XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 14 marzo 2011

TESTO AGGIORNATO AL 15 MARZO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il Governo il 3 marzo 2011 ha approvato in via definitiva il decreto legislativo in attuazione della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'usodell'energia da fonti rinnovabili;
il settore delle rinnovabili contribuisce in misura significativa all'obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2, e, in particolare, ogni gigawatt di fotovoltaico implica 740 mila tonnellate in meno di CO2 all'anno;
il decreto in questione avrebbe dovuto riformare gli incentivi in modo da conseguire gli obiettivi europei che, per il nostro Paese, prevedono il raggiungimento del 17 per cento di energia prodotta da fonti rinnovabili sul consumo energetico finale al 2020, come previsto anche dal piano di azione nazionale per le energie rinnovabili che il Governo ha inviato a Bruxelles;
tale obiettivo va perseguito garantendo procedure certe e trasparenti per contrastare speculazioni e illegalità, puntando ad una progressiva riduzione degli incentivi fino al raggiungimento della grid parity con l'azzeramento del differenziale tra il costo dell'energia rinnovabile e quello dell'energia in rete;
il decreto legislativo approvato dal Governo non ha recepito le numerose e rilevanti condizioni poste nei pareri resi all'unanimità dalle commissioni competenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
in particolare, il Governo non ha ritenuto di aderire alla richiesta di elevare la soglia di potenza -prevista nel testo iniziale a 5 megawatt - oltre la quale si prevede l'applicazione di un sistema di aste al ribasso; tutti gli operatori del settore considerano tale sistema farraginoso, poco comprensibile e con esito incerto; tale modalità non è stata, infatti, adottata con successo in nessun altro Paese e potrebbe, in concreto, determinare l'impossibilità di programmare gli investimenti, in particolare negli impianti eolici;
al fine di impedire l'utilizzo improprio di terreno agricolo a fini energetici si è voluto porre mano agli incentivi previsti per il fotovoltaico in aree agricole, ma nella modifica approvata non sono adeguatamente fatti salvi gli investimenti in essere; le percentuali di occupazione del terreno previste sono poco chiare e, di fatto, si rende impossibile la realizzazione di impianti anche nelle aree agricole marginali e non più utilizzate, per le quali non sarebbe necessaria alcuna tutela particolare, oltre a quelle già previste dalle ordinarie procedure di valutazione di impatto ambientale;
l'anticipazione al 31 maggio 2011 della scadenza, inizialmente prevista al 31 dicembre 2013, del terzo «conto energia» sul fotovoltaico, rinviando la definizione delle nuove tariffe incentivanti a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 30 aprile 2011, determina il blocco degli investimenti in essere e delle linee di credito per le nuove iniziative; rilevanti sono anche gli effetti sulle imprese dell'indotto; alcune imprese accusano perdite per la disdetta di commesse per centinaia di milioni di euro a seguito dell'emanazione delle nuove norme;
l'associazione delle banche estere in Italia (Aibe), con una lettera al Governo italiano, prospetta il definanziamento non solo degli investimenti sugli impianti per energie rinnovabili, ma di tutti gli investimenti esteri nelle infrastrutture: strade, autostrade, ospedali; l'associazione sottolinea «un rischio di inaffidabilità del legislatore italiano già oggetto di attenzione da parte delle agenzie di rating»; il blocco

dei finanziamenti nelle infrastrutture italiane - scrive l'Aibe - avrà «un sicuro impatto in termini di crescita economica ed occupazionale per l'Italia.»; l'intervento dell'Aibe è giustificato dal fatto che le banche straniere in pool con altri istituti di credito italiani hanno sino ad oggi finanziato progetti - su base no-recourse (accentando il massimo livello di rischio e facendo affidamento sull'attuale regime incentivante) - per complessivi 5,6 miliardi di euro nel settore fotovoltaico e circa 6,8 miliardi di euro nel settore eolico, per un totale di circa 12 miliardi di euro;
il sistema bancario italiano ha annunciato la sospensione dei finanziamenti al settore e la decisione di convocare una riunione dell'Abi sull'argomento entro il 16 marzo 2011;
l'approvazione del decreto legislativo ha suscitato un diffuso ed elevatissimo allarme in tutte le imprese e nelle associazioni di settore (tra cui Anev, Aper, Anie-Gifi, Assosolare, Assoenergie Future): nelle ore precedenti l'approvazione del decreto legislativo, il Governo ha ricevuto oltre 14 mila e-mail di protesta;
il settore delle imprese che producono energie rinnovabili in questo periodo di crisi economica è stato tra i pochi che, in controtendenza, ha aumentato l'occupazione e ha un peso rilevante nell'economia italiana; in particolare, nel fotovoltaico ci sono circa 1.000 aziende che occupano direttamente 15.000 lavoratori e oltre 100.000 lavoratori nell'indotto, con un volume d'affari stimato nel 2010 di circa 8 miliardi di euro;
Gifi-Anie, associata a Confindustria, ha denunciato che sono a rischio 40 miliardi di euro di investimenti programmati nei prossimi mesi nel fotovoltaico e che per almeno 10.000 persone si dovrà far ricorso immediato alla cassa integrazione; anche i nuovi investimenti nell'eolico sono attualmente a rischio a causa dell'incertezza dovuta al non chiaro funzionamento dei nuovi meccanismi basati sulle aste al ribasso;
di recente sono stati diffusi dati imprecisi e confusi sugli oneri in bolletta dovuti agli incentivi per le rinnovabili; se è vero che gli italiani dal 1992 ad oggi hanno pagato in bolletta anche gli oneri per le rinnovabili, in realtà tali risorse sono state quasi esclusivamente utilizzate, grazie ad un cavillo giuridico stigmatizzato dall'Unione europea, per finanziare le fonti fossili e la chiusura del ciclo del vecchio nucleare; quindi gli italiani hanno pagato impropriamente dal 1992 ad oggi più di 50 miliardi di euro per le fonti fossili che, in realtà, dovevano essere destinate esclusivamente alle fonti effettivamente rinnovabili; le risorse finalizzate esclusivamente alla promozione delle energie rinnovabili, negli anni, sono state utilizzate anche per il finanziamento di termovalorizzatori;
a fronte di tale «regalo» ingiustificato, l'onere effettivamente sostenuto nel 2010 per incentivare le rinnovabili è stato pari a 2,7 miliardi di euro quando, nello stesso anno, cittadini e imprese hanno dovuto sostenere oneri ulteriori e impropri in bolletta per oltre 3 miliardi di euro;
gli oneri generali di sistema elettrico incidono per circa il 9,5 per cento sul costo totale lordo di un utente domestico tipo e includono costi associati a diverse voci tra cui la componente A3, che è pari al 68 per cento degli oneri generali;
all'interno della componente A3, con un peso di circa il 20 per cento sul totale, rientrano anche gli incentivi per il fotovoltaico - complessivamente 800 milioni di euro per il 2010 - che rappresentano l'1,6 per cento della bolletta, e si traducono in 0,60 euro/mese per il contribuente contro, ad esempio, i quasi 2 euro/mese della Germania;
il costo di una bolletta elettrica «tipo» è pari a circa 450 euro/anno sui quali, come precedentemente ricordato, il fotovoltaico nel 2010 ha inciso per appena 7,2 euro annui;
la Germania, vero caso di successo in Europa nel settore, produce già oltre 40

terawatt ora di energia elettrica da eolico contro poco più di 6 terawatt ora in Italia e prevede di produrne 100 terawatt ora nel 2020, mentre ha già installati oltre 16.000 megawatt di fotovoltaico e prevede di arrivare a 52.000 megawatt nel 2020;
il sistema di incentivazione tedesco ha consentito al Paese di conquistare la leadership europea e mondiale nelle rinnovabili e ha determinato uno sviluppo impetuoso delle imprese del settore; nessuno in Germania mette in discussione il sostegno in bolletta alle rinnovabili che, solo nel 2010, è stato di 9 miliardi di euro;
il decreto legislativo, nella sua versione approvata dal Consiglio dei ministri, di fatto rende molto difficile conseguire gli obiettivi europei che per il nostro Paese prevedono il raggiungimento del 17 per cento di energia prodotta da fonti rinnovabili sul consumo energetico finale al 2020;
nell'intento di colpire abusi, speculazioni e infiltrazioni criminali, si colpisce di fatto l'intero mercato delle rinnovabili, senza considerare che gli abusi trovano spazio proprio nell'incertezza normativa e nella complessità e discrezionalità delle procedure;
il quadro regolatore in continua mutazione è una delle prime cause della difficoltà ad attrarre investimenti esteri;
la decisione del Governo di far cessare gli incentivi del «conto energia» il 31 maggio 2011, senza prevedere un periodo transitorio, di almeno 14 mesi come prima previsto, mette a rischio gli investimenti già avviati e determina possibili sospensioni dei finanziamenti bancari;
l'aspetto più grave, oltre alla drastica riduzione degli incentivi attuali, sta nell'ennesima lesione della certezza del diritto; il decreto legislativo, infatti, cambia le regole sia per quel che riguarda i certificati verdi sia per il «conto energia», fissando delle scadenze temporali incompatibili con l'installazione della capacità già autorizzata e, ancor più, di quella in via di autorizzazione, ledendo il diritto degli investitori che hanno calcolato il rischio di costruzione e di messa in opera degli impianti, ma non quello del repentino mutamento del quadro legislativo;
il decreto legislativo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, suscita notevoli dubbi sul piano del rispetto della direttiva e della legge delega (articolo 17, comma 1, della legge 4 giugno 2010, n. 96), che dettava principi e criteri consoni allo spirito di promozione delle rinnovabili proprio della citata direttiva,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative per modificare il decreto legislativo di cui in premessa, tenendo conto delle condizioni espresse dal Parlamento nei pareri delle Commissioni competenti e dalla Conferenza delle regioni;
a fare salvi gli investimenti che siano stati avviati sulla base del precedente quadro normativo di incentivazione, ristabilendo un orizzonte di certezza sull'ammontare degli incentivi di cui beneficiano le imprese e che assicurano il rimborso dei finanziamenti bancari;
a non lasciare nell'incertezza tutto il settore delle energie rinnovabili e, constatata la grave crisi di centinaia di aziende tra le più innovative del sistema economico italiano per effetto delle nuove disposizioni, ad anticipare l'emanazione del decreto ministeriale di cui all'articolo 25 del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/28/CE;
ad adottare iniziative volte ad eliminare i tetti annuali indicati e a prevedere un obiettivo in termini di potenza installata al 2020 che, in linea con le migliori performance in Europa, non limiti le potenzialità di sviluppo del settore, mantenendo e ampliando il ruolo delle energie rinnovabili

quale componente attiva della crescita del nostro Paese;
a favorire, nell'ambito delle bioenergie, la filiera corta attraverso il ricorso agli impianti di piccola taglia e l'utilizzo di materie prime provenienti dal territorio;
nella definizione dei nuovi incentivi, a mantenere un adeguato sostegno al settore delle energie rinnovabili con una progressiva riduzione degli incentivi fino al raggiungimento della grid parity in linea con la progressiva riduzione dei costi di produzione del kilowattora da fonti rinnovabili.
(1-00590)
«Franceschini, Mariani, Lulli, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Sanga, Quartiani, Scarpetti, Vico, Zunino, Ventura, Bindi, Maran, Villecco Calipari, Lenzi, Bellanova, Berretta, Boffa, Bordo, Brandolini, Capodicasa, Cardinale, Carella, Causi, Ceccuzzi, Cenni, Codurelli, D'Alema, De Biasi, De Pasquale, Farinone, Ferrari, Fiano, Fioroni, Fluvi, Gatti, Ghizzoni, Giovanelli, Gnecchi, Gozi, Laratta, Lo Moro, Losacco, Lovelli, Madia, Marchi, Cesare Marini, Mattesini, Miglioli, Miotto, Misiani, Mogherini Rebesani, Murer, Nannicini, Narducci, Pedoto, Pes, Pistelli, Pizzetti, Rossa, Rubinato, Rugghia, Antonino Russo, Samperi, Schirru, Sereni, Servodio, Siragusa, Strizzolo, Tenaglia, Tidei, Tocci, Touadi, Trappolino, Tullo, Vannucci, Vassallo, Velo, Rigoni, Rossomando, Verini, Marco Carra, Graziano, Naccarato, Bucchino, Gasbarra, Zucchi, Bossa, Rampi, Lucà».

La Camera,
premesso che:
il 3 marzo 2011 il Ministro dell'interno, Roberto Maroni, ha informato il Consiglio dei ministri dell'indizione dei comizi elettorali per le elezioni amministrative del 15 e 16 maggio 2011 per il primo turno e due settimane dopo per i ballottaggi, ove sarà necessario;
il Ministro dell'interno ha proposto, altresì, di celebrare i quattro referendum abrogativi nei confronti dei quali i cittadini saranno chiamati ad esprimersi (in materia di: legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale; modalità, affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica; determinazione della tariffa del servizio idrico integrato; nuove centrali per la produzione di energia nucleare) il 12 giugno 2011, ultimo giorno utile per celebrare i referendum;
l'articolo 34 della legge n. 352 del 1970, che regolamenta i referendum, fissa, infatti, la data di convocazione degli elettori «in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno»;
l'articolo 31 della medesima legge, tuttavia, disponendo il divieto di celebrare i referendum «nell'anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere o nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l'elezione di una delle Camere medesime», esclude di fatto unicamente l'abbinamento tra referendum ed elezioni politiche;
oltre ad undici amministrazioni provinciali (Reggio Calabria, Ravenna, Trieste, Gorizia, Mantova, Pavia, Macerata, Campobasso, Vercelli, Lucca, Treviso), sono 1.310 i comuni italiani che rinnoveranno i propri organi amministrativi e, tra questi, vi sono importanti capoluoghi di regione, come Milano, Napoli, Torino, Bologna, Trieste, Cagliari e Catanzaro, ed altri importanti comuni, come Ravenna, Rimini, Salerno, Latina, Novara e Arezzo;

oltre a causare evidenti disagi per i cittadini, chiamati a recarsi alle urne per tre settimane consecutive, separare la data delle elezioni amministrative della primavera 2011 da quella dei referendum comporterebbe un inutile spreco di denaro pubblico a carico dei contribuenti italiani;
poiché il Governo non ha ritenuto opportuno adottare in questo momento nessuna misura economica onerosa per esigenze di tenuta dei conti pubblici, sperperare oltre 300 milioni di euro, necessari per celebrare i referendum in una data diversa da quella prevista per le elezioni amministrative, appare ai firmatari del presente atto di indirizzo una decisione insensata e senza criterio;
solo pochi giorni fa, in occasione della discussione del decreto-legge n. 225 del 2010, cosiddetto milleproroghe, il Go verno non ha espresso parere favorevole su nessuna proposta emendativa volta a reperire risorse per il rifinanziamento del fondo per le non autosufficienze, del fondo per le politiche sociali, del fondo per le politiche per la famiglia, del fondo unico per lo spettacolo, a destinare nuove risorse alle forze dell'ordine e ai vigili del fuoco, ad assicurare il reintegro delle risorse tagliate per il 2011 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero per i beni e le attività culturali, a garantire i fondi per la messa in sicurezza degli edifici scolastici o per far fronte alle vecchie e nuove calamità naturali che hanno colpito il Paese,


impegna il Governo


ad adottare le iniziative di propria competenza al fine di garantire che la celebrazione dei referendum abrogativi si tenga nella medesima giornata prevista per il primo turno delle prossime elezioni amministrative della primavera 2011.
(1-00591) «Galletti, Della Vedova, Tabacci».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, disponeva per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete il divieto, fino al 31 dicembre 2010, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
il decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, ha disposto la proroga di tale divieto fino al 31 marzo 2011 e ha previsto la possibilità, attraverso l'emanazione di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di un ulteriore rinvio al 31 dicembre 2011;
la protezione del pluralismo informativo è uno dei principi fondamentali dell'Unione europea (articolo 11, secondo paragrafo, dalla Carta europea dei diritti fondamentali);
in data 24 novembre 2010, è stata emessa una segnalazione al Governo dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nella quale si afferma che la disposizione in materia di limiti antitrust all'incrocio tra stampa e giornali quotidiani è stata sin dall'inizio concepita dal legislatore a tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione e di informazione, sulla base delle indicazioni date dalla Corte costituzionale (sentenza n. 826 del 1988);
con la sentenza citata la Corte costituzionale ha ritenuto necessario ribadire il valore centrale del pluralismo in un ordinamento democratico, reputando indispensabile, altresì, chiarire che il pluralismo dell'informazione radiotelevisiva significa, innanzitutto, possibilità di ingresso, nell'ambito dell'emittenza pubblica e di quella privata, di quante più voci consentano i mezzi tecnici, con la concreta possibilità nell'emittenza privata - perché il pluralismo esterno sia effettivo e non

meramente fittizio - che i soggetti portatori di opinioni diverse possano esprimersi senza il pericolo di essere emarginati, a causa dei processi di concentrazione delle risorse tecniche ed economiche nelle mani di uno o di pochi, e di essere menomati nella loro autonomia;
in forza di ciò, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sottolineava l'opportunità di mantenere in vigore il divieto recato dal citato articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e in data 2 marzo 2011 con una nuova segnalazione ha nuovamente richiamato l'attenzione sul «vuoto normativo che si verrebbe a determinare ove entro il corrente mese di marzo, con una norma di legge o avente forza di legge, il divieto di incrocio tra stampa e tv non venisse congruamente prorogato adeguando la formulazione attuale del divieto d'incrocio alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta con l'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella di mercato del settore»;
della questione si è occupata più volte anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato che, nella sua segnalazione del 10 marzo 2011, ha ricordato, in particolare, che la presenza di rilevanti partecipazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in più di una rete televisiva nazionale rende questa materia particolarmente sensibile sotto il profilo del conflitto di interessi (legge n. 215 del 2004) e che per questo motivo è opportuno che tale proroga sia sottratta alle competenze dell'attuale Presidente del Consiglio dei ministri;
in assenza di un intervento normativo, vi è il concreto rischio di assistere ad una preoccupante concentrazione dei media italiani,


impegna il Governo:


ad adottare iniziative normative volte a prorogare la disposizione recata dall'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n.177, almeno fino al 31 dicembre 2012;
ad assumere, altresì, immediate iniziative di natura normativa finalizzate a sottrarre alle competenze del Presidente del Consiglio dei ministri il potere di disciplinare discrezionalmente il periodo di vigenza del citato divieto, così come auspicato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
a promuovere urgentemente una regolamentazione organica ed efficace dell'intera materia per colmare il vuoto normativo attuale, al fine di garantire il pluralismo dei mezzi di informazione ed evitare il rischio di concentrazioni.
(1-00592)
«Rao, Galletti, Enzo Carra, Ciccanti, Compagnon, Volontè, Naro, Libè, Occhiuto».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
l'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, disponeva per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete il divieto, fino al 31 dicembre 2010, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
il decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, ha disposto la proroga di tale divieto fino al 31 marzo 2011 e ha previsto la possibilità, attraverso l'emanazione di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di un ulteriore rinvio al 31 dicembre 2011;
la protezione del pluralismo informativo è uno dei principi fondamentali dell'Unione europea (articolo 11, secondo paragrafo, dalla Carta europea dei diritti fondamentali);
in data 24 novembre 2010, è stata emessa una segnalazione al Governo dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nella quale si afferma che la disposizione in materia di limiti antitrust all'incrocio tra stampa e giornali quotidiani è stata sin dall'inizio concepita dal legislatore a tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione e di informazione, sulla base delle indicazioni date dalla Corte costituzionale (sentenza n. 826 del 1988);
con la sentenza citata la Corte costituzionale ha ritenuto necessario ribadire il valore centrale del pluralismo in un ordinamento democratico, reputando indispensabile, altresì, chiarire che il pluralismo dell'informazione radiotelevisiva significa, innanzitutto, possibilità di ingresso, nell'ambito dell'emittenza pubblica e di quella privata, di quante più voci consentano i mezzi tecnici, con la concreta possibilità nell'emittenza privata - perché il pluralismo esterno sia effettivo e non meramente fittizio - che i soggetti portatori di opinioni diverse possano esprimersi senza il pericolo di essere emarginati, a causa dei processi di concentrazione delle risorse tecniche ed economiche nelle mani di uno o di pochi, e di essere menomati nella loro autonomia;
in forza di ciò, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sottolineava l'opportunità di mantenere in vigore il divieto recato dal citato articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e in data 2 marzo 2011 con una nuova segnalazione ha nuovamente richiamato l'attenzione sul «vuoto normativo che si verrebbe a determinare ove entro il corrente mese di marzo, con una norma di legge o avente forza di legge, il divieto di incrocio tra stampa e tv non venisse congruamente prorogato adeguando la formulazione attuale del divieto d'incrocio alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta con l'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella di mercato del settore»;
della questione si è occupata più volte anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato che, nella sua segnalazione del 10 marzo 2011, ha ricordato, in particolare, che la presenza di rilevanti partecipazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in più di una rete televisiva nazionale rende questa materia particolarmente sensibile sotto il profilo del conflitto di interessi (legge n. 215 del 2004) e che per questo motivo è opportuno che tale proroga sia sottratta alle competenze dell'attuale Presidente del Consiglio dei ministri;
in assenza di un intervento normativo, vi è il concreto rischio di assistere ad una preoccupante concentrazione dei media italiani,


impegna il Governo:


ad adottare iniziative normative volte a prorogare la disposizione recata dall'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, almeno fino al 31 dicembre 2012;
ad assumere, altresì, immediate iniziative di natura normativa finalizzate a sottrarre alle competenze del Presidente del Consiglio dei ministri il potere di disciplinare discrezionalmente il periodo di vigenza del citato divieto, così come auspicato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
a promuovere urgentemente una regolamentazione organica ed efficace dell'intera materia per colmare il vuoto normativo attuale, in modo da adeguarla all'evoluzione tecnologica nel frattempo intervenuta e ai conseguenti nuovi assetti di mercato, al fine di rispettare il pluralismo dell'informazione.
(1-00592)
(Nuova formulazione) «Rao, Galletti, Enzo Carra, Ciccanti, Compagnon, Volontè, Naro, Libè, Occhiuto».

La Camera,
premesso che:
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in una sua segnalazione del 24 novembre 2010, auspicava che il Governo, ponesse mano «ad un intervento legislativo finalizzato alla conservazione della norma che vieta gli incroci di proprietà tra il settore televisivo e quello editoriale». Questo, al fine di garantire il pluralismo nell'ambito della comunicazione e dell'informazione, ma anche per l'esigenza di evitare le concentrazioni;
la proroga meramente temporale del divieto - peraltro disposta fino al 31 marzo 2011 - si rende inefficace rispetto agli scopi prefissati, in quanto la transizione alla tecnologia digitale terrestre rende obsoleto l'originario riferimento al limite dell'esercizio di «più di una rete», nozione che si riferisce alle tecnologie analogiche e all'attribuzione di titoli concessori;
il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, andava nella direzione indicata

dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni attraverso l'inserimento, in sede di conversione al Senato, all'articolo 2, comma 12-duodecies, di una disposizione che andava a prorogare, modificandolo per adattarlo all'attuale evoluzione tecnologica, il comma 12 dell'articolo 43 del decreto legislativo n. 177 del 2005, «Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici»; il comma 12-duodecies del decreto-legge sopra citato, infatti, prorogava il termine ultimo del divieto di cui sopra dal 31 dicembre 2010 al 31 dicembre 2012 e faceva proprie le indicazioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni circa la necessità di adeguare la formulazione del divieto di incrocio «alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta con l'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella del mercato di settore» nei termini indicati dalla citata segnalazione del novembre 2010 e ribaditi anche in quella ulteriore del 3 marzo 2011;
successivamente, la volontà del Governo di affrontare il delicato tema del pluralismo nel campo della comunicazione, in una logica condivisa, con particolare attenzione alla questione della concentrazione tra media audiovisivi e stampa, è testimoniata anche dall'accoglimento di un ordine del giorno presentato in Senato dall'opposizione (gruppo PD, primi firmatari senatori Vita e Legnini), il 26 febbraio 2011. In tale ordine del giorno si invitava il Governo ad adottare le opportune iniziative normative per prorogare il termine di cui all'originario comma 12 «contestualmente ridefinendo la formulazione del divieto, in modo da adeguarlo all'evoluzione tecnologica nel frattempo intervenuta e ai conseguenti nuovi assetti di mercato»;
l'iter parlamentare che ha portato alla soppressione del comma 12-duodecies, con il conseguente risultato di una proroga del divieto di concentrazione fino al 31 marzo 2011, non deve sviare dalla questione principale, rappresentata dalla necessità di disciplinare il settore in base ai principi sopra enunciati;
è importante, dunque, proprio per garantire il pluralismo, non solamente stabilire la proroga dei termini stabiliti dal comma 12 - elemento di per sé, in quest'ottica, non prioritario - ma utilizzare uno strumento normativo adeguato a definire tale proroga e che tenga realmente conto delle mutazioni dello scenario tecnologico di riferimento. Il tutto secondo un percorso all'insegna di un opportuno dibattito parlamentare su questa e su altre mozioni, che sgombri il campo dalla logica del sospetto;
alla luce di quanto sopra esposto e tenuto conto delle preoccupazioni non solamente delle forze politiche di opposizione ma anche dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non sembra presentarsi come lo strumento più idoneo al conseguimento dell'obiettivo più ampio, in quanto con esso si potrebbe definire solamente una data, ma non si potrebbero inserire norme di regolamentazione che tengano conto dello sviluppo tecnologico nel settore;
il testo approvato al Senato invece, che potrebbe essere eventualmente rimodulato con un riferimento anche temporale a un dato ex ante oltremodo oggettivo, certo e determinato:
a) rispondeva alla segnalazione del 24 novembre 2010 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la quale ha indicato la necessità di una disposizione legislativa che conservi il divieto di incroci tra il settore televisivo e quello editoriale, adeguando l'originaria disposizione «alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta dal 2004 a tutt'oggi, e, in particolare, all'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella di mercato del settore»;
b) era già in linea con quanto poi previsto dall'ordine del giorno successivamente approvato dal Senato il 26 febbraio 2011, nel quale si invita il Governo ad adottare le opportune iniziative normative per prorogare il termine di cui all'originario comma 12 almeno al 31 dicembre 2012

«contestualmente ridefinendo la formulazione del divieto, in modo da adeguarla all'evoluzione tecnologica nel frattempo intervenuta e ai conseguenti nuovi assetti di mercato»;
quanto allo specifico del sistema integrato delle comunicazioni previsto nel testo, il limite dell'8 per cento individuato come soglia di riferimento sembrava essere quello idoneo a ricomprendere i soggetti con significativo potere nei mercati di riferimento. Ai sensi della delibera 270/09/CONS dell'Autorità per le garanzie delle comunicazioni, contenente le risultanze del processo di valutazione del sistema integrato delle comunicazioni per l'anno 2007 pari a 24.437 milioni di euro (ultimo dato disponibile con gli importi ripartiti, poiché la più recente delibera 255/10/CONS sui mercati rilevanti determina solo la quota complessiva del sistema integrato delle comunicazioni per l'anno 2008 pari a 24,25 miliardi di euro ma i relativi valori ripartiti poco si discostano da quelli del 2007), le imprese che superano la soglia dell'8 per cento dei ricavi totali sono: il gruppo Fininvest con Mediaset, la Rai e Sky Italia;
era stata, altresì, individuata un'ulteriore soglia minima del 40 per cento dei ricavi del settore delle comunicazioni elettroniche, in virtù della quale veniva assoggettato al divieto anche il gruppo Telecom Italia;
la durata della proroga prevista dalla disposizione era allineata alla previsione dell'arco temporale di completamento della transizione al digitale terrestre, la cui conclusione è fissata entro l'anno 2012,


impegna il Governo:


ad adottare iniziative normative specifiche volte a modificare quanto stabilito al comma 12 dell'articolo 43 del decreto legislativo n. 177 del 2005, affinché i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma non possano, prima del 31 dicembre 2012, acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani, con l'eccezione delle imprese editrici di giornali quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica;
a considerare come riferimento un dato ex ante certo e determinato, per individuare i soggetti destinatari della normativa;
ad assumere iniziative volte ad applicare tale divieto anche alle imprese controllate, controllanti o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.
(1-00593)
«Landolfi, Sardelli, Valducci, Baldelli, Biasotti, Bergamini, Cesaro, Colucci, Antonino Foti, Garofalo, Grimaldi, Iapicca, Nizzi, Piso, Simeoni, Terranova, Testoni, Verdini».

