XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di lunedì 11 aprile 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta dell'11 aprile 2011.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Barbi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Gianni Farina, Fitto, Franceschini, Galati, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mecacci, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Scalera, Stefani, Stucchi, Tremonti, Vito, Volontè, Zacchera.

Annunzio di proposte di legge.

In data 7 aprile 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
GIANNI: «Disposizioni per il recepimento della direttiva 2009/148/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro, nonché modifiche all'articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e all'articolo 1, comma 20, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, in materia di eguaglianza nell'accesso ai benefìci previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto» (4263);
MONTAGNOLI: «Istituzione in Verona di una sezione distaccata della corte d'appello di Venezia» (4264);
RIGONI: «Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di nomina e di funzioni del vice-sindaco e del vice-presidente della provincia» (4265);
RIGONI: «Modifica all'articolo 51 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di limiti alla rieleggibilità alle cariche di sindaco, nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, e di presidente della provincia» (4266);
RIGONI: «Modifica all'articolo 64 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di incompatibilità tra le cariche di consigliere comunale o provinciale e di assessore nella rispettiva giunta» (4267);
DI PIETRO ed altri: «Modifiche all'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e all'articolo 5 del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127, in materia di adeguamento delle pensioni al costo della vita, nonché disposizioni per l'unificazione degli istituti di previdenza e aumento del prelievo erariale unico sugli apparecchi e congegni per il gioco» (4268);
D'ANNA ed altri: «Modifiche agli articoli 8-quater, 8-quinquies e 8-sexies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, concernenti l'accreditamento e l'erogazione delle prestazioni sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale da parte delle strutture pubbliche e private» (4269);
CARDINALE ed altri: «Istituzione di una zona franca per lo sviluppo e la legalità nei territori della provincia di Caltanissetta e dei comuni ad essa limitrofi appartenenti alle province di Enna e di Agrigento» (4270);
ANNA TERESA FORMISANO e MONDELLO: «Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e alla legge 8 marzo 1951, n. 122, per promuovere la rappresentanza di genere nei consigli e nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e delle province» (4271);
TULLO: «Norme per il contrasto della pirateria marittima» (4272);
DI VIRGILIO: «Disposizioni in materia di donazione e di utilizzo del corpo umano post mortem a fini di studio e di ricerca scientifica» (4273).

In data 8 aprile 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
SCILIPOTI: «Modifica all'articolo 192 del codice di procedura penale, in materia di valutazione delle dichiarazioni acquisite mediante intercettazione di conversazioni o comunicazioni» (4276);
RAISI e DELLA VEDOVA: «Deleghe al Governo per l'adozione di norme in materia di disciplina dei rapporti di lavoro, di formazione e di misure di protezione sociale per favorire l'accesso dei giovani al lavoro, di previdenza e di politiche per la famiglia, nonché disposizioni concernenti la concorrenza nella prestazione di servizi, il riconoscimento delle professioni non regolamentate e la promozione di progetti imprenditoriali mediante la partecipazione a fondi d'investimento in capitale di rischio» (4277).

Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di disegni di legge.

In data 7 aprile 2011 sono stati presentati alla Presidenza i seguenti disegni di legge:
dal ministro della salute:
«Delega al Governo per il riassetto della normativa in materia di sperimentazione clinica e per la riforma degli ordini delle professioni sanitarie, nonché disposizioni in materia sanitaria» (4274);
dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal ministro della giustizia:
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: «Riforma del Titolo IV della Parte II della Costituzione» (4275).

Saranno stampati e distribuiti.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge CENNI ed altri: «Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare» (2744) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Motta.

La proposta di legge CARLUCCI: «Disposizioni in favore delle attività dello spettacolo, mediante la partecipazione alla gestione, alla destinazione e ai proventi dell'alienazione dei beni confiscati ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575» (2755) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Giulio Marini.

La proposta di legge SBROLLINI: «Norme per il riconoscimento della figura professionale del giornalista libero professionista» (2958) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Rubinato.

La proposta di legge MOFFA ed altri: «Norme per promuovere l'equità retributiva nel lavoro giornalistico» (3555) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Rubinato.

La proposta di legge CARLUCCI: «Modifica all'articolo 27 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di docenti di scuole straniere operanti in Italia» (3810) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Barani, Barbieri, Biasotti, Girlanda, Lisi, Razzi, Scandroglio e Zacchera.

La proposta di legge CARLUCCI: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'imparzialità dei libri di testo scolastici» (4101) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Bergamini, Biasotti, Castiello, Di Cagno Abbrescia, Di Virgilio, Dima, Girlanda, Holzmann, Giulio Marini, Nastri, Sbai, Simeoni e Zacchera.

La proposta di legge CARLUCCI: «Norme per la salvaguardia dei laghi minori italiani» (4104) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Divella, Lo Monte, Giulio Marini, Simeoni, Speciale e Vella.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
LUPI ed altri: «Istituzione della giornata nazionale del Calendario gregoriano di cui è autore Luigi Lilio» (3658) Parere delle Commissioni V, VII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
BRIGUGLIO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta su eventuali condizionamenti dell'attività dei membri del Parlamento attuati mediante offerte di provvigioni illecite o altri indebiti vantaggi» (4165) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V;
GALATI: «Istituzione di una sala operativa nazionale interforze permanente per la ricerca delle persone scomparse» (4187) Parere delle Commissioni V, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE CIRIELLI: «Modifica dell'articolo 131 della Costituzione, concernente l'istituzione della regione "Principato di Salerno"» (4230) Parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
TULLO: «Norme per il contrasto della pirateria marittima» (4272) Parere delle Commissioni III (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), IV, V, IX e XIV.

II Commissione (Giustizia):
BERNARDINI ed altri: «Modifiche agli articoli 4-bis, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari, di regime di sorveglianza particolare e di soppressione del regime restrittivo con sospensione delle regole ordinarie di trattamento penitenziario per gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica» (4147) Parere delle Commissioni I, V e XII;
BERNARDINI ed altri: «Modifiche alla legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di responsabilità civile dei magistrati» (4148) Parere delle Commissioni I e V.

VI Commissione (Finanze):
RAZZI ed altri: «Modifica all'articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, concernente l'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili in favore delle unita immobiliari possedute dai cittadini italiani residenti all'estero» (4233) Parere delle Commissioni I, III, V e VIII.

VIII Commissione (Ambiente):
NUNZIO FRANCESCO TESTA e PISACANE: «Disposizioni per il contrasto dell'abusivismo edilizio nonché in materia di definizione di sanatorie e condoni» (2391) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XI Commissione (Lavoro):
TOTO: «Modifiche alla legge 29 marzo 1985, n. 113, in materia di disciplina del collocamento e del rapporto di lavoro dei centralinisti telefonici e degli operatori della comunicazione con qualifiche equipollenti minorati della vista» (4177) Parere delle Commissioni I, II, V, IX, X, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
CAZZOLA ed altri: «Delega al Governo per la modifica della disciplina prevista dal decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi» (4260) Parere delle Commissioni I e V.

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti - sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato - con lettera in data 5 aprile 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 2 del 2011, emessa dalla sezione stessa nell'adunanza del 10 marzo 2011, e la relativa relazione concernente l'indagine sulla riorganizzazione della dirigenza dopo il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

Questa documentazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 7 aprile 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Cassa nazionale del notariato, per l'esercizio 2009. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 293).

Questo documento - che sarà stampato - è stato trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 7 aprile 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto postelegrafonici (IPOST), per l'esercizio 2010 (fino al 31 maggio 2010). Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 294).

Questo documento - che sarà stampato - è stato trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 7 aprile 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria del Fondo di previdenza per il personale del Ministero dell'economia e delle finanze - settore finanze, per gli esercizi 2008 e 2009. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 295).

Questo documento - che sarà stampato - è stato trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal ministro dell'interno.

Il ministro dell'interno, con lettere del 28 marzo 2011, ha trasmesso due note relative all'attuazione data agli ordini del giorno NIZZI ed altri n. 9/3778-A/9 e BARANI ed altri n. 9/3778-A/10, riguardanti la regolamentazione del fenomeno dell'immigrazione, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 19 novembre 2010.
Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Trasmissione dal ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Il ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettere del 30 marzo 2011, ha trasmesso sette note relative all'attuazione data agli ordini del giorno VICO ed altri n. 9/1441-quater-A/24, concernente la concessione in deroga di trattamenti di cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, accolto dal Governo limitatamente al dispositivo nella seduta dell'Assemblea del 28 ottobre 2008, CAPITANIO SANTOLINI ed altri n. 9/1441-quater-A/35, accolto come raccomandazione dal Governo nella medesima seduta, riguardante l'eventuale introduzione di elementi migliorativi nella legge n. 104 del 1992, a tutela delle persone con disabilità e dei loro familiari, DI STANISLAO ed altri n. 9/1441-quater-C/8, riguardante la riforma degli ammortizzatori sociali nell'ottica di contenimento della precarietà, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 28 gennaio 2010, Anna Teresa FORMISANO ed altri n. 9/3778-A/77, concernente misure di sostegno delle politiche sanitarie e sociali, FEDRIGA ed altri n. 9/3778-A/98, in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici per lavoratori privi di occupazione e di ammortizzatori sociali, e, per la parte di propria competenza, agli ordini del giorno Mario PEPE (PD) ed altri n. 9/1441-quater-A/19, concernente il ricorso agli ammortizzatori sociali a sostegno del reddito dei lavoratori delle aziende della provincia di Benevento, e LOLLI ed altri n. 9/3778-A/105, riguardante il differimento del pagamento di tasse e contributi per i cittadini dell'Abruzzo colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 19 novembre 2010.

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alle Commissioni XI (Lavoro) e XII (Affari sociali) competenti per materia.

