XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di venerdì 25 febbraio 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 25 febbraio 2011.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bocchino, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, Donadi, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantini, Maroni, Mecacci, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliori, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 24 febbraio 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
D'AMICO ed altri: «Modifiche all'articolo 12 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina» (4115);
DAMIANO ed altri: «Disposizioni per il superamento del blocco delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni e per la chiamata dei vincitori e degli idonei nei concorsi indetti dalle medesime» (4116);
FRASSINETTI ed altri: «Disposizioni per l'insegnamento dell'inno nazionale nelle scuole del primo ciclo dell'istruzione» (4117);
GALATI: «Disposizioni per la promozione e la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale attraverso le tecnologie dell'informazione e della comunicazione» (4118);
FEDRIGA e TORAZZI: «Disposizioni per l'avvio di nuove imprese e per il sostegno dell'occupazione giovanile e femminile, nonché delega al Governo in materia di regime fiscale agevolato» (4119);
MAGGIONI e MONTAGNOLI: «Disposizioni in materia di conversione, su opzione del mutuatario, del tasso di interesse da variabile a fisso nel contratto di mutuo» (4120).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge PEDOTO ed altri: «Disposizioni per la tutela della salute delle persone che si sottopongono a trattamenti abbronzanti» (3995) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Grassi, Martella e Viola.

La proposta di legge DI CENTA ed altri: «Norme in materia di previdenza e di tutela della maternità per gli atleti non professionisti» (4019) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Vella.

Trasmissione dal Senato.

In data 24 febbraio 2011 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza la seguente proposta di legge:
S. 2005. - BRANDOLINI ed altri; RAINIERI ed altri: «Disposizioni concernenti la preparazione, il confezionamento e la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma» (approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (975-2513-B).

Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
GHIGLIA: «Riconoscimento dell'inno di Mameli «Fratelli d'Italia» quale inno ufficiale della Repubblica» (3875).

VII Commissione (Cultura):
FRASSINETTI ed altri: «Disposizioni per l'insegnamento dell'inno nazionale nelle scuole del primo ciclo dell'istruzione» (4117) Parere delle Commissioni I e V.

XI Commissione (Lavoro):
PALADINI ed altri: «Interpretazione autentica dell'articolo 73, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, relativo al parametro di riferimento per la liquidazione delle pensioni ordinarie e degli assegni sostitutivi per i funzionari delle qualifiche ad esaurimento di cui all'articolo 60 del medesimo decreto» (3999) Parere delle Commissioni I e V.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 24 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la determinazione n. 5 del 2011, emessa dalla sezione stessa nell'adunanza dell'11 febbraio 2011 relativa al programma dell'attività della sezione per l'anno 2011.

Questa documentazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal ministro della difesa.

Il ministro della difesa, con lettera in data 10 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, la relazione sullo stato di avanzamento dei provvedimenti di ristrutturazione delle Forze armate, riferita all'anno 2010 (doc. XXXVI-bis, n. 3).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla IV Commissione (Difesa).

Trasmissione dal ministro dell'economia e delle finanze.

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettere in data 14 e 16 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 14, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le relazioni sulla stima del fabbisogno di cassa del settore pubblico e sulla situazione di cassa, comprensive del raffronto con i risultati del precedente biennio, aggiornate rispettivamente al 31 marzo 2010 (doc. XXV, n. 9) e al 30 giugno 2010 (doc. XXV, n. 10).

Questi documenti - che saranno stampati - sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal ministro degli affari esteri.

Il ministro degli affari esteri, con lettera in data 23 febbraio 2011, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 febbraio 1992, n.180, concernente la partecipazione dell'Italia alle iniziative di pace e umanitarie in sede internazionale, che intende devolvere contributi all'Assessment and Evalutation Commission - Commissione internazionale di verifica e valutazione dell'Accordo globale di pace tra Nord e Sud Sudan (CPA), per la continuazione dell'attività a favore dell'attuazione del citato Accordo, e all'Università degli studi di Siena - Facoltà di lettere e filosofia (Dipartimento di scienze della comunicazione - Master in diritti umani), per un progetto di supporto al raggiungimento della pace in Darfur.

Tale comunicazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione dal Comitato interministeriale per la programmazione economica.

La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 25 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n.196, le seguenti delibere CIPE, che sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio), nonché alle Commissioni sottoindicate:
n.80/2010 del 18 novembre 2010, concernente «Programma delle infrastruttura strategiche (legge n.443 del 2001). Modifica delibera n.59/2010» - alla VII Commissione (Cultura);
n.95/2010 del 18 novembre 2010, concernente «Programma statistico nazionale 2008-2010. Aggiornamento per l'anno 2010» - alla I Commissione (Affari costituzionali).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 24 febbraio 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 89/666/CE, 2005/56/CE e 2009/101/CE in materia di interconnessione dei registri centrali, commerciali e delle imprese (COM(2011)79 definitivo) e il relativo documento di accompagnamento - Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Sintesi della valutazione dell'impatto (SEC(2011)223 definitivo), che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla X Commissione (Attività produttive), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea). La predetta proposta di direttiva è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 25 febbraio 2011.

Il Consiglio dell'Unione europea, in data 25 febbraio 2011, ha trasmesso, ai sensi del Trattato sull'Unione europea, la posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla fornitura di informazioni sui prodotti alimentari ai consumatori (17602/1/10 REV 1 ADD 1), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni riunite XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Garante del contribuente per il Piemonte.

Il Garante del contribuente per il Piemonte, con lettera in data 16 febbraio 2011, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale riferita all'anno 2010, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212.

Questa documentazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Comunicazioni di nomine ministeriali.

Il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 18 febbraio 2011, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n.14, della nomina del dottor Massimo Avancini a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale dell'Alta Murgia.

Tale comunicazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A a resoconto della seduta del 24 febbraio 2011, a pagina 4, seconda colonna, alla tredicesima riga, dopo la parola: «tributaria),», si intende inserita la seguente: «VII,».

DISEGNO DI LEGGE: S. 2518 - CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 29 DICEMBRE 2010, N. 225, RECANTE PROROGA DI TERMINI PREVISTI DA DISPOSIZIONI LEGISLATIVE E DI INTERVENTI URGENTI IN MATERIA TRIBUTARIA E DI SOSTEGNO ALLE IMPRESE E ALLE FAMIGLIE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4086)

A.C. 4086 - Proposta emendativa riferita all'articolo unico del disegno di legge

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE SULLA QUALE IL GOVERNO HA POSTO LA QUESTIONE DI FIDUCIA

Dis. 1.1. Governo.
(Approvato)

A.C. 4086 - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame contiene una pluralità di disposizioni accomunate dalla caratteristica di prevedere la proroga o il differimento di termini fissati da provvedimenti legislativi, volti ad affrontare questioni di particolare urgenza, specialmente in materia economica e finanziaria;
per il settore agricolo in particolare, il provvedimento prevede interventi di proroga o differimento dei termini, la cui attuazione è possibile senza compromettere la stabilità economica e finanziaria del Paese;
nonostante il settore agricolo nel 2010 abbia dato segni di ripresa economica per le aziende del settore, attraverso un aumento delle esportazioni dei prodotti agroalimentari, appare evidente sostenere maggiormente l'intera filiera agricola nazionale attraverso interventi agevolativi volti a rilanciare le imprese agricole come ad esempio le agevolazioni per il gasolio utilizzato per le coltivazioni sotto serra,

impegna il Governo

a valutare, compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione, l'opportunità di prevedere un intervento legislativo ad hoc in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio utilizzato nelle coltivazioni sotto serra, di cui all'articolo 2, comma 14, della legge 22 dicembre 2008, n. 203.
9/4086/1. Nastri.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che contiene interventi in materia pensionistica, ha abrogato - tra l'altro - le norme che prevedevano il trasferimento gratuito all'INPS della contribuzione maturata in altre gestioni previdenziali: in particolare, sono stati abrogati l'articolo 3, comma 14, del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 562 (Fondo di previdenza per gli elettrici) e l'articolo 28 della legge 4 dicembre 1956, n. 1450 (Fondo di previdenza per i telefonici);
i commi da 12-sexies a 12-undecies dell'articolo 12 del citato decreto n. 78 del 2010 hanno di fatto previsto, dunque, che la ricongiunzione contributiva sia onerosa;
le ricongiunzioni contributive, pertanto, sono divenute comunque onerose e, in particolari casi, particolarmente onerose;
in sede di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010 non è stato possibile prorogare i termini della entrata in vigore delle relative disposizioni, scelta che, peraltro, non avrebbe risolto ma solo rinviato il problema,

impegna il Governo

a diramare direttive agli enti previdenziali affinché possano essere disposte forme di rateizzazione dell'ammontare dovuto dai lavoratori;
a valutare l'opportunità di ricercare, mediante un confronto con le parti sociali interessate e con gli enti previdenziali competenti, misure in grado di affrontare e risolvere il problema attraverso una adeguata revisione delle norme in materia di totalizzazione e di allargamento dei suoi effetti.
9/4086/2. Vincenzo Antonio Fontana, Antonino Foti, Fedriga, Pelino, Scandroglio, Munerato, Bonino, Moffa, Cazzola.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che contiene interventi in materia pensionistica, ha abrogato - tra l'altro - le norme che prevedevano il trasferimento gratuito all'INPS della contribuzione maturata in altre gestioni previdenziali: in particolare, sono stati abrogati l'articolo 3, comma 14, del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 562 (Fondo di previdenza per gli elettrici) e l'articolo 28 della legge 4 dicembre 1956, n. 1450 (Fondo di previdenza per i telefonici);
i commi da 12-sexies a 12-undecies dell'articolo 12 del citato decreto n. 78 del 2010 hanno di fatto previsto, dunque, che la ricongiunzione contributiva sia onerosa;
le ricongiunzioni contributive, pertanto, sono divenute comunque onerose e, in particolari casi, particolarmente onerose;
in sede di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010 non è stato possibile prorogare i termini della entrata in vigore delle relative disposizioni, scelta che, peraltro, non avrebbe risolto ma solo rinviato il problema,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di diramare direttive agli enti previdenziali affinché possano essere disposte forme di rateizzazione dell'ammontare dovuto dai lavoratori;
a valutare l'opportunità di ricercare, mediante un confronto con le parti sociali interessate e con gli enti previdenziali competenti, misure in grado di affrontare e risolvere il problema attraverso una adeguata revisione delle norme in materia di totalizzazione e di allargamento dei suoi effetti.
9/4086/2. (Testo modificato nel corso della seduta)Vincenzo Antonio Fontana, Antonino Foti, Fedriga, Pelino, Scandroglio, Munerato, Bonino, Moffa, Cazzola.

La Camera,
premesso che:
il Presidente della Repubblica, nella lettera inviata ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio in data 22 febbraio scorso, ha sottolineato che «molte delle disposizioni aggiunte in sede di conversione sono estranee all'oggetto quando non alla stessa materia del decreto, eterogenee e di assai dubbia coerenza con i principi e le norme della Costituzione»;
il Presidente della Repubblica nello stesso messaggio «si riserva altresì, qualora non sia possibile procedere alla modifica del testo del disegno di legge approvato dal Senato, di suggerire l'opportunità di adottare successivamente possibili norme interpretative e correttive, qualora io ritenga, in ultima istanza, di procedere alla promulgazione della legge. Devo infine avvertire che, a fronte di casi analoghi, non potrò d'ora in avanti rinunciare ad avvalermi della facoltà di rinvio, anche alla luce dei rimedi che l'ordinamento prevede nella eventualità della decadenza di un decreto-legge, come ho sopra ricordato»;
nel Disegno di Legge: S. 2518. - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie» (approvato dal Senato) (4086), all'articolo 2-quinquies, comma 9, si dispone: « In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'articolo 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa»;
l'effetto della disposizione predetta consentirebbe agli Istituti di Credito di sanare ogni tipologia di violazione legata alla violazione delle norme che regolano la conclusione e la determinazione degli elementi economici dei contratti bancari conclusi, consentendogli di consolidare lo spostamento patrimoniale anche ingente di ogni somma illegittimamente addebitata ai clienti bancari nel corso degli anni e più volte pubblicamente denunciate;
in tal modo verrebbero consolidati in capo agli istituti predetti anche i frutti illecitamente percepiti a seguito di condotte bancarie anche palesemente usurarie,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a riesaminare l'interpretazione fornita dalla disposizione richiamata in premessa, riportandola negli ambiti interpretativi finora fatti propri dalla giurisprudenza di legittimità e da ultimo ribaditi nella sentenza a sezioni unite della Corte di cassazione n. 24418 del 2 dicembre 2010.
9/4086/3. Mecacci, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il Presidente della Repubblica, nella lettera inviata ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio in data 22 febbraio scorso, ha sottolineato che «molte delle disposizioni aggiunte in sede di conversione sono estranee all'oggetto quando non alla stessa materia del decreto, eterogenee e di assai dubbia coerenza con i principi e le norme della Costituzione»;
il Presidente della Repubblica nello stesso messaggio «si riserva altresì, qualora non sia possibile procedere alla modifica del testo del disegno di legge approvato dal Senato, di suggerire l'opportunità di adottare successivamente possibili norme interpretative e correttive, qualora io ritenga, in ultima istanza, di procedere alla promulgazione della legge. Devo infine avvertire che, a fronte di casi analoghi, non potrò d'ora in avanti rinunciare ad avvalermi della facoltà di rinvio, anche alla luce dei rimedi che l'ordinamento prevede nella eventualità della decadenza di un decreto-legge, come ho sopra ricordato»;
nel Disegno di Legge: S. 2518. - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie» (approvato dal Senato) (4086), all'articolo 2-quinquies, comma 9, si dispone: « In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'articolo 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa»;
l'effetto della disposizione predetta consentirebbe agli Istituti di Credito di sanare ogni tipologia di violazione legata alla violazione delle norme che regolano la conclusione e la determinazione degli elementi economici dei contratti bancari conclusi, consentendogli di consolidare lo spostamento patrimoniale anche ingente di ogni somma illegittimamente addebitata ai clienti bancari nel corso degli anni e più volte pubblicamente denunciate;
in tal modo verrebbero consolidati in capo agli istituti predetti anche i frutti illecitamente percepiti a seguito di condotte bancarie anche palesemente usurarie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a riesaminare l'interpretazione fornita dalla disposizione richiamata in premessa, riportandola negli ambiti interpretativi finora fatti propri dalla giurisprudenza di legittimità e da ultimo ribaditi nella sentenza a sezioni unite della Corte di cassazione n. 24418 del 2 dicembre 2010.
9/4086/3. (Testo modificato nel corso della seduta).Mecacci, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2268, comma 1, numero 258, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ha soppresso il decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1946, n. 320, unica fonte normativa di rango legislativo esistente nel settore delle attività di bonifica degli ordigni e dei residuati bellici rinvenibili sull'intero territorio nazionale;
è necessario ed urgente, al fine di garantire una corretta prosecuzione delle attività di lavoro nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall'articolo 89, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, interessati da attività di scavo, e fino al definitivo riordino della disciplina concernente le bonifiche da ordigni esplosivi, ai sensi dell'articolo 14, comma 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246, ripristinare la norma abrogata affinché il Ministero della difesa possa continuare legittimamente ad emanare le prescrizioni tecniche e ad assicurare le funzioni di vigilanza sulle attività di ricerca e scoprimento di ordigni esplosivi residuali bellici svolte, su richiesta degli interessati, mediante ditte che impiegano personale specializzato, formato a cura del medesimo Ministero, la cui assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro continua ad essere a carico dello Stato,

impegna il Governo

a emanare nel più breve tempo consentito un provvedimento finalizzato a sopprimere l'articolo 2268, comma 1, numero 258, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
9/4086/4. Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2268, comma 1, numero 258, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ha soppresso il decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1946, n. 320, unica fonte normativa di rango legislativo esistente nel settore delle attività di bonifica degli ordigni e dei residuati bellici rinvenibili sull'intero territorio nazionale;
è necessario ed urgente, al fine di garantire una corretta prosecuzione delle attività di lavoro nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall'articolo 89, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, interessati da attività di scavo, e fino al definitivo riordino della disciplina concernente le bonifiche da ordigni esplosivi, ai sensi dell'articolo 14, comma 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246, ripristinare la norma abrogata affinché il Ministero della difesa possa continuare legittimamente ad emanare le prescrizioni tecniche e ad assicurare le funzioni di vigilanza sulle attività di ricerca e scoprimento di ordigni esplosivi residuali bellici svolte, su richiesta degli interessati, mediante ditte che impiegano personale specializzato, formato a cura del medesimo Ministero, la cui assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro continua ad essere a carico dello Stato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare nel più breve tempo consentito un provvedimento finalizzato a sopprimere l'articolo 2268, comma 1, numero 258, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
9/4086/4. (Testo modificato nel corso della seduta).Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 2-quinquies, del decreto-legge in esame è composto di due periodi. Il primo periodo proroga - rectius differisce, trattandosi di termini non ancora scaduti - al 30 aprile 2012 i termini e i regimi giuridici indicati nella tabella 1 in scadenza dopo il 31 marzo 2011. Conseguentemente, l'automatismo di cui al primo periodo riguarda solo le disposizioni relative al mandato dei componenti in carica del Consiglio centrale interforze della rappresentanza militare, nonché dei consigli centrali, intermedi e di base dell'Esercito italiano, della Marina militare, dell'Aeronautica militare, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, eletti nelle categorie del personale militare in servizio permanente e volontario, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;
la legge stabilisce in quattro anni la durata del mandato dei Consigli della rappresentanza militare;
mercoledì 24 febbraio 2010, nel corso della seduta n. 289 della Camera dei deputati il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno n. 9/3210/3 a firma dei deputati radicali Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti, e nel corso della seduta n. 9 dell'8 febbraio 2011 delle Commissioni riunite 1o e 5o del Senato il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno n. G/2518/1 e 5/23 a firma dei senatori radicali Marco Perduca e Donatella Poretti, presentati su iniziativa del Partito per la tutela dei diritti dei militari e forze di polizia (Pdm), finalizzati ad evitare ulteriori provvedimenti di proroga del mandato dei componenti dei Consigli della rappresentanza militare e sulla possibilità di estendere anche al personale delle Forze armate i pieni diritti sindacali al pari della Polizia di Stato;
è necessario prendere atto delle molteplici manifestazioni di dissenso e contrarietà verso una seconda proroga dei Consigli delle rappresentanze militari che si sono sollevate nell'ambito delle caserme e degli enti delle Forze armate, nonché della preoccupazione espressa in sede di formulazione del parere della 4o Commissione permanente del Senato circa l'inopportunità di un ulteriore simile provvedimento;
una ulteriore proroga dei Consigli della rappresentanza militare, oltre a quella già concessa con la legge 29 dicembre 2009, n. 197 di conversione del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, rappresenta un pericoloso vulnus all'esercizio di un diritto costituzionalmente protetto e un deprecabile atto di costrizione delle libertà fondamentali di espressione e opinione, considerate elementi essenziali di una solida democrazia alla quale si uniformano le Forze armate;
è compito del Governo garantire il pieno rispetto dei diritti e delle garanzie costituzionali di cui deve poter godere indistintamente tutto il personale militare delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare, con particolare riferimento alle libertà di opinione ed espressione,

impegna il Governo

a non concedere ulteriori proroghe del mandato dell'attuale Consiglio centrale interforze della rappresentanza militare, nonché dei consigli centrali, intermedi e di base dell'Esercito italiano, della Marina militare, dell'Aeronautica militare, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, eletti nelle categorie del personale militare in servizio permanente e volontario, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66,
a porre in essere ogni utile azione che consenta di procedere al rinnovo degli organismi della rappresentanza militare entro e non oltre il 30 luglio 2011.
9/4086/5. Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 2-quinquies, del decreto-legge in esame è composto di due periodi. Il primo periodo proroga - rectius differisce, trattandosi di termini non ancora scaduti - al 30 aprile 2012 i termini e i regimi giuridici indicati nella tabella 1 in scadenza dopo il 31 marzo 2011. Conseguentemente, l'automatismo di cui al primo periodo riguarda solo le disposizioni relative al mandato dei componenti in carica del Consiglio centrale interforze della rappresentanza militare, nonché dei consigli centrali, intermedi e di base dell'Esercito italiano, della Marina militare, dell'Aeronautica militare, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, eletti nelle categorie del personale militare in servizio permanente e volontario, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;
la legge stabilisce in quattro anni la durata del mandato dei Consigli della rappresentanza militare;
mercoledì 24 febbraio 2010, nel corso della seduta n. 289 della Camera dei deputati il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno n. 9/3210/3 a firma dei deputati radicali Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti, e nel corso della seduta n. 9 dell'8 febbraio 2011 delle Commissioni riunite 1o e 5o del Senato il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno n. G/2518/1 e 5/23 a firma dei senatori radicali Marco Perduca e Donatella Poretti, presentati su iniziativa del Partito per la tutela dei diritti dei militari e forze di polizia (Pdm), finalizzati ad evitare ulteriori provvedimenti di proroga del mandato dei componenti dei Consigli della rappresentanza militare e sulla possibilità di estendere anche al personale delle Forze armate i pieni diritti sindacali al pari della Polizia di Stato;
è necessario prendere atto delle molteplici manifestazioni di dissenso e contrarietà verso una seconda proroga dei Consigli delle rappresentanze militari che si sono sollevate nell'ambito delle caserme e degli enti delle Forze armate, nonché della preoccupazione espressa in sede di formulazione del parere della 4o Commissione permanente del Senato circa l'inopportunità di un ulteriore simile provvedimento;
una ulteriore proroga dei Consigli della rappresentanza militare, oltre a quella già concessa con la legge 29 dicembre 2009, n. 197 di conversione del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, rappresenta un pericoloso vulnus all'esercizio di un diritto costituzionalmente protetto e un deprecabile atto di costrizione delle libertà fondamentali di espressione e opinione, considerate elementi essenziali di una solida democrazia alla quale si uniformano le Forze armate;
è compito del Governo garantire il pieno rispetto dei diritti e delle garanzie costituzionali di cui deve poter godere indistintamente tutto il personale militare delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare, con particolare riferimento alle libertà di opinione ed espressione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di non concedere ulteriori proroghe del mandato dell'attuale Consiglio centrale interforze della rappresentanza militare, nonché dei consigli centrali, intermedi e di base dell'Esercito italiano, della Marina militare, dell'Aeronautica militare, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, eletti nelle categorie del personale militare in servizio permanente e volontario, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66,
a porre in essere ogni utile azione che consenta di procedere al rinnovo degli organismi della rappresentanza militare entro e non oltre il 30 luglio 2011.
9/4086/5. (Testo modificato nel corso della seduta).Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
è necessario che ad ogni livello le amministrazioni pubbliche contribuiscano agli obiettivi di finanza pubblica stabiliti;
le misure di contenimento della spesa a tal scopo previste nelle manovre finanziarie succedutesi in questi anni e, da ultimo, nell'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, si applicano alle Camere di commercio;
nel 2010, con il decreto legislativo n. 23, è stata approvata la riforma delle Camere di commercio, da attuare con una serie di decreti, che - tra l'altro - permetteranno di applicare i vincoli di finanza pubblica alle peculiarità del sistema camerale;
in particolare, con il decreto attuativo dell'articolo 18 della legge n. 580 del 1993 e successive modifiche ed integrazioni, al momento in via di definizione con un apposito provvedimento interministeriale dei ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, si dovrà disciplinare la partecipazione del sistema camerale al contenimento della spesa, anche sulla base delle misure previste dal citato decreto-legge n. 78 del 2010, dando però la possibilità alle Camere stesse di definire - in base agli obiettivi di tutto il sistema - le priorità e le azioni di sostegno in favore delle imprese;
si tratta di una sorta di «patto di stabilità» del Sistema camerale, già espressamente previsto dal decreto legislativo di riforma del 2010, in base al quale il Sistema camerale garantisce il risparmio ed il versamento di tali somme al bilancio dello Stato, pur senza una previsione puntuale dei limiti per ogni singola tipologia di spesa;
tale meccanismo garantisce il pieno rispetto da parte del sistema camerale degli obiettivi di finanza pubblica, attraverso il conseguimento dei risparmi, stimati in 10 milioni di euro, previsti dalle norme del decreto-legge n. 78 del 2010 ed il conseguente versamento di tali somme al bilancio dello Stato, senza però limitare o irrigidire l'operatività delle Camere;
le camere di commercio sono enti pubblici le cui risorse non gravano in alcun modo sul bilancio dello Stato, in quanto si finanziano esclusivamente con il diritto annuale versato da tutte le imprese iscritte al registro delle imprese e con i servizi erogati alle stesse imprese;
le camere di commercio inoltre, anche sulla base del recente decreto legislativo n. 23 del 2010, sono state riconosciute quali autonomie funzionali e, in attuazione del principio di sussidiarietà, sono rappresentative di tutte le categorie economiche presenti nei diversi territori;
le strategie di utilizzo delle risorse vengono dunque definite dalle rappresentanze delle imprese attraverso gli organi delle camere di commercio;
è importante garantire nell'utilizzo di queste risorse la più ampia operatività delle camere, in quanto queste ultime svolgono, in base alla legge, fondamentali funzioni di supporto e promozione degli interessi generali delle imprese e delle economie locali e sono impegnate a sostenere i sistemi imprenditoriali locali ad uscire dalla più grave crisi economica che ha colpito la nostra economia dal dopo guerra ad oggi;
per questo è indispensabile anche garantire la piena rappresentatività degli organi esecutivi delle camere di commercio non limitandone la composizione, come previsto all'articolo 6, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, senza tener conto delle caratteristiche economiche del territorio,

impegna il Governo

ad adottare, fin dal 2011, con apposito decreto, quanto previsto dall'articolo 18, comma 6, della legge n. 580 del 1993 come modificato dal decreto legislativo n. 23 del 2010 relativo al cosiddetto «patto di stabilità di sistema», ovvero a rinviare l'applicazione dell'articolo 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, per gli enti del sistema camerale, fermo restando l'obbligo di conseguire i risparmi previsti ed il relativo versamento al bilancio dello Stato;

a garantire la piena rappresentatività degli organi esecutivi degli enti del sistema camerale applicando senza ulteriori vincoli quanto previsto dall'articolo 14 della legge n. 580 del 1993, come modificato dal decreto legislativo n. 23 del 2010.
9/4086/6. Armosino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 12-quinquies, del decreto-legge in esame prevede che al fine di finanziare le spese conseguenti allo stato di emergenza derivante dagli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito il territorio, nonché per la copertura degli oneri conseguenti allo stesso, è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 da ripartire in misura pari a 45 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per la regione Liguria, 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per la regione Veneto, 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per la regione Campania e 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per i comuni della provincia di Messina colpiti dall'alluvione del 2 ottobre 2009;
con tale disposizione, sono stati evidentemente individuati i territori colpiti da calamità naturali ritenuti maggiormente bisognosi di un intervento finanziario statale;
va tuttavia ricordata la particolare situazione della regione Calabria, ripetutamente colpita da eccezionali calamità idrogeologiche, con frane, smottamenti e alluvioni che hanno provocato in numerose aree gravissimi danni alle persone e ai loro beni, alle attività produttive e alle infrastrutture;
la regione Calabria ha inoltre un territorio particolarmente esposto al rischio idrogeologico, che richiederebbe pertanto interventi strutturali di difesa del suolo e di prevenzione del dissesto idrogeologico, volti ad evitare che le inevitabili avversità atmosferiche possano trasformarsi in tragedie per le persone e in disastri per le economie locali;
l'articolo 2, comma 2, del decreto-legge in esame, inoltre, differisce alla data del 30 giugno 2011 il termine relativo al versamento dei tributi, nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, sospesi in relazione agli eccezionali eventi alluvionali verificatisi nel Veneto;
appare necessario che l'intervento di sostegno dello Stato e le risorse nazionali vengano distribuite in modo equo, prestando uguale attenzione alle diverse situazioni di criticità,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa necessaria per provvedere al finanziamento dei provvedimenti idonei a fronteggiare le gravi conseguenze delle eccezionali calamità idrogeologiche verificatesi nella regione Calabria nonché al finanziamento degli interventi strutturali necessari per far fronte all'elevato rischio idrogeologico del relativo territorio;
ad adottare le iniziative necessarie per consentire anche in favore della regione Calabria, limitatamente all'area di Gioia Tauro, il differimento del termine relativo al versamento dei tributi, nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali.
9/4086/7. D'Ippolito Vitale, Dima.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 12-quinquies, del decreto-legge in esame prevede che al fine di finanziare le spese conseguenti allo stato di emergenza derivante dagli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito il territorio, nonché per la copertura degli oneri conseguenti allo stesso, è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 da ripartire in misura pari a 45 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per la regione Liguria, 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per la regione Veneto, 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per la regione Campania e 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per i comuni della provincia di Messina colpiti dall'alluvione del 2 ottobre 2009;
con tale disposizione, sono stati evidentemente individuati i territori colpiti da calamità naturali ritenuti maggiormente bisognosi di un intervento finanziario statale;
va tuttavia ricordata la particolare situazione della regione Calabria, ripetutamente colpita da eccezionali calamità idrogeologiche, con frane, smottamenti e alluvioni che hanno provocato in numerose aree gravissimi danni alle persone e ai loro beni, alle attività produttive e alle infrastrutture;
la regione Calabria ha inoltre un territorio particolarmente esposto al rischio idrogeologico, che richiederebbe pertanto interventi strutturali di difesa del suolo e di prevenzione del dissesto idrogeologico, volti ad evitare che le inevitabili avversità atmosferiche possano trasformarsi in tragedie per le persone e in disastri per le economie locali;
l'articolo 2, comma 2, del decreto-legge in esame, inoltre, differisce alla data del 30 giugno 2011 il termine relativo al versamento dei tributi, nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, sospesi in relazione agli eccezionali eventi alluvionali verificatisi nel Veneto;
appare necessario che l'intervento di sostegno dello Stato e le risorse nazionali vengano distribuite in modo equo, prestando uguale attenzione alle diverse situazioni di criticità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa necessaria per provvedere al finanziamento dei provvedimenti idonei a fronteggiare le gravi conseguenze delle eccezionali calamità idrogeologiche verificatesi nella regione Calabria nonché al finanziamento degli interventi strutturali necessari per far fronte all'elevato rischio idrogeologico del relativo territorio;
ad adottare le iniziative necessarie per consentire anche in favore della regione Calabria, limitatamente all'area di Gioia Tauro, il differimento del termine relativo al versamento dei tributi, nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali.
9/4086/7. (Testo modificato nel corso della seduta).D'Ippolito Vitale, Dima.

La Camera,
premesso che:
il tema del lavoro e delle politiche occupazionali deve essere la priorità delle autorità di governo che, a fronte della forte contrazione occupazionale, devono assumere tutte le misure necessarie per combattere la piaga sociale del precariato ed il conseguente aumento dell'occupazione irregolare;
per far fronte alla grave crisi occupazionale e rilanciare l'economia del nostro Paese che rischia di perdere competitività rispetto ai partner europei, occorre investire sulla formazione e sulle competenze, stabilizzando il personale precario della sanità e della pubblica amministrazione, onde dare continuità al lavoro di professionisti ed operatori già in servizio presso le aziende sanitario-ospedaliere e presso la pubblica amministrazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere un piano straordinario di stabilizzazione del personale che ha operato per 36 mesi nelle strutture sanitarie e nella pubblica amministrazione, onde trasformare lo status di lavoratori precari a tempo determinato e rilanciare la produttività e la competitività del nostro Paese.
9/4086/8. Mario Pepe (PD).

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2010) prevede che le risorse assegnate per interventi di risanamento ambientale con delibera del CIPE del 6 novembre 2009, pari a 1.000 milioni di euro, siano assegnate a piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico individuate dalla direzione generale competente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti le Autorità di bacino e il dipartimento della protezione civile;
lo stesso articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, prevede altresì che le risorse possono essere utilizzate anche tramite accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che definisce altresì la quota di cofinanziamento regionale;
tutte le regioni hanno sottoscritto uno specifico accordo di programma al quale è allegato un elenco di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico;
in particolare la regione Piemonte ha approvato con D.G.R. del 15 novembre 2010 n. 31-1022 la proposta di programmazione regionale per gli interventi urgenti e prioritari di mitigazione del rischio idrogeologico, recepito nell'Accordo di programma, sottoscritto in data 17 novembre 2010 e finanziato in parte con le risorse previste dall'articolo 2, comma 240 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 ed in parte con fondi Fas regionali 2007-2013. All'interno di questo programma sono stati inseriti diversi interventi conseguenti agli eventi calamitosi del novembre-dicembre 2008 e dell'aprile 2009 che hanno colpito pesantemente il territorio della regione Piemonte, per i quali è stato dichiarato lo stato d'emergenza, ma sono stati stanziati fondi estremamente limitati a fronte delle esigenze segnalate dalla regione Piemonte. Gli interventi inseriti negli accordi di programma sono interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico, assolutamente necessari ancorché non esaustivi delle necessità di intervento presenti in tutte le regioni;
l'articolo 2, comma 12-quinquies del decreto in esame, nel testo modificato dal Senato, prevede di utilizzare 100 milioni di euro a valere sulle risorse di cui all'articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 per finanziare le spese conseguenti allo stato di emergenza derivante dagli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito il territorio delle regioni Liguria, Veneto, Campania e dei comuni della provincia di Messina, riducendo di pari importo le risorse disponibili, già preordinate, con delibera CIPE del 6 novembre 2009, al finanziamento degli interventi di risanamento ambientale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attingere le risorse necessarie tra quelle non ancora assegnate e riservate per la cosiddetta «premialità», al fine di mantenere fede agli impegni assunti con la sottoscrizione degli accordi di programma da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e in ogni caso, senza penalizzare le regioni che hanno stipulato gli accordi di programma di cui sopra, in quanto il riparto delle risorse è stato effettuato in base a valutazioni omogenee per tutto il territorio nazionale.
9/4086/9. Ghiglia.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica e finanziaria richiede l'ulteriore rafforzamento delle politiche tese a difendere e rilanciare l'economia nazionale, nonché l'individuazione di precise misure su cui costruire solidi modelli di riferimento a carattere sociale, economico e finanziario, strettamente connessi alla vita reale ed all'ambiente che ci circonda;
ancorché il tasso di disoccupazione in Italia (8,6 per cento secondo gli ultimi dati ISTAT aggiornati a dicembre 2010) sia inferiore alla media europea (10 per cento secondo la stessa fonte), occorre sostenere nuovi sforzi congiunti tra tutte le istituzioni nazionali impegnate a promuovere processi virtuosi di sviluppo, al fine di creare nel nostro Paese un ambiente più confacente all'imprenditoria;
la «questione giovanile» - alta disoccupazione, blocco dell'ascensore sociale, sfiducia diffusa - è diventata una grave questione generazionale, urge risposte immediate e non si risolve con provvedimenti settoriali o assistenziali, ma con un'economia più aperta basata sul binomio opportunità-responsabilità;
la crisi economica e finanziaria ha evidenziato l'importanza del microcredito e più in generale della microfinanza quale insieme di prodotti e servizi utili per aggredire l'emergenza occupazionale e, al contempo, quali strumenti strategici finalizzati a costruire nuovi paradigmi di sviluppo strutturale, in un'ottica di sostenibilità;
il microcredito ha dimostrato, sia a livello nazionale che internazionale, di essere un valido strumento di politica economica capace di sostenere l'autoimpiego di categorie di soggetti particolarmente svantaggiati, in primis le donne, i giovani, gli immigrati, persone che a causa della crisi hanno perso il proprio posto di lavoro;
la microfinanza sta progressivamente assumendo un ruolo di rilievo all'interno del dibattito politico, economico e sociale italiano. Una pluralità di soggetti - espressione delle istituzioni europee, centrali e locali, del no-profit e del settore privato - a vario titolo competenti in materia di servizi finanziari inclusivi, sono infatti impegnati, ciascuno sulla base delle proprie prerogative, nella promozione o nel sostegno diretto di iniziative micro finanziarie;
il microcredito pubblico si colloca tra gli strumenti di welfare moderni, in quanto diretto a promuovere le professionalità e l'impegno, poggiando sulla responsabilità attiva dei soggetti, in linea con quanto enunciato nel Libro verde sul nuovo modello di welfare;
affinché il microcredito pubblico conservi quei tratti caratteristici che lo distinguono dalla mera assistenza, il soggetto beneficiario possa essere fattivamente responsabilizzato quale imprenditore e la restituzione del prestito possa essere garantita, l'erogazione deve essere affiancata da una meticolosa e costante attività di informazione sul territorio, financial education, formazione e assistenza tecnica al beneficiario precedente e successiva all'inizio dell'operatività della microimpresa; tali attività risultano particolarmente onerose e occorre che nuove risorse economiche siano opportunamente destinate a finanziare tali servizi;
a tal fine, è possibile ed opportuno utilizzare parte delle risorse pubbliche impiegate nel campo sociale per azioni di solidarietà passiva (azioni di welfare state nella forma di semplice sostegno del reddito delle persone in difficoltà economica o di finanziamenti a fondo perduto) verso azioni di solidarietà attiva, quale è il microcredito;
peraltro, mentre la disoccupazione genera evasione fiscale e le iniziative di mero sostegno al reddito non producono nuova ricchezza, il microcredito non solo si basa su sistemi rotativi che consentono la restituzione delle risorse impiegate, ma crea nuove categorie di contribuenti;
l'incidenza della povertà relativa si attesta in Italia al 10,8 per cento, mentre la povertà assoluta intorno al 4,7 per cento;
le microimprese in Italia rappresentano più del 94 per cento di tutte le imprese e occupano il 48 per cento del totale degli addetti del settore;
in risposta ad un appello dell'allora Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ed alle successive risoluzioni dell'Assemblea generale ONU che promuovevano il 2005 quale Anno internazionale del microcredito, l'Italia ha costituito nell'anno 2004 un Comitato 2005 per il microcredito, poi trasformato nel 2006 in soggetto a carattere permanente ed insignito, in ragione del valore particolarmente solidaristico della propria attività, dell'Alto Patronato del Presidente della Repubblica;
con legge 24 dicembre 2007 n. 244, articolo 2, commi 185, 186 e 187, il Comitato Nazionale Italiano Permanente per il Microcredito ha acquisito lo status giuridico di ente di diritto pubblico e rappresenta, ancora oggi, nel panorama internazionale, uno dei pochi casi al mondo di ente nazionale dedicato allo sviluppo del settore micro finanziario.
il decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, articolo 2 comma 4-bis, sottolinea la centralità del microcredito quale strumento anticrisi finalizzato allo sviluppo economico e sociale del Paese;
per fronteggiare la crisi in atto bisogna attivare un insieme di misure di vasta portata, che non solo devono essere rivolte a tutti i settori produttivi, ad ampio raggio, ma che devono essere anche tempestive e coordinate con le attività nazionali di cooperazione allo sviluppo e con le misure anticrisi adottate dall'Unione europea;
l'Italia ha assunto precisi obblighi in sede internazionale, anche nell'ambito della campagna per gli obiettivi del Millennio, tra i quali spicca quello di combattere la povertà e la fame;
in tempi di grande austerità, anche la politica di cooperazione deve saper mutare le proprie strategie: non più aiuti a dono, che pesano nelle tasche dei contribuenti italiani senza apportare alcun beneficio reale alle comunità dei Paesi in via di sviluppo. Bensì fondi di garanzia, che attraverso il meccanismo virtuoso della rotazione sono in grado di servire un numero illimitato di individui. Occorre dunque adoperarsi affinché il microcredito diventi uno strumento sempre più incisivo nell'ambito delle politiche italiane di cooperazione. Ciò si può fare anche inserendo il microcredito sia all'interno dei programmi di conversione del debito, che nei programmi per le linee di credito agevolate;
la strategia della Commissione europea «Europa 2020», finalizzata ad uscire dalla crisi e preparare l'economia dell'Unione europea ad affrontare le sfide del prossimo decennio, incentiva il sostegno al mercato del lavoro e la lotta alla povertà;
la comunicazione della Commissione europea al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni «A European initiative for the development of micro-credit in support of growth and employment» (COM(2007) 708 fina1/2), evidenzia che lo strumento del microcredito può svolgere un ruolo importante nella promozione dell'integrazione sociale, in linea con l'enfasi data oggi alla «flessicurezza», cioè alla combinazione di flessibilità e sicurezza sociale;
nello stesso documento la Commissione invita gli Stati membri ad adeguare in modo appropriato i quadri istituzionali, giuridici e commerciali necessari per promuovere un ambiente più favorevole al microcredito;
il Programma quadro per la competitività e l'innovazione in Europa (CIP), avendo come obiettivo primario le piccole e medie imprese (PMI), sostiene la necessità di un più facile accesso ai finanziamenti;
inoltre, la Commissione europea ha sviluppato una complessa strategia in materia di microfinanza, a sostegno della crescita e dell'occupazione, caratterizzata da tre principali iniziative: (I) JEREMIE, che consente alle regioni e a tutti gli Stati membri dell'Unione europea di usare parte dei loro fondi strutturali per ottenere strumenti finanziari in supporto delle piccole e medie imprese, (II) JASMINE, che fornisce assistenza tecnica alle Istituzioni di microfinanza al fine di rafforzarne la capacità operativa, (III) PROGRESS, che intende fornire un aiuto finanziario all'attuazione degli obiettivi dell'Unione europea nel settore dell'occupazione e degli affari sociali, attraverso gli strumenti della microfinanza;
anche il Santo padre, nell'Enciclica Caritas in Veritate, cita la microfinanza quale importante strumento di crescita e di sviluppo economico ed umano, anche nei paesi avanzati, in un momento di impoverimento della società;
occorre sostenere la realizzazione delle misure per la ripresa dell'economia, anche prevedendo l'attuazione di interventi che siano capaci di rafforzare stabilmente i nostri sistemi produttivi, di incidere sulla ristrutturazione dei settori non più competitivi e di creare le condizioni di una forte ripresa dell'occupazione. Per raggiungere questi obiettivi è necessario sviluppare operazioni dirette alle microimprese;
è necessario ridurre al minimo gli oneri normativi che gravano sulle microimprese. Occorrono anche misure per ridurre le barriere giuridiche e amministrative, come l'esenzione dagli oneri sociali per le nuove imprese e procedure di registrazione più snelle; occorre altresì costruire una nuova compliance fiscale che porti gradualmente l'evasione italiana a livelli medi europei;
in Italia, l'offerta di microcredito è oggi di circa 50 milioni di euro, dunque ben al di sotto della domanda che recenti studi stimano attorno ai 4 miliardi di euro;
recenti dati ISTAT dimostrano che le politiche del lavoro e dello sviluppo nel secondo bimestre 2010, grazie anche al sostegno delle politiche di microfinanza e microcredito, hanno permesso un recupero dei livelli occupazionali nel settore agricoltura (per un incremento di 57 mila unità su base annua del lavoro dipendente) soprattutto al Sud. Il lavoro autonomo, con un aumento di 55 mila unità, ha fatto inoltre registrare una crescita positiva che inverte la tendenza finora registrata. Dunque, il sostegno all'impresa, soprattutto alla persona, al piccolo lavoratore, che recupera così la possibilità di essere reintrodotto nel circuito finanziario attraverso progetti di microcredito, ha iniziato a dare frutti concreti,

impegna il Governo

a rafforzare le Istituzioni nazionali deputate a lottare contro la povertà e l'esclusione sociale nel nostro Paese e nei Paesi in via di sviluppo, attraverso il sostegno alla microimpresa e all'autoimpiego (Comitato nazionale italiano permanente per il microcredito);
a sostenere il microcredito pubblico, anche attraverso la costituzione di fondi di garanzia e sviluppo capaci di sostenere la microimpresa senza che i costi delle attività di informazione, formazione e assistenza tecnica ricadano totalmente sui soggetti svantaggiati che hanno accesso al credito;
a far sì che la microfinanza diventi uno degli strumenti principali della politica economica del Paese.
9/4086/10. Baccini, Soglia, Paolo Russo, Faenzi, D'Ippolito Vitale, De Camillis, Scandroglio, Lunardi, Di Virgilio, Abrignani, Biasotti, Versace, Vignali, Galati, Pili, Murgia, Rampelli, Biava, Minasso, Mistrello Destro, Bruno, Sbai, Scelli, Torrisi, Lisi, Berruti, Vincenzo Antonio Fontana, Antonino Foti.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 1, commi 1, 2, 2-bis e 2-quinquies (proroghe non onerose) è stata disposta la proroga ex lege al 31 marzo 2011 delle graduatorie dei concorsi pubblici;
è stata prevista altresì, un'ulteriore proroga al 31 dicembre 2011 da disporre mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per talune specifiche fattispecie,

impegna il Governo

a compiere con sollecitudine l'esame dei casi da sottoporre ad ulteriore proroga e a predisporre i relativi provvedimenti.
9/4086/11. Scandroglio, Saltamartini, Antonino Foti, Cazzola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183, introduce disposizioni in materia di contratti di lavoro;
la ratio delle disposizioni dell'articolo 32 è quella di garantire la certezza del diritto e la speditezza dei processi mediante l'introduzione di termini di decadenza riferiti anche a fattispecie in precedenza non assoggettate a tali termini;
l'effetto del comma 1-bis del citato articolo 32, introdotto dal Senato con il comma 54 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame, è quello di differire, al 31 dicembre 2011, l'efficacia delle disposizioni limitatamente alla fattispecie di cui all'articolo 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604;
a ragione del differimento rimangono temporaneamente in vigore le norme in materia di impugnazione non richiamate da tale ultima disposizione citata;
l'interpretazione sistematica del comma 1-bis non comporta, altresì, il differimento dell'applicazione dei termini decadenziali anche alle fattispecie previste ai successivi commi 3 e 4,

impegna il Governo

a emanare disposizioni in tal senso, al fine di evitare ogni possibile incertezza interpretativa, attraverso l'esplicitazione della permanenza dell'obbligo di impugnare, entro i termini di decadenza previsti, le fattispecie di cui all'articolo 32, commi 3 e 4, della legge 4 novembre 2010, n. 183.
9/4086/12. Cazzola, Vincenzo Antonio Fontana, Antonino Foti, Scandroglio, Mottola, Giammanco, Pelino, Versace, Barani.

La Camera,
premesso che:
per arginare gli effetti disastrosi dell'attuale crisi economico-finanziaria e, al tempo stesso, ridare solidità e certezza ai conti pubblici, occorre innanzitutto favorire politiche di investimento che partano, rilanciandone il ruolo fondamentale, dalle autonomie locali che, a causa delle sempre più inique risorse, si sono trovate nella condizione di dover tagliare molti dei servizi essenziali ai cittadini;
per evitare ulteriori drastici tagli è quanto mai necessaria e non più procrastinabile una riflessione sul patto di stabilità e sulla capacità impositiva dei comuni, da sempre i più vicini ai bisogni dei cittadini ed in prima linea nel cercare di limitare gli effetti sociali della crisi che sta soffrendo il nostro Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di favorire politiche di coesione sociale che, attraverso lo stanziamento di maggiori risorse, siano volte a salvaguardare, premiandoli, i comuni virtuosi, onde consentire loro, nella logica del patto di stabilità, di rispettare gli impegni assunti e di realizzare quel complesso di interventi e di opere già programmate nei piani triennali annessi all'approvazione dei bilanci preventivi.
9/4086/13. Mattesini, Mario Pepe (PD), Miglioli.

La Camera,
premesso che:
la materia relativa, in particolare, alle demolizioni di immobili disposte a seguito di sentenza penale, e, più in generale, la normativa relativa alla sanatoria degli immobili realizzati in assenza di permesso di costruire, è stata oggetto di numerosi interventi giurisprudenziali in sede penale e amministrativa, nonché di intervento della Corte costituzionale, che hanno evidenziato un contrasto tra diritto vigente e diritto vivente;
tale contrasto ha pesante ricaduta, oltre che sulla popolazione in termini di certezza del diritto, sugli stessi organi dell'amministrazione giudiziaria ed in particolare sulle Procure della Repubblica che, come organi della esecuzione penale, sono deputate ad eseguire le sanzioni accessorie alle sentenze di condanna con notevole dispiego di energie e di aggravio di costi, nonché sulle amministrazioni locali dell'intero territorio nazionale che, avendo introitato e speso i contributi di costruzione versati in anticipo, in adempimento a precisa disposizione di legge, dai titolari delle istanze, sarebbero tenute alla restituzione di tali somme a coloro che non conseguono il titolo a sanatoria, aggravando in maniera rilevante le già difficili condizioni finanziarie delle stesse, fino al dissesto,

impegna il Governo

ad emanare norme per la definizione delle pratiche di condono di cui all'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, che prevedano:
a) l'applicazione delle medesime condizioni di accoglibilità e le procedure amministrative previste per le istanze di condono edilizio presentate ai sensi dell'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni, fermi restando i limiti quantitativi degli abusi ammessi a sanatoria, i valori delle oblazioni e dei contributi fissati dal citato articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;
b) che nelle more della formulazione o riformulazione dei provvedimenti definitivi del responsabile del servizio del comune competente, per le pratiche interessate si applicano tutte le disposizioni dettate dall'articolo 44, comma 1, della legge 28 febbraio 1985, n. 47;
c) che nei casi per i quali, il responsabile del servizio ritenga l'istanza non accoglibile, il pagamento integrale dell'oblazione determina gli effetti previsti dall'articolo 39 della legge 28 febbraio 1985, n. 47;
d) che a coloro che per i quali sussistevano i requisiti di ultimazione delle opere previsti dall'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e che, non provvidero a presentare istanza di condono nel termine fissato dal legislatore statale (10 dicembre 2004) è consentito presentare tale istanza alle medesime condizioni relative all'oblazione e all'anticipazione del contributo, entro il termine di 120 giorni dalla data di entrata in vigore della emananda normativa che pure preveda che a queste istanze si applicano le norme previste nei punti precedenti.
9/4086/14. Laboccetta.

La Camera,
premesso che:
le emittenti televisive locali sono un presidio fondamentale per la garanzia del pluralismo informativo, sociale e culturale ed impiegano oltre 20.000 addetti;
le TV locali, considerata la copertura capillare su tutto il territorio nazionale, sono a pieno titolo soggetto di servizio pubblico e potrebbero rivestire un ruolo altrettanto determinante per colmare il digital divide anche attraverso il pieno e completo riconoscimento della loro prerogativa a svolgere il ruolo di operatore di rete in tecnica digitale in ambito locale consentendogli di concedere la capacità trasmissiva ai fornitori di servizi di media, ai fornitori di servizi di media audiovisivi lineari, ai fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, ai fornitori di contenuti audiovisivi e di dati ed ai fornitori di servizi media radiofonici autorizzati in ambito nazionale e locale;
le concessionarie televisive sono impegnate nella conversione alla tecnica trasmissiva digitale terrestre con ingenti oneri finanziari aggravati dalla congiuntura economica e dalla recente diminuzione delle provvidenze previste dalla legge n. 448 del 1998;
la legge di stabilità 2011, all'articolo 1, comma 11, affida al Ministero dello sviluppo economico e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di fissare le prescrizioni a carico delle TV locali per l'uso efficiente dello spettro e per l'apertura del mercato locale anche ai fornitori di contenuti nazionali e di servizi dati che la digitalizzazione deve assicurare;
il provvedimento in esame è volto a prorogare i termini o risolvere disposizioni urgenti al fine di scongiurare la crisi dell'eminenza televisiva locale e di garantire il graduale ammortamento dei costi sostenuti per la digitalizzazione,

impegna il Governo

ad intervenire tempestivamente, con gli appositi strumenti normativi, affinché il Ministero dello sviluppo economico nella definizione delle prescrizioni per i titolari dei diritti d'uso delle radiofrequenze destinate alla diffusione di servizi di media audiovisivi l'operatore di rete televisiva su frequenze terrestri in tecnica digitale in ambito locale possa concedere capacità trasmissiva ai fornitori di servizi di media, ai fornitori di servizi di media audiovisivi lineari, ai fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, ai fornitori di contenuti audiovisivi e di dati ed ai fornitori di servizi media radiofonici autorizzati in ambito nazionale.
9/4086/15. Caparini, Crosio, Grimoldi, Stucchi.

La Camera,
premesso che:
le emittenti televisive locali sono un presidio fondamentale per la garanzia del pluralismo informativo, sociale e culturale ed impiegano oltre 20.000 addetti;
le TV locali, considerata la copertura capillare su tutto il territorio nazionale, sono a pieno titolo soggetto di servizio pubblico e potrebbero rivestire un ruolo altrettanto determinante per colmare il digital divide anche attraverso il pieno e completo riconoscimento della loro prerogativa a svolgere il ruolo di operatore di rete in tecnica digitale in ambito locale consentendogli di concedere la capacità trasmissiva ai fornitori di servizi di media, ai fornitori di servizi di media audiovisivi lineari, ai fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, ai fornitori di contenuti audiovisivi e di dati ed ai fornitori di servizi media radiofonici autorizzati in ambito nazionale e locale;
le concessionarie televisive sono impegnate nella conversione alla tecnica trasmissiva digitale terrestre con ingenti oneri finanziari aggravati dalla congiuntura economica e dalla recente diminuzione delle provvidenze previste dalla legge n. 448 del 1998;
la legge di stabilità 2011, all'articolo 1, comma 11, affida al Ministero dello sviluppo economico e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di fissare le prescrizioni a carico delle TV locali per l'uso efficiente dello spettro e per l'apertura del mercato locale anche ai fornitori di contenuti nazionali e di servizi dati che la digitalizzazione deve assicurare;
il provvedimento in esame è volto a prorogare i termini o risolvere disposizioni urgenti al fine di scongiurare la crisi dell'eminenza televisiva locale e di garantire il graduale ammortamento dei costi sostenuti per la digitalizzazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire tempestivamente, con gli appositi strumenti normativi, affinché il Ministero dello sviluppo economico nella definizione delle prescrizioni per i titolari dei diritti d'uso delle radiofrequenze destinate alla diffusione di servizi di media audiovisivi l'operatore di rete televisiva su frequenze terrestri in tecnica digitale in ambito locale possa concedere capacità trasmissiva ai fornitori di servizi di media, ai fornitori di servizi di media audiovisivi lineari, ai fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, ai fornitori di contenuti audiovisivi e di dati ed ai fornitori di servizi media radiofonici autorizzati in ambito nazionale.
9/4086/15. (Testo modificato nel corso della seduta).Caparini, Crosio, Grimoldi, Stucchi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 54, reca disposizioni in materia di lavoro;
la Cassazione-sezione lavoro, con l'ordinanza interlocutoria del 28 gennaio 2011, n. 2112, ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell'articolo 32 della legge n. 183 del 2010, nella parte in cui fissa un'indennità onnicomprensiva a titolo di indennizzo, per l'esiguità del risarcimento prevista in caso di apposizione illegittima del termine;
va preso atto della specificità e peculiarità del settore turistico-alberghiero - peraltro ribadite nella circolare n. 34/2010 del ministro del lavoro e delle politiche sociali - che necessita di modalità organizzative altamente flessibili;
l'elemento della stagionalità che caratterizza il settore turistico-alberghiero mal si concilia con la previsione di legge di conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato in caso di illegittima apposizione del termine, giacché la stagionalità presuppone la concentrazione dell'attività lavorativa in taluni periodi dell'anno alternati a periodi di totale inattività;
l'articolo 21 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, con il comma 1-bis ha introdotto nel decreto legislativo n. 368 del 2001 l'articolo 4-bis, recante una norma transitoria volta a derogare il principio della trasformazione del contratto da tempo determinato in a tempo indeterminato, disponendo con riguardo ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della citata legge n. 133 del 2008 che in caso di violazione delle norme sui presupposti e sulle modalità relativi alla stipulazione del contratto a termine (articoli 1 e 2 del decreto legislativo n. 368 del 2001) o alla proroga del medesimo (articolo 4 del decreto legislativo n. 368 del 2001) il datore di lavoro è tenuto unicamente a indennizzare il lavoratore con un'indennità compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge n. 604 del 1966, cioè al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti;
finora i giudici hanno interpretato il predetto indennizzo di cui all'articolo 21 del decreto-legge n. 112 del 2008 come aggiuntivo e non sostitutivo alle mensilità dovute fino alla chiusura della controversia,

impegna il Governo

ad emanare con urgenza provvedimenti di propria competenza atti a chiarire la portata delle norme controverse di cui in premessa, con particolare riferimento al settore turistico-alberghiero.
9/4086/16. Chiappori.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 54, reca disposizioni in materia di lavoro;
la Cassazione-sezione lavoro, con l'ordinanza interlocutoria del 28 gennaio 2011, n. 2112, ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell'articolo 32 della legge n. 183 del 2010, nella parte in cui fissa un'indennità onnicomprensiva a titolo di indennizzo, per l'esiguità del risarcimento prevista in caso di apposizione illegittima del termine;
va preso atto della specificità e peculiarità del settore turistico-alberghiero - peraltro ribadite nella circolare n. 34/2010 del ministro del lavoro e delle politiche sociali - che necessita di modalità organizzative altamente flessibili;
l'elemento della stagionalità che caratterizza il settore turistico-alberghiero mal si concilia con la previsione di legge di conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato in caso di illegittima apposizione del termine, giacché la stagionalità presuppone la concentrazione dell'attività lavorativa in taluni periodi dell'anno alternati a periodi di totale inattività;
l'articolo 21 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, con il comma 1-bis ha introdotto nel decreto legislativo n. 368 del 2001 l'articolo 4-bis, recante una norma transitoria volta a derogare il principio della trasformazione del contratto da tempo determinato in a tempo indeterminato, disponendo con riguardo ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della citata legge n. 133 del 2008 che in caso di violazione delle norme sui presupposti e sulle modalità relativi alla stipulazione del contratto a termine (articoli 1 e 2 del decreto legislativo n. 368 del 2001) o alla proroga del medesimo (articolo 4 del decreto legislativo n. 368 del 2001) il datore di lavoro è tenuto unicamente a indennizzare il lavoratore con un'indennità compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge n. 604 del 1966, cioè al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti;
finora i giudici hanno interpretato il predetto indennizzo di cui all'articolo 21 del decreto-legge n. 112 del 2008 come aggiuntivo e non sostitutivo alle mensilità dovute fino alla chiusura della controversia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare con urgenza provvedimenti di propria competenza atti a chiarire la portata delle norme controverse di cui in premessa, con particolare riferimento al settore turistico-alberghiero.
9/4086/16. (Testo modificato nel corso della seduta).Chiappori.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 46 a 54, del decreto-legge in esame reca disposizioni in materia sociale, rivolte alle famiglie in disagio economico;
la recessione ha colpito nel nostro Paese tantissime piccole e medie imprese, ma anche grandi fabbriche, come la Komatsu di Este e la Selce, nel padovano, creando difficoltà economiche a tantissime famiglie;
il Governo ha sinora affrontato le situazioni di crisi aziendali in termini soprattutto di protezione del reddito dei lavoratori, con provvedimenti di cassa integrazione;
tali interventi sono limitativi nel tempo e, purtroppo, non scongiurano azioni più drastiche come le richieste di licenziamento,

impegna il Governo

a monitorare attentamente le criticità aziendali nel padovano e ad adottare provvedimenti di propria competenza atti a superare la crisi dell'edilizia che il nostro mercato sta vivendo.
9/4086/17. Goisis, Negro.

La Camera,
premesso che:
la normativa vigente non consente alle amministrazioni pubbliche, in particolare agli enti previdenziali, di prorogare la possibilità di avvalersi dei contratti di somministrazione riguardanti in particolare «forza lavoro» giovane;
il decreto-legge in esame, nel testo approvato dal Senato, non è stato in grado di risolvere il problema, sia pure tenendo conto di equilibrati criteri di gradualità e di compatibilità con la situazione finanziaria del Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in stretto rapporto con le amministrazioni interessate e le parti sociali, di individuare adeguate soluzioni per risolvere i problemi di cui in premessa.
9/4086/18. Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana.

La Camera,
premesso che:
la situazione di rischio idrogeologico del territorio italiano è nota e conclamata. Uno studio del Ministero dell'ambiente evidenzia che il 9,8 per cento della superficie nazionale è ad alta criticità idrogeologica e sono 6.633 i comuni interessati pari all'81,9 per cento dei comuni italiani. In particolare, il 24,9 per cento dei comuni è interessato da aree a rischio frana, il 18,6 per cento da aree a rischio alluvione e il 38,4 per cento da aree a rischio sia di frana che di alluvione;
in tali circostanze il Governo, come già aveva espresso nell'ambito di precedenti atti di indirizzo parlamentare, ha sostenuto che per evitare il verificarsi di tragedie sociali ed ambientali connesse ad alluvioni e smottamenti del territorio gravato da fenomeni meteorici avversi, è necessario procedere nel verso della prevenzione dei disastri realizzando specifiche azioni ed interventi di mitigazione dei rischi presenti;
con l'articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009 (Finanziaria 2010), sono stati destinati 900 milioni di euro ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico (individuate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le autorità di bacino e il Dipartimento della protezione civile). Si fa presente che la cifra di 900 milioni di euro costituisce l'intera dotazione di risorse assegnate per il risanamento ambientale dalla delibera CIPE del 6 novembre 2009;
la norma in questione stabilisce che le risorse disponibili possano essere utilizzate anche tramite Accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e nell'ambito del quale venga definita la quota di cofinanziamento regionale;
lo strumento dell'Accordo di programma ha consentito di convogliare, all'interno di un unico piano coordinato, sia le risorse statali sia quelle regionali, evitando così duplicazioni di interventi e frammentazione della spesa, e di attivare processi che consentiranno una più rapida attuazione degli interventi ed una maggiore incisività del monitoraggio;
ad oggi risultano sottoscritti quasi tutti gli accordi di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni, validamente registrati dalla Corte dei conti e di seguito approvati con pertinenti delibere delle relative giunte regionali;
il comma 12-quinquies dell'articolo 2 del provvedimento all'esame della Camera dei deputati, introdotto nel decreto-legge n. 255 del 2010 con l'emendamento 1.900 del Governo ed approvato con voto di fiducia al Senato della Repubblica, stanzia 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per far fronte agli eccezionali eventi metereologici che hanno colpito alcune parti del territorio nazionale. All'onere derivante dalla suddetta disposizione si provvede per l'anno 2011, a valere sulle risorse di cui al predetto articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009, riducendo di pari importo le risorse disponibili, già destinate, con delibera CIPE del 6 novembre 2009, al finanziamento degli interventi di risanamento ambientale;
la riduzione dello stanziamento finalizzato a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico si deve intendere retroattivo e pertanto comporta rimodulazione, in diminuzione, degli accordi di programma già approvati, con ciò rimettendo in discussione gli atti con cui le regioni hanno messo a disposizione le loro quote di finanziamento regionale e provocando seri problemi alla effettiva applicabilità degli accordi stessi;
il rischio concreto che si corre, ove la cifra di 100 milioni di euro non fosse prontamente ripristinata, è la vanificazione del lavoro svolto nell'ambito della formulazione degli accordi di programma ed anche l'impossibilità di poter realizzare gli interventi di prevenzione e di mitigazione del rischio idrogeologico secondo l'efficacia che li ha in tal senso preordinati,

impegna il Governo

a dare attuazione alla disposizione di cui all'articolo 2, comma 12-quinquies, del decreto-legge in esame, come introdotto dal Senato della Repubblica, senza procedere alla modifica degli accordi di programma firmati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le regioni a norma dell'articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009, nel senso di mantenere per tali accordi le cifre di cofinanziamento statale già precedentemente impegnate a valere sul totale importo di 900 milioni di euro;
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare, con il primo provvedimento utile, l'intera cifra di 900 milioni di euro di cui all'articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
9/4086/19. Polledri.

La Camera,
premesso che:
la situazione di rischio idrogeologico del territorio italiano è nota e conclamata. Uno studio del Ministero dell'ambiente evidenzia che il 9,8 per cento della superficie nazionale è ad alta criticità idrogeologica e sono 6.633 i comuni interessati pari all'81,9 per cento dei comuni italiani. In particolare, il 24,9 per cento dei comuni è interessato da aree a rischio frana, il 18,6 per cento da aree a rischio alluvione e il 38,4 per cento da aree a rischio sia di frana che di alluvione;
in tali circostanze il Governo, come già aveva espresso nell'ambito di precedenti atti di indirizzo parlamentare, ha sostenuto che per evitare il verificarsi di tragedie sociali ed ambientali connesse ad alluvioni e smottamenti del territorio gravato da fenomeni meteorici avversi, è necessario procedere nel verso della prevenzione dei disastri realizzando specifiche azioni ed interventi di mitigazione dei rischi presenti;
con l'articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009 (Finanziaria 2010), sono stati destinati 900 milioni di euro ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico (individuate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le autorità di bacino e il dipartimento della protezione civile). Si fa presente che la cifra di 900 milioni di euro costituisce l'intera dotazione di risorse assegnate per il risanamento ambientale dalla delibera CIPE del 6 novembre 2009;
la norma in questione stabilisce che le risorse disponibili possano essere utilizzate anche tramite Accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e nell'ambito del quale venga definita la quota di cofinanziamento regionale;
lo strumento dell'Accordo di programma ha consentito di convogliare, all'interno di un unico piano coordinato, sia le risorse statali sia quelle regionali, evitando così duplicazioni di interventi e frammentazione della spesa, e di attivare processi che consentiranno una più rapida attuazione degli interventi ed una maggiore incisività del monitoraggio;
ad oggi risultano sottoscritti quasi tutti gli accordi di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni, validamente registrati dalla Corte dei conti e di seguito approvati con pertinenti delibere delle relative giunte regionali;
il comma 12-quinquies dell'articolo 2 del provvedimento all'esame della Camera dei deputati, introdotto nel decreto-legge n. 255 del 2010 con l'emendamento 1.900 del Governo ed approvato con voto di fiducia al Senato della Repubblica, stanzia 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per far fronte agli eccezionali eventi metereologici che hanno colpito alcune parti del territorio nazionale. All'onere derivante dalla suddetta disposizione si provvede per l'anno 2011, a valere sulle risorse di cui al predetto articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009, riducendo di pari importo le risorse disponibili, già destinate, con delibera CIPE del 6 novembre 2009, al finanziamento degli interventi di risanamento ambientale;
la riduzione dello stanziamento finalizzato a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico si deve intendere retroattivo e pertanto comporta rimodulazione, in diminuzione, degli accordi di programma già approvati, con ciò rimettendo in discussione gli atti con cui le regioni hanno messo a disposizione le loro quote di finanziamento regionale e provocando seri problemi alla effettiva applicabilità degli accordi stessi;
il rischio concreto che si corre, ove la cifra di 100 milioni di euro non fosse prontamente ripristinata, è la vanificazione del lavoro svolto nell'ambito della formulazione degli accordi di programma ed anche l'impossibilità di poter realizzare gli interventi di prevenzione e di mitigazione del rischio idrogeologico secondo l'efficacia che li ha in tal senso preordinati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare attuazione alla disposizione di cui all'articolo 2, comma 12-quinquies, del decreto-legge in esame, come introdotto dal Senato della Repubblica, senza procedere alla modifica degli accordi di programma firmati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le regioni a norma dell'articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009, nel senso di mantenere per tali accordi le cifre di cofinanziamento statale già precedentemente impegnate a valere sul totale importo di 900 milioni di euro;
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare, con il primo provvedimento utile, l'intera cifra di 900 milioni di euro di cui all'articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
9/4086/19. (Testo modificato nel corso della seduta).Polledri.

La Camera,
premesso che:
nel decreto-legge in esame sono previste anche norme relative alle scadenze temporali per il computo di anatocismi;
in particolare viene data un'interpretazione autentica dell'articolo 2935 del codice civile;
tale diversa interpretazione della norma appare difforme da numerose sentenze della Corte di cassazione in merito ai termini di prescrizione per la richiesta degli interessi e spese indebitamente richiesti dalle banche nei confronti della clientela;
sono in corso numerosissime cause legali su questa problematica e l'attuale decreto-legge porterebbe ad un grande vantaggio per gli istituti di credito e parimenti ad un grave danno per migliaia di imprese e correntisti che stanno faticosamente operando per via legale per ottenere il recupero di quanto indebitamente pagato;
spesso si opera in situazioni giudiziarie dove gli istituti di credito hanno messo in atto ogni possibile tentativo per ritardare le liquidazioni di quanto dovuto e ora si vedrebbero «premiati» dai nuovi termini di prescrizione;
pur prendendo atto che occorra una norma chiara per i computi relativi a questa difficile materia, non appare corretto prevedere una norma retroattiva,

impegna il Governo

a riconsiderare l'intera materia al fine di applicare norme chiare ed univoche sul calcolo degli anatocismi e relativi tempi di prescrizione ricordando che un conto corrente bancario ha una sua durata legata strettamente al periodo della sua operatività e che ogni movimento è intrinsecamente legato ai precedenti, ai fidi concessi, al trascorrere del tempo e del rapporto di reciproca fiducia dalle parti e quindi che anche a questi aspetti vanno legati i termini per determinare le eventuali prescrizioni.
9/4086/20. Zacchera.

La Camera,
premesso che:
nel decreto-legge in esame sono previste anche norme relative alle scadenze temporali per il computo di anatocismi;
in particolare viene data un'interpretazione autentica dell'articolo 2935 del codice civile;
tale diversa interpretazione della norma appare difforme da numerose sentenze della Corte di cassazione in merito ai termini di prescrizione per la richiesta degli interessi e spese indebitamente richiesti dalle banche nei confronti della clientela;
sono in corso numerosissime cause legali su questa problematica e l'attuale decreto-legge porterebbe ad un grande vantaggio per gli istituti di credito e parimenti ad un grave danno per migliaia di imprese e correntisti che stanno faticosamente operando per via legale per ottenere il recupero di quanto indebitamente pagato;
spesso si opera in situazioni giudiziarie dove gli istituti di credito hanno messo in atto ogni possibile tentativo per ritardare le liquidazioni di quanto dovuto e ora si vedrebbero «premiati» dai nuovi termini di prescrizione;
pur prendendo atto che occorra una norma chiara per i computi relativi a questa difficile materia, non appare corretto prevedere una norma retroattiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riconsiderare l'intera materia al fine di applicare norme chiare ed univoche sul calcolo degli anatocismi e relativi tempi di prescrizione ricordando che un conto corrente bancario ha una sua durata legata strettamente al periodo della sua operatività e che ogni movimento è intrinsecamente legato ai precedenti, ai fidi concessi, al trascorrere del tempo e del rapporto di reciproca fiducia dalle parti e quindi che anche a questi aspetti vanno legati i termini per determinare le eventuali prescrizioni.
9/4086/20. (Testo modificato nel corso della seduta).Zacchera.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, all'articolo 2, comma 26, capoverso comma 7-ter, stabilisce che «con decreto del ministro della giustizia, emanato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore di regolamenti dell'Unione europea di cui al comma 7-bis» che adottano i principi contabili internazionali «(...) di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze (...) sono stabilite eventuali disposizioni applicative volte a realizzare, ove compatibile, il coordinamento tra i principi medesimi e la disciplina di cui al titolo V del libro V del codice civile (...)»;
il medesimo comma 26, capoverso comma 7-quater, prevede che «il ministro dell'economia e delle finanze provvede, ove necessario, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 7-ter, ad emanare eventuali disposizioni di coordinamento per la determinazione della base imponibile dell'IRES e dell'IRAP (...)»;
le procedure sopra descritte possono essere adottate, entro il 31 maggio 2011, anche per «i principi contabili internazionali adottati con regolamento dell'Unione europea entrato in vigore nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2009 e il 31 dicembre 2010»,

impegna il Governo

ad interpretare la citata disposizione nel senso che vengano fatti salvi i comportamenti adottati dai soggetti cosiddetti IAS adopter in linea con i principi contabili internazionali finora vigenti, così come recepiti ai fini fiscali ai sensi della legge n. 244 del 2007 e del relativo decreto attuativo, con riguardo agli esercizi sociali per i quali è stato già approvato il bilancio, e in particolare, con riferimento al periodo d'imposta che include il 2009.
9/4086/21. Leo.

La Camera,
premesso che:
non è stato dato sino ad ora seguito a quanto disposto dall'articolo 8, comma 5, del decreto legislativo 21 dicembre 1999 n. 517 (previsione di decreti interministeriali dei ministri della sanità, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, della funzione pubblica e del tesoro per procedere a trasferire o utilizzare personale non docente universitario nelle aziende ospedaliere-universitarie) e rilevato che il personale socio-sanitario, tecnico ed amministrativo in questione è concentrato in gran parte nelle università già gestori in forma diretta sino al 1999 di policlinici;
peraltro il successivo decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ha disciplinato la materia relativamente alla utilizzazione ed al rimborso degli oneri relativi al trattamento fondamentale anche di detto personale, disponendo, all'articolo 70, comma 12, che «in tutti i casi, anche se previsti da normative speciali, nei quali enti pubblici territoriali, enti pubblici non economici o altre amministrazioni pubbliche, dotate di autonomia finanziaria sono tenute ad autorizzare la utilizzazione da parte di altre pubbliche amministrazioni di proprio personale, in posizione di comando, di fuori ruolo, o in altra analoga posizione, l'amministrazione che utilizza il personale rimborsa all'amministrazione di appartenenza l'onere relativo al trattamento fondamentale», cosicché dell'originario articolo 8, comma 5, del decreto legislativo 21 dicembre 1999 n. 517, rimane inattuata la parte relativa al trasferimento, dovendo le aziende ospedaliere-universitarie rimborsare gli oneri relativi al trattamento fondamentale alle università dalla data di formalizzazione da parte dell'università dell'assegnazione funzionale del suddetto personale alle aziende ospedaliere-universitarie,

impegna il Governo

a dare immediata attuazione all'articolo 8, comma 5, del decreto legislativo n. 517 del 1999 nella parte in proroga di efficacia in quanto non ancora attuata relativamente alle procedure concernenti il trasferimento del personale non docente (universitario) alle aziende.
9/4086/22. Palumbo, Di Virgilio.

La Camera,
premesso che:
non è stato dato sino ad ora seguito a quanto disposto dall'articolo 8, comma 5, del decreto legislativo 21 dicembre 1999 n. 517 (previsione di decreti interministeriali dei ministri della sanità, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, della funzione pubblica e del tesoro per procedere a trasferire o utilizzare personale non docente universitario nelle aziende ospedaliere-universitarie) e rilevato che il personale socio-sanitario, tecnico ed amministrativo in questione è concentrato in gran parte nelle università già gestori in forma diretta sino al 1999 di policlinici;
peraltro il successivo decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ha disciplinato la materia relativamente alla utilizzazione ed al rimborso degli oneri relativi al trattamento fondamentale anche di detto personale, disponendo, all'articolo 70, comma 12, che «in tutti i casi, anche se previsti da normative speciali, nei quali enti pubblici territoriali, enti pubblici non economici o altre amministrazioni pubbliche, dotate di autonomia finanziaria sono tenute ad autorizzare la utilizzazione da parte di altre pubbliche amministrazioni di proprio personale, in posizione di comando, di fuori ruolo, o in altra analoga posizione, l'amministrazione che utilizza il personale rimborsa all'amministrazione di appartenenza l'onere relativo al trattamento fondamentale», cosicché dell'originario articolo 8, comma 5, del decreto legislativo 21 dicembre 1999 n. 517, rimane inattuata la parte relativa al trasferimento, dovendo le aziende ospedaliere-universitarie rimborsare gli oneri relativi al trattamento fondamentale alle università dalla data di formalizzazione da parte dell'università dell'assegnazione funzionale del suddetto personale alle aziende ospedaliere-universitarie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare immediata attuazione all'articolo 8, comma 5, del decreto legislativo n. 517 del 999 nella parte in proroga di efficacia in quanto non ancora attuata relativamente alle procedure concernenti il trasferimento del personale non docente (universitario) alle aziende.
9/4086/22. (Testo modificato nel corso della seduta).Palumbo, Di Virgilio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 2-bis, del provvedimento in esame offre agli enti locali la possibilità di aumentare le imposizioni tributarie a carico degli utenti, anche in deroga alla norme in vigore, per assicurare la copertura integrale dei costi del ciclo dei rifiuti;
il successivo comma 2-ter prevede che i comuni della regione Campania, ai quali è stata applicata la riduzione dei trasferimenti erariali, deliberino, a decorrere dall'anno 2011, una maggiorazione dell'addizionale dell'accisa sull'energia elettrica la quale avrebbe lo scopo di consentire ai comuni campani interessati dall'emergenza rifiuti di saldare i debiti contratti, per le attività legate al ciclo dei rifiuti, verso la struttura del sottosegretario di Stato per l'emergenza rifiuti;
il quadro sopra delineato suscita forte e comprensibile preoccupazione perché le norme in questione fanno sì che gli utenti del Mezzogiorno e segnatamente della Campania, a fronte di servizi di raccolta e gestione del ciclo dei rifiuti del tutto inadeguati, possano subire l'obbligo di affrontare esborsi maggiori in termini di tributi da pagare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attuare un piano organico di misure che, uscendo dalla logica emergenziale e delle misure eccezionali come quelle del provvedimento in esame di cui nelle premesse, siano utili a far sì che i cittadini del Mezzogiorno e in particolare della Campania, nelle aree dove vi sono difficoltà e situazioni critiche nella gestione del ciclo dei rifiuti, non debbano pagare il costo di inefficienze e disservizi dei quali essi sono le prime vittime.
9/4086/23. Cosenza.

La Camera,
premesso che:
nel decreto in esame è stato inserito al Senato un emendamento divenuto il comma 61 dell'articolo 2 che reca una disposizione in materia di interessi indebiti che danneggia in misura significativa i clienti degli istituti di credito, contraddicendo fra l'altro una recente sentenza del 2 dicembre 2010 della Corte di cassazione;
in sostanza, con un'interpretazione dell'articolo 2935 del codice civile in materia di prescrizioni, viene stabilito che il termine di prescrizione per chiedere la restituzione degli interessi indebiti non decorre più dalla data di chiusura del conto, come indica la giurisprudenza, ma dalla data in cui la banca ha addebitato al correntista gli interessi indebiti;
così disponendo la norma introdotta dal Senato accorcia fortemente di fatto i termini della prescrizione,

impegna il Governo

a rivedere queste disposizioni anche in altro provvedimento al fine di ottenere un più equo bilanciamento degli interessi dei correntisti e delle banche.
9/4086/24. Gava, Renato Farina, Simeoni, Mussolini, Ascierto, Mistrello Destro, Massimo Parisi, Vignali, Cazzola, Lazzari, Milanato.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 12-duodecies, del provvedimento in esame prevede la proroga al 30 giugno 2011 del termine per il pagamento delle rate relative al superprelievo attribuito ai produttori di latte eccedentari rispetto alle proprie quote produttive,

impegna il Governo

a valutare la predisposizione di iniziative volte a riequilibrare il corretto rapporto di concorrenza tra i produttori in regola con la normativa di settore e quelli che usufruiscono di questa e delle precedenti proroghe.
9/4086/25. Nola, Beccalossi.

La Camera,
premesso che:
la normativa comunitaria ha previsto la costituzione di un fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in seguito all'approvazione della O.C.M. zucchero;
per la conclusione del processo di riconversione è necessario rifinanziare tale fondo anche per il 2011,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di reperire nuove risorse per far fronte alle necessità di una filiera già così pesantemente penalizzata dal processo di riconversione voluto dalla Comunità Europea.
9/4086/26. Beccalossi, Nola.

La Camera,
premesso che:
per l'anno 2011, le attività di miglioramento genetico del bestiame previste dalla legge 15 gennaio 1991, n. 30, ed esercitate dalle associazioni allevatori operanti a livello territoriale associate all'Associazione italiana allevatori non sono state finanziate;
tali attività costituiscono la colonna portante di qualsiasi intervento per la tutela e la garanzia della qualità della produzione degli allevamenti italiani,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di rifinanziare tali attività di controllo e miglioramento esercitate dall'A.I.A, per conto della pubblica amministrazione.
9/4086/27. Faenzi, Nola.

La Camera,
premesso che:
il Parlamento ha approvato la legge 23 luglio 2009, n. 99, cosiddetta «legge sviluppo», che prevede misure strutturali per dare risposte alle esigenze del sistema produttivo e per dare avvio a riforme fondamentali per uno sviluppo economico sostenibile, per la modernizzazione del Paese e per il consolidamento degli interventi orientati al rilancio della crescita complessiva nell'attuale congiuntura economica;
l'articolo 37 della «legge sviluppo» istituisce l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile - ENEA, assegnandole il compito istituzionale di promuovere la ricerca e l'innovazione tecnologica e di assicurare la prestazione di servizi avanzati al Paese nei settori dell'energia, con particolare riguardo all'efficienza energetica, alle fonti rinnovabili, al nucleare ed allo sviluppo economico sostenibile;
le nuove funzioni di Agenzia si aggiungono a quelle tipiche di ente di ricerca rafforzando il mandato dell'ENEA a supporto del decisore pubblico per l'individuazione di politiche energetiche e ambientali e del sistema imprenditoriale per l'identificazione e il sostegno dei processi di innovazione;
l'accelerato mutamento della domanda globale di fonti energetiche, sempre più spostata a favore delle fonti rinnovabili e del nucleare, si pone alla base di una importante riconversione tecnologica dei sistemi industriali. L'Agenzia ENEA svolge il ruolo di promozione dell'industria nazionale anche sui mercati esteri: nell'ambito della cooperazione scientifica e tecnologica sono attualmente operativi numerosi accordi bilaterali, molti dei quali con Russia, USA, Francia e paesi del bacino del Mediterraneo, con il fine di elaborare protocolli e programmi esecutivi nei quali prendono forma contenuti ed obiettivi scientifici, tecnologici e socio-economici collegati alla ricerca;
con il programma di rilancio della produzione di energia elettrica da fonte nucleare, l'ENEA ha intensificato la partecipazione ai più importanti programmi di ricerca internazionali, sostenendo la crescita di competenza e di capacità del settore industriale nazionale. L'ENEA svolge la propria attività di ricerca e sviluppo avvalendosi di impianti sperimentali per prove e qualifiche di materiali, componenti e sistemi, e di reattori nucleari di ricerca per sperimentazioni di fisica dei materiali e per applicazioni di medicina nucleare;
con il decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, di attuazione della direttiva 2006/32/CE concernente l'efficienza negli usi finali dell'energia e i servizi energetici, l'ENEA ha assunto inoltre le funzioni di Agenzia nazionale per l'efficienza energetica, nell'ambito del quadro comune adottato dall'Unione europea che stabilisce obiettivi indicativi di risparmio energetico per gli Stati membri. Tali attività incidono in maniera significativa sul bilancio dell'Agenzia ENEA;
nel disegno di legge di stabilità 2011, originariamente trasmesso dal Governo alla Camera dei deputati, il contributo ordinario dello Stato per l'ENEA, inserito in tabella C, già registrava tagli introdotti con il decreto-legge n. 78 del 2010 e con decreto di variazione del Ministero dell'economia e delle finanze dello scorso giugno, per un importo complessivo di circa 15 milioni di euro. Con l'approvazione dell'emendamento 1.500 del Governo al disegno di legge di stabilità in Commissione Bilancio della Camera, sono stati ridotti di ulteriori 15 milioni di euro gli importi all'Agenzia ENEA e, quindi, il testo approvato diminuisce di circa 30 milioni di euro il finanziamento per l'ENEA, riducendolo a circa 167 milioni di euro, a fronte dei 197,441 milioni di euro previsti nell'ultima Legge finanziaria per il triennio 2010-2013;
le attuali risorse non sono sufficienti a coprire le sole spese fisse dell'Agenzia ENEA, con risvolti preoccupanti sul fronte occupazionale, comprese le assunzioni di personale già autorizzate, sui servizi minimi da assicurare comunque al personale dipendente e sul mantenimento in efficienza delle strutture tecnologiche di ricerca - tra le quali due reattori nucleari - in diversi campi uniche nel Paese. Le spese fisse dell'ENEA sono dell'ordine di 240 milioni di euro e le altre entrate dell'Agenzia, compresi i contributi non vincolati derivanti dallo svolgimento di attività di ricerca e di servizi, sono circa la metà dei 73 milioni di euro necessari per assicurare l'equilibrio tra entrate e spese;
risulta compromesso, inoltre, l'assolvimento degli stessi compiti istituzionali, inclusi quelli che fanno riferimento allo scenario internazionale e che vedono l'ENEA fortemente impegnata nella ricerca scientifica nei settori energetico-ambientali;
il Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili stabilisce che nel 2020 il nostro Paese dovrà coprire il 17 per cento dei consumi finali di energia mediante fonti rinnovabili, attraverso strumenti settoriali e misure trasversali al fine di conferire una maggiore efficienza e sostenibilità alle politiche di sostegno per le fonti rinnovabili, con attenzione per le ricadute industriali ed occupazionali e contenendo gli oneri per i consumatori;
nell'ambito delle conclusioni del Consiglio europeo in materia di energia e innovazione dello scorso 4 febbraio, la posizione dell'Italia, rappresentata dal Presidente del Consiglio dei ministri, pone un'attenzione particolare alla promozione dell'efficienza energetica, nonché alla capacità di innovazione delle istituzioni nazionali che si occupano di energia e ambiente e che con le loro iniziative contribuiscono a contrastare gli effetti della crisi economica;
nell'ambito delle azioni di impulso per rilanciare l'economia, lo scorso 9 febbraio il Consiglio dei ministri ha approvato uno schema di decreto legislativo volto al sostegno del sistema produttivo per lo sviluppo del territorio, alla promozione delle attività di ricerca, allo sviluppo dell'innovazione, attualmente all'attenzione delle Camere: con decreti del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, saranno individuati gli obiettivi da perseguire, le tipologie di interventi da attuare, nonché le risorse da assegnare;
il Governo, il 7 dicembre 2010, ha accolto l'ordine del giorno G200 presentato al Senato sul disegno di legge di stabilità dal relatore sen. Tancredi che impegna il Governo ad adottare entro l'anno ulteriori iniziative, anche normative, al fine di riportare il valore del contributo ordinario dello Stato per l'ENEA alla somma originaria prevista dalla Legge finanziaria 2010 e cioè a 197,441 milioni di euro per il 2011;
la Commissione Industria del Senato, in data 22 dicembre 2010, nel parere espresso sullo schema di decreto legislativo recante: «Attuazione della direttiva 2009/125/CE relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia» (n. 294), ha sottolineato che il provvedimento assegna all'ENEA ulteriori nuovi compiti e funzioni senza prevedere lo stanziamento di risorse finanziarie. La Commissione ha espresso la condizione che il Governo adotti ogni iniziativa al fine di riportare il valore del contributo ordinario dello Stato per l'Agenzia ENEA alla somma originaria prevista dalla Finanziaria 2010 e cioè a 197,441 milioni di euro per il 2011, con un incremento di almeno 30 milioni di euro;
la Commissione Attività Produttive della Camera, il 18 gennaio 2011, nell'ambito del parere sul medesimo schema di decreto legislativo, recante «Attuazione della direttiva 2009/125/CE relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia» (n. 294), ha rilevato che l'atto del Governo in titolo assegna all'ENEA ulteriori nuovi compiti e funzioni senza prevedere lo stanziamento di ulteriori risorse finanziarie per far fronte all'adempimento di tali nuovi compiti, approvando, quindi, un parere favorevole con l'osservazione che il Governo provveda ad adottare ogni iniziativa utile per riportare il valore del contributo ordinario dello Stato per l'Agenzia ENEA alla somma originaria prevista dalla Finanziaria 2010,

impegna il Governo

ad intervenire entro l'anno, anche con iniziative normative, per riportare il valore del contributo ordinario dello Stato per l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) di cui all'articolo 37 della legge 23 luglio 2009, n. 99, incluso nella tabella C, Missione Ricerca e innovazione, alla somma originaria prevista dalla Finanziaria 2010 e cioè a 197,441 milioni di euro per il 2011, con un incremento di almeno 30 milioni di euro.
9/4086/28. Moles, Bernini Bovicelli, Gioacchino Alfano.

La Camera,
premesso che:
il Parlamento ha approvato la legge 23 luglio 2009, n. 99, cosiddetta «legge sviluppo», che prevede misure strutturali per dare risposte alle esigenze del sistema produttivo e per dare avvio a riforme fondamentali per uno sviluppo economico sostenibile, per la modernizzazione del Paese e per il consolidamento degli interventi orientati al rilancio della crescita complessiva nell'attuale congiuntura economica;
l'articolo 37 della «legge sviluppo» istituisce l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile - ENEA, assegnandole il compito istituzionale di promuovere la ricerca e l'innovazione tecnologica e di assicurare la prestazione di servizi avanzati al Paese nei settori dell'energia, con particolare riguardo all'efficienza energetica, alle fonti rinnovabili, al nucleare ed allo sviluppo economico sostenibile;
le nuove funzioni di Agenzia si aggiungono a quelle tipiche di ente di ricerca rafforzando il mandato dell'ENEA a supporto del decisore pubblico per l'individuazione di politiche energetiche e ambientali e del sistema imprenditoriale per l'identificazione e il sostegno dei processi di innovazione;
l'accelerato mutamento della domanda globale di fonti energetiche, sempre più spostata a favore delle fonti rinnovabili e del nucleare, si pone alla base di una importante riconversione tecnologica dei sistemi industriali. L'Agenzia ENEA svolge il ruolo di promozione dell'industria nazionale anche sui mercati esteri: nell'ambito della cooperazione scientifica e tecnologica sono attualmente operativi numerosi accordi bilaterali, molti dei quali con Russia, USA, Francia e paesi del bacino del Mediterraneo, con il fine di elaborare protocolli e programmi esecutivi nei quali prendono forma contenuti ed obiettivi scientifici, tecnologici e socio-economici collegati alla ricerca;
con il programma di rilancio della produzione di energia elettrica da fonte nucleare, l'ENEA ha intensificato la partecipazione ai più importanti programmi di ricerca internazionali, sostenendo la crescita di competenza e di capacità del settore industriale nazionale. L'ENEA svolge la propria attività di ricerca e sviluppo avvalendosi di impianti sperimentali per prove e qualifiche di materiali, componenti e sistemi, e di reattori nucleari di ricerca per sperimentazioni di fisica dei materiali e per applicazioni di medicina nucleare;
con il decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, di attuazione della direttiva 2006/32/CE concernente l'efficienza negli usi finali dell'energia e i servizi energetici, l'ENEA ha assunto inoltre le funzioni di Agenzia nazionale per l'efficienza energetica, nell'ambito del quadro comune adottato dall'Unione europea che stabilisce obiettivi indicativi di risparmio energetico per gli Stati membri. Tali attività incidono in maniera significativa sul bilancio dell'Agenzia ENEA;
nel disegno di legge di stabilità 2011, originariamente trasmesso dal Governo alla Camera dei deputati, il contributo ordinario dello Stato per l'ENEA, inserito in tabella C, già registrava tagli introdotti con il decreto-legge n. 78 del 2010 e con decreto di variazione del Ministero dell'economia e delle finanze dello scorso giugno, per un importo complessivo di circa 15 milioni di euro. Con l'approvazione dell'emendamento 1.500 del Governo al disegno di legge di stabilità in Commissione Bilancio della Camera, sono stati ridotti di ulteriori 15 milioni di euro gli importi all'Agenzia ENEA e, quindi, il testo approvato diminuisce di circa 30 milioni di euro il finanziamento per l'ENEA, riducendolo a circa 167 milioni di euro, a fronte dei 197,441 milioni di euro previsti nell'ultima Legge finanziaria per il triennio 2010-2013;
le attuali risorse non sono sufficienti a coprire le sole spese fisse dell'Agenzia ENEA, con risvolti preoccupanti sul fronte occupazionale, comprese le assunzioni di personale già autorizzate, sui servizi minimi da assicurare comunque al personale dipendente e sul mantenimento in efficienza delle strutture tecnologiche di ricerca - tra le quali due reattori nucleari - in diversi campi uniche nel Paese. Le spese fisse dell'ENEA sono dell'ordine di 240 milioni di euro e le altre entrate dell'Agenzia, compresi i contributi non vincolati derivanti dallo svolgimento di attività di ricerca e di servizi, sono circa la metà dei 73 milioni di euro necessari per assicurare l'equilibrio tra entrate e spese;
risulta compromesso, inoltre, l'assolvimento degli stessi compiti istituzionali, inclusi quelli che fanno riferimento allo scenario internazionale e che vedono l'ENEA fortemente impegnata nella ricerca scientifica nei settori energetico-ambientali;
il Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili stabilisce che nel 2020 il nostro Paese dovrà coprire il 17 per cento dei consumi finali di energia mediante fonti rinnovabili, attraverso strumenti settoriali e misure trasversali al fine di conferire una maggiore efficienza e sostenibilità alle politiche di sostegno per le fonti rinnovabili, con attenzione per le ricadute industriali ed occupazionali e contenendo gli oneri per i consumatori;
nell'ambito delle conclusioni del Consiglio europeo in materia di energia e innovazione dello scorso 4 febbraio, la posizione dell'Italia, rappresentata dal Presidente del Consiglio dei ministri, pone un'attenzione particolare alla promozione dell'efficienza energetica, nonché alla capacità di innovazione delle istituzioni nazionali che si occupano di energia e ambiente e che con le loro iniziative contribuiscono a contrastare gli effetti della crisi economica;
nell'ambito delle azioni di impulso per rilanciare l'economia, lo scorso 9 febbraio il Consiglio dei ministri ha approvato uno schema di decreto legislativo volto al sostegno del sistema produttivo per lo sviluppo del territorio, alla promozione delle attività di ricerca, allo sviluppo dell'innovazione, attualmente all'attenzione delle Camere: con decreti del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, saranno individuati gli obiettivi da perseguire, le tipologie di interventi da attuare, nonché le risorse da assegnare;
il Governo, il 7 dicembre 2010, ha accolto l'ordine del giorno G200 presentato al Senato sul disegno di legge di stabilità dal relatore sen. Tancredi che impegna il Governo ad adottare entro l'anno ulteriori iniziative, anche normative, al fine di riportare il valore del contributo ordinario dello Stato per l'ENEA alla somma originaria prevista dalla Legge finanziaria 2010 e cioè a 197,441 milioni di euro per il 2011;
la Commissione Industria del Senato, in data 22 dicembre 2010, nel parere espresso sullo schema di decreto legislativo recante: «Attuazione della direttiva 2009/125/CE relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia» (n. 294), ha sottolineato che il provvedimento assegna all'ENEA ulteriori nuovi compiti e funzioni senza prevedere lo stanziamento di risorse finanziarie. La Commissione ha espresso la condizione che il Governo adotti ogni iniziativa al fine di riportare il valore del contributo ordinario dello Stato per l'Agenzia ENEA alla somma originaria prevista dalla Finanziaria 2010 e cioè a 197,441 milioni di euro per il 2011, con un incremento di almeno 30 milioni di euro;
la Commissione Attività Produttive della Camera, il 18 gennaio 2011, nell'ambito del parere sul medesimo schema di decreto legislativo, recante «Attuazione della direttiva 2009/125/CE relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia» (n. 294), ha rilevato che l'atto del Governo in titolo assegna all'ENEA ulteriori nuovi compiti e funzioni senza prevedere lo stanziamento di ulteriori risorse finanziarie per far fronte all'adempimento di tali nuovi compiti, approvando, quindi, un parere favorevole con l'osservazione che il Governo provveda ad adottare ogni iniziativa utile per riportare il valore del contributo ordinario dello Stato per l'Agenzia ENEA alla somma originaria prevista dalla Finanziaria 2010,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire entro l'anno, anche con iniziative normative, per riportare il valore del contributo ordinario dello Stato per l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) di cui all'articolo 37 della legge 23 luglio 2009, n. 99, incluso nella tabella C, Missione Ricerca e innovazione, alla somma originaria prevista dalla Finanziaria 2010 e cioè a 197,441 milioni di euro per il 2011, con un incremento di almeno 30 milioni di euro.
9/4086/28. (Testo modificato nel corso della seduta).Moles, Bernini Bovicelli, Gioacchino Alfano.

La Camera,
premesso che:
il decreto interministeriale 30 marzo 2010 ha, di fatto, a decorrere dal 1o aprile 2010, soppresso le agevolazioni postali per l'editoria per tutto il comparto editoriale per carenza di fondi;
le agevolazioni postali per l'editoria sono disciplinate dalla legge n. 46 del 2004 che prevede tra i prodotti editoriali, oltre ai quotidiani e periodici commerciali, anche testate edite da associazioni ed enti senza fini di lucro;
l'articolo 2, comma 2-undecies, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, ha stanziato, limitatamente all'anno 2010, la somma di 30 milioni di euro per il sovvenzionamento del settore no profit, prevedendo, nello specifico, l'incremento, pari a 30 milioni di euro, dello stanziamento iscritto nella tabella C allegata alla legge 23 dicembre 2009, n. 191, alla rubrica «Ministero dell'economia e delle finanze», missione «comunicazioni», programma «sostegno all'editoria» voce «legge n. 67 del 1987» per l'anno 2010;
con tale disposizione sono state ripristinate le agevolazioni tariffarie postali per le associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro, riducendo al contempo la platea di soggetti beneficiari; la norma infatti escludeva dai beneficiari le pubblicazioni di associazioni a carattere politico, degli ordini professionali, dei sindacati, delle associazioni professionali di categoria e delle associazioni d'arma e combattentistiche;
ai fini dell'attuazione della norma è stato previsto un decreto attuativo del ministro dello sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'economia e finanze, al fine di fissare le tariffe applicabili alle associazioni e organizzazioni senza fini di lucro come individuate dalla norma citata;
il decreto tariffario suddetto per le spedizioni effettuate nel 2010 dei prodotti agevolati editi dai soggetti no profit espressamente ammessi prevede all'articolo 8 che le tariffe in esso contenute si applicano «dal giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana sino al 31 dicembre 2010, nel rispetto dei limiti dello stanziamento previsto dall'articolo 2-undecies del menzionato decreto-legge n. 40 del 2010» e che tale provvedimento, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 febbraio 2011, entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione e che le tariffe di cui al decreto sembrerebbero inapplicabili perché riferite ad un arco temporale ormai superato e non coperte da uno stanziamento dedicato (attualmente previsto per il solo anno 2010),

impegna il Governo

a prorogare l'efficacia del relativo decreto tariffario emanato, dal ministro dello sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, e di mantenere in bilancio per l'anno 2011 le somme già assegnate per l'anno 2010 e non utilizzate, di cui all'articolo 2, comma 2-undecies del decreto-legge 5 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73.
9/4086/29. Marinello, Romele.

La Camera,
premesso che:
il decreto interministeriale 30 marzo 2010 ha, di fatto, a decorrere dal 1o aprile 2010, soppresso le agevolazioni postali per l'editoria per tutto il comparto editoriale per carenza di fondi;
le agevolazioni postali per l'editoria sono disciplinate dalla legge n. 46 del 2004 che prevede tra i prodotti editoriali, oltre ai quotidiani e periodici commerciali, anche testate edite da associazioni ed enti senza fini di lucro;
l'articolo 2, comma 2-undecies, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, ha stanziato, limitatamente all'anno 2010, la somma di 30 milioni di euro per il sovvenzionamento del settore no profit, prevedendo, nello specifico, l'incremento, pari a 30 milioni di euro, dello stanziamento iscritto nella tabella C allegata alla legge 23 dicembre 2009, n. 191, alla rubrica «Ministero dell'economia e delle finanze», missione «comunicazioni», programma «sostegno all'editoria» voce «legge n. 67 del 1987» per l'anno 2010;
con tale disposizione sono state ripristinate le agevolazioni tariffarie postali per le associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro, riducendo al contempo la platea di soggetti beneficiari; la norma infatti escludeva dai beneficiari le pubblicazioni di associazioni a carattere politico, degli ordini professionali, dei sindacati, delle associazioni professionali di categoria e delle associazioni d'arma e combattentistiche;
ai fini dell'attuazione della norma è stato previsto un decreto attuativo del ministro dello sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'economia e finanze, al fine di fissare le tariffe applicabili alle associazioni e organizzazioni senza fini di lucro come individuate dalla norma citata;
il decreto tariffario suddetto per le spedizioni effettuate nel 2010 dei prodotti agevolati editi dai soggetti no profit espressamente ammessi prevede all'articolo 8 che le tariffe in esso contenute si applicano «dal giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana sino al 31 dicembre 2010, nel rispetto dei limiti dello stanziamento previsto dall'articolo 2-undecies del menzionato decreto-legge n. 40 del 2010» e che tale provvedimento, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 febbraio 2011, entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione e che le tariffe di cui al decreto sembrerebbero inapplicabili perché riferite ad un arco temporale ormai superato e non coperte da uno stanziamento dedicato (attualmente previsto per il solo anno 2010),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare l'efficacia del relativo decreto tariffario emanato, dal ministro dello sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, e di mantenere in bilancio per l'anno 2011 le somme già assegnate per l'anno 2010 e non utilizzate, di cui all'articolo 2, comma 2-undecies del decreto-legge 5 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73.
9/4086/29. (Testo modificato nel corso della seduta).Marinello, Romele.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto, all'articolo 2 comma 17-ter, reca la proroga al 31 dicembre 2011 del termine entro il quale possono essere completate le iniziative agevolate finanziate a valere sugli strumenti della programmazione negoziata;
per programmazione negoziata si intende la regolamentazione concordata tra soggetti istituzionali (enti locali, ministeri, imprese pubbliche, apparati amministrativi) e soggetti economici e sociali (imprenditoriali, sindacali, associativi) che hanno influenza nei processi di sviluppo su scala locale e sovra locale, per l'attuazione di interventi di sviluppo e la promozione di attività produttive all'interno di un territorio;
il fine è la creazione di percorsi amministrativi semplificati e il raccordo dei molteplici interessi che agiscono a livello territoriale attraverso la collaborazione interistituzionale e la concertazione economica e sociale;
sono quattro gli strumenti principali di intervento: patti territoriali, contratti d'area, contratti di programma, intese istituzionali di programma;
gli interventi di programmazione negoziata sono uno strumento utile a favorire politiche di sviluppo nelle aree sotto utilizzate;
nel marzo 1999 fu sottoscritto tra i rappresentanti del Governo italiano, le istituzioni territoriali, alcuni imprenditori bergamaschi e i sindacati nazionali e locali, il Contratto d'Area per la reindustrializzazione dell'area industriale di Airola attraverso la riattivazione degli stabilimenti abbandonati dalla ex Alfa Cavi (gruppo Pirelli);
gli imprenditori bergamaschi avevano annunciato (e garantito) una occupazione di circa 800 operai (obbligandosi pure con le organizzazioni sindacali al pieno rispetto dei diritti e delle tutele sancite dalla legge in favore dei lavoratori) ed una capacità produttiva così ripartita: Benfil, attività produttiva (a pieno regime) di 8600 tonnellate annue di filato mod. cosiddetto «ring»; Tessival, una capacità produttiva di 41.728.000 metri lineari di tessuto greggio;
i progetti Benfil (filatura di cotone) e Tessival Sud (tessitura di cotone), atteso gli annunci occupazionali e produttivi di cui sopra, furono controllati e approvati dalla Commissione CE e finanziati con fondi pubblici per circa 180 milioni di euro;
nel corso del 2002/2003 furono completati gli stabilimenti e attivati gli impianti;
sia la Benfil che la Tessival Sud già nel 2008 entravano in crisi e dimostravano di non poter ottemperare agli accordi sottoscritti con il Contratto d'Area;
gli effetti della crisi si sono riversati, come sempre, sui soli lavoratori e ad oggi sono 271 i lavoratori della Tessival Sud in cassa integrazione e 129 quelli della Benfil;
c'è l'impegno da parte delle istituzioni locali, dei sindacati, delle rappresentanze parlamentari, per ridare prospettive al polo produttivo caudino e in tal senso diversi sono i tavoli istituzionali che sono stati convocati dal presidente della provincia di Benevento e dallo stesso prefetto della città;
il 18 febbraio scorso si è tenuto un incontro, presso la sede dell'assessorato ai trasporti, viabilità e attività produttive della regione Campania, tra l'assessore interessato e i rappresentanti sindacali al termine del quale è stato sottoscritto un documento di impegno che «mira a dare slancio e immediatezza a ogni azione positiva che abbia per obiettivo concreto la reindustrializzazione dell'area di crisi di Airola e il reinserimento occupazionale delle lavoratrici e dei lavoratori oggi interessati dalla cassa integrazione straordinaria»;
in data 25 novembre 2010 e 1o dicembre 2010 si sono inoltre svolte presso la sede del Ministero dello Sviluppo Economico due riunioni, alle quali hanno partecipato la prefettura e la provincia di Benevento, il Governo nazionale, la regione Campania, il sindaco di Airola, le rappresentanze sindacali, per realizzare un piano di reindustrializzazione dell'area di crisi di Airola;
in tal senso, nell'incontro del 1o dicembre 2010 è emersa la decisione di sottoscrivere, in tempi stretti, un protocollo d'intesa come prima fase per la stipula di un vero e proprio accordo di programma;
nel protocollo d'intesa vanno definite, con chiarezza: l'impegno finanziario delle singole istituzioni, gli strumenti di agevolazione, le modalità di selezione dei progetti d'investimento, i tempi di realizzazione;
la crisi del polo tessile di Airola si inserisce nel quadro complessivo della difficile situazione occupazionale che investe oggi la provincia di Benevento che registra: oltre 4.000 persone in cassa integrazione (tra ordinaria, straordinaria e in deroga); circa 1.000, tra il 2008 e il 2010, licenziamenti per cessazione attività, fine cassa integrazione ed altre chiusure di siti produttivi nei vari settori dell'economia sannita; un tasso di disoccupazione del 9,6 per cento;
nel gennaio 2011, inoltre, le ore di cassa integrazione ordinaria risultano 64.729, quelle di cassa integrazione straordinaria 422.236, e quelle re somministrate in deroga ammontano a 98.028, per un totale ore di cassa integrazione di 584.993;
occorre realizzare un articolato programma di interventi tale da consentire al Sannio di uscire dalla crisi attraverso la creazione di un nuovo modello di sviluppo e di produzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivarsi, in tempi brevi, per convocare al più presto una riunione presso il Ministero dello Sviluppo Economico al fine di procedere con l'immediata sottoscrizione del protocollo d'intesa tra le parti interessate, per poi passare rapidamente alla definizione dell'accordo di programma per la reindustrializzazione dell'area di crisi di Airola.
9/4086/30. Boffa.

