempimenti obbligatori;
i CAAF infatti non sono soggetti autorizzati come lo sono i consulenti del lavoro o i dottori Commercialisti in base alla legge n. 12 del 1979 e pertanto non possono procedere all'invio telematico dei

modelli COLD e alla stampa dei bollettini contributi domestici o dei futuri modelli MAV;
non va sottovalutato che questo servizio dei CAAF è importante per far emergere le situazioni di lavoro irregolare in questo settore e serve sicuramente per educare le famiglie al rispetto delle norme contrattuali, fiscali e contributive quando assumono una colf o badante -:
se non ritenga il Ministro interrogato, per le premesse di cui sopra, di promuovere una modifica normativa che consenta ai CAAF di essere autorizzati agli adempimenti sopra citati, per i soli rapporti di lavoro domestico (colf o badante).
(5-04240)

CODURELLI, MOSCA, MARCO CARRA, MARANTELLI, MISIANI, PIZZETTI, DE BIASI, POLLASTRINI, CORSINI, FERRARI, QUARTIANI e FIANO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 20 del decreto-legge n. 48 del 2009 - «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile» - convertito dalla legge 3 agosto 2009 n. 201, il Governo ha inteso rivedere le modalità di presentazione delle domande di accertamento delle minoranze civili, handicap (legge n. 104 del 1992) e disabilità (legge n. 68 del 1999), e delle procedure di valutazione, concessione e ricorso giurisdizionale;
secondo le dichiarazioni del Governo, il provvedimento, attribuendo all'INPS nuove competenze, avrebbe dovuto consentire una maggiore rapidità e modalità più chiare per il riconoscimento dell'invalidità civile, dell'handicap e della disabilità;
l'articolo 20 non faceva alcun riferimento rispetto ad una diversa fissazione dei tempi massimi di accertamento e di concessione;
ad oggi, gli effetti del provvedimento risultano essere, almeno in Lombardia, decisamente controversi;
sono state messo in atto procedure di negazione generalizzata dei diritti ai cittadini più deboli. Procedure che si prestano non tanto alla eliminazione di assegnazione di benefici giuridici e monetari a chi non ne ha diritto, cosa che condivideremmo in pieno, quanto a risparmiare, creando disagio a persone realmente malate e con l'aggravio dei costi a carico di Inps e Asl per commissioni mediche doppie o triple;
con le nuove regole previste dal dispositivo di legge - affermano le organizzazioni sociali e i patronati - una pratica per il riconoscimento di invalidità civile, handicap o disabilità deve essere esaminata tre volte: dai medici della Asl, poi da quelli dell'INPS e, infine, dalla sovrintendenza medica nazionale a Roma. Una procedura più complessa che fa lievitare i costi ma, soprattutto, i tempi di attesa. Si hanno casi di persone che hanno dovuto attendere fino a sette mesi per una visita e, tra queste, anche un malato oncologico che, per legge, avrebbe dovuto essere convocato entro 15 giorni;
non sono in discussione le iniziative di contrasto alle frodi in materia di invalidità civile né le misure che tendono a ripristinare la legalità violata e a riaffermare i princìpi di un'etica pubblica che queste frodi invece ammorbano e avvizziscono. Tuttavia, se la ricerca e la scoperta dei «falsi invalidi» rappresenta un imperativo dell'etica pubblica e della legalità, è meno evidente la ratio che presiede alla convocazione dinanzi alle commissioni di tutti gli invalidi, comprese le persone senza arto, tetraplegici, sordomuti, ciechi assoluti, le persone affette da nanismo. Cosa che accade in Lombardia e che pare colpevolizzare tutti gli invalidi, compresi quindi coloro che non falsificano alcunché. Da notizie in possesso dell'interrogante, ritardi anomali, attribuibili alle procedure imposte dalla nuova normativa, si stanno accumulando in provincia di Lecco,

compromettendo in tal modo i diritti delle persone disabili -:
se il Ministro abbia notizie circostanziate della situazione in Lombardia e in ogni Provincia della stessa prodottasi a seguito dell'approvazione della nuova disciplina relativamente ai tempi di accertamento e riconoscimento dell'invalidità civile, dell'handicap e della disabilità;
se il Ministro non intenda riconsiderare il meccanismo di commissioni mediche doppie e triple che comportano un aggravio dei costi per INPS e ASL e un'insostenibile dilatazione dei tempi;
se il Ministro non intenda intervenire, con opportune iniziative o provvedimenti, nei casi in cui la dilazione dei tempi risulti oggettivamente penalizzante per persone, riconosciute invalide o in attesa di riconoscimento, affette da patologie gravi e conclamate;
se il Ministro abbia fornito indicazioni relative ad un presunto «contingentamento» a livello provinciale di riconoscimenti di invalidità civile, handicap e disabilità, determinato da obiettivi di contenimento della spesa;
se il Ministro, a fronte di ritardi penalizzanti causati dalla nuova normativa, non intenda provvedere al riconoscimento di un disagio suscettibile di una qualche mitigazione o compensazione.
(5-04245)