Trasmissione dal ministro dello sviluppo economico.

Il ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 1o aprile 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 364, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 445, la relazione sullo stato di attuazione del programma generale di metanizzazione del Mezzogiorno, riferita all'anno 2010 (doc. CIV, n. 3).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 7 e 8 aprile 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Libro verde - Il quadro dell'Unione europea in materia di governo societario (COM(2011)164 definitivo), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Quadro dell'Unione europea per le strategie nazionali di integrazione dei rom fino al 2020 (COM(2011)173 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Valutazione intermedia del programma comune Eurostars (COM(2011)186 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee.

Nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 12 marzo 2011, serie C, n. 80, è stata pubblicata la seguente sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, relativa a una causa in cui la Repubblica italiana è parte e adottata a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un'autorità giurisdizionale italiana, che è inviata, ai sensi dell'articolo 127-bis del regolamento, alla X Commissione (Attività produttive) nonché alta XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
2011/C 80/05 - Causa C-168/09: Sentenza della Corte (seconda sezione) 27 gennaio 2011 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal tribunale di Milano) Flòs SpA/Semeraro Casa e Famiglia SpA (Proprietà industriale e commerciale - Direttiva 98/71/CE - Protezione giuridica dei disegni e modelli - Articolo 17 - Obbligo di cumulo della protezione dei disegni e modelli con quella del diritto d'autore - Normativa nazionale che esclude o rende inopponibile per un certo periodo la protezione attraverso il diritto d'autore dei disegni e modelli divenuti di pubblico dominio anteriormente all'entrata in vigore di tale normativa - Principio della tutela del legittimo affidamento) (doc. LXXXIX, n. 130).

Annunzio di un provvedimento concernente un'amministrazione locale.

La presidenza della regione autonoma della Sardegna, con lettera in data 30 marzo 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 5, della legge regionale 7 ottobre 2005, n. 13, il decreto n. 37 del presidente della regione stessa in data 22 marzo 2011, con cui è stato sciolto il consiglio comunale di Tertenia e nominato il relativo commissario straordinario.

Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione del Garante del contribuente delle regione Toscana.

Il Garante del contribuente della regione Toscana, con lettera in data 7 aprile 2011, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale riferita all'anno 2010, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212, e successive modificazioni.

Questa documentazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dal difensore civico della Valle d'Aosta.

Il difensore civico dalla Valle d'Aosta, con lettera in data 30 marzo 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, la relazione sull'attività svolta dallo stesso difensore civico relativa all'anno 2010 (doc. CXXVIII, n. 30).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali).

Comunicazioni di nomine ministeriali.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 6 aprile 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, dei seguenti incarichi di livello dirigenziale generale nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alla V Commissione (Bilancio):
al dottor Francesco Massicci, l'incarico di ispettore generale capo dell'ispettorato generale per la spesa sociale, nell'ambito del dipartimento della Ragioneria generale dello Stato;
al dottor Elio Ruggiero, l'incarico di direttore dell'ufficio centrale del bilancio presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nell'ambito del dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

Richiesta di un parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 8 aprile 2011, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1 e 19 della legge 4 giugno 2010, n. 96, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente nonché della direttiva 2009/123/CE che modifica la direttiva 2005/35/CE relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di sanzioni per violazioni (357).

Tale richiesta, in data 8 aprile 2011, è stata assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla II Commissione (Giustizia) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere il prescritto parere entro il 18 maggio 2011.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

RELAZIONE TERRITORIALE SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI NELLA REGIONE LAZIO APPROVATA DALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI (DOC. XXIII, N. 6)

Risoluzione

La Camera,
esaminata la relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Lazio (Doc. XXIII, n. 6), approvata all'unanimità dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella seduta del 2 marzo 2011;
premesso che:
la Commissione, prendendo atto delle problematiche e delle criticità afferenti al complesso sistema del ciclo dei rifiuti nel territorio nazionale, soprattutto con riferimento a taluni profili di vera e propria emergenza ambientale in specifiche aree regionali del Centro Sud, dove possono crearsi le condizioni per l'infiltrazione della criminalità organizzata, ha ritenuto di svolgere una articolata attività conoscitiva, con particolare riguardo a quelle realtà territoriali come il Lazio che, al pari della Campania e della Sicilia, hanno attraversato una condizione emergenziale;
la Commissione ha proceduto ad una serie di audizioni di magistrati inquirenti, di funzionari e ufficiali delle forze di polizia, di rappresentanti degli enti locali, di rappresentanti delle associazioni ambientalistiche, nonché a sopralluoghi e all'acquisizione di copiosa documentazione;
la relazione riporta i dati obiettivi emersi nel corso delle audizioni o nelle verifiche tecniche svolte durante i sopralluoghi;
l'inchiesta svolta dalla Commissione ha rilevato carenze strutturali ed impiantistiche nella regione Lazio che, contrariamente agli orientamenti, alle scelte, alle strategie dettate dalle direttive comunitarie in materia di rifiuti e dalla norma nazionale, è andata nel verso opposto a quello della «gestione integrata»;
nella regione, sin dal 1999, è stata decretata l'emergenza rifiuti con la gestione commissariale. La formale cessazione della gestione emergenziale nell'anno 2008 non ha portato, tuttavia, al superamento delle criticità nella gestione del ciclo. Le scelte delle diverse giunte che si sono avvicendate al governo della regione hanno privilegiato il ricorso allo smaltimento a perdere in discarica piuttosto che il revamping, l'ammodernamento e il potenziamento delle strutture di trattamento esistenti tese alla separazione secco/umido del rifiuto tal quale, alla raffinazione della frazione secca con produzione di cdr (combustibile derivato da rifiuti) per alimentare le linee di termovalorizzazione operanti nelle province di Roma e di Frosinone ed alla stabilizzazione della frazione umida con produzione di f.o.s (frazione organica stabilizzata) da destinare alla ricopertura delle discariche e/o al ripristino di cave esaurite;
è stata altresì irrilevante l'implementazione della raccolta differenziata attestatasi a valori intorno al 12-13 per cento fino al 2010 (con il fallimento degli obiettivi fissati dalla legislazione vigente), l'attivazione della filiera dei materiali della raccolta, l'intercettazione della frazione umida da inviare al compostaggio di qualità nei pochi impianti funzionanti sul territorio regionale. A fronte di tale situazione, l'Unione Europea ha attivato una procedura d'infrazione cui la nuova Giunta regionale ha cercato di porre rimedio con l'emanazione del nuovo piano di gestione dei rifiuti, avvenuta il 19 novembre del 2010, e con la presentazione ed illustrazione dello stesso, alla Commissione europea avvenuta nell'ultima settimana di gennaio 2011;
il nuovo piano regionale persegue essenzialmente l'obiettivo di autosufficienza del sistema (un ATO regionale e cinque sub-ATO provinciali), della chiusura del ciclo secondo i criteri della gestione integrata attraverso i quali, a fronte di un forte potenziamento della raccolta differenziata, del trattamento di separazione del rifiuto solido urbano tal quale, della termovalorizzazione della frazione secca raffinata (cdr), la discarica dovrà avere nel tempo un ruolo decisamente residuale;
il Piano ha posto quindi come obiettivo centrale e prioritario da raggiungere entro il 2011 il 60 per cento di raccolta differenziata sul territorio regionale. Vi è tuttavia da considerare che essendo stato assai basso negli ultimi anni il trend di crescita della raccolta differenziata, il traguardo del 60 per cento appare irrealizzabile e irraggiungibile nei tempi previsti, anche se si farà ricorso ai commissari ad acta nei comuni inadempienti. Peraltro, la Presidente Polverini, nel corso della sua audizione, ha dichiarato di voler chiedere al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la deroga al raggiungimento di tale obiettivo previsto per legge;
inoltre, la realizzazione della nuova impiantistica prevista o l'attivazione di quella già autorizzata, non potrà compiersi prima di tre anni per alcuni impianti (trattamento TMB, compostaggio) o di quattro (realizzazione di una nuova linea di termovalorizzazione o la messa a completo regime di quelle esistenti);
tra l'altro, come è evidenziato nella relazione, i vari impianti per la produzione di cdr (combustibile derivato da rifiuti) forniscono per lo più ecoballe che finiscono prevalentemente in discarica in quanto di scarsa qualità e non idonei per la termovalorizzazione. Questa situazione fa ritenere che i nuovi impianti di termovalorizzazione previsti siano sovradimensionati, soprattutto se verranno raggiunti obiettivi accettabili di raccolta differenziata. In tal caso, infatti, la quantità residua da smaltire sarà sempre minore;
conseguentemente, tutte le iniziative legate al raggiungimento dell'obiettivo appaiono per il momento ipotetiche e il conferimento in discarica, che rappresenta il fallimento della gestione virtuosa del ciclo, rimane ancora uno strumento irrinunciabile nel breve, se non nel medio termine;
l'esaurirsi della capacità di Malagrotta e delle altre discariche impone, con il concorso di tutte le istituzioni interessate, l'individuazione di un sito alternativo per la città di Roma senza il quale l'emergenza rifiuti rischierebbe di aggravarsi. Si pone altresì come indifferibile l'esigenza di programmare le opere di bonifica e salvaguardia ambientale di Malagrotta e delle altre discariche;
la Commissione ha altresì rilevato che il polo di Malagrotta, con le sue strutture impiantistiche (impianti di trattamento meccanico biologico, impianti di gassificazione, impianto di discarica), rappresenta l'unica piattaforma tecnologica di valore regionale e nazionale in un sistema imprenditoriale regionale che ha mostrato finora una scarsa attitudine ad investire nel ciclo della gestione integrata dei rifiuti. Carenze impiantistiche e strutturali sono state evidenziate anche nel settore della gestione dei rifiuti speciali, mentre vi è la necessità di riavviare un piano credibile di bonifica delle aree contaminate, pur considerando che le risorse economiche da mettere in campo non sono trascurabili;
sotto il profilo degli illeciti nel campo della gestione dei rifiuti riferibili alla criminalità organizzata, va rilevato che il Lazio si presenta come una regione che potrebbe essere interessata da questo tipo di illegalità, sia per la presenza di ampie porzioni di territorio morfologicamente adatte alla discarica e all'occultamento illecito dei rifiuti, sia per la vicinanza con quelle aree della provincia di Caserta ad alto rischio, dato che in passato e ancora oggi nell'attualità sono state individuate presenze criminali nel settore;
secondo quanto riferito dal procuratore aggiunto di Roma, coordinatore della direzione distrettuale antimafia, nel Lazio, infatti, si riscontra la presenza della 'ndrangheta, della camorra e della mafia siciliana, accertata ed evidenziata in numerose indagini che danno conto dell'esistenza anche nella regione del fenomeno delle ecomafie. Nella sua relazione alla cerimonia dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2011, il procuratore generale della Corte d'appello ha affermato che nel Lazio tutte le mafie operano in convivenza tra loro e con la tradizionale criminalità organizzata;
sennonché, l'ipotesi di filiere criminali operanti nel settore dello smaltimento illecito di rifiuti non hanno avuto alcun riscontro nei procedimenti penali attivati nel distretto giudiziario del Lazio e di cui si è dato ampio conto nella relazione. Esistono, invece, taluni riscontri per quanto riguarda le connessioni tra attività imprenditoriali e fenomeni di corruzione della pubblica amministrazione;
non vi sono attualmente in corso, infatti, procedimenti concernenti il ciclo dei rifiuti e riguardanti la criminalità organizzata di stampo mafioso;
questo dato ha trovato conferma nelle audizioni dei magistrati delle procure, dei prefetti, dei questori e dei responsabili dei corpi di polizia giudiziaria che, a vario titolo, si sono occupati di inchieste concernenti i traffici illegali di rifiuti, i quali hanno fornito uno spaccato della realtà ambientale abbastanza grave, che coinvolge la criminalità comune ed economica, ma che non vede, almeno allo stato, l'infiltrazione della criminalità organizzata nel ciclo dei rifiuti;
l'inchiesta ha evidenziato che le maggiori criticità nella regione Lazio si sono riscontrate nella gestione dell'impianto di termovalorizzazione di Colleferro, dove gli illeciti ivi accertati sono stati evidentemente favoriti dalla carenza nel sistema dei controlli da parte degli organi preposti, carenza dovuta principalmente al fatto che l'impianto per lungo tempo aveva operato con la procedura semplificata prevista dagli antichi articoli 31 e 33 del decreto legislativo n. 22 del 1997, il cosiddetto «decreto Ronchi»;
la Commissione ha comunque rilevato che sul territorio della regione Lazio molte discariche sono ormai in via di esaurimento, che vi sono impianti obsoleti che richiedono forti investimenti per tornare ad essere produttivi e che in molti comuni, compreso quello di Roma, la situazione si avvicina pericolosamente all'emergenza;
a ciò si aggiunge la grave difficoltà economica di società che gestiscono gli impianti, come quella che gestisce l'inceneritore di Colleferro. Nel Lazio molte aziende e consorzi pubblici sono stati costituiti su iniziativa degli enti locali in assenza di un piano industriale, di un organico riferimento territoriale per la gestione integrata del ciclo dei rifiuti. Tali aziende e consorzi hanno determinato sprechi e inefficienze, duplicato centri di potere, generato assunzioni in contrasto con la normativa vigente e giustificate ogni volta con l'emergenza. E purtroppo sono molte le società e i consorzi pubblici che operano nel settore a trovarsi in grandi difficoltà economiche. Tutto ciò contribuisce ad aggravare la gestione del ciclo, a distrarre risorse necessarie a favorirne l'efficienza e rischia di preparare il terreno alle infiltrazioni delle consorterie mafiose nel ciclo dei rifiuti, le quali possono movimentare capitali sporchi e denaro riciclato per acquisire aziende in difficoltà e condizionare il libero mercato;
con riferimento all'area dove insiste l'impianto di termovalorizzazione di Colleferro, le associazioni ambientaliste hanno segnalato alla Commissione la pericolosità per la salute pubblica degli impianti industriali che causano l'inquinamento dell'aria e delle acque in tutta la valle del Sacco. L'area è stata per lunghi anni sede di una importante attività industriale per la produzione di sostanze chimiche, esplosivi e carrozze ferroviarie. Il complesso industriale ha causato nel tempo l'inquinamento dell'aria, i lavoratori sono stati esposti a sostanze tossiche in ambiente di lavoro e le persone che hanno risieduto lungo il fiume Sacco hanno assorbito ed accumulato nel tempo pesticidi e sostanze chimiche pericolose per la salute:
la fa propria e impegna il Governo per quanto di competenza, ad intraprendere ogni iniziativa utile al fine di risolvere le questioni evidenziate nella relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, in raccordo e leale collaborazione con i competenti organismi nazionali, con la regione Lazio e con gli enti locali interessati.
(6-00076)
«Pecorella, Bratti, Volpi, Libè, Rugghia, Monai, Della Vedova».