La Camera,
premesso che:
la scelta della posizione della questione di fiducia impedisce la valutazione dei profili di merito di tutti gli emendamenti presentati;
nel quadro delle politiche per la cultura un ruolo essenziale è rappresentato dallo spettacolo;
il Fondo unico per lo spettacolo (FUS) è certamente sotto finanziato,

impegna il Governo

a riferire tempestivamente in Parlamento sulle linee di politica culturale che intende adottare, al fine di assicurare la vitalità di un settore che tradizionalmente sostiene l'immagine internazionale dell'Italia e costituisce veicolo insostituibile di elaborazione culturale.
9/4086/31. Mosella, Calgaro, Lanzillotta, Pisicchio, Tabacci, Vernetti.

La Camera,
premesso che:
la scelta della posizione della questione di fiducia impedisce la valutazione dei profili di merito di tutti gli emendamenti presentati;
nel quadro delle politiche per la cultura un ruolo essenziale è rappresentato dallo spettacolo;
il Fondo unico per lo spettacolo (FUS) è certamente sotto finanziato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riferire tempestivamente in Parlamento sulle linee di politica culturale che intende adottare, al fine di assicurare la vitalità di un settore che tradizionalmente sostiene l'immagine internazionale dell'Italia e costituisce veicolo insostituibile di elaborazione culturale.
9/4086/31. (Testo modificato nel corso della seduta).Mosella, Calgaro, Lanzillotta, Pisicchio, Tabacci, Vernetti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento contiene la proroga di un anno per l'adozione dei regolamenti governativi volti a consentire il coordinamento della disciplina generale in materia di sicurezza sul lavoro con la normativa concernente le attività lavorative a bordo delle navi, le attività in ambito portuale e del trasporto ferroviario;
la proroga consegue ad un ritardo, colpevole, della emanazione degli specifici decreti di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, che avrebbero dovuto essere emanati entro trentasei mesi;
detto ritardo avrebbe dovuto essere sanzionato con l'individuazione delle sottostanti precise responsabilità;
il provvedimento in esame assomiglia, quindi, ad un condono o addirittura ad un perdono,

impegna il Governo

ad intervenire convenientemente per assumere i provvedimenti necessari ad evitare la violazione della legge;
a considerare l'intera tematica della sicurezza sui luoghi di lavoro priorità programmatica, in una nota condizione, per altro ripetutamente denunciata anche a livello istituzionale, di aggiramento della normativa sulla sicurezza sul lavoro;
a programmare adeguati interventi ispettivi;
a predisporre mezzi finanziari pari alla gravità della situazione.
9/4086/32. Calgaro, Lanzillotta, Mosella, Pisicchio, Tabacci, Vernetti.

La Camera,

premesso che:
il disegno di legge di conversione del presente decreto-legge non è stato corredato della relazione sull'analisi tecnico-normativa né della relazione sull'analisi di impatto sulla regolamentazione;
nella relazione di accompagnamento non è stata data spiegazione all'evidente violazione dell'articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 170 del 2008;
a parte l'autonomia parlamentare nell'approvvigionamento delle informazioni necessarie alle proprie decisioni, la carenza di detti documenti impedisce la comprensione delle motivazioni sulla cui base il Governo assume le proprie proposizioni legislative;
sostanzialmente il Governo sfugge alla propria parte di responsabilità nell'ambito della qualità della legislazione,

impegna il Governo

a redigere nei termini previsti, in relazione ai futuri provvedimenti di analoga natura, sia l'analisi tecnico-normativa sia la relazione sull'analisi di impatto sulla regolamentazione.
9/4086/33. Pisicchio, Calgaro, Lanzillotta, Mosella, Tabacci, Vernetti.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede norme con effetto dilazionato nel tempo e disposizioni che non appaiono di immediata applicazione in quanto subordinate alla emanazione di altri provvedimenti;
si realizza una sovrapposizione possibile di fonti normative con la conseguenza di generare gravi incertezze sulla individuazione della disciplina concretamente applicabile;
tale condizione presuppone, in ambito giurisdizionale, l'adozione inevitabile di decisioni interpretative-ricostruttive della volontà del legislatore,

impegna il Governo

ad emanare entro trenta giorni dall'approvazione della legge di conversione una circolare razionalizzatrice dei contenuti normativi che dia conto del loro ordinato inserimento nel tessuto regolativo vigente.
9/4086/34. Vernetti, Calgaro, Lanzillotta, Mosella, Pisicchio, Tabacci.

La Camera,
premesso che:
il decreto interviene su ambiti normativi riservati alla decretazione ministeriale;
tale modalità di regolazione non è conforme ai principi di semplificazione dell'ordinamento espressi programmaticamente dal Governo;
si ottiene il risultato di rilegificare una materia già attribuita alla competenza di una fonte normativa secondaria, con la conseguenza che atti sprovvisti di forza di legge resistono diversamente ai successivi interventi modificativi,

impegna il Governo

a rielaborare in un progetto razionalizzato le linee di semplificazione della legislazione, chiarendo quali materie appartengano alla competenza secondaria e con quali strumenti legislativi tale competenza debba essere salvaguardata.
9/4086/35. Lanzillotta, Calgaro, Mosella, Pisicchio, Tabacci, Vernetti.

La Camera,
premesso che:
ciascuno strumento normativo deve essere utilizzato in modo coerente rispetto alle proprie finalità costituzionali e con le procedure stabilite dalla legge,

impegna il Governo

a indicare con quali modalità intenda assicurare la coerenza degli strumenti normativi impiegati per garantire, in particolare in sede di conversione dei decreti-legge, il rispetto delle norme che identificano i limiti di contenuto della decretazione d'urgenza, nonché le caratteristiche di specificità, omogeneità e corrispondenza al titolo delle norme contenute nel medesimo decreto-legge.
9/4086/36. Tabacci, Calgaro, Lanzillotta, Mosella, Pisicchio, Vernetti.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame proroga, tra l'altro, anche le disposizioni di cui all'articolo 70, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo n. 276 del 2003, relativamente alle prestazioni occasionali di tipo accessorio;
a seguito dei diversi interventi normativi volti ad ampliare la platea dei committenti ed il campo di applicazione dei buoni-lavoro, il vigente articolo 70 del decreto legislativo n. 276 del 2003 prevede, al comma 1, lettera d), «manifestazioni sportive, culturali, fieristiche (...)»;
il decreto ministeriale del 24 febbraio 2010 del Ministero dell'interno, che integra e modifica il precedente decreto dell'8 agosto 2007, cosiddetto «decreto steward», precisa che «(...) le società sportive (...) e le altre società appaltatrici dei servizi possono ricorrere a tutte le forme di lavoro subordinato, compreso il lavoro intermittente, e a prestazioni di lavoro occasionale accessorio di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276»;
il citato decreto ministeriale individua i complessi e gli impianti sportivi con capienza superiore a 7.500 posti quali soggetti destinatari delle disposizioni in esso recate;
la circolare INPS n. 88 del 2009 prevede un vincolo non rinvenibile nella normativa generale di cui all'articolo 70 del decreto legislativo n. 276 del 2003, ovvero che le prestazioni occasionali accessorie devono essere svolte solo direttamente a favore dell'utilizzatore della prestazione, senza il tramite di intermediari;
tutto ciò crea confusione ed incertezza normativa per le aziende che si occupano di servizi di accoglienza in occasione di eventi sportivi, fieristici e spettacolistici in genere,

impegna il Governo

ad emanare con urgenza provvedimenti di propria competenza atti ad eliminare l'anomala discriminazione tra i rapporti di lavoro occasionale resi per aziende che svolgono servizi in regime di appalto presso stadi con capienza superiore a 7.500 posti dagli altri servizi resi, sempre in regime di appalto, presso stadi di dimensione più piccola, nonché presso impianti fieristici ed eventi culturali.
9/4086/37. Fedriga, Montagnoli.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame proroga, tra l'altro, anche le disposizioni di cui all'articolo 70, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo n. 276 del 2003, relativamente alle prestazioni occasionali di tipo accessorio;
a seguito dei diversi interventi normativi volti ad ampliare la platea dei committenti ed il campo di applicazione dei buoni-lavoro, il vigente articolo 70 del decreto legislativo n. 276 del 2003 prevede, al comma 1, lettera d), «manifestazioni sportive, culturali, fieristiche (...)»;
il decreto ministeriale del 24 febbraio 2010 del Ministero dell'interno, che integra e modifica il precedente decreto dell'8 agosto 2007, cosiddetto «decreto steward», precisa che «(...) le società sportive (...) e le altre società appaltatrici dei servizi possono ricorrere a tutte le forme di lavoro subordinato, compreso il lavoro intermittente, e a prestazioni di lavoro occasionale accessorio di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276»;
il citato decreto ministeriale individua i complessi e gli impianti sportivi con capienza superiore a 7.500 posti quali soggetti destinatari delle disposizioni in esso recate;
la circolare INPS n. 88 del 2009 prevede un vincolo non rinvenibile nella normativa generale di cui all'articolo 70 del decreto legislativo n. 276 del 2003, ovvero che le prestazioni occasionali accessorie devono essere svolte solo direttamente a favore dell'utilizzatore della prestazione, senza il tramite di intermediari;
tutto ciò crea confusione ed incertezza normativa per le aziende che si occupano di servizi di accoglienza in occasione di eventi sportivi, fieristici e spettacolistici in genere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare con urgenza provvedimenti di propria competenza atti ad eliminare l'anomala discriminazione tra i rapporti di lavoro occasionale resi per aziende che svolgono servizi in regime di appalto presso stadi con capienza superiore a 7.500 posti dagli altri servizi resi, sempre in regime di appalto, presso stadi di dimensione più piccola, nonché presso impianti fieristici ed eventi culturali.
9/4086/37. (Testo modificato nel corso della seduta).Fedriga, Montagnoli.

La Camera,
premesso che:
gli eventi alluvionali verificatisi nella provincia di Messina il 1o ottobre 2009 hanno richiesto un intervento immediato da parte dell'Autorità commissariale della regione Sicilia, al fine di arginare i danni causati dalle eccezionali condizioni di avversità atmosferiche e ripristinare condizioni minime di vivibilità e di messa in sicurezza dell'area;
i suddetti interventi hanno comportato per la regione siciliana un impegno economico estremamente oneroso, finalizzato al ripristino delle normali condizioni di vita della popolazione interessata dagli eventi emergenziali sotto il profilo economico e sociale;
tale azione tempestiva si è resa necessaria su più fronti, stante le problematiche di varia natura che hanno interessato l'intera area, dando comunque assoluta priorità alla necessaria assistenza alla popolazione ed alla messa in sicurezza del territorio;
da una stima dei danni quantificata dal dipartimento regionale della protezione civile siciliano è emerso un fabbisogno finanziario complessivo pari a 320 milioni di euro;
lo stesso dipartimento ha potuto fare fino ad ora affidamento soltanto su una disponibilità, derivante da vari fondi (Ministero dell'Ambiente, Protezione Civile e FAS 2007-2014) di circa 139 milioni di euro, di cui 115,5 milioni di euro per gli interventi e le opere infrastrutturali già avviati o completati e 22,5 milioni di euro per l'assistenza diretta alla popolazione;
l'esiguità della somma rimasta a disposizione pari a circa 2 milioni di euro consente soltanto di garantire l'assistenza ai circa 2.054 cittadini sfollati, lasciando insoluti il problema dei rimborsi e dei risarcimenti danni alla popolazione e quello del regolare svolgimento di tutte le altre attività emergenziali;
l'articolo 2, comma 12-quinquies, del provvedimento all'esame dell'Assemblea stanzia per i comuni della provincia di Messina interessati dagli eventi alluvionali del 1o ottobre 2009, 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012, cifre appena sufficienti a coprire i servizi di assistenza alla popolazione, dal momento che sono ancora tante le famiglie che non hanno potuto far ritorno nelle proprie abitazioni e che vivono ancora in una condizione di enorme disagio;
anche il territorio dei Nebrodi, nella stessa provincia di Messina, è stato interessato nel febbraio del 2010 da eventi calamitosi di eccezionale intensità che hanno generato una situazione emergenziale, notevoli disagi agli abitanti che hanno dovuto evacuare le loro abitazioni, oltre a notevoli danni ad importanti opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
le risorse versate nella contabilità speciale dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3865/10 sono pari a 33 milioni di euro (15 milioni a valere sul Fondo protezione civile e 18 milioni a valere sui fondi APQ Ambiente) e 140 milioni circa a valere sui fondi APQ destinati ad interventi già definiti;
per far fronte all'emergenza nei comuni nebroidei l'ufficio commissariale del dipartimento della protezione civile della regione siciliana ha utilizzato la gran parte delle risorse ricevute in contabilità speciale dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3865/10, impegnando un importo pari a circa 29 milioni di euro per interventi per la messa in sicurezza e un importo pari a circa 1,8 milioni di euro per assistenza alla popolazione;
secondo una stima dello stesso ufficio commissariale siciliano occorre ancora reperire, per completare il programma della messa in sicurezza del territorio nebroideo, ulteriori 219 milioni di euro,

impegna il Governo

a stanziare le necessarie risorse finanziarie per la ricostruzione ed il risarcimento danni per le zone colpite dagli eventi alluvionali e franosi dell'ottobre 2009 e del febbraio 2010, anche utilizzando il fondo per le emergenze ambientali costituito presso il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare.
9/4086/38. Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

La Camera,
premesso che:
gli eventi alluvionali verificatisi nella provincia di Messina il 1o ottobre 2009 hanno richiesto un intervento immediato da parte dell'Autorità commissariale della regione Sicilia, al fine di arginare i danni causati dalle eccezionali condizioni di avversità atmosferiche e ripristinare condizioni minime di vivibilità e di messa in sicurezza dell'area;
i suddetti interventi hanno comportato per la regione siciliana un impegno economico estremamente oneroso, finalizzato al ripristino delle normali condizioni di vita della popolazione interessata dagli eventi emergenziali sotto il profilo economico e sociale;
tale azione tempestiva si è resa necessaria su più fronti, stante le problematiche di varia natura che hanno interessato l'intera area, dando comunque assoluta priorità alla necessaria assistenza alla popolazione ed alla messa in sicurezza del territorio;
da una stima dei danni quantificata dal dipartimento regionale della protezione civile siciliano è emerso un fabbisogno finanziario complessivo pari a 320 milioni di euro;
lo stesso dipartimento ha potuto fare fino ad ora affidamento soltanto su una disponibilità, derivante da vari fondi (Ministero dell'Ambiente, Protezione Civile e FAS 2007-2014) di circa 139 milioni di euro, di cui 115,5 milioni di euro per gli interventi e le opere infrastrutturali già avviati o completati e 22,5 milioni di euro per l'assistenza diretta alla popolazione;
l'esiguità della somma rimasta a disposizione pari a circa 2 milioni di euro consente soltanto di garantire l'assistenza ai circa 2.054 cittadini sfollati, lasciando insoluti il problema dei rimborsi e dei risarcimenti danni alla popolazione e quello del regolare svolgimento di tutte le altre attività emergenziali;
l'articolo 2, comma 12-quinquies, del provvedimento all'esame dell'Assemblea stanzia per i comuni della provincia di Messina interessati dagli eventi alluvionali del 1o ottobre 2009, 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012, cifre appena sufficienti a coprire i servizi di assistenza alla popolazione, dal momento che sono ancora tante le famiglie che non hanno potuto far ritorno nelle proprie abitazioni e che vivono ancora in una condizione di enorme disagio;
anche il territorio dei Nebrodi, nella stessa provincia di Messina, è stato interessato nel febbraio del 2010 da eventi calamitosi di eccezionale intensità che hanno generato una situazione emergenziale, notevoli disagi agli abitanti che hanno dovuto evacuare le loro abitazioni, oltre a notevoli danni ad importanti opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
le risorse versate nella contabilità speciale dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3865/10 sono pari a 33 milioni di euro (15 milioni a valere sul Fondo protezione civile e 18 milioni a valere sui fondi APQ Ambiente) e 140 milioni circa a valere sui fondi APQ destinati ad interventi già definiti;
per far fronte all'emergenza nei comuni nebroidei l'ufficio commissariale del dipartimento della protezione civile della regione siciliana ha utilizzato la gran parte delle risorse ricevute in contabilità speciale dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3865/10, impegnando un importo pari a circa 29 milioni di euro per interventi per la messa in sicurezza e un importo pari a circa 1,8 milioni di euro per assistenza alla popolazione;
secondo una stima dello stesso ufficio commissariale siciliano occorre ancora reperire, per completare il programma della messa in sicurezza del territorio nebroideo, ulteriori 219 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stanziare le necessarie risorse finanziarie per la ricostruzione ed il risarcimento danni per le zone colpite dagli eventi alluvionali e franosi dell'ottobre 2009 e del febbraio 2010, anche utilizzando il fondo per le emergenze ambientali costituito presso il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare.
9/4086/38. (Testo modificato nel corso della seduta).Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, disciplina le cosiddette «società di comodo» o «società non operative» ed è finalizzato alla disincentivazione del ricorso all'utilizzo dello strumento societario per la gestione del patrimonio immobiliare di proprietà dei soci e quindi alla neutralizzazione dei vantaggi fiscali che ne derivano;
la suddetta norma è stata successivamente emendata e modificata dall'articolo 35, commi 15 e 16, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, nonché dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007) e dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008);
le leggi 27 dicembre 2006, n. 296, e 24 dicembre 2007, n. 244, hanno previsto la possibilità di sciogliere anticipatamente le cosiddette «società di comodo» o «società non operative» oppure di trasformarle in società semplici, usufruendo di alcune agevolazioni fiscali;
per godere delle suddette agevolazioni fiscali occorreva che le cosiddette «società di comodo» o «società non operative» procedessero: 1) allo scioglimento o alla loro trasformazione con delibera da assumersi entro cinque mesi dalla chiusura dell'esercizio; 2) alla cancellazione della società dal registro delle imprese entro un anno dalle delibere di scioglimento o di trasformazione; 3) all'assegnazione dei beni ai soci;
tali norme hanno trovato un sostanziale giudizio positivo nel contribuente poiché hanno corretto lacune ed incongruenze della normativa riguardante la determinazione del reddito tassabile delle cosiddette «società di comodo» o «società non operative», hanno ampliato le cause di esclusione ex lege dal regime agevolato delle suddette «società di comodo» o «società non operative», ed, inoltre, hanno reso più appetibili i regimi agevolati di scioglimento delle stesse e di loro trasformazione in società semplice,

impegna il Governo

ad emanare una disposizione che disponga la concessione di un nuovo termine a quelle società che, avendo di già adottato le relative delibere entro i termini previsti dalla legge n. 244 del 2007, non abbiano ottemperato né alla cancellazione dal registro delle imprese, né all'assegnazione dei beni ai soci.
9/4086/39. Commercio, Lo Monte, Latteri, Lombardo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, disciplina le cosiddette «società di comodo» o «società non operative» ed è finalizzato alla disincentivazione del ricorso all'utilizzo dello strumento societario per la gestione del patrimonio immobiliare di proprietà dei soci e quindi alla neutralizzazione dei vantaggi fiscali che ne derivano;
la suddetta norma è stata successivamente emendata e modificata dall'articolo 35, commi 15 e 16, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, nonché dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007) e dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008);
le leggi 27 dicembre 2006, n. 296, e 24 dicembre 2007, n. 244, hanno previsto la possibilità di sciogliere anticipatamente le cosiddette «società di comodo» o «società non operative» oppure di trasformarle in società semplici, usufruendo di alcune agevolazioni fiscali;
per godere delle suddette agevolazioni fiscali occorreva che le cosiddette «società di comodo» o «società non operative» procedessero: 1) allo scioglimento o alla loro trasformazione con delibera da assumersi entro cinque mesi dalla chiusura dell'esercizio; 2) alla cancellazione della società dal registro delle imprese entro un anno dalle delibere di scioglimento o di trasformazione; 3) all'assegnazione dei beni ai soci;
tali norme hanno trovato un sostanziale giudizio positivo nel contribuente poiché hanno corretto lacune ed incongruenze della normativa riguardante la determinazione del reddito tassabile delle cosiddette «società di comodo» o «società non operative», hanno ampliato le cause di esclusione ex lege dal regime agevolato delle suddette «società di comodo» o «società non operative», ed, inoltre, hanno reso più appetibili i regimi agevolati di scioglimento delle stesse e di loro trasformazione in società semplice,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare una disposizione che disponga la concessione di un nuovo termine a quelle società che, avendo di già adottato le relative delibere entro i termini previsti dalla legge n. 244 del 2007, non abbiano ottemperato né alla cancellazione dal registro delle imprese, né all'assegnazione dei beni ai soci.
9/4086/39. (Testo modificato nel corso della seduta).Commercio, Lo Monte, Latteri, Lombardo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 12-sexies, del provvedimento all'esame proroga gli sfratti per famiglie in disagio abitativo composte da anziani ultrasessantacinquenni o portatori di handicap gravi o minori con reddito complessivo famigliare inferiore a 27.000 euro che abbiano in esecuzione uno sfratto per finita locazione;
in Italia nel 2009 (ultimi dati ufficiali dell'Osservatorio del Ministero dell'interno) vi sono state oltre 60.000 nuove sentenze di sfratto (20 per cento in più del 2008), di cui oltre 50.000 per morosità dell'inquilino. Ormai ogni 6 sfratti emessi, 5 sono per morosità e 1 per altra causa. Quindici anni fa era esattamente il contrario, ogni 6 sfratti emessi, solo 1 era per morosità dell'inquilino;
questi dati, come nel caso dell'usura, rappresentano la punta dell'iceberg di una sofferenza molto più estesa e che coinvolge, specialmente oggi a causa della crisi, centinaia di migliaia di famiglie che vivono un disagio abitativo molto acuto, in particolare nelle zone svantaggiate del Paese;
negli ultimi due anni, in particolare, in coincidenza con l'esplodere della crisi economica, le sentenze emesse per la morosità hanno subito una pericolosa impennata;
il taglio drastico intervenuto ai danni del fondo nazionale per il sostegno all'affitto per i nuclei bisognosi, con l'approvazione della recente legge di stabilità, produrrà un ulteriore aggravamento della situazione;
con l'attuale andamento, il gap tra sfratti per morosità emessi, in vertiginoso aumento, ed esecuzione degli sfratti attraverso la forza pubblica (un dato stabile negli ultimi anni, intorno a 25.000 esecuzioni forzate ogni anno) è destinato a crescere ulteriormente;
le conseguenze negative di tale situazione si riversano non solo in termini sociali sugli inquilini in difficoltà, ma provoca, altresì, gravi danni economici sui proprietari, che non ricevono il canone pattuito e ai danni di Stato, regioni e comuni, a causa delle minori entrate fiscali;
a causa dell'eccezionale crisi economica che ha investito il Paese si è intervenuti ai fini di agevolare il pagamento dei mutui per l'acquisto della prima casa a favore dei nuclei in difficoltà, anche sospendendo il pagamento delle rate e consentendo una rinegoziazione e rimodulazione dei mutui medesimi. Occorre, pertanto, agire in maniera analoga anche per la morosità incolpevole, riguardante coloro che sono stati colpiti da eventi quali disoccupazione o cassa integrazione ovvero i nuclei che hanno i requisiti per accedere ai benefici previsti dalle attuali normative in materia di contributo all'affitto ovvero sono collocati utilmente in graduatoria per ottenere l'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica;
senza un intervento sulla materia degli sfratti per morosità e in assenza di sostegno ai comuni e alle regioni, con particolare attenzione alle aree del Mezzogiorno dove la crisi economica è ancora più accentuata e dove la morosità semmai rappresenta l'ulteriore aggravamento di una situazione drammatica di famiglie in povertà, stante l'assenza di un Piano casa nazionale efficace e concreto, si lasciano i comuni e le regioni da soli ad affrontare tale grave problema;
in alcuni importanti comuni italiani sono stati stipulati accordi tra le parti, agevolati dall'intervento delle istituzioni locali e dalle prefetture, che, pur in assenza di una normativa nazionale, hanno cominciato ad affrontare questo grave problema sociale. In alcuni casi, per esempio, è stata prevista la possibilità di rinegoziare sfratti per morosità in nuovi contratti di locazione, attraverso agevolazioni fiscali ai proprietari, contributi per gli inquilini, riduzione degli affitti praticati, in cambio di fideiussioni attivate presso istituti bancari che garantiscono il pagamento del canone anche in caso di successiva morosità dell'inquilino;
diventa improcrastinabile l'adozione di una normativa nazionale di riferimento che possa agevolare, con il concorso di regioni ed enti locali, l'adozione di misure idonee a ridurre questa acuta emergenza sociale ed economica,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere iniziative, anche di carattere normativo, come l'attivazione di un fondo nazionale di rotazione da istituire con il concorso di regioni ed enti locali, al fine di permettere la trasformazione degli sfratti per morosità in nuovi contratti di locazione, possibilmente con l'individuazione di contributi e agevolazioni;
a convocare, a tale scopo, un tavolo di concertazione con tutte le parti interessate dei sindacati degli inquilini, dei rappresentanti della proprietà, le regioni e gli enti locali.
9/4086/40. Lombardo, Lo Monte, Commercio, Latteri.

La Camera,
premesso che:
eventi alluvionali di eccezionale gravità, con precipitazioni e piogge violentissime, hanno colpito nei giorni 8, 9 e 10 novembre 2010 diverse zone della provincia di Salerno, causando danni enormi ed ingenti;
sono state duramente colpite estese e popolate aree come la Valle del Sele, la Piana di Paestum, il Vallo di Diano, l'Area del Tanagro, l'Agro Sarnese-Nocerino, la Costiera Amalfitana, il Cilento, la Città di Salerno;
alcuni fiumi, il Sele, il Tanagro ed il Sarno, in più punti hanno rotto gli argini con esondazioni che hanno devastato nuclei abitati, terreni coltivati, allevamenti di bestiame, ponendo in ginocchio tante famiglie e tante attività economiche; con numerose aziende che hanno subito danni assai consistenti nel settore agricolo e zootecnico, e nel comparto delle attività artigianali, turistiche e commerciali; con diverse infrastrutture stradali seriamente danneggiate; con danni rilevanti all'Acquedotto del Basso Sele;
con ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 18 e 24 novembre 2010, è stato dichiarato lo stato di emergenza nei territori salernitani con l'assegnazione, però, di appena 5 milioni di euro per lavori urgenti di riparazione e ripristino delle condotte dell'Acquedotto del Sele;
i danni complessivi sono molto pesanti ed ammontano ad almeno 300 milioni di euro; ciononostante con il decreto-legge in esame agli eventi alluvionali della Campania sono stati assegnati appena 40 milioni di euro nel biennio 2011-2012 (articolo 2, comma 12-quinquies), per di più finanziato con i fondi prelevati dal FAS già destinati ad interventi per il risanamento ambientale e per prevenire il dissesto idrogeologico;
tale finanziamento è assolutamente insufficiente, del tutto esiguo ed inadeguato ed assolutamente non rispettoso di quell'inderogabile e fondamentale principio di solidarietà che deve ispirare l'azione dello Stato di fronte ad ogni calamità naturale, in qualsiasi parte del territorio nazionale;
fra l'altro non è stato disposto il differimento dei termini relativi al versamento dei tributi, di contributi previdenziali ed assistenziali e di premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, a beneficio degli imprenditori e degli operatori economici, le cui strutture aziendali e professionali sono state gravemente danneggiate dall'alluvione nel Salernitano; differimento, invece, che già è stato stabilito per il Veneto,

impegna il Governo

ad assegnare in tempi certi e ravvicinati e senza ulteriori ritardi e rinvii tutte le risorse finanziarie necessarie per le infrastrutture danneggiate dall'evento alluvionale nel Salernitano nei giorni 8, 9 e 10 novembre 2010, per la messa in sicurezza, il potenziamento ed il consolidamento degli argini e del corso dei fiumi Sele, Tanagro e Sarno interessati da massicce e devastanti esondazioni, per l'Acquedotto del Sele, per fronteggiare i tanti e forti danni subiti dalle attività economiche e produttive, innanzitutto nel comparto agricolo e zootecnico ed anche nel settore dell'artigianato e delle attività turistiche e commerciali; per adottare le misure fiscali utili ed indispensabili per gli imprenditori e per le aziende colpiti da tali violentissimi nubifragi, con il differimento dei termini per gli adempimenti fiscali, contributivi e previdenziali.
9/4086/41. Iannuzzi.

La Camera,
premesso che:
eventi alluvionali di eccezionale gravità, con precipitazioni e piogge violentissime, hanno colpito nei giorni 8, 9 e 10 novembre 2010 diverse zone della provincia di Salerno, causando danni enormi ed ingenti;
sono state duramente colpite estese e popolate aree come la Valle del Sele, la Piana di Paestum, il Vallo di Diano, l'Area del Tanagro, l'Agro Sarnese-Nocerino, la Costiera Amalfitana, il Cilento, la Città di Salerno;
alcuni fiumi, il Sele, il Tanagro ed il Sarno, in più punti hanno rotto gli argini con esondazioni che hanno devastato nuclei abitati, terreni coltivati, allevamenti di bestiame, ponendo in ginocchio tante famiglie e tante attività economiche; con numerose aziende che hanno subito danni assai consistenti nel settore agricolo e zootecnico, e nel comparto delle attività artigianali, turistiche e commerciali; con diverse infrastrutture stradali seriamente danneggiate; con danni rilevanti all'Acquedotto del Basso Sele;
con ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 18 e 24 novembre 2010, è stato dichiarato lo stato di emergenza nei territori salernitani con l'assegnazione, però, di appena 5 milioni di euro per lavori urgenti di riparazione e ripristino delle condotte dell'Acquedotto del Sele;
i danni complessivi sono molto pesanti ed ammontano ad almeno 300 milioni di euro; ciononostante con il decreto-legge in esame agli eventi alluvionali della Campania sono stati assegnati appena 40 milioni di euro nel biennio 2011-2012 (articolo 2, comma 12-quinquies), per di più finanziato con i fondi prelevati dal FAS già destinati ad interventi per il risanamento ambientale e per prevenire il dissesto idrogeologico;
tale finanziamento è assolutamente insufficiente, del tutto esiguo ed inadeguato ed assolutamente non rispettoso di quell'inderogabile e fondamentale principio di solidarietà che deve ispirare l'azione dello Stato di fronte ad ogni calamità naturale, in qualsiasi parte del territorio nazionale;
fra l'altro non è stato disposto il differimento dei termini relativi al versamento dei tributi, di contributi previdenziali ed assistenziali e di premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, a beneficio degli imprenditori e degli operatori economici, le cui strutture aziendali e professionali sono state gravemente danneggiate dall'alluvione nel Salernitano; differimento, invece, che già è stato stabilito per il Veneto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assegnare in tempi certi e ravvicinati e senza ulteriori ritardi e rinvii tutte le risorse finanziarie necessarie per le infrastrutture danneggiate dall'evento alluvionale nel Salernitano nei giorni 8, 9 e 10 novembre 2010, per la messa in sicurezza, il potenziamento ed il consolidamento degli argini e del corso dei fiumi Sele, Tanagro e Sarno interessati da massicce e devastanti esondazioni, per l'Acquedotto del Sele, per fronteggiare i tanti e forti danni subiti dalle attività economiche e produttive, innanzitutto nel comparto agricolo e zootecnico ed anche nel settore dell'artigianato e delle attività turistiche e commerciali; per adottare le misure fiscali utili ed indispensabili per gli imprenditori e per le aziende colpiti da tali violentissimi nubifragi, con il differimento dei termini per gli adempimenti fiscali, contributivi e previdenziali.
9/4086/41. (Testo modificato nel corso della seduta).Iannuzzi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene una pluralità di proroghe di termini legislativi;
l'articolo 2, comma 202, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, prevedeva che entro il 31 marzo del 2010 dovevano essere bandite le gare per le concessioni autostradali e che tale termine è decorso infruttuosamente;
a settembre 2011 scade la concessione in capo alla società Centropadane s.p.a. senza che ad oggi sia stato indetto alcun bando;
tale concessione prevede alla scadenza un termine di due anni per il subentro da parte dell'eventuale nuovo concessionario,

impegna il Governo

ad assumere iniziative affinché sia chiarito che qualora la gara di aggiudicazione non si concluda entro i termini di scadenza della concessione in essere, il termine di due anni per il subentro del nuovo concessionario decorra dalla data della nuova aggiudicazione.
9/4086/42. Molgora.

La Camera,
premesso che:
in Italia nel 2009 (ultimi dati ufficiali dell'Osservatorio del Ministero dell'interno) vi sono state oltre 60.000 nuove sentenze di sfratto (20 per cento in più del 2008), di cui oltre 50.000 per morosità dell'inquilino. Ormai ogni 6 sfratti emessi, 5 sono per morosità e 1 per altra causa. Quindici anni fa era esattamente il contrario, ogni 6 sfratti emessi, solo 1 era per morosità dell'inquilino. Questi dati, come nel caso dell'usura, rappresentano solo la punta dell'iceberg di una sofferenza molto più estesa e che coinvolge, specialmente oggi a causa della crisi, centinaia di migliaia di famiglie che vivono un disagio abitativo molto acuto: negli ultimi 5 anni sono state emesse 246.000 sentenze, di cui 194.000 morosità, mentre 121.000 sfratti sono stati eseguiti con la forza pubblica. Negli ultimi due anni, in particolare, in coincidenza con l'esplodere della crisi economica, le sentenze emesse per la morosità hanno subito una pericolosa impennata. Con la tendenza attuale, si può ritenere che nei prossimi tre anni possano essere emesse tra 150.000 e 200.000 nuove sentenze di sfratto per morosità. Il taglio drastico intervenuto ai danni del fondo nazionale per il sostegno all'affitto per i nuclei bisognosi, intervenuto nella recente legge di stabilità, produrrà un ulteriore aggravamento della situazione suddetta;
con l'attuale andamento, il gap tra sfratti per morosità emessi, in vertiginoso aumento, ed esecuzione degli sfratti attraverso la forza pubblica (un dato stabile negli ultimi anni, intorno a 25.000 esecuzioni forzate ogni anno) è destinato a crescere ulteriormente;
le conseguenze negative di tale situazione si riversano non solo in termini sociali sugli inquilini in difficoltà, ma provoca, altresì, gravi danni economici sui proprietari, che non ricevono il canone pattuito e ai danni di Stato, regioni e comuni, a causa di minori entrate fiscali;
a causa dell'eccezionale crisi economica che ha investito il Paese si è intervenuti ai fini di agevolare il pagamento dei mutui per l'acquisto della prima casa a favore dei nuclei in difficoltà, anche sospendendo il pagamento delle rate e consentendo una rinegoziazione e rimodulazione dei mutui medesimi. Occorre, pertanto, agire in maniera analoga anche per la morosità incolpevole, riguardante coloro che sono stati colpiti da eventi quali disoccupazione o cassa integrazione ovvero i nuclei che hanno i requisiti per accedere ai benefici previsti dalle attuali normative in materia di contributo all'affitto ovvero sono collocati utilmente in graduatoria per ottenere l'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica;
in alcuni importanti comuni italiani sono stati stipulati accordi tra le parti, agevolati dall'intervento delle istituzioni locali e dalle prefetture, che, pur in assenza di una normativa nazionale, hanno cominciato ad affrontare questo grave problema sociale. In alcuni casi, per esempio, è stata prevista la possibilità di rinegoziare sfratti per morosità in nuovi contratti di locazione, attraverso agevolazioni fiscali ai proprietari, contributi per gli inquilini, riduzione degli affitti praticati, in cambio di fideiussioni attivate presso istituti bancari che garantiscono il pagamento del canone anche in caso di successiva morosità dell'inquilino;
diventa urgente l'adozione di una normativa nazionale di riferimento che possa agevolare, con il concorso di regioni ed enti locali, l'adozione di misure idonee a ridurre questa acuta emergenza sociale ed economica,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere una iniziativa, anche con l'attivazione di un fondo nazionale di rotazione da attivare con il concorso di regioni ed enti locali, al fine di permettere la trasformazione degli sfratti per morosità in nuovi contratti di locazione, anche con l'individuazione di contributi e agevolazioni;
a convocare, a tale scopo, un tavolo di concertazione con tutte le parti interessate dei sindacati degli inquilini, dei rappresentanti della proprietà, le regioni e gli enti locali.
9/4086/43. Pompili, Morassut.

La Camera,
premesso che:
l'alienazione degli alloggi degli enti previdenziali pubblici è ormai avvenuta per la maggior parte del patrimonio (circa 100.000 alloggi) attraverso il cosiddetto processo di «cartolarizzazione»;
la parte restante, valutata ad oggi in circa 9000 alloggi, in gran parte localizzati nella Capitale, non è priva di problemi seri ed irrisolti;
la cartolarizzazione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici è stata decisa dal Parlamento italiano su richiesta del Governo;
con il decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, il suddetto percorso di «cartolarizzazione» è stato avviato cedendo gli immobili ad una società, la SCIP, che ha condotto la rivendita agli inquilini secondo procedure ben definite: prezzo di vendita individuato sulla base delle valutazioni correnti di mercato diminuito del 30 per cento ed ulteriore abbattimento del prezzo per l'acquisto secondo la procedura del mandato collettivo, almeno l'80 per cento delle unità immobiliari complessive di ciascun immobile, al netto di quelle libere;
la legge stabiliva inoltre che le unità immobiliari definitivamente offerte in opzione entro il 26 settembre 2001 venissero vendute anche successivamente al prezzo e alle condizioni indicati nell'offerta, che anche in caso di mancanza di tale offerta, ai conduttori che avessero manifestato la volontà di acquistare entro il 31 ottobre del 2001, fossero vendute al prezzo ed alle condizioni in vigore alla medesima data;
agli inquilini con livelli di redditi medio bassi, 19 mila euro annui, veniva garantito il rinnovo del contratto di locazione per 9 anni, a decorrere dalla prima scadenza del contratto successiva al trasferimento delle unità immobiliari alla SCIP e agli anziani ultrasessantacinquenni era consentita l'alienazione della sola nuda proprietà, nel caso di esercizio del diritto di opzione con riferimento al solo diritto di usufrutto;
fu stabilita una sanatoria per gli occupanti senza titolo, limitatamente alle occupazioni che non comportavano reato diverso dalla semplice occupazione abusiva, fino al settembre 2001;
con il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, si è proceduto alla liquidazione della Società di cartolarizzazione degli immobili pubblici (SCIP), i beni immobili non ancora alienati venivano restituiti ai soggetti originariamente proprietari, gli enti previdenziali pubblici, e si stabiliva che i medesimi procedessero alla vendita diretta degli immobili con le medesime disposizioni vigenti per le operazioni di cartolarizzazione;
era in ultimo previsto che si potessero, al fine di favorire la tutela del diritto di abitazione, promuovere azioni per la definizione del contenzioso privilegiando soluzioni transattive e di bonario componimento;
a distanza di oltre due anni dalla liquidazione della SCIP gli enti previdenziali pubblici tornati in possesso degli alloggi, in particolare l'INPS, non hanno dato ancora corso alle procedure di vendita degli alloggi secondo quanto stabilito dalle leggi in materia precedentemente richiamate;
migliaia di famiglie si trovano oggi nella preoccupante condizione di aver avviato mutui per acquistare l'alloggio, congelato risparmi consistenti gravando sui propri bilanci, assunto impegni che rischiano di restare senza esito e di assistere nel pieno della crisi nel frattempo sopraggiunta all'erosione delle risorse accantonate per acquistare l'alloggio;
i conduttori con bassi redditi che non sono stati in grado di comperare l'alloggio rischiano di restare senza casa e di essere sfrattati essendo nel frattempo scaduti i termini della proroga della locazione;
resta irrisolto il problema degli occupanti senza titolo che tuttavia hanno pagato regolare affitto agli enti previdenziali pubblici e che rischiano di ampliare le fila del disagio abitativo se non considerati come parte di una soluzione complessiva e concertata,

impegna il Governo

ad operare, nel più breve tempo possibile, per venire incontro alle richieste delle famiglie che intendono acquistare l'alloggio agli stessi patti e condizioni di quanti hanno già completato l'acquisto negli anni precedenti lo scioglimento di SCIP;
a sollecitare rapidamente l'INPS affinché vengano celermente riattivate le procedure di alienazione degli immobili alle stesse condizioni e modalità previste dalla legislazione vigente in materia richiamata nelle premesse con l'obbiettivo di concludere il processo di cartolarizzazione, stabilizzare la situazione di migliaia di famiglie che vivono in una situazione di incertezza e di recuperare risorse consistenti alle amministrazioni pubbliche in un momento di crisi economica e finanziaria;
ad ottemperare alla richiesta delle famiglie di aprire sotto il coordinamento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali un tavolo di confronto tra le rappresentanze degli inquilini e l'INPS finalizzato ad individuare una soluzione positiva per i conduttori che non sono stati in grado di comperare l'alloggio e che sono oggi privi di ogni garanzia e copertura di fronte al rischio di sfratto e di risoluzione del contratto di locazione;
ad affrontare e risolvere in un quadro di garanzie sociali il problema degli occupanti senza titolo che benché privi di contratto pagano regolarmente l'affitto all'INPS e che rappresentano una fascia non trascurabile di famiglie che rischiano di accrescere la crescente condizione di precarietà abitativa che interessa milioni di famiglie italiane.
9/4086/44. Morassut, Pompili.

La Camera,
premesso che:
l'alienazione degli alloggi degli enti previdenziali pubblici è ormai avvenuta per la maggior parte del patrimonio (circa 100.000 alloggi) attraverso il cosiddetto processo di «cartolarizzazione»;
la parte restante, valutata ad oggi in circa 9000 alloggi, in gran parte localizzati nella Capitale, non è priva di problemi seri ed irrisolti;
la cartolarizzazione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici è stata decisa dal Parlamento italiano su richiesta del Governo;
con il decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, il suddetto percorso di «cartolarizzazione» è stato avviato cedendo gli immobili ad una società, la SCIP, che ha condotto la rivendita agli inquilini secondo procedure ben definite: prezzo di vendita individuato sulla base delle valutazioni correnti di mercato diminuito del 30 per cento ed ulteriore abbattimento del prezzo per l'acquisto secondo la procedura del mandato collettivo, almeno l'80 per cento delle unità immobiliari complessive di ciascun immobile, al netto di quelle libere;
la legge stabiliva inoltre che le unità immobiliari definitivamente offerte in opzione entro il 26 settembre 2001 venissero vendute anche successivamente al prezzo e alle condizioni indicati nell'offerta, che anche in caso di mancanza di tale offerta, ai conduttori che avessero manifestato la volontà di acquistare entro il 31 ottobre del 2001, fossero vendute al prezzo ed alle condizioni in vigore alla medesima data;
agli inquilini con livelli di redditi medio bassi, 19 mila euro annui, veniva garantito il rinnovo del contratto di locazione per 9 anni, a decorrere dalla prima scadenza del contratto successiva al trasferimento delle unità immobiliari alla SCIP e agli anziani ultrasessantacinquenni era consentita l'alienazione della sola nuda proprietà, nel caso di esercizio del diritto di opzione con riferimento al solo diritto di usufrutto;
fu stabilita una sanatoria per gli occupanti senza titolo, limitatamente alle occupazioni che non comportavano reato diverso dalla semplice occupazione abusiva, fino al settembre 2001;
con il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, si è proceduto alla liquidazione della Società di cartolarizzazione degli immobili pubblici (SCIP), i beni immobili non ancora alienati venivano restituiti ai soggetti originariamente proprietari, gli enti previdenziali pubblici, e si stabiliva che i medesimi procedessero alla vendita diretta degli immobili con le medesime disposizioni vigenti per le operazioni di cartolarizzazione;
era in ultimo previsto che si potessero, al fine di favorire la tutela del diritto di abitazione, promuovere azioni per la definizione del contenzioso privilegiando soluzioni transattive e di bonario componimento;
a distanza di oltre due anni dalla liquidazione della SCIP gli enti previdenziali pubblici tornati in possesso degli alloggi, in particolare l'INPS, non hanno dato ancora corso alle procedure di vendita degli alloggi secondo quanto stabilito dalle leggi in materia precedentemente richiamate;
migliaia di famiglie si trovano oggi nella preoccupante condizione di aver avviato mutui per acquistare l'alloggio, congelato risparmi consistenti gravando sui propri bilanci, assunto impegni che rischiano di restare senza esito e di assistere nel pieno della crisi nel frattempo sopraggiunta all'erosione delle risorse accantonate per acquistare l'alloggio;
i conduttori con bassi redditi che non sono stati in grado di comperare l'alloggio rischiano di restare senza casa e di essere sfrattati essendo nel frattempo scaduti i termini della proroga della locazione;
resta irrisolto il problema degli occupanti senza titolo che tuttavia hanno pagato regolare affitto agli enti previdenziali pubblici e che rischiano di ampliare le fila del disagio abitativo se non considerati come parte di una soluzione complessiva e concertata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di operare, nel più breve tempo possibile, per venire incontro alle richieste delle famiglie che intendono acquistare l'alloggio agli stessi patti e condizioni di quanti hanno già completato l'acquisto negli anni precedenti lo scioglimento di SCIP;
a sollecitare rapidamente l'INPS affinché vengano celermente riattivate le procedure di alienazione degli immobili alle stesse condizioni e modalità previste dalla legislazione vigente in materia richiamata nelle premesse con l'obbiettivo di concludere il processo di cartolarizzazione, stabilizzare la situazione di migliaia di famiglie che vivono in una situazione di incertezza e di recuperare risorse consistenti alle amministrazioni pubbliche in un momento di crisi economica e finanziaria;
ad ottemperare alla richiesta delle famiglie di aprire sotto il coordinamento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali un tavolo di confronto tra le rappresentanze degli inquilini e l'INPS finalizzato ad individuare una soluzione positiva per i conduttori che non sono stati in grado di comperare l'alloggio e che sono oggi privi di ogni garanzia e copertura di fronte al rischio di sfratto e di risoluzione del contratto di locazione;
ad affrontare e risolvere in un quadro di garanzie sociali il problema degli occupanti senza titolo che benché privi di contratto pagano regolarmente l'affitto all'INPS e che rappresentano una fascia non trascurabile di famiglie che rischiano di accrescere la crescente condizione di precarietà abitativa che interessa milioni di famiglie italiane.
9/4086/44. (Testo modificato nel corso della seduta).Morassut, Pompili.

La Camera,
premesso che:
i fenomeni vulcanici iniziati nel luglio 2001 e nell'ottobre 2002 nell'area dell'Etna hanno comportato ingenti danni alle strutture pubbliche ed agli immobili ed impianti privati con la conseguente sospensione o riduzione delle attività economiche;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 ottobre 2002 è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale nel territorio della provincia di Catania interessato dall'attività vulcanica dell'Etna e dagli eventi sismici relativi alla medesima area; lo stato di emergenza è stato successivamente prorogato da ultimo, sino al 31 dicembre 2011, dall'articolo 8 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3916 del 30 dicembre 2010;
i gravi danni subiti dalle infrastrutture e strutture pubbliche e private e le difficoltà ed i tempi previsti per la realizzazione degli interventi non hanno ancora consentito il ripristino delle condizioni di normalità, ed in particolare la ricostruzione delle strutture pubbliche e private, quale condizione per il rilancio dell'economia dei comuni dell'Etna;
la mancata attività dei soggetti, aziende e privati, operanti nelle aree interessate agli eventi vulcanici ed alle colate laviche ha, così, reso inefficaci i contratti di concessione stipulati dagli stessi con gli enti locali titolari del diritto di concessione;
infatti le ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri hanno previsto esclusivamente la sospensione del pagamento dei tributi e dei contributi previdenziali, nulla disponendo in merito ai contratti di concessione vigenti, la cui durata contrattuale viene di fatto ridotta per tutto il tempo in cui non può essere esercitata, o viene esercitata in maniera limitata, la attività oggetto della concessione e creando ulteriori danni ai concessionari;
è necessario riconoscere ai soggetti, danneggiati dagli eventi vulcanici e dalle colate laviche, titolari di concessioni per effetto di contratti vigenti alla data del verificarsi di detti eventi vulcanici, la sospensione dei termini di efficacia delle concessioni per tutta la durata dello stato di emergenza,

impegna il Governo

a prorogare le concessioni contratto in corso alla data del 27 ottobre 2002 e rilasciate da enti pubblici nell'interesse di operatori economici le cui strutture siano state danneggiate dai fenomeni vulcanici dell'Etna nel luglio 2001 e nell'ottobre 2002 alle stesse condizioni e fino al protrarsi dello stato d'emergenza, ovvero fino al 31 dicembre 2011;
a far decorrere le concessioni contratto stipulate durante il periodo emergenziale dalla scadenza dello stato di emergenza, previa rivalutazione dei canoni e dei corrispettivi secondo l'indice di rivalutazione ISTAT, relativo alla variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
9/4086/45. Gibiino, Germanà, Palumbo, Torrisi, Fallica, Garofalo.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame proroga il termine di cui all'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi di media audiovisivi, che prevede fino al 31 dicembre 2010 il divieto per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
il predetto comma proroga il divieto fino al 31 marzo 2011 (ulteriormente prorogabile al 31 dicembre 2011);
la questione relativa al divieto di incroci stampa e TV è stata recentemente oggetto di una segnalazione al Governo emessa dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in data 24 novembre 2010, nella quale si afferma che la disposizione in materia di limiti antitrust all'incrocio tra stampa e giornali quotidiani è stata sin dall'inizio concepita dal legislatore a tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione e di informazione, sulla base delle indicazioni date dalla Corte costituzionale (sentenza n. 826/1988);
la protezione del pluralismo informativo è uno dei principi fondamentali dell'Unione europea (articolo 11, comma secondo, dalla Carta Europea dei diritti fondamentali) e, in forza di ciò, la giurisprudenza della Corte di giustizia ha riconosciuto il diritto degli Stati membri a mantenere una legislazione speciale in materia, più restrittiva del diritto della concorrenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a garantire che la ridefinizione di ambito di applicazione del divieto degli incroci stampa TV introdotta dal provvedimento in esame non esponga l'editoria quotidiana italiana a rischi di involuzione e ulteriori derive concentrative di mezzi e di risorse, a tutto danno del pluralismo informativo e degli equilibri democratici del Paese.
9/4086/46. Monai, Borghesi, Favia, Cambursano, Donadi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca la proroga al 31 marzo 2011 dell'applicazione della norma che introduce la prova pratica di guida del ciclomotore, recentemente introdotta dall'articolo 17 della legge n. 120 del 2010, ed originariamente fissata al 19 gennaio 2011. Per altro il citato termine del 31 marzo 2011 può essere ulteriormente prorogato a mezzo di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri al 31 dicembre 2011;
specifici orientamenti in materia di patenti di guida sono contenuti nel piano di azione sulla sicurezza stradale relativo al periodo 2011-2020 (COM(2010)389), presentato dalla Commissione il 20 luglio 2010, che tra le possibili azioni da attuare in materia individua:
1) la preparazione prima dell'esame di guida basata su esercitazioni pratiche;
2) l'esame per il conseguimento della patente che non dovrà semplicemente valutare la conoscenza delle norme del codice della strada o la capacità di eseguire manovre, ma anche prendere in considerazione competenze di guida più estese nonché valori e comportamenti legati alla sicurezza stradale;
3) la formazione continua successiva al conseguimento della patente per i conducenti non professionisti;
nell'ultima Relazione al Parlamento sullo stato della Sicurezza Stradale, e segnatamente la «Quarta Relazione al Parlamento sullo stato della Sicurezza Stradale», (Doc CXLIV, n. 1) presentata dal ministro delle infrastrutture e dei trasporti si dice che gli incidenti degli utenti delle due ruote a motore (ciclomotori e motocicli) nel 2007 hanno determinato:
a) 1.540 morti (il 30,0 per cento del totale);
b) 90.551 feriti (il 27,8 per cento del totale);
c) un costo sociale di euro 8.812 milioni (il 28,3 per cento del totale).

Inoltre, nel quinquennio 2003-2007 questo comparto ha registrato una crescita di +181 morti (+13,3 per cento mentre l'evoluzione generale del Paese segnava una riduzione del 26,5 per cento). Si rileva infine che, sebbene la bassa sicurezza della mobilità su due ruote a motore costituisca un problema per tutti i paesi europei, l'Italia, rispetto agli altri paesi dell'Unione europea, presenta il più elevato numero di vittime sia in valore assoluto, sia in percentuale sulle vittime complessive,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a rimuovere i fattori di rischio legati all'incidentalità stradale della popolazione più giovane del nostro Paese, nonché a porre in essere ogni atto di sua competenza teso ad evitare una ulteriore proroga del termine fissato al 31 marzo 2011 per l'applicazione della norma che introduce la prova pratica di guida del ciclomotore.
9/4086/47. Cimadoro, Monai, Borghesi, Cambursano, Favia, Donadi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca numerose disposizioni in materia di sostegno al settore autotrasporto;
il settore dell'autotrasporto rappresenta un settore fondamentale per lo sviluppo dell'economia italiana che coinvolge ormai più di 120.000 realtà industriali, senza contare l'indotto;
tale settore oggi risulta fortemente caratterizzato da una serie di dinamiche che lo rendono, da un lato, poco competitivo nel sistema economico europeo per crescita dimensionale, organizzativa e tecnologica e, dall'altro, come noto, particolarmente costoso per le casse dello Stato;
manca ad oggi, infatti, una strategia complessiva delle politiche nazionali in materia di trasporti, che dia il quadro di riferimento all'interno del quale si possano individuare finalità, priorità e risorse per il rilancio del settore, con precisi impegni dello Stato e dei diversi livelli di articolazione della Repubblica, anche al fine di orientare le strategie dei diversi soggetti imprenditoriali coinvolti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa tesa a prevedere una riforma organica della disciplina del settore dell'autotrasporto nel pieno rispetto dei principi della concorrenza, della trasparenza, della tutela della sicurezza stradale e della sicurezza sui luoghi di lavoro;
a valutare l'opportunità di prevedere gli opportuni interventi normativi volti a favorire le aggregazioni o le fusioni tra imprese di autotrasporto attraverso l'individuazione di nuove forme di incentivi che vengano riconosciuti sotto forma di sgravi fiscali e contributivi legati all'incremento della base occupazionale ovvero attraverso forme agevolate per le imprese che, a seguito del perfezionamento delle operazioni di aggregazione o di fusione, abbiano assorbito nell'ambito della propria compagine societaria soggetti che escono dal mercato, purché l'esito finale delle predette operazioni si concluda non solo con un allargamento della base dimensionale dell'impresa, ma anche con un significativo aumento del numero dei veicoli a disposizione;
a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti specifici finalizzati a favorire tutte le imprese di autotrasporto che intendano investire nei settori della sicurezza e dell'innovazione tecnologica attraverso l'installazione di dispositivi satellitari che consentano la gestione delle flotte.
9/4086/48. Borghesi, Cambursano, Favia, Donadi, Monai.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede numerose norme riguardante i dipendenti pubblici quali la proroga della validità delle graduatorie dei concorsi pubblici per vincitori e idonei, l'estensione agli anni 2012-2014 della possibilità, per il dipendente pubblico, di richiedere l'esonero dal servizio, disposizioni sui concorsi dell'amministrazione finanziaria, la generalizzazione del diritto del pubblico dipendente di ottenere il prolungamento o il ripristino del rapporto di impiego, anche oltre i limiti di età previsti dalla legge, qualora egli sia stato sospeso dal servizio o dalla funzione, mentre sono assenti altre disposizioni per le quali sarebbe stato opportuno fissare scadenze adeguate;
la Corte costituzionale, con sentenza n. 41 del 9 febbraio 2011 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 4-ter, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134 che, per il biennio 2009-2011, prevedeva che l'inserimento in una graduatoria provinciale di docenti provenienti da un'altra provincia avvenisse non «a pettine», ossia con il riconoscimento del punteggio e della relativa posizione in graduatoria, bensì sempre in coda alla graduatoria stessa. La Corte ha affermato che la disposizione in questione, «utilizzando il mero dato formale della maggiore anzianità di iscrizione nella singola graduatoria provinciale per attribuire al suo interno la relativa posizione, introduce una disciplina irragionevole che - limitata all'aggiornamento delle graduatorie per il biennio 2009-2011 - comporta il totale sacrificio del principio del merito posto a fondamento della procedura di reclutamento dei docenti e con la correlata esigenza di assicurare, per quanto più possibile, la migliore formazione scolastica»;
all'inizio dello scorso anno il ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione nella sua sbandierata riforma della pubblica amministrazione, ha pubblicizzato lo strumento della mobilità intercompartimentale come modo di razionalizzare a costo zero, favorendo cioè quei trasferimenti volontari da pubbliche amministrazioni in eccesso di personale a quelle in carenza di organico;
l'articolo 29-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prevede che al fine di favorire i processi di mobilità fra i comparti di contrattazione del personale delle pubbliche amministrazioni, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, con decreto, definisce, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una tabella di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione. L'articolo non prevede però una scadenza per tale adempimento;
ad oggi, manca ancora il decreto attuativo con le tabelle di equiparazione tra i livelli di inquadramento e la situazione è bloccata. Nel rimpallo di responsabilità il ministro sostiene che non può emanare il decreto per la mobilità intercompartimentale in quanto i sindacati, da diversi mesi, non vogliono firmare l'accordo con l'Aran che ridurrebbe a quattro i comparti;
ci sono migliaia di docenti del Sud che insegnano al Nord e che, considerati i notevoli costi e problematiche che ciò comporta, vorrebbero tornare a lavorare più vicino ai loro luoghi di origine. Ottenere un trasferimento nella scuola è estremamente difficile, soprattutto ora che la riforma ha previsto una diminuzione di organici e un taglio delle cattedre. Inoltre, le province, che generalmente gestiscono le graduatorie e la mobilità nella scuola, preferiscono sistemare prima i sovrannumeri all'interno della provincia stessa, anche di classi di concorso affini, e spesso non c'è niente da fare per gli altri. Questi insegnanti chiedono perciò di poter utilizzare lo strumento della mobilità intercompartimentale che al momento risulta però bloccato;
la mobilità volontaria nella scuola verso altri enti (mobilità intercompartimentale) è contenuta nei commi da 1 a 8 dell'articolo 10 del CCNL del 2003 (e ripresi nel comma 8 dell'articolo 10 del CCNL 2006-09), che rinviano alla contrattazione integrativa per criteri e modalità per l'individuazione del personale da porre in mobilità e forme di pubblicità in merito ai posti disponibili;
in base alle novità introdotte in materia dall'articolo 48 del decreto legislativo n. 150 del 2009, in vigore dal 15 novembre 2009, per consentire tale mobilità, bisognerà attendere l'emanazione di un apposito decreto interministeriale che prevederà una tabella di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione. Inoltre, la mobilità intercompartimentale per la scuola non riguarderà più solo il personale in esubero, ma dovrà essere facilitata per tutti coloro che ne faranno domanda;
infine, l'articolo 49 del decreto legislativo citato recita: «le amministrazioni dovranno rendere pubbliche le disponibilità dei posti in organico da ricoprire tramite passaggio diretto e dovranno fissare i criteri di scelta per tale passaggio. Il trasferimento avverrà solo con il parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi cui il personale è o sarà assegnato sulla base della professionalità del dipendente in merito al posto che andrà ad occupare»;
ci sono uffici in cui il lavoro è poco e il personale eccessivo ma paradossalmente non si agevolano trasferimenti e mobilità perché il gran numero di personale serve a giustificare e garantire il posto ad un dirigente;
l'obbligo di pubblicare un avviso di mobilità prima di indire un concorso pubblico è spesso disatteso con l'intento di poter gestire meglio assunzioni clientelari. Nella mobilità è prevista una discrezionalità della pubblica amministrazione ricevente. Le amministrazioni spesso rifiutano le richieste perché preferiscono indire un concorso pubblico,

impegna il Governo

a valutare se, in mancanza delle tabelle non ancora emanate, previste dal decreto legislativo n. 150 del 2009, si possano eventualmente applicare quelle disposte ai sensi dell'articolo 6, comma 3, lettera b) del decreto ministeriale del ministro della funzione pubblica del 15 novembre 1989.
9/4086/49. Di Giuseppe, Messina, Zazzera, Paladini, Aniello Formisano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, comma 1, lettera b), secondo periodo, del provvedimento prevede che: «L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 61, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, è integrata di 15 milioni di euro per l'anno 2011. All'onere derivante dal secondo periodo della presente lettera, pari a 15 milioni di euro per l'anno 2011, si provvede mediante riduzione della dotazione finanziaria di cui all'articolo 1, comma 40, quarto periodo, della legge 13 dicembre 2010, n. 220»;
in pratica, si tratta di uno stanziamento aggiuntivo di 15 milioni di euro per l'anno 2011 relativamente ai contributi alle emittenti locali di cui alla legge n. 448 del 1998. La copertura finanziaria è stata ricavata diminuendo lo stanziamento a favore del finanziamento di interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico e allo sviluppo dei territori, alle attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali, ossia relativi a quella disposizione che è stata definita come «legge mancia»;
alle emittenti locali erano stati assegnati 45 milioni con la legge di stabilità 2011 (articolo 1, comma 61, legge n. 220 del 2010) finanziati però con l'esito dell'asta dei canali 61-69 (articolo 1, commi 8 e 9, legge n. 220 del 2010), introducendo un forte elemento di incertezza sulla reale disponibilità dei fondi;
il comma 8 citato prevede in proposito che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni deve avviare le procedure per l'assegnazione di tali frequenze, che saranno destinate a servizi di comunicazione elettronica mobile in banda larga. La data per l'attribuzione delle frequenze verrà individuata dal Ministero dello sviluppo economico, tenendo conto della normativa dell'Unione europea. Il ministro potrà sostituire frequenze già assegnate con altre che si rendano disponibili. Il Piano di ripartizione delle frequenze e il Piano di assegnazione delle frequenze verranno aggiornati secondo le nuove disposizioni introdotte dal comma 8;
il comma 9 citato dispone che, con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, vengano definiti criteri e modalità per quantificare e attribuire misure finanziarie compensative, pari al 10 per cento degli introiti derivanti dalla procedura di cui al comma precedente, e comunque entro il limite massimo di 240 milioni di euro, destinate ad un apposito fondo istituito presso il Ministero dello sviluppo economico e finalizzate a promuovere un uso più efficiente dello spettro attualmente destinato alla diffusione di trasmissioni in ambito locale;
a sentire gli stessi operatori della telefonia, sarà molto difficile chiudere in tempi brevi, viste l'attuale carenza di liquidità degli operatori telefonici e le procedure di contenzioso che le emittenti locali attualmente assegnatarie delle frequenze da porre all'asta hanno minacciato di avviare,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di reperire un'altra fonte meno incerta per la copertura dello stanziamento dei 45 milioni di euro previsti per l'anno 2011 a favore delle tv locali dall'articolo 1, comma 61, della legge n. 220 del 2010, eventualmente, adottando ulteriori iniziative normative volte a ridurre gli stanziamenti per la cosiddetta «legge mancia» ampiamente incrementati dal provvedimento in esame.
9/4086/50. Messina, Leoluca Orlando, Zazzera, Di Giuseppe.

La Camera,
premesso che:
nel 2009, su proposta del ministro delle politiche agricole Luca Zaia, il Governo ha approvato il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, recante «Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario». Tra le disposizioni del decreto-legge alcune riguardavano la questione delle quote latte per cercare di arrivare alla conclusione di una vicenda che si sta trascinando da anni. La legge ha previsto la possibilità per i cosiddetti «splafonatori» di «richiedere la rateizzazione dei debiti iscritti derivanti dai mancati pagamenti del prelievo latte per i quali si sia realizzato l'addebito al bilancio nazionale da parte della Commissione europea»;
in occasione dell'esame parlamentare del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, è stata introdotta, con il parere contrario dell'attuale ministro delle politiche agricole Giancarlo Galan, una norma che prevede il rinvio del pagamento della rata in scadenza delle multe a carico delle imprese che hanno sforato le quote latte;
nell'articolo 40-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, è stata riproposta l'annosa vicenda delle quote latte disponendo che il pagamento degli importi con scadenza al 30 giugno 2010, previsti dai piani di rateizzazione di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, ed al decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, sia prorogato fino al 31 dicembre 2010;
all'esame in Assemblea di tale provvedimento, fu accolto in data 29 luglio 2010 l'ordine del giorno 9/3638/39 presentato dal gruppo Italia dei Valori, impegnando così il Governo a valutare attentamente il disposto di cui all'articolo 40-bis del decreto-legge in esame, verificandone gli effetti derivanti anche sotto il profilo comunitario, al fine di adottare ulteriori iniziative volte a scongiurare possibili future sanzioni comunitarie;
l'Italia è stata esposta ad ulteriori gravi sanzioni da parte dell'Unione europea e danni alla sua immagine internazionale, in un momento nel quale si avvia un negoziato di revisione della politica agricola comune a livello europeo;
l'approvazione del provvedimento del «mille proroghe» da parte del Senato ha dimostrato, in particolare sulle quote latte, l'arroganza di un Governo che premia chi non ha rispettato regole e che calpesta così la legalità, umiliando i tantissimi allevatori onesti;
ancora una volta, infatti, il Governo con l'articolo 2, comma 12-duodecies sospende fino al 30 giugno 2011 il pagamento degli importi (con scadenza 31 dicembre 2010) dovuti dai produttori di latte in ragione dei piani di rateizzazione regolanti il prelievo supplementare da essi versato in eccesso rispetto alle quote latte;
il nuovo rinvio del pagamento delle rate delle multe, che prelude ad una sorta di condono tombale è una totale presa in giro per l'agricoltura che vive un momento di grave crisi e verso la quale non si è voluto trovare le risorse necessarie per interventi urgenti e indispensabili,

impegna il Governo

a presentare una relazione al Parlamento, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sull'andamento del sistema di rateizzazione dei debiti delle quote latte.
9/4086/51. Rota, Di Giuseppe, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
nel 2009, su proposta del ministro delle politiche agricole Luca Zaia, il Governo ha approvato il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, recante «Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario». Tra le disposizioni del decreto-legge alcune riguardavano la questione delle quote latte per cercare di arrivare alla conclusione di una vicenda che si sta trascinando da anni. La legge ha previsto la possibilità per i cosiddetti «splafonatori» di «richiedere la rateizzazione dei debiti iscritti derivanti dai mancati pagamenti del prelievo latte per i quali si sia realizzato l'addebito al bilancio nazionale da parte della Commissione europea»;
in occasione dell'esame parlamentare del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, è stata introdotta, con il parere contrario dell'attuale ministro delle politiche agricole Giancarlo Galan, una norma che prevede il rinvio del pagamento della rata in scadenza delle multe a carico delle imprese che hanno sforato le quote latte;
nell'articolo 40-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, è stata riproposta l'annosa vicenda delle quote latte disponendo che il pagamento degli importi con scadenza al 30 giugno 2010, previsti dai piani di rateizzazione di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, ed al decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, sia prorogato fino al 31 dicembre 2010;
all'esame in Assemblea di tale provvedimento, fu accolto in data 29 luglio 2010 l'ordine del giorno 9/3638/39 presentato dal gruppo Italia dei Valori, impegnando così il Governo a valutare attentamente il disposto di cui all'articolo 40-bis del decreto-legge in esame, verificandone gli effetti derivanti anche sotto il profilo comunitario, al fine di adottare ulteriori iniziative volte a scongiurare possibili future sanzioni comunitarie;
l'Italia è stata esposta ad ulteriori gravi sanzioni da parte dell'Unione europea e danni alla sua immagine internazionale, in un momento nel quale si avvia un negoziato di revisione della politica agricola comune a livello europeo;
l'approvazione del provvedimento del «mille proroghe» da parte del Senato ha dimostrato, in particolare sulle quote latte, l'arroganza di un Governo che premia chi non ha rispettato regole e che calpesta così la legalità, umiliando i tantissimi allevatori onesti;
ancora una volta, infatti, il Governo con l'articolo 2, comma 12-duodecies sospende fino al 30 giugno 2011 il pagamento degli importi (con scadenza 31 dicembre 2010) dovuti dai produttori di latte in ragione dei piani di rateizzazione regolanti il prelievo supplementare da essi versato in eccesso rispetto alle quote latte;
il nuovo rinvio del pagamento delle rate delle multe, che prelude ad una sorta di condono tombale è una totale presa in giro per l'agricoltura che vive un momento di grave crisi e verso la quale non si è voluto trovare le risorse necessarie per interventi urgenti e indispensabili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di presentare una relazione al Parlamento, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sull'andamento del sistema di rateizzazione dei debiti delle quote latte.
9/4086/51. (Testo modificato nel corso della seduta).Rota, Di Giuseppe, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 3, del decreto-legge in esame, dispone una ulteriore proroga del termine di sospensione delle rate, da gennaio 2011 a ottobre 2011, relativo ai versamenti tributari e contributivi sospesi ai sensi dell'articolo 39 del decreto-legge n. 78 del 2010 in favore dei soggetti colpiti dal sisma dell'Abruzzo del 6 aprile 2009;
diversi in questi due anni sono stati gli interventi legislativi che hanno consentito di prorogare i termini dei versamenti tributari e contributivi sospesi, e modificare le modalità di restituzione del dovuto;
ricordiamo che il decreto-legge n. 78 del 2009 aveva prorogato a gennaio 2010 la sospensione dei versamenti tributari e contributivi, disponendo la facoltà di rateizzare, fino a 24 rate mensili, le somme complessivamente dovute a seguito della sospensione. Successivamente l'articolo 2, comma 198, della Legge finanziaria 2010, ha fissato al mese di giugno 2010 la scadenza della prima delle 60 rate dovute per il versamento dei pagamenti sospesi;
l'articolo 39 del decreto-legge n. 78 del 2010 ha quindi disposto che la riscossione dei tributi, dei contributi e dei premi oggetto di sospensione dovesse avvenire mediante il pagamento di 120 rate mensili di pari importo a decorrere da gennaio 2011;
il suddetto previsto «allungamento» della restituzione in 120 rate mensili, va certamente nella giusta direzione, ma va ricordato che dette modalità non equiparano il sisma in Abruzzo agli eventi sismici avvenuti nelle regioni Marche ed Umbria del 1997 e a quelli nelle province di Campobasso e Foggia del 2002, laddove si è invece prevista la restituzione in 120 rate del solo 40 per cento dei tributi e contributi dovuti;
peraltro, a quasi due anni dal sisma, la situazione nella quale si trovano gli enti e le istituzioni locali abruzzesi impegnati nella gestione del post-terremoto rimane comunque ancora drammatica, con una ricostruzione praticamente ferma a causa della mancanza dei fondi necessari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di una completa e doverosa equiparazione agli eventi sismici avvenuti nelle regioni Marche ed Umbria del 1997 e a quelli nelle province di Campobasso e Foggia del 2002, laddove si è disposta la restituzione del solo 40 per cento dei tributi e contributi sospesi;
a considerare la possibilità di prevedere lo stanziamento di ulteriori risorse economiche indispensabili per avviare la vera ricostruzione e consentire alle amministrazioni locali di far fronte ai debiti nel frattempo accumulati.
9/4086/52. Di Stanislao, Piffari.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 3, del decreto-legge in esame, dispone una ulteriore proroga del termine di sospensione delle rate, da gennaio 2011 a ottobre 2011, relativo ai versamenti tributari e contributivi sospesi ai sensi dell'articolo 39 del decreto-legge n. 78 del 2010 in favore dei soggetti colpiti dal sisma dell'Abruzzo del 6 aprile 2009;
diversi in questi due anni sono stati gli interventi legislativi che hanno consentito di prorogare i termini dei versamenti tributari e contributivi sospesi, e modificare le modalità di restituzione del dovuto;
ricordiamo che il decreto-legge n. 78 del 2009 aveva prorogato a gennaio 2010 la sospensione dei versamenti tributari e contributivi, disponendo la facoltà di rateizzare, fino a 24 rate mensili, le somme complessivamente dovute a seguito della sospensione. Successivamente l'articolo 2, comma 198, della Legge finanziaria 2010, ha fissato al mese di giugno 2010 la scadenza della prima delle 60 rate dovute per il versamento dei pagamenti sospesi;
l'articolo 39 del decreto-legge n. 78 del 2010 ha quindi disposto che la riscossione dei tributi, dei contributi e dei premi oggetto di sospensione dovesse avvenire mediante il pagamento di 120 rate mensili di pari importo a decorrere da gennaio 2011;
il suddetto previsto «allungamento» della restituzione in 120 rate mensili, va certamente nella giusta direzione, ma va ricordato che dette modalità non equiparano il sisma in Abruzzo agli eventi sismici avvenuti nelle regioni Marche ed Umbria del 1997 e a quelli nelle province di Campobasso e Foggia del 2002, laddove si è invece prevista la restituzione in 120 rate del solo 40 per cento dei tributi e contributi dovuti;
peraltro, a quasi due anni dal sisma, la situazione nella quale si trovano gli enti e le istituzioni locali abruzzesi impegnati nella gestione del post-terremoto rimane comunque ancora drammatica, con una ricostruzione praticamente ferma a causa della mancanza dei fondi necessari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di una completa e doverosa equiparazione agli eventi sismici avvenuti nelle regioni Marche ed Umbria del 1997 e a quelli nelle province di Campobasso e Foggia del 2002, laddove si è disposta la restituzione del solo 40 per cento dei tributi e contributi sospesi;
a considerare la possibilità di prevedere lo stanziamento di ulteriori risorse economiche indispensabili per avviare la vera ricostruzione e consentire alle amministrazioni locali di far fronte ai debiti nel frattempo accumulati.
9/4086/52. (Testo modificato nel corso della seduta).Di Stanislao, Piffari.

La Camera,
premesso che:
il 5 per mille è stato introdotto a titolo iniziale e sperimentale con la Legge finanziaria 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266) e prevede la possibilità per il contribuente di vincolare questa quota della propria imposta IRPEF a sostegno di alcune categorie quali: volontariato, ONLUS e associazioni di promozione sociale, attività sociali svolte dal comune di residenza, ricerca sanitaria, ricerca scientifica o delle università;
tale facoltà può essere esercitata dal contribuente indicando nella dichiarazione dei redditi del 2006 il codice fiscale dell'ente che intende finanziare;
le modalità di iscrizione per gli enti e le modalità di ripartizione della quota sono state successivamente disciplinate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 gennaio 2006;
a tal proposito va segnalato che l'erogazione delle quote del 5 per mille che milioni di cittadini hanno scelto di destinare al no profit finisce spesso nelle pastoie dovute alle lungaggini amministrative che ancora ne impediscono un esborso prevedibile;
a rafforzare la preoccupazione delle associazioni del Terzo Settore, che lamentano l'estremo bisogno di questi fondi, è la mancanza di stabilizzazione a carattere permanente dell'erogazione del 5 per mille;
con orgoglio le associazioni del Terzo Settore rivendicano di essere la fotografia di un'economia sana, senza sprechi, senza divari retributivi, con il reinvestimento dei soldi nel territorio, con la regolarità di tutti i dipendenti;
la previsione riferita all'elenco 1 dell'articolo 1, comma 40, della legge di stabilità n. 220 del 2010, aveva ridotto a soli 100 milioni di euro il gettito del 5 per mille che, per l'anno precedente, ammontava invece a 400 milioni, operando di fatto un taglio di circa il 75 per cento;
successivamente, anche a seguito di critiche e proteste di operatori del Terzo Settore, il decreto-legge in esame (cosiddetto milleproroghe) ha previsto lo stanziamento per il 5 per mille per il 2010 - da liquidarsi nel 2011 - di ulteriori 200 milioni di euro, rispetto ai 100 milioni già stanziati dalla citata legge di stabilità;
si rileva che per il 2011 i fondi del 5 per mille saranno vincolati a un tetto di 400 milioni, apparentemente uguale a quello degli anni precedenti, ma con la presenza di un ulteriore vincolo fissato a un massimo di 100 milioni (poi modificato in «fino a 100 milioni»), per l'assistenza e il sostegno ai malati di SLA, un fondo nato per una giusta causa ma che non ha nulla a che vedere con il 5 per 1000, che, è bene ricordarlo, è una libera scelta del contribuente. Si crea cosi un brutto precedente di pre-allocazione da parte dello Stato delle risorse complessive che snatura il 5 per mille, limitandone in parte e arbitrariamente l'entità e la destinazione;
lascia perplessi il fatto che non si tratta di risorse aggiuntive ma, di fatto, tolte dalla quota del 5 per mille privando tante associazioni di volontariato, impegnate quotidianamente nel supporto alle persone fragili e con disabilità, di risorse assolutamente vitali, andando a configurarsi un potenziale danno all'intero mondo delle persone con disabilità e dei loro familiari;
la ripartizione delle risorse a seguito della scelta è concentrata: il 13 per cento dell'importo totale va a un solo ente, più di un quarto, il 25,7 per cento, va a soli otto enti che rappresentano lo 0,01 per cento dei potenziali beneficiari,

impegna il Governo

a chiarire sulla base di quali criteri intenda ripartire materialmente i fondi destinati fino a 100 milioni a interventi per la ricerca e l'assistenza domiciliare dei malati di sclerosi amiotrofica (SLA) e con quali modalità di impiego che non cancellino la disponibilità di 400 milioni del 5 per mille e non limitino la scelta dei cittadini;
a prevedere la stabilizzazione legislativa del 5 per mille in quanto fonte finanziaria importante per molte associazioni e manifestazione finanziaria della sussidiarietà per un più corretto rapporto fra Stato e cittadini;
a prevedere l'avvio di una valutazione sui costi e sull'efficacia del meccanismo confrontati con le agevolazioni fiscali già previste dal nostro ordinamento per le stesse finalità, nella forma di deduzioni e detrazioni.
9/4086/53. Evangelisti, Mura, Palagiano.

La Camera,
premesso che:
il 5 per mille è stato introdotto a titolo iniziale e sperimentale con la Legge finanziaria 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266) e prevede la possibilità per il contribuente di vincolare questa quota della propria imposta IRPEF a sostegno di alcune categorie quali: volontariato, ONLUS e associazioni di promozione sociale, attività sociali svolte dal comune di residenza, ricerca sanitaria, ricerca scientifica o delle università;
tale facoltà può essere esercitata dal contribuente indicando nella dichiarazione dei redditi del 2006 il codice fiscale dell'ente che intende finanziare;
le modalità di iscrizione per gli enti e le modalità di ripartizione della quota sono state successivamente disciplinate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 gennaio 2006;
a tal proposito va segnalato che l'erogazione delle quote del 5 per mille che milioni di cittadini hanno scelto di destinare al no profit finisce spesso nelle pastoie dovute alle lungaggini amministrative che ancora ne impediscono un esborso prevedibile;
a rafforzare la preoccupazione delle associazioni del Terzo Settore, che lamentano l'estremo bisogno di questi fondi, è la mancanza di stabilizzazione a carattere permanente dell'erogazione del 5 per mille;
con orgoglio le associazioni del Terzo Settore rivendicano di essere la fotografia di un'economia sana, senza sprechi, senza divari retributivi, con il reinvestimento dei soldi nel territorio, con la regolarità di tutti i dipendenti;
la previsione riferita all'elenco 1 dell'articolo 1, comma 40, della legge di stabilità n. 220 del 2010, aveva ridotto a soli 100 milioni di euro il gettito del 5 per mille che, per l'anno precedente, ammontava invece a 400 milioni, operando di fatto un taglio di circa il 75 per cento;
successivamente, anche a seguito di critiche e proteste di operatori del Terzo Settore, il decreto-legge in esame (cosiddetto milleproroghe) ha previsto lo stanziamento per il 5 per mille per il 2010 - da liquidarsi nel 2011 - di ulteriori 200 milioni di euro, rispetto ai 100 milioni già stanziati dalla citata legge di stabilità;
si rileva che per il 2011 i fondi del 5 per mille saranno vincolati a un tetto di 400 milioni, apparentemente uguale a quello degli anni precedenti, ma con la presenza di un ulteriore vincolo fissato a un massimo di 100 milioni (poi modificato in «fino a 100 milioni»), per l'assistenza e il sostegno ai malati di SLA, un fondo nato per una giusta causa ma che non ha nulla a che vedere con il 5 per 1000, che, è bene ricordarlo, è una libera scelta del contribuente. Si crea cosi un brutto precedente di pre-allocazione da parte dello Stato delle risorse complessive che snatura il 5 per mille, limitandone in parte e arbitrariamente l'entità e la destinazione;
lascia perplessi il fatto che non si tratta di risorse aggiuntive ma, di fatto, tolte dalla quota del 5 per mille privando tante associazioni di volontariato, impegnate quotidianamente nel supporto alle persone fragili e con disabilità, di risorse assolutamente vitali, andando a configurarsi un potenziale danno all'intero mondo delle persone con disabilità e dei loro familiari;
la ripartizione delle risorse a seguito della scelta è concentrata: il 13 per cento dell'importo totale va a un solo ente, più di un quarto, il 25,7 per cento, va a soli otto enti che rappresentano lo 0,01 per cento dei potenziali beneficiari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire sulla base di quali criteri intenda ripartire materialmente i fondi destinati fino a 100 milioni a interventi per la ricerca e l'assistenza domiciliare dei malati di sclerosi amiotrofica (SLA) e con quali modalità di impiego che non cancellino la disponibilità di 400 milioni del 5 per mille e non limitino la scelta dei cittadini;
a prevedere la stabilizzazione legislativa del 5 per mille in quanto fonte finanziaria importante per molte associazioni e manifestazione finanziaria della sussidiarietà per un più corretto rapporto fra Stato e cittadini;
a prevedere l'avvio di una valutazione sui costi e sull'efficacia del meccanismo confrontati con le agevolazioni fiscali già previste dal nostro ordinamento per le stesse finalità, nella forma di deduzioni e detrazioni.
9/4086/53. (Testo modificato nel corso della seduta).Evangelisti, Mura, Palagiano.

La Camera,
premesso che:
nel decreto mille proroghe 2011, in corso di conversione, è contenuta una disposizione che proroga al 31 dicembre 2011 l'entrata in vigore della disposizione di cui all'articolo 2, comma 212, lettera b), numero 2), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, la quale ha introdotto il pagamento del contributo unificato per le controversie in materia di lavoro dinanzi alla Corte di cassazione;
la proroga dell'entrata in vigore di tale disposizione era contenuta anche nel decreto mille proroghe dello scorso anno;
la copertura di tale previsione è stata pari a 800.000 euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011. Si tratta di una copertura per eccesso e, in ogni caso, di lievissimo impatto sul bilancio dello Stato, anche in un momento di crisi quale quello attuale;
l'esonero da ogni spesa e tassa per i giudizi in materia di lavoro è stato previsto nel nostro ordinamento con la legge 11 agosto 1973 n. 533, recante la disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie, il cui articolo 10 ha modificato l'articolo unico della legge 2 aprile 1958 n. 319;
la ratio dell'esonero di tali procedimenti da ogni tributo, tassa, diritto o imposta, è facilmente rinvenibile nella necessità di consentire un accesso agevole alla giustizia per la tutela dei propri diritti da parte dei lavoratori, che rappresentano sempre la parte debole del rapporto di lavoro, come riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sua costante giurisprudenza;
ciò risponde anche ad un fondamentale principio di solidarietà e di tutela di diritti fondamentali, quali sono quelli dei lavoratori, in una Repubblica, quale la nostra, che nel primo articolo della propria Costituzione riconosce nel lavoro il proprio fondamento;
nonostante questo il Governo Berlusconi aveva introdotto l'obbligo del pagamento del contributo unificato per le controversie in materia di lavoro di ogni ordine e grado, abrogando la citata legge 2 aprile 1958, n. 319, con il decreto-legge n. 112 del 2008, ma era stato costretto a fare retromarcia, accettando di farla tornare in vita - ex tunc - con l'articolo 3 del decreto-legge n. 200 dello stesso anno;
con la Legge finanziaria per l'anno 2010, infine, il Governo è tornato sul punto dell'esonero dal contributo unificato per le cause di lavoro, introducendovi il pagamento per il solo ricorso in Cassazione;
l'atteggiamento di disfavore dimostrato dal Governo Berlusconi nei confronti della tutela giudiziaria dei diritti dei lavoratori è evidente, considerato l'excursus che si è premesso e la irrisorietà dell'impatto sul bilancio dello Stato dell'esonero dal contributo unificato dei ricorsi per Cassazione in materia di lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere la disciplina relativa alle spese di giustizia, al fine di eliminare in via definitiva il pagamento del contributo unificato per le controversie in materia di lavoro dinanzi alla Corte di cassazione, introdotto dall'articolo 2, comma 212, lettera b), numero 2), della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
9/4086/54. Palomba, Paladini, Aniello Formisano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 12-quinquies, prevede che alla copertura degli oneri per interventi a favore di Liguria, Veneto, Campania e Messina, colpite da eccezionali eventi meteorologici si provveda, per 100 milioni di euro a valere sulle risorse stanziate dalla Legge finanziaria per il 2010 per interventi per la messa in sicurezza del nostro territorio nazionale;
ricordiamo infatti che la legge n. 191 del 2009 (Legge finanziaria per il 2010), all'articolo 2, comma 240, ha disposto lo stanziamento di un miliardo di euro da destinare ad interventi di risanamento ambientale;
dette risorse dovevano essere destinate espressamente «ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico», che devono essere individuati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le Autorità di bacino. Insomma risorse finanziarie che dovrebbero servire per cominciare ad attuare finalmente una seria e programmata politica di difesa del nostro territorio, e di contrasto al dissesto idrogeologico;
peraltro il suddetto miliardo di euro previsto dalla Finanziaria per il 2010, proveniva tutto dai fondi FAS che, come è noto, dovrebbero essere destinati per l'85 per cento a interventi nel Mezzogiorno e che, con il decreto-legge in esame, vengono ulteriormente utilizzati senza alcun rispetto di tale vincolo di destinazione, e in difformità con l'originale finalità di dette risorse;
già con il comma 2-bis, articolo 17, del decreto-legge n. 195 del 2009, venivano disposti finanziamenti pari a 100 milioni di euro a favore dei territori delle regioni Emilia-Romagna, Liguria e Toscana colpiti dagli eventi meteorici dell'ultima decade di dicembre 2009 e dei primi giorni del mese di gennaio 2010, e anche in quel caso le risorse venivano individuate a valere sull'articolo 2, comma 240, della Legge finanziaria 2010, che, come abbiamo visto, erano state finalmente assegnate da detta Finanziaria per interventi di risanamento ambientale;
è evidente però che se è indiscutibile la necessità di far fronte, con risorse e interventi specifici, a quei fenomeni naturali straordinari (frane, alluvioni, eventi meteorici, eccetera), che periodicamente colpiscono il nostro territorio, è opportuno individuare in altre poste di bilancio le risorse indispensabili per gli interventi urgenti sui territori danneggiati. Non si può pensare di finanziare ogni danno causato da eventi meteorologici, calamitosi, ecc., che almeno sei o sette volte l'anno colpiscono il nostro territorio con le suddette risorse assegnate in Finanziaria per interventi strutturali di risanamento ambientale e di messa in sicurezza del nostro fragile territorio;
ricordiamo che secondo l'Associazione nazionale delle bonifiche, sette comuni su dieci sono in un'area ad alto rischio idrogeologico, e nei dieci anni compresi tra il 1994 e il 2004 la spesa per lo Stato per far fronte ai danni legati a eventi sismici, frane e alluvioni, è stata di 21 miliardi di euro;
sempre secondo la suddetta Associazione, servirebbero non meno di quattro miliardi di euro solo per la buona manutenzione e messa in sicurezza del nostro sistema idraulico;
la stessa relazione finale della Commissione Ambiente della Camera del novembre 2009, relativa all'indagine conoscitiva sulla politiche per la tutela del territorio e la difesa del suolo, ha sottolineato la necessità di un programma pluriennale di interventi per un valore non inferiore a cinque miliardi di euro;
in questo contesto, è evidente che il suddetto miliardo di euro previsto espressamente per interventi di prevenzione e di difesa del suolo dalla scorsa Finanziaria, debba essere interamente dedicato a dette finalità, e non essere utilizzato esclusivamente come pagamento «cash» per intervenire sulle aree di volta in volta colpite da eccezionali eventi meteorologici. È indiscutibile che bisogna intervenire urgentemente nei territori di volta in volta colpiti dai fin troppo frequenti eventi calamitosi, ma le risorse finanziarie devono essere individuate da altre voci di bilancio,

impegna il Governo

a prevedere che le risorse stanziate all'articolo 2, comma 240, della Legge finanziaria per il 2010, per la realizzazione di piani straordinari per la difesa del nostro territorio, e di contrasto al dissesto idrogeologico, non vengano più utilizzate in futuro in difformità dalle finalità originarie, stante la necessità improcrastinabile di una seria e programmata politica di difesa del suolo.
9/4086/55. Aniello Formisano, Piffari.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 12-quinquies, prevede che alla copertura degli oneri per interventi a favore di Liguria, Veneto, Campania e Messina, colpite da eccezionali eventi meteorologici si provveda, per 100 milioni di euro a valere sulle risorse stanziate dalla Legge finanziaria per il 2010 per interventi per la messa in sicurezza del nostro territorio nazionale;
ricordiamo infatti che la legge n. 191 del 2009 (Legge finanziaria per il 2010), all'articolo 2, comma 240, ha disposto lo stanziamento di un miliardo di euro da destinare ad interventi di risanamento ambientale;
dette risorse dovevano essere destinate espressamente «ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico», che devono essere individuati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le Autorità di bacino. Insomma risorse finanziarie che dovrebbero servire per cominciare ad attuare finalmente una seria e programmata politica di difesa del nostro territorio, e di contrasto al dissesto idrogeologico;
peraltro il suddetto miliardo di euro previsto dalla Finanziaria per il 2010, proveniva tutto dai fondi FAS che, come è noto, dovrebbero essere destinati per l'85 per cento a interventi nel Mezzogiorno e che, con il decreto-legge in esame, vengono ulteriormente utilizzati senza alcun rispetto di tale vincolo di destinazione, e in difformità con l'originale finalità di dette risorse;
già con il comma 2-bis, articolo 17, del decreto-legge n. 195 del 2009, venivano disposti finanziamenti pari a 100 milioni di euro a favore dei territori delle regioni Emilia-Romagna, Liguria e Toscana colpiti dagli eventi meteorici dell'ultima decade di dicembre 2009 e dei primi giorni del mese di gennaio 2010, e anche in quel caso le risorse venivano individuate a valere sull'articolo 2, comma 240, della Legge finanziaria 2010, che, come abbiamo visto, erano state finalmente assegnate da detta Finanziaria per interventi di risanamento ambientale;
è evidente però che se è indiscutibile la necessità di far fronte, con risorse e interventi specifici, a quei fenomeni naturali straordinari (frane, alluvioni, eventi meteorici, eccetera), che periodicamente colpiscono il nostro territorio, è opportuno individuare in altre poste di bilancio le risorse indispensabili per gli interventi urgenti sui territori danneggiati. Non si può pensare di finanziare ogni danno causato da eventi meteorologici, calamitosi, ecc., che almeno sei o sette volte l'anno colpiscono il nostro territorio con le suddette risorse assegnate in Finanziaria per interventi strutturali di risanamento ambientale e di messa in sicurezza del nostro fragile territorio;
ricordiamo che secondo l'Associazione nazionale delle bonifiche, sette comuni su dieci sono in un'area ad alto rischio idrogeologico, e nei dieci anni compresi tra il 1994 e il 2004 la spesa per lo Stato per far fronte ai danni legati a eventi sismici, frane e alluvioni, è stata di 21 miliardi di euro;
sempre secondo la suddetta Associazione, servirebbero non meno di quattro miliardi di euro solo per la buona manutenzione e messa in sicurezza del nostro sistema idraulico;
la stessa relazione finale della Commissione Ambiente della Camera del novembre 2009, relativa all'indagine conoscitiva sulla politiche per la tutela del territorio e la difesa del suolo, ha sottolineato la necessità di un programma pluriennale di interventi per un valore non inferiore a cinque miliardi di euro;
in questo contesto, è evidente che il suddetto miliardo di euro previsto espressamente per interventi di prevenzione e di difesa del suolo dalla scorsa Finanziaria, debba essere interamente dedicato a dette finalità, e non essere utilizzato esclusivamente come pagamento «cash» per intervenire sulle aree di volta in volta colpite da eccezionali eventi meteorologici. È indiscutibile che bisogna intervenire urgentemente nei territori di volta in volta colpiti dai fin troppo frequenti eventi calamitosi, ma le risorse finanziarie devono essere individuate da altre voci di bilancio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che le risorse stanziate all'articolo 2, comma 240, della Legge finanziaria per il 2010, per la realizzazione di piani straordinari per la difesa del nostro territorio, e di contrasto al dissesto idrogeologico, non vengano più utilizzate in futuro in difformità dalle finalità originarie, stante la necessità improcrastinabile di una seria e programmata politica di difesa del suolo.
9/4086/55. (Testo modificato nel corso della seduta).Aniello Formisano, Piffari.

La Camera,
premesso che:
il comma 32 dell'articolo 81 del decreto-legge n. 112 del 2008, aveva istituito la «carta acquisti finalizzata all'acquisto di tali beni e servizi», ossia la cosiddetta social card, che secondo il Governo, avrebbe dovuto sostenere il potere d'acquisto delle fasce più deboli della popolazione;
in realtà, a consuntivo, detta carta acquisti si è rivelata un fallimento, uno strumento sbagliato, di valore insufficiente, e utilizzabile solo da pochi rispetto ai tanti che vivono situazioni di povertà;
i risultati sono stati: un numero di richieste molto inferiore al numero dei beneficiari previsto, disfunzioni di tipo organizzativo che hanno aumentato il disagio degli utilizzatori della carta;
inoltre, dei circa un milione e 300 mila cittadini aventi diritto previsti dal Governo, circa 520 mila avevano fatto richiesta per la social card, e di questi solo circa il 60 per cento hanno ottenuto la tessera. A ciò si aggiunga che circa il 40 per cento delle tessere assegnate sono risultate scoperte al momento del loro utilizzo, mettendo così in una situazione di imbarazzo i cittadini indigenti;
con l'articolo 2, comma 46, del decreto-legge in esame, preso atto del precedente fallimento, si prevede una nuova formula per la diffusione della carta acquisti: l'articolo prevede l'avvio di un anno di sperimentazione in favore degli enti caritativi operanti nei comuni con più di 250 mila abitanti, al fine di acquisire elementi di valutazione per una successiva proroga del programma carta acquisti - di cui all'articolo 32 citato - finalizzato all'acquisto di beni e servizi (generi alimentari, bollette energetiche, fornitura di gas da privati) per i cittadini che versano in condizione di maggior disagio economico;
un successivo decreto del Ministero del lavoro stabilirà le modalità di selezione degli enti destinatari delle carte acquisti e le caratteristiche delle persone a cui gli enti rilasceranno le carte;
i criteri stabiliti lasciano fuori la stragrande maggioranza dei comuni italiani che non arrivano a 250.000 abitanti e, inoltre, la scelta dell'assegnazione diretta agli enti, oltre che lesiva dell'autonomia dei comuni, non appare la più idonea, a fronte della conoscenza che le amministrazioni locali possiedono con riguardo alle esigenze e alle caratteristiche delle situazioni di disagio;
dal testo risulta un unico criterio di selezione per la scelta degli enti destinatari della carta acquisti - lo svolgimento di attività di distribuzione di pasti - che non può essere considerato esaustivo con riguardo alle attività di assistenza e, in particolare, non appare consona - né rispetto alle competenze e all'autonomia degli enti locali, né con riguardo all'applicazione della norma istitutiva della social card - la scelta di rilasciare direttamente agli enti caritativi le carte acquisti, che a loro volta saranno distribuite, a loro discrezione, agli utenti bisognosi, pur trattandosi di una misura di natura quasi filantropica, modesta sotto il profilo economico - circa 40 euro al mese - e limitata ad alcune categorie di beneficiari - «poveri» al di sopra dei 65 anni e al di sotto dei 3 anni - è l'unico strumento nazionale che conferisce diritti esigibili a chi è privo di risorse,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assegnare ai comuni medesimi un ruolo di primo piano nella funzione di indirizzo e di programmazione relativamente agli interventi sociali nel territorio;
a valutare la possibilità di allargare, anche in forma graduale, i vigenti requisiti per gli aventi diritto alla carta acquisti che risultano, in forza dei limiti anagrafici e dei criteri adottati, numericamente, molto al di sotto del numero reale di soggetti e nuclei indigenti;
a valutare la possibilità, infine, di prevedere un valore economico diversificato della carta acquisti, calibrato a seconda dello stato di necessità dei beneficiari.
9/4086/56. Leoluca Orlando, Mura, Palagiano.