Interrogazione a risposta scritta:

VANNUCCI e FARINA COSCIONI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 20 del decreto-legge n. 48 del 2009 - «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile» - convertito dalla legge 3 agosto 2009 n. 201, il Governo ha inteso rivedere le modalità di presentazione delle domande di accertamento delle minoranze civili, handicap (legge n. 104 del 1992) e disabilità (legge n. 68 del 1999), e delle procedure di valutazione, concessione e del ricorso giurisprudenziale;
secondo le dichiarazioni del Governo, il provvedimento, attribuendo all'INPS nuove competenze, avrebbe dovuto consentire una maggiore rapidità e modalità più chiare per il riconoscimento dell'invalidità civile, dell'handicap e della disabilità;
l'articolo 20, non faceva alcun riferimento rispetto ad una diversa fissazione dei tempi massimi di accertamento e di concessione;
con le nuove regole previste dal dispositivo di legge - affermano le organizzazioni sociali e i patronati - una pratica per il riconoscimento di invalidità civile, handicap o disabilità deve essere esaminata tre volte: dai medici della ASL, poi da quelli dell'INPS e, infine, dalla sovrintendenza medica nazionale a Roma. Una procedura più complessa che fa lievitare i costi ma, soprattutto, i tempi di attesa. Si hanno casi di persone che hanno dovuto attendere fino a sette mesi per una visita e, tra queste, anche malati oncologici che, per legge, avrebbero dovuto essere convocati entro 15 giorni;
non sono in discussione le iniziative di contrasto alle frodi in materia di invalidità civile né le misure che tendono a ripristinare la legalità violata e a riaffermare i princìpi di un'etica pubblica che queste frodi invece ammorbano e avvizziscono. Tuttavia, se la ricerca e la scoperta dei «falsi invalidi» rappresenta un imperativo dell'etica pubblica e della legalità, è meno evidente la ratio che presiede alla convocazione dinanzi alle commissioni di tutti gli invalidi, comprese le persone senza arti, tetraplegici, sordomuti, ciechi assoluti, le persone affette da nanismo. Cosa che accade e che pare colpevolizzare tutti gli invalidi, compresi quindi coloro che non falsificano alcunché. Da notizie in nostro possesso, ritardi anomali, attribuibili alle procedure imposte dalla nuova

normativa, si stanno accumulando compromettendo in tal modo i diritti delle persone disabili -:
se il Ministro abbia notizie circostanziate della situazione prodottasi nella Regione Marche e specificamente nelle province di Pesaro e Urbino a seguito dell'approvazione della nuova disciplina relativamente ai tempi di accertamento e concessione dell'invalidità civile, dell'handicap e della disabilità;
se il Ministro non intenda riconsiderare il meccanismo di commissioni mediche doppie e triple che comportano un aggravio dei costi per INPS e ASL e un'insostenibile dilatazione dei tempi;
se il Ministro non intenda intervenire, con opportuni provvedimenti, nei casi in cui la dilazione dei tempi risulti oggettivamente penalizzante per persone, riconosciute invalide o in attesa di riconoscimento, affette da patologie gravi e conclamate;
se il Ministro abbia fornito indicazioni relative ad un presunto «contingentamento» a livello provinciale di riconoscimenti di invalidità civile, handicap e disabilità, determinato da obiettivi di contenimento della spesa;
se il Ministro, a fronte di ritardi penalizzanti causati dalla nuova normativa, non intenda provvedere al riconoscimento di un disagio suscettibile di una qualche mitigazione o compensazione.
(4-10932)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CENNI, SERVODIO e DI GIUSEPPE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 51 della Costituzione cita testualmente che «Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini»;
l'Unione europea negli ultimi anni ha approvato numerosi documenti per promuovere una effettiva parità di genere nei differenti livelli dirigenziali e nei vertici amministrativi degli enti. In particolare questi indirizzi sono presenti:
a) nella decisione 2001/51/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2000, relativa al programma concernente la strategia comunitaria in materia di parità tra donne e uomini (2001-2005);
b) nella «Strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015» della Commissione Ue che prevede nello specifico «la parità nei processi decisionali»;
c) nella risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 10 febbraio 2010 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea (risoluzione INI/2009/2101) ha stabilito che è compito degli Stati membri e delle parti sociali promuovere una presenza più equilibrata tra donne e uomini nei posti di responsabilità delle imprese, dell'amministrazione e degli organi politici;
il decreto legislativo 25 gennaio 2010, numero 5, sulla «Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego» specifica, tra l'altro, che «La parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compresi quelli dell'occupazione, del lavoro e della retribuzione» (articolo 1, comma 2) e che «L'obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere tenuto presente nella formulazione e attuazione, a tutti i livelli e ad opera di tutti gli attori, di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività» (articolo 1, comma 4);

