XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di venerdì 25 febbraio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 29 MARZO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la difesa del territorio rappresenta un interesse prioritario sia per il corretto ed equilibrato sviluppo ambientale del Paese, che per le conseguenze non trascurabili dovute a eventi ambientali dannosi;
la tutela dell'ambiente è stata riconosciuta come principio immanente all'ordinamento sia dalla Corte costituzionale che dalla Corte di cassazione. La Corte costituzionale, in particolare, rinviene un ancoraggio costituzionale alla tutela dell'ambiente nel sistema normativo che emerge dal secondo comma dell'articolo 9 della Costituzione, secondo cui la Repubblica «tutela il paesaggio», e dalla disciplina contenuta nell'articolo 32 della Costituzione, che tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo e della collettività. La stessa Carta fondamentale, all'articolo 117, secondo comma, lettera s), nel riservare alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia della «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», riconosce esplicitamente la valenza costituzionale di tali beni;
attualmente i siti inquinati di interesse nazionale sono 57 e comprendono aree contaminate con elevati rischi sanitari ed ambientali, nelle quali l'impatto socio-economico causato dall'inquinamento è molto rilevante; i siti inquinati di interesse nazionale comprendono aree a terra e aree a mare per un'estensione di 700 mila ettari, corrispondenti al 3 per cento del territorio nazionale, e sono distribuiti sul territorio nazionale come segue: Centro-Nord, 34 siti; Sud, 20 siti. All'interno dei siti inquinati di interesse nazionale sono presenti tremila soggetti privati, proprietari delle aree, tra cui le più importanti realtà industriali italiane ed estere in campo chimico e petrolifero;
con riferimento agli ultimi provvedimenti legislativi di natura finanziaria per il 2011, lo stanziamento complessivo di competenza iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il 2011 ammonta a 513,9 milioni di euro. Rispetto al dato assestato si registra, quindi, una diminuzione di ben 232,7 milioni di euro (con una riduzione pari al 31,2 per cento). La missione a cui sono assegnate la gran parte delle risorse a disposizione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è la missione 18 (391,2 milioni per sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente), che, però, registra una diminuzione di 212,9 milioni di euro (pari al 35,2 per cento). In particolare, la dotazione di competenza del programma 18.12 (Tutela e conservazione del territorio e delle risorse idriche, trattamento e smaltimento rifiuti, bonifiche) risulta pari a 164,3 milioni di euro, con una riduzione di 81,1 milioni di euro (pari al 33 per cento);
gli ultimi provvedimenti legislativi in materia di siti inquinati di interesse nazionale hanno introdotto una procedura alternativa di risoluzione stragiudiziale del contenzioso relativo alle procedure di rimborso delle spese di bonifica e ripristino di aree contaminate e al risarcimento del danno ambientale; tale norma è stata resa necessaria dalla diffusione dei fenomeni di inquinamento ambientale e dal frequente ed inconcludente contenzioso che sorge in merito alle procedure di rimborso per le spese di bonifica, ripristino e risarcimento del danno; le norme attribuiscono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la facoltà di predisporre uno schema di contratto per la stipula di una o più transazioni globali, con una o più imprese interessate, pubbliche o private, in ordine alla spettanza e alla quantificazione degli oneri di bonifica e di ripristino, nonché del danno ambientale di cui all'articolo 300 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e degli altri eventuali danni di cui lo Stato o altri enti pubblici territoriali possano richiedere il risarcimento;

dal 2001, con il decreto ministeriale n. 468 del 18 settembre 2001, «Regolamento recante: Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale», l'area di Crotone-Cassano-Cerchiara è stata inclusa nell'elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale, per un'area di circa 530 ettari a terra e 1.452 ettari a mare, perimetrata nel 2002 e comprendente: due complessi industriali della Pertusola Sud e dell'ex Montedison, la discarica comunale di Tufolo, la fascia costiera a ridosso della zona industriale ed i comuni di Cassano allo Jonio e Cerchiara Calabria;
tale area è interessata da fenomeni di inquinamento ambientale profondi, sia derivanti direttamente dalle attività industriali delle fabbriche Pertusola Sud e Montedison, di proprietà del gruppo Syndial-Eni, sia connessi allo smaltimento dei relativi rifiuti in discariche abusive e a mare;
la necessità di interventi di risanamento ambientale è dovuta alla contaminazione da metalli pesanti (principalmente cadmio, piombo, mercurio, zinco e arsenico) e materiali cancerogeni, nel suolo e sottosuolo, nelle acque sotterranee e nei sedimenti marini; le scorie tossiche hanno, infatti, prodotto gravissime ripercussioni sull'ecosistema delle aree vicine al sito industriale, con l'interessamento di falde acquifere, area marina e terreni circonvicini, destinati prevalentemente alla produzione agricola; da uno studio commissionato dalla provincia di Crotone al Consorzio per le tecnologie biomediche avanzate e indagini diagnostiche dell'Università della Calabria è emersa una grave compromissione della falda acquifera, con penetrazione di zinco, cadmio, rame e metalli pesanti dall'area industriale fino a 12 chilometri dal perimetro esterno;
la dispersione di tali materiali tossici nell'ambiente ha conseguenze devastanti sulla salute umana: essi possono avere effetti cancerogeni, neurologici, provocare danni al sistema respiratorio e cardiovascolare e influenzare negativamente lo sviluppo del sistema nervoso;
già nel 2001 il «Rapporto annuale su salute e ambiente in Italia» dell'Organizzazione mondiale della sanità aveva sottolineato l'aumento della mortalità nel territorio di Crotone per patologie respiratorie, tumori polmonari e carcinomi alla laringe, tanto da determinare un eccesso di mortalità totale intorno al 10 per cento;
nell'area del crotonese le problematiche legate all'inquinamento ambientale non sono limitate alle aree della ex Pertusola Sud e Montedison; risultano, infatti, inquinati molti altri siti, come, ad esempio, l'area della Fosfotec, che è interessata da inquinanti di natura radioattiva, e della Sidis, della Mosmodec, nonché di altri impianti;
la critica situazione ambientale in cui versa il territorio del crotonese è nota da almeno un decennio. Infatti, già nel 1997, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 settembre 1997, è stato dichiarato, relativamente a tale area, lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti. Da allora si sono succedute varie ordinanze, con le quali sono stati attribuiti ai diversi commissari i necessari poteri straordinari, volti a garantire gli interventi dovuti per smaltire detti rifiuti speciali e pericolosi, per approntare la bonifica ed il risanamento ambientale dei suoli e dei sedimenti inquinati, dei siti industriali e delle falde, nonché le operazioni a tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione;
all'inizio del mese di ottobre 2009, con il ritrovamento del relitto di un mercantile carico di fusti sospetti allargo di Cetraro (Cosenza), è tornata di attualità la vicenda delle cosiddette «navi dei veleni»;
oltre ai tanti relitti sui fondali italiani risalenti ad incidenti legati, soprattutto, alle vicende della prima e della seconda guerra mondiale, sono numerose le navi che risulterebbero affondate tra gli anni '80 e '90 cariche di rifiuti tossici e radioattivi e che compaiono nelle inchieste svolte dalle procure interessate e quasi tutte le regioni costiere del nostro Paese potrebbero essere compromesse;

il tema dei relitti di navi presenti nei fondali delle nostre coste e contenenti materiali velenosi non è, però, l'unica preoccupazione che dovrebbe interessarci: vi sono, infatti, altre questioni analoghe, che, pur non essendovi una dimostrazione certa che siano collegate con le cosiddette «navi a perdere», preoccupano per l'impatto sanitario e ambientale che hanno determinato, soprattutto, in Calabria;
tali questioni riguardano la presenza di discariche abusive contenenti materiale altamente pericoloso o, addirittura, radioattivo presenti in determinati luoghi della regione;
altre aree contaminate presenti in Italia, in maniera particolare in Campania, in Sicilia e anche in tante regioni del Nord, rappresentano una seria minaccia per l'ambiente e la salute;
con la delibera del Consiglio dei ministri del 30 novembre 1990 veniva istituita l'area ad elevato rischio di crisi ambientale del Sulcis-Iglesiente, comprendente i comuni di Portoscuro, Gonnesa, Carbonia, S. Antioco e San Giovanni Suergiu;
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 1993 è stato approvato il piano di disinquinamento, al fine di attivare un sistema di risanamento territoriale, con particolare riferimento alle fasce circostanti l'area di Portoscuro, Portovesme e Gonnesa, a seguito dei risultati sui livelli di contaminazione da metalli pesanti effettuati dall'azienda sanitaria su tali territori;
la giunta regionale sarda, con la deliberazione n. 6/56 del 2003, ha dichiarato il territorio del Sulcis-Iglesiente «area ad elevato rischio di crisi ambientale» con validità quinquennale, che risulta attualmente non reiterata;
il piano di disinquinamento prevedeva circa 115 interventi, dei quali 55 industriali e 60 a titolarità pubblica, per i quali dal 1995 fino al 2004 lo Stato ha erogato alla regione circa 69 milioni di euro, a fronte di un fabbisogno effettivo di oltre 104 milioni di euro;
allo stato attuale risulterebbero finanziati all'incirca la metà degli interventi previsti attraverso i provvedimenti assunti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dalla giunta regionale; inoltre, rimangono ancora da trasferire da parte dello Stato finanziamenti che ammontano a circa 40 milioni di euro;
ad oggi non risultano ancora completate dopo svariati decenni le operazioni di bonifica e messa in sicurezza del territorio circostante l'ex sito minerario di Balangero, in provincia di Torino, che nel passato si contraddistingueva per essere il sito di estrazione d'amianto più grande d'Europa e ancora oggi è considerato pericolosissimo per la presenza di materiali tossici altamente nocivi;
ad oggi risulta essere a rilento il processo di recupero ambientale delle aree adibite a discarica;
nell'ottica di una completa e corretta gestione del ciclo dei rifiuti, costituisce elemento imprescindibile l'attenzione al rispetto degli aspetti socio-ambientali e di tutela delle popolazioni che vivono nei comuni dove vengono insediate le discariche;
occorre non solo salvaguardare il patrimonio ambientale e paesaggistico presente nei perimetri dei siti inquinati di interesse nazionale, ma anche adottare tutte le misure necessarie alla tutela della salute umana e preservare e rilanciare il patrimonio di grandi, medie e piccole imprese presenti su questi territori;
è necessario un impegno convinto delle istituzioni per inventariare i siti e procedere alla bonifica, dove sia possibile, o ad ogni modo per metterli in sicurezza. Si tratterebbe, in particolare, di un'operazione congiunta tra Governo, regioni e sistema degli enti locali, in collaborazione con enti tecnici preposti, al fine di censire

le situazioni incriminate e, successivamente, intervenire per il loro ripristino ambientale;
esiste l'esigenza di un monitoraggio sui siti di tutti i naufragi sospetti (individuati con la collaborazione della magistratura), con le coste e le aree limitrofe, al fine di accertare l'esistenza di carichi nocivi nei relitti e provvedere immediatamente a porre in essere gli eventuali interventi di messa in sicurezza e bonifica che si rendessero necessari;
è necessario inquadrare tale attività di monitoraggio in una più ampia strategia di lotta alle ecomafie, rafforzando il coordinamento tra diverse forze operanti nell'attività di contrasto ai reati ambientali;
tale operazione di monitoraggio, di eventuale recupero dei relitti e di messa in sicurezza e bonifica delle aree ha costi elevati, che possono essere sostenuti solo attraverso un intervento straordinario del Governo, volto a far luce in modo definitivo sul fenomeno, fornendo alle popolazioni rassicurazioni sulle effettive condizioni del mare, sugli eventuali pericoli per la salute pubblica e sugli interventi effettuati e programmati;
appare necessario avviare una piena e profonda riconversione dei territori compromessi da elevati livelli di inquinamento industriale, nel rispetto dei principi dello sviluppo sostenibile e dell'ambiente, attraverso l'impegno di tutti gli enti interessati e, soprattutto, mediante l'erogazione delle risorse residue previste per gli interventi di risanamento,


impegna il Governo:


a procedere in tempi rapidi alla definizione del processo di bonifica, risanamento ambientale e messa in sicurezza dei siti di interesse nazionale, anche individuando specifici impegni di risorse da destinare, inoltre, al rilancio del tessuto industriale ed economico presente sul territorio;
ad adottare nel più breve tempo possibile misure volte a realizzare un'accelerazione nell'esecuzione dei progetti di bonifica ambientale dei territori sedi di discarica e la previsione di piani di compensazione a favore dei cittadini residenti;
ad individuare maggiori risorse per finanziare il piano di intervento di bonifica dei siti di interesse nazionale individuati sul territorio, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 e del successivo decreto legislativo correttivo n. 4 del 2008;
a trasmettere alle Camere una relazione dettagliata che dia riscontro delle risorse complessivamente investite dagli operatori economici pubblici e privati e dei risultati raggiunti relativamente ai processi di bonifica o risanamento ambientale dei siti contaminati di interesse nazionale;
ad eseguire un'azione di rilevamento e di verifica sul territorio italiano di siti inquinati analoghi a quelli interessati dalla vicenda delle «navi dei veleni» e a procedere alla formulazione di un'intesa con le regioni e con gli enti locali interessati, in collaborazione con gli organismi tecnici preposti, finalizzata alla loro bonifica e messa in sicurezza;
ad avviare un ampio programma di monitoraggio dei siti di tutti i naufragi sospetti (individuati con la collaborazione della magistratura e, in particolare, della direzione nazionale antimafia), con le coste e le aree limitrofe, al fine di accertare l'esistenza di carichi nocivi nei relitti e provvedere immediatamente a porre in essere gli eventuali interventi di messa in sicurezza e bonifica che si rendessero necessari;
ad inquadrare tale attività di monitoraggio in una strategia di lotta alle ecomafie che assicuri il coordinamento tra le diverse forze operanti nell'attività di contrasto ai reati ambientali, contribuendo a porre in piena luce i rapporti con le organizzazioni criminali;
ad individuare con la massima urgenza le procedure e le risorse adeguate per favorire l'immediata rimozione di ogni

rischio per la salute dei cittadini della provincia di Crotone, nonché a procedere alla completa bonifica dei siti inquinati, al ripristino dell'intera area compromessa e alla riparazione dei gravi danni inferti alla popolazione residente nelle aree contaminate e all'ambiente;
a destinare le risorse al completamento dei programmi di interventi di risanamento, bonifica e ripristino ambientale, al fine di eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti nell'area del Sulcis Iglesiente;
a completare i programmi di intervento di risanamento, bonifica e ripristino ambientale nell'ex miniera di Balangero, in provincia di Torino;
a prevedere idonee forme di concertazione nello svolgimento dei processi regolatori dei contenziosi riguardanti le bonifiche dei siti di interesse nazionale e ad adottare le opportune iniziative, anche normative, dirette a garantire l'effettivo coinvolgimento delle regioni e degli enti locali interessati.
(1-00569)
«Libè, Tassone, Occhiuto, Mereu, Scanderebech, Dionisi, Mondello, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Naro, Volontè».

La Camera,
premesso che:
gli eventi drammatici di questi giorni in Libia stanno mutando in profondità la geografia politica del Mediterraneo;
le prime manifestazioni di protesta nate in modo spontaneo a Bengasi e soprattutto nella parte orientale del paese nella provincia della Cirenaica, sono state duramente represse dagli apparati di sicurezza del regime libico, che non ha esitato ad usare la forza in modo sproporzionato, uccidendo migliaia di civili che partecipavano a manifestazioni di protesta per richiedere la fine della dittatura e l'avvio di riforme democratiche del paese;
la violenta repressione ancora in corso sta assumendo dimensioni totalmente inaccettabili per la comunità internazionale: utilizzo dei cacciabombardieri dell'esercito libico per colpire i civili, esecuzioni sommarie, stragi di civili e di militari accusati di abbandonare il regime per unirsi alla popolazione;
si assiste dunque ad una massiccia e senza precedenti violazione dei diritti umani da parte del regime del colonnello Gheddafi nei confronti di settori amplissimi della popolazione civile libica;
sono evidenti i grandi rischi per l'Italia l'Europa della nuova situazione venutasi a creare in Libia: rischi per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, rischi per l'arrivo di nuovi e incontrollati flussi di immigrazione illegale, rischi per la sicurezza dell'intero Mediterraneo;
i drammatici avvenimenti cui si sta assistendo in queste ore e la realtà che si sta concretizzando sul terreno hanno reso ormai nella sostanza inefficace il Trattato di Amicizia italo-libico del 2008, in particolare: l'articolo 6 del Trattato nel quale «le Parti, di comune accordo, agiscono conformemente alle rispettive legislazioni, agli obietti, ed ai principi della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo»; l'articolo 4 relativo alla «non ingerenza negli affari interni»; l'articolo 7 che propone iniziative di dialogo e comprensione fra culture e civiltà all'insegna dei «principi di tolleranza e coesistenza»; l'articolo 17 relativo al trasferimento di tecnologie e di collaborazione industriale; ed infine l'articolo 20 «Collaborazione nel Settore della Difesa» con il quale Italia e Libia «si impegnano a sviluppare la collaborazione nel settore della Difesa tra le rispettive Forze armate, anche mediante la finalizzazione di specifici accordi che disciplinino lo scambio di missioni di esperti, istruttori e tecnici e quello di informazioni militari nonché l'espletamento di manovre congiunte»; il comma 2 dell'articolo 20 che prevede poi l'impegno ad agevolare la

realizzazione di un forte ed ampio partenariato industriale nel settore della Difesa e delle industrie militari,


impegna il Governo


a sospendere, ai sensi degli articoli 56 e 65 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione fra la Repubblica Italiana e la Grande Giamahiria libica popolare socialista, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008.
(1-00570)
«Vernetti, Della Vedova, Adornato, Ruben, Lanzillotta, Moroni».

Risoluzioni in Commissione:

La I Commissione,
premesso che:
la legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha disposto l'abolizione delle forme di rappresentanza circoscrizionale nei comuni con popolazione inferiore ai 100, mila abitanti;
la legge 23 dicembre 2009, n. 191, all'articolo 2, comma 186, lettera b) ha disposto l'abolizione delle circoscrizioni di decentramento amministrativo comunale per i comuni con popolazione compresa tra i 100.000 e i 250.000 abitanti;
il decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, convertito, con modificazioni, nella legge 26 marzo 2010, n. 42, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni, al comma 2 dell'articolo 1, ha previsto la proroga al 2011 dell'entrata in vigore del disposto di cui al comma 186 dell'articolo 2 della citata legge n. 191 del 2009;
è previsto pertanto che la disciplina di cui alla legge 23 dicembre 2009, n. 191, decorra già dal rinnovo delle amministrazioni locali della prossima primavera;
la soppressione dei consigli circoscrizionali è inopportuna e inutile, essendo tali organismi l'unico anello di congiunzione tra il cittadino e l'amministrazione comunale;
le circoscrizione ed i rispettivi consigli sono organismi politico-amministrativi che hanno la particolare caratteristica di favorire al massimo la partecipazione popolare per la trattazione e la gestione dei problemi locali delle singole zone, sono eletti dalla popolazione residente nel territorio circoscrizionale e restano in carica quanto il consiglio comunale;
le circoscrizioni rappresentano pertanto gli interessi della collettività del proprio territorio nell'ambito dell'unità del comune ed hanno ruolo politico, consultivo e propositivo, concorrendo alla gestione della politica amministrativa del comune attraverso l'esercizio di funzioni proprie o delegate;
le circoscrizioni rappresentano altresì una risorsa democratica e un luogo di partecipazione insostituibile, non un «costo della politica», bensì una «risorsa della politica» in quanto luoghi fondamentali per la costruzione della coesione sociale, della cittadinanza, del senso civico e dell'identità comunitaria;
le circoscrizione sono, tra l'altro, un laboratorio politico per la formazione di futuri amministratori capaci e in grado di sostenere le esigenze della città;
imputare alle circoscrizioni l'eccesso dei costi della politica e proporne l'abolizione come mezzo virtuoso di contenimento delle spese è un modo inefficace di affrontare il probità del bilancio dello Stato, in quanto il costo complessivo dei rappresentanti politici eletti nelle circoscrizioni dei comuni compresi fra 100.000 e 250.000 abitanti, considerate le limitazioni dimensionali imposte dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244, incide in maniera irrisoria sul bilancio aggregato di tutto il Paese;
ogni consigliere circoscrizionale, infatti, percepisce al massimo un'indennità relativa ai gettoni di presenza pari a 150 euro circa;

dal punto di vista normativo la scelta di abolire le circoscrizioni si pone in contrasto con la recente modifica del Titolo V della parte II della Costituzione, oltre che con il disposto dell'articolo 5 della medesima Carta costituzionale, che riconosce e valorizza le autonomie locali;
la prospettiva di annullare questa trentennale esperienza appare in stridente contraddizione con i valori della trasparenza, della partecipazione e della sussidiarietà;
in risposta alla legge 23 dicembre 2009, n. 191, e al decreto-legge 25 gennaio 2010 n. 2, si è costituito il Comitato nazionale delle circoscrizioni di decentramento amministrativo comunale, cui ha aderito pressoché la totalità dei comuni d'Italia coinvolti dalla disposizione in itinere;
detto Comitato nazionale delle circoscrizioni, costituitosi a Forlì il 30 giungo 2010, ha adottato un articolato documento politico recante una posizione di netto disaccordo con le scelte dello Stato centrale tese ad abolire l'esperienza del decentramento amministrativo comunale;
tutti i presidenti delle circoscrizioni e gli assessori al decentramento, aderenti al Comitato nazionale delle circoscrizioni nei mesi scorsi hanno avviato un intenso percorso di sensibilizzazione, interpellando tutti i soggetti a vario titolo coinvolti, tra i quali l'ANCI, la Lega delle autonomie, alcuni consigli regionali, diversi parlamentari che, tra l'altro hanno anche tenuto una conferenza stampa alla Camera dei deputati svoltasi il 16 settembre 2010, mentre al Senato della Repubblica si è svolta un'audizione il 23 novembre 2010 presso la Commissione affari costituzionali;
alcune regioni a statuto speciale stanno già avviando e portando a conclusione percorsi normativi tesi a preservare dalla decadenza gli strumenti di partecipazione dei consigli circoscrizionali, con conseguente inevitabile creazione di un'Italia a due velocità e con evidenti disparità per i cittadini e le comunità coinvolte,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative perché sia prorogata la decorrenza disposta dal decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42, prevista per il 2011;
a fare proprie le richieste del Comitato nazionale delle circoscrizioni e ad assumere posizione in difesa del decentramento amministrativo comunale come spazio fondamentale di democrazia e buona politica;
ad attivarsi in tutte le sedi opportune perché si riformulino i citati disposti normativi e sia salvaguardata l'autonomia degli enti locali e la loro facoltà di organizzare il governo cittadino in base alle esigenze del proprio territorio indipendentemente dal numero degli abitanti;
ad attivarsi in sede di Conferenza permanente Stato-regioni perché venga istituito un tavolo di confronto con il Comitato nazionale delle circoscrizioni;
ad attivarsi in tutte le sedi più opportune perché all'interno della nuova «Carta delle autonomie» siano riconosciute forme istituzionali di decentramento amministrativo, in chiave federalista su base regionale;
a valutare l'opportunità di procedere all'adozione degli strumenti normativi più opportuni per garantire la partecipazione dei cittadini alle scelte di rappresentanza già dai livelli più vicini alle comunità quali sono le circoscrizioni.
(7-00506)
«Bressa, Vico, Giovanelli, Cenni, Lulli, Bordo, Ghizzoni, Corsini, Bocci, Velo, Braga, De Micheli, Oliverio, Marchi, Naccarato, Albonetti, Froner, Fadda, Samperi, Villecco Calipari, Sanga, Vannucci, Trappolino, Codurelli, Mattesini».

