XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 469 di giovedì 28 aprile 2011

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 9,30.

EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

Sul processo verbale (ore 9,38).

RICARDO FRANCO LEVI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RICARDO FRANCO LEVI. Signor Presidente, vorrei intervenire sul processo verbale ancorché ciò che sto per dire non valga né a modifica dello stesso né tanto meno a modifica del risultato della votazione di ieri.
Vorrei segnalare che nella votazione sulle pregiudiziali, per un errore tecnico del quale non mi so dare ragione, non è stato registrato il mio voto. Questo risulta anche nel resoconto stenografico dove non compare un voto a favore della pregiudiziale. Vorrei che risultasse agli atti.

PRESIDENTE. Se non vi sono ulteriori osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Bonaiuti, Bongiorno, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Cicchitto, Colucci, Cossiga, Crimi, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Franceschini, Frattini, Gelmini, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lamorte, Lo Monte, Mantovano, Meloni, Migliavacca, Mura, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Saglia, Sardelli, Stucchi, Tabacci, Tremonti e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 9,40).

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, vorrei sottoporre alla sua attenzione ed a quella di tutte le colleghe e i colleghi deputati una gravissima situazione, ormai intollerabile, che si sta verificando, ahimè, a Napoli e in Campania, determinata da un'emergenza rifiuti che da diciassette anni non accenna a terminare.
Ieri, signor Presidente, tra le strade di Napoli si registrava addirittura la presenza di duemila tonnellate di rifiuti che debordavano Pag. 2dalle strade e dai luoghi pubblici, altre cinquemila tonnellate debordavano dalla provincia di Napoli: insomma la provincia di Napoli soccombe oggi sotto settemila tonnellate di rifiuti.
Signor Presidente, c'è una responsabilità politica in tutto ciò determinata soprattutto dal micidiale consociativismo che da diciassette anni la politica bassoliniana e cosentiniana hanno causato a Napoli e in Campania.
A noi del gruppo Italia dei Valori non basta sentire che i bassoliniani e cosentiniani sono alla sbarra per disastro ambientale, per epidemia colposa e addirittura per associazione camorristica per attività connesse alla gestione dei rifiuti.
Noi non vogliamo aspettare l'intervento dei magistrati né tanto meno aspettare le sentenze dei giudici. È per questa ragione che il gruppo Italia dei Valori, come sta facendo ormai da anni, vi spinge a prendere iniziative da oggi per eliminare questo disastro a Napoli.
Gli albergatori, i ristoratori, chi svolge attività turistica a Napoli ha avuto, nel periodo di Pasqua, un danno inenarrabile, per non parlare della salute pubblica che è a rischio a Napoli e in Campania. È per questa ragione che noi richiediamo un intervento, anzi chiediamo la responsabilità della politica perché già oggi le prospettive non sono buone a Napoli. Infatti quel consociativismo continua in quanto le candidature di Lettieri e Morcone sono la continuazione di quel consociativismo micidiale. Per tale motivo stamattina sollecito il Governo affinché si dichiari immediatamente lo stato di emergenza per la situazione rifiuti a Napoli ed in Campania.
Signor Presidente, se noi non siamo in grado, come Governo, di governare le problematiche che sono nel nostro Paese - vedi emergenza rifiuti a Napoli -, come fa il nostro Governo a preoccuparsi di risolvere i problemi della Libia, bomba o non bomba, esercito o non esercito? Cosa andiamo a fare in Libia se non sappiamo risolvere i problemi di casa nostra? Come vogliamo preoccuparci di risolvere i problemi degli altri Paesi?
Per questo invito il Governo con questa mia ultima chiamata perché ormai a Napoli, leggo stamattina sui giornali, c'è la guerriglia nelle strade perché i cittadini non ne possono più.
Stamattina si parla di SOS Napoli, perché ormai i cittadini devono convivere, circolare e transitare tra i rifiuti, tra questi miasmi insopportabili. In un Paese civile e democratico tutto ciò non è consentito, e per questa ragione, concludo così, invitando il Governo, anziché pensare ad inviare bombe in Libia o a nominare nuovi sottosegretari e a distrarsi con nuovi «papponi» da portare al Governo, a pensare all'emergenza rifiuti, perché i napoletani non ne possono più, non è più consentita questa situazione che stanno vivendo sulle loro spalle.
Concludo così, signor Presidente, perché, se devono piangere i figli di Napoli, vi dico che farò piangere i figli di questi disgraziati governanti, che stanno assassinando Napoli.

GIULIANO CAZZOLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, siamo ai pianti. Queste ultime parole del collega aprono in qualche modo il breve intervento che volevo svolgere, perché nei giorni scorsi sei deputati abruzzesi del Popolo della Libertà: Scelli, Pelino, Dell'Elce, Castellani, Aracu e De Angelis, hanno visto la loro effige su un manifesto a firma delle collettivo Mafalda. Oltre alla stampa locale ne ha dato breve notizia, in un trafiletto, il Corriere della Sera.
Sotto le foto, a proposito di pianti, una scritta augura loro di provare lo stesso dolore provato dalle vittime del terremoto. La colpa di questi deputati è quella di aver votato, nel bene e nel male, esercitando un loro diritto e una loro convinzione, la legge sulla prescrizione breve, nelle scorse settimane, quando abbiamo discusso e votato questo provvedimento.
In sostanza non trovo un'altra espressione - se è un'espressione dura me ne Pag. 3scuso con lei, che è sempre così gentile -, ma credo che siamo alle liste di proscrizione.
Signor Presidente, negli stessi giorni altri manifesti in altre città hanno fatto molto discutere e sollevato critiche autorevoli e giuste. Non voglio fare paragoni perché dal mio punto di vista gli errori non si compensano a vicenda, ma restano errori, chiunque li commetta. Credo, però, che questi sei colleghi meritino un po' di solidarietà che, fino ad ora, nessuno gli ha dato (Applausi del deputato Pili).

Discussione del documento: Documento di economia e finanza 2011 (Doc. LVII n. 4) (ore 9,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del Documento di economia e finanza 2011.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 19 aprile 2011.
Ricordo che il procedimento si svolgerà secondo le modalità previste dall'articolo 118-bis del Regolamento, in base a quanto stabilito nel parere della Giunta per il Regolamento del 14 luglio 2010, parere il cui impianto risulta tuttora compatibile con le nuove procedure introdotte dalla legge 7 aprile 2011, n. 39, che ha da ultimo apportato modifiche alla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009.
In particolare, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo 118-bis, le risoluzioni riferite al Documento di economia e finanza devono essere presentate nel corso della discussione.
Il tempo complessivo per i relatori di minoranza, pari a 20 minuti, è stato ripartito per metà in parti uguali e per metà in proporzione alla consistenza dei gruppi di appartenenza, al fine di consentire a tutti i relatori di minoranza un tempo minimo congruo per l'illustrazione delle proprie posizioni.
Pertanto i tempi a disposizione dei relatori di minoranza risultano i seguenti: Baretta: 11 minuti; Ciccanti: 5 minuti; Borghesi: 4 minuti.

(Discussione - Doc. LVII, n. 4)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

LUIGI CASERO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire al termine della discussione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore per la maggioranza, onorevole Toccafondi.

GABRIELE TOCCAFONDI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il Documento oggi all'esame dell'Aula rappresenta il primo atto del nuovo ciclo di programmazione economica e finanziaria delineato in attuazione del cosiddetto semestre europeo dalla legge n. 39 del 2011 di modifica della legge di contabilità e finanza pubblica.
A seguito delle modifiche introdotte dalla disciplina di bilancio, il Documento di economia e finanza diviene così il principale strumento della programmazione economico-finanziaria e comprende lo schema del Programma di stabilità e lo schema del Programma nazionale di riforma. I contenuti specifici del Documento sono articolati in tre sezioni.
La prima espone lo schema del Programma di stabilità che contiene tutti gli elementi e le informazioni richieste dai regolamenti dell'Unione europea con specifico riferimento agli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico. La seconda parte contiene una sezione di dati e informazioni volte a individuare regole generali sull'evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche in linea con l'esigenza, evidenziata in Pag. 4sede europea, di individuare forme efficaci di controllo dell'andamento della spesa pubblica.
La terza sezione reca, infine, lo schema del cosiddetto PNR, ovvero Programma nazionale di riforma, che costituisce la più rilevante novità del Documento di economia e finanza. È questo un documento strategico che definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati nella nuova «Strategia europea 2020».
In tale ambito sono indicati lo stato di avanzamento delle riforme avviate, le priorità del Paese con le principali riforme da attuare, gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività, i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.
Come si può comprendere, le nuove regole del semestre europeo sono decisamente modificate. Il punto centrale resta sempre il debito da abbattere, ma i controlli e le azioni per analizzarlo, controllarlo o diminuirlo, sono modificate. La crisi internazionale, che ha colpito anche l'Europa, ci ha insegnato che le vecchie regole, le analisi e le forme di controllo adottate, non sono state di aiuto per comprendere cosa stava accadendo, soprattutto ad alcuni Paesi europei.
Cambiano le regole, quindi, diventano più stringenti, ma il semestre europeo non deve risolversi in un mero adeguamento procedurale, ma incidere anche sui contenuti del dibattito politico, favorendo l'adozione di quelle decisioni, talvolta non facili, ma alle quali è legato il futuro del Paese.
Nessuna regola potrà mai essere imposta totalmente. Le riforme devono essere condivise e deve essere compresa l'utilità soprattutto per le generazioni future, perché quello che la crisi ci ha insegnato è che occorrono riforme strutturali per affrontare i problemi e, in particolare, la riduzione del debito pubblico nazionale. Assume al riguardo particolare rilevanza il Programma nazionale di riforma quale strumento attuativo della nuova strategia europea.
Attraverso il PNR l'Unione europea intende sollecitare, promuovere e facilitare l'attuazione di determinati interventi nei singoli Stati membri, senza peraltro sostituirsi in alcun modo ai Governi e ai Parlamenti nazionali. È bene, innanzitutto, sottolineare come gli obiettivi della strategia europea coincidano pienamente con le priorità nazionali in materia di politica economica. Ciò vale, in particolare, per le riforme strutturali volte ad accrescere la competitività e la produzione del sistema Italia.
Il Programma nazionale di riforma rappresenta, quindi, un'importante occasione per avviare una discussione pubblica a partire dalle sedi parlamentari, ma con l'obiettivo di coinvolgere le forze economiche e sociali e sensibilizzare i cittadini sulle riforme necessarie a promuovere la crescita economica nella misura necessaria ad assicurare la stabilità dei conti pubblici.
Il coinvolgimento dell'opinione pubblica appare necessaria al fine di superare quelle resistenze che, va riconosciuto, hanno sino ad oggi ostacolato l'approvazione di una serie di riforme di carattere strutturale di cui pure il Paese ha estremamente bisogno.
L'Italia inoltre ha tutto l'interesse a sollecitare l'Unione europea a procedere nella direzione suddetta. L'Italia ha bisogno di riforme strutturali, ma è anche interessata a che gli altri Paesi membri facciano la propria parte per trarne i relativi benefici. Tornando al Documento di economia e finanza, segnalo in primo luogo che la prima sezione del Documento dà conto dell'andamento dell'economia mondiale, che nell'ultimo scorcio del 2010 ha registrato un rallentamento della crescita; nel 2011 dovrebbe invece riscontrarsi una crescita economica globale del 4 per cento ed un'espansione del commercio mondiale pari al 7,1 per cento. Per quanto riguarda l'economia italiana, il Documento registra gli effetti delle incertezze che caratterizzano le prospettive economiche Pag. 5mondiali, determinate dal difficile contesto internazionale e dall'esaurirsi delle politiche di stimolo fiscale e monetario che hanno caratterizzato il trascorso biennio. In questo contesto, rivedendo in senso prudenziale le stime contenute nella Decisione di finanza pubblica per gli anni 2011-2013, il Documento prevede una crescita del PIL dell'1,1 per cento per il 2011, dell'1,3 per cento per il 2012, dell'1,5 per cento per il 2013 e per il 2014 è prevista una crescita dell'1,6 per cento.
Per quanto concerne i risultati del 2010, il Documento evidenzia come l'economia italiana sia cresciuta dell'1,3 per cento, ad un tasso analogo a quello registrato da altri Paesi europei, leggermente superiore a quanto stimato nella Decisione di finanza pubblica presentata a settembre 2010. In particolare, nel 2012, come richiesto dalla Commissione europea per la chiusura della procedura per il disavanzo eccessivo aperta contro l'Italia nel 2009, il saldo strutturale scenderà sotto la soglia del 3 per cento, attestandosi intorno al 2,2 per cento. Per quanto riguarda il debito pubblico, il Documento prevede che nell'anno in corso il rapporto tra debito e PIL passi al 120 per cento per poi iniziare un progressivo calo, arrivando nel 2014 ad una previsione debito, PIL pari al 112,8 per cento.
Nel loro complesso, le indicazioni contenute nel Documento in ordine alle previsioni di finanza pubblica confermano l'opportunità degli orientamenti assunti in questi anni dal Governo, che ha portato avanti con coerenza una politica volta ad assicurare la stabilità e la solidità dei bilanci pubblici, che costituisce presupposto imprescindibile per una crescita duratura ed equa. Nel nostro Paese fra debito e crescita si confonde spesso la causa con l'effetto. C'è l'idea che non cresciamo e quindi non ci sono avanzi per diminuire il debito. Forse la questione sta esattamente all'opposto: abbiamo un debito che non ci consente di crescere. Quindi mettere i conti in ordine è coerente affinché la crescita sia reale e duratura, altrimenti il rischio è quello di crescere ma solo per pagare più interessi sul debito pubblico.
Venendo al Programma nazionale di riforma contenuto nel Documento, ricordo che in vista dell'avvio del semestre europeo del gennaio 2011, l'Italia ha già presentato lo scorso autunno, come stabilito per ciascuno Stato membro dalla Commissione europea per la fase transitoria, un progetto preliminare di Programma nazionale di riforma, in merito al quale la Commissione bilancio si è espressa con una risoluzione votata all'unanimità. Tale risoluzione indicava alcune questioni ritenute essenziali, ovvero quella meridionale, quella fiscale, quella nucleare e quella legale, per favorire la crescita senza incrementare il disavanzo e nel rispetto dei vincoli di riduzione del debito pubblico. Sono riforme, quelle contenute nel Programma nazionale di riforma, che consentono la crescita. Crescita rappresenta la parola d'ordine di ogni intervento sul tema economico che riguarda il nostro Paese, ma occorre anche dire che la parola crescita deve necessariamente avere bisogno di risorse.
Il bilancio pubblico può costituire la base per giusti interventi pubblici riferiti alla crescita solo nei limiti in cui l'economia reale crea un'effettiva disponibilità di risorse. I dati economici e finanziari del nostro Paese, soprattutto negli ultimi anni, ci dicono che la situazione economica non consente l'espansione degli interventi pubblici, ma che è sempre più urgente abbattere il debito pubblico, vera e propria zavorra per il Paese e la sua economia. Per decenni abbiamo speso più delle nostre possibilità, con effetti negativi che stiamo pagando tuttora.
La ricchezza, prima di essere distribuita, va creata. La redistribuzione di ciò che non c'è, ci fa sicuramente sentire più uguali, ma nel senso di più poveri, non creando per questo le maggiori eguaglianze che il nostro Paese vuole raggiungere. Conclusivamente, ritengo che il Documento al nostro esame - pur essendo il primo redatto nella vigenza delle nuove regole nazionali ed europee - abbia ben interpretato lo spirito del semestre europeo e consentirà all'Italia di presentarsi con stime e riforme credibili, destinate ad Pag. 6essere implementate nei prossimi anni, ma che potranno sicuramente essere oggetto di positiva valutazione da parte dell'istituzione europea e degli Stati membri.
Come emerso anche nel corso delle audizioni svoltesi in Commissione, le previsioni contenute nel Documento di economia e finanza sono state stilate secondo criteri estremamente prudenziali, garantendo in tal modo la credibilità del nostro Paese nei contesti europei e nei mercati internazionali. Le problematiche individuate nel Documento e le riforme indicate per farvi fronte sono il frutto di un'analisi che largamente coincide con i documenti approvati unanimemente dalla Commissione bilancio in questi mesi. Mi auguro che lo spirito di collaborazione possa proseguire perché è opinione di tutti che l'Italia abbia assoluto bisogno di riforme strutturali e che le riforme si fanno insieme (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Toccafondi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Baretta.