la necessità di non discriminare le donne e di promuovere le pari opportunità nell'accesso al mondo del lavoro, in ogni settore ad ogni livello, responsabilità e retribuzione, è stata più volte rimarcata dal Ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna;
va segnalato, in questo contesto, che la Camera dei deputati ha approvato il 2 dicembre 2010 in prima lettura (in sede legislativa presso la Commissione Finanze) recependo una direttiva comunitaria, un testo di legge (ora all'esame del Senato, atto Senato numero 2482) sulla parità della rappresentanza di genere nei Consigli di amministrazione delle società quotate e partecipate dalle amministrazioni statali;
nonostante questi numerosi atti normativi, sia nazionali che comunitari, la presenza di donne in Italia nei posti decisionali rimane ad oggi nettamente inferiore rispetto alla componente maschile e molto distante dalle medie delle più avanzate realtà europee;
per la presenza di donne nei posti decisionali l'Italia è infatti agli ultimi posti in Europa: è «al femminile» circa il 23 per cento nel top management delle aziende pubbliche e private (10 per cento se restringiamo l'attenzione alle private) e solo il 6 per cento nei Consigli di amministrazione delle società quotate;
anche nel nostro Paese la scolarizzazione femminile, la preparazione professionale, la specializzazione delle donne è cresciuta enormemente in ogni campo: in Italia sessanta laureati su cento sono donne, una percentuale superiore a nazioni come Regno Unito e Stati Uniti. Nonostante questo primato, nel nostro Paese, circa il 22 per cento delle laureate non lavora, contro il 9 per cento degli uomini, senza dimenticare che le donne laureate impiegate sono mediamente retribuite in maniera inferiore rispetto ai loro colleghi maschi;
tutti gli atti di indirizzo e programmazione comunitaria in materia di agricoltura, a partire dagli stessi piani di sviluppo rurale, rilevano nei giovani e nelle donne, indicatori utili per la creazione di nuova impresa, occupazione, innovazione;
secondo recenti indagini la presenza femminile in agricoltura ha registrato, negli ultimi anni, una consistente crescita e si sta caratterizzando e connotando in aziende con produzioni di grande qualità, progetti fortemente innovativi;
questi dati sono confermati ad esempio:
a) dalla indagine «donne impresa» di Coldiretti che ha evidenziato come il 17,8 per cento delle imprese complessive italiane gestite da donne si trovino nel comparto agricolo;
b) dal rapporto sull'imprenditoria femminile elaborato da Unioncamere con la collaborazione del Ministero dello sviluppo economico e del dipartimento per le pari opportunità che ha rilevato che la presenza delle donne alla guida delle imprese agricole si attesta tra le più alte nell'ambito dei settori di attività economica per un totale di 253.214 aziende;
c) dall'associazione «Donne in Campo» della Cia secondo la quale il comparto agricolo è uno dei settori produttivi dove il tasso di femminilizzazione è più alto. Circa il 30 per cento delle imprese agricole, infatti, è a conduzione femminile e le imprese femminili in agricoltura sembrano rispondere meglio alla crisi generale che sta interessando l'intero settore primario a livello nazionale;
d) dall'Atlante delle donne impegnate in agricoltura, presentato dalla Rete rurale nazionale nel mese di gennaio 2011, che ha indicato come l'Italia sia al primo posto, fra i Paesi europei, per la presenza di aziende guidate da donne;
pertanto molte donne competenti e preparate professionalmente scelgono di avviare la loro iniziativa imprenditoriale proprio in agricoltura, valorizzando e promuovendo la differenza di genere con successo (ad esempio la esperienza delle donne del vino);