La Camera,
premesso che:
l'Unione europea ha fissato in modo vincolante il percorso da intraprendere, da qui al 2020, per combattere i cambiamenti climatici e promuovere l'uso delle energie rinnovabili;
ciò consentirà all'Unione europea di ridurre del 20 per cento le emissioni di gas a effetto serra rispetto al 1990, di conseguire un risparmio energetico del 20 per cento e di aumentare al 20 per cento la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale di energia entro il 2020;
per l'Italia l'incremento finale, entro il 2020, dovrà essere non inferiore al 17 per cento. Si ricorda che nel 2008 le fonti rinnovabili di energia hanno contribuito complessivamente al consumo interno lordo italiano di energia per una percentuale di poco superiore al 9,6 per cento;
il nostro Paese ha adottato il piano di azione nazionale per le energie rinnovabili,

notificato nel mese di luglio 2010 alla Commissione europea ai fini della valutazione della sua adeguatezza;
in detto piano si delinea un percorso di crescita delle rinnovabili dai 40 ai 50 terawattora (TWh) dal 2010 al 2020, ovvero il raddoppio rispetto alla produzione attuale. Una crescita in linea con la strategia dell'Europa verso il 2020;
è evidente che, in tale prospettiva, i meccanismi di sostegno, laddove giustificati da maggiori costi rispetto alle tecnologie non rinnovabili, rispondono innanzitutto alla strategia di promozione delle rinnovabili e dell'efficienza energetica nell'ambito della politica energetica del nostro Governo in sede di Unione europea. Questo impone evidentemente di sgombrare il campo alle troppe incertezze prodotte - soprattutto in queste ultime settimane - con il comportamento del Governo e poter ridare garanzie ai consumatori e, soprattutto, alle imprese;
il decreto legislativo attuativo della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, approvato definitivamente dal Governo e in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, non solo non ha recepito gran parte delle condizioni e osservazioni poste dalle commissioni parlamentari competenti nel mese di febbraio 2011, ma ha avuto un iter caratterizzato da forti polemiche e contestazioni, a cominciare dagli stessi operatori del settore, proprio in conseguenza delle anticipazioni sulle modifiche che il Governo si apprestava ad apportare alla versione definitiva del decreto medesimo. Dopo numerose proteste, il Governo è stato così costretto a fare parziale marcia indietro, rivedendo, per esempio, il tetto che si voleva imporre oltre gli 8 mila megawatt (Mw) di fotovoltaico, per chiudere con gli incentivi economici;
rimane il fatto che nel decreto approvato i «premi» del terzo conto energia sul fotovoltaico, inizialmente destinati a durare dal 2011 al 2013, si applicheranno solo agli impianti allacciati alla rete elettrica entro il 31 maggio 2011. Poi scatteranno i nuovi bonus. Il risultato è che si è in presenza di una sorta di vuoto normativo che riguarda tutti gli impianti che saranno connessi alla rete dopo il 31 maggio 2011;
oggi, infatti, i tempi per l'allacciamento di un piccolo impianto è di circa 70 giorni lavorativi, che salgono a 150 giorni per una struttura più complessa. Per chi ha progetti autorizzati, finanziati o in corso, riuscire a rientrare nella suddetta scadenza del 31 maggio 2011 è, quindi, una vera e propria incognita. Ecco perché si è parlato di taglio «retroattivo» e incostituzionale;
il sistema bancario ha già annunciato la sospensione dei finanziamenti previsti e molte aziende si ritrovano improvvisamente con i loro investimenti a rischio, circostanza che coinvolge decine di migliaia di posti di lavoro e impedisce la creazione di nuove opportunità occupazionali (stime accreditate riportano che oggi in Italia un nuovo posto di lavoro su tre è nella green economy);
e questo proprio quando la Commissione europea presenta una roadmap che prevede di portare dal 20 al 25 per cento la riduzione delle emissioni di gas-serra nel 2020. Insomma, un contesto europeo dove le rinnovabili vengono vissute come un'opportunità di crescita e sviluppo e non solo come un costo, come, invece, sta succedendo in Italia;
in risposta agli operatori del settore e alla richiesta urgente di chiarimento proveniente dalla stessa Associazione delle banche estere (Aibe) che operano in Italia, che in una lettera al Governo aveva sollecitato regole certe, confermando il «rischio di inaffidabilità del legislatore italiano», il Governo si è, quindi, impegnato, entro poche settimane, a emanare un decreto per stabilire regole certe e un nuovo quadro di incentivi in materia;
in un'intervista del 9 marzo 2011 a Italia oggi, lo stesso rappresentante di Confindustria in Europa come consigliere

al Comitato economico e sociale europeo (Cese), ha affermato che l'Italia si sta ponendo in netta controtendenza rispetto alla politica energetica europea e sarà grave per le imprese l'impatto derivante dal varo del recente decreto governativo sulle energie alternative, che verranno, di fatto, disincentivate;
tutta questa incertezza e totale improvvisazione non può, quindi, che ripercuotersi negativamente sugli investimenti in un settore strategico e «anticiclico», quale è quello delle energie pulite;
va ricordato, peraltro, che la Banca europea per gli investimenti, ossia l'istituto di credito a lungo termine dell'Unione europea, aveva varato provvedimenti di cofinanziamento per le energie rinnovabili (500 milioni di euro per sostegno alle aziende);
l'ultimo studio dell'Istituto di ricerche economiche e sociali (Ires), presentato il 24 gennaio 2011, prevede oltre 250 mila posti di lavoro nel settore entro il 2020;
anche la Confindustria ha presentato un piano sull'efficienza energetica 2010-2020 che prevede un impatto socioeconomico sull'economia pari a circa 238 milioni di euro di incremento del valore di produzione totale, una crescita di occupazione di circa 1,6 milioni di unità e un impatto positivo sul sistema Paese di circa 14 miliardi di euro;
vanno, altresì, ricordati i vantaggi per le casse pubbliche: in base all'ultimo Solar energy report del Politecnico di Milano, nel 2009 l'erario, a fronte di incentivi per 450 milioni, ha incassato 300 milioni tra ires, irap e ici;
sostenere, come ha fatto nei giorni scorsi lo stesso Ministro dello sviluppo economico, che gli incentivi costano troppo e vanno, quindi, eliminati non è certo il modo migliore per affrontare la partita decisiva delle rinnovabili nel nostro Paese. Una delle finalità del Governo è quella di voler limitare il peso degli incentivi pagati con le bollette elettriche. In questo ambito va sottolineato che - per esempio - in Germania gli incentivi prelevati dalla bolletta sono quasi il doppio di quelli italiani;
si ricorda, inoltre, che buona parte degli oneri in bolletta riguardano gli incentivi CIP6, ossia quegli incentivi pagati con le bollette elettriche dai cittadini a favore delle energie assimilate alle fonti rinnovabili. Dette energie assimilate non hanno nulla a che vedere con le energie pulite e altro non sono che energie prodotte da impianti che utilizzano calore di risulta o fumi di scarico: termovalorizzatori, impianti di raffinazione del petrolio gassificato e bruciato nelle centrali elettriche, impianti che usano gli scarti di lavorazione o di processi, impianti di cogenerazione ed altro. Insomma, oneri a carico degli utenti che nulla hanno a che fare con l'incentivazione delle energie pulite;
dai dati dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas del 2009, l'impatto complessivo sulla componente tariffaria A3 (e quindi sulla bolletta) è di circa 2,4 miliardi di euro, di cui poco meno di 1 miliardo riguarda le fonti rinnovabili e poco più di 1,4 miliardi riguarda le fonti assimilate;
nell'anno 2008, detta componente A3 ha gravato sui consumatori per circa il 6 per cento della loro spesa complessiva, al netto delle tasse. Questo meccanismo di tipo parafiscale (peraltro gravato dall'iva in bolletta) presenta, tra l'altro, evidenti problemi di equità redistributiva, in quanto i consumi di energia elettrica non sono proporzionali ai redditi dei cittadini, per cui - per esempio - una famiglia numerosa è chiamata a contribuire alla copertura dei suddetti oneri di incentivazione alle rinnovabili e alle assimilate in misura superiore a una singola persona fisica magari benestante;
la stessa Autorità per l'energia elettrica e il gas, nella sua memoria dell'11 febbraio 2009, per l'audizione presso la X Commissione della Camera dei deputati, aveva segnalato quanto fosse opportuna una riflessione in merito alla possibilità di trasferire tali oneri a carico della fiscalità generale;

in relazione a quanto sopra esposto, si ricorda che in sede di esame dello schema di decreto legislativo attuativo della direttiva 2009/28/CE, il 9 febbraio 2011, le Commissioni congiunte VIII e X della Camera dei deputati approvavano un parere con condizioni e osservazioni, nel quale - tra l'altro - si chiedeva al Governo di prevedere una graduale riduzione della remunerazione complessiva riconosciuta alle fonti assimilate (CIP6) e di garantire un'equa ripartizione degli oneri di incentivazione delle fonti rinnovabili, spostando il relativo carico dai consumatori di energia elettrica (attraverso la bolletta elettrica), come avviene attualmente, alla fiscalità generale;
in realtà né queste proposte di modifica, né gran parte delle altre previste nei pareri approvati dal Parlamento sono state prese in considerazione;
l'esistenza reale di distorsioni nella gestione del sistema delle rinnovabili in Italia e la necessità ineludibile di un sistema di regole più precise e trasparenti e di una revisione condivisa con gli operatori del meccanismo complessivo degli incentivi non devono in nessun caso servire a pretesto o rischiare - come sta avvenendo - di rimettere in discussione la necessità/opportunità di continuare sulla strada delle energie pulite,


impegna il Governo:


ad attivare immediatamente il previsto tavolo di confronto sia con gli operatori del settore che con le principali associazioni ambientaliste e di categoria, al fine di emanare in tempi rapidi i decreti attuativi del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/28/CE e di giungere alla composizione di una decisione equilibrata, capace sia di dare le indispensabili certezze al mercato che di sostenere e promuovere i benefici economici e ambientali legati allo sviluppo delle fonti rinnovabili;
a non introdurre norme che possano rivelarsi nella loro attuazione a effetto retroattivo e in contrasto, quindi, con il principio cardine della certezza del diritto, facendo salvi gli investimenti già posti in essere, identificandoli attraverso parametri certi;
a prevedere che i necessari «aggiustamenti», ossia la tendenziale riduzione nel tempo degli incentivi per le fonti rinnovabili, tengano in debito conto i congrui tempi di transizione, al fine di garantire gli investimenti effettuati dalle imprese del settore;
al fine di contribuire alla riduzione del carico sulla bolletta elettrica della componente A3 relativa al finanziamento degli incentivi per le fonti rinnovabili e le energie assimilate:
a) a prevedere, ai fini di un'evidente equità fiscale, un graduale trasferimento nel medio termine della copertura dei suddetti incentivi, dalla componente A3 alla fiscalità generale, così come, peraltro, chiesto dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas;
b) ad assumere le iniziative di competenza in relazione all'aggiornamento annuale in riduzione della remunerazione complessiva riconosciuta alle fonti energetiche assimilate, di cui al provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi 29 aprile 1992, n. 6/92 (cosiddetto CIP6);
c) a confermare la definitiva cessazione, alla scadenza delle convenzioni attualmente in essere stipulate tra i produttori e il Gestore dei servizi elettrici (Gse), e senza alcuna possibilità di proroghe, di ogni incentivazione per gli impianti funzionanti con fonti energetiche assimilate alle rinnovabili (CIP6);
a tenere conto, anche in futuri decreti correttivi, delle condizioni e delle osservazioni espresse nel febbraio 2011 dalle Commissioni competenti di Camera e Senato, in sede di espressione del parere sullo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/28/CE.
(1-00594)
«Piffari, Cimadoro, Borghesi, Donadi, Evangelisti».

La Camera,
premesso che:
la ricerca e la promozione delle fonti energetiche rinnovabili e delle tecnologie tese alla riduzione delle emissioni inquinanti costituiscono, oltre che un impegno assunto dall'Italia in seno alla comunità internazionale e nell'ambito delle politiche energetiche comunitarie, una sfida strategica per il futuro del Paese;
la politica energetica nazionale va orientata alla creazione di un «paniere» ampio di fonti energetiche, che coniughi sicurezza dell'approvvigionamento, tutela dell'ambiente, efficienza e competitività del sistema economico, cogliendo le opportunità di sviluppo e innovazione della cosiddetta green economy;
la direttiva comunitaria 2009/28/CE stabilisce un quadro comune per la promozione dell'energia da fonti rinnovabili e fissa al 20 per cento la quota minima di energia da fonti rinnovabili da consumare nell'Unione europea entro il 2020, assegnando a ciascuno Stato membro un obiettivo nazionale da raggiungere entro tale data. Al fine di consentire tale obiettivo, gli Stati membri sono autorizzati ad adottare, tra l'altro, regimi di sostegno atti a promuovere l'uso di tali forme di energia. Per quanto riguarda l'Italia, la quota di consumo di energia da fonti rinnovabili da raggiungere entro il 2020 è fissata al 17 per cento;
la legge comunitaria n. 96 del 4 giugno 2010 ha stabilito, all'articolo 17, i principi e i criteri direttivi cui avrebbe dovuto attenersi il legislatore nella predisposizione del decreto legislativo di attuazione della direttiva 2009/28/CE. Tali principi includono, tra l'altro, la necessità di «adeguare e potenziare il sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili e della efficienza e del risparmio energetico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche mediante l'abrogazione totale o parziale delle vigenti disposizioni in materia, l'armonizzazione ed il riordino delle disposizioni di cui alla legge 23 luglio 2009, n. 99, e alla legge 24 dicembre 2007, n. 244»;
il 31 gennaio 2011 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione in cui invita gli Stati membri ad incoraggiare le politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili, scoraggiando esplicitamente strumenti normativi retroattivi, che sono causa di incertezze del mercato e di congelamento degli investimenti; in base a tali principi, gli Stati membri dovranno tenere conto e garantire un'equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio, in modo da salvaguardare la convenienza dell'investimento complessivo nel tempo;
è ampiamente condivisa l'opportunità di intervenire in un sistema normativo - quale è quello relativo agli incentivi della produzione di energia da fonti rinnovabili - che, nonostante le recenti riforme, è ancora considerato farraginoso e distorsivo; le procedure autorizzative vigenti necessitano di uno snellimento, di una maggiore trasparenza e di tempi certi, mentre è opportuno riformare i meccanismi di sostegno agli investimenti privati, razionalizzandoli sulla base delle dinamiche di mercato e orientandoli all'innovazione di processo e al minor consumo di territorio;
pur operando per il perseguimento degli obiettivi sopra richiamati, il decreto legislativo di attuazione della direttiva 2009/28/CE (approvato dal Governo il 3 marzo 2011) - rimandando la disciplina puntuale dell'incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro il 30 aprile 2011, e limitando l'efficacia delle attuali disposizioni in materia, previste dal decreto del Ministro dello sviluppo economico del 6 agosto 2010 (pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 197 del 24 agosto 2010), agli impianti che entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011 - non fissa alcun parametro economico per la determinazione del futuro regime d'incentivazione, determinando in

questo modo un'incertezza normativa per gli operatori, che, sulla base delle disposizioni vigenti, avevano impostato e realizzato i loro investimenti pluriennali nel settore;
tale incertezza investe, tra l'altro, quanti si trovano attualmente a implementare o a valutare l'opportunità di un investimento nel settore della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici e, più in generale, nell'economia italiana, come recentemente evidenziato dall'Associazione delle banche estere operanti nel nostro Paese;
sin dall'entrata in vigore del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, recante attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, gli operatori del settore della produzione di energia da impianti fotovoltaici hanno fatto legittimo affidamento sull'esistenza di una tariffa garantita, certa e prestabilita, idonea a garantire un'equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio degli impianti;
stante l'assenza di una disciplina relativa al periodo successivo al 31 maggio 2011, quanti abbiano conseguito l'autorizzazione alla realizzazione e alla messa in funzione di impianti fotovoltaici dalla fine del 2010 in avanti, ma che non siano ancora operanti, rischiano di vedere seriamente compromesso il proprio investimento; a fortiori, considerato che la possibilità di realizzazione di impianti fotovoltaici è solitamente subordinata alla stipula, da parte dell'imprenditore, di un contratto di finanziamento con uno o più istituti di credito, che gli stessi concedono sulla base di un piano pluriennale di ritorno dell'investimento, gli imprenditori non ancora operanti rischiano di non poter accedere al mercato del credito o di poterlo fare solo a condizioni particolarmente onerose;
il decreto legislativo non supera alcune delle attuali contraddizioni in materia di semplificazione amministrativa: pur introducendo una cosiddetta «procedura semplificata» per gli impianti fino a 1 megawatt di potenza, resta irrisolto il nodo della tempistica per l'espletamento della procedura di autorizzazione, con la conseguente lievitazione dei costi per gli investitori,


impegna il Governo:


a provvedere in tempi rapidi all'adozione del decreto ministeriale che dovrà disciplinare il sistema degli incentivi agli impianti di produzione di energia da pannelli solari fotovoltaici che sarà in vigore dopo il 31 maggio 2011, superando l'incertezza normativa ed evitando che la medesima, oltre a ridurre l'attrattività dell'Italia per gli investimenti esteri nel settore, danneggi quanti - sulla base di un legittimo affidamento alla stabilità della disciplina degli incentivi - hanno investito e stanno investendo nel settore;
a provvedere, nel quadro di un riordino della normativa settoriale, anche attraverso modifiche al decreto legislativo 3 marzo 2011 recentemente approvato:
a) ad estendere agli impianti fotovoltaici autorizzati entro il 31 maggio 2011, nonché agli impianti la cui richiesta di autorizzazione sia stata effettuata entro la data di emanazione del decreto legislativo 3 marzo 2011, la vigenza dell'attuale sistema d'incentivazione;
b) ad assicurare una maggiore semplificazione del quadro delle autorizzazioni degli impianti, al fine di ridurre i tempi di attesa - e i relativi costi per gli operatori - e rendere più trasparente l'iter amministrativo di approvazione;
c) ad adottare meccanismi d'incentivazione che premino l'innovazione di processo.
(1-00595)
«Della Vedova, Lo Presti, Di Biagio».

La Camera,
premesso che:
nel campo dello sviluppo di energia ottenuta tramite ricorso a fonti rinnovabili l'Unione europea ha provveduto a stabilire un quadro normativo chiaro, approvando numerose direttive in funzione dell'attenzione allo sviluppo e alla produzione di energia da tali fonti, riconoscendo la necessità di promuovere le fonti energetiche rinnovabili per la protezione dell'ambiente, lo sviluppo sostenibile e la lotta ai cambiamenti climatici;
il conseguente sviluppo delle fonti rinnovabili ha portato in generale in tutto il continente, e recentemente anche nel nostro Paese, considerevoli investimenti in tale logica, con conseguente impatto positivo sull'occupazione e sulla coesione sociale, in un momento di grande recessione per i sistemi produttivi classici;
pochi giorni fa è stato emanato il decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2002/30/CE;
il provvedimento attua, secondo i criteri di delega recati dall'articolo 17, comma 1, della legge 4 giugno 2010, n. 96, «Legge comunitaria 2009», la direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, che modifica e abroga le direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE;
è opportuno rilevare che il decreto legislativo di cui sopra non ha recepito le osservazioni e le condizioni a sostegno del settore che le Commissioni permanenti riunite ambiente ed attività produttive di entrambe le Camere avevano posto per l'espressione di un parere favorevole;
la direttiva, contenuta nell'allegato B della legge comunitaria 2009, si inserisce nel quadro di azione comunitaria volto a limitare la dipendenza energetica da fonti combustibili fossili e le emissioni di gas ad effetto serra, promuovendo l'efficienza energetica e un trasporto più pulito, e fissa nuovi meccanismi e obblighi per gli Stati membri, all'interno di una tabella di marcia che dovrebbe condurre l'Unione europea a raggiungere, nel 2020, l'obiettivo chiave globale «20-20-20» attraverso l'azione combinata della riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas a effetto serra e dell'aumento al 20 per cento del risparmio energetico e al 20 per cento del consumo di fonti rinnovabili. Secondo quanto stabilito dalla direttiva, che ripartisce l'obiettivo globale in obiettivi nazionali, nel 2020 l'Italia dovrà coprire il 17 per cento dei consumi finali di energia mediante l'utilizzo di energia prodotta attraverso fonti rinnovabili;
pur agendo in direzione del perseguimento degli obiettivi sopra richiamati, il decreto legislativo 3 marzo 2011 - rimandando la disciplina dell'incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro il 30 aprile 2011, e limitando l'efficacia delle attuali disposizioni in materia, previste dal decreto del Ministro dello sviluppo economico del 6 agosto 2010, agli impianti che entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011 - non fissa alcun parametro economico per la determinazione del futuro regime d'incentivazione, determinando in questo modo un'incertezza normativa per gli operatori che, sulla base delle disposizioni vigenti, avevano impostato e realizzato i loro investimenti pluriennali nel settore;
tale incertezza investe, tra l'altro, quanti si trovano attualmente a implementare o a valutare l'opportunità di un investimento, nel settore della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici e, più in generale, nell'economia italiana, come recentemente evidenziato dall'Associazione delle banche estere operanti nel nostro Paese;
l'industria fotovoltaica conta circa 1.000 aziende, 15.000 posti di lavoro diretti e oltre 100.000 indiretti; la stima del

volume d'affari nel 2010 è compresa tra 6 e 8 miliardi di euro;
gli investimenti di settore in Italia sono stimati oltre i 3,5 miliardi di euro per il 2010; sono nate centinaia di nuove imprese e uno degli effetti collaterali del programma di incentivi è stato anche quello di far fiorire iniziative di ricerca che non si era riusciti ad avviare mai prima d'ora, con prospettive finalmente concrete anche per la ricerca italiana;
secondo quanto affermato dal Governo, il decreto legislativo diminuisce gli oneri indiretti legati all'iter di realizzazione degli impianti (autorizzazione, connessione, esercizio) per raggiungere «il duplice obiettivo di incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili per rispettare i target europei e di ridurre gli oneri specifici di incentivazione a carico dei consumatori finali»; il decreto legislativo dà impulso alla filiera produttiva dell'energia da fonti rinnovabili, contrastando le speculazioni finanziarie che gravano inutilmente sulle bollette degli italiani;
con l'introduzione delle nuove norme, in realtà, le disposizioni del «terzo conto energia» (incentivi al fotovoltaico), entrato in vigore il 1o gennaio 2011, si applicheranno solo agli impianti che risulteranno entrati in esercizio entro il 31 maggio 2011, mentre sarà prevista una nuova forma di incentivazione per gli impianti che saranno collegati in rete dopo il 31 maggio 2011, verrà, inoltre, previsto un taglio del 22 per cento ai certificati verdi (incentivi dovuti alle fonti rinnovabili, tranne il fotovoltaico), che colpirà gli impianti già in funzione, e per i terreni agricoli è stato fissato al 10 per cento l'utilizzo massimo della superficie e a 1 megawatt la potenza, regola che non vale per i campi abbandonati da almeno 5 anni;
secondo l'Anev, l'Associazione italiana dell'eolico, il taglio ai certificati verdi fa saltare qualsiasi base di certezza del diritto e, come hanno fatto notare anche le banche estere, espone il Paese al rischio di declassamento come rating;
le piccole e medie imprese, raggruppate in Rete imprese Italia, evidenziano una situazione di grave incertezza e confusione per le imprese che hanno investito nel settore delle rinnovabili in base alle tariffe incentivanti del «terzo conto energia»;
il decreto legislativo, emanato in contrasto con il «conto energia» attualmente in vigore (che prevedeva un regime di incentivazione con durata fino a tutto il 2013), pone come data di scadenza del regime stesso il 31 maggio 2011, generando evidenti preoccupazioni, in quanto paralizza gli investimenti in essere già intrapresi dagli operatori del settore e dagli investitori finanziari sulla base dell'attuale «conto energia»;
nonostante che la raccomandazione del 31 gennaio 2011 della Commissione europea scoraggi esplicitamente strumenti normativi retroattivi, la norma che anticipa la scadenza del regime incentivante costituisce una retroattività di fatto per il settore fotovoltaico, che è talmente evidente da pregiudicare il legittimo affidamento fatto dagli investitori su un regime giuridico improntato alla certezza del diritto, e l'incertezza nel regime giuridico determina un preoccupante aumento del rischio Paese per l'Italia, un parametro fondamentale su cui si basano le decisioni di investimento (e dunque di finanziamento), in particolar modo degli intermediari finanziari esteri;
in un comunicato ufficiale, il relatore della direttiva europea sulle fonti rinnovabili al Parlamento europeo, Claude Turmes, afferma che il decreto legislativo «va in senso diametralmente opposto rispetto agli impegni europei», in quanto «il testo della bozza svuota l'obiettivo vincolante dell'Unione europea posto per l'Italia sulle rinnovabili (17 per cento sui consumi finali di energia), per raggiungere il quale