MOZIONI DELLA VEDOVA ED ALTRI N. 1-00612, RAO ED ALTRI N. 1-00614, FERRANTI ED ALTRI N. 1-00615 E COSTA ED ALTRI N. 1-00616 CONCERNENTI INIZIATIVE RELATIVE ALLA SITUAZIONE DELLE CARCERI

Mozioni

La Camera,
premesso che:
le carceri italiane versano in uno stato di sovraffollamento non tollerabile: le 206 strutture penitenziarie presenti sul territorio nazionale ospitano 67.961 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 45.022, con un tasso di sovraffollamento del 151 per cento che posiziona, secondo questo specifico indice, il nostro Paese tra quelli meno civili d'Europa;
metà della popolazione carceraria, il 43,25 per cento, è costituita da imputati in attesa di giudizio, il cui regime custodiale risulta, se possibile, peggiore di quello riservato ai condannati. Da un lato, infatti, la cronica insufficienza e il degrado delle carceri italiane fanno sì che sia disattesa la previsione ordinamentale che ne prescriverebbe la custodia in strutture diverse da quelle previste per i condannati; dall'altro, rispetto a questi ultimi, dai quali devono essere comunque separati seppure all'interno di strutture comuni, essi scontano un regime più rigido, con intollerabile pregiudizio del principio di innocenza non essendosi formato nei loro confronti un giudicato penale di condanna;
la politica criminale degli ultimi anni, segnatamente degli ultimi tre, ha pericolosamente oscillato tra provvedimenti, anche di natura processuale, la cui natura straordinaria ha avuto come effetto l'incentivazione delle spinte securitarie e l'istituzionalizzazione dell'emergenza, senza risolverla né sul fronte dell'ingolfamento processuale né su quello del trattamento sanzionatorio;
in particolare, tra il 2007 e il 2010 è stato riassorbito l'effetto della legge 31 luglio 2006, n. 241, di concessione dell'indulto. La popolazione carceraria è passata, infatti, dai 39.005 detenuti del 31 dicembre 2006 ai 68.258 del 30 giugno 2010, secondo i dati diffusi dall'associazione Antigone;
della legge 26 novembre 2010, n. 199, cosiddetta «svuota carceri», che consente la detenzione domiciliare per i condannati a pena pari o inferiore ai dodici mesi, anche come residuo di pena maggiore, hanno beneficiato, secondo i dati del Ministero della giustizia, 1.788 detenuti, a fronte di una platea di potenziali destinatari stimata in 7.992 beneficiari, e ciò anche a causa della mancata predisposizione di un'adeguata rete di servizi sociali e di pubblica utilità. Tale carenza si è scaricata, come era prevedibile, su tutti quei detenuti privi di famiglie pronti ad accoglierli e in misura maggiore sui cittadini extracomunitari, che non hanno potuto godere degli effetti della norma, anche quando condannati per quei reati di minore gravità che sono presupposti ai fini della concessione del beneficio;
il ricorso a provvedimenti deflattivi connotati da urgenza e contingenza, come quelli sopra menzionati, è contraddetto da misure di segno contrario, come quella contenuta nella legge 15 luglio 2009, n. 94 (pacchetto sicurezza), che ha modificato l'articolo 135 del codice penale, aumentando il parametro di conversione delle pene detentive in pene pecuniaria da 38 a 250 euro per giorno, impedendo così ai meno abbienti di accedere al beneficio, con sostanziale sacrificio del principio di uguaglianza;
il Ministro della giustizia ha più volte annunciato un «piano carceri» per la costruzione di nuovi stabilimenti di pena, con un investimento pubblico di 670 milioni di euro volto a creare 9.700 posti letto in più, comunque insufficienti rispetto ai 23.600 ad oggi necessari;
secondo la ricerca effettuata dal centro studi dell'associazione Ristretti Orizzonti, sulla base dei dati ufficiali forniti dalla ragioneria generale dello Stato, dalla Corte dei conti e dal Ministero della giustizia - dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, negli ultimi 10 anni il sistema penitenziario è costato alle casse dello Stato circa 29 miliardi di euro, ma l'andamento della spesa non risulta in alcun modo collegato a quello della popolazione detenuta. Infatti negli anni 2007-2010 le spese di personale sono state tagliate di 119.225.000 euro (circa il 5 per cento del budget a disposizione nel 2007), mentre nello stesso periodo le spese di mantenimento dei detenuti, di manutenzione e funzionamento delle carceri hanno subito una decurtazione di 205.775.000 euro, pari al 31,2 per cento. Così mentre il sovraffollamento è cresciuto, portando la popolazione detenuta quasi a raddoppiare, passando dalle 39.005 unità del 1o gennaio 2007 alle 67.961 del 31 dicembre 2010, la spesa media giornaliera pro capite è scesa a 113 euro (nel 2007 era di 198,4 euro, nel 2008 di 152,1 euro e nel 2009 di 121,3 euro);
nel dettaglio - sempre secondo la ricerca dell'ufficio studi di Ristretti Orizzonti - di questi 113 euro di spesa pro capite: 95,3 (pari all'84,3 per cento del totale) servono per pagare il personale; 7,36 (6,2 per cento del totale) sono spesi per il cibo, l'igiene, l'assistenza e l'istruzione dei detenuti; 5,60 (5,4 per cento del totale) per la manutenzione delle carceri; 4,74 (4,1 per cento del totale) per il funzionamento delle carceri (elettricità, acqua e altro). Al netto dei costi per il personale penitenziario e per l'assistenza sanitaria, di competenza del Ministero della salute, nel 2010 la spesa complessiva per il «mantenimento» dei detenuti è stata pari a 321.691.037 euro, quindi ogni detenuto ha a disposizione beni e servizi per un ammontare di 13 euro al giorno;
il Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) nel 2009 rilevava la relazione inversamente proporzionale tra numero dei detenuti e personale penitenziario. Nel 2001 erano presenti 41.608 agenti penitenziari a fronte di 53.165 detenuti, nel 2009 gli agenti sono stati 39.000 e i detenuti 64.859. La pianta organica della polizia penitenziaria è fissata per legge in 45.121 unità ed oggi risulta, pertanto, scoperta per circa 6.000 unità;
l'esperienza dimostra che esiste una correlazione tra l'accesso ai benefici concessi dall'ordinamento e la riduzione del tasso di recidiva e, per converso, una correlazione tra il numero di carcerazioni e l'aumento del tasso di recidiva; il che, se non dimostra, di per sé, l'effetto positivamente «causale» dei benefici sulla riabilitazione sociale dei detenuti, dimostra che le misure alternative alla detenzione non scaricano affatto un maggior costo sociale sulla popolazione generale,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte ad adeguare, in vista dei prossimi provvedimenti finanziari, la spesa pro capite per detenuto, prevedendo, rispetto alla base del 2007, una riduzione non superiore a quella media relativa al comparto Ministeri;
a predisporre sul piano normativo un complesso di riforme - dalla depenalizzazione dei reati minori, ad una più ampia e più certa accessibilità delle misure alternative alla detenzione, dalla definizione di parametri più accessibili per la conversione delle pene detentive in pene pecuniarie, ad una più severa limitazione del ricorso alla custodia cautelare in carcere - che avrebbero, nel complesso, un effetto strutturalmente deflattivo, concorrendo a migliorare le condizioni di detenzione e a rendere servibili quegli strumenti di trattamento che perseguono le finalità rieducative costituzionalmente connesse alla pena;
a implementare il «piano carceri» attraverso il ricorso a forme di partecipazione privata ai programmi di edilizia penitenziaria, utilizzando quegli strumenti di mercato che, anche sul piano urbanistico, possono incentivare gli investitori privati a collaborare con lo Stato ad un progetto di riconversione del sistema e dei modelli di detenzione e di riqualificazione delle case circondariali e di reclusione non più utilizzabili per l'ospitalità dei detenuti.
(1-00612)
«Della Vedova, Perina, Granata».
(7 aprile 2011)