PIER PAOLO BARETTA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, la discussione di oggi avrebbe meritato una ben maggiore attenzione da parte della Camera dei deputati e dell'opinione pubblica. Le scelte che stiamo per compiere potranno segnare le prospettive economiche e sociali del nostro Paese alla luce della nuova governance europea oltre l'attuale negativa congiuntura. Il punto di partenza deve essere l'affermarsi di una cultura economica che prenda coscienza del fatto che misure di stabilizzazione necessarie e coraggiose non raggiungeranno l'obiettivo inderogabile del risanamento della finanza pubblica senza una robusta crescita economica che favorisca condizioni generali di benessere materiale, di progresso civile, di equità sociale e di riequilibrio territoriale.
È l'assenza di questa prospettiva la critica principale che rivolgiamo al Documento di economia e finanza, che peraltro non poteva che essere costruito così, essendo dall'inizio della legislatura - sono passati ormai tre anni ed un bilancio si impone - che il Governo traccheggia tra un risanamento incompiuto ed crescita non perseguita. Si tratta di un buco strategico derivato dal confronto tra la durezza della situazione economica e sociale che la crisi ha esasperato e, da un lato, l'illusione ottica del «tutto va bene» dispensata dalla propaganda del Premier e, dall'altro, l'evidente e rassegnato pessimismo del Ministro Tremonti sulla possibilità dell'Europa, e ancor più dell'Italia, di competere nel nuovo scenario globale.
L'esito è un imprevisto quanto tardivo realismo. Il programma di stabilità rivede al ribasso le valutazioni contenute nel precedente Documento di finanza pubblica. Si mantiene per tutto il periodo ampiamente al di sotto della crescita del 2 per cento prevista allora. Come rilevato anche dalla Corte dei conti, il debito pubblico è pari al 120 per cento del PIL nel 2011 e scende al 119 per cento nel 2012. L'indebitamento è al 3,9 per cento nel 2011 e al 2,7 per cento nel 2012. La pressione fiscale è francamente eccessiva, il 42,6 per cento, e si aggiunge un'ulteriore forte caduta degli investimenti pubblici, 28 miliardi rispetto ai 32 del 2010. In questo quadro, il Governo ineffabilmente prevede di rinviare al biennio 2013-2014 ovvero, sia detto neanche tanto per inciso, alla prossima legislatura, l'onere di una massiccia manovra di circa 2 o 3 punti di PIL, pari a 20,3 miliardi di euro nel 2013 e 40 miliardi nel 2014.
Si tratta di un aggiustamento che si profila di gran lunga superiore a quello compiuto per rispettare i parametri di Maastricht e per poter partecipare fin dall'inizio alla moneta unica europea, mentre per il prossimo biennio 2011-2012 ci si affida all'andamento spontaneo dell'economia e della finanza, non essendo previsti stimoli alla crescita, nuove misure Pag. 7strutturali di riforma, interventi di contenimento del disavanzo né azioni di riqualificazione della spesa. Il Governo prevede però, senza fornire indicazioni precise, tagli alla spesa dall'1 al 2 per cento l'anno. Nel complesso, tra il 2010 e il 2014 la spesa primaria corrente si ridurrebbe, in termini reali, di quasi il 7 per cento. C'è da chiedersi se sarà possibile raggiungere questi obiettivi e se non bisognerà prevedere un negoziato con la Commissione europea per una diversa modulazione degli obiettivi. Se dunque la variabile principale ai fini della stabilità finanziaria è la crescita, il Programma nazionale di riforma appare lo specchio dei limiti e dell'inefficacia della politica del Governo. Il PNR infatti solo in parte fa programmi o disegna riforme future, piuttosto ripropone azioni già intraprese attribuendogli meriti che non abbiamo visto. Per il resto, solo obiettivi modestissimi che non recuperano il gap con l'Europa anzi, come ha rilevato l'ISTAT, con queste scelte nel 2020 diventeremo il fanalino di coda della Comunità.
Non intendo, signor Presidente, entrare più di tanto nel merito dei punti del Documento, rinviando alla lettura della relazione scritta consegnata e alla risoluzione che abbiamo presentato e sulla quale chiediamo il voto delle Camere, ma voglio esprimermi brevemente accennando alcuni titoli, in primo luogo il fisco. Alla politica fiscale viene dedicato uno spazio ampio ma vuoto, l'ennesima promessa di una riforma si sgonfia, di fronte all'assenza di scelte concrete, al peso del debito pubblico. Abbiamo già notato l'eccesso di carico fiscale e bisogna ben passare dalle parole ai fatti. La priorità va data all'impresa e al lavoro, soprattutto rispetto alla rendita, recuperando i contenuti della mozione a prima firma Bersani. che la Camera ha approvato.
Servirebbe invece avere anche un moderno sistema di ammortizzatori sociali di tutela universali, di cui godere indipendentemente dal settore, dalla dimensione di impresa e dalla tipologia contrattuale.
Del tutto inaccettabile è l'assenza di un piano concreto di contrasto alla povertà. Il DEF insomma richiama esplicitamente anche il legame fra infrastrutture e sviluppo, ma prevede un risparmio di circa 15 miliardi di euro nel 2014, quando è proprio l'Europa a raccomandare di perseguire il risanamento dei conti pubblici senza penalizzare gli investimenti nelle infrastrutture. L'energia è uno dei punti in cui meglio è rappresentata l'assenza di una strategia compiuta. Solo pochi mesi fa nel precedente Programma nazionale di riforma il Governo affidava ogni prospettiva di crescita alla sola energia nucleare. Dopo il disastro giapponese saggiamente ha annullato anche gli studi e non sarà facile, checché ne pensi Berlusconi, riprendere il tema in tempi brevi. Sennonché, mentre rinunciava al nucleare, il Governo tagliava gli incentivi alle rinnovabili, oggi dunque non c'è un piano energetico.
Per quanto riguarda la competitività, il Programma nazionale di riforma la affronta indirettamente solo nella sezione lavoro, attraverso l'obiettivo di rafforzare il legame fra salari reali e produttività, questione importante ma non esaustiva. Innovazione tecnologica ed impiantistica, politiche commerciali sostenute dal Governo, credito propulsivo e politiche territoriali costituiscono altrettanti fattori di sviluppo ed è necessario che la politica industriale torni ad essere una delle componenti della più generale strategia di politica economica dell'Italia. A fronte di queste ambizioni, appare estremamente deludente in materia di ricerca e innovazione l'obiettivo fissato dal PNR per il 2020.
Il PNR afferma che la volontà di modernizzare la scuola e l'università, ma ciò contrasta nettamente con le riduzioni di risorse effettuate. È clamoroso il fatto che gli obiettivi di crescita su questi argomenti sono, al 2020, gli ultimi in Europa. Nessuno specifico progetto per il settore primario, mentre non è più rinviabile l'individuazione di misure strategiche per l'agroalimentare. Anche l'obiettivo della riduzione dei divari regionali è in sé condivisibile, tuttavia l'analisi non è convincente perché la retorica delle due economie Pag. 8con andamenti differenti non considera che il problema della crescita italiana riguarda sia il Nord che il Sud.
È pur vero, però, che va data da subito al Mezzogiorno una priorità che oggi non è prevista. Il Documento di economia e finanza profila anche l'ennesima riforma della pubblica amministrazione, certamente strategica, soprattutto se il Governo non si limitasse ad annunciarla, ma la realizzasse davvero. Come abbiamo già detto, a tre anni dall'inizio della legislatura è tempo di trarre bilanci, anziché annunciare sempre nuovi ed altri interventi. Ad esempio, le misure per la semplificazione degli adempimenti amministrativi non sono state realizzate. Si pensi al trasferimento sulla rete Internet dello sportello unico per le imprese o alle fantomatiche «zone a burocrazia zero», mentre per le imprese, come ha ricordato Confindustria, la semplificazione degli adempimenti amministrativi è essenziale.
Infine, fondamentale per la competitività è anche la riforma del processo civile. Signor Presidente, questo è solo un elenco, necessariamente incompleto, ma sufficiente a dimostrare, in definitiva, come l'impulso espansivo del programma di riforme fin qui attuato sia, per stessa ammissione del Documento di economia e finanza, molto modesto, non sufficiente a condurre la crescita in prossimità di quel 2 per cento necessario a conciliare l'obiettivo di ridurre l'indebitamento e il debito pubblico.
Per questi motivi il nostro parere sulla manovra economica è negativo e abbiamo ritenuto necessario presentare la nostra risoluzione. Ciò che è necessario, dunque, è un cambio di strategia. Per contribuirvi, il Partito Democratico ha elaborato un proprio Programma nazionale di riforma, che, nel pieno rispetto delle regole, raggiunga gli obiettivi di equità e di efficienza nel quadro di una politica economica europea per il sostegno alla domanda interna. Non bisogna rassegnarsi al declino annunciato: le difficoltà possono essere affrontate. L'Italia è tuttora uno dei grandi Paesi del mondo, con risorse naturali, artistiche, produttive e logistiche che le permettono di ambire ad un ruolo da protagonista nel mutato e complesso panorama globale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Ciccanti.

AMEDEO CICCANTI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, questo Documento di economia e finanza è una novità che si inserisce in quel pacchetto di riforme che va sotto il nome di Patto per l'euro, approvato dal Consiglio europeo per un maggior controllo sulla sostenibilità dei saldi di bilancio e il debito dei Paesi membri, al fine di minimizzare i rischi di nuove crisi finanziarie.
Si inizia il 2011 con una procedura di controllo preventivo detta «semestre europeo», dove sono indicati due riferimenti importanti: il Programma di stabilità e il Piano nazionale di riforma, di cui stiamo discutendo oggi. Il Programma di stabilità ha due obiettivi principali nell'indicare la strategia di riequilibrio dei conti pubblici. Il primo è la correzione del disavanzo: nel 2010 è sceso del 4,6 per cento del PIL, ma nel triennio 2011-2014 deve scendere al pareggio sostanziale, ossia deve scendere di 4,6 punti. Tale obiettivo viene perseguito in due fasi: nel biennio 2011-2012 attraverso le misure inerziali definite negli anni precedenti, da ultimo con la manovra estiva del decreto-legge n. 78 del 2010, con una previsione di crescita del PIL dell'1 per cento, la metà della media europea, il più basso dell'Eurozona; nel biennio 2013-2014, con una manovra strutturale aggiuntiva di ben 40 miliardi, pari a 2 punti di PIL.
Per l'intero arco di tempo non sono indicati gli effetti depressivi dei tagli di spese lineari, ossia come incideranno sulla riduzione dei consumi interni, con determinazione di una bassa crescita. Il secondo obiettivo di riequilibrio contabile è quello del rientro del debito pubblico, come è stato detto. Il Patto per l'euro prevede l'indicizzazione della formula del Trattato di Maastricht, laddove si parla di Pag. 9rientro ad un ritmo adeguato. Tale ritmo, dal 2015, sarà pesato come un ventesimo del debito eccedente il 60 per cento per ogni anno, in un arco di tempo di dieci anni. Tradotto in euro, significa che dal 2015 l'Italia dovrà fare manovre da 3-4 punti di PIL per ogni anno, ossia 30-40 miliardi l'anno. Se non adempie, il nostro Paese sarà sanzionato con multe che variano da 4 a 7 miliardi di euro l'anno. Vi sono due azioni da compiere immediatamente con questo Documento di economia e finanza: una è predisporre ulteriori misure di contenimento del disavanzo, agendo sulla spesa strutturale primaria, migliorando così il saldo primario.
La seconda è migliorare la crescita per migliorare non solo i fondamentali della ricchezza nazionale, ma anche per migliorare il rapporto con il disavanzo e il debito. In questo Documento di economia e finanza non si fa nessuna delle due azioni.
Secondo la Corte dei conti, non quindi l'opposizione, la riduzione del disavanzo si ottiene con un alto livello di pressione fiscale, nel 2010 addirittura del 42,6 per cento, e una forte caduta degli investimenti rispetto al livello minimo del 2010, dovuto soprattutto al blocco delle spese in conto capitale che nelle amministrazioni pubbliche sono scese di ben il 18 per cento. Quindi, non una riduzione del disavanzo di tipo strutturale, ma temporanea e congiunturale. Lo dimostra l'aumento del debito pubblico cresciuto al 119 per cento nel 2010 e si prevede il 120 per cento nel 2011.
Arriviamo agli appuntamenti europei non solo impreparati, ma completamente fuori linea. Due sono le considerazioni. Una è che questo Governo non è capace di riformare la spesa pubblica secondo criteri selettivi e ci si affida alla ragioneria anziché alla politica. La seconda è che sono probabilmente dei furbi perché non si fanno scelte impopolari verso la base elettorale che li ha eletti, che li sostiene, preoccupandosi più dei voti che dell'Italia, rinviando così quella cura da cavallo a dopo le elezioni del 2013. In tutti e due i casi si dimostra di non avere una cultura di Governo e di pensare solo alle fortune personali.
Il Documento di economia e finanza, oltre a focalizzare gli squilibri di bilancio, si preoccupa della crescita dei Paesi europei secondo la strategia di Lisbona 2020. Tale strategia è verificata attraverso un Programma nazionale di riforma di cui, ovviamente, si deve misurare l'impatto economico e finanziario nel Documento di economia e finanza.