il peso delle rinnovabili elettriche sul totale dovrà essere, a fine decennio, intorno al 30 per cento,


impegna il Governo:


a tenere conto delle condizioni ed osservazioni poste dalle competenti Commissioni parlamentari nella stesura del prossimo decreto ministeriale che dovrà disciplinare il sistema degli incentivi agli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, in particolare per il fotovoltaico, fornendo in tal modo certezze a coloro che hanno investito e stanno investendo e non scoraggiando investimenti esteri nel settore;
ad adottare, nelle more dell'emanazione del decreto ministeriale, misure atte ad evitare il blocco immediato degli ordinativi delle aziende (stimabili in oltre 8 miliardi di euro secondo le previsioni delle imprese del settore), nonché quello dei contratti in corso, per i quali le aziende dovranno procedere comunque al pagamento dei fornitori, senza ottenere il finanziamento previsto dagli istituti di credito che hanno immediatamente proceduto al congelamento delle delibere di finanziamento;
a promuovere una riorganizzazione e rimodulazione del sistema di incentivi alle fonti rinnovabili e a convocare un tavolo di concertazione con gli operatori di settore, con gli istituti di credito, con le associazioni di categoria e con gli enti locali per la definizione della nuova disciplina;
ad adottare iniziative più incisive volte al perseguimento degli obiettivi europei sull'energia prodotta dalle fonti rinnovabili.
(1-00596)
«Libè, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Ruggeri, Pezzotta, Mondello, Galletti, Ciccanti, Compagnon, Volontè, Naro, Occhiuto».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
la notte tra il 1o e il 2 marzo 2011 una violenta alluvione ha colpito Marina di Ginosa (TA), causando serissimi danni alle abitazioni, alle coltivazioni e alle aziende agricole locali;
l'inondazione ha provocato il blocco dell'approvvigionamento idrico, l'interruzione della statale 106 jonica nel tratto tra Marina di Ginosa e Metaponto, al confine con la Basilicata, è saltata la viabilità provinciale e comunale, sono stati distrutti ettari di pineta;
sono state evacuate circa 500 persone, e ad oggi ancora una sessantina sono costrette ad alloggiare in alberghi;
all'interpellante risulta che alla procura della Repubblica di Taranto sia stato presentato un esposto dagli abitanti del centro costiero, ove si denuncia che la causa del disastro potrebbe essere collegata all'apertura delle paratie della diga di San Giuliano, gestita dal consorzio di bonifica Brasano e Basento;
l'apertura della diga sarebbe servita per scaricare l'acqua in eccesso, che però avrebbe superato gli argini del fiume Bradano, inondando le zone di contrada Pantano, via Marinella, via delle Libellule e via Stradella, ad una altezza di due metri circa;
si legge nell'esposto: «la corrente, durante la notte e per tutto il giorno del 2, cresceva rapidamente, senza però alcun rapporto con l'evolversi delle precipitazioni che invece si erano interrotte con, addirittura, bel tempo nella mattina del 2»;

l'apertura della diga inoltre, sarebbe avvenuta all'insaputa dei comuni interessati, impossibilitati pertanto ad adottare provvedimenti preventivi o ad avvisare gli abitanti;
l'economia locale risulta completamente distrutta e le famiglie non possono rientrare nelle case in attesa delle verifiche sulla staticità degli edifici travolti dall'inondazione;
la regione Puglia ha riconosciuto un contributo straordinario al comune tarantino, comunque insufficiente per sopperire efficacemente alle innumerevoli esigenze della popolazione colpita dal disastro -:
quali siano le cause di un disastro che solo casualmente non ha provocato vittime umane;
se ritengano opportuno dichiarare lo stato di emergenza ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, articolo 5, o lo stato di calamità naturale del comune di Marina di Ginosa (TA) ai fini degli interventi compensativi di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 105 in favore della ripresa dell'attività produttiva;
quali iniziative, anche normative e finanziarie, intendano assumere al fine di sostenere il comune nel fronteggiare l'emergenza dell'alluvione del 2 marzo 2011 di cui in premessa.
(2-01003) «Zazzera».

Interrogazioni a risposta orale:

FIANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in data 10 marzo 2011, la prima pagina del giornale Il Fatto quotidiano conteneva un articolo secondo il quale il 7 febbraio 2011, due non meglio noti «emissari» italiani avrebbero offerto un'ingente somma di danaro ad un'impiegata dell'anagrafe di Fkih, in Marocco, per convincerla a falsificare i dati anagrafici della signorina Karima el Mahrouk, meglio nota col nome di Ruby -:
se il Governo intenda adottare iniziative, con gli strumenti in suo possesso perché sia fatta luce sulla veridicità delle notizie emerse nell'articolo citato, che, se veritiero, imporrebbe di verificare l'identità dei soggetti coinvolti e quella degli eventuali mandanti.
(3-01513)

FIANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni, sulla stampa italiana, circolano delle notizie non confermate riguardanti l'atterraggio di alcuni aerei libici sul territorio italiano;
i velivoli sarebbero atterrati negli aeroporti di Roma e Milano per fare scalo verso altri Paesi dell'Unione europea, verosimilmente verso le sedi delle istituzioni comunitarie;
tali aerei apparterrebbero, in base a queste voci, al colonnello Muammar Gheddafi e sarebbero destinati a trasportare ambasciatori del Rais con l'incarico di intavolare una trattativa con gli organi di vertice dell'Unione europea e della Nato -:
se tali notizie trovino riscontro e, nel caso siano veritiere, se il Governo intenda fornire elementi riguardo al ruolo dell'Italia nelle potenziali trattative tra la Libia e l'Unione europea nonché riguardo ad un possibile espatrio del colonnello Gheddafi.
(3-01514)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BOCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 31 dicembre 2009 è terminato, su tutto il territorio della provincia di Campobasso, lo stato di emergenza dichiarato ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 225 del 24 febbraio 1992 con decreto

del Presidente del Consiglio dei ministri del 31 ottobre 2002 «Dichiarazione dello stato di emergenza in ordine ai gravi eventi sismici verificatisi il 31 ottobre 2002 nel territorio della Provincia di Campobasso»;
la successiva ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3839 del 12 gennaio 2010, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 14 del 19 gennaio 2010, nel regolamentare il percorso di transizione dalla gestione straordinaria a quella ordinaria, ha introdotto una serie di disposizioni che consentono al commissario delegato alla ricostruzione di completare gli interventi necessari per consentire il definitivo ritorno alla normalità prevedendo, tra l'altro, l'autorizzazione in capo al commissario delegato ed ai sindaci, negli ambiti di rispettiva competenza, a continuare ad erogare il contributo di cui all'articolo 2, comma 1, dell'ordinanza di protezione civile n. 3253/2002 in favore delle famiglie che, alla data di cessazione dello stato d'emergenza, continuano a sostenere oneri per l'autonoma sistemazione;
l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3253 del 29 novembre 2002 autorizzava il commissario delegato e i sindaci dei comuni ad assicurare l'assistenza alle popolazioni colpite dal terremoto provvedendo ad assegnare ai nuclei familiari la cui abitazione principale, abituale e continuativa, fosse stata distrutta in tutto o in parte ovvero sgomberata in esecuzione di provvedimenti delle competenti autorità, un contributo per l'autonoma sistemazione fino a 400 euro mensili o, laddove non fosse stato possibile, provvedendo al reperimento di una sistemazione abitativa alternativa;
le disposizioni di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3253 del 29 novembre 2002, inizialmente applicabili ai comuni della provincia di Campobasso rientranti nella cosiddetta «area del cratere sismico» composta da 14 comuni (Castellino del Biferno, Colletorto, Larino, San Giuliano di Puglia, Santa Croce di Magliano, Bonefro, Ripabottoni, Montelongo, Casacalenda, Montorio nei Frentani, Morrone del Sannio, Rotello, Ururi, Provvidenti), individuati indirettamente con i decreti del Ministero dell'economia e delle finanze del 14 e 15 novembre 2002 e 9 gennaio 2003 (sospensione tributi e contributi), sono state successivamente estese con decreti del commissario delegato n. 5, n. 7 e n. 21 del 2003 a 83 comuni della Provincia di Campobasso;
per la ricostruzione/riparazione degli immobili privati rientranti nella classe «A» (escluso il comune di San Giuliano di Puglia), ovvero le abitazioni principali e/o immobili sedi di attività produttive con ordinanza di sgombero totale, sono stati presentati 1.266 progetti per la ricostruzione di 5.078 unità immobiliari con una previsione totale di finanziamento superiore a 500 milioni di euro;
ad oggi, dei progetti summenzionati, ne risultano finanziati circa il 33 per cento per un importo complessivo di circa 170 milioni di euro, e i nuclei familiari ancora inseriti in moduli abitativi o in autonoma sistemazione nei 14 comuni del cratere sono complessivamente 693 di cui 227 in moduli abitativi e 466 in autonoma sistemazione. A questi si sommano i 191 nuclei familiari dei comuni fuori dal cratere di cui 19 in moduli abitativi e 172 in autonoma sistemazione, per un totale di 884 nuclei familiari;
alla somma prevista per la ricostruzione/riparazione degli immobili di classe «A» va aggiunta l'ulteriore somma di 12 milioni di euro per il finanziamento di n. 122 immobili sedi di attività produttive/agricole con ordinanza di sgombero totale, classe «A-bis», e le somme necessarie per le altre classi di priorità («B», «C», «D» e «E»), per le quali è necessario un finanziamento di 1,6 miliardi di euro (ancora non stanziato);
pertanto, per procedere alla riparazione/ricostruzione di tutti gli immobili di edilizia privata rientranti nelle diverse classi di priorità, sono necessari ancora circa 2 miliardi di euro;

i progetti preliminari di stima degli interventi di riparazione e ricostruzione di opere pubbliche individuate dai comuni (escluse le scuole e gli edifici di culto e le opere pubbliche relative al comune di San Giuliano di Puglia) prevedono un finanziamento complessivo di 1 miliardo di euro, di cui ad oggi risultano finanziati solo 63 milioni euro;
con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3417 del 24 marzo 2005 l'ingegnere Rinaldi ha assunto anche la qualità di «soggetto attuatore» per «la realizzazione di tutti gli interventi ed opere, anche infrastrutturali, di ricostruzione inerenti al territorio della provincia di Campobasso colpito dagli eventi sismici del 2002» e che lo stesso, con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3880 del 3 giugno 2010, è stato sostituito dal provveditore interregionale per la Campania e il Molise;
tra le opere pubbliche finanziate con fondi del terremoto rientra quella relativa alla messa in sicurezza e all'ammodernamento della strada statale 87 Sannitica, che in questi giorni è all'attenzione dell'opinione pubblica per licenziamenti effettuati dalla ditta Falcione, assegnataria di 42 milioni di euro di lavori, in favore di nuova forza lavoro proveniente da fuori regione;
gli eventi sismici hanno determinato anche gravi danneggiamenti agli edifici di culto e, per il ripristino degli stessi, è stato adottato un piano generale di intervento che prevede come stima per il finanziamento dei progetti preliminari di intervento un importo complessivo di euro 115 milioni di cui 32,28 milioni già finanziati;
il sisma del 2002 ha aggravato la situazione, già fortemente precaria, della messa in sicurezza degli edifici destinati allo svolgimento dell'attività scolastica, determinando una ingente richiesta di finanziamenti per progetti di riparazione o ricostruzione di scuole pubbliche e private ad uso dell'infanzia, primarie e secondarie di I grado, per un importo complessivo di 155 milioni di euro. Di questa somma, ad oggi, risultano finanziati progetti per un importo di 60 milioni di euro;
a seguito degli eventi calamitosi del 31 ottobre 2002, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3253 del 29 novembre 2002 «Primi interventi urgenti diretti a fronteggiare i danni conseguenti ai gravi eventi sismici verificatisi nei territorio delle provincie di Campobasso e di Foggia ed altre misure di protezione civile» è stata disposta l'evacuazione dell'intero comune di San Giuliano di Puglia, per il quale è stato successivamente predisposto dallo stesso sindaco, di concerto con il dipartimento di protezione di civile, un piano di ricostruzione specifico così come stabilito dall'articolo n. 4, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3279 del 10 aprile 2003, Tale piano, pubblicato sul BURM n. 24 del 1o dicembre 2003, è stato successivamente reso esecutivo con decreto commissariale n. 111 del 23 dicembre 2004;
il decreto del commissario delegato n. 120 del 28 luglio 2009, che ha rimodulato il programma generale delle opere infrastrutturali e l'articolazione degli interventi di ricostruzione del comune di San Giuliano di Puglia, individua nell'importo in 240 milioni di euro, di cui 153,7 milioni per le opere infrastrutturali e 86,2 milioni per gli interventi di ricostruzione privata, gli impegni finanziari necessari per finanziare la ricostruzione;
dalla relazione trasmessa dal «soggetto attuatore» per la realizzazione degli interventi e delle opere di ricostruzione, anche infrastrutturali, per il comune di San Giuliano di Puglia (ex ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3375 del 10 aprile 2004, ingegnere Claudio Rinaldi) del 09 settembre 2010 prot. 24147/10, le somme spese sono ripartite come di seguito indicato: 23,4 milioni di euro per progetti e interventi sul dissesto idrogeologico comunale, 2,5 milioni di euro per il funzionamento degli uffici del soggetto attuatore, 994

mila euro di consulenze tecniche, 29,4 milioni per interventi di viabilità e servizi a rete nel comune, 3,394 milioni per raccolta a abbattimenti macerie, 3,3 milioni per completamento di attività complementari, 1,450 milioni per il monitoraggio del territorio comunale, 4,395 milioni per opere accessorie, viabilità e completamento del villaggio provvisorio, 6 milioni di euro per impianto fotovoltaico, 400 mila euro per la frana sul corso del paese, 350 mila euro per gli arredi del Comune, 198 mila euro per lo studio del verde, 3,3 milioni per una struttura di rimessa per mezzi comunali, 831 mila euro per il depuratore, 2,2 milioni per il palazzetto dello sport, 542 mila euro per il campo sportivo, 2,6 milioni per l'arredo urbano, 1,126 milioni per la residenza degli anziani, 18 milioni di euro per interventi di viabilità e di recupero nel centro storico, 1,7 milioni per una strada comunale, 8,166 milioni per il consolidamento e la riqualificazione del Palazzo Marchesale, 735 mila euro per la chiesa di S. Elena, 3,799 milioni per la Chiesa Madre, 25,4 milioni di euro per la nuova scuola e 4,5 milioni per il Parco della Memoria;
a seguito dell'alluvione del Basso Molise, il presidente della regione, Michele Iorio, nel marzo del 2003 è stato nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri commissario straordinario anche per l'alluvione. Nell'ordinanza di nomina (ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3268 del 12 marzo 2003) all'articolo 15 è stabilito che, al fine di consentire la ripresa produttiva delle zone colpite dal terremoto e dall'alluvione, la regione può predisporre un «programma pluriennale di interventi per la ripresa produttiva della Regione Molise» (l'intera regione - 136 Comuni) per una somma complessiva pari a 453 milioni di euro tra somme stanziate specificamente per sopperire agli eventi calamitosi e fondi ordinari spettanti al Molise per la programmazione, inseriti comunque nel regime emergenziale e nella gestione commissariale;
tale ingente somma di denaro è stata di fatto utilizzata prevalentemente per finanziare progetti presentati da comuni, enti pubblici ed aziende di territori non danneggiati dal terremoto e dall'alluvione e motivati da una logica di difficile comprensione, che esula dall'obiettivo della ripresa produttiva delle zone colpite;
in 8 anni sono stati spesi complessivamente 850 milioni di euro e la ricostruzione nei comuni del cratere, salvo S. Giuliano di Puglia, è ancora ferma al 30 per cento del totale, mentre nei comuni fuori dal cratere non è ancora iniziata;
il Governo, con le disposizioni del decreto-legge n. 225 del 2010 ha sostanzialmente deciso di scaricare sulle comunità colpite da eventi calamitosi l'onere di provvedere con propri fondi alla ricostruzione e alla ripresa produttiva, attraverso l'aumento delle addizionali, dei tributi e delle accise sulla benzina, penalizzando ulteriormente cittadini e territori già duramente provati -:
se non ritenga urgente e necessario provvedere allo stanziamento dei fondi mancanti per assicurare il completamento della ricostruzione delle unità immobiliari, dei fabbricati, delle attività produttive e delle infrastrutture nonché la messa in sicurezza del territorio, delle scuole e degli edifici pubblici e di culto nei territori della provincia di Campobasso colpiti dagli eventi sismici del 2002;
se non ritenga opportuno avviare un'attività di verifica dell'azione commissariale, in considerazione del fatto che, a fronte di un intervento economico consistente, nei territori interessati ci sono ancora il 70 per cento delle case da ricostruire, le scuole nei prefabbricati ed il territorio da mettere in sicurezza;
se, infine, non ritenga che gli elementi suddetti debbano indurre una riflessione ed una eventuale revisione rispetto al modello di intervento seguito in

occasione di eventi calamitosi, con lo scopo di assumere come modello di intervento quello delle esperienze più virtuose.
(5-04380)

Interrogazioni a risposta scritta:

ROSATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle riforme per il federalismo. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie riportate dalla stampa, il leader libico Mohamar Gheddafi ha dichiarato ad una televisione francese che Umberto Bossi, il fondatore e leader del movimento politico Lega Nord, attualmente Ministro delle riforme per il federalismo gli avrebbe rivolto, in un passato non precisato, una richiesta d'aiuto per la secessione della Padania;
il Ministro Bossi ha replicato alla notizia, dichiarando di non aver alcun bisogno di chiedere aiuto a Gheddafi per la secessione della Padania, visto che la Lega dispone di tantissimi uomini e armi, tra l'altro prodotte in Lombardia;
nel libro «Umberto Magno» di Leonardo Facco, pubblicato l'anno scorso da Aliberti editore (pagina 379), si sostiene che da Gheddafi non si sono chieste le armi ma i finanziamenti necessari a svolgere attività politica -:
di quali elementi disponga il Governo in ordine ai fatti esposti in premessa e se non ritenga di dover fornire chiarimenti in relazione ai contenuti delle dichiarazioni del Ministro Bossi.
(4-11266)

LEOLUCA ORLANDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro delle riforme per il federalismo. - Per sapere - premesso che:
per smentire l'intervista in cui il leader libico Gheddafi aveva reso pubblica una richiesta di armi dalla Lega per favorire la secessione della Padania, il Ministro Bossi ha prontamente dichiarato: «Ma ti pare? Per fortuna abbiamo tantissimi uomini, e le armi le facciamo noi in Lombardia...»;
è già accaduto e continua ad accadere spesso che le affermazioni di esponenti della Lega Nord siano, nel loro intento provocatorio e di sfida, gravemente lesive della dignità del sentimento di identità nazionale;
già in altre occasioni il Ministro Bossi ha avuto modo di esprimersi sullo stesso tema contro l'Italia e le istituzioni; tratto dall'intervento durante la manifestazione leghista davanti alla prefettura di Bergamo, 8 dicembre 2007 e riportato dal quotidiano Libero, 9 dicembre 2007, ebbe a dire: «Il nostro popolo è pronto ad attaccare. Si dice che il paese stia andando a fondo, ma io conosco un solo paese, che è la Padania. Dell'Italia non me ne frega niente»; o ancora: «Se necessario, per fermare i romani che hanno stampato queste schede elettorali che sono una vera porcata, e non permettono di votare in semplicità e chiarezza, potremmo anche imbracciare i fucili» (Il Corriere della sera, 6 aprile 2008); e ancora: «Noi i fascisti li teniamo sotto tiro con il Winchester» (Il Mattino, 8 aprile 2008); «Questa è l'ultima occasione: o si fanno le riforme o scoppia un casino. Se la sinistra vuole scendere in piazza abbiamo trecentomila martiri pronti a battersi. E non scherziamo... mica siam quattro gatti, verrebbero giù anche dalle montagne con i fucili, che son sempre caldi» (citato nell'articolo dal titolo: «Se la sinistra vuole scontri, io ho 300.000 uomini. I fucili sono sempre caldi», pubblicato dal quotidiano Corriere della sera, 29 aprile 2008);
sono sempre di maggiore evidenza le posizioni politiche di molti esponenti della Lega Nord, che pur ricoprendo ruoli istituzionali, rilasciano dichiarazioni idonee a legittimare atti diretti ad alimentare ignoranza e paura, perseguendo una politica finalizzata a minare lo spirito unitario della Repubblica italiana, mortificando i

sentimenti di solidarietà, propri della nostra cultura e, indebolendo, inevitabilmente, la stessa idea di unità nazionale -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito ai contenuti delle dichiarazioni del Ministro Bossi riportate in premessa relative al possesso di armi a uso di un'eventuale secessione e se non ritengano di dover fornire chiarimenti al riguardo.
(4-11267)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

ALESSANDRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con il decreto del Presidente della Repubblica 12 luglio 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 10 agosto 1993, n. 186, è stato istituito l'ente parco nazionale delle foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. Tale parco ricomprende, tra le altre le località di Badia Prataglia, Moggiona (comune di Poppi), Serravalle (comune di Bibbiena), Val della Meta (comune di Chiusi della Vema) e le piccolissime frazioni all'interno dei comuni di Pratovecchio e Stia, tutte situate nella zona montana del Casentino, in provincia di Arezzo;
nella gestione amministrativa dell'ente si riscontrerebbero numerosi profili problematici in ordine a presunte, difformi, modalità di trattamento tra i cittadini che risiedono in differenti zone dei comuni appartenenti al parco, con realtà ed obblighi diversi a seconda che risiedano o meno nelle località situate nel parco;
infatti, qualora i cittadini di un comune risiedano in tali località sono soggetti a costi maggiori per pratiche relative ad esempio all'edilizia;
le popolazioni residenti all'interno del territorio amministrativo del parco lamentano altresì che i posti di lavoro persi nel settore dell'artigianato e del legno, non sono stati recuperati nel settore del turismo e ciò ha provocato fenomeni di spopolamento ed impoverimento del tessuto economico locale;
ulteriori criticità vengono lamentate con riguardo a supposte ingerenze perturbatrici di fonte politica che non permetterebbero una conduzione trasparente ed efficace dell'ente, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo del parco e la coesione economica e sociale del relativo territorio;
vi sarebbero anche lamentele sull'applicazione dei vincoli di protezione, che risulterebbero eccessivi e certe volte contrari alle stesse tutele che dovrebbero garantire, come ad esempio l'impossibilità di curare le vie interne e le cinture di sicurezza intorno alle abitazioni dove si acuiscono col passare degli anni i rischi per l'integrità dei beni privati, provocati dall'incursione di biungulati e vari animali selvatici non gestibili;
tutti i vincoli imposti dal parco non hanno determinato un incremento di posti di lavoro, anzi hanno determinato la situazione opposta: nel caso di Badia Prataglia, che comprende l'80 per cento circa degli abitanti del parco, il numero di persone impegnate in attività boschive è passato da circa 500 a circa 10;
sempre a Badia Prataglia il numero di abitanti si è ridotto da 2000 a circa 700, di cui il 70 per cento ultracinquantenne, proprio a causa dei forti vincoli del parco;
per superare agevolmente i profili problematici che oggi sembrano affliggere il territorio protetto del parco nazionale delle foreste Casentinesi, potrebbe essere utile costituire una specifica commissione, costituita da esperti e tecnici del luogo, volta ad individuare e ad esaminare e proporre risoluzioni le criticità gestionali

ed amministrative che concorrono a penalizzare l'azione di tutela e di promozione proprie dell'ente -:
se il Ministro non ritenga necessario valutare l'opportunità di promuovere una concertazione tra i rappresentanti legali dei comuni che rientrano nel territorio amministrativo del parco nazionale delle foreste Casentinesi, al fine di individuare soluzioni efficaci per un più corretto ed effettivo sviluppo del territorio ed un maggior coinvolgimento partecipativo dei cittadini del parco stesso;
se non ritenga necessario valutare la possibilità di assumere le necessarie iniziative, anche normative, dirette a istituire una consulta in tutti i parchi nazionali, espressione diretta degli abitanti residenti all'interno dei confini dei relativi parchi.
(5-04384)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito dal rapporto «L'impatto della plastica e dei sacchetti sull'ambiente marino» presentato il 9 marzo 2011 a Roma, nel Mediterraneo galleggiano 500 tonnellate di plastica, una vera e propria «isola di spazzatura» dovuta in gran parte ai sacchetti;
secondo i dati di Expedition Med, uno studio condotto dall'istituto francese Ifremer, su 40 stazioni analizzate al largo di Francia, Spagna e Nord Italia, la concentrazione più alta di rifiuti plastici è stata trovata a largo dell'Isola d'Elba, dove il numero di frammenti rilevato è di 892.000 elementi, contro una media di 115.000 frammenti plastici per chilometro quadrato;
secondo lo studio, la plastica rappresenta il principale rifiuto rinvenuto nei mari poiché costituisce dal 60 per cento all'80 per cento del totale dell'immondizia trovata nelle acque. I dati dell'Unep classificano i sacchetti al secondo posto tra i rifiuti trovati in spiaggia, preceduti solo dai filtri di sigaretta. Secondo uno studio di Arpa Toscana ogni ora di pesca con le reti a strascico preleva 4 kg di rifiuti, il 73 per cento dei quali costituito da materiale plastico, soprattutto sacchetti. Non va meglio nell'Adriatico, dove il battello oceanografico Daphne della regione Emilia Romagna ha raccolto dragando un miglio di fondale 13 buste di plastica e 4 tra bottiglie e altri contenitori;
secondo l'Unep e l'Agenzia di protezione ambiente svedese, di 115 specie di mammiferi marini 49 sono a rischio intrappolamento o ingestione di rifiuti marini. Elefanti marini, delfini, capodogli, lamantini sono tutti stati trovati ingerire sacchetti di plastica. Nelle tartarughe il sacchetto di plastica, scambiato per una medusa, provoca il blocco del tratto digestivo e il conseguente soffocamento. Di 312 specie di uccelli marini, 111 sono note per aver ingerito rifiuti plastici. Tra i 700.000 e un milione di uccelli marini rimangono ogni anno uccisi per soffocamento o intrappolamento -:
di quali dati disponga in merito al problema evidenziato in premessa il Governo e quali provvedimenti intenda assumere a tutela dell'ambiente marino.
(4-11248)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 10 marzo 2011 è stata diffusa la notizia che l'Italia è all'attenzione della Commissione europea per non conformità della propria legislazione nella trasposizione della direttiva dell'Unione europea sulla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive;
l'Unione europea ha infatti deciso di inviare all'Italia una lettera messa in

mora, che rappresenta la prima fase della procedura di infrazione al trattato unione europea;
la direttiva europea sulla gestione delle industrie estrattive risale al 2006 ed è stata recepita nell'ordinamento italiano con un decreto legislativo del 2008 -:
come intenda rispondere il Governo alla messa in mora.
(4-11249)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

GIULIETTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Cinecittà Luce spa nasce nel 2009 dalla fusione di Cinecittà Holding con l'Istituto Luce, che è una società pubblica interamente detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze;
la fusione venne portata avanti - con sacrifici ingenti da parte dei lavoratori - in cambio della promessa, da parte del Ministero per i beni e le attività culturali, della creazione di un'agenzia che rilanciasse l'intero settore: una sorta di quello che in Francia è il centro nazionale di cinematografia, che fornisce anche aiuto economico;
in seguito alla fusione non solo non è stata creata alcuna agenzia ma Cinecittà Luce ha subito, anno dopo anno, la decurtazione dei fondi: dal Fondo unico dello spettacolo (Fus) ha ricevuto 29 milioni nel 2004, 27 milioni nel 2005, 17,2 milioni nel 2010;
per il 2011 dal suddetto Fondo è previsto un finanziamento di soli 7,5 milioni di euro, cifra del tutto insufficiente a garantire la sopravvivenza della società;
inoltre, lo stanziamento deciso dal Governo per il Fus scende a 231 milioni di euro, rispetto ai 258 iniziali. Alcuni commi della legge di stabilità 2011 hanno previsto il rinvio a provvedimenti del Ministero dell'economia riguardanti eventuali scostamenti dagli introiti provenienti dalla vendita alle compagnie telefoniche delle frequenze del digitale terrestre;
il congelamento di 27 milioni di euro del Fus che comprende tutto il «comparto cultura» porterà, così, ad un'ulteriore riduzione della quota già minima dei 7,5 milioni di euro per Cinecittà Luce per tutto il 2011;
si tratta di un'azienda che ha un bilancio in attivo da tre anni e rappresenta un vero patrimonio ineguagliabile di memoria e di materiali audiovisivi; è la più antica istituzione pubblica destinata alla diffusione cinematografica a scopo didattico e informativo del mondo;
la tutela dell'archivio di pellicole infiammabili, che vanno conservate con tecniche e modi particolari, richiede manutenzione e conservazione con tecniche particolari, per cui la decurtazione dei fondi rappresenta un pericolo per il patrimonio ineguagliabile che Cinecittà Luce detiene;
l'azienda, inoltre, rischierebbe la chiusura. L'allarme è stato lanciato da diverse associazioni di categoria -:
quale sarà il futuro di Cinecittà Luce spa;
come il Ministro valuti l'ipotesi di chiusura di uno dei simboli più prestigiosi della cultura italiana e del cinema mondiale quale è Cinecittà Luce spa e quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di evitare la paralisi, ovvero, la chiusura di una attività preziosissima per l'intero comparto cinematografico;
quali siano i motivi per cui non è stato creato il centro nazionale di cinematografia;

quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine di ottenere adeguati fondi per la cultura italiana.
(4-11250)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 3 della legge n. 86 del 2001 al comma 1, stabilisce che «il personale dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica impegnato in esercitazioni od in operazioni militari caratterizzate da particolari condizioni di impiego prolungato e continuativo oltre il normale orario di lavoro, non è assoggettato, durante i predetti periodi di impiego, alle vigenti disposizioni in materia di orario di lavoro ed ai connessi istituti a condizione che le predette attività si protraggono senza soluzione di continuità per almeno quarantotto ore»; il successivo comma 4 cita: «il personale può essere impegnato nelle attività di cui al comma 1 fino ad un massimo di 120 giorni l'anno e per non più di 12 ore giornaliere, salvo il verificarsi di comprovate ed inderogabili esigenze di carattere operativo. Durante lo svolgimento delle predette attività devono essere garantiti al personale il recupero delle energie psicofisiche e comunque la fruizione di adeguati turni di riposo»; al comma 5 dispone che l'efficacia dell'ordine decorre dalla data di «operatività dell'indennità»; infine il successivo comma 6 demanda l'attuazione dell'«indennità sostitutiva del compenso per lavoro straordinario e del recupero compensativo» alle successive procedure di concertazione;
l'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 171, a seguito delle procedure di concertazione, ha disposto che «al personale impiegato in esercitazioni o in operazioni militari caratterizzate da particolari condizioni di impiego prolungato e continuativo oltre il normale orario di lavoro, che si protraggono senza soluzione di continuità per almeno quarantotto ore con l'obbligo di rimanere disponibili nell'ambito dell'unità operativa o nell'area di esercitazione, continua a essere corrisposto il compenso forfettario di impiego, istituito con l'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, nelle misure giornaliere attualmente in vigore e riportate nell'allegata tabella 2, da corrispondere in sostituzione agli istituti connessi con l'orario di lavoro, per un periodo non superiore a 120 giorni all'anno»;
con le «Disposizioni applicative sull'orario di servizio e sul compenso per il lavoro straordinario», edizione 2006 e successive varianti, al punto 3, lettera C, lo stato maggiore della Marina - 1o reparto personale - ufficio 2° - sezione 3a ha disposto che «nell'arco di una giornata (00.00-23.59) le ore di navigazione eccedenti l'orario lavorativo in vigore (36 ore settimanali) danno luogo alle eccedenze massime di 4,5 ore lavorative per i giorni feriali e 12,00 festivi e che le ore di navigazione di durata inferiore all'arco di una giornata (00.00-23.59) svolte in eccedenza all'orario di lavoro, sono compensate proporzionalmente alle suddette eccedenze massime» -:
se il Ministro sia a conoscenza delle disposizioni in premessa;
se non ritenga necessario assumere le opportune iniziative affinché in tutte le attività di navigazione sia corrisposto all'equipaggio delle unità navali interessate lo straordinario in misura corrispondente alla durata del servizio di navigazione o in alternativa al medesimo personale sia corrisposto il compenso forfettario di impiego.
(4-11251)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 12 marzo 2011 un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano dal titolo «Esercito, le Ferrari in elicottero. Ma nessuno vuol pagare il conto» ha reso noto che numerosi mezzi dell'esercito sono stati resi disponibili a titolo gratuito ad una nota società automobilistica per il trasporto di autovetture in una località «Pan de Corones, Alto Adige» a scopo pubblicitario;
il tenore dell'articolo e la necessaria considerazione che le Forze armate vivono un periodo di continui tagli di bilancio e notevoli ristrettezze economiche che tra le altre non consentono al Governo di garantire gli impegni economici assunti nei confronti del personale militare, fanno apparire simili operazioni pubblicitarie inutili e dannose al morale dei cittadini militari e di quelli che onestamente pagano le tasse. Inoltre, le affermazioni in merito del colonnello Mario Centritto, riportate nell'articolo, appaiono agli interroganti quantomeno fuori luogo -:
quale sia stata la spesa sostenuta dal Ministero della difesa e quali siano le ragioni di tale operazione che ha visto l'impiego di numerosi uomini e mezzi dell'Esercito;
se sia intenzionato a far pagare la spesa complessivamente sostenuta alla società automobilistica di cui in premessa;
se il Ministro interrogato abbia impartito disposizioni per autorizzare l'evento e se abbia segnalato i fatti all'autorità giudiziaria e alla magistratura contabile competente affinché questi siano adeguatamente valutati sotto il profilo della sussistenza di eventuali responsabilità penali o di danno erariale.
(4-11263)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Repubblica, edizione di Bari, dell'11 marzo 2011, un articolo dal titolo «Militare italiano morto ad Herat "Non fu un malore, riaprite il caso"» ha diffuso la notizia secondo cui il «Il caporale scelto Francesco Positano, 29enne militare foggiano della Brigata Alpina Taurinense del 32o reggimento del genio guastatori di Torino, potrebbe appunto non essere deceduto per un malore.»;
nel medesimo articolo si legge che «il militare però non morì per un malore. Lo stabilisce il referto dell'autopsia, depositato a gennaio, poco prima dell'archiviazione. Dall'esame necroscopico sul corpo del caporale scelto fu effettuata il 16 luglio dall'equipe di Vittorio Fineschi dell'università di Foggia e dal referto, depositato a gennaio, emerge infatti che il giovane non fu colto da malore. Il corpo presentava una ferita da impatto alla tempia e a una alla spalla, mentre il cranio era fracassato. Se fosse caduto dal Buffalo, alto due metri e mezzo, non avrebbe riportato ferite di tali proporzioni, anche perché indossava l'elmetto. Probabilmente il mezzo non era fermo, come invece era stato detto in un primo momento, ma in manovra. Inoltre il corpo è stato trovato a circa due metri dal Buffalo e a pancia in su, come se fosse stato urtato violentemente e sbalzato più lontano.»;
il Ministro interrogato, rispondendo ad una interrogazione (4-07795) sul decesso del militare, affermò che «i primi elementi d'informazione dei competenti organi tecnico-operativi ipotizzano che lo stesso possa essersi verificato a seguito dei traumi riportati per effetto della caduta accidentale dal mezzo. Le cause potranno essere meglio chiarite dall'inchiesta sommaria disposta ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010,

n. 90 ("Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare");» -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti in premessa e quali siano state le conclusioni dell'inchiesta sommaria svolta dai competenti organi militari.
(4-11264)

EVANGELISTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la mancata ratifica del Trattato per la messa al bando delle cluster bomb, firmato dal nostro Paese a Oslo il 3 dicembre 2008, rappresenta un grave ritardo rispetto all'importanza di un impegno che ha portato alla storica firma di oltre cento nazioni verso un accordo umanitario, raggiunto nella convergenza internazionale per il rispetto della vita umana contro la cieca brutalità di un ordigno bellico devastante;
le cluster bomb prima di esplodere, disseminano migliaia di proiettili che rimangono letali a distanza di decenni dalla fine dei conflitti, continuando a fare numerose vittime tra i civili, soprattutto i bambini; alla messa al bando non aderiscono quelle nazioni che sono le massime produttrici e utilizzatrici di queste armi così letali per i civili delle aree dilaniate dalle guerre, tra cui gli Stati Uniti;
i 111 Paesi che aderiscono al Trattato avranno otto anni per distruggere, smettere di costruire, vendere e immagazzinare questo tipo di ordigni;
su impegni internazionali di questo rilievo, non essere tempestivi nella ratifica risulta essere un segno di debolezza e di un mancato riconoscimento del ruolo del nostro Paese, nel rafforzare un così alto impegno umanitario;
è nel riconoscimento dell'importanza di portare avanti con senso di responsabilità gli impegni presi a Oslo, che non devono passare sotto silenzio le dichiarazioni riportate nei cable di WikiLeaks pubblicati sugli organi di stampa nazionali ed esteri, riguardo alla presenza di cluster bomb nella base di Camp Darby a Pisa;
se la base di Pisa è sotto controllo americano non soddisfa la specifica del trattato per cui l'Italia è responsabile delle cluster bomb sotto la propria giurisdizione e controllo, mentre in alternativa potrebbero rimanere nella base finché non verranno distrutte in ottemperanza dell'impegno preso con sottoscrizione e ratifica del Trattato stesso;
mantenere la massima trasparenza su una questione così determinante per la credibilità stessa degli impegni presi a Oslo, esige di non ignorare, anche il più piccolo dubbio su di un'ipotetica presenza di un ordigno messo al bando per la crudeltà disumana delle sue conseguenze sulla popolazione civile -:
di quali informazioni disponga in merito alla presenza di cluster bomb nella base di Camp Darby di Pisa e se non ritenga indispensabile prevedere una richiesta formale di chiarimento al comando statunitense della base;
quali interventi urgenti intenda adottare per chiarire il reale impegno del nostro Paese nella messa al bando di cluster bomb.
(4-11269)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
le turbolente vicende che stanno investendo i Paesi nord-africani in generale e la Libia in particolare, stanno anche provocando forti tensioni sui mercati dei prodotti petroliferi e continui rialzi del prezzo alla pompa dei carburanti per autotrazione;
nonostante il prezzo del greggio sia ancora molto lontano dal record del 2008

(la differenza è di 42 dollari al barile), in questi giorni il prezzo della benzina ha toccato il record storico di 1,59 euro al litro (con punte di 1,61 in Campania per effetto delle addizionali) contro l'1,58 registrato nel 2008;
secondo le compagnie petrolifere sul prezzo attuale della benzina peserebbe la debolezza della moneta europea rispetto al dollaro;
altra motivazione per giustificare il rincaro è costituita dall'impossibilità di influire sulla quotazione del prezzo della benzina che è fatta dall'indice americano Platt's e alla quale si uniformano le compagnie;
il Platt's è una società di New York del gruppo MacGraw Hill dal 1909 pubblica giornalmente 8.400 prezzi calcolati in 17 uffici nel mondo (per l'Europa la base è a Londra);
la società americana ha sempre sostenuto, tuttavia, di aver quotato il prezzo del carburante in base alle oscillazioni del petrolio, documentando tale tesi con uno spreadsheet contenente le quotazioni degli ultimi due anni, partendo dai picchi dell'estate 2008, in cui si evince che le oscillazioni rispecchiano l'andamento del greggio;
il Platt's, secondo quanto sostenuto dal direttore delle relazioni esterne, comunica il valore nei due porti di Genova e Savona, escludendo le spese ulteriori di trasporto e logistica dai due scali a qualsiasi punto del vostro Paese;
una rete distributiva italiana farraginosa, antiquata e costosa, piena di diseconomie, a partire dalla capillarità della rete potrebbe dunque essere una delle cause principali delle marcate differenze di prezzo della benzina;
questi continui rincari stanno gravando pesantemente sui bilanci delle famiglie e su numerose categorie produttive; secondo le stime delle associazioni di consumatori questi rincari della benzina, tra incidenza diretta ed inflazione, potrebbe portare ad una stangata di circa 1.200 euro nell'arco dell'anno per le famiglie italiane;
la riduzione delle imposte che gravano sui carburanti è stata disposta con il decreto ministeriale del 7 marzo 2008, «Riduzione delle aliquote di accisa sui prodotti energetici usati come carburanti ovvero come combustibili per riscaldamento per usi civili», che, in applicazione dell'articolo 1, comma 290, della legge finanziaria 2008, riduceva temporaneamente, cioè solo per il periodo dal 20 marzo fino al 30 aprile, le accise sui carburanti (con un effetto di riduzione sulla componente fiscale del prezzo alla pompa pari a circa 2 centesimi al litro);
successivamente l'intervento è diventato automatico,in quanto il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», all'articolo 9 in materia di «sterilizzazione dell'IVA sugli aumenti petroliferi» ha previsto che la sterilizzazione dell'iva sui prodotti petroliferi introdotta dalla finanziaria 2008 sia effettuata, con decreto del Ministro dell'economia di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, ogni volta che si verifichino aumenti superiori al valore indicato esclusivamente nel documento di programmazione economica finanziaria;
tale previsione pur essendo in vigore da oltre due anni, di fatto, non è mai stata applicata limitando la portata della misura fortemente richiesta da famiglie e categorie produttive;
sempre secondo le associazioni dei consumatori nel 2011 lo Stato potrebbe incassare maggiori entrate per effetto dei rincari della benzina pari a 1.812 milioni di euro;
appare quanto mai censurabile il fatto che lo Stato faccia cassa sulle spalle dei cittadini e delle attività produttive maggiormente interessate ai rincari;

inoltre è dal giugno del 2010 che le quotazioni del greggio sono superiori ai 70 dollari al barile previsti dal DPEF oltre il quale si doveva intervenire -:
se non ritenga, stante la situazione economica ed il rischio concreto che inflazione e rincari della benzina potrebbero determinare un ritardo o un mancato aggancio della ripresa economica da parte del nostro Paese, di assumere un'iniziativa normativa, rendendo effettiva la sterilizzazione delle accise sui carburanti;
se non ritenga, tenuto conto del costo sociale netto in danno del consumatore finale, di assumere iniziative innanzitutto per rivedere il regime generale delle accise sui prodotti petroliferi, cancellando il peso fiscale di quelle oramai divenute anacronistiche e superate.
(2-01002)
«Compagnon, Libè, Occhiuto, Ciccanti».

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:

DIONISI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel febbraio del 2010 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra provincia di Roma ed il tribunale di Roma «per l'utilizzo presso il Tribunale stesso di lavoratori in cassa integrazione e mobilità»;
per la maggior parte sono lavoratrici e lavoratori provenienti dalla procedure di messa in mobilità e cassa integrazione di Alitalia e Eutelia;
grazie a questo protocollo 230 lavoratori sono stati impiegati presso gli uffici giudiziari del distretto della Capitale in un tirocinio formativo, grazie al quale è stato possibile garantire l'attività ordinaria e recuperare il pregresso;
sia il presidente del tribunale di Roma che il procuratore generale presso la corte di appello di Roma hanno espresso parole di apprezzamento per l'attività svolta dai 230 tirocinanti, ribadendone l'utilità e auspicando il prosieguo di tale esperienza;
il 7 giugno 2011 tuttavia, per molti di questi lavoratori si concluderà questa esperienza e la professionalità acquisita in questo anno di formazione verrà dispersa senza la possibilità di intravedere alcun seguito;
la stessa sorte potrebbe toccare a migliaia di altri lavoratori di altre province italiane dove sono stati sottoscritti simili protocolli che al momento costituiscono una vera e propria boccata d'ossigeno per gli uffici giudiziari in forte sofferenza di personale -:
se non ritenga necessario ed opportuno adottare ogni utile iniziativa volta a garantire il prosieguo dell'attività svolta dai tirocinanti presso gli uffici giudiziari di Roma, valutando anche la possibilità di trasformare il tirocinio in un rapporto a tempo determinato fino al termine del blocco delle assunzioni nel pubblico impiego previsto per il 2013.
(3-01510)

SANTELLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 12 marzo ha avuto luogo a Roma una manifestazione in difesa della Costituzione, definita C-Day e promossa dai partiti di centro sinistra e da associazioni e movimenti che fanno riferimento alla stessa area politica;
la manifestazione di Roma, al pari di quelle organizzate in altre piazze italiane, aveva il dichiarato obiettivo di stigmatizzare le attività del Governo in carica e la riforme proposte per restituire efficienza e modernità al nostro Paese;
dal palco di Roma Antonio Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo, ha tenuto un lungo discorso criticando la riforma costituzionale della giustizia, arringando alla folla come in un comizio e accusando il Governo di voler «sfigurare i

princìpi fondamentali della Costituzione così come disegnati dai padri costituenti»;
la riforma proposta dal Governo, al contrario, mira a ristabilire un equilibrio tra i poteri dello Stato con l'obiettivo di ripristinare il giusto processo attraverso la parità tra accusa e difesa che, oggi, di fatto è stato demolita. Tant'è vero che anche il magistrato Guido Salvini, dalle colonne del Riformista, denuncia il rischio di un appiattimento dei giudici sui pubblici ministeri ed il pericolo dell'eccessiva politicizzazione del Csm, sempre più dominato delle correnti e dalle loro spartizioni clientelari -:
se il Ministro interrogato non ritenga assumere iniziative di competenza a fronte della condotta del magistrato Ingroia, così come degli altri magistrati che si espongono pubblicamente mettendo a rischio il loro ruolo istituzionale;
quali azioni di competenza intenda intraprendere per evitare la strumentalizzazione politica del ruolo autonomo ed indipendente dei magistrati.
(3-01512)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCHIRRU, CALVISI, FADDA e MELIS. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con nota GDAP-0086852-2011 dell'1o marzo 2011, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria annunciava la dismissione delle scuole di formazione del personale di polizia penitenziaria - Portici (Napoli) e Monastir (Cagliari) - e di avviare un progetto di riconversione ad altro uso per la scuola di Verbania;
la scuola di formazione e aggiornamento del Corpo di polizia e del personale dell'amministrazione penitenziaria di Monastir (di seguito denominata soltanto «SFAP»), conta sei aule didattiche attrezzate che possono ospitare circa 130 corsisti, un auditorium con capienza di 110 posti, una sala docenti e i relativi servizi logistici (bar/sala convegno - mensa di servizio per circa 200 commensali - campi di calcetto/sport/tempo libero, palestra attrezzata), nonché di una caserma che, con modifiche minime, potrebbe ospitare 120 persone con adeguati comfort alberghieri. Opera all'interno di essa un moderno poligono, utilizzato, oltre che dalla polizia penitenziaria, anche dalle altre forze dell'ordine (guardia di finanza, forestale e altre);
l'albo docenti molto accreditato, annovera, tra gli altri, i docenti la cattedra di diritto e procedura penale dell'università di Cagliari (professor Leonardo Filippi), di psicologia dell'università di Cagliari (professoressa Cristina Cabras), nonché magistrati e dirigenti della locale procura e questura, oltre che i dirigenti penitenziari della regione Sardegna e i commissari di polizia penitenziaria;
la SFAP è stata molto attiva nella programmazione dei corsi, tra cui si ricorda, negli ultimi anni (2006/2010):
il corso di guida sicura svoltosi sulla base di una convenzione tra il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, l'ASL n. 8 - Servizio 118 - e il coordinamento territoriale associazione volontari del soccorso. Detto corso che si è tenuto tra il 2005/2007, è stato estremamente interessante e ha coinvolto l'intero territorio nazionale formando circa 560 corsisti tra il 2006 e il 2007. È stato chiuso dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nel 2008;
per l'anno 2007, si sono svolti 5 edizioni del PEA 7 e 5 edizioni del PEA 8, 14 edizioni del corso guida sicura, il corso di vice sovrintendenti di polizia penitenziaria, il 157° corso allievi agenti, una edizione sulla procedura stipendi e una edizione di un corso rivolto a dirigenti penitenziari e comandanti di reparto che ha visto il coinvolgimento altissimo di 530 corsisti, con esclusione di coloro che hanno fatto accesso al poligono di tiro;
per l'anno 2008 si sono svolti ben 12 corsi ed un convegno, a cui bisogna

aggiungere l'utilizzazione del poligono per circa 50 giorni all'anno, con una partecipazione media di 500 poliziotti;
per l'anno 2009, si sono svolte più edizioni del seminario «Droghe emergenti e strategie di contrasto ed il corso per vice sovrintendenti con una presenza di circa 123 corsisti, a cui occorre aggiungere anche la partecipazione della polizia penitenziaria e delle altre forze di polizia presso il locale poligono di tiro;
per l'anno 2010, si è svolto il 161° corso allievi agenti con la presenza di circa 77 agenti e altri piccoli corsi di durata breve;
deve altresì rammentarsi che sono stati presentati altri corsi specialistici sulla tossicodipendenza («D.A.N.D.I. - Droghe, alcool e nuove dipendenze») che seppure finanziati non si sono realizzati nel corso del 2010 e 2011, perdendo un finanziamento di 18.000 euro circa;
inoltre la SFAP di Monastir, per spese di funzionamento, manutenzione e docenze gestisce sui propri capitoli di bilancio, circa 500.000,00 euro spesi integralmente sul territorio regionale;
infine, deve ricordarsi che ha operato con un contingente di personale di polizia penitenziaria e del comparto Ministeri, inferiore alle altre Scuole di formazione della Repubblica con risultati veramente lusinghieri in relazione ai corsi espletati. Per cui gli obiettivi perseguiti in relazione alle risorse disponibili è stato veramente eccellente, tant'è che il costo formativo dal 2006 al 2009 è stato veramente ottimo;
corsi e attività che sarebbero trasferiti nella penisola, con grande dispendio di risorse, per il trasporto, le missioni, la permanenza dei corsisti fuori sede, e una maggiore assenza dal servizio dei poliziotti in formazione che prestano servizio sull'isola;
sul territorio nazionale operano ben nove scuole di formazione per l'amministrazione penitenziaria (Verbania, Parma, Cairo Monte Notte, Sulmona, Roma-Via di Brava, Aversa, Portici, Catania e Monastir), alcune dove operano due scuole di formazione e, non si comprende la penalizzazione della Sardegna, ove viene inibita la formazione non solo del proprio personale ma anche quello potenziale di altre strutture (polizia locale, forestale e altre amministrazioni pubbliche);
la Fp-Cgil comparto sicurezza ha espresso contrarietà soprattutto in considerazione della promessa assunzione di alcune migliaia di uomini e donne della polizia penitenziaria che in quelle scuole andrebbero formati;
se la notizia della dismissione dovesse essere confermata ci si troverebbe di fronte all'ennesima crisi occupazionale nella regione e nel territorio, già duramente colpito dalla crisi economica, tenendo conto che intorno alla scuola ruotano servizi di pulizia esterna e sono stati operati interventi di manutenzione considerevoli da parte anche dell'amministrazione comunale di Monastir, l'ultimo un rifacimento di 500.000 euro per le condotte idriche -:
se non ritenga di riconsiderare la decisione tenuto conto dell'antieconomicità di indirizzare il personale sardo, per esigenze di formazione, nel continente e della necessità della Sardegna, in forte crisi economica, di mantenere intatte le strutture di formazione presenti nel territorio, che con uso più razionale potrebbe essere utile per la formazione di tutto il personale della pubblica amministrazione.
(4-11240)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa DIRE dell'11 marzo 2011, nelle carceri in Emilia-Romagna il sovraffollamento starebbe cominciando a portare grandi «preoccupazioni dal punto di vista