La Camera,
premesso che:
secondo quanto emerge dal settimo rapporto sulle carceri, presentato il 22 ottobre 2010 dall'associazione Antigone che opera per la difesa dei diritti negli istituti di pena in Italia, i detenuti hanno raggiunto una quota pari a 68.527, ben quasi 24 mila in più rispetto alla capienza regolamentare (stimata in 44.612 posti letto) e oltre anche la cosiddetta capienza tollerabile, l'indice che individua il limite massimo per la stessa amministrazione penitenziaria;
una situazione questa che definire «allarmante» è quasi riduttivo: alcuni tra gli istituti penitenziari più affollati d'Italia, precisamente quelli di Padova, Roma Rebibbia femminile, Sulmona, Roma Regina Coeli, Fermo, Perugia Capanne, Como, Firenze Sollicciano, Milano San Vittore, Napoli Poggioreale, Novara, Bologna, Gorizia, Trieste e Pistoia sono risultati fuorilegge, in base ad alcuni indicatori (numero dei detenuti presenti, metri quadri a disposizione per carcerato, condizioni igieniche ed ambientali, numero di ore trascorse al di fuori della cella), normalmente utilizzati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per valutare la sussistenza di un trattamento inumano e degradante causato da sovraffollamento;
il 43,7 per cento delle persone oggi detenute nel nostro Paese - sottolinea il rapporto - è composto da imputati: si tratta di una delle percentuali più alte d'Europa che fotografa «un'anomalia tutta italiana»;
nel febbraio 2009 il Ministro della giustizia aveva annunciato il varo di un piano carceri e la nomina di un commissario con poteri speciali, che avrebbe dovuto risolvere l'emergenza del sovraffollamento;
a distanza di un anno, il 13 gennaio 2010, il Governo proclamava lo «stato d'emergenza» nelle carceri italiane, stanziando fondi per ricavare nuovi spazi dietro le sbarre;
qualche mese dopo, anche in relazione all'esiguità delle risorse stanziate (in parte anche a detrimento dei fondi raccolti dalla Cassa delle ammende tra i detenuti per il loro reinserimento), il piano è stato ridotto a meno di 10.000 posti detentivi da realizzare entro il 2012;
anche se il Ministro della giustizia sostiene che nel corso degli ultimi anni sono stati realizzati 2.000 posti detentivi, ad oggi nessun effetto del piano carceri si è prodotto; non si sa se quei 2.000 posti già realizzati siano parte del piano o di ampliamenti e ristrutturazioni già programmati da tempo, né se siano effettivamente operativi grazie alla disponibilità del personale necessario;
sempre nel gennaio 2010 il Ministro della giustizia Alfano prometteva l'imminente entrata in servizio di altri duemila agenti. A luglio 2010 ribadiva l'impegno assunto, abbassando i reclutamenti «in prima battuta» a mille: sono trascorsi altri nove mesi e ancora si attende l'ingresso dei nuovi poliziotti penitenziari;
se il trend prima descritto dovesse continuare, a fine anno la popolazione carceraria raggiungerebbe quota 70 mila detenuti, per aumentare ancora nel 2012, a fronte di un vertiginoso calo di agenti già da otto anni, stando alla denuncia delle organizzazioni sindacali della polizia carceraria;
la polizia penitenziaria soffre, infatti, di paurose carenze. Nello specifico, l'organico degli agenti di custodia, fissato l'ultima volta proprio nel 2001, prevedeva un numero di 42.268, a fronte di 55.000 detenuti. Oggi i carcerati, come sopra anticipato, sono diventati più di 68.000 e l'organico amministrato raggiunge 37.348 unità (vi è un poliziotto ogni due detenuti, sommando quelli in esecuzione interna e quelli in affidamento e semilibertà). Da queste cifre bisogna sottrarre il personale non in servizio attivo, ossia 3.109 unità, a causa di malattia, aspettativa, motivi di salute o prepensionamento;
con questi numeri, ovviamente pesano le unità, le centinaia, le migliaia di agenti sottratti ai loro compiti principali per essere dirottati su mansioni amministrative o di servizio agli uffici;
anche il Sottosegretario per la giustizia Alberti Casellati, nel ribadire l'importanza del ruolo degli agenti penitenziari, ha affermato che: «Il carcere è una primaria esigenza di ciascuna società e bisogna rivolgere particolare attenzione al ruolo della polizia all'interno della casa circondariale, una risorsa primaria e strategica per il reintegro del detenuto e del suo diritto alla tutela della salute»;
in una circolare del 6 luglio 2009, avente per oggetto la «tutela della salute e della vita delle persone detenute», il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ha fortemente raccomandato ai provveditori regionali di offrire ai reclusi più colloqui e maggiori occasioni di intrattenimento, di aumentare le ore d'aria, di tenere aperte le porte delle celle e di non far mancare l'acqua;
in molti istituti sono state rilevate e segnalate carenze al riguardo, ma risulta inaccettabile, soprattutto, la differenza che si registra tra aree diverse del Paese. In Sicilia e Sardegna, regioni a statuto speciale dove la sanità penitenziaria non è ancora passata in carico alle aziende sanitarie locali regionali, la situazione appare più grave;
anche le drammatiche condizioni di salute degli agenti e la stessa sicurezza degli istituti non possono essere ignorate dal Ministero della giustizia e dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. L'istituto femminile di Rebibbia (dove è addirittura iniziato lo sciopero della fame e del sonno da parte delle agenti di polizia penitenziaria che continuano, nonostante tutto, a garantire i turni di lavoro, nel rispetto dei diritti delle detenute), sul punto di esplodere a causa del sovraffollamento (368 detenute, a fronte di una capienza regolamentare prevista di 274 posti) e della gravissima carenza di personale, ben rappresenta la punta dell'iceberg della crisi dell'intero sistema carcerario nazionale;
non servono soluzioni tampone ma sono necessari interventi di sistema, per risolvere una volta per tutte le emergenze: è ora di tradurre nei fatti le dichiarazioni di intenti, di fronte agli enormi rischi della protesta in atto va garantito subito lo stanziamento di nuovo personale per consentire il normale funzionamento delle strutture e condizioni dignitose agli operatori del settore;
neanche la salute dei minori viene tutelata come si dovrebbe in tutti i 19 istituti penali minorili, in cui vive un piccolo esercito di 426 ragazzi fra i 14 e 18 anni. Due detenuti su tre sono in attesa di giudizio, il resto invece sta scontando la pena. La maggior parte sono stranieri, spesso rom. Ma ci sono anche ragazzini italiani, per lo più provenienti dalle periferie delle città del Sud;
non sono i numeri ad allarmare, ma un sistema che non è a misura di minore. Se la detenzione è diventata davvero l'estrema ratio dopo la riforma del codice di procedura penale minorile del 1988, gli istituti penali minorili sono «contenitori di marginalità sociale», rivela «Ragazzi dentro», il primo rapporto sulle carceri minorili presentato il 24 marzo 2011 da Antigone;
il problema non riguarda solo le strutture perennemente con «lavori in corso», ma anche la gestione generale del minore detenuto. Problemi ci sono, ad esempio, nei trasferimenti dei ragazzi in istituti spesso lontanissimi dal loro luogo di origine, con conseguenti difficoltà nel mantenere rapporti con le famiglie;
le cifre fornite rappresentano il segno di una crisi che l'annunciato impegno del Governo non è riuscito a scalfire, lasciando i detenuti italiani in condizioni di vivibilità al limite della sopportazione. In questa situazione il confine fra pressioni, mancata tutela e induzioni a gesti estremi diventa labilissimo;
infatti, di carcere si può anche morire: un terzo dei decessi che si verificano dietro le sbarre sono dovuti a suicidio, come rivelano i dati raccolti dal centro di ricerca «Ristretti orizzonti» del carcere di Padova. Complessivamente, i suicidi nelle carceri sono stati 72 nel 2009, mentre 55 detenuti si sono tolti la vita nei primi nove mesi del 2010;
come se non bastasse, da circa due anni i detenuti sono in sostanza privi di assistenza psicologica: le persone che lavorano in tutte le 206 carceri italiane sono in grado di offrire soltanto tre ore di trattamento annuo, compreso il tempo per la lettura dei fascicoli e le riunioni. La pianta organica ministeriale prevede 1.331 educatori e 1.507 assistenti sociali. In servizio al 1o settembre 2010 risultavano 1.031 educatori e 1.105 assistenti sociali, ossia circa un operatore ogni sessanta detenuti;
quanto descritto esprime, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, la contraddizione di una politica forte con i deboli e debole con i forti, che introduce nuovi reati e immette nel circuito giudiziario e carcerario un gran numero di nuovi detenuti, specie immigrati;
quanto denunciato costituisce, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, una palese violazione dei principi della Carta costituzionale, in particolare dell'articolo 32, che tutela la salute come «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività», e dell'articolo 27, secondo il quale «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
in una sentenza del 16 luglio 2009, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato per la prima volta l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (divieto di tortura e delle pene inumane e degradanti), proprio in ragione delle condizioni di sovraffollamento sopra descritte;
infatti, secondo gli standard di riferimento utilizzati dalla Corte di Strasburgo, ogni detenuto ha diritto a 7 metri quadrati di spazio in cella singola e 4,5 metri quadrati in quella multipla: questa è la ragione per cui il nostro Paese è stato condannato al risarcimento di mille euro per aver inflitto un danno morale al cittadino bosniaco Sulejmanovic, un rom condannato per furto nel 2002;
la Camera dei deputati aveva già approvato, nella seduta del 12 gennaio 2010, una mozione volta, tra l'altro, ad impegnare il Governo ad istituire un organo di monitoraggio indipendente di controllo sui luoghi di detenzione, in linea con quanto stabilito dal protocollo addizionale alla Convenzione Onu contro la tortura, in corso di ratifica, ed a stipulare accordi internazionali volti a consentire l'esecuzione della pena presso i Paesi di provenienza dei condannati stranieri,