La VI Commissione,
premesso che:
la normativa in materia di imposta comunale sugli immobili di cui al decreto legislativo n. 504 del 30 dicembre 1992, all'articolo 2, comma 1, lettera a), definisce come fabbricato soggetto all'imposta l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, escludendo pertanto implicitamente dall'imposta stessa i fabbricati per i quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui all'articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993;
la non esplicita esclusione dall'imposizione ICI dei fabbricati rurali ha creato in passato un contenzioso, che sembrava risolto attraverso la norma di interpretazione autentica recata dal comma 1-bis dell'articolo 23 del decreto-legge n. 207 del 2008, la quale ha previsto che, ai sensi e per gli effetti dell'imposta comunale sugli immobili, non si considerano fabbricati le unità immobiliari per le quali ricorrono i requisiti di ruralità, come sopra definiti;
successivamente la Corte di cassazione, con sentenza a sezioni unite n. 18565 del 21 agosto 2009, è intervenuta in materia, affermando che l'esclusione dall'ICI opera solo nel caso in cui il fabbricato rurale sia classificato catastalmente nella categoria A/6, se fabbricato abitativo, o nella categoria D/10, se si tratta di immobile strumentale, stabilendo altresì che l'attribuzione all'immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che ritenga il fabbricato non soggetto all'imposta in quanto rurale, ovvero dal comune interessato, che dovrà impugnare l'attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l'assoggettamento del fabbricato all'imposta;
la classificazione nella classe A/6 non è, di fatto, più utilizzabile, visto che vi rientrano i fabbricati privi, ad esempio, dei servizi igienici, mentre la classificazione nella classe D/10 - che pure sarebbe quella nella quale dovrebbero essere inseriti tutti i fabbricati strumentali all'attività agricola - non è utilizzata dall'Agenzia del territorio, che opta generalmente per l'accatastamento in altre categorie;
molti comuni, sulla scorta della pronuncia della Corte di cassazione, hanno conseguentemente provveduto ad attivare le procedure volte a recuperare l'ICI relativa ai fabbricati che, seppure aventi caratteri di ruralità, non rispettano la classificazione catastale definita dalla Corte di cassazione;
il Parlamento, con un'iniziativa legislativa condivisa da tutti i gruppi politici, ha ritenuto di dare soluzione definitiva a tale delicata problematica, inserendo, nell'ambito del testo unificato delle proposte di legge C. 41, C. 320, C. 321, C. 605, C. 2007, C. 2115, C. 2932, recante disposizioni in favore dei territori di montagna, una disposizione, l'articolo 11, la quale, attraverso una novella del già citato articolo 23, comma 1-bis, del decreto-legge n. 207 del 2008, chiarisce che non si considerano fabbricati, e non sono dunque assoggettati all'ICI, le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, indipendentemente dalla categoria catastale, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui all'articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993, fermo restando che non possono comunque essere riconosciuti rurali i fabbricati ad uso abitativo, che hanno le caratteristiche delle unità immobiliari urbane appartenenti alle categorie A/1 ed A/8, ovvero caratteristiche di lusso;
il Governo, nel corso dell'esame sul predetto provvedimento ha espresso una valutazione favorevole sulla disposizione;
il provvedimento è stato approvato dalla Camera nella seduta dei 16 febbraio scorso, ed è ora all'esame del Senato;
in tale contesto è necessario evitare il paradosso che, proprio nel momento in cui il legislatore ed il Governo hanno individuato una soluzione definitiva a tale complessa vicenda, la quale ha ingenerato

una condizione di oggettiva incertezza, per i contribuenti e per gli stessi enti impositori, circa l'applicabilità dell'ICI ai fabbricati rurali, si prosegua nelle attività di riscossione coattiva dell'imposta con riferimento a tale tipologia di immobili,


impegna il Governo


ad adottare le necessarie misure per favorire la soluzione della questione evidenziata, in particolare evitando che, nelle more dell'esame della norma di cui all'articolo 11 del testo unificato delle proposte di legge C. 41 ed abbinate, ora all'esame del Senato (A.S. 2566), si proceda ad accertamenti o ad attività di riscossione coattiva relativamente al recupero dell'ICI con riferimento a fabbricati che presentino i caratteri di ruralità previsti dall'articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993 ma che non siano stati accatastati nelle categorie A/6 e D/10.
(7-00505)
«Fluvi, Bernardo, Fugatti, Ventucci, Strizzolo, Leo, Del Tenno, Angelucci, Berardi, Dima, Vincenzo Antonio Fontana, Germanà, Milanese, Misuraca, Pagano, Antonio Pepe, Pugliese, Savino, Soglia, Comaroli, Forcolin, Montagnoli, Brugger».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MOTTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
Parma è stata indicata quale sede dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA - European Food Safety Authority);
con atto del consiglio comunale n. 83/20 del 9 luglio 2009 il comune di Parma ha deliberato di promuovere la costituzione di una società di capitali, denominata S.T.T. - società per la trasformazione del territorio - S.p.A., interamente partecipata, nella quale conferire le partecipazioni azionarie detenute in società di trasformazione urbana e in società di scopo operanti nell'ambito della trasformazione e della valorizzazione del territorio;
la costituzione della società è stata promossa dal comune, unico socio, per il perseguimento di un triplice scopo:
1) migliorare le azioni di coordinamento strategico e di controllo delle società promosse e partecipate dall'amministrazione comunale per realizzare specifici interventi di trasformazione e valorizzazione del territorio (cosiddette società di scopo);
2) «dedicare» competenze e professionalità specifiche alla pianificazione e programmazione di nuovi interventi per la trasformazione e la valorizzazione del territorio in attuazione dei programmi e dei progetti strategici promossi dall'amministrazione comunale;
3) razionalizzare la gestione delle società di scopo massimizzando le sinergie su comuni ambiti di attività;
la Authority S.p.A. è una società controllata dal comune di Parma, costituita con atto del consiglio comunale n. 165/54 del 21 settembre 2005, per la realizzazione del Programma di riqualificazione urbana nell'ambito del quale sarà ubicata la sede definitiva dell'EFSA (comparto di viale Piacenza), nonché per la realizzazione di tutti gli interventi ed opere infrastrutturali connesse all'insediamento di detta autorità sul territorio comunale e, con assemblea straordinaria dei soci del 7 ottobre 2009, la stessa è stata conferita in S.T.T., società per la trasformazione del Territorio S.p.A.;
appena 9 giorni dopo il conferimento di Authority S.p.A. in S.T.T. S.p.A., la

stessa S.T.T. S.p.A. ha ritenuto di stipulare, con decorrenza gennaio 2010, un contratto di collaborazione coordinata continuativa - specialistica a progetto - al fine di acquisire le necessarie competenze per svolgere quelle attività utili a garantire l'insediamento dell'EFSA in Italia sulla base di quanto stabilito nell'accordo di sede, stipulato tra il Governo italiano e l'Autorità europea per la sicurezza alimentare in data 27 aprile 2004;
nelle premesse al contratto di cui sopra si dice che la società «ha ravvisato l'esigenza, condivisa sia dal Comune che dalla Presidenza del Consiglio dei ministri con nota in data 28 settembre 2009, con la quale la stessa ha esplicitato la prescritta autorizzazione, di avvalersi della collaborazione del dottor Antonio Cenini, referendario della Presidenza del Consiglio, attualmente in servizio presso la Rappresentanza Permanente d'Italia presso l'Unione europea di Bruxelles, il quale vanta la competenza e l'esperienza tecnico-amministrativa specialistica in attività di sedi comunitarie che necessita ed a causa della quale una ricerca di mercato con evidenza pubblica sarebbe infruttuosa e, chiaramente, inutile»;
l'oggetto dell'incarico, così come indicato nel punto 1 del contratto, riguarda la collaborazione altamente specialistica «al fine di acquisire la necessaria sinergia amministrativa per affrontare tutti i profili e gli aspetti normativi europei, da osservare nel quadro della concretizzazione dell'attività di insediamento e funzionamento dell'EFSA, con particolare riferimento alla realizzazione della nuova Scuola Europea di Parma, ed ai conseguenti e correlati disegni organici e coerenti di progetti, iniziative e piani, sussidiari all'attività istituzionale dell'Autorità medesima sui temi, internazionali e nazionali, dell'alimentazione e delle sicurezza alimentare, nel contesto di una concretizzazione del "Polo Europeo di Parma per la Sicurezza Alimentare" nonché assistere, per tali obiettivi, gli organi della S.T.T. S.p.A. medesima nella cura di tutti i rapporti, eventualmente necessari, con gli organismi europei presso Bruxelles»;
il contratto, della durata di tre anni, non prevede alcun vincolo di presenza, subordinazione gerarchica o di esclusività e fissa in euro 190.000,00 annui il compenso lordo oltre ai rimborsi a piè di lista relativi a tutte le spese di vitto, viaggio e alloggio da e per Parma e presso «Città europee sedi ufficiali di tutti gli organismi della Comunità CEE - Comune di Roma - Comune di Milano ed altre città ove necessita recarsi per l'espletamento di attività connesse all'incarico di collaborazione»;
il dottor Cenini sarebbe stato effettivamente assunto il 22 gennaio 2010;
appare all'interrogante quanto meno inopportuno che una società interamente partecipata dal comune di Parma e con un debito certificato di 175 milioni per il solo 2009 decida di spendere 190 mila euro annui per una collaborazione con un alto dirigente pubblico dichiarando, nelle premesse del contratto, che «viste le competenze e l'esperienza tecnico-amministrativa specialistica in attività di sedi comunitarie una ricerca di mercato con evidenza pubblica sarebbe infruttuosa e, chiaramente, inutile»;
con lettera protocollo n. 445 del 4 giugno 2010, il dottor Cenini ha richiesto a STT S.p.A la sospensione di tutti gli effetti del contratto dal 1o maggio fino al 1o settembre 2010 a causa di gravi motivi personali, con conseguente congelamento dei compensi dovuti «salvo eventuali rimborsi spese connessi a eventuali visite presso la vostra sede che si renderanno necessarie durante il periodo di sospensione di cui sopra»;
con successiva lettera protocollo n. 806 del 28 ottobre 2010, il dottor Cenini ha prorogato il periodo di sospensione contrattuale fino al 31 dicembre 2010;
con un'ultima lettera protocollo n. 821 del 5 novembre 2010, il dottor Cenini ha comunicato che «non sussistendo

ancora tutte le condizioni per un mio trasferimento a Parma e non avendo certezza di soluzioni a breve, ritengo che il contratto da noi sottoscritto debba essere considerato risolto con efficacia retroattiva [...]. In conseguenza di ciò [...] provvederò a bonificarvi dal mio conto la somma di euro 36.331,12 corrispondente a quanto da voi versatomi»;
il dottor Antonio Cenini, dirigente della Presidenza del Consiglio, oggi distaccato presso la Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea, settore «Competitività e mercato interno» che si occupa, tra le altre cose, anche di mercato interno e appalti pubblici, aveva già seguito, in passato, il dossier relativo all'assegnazione della sede dell'Authority a Parma;
con una lettera aperta datata 24 novembre 2010 il sindaco di Parma, Pietro Vignali, ha risposto alle richieste di chiarimenti avanzate dai capigruppo consiliari di minoranza in merito alla natura del contratto di collaborazione di cui sopra, dichiarando che «con lettera in data 16 settembre 2009 ho rappresentato al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio che presiede il Tavolo di Coordinamento, l'esigenza da parte dell'Authority STU S.p.A [...] di far sì che la stessa società si potesse avvalere di una collaborazione di un dirigente, allora distaccato presso la Rappresentanza permanente d'Italia dell'U.E. in quanto soggetto in possesso di una specifica qualificazione ed esperienza professionale, forse unica, per le esigenze della società STU S.p.A di risolvere, in Italia e in Europa, i problemi connessi al grande progetto che riguarda lo sviluppo della nostra Comunità»;
la S.T.T. S.p.A. ha un debito certificato dalla Società di rating Standard&Poor di 175 milioni di euro, riferiti al solo 2009 e il rating assegnatole è BBB ovvero che l'azienda ha capacità ancora sufficiente di pagamento degli interessi e di rimborsare il capitale prestato in quanto esiste una probabilità giudicata «estremamente alta» che il comune di Parma fornisca un supporto straordinario puntuale e sufficiente alla società in caso di difficoltà finanziarie -:
per quale motivo la Presidenza del Consiglio dei ministri abbia autorizzato, con nota 28 settembre 2009, il dottor Antonio Cenini a sottoscrivere il contratto di collaborazione coordinata e continuativa, specialistica e a progetto, con S.T.T. S.p.A., nella sussistenza del suo incarico presso la rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea;
se non ritenga che le mansioni già svolte dal dottor Antonio Cenini presso la Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea possano essere ricondotte a quelle richieste dal contratto di collaborazione e, in subordine, se non ritenga che, in caso di reintegro presso i ruoli della Presidenza del Consiglio non possa fornire, come già avvenuto in passato, la competenza e l'esperienza tecnico-amministrativa specialistica in attività di sedi comunitarie senza la necessità di stipulare un contratto ad hoc aggiuntivo rispetto a quello già in essere con la Presidenza del Consiglio.
(5-04289)

Interrogazione a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la tutela del diritto di autore, oltre che nelle norme specifiche, è riconosciuta dalla Costituzione italiana articolo 21 - libera espressione del pensiero in ogni forma;articolo 41 - libertà di iniziativa economica). Il diritto d'autore va contemperato con il diritto di accesso alla conoscenza e la tutela delle libertà fondamentali delle persone fisiche - affermati espressamente dalla direttiva 140/2009/CE -, con il diritto di accesso a Internet - sancito dal considerando 4 della direttiva 140/2009/CE, secondo cui internet è essenziale per l'istruzione e l'esercizio pratico della libertà di accesso all'informazione -, nonché con la tutela della privacy dei

cittadini, assicurata dalle direttive in materia e dalle singole disposizioni nazionali;
con la diffusione della rivoluzione digitale Stati Uniti ed Unione europea hanno aggiornato la disciplina, adattandola alle nuove tecnologie, ciò anche attraverso accordi internazionali (WIPO, ACTA) e l'armonizzazione del quadro normativo europeo;
in particolare, la disciplina del diritto d'autore in Italia è contenuta nel codice civile (articoli 2575 e seguenti), per quanto concerne gli aspetti generali, e nella legge 22 aprile 1941, n. 633 (e nel relativo regolamento di attuazione), per gli aspetti più specifici. La legge n. 633 del 1941 disciplina la protezione delle opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione, ponendo misure a tutela dei diritti morali e dei diritti patrimoniali. Il testo originario della legge n. 633 del 1941 ha subito numerosi interventi di modifica, anche in recepimento di direttive comunitarie;
con delibera n. 668/10/CONS del 17 dicembre 2010, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) ha avviato una procedura di consultazione pubblica volta all'adozione di misure regolamentari a tutela del diritto d'autore nell'ambito delle reti elettroniche. Il documento varato dall'AGCOM il 17 dicembre 2010 contiene all'allegato B i lineamenti delle disposizioni, i presupposti normativi, il contenuto e le finalità della proposta regolamentare;
nel citato allegato l'Autorità, da un lato, ha inteso precisare il futuro ambito di applicazione del diritto d'autore in rete, e dall'altro, ha delineato i suoi compiti istituzionali di tutela e vigilanza in detta materia. In merito alla protezione del diritto d'autore per i contenuti caricati sul web il meccanismo che l'AGCOM propone si ispira al sistema statunitense, ove vige un meccanismo denominato Notice and take down, disciplinato dal digital millennium copyright Act. Con l'adozione del Digital Millennium Copyright Act (DMCA) del 1998, gli Stati Uniti sono stati il primo Paese occidentale in assoluto a regolare ed adeguare la disciplina del copyright secondo le mutate esigenze della diffusione e circolazione dei contenuti protetti attraverso Internet. Il DMCA prevede che il soggetto titolare del copyright possa segnalare al gestore del sito la pubblicazione di un contenuto in violazione dei propri diritti chiedendone la rimozione. In quel momento il gestore del sito diviene consapevole dell'esistenza di una violazione del diritto d'autore e, previo contatto con il soggetto che ha caricato il contenuto in questione, se la richiesta è fondata, lo rimuove automaticamente dal sito. Il soggetto che ha caricato il contenuto può a sua volta presentare una contronotifica qualora ritenga di non aver violato alcun diritto sul copyright. In caso di eventuale controversia la questione è rimessa al giudice;
nei cosiddetti «Lineamenti di disposizioni» l'AGCOM descrive in maniera analitica la procedura che l'Autorità intende adottare con il futuro regolamento per la tutela della proprietà intellettuale sulle reti di comunicazione elettronica, prevedendo, sotto il profilo della tutela del diritto d'autore e del copyright, un procedimento articolato nelle seguenti fasi:
1) richiesta di rimozione dei contenuti al gestore del sito o al fornitore del servizio di media audiovisivo da parte del titolare del diritto o copyright;
2) segnalazione all'Autorità della mancata rimozione dei contenuti decorse 48 dall'inoltro della richiesta;
3) verifica da parte dell'Autorità attraverso un breve contraddittorio con le parti;
4) ordine di rimozione qualora risulti l'illegittima pubblicazione di contenuti coperti da copyright;
a ciò si aggiunge la possibilità per l'autorità, nei casi in cui i siti abbiano il solo fine della diffusione di contenuti illeciti o i cui server siano localizzati al di

fuori dei confini nazionali, di inibire il nome di dominio del sito web, ovvero dell'indirizzo IP, oppure di predisporre una «lista nera» di siti illegali;
l'AGCOM fonda la propria competenza istituzionale sulle utilizzazioni delle opere di ingegno attraverso i media di comunicazione elettronica sulla base delle funzioni che originariamente aveva il Garante per la radiodiffusione e l'editoria e che l'Autorità ha ereditato attraverso la legge istitutiva 31 luglio 1997, n. 249 (cosiddetta legge Maccanico). A partire da tale intervento normativo, l'ordinamento ha progressivamente attribuito all'Autorità poteri espliciti in tema di diritto d'autore. In particolare, nei lineamenti di provvedimento, l'AGCOM indica quali fonti principali dei suoi compiti l'articolo 182-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633, la cosiddetta legge sul diritto d'autore (LDA); gli, articoli 14-17 del decreto legislativo n. 70 del 2003 che ha recepito nell'ordinamento italiano la direttiva n. 31/2000/CE sul commercio elettronico, nonché, da ultimo, l'articolo 6 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44 (cosiddetto «decreto Romani»), di recepimento della direttiva 2007/65/CE;
sulla ricostruzione delle fonti operata dall'AGCOM al fine di legittimare la propria competenza in materia sono rinvenibili diverse criticità. Innanzitutto, nella legge istitutiva dell'AGCOM l'unico riferimento al diritto d'autore è un rinvio ai compiti previsti all'articolo 182-bis della legge sul diritto d'autore, ove si individuano nella materia specifica soltanto delle funzioni concorrenti tra AGCOM e SIAE, senza alcuna ripartizione né precisazione di alcun genere. Anche il codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003, non reca traccia né della competenza generale di AGCOM sul diritto d'autore, né del suo potere di imporre misure sanzionatorie volte a tutelare i diritti di proprietà intellettuale sulle reti. A sua volta, il decreto legislativo n. 70 del 2003 sul commercio elettronico non pare adeguato a fondare il presupposto normativo della competenza generale dell'AGCOM su tutti i contenuti protetti da copyright diffusi nelle reti di comunicazione elettronica, in quanto esso non contiene alcun particolare riferimento diretto al diritto d'autore, fatti salvi i poteri generali dell'Autorità di impedire e porre fine alle violazioni commesse dagli operatori con riferimento alle comunicazioni commerciali;
anche i poteri conferiti all'AGCOM dal nuovo articolo 32-bis del decreto Romani non possono configurarsi come idonei a legittimare il potere sanzionatorio delineato nel provvedimento in questione, in quanto si verificherebbe un'estensione di poteri oltre i limiti espressi nella disposizione citata e nella disciplina complessiva in cui si inserisce;
alla luce di quanto detto, la possibilità di irrogare sanzioni pecuniarie in capo all'Autorità garante nell'ambito di tutto il diritto d'autore risulta molto problematico. Nel nostro ordinamento, infatti, in tema di sanzioni, non è possibile procedere con interpretazioni estensive o in via analogica in mancanza di una norma espressa di rango primario. Per le sanzioni, infatti, vale il principio di stretta legalità, in base al quale non si può punire né sanzionare «se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso»;
a ciò occorre aggiungere che i principi costituzionali che garantiscono la libertà di comunicazione e di manifestazione del pensiero impongono una necessaria riflessione sull'opportunità e la legittimità di affidare ad un ente amministrativo, e non all'autorità giudiziaria, una tale prerogativa;
il dibattito sull'evoluzione della disciplina del diritto d'autore per contenuti digitali non coinvolge solo l'Italia, ma ha interessato negli ultimi anni anche altri Paesi dell'Unione europea. In particolare, sembra opportuno citare gli esempi francese e britannico:
a) la disciplina francese ha assunto grande notorietà, perché per prima ha