La Camera,
premesso che:
la non autosufficienza è in forte aumento in tutto il Paese, e la famiglia rappresenta ancora oggi la principale risorsa a disposizione delle persone disabili e anziane per fronteggiare la propria non autosufficienza;
le famiglie con almeno un disabile grave sono circa un milione e mezzo, pari a quasi il 7 per cento delle famiglie italiane. I costi della cura sono infatti sostenuti principalmente dalle stesse famiglie attraverso il ricorso a familiari oppure a lavoro privato di cura in gran parte sommerso;
le risorse assegnate annualmente al Fondo per la non autosufficienza, peraltro del tutto insufficienti e inadeguate, si sono esaurite con il 2010. Per il 2011, né la legge di stabilità approvata nel dicembre scorso dal Parlamento, né il decreto-legge di proroga termini in esame, hanno previsto alcun finanziamento del medesimo fondo, se non 100 milioni di euro per i malati di sclerosi laterale amiotrofica;
da quest'anno quindi, il Fondo per le non autosufficienze risulta azzerato, obbligando i parenti dei pazienti non autosufficienti a provvedere da sé alle cure del malato, i cui costi sono comunque a carico delle famiglie;
il mancato rifinanziamento del Fondo, si inserisce peraltro in un contesto nel quale le risorse per il welfare hanno visto una loro insostenibile riduzione, principalmente in conseguenza delle misure imposte dal decreto-legge n. 78 del 2010, e quindi dalla legge di stabilità per il 2011,

impegna il Governo

a prevedere il rifinanziamento del Fondo per le non autosufficienze, individuando le opportune risorse per garantire quei servizi socio-assistenziali indispensabili, fortemente compromessi dalla drastica riduzione dei trasferimenti alle regioni.
9/4086/57. Mura, Palagiano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 16-sexies, del provvedimento in esame dispone un incremento, da 50 a 170 milioni di euro, dello stanziamento per il 2011 relativo ad interventi per il riequilibrio socioeconomico e lo sviluppo dei territori, per le attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici e per la promozione di attività sportive, culturali e sociali;
il comma citato prevede altresì che, nell'ambito di tale stanziamento complessivo, una quota pari a 40 milioni di euro sia riservata ad alcune delle destinazioni suddette (malati oncologici ed attività sportive, culturali e sociali);
si tratta di un ampliamento delle risorse per la nuova forma assunta dalla cosiddetta «legge mancia» come definita dall'articolo 1, comma 40, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità per il 2011); alla ripartizione della predetta quota e all'individuazione dei beneficiari si provvede con decreto del ministro dell'economia e delle finanze, in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario;
lo stato delle finanze pubbliche del nostro Paese, con uno stock del debito in sensibile ascesa dal 105,7 per cento sul prodotto interno lordo nel 2008, al 115,8 per cento nel 2009, al 118,4 per cento nel 2010 ed al 119,5 per cento nel 2011, non permette di incrementare ulteriormente la spesa pubblica, mentre rende, viceversa, necessarie politiche di risparmio e di riqualificazione dei conti pubblici;
la così detta «legge mancia» ha dei precedenti noti:
il finanziamento previsto a tale scopo dall'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008. Si prevede l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di un Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, con una dotazione iniziale di 60 milioni di euro per l'anno 2009 e di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011;
il decreto-legge n. 5 del 2009 (convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33) con i commi 1-ter e 1-sexies dell'articolo 7 che assegnavano complessivamente altri 35 milioni di euro per l'anno 2009 a tale scopo;
la legge 23 luglio 2009, n. 99 «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia» all'articolo 3, comma 6, assegnava ulteriori 30 milioni di euro per il 2009;
l'articolo 2, comma 48, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ha incrementato le dotazioni finanziarie del predetto Fondo (capitolo 7536/MEF), di 100 milioni di euro per l'anno 2010;
le risorse stanziate ai sensi dell'articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, per essere destinate al finanziamento di interventi per l'edilizia scolastica e la messa in sicurezza degli istituti scolastici ovvero di impianti e strutture sportive dei medesimi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare tali risorse, per gli anni futuri, al Fondo ammortamento titoli di Stato di cui alla legge n. 432 del 1993, e successive modificazioni. A tale fondo, infatti, possono affluire, tra le altre, le risorse finanziarie provenienti dalle dismissioni sia del patrimonio immobiliare sia di partecipazioni dello Stato, da entrate straordinarie dello Stato, nonché da eventuali assegnazioni da parte del Ministero dell'economia e delle finanze.
9/4086/58. Piffari, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
le ultime leggi finanziarie oltre a tagliare le risorse finanziarie del Corpo nazionale dei vigili del fuoco non hanno dato risposta al pressante tema della carenza di organico, che colpisce in maniera ormai indifferenziata tutti i comandi italiani;
con la Legge finanziaria 2007 (Governo Prodi) era stata approvata una norma per consentire la stabilizzazione del personale discontinuo operante nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco iscritto negli appositi elenchi da almeno tre anni, al fine di ottenere l'immissione in ruolo di personale già preparato e di diminuire l'utilizzo di personale precario nell'espletamento di attività ordinarie;
la stabilizzazione dei vigili volontari veniva subordinata all'accertamento, oltre che dei titoli, anche dei requisiti psico-fisici ed attitudinali mediante tre moduli ginnici e una prova medica;
a seguito della sola valutazione dei titoli, la commissione esaminatrice ha compilato una graduatoria di 6.080 vigili del fuoco considerati precari, i quali possono accedere alle successive fasi di accertamento dei requisiti in numero doppio rispetto ai posti che l'amministrazione mette di volta in volta a disposizione per l'immissione in ruolo;
la Finanziaria 2007 aveva previsto la convocazione alle prove motorie e mediche di tutti i 6.080 iscritti alla graduatoria, ma l'approvazione del decreto-legge n. 112 del 2008, riducendo i fondi stanziati per la stabilizzazione dei precari, ha notevolmente rallentato le procedure di selezione;
sono al momento stati convocati 3.240 vigili volontari e, di questi, circa 2.900 sono risultati assunti e quindi indirizzati ai centri di formazione professionale dove dovranno affrontare, vista l'esperienza già maturata, un corso di soli sei mesi, anziché di dodici come normalmente richiesto dai concorsi pubblici, il che consente un netto risparmio per le casse dello Stato;
il provvedimento in esame prevede norme riguardanti la proroga della validità delle graduatorie dei concorsi pubblici per vincitori e idonei per altri dipendenti pubblici,

impegna il Governo

a valutare se prorogare con altro provvedimento la validità delle graduatorie degli idonei relative al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.
9/4086/59. Porcino, Paladini, Aniello Formisano, Piffari.

La Camera,
premesso che:
il comma 1-quinquies, dell'articolo 2 del decreto-legge in esame proroga al 30 aprile 2011 il termine entro cui l'Istituto superiore di sanità deve predisporre una relazione per il ministro della salute sull'attività delle strutture autorizzate all'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita;
si prevede inoltre che, fatte salve le disposizioni sul registro nazionale delle strutture autorizzate all'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, di cui alla legge 40 del 2004, nonché quelle in tema di tracciabilità di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 191 del 2007, tutte le strutture autorizzate devono inviare i dati richiesti al Ministero della salute, per poi essere successivamente inoltrate all'Istituto superiore di sanità e al Centro nazionale trapianti;
le modalità di comunicazione dei dati da parte delle suddette strutture, ai fini del successivo inoltro all'Istituto superiore di sanità e al Centro nazionale trapianti, saranno disciplinate da un decreto del Ministero della Salute;
per come è formulata la norma, estremamente generica e con vaghi riferimenti a dati inviati sia in forma aggregata che in forma disaggregata, può mettere a rischio la privacy delle donne, e non dà alcuna garanzia su possibili violazioni della riservatezza delle coppie che decidono di ricorrere alla PMA;
peraltro va ricordato che il decreto legislativo n. 196 del 2003 recante il «Codice in materia di protezione dei dati personali», all'articolo 154, comma 4, prevede proprio il parere del Garante all'atto della predisposizione delle norme regolamentari e degli atti amministrativi suscettibili di incidere sulle materie disciplinate dal suddetto codice. E questo riferimento normativo è del tutto assente nel comma 1-quinquies in esame,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative al fine di garantire la necessaria tutela della privacy dei soggetti che decidono di ricorrere alla PMA, all'uopo prevedendo di acquisire, ai fini dell'emanazione del previsto decreto ministeriale, il parere del Garante per la protezione dei dati personali, così come previsto dall'articolo 154, comma 4, del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003.
9/4086/60. Palagiano, Mura.

La Camera,
premesso che:
sulla base di recenti dati, nel territorio nazionale sono attualmente operativi circa 28.000 stabilimenti balneari, che in media occupano durante la stagione estiva non meno di 300.000 addetti, ai quali vanno aggiunti gli addetti occupati nell'indotto, ovvero dagli esercizi pubblici e dagli esercizi commerciali che vivono a stretto contatto con gli stabilimenti balneari;
l'attività imprenditoriale di gestione degli stabilimenti balneari nasce con il rilascio di una concessione demaniale marittima, valida per un determinato periodo di tempo e gli investimenti e la continuità operativa dell'attività dipendono essenzialmente dalla durata, dalle condizioni di esercizio, ovvero dai canoni concessori, e dalla possibilità di rinnovo della concessione;
proprio per far fronte alle esigenze di continuità operativa dell'attività di gestione di uno stabilimento balneare, l'articolo 37 del codice della navigazione, di cui al regio decreto n. 327 del 1942, e successive modificazioni, stabilisce che nell'assegnazione della concessione e nella fase di rinnovo della medesima è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che risponda ad un più rilevante interesse pubblico;
le concessioni demaniali marittime rilasciate o rinnovate con finalità turistico-ricreative possono avere una durata variabile in ragione dell'entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni;
in materia è intervenuto il comma 18 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 194 del 2009, modificato dalla legge di conversione n. 25 del 2010, che, in attesa della revisione della legislazione nazionale in materia, ha prorogato sino al 31 dicembre 2015 le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative che erano in essere al 30 dicembre 2009 (data di entrata in vigore del decreto-legge) e la cui scadenza era fissata entro la suddetta data del 31 dicembre 2015;
la norma, mediante un richiamo all'articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge n. 400 del 1993, ha espressamente confermate le scadenze delle concessioni fissate in una data successiva al 31 dicembre 2015;
il comma 18 ha infine previsto l'abrogazione del secondo periodo del secondo comma dell'articolo 37 del codice della navigazione, il quale prevedeva che per far fronte alle esigenze di continuità operativa dell'attività di gestione di uno stabilimento balneare, stabiliva, al comma 2, che per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili;
la necessità di procedere alla revisione della normativa in materia di concessioni demaniali marittime era stata sollevata dall'apertura di una procedura di infrazione comunitaria nei confronti dell'Italia circa la disciplina che prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni e la preferenza accordata al concessionario uscente rispetto alle nuove istanze;
si tratta in particolare della procedura d'infrazione n. 2008/4908 per il mancato adeguamento della normativa nazionale in materia di concessioni demaniali marittime ai contenuti previsti dalla «direttiva servizi», meglio conosciuta come direttiva Bolkestein (direttiva 123/2006/CE);
la direzione generale del mercato interno e dei servizi della Commissione europea, in una nota del 4 agosto 2009 inviata dalla rappresentanza permanente presso la CE al dipartimento delle politiche comunitarie presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, aveva evidenziato che la preferenza accordata dall'articolo 37 del codice della navigazione al concessionario uscente, oltre ad essere contraria all'articolo 43 del trattato che istituisce la Comunità europea, era in contrasto con l'articolo 12 della «direttiva servizi», invitando le autorità italiane ad adottare tutte le misure necessarie al fine di rendere l'ordinamento italiano pienamente conforme a quello comunitario entro il termine ultimo del 31 dicembre 2009;
di conseguenza, nelle more di una revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative, con il comma 18 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 194 del 2009 è stata disposta l'abrogazione della disposizione contenuta nel secondo comma dell'articolo 37 del codice della navigazione;
con provvedimento successivo (messa in mora complementare 2010/2734 del 5 maggio 2010) la Commissione europea ha preso atto delle modifiche apportate alla normativa dallo Stato italiano, illustrando contemporaneamente ulteriori profili di illegittimità delle disposizioni censurate;
in particolare, la Commissione avrebbe notato che la citata legge di conversione n. 25 del 2010 contiene all'articolo 1, comma 18, un rinvio all'articolo 01, comma 2 del decreto-legge n. 400 del 1993 il quale non era previsto dal decreto-legge n. 194 del 2009. Il rinvio ad altri articoli di legge, secondo la Commissione, avrebbe privato di ogni effetto utile il testo del decreto-legge, che mirava alla messa in conformità della legislazione italiana con il diritto dell'Unione europea, eliminando la preferenza in favore del concessionario uscente nell'ambito della procedura di attribuzione delle concessioni;
le imprese che operano sul demanio marittimo (alberghi, campeggi, ristoranti, stabilimenti balneari, imprese nautiche, eccetera), si trovano attualmente a dover affrontare, oltre all'incertezza economica per il cielo sfavorevole, anche e soprattutto l'incertezza normativa che riguarda la loro operatività e la loro stessa sopravvivenza;
da qui, l'urgenza di costruire un nuovo quadro normativo per l'intero settore, così come disposto dall'articolo 1, comma 18, della legge n. 25 del 2010 e richiesto, in data 7 ottobre 2010, dalla Conferenza delle regioni nel suo documento preparatorio alla IV Conferenza nazionale sul turismo, in grado di assicurare quelle certezze di durata e di sopravvivenza che rappresentano la condizione indispensabile per favorire gli investimenti e la crescita delle imprese interessate, che, con la loro peculiarità tutta italiana, hanno fatto la storia e determinato il successo del turismo balneare del nostro Paese;
gli atti amministrativi rilasciati in Italia, per l'uso turistico del demanio marittimo, lacuale e fluviale, rientrano nelle «concessioni di beni» che, pertanto, non possono e non devono essere considerati nel novero di quelli attinenti ai «servizi» ed agli «appalti di lavoro» e quindi tali da poter essere ricompresi tra le esclusioni previste dalla «Direttiva Servizi»;
la necessità di produrre una disciplina unitaria per tutto il territorio nazionale nonostante l'emanazione del decreto legislativo 28 maggio 2010 n. 85 (cosiddetto Federalismo demaniale), non potrà che avere forza di legge quadro così come chiarito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 180 del 12 maggio 2010 che, in materia di concessioni demaniali marittime, ha affermato l'esclusiva competenza statale trattandosi di disciplina concernente la concorrenza e così come chiesto dalla Conferenza delle regioni con il documento citato;
nella predisposizione della nuova disciplina si dovrà tenere in considerazione che l'ordinamento italiano ha teso nel tempo, attraverso il «diritto di preferenza» prima e il «diritto di insistenza» dopo, a sviluppare un principio di stabilità del rapporto concessorio (codice della navigazione, legge n. 493 del 1993, legge n. 88 del 2001, legge n. 135 del 2001 sul turismo, legge n. 296 del 2006) a cui si sono fino ad ora ispirate le stesse linee di politica economica del settore. Tale costante ed uniforme attività legislativa ha determinato nelle imprese balneari la legittima aspettativa di avere davanti un orizzonte temporale lungo - ben più lungo del 2015 - per poter effettuare gli investimenti per 1'ammodernamento e il rinnovamento delle strutture e delle attrezzature. Ora, pertanto, non si tratta solo di ammortizzare e remunerare i capitali investiti, ma anche di non veder repentinamente dissolta la prospettiva economica di così tante famiglie e, con essa, l'attività peculiare e creativa che negli anni ha consentito di promuovere un modello turistico virtuoso, nonché la crescita e lo sviluppo di realtà socio-economiche del tutto diverse da quelle di altre realtà europee. Si tratterà quindi anche di salvaguardare i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento che fanno pacificamente parte non solo del nostro ordinamento ma anche di quello europeo (si veda, ad esempio la sentenza della Corte dell'Unione europea, sez. VI, 24 gennaio 2002, procedimento n. C-500/99 e 29 aprile 2004, cause riunite C-487/01 e C-7/02 e le sentenze della Corte costituzionale 264/05 e 302/2010);
la Direttiva Servizi nelle sue premesse e, a seguire nei suoi articolati, prevede autorizzazioni temporanee per il prestatore interessato a far circolare un proprio servizio, mentre prevede la necessità di ricorrere al sistema dell'automatico rinnovo laddove il prestatore voglia e abbia bisogno di certezza del lungo termine al fine di stabilire in modo stabile e duraturo la propria impresa (articolo 11 Direttivi Servizi);
le imprese del settore turistico balneare, per investire e crescere, chiedono oltre alla applicazione di quanto già concordato con il Protocollo d'intesa sottoscritto il 25 novembre 2008 dal ministro del Turismo, le regioni e le organizzazioni delle imprese, per la modifica dei parametri di calcolo dei canoni individuati dalla legge n. 296 del 2006, solo ed esclusivamente certezze giuridiche,

impegna il Governo

a riconoscere la specificità del settore del turismo ricreativo balneare nazionale e sulla base dell'unicità, dell'originalità e della specificità del sistema italiano, a prevedere un'adeguata applicazione per l'Italia della direttiva servizi n. 123/2006/CE riferita esplicitamente al settore balneare, da concertare appositamente con la Commissione europea;
ad attivare gli strumenti che la stessa Comunità europea indica per la risoluzione di eventuali disparità, valutando la possibile esclusione delle concessioni demaniali con finalità turistico ricreative dalla Direttiva Servizi o con deroga dalla stessa tramite l'attività di monitoraggio che si concluderà quest'anno il 28 dicembre 2011, data entro cui il Consiglio dei ministri può decretarne l'esclusione.
9/4086/61. Di Pietro, Favia, Donadi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame dispone: con un vistoso differimento, la riapertura del termine per la sanatoria delle affissioni abusive di manifesti elettorali; la riapertura del termine, abbondantemente scaduto, per dare la possibilità ai partiti che hanno mancato di adempiere nei termini di legge di accedere ai rimborsi elettorali per le consultazioni elettorali del 2010; con un'illegittima interpretazione autentica dell'articolo 82, comma 2, TUEL, l'istituzione delle nove città metropolitane indicate dalla legge n. 42 del 2009, i consiglieri circoscrizionali delle quali avranno diritto a ricevere l'indennità, dal prossimo mese di marzo, forzando i criteri indicati dalla legge delega; lo slittamento al 2013 dell'entrata in vigore della razionalizzazione delle società facenti capo ad enti locali fino a 50.000 abitanti;
già nel 2007, il Governo Prodi approvò un disegno di legge di riduzione del 10 per cento dei costi della politica e di limitazione delle spese degli apparati amministrativi, del valore di 500 milioni di euro, al fine, anche, di rafforzare il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni: l'articolato andava dalla riduzione e l'accorpamento degli enti locali ai limiti per il finanziamento pubblico dei partiti, dai tagli poderosi alle auto blu a norme «rigorosissime» sulla trasparenza nell'affidamento degli incarichi pubblici; il medesimo Governo, con la Finanziaria per il 2007 e successivi provvedimenti, aveva già provveduto a ridurre del 30 per cento gli stipendi di ministri e sottosegretari, alla riduzione della possibilità di cumulo di incarichi, al taglio del 30 per cento della spesa di commissioni, comitati ed altri organismi operanti all'interno dell'amministrazione centrale, comprese le società ed i loro organi, alla soppressione ed all'accorpamento di centodieci organismi, alla riduzione del 10 per cento le spese per incarichi di direzione generale e per consulenze nell'amministrazione centrale, al taglio poderoso delle auto blu e di altri benefit;
diverse disposizioni adottate in questa legislatura avevano mostrato la volontà di proseguire nel medesimo cammino volto al rinnovo del patto di fiducia tra cittadini ed amministrazioni e alla riduzione dei costi pubblici che risultano, ad oggi, interrotti, vuoi per il languire dell'interesse verso i relativi provvedimenti, vuoi a causa di modifiche e di proroghe in ordine all'entrata in vigore di norme già adottate;
la politica è lo strumento fondamentale attraverso il quale i cittadini partecipano alla vita pubblica e amministrano i loro interessi, ma oggi si pone spesso in modo assai diverso dalla necessaria dimensione di servizio ai cittadini, in quanto frequentemente strumento di potere fine a se stesso, che comporta costi abnormi, anche ingiustificati, per l'intera collettività;
abbattere i costi non significa attentare alla democrazia, ma ottimizzare le risorse con effetti consistenti in termini di efficienza per dare una risposta concreta al tema del reperimento delle risorse da destinare, soprattutto, all'abbattimento del carico fiscale ed ai servizi ai cittadini;
scelte in tal senso avvicinano i cittadini alla politica e all'amministrazione del bene comune, questo è anche il senso più alto del tema del contenimento della spesa pubblica e, al fine di non ridurre i ripetuti proponimenti a semplici slogan,

impegna il Governo

ad adoperarsi, attraverso opportuni provvedimenti, in favore del ripristino di un equo rapporto tra cittadino ed amministrazione - centrale e periferica - non procrastinando ulteriormente la ricaduta benefica di tagli ed ottimizzazione delle risorse destinate a sostenere i costi degli apparati pubblici.
9/4086/62. Donadi, Borghesi, Favia.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 81 del 2007 all'articolo 5, prevedeva che, per il triennio 2008-2010, ai trattamenti pensionistici ricompresi tra 3 e 5 volte il trattamento minimo INPS, si applicava un indice di rivalutazione automatico nella misura del 100 per cento;
la misura era stata introdotta dal Governo di centrosinistra al fine di aiutare e sostenere quei pensionati i cui trattamenti pensionistici li collocano tra le fasce più deboli della popolazione;
si trattava, tuttavia, di una misura solo temporanea che, essendo scaduta, comporta il ritorno all'applicazione del criterio ordinario di rivalutazione delle pensioni a partire dal primo gennaio 2011;
tale criterio ordinario prevede la rivalutazione nella misura del cento per cento delle pensioni fino a 3 volte il minimo INPS; in quella del 90 per cento delle pensioni da 3 a 5 volte; e in quella del 75 per cento delle pensioni oltre le 5 volte;
considerata la situazione di grave crisi che attraversa l'economia italiana e di cui anche le fasce più deboli della popolazione risentono le conseguenze, appare necessario prorogare la misura il cui termine è decaduto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare per il successivo triennio 2011-2013, o anche per un periodo inferiore, l'applicazione dell'indice di rivalutazione nella misura del 100 per cento per i trattamenti pensionistici ricompresi tra 3 e 5 volte il trattamento minimo INPS.
9/4086/63. Favia, Paladini, Aniello Formisano.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene numerosi interventi in materia tributaria;
l'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 prevede che non si possa, da parte del concessionario della riscossione, procedere all'espropriazione immobiliare se l'importo complessivo del credito per cui si procede supera complessivamente ottomila euro;
inoltre, l'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 dispone che il concessionario, prima di procedere all'esecuzione, deve iscrivere l'ipoteca sugli immobili del debitore, se l'importo complessivo del credito per cui si procede non supera il cinque per cento del valore dell'immobile da sottoporre ad espropriazione. Decorsi sei mesi dall'iscrizione senza che il debito sia stato estinto, il concessionario procede all'espropriazione;
con la sentenza n. 4077 del 2010 la Suprema Corte ha specificato che l'ipoteca immobiliare, quale garanzia reale al soddisfacimento del creditore, è atto prodromico alla promozione di esecuzione immobiliare e, pertanto, soggetta agli stessi limiti di valore previsti per l'instaurazione di detta procedura, cioè euro 8.000,00;
questa interpretazione si pone in contrasto con la tesi dell'ente creditore (Equitalia SpA) che riteneva l'iscrizione legittima in forza dell'interpretazione letterale degli articoli 76 e 77 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 che prevedono un importo limite per l'instaurazione di esecuzione immobiliare e non per l'iscrizione di ipoteca;
la Corte ha dunque bocciato questa tesi affermando che, così come non è consentito agire in via coattiva tramite espropriazione immobiliare per la tutela di crediti per importi inferiori agli euro 8.000,00, allo stesso modo, non è legittimo iscrivere ipoteca su beni immobili laddove l'importo iscritto nel ruolo di riscossione sia inferiore al medesimo importo e ciò perché l'ipoteca è di atto funzionale e strumentale alla tutela del credito da realizzarsi, appunto, in via espropriativa;
la Corte si è così dimostrata in disaccordo con la prospettazione della questione secondo cui l'iscrizione ipotecaria godrebbe di autonomia ed indipendenza rispetto al procedimento esecutivo, nonché dal legislatore che, nel riformare l'articolo 19 del decreto legislativo n. 546 del 1992, riconducendo alla competenza delle Commissioni tributarie le impugnazioni delle ipoteche di cui all'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 73, oltre che dei fermi dei beni mobili registrati di cui all'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 73, ha escluso la natura esecutiva degli stessi;
diversamente le Sezioni unite hanno ritenuto che l'ipoteca, quale peso imposto al bene con finalità di garantire il creditore, svolge la funzione sua propria in sede di giudizio di esecuzione, garantendo al creditore cosiddetto «iscritto» il soddisfacimento in via preferenziale sul ricavato della vendita;
questo collegamento funzionale tra ipoteca e procedura espropriativa, dunque, autorizza ad estendere all'ipoteca la disciplina prevista per l'esecuzione, in virtù di un'interpretazione logica della medesima;
tutto ciò autorevolmente chiarito,

impegna il Governo

a valutare di prendere le opportune misure al fine di disporre che il valore dell'immobile pignorato per debiti sia stabilito, come per altri pignoramenti, dal tribunale o dall'ufficio tecnico erariale, per evitare che gli immobili pignorati siano immessi sul mercato spesse volte al di sotto del loro valore reale con gravissimo danno per il pignorato oltre che costituendo un buon ma ingiusto affare per il compratore.
9/4086/64. Paladini, Messina, Barbato.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene la modifica dell'attuale disciplina fiscale degli OICVM (organismi di investimento collettivo in valori mobiliari), volta ad unificare il regime fiscale attualmente esistente per gli OICVM residenti in Italia e per quelli residenti in un altro stato membro dell'Unione europea e conformi alle direttive comunitarie in materia;
dal 1o luglio scompare il meccanismo della tassazione sul «realizzato» e non più sul maturato. Il prelievo si applica sui proventi distribuiti ai partecipanti, in base al principio di cassa, con ritenuta del 12,5 per cento. I redditi derivanti dai fondi comunitari non armonizzati saranno assoggettati alla stessa forma di prelievo già prevista per quelli armonizzati (ritenuta secca del 12,5 per cento);
in particolare, per i fondi nazionali viene previsto il passaggio dalla attuale tassazione del maturato in capo ai fondi, alla tassazione del realizzato in capo ai sottoscrittori delle quote del fondo. Con il passaggio alla tassazione al momento della realizzazione, il reddito generato dal fondo sarà tassato solo al momento dell'effettiva percezione da parte del sottoscrittore;
gli osservatori sembrano essere abbastanza unanimi nel ritenere l'intervento un atto dovuto per rilanciare l'industria dei fondi italiani, rimettendo su un piano di parità la tassazione dei fondi interni (e cioè quelli con sede in Italia e quelli con sede in Lussemburgo, già autorizzati al collocamento in Italia) con quella dei fondi comunitari armonizzati (con sede in un altro Stato membro dell'Unione europea e conformi alle direttive comunitarie);
il problema esiste soprattutto in quanto i redditi dei fondi italiani sono tassati alla maturazione (e cioè anno per anno) in capo al fondo, mentre i redditi dei fondi comunitari armonizzati sono tassati alla realizzazione (e cioè solo al momento in cui i partecipanti li percepiscono, tramite il riscatto o il rimborso delle quote di partecipazione o le distribuzioni periodiche);
poter rimandare nel tempo la tassazione (come un qualsiasi altro debito) abbassa il peso dell'imposta e costituisce quindi un vantaggio fiscale;
nel regime di tassazione introdotto alla fine degli anni Novanta (cosiddetta riforma Visco), la discriminazione di cui sopra, ai danni dei fondi interni, non esisteva: i fondi comuni esteri erano sì tassati, come adesso, in capo ai partecipanti alla realizzazione, ma il calcolo dell'imposta avveniva attraverso una formula (cosiddetto equalizzatore) che aveva la funzione di equiparare il prelievo alla realizzazione a quello che si sarebbe avuto nel caso in cui la tassazione fosse stata effettuata anno per anno, alla maturazione (e cioè a quello riservato ai fondi interni);
l'equalizzatore è stato abolito dal ministro Giulio Tremonti nel 2001. Perché i fondi interni non sono insorti allora? Due le spiegazioni - secondo la professoressa Maria Cecilia Guerra: in primo luogo, perché contestualmente veniva proposta e poi emanata una legge delega, poi non esercitata, che prometteva il passaggio a un regime di tassazione molto conveniente, alla realizzazione, del tutto analogo a quello che viene oggi accolto (con dieci anni di ritardo) con il maxiemendamento del Governo al provvedimento al nostro esame. In secondo luogo, perché, nel frattempo, non tutti gli operatori italiani hanno sofferto di questa discriminazione fiscale: molte banche, ad esempio, hanno guadagnato offrendo ai propri clienti fondi esteri della propria filiera (vantandone il migliore trattamento fiscale) sui quali chiedevano però commissioni più alte, proprio in quanto si trattava di fondi esteri;
la riforma contenuta nel provvedimento al nostro esame, infatti, equipara il trattamento in Italia di fondi esteri e interni, ma amplifica, anziché ridurre, le differenze di trattamento fra i diversi regimi fiscali di tassazione del risparmio che esistono nel nostro Paese, favorendo significativamente i fondi rispetto a tutte le altre forme di impiego del risparmio;
in particolare, se è vero che a seguito dell'abolizione dei sistemi di equalizzazione previsti dalla riforma Visco, i fondi comuni (e le gestioni individuali) sono stati sfavoriti dal fatto di subire la tassazione alla maturazione invece che alla realizzazione, è anche vero che la riforma Visco ha riconosciuto a essi un vantaggio che le altre forme di risparmio non conoscono: solo le gestioni collettive (e individuali) possono infatti dedurre (compensare) eventuali minusvalenze non solo nei confronti delle plusvalenze, ma anche nei confronti di interessi e dividendi. Si tratta di un vantaggio enorme, perché interessi e dividendi non possono mai assumere valori negativi. Quando sono percepiti al di fuori delle gestioni, subiscono un prelievo alla fonte a titolo definitivo. Questo vantaggio non viene eliminato dalle norme di cui al provvedimento al nostro esame;
il passaggio dalla tassazione alla realizzazione, per le sole gestioni collettive, senza intervenire sugli altri aspetti della tassazione del risparmio, lascia quindi un regime, nel complesso, ancora più sperequato:
i proventi dei fondi, siano essi plusvalenze o redditi di capitale, non subiranno nessun prelievo fino a che il partecipante non deciderà di vendere la quota (o fino a che non saranno distribuiti); su tutte le altre forme di risparmio la tassazione su interessi e dividendi avviene invece, immediatamente, alla fonte;
i fondi comuni continueranno a potere compensare le minusvalenze contro i redditi di capitale, cosa che non è ammessa, ad esempio, nel caso che interessa molti più contribuenti italiani, in cui i titoli siano tenuti presso una banca in custodia o amministrazione;
l'aliquota a cui sono tassati i proventi dei fondi rimane del 12,5 per cento, ma diventa in realtà molto più bassa perché prelevata in anni successivi alla loro maturazione;
ci sarà un forte incentivo a non abbandonare il fondo, per rimandare nel tempo la tassazione;
negli altri paesi europei esistono, a volte, ritenute alla fonte sui redditi di capitale e, generalmente, il differimento dell'imposta, anche sulle plusvalenze, è eliminato o limitato attraverso strumenti quali: l'imputazione al sottoscrittore dei redditi del fondo secondo un criterio «pro-rata» (cosiddetta trasparenza fiscale); l'assoggettamento a imposta in capo al fondo dei redditi non distribuiti (ad esempio con un prelievo di tipo patrimoniale); la previsione per il fondo dell'obbligo di distribuire periodicamente l'intero ammontare degli utili che riceve;
ancora una volta si perde l'occasione per omogeneizzare la tassazione di tutte le rendite finanziarie ai parametri europei elevando l'aliquota reale al 20 per cento e si prosegue una politica fiscale a favore delle rendite e penalizzante per le imprese e per i redditi da lavoro;
in buona sostanza la norma inserita - come giustamente sottolineato dalla professoressa Guerra in un suo articolo per Lavoce.info - non è rivolta ad incentivare la concorrenza, rimuovendo ostacoli di natura fiscale, ma rappresenta una misura protezionistica a favore di un'industria debole, non una riforma che equipara i trattamenti fiscali, ma un intervento che introduce ulteriori discriminazioni;
una riforma che, ancora una volta, modifica i pesi relativi della tassazione, a favore dei percettori di alcune tipologie di «rendite» finanziarie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di uniformare il trattamento fiscale di tutte le rendite finanziarie senza creare asimmetrie tributarie che privilegino una forma di risparmio rispetto alle altre, nonché di adeguare l'aliquota delle imposte sostitutive che si applicano alle rendite finanziarie ad un valore pari al 20 per cento.
9/4086/65. Cambursano, Messina, Borghesi, Barbato.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 61, del decreto-legge in esame ha stabilito che ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'articolo 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa;
questo comma rappresenta l'ennesimo colpo di spugna ai diritti dei consumatori e delle imprese, quelli conquistati con fatica con l'ultima sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione, la n. 24418 del 2 dicembre 2010;
questa sentenza aveva posto una pietra tombale sulle diffuse illegalità bancarie in merito all'usura legalizzata, denominata anatocismo: gli interessi capitalizzati trimestralmente. I giudici hanno stabilito a Sezioni unite che la prescrizione decennale decorre dal momento in cui si chiude il conto corrente. Il Governo invece inserisce in questo decreto una norma ad hoc per cancellare i diritti delle piccole e medie imprese taglieggiate dalle banche;
la norma introdotta stabilisce che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa per le operazioni bancarie regolate in conto corrente;
con il termine anatocismo (dal greco anà - di nuovo, e tokòs - interesse) si intende la capitalizzazione degli interessi su un capitale, affinché essi siano a loro volta produttivi di altri interessi (in pratica è il calcolo degli interessi sugli interessi). Nella prassi bancaria, tali interessi vengono definiti «composti». Un esempio di anatocismo è quello di capitalizzare (ossia sommare al capitale di debito residuo) gli interessi ad ogni scadenza di pagamento, anche se sono regolarmente pagati;
il calcolo degli interessi in regime di capitalizzazione composta anziché in regime di capitalizzazione semplice determina una crescita esponenziale del debito, di conseguenza per periodi inferiori all'anno l'importo calcolato con la capitalizzazione composta sarà inferiore a quello che si determina nella capitalizzazione semplice;
giuridicamente, in un'obbligazione pecuniaria l'applicazione dell'anatocismo comporterebbe, per il debitore, l'obbligo di pagamento, non solo del capitale e degli interessi pattuiti, ma anche degli ulteriori interessi calcolati sugli interessi già scaduti;
la legge autorizza il pagamento degli interessi legali sulle quote di debito (capitale e interessi), che non sono state regolarmente pagate a scadenza;
malgrado l'anatocismo sia un istituto conosciuto dagli albori del prestito ad interesse, la normativa italiana non ha raggiunto un sufficiente grado di completezza, tant'è che la disciplina si basa ancora sul codice civile del 1942, ed in particolare sull'articolo 1283 del codice civile. Secondo questa norma, gli interessi scaduti, in assenza di usi contrari, possono produrre a loro volta interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. In linea di principio, il codice civile vieta un regime di capitalizzazione composta degli interessi, ovvero il pagamento degli interessi su interessi di periodi precedenti;
nonostante la tutela approntata dal citato articolo, che subordina l'anatocismo alla compresenza di alcuni presupposti ben determinati, per circa mezzo secolo nella prassi bancaria italiana hanno trovato applicazione pressoché generalizzata, nei contratti di apertura di conto corrente, le clausole di capitalizzazione trimestrale degli impieghi. Ciò grazie (anche) all'avallo della giurisprudenza, tanto di legittimità quanto di merito, che ha affermato la validità delle clausole di capitalizzazione trimestrale, escludendo l'esistenza di un contrasto con la previsione di cui all'articolo 1283 del codice civile, sulla base dell'affermazione dell'esistenza di un uso idoneo a derogare al divieto di anatocismo stabilito da tale norma;
nel 1999 la Corte di cassazione, invertendo il proprio orientamento giurisprudenziale, ha più volte affermato la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale, sostanzialmente argomentando nel senso della inesistenza di un uso normativo idoneo a derogare all'articolo 1283 del codice civile;
per evitare scompensi tra il lavoro dei giudici e la prassi, il legislatore ha ritenuto opportuno, con il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342, modificare l'articolo 120 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia): tale intervento ha introdotto in materia il principio della eguale cadenza di capitalizzazione dei saldi attivi e passivi, nel contempo stabilendo - con norma transitoria - una sanatoria per il pregresso, facendo salve le clausole di capitalizzazione trimestrale contenute nei contratti conclusi prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina;
la norma transitoria è stata però dichiarata illegittima, per eccesso di delega e conseguente violazione dell'articolo 77 della Costituzione, dalla Corte costituzionale (sentenza 17 ottobre 2000, n. 425);
il cosiddetto «decreto salvabanche» fu presentato il 23 luglio 1999, sotto il Governo D'Alema I, convertito in legge n. 342 del 4 agosto 1999. La Consulta, con la citata sentenza, ha abrogato l'articolo 25, comma 3, dichiarato incostituzionale per: l'irretroattività della legge, la disparità di trattamento fra soggetti del testo unico bancario e creditori sottoposti all'anatocismo, il non rispetto dell'autonomia e indipendenza della magistratura;
dopo la sentenza della Consulta, del 17 ottobre 2000, un secondo decreto fu approvato il 29 dicembre 2000, n. 394, a firma del Presidente del Consiglio Amato e della Repubblica, Ciampi, e convertito in legge 28 febbraio 2001, n. 24. Il decreto è l'«interpretazione autentica» della legge antiusura, la n. 108 del 1996;
venuta meno la norma transitoria, finalizzata ad assicurare validità ed efficacia alle clausole di capitalizzazione degli interessi inserite nei contratti bancari stipulati anteriormente alla entrata in vigore della nuova disciplina, paritetica, della materia, la Corte di cassazione ha continuato, con una ulteriore serie di sentenze (tra le altre, si veda la sentenza 13 dicembre 2002, n. 17813), a ribadire il suo approccio più recente, peraltro estendendo i principi enunciati inizialmente con riferimento al conto corrente bancario anche ai contratti di mutuo. Infine, con sentenza n. 21095/2004 (Cassazione civile, sezioni unite, 4 novembre 2004, n. 21095), la suprema Corte ha confermato in modo netto il revirement del 1999, così consolidando il nuovo trend giurisprudenziale;
trend ulteriormente confermato con la già citata ultima sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione, la n. 24418 del 2 dicembre 2010;
l'articolo 2, comma 961, introduce un'interpretazione autentica: in nessun modo, ad avviso dei sottoscrittori, il contenuto della disposizione può essere accolto come interpretativo, con ciò configurandosi un abuso della funzione di interpretazione autentica; siffatta constatazione è confortata dalla giurisprudenza costituzionale ben consolidata in materia, che riconosce «carattere interpretativo soltanto ad una legge che, fermo il tenore testuale della norma interpretata, ne chiarisce il significato normativo ovvero privilegia una tra le tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo è espresso dalla coesistenza delle due norme (quella precedente e l'altra successiva che ne esplicita il significato), le quali rimangono entrambe in vigore e sono quindi anche idonee ad essere modificate separatamente» (sentenza Corte costituzionale n. 155 del 1990),

impegna il Governo

a informare il Parlamento con un'apposita relazione dell'esatto ammontare dei benefici derivanti agli istituti di credito dall'interpretazione di cui all'articolo 2, comma 61, del provvedimento in esame.
9/4086/66. Barbato, Messina, Cambursano, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
il lavoro di miglioramento genetico e i relativi controlli funzionali del bestiame in allevamento assumono un ruolo particolarmente significativo per qualificare la nostra zootecnia e renderla competitiva sul mercato globale;
tale attività, contribuisce a elevare gli standard di sicurezza alimentare, favorisce la tracciabilità e il benessere animale, e assicura la conservazione delle tipicità delle produzioni zootecniche e il mantenimento delle biodiversità;
la conferenza delle regioni e delle province autonome, con un documento approvato il 17 febbraio 2011, ha manifestato preoccupazione per la continuità nell'esercizio delle funzioni relative alla tenuta dei libri genealogici e ai controlli funzionali del bestiame, sottolineando la difficile situazione in cui versa il sistema a seguito dei pesanti tagli operati dal decreto-legge 78 del 2010;
nel 2010 gli stanziamenti pubblici per i controlli e i miglioramenti erano arrivati a 62 milioni di euro per promuovere la sicurezza alimentare, il miglioramento genetico, il benessere animale e la competitività delle stalle italiane, cifra forse non sostenibile, poi la politica aveva ipotizzato un taglio a soli 25 milioni (stanziamento limitato, ma al quale gli operatori del settore si stavano rassegnando). Oggi i fondi passano improvvisamente a «zero»;
il decreto «mille proroghe» che per prassi comprende norme economiche eterogenee, nel 2011, ha inflitto un duro colpo al settore italiano dell'allevamento, lasciandolo privo dei finanziamenti essenziali per tutelare la qualità della nostra zootecnia che le associazioni allevatori svolgono da oltre venti anni su delega del ministro delle politiche agricole;
tale decreto non recepisce nulla per salvaguardare questo settore, ma com'è già accaduto ogni sei mesi riesce a trovare i soldi per coprire la rateizzazione delle multe che devono pagare i produttori di latte che hanno sforato le quote, calpestando così tutti gli allevatori che hanno seguito le regole;
l'intero sistema rischia di essere smantellato con pesanti ricadute innanzitutto di natura occupazionale (rischiano infatti di perdere il lavoro gli oltre 4.000 addetti del settore), oltre che di compromettere definitivamente la sicurezza alimentare e la tracciabilità delle produzioni zootecniche, con pesanti oneri anche in termini di perdita di competitività del nostro Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire alle associazioni degli allevatori un finanziamento necessario per assicurare la continuità del sistema, che svolge un ruolo importante per lo sviluppo della nostra zootecnia.
9/4086/67. Zazzera, Di Giuseppe, Rota.

La Camera,
premesso che:
in virtù di quanto previsto dalla norma interpretativa dell'articolo 2935 del codice civile secondo quanto stabilito nel presente decreto n. 225 del 2010 proroga di termini si potrebbe determinare la riduzione dei termini di prescrizione a favore dei soli istituti bancari creando al contempo un possibile danno dei diritti che invece possono essere fatti valere da tutti i cittadini utenti (imprese e consumatori) anche nei confronti dei medesimi istituti bancari, in particolare per i rapporti creditizi in conto corrente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire, anche attraverso eventuali ed appositi interventi normativi, a tutela degli interessi legittimi dei cittadini negli eventuali contenziosi con gli istituti bancari, affinché l'interpretazione data nel provvedimento dell'articolo 2935 del codice civile possa non configurare un danno nei loro confronti.
9/4086/68. De Girolamo, Franzoso.

La Camera,
premesso che:
il comma 2-quater dell'articolo 2 ha inserito il comma 5-sexies nell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 che ha previsto la possibilità di utilizzare le risorse presenti sul Fondo di cui all'articolo 28 del decreto-legge 18 novembre 1966, n. 976, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1966, n. 1142, «anche per intervenire nei territori per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza ai sensi del comma 1 del medesimo articolo»;
a questo scopo sono state conferite al predetto Fondo le disponibilità rivenienti dal Fondo di cui all'articolo 5 della legge 31 luglio 1997, n. 261;
il predetto Fondo è destinato prioritariamente alla concessione di garanzie su finanziamenti concessi nei territori nei quali è stato dichiarato lo stato di emergenza a seguito di eventi calamitosi ai sensi della legge 16 febbraio 1995, n. 35 e sue successive modificazioni e integrazioni;
risultano giacenti da oltre due anni istanze legittimamente presentate da imprese rientranti nei predetti dettami del Fondo di cui alle leggi 1142/66 e successive modificazioni ed integrazioni, sulla base dei requisiti indicati ai sensi della legge 35/95 e successive modificazioni ed integrazioni, istanze che, pur avendo tutti i requisiti, a causa della mancanza di risorse finanziarie sul fondo di garanzia per finanziamenti restano bloccate presso il Mediocredito Centrale;
molte delle succitate aziende, che avevano già avviato gli investimenti per rilocalizzare i loro siti produttivi fuori da aree a rischio di esondazione, hanno fermato i lavori per mancanza di risorse finanziarie e il persistere di questa situazione metterebbe a rischio la sopravvivenza delle aziende stesse e del posto di lavoro per i loro dipendenti;
è importante che i decreti di natura non regolamentare previsti, la cui emanazione da parte del Ministero dell'Economia e delle finanze è finalizzata ad individuare le aree di intervento ed a stabilire le condizioni e le modalità per la concessione delle garanzie, consentano di dare corretta attuazione alla norma approvata,

impegna il Governo

a vigilare affinché vengano con sollecitudine emanati i decreti ministeriali previsti allo scopo di favorire una rapida attuazione della norma che permetterebbe di risolvere definitivamente i problemi riguardanti le succitate imprese che attendono da oltre due anni l'approvazione delle loro istanze;
a vigilare affinché i suddetti decreti, nell'individuare le aree di intervento e stabilendo le condizioni e le modalità dello stesso, siano emanati salvaguardando i principi delle norme stabiliti dalla legge n. 1142 del 1966, istitutiva del suddetto Fondo, dando priorità alle imprese che hanno subito danni dall'evento alluvionale evitando così il rischio di eventuali alterazioni del fondamento della legge stessa, alterazioni che potrebbero favorire disparità di trattamento nei confronti di soggetti aventi gli stessi diritti.
9/4086/69. Costa, Stradella, Armosino.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, all'articolo 2, comma 12-duodecies, reca disposizioni relative al settore lattiero-caseario;
la disposizione in premessa stabilisce che siano ulteriormente differiti, al 30 giugno 2011, i termini per il pagamento degli importi previsti dai piani di rateizzazione delle multe quote latte di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito dalla legge 30 maggio 2003, n. 119 e al decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito dalla legge 9 aprile 2009, n. 33;
a copertura degli oneri conseguenti si intende provvedere attraverso l'utilizzo del 10 per cento delle limitate disponibilità di cui all'articolo 1, comma 40, quarto periodo, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011), destinate al finanziamento di interventi urgenti di riequilibrio socio-economico, per lo sviluppo dei territori, per l'assistenza e cura dei malati oncologici, per le attività sportive, culturali e sociali;
in riferimento a quanto disposto dall'articolo 40-bis della legge 30 luglio 2010, n. 122 (che ha prorogato i termini per il pagamento dei predetti importi al 31 dicembre 2010), il direttore generale della direzione generale dell'agricoltura e dello sviluppo della Commissione europea, con apposita nota 139671 dell'8 febbraio 2011, inoltrata al rappresentante permanente dell'Italia presso l'Unione europea, ha evidenziato come la misura, in quanto solleva i beneficiari da un onere finanziario scadente ad una determinata data, non è giustificabile alla luce della regolamentazione applicabile agli aiuti di Stato;
l'intervento di proroga del pagamento del prelievo va, quindi, imputato sull'importo dell'aiuto de minimis nei limiti che ciascun produttore può ricevere (7.500 euro per beneficiario e per un periodo di tre anni), nel rispetto dell'ammontare massimo stabilito per l'Italia (320.505.000 euro),

impegna il Governo

a prevedere che sia data completa attuazione alle disposizioni comunitarie sull'importo di aiuto de minimis e che, di conseguenza, prima di concedere il beneficio, si proceda, per ogni singolo beneficiario, all'attenta e puntuale verifica del rispetto dei limiti comunitari, anche al fine di evitare l'avvio di nuovi contenziosi con l'Unione europea.
9/4086/70. Delfino, Libè, Galletti, Ciccanti, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
le condizioni della finanza pubblica necessitano di interventi tesi a riportare in equilibrio il bilancio dello Stato;
è necessario che ogni livello di amministrazione locale contribuisca al raggiungimento di tale obiettivo;
i comuni concorrono per meno del 4 per cento alla formazione del debito pubblico;
il Parlamento ed il Governo sono impegnati nella trasformazione della finanza statale in finanza federale;
tale obiettivo è condivisibile nella misura in cui vengono adottati degli strumenti che consentano un'equa e certa redistribuzione nei vari enti territoriali del gettito fiscale nazionale, prevedendo, per le amministrazioni che potenzialmente potrebbero essere danneggiate dalla riforma, adeguati interventi perequativi;
da diversi esercizi finanziari i comuni italiani realizzano saldi primari in avanzo, ben oltre il rispetto dei limiti richiesti dal Patto di Stabilità interno;
i tagli previsti sul biennio 2011-2012 rischiano di paralizzare completamente la macchina amministrativa degli enti locali imponendo, quasi sicuramente, la chiusura di molti servizi in danno dei cittadini;
è stato recentemente rinnovato l'accordo tra le banche e le imprese che ha consentito di prorogare il pagamento dei mutui e dei debiti di circa 180.000 imprese che hanno allungato la scadenza di mutui e finanziamenti per un importo complessivo di circa 54 miliardi di euro;
la Cassa Depositi e Prestiti è una SpA partecipata al 70 per cento dal Ministero dell'Economia e per il restante 30 per cento dai 63 maggiori Istituti e Fondazioni Bancari d'Italia;
la Cassa Depositi e Prestiti SpA è «la banca degli enti locali», con un capitale sociale di tre miliardi e mezzo di euro;
la Cassa Depositi e Prestiti SpA ha promosso nell'ottobre 2010 la possibilità per gli Enti Locali di accedere ad una rinegoziazione dei mutui in essere, dando, per chi ha aderito, una, seppur minima, boccata d'ossigeno;
oggi i bilanci dei comuni italiani sono in piena emergenza, quasi paragonabile a quella cui hanno dovuto far fronte le pubbliche medie imprese nel 2009, a rischio «dissesto finanziario»;
i comuni italiani al 31 marzo 2011 dovranno approvare i bilanci di previsione per l'esercizio 2011 e tale predisposizione è fortemente condizionata dai tagli ai trasferimenti erariali, dal blocco dell'addizionale Irpef, dal peso della manovra a carico del comparto dei comuni, dalla limitazione all'indebitamento e dal ripristino parziale della norma sull'utilizzo degli oneri di urbanizzazione;
molti comuni italiani, pur avendone la capacità economica, si trovano nell'impossibilità di dar corso ai pagamenti nei confronti dei fornitori a causa dei vincoli imposti dal Patto di Stabilità interno, in danno alle aziende che lavorano per gli stessi;
il ridimensionamento della spesa cui i comuni dovranno far fronte è tale che rischia di comprimere ulteriormente il già deficitario stato sociale del nostro Paese, mortificando ulteriormente le fasce più deboli della popolazione ovvero rischia di far cessare altri servizi, ad esempio, la chiusura di plessi scolastici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nelle more dell'approvazione del decreto legislativo in materia di federalismo fiscale dei comuni ed in attesa di capire lo spiegarsi degli effetti dello stesso e perdurando la situazione di incertezza rispetto alle eventuali novità sugli strumenti a disposizione dei comuni per la formazione dei bilanci di previsione alla data del 31 marzo 2011, di sostenere, presso la Cassa Depositi e Prestiti SpA, la necessità di predisporre una «moratoria» di due anni per i mutui contratti dai comuni italiani alla data del 31 dicembre 2010, tenendo conto dei parametri di virtuosità dei comuni che accedono alla moratoria ed impegnando i comuni interessati a non contrarre mutui per tutta la durata della proroga ovvero a limitare il proprio indebitamento.
9/4086/71. Libè, Delfino, Galletti, Occhiuto, Ciccanti, Tassone.

La Camera,
premesso che:
sono oltre quarantamila i piccoli azionisti e obbligazionisti Alitalia, molti dei quali dipendenti della compagnia aerea che percepivano le proprie retribuzioni sotto forma di quote in azioni, divenuti quindi azionisti, obbligazionisti o warrantisti non per libera scelta ma per una sostanziale imposizione del management societario;
l'articolo 7-octies della legge 9 aprile 2009, n. 33 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi», prevede per i titolari del prestito obbligazionario «Alitalia 7,5 per cento 2002-2010 convertibile», emesso dalla società Alitalia-Linee aeree italiane S.p.A, la possibilità di cedere al Ministero dell'economia e delle finanze, i propri titoli in cambio di titoli di Stato di nuova emissione con scadenza 31 dicembre 2012 e con taglio minimo di 1.000 euro, vincolando il tutto all'osservanza delle condizioni e modalità specificate;
in data 2 aprile 2009 il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/2187-A/89 nell'ambito della conversione del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, nel quale si chiedeva un impegno ad adottare ogni utile strumento volto a tutelare le decine di migliaia di incolpevoli cittadini che nel passato hanno acquistato le azioni Alitalia, investendo, a volte, i risparmi di una vita e che hanno diritto di sapere quale sarà la sorte dei loro titoli;
a tutt'oggi non si sono registrati sviluppi positivi per gli oltre quarantamila piccoli azionisti e obbligazionisti Alitalia,

impegna il Governo

a dare seguito all'atto di indirizzo accolto come raccomandazione nell'aprile 2009 al fine di dare un segnale concreto a quanti attendono di conoscere da anni la sorte dei loro risparmi e che, successivamente alla sospensione del titolo Alitalia, si sono trovati nella più totale incertezza, peraltro aggravata dall'attuale crisi economico-finanziaria.
9/4086/72. Compagnon.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del decreto-legge in esame, al comma 1, reca disposizioni concernenti il 5 per mille dell'IRPEF stabilendo che l'ammontare delle risorse complessivamente destinate al 5 per mille 2010 sono complessivamente pari a 400 milioni di euro;
a valere su tale importo, una quota di 100 milioni di euro è destinata ad interventi per ricerca e assistenza domiciliare dei malati in tema di Sclerosi laterale amiotrofica (SLA) (ai sensi dell'articolo 1, comma 1264, della Legge finanziaria per il 2007, istitutivo del Fondo per le non auto sufficienze);
la quota di 100 milioni di euro destinata ad interventi per ricerca e assistenza domiciliare dei malati in tema di sclerosi laterale amiotrofica non è aggiuntiva rispetto alle risorse stanziate per le stesse finalità dalla legge di stabilità 2011, ma si tratta delle stesse risorse che «concorrono» alla determinazione «nell'ammontare indicato»;
secondo quanto stabilito dal citato articolo 2, la quota di 100 milioni di euro è destinata, in modo assolutamente generico, ad indefiniti «interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica per ricerca e assistenza domiciliare dei malati»;
inoltre, così come è formulata, la norma si presta ad una interpretazione limitativa rispetto all'accessibilità dei fondi. La previsione di uno stanziamento per un importo non «pari a» 100 milioni di euro, ma «fino a» 100 milioni di euro, potrebbe limitare la norma fornendo indicazioni solo sulle risorse massime destinabili agli interventi che riguardano le persone affette da sclerosi laterale amiotrofica;
in Italia ci sono circa 60.000 malati di Sclerosi multipla che necessitano di cure immediate,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative necessarie atte a garantire la piena disponibilità dello stanziamento previsto di 100 milioni di euro da destinare alla ricerca e all'assistenza domiciliare dei malati in tema di sclerosi laterale amiotrofica così come stabilito dalla Legge finanziaria per il 2011.
9/4086/73. Binetti, Galletti, Ciccanti, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del decreto-legge in esame, al comma 1, reca disposizioni concernenti il 5 per mille dell'IRPEF stabilendo che l'ammontare delle risorse complessivamente destinate al 5 per mille 2010 sono complessivamente pari a 400 milioni di euro;
a valere su tale importo, una quota di 100 milioni di euro è destinata ad interventi per ricerca e assistenza domiciliare dei malati in tema di Sclerosi laterale amiotrofica (SLA) (ai sensi dell'articolo 1, comma 1264, della Legge finanziaria per il 2007, istitutivo del Fondo per le non auto sufficienze);
la quota di 100 milioni di euro destinata ad interventi per ricerca e assistenza domiciliare dei malati in tema di sclerosi laterale amiotrofica non è aggiuntiva rispetto alle risorse stanziate per le stesse finalità dalla legge di stabilità 2011, ma si tratta delle stesse risorse che «concorrono» alla determinazione «nell'ammontare indicato»;
secondo quanto stabilito dal citato articolo 2, la quota di 100 milioni di euro è destinata, in modo assolutamente generico, ad indefiniti «interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica per ricerca e assistenza domiciliare dei malati»;
inoltre, così come è formulata, la norma si presta ad una interpretazione limitativa rispetto all'accessibilità dei fondi. La previsione di uno stanziamento per un importo non «pari a» 100 milioni di euro, ma «fino a» 100 milioni di euro, potrebbe limitare la norma fornendo indicazioni solo sulle risorse massime destinabili agli interventi che riguardano le persone affette da sclerosi laterale amiotrofica;
in Italia ci sono circa 60.000 malati di Sclerosi multipla che necessitano di cure immediate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le iniziative necessarie atte a garantire la piena disponibilità dello stanziamento previsto di 100 milioni di euro da destinare alla ricerca e all'assistenza domiciliare dei malati in tema di sclerosi laterale amiotrofica così come stabilito dalla Legge finanziaria per il 2011.
9/4086/73. (Testo modificato nel corso della seduta).Binetti, Galletti, Ciccanti, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
la magistratura onoraria non riveste più, ormai da diversi anni, un ruolo complementare ed occasionale, ma anzi svolge una funzione assolutamente fondamentale nel rispondere ad una domanda di giustizia che sempre più massicciamente proviene dai cittadini;
l'attuale assetto della categoria non corrisponde più al modello teorico, in quanto il servizio reso dalle toghe onorarie corrisponde invece a una prestazione di lavoro subordinato: questo è anche l'orientamento della Corte costituzionale e della Corte di cassazione;
l'Italia ha evitato, grazie alla loro attività, migliaia di condanne dalla Comunità europea e una pioggia di ricorsi per la «legge Pinto» che prevede un risarcimento alle parti di un processo, nel caso in cui la sentenza venga emessa con troppi anni di ritardo;
tuttavia, allo stato attuale, esistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e diverse durate di rapporti di lavoro, in un contesto di precarietà non giustificata dalla qualità del servizio che sempre più viene fornito con un alto livello di professionalità;
in particolare, i giudici di pace esercitano una fondamentale funzione giurisdizionale quali giudici di prossimità articolati sul territorio e come tali vicini alle quotidiane esigenze del cittadino: è un dato di fatto che essi costituiscano ormai un elemento imprescindibile dell'ordinamento giuridico italiano, ma proprio in virtù di questo loro consolidamento è necessario definire con maggiore chiarezza e con la massima urgenza i lineamenti giuridici della figura istituita dalla legge 21 novembre 1991, n. 374, in funzione delle caratteristiche che si sono sviluppate e affermate in questo frattempo;
la loro produttività è altissima: i processi si svolgono con estrema celerità e durano mediamente meno di un anno (per la precisione 340 giorni) a differenza dei giudizi in tribunale di primo grado che raggiungono in media 960 giorni. Ciò spiega perché da alcuni anni dinanzi ai magistrati di pace pende il 15 per cento di tutte le cause penali, il 50 per cento del contenzioso in materia civile, il 100 per cento delle sanzioni amministrative, considerando il raddoppio di competenza per valore nel settore, oltre la convalida dei provvedimenti prefettizi di espulsione di stranieri;
la magistratura di pace definisce due milioni di procedimenti annui: secondo i dati del Ministero della giustizia, meno del 10 per cento delle sentenze emanate costituisce oggetto di impugnazione: si profila dunque la necessità che l'Esecutivo rispetti gli impegni precedentemente assunti, in modo che i giudici di pace possano pienamente esercitare una giurisdizione che dia attuazione al principio costituzionale della ragionevole durata del processo, secondo quanto previsto dall'articolo 111 della Costituzione;
le continue proroghe dei magistrati in scadenza non consentono agli stessi di esercitare le funzioni serenamente ed in modo efficiente, in quanto risulta estremamente difficile la gestione di un ruolo che dovrebbe esaurirsi in dodici mesi: risulta gravemente lesivo dell'autonomia della magistratura, oltre che un pericoloso precedente (forse unico in Europa), che dei magistrati, titolari delle funzioni giudiziarie ordinarie, siano rinnovati di anno in anno con un provvedimento governativo meramente discrezionale;
la continuità del servizio non contrasta affatto con la presunta natura onoraria dell'incarico, considerando che già altre componenti della categoria in questione (giudici tributari ed esperti dei tribunali per i minorenni) hanno ottenuto in tempi recenti tale riconoscimento;
a seguito delle modifiche legislative che hanno consentito, già da diversi anni, l'accesso a chi ha compiuto 30 anni di età, lo Stato si avvale di giovani professionisti (per lo più avvocati, giudici tributari o ex giudici onorari di tribunale) impegnati a tempo pieno nell'esercizio della funzione giudiziaria, per i quali il compenso percepito per l'attività di magistrato costituisce l'unico reddito;
non appare giusto considerare diversamente la condizione di giudici togati e giudici onorari, in quanto essi esaminano, istruiscono e decidono controversie che riguardano, a diversi livelli, cittadini che chiedono di far valere in via giudiziaria i loro diritti;
la natura cosiddetta «indennitaria» della retribuzione del lavoro svolto dal giudice onorario rappresenta una «fictio», tenuto conto che nella maggior parte dei casi si tratta di un impegno a tempo pieno che richiede formazione, aggiornamento, diligenza, nonché alta qualità;
non è accettabile che uno Stato di diritto che vanta una lunga tradizione democratica fondata sul lavoro, pretenda di adempiere alla funzione giurisdizionale attraverso giudici di pace dei quali voglia perpetuare lo status giuridico di soggetti precari: questa condizione non è più sostenibile, non solo per il rispetto che si deve alla dignità del giudice, ma per le irrinunciabili ed imprescindibili garanzie di autonomia e indipendenza che devono essere assicurate ad ogni magistrato nell'interesse dei cittadini;
anche l'Europa ha obbligato il nostro Paese a cambiare e a riconoscere diritti troppo a lungo mortificati: lo scorso 17 novembre il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa ha definitivamente approvato la raccomandazione CM/Rec (2010)12 «sui giudici: indipendenza, efficacia e responsabilità»;
la raccomandazione contiene importanti affermazioni a tutela dell'indipendenza della magistratura, considerata come un «elemento connaturale allo Stato di diritto ed essenziale per l'imparzialità dei giudici ed il funzionamento del sistema giudiziario». Il provvedimento individua come elemento chiave dell'indipendenza dei giudici «la certezza di permanenza nelle funzioni e l'inamovibilità». Inevitabile conseguenza di questo principio è la garanzia di permanenza nelle funzioni fino al raggiungimento dell'età del pensionamento;
i ministri europei si sono pronunciati anche sul tema della remunerazione dei giudici, che «deve essere commisurata al loro ruolo professionale e alle loro responsabilità e che deve garantire il mantenimento di compenso ragionevole in caso di malattia, di congedo per maternità o paternità, nonché il pagamento di una pensione per il collocamento a riposo»;
se questa situazione era già inaccettabile in periodi di normale andamento dell'economia, perché rappresentava una pressoché sistematica violazione di diritti costituzionalmente garantiti e, primo fra tutti, quello di cui all'articolo 24 della Costituzione, è divenuta insostenibile in questi anni di crisi economica che colpisce con particolare virulenza tutti gli strati della società, imprese comprese, in quanto l'inefficienza della giustizia ha pesanti ripercussioni sull'economia e sullo sviluppo del Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare in tempi brevi misure volte a garantire ai magistrati onorari una maggiore continuità nell'esercizio delle loro funzioni, evitando il ricorso a mere proroghe annuali, un equo trattamento economico, nonché forme di tutela previdenziale ed assistenziale.
9/4086/74. Rao, Ria.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame riduce l'ambito di operatività della cosiddetta mediaconciliazione, rito alternativo per la soluzione di numerose controversie civili. Il sistema della mediaconciliazione, teoricamente utile, è stato però formato in modo inadeguato, presenta difetti che sono stati oggetto di puntuale critica da parte della dottrina e delle organizzazioni degli avvocati;
in particolare sarebbe necessario reinserire la figura dell'avvocato nella mediaconciliazione, che non può dare garanzie ai cittadini in assenza di competenze professionali, e rivalutare la disciplina della competenza territoriale, attualmente formalistica e inutile, ed anche la stessa collocazione della conciliazione all'interno del processo anziché in alternativa ad esso;
l'attuale disciplina della mediaconciliazione non produce gli effetti sperati circa lo snellimento e l'efficienza della giustizia che risulta fortemente penalizzata per gli avvocati e gli operatori della giustizia,

impegna il Governo

ad assumere misure nella direzione indicata entro e non oltre 180 giorni.
9/4086/75. Mantini, Rao.

La Camera,
premesso che:
la disponibilità di risorse adeguate da destinare al Fondo nazionale per le non autosufficienze diventa in questo momento di transizione verso l'assetto federalistico, indispensabile per garantire l'assistenza ad oltre 300.000 persone non autosufficienti;
certamente questo non risolve i problemi della non autosufficienza che richiedono una disciplina più organica all'interno della fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEP) di cui alla lettera m), dell'articolo 117 del Testo costituzionale rinnovellato, disciplina individuata anche nello stesso decreto sul federalismo fiscale concernente le entrate comunali e regionali in corso di esame presso gli organi parlamentari;
l'individuazione dei LEP di cui alle legge n. 42 del 2009, andrà a correlarsi anche con i LEA previsti dal Patto per la Salute 2010/2012, portando alla complessiva fissazione dei diritti civili e sociali dove i non autosufficienti hanno larga parte;
limitare o far venire meno oggi questo supporto nazionale, anche per dar forza alle regioni che hanno previsto in maniera diffusa misure a favore dei non autosufficienti e delle loro famiglie, significherebbe colpire ulteriormente i cittadini più deboli, senza un'alternativa praticabile attraverso l'utilizzo di finanze regionali e locali già fortemente provate dalle manovre finanziarie del 2010,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti finalizzati al reperimento delle risorse necessarie a garantire un adeguato finanziamento del Fondo nazionale per le non autosufficienze, al fine di garantire la non interruzione dei servizi a favore delle persone non autosufficienti, con particolare riferimento al rafforzamento della rete territoriale extraospedaliera, al supporto alle famiglie con persone aventi disabilità estreme e patologie geriatrico-degenerative.
9/4086/76. De Poli, Nunzio Francesco Testa, Binetti, Capitanio Santolini.

La Camera,
premesso che:
nell'ottica dello sviluppo della produzione di energia mediante fonti rinnovabili, sono state introdotte numerose disposizioni di carattere fiscale volte ad incentivare l'esercizio di tale attività da parte di imprenditori agricoli;
in particolare, l'articolo 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Legge finanziaria per il 2006) aveva stabilito che «La produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali effettuate dagli imprenditori agricoli costituiscono attività connesse ai sensi dell'articolo 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario». L'articolo 2-quater, comma 11, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha integrato la citata norma aggiungendo, dopo le parole «energia elettrica», quelle «e calorica» e dopo «fonti rinnovabili agroforestali», le parole «e fotovoltaiche»;
l'articolo 1, comma 369, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge finanziaria per il 2007) ha sostituito il citato comma 423, riformulandolo come segue: «Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo, effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell'articolo 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario»;
l'ultimo intervento normativo in materia è contenuto nella legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria per il 2008) e, in particolare, nel comma 178 dell'articolo 1, con il quale il legislatore ha integrato il citato comma 423, specificando alla fine che le predette attività si considerano produttive di reddito agrario, «fatta salva l'opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione all'ufficio secondo le modalità previste dall'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442». In altri termini, tale ultima previsione normativa ha reso opzionale, per gli imprenditori agricoli che svolgono le attività in parola, la determinazione del reddito nei modi ordinari;
il Ministero per le politiche agricole e forestali, con nota protocollo n. 3896 del 27 luglio 2008 ha indicato i requisiti necessari per poter qualificare la produzione in parola come produttiva di reddito agrario, tenendo anche conto delle finalità ambientali che il legislatore ha inteso perseguire con la disciplina in esame. In sintesi, sulla base delle indicazioni fornite dal predetto Ministero:
1) la produzione di energia fotovoltaica derivante dai primi 200 KW di potenza nominale complessiva, si considera in ogni caso connessa all'attività agricola;
2) la produzione di energia fotovoltaica eccedente i primi 200 KW di potenza nominale complessiva, può essere considerata connessa all'attività agricola nel caso sussista uno dei seguenti requisiti:
a) la produzione di energia fotovoltaica derivi da impianti con integrazione architettonica o da impianti parzialmente integrati, come definiti dall'articolo 2 del decreto ministeriale 19 febbraio 2007, realizzati su strutture aziendali esistenti;
b) il volume d'affari derivante dell'attività agricola (esclusa la produzione di energia fotovoltaica) deve essere superiore al volume d'affari della produzione di energia fotovoltaica eccedente i 200 KW. Detto volume deve essere calcolato senza tenere conto degli incentivi erogati per la produzione di energia fotovoltaica;
c) entro il limite di 1 MW per azienda, per ogni 10 KW di potenza installata eccedente il limite dei 200 KW, l'imprenditore deve dimostrare di detenere almeno un ettaro di terreno utilizzato per l'attività agricola;
appare singolare ed anche dannoso, laddove si colga il crescente malumore ed i ripensamenti verso le produzioni da fotovoltaico che oramai sottraggono grandi superfici agricole alla normale coltivazione con depauperamento del primo settore che, in tempi di sovrappopolamento, non sembra più accettabile, il non aver inserito fra le fonti di produzione energetica ammesse al regime fiscale di vantaggio, mantenendo i limiti sopra specificati, anche quelle dell'eolico ed idroelettrico. Le uniche fonti che non impattano in alcun modo con le produzioni agricole non sottraendo, com'è evidente, alcun metro alla coltivazione. Ciò è ancora più lampante laddove si pensi che vento e torrenti, solitamente, si trovano in condizioni orografiche di svantaggio, quindi si posizionano in aree non coltivate e non coltivabili, spesso proprio per la presenza del vento;
risulta del tutto evidente l'impatto positivo per le aziende agricole e per tutto l'indotto che si aprirebbe in regioni come la Calabria, il poter integrare il proprio reddito, oramai spesso in negativo, con siffatte fonti di produzione energetica tenuto conto che stiamo discutendo di quello che viene definito, nella lettura scientifica di genere, quale microproduzione energetica,

impegna il Governo

ad adottare iniziative anche di tipo legislativo volte a modificare la normativa vigente in materia secondo le indicazioni citate in premessa che oltre a non comportare oneri per le casse statali stimolerebbero lo sviluppo nelle zone più svantaggiate del Paese consentendo a molti agricoltori di continuare a svolgere la propria attività salvaguardando anche il territorio in generale.
9/4086/77. Dionisi, Occhiuto, Libè, Delfino, Mondello.

La Camera,
premesso che:
la zootecnia da latte archivia l'ennesimo anno difficile con oltre 800 stalle costrette a cessare l'attività;
non è andata meglio nel comparto della carne bovina dove gli allevatori hanno fatto i conti con un forte calo del valore della produzione (5 per cento) e delle quantità (-2,3 per cento);
vent'anni fa erano 181 mila gli allevamenti da latte, oggi sono scesi a quota 40.199;
anche sul fronte della carne bovina ci sono difficoltà strutturali che hanno portato la produzione di carne ad attestarsi a quota 1,43 milioni di tonnellate;
sono ormai dieci anni che i prezzi e i consumi sono pressoché stabili. Le variazioni sono nell'ordine di pochi centesimi che non vengono scaricati sul consumatore ma recuperati all'interno della filiera che deve fare un ulteriore sforzo di efficienza di fronte alla nuove sfide;
sino all'anno scorso lo Stato investiva 65 milioni di euro per promuovere la sicurezza alimentare, il miglioramento genetico, il benessere animale e la competitività delle stalle italiane;
oggi dobbiamo invece denunciare un azzeramento delle risorse previste per lo svolgimento delle funzioni pubbliche relative ai controlli funzionali sulle attitudini produttive delle razze del settore zootecnico;
tale azzeramento mette a serio rischio la sopravvivenza della selezione genetica nazionale, rende vani anni di investimenti pubblici fino adesso sostenuti e avvantaggia aziende provenienti dall'estero mettendo loro a disposizione lo sviluppo genetico del patrimonio zootecnico,

impegna il Governo

a ripristinare quelle risorse necessarie al fine di garantire e tutelare la competitività del settore in questione e garantire al consumatore i livelli qualitativi e gli standard di sicurezza alimentare necessari.
9/4086/78. Marcazzan, Delfino.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura italiana vive oramai in piena emergenza, con bilanci sempre in rosso e aziende a forte rischio chiusura;
un problema che sta creando incertezze e forte preoccupazione tra gli addetti ai lavori è quello relativo alla cosiddetta «accisa zero» sul gasolio per le coltivazioni in serra;
l'agevolazione sul gasolio utilizzato per il riscaldamento nelle serre è stata inizialmente introdotta dall'articolo 5, comma 5, del disegno di legge n. 268 del 2000, relativamente al periodo 3 ottobre 2000 - 31 dicembre 2000;
la norma prevedeva un regime impositivo per il gasolio usato nelle coltivazioni sotto serra, ma l'aliquota di accisa era fissata in misura pari allo zero per cento di quella applicata sul gasolio usato come carburante;
con successivi provvedimenti è stato disposto il regime di esenzione da accisa (a partire dall'articolo 24, comma 3, della Legge finanziaria 2001 n. 388 del 2000);
l'agevolazione è stata oggetto di proroghe annuali, l'ultima delle quali prevista dall'articolo 2, comma 14, della legge n. 203 del 2008 (Legge finanziaria 2009), che prevedeva, in particolare:
la proroga al 2009 dell'agevolazione sulle accise per il gasolio utilizzato per il riscaldamento nelle coltivazioni sotto serra;
l'estensione dell'agevolazione agli oli vegetali impiegati per fini energetici nelle serre (applicata dal 2007, in virtù dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 26 del 2007);
dopo il drastico taglio da parte della finanziaria 2010 alle agevolazioni sulla tassazione del gasolio, lo scenario per le aziende italiane che utilizzano in modo significativo il gasolio a fini produttivi, è diventato drammatico, in particolare alla luce di tutte le misure straordinarie che i governi europei, al contrario, hanno avviato negli ultimi mesi per arginare la crisi generalizzata a livello produttivo dell'economia europea,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di ripristinare il «bonus gasolio», una misura essenziale per evitare che tante imprese florovivaistiche siano costrette a chiudere i battenti perché impossibilitate a operare sui mercati a causa di costi penalizzanti e non più sopportabili.
9/4086/79. Ruggeri, Cera, Delfino.

La Camera,
premesso che:
il Fondo di solidarietà nazionale, disciplinato dall'articolo 15 del decreto legislativo n. 102 del 2004, è lo strumento attraverso il quale vengono finanziati gli interventi di sostegno alle imprese agricole in conseguenza del verificarsi di calamità naturali e di condizioni climatiche di particolare gravità;
gli articoli 5, 6, 7 e 8, disciplinano gli interventi compensativi in agricoltura dei danni nelle aree e per i rischi non assicurabili al mercato agevolato;
negli ultimi anni le eccessive anomalie climatiche verificatesi hanno colpito gravemente i sistemi agricoli di molte regioni italiane determinando un'allarmante crisi dei comparti produttivi con ricadute sui sistemi economici locali;
condizioni climatiche avverse si sono verificate anche nel corso dell'anno 2008 con ingenti danni all'agricoltura nazionale tanto da indurre il ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ad adottare 36 decreti ministeriali per fronteggiare le conseguenze provocate dal verificarsi di calamità naturali e di eventi calamitosi eccezionali;
nel 2009, in Italia è raddoppiata in media la pioggia caduta con gravi ripercussioni sulle campagne ed ingenti danni alle coltivazioni e all'economia rurale;
con l'approvazione della finanziaria 2010, legge n. 191 del 2009, sono state stanziate risorse per un importo annuo di 120 milioni di euro dal 2010 al 2012;
la somma di 877,2 milioni di euro, stanziata a favore delle assicurazioni agevolate per il periodo 2010-2012, pur di notevole entità, non risolve totalmente la questione sia sotto il profilo finanziario, sia sotto il profilo delle modalità attuative previste dall'articolo 68 del regolamento CE 73/2009;
infatti, una parte dello stanziamento del triennio 2010-2012 dovrà essere destinato a coprire i fabbisogni residui del 2008 e tutto il fabbisogno del 2009; in totale, gli importi per il 2008 e 2009 dovrebbero ammontare a circa 300 milioni di euro;
per far fronte alle necessità relative al 2008-2009, la Legge finanziaria prevede espressamente che «le disponibilità finanziarie relative al Fondo di solidarietà nazionale possono essere utilizzate per coprire i fabbisogni di spesa degli anni precedenti a quello di competenza»;
ciò significa che 300 milioni di euro non sono disponibili per il periodo 2010-2012; nonostante le numerose sollecitazioni fatte a vari livelli, e più volte segnalate con ripetute interrogazioni parlamentari, ad oggi non risultano ancora trasferiti i relativi fondi degli anni 2007 e 2008 nei bilanci regionali, limitandosi il Governo a rilevare l'esiguità delle risorse presenti sul capitolo di bilancio del Fondo di solidarietà nazionale, senza tuttavia prevederne di nuove,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative volte a definire un adeguato rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale per dare piena attuazione ai meccanismi di gestione del rischio in agricoltura e potenziare il ruolo delle polizze assicurative contro i rischi connessi ad eventi atmosferici e calamitosi.
9/4086/80. Cera, Delfino.

La Camera,
premesso che:
riferendo in Parlamento sul crollo della casa dei Gladiatori di Pompei, il ministro per i beni e le attività culturali ha dichiarato che «dovremmo poter assumere almeno, e dico almeno, 50 architetti e 80 archeologi per far fronte all'emergenza»;
il decreto-legge n. 194 del 2009 convertito, con modifiche, in legge n. 25 del 2010 ha previsto il taglio del 10 per cento delle dotazioni organiche. Un taglio indiscriminato che preclude, nei fatti, la possibilità non solo di effettuare l'affiancamento delle nuove generazioni di archeologi e architetti a quelle di coloro che via via stanno andando in pensione, forse l'ultima occasione che si presenta per garantire la «trasmissione del sapere», ma anche di effettuare quantomeno il turn over;
ciò sta determinando la scomparsa di professionalità in grado di valutare scientificamente lo stato dei beni e di definire la necessità e l'urgenza di un intervento strategico e tempestivo, stanno scomparendo gli addetti al controllo e alla tutela del territorio;
l'emergenza riguarda in pari misura i beni artistici, gli archivi e le biblioteche ma anche la sicurezza e la pubblica fruizione di musei, aree archeologiche biblioteche e archivi, costantemente a rischio chiusura per l'assenza di personale sufficiente;
il bando di concorso pubblicato il 18/07/2008 (DD 14/07/2008), prevedeva l'assunzione di complessive 100 unità di posizione economica C1, scelte tra architetti, archeologi, storici dell'arte, archivisti, bibliotecari e amministrativi. Tra questi, 30 erano i posti riservati agli archeologi e 50 agli architetti;
al Ministero per i beni e le attività culturali pervennero rispettivamente 5.551 e 3.353 domande di partecipazione. Le prove concorsuali si sono concluse nel gennaio 2010 e le assunzioni dei vincitori hanno avuto luogo a partire dall'aprile. Oltre ai vincitori, il Ministero ha approvato e pubblicato le graduatorie generali regionali di merito, dichiarando quindi idonei, 96 archeologi e 101 architetti;
si tratta di laureati, che hanno specializzazione e/o dottorato di ricerca, tutti hanno esperienze pluriennali di collaborazione con soprintendenze, università e istituti di ricerca, tutti hanno superato un concorso che ha verificato la loro preparazione, oltre che nelle discipline tecniche di competenza, anche sull'ordinamento e sulle competenze del Ministero, sul codice dei beni culturali e del paesaggio, sul diritto pubblico, privato, comunitario e penale e sulla conoscenza di una lingua straniera;
il concorso sopra menzionato, bandito per far fronte alle gravi carenze di personale, ha dichiarato idonei anche professionisti tra funzionari amministrativi, archivisti, storici dell'arte, bibliotecari, calcografi e assistenti alla vigilanza, sicurezza, accoglienza, comunicazione e servizi al pubblico (anche loro più che titolati),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità e necessità di adottare provvedimenti idonei a fornire una adeguata dotazione organica a salvaguardia del patrimonio artistico culturale del nostro Paese utilizzando in primis le professionalità presenti nelle graduatorie di cui al citato concorso.
9/4086/81. Buttiglione, Capitanio Santolini, Enzo Carra.

La Camera,
premesso che:
dal 1996 circa 13.600 ex LSU (Lavoratori socialmente utili) in tutta Italia sono stati utilizzati per il servizio di pulizia delle scuole per sopperire alla carenza del personale ATA, percependo compensi in termini di sussidi, e non di stipendi, con i relativi svantaggi in termini contributivi;
nel 2001 gli ex LSU sono stati assunti a tempo indeterminato, ma continuano a vivere la condizione di precarietà derivante dalla necessità di continue proroghe dei contratti tra il Ministero e le ditte, dai relativi passaggi di cantiere fra le ditte che si succedono e dalla insicurezza della retribuzione;
gran parte di questi lavoratori subiscono ingenti ritardi nel pagamento del compenso o ricevono esclusivamente degli acconti sugli stipendi, a causa dei mancati o tardivi finanziamenti statali;
già nel 2003 fu avanzata, senza successo, una proposta di riservare il 30 per cento dei posti vacanti ATA agli LSU;
i presidi dell'Associazione nazionale quadri amministrazioni pubbliche hanno formulato un'ipotesi di risparmio di risorse pubbliche, secondo cui le ditte che forniscono i servizi percepiscono circa 370 mila euro annui per 13.600 ex LSU in Italia e che, se tali lavoratori venissero assunti direttamente come personale ATA, lo Stato risparmierebbe 75 mila euro annui;
si tratta di lavoratori e lavoratrici che rappresentano una forza lavoro fondamentale per il mantenimento delle condizioni igienico sanitarie dei nostri istituti scolastici, senza le quali sarebbe difficile immaginare il mantenimento dei servizi in uso ai nostri studenti,

impegna il Governo

ad individuare una soluzione alla drammatica condizione di precarietà dei lavoratori ex LSU, in termini di stabilizzazione o di assunzione diretta in qualità di personale ATA, al fine di sanare l'ingiusta e incerta collocazione occupazionale di migliaia di persone in tutto il Paese e per evitare che questa problematicità, di fatto, si traduca in un abbassamento degli standard minimi di efficienza, igiene e qualità degli istituti scolastici pubblici italiani.
9/4086/82. Nunzio Francesco Testa, Ria.

La Camera,
premesso che:
dal 1996 circa 13.600 ex LSU (Lavoratori socialmente utili) in tutta Italia sono stati utilizzati per il servizio di pulizia delle scuole per sopperire alla carenza del personale ATA, percependo compensi in termini di sussidi, e non di stipendi, con i relativi svantaggi in termini contributivi;
nel 2001 gli ex LSU sono stati assunti a tempo indeterminato, ma continuano a vivere la condizione di precarietà derivante dalla necessità di continue proroghe dei contratti tra il Ministero e le ditte, dai relativi passaggi di cantiere fra le ditte che si succedono e dalla insicurezza della retribuzione;
gran parte di questi lavoratori subiscono ingenti ritardi nel pagamento del compenso o ricevono esclusivamente degli acconti sugli stipendi, a causa dei mancati o tardivi finanziamenti statali;
già nel 2003 fu avanzata, senza successo, una proposta di riservare il 30 per cento dei posti vacanti ATA agli LSU;
i presidi dell'Associazione nazionale quadri amministrazioni pubbliche hanno formulato un'ipotesi di risparmio di risorse pubbliche, secondo cui le ditte che forniscono i servizi percepiscono circa 370 mila euro annui per 13.600 ex LSU in Italia e che, se tali lavoratori venissero assunti direttamente come personale ATA, lo Stato risparmierebbe 75 mila euro annui;
si tratta di lavoratori e lavoratrici che rappresentano una forza lavoro fondamentale per il mantenimento delle condizioni igienico sanitarie dei nostri istituti scolastici, senza le quali sarebbe difficile immaginare il mantenimento dei servizi in uso ai nostri studenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare una soluzione alla drammatica condizione di precarietà dei lavoratori ex LSU, in termini di stabilizzazione o di assunzione diretta in qualità di personale ATA, al fine di sanare l'ingiusta e incerta collocazione occupazionale di migliaia di persone in tutto il Paese e per evitare che questa problematicità, di fatto, si traduca in un abbassamento degli standard minimi di efficienza, igiene e qualità degli istituti scolastici pubblici italiani.
9/4086/82. (Testo modificato nel corso della seduta).Nunzio Francesco Testa, Ria.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame contiene una serie di disposizioni volte a introdurre misure urgenti e di sostegno alle imprese e alle famiglie;
l'iscrizione alle liste di mobilità senza indennità di cui all'articolo 6 della legge n. 223 del 1991 è prevista per i dipendenti licenziati o messi in mobilità da datori di lavoro imprenditori con più di 15 dipendenti e poi estesa dall'articolo 4, della legge n. 236 del 1993 ai lavoratori licenziati da imprese, anche artigiane o cooperative di produzione e lavoro, che occupano anche meno di quindici dipendenti, per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro;
la definizione di imprenditore non comprende le associazioni politiche o i sindacati, il volontariato, e gli studi professionali, anche in forma associata, a meno che non siano equiparati ad un'azienda, per numero di dipendenti. Esiste una disparità di trattamento, dunque, tra chi lavora in azienda e chi in studi professionali, associazioni o Onlus;
la legislazione statale riconosce sgravi fiscali solo a chi assume persone in mobilità, di conseguenza i dipendenti di studi professionali che insieme a chi ha lavorato per associazioni o Onlus non si possono iscrivere alle liste di mobilità, se licenziati per giusta causa, rischiano di non essere convenienti per le aziende;
la regione Veneto, con delibera di giunta n. 1109 del 22 marzo 2010, ha deliberato l'iscrizione dei lavoratori dipendenti di datori di lavoro non imprenditori nelle liste di mobilità senza indennità;
si è determinata in tal modo una disparità di trattamento che ha generato licenziati di serie A e di serie B; il Veneto si è adeguato e ha reso possibile l'iscrizione anche ai lavoratori licenziati degli studi professionali, le altre regioni ancora non hanno risolto il problema,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative atte a garantire un'interpretazione chiara, uniforme e oggettiva della norma in oggetto e tale da impedire disparità di trattamento tra lavoratori licenziati nella stessa posizione ma appartenenti a regioni diverse.
9/4086/83. Poli, Galletti, Ruggeri.

La Camera,
premesso che:
con il decreto dei Ministero dell'istruzione, università e ricerca n. 42 dell'8 aprile 2009, nonché con la legge 24 novembre 2009, n. 167, si dispone l'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento dei docenti precari;
all'aggiornamento delle graduatorie è condizionata la sorte di quei docenti appartenenti alle categorie protette, tutelate dalla legge n. 68 del 1999 (invalidi civili, del lavoro, orfani e coniugi superstiti di deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio e altre categorie riportate nell'allegato 5 al decreto ministeriale 42 dell'8 aprile 2009), poiché il Miur, a differenza delle altre pubbliche amministrazioni, consente di dichiarare l'appartenenza alla categoria dei riservisti solo in concomitanza dell'aggiornamento delle graduatorie;
il Miur concede solo 30 giorni ogni biennio per poter dichiarare alcune situazioni invalidanti o di svantaggio sociale che, invece, non hanno scadenza, mentre in altri ambiti lavorativi è sempre possibile aggiornare eventuali diritti acquisiti;
il decreto-legge in esame, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie prevedeva, all'articolo 2, comma 4-novies, del testo approvato dal Senato una proroga del termine di efficacia delle graduatorie provinciali dei docenti fino al 31 agosto 2012;
tale proroga comporta il «congelamento» delle suddette graduatorie, impedendone l'aggiornamento fino a tale data, e quindi produce un gravissimo danno nei confronti dei docenti precari in attesa di poter dichiarare i titoli di riserva acquisiti o riconosciuti nel periodo successivo all'ultimo aggiornamento;
qualora si procedesse al suddetto congelamento le eventuali prossime stipule di contratti a tempo determinato e indeterminato presenterebbero profili di illegittimità, poiché il computo delle quote di riserva spettanti risulterebbe calcolato sulla base di graduatorie che non riconoscono lo status di riservista a docenti che in realtà e di diritto lo possiedono,

impegna il Governo

ad attuare opportune iniziative affinché venga tutelato il diritto di accesso al lavoro dei docenti appartenenti alle categorie protette, già segnate da condizioni di salute, familiari o sociali per nulla piacevoli o vantaggiose.
9/4086/84. Ria, Delfino, Capitanio Santolini.

La Camera,
premesso che:
si sta progressivamente aggravando la vicenda legata al riconoscimento dei benefici previdenziali per l'esposizione all'amianto;
è urgente risolvere la situazione che riguarda numerosi operai dell'Ansaldo di Genova a cui è stata revocata o non riconosciuta la prestazione pensionistica e che ora si ritrovano così senza posto di lavoro e senza pensione;
a questi si potrebbero poi aggiungere nelle prossime settimane altre decine di lavoratori ai quali scade la mobilità, e ai quali è stata revocata la certificazione di esposizione all'amianto, e che quindi non possono accedere alla pensione e non hanno il posto di lavoro;
un'altra vicenda riguarda migliaia di lavoratori attualmente in servizio, dall'ILVA, all'Ansaldo ad ex Italimpianti e non solo, a cui l'INAIL ha disdetto la certificazione di esposizione all'amianto già dallo stesso Istituto rilasciata in anni precedenti e ai quali viene negato il diritto di andare in pensione usufruendo dei benefici previdenziali;
si registrano numerose sentenze di tribunali diversi e altrettanti pareri di esperti nominati sempre dalle Corti che dimostrano come per le aziende, nei reparti e per le mansioni in cui viene revocata la certificazione di esposizione all'amianto, la magistratura giudicante ha confermato i diritti dei lavoratori,

impegna il Governo

a tenere conto del quadro giurisprudenziale esistente ai fini delle verifiche poste in atto dall'INAIL e a verificare la possibilità di utilizzare la mobilità in deroga per far fronte nell'immediato a tutti quei casi in cui i lavoratori si trovano senza nessun sostegno al reddito.
9/4086/85. Mondello.

La Camera,
premesso che:
il Fondo unico per lo spettacolo è stato istituito dalla legge n. 163 del 1985, nell'intento di porre fine alla frammentazione dell'intervento statale e alla conseguente, pressoché annuale, approvazione di apposite leggi di finanziamento;
la Legge di stabilità per il 2011 prevede uno stanziamento per il Fondo unico per lo spettacolo pari a 258.610.000 euro e di 262.465.000 euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013;
nel 2010 i fondi del FUS erano pari a 414 milioni, messi a disposizione per lo spettacolo, somma inferiore di quanto la Francia spende solo per il settore cinema;
dopo aver promesso nuove risorse, il comma 12-novies dell'articolo 2 del provvedimento ha integrato l'ammontare del Fondo unico per lo spettacolo di soli 15 milioni di euro per il 2011 e per le esigenze delle sole fondazioni lirico-sinfoniche, ad esclusione delle fondazioni cui fa riferimento il successivo comma 16-quinquies;
il ministro per i beni e le attività culturali ha dichiarato di condividere «pienamente la preoccupazione espressa da più parti riguardo la situazione del Fondo unico per lo spettacolo»;
dal primo luglio e fino al 31 dicembre 2013, intanto, il costo dei film nelle sale, ad esclusione delle sale parrocchiali, sarà incrementato di un euro, per finanziare le agevolazioni fiscali nel settore della produzione cinematografica previste dal provvedimento, rincaro che cadrà sulle spalle dei cittadini,

impegna il Governo

a procedere in tempi brevi ad una integrazione del Fondo unico per lo spettacolo, così come promesso in più di una occasione, non limitandosi ad interventi mirati e circoscritti a settori specifici, al fine di porre il settore dello spettacolo nelle condizioni di poter operare proficuamente.
9/4086/86. Capitanio Santolini, Buttiglione, Enzo Carra.

La Camera,
premesso che:
il Fondo unico per lo spettacolo è stato istituito dalla legge n. 163 del 1985, nell'intento di porre fine alla frammentazione dell'intervento statale e alla conseguente, pressoché annuale, approvazione di apposite leggi di finanziamento;
la Legge di stabilità per il 2011 prevede uno stanziamento per il Fondo unico per lo spettacolo pari a 258.610.000 euro e di 262.465.000 euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013;
nel 2010 i fondi del FUS erano pari a 414 milioni, messi a disposizione per lo spettacolo, somma inferiore di quanto la Francia spende solo per il settore cinema;
dopo aver promesso nuove risorse, il comma 12-novies dell'articolo 2 del provvedimento ha integrato l'ammontare del Fondo unico per lo spettacolo di soli 15 milioni di euro per il 2011 e per le esigenze delle sole fondazioni lirico-sinfoniche, ad esclusione delle fondazioni cui fa riferimento il successivo comma 16-quinquies;
il ministro per i beni e le attività culturali ha dichiarato di condividere «pienamente la preoccupazione espressa da più parti riguardo la situazione del Fondo unico per lo spettacolo»;
dal primo luglio e fino al 31 dicembre 2013, intanto, il costo dei film nelle sale, ad esclusione delle sale parrocchiali, sarà incrementato di un euro, per finanziare le agevolazioni fiscali nel settore della produzione cinematografica previste dal provvedimento, rincaro che cadrà sulle spalle dei cittadini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere in tempi brevi ad una integrazione del Fondo unico per lo spettacolo, così come promesso in più di una occasione, non limitandosi ad interventi mirati e circoscritti a settori specifici, al fine di porre il settore dello spettacolo nelle condizioni di poter operare proficuamente.
9/4086/86. (Testo modificato nel corso della seduta).Capitanio Santolini, Buttiglione, Enzo Carra.

La Camera,
premesso che:
il comma 4 dell'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, pone un limite, nella misura del 3,2 per cento agli aumenti retributivi determinati dai rinnovi contrattuali del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009 e ai miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico; tale limite non si applica al comparto sicurezza-difesa e ai vigili del fuoco;
questa disposizione normativa, che colpisce anche il personale della carriera prefettizia, si risolve in termini retributivi, per tale categoria, in una perdita media pro-capite di oltre 4.000 euro lordi l'anno, per un totale pro-capite fino a oggi di quasi 13.000 euro lordi in meno e di oltre 17.000 euro al 31 dicembre 2011, ripercuotendosi inoltre negativamente sul trattamento di fine rapporto, disciplinato per la stragrande maggioranza del personale interessato dai sistemi misto retributivo-contributivo o contributivo «puro», come noto assai penalizzanti rispetto al precedente retributivo «puro»;
il comma 21 del citato articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010 dispone che «Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici.»;
nel corso dei triennio 2011-2013 e per l'intera durata dello stesso, i viceprefetti aggiunti e i viceprefetti - rispettivamente promossi a viceprefetto e nominati prefetto (già con decorrenza 1o gennaio 2011) nel medesimo periodo - non percepiranno alcun aumento di retribuzione in conseguenza della progressione di carriera ma continueranno a percepire gli emolumenti della qualifica originaria;
ciò si tradurrà, con riferimento alle vigenti retribuzioni complessive, in perdite secche medie pro-capite oscillanti: per i primi (viceprefetti aggiunti promossi viceprefetto), da un minimo di 20.483,90 a un massimo di 33.453,50 euro lordi l'anno, equivalenti a una decurtazione della retribuzione complessiva che loro spetterebbe compresa, mediamente, tra il 24,55 per cento e il 36,96 per cento; per i secondi (viceprefetti nominati prefetto), indennità di pubblica sicurezza inclusa, da un minimo di 44.998,64 a un massimo di 68.440,74 euro lordi l'anno, equivalenti a una decurtazione della retribuzione complessiva che loro spetterebbe compresa, mediamente, tra il 33,29 per cento e il 45,07 per cento;
se si considera il solo stipendio tabellare, al netto cioè del trattamento accessorio, per i viceprefetti aggiunti promossi viceprefetto e per i viceprefetti nominati prefetto si tratta, rispettivamente, di 16.932,00 e 30.851,00 euro lordi l'anno in meno pro-capite;
tali decurtazioni si rifletteranno pesantemente anche sui futuri trattamenti pensionistici cui si è accennato in precedenza,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di applicare anche alla categoria prefettizia la deroga al limite del 3,25 per gli aumenti retributivi nel biennio 2008-2009, già prevista per il comparto sicurezza-difesa e per il Corpo dei vigili del fuoco, strutture entrambe affidate proprio alla direzione di vertice dei prefetti.
9/4086/87. Tassone, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
secondo l'OCSE la pressione fiscale è cresciuta, nel nostro Paese e in rapporto al PIL, nel periodo 1990-2008, dal 2,9 per cento al 16,1 per cento mentre nello stesso periodo in Europa la media è stata del 12,4 per cento, senza contare anche l'aumento della pressione fiscale che sarà determinato dall'attuazione del federalismo municipale;
contrariamente a quanto promesso dal Governo, non vi è stato un solo provvedimento, negli ultimi mesi, con il quale non siano state messe le proverbiali mani nelle tasche degli italiani e anche il decreto-legge milleproroghe, non fa eccezione;
molte delle misure contenute nel decreto-legge si contrappongono alla filosofia federalista cui il Governo dice di ispirarsi come la norma contenuta all'articolo 2 comma 2-bis che prevede la possibilità per le regioni di istituire nuove tasse sulle calamità naturali;
si tratta di una misura che penalizzerà ulteriormente le popolazioni già colpite dal dramma di una calamità naturale che potrebbero dunque vedere aumentati subito tutti i tributi, tutti i contributi e tutte le accise disponibili;
la tassa sulle calamità si configura come una vera e propria stangata fiscale, aumenta il prelievo fiscale e segna la fine del principio di solidarietà in quanto aumentando le addizionali, che sono direttamente proporzionati alla base economica, la norma consentirà ai territori ricchi di poter far fronte alle proprie difficoltà mentre i territori deboli saranno ancor più puniti;
la frustata all'economia annunciata dal Presidente del Consiglio dei ministri pochi giorni fa, si è tradotta con questo provvedimento in una serie di misure che aumenteranno la pressione fiscale per i cittadini italiani;
si tratta di un provvedimento che non ha alcun filo conduttore, che non ha alcun respiro e senza norme capaci di stimolare la crescita e di cogliere la sfida che proprio la crisi sta rivolgendo al nostro Paese e all'Europa intera, mentre vi sono altri paesi europei che producono norme, leggi e interventi di Governo di grande diversità rispetto al tenore del provvedimento che oggi discutiamo,

impegna il Governo

a procedere in tempi brevi alla realizzazione di riforme strutturali nel campo delle liberalizzazioni, della semplificazione, e a varare strumenti idonei ad agevolare l'innovazione e la ricerca al fine di consentire al sistema Paese di cogliere le prossime opportunità di ripresa economica ed assorbire la disoccupazione cresciuta in questi ultimi due anni.
9/4086/88. Occhiuto, Galletti, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
secondo l'OCSE la pressione fiscale è cresciuta, nel nostro Paese e in rapporto al PIL, nel periodo 1990-2008, dal 2,9 per cento al 16,1 per cento mentre nello stesso periodo in Europa la media è stata del 12,4 per cento, senza contare anche l'aumento della pressione fiscale che sarà determinato dall'attuazione del federalismo municipale;
contrariamente a quanto promesso dal Governo, non vi è stato un solo provvedimento, negli ultimi mesi, con il quale non siano state messe le proverbiali mani nelle tasche degli italiani e anche il decreto-legge milleproroghe, non fa eccezione;
molte delle misure contenute nel decreto-legge si contrappongono alla filosofia federalista cui il Governo dice di ispirarsi come la norma contenuta all'articolo 2 comma 2-bis che prevede la possibilità per le regioni di istituire nuove tasse sulle calamità naturali;
si tratta di una misura che penalizzerà ulteriormente le popolazioni già colpite dal dramma di una calamità naturale che potrebbero dunque vedere aumentati subito tutti i tributi, tutti i contributi e tutte le accise disponibili;
la tassa sulle calamità si configura come una vera e propria stangata fiscale, aumenta il prelievo fiscale e segna la fine del principio di solidarietà in quanto aumentando le addizionali, che sono direttamente proporzionati alla base economica, la norma consentirà ai territori ricchi di poter far fronte alle proprie difficoltà mentre i territori deboli saranno ancor più puniti;
la frustata all'economia annunciata dal Presidente del Consiglio dei ministri pochi giorni fa, si è tradotta con questo provvedimento in una serie di misure che aumenteranno la pressione fiscale per i cittadini italiani;
si tratta di un provvedimento che non ha alcun filo conduttore, che non ha alcun respiro e senza norme capaci di stimolare la crescita e di cogliere la sfida che proprio la crisi sta rivolgendo al nostro Paese e all'Europa intera, mentre vi sono altri paesi europei che producono norme, leggi e interventi di Governo di grande diversità rispetto al tenore del provvedimento che oggi discutiamo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere in tempi brevi alla realizzazione di riforme strutturali nel campo delle liberalizzazioni, della semplificazione, e a varare strumenti idonei ad agevolare l'innovazione e la ricerca al fine di consentire al sistema Paese di cogliere le prossime opportunità di ripresa economica ed assorbire la disoccupazione cresciuta in questi ultimi due anni.
9/4086/88. (Testo modificato nel corso della seduta).Occhiuto, Galletti, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 4-quaterdecies del provvedimento in esame dispone una proroga al 31 dicembre 2011 per la sottoscrizione dei contratti relativi ai servizi di trasporto ferroviario di interesse nazionale soggetti agli obblighi di servizio pubblico;
sempre il citato comma del provvedimento in esame nelle more della stipula dei nuovi contratti di servizio, autorizza il Ministero dell'economia a corrispondere ugualmente alla società Trenitalia Spa le somme previste per gli anni 2009-2010 in relazione agli obblighi di servizio pubblico;
secondo la disciplina prevista ai sensi dell'articolo 38, comma 2, della legge n. 166 del 2002 i contratti di servizio in questione devono essere sottoscritti almeno 3 mesi prima della loro entrata in vigore;
i contratti in commento sono stipulati dal Ministero delle infrastrutture e trasporti di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e dalla società Trenitalia Spa;
ad oggi non risulta essere stato sottoscritto il contratto di servizio di trasporto ferroviario di interesse nazionale sia passeggeri che merci, relativamente al periodo 2009-2014, e che questa situazione crea una notevole difficoltà nell'attuazione delle scelte strategiche da attuare e la programmazione da svolgere in un settore fondamentale per l'assetto dell'intero sistema trasportistico nazionale;
a fronte di una continua e costante crescita della rete di servizio dell'Alta Velocità, negli ultimi anni si è registrato invero un sostanziale calo di investimenti e di efficienza del servizio di trasporto ferroviario regionale e locale, dove a fronte di una sempre maggiore richiesta di domanda si prospetta invece una complessiva diminuzione dell'offerta che andrà a gravare su un settore già in profonda crisi e a penalizzare ancor di più le fasce più deboli dei cittadini,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché nel più breve tempo possibile si possa giungere alla stipula dei nuovi contratti di servizio di trasporto ferroviario di interesse nazionale e a prevedere all'interno misure volte a sostenere interventi strutturali per il potenziamento del trasporto ferroviario regionale, in particolare per le realtà più disagiate del Mezzogiorno d'Italia.
9/4086/89. Mereu, Compagnon, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 4-quaterdecies del provvedimento in esame dispone una proroga al 31 dicembre 2011 per la sottoscrizione dei contratti relativi ai servizi di trasporto ferroviario di interesse nazionale soggetti agli obblighi di servizio pubblico;
sempre il citato comma del provvedimento in esame nelle more della stipula dei nuovi contratti di servizio, autorizza il Ministero dell'economia a corrispondere ugualmente alla società Trenitalia Spa le somme previste per gli anni 2009-2010 in relazione agli obblighi di servizio pubblico;
secondo la disciplina prevista ai sensi dell'articolo 38, comma 2, della legge n. 166 del 2002 i contratti di servizio in questione devono essere sottoscritti almeno 3 mesi prima della loro entrata in vigore;
i contratti in commento sono stipulati dal Ministero delle infrastrutture e trasporti di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e dalla società Trenitalia Spa;
ad oggi non risulta essere stato sottoscritto il contratto di servizio di trasporto ferroviario di interesse nazionale sia passeggeri che merci, relativamente al periodo 2009-2014, e che questa situazione crea una notevole difficoltà nell'attuazione delle scelte strategiche da attuare e la programmazione da svolgere in un settore fondamentale per l'assetto dell'intero sistema trasportistico nazionale;
a fronte di una continua e costante crescita della rete di servizio dell'Alta Velocità, negli ultimi anni si è registrato invero un sostanziale calo di investimenti e di efficienza del servizio di trasporto ferroviario regionale e locale, dove a fronte di una sempre maggiore richiesta di domanda si prospetta invece una complessiva diminuzione dell'offerta che andrà a gravare su un settore già in profonda crisi e a penalizzare ancor di più le fasce più deboli dei cittadini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivarsi affinché nel più breve tempo possibile si possa giungere alla stipula dei nuovi contratti di servizio di trasporto ferroviario di interesse nazionale e a prevedere all'interno misure volte a sostenere interventi strutturali per il potenziamento del trasporto ferroviario regionale, in particolare per le realtà più disagiate del Mezzogiorno d'Italia.
9/4086/89. (Testo modificato nel corso della seduta).Mereu, Compagnon, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
non è stato dato sino ad ora seguito a quanto disposto dal comma 5 dell'articolo 8 del decreto legislativo 21 dicembre 1999 n. 517;
il personale socio-sanitario, tecnico ed amministrativo degli ex Policlinici universitari attende da oltre 10 anni una definizione della propria posizione;
per quanto riguarda gli oneri di competenza il successivo decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 ha disciplinato la materia relativamente alla utilizzazione ed al rimborso degli oneri relativi al trattamento fondamentale anche di detto personale, disponendo che «in tutti i casi, anche se previsti da normative speciali, nei quali enti pubblici territoriali, enti non economici o altre amministrazioni pubbliche dotate di autonomia finanziaria sono tenute ad autorizzare la utilizzazione da parte di altre pubbliche amministrazioni di proprio personale in posizione di comando, di fuori ruolo o in altra analoga posizione, l'amministrazione che utilizza il personale rimborsa all'amministrazione di appartenenza l'onere relativo al trattamento fondamentale», cosicché dell'originario comma 5 articolo 8 del decreto legislativo n. 517 del 1999 rimane inattuata la parte relativa al trasferimento, dovendo le aziende ospedaliere-universitarie rimborsare gli oneri relativi al trattamento fondamentale alle università dalla data di formalizzazione da parte dell'università dell'assegnazione funzionale del suddetto personale alle aziende ospedaliere-universitarie, avvenuta negli anni 2002-2003;
è urgente procedere alla definizione della posizione giuridica di tale personale anche per poter formulare le piante organiche aziendali, in particolare nelle regioni che hanno in atto piani di rientro,

impegna il Governo

a dare immediata attuazione al comma 5 dell'articolo 8 del decreto legislativo 21 dicembre 1999 n. 517 nella parte in proroga di efficacia, in quanto non ancora attuata, relativamente alle procedure concernenti il trasferimento del personale non docente alle aziende, dando ai dipendenti delle università assegnati funzionalmente agli ex-Policlinici universitari l'opzione fra trasferimento di detto personale a tutti gli effetti nelle aziende ospedaliere-universitarie o permanenza nei ruoli universitari e conferma dell'assegnazione funzionale alle aziende con rimborso alle università degli oneri relativi al trattamento fondamentale.
9/4086/90. Lusetti, Capitanio Santolini, Enzo Carra.

