XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 16 marzo 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 16 marzo 2011.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Boniver, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Galati, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Leoluca Orlando, Palumbo, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Valducci, Vito, Zacchera, Zeller.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Aprea, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Boniver, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Galati, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Lusetti, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Leoluca Orlando, Palumbo, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tenaglia, Tremonti, Valducci, Vitali, Vito, Zacchera, Zeller.

Annunzio di proposte di legge.

In data 15 marzo 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
GIDONI ed altri: «Istituzione del Corpo dei volontari militari per la mobilitazione e delega al Governo per la disciplina dell'avanzamento dei suoi componenti» (4174);
DI STANISLAO: «Modifica all'articolo 697 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di limite massimo di età per il reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno» (4175);
POLLASTRINI e MOSCA: «Norme in materia di parità e di non discriminazione tra i generi nell'ambito della pubblicità e dei mezzi di comunicazione» (4176);
TOTO: «Modifiche alla legge 29 marzo 1985, n. 113, in materia di disciplina del collocamento e del rapporto di lavoro dei centralinisti telefonici e degli operatori della comunicazione con qualifiche equipollenti minorati della vista» (4177);
CAMBURSANO: «Modifiche agli articoli 26, 72-bis e 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di riscossione coattiva di imposte, tasse e tributi» (4178);
RAISI: «Riforma della rappresentanza del personale militare» (4179);
BOCCI ed altri: «Modifica all'articolo 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, in materia di composizione e di nomina del collegio sindacale delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere» (4180);
CAVALLOTTO: «Modifica all'articolo 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, in materia di riconoscimento, tutela e valorizzazione del patrimonio linguistico, risorgimentale, letterario e filologico della lingua regionale piemontese» (4181).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge LOLLI: «Disposizioni per la tutela dei segni distintivi delle società sportive, enti e federazioni, e per la disciplina della loro utilizzazione commerciale e delle sponsorizzazioni sportive» (1620) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Peluffo.
La proposta di legge FRASSINETTI ed altri: «Disposizioni per l'insegnamento dell'inno nazionale nelle scuole del primo ciclo dell'istruzione» (4117) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Barbareschi, Beccalossi, Bertolini, Grimaldi, Lamorte, Raisi, Rampi, Luciano Rossi, Sammarco, Savino, Speciale, Torrisi, Tullo e Vella.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

VI Commissione (Finanze):
VIOLA ed altri: «Destinazione, per gli anni 2011 e 2012, di una quota dei proventi dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici alla regione Veneto per l'indennizzo dei danni provocati dagli eccezionali eventi meteorologici del mese di novembre 2010» (4076) Parere delle Commissioni I, V, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
NARO ed altri: «Disposizioni per il trasferimento del punto franco istituito nella zona falcata del porto di Messina con legge 15 marzo 1951, n. 191» (4110) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, IX, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

X Commissione (Attività produttive):
PIONATI: «Destinazione dei proventi della dismissione di beni del patrimonio dello Stato al finanziamento di investimenti in settori strategici per l'occupazione e la coesione sociale» (4097) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Il ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettere del 3 e del 7 marzo 2011, ha trasmesso cinque note relative all'attuazione data agli ordini del giorno Pelino ed altri n. 9/3638/54, in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 28 luglio 2010, Damiano ed altri n. 9/1441-quater-A/25, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 28 ottobre 2008, concernente l'esercizio della delega in materia di disciplina dei lavori usuranti, e, per la parte di propria competenza, agli ordini del giorno Poli n. 9/1441-quater-A/15, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 28 ottobre 2008, riguardante iniziative di contrasto al lavoro sommerso, Bossa ed altri n. 9/3778-A/130, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 19 novembre 2010, riguardante misure a favore dell'integrazione delle persone disabili, nonché alla risoluzione conclusiva Mattesini ed altri n. 8/00098, accolta dal Governo ed approvata dalla XI Commissione (Lavoro) nella seduta del 24 novembre 2010, concernente la tutela dei lavoratori sottoposti a trattamento di dialisi.

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla XI Commissione (Lavoro) competente per materia.

Trasmissione dal ministro della difesa.

Il ministro della difesa, con lettera del 4 marzo 2011, ha trasmesso quattro note relative all'attuazione data agli ordini del giorno Luongo n. 9/3638/130, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 28 luglio 2010, Angela Napoli ed altri n. 9/3778-A/12 e Di Stanislao ed altri n. 9/3778-A/40, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 19 novembre 2010, De Angelis ed altri n. 0/3779/IV/2, non accolto dal Governo ed approvato dalla IV Commissione (Difesa) nella seduta del 27 ottobre 2010, concernenti gli alloggi di servizio del Ministero della difesa.

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla IV Commissione (Difesa) competente per materia.

Trasmissione dal ministro degli affari esteri.

Il ministro degli affari esteri, con lettere del 9 marzo 2011, ha trasmesso due note relative all'attuazione data, per la parte di propria competenza, agli ordini del giorno Pistelli n. 9/3638/153, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 28 luglio 2010, Barbi ed altri n. 9/3778-A/34, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 19 novembre 2010, concernenti la destinazione di risorse al Fondo globale per la lotta all'AIDS, Narducci ed altri n. 9/3778-A/33, accolto dal Governo sempre nella seduta dell'Assemblea del 19 novembre 2010, riguardante il ripristino della dotazione della società «Dante Alighieri».

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla III Commissione (Affari esteri) competente per materia.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 15 marzo 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Piano di efficienza energetica 2011 (COM(2011)109 definitivo) e relativo documento di accompagnamento - Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Sintesi della valutazione d'impatto (SEC(2011)280 definitivo), che sono assegnati in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Una tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050 (COM(2011)112 definitivo) e relativo documento di accompagnamento - Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Sintesi della valutazione d'impatto (SEC(2011)289 definitivo), che sono assegnati in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente).

Annunzio di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.

Nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea (GUUE) del 26 febbraio 2011, serie C, n. 63, sono state pubblicate le seguenti sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee, relative a cause in cui la Repubblica italiana è parte o adottate a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un'autorità giurisdizionale italiana, che sono inviate, ai sensi dell'articolo 127-bis del regolamento, alle sottoindicate Commissioni competenti per materia nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
2011/C 63/04 Causa C-77/09: Sentenza della Corte (Seconda sezione) 22 dicembre 2010 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio - Italia) - Gowan Comércio Internacional e Serviços Lda/Ministero della salute (Prodotti fitosanitari - Direttiva 2006/134/CE - Validità - Limitazioni all'uso del fenarimol come sostanza attiva) (doc. LXXXIX, n. 128) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
2011/C 63/04 Causa C-304/09: Sentenza della Corte (Prima sezione) 22 dicembre 2010 - Commissione europea/Repubblica italiana (Inadempimento da parte di uno Stato - Aiuti a favore di società recentemente quotate in Borsa - Recupero) (doc. LXXXIX, n. 129) - alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dal Garante del contribuente della regione Sicilia.

Il Garante del contribuente della regione Sicilia, con lettera in data 28 febbraio 2011, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale riferita all'anno 2010, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212, e successive modificazioni.
Questa documentazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 16 marzo 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, le richieste di parere parlamentare sugli schemi di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recanti proroghe di termini, richieste rispettivamente dal dipartimento della protezione civile e dal dipartimento per la pubblica amministrazione e l'innovazione (340), dal Ministero della salute (341), dal Ministero dell'interno (342), dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (343), dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (344), dal Ministero per i beni e le attività culturali (345), dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (346), dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (347), dal Ministero della difesa (348), dal Ministero dell'economia e delle finanze (349), dal dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo (350), dal ministro della gioventù d'intesa con il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (351), dal ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale (352), dal ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (353) e dal dipartimento per la pubblica amministrazione e l'innovazione (354).
Tali richieste sono assegnate, dal Presidente del Senato della Repubblica, d'intesa con il Presidente della Camera dei deputati, alla Commissione parlamentare per la semplificazione. Sono altresì assegnate, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio). Tali Commissioni dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 26 marzo 2011.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 15 marzo 2011, a pagina 71, prima colonna, dopo la trentunesima riga deve intendersi inserita la seguente dicitura: (Approvato).

DISEGNO DI LEGGE: ISTITUZIONE DELL'AUTORITÀ GARANTE PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA (A.C. 2008-A/R) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: BOCCIARDO; DE POLI, NUNZIO FRANCESCO TESTA; PISICCHIO; PALOMBA; VELTRONI ED ALTRI; IANNACCONE ED ALTRI; COSENZA (A.C. 127-349-858-1197-1591-1913-2199)

A.C. 2008-A/R - Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento elaborato dalle Commissioni di merito:

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
All'articolo 5, comma 1, apportare le seguenti modificazioni:
dopo le parole: È istituito aggiungere le seguenti:, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
sostituire le parole: da dipendenti dello Stato e di altre amministrazioni in posizione di comando obbligatorio con le seguenti: ai sensi dell'articolo 9, comma 5-ter, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, da dipendenti del comparto Ministeri o appartenenti ad altre amministrazioni pubbliche in posizione di comando obbligatorio;
dopo le parole: nel limite massimo di dieci unità aggiungere le seguenti: e, comunque, nei limiti delle risorse del fondo di cui al comma 3.

All'articolo 7, comma 2, sostituire le parole: valutato nel limite massimo di con le seguenti: pari a.

All'articolo 7, dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-bis. Fermo restando quanto disposto dai commi 1 e 2, dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

e con la seguente condizione:
all'articolo 5, comma 3, sostituire le parole: dello stato di previsione con le seguenti: dello stesso bilancio.

ULTERIORI PARERI DELLA V COMMISSIONE

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 3.6, 3.38, 3.41, 3.44, limitatamente al comma 11, 3.51, 3.52, 3.53, 3.55, 3.57, 3.58, 3.62, 4.50, 5.1 e 7.51 e sull'articolo aggiuntivo 3.01, limitatamente ai commi 2 e 5, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti.

PARERE FAVOREVOLE

sull'emendamento 5.101 (nuova formulazione) con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
alla parte consequenziale, comma 2, sostituire le parole: o da altra amministrazione pubblica senza ulteriori oneri con le seguenti: senza nuovi o maggiori oneri.

NULLA OSTA

sull'emendamento 7.100;

la condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, riferita all'articolo 5, contenuta nel parere espresso nella seduta del 10 marzo 2011, si intende conseguentemente revocata, a condizione che sia approvato l'emendamento 5.101 (nuova formulazione), come modificato in recepimento della condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, contenuta nel presente parere.

A.C. 2008-A/R - Articolo 2

ARTICOLO 2 NEL NUOVO TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 2.
(Modalità di nomina, requisiti, incompatibilità e compenso dell'Autorità garante).

1. L'Autorità garante è organo monocratico ed è scelta tra persone di notoria indipendenza, di indiscussa moralità e di specifiche e comprovate professionalità, competenza ed esperienza nel campo dei diritti dei minori, delle problematiche familiari o educative e di promozione e tutela dei minori di età ed è nominata con determinazione adottata d'intesa dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
2. L'Autorità garante dura in carica quattro anni e il suo mandato è rinnovabile una sola volta.
3. Per tutta la durata dell'incarico l'Autorità garante non può esercitare, a pena di decadenza, alcuna attività professionale, imprenditoriale o di consulenza, non può essere amministratore o dipendente di enti pubblici o privati né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura o rivestire cariche elettive o incarichi in associazioni, onlus, ordini professionali o comunque in organismi che svolgono attività nei settori dell'infanzia e dell'adolescenza. Se dipendente pubblico, secondo l'ordinamento di appartenenza, è collocato fuori ruolo o in aspettativa senza assegni per tutta la durata del mandato.
4. All'Autorità garante è riconosciuta un'indennità di carica pari al trattamento economico annuo spettante a un Capo Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri e comunque nei limiti della spesa autorizzata ai sensi dell'articolo 7, comma 2.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 2.
(Modalità di nomina, requisiti, incompatibilità e compenso dell'Autorità garante).

Al comma 1, sostituire le parole: ed è scelta con le seguenti:. Il titolare dell'Autorità garante è scelto

Conseguentemente:
al medesimo comma, sostituire le parole:
è nominata con le seguenti: è nominato;
al comma 2, sostituire le parole: L'Autorità garante con le seguenti: Il titolare dell'Autorità garante;
al comma 3, primo periodo, sostituire le parole: l'Autorità garante con le seguenti: il titolare dell'Autorità garante;
al comma 4, sostituire le parole: All'Autorità garante con le seguenti: Al titolare dell'Autorità garante;
alla rubrica, sostituire le parole: dell'Autorità garante con le seguenti: del titolare dell'Autorità garante.
2. 100. Le Commissioni.
(Approvato)

Al comma 1, sostituire la parola: persone con la seguente: cittadini.
2. 50. Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

Al comma 1, sostituire le parole da: e comprovate fino a: adottata con le seguenti: competenza ed esperienza in ordine ai problemi dell'età evolutiva e della famiglia, del disagio minorile, dei diritti umani e di quelli dei minori nonché delle scienze umane, ed è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su designazione formulata.
2. 51. Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

Al comma 1, sostituire le parole: nel campo dei diritti dei minori con le seguenti: nel campo dei diritti umani e in materia di diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.
2. 1. Mura, Palomba, Favia, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.

Al comma 1, sostituire le parole: diritti dei minori con le seguenti: diritti delle persone di minore età.

Conseguentemente:
a) al medesimo comma, sostituire le parole:
tutela dei minori di età con le seguenti: tutela delle persone di minore età;
b) all'articolo 3:
1) al comma 1, lettera a), sostituire le parole: del minore con le seguenti: della persona di minore età;
2) al comma 1, lettera d), sostituire, ovunque ricorrano, le parole: dei minori con le seguenti: delle persone di minore età;
3) al comma 1, lettera e), sostituire le parole: ai minori con le seguenti: alle persone di minore età;
4) al comma 1, lettera i), sostituire le parole: minori di età con le seguenti: di minore età;
5) al comma 1, lettera m), sostituire le parole: dei minori con le seguenti: delle persone di minore età;
6) al comma 1, lettera n), sostituire le parole: minori di età con le seguenti: di minore età;
7) al comma 1, lettera o), sostituire le parole: nei minori con le seguenti: nelle persone di minore età e le parole: i minori medesimi con le seguenti:le persone di minore età medesime;
8) al comma 8, lettera b), sostituire le parole: minori di età con le seguenti: di minore età;
9) al comma 9, sostituire le parole: di minori con le seguenti: delle persone di minore età.
c) all'articolo 4:
1) al comma 1, sostituire le parole: dei minori con le seguenti: delle persone di minore età;
2) al comma 2, sostituire le parole: minori con le seguenti: persone di minore età.
d) all'articolo 6, al comma 1, sostituire le parole: dei minori con le seguenti: delle persone di minore età.
2. 101. Le Commissioni.
(Approvato)

Al comma 1, sostituire le parole: problematiche familiari o educative e di promozione e tutela dei minori di età con le seguenti: problematiche familiari ed educative di promozione e tutela dei minori.
2. 2. Capitanio Santolini, Nunzio Francesco Testa, Binetti, De Poli, Tassone, Scanderebech, Mantini.

Al comma 1, sostituire le parole: problematiche familiari o educative e di promozione e tutela delle persone di minore età con le seguenti: problematiche familiari ed educative di promozione e tutela dei minori.
2. 2.(Testo modificato nel corso della seduta) Capitanio Santolini, Nunzio Francesco Testa, Binetti, De Poli, Tassone, Scanderebech, Mantini.
(Approvato)

Al comma 1 aggiungere, in fine, le parole:, nell'ambito di una rosa di nomi individuata dalla Commissione bicamerale per l'infanzia.
2. 3. Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti.

Al comma 2, sostituire le parole: L'Autorità con le seguenti: La persona nominata Autorità.
2. 4. Capitanio Santolini, Nunzio Francesco Testa, Binetti, De Poli, Tassone, Scanderebech, Mantini.

Al comma 2, sostituire la parola: quattro con la seguente: tre.
2. 5. Capitanio Santolini, Nunzio Francesco Testa, Binetti, De Poli, Tassone, Scanderebech, Mantini.

Al comma 3, secondo periodo, aggiungere, in fine, le parole: e non può conseguire promozioni se non per anzianità.
*2. 6. Palomba, Favia, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.

Al comma 3, secondo periodo, aggiungere, in fine, le parole: e non può conseguire promozioni se non per anzianità.
*2. 52. Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

Al comma 3, aggiungere, in fine, il seguente periodo: L'Autorità garante non può ricoprire cariche o essere titolare di incarichi all'interno di partiti politici o di movimenti di ispirazione politica, per tutto il periodo del mandato.
2. 7. Palomba, Favia, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.

Al comma 3, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Il titolare dell'Autorità garante non può ricoprire cariche o essere titolare di incarichi all'interno di partiti politici o di movimenti di ispirazione politica, per tutto il periodo del mandato.
2. 7.(Testo modificato nel corso della seduta) Palomba, Favia, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.
(Approvato)

A.C. 2008-A/R - Articolo 3

ARTICOLO 3 NEL NUOVO TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 3.
(Competenze dell'Autorità garante. Istituzione e compiti della Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza).

1. L'Autorità garante svolge le seguenti competenze:
a) promuove l'attuazione della Convenzione di New York e degli altri strumenti internazionali in materia di promozione e di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, la piena applicazione della normativa europea e nazionale vigente in materia di promozione della tutela dell'infanzia e dell'adolescenza, nonché del diritto del minore ad essere accolto ed educato prioritariamente nella propria famiglia e, se necessario, in un altro ambito familiare di appoggio o sostitutivo;
b) esercita le funzioni di cui all'articolo 12 della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e resa esecutiva dalla legge 20 marzo 2003, n. 77;
c) collabora all'attività delle reti internazionali dei Garanti delle persone di minore età e all'attività di organizzazioni e di istituti internazionali di tutela e di promozione dei loro diritti. Collabora, altresì, con organizzazioni ed istituti di tutela e di promozione dei diritti delle persone di minore età appartenenti ad altri Paesi;
d) assicura forme idonee di consultazione, comprese quelle delle persone di minore età e quelle delle associazioni familiari, con particolare riferimento alle associazioni operanti nel settore dell'affido e dell'adozione, nonché di collaborazione con tutte le organizzazioni e le reti internazionali, con gli organismi e gli istituti per la promozione e per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza operanti in Italia e negli altri Paesi, con le associazioni, con le organizzazioni non governative, con tutti gli altri soggetti privati operanti nell'ambito della tutela e della promozione dei diritti dei minori nonché con tutti i soggetti comunque interessati al raggiungimento delle finalità di tutela dei diritti e degli interessi dei minori;
e) verifica che ai minori siano garantite pari opportunità nell'accesso alle cure e nell'esercizio del loro diritto alla salute e pari opportunità nell'accesso all'istruzione anche durante la degenza e nei periodi di cura;
f) esprime il proprio parere sul piano nazionale di azione e di intervento per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva previsto dall'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103, e successive modificazioni, nei termini e con le modalità stabiliti dall'articolo 16 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, prima della sua trasmissione alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ai sensi del citato articolo 1, comma 5, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 103 del 2007, e successive modificazioni;
g) segnala al Governo, alle regioni o agli enti locali e territoriali interessati, negli ambiti di rispettiva competenza, tutte le iniziative opportune per assicurare la piena promozione e tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, con particolare riferimento al diritto alla famiglia, all'educazione, all'istruzione, alla salute;
h) esprime il proprio parere sul rapporto che il Governo presenta periodicamente al Comitato dei diritti del fanciullo ai sensi dell'articolo 44 della Convenzione di New York, da allegare al rapporto stesso;
i) formula osservazioni e proposte sull'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali relativi alle persone minori di età, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e vigila in merito al rispetto dei livelli medesimi;
l) promuove, a livello nazionale, iniziative di sensibilizzazione e di diffusione della conoscenza e della cultura dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
m) può diffondere prassi o protocolli di intesa elaborati dalle autorità giudiziarie, dagli ordini professionali o dalle amministrazioni delegate allo svolgimento delle attività socio assistenziali, che abbiano per oggetto i diritti dei minori, in particolare nell'ambito dei procedimenti giudiziari, anche tramite consultazioni periodiche con le autorità o le amministrazioni indicate; può altresì diffondere buone prassi sperimentate all'estero;
n) favorisce lo sviluppo della cultura della mediazione e di ogni istituto atto a prevenire o risolvere con accordi conflitti che coinvolgano persone minori di età, stimolando la formazione degli operatori del settore;
o) promuove iniziative volte a sviluppare nei minori capacità critiche e a suscitare nei media una maggiore sensibilità e responsabilità verso i minori medesimi, anche al fine di sostenere l'attività educativa delle famiglie;
p) presenta alle Camere, entro il 30 aprile di ogni anno, sentita la Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza di cui al comma 7, una relazione sull'attività svolta con riferimento all'anno solare precedente.

2. L'Autorità garante svolge le competenze indicate nel presente articolo nel rispetto del principio di sussidiarietà.
3. L'Autorità garante può esprimere pareri sui disegni di legge e sugli atti normativi del Governo in materia di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.
4. L'Autorità garante promuove, a livello nazionale, studi e ricerche sull'attuazione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, avvalendosi dei dati e delle informazioni dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia, di cui all'articolo 1, comma 1250, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, previsto dagli articoli 1 e 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103, e successive modificazioni, del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia e l'adolescenza, previsto dall'articolo 3 del citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 103 del 2007, nonché dell'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, di cui all'articolo 17, comma 1-bis, della legge 3 agosto 1998, n. 269. L'Autorità garante può altresì richiedere specifiche ricerche e indagini agli organismi di cui al presente comma.
5. L'Autorità garante, nello svolgimento delle proprie funzioni, promuove le opportune sinergie con la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza di cui all'articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n. 451, e successive modificazioni, e si avvale delle relazioni presentate dalla medesima Commissione.
6. Nel rispetto delle competenze e dell'autonomia organizzativa delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e delle autonomie locali in materia di politiche attive di sostegno all'infanzia e all'adolescenza, l'Autorità garante assicura idonee forme di collaborazione con i garanti regionali dell'infanzia e dell'adolescenza o con figure analoghe, che le regioni possono istituire rispettando i requisiti di indipendenza, autonomia e competenza esclusiva in materia di infanzia ed adolescenza.
7. Ai fini di cui al comma 6 è istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, di seguito denominata «Conferenza», presieduta dall'Autorità garante e composta dai garanti regionali dell'infanzia e dell'adolescenza, o da figure analoghe, ove istituiti. La Conferenza è convocata su iniziativa dell'Autorità garante o su richiesta della maggioranza dei garanti regionali dell'infanzia e dell'adolescenza, o di figure analoghe.
8. La Conferenza, nel rispetto delle competenze dello Stato e delle regioni, svolge i seguenti compiti:
a) promuove l'adozione di linee comuni d'azione dei garanti regionali o di figure analoghe in materia di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, da attuare sul piano regionale e nazionale e da promuovere e sostenere nelle sedi internazionali;
b) individua forme di costante scambio di dati e d'informazioni sulla condizione delle persone minori di età a livello nazionale e regionale.

9. L'Autorità garante segnala alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni situazioni di disagio di minori, e alla procura della Repubblica competente abusi che abbiano rilevanza penale o per i quali possano essere adottate iniziative di competenza della procura medesima.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 3.
(Competenze dell'Autorità garante. Istituzione e compiti della Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza).

Sostituirlo con il seguente:
Art. 3. - (Competenze dell'Autorità garante). - 1. L'Autorità garante svolge le seguenti competenze:
a) predispone atti, azioni, misure ed interventi per l'attuazione della convenzione di New York e degli altri strumenti internazionali in materia di promozione e di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, la piena applicazione della normativa europea e nazionale vigente in materia di promozione della tutela dell'infanzia e dell'adolescenza, nonché del diritto del minore ad essere accolto ed educato prioritariamente nella propria famiglia e, se necessario, in un altro ambito familiare di appoggio o sostitutivo;
b) vigila che ai minori siano garantite pari opportunità nell'accesso alle cure e nell'esercizio del loro diritto alla salute e pari opportunità nell'accesso all'istruzione anche durante la degenza e nei periodi di cura;
c) propone al Governo, alle regioni o agli enti locali e territoriali interessati, negli ambiti di rispettiva competenza, tutte le iniziative opportune per assicurare la piena promozione e tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, con particolare riferimento al diritto alla famiglia, all'educazione, all'istruzione, alla salute;
d) può diffondere prassi o protocolli di intesa elaborati dalle autorità giudiziarie, dagli ordini professionali o dalle amministrazioni delegate allo svolgimento delle attività socio assistenziali, che abbiano per oggetto i diritti dei minori, in particolare nell'ambito dei procedimenti giudiziari, anche tramite consultazioni periodiche con le autorità o le amministrazioni indicate; può altresì diffondere buone prassi sperimentate all'estero;
e) collabora con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e con gli organi competenti per prevenire controversie e violazioni della disciplina vigente in materia di tutela delle persone di minore età nella programmazione radiotelevisiva, promuovendo altresì iniziative volte a sviluppare nei minori capacità critiche e a suscitare nei media una maggiore sensibilità e rispetto verso le medesime persone di minore età.
3. 62.(Testo corretto) Schirru.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: L'Autorità garante svolge con le seguenti: All'Autorità garante sono attribuite.

Conseguentemente, al comma 2, sostituire la parola: svolge con la seguente: esercita.
3. 100. Le Commissioni.
(Approvato)

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: promuove l'attuazione della con le seguenti: vigila sulla tutela dei minori in conformità a quanto previsto dalla Costituzione, dalla legislazione nazionale e da quella internazionale, con particolare riguardo alla.
3. 50. Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: promuove l'attuazione con le seguenti: vigila sul pieno rispetto e sull'attuazione dei princìpi.

Conseguentemente, al medesimo comma, lettera a), sostituire le parole:, la piena applicazione con le seguenti: e promuove la piena attuazione.
3. 2. Sbrollini, Zampa, Miotto, Mattesini, Cardinale, Schirru, Pedoto.

Al comma 1, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:
b-bis) formula linee di indirizzo per il coordinamento dell'attività di tutti gli organismi, istituzionali e non istituzionali, che operano nel campo della tutela dei minori, ivi compresi i servizi sociali, centrali e territoriali, e gli organi di rappresentanza delle diverse figure professionali operanti anche in ambito infantile e adolescenziale;
3. 4. Palomba, Favia, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.

Al comma 1, sostituire la lettera d) con la seguente:
d) assicura, attraverso la creazione e il funzionamento di un'apposita Commissione consultiva, la consultazione di rappresentanti di bambine, bambini, di ragazze e di ragazzi, delle associazioni delle organizzazioni non governative (ONG) nonché degli altri soggetti privati operanti nell'ambito della tutela e della promozione dei diritti delle persone di minore età;
3. 6.(Testo corretto) Zampa, Sbrollini, Miotto, Mattesini, Cardinale, Schirru, Pedoto.

Al comma 1, lettera d), sopprimere le parole: quelle delle persone di minore età e.
3. 7. Capitanio Santolini, Nunzio Francesco Testa, Binetti, De Poli, Tassone, Scanderebech, Mantini.

Al comma 1, lettera e), sostituire la parola: verifica con la seguente: vigila.
3. 11. Sbrollini, Zampa, Miotto, Mattesini, Cardinale, Schirru, Pedoto.

Al comma 1, dopo la lettera e) aggiungere la seguente:
e-bis) promuove, in collaborazione con gli enti competenti e con le associazioni del privato sociale, con le istituzioni religiose e con le organizzazioni sindacali, iniziative per la tutela dei diritti dei minori, in particolare con riferimento al fenomeno della dispersione scolastica e del lavoro minorile;
3. 51. Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

Al comma 1, dopo la lettera e) aggiungere la seguente:
e-bis) istituisce un elenco di soggetti idonei ad assumere le funzioni di tutori o curatori speciali dei minori, curandone la loro formazione mediante specifici corsi di preparazione e di aggiornamento e assicurando ad essi la consulenza ed il sostegno necessari;
3. 52. Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

Al comma 1, lettera f), dopo la parola: esprime aggiungere la seguente: obbligatoriamente.
3. 13. Palomba, Favia, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.