introdotto nel territorio europeo un sistema sanzionatorio denominato come il metodo delle «three strikes» ovvero il potere fornito ad un'autorità ad hoc («Hadopi») di inviare tre messaggi di avvertimento agli abbonati il cui accesso a Internet è stato utilizzato per scaricare illecitamente contenuti protetti per poi giungere, in prosieguo della condotta illegittima dell'utilizzatore, alla sanzione della sospensione dell'accesso a Internet. Tale legge, ha provocato l'intervento del Consiglio costituzionale, che, con decisione del 10 giugno 2009, ha stabilito che detti poteri sanzionatori costituivano una restrizione del diritto della libertà di espressione che include la libertà di accesso ad Internet, e pertanto non affidabili ad un'autorità amministrativa. Il Consiglio costituzionale ha difatti stabilito che solo l'autorità giudiziaria può limitare il diritto di accesso ad Internet. È interessante la circostanza che il Consiglio costituzionale francese, nella sua decisione, ha citato l'articolo 11 della Dichiarazione dei; diritti dell'uomo e dei cittadini del 1789, su cui si fonda l'attuale costituzione francese, secondo il quale «tutti cittadini hanno il diritto di parlare, scrivere e stampare liberamente, salvo a rispondere dell'abuso di tali libertà nei casi previsti dalla legge»;
in seguito alla suddetta decisione è stata varata la legge Hadopi II che ha:
1.conferito le prerogative di polizia giudiziaria ai membri dell'Autorità, mettendoli in condizione di rilevare le infrazioni e raccogliere le osservazioni degli interessati;
2.ammesso il ricorso ad un procedimento semplificato dinanzi al giudice unico il quale potrà emettere provvedimenti penali;
3.inserito nel Codice della proprietà intellettuale una nuova norma che prevede, in caso di violazioni del diritto di autore su internet, la pena della sospensione del servizio di accesso per un anno con divieto di stipulare altro contratto con un ISP per il medesimo periodo; tale sospensione può essere irrogata in base al principio di proporzionalità e tenuto conto delle circostanze dell'illecito;
4.previsto che la stessa sanzione di sospensione, assunta dal giudice, venga portata a conoscenza dell'Autorità che provvede a notificarla all'ISP per l'effettiva sospensione del servizio;
b) la normativa britannica in questo settore, diversamente dalla maggior parte degli Stati membri dell'Unione europea e dagli Stati Uniti, non prevede l'eccezione della tutela per la copia privata. Di conseguenza, nelle pratiche di file sharing, sia la messa a disposizione del pubblico, sia il download dei contenuti vengono automaticamente considerati violazione del copyright per il solo fatto di aver generato una copia dell'opera nella memoria del computer. Occorre, però, ricordare che la legislazione britannica prevede la punibilità delle condotte illecite solo quando queste sono svolte con fini di lucro o se la gravità della violazione arrechi un danno tangibile al titolare del copyright e comunque in presenza di dolo;
ad aprile 2010 la Gran Bretagna, dopo un lungo e travagliato iter parlamentare, ha adottato il Digital Economy Act (DEA), che stabilisce un meccanismo volto a garantire l'effettività della tutela giurisdizionale nei casi di reiterate violazioni del copyright, migliorando la tracciabilità e l'acquisizione di elementi probatori da addurre in giudizio, nonché attraverso l'introduzione di misure tecniche di carattere sanzionatorio a seguito dell'accertamento di gravi violazioni. A completamento di tale sistema, il DEA ha altresì riformato le procedure di appello previste per le controversie in materia di diritto d'autore, imponendo ad Ofcom - l'autorità regolatrice indipendente per le società di comunicazione - l'istituzione di un organismo indipendente, competente a conoscere in via para-giurisdizionale i ricorsi in appello degli utenti condannati sulla base del meccanismo proposto. Peraltro, nel caso dell'imposizione di misure tecniche di blocco, agli utenti è riconosciuto un ulteriore mezzo di tutela giurisdizionale

attraverso la possibilità di avvalersi di un doppio grado di giudizio (ricorso al First-tier Tribunal);
proprio recentemente, il Governo britannico ha rimesso in discussione il meccanismo dei provvedimenti inibitori affidato all'OFCOM relativo ai siti web;
alla luce di quanto riportato nel considerato, emerge chiaramente che prima di attribuire compiti alle l'autorità amministrative occorra necessariamente il preventivo intervento del Parlamento, così come accaduto in Francia e Gran Bretagna, anche in considerazione dell'interesse che l'opinione pubblica ha dimostrato di nutrire nei confronti della questione;
anche la stessa autorità, stante la delicatezza e il rilievo delle situazioni giuridiche potenzialmente coinvolte, ha segnalato al Governo e al Parlamento l'opportunità di una revisione complessiva delle norme sul diritto d'autore che risultano inadeguate allo sviluppo tecnologico e giuridico del settore;
nei due rami del Parlamento risultano essere stati depositati svariati disegni di legge di riforma della disciplina del diritto d'autore (atto Senato 590, 1757, 520; atto Camera 185, 2427, 2525, 1575), il cui esame nelle commissioni competenti non è mai iniziato -:
se il Governo non ritenga di promuovere una riforma della disciplina del diritto d'autore nella quale anche nell'ottica di rispondere alle indicazioni provenienti dalle istituzioni europee e dagli organismi internazionali dei quali l'Italia è parte, si faccia chiarezza sulla disciplina da applicare, alla luce della successione delle norme nel tempo e della diversa natura e gerarchia delle fonti normative nonché delle diverse caratteristiche di tutela che le varie tipologie di opere dell'ingegno recano e delle connesse posizioni giuridiche dei rispettivi titolari di diritti.
(4-11052)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

PILI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'intera area del Mediterraneo si trova dinnanzi ad un'emergenza umanitaria senza precedenti in seguito alle gravissime crisi in atto in tutto il nord Africa, dalla Libia alla Tunisia, dall'Algeria all'Egitto;
i 250 chilometri tra la Sardegna e l'Algeria rappresentano il principale tragitto già attivato tra l'isola e il nord Africa;
i migranti in partenza dalla costa tra Annaba, Sidi Salem, Oued Bukrat e El Bettah hanno avuto nel recente passato facile approdo sulle coste del sud Sardegna;
la rotta sardo-africana è divenuta centrale nel collegamento tra il nord Africa e l'Europa come dimostra l'incremento di sbarchi seguito al primo registrato il 30 agosto 2006 quando una barca con 17 passeggeri approdò tra i turisti sulla spiaggia di Santa Margherita di Pula. Da allora la rotta è sempre più battuta: 189 arrivi nel 2006, 1.500 nel 2007 e 1.621 nel 2008;
dai dati in possesso dell'agenzia europea Frontex lungo le rotte tra l'Algeria e la Sardegna hanno perso la vita almeno 110 persone;
risulta indispensabile evitare che la Sardegna sia del tutto impreparata a questa drammatica eventualità;
l'attenzione e le premure rivolte alle coste siciliane potrebbero indurre i flussi migratori a rendere più facilmente utilizzabile la rotta dal nord Africa verso la Sardegna;
la distanza, l'assenza di adeguati controlli sulle coste, la totale assenza di centri di prima accoglienza possono trasformare

la Sardegna in uno dei principali punti di approdo dei migranti provenienti dalla «polveriera» del Maghreb;
l'utilizzo di questo tragitto sardo-africano potrebbe essere facilitato, tra le altre considerazioni, dall'intenso pattugliamento lungo le coste occidentali algerine, tra Ghazaouet e Mostaganem, nella provincia di Oran, noto punto di imbarco per le coste spagnole;
si stanno rafforzando le strutture di prevenzione e di controllo sulle coste siciliane, mentre le stesse risultano assenti per le coste sarde, sprovviste di mezzi e uomini adeguati ad una simile e molto probabile invasione dai Paesi nord-africani;
tale grave eventualità avverrebbe nella più totale impreparazione ad affrontare un simile incremento degli sbarchi in Sardegna;
risulta, infatti, smantellato per ragioni di sicurezza il CPT di Elmas, centro di permanenza temporanea, e non risultano disponibili allo stato attuale strutture adeguate ad un simile potenziale fenomeno migratorio;
si ritiene necessario e improcrastinabile un intervento immediato e non più rinviabile per fronteggiare l'emergenza;
occorre con urgenza predisporre un piano di dettaglio che consenta, da una parte, di prevenire e, dall'altra, di contenere e limitare al massimo il pericolo di uno sbarco rilevante di profughi in Sardegna;
è indispensabile predisporre un piano per l'ordine pubblico, per l'assistenza umanitaria e per l'accoglienza in strutture idonee a verificare e censire i profughi;
in un momento così delicato occorre definire insieme all'Unione europea le procedure di pattugliamento delle coste europee del Mediterraneo, inserendo le coste della Sardegna tra quelle maggiormente soggette a questo pericolo;
risulta indispensabile predisporre un'ampia azione di monitoraggio di sbarchi sulle coste sud della Sardegna;
è necessario attivare tutte le strutture necessarie ad evitare che questa possibile ondata di sbarchi risulti incontrollabile e non censibile;
i centri di prima accoglienza e di identificazione ed espulsione (CIE), prima denominati centri di permanenza temporanea (CPT), sono strutture previste dalla legge italiana e risultano oggi indispensabili proprio per fronteggiare questo fenomeno e costituiscono veri e propri terminali delle politiche migratorie italiane ed europee;
la Sardegna non può affrontare questo potenziale fenomeno migratorio senza un intervento deciso e consistente dello Stato e dell'Unione europea, che hanno il preciso dovere di prevenire una situazione che mette a rischio la sicurezza dell'ordine pubblico e sociale di un'intera regione -:
se il Governo intenda predisporre con urgenza un piano di emergenza per evitare che la Sardegna sia travolta da una vera e propria invasione di profughi dai Paesi del nord Africa;
se il Governo intenda proprio in un momento così delicato stabilire, insieme all'Unione europea, le procedure di pattugliamento delle coste europee del Mediterraneo, inserendo le coste della Sardegna tra quelle maggiormente soggette a questo pericolo;
se il Governo intenda predisporre un'ampia azione di monitoraggio di sbarchi sulle coste sud della Sardegna;
se il Governo intenda, di concerto con le autorità locali, attivare tutte le strutture necessarie ad evitare che questa possibile ondata di sbarchi risulti incontrollabile e non censibile;
se il Governo non intenda, di concerto con le autorità locali, allestire e predisporre preventivamente i centri di prima accoglienza e di identificazione previsti dalla legge italiana, che risultano oggi

indispensabili proprio per fronteggiare questo fenomeno e costituiscono veri e propri terminali delle politiche migratorie italiane ed europee.
(5-04281)

DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la città di Grenoble e la provincia dell'Isère rappresentano una delle aree europee in cui è maggiore la presenza italiana e dove la comunità di connazionali, ampia e radicata, si compone di emigrati delle prime generazioni a cui si aggiungono «nuovi emigrati» attratti nella regione da interessanti prospettive professionali in virtù della presenza di un rilevante polo di ricerca, di quattro prestigiose università e di gruppi industriali di fama internazionale tra cui la società franco-italiana ST Microelectronics;
nella città di Grenoble vivono più di 40.000 cittadini di origine italiana, su un totale di 150.000 abitanti. Gli iscritti all'AIRE sono circa 17.000;
il Ministero degli affari esteri già all'inizio degli anni duemila avviò un'opera di riorganizzazione consolare sul territorio, chiudendo il consolato di Grenoble e affidandone le competenze a quello di Lione. Per garantire un minimo di operatività nella cittadina venne lasciato uno sportello consolare insieme all'Istituto italiano di cultura;
in considerazione del ridimensionamento delle rappresentanze in loco, l'Istituto di cultura è diventato un riferimento indifferibile per la promozione dell'italianità in loco, per tutte le manifestazioni culturali oltre che per fornire informazioni turistiche per i cittadini francesi interessati all'Italia;
attualmente sono operativi presso la struttura, tre impiegati, cinque insegnanti e un addetto consolare, e le risorse destinate a questa struttura dal dicastero ammontano a circa 90.000 euro annui a cui si aggiungono circa 40.000 euro di entrate proprie;
al momento sussiste una precisa progettualità del dicastero interrogato orientata alla chiusura del citato Istituto di cultura entro la fine del 2011, con tutte le conseguenze ed i limiti operativi, culturali e sociali che tale chiusura potrebbe comportare;
le manifestazioni di protesta e di dissenso da parte della comunità italiana e delle istituzioni locali si moltiplicano. All'appello lanciato dal comitato «salviamo l'Istituto italiano di cultura di Grenoble», hanno risposto molti autorevoli referenti istituzionali e politici locali, tra cui il sindaco di Grenoble, il presidente del consiglio generale della provincia dell'Isère, i sindaci di tutti i comuni dell'agglomerazione di Grenoble, il rettore dell'Université Stendhal di Grenoble, il segretario generale della Federmeccanica dell'Isère i quali hanno manifestati la loro volontà di dialogo con le autorità italiane al fine di evitare la chiusura ed identificare soluzioni alternative -:
se si intenda riconsiderare la decisione di chiudere l'istituto di cultura di Grenoble, così come citato in premessa, al fine di garantire la permanenza di un riferimento culturale, sociale e operativo in una città in cui esiste la comunità italiana più vasta di tutto il territorio francese.
(5-04283)

Interrogazioni a risposta scritta:

ANTONIO PEPE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 10 dicembre del 2008 è stato adottato, in occasione del 60o anniversario della dichiarazione dei diritti umani, il protocollo opzionale al patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali;
l'Italia ha aderito, assieme ad altri trenta paesi al protocollo, sottoscrivendolo il 28 settembre del 2009, ma non ha ancora proceduto alla relativa ratifica;

tale protocollo costituisce un importante strumento di tutela delle persone, soprattutto degli abitanti dei paesi più poveri del pianeta, in quanto consente a singole persone e gruppi di rivolgersi al Comitato dell'ONU sui diritti economici, sociali e culturali nel caso in cui i diritti sanciti nel patto (relativi ad esempio all'adeguatezza dell'alloggio, al cibo, all'acqua, all'istruzione, alla salute, al lavoro, alla sicurezza sociale) siano violati dal loro Governo;
il protocollo che attribuisce inoltre al predetto Comitato dell'ONU il potere di avviare inchieste nei confronti di quegli stati che abbiano ratificato il protocollo e abbiano compiuto gravi e sistematiche violazioni dei sopra richiamati diritti economici, sociali e culturali;
nonostante il rilievo di tale strumento, che costituisce un mezzo per orientare le politiche economiche verso il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni del terzo mondo, il processo di attuazione del protocollo procede molto lentamente, in quanto finora pochi Paesi lo hanno ratificato: in particolare nel corso del 2010 hanno proceduto alla ratifica solo tre Paesi: l'Ecuador, la Mongolia e la Spagna, prima nazione in Europa;
dal momento che il protocollo entrerà in vigore solo dopo la decima ratifica, il ritardo degli Stati firmatari nel ratificarlo impedisce al protocollo di esplicare i suoi effetti positivi;
il protocollo si pone in piena sintonia con gli orientamenti del Consiglio dell'ONU dei diritti umani, il quale ha adottato, il 1o ottobre 2010, una risoluzione in cui si afferma che il diritto all'acqua potabile e ai servizi igienico sanitari deriva da quello ad un adeguato standard di vita e che tale diritto è legalmente vincolante in quanto implicitamente contenuto in numerosi trattati sui diritti umani;
la ratifica del protocollo da parte dell'Italia costituirebbe certamente un segnale significativo e lungimirante anche rispetto agli interessi del nostro Paese, nei confronti delle popolazioni dell'area del Mediterraneo, soprattutto in una fase, come quella attuale, in cui molti Stati di tale area sono coinvolti in una fase di estrema instabilità, causata principalmente proprio dalle inaccettabili condizioni economiche e sociali in cui versano quei popoli -:
quali siano le ragioni per le quali l'Italia non abbia ancora avviato le procedure di ratifica del protocollo e se intenda promuovere la presentazione alle Camere di un disegno di legge in tal senso.
(4-11032)

ZACCHERA e CATTANEO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
è notizia ripresa da tutti i media locali e dai sindacati di categoria che una e probabilmente più aziende svizzere operanti nel Canton Ticino avrebbero deciso di operare discriminazioni di retribuzione a parità di mansioni tra dipendenti italiani e svizzeri stabilendo di non includere i nostri connazionali negli adeguamenti salariali più recenti giustificando la cosa con il più conveniente rapporto di cambio franco-euro rispetto al passato;
la cosa appare agli interroganti del tutto assurda, innanzitutto perché violerebbe accordi sindacali vigenti ma anche perché i lavoratori frontalieri italiani che lavorano in Svizzera sopportano ben diversi problemi di trasferimento per raggiungere il luogo di lavoro che non i loro colleghi locali, con conseguenti costi da sopportare -:
quali iniziative abbiano assunto od intendano assumere i ministri interrogati, per quanto di propria competenza, innanzitutto per stigmatizzare i fatti ma soprattutto per intervenire nei confronti delle autorità elvetiche al fine di non permettere questa odiosa discriminazione che si inserisce nel soldo delle recenti polemiche balairatt ai danni dei lavoratori italiani.
(4-11042)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

SAMPERI e MARIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Guardia di finanza ha individuato un sito di proprietà del comune di Siracusa quale area prescelta per l'installazione di un radar per il controllo dei flussi immigratori;
l'area, di notevole pregio ambientale, è sottoposta a vincolo paesaggistico ed è prospiciente l'area marina protetta del Plemmirio. La direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, all'articolo 6, comma 3, recita testualmente: «Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di un'opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica»;
una parte della riserva dell'area marina protetta del Plemmirio potrebbe essere investita da onde elettromagnetiche;
a fronte della determina dirigenziale del comune di Siracusa n. 156 dell'8 luglio 2010, esecutiva ai sensi di legge, fu localizzata e concessa in uso alla Guardia di finanza reparto tecnico logistico amministrativo Sicilia, un'area di proprietà comunale presso la stazione di sollevamento fognario di Capo Murro di Porco (ubicato vicino al noto faro di segnalazione al Plemmirio), per la realizzazione di una rete di sensori radar di profondità per la sorveglianza costiera ed in data 2 settembre 2010 è stata stipulata «Convenzione» tra il comune di Siracusa e l'amministrazione militare della Guardia di finanza per l'occupazione di tale area;
la SAI 8, in qualità di consegnataria per la gestione del pubblico acquedotto, ha permesso all'amministrazione della Guardia di finanza di costruire il manufatto in questione in un luogo difforme rispetto a quello di cui alla convenzione del comune che riguarda l'impianto di sollevamento fognario di Capo Murro di Porco. Inoltre, ha permesso che lo stesso manufatto venisse costruito non rispettando né l'area stabilità di 88 metri quadrati né le distanze dai confini riscontrabili sulla pianta del progetto e la Guardia di Finanza parla di un'area riconducibile in catasto al foglio 133 e particella 54 che appartiene ad altro soggetto che non coincide con il comune di Siracusa;
in risposta alla nota acquisita dal settore pianificazione edilizia privata del comune di Siracusa al n. 11953 del 13 ottobre 2010 avente per oggetto un permesso di costruzione per l'installazione di un radar costiero di profondità, il dirigente del settore con lettera in data 21 ottobre 2010 ha comunicato che l'intervento in questione non è soggetto a rilascio di provvedimenti autorizzativi fatti salvi ulteriori autorizzazioni e/o nulla osta previsti per legge da parte d'altri enti, riconoscendo alla pratica il carattere di opere destinate alla difesa nazionale ed appellandosi, a tal riguardo, all'articolo 31 della legge n. 1150 del 17 agosto 1942 che risulta essere stato abrogato con l'articolo 136 del decreto legislativo n. 378 del 2001 e con l'articolo 136 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 ed in data 22 ottobre 2010 l'ufficio del genio civile di Siracusa ha approvato il progetto;
non risultano incontri informativi né con il sindaco di Siracusa né con il consiglio comunale né con la circoscrizionale

di Neapolis, competente per territorio, né con l'area marina protetta del Plemmirio, né con l'associazione dei residenti che svolgono la loro azione sul territorio interessato dal traliccio. Non si è tenuta alcuna conferenza di servizi. L'ARPA Sicilia ha ribadito che manca, di fatto, uno studio sull'impatto elettromagnetico del radar in progetto che possa fornire le indispensabili garanzie necessarie per la salvaguardia della salute dai possibili effetti prodotti dalle onde elettromagnetiche emesse;
si tratta della costruzione di un traliccio alto oltre 36 metri per un radar ad altissima frequenza che sprigiona onde elettromagnetiche, reputate pericolose, per un raggio di quasi 4 chilometri e che attraversa, con un movimento a 360 gradi, tutto il territorio della Penisola Maddalena, di Ortigia, di Fanusa, di Arenella e di Ognina. Le emissioni elettromagnetiche sono altamente inquinanti e si temono effetti negativi in primo luogo sulla salute degli abitanti ma anche sugli apparati di ricezione TV satellitari, radio e telefonia ritenuti rilevanti negli studi recenti, oltre al significativo impatto visivo di un struttura di tali dimensioni sul sito della Penisola della Maddalena;
l'area circostante a quella utilizzata dal traliccio del radar di profondità presenta delle caratteristiche naturali ed archeologiche uniche -:
se non ritenga opportuno intervenire al fine di salvaguardare, oltre alla salute degli abitanti, l'integrità dell'ecosistema e scongiurare in maniera assoluta condizioni di rischio e/o danno delle aree sottoposte a tutela, chiedendo alle autorità competenti di effettuare uno studio, affidato ad un ente pubblico, per la valutazione dell'impatto elettromagnetico del radar prima della sua installazione;
se non ritenga altresì opportuno che preliminarmente venga intrapresa qualunque azione utile e necessaria per informare correttamente e capillarmente la popolazione sulla problematica in questione, come la legge prevede espressamente;
se non reputi necessaria la valutazione dell'incidenza del radar su siti di interesse comunitario (SIC), zone di protezione speciale (ZPS), aree marine protette (AMP), tenendo conto degli obiettivi di conservazione di tali aree;
se non si ritenga, nelle more, di disporre la sospensione dei lavori per un approfondimento di tutte le questioni sollevate.
(5-04287)

Interrogazioni a risposta scritta:

MONTAGNOLI e ALESSANDRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
va sempre più aggravandosi una annosa problematica riguardante il fenomeno erosivo in corso lungo la riva destra del fiume Adige, in località Brea, che compromette in maniera continuativa una parte rilevante di tale territorio;
della vicenda si sono interessate, purtroppo con esiti non risolutivi, numerose autorità locali, tra cui in particolare il sindaco del comune di Ronco all'Adige, la prefettura di Verona, la regione Veneto, il Genio civile di Verona, nonché l'organizzazione agricola della Coldiretti provinciale di Verona, che nel merito hanno sempre denunciato la grave situazione di disagio che colpisce il territorio demaniale lungo le rive del fiume Adige nel comune di Ronco all'Adige, sottolineando che l'erosione provocata in maniera rilevante dalla corrente del fiume causa notevoli danni alla fascia golenale coltivata a seminativo e vi è il concreto pericolo che scompaiano i pregiati frutteti che vi sono impiantati;
il fenomeno erosivo sarebbe provocato dal deposito a sedime di materiale inerte trasportato dal fiume tra il centro del letto di scorrimento e la sponda sinistra, con relativa formazione di un imbuto che costringe la corrente ad incrementare la sua velocità e ad urtare continuamente contro la sponda destra;

attualmente la situazione del fenomeno erosivo di cui si discute risulta essere di forte criticità con vastissime superfici della sponda che collassano nell'alveo del fiume e la relativa distruzione di estesi volumi di suolo agricolo. Tali circostanze rappresentano un elevato pericolo per la collettività e potenziali rischi di insicurezza del fiume -:
se siano a conoscenza del grave fenomeno erosivo in atto lungo la sponda destra del fiume Adige nel territorio del comune di Ronco all'Adige e quali iniziative urgenti di competenza, anche per il tramite della competente autorità di bacino, si intendano assumere per concorrere a ripristinare nel pieno stato di sicurezza tale tratto di fiume.
(4-11031)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo un articolo pubblicato dal quotidiano Il Sole24 ore del 21 febbraio l'olio vegetale esausto quando viene immesso nella rete fognaria, finisce inevitabilmente nel depuratore comunale; cioè in un impianto di trattamento di acque reflue che per depurare 1 chilogrammo di olio impiega almeno 3 chilowattora di energia;
in termini economici, lo smaltimento di 1 chilogrammo di olio buttato nel lavandino comporta la spesa a carico della collettività di 0,45 centesimi. Se si considera che circa 280 mila tonnellate di olio finiscono in fognatura, si arriva a 126 milioni di spreco;
sotto il profilo ambientale e sanitario, inoltre, la dispersione dell'olio vegetale esausto produce più di un problema. Infatti, è un potente inquinante che - se disperso - rende sterili i terreni, poiché impedisce alle radici delle piante l'assunzione di sostanze nutritive; rende invivibili mari, fiumi e laghi, poiché non consente il necessario scambio di ossigeno tra aria e acqua (un chilogrammo d'olio impermeabilizza una superficie grande come un campo di calcio); si deposita sulle falde freatiche e, spostandosi con esse, raggiunge pozzi e giacimenti di acqua potabile rendendola non idonea all'uso. Si pensi che un litro di olio rende non potabile circa un milione di metri cubi di acqua (l'equivalente del consumo di una persona per 14 anni);
l'olio vegetale esausto è però riciclabile come combustibile alternativo a quelli tradizionali (cosiddetto biodiesel) e, con una specifica e complessa lavorazione, può essere raffinato fino a renderlo adatto alla miscelazione con olio minerale lubrificante, bitumi stradali ed emulsionanti, glicerina per saponificazione;
in Italia esiste un sistema di raccolta differenziata «porta a porta» basato su convenzioni tra aziende private che raccolgono e trasportano (a volte gratuitamente) l'olio vegetale esausto e i produttori «non domestici» di tale rifiuto (bar, ristoranti, mense eccetera). Le aziende di raccolta e riciclaggio confluiscono nel Conoe (Consorzio obbligatorio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e grassi vegetali e animali esausti www.consorzioconoe.it) istituito dal decreto legislativo n. 22 del 1997 e riconfermato (al pari di altri consorzi settoriali) dal decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice ambientale);
tuttavia è pressoché assente un servizio di recupero comunale per l'olio esausto di origine domestica;
pur esistendo esempi virtuosi in comuni che svolgono apposite campagne informative e, dopo aver dotato i cittadini di taniche, li invitano a recapitare i propri oli vegetali esausti nelle isole ecologiche dove sono state allestite apposite postazioni di contenimento (ad esempio, i comuni di Ascoli Piceno, Pescara, Lastra a Signa, Fossano, Castelfidardo, Cona, Ponte San Nicolò, Battipaglia, Bologna, Castellana Sicula, Ciampino, Porto Tolle, Nola, Lari, Pratomagno, Arborea, Toirano, Rovigo), la mancanza della diffusione capillare della raccolta differenziata dell'olio vegetale

esausto domestico, tuttavia, trova una sua ragion d'essere anche nel fatto che manca il decreto istitutivo del contributo ambientale, da tempo allo studio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la cui introduzione consentirebbe al Conoe di praticare la raccolta gratuita presso tutti i comuni italiani -:
per quale ragione non sia stato ancora adottato il decreto istitutivo del contributo ambientale e se ed in che tempi si intenda procedere in tal senso.
(4-11044)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Manifesto del 18 febbraio dal titolo «Veleni italiani in Andalusia» si apprende che vi sarebbe un traffico di rifiuti pericolosi, residui di industrie chimiche, provenenti da siti di bonifiche coordinate direttamente dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che partono dal porto di Genova diretti a Siviglia, nella discarica di Nerva, gestita dall'azienda spagnola Befesa;
si tratta di tonnellate di terre di bonifica, provenienti dall'ex Sisas di Pioltello e dall'area Stoppani, che non sarebbero correttamente smaltite attraverso un processo di inertizzazione prima di essere buttate in discarica;
un esposto dell'Izquierda Unida dell'Andalusia alla Fiscalia spagnola chiede l'apertura di un'indagine poiché il trattamento sarebbe stato solo virtuale e l'impianto di Nerva non avrebbe la tecnologia necessaria per processare le scorie;
per quanto attiene ai materiali provenienti dalla Stoppani si fa riferimento ad un carico dei primi di luglio scorso di 8.000 tonnellate rispetto i quali, secondo alcuni documenti allegati alla denuncia «Nei registri informatici dell'impianto di inertizzazione di Palos i camion della Riccoboni - responsabile per le terre provenienti dalla Stoppani - appaiono senza ora di entrata e uscita» ed inoltre «Ventitré camion vengono caricati con una media di 25.000 chilogrammi di materiale netto ciascuno, pesati e dotati di documentazione in un tempo complessivo di 35 minuti» il che dimostrerebbe la falsità dei dati;
per quanto attiene all'ex Sisas di Pioltello, l'articolo paria di 80.000 tonnellate partite da Genova e arrivate a Siviglia con una spola continua di container: che partono verso Nerva, attraversando le strade montuose - e a volte dissestate - del sud della Spagna;
secondo alcuni operatori del settore che chiedono l'anonimato, smaltire a Nerva costa all'incirca 60-70 euro a tonnellata, contro i 90 euro medi degli impianti del nord Europa a cui va aggiunta l'economicità del trasporto via mare -:
se corrisponda al vero quanto riferito in premessa;
quali controlli il Ministro intenda avviare sulle società e i soggetti vincitori degli appalti per le bonifiche delle aree in questione in merito alle modalità di smaltimento dei relativi rifiuti;
se non si ritenga di avviare una più ampia indagine sullo smaltimento di altre terre provenienti da siti di bonifica sotto il diretto controllo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
per quali motivi si stia privilegiando la discarica di Nerva per lo smaltimento e se siano al vaglio scelte alternative;
quali siano i costi dello smaltimento delle terre provenienti dall'ex Sisas di Pioltello e dalla Stoppani.
(4-11053)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:

STRIZZOLO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi, l'amministrazione comunale di Marano Lagunare (provincia di Udine) ha approvato una perizia di stima per cedere «Valle Grotari e Vulcan», circa 14 ettari di territorio, quale primo passo verso la alienazione dell'ex valle di pesca su cui c'è un progetto di sviluppo turistico, diportistico e insediativo approvato dalla regione Friuli Venezia Giulia;
in relazione a tale programma di interventi su un'area dal grande pregio naturalistico e paesaggistico, sono state molteplici le prese di posizione volte a sensibilizzare le istituzioni pubbliche circa la gravità di progetti che rischiano di devastare uno degli angoli più caratteristici della laguna di Marano;
nell'area sopra indicata, a giudizio di esperti, vivono circa 170 specie di uccelli di cui circa 30 regolarmente nidificanti, tra queste specie quella del cigno reale, l'oca selvatica, alcune coppie di falco da palude, 20 coppie di airone rosso, 10 coppie di raro tarabusino e circa 40 coppie di airone cenerino più altre specie rare -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di tali progetti fortemente impattanti sull'ambiente naturale della laguna di Marano;
se vi siano delle richieste di intervento da parte di associazioni di tutela ambientale;
se siano stati acquisiti i previsti pareri alla direzione dei beni paesaggistici;
se ritengano compatibili i soprarichiamati programmi con le direttive emanate dai Ministeri citati, anche alla luce della normativa comunitaria in materia di tutela dell'ambiente e delle rare specie animali.
(3-01486)

Interrogazioni a risposta scritta:

ROSSA e TULLO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il teatro Carlo Felice di Genova si trova in una situazione economica-finanziaria critica nonostante il consiglio di amministrazione e i lavoratori si siano impegnati in un percorso di risanamento e di rilancio del Teatro;
al 31 dicembre 2010 si registrava un passivo patrimoniale di 17 milioni di euro;
un passivo finanziario di circa 13 milioni di euro;
in data 1o ottobre 2010 il Consiglio di amministrazione della Fondazione Teatro Carlo Felice con verbale n. 8 deliberava l'avvio della procedura di liquidazione coatta amministrativa della Fondazione, ritenendo impraticabile ogni altra via per la sopravvivenza del Teatro se non mediante l'utilizzo di ammortizzatori sociali;
in data 8 ottobre 2010 a seguito di un incontro tecnico presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la partecipazione di CGIL, CISL, UIL e la Fondazione, si conveniva di utilizzare i contratti di solidarietà tipo B;
nella stessa data il Ministro interrogato ribadiva al sindaco di Genova la propria disponibilità a sostenere un piano di risanamento della Fondazione lirica con il reintegro di 3 milioni sul fondo unico per lo spettacolo (FUS), a fronte dell'approvazione da parte dei sindacati di provvedimenti di tutela dei dipendenti e dei lavoratori;
le organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL accettavano l'utilizzo dei contratti di solidarietà di tipo B per evitare la liquidazione coatta amministrativa della Fondazione che avrebbe portato ai licenziamenti di tutto il personale;

le parti concordavano un percorso che prevedeva il ricorso ai contratti di solidarietà ed in data 13 ottobre 2010 solo la CGIL, CISL e UIL hanno accettato di sottoscrivere l'ipotesi di accordo e l'utilizzo dell'istituto del contratto di solidarietà;
veniva utilizzato l'istituto del contratto di solidarietà per 285 dipendenti a tempo indeterminato e 3 lavoratori a tempo determinato, per una durata di ventiquattro mesi;
nel mese di novembre 2010 è stato presentato in prefettura il piano di risanamento del teatro ai privati che si erano mostrati disponibili a contribuire al versamento di fondi;
il reintegro di 3 milioni di euro non c'è stato;
nella legge di bilancio dello Stato 2011, il contributo di 2,5 milioni di euro previsto per il Teatro Carlo Felice di Genova dalla legge finanziaria per il 2004 (legge 350 del 2003) è stato portato a 1.303.768 euro;
nel 2010 l'importo di 2,5 milioni di euro è stato assoggettato ad accantonamento per euro 652.000, con una conseguente riduzione del finanziamento stesso;
il bilancio di previsione 2011 approvato dal consiglio di amministrazione il 7 febbraio 2011 evidenzia uno scostamento negativo rispetto al piano industriale di euro 5.248.000 non avendo potuto prevedere i contributi aggiuntivi dello Stato -:
quali siano i motivi che hanno portato alla grave decurtazione del fondo previsto dalla legge finanziari per il 2004;
perché, a fronte dell'attivazione dei contratti di solidarietà, non sia avvenuto il reintegro dei 3 milioni sul fondo unico per lo spettacolo;
come intenda intervenire per mettere il Teatro Carlo Felice di Genova nelle condizioni di poter proseguire le proprie attività.
(4-11033)

PILI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'anfiteatro romano di Cagliari da ormai dieci anni rappresenta il più importante e affascinante sito per lo svolgimento di attività culturali e musicali dell'intera Sardegna;
prima dell'avvio dell'imponente attività culturale, musicale e teatrale, che ha consentito lo svolgimento nell'anfiteatro delle più prestigiose e importanti rappresentazioni internazionali, il sito risultava totalmente abbandonato e ridotto ad una vera e propria discarica a cielo aperto nonostante la rilevanza archeologica dell'anfiteatro;
al fine di rendere fruibile l'anfiteatro romano in piena sicurezza furono installate nel sito delle gradinate lignee per rendere utilizzabili in tutta la loro ampiezza le originarie gradinate;
le strutture lignee posizionate sulla struttura rocciosa rendevano comunque visitabile l'intero sito rendendo possibile un costante monitoraggio delle condizioni strutturali del monumento;
con reiterati provvedimenti veniva autorizzato l'utilizzo della struttura per lo svolgimento delle suddette iniziative culturali;
negli ultimi anni, con propri provvedimenti, la soprintendenza regionale dei beni culturali disponeva la rimozione delle gradinate lignee;
tale provvedimento della soprintendenza è stato reiterato anche per l'anno in corso perché nel frattempo, a seguito dei ricorsi del comune di Cagliari avverso i provvedimenti di rimozione richiamati, non si era provveduto allo smantellamento delle sovrastrutture;
non risultano disponibili al momento progetti di smantellamento della struttura sovrastante che, per complessità e delicatezza dell'intervento nel sito stesso, devono essere predisposti tenendo conto di numerosi

elementi, compresa la staticità della roccia in cui è «inserito» l'anfiteatro;
l'amministrazione comunale di Cagliari ha preannunciato un concorso di idee che avrà ad oggetto la progettazione per il recupero e valorizzazione dell'Anfiteatro Romano e dell'area archeologico - ambientale vicinale;
il testo del bando sarà disponibile sul sito istituzionale del comune di Cagliari a decorrere dal 28 febbraio del 2011;
la partecipazione al concorso sarà aperta a tutti i professionisti italiani ed europei in possesso di laurea quinquennale (vecchio ordinamento) in architettura e/o ingegneria o provvisti di titoli di studio equipollenti, regolarmente abilitati secondo la legislazione dello Stato di appartenenza, ai quali non sia inibito al momento dell'iscrizione al concorso l'esercizio della libera professione sia per legge sia per contratto sia per provvedimento disciplinare, in base alle direttive della Unione europea, fatte salve le condizioni limitative alla partecipazione che verranno eventualmente esplicitate nel successivo bando;
le caratteristiche storico-architettoniche dell'area, sotto la tutela dei beni culturali, comportano per lo svolgimento del concorso l'obbligatoria presenza anche di un architetto per tutti gli aspetti del progetto relativi al recupero e alla valorizzazione di beni culturali e archeologici interessati;
i tempi per l'espletamento del concorso di idee, l'aggiudicazione e la redazione del progetto comportano tempi tecnici che si protrarranno oltre la stessa stagione estiva;
la rimozione delle sovrastrutture non può, quindi, avvenire senza le necessarie precauzioni progettuali e strutturali e non potrà essere realizzata se non attraverso un progetto ben definito e con conseguente gara ad evidenza pubblica per l'individuazione dell'impresa preposta alla svolgimento dell'intervento;
il diniego dell'autorizzazione allo svolgimento delle manifestazioni comporterebbe, oltre al mantenimento delle sovrastrutture che non potranno comunque essere eliminate per i suddetti motivi, anche il totale abbandono della struttura con il rischio che la stessa si trasformi in un ricettacolo di rifiuti e degrado;
la mancata disponibilità dell'anfiteatro, in attesa della predisposizione di una nuova e adeguata struttura, comporterebbe alla città di Cagliari un gravissimo danno sia sul piano culturale che economico, considerato che gran parte degli artisti già scritturati per la prossima stagione avevano sottoscritto appositi contratti per l'esibizione proprio nell'esclusiva area dell'anfiteatro romano;
l'avvio da parte di diversi operatori culturali della prevendita di biglietti per spettacoli di primo livello internazionale da svolgersi proprio nell'anfiteatro romano di Cagliari con l'annunciato diniego all'utilizzo della struttura rischia di compromettere un'intera stagione culturale che ogni anno ha attratto nel capoluogo sardo centinaia di migliaia di spettatori trasformando la città di Cagliari in una vera e propria capitale culturale -:
se non ritenga di dover dare una precisa direttiva agli uffici del Ministero al fine di reiterare l'autorizzazione allo svolgimento delle manifestazioni culturali nel compendio dell'anfiteatro di Cagliari al fine di evitare il totale abbandono della struttura in attesa di qualsivoglia progetto di recupero e rifunzionalizzazione dell'area;
se non ritenga di dover garantire che la Sardegna e la città di Cagliari possano usufruire dell'importante struttura archeologico-culturale garantendo nel contempo il proseguo dell'iter relativo al ripristino del sito archeologico e del progetto di valorizzazione così come previsto dal concorso di idee bandito dal comune di Cagliari;
se non ritenga di dover convocare un'apposita conferenza di servizi con i

soggetti interessati al fine di valutare se sussista l'esigenza di un intervento urgente sulla struttura archeologica considerato che la stessa risulta essere fruibile e ispezionabile anche in presenza della sovrastruttura lignea;
se non ritenga di dover valutare l'ipotesi di un intervento finanziario straordinario per l'eventuale urgente intervento che si dovesse rendere necessario prima dell'intervento complessivo per la tutela del monumento archeologico.
(4-11035)

HOLZMANN, FRASSINETTI, MARSILIO, BIAVA, CICCIOLI, MIGLIORI, LABOCCETTA, MAZZOCCHI, MAZZONI, CATTANEO, MURGIA, ANTONIO PEPE, SALTAMARTINI, DE ANGELIS, RAMPELLI, DE CORATO, PORCU, MUSSOLINI, CATANOSO, GHIGLIA, TOMMASO FOTI, ARACRI, CONTENTO, CASTIELLO, TRAVERSA, BELLOTTI, SPECIALE, SBAI, SCELLI, DIMA, MARTINELLI, MANCUSO, DI VIRGILIO, CASTELLANI, BOCCIARDO, ASCIERTO, MALGIERI, MINASSO, CRISTALDI, LANDOLFI, DISTASO, FUCCI, CIRIELLI, MISURACA, GIULIO MARINI e LAFFRANCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
ha suscitato ampio scalpore la notizia della lettera inviata dal Ministro per i beni e le attività culturali al presidente della provincia autonoma di Bolzano in merito al fermo del restauro del Monumento alla vittoria di Bolzano, opera dell'architetto Marcello Piacentini (1926) già in via di esecuzione dal 23 novembre 2009, alla possibilità di rimozione del frontone d'ingresso agli uffici finanziari in piazza del tribunale, raffigurante Benito Mussolini a cavallo (opera dello scultore Hans Piffrader, 1940-43), e di tutte le epigrafi del periodo 1922-1945 e allo spostamento dei resti del Monumento all'alpino di Brunico che fu semidistrutto da un attentato terroristico;
mentre nel mondo linguistico tedesco la presenza delle testimonianze architettoniche del periodo 1922-1945, è sempre stata mal tollerata perché si attribuiva a quelle rappresentazioni una sorta di responsabilità storica per tutto ciò che il fascismo fece in Alto Adige nel tentativo di assimilare la popolazione alloglotta, la popolazione di lingua italiana, ben lungi da spirito nostalgico, riconosce in quei pochi elementi i segni della propria appartenenza storica al territorio e si è sentita letteralmente tradita da un accordo passato sopra le proprie teste;
il mondo accademico e culturale di entrambi i gruppi linguistici si è espresso contro la rimozione o l'oscuramento del bassorilievo di piazza del tribunale e tra questi anche i vari sovrintendenti provinciali ai beni culturali della provincia autonoma di Bolzano, tutti del gruppo linguistico tedesco;
il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 «Codice dei beni culturali e del paesaggio», ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137, modificato dal decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 156 e dal decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157 nonché dal decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 62 e dal decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63, agli articolo 1-2 e 3, identifica principi e fornisce definizione di cosa siano un «bene culturale», e la tutela dello stesso e, all'articolo 4, comma 2, attribuisce allo Stato le funzioni di tutela dei beni di appartenenza statale;
i beni culturali sopracitati non ricadono nell'elenco dei beni si competenza della ripartizione beni culturali della provincia autonoma di Bolzano bensì del Ministero per i beni e le attività culturali, e sono sotto la sorveglianza quindi della Soprintendenza per beni architettonici ed il paesaggio di Verona, che ne ha competenza territoriale -:
per quali motivi il Ministro abbia assunto la decisione di fermare i lavori di restauro conservativo in atto per il Monumento alla Vittoria ormai giunti quasi alla loro conclusione, mediante la sottoscrizione

di un accordo con un ente territoriale (la provincia autonoma di Bolzano) che non ha competenza in materia di tutela e conservazione per il bene culturale in questione;
quale sia lo stato dei lavori e come verrà protetto il Monumento già fatto oggetto di vari tentativi di attentati terroristici, se l'interruzione dei lavori di restauro comporterà un danno per il Monumento o se vi saranno ulteriori oneri a carico del Ministero, quali pagamenti di penali;
per quali motivi nel citato accordo tra il Ministro e la provincia autonoma di Bolzano, venga interpellato quest'ultimo ente in merito a proposte tese al trasferimento o alla schermatura del bassorilievo a nastro, raffigurante il Duce a cavallo in piazza del tribunale, visto che - ut supra - la provincia autonoma di Bolzano non ha alcuna competenza sul detto bene culturale ed inoltre allo stato di fatto non risultano sussistere motivi di alterazione fisica e di degrado del manufatto che ne impongano la protezione con schermature in sito e tantomeno la necessità di trasferimento dello stesso in un luogo museale protetto, diverso quindi dalla sua originaria collocazione in uno spazio urbano pubblico;
se il Ministero della difesa, competente per il Monumento alla vittoria ed ai caduti di Bolzano, quello all'alpino di Brunico e per gli ossari di Burgusio, Colle Isarco e Prato alla Drava, sia stato interpellato in merito al testo delle targhe esplicative.
(4-11046)