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, la prego di concludere.

AMEDEO CICCANTI, Relatore di minoranza. Niente di tutto questo viene fatto.
Dice la Corte dei conti, non l'opposizione, a pagina 10 dell'audizione del 20 aprile scorso: «il piano nazionale per le riforme appare uno specchio dei limiti e delle lentezze che si frappongono ad una effettiva e duratura ripresa delle politiche di sviluppo».
La Confindustria però è andata oltre. Di fronte a questo scenario, dove tutti corrono e noi camminiamo, la Confindustria ha messo due dita negli occhi del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, la prego di concludere.

AMEDEO CICCANTI, Relatore di minoranza. Vado a terminare, signor Presidente, mi dia un minuto soltanto per concludere.

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, i tempi questa mattina sono particolarmente stretti, quindi concluda.

AMEDEO CICCANTI, Relatore di minoranza. Concludo, signor Presidente.
È la Confindustria stessa a dirvi che vi è in un silenzio sulla riforma del sistema giudiziario, un'inconsistenza degli interventi in materia di infrastrutture e trasporti e esprime, sostanzialmente, un giudizio negativo in prospettiva. Si va avanti Pag. 10guardando indietro. Questo vi dice la Confindustria, non certo l'opposizione. Perciò è stata un'occasione mancata.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Borghesi, per quattro minuti.

ANTONIO BORGHESI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, il gruppo Italia dei Valori giudica questo Documento carente, non sufficiente, poco trasparente, poco chiaro e, per certi versi, anche «misterioso».
Questo lo vediamo quando passiamo ad esaminare il Programma nazionale di riforma che dovrebbe contenere le intenzioni del Governo. Si parla di interventi per favorire l'energia, ma dopo il «trucco» del referendum sul nucleare si dovrebbe scrivere molto di più di quanto è stato scritto.
Questo è un Governo che, in questi tre anni, sul piano delle ristrutturazioni dell'edilizia, di cui parla come elemento per muovere l'economia, è in realtà andato al contrario, perché ha ridotto da dieci a cinque anni il tempo di detrazione degli interventi infrastrutturali fatti nelle abitazioni per il risparmio energetico. Ha tentato di togliere il 55 per cento degli interventi per il risparmio dell'energia e non vi è riuscito solo perché l'opposizione ha protestato fortemente. Dice che vuole lavorare sulle infrastrutture, ma dopo dieci anni... dieci anni di legge obiettivo solo il 20 per cento dei lotti è stato completato e il 55 per cento delle opere contenute nella legge obiettivo non è stato mai neppure iniziato. La riforma fiscale, dice che faranno la riforma fiscale. È l'ennesimo annuncio, l'hanno già fatto nel 1994, nel 2003, lo rifanno oggi e non lo hanno mai assolutamente portato in fondo. Per cui è un oggetto misterioso. Non vi è scritto dove vanno a prendere i soldi per farla e vi è una pressione fiscale che, invece, viene data addirittura in aumento rispetto a quella attuale.
È chiaro ed evidente che il documento è carente: la Banca d'Italia dice che ci vogliono 35 miliardi di euro per rispettare il progetto e il raggiungimento dell'obiettivo; la Corte dei conti parla di 40 miliardi; Tremonti ha continuamente negato che ci fosse bisogno di una manovra aggiuntiva, salvo finalmente riconoscerla, poche decine di giorni fa, dicendo però che è una manovra più bassa e che si farà dopo le elezioni.
E già si parla di «manovra lacrime e sangue». Non c'è dubbio che se la farà Tremonti sarà una «manovra lacrime e sangue», perché a pagare saranno sempre i soliti. L'Italia dei Valori, all'interno di questo documento, prevede invece una manovra senza lacrime, ma con sangue, il sangue di coloro che non hanno mai pagato le tasse in questi anni, con un contributo di solidarietà nazionale da parte di quelli che hanno portato soldi all'estero e poi li hanno reimportati senza pagare, una manovra per prevedere altre ipotesi di questo tipo (ad esempio, noi pensiamo all'intervento sulle rendite speculative, per una tassazione diversa da quella attuale). Ma, naturalmente, non dimentichiamo che vi sono altre strade, perché non siano lacrime per i normali cittadini: lo smobilizzo di un patrimonio pubblico di 700 miliardi di euro, la cessione dei crediti rappresentati da 300 miliardi di cartelle esattoriali non pagate (300 miliardi di euro!)...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Borghesi.

ANTONIO BORGHESI, Relatore di minoranza. ...per non dimenticare - e concludo, signor Presidente - interventi per i costi e gli sprechi della politica, a partire dall'abolizione delle province - che noi continuiamo a suggerire -, dal blocco delle auto blu, dall'abolizione dei 25 mila posti di amministratori e delle 7 mila società a partecipazione degli enti locali. Pag. 11
Sono tutti interventi che si possono realizzare e che non rappresenterebbero lacrime per i cittadini, forse un po' di sangue in più per chi non ha mai pagato le tasse (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Sono così conclusi gli interventi dei relatori.
È iscritto a parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, mi rivolgo ai colleghi e in particolare al sottosegretario Casero, rilevando che sarebbe stata importante la presenza stamani del Ministro dell'economia e delle finanze.
Viene, infatti, da fare una riflessione immediata, guardando il Documento di economia e finanza 2011. Ma, davvero, onorevole relatore Toccafondi, questo è un documento di programmazione economico-finanziaria? Lei ne ha illustrato i pregi. Io penso che si faccia una grande fatica a coglierli. Se ci si impegna un po' a confrontare questo PNR con quelli degli altri Paesi, non si può non avere un moto di vergogna. Si continua a rappresentare un quadro ottimistico della situazione italiana e del suo futuro, ma la realtà è molto diversa ed è caratterizzata, purtroppo, da eccezionale gravità.
Per rientrare nei vincoli europei - ne ha fatto cenno prima il relatore di minoranza Ciccanti - si dovrebbero realizzare manovre di riduzione del debito, pari a circa 40 miliardi di euro all'anno per venti anni, entro il 2014 si deve predisporre una manovra di pari importo per ridurre il deficit e realizzare il pareggio di bilancio e tutto ciò mentre la crescita è stagnante, aumenta la disoccupazione, specialmente quella giovanile, assieme al divario fra nord e sud.
Il Governo, invece di chiamare ad una comune assunzione di responsabilità e lanciare un forte piano di riforme per sostenere la crescita, sceglie di galleggiare e rinvia ogni intervento di riduzione del debito al 2014 - cioè a chi verrà dopo di noi - evitando di fare una «operazione verità» con i cittadini elettori. E lo fa - e questo è un'aggravante - con spocchia e con superbia, tipiche di un provincialismo senza respiro, come abbiamo visto in questi giorni e anche con riferimento ai meriti rivendicati con riguardo all'eventuale candidatura di Draghi alla guida della BCE. Magari andasse così! Ma non credo che questo sia il frutto del prestigio del Governo italiano.
Tutto ciò avviene con l'aggravante di un'assenza di visione del futuro del Paese, che appare smarrito e senza una direttrice di crescita: il PNR è un elenco ripetitivo di misure generiche, prive di organicità e priorità, senza indicazione delle specifiche misure indispensabili per rimettere in moto un Paese bloccato.
Avremmo invece bisogno di aumentare la nostra crescita più degli altri Paesi, sia perché da molti anni noi cresciamo meno, sia perché solo crescendo è possibile reggere la disciplina finanziaria senza che il Paese sprofondi in un ulteriore differenziale negativo rispetto agli altri. Andrebbe ripresa con forza la filosofia della strategia Europa 2020, perché essa va radicata in profondità nel Paese per accelerare le riforme strutturali necessarie. Senza la coscienza di un grande periodo riformatore si resta bloccati nel calcolo che ciascun gruppo e ciascuna corporazione sono indotti a fare nel breve periodo. Non si vede la passione per discutere di queste cose con il rigore necessario e invece si continua a sostenere una comunicazione fuorviante accanto a misure che portano a figuracce come nel caso Lactalis-Parmalat. Voi continuate, sottosegretario Casero - mi rivolgo a lei, e mi dispiace, ma è lei che è presente quindi devo rivolgermi a lei -, a ripetere come un mantra delle considerazioni che sono del tutto inveritiere. Non è vero che siamo stati i migliori in Europa, anzi, andiamo incontro ad una manovra annunciata ma sottotraccia che sarà deprimente per l'economia e ad una previsione di crescita assolutamente inadeguata. Non è vero che siamo meglio degli altri, siamo il fanalino di coda. Non è vero che la spesa pubblica sia stata posta sotto controllo, perché i tagli lineari non sono Pag. 12stati selettivi e così hanno tutelato la spesa scarsamente qualificata o improduttiva. Questa è la realtà.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Tabacci.