Al comma 1, dopo la lettera g) aggiungere la seguente:
g-bis)
segnala, in casi d'emergenza, alle autorità giudiziarie e agli organi competenti la presenza di minori in stato d'abbandono al fine di una loro presa in carico dalle autorità competenti.
3. 16. Sbrollini, Zampa, Miotto, Mattesini, Cardinale, Schirru, Pedoto.
(Approvato)

Al comma 1, sostituire la lettera l) con la seguente:
l)
diffonde la conoscenza dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, promuovendo a livello nazionale, in collaborazione con gli enti e con le istituzioni che si occupano di minori, iniziative per la diffusione della cultura dell'infanzia e dell'adolescenza, finalizzata al riconoscimento dei minori come soggetti titolari di diritti;
3. 53. Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

Al comma 1, sostituire la lettera l) con la seguente:
l)
diffonde la conoscenza dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, promuovendo a livello nazionale, in collaborazione con gli enti e con le istituzioni che si occupano di persone di minore età, iniziative per la sensibilizzazione e la diffusione della cultura dell'infanzia e dell'adolescenza, finalizzata al riconoscimento dei minori come soggetti titolari di diritti;
3. 53.(Testo modificato nel corso della seduta) Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.
(Approvato)

Al comma 1, sostituire la lettera m) con la seguente:
m)
diffonde prassi o protocolli di intesa elaborati dalle amministrazioni dello Stato, dagli enti locali e territoriali, dagli ordini professionali o dalle amministrazioni delegate allo svolgimento delle attività socio-assistenziali, che abbiano per oggetto i diritti dei minori, in particolare nell'ambito dei procedimenti giudiziari, anche tramite consultazioni periodiche con le autorità o le amministrazioni indicate; può altresì diffondere buone prassi sperimentate all'estero.
3. 18. Zampa, Sbrollini, Miotto, Mattesini, Cardinale, Schirru, Pedoto.

Al comma 1, sostituire la lettera m) con la seguente:
m)
diffonde prassi o protocolli di intesa elaborati dalle amministrazioni dello Stato, dagli enti locali e territoriali, dagli ordini professionali o dalle amministrazioni delegate allo svolgimento delle attività socio-assistenziali, che abbiano per oggetto i diritti delle persone di minore età, anche tramite consultazioni periodiche con le autorità o le amministrazioni indicate; può altresì diffondere buone prassi sperimentate all'estero.
3. 18.(Testo modificato nel corso della seduta) Zampa, Sbrollini, Miotto, Mattesini, Cardinale, Schirru, Pedoto.
(Approvato)

Al comma 1, lettera m), sopprimere le parole: dalle autorità giudiziarie,
3. 20. Capitanio Santolini, Nunzio Francesco Testa, Binetti, De Poli, Tassone, Scanderebech, Mantini.

Al comma 1, dopo la lettera m) aggiungere le seguenti:
m-bis) vigila sull'assistenza prestata ai minori ricoverati in istituti educativo-assistenziali, in strutture residenziali e in ambienti esterni alla loro famiglia di origine, al fine di segnalare ai servizi sociali e all'autorità giudiziaria le situazioni che richiedono interventi immediati di ordine assistenziale e giudiziario;
m-ter) riceve segnalazioni in merito a violazioni dei diritti dei minori e sollecita le amministrazioni competenti all'adozione di interventi adeguati per rimuovere le cause che ne impediscono la tutela;
3. 58. Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

Al comma 1, dopo la lettera n) aggiungere la seguente:
n-bis) può essere sentito dai competenti organi parlamentari in merito ai provvedimenti legislativi che riguardano il suo settore di competenza;
3. 54. Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

Al comma 1, dopo la lettera n) aggiungere la seguente:
n-bis) verifica le condizioni e gli interventi volti all'accoglienza e all'inserimento del minore straniero anche non accompagnato;
3. 55. Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

Al comma 1, sopprimere la lettera o).

Conseguentemente, sostituire il comma 9 con i seguenti:
9. L'Autorità garante prende in esame, anche d'ufficio, situazioni generali e particolari delle quali è venuta a conoscenza in qualsiasi modo, in cui è possibile ravvisare la violazione, o il rischio di violazione, dei diritti delle persone di minore età, ivi comprese quelle riferibili ai mezzi di informazione, eventualmente segnalandole agli organismi cui è attribuito il potere di controllo o di sanzione.
10. L'editore o il giornalista che, nelle fasce orarie protette, manda in onda in radio o in televisione spettacoli, immagini o programmi dannosi o pericolosi per un'equilibrata crescita delle persone di minore età, anche se il fatto costituisce reato, è punito con la pena pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.
3. 22. Palomba, Favia, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi, Mussolini.

Al comma 1, sopprimere la lettera o).

Conseguentemente, dopo il comma 9 aggiungere il seguente:
9-bis. L'Autorità garante prende in esame, anche d'ufficio, situazioni generali e particolari delle quali è venuta a conoscenza in qualsiasi modo, in cui è possibile ravvisare la violazione, o il rischio di violazione, dei diritti delle persone di minore età, ivi comprese quelle riferibili ai mezzi di informazione, eventualmente segnalandole agli organismi cui è attribuito il potere di controllo o di sanzione.
3. 22.(Testo modificato nel corso della seduta) Palomba, Favia, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi, Mussolini.
(Approvato)

Al comma 1, sostituire la lettera o) con la seguente:
o) vigila sulla programmazione televisiva, sulla comunicazione a mezzo stampa e sulle altre forme di comunicazione audiovisive, telematiche, e sui socialnetwork affinché le persone di minore età siano salvaguardati e tutelati sia sotto il profilo dell'impatto che eventuali trasmissioni o messaggi telematici possono avere nei loro confronti, sia in ordine alla rappresentazione dell'infanzia stessa, allo scopo di segnalare all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, all'autorità giudiziaria e agli altri organi competenti le eventuali violazioni riscontrate, e di promuovere altresì iniziative volte a sviluppare nelle persone di minore età capacità critiche e a suscitare nei media una maggiore sensibilità ed un maggior rispetto verso i minori medesimi;
3. 56.(Testo corretto) Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

Al comma 1, lettera o), sostituire le parole:, anche al fine di con le seguenti: e a.
3. 25. Capitanio Santolini, Nunzio Francesco Testa, Binetti, De Poli, Tassone, Scanderebech, Mantini.

Al comma 1, dopo la lettera o), aggiungere la seguente:
o-bis) può essere sentita in audizione dalle competenti Commissioni parlamentari su iniziativa delle stesse o su richiesta.
3. 26. Favia, Palomba, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.

Al comma 3, sostituire le parole: può esprimere fino alla fine del comma con le seguenti: esprime il parere sui disegni di legge e sugli atti normativi del Governo in materia di infanzia ed adolescenza, che a tal fine devono esserle comunicati e trasmessi.
3. 29. Favia, Palomba, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.

Al comma 3 dopo le parole: del Governo aggiungere le seguenti: e sui disegni di legge del Governo e del Parlamento.
3. 31. Capitanio Santolini, Nunzio Francesco Testa, Binetti, De Poli, Tassone, Scanderebech, Mantini.
(Approvato)

Sostituire il comma 6 con il seguente:
6. Ai medesimi fini di cui ai commi precedenti, le regioni istituiscono il garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza, con competenza limitata ai rispettivi territori.

Conseguentemente, al comma 7, secondo periodo, sopprimere le parole: o da figure analoghe, ove istituiti.
3. 57. Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

Al comma 6, sopprimere le parole: o con figure analoghe.
3. 34. Capitanio Santolini, Nunzio Francesco Testa, Binetti, De Poli, Tassone, Scanderebech, Mantini.

Al comma 6, sostituire le parole da: rispettando fino alla fine del comma con le seguenti: con i medesimi requisiti di indipendenza, autonomia e competenza esclusiva in materia di infanzia ed adolescenza, propri dell'Autorità garante.
3. 101. Le Commissioni.
(Approvato)

Al comma 7, primo periodo, sopprimere le parole:, o da figure analoghe,

Conseguentemente:
al medesimo comma, secondo periodo, sopprimere le parole:
, o di figure analoghe.
al comma 8, lettera a), sopprimere le parole: o di figure analoghe.
3. 35. Capitanio Santolini, Nunzio Francesco Testa, Binetti, De Poli, Tassone, Scanderebech, Mantini.

Al comma 7, primo periodo, sostituire le parole:, ove istituiti con le seguenti: di cui al comma 6.
3. 60. Sbrollini, Zampa, Miotto, Mattesini, Cardinale, Schirru, Pedoto.

Al comma 8, sostituire le lettere a) e b) con le seguenti:
a) individua le linee generali per l'attuazione dei diritti dei minori;
b) verifica il grado di attuazione dei diritti dei minori a livello nazionale e regionale, anche in rapporto a criteri di omogeneità;
c) esegue il censimento delle risorse istituzionali e del volontariato e ne verifica la capacità di interazione, anche individuando specifiche e adeguate forme di sperimentazione;
d) individua forme di costante scambio di dati e di informazioni sulla condizione dei minori a livello nazionale e regionale;
e) verifica gli strumenti formativi e di aggiornamento del personale posti in essere dai soggetti competenti;
f) predispone gli elenchi delle persone idonee e disponibili ad assumere la funzione di tutori e di curatori speciali dei minori, curandone la formazione e l'aggiornamento;
g) elabora proposte di legge-quadro per uniformare la disciplina dei singoli organismi regionali e locali di tutela dell'infanzia e dell'adolescenza e prevede la possibilità di delega di proprie funzioni ai garanti regionali;
h) elabora un rapporto generale annuale sulle politiche di protezione delle persone di minore età, da presentare alle Camere e ai consigli regionali.
3. 38.(Testo corretto) Palomba, Favia, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.

Al comma 8, lettera a), dopo le parole: o di figure analoghe aggiungere le seguenti:, di cui al comma 6,
3. 61. Zampa, Sbrollini, Miotto, Mattesini, Cardinale, Schirru, Pedoto.

Dopo il comma 8, aggiungere il seguente:
8-bis. Attraverso la creazione e il funzionamento di un'apposita Commissione consultiva, nei limiti delle risorse autorizzate dalla presente legge per l'Ufficio dell'Autorità garante di cui agli articoli 5 e 7, comma 1, l'Autorità garante assicura la consultazione di rappresentanti di bambine, bambini, di ragazze e di ragazzi, delle associazioni, degli organismi e istituti per la promozione e la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza operanti in Italia, delle Organizzazioni non governative (ONG) e degli altri soggetti privati operanti nell'ambito della tutela e della promozione dei diritti dei minori.

Conseguentemente, dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:
Art. 3-bis. - (Commissione consultiva dell'Autorità garante). - 1. Presso la sede dell'Autorità garante è istituita una Commissione consultiva con il compito di esprimere pareri e formulare proposte all'Autorità garante per la promozione e tutela dei diritti dell'infanzia. Di essa fanno parte rappresentanti delle forze sociali, del volontariato, le associazioni e le professioni coinvolte nella promozione e tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, nonché una rappresentanza di bambini, bambine e adolescenti. La composizione della Commissione è stabilita dall'Autorità garante con proprio regolamento da adottare entro sei mesi dalla prima nomina. È presieduta dall'Autorità garante che la convoca trimestralmente e ne organizza i lavori.
3. 41. Favia, Palomba, Palagiano, Mura, Di Giuseppe, Donadi.

Sostituire il comma 9 con il seguente:
9. L'Autorità garante prende in esame denunce, segnalazioni e reclami relativi a violazioni dei diritti di minori o relativi a minori in situazione di rischio di violazione dei propri diritti, ad essa pervenuti sotto qualsiasi forma o presentati direttamente da qualsiasi persona fisica, anche minorenne, o da enti, segnalandoli alla competente giurisdizione minorile o agli organismi cui è attribuito il potere di controllo o di sanzione.
3. 42. Palomba, Favia, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.

Al comma 9, dopo le parole: per i minorenni aggiungere le seguenti: della regione di competenza.
3. 43. Capitanio Santolini, Nunzio Francesco Testa, Binetti, De Poli, Tassone, Scanderebech, Mantini.

Aggiungere, in fine, i seguenti commi:
10. L'Autorità garante, qualora ravvisi violazioni dei diritti dei minori da parte dei mezzi di informazione, può, a seconda della gravità dei fatti e della reiterazione dei medesimi, irrogare sanzioni amministrative pecuniarie e interdittive a carico dei responsabili delle violazioni, compresi editori e giornalisti; anche se il fatto costituisce reato, chiunque, nelle fasce orarie protette manda in onda in radio o in televisione spettacoli, immagini o programmi dannosi o pericolosi per un'equilibrata crescita dei minori è punito con la pena pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro e, nei casi più gravi, con l'interdizione dall'esercizio della professione da quindici giorni a tre mesi, e con la chiusura dell'emittente per la stessa durata. La stessa pena è applicata nel caso di stampa quotidiana o periodica o di diffusione attraverso la rete internet.
11. Quando, a seguito di ispezioni o di approfondite informative sollecitate o comunque ricevute, l'Autorità garante ha notizia di negligenze, abusi o mancata attuazione dei diritti dei minori, indica i rimedi atti a rimuovere la situazione, senza pregiudizio per le eventuali necessarie denunce ai fini penali, amministrativi o disciplinari.
3. 44. Palomba, Favia, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.

Aggiungere, in fine, il seguente comma:
10. L'Autorità garante può formulare osservazioni e proposte per la prevenzione e il contrasto dell'abuso dell'infanzia e dell'adolescenza in relazione alle disposizioni della legge 11 agosto 2003, n. 228, recante misure contro la tratta delle persone, e della legge 6 febbraio 2006, n. 38, recante disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet, nonché dei rischi di espianto di organi, di mutilazione genitale femminile (MGF) in conformità a quanto previsto dalla legge 9 gennaio 2006, n. 7, recante disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile, e per estendere i trattamenti sanitari e sociali volti a ridurre i danni subiti, anche fuori dal territorio nazionale, dai minori vittime di qualsiasi tipo di violenza.
3. 59. Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti.

Aggiungere, in fine, il seguente comma:
10. L'Autorità garante può formulare osservazioni e proposte per la prevenzione e il contrasto dell'abuso dell'infanzia e dell'adolescenza in relazione alle disposizioni della legge 11 agosto 2003, n. 228, recante misure contro la tratta delle persone, e della legge 6 febbraio 2006, n. 38, recante disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo internet, nonché dei rischi di espianto di organi, di mutilazione genitale femminile (MGF) in conformità a quanto previsto dalla legge 9 gennaio 2006, n. 7, recante disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile.
3. 59.(Testo modificato nel corso della seduta)Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti.
(Approvato)

Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:
Art. 3-bis. - (Poteri di indagine dell'Autorità garante). - 1. L'Autorità garante può richiedere alle pubbliche amministrazioni, ad organismi, enti o persone di fornire informazioni rilevanti ai fini della tutela dei minori.
2. L'Autorità garante può ordinare che, attraverso i funzionari delle istituzioni pubbliche o attraverso proprio personale, siano effettuate, con riferimento a determinate situazioni di minori al di fuori dell'ambito familiare, indagini o ispezioni, del cui esito deve esserle data immediata informazione.
3. L'Autorità garante può accedere alle strutture pubbliche e private ove siano presenti minori.
4. L'Autorità garante, qualora ravvisi violazioni dei diritti dei minori da parte dei mezzi di informazione, può, a seconda della gravità dei fatti e della reiterazione dei medesimi, irrogare sanzioni amministrative pecuniarie e interdittive a carico dei responsabili delle violazioni, compresi editori e giornalisti; anche se il fatto costituisce reato, chiunque, nelle fasce orarie protette manda in onda in radio o in televisione spettacoli immagini o programmi dannosi o pericolosi per un'equilibrata crescita dei minori è punito con la pena pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro e, nei casi più gravi, con l'interdizione dall'esercizio della professione da quindici giorni a tre mesi, e con la chiusura dell'emittente per la stessa durata. La stessa pena è applicata nel caso di stampa quotidiana o periodica o di diffusione attraverso la rete internet.
5. Quando, a seguito di ispezioni o di approfondite informative sollecitate o comunque ricevute, l'Autorità garante ha notizia di negligenze, abusi o mancata attuazione dei diritti dei minori, indica i rimedi atti a rimuovere la situazione, senza pregiudizio per le eventuali necessarie denunce ai fini penali, amministrativi o disciplinari.

Conseguentemente, all'articolo 4, sopprimere il comma 2.
3. 01. Palomba, Favia, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.

A.C. 2008-A/R - Articolo 4

ARTICOLO 4 NEL NUOVO TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 4.
(Informazioni, accertamenti e controlli).

1. L'Autorità garante può richiedere alle pubbliche amministrazioni, nonché a qualsiasi soggetto pubblico, compresi la Commissione per le adozioni internazionali di cui all'articolo 38 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, e il Comitato per i minori stranieri previsto dall'articolo 33 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, e a qualsiasi ente privato di fornire informazioni rilevanti ai fini della tutela dei minori, nel rispetto delle disposizioni previste dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
2. L'Autorità garante può richiedere alle amministrazioni competenti di accedere, nelle forme e con le modalità concordate con le medesime amministrazioni, a tutte le strutture pubbliche e private ove siano presenti minori.
3. L'Autorità garante può altresì effettuare visite nei luoghi di cui alle lettere b), c), d) ed e) del comma 1 dell'articolo 8 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, previa autorizzazione del magistrato di sorveglianza per i minorenni o del giudice che procede.
4. L'Autorità garante può richiedere ai soggetti e per le finalità indicate al comma 1 di accedere a banche di dati o ad archivi, nel rispetto delle disposizioni previste in materia di protezione dei dati personali.
5. I procedimenti di competenza dell'Autorità garante si svolgono nel rispetto dei princìpi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, in materia di accesso, partecipazione e trasparenza.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 4.
(Informazioni, accertamenti e controlli).

Sostituirlo con il seguente:
Art. 4. - (Poteri di indagine e controllo dell'Autorità garante). - 1. L'Autorità garante può richiedere alle pubbliche amministrazioni, ad organismi, enti o persone fisiche di fornire informazioni rilevanti ai fini della tutela dei minori.
2. L'Autorità garante può ordinare che, attraverso i funzionari delle istituzioni pubbliche o attraverso proprio personale, siano effettuate, con riferimento a determinate situazioni riguardanti minori che vivono al di fuori del loro ambito familiare, indagini o ispezioni, del cui esito deve essere data immediata informazione all'Autorità garante stessa.
3. L'Autorità garante, personalmente o attraverso i suoi delegati, può visitare liberamente case famiglia, comunità, luoghi di detenzione, ospedali e altri istituti pubblici o privati in cui sono ospitati minori.
4. Quando l'Autorità garante ha notizia di situazioni pregiudizievoli o di abbandono concernenti minori o in danno di minori, ne fa tempestiva segnalazione al pubblico ministero presso la giurisdizione minorile.
5. Quando l'Autorità garante ha notizia di reati perseguibili d'ufficio, commessi da minori o in danno di minori, ne dà comunicazione all'autorità giudiziaria competente.
4. 50. Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. L'Autorità garante può richiedere informazioni circa il trattamento dei minori stranieri non accompagnati presenti in Italia, verifica gli interventi di accoglienza e di inserimento e sollecita l'adozione di iniziative di sostegno e di aiuto, con particolare riferimento ai minori oggetto di sfruttamento, anche sessuale, o di maltrattamenti fisici e psichici finalizzati ad ottenerne la produttività economica con attività illecite.
4. 1. Palomba, Favia, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.

Sostituire il comma 2, con il seguente:
2. Per lo svolgimento delle sue funzioni può visitare liberamente luoghi in cui sono ospitate persone di minore età fuori dalla famiglia, quali istituzioni assistenziali, case famiglia, comunità, stabilimenti di detenzione, ospedali e altri simili istituti pubblici e privati.
4. 2.(Testo corretto) Palomba, Favia, Mura, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.

Al comma 2, sostituire le parole da:, nelle forme fino alla fine del comma con le seguenti: a dati, informazioni, visite, ispezioni, nelle forme e con le modalità concordate con le stesse, a strutture pubbliche e private ove siano presenti persone di minore età.
4. 52.(Testo corretto) Schirru.
(Approvato)

Al comma 2, aggiungere, in fine, le parole:, nonché nei Centri di identificazione ed espulsione e nei luoghi di detenzione, o di detenzione attenuata, in cui il minore di età si trovi al seguito della madre.
4. 51. Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti.

Al comma 4, sostituire le parole: previste in materia di protezione dei dati personali con le seguenti: previste dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
4. 100. Le Commissioni.
(Approvato)

A.C. 2008-A/R - Articolo 5

ARTICOLO 5 NEL NUOVO TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 5.
(Organizzazione).

1. È istituito l'Ufficio dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, di seguito denominato «Ufficio dell'Autorità garante», con sede in Roma, posto alle dipendenze dell'Autorità garante, composto da dipendenti dello Stato e di altre amministrazioni in posizione di comando obbligatorio, nel numero massimo di dieci unità, di cui una di livello dirigenziale non generale, in possesso delle competenze e dei requisiti di professionalità necessari in relazione alle funzioni e alle caratteristiche di indipendenza e imparzialità dell'Autorità garante.
2. Le norme concernenti l'organizzazione dell'Ufficio dell'Autorità garante nonché quelle dirette a disciplinare la gestione delle spese, sono adottate, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dell'Autorità garante.
3. Le spese per l'espletamento delle competenze di cui all'articolo 3 e per le attività connesse e strumentali, nonché per il funzionamento dell'Ufficio dell'Autorità garante, sono poste a carico di un fondo stanziato a tale scopo nel bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e iscritto in apposita unità previsionale di base dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
4. L'Autorità garante dispone del fondo indicato al comma 3 ed è soggetta agli ordinari controlli contabili.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 5.
(Organizzazione).

Al comma 1, dopo le parole: È istituito aggiungere le seguenti:, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri,

Conseguentemente, al medesimo comma:
sostituire le parole:
da dipendenti dello Stato e di altre amministrazioni con le seguenti: ai sensi dell'articolo 9, comma 5-ter, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, da dipendenti del comparto Ministeri o appartenenti ad altre amministrazioni pubbliche;
dopo le parole: nel limite massimo di dieci unità aggiungere le seguenti: e, comunque, nei limiti delle risorse del fondo di cui al comma 3.
5. 300.(da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)

Al comma 1, sopprimere le parole:, con sede in Roma.

Conseguentemente, al comma 2, dopo le parole: dell'Ufficio dell'Autorità garante aggiungere le seguenti:, il luogo dove ha sede l'Ufficio,
5. 1. Vanalli, Rondini.
(Approvato)

All'emendamento 5.101 delle Commissioni (nuova formulazione), parte consequenziale, sostituire le parole: o da altra amministrazione pubblica senza ulteriori oneri con le seguenti: senza nuovi o maggiori oneri.
0. 5. 101. 1.Le Commissioni.
(Approvato)

Al comma 1, sostituire le parole: da dipendenti dello Stato e di altre amministrazioni con le seguenti: ai sensi dell'articolo 9, comma 5-ter, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, da dipendenti del comparto Ministeri o appartenenti ad altre amministrazioni pubbliche.

Conseguentemente:
al medesimo comma, dopo le parole: nel numero massimo di dieci unità aggiungere le seguenti: e, comunque, nei limiti delle risorse del fondo di cui al comma 3;
al comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Ferme restando l'autonomia organizzativa e l'indipendenza amministrativa dell'Autorità garante, la sede e i locali destinati all'Ufficio dell'Autorità medesima sono messi a disposizione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri o da altra amministrazione pubblica senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.
5. 101.(Nuova formulazione)Le Commissioni.
(Approvato)

Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: I funzionari dell'Ufficio dell'Autorità garante nell'esercizio delle loro funzioni sono pubblici ufficiali e sono vincolati dal segreto d'ufficio.
5. 2. Palomba, Mura, Favia, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.

Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: I funzionari dell'Ufficio dell'Autorità garante sono vincolati dal segreto d'ufficio.
5. 2.(Testo modificato nel corso della seduta) Palomba, Mura, Favia, Palagiano, Di Giuseppe, Donadi.
(Approvato)

Al comma 3, sostituire le parole: dello stato di previsione con le seguenti: dello stesso bilancio.
5. 100. Le Commissioni.
(Approvato)

A.C. 2008-A/R - Articolo 6

ARTICOLO 6 NEL NUOVO TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 6.
(Forme di tutela).

1. Chiunque può rivolgersi all'Autorità garante anche attraverso il numero telefonico di emergenza gratuito 114, ovvero attraverso altri numeri telefonici di pubblica utilità gratuiti, per la segnalazione di violazioni ovvero di situazioni di rischio di violazione dei diritti dei minori.
2. Le procedure e le modalità di presentazione delle segnalazioni di cui al comma 1 sono stabilite con determinazione dell'Autorità garante, fatte salve le competenze dei servizi territoriali, ed assicurano la semplicità di forme di accesso all'Ufficio dell'Autorità garante, anche mediante strumenti telematici.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 6.
(Forme di tutela).

Al comma 1, sopprimere le parole: il numero telefonico di emergenza gratuito 114, ovvero attraverso altri.
6. 50. Sbrollini, Zampa, Miotto, Mattesini, Cardinale, Schirru, Pedoto.
(Approvato)

Al comma 1, sostituire le parole da: il numero telefonico fino alla fine del comma con le seguenti: numeri telefonici di pubblica utilità gratuiti per la segnalazione di situazioni di rischio di violazione dei diritti delle persone di minore età.
6. 51.(Testo corretto) Zampa, Sbrollini, Miotto, Mattesini, Cardinale, Schirru, Pedoto.

Al comma 1, sopprimere le parole: di violazioni ovvero.
6. 2. Sbrollini, Zampa, Miotto, Mattesini, Cardinale, Schirru, Pedoto.

A.C. 2008-A/R - Articolo 7

ARTICOLO 7 NEL NUOVO TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 7.
(Copertura finanziaria).

1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 5 della presente legge, pari ad euro 750.000 per l'anno 2011 e ad euro 1.500.000 a decorrere dall'anno 2012, si provvede: quanto a euro 750.000 per l'anno 2011, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, come rideterminata dalla tabella C allegata alla legge 13 dicembre 2010, n. 220, e quanto a euro 1.500.000 a decorrere dall'anno 2012 mediante riduzione delle proiezioni per gli anni 2012 e 2013 dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
2. All'onere derivante dall'articolo 2, comma 4, valutato nel limite massimo di euro 200.000 annui a decorrere dall'anno 2011, si provvede, per ciascuno degli anni 2011 e 2012, quanto a euro 100.000, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e, quanto a euro 100.000, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 19, comma 3, del medesimo decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, come rideterminate dalla tabella C allegata alla legge 13 dicembre 2010, n. 220; e a decorrere dall'anno 2013 mediante riduzione delle proiezioni per l'anno 2013 dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 7.
(Copertura finanziaria).

Al comma 1, sostituire le parole da: della presente legge fino alla fine del comma con le seguenti:, valutato in 750.000 euro per l'anno 2011 e in 1.500.000 euro a decorrere dall'anno 2012, si provvede mediante corrispondente riduzione lineare della dotazione di parte corrente di cui alla Tabella C della legge 13 dicembre 2010, n. 220, alla voce: decreto legislativo 303 del 1999, Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
7. 51. Miotto.

All'articolo 7, sostituire il comma 2 con il seguente:
2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 2, comma 4, pari ad euro 200.000 annui, a decorrere dall'anno 2011, si provvede, per l'anno 2011, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e a decorrere dall'anno 2012, mediante riduzione delle proiezioni per gli anni 2012 e 2013 dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
7. 100.Le Commissioni.
(Approvato)

Al comma 2, sostituire le parole: valutato nel limite massimo di con le seguenti: pari a.
7. 300.(da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)

Al comma 2, sostituire le parole: 200.000 annui a decorrere dall'anno 2011, si provvede, per ciascuno degli anni 2011 e 2012, quanto a euro 100.000 con le seguenti: 130.000 annui a decorrere dall'anno 2011, si provvede, per ciascuno degli anni 2011 e 2012, quanto a euro 30.000.
7. 1. Zampa, Sbrollini, Miotto, Mattesini, Cardinale, Schirru, Pedoto.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-bis. Fermo restando quanto disposto dai commi 1 e 2, dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
7. 301.(da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
(Approvato)

A.C. 2008-A/R - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
con l'approvazione della presente legge, al fine di assicurare la piena attuazione e la tutela dei diritti e degli interessi delle persone di minore età, è istituita l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza;
al fine di raggiungere la piena applicazione della normativa internazionale, europea e nazionale vigente in materia di promozione della tutela dell'infanzia e dell'adolescenza, nel nostro Paese, nel corso degli anni, sono stati istituiti diversi organismi. Basti pensare a titolo esemplificativo:
a) Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, previsto dagli articoli 1 e 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103;
b) Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia e l'adolescenza, previsto all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103;
c) Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, di cui all'articolo 17, comma 1-bis, della legge 3 agosto 1998, n. 269,

impegna il Governo

al fine di razionalizzare i costi e migliorare l'efficienza delle funzioni assegnate al Garante, a promuovere misure dirette ad accorpare in un'unica struttura i preesistenti organismi operanti nel settore della tutela dell'infanzia e dell'adolescenza.
9/2008-A/R/1.Vanalli.