GRAZIANO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il complesso monumentale di Caserta, insieme al parco, l'acquedotto vanvitelliano e il complesso di San Leucio sono stati iscritti nel 1997 tra i siti italiani costituenti patrimonio mondiale sotto l'egida dell'UNESCO;
il riconoscimento di valore universale della struttura è ricondotto all'eccezionalità della sua estensione, comprensiva di palazzo, parco e paesaggio circostante, e ideazione. Invero, la struttura, per quanto rimandi ai princìpi di pianificazione del tempo, in linea con gli ideali legati alla sua concezione e gestione, espressione del periodo illuminista, risulta pienamente integrata con il contesto ambientale di riferimento;
simili qualificazioni comportano per tale patrimonio culturale livelli di protezione e conservazione elevati. Questo è sancito dalla Convenzione per la tutela del patrimonio culturale e naturale, firmata il 16 novembre 1972 e ratificata dall'Italia con la legge n. 184 del 1977, che, all'articolo 4, prevede l'obbligo per gli Stati firmatari di garantire l'identificazione, la protezione, la conservazione, la valorizzazione e trasmissione alle generazioni future del patrimonio oggetto di interesse;
recentemente, lanci di agenzia e stampa locale hanno riportato le dichiarazioni-denuncia di un collezionista e cultore di storia, ad avviso del quale alcuni arredi della reggia di Caserta sarebbero stati venduti in aste svoltesi a Milano e Londra tra il 2002 e il 2007, curate da note case internazionali. Sarebbero così stati individuati oggetti - vasi in porcellana, piatti e mobili - appartenenti alla Real Fabbrica Ferdinandea (1771-1806), presenti nei cataloghi d'arte;
al fine di assicurare una protezione e conservazione efficaci e una valorizzazione attiva del patrimonio culturale e naturale situato sul territorio statale, la Convenzione menzionata, all'articolo 5, demanda allo Stato il compito di adottare politiche, istituire servizi, adottare provvedimenti e, in particolare, perfezionare i metodi di intervento che permettano di far fronte ai pericoli che minacciano il patrimonio -:
se la notizia concernente la grave sottrazione denunciata corrisponda al vero o sia destituita di fondamento;

quali iniziative, misure e provvedimenti il Ministro interrogato abbia intrapreso o stia per intraprendere, al fine di garantire l'assolvimento dei compiti che la Convenzione demanda allo Stato per scongiurare scempi come quelli rappresentati in premessa.
(4-11057)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nel settore della Difesa a preoccupare è soprattutto il calo continuo delle risorse destinate al settore esercizio, fattore cruciale per la disponibilità di personale preparato fisicamente, professionalmente e mentalmente allo svolgimento delle proprie funzioni. Ma servono anche mezzi, materiali ed equipaggiamenti idonei, efficienti e sicuri per lo svolgimento delle attività operative;
lo squilibrio interno tra le varie voci di spesa aumenta ulteriormente e sempre a discapito dell'esercizio e del personale militare e tra le molteplici conseguenze emerge che i fondi attualmente disponibili non sono sufficienti ad assicurare l'addestramento di tutto il personale, né ad eseguire la manutenzione dei mezzi se non a livello basilare e ciò rischia di mettere a repentaglio l'efficienza delle Forze armate;
eppure, il programma pluriennale di acquisizione armamenti, legato al crescente impegno bellico dell'Italia sul fronte di guerra afghano e alle esigenze strategiche della Nato, prevede una spesa complessiva di 933,8 milioni di euro nell'arco dei prossimi quattro/nove anni;
per le sole missioni Isaf e Eupol, il Governo ha stanziato dal 2002 a oggi, oltre 3 miliardi di euro, dei quali oltre il 90 per cento destinato ad armamenti ed equipaggiamento e solo il restante per interventi di carattere civile, per interventi di ricostruzione e aiuto alla popolazione;
le ultime rivelazioni di Wikileaks, a quanto consta l'interrogante, non ancora ufficialmente smentite dal Ministro interrogato, rivelano che l'Italia è pronta ad inviare in Afghanistan più uomini, più mezzi blindati, aerei ed elicotteri da combattimento e ad eliminare i caveat che limitano le operazioni dei soldati italiani;
è evidente pertanto che l'Italia si allontana sempre di più dall'obiettivo principale che vede interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione e caratterizza la propria mission esclusivamente in ambito militare -:
come il Governo intenda giustificare l'impegno, ad avviso dell'interrogante irrisorio, profuso finora in Afghanistan per interventi di carattere civile e per interventi di ricostruzione e aiuto alla popolazione e quali siano le imminenti iniziative in tale ambito a seguito anche delle ultime dichiarazioni che prevedono più armi e mezzi e la possibilità del contingente italiano di combattere in prima linea senza alcun impedimento.
(4-11045)

DI PIETRO, LEOLUCA ORLANDO, EVANGELISTI e DI STANISLAO - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da agenzie stampa si evince che Rete italiana per il disarmo e Tavola della Pace hanno denunciato che nel 2009 l'Italia avrebbe triangolato attraverso Malta al regime del Colonnello Gheddafi oltre 79 milioni di euro di armi leggere a uso militare della ditta Beretta e che è anche con queste armi che «l'esercito di Gheddafi sta sparando sulla popolazione»;
si tratta di armi che, come avrebbe confermato direttamente a Rete Italiana per il Disarmo un funzionario del Ministero degli affari esteri di Malta, sono «di

provenienza italiana, e non hanno mai toccato il suolo maltese», anche perché nel piccolo stato insulare non sono presenti fabbriche di armi e munizioni;
sempre secondo quanto riportano le agenzie stampa, il Ministero degli esteri maltese avrebbe precisato poi che «come confermato dall'ambasciata italiana a Tripoli, il destinatario finale della consegna era il Governo Libico» e siccome nel 2009 non erano attive forme di sanzione verso il regime di Gheddafi «l'autorizzazione al traffico - comprese quelle doganali - sono state rilasciate senza problemi»;
tuttavia, dalle relazioni della Presidenza del Consiglio dei ministri italiano sull'export di armamenti non risulta alcuna autorizzazione all'esportazione di quelle armi né a Malta né alla Libia, creando quindi un buco impressionante in termini di controllo;
analisti della rete Unimondo.org e analisti della Rete Italiana per il Disarmo confermano che «il Rapporto dell'Unione Europea sull'esportazione di armamenti pubblicato nel gennaio scorso riporta per l'anno 2009 autorizzazioni e consegne da Malta verso la Libia di 79.689.691 di euro e che si tratta di armi della categoria ML 1, cioè armi ad anima liscia di calibro inferiore a 20 mm, altre armi e armi automatiche di calibro 12,7 mm (calibro 0,50 pollici) e accessori e componenti appositamente progettati»;
contestualmente, da nessun rapporto ufficiale della Presidenza del Consiglio dei ministri (quelli dovuti al Parlamento in base alla legge n. 185 del 1990 sull'export di armamenti militare) si evince che ci sia stata una qualche autorizzazione in merito. Anche i dati dell'ISTAT (che riportano tutte le esportazioni di armi italiane a uso civile) non segnalano per il 2009 alcuna esportazione di quel valore né a Malta né alla Libia;
come riferiscono ancora le citate associazioni, per quell'anno si parla solo di 390.584 di euro di armi, munizioni e loro parti e accessori per Malta e per la Libia solo 8.171.698 di euro di forniture;
in base a quanto evidenziato, i casi sono due: o una ditta italiana ha esportato queste armi senza l'autorizzazione del Governo italiano (ma in questo caso ci si sarebbe dovuto aspettare un blocco dalle dogane maltesi) o, come sembrerebbe più plausibile, vi è stata un'autorizzazione da parte di qualche ufficio del Governo italiano che però non è stata mai notificata né nelle Relazioni al Parlamento né all'Unione europea;
va precisato che un valore così alto di armi leggere potrebbe significare (e lo testimoniano i controvalori di forniture simili recentemente fatte proprio verso la Libia) centinaia se non migliaia di fucili e pistole, oltre a possibili forniture anche di munizioni e granate, cioè proprio le armi protagoniste maggiormente delle uccisioni in questi giorni di rivolta in Cirenaica e Tripolitania;
si apprende, inoltre, che secondo quanto dichiarato ad EU Observer (una testata giornalistica online che si occupa principalmente di politica legata all'Unione europea) da una fonte diplomatica dell'Unione europea (esperta delle documentazioni di autorizzazione per l'export militare) si tratterebbe di armi provenienti dalla fabbrica d'armi Pietro Beretta di Gardone Valtrompia (Brescia), ditta che ha però rifiutato qualsiasi commento affermando che «non risponde nel merito dei singoli trasferimenti»;
i fatti citati, se confermati, risulterebbero, a parere degli interroganti, di una gravità inaudita soprattutto perché non sono l'unico esempio di passaggio di armi leggere verso la Libia attraverso il nostro Paese come conferma Rete Italiana per il Disarmo nel suo comunicato dato alle agenzie stampa: «Nello stesso 2009 come ricostruito da un'inchiesta di Altreconomia poi rilanciata da altri organi di stampa la Magistratura italiana aveva bloccato un possibile traffico di centinaia di migliaia di Kalashnikov di produzione cinese che trafficanti italiani volevano vendere all'esercito di Gheddafi»;
dunque, anche in quel caso si utilizzava (in maniera però pienamente illegale)

la triangolazione verso Paesi terzi e la gestione del trasporto attraverso società con sede estera per coprire la fornitura alla Libia di armi leggere;
infine, Rete Italiana per il Disarmo e Tavola della Pace denunciano: «Qui invece ci troviamo di fronte o ad un'autorizzazione rilasciata con leggerezza e in qualche misura schermata dal passaggio a Malta (tanto è vero che anche i dati europei nei sono stati tratti in inganno) oppure una vera e propria omissione per favorire il regime di Gheddafi, considerato ormai amico e funzionale alla nostra politica estera»;
appare urgente la necessità di un maggiore e più ferreo controllo su tutte le forniture di armamenti, controlli che non devono ridursi a procedure formali ma essere sostanziali e ponderati, con prese di posizione forti anche negando contratti di vendita, perché ci troviamo di fronte ad armi responsabili delle uccisioni e dei massacri che tutti vediamo e condanniamo in questi giorni -:
quali urgenti spiegazioni, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano fornire per fare chiarezza su quanto su esposto e per bloccare la vendita di armi italiane, nella fattispecie alla Libia;
come sia potuto accadere che si sia determinata l'incongruenza denunciata da Rete Italiana per il Disarmo e Tavola della Pace e soprattutto chi ne era a conoscenza e chi si è reso responsabile nell'aver omesso le comunicazioni utili per la trasmissione della relazione al Parlamento prevista dalla legge n. 185 del 1990;
se e in quante altre simili attività sia coinvolto il nostro Paese.
(4-11047)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in particolar modo in Iraq e in Afghanistan è emersa la figura dei contractor, dei militari di società private che combattono al fianco degli eserciti regolari. Gli Stati Uniti, prima e più degli altri, hanno capito il vantaggio di schierare i contractor (i mercenari): si demanda al privato il combattimento di una guerra il cui consenso è in picchiata libera;
in questo caso i Governi non si assumono nessuna responsabilità e i dipartimenti della difesa possono sorvolare sul numero dei contractor caduti in azioni di combattimento;
la rivista specialistica Service Contractor ha pubblicato dei numeri che fanno riflettere. Prendendo in considerazione le guerre in Afghanistan e Iraq, dal 2001 fino a giugno 2010 il numero dei soldati Usa morti in battaglia sono 5.531, i feriti 16.210. Questi numeri non dicono tutta la verità sullo svolgimento di quelle guerre: a fianco di quelle cifre, vanno considerati gli oltre duemila contractor morti in combattimento e i 44.152 feriti. Il conto pagato dai contractor costituisce dunque il venticinque per cento sul totale di 7.500;
nel 2003 le morti dei mercenari costituivano solo il 4 per cento del totale nelle due guerre, fino a raggiungere il 40 per cento nel biennio 2008-2010. A partire dal 2010 i mercenari morti in battaglia hanno superato quello dei soldati statunitensi, raggiungendo n 53 per cento del totale. Ciò rappresenta una diretta conseguenza di due fattori: a) il numero dei contractor utilizzati in battaglia supera di oltre 30 mila unità il numero dei soldati in uniforme (207.600 a 175.000); b) l'equipaggiamento dei soldati privati (che invece dell'elmetto portano dei cappellini da baseball) non è equiparabile a quello dei colleghi «regolari»;
il vero ruolo dei contractor è proprio quello di restare nell'oscurità per non allarmare la società americana di fronte a cifre che sono ben lontane da quelle ufficiali -:
se il Governo sia a conoscenza delle informazioni riportate in premessa e se l'utilizzo di contractor in Afghanistan coinvolga anche l'Italia.
(4-11055)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

MARIO PEPE (IR). - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'abuso di posizioni dominanti ed i conflitti di interesse, che determinano le condizioni per piegare ogni norma di legge o regolamentare, sono ormai riscontrabili in ogni settore della nostra società;
recentemente, ad esempio, desta grande preoccupazione il «mercimonio» di incarichi, che consente ad alcune società (anche di primaria grandezza nel panorama europeo) di imporre «professionisti e compensi» a giovani legali, che sono costretti a prestare la propria opera professionale per corrispettivi pari al 20/25 per cento delle previsioni tariffarie;
detti legali/esecutori materiali non vengono scelti secondo le «capacità» ma, molto più semplicemente, guardando alla disponibilità che offrono a prestare la propria opera professionale per corrispettivi pari ad un quarto di quanto sarebbe a loro spettante;
la cosa più grave è che il «teorico» risparmio (fra il dovuto ed il corrisposto) non viene riversato alle società, ma viene surrettiziamente diviso fra amministratori/gestori senza scrupolo e fittizi legali compiacenti (legati ai primi da interessi concreti o da rapporti interpersonali);
si è creato, cioè, una sorta di «caporalato legale» che permette una distribuzione artificiosa di incarichi, pilotati per consentire ai «manovratori» di intascare sotto banco almeno il 70 per cento del corrispettivo che verrà liquidato, a discapito dei legali incaricati;
tale illecita spartizione (che retrocede agli «sfruttatori» circa i due terzi del reddito prodotto da altri) avviene attraverso «strani giri di fatture» o molto spesso «in nero» -:
se i Ministri interrogati siano al corrente di tale fenomeno;
se, d'intesa con la Guardia di finanza e gli ordini professionali, investendo eventualmente della problematica anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, non sia opportuno disporre una indagine conoscitiva approfondita su tale turpe mercimonio, che tocca direttamente, ad esempio, gruppi bancari di primaria importanza;
quali urgenti misure all'esito degli accertamenti che verranno disposti, si intendano adottare per sconfiggere questa forma di «caporalato legale».
(3-01485)

Interrogazione a risposta scritta:

DI PIETRO, MESSINA e BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la «normativa antiriciclaggio» (decreto legislativo 231/2007) investe l'addetto finanziario di una grande responsabilità, anche penale in base al principio della collaborazione attiva;
in particolare l'intermediario ha i seguenti obblighi: adeguata verifica della clientela (articoli 15 e seguenti); astensione dal compimento dell'operazione (articolo 23); registrazione (articoli 36 e seguenti); segnalazione di operazioni sospette (articolo 41);
la violazione di uno di questi obblighi comporta l'applicazione di sanzioni penali (articolo 55) e/o amministrative (articoli 56 e seguenti);
per ridurre gli spazi di responsabilità degli operatori bancari, l'articolo 54 del decreto legislativo n. 231 del 2007 prevede l'obbligo della formazione del personale chiamato a riconoscere e segnalare le attività potenzialmente connesse al riciclaggio o al finanziamento del terrorismo;
il provvedimento adottato dalla Banca d'Italia in data 12 gennaio 2001,

prevede che «il personale deve essere portato a conoscenza degli obblighi e delle responsabilità aziendali che possono derivare dal mancato adempimento dei medesimi. L'attività di qualificazione del personale deve rivestire carattere di continuità e di sistematicità e va svolta nell'ambito di programmi organici che tengono conto dell'evoluzione normativa e delle procedure predisposte dagli intermediari»;
per poter chiamare gli operatori a rispondere delle loro condotte, è necessario metterli nelle condizioni di poter conoscere la portata degli obblighi giuridici che li riguardano;
i sindacati e gli addetti del settore lamentano la diffusa mancanza di formazione reale offerta dalle banche ai propri operatori. Quest'ultimi vengono, pertanto, esposti ad un elevato rischio professionale -:
quali iniziative si intendano adottare per garantire la reale formazione del personale chiamato a segnalare le operazioni di riciclaggio di denaro sporco e finanziamento di attività terroristiche e come si intenda rimodulare l'apparato sanzionatorio per evitare che i semplici operatori vengano esposti ad un eccessivo rischio professionale.
(4-11050)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano di Teramo «Il Centro» con articoli pubblicati il 20 marzo 2010 ed il 30 maggio 2010, la signora Natascia Berardinucci, 35enne, di professione infermiera presso il distretto sanitario di base di Sambuceto, incensurata, è stata arrestata il 30 novembre 2009 perché accusata dei reati di cui agli articoli 612-bis (atti persecutori), 81, 582 (lesioni), 61 n. 1, 635 (danneggiamento) e 625 n. 7 (furto aggravato) del codice penale nei confronti dell'ex convivente, un imprenditore di Atri;
la donna soffre di Parkinson giovanile ed ha difficoltà nella deambulazione, il che la costringe ad assumere farmaci che ne possono alterare l'umore; ciò nonostante, ha sempre svolto attività di volontariato con la Croce rossa sia presso la sua città di residenza, sia presso alcuni Paesi africani, in particolare all'interno della comunità keniota di Chaaria;
durante il periodo di custodia cautelare la signora Berardinucci è stata reclusa nel carcere di Teramo, poi in quello di Pisa ed infine, di nuovo, nel carcere di Teramo;
nonostante sia incensurata ed abbia sempre tenuto una condotta di vita da tutti giudicata encomiabile, il giudice della cautela, su conforme parere del sostituto procuratore presso il tribunale di Teramo, dottoressa Laura Colica, ha respinto numerose istanze di revoca della custodia in carcere avanzate dalla donna al fine di ottenere gli arresti domiciliari presso la clinica Villa Serena, struttura che si era detta disponibile ad accogliere la signora Berardinucci;
nel corso dei primi 23 giorni di carcerazione preventiva la donna non ha potuto ricevere le visite dei suoi familiari e, dopo il trasferimento presso l'istituto penitenziario di Pisa, le è stato somministrato un farmaco per controllare i suoi sbalzi d'umore, il che l'ha costretta ad un immobilismo pressoché totale, al punto che solo la solidarietà delle sue compagne di cella le ha permesso di poter usufruire di condizioni adeguate dal punto di vista igienico;
le condizioni di salute della signora Berardinucci sono andate notevolmente peggiorando a causa della sottoposizione della donna al regime carcerario, sicché ad

un certo punto il padre e la cugina dell'imputata hanno deciso di protestare davanti alla sede del tribunale di Teramo;
secondo quanto riferito dal padre della donna al quotidiano di Teramo «Il Centro», le condizioni di salute della figlia avrebbero subito un evidente deterioramento durante la permanenza dell'imputata nella casa circondariale di Pisa, all'interno della quale la signora Berardinucci sarebbe stata sottoposta a terapie tradizionalmente somministrate a pazienti schizofrenici;
dopo 106 giorni di carcere preventivo all'interno delle predette case circondariali, i periti del tribunale hanno accertato l'incompatibilità delle condizioni di salute della donna con il regime carcerario; di tal che il giudice del tribunale monocratico di Teramo, sezione distaccata di Atri, dottoressa Antonella Redaelli, sulla base di una presunta pericolosità sociale dell'imputata, ha concesso alla signora Natascia Berardinucci gli arresti domiciliari presso la casa di cura Villa Serena sita in provincia di Pescara;
la signora Berardinucci si è sempre proclamata innocente rifiutandosi di definire il procedimento nelle forme di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale (patteggiamento), sebbene la predetta scelta processuale le avrebbe sicuramente garantito l'ottenimento di una pena più lieve, oltre a tutta una serie di ulteriori benefici e al conseguente alleggerimento della sua posizione processuale;
nel corso del processo la persona offesa si è più volte contraddetta e i testi della difesa hanno riferito che la relazione amorosa tra la signora Berardinucci e il denunciante fosse ancora in piedi nei mesi in cui quest'ultimo ha asserito di essere stato perseguitato; inoltre l'imputata ha sostenuto di essere stata più volte provocata dal suo compagno ed altri testimoni hanno aggiunto che la relazione amorosa tra i due fosse molto turbolenta e che le lesioni fossero reciproche; ciò nonostante all'esito del processo, ovvero all'udienza del 9 giugno 2010, la donna è stata condannata per tutti i reati di cui al capo di imputazione, uniti gli stessi dal vincolo della continuazione e previa concessione delle attenuanti generiche e della diminuente costituita dal vizio parziale di mente, alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione;
con lo stesso provvedimento il giudice, dottoressa Redaelli, ha ordinato, ex articolo 206 codice penale, che la signora Natascia Berardinucci sia sottoposta in via provvisoria alla misura di sicurezza della casa di cura e custodia per il tempo di mesi sei, atteso che la predetta misura di sicurezza sembrerebbe allo stato «l'unica misura idonea a infrenare il pericolo di reiterazione di altri reati in considerazione della condizione di infermità neurologica (che è alla base) della infermità psichica della Berardinucci e del persistere della pericolosità sociale della stessa che fanno emergere come sia inappropriata qualsiasi misura diversa»;
in data 12 giugno 2010 veniva eseguita la misura di sicurezza a carico della signora Berardinucci presso l'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere (Mantova). In data 14 giugno 2010 l'avvocato Danielle Mastrangelo, difensore dell'imputata, ha impugnato innanzi al tribunale di sorveglianza dell'Aquila la predetta ordinanza chiedendone la revoca non sussistendo i presupposti richiesti dalla legge per l'applicazione in via provvisoria di tale misura di sicurezza o, in subordine, chiedendone la sostituzione con la misura più gradata degli obblighi di dimora e/o della libertà vigilata presso il comune di San Giovanni Teatino, atteso che l'imputata è in grado, come risulta da certificati esistenti agli atti, di «assumere la terapia in corso presso la propria abitazione, essendo il trattamento farmacologico assunto per via orale e tramite un cerotto transdermico, tali modalità possono essere effettuate in qualsiasi altra sede, compresa l'abitazione»;
a sostegno del suo atto di impugnazione, la difesa dell'imputata evidenzia, tra l'altro, come le motivazioni addotte dal