moltissime competenze femminili in campo scientifico, economico ed agronomico sono presenti anche nei centri formativi, di ricerca e negli atenei italiani (rivestendo anche ruoli ed incarichi e di primo piano come presidi di facoltà agrarie);
l'agricoltura si conferma quindi come un settore in grado di attirare un crescente interesse del mondo femminile e di valorizzare, conseguentemente, la presenza, l'iniziativa imprenditoriale e la capacità di innovazione delle donne nel settore primario;
ad oggi nei vertici degli enti agricoli di nomina governativa e ministeriale (prendendo in esame presidenti, commissari straordinari e consigli di amministrazione) non sono state nominate donne, fatta eccezione per una sola presenza femminile nel consiglio di amministrazione di Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura);
gli enti in oggetto collegati al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sono: Inea - Istituto nazionale di economia agraria, Inran - Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e per la nutrizione, Enr - Ente nazionale risi, Cra - Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura. Unire - Unione nazionale per l'incremento delle razze equine, Agea - Agenzia per le erogazioni in agricoltura, Ismea - Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, Buonitalia Spa; Isa - Istituto sviluppo agroalimentare Spa;
alla luce di quanto sopra richiamato si ritiene quindi improbabile che tale quadro di nomine possa discendere dalla assenza di adeguate competenze femminili nel settore -:
se il Ministro, alla luce di quanto esposto in premessa, sia consapevole che nei vertici amministrativi dei differenti enti collegati al suo dicastero sia presente solamente una donna, una percentuale in palese violazione della legislazione italiana e delle direttive ed indirizzi comunitari vigenti, che questa mancanza di presenze e competenze femminili nei vertici amministrativi sopracitati arrechi di fatto un danno al sistema agricolo nazionale, e alla esigenza di innovazione e modernizzazione, dal momento che le competenze tecnico scientifiche, e l'imprenditoria «in rosa» rappresentano oggi per risultati, crescita e professionalità un esempio ed un punto di riferimento di qualità per l'intero comparto a livello nazionale e quali iniziative e provvedimenti intenda assumere per poter assicurare, nella governance di tali enti sopracitati, una effettiva ed adeguata rappresentanza femminile, quale utile investimento, anche in relazione alla generale e qualificata crescita della presenza delle donne nell'intero comparto agricolo nazionale.
(5-04243)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

SCHIRRU, FADDA, CODURELLI, CALVISI, PES, MARROCU, MELIS, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, BOCCUZZI, GNECCHI e TRAPPOLINO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
nel numero 190 di ItaliaOggi, a pagina 24 dell'11 agosto 2010 si evidenziano le problematiche inerenti all'eliminazione dell'indennità chilometrica per le missioni di servizio. Tale situazione è stata evidenziata anche dall'Inail, dai comuni, dalla pubblica amministrazione in generale;
l'articolo 6, comma 12, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, stabilisce che «gli articoli 15 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 e 8 della legge 26 luglio 1978, n. 417 e relative disposizioni di attuazione, non si applicano al personale contrattualizzato di cui al decreto legislativo 165 del 2001 e cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi».