impegna il Governo:

ad adottare una politica carceraria tendente a contenere il sovraffollamento, attraverso iniziative volte alla riduzione dei tempi di custodia cautelare, alla rivalutazione delle misure alternative al carcere, alla riduzione delle pene per chi commette fatti di lieve entità, nonché all'attuazione immediata del piano carceri, presentato il 27 febbraio 2009 dal capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con l'indicazione delle reali coperture finanziarie;
a garantire le risorse necessarie per una dotazione di polizia giudiziaria adeguata a gestire una situazione a dir poco «esplosiva»;
ad adottare iniziative normative per un ordinamento penitenziario specifico per i minori, essendo questa una riforma ormai improrogabile, sollecitata più volte anche dalla stessa Corte costituzionale;
a promuovere, per quanto di competenza, l'assunzione di un congruo numero di psicologi, indispensabili per la vita dei reclusi;
ad accelerare, anche alla luce degli eventi più recenti, la stipula di eventuali accordi internazionali per far scontare ai detenuti stranieri le pene nei rispettivi Paesi d'appartenenza.
(1-00614)
«Rao, Ria, Galletti, Ciccanti, Compagnon, Naro, Volontè, Occhiuto, Binetti, Capitanio Santolini, De Poli, Anna Teresa Formisano, Libè, Mantini, Tassone, Nunzio Francesco Testa».
(11 aprile 2011)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
nel nostro stato sociale di diritto, dove la persona assurge a ruolo centrale, la pena cessa di avere un'impronta autoritaria di conformazione delle condotte e diventa uno degli strumenti per la rieducazione del reo, che aspira al recupero del cittadino dopo un percorso trattamentale. Il carcere si pone, quindi, come esperienza provvisoria che prelude al rientro nella società;
in questo contesto si inserivano le misure alternative alla detenzione introdotte con la «legge Gozzini» nel 1986 e con la «legge Simeone-Saraceni» nel 1998 e che vengono applicate successivamente alla condanna dal magistrato di sorveglianza. La ratio è quella di favorire un reinserimento sociale nella fase conclusiva di una pena lunga o di sostituire pene detentive brevi, mediante un approccio di ricucitura graduale e controllata con la società civile;
è noto che l'attuale condizione delle carceri italiane contraddice radicalmente l'intento delineato nella Carta fondamentale. Le condizioni di sovraffollamento sono oramai un dato notorio e con esse la politica, la società civile, la magistratura, ma soprattutto i detenuti si trovano a convivere ogni giorno in modo drammatico. Tra i molti sintomi di disagio, non si può non segnalare che il tasso di suicidi riscontrabile in carcere è di gran lunga superiore a quello registrato tra tutta la popolazione residente in Italia;
se le carceri italiane sono così giunte in una situazione che è non più tollerabile, bisogna chiedersi perché. Vi è stata da vari anni una contrazione nell'ambito delle politiche di sicurezza della possibilità di utilizzo delle cosiddette misure alternative: sono costanti l'elaborazione di nuove figure di reato, utili a rispondere a vere o presunte emergenze, l'introduzione di ipotesi di custodia cautelare obbligatoria, l'innalzamento delle pene per reati di non particolare allarme sociale o riconnessi ad una mera condizione di irregolarità sul territorio nazionale operata al solo e dichiarato fine di consentire l'applicazione della custodia cautelare in carcere. Il caso emblematico è la «legge ex Cirielli» n. 251 del 2005, che ha accorciato i tempi di prescrizione per alcuni reati e ha introdotto limiti alla concessione delle misure premiali ai recidivi reiterati, categoria che ricomprende in sé anche reati per fatti di scarso allarme sociale e magari per fatti distanti decenni nel tempo;
già l'11 e il 12 gennaio del 2010, con la discussione sulla mozione Franceschini 1-00302 e sulle altre mozioni abbinate, la Camera dei deputati si è occupata della situazione carceraria: il Governo, ad oggi, deve ancora dare attuazione a molti degli impegni assunti con l'approvazione di quella mozione Franceschini e delle altre mozioni abbinate;
nelle comunicazioni sull'amministrazione della giustizia del gennaio 2010, il Ministro della giustizia aveva affermato di aver chiesto la deliberazione, da parte del Consiglio dei ministri, dello stato di emergenza per tutto l'anno 2010, al fine di «provvedere ad interventi strutturali di medio e lungo periodo, che consentano di rispettare il precetto dell'articolo 7 della Costituzione, secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Tale stato di emergenza è stato ulteriormente prorogato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 gennaio 2011 (comunicato n. 121 della Presidenza del Consiglio dei ministri). Dal suddetto stato di emergenza derivano, secondo quanto dichiarato dal Ministro nel mese di gennaio 2010 tre «pilastri» fondamentali: il primo riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria per la costruzione di 47 nuovi padiglioni e successivamente di otto nuovi istituti, che aumenterebbero di 21.709 unità i posti, arrivando ad un totale di 80 mila, per la cui realizzazione sono stati stanziati 500 milioni di euro nella legge finanziaria per il 2010 e 100 milioni del bilancio della giustizia; il secondo riguarda gli interventi normativi che introdurrebbero misure deflattive, prevedendo la possibilità della detenzione domiciliare per chi deve scontare un anno di pena residua e la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni; il terzo, infine, prevede l'assunzione di 2.000 nuovi agenti di polizia penitenziaria;
per quanto riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria, allo stato attuale, nonostante le ripetute richieste formalizzate in Commissione giustizia, né il Ministro della giustizia, né il Capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria hanno mai fornito, a quanto consta ai firmatari del presente atto di indirizzo, risposte specifiche alla richiesta di illustrazione dei dettagli delle linee portanti, programmatiche e di attuazione del piano di interventi; dell'assunzione dei 2.000 agenti di polizia carceraria non vi è traccia; dal punto di vista normativo, vi è stata solo l'approvazione della legge 26 novembre 2010, n. 199, «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», che ha potuto concludere il suo iter parlamentare grazie al forte senso di responsabilità e al concreto contributo del gruppo del Partito Democratico in Commissione giustizia, ma che, comunque, si pone come intervento emergenziale, addirittura temporaneo, e sicuramente non risolutore dell'angosciante problema del sovraffollamento carcerario e della certezza della pena;
la presente mozione si rende necessaria per dare un nuovo forte indirizzo alla «politica carceraria» del Governo,