igienico-sanitario e infettivo, con casi di contagio che stanno interessando anche agenti della Polizia penitenziaria»;
la denuncia proviene dai sindacati della polizia penitenziaria in una lettera inviata ai vertici dell'amministrazione penitenziaria e al presidente della regione, Vasco Errani: le richieste sono quelle già avanzate nelle ultime settimane, ovvero di avere rinforzi di personale al più presto per coprire le vacanze d'organico;
secondo i sindacati la situazione dell'Emilia-Romagna è la peggiore del centro-nord, atteso che rispetto alla capienza regolamentare ci sono 2.000 detenuti in più e 700 agenti in meno, per un indice di sovraffollamento che supera il 180 per cento, a fronte di un dato nazionale del 140 per cento;
particolarmente critica la condizione di lavoro del nucleo traduzione e piantonamenti (che si occupa di accompagnare i detenuti ai processi o di sorvegliare gli arrestati in ospedale) delle varie carceri regionali, il che, a giudizio dei sindacati, mette a rischio la sicurezza non solo dei poliziotti ma di tutte le strutture penitenziarie e dei cittadini -:
quali azioni il Ministro interrogato intenda attuare al fine di intervenire sul grave sovraffollamento del sistema carcerario della regione Emilia-Romagna;
se, a fronte della persistente carenza di organico, il Governo non ritenga di prevedere all'ulteriore messa in servizio di personale tecnico (educatori, assistenti sociali, e altri) e di polizia penitenziaria al fine di ottemperare alle attuali previsioni organiche;
in che modo e in quali tempi il «piano carceri» riguarderà la situazione penitenziaria emiliano-romagnola, quanti posti in più si preveda di rendere disponibili e con quale personale, considerata la già vistosa attuale carenza di agenti, psicologi, educatori, assistenti sociali;
in che modo si pensi di poter affrontare - nella situazione igienico-sanitaria sopra descritta delle carceri romagnole e, in particolare, in previsione dell'arrivo dell'imminente periodo estivo - il rischio di diffusione di malattie infettive.
(4-11246)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da Il Velino in data 7 marzo 2011, sabato cinque marzo, verso le 19, un giovane detenuto straniero ristretto presso l'istituto penale per i minorenni di Palermo, avrebbe tentato il suicidio mediante impiccamento all'interno della propria cella;
il giovane detenuto ha tentato di impiccarsi utilizzando i lacci delle scarpe che ha stretto al collo, realizzando cosi un cappio, e, legandoli alle sbarre delle finestra, si è lasciato cadere dal davanzale sul quale era salito. Il giovane è stato prontamente soccorso dal personale di Polizia Penitenziaria in servizio, che ha evitato che l'uomo riuscisse a soffocarsi -:
se nei confronti del minorenne siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza, protettive ed educative previste e necessarie;
se il ragazzo soffrisse di problemi psicologici e se lo stesso fosse seguito dagli psicologi del carcere minorile;
se non ritenga opportuno disporre il passaggio del detenuto ad un regime detentivo più sorvegliato e tutelato, proprio per evitare che lo stesso possa tentare nuovamente di togliersi la vita;
se risulti coperto l'organico previsto per ogni ruolo operativo presso l'istituto penale per i minorenni di Palermo;
se e quali misure intenda attuare per implementare il ruolo rieducativo della detenzione carceraria.
(4-11252)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA dell'11 marzo 2011, nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa un internato transessuale sarebbe stato sottoposto a violenza sessuale;
l'uomo, secondo quanto denunciato da una psichiatra, sarebbe stato costretto ad avere rapporti orali con due agenti della polizia penitenziaria;
sulla vicenda Imma Battaglia, Presidente di DiGay Project, ha dichiarato quanto segue: «La notizia della violenza sull'internato transessuale dell'Opg di Aversa è terribile. Noi di DiGay Project, che da anni ci impegniamo a portare negli istituti di contenzione l'idea di un carcere diverso, vorremmo consegnare una targa di ringraziamento alla psichiatra che ha denunciato gli abusi da parte delle guardie penitenziarie, dimostrando ancora una volta che le donne sono sempre più sensibili al tema della violenza e più coraggiose nella denuncia» -:
di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
se sulla vicenda intenda aprire una indagine amministrativa interna e, se del caso, quali provvedimenti disciplinari intenda adottare nei confronti dei due agenti di polizia penitenziaria coinvolti.
(4-11254)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 9 marzo 2011, nel carcere di Spoleto starebbero per arrivare altri 100 detenuti;
l'arrivo di queste persone andrà ad appesantire la situazione, già al limite della sostenibilità, del penitenziario spoletino. Nel 2010 a Maiano infatti si sono registrati tra i detenuti 67 atti di autolesionismo, un suicidio, 6 tentati suicidi, tre aggressioni ai danni degli agenti penitenziari e 59 scioperi della fame. La capienza dell'istituto è di 450 reclusi, ma i dati al 31 dicembre 2010 indicano una presenza di 676 detenuti; le sezioni sono aumentate da 13 a 19, le celle di tre metri per tre, concepite per ospitare un solo detenuto, ne ospitano due e si pensa di inserire anche un terzo letto, lo spazio comune per la ricreazione dei detenuti è stato soppresso per la carenza di agenti di sorveglianza;
la situazione insomma è destinata a divenire ancora più drammatica, con gli agenti penitenziari che attualmente stanno cercando di mantenere, tra mille difficoltà, una pacifica convivenza tra detenuti ma sono costretti a sopperire alla carenza di organico facendo turni massacranti e gli straordinari che non vengono loro pagati -:
se non intenda rivedere la decisione di inviare 100 detenuti nel carcere di Spoleto, anche alla luce delle gravi carenze strutturali e di personale di cui soffre la predetta struttura penitenziaria;
se il Ministro interrogato non ritenga di dover urgentemente intervenire per risolvere i problemi di carenza di agenti e di sovraffollamento presente nel carcere di Spoleto.
(4-11256)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto pubblicato sul quotidiano La Sicilia del 10 marzo 2011, nella casa circondariale di Giarre, su 45 unità previste in organico, solo 33 sono quelle operative a disposizione;
secondo il segretario regionale dell'OSAPP, «se su carceri come quelle di Messina, Catania, Enna e Siracusa, l'evidenziatore è di colore rosso, su Giarre, trattandosi di una struttura di II livello, il

problema non ha, spesso, ed è comprensibile, la stessa rilevanza ma resta il fatto che, anche qui esiste un organico non sufficiente: meno 12 poliziotti rispetto al numero assegnato. Questo fa sì che anche Giarre venga indicata tra quelle carceri della Sicilia orientale dove il problema della carenza di organico è ben più tangibile rispetto ad altre zone della Sicilia. Malgrado la struttura ospiti detenuti che non devono scontare pene alte il carico di lavoro viene distribuito tra il personale a disposizione e questo comporta disagi»;
in un documento dell'OSAPP indirizzato anche al presidente della commissione speciale sulla situazione carceraria in provincia di Siracusa, dottor Carmelo Spataro, viene scritto che «Tale grave carenza è quantificabile negli istituti della provincia di Messina, Catania, Siracusa ed Enna in 400 unità circa a fronte delle 518 che risultano mancanti al contingente della Sicilia. Alle carenze devono sommarsi la scarsità delle risorse economiche per il pagamento dei servizi di missione, per la corresponsione degli straordinari, per la normale manutenzione degli automezzi adibiti ai servizi di traduzione e per tutte quelle peculiarità che hanno ripercussione sulla qualità del servizio della polizia penitenziaria» -:
quali azioni il Ministro interrogato intenda attuare al fine di intervenire sul grave sovraffollamento del sistema carcerario della regione Sicilia;
se, a fronte della persistente carenza di organico, il Governo non ritenga di prevedere all'ulteriore messa in servizio di personale tecnico (educatori, assistenti sociali, e altri) e di polizia penitenziaria al fine di ottemperare alle attuali vacanze organiche che si registrano presso il carcere di Giarre;
in che modo e in quali tempi il «piano carceri» riguarderà la situazione penitenziaria siciliana, quanti posti in più si preveda di rendere disponibili e con quale personale, considerata la già vistosa attuale carenza di agenti, psicologi, educatori, assistenti sociali;
quali iniziative di propria competenza intenda adottare al fine di reperire le risorse economiche necessarie al pagamento dei servizi di missione e degli straordinari agli agenti di polizia penitenziaria cosi come indicato nel documento inviato dall'Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria al presidente della commissione speciale sulla situazione carceraria in provincia di Siracusa.
(4-11257)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del giorno 8 marzo 2011, Jacopo Merani, ristretto nel carcere di Monza, avrebbe tentato il suicidio;
l'uomo, accusato di omicidio e in attesa di giudizio, ha tentato di uccidersi tra le mura della cella dov'era detenuto impiccandosi con un cappio realizzato con il materiale a disposizione, verosimilmente un lenzuolo. L'intervento degli agenti della polizia penitenziaria ha evitato la tragedia -:
se nei confronti del detenuto in questione siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza, protettive ed educative previste e necessarie;
se risulti che l'uomo soffrisse di problemi psicologici e se lo stesso fosse seguito dagli psicologi del carcere;
se non ritenga opportuno disporre il passaggio del detenuto ad un regime detentivo più sorvegliato e tutelato, proprio per evitare che lo stesso possa tentare nuovamente di togliersi la vita;
se risulti coperto l'organico previsto per ogni ruolo operativo presso il carcere di Monza;
se e quali misure intenda attuare per implementare il ruolo rieducativo della detenzione carceraria.
(4-11258)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 8 marzo 2011, un genovese di 29 anni si è tolto la vita inalando gas nel bagno della sua cella ubicata nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino;
l'uomo è stato trovato morto dagli agenti penitenziari. Inutili i soccorsi. Accanto al cadavere, gli agenti hanno scoperto una bomboletta di gas in dotazione ai detenuti. Sul caso è stato aperto un fascicolo da parte della procura della Repubblica di Firenze;
sulla vicenda Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), ha dichiarato: «La notizia dell'ennesimo detenuto suicida è sempre, oltre che una tragedia personale e familiare, una sconfitta per lo Stato. È inevitabile che il carcere determini, come autorevolmente sottolineato dal Comitato nazionale per la bioetica, crisi di identità, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. E allora, proprio ora che si parla di una riforma epocale della giustizia, bisognerebbe darsi concretamente da fare per un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Serve un carcere nuovo e diverso perché quello attuale è un fallimento. Nell'ambito delle prospettive future occorre che lo Stato, pur mantenendo la rilevanza penale, indichi le condotte per le quali non è necessario il carcere, ipotizzando sanzioni diverse, ridisegnando in un certo senso l'intero sistema. E la polizia penitenziaria è sicuramente quella propriamente deputata al controllo dei soggetti ammessi alle misure alternative» -:
se nei confronti della persona che si è tolta la vita nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza, protettive ed educative previste e necessarie;
se, alla luce di recenti avvenimenti e nel rispetto dei più elementari diritti individuali, non ritengano di dover urgentemente intervenire, negli ambiti di rispettiva competenza, affinché nei confronti delle persone recluse negli ospedali psichiatrici giudiziari vengano assicurate condizioni di vita dignitose.
(4-11259)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, è un istituto che risale al 1876, anno in cui fu creata la prima sezione carceraria per «maniaci»; i reparti dell'istituto sono del tutto obsoleti e adatti più per il controllo che per la cura; al momento risultano funzionanti solo cinque reparti, perché alcuni sono chiusi essendo fatiscenti o in ristrutturazione. Le stanze ospitano fino a 6 internati;
sabato 5 marzo 2011, l'interrogante ha visitato l'ospedale psichiatrico giudiziario, assieme ad Irene Testa (segretaria dell'associazione Il detenuto ignoto), Annarita Di Giorgio e Paola Di Fosco (membri del comitato nazionale di Radicali italiani), Luca Bove e Elio De Rosa, rispettivamente segretario e tesoriere dell'Associazione «Legalità & Trasparenza» di Caserta, Enrico Salvatori militante radicale;
la delegazione è stata accompagnata dalla direttrice Carlotta Giaquinto e dal comandante, Gaetano Manganelli;
dalla visita ispettiva è emerso il seguente quadro:
nell'istituto sono presenti 284 internati a fronte di una capienza regolamentare di 212 posti; gli internati provengono soprattutto dalla Campania e dal Lazio e, in minor misura, da altre regioni come l'Abruzzo e il Molise; 148 internati risultano in OPG per sopravvenuta malattia in carcere, 2 sono in osservazione e 100

sono in regime di proroga per dimissibilità; un internato è tossicodipendente in terapia metadonica; 3 sono gli internati sieropositivi; gli extracomunitari sono 15, tutti senza fissa dimora;
il luogo ha poco a che vedere con un luogo di cura, nonostante la buona volontà della direttrice che, appena insediata, ha preso la meritoria iniziativa di abolire i letti di contenzione di antica e triste memoria; anche il personale cerca di superare le forti carenze di organico e di mezzi messi a disposizione dallo Stato per la struttura;
gli psichiatri sono in tutto 6, compreso il dirigente sanitario che è anche l'unico a prestare servizio per le canoniche 36 ore settimanali perché gli altri 5, secondo la convenzione stipulata, giungono in istituto dopo aver prestato servizio presso la ASL di riferimento;
sempre riguardo al personale sanitario, nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa operano cinque medici incaricati (medico di base) che prestano il loro servizio 3 ore al giorno per 6 giorni a settimana; 9 medici di guardia (Sias) a rotazione: un solo medico di guardia è presente nella struttura h24, non c'è medico di guardia psichiatrico e non è prevista alcuna sua reperibilità; gli infermieri sono 48, ma molti di loro (secondo convenzione) prestano servizio a volte solo per un'ora, retribuita come straordinario dopo il lavoro svolto presso la ASL; gli operatori socio-assistenziali (cosiddetti OSA) sono solamente 3 a tempo pieno e 10 che vanno in istituto una volta a settimana;
gli agenti di polizia penitenziaria effettivamente in servizio sono 89 a fronte di una pianta organica che ne prevede 100; inoltre, 34 agenti sono esenti da turnazione notturna (ai sensi della legge n. 104 del 1992);
gli educatori effettivamente in servizio sono 4; gli psicologi sono 2 per un totale di 60 ore mensili;
la pulizia dell'Istituto è affidata agli internati e sono in tutto 30 quelli che lavorano come scopini alle dipendenze dell'amministrazione; il budget a disposizione per il pagamento delle mercedi è di 170.000 euro all'anno; pur valutando positivamente il fatto che si utilizzino gli internati in attività lavorative, è evidente che la pulizia dell'istituto non possa essere affidata totalmente a persone che hanno problematiche gravissime sia fisiche che psichiche e, infatti, l'istituto presenta gravissime carenze dal punto di vista igienico-sanitario: in particolare, nelle celle, materassi e lenzuola sono luridi; i pazienti devono lavarsi gli indumenti a mano per loro conto perché non c'è una lavatrice in sezione ma solo una centralizzata per lenzuola, federe e asciugamani, motivo per cui gli internati che non fanno i colloqui con i familiari indossano tute o altri indumenti sporchi; non è prevista una dotazione di biancheria intima;
solo 92 internati fanno attività trattamentali (scuola e corsi di varia natura); il budget a disposizione per le attività trattamentali è di 8.000 euro l'anno;
anche i fondi per la manutenzione ordinaria sono scarsi ed essendo affidata agli internati lascia molto a desiderare; sono gli agenti a dare una mano per le riparazioni che si rendono necessarie;
nel 2010 si sono verificati i seguenti eventi critici, mentre un suicidio si registra già all'inizio del 2011: 50 atti di autolesionismo, 7 tentati suicidi, 6 decessi per cause naturali, 175 atti di aggressione, 5 incendi, 34 manifestazioni di protesta, 1 evasione, 21 violazioni di norme penali, 33 danneggiamenti di beni dell'amministrazione, 83 ricoveri urgenti in ospedale, 64 infortuni accidentali;
una palazzina, la n. 9, ristrutturata di recente e che presto sarà aperta per ospitare internati, nonostante il certificato di agibilità rilasciato dall'ingegnere del PRAP, presenta vistosissime crepe su un lato;
sicuramente positiva la sperimentazione in atto di un padiglione senza agenti e con la presenza di soli infermieri;

ad avviso dell'interrogante:
a) va urgentemente ridotto il numero degli internati, per poter loro destinare l'attenzione e la cura di cui necessitano. Innanzi tutto va perseguita la strada assolutamente prioritaria ed imprescindibile della dimissione dei soggetti non più pericolosi dal punto di vista psichiatrico con la loro relativa presa in carico da parte delle diverse articolazioni dei dipartimenti di salute mentale di pertinenza; in secondo luogo occorre completare la distribuzione per bacini di utenza, circostanza che facilita il processo di dimissioni di cui sopra;
b) va notevolmente incrementato il numero di ore destinate al servizio psicologico da parte dell'amministrazione penitenziaria ed attivato in forma permanente analogo servizio da parte dell'Asl Ce2 che, inoltre, deve aumentare il numero degli psichiatri e la loro assunzione a tempo pieno presso l'ospedale psichiatrico giudiziario;
c) è necessario un consistente incremento di fondi sul capitolo relativo alla manutenzione ordinaria del fabbricato, sia per interventi di adeguamento normativo della struttura, sia per lavori di miglioramento delle condizioni ambientali, come il ripristino del teatro, la sostituzione dei servizi igienici, la rimodulazione del servizio lavanderia; per il cosiddetto «reparto nuovo», totalmente da ristrutturare e per il campo sportivo, l'istituto attende peraltro gli stanziamenti dei fondi della cassa delle ammende per i quali sono stati presentati otto progetti;
d) il personale medico e infermieristico va incrementato in maniera consistente così come il numero degli agenti di polizia penitenziaria e degli educatori;
e) al fine di raggiungere un livello igienico-sanitario almeno decente è assolutamente indispensabile ottenere da parte dell'Asl Ce2 l'assunzione a tempo pieno di personale O.S.A. in numero consistente (almeno 30 unità) che si occupi dell'assistenza fisica, della cura e dell'igiene personale degli internati;
f) va potenziato il capitolo di bilancio con cui vengono acquistate attrezzature e mobilio, elettrodomestici e altro e quello che consente l'acquisto di casermaggio ed indumenti personali;
g) è indispensabile un incremento delle risorse destinate alle mercedi dei lavoranti, nella misura di almeno il doppio dei fondi oggi destinati;
h) è necessaria la sostituzione degli effetti letterecci - materassi, brande, lenzuola - con arredi di tipo ospedaliero, per dismettere l'habitus penitenziario dell'ospedale psichiatrico giudiziario;
i) è necessario incrementare l'assegnazione dei fondi per il settore trattamentale per le attività da proporre agli internati nonché per le attrezzature da destinare alle attività riabilitative -:
se siano a conoscenza di quanto scritto in premessa;
quali iniziative urgenti intendano intraprendere per ridurre il numero degli internati, soprattutto di coloro che sono dichiarati «dimissibili»;
cosa intendano fare per quanto di competenza per incrementare l'indispensabile organico di psichiatri, psicologi, medici, infermieri e operatori socio-assistenziali;
cosa intenda fare il Ministro della giustizia per incrementare l'organico di agenti, educatori e psicologi;
se intendano incrementare i fondi riguardanti i capitoli di spesa indicati in premessa;
come intendano operare per riportare nella legalità costituzionale e normativa l'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa.
(4-11261)

MENIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
si è avuto notizia che, con ordine di servizio, n. 6284 del 10 febbraio 2011, il Capo del Dipartimento dell'amministrazione

penitenziaria, Franco Ionta, ha disposto che la dottoressa Giulia Tartarone, dirigente penitenziario, fosse provvisoriamente assegnata, per mesi due e fino alla data del 30 aprile 2011, alla direzione generale dei beni e dei servizi, importante ufficio centrale, strategico per l'amministrazione delle carceri al fine dell'approvvigionamento di mezzi strumentali, in specie nell'attuale situazione di criticità finanziaria, ove occorre utilizzare al meglio le insufficienti risorse economiche conferite dal Ministero dell'economia e delle finanze, nonostante che il Governo stesso abbia decretato lo «stato d'emergenza delle carceri», dove sono costrette a vivere in condizioni di scarsa dignità umana un numero esorbitante di persone detenute e dove si aggiungono, alle criticità del sovraffollamento penitenziario, le lamentele e proteste del personale penitenziario, obbligato ad operare con scarsità di organici e modeste risorse strumentali, il quale, attraverso le diverse organizzazioni sindacali rappresentative dello stesso, da tempo esorta una concreta attenzione da parte delle istituzioni e dell'opinione pubblica, affinché, per davvero, siano conferiti i necessari organici di polizia penitenziaria, dei ruoli tecnici e amministrativi del personale civile ed i mezzi e servizi di cui si necessita;
oltre all'attribuzione dell'incarico provvisorio di direttore dell'ufficio dei beni e servizi, la dottoressa Tartarone ha ricevuto, con lo stesso ordine scritto di servizio, l'ulteriore incarico di «dirigente responsabile degli acquisti della sede del dipartimento», talché dovrà preoccuparsi anche del reperimento dei beni, servizi, forniture, e altro che riguarderanno gli uffici ove opera lo stesso Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e gli altri dirigenti generali con i relativi uffici, oltre che l'autoparco e gli ulteriori servizi;
la delicatezza dell'incarico attribuirà non indifferenti responsabilità in capo alla dirigente in questione, posto che l'ufficio in questione deve provvedere alle procedure di gara ed agli acquisti i più vari e complessi (uniformi, armamento, sistemi radio, telefonia, automezzi, beni informatici, e altro), soprattutto alla luce del precitato stato d'emergenza delle carceri, decretato dal Governo, per il secondo anno consecutivo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, l'11 gennaio 2011;
si deve presumere, proprio in ragione della delicatezza dei compiti da svolgere, che il dirigente assegnato a quell'incarico abbia evidenti e provate capacità professionali e di esperienza, talché deve ritenersi che la scelta effettuata dal capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, sia stata conseguenza di un approfondito esame ed effettivo confronto comparativo tra i diversi dirigenti penitenziari di diritto pubblico presenti al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e che, di tale disamina, vi sia evidente prova nel relativo procedimento amministrativo all'uopo posto in essere;
si constata il fatto inusuale e meritevole di approfondimento che, a fronte della scelta operata dal capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, risulta esservi stato il parere negativo del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria vicario, il quale, nella persona del dottor Emilio Disomma, tra l'altro delegato a curare le tematiche e le relazioni con le organizzazioni sindacali, costituisce la massima espressione dei dirigenti penitenziari provenienti dalla carriera dei direttori penitenziari (cioè dalle «risorse interne dirigenziali, rispetto a quelle che provengono dalla magistratura o da altre amministrazioni pubbliche), la cui lunga esperienza professionale ha costantemente costituito un punto certo di riferimento per tutti i capi del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che, dai tempi di Nicolò Amato, si sono avvicendati nella direzione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria -:
se non si ritenga necessario, anche in considerazione del fatto che presso gli

uffici centrali del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria risulterebbero esservi numerosi dirigenti penitenziari, taluni ancora senza formale incarico, diversi dei quali per molti anni hanno anche diretto realtà penitenziarie periferiche di particolare complessità, e, come i loro colleghi titolari delle direzioni degli istituti penitenziari e degli uffici dell'esecuzione penale esterna, sono ancora ad oggi in attesa di conseguire il primo contratto di lavoro, spiegare attraverso quale, formale e pubblica procedura si sia giunti all'individuazione della dottoressa Tartarone;
se il procedimento sia stato o meno oggetto di informazione preventiva verso le organizzazioni sindacali;
se il procedimento amministrativo utilizzato sia stato acquisito, per analogia, dall'esperienza di altre amministrazioni pubbliche in tema di assegnazione d'incarico ai dirigenti, seppure provvisori e per un tempo davvero risibile, e quali siano le ragioni del parere negativo del vice capo vicario del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
se tale provvedimento sia o meno soggetto a registrazione da parte della Corte dei conti e se il dirigente interessato, a motivo della provvisoria assegnazione dell'incarico, potrà vantare, a dispetto dei propri colleghi, in particolare quelli più anziani di servizio, atteso che risulterebbe avere una minore anzianità, un titolo preferenziale in vista dell'assegnazione di futuri incarichi dirigenziali e se, ove la scelta sia stata generata esclusivamente dalla volontà del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, vi siano analoghe situazioni di assegnazioni d'incarichi dirigenziali indifferenti al rispetto di procedure di merito predefinite, anche in ragione del fatto che per i dirigenti penitenziari di diritto pubblico, in particolare, occorrerebbe fare riferimento agli stessi principi che riguardano i pari grado della polizia di Stato, in attesa che venga stipulato il primo contratto di diritto pubblico.
(4-11265)