Le norme disapplicate consentivano il rimborso delle spese per missioni autorizzate con auto del dipendente, nel limite di un quinto del costo del carburante;
tuttavia, la disapplicazione dell'indennità chilometrica per i dipendenti pubblici che utilizzino il proprio mezzo per le missioni di servizio non ha abolito il diritto al rimborso delle spese incontrate;
come ben evidenziato dall'articolo di ItaliaOggi, nell'intento di conseguire risparmi per la spesa pubblica, si è confusa la necessità di limitare le auto blu, con le spese per trasferte;
i dipendenti pubblici sono spesso stati autorizzati in passato ad utilizzare le proprie vetture per le trasferte, essenzialmente per due motivi: in primo luogo, perché il parco delle auto pubbliche, per quanto ampio e diffuso, non consente di assicurare l'impiego dell'auto di servizio ai dipendenti pubblici impegnati in attività esterne. E di dipendenti che svolgono servizi esterni ve ne sono tantissimi in tutte le pubbliche amministrazioni; basti pensare non solo a chi svolge servizi ispettivi nelle direzioni provinciali del lavoro o nelle agenzie fiscali, ma ai dipendenti delle dogane, ai docenti delle scuole impegnati su più sedi, ai dipendenti delle aziende regionali per l'ambiente, a coloro che svolgono i servizi tecnico-manutentivi in reperibilità, alle visite domiciliari di assistenti sociali e medici, alle ispezioni dei tecnici di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, agli archeologi costretti a recarsi nei siti archeologici, alla vigilanza per scongiurare gli abusi edilizi e via discorrendo;
in Sardegna per esempio, data la vastità e la configurazione del territorio, l'inadeguatezza dei mezzi pubblici di collegamento tra i comuni più isolati e la città capoluogo in cui sono ubicati i servizi e gli uffici amministrativi, si rischia la paralisi dell'attività delle pubbliche amministrazioni;
il secondo motivo del ricorso alle auto private dei dipendenti deriva dall'inevitabile assenza in alcune zone di mezzi di trasporto utili o dall'inconciliabilità degli orari; paradossalmente, un dipendente, per effetto dell'articolo 6, comma 12, della manovra finanziaria, dovendo utilizzare un mezzo di trasporto pubblico esistente, a causa degli orari, potrebbe essere costretto al pernottamento in un albergo. Il che non aiuta sicuramente a ridurre i costi delle trasferte;
in ogni caso, l'articolo 6, comma 12, disapplica l'articolo 15 della legge 813 del 1973, ma non il suo articolo 12, ai sensi del quale «per i percorsi o per le frazioni di percorso non serviti da ferrovia o da altri servizi di linea è corrisposta, a titolo di rimborso spesa, un'indennità di lire 43 a chilometro aumentabile, per i percorsi effettuati a piedi in zone prive di strade, a lire 62 a chilometro». La norma, non attuabile per quanto concerne l'entità (per altro irrisoria) del rimborso spesa, anch'essa per questa parte travolta dalla manovra 2010, è rilevante perché pone un principio generale ovvio: se il pubblico dipendente è comandato a svolgere missioni e non sia possibile utilizzare mezzi pubblici, ha diritto a un rimborso delle spese incontrate per svolgere comunque la missione, nonostante l'impossibilità di utilizzare i trasporti pubblici. Dunque, la manovra 2010 ha inopportunamente reso inoperante le norme poste a determinare l'ammontare del rimborso, senza abolire il principio del rimborso delle spese;
appare evidente il cortocircuito giuridico (oltre che organizzativo) causato dalla frettolosa disposizione del decreto-legge n. 78 del 2010: da un lato, la norma elimina l'indennità chilometrica per il personale in missione che faccia uso dell'auto propria, ma dall'altro lascia fermo il principio del rimborso delle spese, facendo mancare un parametro per comprendere quale possa essere l'entità di tale rimborso -:
se non si ritenga opportuno predisporre urgentemente delle circolari con cui invitare all'adozione di atti organizzativi interni che facendo leva sull'articolo

12 della legge 836 del 1973 fissino il rimborso delle spese del personale autorizzato all'uso dell'auto propria in misura pari a quelle che avrebbero incontrato se la missione fosse stata condotta utilizzando un mezzo pubblico di trasporto.
(4-10938)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

PEDOTO e ZACCARIA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Ministero della salute a seguito della mancata conferma del professor Massimo Martelli da parte della regione Lazio a commissario straordinario per la gestione della struttura ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma, che pure aveva predisposto un importante piano di risanamento amministrativo, contabile e gestionale della stessa struttura, aveva riferito che la regione Lazio ha dato ampie garanzie sul fatto che l'avvicendamento del professor Martelli con l'attuale commissario Aldo Morrone non avrebbe provocato alcun rallentamento al risanamento dell'importante struttura ospedaliera di cui sopra;
il Ministero inoltre ha comunicato che avrebbe chiesto chiarimenti alla regione Lazio in merito allo stato di avanzamento del piano di intervento adottato dal professor Martelli e che questo sarebbe avvenuto nel corso di un tavolo tecnico convocato per il giorno 15 febbraio 2011 -:
se il Ministro interrogato abbia avuto modo di chiedere i chiarimenti annunciati nel corso del tavolo tecnico di cui in premessa in merito allo stato di avanzamento del piano di risanamento, sviluppo e salvaguardia del patrimonio non solo strutturale ma anche professionale e umano che l'azienda San Camillo Forlanini costituisce per tutta la regione Lazio e per l'Italia.
(4-10942)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la legge 22 febbraio 2001, n. 36, è la legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. Le principali finalità perseguite dalla legge quadro, approvata al termine della XIII Legislatura, sono le seguenti: a) la predisposizione di una disciplina unitaria, applicabile a tutte le fonti di inquinamento elettrico e magnetico; b) l'inserimento della tutela dall'inquinamento elettromagnetico all'interno di una cornice sistematica che disciplini il riparto di competenze fra i diversi soggetti pubblici coinvolti; c) la fissazione di nuovi valori limite, in particolare: dei limiti di esposizione (ai fini della tutela della salute da effetti acuti), dei valori di attenzione (che non devono essere superati negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate) e degli obiettivi di qualità (per la localizzazione di nuovi impianti, l'incentivazione delle migliori tecnologie disponibili e la progressiva mitigazione dell'esposizione); d) la programmazione degli opportuni interventi di risanamento dei siti;
la legge quadro disciplina gli impianti, i sistemi e le apparecchiature per usi civili, militari e delle Forze di polizia, che possano comportare l'esposizione dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici con frequenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz;
uno dei punti più importanti della disciplina introdotta con la legge del 2001 risiede nel fatto che essa è informata al principio comunitario di «precauzione», sancito dall'articolo 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione, in base al quale in materia ambientale la politica comunitaria deve essere incentrata