giudice del tribunale di Teramo, sezione distaccata di Atri, nell'ordinanza del 9 giugno 2010 siano sprovviste di fondamento, in quanto i periti hanno affermato: a) che il «discontrollo degli impulsi» di cui era affetta Natascia Berardinucci erano stati «slatentizzati» dall'assunzione del farmaco Mirapexin; b) che la presenza di un disturbo della personalità non impedisce al soggetto di condurre una normale vita sociale in ogni suo aspetto; c) che pertanto l'imputata non è pericolosa socialmente;
ed invero il giudice avrebbe applicato la misura di sicurezza, ad avviso degli interroganti, desumendo l'esistenza della (presunta) pericolosità sociale della signora Berardinucci esclusivamente sulla base di quanto dichiarato dalla parte offesa -:
di quali informazioni dispongano i Ministri interrogati in merito alla vicenda descritta in premessa;
se attualmente nell'ambito dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere venga assicurato alla detenuta un adeguato supporto psicoterapeutico e quali iniziative di rispettiva competenza intendano adottare affinché alla signora Berardinucci venga garantito il rispetto dei diritti inviolabili, considerata la gravità delle sue condizioni di salute.
(5-04285)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
in relazione alla grave situazione di sovraffollamento delle carceri, il Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2010 ha deliberato un piano straordinario penitenziario dichiarando lo stato di emergenza nazionale fino al 31 dicembre 2010 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 2010); termine poi prorogato con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri in data 12 gennaio 2011;
il 19 marzo 2010 è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri che ha dettato nuove disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente al sovraffollamento penitenziario. Il provvedimento prevede, in particolare, che il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nominato commissario delegato per «l'emergenza carceri», debba predisporre entro 30 giorni un apposito piano di interventi, indicandone i tempi e le modalità di attuazione. L'ordinanza istituisce un comitato di indirizzo e controllo presieduto dal Ministro della giustizia, cui spetta l'approvazione del piano nonché la vigilanza sull'azione del commissario delegato;
la citata ordinanza prevede: a) all'articolo 1, comma 3, che per la realizzazione degli interventi di sua diretta competenza, il commissario delegato si avvale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia e richiede ogni necessaria collaborazione alle amministrazioni periferiche dello Stato ed agli enti pubblici locali territoriali e non territoriali; b) all'articolo 1, comma 4, che il commissario delegato nomina uno o più soggetti attuatori per essere coadiuvato nell'attuazione delle disposizioni dirette alla realizzazione del piano straordinario penitenziario, affidando ai medesimi specifici settori di intervento; c) all'articolo 1, comma 5, che il commissario delegato, sentito il capo del dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, determina con proprio provvedimento il compenso da riconoscere ai soggetti attuatori di cui al comma 4, con oneri a carico delle risorse di cui al successivo articolo 3 dell'ordinanza, ciò in relazione al profilo professionale ed alle mansioni che gli vengono attribuite; d) all'articolo 1, comma 6, che la vigilanza sull'azione del commissario delegato spetta ad un comitato di indirizzo e controllo presieduto dal Ministro della giustizia (o

da un suo delegato) e composto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (o da un suo delegato) e dal capo del dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri (o da un suo delegato); e) all'articolo 1, comma 7, che il commissario delegato, per il necessario supporto nelle attività di sua diretta competenza, è autorizzato a stipulare fino ad un massimo di venti contratti a tempo determinato ovvero a collaborazione a progetto, sulla base di criteri di scelta di carattere fiduciario; f) all'articolo 1, comma 8, che il commissario delegato determina, con provvedimento, i compensi da riconoscere ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 7;
l'articolo 21, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile», ha previsto l'obbligo delle amministrazioni di pubblicare sui propri siti Internet, in attuazione dei principi di trasparenza e di buona amministrazione, i curricula vitae, i dati relativi alle retribuzioni e i recapiti istituzionali dei dirigenti (nonché le informazioni inerenti i tassi di assenza e di presenza del personale di ciascun ufficio dirigenziale) -:
chi siano i soggetti attuatori nominati dal commissario delegato per l'emergenza carceri sulla base dell'articolo 1, comma 4, dell'ordinanza 19 marzo 2010 del Presidente del Consiglio dei ministri;
a quanto ammonti il compenso dei soggetti attuatori nominati dal commissario delegato per l'emergenza carceri sulla base del citato articolo 1, comma 4, e quali siano i profili professionali e le mansioni svolte da ciascuno di essi;
quanti contratti a tempo determinato e/o a progetto abbia stipulato il commissario delegato per l'emergenza carceri sulla base dell'articolo 1, comma 7, della citata ordinanza;
a quanto ammonti, con riferimento ai predetti contratti a tempo determinato e/o a progetto, il compenso determinato per ciascun soggetto dal commissario delegato per l'emergenza carceri sulla base dell'articolo 1, comma 8, della citata ordinanza;
se non intenda inserire sul sito ufficiale del Ministero della giustizia, sulla base dei principi di trasparenza e di buona amministrazione di cui alla legge n. 69 del 2009, i dati curriculari e quelli relativi alla retribuzione dei soggetti attuatori nominati dal commissario delegato per l'emergenza carceri sulla base dell'articolo 1, comma 4, di cui all'ordinanza 19 marzo 2010 del Presidente del Consiglio dei ministri;
se non intenda inserire sul sito ufficiale del Ministero della giustizia, sulla base dei principi di trasparenza e di buona amministrazione sanciti dalla legge n. 69 del 2009, i dati curriculari e quelli relativi alla retribuzione dei soggetti con i quali il commissario delegato per l'emergenza carceri ha stipulato contratti a tempo determinato ovvero di collaborazione a progetto (ex articolo 1, comma 7, di cui all'ordinanza 19 marzo 2010 del Presidente del Consiglio dei ministri).
(5-04286)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la prima firmataria del presente atto ha appreso che il provveditorato regionale del Lazio ha effettuato un taglio del 35 per cento al monte ore, già estremamente esiguo, degli psicologi penitenziari;
in particolare, a Regina Coeli nel delicatissimo reparto nuovi giunti si prevedono solo 24 ore mensili da ripartire fra 7 psicologi, mentre per l'osservazione e trattamento sono previste solo 10 ore mensili; il direttore si rammarica inoltre di non riuscire ad aprire, allo stato attuale, la sezione di accoglienza;

a Rebibbia, l'altro grande carcere della capitale, sono state tagliate ben 80 ore mensili da quelle previste per le prestazioni degli psicologi di osservazione e trattamento;
l'alto numero di suicidi, tentati suicidi, atti di autolesionismo che si verificano negli istituti penitenziari del Lazio richiederebbero una costante, robusta e aumentata presenza rispetto al passato di psicologi -:
se quanto scritto in premessa corrisponda al vero;
se il Ministro abbia intenzione di intervenire immediatamente per scongiurare la drastica diminuzione della presenza di psicologi negli istituti penitenziari del Lazio, permettendo agli psicologi in questione di passare alle ASL come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, in quanto operatori sanitari.
(4-11038)

DI PIETRO e PALOMBA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la lotta alla criminalità organizzata deve essere una priorità soprattutto tenuto conto della sua capacità di penetrazione nella politica e nelle istituzioni e la magistratura si deve trovare nelle condizioni di contrastarla con garanzie di indipendenza piena e assenza di rapporti che possano minarne l'autonomia;
la Direzione nazionale antimafia rappresenta una delle più autorevoli e importanti istituzioni preposte al contrasto alle mafie, all'interno del quale ufficio sono e dovrebbero essere presenti le punte di eccellenza della magistratura per professionalità, rigore morale e indipendenza;
si sono appresi, anche mediante pubblicazioni di stampa, i seguenti fatti relativi al dottor Alberto Cisterna, vice-procuratore nazionale antimafia:
i contatti frequenti e i rapporti che egli avrebbe intrattenuto, unitamente ad altri magistrati, con il giornalista Paolo Pollichieni, all'epoca in cui ricopriva l'incarico di direttore del quotidiano «Calabria Ora», con particolare riferimento alle fughe di notizie (con articoli pubblicati sul predetto quotidiano) aventi ad oggetto la collaborazione con la giustizia di Domenico Novella dopo la strage di Duisburg in Germania e dopo l'omicidio del vicepresidente del consiglio regionale della Calabria Francesco Fortugno;
addirittura migliaia di contatti telefonici (non è noto se avvenuti con utenze di servizio) che avrebbe intrattenuto con il predetto giornalista che risulterebbe anche indagato per il reato di calunnia ai danni dell'allora sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro, Luigi de Magistris, per aver messo in atto una campagna di stampa tesa a screditare la sua persona e le indagini che stava svolgendo;
i contatti e i rapporti con un penalista del Foro di Catanzaro (che risulterebbe legato al Pollichieni) e che ricopre anche la carica di deputato, imputato per il delitto di concorso in corruzione in atti giudiziari per la revoca dell'indagine Poseidone e l'avocazione del procedimento Why Not;
l'abitazione in Roma, riconducibile al citato penalista al quale sarebbero state intestate le due utenze telefoniche una delle quali in contatto con l'avvocato Maria Teresa Fulco, che risulterebbe essere la moglie o, comunque, la compagna del predetto magistrato;
i rapporti tra la predetta Fulco e un altro deputato già Sottosegretario di Stato presso il Ministero delle attività produttive, indagato nell'indagine Poseidone e attualmente imputato, unitamente al citato penalista e altri, tra cui tre magistrati, per concorso in corruzione in atti giudiziari proprio per la revoca dell'indagine in questione;
la circostanza che la Fulco sia stata difensore di tale deputato ed abbia ricevuto dallo stesso consulenze e/o incarichi quando era Sottosegretario di Stato presso

il Ministero delle attività produttive e i contatti intervenuti tra la Fulco e il penalista indicato;
la Fulco risulta difensore del predetto deputato, già Sottosegretario, in un procedimento contro Antonino Monteleone, coraggioso giornalista più volte vittima di ignobili aggressioni mafiose;
al medesimo indirizzo vi è stata la sede di «Rpn-Porter Novelli», importante azienda di comunicazione, il cui vice presidente è risultato essere il Pollichieni;
le utenze fisse della predetta agenzia hanno avuto il maggior numero di contatti telefonici con i soliti tre magistrati, tra cui il dottor Cisterna;
sarebbe opportuno ad avviso degli interroganti, di verificare se sussistono cause di incompatibilità in relazione all'incarico ricoperto dal dottor Cisterna, la cui immagine e professionalità risulterebbero, nel caso risultassero accertati i fatti illustrati, gravemente compromesse -:
se non ritenga il Ministro interrogato di assumere iniziative di carattere ispettivo in relazione a fatti di cui in premessa.
(4-11049)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
nel mese di novembre 2010, in occasione del terzo anniversario dalla morte di Gabriele Sandri, i familiari del giovane ucciso chiedevano l'affissione nella stazione di servizio dell'A1 «Badia al Pino», dove l'11 novembre del 2007, il tifoso laziale veniva ucciso dall'agente di polizia Luigi Spaccarotella, di una targa con scritto: «Nel ricordo di Gabriele Sandri, cittadino italiano»;
questa richiesta, nonostante il parere favorevole dell'Anas, veniva rigettata dalla società Autostrade per l'Italia spa adducendo quale motivazione il fatto che la targa avrebbe creato un precedente, costringendo la società ad affiggere targhe in memoria di tutte le vittime della strada;
in seguito al diniego della società Autostrade per l'Italia spa si è creato un vero e proprio moto di indignazione diffusa che ha invaso web, stampa e TV nazionali, provocando una petizione sostenuta da 25.000 firme per chiedere la concessione della targa commemorativa;
in seguito a tali iniziative, l'amministratore delegato di Autostrade per l'Italia spa si era dichiarato favorevole all'affissione della targa, suggerendo ai familiari di Gabriele Sandri di rivolgersi al comune di Civitella in Val di Chiana e alla prefettura di Arezzo per avere il nulla osta definitivo. Il sindaco di Civitella in Val di Chiana, Massimiliano Dindalini, aveva dimostrato una totale e assoluta disponibilità, ma poi, rappresentando alcune perplessità, cambiava idea sostenendo di aver bisogno di ulteriori approfondimenti, nonché del parere vincolante del prefetto di Arezzo, dottor Saverio Ordine;
trascorso ormai diverso tempo nessun parere è giunto né dal sindaco del comune di Civitella in Val di Chiana e né dal prefetto di Arezzo;
Gabriele Sandri non è assolutamente equiparabile alle vittime degli incidenti stradali e rappresenta un caso unico in Italia che ha creato sgomento non solo tra i tifosi della Lazio e tra i suoi concittadini di Roma, ma nell'intero mondo sportivo e nell'intera opinione pubblica nazionale che, in diverse occasioni, ha manifestato sdegno per quanto accaduto e assoluta solidarietà e sostegno alla famiglia della vittima -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda descritta in premessa

ed effettuate tutte le verifiche del caso, se intendano attivare le più opportune e celeri procedure, anche mettendo in atto un tavolo di confronto fra le parti, al fine di assicurare l'affissione della targa commemorativa su quanto accaduto a Gabriele Sandri nella stazione di servizio dell'A1 «Badia al Pino» l'11 novembre del 2007.
(2-00981)
«Frassinetti, Formichella, Holzmann, Murgia, Marsilio, Pili, Gottardo, Ciccioli, Barbieri, Cesario, Mannucci, Di Caterina, Garagnani, Bernardo, Faenzi, Castiello, Mussolini, Ceccacci Rubino, Porcu, De Nichilo Rizzoli, Sbai, Di Centa, Aracri, Giancarlo Giorgetti, Nola, Piso, Costa, De Corato, Ceroni, Luciano Rossi, Minasso, Malgieri, Repetti, Mistrello Destro, Pianetta, Angelucci, Mariarosaria Rossi, Beccalossi, Lainati, Laffranco, Barbaro, Biava, Tullo, Simeoni».

Interrogazioni a risposta scritta:

MARIO PEPE (IR). - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 5 comma 2, lettera b), della legge n. 120 del 29 luglio 2010 di modifica del codice della strada, prevede la presenza in ambito autostradale di cartelli indicanti servizi di interesse pubblico ritenuti particolarmente utili all'utenza autostradale, presenti sia all'interno della rete autostradale, sia all'esterno, nelle immediate vicinanze della stessa e a tal fine la legge prevede l'emanazione di uno specifico decreto ministeriale attuativo -:
quali siano i motivi del ritardo nell'emanazione del decreto stesso.
(4-11034)

MARIO PEPE (IR). - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in Italia il sistema autostradale costituisce la principale scelta di percorrenza turistica e molte zone vengono attraversate senza che il turista ne abbia adeguata conoscenza;
è molto sentita la necessità di promozione del territorio attraverso cartelli indicanti in ambito autostradale siti di interesse turistico e culturale, con immagini relative a luoghi, paesaggi, monumenti, personaggi storici, avvenimenti culturali e turistici ovvero a produzioni tipiche, riferiti a regioni, province, comuni e zone territoriali di riconosciuta rilevanza turistica-economica-culturale;
l'articolo 5 comma 2, lettera b) della legge n. 120 del 29 luglio 2010 di modifica del codice della strada, consente in ambito autostradale i cartelli di valorizzazione e promozione del territorio indicanti siti d'interesse turistico e culturale e a tal fine la legge prevede l'emanazione di uno specifico decreto ministeriale attuativo -:
quali siano i motivi del ritardo nell'emanazione del decreto stesso.
(4-11036)

RAZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'autorità portuale di Genova ha manifestato l'intenzione di vendere in ottemperanza a un obbligo di legge, quota parte del 60 per cento dell'aeroporto di Genova attualmente detenuto dall'autorità portuale di Genova,
l'ex ministro dei trasporti Burlando, oggi presidente della regione Liguria, ha dichiarato alla stampa nei giorni scorsi che «l'autorità portuale quella partecipazione la deve dismettere per legge» e che «la domanda dovrebbe essere se sono favorevole o contrario ad applicare la legge»;

attualmente l'assetto societario della società aeroportuale Cristoforo Colombo di Genova è per il 60 per cento dell'autorità portuale, il 25 per cento della camera di commercio di Genova è il 15 per cento della società Aeroporti di Roma;
l'articolo 6, sesto comma della legge 28 gennaio del 1994 n. 84 afferma che le autorità portuali possono costituire o partecipare a società di intermodalità, di logistica e di trasporti;
l'articolo 3 della legge n. 244 del 2007 al comma 27 recita che è sempre ammessa la presenza in società che producono servizi di interesse generale e l'assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
inoltre si farebbe riferimento a una valorizzazione dell'aeroporto che darebbe al 60 per cento un valore di 30 milioni e ad un piano di investimento di 43 milioni senza indicare la provenienza è la scomposizione di questa cifra;
Genova, isolata dal resto d'Italia in attesa del terzo valico, da anni in attesa del nuovo snodo autostradale, da sempre in attesa di un'autostrada di collegamento con Roma tramite il prolungamento della Livorno-Civitavecchia, con un servizio ferroviario che rispecchia il tempo di molti, molti anni or sono, si vede isolata dai grandi sistemi di comunicazione;
in Italia si parla molto spesso di sistemi di logistica integrata;
occorre notare che l'Aeroporto di Genova nell'anno 2010 viene elencato con una perdita del cargo di almeno 16,1 per cento;
non più tardi del 23 febbraio del 2010, il vertice di Enac avrebbe dichiarato alla riunione degli aeroporti italiani la impossibilità di intervenire con sanzioni correlate alla mancanza di investimenti in alcuni aeroporti italiani;
praticamente nei fatti vi è l'impossibilità della revoca della concessione;
la concessione ad un privato fatta secondo queste norme, equivarrebbe ad un autoesproprio da parte della comunità della struttura di mobilità che attualmente potrebbe svilupparsi secondo una logica che non risponde né a quella attuale né a quella indicata dal bando;
andrebbe rivisto tutto il sistema di privatizzazioni soprattutto quelle aeroportuali così come sono avvenute dal 1996 ai giorni nostri ma soprattutto nel periodo che va dal 1996 al 2001;
c'è da sottolineare che in Italia la media degli investimenti negli aeroporti da parte di alcune società di gestione per passeggero nel 2007 è di 2,6 euro per passeggero a fronte di una media in Europa degli investimenti per passeggero di 7,6 euro a passeggero, cioè, +192 per cento;
ne consegue che un sistema di privatizzazione qual è in atto all'aeroporto di Genova rischierebbe di sintonizzarsi su un sistema negativo e non positivo -:
se il Ministero, per quanto di propria competenza non ritenga di intervenire con riferimento all'articolo 6 legge 84 del 1994e articolo 3 legge 244 del 2007), alfine di tutelare l'interesse generale pubblico e della mobilità del cittadino, diritto costituzionalmente rilevante secondo l'artico 16 della Costituzione per colmare la carenza rilevata più volte dalla stessa Enac;
se non ritenga di intervenire affinché le privatizzazioni, non diventino di fatto esproprio delle competenze primarie strategiche che riguardano la modalità e l'intermodalità in questo Paese.
(4-11041)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato da Gianni Lannes sul sito www.costruendo.lindro.it risulta che migliaia di chilogrammi di

uranio impoverito sarebbero stati utilizzati nella costruzione di aerei ed elicotteri;
secondo una lettera che la Mc Donnell Douglas inviò a tutti gli acquirenti del DC-10 nel 1983 «A parte il Douglas DC-10 e KC-10, molti altri aerei commerciali usano uranio come contrappeso nelle superfici di controllo. Pesi dello stesso tipo sono usati sui Boeing 747, sui Lockeed L-1011, sui C-141, sui C-130 e sui modelli C-5A»; inoltre sempre secondo il documento «Un'altra area di applicazione in aeronautica dell'uranio è come contrappeso delle pale nei rotori di elicotteri»;
Gerald R. Mack, ex vice presidente della Boeing Europa avrebbe rivelato che: «Parecchi fornitori di aeroplani, compresi Boeing, Lockheed e Mc Donnell Douglas, hanno usato l'uranio impoverito come contrappeso per i piani di comando del velivolo perché il materiale fornisce una quantità significativa di peso in spazi limitati. Mentre l'uranio impoverito è stato usato nei modi differenti su velivoli differenti, può essere trovato generalmente come componente dei complessivi dell'elevatore e del timone come la parte posteriore di grandi getti e, su alcuni modelli, come componente dell'alettone montato sull'ala completa». Il manager avrebbe ammesso che: «Tutti i DC-10 sono stati consegnati con pesi di equilibrio di uranio impoverito in 5 posizioni: alettoni esterni, ala, ala completa, timone superiore, elevatori esterni. Il peso totale su ciascun aeroplano era di circa 729 libbre (330,6 kg, ndr)»;
l'elicottero Bell 412 A costruito da Agusta della Finmeccanica su licenza della Bell americana avrebbe pale che contengono 13 chili di U-238;
basterebbe poi leggere i manuali di manutenzione degli aviogetti o esaminare le licenze di esportazione e le certificazioni emesse dalla statunitense NRC (Commissione Regolatrice Nucleare) per rendersi conto che l'uranio impoverito è stato adoperato negli aerei passeggeri delle compagnie di tutto il mondo, ad eccezione della Japan Air Lines che dopo l'incidente di Nikko (12 agosto 1985) utilizza dal '96 sulla propria flotta contrappesi di innocuo tungsteno;
in Italia, grazie a una deroga dall'obbligo di denuncia stabilita da un decreto ministeriale del 15 dicembre 1970, la presenza di consistenti quantità di uranio esaurito negli aerei non è assoggettata ad alcuna comunicazione preventiva alle autorità di controllo. Le compagnie aeree, peraltro, non sono assicurate contro ipotetici rischi di intossicazione e contaminazione radioattiva. Basta sfogliare le polizze assicurative dell'ex Alitalia (Generali ed Assitalia) che escludono dalla loro copertura i «rischi di contaminazione o avvelenamento legati ad eventuali incendi delle parti in uranio dei velivoli»;
un rapporto informativo dei vigili del fuoco di stanza a Malpensa - dove transitano milioni di passeggeri e lavorano migliaia di dipendenti - segnalava che «durante l'assistenza alle operazioni di rifornimento carburante dell'aeromobile Mc Donnell Douglas DC-10 siglato F-GNEM della compagnia CUBANA-AOM, volo CU 425, i contrappesi esterni delle parti mobili dei piani di coda del velivolo, costruiti in uranio 238, presentavano evidenti segni di ossidazione». Non è il primo caso e neppure l'ultimo. Non è stato possibile effettuare le misurazioni poiché «l'idonea sonda per misurazioni alfa non è in dotazione al comando»;
la stessa Alitalia, con una lettera del gennaio 1996, aveva informato le autorità di «impiegare uranio impoverito per il bilanciamento di superfici mobili situati in vani protetti e di difficile accessibilità»;
numerose ricerche attestano che può provocare tumori, leucemie e malformazioni. Il fisico Robert L. Parker ha riferito su Nature (dicembre 1988) che il peggior scenario ipotizzabile - già verificatosi il 4 ottobre 1992 a Bijlmermeer (quartiere popolare di Amsterdam), il 22 dicembre 1999 a Stansted in Inghilterra, ndr - derivante da un crash di un Boeing 747, vedrebbe 250 mila persone correre rischi di salute o

di imminente avvelenamento conseguenti alla contaminazione da ossidi di uranio» -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito ai fatti riferiti in premessa;
se sulla base degli atti depositati, risulti chi abbia ricevuto in Italia i documenti della Boeing e della Mc Donnell Douglas e che uso ne sia stato fatto;
quali siano le norme sul piano nazionale che disciplinano l'impiego dell'uranio impoverito nella costruzione aeronautica e quali quelle che disciplinano il trattamento dell'uranio impoverito all'atto dello smantellamento dei velivoli e in caso di calamità;
se non si ritenga di avviare un'ampia indagine per verificare in quali condizioni sono gli aerei che contengono questi contrappesi radioattivi;
se e quali iniziative si intendano adottare per porre definitivamente termine ai rischi connessi all'utilizzo dell'uranio impoverito nei velivoli.
(4-11054)