impegna il Governo:

a ripensare il modello unico di istituto penitenziario attuale, posto che i detenuti per i quali si esige un elevato regime di sicurezza non raggiungono le 10 mila unità, mentre per gli altri detenuti, anche quelli di media sicurezza, la permanenza in cella come situazione normale di vita quotidiana ha come unico risultato l'abbrutimento della persona umana;
a reperire le risorse finanziarie per adeguare le piante organiche del personale di polizia penitenziaria, nonché del personale civile del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia (educatori, assistenti sociali, psicologi), avviando un nuovo piano di assunzioni che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie e che sia in grado di supportare l'auspicata riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione;
a promuovere la modifica del comma 1-bis dell'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario (modifica introdotta dalla legge cosiddetta ex-Cirielli), che preclude ai condannati recidivi reiterati l'accesso alla detenzione domiciliare negli ultimi due anni di pena, tenendo conto che è opportuno che l'effettiva pericolosità dei condannati possa essere rimessa alla valutazione della magistratura di sorveglianza senza irragionevoli preclusioni, nonché a rafforzare le piante organiche degli uffici di sorveglianza e a favorire, nell'ambito di una corretta collaborazione istituzionale, l'elaborazione di linee guida o di protocolli operativi utili a rendere chiara la legittimità di alcuni criteri di priorità nell'azione della magistratura di sorveglianza (così da consentire di gestire con intelligenza il flusso di ingressi in carcere);
ad effettuare un monitoraggio relativamente allo stato di applicazione, nonché agli effetti e ai risultati della legge 26 novembre 2010, n. 199, «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», valutando anche di procedere in collaborazione con il Consiglio superiore della magistratura e con il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, comunicandolo alle Camere, anche al fine di verificare la possibilità che la norma di cui all'articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199, abbia una validità non limitata nel tempo e che, quindi, la sua efficacia vada oltre il 31 dicembre 2013;
ad informare tempestivamente il Parlamento in merito allo stato di attuazione del piano carceri relativamente agli interventi di edilizia penitenziaria, per i quali il commissario straordinario, in base agli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2010, può procedere in deroga alle ordinarie competenze;
ad affrontare, con urgenza e decisione, le cause dell'elevato numero di morti e di suicidi in carcere ed i fenomeni di autolesionismo e di violenza in genere.
(1-00615)
«Ferranti, Amici, Tidei, Melis, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Andrea Orlando, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Touadi».
(11 aprile 2011)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
il problema principale per l'amministrazione della giustizia italiana resta la lentezza del sistema giudiziario che, di fatto, impedisce al cittadino di fruire della giustizia quale servizio di un moderno Stato democratico;
nel campo del processo civile sono stati ottenuti risultati encomiabili: nel 1980, infatti, l'arretrato civile, già allora considerato grave, era pari a 1.394.826 procedimenti, nel 1990 cresceva a 2.414.050 e nel 2000 raggiungeva il traguardo di 4.896.281 procedimenti. Il 31 dicembre 2009 si avvicinava alla soglia dei 6 milioni, segnando il record assoluto di 5.826.440 di arretrato pendente;
dopo anni di costante, quanto inesorabile, aumento della pendenza dell'arretrato, gli uffici della statistica del Ministero della giustizia hanno registrato nel 2010 un risultato straordinario: il numero dei processi civili pendenti, nel giugno del 2010, è sceso del 4 per cento, arrivando a 5.600.616 rispetto al 2009, con una diminuzione pari a meno 223.824 procedimenti, cosa che finalmente marca una decisa inversione del trend negativo;
quest'inversione di tendenza rappresenta un risultato non occasionale che trova la sua spiegazione nella convergenza di almeno tre fattori positivi introdotti dal Governo Berlusconi: le riforme in materia di processo civile, la sempre più completa informatizzazione degli uffici giudiziari, le modifiche normative delle spese di giustizia, in particolar modo della disciplina del contributo unificato che ha abbattuto sensibilmente il numero delle opposizioni a sanzioni amministrative;
i risultati ottenuti in campo civile non sono paragonabili a quelli registrati nel campo penale, dove la lentezza del processo continua ad essere un problema irrisolto. Nel settore penale, infatti, i dati segnalano una stabilità della pendenza con un modesto decremento, poiché si passa da 3 milioni e 335 mila procedimenti pendenti al 31 dicembre 2009 a 3 milioni e 290 mila al 30 giugno 2010: segno evidente della necessità di una maggiore incisività degli interventi sul processo penale;
particolarmente grave continua ad essere la condizione di molti cittadini in attesa di giudizio: drammatica, in particolare, quella dei detenuti in attesa di giudizio;
in questo contesto va, comunque, rilevato un dato in costante aumento, la sopravvenienza, cioè, dei procedimenti penali iscritti presso le procure della Repubblica contro indagati noti per reati di competenza delle direzioni distrettuali antimafia; un dato che registra un incremento del 10,5 per cento: la dimostrazione dell'impegno di questo Governo nella costante azione di contrasto alla criminalità organizzata, un impegno che ha portato a risultati mai raggiunti fino ad ora. Ad oggi, con questo Governo si registra il più alto numero di detenuti sottoposti al regime di cui al 41-bis dalla sua introduzione nell'ordinamento giuridico, il più alto numero di provvedimenti ministeriali di riapplicazione del citato regime del 41-bis dopo l'avvenuto annullamento disposto in sede giudiziaria dai tribunali di sorveglianza, il più basso numero di provvedimenti ministeriali di revoca del 41-bis da parte del Ministro della giustizia;
con il IV Governo Berlusconi si registra, inoltre: il più alto numero di posti di magistrati messi a concorso in soli due anni (ben 713, cui si aggiungono i 253 magistrati già assunti nel 2010, per complessive 966 unità); il più alto numero di posti di agenti di polizia penitenziaria, ben 1.800, banditi in un solo concorso; il più alto numero di nuovi posti nelle strutture carcerarie, cioè 2.000 in due anni, equivalenti al numero di nuovi posti che erano stati istituiti nei dieci anni precedenti. Il tutto senza che la gestione del tragico record di presenza nelle carceri abbia indotto al ricorso di provvedimenti generalizzati di clemenza, che quando adottati, anche nel recente passato, si sono dimostrati del tutto inefficaci;
negli ultimi dodici mesi si sono registrati risultati significativi in materia di organizzazione dei servizi e di potenziamento del sistema carcerario, nonostante i tagli determinati a livello globale dalla contingente crisi economica sui bilanci di ciascuna amministrazione pubblica;
il 2010 ha segnato un decisivo avanzamento delle tre linee di intervento su cui si articola l'azione del Governo nella delicata materia della gestione delle carceri: la deflazione dei flussi d'ingresso nel sistema carcerario e le misure alternative alla detenzione, il piano di interventi di edilizia penitenziaria, la rideterminazione della pianta organica della polizia penitenziaria;
con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 marzo 2010 è stato nominato il commissario delegato per l'esecuzione degli interventi di edilizia penitenziaria di cui al cosiddetto piano carceri. Il 30 giugno 2010 il comitato interministeriale, presieduto dal Ministro della giustizia, ha approvato il piano degli interventi che prevede la realizzazione di undici nuovi istituti carcerari e di venti nuovi padiglioni in ampliamento delle strutture carcerarie esistenti. Si è dato così avvio ad un intervento infrastrutturale senza precedenti nella storia della Repubblica, sia per l'entità degli investimenti - 675 milioni di euro - sia per la tempistica della loro esecuzione, cioè nell'arco di un triennio, sia per la portata strategica volta a soddisfare un fabbisogno carcerario pari a circa 9.150 posti, in esecuzione della sola prima parte del piano;
tra il mese di luglio 2010 ed il mese di gennaio del 2011 sono state concluse quattro intese istituzionali tra il commissario delegato, le regioni ed i comuni interessati, per un ammontare di intese che coprono circa il 75 per cento del volume complessivo degli investimenti previsti nel piano carceri. Tali intese consentono la realizzazione degli interventi carcerari con le deroghe e le varianti ai vigenti strumenti urbanistici che si rendono necessari, il tutto secondo tempistiche e procedure di massima celerità e snellezza, sempre nel rispetto del dialogo con le autorità locali ed i soggetti cui è affidata la tutela dei regimi vincolistici del territorio. Senza tale regime derogatorio sarebbe stato impossibile provvedere alla localizzazione dei nuovi interventi ed alle necessarie varianti propedeutiche all'esecuzione degli ampliamenti in tempi così straordinariamente ristretti;
al di là del piano carceri si è, comunque, continuato a lavorare. Nel 2010, sono stati portati a completamento i lavori di ristrutturazione e di costruzione dei nuovi padiglioni di diverse strutture carcerarie, si è lavorato e si continua a lavorare per garantire la creazione di nuovi posti e condizioni di vivibilità per i detenuti sempre migliori;
contemporaneamente si è agito sul piano della riprogettazione della pianta organica della polizia penitenziaria, sono stati portati a termine i concorsi pendenti e si è dato corso all'immissione dei vincitori in graduatoria nell'amministrazione penitenziaria;
con l'articolo 4 della legge n. 199 del 2010 è stata autorizzata l'assunzione di circa 1.800 unità di polizia penitenziaria a copertura dell'aumentato fabbisogno connesso al fisiologico avvicendamento ed all'apertura delle nuove strutture carcerarie. In coordinamento con tale disposizione è stato, altresì, favorito il finanziamento di progetti mirati al recupero dei ristretti, anche tramite l'attivazione di nuovi posti di lavoro presso le case circondariali;
si è poi cercato di aumentare l'impegno nella gestione delle misure di esecuzione penale esterna ed anche in questo caso l'azione del Governo pare dare buoni frutti: si registra, infatti, nel 2010 un incremento del 29,5 per cento rispetto al 2009, dei detenuti interessati da tale misura, incremento destinato ad un'ulteriore crescita per gli effetti della legge n. 199 del 2010;
in questo quadro vanno ricordati due importanti interventi legislativi: la legge n. 199 del 2010, nella parte in cui introduce nuove disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno, e il decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161, che attua una decisione quadro europea in materia di trasferimento delle persone condannate. L'Italia, va sottolineato, è il primo Stato ad avere dato attuazione a questo importante strumento di cooperazione giudiziaria, che consente di trasferire le persone condannate dall'Italia verso lo Stato membro di cittadinanza e viceversa per l'esecuzione delle pene detentive. Per la prima volta il trasferimento potrà avvenire senza un previo accordo con lo Stato estero di cittadinanza del condannato e senza il consenso della persona. Si realizza così un duplice obiettivo: da una parte, si consente al condannato di scontare la pena detentiva in un contesto, e cioè lo Stato di cittadinanza, che ne agevola il reinserimento sociale, familiare e lavorativo; dall'altra, insieme ad altre misure contenute nel piano carceri, si avvia a soluzione lo storico problema della tensione detentiva, riducendo il numero degli stranieri detenuti in Italia;
con specifico riferimento al personale penitenziario deve essere ricordato che, anche su tale fronte, il Governo si è attivato con più interventi. La legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)» facendo un'eccezione al generalizzato blocco del turnover, consente negli anni 2010, 2011 e 2012 l'assunzione di personale nel limite del contingente di quello cessato dal servizio nel corso dell'anno precedente. Inoltre, è stato firmato in data 4.12.2010 il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di autorizzazione all'assunzione di 760 unità nel ruolo degli agenti e assistenti del Corpo di polizia penitenziaria relativa al cosiddetto turnover anno 2010 (cessazioni di personale anno 2009);
la legge 26 novembre 2010, n. 199, recante «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno» che all'articolo 4, comma 1, lettera b) prevede: «l'adeguamento dell'organico del Corpo di polizia penitenziaria occorrente per fronteggiare la situazione emergenziale in atto. A tale ultimo fine e per assicurare, inoltre, la piena operatività dei relativi servizi, il Ministro della giustizia è autorizzato all'assunzione di personale nel ruolo degli agenti e assistenti del Corpo di polizia penitenziaria (...)». Già durante l'iter di approvazione della citata legge, al fine di accelerare i tempi per le necessarie procedure, sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale due concorsi per l'assunzione di 100 unità nel ruolo femminile e 500 unità nel ruolo maschile degli agenti ed assistenti del Corpo di polizia penitenziaria. Il numero dei posti di tali concorsi potrà essere modificato in ragione dell'individuazione e destinazione dei fondi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), della legge n. 199 del 2010;
relativamente, invece, agli assistenti sociali è stato richiesta dal dipartimento della funzione pubblica, per l'anno 2011, l'autorizzazione ad assumere, tramite procedure di mobilità da altre amministrazioni, 24 funzionari;
per quanto riguarda ancora l'implementazione delle misure alternative, si evidenzia che nel corso della presente legislatura sono state assunte specifiche iniziative legislative volte ad incentivarne il ricorso e a ridurre il tasso di carcerizzazione negli istituti di pena del Paese: si collocano all'interno di tale orientamento sia la legge 26 novembre 2010 n. 99, che il disegno di legge n. 3291ter, ancora all'esame degli organi parlamentari;
per quanto riguarda, ancora, la legge n. 199 del 2010, questa prevede che, non oltre il 31 dicembre 2013, la pena detentiva non superiore a dodici mesi, anche se costituente parte residua di maggiore pena, è eseguita presso l'abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza. Si tratta di una misura a carattere transitorio prevista proprio per attenuare il sovraffollamento carcerario, tendente a favorire il reinserimento sociale ed applicabile quando non sussistono specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa allontanarsi dal domicilio dichiarato e commettere altri delitti;
il completamento dell'attuazione del piano carceri e la valorizzazione delle potenzialità offerte dalla legge n. 199 del 2010 in materia di detenzione domiciliare sono obiettivi fondamentali del Governo,