La Camera,
premesso che:
diverse regioni hanno già provveduto, nell'ambito dell'autonomia riconosciuta loro dall'articolo 117 della Costituzione, a istituire organismi ai quali, al di là delle diverse denominazioni, sono stati attribuiti funzioni di promozione e di tutela dei diritti dei bambini;
in alcune regioni (ad esempio: Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Marche, Molise), tale organismo di tutela ha assunto la configurazione di un «Garante» in senso proprio, inteso, cioè, quale figura monocratica e indipendente al quale, pur solo in ambito locale, sono demandati, tra l'altro, compiti di vigilanza e sostegno agli operatori dei servizi sociali che si occupano di minori, funzioni di diffusione e promozione della cultura dei diritti dell'infanzia, di vigilanza;
il provvedimento sancisce che l'Autorità garante collabora con la rete dei Garanti europei ed opera nel rispetto delle competenze e dell'autonomia organizzativa delle regioni, delle Province autonome di Trento e di Bolzano e delle autonomie locali in materia di politiche attive di sostegno all'infanzia e all'adolescenza, assicurando idonee forme di collaborazione con i garanti regionali;
la previsione di un raccordo tra l'Autorità garante e i Garanti regionali è necessaria affinché, nei diversi livelli territoriali, si possa attuare un'organica politica di tutela dell'infanzia, tale da presumere azioni concrete di prevenzione di situazioni di disagio ed efficaci interventi a sostegno delle situazioni patologiche già in atto,

impegna il Governo

a monitorare il funzionamento e il raggiungimento degli obiettivi previsti dal provvedimento in esame, con particolare attenzione all'adeguatezza delle risorse messe a disposizione, in previsione del maggiore impegno richiesto nel provvedimento per il coordinamento tra l'Autorità garante e Garanti regionali.
9/2008-A/R/2.Tassone, Capitanio Santolini.

La Camera,
premesso che:
in Italia, in questi ultimi 20 anni, sono stati istituiti numerosi organismi che si occupano di infanzia, anche molti Ministeri hanno delle competenze in materia di minori;
non si hanno notizie certe su quanti degli organismi istituiti e in parte facenti capo a Ministeri siano attualmente funzionanti;
l'attività delle varie amministrazioni dello Stato dovrebbe essere svolta in raccordo con le azioni del privato sociale, al fine di garantire un più efficace coordinamento su una materia delicata qual è quella dell'infanzia e dell'adolescenza;
da detto coordinamento deriverebbe una più proficua trasparenza delle attività svolte dai vari organismi a garanzia di iniziative promosse realmente a favore dei minori,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di predisporre strumenti di monitoraggio circa l'effettiva funzionalità dei numerosi organismi e associazioni istituiti a favore dei minori, valutando l'eventualità di chiudere gli istituti non attivi, canalizzandone i finanziamenti originariamente stanziati, verso le associazioni e gli organismi di comprovata competenza e operatività e in grado di supportare l'attività dell'Autorità garante.
9/2008-A/R/3.De Poli, Nunzio Francesco Testa.

La Camera,
premesso che:
l'Autorità garante è scelta tra persone di notoria indipendenza e di comprovate professionalità, competenza ed esperienza nel campo dei diritti dei minori, del disagio minorile e delle problematiche familiari o educative;
il provvedimento in esame prevede che la figura dell'Autorità garante non sia soggetta ad alcuna forma di controllo gerarchico o funzionale ed eserciti funzioni e compiti in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione;
il testo precisa l'incompatibilità di sopraddetta carica, con una serie di attività ed uffici;
un'effettiva autonomia dell'«Autorità garante» dal potere amministrativo, legislativo e giudiziario e rispetto alle altre organizzazioni che si occupano di infanzia è indispensabile ai fini di una reale concreta e incisiva tutela dei minori, è inoltre, necessario che ci sia un effettivo coordinamento tra il Garante e gli altri Ministeri competenti in materia di infanzia e di adolescenza, in particolar modo con il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere ogni utile iniziativa volta a garantire una reale indipendenza e autonomia al pari di tutte le altre Authority operative a livello nazionale.
9/2008-A/R/4.Nunzio Francesco Testa.

La Camera,
premesso che:
l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, così come definito dal comma 2, dell'articolo 1, del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103 «...predispone ogni due anni il piano nazionale di azione di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva...»;
il comma 3 dell'articolo 1, del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103, inoltre, stabilisce che «Ai fini della elaborazione del piano di cui al comma 2 sopra citato, le amministrazioni centrali dello Stato, le regioni e gli enti locali si coordinano con l'Osservatorio affinché venga adottata ogni misura volta a qualificare l'impegno finanziario per perseguire le priorità e le azioni previste dal piano stesso»;
il Garante promuove l'attuazione della Convenzione di New York e degli altri strumenti internazionali in materia di promozione e di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza; collabora con la rete dei Garanti europei; assicura forme idonee di consultazione; propone l'adozione di iniziative, anche legislative, per assicurare la piena promozione e tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza; esprime il proprio parere sul piano nazionale di azione previsto dall'articolo l del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103;
all'Autorità garante, considerati i compiti sopraelencati e definiti dal provvedimento in esame, è dunque attribuito un ruolo incisivo al pari dell'«Osservatorio» e delle amministrazioni centrali dello Stato, delle regioni e degli enti locali che contribuiscono attivamente all'elaborazione del piano nazionale di azione di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva,

impegna il Governo

ad adottare tutte le necessarie iniziative di competenza atte ad assicurare all'Autorità garante la reale efficacia dei compiti attribuitigli e il riconoscimento di un ruolo realmente incisivo, soprattutto nella fase di elaborazione del piano nazionale per l'infanzia.
9/2008-A/R/5.Binetti.

La Camera,
premesso che:
si ritiene significativa la collaborazione, sia a livello regionale che nazionale, con il privato sociale e gli operatori del settore a tutela dei minori, a mezzo di organismi consultivi;
la presenza dell'associazionismo dà garanzia di un confronto allargato e plurimo e difende la presenza delle opinioni di quanti lavorano sul territorio e portano letture da angolazioni diverse con conseguente maggiore possibilità di articolare letture indipendenti dei fenomeni sociali che coinvolgono l'infanzia;
la presenza dell'associazionismo, soprattutto familiare consente che siano garantiti reali percorsi di partecipazione dei minori ai lavori degli organismi impegnati nel sociale;
le associazioni svolgono un ruolo specifico di tutela e sostegno della famiglia e il parere espresso dalle associazioni familiari in quanto portatrici di interessi diffusi è una valida espressione della volontà delle famiglie e dei minori,

impegna il Governo

a valutare ogni utile iniziativa volta al coinvolgimento di tutte le associazioni anche familiari che operano a livello nazionale per la promozione e la tutela dei diritti dell'infanzia, al fine di facilitare processi di relazione, scambio e comunicazione tra l'Autorità garante, Osservatorio e Associazioni, anche in considerazione dell'importante attività da esse svolta a tutela dei minori.
9/2008-A/R/6.Capitanio Santolini.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca misure volte alla promozione dei diritti dei minori istituendo la figura dell'Autorità garante che collabora con le organizzazioni e gli istituti di tutela e di promozione dei diritti delle persone di minore età appartenenti ad altri paesi, sancendone la collaborazione con tutte le organizzazioni e le reti internazionali;
l'ampliamento delle possibilità di circolazione di contenuti (programmi televisivi, immagini, audio, audiovideo, chat, giochi, eccetera) dovuto alla diffusione delle nuove tecnologie di trasmissione e allo sviluppo della convergenza delle piattaforme e dei media (televisione, internet, terminali mobili di videofonia), comporta l'enorme facilità per ragazzi e adolescenti minorenni di accedere anche a contenuti nocivi per il loro sviluppo psicofisico e morale,

impegna il Governo

a prevedere forme di consultazione e collaborazione continua tra l'Autorità garante e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) tenendo particolarmente conto delle segnalazioni di quest'ultima al fine di tutelare lo sviluppo psicofisico e morale dei minori.
9/2008-A/R/7.Anna Teresa Formisano, Capitanio Santolini, Binetti.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative del Governo in merito all'evoluzione della situazione in Libia - 3-01518

VERNETTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha votato all'unanimità una risoluzione che ha imposto alla Libia un embargo sulle armi, bloccato le disponibilità finanziarie all'estero del colonnello Gheddafi, dei suoi familiari e di diversi esponenti del regime libico e deferito Gheddafi alla Corte penale internazionale per crimini contro l'umanità;
il Governo francese ha riconosciuto come legittimo rappresentante del popolo libico il Transitional national council formatosi a Bengasi il 5 marzo 2011;
il Consiglio di cooperazione del Golfo, la Lega araba, il Parlamento europeo e diversi Governi europei hanno richiesto l'istituzione di una no fly zone sulla Libia, con l'obiettivo prioritario di difendere la popolazione civile e permettere alle forze dell'opposizione al regime di Gheddafi di poter realizzare la propria azione militare in condizione meno impari;
permane elevato il rischio per la popolazione civile della Libia di rappresaglie militari da parte delle forze leali al colonnello Gheddafi;
elevati sono anche i rischi di nuovi e incontrollati flussi migratori clandestini provenienti proprio dalla Libia -:
come il Governo italiano intenda affrontare la nuova realtà che si sta determinando in Libia, in particolare se si intenda riconoscere il Transitional national council come legittimo rappresentante del popolo libico, e se intenda farsi promotore insieme ai partner europei di una proposta di risoluzione da presentare al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per realizzare una no fly zone sui cieli della Libia.(3-01518)

Iniziative per affrontare l'emergenza migratoria in modo solidale ed efficace all'interno dello spazio comunitario - 3-01523

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'ondata di rivolte che ha investito il Maghreb arabo a partire dall'inizio del 2011 sta provocando una situazione di crescente instabilità e violenza in un'area molto vasta, determinando grandi movimenti di persone da un Paese all'altro e verso le coste mediterranee più vicine, in particolare quelle del nostro Paese, con un flusso destinato a crescere per il permanere dell'instabilità politica nei Paesi di origine e la contestuale riorganizzazione delle attività criminali degli scafisti;
ad oggi la mancanza di una politica migratoria e di asilo comune a livello comunitario fa sì che, a fronte di un'ondata di migranti che si dirige verso l'Europa nel suo complesso, l'intero onere di accoglimento, identificazione, istruttoria e soggiorno dei singoli immigrati gravi esclusivamente in capo al Paese di primo arrivo, creando una situazione oggettivamente insostenibile in una circostanza come quella attuale, nella quale i numeri dell'esodo sono del tutto straordinari e che, come il Ministro interrogato ha chiesto fin dal mese di febbraio 2011 all'Unione europea, devono essere affrontati in modo solidale a livello comunitario attraverso il burden sharing di profughi, richiedenti asilo ed immigrati clandestini;
il Consiglio europeo straordinario dell'11 marzo 2011 ha affrontato il tema delle rivolte nel Maghreb, con particolare attenzione alla situazione politica libica, per ora invitando gli Stati membri a fornire a Frontex ulteriori risorse umane e tecniche e chiedendo alla Commissione europea di mettere a disposizione risorse supplementari, invitando inoltre il Consiglio giustizia e affari interni a riunirsi e preparare, assieme alla Commissione europea ed entro il Consiglio europeo di giugno 2011, un piano europeo di gestione dei flussi migratori. Tuttavia, la tempistica appare piuttosto lenta se confrontata alla possibile rapida escalation degli arrivi e le risorse che saranno messe a disposizione appaiono ancora indefinite nel loro reale ammontare -:
quali siano ad oggi le previsioni sul numero effettivo degli arrivi dai Paesi in rivolta nei prossimi giorni e nei prossimi mesi e quali azioni l'Unione europea intenda mettere concretamente in campo per affrontare l'emergenza migratoria in modo solidale ed efficace all'interno dell'intero spazio comunitario. (3-01523)

Misure a favore delle Forze di polizia, anche a seguito di recenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri - 3-01524

GALLETTI, SCANDEREBECH, TASSONE, MANTINI, RAO, CICCANTI, COMPAGNON, VOLONTÈ, NARO, OCCHIUTO, POLI e LIBÈ. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi si è svolta una manifestazione di protesta ad Arcore, presso la residenza del Presidente del Consiglio dei ministri, dei sindacati di polizia e di una rappresentanza dei vigili del fuoco contro i tagli al comparto sicurezza;
non è la prima volta che le sigle sindacali si riuniscono davanti alla residenza del Presidente del Consiglio dei ministri, cui è stato chiesto di tener fede agli impegni presi con il personale impiegato nelle forze di polizia;
con striscioni e cartelloni sono stati ricordati i tagli di circa due miliardi e mezzo di euro in tre anni, l'imposizione del tetto salariale al triennio 2011-2013, la negazione di corrispondere oltre tale tetto anche le indennità dovute in ordine allo svolgimento di lavoro straordinario, alle progressioni di carriera, alle indennità per servizio esterno o per missione;
gli effetti negativi della manovra di luglio 2010 sulle specificità economiche delle forze di polizia sono tuttora evidenti e le rappresentanze sindacali chiedono l'adozione di provvedimenti adeguati per sanare la situazione e di tornare ad investire sulla sicurezza, soprattutto in vista dei nuovi compiti e dei nuovi impegni cui si dovrà far fronte nei prossimi mesi per effetto delle nuove emergenze causate dalle vicende politiche che stanno interessando il Nord Africa;
il Presidente del Consiglio dei ministri, anche questa volta, si è impegnato con gli operatori della sicurezza per presentare nel Consiglio dei ministri del 23 marzo 2011 un provvedimento per recuperare i fondi che le sigle sindacali ritengono indispensabili per il funzionamento del comparto;
non si conosce l'ammontare di tali fondi, ma, ad avviso degli interroganti, la sicurezza è un diritto fondamentale che non può essere compromesso da tagli indiscriminati senza esporre a gravi rischi i cittadini ed il Paese, né può essere garantita dai buoni uffici del Presidente del Consiglio dei ministri se sollecitato da proteste e manifestazioni -:
quali siano le misure che concretamente si intendano adottare, facendo seguito alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.(3-01524)

Intendimenti del Governo in relazione alla realizzazione di nuovi impianti di produzione di energia nucleare in Italia - 3-01521

DI PIETRO, DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
i tragici eventi che hanno colpito il Giappone stanno riaprendo il dibattito sulla sicurezza dell'energia nucleare sia a livello nazionale, sia a livello europeo e internazionale;
nella giornata del 14 marzo 2011, secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale, due nuove esplosioni si sono verificate nel reattore 3 della centrale nucleare di Fukushima, alzando notevolmente il livello di allarme e i timori di una tragedia nucleare di proporzioni al momento incalcolabili;
il Commissario europeo all'energia, Günther Öttinger, avrebbe convocato per martedì 15 marzo 2011 una riunione di esperti sulla sicurezza nucleare dell'Unione europea per discutere delle conseguenze del terremoto in Giappone. Al riguardo il Commissario Öttinger ha dichiarato espressamente che: «Tutto ciò che si riteneva impensabile, in qualche giorno è avvenuto (...) Se prendiamo la cosa sul serio e diciamo che l'incidente ha cambiato il mondo - ed è in discussione il modo in cui noi, come società industriale, abbiamo guardato alla sicurezza e alla gestibilità - allora non possiamo escludere nulla»;
in Germania, il Ministro degli esteri, Guido Westerwelle, ha riferito che la decisione del Governo di Berlino, assunta nel mese di settembre 2010, di prolungare mediamente di 12 anni la vita delle vecchie centrali atomiche, potrebbe essere rivista a seguito della crisi nucleare in corso in Giappone;
la Svizzera ha sospeso il programma di rinnovo delle proprie centrali nucleari, mentre in Austria il Ministro dell'ambiente, Nikolaus Berlakovich, ha chiesto la verifica della sicurezza delle centrali nucleari europee;
appare di tutta evidenza che quanto è accaduto in Giappone rappresenti la prova provata del fatto che il nucleare sicuro in Italia e nel mondo non esiste;
alla luce di quanto precede il Governo italiano, ad avviso degli interroganti, dovrebbe trarre le dovute conseguenze in relazione alla pervicacia con cui continua a promuovere l'opzione nuclearista nel nostro Paese;
nei prossimi mesi si voterà per il referendum promosso dall'Italia dei Valori contro il nucleare, al fine di abrogare la normativa che intende dare il via libera alla realizzazione di centrali nucleari sul territorio nazionale -:
se sia nelle intenzioni del Governo, alla luce di quanto descritto in premessa, rivedere la scelta politica di realizzare nuovi impianti di produzione di energia nucleare in Italia. (3-01521)

Iniziative per la sospensione delle procedure relative alla localizzazione e alla realizzazione di nuove centrali nucleari in Italia - 3-01522

FRANCESCHINI, MARIANI, VENTURA, MARAN, VILLECCO CALIPARI, AMICI, BOCCIA, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, ROSATO, BENAMATI, BOCCI, BRAGA, BRATTI, ESPOSITO, GINOBLE, IANNUZZI, MARANTELLI, MARGIOTTA, MORASSUT, MOTTA, REALACCI, VIOLA e RUBINATO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
resta alto l'allarme sulla sicurezza delle centrali nucleari in Giappone dopo il devastante terremoto dell'11 marzo 2011, nonostante gli elevati standard di sicurezza adottati dal suddetto Paese per prevenire il rischio sismico;
secondo autorevoli osservatori la situazione nelle centrali nucleari colpite dal sisma in Giappone è molto grave e non è scongiurato il rischio di una grande catastrofe nucleare;
il Commissario europeo all'energia, Günther Öttinger, ha chiesto all'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) di convocare una riunione d'emergenza dei Paesi membri dell'organizzazione per valutare le misure di emergenza e di sicurezza da adottare in Europa in seguito all'allarme nucleare in Giappone e le possibili implicazioni degli eventi giapponesi sulla sicurezza degli impianti nucleari;
in Europa la Germania ha deciso di sospendere il prolungamento del ciclo di vita operativo dei 16 reattori atomici civili ancora attivi nel Paese; la Svizzera ha bloccato la procedura di domanda di autorizzazione alla costruzione di tre nuovi siti; l'Austria chiede un riesame a livello europeo; il Belgio sta ripensando a fondo l'uso dell'energia nucleare, da cui ricava oltre il 70 per cento del fabbisogno; domani a Bruxelles la Commissione europea terrà un vertice con i responsabili ufficiali dei Paesi dell'Unione europea con centrali nucleari e con i gestori degli impianti;
molti Paesi dell'Unione europea sembrano orientati in tempi brevi a ripensare alla scelta nucleare e ad incentivare il più possibile la conversione delle fonti energetiche verso le energie rinnovabili;
le Commissioni ambiente e attività produttive, mercoledì 16 marzo 2011, dovrebbero esprimere il parere sullo schema di decreto legislativo (atto 333) correttivo del decreto legislativo n. 31 del 2010, che disciplina la localizzazione, la realizzazione e l'esercizio nel territorio nazionale di impianti nucleari;
la decisione, assunta dal Governo, di tornare all'energia nucleare sembra caratterizzata più da una pulsione ideologica che da una vera e propria pianificazione strategica, basata su un'attenta analisi costi-benefici, che tenga conto dei rischi ambientali e sanitari dell'opzione atomica; basti pensare che il costo di decommissioning degli impianti attualmente presenti in Italia è valutato in circa 4 miliardi di euro, con esclusione dei costi per lo smaltimento dei rifiuti;
a dimostrare l'incertezza che caratterizza l'azione del Governo si registra: sia l'emanazione di un provvedimento correttivo del decreto attuativo della norma sul ritorno all'energia nucleare, con cui erano state dettate le linee per la localizzazione, la realizzazione e l'esercizio degli impianti nucleari, dando così prova di una sostanziale approssimazione legislativa; sia la mancanza dell'individuazione dei siti di stoccaggio, parametro essenziale e irrinunciabile per un Paese che, con serietà e responsabilità, abbia deciso di intraprendere una così delicata scelta in materia di produzione energetica; inoltre, il provvedimento non riconosce il ruolo fondamentale e vincolante in merito alla gestione delle centrali e delle scorie che le regioni dovrebbero avere in un Paese realmente federalista;
il recente rapporto dell'Enea, «Energia e ambiente», segnala che il Governo prospetta di realizzare nucleare di terza generazione migliorata - non ci sono infatti, secondo l'Enea, prospettive temporali praticabili per le centrali di quarta generazione - e prevede l'installazione del primo impianto Epr (European pressurized reactor) da 1,6 gigawatt (GW) nel 2025, fino ad una capacità totale di oltre 11 gigawatt (GW), corrispondenti a 7 centrali, nel 2050;
secondo elaborazioni dell'Enea, l'introduzione di centrali nucleari in Italia entrerà in competizione con la produzione elettrica da impianti a gas naturale e, nell'ultimo decennio, anche con impianti a fonti rinnovabili, arrivando a coprire fino al 20 per cento del fabbisogno elettrico in Italia nel 2050; si prevede un costo totale di investimento nel periodo considerato di oltre 35 miliardi di euro, esclusi i costi di decommissioning, ossia i costi di smantellamento e chiusura di una centrale nucleare;
rilevanti sono i costi da sostenere per la messa in sicurezza delle scorie radioattive; un impianto in corso di realizzazione in Francia per lo stoccaggio di scorie radioattive ha un costo iniziale di 15 miliardi di euro; vi è, inoltre, da rilevare che al momento il Governo non ha ancora individuato il sito dove stoccare le scorie che provengono da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie, dall'attività di smantellamento delle vecchie centrali e dalle attività delle nuove centrali; soltanto entro il 2015 si prevede l'effettiva individuazione dell'area che ospiterà il deposito nazionale, la cui costruzione è prevista entro i cinque anni successivi (2020);
il Partito Democratico ritiene che la soluzione ai problemi energetici non sia un ritorno al nucleare che, a questo stato di tecnologia, comporta costi elevati e ingenti risorse da investire tali da spiazzare investimenti alternativi in tecnologie per le energie rinnovabili anche molto promettenti, come il progetto Archimede in Sicilia, per la realizzazione di centrali con una tecnologia che nel 2050 potrebbe non corrispondere ai requisiti di sicurezza richiesti dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea);
in tutto l'Occidente sono in costruzione due soli impianti nucleari, uno in Francia a Flamanville e uno in Finlandia a Oikiluoto, entrambi con tecnologia francese Areva, la stessa scelta dall'Enel e dal Governo italiano, oggi oggetto di contenzioso tra le istituzioni;
l'impianto di Oikiluoto avrebbe dovuto essere consegnato nel 2010, si parla ora del 2012 e i costi di costruzione sono già aumentati del 60 per cento;
il 22 ottobre 2009 c'è stata una significativa e irrituale messa in mora dei sistemi di questi impianti con tecnologie Areva espressa con un comunicato congiunto delle tre agenzie per la sicurezza nucleare: la francese ASN, la britannica HSÈsND e la finlandese Stuk. Questo determinerà ulteriori allungamenti dei tempi e ulteriori innalzamenti dei costi;
il Massachussets institute of technology (Mit) ha sottolineato come il costo del chilowattora nucleare sia significativamente superiore a quello delle altre fonti tradizionali;
la scelta nucleare fu a suo tempo bocciata dai cittadini italiani con il referendum del 1987, quindi una sua riproposizione richiede grande cautela anche dal punto di vista democratico;
gran parte del territorio del nostro Paese è caratterizzato da aree ad elevato rischio sismico e idrogeologico per la cui prevenzione sono stanziate attualmente risorse insufficienti -:
quali iniziative intenda assumere per disporre la sospensione delle procedure relative alla localizzazione e alla realizzazione di nuove centrali nucleari in Italia in considerazione dell'imprescindibile esigenza di attendere l'esito delle valutazioni in sede scientifica degli eventi giapponesi, nonché del referendum abrogativo della disposizione che ammette la costruzione di nuove centrali nucleari in Italia giudicato pienamente ammissibile dalla Corte costituzionale con sentenza n. 28 del 2011.
(3-01522)

Stato di attuazione dei piani per favorire le politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro e iniziative del Governo al riguardo - 3-01519

BALDELLI e SALTAMARTINI. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
l'Italia è lontana dagli obiettivi stabiliti a Lisbona nel 2000 per quanto riguarda l'occupazione femminile;
elemento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona è l'ampliamento dei servizi alla prima infanzia;
le politiche di sostegno all'occupazione femminile vedono un tassello importante proprio nel sostegno alla prima infanzia tale da consentire politiche di conciliazione;
il piano «Italia 2020» - Programma di azioni per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro ha avviato un piano strategico di azione per la conciliazione e le pari opportunità;
il piano, recante il sistema di interventi per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, investe 40 milioni di euro del fondo pari opportunità in finanziamenti per le tagesmutter, per il telelavoro, per la formazione volta a sostenere il rientro nel lavoro dopo un periodo di congedo per maternità -:
quale sia lo stato di attuazione dei suddetti piani e quali siano le iniziative del Governo per favorire le politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro. (3-01519)

Iniziative volte ad escludere l'introduzione di nuovi pedaggi sui raccordi autostradali del Mezzogiorno e sulla Salerno-Reggio Calabria - 3-01520

IANNACCONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 24 settembre 2010 il Senato della Repubblica ha convertito in legge il cosiddetto decreto trasporti, adottato il 4 agosto dal Consiglio dei ministri, che rinviava al 30 aprile 2011 l'introduzione di nuovi pedaggi sui tratti autostradali gestiti dall'Anas;
la Camera dei deputati, in data 30 settembre 2010, ha approvato l'ordine del giorno numero 9/03725/3, a firma Iannaccone, Belcastro, Gaglione, Milo e Sardelli, che impegnava il Governo ad applicare i pedaggi sui raccordi autostradali e sulle tangenziali gestite dall'Anas solo alle autovetture e ai mezzi di trasporto che ne fanno uso per recarsi sulle autostrade;
tale ordine del giorno è scaturito dalla necessità di evitare ulteriori aggravi alle popolazioni locali e ai pendolari, già particolarmente colpiti dalla crisi economica, in particolare nel Mezzogiorno del Paese;
il decreto cosiddetto milleproroghe, recentemente approvato in via definitiva, non ha disposto lo slittamento della data di attuazione di detti pedaggi -:
quali provvedimenti il Governo intenda adottare in virtù dell'impegno assunto con l'accoglimento dell'ordine del giorno numero 9/03725/3 e se il Ministro interrogato non ritenga di doversi adoperare per escludere l'introduzione di nuovi pedaggi sui raccordi autostradali del Mezzogiorno e sulla Salerno-Reggio Calabria.
(3-01520)

Orientamenti del Governo in merito alla presentazione del disegno di legge annuale per la concorrenza e il mercato - 3-01525

RAISI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, istituisce la legge annuale per il mercato e la concorrenza, al fine di rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo o amministrativo, all'apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza, anche con riferimento alle funzioni pubbliche e ai costi regolatori condizionanti l'esercizio delle attività economiche private, nonché di garantire la tutela dei consumatori;
sulla base dei termini fissati dalle legge istitutiva, entro il 31 maggio 2010, trascorsi sessanta giorni dalla data di trasmissione al Governo della relazione annuale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il Governo avrebbe dovuto presentare alle Camere il primo disegno di legge annuale;
la mancata presentazione alla Camera del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, trascorsi ormai nove mesi dalla scadenza e all'approssimarsi del nuovo termine per il 2011, rappresenta un'evidente violazione del dettato della norma, che non consente di eludere i rilievi dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ma al contrario impone all'Esecutivo di motivare le ragioni per cui ritenga di non dar seguito alle segnalazioni e ai pareri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e delle altre autorità indipendenti;
le politiche di liberalizzazione nei maggiori settori del sistema produttivo italiano sono una priorità non rinviabile, affinché l'economia possa ritrovare un sentiero di crescita duratura, di competitività internazionale e di ripresa della produttività;
in linea teorica, il Governo si dichiara favorevole ad una politica di liberalizzazione dell'economia, al punto di ritenere indispensabile - a tal fine - la modifica dell'articolo 41 della Costituzione;
né il suddetto articolo, né altri vincoli di natura costituzionale impediscono, però, al Governo di dar corso a quelle riforme che assicurino la conformità dell'ordinamento interno ai principi comunitari in materia di concorrenza e apertura dei mercati -:
per quali ragioni o, nel caso, a causa di quali impedimenti di natura istituzionale, il Governo non abbia provveduto a presentare entro il 31 maggio 2010, secondo quanto previsto dall'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, il disegno di legge annuale per la concorrenza e il mercato.(3-01525)

MOZIONI FRANCESCHINI ED ALTRI N. 1-00580, DI PIETRO ED ALTRI N. 1-00586, GALLETTI, DELLA VEDOVA E TABACCI N. 1-00591 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LO SVOLGIMENTO NELLA STESSA DATA DEI REFERENDUM ABROGATIVI E DEL PRIMO TURNO DELLE PROSSIME ELEZIONI AMMINISTRATIVE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
la Corte costituzionale, in data 12 gennaio 2011, ha deliberato l'ammissibilità di quattro richieste di referendum abrogativo:
a) modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione;
b) determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma;
c) nuove centrali per la produzione di energia nucleare. Abrogazione parziale di norme;
d) abrogazione della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale;
in base all'articolo 34 della legge n. 352 del 1970, «il Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri, indice con decreto il referendum, fissando la data di convocazione degli elettori in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno»;
la legge n. 352 del 1970 che regolamenta i referendum impedisce esclusivamente, come si desume dall'articolo 31, l'abbinamento tra referendum ed elezioni politiche;
nella prossima primavera sono 1.310 i comuni italiani che andranno al voto nelle elezioni amministrative e, tra questi, 11 città che vantano una popolazione superiore a 100.000 abitanti: Milano, Napoli, Torino, Bologna, Trieste, Ravenna, Cagliari, Rimini, Salerno, Latina e Novara. Arezzo, Barletta e Catanzaro, appena sotto i 100.000. Si voterà anche per il rinnovo di undici amministrazioni provinciali: Reggio Calabria, Ravenna, Trieste, Gorizia, Mantova, Pavia, Macerata, Campobasso, Vercelli, Lucca, Treviso;
non accorpare la data delle elezioni amministrative 2011 con quella dei referendum sarebbe una scelta molto grave, non solo per il disagio che porterebbe a molti cittadini chiamati a votare per tre volte, per tre settimane, ma anche e soprattutto perché produrrebbe un costo per i contribuenti italiani talmente alto da essere insopportabile;
la crisi economica impone di modulare le scadenze elettorali in modo ancor più attento per esigenze di risparmio della collettività, così da utilizzare le risorse risparmiate a fini di utilità pubblica;
la recente storia elettorale italiana dimostra come l'elettorato appare pienamente in grado di esprimere valutazioni differenziate anche su elezioni che avvengano contestualmente,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative di competenza volte a fissare la data di convocazione degli elettori per i quattro referendum abrogativi del 2011 nella stessa domenica in cui sono convocati gli elettori per il primo turno delle elezioni amministrative 2011.
(1-00580)
(Nuova formulazione) «Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Boccia, Lenzi, Quartiani, Giachetti, Rosato, Rigoni».