BRUNO TABACCI. I tagli lineari finiscono per rendere esplicita la difesa della scarsa qualità della spesa pubblica italiana. Da ultimo, non è vero che la lotta all'evasione ha dato buoni risultati, anzi, il sommerso irregolare, informale, illegale e talvolta malavitoso è cresciuto e con esso le disuguaglianze dei cittadini rispetto al fisco. Per queste ragioni, Alleanza per l'Italia non può che riconfermarvi un voto negativo rispetto alle vostre scelte di politica economica che stanno portando il Paese in una direzione sbagliata (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Alleanza per l'Italia e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, il DEF 2011 è innovativo solo formalmente: recepisce i contenuti previsti dalla revisione della legge 31 dicembre 2009, n. 196, a seguito dell'introduzione del semestre europeo, ma emerge una sostanziale continuità con la linea di politica economica che ha caratterizzato i primi anni di questa legislatura, con l'idea di fondo che l'intervento sulla finanza pubblica, per tenerla sotto controllo, è la condizione per la ripresa della crescita e permette di per sé la crescita in quanto il sistema produttivo italiano non frenato dalla finanza pubblica è in grado di cogliere le opportunità della ripresa. Questo assunto ha dimostrato la sua fragilità e alla lunga porta l'Italia in una condizione sempre più difficile. Il Partito Democratico ha sempre sostenuto che le manovre dovevano, invece, contemporaneamente contenere misure per la crescita e misure per il controllo della finanza pubblica, essendo il rapporto debito/PIL, come quello deficit/PIL, caratterizzato da due elementi: al numeratore il dato della finanza pubblica e al denominatore il dato del PIL. Se non si agisce su entrambi e se il denominatore non cresce adeguatamente, anche in presenza di forti misure sulla finanza pubblica, è più difficile migliorare il rapporto complessivo. Il DEF 2011, continuando questa politica, che non cambia, non cambia un'impostazione sbagliata. Non ci sono state misure per la crescita, né politiche industriali e fiscali adeguate e il risultato è che nel decennio 2001-2010 l'Italia risulta 169a per la crescita su 170 Paesi, davanti solo ad Haiti. Durante la crisi siamo calati più di altri e i dati sul 2008-2009 sono ulteriormente peggiorati con le ultime revisioni ISTAT. La ripresa è più lenta che in altri Paesi europei e più lenta delle previsioni del Governo anche per il 2010. Guardiamo i dati del PIL: la vecchia serie ISTAT ci dava una riduzione del PIL dell'1,3 per cento nel 2008 e del 5 per cento nel 2009; la nuova serie conferma il dato del 2008 ma accentua la riduzione del 2009, ricalcolandola al 5,2 per cento. Non è una questione di virgole: quando è uscita la nuova serie dei dati ISTAT con un maggiore incremento del previsto del PIL 2010 sul 2009 in percentuale, il Governo si affrettava a propagandare che era un segno di maggiore ripresa, ma non è così. Con il ricalcolo della base 2009, nel 2010 non siamo cresciuti un po' di più del previsto, ma un po' meno.
La conferma ce la dà il DEF, nella seconda sezione c'è anche il dato sul PIL nominale. Stime DFP ottobre 2010: 1.554 miliardi, risultato 1.548 (sei miliardi in meno). Non sono cifre enormi, ma se non si può dire che è molto peggio, certamente non si può dire che è meglio. Veniamo alle previsioni sull'andamento del PIL 2011-2012-2013. Sono tutte più basse di quelle di ottobre della Decisione di finanza pubblica, e il debito pubblico per tutti i tre anni è più alto nel DEF rispetto alle previsioni della DFP di ottobre, e poi va miracolosamente al 112,8 per cento nel 2014, cioè nella prossima legislatura. C'è qui l'evidenziazione di come sia determinante la crescita per la riduzione del rapporto tra debito e PIL. Con una crescita economica più bassa ci vuole più Pag. 13tempo per ridurre il debito pubblico. Le previsioni di crescita sono prudenziali, ma soprattutto inadeguate, e sono la conseguenza di mancanza di politiche. Con il PNR nella stima prudenziale si prevede che l'insieme delle politiche provochi un aumento medio del PIL di solo lo 0,2 per cento annuo.
Siamo di fronte ad una proposta che registra le cose già fatte, ha obiettivi che non portano a ridurre il gap con la media europea su aspetti strategici, non ha proposte nuove, produce un impatto debolissimo sulla crescita, cioè un PNR vuoto, che non c'è. Il Partito Democratico ha presentato una proposta di PNR che produce un aumento del PIL nominale nelle stime prudenziali di 0,5-0,6 l'anno a partire dal 2012. Bisogna crescere intorno al 2 per cento annuo, come sostengono Banca d'Italia e Corte dei conti, ma ci vogliono investimenti e politiche adeguate, ad esempio sull'occupazione femminile, attraverso servizi alle famiglie e incentivi per le assunzioni, aspetto quasi assente nelle proposte del Governo. La crescita è un aspetto essenziale per l'economia italiana ma riguarda anche l'Europa, e in questo senso il PD nella sua proposta di PNR propone sul versante europeo quattro linee di iniziative: la costituzione di un'Agenzia europea per il debito; un piano europeo di investimenti per l'occupazione, l'ambiente e l'innovazione; uno standard retributivo europeo per coinvolgere i Paesi in surplus nel processo di aggiustamento delle bilance commerciali; una più equilibrata distribuzione del reddito da lavoro.
È evidente che si può essere credibili nell'avanzare politiche per la crescita su scala europea se si fanno nel proprio Paese. Con questi livelli di crescita è ben arduo fare il risanamento e il rientro del debito. Non a caso il Governo sposta sostanzialmente gli obiettivi alla fine del periodo preso in considerazione, e le manovre si concentrano nel 2013-2014. Per il 2011-2012 c'è la conferma delle misure già adottate, mentre sul 2013-2014 la manovra correttiva accumulata sarebbe pari a 2,3 punti di PIL, circa 39 miliardi, di cui quasi la metà nel 2013. Con i bassi livelli di crescita previsti la manovra è praticamente tutta sulla finanza pubblica, con riduzione delle spese correnti sul PIL, di 2,3 punti dal 2010 al 2014, e di 0,9 punti per gli investimenti. Manovre depressive che producono l'indebolimento del sistema Paese, in particolare con l'ulteriore calo degli investimenti in un Paese debole sul piano infrastrutturale e con conseguenze pesanti sul sistema produttivo.
Il Partito Democratico ha presentato una sua proposta di rientro dal debito in cui vi è si una diluizione e una stabilizzazione del debito nei primi tre anni e poi una riduzione più accelerata, ma in presenza di una politica economica che investa da subito sulla crescita e la ripresa, e non con annunci a cui non segue nulla. Emblematiche da questo punto di vista sono le politiche energetiche ed ambientali del Governo. Rispetto agli obiettivi 20-20-20 non c'è quasi nulla di nuovo sulle riduzioni delle emissioni; sull'efficienza energetica si conferma il piano elaborato dal Governo Prodi, in particolare le detrazioni fiscali del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici (salvo che ogni anno le opposizioni devono lottare per rifinanziare questa misura nella legge finanziaria di stabilità); sulle fonti rinnovabili si rimanda al piano inviato alla Commissione europea, intanto però si sono assunti provvedimenti che hanno bloccato il settore e mettono 100 mila posti di lavoro a rischio; il nuovo decreto è arrivato più tardi di quanto concordato con il Parlamento e ha già ricevuto critiche e richieste di cambi radicali da Regioni e associazioni imprenditoriali del settore.
Tutto ciò è ancora più grave dopo la vicenda del nucleare. Avete puntato tutto sul nucleare per tre anni. Dopo il Giappone avete detto, prima che non cambia niente, poi moratoria di un anno, e poi nel PNR si dice di non procedere per il momento all'attuazione del programma nucleare fino a che le iniziative già avviate a livello di Unione europea non forniranno elementi in grado di dare piena garanzia sotto il profilo della sicurezza. Pag. 14
Poi intervenite al Senato modificando un decreto-legge, con l'abrogazione di tutte le norme sul nucleare, per evitare il referendum, vi prendete un anno per adottare una strategia energetica nazionale e vi tenete aperte tutte le strade. E due giorni fa il Presidente del Consiglio ha affermato che il nucleare è la fonte energetica più sicura. Sarà solo un'altra perdita di tempo, senza investire su fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Il Partito Democratico ha indicato, nella sua proposta di politica industriale, cosa fare sulla questione energetica: investire sull'efficienza energetica, promuovere lo sviluppo di energia da fonti rinnovabili con l'obiettivo di puntare ad un'industria nazionale del settore. Un'ultima considerazione: con il DEF il Governo non dà indicazioni su come intende dare attuazione all'emanando decreto legislativo sulle entrate delle Regioni in attuazione della legge sul federalismo fiscale, tema di cui si parla ampiamente, ma non si dice nulla su una questione che riguarda già il 2012. In base al parere della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e delle Commissioni bilancio, al comma 3 dell'articolo 26 si stabilisce di non tener conto, dal 2012, dei tagli del decreto-legge n. 78 del 2010. Certo, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, con un tavolo con le regioni che può modificare le proposte se i vincoli di finanza pubblica non consentono, in tutto o in parte, di eliminare i tagli. Tuttavia, a quel tavolo le regioni hanno il punto di forza del comma 5 per cui circa la rideterminazione dell'addizionale IRPEF e la soppressione dei trasferimenti statali si deve fare riferimento alle risorse spettanti alle regioni nel 2010. Il Governo dica cosa intende fare su questo e sull'impegno assunto in Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale di rivedere il decreto legislativo sul federalismo fiscale.
Insomma, è un DEF che si richiama al Patto di stabilità e crescita europeo, ma, poi, si dimentica la parola crescita, non ha politiche industriali, balbetta su quelle energetiche, fa finta di dimenticarsi dei contenuti dei provvedimenti sul federalismo fiscale e, alla fine, rischia, ma è una certezza, che gli obiettivi sulla riduzione del rapporto debito/PIL non si realizzino perché tutti basati su manovre depressive sull'economia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cazzola. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, il Documento di economia e finanza non ha solo cambiato nome, ma ha una nuova sostanza. Siamo, infatti, onorevoli colleghi, a prendere atto di un cambiamento rilevante della politica europea che trova riferimento coerente, non solo formale, ma sostanziale, nel DEF. La fase nuova che si apre, a meno di un mese di distanza dalle decisioni del Consiglio europeo, si basa su un coordinamento più stretto delle politiche economiche per la competitività e la convergenza. Ancora una volta è la politica economica, per come si esprime nell'impostazione dei conti pubblici, a guidare anche i processi politici di integrazione istituzionale dell'Unione europea. È questo, onorevole Tabacci, l'afflato riformatore del Documento di economia e finanza. Ad incidere sugli sviluppi delle stesse istituzioni sono le scelte di politica finanziaria e di bilancio che il Consiglio europeo ha compiuto, le quali contano molto di più delle carte dei diritti e della riorganizzazione degli ordinamenti politici.
In sostanza, l'Europa può restare un «nano» dal punto di vista politico purché vadano avanti i processi di integrazione economica derivanti dal mercato comune, che deve aprirsi ai servizi, e dalla moneta unica, che presto sarà estesa ad altri Paesi. Sono convinto che in questa prospettiva, quella, cioè, di una sistematica e sempre più intensa devoluzione di potere dagli Stati nazione ad una comune e sempre più politica entità europea, stia anche la risposta più credibile e sostanziale alla crisi. Tanto che il «cuore» del DEF, a mio avviso, è concentrato in poche pagine delle tante di cui si compone il volume. Poche Pag. 15pagine che sono poste all'inizio del volume medesimo e nelle quali vengono indicate le idee forza della nuova Europa e i compiti che ne derivano per l'Italia. Un tempo si diceva che i programmi sono bandiere piantate nella testa della gente e, quindi, non hanno bisogno di molte parole, non richiedono molte affermazioni, molte frasi, ma poche idee, semplici e precise. Il DEF non è reticente e traccia, con grande trasparenza, il perimetro dell'azione di Governo nei prossimi anni assumendo, senza infingimenti e riserve mentali, i vincoli europei.
Mi sia consentito di leggere una frase chiave del Documento: «Non vi sono più spazi per ambiguità, per incertezze: la politica di rigore fiscale non è temporanea, non è conseguenza imposta da una congiuntura economica negativa, non è "imposta dall'Europa", ma è invece la politica necessaria e senza alternative per gli anni a venire». È da questa affermazione che conseguono come tanti corollari gli indirizzi centrali della politica del Governo, anzi, oserei dire, con un'espressione un po' démodé, le variabili indipendenti della politica del Governo, che ricordo brevemente che costituiscono la vera differenza con le opposizioni, come ha ammesso con grande onestà intellettuale pochi minuti fa anche l'onorevole Marchi.
Prima variabile indipendente: non sono possibili sviluppo economico ed equilibrio politico democratico senza stabilità e solidità della finanza pubblica. Seconda: l'equilibrio si realizza tanto dal lato della finanza pubblica, quanto da quello della finanza privata. Terza variabile: l'unico messaggio responsabile nell'interesse del Paese è che non esistono presupposti per una crescita duratura ed equa senza stabilità del bilancio pubblico. Quarta: la crescita non si fa più con i deficit pubblici. Quinta: di qui l'impegno a raggiungere, entro il 2014, un livello prossimo al pareggio di bilancio, da cui possa ripartire un sistematico incremento dell'avanzo primario, allo scopo di diminuire il debito pubblico, il parametro, onorevoli colleghi, che ha sostituito nella disciplina europea il deficit, che veniva preso a riferimento all'inizio del decennio.
È in questo quadro che si innestano i capisaldi del Piano Nazionale di Riforma, con le sue priorità ricordate nella relazione del collega Toccafondi. Il Governo e la maggioranza saranno in grado di rispettare questi impegni nei due anni residui di vita della legislatura. È una sicurezza che ci deriva da quanto abbiamo fatto sul terreno dell'emergenza e delle riforme nei tre anni che abbiamo alle spalle e credo che sia giusto dare conto delle cose fatte, quando le cose fatte sono state importanti, quando le cose fatte hanno risolto gravi problemi di questo Paese, non solo sul terreno dell'emergenza, ma anche su quello delle riforme.
Mi siano consentite, signor Presidente e signor sottosegretario, due ultime considerazioni. La prima riguarda la struttura del mercato del lavoro. Noi siamo attenti al dramma della disoccupazione giovanile e alle sue motivazioni di carattere strutturale e di lungo periodo che chiamano in causa i percorsi formativi, i servizi per l'impiego, le tante distorsioni del mercato del lavoro. Siamo altrettanto consapevoli del fatto che sui giovani gravano tutte le esigenze di flessibilità necessarie al sistema. Sulle giovani generazioni, che pure dal 2000 al 2007 avevano trovato accesso al lavoro grazie alle nuove leggi di quegli anni (la legge Treu del 1997 e la successiva legge Biagi), è intervenuta pesantemente la crisi. Sono problemi questi che solo la crescita economica potrà risolvere adeguatamente, senza dare l'illusione che bastino leggi più o meno illuminate, come spesso sembra ritenere l'opposizione.
Respingiamo però la rappresentazione di un mercato del lavoro devastato dalla precarietà. La grande maggioranza dei lavoratori e delle lavoratrici, se dipendenti, ha un contratto a tempo indeterminato. Il lavoro a tempo determinato riguarda il 7,6 per cento degli uomini e l'11,9 per cento delle donne. I co.co.pro. sono l'1 per cento degli uomini occupati e l'1,9 per cento delle donne. I prestatori occasionali sono lo 0,3 per cento degli uomini e lo 0,5 per Pag. 16cento delle donne. Mi sia consentita un'ultima considerazione un po' «fuori sacco» e termino questo intervento senza che lei, signor Presidente, abbia avuto modo di richiamarmi al rispetto del tempo. È iscritto all'ordine del giorno delle prossime settimane il decreto-legge che è stato definito «antiscalate».
Non so come la pensi il mio gruppo, ma mi auguro che il Governo lo ritiri o che vada a scadenza senza rimpianti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, è la prima volta che il Parlamento discute in questi termini di bilancio, proprio perché, attraverso la nuova normativa derivante dalla legge n. 196 del 2009, alla luce dell'introduzione del semestre europeo, ci siamo adeguati a questo nuovo metodo europeo.
Il Documento proposto dal Governo al Parlamento sarà sottoposto al vaglio della Commissione europea che ne verificherà la bontà revisionale, finalizzata alla riduzione del deficit e all'incremento del PIL. Chi ha proposte alternative alla nostra, le presenti all'Europa, allegando non solo le migliaia di parole che costantemente si sentono in quest'Aula, ma anche conti, numeri e cifre, così vedremo se supererà il vaglio del controllo europeo.
Noi ci muoviamo all'interno di un'economia europea che ci mette in competizione con realtà che, a differenza dell'Italia, hanno potuto utilizzare e utilizzano l'indebitamento pubblico per finanziare la crescita, cosa che per noi è diventata impossibile. Vorrei fare alcuni esempi.
La Germania ha avuto una grande crescita, ma è stata oggetto anche di molte procedure d'infrazione - più di 90 - per aiuti di Stato. Di più: ieri, EUROSTAT ha certificato l'ammontare del debito pubblico della Germania. Esso ha sorpassato il nostro, diventando così noi quarti e loro terzi nella scala del debito pubblico mondiale, con più di 2 mila miliardi di euro (2.080 miliardi per la precisione), derivanti soprattutto dalle spese che, nel 2010, sono state fatte dalla Germania, aumentando in un solo anno il debito pubblico di 319-320 miliardi di euro, portandolo dallo storico del 73,5 per cento del PIL all'83,2 per cento nel 2010.
Così la Francia. La crescita della Francia è dell'1,6 per cento, ma con un deficit del 7 per cento e, tra l'altro, hanno anche il nucleare. In Inghilterra, la crescita è dell'1,3 per cento, come la nostra, ma con un deficit del 10,6 per cento. L'Olanda ha una crescita dell'1,7 per cento, con un deficit del 5,8 per cento. In Italia, la crescita è dell'1,3 per cento, come dicevo prima, come l'Inghilterra, ma con un deficit minore rispetto a tutti questi Stati europei, perché si attesta al 4,6 per cento; inoltre, ricordo che non abbiamo il nucleare e che abbiamo, quindi, una grande spesa energetica da sostenere.
Ricordo a tutti che il debito, per definizione, è crescita rubata al futuro e che noi oggi viviamo nel futuro delle generazioni politiche passate degli anni Ottanta che ci hanno rubato il nostro presente. Non voglio, quindi, riprendere nel mio intervento le previsioni future, che sono già state descritte dal relatore per la maggioranza, e le proposte operative del Programma Nazionale di Riforma che sono tese al rilancio economico del sistema e che saranno evidenziate anche da altri, ma voglio evidenziare tutto ciò che è già stato fatto per riuscire a fare queste previsioni, che porteranno, quindi, al pareggio di bilancio nel 2014. Infatti, se oggi possiamo fare tali previsioni e tenere sotto controllo i conti, è grazie a tutta l'attività che questa maggioranza e la Lega Nord hanno attuato in questi tre anni di Governo.
Ricordo, quindi, le tematiche legate al lavoro, alle pensioni e il completamento della riforma pensionistica attuato con il decreto-legge n. 78 del 2010; l'accordo fra Governo, Confindustria e sindacati sulla definizione di nuove regole di contratti salariali; l'ampliamento della contrattazione decentrata, la detassazione e la decontribuzione dei salari; la deducibilità del Pag. 1710 per cento dell'IRAP, il piano giovani, il collegato lavoro e il riordino degli incentivi; l'apprendistato, gli ammortizzatori sociali, la nuova disciplina dei licenziamenti e la lotta al lavoro irregolare; il Piano triennale per il lavoro e il Programma Italia 2020 per l'inclusione delle donne nel mondo del lavoro; il finanziamento della cassa integrazione in deroga, i buoni per il lavoro occasionale ed accessorio. Ricordo poi, ovviamente, le riforme istituzionali e l'attuazione del federalismo fiscale.
Tutti questi punti sono i cosiddetti colli di bottiglia individuati, nel semestre europeo, dalla normativa europea, a cui l'Italia ha già dato risposte.
Per il contenimento della spesa pubblica, ricordo il rafforzamento della governance della sanità nell'Accordo Stato-regioni del 3 dicembre 2009, la riforma della legge di bilancio, il decreto-legge n. 78 del 2010 e la ricognizione del patrimonio immobiliare della pubblica amministrazione. Per quanto riguarda il mercato e la concorrenza, ricordo l'istituzione dell'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia, l'attuazione della cosiddetta direttiva servizi volta alla semplificazione, la riduzione degli oneri amministrativi, l'applicazione del regime fiscale estero per le imprese dell'Unione europea, le zone a «burocrazia zero», l'introduzione della «Scia»; la riforma dei servizi pubblici locali, la riforma della pubblica amministrazione, la maggiore flessibilità delle procedure di aggiudicazione degli appalti e il Piano casa, che verrà ulteriormente ripreso.
Ricordo ancora l'innovazione e le imprese, tutte le misure in materia di organizzazione scolastica, il credito di imposta alle aziende...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO SIMONETTI. Vi sono anche misure per le infrastrutture, ce n'è un elenco infinito proprio nel Documento depositato, da pagina 400 in poi. Ci sono una trentina di pagine di elenchi.
Con il semestre europeo vi è una devoluzione di potere verso l'alto tesa a creare una politica economica di area vasta, continentale, ecco perché c'è la necessità di controbilanciare questa devoluzione verso l'alto attraverso una maggiore penetrazione dei poteri nei territori che solo grazie al federalismo fiscale ed a quello istituzionale si potrà fare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà per dieci minuti.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, credo che oggi vi sia una grande questione nel Paese che è al centro di tutte le preoccupazioni degli italiani, delle famiglie, dei giovani: la preoccupazione della crescita economica e soprattutto di una crescita che sia in grado di generare occupazione.
Un recente sondaggio realizzato dal CISE, il centro studi elettorali della LUISS, conferma questa affermazione. Nella classifica dei problemi più urgenti dei cittadini rilevati c'è il tema dell'economia, ma in particolare il tema dell'occupazione; in secondo ordine, a grande distanza, ci sono tutti quei temi che agitano il dibattito politico: dalla giustizia, all'immigrazione, alle stesse riforme istituzionali. Gli italiani cioè chiedono più crescita e più lavoro, questo è il tema che abbiamo.
Sono partito da questa osservazione per dire che, dopo tante dichiarazioni fatte dal Governo, dal Presidente del Consiglio in quest'Aula, dei vari Ministri di tanto in tanto, mi sarei atteso un Documento economico e finanziario improntato ad una diversa filosofia rispetto a quella che invece traspare e vediamo.
Io credo che siamo, ancora una volta, all'interno della stessa passiva politica economica che in questi tre anni di legislatura ha segnato l'azione del Governo. Siamo infatti ad un tasso di disoccupazione altissimo - la disoccupazione dei giovani è al 30 per cento - e non è sempre colpa di chi c'è stato prima perché, dopo tre anni di Governo, le responsabilità sono di coloro che hanno governato in questo periodo. Pag. 18
Mi sembra che si sia vissuta la situazione di crisi, di indebolimento del tessuto produttivo, passivamente, cioè lasciando che le cose andassero per loro conto, mentre invece una politica attenta e seria avrebbe dovuto approfittare della crisi per affrontare le questioni che venivano emergendo, cosa che non è stata fatta. La crisi è stata sostanzialmente subita e soprattutto si è cercato un po' di tamponare, ma questo, se guardo al futuro, non servirà a molto.
Si doveva anche spingere in avanti nei rapporti con l'Europa: il Programma Nazionale di Riforma non mi sembra un granché, c'è una ripetizione di cose dette e cose fatte e non ha in sé quell'elemento innovativo e di capacità di coagulo che doveva mettere in campo in questo momento.
Potevo anche capire che nei primi momenti della crisi economica predominasse un po' di prudenza, la circospezione, ma la scossa promessa qui dov'è? Continuiamo a promettere e alla fine a non mantenere. Non è arrivata alcuna scossa, mi sarei atteso un progetto, una proposta, un'attenzione orientata a rilanciare l'Italia.
Non ho visto l'afflato riformista a cui faceva riferimento l'onorevole Cazzola, forse, se me lo spiegherà, un giorno, sarei felice di comprenderlo. Nel Documento di economia e finanza non esiste un vero progetto orientato alla crescita, esso è un rimando a provvedimenti assunti nel recente passato.
Mi rendo conto, perché non siamo sprovveduti e perché abbiamo bene a mente i problemi di questo Paese, che la questione del debito pubblico e delle regole che ci siamo dati in Europa rendono il margine di manovra abbastanza ristretto, ma proprio questo doveva far mettere in campo un po' più di coraggio, un po' più di audacia e, perché no, un po' più di creatività.
La stabilità finanziaria è sicuramente necessaria ed utilissima per la crescita, ma il raggiungimento della stabilità finanziaria lo si può ottenere in modi diversi. Ottenere una stabilità finanziaria, comprimendo e non tentando nello stesso tempo di allargare, finisce per ripiegare su se stessa l'insieme delle condizioni della crescita, ed è quello che stiamo sperimentando da tempo, ci stiamo cioè adagiando.
Il Governo avrebbe dovuto produrre uno sforzo maggiore di risanamento - e uno sforzo avrebbe comportato un vero ridisegno dei meccanismi di spesa e un serio intervento sulle liberalizzazioni, che non c'è -, prosegue invece la strada dei tagli orizzontali, che sono un errore da diversi punti di vista. Sono un errore sul terreno della politica economica, poiché non opera scelte di qualificazione e di obiettivizzazione della spesa. In pratica, ci troviamo di fronte alla rinuncia dell'azione politica, che è sempre capacità di scelta, di decisione e di orientamento. Sono inoltre negativi sul piano sociale, perché i tagli orizzontali colpiscono di più chi ha meno e, in pratica, diventano accentuatori delle disuguaglianze che la crisi economica ha già generato.
La crisi delle disuguaglianze mina il tessuto connettivo della nostra società, genera rancore sociale, disaffezione e mette in tensione il tessuto democratico, ma se noi continuiamo con questi tagli, senza selezionare, senza individuare degli obiettivi precisi e senza renderli compatibili con un disegno, finiremo per accentuare gli elementi di disagio sociale che attraversano la nostra società.
Andavano affrontati, a nostro parere, i problemi delle province, degli istituti provinciali, dei costi degli enti locali, il numero dei comuni e i costi delle varie istituzioni. Lì si poteva intervenire per reperire quelle risorse necessarie per generare gli elementi di stabilità. Andava introdotto un sistema di valutazione di efficacia e dell'efficienza della spesa, che non abbiamo visto, che molte volte è fonte del fenomeno della corruzione che, come ci ha detto la Corte dei conti, costa alla collettività oltre 60 miliardi di euro, ma anche qui non abbiamo visto nulla.
Spazi per recuperare risorse, dunque, ve ne sono, e continuare a pensare di risparmiare sui servizi, su strumenti essenziali come quelli della scuola, della ricerca, dell'innovazione, o sulle pensioni e Pag. 19sul lavoro, sicuramente non ci porta molto lontano. Sono convinto che al nostro Paese serva una fase di rigore, una fase di rigore sul terreno economico, ma il rigore ha valore se vale per tutti e se si coniuga con la salvaguardia di criteri di uguaglianza, di giustizia e di valorizzazione del merito. Si è preferito, invece, una sorta di rassegnazione al presente rispetto ad una proposta per il futuro, ma così il futuro rischia di essere pericoloso, soprattutto per i ceti più deboli di questo Paese.
Condivido le preoccupazioni delle imprese, che sono molte ed espresse in modo chiaro. Quello che serviva a questo Paese erano cose essenziali: serviva un progetto sulla fiscalità di vantaggio, la detassazione degli utili reinvestiti, un rilancio delle liberalizzazioni, politiche sociali centrate sulla riduzione fiscale per le famiglie - che non vi sono ancora - e un progetto di contrasto alla povertà.
Servivano investimenti per la ricerca pubblica e privata, un piano straordinario per i giovani e per l'occupazione giovanile, la rimessa in campo delle infrastrutture e una politica energetica degna di questo nome. Queste cose le abbiamo cercate nel Documento in esame, non le abbiamo trovate e per questo motivo voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lulli. Ne ha facoltà per cinque minuti.