impegna il Governo:

a proseguire nell'attività intrapresa, dando seguito alla completa realizzazione dei nuovi istituti penitenziari ed alla programmata assunzione di nuovo personale;
a ridurre il sovraffollamento nelle carceri e migliorare le condizioni di vita dei ristretti;
a dare concreta attuazione ai principi costituzionali in materia di esecuzione della pena, sotto il profilo sia dell'umanizzazione, che della finalità rieducativa della stessa;
ad estendere la concreta applicazione del vigente principio di territorialità della pena, in modo da consentire ai detenuti - non connotati da un elevato grado di pericolosità - di conservare il patrimonio affettivo ed i legami familiari;
a favorire una migliore applicazione dei criteri di distinzione tra i detenuti, al fine di diversificare le offerte trattamentali approntate dall'amministrazione penitenziaria, in base all'effettiva pericolosità dei ristretti ed ai tempi di detenzione;
a realizzare nuovi e diversificati progetti socio-trattamentali per sviluppare le potenzialità lavorative e professionali dei detenuti e per incentivarne l'impiego in settori di interesse sociale, onde favorirne il reinserimento nella società civile a pena espiata;
ad assicurare la concreta attuazione del principio di effettività della pena anche attraverso lo sviluppo in ambito carcerario di più efficaci e moderni sistemi di controllo dei detenuti, anche al fine di agevolare il lavoro della polizia penitenziaria;
a realizzare luoghi di lavoro più consoni alla dignità dei dipendenti impegnati nell'esercizio delle diverse attività professionali all'interno degli istituti penitenziari;
ad incrementare la dotazione organica del personale di polizia penitenziaria, così da renderne meno gravosa l'attività lavorativa.
(1-00616)
«Costa, Lussana, Belcastro, Baldelli, Cassinelli, Nicola Molteni, Contento, Follegot, D'Ippolito Vitale, Isidori, Garagnani, Paolini, Ghedini, Girlanda, Holzmann, Paniz, Papa, Pittelli, Repetti, Mariarosaria Rossi, Scelli, Sisto, Torrisi, Vitali».
(11 aprile 2011)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

MOZIONE PESCANTE ED ALTRI N. 1-00567 CONCERNENTE INIZIATIVE PER LA TUTELA E LA PROMOZIONE DELLA LINGUA ITALIANA NELLE ISTITUZIONI DELL'UNIONE EUROPEA

Mozione

La Camera,
premesso che:
si registrano numerose e crescenti violazioni del regime linguistico dell'Unione europea, in contrasto con il principio di non discriminazione in base alla nazionalità e quindi alla lingua, di cui all'articolo 18 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e in violazione del regolamento del Consiglio n. 1 del 1958;
è, infatti, crescente il ricorso, sia nelle prassi interne delle istituzioni dell'Unione europea sia nella disciplina di specifici istituti giuridici, ad inglese, francese e tedesco quali lingue di lavoro o di comunicazione con gli Stati membri e i loro cittadini;
tali pratiche determinano un'ingiustificata discriminazione a vantaggio dei membri e dei funzionari delle istituzioni dell'Unione europea provenienti dai Paesi aventi quale lingua madre inglese, francese e tedesco e dei relativi cittadini ed imprese e a danno di quelli provenienti dagli altri Stati membri;
l'affermazione del trilinguismo appare, inoltre, suscettibile di incidere negativamente sul ruolo dell'Italia nel processo di integrazione europea e sulla competitività del sistema produttivo italiano, che è costretto a sostenere costi di traduzione ulteriori rispetto alle imprese dei Paesi che utilizzano una delle tre lingue in questione;
relativamente al funzionamento interno delle strutture amministrative delle istituzioni europee, le esigenze di riduzione dei costi di traduzione e di semplificazione possono giustificare il ricorso ad una o due lingue veicolari, quali l'inglese e, in alcuni ambiti, il francese;
il ricorso ad inglese, francese e tedesco appare, invece, del tutto ingiustificato anche sul piano pratico, essendo esso fonte di costi di traduzione e interpretariato non necessari ad assicurare l'efficace funzionamento delle istituzioni dell'Unione europea;
tali costi sono, peraltro, interamente a carico del bilancio dell'Unione europea, finanziato da tutti gli Stati membri, configurando un ulteriore elemento di iniquità;
è di particolare gravità in questo contesto la trasmissione alle amministrazioni dei Parlamenti nazionali di comunicazioni dell'amministrazione del Parlamento europeo redatte in inglese, francese e tedesco. L'uso di tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea, oltre a rispondere a precisi obblighi imposti dal Trattato, è un presupposto imprescindibile per sviluppare ulteriormente, su un piano di parità, le relazioni tra le istituzioni dell'Unione europea ed i Parlamenti nazionali, nonché per consolidare la cooperazione interparlamentare;
anche nell'attività amministrativa e di documentazione del Parlamento europeo è, peraltro, crescente il ricorso di fatto alle tre lingue sopra indicate, a fronte di una prassi consolidata che prevedeva per evidenti esigenze di semplificazione e contenimento dei costi l'utilizzo delle lingue veicolari inglese e francese. Persino il sito intranet del Parlamento europeo include dal 2009 quali lingue di navigazione l'inglese, il francese e il tedesco;
la Camera ha in più occasioni, da ultimo nella risoluzione Pescante ed altri (n. 6-00043), approvata il 13 luglio 2010, impegnato il Governo ad opporsi ai tentativi di imporre inglese, francese e tedesco quali «lingue di lavoro» di altre istituzioni ed organi dell'Unione europea;
con documento finale approvato il 22 dicembre 2010, la Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati ha espresso una valutazione fermamente contraria sulla proposta di regolamento relativa al regime di traduzione del brevetto dell'Unione europea (COM(2010)350 def), in quanto essa prevede che il brevetto unico sia richiesto e rilasciato esclusivamente in inglese, francese o tedesco;
l'illegittimità del trilinguismo è stata, per alcuni profili, riconosciuta nella sentenza resa nella causa T-205/07, il 3 febbraio 2011, dal tribunale dell'Unione europea, che, accogliendo un ricorso dell'Italia, ha annullato un invito a manifestare interesse per la costituzione di un elenco di candidati ai fini dell'assunzione di agenti contrattuali delle istituzioni europee, pubblicato dall'Ufficio di selezione del personale dell'Unione europea (Epso) nelle lingue tedesca, inglese e francese. La sentenza ha, infatti, dichiarato che la pubblicazione dell'invito nelle sole tre lingue in questione costituisce una discriminazione fondata sulla lingua tra i potenziali candidati, contraria al diritto dell'Unione europea;
occorre che l'Italia elabori una strategia organica e coerente per la tutela e la promozione della lingua italiana nell'Unione europea, nonché in altre organizzazioni internazionali e sovranazionali;
a questo scopo è necessario ed urgente che i membri italiani delle istituzioni ed organi dell'Unione europea contrastino con forza ogni tentativo di violazione del regime linguistico previsto dai Trattati,