La Camera,
premesso che:
in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno prossimi i cittadini saranno chiamati ad esprimersi su quattro referendum abrogativi - in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, di modalità e affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, di determinazione della tariffa del servizio idrico integrato, di nuove centrali per la produzione di energia nucleare - dichiarati ammissibili dalla Corte costituzionale nel mese di gennaio 2011;
in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno prossimi i cittadini di oltre 1.100 comuni italiani e 11 province saranno chiamati ad esprimere il loro voto per il rinnovo delle relative amministrazioni;
la separazione dei due momenti elettorali - oltre a comportare disagio per i cittadini che si troverebbero a votare per tre volte nell'arco di poche settimane - comporterebbe un inutile esborso economico per le pubbliche amministrazioni, dell'ordine di diverse centinaia di milioni di euro;
a fronte della pesante entità del debito pubblico e dello stato in cui versa la finanza pubblica nazionale - che nel corso dell'attuale legislatura si sono riversati su tutti i settori con ingenti tagli di risorse - i risparmi derivanti dall'accorpamento delle elezioni ben potrebbero essere indirizzati verso fini di pubblica utilità, tra i quali: il rifinanziamento del fondo per le non autosufficienze, le cui risorse si sono esaurite con il 2010; l'incremento dello stanziamento di 100 milioni di euro previsto dal Governo, solamente per il 2011, per i malati di sclerosi laterale amiotrofica (sla) e per la loro assistenza domiciliare; il rifinanziamento del 5 per mille per un anno; la reintegrazione delle risorse tagliate al fondo per le politiche sociali e al fondo per le politiche della famiglia, in quanto i due fondi sono stati decurtati rispetto allo scorso anno complessivamente di circa 311 milioni di euro; l'acquisto di nuove autovetture per le forze di polizia; la realizzazione di asili nido; la reintegrazione delle risorse tagliate per il 2011 al Ministero della giustizia; la reintegrazione delle risorse tagliate per il 2011 al Ministero del lavoro e delle politiche sociali; il recupero di parte delle risorse finanziarie destinate dal citato Ministero alle «politiche per il lavoro», che nel bilancio per il 2011 risultano tagliate, rispetto alle previsioni assestate 2010, di ben 559 milioni di euro; la reintegrazione delle risorse tagliate per il 2011 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; la messa in sicurezza degli edifici scolastici o, almeno, la realizzazione dell'anagrafe dell'edilizia scolastica nazionale; l'individuazione delle risorse per far fronte alle calamità naturali e per la messa in sicurezza del nostro territorio, in particolare per la recente calamità che ha colpito la regione Marche;
in un contesto nazionale dominato da una grave e perdurante crisi economico-finanziaria e da continui ed indistinti tagli alle risorse del bilancio, benvenuto sarebbe anche il puro e semplice risparmio derivante dall'accorpamento della data delle elezioni amministrative, che dimostrerebbe, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, insieme alla parsimonia, rispetto per i contribuenti e per la collettività,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di propria competenza, le iniziative utili a fissare la convocazione per la votazione dei referendum abrogativi nella medesima giornata prevista per il primo turno delle elezioni amministrative prossime venture.
(1-00586)
«Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Favia, Cimadoro, Cambursano, Barbato, Di Giuseppe, Di Stanislao, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
il 3 marzo 2011 il Ministro dell'interno, Roberto Maroni, ha informato il Consiglio dei ministri dell'indizione dei comizi elettorali per le elezioni amministrative del 15 e 16 maggio 2011 per il primo turno e due settimane dopo per i ballottaggi, ove sarà necessario;
il Ministro dell'interno ha proposto, altresì, di celebrare i quattro referendum abrogativi nei confronti dei quali i cittadini saranno chiamati ad esprimersi (in materia di: legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale; modalità, affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica; determinazione della tariffa del servizio idrico integrato; nuove centrali per la produzione di energia nucleare) il 12 giugno 2011, ultimo giorno utile per celebrare i referendum;
l'articolo 34 della legge n. 352 del 1970, che regolamenta i referendum, fissa, infatti, la data di convocazione degli elettori «in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno»;
l'articolo 31 della medesima legge, tuttavia, disponendo il divieto di celebrare i referendum «nell'anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere o nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l'elezione di una delle Camere medesime», esclude di fatto unicamente l'abbinamento tra referendum ed elezioni politiche;
oltre ad undici amministrazioni provinciali (Reggio Calabria, Ravenna, Trieste, Gorizia, Mantova, Pavia, Macerata, Campobasso, Vercelli, Lucca, Treviso), sono 1.310 i comuni italiani che rinnoveranno i propri organi amministrativi e, tra questi, vi sono importanti capoluoghi di regione, come Milano, Napoli, Torino, Bologna, Trieste, Cagliari e Catanzaro, ed altri importanti comuni, come Ravenna, Rimini, Salerno, Latina, Novara e Arezzo;
oltre a causare evidenti disagi per i cittadini, chiamati a recarsi alle urne per tre settimane consecutive, separare la data delle elezioni amministrative della primavera 2011 da quella dei referendum comporterebbe un inutile spreco di denaro pubblico a carico dei contribuenti italiani;
poiché il Governo non ha ritenuto opportuno adottare in questo momento nessuna misura economica onerosa per esigenze di tenuta dei conti pubblici, sperperare oltre 300 milioni di euro, necessari per celebrare i referendum in una data diversa da quella prevista per le elezioni amministrative, appare ai firmatari del presente atto di indirizzo una decisione insensata e senza criterio;
solo pochi giorni fa, in occasione della discussione del decreto-legge n. 225 del 2010, cosiddetto milleproroghe, il Governo non ha espresso parere favorevole su nessuna proposta emendativa volta a reperire risorse per il rifinanziamento del fondo per le non autosufficienze, del fondo per le politiche sociali, del fondo per le politiche per la famiglia, del fondo unico per lo spettacolo, a destinare nuove risorse alle forze dell'ordine e ai vigili del fuoco, ad assicurare il reintegro delle risorse tagliate per il 2011 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero per i beni e le attività culturali, a garantire i fondi per la messa in sicurezza degli edifici scolastici o per far fronte alle vecchie e nuove calamità naturali che hanno colpito il Paese,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative di propria competenza al fine di garantire che la celebrazione dei referendum abrogativi si tenga nella medesima giornata prevista per il primo turno delle prossime elezioni amministrative della primavera 2011.
(1-00591)
«Galletti, Della Vedova, Tabacci».

MOZIONI DI PIETRO ED ALTRI N. 1-00579, GENTILONI SILVERI ED ALTRI N. 1-00587, BRIGUGLIO ED ALTRI N. 1-00588, RAO ED ALTRI N. 1-00592, LANDOLFI, SARDELLI ED ALTRI N. 1-00593 E TABACCI ED ALTRI N. 1-00597 IN MATERIA DI LIMITI ALL'ACQUISIZIONE DI PARTECIPAZIONI IN IMPRESE EDITRICI DI GIORNALI QUOTIDIANI DA PARTE DI SOGGETTI CHE ESERCITANO ATTIVITÀ TELEVISIVA

Mozioni

La Camera,
premesso che:
nel corso dell'iter parlamentare di approvazione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie (atto Camera n. 4086) era stato inserito, all'articolo 2, un comma aggiuntivo, il comma 12-duodecies, che apportava delle modifiche all'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi di media audiovisivi, il quale prevedeva fino al 31 dicembre 2010 il divieto per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
il predetto comma prorogava il divieto fino al 31 dicembre 2012;
nel corso dell'esame in Assemblea emergeva la necessità di un coordinamento nel senso di procedere alla soppressione del comma 12-duodecies dell'articolo 2, in quanto la proroga era già contenuta nella tabella n. 1 del decreto-legge fino al 31 marzo 2011, successivamente prorogabile al 31 dicembre 2011 con il previsto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, sarebbe stato preferibile prevedere la soppressione dall'allegato 1 citato della disposizione e, viceversa, il mantenimento nel testo di tale comma 12-duodecies;
in pratica, si è introdotta la proroga sic et simpliciter del divieto di incroci tra giornali e televisioni solo fino al 31 marzo 2011 (e non fino a fine 2012, come prevedeva il testo precedente del decreto-legge, come modificato nel corso dell'iter parlamentare), essendo il rinvio al 31 dicembre 2011 facoltativo e rimesso alla volontà dell'Esecutivo;
dopo la data del 31 marzo 2011 il divieto decadrà e chi ha una posizione dominante nel mondo delle televisioni potrebbe entrare anche nella proprietà degli altri media, stampa in primis;
l'articolo 1 del decreto-legge n. 225 del 2010 fissa al 31 marzo 2011 la scadenza dei termini e dei «regimi giuridici» indicati nella tabella n. 1 allegata e autorizza il Governo a disporre, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, un'eventuale ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2011;
la questione relativa al divieto di incroci stampa e tv è stata recentemente oggetto di una segnalazione al Governo emessa dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in data 24 novembre 2010, nella quale si afferma che la disposizione in materia di limiti antitrust all'incrocio tra stampa e giornali quotidiani è stata sin dall'inizio concepita dal legislatore a tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione e di informazione, sulla base delle indicazioni date dalla Corte costituzionale (sentenza n. 826 del 1988);
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha, inoltre, indicato l'opportunità di adeguare la formulazione attuale dell'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta dal 2004 ad oggi e, in particolare, all'evoluzione tecnologica del digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella del mercato di settore;
in data 26 febbraio 2011, in sede di esame presso il Senato della Repubblica del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010, il Governo ha approvato l'ordine del giorno G/2518-B/100/1, nell'ambito del quale si impegna l'Esecutivo ad adottare le opportune iniziative normative volte a prorogare per un congruo periodo di tempo, non inferiore comunque al 31 dicembre 2012, il termine previsto dall'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici, relativo al divieto per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete di acquisire partecipazioni di imprese editrici di giornali quotidiani o di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani, preservando così il pluralismo dell'informazione, contestualmente ridefinendo la formulazione del divieto in modo da adeguarla all'evoluzione tecnologica nel frattempo intervenuta e ai conseguenti nuovi assetti di mercato;
la protezione del pluralismo informativo è uno dei principi fondamentali dell'Unione europea (articolo 11, comma secondo, dalla Carta europea dei diritti fondamentali) e, in forza di ciò, la giurisprudenza della Corte di giustizia europea ha riconosciuto il diritto degli Stati membri a mantenere una legislazione speciale in materia, più restrittiva del diritto della concorrenza,

impegna il Governo:

a prorogare nell'immediato, la disposizione citata in premessa almeno fino al 31 dicembre 2011 e ad adottare le opportune iniziative normative per prorogare comunque tale disposizione almeno fino al 31 dicembre 2012;
ad adottare ogni iniziativa normativa volta a garantire la ridefinizione dell'ambito di applicazione del divieto di incroci stampa-televisione, in modo da adeguarla all'evoluzione tecnologica nel frattempo intervenuta e ai conseguenti nuovi assetti di mercato, al fine di rispettare il pluralismo dell'informazione.
(1-00579)
(Ulteriore nuova formulazione) «Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Leoluca Orlando, Favia, Cambursano, Monai, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
il 31 dicembre 2010 è scaduta la disposizione recata dall'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, secondo cui le emittenti televisive, titolari di più di una rete nazionale, non possono acquisire partecipazioni societarie in aziende editrici di giornali quotidiani;
la protezione del pluralismo informativo è uno dei principi fondamentali dell'Unione europea (articolo 11, comma secondo, dalla Carta europea dei diritti fondamentali) e, in forza di ciò, la giurisprudenza della Corte di giustizia europea ha riconosciuto il diritto degli Stati membri a mantenere una legislazione speciale in materia, più restrittiva del diritto della concorrenza;
con l'approvazione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle impresse e alle famiglie, si è introdotta la proroga del divieto di incroci tra giornali e televisioni solo fino al 31 marzo 2011 (e non fino a fine 2012 come prevedeva il testo precedente del decreto-legge, come modificato nel corso dell'iter parlamentare), essendo il rinvio al 31 dicembre 2011 facoltativo e rimesso alla volontà del Presidente del Consiglio dei ministri;
nella perdurante situazione di debolezza strutturale degli assetti proprietari e di governance del settore della stampa, una siffatta circostanza costituisce una «porta spalancata» verso un'ulteriore preoccupante concentrazione dei media italiani;
contrariamente a quanto previsto dalla legge n. 416 del 1981 per il settore dell'editoria quotidiana, che stabilisce rigidi tetti all'espansione di un'impresa o di un gruppo nel mercato dei giornali quotidiani, nessun vincolo analogo è previsto nell'ordinamento a proposito del numero massimo di reti televisive gestibili (ovvero della capacità trasmissiva complessivamente gestibile, per dirla con termini richiesti dal nuovo scenario tecnologico digitale) da un unico soggetto;
l'esigenza di una proroga del divieto di acquisto di giornali per chi esercita posizioni dominanti nella tv è stata recentemente oggetto di due segnalazioni al Governo emesse dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in data 24 novembre 2010 e 2 marzo 2011;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella sua segnalazione del 1o marzo 2011, ha ricordato che la presenza di rilevanti partecipazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in più di una rete televisiva nazionale rende questa materia particolarmente sensibile sotto il profilo del conflitto di interessi (legge n. 215 del 2004) e che per questo motivo è opportuno che tale proroga sia sottratta alle competenze dell'attuale Presidente del Consiglio dei ministri,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative per prorogare la disposizione citata in premessa almeno fino al 31 dicembre 2012.
(1-00587)
«Gentiloni Silveri, Meta, Giulietti, Lenzi, Ghizzoni, Zaccaria, Boffa, Bonavitacola, Cardinale, Coscia, De Biasi, Fiano, Gasbarra, Ginefra, Laratta, Levi, Lovelli, Pierdomenico Martino, Giorgio Merlo, Rossa, Siragusa, Tullo, Velo, Vico, Rigoni».

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, reca misure in materia di «posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni»;
l'articolo 1 del predetto provvedimento sancisce, al comma 1, la proroga, al 31 marzo 2011, del divieto, per i soggetti esercenti attività televisiva in ambito nazionale tramite più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani; prevede, altresì, al comma 2, la possibilità di disporre - con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - un'ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2011 del termine di cui al comma 1;
il divieto recato dall'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, ha una particolare rilevanza ai fini della tutela del grado di pluralismo del sistema informativo italiano e la prevista proroga delle disposizioni in materia di incroci stampa-televisione - solo fino al 31 marzo 2011 - è evidentemente insufficiente, in quanto dal 1o aprile 2011 il divieto decade, lasciando campo libero alle «scalate» dei quotidiani da parte di imprenditori della televisione ed i soggetti che possiedono più di una rete televisiva potranno, quindi, acquisire partecipazioni in imprese editrici di quotidiani;
la prossimità della scadenza del divieto in materia di incroci stampa-televisione - in assenza di un riordino complessivo della normativa di settore - rischia di provocare un indesiderato vuoto normativo, come già segnalato - in una comunicazione al Governo del 24 novembre 2010 - dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che, dopo aver sottolineato che la disposizione in materia di limiti antitrust all'incrocio tra stampa e giornali quotidiani è stata, sin dall'inizio, concepita dal legislatore a tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione e di informazione, sulla base delle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale (sentenza n. 826 del 1988), ha, appunto, segnalato l'esigenza di un intervento legislativo al fine di mantenere in vigore il citato divieto, in quanto strettamente funzionale alla tutela della concorrenzialità dell'intero sistema dell'informazione;
sulla questione è intervenuta, di recente, anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato che - in una segnalazione del 1o marzo 2011 inviata al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti di Camera e Senato - ha affermato, con riferimento alla disciplina introdotta dal cosiddetto decreto «milleproroghe», che è del tutto inopportuno attribuire al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di prorogare o meno, oltre il 31 marzo 2011, l'attuale divieto di incroci azionari tra stampa e televisione: l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha, infatti, testualmente affermato che «l'inerenza dell'ambito materiale nel quale è stato assegnato al Presidente del Consiglio il potere di disciplinare la durata del divieto di cui all'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo. n. 177/2005 a un settore nel quale l'attuale Presidente è titolare di interessi patrimoniali, associata alla discrezionalità che il comma 2, dell'articolo 1, del decreto-legge n. 225/10 attribuisce allo stesso Presidente, pone un problema di opportunità della disposizione stessa»;
l'Autorità, già in data 20 gennaio 2011, aveva richiamato l'attenzione del Governo sulle criticità della disciplina posta dal citato decreto-legge, al fine di sollecitare una modifica nel corso dell'esame parlamentare e aveva osservato che, se la norma relativa alla facoltà di proroga non veniva modificata, l'esercizio della facoltà di decidere sul periodo di vigenza del divieto, e, quindi, l'adozione o la mancata adozione dell'atto di proroga - anche senza integrare automaticamente una fattispecie di conflitto di interessi - avrebbero dovuto essere valutati dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai sensi della legge 20 luglio 2004, n. 215, recante «Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interesse», allo scopo di verificarne l'incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio del Presidente del Consiglio dei ministri e il danno per l'interesse pubblico;
alla luce della disciplina sul conflitto d'interessi, sarebbe, pertanto, auspicabile - secondo la stessa Autorità - un atteggiamento di maggiore precauzione tale da evitare l'attribuzione di un potere discrezionale in capo al Presidente del Consiglio dei ministri nella disciplina di un settore sensibile come quello editoriale, direttamente connesso con la tutela del pluralismo dell'informazione e da sottrarre, nello specifico, proprio la disciplina del divieto di cui al comma 12, dell'articolo 43, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, alle competenze del Presidente del Consiglio dei ministri;
in data 2 marzo 2011, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni si è, ancora una volta, pronunciata sulla questione, richiamando l'attenzione sul «vuoto normativo che si verrebbe a determinare ove entro il corrente mese di marzo, con una norma di legge o avente forza di legge, il divieto di incrocio tra stampa e tv non venisse congruamente prorogato adeguando la formulazione attuale del divieto d'incrocio alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta con l'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella di mercato del settore»;
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - nella già citata comunicazione del 24 novembre 2010 - aveva evidenziato, altresì, una serie di «debolezze» della legge 20 luglio 2004, n. 215, ed aveva, in particolare, posto l'attenzione sulla discrasia tra ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione della normativa in materia di «sostegno privilegiato», osservando come la normativa vigente non contemplasse, tra i comportamenti vietati che possono configurare un sostegno privilegiato - anche attraverso qualsiasi forma di vantaggio, diretto o indiretto, politico, economico, di immagine al titolare di cariche di Governo - alcun riferimento alla stampa;
le «leggi parametro» prese in considerazione dalla legge n. 215 del 2004 (e cioè le leggi n. 223 del 1990, n. 249 del 1997, n. 28 del 2000 e n. 112 del 2004) e la cui violazione sola è suscettibile di integrare la ricorrenza del sostegno privilegiato impongono, infatti, il rispetto dei principi del pluralismo, dell'obiettività, della completezza, della lealtà e dell'imparzialità dell'informazione solo da parte delle emittenti radiofoniche e televisive, mentre la stampa, sotto il profilo contenutistico e comportamentale, gode di una disciplina autonoma non ricompresa nell'ambito delle citate leggi;
allo stato della legislazione vigente, dunque, il sostegno privilegiato non può configurarsi nei confronti delle imprese della carta stampata - pur essendo esse operanti nel sistema integrato delle comunicazioni, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), della legge n. 112 del 2004 e benché, anche da parte loro, possano essere materialmente violati i principi sopra citati;
alla luce delle considerazioni sopra esposte, si rende, pertanto, urgente e necessaria una disciplina più organica ed efficace volta a regolamentare, in maniera quanto più completa e stringente possibile, l'intera materia con riguardo al complesso del sistema dell'informazione,

impegna il Governo:

ad assumere le iniziative di competenza volte a prorogare, in tempi rapidi, per un termine congruo, il divieto di cui all'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, oltre la scadenza legislativamente prevista (ed, in ogni caso, almeno fino al 31 dicembre 2011, come previsto nel citato comma 2, dell'articolo 1, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225) e ad adottare ogni opportuna iniziativa normativa volta a superare le criticità evidenziate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con particolare riferimento all'opportunità di sottrarre alle competenze del Presidente del Consiglio dei ministri il potere di disciplinare discrezionalmente il periodo di vigenza del citato divieto;
ad assumere iniziative normative per introdurre una disciplina organica e completa della materia volta a garantire la ridefinizione dell'ambito di applicazione del divieto di incroci stampa-televisione, anche al fine di colmare il vuoto normativo che, allo stato della legislazione vigente, non configura e non impedisce il «sostegno privilegiato» al titolare di cariche di Governo da parte delle imprese della carta stampata, allo scopo di preservare il pluralismo dei mezzi di informazione ed evitare i rischi di «eccessive concentrazioni».
(1-00588)
«Briguglio, Della Vedova, Bocchino».

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, reca misure in materia di «posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni»;
l'articolo 1 del predetto provvedimento sancisce, al comma 1, la proroga, al 31 marzo 2011, del divieto, per i soggetti esercenti attività televisiva in ambito nazionale tramite più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani; prevede, altresì, al comma 2, la possibilità di disporre - con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - un'ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2011 del termine di cui al comma 1;
il divieto recato dall'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, ha una particolare rilevanza ai fini della tutela del grado di pluralismo del sistema informativo italiano e la prevista proroga delle disposizioni in materia di incroci stampa-televisione - solo fino al 31 marzo 2011 - è evidentemente insufficiente, in quanto dal 1o aprile 2011 il divieto decade, lasciando campo libero alle «scalate» dei quotidiani da parte di imprenditori della televisione ed i soggetti che possiedono più di una rete televisiva potranno, quindi, acquisire partecipazioni in imprese editrici di quotidiani;
la prossimità della scadenza del divieto in materia di incroci stampa-televisione - in assenza di un riordino complessivo della normativa di settore - rischia di provocare un indesiderato vuoto normativo, come già segnalato - in una comunicazione al Governo del 24 novembre 2010 - dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che, dopo aver sottolineato che la disposizione in materia di limiti antitrust all'incrocio tra stampa e giornali quotidiani è stata, sin dall'inizio, concepita dal legislatore a tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione e di informazione, sulla base delle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale (sentenza n. 826 del 1988), ha, appunto, segnalato l'esigenza di un intervento legislativo al fine di mantenere in vigore il citato divieto, in quanto strettamente funzionale alla tutela della concorrenzialità dell'intero sistema dell'informazione;
sulla questione è intervenuta, di recente, anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato che - in una segnalazione del 1o marzo 2011 inviata al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti di Camera e Senato - ha affermato, con riferimento alla disciplina introdotta dal cosiddetto decreto «milleproroghe», che è del tutto inopportuno attribuire al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di prorogare o meno, oltre il 31 marzo 2011, l'attuale divieto di incroci azionari tra stampa e televisione: l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha, infatti, testualmente affermato che «l'inerenza dell'ambito materiale nel quale è stato assegnato al Presidente del Consiglio il potere di disciplinare la durata del divieto di cui all'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo. n. 177/2005 a un settore nel quale l'attuale Presidente è titolare di interessi patrimoniali, associata alla discrezionalità che il comma 2, dell'articolo 1, del decreto-legge n. 225/10 attribuisce allo stesso Presidente, pone un problema di opportunità della disposizione stessa»;
l'Autorità, già in data 20 gennaio 2011, aveva richiamato l'attenzione del Governo sulle criticità della disciplina posta dal citato decreto-legge, al fine di sollecitare una modifica nel corso dell'esame parlamentare e aveva osservato che, se la norma relativa alla facoltà di proroga non veniva modificata, l'esercizio della facoltà di decidere sul periodo di vigenza del divieto, e, quindi, l'adozione o la mancata adozione dell'atto di proroga - anche senza integrare automaticamente una fattispecie di conflitto di interessi - avrebbero dovuto essere valutati dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai sensi della legge 20 luglio 2004, n. 215, recante «Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interesse», allo scopo di verificarne l'incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio del Presidente del Consiglio dei ministri e il danno per l'interesse pubblico;
alla luce della disciplina sul conflitto d'interessi, sarebbe, pertanto, auspicabile - secondo la stessa Autorità - un atteggiamento di maggiore precauzione tale da evitare l'attribuzione di un potere discrezionale in capo al Presidente del Consiglio dei ministri nella disciplina di un settore sensibile come quello editoriale, direttamente connesso con la tutela del pluralismo dell'informazione e da sottrarre, nello specifico, proprio la disciplina del divieto di cui al comma 12, dell'articolo 43, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, alle competenze del Presidente del Consiglio dei ministri;
in data 2 marzo 2011, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni si è, ancora una volta, pronunciata sulla questione, richiamando l'attenzione sul «vuoto normativo che si verrebbe a determinare ove entro il corrente mese di marzo, con una norma di legge o avente forza di legge, il divieto di incrocio tra stampa e tv non venisse congruamente prorogato adeguando la formulazione attuale del divieto d'incrocio alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta con l'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella di mercato del settore»;
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - nella già citata comunicazione del 24 novembre 2010 - aveva evidenziato, altresì, una serie di «debolezze» della legge 20 luglio 2004, n. 215, ed aveva, in particolare, posto l'attenzione sulla discrasia tra ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione della normativa in materia di «sostegno privilegiato», osservando come la normativa vigente non contemplasse, tra i comportamenti vietati che possono configurare un sostegno privilegiato - anche attraverso qualsiasi forma di vantaggio, diretto o indiretto, politico, economico, di immagine al titolare di cariche di Governo - alcun riferimento alla stampa;
le «leggi parametro» prese in considerazione dalla legge n. 215 del 2004 (e cioè le leggi n. 223 del 1990, n. 249 del 1997, n. 28 del 2000 e n. 112 del 2004) e la cui violazione sola è suscettibile di integrare la ricorrenza del sostegno privilegiato impongono, infatti, il rispetto dei principi del pluralismo, dell'obiettività, della completezza, della lealtà e dell'imparzialità dell'informazione solo da parte delle emittenti radiofoniche e televisive, mentre la stampa, sotto il profilo contenutistico e comportamentale, gode di una disciplina autonoma non ricompresa nell'ambito delle citate leggi;
allo stato della legislazione vigente, dunque, il sostegno privilegiato non può configurarsi nei confronti delle imprese della carta stampata - pur essendo esse operanti nel sistema integrato delle comunicazioni, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), della legge n. 112 del 2004 e benché, anche da parte loro, possano essere materialmente violati i principi sopra citati;
alla luce delle considerazioni sopra esposte, si rende, pertanto, urgente e necessaria una disciplina più organica ed efficace volta a regolamentare, in maniera quanto più completa e stringente possibile, l'intera materia con riguardo al complesso del sistema dell'informazione,