ANDREA LULLI. Signor Presidente, come è stato detto dal relatore per la maggioranza, onorevole Toccafondi, e anche da altri interventi che ho sentito dai banchi della Popolo della Libertà, siamo in presenza di un atto importante che modifica la politica economica dell'Unione europea e i criteri di riferimento con i quali attuare non solo le politiche di bilancio, ma anche le politiche di sviluppo.
Non a caso il Partito Democratico ha presentato il suo Programma Nazionale di Riforma per dare un contributo concreto al confronto. Qui, però, vorrei innanzitutto far rilevare una cosa - non me ne voglia il sottosegretario Casero -, ossia che l'assenza del Ministro Tremonti a questo dibattito parlamentare non fa onore e non rende merito alla centralità del tema che siamo chiamati qui a discutere.
Non è un fatto formale, ma sostanziale, anche perché sento parlare di rigore e l'onorevole Cazzola ha detto giustamente che la politica del rigore fiscale non è solo imposta dalla contingenza, ma è la risposta necessaria per affrontare i temi della crisi. L'onorevole Simonetti ci ha spiegato che il debito è rubare il futuro ai giovani. Mi verrebbe facile dire all'onorevole Simonetti, e a tutti i colleghi della Lega Nord, che sono alleati con quelli che hanno guidato negli anni Ottanta l'assalto alla diligenza, ma lasciamo perdere.
Caro onorevole Cazzola, benvenuto! E benvenuto anche al Ministro Tremonti. Vorrei ricordare che nei primi cinque anni del suo Dicastero all'economia, salvo una breve parentesi, ha dato un impulso consistente all'aumento della spesa corrente e all'indebitamento netto di questo Paese, in contrasto con le politiche che i Governi di centrosinistra che invece, con tutti i loro problemi, hanno sempre mantenuto un rigore fiscale. Basta guardare le serie storiche dei saldi; esse recano dei numeri e quindi su di essi si può fare poca polemica.
Benvenuto, però peccato che la politica di rigore fiscale non possa essere realizzata con i tassi di crescita che sono previsti dal Programma Nazionale di Riforma e da qualche furbizia - mi si consenta - che viene adottata. Si dice che il rientro dal debito avverrà nel 2014, ossia nella prossima legislatura. Come si realizza questo rientro dal debito? Come si realizza questa politica di rigore fiscale?
Se l'economia italiana non torna a crescere almeno del 2 per cento del prodotto interno lordo, è chiaro che si presenta una situazione nella quale a pagare saranno i giovani, i ceti deboli e quelle realtà di piccola impresa che sono state penalizzate nel corso di questi anni. All'onorevole Simonetti, che ha fatto l'elenco di tutti gli interventi, vorrei dire di andare a parlare con gli artigiani e i piccoli Pag. 20imprenditori per vedere se sono contenti e di andare a parlare con i lavoratori per vedere se sono contenti dei loro salari.
Si accorgerà che le cose stanno in altro modo e che tutti i meccanismi di semplificazione che sono stati inseriti, in realtà, hanno complicato la vita agli artigiani e alle imprese. Complicato, altro che Ministro per la semplificazione!
Poi naturalmente si arriva al punto che mi premeva mettere in evidenza, ce ne sarebbero tanti. Certo, non abbiamo sentore della legge annuale per la concorrenza, andiamo a vedere quanto pagano le imprese per i servizi professionali!

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Lulli.