La Camera,
premesso che:
non è stato dato sino ad ora seguito a quanto disposto dal comma 5 dell'articolo 8 del decreto legislativo 21 dicembre 1999 n. 517;
il personale socio-sanitario, tecnico ed amministrativo degli ex Policlinici universitari attende da oltre 10 anni una definizione della propria posizione;
per quanto riguarda gli oneri di competenza il successivo decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 ha disciplinato la materia relativamente alla utilizzazione ed al rimborso degli oneri relativi al trattamento fondamentale anche di detto personale, disponendo che «in tutti i casi, anche se previsti da normative speciali, nei quali enti pubblici territoriali, enti non economici o altre amministrazioni pubbliche dotate di autonomia finanziaria sono tenute ad autorizzare la utilizzazione da parte di altre pubbliche amministrazioni di proprio personale in posizione di comando, di fuori ruolo o in altra analoga posizione, l'amministrazione che utilizza il personale rimborsa all'amministrazione di appartenenza l'onere relativo al trattamento fondamentale», cosicché dell'originario comma 5 articolo 8 del decreto legislativo n. 517 del 1999 rimane inattuata la parte relativa al trasferimento, dovendo le aziende ospedaliere-universitarie rimborsare gli oneri relativi al trattamento fondamentale alle università dalla data di formalizzazione da parte dell'università dell'assegnazione funzionale del suddetto personale alle aziende ospedaliere-universitarie, avvenuta negli anni 2002-2003;
è urgente procedere alla definizione della posizione giuridica di tale personale anche per poter formulare le piante organiche aziendali, in particolare nelle regioni che hanno in atto piani di rientro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare immediata attuazione al comma 5 dell'articolo 8 del decreto legislativo 21 dicembre 1999 n. 517 nella parte in proroga di efficacia, in quanto non ancora attuata, relativamente alle procedure concernenti il trasferimento del personale non docente alle aziende, dando ai dipendenti delle università assegnati funzionalmente agli ex-Policlinici universitari l'opzione fra trasferimento di detto personale a tutti gli effetti nelle aziende ospedaliere-universitarie o permanenza nei ruoli universitari e conferma dell'assegnazione funzionale alle aziende con rimborso alle università degli oneri relativi al trattamento fondamentale.
9/4086/90. (Testo modificato nel corso della seduta).Lusetti, Capitanio Santolini, Enzo Carra.

La Camera,
premesso che:
in data 28 gennaio 2011 il Governo ha approvato uno schema di decreto legislativo che regola l'accesso al pensionamento anticipato per lavoratori con mansioni particolarmente faticose, in attuazione della delega conferita al Governo dalla legge n. 183 del 2010;
sul testo verranno sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, quindi verrà trasmesso alla Conferenza Stato-regioni ed alle Commissioni parlamentari competenti;
nel decreto 11 agosto 1993 n. 374 venivano riconosciuti i marittimi imbarcati a bordo come categoria usurante. Il nuovo decreto che fa riferimento all'articolo 2 del decreto del 4 agosto 1999 che individua le mansioni particolarmente usuranti, con i conseguenti benefici pensionistici, ha, inspiegabilmente, ignorato i marittimi;
non è possibile escludere la categoria dei marittimi imbarcati da quelle considerate usuranti visto che:
lavorano a qualsiasi ora, per intere notti, e sono a rischio insonnia, ansia e tutte le patologie che crea la mancanza di un riposo dovuto e sano,
lavorano in condizioni meteo avverse, freddo, pioggia, neve con temperature basse o alte tali da compromettere lo stato fisico del lavoratore marittimo provocando dolori articolari, sinusiti, cervicale, febbre ecc.,
lavorano a contatto di prodotti pericolosi di ogni genere ed esposti ai pericoli di intossicazione e radioattive,
lavorano approdando in zone a rischio malattie contagiose come colera, febbre gialla ecc.,
con la modernizzazione e la velocizzazione delle filiere di carico e scarico dei porti, i marittimi sono sottoposti a stress, che è la malattia professionale principe, che sfocia poi in patologie del tipo: ictus, infarti, ecc. come da indagini effettuate,
inoltre, a tutto questo, si aggiungono fattori dovuti allo stato delle navi, cioè: vibrazioni, rumori, ventilazione forzata interna, amianto; la navigazione in acque a rischio pirateria (fenomeno fortemente in aumento) e non ultima la lontananza dalla famiglia, per un lungo periodo;
questo richiede un impegno psico-fisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti da misure idonee,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di includere la categoria dei marittimi imbarcati nella tabella dei lavori usuranti come era previsto dal decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374.
9/4086/91. Anna Teresa Formisano, Mondello, Nunzio Francesco Testa, Mereu.

La Camera,
premesso che:
non sembra ancora profilarsi una soluzione alla problematica del riconoscimento dei benefici previdenziali ai lavoratori marittimi per esposizione all'amianto, nonostante che la legge 24 novembre 2003, n. 326, riconosca anche al personale marittimo esposto a fibre di amianto per un decennio, il diritto alla concessione dei benefici previdenziali;
l'articolo 1 della Legge finanziaria per l'anno 2006, (legge n. 266 del 2005) ha trasferito all'IPSEMA la competenza relativa all'accertamento ed alla conseguente certificazione dell'esposizione all'amianto dei lavoratori marittimi ai fini della concessione del beneficio previdenziale ex decreto-legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003;
è in tal modo avvenuto il trasferimento delle istanze che ammontano a 29.550, da INAIL ad IPSEMA, l'istituto di previdenza per il settore marittimo a cui compete il riconoscimento dei benefici. Di tutte queste istanze presentate al novembre 2008 solo 300 erano munite di curriculum lavorativo rilasciato dal datore di lavoro, indispensabile per il riconoscimento, e la stragrande maggioranza delle domande risulta improcedibile perché manca la documentazione curricolare richiesta alla categoria;
ai lavoratori marittimi, che sono stati i più esposti all'amianto, vengono rigettate le domande perché hanno difficoltà a ricostruire la propria vita lavorativa a causa del particolare ambiente di lavoro (ad esempio il luogo e il rapporto di lavoro spesso cambia, la residenza è diversa dal compartimento marittimo e alcune compagnie non esistono o sono estese e pertanto difficili da contattare). Si tratta secondo l'interrogante di una vera ingiustizia poiché ad oggi non hanno avuto alcun tipo di riconoscimento, né alcun diritto alla concessione dei benefici previdenziali. Dall'incontro avuto con i dirigenti dell'associazione U.S.C.L.A.C. (Unione Sindacale Capitani Lungo Corso al Comando) nella persona del comandante Antonino Nobile i sottoscrittori hanno appreso le difficoltà che i marittimi hanno nel ricostruire il curriculum lavorativo, ed hanno altresì avuto notizia delle iniziative parlamentari che sono state assunte nel passato per risolvere alcune delle problematiche che l'applicazione della disciplina vigente comporta,

impegna il Governo

ad assumere urgentemente iniziative normative dirette a modificare la disciplina contenuta nel decreto ministeriale 27 ottobre 2004, stabilendo che possano essere considerati l'estratto matricolare o la fotocopia del libretto di navigazione, documenti probanti di presunta esposizione all'amianto da parte del marittimo.
9/4086/92. Pezzotta, Mondello, Anna Teresa Formisano, Poli, Nunzio Francesco Testa, Mereu.

La Camera,
premesso che:
non sembra ancora profilarsi una soluzione alla problematica del riconoscimento dei benefici previdenziali ai lavoratori marittimi per esposizione all'amianto, nonostante che la legge 24 novembre 2003, n. 326, riconosca anche al personale marittimo esposto a fibre di amianto per un decennio, il diritto alla concessione dei benefici previdenziali;
l'articolo 1 della Legge finanziaria per l'anno 2006, (legge n. 266 del 2005) ha trasferito all'IPSEMA la competenza relativa all'accertamento ed alla conseguente certificazione dell'esposizione all'amianto dei lavoratori marittimi ai fini della concessione del beneficio previdenziale ex decreto-legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003;
è in tal modo avvenuto il trasferimento delle istanze che ammontano a 29.550, da INAIL ad IPSEMA, l'istituto di previdenza per il settore marittimo a cui compete il riconoscimento dei benefici. Di tutte queste istanze presentate al novembre 2008 solo 300 erano munite di curriculum lavorativo rilasciato dal datore di lavoro, indispensabile per il riconoscimento, e la stragrande maggioranza delle domande risulta improcedibile perché manca la documentazione curricolare richiesta alla categoria;
ai lavoratori marittimi, che sono stati i più esposti all'amianto, vengono rigettate le domande perché hanno difficoltà a ricostruire la propria vita lavorativa a causa del particolare ambiente di lavoro (ad esempio il luogo e il rapporto di lavoro spesso cambia, la residenza è diversa dal compartimento marittimo e alcune compagnie non esistono o sono estese e pertanto difficili da contattare). Si tratta secondo l'interrogante di una vera ingiustizia poiché ad oggi non hanno avuto alcun tipo di riconoscimento, né alcun diritto alla concessione dei benefici previdenziali. Dall'incontro avuto con i dirigenti dell'associazione U.S.C.L.A.C. (Unione Sindacale Capitani Lungo Corso al Comando) nella persona del comandante Antonino Nobile i sottoscrittori hanno appreso le difficoltà che i marittimi hanno nel ricostruire il curriculum lavorativo, ed hanno altresì avuto notizia delle iniziative parlamentari che sono state assunte nel passato per risolvere alcune delle problematiche che l'applicazione della disciplina vigente comporta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere urgentemente iniziative normative dirette a modificare la disciplina contenuta nel decreto ministeriale 27 ottobre 2004, stabilendo che possano essere considerati l'estratto matricolare o la fotocopia del libretto di navigazione, documenti probanti di presunta esposizione all'amianto da parte del marittimo.
9/4086/92. (Testo modificato nel corso della seduta).Pezzotta, Mondello, Anna Teresa Formisano, Poli, Nunzio Francesco Testa, Mereu.

La Camera,
premesso che:
nelle disposizioni recate dal comma 61 dell'articolo 2, in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente con l'articolo 2935 del codice civile, si prevede che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa;
per effetto di tale norma, che stravolge la sentenza della Cassazione (n. 24418 del 2 dicembre 2010) che aveva sancito definitivamente il diritto dei correntisti a farsi restituire tutte le somme illegittimamente addebitate dalle banche su conti correnti tutelando le vittime dell'anatocismo, moltissime aziende rischiano il fallimento e i cittadini di perdere denaro e cause già avviate e dove si aveva la certezza della vittoria;
la citata sentenza della Cassazione aveva affermato il principio della prescrizione decennale per richiedere la restituzione degli interessi sugli interessi ingiustamente pretesi dalle banche, a partire dal giorno della chiusura del conto corrente. Con il decreto-legge in esame, invece, si sancisce l'impossibilità di pretesa per tutti i riconoscimenti maturati prima del 2000, cancellando di fatto tutte le sentenze di restituzione degli interessi da parte delle banche tra il 1990 e il 2000;
la modifica introdotta dal Governo precisa solo che si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere la disposizione richiamata in premessa, che stravolge la sentenza della Cassazione che aveva sancito definitivamente il diritto dei correntisti (imprese e cittadini comuni) a farsi restituire tutte le somme illegittimamente addebitate dalle banche su conti correnti tutelando le vittime dell'anatocismo.
9/4086/93. Ciccanti, Mereu.

La Camera,
premesso che:
la Direttiva Servizi (Bolkestein) prevede autorizzazioni temporanee per il prestatore interessato a far circolare un proprio servizio, mentre prevede la necessità di ricorrere al sistema dell'automatico rinnovo laddove il prestatore voglia e abbia bisogno di certezza del lungo termine al fine di stabilire in modo stabile e duraturo la propria impresa;
sono circa trentamila le imprese che operano su pubblico demanio offrendo i servizi per la balneazione che, sia quantitativamente che qualitativamente, costituiscono il fattore decisivo per la competitività internazionale del settore balneare;
il balneare è il primo prodotto turistico italiano che raccoglie oltre un terzo delle presenze complessive costituendo addirittura il 52,3 per cento della vacanza principale per cui le vacanze sono concepite, sostanzialmente e unanimemente, come mare;
il settore sta attraversando una situazione di paralisi negli investimenti e un vuoto di prospettiva per la mancata soluzione normativa della durata dei titoli concessori a seguito dell'abrogazione del rinnovo automatico degli stessi ex articolo 1 comma 18 della legge 26 febbraio 2010, n. 25, che, quindi, ha minato la competitività del turismo italiano proprio in una fase assai delicata della congiuntura internazionale;
il cambiamento normativo riguardante le concessioni rischia di compromettere il lavoro di generazioni e di imprese che hanno vissuto e vivono di questo settore direttamente ed indirettamente per cui appare opportuno e necessario concedere un termine congruo all'interno di un provvedimento legislativo di riordino della materia, che dia tranquillità e certezza a chi negli anni ha investito in tale settore;
sarebbe stato opportuno altresì chiudere definitivamente la procedura d'infrazione CE sulle concessioni demaniali turistico-ricreative che, per altro, non comporta alcuna implicazione di natura economica nel bilancio dello Stato, anche in ordine ad alcune sentenze/ordinanze della giustizia amministrativa che mettono in discussione l'applicazione del comma 18, articolo 1, della legge n. 25 del 2010 che prevede la proroga delle concessioni vigenti fino al 31 dicembre 2015,

impegna il Governo

a procedere in tempi brevi all'emanazione di una disciplina che possa assicurare la certezza per gli investimenti e la sicurezza per la prosecuzione dell'attività per queste imprese;
a prevedere un meccanismo di determinazione dei canoni demaniali più equo anche in considerazione degli ingenti investimenti operati da queste imprese nel corso degli anni;
a favorire la chiusura della procedura d'infrazione CE sulle concessioni demaniali turistico-ricreative.
9/4086/94. Scanderebech, Galletti, Ciccanti, Mondello, Poli, Ruggeri, Mereu.

La Camera,
premesso che:
la riforma dell'OCM zucchero è stata adottata in sede europea il 20 febbraio 2006 con l'approvazione dei regolamenti n. 318, 319 e 320;
le nuove norme hanno inteso estendere al settore dello zucchero i principi e i meccanismi della riforma della politica agricola comune nonché rendere coerente la disciplina comunitaria con gli impegni assunti dall'Unione europea a livello internazionale;
per quanto attiene alla produzione saccarifera, l'adeguamento del sistema produttivo comunitario ai requisiti internazionali ha richiesto l'avvio di un profondo processo di ristrutturazione volto ad una drastica riduzione della produzione non redditizia;
a tale scopo con il regolamento 320/2006 è stato approvato un regime temporaneo di aiuti alla cessazione produttiva, da erogarsi per quattro campagne di commercializzazione. La decisione sulla concessione di tale aiuto è stata demandata ai singoli Stati membri;
allo scopo di ammortizzare gli effetti del processo di ristrutturazione avviato dal regolamento 320, e di compensare la significativa riduzione del prezzo di sostegno al mercato conseguente al regolamento 318, con l'approvazione del regolamento n. 319 il Consiglio ha definito il regime di sostegno del reddito da applicare al settore dello zucchero. Detto regolamento prevede anche una specifica forma di aiuto, per un massimo di cinque anni consecutivi, destinata ad ammortizzare gli effetti del processo di ristrutturazione negli Stati membri che hanno rinunciato ad almeno il 50 per cento della propria quota produttiva;
in Italia, la riforma ha avuto come conseguenza la riduzione della quota di produzione del 67 per cento, con la chiusura di 15 zuccherifici su 19;
per il 2007, la legge n. 296 del 2006 (Legge finanziaria 2007), all'articolo 1, comma 1063, ha disposto una autorizzazione di spesa, per il solo anno 2007, pari a 65,8 milioni di euro, quale stanziamento destinato al secondo dei cinque anni per i quali è concessa la erogazione di aiuti nazionali alla produzione bieticolo-saccarifera da parte delle norme comunitarie;
per il 2008, la legge n. 244 del 2007 (Legge finanziaria 2008), all'articolo 2, comma 122, ha previsto una autorizzazione di spesa, per il solo anno 2008, pari a 50 milioni di euro, quale stanziamento destinato al terzo dei cinque anni per i quali l'Unione europea consente che siano erogati aiuti nazionali alla produzione bieticolo-saccarifera;
nelle leggi finanziarie per il 2009 e per il 2010 non è stata invece inserita nessuna previsione di spesa finalizzata all'attuazione degli impegni sottoscritti con le parti interessate e la Commissione europea;
si rischia in tal modo una cessazione delle attività del settore, e una ennesima grave crisi industriale che coinvolgerebbe oltre 2000 dipendenti, 4 stabilimenti industriali ed oltre 10.000 imprese agricole;
il 12 maggio 2010, la Commissione Agricoltura ha approvato all'unanimità, con il parere favorevole del Governo, la risoluzione n. 7-00324, sottoscritta da tutti i gruppi;
in tale occasione, il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha annunciato di aver dato disposizioni per utilizzare immediatamente a tal fine 21 milioni di euro disponibili nel bilancio AGEA;
tuttavia sembrerebbe che non sia risultato possibile utilizzare in via amministrativa tali disponibilità, tanto che al Senato è stato presentato al decreto-legge n. 225 del 2010 (proroga termini) un emendamento volto a prevedere uno stanziamento di 21 milioni di euro, con copertura a valere sulle somme presenti sul bilancio di AGEA e non ancora erogate, assegnate all'AGEA stessa da diverse norme recanti interventi per il settore bieticolo-saccarifero;
tale emendamento non è stato approvato;
il 18 novembre 2010, come riportato sul sito del Ministero delle politiche agricole, il CIPE ha approvato la proposta di riparto del ministro Galan dei 100 milioni di euro destinati al settore agroalimentare nell'ambito del Fondo infrastrutture, ai sensi dell'articolo 2, comma 55, della legge n. 191 del 2009 (Finanziaria 2010). In particolare, è prevista la destinazione di 64 milioni di euro a copertura del fabbisogno per l'erogazione dell'aiuto nazionale alla quota zucchero prodotta in Italia nelle campagne di commercializzazione 2009/2010 e 2010/2011;
la relativa delibera del CIPE non risulta però ancora pubblicata,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative necessarie in grado di sopperire a questo ritardo, per dare fiducia ad un settore già fortemente ridimensionato che rappresenta uno dei settori di punta del comparto agroalimentare italiano.
9/4086/95. Galletti, Delfino, Libè.

La Camera,
premesso che:
il peso del dissesto idrogeologico per il nostro Paese è importante e impone a tutte le istituzioni decisioni responsabili e un'attenta valutazione delle situazioni di maggiore crisi;
al fine di scongiurare il verificarsi di tragedie umane come quelle che negli ultimi anni stanno interessando il nostro territorio, dove le frane, gli allagamenti e gli smottamenti connessi alle calamità meteoriche oltre a distruggere le opere presenti, provocano anche vittime, bisogna investire nelle azioni di prevenzione piuttosto che negli interventi di ripristino e risarcimento dei danni;
la messa a regime di un organico processo di prevenzione e la sua continuità nel tempo consentirà di ridurre al minimo gli effetti della mancata prevenzione nelle aree maggiormente esposte a rischio idrogeologico rispetto a quanto non sia stato possibile fare in passato, sia per carenza di fondi che per carenza di coordinamento nella programmazione degli interventi;
il Governo con l'ultima Legge finanziaria (articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009) ha stanziato risorse pari a 900 milioni di euro proprio per la realizzazione di piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico in tutto il territorio nazionale;
tale cifra costituisce l'intera dotazione di risorse assegnate per il risanamento ambientale dalla delibera CIPE del 6 novembre 2009 e il Governo ha deciso di destinarla completamente alla realizzazione degli interventi diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico;
la norma stabilisce che le risorse disponibili possono essere utilizzate anche tramite accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'Ambiente e nell'ambito del quale viene definita la quota di cofinanziamento regionale. Le risorse complessive, pari a 1.286,083 milioni di euro - comprensivi delle risorse a disposizione del Ministero per le annualità 2009 e 2010 -, sono state puntualmente programmate;
lo strumento dell'accordo di programma, utilizzato a tale scopo, consente di convogliare, all'interno di un unico piano coordinato, sia le risorse statali sia quelle regionali, evitando così duplicazioni di interventi e frammentazione della spesa, e di attivare processi che consentiranno una più rapida attuazione degli interventi ed una maggiore incisività del monitoraggio;
al fine di arrivare, per ogni regione e per ogni bacino idrografico, alla individuazione delle situazioni a più elevato rischio idrogeologico che richiedano un intervento prioritario per la prevenzione e mitigazione di tale rischio, nonché in successione, alla definizione e sottoscrizione, su base regionale, degli accordi di programma finalizzati al finanziamento degli interventi, il Ministero dell'Ambiente ha avviato da tempo apposite consultazioni con tutte le regioni, le Autorità di bacino ed il Dipartimento della Protezione civile;
gli interventi sono stati individuati di concerto con le regioni e con il Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, sentite le Autorità di bacino interessate, sulla base delle effettive criticità del territorio con l'obiettivo primario di garantire la sicurezza delle persone e dei centri abitati;
l'attribuzione delle risorse è stata effettuata applicando coefficienti di ripartizione coerenti con le raccomandazioni indicate dalla Corte dei conti, a conclusione dell'indagine conoscitiva sul «Programmi ed interventi per il riassetto idrogeologico per la difesa del suolo», in ordine alla necessità di integrare i coefficienti superficie-popolazione ex decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 1999 con «un correttivo che tenga in debito conto l'effettivo rischio esistente sul territorio». A fronte di tale richiesta, si è ritenuto di attribuire un peso del 50 per cento alle variabili superficie e popolazione (criterio indicato dal decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 1999) inserendo ulteriori variabili relative all'alta criticità idrogeologica (frane e alluvioni) desunta da un'analisi dei Piani per l'assetto idrogeologico approvati/adottati/predisposti, e ai fenomeni di erosione costiera ricavati da un'analisi dell'arretramento della linea di riva dal 1960 al 2000 in relazione ai beni esposti. Questi due fattori rappresentano in maniera più completa e significativa il rischio per il territorio derivante dai pericoli naturali in materia di difesa del suolo;
ad oggi sono stati siglati quasi tutti gli accordi programma con le regioni, allo scopo registrati dalla Corte dei conti. Per tutti è stato osservato il criterio di ripartizione territoriale previsto dalla vigente normativa in materia di risorse rivenienti dal Fondo per le aree sottoutilizzate;
l'articolo 2, comma 12-quinquies, del provvedimento in esame, introdotto nel decreto-legge n. 255 del 2010 con l'emendamento n. 1.900 del Governo ed approvato con voto di fiducia al Senato della Repubblica, e contenuto anche nel testo dell'emendamento Dis.1.1 sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia alla Camera, stanzia 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per far fronte agli eccezionali eventi metereologici che hanno colpito alcune parti del territorio nazionale, destinandoli in particolare: alla regione Liguria 45 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; alla regione Veneto 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; alla regione Campania 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; ai comuni della provincia di Messina 5 milioni di euro per l'alluvione del 2009 per ciascuno degli anni 2011 e 2012;
alla copertura del relativo onere si provvede, per l'anno 2011, a valere sulle risorse di cui al predetto articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009 (Finanziaria 2010), che sono corrispondentemente ridotte di pari importo, intendendosi pertanto ridotte di pari importo le risorse disponibili, già destinate, con delibera CIPE del 6 novembre 2009, al finanziamento degli interventi di risanamento ambientale;
con tale disposizione si dovrà ora rimodulare, in diminuzione, tutti gli accordi di programma sottoscritti con le regioni e vanificare l'efficacia degli interventi individuati. Per evitare questa inattesa e poco tempestiva evenienza, è necessario che il Governo provveda a ripristinare, con ulteriori iniziative normative, l'intera cifra 900 milioni di euro prevista dall'articolo 2, comma 240 della Finanziaria 2010,

impegna il Governo

a destinare, per l'anno 2011, nel primo decreto-legge emanando, una ulteriore quota pari a 100 milioni di euro da destinare al ripristino delle risorse di cui all'articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
9/4086/96. Tommaso Foti, Alessandri, Gidoni, Lanzarin, Bitonci, Munerato.

La Camera,
premesso che:
il peso del dissesto idrogeologico per il nostro Paese è importante e impone a tutte le istituzioni decisioni responsabili e un'attenta valutazione delle situazioni di maggiore crisi;
al fine di scongiurare il verificarsi di tragedie umane come quelle che negli ultimi anni stanno interessando il nostro territorio, dove le frane, gli allagamenti e gli smottamenti connessi alle calamità meteoriche oltre a distruggere le opere presenti, provocano anche vittime, bisogna investire nelle azioni di prevenzione piuttosto che negli interventi di ripristino e risarcimento dei danni;
la messa a regime di un organico processo di prevenzione e la sua continuità nel tempo consentirà di ridurre al minimo gli effetti della mancata prevenzione nelle aree maggiormente esposte a rischio idrogeologico rispetto a quanto non sia stato possibile fare in passato, sia per carenza di fondi che per carenza di coordinamento nella programmazione degli interventi;
il Governo con l'ultima Legge finanziaria (articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009) ha stanziato risorse pari a 900 milioni di euro proprio per la realizzazione di piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico in tutto il territorio nazionale;
tale cifra costituisce l'intera dotazione di risorse assegnate per il risanamento ambientale dalla delibera CIPE del 6 novembre 2009 e il Governo ha deciso di destinarla completamente alla realizzazione degli interventi diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico;
la norma stabilisce che le risorse disponibili possono essere utilizzate anche tramite accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'Ambiente e nell'ambito del quale viene definita la quota di cofinanziamento regionale. Le risorse complessive, pari a 1.286,083 milioni di euro - comprensivi delle risorse a disposizione del Ministero per le annualità 2009 e 2010 -, sono state puntualmente programmate;
lo strumento dell'accordo di programma, utilizzato a tale scopo, consente di convogliare, all'interno di un unico piano coordinato, sia le risorse statali sia quelle regionali, evitando così duplicazioni di interventi e frammentazione della spesa, e di attivare processi che consentiranno una più rapida attuazione degli interventi ed una maggiore incisività del monitoraggio;
al fine di arrivare, per ogni regione e per ogni bacino idrografico, alla individuazione delle situazioni a più elevato rischio idrogeologico che richiedano un intervento prioritario per la prevenzione e mitigazione di tale rischio, nonché in successione, alla definizione e sottoscrizione, su base regionale, degli accordi di programma finalizzati al finanziamento degli interventi, il Ministero dell'Ambiente ha avviato da tempo apposite consultazioni con tutte le regioni, le Autorità di bacino ed il Dipartimento della Protezione civile;
gli interventi sono stati individuati di concerto con le regioni e con il Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, sentite le Autorità di bacino interessate, sulla base delle effettive criticità del territorio con l'obiettivo primario di garantire la sicurezza delle persone e dei centri abitati;
l'attribuzione delle risorse è stata effettuata applicando coefficienti di ripartizione coerenti con le raccomandazioni indicate dalla Corte dei conti, a conclusione dell'indagine conoscitiva sul «Programmi ed interventi per il riassetto idrogeologico per la difesa del suolo», in ordine alla necessità di integrare i coefficienti superficie-popolazione ex decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 1999 con «un correttivo che tenga in debito conto l'effettivo rischio esistente sul territorio». A fronte di tale richiesta, si è ritenuto di attribuire un peso del 50 per cento alle variabili superficie e popolazione (criterio indicato dal decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 1999) inserendo ulteriori variabili relative all'alta criticità idrogeologica (frane e alluvioni) desunta da un'analisi dei Piani per l'assetto idrogeologico approvati/adottati/predisposti, e ai fenomeni di erosione costiera ricavati da un'analisi dell'arretramento della linea di riva dal 1960 al 2000 in relazione ai beni esposti. Questi due fattori rappresentano in maniera più completa e significativa il rischio per il territorio derivante dai pericoli naturali in materia di difesa del suolo;
ad oggi sono stati siglati quasi tutti gli accordi programma con le regioni, allo scopo registrati dalla Corte dei conti. Per tutti è stato osservato il criterio di ripartizione territoriale previsto dalla vigente normativa in materia di risorse rivenienti dal Fondo per le aree sottoutilizzate;
l'articolo 2, comma 12-quinquies, del provvedimento in esame, introdotto nel decreto-legge n. 255 del 2010 con l'emendamento n. 1.900 del Governo ed approvato con voto di fiducia al Senato della Repubblica, e contenuto anche nel testo dell'emendamento Dis.1.1 sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia alla Camera, stanzia 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per far fronte agli eccezionali eventi metereologici che hanno colpito alcune parti del territorio nazionale, destinandoli in particolare: alla regione Liguria 45 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; alla regione Veneto 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; alla regione Campania 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; ai comuni della provincia di Messina 5 milioni di euro per l'alluvione del 2009 per ciascuno degli anni 2011 e 2012;
alla copertura del relativo onere si provvede, per l'anno 2011, a valere sulle risorse di cui al predetto articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009 (Finanziaria 2010), che sono corrispondentemente ridotte di pari importo, intendendosi pertanto ridotte di pari importo le risorse disponibili, già destinate, con delibera CIPE del 6 novembre 2009, al finanziamento degli interventi di risanamento ambientale;
con tale disposizione si dovrà ora rimodulare, in diminuzione, tutti gli accordi di programma sottoscritti con le regioni e vanificare l'efficacia degli interventi individuati. Per evitare questa inattesa e poco tempestiva evenienza, è necessario che il Governo provveda a ripristinare, con ulteriori iniziative normative, l'intera cifra 900 milioni di euro prevista dall'articolo 2, comma 240 della Finanziaria 2010,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare, per l'anno 2011, nel primo decreto-legge emanando, una ulteriore quota pari a 100 milioni di euro da destinare al ripristino delle risorse di cui all'articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
9/4086/96. (Testo modificato nel corso della seduta).Tommaso Foti, Alessandri, Gidoni, Lanzarin, Bitonci, Munerato.

La Camera,
premesso che:
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è una struttura operativa statale ad ordinamento civile, e si configura come una componente fondamentale del sistema nazionale di protezione civile, che assolve i compiti istituzionali demandati allo Stato in materia di soccorso pubblico, protezione e difesa civile;
all'interno del Corpo vi è la necessità di migliorare l'efficacia operativa del soccorso tecnico urgente e dell'intervento durante le calamità di protezione civile sul territorio nazionale, per questo scopo sarebbe indispensabile che il Ministero degli interni autorizzasse l'assunzione a tempo indeterminato degli aspiranti vigili del fuoco dichiarati idonei ed ancora presenti nella graduatoria di cui al decreto ministeriale 28 aprile 2008 n. 1996;
l'assunzione riguarderebbe circa 70 unità presenti nella graduatoria ma la cui validità avrebbe durata fino al 28 aprile 2011,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere ogni più utile iniziativa volta a consentire l'assunzione a tempo indeterminato nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, entro il 31 dicembre 2011, degli aspiranti vigili del fuoco dichiarati idonei ed ancora presenti nella graduatoria di cui al decreto ministeriale 28 aprile 2008 n. 1996.
9/4086/97. Alessandri, Lanzarin, Gidoni, Bitonci, Munerato.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie (AC 4086) reca importanti disposizioni a sostegno del sistema produttivo nazionale;
il sistema produttivo nazionale è gravemente danneggiato dal dilagare dei fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa e misura utile a migliorare l'efficienza e l'efficacia delle attività di contrasto ai fenomeni della contraffazione e pirateria in campo commerciale, anche valorizzando e sostenendo l'impegno delle Forze dell'ordine e degli altri organi investigativi.
9/4086/98. Fava.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie (AC 4086) reca importanti disposizioni a sostegno del sistema produttivo nazionale;
il sistema produttivo nazionale è gravemente danneggiato dal dilagare dei fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa e misura utile a migliorare l'efficienza e l'efficacia delle attività di contrasto ai fenomeni della contraffazione e pirateria in campo commerciale, anche valorizzando e sostenendo l'impegno delle Forze dell'ordine e degli altri organi investigativi.
9/4086/98. (Testo modificato nel corso della seduta).Fava.

La Camera,
premesso che:
la forte crisi economica che ha colpito da qualche anno l'Italia, ha avuto ripercussioni negative in particolar modo nelle regioni meridionali e tra queste la Calabria, particolarmente colpita soprattutto nel suo sistema portuale di Gioia Tauro che ha visto nei giorni scorsi il fermo dei lavori per trenta ore e il fermo lavorativo di 1200 persone. Il porto di Gioia, che avrebbe dovuto essere il più grande porto del Mediterraneo di fatto oggi è immerso in una profonda crisi, dovuta alla mancanza di una strategia di sviluppo ed alla forte concorrenza dei porti nord africani;
l'attuale situazione in cui versano l'Egitto, la Libia, la Tunisia sta avendo come conseguenza l'incremento di arrivi nel porto di Gioia a dimostrazione dell'effettivo vantaggio competitivo dato dalla sua posizione baricentrica verso tutte le rotte del Mediterraneo;
questo aumento temporaneo, se opportunamente sfruttato, potrebbe costituire un punto di partenza per un rilancio del porto, basato non sulle disgrazie altrui, ma sul miglioramento della governance, dei servizi e delle infrastrutture,

impegna il Governo

a mettere in atto azioni a breve termine per aumentare la competitività del porto, quale ad esempio la velocizzazione delle procedure di ispezioni ed incombenze amministrative, pur garantendo un meticoloso controllo di quanto arriva, la riduzione delle tasse di ancoraggio ecc.;
a predisporre un piano di investimenti a media e lunga scadenza tale da rendere concorrenziale il porto nei confronti dei porti nord africani;
a garantire altresì la creazione di un'istituzione apposita in grado di consentire la sicurezza degli scambi e di impedire eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata.
9/4086/99. Laganà Fortugno.

La Camera,
premesso che:
ai sensi dell'articolo 14, comma 13-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con decreto 4 agosto 2010 (C.d.c. n. 2064/2010) è stato approvato dal ministro dell'economia e delle finanze l'accertamento del debito del comune di Roma, risultante dal documento predisposto dal commissario straordinario del Governo;
che su tale atto la sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato - organo della Corte dei conti - nell'adunanza del 21 ottobre 2010, con deliberazione n. SCCLEG/24/2010/PREV (depositata il 12 novembre 2010) ha rifiutato di pronunciarsi in sede consultiva;
che tale atto non risulta né allegato né versato in atti parlamentari, nonostante esso sia ai sensi dell'articolo 2 comma 7 del decreto «approvato con effetti a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto» e, pertanto, rientri nel devoluto alla conversione parlamentare;
un controllo sull'operato del Governo e del suo commissario non può che essere apprestato, nell'attuale ordinamento costituzionale, dal Parlamento, tanto più alla luce dei dubbi sollevati dalla stessa ammissione del Governo, nel citato comma dell'articolo 2, secondo cui sussisterebbero «ulteriori partite creditorie e debitorie rispetto al documento predisposto ai sensi dell'articolo 14, comma 13-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122»;
con il commissariamento e la separazione della gestione ordinaria da quella straordinaria (tutto ciò che è precedente all'aprile 2008) si è creato un unicum giuridico senza precedenti, che ha consentito e consente di trattare il dissesto finanziario dell'ente in deroga alle leggi ordinarie, di fatto un dissesto non esplicitato; ma la stessa separazione delle due gestioni appare difficile da realizzare, se è vero che, come lo stesso sindaco Alemanno ha avuto modo di affermare, la gestione straordinaria ha già maturato un ingente debito nei confronti di quella ordinaria, tanto che Roma Capitale sarebbe ora il maggior creditore della gestione commissariale;

impegna il Governo

a) a produrre copia, nelle sedi parlamentari preposte, del citato decreto 4 agosto 2010 (C.d.c. n. 2064/2010), completo del documento con esso approvato e dei relativi allegati;
b) a riferire al più presto, nelle sedi parlamentari preposte, circa l'esatto ammontare del debito del comune di Roma e la sua composizione;
c) a riferire al più presto circa l'attività della gestione commissariale, i flussi di cassa, gli incassi e i pagamenti inerenti tale gestione.
9/4086/100. Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
ai sensi dell'articolo 14, comma 13-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con decreto 4 agosto 2010 (C.d.c. n. 2064/2010) è stato approvato dal ministro dell'economia e delle finanze l'accertamento del debito del comune di Roma, risultante dal documento predisposto dal commissario straordinario del Governo;
che su tale atto la sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato - organo della Corte dei conti - nell'adunanza del 21 ottobre 2010, con deliberazione n. SCCLEG/24/2010/PREV (depositata il 12 novembre 2010) ha rifiutato di pronunciarsi in sede consultiva;
che tale atto non risulta né allegato né versato in atti parlamentari, nonostante esso sia ai sensi dell'articolo 2 comma 7 del decreto «approvato con effetti a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto» e, pertanto, rientri nel devoluto alla conversione parlamentare;
un controllo sull'operato del Governo e del suo commissario non può che essere apprestato, nell'attuale ordinamento costituzionale, dal Parlamento, tanto più alla luce dei dubbi sollevati dalla stessa ammissione del Governo, nel citato comma dell'articolo 2, secondo cui sussisterebbero «ulteriori partite creditorie e debitorie rispetto al documento predisposto ai sensi dell'articolo 14, comma 13-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122»;
con il commissariamento e la separazione della gestione ordinaria da quella straordinaria (tutto ciò che è precedente all'aprile 2008) si è creato un unicum giuridico senza precedenti, che ha consentito e consente di trattare il dissesto finanziario dell'ente in deroga alle leggi ordinarie, di fatto un dissesto non esplicitato; ma la stessa separazione delle due gestioni appare difficile da realizzare, se è vero che, come lo stesso sindaco Alemanno ha avuto modo di affermare, la gestione straordinaria ha già maturato un ingente debito nei confronti di quella ordinaria, tanto che Roma Capitale sarebbe ora il maggior creditore della gestione commissariale;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di:
a) produrre copia, nelle sedi parlamentari preposte, del citato decreto 4 agosto 2010 (C.d.c. n. 2064/2010), completo del documento con esso approvato e dei relativi allegati;
b) a riferire al più presto, nelle sedi parlamentari preposte, circa l'esatto ammontare del debito del comune di Roma e la sua composizione;
c) a riferire al più presto circa l'attività della gestione commissariale, i flussi di cassa, gli incassi e i pagamenti inerenti tale gestione.
9/4086/100. (Testo modificato nel corso della seduta).Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
la strada statale Paullese, nasce negli anni sessanta, sul tracciato della Paullese vecchia, rifacendone il percorso ma evitando i centri abitati;
attualmente la predetta arteria è una strada provinciale considerata tra le più importanti della Lombardia centrale che collega Milano a Cremona, passando da Crema;
al fine di ultimare gli interventi di riqualificazione della SP ex SS 415 «Paullese» sarebbero necessari, 170 milioni di euro per il triennio 2011-2013;
alla fine degli anni ottanta si è cominciato a discutere il progetto di riqualificazione della Paullese ed i lavori, di fatto, sono iniziati nel 1993, ad oggi dopo quasi vent'anni la strada Paullese non è stata ancora ultimata, ciò determina la penalizzazione dei cittadini, che si ritrovano a vivere questo grave disagio,

impegna il Governo

a stanziare adeguati finanziamenti, per la riqualificazione definitiva della strada Paullese, con conseguente miglioramento della viabilità nel tratto tra Milano e Cremona.
9/4086/101. Pizzetti.

La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212, recante abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma dell'articolo 14, comma 14-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246, ha abrogato il regio decreto 20 ottobre 1904, n. 721, che approva la convenzione per un nuovo ordinamento della giurisdizione sui canali interni di Venezia;
tale abrogazione sottrae all'amministrazione comunale le proprie competenze sul Canal Grande pregiudicando il regolare svolgimento del traffico acqueo e la circolazione nel Canale e nell'intera laguna,

impegna il Governo

ad espungere, con effetto dal 16 dicembre 2010, dall'allegato 1 del decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212, recante abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma dell'articolo 14, comma 14-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246, il regio decreto 20 ottobre 1904, n. 721, che approva la convenzione per un nuovo ordinamento della giurisdizione sui canali interni di Venezia;
ad includere il predetto regio decreto nell'allegato 1 al decreto legislativo 1o dicembre 2009, n. 179, con effetto dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo.
9/4086/102. Martella, Baretta, Viola, Murer.

La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212, recante abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma dell'articolo 14, comma 14-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246, ha abrogato il regio decreto 20 ottobre 1904, n. 721, che approva la convenzione per un nuovo ordinamento della giurisdizione sui canali interni di Venezia;
tale abrogazione sottrae all'amministrazione comunale le proprie competenze sul Canal Grande pregiudicando il regolare svolgimento del traffico acqueo e la circolazione nel Canale e nell'intera laguna,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di espungere, con effetto dal 16 dicembre 2010, dall'allegato 1 del decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212, recante abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma dell'articolo 14, comma 14-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246, il regio decreto 20 ottobre 1904, n. 721, che approva la convenzione per un nuovo ordinamento della giurisdizione sui canali interni di Venezia;
ad includere il predetto regio decreto nell'allegato 1 al decreto legislativo 1o dicembre 2009, n. 179, con effetto dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo.
9/4086/102. (Testo modificato nel corso della seduta).Martella, Baretta, Viola, Murer.

La Camera,
premesso che:
il comma 9, alla lettera b) del provvedimento in esame disciplina le spese di funzionamento della Gestione commissariale ponendo un limite massimo di 2,5 milioni di euro annui,
si tratta di una cifra chiaramente esorbitante rispetto alle funzioni che tale ufficio è chiamato a svolgere;
la stessa norma prevede in relazione al compenso annuo per il commissario straordinario, che esso sia stabilito, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, in misura non superiore al costo complessivo annuo del personale dell'amministrazione di Roma Capitale incaricato della gestione di analoghe funzioni transattive;
la disposizione precisa, inoltre, che le risorse necessarie al compenso annuo corrisposto al commissario straordinario di Governo vengono reperite a valere sulle risorse destinabili a nuove assunzioni del comune di Roma che risultano ridotte in maniera corrispondente,

impegna il Governo

a rivedere le norme relative alla disciplina delle spese di funzionamento della Gestione commissariale del comune di Roma;
a stabilire che il compenso del commissario straordinario rientri nei parametri ordinari della retribuzione della dirigenza pubblica.
9/4086/103. Causi.

La Camera,
premesso che:
il comma 9, alla lettera b) del provvedimento in esame disciplina le spese di funzionamento della Gestione commissariale ponendo un limite massimo di 2,5 milioni di euro annui,
si tratta di una cifra chiaramente esorbitante rispetto alle funzioni che tale ufficio è chiamato a svolgere;
la stessa norma prevede in relazione al compenso annuo per il commissario straordinario, che esso sia stabilito, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, in misura non superiore al costo complessivo annuo del personale dell'amministrazione di Roma Capitale incaricato della gestione di analoghe funzioni transattive;
la disposizione precisa, inoltre, che le risorse necessarie al compenso annuo corrisposto al commissario straordinario di Governo vengono reperite a valere sulle risorse destinabili a nuove assunzioni del comune di Roma che risultano ridotte in maniera corrispondente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere le norme relative alla disciplina delle spese di funzionamento della Gestione commissariale del comune di Roma;
a stabilire che il compenso del commissario straordinario rientri nei parametri ordinari della retribuzione della dirigenza pubblica.
9/4086/103. (Testo modificato nel corso della seduta).Causi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 14, comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 prevede che, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno per l'anno 2010 e successivi, il ministro dell'interno provveda, con proprio decreto, a ridurre i trasferimenti dovuti agli enti locali inadempienti per l'anno successivo, in misura pari alla differenza tra il risultato e l'obiettivo programmatico prefissato;
si tratta di una norma sanzionatoria che non prende in considerazione il fatto che, pur essendo sottoposti alle stesse regole del Patto di Stabilità, esistono delle differenze notevoli tra i comuni appena al di sopra della soglia dei 5.000 abitanti e quelli che superano ampiamente quella dei 500.000,

impegna il Governo

a stabilire nel primo provvedimento utile, una decorrenza diversa del sistema sanzionatorio per i comuni compresi tra 5.000 e 15.000.
9/4086/104. Mogherini Rebesani, Baretta.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 14, comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 prevede che, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno per l'anno 2010 e successivi, il ministro dell'interno provveda, con proprio decreto, a ridurre i trasferimenti dovuti agli enti locali inadempienti per l'anno successivo, in misura pari alla differenza tra il risultato e l'obiettivo programmatico prefissato;
si tratta di una norma sanzionatoria che non prende in considerazione il fatto che, pur essendo sottoposti alle stesse regole del Patto di Stabilità, esistono delle differenze notevoli tra i comuni appena al di sopra della soglia dei 5.000 abitanti e quelli che superano ampiamente quella dei 500.000,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stabilire nel primo provvedimento utile, una decorrenza diversa del sistema sanzionatorio per i comuni compresi tra 5.000 e 15.000.
9/4086/104. (Testo modificato nel corso della seduta).Mogherini Rebesani, Baretta.

La Camera,
premesso che:
il Parlamento ha approvato la legge 23 luglio 2009, n. 99, «Legge Sviluppo», che negli intendimenti del Governo prevede misure strutturali per dare risposte alle esigenze del sistema produttivo e per dare avvio a riforme fondamentali per uno sviluppo economico sostenibile, per la modernizzazione del Paese e per il consolidamento degli interventi orientati al rilancio della crescita complessiva nell'attuale congiuntura economica;
l'articolo 37 della «Legge Sviluppo» istituisce l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile - ENEA, assegnandole il compito istituzionale di promuovere la ricerca e l'innovazione tecnologica e di assicurare la prestazione di servizi avanzati al Paese nei settori dell'energia, con particolare riguardo all'efficienza energetica, alle fonti rinnovabili, al nucleare ed allo sviluppo economico sostenibile;
le nuove funzioni di Agenzia si aggiungono a quelle tipiche di ente di ricerca rafforzando il mandato dell'ENEA a supporto del decisore pubblico per l'individuazione di politiche energetiche e ambientali e del sistema imprenditoriale per l'identificazione e il sostegno dei processi di innovazione;
l'Agenzia ENEA svolge il ruolo di promozione dell'industria nazionale anche sui mercati esteri: nell'ambito della cooperazione scientifica e tecnologica sono attualmente operativi numerosi accordi bilaterali, molti dei quali con Russia, USA, Francia e paesi del bacino del Mediterraneo, con il fine di elaborare protocolli e programmi esecutivi nei quali prendono forma contenuti ed obiettivi scientifici, tecnologici e socio-economici collegati alla ricerca;
nel programma di previsto riavvio della produzione di energia elettrica da fonte nucleare, introdotto dal Governo con la «Legge Sviluppo», il ruolo dell'ENEA quale soggetto fondamentale nella ricostruzione di un tessuto nazionale di competenze tecnico-scientifiche è di tutta evidenza ed in questo quadro l'ENEA ha anche intensificato la partecipazione ai più importanti programmi di ricerca internazionali, sostenendo la crescita di competenza e di capacità del settore industriale nazionale;
grazie alla sua capacità di integrare competenze di diversi settori della ricerca, l'ENEA è in grado di offrire servizi alle amministrazioni e alle istituzioni che operano nell'ambito della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, attraverso l'applicazione di tecnologie avanzate, la messa a disposizione di strutture di prova, l'effettuazione di studi e analisi necessari per la conservazione e gestione sostenibile e per gli aspetti di sicurezza, energetici ed ambientali;
l'Agenzia ENEA possiede, in campo sismico, elevate competenze sia di sismologia che d'ingegneria sismica. In particolare, l'ENEA riveste un ruolo di primo piano, a livello sia nazionale che internazionale, nello sviluppo e nell'applicazione dell'isolamento sismico e delle altre moderne tecnologie antisismiche, nonché detiene sofisticate attrezzature come le «tavole vibranti» che permettono di effettuare prove dinamiche di strutture edilizie e di elementi architettonici per verifiche di resistenza alle sollecitazioni sismiche;
con il decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115 di attuazione della direttiva 2006/32/CE concernente l'efficienza negli usi finali dell'energia e i servizi energetici, l'ENEA ha assunto inoltre le funzioni di Agenzia nazionale per l'efficienza energetica, nell'ambito del quadro comune adottato dall'Unione europea che stabilisce obiettivi indicativi di risparmio energetico per gli Stati membri;
tali attività incidono in maniera significativa sul bilancio dell'Agenzia ENEA;
nel disegno di legge di stabilità 2011 originariamente trasmesso dal Governo alla Camera dei deputati, il contributo ordinario dello Stato per l'ENEA, inserito in Tabella C, già registrava tagli introdotti con il decreto-legge 78/2010 e con decreto di variazione del Ministero dell'economia e delle finanze dello scorso giugno, per un importo complessivo di circa 15 milioni di euro. Con l'approvazione dell'emendamento 1.500 del Governo al disegno di legge di stabilità in Commissione Bilancio della Camera, sono stati ridotti di ulteriori 15 milioni di euro gli importi all'Agenzia ENEA e, quindi, il testo approvato diminuisce di circa 30 milioni di euro il finanziamento per l'ENEA, riducendolo a circa 167 milioni di euro, a fronte dei 197,441 milioni di euro previsti nell'ultima Legge finanziaria per il triennio 2010-2013;
le spese fisse dell'ENEA sono dell'ordine di 240 milioni di euro e le altre entrate dell'Agenzia, compresi i contributi non vincolati derivanti dallo svolgimento di attività di ricerca e di servizi, sono circa la metà dei 73 milioni di euro necessari per assicurare l'equilibrio tra entrate e spese;
le attuali risorse non sono sufficienti a coprire le spese fisse dell'Agenzia ENEA, con risvolti preoccupanti sul fronte occupazionale, comprese le assunzioni di personale già autorizzate, sui servizi minimi da assicurare al personale dipendente, sulla conservazione e, quindi, sul mantenimento in efficienza delle strutture tecnologiche di ricerca, in diversi campi uniche nel Paese, tra le quali i reattori nucleari TRIGA e TAPIRO;
risulta compromesso, inoltre, l'assolvimento degli stessi compiti istituzionali, inclusi quelli che fanno riferimento allo scenario internazionale e che vedono l'ENEA impegnata nella ricerca scientifica nei settori energetico-ambientali;
a fronte di ciò il Governo, il 7 dicembre 2010, ha accolto l'ordine del giorno G200 (Tancredi) presentato al Senato sul disegno di legge di stabilità che impegna il Governo ad adottare entro l'anno ulteriori iniziative, anche normative, al fine di riportare il valore del contributo ordinario dello Stato per l'ENEA alla somma originaria prevista dalla Legge finanziaria 2010 e cioè a 197,441 milioni di euro per il 2011;
le Commissioni Industria del Senato e Attività produttive della Camera, nell'ambito del parere espresso sullo schema di decreto legislativo recante: «Attuazione della direttiva 2009/125/CE relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia» (n. 294), hanno sottolineato i nuovi compiti e funzioni che il provvedimento assegna all'ENEA senza prevedere lo stanziamento di risorse finanziarie hanno espresso la condizione che il Governo adotti ogni iniziativa al fine di riportare il valore del contributo ordinario dello Stato per l'Agenzia ENEA alla somma originaria prevista dalla finanziaria 2010 e cioè a 197,441 milioni di euro per il 2011, con un incremento di almeno 30 milioni di euro,

impegna il Governo

ad intervenire entro l'anno, anche con specifiche iniziative normative, per riportare il valore del contributo ordinario dello Stato per l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) di cui all'articolo 37 della legge 23 luglio 2009, n. 99, incluso nella Tabella C, Missione Ricerca e innovazione, alla somma originaria prevista dalla Finanziaria 2010 e cioè a 197,441 milioni di euro per il 2011, con un incremento di almeno pari a 30 milioni di euro.
9/4086/105. Benamati.

La Camera,
premesso che:
il Parlamento ha approvato la legge 23 luglio 2009, n. 99, «Legge Sviluppo», che negli intendimenti del Governo prevede misure strutturali per dare risposte alle esigenze del sistema produttivo e per dare avvio a riforme fondamentali per uno sviluppo economico sostenibile, per la modernizzazione del Paese e per il consolidamento degli interventi orientati al rilancio della crescita complessiva nell'attuale congiuntura economica;
l'articolo 37 della «Legge Sviluppo» istituisce l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile - ENEA, assegnandole il compito istituzionale di promuovere la ricerca e l'innovazione tecnologica e di assicurare la prestazione di servizi avanzati al Paese nei settori dell'energia, con particolare riguardo all'efficienza energetica, alle fonti rinnovabili, al nucleare ed allo sviluppo economico sostenibile;
le nuove funzioni di Agenzia si aggiungono a quelle tipiche di ente di ricerca rafforzando il mandato dell'ENEA a supporto del decisore pubblico per l'individuazione di politiche energetiche e ambientali e del sistema imprenditoriale per l'identificazione e il sostegno dei processi di innovazione;
l'Agenzia ENEA svolge il ruolo di promozione dell'industria nazionale anche sui mercati esteri: nell'ambito della cooperazione scientifica e tecnologica sono attualmente operativi numerosi accordi bilaterali, molti dei quali con Russia, USA, Francia e paesi del bacino del Mediterraneo, con il fine di elaborare protocolli e programmi esecutivi nei quali prendono forma contenuti ed obiettivi scientifici, tecnologici e socio-economici collegati alla ricerca;
nel programma di previsto riavvio della produzione di energia elettrica da fonte nucleare, introdotto dal Governo con la «Legge Sviluppo», il ruolo dell'ENEA quale soggetto fondamentale nella ricostruzione di un tessuto nazionale di competenze tecnico-scientifiche è di tutta evidenza ed in questo quadro l'ENEA ha anche intensificato la partecipazione ai più importanti programmi di ricerca internazionali, sostenendo la crescita di competenza e di capacità del settore industriale nazionale;
grazie alla sua capacità di integrare competenze di diversi settori della ricerca, l'ENEA è in grado di offrire servizi alle amministrazioni e alle istituzioni che operano nell'ambito della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, attraverso l'applicazione di tecnologie avanzate, la messa a disposizione di strutture di prova, l'effettuazione di studi e analisi necessari per la conservazione e gestione sostenibile e per gli aspetti di sicurezza, energetici ed ambientali;
l'Agenzia ENEA possiede, in campo sismico, elevate competenze sia di sismologia che d'ingegneria sismica. In particolare, l'ENEA riveste un ruolo di primo piano, a livello sia nazionale che internazionale, nello sviluppo e nell'applicazione dell'isolamento sismico e delle altre moderne tecnologie antisismiche, nonché detiene sofisticate attrezzature come le «tavole vibranti» che permettono di effettuare prove dinamiche di strutture edilizie e di elementi architettonici per verifiche di resistenza alle sollecitazioni sismiche;
con il decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115 di attuazione della direttiva 2006/32/CE concernente l'efficienza negli usi finali dell'energia e i servizi energetici, l'ENEA ha assunto inoltre le funzioni di Agenzia nazionale per l'efficienza energetica, nell'ambito del quadro comune adottato dall'Unione europea che stabilisce obiettivi indicativi di risparmio energetico per gli Stati membri;
tali attività incidono in maniera significativa sul bilancio dell'Agenzia ENEA;
nel disegno di legge di stabilità 2011 originariamente trasmesso dal Governo alla Camera dei deputati, il contributo ordinario dello Stato per l'ENEA, inserito in Tabella C, già registrava tagli introdotti con il decreto-legge 78/2010 e con decreto di variazione del Ministero dell'economia e delle finanze dello scorso giugno, per un importo complessivo di circa 15 milioni di euro. Con l'approvazione dell'emendamento 1.500 del Governo al disegno di legge di stabilità in Commissione Bilancio della Camera, sono stati ridotti di ulteriori 15 milioni di euro gli importi all'Agenzia ENEA e, quindi, il testo approvato diminuisce di circa 30 milioni di euro il finanziamento per l'ENEA, riducendolo a circa 167 milioni di euro, a fronte dei 197,441 milioni di euro previsti nell'ultima Legge finanziaria per il triennio 2010-2013;
le spese fisse dell'ENEA sono dell'ordine di 240 milioni di euro e le altre entrate dell'Agenzia, compresi i contributi non vincolati derivanti dallo svolgimento di attività di ricerca e di servizi, sono circa la metà dei 73 milioni di euro necessari per assicurare l'equilibrio tra entrate e spese;
le attuali risorse non sono sufficienti a coprire le spese fisse dell'Agenzia ENEA, con risvolti preoccupanti sul fronte occupazionale, comprese le assunzioni di personale già autorizzate, sui servizi minimi da assicurare al personale dipendente, sulla conservazione e, quindi, sul mantenimento in efficienza delle strutture tecnologiche di ricerca, in diversi campi uniche nel Paese, tra le quali i reattori nucleari TRIGA e TAPIRO;
risulta compromesso, inoltre, l'assolvimento degli stessi compiti istituzionali, inclusi quelli che fanno riferimento allo scenario internazionale e che vedono l'ENEA impegnata nella ricerca scientifica nei settori energetico-ambientali;
a fronte di ciò il Governo, il 7 dicembre 2010, ha accolto l'ordine del giorno G200 (Tancredi) presentato al Senato sul disegno di legge di stabilità che impegna il Governo ad adottare entro l'anno ulteriori iniziative, anche normative, al fine di riportare il valore del contributo ordinario dello Stato per l'ENEA alla somma originaria prevista dalla legge finanziaria 2010 e cioè a 197,441 milioni di euro per il 2011;
le Commissioni Industria del Senato e Attività produttive della Camera, nell'ambito del parere espresso sullo schema di decreto legislativo recante: «Attuazione della direttiva 2009/125/CE relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia» (n. 294), hanno sottolineato i nuovi compiti e funzioni che il provvedimento assegna all'ENEA senza prevedere lo stanziamento di risorse finanziarie hanno espresso la condizione che il Governo adotti ogni iniziativa al fine di riportare il valore del contributo ordinario dello Stato per l'Agenzia ENEA alla somma originaria prevista dalla finanziaria 2010 e cioè a 197,441 milioni di euro per il 2011, con un incremento di almeno 30 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire entro l'anno, anche con specifiche iniziative normative, per riportare il valore del contributo ordinario dello Stato per l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) di cui all'articolo 37 della legge 23 luglio 2009, n. 99, incluso nella Tabella C, Missione Ricerca e innovazione, alla somma originaria prevista dalla Finanziaria 2010 e cioè a 197,441 milioni di euro per il 2011, con un incremento di almeno pari a 30 milioni di euro.
9/4086/105. (Testo modificato nel corso della seduta).Benamati.

La Camera,
premesso che:
nel disegno di legge di conversione in esame, l'unico intervento in favore delle comunità italiane all'estero consiste in un limitato e inefficace stanziamento in favore dell'Associazione alleanza degli ospedali italiani nel mondo;
non meno importanti del vincolo associativo tra gli ospedali cosiddetti italiani all'estero, sono i servizi di carattere amministrativo e la tutela che la rete dei consolati assicura ai nostri connazionali;
la drastica riduzione delle risorse a disposizione hanno indotto il Ministero degli Affari esteri ad adottare un cosiddetto piano di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare, ancora in fase di attuazione, che prevede non il potenziamento, ma il declassamento e la chiusura di numerose strutture consolari;
tale decisione ha suscitato tensioni e diffuse proteste tra le comunità e ha creato disagio ed allarme nelle stesse autorità locali che in precedenza hanno trovato nei consolati interlocutori attivi ed utili per rafforzare il dialogo sulle esigenze delle nostre comunità;
il piano di razionalizzazione prevede, in particolare, la chiusura di tre dei principali consolati in Europa, ossia le strutture di Amburgo, Liegi e Lilla;
il Consolato d'Amburgo serve la comunità italiana in una regione che presenta un'enorme valenza strategica in ragione delle attività commerciali che ruotano intorno a un porto e uno snodo ferroviario tra i più importanti del mondo;
il Consolato di Liegi serve più di 60.000 connazionali, una comunità emigratoria storica tra le più consistenti, già provata da acute fasi di crisi produttiva e sociale, e svolge altresì una fondamentale funzione nel curare gli interessi delle piccole, medie e grandi aziende italiane in uno dei territori più produttivi d'Europa;
contro la chiusura del consolato di Lilla, che serve circa 35.000 connazionali, si sono espresse oltre 150 autorità francesi istituzionali e politiche facendo valere che la circoscrizione consolare riguarda il quarto polo economico e il terzo polo culturale della Francia e, che essendo localizzata nell'Euroregione, costituisce una delle basi del «Gruppo europeo d'interesse economico»,

impegna il Governo

a prevedere, in occasione dei prossimi provvedimenti finanziari, un incremento della dotazione al Ministero degli Affari esteri, al fine di riconsiderare il piano di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare, evitando la chiusura dei consolati di Amburgo, Liegi e Lilla o attivando quantomeno dei servizi sostitutivi non inferiori agli sportelli consolari.
9/4086/106. Garavini.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede il rinnovo per un anno dei contratti di lavoro di cui all'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio 29 marzo 2007, n. 3576, al fine di garantire l'operatività degli sportelli unici per l'immigrazione nei compiti di accoglienza e integrazione, e degli uffici immigrazione delle questure nel completamento delle procedure di emersione del lavoro irregolare;
va tuttavia rilevato, che a fronte degli avvenimenti di portata eccezionale che si stanno verificando lungo la sponda sud del Mediterraneo si stima un incremento dei flussi migratori di grandissima portata;
è del tutto evidente che tale circostanza che non ha precedenti richiede necessariamente un intervento a livello europeo, non essendo adeguate e sufficienti le risposte che possono essere fornite a livello nazionale;
è infatti altamente probabile che gli stessi sportelli unici per l'immigrazione nonché gli uffici immigrazione delle questure non dispongono di organici adeguati a fronteggiare tale emergenza;
l'atteggiamento sin qui tenuto dal Governo ha ottenuto scarsi risultati in Europa anche a causa della scarsa credibilità e dell'atteggiamento meramente ideologico seguito in materia di immigrazione, come dimostrato tra l'altro dal mancato recepimento della direttiva rimpatri, scaduta lo scorso 24 dicembre, e dalla perdurante assenza di una legge nazionale in materia di asilo,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile volta a garantire l'immediato recepimento della direttiva 2008/115/CE e la piena conformità dell'ordinamento italiano a tutti gli obblighi comunitari in materia di immigrazione e di politiche per l'integrazione, avuto particolare riguardo alla delicata situazione dei rifugiati.
9/4086/107. Colombo.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
la crisi finanziaria, infatti, ha ulteriormente aggravato la già difficile condizione dei paesi in via di sviluppo, che proprio perché caratterizzati da economie più fragili, sono risultati particolarmente esposti alle conseguenze derivanti dall'instabilità economica mondiale;
tale considerazione appare ancora più preoccupante alla luce del fatto che la cooperazione italiana allo sviluppo vive un momento di crisi senza precedenti, aggravato dall'ulteriore taglio ai fondi destinati con la Finanziaria alla legge 49/1987, pari per il 2010 a soli 326 milioni di euro e per il 2011 a soli 179 milioni di euro,

impegna il Governo

ad adottare iniziative urgenti per il reperimento di fondi necessari a ripristinare quanto prima le risorse economiche, progressivamente e sistematicamente decurtate negli ultimi tre anni, destinate a finanziare gli interventi di cooperazione previsti dalla legge 49/1987 con particolare riguardo al sostegno delle azioni di cooperazione in favore della popolazione civile del Libano.
9/4086/108. Merloni.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
la crisi finanziaria, infatti, ha ulteriormente aggravato la già difficile condizione dei paesi in via di sviluppo, che proprio perché caratterizzati da economie più fragili, sono risultati particolarmente esposti alle conseguenze derivanti dall'instabilità economica mondiale;
tale considerazione appare ancora più preoccupante alla luce del fatto che la cooperazione italiana allo sviluppo vive un momento di crisi senza precedenti, aggravato dall'ulteriore taglio ai fondi destinati con la Finanziaria alla legge 49/1987, pari per il 2010 a soli 326 milioni di euro e per il 2011 a soli 179 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative urgenti per il reperimento di fondi necessari a ripristinare quanto prima le risorse economiche, progressivamente e sistematicamente decurtate negli ultimi tre anni, destinate a finanziare gli interventi di cooperazione previsti dalla legge 49/1987 con particolare riguardo al sostegno delle azioni di cooperazione in favore della popolazione civile del Libano.
9/4086/108. (Testo modificato nel corso della seduta).Merloni.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
la crisi finanziaria, infatti, ha ulteriormente aggravato la già difficile condizione dei paesi in via di sviluppo, che proprio perché caratterizzati da economie più fragili, sono risultati particolarmente esposti alle conseguenze derivanti dall'instabilità economica mondiale;
tale considerazione appare ancora più preoccupante alla luce del fatto che la cooperazione italiana allo sviluppo vive un momento di crisi senza precedenti, aggravato dall'ulteriore taglio ai fondi destinati con la Finanziaria alla legge 49/1987, pari per il 2010 a soli 326 milioni di euro e per il 2011 a soli 179 milioni di euro,

impegna il Governo

ad adottare iniziative urgenti per il reperimento di fondi necessari a ripristinare quanto prima le risorse economiche, progressivamente e sistematicamente decurtate negli ultimi tre anni, destinate a finanziare gli interventi di cooperazione previsti dalla legge 49/1987 con particolare riguardo al sostegno delle azioni di cooperazione in favore della popolazione civile del Corno d'Africa.
9/4086/109. Luongo.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
la crisi finanziaria, infatti, ha ulteriormente aggravato la già difficile condizione dei paesi in via di sviluppo, che proprio perché caratterizzati da economie più fragili, sono risultati particolarmente esposti alle conseguenze derivanti dall'instabilità economica mondiale;
tale considerazione appare ancora più preoccupante alla luce del fatto che la cooperazione italiana allo sviluppo vive un momento di crisi senza precedenti, aggravato dall'ulteriore taglio ai fondi destinati con la Finanziaria alla legge 49/1987, pari per il 2010 a soli 326 milioni di euro e per il 2011 a soli 179 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative urgenti per il reperimento di fondi necessari a ripristinare quanto prima le risorse economiche, progressivamente e sistematicamente decurtate negli ultimi tre anni, destinate a finanziare gli interventi di cooperazione previsti dalla legge 49/1987 con particolare riguardo al sostegno delle azioni di cooperazione in favore della popolazione civile del Corno d'Africa.
9/4086/109. (Testo modificato nel corso della seduta).Luongo.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
la crisi finanziaria, infatti, ha ulteriormente aggravato la già difficile condizione dei paesi in via di sviluppo, che proprio perché caratterizzati da economie più fragili, sono risultati particolarmente esposti alle conseguenze derivanti dall'instabilità economica mondiale;
tale considerazione appare ancora più preoccupante alla luce del fatto che la cooperazione italiana allo sviluppo vive un momento di crisi senza precedenti, aggravato dall'ulteriore taglio ai fondi destinati con la Finanziaria alla legge 49/1987, pari per il 2010 a soli 326 milioni di euro e per il 2011 a soli 179 milioni di euro,

impegna il Governo

ad adottare iniziative urgenti per il reperimento di fondi necessari a ripristinare quanto prima le risorse economiche, progressivamente e sistematicamente decurtate negli ultimi tre anni, destinate a finanziare gli interventi di cooperazione previsti dalla legge 49/1987 con particolare riguardo al sostegno delle azioni di cooperazione in favore della popolazione civile del Darfur.
9/4086/110. Losacco.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
la crisi finanziaria, infatti, ha ulteriormente aggravato la già difficile condizione dei paesi in via di sviluppo, che proprio perché caratterizzati da economie più fragili, sono risultati particolarmente esposti alle conseguenze derivanti dall'instabilità economica mondiale;
tale considerazione appare ancora più preoccupante alla luce del fatto che la cooperazione italiana allo sviluppo vive un momento di crisi senza precedenti, aggravato dall'ulteriore taglio ai fondi destinati con la Finanziaria alla legge 49/1987, pari per il 2010 a soli 326 milioni di euro e per il 2011 a soli 179 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative urgenti per il reperimento di fondi necessari a ripristinare quanto prima le risorse economiche, progressivamente e sistematicamente decurtate negli ultimi tre anni, destinate a finanziare gli interventi di cooperazione previsti dalla legge 49/1987 con particolare riguardo al sostegno delle azioni di cooperazione in favore della popolazione civile del Darfur.
9/4086/110. (Testo modificato nel corso della seduta).Losacco.

La Camera,
premesso che:
con la legge n. 382 del 1978 sono stati istituiti gli organismi di rappresentanza dei militari (Cocer Coir - Cobar) cui sono attribuiti compiti di effettiva e concreta tutela della condizione militare;
la funzione svolta dalle rappresentanze militari è da considerare irrinunciabile al fine di garantire le legittime aspettative del personale e un pieno riconoscimento delle loro esigenze morali e materiali;
con il decreto-legge 4 novembre 2009 n. 152 di rifinanziamento delle missioni internazionali, è entrata in vigore una norma che proroga fino al 30 luglio 2011 il mandato di tutti i consigli di rappresentanza a livello centrale, intermedio e periferico;
tale termine in virtù di norme contenute nel provvedimento in esame può essere ulteriormente prorogato;
la legittimazione degli organismi di rappresentanza dipende direttamente dalla capacità da parte del Governo di dare risposte concrete alle istanze del personale mentre proroghe che risultino fine a se stesse hanno effetti negativi sulla credibilità dell'istituto della rappresentanza militare,

impegna il Governo

a rinunciare a dare corso ad ulteriori proroghe del mandato degli organismi in carica, che risulterebbero viziate da un dubbio di legittimità costituzionale anche per le modalità con cui sarebbero emanate e priverebbero il personale militare del diritto ad esprimere con il voto il rinnovo di fiducia ai propri rappresentanti;
a utilizzare il tempo residuo del mandato in corso per dare corso ad una convocazione straordinaria dei COCER al fine di raggiungere un accordo per:
la realizzazione di un sistema di previdenza complementare per il personale militare;
il superamento, attraverso misure adeguate degli effetti negativi delle disposizioni che impediscono la corresponsione dei trattamenti economici derivanti dalle promozioni, dall'assolvimento di nuove funzioni o connessi con predeterminati periodi di permanenza nel grado rivestito.
9/4086/111. Villecco Calipari, Fiano.

La Camera,
premesso che:
con la legge n. 382 del 1978 sono stati istituiti gli organismi di rappresentanza dei militari (Cocer Coir - Cobar) cui sono attribuiti compiti di effettiva e concreta tutela della condizione militare;
la funzione svolta dalle rappresentanze militari è da considerare irrinunciabile al fine di garantire le legittime aspettative del personale e un pieno riconoscimento delle loro esigenze morali e materiali;
con il decreto-legge 4 novembre 2009 n. 152 di rifinanziamento delle missioni internazionali, è entrata in vigore una norma che proroga fino al 30 luglio 2011 il mandato di tutti i consigli di rappresentanza a livello centrale, intermedio e periferico;
tale termine in virtù di norme contenute nel provvedimento in esame può essere ulteriormente prorogato;
la legittimazione degli organismi di rappresentanza dipende direttamente dalla capacità da parte del Governo di dare risposte concrete alle istanze del personale mentre proroghe che risultino fine a se stesse hanno effetti negativi sulla credibilità dell'istituto della rappresentanza militare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rinunciare a dare corso ad ulteriori proroghe del mandato degli organismi in carica, che risulterebbero viziate da un dubbio di legittimità costituzionale anche per le modalità con cui sarebbero emanate e priverebbero il personale militare del diritto ad esprimere con il voto il rinnovo di fiducia ai propri rappresentanti;
a utilizzare il tempo residuo del mandato in corso per dare corso ad una convocazione straordinaria dei COCER al fine di raggiungere un accordo per:
la realizzazione di un sistema di previdenza complementare per il personale militare;
il superamento, attraverso misure adeguate degli effetti negativi delle disposizioni che impediscono la corresponsione dei trattamenti economici derivanti dalle promozioni, dall'assolvimento di nuove funzioni o connessi con predeterminati periodi di permanenza nel grado rivestito.
9/4086/111. (Testo modificato nel corso della seduta).Villecco Calipari, Fiano.

La Camera,
premesso che:
le norme contenute nel provvedimento in oggetto apportano alcune correzioni al meccanismo delle operazioni di dismissione degli immobili del Ministero della difesa, di cui all'articolo 2, comma 196, della legge 191/2009 (Legge finanziaria 2010);
in particolare, viene modificata la destinazione dei proventi derivanti dalle suddette dismissioni, specificando le quote che spettano rispettivamente: al Ministero della difesa, al bilancio dello Stato e agli enti locali interessati;
al Ministero della difesa, secondo le disposizioni contenute nel provvedimento, viene destinata una quota sino al 42 per cento dei proventi derivanti dalla valorizzazione degli immobili;
il procedimento di valorizzazione è abbastanza complesso e si realizza attraverso una serie di atti che coinvolgono soggetti pubblici e privati,

impegna il Governo

a garantire l'assegnazione al Ministero della difesa, in deroga ai limiti previsti agli stati di previsione dei Ministeri, a titolo di anticipazione all'atto del trasferimento degli stessi immobili dalla Difesa all'Agenzia del demanio, una anticipazione di tesoreria non inferiore al 30 per cento del valore catastale degli stessi immobili.
9/4086/112. Rugghia.

La Camera,
premesso che:
le norme contenute nel provvedimento in oggetto apportano alcune correzioni al meccanismo delle operazioni di dismissione degli immobili del Ministero della difesa, di cui all'articolo 2, comma 196, della legge 191/2009 (Legge finanziaria 2010);
in particolare, viene modificata la destinazione dei proventi derivanti dalle suddette dismissioni, specificando le quote che spettano rispettivamente: al Ministero della difesa, al bilancio dello Stato e agli enti locali interessati;
al Ministero della difesa, secondo le disposizioni contenute nel provvedimento, viene destinata una quota sino al 42 per cento dei proventi derivanti dalla valorizzazione degli immobili;
il procedimento di valorizzazione è abbastanza complesso e si realizza attraverso una serie di atti che coinvolgono soggetti pubblici e privati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire l'assegnazione al Ministero della difesa, in deroga ai limiti previsti agli stati di previsione dei Ministeri, a titolo di anticipazione all'atto del trasferimento degli stessi immobili dalla Difesa all'Agenzia del demanio, una anticipazione di tesoreria non inferiore al 30 per cento del valore catastale degli stessi immobili.
9/4086/112. (Testo modificato nel corso della seduta).Rugghia.

La Camera,
premesso che:
norme contenute nel provvedimento in oggetto apportano alcune correzioni al meccanismo delle operazioni di dismissione degli immobili del Ministero della difesa, di cui all'articolo 2, comma 196, della legge 191/2009 (Legge finanziaria 2010);
in particolare, viene modificata la destinazione dei proventi derivanti dalle suddette dismissioni, specificando le quote che spettano rispettivamente: al Ministero della difesa, al bilancio dello Stato e agli enti locali interessati;
nella quota parte dei proventi derivanti dal processo di valorizzazione degli immobili non più utili alla Difesa è prevista l'assegnazione di risorse finanziarie, fino alla misura del 10 per cento, da destinare al Fondo casa di cui all'articolo 1836 del codice dell'ordinamento militare;
il procedimento di valorizzazione è abbastanza complesso e si realizza attraverso una serie di atti che coinvolgono soggetti pubblici e privati,

impegna il Governo

a garantire l'assegnazione al Ministero della difesa, in deroga ai limiti previsti agli stati di previsione dei Ministeri, a titolo di anticipazione all'atto del trasferimento degli stessi immobili dalla Difesa all'Agenzia del demanio, una anticipazione di tesoreria non inferiore al 10 per cento del valore catastale degli stessi immobili, da destinare al Fondo casa per il personale militare.
9/4086/113. Garofani.

La Camera,
premesso che:
norme contenute nel provvedimento in oggetto apportano alcune correzioni al meccanismo delle operazioni di dismissione degli immobili del Ministero della difesa, di cui all'articolo 2, comma 196, della legge 191/2009 (Legge finanziaria 2010);
in particolare, viene modificata la destinazione dei proventi derivanti dalle suddette dismissioni, specificando le quote che spettano rispettivamente: al Ministero della difesa, al bilancio dello Stato e agli enti locali interessati;
nella quota parte dei proventi derivanti dal processo di valorizzazione degli immobili non più utili alla Difesa è prevista l'assegnazione di risorse finanziarie, fino alla misura del 10 per cento, da destinare al Fondo casa di cui all'articolo 1836 del codice dell'ordinamento militare;
il procedimento di valorizzazione è abbastanza complesso e si realizza attraverso una serie di atti che coinvolgono soggetti pubblici e privati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire l'assegnazione al Ministero della difesa, in deroga ai limiti previsti agli stati di previsione dei Ministeri, a titolo di anticipazione all'atto del trasferimento degli stessi immobili dalla Difesa all'Agenzia del demanio, una anticipazione di tesoreria non inferiore al 10 per cento del valore catastale degli stessi immobili, da destinare al Fondo casa per il personale militare.
9/4086/113. (Testo modificato nel corso della seduta).Garofani.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi 100-101, della Legge finanziaria per il 2008 (L. 244/2007), ha istituito un Fondo, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, avente una dotazione annua, a decorrere dal 2008, di 7,250 milioni di euro, al fine di favorire l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani che, come personale civile, abbiano prestato servizio continuativo per almeno un anno, alla data del 31 dicembre 2006, alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne facciano parte, operanti sul territorio nazionale. In particolare, il Fondo concerne i soggetti che siano stati licenziati, in conseguenza di provvedimenti - adottati entro il 31 dicembre 2006, termine ora differito - di soppressione o riorganizzazione delle basi militari degli organismi suddetti;
il decreto-legge in esame differisce al 31 marzo 2011 il termine precedentemente previsto al 31 dicembre 2006, entro il quale il suddetto personale (che sia stato licenziato in seguito alla chiusura delle basi militari) debba aver prestato servizio continuativo per almeno un anno, per poter accedere all'assunzione presso pubbliche amministrazioni;
nel bilancio di previsione annuale 2011 e triennale 2011-2013 (legge n. 221 del 2010) è presente uno stanziamento di 3.104.502 euro al capitolo relativo al suddetto;
tenuto conto che:
i criteri e le modalità per l'assunzione del personale in esame, nonché per l'assegnazione delle risorse finanziarie alle pubbliche amministrazioni interessate, vengono definiti con decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con il ministro dell'economia, su proposta del ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2008 (cioè entro il 30 marzo 2008) e che tale adempimento è stato attuato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 gennaio 2009, recante individuazione dei criteri e delle procedure per l'assunzione del personale civile delle basi militari soppresse,

impegna il Governo

ad assumere in tempi rapidi tutti i cittadini italiani licenziati in seguito alla chiusura o alla ristrutturazione delle basi NATO in Italia, che ne hanno titolo sulla base delle norme citate in premessa.
9/4086/114. Arturo Mario Luigi Parisi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi 100-101, della Legge finanziaria per il 2008 (L. 244/2007), ha istituito un Fondo, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, avente una dotazione annua, a decorrere dal 2008, di 7,250 milioni di euro, al fine di favorire l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani che, come personale civile, abbiano prestato servizio continuativo per almeno un anno, alla data del 31 dicembre 2006, alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne facciano parte, operanti sul territorio nazionale. In particolare, il Fondo concerne i soggetti che siano stati licenziati, in conseguenza di provvedimenti - adottati entro il 31 dicembre 2006, termine ora differito - di soppressione o riorganizzazione delle basi militari degli organismi suddetti;
il decreto-legge in esame differisce al 31 marzo 2011 il termine precedentemente previsto al 31 dicembre 2006, entro il quale il suddetto personale (che sia stato licenziato in seguito alla chiusura delle basi militari) debba aver prestato servizio continuativo per almeno un anno, per poter accedere all'assunzione presso pubbliche amministrazioni;
nel bilancio di previsione annuale 2011 e triennale 2011-2013 (legge n. 221 del 2010) è presente uno stanziamento di 3.104.502 euro al capitolo relativo al suddetto;
tenuto conto che:
i criteri e le modalità per l'assunzione del personale in esame, nonché per l'assegnazione delle risorse finanziarie alle pubbliche amministrazioni interessate, vengono definiti con decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con il ministro dell'economia, su proposta del ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2008 (cioè entro il 30 marzo 2008) e che tale adempimento è stato attuato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 gennaio 2009, recante individuazione dei criteri e delle procedure per l'assunzione del personale civile delle basi militari soppresse,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere in tempi rapidi tutti i cittadini italiani licenziati in seguito alla chiusura o alla ristrutturazione delle basi NATO in Italia, che ne hanno titolo sulla base delle norme citate in premessa.
9/4086/114. (Testo modificato nel corso della seduta).Arturo Mario Luigi Parisi.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
la crisi finanziaria, infatti, ha ulteriormente aggravato la già difficile condizione dei paesi in via di sviluppo, che proprio perché caratterizzati da economie più fragili, sono risultati particolarmente esposti alle conseguenze derivanti dall'instabilità economica mondiale;
tale considerazione appare ancora più preoccupante alla luce del fatto che la cooperazione italiana allo sviluppo vive un momento di crisi senza precedenti, aggravato dall'ulteriore taglio ai fondi destinati con la Finanziaria alla legge n. 49 del 1987, pari per il 2010 a soli 326 milioni di euro e per il 2011 a soli 179 milioni di euro,

impegna il Governo

ad adottare iniziative urgenti per il reperimento di fondi necessari a ripristinare quanto prima le risorse economiche, progressivamente e sistematicamente decurtate negli ultimi tre anni, destinate a finanziare gli interventi di cooperazione previsti dalla legge n. 49 del 1987, con particolare riguardo al sostegno delle azioni di cooperazione in favore della popolazione civile dell'Egitto.
9/4086/115. Recchia.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
la crisi finanziaria, infatti, ha ulteriormente aggravato la già difficile condizione dei paesi in via di sviluppo, che proprio perché caratterizzati da economie più fragili, sono risultati particolarmente esposti alle conseguenze derivanti dall'instabilità economica mondiale;
tale considerazione appare ancora più preoccupante alla luce del fatto che la cooperazione italiana allo sviluppo vive un momento di crisi senza precedenti, aggravato dall'ulteriore taglio ai fondi destinati con la Finanziaria alla legge n. 49 del 1987, pari per il 2010 a soli 326 milioni di euro e per il 2011 a soli 179 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative urgenti per il reperimento di fondi necessari a ripristinare quanto prima le risorse economiche, progressivamente e sistematicamente decurtate negli ultimi tre anni, destinate a finanziare gli interventi di cooperazione previsti dalla legge n. 49 del 1987, con particolare riguardo al sostegno delle azioni di cooperazione in favore della popolazione civile dell'Egitto.
9/4086/115. (Testo modificato nel corso della seduta).Recchia.

La Camera,
premesso che:
norme contenute nel provvedimento in oggetto prevedono che, per gli anni 2011, 2012 e 2013, le risorse per i volontari del Corpo delle capitanerie di porto, di cui all'articolo 585 del decreto legislativo n. 66 del 2010, nei limiti di 14.8 milioni di euro per il 2011, di 9.6 milioni di euro per il 2012 e di 6.6 milioni di euro per il 2013, vengano utilizzate per i fini previsti dall'articolo 2, Co. 98, legge n. 244 del 2007, ossia per le esigenze di funzionamento e per l'esercizio dei compiti di vigilanza e controllo operativi in materia di sicurezza delle navi e delle strutture portuali svolti dal Corpo delle capitanerie di porto;
l'articolo 2217 dello stesso decreto legislativo n. 66 del 2010, infatti, prevede che le consistenze di ognuna delle categorie di volontari del Corpo delle capitanerie di porto vengano determinate, fino al 31 dicembre 2015, con decreto del ministro della difesa, di concerto con i ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e l'innovazione. Le previsioni di tali consistenze per gli anni 2011, 2012 e 2013, realizzano dei risparmi di spesa per gli oneri rispettivamente di 14.8, 9.6 e 6.6 milioni di euro;
considerato che:
in conseguenza delle limitazioni di bilancio imposte sulle risorse destinate alle esigenze di esercizio e funzionamento del Corpo tale misura risulta assolutamente necessaria per garantire compiti essenziali affidati alle capitanerie di porto;

impegna il Governo

a garantire contestualmente alla nuova ripartizione dei fondi prevista dalla norma sopracitata, l'emanazione in tempi rapidi di un bando di concorso straordinario per il passaggio in servizio permanente dei volontari in ferma breve che ad oggi prestano servizio nel Corpo delle capitanerie di porto.
9/4086/116. La Forgia.

La Camera,
premesso che:
norme contenute nel provvedimento in oggetto prevedono che, per gli anni 2011, 2012 e 2013, le risorse per i volontari del Corpo delle capitanerie di porto, di cui all'articolo 585 del decreto legislativo n. 66 del 2010, nei limiti di 14.8 milioni di euro per il 2011, di 9.6 milioni di euro per il 2012 e di 6.6 milioni di euro per il 2013, vengano utilizzate per i fini previsti dall'articolo 2, Co. 98, legge n. 244 del 2007, ossia per le esigenze di funzionamento e per l'esercizio dei compiti di vigilanza e controllo operativi in materia di sicurezza delle navi e delle strutture portuali svolti dal Corpo delle capitanerie di porto;
l'articolo 2217 dello stesso decreto legislativo n. 66 del 2010, infatti, prevede che le consistenze di ognuna delle categorie di volontari del Corpo delle capitanerie di porto vengano determinate, fino al 31 dicembre 2015, con decreto del ministro della difesa, di concerto con i ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e l'innovazione. Le previsioni di tali consistenze per gli anni 2011, 2012 e 2013, realizzano dei risparmi di spesa per gli oneri rispettivamente di 14.8, 9.6 e 6.6 milioni di euro;
considerato che:
in conseguenza delle limitazioni di bilancio imposte sulle risorse destinate alle esigenze di esercizio e funzionamento del Corpo tale misura risulta assolutamente necessaria per garantire compiti essenziali affidati alle capitanerie di porto;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire contestualmente alla nuova ripartizione dei fondi prevista dalla norma sopracitata, l'emanazione in tempi rapidi di un bando di concorso straordinario per il passaggio in servizio permanente dei volontari in ferma breve che ad oggi prestano servizio nel Corpo delle capitanerie di porto.
9/4086/116. (Testo modificato nel corso della seduta).La Forgia.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto non presenta misure adeguate volte al sostegno e alla promozione delle attività culturali e, al contrario, istituisce un contributo speciale a carico di chi accede a pagamento nelle sale cinematografiche a partire dal 1o luglio 2011 e fino al 31 dicembre 2013, con la sola esclusione di quelle delle comunità ecclesiali o religiose;
anche la previsione contenuta nel presente provvedimento finalizzata a incrementare la dotazione finanziaria di cui all'articolo 1, comma 40, quarto periodo, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Legge di stabilità 2011) da destinare per le attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici, nonché per la promozione di attività sportive culturali e sociali, appare insufficiente rispetto alle esigenze concrete che si manifestano in ciascuno di questi settori e in particolare in quello delle attività culturali;
nonostante la cultura e i beni culturali italiani costituiscano una delle principali risorse per l'economia e l'immagine del Paese, il relativo settore vive un momento di stagnazione in ragione delle costanti e ripetute decurtazioni finanziarie che ha subito;
in questo momento appare urgente attivare un serio e oculato impiego di risorse per la promozione delle attività culturali fuori e dentro i confini nazionali, giacché questo potrebbe facilmente tradursi in notevoli vantaggi economici per il Paese;
la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo è oggi affidata agli Istituti italiani di cultura che favoriscono importanti forme di collaborazione con il mondo culturale e scientifico dei paesi ospitanti e contribuiscono allo sviluppo culturale, scientifico ed economico dell'Italia; essi costituiscono altresì un imprescindibile punto di riferimento per le comunità italiane all'estero che intendono mantenere uno stretto contatto con il paese d'origine e offrono un prezioso supporto per gli studiosi e studenti nella loro attività di ricerca e di studio;
le esigenze di bilancio hanno indotto il Ministero degli affari esteri ad attivare una riorganizzazione della rete degli Istituti italiani di cultura che si traduce, in particolare in Europa, in un nuovo sostanziale depotenziamento della stessa,

impegna il Governo

nel prossimo provvedimento di natura finanziaria, a valutare l'opportunità d'incrementare la dotazione al Ministero degli affari esteri, al fine che questo sia in condizione di riconsiderare il piano di riorganizzazione della rete degli Istituti italiani di cultura e scongiurare un ulteriore depotenziamento della stessa.
9/4086/117. Gianni Farina.

La Camera,
premesso che:
nel presente decreto-legge, non è prevista la proroga dell'estensione delle detrazioni per carichi di famiglia ai residenti all'estero;
va rilevato che l'articolo 1, comma 54, della Legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Legge di stabilità 2011) ha esteso all'anno 2011 il diritto per i residenti all'estero a richiedere le detrazioni per carichi familiari, modificando l'articolo 1, comma 1324, della Legge 27 dicembre 2006 e successive modificazioni («Legge finanziaria 2007»);
le norme che si sono succedute, compresa quella summenzionata, hanno praticamente esteso le detrazioni fiscali per carichi di famiglia ai lavoratori e alle lavoratrici residenti all'estero limitatamente agli anni 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011;
pertanto, ai soggetti non residenti in Italia le detrazioni per carichi di famiglia spettano anche per l'anno 2011, a condizione che: a) gli stessi dimostrino, con idonea documentazione, che le persone alle quali tali detrazioni si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore, al lordo degli oneri deducibili, al limite di euro 2.840,51, compresi i redditi prodotti fuori dal territorio dello Stato; b) di non godere, nel paese di residenza, di alcun beneficio fiscale connesso ai carichi familiari;
tuttavia la concessione delle detrazioni solo fino al 2011 pone i residenti all'estero che producono un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia in una condizione di sostanziale disparità nei confronti dei residenti nel territorio nazionale, fissando un limite temporale arbitrario e privo di fondamenti giuridici e privandoli del diritto alle detrazioni per gli anni successivi al 2011,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative che ristabiliscano la parità di trattamento fiscale sui redditi prodotti in Italia tra residenti nel territorio italiano e residenti all'estero prevedendo l'introduzione definitiva e senza limiti temporali dell'estensione delle detrazioni fiscali per i carichi di famiglia agli aventi diritto residenti all'estero.
9/4086/118. Fedi.

La Camera,
premesso che:
nel presente decreto-legge, non è prevista la proroga dell'estensione delle detrazioni per carichi di famiglia ai residenti all'estero;
va rilevato che l'articolo 1, comma 54, della Legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Legge di stabilità 2011) ha esteso all'anno 2011 il diritto per i residenti all'estero a richiedere le detrazioni per carichi familiari, modificando l'articolo 1, comma 1324, della Legge 27 dicembre 2006 e successive modificazioni («Legge finanziaria 2007»);
le norme che si sono succedute, compresa quella summenzionata, hanno praticamente esteso le detrazioni fiscali per carichi di famiglia ai lavoratori e alle lavoratrici residenti all'estero limitatamente agli anni 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011;
pertanto, ai soggetti non residenti in Italia le detrazioni per carichi di famiglia spettano anche per l'anno 2011, a condizione che: a) gli stessi dimostrino, con idonea documentazione, che le persone alle quali tali detrazioni si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore, al lordo degli oneri deducibili, al limite di euro 2.840,51, compresi i redditi prodotti fuori dal territorio dello Stato; b) di non godere, nel paese di residenza, di alcun beneficio fiscale connesso ai carichi familiari;
tuttavia la concessione delle detrazioni solo fino al 2011 pone i residenti all'estero che producono un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia in una condizione di sostanziale disparità nei confronti dei residenti nel territorio nazionale, fissando un limite temporale arbitrario e privo di fondamenti giuridici e privandoli del diritto alle detrazioni per gli anni successivi al 2011,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative che ristabiliscano la parità di trattamento fiscale sui redditi prodotti in Italia tra residenti nel territorio italiano e residenti all'estero prevedendo l'introduzione definitiva e senza limiti temporali dell'estensione delle detrazioni fiscali per i carichi di famiglia agli aventi diritto residenti all'estero.
9/4086/118. (Testo modificato nel corso della seduta).Fedi.

La Camera,
premesso che:
in occasione dell'interpellanza urgente, discussa in data 20 maggio 2010, relativa all'adozione di misure volte a garantire l'applicazione della sentenza della Corte di cassazione in ordine al riconoscimento dello status di cittadino italiano ai figli di donne che hanno perso la cittadinanza a seguito di matrimonio con cittadini stranieri avvenuto prima del 1o gennaio 1948, il sottosegretario al Ministero per i rapporti con il Parlamento, intervenuta a nome del Governo, dichiarava che l'Esecutivo non escludeva la possibilità di inserire le norme necessarie in uno dei decreti di proroga di termini denominati comunemente «Milleproroghe»;
l'applicazione non solo in via giurisdizionale ma anche in via amministrativa dell'importante sentenza della Corte di cassazione effettivamente comporta, oltre alla messa a punto di alcuni passaggi procedurali, la proroga del termine previsto dall'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992 n. 91 e successive modificazioni;
il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto 29 dicembre 2010 n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, nonostante le precedenti dichiarazioni del Governo, non è tuttavia intervenuto sulla questione del riconoscimento della cittadinanza ai figli di donne che hanno perduto la cittadinanza per matrimonio con cittadino straniero avvenuto prima dell'entrata in vigore della Costituzione;
la questione è compiutamente definita sul piano del diritto, dal momento che la Suprema Corte, richiamando le sentenze della Corte costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983, ha riconosciuto lo status di cittadino italiano anche ai figli di donne che avevano perduto tale condizione per effetto della legge n. 555 del 13 giugno 1912;
la strada del riconoscimento, tuttavia, è operante per gli interessati solo in via giurisdizionale, che - come è noto - comporta costi notevoli e tempi lunghi di decisione, mentre l'applicazione in via amministrativa richiede un intervento normativo abbastanza lineare, volto a definire le semplici procedure da seguire per la richiesta di riconoscimento;
sul piano delle posizioni politiche e istituzionali gli orientamenti sono altrettanto delineati e omogenei, visto che la richiesta di intervento è stata presentata in due occasioni alla Camera, tramite interpellanze urgenti sottoscritte da parlamentari di diverso orientamento e che sia il Governo che l'opposizione sono stati concordi nel riconoscere il valore della sentenza della Cassazione sul piano dei diritti costituzionali e nel dichiarare la propria disponibilità a concorrere ad un'urgente soluzione della questione,

impegna il Governo

a presentare tempestivamente, mediante strumenti normativi ritenuti più adeguati all'importanza della questione e all'indifferibilità della soluzione, una proposta che recepisca la sentenza della Suprema Corte e consenta alle donne che hanno perduto la cittadinanza per matrimonio con straniero contratto prima del 10 gennaio 1948 e ai loro discendenti di poter chiedere il riconoscimento dello status civitatis anche in via amministrativa.
9/4086/119. Bucchino.

La Camera,
premesso che:
nel decreto in esame si prevede una sperimentazione di 12 mesi in favore di enti caritativi operanti in comuni con più di 250.000 abitanti per valutare la proroga del programma Carta acquisti destinata a cittadini italiani meno abbienti residenti nel territorio nazionale;
nel provvedimento, essendo stato incluso il vincolo della residenza, si è escluso ogni riferimento alla preoccupante situazione di disagio sociale in cui versa un numero non limitato di nostri connazionali che pur essendo cittadini italiani risiedono all'estero, cittadini che non hanno, a causa delle particolarità dei sistemi socio-assistenziali dei paesi di residenza, adeguate coperture assistenziali e assicurative, soprattutto in età avanzata;
nella legge di bilancio per l'anno 2011 la scelta dei tagli lineari ha determinato per il Ministero degli affari esteri una riduzione complessiva di risorse pari a circa 44 milioni di euro sia per il 2011 che per il 2012 e a circa 43 milioni per il 2013, che incide in modo severo sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
la drastica riduzione di risorse comporta conseguenze evidenti sulle politiche destinate alle comunità italiane all'estero e, in particolare, a quelle destinate a corrispondere alle esigenze più vive e dirette dei nostri connazionali che si trovino in condizioni di acuto bisogno, soprattutto in alcuni paesi dell'America Latina;
da alcuni anni le somme previste per l'assistenza diretta e indiretta per gli italiani all'estero hanno subito forti decurtazioni: nel 2010 tale riduzione è stata rispettivamente del 29 per cento e del 27 per cento, nonostante la parziale reintegrazione in sede di assestamento di bilancio e nel 2011 la dotazione finanziaria ha conosciuto ulteriori restrizioni;
per l'incertezza della disponibilità di risorse negli anni a venire, sono cadute le polizze di assicurazione sanitaria stipulate dalla nostra amministrazione con enti operanti in importanti paesi dell'America meridionale, come l'Argentina, l'Uruguay e il Cile, lasciando improvvisamente senza tutela diverse migliaia di nostri connazionali spesso affetti da gravi patologie,

impegna il Governo

a prevedere, in occasione dei prossimi provvedimenti finanziari, in coerenza con quanto disposto per i cittadini residenti in Italia, un'integrazione delle risorse destinate alla Missione «Italia in Europa e nel mondo» del Ministero degli Esteri e, in particolare, ai programmi volti a mantenere i livelli già acquisiti nel recente passato per l'assistenza diretta e indiretta ai cittadini italiani residenti all'estero che si trovino in condizioni di accertato bisogno.
9/4086/120. Porta.