impegna il Governo:

ad assumere le iniziative di competenza volte a prorogare, in tempi rapidi, per un termine congruo, il divieto di cui all'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, oltre la scadenza legislativamente prevista (ed, in ogni caso, almeno fino al 31 dicembre 2011, come previsto nel citato comma 2, dell'articolo 1, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225) e ad adottare ogni opportuna iniziativa normativa volta a superare le criticità evidenziate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con particolare riferimento all'opportunità di sottrarre alle competenze del Presidente del Consiglio dei ministri il potere di disciplinare discrezionalmente il periodo di vigenza del citato divieto;
a valutare la rivisitazione della regolamentazione normativa in materia di risoluzione del conflitto di interessi, anche sulla base della segnalazione al Governo dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni del 24 novembre 2010 in materia di sostegno privilegiato al titolare di cariche di governo da parte delle imprese della carta stampata.
(1-00588)
(Testo modificato nel corso della seduta)«Briguglio, Della Vedova, Bocchino».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, disponeva per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete il divieto, fino al 31 dicembre 2010, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
il decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, ha disposto la proroga di tale divieto fino al 31 marzo 2011 e ha previsto la possibilità, attraverso l'emanazione di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di un ulteriore rinvio al 31 dicembre 2011;
la protezione del pluralismo informativo è uno dei principi fondamentali dell'Unione europea (articolo 11, secondo paragrafo, dalla Carta europea dei diritti fondamentali);
in data 24 novembre 2010, è stata emessa una segnalazione al Governo dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nella quale si afferma che la disposizione in materia di limiti antitrust all'incrocio tra stampa e giornali quotidiani è stata sin dall'inizio concepita dal legislatore a tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione e di informazione, sulla base delle indicazioni date dalla Corte costituzionale (sentenza n. 826 del 1988);
con la sentenza citata la Corte costituzionale ha ritenuto necessario ribadire il valore centrale del pluralismo in un ordinamento democratico, reputando indispensabile, altresì, chiarire che il pluralismo dell'informazione radiotelevisiva significa, innanzitutto, possibilità di ingresso, nell'ambito dell'emittenza pubblica e di quella privata, di quante più voci consentano i mezzi tecnici, con la concreta possibilità nell'emittenza privata - perché il pluralismo esterno sia effettivo e non meramente fittizio - che i soggetti portatori di opinioni diverse possano esprimersi senza il pericolo di essere emarginati, a causa dei processi di concentrazione delle risorse tecniche ed economiche nelle mani di uno o di pochi, e di essere menomati nella loro autonomia;
in forza di ciò, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sottolineava l'opportunità di mantenere in vigore il divieto recato dal citato articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e in data 2 marzo 2011 con una nuova segnalazione ha nuovamente richiamato l'attenzione sul «vuoto normativo che si verrebbe a determinare ove entro il corrente mese di marzo, con una norma di legge o avente forza di legge, il divieto di incrocio tra stampa e tv non venisse congruamente prorogato adeguando la formulazione attuale del divieto d'incrocio alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta con l'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella di mercato del settore»;
della questione si è occupata più volte anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato che, nella sua segnalazione del 10 marzo 2011, ha ricordato, in particolare, che la presenza di rilevanti partecipazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in più di una rete televisiva nazionale rende questa materia particolarmente sensibile sotto il profilo del conflitto di interessi (legge n. 215 del 2004) e che per questo motivo è opportuno che tale proroga sia sottratta alle competenze dell'attuale Presidente del Consiglio dei ministri;
in assenza di un intervento normativo, vi è il concreto rischio di assistere ad una preoccupante concentrazione dei media italiani,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative normative volte a prorogare la disposizione recata dall'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n.177, almeno fino al 31 dicembre 2012;
ad assumere, altresì, immediate iniziative di natura normativa finalizzate a sottrarre alle competenze del Presidente del Consiglio dei ministri il potere di disciplinare discrezionalmente il periodo di vigenza del citato divieto, così come auspicato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
a promuovere urgentemente una regolamentazione organica ed efficace dell'intera materia per colmare il vuoto normativo attuale, in modo da adeguarla all'evoluzione tecnologica nel frattempo intervenuta e ai conseguenti nuovi assetti di mercato, al fine di rispettare il pluralismo dell'informazione.
(1-00592)
(Nuova formulazione) «Rao, Galletti, Enzo Carra, Ciccanti, Compagnon, Volontè, Naro, Libè, Occhiuto».

La Camera,
premesso che:
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in una sua segnalazione del 24 novembre 2010, auspicava che il Governo, ponesse mano «ad un intervento legislativo finalizzato alla conservazione della norma che vieta gli incroci di proprietà tra il settore televisivo e quello editoriale». Questo, al fine di garantire il pluralismo nell'ambito della comunicazione e dell'informazione, ma anche per l'esigenza di evitare le concentrazioni;
la proroga meramente temporale del divieto - peraltro disposta fino al 31 marzo 2011 - si rende inefficace rispetto agli scopi prefissati, in quanto la transizione alla tecnologia digitale terrestre rende obsoleto l'originario riferimento al limite dell'esercizio di «più di una rete», nozione che si riferisce alle tecnologie analogiche e all'attribuzione di titoli concessori;
il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, andava nella direzione indicata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni attraverso l'inserimento, in sede di conversione al Senato, all'articolo 2, comma 12-duodecies, di una disposizione che andava a prorogare, modificandolo per adattarlo all'attuale evoluzione tecnologica, il comma 12 dell'articolo 43 del decreto legislativo n. 177 del 2005, «Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici»; il comma 12-duodecies del decreto-legge sopra citato, infatti, prorogava il termine ultimo del divieto di cui sopra dal 31 dicembre 2010 al 31 dicembre 2012 e faceva proprie le indicazioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni circa la necessità di adeguare la formulazione del divieto di incrocio «alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta con l'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella del mercato di settore» nei termini indicati dalla citata segnalazione del novembre 2010 e ribaditi anche in quella ulteriore del 3 marzo 2011;
successivamente, la volontà del Governo di affrontare il delicato tema del pluralismo nel campo della comunicazione, in una logica condivisa, con particolare attenzione alla questione della concentrazione tra media audiovisivi e stampa, è testimoniata anche dall'accoglimento di un ordine del giorno presentato in Senato dall'opposizione (gruppo PD, primi firmatari senatori Vita e Legnini), il 26 febbraio 2011. In tale ordine del giorno si invitava il Governo ad adottare le opportune iniziative normative per prorogare il termine di cui all'originario comma 12 «contestualmente ridefinendo la formulazione del divieto, in modo da adeguarlo all'evoluzione tecnologica nel frattempo intervenuta e ai conseguenti nuovi assetti di mercato»;
l'iter parlamentare che ha portato alla soppressione del comma 12-duodecies, con il conseguente risultato di una proroga del divieto di concentrazione fino al 31 marzo 2011, non deve sviare dalla questione principale, rappresentata dalla necessità di disciplinare il settore in base ai principi sopra enunciati;
è importante, dunque, proprio per garantire il pluralismo, non solamente stabilire la proroga dei termini stabiliti dal comma 12 - elemento di per sé, in quest'ottica, non prioritario - ma utilizzare uno strumento normativo adeguato a definire tale proroga e che tenga realmente conto delle mutazioni dello scenario tecnologico di riferimento. Il tutto secondo un percorso all'insegna di un opportuno dibattito parlamentare su questa e su altre mozioni, che sgombri il campo dalla logica del sospetto;
alla luce di quanto sopra esposto e tenuto conto delle preoccupazioni non solamente delle forze politiche di opposizione ma anche dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non sembra presentarsi come lo strumento più idoneo al conseguimento dell'obiettivo più ampio, in quanto con esso si potrebbe definire solamente una data, ma non si potrebbero inserire norme di regolamentazione che tengano conto dello sviluppo tecnologico nel settore;
il testo approvato al Senato invece, che potrebbe essere eventualmente rimodulato con un riferimento anche temporale a un dato ex ante oltremodo oggettivo, certo e determinato:
a) rispondeva alla segnalazione del 24 novembre 2010 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la quale ha indicato la necessità di una disposizione legislativa che conservi il divieto di incroci tra il settore televisivo e quello editoriale, adeguando l'originaria disposizione «alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta dal 2004 a tutt'oggi, e, in particolare, all'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella di mercato del settore»;
b) era già in linea con quanto poi previsto dall'ordine del giorno successivamente approvato dal Senato il 26 febbraio 2011, nel quale si invita il Governo ad adottare le opportune iniziative normative per prorogare il termine di cui all'originario comma 12 almeno al 31 dicembre 2012 «contestualmente ridefinendo la formulazione del divieto, in modo da adeguarla all'evoluzione tecnologica nel frattempo intervenuta e ai conseguenti nuovi assetti di mercato»;
quanto allo specifico del sistema integrato delle comunicazioni previsto nel testo, il limite dell'8 per cento individuato come soglia di riferimento sembrava essere quello idoneo a ricomprendere i soggetti con significativo potere nei mercati di riferimento. Ai sensi della delibera 270/09/CONS dell'Autorità per le garanzie delle comunicazioni, contenente le risultanze del processo di valutazione del sistema integrato delle comunicazioni per l'anno 2007 pari a 24.437 milioni di euro (ultimo dato disponibile con gli importi ripartiti, poiché la più recente delibera 255/10/CONS sui mercati rilevanti determina solo la quota complessiva del sistema integrato delle comunicazioni per l'anno 2008 pari a 24,25 miliardi di euro ma i relativi valori ripartiti poco si discostano da quelli del 2007), le imprese che superano la soglia dell'8 per cento dei ricavi totali sono: il gruppo Fininvest con Mediaset, la Rai e Sky Italia;
era stata, altresì, individuata un'ulteriore soglia minima del 40 per cento dei ricavi del settore delle comunicazioni elettroniche, in virtù della quale veniva assoggettato al divieto anche il gruppo Telecom Italia;
la durata della proroga prevista dalla disposizione era allineata alla previsione dell'arco temporale di completamento della transizione al digitale terrestre, la cui conclusione è fissata entro l'anno 2012,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative normative specifiche volte a modificare quanto stabilito al comma 12 dell'articolo 43 del decreto legislativo n. 177 del 2005, affinché i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma non possano, prima del 31 dicembre 2012, acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani, con l'eccezione delle imprese editrici di giornali quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica;
a considerare come riferimento un dato ex ante certo e determinato, per individuare i soggetti destinatari della normativa;
ad assumere iniziative volte ad applicare tale divieto anche alle imprese controllate, controllanti o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.
(1-00593)
«Landolfi, Sardelli, Valducci, Baldelli, Biasotti, Bergamini, Cesaro, Colucci, Antonino Foti, Garofalo, Grimaldi, Iapicca, Nizzi, Piso, Simeoni, Terranova, Testoni, Verdini».

La Camera,
premesso che:
il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, tutelato dall'articolo 21 della Costituzione, è messo a rischio non soltanto dalle autorizzazioni o dalle censure assunte nei confronti della stampa, attraverso un processo di intervento mediato dai pubblici poteri, bensì con maggiore insidiosità dal formarsi in ambito economico di addensamenti di interesse protesi a determinare situazioni di vantaggio monopolistico ovvero oligopolistico;
pur nella cornice di garanzia nella quale si inscrivono le sentenze della Corte costituzionale, permane l'esigenza di tradurre in una norma di rango costituzionale le esigenze di governo della comunicazione, potere costituitosi con crescente consistenza attraverso l'applicazione delle tecnologie e, tuttavia, sprovvista di previsioni di bilanciamento;
il succedersi di disposizioni legislative, dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 178, al decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, ha determinato il rischio, messo in luce dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di un « vuoto normativo che si verrebbe a determinare ove entro il corrente mese di marzo, con una norma di legge o avente forza di legge, il divieto di incrocio tra stampa e tv non venisse congruamente prorogato adeguando la formulazione attuale del divieto di incrocio alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta con l'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella di mercato del settore»;
di fatto, la norma di origine decretizia ha disposto che il divieto, per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani è prorogato fino al 31 marzo 2011, con la previsione della possibilità di un ulteriore rinvio al 31 dicembre 2011 mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
in sostanza, al Presidente del Consiglio dei ministri, notoriamente attivo nel settore radiotelevisivo, spetterà decidere l'eventuale proroga del termine citato, fino al 31 dicembre 2011; tale decisione spetterà, cioè, al titolare di un interesse, in una condizione di conflitto potenziale segnalata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
in sostanza, sussiste una condizione di conflitto potenziale, la cui valutazione è rimessa al soggetto del conflitto;
si tratterebbe, poi, di un caso in cui appare evidente la sussistenza di condizioni di urgenza che giustificherebbero un immediato intervento del Governo, su cui potrebbe registrarsi un'ampia condivisione,

impegna il Governo

data la rilevanza costituzionale della questione e tenuto conto dell'imminente spirare del termine del 31 marzo 2011, ad assumere iniziative normative urgenti al fine di prorogare la disposizione dell'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, fino al 31 dicembre 2012 e, contestualmente, a presentare al Parlamento un disegno di legge organico per la regolamentazione della materia.
(1-00597)
«Tabacci, Calgaro, Lanzillotta, Mosella, Pisicchio, Vernetti, Brugger».

La Camera,
premesso che:
il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, tutelato dall'articolo 21 della Costituzione, è messo a rischio non soltanto dalle autorizzazioni o dalle censure assunte nei confronti della stampa, attraverso un processo di intervento mediato dai pubblici poteri, bensì con maggiore insidiosità dal formarsi in ambito economico di addensamenti di interesse protesi a determinare situazioni di vantaggio monopolistico ovvero oligopolistico;
pur nella cornice di garanzia nella quale si inscrivono le sentenze della Corte costituzionale, permane l'esigenza di tradurre in una norma di rango costituzionale le esigenze di governo della comunicazione, potere costituitosi con crescente consistenza attraverso l'applicazione delle tecnologie e, tuttavia, sprovvista di previsioni di bilanciamento;
il succedersi di disposizioni legislative, dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 178, al decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, ha determinato il rischio, messo in luce dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di un « vuoto normativo che si verrebbe a determinare ove entro il corrente mese di marzo, con una norma di legge o avente forza di legge, il divieto di incrocio tra stampa e tv non venisse congruamente prorogato adeguando la formulazione attuale del divieto di incrocio alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta con l'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella di mercato del settore»;
di fatto, la norma di origine decretizia ha disposto che il divieto, per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani è prorogato fino al 31 marzo 2011, con la previsione della possibilità di un ulteriore rinvio al 31 dicembre 2011 mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
in sostanza, al Presidente del Consiglio dei ministri, notoriamente attivo nel settore radiotelevisivo, spetterà decidere l'eventuale proroga del termine citato, fino al 31 dicembre 2011; tale decisione spetterà, cioè, al titolare di un interesse, in una condizione di conflitto potenziale segnalata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
in sostanza, sussiste una condizione di conflitto potenziale, la cui valutazione è rimessa al soggetto del conflitto;
si tratterebbe, poi, di un caso in cui appare evidente la sussistenza di condizioni di urgenza che giustificherebbero un immediato intervento del Governo, su cui potrebbe registrarsi un'ampia condivisione,

impegna il Governo

data la rilevanza costituzionale della questione e tenuto conto dell'imminente spirare del termine del 31 marzo 2011, ad assumere iniziative normative urgenti al fine di prorogare la disposizione dell'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, fino al 31 dicembre 2012.
(1-00597)
(Testo modificato nel corso della seduta)«Tabacci, Calgaro, Lanzillotta, Mosella, Pisicchio, Vernetti, Brugger».

MOZIONI FRANCESCHINI ED ALTRI N. 1-00590, PIFFARI ED ALTRI N. 1-00594, SARDELLI ED ALTRI N. 1-00598, LO MONTE ED ALTRI N. 1-00599, LIBÈ, LO PRESTI, TABACCI ED ALTRI N. 1-00600, GHIGLIA ED ALTRI N. 1-00601, GUIDO DUSSIN ED ALTRI N. 1-00602 E FRANCESCHINI, CICCHITTO, REGUZZONI, LIBÈ, PIFFARI, DELLA VEDOVA, SARDELLI, LO MONTE ED ALTRI N. 1-00604 IN MATERIA DI PROMOZIONE DELL'USO DELL'ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI

Mozioni

La Camera,
premesso che:
il Governo il 3 marzo 2011 ha approvato in via definitiva il decreto legislativo in attuazione della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
il settore delle rinnovabili contribuisce in misura significativa all'obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2, e, in particolare, ogni gigawatt di fotovoltaico implica 740 mila tonnellate in meno di CO2 all'anno;
il decreto in questione avrebbe dovuto riformare gli incentivi in modo da conseguire gli obiettivi europei che, per il nostro Paese, prevedono il raggiungimento del 17 per cento di energia prodotta da fonti rinnovabili sul consumo energetico finale al 2020, come previsto anche dal piano di azione nazionale per le energie rinnovabili che il Governo ha inviato a Bruxelles;
tale obiettivo va perseguito garantendo procedure certe e trasparenti per contrastare speculazioni e illegalità, puntando ad una progressiva riduzione degli incentivi fino al raggiungimento della grid parity con l'azzeramento del differenziale tra il costo dell'energia rinnovabile e quello dell'energia in rete;
il decreto legislativo approvato dal Governo non ha recepito le numerose e rilevanti condizioni poste nei pareri resi all'unanimità dalle commissioni competenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
in particolare, il Governo non ha ritenuto di aderire alla richiesta di elevare la soglia di potenza - prevista nel testo iniziale a 5 megawatt - oltre la quale si prevede l'applicazione di un sistema di aste al ribasso; tutti gli operatori del settore considerano tale sistema farraginoso, poco comprensibile e con esito incerto; tale modalità non è stata, infatti, adottata con successo in nessun altro Paese e potrebbe, in concreto, determinare l'impossibilità di programmare gli investimenti, in particolare negli impianti eolici;
al fine di impedire l'utilizzo improprio di terreno agricolo a fini energetici si è voluto porre mano agli incentivi previsti per il fotovoltaico in aree agricole, ma nella modifica approvata non sono adeguatamente fatti salvi gli investimenti in essere; le percentuali di occupazione del terreno previste sono poco chiare e, di fatto, si rende impossibile la realizzazione di impianti anche nelle aree agricole marginali e non più utilizzate, per le quali non sarebbe necessaria alcuna tutela particolare, oltre a quelle già previste dalle ordinarie procedure di valutazione di impatto ambientale;
l'anticipazione al 31 maggio 2011 della scadenza, inizialmente prevista al 31 dicembre 2013, del terzo «conto energia» sul fotovoltaico, rinviando la definizione delle nuove tariffe incentivanti a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 30 aprile 2011, determina il blocco degli investimenti in essere e delle linee di credito per le nuove iniziative; rilevanti sono anche gli effetti sulle imprese dell'indotto; alcune imprese accusano perdite per la disdetta di commesse per centinaia di milioni di euro a seguito dell'emanazione delle nuove norme;
l'associazione delle banche estere in Italia (Aibe), con una lettera al Governo italiano, prospetta il definanziamento non solo degli investimenti sugli impianti per energie rinnovabili, ma di tutti gli investimenti esteri nelle infrastrutture: strade, autostrade, ospedali; l'associazione sottolinea «un rischio di inaffidabilità del legislatore italiano già oggetto di attenzione da parte delle agenzie di rating»; il blocco dei finanziamenti nelle infrastrutture italiane - scrive l'Aibe - avrà «un sicuro impatto in termini di crescita economica ed occupazionale per l'Italia»; l'intervento dell'Aibe è giustificato dal fatto che le banche straniere in pool con altri istituti di credito italiani hanno sino ad oggi finanziato progetti - su base no-recourse (accentando il massimo livello di rischio e facendo affidamento sull'attuale regime incentivante) - per complessivi 5,6 miliardi di euro nel settore fotovoltaico e circa 6,8 miliardi di euro nel settore eolico, per un totale di circa 12 miliardi di euro;
il sistema bancario italiano ha annunciato la sospensione dei finanziamenti al settore e la decisione di convocare una riunione dell'Abi sull'argomento entro il 16 marzo 2011;
l'approvazione del decreto legislativo ha suscitato un diffuso ed elevatissimo allarme in tutte le imprese e nelle associazioni di settore (tra cui Anev, Aper, Anie-Gifi, Assosolare, Assoenergie Future): nelle ore precedenti l'approvazione del decreto legislativo, il Governo ha ricevuto oltre 14 mila e-mail di protesta;
il settore delle imprese che producono energie rinnovabili in questo periodo di crisi economica è stato tra i pochi che, in controtendenza, ha aumentato l'occupazione e ha un peso rilevante nell'economia italiana; in particolare, nel fotovoltaico ci sono circa 1.000 aziende che occupano direttamente 15.000 lavoratori e oltre 100.000 lavoratori nell'indotto, con un volume d'affari stimato nel 2010 di circa 8 miliardi di euro;
Gifi-Anie, associata a Confindustria, ha denunciato che sono a rischio 40 miliardi di euro di investimenti programmati nei prossimi mesi nel fotovoltaico e che per almeno 10.000 persone si dovrà far ricorso immediato alla cassa integrazione; anche i nuovi investimenti nell'eolico sono attualmente a rischio a causa dell'incertezza dovuta al non chiaro funzionamento dei nuovi meccanismi basati sulle aste al ribasso;
di recente sono stati diffusi dati imprecisi e confusi sugli oneri in bolletta dovuti agli incentivi per le rinnovabili; se è vero che gli italiani dal 1992 ad oggi hanno pagato in bolletta anche gli oneri per le rinnovabili, in realtà tali risorse sono state quasi esclusivamente utilizzate, grazie ad un cavillo giuridico stigmatizzato dall'Unione europea, per finanziare le fonti fossili e la chiusura del ciclo del vecchio nucleare; quindi gli italiani hanno pagato impropriamente dal 1992 ad oggi più di 50 miliardi di euro per le fonti fossili che, in realtà, dovevano essere destinate esclusivamente alle fonti effettivamente rinnovabili; le risorse finalizzate esclusivamente alla promozione delle energie rinnovabili, negli anni, sono state utilizzate anche per il finanziamento di termovalorizzatori;
a fronte di tale «regalo» ingiustificato, l'onere effettivamente sostenuto nel 2010 per incentivare le rinnovabili è stato pari a 2,7 miliardi di euro quando, nello stesso anno, cittadini e imprese hanno dovuto sostenere oneri ulteriori e impropri in bolletta per oltre 3 miliardi di euro;
gli oneri generali di sistema elettrico incidono per circa il 9,5 per cento sul costo totale lordo di un utente domestico tipo e includono costi associati a diverse voci tra cui la componente A3, che è pari al 68 per cento degli oneri generali;
all'interno della componente A3, con un peso di circa il 20 per cento sul totale, rientrano anche gli incentivi per il fotovoltaico - complessivamente 800 milioni di euro per il 2010 - che rappresentano l'1,6 per cento della bolletta, e si traducono in 0,60 euro/mese per il contribuente contro, ad esempio, i quasi 2 euro/mese della Germania;
il costo di una bolletta elettrica «tipo» è pari a circa 450 euro/anno, sui quali, come precedentemente ricordato, il fotovoltaico nel 2010 ha inciso per appena 7,2 euro annui;
la Germania, vero caso di successo in Europa nel settore, produce già oltre 40 terawatt/ora di energia elettrica da eolico contro poco più di 6 terawatt/ora in Italia e prevede di produrne 100 terawatt ora nel 2020, mentre ha già installato oltre 16.000 megawatt di fotovoltaico e prevede di arrivare a 52.000 megawatt nel 2020;
il sistema di incentivazione tedesco ha consentito al Paese di conquistare la leadership europea e mondiale nelle rinnovabili e ha determinato uno sviluppo impetuoso delle imprese del settore; nessuno in Germania mette in discussione il sostegno in bolletta alle rinnovabili che, solo nel 2010, è stato di 9 miliardi di euro;
il decreto legislativo, nella sua versione approvata dal Consiglio dei ministri, di fatto rende molto difficile conseguire gli obiettivi europei che per il nostro Paese prevedono il raggiungimento del 17 per cento di energia prodotta da fonti rinnovabili sul consumo energetico finale al 2020;
nell'intento di colpire abusi, speculazioni e infiltrazioni criminali, si colpisce di fatto l'intero mercato delle rinnovabili, senza considerare che gli abusi trovano spazio proprio nell'incertezza normativa e nella complessità e discrezionalità delle procedure;
il quadro regolatore in continua mutazione è una delle prime cause della difficoltà ad attrarre investimenti esteri;
la decisione del Governo di far cessare gli incentivi del «conto energia» il 31 maggio 2011, senza prevedere un periodo transitorio, di almeno 14 mesi come prima previsto, mette a rischio gli investimenti già avviati e determina possibili sospensioni dei finanziamenti bancari;
l'aspetto più grave, oltre alla drastica riduzione degli incentivi attuali, sta nell'ennesima lesione della certezza del diritto; il decreto legislativo, infatti, cambia le regole sia per quel che riguarda i certificati verdi sia per il «conto energia», fissando delle scadenze temporali incompatibili con l'installazione della capacità già autorizzata e, ancor più, di quella in via di autorizzazione, ledendo il diritto degli investitori che hanno calcolato il rischio di costruzione e di messa in opera degli impianti, ma non quello del repentino mutamento del quadro legislativo;
il decreto legislativo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, suscita notevoli dubbi sul piano del rispetto della direttiva e della legge delega (articolo 17, comma 1, della legge 4 giugno 2010, n. 96), che dettava principi e criteri consoni allo spirito di promozione delle rinnovabili proprio della citata direttiva,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative per modificare il decreto legislativo di cui in premessa, tenendo conto delle condizioni espresse dal Parlamento nei pareri delle Commissioni competenti e dalla Conferenza delle regioni;
a fare salvi gli investimenti che siano stati avviati sulla base del precedente quadro normativo di incentivazione, ristabilendo un orizzonte di certezza sull'ammontare degli incentivi di cui beneficiano le imprese e che assicurano il rimborso dei finanziamenti bancari;
a non lasciare nell'incertezza tutto il settore delle energie rinnovabili e, constatata la grave crisi di centinaia di aziende tra le più innovative del sistema economico italiano per effetto delle nuove disposizioni, ad anticipare l'emanazione del decreto ministeriale di cui all'articolo 25 del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/28/CE;
ad adottare iniziative volte ad eliminare i tetti annuali indicati e a prevedere un obiettivo in termini di potenza installata al 2020 che, in linea con le migliori performance in Europa, non limiti le potenzialità di sviluppo del settore, mantenendo e ampliando il ruolo delle energie rinnovabili, quale componente attiva della crescita del nostro Paese;
a favorire, nell'ambito delle bioenergie, la filiera corta attraverso il ricorso agli impianti di piccola taglia e l'utilizzo di materie prime provenienti dal territorio;
nella definizione dei nuovi incentivi, a mantenere un adeguato sostegno al settore delle energie rinnovabili con una progressiva riduzione degli incentivi fino al raggiungimento della grid parity in linea con la progressiva riduzione dei costi di produzione del kilowattora da fonti rinnovabili.
(1-00590)
«Franceschini, Mariani, Lulli, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Sanga, Quartiani, Scarpetti, Vico, Zunino, Ventura, Bindi, Maran, Villecco Calipari, Lenzi, Bellanova, Berretta, Boffa, Bordo, Brandolini, Capodicasa, Cardinale, Carella, Causi, Ceccuzzi, Cenni, Codurelli, D'Alema, De Biasi, De Pasquale, Farinone, Ferrari, Fiano, Fioroni, Fluvi, Gatti, Ghizzoni, Giovanelli, Gnecchi, Gozi, Laratta, Lo Moro, Losacco, Lovelli, Madia, Marchi, Cesare Marini, Mattesini, Miglioli, Miotto, Misiani, Mogherini Rebesani, Murer, Nannicini, Narducci, Pedoto, Pes, Pistelli, Pizzetti, Rossa, Rubinato, Rugghia, Antonino Russo, Samperi, Schirru, Sereni, Servodio, Siragusa, Strizzolo, Tenaglia, Tidei, Tocci, Touadi, Trappolino, Tullo, Vannucci, Vassallo, Velo, Rigoni, Rossomando, Verini, Marco Carra, Graziano, Naccarato, Fogliardi, Bucchino, Gasbarra, Zucchi, Bossa, Rampi, Lucà».