non soltanto su un elevato livello di tutela, ma anche su principi di precauzione, di azione preventiva e sul principio della correzione ex ante incidente sulla fonte del danno ambientale. Alla luce di tale principio, dunque, anche in assenza di accertamenti scientifici univoci sugli effetti generati dalla esposizione ai campi elettromagnetici prodotti dagli impianti di telefonia mobile, devono essere adottate misure funzionali alla riduzione della esposizione;
con i due decreti dell'8 luglio 2003 il Governo ha dato attuazione all'articolo 4, comma 2, lettera a), della legge 22 febbraio 2001, n. 36, attraverso la determinazione dei valori limite (cioè dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità) per la protezione della popolazione dai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. In data odierna, su 11 decreti attuativi previsti dalla legge quadro del 2001 risultano attuati solo i decreti emanati nel 2003 sopra citati, considerato anche che i limiti di esposizione in bassa e in alta frequenza indicati dovrebbero essere aggiornati, ai sensi della stessa normativa, già dal 2006;
è opportuno inoltre ricordare che, a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici esposti ai campi elettromagnetici nel frattempo è intervenuta in materia la direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz). Tale direttiva, inclusa nell'allegato B della legge comunitaria 2005 (legge 25 gennaio 2006, n. 29), è stata recepita nell'ordinamento italiano con decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 257;
la questione del completamento dell'attuazione della legge quadro è stata posta anche nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla valutazione degli effetti dell'esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici deliberata dalla VIII Commissione permanente (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati nella seduta del 27 maggio 2003 e conclusa il 24 marzo 2004 con l'approvazione del doc. XVII, n. 12. In tale documento la Commissione, oltre a evidenziare l'opportunità di un accurato monitoraggio a livello governativo sull'attuazione della legge, ha espresso l'auspicio che il Governo valuti la possibilità di completare l'attuazione della legge quadro, con riferimento in particolare alla determinazione di limiti specifici per le lavoratrici ed i lavoratori professionalmente esposti, alla costituzione del catasto nazionale delle sorgenti fisse e mobili dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e delle zone territoriali interessate (ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 36 del 2001) ed alle etichettature degli apparecchi e dei dispositivi, in particolare di uso domestico, individuale o lavorativo, generanti campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici;
anche il Parlamento europeo si è pronunciato, con la risoluzione del 2 aprile 2009, per segnalare ai Paesi membri l'urgenza di adottare seri provvedimenti cautelativi nei confronti delle esposizioni ai campi elettromagnetici non ionizzati, giungendo fino ad invitare gli Stati membri a seguire l'esempio della Svezia e a considerare disabili le persone affette da elettroipersensibilità, garantendo loro adeguata protezione e pari opportunità;
a quasi dieci anni dall'emanazione della legge n. 36 del 2001, alla luce dell'elevato grado di inquinamento elettromagnetico e dell'inesistenza di qualsiasi forma di protezione dagli effetti nocivi per la salute della popolazione che l'elettrosmog comporta, appare urgente e non più procrastinabile procedere all'adozione dei seguenti decreti:
1) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - di cui all'articolo 4, comma 2, lettera b), da adottare su proposta del Ministro della salute, sentiti i Ministri dell'ambiente e del lavoro, sentito il CIPRIE (Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento

elettromagnetico) e sentite le competenti commissioni parlamentari, previa intesa in sede di Conferenza unificata (Stato-Regioni-autonomie locali), relativo alla definizione dei limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità per la protezione dei lavoratori e delle lavoratrici dalle esposizioni rispettivamente ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generata dagli elettrodotti e ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese fra 100 kHz e 300GHz, nonché alle tecniche di rilevamento e misurazioni dell'inquinamento elettromagnetico ed i parametri per la previsione di fasce di rispetto per gli elettrodotti;
2) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - di cui all'articolo 7, comma 1, da adottare su proposta del Ministro dell'ambiente, sentiti i Ministri della salute e dell'industria (ed altri Ministri per aspetti costitutivi del catasto), relativo alla costituzione del catasto nazionale delle sorgenti fisse e mobili dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e delle zone territoriali interessate;
3) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - di cui all'articolo 4, comma 4, da adottare su proposta del Ministro dell'ambiente, sentiti il CIPRIE e la Conferenza unificata (Stato-regioni-autonomie locali), relativo alla determinazione dei criteri di elaborazione dei piani di risanamento di cui all'articolo 9, comma 2;
4) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - di cui all'articolo 5, commi 1, 2 e 3, da adottare su proposta dei Ministri dei lavori pubblici e per i beni e le attività culturali, previo parere del CIPRIE e sentite le competenti commissioni parlamentari, contenente il regolamento relativo alle misure di tutela dell'ambiente e del paesaggio, del contenimento del rischio elettrico e in particolare del rischio di elettrocuzione e di collisione dell'avifauna, nonché di nuova disciplina dei procedimenti di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli elettrodotti con tensione superiore a 150 kV;
5) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - di cui all'articolo 12, comma 1, da adottare su proposta del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro della salute, previo parere del CIPRIE e sentite le competenti Commissioni parlamentari, contenente le informazioni che i fabbricanti di apparecchi e dispositivi generanti campi elettromagnetici sono tenuti a fornire agli utenti (etichettatura) (decreto mai adottato);
6) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), da adottare su proposta del Ministro della salute, relativo alla promozione di attività di ricerca e sperimentazione tecnico-scientifica ed elaborazione e raccolta dati con informazione annuale al Parlamento, oltre che, per effetto della previsione di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003, all'aggiornamento dello stato delle conoscenze in materia di rischi sulla salute nei tre anni successivi all'entrata in vigore dei decreti a cura del CIPRIE; promozione di programmi pluriennali di ricerca epidemiologica e di cancerogenesi sperimentale;
7) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - di cui all'articolo 4, comma 1, lettera f), da adottare su proposta del CIPRIE, relativo alla realizzazione, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, e dell'articolo 13, comma 1, di accordi di programma con gli esercenti degli elettrodotti e delle antenne, delle apparecchiature di uso domestico generanti campi elettromagnetici nonché dei sistemi di trasporto pubblico allo scopo di sviluppare tecnologie che consentano la minimizzazione delle emissioni elettromagnetiche e di tutela del paesaggio;
8) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - da adottare su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della salute, della pubblica istruzione, dell'università e ricerca scientifica, relativo allo svolgimento

di campagne di informazione e di educazione ambientale, di cui all'articolo 10, comma 1 -:
a che punto sia lo stato di definizione dei decreti citati in premessa e quali misure urgenti i Ministri intendano porre in essere al fine di giungere all'adozione degli stessi;
quali azioni si intendano perseguire per dare attuazione al pronunciamento del Parlamento europeo.
(4-10947)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da un'indagine epidemiologica sarebbero almeno 5 milioni gli italiani affetti da malattie immaginarie;
l'indagine medesima, tendente al ribasso, comporterebbe un costo annuo almeno di 4 miliardi di euro alla collettività, seppure autorevoli rappresentanti della medicina, come il farmacologo professor Silvio Garattini, quantificano almeno nel doppio il costo complessivo sulla dotazione del fondo sanitario nazionale;
le malattie più temute sono quelle oncologiche, le cardiovascolari, le malattie mentali e neurodegenerative, con una serie di rilievi diagnostici complessi (Rmn, Tac, Pet, Spect, rx), oltre alle visite specialistiche, che rappresenterebbero il montante del costo economico da sostenere;
alcune patologie temute potrebbero essere evidenziate, nella loro insussistenza, da esami di natura prettamente clinica e valutativa affidati in prima specie al medico di famiglia; per quanto riguarda le patologie psichiatriche, secondo gli studi di eminenti università europee, quali Maastricht, Standford, Madrid, e in base al lavoro di ricercatori che fanno parte del Dsm V, il manuale statistico e di rilevazione dei disturbi, esisterebbero sindromi subcliniche ben diverse dalle vere e proprie patologie che la psichiatria italiana tarda ad accettare;
il professor Alessandro Rossi, dell'università de L'Aquila, ha effettuato una rilevazione, prima del terremoto aquilano, su una campionatura vasta, secondo la quale l'incidenza dei sintomi psicotici nella popolazione sana è del 12 per cento, contro lo 0,8 per cento della malattia conclamata. Analoghi studi sono stati effettuati dall'università di Padova e dall'università Cattolica di Milano;
sarebbe importante considerare gli studi della psichiatria europea (tra cui quella italiana) per comprendere una vasta forma di esperienze subcliniche senza considerarle patologia, così come avviene nei Paesi ai quali appartengono le università suindicate, con eliminazione di stigma e risparmio di cure inutili -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno promuovere una commissione d'indagine sui costi delle cosiddette malattie immaginarie;
se non ritenga di promuovere, con la Società italiana di psichiatria, una serie di incontri per allineare gli orientamenti diagnostici con quelli europei nonché per introdurre nei trattati e nelle definizioni la dicitura di sindrome subclinica.
(4-10949)