La Camera,
premesso che:
nel decreto in esame si prevede una sperimentazione di 12 mesi in favore di enti caritativi operanti in comuni con più di 250.000 abitanti per valutare la proroga del programma Carta acquisti destinata a cittadini italiani meno abbienti residenti nel territorio nazionale;
nel provvedimento, essendo stato incluso il vincolo della residenza, si è escluso ogni riferimento alla preoccupante situazione di disagio sociale in cui versa un numero non limitato di nostri connazionali che pur essendo cittadini italiani risiedono all'estero, cittadini che non hanno, a causa delle particolarità dei sistemi socio-assistenziali dei paesi di residenza, adeguate coperture assistenziali e assicurative, soprattutto in età avanzata;
nella legge di bilancio per l'anno 2011 la scelta dei tagli lineari ha determinato per il Ministero degli affari esteri una riduzione complessiva di risorse pari a circa 44 milioni di euro sia per il 2011 che per il 2012 e a circa 43 milioni per il 2013, che incide in modo severo sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
la drastica riduzione di risorse comporta conseguenze evidenti sulle politiche destinate alle comunità italiane all'estero e, in particolare, a quelle destinate a corrispondere alle esigenze più vive e dirette dei nostri connazionali che si trovino in condizioni di acuto bisogno, soprattutto in alcuni paesi dell'America Latina;
da alcuni anni le somme previste per l'assistenza diretta e indiretta per gli italiani all'estero hanno subito forti decurtazioni: nel 2010 tale riduzione è stata rispettivamente del 29 per cento e del 27 per cento, nonostante la parziale reintegrazione in sede di assestamento di bilancio e nel 2011 la dotazione finanziaria ha conosciuto ulteriori restrizioni;
per l'incertezza della disponibilità di risorse negli anni a venire, sono cadute le polizze di assicurazione sanitaria stipulate dalla nostra amministrazione con enti operanti in importanti paesi dell'America meridionale, come l'Argentina, l'Uruguay e il Cile, lasciando improvvisamente senza tutela diverse migliaia di nostri connazionali spesso affetti da gravi patologie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, in occasione dei prossimi provvedimenti finanziari, in coerenza con quanto disposto per i cittadini residenti in Italia, un'integrazione delle risorse destinate alla Missione «Italia in Europa e nel mondo» del Ministero degli Esteri e, in particolare, ai programmi volti a mantenere i livelli già acquisiti nel recente passato per l'assistenza diretta e indiretta ai cittadini italiani residenti all'estero che si trovino in condizioni di accertato bisogno.
9/4086/120. (Testo modificato nel corso della seduta).Porta.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame prevede un'estensione per l'anno finanziario 2011 per la concessione di contributi (nel limite di 1 milione di euro) in favore delle emittenti radiotelevisive che trasmettono programmi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige;
tale disposizione proroga al solo 2011 le provvidenze previste per gli anni dal 2007 al 2009, ai sensi dell'articolo 3, comma 2-ter, della legge n. 250 del 1990 così come modificato dalla Legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), la quale stabiliva la misura dei contributi non superiori al 50 per cento dei complessivi risultanti dal bilancio dell'impresa editrice;
con successivo provvedimento, decreto-legge n. 194 del 2009, all'articolo 10-sexies, comma 1, lettera a), è stata stabilita la non applicabilità a quotidiani ed emittenti radiotelevisive di cui all'articolo 3, comma 2-ter, legge n. 250 del 1990, per i contributi relativi al 2009, delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 62, della Legge finanziaria 2010 (legge n. 191 del 2009), limitando l'erogazione delle provvidenze in favore dell'editoria all'effettivo stanziamento iscritto nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, procedendo, ove necessario, al riparto in quote proporzionali all'ammontare del contributo spettante per legge a ciascuna impresa;
per quanto riguarda i quotidiani editi e diffusi all'estero, l'ultima legge di stabilità, all'articolo 1, comma 56, della legge n. 220 del 13 dicembre 2010 (Disposizioni per la formazione del Bilancio annuale e pluriennale dello Stato) ha previsto un contributo pari al 100 per cento dell'importo calcolato secondo i parametri stabiliti dalla legislazione vigente ma con applicazione al solo anno 2011;
tuttavia, né la disposizione contenuta nel presente provvedimento (in favore delle emittenti radiotelevisive che trasmettono programmi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige), né la disposizione di cui alla legge di stabilità 2011 in favore della stampa italiana all'estero, contemplano un contributo anche per le emittenti radiotelevisive che trasmettono programmi in lingua italiana all'estero, le quali contribuiscono a diffondere e a mantenere vivo il rapporto con il nostro Paese e soprattutto con la lingua italiana per le comunità italiane all'estero,

impegna il Governo

a prevedere, mediante successivi provvedimenti, un'estensione dei suddetti contributi anche in favore delle emittenti radiotelevisive che trasmettano programmi in lingua italiana all'estero.
9/4086/121. Maran.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame prevede un'estensione per l'anno finanziario 2011 per la concessione di contributi (nel limite di 1 milione di euro) in favore delle emittenti radiotelevisive che trasmettono programmi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige;
tale disposizione proroga al solo 2011 le provvidenze previste per gli anni dal 2007 al 2009, ai sensi dell'articolo 3, comma 2-ter, della legge n. 250 del 1990 così come modificato dalla Legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), la quale stabiliva la misura dei contributi non superiori al 50 per cento dei complessivi risultanti dal bilancio dell'impresa editrice;
con successivo provvedimento, decreto-legge n. 194 del 2009, all'articolo 10-sexies, comma 1, lettera a), è stata stabilita la non applicabilità a quotidiani ed emittenti radiotelevisive di cui all'articolo 3, comma 2-ter, legge n. 250 del 1990, per i contributi relativi al 2009, delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 62, della Legge finanziaria 2010 (legge n. 191 del 2009), limitando l'erogazione delle provvidenze in favore dell'editoria all'effettivo stanziamento iscritto nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, procedendo, ove necessario, al riparto in quote proporzionali all'ammontare del contributo spettante per legge a ciascuna impresa;
per quanto riguarda i quotidiani editi e diffusi all'estero, l'ultima legge di stabilità, all'articolo 1, comma 56, della legge n. 220 del 13 dicembre 2010 (Disposizioni per la formazione del Bilancio annuale e pluriennale dello Stato) ha previsto un contributo pari al 100 per cento dell'importo calcolato secondo i parametri stabiliti dalla legislazione vigente ma con applicazione al solo anno 2011;
tuttavia, né la disposizione contenuta nel presente provvedimento (in favore delle emittenti radiotelevisive che trasmettono programmi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige), né la disposizione di cui alla legge di stabilità 2011 in favore della stampa italiana all'estero, contemplano un contributo anche per le emittenti radiotelevisive che trasmettono programmi in lingua italiana all'estero, le quali contribuiscono a diffondere e a mantenere vivo il rapporto con il nostro Paese e soprattutto con la lingua italiana per le comunità italiane all'estero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, mediante successivi provvedimenti, un'estensione dei suddetti contributi anche in favore delle emittenti radiotelevisive che trasmettano programmi in lingua italiana all'estero.
9/4086/121. (Testo modificato nel corso della seduta).Maran.

La Camera,
premesso che:
con il decreto in esame (articolo 2 comma 16-decies) viene prorogato di dodici mesi il termine di entrata in vigore della disciplina della mediazione obbligatoria, limitatamente alle controversie in materia di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti;
sono in corso iniziative legislative tendenti ad escludere che il ricorso alla procedura di mediazione possa costituire - com'è previsto dal decreto legislativo n. 28 del 2010 - condizione di procedibilità per l'avvio di un processo civile;
anche a prescindere dalle questioni di merito, che richiederebbero prudenza ed attenzione, sono molti gli ostacoli che impediscono l'avvio della mediazione obbligatoria nei tempi previsti (20 marzo 2011) per le materie escluse dalla proroga;
come risulta da documenti già in possesso del ministro della giustizia (confrontare lettera indirizzata al ministro Alfano dall'avvocato Guido Alpa, Presidente del Consiglio nazionale forense), non sono, in particolare, ancora disponibili le aule presso i tribunali, non sono reclutabili i conciliatori nel numero e con la professionalità richiesta, per le difficoltà sollevate dalle compagnie di assicurazione non sono ancora assicurabili i rischi della nuova attività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere la disciplina sulla mediazione e a prevedere comunque un differimento generale dell'avvio dell'attività di mediazione obbligatoria, senza esclusione di alcuna materia.
9/4086/122. Zampa, Lo Moro.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
accordi di tale genere, del tutto condivisibili nel merito, rivestono un ruolo non secondario nel delineare il profilo della nostra azione di politica estera, in particolare in materia di cooperazione allo sviluppo e in seno a grandi organizzazioni internazionali;
tuttavia l'azione italiana risulta frammentata e non coordinata tra le diverse amministrazioni che operano, in particolare nel campo della cooperazione allo sviluppo, con conseguente perdita di efficacia dell'azione complessiva e di incisività quanto a ruolo politico del Paese;
tale problema è stato più volte sottolineato nelle sedi parlamentari, con particolare riferimento alla inadeguata suddivisione di compiti tra Ministero dell'economia e Ministero degli esteri, con un ruolo di coordinamento insufficiente attribuito alla Farnesina nell'architettura complessiva di governo della politica di cooperazione;
peraltro l'informazione resa dal Ministero dell'Economia alle competenti Commissioni parlamentari è del tutto insufficiente, essendosi riscontrate tanto difficoltà nell'ottenere audizioni dei responsabili politici e amministrativi del Ministero quanto lacune nella trasparenza e leggibilità del bilancio del Ministero dell'Economia relative all'utilizzo delle risorse finanziarie gestite nell'ambito dei rapporti internazionali che ad esso fanno capo,

impegna il Governo

a redigere una relazione dettagliata, aggiornata alle autorizzazioni previste dal presente disegno di legge, ad integrazione di quella presentata ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 49 del 1987, da far pervenire al Parlamento entro il 30 novembre 2011, concernente lo stato dei negoziati conclusi nell'anno in corso o in via di svolgimento nelle organizzazioni internazionali di natura economica, per quanto attiene alla sottoscrizione di aumenti di capitale, concessioni di prestiti o garanzie, assetti di governance interni alle singole organizzazioni e ruoli assunti dai rappresentanti del Governo italiano.
9/4086/123. Barbi.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
accordi di tale genere, del tutto condivisibili nel merito, rivestono un ruolo non secondario nel delineare il profilo della nostra azione di politica estera, in particolare in materia di cooperazione allo sviluppo e in seno a grandi organizzazioni internazionali;
tuttavia l'azione italiana risulta frammentata e non coordinata tra le diverse amministrazioni che operano, in particolare nel campo della cooperazione allo sviluppo, con conseguente perdita di efficacia dell'azione complessiva e di incisività quanto a ruolo politico del Paese;
tale problema è stato più volte sottolineato nelle sedi parlamentari, con particolare riferimento alla inadeguata suddivisione di compiti tra Ministero dell'economia e Ministero degli esteri, con un ruolo di coordinamento insufficiente attribuito alla Farnesina nell'architettura complessiva di governo della politica di cooperazione;
peraltro l'informazione resa dal Ministero dell'Economia alle competenti Commissioni parlamentari è del tutto insufficiente, essendosi riscontrate tanto difficoltà nell'ottenere audizioni dei responsabili politici e amministrativi del Ministero quanto lacune nella trasparenza e leggibilità del bilancio del Ministero dell'Economia relative all'utilizzo delle risorse finanziarie gestite nell'ambito dei rapporti internazionali che ad esso fanno capo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di redigere una relazione dettagliata, aggiornata alle autorizzazioni previste dal presente disegno di legge, ad integrazione di quella presentata ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 49 del 1987, da far pervenire al Parlamento entro il 30 novembre 2011, concernente lo stato dei negoziati conclusi nell'anno in corso o in via di svolgimento nelle organizzazioni internazionali di natura economica, per quanto attiene alla sottoscrizione di aumenti di capitale, concessioni di prestiti o garanzie, assetti di governance interni alle singole organizzazioni e ruoli assunti dai rappresentanti del Governo italiano.
9/4086/123. (Testo modificato nel corso della seduta).Barbi.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
accordi di tale genere, del tutto condivisibili nel merito, rivestono un ruolo non secondario nel delineare il profilo della nostra azione di politica estera, in particolare in materia di cooperazione allo sviluppo e in seno a grandi organizzazioni internazionali;
tuttavia l'azione italiana risulta frammentata e non coordinata tra le diverse amministrazioni che operano, in particolare nel campo della cooperazione allo sviluppo, con conseguente perdita di efficacia dell'azione complessiva e di incisività quanto a ruolo politico del Paese;
tale problema è stato più volte sottolineato nelle sedi parlamentari, con particolare riferimento alla inadeguata suddivisione di compiti tra Ministero dell'Economia e Ministero degli Esteri, con un ruolo di coordinamento insufficiente attribuito alla Farnesina nell'architettura complessiva di governo della politica di cooperazione;
peraltro l'informazione resa dal Ministero dell'Economia alle competenti Commissioni parlamentari è del tutto insufficiente, essendosi riscontrate tanto difficoltà nell'ottenere audizioni dei responsabili politici e amministrativi del Ministero quanto lacune nella trasparenza e leggibilità del bilancio del Ministero dell'economia relative all'utilizzo delle risorse finanziarie gestite nell'ambito dei rapporti internazionali che ad esso fanno capo,

impegna il Governo

a subordinare la conclusione di nuovi accordi per la sottoscrizione di aumenti di capitale, concessioni di prestiti o garanzie nell'ambito delle organizzazioni internazionali di natura economica e finanziaria, comprese le banche e i Fondi di sviluppo, alla previa comunicazione al Parlamento del contenuto e dei termini degli stessi.
9/4086/124. Corsini.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
accordi di tale genere, del tutto condivisibili nel merito, rivestono un ruolo non secondario nel delineare il profilo della nostra azione di politica estera, in particolare in materia di cooperazione allo sviluppo e in seno a grandi organizzazioni internazionali;
tuttavia l'azione italiana risulta frammentata e non coordinata tra le diverse amministrazioni che operano, in particolare nel campo della cooperazione allo sviluppo, con conseguente perdita di efficacia dell'azione complessiva e di incisività quanto a ruolo politico del Paese;
tale problema è stato più volte sottolineato nelle sedi parlamentari, con particolare riferimento alla inadeguata suddivisione di compiti tra Ministero dell'Economia e Ministero degli Esteri, con un ruolo di coordinamento insufficiente attribuito alla Farnesina nell'architettura complessiva di governo della politica di cooperazione;
peraltro l'informazione resa dal Ministero dell'Economia alle competenti Commissioni parlamentari è del tutto insufficiente, essendosi riscontrate tanto difficoltà nell'ottenere audizioni dei responsabili politici e amministrativi del Ministero quanto lacune nella trasparenza e leggibilità del bilancio del Ministero dell'economia relative all'utilizzo delle risorse finanziarie gestite nell'ambito dei rapporti internazionali che ad esso fanno capo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di subordinare la conclusione di nuovi accordi per la sottoscrizione di aumenti di capitale, concessioni di prestiti o garanzie nell'ambito delle organizzazioni internazionali di natura economica e finanziaria, comprese le banche e i Fondi di sviluppo, alla previa comunicazione al Parlamento del contenuto e dei termini degli stessi.
9/4086/124. (Testo modificato nel corso della seduta).Corsini.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
accordi di tale genere, del tutto condivisibili nel merito, rivestono un ruolo non secondario nel delineare il profilo della nostra azione di politica estera, in particolare in materia di cooperazione allo sviluppo e in seno a grandi organizzazioni internazionali;
tuttavia l'azione italiana risulta frammentata e non coordinata tra le diverse amministrazioni che operano, in particolare nel campo della cooperazione allo sviluppo, con conseguente perdita di efficacia dell'azione complessiva e di incisività quanto a ruolo politico del Paese;
tale problema è stato più volte sottolineato nelle sedi parlamentari, con particolare riferimento alla inadeguata suddivisione di compiti tra Ministero dell'economia e Ministero degli esteri, con un ruolo di coordinamento insufficiente attribuito alla Farnesina nell'architettura complessiva di governo della politica di cooperazione;
peraltro l'informazione resa dal Ministero dell'economia alle competenti Commissioni parlamentari è del tutto insufficiente, essendosi riscontrate tanto difficoltà nell'ottenere audizioni dei responsabili politici e amministrativi del Ministero quanto lacune nella trasparenza e leggibilità del bilancio del Ministero dell'economia relative all'utilizzo delle risorse finanziarie gestite nell'ambito dei rapporti internazionali che ad esso fanno capo,

impegna il Governo

a rivedere le competenze attribuite al Ministero dell'economia nel campo della partecipazione alle organizzazioni internazionali di natura economica nonché alle banche e ai fondi multilaterali di sviluppo, prevedendo forme più strette di consultazione e cooperazione con il Ministero degli esteri, ovvero una riforma organica delle competenze attribuite alle due amministrazioni, al fine di garantire al Ministero degli esteri un ruolo di effettivo coordinamento e governo dell'azione di politica estera dell'Italia in tema di cooperazione allo sviluppo.
9/4086/125. Tempestini.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto autorizza a provvedere, mediante anticipazioni di tesoreria, agli eventuali pagamenti conseguenti alle garanzie statali sulle passività emesse per il finanziamento di prestiti agli Stati dell'area euro concessi dall'European Financial Stability Facility (EFSF);
costituisce, pertanto, un elemento fondamentale per l'operatività dello strumento finanziario europeo costituito per far fronte alle difficoltà dei bilanci nazionali di alcuni Stati dell'Eurozona, conseguenti alla grave crisi economica finanziaria degli ultimi anni;
il funzionamento, la quantità di risorse messe a disposizione dell'EFSF e le modalità operative sono al centro della lunga discussione che a Bruxelles sta caratterizzando la definizione della nuova governance economica europea e il nuovo Patto di stabilità e crescita;
le notizie relative al negoziato, alla posizione del nostro Paese, alle scelte strategiche da affrontare nell'ambito della trattativa sono sottratte all'approfondimento del Parlamento nonostante l'impatto che l'accordo definitivo potrà avere sui conti pubblici e sull'economia italiana,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative al fine di non concludere alcun accordo in seno al Consiglio europeo relativo al nuovo Patto di stabilità o a modifiche delle regole inerenti alla governance economica europea senza aver ricevuto un mandato specifico e conforme da parte del Parlamento.
9/4086/126. Gozi.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto autorizza a provvedere, mediante anticipazioni di tesoreria, agli eventuali pagamenti conseguenti alle garanzie statali sulle passività emesse per il finanziamento di prestiti agli Stati dell'area euro concessi dall'European Financial Stability Facility (EFSF);
costituisce, pertanto, un elemento fondamentale per l'operatività dello strumento finanziario europeo costituito per far fronte alle difficoltà dei bilanci nazionali di alcuni Stati dell'Eurozona, conseguenti alla grave crisi economica finanziaria degli ultimi anni;
il funzionamento, la quantità di risorse messe a disposizione dell'EFSF e le modalità operative sono al centro della lunga discussione che a Bruxelles sta caratterizzando la definizione della nuova governance economica europea e il nuovo Patto di stabilità e crescita;
le notizie relative al negoziato, alla posizione del nostro Paese, alle scelte strategiche da affrontare nell'ambito della trattativa sono sottratte all'approfondimento del Parlamento nonostante l'impatto che l'accordo definitivo potrà avere sui conti pubblici e sull'economia italiana,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative al fine di non concludere alcun accordo in seno al Consiglio europeo relativo al nuovo Patto di stabilità o a modifiche delle regole inerenti alla governance economica europea senza aver ricevuto un mandato specifico e conforme da parte del Parlamento.
9/4086/126. (Testo modificato nel corso della seduta).Gozi.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto autorizza a provvedere, mediante anticipazioni di tesoreria, agli eventuali pagamenti conseguenti alle garanzie statali sulle passività emesse per il finanziamento di prestiti agli Stati dell'area euro concessi dall'European Financial Stability Facility (EFSF);
costituisce, pertanto, un elemento fondamentale per l'operatività dello strumento finanziario europeo costituito per far fronte alle difficoltà dei bilanci nazionali di alcuni Stati dell'Eurozona, conseguenti alla grave crisi economica finanziaria degli ultimi anni;
il funzionamento, la quantità di risorse messe a disposizione dell'EFSF e le modalità operative sono al centro della lunga discussione che a Bruxelles sta caratterizzando la definizione della nuova governance economica europea e il nuovo Patto di stabilità e crescita;
nell'ambito della definizione della nuova governance economica europea è necessario prevedere gli strumenti finanziari atti a garantire risorse aggiuntive e superiori a quelle previste dal quadro finanziario dell'Unione europea 2007-2013,

impegna il Governo

a sostenere, con riferimento alle risorse finanziarie necessarie a rilanciare la ripresa economica dell'Unione europea, l'introduzione di meccanismi di finanziamento propri dell'Unione quali gli «Eurobond» anche al fine di realizzare i progetti strategici infrastrutturali e le priorità indicate nella strategia «Europa 2020».
9/4086/127. Farinone.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto autorizza a provvedere, mediante anticipazioni di tesoreria, agli eventuali pagamenti conseguenti alle garanzie statali sulle passività emesse per il finanziamento di prestiti agli Stati dell'area euro concessi dall'European Financial Stability Facility (EFSF);
costituisce, pertanto, un elemento fondamentale per l'operatività dello strumento finanziario europeo costituito per far fronte alle difficoltà dei bilanci nazionali di alcuni Stati dell'Eurozona, conseguenti alla grave crisi economica finanziaria degli ultimi anni;
il funzionamento, la quantità di risorse messe a disposizione dell'EFSF e le modalità operative sono al centro della lunga discussione che a Bruxelles sta caratterizzando la definizione della nuova governance economica europea e il nuovo Patto di stabilità e crescita;
nell'ambito della definizione della nuova governance economica europea è necessario prevedere gli strumenti finanziari atti a garantire risorse aggiuntive e superiori a quelle previste dal quadro finanziario dell'Unione europea 2007-2013,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sostenere, con riferimento alle risorse finanziarie necessarie a rilanciare la ripresa economica dell'Unione europea, l'introduzione di meccanismi di finanziamento propri dell'Unione quali gli «Eurobond» anche al fine di realizzare i progetti strategici infrastrutturali e le priorità indicate nella strategia «Europa 2020».
9/4086/127. (Testo modificato nel corso della seduta).Farinone.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede il rinnovo per un anno dei contratti di lavoro di cui all'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio 29 marzo 2007, n. 3576 al fine di garantire l'operatività degli sportelli unici per l'immigrazione nei compiti di accoglienza e integrazione, e degli uffici immigrazione delle questure nel completamento delle procedure di emersione del lavoro irregolare;
va tuttavia rilevato, che nonostante l'avvenuta scadenza del termine il 24 dicembre 2010, non è ancora stata recepita nel nostro ordinamento la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare;
il mancato recepimento di tale direttiva non solo espone l'Italia a possibili aperture d'infrazione da parte della Comunità europea, ma soprattutto rischia di vanificare il lavoro degli sportelli unici per l'immigrazione, in particolare per quel che riguarda i compiti di integrazione e accoglienza, nonché le stesse funzioni degli uffici immigrazione delle questure;
tale circostanza appare aggravata dalle numerose sentenze pronunciate da tribunali della Repubblica italiana a partire da gennaio 2011, che hanno disapplicato norme interne ritenute incompatibili con la direttiva non recepita, ma dotata di efficacia diretta,

impegna il Governo

a prevedere il necessario coordinamento della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio con la normativa interna, in particolare laddove si sono verificati punti di contrasto.
9/4086/128. Lucà.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede il rinnovo per un anno dei contratti di lavoro di cui all'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio 29 marzo 2007, n. 3576 al fine di garantire l'operatività degli sportelli unici per l'immigrazione nei compiti di accoglienza e integrazione, e degli uffici immigrazione delle questure nel completamento delle procedure di emersione del lavoro irregolare;
va tuttavia rilevato, che nonostante l'avvenuta scadenza del termine il 24 dicembre 2010, non è ancora stata recepita nel nostro ordinamento la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare;
il mancato recepimento di tale direttiva non solo espone l'Italia a possibili aperture d'infrazione da parte della Comunità europea, ma soprattutto rischia di vanificare il lavoro degli sportelli unici per l'immigrazione, in particolare per quel che riguarda i compiti di integrazione e accoglienza, nonché le stesse funzioni degli uffici immigrazione delle questure;
tale circostanza appare aggravata dalle numerose sentenze pronunciate da tribunali della Repubblica italiana a partire da gennaio 2011, che hanno disapplicato norme interne nei casi di specie ritenute incompatibili con la direttiva non recepita, ma dotata di efficacia diretta,

impegna il Governo

a predisporre entro un mese dall'approvazione del presente provvedimento una relazione dettagliata sullo stato del funzionamento degli sportelli unici dell'immigrazione e degli uffici immigrazione delle questure e sulla compatibilità dell'attività svolta da questi uffici con quanto previsto dalla direttiva 2008/115/CE.
9/4086/129. Castagnetti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede il rinnovo per un anno dei contratti di lavoro di cui all'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio 29 marzo 2007, n. 3576 al fine di garantire l'operatività degli sportelli unici per l'immigrazione nei compiti di accoglienza e integrazione, e degli uffici immigrazione delle questure nel completamento delle procedure di emersione del lavoro irregolare;
va tuttavia rilevato, che nonostante l'avvenuta scadenza del termine il 24 dicembre 2010, non è ancora stata recepita nel nostro ordinamento la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare;
il mancato recepimento di tale direttiva non solo espone l'Italia a possibili aperture d'infrazione da parte della Comunità europea, ma soprattutto rischia di vanificare il lavoro degli sportelli unici per l'immigrazione, in particolare per quel che riguarda i compiti di integrazione e accoglienza, nonché le stesse funzioni degli uffici immigrazione delle questure;
tale circostanza appare aggravata dalle numerose sentenze pronunciate da tribunali della Repubblica italiana a partire da gennaio 2011, che hanno disapplicato norme interne nei casi di specie ritenute incompatibili con la direttiva non recepita, ma dotata di efficacia diretta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre entro un mese dall'approvazione del presente provvedimento una relazione dettagliata sullo stato del funzionamento degli sportelli unici dell'immigrazione e degli uffici immigrazione delle questure e sulla compatibilità dell'attività svolta da questi uffici con quanto previsto dalla direttiva 2008/115/CE.
9/4086/129. (Testo modificato nel corso della seduta).Castagnetti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede il rinnovo per un anno dei contratti di lavoro di cui all'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio 29 marzo 2007, n. 3576 al fine di garantire l'operatività degli sportelli unici per l'immigrazione nei compiti di accoglienza e integrazione, e degli uffici immigrazione delle questure nel completamento delle procedure di emersione del lavoro irregolare;
tuttavia, gli importanti avvenimenti che stanno caratterizzando la sponda sud del Mediterraneo potrebbero ulteriormente aggravare l'emergenza che l'Italia si trova già a fronteggiare, mettendo ulteriormente in difficoltà il lavoro di accoglienza e integrazione degli sportelli unici dell'immigrazione, nonché quello degli uffici immigrazione delle questure,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile volta a reperire risorse aggiuntive al fine di potenziare tanto gli organici degli sportelli unici dell'immigrazione, quanto gli uffici immigrazione delle questure, avuto particolare riguardo a quegli uffici che si troveranno particolarmente esposti nell'affrontare l'emergenza in atto.
9/4086/130. Tocci.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede il rinnovo per un anno dei contratti di lavoro di cui all'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio 29 marzo 2007, n. 3576 al fine di garantire l'operatività degli sportelli unici per l'immigrazione nei compiti di accoglienza e integrazione, e degli uffici immigrazione delle questure nel completamento delle procedure di emersione del lavoro irregolare;
tuttavia, gli importanti avvenimenti che stanno caratterizzando la sponda sud del Mediterraneo potrebbero ulteriormente aggravare l'emergenza che l'Italia si trova già a fronteggiare, mettendo ulteriormente in difficoltà il lavoro di accoglienza e integrazione degli sportelli unici dell'immigrazione, nonché quello degli uffici immigrazione delle questure,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa utile volta a reperire risorse aggiuntive al fine di potenziare tanto gli organici degli sportelli unici dell'immigrazione, quanto gli uffici immigrazione delle questure, avuto particolare riguardo a quegli uffici che si troveranno particolarmente esposti nell'affrontare l'emergenza in atto.
9/4086/130. (Testo modificato nel corso della seduta).Tocci.

La Camera,
premesso che:
con il provvedimento in esame è prevista la proroga del servizio all'estero di 1143 unità di personale di ruolo della scuola, destinato all'estero ai sensi delle vigenti norme del CCNL scuola e che esso non contiene alcuna norma transitoria per il suddetto personale;
che tale personale, collocato fuori ruolo e destinato all'estero con un decreto del Ministero degli Esteri e del Ministero dell'istruzione, presta servizio per il periodo indicato nel decreto di destinazione,

impegna il Governo

a predisporre un regolamento di attuazione del provvedimento in esame che disciplini le necessarie norme transitorie al fine di garantire al suddetto personale in servizio all'estero, al momento dell'entrata in vigore della presente legge, di concludere il mandato all'estero e di definire le modalità con le quali il personale rientrato in Italia, dopo il primo mandato, possa essere destinato nuovamente ad una sede estera nei limiti dei nove anni stabiliti.
9/4086/131. Narducci.

La Camera,
premesso che:
con il provvedimento in esame è prevista la proroga del servizio all'estero di 1143 unità di personale di ruolo della scuola, destinato all'estero ai sensi delle vigenti norme del CCNL scuola e che esso non contiene alcuna norma transitoria per il suddetto personale;
che tale personale, collocato fuori ruolo e destinato all'estero con un decreto del Ministero degli Esteri e del Ministero dell'istruzione, presta servizio per il periodo indicato nel decreto di destinazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre un regolamento di attuazione del provvedimento in esame che disciplini le necessarie norme transitorie al fine di garantire al suddetto personale in servizio all'estero, al momento dell'entrata in vigore della presente legge, di concludere il mandato all'estero e di definire le modalità con le quali il personale rientrato in Italia, dopo il primo mandato, possa essere destinato nuovamente ad una sede estera nei limiti dei nove anni stabiliti.
9/4086/131. (Testo modificato nel corso della seduta).Narducci.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
la crisi finanziaria, infatti, ha ulteriormente aggravato la già difficile condizione dei paesi in via di sviluppo, che proprio perché caratterizzati da economie più fragili, sono risultati particolarmente esposti alle conseguenze derivanti dall'instabilità economica mondiale;
tale considerazione appare ancora più preoccupante alla luce del fatto che la cooperazione italiana allo sviluppo vive un momento di crisi senza precedenti, aggravato dall'ulteriore taglio ai fondi destinati con la finanziaria alla legge n. 49 del 1987, pari per il 2010 a soli 326 milioni di euro e per il 2011 a soli 179 milioni di euro,

impegna il Governo

ad adottare iniziative urgenti per il reperimento di fondi necessari a ripristinare quanto prima le risorse economiche, progressivamente e sistematicamente decurtate negli ultimi tre anni, destinate a finanziare gli interventi di cooperazione previsti dalla legge n. 49 del 1987, invertendo finalmente il drammatico trend negativo cui abbiamo assistito in questa legislatura.
9/4086/132. Pistelli.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto prevede l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana agli interventi urgenti del Fondo monetario internazionale per contrastare a livello globale la crisi finanziaria, mediante un accordo di prestito tra la Banca d'Italia e il FMI nonché quella per la concessione di prestiti garantiti dallo Stato a favore dei paesi più poveri;
la crisi finanziaria, infatti, ha ulteriormente aggravato la già difficile condizione dei paesi in via di sviluppo, che proprio perché caratterizzati da economie più fragili, sono risultati particolarmente esposti alle conseguenze derivanti dall'instabilità economica mondiale;
tale considerazione appare ancora più preoccupante alla luce del fatto che la cooperazione italiana allo sviluppo vive un momento di crisi senza precedenti, aggravato dall'ulteriore taglio ai fondi destinati con la finanziaria alla legge n. 49 del 1987, pari per il 2010 a soli 326 milioni di euro e per il 2011 a soli 179 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative urgenti per il reperimento di fondi necessari a ripristinare quanto prima le risorse economiche, progressivamente e sistematicamente decurtate negli ultimi tre anni, destinate a finanziare gli interventi di cooperazione previsti dalla legge n. 49 del 1987, invertendo finalmente il drammatico trend negativo cui abbiamo assistito in questa legislatura.
9/4086/132. (Testo modificato nel corso della seduta).Pistelli.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto autorizza a provvedere, mediante anticipazioni di tesoreria, agli eventuali pagamenti conseguenti alle garanzie statali sulle passività emesse per il finanziamento di prestiti agli Stati dell'area euro concessi dall'European financial stability facility (EFSF);
costituisce, pertanto, un elemento fondamentale per l'operatività dello strumento finanziario europeo costituito per far fonte alle difficoltà dei bilanci nazionali di alcuni stati dell'Eurozona, conseguenti alla grave crisi economica finanziaria degli ultimi anni;
il funzionamento, la quantità di risorse messe a disposizione dell'EFSF e le modalità operative sono al centro della lunga discussione che a Bruxelles sta caratterizzando la definizione della nuova governance economica europea e il nuovo Patto di stabilità e crescita;
nell'ambito della definizione della nuova governance economica europea è necessario prevedere gli strumenti finanziari atti a garantire risorse aggiuntive e superiori a quelle previste dal quadro finanziario dell'Unione europea 2007-2013,

impegna il Governo

a sostenere, con riferimento alle risorse finanziarie necessarie a rilanciare la ripresa economica dell'Unione europea, l'introduzione di una disciplina comunitaria che istituisca una tassa sulle transazioni finanziarie internazionali volta anche a contribuire alla riduzione dell'indebitamento dei paesi membri e a ridurre l'impatto negativo della speculazione finanziaria.
9/4086/133. Soro.

La Camera,
premesso che:
straordinari eventi meteorologici hanno interessato tutto il territorio provinciale di Massa-Carrara nei giorni 31 ottobre e 1o novembre 2010 e successivamente nei giorni 23 e 24;
in entrambi i casi si è trattato di eventi assolutamente non prevedibili con punte di pioggia cumulata, per il primo evento, di oltre 279 millimetri nell'arco di sole 48 ore con una concentrazione in alcune ore e zone di quel territorio particolarmente significativa (ad esempio nell'area del Candia si sono registrate precipitazioni anche di 46 millimetri in una sola ora); nell'arco di un intero anno standard, le precipitazioni raggiungono, a malapena, i 1.300 millimetri;
sulla base di tali dati e se si considera che il valore medio delle precipitazioni, è pari a circa 220 millimetri di pioggia in 48 ore, si ottiene che in quei due giorni è piovuto sul territorio provinciale qualcosa come 32 volte la media giornaliera standard e, quindi, come se in un anno cadessero non 1.300 millimetri citati come media, ma ben 41.600 millimetri;
anche il secondo evento, quello del 23 e 24 dicembre 2010, non è stato da meno, laddove solo ad Aulla si sono registrati in sole 6 ore ben 132 millimetri di pioggia, che si è ben presto tramutata in un'emergenza idrogeologica e alluvionale, con frane, smottamenti, strade chiuse, crolli, palazzi interi pericolanti, case distrutte, centinaia di persone evacuate, intere frazioni isolate e, purtroppo anche la scomparsa di tre cittadini massesi;
considerato che:
si tratta di una straordinarietà che, purtroppo, nel corso di questi ultimi anni, sta divenendo quasi «ordinarietà» e che costringerà, gioco forza, istituzioni, enti, imprese, società civile, semplici cittadini, a ripensare e rivedere il modello di sviluppo che, dovrà, necessariamente, risultare più attento alle esigenze del territorio anche decisamente «conformato» all'evidente cambiamento climatico in atto;
dopo le prime fasi dell'emergenza, in cui tutto il sistema di protezione civile ha più che egregiamente fronteggiato l'incalzare dei tragici eventi assieme alle forze dello Stato, di concerto con il pronto intervento della regione Toscana e delle squadre di volontariato regionale e provinciale, occorre adesso mettere mano alle operazioni di messa in sicurezza del territorio e al ripristino dei danni che si sono generati;
rilevato che:
si tratta, è evidente, di un'opera rilevante che, da prime valutazioni, prevede uno sforzo di carattere finanziario di circa 70-80 milioni di euro e che le finanze della provincia e dei comuni non possono assolutamente sostenere, né con supposte «entrate libere» (che non esistono in nessun bilancio) né con eventuale ricorso a un indebitamento, non assolutamente «gestibile» nel corso degli anni se contestualmente insiste l'obbligo di fare riferimento ai vincoli di spesa che sono imposti dal «Patto di stabilità»;
rilevato infine che:
non sono state assunte iniziative volte a prevedere uno stanziamento per le gravi problematiche che si sono evidenziate nella provincia di Massa-Carrara come per tutte le altre emergenze che hanno riguardato diverse province e comuni italiani,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere concrete iniziative per definire stanziamenti ad hoc per far fronte alle emergenze, consentendo così di procedere alle messe in sicurezza, alle riparazioni, e al risarcimento dei danni come richiesto dalle amministrazioni locali di Massa-Carrara;
a valutare la possibilità, data la competenza per straordinarietà degli eventi, di un intervento statale che riconosca la calamità naturale, anche per gli eventi del 23 e 24 dicembre 2010.
9/4086/134. Rigoni.

La Camera,
premesso che:
il comma 1, dell'articolo 15, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, prevede l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa;
il comma 4, dell'articolo 1, del decreto-legge n. 125 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 163 del 2010, specifica che Anas «entro il 30 aprile 2011» debba provvedere alla realizzazione di impianti e sistemi occorrenti per il «pedaggiamento» di segmenti di infrastrutture viarie interconnesse con le autostrade;
in questo contesto va sottolineato come l'introduzione del pedaggio risulti del tutto incongruo qualora le caratteristiche tecniche del tracciato non siano adeguate agli standard europei, sia per quanto riguarda la struttura della sede stradale, sia in ordine allo stato del manto stradale, sia in relazione alla presenza delle necessarie infrastrutture accessorie;
risulta quindi evidente come sia indispensabile, prima di prendere in considerazione l'introduzione del pedaggio nelle singole tratte stradali, procedere alla messa in sicurezza e all'ammodernamento di ogni singola tratta i cui requisiti strutturali non siano rispondenti ai livelli minimi di sicurezza e fruibilità;
l'introduzione del pedaggio produrrebbe, in molti casi, ricadute negative per la popolazione residente e per le economie locali, soprattutto laddove non esistono, nel sistema viario territoriale, strade funzionali alternative; di conseguenza il pedaggio penalizzerebbe migliaia di cittadini che ogni giorno sono costretti a spostarsi lungo l'asse viario interessato dal pedaggio. Secondo il calcolo delle associazioni dei consumatori l'introduzione del pedaggiamento sui raccordi autostradali costerebbe mediamente 600 euro annui ai lavoratori pendolari;
in data 29 luglio 2010 il Governo ha accolto un ordine del giorno (atto n. 9/03638/166) alla legge n. 122 del 2010 che lo impegnava tra l'altro a «valutare l'opportunità di introdurre ulteriori iniziative normative volte a rivedere il sistema tariffario autostradale in modo da ridurre il costo dei pedaggi e da razionalizzarne le entrate»; «a prevedere l'esclusione dal pedaggio, sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa per i cittadini residenti nei comuni in cui insistono le rispettive autostrade e i raccordi autostradali»; «a prevedere che l'Anas Spa debba destinare le maggiori entrate, provenienti dai singoli pedaggi introdotti per la fruizione delle autostrade e dei raccordi autostradali, ai rispettivi compartimenti regionali per consentire la corretta manutenzione ordinaria e straordinaria dei relativi tratti stradali»;
il 22 febbraio u.s. il Tar del Lazio ha annullato il decreto ministeriale che ha aumentato le tariffe sulle strade che si interconnettono con autostrade e raccordi autostradali in gestione diretta dell'Anas,

impegna il Governo

a considerare l'eventualità di prorogare, attraverso il primo provvedimento utile, il termine per l'introduzione del pedaggiamento dal 30 aprile 2011 al 31 dicembre 2011;
a prevedere, comunque, l'esclusione di ogni forma di pedaggio per i cittadini residenti e per le imprese presenti sul territorio ed a stanziare le risorse provenienti dal pedaggio per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei tratti dei quali sia necessario l'adeguamento e l'ammodernamento.
9/4086/135. Marantelli, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Agostini.

La Camera,
premesso che:
il comma 1, dell'articolo 15, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, prevede l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa;
il comma 4, dell'articolo 1, del decreto-legge n. 125 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 163 del 2010, specifica che Anas «entro il 30 aprile 2011» debba provvedere alla realizzazione di impianti e sistemi occorrenti per il «pedaggiamento» di segmenti di infrastrutture viarie interconnesse con le autostrade;
in questo contesto va sottolineato come l'introduzione del pedaggio risulti del tutto incongruo qualora le caratteristiche tecniche del tracciato non siano adeguate agli standard europei, sia per quanto riguarda la struttura della sede stradale, sia in ordine allo stato del manto stradale, sia in relazione alla presenza delle necessarie infrastrutture accessorie;
risulta quindi evidente come sia indispensabile, prima di prendere in considerazione l'introduzione del pedaggio nelle singole tratte stradali, procedere alla messa in sicurezza e all'ammodernamento di ogni singola tratta i cui requisiti strutturali non siano rispondenti ai livelli minimi di sicurezza e fruibilità;
l'introduzione del pedaggio produrrebbe, in molti casi, ricadute negative per la popolazione residente e per le economie locali, soprattutto laddove non esistono, nel sistema viario territoriale, strade funzionali alternative; di conseguenza il pedaggio penalizzerebbe migliaia di cittadini che ogni giorno sono costretti a spostarsi lungo l'asse viario interessato dal pedaggio. Secondo il calcolo delle associazioni dei consumatori l'introduzione del pedaggiamento sui raccordi autostradali costerebbe mediamente 600 euro annui ai lavoratori pendolari;
in data 29 luglio 2010 il Governo ha accolto un ordine del giorno (atto n. 9/03638/166) alla legge n. 122 del 2010 che lo impegnava tra l'altro a «valutare l'opportunità di introdurre ulteriori iniziative normative volte a rivedere il sistema tariffario autostradale in modo da ridurre il costo dei pedaggi e da razionalizzarne le entrate»; «a prevedere l'esclusione dal pedaggio, sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa per i cittadini residenti nei comuni in cui insistono le rispettive autostrade e i raccordi autostradali»; «a prevedere che l'Anas Spa debba destinare le maggiori entrate, provenienti dai singoli pedaggi introdotti per la fruizione delle autostrade e dei raccordi autostradali, ai rispettivi compartimenti regionali per consentire la corretta manutenzione ordinaria e straordinaria dei relativi tratti stradali»;
il 22 febbraio u.s. il Tar del Lazio ha annullato il decreto ministeriale che ha aumentato le tariffe sulle strade che si interconnettono con autostrade e raccordi autostradali in gestione diretta dell'Anas,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di considerare l'eventualità di prorogare, attraverso il primo provvedimento utile, il termine per l'introduzione del pedaggiamento dal 30 aprile 2011 al 31 dicembre 2011;
a prevedere, comunque, l'esclusione di ogni forma di pedaggio per i cittadini residenti e per le imprese presenti sul territorio ed a stanziare le risorse provenienti dal pedaggio per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei tratti dei quali sia necessario l'adeguamento e l'ammodernamento.
9/4086/135. (Testo modificato nel corso della seduta).Marantelli, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Agostini.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica ha duramente colpito il tessuto produttivo ed economico-sociale della regione Abruzzo, già provata dagli eventi sismici dell'aprile 2009;
in particolare, il polo chimico di Bussi sul Tirino ha visto molte delle sue industrie trasferire la propria attività altrove, generando una grave situazione occupazionale nell'area interessata. Non sono state finora trovate soluzioni adeguate per scongiurare il rischio di una definitiva decadenza del polo chimico, che provocherebbe inevitabili ulteriori ricadute sulla situazione occupazionale;
sembra, dunque, necessario intervenire a sostegno degli ultimi lavoratori rimasti, attualmente a rischio di licenziamento;
in applicazione dell'articolo 3, comma 133, della Legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Finanziaria 2004), i lavoratori dello stabilimento ex ACNA di Cengio esposti al rischio chimico da cloro, nitro e ammine, hanno diritto dal 2004 al beneficio previdenziale consistente nella moltiplicazione del periodo di esposizione per il coefficiente di 1,5 sia ai fini della maturazione del diritto di accesso alla prestazione pensionistica sia ai fini della determinazione dell'importo della medesima. I lavoratori del polo chimico di Bussi sul Tirino risultano esposti ai medesimi rischi e al grave inquinamento ambientale dovuto alle discariche abusive site nell'area,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di estendere ai lavoratori del polo chimico di Bussi sul Tirino i benefici previdenziali previsti dall'articolo 3, comma 133 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
9/4086/136. D'Incecco.

La Camera,
premesso che:
le persone non autosufficienti sono in Italia almeno 2,6 milioni, di cui 2 milioni anziane;
è una situazione che riguarda quasi una famiglia su dieci e che rischia di esplodere, nel 2051, quando gli over 65 anni diventeranno il 34,5 per cento della popolazione (oggi, sono il 20 per cento);
rispetto ai paesi dell'Europa del Nord, l'Italia presenta una minore diffusione dei servizi domiciliari e di quelli residenziali. Il nostro dato medio si assesta sul 4,9 per cento contro il 13 per cento dell'Europa settentrionale per l'assistenza domiciliare e sul 3 per cento nell'area della residenzialità contro valori europei pari al 6-8 per cento.
inoltre, il valore annuo medio di ore erogate per assistito è pari a 24: e questo dato dimostra come il servizio sia ben lungi dall'assicurare la presa in carico completa del paziente non autosufficiente. Lo conferma il fatto che l'assistenza domiciliare impegna un quarto delle risorse del long term care, appena l'1,08 per cento della spesa sanitaria;
in questo quadro a cui si aggiunge la transizione verso l'assetto federalistico la conferma del finanziamento per il 2011 del Fondo nazionale per le non autosufficienze diventa indispensabile per garantire l'assistenza ad oltre 300.000 persone non autosufficienti;
pur se non risolutiva dei problemi della non autosufficienza che richiedono una disciplina più organica all'interno della fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEP) di cui alla lettera m), dell'articolo 117 del testo costituzionale rinnovellato, disciplina individuata anche nello stesso decreto sul Federalismo fiscale concernente le entrate comunali e regionali in corso di esame presso gli organi parlamentari è comunque un passo avanti e dà forza alle regioni che hanno previsto in maniera diffusa misure a favore dei non autosufficienti e delle loro famiglie,

impegna il Governo

ad individuare tutte le risorse economiche e finanziarie affinché il Fondo per le non autosufficienze sia adeguatamente finanziato anche per l'anno 2011, poiché interrompere questo supporto nazionale significherebbe colpire ulteriormente i cittadini più deboli, senza che questi abbiano un'alternativa praticabile poiché l'utilizzo di finanze regionali e locali è già fortemente provato dalle manovre finanziarie del 2010.
9/4086/137. Murer.

La Camera,
premesso che:
le condizioni della finanza pubblica necessitano di interventi tesi a riportare in equilibrio il bilancio dello Stato;
gli impegni assunti in sede europea con il Patto di stabilità e crescita stabiliscono i parametri cui bisogna attenersi per riportare in equilibrio i conti pubblici;
attraverso il Patto di stabilità interno si stabiliscono i vincoli per i vari livelli di amministrazione locale necessari al raggiungimento di tale obiettivo;
è necessario che ogni livello di amministrazione locale contribuisca al raggiungimento di tale mission;
i comuni concorrono per meno del 4 per cento alla formazione del debito pubblico;
il Parlamento ed il Governo sono impegnati nella trasformazione della finanza statale in finanza federale;
da diversi esercizi finanziari i comuni italiani realizzano saldi primari in avanzo, ben oltre il rispetto dei limiti richiesti dal Patto di stabilità interno,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare, entro brevi termini, apposite disposizioni finalizzate a modificare il Patto di stabilità per i comuni e in modo particolare ad adottare una disposizione per la modifica all'articolo 14 del decreto-legge 3 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevedendo, in particolare, che ai comuni compresi tra i 5.000 e 15.000 abitanti che nell'anno 2010 non hanno rispettato il Patto di stabilità interno a causa di entrate straordinarie non ripetibili, avvenute nel 2007 ed utilizzate a finanziare spese di investimento negli anni successivi, che nel triennio 2006-2007-2008 hanno rispettato le regole del Patto di stabilità interno e che nell'ultimo decennio dal 1999 al 2009, hanno realizzato continuativamente un avanzo di amministrazione, la riduzione dei trasferimenti avuti agli enti locali di cui comma 3 del citato articolo 14 si applichi nella misura del 5 per cento.
9/4086/138. Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
da martedì 1o febbraio 2011 è entrato in vigore il sistema sanzionatorio così come previsto dal decreto legislativo n. 150 del 2009 per tutti quei medici che non inviano on line i certificati di malattia all'Inps;
le sanzioni previste dal decreto legislativo prevedono il licenziamento del medico o l'interruzione della sua convenzione con il sistema Sanitario nazionale dopo due mancate trasmissioni on line del certificato di malattia all'Inps;
in data 28 gennaio 2011, ben dodici sigle sindacali della dirigenza medica e della medicina generale (Anaao Assomed, Fimmg, Cimo Asmd, Aaroi Emac, Fvm, Cisl Medici, Fassie, Intesa Sindacale [Cisl Medici, Cgil Medici, Simet e Sumai] e Smi) hanno chiesto, in una lettera congiunta un incontro urgente con il ministro Brunetta per valutare lo stato di attuazione e concordare le più ragionevoli soluzioni per procedere nell'innovazione, garantendo serenità alla categoria ed ai cittadini, nonché il mantenimento della sospensione del Sistema sanzionatorio e l'ammissione dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei medici ai lavori della Commissione tecnica con l'obiettivo di completare il percorso innovativo entro la fine del corrente anno;
il sistema, come denunciano i sindacati di categoria, presenta ancora molte criticità, nelle procedure non omogenee tra medici ospedalieri e medici di medicina generale, ed inoltre da difficoltà tecniche a partire dalla piattaforma che spesso si blocca, o a programmi e connessioni inadeguate, alla difficoltà di inviare il certificato di malattia quando si certifica la stessa al domicilio del paziente, fino al call center che non funziona ed, ancora, solo il 50 per cento dei medici è davvero in grado di procedere per via informatica all'invio dei certificati anche perché nonostante il territorio sia ormai coperto al 92 per cento dalla rete ADSL, il vero problema è la velocità di trasmissione dei dati, media assolutamente bassa nelle aree di provincia meno densamente popolate, che aumenta via via quando si prendono in considerazione aree con centri più popolosi;
con il sistema sanzionatorio previsto dal decreto legislativo n. 150, il medico viene colpito con la sanzione disciplinare che non è differenziata tra il caso di assenza di attrezzature adeguate all'invio del certificato e il caso di cattivo funzionamento del sistema informatico del ministero;
nell'ambito di una intesa intervenuta nei giorni scorsi con i sindacati medici, il Governo si è impegnato ad emanare una circolare con la quale verrà precisato che le sanzioni si applicano solo se le regioni hanno messo a disposizioni gli strumenti necessari e se il sistema è in grado di funzionare correttamente;
peraltro il decreto n. 150 del 2009 all'articolo 55-septies comma 3 prevede che tutte le attività in oggetto si realizzino senza nuove e maggiori oneri per la finanza pubblica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire per trasferire in norma legislativa il contenuto dell'intesa raggiunta con le organizzazioni sindacali mediche, a parziale modifica dell'articolo 55-septies del decreto legislativo n. 150 del 2009;
a condividere con le regioni il contenuto dell'intesa raggiunta.
9/4086/139. Miotto.

La Camera,
premesso che:
l'ammontare delle risorse complessivamente destinate al 5 per mille per l'anno 2011 è fissato in 400 milioni di euro;
a valere su tale importo, una quota fino a 100 milioni di euro è destinata ad interventi per ricerca e assistenza domiciliare dei malati in tema di sclerosi amiotrofica (ai sensi dell'articolo 1, comma 1264, della Legge finanziaria per il 2007, istitutivo del Fondo per le non auto sufficienze), anche se così come formulata tale norma si rivela solo una scatola vuota, in quanto non sono stabilite né le modalità, né i criteri di ripartizione delle risorse indicate, né, tantomeno, i beneficiari della disposizione in questione;
alla determinazione dei 400 milioni di euro concorrono le somme già indicate nell'elenco previsto all'articolo 1, comma 40, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità 2011) stanziate per le stesse finalità, ossia 100 milioni di euro per la liquidazione della quota del 5 per mille IRPEF e 100 milioni di euro per interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica;
le maggiori risorse individuate dalla norma in esame rispetto alla legge di stabilità 2011 ammontano, quindi, solo a 200 milioni di euro;
l'intervento a favore dei malati di SLA viene totalmente stravolto rispetto all'originaria previsione della legge di stabilità rendendo incerto lo stanziamento e quindi non esigibile il diritto;
occorre avviare una più ampia riflessione sul mondo delle patologie gravi e gravissime provvedendo ad individuare misure di carattere generale per tutti i soggetti affetti da disabilità grave, fra cui l'istituzione di un Fondo per le disabilità gravi finalizzato alla ricerca, alla prevenzione delle disabilità gravi ed alla cura ed all'assistenza delle persone disabili e dei loro familiari,

impegna il Governo

a ripristinare lo stanziamento previsto a favore dei malati di SLA di 100 milioni di euro;
a valutare l'opportunità d'istituire un «Fondo per le disabilità gravi» finalizzato alla ricerca, alla prevenzione delle disabilità gravi ed alla loro cura ed all'assistenza che rappresenti finalmente una risposta adeguata e seria a queste problematiche che, per la loro gravità, sono un vero e proprio problema sociale.
9/4086/140. Argentin.

La Camera,
premesso che:
l'ammontare delle risorse complessivamente destinate al 5 per mille per l'anno 2011 è fissato in 400 milioni di euro;
a valere su tale importo, una quota fino a 100 milioni di euro è destinata ad interventi per ricerca e assistenza domiciliare dei malati in tema di sclerosi amiotrofica (ai sensi dell'articolo 1, comma 1264, della Legge finanziaria per il 2007, istitutivo del Fondo per le non auto sufficienze), anche se così come formulata tale norma si rivela solo una scatola vuota, in quanto non sono stabilite né le modalità, né i criteri di ripartizione delle risorse indicate, né, tantomeno, i beneficiari della disposizione in questione;
alla determinazione dei 400 milioni di euro concorrono le somme già indicate nell'elenco previsto all'articolo 1, comma 40, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità 2011) stanziate per le stesse finalità, ossia 100 milioni di euro per la liquidazione della quota del 5 per mille IRPEF e 100 milioni di euro per interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica;
le maggiori risorse individuate dalla norma in esame rispetto alla legge di stabilità 2011 ammontano, quindi, solo a 200 milioni di euro;
l'intervento a favore dei malati di SLA viene totalmente stravolto rispetto all'originaria previsione della legge di stabilità rendendo incerto lo stanziamento e quindi non esigibile il diritto;
occorre avviare una più ampia riflessione sul mondo delle patologie gravi e gravissime provvedendo ad individuare misure di carattere generale per tutti i soggetti affetti da disabilità grave, fra cui l'istituzione di un Fondo per le disabilità gravi finalizzato alla ricerca, alla prevenzione delle disabilità gravi ed alla cura ed all'assistenza delle persone disabili e dei loro familiari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ripristinare lo stanziamento previsto a favore dei malati di SLA di 100 milioni di euro;
a valutare l'opportunità d'istituire un «Fondo per le disabilità gravi» finalizzato alla ricerca, alla prevenzione delle disabilità gravi ed alla loro cura ed all'assistenza che rappresenti finalmente una risposta adeguata e seria a queste problematiche che, per la loro gravità, sono un vero e proprio problema sociale.
9/4086/140. (Testo modificato nel corso della seduta).Argentin.

La Camera,
premesso che:
l'ENAM (Ente nazionale assistenza magistrale) è un ente di natura assistenziale, nato nel 1947, retto da organismi elettivi e rappresentativi delle lavoratrici e dei lavoratori che mensilmente ed obbligatoriamente versavano, e versano tutt'ora, lo 0.8 per cento del proprio stipendio, con l'obiettivo di sostenere coloro che si trovavano in situazioni di difficoltà e bisogno. L'ente può vantare un solido patrimonio immobiliare e mobiliare;
secondo i dati forniti dall'ENAM, sono circa 300.000, tra docenti e dirigenti scolastici, i contribuenti per le suddette cause meritorie e sono 1.300.000 i beneficiari di tale azione di assistenza. L'85 per cento delle entrate servono a coprire prestazioni socio-sanitarie (circa 20 milioni di euro nel 2009), interventi per eventi eccezionali come il sisma in Abruzzo (3 milioni di euro) e a sostegno di casi di particolare indigenza, soggetti non autosufficienti e borse di studio agli orfani degli iscritti;
lo scorso 22 febbraio, anche il Consiglio di Stato ne riconosceva il ruolo nel sistema sociale «nel sostenere e supportare fasce di cittadini che potrebbero essere non sufficientemente sorrette dal sistema pubblico»;
l'articolo 7 del decreto-legge n. 78 del 2010 reca la soppressione dell'ENAM nonché il trasferimento di tutte le sue funzioni e di tutto il suo patrimonio immobiliare all'INPDAP;
la soppressione del suddetto ente, che tra le altre ragioni non gravava sul bilancio dello Stato ed è finanziato dal contributo del personale a cui sono destinate prestazioni di natura assistenziale e mutualistica, è avvenuta, senza un confronto di merito e preventivo con le parti sociali;
nonostante l'ente suddetto sia stato soppresso per legge, il prelievo forzato dello 0,8 per cento sulle buste paga dei dipendenti dell'ENAM continua ad essere operato, pur non avendo alcuna ragione d'essere;
già in data 28 luglio 2010 il Governo aveva accolto un precedente ordine del giorno (9/3638/193) con il quale si sarebbe dovuto impegnare a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa relativa alla soppressione dell'ENAM,

impegna il Governo

anche nel rispetto degli impegni precedentemente assunti ad avviare un ampio e condiviso confronto che preveda il coinvolgimento di tutti gli assistiti-contribuenti per valutare l'utilizzo delle risorse economiche e del patrimonio acquisito;
a garantire, pur nell'accorpamento tutt'ora in vigore tra ENAM e INPDAP un organo di rappresentanza della categoria magistrale.
9/4086/141. Pedoto.

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge in esame si introduce una nuova versione della carta acquisti già prevista dall'articolo 81, comma 29 e seguenti, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, poi riconfermato nel 2009, gestita dagli «enti caritativi» e finanziata con i fondi previsti per la prima versione e non utilizzati per la ristrettezza dei parametri previsti per gli aventi diritto, basti pensare che al momento del lancio della carta acquisti nel 2008 era stata prevista la distribuzione di un milione e 300.000 social card, mentre secondo i dati forniti dallo stesso Governo i soggetti che complessivamente hanno avuto accesso al programma dal dicembre 2008 al 2010 sono stati 640.600, di cui 366.600 cittadini di età superiore ai 65 anni e 274.000 bambini di età inferiore ai 3 anni;
la nuova versione della carta acquisti, quale strumento di lotta alla povertà, prevede un anno di sperimentazione della misura durante il quale si affida, ai comuni con popolazione non inferiore ai 250 mila abitanti, dunque riguarda le città di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e, probabilmente Palermo o Catania, alle associazioni caritative il compito di distribuire le carte acquisto e di avviare programmi di inserimento;
una vera politica di lotta alla povertà assegnerebbe ai comuni un ruolo di primo piano nella funzione di indirizzo e di programmazione partecipata degli interventi sociali nel territorio anche attraverso lo strumento dei piani di zona;
se la nuova proposta può essere considerata utile per la parte che assegna ai comuni un ruolo attivo nella gestione della carta acquisti, riconoscendo le funzioni attribuite all'ente comune sia dall'articolo 118 della Costituzione, sia dalla legge 328/00 di riforma dei servizi sociali anche se la sperimentazione che individua le sole città con popolazione superiore ai 250.000 abitanti, di fatto esclude quasi tutti i comuni italiani, non può essere condivisa per la parte dove si relega il comune ad un ruolo di mero censimento delle organizzazioni cosiddette caritative, riproducendo anche nel lessico un ritorno alle vecchie politiche (carità e beneficenza) che sembravano ormai totalmente superate dalla nuova legislazione in materia di servizi sociali territoriali introdotta con la riforma attuata dalla legge 328/00;
è comunque utile, dove possibile, una integrazione delle funzioni esercitate dal comune, con forme di supporto, anche da parte dell'associazionismo e del no profit, in quanto queste realtà svolgono spesso un ruolo fondamentale di assistenza a persone disagiate ed emarginate che sfuggono al monitoraggio e agli interventi comunali;
ancora una volta si tenta di contrastare il complesso fenomeno della povertà con misure del tutto inefficaci, invece di seguire l'esempio di tutti gli altri paesi europei, che hanno da tempo piani nazionali e leggi a sostegno delle persone e delle famiglie più povere con lo scopo di farle uscire dalle condizioni di marginalità,

impegna il Governo

ad avviare un programma di lotta alla povertà attraverso un piano nazionale da concertare in sede di Conferenza unificata tra Governo, regioni, enti locali e parti sociali, rilanciando il ruolo della programmazione locale in tema sociale, individuando le risorse nazionali e locali, gli interventi di supporto con protocolli con il settore della grande distribuzione, delle reti di distribuzione dell'energia, delle comunicazioni, della cooperazione, nonché gli interventi di sostegno da parte dell'associazionismo e del terzo settore, affidando la gestione operativa ai comuni in base alla loro autonomia gestionale e potestà regolamentare.
9/4086/142. Lenzi.

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge in esame si introduce una nuova versione della carta acquisti già prevista dall'articolo 81, comma 29 e seguenti, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, poi riconfermato nel 2009, gestita dagli «enti caritativi» e finanziata con i fondi previsti per la prima versione e non utilizzati per la ristrettezza dei parametri previsti per gli aventi diritto, basti pensare che al momento del lancio della carta acquisti nel 2008 era stata prevista la distribuzione di un milione e 300.000 social card, mentre secondo i dati forniti dallo stesso Governo i soggetti che complessivamente hanno avuto accesso al programma dal dicembre 2008 al 2010 sono stati 640.600, di cui 366.600 cittadini di età superiore ai 65 anni e 274.000 bambini di età inferiore ai 3 anni;
la nuova versione della carta acquisti, quale strumento di lotta alla povertà, prevede un anno di sperimentazione della misura durante il quale si affida, ai comuni con popolazione non inferiore ai 250 mila abitanti, dunque riguarda le città di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e, probabilmente Palermo o Catania, alle associazioni caritative il compito di distribuire le carte acquisto e di avviare programmi di inserimento;
una vera politica di lotta alla povertà assegnerebbe ai comuni un ruolo di primo piano nella funzione di indirizzo e di programmazione partecipata degli interventi sociali nel territorio anche attraverso lo strumento dei piani di zona;
se la nuova proposta può essere considerata utile per la parte che assegna ai comuni un ruolo attivo nella gestione della carta acquisti, riconoscendo le funzioni attribuite all'ente comune sia dall'articolo 118 della Costituzione, sia dalla legge 328/00 di riforma dei servizi sociali anche se la sperimentazione che individua le sole città con popolazione superiore ai 250.000 abitanti, di fatto esclude quasi tutti i comuni italiani, non può essere condivisa per la parte dove si relega il comune ad un ruolo di mero censimento delle organizzazioni cosiddette caritative, riproducendo anche nel lessico un ritorno alle vecchie politiche (carità e beneficenza) che sembravano ormai totalmente superate dalla nuova legislazione in materia di servizi sociali territoriali introdotta con la riforma attuata dalla legge 328/00;
è comunque utile, dove possibile, una integrazione delle funzioni esercitate dal comune, con forme di supporto, anche da parte dell'associazionismo e del no profit, in quanto queste realtà svolgono spesso un ruolo fondamentale di assistenza a persone disagiate ed emarginate che sfuggono al monitoraggio e agli interventi comunali;
ancora una volta si tenta di contrastare il complesso fenomeno della povertà con misure del tutto inefficaci, invece di seguire l'esempio di tutti gli altri paesi europei, che hanno da tempo piani nazionali e leggi a sostegno delle persone e delle famiglie più povere con lo scopo di farle uscire dalle condizioni di marginalità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare un programma di lotta alla povertà attraverso un piano nazionale da concertare in sede di Conferenza unificata tra Governo, regioni, enti locali e parti sociali, rilanciando il ruolo della programmazione locale in tema sociale, individuando le risorse nazionali e locali, gli interventi di supporto con protocolli con il settore della grande distribuzione, delle reti di distribuzione dell'energia, delle comunicazioni, della cooperazione, nonché gli interventi di sostegno da parte dell'associazionismo e del terzo settore, affidando la gestione operativa ai comuni in base alla loro autonomia gestionale e potestà regolamentare.
9/4086/142. (Testo modificato nel corso della seduta).Lenzi.

La Camera,
premesso che:
la Tabella 1 allegata al comma 1 dell'articolo 1 prevede la proroga dal 31 gennaio 2011 al 31 marzo 2011 della disciplina transitoria relativa allo svolgimento in determinate forme, da parte dei medici dipendenti dagli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, dell'attività libero-professionale intramuraria;
in base alla normativa attuale prevista dall'articolo 1, comma 2, secondo periodo, della legge 3 agosto 2007, n. 120, e successive modificazioni, le regioni e le province autonome adottano idonee iniziative per assicurare gli interventi di ristrutturazione edilizia, presso le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie, i policlinici universitari a gestione diretta e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) di diritto pubblico, necessari ai fini dell'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria;
gli interventi devono essere attuati entro il 31 dicembre 2012. Negli ambiti in cui essi non siano ancora stati compiuti e, in ogni caso, non oltre il termine già stabilito al 31 gennaio 2011 e ora oggetto della presente proroga, è ammesso, per l'esercizio delle attività in esame (se di tipo ambulatoriale), l'impiego del proprio studio professionale, secondo i principi, le condizioni, i limiti e le modalità posti o richiamati dall'articolo 15-quinquies, comma 10, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e dall'articolo 22-bis, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
la proroga comporta anche lo spostamento (identico) del termine entro il quale le regioni e le province autonome devono procedere «all'individuazione e all'attuazione delle misure dirette ad assicurare, in accordo con le organizzazioni sindacali delle categorie interessate e nel rispetto delle vigenti disposizioni contrattuali, il definitivo passaggio al regime ordinario del sistema dell'attività libero-professionale intramuraria» (cfr. il citato comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 120 del 2007, e successive modificazioni);
lo stesso articolo 1, comma 2, del decreto in esame autorizza il Governo a disporre con D.P.C.M. un'eventuale proroga fino al 31 dicembre 2011 sia dei termini prorogati, come sopra, al 31 marzo 2011, sia dei regimi giuridici e dei termini in scadenza ulteriore rispetto a tale data,

impegna il Governo

a non prorogare ulteriormente dopo il 31 marzo 2011 la scadenza prevista per l'attività libero professionale intramuraria in quanto un'ulteriore proroga impedirebbe di fatto l'attuazione della legge n. 120/07 che per prima ha consentito di abbattere le liste di attesa nonché di regolamentare con criteri certi e di trasparenza la libera professione medica.
9/4086/143. Burtone.

La Camera,
premesso che:
la Tabella 1 allegata al comma 1 dell'articolo 1 prevede la proroga dal 31 gennaio 2011 al 31 marzo 2011 della disciplina transitoria relativa allo svolgimento in determinate forme, da parte dei medici dipendenti dagli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, dell'attività libero-professionale intramuraria;
in base alla normativa attuale prevista dall'articolo 1, comma 2, secondo periodo, della legge 3 agosto 2007, n. 120, e successive modificazioni, le regioni e le province autonome adottano idonee iniziative per assicurare gli interventi di ristrutturazione edilizia, presso le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie, i policlinici universitari a gestione diretta e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) di diritto pubblico, necessari ai fini dell'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria;
gli interventi devono essere attuati entro il 31 dicembre 2012. Negli ambiti in cui essi non siano ancora stati compiuti e, in ogni caso, non oltre il termine già stabilito al 31 gennaio 2011 e ora oggetto della presente proroga, è ammesso, per l'esercizio delle attività in esame (se di tipo ambulatoriale), l'impiego del proprio studio professionale, secondo i principi, le condizioni, i limiti e le modalità posti o richiamati dall'articolo 15-quinquies, comma 10, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e dall'articolo 22-bis, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
la proroga comporta anche lo spostamento (identico) del termine entro il quale le regioni e le province autonome devono procedere «all'individuazione e all'attuazione delle misure dirette ad assicurare, in accordo con le organizzazioni sindacali delle categorie interessate e nel rispetto delle vigenti disposizioni contrattuali, il definitivo passaggio al regime ordinario del sistema dell'attività libero-professionale intramuraria» (cfr. il citato comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 120 del 2007, e successive modificazioni);
lo stesso articolo 1, comma 2, del decreto in esame autorizza il Governo a disporre con D.P.C.M. un'eventuale proroga fino al 31 dicembre 2011 sia dei termini prorogati, come sopra, al 31 marzo 2011, sia dei regimi giuridici e dei termini in scadenza ulteriore rispetto a tale data,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di non prorogare ulteriormente dopo il 31 marzo 2011 la scadenza prevista per l'attività libero professionale intramuraria in quanto un'ulteriore proroga impedirebbe di fatto l'attuazione della legge n. 120/07 che per prima ha consentito di abbattere le liste di attesa nonché di regolamentare con criteri certi e di trasparenza la libera professione medica.
9/4086/143. (Testo modificato nel corso della seduta).Burtone.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 8, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni, ha previsto, previa disponibilità nelle dotazioni organiche delle ASL, l'inquadramento nei ruoli della dirigenza medica per i medici della medicina dei servizi che avessero maturato un'anzianità minima di convenzionamento di 5 anni a tempo indeterminato al 31.12.1998 e comunque dopo aver superato un apposito concorso indetto dagli assessorati alla sanità delle singole regioni;
il comma 2-bis della predetta norma ha disposto che con successivo atto di indirizzo e coordinamento dovevano essere individuati i criteri per la valutazione del servizio prestato in regime convenzionale dai suddetti medici al fine dell'attribuzione del trattamento giuridico ed economico previsto dal Contratto nazionale di lavoro;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 marzo 2001 è stata data attuazione alla norma e pertanto le regioni hanno avuto la possibilità di riconoscere al personale interessato l'indennità di esclusività e di posizione variabile, calcolate in funzione dell'anzianità di servizio e di esperienza professionale maturate anche durante l'attività convenzionale;
nonostante la chiarezza delle norme, in talune realtà locali non viene applicata la normativa, determinando situazioni di ingiustizia che vanno rimosse mediante una indicazione chiara del Governo,

impegna il Governo

nelle more della adozione di idoneo provvedimento legislativo, ad emanare direttive adeguate al fine di consentire il riconoscimento agli specialisti ambulatoriali, medici e delle altre professioni sanitarie, ai medici della guardia medica, dell'emergenza territoriale e della medicina dei servizi, inquadrati in ruolo, l'anzianità di servizio prestata in regime convenzionale anche ai fini dell'attribuzione dell'indennità di posizione e dell'indennità di esclusività.
9/4086/144. Fontanelli, Miotto.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, non solo, proroga al 30 aprile 2011 il termine già previsto dall'articolo 15, comma 1 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante norme in materia di procreazione medicalmente assistita, del 28 febbraio, termine entro cui ogni anno l'Istituto superiore di sanità predispone una relazione per il ministro della salute in base ai dati raccolti sull'attività delle strutture autorizzate, con particolare riferimento alla valutazione epidemiologica delle tecniche e degli interventi effettuati ma predispone che con decreto dello stesso Ministero della salute tali dati possano essere forniti sia in forma aggregata che disgregata;
tale normativa, di fatto, toglie le competenze, peraltro, già stabilite dalla legge n. 40 al registro nazionale sulla procreazione medicalmente assistita che già raccoglie dati per valutare la efficienza ed la efficacia dei trattamenti nonché attribuisce al Ministero della salute il potere di richiedere senza alcun limite ai centri di fecondazione il nome e cognome delle persone che si sottopongono alla fecondazione, dando così libertà al Governo di conoscere ogni dettaglio personale di chi ricorre a queste tecniche;
l'invio dei dati sia in forma aggregata che disgregata lede il diritto alla privacy di tutte quelle donne che si sottopongono a tali trattamenti sanitari nonché delle coppie infertili, non supportato da nessuna norma nazionale o comunitaria, ma solo giustificato dall'ostinazione di un Governo a voler impedire in ogni modo il ricorso alla fecondazione assistita a coppie che desiderano avere un figlio;
già nel 2005, il Garante della privacy ha chiarito che i dati delle coppie devono essere anonimi e che non può essere istituito il registro dei bambini nati da fecondazione assistita,

impegna il Governo

a rivedere la normativa in oggetto anche alla luce delle sentenze già intervenute della Corte costituzionale, garantendo il diritto delle coppie infertili a poter ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita nel pieno rispetto della loro privacy e del loro diritto ad avere un figlio.
9/4086/145. Livia Turco.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, non solo, proroga al 30 aprile 2011 il termine già previsto dall'articolo 15, comma 1 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante norme in materia di procreazione medicalmente assistita, del 28 febbraio, termine entro cui ogni anno l'Istituto superiore di sanità predispone una relazione per il ministro della salute in base ai dati raccolti sull'attività delle strutture autorizzate, con particolare riferimento alla valutazione epidemiologica delle tecniche e degli interventi effettuati ma predispone che con decreto dello stesso Ministero della salute tali dati possano essere forniti sia in forma aggregata che disgregata;
tale normativa, di fatto, toglie le competenze, peraltro, già stabilite dalla legge n. 40 al registro nazionale sulla procreazione medicalmente assistita che già raccoglie dati per valutare la efficienza ed la efficacia dei trattamenti nonché attribuisce al Ministero della salute il potere di richiedere senza alcun limite ai centri di fecondazione il nome e cognome delle persone che si sottopongono alla fecondazione, dando così libertà al Governo di conoscere ogni dettaglio personale di chi ricorre a queste tecniche;
l'invio dei dati sia in forma aggregata che disgregata lede il diritto alla privacy di tutte quelle donne che si sottopongono a tali trattamenti sanitari nonché delle coppie infertili, non supportato da nessuna norma nazionale o comunitaria, ma solo giustificato dall'ostinazione di un Governo a voler impedire in ogni modo il ricorso alla fecondazione assistita a coppie che desiderano avere un figlio;
già nel 2005, il Garante della privacy ha chiarito che i dati delle coppie devono essere anonimi e che non può essere istituito il registro dei bambini nati da fecondazione assistita,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere la normativa in oggetto anche alla luce delle sentenze già intervenute della Corte costituzionale, garantendo il diritto delle coppie infertili a poter ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita nel pieno rispetto della loro privacy e del loro diritto ad avere un figlio.
9/4086/145. (Testo modificato nel corso della seduta).Livia Turco.

La Camera,
premesso che:
la Costituzione, all'articolo 2, sancisce che «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale»;
l'articolo 32 della Costituzione pone la salute come diritto sia individuale che collettivo e stabilisce la gratuità delle prestazioni a sua garanzia;
sulla base di ciò, è legittimo affermare che i servizi sociali, intesi come insieme di interventi finalizzati a superare una condizione di mancanza di benessere sociale, assumono rilevanza costituzionale;
la legittimità di tale allocazione trova conferma nell'articolo 128 del decreto legislativo n. 112 del 1998 concernente il «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali»;
la dignità di servizio pubblico indispensabile viene anche individuata nel decreto ministeriale del 28 maggio 1993 che elenca tra i servizi pubblici indispensabili, con la competenza delle amministrazioni provinciali, i servizi di assistenza all'infanzia abbandonata, ai ciechi ed ai sordomuti;
sono indispensabili quei servizi che, secondo il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, debbono essere forniti obbligatoriamente dalle amministrazioni locali nonché le somme necessarie per assicurare i servizi pubblici indispensabili, in caso di dissesto finanziario non possono essere assoggettate ad esecuzione forzata;
la legge n. 328 del 2000 ha, inoltre, affidato la responsabilità di erogazione dei servizi sociali ai comuni, rispetto a quanto previsto nel decreto legislativo n. 112 del 1998 e nel decreto ministeriale di individuazione dei servizi pubblici indispensabili del 1993;
a questo punto è lecito affermare che i servizi sociali sono servizi indispensabili e inalienabili e pertanto rientrano in una funzione pubblica di esercizio dei diritti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di qualificare i servizi sociali come servizi indispensabili dei comuni, operando una modifica del decreto ministeriale del 28 maggio 1993, inserendovi anche i servizi di cui all'articolo 2 della legge n. 328 del 2000 e dell'articolo 128 del decreto legislativo del 31 marzo 1998, n. 112, affinché sia, oltretutto, scongiurata la possibilità di pignorare le risorse destinate a finanziare tali servizi, visto che oggi, il comune in difficoltà si vede costretto a non poterli pagare in quanto destinatario di decreti ingiuntivi che gli bloccano il bilancio.
9/4086/146. Bossa.

La Camera,
premesso che:
il Servizio civile nazionale volontario, istituito attraverso la legge n. 64 del 2001, nasce con l'obiettivo di raggiungere le seguenti finalità e principi previsti dalla legge stessa all'articolo 1:
a) concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari;
b) favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale;
c) promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli;
d) partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l'aspetto dell'agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-artistico, culturale e della protezione civile;
e) contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante attività svolte anche in enti ed amministrazioni operanti all'estero;
il Servizio civile nazionale volontario è quindi la possibilità per i giovani interessati di dedicare 12 mesi della propria vita a se stessi e agli altri; formandosi, acquisendo conoscenze ed esperienze e maturando una propria coscienza civica; il tutto attraverso l'agire concreto all'interno di progetti di solidarietà, cooperazione, assistenza,

impegna il Governo

a valutare il Servizio civile nazionale quale strumento necessario di crescita civile e sociale dei giovani, essendo, ad oggi l'unica possibilità che lo Stato offre a questi di crescere come cittadini in un'ottica di solidarietà e responsabilità, ad adottare le opportune iniziative normative volte a individuare le risorse finanziarie necessarie affinché il Fondo nazionale per il servizio civile di cui all'articolo 19 della legge n. 230 del 1998 abbia almeno uno stanziamento pari o superiore a quello dello scorso anno;
a rivedere il progetto della mini-naia, in quanto se un ragazzo vuole sperimentare per un periodo limitato che cosa significhi servire lo Stato da militare, esiste già la possibilità della ferma breve di un anno.
9/4086/147. Sarubbi.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame prevede per le regioni sottoposte ai piani di rientro ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 accordi di programma a valere sulle risorse di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988 n. 67, per il finanziamento successivo di interventi già realizzati dalle regioni con oneri a carico del fondo sanitario corrente;
si tratta prevalentemente di una norma che riguarda le regioni meridionali, essendo queste per la maggior parte sottoposte ai piani di rientro;
la situazione della sanità nelle regioni meridionali non è più accettabile. La sfida di una sanità efficiente e di qualità anche in queste regioni deve diventare una «grande questione nazionale», perché rappresenta un'oggettiva debolezza della coesione del Paese e mette a rischio anche la tenuta complessiva del Sistema sanitario nazionale;
le politiche avviate negli ultimi anni dal Governo Berlusconi hanno invece posto la questione su un piano esclusivamente economicistico, senza alcuna attenzione al vincolo del rispetto dei livelli essenziali di assistenza;
la stessa gestione dei piani di rientro dal deficit sanitario è ormai diventata mera politica di tagli orizzontali e indiscriminati, senza alcuna reale iniziativa di riqualificazione dei servizi sanitari locali,

impegna il Governo

a considerare la politica sanitaria nel Mezzogiorno quale priorità del Governo, affinché le regioni meridionali non restino prigioniere delle proprie debolezze strutturali che rendono ancora più facile le infiltrazioni e le connessioni tra sanità e criminalità organizzata;
a considerare nella ripartizione dei fondi nazionali non solo il criterio demografico, ma anche quello della deprivazione sociale, che tiene conto delle effettive condizioni socio-economiche delle diverse regioni.
9/4086/148. Grassi.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame prevede per le regioni sottoposte ai piani di rientro ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 accordi di programma a valere sulle risorse di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988 n 67, per il finanziamento successivo di interventi già realizzati dalle regioni con oneri a carico del fondo sanitario corrente;
si tratta prevalentemente di una norma che riguarda le regioni meridionali, essendo queste per la maggior parte sottoposte ai piani di rientro;
la situazione della sanità nelle regioni meridionali non è più accettabile. La sfida di una sanità efficiente e di qualità anche in queste regioni deve diventare una «grande questione nazionale», perché rappresenta un'oggettiva debolezza della coesione del Paese e mette a rischio anche la tenuta complessiva del Sistema sanitario nazionale;
le politiche avviate negli ultimi anni dal Governo Berlusconi hanno invece posto la questione su un piano esclusivamente economicistico, senza alcuna attenzione al vincolo del rispetto dei livelli essenziali di assistenza;
la stessa gestione dei piani di rientro dal deficit sanitario è ormai diventata mera politica di tagli orizzontali e indiscriminati, senza alcuna reale iniziativa di riqualificazione dei servizi sanitari locali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di considerare la politica sanitaria nel Mezzogiorno quale priorità del Governo, affinché le regioni meridionali non restino prigioniere delle proprie debolezze strutturali che rendono ancora più facile le infiltrazioni e le connessioni tra sanità e criminalità organizzata;
a considerare nella ripartizione dei fondi nazionali non solo il criterio demografico, ma anche quello della deprivazione sociale, che tiene conto delle effettive condizioni socio-economiche delle diverse regioni.
9/4086/148. (Testo modificato nel corso della seduta).Grassi.

La Camera,
premesso che:
la Tabella A del Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, prevede l'esenzione dall'accisa sui carburanti per la pesca in acque marine, mentre, con riferimento alle acque interne, l'agevolazione è limitata a particolari attività: trasporto merci e dragaggio,

impegna il Governo

ad equiparare, con riferimento al regime di esenzione dall'accisa sui carburanti, i pescatori delle acque interne a quelli che operano nelle acque marine, i quali già usufruiscono di tali agevolazioni.
9/4086/149. Agostini, Oliverio, Zucchi, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
la Tabella A del Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, prevede l'esenzione dall'accisa sui carburanti per la pesca in acque marine, mentre, con riferimento alle acque interne, l'agevolazione è limitata a particolari attività: trasporto merci e dragaggio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di equiparare, con riferimento al regime di esenzione dall'accisa sui carburanti, i pescatori delle acque interne a quelli che operano nelle acque marine, i quali già usufruiscono di tali agevolazioni.
9/4086/149. (Testo modificato nel corso della seduta).Agostini, Oliverio, Zucchi, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il settore agroalimentare è stato pesantemente interessato dalla crisi, con tre effetti principali: diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese; peggioramento del margine di filiera e della forbice tra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione; diminuzione dei redditi;
il margine di filiera, cioè della differenza tra i prezzi al consumo e quelli all'azienda, è aumentato del 13,9 per cento per l'insieme dei prodotti agricoli, con punte del 60,1 per cento per cereali e derivati, del 27,2 per cento per frutta ed agrumi e del 25,7 per cento per vini e spumanti, mentre gli aumenti sono generalmente più contenuti per i comparti zootecnici;
il reddito agricolo reale per lavoratore (dati pubblicati da Eurostat) ha subito una notevole diminuzione: nel 2009 si è contratto di oltre un quarto (-25,3 per cento) rispetto al 2008, anno in cui invece era cresciuto, seppur di poco. La contrazione dei redditi in Italia è più del doppio di quella media europea (-12,2 per cento);
l'agricoltura italiana necessita di politiche strutturali e di imprese che facciano scelte imprenditoriali e strategiche, anche coraggiose;
il Governo ha scelto una linea minimalista per intervenire sulla crisi, senza una vera politica anticiclica, lasciando andare naturalmente il corso delle cose senza correzioni rilevanti dal punto di vista delle tendenze che si stanno manifestando;
il Governo non ha adottato alcun provvedimento per contrastare la crisi del settore agricolo, mancando una strategia di politica agraria e di indirizzi per l'imprenditoria agricola;
a tutt'oggi manca un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore agroindustriale, a differenza degli altri Paesi europei, che hanno predisposto una pianificazione strategica nazionale e hanno stanziato ingenti risorse per sostenere il settore agricolo,

impegna il Governo

ad adottare, con urgenza, un pacchetto di politiche di intervento pubbliche per l'agricoltura e l'agroalimentare, concedendo, in particolare, un credito d'imposta per nuovi investimenti produttivi in agricoltura su tutto il territorio nazionale, con priorità agli investimenti che mirano all'aggregazione dell'offerta e la stipula di accordi interprofessionali.
9/4086/150. Dal Moro, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il settore agroalimentare è stato pesantemente interessato dalla crisi, con tre effetti principali: diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese; peggioramento del margine di filiera e della forbice tra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione; diminuzione dei redditi;
il margine di filiera, cioè della differenza tra i prezzi al consumo e quelli all'azienda, è aumentato del 13,9 per cento per l'insieme dei prodotti agricoli, con punte del 60,1 per cento per cereali e derivati, del 27,2 per cento per frutta ed agrumi e del 25,7 per cento per vini e spumanti, mentre gli aumenti sono generalmente più contenuti per i comparti zootecnici;
il reddito agricolo reale per lavoratore (dati pubblicati da Eurostat) ha subito una notevole diminuzione: nel 2009 si è contratto di oltre un quarto (-25,3 per cento) rispetto al 2008, anno in cui invece era cresciuto, seppur di poco. La contrazione dei redditi in Italia è più del doppio di quella media europea (-12,2 per cento);
l'agricoltura italiana necessita di politiche strutturali e di imprese che facciano scelte imprenditoriali e strategiche, anche coraggiose;
il Governo ha scelto una linea minimalista per intervenire sulla crisi, senza una vera politica anticiclica, lasciando andare naturalmente il corso delle cose senza correzioni rilevanti dal punto di vista delle tendenze che si stanno manifestando;
il Governo non ha adottato alcun provvedimento per contrastare la crisi del settore agricolo, mancando una strategia di politica agraria e di indirizzi per l'imprenditoria agricola;
a tutt'oggi manca un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore agroindustriale, a differenza degli altri Paesi europei, che hanno predisposto una pianificazione strategica nazionale e hanno stanziato ingenti risorse per sostenere il settore agricolo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, con urgenza, un pacchetto di politiche di intervento pubbliche per l'agricoltura e l'agroalimentare, concedendo, in particolare, un credito d'imposta per nuovi investimenti produttivi in agricoltura su tutto il territorio nazionale, con priorità agli investimenti che mirano all'aggregazione dell'offerta e la stipula di accordi interprofessionali.
9/4086/150. (Testo modificato nel corso della seduta).Dal Moro, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, AC 4086,
premesso che:
dal 2000 al 2009, in agricoltura, i costi di produzione aumentano del 8,4 per cento mentre le quotazioni dei prodotti scendono a -15,2 per cento;
nel 2008, rispetto all'anno precedente il reddito reale dell'agricoltura italiana ha subito una riduzione del 25,3 per cento, negli ultimi anni, la situazione debitoria delle imprese agricole, è stata complicata dalla cosiddetta «cartolarizzazione» attraverso la quale l'INPS ha ceduto tutti i crediti contributivi ad una società appositamente costituita (la SCCI) che ha rimborsato allo Stato il 10 per cento del valore della cartolarizzazione stessa;
considerato che:
è divenuto ormai indispensabile promuovere ogni utile iniziativa legislativa, compatibile con gli orientamenti comunitari, per avviare un processo di consolidamento della situazione debitoria delle imprese agricole e cooperative nei confronti del fisco e del sistema contributivo, la sofferenza delle imprese agricole nei confronti delle banche è divenuta allarmante con continue richieste di rientro del credito e con una stretta creditizia soffocante che vede istruttorie severissime e richieste di garanzia che hanno raggiunto livelli impossibili,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative al fine di rendere esecutiva la moratoria delle cartelle INPS e delle esposizioni bancarie e, conseguentemente, il blocco dei pagamenti da parte di Equitalia per impedire procedimenti esecutivi, pignoramenti e vendite all'asta delle aziende;
ad individuare modalità e termini di intervento verso le banche a seguito di quanto dichiarato dal Governatore della Banca d'Italia, a proposito dei tassi di interesse da usura praticati dagli istituti di credito;
ad accertare, quantificandolo, l'effettivo credito vantato dall'INPS nei confronti delle aziende agricole.
9/4086/151. Brandolini, Oliverio, Zucchi, Agostini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
lo stato di difficoltà nel quale operano ormai da molti anni le imprese agricole, floricole e vivaistiche e le aziende fornitrici di carburanti è divenuto insostenibile a seguito della decisione n. 5497 della Commissione europea del 13 luglio 2009, che ha dichiarato incompatibile con il mercato comune il regime di aiuto sotto forma di esenzione delle accise sul gasolio utilizzato sotto serra ed ha disposto il recupero degli aiuti indebitamente concessi;
nonostante il Governo si sia più volte impegnato a trovare una soluzione legislativa che, superando i rilievi europei, consentisse al settore un'uscita graduale dalla crisi, di fatto, ad oggi dopo due anni dalla decisione della Commissione europea nulla è stato fatto,

impegna il Governo

a ripristinare le misure di agevolazione fiscali per il gasolio utilizzato nelle serre, recependo le prescrizioni comunitarie al fine di renderle compatibili con il diritto comunitario in materia di aiuti di Stato.
9/4086/152. Sani, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
lo stato di difficoltà nel quale operano ormai da molti anni le imprese agricole, floricole e vivaistiche e le aziende fornitrici di carburanti è divenuto insostenibile a seguito della decisione n. 5497 della Commissione europea del 13 luglio 2009, che ha dichiarato incompatibile con il mercato comune il regime di aiuto sotto forma di esenzione delle accise sul gasolio utilizzato sotto serra ed ha disposto il recupero degli aiuti indebitamente concessi;
nonostante il Governo si sia più volte impegnato a trovare una soluzione legislativa che, superando i rilievi europei, consentisse al settore un'uscita graduale dalla crisi, di fatto, ad oggi dopo due anni dalla decisione della Commissione europea nulla è stato fatto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ripristinare le misure di agevolazione fiscali per il gasolio utilizzato nelle serre, recependo le prescrizioni comunitarie al fine di renderle compatibili con il diritto comunitario in materia di aiuti di Stato.
9/4086/152. (Testo modificato nel corso della seduta).Sani, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che,
l'articolo 2, comma 2-quater, capoverso comma 5-sexies, ha previsto la possibilità di utilizzare le risorse presenti sul Fondo di cui all'articolo 28 del decreto-legge 18 novembre 1966, n. 976, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1966, n. 1142, «anche per intervenire nei territori per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza ai sensi del comma 1 del medesimo articolo»;
a questo scopo sono state conferite al predetto Fondo le disponibilità rivenienti dal Fondo di cui all'articolo 5 della legge 31 luglio 1997, n. 261;
il predetto Fondo è destinato prioritariamente alla concessione di garanzie su finanziamenti concessi nei territori nei quali è stato dichiarato lo stato di emergenza a seguito di eventi calamitosi ai sensi della legge 16 febbraio 1995, n. 35 e sue successive modificazioni e integrazioni;
considerato che risultano giacenti da oltre due anni istanze legittimamente presentate da imprese rientranti nei predetti dettami del Fondo di cui alla legge n. 1142/66, sulla base dei requisiti indicati ai sensi della legge n. 35/95, istanze che, pur avendo tutti i requisiti, a causa della mancanza di risorse finanziarie sul fondo di garanzia per finanziamenti restano bloccate presso il MEDIOCREDITO CENTRALE (ente gestore);
rilevato che molte delle succitate aziende, che avevano già avviato gli investimenti per rilocalizzare i loro siti produttivi fuori da aree a rischio di esondazione, hanno fermato i lavori per mancanza di risorse finanziarie e che il persistere di questa situazione metterebbe a rischio la sopravvivenza delle aziende stesse e del posto di lavoro per i loro dipendenti;
rilevata l'importanza che i decreti di natura non regolamentare previsti, la cui emanazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze è finalizzata ad individuare le aree di intervento ed a stabilire le condizioni e le modalità per la concessione delle garanzie, consentano di dare corretta attuazione alla norma approvata,

impegna il Governo

ad emanare i decreti ministeriali previsti allo scopo di favorire una rapida attuazione della norma che permetterebbe di risolvere definitivamente i problemi riguardanti le succitate imprese che attendono da oltre due anni l'approvazione delle loro istanze;
ad operare affinché i suddetti decreti, nell'individuare le aree di intervento e stabilendo le condizioni e le modalità dello stesso, siano emanati salvaguardando i principi delle norme stabiliti dalla legge n. 1142 del 1966, istitutiva del suddetto Fondo, evitando così il rischio di eventuali alterazioni del fondamento della legge stessa, alterazioni che potrebbero favorire disparità di trattamento nei confronti di soggetti aventi gli stessi diritti.
9/4086/153. Fiorio.

La Camera,
premesso che,
l'articolo 2, comma 2-quater, capoverso comma 5-sexies, ha previsto la possibilità di utilizzare le risorse presenti sul Fondo di cui all'articolo 28 del decreto-legge 18 novembre 1966, n. 976, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1966, n. 1142, «anche per intervenire nei territori per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza ai sensi del comma 1 del medesimo articolo»;
a questo scopo sono state conferite al predetto Fondo le disponibilità rivenienti dal Fondo di cui all'articolo 5 della legge 31 luglio 1997, n. 261;
il predetto Fondo è destinato prioritariamente alla concessione di garanzie su finanziamenti concessi nei territori nei quali è stato dichiarato lo stato di emergenza a seguito di eventi calamitosi ai sensi della legge 16 febbraio 1995, n. 35 e sue successive modificazioni e integrazioni;
considerato che risultano giacenti da oltre due anni istanze legittimamente presentate da imprese rientranti nei predetti dettami del Fondo di cui alla legge n. 1142/66, sulla base dei requisiti indicati ai sensi della legge n. 35/95, istanze che, pur avendo tutti i requisiti, a causa della mancanza di risorse finanziarie sul fondo di garanzia per finanziamenti restano bloccate presso il MEDIOCREDITO CENTRALE (ente gestore);
rilevato che molte delle succitate aziende, che avevano già avviato gli investimenti per rilocalizzare i loro siti produttivi fuori da aree a rischio di esondazione, hanno fermato i lavori per mancanza di risorse finanziarie e che il persistere di questa situazione metterebbe a rischio la sopravvivenza delle aziende stesse e del posto di lavoro per i loro dipendenti;
rilevata l'importanza che i decreti di natura non regolamentare previsti, la cui emanazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze è finalizzata ad individuare le aree di intervento ed a stabilire le condizioni e le modalità per la concessione delle garanzie, consentano di dare corretta attuazione alla norma approvata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare i decreti ministeriali previsti allo scopo di favorire una rapida attuazione della norma che permetterebbe di risolvere definitivamente i problemi riguardanti le succitate imprese che attendono da oltre due anni l'approvazione delle loro istanze;
ad operare affinché i suddetti decreti, nell'individuare le aree di intervento e stabilendo le condizioni e le modalità dello stesso, siano emanati salvaguardando i principi delle norme stabiliti dalla legge n. 1142 del 1966, istitutiva del suddetto Fondo, evitando così il rischio di eventuali alterazioni del fondamento della legge stessa, alterazioni che potrebbero favorire disparità di trattamento nei confronti di soggetti aventi gli stessi diritti.
9/4086/153. (Testo modificato nel corso della seduta).Fiorio.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica e industriale in atto ha colpito in maniera diretta anche il compatto agricolo in tutti i suoi settori, compreso quello della meccanizzazione agricola, nel quale il nostro Paese vanta una forte tradizione a livello internazionale, anche in relazione all'elevata qualità su cui può contare;
negli ultimi mesi del 2010 si è registrata una contrazione del mercato del 30-40 per cento e non solo per la produzione, che ha investito anche l'occupazione che nel settore e nel compatto occupa più di 100 mila persone;
al rischio della perdita dei posti di lavoro si affianca quello di perdere un know-how e un valore aggiunto dell'industria italiana dei trattori, delle macchine agricole; perdere questo mercato, che comunque sarà in espansione nei prossimi anni, sarebbe un gravissimo danno per l'industria del nostro Paese,

impegna il Governo

ad adottare, con urgenza, iniziative normative volte a consentire un progressivo svecchiamento del parco agro-meccanico anche concedendo contributi alla rottamazione delle macchine agricole, in conformità a quanto previsto dall'articolo 17, comma 34, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
9/4086/154. Trappolino, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio.