ANDREA LULLI. Concludo, signor Presidente. L'energia è il grande buco nero del Programma Nazionale di Riforma presentato dal Governo, che peraltro legava la scelta nucleare e la crescita del prodotto interno lordo e qui si è fatto il «teatrino». Il nucleare non c'è più salvo poi fare, come sempre, «teatro» in una conferenza stampa che certo non rende onore al nostro Paese a livello internazionale. Ma se questo è vero, si è addirittura prodotto un danno perché con il decreto-legge sulle energie rinnovabili si è colpito uno dei pochi settori, quello delle energie rinnovabili, che aveva agito in controtendenza rispetto alla crisi, dando un colpo a chi ha effettuato e ha programmato investimenti e ha creato occupazione. E non mi venite a dire che gli oneri erano insopportabili, perché anche su questo va fatta un'operazione verità. Se si parla degli oneri sulle bollette, allora cominciamo a mettere in campo gli oneri che sulle bollette vengono pagati per le fonti assimilate, che non sono certamente l'innovazione e il futuro.
Sull'energia manca qualsiasi piano di efficienza, qualsiasi piano di risparmio energetico, manca una strategia e ciò mette questo Paese all'ultimo posto, senza bussola! Poi si fanno le scelte sulle reti del gas e anche qui la cosa che ho sentito dire ieri dal sottosegretario per lo sviluppo economico in Commissione attività produttive è allarmante, perché egli dice che sì, forse si potrebbe auspicare la separazione proprietaria, però non siamo intenzionati a farlo per legge. Non siete intenzionati a farlo per legge perché volete trasferire il potere del Parlamento in qualche consiglio di amministrazione, che sia dell'Eni o che sia della Cassa depositi e prestiti? È così che si intende la politica industriale ed energetica di questo Paese? È così che si predica la trasparenza? O forse è anche per questo, per il modo in cui si interpretano questi temi, che l'unica delle poche classifiche che ci ha visto scalare posizioni in avanti nel nostro Paese a livello internazionale è quella dell'indice di corruzione! Così non si può andare avanti ed è per questo motivo che noi voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, parlando di conti pubblici, di crescita che riguarda il sistema industriale del nostro Paese, che riguarda la nostra economia, non possiamo in questa fase esimerci dal ricordare quando nel 2007, durante il Governo di centrosinistra, trattando per esempio del caso Parmalat in materia di OPA, quest'Aula discusse la direttiva OPA e quindi come l'Italia ha recepito questa direttiva. Se allora avessimo preso le iniziative, se a quel tempo avessimo accettato gli emendamenti della Lega, oggi il nostro Paese non sarebbe in questa situazione e non saremmo sotto lo scacco di Paesi esteri che vengono a fare shopping in Italia.
Dobbiamo dire questo per onore di cronaca e anche, crediamo, per onestà intellettuale. La Lega a suo tempo - purtroppo eravamo anche da soli - vide giusto e oggi non saremmo in questa situazione, con un'Europa che lascia fare ai francesi le leggi di difesa dell'economia nazionale che meglio crede - ricordiamo la legge del 2005 che la Commissione europea ha inizialmente contestato e poi non ha fatto più nulla - mentre oggi, alle Pag. 21prime leggi che fa il Paese italiano, subito ci vengono chiesti chiarimenti. È chiaro che questa Europa non ci piace. È un'Europa che decide di andare a bombardare la Libia tutti insieme appassionatamente e amichevolmente e poi, quando è il momento di fare anche gli interessi di Paesi diversi, in questo caso tutelare l'Italia, non ci aiuta ed ha uno strabismo nel vedere le leggi di tutela dei diversi Paesi. Siamo rispettosi invece dell'Europa quando c'è in gioco l'interesse nazionale, quando c'è in gioco anche l'interesse della stessa Europa, e lo abbiamo fatto con una stabilità di conti pubblici che non ha paragoni rispetto alla criticità del nostro Paese.
Noi sappiamo che abbiamo un debito pubblico pesante. È il terzo debito pubblico al mondo, ma non siamo la terza economia al mondo. Eppure, in questa fase siamo riusciti ad avere una credibilità internazionale nei mercati finanziari che non ha paragoni. Tutto ciò perché questo Governo ha voluto mantenere la barra dritta sulla stabilità dei conti pubblici.
Se, quando abbiamo fatto le altre leggi finanziarie, avessimo ascoltato i colleghi del centrosinistra che volevano finanziare la crescita creando deficit e facendo il deficit spending oggi non saremmo probabilmente in questa situazione che ci vede - lo ripeto - rispettati sui mercati internazionali. Noi crediamo che dobbiamo guardare ai numeri perché l'Italia è caratterizzata da un clima di pessimismo. Si dice l'Italia non cresce, che è un Paese fermo, che non ha sviluppo, che messa così male non è mai stata, ma noi dobbiamo andare a guardare i numeri partendo dalle caratteristiche del nostro sistema economico.
L'Italia è un Paese duale: noi abbiamo una parte del Paese che cresce più (il centronord e, soprattutto, il nord) di tutte le altre aree europee e c'è una parte del Paese che non cresce. Questa è una questione cronica dell'Italia. Quindi, quando guardiamo i dati del nostro prodotto interno lordo dobbiamo sempre caratterizzare questa specificità del nostro Paese. L'Italia è un Paese che ha un'economia duale e, quindi, quando guardiamo il prodotto interno lordo dobbiamo capire che c'è una parte di Paese che cresce e una parte di Paese che non cresce. Dobbiamo per forza far la media. Ma, se guardiamo i dati del 2010 partendo da questa caratterizzazione nel nostro Paese, noi non vediamo tutto questo pessimismo. Il prodotto interno lordo è cresciuto dell'1,3 per cento. La Francia - si diceva che dobbiamo guardare agli altri Paesi - è cresciuta dell'1,6 per cento. L'area euro, come media, è cresciuta dell'1,7 per cento.
È chiaro che se andiamo a fare il confronto con la Germania che è sempre stata la locomotiva dell'Europa questo è un altro discorso. Tuttavia, in termini di crescita del prodotto interno lordo, sapendo che abbiamo un'economia duale, noi crediamo che il Paese sia messo non così male come viene descritto. Per quanto riguarda il rapporto deficit-PIL, se avessimo ascoltato la sinistra, noi oggi avremmo finanziato la crescita (che poi non ci sarebbe stata) facendo deficit. Invece, noi abbiamo tenuto fermi i conti pubblici e nel 2010 abbiamo il 4,6 per cento contro un'aerea euro che è del 6,3 per cento. Per quanto riguarda la disoccupazione, siamo all'8,4 per cento, con un'area euro che è oltre il 10. La Francia è al 9,6 per cento, la Spagna al 20,1.
È chiaro che la pressione fiscale è un rapporto: se al denominatore hai un prodotto interno lordo che non cresce, è molto difficile riuscire a diminuire la pressione fiscale, che però ha avuto i picchi massimi quando ha governato il centrosinistra. L'economia cresceva dell'1,5 per cento eppure la pressione fiscale ha avuto i picchi massimi quando ha governato il centrosinistra.
Siamo stati un Governo che ha fatto la lotta all'evasione meglio di altri. Su questo devo dire che, come Lega Nord Padania, siamo un po' preoccupati perché ci arrivano segnali di malumore dalle piccole e medie imprese per il lavoro, anche assiduo, che stanno facendo l'Agenzia delle entrate ed Equitalia. Dobbiamo stare attenti perché il Governo deve prendere in considerazione questi segnali che arrivano. Pag. 22
C'è un aspetto che ci preoccupa: un intervento come la guerra in Libia costa 700 milioni e ci chiediamo dove andiamo a trovare i soldi. Infatti, con le leggi finanziarie di qualche miliardo di euro che abbiamo fatto non è facile andare trovare i soldi, che sono tanti, perché abbiamo deciso di andare a bombardare quattro disperati. Questo è un problema e non vorremmo che si decidesse di aumentare il prezzo della benzina per finanziare l'interventismo italiano. Questa è una questione che ci preoccupa, però il Governo ha fatto bene nella tenuta dei conti pubblici e nei numeri macroeconomici generali e, quindi, avrà la nostra fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, questo è un Documento importante, come il nostro relatore di minoranza, l'onorevole Barletta, ha già ben descritto all'inizio di questa seduta. Voglio sottolineare solo due questioni che mi interessano e che riguardano la Commissione affari sociali nella quale abbiamo svolto un rapidissimo dibattito su questo tema, anche se ritengo che avrebbe meritato un'attenzione più ampia. Le due questioni che voglio sottolineare riguardano uno dei grandi obiettivi mancati, in particolare dal PNR.
Sappiamo che uno degli obiettivi della «Strategia Europa 2020» è la riduzione della povertà in Europa, 20 milioni di persone che si intende togliere dalla condizione di povertà, ciò significa che per l'Italia l'obiettivo si traduce in due milioni di poveri in meno. Questo Documento avrebbe il dovere di indicare le politiche che possono consentire il raggiungimento di questo obiettivo, ma se guardiamo alle politiche elencate - cioè nessuna - temo che questo obiettivo non solo non verrà raggiunto ma si aggraverà e come altri colleghi hanno già detto, se l'Italia si appresta a ricoprire l'ultimo posto tra i Paesi europei in tutti gli obiettivi di crescita avremo purtroppo il primato dell'aumento della povertà. Zero politiche per contrastare la povertà, si fa riferimento ad un unico intervento, cioè alla «miracolosa» social card che il Ministro Tremonti ha avviato un paio di anni fa ma che nel corso di quest'anno presenta un finanziamento pari a zero e che si finanzia solamente attraverso interventi economici di natura sporadica, casuali e che non provengono comunque dal bilancio dello Stato, ma da sanzioni riscosse per le violazioni a normative europee.
Come si può impostare una politica di contrasto alla povertà senza misure strutturali di finanziamento di queste politiche? Ovviamente non si affronta. Questo è un obiettivo mancato, una grave lacuna del PNR e del DEF nel suo complesso.
Voglio sottolineare un secondo punto, sempre nell'ambito delle politiche sociali e sanitarie che vengono trattate dal DEF. In questo Documento si fa semplicemente una ricognizione dei tagli fatti negli ultimi due anni ma non si indica nessuna volontà e non c'è nessun cenno di cambiamento di linea, anzi si fa capire che si riconfermeranno questi tagli. Per rimuovere quelle politiche di tagli così gravosi per le politiche sociali e le politiche sanitarie occorre pattuire e contrattare con le Regioni un nuovo patto per la salute e soprattutto occorre rivedere i livelli essenziali di assistenza che nella sanità, ricordo, sono fermi al 2001. Non si fa nessun riferimento a questa necessità, da dieci anni sono fermi, sappiamo che questi livelli essenziali sono carenti oramai. Il Ministro Turco aveva già fatto un egregio lavoro preparatorio predisponendo un importante provvedimento per modificare quel decreto del 2001 che è stato cestinato da questo Governo. Faccio solo notare che all'interno dei nuovi livelli essenziali che erano stati individuati c'era un intervento importante per le cure palliative, visto che stanno tanto a cuore - sembra solo a parole - di questo Governo quando si parla di testamento biologico. Non si fa un passo avanti su questo piano, anzi si fanno passi indietro. Anche nel campo dell'analgesia, per esempio per il parto indolore, Pag. 23non si muove nulla anzi ripeto si fanno passi indietro perché si introducono nuovi balzelli, nuovi ticket. È notizia di queste settimane l'aumento dei ticket, o meglio, dei nuovi ticket per tutti i cittadini malati che acquistano i farmaci generici, e dal primo di giugno troveremo tutti la sorpresa dei nuovi ticket sulle prestazioni diagnostiche perché mancano alle Regioni i finanziamenti sulla soppressione dei ticket che sono pari a circa 500 milioni di euro, più i 600 milioni di euro sui generici.
Capite che questo è un ulteriore taglio di oltre un miliardo di euro, che si somma ai due miliardi di euro del sociale: tre miliardi di euro sottratti al settore socio-sanitario significano meno diritti. Ricordo che, invece, uno degli obiettivi fissato dall'Agenda Europa 2020 è quello di investire sulla coesione sociale, e un elemento importante di quest'ultima, indubbiamente, sono le politiche sociali e assistenziali, che creano uguaglianza. Voglio sottolineare solo per un secondo la pericolosità dell'annuncio, uno dei tanti annunci di questo Governo, della modifica dell'articolo 118 della Costituzione, articolo modificato, lo voglio ricordare, con il nuovo Titolo V della Costituzione, confermato con il referendum da parte di tutti i cittadini, come sappiamo, dopo l'approvazione avvenuta alle Camere.
Il Governo annuncia che vuole cambiare il quarto comma dell'articolo 118 della Costituzione, che riguarda il principio di sussidiarietà. Il Governo intende, sostanzialmente, rovesciare la logica prevista oggi dalla Costituzione, cioè che le politiche pubbliche debbano vedere pubblico e privato interessati anche alla gestione dei servizi, ma, ovviamente, sotto la guida pubblica. Certo, le politiche pubbliche, con il quarto comma prefigurato da questo provvedimento, spariscono, perché il pubblico entrerà in campo solo laddove il privato non troverà la convenienza e l'utilità di intervenire. Questo è coerente con i diffusi annunci di introduzione dei voucher, dalla scuola all'assistenza, alla sanità. Insomma, si prefigura una nuova stagione in cui la Repubblica italiana sarà fondata sui voucher, alla faccia dei diritti di uguaglianza sanciti dalla Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, un collega del Partito Democratico prima giustamente richiamava la nostra attenzione sull'assenza, così clamorosa, del Ministro dell'economia e delle finanze in un dibattito che dovrebbe riguardare l'intero Paese, oltre che questo Parlamento. Credo che vi sia una spiegazione: basta, ovviamente, riprendere i giornali di ieri o di questa mattina e si ha il perché dell'assenza del Ministro dell'economia e delle finanze. Basta leggere, per esempio, un giornale, che mi pare che si chiami la Padania, dove viene detto (parole citate tra virgolette, riferite al segretario del partito della Lega Nord): «Berlusconi ha fatto fare a Tremonti e Maroni una figura da cioccolatai. Ecco perché è bene che i cioccolatai stiano alla larga dal Parlamento». Spiegata, quindi, l'assenza del Ministro dell'economia e delle finanze. D'altra parte, sempre la Padania ieri titolava: «Berlusconi si inginocchia a Parigi». Questa è la fotografia. Avete fatto bene, cari amici della Lega Nord, a fotografare così la situazione, perché voi, presidente Giorgetti, fate parte e siete forza trainante di un Governo e di una maggioranza che si inginocchiano ai leader di altri Paesi, anziché fare politica economica, politica industriale e politica sociale per il nostro Paese.
Poi si afferma, come abbiamo sentito dire da un altro collega della Lega Nord, che, se avessimo ascoltato quel partito a fronte di emendamenti che aveva presentato a proposito della legge sull'OPA, probabilmente non saremmo in queste condizioni. Intanto, lo dica ai suoi cugini, cioè ai suoi parenti stretti che sono nella maggioranza con lui. Tradotto, lezioni di nazionalismo da loro non intendiamo prenderle, anche perché noi siamo per una convinta politica europea da sempre; non Pag. 24da oggi e, soprattutto, non soltanto quando ci conviene, come invece fate voi, salvo poi sparare bordate ad alzo zero proprio contro l'Europa. Così come non accettiamo, ovviamente, dal presidente della provincia di Biella, il collega Simonetti, visto che sono piemontese anch'io, lezioni di europeismo, soprattutto laddove si invocano conti a posto e poi - lui lo sa, mi spiace che sia assente - non si riescono a quadrare i bilanci della propria provincia, grazie ai tagli che il suo Ministro dell'economia e delle finanze ha fatto proprio nei confronti degli enti e delle autonomie locali.
A proposito di conti pubblici, ho sentito ripetere la litania che, grazie a questo Governo e a questa maggioranza, i conti pubblici italiani sono in ordine. Vi invito a leggere, ma sicuramente lo avrete fatto, un articolo su La Stampa, di Torino, a firma di Bill Emmott che è stato fino a un paio di anni fa direttore di un noto giornale che si chiama Co...(dai banchi del gruppo Popolo della Libertà si leva una voce: Comunist!)... ecco, perfetto, lo volevo lasciar dire a voi. Non è Comunist, ma The Economist! Quindi, il fatto che vi sia una qualche assonanza - ci siete cascati, ci siete cascati - con il richiamo ad un antico partito evidentemente vi mette subito in fibrillazione. Sta di fatto che Bill Emmott ha scritto delle cose esattamente diverse, credo che abbia una qualche competenza visto che ha diretto per tanti anni un giornale economico del livello di quello che ho appena citato.
Veniamo al Documento di economia e finanza e al Piano nazionale di riforma. Avrete letto sicuramente tanti commenti anche voi nei giorni scorsi. È una manovra senza coraggio, lo ha scritto sul quotidiano Il Sole 24 Ore Roberto Perotti, è una cornice del nulla, è una litania, anzi, una giaculatoria. Allora, replico al collega del gruppo Popolo della Libertà, Cazzola, che diceva prima di me che un Documento come quello di economia e finanza dovrebbe essere circostanziato, dovrebbe essere contenuto nelle parole, avere poche idee, ma chiare. Esattamente il contrario di quello che stiamo esaminando. Di parole ve ne sono tante, pagine su pagine, centinaia di pagine, idee poche e quelle poche, sicuramente, non sono precise. Ecco, questa è la certificazione, se per caso ve ne fosse bisogno, del fallimento delle politiche economiche e di sviluppo di questo Paese.
Ieri, nella replica in Commissione bilancio il sottosegretario Casero ricordava che, fino a qualche tempo, fa l'attenzione maggiore da parte della Commissione europea, ma anche dei singoli Paesi, era rivolta più verso il rapporto tra deficit e disavanzo rispetto al prodotto interno lordo, mentre negli ultimi tempi l'attenzione maggiore è rivolta invece al debito. Peccato - sottosegretario Casero, non si faccia distrarre - che non sia così, gliel'ho detto ieri e glielo ripeto anche oggi, perché il Trattato di Maastricht stabiliva che il rapporto tra deficit e PIL non superasse il 3 per cento, oggi, invece, con i nuovi accordi e con il meccanismo europeo di stabilità, viene stabilito che di qui al 2014 si raggiunga il pareggio di bilancio, cioè non vi siano più disavanzi annuali. Poi, però, ha aggiunto anche un'altra cosa - lei lo sa bene sottosegretario, lo ricordi anche al suo Ministro che forse spesso e volentieri se ne dimentica - riguardo al rapporto tra debito e PIL.
Ancora, un collega della Lega Nord ricordava, tra le righe, che siamo stati, attenzione, più bravi della Germania perché la Germania ci ha superati in negativo, essendo il secondo o terzo Paese nel mondo, il primo in Europa, per la cifra assoluta raggiunta nel debito pubblico. Si è dimenticato, però, di dire che il rapporto tra il debito pubblico tedesco e il prodotto interno lordo tedesco è dell'80 per cento, mentre il rapporto tra debito pubblico italiano e prodotto interno lordo italiano è del 120 per cento! Quindi, quando dite le cose, ditele tutte, non solo una parte perché questa è disonestà intellettuale.
Seconda considerazione. Cifra assoluta. Bene, il Ministro Tremonti ci ha sempre raccontato la favoletta. È chiaro che il rapporto tra debito e prodotto interno lordo è aumentato in proporzione, perché è diminuito il PIL, causa la crisi internazionale. Pag. 25Vero. Peccato, però, che sarebbe ancora meglio aggiungere, onestà intellettuale vorrebbe che si aggiungesse anche che questo potrebbe andare bene se la cifra assoluta del debito fosse rimasta ferma; scendendo il PIL il rapporto aumentava.
Ma non è così, perché in tre anni, signori della Lega Nord e del Popolo della Libertà, il debito pubblico è aumentato di oltre 240 miliardi e in una situazione assolutamente favorevole, almeno dal punto di vista del costo del denaro e del tasso di interesse, mai così basso. Quindi, non si può addebitare l'aumento del debito al costo del servizio del debito, come viene comunemente chiamato. Noi siamo in un nuovo contesto, peccato però che il nuovo Programma nazionale di riforma che viene presentato al nostro esame sia esattamente la fotocopia di quello che non aveva raggiunto l'Aula, ma semplicemente si era attestato in Commissione, e che era stato presentato nel mese di novembre e discusso nel mese di dicembre.
Ebbene, cosa dicono invece gli aggiornamenti di quel Piano nazionale di riforma o meglio di quella bozza di Piano nazionale di riforma? In primo luogo, gli obiettivi che il Governo ci propone con il piano nazionale 2011, se raggiunti, metteranno l'Italia all'ultimo posto in quasi tutti gli ambiti della strategia Europa 2020. Allora andiamo a esaminarli, visto che vi siete lavati davvero la bocca dicendo: stiamo andando bene, va tutto bene, Madama la Marchesa!
Il primo obiettivo riguarda il tasso di occupazione. L'obiettivo comunitario stabilisce il 75 per cento. Sapete qual è l'obiettivo per l'Italia? Il 67,69 per cento, siamo i penultimi, dopo di noi c'è solo Malta. Il secondo obiettivo riguarda la spesa in ricerca e sviluppo. L'Unione europea punta al 3 per cento. Noi all'1,53 per cento e, ancora una volta, dopo di noi solo Malta e Cipro. Per quanto riguarda l'energia, gli obiettivi sono tre (i famosi 20-20-20). Nel primo caso, la riduzione delle emissioni, ci attestiamo per ridurre le emissioni al 13 per cento, nel secondo caso di portare le rinnovabili al 17 per cento e, quindi, ben al di sotto di quanto prescrive l'Europa.
Vi è un'ultima considerazione che è quella che fa tremare davvero il sangue nelle vene: se noi vogliamo essere competitivi ci sono solo due fronti utili per raggiungere quell'obiettivo: la formazione e l'istruzione e la ricerca e l'innovazione. Non c'è altro nel nostro Paese, visto che non abbiamo materie prime. Sull'istruzione l'Europa vuole ridurre la percentuale di quanti lasciano prematuramente la scuola al 10 per cento. L'Italia ha l'obiettivo molto più modesto di tutti, tranne ancora una volta Malta, e si attesta al 15,16 per cento. Se poi dovessimo parlare dei laureati, l'Europa mira al 40 per cento e l'Italia ha l'obiettivo più basso di tutti.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Cambursano.