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INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

MIGLIOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi un incendio di vaste dimensioni si è sviluppato all'interno del deposito dell'azienda Unicon di Modena interessando il deposito di oltre 3.000 metri quadrati; il rogo ha distrutto pressoché completamente i tre capannoni ed ha richiesto l'intervento di tutti i mezzi a disposizione dei Vigili del fuoco della provincia di Modena;
il comandante dei vigili del fuoco della provincia di Modena, Luigino Ercoli, ha affermato sulla stampa locale modenese «con 16 mezzi e 60 uomini abbiamo fatto tutto il possibile; il problema è ancora una volta quello della scarsità del nostro personale»;
il problema della carenza di organico dei vigili del fuoco della provincia di Modena è stato oggetto già di diverse interrogazioni alle quali fino ad ora prive di riscontro e nel frattempo come denunciato dalle organizzazioni sindacali la situazione si è ulteriormente aggravata: "alla fine del 2010 sono andati in pensione 4 capisquadra, altri 3 andranno in pensione entro il marzo 2011, resteranno in servizio dunque solo 9 capisquadra per turno a livello provinciale (quindi 36 in tutto), mentre la pianta organica ne prevede 63. Se si tiene conto poi dei periodi di ferie la situazione è ormai non più sostenibile. È da diversi anni che non si provvede all'adeguamento dell'organico non solo per i capisquadra ma anche per gli ispettori: dei 9 previsti a Modena in organico ne sono rimasti 4, due dei quali andranno in pensione entro il prossimo mese di marzo. Infine da una decina di anni non vengono più assunti impiegati;
la mancanza di adeguate sostituzioni rischia dunque di paralizzare il sistema di soccorso provinciale dei vigili del fuoco e l'incendio che ha distrutto i capannoni dell'Unicon ne è purtroppo l'ennesima conferma -:
se e come il Ministero dell'interno intenda intervenire su tale grave situazione e dunque se e quando intenda provvedere a completare almeno parzialmente con relative assunzioni le piante organiche del comando provinciale dei vigili del fuoco di Modena oggi largamente inadeguate e dunque rispondere alle esigenze di sicurezza, in caso di incendio e calamità della provincia di Modena.
(5-04288)

Interrogazioni a risposta scritta:

SAMPERI, ROSSA, COSCIA e SIRAGUSA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
ogni domenica alle 14,30 su Raitre va in onda, in diretta, il programma di Lucia Annunziata «In Mezz'Ora»;
in data 13 febbraio 2011, la diretta era dedicata alla manifestazione nazionale indetta dalle donne italiane «Se non ora, quando?» con la quale si chiedevano le dimissioni del Presidente del Consiglio dei ministri;
mentre nel resto d'Italia la trasmissione è andata regolarmente in onda, in Sicilia è stata trasmessa in sua vece, la partita di calcio del campionato di seconda divisione Milazzo-Trapani;
come si legge nel comunicato, il prefetto di Trapani «dispone per motivi di ordine pubblico la diretta televisiva... esclusivamente per la sola zona di Trapani» -:
se i Ministri interrogati non ritengano, ognuno per la propria competenza, di verificare le motivazioni con le quali il prefetto di Trapani ha ritenuto di chiedere la soppressione dei programmi previsti e la trasmissione di una partita di calcio non particolarmente importante, considerato che, nonostante la diretta della partita dovesse essere trasmessa solo nella zona di Trapani, la trasmissione In Mezz'Ora è stata oscurata su tutto il territorio siciliano impedendo ai telespettatori di assistere al programma di Lucia Annunziata.
(4-11037)

LARATTA, LO MORO, OLIVERIO, CESARE MARINI, LAGANÀ FORTUGNO, PELUFFO, SCHIRRU, SERVODIO, BOSSA, TULLO, VILLECCO CALIPARI, RUBINATO, LOSACCO e TRAPPOLINO. - Al Ministro dell'interno - Per sapere - premesso che:
nel mese di gennaio 2011, l'imprenditore Vincenzo Restuccia di Vibo Valentia, ha subito l'ennesimo attentato intimidatorio che ha danneggiato alcuni mezzi di lavoro nel suo cantiere;
il signor Restuccia è stato fatto oggetto finora di oltre 100 attentati e intimidazioni, subendo danni accertati e denunciati per oltre 2 milioni di euro;
nonostante questa serie impressionante di attentanti, l'imprenditore continua con orgoglio e coraggio a portare avanti la sua impresa, presso la quale lavorano oltre 220 dipendenti. L'uomo è forte e determinato, anche se le violente aggressioni subite cominciano a preoccupare seriamente lo stesso e soprattutto la sua famiglia;
colpito e minacciato perché non paga il pizzo, perché non si piega alla criminalità organizzata, Restuccia merita il più deciso sostegno da parte dello Stato e delle sue istituzioni sul territorio;
il caso Restuccia va inquadrato in un contesto, qual è quello della Provincia di Vibo Valentia, in cui le aggressioni e le intimidazioni sono praticamente a cadenza quotidiana;
ne sono colpite imprese piccole e grandi, mentre anche la vita ordinaria dei cittadini, delle famiglie, dei professionisti ne risente notevolmente -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
se il Ministro dell'interno intenda mettere in atto tutti gli strumenti a sua disposizione per favorire il ritorno alla legalità nella provincia di Vibo Valentia colpita da un impressionante numero di attentati e intimidazioni ai danni di imprenditori, commercianti, professionisti, amministratori locali;
cosa intenda fare per garantire sicurezza al signor Vincenzo Restuccia e alla sua impresa che conta 220 dipendenti;

quali strumenti intenda mettere in atto per fermare l'escalation di attentati nel Vibonese che rendono sempre più difficile la vita ai cittadini.
(4-11043)

FOGLIARDI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il sindaco del comune di San Pietro in Cariano (Verona) ha esposto nel proprio ufficio in municipio, a fianco del gonfalone comunale e del tricolore, una bandiera, caratteristica della Lega Nord, contenente il simbolo «Sole delle Alpi»;
lunedì 14 giugno 2010, in consiglio comunale, è stata discussa una mozione, presentata dalla consigliera Elisa Cavazza e sottoscritta da tutti i consiglieri di minoranza che chiedeva di togliere la bandiera in questione dal momento che il sindaco dovrebbe rappresentare tutti i cittadini e non solo coloro che lo hanno votato;
il 12 luglio 2010 l'interrogante si è recato, insieme ai consiglieri di minoranza del comune di San Pietro in Cariano, Giancarlo Paiola, Elisa Cavazza e Carlo Battistella in visita al prefetto di Verona, dottoressa Perla Stancari, per segnalare il fatto;
la bandiera del Sole delle Alpi risulta, in data odierna, ancora esposta nell'ufficio del sindaco -:
se il Ministro non ritenga di dover intervenire di fronte a quella che non è solo una questione formale, ma anche di etica politica, poiché il municipio è un luogo pubblico ed il sindaco, nella sua veste istituzionale, dovrebbe rappresentare l'intera cittadinanza e quindi evitare di esporre espliciti simboli di appartenenza partitica nelle sedi istituzionali.
(4-11058)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

MATTESINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 30 dicembre 2010 Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emesso una circolare nella quale è previsto che a partire dal settembre 2011 le pulizie nelle scuole potranno essere assegnate anche dalle singole scuole, favorendo così trattative dirette anche con piccole ditte familiari che di solito lavorano nei condomini;
lo stanziamento a favore del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è stato ridotto dai 640 milioni del 2010 ai 264 milioni del 2011. Somme che, inoltre, non sono state specificate per il capitolo spese delle pulizie, ma potranno servire anche per pagare gli stipendi degli insegnanti di religione;
a causa dei tagli potrà essere garantita dal Ministero una copertura per le pulizie nelle scuole da parte di soli 11.800 addetti. Ben 14.200 rischiano di perdere il posto di lavoro;
la situazione appare ancora più grave se si considera che in precedenza alla delibera suddetta, il Ministero e le parti sociali avevano raggiunto l'intesa in merito alla proroga dei contratti fino al 30 giugno 2011;
tutto ciò oltre a determinare una cospicua perdita di posti di lavoro, soprattutto al sud e che colpisce prevalentemente le donne, mette a rischio il mantenimento delle principali condizioni igieniche negli istituti scolastici;
il Ministro ha annunciato che a tali esuberi si sopperirà con l'ausilio del personale ATA, ma risulta all'interrogante che anche tra il personale ATA ci sono 20 mila

persone che perderanno il posto di lavoro -:
se non reputi doveroso intervenire non solo per salvaguardare i numerosi posti di lavoro ma anche per evitare che nelle scuole venga messa a rischio la salute di studenti e lavoratori, per la mancanza delle più elementari norme igieniche garantite quotidianamente da migliaia di lavoratori.
(5-04284)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

AMICI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 20 (Contrasto alle frodi di invalidità civile) del decreto-legge del 1o luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni della legge 3 agosto 2009, n. 102, ha introdotto importanti innovazioni nel processo di riconoscimento dei benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, con l'intento, tra l'altro di «garantire una maggiore trasparenza e controllo del processo per l'erogazione dei trattamenti connessi»;
il disposto normativo previsto dall'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009 ha affidato all'INPS nuove competenze - per cui, l'Istituto, risulta essere titolare di quasi tutte le fasi del processo di riconoscimento delle invalidità e delle prestazioni connesse - «con l'obiettivo di realizzare la gestione coordinata delle fasi amministrative e sanitarie finalizzata ad una generale contrazione dei tempi di attraversamento del processo di erogazione delle prestazioni»;
con determinazione del 20 ottobre 2009, n. 189, il commissario straordinario dell'INPS ha quindi definito gli aspetti procedurali e organizzativi del nuovo sistema entrato in vigore il 1o gennaio 2010: gestione telematica di tutto l'iter procedurale con conseguente tranciabilità delle pratiche; tempi più rapidi per la convocazione a visita (entro 30 giorni dalla presentazione della domanda, ridotti a 15 giorni per i casi più gravi); validazione da parte dell'INPS entro 30 giorni dalla visita; erogazione delle provvidenze al massimo entro 120 giorni dalla presentazione della domanda;
risulta all'interrogante che a distanza di un anno dalla sua entrata in vigore - 1o gennaio 2010 - il nuovo sistema piuttosto che accelerare l'iter di concessione del riconoscimento dell'invalidità civile lo abbia ulteriormente aggravato, rendendolo più lungo e più costoso rispetto al passato, considerato che sempre più diffuse sono le segnalazioni di pesanti ritardi e di disagi alle persone con disabilità e alle loro famiglie;
si apprende dalla stampa locale (Il Tempo del 12 febbraio 2011) che solo nella provincia di Latina, le richieste per la pensione di invalidità sono almeno 20 mila ogni anno, a fronte del milione e duecentomila istanze pervenuti nel 2010 a livello nazionale e che i ritardi nel pagamento delle pensioni di invalidità civile arrivano a quasi un anno;
lo stesso neo presidente del comitato provinciale dell'INPS di Latina, durante una conferenza stampa convocata proprio per spiegare alla cittadinanza quali sono le difficoltà che hanno prodotto ritardi così forti, ha denunciato come le nuove procedure siano divenute troppo farraginose per sbrigare in tempi rapidi le pratiche inoltrate dai cittadini -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito;
se il Ministro non intenda adottare misure urgenti al fine di modificare e snellire l'iter burocratico per il riconoscimento delle invalidità civili e dei benefici connessi in modo da garantire agli interessati risposte certe in tempi brevi e senza con ciò stravolgere lo spirito della

norma volto a contrastare le frodi in materia di invalidità civile.
(5-04282)

RUBINATO, BARETTA, DAMIANO, VIOLA e MOSCA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la multinazionale svedese Electrolux, all'interno di una preannunciata ristrutturazione generale, prevede il ridimensionamento dei due stabilimenti di Porcia (Pordenone) e Susegana (Treviso) che comporterà la perdita di circa 500 posti di lavoro in Italia;
nel 2006 il piano di rilancio produttivo presentato da Electrolux prevedeva di puntare su due elementi produttivi: il primo era costituito dall'elettrodomestico di «gamma alta», che consentiva di conservare a Susegana la produzione di un prodotto che implicava lo sviluppo della ricerca, in particolare sul risparmio energetico e l'innovazione di prodotto, mentre l'altro era rappresentato dall'«elettrodomestico da incasso»;
attualmente, di fronte alla crisi economica, l'azienda intende spostare proprio la parte più significativa, dal punto di vista industriale e di prospettiva, il «frigorifero di alta gamma», in Ungheria, prodotto che ha un'indecenza di valore sul sito italiano di Susegana di circa il 50 per cento;
tale scelta, annunciata dal gruppo, comporterà la riduzione del personale di Susegana di 370 unità e di 170 a Porcia, alle quali vanno aggiunte le 115 frutto della razionalizzazione già operata in precedenza: la volontà di Electrolux di trasferire la «Capitale del freddo» da Susegana all'Ungheria, comporterà una riduzione nei fatti di nuovi 540 lavoratori;
l'idea dello smembramento del sito produttivo preoccupa i lavoratori degli stabilimenti, sia per gli effetti immediati sull'occupazione, sia per quelli relativi ad una prospettiva futura del sito stesso, che, rimanendo a sostenersi soltanto con la produzione dell'elettrodomestico d'incasso, sarà fortemente compromessa: se, infatti, questo piano dovesse passare Susegana e la Sinistra Piave perderebbero lo storico ruolo svolto nella produzione degli elettrodomestici in campo locale, nazionale ed internazionale;
in data 24 febbraio 2011 si è tenuto a Roma un incontro dei rappresentanti dell'azienda Electrolux e delle organizzazioni sindacali alla presenza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dello sviluppo economico;
da notizie in precedenza apparse sulla stampa è stata avanzata l'ipotesi di una fusione dell'azienda Electrolux con l'azienda Indesit al fine di salvare la produzione «bianca» in Italia, proposta che, sempre sulla base di quanto riportato dai media locali, sembrerebbe essere «un'ipotesi percorribile» come possibile sinergia anche dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
sempre sulla stampa locale è stata riportata in questi giorni la notizia che «la famiglia Merloni, proprietaria della Indesit, pare intenzionata a discutere» -:
quali siano stati gli esiti dell'incontro tenutosi il 24 febbraio 2011 e se vi siano stati effettivamente dei contatti con la proprietà della Indesit da cui risulti un qualche interesse per l'eventuale realizzazione di possibili sinergie con Electrolux nella produzione di elettrodomestici;
quali interventi e azioni concrete si intendano adottare per favorire il mantenimento della produzione del freddo di «alta gamma» e delle altre tipologie di prodotto e il pieno riutilizzo debito di Susegana, anche coinvolgendo al riguardo la regione Veneto e le amministrazioni locali interessate, così da mantenere e preservare nel territorio medesimo il ruolo industriale sin qui svolto ed i livelli occupazionali nella zona della Sinistra Piave;
se non si ritenga, a fronte della grave situazione che si sta profilando, di tenere aperto il tavolo di confronto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali

e il Ministero dello sviluppo economico, tra l'azienda ed i sindacati, al fine di trattare il futuro del sito produttivo finalizzandolo alla proposta di un piano industriale da parte di Electrolux che preveda il rilancio, tra i siti produttivi strategici dell'azienda, anche di quello di Susegana e quindi garantire che lo stesso sia destinatario di investimenti in ricerca, innovazione e sviluppo nella prospettiva di assicurare nello stesso adeguati livelli di produzione e di salvaguardare i livelli occupazionali, anche per la tutela delle aziende e dei lavoratori del relativo indotto.
(5-04290)

Interrogazione a risposta scritta:

ROSSA e VILLECCO CALIPARI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la legge 23 novembre 1998, n. 407 «Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata» prevede - all'articolo 1, comma 2 - il diritto al collocamento obbligatorio agevolato per: «I soggetti di cui all'articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, come modificato dal comma 1 del presente articolo (1), nonché il coniuge e i figli superstiti, ovvero i fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti, dei soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi godono del diritto al collocamento obbligatorio di cui alle vigenti disposizioni legislative, con precedenza rispetto ad ogni altra categoria e con preferenza a parità di titoli. Per i soggetti di cui al presente comma, compresi coloro che svolgono già un'attività lavorativa, le assunzioni per chiamata diretta sono previste per i profili professionali del personale contrattualizzato del comparto Ministeri fino all'ottavo livello retributivo. Ferme restando le percentuali di assunzioni previste dalle vigenti disposizioni, per i livelli retributivi dal sesto all'ottavo le assunzioni, da effettuarsi previo espletamento della prova di idoneità di cui all'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, come sostituito dall'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1997, n. 246, non potranno superare l'aliquota del 10 per cento del numero di vacanza nell'organico. Alle assunzioni di cui al presente comma, non si applica la quota di riserva di cui all'articolo 18, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68;
la legge 23 dicembre 2000, n. 388, al comma 1 dell'articolo 82, ha esteso a decorrere dal 1o gennaio 1990 alle vittime del dovere l'applicazione dei benefici previsti dalla legge n. 302 del 1990 e dalla legge n. 407 del 1998, fra cui anche il diritto al collocamento obbligatorio;
al comma 5 dell'articolo 82, la stessa legge, ha previsto l'applicazione dei benefici delle leggi n. 302 del 1990 e n. 407 del 1998, in favore delle vittime del terrorismo a decorrere dal 1o gennaio 1967, estendendo i medesimi benefici, incluso il diritto al collocamento obbligatorio, anche alle vittime della criminalità organizzata;
il decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2006, n. 243, al comma 1, lettera b), n. 2, dell'articolo 4 ha riconosciuto alle vittime del dovere i benefici in materia di assunzioni dirette;
la legge 12 marzo 1999, n. 68 «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», all'articolo 3 (assunzioni obbligatorie, quote di riserva), comma 1, prevede per i datori di lavoro pubblici e privati l'obbligo di avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle diverse categorie di disabili di cui all'articolo 1, con modalità diverse a seconda dell'organico, a partire dalla misura del 7 per cento dei lavoratori occupati;
al comma 2 dell'articolo 8, la stessa legge, in attesa di una disciplina organica del diritto al lavoro degli orfani e dei coniugi superstiti dei deceduti per causa di lavoro, guerra o di servizio nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di

servizio o di lavoro, attribuisce una quota di riserva, sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati, a partire da un punto percentuale, commisurata all'organico;
il decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 2000, n. 233: «Regolamento di esecuzione per l'attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68 recante norme per il diritto al lavoro dei disabili, al comma 2 dell'articolo 1, espressamente stabilisce: «In attesa di una disciplina organica del diritto al lavoro per tali categorie (i disabili di cui all'articolo 1 della legge n. 68 del 1999) possono essere iscritti negli elenchi di cui al comma 1 i soggetti di cui all'articolo 18 comma 2, della legge n. 68 del 1999, nonché quelli di cui alla legge 23 novembre 1998, n. 407 (recante Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata) come modificata dalla legge 17 agosto 1999, n. 288, questi ultimi anche se non in possesso dello stato di disoccupazione. Per i coniugi ed i figli di soggetti di cui alla citata legge n. 407 del 1998 e successive modificazioni ed integrazioni, l'iscrizione nei predetti elenchi è consentita esclusivamente in via sostitutiva dell'avente diritto a titolo principale. Tuttavia, il diritto all'iscrizione negli elenchi per le predette categorie sussiste qualora il dante causa sia stato cancellato dagli elenchi del collocamento obbligatorio senza essere mai stato avviato ad attività lavorativa, per cause al medesimo non imputabile.»;
la circolare n. 6 del 2009 della Presidenza del Consiglio dei Ministri (dipartimento della funzione pubblica U.P.P.A.) al punto 4, deroga dal divieto di assumere, riguardante organismi pubblici statali, strutture pubbliche statali o partecipate dallo Stato nonché i Ministeri vigilanti, le categorie protette, nei limiti del completamento della quota d'obbligo, da ritenersi le due quote di riserva di cui agli 3 e 18 comma 2 della legge n. 68 del 1999;
la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008), al comma 123 dell'articolo 3, estende, seppur con limitazioni, ai superstiti delle vittime del lavoro le disposizioni agevolative sul collocamento obbligatorio già riconosciute alle vittime del terrorismo e criminalità organizzata, prevedendo espressamente: «Le disposizioni relative al diritto al collocamento obbligatorio di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, sono estese agli orfani o, in alternativa, al coniuge superstite di coloro che siano morti per fatto di lavoro, ovvero siano deceduti a causa dell'aggravarsi delle mutilazioni o infermità che hanno dato luogo a trattamento di rendita da infortunio sul lavoro;
la proposta di legge recante l'interpretazione autentica del comma 2 dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, in materia di applicazione delle disposizioni concernenti le assunzioni obbligatorie e le quote di riserva in favore dei disabili (A.C. 3720 Schirru e A.C. 3908 Fedriga) approvata all'unanimità dalla Camera il 1o febbraio 2011, in un testo unificato prevede all'articolo 1: «il quarto periodo del comma 2 dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, introdotto dall'articolo 5, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 16, si interpreta nel senso che resta comunque ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 3 delle legge 12 marzo 1999, n. 68, in materia di assunzioni obbligatorie e quote di riserva in quanto ad esclusivo beneficio dei lavoratori disabili.»;
in data 19 ottobre 2010 il sottosegretario Ravetto, rispondendo all'interrogazione scritta n. 5-03384 (prima firmataria onorevole Amalia Schirru) ammette che «da una prima lettura combinata delle disposizioni parrebbe discendere che il diritto al collocamento obbligatorio, previsto a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, nonché dei loro familiari, sia preminente rispetto ad analoghi diritti previsti a favore di altre categorie di soggetti»;
nella stessa risposta il Governo ritiene opportuno avviare un apposito tavolo

tecnico «che avrà il compito di trovare soluzioni idonee a garantire l'uniforme applicazione e operatività della disciplina in materia di collocamento obbligatorio (...), nonché ogni possibile iniziativa che conduca alla soluzione della vicenda con l'obiettivo di scongiurare inopportune contrapposizioni tra persone che, seppur a diverso titolo, vivono quotidianamente una condizione di fragilità» -:
in che modo, attraverso l'applicazione di quale norma e con quale percentuale di quota di riserva d'obbligo, si intenda tutelare il diritto al collocamento obbligatorio per le categorie equiparate: vittime del terrorismo, vittime della criminalità organizzata, vittime del dovere, nonché loro familiari, superstiti delle vittime del lavoro, con obbligo a carico dei datori di lavoro privati e pubblici per quest'ultimi in deroga all'attuale blocco delle assunzioni, considerando quanto espressamente previsto dal comma 2 dell'articolo 1 dalla legge 23 novembre 1998, n. 407, che, per tali soggetti stabilisce la precedenza assoluta rispetto ad ogni altra categoria con preferenza e parità di titoli, e constatato, inoltre, che tali soggetti sono esclusi e non potranno avvalersi:
a) della quota dell'1 per cento di cui all'articolo 18, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68 a seguito del periodo aggiunto, dall'articolo 5, comma 7, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 102, convertito dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, che ha integrato il comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 407 del 1998;
b) della quota di riserva del 7 per cento prevista dall'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, a seguito dell'ormai prossima definitiva approvazione della proposta di legge (A.C. 3720 Schirru e A.C. 3908 Fedriga) già approvata all'unanimità alla Camera il 1o febbraio 2011, riferita all'interpretazione autentica del quarto periodo del comma 2 dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, introdotto dall'articolo 5, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 16, per la quale resta comunque ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, in materia di assunzioni obbligatorie e quote di riserva ad esclusivo beneficio dei lavoratori disabili».
(4-11039)