La Camera,
premesso che:
è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 agosto 2010, il decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010 «Modifiche al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, recante il codice della proprietà industriale, ai sensi dell'articolo 19 della legge 23 luglio 2009, n. 99»;
l'articolo 123 di tale decreto legislativo ha come oggetto «limiti alla protezione accordata del diritto d'autore»; tale articolo, le cui norme sono entrate in vigore dallo scorso 2 settembre, dispone che il diritto d'autore venga esteso anche «alle opere del disegno industriale che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, erano, oppure erano divenute di pubblico dominio»;
tale disposizione stravolge l'intero sistema normativo nazionale relativo al comparto produttivo dell'industrial design, rischiando di mettere in crisi centinaia di aziende del settore, quasi esclusivamente piccole e medie imprese (peraltro già duramente colpite dagli effetti della crisi economica internazionale), e conseguentemente migliaia di posti di lavoro;
con la nuova normativa tali aziende non potranno infatti più produrre prodotti di design fino ad oggi di «pubblico dominio»;
in primo luogo la normativa in questione si pone in contrasto con la recente sentenza della Corte di giustizia CE emessa, nella causa per rinvio pregiudiziale n. C-168/09, in data 27 gennaio 2011;
con la pronuncia in questione il giudice comunitario ha definitivamente sancito che rispetto ai disegni e modelli in pubblico dominio (cioè mai registrati/brevettati come tali, fosse o meno la relativa registrazione/brevettazione scaduta) prima della trasposizione della Direttiva 98/71/CE da parte degli ordinamenti nazionali degli Stati membri (nel caso dell'Italia la data di riferimento è 19.04.2001) la protezione autoriale non possa essere in radice invocata;
pertanto la nuova normativa italiana, nel prevedere l'applicazione della tutela autoriale anche alle opere del disegno industriale che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, erano di pubblico dominio confligge gravemente con la normativa comunitaria, adesso «autenticamente» interpretata dalla Corte di giustizia CE;
in secondo luogo questa normativa ribalta i contenuti di una legge dello Stato, promulgata solamente alcuni mesi fa (articolo 19, comma 6, della legge n. 99 del 23 luglio 2009), con la quale era stata confermata, per le aziende, la legittimità di fabbricare e commercializzare opere di disegno industriale riconosciute di pubblico dominio prima del 19 aprile 2001;
la legge n. 99 del 2009 era stata necessaria per colmare un vuoto normativo verificatosi con il recepimento, nell'ordinamento nazionale, della Direttiva comunitaria 98/71/CE relativa al diritto d'autore e tutela brevettuale dell'industrial design;
una legge quindi (la n. 99 del 2009) risultava capace di raggiungere una sintesi equilibrata e efficace fra le disposizioni comunitarie e gli investimenti e la programmazione economica, produttiva e commerciale delle aziende che fabbricavano fino ad oggi, nel pieno rispetto delle norme vigenti, opere di disegno industriale riconosciute di pubblico dominio;
risulta evidente che le norme introdotte dal decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010 danneggiano gravemente tali aziende, favorendo inevitabilmente le grandi imprese in grado di ottenere molto più facilmente il monopolio per la produzione dei classici del design;
va inoltre aggiunto che le norme introdotte dal decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010, nel fissare l'estensione retroattiva prevista dal diritto d'autore, implicano anche la qualificazione di illegittimità dell'attività pregressa; dell'attività cioè che la norma precedente (la citata legge n. 99 del 2009) aveva sancito come legittima. È quindi palese che tali provvedimenti abbiano un effetto retroattivo e siano quindi in netto contrasto con i principi stessi della Costituzione;
le aziende che avranno gravissime ricadute a causa della nuova normativa sono dislocate su tutto il territorio nazionale ed in particolare nei distretti produttivi del centro Italia;
l'entrata in vigore immediata delle nuove disposizioni sull'industrial design causeranno infatti, per numerose aziende, il blocco della fabbricazione di oggetti di design, la perdita di investimenti su macchinari e risorse umane oltre alla necessità di riconvertire la produzione. Saranno quindi inevitabili, anche alla luce degli effetti della crisi internazionale e dei mercati e della perdurante difficoltà di accesso al credito soprattutto per la Pmi, il ridimensionamento o il fallimento di numerose aziende del settore e conseguentemente la perdita di migliaia di posti di lavoro;
gli enti locali e le associazioni di categoria sono subito intervenute con forza e tempestività per denunciare i gravi effetti prodotti dall'articolo 123 del decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010 e per sollecitare le istituzioni competenti sulla impellente necessità di rivedere i contenuti di tale normativa;
le problematiche relative al decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010, ed in particolare le difficoltà interpretative circa i contenuti delle disposizioni sulla nuova formulazione della normativa nazionale sul codice della proprietà industriale sono state evidenziate nella interrogazione a risposta in Commissione Attività produttive numero 5-03523 (a prima firma del deputato Rolando Nannicini) presentata il 1o ottobre 2010;
nello specifico l'interrogazione sopracitata rimarcava come l'articolo 123 di tale decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010 sia incostituzionale per due motivi: perché la norma ha un effetto retroattivo e perché il Governo avrebbe legiferato al di fuori degli ambiti della legge delega conferita dal Parlamento stesso modificando sostanzialmente i contenuti dell'ordinamento vigente in materia;
nella risposta alla interrogazione numero 5-03523 (in data 2 dicembre 2010 con il resoconto del sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia) sono state, in sostanza, confermate le problematiche causate dall'articolo 123 di tale decreto legislativo ed è stata ribadita la volontà del Ministero competente di «valutare l'opportunità di inserire un'apposita modifica legislativa che possa essere approvata nell'ambito dei provvedimenti legislativi di fine anno»;
nonostante l'impegno del Governo e del Ministero stesso non è stata ad oggi inserita nessuna norma. Nel dibattito in sede referente al Senato del provvedimento in esame sono stati presentati emendamenti da esponenti di numerose forze politiche (anche del relatore di maggioranza in Commissione Affari costituzionali Lucio Malan) volti a posticipare i termini di attuazione dell'articolo 123 di tale decreto legislativo, emendamenti i cui contenuti sono stati poi riproposti anche in sede di dibattito alla Camera dei Deputati;
va rimarcato inoltre come l'attuale incertezza normativa abbia provocato numerose cause giudiziarie che stanno coinvolgendo aziende in tutto il Paese. Cause giudiziarie che sono ad oggi ristrette nel solo ambito del disegno industriale dell'arredamento, ma che potrebbero riguardare in futuro altri settori chiave dell'economia, dell'industria e dell'occupazione italiana come, ad esempio, l'oggettistica, la pelletteria, la moda, la meccanica,

impegna il Governo

ad emanare, in tempi brevi, in futuri provvedimenti, una norma che possa modificare i contenuti restrittivi e gli effetti retroattivi introdotti dall'articolo 123 del decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010 (alla luce dei citati profili di incostituzionalità e per salvaguardare i livelli produttivi ed occupazionali delle imprese del settore), permettendo nuovamente alle aziende di produrre prodotti di design fino ad oggi considerati di «pubblico dominio».
9/4086/155. Cenni, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il settore agroalimentare è stato pesantemente interessato dalla crisi economica e necessita di politiche strutturali e di un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore che consenta all'Italia di agganciare gli altri Paesi europei, che hanno già predisposto una pianificazione strategica nazionale e hanno stanziato ingenti risorse per sostenere il settore agricolo;
al contrario di quanto necessario, il Governo, continuando a non adottare provvedimenti per contrastare la crisi del settore agricolo, offre soluzioni illegittime solo ad alcuni referenti del mondo agricolo consentendo, ancora una volta, con la questione delle quote latte, il non rispetto delle regole ed esponendo l'Italia e tutti i cittadini alle pesanti sanzioni monetarie decise dall'Unione europea;
risulta paradossale e incomprensibile che tutte le misure di effettiva necessità del settore primario siano state ritenute inammissibili e che il Governo non abbia nemmeno voluto discuterne;
sono stati esclusi gli interventi sul gasolio utilizzato nelle serre ad accisa agevolata il settore è allo stremo; gli interventi per consentire l'effettiva erogazione delle risorse (circa 85 milioni di euro) al settore bieticolo saccarifero; gli interventi per il finanziamento - delle Associazioni provinciali degli allevatori (APA) - servono almeno 60 milioni - impegnate in particolar modo nella tenuta dei libri genealogici;
c'è invece, ancora una volta, la proroga del pagamento delle multe delle quote latte; è la prosecuzione di un copione già scritto con il Milleproroghe dello scorso anno, con la manovra estiva e con la legge di stabilità;
per quel che riguarda il settore bieticolo-saccarifero, il settore attende il finanziamento di 85 milioni di euro per le due campagne 2008 e 2009; il Governo ha in più occasioni dichiarato che tale somma è disponibile in parte a valere sul bilancio Agea, per 21 milioni di euro, e per la quota rimanente si è provveduto mediante delibera CIPE del 18 novembre 2010;
in realtà ad oggi l'effettiva erogazione delle risorse non è ancora avvenuta in quanto per utilizzare le risorse presenti sul bilancio Agea serve una norma di legge e non solo un atto amministrativo, come era stato fino ad ora ipotizzato, mentre la delibera CIPE non essendo stata ancora pubblicata non è ancora in vigore,

impegna il Governo

a provvedere con urgenza all'effettiva erogazione di 85 milioni di euro per il settore bieticolo-saccarifero, superando con i necessari strumenti le difficoltà operative esposte in premessa.
9/4086/156. Zucchi, Oliverio, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il settore agroalimentare è stato pesantemente interessato dalla crisi economica e necessita di politiche strutturali e di un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore che consenta all'Italia di agganciare gli altri Paesi europei, che hanno già predisposto una pianificazione strategica nazionale e hanno stanziato ingenti risorse per sostenere il settore agricolo;
al contrario di quanto necessario il Governo, continuando a non adottare provvedimenti per contrastare la crisi del settore agricolo, offre soluzioni illegittime solo ad alcuni referenti del mondo agricolo consentendo, ancora una volta, con la questione delle quote latte, il non rispetto delle regole ed esponendo l'Italia e tutti i cittadini alle pesanti sanzioni monetarie decise dall'Unione europea;
risulta paradossale e incomprensibile che tutte le misure di effettiva necessità del settore primario siano state ritenute inammissibili e che il Governo non abbia nemmeno voluto discuterne;
sono stati esclusi gli interventi sul gasolio utilizzato nelle serre ad accisa agevolata - il settore è allo stremo; gli interventi per consentire l'effettiva erogazione delle risorse (circa 60 milioni di euro) al settore bieticolo-saccarifero - con questo Governo per la prima volta non si sono mantenuti gli impegni presi a livello europeo - gli interventi per il finanziamento delle Associazioni provinciali degli allevatori (APA) - servono 60 milioni - impegnate in particolar modo nella tenuta dei libri genealogici;
c'è invece, ancora una volta, la proroga del pagamento delle multe delle quote latte; è la prosecuzione di un copione già scritto con il decreto recante proroga di termini dello scorso anno, con la manovra estiva e con la legge di stabilità;
le Associazioni provinciali degli allevatori (APA) senza rifinanziamento sono di fatto impossibilitate a svolgere il proprio lavoro e notevole è la protesta delle organizzazioni agricole e sindacali; infatti se da un lato sono a rischio numerosi posti di lavoro, oltre 3000, dall'altro senza i controlli sul miglioramento genetico è impensabile immaginare un percorso di qualità per le produzioni del settore,

impegna il Governo

a stanziare nel primo provvedimento utile 60 milioni di euro per il finanziamento delle Associazioni provinciali degli allevatori (APA).
9/4086/157. Servodio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il Governo continua a non adottare provvedimenti per contrastare la crisi del settore agricolo e offre soluzioni illegittime solo ad alcuni referenti del mondo agricolo consentendo, ancora una volta, con la questione delle quote latte, il non rispetto delle regole ed esponendo l'Italia e tutti i cittadini al rischio di pesanti sanzioni monetarie decise dall'Unione europea;
l'articolo 2, comma 12-duodecies, sospende fino al 30 giugno 2011 il pagamento degli importi (con scadenza 31 dicembre 2010) dovuti dai produttori di latte in ragione dei piani di rateizzazione regolanti il prelievo supplementare da essi versato in eccesso rispetto alle quote latte; all'ultima proroga semestrale aveva provveduto l'articolo 40-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
i piani di rateizzazione oggetto delle proroghe derivano da due fonti normative, il decreto-legge 49/2003 e il decreto-legge 5/2009;
il decreto-legge 49/2003 ha stabilito un piano di rateizzazione senza interessi, oggetto di un accordo politico tra l'Italia e l'Unione europea, per consentire ai produttori di estinguere i propri debiti per l'eccesso di produzione lattiera nei periodi dal 1995/96 al 2001/02; l'accordo politico recepito nella Decisione 2003/530/CE stabiliva che l'aiuto che la Repubblica italiana intendeva concedere ai produttori di latte, peraltro a questi sostituendosi nel pagamento degli importi da essi dovuti, viene «eccezionalmente considerato compatibile con il mercato» rispettando precise condizioni di ricostituzione del debito;
è importante sottolineare che la suddetta decisione non è stata senza costi per l'Italia; infatti le è stato imposto di riconoscere un debito pari a 1.386,5 milioni di euro corrispondenti al prelievo totale oggetto del piano di rateizzo e tale debito, suddiviso in tre annualità di pari importo, è stato poi assolto con la decurtazione per tre anni degli aiuti comunitari trasferiti all'Italia a valere sul FEAGA;
ad oggi, dell'importo anticipato dallo Stato italiano restano da riscuotere ancora 678 milioni di euro e su quota parte di tale cifra la Commissione europea ha aperto un fascicolo chiedendo informazioni all'Italia per evitare l'apertura della procedura di infrazione;
è opportuno rimarcare come tale accordo del 2003 fosse stato preceduto da un primo accordo del 21/10/94 sulla mancata applicazione del regime delle quote latte nel periodo dal 1988/89 al 1992/93. Il prelievo nazionale dovuto risultò pari a 1870 milioni di euro che furono interamente posti a carico del bilancio pubblico suddivisi in quattro anni;
il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, con l'articolo 8-quater ha definito un nuovo piano di rateizzazione, per somme non inferiori a 25.000 euro delle multe relative a qualunque campagna lattiera precedente a quella allora in corso del 2008-2009;
il piano di rientro previsto dal decreto-legge n. 5 è stato oggetto esclusivamente di negoziati verbali con la Commissione europea, concludendosi con un gentlemen's agreement. In merito peraltro, il Commissario europeo Ciolos, nella propria lettera indirizzata al ministro dell'agricoltura, protocollo DC/abv D(2010) 1175 sottolinea che il piano del 2009 «non si fonda direttamente sul diritto dell'Unione europea [ma] mira ad agevolare la gestione finanziaria dell'onere, per i produttori, di pagare tutte le somme dovute a titolo del prelievo suddetto. Perciò, se sospendesse l'applicazione di tale piano l'Italia sarebbe ancora più distante dall'adempimento dei suoi obblighi di riscossione ai sensi del diritto dell'Unione europea». Il Commissario europeo, dopo aver ricordato la preoccupante lentezza con la quale l'Italia opera l'esazione dei prelievi, aggiungeva che «se l'emendamento dovesse essere adottato (si tratta della prima proroga fatta con il decreto-legge 78/2010 ndr.) la Commissione sarebbe costretta ad avviare la procedura appropriata ai sensi del Trattato»;
per il periodo che va dal 2002/2003 al 2008/2009, oggetto della rateizzazione ex decreto-legge n. 5 del 2009, per le multe dovute dai produttori di latte, la Comunità ha nel frattempo ridotto annualmente i trasferimenti all'Italia a titolo di aiuti all'agricoltura: per l'intero periodo il prelievo nazionale dovuto, e trattenuto, è stato pari a 1.151 milioni di euro, di questi restano da riscuotere 1.030 milioni di euro;
sommando tutti i debiti dei produttori lattiero caseari anticipati dallo Stato italiano e in gran parte sottratti dall'Unione europea dai trasferimenti all'Italia per l'agricoltura, in particolare a valere sul Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) si arriva alla cifra enorme di 4.407,5 milioni di euro (1.870 milioni di euro per campagna dal 1988 al 1993 + 1.386,5 milioni di euro per campagna dal 1995 al 2002 + 1.151 milioni di euro per campagna dal 2003 al 2009) di cui, al momento, solo 829 milioni di euro sono stati effettivamente riscossi dallo Stato italiano ai produttori lattiero caseari; 1.870 milioni sono stati direttamente posti a carico del bilancio dello Stato e 1.708 milioni di euro sono ancora da riscuotere con i cosiddetti piani di rateizzazione;
la legge 4 febbraio 2005, n. 11, all'articolo 16-bis, concede il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle regioni o di altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto comunitario e della conseguente instaurazione delle procedure di infrazione;
in particolare il comma 3 dispone che lo Stato può esercitare il diritto di rivalsa per quel che attiene le regolazioni finanziarie a carico dell'Italia a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri fondi aventi finalità strutturali;
la decisione 2003/530/CE stabilisce che l'aiuto che la Repubblica italiana intendeva concedere ai produttori di latte per le campagne dal 1992 al 2002 dovesse essere detratto a valere sui fondi FEAGA;
la Commissione europea ha aperto due fascicoli sull'Italia in relazione alle multe sulle quote latte che potrebbero instaurare una procedura di infrazione; il primo è relativo alla gestione delle multe quote latte tra il 1995 e il 2009 per la quale l'Europa chiede lumi all'Italia sul fatto che non ha ancora provveduto a recuperare le somme dovute dagli allevatori e, tale evenienza, potrebbe configurarsi come aiuto di Stato; il secondo è relativo alle proroghe dei termini di pagamento delle quote latte disposte da ultimo con il provvedimento in esame,

impegna il Governo

ad operare con la massima celerità al fine di provvedere nei tempi richiesti dall'Unione europea alla riscossione delle multe dovute dagli allevatori al fine di evitare l'instaurarsi di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia;
nel caso in cui non ottemperasse agli obblighi richiesti dall'Unione europea, ad applicare le disposizioni di cui all'articolo 11, commi 3 e 7, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e successive modificazioni, qualora per l'Italia si instaurino procedure di infrazione derivanti dalla gestione delle multe sulle quote latte tra il 1995 e il 2009 e dalle proroghe dei termini di pagamento delle multe come da ultimo disposto con l'articolo 2, comma 12-duodecies del provvedimento in esame.
9/4086/158. Marco Carra, Zucchi, Pizzetti, Oliverio, Agostini, Brandolini, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
il Governo continua a non adottare provvedimenti per contrastare la crisi del settore agricolo e offre soluzioni illegittime solo ad alcuni referenti del mondo agricolo consentendo, ancora una volta, con la questione delle quote latte, il non rispetto delle regole ed esponendo l'Italia e tutti i cittadini al rischio di pesanti sanzioni monetarie decise dall'Unione europea;
l'articolo 2, comma 12-duodecies, sospende fino al 30 giugno 2011 il pagamento degli importi (con scadenza 31 dicembre 2010) dovuti dai produttori di latte in ragione dei piani di rateizzazione regolanti il prelievo supplementare da essi versato in eccesso rispetto alle quote latte; all'ultima proroga semestrale aveva provveduto l'articolo 40-bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
i piani di rateizzazione oggetto delle proroghe derivano da due fonti normative, il decreto-legge 49/2003 e il decreto-legge 5/2009;
il decreto-legge 49/2003 ha stabilito un piano di rateizzazione senza interessi, oggetto di un accordo politico tra l'Italia e l'Unione europea, per consentire ai produttori di estinguere i propri debiti per l'eccesso di produzione lattiera nei periodi dal 1995/96 al 2001/02; l'accordo politico recepito nella Decisione 2003/530/CE stabiliva che l'aiuto che la Repubblica italiana intendeva concedere ai produttori di latte, peraltro a questi sostituendosi nel pagamento degli importi da essi dovuti, viene «eccezionalmente considerato compatibile con il mercato» rispettando precise condizioni di ricostituzione del debito;
è importante sottolineare che la suddetta decisione non è stata senza costi per l'Italia; infatti le è stato imposto di riconoscere un debito pari a 1.386,5 milioni di euro corrispondenti al prelievo totale oggetto del piano di rateizzo e tale debito, suddiviso in tre annualità di pari importo, è stato poi assolto con la decurtazione per tre anni degli aiuti comunitari trasferiti all'Italia a valere sul FEAGA;
ad oggi, dell'importo anticipato dallo Stato italiano restano da riscuotere ancora 678 milioni di euro e su quota parte di tale cifra la Commissione europea ha aperto un fascicolo chiedendo informazioni all'Italia per evitare l'apertura della procedura di infrazione;
è opportuno rimarcare come tale accordo del 2003 fosse stato preceduto da un primo accordo del 21/10/94 sulla mancata applicazione del regime delle quote latte nel periodo dal 1988/89 al 1992/93. Il prelievo nazionale dovuto risultò pari a 1870 milioni di euro che furono interamente posti a carico del bilancio pubblico suddivisi in quattro anni;
il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, con l'articolo 8-quater ha definito un nuovo piano di rateizzazione, per somme non inferiori a 25.000 euro delle multe relative a qualunque campagna lattiera precedente a quella allora in corso del 2008-2009;
il piano di rientro previsto dal decreto-legge n. 5 è stato oggetto esclusivamente di negoziati verbali con la Commissione europea, concludendosi con un gentlemen's agreement. In merito peraltro, il Commissario europeo Ciolos, nella propria lettera indirizzata al ministro dell'agricoltura, protocollo DC/abv D(2010) 1175 sottolinea che il piano del 2009 «non si fonda direttamente sul diritto dell'Unione europea [ma] mira ad agevolare la gestione finanziaria dell'onere, per i produttori, di pagare tutte le somme dovute a titolo del prelievo suddetto. Perciò, se sospendesse l'applicazione di tale piano l'Italia sarebbe ancora più distante dall'adempimento dei suoi obblighi di riscossione ai sensi del diritto dell'Unione europea». Il Commissario europeo, dopo aver ricordato la preoccupante lentezza con la quale l'Italia opera l'esazione dei prelievi, aggiungeva che «se l'emendamento dovesse essere adottato (si tratta della prima proroga fatta con il decreto-legge 78/2010 ndr.) la Commissione sarebbe costretta ad avviare la procedura appropriata ai sensi del Trattato»;
per il periodo che va dal 2002/2003 al 2008/2009, oggetto della rateizzazione ex decreto-legge n. 5 del 2009, per le multe dovute dai produttori di latte, la Comunità ha nel frattempo ridotto annualmente i trasferimenti all'Italia a titolo di aiuti all'agricoltura: per l'intero periodo il prelievo nazionale dovuto, e trattenuto, è stato pari a 1.151 milioni di euro, di questi restano da riscuotere 1.030 milioni di euro;
sommando tutti i debiti dei produttori lattiero caseari anticipati dallo Stato italiano e in gran parte sottratti dall'Unione europea dai trasferimenti all'Italia per l'agricoltura, in particolare a valere sul Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) si arriva alla cifra enorme di 4.407,5 milioni di euro (1.870 milioni di euro per campagna dal 1988 al 1993 + 1.386,5 milioni di euro per campagna dal 1995 al 2002 + 1.151 milioni di euro per campagna dal 2003 al 2009) di cui, al momento, solo 829 milioni di euro sono stati effettivamente riscossi dallo Stato italiano ai produttori lattiero caseari; 1.870 milioni sono stati direttamente posti a carico del bilancio dello Stato e 1.708 milioni di euro sono ancora da riscuotere con i cosiddetti piani di rateizzazione;
la legge 4 febbraio 2005, n. 11, all'articolo 16-bis, concede il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle regioni o di altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto comunitario e della conseguente instaurazione delle procedure di infrazione;
in particolare il comma 3 dispone che lo Stato può esercitare il diritto di rivalsa per quel che attiene le regolazioni finanziarie a carico dell'Italia a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri fondi aventi finalità strutturali;
la decisione 2003/530/CE stabilisce che l'aiuto che la Repubblica italiana intendeva concedere ai produttori di latte per le campagne dal 1992 al 2002 dovesse essere detratto a valere sui fondi FEAGA;
la Commissione europea ha aperto due fascicoli sull'Italia in relazione alle multe sulle quote latte che potrebbero instaurare una procedura di infrazione; il primo è relativo alla gestione delle multe quote latte tra il 1995 e il 2009 per la quale l'Europa chiede lumi all'Italia sul fatto che non ha ancora provveduto a recuperare le somme dovute dagli allevatori e, tale evenienza, potrebbe configurarsi come aiuto di Stato; il secondo è relativo alle proroghe dei termini di pagamento delle quote latte disposte da ultimo con il provvedimento in esame,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di operare con la massima celerità al fine di provvedere nei tempi richiesti dall'Unione europea alla riscossione delle multe dovute dagli allevatori al fine di evitare l'instaurarsi di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia;
nel caso in cui non ottemperasse agli obblighi richiesti dall'Unione europea, ad applicare le disposizioni di cui all'articolo 11, commi 3 e 7, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e successive modificazioni, qualora per l'Italia si instaurino procedure di infrazione derivanti dalla gestione delle multe sulle quote latte tra il 1995 e il 2009 e dalle proroghe dei termini di pagamento delle multe come da ultimo disposto con l'articolo 2, comma 12-duodecies del provvedimento in esame.
9/4086/158. (Testo modificato nel corso della seduta).Marco Carra, Zucchi, Pizzetti, Oliverio, Agostini, Brandolini, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
il comma 12-quinquies stanzia 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per far fronte agli eccezionali eventi metereologici che hanno colpito alcune parti del territorio nazionale, destinandoli in particolare: alla regione Liguria 45 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; alla regione Veneto 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; alla regione Campania 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; ai comuni della provincia di Messina 5 milioni di euro per l'alluvione del 2009 per ciascuno degli anni 2011 e 2012;
alla copertura dell'onere si provvede, per l'anno 2011, a valere sulle risorse del Fondo aree sottoutilizzate/Fondo infrastrutture sul quale rimangono disponibili ulteriori 800 milioni di euro destinati ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico;
i fondi previsti dalla disposizione sono stati prelevati quindi dal FAS, le cui risorse dovrebbero essere destinate per legge, nella misura dell'85 per cento, alle otto regioni meridionali, che invece del miliardo originariamente destinato a tali piani straordinari, completamente a carico del FAS, ad oggi hanno ottenuto solo 25 milioni di euro (Campania e comuni della provincia di Messina) sui 200 ad oggi già stanziati;
infatti l'articolo 17, comma 2-bis, del decreto-legge n. 195 del 2009 ha già destinato, per gli interventi urgenti delle regioni Emilia-Romagna, Liguria e Toscana colpiti dagli eventi meteorici eccezionali del dicembre 2009 e del gennaio 2010, 100 milioni di euro a valere su dette risorse FAS,

impegna il Governo

ad assegnare con urgenza, nel rispetto delle disposizioni di legge che destinano alle regioni meridionali 85 per cento delle risorse FAS, le risorse del Fondo aree sottoutilizzate/Fondo infrastrutture destinati ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, per far fronte agli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito le regioni Calabria e Sicilia.
9/4086/159. Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Lo Moro, Laratta.

La Camera,
premesso che:
il comma 12-quinquies stanzia 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per far fronte agli eccezionali eventi metereologici che hanno colpito alcune parti del territorio nazionale, destinandoli in particolare: alla regione Liguria 45 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; alla regione Veneto 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; alla regione Campania 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; ai comuni della provincia di Messina 5 milioni di euro per l'alluvione del 2009 per ciascuno degli anni 2011 e 2012;
alla copertura dell'onere si provvede, per l'anno 2011, a valere sulle risorse del Fondo aree sottoutilizzate/Fondo infrastrutture sul quale rimangono disponibili ulteriori 800 milioni di euro destinati ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico;
i fondi previsti dalla disposizione sono stati prelevati quindi dal FAS, le cui risorse dovrebbero essere destinate per legge, nella misura dell'85 per cento, alle otto regioni meridionali, che invece del miliardo originariamente destinato a tali piani straordinari, completamente a carico del FAS, ad oggi hanno ottenuto solo 25 milioni di euro (Campania e comuni della provincia di Messina) sui 200 ad oggi già stanziati;
infatti l'articolo 17, comma 2-bis, del decreto-legge n. 195 del 2009 ha già destinato, per gli interventi urgenti delle regioni Emilia-Romagna, Liguria e Toscana colpiti dagli eventi meteorici eccezionali del dicembre 2009 e del gennaio 2010, 100 milioni di euro a valere su dette risorse FAS,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assegnare con urgenza, nel rispetto delle disposizioni di legge che destinano alle regioni meridionali 85 per cento delle risorse FAS, le risorse del Fondo aree sottoutilizzate/Fondo infrastrutture destinati ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, per far fronte agli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito le regioni Calabria e Sicilia.
9/4086/159. (Testo modificato nel corso della seduta).Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Lo Moro, Laratta.

La Camera,
premesso che:
in conseguenza degli eccezionali eventi atmosferici che nei mesi di ottobre e novembre 2010 hanno colpito alcune aree territoriali della regione Campania, il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza ed emanato ordinanze per interventi urgenti per il ripristino e la difesa dal rischio idrogeologico delle aree direttamente colpite dagli eventi medesimi;
tra gli interventi predisposti in favore delle aree della Campania colpite dagli eventi atmosferici, non sono state, tuttavia, previste misure analoghe a quelle riconosciute per la regione Veneto relative alla sospensione dei termini per l'adempimento di obblighi di natura tributaria e contributiva, nonché del pagamento dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali in favore delle imprese e dei cittadini colpiti dai predetti eventi,

impegna il Governo

ad adottare, entro brevi termini, apposite disposizioni finalizzate a garantire la sospensione, per i soggetti colpiti dagli eccezionali eventi meteorologici del 31 ottobre 2010 e dei giorni successivi nella regione, fino al 31 dicembre 2011 i termini per l'adempimento di obblighi di natura tributaria e contributiva, nonché del pagamento dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali;
a prevedere, in conseguenza della suddetta sospensione, che la ripresa della riscossione dei tributi, dei contributi e dei premi sospesi avvenga, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, mediante il pagamento in centoventi rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di gennaio 2012.
9/4086/160. Cuomo, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
in conseguenza degli eccezionali eventi atmosferici che nei mesi di ottobre e novembre 2010 hanno colpito alcune aree territoriali della regione Campania, il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza ed emanato ordinanze per interventi urgenti per il ripristino e la difesa dal rischio idrogeologico delle aree direttamente colpite dagli eventi medesimi;
tra gli interventi predisposti in favore delle aree della Campania colpite dagli eventi atmosferici, non sono state, tuttavia, previste misure analoghe a quelle riconosciute per la regione Veneto relative alla sospensione dei termini per l'adempimento di obblighi di natura tributaria e contributiva, nonché del pagamento dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali in favore delle imprese e dei cittadini colpiti dai predetti eventi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, entro brevi termini, apposite disposizioni finalizzate a garantire la sospensione, per i soggetti colpiti dagli eccezionali eventi meteorologici del 31 ottobre 2010 e dei giorni successivi nella regione, fino al 31 dicembre 2011 i termini per l'adempimento di obblighi di natura tributaria e contributiva, nonché del pagamento dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali;
a prevedere, in conseguenza della suddetta sospensione, che la ripresa della riscossione dei tributi, dei contributi e dei premi sospesi avvenga, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, mediante il pagamento in centoventi rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di gennaio 2012.
9/4086/160. (Testo modificato nel corso della seduta).Cuomo, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
la tutela del nostro territorio rappresenta un interesse prioritario della collettività e un impegno del Governo e delle amministrazioni territoriali non più rinviabile: il dissesto idrogeologico continua a determinare gravi perdite di vite umane e distruzione di paesi ed equilibri territoriali precari: il risultato sono 44 vittime solo nell'ultimo anno e 200 milioni di euro spesi per fronteggiare soltanto l'emergenza;
l'Italia è particolarmente fragile per quanto riguarda i fenomeni di dissesto idrogeologico: circa il 10 per cento del territorio nazionale è classificato ad elevato rischio per alluvioni, frane e valanghe; i 2/3 delle aree esposte a rischio interessano centri urbani, infrastrutture e aree produttive; il rischio di frane e alluvioni, seppur con diversa intensità, riguarda praticamente tutto il territorio nazionale: sono oltre l'80 per cento i comuni a rischio idrogeologico mentre 5,8 milioni di italiani vivono sotto minaccia;
l'assenza di una cultura della pianificazione territoriale responsabile, motivazioni politiche ed esigenze di cassa unite a forti vincoli di bilancio, ostacolano anche a livello territoriale razionali strategie di prevenzione; gravi sono i provvedimenti di condono edilizio e di deroga alla normativa urbanistica varati in questi anni dai governi di centro-destra, che premiano e incentivano pratiche di abusivismo edilizio e di speculazione immobiliare, totalmente indifferenti alla sicurezza del territorio;
il fabbisogno stimato dal Ministero dell'ambiente per la messa in sicurezza complessiva del territorio italiano dal rischio idrogeologico ammonta a 44 miliardi di euro: 27 per il centro Nord, 13 per il Sud e 4 per il territorio costiero;
in questi ultimi anni le risorse iscritte a bilancio dal Governo Berlusconi per sostenere questa grande opera di prevenzione e difesa del suolo sono del tutto incongrue rispetto al fabbisogno, e in molti casi risultano gravemente insufficienti anche a fronteggiare l'emergenza;
il comma 240 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, (Legge finanziaria 2010) ha destinato ai piani straordinari per rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico le risorse - pari a 1 miliardo di euro, poi ridotte a 900 milioni - assegnate dalla delibera CIPE 6 novembre 2009 per interventi di risanamento ambientale a valere sulle disponibilità del Fondo infrastrutture e del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale,

impegna il Governo

ad incrementare le risorse a favore della difesa e della tutela del territorio, individuando quest'ultima come la vera grande opera pubblica a cui destinare prioritariamente energie e risorse finanziarie adeguate;
ad adottare le necessarie iniziative volte a rendere disponibili i 900 milioni di euro stanziati dall'articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, avviando in tempi rapidi la programmazione e la realizzazione dei necessari interventi diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico.
9/4086/161. Bratti, Benamati, Braga, Mariani, Bocci, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
la tutela del nostro territorio rappresenta un interesse prioritario della collettività e un impegno del Governo e delle amministrazioni territoriali non più rinviabile: il dissesto idrogeologico continua a determinare gravi perdite di vite umane e distruzione di paesi ed equilibri territoriali precari: il risultato sono 44 vittime solo nell'ultimo anno e 200 milioni di euro spesi per fronteggiare soltanto l'emergenza;
l'Italia è particolarmente fragile per quanto riguarda i fenomeni di dissesto idrogeologico: circa il 10 per cento del territorio nazionale è classificato ad elevato rischio per alluvioni, frane e valanghe; i 2/3 delle aree esposte a rischio interessano centri urbani, infrastrutture e aree produttive; il rischio di frane e alluvioni, seppur con diversa intensità, riguarda praticamente tutto il territorio nazionale: sono oltre l'80 per cento i comuni a rischio idrogeologico mentre 5,8 milioni di italiani vivono sotto minaccia;
l'assenza di una cultura della pianificazione territoriale responsabile, motivazioni politiche ed esigenze di cassa unite a forti vincoli di bilancio, ostacolano anche a livello territoriale razionali strategie di prevenzione; gravi sono i provvedimenti di condono edilizio e di deroga alla normativa urbanistica varati in questi anni dai governi di centro-destra, che premiano e incentivano pratiche di abusivismo edilizio e di speculazione immobiliare, totalmente indifferenti alla sicurezza del territorio;
il fabbisogno stimato dal Ministero dell'ambiente per la messa in sicurezza complessiva del territorio italiano dal rischio idrogeologico ammonta a 44 miliardi di euro: 27 per il centro Nord, 13 per il Sud e 4 per il territorio costiero;
in questi ultimi anni le risorse iscritte a bilancio dal Governo Berlusconi per sostenere questa grande opera di prevenzione e difesa del suolo sono del tutto incongrue rispetto al fabbisogno, e in molti casi risultano gravemente insufficienti anche a fronteggiare l'emergenza;
il comma 240 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, (Legge finanziaria 2010) ha destinato ai piani straordinari per rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico le risorse - pari a 1 miliardo di euro, poi ridotte a 900 milioni - assegnate dalla delibera CIPE 6 novembre 2009 per interventi di risanamento ambientale a valere sulle disponibilità del Fondo infrastrutture e del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incrementare le risorse a favore della difesa e della tutela del territorio, individuando quest'ultima come la vera grande opera pubblica a cui destinare prioritariamente energie e risorse finanziarie adeguate;
ad adottare le necessarie iniziative volte a rendere disponibili i 900 milioni di euro stanziati dall'articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, avviando in tempi rapidi la programmazione e la realizzazione dei necessari interventi diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico.
9/4086/161. (Testo modificato nel corso della seduta).Bratti, Benamati, Braga, Mariani, Bocci, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
la strategia del Governo in materia di politiche abitative appare del tutto inadeguata e insufficiente; in particolare, si registra l'assenza di qualsiasi iniziativa per fronteggiare l'emergenza abitativa, fatta salva la proroga al 31 dicembre 2011, disposta con il comma 12-sexies del presente provvedimento;
al di là della scelta pressoché obbligata della proroga, manca una politica strutturale di intervento sulle politiche abitative e, al contrario, il Governo ha sensibilmente ridotto le risorse a favore di enti locali e territoriali per la realizzazione delle iniziative a sostegno dei soggetti disagiati;
in particolare si segnala, nel bilancio per l'anno finanziario 2011, una decurtazione di quasi il 34 per cento dei capitoli di riferimento;
la manovra 2011, inoltre, opera un drastico e insostenibile taglio sul Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione: il cosiddetto «Fondo affitti» di cui all'articolo 11, comma 1, della legge n. 431 del 1998, avrà risorse del tutto insufficienti al fabbisogno per tutto il prossimo triennio: la «previsione» è di 33,55 milioni di euro per il 2011, 33,9 milioni di euro per il 2012 e 14,3 milioni di euro per il 2013; il netto taglio del Fondo affitti evidenziato, in particolare, nel Bilancio di previsione è l'effetto della riduzione operata sulle risorse delle regioni a statuto ordinario dal citato decreto-legge n. 78 del 2010 approvato l'estate scorsa e che ha «anticipato» la manovra 2011;
il Fondo affitti è, tuttora, il principale sostegno alla locazione dei soggetti a medio-basso reddito; il Fondo eroga contributi ai conduttori - privati - a basso reddito per il pagamento dei canoni di locazione, mentre le regioni ed i comuni - che hanno subito, pressoché integralmente, la manovra del citato decreto-legge n. 78 del 2010 - dovrebbero integrare con propri fondi tali esigue risorse;
il taglio, rispetto alle disponibilità degli anni precedenti, è ingente ed insostenibile: lo stesso Fondo aveva una «dotazione» di oltre 335 milioni nel 2001 che, dieci anni dopo, a fronte di bisogni ben superiori, risulta ridotta al 10 per cento dello stanziamento 2001 e che consentirebbe di soddisfare solo il 15 per cento delle domande previste;
a fronte di tale indebolimento delle politiche abitative si assiste ad un incremento esponenziale del numero di sfratti per morosità che hanno raggiunto il 90 per cento dei provvedimenti di sfratto emessi;
le conseguenze negative di tale situazione si riversano non solo in termini sociali sugli inquilini in difficoltà, ma provoca, altresì, gravi danni economici sui proprietari, che non ricevono il canone pattuito e ai danni di Stato, regioni e comuni, a causa di minori entrate fiscali;
a causa dell'eccezionale crisi economica che ha investito il Paese si è intervenuti ai fini di agevolare il pagamento dei mutui per l'acquisto della prima casa a favore dei nuclei in difficoltà, anche sospendendo il pagamento delle rate e consentendo una rinegoziazione e rimodulazione dei mutui medesimi. Occorre, pertanto, agire in maniera analoga anche per la morosità incolpevole, riguardante coloro che sono stati colpiti da eventi quali disoccupazione o cassa integrazione ovvero i nuclei che hanno i requisiti per accedere ai benefici previsti dalle attuali normative in materia di contributo all'affitto ovvero sono collocati utilmente in graduatoria per ottenere l'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica;
in alcuni importanti comuni italiani sono stati stipulati accordi tra le parti, agevolati dall'intervento delle istituzioni locali e dalle prefetture, che, pur in assenza di una normativa nazionale, hanno cominciato ad affrontare questo grave problema sociale. In alcuni casi, per esempio, è stata prevista la possibilità di rinegoziare sfratti per morosità in nuovi contratti di locazione, attraverso agevolazioni fiscali ai proprietari, contributi per gli inquilini, riduzione degli affitti praticati, in cambio di fideiussioni attivate presso istituti bancari che garantiscono il pagamento del canone anche in caso di successiva morosità dell'inquilino;
diventa urgente l'adozione di una normativa nazionale di riferimento che possa agevolare, con il concorso di regioni ed enti locali, l'adozione di misure idonee a ridurre questa acuta emergenza sociale ed economica,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte a:
finanziare con fondi certi, costanti nel tempo, e commisurati al fabbisogno, in particolare dei comuni ad alta tensione abitativa, le politiche abitative e gli investimenti negli alloggi sociali;
reintegrare il Fondo affitti con risorse adeguate a soddisfare le richieste di contributi;
valutare l'opportunità di incentivare le iniziative degli enti locali che adottano misure di sostegno ai cittadini che si trovano in condizioni di morosità incolpevole, contribuendo concretamente al mantenimento degli alloggi, coinvolgendo in un tavolo di concertazione tutte le parti interessate dei sindacati degli inquilini, dei rappresentanti della proprietà, le regioni e gli enti locali.
9/4086/162. Braga, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
la strategia del Governo in materia di politiche abitative appare del tutto inadeguata e insufficiente; in particolare, si registra l'assenza di qualsiasi iniziativa per fronteggiare l'emergenza abitativa, fatta salva la proroga al 31 dicembre 2011, disposta con il comma 12-sexies del presente provvedimento;
al di là della scelta pressoché obbligata della proroga, manca una politica strutturale di intervento sulle politiche abitative e, al contrario, il Governo ha sensibilmente ridotto le risorse a favore di enti locali e territoriali per la realizzazione delle iniziative a sostegno dei soggetti disagiati;
in particolare si segnala, nel bilancio per l'anno finanziario 2011, una decurtazione di quasi il 34 per cento dei capitoli di riferimento;
la manovra 2011, inoltre, opera un drastico e insostenibile taglio sul Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione: il cosiddetto «Fondo affitti» di cui all'articolo 11, comma 1, della legge n. 431 del 1998, avrà risorse del tutto insufficienti al fabbisogno per tutto il prossimo triennio: la «previsione» è di 33,55 milioni di euro per il 2011, 33,9 milioni di euro per il 2012 e 14,3 milioni di euro per il 2013; il netto taglio del Fondo affitti evidenziato, in particolare, nel Bilancio di previsione è l'effetto della riduzione operata sulle risorse delle regioni a statuto ordinario dal citato decreto-legge n. 78 del 2010 approvato l'estate scorsa e che ha «anticipato» la manovra 2011;
il Fondo affitti è, tuttora, il principale sostegno alla locazione dei soggetti a medio-basso reddito; il Fondo eroga contributi ai conduttori - privati - a basso reddito per il pagamento dei canoni di locazione, mentre le regioni ed i comuni - che hanno subito, pressoché integralmente, la manovra del citato decreto-legge n. 78 del 2010 - dovrebbero integrare con propri fondi tali esigue risorse;
il taglio, rispetto alle disponibilità degli anni precedenti, è ingente ed insostenibile: lo stesso Fondo aveva una «dotazione» di oltre 335 milioni nel 2001 che, dieci anni dopo, a fronte di bisogni ben superiori, risulta ridotta al 10 per cento dello stanziamento 2001 e che consentirebbe di soddisfare solo il 15 per cento delle domande previste;
a fronte di tale indebolimento delle politiche abitative si assiste ad un incremento esponenziale del numero di sfratti per morosità che hanno raggiunto il 90 per cento dei provvedimenti di sfratto emessi;
le conseguenze negative di tale situazione si riversano non solo in termini sociali sugli inquilini in difficoltà, ma provoca, altresì, gravi danni economici sui proprietari, che non ricevono il canone pattuito e ai danni di Stato, regioni e comuni, a causa di minori entrate fiscali;
a causa dell'eccezionale crisi economica che ha investito il Paese si è intervenuti ai fini di agevolare il pagamento dei mutui per l'acquisto della prima casa a favore dei nuclei in difficoltà, anche sospendendo il pagamento delle rate e consentendo una rinegoziazione e rimodulazione dei mutui medesimi. Occorre, pertanto, agire in maniera analoga anche per la morosità incolpevole, riguardante coloro che sono stati colpiti da eventi quali disoccupazione o cassa integrazione ovvero i nuclei che hanno i requisiti per accedere ai benefici previsti dalle attuali normative in materia di contributo all'affitto ovvero sono collocati utilmente in graduatoria per ottenere l'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica;
in alcuni importanti comuni italiani sono stati stipulati accordi tra le parti, agevolati dall'intervento delle istituzioni locali e dalle prefetture, che, pur in assenza di una normativa nazionale, hanno cominciato ad affrontare questo grave problema sociale. In alcuni casi, per esempio, è stata prevista la possibilità di rinegoziare sfratti per morosità in nuovi contratti di locazione, attraverso agevolazioni fiscali ai proprietari, contributi per gli inquilini, riduzione degli affitti praticati, in cambio di fideiussioni attivate presso istituti bancari che garantiscono il pagamento del canone anche in caso di successiva morosità dell'inquilino;
diventa urgente l'adozione di una normativa nazionale di riferimento che possa agevolare, con il concorso di regioni ed enti locali, l'adozione di misure idonee a ridurre questa acuta emergenza sociale ed economica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte a:
finanziare con fondi certi, costanti nel tempo, e commisurati al fabbisogno, in particolare dei comuni ad alta tensione abitativa, le politiche abitative e gli investimenti negli alloggi sociali;
reintegrare il Fondo affitti con risorse adeguate a soddisfare le richieste di contributi;
valutare l'opportunità di incentivare le iniziative degli enti locali che adottano misure di sostegno ai cittadini che si trovano in condizioni di morosità incolpevole, contribuendo concretamente al mantenimento degli alloggi, coinvolgendo in un tavolo di concertazione tutte le parti interessate dei sindacati degli inquilini, dei rappresentanti della proprietà, le regioni e gli enti locali.
9/4086/162. (Testo modificato nel corso della seduta).Braga, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 2-quater a 2-octies del decreto in esame prevede una significativa riforma delle disposizioni in materia di protezione civile;
in particolare il comma 2-quater introduce tre nuovi commi all'articolo 5 della legge n. 225 del 1992 relativo allo stato di emergenza e potere di ordinanza: il comma 5-quater, che attribuisce al Presidente della regione interessata da calamità naturali per le quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza, qualora il bilancio della regione sia insufficiente a coprire le relative spese, il potere di deliberare aumenti, sino al limite massimo consentito dalla vigente legislazione, delle imposizioni tributarie attribuite alla regione, nonché di elevare la misura dell'imposta regionale sulla benzina per autotrazione prevista dall'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 398 del 1990, fino ad un massimo di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita (l'articolo 17 autorizza le regioni a statuto ordinario a istituire, con proprie leggi, un'imposta regionale sulla benzina per autotrazione, erogata dagli impianti di distribuzione ubicati nelle rispettive regioni; con l'articolo 1, comma 154 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, l'importo massimo di tale imposta è stato elevato a 0,025 euro per litro); con un ulteriore comma 5-quinquies si prevede la possibilità per la regione di accedere al Fondo per la protezione civile, nel caso in cui le misure adottate siano insufficienti, in tutti gli altri casi di eventi previsti dal precedente comma 5-quater di rilevanza nazionale; qualora, invece, sia utilizzato il Fondo di riserva per le spese impreviste, di cui all'articolo 28 della legge n. 196 del 2009, se ne dispone la corrispondente reintegrazione ancora una volta mediante l'aumento dell'accisa su alcuni prodotti energetici, quali la benzina e la benzina senza piombo e il gasolio usato come carburante, in misura non superiore a cinque centesimi al litro e, comunque, in misura tale da determinare maggiori entrate corrispondenti all'importo prelevato dal Fondo di riserva; tale aumento dovrà essere finalizzato anche alla copertura degli oneri derivanti dal differimento, in caso di dichiarazione dello stato di emergenza, dei termini per gli adempimenti e i versamenti dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali;
il previsto aumento, anche in relazione alla rilevanza dei prodotti tassati nel paniere dei beni di prima necessità, determinerà certamente effetti significativi in termini di inflazione da imposte, anche considerato che l'accisa sul gasolio ammonta a 423,00 euro per mille litri e quella sulla benzina a 564,00 euro; le norme di nuovo inserimento non prevedono, oltretutto, aliquote agevolate se i suddetti prodotti energetici sono destinati a particolari impieghi; paradossalmente il previsto aumento inciderà proprio sui residenti della regione colpita dalle calamità naturali, in violazione dell'inderogabile dovere di solidarietà politica, economica e sociale, delineato dagli articoli 2 e 4 della Costituzione;
il comma 5-sexies, pure di nuovo inserimento, prevede che si possa ricorrere al Fondo centrale di garanzia per la copertura dei rischi derivanti dalle operazioni di credito a medio termine, istituito presso il Mediocredito centrale dall'articolo 28 del decreto-legge n. 976 del 1966, anche nei territori in cui sia deliberato lo stato di emergenza per calamità naturali;
il comma 2-quinquies reca ulteriori modifiche all'articolo 5 della legge n. 225 del 1992:
a) la prima modifica al comma 2 prevede che le ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza siano emanate, relativamente agli aspetti di carattere finanziario, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze;
b) la seconda modifica al comma 5-bis dispone che i rendiconti dei commissari delegati titolari di contabilità speciali vengano inoltrati, oltre che alla Presidenza del Consiglio dei ministri e all'ISTAT, anche alla competente sezione regionale della Corte dei conti;
c) la terza modifica, sempre al comma 5-bis, vieta i girofondi tra le contabilità speciali, al fine di garantire la trasparenza dei flussi finanziari e della rendicontazione stessa;
il comma 2-sexies, attraverso l'inserimento della nuova lettera e-bis) all'articolo 3, comma 1, della legge n. 20 del 1994, sottopone al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti anche i provvedimenti commissariali attuativi delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza;
il comma 2-septies, novellando l'articolo 27, comma 1, della legge n. 340 del 2000, per quanto riguarda i provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, riduce a sette giorni il termine attualmente previsto di sessanta dalla ricezione entro il quale divengono esecutivi gli atti trasmessi alla Corte dei conti senza che sia intervenuta una pronuncia della sezione del controllo; consente, inoltre, la dichiarazione di provvisoria efficacia da parte dell'organo emanante;
il comma 2-octies estende le norme in materia di rendicontazione delle attività svolte per il superamento delle emergenze da parte dei commissari delegati, introdotte dal comma 5-bis dell'articolo 5 della citata legge n. 225 del 1992, anche ai funzionari e commissari delegati autorizzati alla gestione di fondi statali, titolari di contabilità speciali per la realizzazione di interventi, programmi e progetti o per lo svolgimento di particolari attività; si prevede, inoltre che i rendiconti vengano inviati all'Ufficio centrale per il bilancio presso il Ministero dell'economia e delle finanze, all'ISTAT e alla competente sezione regionale della Corte dei conti;
considerato che:
per essere efficaci sulle emergenze rilevanti, gli interventi della Protezione civile devono essere realizzati entro 36 ore dall'evento;
è impensabile che ai responsabili della Protezione civile sia richiesto - secondo quanto disposto con il decreto - di emanare le ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, relativamente agli aspetti di carattere finanziario, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze; in sostanza, se una calamità dovesse verificarsi nel fine settimana, solo il lunedì successivo gli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze potranno prendere in esame la necessaria ordinanza della Protezione civile;
la riforma disposta dal decreto in esame sottopone i provvedimenti commissariali attuativi delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti; tali controlli secondo quanto affermato dal capo della Protezione civile, il prefetto Franco Gabrielli, richiedono, in media, 37 giorni di indagini;
la riforma prevista dal provvedimento in esame - improvvidamente inserita in un decreto-legge, anziché in un provvedimento ad hoc - in alcun modo prevede soppressioni o modifiche sostanziali dell'articolo 5-bis, comma 5, della legge n. 401 del 2001, che estende ai cosiddetti «grandi eventi» la possibilità di ricorrere alle ordinanze della Protezione civile - con tutte le rilevanti implicazioni che questo comporta, ivi compresa la possibilità di derogare a norme vigenti;
le risorse totali a disposizione del dipartimento della Protezione civile hanno subito una decurtazione del 12 per cento sul bilancio 2010; i fondi finalizzati sono diminuiti del 75 per cento;
si calcola che il 63 per cento degli oneri che gravano sulla Protezione civile, ad oggi, sono mutui contratti per rimborsare i danni e organizzare i grandi eventi,

impegna il Governo

a prevedere disposizioni di riforma della Protezione civile in un provvedimento ad hoc, che non abbia la natura di decretazione d'urgenza, allo scopo di consentire un serio ed approfondito esame della riforma da parte delle Commissioni competenti e del plenum del Parlamento;
a sopprimere l'articolo 5-bis, comma 5, della legge n. 401 del 2001, che estende ai cosiddetti «grandi eventi» la possibilità di ricorrere alle ordinanze della Protezione civile.
9/4086/163. Margiotta, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Morassut, Motta, Viola.

La Camera,
premesso che:
è necessario che ad ogni livello le amministrazioni pubbliche contribuiscano agli obiettivi di finanza pubblica stabiliti;
le misure di contenimento della spesa a tal scopo previste nelle manovre finanziarie succedutesi in questi anni e, da ultimo, nell'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, si applicano alle camere di commercio;
nel 2010, con il decreto legislativo n. 23, è stata approvata la riforma delle camere di commercio, da attuare con una serie di decreti, che - tra l'altro - permetteranno di applicare i vincoli di finanza pubblica alle peculiarità del sistema camerale;
in particolare, con il decreto attuativo dell'articolo 18 della legge n. 580 del 93, al momento in via di definizione con un apposito provvedimento interministeriale dei ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, si dovrà disciplinare la partecipazione del sistema camerale al contenimento della spesa, anche sulla base delle misure previste dal decreto-legge n. 78 del 2010, dando però la possibilità alle Camere stesse di definire - in base agli obiettivi di tutto il sistema - le priorità e le azioni di sostegno in favore delle imprese;
si tratta di una sorta di «Patto di stabilità» del sistema camerale, già espressamente previsto dal decreto legislativo di riforma del 2010, in base al quale il sistema camerale garantisce il risparmio ed il versamento di tali somme al bilancio dello Stato, pur senza una previsione puntuale dei limiti per ogni singola tipologia di spesa;
tale meccanismo garantisce il pieno rispetto da parte del sistema camerale degli obiettivi di finanza pubblica, attraverso il conseguimento dei risparmi, stimati in 10 milioni di euro, previsti dalle norme del decreto-legge n. 78 del 2010 ed il conseguente versamento di tali somme al bilancio dello Stato, senza però limitare o irrigidire l'operatività delle Camere;
le camere di commercio sono enti pubblici le cui risorse non gravano in alcun modo sul bilancio dello Stato, in quanto si finanziano esclusivamente con il diritto annuale versato da tutte le imprese iscritte al registro delle imprese e con i servizi erogati alle stesse imprese;
le camere di commercio inoltre, anche sulla base del recente decreto legislativo n. 23, sono state riconosciute quali autonomie funzionali e, in attuazione del principio di sussidiarietà, sono rappresentative di tutte le categorie economiche presenti nei diversi territori;
le strategie di utilizzo delle risorse vengono dunque definite dalle rappresentanze delle imprese attraverso gli organi delle camere di commercio;
è importante garantire nell'utilizzo di queste risorse la più ampia operatività delle Camere, in quanto queste ultime svolgono, in base alla legge, fondamentali funzioni di supporto e promozione degli interessi generali delle imprese e delle economie locali e sono impegnate a sostenere i sistemi imprenditoriali locali ad uscire dalla più grave crisi economica che ha colpito la nostra economia dal dopo guerra ad oggi;
per questo, in molti casi, il sistema camerale svolge un ruolo importante nell'accompagnare le imprese, in particolare quelle piccole e medie, verso uno sviluppo legato all'innovazione e alla qualità, favorendone anche la loro presenza sui mercati esteri;
è indispensabile anche garantire la piena rappresentatività degli organi esecutivi delle camere di commercio non limitandone la composizione, come previsto all'articolo 6, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010, senza tener conto delle caratteristiche economiche del territorio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, fin dal 2011, con apposito decreto, quanto previsto dall'articolo 18, comma 6, della legge n. 580 del 1993 come modificato dal decreto legislativo n. 23 del 2010, relativo al cosiddetto «Patto di stabilità di sistema», ovvero ad adottare iniziative al fine di rinviare l'applicazione dell'articolo 6 del decreto-legge n. 78 del 2010 per gli enti del sistema camerale, fermo restando l'obbligo di conseguire i risparmi previsti ed il relativo versamento al bilancio dello Stato;
ad adottare iniziative al fine di garantire la piena rappresentatività degli organi esecutivi degli enti del sistema camerale applicando senza ulteriori vincoli quanto previsto dall'articolo 14 della legge n. 580 del 1993, come modificato dal decreto legislativo n. 23 del 2010.
9/4086/164. Realacci, Bratti, Lulli, Mariani, Mattesini.

La Camera,
premesso che:
il comma 1, dell'articolo 15, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, prevede l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa;
il comma 4, dell'articolo 1, del decreto-legge n. 125 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 163 del 2010, specifica che Anas «entro il 30 aprile 2011» debba provvedere alla realizzazione di impianti e sistemi occorrenti per il «pedaggiamento» di segmenti di infrastrutture viarie interconnesse con le autostrade;
in questo contesto va sottolineato come l'introduzione del pedaggio risulti del tutto incongruo qualora le caratteristiche tecniche del tracciato non siano adeguate agli standard europei, sia per quanto riguarda la struttura della sede stradale, sia in ordine allo stato del manto stradale, sia in relazione alla presenza delle necessarie infrastrutture accessorie;
risulta quindi evidente come sia indispensabile, prima di prendere in considerazione l'introduzione del pedaggio nelle singole tratte stradali, procedere alla messa in sicurezza e all'ammodernamento di ogni singola tratta i cui requisiti strutturali non siano rispondenti ai livelli minimi di sicurezza e fruibilità;
l'introduzione del pedaggio produrrebbe, in molti casi, ricadute negative per la popolazione residente e per le economie locali, soprattutto laddove non esistono, nel sistema viario territoriale, strade funzionali alternative; di conseguenza il pedaggio penalizzerebbe migliaia di cittadini che ogni giorno sono costretti a spostarsi lungo l'asse viario interessato dal pedaggio. Secondo il calcolo delle associazioni dei consumatori l'introduzione del pedaggiamento sui raccordi autostradali costerebbe mediamente 600 euro annui ai lavoratori pendolari;
in data 29 luglio 2010 il Governo ha accolto un ordine del giorno (atto n. 9/03638/166) alla legge n. 122 del 2010 che lo impegnava tra l'altro a «valutare l'opportunità di introdurre ulteriori iniziative normative volte a rivedere il sistema tariffario autostradale in modo da ridurre il costo dei pedaggi e da razionalizzarne le entrate»; «a prevedere l'esclusione dal pedaggio, sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa per i cittadini residenti nei comuni in cui insistono le rispettive autostrade e i raccordi autostradali»; «a prevedere che l'Anas Spa debba destinare le maggiori entrate, provenienti dai singoli pedaggi introdotti per la fruizione delle autostrade e dei raccordi autostradali, ai rispettivi compartimenti regionali per consentire la corretta manutenzione ordinaria e straordinaria dei relativi tratti stradali»;
il 22 febbraio 2011 il Tar del Lazio ha annullato il decreto ministeriale che ha aumentato le tariffe sulle strade che si interconnettono con autostrade e raccordi autostradali in gestione diretta dell'Anas,

impegna il Governo

a considerare l'eventualità di prorogare, attraverso il primo provvedimento utile, il termine per l'introduzione del pedaggiamento dal 30 aprile 2011 al 30 aprile 2013;
a prevedere, comunque, l'esclusione di ogni forma di pedaggio per i cittadini residenti e per le imprese presenti sul territorio ed a stanziare le risorse provenienti dal pedaggio per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei tratti dei quali sia necessario l'adeguamento e l'ammodernamento;
a valutare l'opportunità di escludere dalle tratte soggette a pedaggiamento il raccordo Perugia-Bettolle, in considerazione del parere negativo espresso dalla regione Umbria in ordine a tale evento.
9/4086/165. Bocci, Mariani, Realacci, Benamati, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto in esame ha disposto la proroga del termine di scadenza (prima previsto per il 1o gennaio 2011) per l'attribuzione, da parte delle regioni, delle funzioni spettanti alle AATO, al 31 marzo 2011, prevedendo, altresì, la possibilità di disporre con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'ulteriore proroga del medesimo fino al 31 dicembre 2011;
con tale disposizione si estende la durata del periodo transitorio per il passaggio delle funzioni di erogazione dei servizi pubblici locali dalle Autorità d'ambito territoriale ottimale ai nuovi soggetti individuati dalle regioni; l'intento sarebbe quello di evitare il determinarsi di un vuoto normativo e gestionale per i servizi attribuiti alle Autorità d'ambito, in attesa che tutte le regioni attribuiscano con legge le funzioni esercitate sinora dalle Autorità d'ambito; la proroga del periodo transitorio è però tutt'altro che congrua, considerato che viene fissato quale termine il 31 marzo 2011;
l'organizzazione dei servizi idrici integrati è basata su ambiti territoriali ottimali (ATO) a norma dell'articolo 141, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cosiddetto codice ambientale) definiti dalle regioni in attuazione della legge Galli; all'Autorità d'ambito è demandata l'organizzazione, l'affidamento ed il controllo del Servizio idrico integrato o del Servizio di gestione dei rifiuti (a norma degli articoli 142 e 148 del decreto legislativo n. 152/2006);
al 31 dicembre 2007, ben i 3 anni dopo l'entrata in vigore della legge Galli, il Co.Vi.Ri. ha rilevato che tutti gli ATO (92) risultano insediati - soltanto l'ATO interregionale Veneto - Friuli Venezia Giulia «Lemente» non risulta insediato - e che la maggior parte (81) ha approvato il piano d'ambito mentre gli affidamenti del servizio idrico sono stati effettuati in 67 ATO;
l'articolo 2, comma 38, della Legge n. 244/2007 (Finanziaria 2008) ha imposto alle regioni, nell'esercizio delle rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato, nonché del servizio di gestione integrata dei rifiuti, fatte salve le competenze del Ministero dell'ambiente, in ottemperanza agli obblighi comunitari, di procedere entro il 1o luglio 2008, fatti salvi gli affidamenti e le convenzioni in essere, alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei medesimi servizi;
in base a tale disposizione le regioni avrebbero dovuto provvedere a rideterminare gli ATO secondo criteri di efficienza e di riduzione della spesa e, a norma degli articoli 147 e 200 del codice ambientale, ad una valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali;
tale previsione era finalizzata, tra l'altro, all'attribuzione delle funzioni in materia di rifiuti alle province e, in materia di servizio idrico integrato, di norma alla provincia corrispondente ovvero, in caso di bacini di dimensioni più ampie del territorio provinciale, alle regioni o alle province interessate, sulla base di appositi accordi; in alternativa, le regioni potevano disporre l'attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e seguenti del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, composte da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun compenso;
lo stesso articolo 2, al comma 2, come modificato dal decreto legislativo n. 4 del 2008 stabilisce alcuni importanti principi informatori della gestione del servizio: l'unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui; l'unitarietà della gestione e, comunque, il superamento della frammentazione verticale delle gestioni; l'adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici;
il codice ambientale, all'articolo 148, comma 1, ha introdotto un'importante innovazione normativa in materia, prevedendo l'attribuzione della personalità giuridica alle Autorità d'ambito, costituite in ciascun ATO delimitato dalla competente regione, alle quali gli enti locali partecipano obbligatoriamente; tale norma ha consentito di superare le difficoltà operative legate al fatto che in alcune regioni non si era provveduto a conferire personalità giuridica agli enti d'ambito, secondo quanto sottolineato nella Relazione annuale al Parlamento sullo stato dei servizi idrici per l'anno 2005, redatta nel luglio 2006 dal Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche;
l'articolo 148, comma 5, del codice ambientale prevede la facoltatività dell'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che gestiscano l'intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorità d'ambito competente;
l'articolo 149 del codice, viceversa, dispone che entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del decreto n. 152, e quindi entro il 29 aprile 2007, l'Autorità d'ambito avrebbero dovuto provvedere alla predisposizione e/o all'aggiornamento del piano d'ambito, lo strumento programmatorio fondamentale dell'Autorità d'ambito, che deve essere corredato di un'attenta ricognizione delle infrastrutture esistenti, nonché di un programma degli interventi infrastrutturali necessari e di un piano finanziario coerente con il modello gestionale ed organizzativo;
il periodo transitorio previsto dal decreto in esame per il passaggio delle funzioni di erogazione dei servizi pubblici locali dalle Autorità d'ambito territoriale ottimale ai nuovi soggetti individuati dalle regioni è tutt'altro che congruo, dal momento che viene fissato quale termine il 31 marzo 2011 e che molte ATO devono completare l'attuazione degli adempimenti suddetti, anche per rendere più agevole il passaggio delle funzioni,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso iniziative normative, una durata del periodo transitorio per il passaggio delle funzioni di erogazione dei servizi pubblici locali dalle Autorità d'ambito territoriale ottimale ai nuovi soggetti individuati dalle regioni di almeno 12 mesi a decorrere dal 1o marzo 2011.
9/4086/166. Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Mattesini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 12-sexies, dispone la proroga al 31 dicembre 2011 per l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso abitativo già sospesi fino al 31 dicembre 2010 dall'articolo 5, comma 7-bis, del decreto-legge n. 194 del 30 dicembre 2009;
la proroga riguarda ancora una volta gli immobili adibiti ad uso abitativo situati nei comuni di cui all'articolo 1, comma 1, della legge n. 9 del 2007 e quindi esclusivamente gli immobili situati nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni con essi confinanti, con popolazione superiore a 10.000 abitanti, nei comuni ad alta tensione abitativa;
la proroga prevista dal provvedimento al nostro esame non rinnova alcuni benefici fiscali, previsti, fino al 31 dicembre 2010, per i proprietari di immobili locati a conduttori individuati dalla legge n. 9 del 2007: tali benefici prevedevano che i proprietari potessero non ricomprendere, nella base imponibile su cui calcolare l'acconto IRPEF per l'anno successivo, i redditi derivanti dall'affitto di immobili locati a conduttori con reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, purché non siano in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza, oppure che abbiano, nel proprio nucleo familiare, figli fiscalmente a carico, quando sottoposti a procedure esecutive di rilascio sospese per legge;
tali benefici fiscali restano confermati per l'anno 2011 per particolari categorie di proprietari: enti previdenziali, casse professionali e previdenziali, compagnie di assicurazione, istituti bancari e società possedute da tali soggetti; tali proprietari privilegiati, qualora abbiano locato un immobile a conduttori in condizione di disagio socio-economico, per cui vige la sospensione legale dell'esecuzione, e per tutta la durata del periodo di sospensione - e quindi fino al 31 dicembre 2011 - potranno continuare ad escludere dal calcolo dell'acconto sul reddito imponibile a fini IRES il reddito di tali fabbricati locati a conduttori in condizione di disagio socio-economico, per tutta la durata del periodo di sospensione legale dell'esecuzione;
il provvedimento in esame non concede invece ai proprietari che pagano l'IRPEF il vantaggio fiscale prima previsto; pertanto, i redditi da locazione su immobili - anche se locati a particolari categorie di conduttori - ai soli fini dell'acconto IRPEF 2012, concorreranno alla formazione dell'imponibile,

impegna il Governo

ad adottare iniziative al fine di confermare ai proprietari degli immobili locati a conduttori con basso reddito previsti dalla proroga per il 2011 i benefici fiscali di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 23 del 2006, in base al quale il canone di locazione riveniente da tali immobili non concorre alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche;
ad escludere, viceversa, da tale vantaggio fiscale particolari categorie di proprietari che il decreto in esame continua a beneficiare, e in particolare le casse professionali, le compagnie di assicurazione, gli istituti bancari e le società possedute da tali soggetti.
9/4086/167. Motta, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Viola, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 12-sexies, dispone la proroga al 31 dicembre 2011 per l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso abitativo già sospesi fino al 31 dicembre 2010 dall'articolo 5, comma 7-bis, del decreto-legge n. 194 del 30 dicembre 2009;
la proroga riguarda ancora una volta gli immobili adibiti ad uso abitativo situati nei comuni di cui all'articolo 1, comma 1, della legge n. 9 del 2007 e quindi esclusivamente gli immobili situati nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni con essi confinanti, con popolazione superiore a 10.000 abitanti, nei comuni ad alta tensione abitativa;
la proroga prevista dal provvedimento al nostro esame non rinnova alcuni benefici fiscali, previsti, fino al 31 dicembre 2010, per i proprietari di immobili locati a conduttori individuati dalla legge n. 9 del 2007: tali benefici prevedevano che i proprietari potessero non ricomprendere, nella base imponibile su cui calcolare l'acconto IRPEF per l'anno successivo, i redditi derivanti dall'affitto di immobili locati a conduttori con reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, purché non siano in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza, oppure che abbiano, nel proprio nucleo familiare, figli fiscalmente a carico, quando sottoposti a procedure esecutive di rilascio sospese per legge;
tali benefici fiscali restano confermati per l'anno 2011 per particolari categorie di proprietari: enti previdenziali, casse professionali e previdenziali, compagnie di assicurazione, istituti bancari e società possedute da tali soggetti; tali proprietari privilegiati, qualora abbiano locato un immobile a conduttori in condizione di disagio socio-economico, per cui vige la sospensione legale dell'esecuzione, e per tutta la durata del periodo di sospensione - e quindi fino al 31 dicembre 2011 - potranno continuare ad escludere dal calcolo dell'acconto sul reddito imponibile a fini IRES il reddito di tali fabbricati locati a conduttori in condizione di disagio socio-economico, per tutta la durata del periodo di sospensione legale dell'esecuzione;
il provvedimento in esame non concede invece ai proprietari che pagano l'IRPEF il vantaggio fiscale prima previsto; pertanto, i redditi da locazione su immobili - anche se locati a particolari categorie di conduttori - ai soli fini dell'acconto IRPEF 2012, concorreranno alla formazione dell'imponibile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative al fine di confermare ai proprietari degli immobili locati a conduttori con basso reddito previsti dalla proroga per il 2011 i benefici fiscali di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 23 del 2006, in base al quale il canone di locazione riveniente da tali immobili non concorre alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche;
ad escludere, viceversa, da tale vantaggio fiscale particolari categorie di proprietari che il decreto in esame continua a beneficiare, e in particolare le casse professionali, le compagnie di assicurazione, gli istituti bancari e le società possedute da tali soggetti.
9/4086/167. (Testo modificato nel corso della seduta).Motta, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Viola, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
le attività, che da molti decenni, intraprendono all'Aquila varie istituzioni culturali, complessivamente apprezzata oltre che a livello locale e regionale, anche in ambito nazionale ed internazionale, rappresenta una consolidata componente della vita culturale e dello stesso tessuto connettivo della città; tale attività rappresenta, inoltre, una preziosa ed irrinunciabile fonte di lavoro per alcune centinaia di addetti di livello artistico, tecnico ed amministrativo altamente specializzati;
con l'evento sismico del 9 aprile 2009, tali istituzioni sono restate assolutamente prive delle strutture nelle quali svolgevano la loro attività: Teatro Comunale, Teatro S. Agostino, Teatro S. Filippo, Auditorium del Castello Cinquecentesco, Auditorium di S. Giuseppe de' Minimi eccetera tutti distrutti o quantomeno gravemente danneggiati ed inservibili; con i crolli sono andate perdute anche importanti e costose attrezzature, unitamente ad arredi e strumentazioni relative alla attività amministrativa ed organizzativa;
la conseguenza più immediata è stata la messa in cassa integrazione in deroga di gran parte dei dipendenti a tempo indeterminato e la cessazione di qualsiasi attività da parte dei soggetti aventi contratti a termine, senza parlare poi dell'indotto che è stato praticamente annullato;
i cittadini sono rimasti assolutamente privi dei loro tradizionali centri di aggregazione sociale, oltre che culturale, con gravissime ripercussioni soprattutto per quel che concerne i giovani, sia residenti sia ospiti in quanto studenti universitari, allievi della Scuola sottufficiali della Finanza, militari eccetera;
è fondamentale che il concetto di ricostruzione includa anche la rivitalizzazione delle attività culturali, la cui ripresa, però, è resa difficile dalle condizioni della finanza regionale che, soprattutto a causa del colossale debito che riguarda il settore sanità, non è in condizione di prevedere neppure il regolare sostegno disposto dalle leggi di settore; del resto anche lo Stato non ha potuto far altro che affrancare dette istituzioni culturali dai tagli conseguenti alla riduzione della disponibilità del Fondo unico dello spettacolo, per cui sono venuti meno persino i sostegni ordinari proprio quando sarebbero stati necessari quelli straordinari; tale situazione sta determinando la completa cessazione dell'attività di tutte le importanti istituzioni culturali che rappresentavano una componente essenziale della vita della città, la cui ripresa è legata in maniera sostanziale alla loro sopravvivenza,

impegna il Governo

a prevedere che, nell'ambito degli appalti pubblici per la ricostruzione o ristrutturazione di infrastrutture presenti nel territorio del cratere dell'Aquila, una percentuale non inferiore all'1,5 per cento, a carico del vincitore dell'appalto, sia destinata, per il tramite della Arcus spa, al finanziamento delle attività dei soggetti operanti nel campo dello spettacolo, aventi, alla data del 6 aprile 2009, sede legale e/o operativa nei comuni del cratere come individuati dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito con modificazioni dalla legge 24 giugno 2009, n. 77;
a definire, inoltre, le risorse da trasferire al comune dell'Aquila che, a causa del sisma, non ha potuto nel 2009 destinare risorse ad associazioni culturali del territorio e che, in base al decreto 78, si troverebbe a dover ridurre del 20 per cento una voce di bilancio assente nel 2009.
9/4086/168. Ginoble.

La Camera,
premesso che:
le attività, che da molti decenni, intraprendono all'Aquila varie istituzioni culturali, complessivamente apprezzata oltre che a livello locale e regionale, anche in ambito nazionale ed internazionale, rappresenta una consolidata componente della vita culturale e dello stesso tessuto connettivo della città; tale attività rappresenta, inoltre, una preziosa ed irrinunciabile fonte di lavoro per alcune centinaia di addetti di livello artistico, tecnico ed amministrativo altamente specializzati;
con l'evento sismico del 9 aprile 2009, tali istituzioni sono restate assolutamente prive delle strutture nelle quali svolgevano la loro attività: Teatro Comunale, Teatro S. Agostino, Teatro S. Filippo, Auditorium del Castello Cinquecentesco, Auditorium di S. Giuseppe de' Minimi eccetera tutti distrutti o quantomeno gravemente danneggiati ed inservibili; con i crolli sono andate perdute anche importanti e costose attrezzature, unitamente ad arredi e strumentazioni relative alla attività amministrativa ed organizzativa;
la conseguenza più immediata è stata la messa in cassa integrazione in deroga di gran parte dei dipendenti a tempo indeterminato e la cessazione di qualsiasi attività da parte dei soggetti aventi contratti a termine, senza parlare poi dell'indotto che è stato praticamente annullato;
i cittadini sono rimasti assolutamente privi dei loro tradizionali centri di aggregazione sociale, oltre che culturale, con gravissime ripercussioni soprattutto per quel che concerne i giovani, sia residenti sia ospiti in quanto studenti universitari, allievi della Scuola sottufficiali della Finanza, militari eccetera;
è fondamentale che il concetto di ricostruzione includa anche la rivitalizzazione delle attività culturali, la cui ripresa, però, è resa difficile dalle condizioni della finanza regionale che, soprattutto a causa del colossale debito che riguarda il settore sanità, non è in condizione di prevedere neppure il regolare sostegno disposto dalle leggi di settore; del resto anche lo Stato non ha potuto far altro che affrancare dette istituzioni culturali dai tagli conseguenti alla riduzione della disponibilità del Fondo unico dello spettacolo, per cui sono venuti meno persino i sostegni ordinari proprio quando sarebbero stati necessari quelli straordinari; tale situazione sta determinando la completa cessazione dell'attività di tutte le importanti istituzioni culturali che rappresentavano una componente essenziale della vita della città, la cui ripresa è legata in maniera sostanziale alla loro sopravvivenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che, nell'ambito degli appalti pubblici per la ricostruzione o ristrutturazione di infrastrutture presenti nel territorio del cratere dell'Aquila, una percentuale non inferiore all'1,5 per cento, a carico del vincitore dell'appalto, sia destinata, per il tramite della Arcus spa, al finanziamento delle attività dei soggetti operanti nel campo dello spettacolo, aventi, alla data del 6 aprile 2009, sede legale e/o operativa nei comuni del cratere come individuati dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito con modificazioni dalla legge 24 giugno 2009, n. 77;
a definire, inoltre, le risorse da trasferire al comune dell'Aquila che, a causa del sisma, non ha potuto nel 2009 destinare risorse ad associazioni culturali del territorio e che, in base al decreto 78, si troverebbe a dover ridurre del 20 per cento una voce di bilancio assente nel 2009.
9/4086/168. (Testo modificato nel corso della seduta).Ginoble.

La Camera,
premesso che:
il comma 1, dell'articolo 15, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 22 del 2010, prevede l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa;
il comma 4, dell'articolo 1, del decreto-legge n. 125 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 163 del 2010, specifica che Anas «entro il 30 aprile 2011» debba provvedere alla realizzazione di impianti e sistemi occorrenti per il «pedaggiamento» di segmenti di infrastrutture viarie interconnesse con le autostrade;
in questo contesto va sottolineato come l'introduzione del pedaggio risulti del tutto incongruo qualora le caratteristiche tecniche del tracciato non siano adeguate agli standard europei, sia per quanto riguarda la struttura della sede stradale, sia in ordine allo stato del manto stradale, sia in relazione alla presenza delle necessarie infrastrutture accessorie; risulta quindi evidente come sia indispensabile, prima di prendere in considerazione l'introduzione del pedaggio nelle singole tratte stradali, procedere alla messa in sicurezza e all'ammodernamento di ogni singola tratta i cui requisiti strutturali non siano rispondenti ai livelli minimi di sicurezza e fruibilità;
l'introduzione del pedaggio produrrebbe, in molti casi, ricadute negative per la popolazione residente e per le economie locali, soprattutto laddove non esistono, nel sistema viario territoriale, strade funzionali alternative; di conseguenza il pedaggio penalizzerebbe migliaia di cittadini che ogni giorno sono costretti a spostarsi lungo l'asse viario interessato dal pedaggio. Secondo il calcolo delle associazioni dei consumatori l'introduzione del pedaggiamento sui raccordi autostradali costerebbe mediamente 600 euro annui ai lavoratori pendolari;
in data 29 luglio 2010 il Governo ha accolto un ordine del giorno (atto n. 9/03638/166) alla legge n. 122 del 2010 che lo impegnava tra l'altro a «valutare l'opportunità di introdurre ulteriori iniziative normative volte a rivedere il sistema tariffario autostradale in modo da ridurre il costo dei pedaggi e da razionalizzarne le entrate»; «a prevedere l'esclusione dal pedaggio, sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa per i cittadini residenti nei comuni in cui insistono le rispettive autostrade e i raccordi autostradali»; «a prevedere che l'Anas Spa debba destinare le maggiori entrate, provenienti dai singoli pedaggi introdotti per la fruizione delle autostrade e dei raccordi autostradali, ai rispettivi compartimenti regionali per consentire la corretta manutenzione ordinaria e straordinaria dei relativi tratti stradali»;
il 22 febbraio 2011 il Tar del Lazio ha annullato il decreto ministeriale che ha aumentato le tariffe sulle strade che si interconnettono con autostrade e raccordi autostradali in gestione diretta dell'Anas,

impegna il Governo:

a considerare l'eventualità di prorogare, attraverso il primo provvedimento utile, il termine per l'introduzione del pedaggiamento dal 30 aprile 2011 al 31 dicembre 2011;
a prevedere, comunque, l'esclusione di ogni forma di pedaggio per i cittadini residenti e per le imprese presenti sul territorio ed a stanziare le risorse provenienti dal pedaggio per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei tratti dei quali sia necessario l'adeguamento e l'ammodernamento;
a valutare l'opportunità di escludere dalle tratte soggette a pedaggiamento il Grande Raccordo Anulare di Roma.
9/4086/169. Meta.

La Camera,
premesso che:
con decreto del capo del Corpo forestale dello Stato 20 dicembre 2004 è stato bandito il concorso per la copertura di 183 posti di vice ispettore del Corpo forestale dello Stato;
dei suddetti 183 posti, 128 erano riservati al personale del ruolo Sovrintendenti e 55 al restante personale in servizio del ruolo agenti ed assistenti;
si intende assicurare la piena funzionalità dell'organizzazione del Corpo forestale dello Stato tramite la sollecita realizzazione della distribuzione del personale tra i diversi ruoli prevista dalla tabella A allegata al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 201,

impegna il Governo

ad operare affinché tutti i posti già disponibili al 31 dicembre 2004 nel ruolo degli ispettori siano coperti tramite le graduatorie del concorso interno di cui alla lettera b) dello stesso articolo, bandito con decreto del capo del Corpo forestale dello Stato 20 dicembre 2004;
a provvedere a coprire il cinquanta per cento dei posti resisi successivamente disponibili in ruolo sino al 30 settembre 2009, in deroga all'articolo 15, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 201, in aumento dei posti da coprire con il prossimo concorso interno da bandirsi ai sensi della lettera b) dello stesso comma, stabilendo, altresì, che non ha diritto alla riserva di un terzo dei posti di cui al citato articolo 15, comma 1, lettera b), il personale che consegue l'ammissione al ruolo dei sovrintendenti con decorrenza giuridica anteriore alla data di pubblicazione del bando di concorso per la promozione a vice ispettore in esito a concorsi banditi successivamente a tale data;
a coprire la spesa per le promozioni a vice ispettore a copertura dei posti in aumento di quelli già destinati alle procedure interne con le risorse di cui all'articolo 1, comma 346, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
ad operare affinché, nel triennio 2009-2011, i posti disponibili nel ruolo degli ispettori e nel ruolo dei sovrintendenti, da coprirsi con promozioni, possano essere computati in aumento di quelli previsti dalla dotazione organica del ruolo degli agenti ed assistenti, con riassorbimento delle posizioni in soprannumero, conseguenti alle correlate assunzioni comunque subordinate alle prescritte autorizzazioni, per effetto del passaggio dal predetto ruolo a quelli dei sovrintendenti e degli ispettori, tramite le previste procedure di avanzamento o per qualsiasi altra causa, nel triennio stesso o successivamente e a chiarire che il Corpo forestale dello Stato espleta le proprie funzioni con personale maschile e femminile con parità di funzioni, di attribuzioni, di trattamento economico, stato giuridico e progressione di carriera e che i requisiti di idoneità fisica, psichica ed attitudinale di cui deve essere in possesso il personale del Corpo forestale dello Stato, nonché le relative modalità di accertamento, siano stabiliti con uno o più regolamenti ministeriali da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni.
9/4086/170. Laratta.

La Camera,
premesso che:
in base alla Tabella 1 di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame, il termine di cessazione delle gestioni dei servizi di trasporto pubblico locale, affidate con modalità non conformi alla nuova disciplina introdotta dall'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 e che non rientrano nelle deroghe transitoriamente consentite dal comma 8, lettere da a) a d), dello stesso articolo, originariamente fissato al 31 dicembre 2010, è prorogato al 31 marzo 2011,

impegna il Governo

a disporre l'ulteriore proroga del termine di cui in premessa al 31 dicembre del 2011.
9/4086/171. Ginefra.

La Camera,
premesso che:
in base alla Tabella 1 di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame il termine per l'emanazione del decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti concernente disposizioni tese ad impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e di noleggio con conducente di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, è prorogato al 31 marzo 2011;
presso la Commissione Trasporti della Camera è in corso di esame la riforma della disciplina del servizio di noleggio con conducente,

impegna il Governo

a disporre l'ulteriore proroga del termine di cui in premessa al 31 dicembre del 2011.
9/4086/172. Pierdomenico Martino.

La Camera,
premesso che:
in base alla Tabella 1 di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame il termine per l'emanazione del decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti concernente disposizioni tese ad impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e di noleggio con conducente di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, è prorogato al 31 marzo 2011;
presso la Commissione Trasporti della Camera è in corso di esame la riforma della disciplina del servizio di noleggio con conducente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre l'ulteriore proroga del termine di cui in premessa al 31 dicembre del 2011.
9/4086/172. (Testo modificato nel corso della seduta).Pierdomenico Martino.

La Camera,
premesso che:
in base alla Tabella 1 di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame, viene prorogato al 31 marzo 2011 il termine per la conclusione di procedimenti di rilascio di alcune concessioni aeroportuali, fissato dall'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 96 del 2005, recante revisione della parte aeronautica del codice della navigazione, già più volte prorogato da successivi provvedimenti legislativi;
la proroga si rende necessaria al fine di non interrompere i procedimenti di dismissione di beni demaniali militari per la loro riconversione in demanio civile, all'esame del gruppo di lavoro di vertice istituito presso il Ministero della difesa;
alla disciplina sono sottratte, a norma del comma 2 del medesimo articolo 3, oltre che le concessioni già rilasciate (anche in base a legge speciale) quelle il cui procedimento di rilascio risulti in itinere;
si tratta in particolare dei procedimenti pendenti al 23 giugno 2005 (momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 96 del 2005) avviati in base al regolamento n. 521/1997. Il decreto legislativo n. 96 del 2005 prevedeva che tali procedimenti avrebbero dovuto concludersi entro il termine del 23 giugno 2006, poi prorogato prima al 31 dicembre 2008, quindi al 31 dicembre 2009, infine al 31 dicembre 2010,

impegna il Governo

a disporre l'ulteriore proroga del termine di cui in premessa al 31 dicembre del 2011.
9/4086/173. Giorgio Merlo.

La Camera,
premesso che:
in base alla Tabella 1 di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame, viene prorogato al 31 marzo 2011 il termine per la conclusione di procedimenti di rilascio di alcune concessioni aeroportuali, fissato dall'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 96 del 2005, recante revisione della parte aeronautica del codice della navigazione, già più volte prorogato da successivi provvedimenti legislativi;
la proroga si rende necessaria al fine di non interrompere i procedimenti di dismissione di beni demaniali militari per la loro riconversione in demanio civile, all'esame del gruppo di lavoro di vertice istituito presso il Ministero della difesa;
alla disciplina sono sottratte, a norma del comma 2 del medesimo articolo 3, oltre che le concessioni già rilasciate (anche in base a legge speciale) quelle il cui procedimento di rilascio risulti in itinere;
si tratta in particolare dei procedimenti pendenti al 23 giugno 2005 (momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 96 del 2005) avviati in base al regolamento n. 521/1997. Il decreto legislativo n. 96 del 2005 prevedeva che tali procedimenti avrebbero dovuto concludersi entro il termine del 23 giugno 2006, poi prorogato prima al 31 dicembre 2008, quindi al 31 dicembre 2009, infine al 31 dicembre 2010,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre l'ulteriore proroga del termine di cui in premessa al 31 dicembre del 2011.
9/4086/173. (Testo modificato nel corso della seduta).Giorgio Merlo.

La Camera,
premesso che:
in base alla Tabella 1 di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame, è prorogato al 31 marzo 2011 il termine del 19 gennaio 2011, nel quale sarebbero dovute entrare in vigore le disposizioni, di cui all'articolo 17 della legge del 2010 in materia di rilascio del certificato per la guida dei ciclomotori - e dei quadricicli leggeri ad essi assimilati (minicar) - che prevedono l'obbligo di superamento di una prova pratica di guida,

impegna il Governo

a disporre l'ulteriore proroga del termine di cui in premessa al 31 dicembre del 2011.
9/4086/174. Tullo.

La Camera,
premesso che:
in base alla Tabella 1 di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame, è prorogato al 31 marzo 2011 il termine del 19 gennaio 2011, nel quale sarebbero dovute entrare in vigore le disposizioni, di cui all'articolo 17 della legge del 2010 in materia di rilascio del certificato per la guida dei ciclomotori - e dei quadricicli leggeri ad essi assimilati (minicar) - che prevedono l'obbligo di superamento di una prova pratica di guida,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre l'ulteriore proroga del termine di cui in premessa al 31 dicembre del 2011.
9/4086/174. (Testo modificato nel corso della seduta).Tullo.

La Camera,
premesso che:
ai sensi dell'articolo 38, comma 2, della legge n. 166 del 2002, i contratti di servizio di trasporto ferroviario di interesse nazionale da sottoporre al regime degli obblighi di servizio pubblico devono essere sottoscritti almeno tre mesi prima della loro entrata in vigore e il contratto di servizio di trasporto ferroviario passeggeri di interesse nazionale per il periodo 2009-2014 non risulta ancora essere stato sottoscritto, cosi come non è stato sottoscritto il contratto relativo al trasporto merci. Il comma 4-sexiesdecies dell'articolo 2, del disegno di legge in questione, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, proroga al 31 dicembre 2011 il termine per la sottoscrizione dei contratti relativi ai servizi di trasporto ferroviario di interesse nazionale soggetti agli obblighi di servizio pubblico e che nelle more della stipula dei nuovi contratti di servizio pubblico, il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a corrispondere alla società Trenitalia Spa, che ha continuato a svolgere il servizio anche in mancanza del rinnovo del contratto, le somme previste per gli anni 2009 e 2010 in relazione agli obblighi di servizio pubblico nel settore del trasporto ferroviario,

impegna il Governo

a recepire in sede di predisposizione dei contratti relativi ai servizi di trasporto ferroviario di interesse nazionale sottoposti al regime degli obblighi di servizio pubblico tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, e la società Trenitalia Spa, le risultanze dell'indagine conoscitiva effettuata ai sensi dell'articolo 2, comma 253, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni.
9/4086/175. Lovelli.

La Camera,
premesso che:
ai sensi dell'articolo 38, comma 2, della legge n. 166 del 2002, i contratti di servizio di trasporto ferroviario di interesse nazionale da sottoporre al regime degli obblighi di servizio pubblico devono essere sottoscritti almeno tre mesi prima della loro entrata in vigore e il contratto di servizio di trasporto ferroviario passeggeri di interesse nazionale per il periodo 2009-2014 non risulta ancora essere stato sottoscritto, cosi come non è stato sottoscritto il contratto relativo al trasporto merci. Il comma 4-sexiesdecies dell'articolo 2, del disegno di legge in questione, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, proroga al 31 dicembre 2011 il termine per la sottoscrizione dei contratti relativi ai servizi di trasporto ferroviario di interesse nazionale soggetti agli obblighi di servizio pubblico e che nelle more della stipula dei nuovi contratti di servizio pubblico, il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a corrispondere alla società Trenitalia Spa, che ha continuato a svolgere il servizio anche in mancanza del rinnovo del contratto, le somme previste per gli anni 2009 e 2010 in relazione agli obblighi di servizio pubblico nel settore del trasporto ferroviario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di recepire in sede di predisposizione dei contratti relativi ai servizi di trasporto ferroviario di interesse nazionale sottoposti al regime degli obblighi di servizio pubblico tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, e la società Trenitalia Spa, le risultanze dell'indagine conoscitiva effettuata ai sensi dell'articolo 2, comma 253, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni.
9/4086/175. (Testo modificato nel corso della seduta).Lovelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 19, del decreto-legge in esame, prevede che sia prorogato sino al 31 dicembre 2011 l'obbligo di ottenere una licenza dal questore per l'apertura di «Internet point», circoscrivendo al medesimo tempo tale obbligo solo a coloro che svolgono tale attività a titolo di attività principale, ed abroga invece le disposizioni che prevedono l'obbligo per i titolari ed i gestori di «Internet point» di identificare gli utenti e di monitorarne l'attività;
sono state presentate diverse proposte di legge, anche ad iniziativa del Governo, che prevedono la completa abrogazione dell'articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, motivando tale scelta con la volontà di garantire il pieno sviluppo delle nuove tecnologie e degli strumenti web, che sarebbero penalizzati dagli appesantimenti burocratici disposti da tale articolo, nonché con la necessita di adeguarsi alla normativa dei maggiori paesi occidentali, che in nessun caso prevedono restrizioni così pesanti alle reti Internet e soprattutto al Wi. Fi.,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere alla completa soppressione dell'obbligo di ottenere licenza dal questore per l'apertura di «Internet point», procedendo all'abrogazione dell'articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144.
9/4086/176. Gasbarra.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 1-quater del provvedimento in esame prevede che con un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - da emanarsi entro lo stesso termine del 31 marzo - vengano definite le modalità per il rilascio dell'autorizzazione ad esercitarsi alla guida (cosiddetto foglio rosa) ai candidati al conseguimento del certificato di idoneità che abilita alla conduzione del ciclomotore. Tale decreto dovrà stabilire i limiti di validità dell'autorizzazione, e le modalità per l'esercitazione, in coerenza con quanto prevede l'articolo 122, del codice della strada, ed anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 170, comma 2, del codice, che vieta il trasporto sul ciclomotore di altre persone oltre al conducente, salvo che il posto per il passeggero sia espressamente indicato nel certificato di circolazione e che il conducente abbia un'età superiore a diciotto anni,

impegna il Governo

a prevedere nel decreto di cui trattasi che i mezzi per le esercitazioni e la scuola guida siano omologati o comunque idonei al trasporto di un passeggero oltre al conducente.
9/4086/177. Cardinale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 1-quater del provvedimento in esame prevede che con un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - da emanarsi entro lo stesso termine del 31 marzo - vengano definite le modalità per il rilascio dell'autorizzazione ad esercitarsi alla guida (cosiddetto foglio rosa) ai candidati al conseguimento del certificato di idoneità che abilita alla conduzione del ciclomotore. Tale decreto dovrà stabilire i limiti di validità dell'autorizzazione, e le modalità per l'esercitazione, in coerenza con quanto prevede l'articolo 122, del codice della strada, ed anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 170, comma 2, del codice, che vieta il trasporto sul ciclomotore di altre persone oltre al conducente, salvo che il posto per il passeggero sia espressamente indicato nel certificato di circolazione e che il conducente abbia un'età superiore a diciotto anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nel decreto di cui trattasi che i mezzi per le esercitazioni e la scuola guida siano omologati o comunque idonei al trasporto di un passeggero oltre al conducente.
9/4086/177. (Testo modificato nel corso della seduta).Cardinale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1-novies a 1-undecies del provvedimento in esame modifica la disciplina, introdotta dal decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, della revoca dei finanziamenti concessi alle Autorità portuali per la realizzazione di opere infrastrutturali e da queste non utilizzati, tale modifica sarebbe opportuna in quanto la previgente normativa non avrebbe consentito, sino ad oggi, un'immediata revoca dei finanziamenti ed inoltre nessun provvedimento di avviso di apertura del procedimento sarebbe stato adottato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in quanto dall'esame della documentazione acquisita presso le varie Autorità portuali è emersa la necessità di verificare le motivazioni addotte dalle Autorità stesse per giustificare la mancata utilizzazione delle risorse a suo tempo assegnate. Il comma 2-novies, in particolare, stabilisce che i fondi statali trasferiti o assegnati alle Autorità portuali per la realizzazione di opere infrastrutturali, per le quali non sia stato pubblicato il relativo bando di gara entro il quinto anno dal trasferimento o dall'assegnazione sono revocati entro il 15 marzo 2011 e che entro il termine di sessanta giorni sia emanato un decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, con il quale effettuare la ricognizione dei finanziamenti revocati e ne sia destina una quota di 250 milioni di euro per il 2011, secondo le seguenti ripartizione e finalità:
a) una quota non superiore a 150 milioni di euro per le Autorità portuali che, al 30 settembre 2010, abbiano attivato investimenti, con contratti sottoscritti o bandi di gara pubblicati, nell'ambito della realizzazione di grandi infrastrutture portuali che risultino immediatamente cantierabili;
b) una quota non superiore a 20 milioni di euro per le Autorità i cui porti siano interessati da prevalente attività di transhipment, per consentire alle stesse Autorità portuali, di fronteggiare la crisi di competitività dei porti nazionali;
c) la restante quota è destinata alle Autorità portuali che presentano progetti cantierabili,

impegna il Governo

nella predisposizione del decreto di cui in premessa a destinare tutte le risorse di cui alla lettera c) esclusivamente per la realizzazione d'interventi diretti a migliorare i servizi e rendere competitiva l'offerta nel settore della nautica da diporto.
9/4086/178. Bonavitacola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 1-novies a 1-undecies del provvedimento in esame modifica la disciplina, introdotta dal decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, della revoca dei finanziamenti concessi alle Autorità portuali per la realizzazione di opere infrastrutturali e da queste non utilizzati, tale modifica sarebbe opportuna in quanto la previgente normativa non avrebbe consentito, sino ad oggi, un'immediata revoca dei finanziamenti ed inoltre nessun provvedimento di avviso di apertura del procedimento sarebbe stato adottato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in quanto dall'esame della documentazione acquisita presso le varie Autorità portuali è emersa la necessità di verificare le motivazioni addotte dalle Autorità stesse per giustificare la mancata utilizzazione delle risorse a suo tempo assegnate. Il comma 2-novies, in particolare, stabilisce che i fondi statali trasferiti o assegnati alle Autorità portuali per la realizzazione di opere infrastrutturali, per le quali non sia stato pubblicato il relativo bando di gara entro il quinto anno dal trasferimento o dall'assegnazione sono revocati entro il 15 marzo 2011 e che entro il termine di sessanta giorni sia emanato un decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, con il quale effettuare la ricognizione dei finanziamenti revocati e ne sia destina una quota di 250 milioni di euro per il 2011, secondo le seguenti ripartizione e finalità:
a) una quota non superiore a 150 milioni di euro per le Autorità portuali che, al 30 settembre 2010, abbiano attivato investimenti, con contratti sottoscritti o bandi di gara pubblicati, nell'ambito della realizzazione di grandi infrastrutture portuali che risultino immediatamente cantierabili;
b) una quota non superiore a 20 milioni di euro per le Autorità i cui porti siano interessati da prevalente attività di transhipment, per consentire alle stesse Autorità portuali, di fronteggiare la crisi di competitività dei porti nazionali;
c) la restante quota è destinata alle Autorità portuali che presentano progetti cantierabili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di, nella predisposizione del decreto di cui in premessa, destinare tutte le risorse di cui alla lettera c) esclusivamente per la realizzazione d'interventi diretti a migliorare i servizi e rendere competitiva l'offerta nel settore della nautica da diporto.
9/4086/178. (Testo modificato nel corso della seduta).Bonavitacola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 2-novies a 2-undecies, del disegno di legge in corso d'esame modifica la disciplina, introdotta dal decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, della revoca dei finanziamenti concessi alle Autorità portuali per la realizzazione di opere infrastrutturali e da queste non utilizzati. Tale modifica sarebbe opportuna in quanto la previgente normativa non avrebbe consentito, sino ad oggi, un'immediata revoca dei finanziamenti ed inoltre nessun provvedimento di avviso di apertura del procedimento sarebbe stato adottato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in quanto dall'esame della documentazione acquisita presso le varie Autorità portuali è emersa la necessità di verificare le motivazioni addotte dalle Autorità stesse per giustificare la mancata utilizzazione delle risorse a suo tempo assegnate. Il comma 2-novies, in particolare, stabilisce che i fondi statali trasferiti o assegnati alle Autorità portuali per la realizzazione di opere infrastrutturali, per le quali non sia stato pubblicato il relativo bando di gara entro il quinto anno dal trasferimento o dall'assegnazione sono revocati entro il 15 marzo 2011 e che entro il termine di sessanta giorni sia emanato un decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, con il quale effettuare la ricognizione dei finanziamenti revocati e ne sia destina una quota di 250 milioni di euro per il 2011, secondo le seguenti ripartizione e finalità:
a) una quota non superiore a 150 milioni di euro per le Autorità portuali che, al 30 settembre 2010, abbiano attivato investimenti, con contratti sottoscritti o bandi di gara pubblicati, nell'ambito della realizzazione di grandi infrastrutture portuali che risultino immediatamente cantierabili;
b) una quota non superiore a 20 milioni di euro per le Autorità i cui porti siano interessati da prevalente attività di transhipment, per consentire alle stesse Autorità portuali, di fronteggiare la crisi di competitività dei porti nazionali;
c) la restante quota è destinata alle Autorità portuali che presentano progetti cantierabili,

impegna il Governo

ad adottate iniziative al fine di salvaguardare gli investimenti ed evitare un taglio indiscriminato degli interventi a posticipare al 31 dicembre 2010 il termine previsto dalla lettera a) del comma 2-novies dell'articolo 2.
9/4086/179. Fiano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, commi da 2-novies a 2-undecies del provvedimento in esame modifica la disciplina, introdotta dal decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, della revoca dei finanziamenti concessi alle Autorità portuali per la realizzazione di opere infrastrutturali e da queste non utilizzati. Tale modifica sarebbe opportuna in quanto la previgente normativa non avrebbe consentito, sino ad oggi, un'immediata revoca dei finanziamenti ed inoltre nessun provvedimento di avviso di apertura del procedimento sarebbe stato adottato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in quanto dall'esame della documentazione acquisita presso le varie Autorità portuali è emersa la necessità di verificare le motivazioni addotte dalle Autorità stesse per giustificare la mancata utilizzazione delle risorse a suo tempo assegnate. Il comma 2-novies, in particolare, stabilisce che i fondi statali trasferiti o assegnati alle Autorità portuali per la realizzazione di opere infrastrutturali, per le quali non sia stato pubblicato il relativo bando di gara entro il quinto anno dal trasferimento o dall'assegnazione sono revocati entro il 15 marzo 2011 e che entro il termine di sessanta giorni sia emanato un decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, con il quale effettuare la ricognizione dei finanziamenti revocati e ne sia destina una quota di 250 milioni di euro per il 2011, secondo le seguenti ripartizione e finalità:
a) una quota non superiore a 150 milioni di euro per le Autorità portuali che, al 30 settembre 2010, abbiano attivato investimenti, con contratti sottoscritti o bandi di gara pubblicati, nell'ambito della realizzazione di grandi infrastrutture portuali che risultino immediatamente cantierabili;
b) una quota non superiore a 20 milioni di euro per le Autorità i cui porti siano interessati da prevalente attività di transhipment, per consentire alle stesse Autorità portuali, di fronteggiare la crisi di competitività dei porti nazionali;
c) la restante quota è destinata alle Autorità portuali che presentano progetti cantierabili,

impegna il Governo

ad adottare ulteriore iniziative normative volte a spostare al 31 maggio il termine generale entro cui revocare i finanziamenti di cui trattasi e a chiarire in sede di predisposizione del decreto previsto dalla norma in esame che la revoca si applica eventualmente dalla data del decreto ministeriale di variazione del programma degli interventi finanziati, al netto del periodo di blocco della spesa conseguente le misure di contenimento applicate alle Autorità portuali in conseguenza delle previsioni di cui all'articolo 1, comma 57 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
9/4086/180. Velo, Rigoni.

La Camera,
premesso che:
il comma 12-duodecies dell'articolo 2 del disegno di legge in corso d'esame introdotto nel corso dell'esame al Senato, modifica l'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, il quale attualmente prevede per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, il divieto, fino al 31 dicembre 2010, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
la questione è stata recentemente oggetto di una segnalazione al Governo emessa dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in data 24 novembre 2010, nella quale si afferma che la disposizione in materia di limiti antitrust all'incrocio tra stampa e giornali quotidiani è stata sin dall'inizio concepita dal legislatore a tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione e di informazione, sulla base delle indicazioni date dalla Corte costituzionale (sentenza n. 826/1988);
la protezione del pluralismo informativo è, peraltro, uno dei principi fondamentali dell'Unione europea (articolo 11, comma secondo, dalla Carta Europea dei diritti fondamentali) e, in forza di ciò, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha riconosciuto il diritto degli Stati membri a mantenere una legislazione speciale in materia, più restrittiva del diritto della concorrenza,

impegna il Governo

ad intervenire al fine di impedire che gli operatori verticalmente integrati che svolgano attività televisiva anche attraverso l'esercizio di più di una rete nazionale in tecnica analogica possano, prima del 31 dicembre 2015, acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani, estendendo, se del caso, il divieto anche alle imprese controllate, controllanti o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, nonché alle imprese controllate o controllanti per effetto dell'influenza dominante di cui al comma 15 del citato articolo.
9/4086/181. Gentiloni Silveri.

La Camera,
premesso che:
il recente passaggio al digitale terrestre ha comportato notevoli disagi nei territori del Veneto Orientale e della confinante Friuli Venezia Giulia e che oggi, a più di 40 giorni dal suo avvio, si contano a decine di migliaia gli utenti che non sono in grado di vedere le trasmissioni di RAI 1, RAI 2 , RAI 3 e che nel Veneto Orientale moltissimi non riescono a vedere il TG3 Veneto;
al momento, da dichiarazioni fatte sulla stampa dai responsabili di RAI Way, l'unica soluzione possibile per i cittadini pare sia quella di modificare a spese proprie la direzione dell'antenna;
al contrario sarebbe stato sufficiente che il Piano delle frequenze per il Veneto Orientale, tenendo conto della situazione antennistica locale, rimanesse in banda 5 UHF da Piancavallo o canale 22 da Udine o canale 7 (F) sempre da Udine permettendo a tutti di ricevere i canali RAI senza alcun aggravio di costi e senza nessun intervento all'antenna;
vengono privati migliaia di cittadini del diritto ad essere informati e nel caso del TG3 Veneto di un organo di informazione fondamentale e tempestivo in caso di eventi calamitosi come la recente alluvione in Veneto ha dimostrato;
per risolvere il problema della ricezione di RAI3 nelle zone «di confine» è consigliabile che la RAI trasmetta nello stesso «multiplex» più copie di RAD. Ad esempio, nel «multiplex» Friuli trasmesso da Piancavallo e da Udine la RAI potrebbe trasmettere RAI3-Veneto e RAI3-Friuli con due LCN (numeri sul telecomando) diversi. L'utente «di confine» vedrebbe semplicemente due programmi diversi comparire sul suo EPG;
ovviamente, per fare questo RAI Way deve poter trasferire, i contenuti prodotti a Venezia nel centro di trasmissione del Friuli (Udine) dove viene preparato il «multiplex» da trasmettere a Piancavallo e quindi la RAI deve investire sulla rete di trasporto (ponti radio, satellite, fibra ottica);
non si è fatta adeguata informazione, affermando da parte della RAI che non serviva cambiare le antenne, mentre i tecnici antennisti già da mesi affermavano il contrario;
nulla si sa delle frequenze rimaste libere a disposizione della RAI oltre al già citato Canale 7 di Udine, tenendo conto che i criteri adottati nella scelta di fatto hanno penalizzato solo il servizio pubblico;
nulla si sa delle modalità con le quali sono stati spesi i 33 milioni di euro dati dal ministro Gentiloni a RAI Way per il passaggio al digitale terrestre nel luglio 2007, che erano un anticipo dei 145 previsti per l'adeguamento delle proprie strutture e che avrebbero potuto essere utilizzati in questo caso a vantaggio dei cittadini;
si continua a chiamare canone in tutte le documentazioni ministeriali quella che invece è una tassa di possesso, senza avere poi l'obbligo di fornire e garantire la visione dei canali radio televisivi e che sarebbe necessario adeguare anche la normativa tributaria in materia;
proprio per questo il cittadino utente in casi di contenzioso come in questo, non sa se rivolgersi all'erogatore del servizio e cioè la RAI o al Ministero competente;
quindi non è possibile far ricadere sui cittadini utenti altri oneri aggiuntivi oltre all'acquisto del decoder o di nuovi apparecchi televisivi,

impegna il Governo

a destinare le risorse di cui all'articolo 2, comma 4-decies del presente decreto per l'incentivazione del passaggio al digitale terrestre nei territori dove più sono stati segnalati disagi nel passaggio al digitale quali Veneto-Friuli Venezia Giulia e Veneto-Emilia Romagna attivando le soluzioni tecniche possibili e già individuate da parte del titolare dell'obbligo di copertura del servizio universale ed evitando oneri per i cittadini o al rimborso delle spese sostenute e documentate da parte dei cittadini per il passaggio del digitale terrestre.
9/4086/182. Strizzolo, Viola.

La Camera,
premesso che:
i violenti fenomeni meteorologici che si sono abbattuti sul nostro Paese nel periodo a cavallo tra il mese di ottobre e l'inizio di novembre 2010 hanno colpito in maniera drammatica una parte consistente del territorio italiano e con violenza il Veneto;
per la regione Veneto i fenomeni hanno interessato tutto il territorio regionale, interessando 293 comuni su circa 140 ettari di territorio. Gli eventi più devastanti hanno colpito 131 comuni delle province di Verona, Vicenza, Padova, Venezia, provocando ingenti danni a numerose attività commerciali, produttive ed agricole e danni alle infrastrutture pubbliche e private con migliaia di persone sfollate dalle proprie abitazioni o dai luoghi di cura; l'area compresa tra San Bonifacio, Verona e Soave, nel Veronese, il centro di Vicenza, Caldogno e la maggior parte del territorio vicentino, la provincia di Padova nei comuni di Casalserugo e Bovolenta sono state le zone più colpite dal maltempo;
le stime dei danni, aggravatesi nel tempo, hanno raggiunto 1,2 miliardi di euro. Il conto sale addirittura a 3,5 miliardi di euro se si tiene conto non solo dei danni segnalati e le opere di mitigazione da realizzare, ma anche, come chiesto dalla Comunità Europea delle perdite che l'evento ha causato e porterà all'economia, ad esempio sotto il profilo turistico e produttivo;
per affrontare questa drammatica situazione il Consiglio dei ministri, il 5 novembre 2010, ha dichiarato lo stato di emergenza e, su richiesta del capo del dipartimento della protezione civile, ha stanziato un primo contributo economico di 20 milioni di euro per far fronte alle situazioni emergenziali nelle regioni indicate colpite dalle avversità atmosferiche;
un successivo provvedimento del Consiglio dei ministri ha messo a disposizione 400 milioni di euro, ma è evidente la distanza tra quanto accertato e le risorse stanziate;
il presente decreto riconosce solamente altri 30 milioni di euro per il Veneto;
è evidente che servono risorse certe specie per affrontare la questione degli indennizzi, sia per i privati sia per le imprese di tutti i settori produttivi (dall'agricoltura al manifatturiero per finire al terziario avanzato) in modo da creare un meccanismo di volano rispetto anche alla ripartenza delle moltissime aziende colpite da questa calamità;
tutto ciò premesso, per favorire quindi l'immediato reperimento di risorse da mettere a disposizione nei prossimi esercizi finanziari per il pagamento dei danni provocati dall'alluvione,

impegna il Governo

ad assumere le necessarie iniziative normative al fine di destinare le riscossioni dei giochi di abilità e dei concorsi prognostici, di cui all'articolo 6 della legge 23 dicembre 1993 n. 559, che vengono versate dai gestori, al netto della quota destinata al pagamento dei premi ai vincitori e dell'eventuale acconto d'aggio, al bilancio dello Stato, per la quota del 12,25 per cento delle giocate effettuate in Veneto alla regione Veneto.
9/4086/183. Viola.