DE POLI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
all'ordine del giorno del consiglio comunale che ha avuto luogo lunedì 7 febbraio 2011 nel municipio di Oppeano in provincia di Verona, c'era la contestazione della condizione di incompatibilità alla carica per i consiglieri di opposizione. Dai mezzi di stampa si è appresa in questi giorni la decisione presa dal comune di assumere tale provvedimento a causa dell'istaurarsi di un contenzioso tra gli interessati e il comune stesso;
la lite insorta si riferisce al ricorso al TAR presentato dai consiglieri assieme a una cittadina, lo scorso settembre 2010 per contrastare la variante urbanistica approvata relativamente ad un terreno di 11.869 metri quadrati a Vallese. La motivazione del ricorso era che non sarebbero stati rispettati gli standard edilizi. Il sindaco, di contro, ha sottolineato che in realtà il ricorso fu presentato dalla minoranza per vanificare lo sforzo dell'amministrazione;
in un sol colpo quindi, si è appreso come il sindaco leghista che è anche parlamentare del Carroccio abbia messo fuori legge l'opposizione;
a seguito di tutto ciò, dunque, sono decaduti dalla carica e saranno sostituiti dai primi tra i non eletti i sei consiglieri comunali di minoranza;
il fondamento sul quale il sindaco basa la decisione presa è il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, decreto legislativo n. 267 del 2000, che all'articolo 63, comma 1, recita in sintesi che non può fare il consigliere comunale o il sindaco «colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile o amministrativo» contro il comune. Per la verità c'è anche il comma 3 che il sindaco pare ignorare e dal quale si evince che «L'ipotesi (della lite, ndr) non si applica agli amministratori per fatto connesso con l'esercizio del mandato»;

sono dure le accuse mosse da tutti i partiti di opposizione in merito alla vicenda. Difficile per la maggioranza comunale dimostrare come e perché tutti i consiglieri di opposizione hanno agito sulla base di interessi personali;
sull'onda di ciò che è accaduto a Oppeano alcuni temono il verificarsi di casi in cui si scambi la critica e il mestiere dell'opposizione con l'interesse personale e paventano l'ipotesi che questa potrebbe essere la via più facile per sbarazzarsi di ogni opposizione -:
se e quali iniziative, anche normative, i Ministri interrogati intendano assumere per evitare che si ripetano casi come quello descritto in premessa in cui l'incompatibilità per causa pendente riguardi consiglieri comunali in relazione a fatti connessi con l'esercizio del mandato.
(4-11268)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

PALOMBA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:

nel 1980, in seguito alla soppressione del provveditorato alle opere pubbliche per la Sardegna dell'allora Ministero dei lavori pubblici per il trasferimento e la delega di alcune funzioni alla regione autonoma della Sardegna (assessorato dei lavori pubblici) e ai vari uffici del genio civile in ogni provincia è sopravvissuto in Sardegna quale organo periferico dello Stato esclusivamente il Genio civile per le opere marittime, istituito nel 1955;
il decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 2001, n. 177, recante l'organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,all'articolo 1, comma 3, ultimo periodo, restituì il provveditorato regionale alle opere pubbliche per la Sardegna, che con successivo decreto ministeriale n. 766 del 1o agosto 2003 fu organizzato in n. 1 posto di livello dirigenziale generale e n. 3 uffici dirigenziali non generali (divisione amministrativa, divisione tecnica 1 per l'edilizia, divisione tecnica 2 per le opere marittime);
con l'istituzione dei S.I.I.T. (Servizi integrati infrastrutture e trasporti)per il Lazio, Abruzzo e Sardegna del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il provveditorato alle opere pubbliche per la Sardegna è stato soppresso, è stato eliminato il punto di dirigenza generale e sono stati confermati 2 soli punti di funzione: ufficio 12 amministrativo e ufficio 13 per le opere marittime;
in seguito all'istituzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono stati emanati il decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 2007, n. 254 e il successivo decreto ministeriale 23 gennaio 2008, n. 850, in cui si prevedeva, oltre all'istituzione della figura del provveditore aggiunto con competenza e delega per l'intera Sardegna, l'individuazione dei seguenti uffici decentrati: ufficio 10 - amministrativo, con sede in Cagliari; ufficio 11 - tecnico per la regione Sardegna, con sede in Cagliari; ufficio 12 - opere marittime per la regione Sardegna, con sede in Cagliari; ufficio 13 - tecnico per le dighe per la regione Sardegna, con sede in Cagliari (ufficio autonomo che dipende direttamente dalla direzione generale delle dighe - Roma);
il decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 2008, n. 211, ha nuovamente rivoluzionato l'organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti prevedendo la soppressione della figura del provveditore aggiunto e la riduzione dei punti di funzione del provveditorato opere pubbliche Lazio, Abruzzo e Sardegna da 13 a 12 uffici. È stata imposta la soppressione dell'ufficio amministrativo della Sardegna, ma grazie ad una forte azione sindacale che ha ottenuto il coinvolgimento dell'A.N.C.E Sardegna si è arrivati al decreto ministeriale di attuazione n. 307 del 2 aprile 2009 con il quale sono

stati istituiti, caso unico in tutte Italia: ufficio 10 - che accorpa l'ufficio tecnico e degli affari generali per la regione Sardegna, con sede in Cagliari (inglobando quindi le competenze del soppresso ufficio amministrativo); ufficio 11 - opere marittime per la regione Sardegna, con sede in Cagliari; ufficio 12 - tecnico per le dighe per la regione Sardegna, con sede in Cagliari;
in conformità con l'ultima legge finanziaria dello Stato, che ha imposto una riduzione del 10 per cento degli uffici di livello dirigenziale non generale, è stata proposta una bozza di decreto che riorganizza ulteriormente il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con il taglio dell'ufficio delle opere marittime e la previsione di un unico ufficio denominato «tecnico e affari generali - opere marittime per la Regione Sardegna con sede in Cagliari». Nella nuova stesura del decreto ministeriale, presentata a febbraio 2011 viene proposta la seguente organizzazione: ufficio 1 - risorse umane, affari generali, con sede in Roma, che svolge le funzioni anche per la sede coordinata di Cagliari; ufficio 2 - programmazione, coordinamento del bilancio e contabilità, con sede in Roma, che svolge le funzioni anche per la sede coordinata di Cagliari; ufficio 10 - tecnico la regione Sardegna - opere marittime per la regione Sardegna, con sede in Cagliari; ufficio 11 - tecnico per le dighe per la regione Sardegna, con sede in Cagliari, (ufficio autonomo che dipende direttamente dalla direzione generale delle dighe - Roma);
in data 28 febbraio 2011, in seguito all'assemblea generale del personale della sede coordinata di Cagliari provveditorato interregionale alle opere pubbliche per il Lazio, l'Abruzzo e la Sardegna, le rappresentanze sindacali unitarie dei lavoratori hanno proclamato lo stato di agitazione permanente, facendo presente che le eventuali disfunzioni degli uffici stessi sono causate dalla situazione critica causata dalla paventata riforma;
i sindacati chiedono con forza che sia confermato l'attuale decentramento degli uffici del Ministero in Sardegna, articolato in due uffici: ufficio tecnico e affari generali per la regione Sardegna, con sede in Cagliari; ufficio opere marittime per la regione Sardegna, con sede in Cagliari. In subordine a ciò, chiedono che si ritorni a quanto previsto nella prima stesura del decreto ministeriale di riorganizzazione del Ministero con l'istituzione di un unico speciale ufficio tecnico per la regione Sardegna - opere marittime per la regione Sardegna - amministrativo, programmazione, bilancio e contabilità per la regione Sardegna, con sede in Cagliari -:
se sia a conoscenza del fatto che - come peraltro denunciato già dai rappresentanti dei lavoratori - con la soppressione di tutte le competenze amministrative precedentemente svolte in Sardegna accentrandole sull'ufficio 1 risorse umane, affari generali e ufficio 2 - programmazione, coordinamento del bilancio e contabilità, entrambi con sede in Roma, si realizza una gravissima lesione all'operatività della sede di Cagliari; se sia a conoscenza del fatto che con la soppressione dell'ufficio 11 delle opere marittime e l'accorpamento in un unico ufficio tecnico di edilizia e di opere marittime per tutta la Sardegna viene inficiato l'insieme delle relazioni istituzionali che la sede di Cagliari ha sviluppato e mantenuto con le altre amministrazioni dello Stato e territoriali, accentuando maggiormente gli svantaggi dell'insularità della Sardegna; se sia a conoscenza che lo smantellamento degli uffici dello Stato sul territorio e l'accentramento delle funzioni amministrative e dirigenziali rischiano di penalizzare fortemente l'imprenditoria locale in quanto l'attuazione della prevista riorganizzazione determinerebbe ricadute negative nella programmazione, gestione ed esecuzione degli interventi pubblici, sia di natura amministrativa che contabile; se intenda porre rimedio al paventato smantellamento degli uffici statali confermando l'attuale situazione organizzativa, articolata in due uffici: ufficio tecnico e affari generali per la regione Sardegna, con sede in Cagliari; ufficio opere marittime per la regione Sardegna, con sede in Cagliari; in

subordine a ciò, se intenda promuovere il ritorno a quanto previsto nella prima stesura del decreto ministeriale di riorganizzazione del Ministero con l'istituzione di un unico speciale ufficio tecnico della regione Sardegna - opere marittime per la regione Sardegna - amministrativo, programmazione, bilancio e contabilità per la regione Sardegna con sede in Cagliari.
(4-11244)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come si legge in un articolo pubblicato dal quotidiano la Repubblica dell'8 febbraio 2011, la Corte di Cassazione nella sentenza di condanna per omicidio colposo al capo cantoniere dell'Anas di Foligno, Bruno Bruni ha stabilito il principio per cui tutti gli alberi, anche quelli secolari che si trovano entro sei metri dalle strade extraurbane, sono fuorilegge;
secondo la Corte suprema, l'uomo avrebbe dovuto provvedere a mettere in sicurezza («predisponendo un idoneo guardrail nel tratto di strada dove si trovava la pianta»), la statale «centrale umbra» orlata da una fila di alberi secolari, bellissimi da vedere, ma pericolosissimi per gli automobilisti perché in questo modo Michela Crucianelli non si sarebbe schiantata a bordo della sua vettura contro uno di quei platani-killer;
l'articolo 26 del regolamento che dà attuazione al codice della strada entrato in vigore il 1o gennaio del 1993 aveva vietato la presenza di alberi entro una distanza minima di sei metri. Pareva, però, che quella norma non fosse retroattiva, ovvero che non fosse riferita agli alberi preesistenti, ma solo a quelli piantati da quel momento in poi, ma a seguito della sentenza il divieto vale per tutto il patrimonio arboreo che orla le strade extraurbane, sia quello precedente il '93, sia quello successivo;
in questo modo sono a rischio migliaia di piante lungo strade di particolare valore storico e paesaggistico;
secondo Gian Marco Sardi, della società italiana di psicologia della sicurezza viaria è però errato «dare la colpa agli alberi. L'incidente è sempre la risultate dell'interazione di tre fattori: uomo, veicolo ed ambiente. Per aumentare realmente il livello di sicurezza e diminuire il numero di incidenti, morti e feriti è necessario intervenire al massimo e in modo concertato su tutti e tre i fattori. Quindi anche con la messa in sicurezza di guardrail, alberi, ma anche pali della luce, non percepiti come pericolosi, ma strutturalmente più rischiosi di altre situazioni» -:
se e quali azioni rientranti nella propria competenza il Ministro intenda promuovere per la messa in sicurezza delle strade alberate, in modo da tutelare il patrimonio arboreo che rende uniche molte strade del nostro Paese.
(4-11247)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 9 marzo 2011 il giornale Liberazione ha pubblicato, in prima pagina, delle immagini, tratte da un filmato di un fotoreporter, che ritraggono alcuni agenti delle Forze dell'ordine nell'atto di esplodere colpi di arma da fuoco ad altezza d'uomo, in occasione della manifestazione tenutasi a Roma il 14 dicembre 2010;
secondo quanto riportato dall'articolo di cui sopra, l'audio del filmato dal quale sono estratte queste immagini non lascerebbe adito a dubbi: si tratterebbe, infatti, di tre colpi di arma da fuoco, come testimonierebbero anche molti manifestanti che erano presenti al momento dei fatti;

appare assolutamente necessario un chiarimento in relazione alla gravità che assumerebbero i fatti riportati dall'articolo in questione qualora rispondessero a verità -:
se il Ministro dell'interno sia a conoscenza degli avvenimenti descritti dal quotidiano Liberazione e quali iniziative intenda adottare al fine di accertare l'esatto svolgimento dei fatti ed eventualmente accertare le responsabilità ed identificare i responsabili.
(5-04381)

Interrogazione a risposta scritta:

RAISI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a Ferrara in viale C. Battisti, via Ticchioni, via Govoni, corso Piave, viale IV Novembre, via N. Sauro, piazzale Castellina, piazzale Stazione, via Cassoli, p.tta Toti e zone limitrofe, da diversi mesi si è constatato l'aumento della permanenza di numerosi soggetti per lo più in chiara attesa di clienti di stupefacenti. Questi traffici illeciti sono svolti nelle ore del giorno e della notte con noncuranza da parte di soggetti visti dai passanti e residenti della zona che hanno presentato esposti e lettere alle autorità competenti;
di frequente nella zona si verificano furti nei garage dove sono state rinvenute siringhe e tracce di sostanze stupefacenti presumibilmente acquistate dagli spacciatori/frequentatori della zona;
si sono verificati casi in cui i residenti hanno provato a lamentarsi direttamente con tali soggetti chiedendo loro di spostarsi da quelle zone, ma gli stessi hanno risposto con aggressività e minacce;
oltre al fenomeno di spaccio preme rilevare l'aumento costante del fenomeno della prostituzione. Spesso le prostitute scelgono come luogo di meretricio le scale davanti ai portoni d'ingresso dei condomini, costringendo i condomini a passare dal retro per entrare nelle loro abitazioni;
nelle corti condominiali di viale Cesare Battisti dei civici 23, 29, 31 si trovano spesso siringhe utilizzate e persone che bivaccano e dormono nelle ore notturne, urinando a ridosso dei muri e dei portoni d'ingresso;
alcune delle auto parcheggiate nelle vie del quartiere sono spesso rigate e segnate, prese di mira dai pusher a scopo intimidatorio per quei residenti che provano a lamentarsi direttamente con gli interessati;
i portici delle zone sopraelencate sono impraticabili per il cattivo odore e soprattutto di sera sono invasi da prostitute e spacciatori -:
quali misure si intendano adottare sia per migliorare la vigilanza sia per contrastare la criminalità presente in dette zone al fine di tutelare la sicurezza degli abitanti.
(4-11241)

TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

FAVA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
notizie provenienti dal territorio e riportate sulla stampa locale ci informano circa la situazione di precarietà in cui versa la dirigenza dell'ufficio scolastico provinciale di Mantova;
tale situazione di degrado non è una novità in quanto periodicamente l'associazione istituti scolastici autonomi mantovani e l'amministrazione provinciale hanno segnalato come le scuole mantovane e l'ufficio scolastico provinciale abbiano necessità di una maggiore permanenza del dirigente preposto;
infatti in quattordici anni si sono avvicendati sette «provveditori agli studi»; dopo il decennale di Angelo Peticca, dal 2006 si sono succeduti cinque provveditori

che in media sono rimasti solo 11 mesi a Mantova. Dall'ottobre 2006 al marzo 2011 sono trascorsi 52 mesi; di questi circa il 40 per cento guidati da un dirigente in reggenza. È inoltre da osservare come vi sia stato un solo dirigente «mantovano» (sia pure di adozione ed in qualità di reggente), tra tutti i provveditori che si sono succeduti a Mantova da moltissimo tempo;
tale situazione di provvisorietà ai vertici dell'ufficio di via Cocastelli si è acuita dopo la nomina dell'attuale provveditore, Giuseppe Petralia (residente a Bergamo ed insediatosi a Mantova soltanto dal maggio 2010) alla guida dell'amministrazione scolastica di Milano, il decreto del dirigente scolastico regionale inoltre affida al dottor Giuseppe Petralia in contemporanea la reggenza nella nostra provincia ma, ovviamente, vista l'importanza del nuovo incarico e l'impegno che richiederà dirigere un ufficio territoriale cosi complesso come quello metropolitano, viene naturale chiedersi come fa a seguire il sistema scolastico mantovano dedicandosi solo un giorno alla settimana a questa incombenza;
questa legittima domanda è stata espressa dai dipendenti del provveditorato, che sono peraltro ampiamente sottodimensionati, su un quotidiano locale il 9 marzo 2011: «Al di là di qualsiasi valutazione di professionalità - si legge - è pensabile che un dirigente possa contemporaneamente dirigere una realtà come l'ufficio di Milano per tre giorni la settimana e quello di Mantova per un giorno la settimana? E conciliare l'impegno politico come capogruppo del Pdl nel consiglio comunale di Bergamo? Il provveditorato necessita dell'effettiva presenza di un dirigente a tempo pieno. Deve essere garantito il diritto costituzionale all'istruzione». L'appello del personale viene inoltre raccolto dai sindacati della funzione pubblica di Cgil e Cisl. «Non è da adesso che viene chiesta maggiore attenzione anche ai parlamentari per queste problematiche - lamentano i segretari - senza che si siano avuti effetti. Come si può pretendere di far valutare i dipendenti ad un dirigente che non può garantire la propria presenza, ma che per primo propone alle scuole di attivarsi per la valutazione dei docenti? Nonostante le promesse ricevute, non abbiamo avuto modo di instaurare con il dirigente nessuna appropriata relazione sindacale. Sulla carenza di organico intervenga il direttore regionale»;
sulla stampa locale è riportata successivamente la risposta del dirigente Petralia che sentenzia: «Non capisco il loro attacco, sono competenti, pensino a fare il loro lavoro». «Ho accettato la reggenza per senso di responsabilità - dice - se avessi rifiutato a Mantova sarebbe arrivato un altro reggente. Non capisco, poi, perché i dipendenti facciano anche riferimento al mio impegno politico (è capogruppo del Pdl a Bergamo, ndr.)». E ancora: «Sì, sono sotto organico, ma è cosi in molti altri posti»;
a breve è previsto un grande risultato per l'università mantovana: è prevista la venuta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per la sottoscrizione del protocollo d'intesa tra il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la regione Lombardia, la fondazione universitaria mantovana ed il politecnico di Milano al fine di favorire lo sviluppo del sistema universitario mantovano come polo d'eccellenza per la valorizzazione dei beni culturali e del patrimonio territoriale ed economico mantovano e lombardo;
tale visita sarà probabilmente fatta oggetto di una forte contestazione del mondo sindacale e scolastico contro i presunti «tagli ed i disservizi operati nei confronti della scuola pubblica»; tale contestazione, con significativi risvolti strumentali, può influire negativamente sull'opinione pubblica occultando il grande risultato raggiunto dal protocollo d'intesa -:
fermo restando il giudizio personale positivo dell'interrogante per le qualità professionali del dirigente scolastico Petralia, quali siano gli orientamenti del Ministro in merito alla risposta dello stesso nei confronti delle preoccupazioni

espresse dai dipendenti dell'ufficio scolastico territoriale, dal mondo sindacale, dal mondo scolastico;
se non sia prevista una progressiva riduzione generalizzata delle competenze assegnate agli uffici scolastici territoriali;
se non sia il caso di rinviare la sottoscrizione del protocollo successivamente al chiarimento sulle motivazioni politiche che conducono al ridimensionamento del ruolo dei «provveditorati» nell'ottica del crescente federalismo scolastico che darà un diverso assetto di autonomia alle istituzioni territoriali, quale la provincia per le scuole superiori e l'università ed i comuni per la scuola secondaria di 1o grado, per la primaria e per la scuola dell'infanzia.
(4-11243)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

SCHIRRU, CALVISI, FADDA e MELIS. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge del 20 maggio 1988, n. 160, articolo 8, comma 5, ha comminato l'obbligo per i lavoratori che percepiscono il trattamento di integrazione salariale straordinaria, di comunicare preventivamente ad INPS, la rioccupazione in altra attività di lavoro subordinato o autonomo remunerata, come recentemente ribadito anche nella circolare INPS n. 130 del 4 ottobre 2010 e con messaggio n. 26718 del 25 ottobre 2010;
sottostanno alle regole del cumulo e dell'obbligo di preventiva comunicazione ex articolo 8, commi 4 e 5, legge 160 del 1988, anche chi ha un «rapporto di servizio onorario» con la pubblica amministrazione, il cui compenso è costituito da una'indennità che non ha natura contributiva (Cass. sez. lav. 26 febbraio 2001, n. 1-n. 2788) o, chi riveste una carica pubblica elettiva;
in base ai criteri enunciati nell'ordinanza n. 190/96 della Corte costituzionale e delle sentenze n. 11679/05 e 4004/07 della Corte di cassazione, tutti i lavoratori che non assolvano l'obbligo della «comunicazione preventiva all'INPS» decadono dall'intero periodo di integrazione salariale anche se derivante da più di un provvedimento di concessione;
si apprende dall'articolo «Operaio e anche consigliere? Stop alla cassa integrazione» comparso il 6 marzo 2011 su La Nuova Sardegna, che «Nelle prossime settimane potrebbe arrivare dall'Inps a consiglieri e assessori comunali e provinciali, l'avviso di decadenza dal diritto di trattamento di integrazione salariale straordinaria. Motivo? La mancata comunicazione di attività di lavoro subordinato o autonomo. In pillole, le indennità di carica di assessore e di consigliere comunale (o provinciale) vengono ritenute dall'Inps e dal fisco prestazioni di lavoro subordinato o assimilato a lavoro dipendente. Ed in effetti agli amministratori pubblici, ai vari livelli, vengono effettuate tutte le trattenute fiscali e contributive di legge e a fine anno le somme percepite vanno ad aggiungersi agli altri normali redditi.»;
analogamente, risultano anche all'interrogante situazioni in cui l'INPS neghi il diritto alla cassa integrazione ai consiglieri comunali, la cui situazione di cassa integrazione è fatta decadere per non aver comunicato preventivamente lo stato di consigliere comunale, fatto però interpretabile, poiché la norma parla di comunicazione di sopraggiunta occupazione;
secondo tale orientamento si incoraggia se non si costringe di fatto, a svolgere attività lavorative autonome non dichiarate - o «in nero» - i lavoratori e le lavoratrici che abbiano la necessità e la possibilità di svolgere tali attività a fini di integrazione della prestazione previdenziale in godimento -:
se e quali iniziative normative intenda intraprendere per assicurare ai lavoratori e alle lavoratrici interessati la possibilità di ricoprire cariche elettive

pubbliche senza pregiudizio del diritto alla percezione della Cassa integrazione guadagni in deroga e senza essere costretti ad avviare un contenzioso nei confronti dell'INPS.
(5-04379)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in una cava di porfido di Albiano, in Trentino, il 10 marzo 2011, come riferisce l'agenzia «AdNKronos», si è verificato un serio infortunio sul lavoro: un operaio è stato travolto da una pala meccanica, rimanendo incastrato tra la benna e le ruote -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito alla dinamica dell'incidente; se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate; quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-11242)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a Gifflenga, in provincia di Biella il 12 marzo 2011 un operaio, il signor Roberto Rossetti, di 27 anni, come riferisce l'agenzia «Ansa», è morto folgorato da un cavo di media tensione nell'azienda dove lavorava -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito alla dinamica dell'incidente;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-11253)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CENNI e TRAPPOLINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
alla luce del recente rapporto elaborato da Inea sulla presenza dei giovani in agricoltura, si conferma che, nel contesto comunitario, l'Italia conta una delle più basse presenze di giovani nel settore. Sempre secondo tale rapporto, i giovani sotto i 40 anni rappresentano appena il 7 per cento dei conduttori delle aziende agricole;
nel 2005 in Italia solo il 3 per cento dei conduttori aveva meno di 35 anni a fronte di una media europea dell'allora 7 per cento, mentre la presenza degli ultra sessantacinquenni attivi nel settore primario era nel nostro Paese tra le più alte dell'area europea (oltre il 20 per cento analogamente solo a Portogallo, Romania e Bulgaria);
tra il 2005 e il 2007 a livello nazionale vi è stata una contrazione del 10 per cento del numero delle aziende gestite da under 40;
in virtù dei dati sopramenzionati si ha in Italia (con consistenti differenze interregionali) un imprenditore agricolo giovane ogni sei «over 65»;
il progetto annunciato dal precedente Ministro delle politiche agricole, alimentari

e forestali, Luca Zaia, nell'anno 2009, sul cosiddetto «Rinascimento verde» (che prevedeva l'assegnazione di terre demaniali a vocazione agricola, a giovani agricoltori), anche secondo quando sostenuto dal Sottosegretario di Stato alla giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati, nella sua risposta all'interrogazione n. 5-03477 (a prima firma del deputato Susanna Cenni e discussa il 22 dicembre 2010), non avrebbe dato fino ad oggi i risultati ipotizzati;
il tema del ricambio generazionale e di un forte ingresso di giovani e di donne nella conduzione di aziende agricole risulta essere fondamentale per il rilancio competitivo e per la modernizzazione del settore;
a tal fine, risulta di particolare interesse l'iniziativa promossa da Legacoop Agroalimentare Toscana circa la creazione di una «Banca della Terra» in Toscana;
tale iniziativa prende il via dai risultati di una indagine condotta nel 2010 dal titolo «La Cooperazione agricola in Toscana: stato attuale e scenari futuri», dalla quale emergono:
dati chiarissimi circa il rischio di abbandono di un quarto della superficie agricola cooperativa;
la compromissione del corretto funzionamento di importanti filiere agricole;
la difficoltà per i giovani agricoltori ad accedere alla terra coltivata, considerati gli elevati prezzi;
le difficoltà nell'accedere al credito;
è proprio alla luce di questa situazione che Legacoop Toscana ha dato vita al già citato progetto «Banca della Terra» in Toscana: progetto teso a promuovere imprenditorialità giovanile in agricoltura, attraverso la forma cooperativa tra professionisti del settore;
tale progetto, che si stima possa consentire in dieci anni il recupero di 10.000 ettari di terreno agricolo, ha già incontrato il supporto della regione Toscana;
le problematiche esaminate in Toscana risultano comuni a tutto il contesto nazionale;
il sostegno e l'incentivazione all'ingresso di giovani e di donne in agricoltura emerge da ogni atto di indirizzo comunitario -:
se il Ministro sia a conoscenza dell'iniziativa recentemente promossa in Toscana, denominata «Banca della Terra»;
se, anche alla luce delle difficoltà nell'attuare il progetto «Rinascimento verde» (come emerso nella risposta del Sottosegretario di Stato alla giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, citata in premessa), il Ministro non ritenga di assumere altre iniziative tese a favorire l'ingresso di giovani imprenditori in agricoltura, facilitando l'accesso alla terra;
se il Ministro non ritenga utile supportare l'iniziativa della «Banca della terra» in Toscana, intervenendo (nell'ambito delle competenze nazionali) per rimuovere difficoltà di accesso all'imprenditoria agricola, quali alcuni oneri accessori relativi ai contratti di affitto, usufrutto, compravendita della terra che ha costi molto alti (come ad esempio l'imposta di registro o le spese notarili), e favorendo l'individuazione di strumenti finanziari utili a sostenere tali processi (contributo in conto interesse e/o in conto capitale per i soci che prendono in affitto, usufrutto o acquistano terreni e partecipazione al capitale delle cooperative che attivano la Banca della terra al fine di agevolare i soci).
(5-04385)