TESTO AGGIORNATO AL 22 FEBBRAIO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:

CAPARINI, STUCCHI, LAURA MOLTENI, COMAROLI, GRIMOLDI e BITONCI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
l'Ente nazionale sordi, l'ente morale preposto per legge alla rappresentanza e tutela dei sordi in Italia, ha chiesto alla RAI spa di sospendere il bando per l'affidamento del servizio di sottotitolazione dei programmi, in scadenza il 22 febbraio 2011 in quanto il bando con cui la concessionaria intende affidare il servizio di sottotitolazione dei programmi fino al termine

del contratto di servizio 2010-2012 di imminente sottoscrizione non prevede per l'azienda alcun obbligo di sottotitolare o tradurre in LIS i nuovi canali sulla piattaforma digitale terrestre;
la gara, secondo l'ENS, mira ad aggiudicare la sottotitolazione di circa 10.000 ore di programmi solo sulle tre reti generaliste e soltanto nella fascia oraria dalle ore 06.00 alle 24:00 introducendo una duplice discriminazione come denunciato da Ida Collu presidente ENS in quanto ai sordi sarà impedito l'accesso all'offerta televisiva sui nuovi canali digitali e sarà loro preclusa a priori la possibilità di fruire, anche sulle reti generaliste, dei programmi nella fascia oraria notturna instaurando la giornata tipo di una persona sorda di 18 ore contro le 24 di una normodotata;
il digitale che nelle intenzioni del legislatore avrebbe dovuto offrire a tutti maggiori programmi, migliore qualità e più interazione, rischia di produrre danni irreversibili alla qualità del servizio, già seriamente compromessa negli ultimi due anni in quanto già nel 2009 l'ENS aveva denunciato il drammatico crollo qualitativo della sottotitolazione preregistrata, causato dalla gara al ribasso bandita allora dalla direzione produzione RAI;
in quell'occasione, infatti, la base d'asta era stata di 9,85 euro per minuto di sottotitolazione e la ditta aggiudicataria aveva offerto un ribasso del 50 per cento circa (euro 4,63 per minuto), provocando la fuga dal settore di tutti i professionisti sottotitolisti che vi avevano lavorato per oltre 20 anni e di conseguenza uno scadimento qualitativo;
la nuova gara promossa dalla Concessionaria prevede il criterio del prezzo più basso con una base d'asta su cui offrire il ribasso di euro 4,70 al minuto ovvero la cifra offerta nella precedente gara del 2009 dall'impresa aggiudicatrice che ha distrutto un settore non più ritenuto strategico, relegando l'attività di produzione dei sottotitoli, prima realizzata da professionisti preparati con oltre 20 anni di esperienza, alla logica del call center che sforna sottotitoli in quantità, di pessima qualità e a bassissimo costo -:
se e quali iniziative di competenza intendano assumere anche nell'ambito dei poteri riconosciuti dal contratto di servizio al fine di tutelare i diritti costituzionali dei sordi.
(4-10950)

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Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Franceschini e altri n. 1-00565, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Realacci.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza urgente Boccia e altri n. 2-00973, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Servodio.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Migliori n. 4-06400, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-02610, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Scandroglio e Cassinelli n. 4-06434, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Holzmann n. 4-06438, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Toccafondi n. 4-06453, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Toccafondi e altri n. 4-06454, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Holzmann n. 4-06456, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Migliori n. 4-06457, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Girlanda n. 4-06471, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Girlanda n. 4-06472, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Gottardo e altri n. 4-06480, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Lisi e Lazzari n. 4-06481, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Cirielli e altri n. 4-06483, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Renato Farina n. 4-06484, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Marinello e altri n. 4-06488, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Marinello e altri n. 4-06493, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-02646, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Luciano Rossi n. 4-06508, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Girlanda n. 4-06517, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Renato Farina n. 5-02665, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Gibiino e altri n. 5-04187, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Vincenzo Antonio Fontana, Giammanco, Garofalo, Torrisi, Gianni.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza Franceschini n. 2-00903 del 2 dicembre 2010;
interrogazione a risposta scritta Lo Monte n. 4-07291 del 24 maggio 2010.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stato così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Schirru e altri n. 5-03374 dell'8 settembre 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10938;
interrogazione a risposta scritta Fugatti n. 4-10832 del 10 febbraio 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04247.