La Camera,
premesso che:
il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico, struttura operativa del Club Alpino Italiano, ha il compito di provvedere alla vigilanza e prevenzione degli infortuni nelle attività alpinistiche, escursionistiche e speleologiche, al soccorso degli infortunati e dei pericolanti e al recupero dei caduti;
il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico è una struttura nazionale operativa del Servizio nazionale di protezione civile; è composto da ottomila persone volontarie che lavorano per la comunità e che rendono un servizio sussidiario che costerebbe allo Stato milioni e milioni di euro e che invece è svolto da tanti volontari che dobbiamo sostenere con le nostre leggi, perché il Corpo nazionale soccorso alpino è una delle principali cose delle quali l'Italia può andare fiera nel mondo;
l'articolo 5-bis, comma 4 del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 195 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, prevede per l'anno 2010 un contributo di 250.000 euro al CNSAS per il pagamento dei premi per l'assicurazione contro i rischi di morte, invalidità permanente e responsabilità civile verso terzi, ivi compresi gli altri soccorritori, dei volontari del CNSAS impegnati nelle operazioni di soccorso o nelle esercitazioni,

impegna il Governo

a garantire il reperimento delle risorse finanziarie necessarie a trasformare il contributo di cui in premessa, previsto per il solo 2010, in un contributo annuale permanente.
9/4086/184. Quartiani, Rossa.

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge in esame (articolo 2 comma 17-ter) viene prorogato fino al 31 dicembre 2011 il termine per il completamento delle iniziative agevolate finanziate con gli strumenti della programmazione negoziata, non ancora completate alla data delle proroghe precedentemente concesse, qualora risultino realizzate in misura non inferiore al 40 per cento degli investimenti ammessi;
da più parti, e segnatamente dall'ANPACA, Associazione nazionale che coordina e rappresenta gli oltre 200 Soggetti responsabili di Patti territoriali e Contratti d'Area realizzati sul territorio nazionale a partire dal 1994 nell'ambito della Programmazione negoziata, vengono con insistenza segnalate alcune criticità che non consentono il completamento di programmi di investimento già finanziati, legate, oltre che alla necessità di una proroga dei termini per la loro conclusione, allo scostamento degli obiettivi occupazionali inizialmente previsti e al tasso di attualizzazione finale degli investimenti realizzati;
non si è ancora proceduto, da parte del competente Ministero dell'economia e finanze, alla riassegnazione delle risorse per le rimodulazioni richieste dai soggetti Responsabili ai sensi della legge n. 99 del 2009, pari complessivamente a circa 756 milioni di euro;
come confermato da specifici progetti attivati dal Ministero dello sviluppo economico e dal dipartimento affari regionali ed affidati a Promuovitalia Spa e Censis, l'esperienza svolta sul territorio nazionale dai soggetti responsabili dei Patti territoriali e Contratti d'Area è stata particolarmente positiva (in particolare per l'attività di animazione dello sviluppo locale svolta, le relazioni instaurate tra i vari soggetti dello sviluppo locale, la capacità di cooperazione e integrazione istituzionale che ha portato alla definizione delle opportunità e delle esigenze di sviluppo dei vari ambiti territoriali interessati ed al coinvolgimento diretto degli imprenditori nella realizzazione delle iniziative, l'attività di controllo e monitoraggio svolta in tutta la fase di spesa e collaudo finale delle iniziative previste nell'ambito dei patti e dei contratti);
le criticità tuttora presenti vanno affrontate con urgenza, per consentire il completamento dei programmi di investimento nel rispetto della nuova data del 31 dicembre 2011 ed evitare contenziosi da cui possono derivare solo danni per le imprese, l'occupazione, i territori e la finanza pubblica,

impegna il Governo

a predisporre gli interventi necessari per il superamento delle problematiche rilevate (in ordine agli obiettivi occupazionali e al tasso di attualizzazione finale degli investimenti) al fine di rendere possibile la conclusione positiva delle iniziative e non disperdere il lavoro svolto in questi anni su tutto il territorio nazionale;
a mettere in atto azioni immediate finalizzate alla riassegnazione delle risorse finanziarie rivenienti da rinunce e revoche ed oggetto di istanze di rimodulazione, su progetti immediatamente cantierabili, presentate dai soggetti responsabili ai sensi della legge n. 99 del 2009 e attualmente in perenzione amministrativa anche mediante il parziale utilizzo delle cosiddette «risorse liberate» legate alla Programmazione 2000-2006 o nell'ambito del decreto di riforma degli incentivi alle imprese e di quanto previsto nel Piano per il Sud in fase di definizione;
a valorizzare, anche nell'ambito della prevista riforma della Programmazione negoziata, il lavoro svolto in questi anni sul territorio nazionale dai soggetti responsabili dei Patti territoriali e Contratti d'Area che ha ottenuto importanti risultati anche in termini di coinvolgimento del partenariato locale, crescita sociale, coesione istituzionale tra tutti i soggetti protagonisti dello sviluppo, enti locali, forze sociali, associazioni imprenditoriali e di categoria.
9/4086/185. Lo Moro, Zampa, Vico.

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge in esame (articolo 2 comma 17-ter) viene prorogato fino al 31 dicembre 2011 il termine per il completamento delle iniziative agevolate finanziate con gli strumenti della programmazione negoziata, non ancora completate alla data delle proroghe precedentemente concesse, qualora risultino realizzate in misura non inferiore al 40 per cento degli investimenti ammessi;
da più parti, e segnatamente dall'ANPACA, Associazione nazionale che coordina e rappresenta gli oltre 200 Soggetti responsabili di Patti territoriali e Contratti d'Area realizzati sul territorio nazionale a partire dal 1994 nell'ambito della Programmazione negoziata, vengono con insistenza segnalate alcune criticità che non consentono il completamento di programmi di investimento già finanziati, legate, oltre che alla necessità di una proroga dei termini per la loro conclusione, allo scostamento degli obiettivi occupazionali inizialmente previsti e al tasso di attualizzazione finale degli investimenti realizzati;
non si è ancora proceduto, da parte del competente Ministero dell'economia e finanze, alla riassegnazione delle risorse per le rimodulazioni richieste dai soggetti Responsabili ai sensi della legge n. 99 del 2009, pari complessivamente a circa 756 milioni di euro;
come confermato da specifici progetti attivati dal Ministero dello sviluppo economico e dal dipartimento affari regionali ed affidati a Promuovitalia Spa e Censis, l'esperienza svolta sul territorio nazionale dai soggetti responsabili dei Patti territoriali e Contratti d'Area è stata particolarmente positiva (in particolare per l'attività di animazione dello sviluppo locale svolta, le relazioni instaurate tra i vari soggetti dello sviluppo locale, la capacità di cooperazione e integrazione istituzionale che ha portato alla definizione delle opportunità e delle esigenze di sviluppo dei vari ambiti territoriali interessati ed al coinvolgimento diretto degli imprenditori nella realizzazione delle iniziative, l'attività di controllo e monitoraggio svolta in tutta la fase di spesa e collaudo finale delle iniziative previste nell'ambito dei patti e dei contratti);
le criticità tuttora presenti vanno affrontate con urgenza, per consentire il completamento dei programmi di investimento nel rispetto della nuova data del 31 dicembre 2011 ed evitare contenziosi da cui possono derivare solo danni per le imprese, l'occupazione, i territori e la finanza pubblica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre gli interventi necessari per il superamento delle problematiche rilevate (in ordine agli obiettivi occupazionali e al tasso di attualizzazione finale degli investimenti) al fine di rendere possibile la conclusione positiva delle iniziative e non disperdere il lavoro svolto in questi anni su tutto il territorio nazionale;
a mettere in atto azioni immediate finalizzate alla riassegnazione delle risorse finanziarie rivenienti da rinunce e revoche ed oggetto di istanze di rimodulazione, su progetti immediatamente cantierabili, presentate dai soggetti responsabili ai sensi della legge n. 99 del 2009 e attualmente in perenzione amministrativa anche mediante il parziale utilizzo delle cosiddette «risorse liberate» legate alla Programmazione 2000-2006 o nell'ambito del decreto di riforma degli incentivi alle imprese e di quanto previsto nel Piano per il Sud in fase di definizione;
a valorizzare, anche nell'ambito della prevista riforma della Programmazione negoziata, il lavoro svolto in questi anni sul territorio nazionale dai soggetti responsabili dei Patti territoriali e Contratti d'Area che ha ottenuto importanti risultati anche in termini di coinvolgimento del partenariato locale, crescita sociale, coesione istituzionale tra tutti i soggetti protagonisti dello sviluppo, enti locali, forze sociali, associazioni imprenditoriali e di categoria.
9/4086/185. (Testo modificato nel corso della seduta).Lo Moro, Zampa, Vico.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

ad escludere dal Patto di stabilità anche le spese per la gestione e la conservazione di raccolte di beni storici, artistici e bibliografici pubblici di interesse comunale e archivi comunali.
9/4086/186. Verini.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere dal Patto di stabilità anche le spese per la gestione e la conservazione di raccolte di beni storici, artistici e bibliografici pubblici di interesse comunale e archivi comunali.
9/4086/186. (Testo modificato nel corso della seduta).Verini.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

ad escludere dal Patto di stabilità anche le spese per la gestione e la conservazione di teatri, musei e pinacoteche.
9/4086/187. Carella.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere dal Patto di stabilità anche le spese per la gestione e la conservazione di teatri, musei e pinacoteche.
9/4086/187. (Testo modificato nel corso della seduta).Carella.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

ad escludere dal Patto di stabilità anche le spese per l'organizzazione e la gestione dei servizi scolastici, compresi gli asili nido, fino all'istruzione secondaria di primo grado.
9/4086/188. Piccolo.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere dal Patto di stabilità anche le spese per l'organizzazione e la gestione dei servizi scolastici, compresi gli asili nido, fino all'istruzione secondaria di primo grado.
9/4086/188. (Testo modificato nel corso della seduta).Piccolo.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

ad escludere dal Patto di stabilità anche le spese per l'edilizia scolastica.
9/4086/189. Fogliardi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere dal Patto di stabilità anche le spese per l'edilizia scolastica.
9/4086/189. (Testo modificato nel corso della seduta).Fogliardi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di Stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di Stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

ad escludere dal Patto di Stabilità anche le spese per la progettazione e la gestione del sistema locale dei servizi sociali.
9/4086/190. Marchignoli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di Stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di Stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere dal Patto di Stabilità anche le spese per la progettazione e la gestione del sistema locale dei servizi sociali.
9/4086/190. (Testo modificato nel corso della seduta).Marchignoli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di Stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di Stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

ad escludere dal Patto di Stabilità anche le spese per la regolazione della circolazione stradale urbana.
9/4086/191. Sposetti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di Stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di Stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere dal Patto di Stabilità anche le spese per la regolazione della circolazione stradale urbana.
9/4086/191. (Testo modificato nel corso della seduta).Sposetti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di Stabilità interno dettato dalla legge di Stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di Stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

ad escludere dal Patto di Stabilità anche le spese per la costruzione delle strade.
9/4086/192. Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di Stabilità interno dettato dalla legge di Stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di Stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere dal Patto di Stabilità anche le spese per la costruzione delle strade.
9/4086/192. (Testo modificato nel corso della seduta).Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di Stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal patto di stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

ad escludere dal Patto di Stabilità anche le spese per coordinamento dei primi soccorsi.
9/4086/193. Cesare Marini.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di Stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal patto di stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere dal Patto di Stabilità anche le spese per coordinamento dei primi soccorsi.
9/4086/193. (Testo modificato nel corso della seduta).Cesare Marini.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di Stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di Stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

ad escludere dal Patto di Stabilità anche le spese per interventi di recupero del territorio.
9/4086/194. Capodicasa.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di Stabilità interno dettato dalla legge di stabilità 2011 in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013;
tuttavia si tratta di misure assolutamente insufficienti a garantire la corretta funzionalità di enti che devono far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e all'aumento dei costi di produzione per l'erogazione dei principali servizi pubblici soprattutto se si tengono presenti gli insostenibili tagli imposti dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
si deve considerare che per rispettare i vincoli imposti dal Patto di Stabilità, i comuni saranno costretti nel triennio 2011-2013 a ridurre sensibilmente la spesa totale e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che potrebbe diminuire di più del 30 per cento con inevitabili effetti negativi sul tasso di crescita dell'economia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere dal Patto di Stabilità anche le spese per interventi di recupero del territorio.
9/4086/194. (Testo modificato nel corso della seduta).Capodicasa.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede norme volte ad assicurare la disponibilità delle risorse necessarie ad affrontare lo stato di emergenza a seguito di calamità naturali e prevede il concerto preventivo del Ministero dell'economia e delle finanze per l'emissione delle ordinanze di protezione civile,

impegna il Governo

ad escludere dai compiti di protezione civile i grandi eventi di cui al comma 5, dell'articolo 5-bis, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401 e all'articolo 14 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123.
9/4086/195. Peluffo.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede norme volte ad assicurare la disponibilità delle risorse necessarie ad affrontare lo stato di emergenza a seguito di calamità naturali e prevede il concerto preventivo del Ministero dell'economia e delle finanze per l'emissione delle ordinanze di protezione civile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere dai compiti di protezione civile i grandi eventi di cui al comma 5, dell'articolo 5-bis, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401 e all'articolo 14 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123.
9/4086/195. (Testo modificato nel corso della seduta).Peluffo.

La Camera,
premesso che:
nel presente provvedimento si prevede che, con riguardo alle operazioni bancarie regolate in conto corrente, l'articolo 2935 del codice civile si debba interpretare nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa;
in conseguenza di questa disposizione, i termini di prescrizione per fare causa alle banche responsabili di aver fatto pagare ai clienti interessi indebiti si accorceranno drasticamente;
la decorrenza di tali termini, infatti, avrà inizio non nel momento in cui si chiude il conto corrente (principio stabilito dalla Corte di cassazione) ma in quello in cui viene addebitata al correntista la capitalizzazione degli interessi;
la previsione rischia di tradursi in una ingiusta penalizzazione per i clienti,

impegna il Governo

a provvedere affinché la disposizione non si traduca in una sostanziale sanatoria per le banche.
9/4086/196. Fluvi.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame presenta norme, anche «onerose» che prorogano l'entrata in vigore di provvedimenti a sostegno di famiglie ed imprese in diversificati settori;
l'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 prevede l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa;
il comma 4, dell'articolo 1, del decreto-legge n. 125 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 163 del 2010 specifica che Anas «entro il 30 aprile 2011» debba provvedere alla realizzazione di impianti e sistemi occorrenti per il «pedaggiamento» di segmenti di infrastrutture viarie interconnesse con le autostrade;
le strade sottoposte a pedaggio dovranno essere inserite in un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal sopracitato articolo 15, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122;
l'attuale normativa (articolo 2 del codice della strada - decreto legislativo n. 285 del 1992 e successive modificazioni) non prevede infatti la definizione di «raccordo autostradale» ma di «autostrada» (lettera «A») e successivamente di «strada extraurbana principale» (lettera «B»);
la classificazione attuale data da Anas Spa ai «raccordi autostradali» non è quindi stata aggiornata rispetto alla normativa vigente e alcuni tratti definiti «raccordi autostradali» non presentano i parametri di sicurezza previsti per legge per le autostrade e le strade extraurbane principali;
per fare un esempio esplicativo va citata la Firenze - Siena classificata attualmente da Anas come «raccordo autostradale» e quindi in previsione di essere sottoposta a pedaggio. La Firenze - Siena non rispetta infatti i parametri di sicurezza relativi alle strade di tipologia «A» (autostrade) e di tipologia «B» (extraurbane principali o a grande comunicazione) presenti nelle leggi nazionali di riferimento (Dm 5.11.2001, Dm 19.4.2006, Dm 21.6.2004); nello specifico non sono a norma le barriere di sicurezza stradale con particolare riferimento a quelle laterali, le corsie di marcia (che devono essere ampie 3,75 metri sia per le strade di tipologia A e B), le corsie di emergenza (che devono essere ampie 3 metri per le strade di tipologia A e 1,75 metri per quelle di tipologia B), le banchine di sinistra (che devono essere ampie 0,70 metri per le strade di tipologia A e 0,50 metri per quelle di tipologia B), lo spartitraffico centrale (che deve essere ampio 2,60 metri per le strade di tipologia A e 2,50 metri per quelle di tipologia B). Va inoltre aggiunto che rappresentano criticità rilevanti le piste di accelerazione e decelerazione in corrispondenza degli svincoli, i raggi di curvatura e le pendenze, tutti con valori inferiori a quelli normativi previsti;
va inoltre ricordato che in data 29 luglio 2010 il Governo ha accolto un ordine del giorno (atto n. 9/3638/166) alla legge n. 122 del 2010 che lo impegnava tra l'altro a «valutare l'opportunità di introdurre ulteriori iniziative normative volte a rivedere il sistema tariffario autostradale in modo da ridurre il costo dei pedaggi e da razionalizzarne le entrate»; «a prevedere l'esclusione dal pedaggio, sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa per i cittadini residenti nei comuni in cui insistono le rispettive autostrade e i raccordi autostradali»; «a prevedere che l'Anas Spa debba destinare le maggiori entrate, provenienti dai singoli pedaggi introdotti per la fruizione delle autostrade e dei raccordi autostradali, ai rispettivi compartimenti regionali per consentire la corretta manutenzione ordinaria e straordinaria dei relativi tratti stradali». Il 30 settembre 2010 un ulteriore ordine del giorno alla legge n. 163 del 2010 (atto numero 9/3725/41) impegnava il Governo, tra l'altro, «a prevedere l'esclusione dal pedaggio» sul raccordo autostradale Firenze - Siena «per i cittadini residenti e per le imprese presenti sul territorio» ed «a prevedere che l'Anas Spa debba destinare le maggiori entrate sino ad oggi realizzate e che verranno realizzate», provenienti dal pedaggio sul raccordo autostradale Firenze - Siena, al «compartimento regionale Anas della Toscana per consentire la corretta manutenzione ordinaria e straordinaria» del tratto stradale in oggetto;
la Firenze - Siena e più in generale le modalità di pedaggiamento dei «raccordi autostradali» gestiti da Anas sono oggetto delle risoluzioni numero 7-00465, a prima firma del deputato Raffaella Mariani, e numero 7-00475 a prima firma del deputato Guido Dussin, attualmente in discussione presso la Commissione Ambiente della Camera dei deputati;
oltre ad essere quindi non giustificabile, in alcuni casi, dal punto di vista «normativo» e «strutturale», l'introduzione del pedaggio produrrebbe inoltre conseguentemente notevoli ricadute negative per la popolazione residente e per l'intero sistema economico locale,

impegna il Governo

a posticipare, sin dal prossimo provvedimento utile, l'entrata in vigore del termine di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 125 del 2010, almeno fino al 31 dicembre del 2011 e comunque per il tempo atto a consentire ad Anas Spa di predisporre una nuova catalogazione secondo le norme ed i parametri strutturali vigenti delle strade attualmente classificate come «raccordi autostradali» (denominazione non presente nella legislazione nazionale); conseguentemente il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto dall'articolo 15, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, dovrà essere quindi redatto tenendo conto della nuova classificazione predisposta da Anas Spa.
9/4086/197. Ceccuzzi, Cenni.

La Camera,
premesso che:
il miglioramento qualitativo e la diversificazione delle prestazioni sanitarie rese dalle aziende termali rappresenta un obiettivo condiviso dalle imprese del settore e dal Ministero della salute;
lo sviluppo economico dei territori termali, anche sotto il profilo dell'incremento delle presenze nelle aree predette, rappresenta una priorità più volte espressa dal Governo;
vi è l'esigenza di offrire alle aziende termali le risorse necessarie per affrontare questa delicata fase di riconversione, con particolare riferimento al nuovo ruolo che le terme saranno chiamate a svolgere nel potenziamento della medicina del territorio, con conseguente sgravio di altri oneri che pesano in maniera più significativa sulla spesa sanitaria pubblica;
ferme restando le esigenze di controllo della spesa per cure termali, ma nella piena consapevolezza del fatto che ogni apporto destinato al settore termale è sempre suscettibile di produrre positive ripercussioni, con effetto moltiplicatore, sulle economie di interi territori nei quali l'indotto termale riveste un'importanza determinante,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere nel primo provvedimento legislativo utile, un adeguato stanziamento di risorse finanziarie per il rinnovo delle tariffe riconosciute dal Servizio sanitario nazionale per le prestazioni termali.
9/4086/198. Albonetti, Vannucci.

La Camera,
premesso che:
il comma 4-undecies dell'articolo 2 del provvedimento in esame reca disposizioni relative all'autotrasporto di merci, introducendo una novella ai commi 14 e 15 dell'articolo 83-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, relativi ai casi di violazione delle norme di cui ai commi 7, 8, 9, 13 e 13-bis del citato articolo 83-bis: si tratta di disposizioni che individuano i contenuti essenziali del contratto di trasporto di merci su strada e le irregolarità che derivano dalla mancata previsione, nel contratto, di tali contenuti essenziali, nonché le ipotesi di ritardato pagamento del corrispettivo al vettore da parte del committente, cui conseguono a legislazione vigente la sanzione dell'esclusione fino a sei mesi dalla procedura per l'affidamento pubblico della fornitura di beni e servizi, nonché la sanzione dell'esclusione per un periodo di un anno dai benefici fiscali, finanziari e previdenziali di ogni tipo previsti dalla legge;
le disposizioni del testo in esame stabiliscono, che in tali fattispecie, sia pubblicato sul sito internet dell'autorità competente ad irrogare le sanzioni «un elenco contenente le sole informazioni necessarie per l'identificazione dei destinatari delle sanzioni e per l'individuazione del periodo di decorrenza delle stesse» «ai fini della relativa conoscenza e per l'adozione degli eventuali specifici provvedimenti da parte degli enti e delle amministrazioni preposti alla verifica del rispetto delle sanzioni stesse»;
in sostanza, secondo la lettera b) del comma 4-undecies, le autorità competenti per l'applicazione delle sanzioni di cui al comma 14 dell'articolo 83-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 - e quindi l'Agenzia delle entrate, per l'esclusione dai benefici finanziari e fiscali, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per l'esclusione dalla procedura per l'affidamento pubblico della fornitura di beni e servizi, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini dell'adozione dei provvedimenti in materia previdenziale, il Ministero dello sviluppo economico, per l'esclusione dai benefici finanziari -, potranno pubblicare su internet i dati personali di chi abbia violato le predette disposizioni in materia di autotrasporto di merci;
la norma in questione solleva l'annosa questione del raccordo necessario tra le esigenze di trasparenza della pubblica amministrazione con quelle di protezione della sfera individuale, risolvendola a pieno favore della prima per ragioni di interesse generale;
la legislazione sulla tutela dei dati personali, raccolta nel Codice della privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003), ha reso compatibili le fondamentali esigenze di trasparenza - in particolare della pubblica amministrazione - con quelle di protezione della sfera individuale della persona;
in particolare, in considerazione delle peculiari finalità di pubblico interesse perseguite dai soggetti pubblici, il Codice della privacy sottopone il trattamento dei dati personali da essi effettuato a una disciplina giuridica distinta rispetto a quella dettata per il trattamento di tali dati da parte dei soggetti privati;
secondo il Codice della privacy, la pubblicazione di dati personali da parte di soggetti pubblici - e quindi la comunicazione e la diffusione di tali dati - è ammessa «unicamente quando siano previste da una norma di legge o di regolamento»; in sostanza, la pubblicazione di dati personali da parte di soggetti pubblici è legittima quando vi sia una norma specifica che la autorizzi;
l'articolo 69 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, come modificato dalla legge n. 413 del 1991 e dal decreto-legge n. 112 del 2008, consente al comma 6 di dare pubblicità alle dichiarazioni dei redditi prevedendo che annualmente l'amministrazione finanziaria provveda a formare, secondo i termini e le modalità da essa stessa fissati anno per anno con apposito decreto, l'elenco nominativo dei contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi e l'elenco nominativo dei soggetti che esercitano imprese commerciali, arti e professioni, e che tali elenchi siano «depositati per la durata di un anno sia presso lo stesso ufficio delle imposte, sia presso i comuni interessati» per la visione ed estrazione di copia degli stessi secondo la disciplina in materia di accesso;
inoltre il medesimo articolo 69 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 al comma 6-bis stabilisce che, fuori dei casi previsti dal comma 6, «la comunicazione o diffusione, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, degli elenchi o di dati personali ivi contenuti, ove il fatto non costituisca reato, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da cinquemila euro a trentamila euro», con la possibilità di aumentare la sanzione sino al triplo in ragione delle condizioni economiche del contravventore;
l'obbligo di «concorrere alle spese pubbliche in ragione della [propria] capacità contributiva» sancito dall'articolo 53 della Costituzione è fondamento sostanziale del dovere tributario e del criterio di giustizia nella creazione e ripartizione dei tributi, che si collega all'inderogabile dovere di solidarietà politica, economica e sociale, delineato dagli articoli 2 e 4 della Costituzione;
a livello di legislazione generale con la legge n. 241 del 1990 è stata operata dal legislatore una scelta di fondo a favore della trasparenza della pubblica amministrazione, scelta che soprattutto in materia fiscale può costituire un deterrente all'evasione fiscale e così favorire che l'obbligo di pagare le imposte in ragione della propria capacità contributiva sia equamente ripartito tra tutti i cittadini;
in considerazione dell'attuale forte criticità dello stato dei conti pubblici e dell'elevata pressione fiscale che grava sui contribuenti leali - sia persone fisiche, sia giuridiche -, in un momento in cui la stessa opinione pubblica sembra avere maturato una maggiore sensibilità sulla necessità che tutti adempiano al dovere fiscale e sul fatto che i grandi evasori minano l'interesse generale della comunità, appare opportuno non privare la lotta all'evasione fiscale del contributo che può venirle dal timore della riprovazione sociale dei consociati;
in tal senso si è espressa infatti l'opinione pubblica in occasione di un recente grave fatto di evasione fiscale accertato in provincia di Treviso a carico di un soggetto che non presentava da anni alcuna dichiarazione dei redditi, al quale è garantito l'anonimato dalle vigenti disposizioni, nonostante sia indagato anche penalmente, essendogli contestata un'evasione fiscale per oltre 16 milioni di euro e l'intestazione di beni immobili di lusso,

impegna il Governo

a disporre, con una disciplina normativa specifica, una maggiore trasparenza in materia fiscale, prevedendo che annualmente l'amministrazione finanziaria provveda a formare, oltre all'elenco nominativo dei contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi e all'elenco nominativo dei soggetti che esercitano imprese commerciali, arti e professioni, anche l'elenco dei soggetti a carico dei quali sia accertata un'evasione di considerevole gravità, tale da configurare reato;
a prevedere a tal fine che tale pubblicità avvenga mediante pubblicazione sul sito internet dell'Agenzia delle entrate di un elenco contenente le informazioni necessarie per l'identificazione dei destinatari e delle sanzioni conseguenti a fattispecie di evasione di considerevole gravità, tale da configurare reato;
a disporre in tali fattispecie che la pubblicazione sia consentita in ogni caso dal momento dell'adozione del provvedimento di rinvio a giudizio in sede penale;
a disporre modalità di maggiore trasparenza anche per la pubblicazione delle sentenze in sede di giurisdizione tributaria e dell'esito in sede amministrativa dei concordati in adesione;
a disporre che con le medesime modalità sia successivamente pubblicato l'esito definitivo dell'accertamento, anche quando sia favorevole al contribuente, in sede amministrativa, tributaria o penale.
9/4086/199. Rubinato, Fogliardi.

La Camera,
premesso che:
il comma 4-undecies dell'articolo 2 del provvedimento in esame reca disposizioni relative all'autotrasporto di merci, introducendo una novella ai commi 14 e 15 dell'articolo 83-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, relativi ai casi di violazione delle norme di cui ai commi 7, 8, 9, 13 e 13-bis del citato articolo 83-bis: si tratta di disposizioni che individuano i contenuti essenziali del contratto di trasporto di merci su strada e le irregolarità che derivano dalla mancata previsione, nel contratto, di tali contenuti essenziali, nonché le ipotesi di ritardato pagamento del corrispettivo al vettore da parte del committente, cui conseguono a legislazione vigente la sanzione dell'esclusione fino a sei mesi dalla procedura per l'affidamento pubblico della fornitura di beni e servizi, nonché la sanzione dell'esclusione per un periodo di un anno dai benefici fiscali, finanziari e previdenziali di ogni tipo previsti dalla legge;
le disposizioni del testo in esame stabiliscono, che in tali fattispecie, sia pubblicato sul sito internet dell'autorità competente ad irrogare le sanzioni «un elenco contenente le sole informazioni necessarie per l'identificazione dei destinatari delle sanzioni e per l'individuazione del periodo di decorrenza delle stesse» «ai fini della relativa conoscenza e per l'adozione degli eventuali specifici provvedimenti da parte degli enti e delle amministrazioni preposti alla verifica del rispetto delle sanzioni stesse»;
in sostanza, secondo la lettera b) del comma 4-undecies, le autorità competenti per l'applicazione delle sanzioni di cui al comma 14 dell'articolo 83-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 - e quindi l'Agenzia delle entrate, per l'esclusione dai benefici finanziari e fiscali, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per l'esclusione dalla procedura per l'affidamento pubblico della fornitura di beni e servizi, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini dell'adozione dei provvedimenti in materia previdenziale, il Ministero dello sviluppo economico, per l'esclusione dai benefici finanziari -, potranno pubblicare su internet i dati personali di chi abbia violato le predette disposizioni in materia di autotrasporto di merci;
la norma in questione solleva l'annosa questione del raccordo necessario tra le esigenze di trasparenza della pubblica amministrazione con quelle di protezione della sfera individuale, risolvendola a pieno favore della prima per ragioni di interesse generale;
la legislazione sulla tutela dei dati personali, raccolta nel Codice della privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003), ha reso compatibili le fondamentali esigenze di trasparenza - in particolare della pubblica amministrazione - con quelle di protezione della sfera individuale della persona;
in particolare, in considerazione delle peculiari finalità di pubblico interesse perseguite dai soggetti pubblici, il Codice della privacy sottopone il trattamento dei dati personali da essi effettuato a una disciplina giuridica distinta rispetto a quella dettata per il trattamento di tali dati da parte dei soggetti privati;
secondo il Codice della privacy, la pubblicazione di dati personali da parte di soggetti pubblici - e quindi la comunicazione e la diffusione di tali dati - è ammessa «unicamente quando siano previste da una norma di legge o di regolamento»; in sostanza, la pubblicazione di dati personali da parte di soggetti pubblici è legittima quando vi sia una norma specifica che la autorizzi;
l'articolo 69 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, come modificato dalla legge n. 413 del 1991 e dal decreto-legge n. 112 del 2008, consente al comma 6 di dare pubblicità alle dichiarazioni dei redditi prevedendo che annualmente l'amministrazione finanziaria provveda a formare, secondo i termini e le modalità da essa stessa fissati anno per anno con apposito decreto, l'elenco nominativo dei contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi e l'elenco nominativo dei soggetti che esercitano imprese commerciali, arti e professioni, e che tali elenchi siano «depositati per la durata di un anno sia presso lo stesso ufficio delle imposte, sia presso i comuni interessati» per la visione ed estrazione di copia degli stessi secondo la disciplina in materia di accesso;
inoltre il medesimo articolo 69 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 al comma 6-bis stabilisce che, fuori dei casi previsti dal comma 6, «la comunicazione o diffusione, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, degli elenchi o di dati personali ivi contenuti, ove il fatto non costituisca reato, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da cinquemila euro a trentamila euro», con la possibilità di aumentare la sanzione sino al triplo in ragione delle condizioni economiche del contravventore;
l'obbligo di «concorrere alle spese pubbliche in ragione della [propria] capacità contributiva» sancito dall'articolo 53 della Costituzione è fondamento sostanziale del dovere tributario e del criterio di giustizia nella creazione e ripartizione dei tributi, che si collega all'inderogabile dovere di solidarietà politica, economica e sociale, delineato dagli articoli 2 e 4 della Costituzione;
a livello di legislazione generale con la legge n. 241 del 1990 è stata operata dal legislatore una scelta di fondo a favore della trasparenza della pubblica amministrazione, scelta che soprattutto in materia fiscale può costituire un deterrente all'evasione fiscale e così favorire che l'obbligo di pagare le imposte in ragione della propria capacità contributiva sia equamente ripartito tra tutti i cittadini;
in considerazione dell'attuale forte criticità dello stato dei conti pubblici e dell'elevata pressione fiscale che grava sui contribuenti leali - sia persone fisiche, sia giuridiche -, in un momento in cui la stessa opinione pubblica sembra avere maturato una maggiore sensibilità sulla necessità che tutti adempiano al dovere fiscale e sul fatto che i grandi evasori minano l'interesse generale della comunità, appare opportuno non privare la lotta all'evasione fiscale del contributo che può venirle dal timore della riprovazione sociale dei consociati;
in tal senso si è espressa infatti l'opinione pubblica in occasione di un recente grave fatto di evasione fiscale accertato in provincia di Treviso a carico di un soggetto che non presentava da anni alcuna dichiarazione dei redditi, al quale è garantito l'anonimato dalle vigenti disposizioni, nonostante sia indagato anche penalmente, essendogli contestata un'evasione fiscale per oltre 16 milioni di euro e l'intestazione di beni immobili di lusso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre, con una disciplina normativa specifica, una maggiore trasparenza in materia fiscale, prevedendo che annualmente l'amministrazione finanziaria provveda a formare, oltre all'elenco nominativo dei contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi e all'elenco nominativo dei soggetti che esercitano imprese commerciali, arti e professioni, anche l'elenco dei soggetti a carico dei quali sia accertata un'evasione di considerevole gravità, tale da configurare reato;
a prevedere a tal fine che tale pubblicità avvenga mediante pubblicazione sul sito internet dell'Agenzia delle entrate di un elenco contenente le informazioni necessarie per l'identificazione dei destinatari e delle sanzioni conseguenti a fattispecie di evasione di considerevole gravità, tale da configurare reato;
a disporre in tali fattispecie che la pubblicazione sia consentita in ogni caso dal momento dell'adozione del provvedimento di rinvio a giudizio in sede penale;
a disporre modalità di maggiore trasparenza anche per la pubblicazione delle sentenze in sede di giurisdizione tributaria e dell'esito in sede amministrativa dei concordati in adesione;
a disporre che con le medesime modalità sia successivamente pubblicato l'esito definitivo dell'accertamento, anche quando sia favorevole al contribuente, in sede amministrativa, tributaria o penale.
9/4086/199. (Testo modificato nel corso della seduta).Rubinato, Fogliardi.

La Camera,
premesso che:
la Tabella 1, prevista dall'articolo 1, comma 1, proroga il periodo di sperimentazione relativo alla destinazione delle entrate del gioco del Bingo, stabilendo che le somme giocate vengano destinate per almeno il 70 per cento a monte premi, per l'11 per cento a prelievo erariale e per l'1 per cento a compenso dell'affidatario del controllo centralizzato del gioco. Il concessionario inoltre può versare il prelievo erariale sulle cartelle di gioco in maniera differita e fino a 60 giorni dal ritiro delle stesse, ferma restando la garanzia della copertura fideiussoria già prestata dal concessionario, eventualmente integrata nel caso in cui la stessa dovesse risultare incapiente;
preoccupante è la diffusione del gioco tra i minorenni: il 39 per cento ha, infatti, investito per la prima volta dei soldi per giocare tra i 18 e i 25 anni, mentre il 38,4 per cento tra i 13 e i 17 anni,

impegna il Governo

ad assumere iniziative al fine di regolamentare la pubblicità sui giochi, in modo da garantire la massima informazione del pubblico circa i rischi connessi, nonché al fine di tutelare i minori.
9/4086/200. Genovese.

La Camera,
premesso che:
la tabella 1, prevista dall'articolo 1, comma 1, prevede la proroga del periodo di sperimentazione relativo alla destinazione delle entrate del gioco del Bingo, stabilendo che le somme giocate vengano destinate per almeno il 70 per cento a monte premi, per l'11 per cento a prelievo erariale e per 11 per cento a compenso dell'affidatario del controllo centralizzato del gioco. Il concessionario inoltre può versare il prelievo erariale sulle cartelle di gioco in maniera differita e fino a 60 giorni dal ritiro delle stesse, ferma restando la garanzia della copertura fideiussoria già prestata dal concessionario, eventualmente integrata nel caso in cui la stessa dovesse risultare incapiente;
poiché tali giochi riescono a coinvolgere una larga fascia di popolazione, in particolar modo i giovani ed i soggetti più fragili, bisogna valutare i rischi sociali ed economici per le famiglie che possono derivare dalla dipendenza che il gioco crea in tutte le sue forme,

impegna il Governo

ad adottare iniziative atte a tutelare coloro che sono affetti da ludopatia, ad avviare incisive campagne di comunicazione, sia nelle scuole, sia attraverso i mezzi di comunicazione di massa, al fine di incrementare la consapevolezza, in particolare dei giovani, sui rischi connessi al gioco.
9/4086/201. Calvisi.

La Camera,
premesso che:
in Italia le piccole e medie imprese rischiano il fallimento, penalizzate dalla crisi e dalla crescente difficoltà nell'ottenere finanziamenti;
l'accesso al credito da parte di un gran numero di imprese, soprattutto di piccole dimensioni, è stato garantito, grazie alla presenza dei Consorzi fidi;
i Confidi fino ad oggi hanno fatto fronte all'emergenza con risorse limitate rispetto alle esigenze di molti imprenditori che, pur essendo in grave difficoltà, chiedono credito proprio con l'obiettivo di salvare oltre alle proprie aziende anche i propri dipendenti;
nel corso degli anni i Confidi hanno sviluppato una rete di conoscenze dirette delle realtà imprenditoriali che si è tradotto in un patrimonio fiduciario senza eguali;
essi rappresentano gli interlocutori naturali non solo per le imprese ma anche per le banche in virtù proprio di quel patrimonio di conoscenza acquisito e del capitale fiduciario di cui sono depositari,

impegna il Governo

a prevedere che le disposizioni di cui all'articolo 12 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, che al fine assicurare un adeguato flusso di finanziamenti all'economia e un adeguato livello patrimonializzazione del sistema bancario, autorizzano la sottoscrizione pubblica di obbligazioni bancarie speciali da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, si applichino, fino al 31 dicembre 2011, anche nei confronti dei Confidi iscritti nell'elenco allegato di cui all'articolo 107 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385;
a prevedere, al fine di accelerare lo sviluppo delle cooperative e dei consorzi di garanzia collettivi fidi, che l'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 134 e 135, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, relativi alla possibilità per i confidi di imputare i contributi pubblici al fondo consortile, e che disciplina la gestione di fondi pubblici di agevolazione, sia prorogata fino al 30 giugno 2011.
9/4086/202. De Micheli.

La Camera,
premesso che:
in Italia le piccole e medie imprese rischiano il fallimento, penalizzate dalla crisi e dalla crescente difficoltà nell'ottenere finanziamenti;
l'accesso al credito da parte di un gran numero di imprese, soprattutto di piccole dimensioni, è stato garantito, grazie alla presenza dei Consorzi fidi;
i Confidi fino ad oggi hanno fatto fronte all'emergenza con risorse limitate rispetto alle esigenze di molti imprenditori che, pur essendo in grave difficoltà, chiedono credito proprio con l'obiettivo di salvare oltre alle proprie aziende anche i propri dipendenti;
nel corso degli anni i Confidi hanno sviluppato una rete di conoscenze dirette delle realtà imprenditoriali che si è tradotto in un patrimonio fiduciario senza eguali;
essi rappresentano gli interlocutori naturali non solo per le imprese ma anche per le banche in virtù proprio di quel patrimonio di conoscenza acquisito e del capitale fiduciario di cui sono depositari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che le disposizioni di cui all'articolo 12 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, che al fine assicurare un adeguato flusso di finanziamenti all'economia e un adeguato livello patrimonializzazione del sistema bancario, autorizzano la sottoscrizione pubblica di obbligazioni bancarie speciali da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, si applichino, fino al 31 dicembre 2011, anche nei confronti dei Confidi iscritti nell'elenco allegato di cui all'articolo 107 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385;
a prevedere, al fine di accelerare lo sviluppo delle cooperative e dei consorzi di garanzia collettivi fidi, che l'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 134 e 135, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, relativi alla possibilità per i confidi di imputare i contributi pubblici al fondo consortile, e che disciplina la gestione di fondi pubblici di agevolazione, sia prorogata fino al 30 giugno 2011.
9/4086/202. (Testo modificato nel corso della seduta).De Micheli.

La Camera,
premesso che:
nel corso degli ultimi anni, si è registrato un incremento dei prezzi della polizze assicurative distribuito in maniera non uniforme sul territorio nazionale e, in particolare, nel rapporto tra Nord e Sud del paese, in cui è il secondo a subire un peso maggiore dei premi;
le compagnie assicurative al Sud, dando per scontata la presenza di fattori che fanno lievitare i loro costi, tra cui l'alto livello di truffe, si cautelano con un aumento generalizzato e preventivo dei premi, penalizzando di conseguenza anche gli automobilisti onesti e disciplinati;
numerosi interventi volti alla riduzione dei prezzi delle polizze contro gli incidenti stradali quali liberalizzazioni, blocchi delle tariffe, multe dell'Antitrust, sentenze delle autorità di vigilanza e tavoli di conciliazione tra compagnie e consumatori, in passato sono rimasti senza adeguata risposta o hanno avuto soltanto un effetto transitorio;
nonostante l'introduzione di alcuni interventi di liberalizzazione del mercato assicurativo nel periodo 2006-2008, non si è ancora attivato un efficace processo concorrenziale tra le compagnie assicurative le quali, pur vittime delle truffe, non sono in una reale situazione di concorrenza tra di loro,

impegna il Governo

ad adottare apposite iniziative finalizzate a rafforzare il processo di liberalizzazione e il livello di concorrenza del settore assicurativo, nonché a ridurre le inefficienze presenti nell'intera filiera organizzativa delle compagnie di assicurazione, i cui costi ricadono inevitabilmente sui cittadini;
in tale ambito, ad affrontare, con urgenza, il problema dell'incremento costante dei premi dell'assicurazione per responsabilità civile e dei rigonfiamenti dei costi legali, al fine di ridurre il costo medio delle RCA e riportare ad uniformità i livelli delle tariffe su tutto il territorio nazionale.
9/4086/203. Sanga.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 2-bis, del provvedimento in esame, stabilisce che nelle more della completa attuazione delle disposizioni di carattere finanziario in materia di cielo di gestione dei rifiuti, per i Comuni che per le Province la possibilità di deliberare una maggiorazione delle addizionali all'accisa sull'energia elettrica in misura non superiore al vigente importo delle addizionali;
lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (atto n. 292), all'articolo 2, comma 6, dispone a decorrere dall'anno 2012 la disapplicazione nelle Regioni a statuto ordinario dell'addizionale all'accisa sull'energia elettrica e corrispondentemente prevede l'aumento dell'accisa erariale al fine di assicurare la neutralità finanziaria, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica;
nello schema di decreto legislativo in materia di autonomia di entrata delle regioni a Statuto Ordinario e delle Province, determinazione dei fabbisogni standard nel settore sanitario (n. 317), l'articolo 14, comma 7, dispone la soppressione dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica e l'attribuzione del relativo gettito allo Stato;
il combinato disposto delle norme richiamate, ingenera un'evidente contraddizione difficilmente risolvibile solo attraverso interpretazione normativa,

impegna il Governo

a chiarire il coordinamento, che risulta differire in alcuni punti, tra le norme sopracitate.
9/4086/204. Graziano.

La Camera,
premesso che:
la tabella 1, allegata all'articolo 1, comma 1 del provvedimento in esame inserisce, al n. 12, la proroga del termine per il completamento dell'adeguamento delle strutture alberghiere alle disposizioni in materia di prevenzione degli incendi nelle strutture ricettive, al 31 marzo 2011;
ciò comporta il rischio da parte dei gestori delle strutture ricettive di non riuscire ad adeguare le proprie strutture entro il 31 marzo 2011, tra poco più di un mese, a una normativa complessa e di difficile applicazione, che comporta rilevanti costi di investimento per le strutture medesime;
il settore ricettivo italiano, in larga parte composto da strutture datate, doveva essere sostenuto con aiuti fiscali o finanziari, tali da consentire l'adeguamento alla normativa antincendi in tempi stretti, evitando così le continue proroghe ed eventuali rischi per i clienti delle citate strutture ricettive;
l'atteggiamento del Governo riguardo al comparto ricettivo ed in generale all'intero comparto turistico è di assoluta sottovalutazione e inconcludenza,

impegna il Governo

a prevedere, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 1, la proroga al 31 dicembre 2011 del termine per il completamento dell'adeguamento delle strutture alberghiere alle disposizioni in materia di prevenzione degli incendi.
9/4086/205. Federico Testa.

La Camera,
premesso che:
il comma 3-quinquies dell'articolo 2, riconosce al ministro dello sviluppo economico il potere di prorogare fino al 30 giugno 2011 il termine di esecuzione del programma di ristrutturazione o di cessione dei complessi aziendali per i gruppi industriali con imprese ed unità locali nella regione Abruzzo, in precedenza fissato al 31 dicembre 2010 dal comma 4-quater dell'articolo 39 del decreto-legge n. 78/2010 che, a sua volta, aveva integrato l'articolo 4 del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347 convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39;
il decreto-legge 347/2003 si applica alle imprese in stato di insolvenza, soggette alle disposizioni sul fallimento, che intendano avvalersi della procedura di ristrutturazione economica e finanziaria;
la proroga recata dal comma 3-quinquies dell'articolo 2 del provvedimento in esame, può essere accordata nel caso in cui il programma non risulti completato al termine di scadenza, in ragione del protrarsi delle conseguenze negative di ordine economico e produttivo generate dagli eventi sismici del 2009 nella regione Abruzzo che continuano a generare complessità nelle operazioni attinenti la ristrutturazione o la cessione a terzi dei complessi aziendali;
la formulazione di tale norma, come fa rilevare il Servizio Studi della Camera «non coincide perfettamente con quella della precedente proroga (di cui al disegno di legge 78 del 2010) in ordine ai requisiti di non completamento del programma; nella norma in esame, per esempio, si prescinde dalle difficoltà connesse alla definizione dei problemi occupazionali»;
la norma di cui al citato comma 3-quinquies, prescindendo dalle difficoltà connesse alla ripresa dell'occupazione nella regione Abruzzo, limita l'impatto stesso della disposizione anche in considerazione della previsione secondo cui il ministro dello sviluppo economico può disporre a suo piacimento senza alcun obbligo, su istanza del Commissario straordinario, sentito il Comitato di sorveglianza, la proroga del termine di esecuzione del programma per i gruppi industriali con imprese o unità locali nella regione Abruzzo, fino al 30 giugno 2011,

impegna il Governo

a inserire, in un prossimo provvedimento, tra le conseguenze per le quali può essere accordata la citata proroga, nel caso in cui il programma non risulti completato al termine di scadenza, anche le ragioni di carattere occupazionale e a disporre l'obbligo per il ministro dello sviluppo economico di prorogare il termine di esecuzione del programma, prevedendo altresì che la prevista proroga fino al 30 giugno 2011 sia spostata al 31 dicembre 2011.
9/4086/206. Zunino.

La Camera,
premesso che:
il comma 3-quinquies dell'articolo 2, riconosce al ministro dello sviluppo economico il potere di prorogare fino al 30 giugno 2011 il termine di esecuzione del programma di ristrutturazione o di cessione dei complessi aziendali per i gruppi industriali con imprese ed unità locali nella regione Abruzzo, in precedenza fissato al 31 dicembre 2010 dal comma 4-quater dell'articolo 39 del decreto-legge n. 78/2010 che, a sua volta, aveva integrato l'articolo 4 del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347 convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39;
il decreto-legge 347/2003 si applica alle imprese in stato di insolvenza, soggette alle disposizioni sul fallimento, che intendano avvalersi della procedura di ristrutturazione economica e finanziaria;
la proroga recata dal comma 3-quinquies dell'articolo 2 del provvedimento in esame, può essere accordata nel caso in cui il programma non risulti completato al termine di scadenza, in ragione del protrarsi delle conseguenze negative di ordine economico e produttivo generate dagli eventi sismici del 2009 nella regione Abruzzo che continuano a generare complessità nelle operazioni attinenti la ristrutturazione o la cessione a terzi dei complessi aziendali;
la formulazione di tale norma, come fa rilevare il Servizio Studi della Camera «non coincide perfettamente con quella della precedente proroga (di cui al disegno di legge 78/2010) in ordine ai requisiti di non completamento del programma; nella norma in esame, per esempio, si prescinde dalle difficoltà connesse alla definizione dei problemi occupazionali»;
la norma di cui al citato comma 3-quinquies, prescindendo dalle difficoltà connesse alla ripresa dell'occupazione nella regione Abruzzo, limita l'impatto stesso della disposizione anche in considerazione della previsione secondo cui il ministro dello sviluppo economico può disporre a suo piacimento senza alcun obbligo, su istanza del Commissario straordinario, sentito il Comitato di sorveglianza, la proroga del termine di esecuzione del programma per i gruppi industriali con imprese o unità locali nella regione Abruzzo, fino al 30 giugno 2011,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire, in un prossimo provvedimento, tra le conseguenze per le quali può essere accordata la citata proroga, nel caso in cui il programma non risulti completato al termine di scadenza, anche le ragioni di carattere occupazionale e a disporre l'obbligo per il ministro dello sviluppo economico di prorogare il termine di esecuzione del programma, prevedendo altresì che la prevista proroga fino al 30 giugno 2011 sia spostata al 31 dicembre 2011.
9/4086/206. (Testo modificato nel corso della seduta).Zunino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 2-bis, del presente provvedimento, reca una disposizione transitoria che, in attesa di una completa attuazione delle disposizioni finanziarie in materia di gestione dei rifiuti, consente alle regioni di assicurare la copertura integrale dei costi del ciclo dei rifiuti mediante aumenti delle imposizioni tributarie, in deroga alle disposizioni sulla sospensione del potere di deliberare aumenti di tributi, sino all'attuazione del federalismo fiscale;
la norma citata prevede, per le regioni, la copertura degli oneri derivanti dalla gestione del ciclo dei rifiuti, con aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquota attribuite alle regioni stesse, nonché l'incremento della misura dell'imposta regionale sulla benzina per autotrazione;
lo sblocco dei tributi locali per la copertura degli oneri derivanti dal ciclo della gestione dei rifiuti costituisce l'ennesima conferma della politica fiscale di un Governo che a parole propone slogan contro l'incremento della tassazione ma che, nei fatti, provvede a incrementare la pressione fiscale, come dimostrano anche gli schemi dei decreti legislativi attuativi del federalismo fiscale attualmente all'esame del Parlamento,

impegna il Governo

a garantire che lo sblocco dei tributi per le regioni non si traduca in nessun modo in un incremento del carico fiscale per ogni singolo contribuente.
9/4086/207. Marchi, Ventura.

La Camera,
premesso che:
il comma 2-quater dell'articolo 2 del presente provvedimento attribuisce al Presidente della regione interessata da calamità naturali per le quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza, qualora il bilancio della regione sia insufficiente a coprire le relative spese, il potere di deliberare aumenti, sino al limite massimo consentito dalla vigente legislazione, delle imposizioni tributarie attribuite alla regione, nonché di elevare la misura dell'imposta regionale sulla benzina per autotrazione prevista dall'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 398 del 1990, fino ad un massimo di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita;
si tratta di una previsione che prefigura una doppia penalizzazione per i territori interessati da calamità naturali. Non solo si troverebbero a fronteggiare i danni conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza ma sarebbero paradossalmente costretti a subire una tassazione superiore a quella di altri cittadini;
in nome di una presunta responsabilizzazione delle regioni si introduce nell'ordinamento una logica che stride completamente con ogni principio di solidarietà nazionale;
la gestione delle grandi calamità non può essere mai considerato un evento locale, esso costituisce sempre una grande questione nazionale e come tale è questo il livello a cui va trattata con uno sforzo unanime e corale di tutti i territori e tutti i cittadini,

impegna il Governo

a garantire che l'applicazione di queste previsioni non si traduca in una totale assenza del principio della solidarietà nazionale.
9/4086/208. Ventura, Lolli.

La Camera,
premesso che:
il comma 3 e il comma 3-quater dell'articolo 2 recano disposizioni finalizzate a prorogare, rispettivamente, i termini per la ripresa dei versamenti sospesi e degli adempimenti sospesi ai sensi dell'articolo 39 del decreto-legge. n. 78/2010 in favore dei soggetti colpiti dal sisma dell'Abruzzo del 6 aprile 2009;
in particolare il comma 3 dispone una ulteriore proroga del termine di sospensione delle rate, da gennaio 2011 a ottobre 2011, relativo ai versamenti tributari e contributivi sospesi ai sensi del richiamato articolo 39;
il comma 3-quater dispone una proroga, da gennaio 2011 a dicembre 2011, dei termini relativi agli ulteriori adempimenti, diversi dai versamenti, già sospesi ai sensi dell'articolo 39, commi 3-bis e 3-ter del decreto-legge n. 78 del 2010,

impegna il Governo

in considerazione del permanere di una grave situazione di crisi nelle zone dell'Abruzzo colpite dal sisma del 6 aprile 2009 a prorogare, in un prossimo provvedimento, il termine di cui al comma 3, al 31 dicembre 2011.
9/4086/209. Lolli.

La Camera,
premesso che:
il comma 3 e il comma 3-quater dell'articolo 2 recano disposizioni finalizzate a prorogare, rispettivamente, i termini per la ripresa dei versamenti sospesi e degli adempimenti sospesi ai sensi dell'articolo 39 del decreto-legge. n. 78/2010 in favore dei soggetti colpiti dal sisma dell'Abruzzo del 6 aprile 2009;
in particolare il comma 3 dispone una ulteriore proroga del termine di sospensione delle rate, da gennaio 2011 a ottobre 2011, relativo ai versamenti tributari e contributivi sospesi ai sensi del richiamato articolo 39;
il comma 3-quater dispone una proroga, da gennaio 2011 a dicembre 2011, dei termini relativi agli ulteriori adempimenti, diversi dai versamenti, già sospesi ai sensi dell'articolo 39, commi 3-bis e 3-ter del decreto-legge n. 78 del 2010,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di in considerazione del permanere di una grave situazione di crisi nelle zone dell'Abruzzo colpite dal sisma del 6 aprile 2009 a prorogare, in un prossimo provvedimento, il termine di cui al comma 3, al 31 dicembre 2011.
9/4086/209.(Testo modificato nel corso della seduta).Lolli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 5 del provvedimento in esame, dispone la proroga, per il periodo d'imposta 2011, dell'applicazione dell'agevolazione fiscale concessa agli esercenti di impianti di distribuzione di carburante per la ristrutturazione delle reti distributive, consistente in una deduzione forfetaria dei ricavi pari all'1,1 per cento fino a 1.032.913,80 euro, allo 0,6 per cento oltre 1.032.913,80 euro e fino a 2.065.827,60 euro e allo 0,4 per cento dei ricavi oltre 2.065.827,60 euro;
l'articolo 2, comma 5 oltre a stabilire che la proroga sia disposta nel limite di spesa di 24 milioni di euro per l'anno 2012, prevede altresì che, con successivo decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentita l'Agenzia delle entrate, siano stabiliti i nuovi importi della deduzione forfetaria in modo tale da rispettare il predetto tetto di spesa;
il citato comma 5 dell'articolo 2 prevede infine che i contribuenti fruitori dell'agevolazione, nel determinare l'acconto dovuto per il periodo di imposta 2012, debbano assumere quale imposta riferita al periodo precedente quella che si sarebbe determinata senza tenere conto della deduzione forfetaria di cui sopra;
a suo tempo, il precedente ministro dello sviluppo economico aveva riaffermato pubblicamente e in successive dichiarazioni stampa ed interviste, l'intenzione di dare seguito agli impegni sottoscritti nel Protocollo d'intesa tra il Governo e le associazioni dei gestori, del giugno 2008, che riguardavano, oltre alla conferma dell'agevolazione fiscale e alla sua trasformazione in misura strutturale, il futuro dell'assetto della rete di distribuzione carburanti in Italia e la sua funzione strategica a presidio della libertà di movimento delle persone e delle merci,

impegna il Governo

a rispettare gli impegni assunti con il protocollo d'intesa sottoscritto con le associazioni dei gestori, trasformando in misura strutturale, in un prossimo provvedimento, la deduzione forfetaria dei ricavi dei medesimi e attuando misure strategiche per un più moderno assetto della rete di distribuzione carburanti.
9/4086/210. Portas.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame riconosce contributi e incentivi a vari settori e aree del Paese;
l'articolo 3 commi da 2 a 4 della legge 23 luglio 2009 n. 99 disponeva il riordino del sistema degli incentivi alle imprese;
lo schema di decreto in materia di riordino degli incentivi per il sistema produttivo n. 330, in discussione alla Camera prevede che la riforma sia attuata a partire dall'anno 2012 e finanzia, sempre a decorrere dal 2012, la concessione di credito agevolato alle imprese nel limite delle disponibilità del fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica (FIT);
la riforma del sistema degli incentivi alle imprese viene quindi proposta senza aggiungere una lira alle risorse rivenienti dalla soppressione degli incentivi previsti dalla normativa vigente e utilizzando le risorse presenti nel Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica;
inoltre l'articolo 3 comma 1 lettera c) prevede che copertura dei complessivi oneri derivanti dall'articolo 2, commi da 1 a 6 siano utilizzati 73 milioni di euro per l'anno 2011 delle disponibilità del Fondo per la finanza d'impresa a valere sulle risorse destinate alle imprese innovative ai sensi dell'articolo 106 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni;
si taglia ancora il Fondo per la finanza d'impresa mentre per le piccole e medie imprese, particolarmente colpite dalla crisi, il Governo, non stanzia risorse di alcun genere e soprattutto sposta l'avvio degli incentivi automatici a oltre un anno da oggi, mentre sarebbe indispensabile attuare la riforma in tempi brevissimi e meglio focalizzarla sulle esigenze delle PMI;
inoltre, nulla si ritiene di dover fare nell'immediato per i tanti settori industriali in crisi, dei quali alcuni rischiano di sparire dalla carta geografica del Paese,

impegna il Governo

ad anticipare, in un prossimo provvedimento, al 2011 la riforma degli incentivi alle imprese, prevedendo altresì un'adeguata dotazione finanziaria volta soprattutto al sostegno dell'innovazione delle piccole e medie imprese e dei settori industriali che versano in una grave crisi produttiva.
9/4086/211. Colaninno.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame riconosce contributi e incentivi a vari settori e aree del Paese;
l'articolo 3 commi da 2 a 4 della legge 23 luglio 2009 n. 99 disponeva il riordino del sistema degli incentivi alle imprese;
lo schema di decreto in materia di riordino degli incentivi per il sistema produttivo n. 330, in discussione alla Camera prevede che la riforma sia attuata a partire dall'anno 2012 e finanzia, sempre a decorrere dal 2012, la concessione di credito agevolato alle imprese nel limite delle disponibilità del fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica (FIT);
la riforma del sistema degli incentivi alle imprese viene quindi proposta senza aggiungere una lira alle risorse rivenienti dalla soppressione degli incentivi previsti dalla normativa vigente e utilizzando le risorse presenti nel Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica;
inoltre l'articolo 3 comma 1 lettera c) prevede che copertura dei complessivi oneri derivanti dall'articolo 2, commi da 1 a 6 siano utilizzati 73 milioni di euro per l'anno 2011 delle disponibilità del Fondo per la finanza d'impresa a valere sulle risorse destinate alle imprese innovative ai sensi dell'articolo 106 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni;
si taglia ancora il Fondo per la finanza d'impresa mentre per le piccole e medie imprese, particolarmente colpite dalla crisi, il Governo, non stanzia risorse di alcun genere e soprattutto sposta l'avvio degli incentivi automatici a oltre un anno da oggi, mentre sarebbe indispensabile attuare la riforma in tempi brevissimi e meglio focalizzarla sulle esigenze delle PMI;
inoltre, nulla si ritiene di dover fare nell'immediato per i tanti settori industriali in crisi, dei quali alcuni rischiano di sparire dalla carta geografica del Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di anticipare, in un prossimo provvedimento, al 2011 la riforma degli incentivi alle imprese, prevedendo altresì un'adeguata dotazione finanziaria volta soprattutto al sostegno dell'innovazione delle piccole e medie imprese e dei settori industriali che versano in una grave crisi produttiva.
9/4086/211. (Testo modificato nel corso della seduta).Colaninno.

La Camera,
premesso che:
al fine di favorire la patrimonializzazione delle banche italiane nel contesto della prossima applicazione dell'Accordo di Basilea III, l'articolo 2 del provvedimento in esame, prevede al comma 55, la trasformazione in crediti d'imposta, delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio, relative a svalutazioni di crediti non ancora dedotte dal reddito imponibile ai sensi del comma 3 dell'articolo 106 del TUIR di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, nonché di quelle relative al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d'imposta ai fini delle imposte sui redditi;
la predetta agevolazione può essere goduta qualora nel bilancio individuale delle società che esercitano attività bancaria e finanziaria venga rilevata una perdita d'esercizio;
nulla, viceversa, è previsto dal provvedimento in esame per andare incontro alle esigenze dei risparmiatori;
il Governo avrebbe, infatti, potuto sottoporre tale nuovo aiuto alle banche, all'obbligo di incrementare la massa di credito per le piccole e medie imprese e le famiglie, migliorandone le condizioni di accesso, come già previsto dall'articolo 12 del decreto-legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2,

impegna il Governo

a prevedere, in un prossimo provvedimento, l'obbligo da parte delle banche beneficiarie dell'agevolazione di cui all'articolo 2, comma 55, di incrementare la massa di credito per le piccole e medie imprese e le famiglie, migliorandone altresì le condizioni di accesso.
9/4086/212. Mastromauro.

La Camera,
premesso che:
il comma 36 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame interviene sul testo dell'articolo 11, comma 6, secondo periodo del decreto-legge 78/2010, dal quale elimina il riferimento alle previsioni dell'articolo 48, comma 32 del decreto-legge 269/2003, precisando che il Servizio Sanitario Nazionale trattiene ad ulteriore titolo di sconto, rispetto a quanto già previsto dalla vigente normativa, una quota pari all'1,82 per cento sul prezzo di vendita dei farmaci al netto dell'imposta sul valore aggiunto;
la disciplina recata dal citato comma 36 non ha alcun effetto positivo per gli utenti del servizio sanitario nazionale, in quanto non prevede alcuna norma di liberalizzazione del settore, tale da favorire i consumatori;
l'unico intento del Governo riguardo a questo e ad altri settori è quello di recuperare risorse senza mai intervenire nell'ottica delle necessarie riforme per eliminare strozzature ed inefficienze che incidono sui tempi e sul reddito delle famiglie italiane;
è invece necessario prevedere che gli orari e i turni di apertura e di chiusura delle farmacie convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale, stabiliti dalle autorità competenti, costituiscano il livello minimo di servizio che deve essere assicurato da ciascuna farmacia e che sia data facoltà a chi ha la titolarità o la gestione della farmacia di prestare servizio in orari e in periodi aggiuntivi rispetto a quelli obbligatori, purché ne dia preventiva comunicazione all'autorità sanitaria competente,

impegna il Governo

a intervenire con urgenza, in un prossimo provvedimento, al fine di liberalizzare gli orari e i turni di apertura e di chiusura delle farmacie convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale.
9/4086/213. Scarpetti.

La Camera,
premesso che:
il comma 36 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame interviene sul testo dell'articolo 11, comma 6, secondo periodo del decreto-legge 78 del 2010, dal quale elimina il riferimento alle previsioni dell'articolo 48, comma 32 del decreto-legge 269 del 2003, precisando che il Servizio Sanitario Nazionale trattiene ad ulteriore titolo di sconto, rispetto a quanto già previsto dalla vigente normativa, una quota pari all'1,82 per cento sul prezzo di vendita dei farmaci al netto dell'imposta sul valore aggiunto;
la disciplina recata dal citato comma 36 non ha alcun effetto positivo per gli utenti del servizio sanitario nazionale, in quanto non prevede alcuna norma di liberalizzazione del settore, tale da favorire i consumatori;
l'unico intento del Governo riguardo a questo e ad altri settori è quello di recuperare risorse senza mai intervenire nell'ottica delle necessarie riforme per eliminare strozzature ed inefficienze che incidono sui tempi e sul reddito delle famiglie italiane;
è invece necessario intervenire affinché negli esercizi di vicinato, nelle medie e grandi strutture di vendita al dettaglio, autorizzati ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, alla vendita al pubblico dei farmaci da banco e di automedicazione, possano essere venduti anche i medicinali di fascia C, prevedendo le necessarie norme di sicurezza,

impegna il Governo

a intervenire con urgenza, in un prossimo provvedimento, al fine di liberalizzare la vendita dei farmaci di fascia C consentendone la vendita nei citati esercizi di vendita al dettaglio.
9/4086/214. Fadda.

La Camera,
premesso che:
il comma 33 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame reca modifiche alla disciplina del patto di stabilità interno per le regioni dettata dalla legge di stabilità 2011, in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013, aggiungendo altre tipologie all'elenco delle spese escluse dal patto medesimo, in particolare quelle relative al trasporto pubblico regionale e locale ferroviario e al fondo per le politiche sociali;
il Governo, che non ha concretamente fatto nulla per garantire la piena applicazione della comunicazione adottata dalla Commissione europea (COM (2008) 394), recante Una corsia preferenziale per la piccola impresa - Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (uno «Small Business Act» per l'Europa), poteva cogliere questa occasione per favorire l'intervento diretto delle regioni escludendo dal patto di stabilità interno gli investimenti effettuati dalle medesime a favore delle micro, piccole e medie imprese;
il Patto di stabilità interno concepito dal Governo esclusivamente come taglio alle risorse degli enti locali, anche quando tali risorse siano orientate agli investimenti, ha impoverito le comunità locali e sottoposto le imprese e le famiglie all'inasprimento dell'imposizione fiscale;
sarebbe, invece, indispensabile sostenere le regioni che agevolano lo sviluppo delle piccole e medie imprese, con preferenza per le iniziative imprenditoriali con elevato contenuto di innovazione di prodotto e di processo, compresa l'innovazione gestionale, organizzativa e di rafforzamento competitivo;
nell'attuale fase di crisi economica sarebbe altresì necessario escludere dal patto di stabilità interno gli investimenti effettuati dalle regioni nella promozione della formazione e nel rafforzamento dei distretti e delle filiere, e per il superamento degli squilibri economici e sociali,

impegna il Governo

ad escludere, quanto prima, dal patto di stabilità interno le spese per investimenti effettuate dalle regioni nel campo degli incentivi allo sviluppo delle piccole e medie imprese, delle iniziative imprenditoriali con elevato contenuto di innovazione di prodotto e di processo, di innovazione gestionale, organizzativa e di rafforzamento competitivo, della formazione imprenditoriale, del rafforzamento dei distretti e delle filiere.
9/4086/215. Lulli, Vico.

La Camera,
premesso che:
il comma 33 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame reca modifiche alla disciplina del patto di stabilità interno per le regioni dettata dalla legge di stabilità 2011, in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013, aggiungendo altre tipologie all'elenco delle spese escluse dal patto medesimo, in particolare quelle relative al trasporto pubblico regionale e locale ferroviario e al fondo per le politiche sociali;
il Governo, che non ha concretamente fatto nulla per garantire la piena applicazione della comunicazione adottata dalla Commissione europea (COM (2008) 394), recante Una corsia preferenziale per la piccola impresa - Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (uno «Small Business Act» per l'Europa), poteva cogliere questa occasione per favorire l'intervento diretto delle regioni escludendo dal patto di stabilità interno gli investimenti effettuati dalle medesime a favore delle micro, piccole e medie imprese;
il Patto di stabilità interno concepito dal Governo esclusivamente come taglio alle risorse degli enti locali, anche quando tali risorse siano orientate agli investimenti, ha impoverito le comunità locali e sottoposto le imprese e le famiglie all'inasprimento dell'imposizione fiscale;
sarebbe, invece, indispensabile sostenere le regioni che agevolano lo sviluppo delle piccole e medie imprese, con preferenza per le iniziative imprenditoriali con elevato contenuto di innovazione di prodotto e di processo, compresa l'innovazione gestionale, organizzativa e di rafforzamento competitivo;
nell'attuale fase di crisi economica sarebbe altresì necessario escludere dal patto di stabilità interno gli investimenti effettuati dalle regioni nella promozione della formazione e nel rafforzamento dei distretti e delle filiere, e per il superamento degli squilibri economici e sociali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere, quanto prima, dal patto di stabilità interno le spese per investimenti effettuate dalle regioni nel campo degli incentivi allo sviluppo delle piccole e medie imprese, delle iniziative imprenditoriali con elevato contenuto di innovazione di prodotto e di processo, di innovazione gestionale, organizzativa e di rafforzamento competitivo, della formazione imprenditoriale, del rafforzamento dei distretti e delle filiere.
9/4086/215. (Testo modificato nel corso della seduta).Lulli, Vico.

La Camera,
premesso che:
il comma 33 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame reca modifiche alla disciplina del patto di stabilità interno per le regioni dettata dalla legge di stabilità 2011, in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013, aggiungendo altre tipologie all'elenco delle spese escluse dal patto medesimo, in particolare quelle relative al trasporto pubblico regionale e locale ferroviario e al fondo per le politiche sociali;
i sistemi produttivi locali vivono gravi difficoltà connesse al protrarsi della crisi mondiale, il modello produttivo italiano, è stato particolarmente colpito dalla globalizzazione che ha accresciuto la concorrenza nelle fasce del made in Italy più sensibili alla concorrenza di costo;
al fine di conseguire la conservazione dei patrimoni aziendali dei sistemi produttivi locali messi a rischio da situazioni di crisi economico-finanziarie, le regioni potrebbero, in deroga ai vincoli previsti dal patto di stabilità interno, costituire in via temporanea, strumenti finanziari o società, finalizzati a rilevare aziende o rami di esse, ed effettuare le operazioni finanziarie a valere sul patrimonio aziendale, anche nella forma di acquisto e contestuale locazione finanziaria dei macchinari e dei capannoni, consentite dalle normative vigenti;
tali iniziative potrebbero anche prevedere la partecipazione di capitali privati nel rispetto delle normative comunitarie ed essere svolte mediante procedure ad evidenza pubblica a condizioni di mercato,

impegna il Governo

ad escludere, quanto prima, dal patto di stabilità interno le spese per investimenti effettuate dalle regioni al fine di conseguire la conservazione dei patrimoni aziendali dei sistemi produttivi locali messi a rischio da situazioni di crisi economico-finanziarie.
9/4086/216. Vico, Lulli.

La Camera,
premesso che:
il comma 33 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame reca modifiche alla disciplina del patto di stabilità interno per le regioni dettata dalla legge di stabilità 2011, in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013, aggiungendo altre tipologie all'elenco delle spese escluse dal patto medesimo, in particolare quelle relative al trasporto pubblico regionale e locale ferroviario e al fondo per le politiche sociali;
i sistemi produttivi locali vivono gravi difficoltà connesse al protrarsi della crisi mondiale, il modello produttivo italiano, è stato particolarmente colpito dalla globalizzazione che ha accresciuto la concorrenza nelle fasce del made in Italy più sensibili alla concorrenza di costo;
al fine di conseguire la conservazione dei patrimoni aziendali dei sistemi produttivi locali messi a rischio da situazioni di crisi economico-finanziarie, le regioni potrebbero, in deroga ai vincoli previsti dal patto di stabilità interno, costituire in via temporanea, strumenti finanziari o società, finalizzati a rilevare aziende o rami di esse, ed effettuare le operazioni finanziarie a valere sul patrimonio aziendale, anche nella forma di acquisto e contestuale locazione finanziaria dei macchinari e dei capannoni, consentite dalle normative vigenti;
tali iniziative potrebbero anche prevedere la partecipazione di capitali privati nel rispetto delle normative comunitarie ed essere svolte mediante procedure ad evidenza pubblica a condizioni di mercato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere, quanto prima, dal patto di stabilità interno le spese per investimenti effettuate dalle regioni al fine di conseguire la conservazione dei patrimoni aziendali dei sistemi produttivi locali messi a rischio da situazioni di crisi economico-finanziarie.
9/4086/216. (Testo modificato nel corso della seduta).Vico, Lulli.

La Camera,
premesso che:
il comma 33 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame reca modifiche alla disciplina del patto di stabilità interno per le regioni dettata dalla legge di stabilità 2011, in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013, aggiungendo altre tipologie all'elenco delle spese escluse dal patto medesimo, in particolare quelle relative al trasporto pubblico regionale e locale ferroviario e al fondo per le politiche sociali;
il Governo, che nulla ha fatto per incrementare l'occupazione giovanile e femminile, poteva cogliere questa occasione per intervenire a favore di tali soggetti, consentendo alle regioni di escludere dal patto di stabilità gli investimenti effettuati in questo settore, particolarmente riguardo alla promozione dell'autoimprenditorialità;
è necessario, infatti, attivare politiche e investimenti regionali per favorire il ricambio generazionale, attraverso l'avvio di nuove imprese, in tutti i settori produttivi, dei servizi e delle professioni, individuando interventi a sostegno dei giovani e delle giovane in cerca di occupazione, iscritti ai centri per l'impiego e agli altri organismi autorizzati o accreditati a svolgere tali funzioni, in conformità delle norme regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano;
è urgente prevedere politiche e investimenti nel campo dell'informazione e della definizione di progetti di incubazione d'impresa o di acquisizione di un'impresa esistente, che prevedano la formazione dei neoimprenditori, l'avvio e l'accompagnamento nella gestione e nello sviluppo della nuova impresa in un periodo minimo di tre anni e massimo di cinque anni;
è altresì necessario, sostenere le regioni che attivano o hanno attivato forme di incentivo alla creazione d'impresa da parte dei giovani e delle donne in cerca di prima occupazione che, tra l'altro, l'erogazione di prestiti a tasso zero; la creazione di una corsia preferenziale dal punto di vista burocratico; convenzioni con gli ordini professionali dei commercialisti e dei notai per la consulenza, la tenuta della contabilità e le spese notarili a tariffe agevolate; ulteriori agevolazioni per le nuove imprese che aderiscano a un contratto di rete, a un consorzio o a un'associazione tra imprese,

impegna il Governo

ad escludere, quanto prima, dal patto di stabilità interno le spese per investimenti effettuate dalle regioni nel settore della promozione dell'autoimprenditorialità da parte di giovani e donne in cerca di occupazione.
9/4086/217. Froner.

La Camera,
premesso che:
il comma 33 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame reca modifiche alla disciplina del patto di stabilità interno per le regioni dettata dalla legge di stabilità 2011, in relazione agli anni 2011, 2012 e 2013, aggiungendo altre tipologie all'elenco delle spese escluse dal patto medesimo, in particolare quelle relative al trasporto pubblico regionale e locale ferroviario e al fondo per le politiche sociali;
il Governo, che nulla ha fatto per incrementare l'occupazione giovanile e femminile, poteva cogliere questa occasione per intervenire a favore di tali soggetti, consentendo alle regioni di escludere dal patto di stabilità gli investimenti effettuati in questo settore, particolarmente riguardo alla promozione dell'autoimprenditorialità;
è necessario, infatti, attivare politiche e investimenti regionali per favorire il ricambio generazionale, attraverso l'avvio di nuove imprese, in tutti i settori produttivi, dei servizi e delle professioni, individuando interventi a sostegno dei giovani e delle giovane in cerca di occupazione, iscritti ai centri per l'impiego e agli altri organismi autorizzati o accreditati a svolgere tali funzioni, in conformità delle norme regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano;
è urgente prevedere politiche e investimenti nel campo dell'informazione e della definizione di progetti di incubazione d'impresa o di acquisizione di un'impresa esistente, che prevedano la formazione dei neoimprenditori, l'avvio e l'accompagnamento nella gestione e nello sviluppo della nuova impresa in un periodo minimo di tre anni e massimo di cinque anni;
è altresì necessario, sostenere le regioni che attivano o hanno attivato forme di incentivo alla creazione d'impresa da parte dei giovani e delle donne in cerca di prima occupazione che, tra l'altro, l'erogazione di prestiti a tasso zero; la creazione di una corsia preferenziale dal punto di vista burocratico; convenzioni con gli ordini professionali dei commercialisti e dei notai per la consulenza, la tenuta della contabilità e le spese notarili a tariffe agevolate; ulteriori agevolazioni per le nuove imprese che aderiscano a un contratto di rete, a un consorzio o a un'associazione tra imprese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere, quanto prima, dal patto di stabilità interno le spese per investimenti effettuate dalle regioni nel settore della promozione dell'autoimprenditorialità da parte di giovani e donne in cerca di occupazione.
9/4086/217. (Testo modificato nel corso della seduta).Froner.

La Camera,
premesso che:
la tabella 1, allegata all'articolo 1, comma 1 del provvedimento in esame inserisce, al n. 12, la proroga del termine per il completamento dell'adeguamento delle strutture alberghiere alle disposizioni in materia di prevenzione degli incendi nelle strutture ricettive, al 31 marzo 2011;
è questa l'unica misura per il turismo contenuta nel provvedimento in esame che pure reca svariate misure di investimento nei settori più diversi;
il ministro del turismo ha accettato senza fiatare nel corso della discussione sul decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, che al settore fossero imposti tagli tali da ridurre al lumicino le già scarse risorse pubbliche;
per fare solo un esempio, l'Enit-Agenzia nazionale del turismo, che già disponeva di una scarsissima dotazione, ha subito con la legge di stabilità per l'anno 2011, un ulteriore taglio che porta l'impegno dello Stato a soli 4 milioni annui per gli anni 2011, 2012 e 2013;
l'Enit-Agenzia nazionale del turismo è così stata ridotta alla mera sopravvivenza, situazione che ha portato alla chiusura di numerose sedi all'estero, soprattutto in Germania, uno dei mercati più rilevanti per il turismo nazionale;
quanto allo «Schema di decreto legislativo recante codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo (atto n. 327)» in discussione alla Camera per il previsto parere, si tratta di un collage di norme, riprese da provvedimenti precedenti, in modo confuso e abborracciato, privo di qualsivoglia intervento concreto e applicabile nel breve periodo, per l'innovazione di un comparto come è quello del turismo che produce nonostante tutto l'11,4 per cento del PIL nazionale;
il ministro del turismo ha partecipato alla Borsa Italiana del Turismo (BIT), senza una strategia per il turismo mentre all'Italia serve disperatamente un piano nazionale;
lo Stato d'intesa con le regioni, dovrebbe individuare priorità e risorse per rilanciare questo importante settore economico, costruendo una strategia unitaria;
è necessario promuovere il rilancio degli investimenti attraverso incentivi per l'ammodernamento delle strutture, per il risparmio e l'efficienza energetica, per favorire gli operatori che intendono acquistare l'immobile che detengono in locazione;
è indispensabile l'adeguamento del nostro sistema formativo alle trasformazioni di un mercato del lavoro turistico che richiede notevole specializzazione, la qualità della formazione professionale è diventata un elemento chiave per l'impresa turistica italiana;
è necessario riformare l'Enit-Agenzia nazionale del turismo in società per azioni per costruire un sistema pubblico-privato che coordini l'insieme delle attività di promozione sotto il marchio Italia, in modo da consolidare i mercati tradizionali ed agganciare quelli emergenti attraverso campagne promozionali incisive legate alla commercializzazione dei prodotti turistici italiani;
dal Governo sono arrivate solo proposte stravaganti ed inconcludenti, ed in particolare non sono arrivate le necessarie risorse economiche a sostegno del settore del turismo,

impegna il Governo

a finanziare, quanto prima, con risorse adeguate l'innovazione del comparto del turismo e a riformare l'ENIT-Agenzia nazionale del turismo trasformandola in società per azioni a maggioranza pubblica.
9/4086/218. Marchioni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 2-bis, del presente provvedimento, reca una disposizione transitoria che, in attesa di una completa attuazione delle disposizioni finanziarie in materia di gestione dei rifiuti, consente ai comuni di assicurare la copertura integrale dei costi del ciclo dei rifiuti mediante aumenti delle imposizioni tributarie attribuite agli enti locali, in deroga alle disposizioni sulla sospensione del potere di deliberare aumenti di tributi, sino all'attuazione del federalismo fiscale;
la norma citata prevede, per i comuni, la possibilità di deliberare una maggiorazione delle addizionali all'accisa sull'energia elettrica in misura non superiore al vigente importo delle addizionali;
la possibilità di sblocco dei tributi, concessa ai comuni, non tiene conto dei diversi comportamenti degli enti locali rispetto al servizio di raccolta differenziata,

impegna il Governo

a diversificare le possibilità per i comuni di utilizzare l'incremento delle imposizioni tributarie, a copertura degli oneri derivanti dal ciclo dei rifiuti, in modo tale da incentivare il servizio di raccolta differenziata.
9/4086/219. Nannicini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 2-bis, del presente provvedimento, reca una disposizione transitoria che, in attesa di una completa attuazione delle disposizioni finanziarie in materia di gestione dei rifiuti, consente ai comuni di assicurare la copertura integrale dei costi del ciclo dei rifiuti mediante aumenti delle imposizioni tributarie attribuite agli enti locali, in deroga alle disposizioni sulla sospensione del potere di deliberare aumenti di tributi, sino all'attuazione del federalismo fiscale;
la norma citata prevede, per i comuni, la possibilità di deliberare una maggiorazione delle addizionali all'accisa sull'energia elettrica in misura non superiore al vigente importo delle addizionali;
la possibilità di sblocco dei tributi, concessa ai comuni, non tiene conto dei diversi comportamenti degli enti locali rispetto al servizio di raccolta differenziata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di diversificare le possibilità per i comuni di utilizzare l'incremento delle imposizioni tributarie, a copertura degli oneri derivanti dal ciclo dei rifiuti, in modo tale da incentivare il servizio di raccolta differenziata.
9/4086/219. (Testo modificato nel corso della seduta). Nannicini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 2-bis, del presente provvedimento, reca una disposizione transitoria che, in attesa di una completa attuazione delle disposizioni finanziarie in materia di gestione dei rifiuti, consente alle province di assicurare la copertura integrale dei costi del ciclo dei rifiuti mediante aumenti delle imposizioni tributarie, in deroga alle disposizioni sulla sospensione del potere di deliberare aumenti di tributi, sino all'attuazione del federalismo fiscale;
la norma citata prevede, per le province, la possibilità di deliberare una maggiorazione delle addizionali all'accisa sull'energia elettrica in misura non superiore al vigente importo delle addizionali;
la possibilità di sblocco dei tributi, concessa alle province, non tiene conto dei diversi comportamenti degli enti locali rispetto al servizio di raccolta differenziata,

impegna il Governo

a diversificare le possibilità per le province di utilizzare l'incremento delle imposizioni tributarie, a copertura degli oneri derivanti dal ciclo dei rifiuti, in modo tale da incentivare il servizio di raccolta differenziata.
9/4086/220. Misiani.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 2-bis, del presente provvedimento, reca una disposizione transitoria che, in attesa di una completa attuazione delle disposizioni finanziarie in materia di gestione dei rifiuti, consente alle province di assicurare la copertura integrale dei costi del ciclo dei rifiuti mediante aumenti delle imposizioni tributarie, in deroga alle disposizioni sulla sospensione del potere di deliberare aumenti di tributi, sino all'attuazione del federalismo fiscale;
la norma citata prevede, per le province, la possibilità di deliberare una maggiorazione delle addizionali all'accisa sull'energia elettrica in misura non superiore al vigente importo delle addizionali;
la possibilità di sblocco dei tributi, concessa alle province, non tiene conto dei diversi comportamenti degli enti locali rispetto al servizio di raccolta differenziata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di diversificare le possibilità per le province di utilizzare l'incremento delle imposizioni tributarie, a copertura degli oneri derivanti dal ciclo dei rifiuti, in modo tale da incentivare il servizio di raccolta differenziata.
9/4086/220.(Testo modificato nel corso della seduta).Misiani.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 2-bis, del presente provvedimento, reca una disposizione transitoria che, in attesa di una completa attuazione delle disposizioni finanziarie in materia di gestione dei rifiuti, consente alle regioni di assicurare la copertura integrale dei costi del ciclo dei rifiuti mediante aumenti delle imposizioni tributarie, in deroga alle disposizioni sulla sospensione del potere di deliberare aumenti di tributi, sino all'attuazione del federalismo fiscale;
la norma citata prevede, per le regioni, la copertura degli oneri derivanti dalla gestione del ciclo dei rifiuti, con aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquota attribuite alle regioni stesse, nonché l'incremento della misura dell'imposta regionale sulla benzina per autotrazione;
la possibilità di sblocco dei tributi, concessa alle regioni, non tiene conto dei diversi comportamenti degli enti territoriali rispetto al servizio di raccolta differenziata,

impegna il Governo

a diversificare le possibilità per le regioni di utilizzare l'incremento delle imposizioni tributarie, a copertura degli oneri derivanti dal ciclo dei rifiuti, in modo tale da incentivare il servizio di raccolta differenziata.
9/4086/221. Sereni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 2-bis, del presente provvedimento, reca una disposizione transitoria che, in attesa di una completa attuazione delle disposizioni finanziarie in materia di gestione dei rifiuti, consente alle regioni di assicurare la copertura integrale dei costi del ciclo dei rifiuti mediante aumenti delle imposizioni tributarie, in deroga alle disposizioni sulla sospensione del potere di deliberare aumenti di tributi, sino all'attuazione del federalismo fiscale;
la norma citata prevede, per le regioni, la copertura degli oneri derivanti dalla gestione del ciclo dei rifiuti, con aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquota attribuite alle regioni stesse, nonché l'incremento della misura dell'imposta regionale sulla benzina per autotrazione;
la possibilità di sblocco dei tributi, concessa alle regioni, non tiene conto dei diversi comportamenti degli enti territoriali rispetto al servizio di raccolta differenziata;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di diversificare le possibilità per le regioni di utilizzare l'incremento delle imposizioni tributarie, a copertura degli oneri derivanti dal ciclo dei rifiuti, in modo tale da incentivare il servizio di raccolta differenziata.
9/4086/221.(Testo modificato nel corso della seduta).Sereni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 2-bis, del presente provvedimento, reca una disposizione transitoria che, in attesa di una completa attuazione delle disposizioni finanziarie in materia di gestione dei rifiuti, consente alle province di assicurare la copertura integrale dei costi del ciclo dei rifiuti mediante aumenti delle imposizioni tributarie, in deroga alle disposizioni sulla sospensione del potere di deliberare aumenti di tributi, sino all'attuazione del federalismo fiscale;
la norma citata prevede, per le province, la possibilità di deliberare una maggiorazione delle addizionali all'accisa sull'energia elettrica in misura non superiore al vigente importo delle addizionali;
lo sblocco dei tributi locali per la copertura degli oneri derivanti dal ciclo della gestione dei rifiuti costituisce l'ennesima conferma della politica fiscale di un Governo che a parole propone slogan contro l'incremento della tassazione ma che, nei fatti, provvede a incrementare la pressione fiscale, come dimostrano anche gli schemi dei decreti legislativi attuativi del federalismo fiscale attualmente all'esame del Parlamento,

impegna il Governo

a garantire che lo sblocco dei tributi per le province non si traduca in nessun modo in un incremento del carico fiscale per ogni singolo contribuente.
9/4086/222. Duilio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 2-bis, del presente provvedimento, reca una disposizione transitoria che, in attesa di una completa attuazione delle disposizioni finanziarie in materia di gestione dei rifiuti, consente alle province di assicurare la copertura integrale dei costi del ciclo dei rifiuti mediante aumenti delle imposizioni tributarie, in deroga alle disposizioni sulla sospensione del potere di deliberare aumenti di tributi, sino all'attuazione del federalismo fiscale;
la norma citata prevede, per le province, la possibilità di deliberare una maggiorazione delle addizionali all'accisa sull'energia elettrica in misura non superiore al vigente importo delle addizionali;
lo sblocco dei tributi locali per la copertura degli oneri derivanti dal ciclo della gestione dei rifiuti costituisce l'ennesima conferma della politica fiscale di un Governo che a parole propone slogan contro l'incremento della tassazione ma che, nei fatti, provvede a incrementare la pressione fiscale, come dimostrano anche gli schemi dei decreti legislativi attuativi del federalismo fiscale attualmente all'esame del Parlamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire che lo sblocco dei tributi per le province non si traduca in nessun modo in un incremento del carico fiscale per ogni singolo contribuente.
9/4086/222.(Testo modificato nel corso della seduta).Duilio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 2-bis, del presente provvedimento, reca una disposizione transitoria che, in attesa di una completa attuazione delle disposizioni finanziarie in materia di gestione dei rifiuti, consente ai comuni di assicurare la copertura integrale dei costi del ciclo dei rifiuti mediante aumenti delle imposizioni tributarie, attribuite agli enti locali, in deroga alle disposizioni sulla sospensione del potere di deliberare aumenti di tributi, sino all'attuazione del federalismo fiscale;
la norma citata prevede, per i comuni, la possibilità di deliberare una maggiorazione delle addizionali all'accisa sull'energia elettrica in misura non superiore al vigente importo delle addizionali;
lo sblocco dei tributi locali per la copertura degli oneri derivanti dal ciclo della gestione dei rifiuti costituisce l'ennesima conferma della politica fiscale di un Governo che a parole propone slogan contro l'incremento della tassazione ma che, nei fatti, provvede a incrementare la pressione fiscale, come dimostrano anche gli schemi dei decreti legislativi attuativi del federalismo fiscale attualmente all'esame del Parlamento,

impegna il Governo

a garantire che lo sblocco dei tributi per i comuni non si traduca in nessun modo in un incremento del carico fiscale per ogni singolo contribuente.
9/4086/223. Boccia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 2-bis, del presente provvedimento, reca una disposizione transitoria che, in attesa di una completa attuazione delle disposizioni finanziarie in materia di gestione dei rifiuti, consente ai comuni di assicurare la copertura integrale dei costi del ciclo dei rifiuti mediante aumenti delle imposizioni tributarie, attribuite agli enti locali, in deroga alle disposizioni sulla sospensione del potere di deliberare aumenti di tributi, sino all'attuazione del federalismo fiscale;
la norma citata prevede, per i comuni, la possibilità di deliberare una maggiorazione delle addizionali all'accisa sull'energia elettrica in misura non superiore al vigente importo delle addizionali;
lo sblocco dei tributi locali per la copertura degli oneri derivanti dal ciclo della gestione dei rifiuti costituisce l'ennesima conferma della politica fiscale di un Governo che a parole propone slogan contro l'incremento della tassazione ma che, nei fatti, provvede a incrementare la pressione fiscale, come dimostrano anche gli schemi dei decreti legislativi attuativi del federalismo fiscale attualmente all'esame del Parlamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire che lo sblocco dei tributi per i comuni non si traduca in nessun modo in un incremento del carico fiscale per ogni singolo contribuente.
9/4086/223.(Testo modificato nel corso della seduta).Boccia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 16-quinquies, dispone un contributo di 3 milioni di euro per l'anno 2011 a «ciascuna delle fondazioni lirico-sinfoniche di cui all'articolo 1, comma 1, lettera f), del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64 convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100» al fine di assicurare la prosecuzione delle attività esercitate;
il secondo periodo del citato comma 16-quinquies quantifica l'onere derivante dal contributo alle fondazioni lirico sinfoniche in 6 milioni di euro nel 2011 e pertanto, si desume dalla stessa norma, che il contributo è rivolto unicamente a favore di due realtà individuate in base ai parametri stabiliti dallo stesso comma 16-quinquies;
il contributo sembrerebbe avvantaggiare nello specifico le fondazioni lirico-sinfoniche dell'Arena di Verona e della Scala di Milano escludendo altre fondazioni italiane altrettanto prestigiose che in quanto a qualità dell'opera non hanno nulla da invidiare alle realtà cui sono rivolti i contributi;
il teatro «La Fenice» è il principale teatro lirico di Venezia ed uno dei principali d'Italia; distrutto dal fuoco e riedificato, è sede di una importante stagione operistica nonché del Festival internazionale di musica contemporanea e ospita, annualmente, il concerto di Capodanno, occasione di rappresentanza mondiale della cultura italiana;
l'esclusione del teatro «La Fenice» dal contributo previsto nel decreto cosiddetto milleproroghe è deplorevole e rischia di far saltare la programmazione per la stagione 2011-2012;
il contributo avrebbe permesso di chiudere il bilancio del teatro «La Fenice» in pareggio e di inserire nel programma per il 2012 un Festival della Lirica, che potrebbe attrarre turismo di qualità,

impegna il Governo

a prevedere quanto prima un contributo analogo anche per il principale teatro lirico di Venezia «La Fenice».
9/4086/224. Baretta, Martella, Murer, Viola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 16-quinquies, dispone un contributo di 3 milioni di euro per l'anno 2011 a «ciascuna delle fondazioni lirico-sinfoniche di cui all'articolo 1, comma 1, lettera f), del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64 convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100» al fine di assicurare la prosecuzione delle attività esercitate;
il secondo periodo del citato comma 16-quinquies quantifica l'onere derivante dal contributo alle fondazioni lirico sinfoniche in 6 milioni di euro nel 2011 e pertanto, si desume dalla stessa norma, che il contributo è rivolto unicamente a favore di due realtà individuate in base ai parametri stabiliti dallo stesso comma 16-quinquies;
il contributo sembrerebbe avvantaggiare nello specifico le fondazioni lirico-sinfoniche dell'Arena di Verona e della Scala di Milano escludendo altre fondazioni italiane altrettanto prestigiose che in quanto a qualità dell'opera non hanno nulla da invidiare alle realtà cui sono rivolti i contributi;
il teatro «La Fenice» è il principale teatro lirico di Venezia ed uno dei principali d'Italia; distrutto dal fuoco e riedificato, è sede di una importante stagione operistica nonché del Festival internazionale di musica contemporanea e ospita, annualmente, il concerto di Capodanno, occasione di rappresentanza mondiale della cultura italiana;
l'esclusione del teatro «La Fenice» dal contributo previsto nel decreto cosiddetto milleproroghe è deplorevole e rischia di far saltare la programmazione per la stagione 2011-2012;
il contributo avrebbe permesso di chiudere il bilancio del teatro «La Fenice» in pareggio e di inserire nel programma per il 2012 un Festival della Lirica, che potrebbe attrarre turismo di qualità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere quanto prima un contributo analogo anche per il principale teatro lirico di Venezia «La Fenice».
9/4086/224.(Testo modificato nel corso della seduta).Baretta, Martella, Murer, Viola.

La Camera,
premesso che:
il comma 5-sexies dell'articolo 2 del presente provvedimento reca disposizioni in materia di contenimento delle spese della Banca d'Italia;
in particolare, viene attribuito alla Banca d'Italia il potere di provvedere sulle materie oggetto di contrattazione, qualora non si raggiunga un accordo con le organizzazioni sindacali in tempo utile per dare attuazione ai principi di contenimento della spesa recati dal decreto-legge 78 del 2010, e fino alla successiva eventuale sottoscrizione dell'accordo;
la norma sembrerebbe violare gli articoli 35 e 39 della Costituzione della Repubblica che tutelano gli accordi tesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro e l'attività sindacale in generale;
si modificherebbe inoltre, l'ordinamento interno della Banca d'Italia con riferimento alle intese in tema di contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego del personale, alle regole di contrattazione e alla Convenzione per i diritti sindacali, pattuite in autonomia tra la Banca d'Italia e le Organizzazioni sindacali;
si osserva, inoltre, che l'espressione «in tempo utile» contenuta nel comma non sembrerebbe fare riferimento ad una precisa scadenza temporale,

impegna il Governo

a chiarire la portata della definizione «in tempo utile».
9/4086/225. D'Antoni.

La Camera,
premesso che:
gli stabilimenti balneari sono una importante realtà socio-economica tipica del settore del turismo del nostro Paese, che nel corso ormai centenario della loro attività hanno garantito un elevato livello di accoglienza e di servizi a favore dei cittadini e della clientela turistica internazionale;
gli stabilimenti balneari sono diffusi in tutto il territorio costiero del Paese ed in alcune particolari aree, come la Versilia e la costa romagnola e marchigiana, e hanno raggiunto livelli di significatività economica paragonabile a quella di veri e propri distretti produttivi manifatturieri. Sono, inoltre, fortemente integrati con l'offerta alberghiera contribuendo significativamente al prodotto interno lordo turistico;
sulla base di recenti dati, nel territorio nazionale sono attualmente operativi circa 28.000 stabilimenti balneari, che in media occupano durante la stagione estiva non meno di 300.000 addetti, ai quali vanno aggiunti gli addetti occupati nell'indotto, ovvero dagli esercizi pubblici e dagli esercizi commerciali che vivono a stretto contatto con gli stabilimenti balneari;
gli stabilimenti balneari, oltre a rappresentare un settore primario della nostra economia, svolgono una imprescindibile attività a tutela dei turisti garantendo loro le necessarie informazioni quotidiane sulla balneabilità del mare, la sorveglianza delle coste e l'assistenza immediata in caso di emergenza a mare;
non va dimenticato, inoltre, l'imprescindibile ruolo svolto dagli stabilimenti balneari a tutela dell'ambiente naturale costiero ed in particolare nelle operazioni di pulizia e di manutenzione degli arenili;
alla luce di quanto esposto la gestione di uno stabilimento balneare deve essere considerata una vera e propria attività imprenditoriale complessa, chiamata contemporaneamente a gestire una serie di servizi alla clientela turistica ed in conseguenza ad intrattenere rapporti di natura economica con altre attività commerciali, a garantire un adeguato livello occupazionale e a svolgere servizi di tutela pubblica dei bagnanti e di manutenzione ambientale dei tratti di costa di competenza;
proprio per le caratteristiche descritte, gli stabilimenti balneari del nostro Paese si distinguono profondamente da quelli del resto dei paesi mediterranei a maggiore vocazione turistica, come Francia, Spagna e Grecia, dove la diffusione è assai più contenuta e in molti casi sono gestiti direttamente dagli alberghi e a disposizione esclusivamente della loro clientela;
l'attività imprenditoriale di gestione degli stabilimenti balneari nasce con il rilascio di una concessione demaniale marittima, valida per un determinato periodo di tempo e gli investimenti e la continuità operativa dell'attività dipendono essenzialmente dalla durata, dalle condizioni di esercizio, ovvero dai canoni concessori, e dalla possibilità di rinnovo della concessione;
proprio per far fronte alle esigenze di continuità operativa dell'attività di gestione di uno stabilimento balneare, l'articolo 37 del codice della navigazione stabilisce che nell'assegnazione della concessione e nella fase di rinnovo della medesima è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che risponda ad un più rilevante interesse pubblico;
con riguardo alla durata della concessione, l'articolo 10 della legge n. 88 del 2001, che ha modificato il comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 400 del 1993, ha previsto un meccanismo di rinnovo automatico delle medesime con cadenza sessennale;
tale combinato disposto, insieme ad altre disposizioni normative che hanno demandato a regioni e comuni compiti di regolamentazione tecnica dell'attività, ha consentito nel corso degli ultimi anni un forte sviluppo dell'attività lungo tutta la costa nazionale e garantito la possibilità ai gestori degli stabilimenti balneari di programmare consistenti investimenti finalizzati a migliorare le strutture ricettive degli stabilimenti e ad innalzare il livello dei servizi offerti al cittadino;
in data 2 febbraio 2009, l'Unione europea ha aperto nei confronti dell'Italia una procedura d'infrazione n. 2008/4908 per il mancato adeguamento della normativa nazionale in materia di concessioni demaniali marittime ai contenuti previsti dalla «direttiva servizi», meglio conosciuta come direttiva Bolkestein (direttiva 123/2006/CE);
la direzione generale del mercato interno e dei servizi della Commissione europea, in una nota del 4 agosto 2009 inviata dalla rappresentanza permanente presso l'Unione europea al dipartimento delle politiche comunitarie presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha evidenziato che la preferenza accordata dall'articolo 37 del codice della navigazione al concessionario uscente, oltre ad essere contraria all'articolo 43 del trattato istituito dalla comunità europea, è nel contempo in contrasto con l'articolo 12 della «direttiva servizi» ed ha invitato le autorità italiane ad adottare tutte le misure necessarie al fine di rendere l'ordinamento italiano pienamente conforme a quello comunitario entro il termine ultimo del 31 dicembre 2009;
nonostante l'articolo 1, comma 18, della legge 25 del 2010 abbia previsto la proroga dei titoli vigenti fino al 31 dicembre 2015, recenti sentenze della magistratura amministrativa testimoniano come, a procedura di infrazione aperta, i giudici tendano a disapplicare la norma;
la soluzione rispetto alla procedura di infrazione dovrebbe essere contenuta nel disegno di legge comunitaria 2010 che però potrebbe avere tempi lunghi ed essere approvato non prima di marzo 2011 arrecando un grave danno ai concessionari che si apprestano ad iniziare la nuova stagione turistica,

impegna il Governo

ad anticipare quanto più possibile la soluzione in un prossimo provvedimento utile al fine di consentire ai concessionari di demanio marittimo di ottenere la proroga prevista per legge al 2015 e affrontare così le stagioni turistiche sino alla definizione normativa della materia conseguente alla proroga di cui sopra.
9/4086/226. Vannucci.