La Camera,
premesso che:
l'Unione europea ha fissato in modo vincolante il percorso da intraprendere, da qui al 2020, per combattere i cambiamenti climatici e promuovere l'uso delle energie rinnovabili;
ciò consentirà all'Unione europea di ridurre del 20 per cento le emissioni di gas a effetto serra rispetto al 1990, di conseguire un risparmio energetico del 20 per cento e di aumentare al 20 per cento la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale di energia entro il 2020;
per l'Italia l'incremento finale, entro il 2020, dovrà essere non inferiore al 17 per cento. Si ricorda che nel 2008 le fonti rinnovabili di energia hanno contribuito complessivamente al consumo interno lordo italiano di energia per una percentuale di poco superiore al 9,6 per cento;
il nostro Paese ha adottato il piano di azione nazionale per le energie rinnovabili, notificato nel mese di luglio 2010 alla Commissione europea ai fini della valutazione della sua adeguatezza;
in detto piano si delinea un percorso di crescita delle rinnovabili dai 40 ai 50 terawattora (TWh) dal 2010 al 2020, ovvero il raddoppio rispetto alla produzione attuale. Una crescita in linea con la strategia dell'Europa verso il 2020;
è evidente che, in tale prospettiva, i meccanismi di sostegno, laddove giustificati da maggiori costi rispetto alle tecnologie non rinnovabili, rispondono innanzitutto alla strategia di promozione delle rinnovabili e dell'efficienza energetica nell'ambito della politica energetica del nostro Governo in sede di Unione europea. Questo impone evidentemente di sgombrare il campo alle troppe incertezze prodotte - soprattutto in queste ultime settimane - con il comportamento del Governo e poter ridare garanzie ai consumatori e, soprattutto, alle imprese;
il decreto legislativo attuativo della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, approvato definitivamente dal Governo e in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, non solo non ha recepito gran parte delle condizioni e osservazioni poste dalle commissioni parlamentari competenti nel mese di febbraio 2011, ma ha avuto un iter caratterizzato da forti polemiche e contestazioni, a cominciare dagli stessi operatori del settore, proprio in conseguenza delle anticipazioni sulle modifiche che il Governo si apprestava ad apportare alla versione definitiva del decreto medesimo. Dopo numerose proteste, il Governo è stato così costretto a fare parziale marcia indietro, rivedendo, per esempio, il tetto che si voleva imporre oltre gli 8 mila megawatt (Mw) di fotovoltaico, per chiudere con gli incentivi economici;
rimane il fatto che nel decreto approvato i «premi» del terzo conto energia sul fotovoltaico, inizialmente destinati a durare dal 2011 al 2013, si applicheranno solo agli impianti allacciati alla rete elettrica entro il 31 maggio 2011. Poi scatteranno i nuovi bonus. Il risultato è che si è in presenza di una sorta di vuoto normativo che riguarda tutti gli impianti che saranno connessi alla rete dopo il 31 maggio 2011;
oggi, infatti, i tempi per l'allacciamento di un piccolo impianto è di circa 70 giorni lavorativi, che salgono a 150 giorni per una struttura più complessa. Per chi ha progetti autorizzati, finanziati o in corso, riuscire a rientrare nella suddetta scadenza del 31 maggio 2011 è, quindi, una vera e propria incognita. Ecco perché si è parlato di taglio «retroattivo» e incostituzionale;
il sistema bancario ha già annunciato la sospensione dei finanziamenti previsti e molte aziende si ritrovano improvvisamente con i loro investimenti a rischio, circostanza che coinvolge decine di migliaia di posti di lavoro e impedisce la creazione di nuove opportunità occupazionali (stime accreditate riportano che oggi in Italia un nuovo posto di lavoro su tre è nella green economy);
e questo proprio quando la Commissione europea presenta una roadmap che prevede di portare dal 20 al 25 per cento la riduzione delle emissioni di gas-serra nel 2020. Insomma, un contesto europeo dove le rinnovabili vengono vissute come un'opportunità di crescita e sviluppo e non solo come un costo, come, invece, sta succedendo in Italia;
in risposta agli operatori del settore e alla richiesta urgente di chiarimento proveniente dalla stessa Associazione delle banche estere (Aibe) che operano in Italia, che in una lettera al Governo aveva sollecitato regole certe, confermando il «rischio di inaffidabilità del legislatore italiano», il Governo si è, quindi, impegnato, entro poche settimane, a emanare un decreto per stabilire regole certe e un nuovo quadro di incentivi in materia;
in un'intervista del 9 marzo 2011 a Italia oggi, lo stesso rappresentante di Confindustria in Europa come consigliere al Comitato economico e sociale europeo (Cese), ha affermato che l'Italia si sta ponendo in netta controtendenza rispetto alla politica energetica europea e sarà grave per le imprese l'impatto derivante dal varo del recente decreto governativo sulle energie alternative, che verranno, di fatto, disincentivate;
tutta questa incertezza e totale improvvisazione non può, quindi, che ripercuotersi negativamente sugli investimenti in un settore strategico e «anticiclico», quale è quello delle energie pulite;
va ricordato, peraltro, che la Banca europea per gli investimenti, ossia l'istituto di credito a lungo termine dell'Unione europea, aveva varato provvedimenti di cofinanziamento per le energie rinnovabili (500 milioni di euro per sostegno alle aziende);
l'ultimo studio dell'Istituto di ricerche economiche e sociali (Ires), presentato il 24 gennaio 2011, prevede oltre 250 mila posti di lavoro nel settore entro il 2020;
anche la Confindustria ha presentato un piano sull'efficienza energetica 2010-2020 che prevede un impatto socioeconomico sull'economia pari a circa 238 milioni di euro di incremento del valore di produzione totale, una crescita di occupazione di circa 1,6 milioni di unità e un impatto positivo sul sistema Paese di circa 14 miliardi di euro;
vanno, altresì, ricordati i vantaggi per le casse pubbliche: in base all'ultimo Solar energy report del Politecnico di Milano, nel 2009 l'erario, a fronte di incentivi per 450 milioni, ha incassato 300 milioni tra ires, irap e ici;
sostenere, come ha fatto nei giorni scorsi lo stesso Ministro dello sviluppo economico, che gli incentivi costano troppo e vanno, quindi, eliminati non è certo il modo migliore per affrontare la partita decisiva delle rinnovabili nel nostro Paese. Una delle finalità del Governo è quella di voler limitare il peso degli incentivi pagati con le bollette elettriche. In questo ambito va sottolineato che - per esempio - in Germania gli incentivi prelevati dalla bolletta sono quasi il doppio di quelli italiani;
si ricorda, inoltre, che buona parte degli oneri in bolletta riguardano gli incentivi CIP6, ossia quegli incentivi pagati con le bollette elettriche dai cittadini a favore delle energie assimilate alle fonti rinnovabili. Dette energie assimilate non hanno nulla a che vedere con le energie pulite e altro non sono che energie prodotte da impianti che utilizzano calore di risulta o fumi di scarico: termovalorizzatori, impianti di raffinazione del petrolio gassificato e bruciato nelle centrali elettriche, impianti che usano gli scarti di lavorazione o di processi, impianti di cogenerazione ed altro. Insomma, oneri a carico degli utenti che nulla hanno a che fare con l'incentivazione delle energie pulite;
dai dati dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas del 2009, l'impatto complessivo sulla componente tariffaria A3 (e quindi sulla bolletta) è di circa 2,4 miliardi di euro, di cui poco meno di 1 miliardo riguarda le fonti rinnovabili e poco più di 1,4 miliardi riguarda le fonti assimilate;
nell'anno 2008, detta componente A3 ha gravato sui consumatori per circa il 6 per cento della loro spesa complessiva, al netto delle tasse. Questo meccanismo di tipo parafiscale (peraltro gravato dall'iva in bolletta) presenta, tra l'altro, evidenti problemi di equità redistributiva, in quanto i consumi di energia elettrica non sono proporzionali ai redditi dei cittadini, per cui - per esempio - una famiglia numerosa è chiamata a contribuire alla copertura dei suddetti oneri di incentivazione alle rinnovabili e alle assimilate in misura superiore a una singola persona fisica magari benestante;
la stessa Autorità per l'energia elettrica e il gas, nella sua memoria dell'11 febbraio 2009, per l'audizione presso la X Commissione della Camera dei deputati, aveva segnalato quanto fosse opportuna una riflessione in merito alla possibilità di trasferire tali oneri a carico della fiscalità generale;
in relazione a quanto sopra esposto, si ricorda che in sede di esame dello schema di decreto legislativo attuativo della direttiva 2009/28/CE, il 9 febbraio 2011, le Commissioni congiunte VIII e X della Camera dei deputati approvavano un parere con condizioni e osservazioni, nel quale - tra l'altro - si chiedeva al Governo di prevedere una graduale riduzione della remunerazione complessiva riconosciuta alle fonti assimilate (CIP6) e di garantire un'equa ripartizione degli oneri di incentivazione delle fonti rinnovabili, spostando il relativo carico dai consumatori di energia elettrica (attraverso la bolletta elettrica), come avviene attualmente, alla fiscalità generale;
in realtà né queste proposte di modifica, né gran parte delle altre previste nei pareri approvati dal Parlamento sono state prese in considerazione;
l'esistenza reale di distorsioni nella gestione del sistema delle rinnovabili in Italia e la necessità ineludibile di un sistema di regole più precise e trasparenti e di una revisione condivisa con gli operatori del meccanismo complessivo degli incentivi non devono in nessun caso servire a pretesto o rischiare - come sta avvenendo - di rimettere in discussione la necessità/opportunità di continuare sulla strada delle energie pulite,

impegna il Governo:

ad attivare immediatamente il previsto tavolo di confronto sia con gli operatori del settore che con le principali associazioni ambientaliste e di categoria, al fine di emanare in tempi rapidi i decreti attuativi del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/28/CE e di giungere alla composizione di una decisione equilibrata, capace sia di dare le indispensabili certezze al mercato che di sostenere e promuovere i benefici economici e ambientali legati allo sviluppo delle fonti rinnovabili;
a non introdurre norme che possano rivelarsi nella loro attuazione a effetto retroattivo e in contrasto, quindi, con il principio cardine della certezza del diritto, facendo salvi gli investimenti già posti in essere, identificandoli attraverso parametri certi;
a prevedere che i necessari «aggiustamenti», ossia la tendenziale riduzione nel tempo degli incentivi per le fonti rinnovabili, tengano in debito conto i congrui tempi di transizione, al fine di garantire gli investimenti effettuati dalle imprese del settore;
al fine di contribuire alla riduzione del carico sulla bolletta elettrica della componente A3 relativa al finanziamento degli incentivi per le fonti rinnovabili e le energie assimilate:
a) a prevedere, ai fini di un'evidente equità fiscale, un graduale trasferimento nel medio termine della copertura dei suddetti incentivi, dalla componente A3 alla fiscalità generale, così come, peraltro, chiesto dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas;
b) ad assumere le iniziative di competenza in relazione all'aggiornamento annuale in riduzione della remunerazione complessiva riconosciuta alle fonti energetiche assimilate, di cui al provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi 29 aprile 1992, n. 6/92 (cosiddetto CIP6);
c) a confermare la definitiva cessazione, alla scadenza delle convenzioni attualmente in essere stipulate tra i produttori e il Gestore dei servizi elettrici (Gse), e senza alcuna possibilità di proroghe, di ogni incentivazione per gli impianti funzionanti con fonti energetiche assimilate alle rinnovabili (CIP6);
a tenere conto, anche in futuri decreti correttivi, delle condizioni e delle osservazioni espresse nel febbraio 2011 dalle Commissioni competenti di Camera e Senato, in sede di espressione del parere sullo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/28/CE.
(1-00594)
«Piffari, Cimadoro, Borghesi, Donadi, Evangelisti».

La Camera,
premesso che:
l'attuale costo, determinato dagli incentivi per il fotovoltaico, è di 0,60 euro al mese a famiglia (corrispondente all'1,6 per cento della bolletta);
la crisi che ha colpito il comparto fotovoltaico, con l'approvazione del nuovo decreto legislativo per la produzione di energie rinnovabili, comporta la perdita di oltre 15 mila posti di lavoro e la compromissione di un indotto dove sono impiegati oltre 100 mila addetti;
gli investitori istituzionali, fondi e banche, hanno denunciato duramente la perdita di credibilità del sistema Paese, minacciando, in particolare le banche estere (Aibe), di bloccare ogni investimento infrastrutturale in itinere in Italia. Già in questi giorni si vedono gli effetti di tale timore che si è tradotto in un aumento del differenziale sui tassi di interesse rispetto ai Paesi europei virtuosi;
dopo pochi mesi dall'approvazione, nel mese di agosto del 2010, della legge sul nuovo «conto energia», il 31 gennaio 2011 la Commissione europea ha adottato, com'è noto, una raccomandazione in cui invita gli Stati membri ad incoraggiare le politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili, scoraggiando esplicitamente strumenti normativi retroattivi, causa di incertezza sul mercato e di congelamento degli investimenti;
in questa fase i Paesi più industrializzati in Europa e nel mondo, considerata la grave crisi energetica e gli enormi costi che questa comporta, stanno producendo il massimo sforzo proprio per incrementare e sviluppare le produzioni energetiche a partire dalle fonti rinnovabili; valga per tutti l'esempio della Germania che ha deciso di aumentare la produzione di energie rinnovabili dagli attuali 18 a 52 gigawatt (Gw);
se confermate, le attuali norme rischierebbero di affossare un settore industriale tra quelli maggiormente in espansione e gli indubbi vantaggi che, da un punto di vista di impatto ecoambientale, questo tipo di energia determina;
con l'attuale grave crisi energetica e con il crescente aumento del prezzo al barile del petrolio, sarebbe davvero inspiegabile non rafforzare il settore delle energie rinnovabili, così come una decisione del genere sarebbe incomprensibile per le migliaia di famiglie e piccole e medie imprese che puntano a diventare indipendenti in quanto a consumi energetici;
nel senso auspicato dagli operatori del settore, d'altro canto, va letto il parere positivo, in sede di commissioni parlamentari, sullo schema di decreto legislativo attuativo della direttiva 2009/28/CE, che, in materia di energia da fonti rinnovabili, si inserisce nel quadro della politica energetica europea volta a ridurre la dipendenza delle fonti combustibili fossili e le emissioni di anidride carbonica;
il decreto legislativo approvato dal Governo ha disatteso le puntuali pregnanti condizioni poste dalle Commissioni attività produttive della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
nello stesso decreto non sono stati correttamente salvaguardati gli interessi degli investimenti in via di realizzazione, penalizzando le iniziative in corso in aree agricole marginali e inutilizzate;
a fronte di una crisi che non smette di colpire il tessuto produttivo, il settore delle rinnovabili si muove in netta controtendenza. Gli incentivi, si ricorda, non solo non gravano sul bilancio dello Stato, ma contribuiranno nel 2011 ad entrate fiscali pari a circa 1,5 miliardi di euro;
non va dimenticato che l'incertezza che pesa sul futuro delle energie rinnovabili e la mobilitazione delle associazioni ambientaliste avversa alla produzione di energia da fonti eoliche ha ridotto significativamente lo sviluppo dell'energia eolica, che potrebbe essere efficacemente sostituito dall'aumento del tetto di produzione fotovoltaica;
sono stati segnalati, dal Gestore dei servizi elettrici, negli ultimi mesi, dati contraddittori sullo sviluppo delle energie da fonti rinnovabili nel Paese: questi parametri hanno, di fatto, portato prima ad una sopravvalutazione degli incentivi negli anni precedenti ed ora a scelte che hanno prodotto un'improvvisa paralisi del settore;
il decreto legislativo del 3 marzo 2011 che blocca il «conto energia» al 31 maggio 2011, senza programmare un periodo transitorio per completare gli investimenti in corso, di fatto blocca definitivamente tutti i finanziamenti bancari in essere,

impegna il Governo:

a vigilare sulla puntualità e l'esattezza delle rilevazioni del Gestore dei servizi elettrici, fondamentali per un'equilibrata politica degli incentivi;
ad assumere le iniziative di competenza per portare al 31 dicembre 2011 il termine ultimo per la connessione degli impianti attualmente in costruzione, in coerenza con l'attuale «conto energia» a cui hanno fatto riferimento i piani finanziari degli investimenti;
ad elevare in maniera considerevole l'attuale tetto previsto di 8 gigawatt (Gw), indicando, sin d'ora, le riduzioni percentuali dei livelli di incentivazione per i gigawatt aggiuntivi ed i tempi di realizzazione degli stessi;
a definire, con la massima urgenza, lo schema complessivo d'incentivazione del comparto fotovoltaico che deve prevedere, nel caso di raggiungimento del nuovo tetto di potenza installabile, anche un arco temporale, quantomeno di sei mesi, successivo al raggiungimento di tale tetto per poter consentire finanziabilità e completamento dei cantieri e dei progetti in essere;
a concordare nella Conferenza Stato-regioni criteri trasparenti e certi per i percorsi amministrativi necessari al conseguimento delle autorizzazioni.
(1-00598)
«Sardelli, Belcastro, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Grassano, Gianni, Guzzanti, Iannaccone, Lehner, Milo, Moffa, Mottola Nola, Orsini, Mario Pepe (IR), Pionati, Pisacane, Polidori, Porfidia, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Soglia, Stasi, Taddei».

La Camera,
premesso che:
con l'approvazione in Consiglio dei ministri il 3 marzo 2011 del decreto legislativo con il quale l'Italia recepisce la direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili al 2020, il Governo ha modificato il meccanismo di concessione degli incentivi per la costruzione di impianti fotovoltaici;
il suddetto decreto, infatti, prevede che gli incentivi per la produzione di energia si applichino agli impianti solari fotovoltaici per i quali l'allacciamento alla rete elettrica abbia luogo entro il 31 maggio 2011, e che la disciplina degli incentivi agli impianti solari fotovoltaici allacciati dopo il 31 maggio 2011 sarà definita attraverso un nuovo decreto del Ministero dello sviluppo economico emanato entro il 30 aprile 2011 che dovrà stabilire un limite annuale di potenza elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che possono ottenere le tariffe incentivanti e la rideterminazione delle tariffe incentivanti;
il nuovo regime sugli incentivi previsto dal decreto cambia la disciplina sulle procedure autorizzative cui dovranno adeguarsi le regioni, per l'installazione degli impianti che producono energia da fonte rinnovabile e fissa le nuove condizioni per accedere al terzo «conto energia» per il fotovoltaico, introdotto nel nostro ordinamento con due distinti provvedimenti e più precisamente il decreto ministeriale 6 agosto 2010 relativo alla terza versione del «conto energia», ed il decreto ministeriale 10 settembre 2010, sulle «Linee guida nazionali per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili»;
la terza versione del «conto energia» - consistente in un meccanismo di incentivazione dell'energia prodotta da impianti fotovoltaici incentrato sull'erogazione di una tariffa incentivante proporzionale all'energia prodotta, aggiuntiva rispetto al prezzo di vendita nel caso della cessione alla rete o di valorizzazione della stessa, mediante lo scambio sul posto o l'autoconsumo - dettava i criteri per incentivare gli impianti che entreranno in servizio nel triennio 2011-2013 nonché ulteriori premi allo sviluppo di tecnologie innovative per la conversione fotovoltaica, fissando un tetto massimo di potenza incentivabile pari a ulteriori 3.000 megawatt e si applicava, alle condizioni indicate dalla legge, anche agli impianti realizzati entro la fine del 2010 e che sarebbero entrati in servizio entro il 30 giugno 2011;
il decreto che, nel recepire la suddetta direttiva europea, avrebbe dovuto promuovere lo sviluppo delle fonti, sembra piuttosto essersi rivelato lo strumento per limitare lo sviluppo del settore in cui, peraltro, proprio nell'interstizio di arbitrarietà e incertezza che deriva dalla continua stratificazione normativa e dall'onerosità e discrezionalità delle procedure, possono trovare origine comportamenti speculativi;
il nuovo decreto governativo nel cambiare, con efficacia retroattiva, le suddette regole, fissando scadenze temporali ravvicinate ed oramai incompatibili con l'installazione della capacità già autorizzata e, a maggior ragione, di quella in via di autorizzazione, e generando incertezza sulle tariffe, produrrà conseguenze gravi per tutte quelle imprese che vedranno modificata in corsa la redditività di progetti già avviati e bloccati investimenti e finanziamenti futuri;
tutte le regioni del Sud, sia pure in maniera differenziata, hanno avviato da tempo programmi per favorire le fonti energetiche rinnovabili che sono uno dei fattori fondamentali per realizzare, con tutta la green economy, le condizioni per un loro sviluppo futuro. Le fonti energetiche rinnovabili rappresentano un indicatore relativo ad un settore innovativo dell'economia italiana che non traccia il solito divario tra nord e sud del Paese. Proprio le regioni del Sud, infatti, producono energia elettrica da fonti rinnovabili attraverso un mix energetico più equilibrato rispetto a molte regioni del Nord in cui vi è un forte sbilanciamento a favore dell'idroelettrico;
secondo i dati del rapporto 2010 dell'Isvem dal 2000 al 2008 la potenza degli impianti e l'elettricità prodotta con le fonti rinnovabili al Sud è cresciuta in modo rilevante del 108 per cento e l'elettricità prodotta del 151 per cento, superando di 3 e 4 volte il dato nazionale (rispettivamente 31 per cento e 15 per cento);
con l'attuale formulazione, il decreto colpisce mortalmente un settore di punta dell'economia del futuro, uno dei pochi che nel periodo di crisi economica, in controtendenza, ha aumentato l'occupazione;
il provvedimento sconvolge l'assetto del giovane mercato italiano sul quale poggia uno dei comparti ritenuti strategici, dal resto dell'Europa e dagli Stati Uniti, per la sostenibilità energetica, ambientale e il rilancio dell'occupazione; il settore è in ginocchio, si stanno già avendo i primi effetti devastanti con l'annuncio di chiusura di numerose aziende soprattutto nel Sud, ove numerose sono quelle imprese che, confidando sugli incentivi del «terzo conto energia» che avrebbe dovuto rimanere in vigore fino al 2013, hanno avviato piani di sviluppo chiedendo finanziamenti alle banche;
il decreto è oggetto di dure critiche anche da parte del relatore della direttiva europea sulle fonti rinnovabili al Parlamento europeo, Claude Turmes, che in un comunicato ufficiale lo definisce come un provvedimento che va nella direzione diametralmente opposta rispetto agli obiettivi posti dall'Europa all'Italia sulle rinnovabili, ossia di arrivare entro il 2020 al 17 per cento dei consumi finali di energia,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative normative dirette a rivedere il decreto individuando con maggiore chiarezza gli strumenti da adottare per la produzione di energia da fonti rinnovabili, rimuovendo le barriere che pongono ostacoli allo sviluppo di alcune tecnologie e semplificando le procedure ed i percorsi autorizzativi;
a promuovere una disciplina degli incentivi che garantisca il mantenimento del livello di incentivazione per gli impianti in costruzione o già autorizzati;
ad adottare una rimodulazione del sistema incentivante, anche alla luce dell'accresciuta competitività raggiunta dal settore;
ad adottare nuove iniziative normative atte a prevedere incentivi specifici per gli enti locali territoriali affinché possano raggiungere l'autonomia energetica attraverso il ricorso alle fonti rinnovabili;
ad istituire, attraverso la Cassa depositi e prestiti, una linea di credito per agevolare il percorso degli enti locali verso l'autonomia energetica.
(1-00599)
«Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».

La Camera,
premesso che:
la ricerca e la promozione delle fonti energetiche rinnovabili e delle tecnologie tese alla riduzione delle emissioni inquinanti costituiscono, oltre che un impegno assunto dall'Italia in seno alla comunità internazionale e nell'ambito delle politiche energetiche comunitarie, una sfida strategica per il futuro del Paese;
la politica energetica nazionale va orientata alla creazione di un «paniere» ampio di fonti energetiche, che coniughi sicurezza dell'approvvigionamento, tutela dell'ambiente, efficienza e competitività del sistema economico, cogliendo le opportunità di sviluppo e innovazione della cosiddetta green economy;
la direttiva comunitaria 2009/28/CE stabilisce un quadro comune per la promozione dell'energia da fonti rinnovabili e fissa al 20 per cento la quota minima di energia da fonti rinnovabili da consumare nell'Unione europea entro il 2020, assegnando a ciascuno Stato membro un obiettivo nazionale da raggiungere entro tale data. Al fine di consentire tale obiettivo, gli Stati membri sono autorizzati ad adottare, tra l'altro, regimi di sostegno atti a promuovere l'uso di tali forme di energia. Per quanto riguarda l'Italia, la quota di consumo di energia da fonti rinnovabili da raggiungere entro il 2020 è fissata al 17 per cento;
la legge 4 giugno 2010, n. 96, legge comunitaria 2009, ha stabilito, all'articolo 17, i principi e i criteri direttivi cui avrebbe dovuto attenersi il legislatore nella predisposizione del decreto legislativo di attuazione della direttiva 2009/28/CE. Tali principi includono, tra l'altro, la necessità di «adeguare e potenziare il sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili e della efficienza e del risparmio energetico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche mediante l'abrogazione totale o parziale delle vigenti disposizioni in materia, l'armonizzazione ed il riordino delle disposizioni di cui alla legge 23 luglio 2009, n. 99, e alla legge 24 dicembre 2007, n. 244»;
il 31 gennaio 2011 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione in cui invita gli Stati membri ad incoraggiare le politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili, scoraggiando esplicitamente strumenti normativi retroattivi, che sono causa di incertezze del mercato e di congelamento degli investimenti; in base a tali principi, gli Stati membri dovranno tenere conto e garantire un'equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio, in modo da salvaguardare la convenienza dell'investimento complessivo nel tempo;
è ampiamente condivisa l'opportunità di intervenire in un sistema normativo - quale è quello relativo agli incentivi della produzione di energia da fonti rinnovabili - che, nonostante le recenti riforme, è ancora considerato farraginoso e distorsivo; le procedure autorizzative vigenti necessitano di uno snellimento, di una maggiore trasparenza e di tempi certi, mentre è opportuno riformare i meccanismi di sostegno agli investimenti privati, razionalizzandoli sulla base delle dinamiche di mercato e orientandoli all'innovazione di processo e al minor consumo di territorio;
pur operando per il perseguimento degli obiettivi sopra richiamati, il decreto legislativo di attuazione della direttiva 2009/28/CE (approvato dal Governo il 3 marzo 2011) - rimandando la disciplina puntuale dell'incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro il 30 aprile 2011, e limitando l'efficacia delle attuali disposizioni in materia, previste dal decreto del Ministro dello sviluppo economico del 6 agosto 2010 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 197 del 24 agosto 2010), agli impianti che entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011 - non fissa alcun parametro economico per la determinazione del futuro regime d'incentivazione, determinando in questo modo un'incertezza normativa per gli operatori, che, sulla base delle disposizioni vigenti, avevano impostato e realizzato i loro investimenti pluriennali nel settore;
tale incertezza investe, tra l'altro, quanti si trovano attualmente a implementare o a valutare l'opportunità di un investimento nel settore della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici e, più in generale, nell'economia italiana, come recentemente evidenziato dall'Associazione delle banche estere operanti nel nostro Paese;
sin dall'entrata in vigore del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, recante attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, gli operatori del settore della produzione di energia da impianti fotovoltaici hanno fatto legittimo affidamento sull'esistenza di una tariffa garantita, certa e prestabilita, idonea a garantire un'equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio degli impianti;
stante l'assenza di una disciplina relativa al periodo successivo al 31 maggio 2011, quanti abbiano conseguito l'autorizzazione alla realizzazione e alla messa in funzione di impianti fotovoltaici dalla fine del 2010 in avanti, ma che non siano ancora operanti, rischiano di vedere seriamente compromesso il proprio investimento; a fortiori, considerato che la possibilità di realizzazione di impianti fotovoltaici è solitamente subordinata alla stipula, da parte dell'imprenditore, di un contratto di finanziamento con uno o più istituti di credito, che gli stessi concedono sulla base di un piano pluriennale di ritorno dell'investimento, gli imprenditori non ancora operanti rischiano di non poter accedere al mercato del credito o di poterlo fare solo a condizioni particolarmente onerose;
il decreto legislativo non supera alcune delle attuali contraddizioni in materia di semplificazione amministrativa: pur introducendo una cosiddetta «procedura semplificata» per gli impianti fino a 1 megawatt di potenza, resta irrisolto il nodo della tempistica per l'espletamento della procedura di autorizzazione, con la conseguente lievitazione dei costi per gli investitori,

impegna il Governo:

a provvedere in tempi rapidi all'adozione del decreto ministeriale che dovrà disciplinare il sistema degli incentivi agli impianti di produzione di energia da pannelli solari fotovoltaici che sarà in vigore dopo il 31 maggio 2011, superando l'incertezza normativa ed evitando che la medesima, oltre a ridurre l'attrattività dell'Italia per gli investimenti esteri nel settore, danneggi quanti - sulla base di un legittimo affidamento alla stabilità della disciplina degli incentivi - hanno investito e stanno investendo nel settore;
a tenere conto delle condizioni ed osservazioni poste dalle competenti Commissioni parlamentari nella stesura del prossimo decreto ministeriale che dovrà disciplinare il sistema degli incentivi agli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, in particolare per il fotovoltaico;
a provvedere, nel quadro di un riordino della normativa settoriale, anche attraverso modifiche al decreto legislativo 3 marzo 2011 recentemente approvato:
a) ad estendere agli impianti fotovoltaici autorizzati entro il 31 maggio 2011, nonché agli impianti la cui richiesta di autorizzazione sia stata effettuata entro la data di emanazione del decreto legislativo 3 marzo 2011, la vigenza dell'attuale sistema d'incentivazione;
b) ad assicurare una maggiore semplificazione del quadro delle autorizzazioni degli impianti, al fine di ridurre i tempi di attesa - e i relativi costi per gli operatori - e rendere più trasparente l'iter amministrativo di approvazione;
c) ad adottare meccanismi d'incentivazione che premino l'innovazione di processo;
a promuovere una riorganizzazione e rimodulazione del sistema di incentivi alle fonti rinnovabili e a convocare un tavolo di concertazione con gli operatori di settore, le associazioni di categoria e gli enti locali, per la definizione della nuova disciplina;
ad adottare iniziative più incisive volte al perseguimento degli obiettivi europei sull'energia prodotta dalle fonti rinnovabili;
a promuovere le attività di ricerca nel settore delle fonti rinnovabili;
a promuovere misure atte a disincentivare i comportamenti speculativi degli operatori, in particolare quelli orientati a realizzare investimenti esclusivamente improntati a logiche finanziarie;
ad assumere le iniziative di competenza affinché gli operatori deputati all'allaccio degli impianti alla rete elettrica stabiliscano regole certe ed impegni sostanziali a beneficio degli operatori in regola con le autorizzazioni e pronti a far entrare in esercizio gli impianti entro il 31 maggio 2011.
(1-00600)
«Libè, Lo Presti, Tabacci, Galletti, Della Vedova».