TESTO AGGIORNATO AL 1° MARZO 2011

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

FRONER, GHIZZONI, GNECCHI, GATTI e CODURELLI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - permesso che:
la legge del 4 novembre 2010, n. 183, recante «Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 262 del 9 novembre 2010 (supplemento ordinario) ha origine da un disegno di legge d'iniziativa dei Ministri Tremonti, Scajola, Brunetta, Sacconi, Calderoli e Alfano, che ha visto un iter abbastanza tormentato, compresa la richiesta da parte del Presidente della Repubblica di una nuova deliberazione ai sensi dell'articolo n. 74, primo comma, della Costituzione;
all'articolo 21 della suddetta legge - che non ha visto né fra i promotori dell'iniziativa né fra i Ministri che ne hanno seguito iter parlamentare il Ministro per le pari opportunità, - si prevede che le pubbliche amministrazioni entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, ossia il 9 marzo 2011, costituiscano il «Comitato unico di garanzia

per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni»: un organismo che raccoglie le competenze precedentemente attribuite in forma distinta ai comitati per le pari opportunità ed ai comitati paritetici sul fenomeno del mobbing;
inoltre, il suddetto articolo 21 dispone, ai commi 4 e 5, rispettivamente che «Le modalità di funzionamento dei Comitati unici di garanzia sono disciplinate da linee guida contenute in una direttiva emanata di concerto dal Dipartimento della funzione pubblica e dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione» e che «la mancata costituzione del Comitato unico di garanzia comporta responsabilità dei dirigenti incaricati della gestione del personale, da valutare anche al fine del raggiungimento degli obiettivi»;
probabilmente anche a causa della mancata partecipazione del Ministro per le pari opportunità all'iter che ha portato alla proposta e all'approvazione della legge n. 183, non è stata sufficientemente approfondita, a giudizio degli interroganti, la portata dell'innovazione prevista dall'articolo 21, che peraltro ha subito forti critiche anche nel corso dell'esame parlamentare;
a tutt'oggi le citate linee guida non risultano ancora emanate, nonostante sia scaduto sin dal 9 febbraio 2011 il termine per la loro emanazione -:
se i Ministri interrogati non ritengano di promuovere una proroga del termine per l'istituzione dei Comitati unici di garanzia a trenta giorni dalla data in cui le linee guida risulteranno emanate;
se non ritengano di prendere in considerazione l'opportunità di assumere iniziative volte ad escludere dalle norme in questione i comitati di pari opportunità all'interno delle università, che si presentano attualmente come organismi statutari in genere misti, cioè sia di natura elettiva che di nomina del rettore, e rappresentano tutte le componenti che studiano e lavorano nelle università posto che molti atenei hanno adottato statuti che prevedono i comitati unici di garanzia come organi, e regolamenti, che comportano per l'appunto una più ampia partecipazione, e tale composizione, dunque, appare difficilmente compatibile con il nuovo modello disegnato dal legislatore per tutte le pubbliche amministrazioni.
(4-11056)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

BELLANOVA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Comitato nazionale di bioetica nel documento del 30 marzo del 2001, avente per titolo «La terapia del dolore: orientamenti bioetici», afferma che «Il dolore del parto ha caratteristiche del tutto peculiari perché si verifica in un organismo sano, ha una sua durata, dopo di che ritorna il benessere e sopravviene la gratificazione della nascita [...] Per molte donne comunque il dolore del parto è un grosso scoglio da superare, un passaggio che assorbe molte energie limitando le possibilità di una partecipazione più concentrata e serena all'evento, partecipazione che costituisce l'optimum da realizzare per le vie più varie. L'analgesia (come peraltro ogni preparazione al parto), per realizzare al meglio questo fine, dovrebbe però far parte di un programma di assistenza alla gravidanza che si propone una visione globale del nascere e non porsi come un evento isolato, "scarsamente informato" che viene proposto in sala parto. Con questa visione più ampia il ricorrere alla sedazione del dolore del parto non si porrebbe come alternativa al parto naturale, ma come mezzo che la medicina offre per compiere una libera scelta e per realizzare con la sedazione del dolore un maggior grado di consapevolezza e di

partecipazione all'evento. Il diritto della partoriente di scegliere una anestesia efficace dovrebbe essere incluso tra quelli garantiti a titolo gratuito nei livelli essenziali di assistenza»;
in Paesi europei quali la Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna la tecnica della partoanalgesia è utilizzata dal 70 per cento delle partorienti, negli USA si sale a ben il 90 per cento. In Italia, secondo un'indagine svolta dall'Associazione di anestesisti italiani, solo il 16 per cento delle strutture ospedaliere garantiscono, con forti disomogeneità tra le diverse regioni, tale tipologia di servizio per partorire. Va sottolineato che questo dato, paradossalmente, è in contraddizione con il primato italiano per le tecniche di analgesia in sala parto: l'Italia infatti è il primo Paese europeo ad aver introdotto la nuova tecnica PIEB (programmed intermittent epidural boluses - somministrazione a boli intermittenti programmati) associata alla PCEA (analgesia epidurale controllata dalla partoriente);
in Italia gli unici dati disponibili per monitorare il ricorso al parto senza dolore risalgono al 2001. In queste rilevazioni l'Istat indicava che «complessivamente il 63,3 per cento delle partorienti non è stato sottoposto a nessun tipo di anestesia [...] Soltanto per l'11,2 per cento dei parti spontanei è stata fatta l'anestesia; il 7,2 per cento locale; il 3,7 per cento epidurale»;
in Italia il ricorso al parto cesareo è in costante aumento: nel 2007 si è raggiunta la soglia del 38 per cento delle nascite, con un picco del 45,4 in alcune delle regioni meridionali, portando il nostro Paese ai vertici, in negativo, della classifica europea. Ciò, nonostante l'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) raccomandi dal 1985 di non superare il 15 per cento dei parti totali ed il Ministero della salute italiano abbia raccomandato di non superare la soglia del 20 per cento;
tra le regioni meridionali, nella sola Puglia la percentuale di donne che ricorrono al parto cesareo è del 47,7 per cento. Un dato particolarmente positivo per il ricorso alla partoanalgesia si registra presso il presidio ospedaliero V. Pazzi di Lecce nel quale solo nell'anno 2010 ben il 60 per cento di partorienti ha deciso di usufruire di questo servizio;
in data 23 aprile 2008 è stato firmato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) che, all'articolo 37, comma 3, asserisce «Il Servizio sanitario nazionale garantisce le procedure analgesiche nel corso del travaglio e del parto vaginale nelle strutture individuate dalle Regioni e all'interno di appositi programmi volti a diffondere l'utilizzo delle procedure stesse»;
il 25 giugno del 2008 l'allora Ministro del lavoro,della salute e delle politiche sociali Maurizio Sacconi, nel corso di un'audizione in XII Commissione permanente-Affari sociali della Camera dei deputati ha riferito che i nuovi livelli essenziali di assistenza, voluti dall'ex Ministro della salute, Livia Turco, non esistono poiché «la Corte dei Conti non li ha registrati»;
in data 17 novembre del 2010 si è svolta l'audizione del Ministro interrogato, presso la XII Commissione affari sociali, il quale asseriva che «In data 3 novembre ultimo scorso è stata trasmessa dal Ministero della salute alla Conferenza Stato-regioni una proposta/accordo Stato-regioni contenente le linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, sicurezza e appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo. Il documento sarà esaminato e, mi auguro, approvato nella seduta del 1o dicembre prossimo dalla Conferenza Stato-regioni. Questo, di fatto, è un programma nazionale, articolato in 10 linee di azione, per la promozione del miglioramento di qualità, sicurezza e appropriatezza del percorso nascita [...] Il settimo punto prevede procedure di controllo del dolore nel corso del travaglio e del parto, ossia procedure assistenziali farmacologiche e non. Si

parla, in altre parole, di parto indolore con relativi protocolli diagnostici terapeutici condivisi per la partoanalgesia e la possibilità di garantire tali prestazioni con la presenza di anestesisti sulla base dei volumi di attività del punto nascita. È chiaro che questo sarà possibile nei punti nascita con oltre 1000 parti all'anno perché gli altri non potranno avere, evidentemente, due anestesisti 24 ore su 24»;
nel corso della seduta di mercoledì 24 novembre del 2010 presso la XII Commissione affari sociali della Camera dei deputati si è tenuto il proseguo dell'audizione del Ministro interrogato il quale asserisce che «Il Ministero della salute ha licenziato i nuovi LEA e li ha dati al Ministero dell'economia, che li sta esaminando»;
in questi mesi diverse sono state le proteste portate all'attenzione del Governo da parte delle associazioni di anestesisti e medici, le quali hanno sottolineato che esiste un rischio concreto, vale a dire che anche quelle pochissime strutture ospedaliere italiane che utilizzano le tecniche del parto indolore potrebbero cessare l'applicazione di questa metodologia a causa dai tagli imposti dalla manovra finanziaria del 2011. Gli specialisti sottolineano che già attualmente vi è una carenza del numero adeguato di anestesisti rianimatori per effettuare questo servizio e se il blocco delle assunzioni, stabilito dalla manovra sopracitata, dovesse essere confermato la situazione tenderebbe a precipitare causando un vero e proprio paradosso: da una parte nei nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA), come specificato dal ministro interrogato, il ricorso all'anestesia epidurale verrebbe «sistematizzato», ma dall'altra parte mancherebbe il numero di anestesisti in grado di garantire tale servizio -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire con urgenza per adottare iniziative utili a garantire il mantenimento e l'eventuale estensione del parto indolore sull'intero territorio nazionale, attraverso il reperimento delle risorse opportune, ciò per consentire ad ogni donna la possibilità di scegliere la modalità più adatta a partorire.
(4-11040)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 19 febbraio 2011 risulta che nel centro Alkarama a Borgo Montello in provincia di Latina esiste un campo rom che versa in gravi condizioni di degrado nel quale si sono verificati negli ultimi anni minacce e intimidazioni, a danno dei rom, sfociate in una sparatoria avvenuta il 12 marzo 2010 proprio nel campo;
il centro Alkarama, di 14 ettari, confina con una discarica la cui gestione è affidata a due soggetti: il primo è la Indeco Srl, una società del gruppo Green Holding, riconducibile all'imprenditore milanese Giuseppe Grossi, arrestato il 20 ottobre 2009 insieme a Rosanna Gariboldi, con l'accusa di aver gonfiato i costi per le bonifiche di aree ex industriali ed il secondo è la Ecoambiente srl, un intreccio tra i gruppi Pisante-Colucci e Cerroni;
secondo quanto riferiscono non solo le associazioni antimafia (Libera e Antonino Caponnetto) o quelle culturali come «I borghi dell'ovest», che concretamente da una mano ai rom ma il boss dei casalesi Carmine Schiavone, si tratterebbe di una zona in cui sono stati stoccati anche rifiuti pericolosi;
in un interrogatorio del 13 marzo 1996 Carmine Schiavone sosteneva: «La provincia di Latina non può definirsi immune dal problema dei rifiuti smaltiti illecitamente. Mi diceva Salzillo Antonio (detto «capoccione«, da lui stesso definito »capo zona del clan a Latina«, ndr) che lui operava con la discarica ufficiale di Borgo Montello. Da tale struttura lui prendeva una percentuale sui rifiuti smaltiti lecitamente

e in tale struttura lui faceva occultare bidoni di rifiuti tossici o nocivi per ognuno dei quali mi diceva che prendeva lire 500 mila»;
a Latina, nell'ottobre 2010, è stato rintracciato e arrestato con l'accusa di estorsione aggravata, anche Michele Coppola, detto «zi Michele», proveniente da Casal di Principe e ritenuto uno dei dirigenti dei Casalesi operante proprio nell'area della discarica -:
se sia vero che nell'area sono stati stoccati rifiuti tossici e quali iniziative si intendano promuovere al riguardo anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente;
se risulti se le società indicate in premessa che hanno gestito la discarica confinante con il centro Alkarama risultino operare in altri settori legati alla gestione di rifiuti pericolosi e non;
quali iniziative il Ministro dell'interno intenda avviare in merito a possibili infiltrazioni di organizzazioni criminali nella gestione della discarica;
quali iniziative di competenza si intendano adottare a tutela della salute e dell'ambiente.
(4-11048)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta orale:

BURTONE, BERRETTA e SAMPERI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 19 marzo 2010, a Catania, durante il campus day recruiting, organizzato dal centro orientamento e formazione dell'università di Catania e dalla facoltà di ingegneria, è stata presentata l'attività dell'hardware/software engineer nello sviluppo delle innovazioni tecnologiche;
successivamente sono stati selezionati, fra 600 candidati, 23 giovani ingegneri elettronici e informatici per la sede della «Ge Transportation systems» di Catania, azienda collegata alla multinazionale americana General Electric, destinata a portare avanti, in raccordo con il mondo accademico ed industriale catanese, un nuovo progetto denominato «Delta»;
a seguito del mancato finanziamento, promesso dalla regione, di 3 milioni di euro e di forti pressioni di alcune realtà industriali concorrenti, il progetto e l'attività occupazionale sembrano abortiti -:
quali iniziative intenda promuovere per evitare di far perdere, a Catania, l'importante possibilità occupazionale, in un campo altamente innovativo, utile al rilancio complessivo del comparto, in un'area sensibile per la presenza di altri siti produttivi tecnologicamente avanzati e, in particolare, se non ritenga, urgente far sì che il CIPE attribuisca le somme promesse alla regione siciliana, evitando che Catania perda un'occasione di questo calibro che potrebbe dare occupazione qualificata.
(3-01487)

ROSATO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
vi è forte preoccupazione e angoscia per quanto sta avvenendo in Libia, in un momento in cui è assai difficile prevedere con esattezza l'evoluzione della grave situazione che sta vivendo il popolo libico;
gli ultimi avvenimenti sono particolarmente allarmanti anche alla luce del fatto che l'Italia rappresenta non solo il Paese della sponda nord del Mediterraneo più vicino alla Libia, collocandosi a poche miglia di distanza dal questo Paese, ma anche il primo partner commerciale dei vicini libici, con un volume d'affari assai rilevante e tale da coinvolgere non solo grandi imprese come l'Eni, ma anche una gran numero di piccole e medie imprese italiane, specie nel settore delle infrastrutture, che proprio perché di dimensioni ridotte saranno particolarmente vulnerabili a fronte degli avvenimenti in corso,

con pesanti conseguenze anche in termini occupazionali per centinaia di lavoratori italiani;
del resto nel corso di un'informativa urgente sugli avvenimenti in corso in Libia, tenutasi il 23 febbraio 2011 alla Camera dei deputati, lo stesso Ministro degli affari esteri Frattini, ha affermato che «l'impatto sarà sicuramente più duro per il settore nazionale delle infrastrutture», poiché in Libia sono impegnate imprese italiane che operano in lavori per circa 4 miliardi di euro di fatturato;
il Governo italiano ha recentemente promosso presso il Ministero degli affari esteri l'attivazione di un tavolo-Tunisia, al quale hanno partecipato lo stesso Ministro tunisino per lo sviluppo economico, e le aziende e le regioni italiane, proprio allo scopo di portare sviluppo e crescita in Tunisia, cercando al tempo stesso di sostenere in un difficile momento le imprese italiane impegnate in loco;
la situazione libica è certamente diversa, ma si rende necessario fin da questa fase sostenere le aziende lì impegnate nella sicurezza dei loro collaboratori e nella tutela dei loro investimenti -:
quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per proteggere le piccole e medie imprese attive da anni in Libia, quali siano gli strumenti economici e assicurativi che intenda predisporre per fronteggiare questa emergenza e, in particolare, se non si pensi di attivare, parallelamente a quanto si sta facendo per la Tunisia, anche se per il momento privo delle istituzioni libiche, un tavolo di concertazione con le aziende coinvolte e le loro associazioni di categoria.
(3-01488)

Interrogazione a risposta in Commissione:

RAO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in diverse zone del Piemonte, dalle colline torinesi, alle province di Cuneo, Novara e Biella, da qualche giorno è saltato il segnale digitale terrestre e i canali Rai risultano ad oggi ancora oscurati;
gli utenti stanno protestando con numerose telefonate al centralino di Rai Way e alla sede regionale della Rai e con duri attacchi all'azienda attraverso il web;
in alcuni casi il centralino di Rai Way ha costretto gli utenti a lunghissime e infruttuose attese;
un giornalista del quotidiano La Stampa è riuscito a parlare con un operatore dopo poco più di tre minuti, ricevendo la seguente risposta «Siamo al corrente, ci arrivano chiamate da tutte le province. Non saprei dirle il motivo del guasto, ma i tecnici stanno facendo il possibile per risolverlo. Siamo spiacenti»;
il black out sarebbe stato causato da un errore tecnico nel procedimento di switch-off operato nei giorni scorsi nel tentativo di risolvere alcuni problemi di ricezione;
dal momento del passaggio al digitale sono stati numerosi, in Piemonte ma non solo, i casi di oscuramento del segnale Rai;
l'oscuramento del segnale della televisione pubblica per diversi giorni è un fatto di eccezionale gravità;
disservizi di questo genere arrecano un grave danno all'immagine della Rai e rischiano di incentivare il già diffuso fenomeno dell'evasione del canone;
stando ai numerosi disservizi che continuano a verificarsi, si dovrebbe riconoscere che la transizione al digitale è stata operata con molta approssimazione e senza investire le risorse necessarie;
sarebbe infine opportuno che gli operatori addetti al contatto con gli utenti siano informati per poter rispondere alle domande che vengono loro rivolte -:
se corrisponda al vero che il black-out è stato causato da un errore dei tecnici

e quali misure intenda mettere in atto per scongiurare il ripetersi di disservizi di questo genere, in Piemonte ma non solo.
(5-04291)

Interrogazione a risposta scritta:

DI PIETRO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'ISVAP ha avviato 14 istruttorie nei confronti di altrettante compagnie assicurative per sospetta elusione dell'obbligo a contrarre previsto dalla legge. Trattasi di compagnie che, specialmente al Sud e nei confronti dei giovani, praticano tariffe anormalmente elevate e che possono costituire una modalità di elusione dell'obbligo di legge di offrire ai cittadini che la richiedono una copertura per la responsabilità civile auto;
l'ISVAP è intervenuta anche per contrastare il fenomeno delle cosiddette disdette massive, dei contratti di responsabilità civile auto, poste in essere da molte compagnie assicurative, soprattutto nella regione Campania e particolarmente nella provincia di Napoli;
risulta che sono state chiuse alcune agenzie e quelle che restano hanno il divieto assoluto di nuove acquisizioni. I cittadini sono, pertanto, costretti ad accettare determinate condizioni ovvero circolare senza assicurazioni -:
quali iniziative si intendano adottare per monitorare le condizioni tariffarie praticate dalle compagnie di assicurazione su tutto il territorio nazionale, in quanto l'obbligatorietà esiste non solo per gli automobilisti ma principalmente per le compagnie assicuratrici;
quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per la diminuzione dei premi assicurativi, in particolare nella regione più colpita, ossia la Campania.
(4-11051)

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Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Bratti e altri n. 1-00510, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marco Carra.

Apposizione di firme a risoluzioni.

La risoluzione in commissione Faenzi n. 7-00201, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

La risoluzione in commissione Fluvi e altri n. 7-00487, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Strizzolo.

Apposizione di firme ad una interpellanza.

L'interpellanza urgente Franceschini e altri n. 2-00980, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Lulli, Tabacci, Ventura.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Miotto n. 4-01437, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-03785, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Marsilio n. 4-03789, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Bertolini n. 4-03797, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-03799, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Marsilio n. 4-03810, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Biancofiore n. 4-03811, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Marsilio n. 4-03813, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta De Angelis n. 4-03815, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Bertolini n. 4-03823, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Holzmann n. 4-03824, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Marinello n. 4-03840, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-01703, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta orale Ciccioli n. 3-00642, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Tommaso Foti n. 4-03855, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Mussolini n. 4-03878, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Cazzola n. 4-03893, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Schirru n. 4-07638, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni.

L'interrogazione a risposta scritta Concia n. 4-08738, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni.

L'interrogazione a risposta scritta Lenzi e Federico Testa n. 4-09160, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni.

L'interrogazione a risposta scritta Palagiano e altri n. 4-09533, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Miotto n. 5-04006, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni.

L'interrogazione a risposta scritta Di Pietro e altri n. 4-10810, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni.

L'interrogazione a risposta scritta Strizzolo n. 4-10931, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni.

L'interrogazione a risposta scritta Vannucci n. 4-10932, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni.

L'interrogazione a risposta scritta Siragusa n. 4-10953, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farina Coscioni.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta scritta Bernardini e altri n. 4-07646 del 16 giugno 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04285;
interrogazione a risposta in Commissione Graziano n. 5-03657 del 26 ottobre 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-11057;
interrogazione a risposta scritta Bernardini e altri n. 4-10675 del 2 febbraio 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04286.