TESTO AGGIORNATO AL 15 MARZO 2011

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta orale:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 48 del decreto legislativo n. 82 del 2005 - Codice dell'amministrazione digitale - la posta elettronica certificata (PEC) consente l'invio di documenti informatici per via telematica con valore equivalente alle notificazioni per mezzo della posta;
DigitPA ha realizzato il sito www.paginepecpa.gov.it con l'obiettivo, di valorizzare l'iniziativa promossa dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione per l'assegnazione gratuita ai cittadini di caselle di posta elettronica certificata e per rendere ai cittadini attraverso il sito citato, il servizio d'indicizzazione e pubblicazione degli indirizzi di posta elettronica certificata in attuazione dell'articolo 57-bis del decreto legislativo n. 82 del 2005; risulta però arduo risalire dal sito www.paginepecpa.gov.it ai vari indirizzi di posta elettronica certificata delle Agenzie regionali per la protezione ambientale che sono gli enti preposti ai controlli ambientali poiché con la chiave di ricerca più logica e cioè «ARPA» non esce nulla; per fare uscire un elenco delle varie arpa bisogna inserire la chiave: «agenzia regional ambient» di non facile intuizione per un cittadino medio;
in ogni caso anche procedendo in tal modo, sul sito www.paginepecpa.gov.it non c'è traccia dell'informazione per quanto riguarda le ARPA di Calabria, Basilicata, Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia, provincia di Trento, provincia di Bolzano e Campania; nonostante il preciso dettame dell'articolo 16 comma 18 decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 che così recita: «Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo n. 1 comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, e successive modificazioni, qualora non abbiano provveduto ai sensi dell'articolo 47 comma 3 lettera a) del Codice dell'Amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, istituiscono una casella di posta elettronica certificata per ciascun registro di protocollo e ne danno comunicazione al Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, che provvede alla pubblicazione di tali caselle in un elenco consultabile per via telematica»;
anche volendo cercare sui singoli siti delle varie ARPA le informazioni sulla PEC risulta che, in violazione del comma 2-ter dell'articolo 54 del decreto legislativo n, 82 del 2005, così come modificato dall'articolo 34 comma 1, lettera b, della legge 18 giugno 2009 n. 69 che recita: «Entro il 30 giugno 2009, le amministrazioni pubbliche che già dispongono di propri siti sono tenute a pubblicare nella pagina iniziale del loro sito un indirizzo di posta elettronica certificata a cui il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta ai sensi del presente codice. Le amministrazioni devono altresì assicurare un servizio che renda noti al pubblico i tempi di risposta, le modalità di lavorazione delle pratiche e i servizi disponibili»; per quanto riguarda il sito dell'ARPA Campania non è pubblicato nessun indirizzo PEC;
per quanto riguarda il sito dell'ARPA Lazio è difficile trovare la pagina che pubblica l'indirizzo della PEC poiché occorre andare nella sottopagina del menu di sinistra alla voce «dove siamo»;
per quanto riguarda il sito dell'ARPA Umbria è difficile trovare nel sito la PEC salvo che non si vada nella sottopagina del menu in alto a destra alla voce «info»;
per quanto riguarda il sito dell'ARPA Marche è pubblicata una PEC in una sottopagina del menu «gare» ma verosimilmente non è quella del protocollo generale;

per la provincia di Trento per trovare nel sito la PEC occorre andare nella sottopagina del menu sinistra alla voce «chi siamo e cosa facciamo»;
per la provincia di Bolzano l'agenzia per l'ambiente non ha un proprio sito internet ma una sottopagina nel sito dell'amministrazione provinciale: http://www. provincia.bz.it/agenzia-ambiente/;
tale situazione rende oggettivamente difficile per un cittadino che voglia acquisire informazioni tramite PEC su dati ambientali poter esercitare i diritti riconosciuti dalla convenzione di Arhus, entrata in vigore il 17 maggio 2005, e dai decreti legislativi n. 95 del 2005 e n. 82 del 2005;
l'applicazione delle norme descritte è di semplice attuazione e ciò nonostante registra un altissimo e inaccettabile tasso di evasione, reso ancora più odioso poiché proveniente dalle pubbliche amministrazioni -:
se e quali iniziative intendano adottare per semplificare l'accesso alle informazioni riguardanti gli indirizzi di PEC delle pubbliche amministrazioni legate ai monitoraggi ambientali e per favorirne l'utilizzo nelle comunicazioni con i cittadini.
(3-01511)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 48 del decreto legislativo n. 82 del 2005 - Codice dell'amministrazione digitale - la posta elettronica certificata (PEC) consente l'invio di documenti informatici per via telematica con valore equivalente alle notificazioni per mezzo della posta;
DigitPA ha realizzato il sito www.paginepecpa.gov.it con l'obiettivo di valorizzare l'iniziativa promossa dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione per l'assegnazione gratuita ai cittadini di caselle di posta elettronica certificata e per rendere ai cittadini attraverso il sito citato, il servizio d'indicizzazione e pubblicazione degli indirizzi di posta elettronica certificata in attuazione dell'articolo 57-bis del decreto legislativo n. 32 del 2005;
nell'ambito di una ricerca sulla prevenzione del rischio sismico l'associazione Calabria radicale ha inteso richiedere fra il 29 gennaio 2011 e il 26 febbraio 2011 ai 410 comuni della Calabria notizie circa gli adempimenti di competenza da parte delle amministrazioni comunali connessi all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3907 del 13 novembre 2010 circa l'accesso al Fondo per la prevenzione del rischio sismico. La ricerca è stata portata avanti attraverso una richiesta di accesso agli atti avanzata comune per comune attraverso la posta elettronica certificata in possesso del dirigente dell'associazione signor Marco Marchese con indirizzo PEC marco.marchesepec.agoradigitale.org e indirizzata agli indirizzi PEC dei comuni. Da tale attività è emerso quanto segue:
a) ben 141 comuni che rappresentano il 34 per cento delle amministrazioni comunali calabresi, in violazione dell'articolo 16, comma 8, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 e del comma 2-ter dell'articolo 54 del decreto legislativo n. 82 del 2005, non sono presenti negli elenchi degli indirizzi di posta elettronica certificata sul sito www.paginepecpa.gov.it, non pubblicano sulle pagine principali e neanche nelle sottopagine dei rispettivi siti internet nessun indirizzo di posta elettronica certificata, non avvisano il pubblico sui tempi di risposta, le modalità di lavorazione delle pratiche e i servizi disponibili, così come prescrive la legge. Si tratta dei comuni di: Acquaformosa, Acquappesa, Aiello Calabro, Aieta, Alessandria del Carretto, Altilia, Aprigliano, Belmonte Calabro, Bisignano, Buonvicino, Canna, Carpanzano, Castroregio, Cellara, Cerchiara di Calabria, Cerisano, Cervicati, Cetraro, Civita,

Domanico, Falconara Albanese, Firmo, Fiumefreddo Bruzio, Frascineto, Fuscaldo, Grimaldi, Laino Borgo, Longobardi, Mangone, Marano Marchesato, Marano Principato, Montalto Uffugo, Montegiordano, Morano Calabro, Mottafollone, Orsomarso, Panettieri, Papasidero, Pedace, Piane Crati, Pietrafitta, Plataci, Rocca Imperiale, Roggiano Gravina, Rose, Roseto Capo Spulico, Rota Greca, San Basile, San Benedetto Ullano, San Cosmo Albanese, San Demetrio Corone, San Donato di Ninea, San Fili, San Giorgio Albanese, San Lucido, San Marco Argentano, San Martino di Finita, San Pietro in Amantea, San Sosti, Santa Caterina Albanese, Sant'Agata di Esaro, Santa Maria del Cedro, Santo Stefano di Rogliano, Serra D'Aiello, Spezzano Albanese, Spezzano della Sila, Tarsia, Tortora e Verbicaro, in provincia di Cosenza; Amaroni, Amato, Botricello, Caraffa, Cropani, Davoli, Decollatura, Feroleto Antico, Gasperina, Gizzeria, Guardavalle, Nocera Terinese, San Floro, San Pietro Apostolo, Sant'Andrea Apostolo dello Ionio, Soveria Simeri, Squillace, Stalettì e Torre di Ruggiero, in provincia di Catanzaro; Casabona, Crucoli e Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone; Africo, Agnana Calabra, Anoia, Antonimina, Bivongi, Bova, Bova Marina, Brancaleone, Camini, Cardeto, Casignano, Ciminà, Delianuova, Laganadi, Mammola, Marina di Gioiosa Ionica, Martone, Monasterace, Palizzi, Pazzano, Portigliola, Rizziconi, Roccella Ionica, San Giorgio Morgeto, San Lorenzo, San Luca, San Pietro di Caridà, Sant'Agata del Bianco, Staiti, Stignano, Terranova Sappo Minulio e Villa San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria; Acquaro, Briatico, Capistrano, Cessaniti, Dinami, Francica, Gerocarne, Joppolo, Mongiana, Nardodipace, Ricadi, San Calogero, San Costantino Calabro, Simbario, Sorianello, Spilinga, Zaccanopoli, Zambrone e Zungri, in provincia di Vibo Valentia;
b) altri 170 comuni che rappresentano il 41 per cento delle amministrazioni comunali calabresi, in violazione dell'articolo 16 comma 8 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 e del comma 2-ter dell'articolo 54 del decreto legislativo n. 82 del 2005, non sono presenti negli elenchi degli indirizzi di posta elettronica certificata sul sito www.paginepecpa.gov.it e non avvisano il pubblico, attraverso i rispettivi siti internet sui tempi di risposta, le modalità di lavorazione delle pratiche e i servizi disponibili, così come prescrive la legge; si tratta dei comuni di: Acri, Albidona, Belvedere Marittimo, Bianchi, Bocchigliero, Calopezzati, Caloveto, Campana, Cariati, Carolei, Cassano allo Ionio, Cerzeto, Cerva, Cleto, Colosimi, Corigliano Calabro, Cropalati, Dipignano, Fagnano Castello, Figline Vegliaturo, Francavilla Marittima, Grisolia, Guardia Piemontese, Lago, Laino Castello, Lappano, Lattarico, Longobucco, Lungro, Maierà, Malito, Mandatoriccio, Marzi, Mendicino, Mongrassano, Mormanno, Nocara, Paludi, Paola, Parenti, Paterno Calabro, Pedivigliano, Pietrapaola, Rende, Rovito, San Giovanni in Fiore, San Nicola Arcella, San Vincenzo La Costa, Scala Coeli, Scigliano, Centrache, Belcastro, Cardinale, Spezzano Piccolo, Terravecchia, Vaccarizzo Albanese, Torano Castello, Terranova da Sibari e Trebisacce in provincia di Cosenza; Carlopoli, Argusto, Andali, Zumpano, Chiaravalle Centrale, Cicala, Curinga, Falerna, Fossato Serralta, Gagliato, Jacurso, Lamezia Terme, Magisano, Maida, Marcedusa, Martirano, Martirano Lombardo, Motta Santa Lucia, Montauro, Palermiti, Petronà, Pianopoli, San Mango d'Aquino, San Pietro a Maida, Santa Caterina dello Ionio, Satriano, Sellia, Sellia Marina, Sersale, Simeri Crichi, Sorbo San Basile, Soverato, Tiriolo e Vallefiorita in provincia di Catanzaro; Ardore, Bruzzano Zeffirio, Calanna, Campo Calabro, Candidoni, Caraffa del Bianco, Caulonia, Cinquefrondi, Cittanova, Condofuri, Feroleto della Chiesa, Fiumara, Galatro, Gerace, Giffone, Gioia Tauro, Gioiosa Ionica, Grotteria, Laureana di Borrello, Maropati, Melicuccà, Melicucco, Melito di porto Salvo, Montebello Ionico, Motta San Giovanni, Oppido Mamertina, Palmi, Placanica, Riace, Roccaforte del Greco, Roghudi, Rosarno, Santa Cristina d'Aspromonte, Sant'Alessio in Aspromonte, Sant'Eufemia D'Aspromonte,

Sant'Ilario dello Ionio, Santo Stefano in Aspromonte, Scilla, Serrata, Siderno, Sinopoli, Stilo e Varapodio in provincia di Reggio Calabria; Castelsilano, Cerenzia, Cirò, Cirò Marina, Crotone, Cutro, Melissa, Pallagorio, Rocca di Neto, San Mauro Marchesato, San Nicola dell'Alto, Santa Severina, Savelli, Scandale e Strongoli in provincia di Crotone; Areana, Dasà, Drapia, Fabrizia, Filadelfia, Filandari, Ionadi, Limbadi, Maierato, Mileto, Monterosso Calabro, Pizzoni, Rombiolo, San Gregorio D'Ippona, San Nicola da Crissa, Soriano Calabro, Stefanaconi, Tropea e Vazzano in provincia di Vibo Valentia;
dai dati esposti si evidenzia che il 75 per cento dei comuni della regione Calabria (311 su 410) non ha attuato le norme sopraesposte e il 100 per cento dei comuni sui propri siti internet non avvisano il pubblico sui tempi di risposta, le modalità di lavorazione delle pratiche e i servizi disponibili, così come prescrive la legge;
l'applicazione delle norme descritte è di semplice attuazione e, ciò nonostante, registra un altissimo e inaccettabile tasso di evasione, reso ancora più odioso poiché proveniente dalle pubbliche amministrazioni -:
se e quali iniziative intendano adottare per semplificare l'accesso alle informazioni riguardanti gli indirizzi di PEC delle pubbliche amministrazioni legate ai comuni, per favorirne l'utilizzo nelle comunicazioni con i cittadini.
(4-11245)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 22 febbraio 2011, n. 5 all'articolo 1 stabilisce che «1. Limitatamente all'anno 2011, il giorno 17 marzo è considerato giorno festivo ai sensi degli articoli 2 e 4 della legge 27 maggio 1949, n. 260. 2. Al fine di evitare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e delle imprese private, derivanti da quanto disposto nel comma 1, per il solo anno 2011 gli effetti economici e gli istituti giuridici e contrattuali previsti per la festività soppressa del 4 novembre non si applicano a tale ricorrenza ma, in sostituzione, alla festa nazionale per il 150o anniversario dell'Unità d'Italia proclamata per il 17 marzo 2011. 3. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;
nella «Relazione tecnica al disegno di legge di conversione (A.S. n. 2569) del decreto-legge 22 febbraio 2011, n. 5» si legge che «Il congedo ordinario dei pubblici dipendenti contempla infatti quattro giorni aggiuntivi, in corrispondenza delle festività soppresse di San Giuseppe, dell'Ascensione, del Corpus Domini e, appunto, del 4 novembre (combinato disposto della legge 27 maggio 1949. n. 260, della legge 5 marzo 1977, n. 54, dell'articolo 6 della legge 25 marzo 1985, n. 121 e dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 792) [...] Il congedo ordinario dei pubblici dipendenti contempla infatti quattro giorni aggiuntivi, in corrispondenza delle festività soppresse di San Giuseppe, dell'Ascensione, del Corpus Domini e, appunto, del 4 novembre (combinato disposto della legge 27 maggio 1949, n. 260, della legge 5 marzo 1977, n. 54, dell'articolo 6 della legge 25 marzo 1985, n. 121 e dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 792). In tal modo, l'effetto derivante dalla compensazione tra 17 marzo e 4 novembre, come disposto dal provvedimento, si risolve nella circostanza che i lavoratori non potranno disporre in piena libertà, secondo le loro esigenze, di tutte e quattro le giornate di riposo compensativo, essendo sostanzialmente previsto l'obbligo ex legge che uno di questi riposi cada nella giornata del 17 marzo»;
il giorno 9 marzo 2011, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione rispondendo ad una interrogazione a risposta immediata (3-01503) alla

Camera dei deputati, ha affermato che «Si tratta di un sacrificio del tutto trascurabile, limitato all'anno 2011, e giustificato da una finalità che davvero si auspica condivisa»;
l'articolo 1 della legge 5 marzo 1977, n. 54, stabilisce che «I seguenti giorni cessano di essere considerati festivi agli effetti civili: Epifania; S. Giuseppe; Ascensione; Corpus Domini; SS. Apostoli Pietro e Paolo. A decorrere dal 1977 la celebrazione della festa nazionale della Repubblica e quella della festa dell'Unità nazionale hanno luogo rispettivamente nella prima domenica di giugno e nella prima domenica di novembre. Cessano pertanto di essere considerati festivi i giorni 2 giugno e 4 novembre.», mentre la legge 23 dicembre 1977, n. 937, all'articolo 1 stabilisce che «Ai dipendenti civili e militari delle pubbliche amministrazioni centrali e locali, anche con ordinamento autonomo, esclusi gli enti pubblici economici, sono attribuite, in aggiunta ai periodi di congedo previsti dalle norme vigenti, sei giornate complessive di riposo da fruire nel corso dell'anno solare come segue: a) due giornate in aggiunta al congedo ordinario; b) quattro giornate, a richiesta degli interessati, tenendo conto delle esigenze dei servizi. Le due giornate di cui al punto a) del precedente comma seguono la disciplina del congedo ordinario. Le quattro giornate di cui al punto b) del primo comma non fruite nell'anno solare, per fatto derivante da motivate esigenze inerenti alla organizzazione dei servizi, sono forfettariamente compensate in ragione di lire 8.500 giornaliere lorde.»;
ad eccezione della festività Santissimi Apostoli Pietro e Paolo che interessa solo il comune di Roma ai sensi dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 792, le restanti 4 festività soppresse sono quelle previste dall'articolo 1, comma 1, lettera b) della citata legge 23 dicembre 1977, n. 937, mentre la festività del 4 novembre resta disciplinata dall'articolo 1 della legge 5 marzo 1977, n. 54, e quindi viene recuperata come giorno aggiuntivo al congedo ordinario (articolo 1, comma 1, lettera a) della legge 23 dicembre 1977,n. 937;
l'articolo 12, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 394, recante il recepimento del provvedimento di concertazione del 20 luglio 1995 riguardante il personale delle Forze armate (Esercito, Marina e Aeronautica, ha stabilito che «La durata della licenza ordinaria è di 32 giorni lavorativi. Per il personale con oltre 15 anni di servizio e per quello con oltre 25 anni di servizio la durata della licenza ordinaria è rispettivamente di 37 e di 45 giorni lavorativi. La durata della licenza ordinaria per i primi 3 anni di servizio è di 30 giorni lavorativi, con esclusione del personale che frequenta i corsi di formazione, per il quale continua ad applicarsi la disciplina prevista dai rispettivi ordinamenti. Al personale in servizio all'estero o presso Organismi internazionali (con sede in Italia o all'estero), contingenti ONU compresi, competono le licenze previste dalle leggi che ne disciplinano l'impiego da accordi internazionali, ovvero da norme proprie dell'Organismo accettate dall'Autorità nazionale.» mentre il successivo comma 3 recita che «I periodi di cui al comma 2 sono comprensivi delle due giornate previste dall'articolo n. 1, comma 1, lettera a), della legge 23 dicembre 1977, n. 937.». In modo analogo dispone l'articolo 14, commi 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 395 recante il recepimento dell'accordo sindacale del 20 luglio 1995 riguardante il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Corpo di polizia penitenziaria e Corpo forestale dello Stato) e del provvedimento di concertazione del 20 luglio 1995 riguardante le Forze di polizia ad ordinamento militare (Arma dei carabinieri e Corpo della guardia di finanza);
secondo le interpretazioni delle norme citate che le pubbliche amministrazioni

interessate intenderebbero applicare, nei confronti dei dipendenti civili e militari, risulterebbero essere state emanate disposizioni volte a disporre l'obbligo per il personale di fruire di un giorno di riposo di quelli previsti dalla citata legge 23 dicembre 1977, n. 937, articolo 1, comma 1, lettera b), senza considerare che il tenore letterale della norma in questione afferma innegabilmente che sia esclusivamente il dipendente a poter decidere il giorno di fruizione del beneficio;
il decreto-legge di cui si tratta non sembra aver disciplinato la materia in relazione al caso in cui il personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni interessate abbia già fruito di tutti e quattro i giorni di cui alla legge 23 dicembre 1977, n. 937, articolo 1, comma 1, lettera b), non escludendo quindi, in ipotesi, la possibilità per le medesime amministrazioni di poter sottrarre a detti lavoratori di un ordinario giorno di ferie, le quali, come noto, sono oggetto di un diritto irrinunciabile e tutelato costituzionalmente, che verrebbe ad essere conculcato, sia pure in minima parte -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti in premessa e quali siano state le disposizioni emanate per garantire la corretta applicazione delle norme citate al fine di salvaguardare il diritto dei lavoratori di poter disporre liberamente delle giornate di congedo ordinario e in particolare di quelle di cui alla legge 23 dicembre 1977, n. 937, articolo 1, comma 1, lettera b);
quali siano le disposizioni nei confronti del personale che alla data del 17 marzo 2011 abbia già fruito dei 4 giorni di riposo di cui alla legge 23 dicembre 1977, n. 937, articolo 1, comma 1, lettera b).
(4-11262)

TESTO AGGIORNATO AL 15 MARZO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

IANNACCONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in località Terzerie, comune di Cicerale, provincia di Salerno, è presente un nucleo industriale di notevoli dimensioni;
dopo Battipaglia, detto nucleo industriale è il più grande della fascia del Cilento-Valle di Diano;
nonostante la numerosa presenza di industrie detta zona non è servita da linea ADSL;
la linea ADSL si ferma in località Mattina, a circa due chilometri dal nucleo industriale di Terzerie;
l'Esecutivo alla fine del 2009 ha dato il via libera ad un progetto da 1.470 milioni con l'obiettivo di eliminare le disparità tra zona servite dal servizio ADSL e zone non servite, consentendo ai cittadini e alle aziende di navigare ad almeno 2 mega «entro il 2011-2012»;
data la rapida evoluzione dei mercati, della tecnologia e considerata la crescente esigenza di connessioni ad alta velocità, l'Unione europea ha avviato nel corso del 2010 una consultazione atta a verificare la necessità di aggiornare la normativa per garantire che tutti i cittadini dell'Unione europea abbiano accesso ai servizi di comunicazione essenziali, come l'internet veloce;
il nucleo industriale Terzerie costituisce una realtà industriale di notevole importanza che dà lavoro ad oltre mille lavoratori;
l'operatività di detta realtà industriale non può più prescindere dalla connessione internet ad alta velocità -:
quali iniziative intenda adottare, nel quadro del progetto per l'eliminazione della disparità fra zone servite dal servizio ADSL e zone non servite che dovrebbe

concludersi entro il 2012, al fine di rimediare alla mancanza della copertura ADSL nel nucleo industriale di Terzerie-Cicerale in provincia di Salerno.
(5-04382)

DI PIETRO, DI GIUSEPPE, PALADINI, ANIELLO FORMISANO e CIMADORO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli interroganti hanno seguito la vicenda dell'Ittierre sin dall'inizio e si sono impegnati direttamente a fianco dei lavoratori;
l'Ittierre era in amministrazione straordinaria dai primi mesi del 2009, i commissari avevano annunciato circa 500 esuberi. Il gruppo Albisetti è entrato nelle trattative promettendo di evitare questa massa di licenziamenti che avrebbe messo in ginocchio centinaia di famiglie;
grazie a questo impegno il gruppo Albisetti ha ottenuto dalla regione fortissimi aiuti: una fideiussione di 12 milioni di euro e l'impegno ad acquistare gli immobili della Ittierre. In cambio, però, il miracolo non è arrivato. Albisetti si è impegnato a mantenere il posto di lavoro per 570 operai su 834, sia pure non da subito. Per ora verranno impiegati solo 475 lavoratori. Altri 30 dovrebbero tornare al lavoro entro il prossimo settembre e non si sa quando riprenderanno a lavorare altri 65 lavoratori;
i sospetti e i timori nascono dal piano industriale debolissimo. Comprare un'azienda a condizioni facilitate per poi lasciare a casa di certo oltre 200 lavoratori e facendo solo promesse ad altri 100 rappresenta una prassi fin troppo frequente che spesso si conclude con una grave disillusione per i lavoratori;
gli interroganti ritengono che si debba rifiutare di partecipare ad una guerra tra poveri, cioè tra quei 570 lavoratori a cui sono state fatte tante promesse e quegli altri 200 che da subito vengono tagliati fuori da ogni prospettiva di impiego;
i nuovi acquirenti - Gruppo Albisetti - devono rispettare la legge sui criteri di assunzione così come i commissari hanno tuttora l'enorme responsabilità di cercare una soluzione che valga per l'insieme dei lavoratori Ittierre, in una regione martoriata dalla crisi senza che le regioni o il Governo siano efficacemente intervenuti -:
se il Ministero dello sviluppo economico, insieme alla regione Molise, non intenda trovare una soluzione che possa salvaguardare i livelli occupazionali per tutti i lavoratori, che sono in maggioranza donne, anche attraverso gli strumenti che la legge prevede come ad esempio i contratti di solidarietà.
(5-04383)