La Camera,
premesso che:
l'Italia ritiene essenziale lo sviluppo delle fonti rinnovabili, in armonia con gli obiettivi internazionali di riduzione dei gas serra e delle emissioni da combustione degli idrocarburi, e ravvisa l'importanza di approfondire la ricerca tecnologica sulle nuove fonti energetiche, con la volontà di sostenere lo sviluppo del settore, anche al fine di promuovere la diversificazione energetica;
il 3 marzo 2011 il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo attuativo della direttiva 2009/28/CE, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
il decreto legislativo definisce il quadro giuridico, gli strumenti ed i sistemi di incentivazione necessari per raggiungere entro il 2020 l'obiettivo vincolante, imposto dall'Unione europea per l'Italia, della quota del 17 per cento di fonti energetiche rinnovabili sui consumi energetici nazionali, perseguendo due finalità essenziali:
a) la semplificazione delle procedure di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti di produzione di energia;
b) il riordino del sistema degli incentivi sulla base di criteri di efficacia, in relazione all'incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili, e di sostenibilità, in relazione agli oneri a carico dei consumatori finali, famiglie e imprese;
a tale scopo il decreto legislativo delinea un nuovo sistema di incentivazione, da definire nel dettaglio mediante i decreti attuativi, che, pur promuovendo il raggiungimento dell'obiettivo di aumento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili, corregge le distorsioni provocate dal sistema vigente e pone sotto controllo gli oneri che ne derivano per il prezzo dell'energia;
il nuovo sistema si applica agli impianti che entrano in esercizio dal 1o gennaio 2013 e prevede per gli impianti di piccola taglia un meccanismo a tariffa fissa e per quelli di taglia maggiore un meccanismo di aste al ribasso, in modo da favorire le soluzioni più efficienti; il limite di potenza di 5 megawatt rappresenta una soglia minima per l'adozione del sistema delle aste, rispetto alla quale, nei provvedimenti attuativi, potranno essere determinati limiti più elevati, opportunamente diversificati a seconda delle caratteristiche delle diverse fonti rinnovabili;
è previsto l'inserimento, nel nuovo sistema, di incentivi per i rifacimenti totali e parziali, secondo contingenti di potenza e sulla base di percentuali pari al 25 per cento, per i rifacimenti parziali, e al 50 per cento, per i rifacimenti totali, della tariffa prevista per i nuovi impianti; nel caso degli impianti per biomasse e per rifiuti tali percentuali sono fissate, rispettivamente, all'80 per cento e al 90 per cento;
per favorire il passaggio al nuovo sistema di incentivazione si adotta un complesso di misure transitorie, tra le quali la prosecuzione fino al 2015 del meccanismo dei certificati verdi, prevedendone il ritiro da parte del Gestore dei servizi energetici (Gse) ad un prezzo pari al 78 per cento del prezzo praticato dal Gestore dei servizi energetici (Gse) sulla base della normativa vigente;
si introduce una specifica disciplina che limita l'installazione dei pannelli fotovoltaici a terra nelle aree agricole, al fine di tutelare il paesaggio agricolo e di favorire la partecipazione a questa attività da parte delle imprese agricole, anziché delle grandi imprese interessate all'installazione di impianti di notevoli dimensioni;
per quanto concerne in modo specifico gli incentivi destinati alla produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici, il decreto legislativo ne prevede la rideterminazione, al fine di contenere il rilevantissimo aumento degli oneri che tali incentivi determineranno per le famiglie e per le imprese, anche per effetto delle disposizioni contenute nel cosiddetto decreto-legge «salva Alcoa», che hanno esteso l'ambito di applicazione del «secondo conto energia»;
occorre, infatti, considerare che, per effetto delle disposizioni sopra richiamate, l'onere per i consumatori finali derivante dagli incentivi per gli impianti fotovoltaici raggiungerà nel 2011 la cifra complessiva di 3,5 milioni di euro annui e per il periodo 2011-2032 sarà pari complessivamente a circa 70 miliardi di euro; al tempo stesso tali incentivi verranno a rappresentare circa il 50 per cento della componente A3;
il costo degli incentivi relativi alla produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici risulta in Italia dalle due alle tre volte più elevato di quello che si registra in Germania;
l'onere connesso all'incentivazione non appare in alcun modo proporzionato rispetto alla quantità di energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici;
in questo contesto il decreto legislativo demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata, da adottare entro il 30 aprile 2011, la determinazione degli incentivi da applicare agli impianti fotovoltaici che entrano in esercizio successivamente al 31 maggio 2011;
il nuovo sistema di incentivi per il fotovoltaico sarà applicato sulla base di criteri che prevedono la determinazione di un limite annuale di potenza incentivabile, la considerazione del processo di riduzione dei costi delle tecnologie e dei costi di impianto, la parametrazione al livello degli incentivi riconosciuti negli altri Stati dell'Unione europea e la differenziazione sulla base della natura della superficie utilizzata (tetti o terra e, nel caso di moduli a terra, destinazione e caratteristiche del terreno);
il decreto legislativo, infine, rafforza significativamente il sistema dei controlli, per contrastare i frequenti fenomeni di frodi che si sono verificati nel settore;
occorre pervenire quanto più rapidamente possibile alla definizione dei criteri e dei valori degli incentivi per il fotovoltaico, in modo da offrire un quadro certo agli operatori del settore; occorre, altresì, che tali criteri e valori siano determinati in modo da assicurare una prospettiva di crescita di lungo termine al settore medesimo, che ne consenta il radicamento nell'economia reale e favorisca le ricadute positive sul sistema industriale, ponendo le condizioni per pervenire al raggiungimento della grid parity e, su questa base, ad una sostenibilità del settore medesimo assicurata dalle condizioni di mercato,

impegna il Governo:

a definire, in tempi rapidi, il decreto interministeriale attuativo del decreto legislativo che stabilisce il nuovo quadro di incentivi per il settore fotovoltaico;
a determinare gli incentivi previsti in modo tale da armonizzarli con il livello di incentivazione adottato nei principali Paesi dell'Unione europea;
a definire un sistema di incentivazione che garantisca nel nostro Paese una prospettiva di crescita di lungo termine per il settore fotovoltaico, che consenta un maggior radicamento nell'economia reale e favorisca le ricadute positive sul sistema produttivo nazionale;
nella rideterminazione del sistema di incentivi per il fotovoltaico, a tenere in considerazione, oltre alla loro sostenibilità, gli investimenti già effettuati per la realizzazione di impianti fotovoltaici, l'esigenza di accrescere l'efficienza energetica nell'edilizia e l'opportunità di prevedere meccanismi di adeguamento del livello dell'incentivo alle dinamiche dei costi delle tecnologie e degli impianti;
a rendere ancor più trasparente l'impatto delle agevolazioni sui costi dell'energia elettrica di famiglie e imprese.
(1-00601)«Ghiglia, Gava, Baldelli».

La Camera,
premesso che:
nel campo dell'energia elettrica ottenuta tramite fonti rinnovabili l'Unione europea ha da tempo provveduto a definire un ordinamento normativo chiaro ed esaustivo, allo scopo approvando specificatamente la direttiva n. 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità;
tale direttiva è stata successivamente sostituita dalla direttiva 2009/28/CE, in corso di recepimento dal nostro Paese, con un decreto legislativo il cui schema è stato definitivamente approvato dal Consiglio dei ministri del 3 marzo 2011, previo parere delle Commissioni parlamentari;
l'Unione europea riconosce la necessità di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, attribuendo a tali fonti un'importanza strategica per la protezione dell'ambiente, lo sviluppo sostenibile e la lotta ai cambiamenti climatici e anche ai fini del raggiungimento della sicurezza degli approvvigionamenti energetici nell'ambito del mercato interno dell'elettricità;
con il «pacchetto clima-energia, obiettivo: 20/20/20», finalizzato a ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra entro il 2020, lo Stato italiano è tenuto a ridurre, entro tale data, le emissioni di anidride carbonica del 20 per cento rispetto al 1990;
oltre a puntare sul risparmio e sull'efficienza energetica, sia nei trasporti sia nei consumi di energia elettrica e calorica, l'obiettivo di riduzione delle emissioni climalteranti si può efficacemente conseguire soprattutto sfruttando l'energia solare, la fonte energetica rinnovabile più compatibile con le caratteristiche geografiche e paesaggistiche del nostro Paese;
infatti, il nostro Paese gode di un'insolazione ampiamente superiore rispetto ad altri Paesi europei, come la Germania, che puntano più dell'Italia sull'approvvigionamento energetico dal settore fotovoltaico;
lo sviluppo del settore delle fonti energetiche rinnovabili e l'indotto ad esso connesso, specialmente nell'attuale momento di crisi economica mondiale, creano occupazione locale e hanno un impatto positivo sulla coesione sociale;
uno degli esempi più virtuosi in questo campo è rappresentato proprio dal settore fotovoltaico, che nel nostro Paese è composto da circa 1.000 aziende, 15.000 posti di lavoro diretti ed oltre 100.000 indiretti, con una stima di volume d'affari nel 2010 compresa tra i 6 e gli 8 miliardi di euro;
soprattutto, il settore del fotovoltaico a concentrazione è oggi in forte fermento e si stanno sviluppando, anche nel nostro Paese, tecnologie innovative, interamente italiane, che, se supportate dagli atti necessari per promuoverne lo sviluppo, possono adeguatamente maturare e trovare un definitivo sbocco industriale e commerciale a tutto vantaggio del «sistema Paese»;
la direttiva n. 2001/77/CE è stata recepita nel nostro Paese con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387; in particolare, l'articolo 7 di tale decreto legislativo è specificatamente dedicato all'energia solare, demandando ad un apposito decreto ministeriale la disciplina e l'entità dell'incentivazione per l'elettricità prodotta mediante conversione fotovoltaica e prevedendo una specifica tariffa incentivante, di importo decrescente e di durata tale da garantire un'equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio degli impianti («conto energia»);
con il decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 6 agosto 2010, recante «Incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare», in attuazione dell'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono stati ridefiniti i criteri e le modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, specificando che le relative tariffe incentivanti si applicano per l'energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici che entrano in esercizio nel 2012 e 2013;
il parere sullo «Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili - Atto n. 302», approvato all'unanimità dalle Commissioni VIII e X della Camera dei deputati, ed in particolare il punto 31 delle condizioni, invita il Governo a posticipare dal 1o gennaio 2013 al 1o gennaio 2014 la decorrenza della soppressione dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 387 del 2003, concernente le tariffe incentivanti del «conto energia», allo scopo di rendere coerente tale soppressione con la parte dello stesso schema di decreto legislativo, inerente ai meccanismi di incentivazione (articolo 24, comma 5, lettera a)), che fa salve le decorrenze fissate ai sensi dei decreti attuativi previsti dal sopra citato articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, per gli impianti che entrano in esercizio nel 2012 e 2013;
lo scopo delle due Commissioni parlamentari è stato quello di garantire, con norme chiare, la continuità degli investimenti, la garanzia del credito bancario e la certezza del diritto, fermo restando l'obbiettivo del decrescere degli incentivi sancito dallo stesso decreto legislativo n. 387 del 2003;
infatti, anche la Commissione europea, in data 31 gennaio 2011, ha adottato una raccomandazione in cui invita gli Stati membri ad incoraggiare le politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili, scoraggiando esplicitamente strumenti normativi retroattivi, causa di incertezza sul mercato e di congelamento degli investimenti;
lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri del 3 marzo 2011, invece, all'articolo 25, blocca al 31 maggio 2011 le tariffe incentivanti già previste dal «conto energia», prevedendo l'emanazione di un ulteriore decreto ministeriale che dovrà ridefinire gli incentivi per gli impianti che entrano in esercizio a decorrere dal 1o giugno 2011 e fino al 31 dicembre 2012, lasciando ad altri decreti ministeriali la disciplina degli incentivi a regime, con doppia modalità di incentivazione, tariffa incentivante o asta pubblica; da questo contesto normativo sono esclusi gli impianti incentivati ai sensi dell'articolo 2-sexies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, che entrano in esercizio entro il 30 giugno 2011, per i quali si applicano le tariffe incentivanti del decreto ministeriale 19 febbraio 2007, cosiddetto «secondo conto energia» («decreto-legge Alcoa»);
con l'obiettivo di colpire abusi e speculazioni nel settore fotovoltaico, il blocco previsto dal nuovo decreto legislativo rischia di colpire l'intero mercato del settore fotovoltaico;
notizie di stampa riportano un blocco del credito bancario per un ammontare di 40 miliardi di euro di commesse e un rischio di cassa integrazione per circa 10.000 lavoratori;
l'obiettivo di evitare le speculazioni sui terreni agricoli è ampiamente soddisfatto dal testo del nuovo decreto legislativo, che, attenendosi ad una condizione posta dalle Commissioni parlamentari, riconosce la possibilità dell'installazione degli impianti fotovoltaici ai soli proprietari dei terreni agricoli, nel contempo ponendo limiti rigorosi alla potenza degli impianti e alla superficie agricola occupata;
occorre evitare conseguenze gravi e non volute sugli investimenti programmati, assegnando tempi congrui per il completamento degli impianti e l'allaccio alla rete;
a tal fine occorre definire nell'immediato norme che possano porre rimedi al blocco degli incentivi del «conto energia» al 31 maggio 2011, attraverso una graduale diminuzione degli incentivi che in ogni caso garantisca la certezza degli investimenti ai soggetti - imprese o privati cittadini - che abbiano sottoscritto impegni sulla base di norme precedenti;
occorre garantire procedure certe e trasparenti per contrastare speculazioni nel settore delle fonti rinnovabili, puntando ad una progressiva riduzione degli incentivi fino al raggiungimento della coincidenza tra il costo del kilowattora (kWh) da fonti rinnovabili con il costo del kilowattora (kWh) prodotto da fonti convenzionali per tutte le categorie di utenti e per tutte le fasce orarie;
una disincentivazione rigida del settore delle energie da fonti rinnovabili potrebbe compromettere il raggiungimento della quota del 17 per cento stabilita ai fini del conseguimento degli impegni comunitari;
specialmente in questo periodo di crisi energetica, anche conseguente alla crisi libica, occorre sfruttare la posizione geografica italiana, non trascurando la sostenibilità delle nostre bellezze naturali, magari rivedendo le percentuali tra fotovoltaico ed eolico dichiarate alla Commissione europea per il raggiungimento degli obiettivi «post Kyoto»;
un buon punto di confronto potrebbe essere il modello tedesco, che, nonostante preveda meno incentivi di quelli italiani sull'energia prodotta, garantisce sostanziosi incentivi per la ricerca, lo sviluppo e il sostegno delle proprie aziende, strategia che è riuscita ad allargare la diffusione del mercato dei prodotti tedeschi all'estero;
nell'ambito della disciplina del decreto ministeriale di cui all'articolo 25, comma 10, del nuovo decreto legislativo, sarebbe comunque opportuno garantire l'applicazione delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici, come previste dalle lettere a), b) e c) della tabella A del comma 2 dell'articolo 8 del decreto ministeriale 6 agosto 2010, per gli impianti che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2011, al fine di garantire gli investimenti già avviati;
il Governo ha dovuto comunque garantire che, dall'applicazione delle norme del nuovo decreto legislativo, non derivino costi eccessivi a carico della bolletta elettrica che gravino oltre misura sui bilanci delle imprese e dei cittadini, prevedendo l'allineamento degli incentivi per le fonti rinnovabili stabiliti nel nostro Paese a quelli applicati negli Stati membri dell'Unione europea,

impegna il Governo:

a convocare immediatamente un tavolo di confronto con tutti gli operatori del settore delle fonti rinnovabili, per poter definire al più presto un nuovo sistema di incentivi, in attuazione dell'emanando decreto legislativo, basato sul raggiungimento graduale della nuova disciplina di incentivazione;
ad emanare in tempi strettissimi il decreto attuativo di cui all'articolo 25, comma 10, del nuovo decreto legislativo, inerente al settore del fotovoltaico, allo scopo di definire con certezza il quadro di incentivazione per i prossimi anni, permettendo a imprese e banche di pianificare lo sviluppo futuro del settore, con particolare riguardo alle imprese che abbiano già avviato propri investimenti sulla base del precedente quadro di incentivazione, ma non riescono a giungere alla messa in esercizio degli impianti entro il 31 maggio 2011;
nell'ambito della quantificazione delle tariffe incentivanti, a favorire la realizzazione di impianti integrati su edifici e manufatti, salvaguardando il territorio agricolo dalle speculazioni;
ad assumere iniziative per porre definitivamente fine al sistema di incentivazione tariffaria, noto come CIP6, di cui alla delibera del Comitato interministeriale prezzi n. 6 del 29 aprile 1992;
a rivedere il piano di azione nazionale per le energie rinnovabili, anche al fine di ridefinire gli obiettivi relativi al fotovoltaico e all'eolico, allo scopo di sfruttare la posizione geografica del nostro Paese che gode di un'insolazione ampiamente superiore rispetto ad altri Paesi europei, senza trascurare la tutela delle bellezze naturali italiane;
a sostenere la ricerca e lo sviluppo dei processi di industrializzazione delle nuove tecnologie del settore fotovoltaico.
(1-00602)
«Guido Dussin, Reguzzoni, Torazzi, Montagnoli, Lussana, Luciano Dussin, Fogliato, Allasia, Maggioni, Desiderati, Dal Lago, Alessandri, Lanzarin, Togni».

La Camera,
premesso che:
nel campo dell'energia elettrica ottenuta tramite fonti rinnovabili l'Unione europea ha da tempo provveduto a definire un ordinamento normativo chiaro ed esaustivo, allo scopo approvando specificatamente la direttiva a 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità;
tale direttiva è stata successivamente sostituita dalla direttiva 2009/28/CE, incorso di recepimento dal nostro Paese, con un decreto legislativo il cui schema è stato definitivamente approvato dal Consiglio dei ministri del 3 marzo 2011, previo parere delle Commissioni parlamentari;
l'Unione europea riconosce la necessità di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, attribuendo a tali fonti un'importanza strategica per la protezione dell'ambiente, lo sviluppo sostenibile e la lotta ai cambiamenti climatici e anche ai fini del raggiungimento della sicurezza degli approvvigionamenti energetici nell'ambito del mercato interno dell'elettricità;
con il «pacchetto clima-energia, obiettivo: 20/20/20», finalizzato a ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra entro il 2020, lo Stato italiano è tenuto a ridurre, entro tale data, le emissioni di anidride carbonica del 20 per cento rispetto al 1990;
oltre a puntare sul risparmio e sull'efficienza energetica, sia nei trasporti e sia nei consumi di energia elettrica e calorica, l'obiettivo di riduzione delle emissioni climalteranti si può efficacemente conseguire soprattutto sfruttando l'energia solare, la fonte energetica rinnovabile più compatibile con le caratteristiche geografiche e paesaggistiche del nostro Paese;
infatti, il nostro Paese gode di un'insolazione ampiamente superiore rispetto ad altri paesi europei, come la Germania, che puntano più di noi sull'approvvigionamento energetico dal settore fotovoltaico;
lo sviluppo del settore delle fonti energetiche rinnovabili e l'indotto ad esso connesso, specialmente nell'attuale momento di crisi economica mondiale, crea occupazione locale e ha un impatto positivo sulla coesione sociale;
uno degli esempi più virtuosi in questo campo è rappresentato proprio dal settore fotovoltaico che nel nostro Paese è composto da circa 1.000 aziende, 15.000 posti di lavoro diretti ed oltre 100.000 indiretti, con una stima di volume d'affari nel 2010 compresa tra i 6 e gli 8 miliardi di euro;
soprattutto il settore del fotovoltaico a concentrazione è oggi in forte fermento e si stanno sviluppando, anche nel nostro Paese tecnologie innovative, interamente italiane, che, se supportate dagli atti necessari per promuoverne lo sviluppo, possono adeguatamente maturare e trovare un definitivo sbocco industriale e commerciale a tutto vantaggio del «sistema Paese»;
la direttiva n. 2001/77/CE è stata recepita nel nostro Paese con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387; in particolare l'articolo 7 di tale decreto legislativo è specificatamente dedicato all'energia solare, demandando ad un apposito decreto ministeriale la disciplina e l'entità dell'incentivazione per l'elettricità prodotta mediante conversione fotovoltaica e prevedendo una specifica tariffa incentivante, di importo decrescente e di durata tale da garantire una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio degli impianti (conto energia);
con il decreto del ministro dello sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, 6 agosto 2010, recante «Incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare» in attuazione dell'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono stati ridefiniti i criteri e le modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, specificando che le relative tariffe incentivanti si applicano per l'energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici che entrano in esercizio nel 2012 e 2013;
il parere sullo «Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili - Atto n. 302» approvato all'unanimità dalle Commissioni VIII e X della Camera dei deputati, ed in particolare il punto 31 delle condizioni, invita il Governo a posticipare dal 1o gennaio 2013 al 1o gennaio 2014 la decorrenza della soppressione dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 387/2003, concernente le tariffe incentivanti del conto energia, allo scopo di rendere coerente tale soppressione con la parte dello stesso schema di decreto legislativo, inerente i meccanismi di incentivazione (articolo 24, comma 5, lettera a)), che fa salve le decorrenze fissate ai sensi dei decreti attuativi previsti dal sopra citato articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 per gli impianti che entrano in esercizio nel 2012 e 2013;
lo scopo delle due Commissioni parlamentari è stato quello di garantire, con norme chiare, la continuità degli investimenti la garanzia del credito bancario e la certezza del diritto, fermo restando l'obbiettivo del decrescere degli incentivi sancito dallo stesso decreto legislativo n. 387/2003;
infatti, anche la Commissione europea, in data 31 gennaio 2011, ha adottato una raccomandazione in cui invita gli Stati membri ad incoraggiare le politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili, scoraggiando esplicitamente strumenti normativi retroattivi, causa di incertezza sul mercato e di congelamento degli investimenti;
lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri del 3 marzo 2011, invece, all'articolo 25, blocca al 31 maggio 2011 le tariffe incentivanti già previste dal conto energia, prevedendo l'emanazione di un ulteriore decreto ministeriale che dovrà ridefinire gli incentivi per gli impianti che entrano in esercizio a decorrere dal 1o giugno 2011 e fino al 31 dicembre 2012, lasciando ad altri decreti ministeriali la disciplina degli incentivi a regime, con doppia modalità di incentivazione - tariffa incentivante o asta pubblica; da questo contesto normativo sono esclusi gli impianti incentivati ai sensi dell'articolo 2-sexies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, che entrano in esercizio entro il 30 giugno 2011, per i quali si applicano le tariffe incentivanti del decreto ministeriale 19 febbraio 2007, cosiddetto secondo conto energia (decreto-legge Alcoe);
con l'obiettivo di colpire abusi e speculazioni nel settore fotovoltaico, il blocco previsto dal nuovo decreto legislativo rischia di colpire l'intero mercato del settore fotovoltaico;
notizie stampa riportano un blocco del credito bancario per un ammontare di 40 miliardi di commesse e un rischio di cassa integrazione per circa 10.000 lavoratori;
l'obiettivo di evitare le speculazioni sui terreni agricoli è ampiamente soddisfatto dal testo del nuovo decreto legislativo, che attenendosi ad una condizione posta dalle Commissioni parlamentari, riconosce la possibilità dell'installazione degli impianti fotovoltaici ai soli proprietari dei terreni agricoli, nel contempo ponendo limiti rigorosi alla potenza degli impianti e alla superficie agricola occupata;
occorre evitare conseguenze gravi e non volute sugli investimenti programmati, assegnando tempi congrui per il completamento degli impianti e l'allaccio alla rete;
a tal fine, occorre emanare nell'immediato norme che possano porre rimedi al blocco degli incentivi del «conto energia» al 31 maggio 2011, attraverso una graduale diminuzione degli incentivi che in ogni caso garantisca la certezza degli investimenti ai soggetti - imprese o privati cittadini - che abbiano sottoscritto impegni sulla base di norme precedenti;
occorre garantire procedure certe e trasparenti per contrastare speculazioni nel settore delle fonti rinnovabili, puntando ad una progressiva riduzione degli incentivi fino al raggiungimento della coincidenza tra il costo del kilowattora da fonti rinnovabili con il costo del kilowattora prodotto da fonti convenzionali per tutte le categorie di utenti e per tutte le fasce orarie;
una disincentivazione rigida del settore delle energie da fonti rinnovabili potrebbe compromettere il raggiungimento della quota del 17 per cento stabilita ai fini del conseguimento degli impegni comunitari;
specialmente in questo periodo di crisi energetica, anche conseguente alla crisi libica, occorre sfruttare la nostra posizione geografica, non trascurando la sostenibilità delle nostre bellezze naturali, magari rivedendo le percentuali tra fotovoltaico ed eolico dichiarate alla Commissione europea per il raggiungimento degli obiettivi post Kyoto;
un buon punto di confronto potrebbe essere il modello tedesco, che nonostante preveda meno incentivi di quelli italiani sull'energia prodotta, lo stesso garantisce sostanziosi incentivi per la ricerca, lo sviluppo e il sostegno delle proprie aziende, strategia che è riuscita ad allargare la diffusione del mercato dei prodotti tedeschi all'estero;
nell'ambito della disciplina del decreto ministeriale di cui all'articolo 25, comma 10, del nuovo decreto legislativo, sarebbe comunque opportuno garantire l'applicazione delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici, come previste dalle lettere A), B) e C) della Tabella A del comma 2 dell'articolo 8 del decreto ministeriale 6 agosto 2010, per gli impianti che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2011, al fine di garantire gli investimenti già avviati,

impegna il Governo:

a convocare immediatamente un tavolo di confronto con tutti gli operatori del settore delle fonti rinnovabili, per poter definire al più presto un nuovo sistema di incentivi, di attuazione dell'emanando decreto legislativo, basato sul raggiungimento graduale della nuova disciplina di incentivazione;
a non lasciare nell'incertezza tutto il settore delle energie rinnovabili e ad anticipare l'emanazione del decreto ministeriale di cui all'articolo 25 del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/28/CE, entro la prima decade di aprile del corrente anno;
a fare salvi gli investimenti che siano stati avviati sulla base del precedente quadro normativo di incentivazione, ristabilendo un orizzonte di certezza sull'ammontare degli incentivi di cui beneficiano le imprese e che assicurano il rimborso dei finanziamenti bancari, interpretando il riferimento «all'entrata in esercizio degli impianti», contenuto nel decreto legislativo approvato, nel senso dell'effettiva produzione di energia elettrica, anche indipendentemente dall'allaccio alla rete elettrica;
a prevedere che i necessari «aggiustamenti», ossia la tendenziale riduzione nel tempo degli incentivi per le fonti rinnovabili, tengano in debito conto i congrui tempi di transizione, al fine di garantire gli investimenti effettuati dalle imprese del settore;
a contribuire alla riduzione del carico sulla bolletta elettrica della componente A3 relativa al finanziamento degli incentivi per le fonti rinnovabili e le energie assimilate;
a rendere ancor più trasparente, l'impatto di tutte le agevolazioni dei costi dell'energia elettrica di famiglie e imprese;
a determinare gli incentivi previsti in modo tale da armonizzarli con il livello di incentivazione adottato nei principali paesi dell'Unione europea;
ad assumere iniziative per definire un sistema di incentivazione che garantisca nel nostro Paese una prospettiva di crescita di lungo termine per il settore fotovoltaico, che consenta un maggior radicamento nell'economia reale e favorisca le ricadute positive sul sistema produttivo nazionale;
nella rideterminazione del sistema di incentivi per il fotovoltaico, a tenere in considerazione, oltre alla loro sostenibilità, gli investimenti già effettuati per la realizzazione di impianti fotovoltaici, l'esigenza di accrescere l'efficienza energetica nell'edilizia e l'opportunità di prevedere meccanismi di adeguamento del livello dell'incentivo alle dinamiche dei costi delle tecnologie e degli impianti, a prevedere altresì una modulazione in riduzione degli incentivi, secondo la maggiore potenza degli impianti;
nell'ambito della quantificazione delle tariffe incentivanti, a favorire la realizzazione di impianti integrati su edifici e manufatti, salvaguardando il territorio agricolo dalle speculazioni;
nella definizione dei nuovi incentivi, a mantenere un adeguato sostegno al settore delle energie rinnovabili con una progressiva riduzione degli incentivi fino al raggiungimento della grid parity in linea con la progressiva riduzione dei costi di produzione del kilowattora da fonti rinnovabili;
a favorire, nell'ambito delle bioenergie, la filiera corta attraverso il ricorso agli impianti di piccola taglia e l'utilizzo di materie prime provenienti dal territorio, nonché, nella rimodulazione degli incentivi, a favorire gli investimenti degli enti pubblici e la produzione destinata all'autoconsumo;
a sostenere la ricerca e lo sviluppo dei processi di industrializzazione delle nuove tecnologie del settore fotovoltaico;
per quanto riguarda le fonti tradizionali, ad assumere iniziative per porre definitivamente fine al sistema di incentivazione tariffaria, noto come CIP6, di cui alla delibera del Comitato interministeriale prezzi n. 6 del 29 aprile 1992;
ad adottare misure che responsabilizzino il gestore della rete elettrica al fine di assicurare tempi contenuti e certi per l'allaccio alla rete elettrica;
a valutare l'opportunità, in prospettiva, di ridurre la soglia di potenza degli impianti, oltre al quale può essere adottato il sistema delle aste a ribasso, fissata dal decreto legislativo in 5 Megawatt, ai fini di uno sviluppo del settore basato su meccanismi reali di mercato;
a rivedere il Piano di azione nazionale (PAN) per le energie rinnovabili, anche al fine di ridefinire gli obiettivi relativi al fotovoltaico e all'eolico, allo scopo di sfruttare la posizione geografica del nostro Paese che gode di un'insolazione ampiamente superiore rispetto ad altri paesi europei, senza trascurare la tutela delle bellezze naturali italiane e a distribuire gli obiettivi del PAN annualmente senza tuttavia penalizzare gli investimenti.
(1-00604)
«Franceschini, Cicchitto, Reguzzoni, Libè, Piffari, Della Vedova, Sardelli, Lo Monte, Guido Dussin, Ghiglia, Mariani, Lulli, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Sanga, Quartiani, Scarpetti, Vico, Zunino, Ventura, Bindi, Maran, Villecco Calipari, Lenzi, Bellanova, Berretta, Boffa, Bordo, Brandolini, Capodicasa, Cardinale, Carella, Causi, Ceccuzzi, Cenni, Codurelli, D'Alema, De Biasi, De Pasquale, Farinone, Ferrari, Fiano, Fioroni, Fluvi, Gatti, Ghizzoni, Giovanelli, Gnecchi, Gozi, Laratta, Lo Moro, Losacco, Lovelli, Madia, Marchi, Cesare Marini, Mattesini, Miglioli, Miotto, Misiani, Mogherini Rebesani, Murer, Nannicini, Narducci, Pedoto, Pes, Pistelli, Pizzetti, Rossa, Rubinato, Rugghia, Antonino Russo, Samperi, Schirru, Sereni, Servodio, Siragusa, Strizzolo, Tenaglia, Tidei, Tocci, Touadi, Trappolino, Tullo, Vannucci, Vassallo, Velo, Rigoni, Rossomando, Verini, Marco Carra, Graziano, Naccarato, Fogliardi, Bucchino, Gasbarra, Zucchi, Bossa, Rampi, Lucà, Gava, Baldelli, Gibiino, Torazzi, Montagnoli, Lussana, Luciano Dussin, Fogliato, Allasia, Maggioni, Desiderati, Dal Lago, Alessandri, Lanzarin, Togni, Bitonci, Dozzo, Fedriga, Callegari, Forcolin, Follegot, Galletti, Lo Presti, Tabacci, Cimadoro, Borghesi, Donadi, Evangelisti, Belcastro, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Grassano, Gianni, Guzzanti, Iannaccone, Lehner, Milo, Moffa, Mottola, Nola, Orsini, Mario Pepe (IR), Pionati, Pisacane, Polidori, Porfidia, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Soglia, Stasi, Taddei, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».

Risoluzione

La Camera,
premesso che:
il 3 marzo 2011, il Governo ha approvato in via definitiva il decreto legislativo in attuazione della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio europeo sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
l'articolo 7 del decreto-legge n. 112 del 2008 , convertito dalla legge n. 133 del 2008, prevedeva la definizione, entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto, di una «Strategia energetica nazionale» attraverso la convocazione, da parte del ministro dello sviluppo economico, d'intesa con il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di una conferenza nazionale dell'energia e dell'ambiente; a questa norma il Governo non ha ottemperato e in assenza di un quadro di riferimento anche singoli piani come quello delle energie rinnovabili, varati nel frattempo per rispettare le scadenze europee, sono costantemente soggetti a pressioni di lobby organizzate, condizionati da annunci e ripensamenti repentini;
nelle more di un approccio organico al settore energetico, l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha consegnato al Parlamento la «Relazione sullo stato del mercato nazionale dell'elettricità e del gas» da cui emerge un sistema di incentivi alle fonti rinnovabili elettriche, «fra i più profittevoli al mondo»;
gli aspetti speculativi hanno favorito l'interesse della criminalità organizzata nei riguardi degli impianti eolici di grossa potenza e, in misura minore, degli impianti fotovoltaici a terra; già nel 2006 la relazione annuale al Parlamento della direzione investigativa antimafia informava che «le cosche hanno scoperto l'affare nello sfruttamento delle energie rinnovabili». Nell'ultimo anno sono notevolmente aumentate le inchieste giudiziarie in particolare sul settore eolico, rivelando un coacervo di interessi che accomuna gruppi di interesse economico, amministratori compiacenti e malavita organizzata, al punto da indurre i magistrati a creare un coordinamento nazionale delle indagini (fine maggio 2010). Lo stesso presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, senatore Giuseppe Pisanu, in trasferta in Puglia il 9 e il 10 dicembre 2010, ha lanciato l'allarme nazionale per gli inestricabili intrichi tra mafie d'ogni genere, politica locale pugliese e impianti eolici e fotovoltaici industriali;
esponenti della cultura, dell'arte e della politica, in collaborazione con cittadini delle aree interessate e con le associazioni ambientaliste, denunciano da anni gli impatti sul paesaggio italiano arrecati da installazioni di impianti eolici e fotovoltaici di grossa potenza e i rilevanti effetti che si verificano sul paesaggio, sulla qualità della vita e sulle possibilità di sviluppo turistico delle zone limitrofe agli impianti;
la Commissione ambiente della Camera dei deputati ha acquisito nei mesi scorsi numerosi studi e documenti ed ha ascoltato in audizione diverse associazioni ambientaliste (Italia Nostra, Amici della Terra, Lipu, Legambiente, Wwf, Greenpeace, Mountain wilderness, Comitato nazionale per il paesaggio), il Gestore del sistema elettrico (Gse) e l'Associazione degli industriali del vento (Anev), inquadrando il problema, anche con riguardo ad aspetti non di sua stretta competenza, ed individuando elementi di criticità, con l'intento di fornire una base di indirizzi per l'attività di Governo. In particolare, per quanto attiene all'eolico, ne è emerso che il sistema di incentivazione genera un esorbitante numero di richieste di autorizzazione;
per quanto riguarda l'eolico è emerso che la potenza eolica complessiva tra installata e/o approvata dai pareri ambientali (preludio all'autorizzazione finale) si poteva valutare in non meno di 11.000 megawatt. Se poi si considerano le ulteriori istanze presentate, vi erano progetti aggiuntivi per oltre 70.000 megawatt (94.000 secondo il giornale Affari e Finanza del 22 novembre 2010), ben oltre gli impegni sottoscritti in sede comunitaria dall'Italia;
quanto al fotovoltaico, secondo il Gestore dei servizi energetici che ha completato l'analisi preliminare delle dichiarazioni di fine lavori per gli impianti fotovoltaici pervenute al Gse secondo quanto previsto dalla legge n. 129 del 2010, al 28 febbraio 2011 risultava che gli impianti in esercizio al 31 dicembre 2010 che usufruiscono del 1o e 2o conto energia erano 153.282 per una potenza installata di 3.247 megawatt; oltre agli impianti in esercizio ci sono poi gli impianti di cui è stata comunicata al Gse la fine dei lavori entro il 31 dicembre 2010 e per i quali, se entrati in esercizio entro il 30 giugno 2011, è applicabile quanto previsto dalla legge n. 129 del 2010, cioè altri 58.365 impianti per una potenza dichiarata di 3.954 megawatt, il che farebbe un totale complessivo di potenza elettrica installata alla fine di giugno 2011 pari a 7.201 megawatt, una cifra ormai prossima all'obiettivo degli 8.000 megawatt che il Governo aveva programmato per il 2020;
clamoroso è il caso della Puglia, una regione che già produce il doppio del suo fabbisogno di energia e che, per quanto riguarda il fotovoltaico, secondo la rilevazione del Gse, il 14 settembre 2010 aveva raggiunto 310,256 megawatt di potenza elettrica installata, staccando la Lombardia (seconda dopo la Puglia) di 136,337 megawatt, il che equivale a una produzione proveniente dalla Puglia superiore del 20 per cento dell'energia fotovoltaica nazionale;
si registrano, inoltre, migliaia di progetti per fotovoltaico in essere con circa 30.000 megawatt di richieste di allacciamento a Terna; dalla Toscana alla Puglia, dal Piemonte alla Sicilia non si contano i procedimenti intrapresi per impianti fotovoltaici per centinaia e centinaia di ettari; molti di questi godono già di autorizzazioni o addirittura sono già realizzati nelle campagne e nelle aree rurali sottraendo aree preziose all'agricoltura e ai valori del territorio;
sotto il profilo della produttività dell'eolico italiano, è di gran lunga la peggiore dell'Unione europea; secondo i dati di Terna, 4.850 megawatt di potenza eolica installata hanno prodotto 6.076 gigawatt nel 2009, pari al 14,3 per cento del suo potenziale; Wind Power Barometer, l'osservatorio di settore della Comunità europea, ha valutato che l'Italia, che vanta la terza potenza eolica installata, è solo settima per produzione totale; una pala eolica in Italia produce circa la metà di quanto avrebbe prodotto se fosse stata installata in Irlanda; dai dati del Gse risulta che solo il 15 per cento degli impianti italiani supera le 2.000 ore equivalenti di produzione alla massima potenza, contro il 40 per cento del 2004, segno evidente dell'entrata in funzione di impianti scarsamente produttivi negli ultimi cinque anni; dati confermati dal rapporto statistico del Gse 2010 nel quale si rileva che nel 2009 le ore di utilizzo equivalenti dell'intero parco eolico nazionale sono risultate pari a 1.336, in calo rispetto alle 1.374 ore dell'anno precedente. Prendendo a riferimento il costo medio degli impianti eolici stimato in Europa, i dati dimostrano come gli impianti con ventosità di circa 1.600-1650 ore risultino già competitivi in assenza di incentivi. Con l'incentivazione vigente in Italia risultano redditizi anche i siti con appena 900 ore;
nonostante il tumultuoso sviluppo, l'eolico rappresenta oggi (dati 2009) un contributo al bilancio energetico pari al 5,2 per cento dei consumi finali di energia prodotta da fonti rinnovabili e allo 0,38 per cento del complesso dei consumi energetici; questa marginalità resterà tale anche in futuro: in base al piano di azione nazionale per le energie rinnovabili del Governo italiano che stima il contributo massimo di ogni fonte rinnovabile, nel 2020 la produzione eolica sarebbe pari al 7,9 per cento dei consumi di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e all'1,2 per cento di consumi finali complessivi;
quanto al fotovoltaico, si è registrata una rilevantissima discesa dei prezzi negli ultimi 3 anni, per cui a fronte del probabile andamento che seguirà, scegliere di installare grandissime quantità di pannelli tutti adesso, in pochissimi mesi, invece che in un arco di diversi anni, sarebbe un errore clamoroso;
l'impatto paesaggistico rimane l'aspetto più discusso: le documentazioni fotografiche acquisite mostrano che non è possibile l'integrazione tra gli impianti eolici e fotovoltaici con i paesaggi italiani - formatisi a partire dal basso medioevo - per l'evidente contrasto tra il troppo grande e il troppo piccolo, tra lo standardizzato e il variegato; né aiuta una eventuale integrazione la tendenza industriale alla maggiore efficienza dell'investimento, mediante l'aumento del numero degli impianti, della loro estensione e delle altezze;
a tutela del valore culturale, prima ancora che ambientale, del paesaggio esiste un vasto complesso di normative, a cominciare dall'articolo 9 della Costituzione, che includono norme dello Stato e trattati europei e internazionali, quali la Convenzione europea del paesaggio. Vi sono poi aree per le quali lo Stato assume responsabilità nei confronti dell'Unione europea o dell'Unesco: zone di protezione speciale, siti di importanza comunitaria, important bird areas, zone umide Ramsar, coste o siti con fauna protetta da convenzioni internazionali, siti patrimonio dell'umanità di cui l'Italia, peraltro, detiene il più alto numero al mondo;
giova ricordare che il 26 gennaio 2010 l'Assemblea della Camera dei deputati ha approvato la innovativa mozione 1-00324 che riconosce il territorio come bene comune e risorsa limitata, da sfruttare in termini di massima efficienza;
buona parte degli oneri nelle bollette elettriche riguardano gli incentivi Cip6 per energie, assimilate alle fonti rinnovabili, ma che nulla hanno a che vedere con le energie pulite essendo energie prodotte da impianti come termovalorizzatori, impianti di raffinazione del petrolio gassificato e bruciato nelle centrali elettriche, impianti che usano gli scarti di lavorazione o di processi, impianti di cogenerazione e altro,

impegna il Governo:

a definire una strategia energetica nazionale che ci accompagni fino al 2020 e che assicuri più fondi per la ricerca e l'innovazione tecnologica e dia assoluto rilievo, oltre alla crescita dell'energia elettrica rinnovabile, anche all'energia termica rinnovabile, al risparmio e all'efficienza energetica da conseguire anche attraverso la bioedilizia, la riqualificazione energetica degli edifici e l'avvio di un piano di rottamazione/ricostruzione edilizia del patrimonio immobiliare postbellico privo di qualità e di criteri antisismici;
in merito all'adozione dei decreti attuativi del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/28/CE, a ricalibrare l'incentivazione al fotovoltaico con interessi di medio e lungo termine, così da promuoverne un insediamento proporzionalmente diluito fino al 2020 e ottimizzare i vantaggi derivanti dall'abbassamento dei costi e della crescita tecnologica;
a definire parametri certi per l'installazione del fotovoltaico sui tetti di qualunque tipo di edificio, sui capannoni, sulle fabbriche, sui distributori di carburante, sui parcheggi e altro, o anche a terra nelle aree urbanizzate o industriali, escludendo le installazioni a terra su terreno agricolo, con l'eccezione degli impianti di piccola taglia al servizio dell'attività di agricoltori e, in parte, a integrazione del loro reddito personale;
a programmare un'uscita dall'eolico industriale e una riconversione dei relativi incentivi, a vantaggio delle fonti rinnovabili di energia con maggior potenziale come il fotovoltaico e con minore impatto territoriale come quelle termiche;
ad assumere iniziative per la cessazione definitiva di ogni incentivazione per gli impianti funzionanti con fonti energetiche assimilate alle rinnovabili (Cip6).
(6-00070)
«Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco».
(15 marzo 2011)

La Camera,
premesso che:
il 3 marzo 2011, il Governo ha approvato in via definitiva il decreto legislativo in attuazione della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio europeo sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
l'articolo 7 del decreto-legge n. 112 del 2008 , convertito dalla legge n. 133 del 2008, prevedeva la definizione, entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto, di una «Strategia energetica nazionale» attraverso la convocazione, da parte del ministro dello sviluppo economico, d'intesa con il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di una conferenza nazionale dell'energia e dell'ambiente; a questa norma il Governo non ha ottemperato e in assenza di un quadro di riferimento anche singoli piani come quello delle energie rinnovabili, varati nel frattempo per rispettare le scadenze europee, sono costantemente soggetti a pressioni di lobby organizzate, condizionati da annunci e ripensamenti repentini;
nelle more di un approccio organico al settore energetico, l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha consegnato al Parlamento la «Relazione sullo stato del mercato nazionale dell'elettricità e del gas» da cui emerge un sistema di incentivi alle fonti rinnovabili elettriche, «fra i più profittevoli al mondo»;
gli aspetti speculativi hanno favorito l'interesse della criminalità organizzata nei riguardi degli impianti eolici di grossa potenza e, in misura minore, degli impianti fotovoltaici a terra; già nel 2006 la relazione annuale al Parlamento della direzione investigativa antimafia informava che «le cosche hanno scoperto l'affare nello sfruttamento delle energie rinnovabili». Nell'ultimo anno sono notevolmente aumentate le inchieste giudiziarie in particolare sul settore eolico, rivelando un coacervo di interessi che accomuna gruppi di interesse economico, amministratori compiacenti e malavita organizzata, al punto da indurre i magistrati a creare un coordinamento nazionale delle indagini (fine maggio 2010). Lo stesso presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, senatore Giuseppe Pisanu, in trasferta in Puglia il 9 e il 10 dicembre 2010, ha lanciato l'allarme nazionale per gli inestricabili intrichi tra mafie d'ogni genere, politica locale pugliese e impianti eolici e fotovoltaici industriali;
esponenti della cultura, dell'arte e della politica, in collaborazione con cittadini delle aree interessate e con le associazioni ambientaliste, denunciano da anni gli impatti sul paesaggio italiano arrecati da installazioni di impianti eolici e fotovoltaici di grossa potenza e i rilevanti effetti che si verificano sul paesaggio, sulla qualità della vita e sulle possibilità di sviluppo turistico delle zone limitrofe agli impianti;
la Commissione ambiente della Camera dei deputati ha acquisito nei mesi scorsi numerosi studi e documenti ed ha ascoltato in audizione diverse associazioni ambientaliste (Italia Nostra, Amici della Terra, Lipu, Legambiente, Wwf, Greenpeace, Mountain wilderness, Comitato nazionale per il paesaggio), il Gestore del sistema elettrico (Gse) e l'Associazione degli industriali del vento (Anev), inquadrando il problema, anche con riguardo ad aspetti non di sua stretta competenza, ed individuando elementi di criticità, con l'intento di fornire una base di indirizzi per l'attività di Governo. In particolare, per quanto attiene all'eolico, ne è emerso che il sistema di incentivazione genera un esorbitante numero di richieste di autorizzazione;
per quanto riguarda l'eolico è emerso che la potenza eolica complessiva tra installata e/o approvata dai pareri ambientali (preludio all'autorizzazione finale) si poteva valutare in non meno di 11.000 megawatt. Se poi si considerano le ulteriori istanze presentate, vi erano progetti aggiuntivi per oltre 70.000 megawatt (94.000 secondo il giornale Affari e Finanza del 22 novembre 2010), ben oltre gli impegni sottoscritti in sede comunitaria dall'Italia;
quanto al fotovoltaico, secondo il Gestore dei servizi energetici che ha completato l'analisi preliminare delle dichiarazioni di fine lavori per gli impianti fotovoltaici pervenute al Gse secondo quanto previsto dalla legge n. 129 del 2010, al 28 febbraio 2011 risultava che gli impianti in esercizio al 31 dicembre 2010 che usufruiscono del 1o e 2o conto energia erano 153.282 per una potenza installata di 3.247 megawatt; oltre agli impianti in esercizio ci sono poi gli impianti di cui è stata comunicata al Gse la fine dei lavori entro il 31 dicembre 2010 e per i quali, se entrati in esercizio entro il 30 giugno 2011, è applicabile quanto previsto dalla legge n. 129 del 2010, cioè altri 58.365 impianti per una potenza dichiarata di 3.954 megawatt, il che farebbe un totale complessivo di potenza elettrica installata alla fine di giugno 2011 pari a 7.201 megawatt, una cifra ormai prossima all'obiettivo degli 8.000 megawatt che il Governo aveva programmato per il 2020;
clamoroso è il caso della Puglia, una regione che già produce il doppio del suo fabbisogno di energia e che, per quanto riguarda il fotovoltaico, secondo la rilevazione del Gse, il 14 settembre 2010 aveva raggiunto 310,256 megawatt di potenza elettrica installata, staccando la Lombardia (seconda dopo la Puglia) di 136,337 megawatt, il che equivale a una produzione proveniente dalla Puglia superiore del 20 per cento dell'energia fotovoltaica nazionale;
si registrano, inoltre, migliaia di progetti per fotovoltaico in essere con circa 30.000 megawatt di richieste di allacciamento a Terna; dalla Toscana alla Puglia, dal Piemonte alla Sicilia non si contano i procedimenti intrapresi per impianti fotovoltaici per centinaia e centinaia di ettari; molti di questi godono già di autorizzazioni o addirittura sono già realizzati nelle campagne e nelle aree rurali sottraendo aree preziose all'agricoltura e ai valori del territorio;
sotto il profilo della produttività dell'eolico italiano, è di gran lunga la peggiore dell'Unione europea; secondo i dati di Terna, 4.850 megawatt di potenza eolica installata hanno prodotto 6.076 gigawatt nel 2009, pari al 14,3 per cento del suo potenziale; Wind Power Barometer, l'osservatorio di settore della Comunità europea, ha valutato che l'Italia, che vanta la terza potenza eolica installata, è solo settima per produzione totale; una pala eolica in Italia produce circa la metà di quanto avrebbe prodotto se fosse stata installata in Irlanda; dai dati del Gse risulta che solo il 15 per cento degli impianti italiani supera le 2.000 ore equivalenti di produzione alla massima potenza, contro il 40 per cento del 2004, segno evidente dell'entrata in funzione di impianti scarsamente produttivi negli ultimi cinque anni; dati confermati dal rapporto statistico del Gse 2010 nel quale si rileva che nel 2009 le ore di utilizzo equivalenti dell'intero parco eolico nazionale sono risultate pari a 1.336, in calo rispetto alle 1.374 ore dell'anno precedente. Prendendo a riferimento il costo medio degli impianti eolici stimato in Europa, i dati dimostrano come gli impianti con ventosità di circa 1.600-1650 ore risultino già competitivi in assenza di incentivi. Con l'incentivazione vigente in Italia risultano redditizi anche i siti con appena 900 ore;
nonostante il tumultuoso sviluppo, l'eolico rappresenta oggi (dati 2009) un contributo al bilancio energetico pari al 5,2 per cento dei consumi finali di energia prodotta da fonti rinnovabili e allo 0,38 per cento del complesso dei consumi energetici; questa marginalità resterà tale anche in futuro: in base al piano di azione nazionale per le energie rinnovabili del Governo italiano che stima il contributo massimo di ogni fonte rinnovabile, nel 2020 la produzione eolica sarebbe pari al 7,9 per cento dei consumi di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e all'1,2 per cento di consumi finali complessivi;
quanto al fotovoltaico, si è registrata una rilevantissima discesa dei prezzi negli ultimi 3 anni, per cui a fronte del probabile andamento che seguirà, scegliere di installare grandissime quantità di pannelli tutti adesso, in pochissimi mesi, invece che in un arco di diversi anni, sarebbe un errore clamoroso;
l'impatto paesaggistico rimane l'aspetto più discusso: le documentazioni fotografiche acquisite mostrano che non è possibile l'integrazione tra gli impianti eolici e fotovoltaici con i paesaggi italiani - formatisi a partire dal basso medioevo - per l'evidente contrasto tra il troppo grande e il troppo piccolo, tra lo standardizzato e il variegato; né aiuta una eventuale integrazione la tendenza industriale alla maggiore efficienza dell'investimento, mediante l'aumento del numero degli impianti, della loro estensione e delle altezze;
a tutela del valore culturale, prima ancora che ambientale, del paesaggio esiste un vasto complesso di normative, a cominciare dall'articolo 9 della Costituzione, che includono norme dello Stato e trattati europei e internazionali, quali la Convenzione europea del paesaggio. Vi sono poi aree per le quali lo Stato assume responsabilità nei confronti dell'Unione europea o dell'Unesco: zone di protezione speciale, siti di importanza comunitaria, important bird areas, zone umide Ramsar, coste o siti con fauna protetta da convenzioni internazionali, siti patrimonio dell'umanità di cui l'Italia, peraltro, detiene il più alto numero al mondo;
giova ricordare che il 26 gennaio 2010 l'Assemblea della Camera dei deputati ha approvato la innovativa mozione 1-00324 che riconosce il territorio come bene comune e risorsa limitata, da sfruttare in termini di massima efficienza;
buona parte degli oneri nelle bollette elettriche riguardano gli incentivi Cip6 per energie, assimilate alle fonti rinnovabili, ma che nulla hanno a che vedere con le energie pulite essendo energie prodotte da impianti come termovalorizzatori, impianti di raffinazione del petrolio gassificato e bruciato nelle centrali elettriche, impianti che usano gli scarti di lavorazione o di processi, impianti di cogenerazione e altro,

impegna il Governo:

a definire una strategia energetica nazionale che ci accompagni fino al 2020 e che assicuri più fondi per la ricerca e l'innovazione tecnologica e dia assoluto rilievo, oltre alla crescita dell'energia elettrica rinnovabile, anche all'energia termica rinnovabile, al risparmio e all'efficienza energetica da conseguire anche attraverso la bioedilizia, la riqualificazione energetica degli edifici e l'avvio di un piano di rottamazione/ricostruzione edilizia del patrimonio immobiliare postbellico privo di qualità e di criteri antisismici;
in merito all'adozione dei decreti attuativi del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/28/CE, a ricalibrare l'incentivazione al fotovoltaico con interessi di medio e lungo termine, così da promuoverne un insediamento proporzionalmente diluito fino al 2020 e ottimizzare i vantaggi derivanti dall'abbassamento dei costi e della crescita tecnologica;
a definire parametri certi per l'installazione del fotovoltaico sui tetti di qualunque tipo di edificio, sui capannoni, sulle fabbriche, sui distributori di carburante, sui parcheggi e altro, o anche a terra nelle aree urbanizzate o industriali, escludendo le installazioni a terra su terreno agricolo, con l'eccezione degli impianti di piccola taglia al servizio dell'attività di agricoltori e, in parte, a integrazione del loro reddito personale;
a programmare un'uscita dall'eolico industriale e una riconversione dei relativi incentivi, a vantaggio delle fonti rinnovabili di energia con maggior potenziale come il fotovoltaico e con minore impatto territoriale come quelle termiche;
ad assumere iniziative per la cessazione definitiva di ogni incentivazione per gli impianti funzionanti con fonti energetiche assimilate alle rinnovabili (Cip6) per gli impianti di produzione di energia tradizionale.
(6-00070)
(Testo modificato nel corso della seduta)«Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco».
(15 marzo 2011)