La Camera,
premesso che:
gli effetti della crisi economica internazionale sta producendo nel nostro Paese un grave depauperamento del tessuto produttivo ed una contrazione occupazionale di notevole entità;
secondo un'indagine, finanziata dall'Unione europea, recentemente pubblicata, un posto di lavoro su quattro, interessato da processi di ristrutturazione aziendale viene definitivamente perso a causa di processi di delocalizzazione produttiva all'estero;
secondo la suddetta ricerca, gli occupati persi in seguito a processi di delocalizzazione produttiva sarebbero il 6,4 per cento;
come recentemente scoperto da numerose indagini giudiziarie, a tale pratica si accompagna spesso una condotta criminale, che attraverso l'utilizzo di società off-shore cerca di occultare al fisco italiano gli utili realizzati dalle produzioni all'estero;
considerato
il grave danno economico e il nocumento del tessuto produttivo italiano causato dalla delocalizzazione produttiva all'estero;
che la pratica di spostare la produzione all'estero, molto diffusa in vari settori del manifatturiero ed in particolare di quelli in cui il Made in Italy, realizza una concorrenza sleale nei confronti di analoghe produzioni che vengono realizzate, in tutte le fasi produttive nel nostro Paese;
che tale pratica, produce inoltre, una competizione basata sulla contrazione dei costi del lavoro, a danno dei lavoratori e della qualità dei prodotti e dei servizi offerti ai consumatori ed in generale delle rinomate produzioni del Made in Italy,

impegna il Governo

ad assumere iniziative al fine di introdurre misure volte alla disincentivazione alla delocalizzazione produttiva all'estero, anche attraverso cessione di ramo d'azienda ovvero attraverso l'appalto ad aziende terze di attività produttive.
9/4086/227. Berretta.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevede la riduzione del 50 per cento - da parte delle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, incluse le Agenzie fiscali, delle università e degli enti di cui pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - della spesa sostenuta nel 2009 per i contratti di somministrazione di lavoro, a tempo determinato, «CO.CO.CO.», formazione lavoro e lavoro accessorio;
l'articolo 2, al comma 6, del decreto-legge in esame, in deroga alla normativa vigente, autorizza il Ministero dell'interno a rinnovare per un anno i contratti a tempo determinato stipulati in relazione allo stato di emergenza per garantire l'operatività sia degli sportelli unici per l'immigrazione in relazione ai compiti di accoglienza e integrazione, sia degli uffici immigrazione delle questure per completare le procedure di emersione del lavoro irregolare;
anche per altri enti, come per esempio l'INPS, la disposizione richiamata rischia di non garantire l'operatività dell'Istituto,

impegna il Governo

a garantire anche per i lavoratori precari dell'Inps la possibilità di continuare la prestazione lavorativa la fine di garantire i servizi fino ad ora prestati e la completa ed efficiente operatività dell'Istituto.
9/4086/228. Gatti.

La Camera,
premesso che:
sono migliaia i giovani che, vincitori di concorso pubblico, attendono da tempo di essere assunti. Siamo di fronte infatti ad una nuova categoria di «disoccupati», vale a dire giovani, che pur avendo sostenuto una prova concorsuale ed avendola vinta, si trovano oggi senza poter accedere al posto per il quale hanno studiato e sostenuto sacrifici anche economici. Una volta superate le prove, infatti, e pubblicata la graduatoria definitiva, l'immissione nel posto di lavoro che gli spetta viene continuamente rimandata, anche per anni, al punto di poter dire che si è creata una nuova categoria di disoccupati i cosiddetti «vincitori di concorsi pubblici non assunti»;
nonostante questo, però perché la «macchina dei concorsi» non si ferma. In una recente inchiesta pubblicata dal quotidiano La Repubblica si stima che le spese per procedere all'organizzazione dei concorsi sia intorno a 3 miliardi di euro l'anno, tutti a carico delle amministrazioni che molto spesso pagano società esterne per la correzione dei compiti. In tal senso solo nel 2010 sono stati banditi oltre 7.000 concorsi che rischiano di essere svolti a vuoto visto che il ministro Brunetta ha dichiarato che vi sono circa 300 mila esuberi nel comparto della pubblica amministrazione,

impegna il Governo

ad impedire che la pubblica amministrazione, in tutte le sue diramazioni, bandisca concorsi pubblici senza aver prima proceduto all'assunzione dei vincitori di concorso ed esaurito le graduatorie degli idonei esistenti.
9/4086/229. Madia.

La Camera,
premesso che:
sono migliaia i giovani che, vincitori di concorso pubblico, attendono da tempo di essere assunti. Siamo di fronte infatti ad una nuova categoria di «disoccupati», vale a dire giovani, che pur avendo sostenuto una prova concorsuale ed avendola vinta, si trovano oggi senza poter accedere al posto per il quale hanno studiato e sostenuto sacrifici anche economici. Una volta superate le prove, infatti, e pubblicata la graduatoria definitiva, l'immissione nel posto di lavoro che gli spetta viene continuamente rimandata, anche per anni, al punto di poter dire che si è creata una nuova categoria di disoccupati i cosiddetti «vincitori di concorsi pubblici non assunti»;
nonostante questo, però perché la «macchina dei concorsi» non si ferma. In una recente inchiesta pubblicata dal quotidiano La Repubblica si stima che le spese per procedere all'organizzazione dei concorsi sia intorno a 3 miliardi di euro l'anno, tutti a carico delle amministrazioni che molto spesso pagano società esterne per la correzione dei compiti. In tal senso solo nel 2010 sono stati banditi oltre 7.000 concorsi che rischiano di essere svolti a vuoto visto che il ministro Brunetta ha dichiarato che vi sono circa 300 mila esuberi nel comparto della pubblica amministrazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di impedire che la pubblica amministrazione, in tutte le sue diramazioni, bandisca concorsi pubblici senza aver prima proceduto all'assunzione dei vincitori di concorso ed esaurito le graduatorie degli idonei esistenti.
9/4086/229.(Testo modificato nel corso della seduta).Madia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevede la riduzione del 50 per cento - da parte delle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, incluse le Agenzie fiscali, delle università e degli enti di cui pubblici di cui all'articolo 70, comma 4 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - della spesa sostenuta nel 2009 per i contratti di somministrazione di lavoro, a tempo determinato, «CO.CO.CO.», formazione lavoro e lavoro accessorio;
nel provvedimento in oggetto, opportunamente, si dispone una deroga a tale previsione, in ragione delle straordinarie esigenze del Ministero dell'interno nell'espletazione delle procedure connesse alla regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari, pena la paralisi di tale servizio;
analoghe esigenze sono segnalate da molte amministrazioni pubbliche,

impegna il Governo

a presentare al Parlamento, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, una relazione dettagliata sugli effetti prodottisi sull'operatività delle diverse amministrazioni dall'applicazione delle richiamate disposizioni di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.
9/4086/230. Miglioli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevede la riduzione del 50 per cento - da parte delle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, incluse le Agenzie fiscali, delle università e degli enti di cui pubblici di cui all'articolo 70, comma 4 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - della spesa sostenuta nel 2009 per i contratti di somministrazione di lavoro, a tempo determinato, «CO.CO.CO.», formazione lavoro e lavoro accessorio;
nel provvedimento in oggetto, opportunamente, si dispone una deroga a tale previsione, in ragione delle straordinarie esigenze del Ministero dell'interno nell'espletazione delle procedure connesse alla regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari, pena la paralisi di tale servizio;
analoghe esigenze sono segnalate da molte amministrazioni pubbliche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di presentare al Parlamento, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, una relazione dettagliata sugli effetti prodottisi sull'operatività delle diverse amministrazioni dall'applicazione delle richiamate disposizioni di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.
9/4086/230.(Testo modificato nel corso della seduta).Miglioli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevede la riduzione del 50 per cento - da parte delle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, incluse le agenzie fiscali, delle università e degli enti di cui pubblici di cui all'articolo 70, comma 4 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - della spesa sostenuta nel 2009 per i contratti di somministrazione di lavoro, a tempo determinato, «CO.CO.CO.», formazione lavoro e lavoro accessorio;
nel provvedimento in oggetto, opportunamente, si dispone una deroga a tale previsione, in ragione delle straordinarie esigenze del Ministero dell'interno nell'espletazione delle procedure connesse alla regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari, pena la paralisi di tale servizio;
analoghe esigenze sono segnalate da molte amministrazioni pubbliche,

impegna il Governo

a presentare al Parlamento, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, una relazione dettagliata sugli effetti prodottisi sull'operatività delle diverse amministrazioni dall'applicazione delle richiamate disposizioni di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, anche al fine di prevedere analoghe deroghe, così come disposto in favore dell'amministrazione del Ministero dell'interno.
9/4086/231. Damiano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevede la riduzione del 50 per cento - da parte delle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, incluse le agenzie fiscali, delle università e degli enti di cui pubblici di cui all'articolo 70, comma 4 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - della spesa sostenuta nel 2009 per i contratti di somministrazione di lavoro, a tempo determinato, «CO.CO.CO.», formazione lavoro e lavoro accessorio;
nel provvedimento in oggetto, opportunamente, si dispone una deroga a tale previsione, in ragione delle straordinarie esigenze del Ministero dell'interno nell'espletazione delle procedure connesse alla regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari, pena la paralisi di tale servizio;
analoghe esigenze sono segnalate da molte amministrazioni pubbliche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di presentare al Parlamento, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, una relazione dettagliata sugli effetti prodottisi sull'operatività delle diverse amministrazioni dall'applicazione delle richiamate disposizioni di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, anche al fine di prevedere analoghe deroghe, così come disposto in favore dell'amministrazione del Ministero dell'interno.
9/4086/231.(Testo modificato nel corso della seduta).Damiano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 212 della legge finanziaria 2010 ha previsto il pagamento del contributo unificato nei giudizi di opposizione ad ordinanze-ingiunzione di pagamento di sanzioni amministrative di cui alla legge n. 689 del 1981 e nei giudizi di lavoro davanti alla Corte di cassazione, che precedentemente erano, entrambi, esenti da ogni tassa o imposta;
l'articolo 2, comma 4-quinquiesdecies, proroga al 31 dicembre 2011 l'entrata in vigore della norma sopradescritta,

impegna il Governo

a rivedere, quanto prima, la norma in oggetto al fine di non far gravare sui lavoratori il pagamento del contributo unificato ivi previsto, in un momento di crisi economica particolarmente grave e di aumento del costo della vita ultimamente registrato nel nostro Paese.
9/4086/232. Codurelli.

La Camera,
premesso che:
il Senato, nel corso dell'esame ha introdotto una norma che proroga di un anno l'adozione dei regolamenti governativi volti a consentire il coordinamento della disciplina generale in materia di sicurezza del lavoro con la normativa concernente le attività lavorative a bordo delle navi, comprese le navi da pesca, le attività in ambito portuale ed il trasporto ferroviario;
il decreto legislativo n. 81 del 2008, varato con un ampio consenso anche in sede di espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti, è stato il frutto di un lungo e laborioso lavoro, che ha visto un confronto serrato con le organizzazioni sindacali e datoriali, al fine di pervenire ad un testo il più possibile condiviso;
nel corso della presente legislatura il Governo ha portato avanti un preciso processo di depotenziamento delle tutele dei lavoratori e di sostanziale dequalificazione del fattore lavoro, con una concomitante deresponsabilizzazione dello Stato e del sistema delle imprese. Si è assistito, infatti, a un sistematico intervento sul decreto legislativo in oggetto volto a procrastinare l'entrata in vigore di norme importanti,

impegna il Governo

a rispettare i termini dei regolamenti governativi previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008, anche al fine di dare piena e puntuale applicazione al decreto legislativo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
9/4086/233. Boccuzzi.

La Camera,
premesso che:
da diversi anni nella pubblica amministrazione si assiste al negativo fenomeno dei vincitori di concorsi non assunti;
a causa della normativa sul blocco del turn over nelle assunzioni, migliaia di persone - spesso giovani che hanno dedicato tempo e risorse per affrontare e vincere un concorso pubblico - si vedono procrastinata la propria assunzione con grave danno personale e delle stesse pubbliche amministrazioni che si vedono private delle competenze di cui necessiterebbero;
tale situazione riguarda tutti i comparti della pubblica amministrazione e secondo le notizie diffuse dal «Comitato vincitori non assunti della pubblica amministrazione», attraverso l'omonimo sito Internet, sarebbero circa 70.000 i cittadini vincitori ovvero idonei di concorsi pubblici che si trovano dopo mesi e a volte anni in attesa di assunzione,

impegna il Governo

ad effettuare un monitoraggio al fine di stabilire il numero effettivo dei vincitori di concorso non assunti nelle varie amministrazioni dello Stato, fornendo alle Camere i relativi dati.
9/4086/234. Bellanova.

La Camera,
premesso che:
da diversi anni nella pubblica amministrazione si assiste al negativo fenomeno dei vincitori di concorsi non assunti;
a causa della normativa sul blocco del turn over nelle assunzioni, migliaia di persone - spesso giovani che hanno dedicato tempo e risorse per affrontare e vincere un concorso pubblico - si vedono procrastinata la propria assunzione con grave danno personale e delle stesse pubbliche amministrazioni che si vedono private delle competenze di cui necessiterebbero;
tale situazione riguarda tutti i comparti della pubblica amministrazione e secondo le notizie diffuse dal «Comitato vincitori non assunti della pubblica amministrazione», attraverso l'omonimo sito Internet, sarebbero circa 70.000 i cittadini vincitori ovvero idonei di concorsi pubblici che si trovano dopo mesi e a volte anni in attesa di assunzione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative affinché le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici rispettino le percentuali di assunzioni relativamente ai posti banditi riservati al personale interno ed esterno, abbattendo il fenomeno dei vincitori non assunti.
9/4086/235. Rampi.

La Camera,
premesso che:
da diversi anni nella pubblica amministrazione si assiste al negativo fenomeno dei vincitori di concorsi non assunti;
a causa della normativa sul blocco del turn over nelle assunzioni, migliaia di persone - spesso giovani che hanno dedicato tempo e risorse per affrontare e vincere un concorso pubblico - si vedono procrastinata la propria assunzione con grave danno personale e delle stesse pubbliche amministrazioni che si vedono private delle competenze di cui necessiterebbero;
tale situazione riguarda tutti i comparti della pubblica amministrazione e secondo le notizie diffuse dal «Comitato vincitori non assunti della pubblica amministrazione», attraverso l'omonimo sito Internet, sarebbero circa 70.000 i cittadini vincitori ovvero idonei di concorsi pubblici che si trovano dopo mesi e a volte anni in attesa di assunzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative affinché le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici rispettino le percentuali di assunzioni relativamente ai posti banditi riservati al personale interno ed esterno, abbattendo il fenomeno dei vincitori non assunti.
9/4086/235.(Testo modificato nel corso della seduta).Rampi.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 78 del 2010, all'articolo 12, commi 1 e 2, stabilisce l'introduzione delle cosiddette «finestre scorrevoli», in base alle quali i lavoratori conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico, per coloro i quali sono liquidate le pensioni a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti, trascorsi dodici mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti; mentre per coloro i quali conseguono il trattamento di pensione a carico delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti nonché della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, trascorsi diciotto mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti;
tale disposizione include nello slittamento dei termini di decorrenza anche i lavoratori e le lavoratrici che abbiano maturato il requisito di anzianità contributiva pari ad almeno quaranta anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere una proroga per i lavoratori che abbiano maturato il requisito di anzianità contributiva pari ad almeno 40 anni di contributi, considerando anche che il periodo in eccedenza non contribuisce ai fini del trattamento pensionistico, al fine di rivedere la norma e renderla più equa per i lavoratori in oggetto.
9/4086/236. Gnecchi, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e successive modificazioni, la maggioranza di Governo ha introdotto, non solo il collocamento obbligatorio in quiescenza dei dipendenti pubblici, al compimento dei 40 anni di anzianità contributiva ma anche la possibilità di uscire 5 anni prima del raggiungimento dei requisiti per l'accesso alla pensione;
nel contempo il Governo, contraddittoriamente, sostiene la necessità di elevare l'età per il pensionamento, intervenendo in tal senso con il decreto-legge n. 78 del 2010 e poi con la legge di stabilità 2011, considerando sia il calcolo dell'aspettativa di vita per quanto riguarda la definizione dell'età pensionabile, sia il calcolo delle prestazioni pensionistiche;
l'articolo 2, comma 53, proroga la possibilità per i dipendenti pubblici di finire dell'istituto dell'esonero dal servizio nel corso del quinquennio antecedente alla data di maturazione dell'anzianità massima contributiva di 40 anni fino al 2014,

impegna il Governo

a riferire alle Camere, previo attento monitoraggio, il numero dei dipendenti pubblici collocati obbligatoriamente a riposo, in base all'articolo 17, comma 35-novies, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, con particolare riferimento alla quantità sia degli uomini che delle donne, all'età anagrafica degli stessi, alla loro ripartizione nei diversi settori della pubblica amministrazione, anche al fine di verificare con esattezza a quale età siano stati collocati obbligatoriamente a riposo.
9/4086/237. Santagata.

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e successive modificazioni, la maggioranza di Governo ha introdotto, non solo il collocamento obbligatorio in quiescenza dei dipendenti pubblici, al compimento dei 40 anni di anzianità contributiva ma anche la possibilità di uscire 5 anni prima del raggiungimento dei requisiti per l'accesso alla pensione;
nel contempo il Governo, contraddittoriamente, sostiene la necessità di elevare l'età per il pensionamento, intervenendo in tal senso con il decreto-legge n. 78 del 2010 e poi con la legge di stabilità 2011, considerando sia il calcolo dell'aspettativa di vita per quanto riguarda la definizione dell'età pensionabile, sia il calcolo delle prestazioni pensionistiche;
l'articolo 2, comma 53, proroga la possibilità per i dipendenti pubblici di finire dell'istituto dell'esonero dal servizio nel corso del quinquennio antecedente alla data di maturazione dell'anzianità massima contributiva di 40 anni fino al 2014,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riferire alle Camere, previo attento monitoraggio, il numero dei dipendenti pubblici collocati obbligatoriamente a riposo, in base all'articolo 17, comma 35-novies, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, con particolare riferimento alla quantità sia degli uomini che delle donne, all'età anagrafica degli stessi, alla loro ripartizione nei diversi settori della pubblica amministrazione, anche al fine di verificare con esattezza a quale età siano stati collocati obbligatoriamente a riposo.
9/4086/237.(Testo modificato nel corso della seduta).Santagata.

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e successive modificazioni, la maggioranza di Governo ha introdotto, non solo il collocamento obbligatorio in quiescenza dei dipendenti pubblici, al compimento dei 40 anni di anzianità contributiva ma anche la possibilità di uscire 5 anni prima del raggiungimento dei requisiti per l'accesso alla pensione;
nel contempo il Governo, contraddittoriamente, sostiene la necessità di elevare l'età per il pensionamento, intervenendo in tal senso con il decreto-legge n. 78 del 2010 e poi con la legge di stabilità 2011, considerando sia il calcolo dell'aspettativa di vita per quanto riguarda la definizione dell'età pensionabile, sia il calcolo delle prestazioni pensionistiche;
l'articolo 2, comma 53, proroga la possibilità per i dipendenti pubblici di finire dell'istituto dell'esonero dal servizio nel corso del quinquennio antecedente alla data di maturazione dell'anzianità massima contributiva di 40 anni fino al 2014,

impegna il Governo

a riferire alle Camere, previo attento monitoraggio, circa gli effetti finanziari della normativa in oggetto.
9/4086/238. Bobba.

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e successive modificazioni, la maggioranza di Governo ha introdotto, non solo il collocamento obbligatorio in quiescenza dei dipendenti pubblici, al compimento dei 40 anni di anzianità contributiva ma anche la possibilità di uscire 5 anni prima del raggiungimento dei requisiti per l'accesso alla pensione;
nel contempo il Governo, contraddittoriamente, sostiene la necessità di elevare l'età per il pensionamento, intervenendo in tal senso con il decreto-legge n. 78 del 2010 e poi con la legge di stabilità 2011, considerando sia il calcolo dell'aspettativa di vita per quanto riguarda la definizione dell'età pensionabile, sia il calcolo delle prestazioni pensionistiche;
l'articolo 2, comma 53, proroga la possibilità per i dipendenti pubblici di finire dell'istituto dell'esonero dal servizio nel corso del quinquennio antecedente alla data di maturazione dell'anzianità massima contributiva di 40 anni fino al 2014,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riferire alle Camere, previo attento monitoraggio, circa gli effetti finanziari della normativa in oggetto.
9/4086/238.(Testo modificato nel corso della seduta).Bobba.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19, comma 2, del decreto-legge 28 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha previsto in via sperimentale per gli anni 2009, 2010 e 2011 l'erogazione di una somma in un'unica soluzione pari al 10 per cento del reddito percepito l'anno precedente, ai collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, iscritti in via esclusiva alla gestione separata presso l'INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati dall'articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i quali soddisfino in via congiunta le seguenti condizioni: a) operino in regime di monocommittenza; b) abbiano conseguito l'anno precedente un reddito superiore a 5.000 euro e pari o inferiore al minimale di reddito di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233, e siano stati accreditati presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre; c) con riguardo all'anno di riferimento sia accreditato presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre; d) non risultino accreditati nell'anno precedente almeno due mesi presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del decreto-legge il tetto di reddito di cui alla lettera b) equivale, per l'anno 2008, a circa 13.820 euro;
l'articolo 2, comma 130, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ha modificato la disposizione in questione per gli anni 2010-2011 elevando la somma al 30 per cento del reddito percepito l'anno precedente, parzialmente modificando i requisiti per l'accesso. In particolare il reddito massimo è stato portato a 20.000 euro; con riguardo all'anno di riferimento il collaboratore deve essere stato accreditato presso la gestione separata INPS per almeno un mese, deve risultare senza lavoro da almeno due mesi e nell'anno precedente, con almeno tre mensilità accreditate presso la predetta gestione separata. Rimangono fermi i requisiti originari per coloro che hanno maturato il diritto all'erogazione entro il 31 dicembre 2009;
per i giovani diventa sempre più difficile l'ingresso nel mondo del lavoro. Quando vi accedono spesso, per poter vivere in maniera dignitosa, sono costretti a svolgere più lavori e nella maggior parte dei casi si tratta di più ricommittenze, per i quali sono tenuti a versare i contributi previdenziali,

impegna il Governo

a prorogare le norme esposte in premessa fino al 31 dicembre 2012, ed a rivedere le stesse anche al fine di consentire ai lavoratori con più committenze, di poter accedere alle prestazioni di sostegno al reddito, dal momento che tali lavoratori versano all'INPS i contributi anche in misura maggiorata.
9/4086/239. Mosca.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19, comma 2, del decreto-legge 28 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha previsto in via sperimentale per gli anni 2009, 2010 e 2011 l'erogazione di una somma in un'unica soluzione pari al 10 per cento del reddito percepito l'anno precedente, ai collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, iscritti in via esclusiva alla gestione separata presso l'INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati dall'articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i quali soddisfino in via congiunta le seguenti condizioni: a) operino in regime di monocommittenza; b) abbiano conseguito l'anno precedente un reddito superiore a 5.000 euro e pari o inferiore al minimale di reddito di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233, e siano stati accreditati presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre; c) con riguardo all'anno di riferimento sia accreditato presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre; d) non risultino accreditati nell'anno precedente almeno due mesi presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del decreto-legge il tetto di reddito di cui alla lettera b) equivale, per l'anno 2008, a circa 13.820 euro;
l'articolo 2, comma 130, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ha modificato la disposizione in questione per gli anni 2010-2011 elevando la somma al 30 per cento del reddito percepito l'anno precedente, parzialmente modificando i requisiti per l'accesso. In particolare il reddito massimo è stato portato a 20.000 euro; con riguardo all'anno di riferimento il collaboratore deve essere stato accreditato presso la gestione separata INPS per almeno un mese, deve risultare senza lavoro da almeno due mesi e nell'anno precedente, con almeno tre mensilità accreditate presso la predetta gestione separata. Rimangono fermi i requisiti originari per coloro che hanno maturato il diritto all'erogazione entro il 31 dicembre 2009;
per i giovani diventa sempre più difficile l'ingresso nel mondo del lavoro. Quando vi accedono spesso, per poter vivere in maniera dignitosa, sono costretti a svolgere più lavori e nella maggior parte dei casi si tratta di più ricommittenze, per i quali sono tenuti a versare i contributi previdenziali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare le norme esposte in premessa fino al 31 dicembre 2012, ed a rivedere le stesse anche al fine di consentire ai lavoratori con più committenze, di poter accedere alle prestazioni di sostegno al reddito, dal momento che tali lavoratori versano all'INPS i contributi anche in misura maggiorata.
9/4086/239.(Testo modificato nel corso della seduta).Mosca.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 della legge n. 169 del 2008, al fine di porre un fieno alla prassi di troppo frequenti cambi di adozione, prassi che si traduce in un aggravio per le famiglie, nei casi in cui non interviene la gratuità, ha disposto che l'adozione dei libri di testo avvenga nella scuola primaria con cadenza quinquennale, a valere per il successivo quinquennio, e nella scuola secondaria di primo e secondo grado ogni sei anni, a valere per i successivi sei anni;
la pratica applicazione del provvedimento dimostra che esso, senza peraltro apportare concreti vantaggi alle famiglie, pone un evidente limite alla libertà degli insegnati e rischia di arrecare danni cospicui al settore dell'editoria scolastica ostacolando, in particolare, il regolare aggiornamento dei libri di testo,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti che, nel confermare il condiviso obiettivo di tutelare l'economia delle famiglie italiane, vada a introdurre elementi di flessibilità nelle modalità con le quali le scuole adottano i libri di testo.
9/4086/240. Levi, Siragusa, Ghizzoni, Coscia, Antonino Russo, Pes, Rossa, De Torre, Melandri, De Pasquale, Bachelet, Nicolais, De Biasi, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
nel provvedimento in esame risulta assente qualsiasi intervento volto a sostenere l'attività dei prestigiosi istituti culturali presenti in Italia;
tali istituti culturali, che sono organizzazioni senza scopo di lucro, promuovono le attività di studio e di ricerca, nonché di elaborazione culturale destinata alla pubblica fruizione; si occupano della tenuta, della conservazione, della valorizzazione e dell'arricchimento del proprio patrimonio bibliotecario e archivistico; mettono a disposizione degli studiosi e dei cittadini, gratuitamente, la documentazione archivistica e il patrimonio librario di cui sono proprietari;
l'impegno e le attività degli enti e degli istituti culturali copre l'intero panorama della cultura e della conoscenza, incrementando cosi le possibilità di accesso dei cittadini e le opportunità di crescita civile e culturale;
in ragione della funzione di interesse pubblico rivestita dagli istituti, dalle associazioni, dagli enti, dalle fondazioni e, in generale, dagli organismi culturali, essi sono sostenuti dallo Stato con le risorse pubbliche assegnate ai sensi della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e annualmente stabilite in sede di legge di stabilità nella tabella C;
l'articolo 7, comma 24, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, ha ridotto, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, gli stanziamenti sui capitoli iscritti negli stati di previsione delle amministrazioni centrali vigilanti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni e altri organismi per una quota pari al 50 per cento delle dotazioni dell'anno 2009. La stessa disposizione ha, altresì, previsto che, i ministri competenti, entro sessanta giorni, stabilissero con decreto il riparto delle risorse rimaste disponibili nei citati capitoli,

impegna il Governo

a reperire, in sede di discussione del prossimo provvedimento utile, risorse aggiuntive, almeno pari alle somme erogate nell'anno 2008, finalizzate a garantire la continuità delle attività svolte dai prestigiosi istituti culturali.
9/4086/241. Mazzarella, Ghizzoni, Coscia, Siragusa, Antonino Russo, Pes, Rossa, De Torre, Levi, Melandri, De Pasquale, Bachelet, Nicolais, De Biasi, Lolli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non reitera la proroga per l'anno in corso dello sconto del calcolo delle spese di personale degli atenei italiani rispetto al Fondo di finanziamento ordinario;
in tale situazione 36 atenei italiani supereranno pertanto il tetto del 90 per cento del Fondo di finanziamento ordinario per le spese fisse con il conseguente blocco del turn over;
il superamento di tale soglia dipende dalla forbice tra spese fisse sempre in crescita e dal taglio ai fondi trasferiti dallo Stato agli atenei,

impegna il Governo

ad intervenire, in sede di discussione del primo provvedimento utile, a sostegno dei tanti atenei che a fronte del blocco totale del turn over rischiano di non poter garantire già dal prossimo anno accademico l'offerta formativa e l'attività di ricerca.
9/4086/242. Ghizzoni, Coscia, Siragusa, Antonino Russo, Pes, Rossa, De Torre, Levi, Melandri, De Pasquale, Bachelet, Nicolais, De Biasi, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
è ormai noto e riconosciuto il ruolo fondamentale che svolgono l'Istituto italiano per gli studi storici e l'Istituto italiano per gli studi filosofici, aventi sede in Napoli, destinatari nel passato di specifiche misure del CIPE a sostegno delle rispettive attività di ricerca e formazione di rilevante interesse pubblico per lo sviluppo dell'integrazione europea e mediterranea delle aree del Mezzogiorno, di cui al comma 219 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e al comma 1149 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
le risorse stanziate dal provvedimento in esame coprono solo parzialmente il loro bilancio, considerato l'altissimo profilo scientifico e culturale che rivestono tali organismi nel panorama mondiale degli istituti culturali e considerato che le loro attività, sviluppate tra l'altro in aree socialmente svantaggiate del Paese, moltiplicano le occasioni di studio, di alta formazione e di ricerca;
è noto il ruolo determinante che può essere svolto da tali istituti superiori nel promuovere il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero;
l'intensa e proficua attività culturale dell'Istituto italiano per gli studi storici e dell'Istituto italiano per gli studi filosofici, che in una moderna «società della conoscenza» devono essere tutelati e valorizzati in ogni modo, ha un riconoscimento unanime ed internazionale,

impegna il Governo

ad elaborare un quadro di interventi e risorse che preveda per il triennio 2010-2012 stanziamenti annuali adeguati alle necessità dei predetti istituti in misura, in ogni caso, non inferiore a quanto già annualmente destinato agli stessi negli esercizi 2008 e 2009 dal comma 1149 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
9/4086/243.Nicolais, Ciriello, Mazzarella, Bachelet, Scalera, Capitanio Santolini, Goisis, Granata, Villecco Calipari, Graziano.

La Camera,
premesso che:
è ormai noto e riconosciuto il ruolo fondamentale che svolgono l'Istituto italiano per gli studi storici e l'Istituto italiano per gli studi filosofici, aventi sede in Napoli, destinatari nel passato di specifiche misure del CIPE a sostegno delle rispettive attività di ricerca e formazione di rilevante interesse pubblico per lo sviluppo dell'integrazione europea e mediterranea delle aree del Mezzogiorno, di cui al comma 219 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e al comma 1149 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
le risorse stanziate dal provvedimento in esame coprono solo parzialmente il loro bilancio, considerato l'altissimo profilo scientifico e culturale che rivestono tali organismi nel panorama mondiale degli istituti culturali e considerato che le loro attività, sviluppate tra l'altro in aree socialmente svantaggiate del Paese, moltiplicano le occasioni di studio, di alta formazione e di ricerca;
è noto il ruolo determinante che può essere svolto da tali istituti superiori nel promuovere il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero;
l'intensa e proficua attività culturale dell'Istituto italiano per gli studi storici e dell'Istituto italiano per gli studi filosofici, che in una moderna «società della conoscenza» devono essere tutelati e valorizzati in ogni modo, ha un riconoscimento unanime ed internazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di elaborare un quadro di interventi e risorse che preveda per il triennio 2010-2012 stanziamenti annuali adeguati alle necessità dei predetti istituti in misura, in ogni caso, non inferiore a quanto già annualmente destinato agli stessi negli esercizi 2008 e 2009 dal comma 1149 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
9/4086/243.(Testo modificato nel corso della seduta).Nicolais, Ciriello, Mazzarella, Bachelet, Scalera, Capitanio Santolini, Goisis, Granata, Villecco Calipari, Graziano.

La Camera,
premesso che:
si ribadisce, come esplicitato nella questione pregiudiziale presentata dal gruppo del PD, che l'articolo 2 comma 4-vicies e 4-vicies semel recanti due autorizzazioni alla delegificazione in materia di sistema nazionale di valutazione dell'istruzione, non siano conformi al dettato di cui all'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, riteniamo che il sistema di valutazione debba essere tra le priorità a sostegno dell'istruzione che devono essere affrontate;
in Italia sono ancora completamente assenti o poco definite azioni sistemiche rivolte alla garanzia della qualità dell'istruzione, laddove la quasi totalità dei Paesi europei, basti pensare a Francia e Regno Unito, vanta una grande tradizione storica di ricerca, di valutazione, di supporto al miglioramento; impegno recentemente accentuato e inserito nei piani nazionali di superamento della crisi economica come accade in Germania;
per il compito auspicato anche recentemente dal ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca «di migliorare la qualità del nostro sistema scolastico» (conferenza stampa sui test Invalsi, 15 luglio 2010), è necessario lo sforzo straordinario di definire una strategia organica per la qualità della scuola italiana in modo da non farci cogliere impreparati sia di fronte a valutazioni internazionali (quali l'OCSE-PISA), sia di fronte all'estremo bisogno di innovazione del Paese (al Sud per sconfiggere l'arretratezza, al Nord per vincere la sfida della competitività produttiva) e, per tale impegno, è indispensabile la costruzione di un sistema completo di valutazione, incentivazione e miglioramento;
i sistemi di valutazione, di incentivazione e di miglioramento sono strettamente interdipendenti e, per essere efficaci devono avere indicatori certi, preventivamente conosciuti, con chiarezza di percorso e di obbiettivi, in modo da generare fiducia, coinvolgimento e processi virtuosi di riflessione e di autoformazione nella comunità docente e dirigente;
le azione rivolte alla qualità della scuola richiedono: il supporto di alte professionalità, meccanismi cooperativi e non competitivi, il riconoscimento del merito di ciascuno in funzione delle capacità che può esprimere, l'accompagnamento di ogni scuola verso il massimo del suo potenziale, la partecipazione al processo anche di studenti e genitori, l'accountability delle scuole dell'autonomia; la veicolazione delle buone prassi;
tale strategia, per essere organica e rendere la valutazione una risorsa strategica per il miglioramento, deve comprendere quattro obiettivi tra loro in stretta relazione: sistema scolastico nel suo complesso (nazionale e regionale), istituzioni scolastiche autonome (interna collegata al POF e esterna in contesto), personale (prestazioni e specializzazione), esiti scolastici (apprendimenti, competenze, ricerca didattica e analisi della spendibilità dei titoli di studio);
i compiti da svolgere possono essere raggruppati in tre grandi filoni: la raccolta di dati (compresi gli esiti nazionali degli apprendimenti attraverso prove oggettive); la ricerca didattica e la formazione in servizio (in raccordo con le regioni, con le università, con organismi europei e internazionali); e i team di valutazione esterna delle autonomie scolastiche con il mandato del miglioramento (gli ispettori);
tali compiti corrispondono rispettivamente all'attuale Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), all'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica (ANSAS ex Indire) e ad una entità inedita per l'Italia, che dovrebbe corrispondere al «corpo degli ispettori»;
tali entità debbono essere rivisitate, potenziate, o in un caso costruita, nella loro necessaria completa autonomia amministrativa, scientifica e professionale affinché il loro operato possa essere condotto in modo imparziale e con la massima trasparenza, attraverso criteri condivisi e comunicati, con il contributo di esperti anche internazionali, dell'Università e delle migliori esperienze e della professionalità della Scuola; componenti del mondo accademico, tenendo conto del panorama internazionale;
risulta necessario prevedere la redazione e la presentazione annuale di un «Rapporto nazionale» al Parlamento e al Governo, realizzato con la collaborazione degli Istituti sopra menzionati e attraverso istituti di ricerca, Università e organismi di livello internazionali;
in sede di discussione del decreto n. 78 del 2010 il Governo, accogliendo l'ordine del giorno n. 9/3638/303 presentato dall'on Letizia De Torre, si è già impegnato a destinare adeguate risorse volte alla costituzione di un sistema autonomo ed organico di valutazione,

impegna il Governo

ad istituire, in sede di discussione della prossima legge di stabilità, un apposito capitolo nel Bilancio dello Stato, la cui consistenza sia stabile e definita, finalizzato all'istituzione ed al funzionamento del sistema nazionale di valutazione della scuola italiana;
a reperire una somma che nel corso del prossimo triennio giunga a corrispondere ad una consistenza pari ad almeno un decimo del trenta per cento delle economie di spesa di cui al l'articolo 64, comma 6, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, che secondo lo stesso articolo 64, al comma 9, era già destinato ad iniziative dirette alla qualità della scuola;
a distinguere l'attività dell'Istituto del sistema nazionale di valutazione da quella del Ministero secondo il principio che chi controlla deve agire in piena indipendenza dal controllato;
a valutare approfonditamente la natura giuridica dell'istituto, nonché la sua organizzazione anche al fine di comprendere, in una articolazione interindipendente, le funzioni di raccolta dati ora Invalsi, di ricerca ora Ansas e la nuova funzione rivolta alla valutazione esterna delle istituzioni scolastiche;
a ricondurre a legislazione primaria l'istituzione dell'istituto di valutazione e miglioramento della scuola italiana, al cui interno dovrà essere previsto l'obbligo di rispondere annualmente al Parlamento stesso.
9/4086/244. De Torre, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, Siragusa, Antonino Russo, Pes, Rossa, Levi, Melandri, De Pasquale, Nicolais, De Biasi, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
si ribadisce, come esplicitato nella questione pregiudiziale presentata dal gruppo del PD, che l'articolo 2 comma 4-vicies e 4-vicies semel recanti due autorizzazioni alla delegificazione in materia di sistema nazionale di valutazione dell'istruzione, non siano conformi al dettato di cui all'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, riteniamo che il sistema di valutazione debba essere tra le priorità a sostegno dell'istruzione che devono essere affrontate;
in Italia sono ancora completamente assenti o poco definite azioni sistemiche rivolte alla garanzia della qualità dell'istruzione, laddove la quasi totalità dei Paesi europei, basti pensare a Francia e Regno Unito, vanta una grande tradizione storica di ricerca, di valutazione, di supporto al miglioramento; impegno recentemente accentuato e inserito nei piani nazionali di superamento della crisi economica come accade in Germania;
per il compito auspicato anche recentemente dal ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca «di migliorare la qualità del nostro sistema scolastico» (conferenza stampa sui test Invalsi, 15 luglio 2010), è necessario lo sforzo straordinario di definire una strategia organica per la qualità della scuola italiana in modo da non farci cogliere impreparati sia di fronte a valutazioni internazionali (quali l'OCSE-PISA), sia di fronte all'estremo bisogno di innovazione del Paese (al Sud per sconfiggere l'arretratezza, al Nord per vincere la sfida della competitività produttiva) e, per tale impegno, è indispensabile la costruzione di un sistema completo di valutazione, incentivazione e miglioramento;
i sistemi di valutazione, di incentivazione e di miglioramento sono strettamente interdipendenti e, per essere efficaci devono avere indicatori certi, preventivamente conosciuti, con chiarezza di percorso e di obbiettivi, in modo da generare fiducia, coinvolgimento e processi virtuosi di riflessione e di autoformazione nella comunità docente e dirigente;
le azione rivolte alla qualità della scuola richiedono: il supporto di alte professionalità, meccanismi cooperativi e non competitivi, il riconoscimento del merito di ciascuno in funzione delle capacità che può esprimere, l'accompagnamento di ogni scuola verso il massimo del suo potenziale, la partecipazione al processo anche di studenti e genitori, l'accountability delle scuole dell'autonomia; la veicolazione delle buone prassi;
tale strategia, per essere organica e rendere la valutazione una risorsa strate-gica per il miglioramento, deve comprendere quattro obiettivi tra loro in stretta relazione: sistema scolastico nel suo complesso (nazionale e regionale), istituzioni scolastiche autonome (interna collegata al POF e esterna in contesto), personale (prestazioni e specializzazione), esiti scolastici (apprendimenti, competenze, ricerca didattica e analisi della spendibilità dei titoli di studio);
i compiti da svolgere possono essere raggruppati in tre grandi filoni: la raccolta di dati (compresi gli esiti nazionali degli apprendimenti attraverso prove oggettive); la ricerca didattica e la formazione in servizio (in raccordo con le regioni, con le università, con organismi europei e internazionali); e i team di valutazione esterna delle autonomie scolastiche con il mandato del miglioramento (gli ispettori);
tali compiti corrispondono rispettivamente all'attuale Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), all'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica (ANSAS ex Indire) e ad una entità inedita per l'Italia, che dovrebbe corrispondere al «corpo degli ispettori»;
tali entità debbono essere rivisitate, potenziate, o in un caso costruita, nella loro necessaria completa autonomia amministrativa, scientifica e professionale affinché il loro operato possa essere condotto in modo imparziale e con la massima trasparenza, attraverso criteri condivisi e comunicati, con il contributo di esperti anche internazionali, dell'Università e delle migliori esperienze e della professionalità della Scuola; componenti del mondo accademico, tenendo conto del panorama internazionale;
risulta necessario prevedere la redazione e la presentazione annuale di un «Rapporto nazionale» al Parlamento e al Governo, realizzato con la collaborazione degli Istituti sopra menzionati e attraverso istituti di ricerca, Università e organismi di livello internazionali;
in sede di discussione del decreto n. 78 del 2010 il Governo, accogliendo l'ordine del giorno n. 9/3638/303 presentato dall'on Letizia De Torre, si è già impegnato a destinare adeguate risorse volte alla costituzione di un sistema autonomo ed organico di valutazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire, in sede di discussione della prossima legge di stabilità, un apposito capitolo nel Bilancio dello Stato, la cui consistenza sia stabile e definita, finalizzato all'istituzione ed al funzionamento del sistema nazionale di valutazione della scuola italiana;
a reperire una somma che nel corso del prossimo triennio giunga a corrispondere ad una consistenza pari ad almeno un decimo del trenta per cento delle economie di spesa di cui al l'articolo 64, comma 6, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, che secondo lo stesso articolo 64, al comma 9, era già destinato ad iniziative dirette alla qualità della scuola;
a distinguere l'attività dell'Istituto del sistema nazionale di valutazione da quella del Ministero secondo il principio che chi controlla deve agire in piena indipendenza dal controllato;
a valutare approfonditamente la natura giuridica dell'istituto, nonché la sua organizzazione anche al fine di comprendere, in una articolazione interindipendente, le funzioni di raccolta dati ora Invalsi, di ricerca ora Ansas e la nuova funzione rivolta alla valutazione esterna delle istituzioni scolastiche;
a ricondurre a legislazione primaria l'istituzione dell'istituto di valutazione e miglioramento della scuola italiana, al cui interno dovrà essere previsto l'obbligo di rispondere annualmente al Parlamento stesso.
9/4086/244.(Testo modificato nel corso della seduta).De Torre, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, Siragusa, Antonino Russo, Pes, Rossa, Levi, Melandri, De Pasquale, Nicolais, De Biasi, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
l'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica (ANSAS), istituita dall'articolo 1, commi 610 e 611, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006), allo scopo di sostenere l'autonomia delle istituzioni scolastiche e i loro processi di innovazione e ricerca educativa, nonché per favorirne l'interazione con il territorio, risulta ancora priva di una pianta organica autonoma;
non si può parlare seriamente di verifica del lavoro delle scuole affidando tale compito ad un commissario straordinario e non intervenire prevedendo una pianta organica adeguata che possa intervenire sulla valutazione in modo continuativo, autonomo e stabile;
la valutazione è da considerarsi come risorsa strategica per il miglioramento del sistema educativo di istruzione,

impegna il Governo

in sede discussione del primo provvedimento utile a reperire le risorse finanziarie adeguate a costituire una pianta organica stabile ed autonoma dell'agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica e a potenziare la pianta organica dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI).
9/4086/245. De Pasquale, Ghizzoni, Coscia, Siragusa, Antonino Russo, Pes, Rossa, De Torre, Levi, Melandri, Bachelet, Nicolais, De Biasi, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
l'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica (ANSAS), istituita dall'articolo 1, commi 610 e 611, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006), allo scopo di sostenere l'autonomia delle istituzioni scolastiche e i loro processi di innovazione e ricerca educativa, nonché per favorirne l'interazione con il territorio, risulta ancora priva di una pianta organica autonoma;
non si può parlare seriamente di verifica del lavoro delle scuole affidando tale compito ad un commissario straordinario e non intervenire prevedendo una pianta organica adeguata che possa intervenire sulla valutazione in modo continuativo, autonomo e stabile;
la valutazione è da considerarsi come risorsa strategica per il miglioramento del sistema educativo di istruzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in sede discussione del primo provvedimento utile a reperire le risorse finanziarie adeguate a costituire una pianta organica stabile ed autonoma dell'agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica e a potenziare la pianta organica dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI).
9/4086/245.(Testo modificato nel corso della seduta).De Pasquale, Ghizzoni, Coscia, Siragusa, Antonino Russo, Pes, Rossa, De Torre, Levi, Melandri, Bachelet, Nicolais, De Biasi, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, disciplina i rapporti tra università e servizio nazionale pubblico prevedendo, all'artico 8, comma 5, l'emanazione di uno o più decreti interministeriali al fine di attuare il passaggio alle aziende ospedaliere-universitarie del personale socio-sanitario già dipendente delle università e comandato presso le stesse aziende;
a undici anni dall'emanazione del succitato decreto legislativo non risulta ancora emanato il decreto interministeriale ritenendo tale norma assorbita da quella generale del decreto legislativo sul pubblico impiego (articolo 70, comma 12, del decreto legislativo n. 165 del 2001), che ha sancito il principio generale che riguardo al personale comunque comandato anche funzionalmente da un ente ad un altro ente autonomo si debba procedere al rimborso del trattamento fondamentale;
di fatto risulta che lo stipendio di molti dipendenti socio-sanitari attualmente è rimasto a carico del bilancio delle università;
per i pesantissimi tagli inflitti dal Governo al sistema universitario oggi gli atenei si trovano in gravissime ristrettezze economiche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in sede di discussione del primo provvedimento utile, di prevedere il definitivo passaggio di molti dipendenti socio-sanitari che attualmente sono rimasti a carico del bilancio delle università.
9/4086/246. Bachelet, Ghizzoni, Coscia, Siragusa, Antonino Russo, Pes, Rossa, De Torre, Levi, Melandri, De Pasquale, Nicolais, De Biasi, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
la stabilizzazione e lo stanziamento delle risorse necessarie alla prosecuzione delle attività svolte dai lavoratori Lsu, Co.co.co e cooperative ex Lsu, nonché dai lavoratori degli appalti storici, transitati dagli enti locali allo Stato, rappresenta una delle tante emergenze del settore della scuola;
tali lavoratori svolgono compiti e funzioni Ata e sono indispensabili per il funzionamento di molti istituti scolastici;
la cessazione dei contratti di tali lavoratori che oggi risultano essere oltre 25 mila unità comporterebbe un danno serio per le istituzioni scolastiche, che rischierebbero nella maggior parte dei casi anche la chiusura;
gli interventi approvati ad oggi dal Governo risultano inadeguati e non rispondono alle esigenze del settore,

impegna il Governo

a valutare la necessità di reperire, in sede di discussione del primo provvedimento utile, gli stanziamenti necessari ad avviare la stabilizzazione dei lavoratori Lsu, Co.co.co e cooperative ex Lsu, nonché per i lavoratori degli appalti storici, transitati dagli enti locali allo Stato ai sensi e per gli effetti della legge n. 124 del 1999.
9/4086/247. Siragusa, Ghizzoni, Coscia, Antonino Russo, Pes, Rossa, De Torre, Levi, Melandri, De Pasquale, Bachelet, Nicolais, De Biasi, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
dall'approvazione dell'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006 (Legge finanziaria 2007) che ha trasformato le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento non si è ancora intervenuto sulle nuove norme per il reclutamento dei docenti;
con l'approvazione dell'articolo 5-bis della legge n. 169 del 2008 si è intervenuto riaprendo le graduatorie ad esaurimento solo ai docenti iscritti ai corsi abilitanti attivati nel 2007; ma per gli anni successivi, in attesa di un nuovo sistema di reclutamento, non sono stati previsti analoghi adattamenti;
riteniamo opportuno applicare un principio di uguaglianza tra tutti i docenti che hanno conseguito e che stanno per conseguire l'abilitazione all'insegnamento in seguito alla frequenza dei corsi abilitanti attivati dal Ministero,

impegna il Governo

a prevedere un intervento legislativo volto a consentire l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento dei docenti abilitati dal 2009 ad oggi nei corsi a numero chiuso attivati su disposizione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
9/4086/248. Pes, Ghizzoni, Coscia, Siragusa, Antonino Russo, Rossa, De Torre, Levi, Melandri, De Pasquale, Bachelet, Nicolais, De Biasi, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
il taglio di personale, previsto dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 (convertito dalla legge n. 133 del 2008), ha determinato la previsione di un taglio di 87 mila cattedre e di 44 mila posti Ata;
tali tagli hanno influenzato negativamente l'attività didattica, i livelli di apprendimento, la qualità dell'offerta formativa, le possibilità di successo formativo per i più deboli, l'integrazione degli alunni disabili e l'organizzazione delle istituzioni scolastiche,

impegna il Governo

al fine di assicurare la continuità didattica e al fine di dare una risposta concreta alle attese di stabilità dei docenti precari, ad avviare un piano straordinario per la progressiva immissione in ruolo.
9/4086/249. Coscia, Ghizzoni, Siragusa, Antonino Russo, Pes, Rossa, De Torre, Levi, Melandri, De Pasquale, Bachelet, Nicolais, De Biasi, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
il taglio di personale, previsto dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 (convertito dalla legge n. 133 del 2008), ha determinato la previsione di un taglio di 87 mila cattedre e di 44 mila posti Ata;
tali tagli hanno influenzato negativamente l'attività didattica, i livelli di apprendimento, la qualità dell'offerta formativa, le possibilità di successo formativo per i più deboli, l'integrazione degli alunni disabili e l'organizzazione delle istituzioni scolastiche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, al fine di assicurare la continuità didattica e al fine di dare una risposta concreta alle attese di stabilità dei docenti precari, ad avviare un piano straordinario per la progressiva immissione in ruolo.
9/4086/249.(Testo modificato nel corso della seduta).Coscia, Ghizzoni, Siragusa, Antonino Russo, Pes, Rossa, De Torre, Levi, Melandri, De Pasquale, Bachelet, Nicolais, De Biasi, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
nel provvedimento in esame non risultano interventi a sostegno del settore scolastico;
il drastico taglio di personale, previsto dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 (convertito dalla legge n. 133 del 2008), ha determinato per l'anno scolastico in corso, sebbene richiesto dalle famiglie, la diminuzione del tempo pieno,

impegna il Governo

in sede di discussione del primo provvedimento utile a fronteggiare seriamente la questione del tempo pieno, al fine di rispondere alle esigenze di tante famiglie alle quali di fatto nell'anno scolastico in corso è stato negato.
9/4086/250. Antonino Russo, Ghizzoni, Coscia, Siragusa, Pes, Rossa, De Torre, Levi, Melandri, De Pasquale, Bachelet, Nicolais, De Biasi, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
il taglio del 40 per cento del fondo unico per lo spettacolo ha messo in crisi l'intero settore, a rischio di chiusura;
la semestralità del tax credit e del tax shelter disincentiva gli investitori nella produzione cinematografica, e aggiunge incertezza economica e progettuale al settore;
la proroga dei crediti d'imposta in favore della filiera cinematografica, previsti dalla Legge finanziaria per il 2008 del precedente governo Prodi, è a carico dei cittadini e degli esercenti attraverso l'aumento del biglietto del cinema di 1 euro, una vera e propria tassa sull'accesso alla cultura e all'arte,

impegna il Governo

ad attuare una politica a sostegno del settore del cinema come impresa culturale produttiva del Paese;
a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a individuare risorse aggiuntive e a rinnovare agevolazioni fiscali stabili in favore della filiera cinematografica.
9/4086/251. Melandri, De Biasi, Levi, Ghizzoni, Coscia, Siragusa, Pes, Rossa, De Torre, Antonino Russo, De Pasquale, Bachelet, Nicolais, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
il Fondo unico per lo spettacolo (FUS), strumento finanziario attraverso il quale lo Stato sostiene le attività del settore spettacolo, sia del cinema che dello spettacolo dal vivo, ad oggi, dopo il taglio del 40 per cento inflitto dal Governo, è ridotto a soli 258 milioni di euro e l'unico intervento avviato dal Governo nel provvedimento in esame è lo stanziamento di 15 milioni di euro finalizzati alle sole attività delle fondazioni lirico sinfoniche;
tale scelta è una incomprensibile penalizzazione dell'intero mondo della prosa, della musica, della danza, dei circhi, degli spettacoli viaggianti, degli artisti di strada, cioè del complesso dello spettacolo dal vivo;
appare particolarmente ingiustificato e discrezionale il finanziamento di due sole fondazioni lirico sinfoniche, Arena di Verona e Scala di Milano, sulla base di criteri regolamentari non ancora passati al vaglio del parere del Parlamento;
si tratta di un finanziamento che getta nella totale incertezza del futuro le altre fondazioni lirico sinfoniche, al punto da sollevare la pubblica protesta della Fenice di Venezia e dell'Accademia di Santa Cecilia di Roma, indiscusse eccellenze internazionali;
il nostro Paese ha nello spettacolo dal vivo una delle migliori credenziali nel panorama internazionale, fonte di prestigio preziosa come il resto del patrimonio culturale;
l'inadeguatezza e la scarsità di tali stanziamenti per la produzione e l'industria dello spettacolo italiani potrebbero determinare, di fatto, la chiusura di interi settori di attività che, al contrario, sono da considerare strategici per la ripresa del Paese e necessitano di adeguatezza progettuale, sia in termini di finanziamento, sia in termini di programmazione e di politica di interventi, come avviene in altri paesi europei;
lo spettacolo in Italia, nel suo complesso, conta più di 250.000 addetti, tra artisti, tecnici, operatori, maestranze e una tale esiguità di finanziamenti pubblici mette in serio rischio i livelli occupazionali dell'intero comparto e il sistema dei diritti e degli ammortizzatori sociali;
il Governo si è mostrato sordo all'allarme più volte lanciato dal mondo della cultura e della produzione culturale;
è urgente intervenire al fine di evitare il blocco di ogni attività,

impegna il Governo

ad attuare una politica a sostegno del settore dello spettacolo come impresa culturale produttiva del Paese reperendo, nel primo provvedimento utile, risorse aggiuntive;
a procedere all'attuazione degli incentivi fiscali per i contributi di soggetti privati al mondo dello spettacolo;
a finanziare la legge quadro di riforma dello spettacolo dal vivo, votata all'unanimità dalla Commissione cultura della Camera, sulla cui approvazione il ministro Bondi ha preso pubblico impegno nell'aula della Camera dei deputati.
9/4086/252. De Biasi, Ghizzoni, Melandri, Levi, Coscia, Siragusa, Pes, Rossa, De Torre, Antonino Russo, De Pasquale, Bachelet, Nicolais, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
il Fondo unico per lo spettacolo (FUS), strumento finanziario attraverso il quale lo Stato sostiene le attività del settore spettacolo, sia del cinema che dello spettacolo dal vivo, ad oggi, dopo il taglio del 40 per cento inflitto dal Governo, è ridotto a soli 258 milioni di euro e l'unico intervento avviato dal Governo nel provvedimento in esame è lo stanziamento di 15 milioni di euro finalizzati alle sole attività delle fondazioni lirico sinfoniche;
tale scelta è una incomprensibile penalizzazione dell'intero mondo della prosa, della musica, della danza, dei circhi, degli spettacoli viaggianti, degli artisti di strada, cioè del complesso dello spettacolo dal vivo;
appare particolarmente ingiustificato e discrezionale il finanziamento di due sole fondazioni lirico sinfoniche, Arena di Verona e Scala di Milano, sulla base di criteri regolamentari non ancora passati al vaglio del parere del Parlamento;
si tratta di un finanziamento che getta nella totale incertezza del futuro le altre fondazioni lirico sinfoniche, al punto da sollevare la pubblica protesta della Fenice di Venezia e dell'Accademia di Santa Cecilia di Roma, indiscusse eccellenze internazionali;
il nostro Paese ha nello spettacolo dal vivo una delle migliori credenziali nel panorama internazionale, fonte di prestigio preziosa come il resto del patrimonio culturale;
l'inadeguatezza e la scarsità di tali stanziamenti per la produzione e l'industria dello spettacolo italiani potrebbero determinare, di fatto, la chiusura di interi settori di attività che, al contrario, sono da considerare strategici per la ripresa del Paese e necessitano di adeguatezza progettuale, sia in termini di finanziamento, sia in termini di programmazione e di politica di interventi, come avviene in altri paesi europei;
lo spettacolo in Italia, nel suo complesso, conta più di 250.000 addetti, tra artisti, tecnici, operatori, maestranze e una tale esiguità di finanziamenti pubblici mette in serio rischio i livelli occupazionali dell'intero comparto e il sistema dei diritti e degli ammortizzatori sociali;
il Governo si è mostrato sordo all'allarme più volte lanciato dal mondo della cultura e della produzione culturale;
è urgente intervenire al fine di evitare il blocco di ogni attività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attuare una politica a sostegno del settore dello spettacolo come impresa culturale produttiva del Paese reperendo, nel primo provvedimento utile, risorse aggiuntive;
a procedere all'attuazione degli incentivi fiscali per i contributi di soggetti privati al mondo dello spettacolo;
a finanziare la legge quadro di riforma dello spettacolo dal vivo, votata all'unanimità dalla Commissione cultura della Camera, sulla cui approvazione il ministro Bondi ha preso pubblico impegno nell'aula della Camera dei deputati.
9/4086/252.(Testo modificato nel corso della seduta).De Biasi, Ghizzoni, Melandri, Levi, Coscia, Siragusa, Pes, Rossa, De Torre, Antonino Russo, De Pasquale, Bachelet, Nicolais, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge in esame si prevede uno slittamento dal 31 dicembre 2011 al 31 dicembre 2013 dell'obbligo, per i comuni con popolazione fino a 30.000 abitanti, di cedere tutte le partecipazioni detenute direttamente nelle società di gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza industriale, previsto nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, e confermato dall'articolo 1, comma 117 della legge n. 220 del 13 dicembre 2010 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2011)»;
il contenuto del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante «misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica» e dell'articolo 1, comma 117, della legge di stabilità 2011 rispondono ad un principio - più volte affermato - secondo il quale agli enti locali sono affidati solamente i compiti di programmazione e controllo che riguardano la gestione dei servizi pubblici di rilevanza industriale;
in relazione al principio di programmazione e controllo affidato agli enti locali la Banca d'Italia, nella sua recente ricerca intitolata «La qualità dei servizi pubblici in Italia», sottolineando gli ampi divari tra Nord e Sud Italia, con riferimento alla gestione dei servizi pubblici locali, afferma espressamente che «[...] Sebbene siano stati storicamente erogati direttamente dal settore pubblico, per la maggior parte di essi (trasporti pubblici locali, servizio idrico, rifiuti urbani, distribuzione del gas e servizi di cura per la prima infanzia) sono configurabili forme di affidamento a soggetti privati compatibili con un'economia di mercato, accompagnate da un'opportuna regolazione volta a garantire il raggiungimento di adeguati standard di efficienza e qualità del servizio [..]. [...] Il permanere in molti casi di una commistione tra soggetti gestori ed enti regolatori - come testimoniato dalla prevalenza di società di proprietà pubbliche in taluni settori, come, ad esempio, quello idrico - ha creato confusione di ruoli e quindi conflitti di interesse tra i diversi soggetti [...]»;
la legislazione in materia di servizi pubblici locali di rilevanza industriale, in coerenza con il principio di programmazione e controllo, stabilisce che gli enti locali assegnino attraverso la promozione di una gara di evidenza pubblica - nel rispetto delle norme comunitarie - i servizi pubblici locali di rilevanza industriale, limitando a pochissimi casi eccezionali, debitamente circostanziati e motivati, la gestione diretta («in house») di tali servizi;
a tal proposito, la Sezione delle autonomie della Corte dei Conti, nella sua deliberazione n. 14/AUT/2010/FRG del 30 giugno 2010 dal titolo «Indagine sul fenomeno delle partecipazioni in società ed altri organismi da parte di comuni e province», commentando l'articolo 14, comma 32, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, sul taglio delle partecipazioni societarie nei comuni piccoli e medio-piccoli, scrive: «L'esigenza di riduzione dei costi razionalizzando il fenomeno delle partecipazioni societarie da parte degli enti locali [...] ha indotto il legislatore a ritenere che un ridimensionamento effettivo del fenomeno possa essere ottenuto dai comuni solo se imposto ope legis. Nel ribadire la vigenza dei vincoli previsti dal sopra citato articolo 3, commi 27, 28 e 29 della legge finanziaria 2008, con la manovra finanziaria 2010 il legislatore ha, infatti, vietato espressamente la costituzione di società ai comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti i quali, entro il 31 dicembre 2010, dovranno mettere in liquidazione quelle gia costituite ovvero cederne le partecipazioni. [...] Il divieto e dirompente e destinato ad avere effetti diversi ci seconda che il comune sia piccolo (con abitanti fino a 30.000) o medio (con abitanti tra 30.000 e 50.000). Con riferimento ai comuni piccoli, va prima di tutto evidenziato che le funzioni fondamentali ex articolo 21, comma 3, della legge 42 del 2009 devono essere esercitate obbligatoriamente in forma associata (articolo 14, comma 30, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,), e, pertanto, e a tali forme associative che dovranno essere imputate le scelte circa la gestione dei servizi pubblici locali. Ciò, pur tenendo presente che la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, almeno per quanto riguarda i settori non esclusi, dovrebbe poter avvenire soltanto attraverso conferimento ad imprenditori o a società non costituite dall'ente locale, (articolo 23-bis, comma 2, lett. a), posto che l'attuale sistema normativo e la conforme giurisprudenza amministrativa non lasciano spazi alla gestione diretta 87 ne appare più ammissibile la costituzione di società miste (ex articolo 23-bis, comma 2, lett. b). Diversamente, i servizi locali privi di rilevanza economica potranno essere gestiti attraverso organismi non societari, quando non direttamente. I comuni medi potranno detenere una sola società partecipata e, pertanto, e verosimile che faranno confluire le partecipazioni in una multiutility (con delicate operazioni di conferimento, fusione, e quant'altro) anche nella forma di holding [..]»,

impegna il Governo

a verificare rapidamente lo stato di attuazione di quanto previsto nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, informandone il Parlamento;
per quanto riguarda la previsione, contenuta nel decreto legge n. 225 del 29 dicembre 2010 (cosiddetto «milleproroghe»), secondo la quale i comuni che controllano direttamente società di gestione dei servizi pubblici locali con i bilanci positivi negli ultimi tre esercizi verranno esonerati dall'obbligo di dismissione delle relative partecipazioni, a valutare l'opportunità di allungare questo termine all'analisi dei bilanci degli ultimi cinque anni a partire dall'esercizio consuntivo del 2008;
a valutare l'opportunità di ridurre i termini della proroga al 31 dicembre 2011 anziché protrarla fino al 31 dicembre 2013.
9/4086/253. Naccarato.

La Camera,
premesso che:
il procedimento su mediazione e conciliazione è stato oggetto di riflessione da parte della dottrina nonché del Consiglio Nazionale Forense e di altre organizzazioni dell'avvocatura nonché di operatori della giustizia, che hanno, tra le altre cose, richiesto al ministro quantomeno di rinviare l'entrata in vigore della legge, alfine di almeno realizzare le strutture idonee, oltre che per procedere ad alcune modifiche sostanziali sia del decreto legislativo 28 del 2010 che dei decreti attuativi;
così come è stato configurato dal Governo l'istituto della media conciliazione tende a puntare su figure ed organismi che impongono soluzioni anziché aiutare le parti a pervenire ad una composizione del conflitto che aiuti a ricostituire la qualità del legame sociale laddove, come ammoniscono gli studiosi di questa esperienza, invece, condizione necessaria di efficacia della mediazione è che essa lasci libere le parti di pervenire ad una soluzione del conflitto e non le obblighi a farlo prevedendo conseguenze punitive per il caso che ad essa non si pervenga;
i termini mediazione e conciliazione non sono omogenei e si riferiscono ad un approccio del tutto diverso: l'articolo 1 del decreto legislativo usa, alla lettera a), il termine mediazione per connotare la procedura, e alla lettera b), il termine conciliazione per connotare il risultato positivo della mediazione stessa ma, evidentemente, questa differenziazione non è sufficiente a dar conto della diversità concettuale intrinseca: tuttavia, assumendo tale differenza, è evidente che l'istituto della mediazione viene così immediatamente finalizzato alla conciliazione e, in caso di suo fallimento, è destinata ad entrare nel processo e ad incidere sul suo esito anche relativamente al regolamento delle spese processuali;
il gruppo del Partito Democratico aveva già evidenziato nel parere alternativo allo schema di decreto legislativo tutte le criticità rilevate, alle quali, però, il Governo è rimasto sostanzialmente sordo;
sulla base di questi rilievi tutto il mondo dell'avvocatura ha chiesto al ministro di prevedere lo slittamento dell'entrata in vigore del decreto legislativo 28 del 2010 di un anno e non solo limitatamente ad alcune materie oggetto di previsione della mediazione obbligatoria, come invece previsto nel maxiemendamento: la mediazione finalizzata alla conciliazione, infatti, non avrà quegli effetti deflattivi tanto propagandati dal ministro e creerà, invece, un'ulteriore allungamento dei tempi o dei costi del contenzioso ordinario: la caratteristica che lascia maggiormente perplessi appare proprio quella della obbligatorietà, anche perché essa non era prevista dalla legge delega, e anche la normativa comunitaria non indirizza verso ipotesi di tentativi obbligatori, lasciando libera la scelta al legislatore nazionale, ai sensi dell'articolo 2 della direttiva 52 del 2008
preoccupa anche la mancanza di garanzie in merito alla necessaria organizzazione dei nuovi organismi «deputati a gestire il procedimento di mediazione», e in merito all'adeguatezza della preparazione dei conciliatori;
appare dunque evidente che occorre «mettere a regime» la disciplina, prevedendo opportune modifiche, solo dopo che i nuovi organismi di conciliazione vengano istituiti, al termine di un congruo periodo di tempo necessario per la formazione dei conciliatori, anche per evitare che i cittadini vengano costretti a pagare mediatori impreparati pur avendo diritto alla giurisdizione a spese dello Stato,

impegna il Governo

a ripensare l'istituto della media conciliazione provvedendo al più presto ad apportare, nell'ambito delle sue proprie competenze, profonde modiche alla disciplina in questione, e, nel frattempo a prorogare di almeno un anno l'entrata in vigore della normativa non limitandosi alle cause condominiali e di risarcimento da danni da incidenti stradali e della navigazione.
9/4086/254. Capano.

La Camera,
premesso che:
dopo oltre due e mezzo anni dall'inizio della legislatura, con il provvedimento in esame, si conferma il profilo programmatico dell'esecutivo, caratterizzato da incertezze, confusione ed interventi inadeguati alle esigenze del Paese;
la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti, non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo;
va affrontata quella vera e propria ipoteca sulla competitività economico-internazionale rappresentata dal cattivo funzionamento della giustizia civile, causa dell'inadeguata tutela del credito, della difficoltà ad investire nel nostro Paese, dell'incertezza dei rapporti tra privati, del protrarsi di conflitti familiari, talvolta drammatici;
a fronte della crescente domanda di giustizia civile la risposta non può certo essere né quella data dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha introdotto un ulteriore rito processuale - quello di cognizione sommaria - in aggiunta ai venti già esistenti e che, in quanto tale, non è stato in grado di incidere significativamente sull'efficacia del sistema, né quella di affidare a una categoria di nuovo conio, i cosiddetti «ausiliari del giudice» (appartenenti a categorie professionali in pensione o onorarie), funzioni sostanzialmente decisorie, così come si è tentato di fare con un emendamento alla manovra finanziaria del luglio scorso, poi ritirato il 9 luglio 2010, solo a seguito delle pesanti critiche delle forze di opposizione e di tutti gli operatori della giustizia. Non risolvono i problemi anche gli interventi normativi improvvisati, privi di un adeguato grado di coordinamento, basati sulla logica dell'emergenza e tesi, in buona sostanza, a scardinare i caratteri costitutivi e sistematici della giurisdizione civile;
né quella che pare contenuta nel disegno di legge comunicato ed approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 9 febbraio 2011, recante misure volte ad incrementare la produttività del sistema giudiziario e a ridurre al durata dei processi civili: il provvedimento che prevede tra l'altro la nomina di 600 giudici ausiliari, da individuare tra magistrati ed avvocati dello Stato in pensione, per i quali è prevista una retribuzione a «cottimo» di 200 euro a sentenza per uno stanziamento complessivo di circa;
i problemi della giustizia che riguardano tutti i cittadini non possono continuare ad essere affrontati attraverso interventi normativi improvvisati, privi di un adeguato grado di coordinamento, basati sulla logica dell'emergenza e tesi, in buona sostanza, a scardinare i caratteri costitutivi e sistematici della giurisdizione civile;
è assolutamente necessario ed indifferibile invece, attraverso il confronto con i gruppi di opposizione, portare avanti un effettivo percorso di razionalizzazione e semplificazione dell'attività processuale civile, capace di far fronte tanto allo smaltimento dell'arretrato quanto ai nuovi flussi di contenzioso, rifuggendo però da logiche emergenziali e di rottamazione e affrontando una riforma di sistema capace di assicurare la ragionevole durata dei processi, con la garanzia però della speditezza, concentrazione e accuratezza nella trattazione di tutte le cause, che passi attraverso la realizzazione dell'ufficio del processo, inteso come complessivo progetto che consenta la valorizzazione delle energie professionali del personale giudiziario e sia in grado di offrire adeguata,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte a prevedere per il 2011 adeguati finanziamenti per l'ufficio del processo, inteso come complessivo progetto di ristrutturazione degli uffici giudiziari, necessario per ottenere l'ottimizzazione delle risorse e l'accelerazione dei tempi dei processi assicurando alla giurisdizione un fattivo supporto organizzativo, di studio, approfondimento e preparazione istruttoria, nonché ad utilizzare le risorse stanziate dal Governo per il finanziamento degli ausiliari del giudice, stimate nel disegno di legge indicato in premessa in 20 milioni di euro, per finanziare apposite borse di studio, di una durata non inferiore a due anni, per consentire l'accesso alla medesima funzione, una volta superate le prove selettive e la valutazione dei titoli, esclusivamente giovani laureati (in numero di 1000) in giurisprudenza che abbiano terminato con profitto il proprio percorso formativo.
9/4086/255. Ferranti.

La Camera,
premesso che:
dopo oltre due e mezzo anni dall'inizio della legislatura, con il provvedimento in esame, si conferma il profilo programmatico dell'esecutivo, caratterizzato da incertezze, confusione ed interventi inadeguati alle esigenze del Paese;
l'articolo 2, comma 12-quaterdecies, proroga di un anno (ovvero al 31 dicembre 2011) i poteri attribuiti al capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria dall'articolo 44-bis del decreto-legge n. 207 del 2008 (legge n. 14 del 2009) per far fronte alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri;
in relazione alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri, il Consiglio dei ministri del 13 gennaio ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, che durerà fino al 31 dicembre 2010 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n.13 gennaio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2010) e ha deliberato un Piano straordinario penitenziario;
il Piano prevede tra l'altro l'adozione di interventi di edilizia penitenziaria per i quali il Commissario straordinario potrà procedere in deroga alle ordinarie competenze, velocizzando procedure e semplificando le gare d'appalto per la costruzione di 47 nuovi padiglioni, utilizzando il modello adottato per il dopo-terremoto a L'Aquila. L'attribuzione di poteri speciali al Commissario straordinario per la realizzazione del Piano carceri e le disposizioni per prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nei relativi interventi sono contenuti negli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n. 195 del 2009 convertito dalla legge n. 26 del 2010;
il 19 marzo 2010 è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri che ha dettato nuove disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente al sovraffollamento penitenziario. Il provvedimento prevede, in particolare, che il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nominato Commissario delegato per «l'emergenza carceri», debba predispone entro 30 gg. un apposito Piano di interventi, indicandone i tempi e le modalità di attuazione. L'ordinanza istituisce un Comitato di indirizzo e controllo presieduto dal ministro della giustizia, cui spetta l'approvazione del Piano nonché la vigilanza sull'azione del Commissario delegato;
il Commissario straordinario all'edilizia penitenziaria ha presentato il Piano al comitato di sorveglianza costituito dal ministro della giustizia, dal ministro delle Infrastrutture e dal capo del dipartimento della protezione civile, che l'ha approvato il 29 giugno 2010. In sintesi il piano prevede: 20 Nuovi padiglioni (in ampliamento di istituti esistenti): importo totale 231 milioni di euro; 11 Nuovi istituti: importo totale euro 430 milioni di euro;
per quanto riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria, allo stato attuale, nonostante le ripetute richieste formalizzate anche in Commissione giustizia, né il ministro della giustizia, né il capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, hanno mai fornito risposte specifiche alla richiesta di illustrazione dei dettagli delle linee portanti, programmatiche e di attuazione del Piano di interventi;
dell'assunzione dei 2000 agenti di polizia carceraria non vi è traccia;
dal punto di vista normativo, vi è stata solo l'approvazione della legge 26 novembre 2010, n. 199 «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», che ha potuto concludere il suo iter parlamentare grazie al forte senso di responsabilità e al concreto contributo del gruppo del Partito Democratico in Commissione giustizia ma che, comunque, si pone come intervento emergenziale, addirittura temporaneo, e sicuramente non risolutore dell'angosciante problema del sovraffollamento carcerario e della certezza della pena; diversi e sicuramente più incisivi sono gli obiettivi programmatici che si pone il gruppo del Partito Democratico;
occorre, invece, un intervento complessivo sistematico volto ad ampliare la tipologia delle misure alternative alla pena detentiva, specificatamente supportate da progetti professionalmente strutturati volti al reinserimento sociale, con una particolare attenzione alle sorti delle vittime dei reati; nonché l'adeguamento delle piante organiche riferite al personale di polizia penitenziaria e alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, avviando un nuovo piano di assunzioni (almeno 1000 unità per queste ultime figure professionali), che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie; ripensare il modello unico di istituto penitenziario attuale, posto che i detenuti per i quali si esige un elevato regime di sicurezza non raggiungono le 10 mila unità mentre per gli altri detenuti, anche quelli di media sicurezza, la permanenza in cella come situazione normale di vita quotidiana ha come unico risultato l'abbrutimento della persona umana;
allo stato, nonostante ripetute e pressanti richieste, non si ha ancora, al di là di vaghe riproposizioni di slogan, una vera e propria risposta alla drammatica situazione delle carceri nel nostro Paese;
si continua a lavorare sull'emergenza e in questo modo il Governo sfugge al controllo sulle regole e al monitoraggio sui risultati,

impegna il Governo

a non prorogare oltre i poteri straordinari commissariali del capo del Dap e a fornire al parlamento in tempi brevi dati ed informazioni sullo «stato dell'arte» relativo all'attuazione del Piano carceri.
9/4086/256. Samperi.

La Camera,
premesso che:
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ha sempre corrisposto con impegno straordinario, in termini qualitativi e quantitativi, alle attese dei cittadini in tutti i compiti di prevenzione, vigilanza e soccorso tecnico urgente cui esso è preposto per legge e cui si trova quotidianamente a intervenire su richiesta di soggetti pubblici e privati;
anche nel corso delle ultime audizioni dei vertici del Corpo nazionale e delle organizzazioni sindacali svoltesi in sede di Commissione affari istituzionali è emersa una carenza di oltre 3.000 uomini negli organici attuali;
già il precedente Governo Berlusconi aveva approvato il piano «Italia in 20 minuti» che prevedeva un importante e utile incremento dei distaccamenti sul territorio nazionale a cui è necessario dar seguito con un ampliamento della dotazione organica del Corpo;
con la legge n. 296 del 2006 si è approvata una norma per consentire la stabilizzazione del personale discontinuo operante nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco iscritti negli appositi elenchi da almeno tre anni, al fine di ottenere l'immissione in ruolo di personale già preparato e di diminuire l'utilizzo di personale precario nell'espletamento di attività ordinarie;
è stata approvata la graduatoria del concorso pubblico a 814 posti per la qualifica di vigile del fuoco,

impegna il Governo

a prorogare l'efficacia delle graduatorie degli idonei di cui al decreto del ministro dell'interno n. 1996 del 2008 relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per consentire a tutti gli aventi diritto l'immissione nei ruoli, a provvedere all'assunzione immediata e contestuale di tutti i primi 814 vincitori del concorso nonché a presentare entro tre mesi alla Commissione affari costituzionali un piano per l'ampliamento della dotazione organica in attuazione delle nuove aperture di distaccamenti previste da «Italia in 20 minuti».
9/4086/257. Rosato, Ghizzoni, Motta.

La Camera,
premesso che:
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ha sempre corrisposto con impegno straordinario, in termini qualitativi e quantitativi, alle attese dei cittadini in tutti i compiti di prevenzione, vigilanza e soccorso tecnico urgente cui esso è preposto per legge e cui si trova quotidianamente a intervenire su richiesta di soggetti pubblici e privati;
anche nel corso delle ultime audizioni dei vertici del Corpo nazionale e delle organizzazioni sindacali svoltesi in sede di Commissione affari istituzionali è emersa una carenza di oltre 3.000 uomini negli organici attuali;
già il precedente Governo Berlusconi aveva approvato il piano «Italia in 20 minuti» che prevedeva un importante e utile incremento dei distaccamenti sul territorio nazionale a cui è necessario dar seguito con un ampliamento della dotazione organica del Corpo;
con la legge n. 296 del 2006 si è approvata una norma per consentire la stabilizzazione del personale discontinuo operante nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco iscritti negli appositi elenchi da almeno tre anni, al fine di ottenere l'immissione in ruolo di personale già preparato e di diminuire l'utilizzo di personale precario nell'espletamento di attività ordinarie;
è stata approvata la graduatoria del concorso pubblico a 814 posti per la qualifica di vigile del fuoco,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare l'efficacia delle graduatorie degli idonei di cui al decreto del ministro dell'interno n. 1996 del 2008 relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per consentire a tutti gli aventi diritto l'immissione nei ruoli, a provvedere all'assunzione immediata e contestuale di tutti i primi 814 vincitori del concorso nonché a presentare entro tre mesi alla Commissione affari costituzionali un piano per l'ampliamento della dotazione organica in attuazione delle nuove aperture di distaccamenti previste da «Italia in 20 minuti».
9/4086/257.(Testo modificato nel corso della seduta).Rosato, Ghizzoni, Motta.

La Camera,
premesso che:
il comma 6 dell'articolo 2 del provvedimento in esame giustamente prevede una proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato degli impiegati assunti con ordinanza in deroga al fine di fronteggiare le emergenze relative all'immigrazione negli sportelli unici per l'immigrazione nei compiti di accoglienza e integrazione e degli uffici immigrazione delle questure nel completamento delle procedure di emersione del lavoro irregolare;
è necessario al contempo affrontare finalmente e in modo definitivo il tema della stabilizzazione del personale direttamente all'interno delle questure, e non affrontare il tema con una mera proroga, poiché, ad esempio, i 650 lavoratori a tempo determinato assunti dal Ministero dell'interno per risolvere le problematiche relative all'ufficio immigrazione, se scadrà semplicemente il termine del loro contratto, corrono il rischio di perdere il lavoro e vedono sfumare la speranza di un'assunzione stabile, con danni elevati sulle famiglie dei lavoratori le quali vedono attualmente spostato solo di un anno l'inizio della fine del loro rapporto, nonostante la preziosa esperienza accumulata;
è inoltre assolutamente necessario dare nuovamente attuazione alla programmazione triennale dei flussi, bloccata dall'attuale Governo, che ha deciso di gestire il complesso fenomeno dell'immigrazione senza una visione complessiva e lungimirante, ma, procedendo invece per proroghe e per slogan;
il Governo, inoltre, ha deciso di consentire l'emersione esclusivamente del lavoro domestico e di assistenza familiare, il che ha concesso solo ad una minima parte di lavoratori immigrati di regolarizzarsi, con le conseguenze in termini di caos, ingiustizia e irregolarità che sono sotto gli occhi tutti;
il combinato disposto delle criticità suesposte e dell'introduzione e messa a regime del reato di clandestinità ha fatto il resto: appare dunque necessario smetterla di procedere con proroghe ma prevedere invece interventi strutturali, seri e di lungo periodo, che passino giocoforza anche per l'estensione dei flussi anche a categorie di lavoratori che vadano oltre quella degli stagionali e che permettano di soddisfare le richieste delle aziende e di fermare, finalmente, quella «fabbrica» di irregolarità e disagio che nasce dall'applicazione dalle attuali normative e dalle politiche di questo Governo,

impegna il Governo

a predisporre in tempi rapidi le procedure per trasformare da provvisorie in definitive le misure previste e di abbandonare finalmente la visione miope e approssimativa, fatta di proroghe e interventi parziali, che ha caratterizzato l'azione del Governo in tema di immigrazione per sostituirla con un impegno serio, strutturale e di lungo respiro.
9/4086/258. Bressa.

La Camera,
premesso che:
si rende necessario, al fine di evitare disparità di trattamento ed in attuazione dei principi generali in materia di non punibilità delle violazioni per obiettive condizioni di incertezza, prevedere la non applicabilità delle sanzioni irrogate ai soggetti di cui al decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, in sede di recupero per indebita fruizione delle agevolazioni di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 (dimezzamento dell'aliquota IRPEG), e all'articolo 10-bis della legge 29 dicembre 1962, n. 1745 (esonero dalla ritenuta sui dividendi);
è opportuno prevedere che la citata disapplicazione operi anche nei casi in cui sulla debenza penda ricorso per revocazione;
anche con riguardo alle citate fattispecie va previsto che operano i principi previsti dall'ordinamento tributario in tema di disapplicazione delle sanzioni amministrative. In particolare, è opportuno richiamare l'applicazione dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 472 del 1997, relativo alle cause di non punibilità, e dell'articolo 10, comma 3, dello Statuto del contribuente sulla obiettiva condizione di incertezza in ordine alla portata e all'ambito di applicazione delle disposizioni tributarie,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile provvedimento legislativo e/o amministrativo, anche di natura interpretativa, volto a stabilire che al fine di evitare disparità di trattamento ed in applicazione dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e dell'articolo 10, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, in sede di recupero, nei confronti dei soggetti di cui al decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, delle agevolazioni previste dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e dall'articolo 10-bis della legge 29 dicembre 1962, n. 1745, non sono dovute le sanzioni irrogate con provvedimenti anche interessati da ricorso per revocazione ai sensi dell'articolo 395 del codice di procedura civile.
9/4086/259. Savino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 comma 2-bis, del decreto-legge in esame prevede che le disponibilità di bilancio di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 3 1 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, relative all'anno 2010, in deroga a quanto previsto dal medesimo articolo, sono riassegnate per le medesime finalità al Fondo di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33;
nell'ambito delle disponibilità di bilancio di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, relative all'anno 2010, utilizzabili quindi per l'anno 2011, risultano complessivi 49,5 milioni di euro relative alle seguenti autorizzazioni di spesa con l'indicazione a fianco di ciascuna del relativo importo:
Legge n. 266 del 2005 articolo 1 comma 20: Fondo da ripartire per provvedere ad eventuali maggiori esigenze relative a spese direttamente regolate per legge, per euro 2.503.109,59;
Legge n. 29 del 2006 articolo 22 comma 1 punto c: Fondo per la prevenzione contro il riciclaggio del denaro, per il contrasto del finanziamento del terrorismo e per il relativo congelamento dei fondi e delle risorse economiche, per euro 643.790,72;
Decreto-legge n. 393 del 1996 articolo 5 comma 2: concorso dello Stato nel pagamento degli interessi dovuti ad istituti ed aziende di credito sulle anticipazioni concesse alle imprese danneggiate o distrutte in seguito a pubbliche calamità e contributo statale a favore delle stesse imprese che intendano provvedere con mezzi propri alla ricostituzione delle normali scorte di esercizio, per euro 156.613,00;
Legge n. 206 del 2004: Fondo per le spese da sostenere da parte delle amministrazioni centrali in relazione agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, per euro 1.386.400,00;
Legge n. 289 del 2002 articolo 56 comma 1: Fondo per i progetti di ricerca, per euro 21.000.000,00;
Legge n. 448 del 2001 articolo 16 comma 4: Fondo da ripartire per la copertura della responsabilità civile e amministrativa per gli eventi dannosi non dolosi causati a terzi dal personale delle forze di polizia nello svolgimento della propria attività istituzionale, per euro 743.795,00;
Decreto-legge n. 159 del 2007 articolo 39-ter comma 2: Fondo finalizzato al miglioramento dell'efficienza energetica e la riduzione delle emissioni ambientali delle autovetture da noleggio, per euro 15.105.958,75;
Decreto legge n. 159 del 2007 articolo 39-ter comma 3: Fondo finalizzato al miglioramento dell'efficienza dei veicoli adibiti al servizio di trasporto degli ammalati e dei feriti effettuato dagli enti di assistenza e di pronto soccorso, per euro 2.974.476,27;
Legge n. 146 del 2004 articolo 7: Fondo per le spese da sostenere da parte delle amministrazioni centrali in relazione agli adempimenti connessi con l'istituzione delle nuove province, per euro 676.960,52;
Legge n. 147 del 2004 articolo 8: Fondo per le spese da sostenere da parte delle amministrazioni centrali in relazione agli adempimenti connessi con l'istituzione delle nuove province (provincia di Fermo), per euro 167.005,66;
Legge n. 148 del 2004 articolo 7: Fondo per le spese da sostenere da parte delle amministrazioni centrali in relazione agli adempimenti connessi con l'istituzione delle nuove province (provincia di Barletta), per euro 421.725,65;
Legge n. 229 del 203 articolo 16 comma 1: Spese per l'istituzione ed il funzionamento del registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese, per euro 83.364,00;
Legge n. 383 del 2000 articolo 15 comma 2: Spese per il funzionamento degli osservatori nazionali per il volontariato e dell'associazionismo somme da erogare all'ISTAT per l'assistenza nell'effettuazione di indagini statistiche, per euro 1.824,00;
Legge n. 266 del 2005 articolo 1 comma 20: Ministero della giustizia, Fondo da ripartire per provvedere ad eventuali maggiori esigenze relative a spese direttamente regolate per legge, per euro 499.547,00;
Decreto-legge n. 144 del 2005 articolo 18 comma 3-bis: Fondo per gli interventi di sicurezza sussidiaria a carico dello Stato, per euro 685.065,51;
Legge 311 del 2004 articolo 1 comma 553: Spese per l'integrazione e lo sviluppo della rete degli ufficiali di collegamento delle forze di polizia, incaricati di stabilire e mantenere contatti con le autorità dei paesi di destinazione o con le organizzazioni internazionali che vi hanno sede, finalizzati ad incrementare la cooperazione internazionale per la prevenzione e repressione della criminalità, dei traffici illeciti transnazionali e del terrorismo, per euro 2.283.552,37;
Decreto-legge n. 10 del 2007 articolo 2-bis comma 9: Spese per il funzionamento del registro nazionale delle varietà vegetali da conservazione di interesse agricolo, per euro 11.247,50;
Decreto-legge n. 202 del 2005 articolo 5 comma 3-ter: sgravi contributivi e fiscali a favore degli allevatori avicoli, delle imprese di macellazione e di trasformazione di carne avicola nonché mangimistiche operanti nella filiera e degli esercenti attività di commercio all'ingrosso di carni avicole, per euro 93.075,00;
Decreto legislativo n. 227 del 2001 articolo 8: somme da utilizzare a compensazione di contributi o latri oneri non più dovuti dalle cooperative e loro consorzi per effetto della loro equiparazione agli imprenditori agricoli, per euro 295.977,00;
Decreto legislativo 228 del 2001 articolo 3: somme da utilizzare a compensazione di contributi o altri oneri non più dovuti da imprenditori singoli o associati per effetto del riconoscimento della nuova qualifica di imprenditore agricolo dia attività agrituristiche di soci di società di persone o di imprenditore agricolo a titolo principale, per euro 215.925.00;
Legge n. 18 del 1997 articolo 3: spese per attività di cooperazione con gli organismi internazionali e delle comunità europee. Spese per le convezioni internazionali, per le direttive e per i regolamenti comunitari in materia sanitaria, per euro 19.204,00.

occorre disporre di immediate risorse da destinare per il 2011 alle esigenze sopra specificate e nei limiti degli importi indicati a fianco di ciascuna autorizzazione di spesa,

impegna il Governo

ad adottare, ai fini della ripartizione delle risorse di cui all'articolo 3, comma 2-bis, citato in premessa, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo all'articolo 7-quinquies, comma 2, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, nel più beve tempo possibile e comunque non oltre trenta giorni dalla data di conversione in legge del decreto-legge in esame, finalizzando le complessive risorse derivanti dal citato articolo 3, comma 2-bis, a favore delle autorizzazioni di spesa indicate nel dettaglio in premessa e per gli importi a fianco di ciascuna specificati.
9/4086/260. Berardi.

La Camera,
premesso che:
il corso-concorso di formazione ordinario a dirigente scolastico indetto con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4a serie speciale - n. 94 del 26 novembre 2004, è stato oggetto di numerose irregolarità in seguito alle quali i candidati delle diverse regioni hanno presentato ricorsi presso i rispettivi Tar; solo i Tar di poche regioni (Sicilia, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna) hanno concesso la sospensiva;
durante il Governo Prodi, la legge finanziaria per il 2007 (comma 619) ha previsto la sanatoria per tutti i candidati che avevano ottenuto la sospensiva dai rispettivi Tar, consentendo loro di partecipare alla fase di formazione e di essere inseriti nelle rispettive graduatorie regionali, senza avere il giudizio di merito del Tar o, in alcuni casi, anche con successivo esito negativo del Tar;
successivamente sempre il governo Prodi inserì nel «Milleproroghe 2008» (decreto-legge 248 del 2007) l'articolo 24-quinquies che dà la possibilità di essere immessi in ruolo in regione diversa da quella in cui si è svolto il concorso, se in quest'ultima non ci sono posti vacanti e disponibili, e che, inoltre, modifica la validità delle graduatorie regionali trasformandole da triennali in permanenti a esaurimento, in contrasto con quanto previsto dal bando di concorso;
la Camera dei deputati, nella seduta del 20 febbraio 2008, ha approvato gli ordini del giorno, politicamente trasversali, n. 9/3324-A-R/20, n. 9/3324-A-R/26 e n. 9/3324-A-R/28 che impegnano il Governo a risolvere la grave discriminazione che si è verificata a danno della maggioranza delle regioni italiane (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Molise, Basilicata, Piemonte, Toscana, Umbria, Veneto, Abruzzo);
nel corso dell'esame del presente decreto al Senato il senatore Tancredi ha presentato un emendamento volto a sanare la grave situazione d'ingiustizia, nel quale era previsto che i candidati del citato corso concorso in possesso dei prescritti requisiti che abbiano superato la preselezione dei titoli e che abbiano un ricorso giurisdizionale pendente alla data del 31 dicembre 2009 sono inseriti, su istanza al direttore scolastico regionale, esclusivamente in coda alle pertinenti graduatorie regionali previa partecipazione, con esito positivo ad un apposito corso intensivo di formazione indetto dall'amministrazione senza alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica;
tale emendamento, che riguarda una platea di circa 100 aventi diritto, ha avuto il parere favorevole del ministro Gelmini, prima di essere ritirato a seguito d'apposizione dalla fiducia al Senato;
in Italia attualmente sono scoperti circa tremila posti di dirigente scolastico con gravi disagi per il funzionamento delle scuole; l'emendamento avrebbe prodotto un risparmio di spesa dell'amministrazione sia per la diminuzione delle reggenze, istituto impropriamente usato per la temporanea (e costosa) copertura dei posti vacanti, sia in termini di riduzione di un contenzioso, che vedrà sicuramente soccombente la pubblica amministrazione,

impegna il Governo

a risolvere in un prossimo provvedimento la questione esposta in premessa con le modalità che hanno ricevuto l'assenso del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca scientifica.
9/4086/261. Pelino.

La Camera,
premesso che:
il corso-concorso di formazione ordinario a dirigente scolastico indetto con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4a serie speciale - n. 94 del 26 novembre 2004, è stato oggetto di numerose irregolarità in seguito alle quali i candidati delle diverse regioni hanno presentato ricorsi presso i rispettivi Tar; solo i Tar di poche regioni (Sicilia, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna) hanno concesso la sospensiva;
durante il Governo Prodi, la legge finanziaria per il 2007 (comma 619) ha previsto la sanatoria per tutti i candidati che avevano ottenuto la sospensiva dai rispettivi Tar, consentendo loro di partecipare alla fase di formazione e di essere inseriti nelle rispettive graduatorie regionali, senza avere il giudizio di merito del Tar o, in alcuni casi, anche con successivo esito negativo del Tar;
successivamente sempre il governo Prodi inserì nel «Milleproroghe 2008» (decreto-legge 248 del 2007) l'articolo 24-quinquies che dà la possibilità di essere immessi in ruolo in regione diversa da quella in cui si è svolto il concorso, se in quest'ultima non ci sono posti vacanti e disponibili, e che, inoltre, modifica la validità delle graduatorie regionali trasformandole da triennali in permanenti a esaurimento, in contrasto con quanto previsto dal bando di concorso;
la Camera dei deputati, nella seduta del 20 febbraio 2008, ha approvato gli ordini del giorno, politicamente trasversali, n. 9/3324-A-R/20, n. 9/3324-A-R/26 e n. 9/3324-A-R/28 che impegnano il Governo a risolvere la grave discriminazione che si è verificata a danno della maggioranza delle regioni italiane (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Molise, Basilicata, Piemonte, Toscana, Umbria, Veneto, Abruzzo);
nel corso dell'esame del presente decreto al Senato il senatore Tancredi ha presentato un emendamento volto a sanare la grave situazione d'ingiustizia, nel quale era previsto che i candidati del citato corso concorso in possesso dei prescritti requisiti che abbiano superato la preselezione dei titoli e che abbiano un ricorso giurisdizionale pendente alla data del 31 dicembre 2009 sono inseriti, su istanza al direttore scolastico regionale, esclusivamente in coda alle pertinenti graduatorie regionali previa partecipazione, con esito positivo ad un apposito corso intensivo di formazione indetto dall'amministrazione senza alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica;
tale emendamento, che riguarda una platea di circa 100 aventi diritto, ha avuto il parere favorevole del ministro Gelmini, prima di essere ritirato a seguito d'apposizione dalla fiducia al Senato;
in Italia attualmente sono scoperti circa tremila posti di dirigente scolastico con gravi disagi per il funzionamento delle scuole; l'emendamento avrebbe prodotto un risparmio di spesa dell'amministrazione sia per la diminuzione delle reggenze, istituto impropriamente usato per la temporanea (e costosa) copertura dei posti vacanti, sia in termini di riduzione di un contenzioso, che vedrà sicuramente soccombente la pubblica amministrazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di risolvere in un prossimo provvedimento la questione esposta in premessa con le modalità che hanno ricevuto l'assenso del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca scientifica.
9/4086/261.(Testo modificato nel corso della seduta).Pelino.

La Camera,
premesso che:
il comma 1 dell'articolo 31 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, innovando il TULPS (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) di cui al regio decreto 8 giugno 1931, n. 773, ha introdotto la norma per cui le carte d'identità, a partire dal 1o gennaio 2010, avrebbero dovuto essere rilasciate munite della fotografia e delle impronte digitali della persona titolare delle stesse;
il comma 3 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 194 del 2009 (decreto milleproroghe 2009), convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, ha prorogato al 1o gennaio 2011 il termine di cui al punto precedente;
un'ulteriore proroga del termine di cui sopra è prevista nella presente legge, la quale fissa al 1o gennaio 2012 il rilascio di carte d'identità con impronte digitali;
l'esigenza di inserire questo elemento nei documenti di riconoscimento personali risponde ad elementari regole di sicurezza, a tutela sia del titolare del documento stesso che della collettività;
al momento dell'emanazione del decreto del 2008, larghi strati dell'opinione pubblica hanno guardato con attenzione e vivo interesse a tale norma, a riprova del fatto che le esigenze di sicurezza sono trasversalmente condivise dai cittadini italiani,

impegna il Governo

a non prorogare ulteriormente il termine per l'introduzione delle impronte digitali dei titolari delle carte d'identità di nuovo rilascio, predisponendo a tal fine le misure che consentano alle amministrazioni interessate di dotarsi tempestivamente degli strumenti necessari.
9/4086/262. Marsilio.

La Camera,
premesso che:
la previsione della norma interpretativa dell'articolo 2935 del codice civile prevista all'articolo 2, comma 61, del presente provvedimento può determinare la riduzione dei termini di prescrizione a favore dei soli istituti bancari a danno dei diritti che possono essere invece fatti valere da tutti i cittadini utenti (imprese e consumatori) anche nei confronti dei medesimi istituti bancari, per i rapporti creditizi in conto corrente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire in tempi rapidi, anche attraverso eventuali interventi normativi a tutela degli interessi legittimi dei cittadini, nel pieno rispetto dei principi costituzionali, negli eventuali contenziosi con gli istituti bancari, affinché l'interpretazione data all'articolo 2, comma 61, del presente provvedimento, in merito all'articolo 2935 del codice civile, non si configuri come un danno nei loro confronti.
9/4086/263. Scilipoti, Cesario, Sardelli, Belcastro, Calearo Ciman, Catone, D'Anna, Grassano, Gianni, Guzzanti, Iannaccone, Lehner, Milo, Moffa, Mottola, Orsini, Mario Pepe (IR), Pionati, Pisacane, Polidori, Porfidia, Razzi, Romano, Ruvolo, Siliquini, Soglia, Stasi, Taddei.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge in esame fissa al 31 marzo 2011 il termine di scadenza di una serie di termini e di regimi giuridici indicati nella tabella 1 - allegata dal testo del decreto - tra cui anche quello relativo all'applicazione della norma che prevede la prova pratica di guida del ciclomotore, recentemente introdotta dall'articolo 17 della legge n. 120 del 2010, originariamente fissata al 19 gennaio 2011;
il medesimo articolo 1, ai commi 2 e 2-bis, prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere della Commissione parlamentare per la semplificazione e delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario, possa essere disposta l'ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2011 del predetto termine;
il comma 1-quater del successivo articolo 2 introduce per gli aspiranti al certificato di idoneità alla guida di ciclomotore la necessità di ottenere l'autorizzazione ad esercitarsi alla guida (a similitudine di quanto previsto dall'articolo 122 del codice della strada con riferimento al cosiddetto foglio rosa), prevedendo che le relative modalità saranno sempre stabilite con decreto ministeriale da emanarsi entro il termine del 31 marzo 2011, anch'esso prorogabile con le modalità di cui ai commi 2 e 2-bis dell'articolo 1 fino al 31 dicembre 2011;
va considerata l'esigenza di non prorogare, comunque, i suddetti termini oltre il 31 marzo prossimo, al fine di assicurare quanto prima una compiuta disciplina della materia di cui trattasi,

impegna il Governo

a non prorogare oltre il 31 marzo 2011 i termini di cui all'articolo 17, comma 2, della legge n. 120 del 2010 e all'articolo 1, comma 1-quater, del decreto in esame;
ad applicare pertanto la emananda disciplina con riferimento alle domande di conseguimento del certificato di idoneità alla guida del ciclomotore presentate a far data dal 1o aprile 2011.
9/4086/264. Valducci.

La Camera,
premesso che:
lo svolgimento, tuttora in atto, del concorso pubblico a centoquarantacinque posti di dirigente tecnico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rischia di determinare un grave contenzioso;
il bando dava la possibilità di partecipare al concorso per più settori, indipendentemente dal possesso dei titoli di accesso, e molti candidati hanno utilizzato tale possibilità, determinando conseguenze che sono andate a scapito di altri concorrenti che pur erano in possesso dei titoli richiesti e che avevano conseguito alti punteggi;
dopo la preselezione è infatti emerso che la graduatoria degli ammessi alle prove scritte non era di 1.450 persone, come richiedeva il bando del concorso («Viene ammesso alle prove scritte un numero di candidati pari a dieci volte il numero dei posti messi a concorso per ogni settore»), ma solo di circa un migliaio, a causa dei nomi che si ripetevano nei diversi settori in cui erano ripartiti i posti messi a concorso;
sarebbe stato quindi necessario rivedere le graduatorie dopo la preselezione, ma ciò non è avvenuto e si è aperto così un notevole contenzioso;
all'esito di tale contenzioso, si è determinata una situazione per la quale i ricorrenti sono stati ammessi alle prove scritte, mentre chi non ha fatto ricorso è rimasto escluso e ciò a prescindere dal punteggio conseguito;
inoltre, nella Gazzetta Ufficiale dell'11 febbraio 2011, n. 12, dove è pubblicato il diario delle prove, non figura alcun elenco di candidati ammessi, come era invece previsto dal bando di concorso;
appare iniquo escludere dal concorso circa 400 docenti e dirigenti scolastici la cui unica colpa è stata quella di aver avuto fiducia nei confronti dell'operato del Ministero e di non aver presentato ricorso;
appare inoltre opportuno evitare nuovo contenzioso che pregiudicherebbe l'esito del concorso,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa affinché i candidati non ricorrenti inclusi nell'elenco dei 1.450 con miglior punteggio nelle prove preselettive, agli atti al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, vengano ammessi alle prove scritte del concorso a 145 posti per dirigente tecnico del medesimo Ministero e affinché, conseguentemente, le stesse prove vengano procrastinate di almeno due mesi per consentire pari opportunità di preparazione a tutti.
9/4086/265. Paolo Russo.

La Camera,
premesso che:
lo svolgimento, tuttora in atto, del concorso pubblico a centoquarantacinque posti di dirigente tecnico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rischia di determinare un grave contenzioso;
il bando dava la possibilità di partecipare al concorso per più settori, indipendentemente dal possesso dei titoli di accesso, e molti candidati hanno utilizzato tale possibilità, determinando conseguenze che sono andate a scapito di altri concorrenti che pur erano in possesso dei titoli richiesti e che avevano conseguito alti punteggi;
dopo la preselezione è infatti emerso che la graduatoria degli ammessi alle prove scritte non era di 1.450 persone, come richiedeva il bando del concorso («Viene ammesso alle prove scritte un numero di candidati pari a dieci volte il numero dei posti messi a concorso per ogni settore»), ma solo di circa un migliaio, a causa dei nomi che si ripetevano nei diversi settori in cui erano ripartiti i posti messi a concorso;
sarebbe stato quindi necessario rivedere le graduatorie dopo la preselezione, ma ciò non è avvenuto e si è aperto così un notevole contenzioso;
all'esito di tale contenzioso, si è determinata una situazione per la quale i ricorrenti sono stati ammessi alle prove scritte, mentre chi non ha fatto ricorso è rimasto escluso e ciò a prescindere dal punteggio conseguito;
inoltre, nella Gazzetta Ufficiale dell'11 febbraio 2011, n. 12, dove è pubblicato il diario delle prove, non figura alcun elenco di candidati ammessi, come era invece previsto dal bando di concorso;
appare iniquo escludere dal concorso circa 400 docenti e dirigenti scolastici la cui unica colpa è stata quella di aver avuto fiducia nei confronti dell'operato del Ministero e di non aver presentato ricorso;
appare inoltre opportuno evitare nuovo contenzioso che pregiudicherebbe l'esito del concorso,

impegna il Governo

a valu