Interrogazioni a risposta scritta:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la centrale di Bastardo, oggi Pietro Vannucci, nasce nel 1958 come impianto a lignite (grazie alla presenza nel territorio circostante di importati giacimenti di questo combustibile) ed entra in funzione nel 1967 alimentata però ad olio combustibile sin dall'inizio;
nel 1989-90 viene realizzata la riconversione a carbone e a tutt'oggi impianto è alimentato con questo combustibile di provenienza estera, trasportato via mare fino al porto di Ancona;
il consumo medio annuo è stimato in circa 400.000 tonnellate e sono operanti due depositi per il carbone: uno presso il sito dell'impianto con una capacità di stoccaggio di 100.000 tonnellate, il secondo situato presso il porto di Ancona costituito da una struttura coperta con capacità di stoccaggio di 40.000 tonnellate (questo viene gestito da personale ENEL integrato da cooperative portuali);
la fornitura del carbone all'impianto di Bastardo è assicurata da una rete di

trasporti essenzialmente ferroviaria, che solo all'occorrenza può essere integrata da trasporto su strada;
l'impianto ha una potenza installata di 150 megawatt rappresentata da due gruppi da 75 megawatt ciascuno;
fino al 31 dicembre 2009, la centrale ha avuto un elevatissimo fattore di utilizzo: l'impianto era considerato strategico dal GSE (gestore del servizio elettrico) sia per la collocazione geografica che per l'equilibrio energetico nelle reti di trasmissione, inoltre avendo ormai smaltito i costi di ammortamento, risultava essere economicamente vantaggioso ed infatti la sua produzione era richiesta all'ENEL praticamente per l'intero anno;
si tratta di un impianto la cui vitalità ed efficienza era dimostrata anche dall'elevato numero di ore lavoro annue, a dimostrazione dell'affidabilità dell'impianto nonostante la sua età e questo grazie alle elevate professionalità delle forze lavoro presenti;
la centrale è tecnicamente ambientalizzata dal marzo 2003 con certificazione EMAS (sistema di eco gestione ed Audit) e possiede la certificazione ISO 14001;
l'impianto offre inoltre elevatissime garanzie sull'impatto ambientale poiché, oltre ai controlli chimici delle acque, dal 1997 è attivo un sistema di monitoraggio continuo delle emissioni di fornitura Siemens e nel territorio di Gualdo Cattaneo e Giano dell'Umbria sono presenti tre postazioni di rilevamento della qualità dell'aria per valutare il valore delle immissioni;
tali dati sono confermati da una campagna di misura effettuata dall'ARPA Umbria che fornisce una situazione pienamente tranquillizzante,confermando la buona qualità dell'aria e che l'impianto opera nel pieno rispetto del disposto normativo decreto legislativo n.152 del 2006;
va anche ricordato che l'azienda ENEL in questi ultimi anni ha fatto degli investimenti proprio per far sì che l'impianto mantenga le sue funzionalità operative nel rispetto dell'ambiente recependo tutte le nuove normative ambientali (basti pensare alla diminuzione delle emissioni);
l'azienda, al fine del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, ha presentato un progetto di miglioramento ambientale che porterà un consistente ulteriore abbattimento dei valori delle emissioni rispetto a quelli del 2009;
la giunta regionale dell'Umbria approvando alcuni anni fa il Piano energetico regionale, ha ritenuto opportuno evidenziare in un apposito passaggio l'importanza della centrale «Pietro Vannucci», considerandola sito di interesse strategico per la regione, e come tale da salvaguardare, mantenere e valorizzare nel tempo, tenuto conto anche dell'incremento crescente annuo del fabbisogno di energia elettrica della regione Umbria, stimato intorno al 3 per cento;
dal 31 dicembre 2009 al primo gennaio 2010 impianto di Bastardo è divenuto da indispensabile per equilibrio della rete, ad impianto in attesa di essere chiamato in servizio. Nel 2011 ha subito una nuova variazione ed è stato inserito tra gli impianti dei «servizi» subendo un ulteriore declassamento, che ha portando la centrale ad un bassissimo fattore di utilizzo;
quest'anno è attribuito un budget preventivo di circa un mese di funzionamento;
questo stato di cose sta provocando forti tensioni in vari ambiti: nel porto di Ancona tutto il sistema di scarico navi sta subendo forti ridimensionamenti per cui l'autorità portuale sta valutando di annullare la concessione; quanto concerne il sistema di trasporto su rotaia le Ferrovie dello Stato stanno ricollocando le risorse destinate a tale attività; la cooperativa che gestisce lo snodo modale ed il trasporto su gomma sta pensando di rivedere la propria

organizzazione e se mantenerla per un così basso fattore di utilizzo rispetto agli investimenti effettuati -:
se sia noto per quali motivi il citato impianto sia stato declassato e portato ad un bassissimo fattore di utilizzo con un budget preventivo di circa un mese di funzionamento, in particolare per quale motivo in data 26 febbraio 2011 impianto sia stato dichiarato «riserva fredda» (termine tecnico che significa che l'impianto viene escluso da qualsiasi possibilità di essere chiamato in servizio) proprio nel momento in cui, a causa della crisi della Libia che ha sospeso le forniture di combustibile verso il nostro Paese, si dovrebbe a maggior ragione puntare ad un mix diversificato di fonti energetiche;
quali siano le conseguenze in termini occupazionali e di indotto di una tale decisione.
(4-11260)

SARDELLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in sede di conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, meglio conosciuto come «decreto milleproroghe», è stata inserita nel provvedimento una disposizione riguardante i piccoli serbatoi GPL (gas di petrolio liquefatto);
con tale disposizione si prevedono controlli aggiuntivi per i soli piccoli serbatoi di GPL che, com'è noto, rientrano nella più ampia categoria di attrezzature a pressione e, pertanto, sono assoggettati (sulla base del decreto del Ministero dello sviluppo economico 1o dicembre 2004, n. 329) a verifiche periodiche di funzionamento (biennali) e di integrità (decennali), che garantiscono, di fatto, la sicurezza dell'apparecchio;
ad avviso dell'interrogante l'urgenza e la necessità di arrivare ad una rapida approvazione del decreto-legge non ha consentito di approfondire le tematiche trattate nel testo ed è proprio in virtù di questo che temi, come quello di cui sopra, non hanno potuto essere rivisti e corretti durante la lettura del provvedimento in Assemblea alla Camera dei deputati;
in questo caso, non si comprendono le motivazioni tecniche che hanno portato a tale decisione, tenuto conto, oltretutto, che la casistica incidentale non presenta, ormai da oltre un decennio, alcuna evidenza relativa all'impiego di tali serbatoi, per cui l'unico risultato sembra essere quello di maggiori costi per le aziende e disagi per i consumatori finali di GPL che si troveranno costretti allo sterramento dei serbatoi posizionati nei propri giardini o appezzamenti di terreno;
appare necessario, in considerazione delle osservazioni sopra esposte, evitare, in un momento oltretutto di grave crisi economica, che norme incomprensibili pesino sulle aziende e sugli utenti -:
se non si ritenga opportuno assumere apposite iniziative normative dirette a prevedere l'abrogazione della norma in questione, lasciando agli organi istituzionali competenti, qualora si rendesse necessario, l'emanazione di nuove regole per quanto riguarda la sicurezza delle attrezzature a pressione.
(4-11270)

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TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:

MARCHIONI. - Al Ministro del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 1o marzo 2011 l'AgenParl pubblica un articolo dal titolo «turismo: italia.it la cartolina sbiadita dell'Italia», secondo il quale sul portale italia.it, creato dallo stesso Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, si rileverebbero alcune stranezze: «una parte del sito

è dedicata ai cittadini stranieri, come tedeschi e/o cinese. Ci si aspetta che quell'area sia in lingua, rispettivamente, tedesca e/o cinese, per rendere più semplice la navigazione per gli internauti stranieri. A primo acchito così pare, visto che, la parte scritta, è in lingua straniera. Ma, andando ad esplorare i video, le parti audio sono tutte in madre lingua, italiana»;
inoltre, come riportato dall'AgenParl, le spese per la realizzazione ammontano a 6 milioni di euro, secondo quanto riportato dal Sottosegretario Saglia, rispondendo ad un'interrogazione in merito -:
se i Ministriinterrogati siano a conoscenza dei fatti sopra descritti;
a quale ditte sia stata affidata la realizzazione del portale web e per quali importi;
se il Ministro del turismo non ritenga opportuno attivarsi per eliminare le anomalie rinvenibili nel sito, fornendo così un servizio ai cittadini stranieri.
(4-11255)

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Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Ravetto e altri n. 1-00297, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

La mozione Pezzotta e altri n. 1-00408, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bobba.

La mozione Gentiloni Silveri e altri n. 1-00587, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza Garagnani n. 2-00562, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta orale Migliori n. 3-00800, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Tommaso Foti n. 4-05259, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Vitali Luigi n. 4-05279, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Toccafondi n. 4-05289, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-02197, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione D'Ippolito Vitale n. 5-02211, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Formichella e altri n. 4-05362, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-05391, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Cirielli n. 4-05394, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-02227, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Contento n. 5-02228, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-02230, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta De Angelis n. 4-05425, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Pili n. 4-05435, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Contento n. 5-02244, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Catanoso n. 4-05455, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta La Loggia n. 4-05456, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Speciale e altri n. 4-05471, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-05472, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Bertolini n. 4-05478, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Bertolini n. 4-05506, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Bergamini n. 4-05536, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-05563, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta De Angelis n. 4-05566, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Ceroni n. 5-02288, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Realacci e altri n. 4-11172, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Servodio.

Pubblicazione di testi riformulati.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Di Pietro n. 1-00579, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 442 del 1o marzo 2011:

La Camera,
premesso che:
nel corso dell'iter parlamentare di approvazione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie (atto Camera n. 4086) era stato inserito, all'articolo 2, un comma aggiuntivo, il comma 12-duodecies, che apportava delle modifiche all'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi di media audiovisivi, il quale prevedeva fino al 31 dicembre 2010 il divieto per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
il predetto comma prorogava il divieto fino al 31 dicembre 2012;
nel corso dell'esame in Assemblea emergeva la necessità di un coordinamento nel senso di procedere alla soppressione del comma 12-duodecies dell'articolo 2, in quanto la proroga era già contenuta nella tabella n. 1 del decreto-legge fino al 31 marzo 2011, successivamente prorogabile al 31 dicembre 2011 con il previsto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, sarebbe stato preferibile prevedere la soppressione dall'allegato 1 citato della disposizione e, viceversa, il mantenimento nel testo di tale comma 12-duodecies;
in pratica, si è introdotta la proroga sic et simpliciter del divieto di incroci tra giornali e televisioni solo fino al 31 marzo 2011 (e non fino a fine 2012, come prevedeva il testo precedente del decreto-legge, come modificato nel corso dell'iter parlamentare), essendo il rinvio al 31 dicembre 2011 facoltativo e rimesso alla volontà dell'Esecutivo;
dopo la data del 31 marzo 2011 il divieto decadrà e chi ha una posizione dominante nel mondo delle televisioni (Mediaset, Telecom e Sky) potrà entrare anche nella proprietà degli altri media, stampa in primis;
in particolare, è noto a tutti l'interesse che da sempre Mediaset ha nei confronti de Il Corriere della Sera. Resta, dunque, il forte dubbio che tutto sia stato finalizzato alla salvaguardia degli interessi del Presidente del Consiglio dei ministri, il quale sarebbe intenzionato a mettere mano anche su qualche giornale a larga tiratura;
l'articolo 1 del decreto-legge n. 225 del 2010 fissa al 31 marzo 2011 la scadenza dei termini e dei «regimi giuridici» indicati nella tabella n. 1 allegata e autorizza il Governo a disporre, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, un'eventuale ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2011;

la questione relativa al divieto di incroci stampa e tv è stata recentemente oggetto di una segnalazione al Governo emessa dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in data 24 novembre 2010, nella quale si afferma che la disposizione in materia di limiti antitrust all'incrocio tra stampa e giornali quotidiani è stata sin dall'inizio concepita dal legislatore a tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione e di informazione, sulla base delle indicazioni date dalla Corte costituzionale (sentenza n. 826 del 1988);
la protezione del pluralismo informativo è uno dei principi fondamentali dell'Unione europea (articolo 11, comma secondo, dalla Carta europea dei diritti fondamentali) e, in forza di ciò, la giurisprudenza della Corte di giustizia europea ha riconosciuto il diritto degli Stati membri a mantenere una legislazione speciale in materia, più restrittiva del diritto della concorrenza,


impegna il Governo:


a prorogare nell'immediato, con il previsto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 225 del 2010, la disposizione citata in premessa almeno fino al 31 dicembre 2011 e ad adottare iniziative normative per prorogare comunque tale disposizione almeno fino al 31 dicembre 2012;
ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a garantire la ridefinizione dell'ambito di applicazione del divieto di incroci stampa-televisione, al fine di non esporre l'editoria quotidiana italiana a rischi di involuzione e ad ulteriori concentrazioni di mezzi e di risorse, a tutto danno del pluralismo informativo e degli equilibri democratici del Paese.
(1-00579)
(Nuova formulazione) «Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Leoluca Orlando, Favia, Cambursano, Monai, Zazzera».

Si pubblica il testo riformulato della mozione Franceschini n. 1-00580, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 443 del 2 marzo 2011:

La Camera,
premesso che:
la Corte costituzionale, in data 12 gennaio 2011, ha deliberato l'ammissibilità di quattro richieste di referendum abrogativo:
a) modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione;
b) determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma;
c) nuove centrali per la produzione di energia nucleare. Abrogazione parziale di norme;
d) abrogazione della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale;
in base all'articolo 34 della legge n. 352 del 1970, «il Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri, indice con decreto il referendum, fissando la data di convocazione degli elettori in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno»;
la legge n. 352 del 1970 che regolamenta i referendum impedisce esclusivamente, come si desume dall'articolo 31, l'abbinamento tra referendum ed elezioni politiche;
nella prossima primavera sono 1.310 i comuni italiani che andranno al voto nelle elezioni amministrative e, tra questi, 11 città che vantano una popolazione superiore a 100.000 abitanti: Milano, Napoli, Torino, Bologna, Trieste, Ravenna, Cagliari, Rimini, Salerno, Latina e Novara. Arezzo, Barletta e Catanzaro, appena sotto i 100.000. Si voterà anche per il rinnovo di

undici amministrazioni provinciali: Reggio Calabria, Ravenna, Trieste, Gorizia, Mantova, Pavia, Macerata, Campobasso, Vercelli, Lucca, Treviso;
non accorpare la data delle elezioni amministrative 2011 con quella dei referendum sarebbe una scelta molto grave, non solo per il disagio che porterebbe a molti cittadini chiamati a votare per tre volte, per tre settimane, ma anche e soprattutto perché produrrebbe un costo per i contribuenti italiani talmente alto da essere insopportabile;
la crisi economica impone di modulare le scadenze elettorali in modo ancor più attento per esigenze di risparmio della collettività, così da utilizzare le risorse risparmiate a fini di utilità pubblica;
la recente storia elettorale italiana dimostra come l'elettorato appare pienamente in grado di esprimere valutazioni differenziate anche su elezioni che avvengano contestualmente,


impegna il Governo


ad adottare le iniziative di competenza volte a fissare la data di convocazione degli elettori per i quattro referendum abrogativi del 2011 nella stessa domenica in cui sono convocati gli elettori per il primo turno delle elezioni amministrative 2011.
(1-00580)
(Nuova formulazione) «Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Boccia, Lenzi, Quartiani, Giachetti, Rosato».

Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Paladini n. 7-00509, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 446 del 9 marzo 2011:

La XI Commissione,
premesso che:
l'articolo 9 del decreto-legge 78 del 2010, convertito dalla legge 122 del 2010 detta una serie di norme volte a contenere le spese in materia di pubblico impiego;
per quanto riguarda le politiche del personale, si introducono nuove limitazioni alle assunzioni a tempo indeterminato da parte delle pubbliche amministrazioni. In particolare, si estendono agli anni 2012 e 2013 i limiti già previsti dalla legislazione vigente per gli anni 2010 e 2011 (20 per cento della spesa relativa al personale cessato nell'anno precedente);
viene rinviata, come ormai di prassi nelle manovre economiche, la data a partire dalla quale si potrà aumentare la spesa per le assunzioni: siamo al 2014 per le assunzioni al 50 per cento, mentre al 2015 per il reintegro del turn over;
quanto invece all'assunzione di personale a tempo determinato, con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, la spesa viene ridotta al 50 per cento di quella dell'anno precedente. La stessa riduzione è prevista per la spesa relativa a contratti di formazione lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro e al lavoro accessorio;
se da un lato è importante procedere ad un serio processo di rinnovamento del pubblico impiego, accrescendone anche la produttività, dall'altro la continua contrazione della spesa per far fronte ad esso mette in crisi molti settori della vita pubblica e l'efficienza dei servizi, anche fondamentali, offerti ai cittadini;
sarebbe riduttivo imputare questo stato di cose alle sole difficoltà economiche e di bilancio dello Stato; occorre invece evidenziare le responsabilità della politica e la mancanza di progetti organici e di sistema, che rilancino il funzionamento dello Stato e i servizi offerti ai cittadini, in un ottica di riforma di lungo periodo e non sempre e solo funzionale a superare la crisi del momento;
in questo stato di cose, accade spesso che la pubblica amministrazione indica concorsi pubblici che si concludono con graduatorie di vincitori ed eventualmente

altri candidati idonei e, successivamente, non vengano autorizzate le assunzioni, spesso neppure per l'intero numero dei posti messi a concorso;
in tal modo abbiamo da un lato la pubblica amministrazione che necessita di nuovo personale o di sostituire quello che è cessato dal lavoro per poter continuare a funzionare, e dall'altro esigenze di cassa che non consentono di farvi fronte. Alle volte le difficoltà di cassa erano note già prima che fosse autorizzato il concorso pubblico, ma vi si procede ugualmente;
si assiste così a situazioni paradossali di cui i cittadini fanno le spese: da un lato quelli che non ricevono dalla pubblica amministrazione i servizi che la legge gli riconosce oppure li ricevono di dubbia qualità o in tempi lunghi; dall'altro i vincitori di concorso e gli idonei, laddove previsti, che affrontano con grande sacrificio costi notevoli e tempi spesso biblici per partecipare ad un concorso pubblico, ma non vengono assunti;
per far fronte alle esigenze di risorse umane da parte della pubblica amministrazione, si finisce col ricorrere a soluzione contingenti, come il ricorso al lavoro flessibile che non solo non risolve il problema, non costituendo neppure un risparmio per l'erario, ma finisce col generare ulteriori situazioni problematiche;
innanzitutto tale situazione finisce con l'aumentare la precarizzazione e non si sottrae ad abusi. A tale proposito è sufficiente leggere il blog del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, il quale scrive «Non è un segreto che le amministrazioni pubbliche abbiano spesso utilizzato i contratti di lavoro atipici per ovviare ai vincoli finanziari posti in materia di assunzioni a tempo indeterminato; assumere personale mediante forme di reclutamento semplificate, se non addirittura fondate sull'intuitu personae. Attraverso un utilizzo improprio delle proroghe e dei rinnovi del contratto di lavoro, anche oltre i limiti temporali previsti dalla normativa vigente in materia, si sono così create forme di precariato che non hanno certo dato un buon apporto all'immagine della pubblica amministrazione»;
in secondo luogo perché l'utilizzo di personale con contratto di lavoro a termine - nelle sue varie forme - da parte delle pubbliche amministrazioni è assoggettato alle medesime fonti legislative che disciplinano detto istituto nell'ambito del lavoro privato (decreto legislativo n. 165 del 2001), pertanto esso deve servire per far fronte ad esigenze temporanee ed eccezionali delle amministrazioni pubbliche, mentre viene utilizzando - contra legem - per consentire lo svolgimento di mansioni ordinarie e non temporanee;
in terzo luogo perché nell'ambito del rapporto pubblico di lavoro continua a vigere il principio dell'accesso mediante concorso e il divieto assoluto della conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato;
in quarto luogo perché chi instaura un rapporto di lavoro flessibile con la pubblica amministrazione, spesso rinnovato anche per periodi successivi più o meno lunghi, acquisisce una competenza che non è immediatamente sostituibile dalla pubblica amministrazione e matura un'aspettativa a vedere stabilizzato il rapporto di lavoro;
in questo modo lo Stato perde la fiducia dei cittadini, creando conflitti tra chi ha vinto un concorso pubblico ed ha fatto un legittimo affidamento sull'assunzione e chi, pur non avendo vinto un concorso, aspira ad essere stabilizzato avendo a lungo servito lo Stato e avendo maturato specifiche competenze;
la prassi che si denuncia è dunque contraria ai principi del buon andamento della pubblica amministrazione;
una vicenda emblematica della situazione in cui versa il pubblico impiego è quella dell'Istituto nazionale di previdenza sociale;
la riorganizzazione dell'INPS negli ultimi anni ha determinato una crescita

dell'efficienza e una riduzione degli sprechi da parte dell'istituto. Tuttavia, a fronte di un aumento delle sue funzioni, il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione ha determinato una costante e progressiva flessione della consistenza del personale rispetto alla pianta organica dell'INPS. Così sono anni che l'INPS denuncia carenza di personale;
nel settembre 2007 ha proceduto ad indire più concorsi pubblici per l'assunzione di personale;
tra questi, per esempio, vi è il concorso per l'assunzione di 50 posti nei ruoli del personale amministrativo dell'area funzionale B, area economica B1. Tale concorso, dopo una lunga gestazione, ha visto ben 319 candidati idonei su circa 25 mila concorrenti, che oggi vorrebbero essere assunti a fronte del cresciuto fabbisogno dell'INPS di assumere altro personale;
al contrario, invece, l'INPS continua a fronteggiare tale grave carenza di organico, ordinaria e strutturale, continuando a ricorrere all'assunzione di lavoratori a tempo determinato nei ruoli del personale amministrativo dell'area funzionale B;
in data 24 marzo 2010 (15 giorni prima della conclusione del concorso) ha sottoscritto un contratto per la fornitura di 900 lavoratori interinali, per 4 ore giornaliere, per 12 mesi, con mansioni di «addetto all'acquisizione dati su supporto informatico ed ai sistemi di archiviazione», profilo equivalente alla posizione B1 del contratto collettivo nazionale di lavoro degli enti pubblici non economici, con l'agenzia TEMPOR spa, specificatamente per il ruolo dell'area funzionale B. In data 25 giugno 2009, l'Inps ne aveva assunti altri 750, per 4 ore giornaliere, per 3 mesi, sempre con le stesse mansioni e lo stesso inquadramento;
però a partire dal 2011 l'INPS ha dichiarato di non poter più ricorrere neppure ai lavoratori somministrati, a causa dei tagli approntati dal decreto-legge n. 78 del 2010, il tutto malgrado sia stato confermato per il 2011 un fabbisogno pari a quello del 2010;
dal 1o gennaio 2011 sono rimasti a casa 550 lavoratori somministrati, mentre i restanti 1240 rischiano la stessa sorte a fine marzo, data di scadenza dell'appalto stipulato tra l'INPS e la società TEMPOR s.p.a.;
la situazione è paradossale considerando che i lavoratori in somministrazione si occupano di liquidare prestazioni di cassa integrazione, compresa quella in deroga, disoccupazione per lavoratori impiegati in aziende in crisi, come pure delle invalidità civili delle persone diversamente abili; a tali lavoratori, inoltre, è affidato il compito di rilasciare il certificato DURC, documento unico di regolarità contributiva, con il quale si attesta l'assolvimento, da parte dell'impresa, degli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di INPS, INAIL e Cassa edile. Si possono immaginare le difficoltà che si verificheranno per il regolare svolgimento delle attività delle imprese. Infatti, la situazione di crisi rende ancora più pesante affrontare, per i lavoratori, il ritardo nell'erogazione delle prestazioni e, per le imprese, il ritardo nel rilascio di documentazione fondamentale per la partecipazione agli appalti;
va assicurato il buon andamento della Pubblica amministrazione;
in base all'articolo 97, comma terzo, della Costituzione il concorso pubblico è istituito come lo strumento fondamentale di accesso al lavoro nella pubblica amministrazione, al fine di garantire il suo buon andamento e l'imparzialità, nonché la legalità e l'oggettività del merito e limitare fenomeni di clientelismo;
rimane saldo inoltre l'insegnamento consolidato della giurisprudenza della Corte costituzionale, secondo cui le deroghe legislative al principio dell'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso, seppure previste espressamente dallo stesso articolo 97, terzo comma, della Costituzione, sono sottoposte

al sindacato di legittimità costituzionale. In particolare, «l'area delle eccezioni» al concorso deve essere «delimitata in modo rigoroso» (sentenza n. 215 del 2009; sentenza n. 363 del 2006). Le deroghe, cioè, sono legittime solo in presenza di «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» idonee a giustificarle (sentenza n. 81 del 2006). In altre parole, la deroga al principio del concorso pubblico deve essere essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione (sentenza n. 293 del 2009; sentenza n. 9 del 2010);
l'INPS ha dimostrato di avere necessità di assumere altro personale per lo svolgimento delle mansioni ordinarie che gli sono affidate e deve essergli consentito farlo rimuovendo nei suoi confronti, con interventi normativi, i limiti alle assunzioni, fino alla concorrenza del numero di nuove assunzioni necessarie per far fronte alle sue esigenze;
per far fronte ai bisogni immediati dell'INPS si deve procedere, primariamente, all'assunzione di quanti - vincitori ed idonei di un concorso indetto dall'ente nell'ultimo quinquennio - non siano ancora stati assunti;
per la copertura dei posti rimanenti è necessario procedere all'indizione di un nuovo concorso, valorizzando mediante il riconoscimento di un punteggio, l'esperienza maturata dai lavoratori che nello stesso arco di tempo abbiano lavorato presso l'ente mediante contratti di somministrazione, di collaborazione a progetto o a tempo determinato,


impegna il Governo


ad assumere le iniziative di competenza necessarie a rimuovere il blocco delle assunzioni nei confronti dell'INPS al fine di consentire l'assunzione dei vincitori e degli idonei sulla base dei punteggi conseguiti in precedenti concorsi dell'ente espletati nell'arco dell'ultimo quinquennio che non siano ancora stati assunti e per l'indizione di un concorso per la copertura dei posti rimanenti, riconoscendo un punteggio a chi abbia maturato esperienza lavorando presso l'ente nello stesso arco di tempo mediante contratti di somministrazione, di collaborazione a progetto o a tempo determinato.
(7-00509)
«Paladini, Aniello Formisano, Borghesi, Di Pietro».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Poli n. 2-00984 del 28 febbraio 2011.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Di Pietro e altri n. 4-10968 del 22 febbraio 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04383.