impegna il Governo:

a contrastare con intransigenza ogni tentativo di violazione del regime linguistico delle istituzioni dell'Unione europea e di marginalizzazione della lingua italiana, ricorrendo, ove necessario, anche agli strumenti giurisdizionali disponibili;
a definire, in stretto raccordo con le Camere, una strategia organica per la tutela e la promozione della lingua italiana nelle istituzioni dell'Unione europea;
ad opporsi, in particolare, al tentativo di affermare il ricorso alle sole lingue inglese, francese e tedesco nel funzionamento, anche al solo livello amministrativo, di ogni istituzione ed organo dell'Unione europea e a valutare l'opportunità di utilizzare un criterio oggettivo che, limitando le lingue di lavoro entro un numero massimo di sei, tenga conto del numero effettivo di parlanti all'interno dell'Unione europea;
a sostenere, nei casi in cui le esigenze di riduzione dei costi e di miglior funzionamento delle strutture amministrative delle istituzioni ed organi dell'Unione europea lo giustifichino ed il criterio precedentemente esposto non venga recepito, il ricorso alla sola lingua inglese, in quanto lingua veicolare di gran lunga più diffusa a livello europeo e globale;
a concordare, con altri Paesi che sarebbero gravemente penalizzati, al pari dell'Italia, dall'adozione del trilinguismo, tutte le iniziative appropriate per assicurare il rispetto del principio della pari dignità delle lingue ufficiali dell'Unione europea.
(1-00567)
(Nuova formulazione) «Pescante, Pini, Farinone, Formichella, Gozi, Maggioni, Porcino, Razzi, Scalia, Dell'Elce, Fucci, Nicolucci, Gottardo, Ronchi, Buttiglione, Centemero, Consiglio».

La Camera,
premesso che:
si registrano numerose e crescenti violazioni del regime linguistico dell'Unione europea, in contrasto con il principio di non discriminazione in base alla nazionalità e quindi alla lingua, di cui all'articolo 18 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e in violazione del regolamento del Consiglio n. 1 del 1958;
è, infatti, crescente il ricorso, sia nelle prassi interne delle istituzioni dell'Unione europea sia nella disciplina di specifici istituti giuridici, ad inglese, francese e tedesco quali lingue di lavoro o di comunicazione con gli Stati membri e i loro cittadini;
tali pratiche determinano un'ingiustificata discriminazione a vantaggio dei membri e dei funzionari delle istituzioni dell'Unione europea provenienti dai Paesi aventi quale lingua madre inglese, francese e tedesco e dei relativi cittadini ed imprese e a danno di quelli provenienti dagli altri Stati membri;
l'affermazione del trilinguismo appare, inoltre, suscettibile di incidere negativamente sul ruolo dell'Italia nel processo di integrazione europea e sulla competitività del sistema produttivo italiano, che è costretto a sostenere costi di traduzione ulteriori rispetto alle imprese dei Paesi che utilizzano una delle tre lingue in questione;
relativamente al funzionamento interno delle strutture amministrative delle istituzioni europee, le esigenze di riduzione dei costi di traduzione e di semplificazione possono giustificare il ricorso ad una o due lingue veicolari, quali l'inglese e, in alcuni ambiti, il francese;
il ricorso ad inglese, francese e tedesco appare, invece, del tutto ingiustificato anche sul piano pratico, essendo esso fonte di costi di traduzione e interpretariato non necessari ad assicurare l'efficace funzionamento delle istituzioni dell'Unione europea;
tali costi sono, peraltro, interamente a carico del bilancio dell'Unione europea, finanziato da tutti gli Stati membri, configurando un ulteriore elemento di iniquità;
è di particolare gravità in questo contesto la trasmissione alle amministrazioni dei Parlamenti nazionali di comunicazioni dell'amministrazione del Parlamento europeo redatte in inglese, francese e tedesco. L'uso di tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea, oltre a rispondere a precisi obblighi imposti dal Trattato, è un presupposto imprescindibile per sviluppare ulteriormente, su un piano di parità, le relazioni tra le istituzioni dell'Unione europea ed i Parlamenti nazionali, nonché per consolidare la cooperazione interparlamentare;
anche nell'attività amministrativa e di documentazione del Parlamento europeo è, peraltro, crescente il ricorso di fatto alle tre lingue sopra indicate, a fronte di una prassi consolidata che prevedeva per evidenti esigenze di semplificazione e contenimento dei costi l'utilizzo delle lingue veicolari inglese e francese. Persino il sito intranet del Parlamento europeo include dal 2009 quali lingue di navigazione l'inglese, il francese e il tedesco;
la Camera ha in più occasioni, da ultimo nella risoluzione Pescante ed altri (n. 6-00043), approvata il 13 luglio 2010, impegnato il Governo ad opporsi ai tentativi di imporre inglese, francese e tedesco quali «lingue di lavoro» di altre istituzioni ed organi dell'Unione europea;
con documento finale approvato il 22 dicembre 2010, la Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati ha espresso una valutazione fermamente contraria sulla proposta di regolamento relativa al regime di traduzione del brevetto dell'Unione europea (COM(2010)350 def), in quanto essa prevede che il brevetto unico sia richiesto e rilasciato esclusivamente in inglese, francese o tedesco;
l'illegittimità del trilinguismo è stata, per alcuni profili, riconosciuta nella sentenza resa nella causa T-205/07, il 3 febbraio 2011, dal tribunale dell'Unione europea, che, accogliendo un ricorso dell'Italia, ha annullato un invito a manifestare interesse per la costituzione di un elenco di candidati ai fini dell'assunzione di agenti contrattuali delle istituzioni europee, pubblicato dall'Ufficio di selezione del personale dell'Unione europea (Epso) nelle lingue tedesca, inglese e francese. La sentenza ha, infatti, dichiarato che la pubblicazione dell'invito nelle sole tre lingue in questione costituisce una discriminazione fondata sulla lingua tra i potenziali candidati, contraria al diritto dell'Unione europea;
occorre che l'Italia elabori una strategia organica e coerente per la tutela e la promozione della lingua italiana nell'Unione europea, nonché in altre organizzazioni internazionali e sovranazionali;
a questo scopo è necessario ed urgente che i membri italiani delle istituzioni ed organi dell'Unione europea contrastino con forza ogni tentativo di violazione del regime linguistico previsto dai Trattati,

impegna il Governo:

a contrastare con intransigenza ogni tentativo di violazione del regime linguistico delle istituzioni dell'Unione europea e di marginalizzazione della lingua italiana, ricorrendo, ove necessario, anche agli strumenti giurisdizionali disponibili;
a definire, in stretto raccordo con le Camere, una strategia organica per la tutela e la promozione della lingua italiana nelle istituzioni dell'Unione europea;
ad opporsi, in particolare, al tentativo di affermare il ricorso alle sole lingue inglese, francese e tedesco nel funzionamento, anche al solo livello amministrativo, di ogni istituzione ed organo dell'Unione europea e a valutare l'opportunità di utilizzare un criterio oggettivo che, limitando le lingue di lavoro entro un numero massimo di sei, tenga conto del numero effettivo di parlanti all'interno dell'Unione europea;
a sostenere, nei casi in cui le esigenze di riduzione dei costi e di miglior funzionamento delle strutture amministrative delle istituzioni ed organi dell'Unione europea lo giustifichino ed il criterio precedentemente esposto non venga recepito, il ricorso, oltre alla lingua della presidenza di turno, alla sola lingua inglese, in quanto lingua veicolare di gran lunga più diffusa a livello europeo e globale, ed eventualmente alla lingua francese, se compatibile con le predette esigenze;
a concordare, con altri Paesi che sarebbero gravemente penalizzati, al pari dell'Italia, dall'adozione del trilinguismo, tutte le iniziative appropriate per assicurare il rispetto del principio della pari dignità delle lingue ufficiali dell'Unione europea.
(1-00567) (Ulteriore nuova formulazione) «Pescante, Gozi, Maggioni, Buttiglione, Ronchi, Razzi, Porcino, Pini, Farinone, Formichella, Scalia, Dell'Elce, Fucci, Nicolucci, Gottardo, Centemero, Consiglio».
(23 febbraio 2011)