RENATO CAMBURSANO. Sulla ricerca e sull'innovazione siamo gli ultimi in Europa. Allora, dove vogliamo andare? Cosa ci proponete con questo Documento di economia e finanza e con questo Programma nazionale di riforme, che non esistono? È il fallimento del Paese, la crescita non ci sarà e i saldi di finanza non saranno rispettati. Questo è quello che ci consegnerete e ne siete talmente convinti anche voi e il vostro Ministro dell'economia e delle finanze, che pensate bene di aggiustare i conti non in questa legislatura, ma, guarda caso, nel 2013-2014. Cioè significa: chi verrà ci penserà (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calgaro. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

MARCO CALGARO. Signor Presidente, nel 2010 l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è sceso al 4,6 per cento del PIL, grazie a una forte contrazione della spesa in conto capitale e ad un attento controllo della spesa corrente. Per Pag. 26il 2011-2012 il Documento conferma recenti stime e prevede che nel 2012 l'indebitamento netto torni sotto il 3 per cento del PIL. Inoltre, nel 2013-2014 si profila un deciso aggiustamento, con la finalità di arrivare al pareggio di bilancio nel 2014.
Le misure correttive necessarie che sono previste in 2,3 punti percentuali del PIL, saranno tutte concentrate sulla spesa. Anche il rapporto tra debito pubblico e PIL si ridurrebbe a partire dal 2012 e raggiungerebbe il 112,8 per cento nel 2014. Questo è un programma molto ambizioso e implica una contrazione della spesa considerevole e prolungata nel tempo. Terrei a sottolineare che lo sforzo richiesto per arrivare a ottenere questi risultati è di gran lunga superiore a quello compiuto per rispettare i parametri di Maastricht ed entrare nella moneta unica europea. Allora la correzione dei conti era poco sopra i quattro punti di PIL in quattro anni, oggi il traguardo è il miramento di 5,3 punti di PIL in quattro anni. Vorrei anche far notare che il contesto in cui viene richiesto questo sforzo è quello di un Europa e di un'Italia investite dalle conseguenze delle crisi finanziaria globale, con un livello di pressione fiscale, pari al 42,6 per cento nel 2010, che è uno dei più elevati in Europa, con una elevatissima evasione fiscale, il che imporrà di concentrare il risanamento agendo quasi esclusivamente sulla spesa primaria, con uno sforzo straordinario.
L'impegno alla riduzione della spesa pubblica che è assunto nel DEF è un impegno dichiarato ma, come da più parti è stato fatto ripetutamente notare, latita ad oggi una precisa definizione degli interventi. Bisognerebbe essere in grado di ottenere consistenti recuperi di efficienza, definire con attenzione le priorità nell'allocazione delle risorse, intervenire in modo selettivo e non con tagli lineari sui diversi capitoli di spesa. Il rischio molto elevato, in assenza di queste scelte precise, è quello che i tagli di spesa finiscano per essere sostanzialmente fittizi e caratterizzati dal mero rinvio di spese necessarie e da forme occulte di debito pubblico, senza considerare che al taglio della spesa è previsto contribuire in modo rilevante il taglio massiccio agli investimenti pubblici, 27 miliardi nel 2012 rispetto ai 38 miliardi nel 2009.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 11,35)

MARCO CALGARO. Questa diminuzione non potrà non avere effetti di lungo periodo sulla infrastrutturazione del Paese, un essenziale fattore di competitività. Per brevità di tempo non mi soffermo ulteriormente sull'analisi ma è chiaro che il condivisibile e titanico sforzo di tenere in ordine i conti pubblici in tanto manca di chiarezza e precisione sulla definizione dei tagli e, qualora questi avessero le caratteristiche di linearità cui ci abituati il ministro Tremonti, finirebbero per sortire effetti depressivi sull'economia, impedendo la ripresa della crescita da una parte e dei consumi interni dall'altra, mantenendoci nello stato di stagnazione in cui siamo precipitati da tempo. Il PNR evidenzia un eccessivo ottimismo circa l'impatto delle misure già assunte che al momento non sembrano abbiano raggiunto i risultati attesi e un estrema genericità e vaghezza nel definire i reali contenuti delle ulteriori iniziative che non assumono quasi mai i caratteri immediatamente operativi che sono previsti dalle nuove procedure europee. Probabilmente proprio da questo deriva il limitato impatto sulla crescita, pari allo 0,4 per cento che viene attribuito alle misure prospettate Un tale impatto sarebbe con tutta evidenza inadeguato a garantire la ripresa dell'occupazione e un indispensabile, per quanto graduale, riassorbimento del debito.
La prima priorità indicata dal Governo è la riforma fiscale, che dovrebbe privilegiare lavoro e imprese, stimolando consumi e investimenti, con un graduale e parziale spostamento della pressione fiscale dai redditi personali e di imprese alle cose e ai beni, rivedendo e riformando la tassazione sui redditi di natura finanziaria e tutelando il risparmio previdenziale. Di questa riforma fiscale al momento non vi è traccia, anzi, a fronte di una pressione Pag. 27fiscale tra le più alte in Europa è elevato il rischio che l'introduzione del federalismo determini un aumento della pressione fiscale stessa. Avete promesso per anni un fisco a misura di famiglia, essenziale per ridare fiato a questa cellula fondamentale della società, che negli ultimi anni è stata la vera camera di compensazione degli squilibri evidenziatisi a livello occupazionale, giovanile, reddituale, di invecchiamento della popolazione e invece nulla, continuate a parlare dei problemi demografici del Paese, della necessità di far riprendere consumi interni, del favor familiae, ma nessun provvedimento concreto ha visto la luce negli ultimi anni.
Un'altra priorità da voi indicata è l'attuazione del federalismo e anche su questo punto da voi ritenuto fondamentale per il futuro del Paese non potendo dilungarmi, mi limito ad evidenziare che i meccanismi individuati per il coordinamento delle politiche di bilancio sono assolutamente inadeguati a realizzare l'autonomia di entrata e di spesa e sono destinati a riaprire ogni anno, al momento del coordinamento dinamico della finanza pubblica mediante il varo della legge di stabilità, una contrattazione sul valore della spesa e sulle quote di compartecipazione. In questo modo la responsabilizzazione degli amministratori regionali e locali, che dovrebbe rappresentare l'aspetto qualificante della legge, rischia di essere completamente vanificato. In ogni caso, in assenza della definizione di elementi essenziali come i sistemi perequativi e i fabbisogni, si può ben dire che la riforma è lontana dall'essere delineata nei suoi effetti e al momento attuale l'unica ricaduta prevedibile è quella di un aumento della pressione fiscale complessiva.
Anche la dotazione di infrastrutture e reti, declamata come priorità, è nei fatti frustrata sia dall'eterna indecisione sulle priorità di intervento, sia dal fatto che le politiche di contenimento della spesa per investimenti causano con tutta evidenza una sottodotazione delle risorse relative ai programmi CIPE, e una importante caduta degli investimenti degli enti locali. In materia di welfare è totalmente evidente come sia miope ed inefficace la prospettiva di limitarsi alla sola manutenzione dei regimi previdenziali e sanitari. Il contenimento degli sprechi e la riqualificazione della spesa mostreranno ben presto la corda rispetto alle inesorabili conseguenze dell'invecchiamento della popolazione, e rendono indispensabile fin d'ora la prospettazione di nuove modalità di finanziamento della sanità prima che si evidenzi una ulteriore emergenza assoluta nei conti pubblici.
È altrettanto evidente come la sempre più precaria condizione delle finanze comunali renderà ben presto evidente l'emergenza sociale costituita dal disagio e dalla povertà. Anche in questo caso non si vede traccia di un piano nazionale contro la povertà. Per quanto riguarda la ricerca, l'innovazione e il capitale umano, siamo nuovamente di fronte alla declamazione della volontà di favorire l'efficienza e il merito, ed alla pratica concreta dei tagli lineari, con ricadute evidenti e negative sulla qualità della scuola primaria e secondaria, con il mancato finanziamento dei capitoli più qualificanti della vostra riforma dell'università, e con una percentuale di PIL stanziato per la ricerca e l'innovazione tra i più bassi dei Paesi occidentali. Infatti l'Italia stanzia a questo fine l'1,53 per cento del PIL a fronte di un obiettivo UE del 3 per cento.
La politica verso i settori produttivi pare caratterizzata in questa fase unicamente dall'attenzione alle nuove dinamiche contrattuali, e vorrei evidenziare come, stante l'attuale fase di ristrettezze economiche e di necessaria contrazione della spesa, sia indispensabile e urgente da parte del Governo compiere scelte settoriali chiare di investimento e di incentivazione, scelte a tutt'oggi mancanti. Vorrei anche evidenziare come continui a latitare una proposta chiara di riforma degli ammortizzatori sociali, indispensabile per porre mano all'enorme squilibrio attuale tra lavoratori garantiti (anche eccessivamente) e lavoratori la cui vita è caratterizzata dall'assoluta precarietà di lavoro e quindi di vita. Pag. 28
Garantire sicurezza nei periodi non lavorativi ai giovani è uno dei principali nodi da sciogliere se si vuole immettere fiducia nella società, fiducia che è alla base anche della ripresa dei consumi e dello sviluppo. Naturalmente non può mancare nel programma un accenno all'implementazione delle politiche di concorrenza e di liberalizzazione, in particolare nel settore dei servizi e delle professioni che certamente nel nostro Paese sono ancora caratterizzati da un eccesso di vincoli e da rendite di posizione che si traducono in maggiori costi per cittadini e imprese. Ma anche qui, dopo tanto parlare, non si passa mai ad una chiara e condivisa individuazione di provvedimenti precisi e di servizi pubblici e aziende da liberalizzare e privatizzare. Senza mai dimenticare che ciò che veramente manca in Italia, e non si vede all'orizzonte, è la capacità di valutazione e regolazione efficace dei servizi di pubblica utilità prestati dal pubblico e dal privato.
Le politiche per il Mezzogiorno rappresentano giustamente la seconda priorità del DEF ed è ormai chiaro a tutti noi come la questione meridionale sia una questione nazionale, che come tale richiede una regia nazionale. Mi limito ad osservare come il problema principale in questo caso non sia quello del reperimento di risorse, spesso non spese o impegnate malissimo. Le priorità per il Mezzogiorno sono due: il ritorno alla legalità e alla fiducia nello Stato, e la capacità di avere bilanci regionali credibili che consentano una valutazione in tempo reale dell'andamento della spesa e dell'impiego delle risorse. In un campo come quello della sanità, che rappresenta circa l'80 per cento medio del bilancio di una regione, entrambi questi assunti non sono veri. Il reale effettivo utilizzo delle procedure sostitutive previste dall'articolo 120 della Costituzione è alla base dell'efficacia di politiche che affrontino la questione meridionale con qualche speranza di soluzione.
Faccio solo un accenno alla riduzione dei costi della politica, per rilevare come uno dei punti più rilevanti del vostro programma elettorale fosse l'abolizione delle province. Non solo non le avete abolite, ma neanche siete riusciti a procedere ad un progetto d'accorpamento. Veniamo al programma energetico, fino a ieri imperniato sul nucleare e oggi vuoto di ogni reale determinazione, sia per le recenti dichiarazioni del Premier, sia per la totale assenza di una reale incentivazione allo sviluppo di settori specifici delle rinnovabili. Anche la riforma del processo civile è tra le priorità, e ne condividiamo la centralità, ma ad oggi le uniche misure realmente perseguite sulla giustizia sono quelle a tutti fin troppo note. In conclusione, noi riconosciamo che il programma di risanamento dell'economia previsto nel DEF è molto ambizioso e si pone obiettivi all'altezza di quanto richiesto dall'agenda europea, ma dovendo basarsi essenzialmente sui tagli alla spesa e - per quanto a noi noto oggi - essendo basato sui soliti tagli lineari, finirà per penalizzare inevitabilmente la crescita e lo sviluppo e non ci farà uscire dall'attuale stato di stagnazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARCO CALGARO. Anche il PNR - concludo - individua effettivamente i principali nodi di natura strutturale del ritardo della nostra economia, ma si caratterizza ad oggi per essere un vero e proprio libro dei sogni e non un programma realizzabile entro la fine della legislatura.
Insomma, il vostro DEF stenta a delineare con precisione le modalità con cui conciliare un rapido riequilibrio dei conti pubblici con azioni volte a rilanciare il nostro sistema produttivo, far ripartire la crescita e sostenere i consumi interni. Per questo, annunciamo il nostro voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bitonci. Ne ha facoltà.

MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, l'importanza del Documento di economia Pag. 29e finanza che, oggi, qui, discutiamo deriva dal fatto di essere, in virtù della recente modifica della legge di contabilità e finanza pubblica, lo strumento cardine, all'interno del semestre europeo, della programmazione economica e finanziaria del Paese. Tematiche queste ribadite con forza anche dal Consiglio europeo del 24 e del 25 marzo scorso il quale ha fissato, tra le sue priorità, un più stretto coordinamento delle politiche economiche dei Paesi membri al fine di migliorare la competitività, la crescita e la convergenza tra Stati membri così da recepire, nella legislazione nazionale, le regole del bilancio dell'Unione europea fissate dal Patto di stabilità e di crescita. I risultati emersi dall'analisi del Documento, articolato in tre distinte sezioni (Programma di stabilità, Analisi e tendenze della finanza pubblica, Programma nazionale di riforma), sono promettenti dal momento che il deficit, coerente con le stime di settembre, è risultato inferiore all'obiettivo precedente e la spesa primaria corrente è in diminuzione. Non solo, ma il rientro del disavanzo al di sotto del 3 per cento, previsto per il 2012, e l'obiettivo di pareggio del bilancio per il 2014, sono impegni fondamentali in grado di determinare un abbassamento del peso del debito consentendo di ottemperare alle regole europee. In questi termini, il contenimento della spesa, fondato su analisi precise e dettagliate, rappresenta un passaggio importante, anzi obbligatorio, per il nostro Paese, in quanto permetterà di evidenziare i punti, d'ombra delle amministrazioni che disperdono i soldi pubblici.
In un Paese moderno e federale, dove le risorse devono essere massimizzate per garantire un miglior servizio al cittadino, lo sperpero di denaro pubblico diventa più difficile da attuare. In una recente analisi svolta dal Centro Studi Sintesi sui comuni «spreconi» e la capacità fiscale, è emerso che sono al sud i comuni con il bilancio in rosso. Abbiamo, per esempio, comuni come Napoli, Catania, Palermo, Cosenza, Oristano e Salerno che hanno un imponibile IRPEF su media nazionale molto basso; Napoli, ad esempio, solo il 64 per cento, con, di contro, una spesa corrente pro capite su media nazionale superiore al 129 per cento. Così anche Catania con il 64 per cento come imponibile IRPEF su media nazionale e il 116 per cento come spesa corrente su media nazionale. Questo ricalca un po' anche il deficit pubblico, soprattutto per quanto riguarda la sanità. Infatti, le regioni che hanno provocato un grande deficit sanitario negli scorsi anni sono sempre le stesse, dal 2007 ad oggi, ossia la Sicilia, il Lazio, la Calabria e la Campania. Così come vi è anche lo spreco per i fondi FAS europei; sono state messe a disposizione, dal 2007 al 2013, risorse comunitarie per ben 44 miliardi e di questi ne sono stati spesi solamente 3,6. Non è vero, quindi, che i soldi non ci sono, cari colleghi del sud, ma è vero che non sapete amministrare, non sapete dare servizi ai cittadini ed è giunta l'ora di pagare in proprio. Sapete che con il federalismo fiscale, con la legge delega n. 42 del 2009, gli amministratori pagheranno in proprio per questi disavanzi creati nei comuni, nelle province e nelle regioni.
È, altresì, evidente, tuttavia, come la politica di contenimento della spesa e di abbattimento del debito, creata da decenni di mala amministrazione, deve essere accompagnata, nel suo iter, anche da una lungimirante ed attenta politica di crescita tale da aumentare la competitività dell'impresa, l'occupazione e la produttività. Non a caso crediamo che l'implementazione dei piani strategici industriali e la revisione della pressione fiscale rappresentino, in questo senso, dei successivi step lungo i quali dovrà muoversi il cammino del nostro Governo per i futuri mesi.
La revisione della pressione fiscale passa inderogabilmente dal contrasto all'evasione fiscale, in quanto finalizzata non solo a debellare per sempre lo squilibrio esistente tra chi paga e chi evade, ma anche al contempo ad aprire la possibilità di ridurre le aliquote fiscali. Ciò evidenzia per l'ennesima volta un grande e innovativo cambiamento che sta riguardando il nostro Paese, dalla governance europea alla riforma federalista, e che denota un avvicinamento al cittadino, contemporaneamente ad una partecipazione alla formulazione Pag. 30delle strategie della politica europea che non ha precedenti. E se è vero, come è vero, che una vera Unione si vede soprattutto nei momenti di difficoltà, il desiderio che accompagna questo nostro voto favorevole al Documento di economia e finanza è che la compartecipazione alle politiche e alle strategie comunitarie che Bruxelles ci ha chiesto e alle quali noi abbiamo risposto prontamente non si limiti alle politiche di bilancio, piani di rientro o sistemi di controllo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mario Pepe (PD). Ne ha facoltà, per due minuti.

MARIO PEPE (PD). Due minuti: signor Presidente, la ringrazio per la concessione benevola.

PRESIDENTE. Non sono io a concedere, sono i gruppi parlamentari, non c'entro.

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, era solo una considerazione sulla brevità, ma sarò sintetico. Signor Presidente, lei dice che stiamo discutendo il Documento di economia e finanza (DEF); io ritengo che sia ancora un acronimo semantico, perché se vediamo la dualità che compone questo Documento, il Programma nazionale di riforma e il Programma di stabilità, vediamo dialetticamente una connessione e non poteva essere diversamente. Tuttavia, signor Presidente, voglio dire con molta franchezza che io ho letto ed ho approfondito il tema e ritengo che siamo andati oltre le previsioni che avevamo recuperato nei cosiddetti Documenti di programmazione economica e finanziaria. Non un passo avanti, un passo indietro. Pertanto io adopero questa definizione, è un adattamento continuo di consolidamenti finanziari il DEF, per cui noi dovremmo verificarlo soprattutto nel decreto di sviluppo, che sarà l'attuazione di questo documento programmatico. Vorrei affidare a lei e al Governo due argomenti, affrontare seriamente il tema del regionalismo, superando il mito che il Mezzogiorno dilapida le risorse in maniera capricciosa e irrazionalistica (c'è un Mezzogiorno diverso, che vuole lavorare), potenziare quindi il regionalismo, recuperando anche le dinamiche del Patto di stabilità e affrontando seriamente un progetto chiaro, finalizzato a rilanciare il Mezzogiorno d'Italia.
Ritengo di aver utilizzato in maniera intelligente i due minuti, per cui dirò il mio «no» profondo al DEF del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fluvi. Ne ha facoltà, per sei minuti.

ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, rimando alle considerazioni di carattere generale che ha fatto l'onorevole Baretta nel suo intervento per concentrarmi, considerati anche i limiti di tempo, su un aspetto specifico che riguarda il fisco e la riforma fiscale. Il Ministro dell'economia Tremonti parla ormai da tempo di una grande riforma fiscale e il problema io credo che sia proprio il tempo, il problema è costituito dai tempi dell'attuazione della grande riforma fiscale. Perché faccio questa sottolineatura, signor Presidente e onorevoli colleghi? Faccio questa sottolineatura perché a mio avviso il tempo non è una variabile indipendente, l'attesa non è neutra.
Faccio questa affermazione e voglio suffragarla da alcuni flash molto brevi. Il primo è questo: in una recente inchiesta che ha fatto Il Sole 24ore l'11 marzo scorso noi vediamo che il 92,6 per cento del gettito IRPEF proviene da redditi da lavoro dipendente e redditi da pensione. Non solo: se vediamo le entrate fiscali nel 2010 sempre relative all'IRPEF, così come ci viene detto dal bollettino delle entrate del dipartimento delle finanze, queste sono aumentate del 4,4 per cento essenzialmente a causa degli effetti positivi relativi ai rinnovi contrattuali del pubblico impiego e ai relativi arretrati corrisposti nel 2009. Pag. 31
Qual è il problema? Il problema è che, così come recita l'articolo 53 della Costituzione, il nostro sistema tributario dovrebbe essere informato a criteri di progressività. Uso il condizionale, perché da questi dati possiamo renderci conto come il concetto di progressività riguardi, ormai, solo una parte dei contribuenti e non la totalità dei contribuenti stessi.
La seconda considerazione riguarda l'evasione fiscale: anche in questo caso, procedo per flash. Ormai, sia la Banca d'Italia che l'ISTAT ci dicono, da tempo, che il reddito che sfugge all'imposizione fiscale si aggira intorno ai 300-320 miliardi di euro. Una quantità enorme di denaro che toglie alle casse dello Stato, annualmente, circa 100 miliardi di euro. Per dare alcune cifre di grandezza dico soltanto che l'ultima manovra finanziaria approvata dal Parlamento - quella approvata nel luglio scorso - cifrava 25 miliardi di euro e per di più era spalmata su due anni. Qui stiamo parlando di minori entrate per 100 miliardi di euro.
Non solo. Nonostante gli sforzi dell'Agenzia delle entrate e della guardia di finanza, che hanno prodotto un lavoro che ha consentito di recuperare circa 10 miliardi di euro alle casse dello Stato, non un euro di questi 10 miliardi è andato per la riduzione delle imposte, ma tutto è andato per la copertura di spese correnti.
Ultimo flash e mi avvio a concludere. L'imposizione fiscale sulle imprese, nel nostro Paese, supera ormai ampiamente il 50 per cento, attestandosi intorno al 52-53 per cento.
Perché ho fatto questi tre esempi e ho voluto lanciare questi tre flash? Perché, a mio avviso, da queste brevissime considerazioni che non possiamo sviluppare a causa del tempo limitato della discussione, emergono due elementi, sui quali credo dovremmo riflettere tutti assieme: vi è sicuramente un tema di equità e vi è sicuramente un eccessivo carico fiscale sul lavoro e sulle imprese.
Pertanto, vorrei concludere questo mio brevissimo intervento con una semplice considerazione. Signor Presidente, in genere, il tema dell'equità dovrebbe informare ogni atto del Governo e del Parlamento. Ma io dico di più: in momenti di crisi come l'attuale, il tema dell'equità dovrebbe essere il minimo comune denominatore di ogni provvedimento del Governo e del Parlamento. Inoltre, il fisco, certamente non da solo, può rappresentare una leva straordinaria per lo sviluppo.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ALBERTO FLUVI. Pertanto, la proposta che abbiamo avanzato e che avanzo al Governo ed al Parlamento - e concludo, signor Presidente - è la seguente: siamo convinti che sia possibile, anche a parità di gettito e, quindi, facendosi carico delle difficoltà di finanza pubblica, spostare il carico fiscale dal lavoro alla rendita. È questa una delle proposte contenute nella risoluzione di minoranza che voteremo più tardi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Buonfiglio, iscritto a parlare non è in Aula.
È iscritto a parlare l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà, per otto minuti.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, il Partito Democratico ha salutato molto favorevolmente le decisioni europee, il nuovo contesto che si è creato, l'integrazione politica-federale e il superamento del mercato unico. Il Documento di economia e finanza è appunto questo.
Tenere insieme Programma di stabilità e Programma nazionale di riforma vuol dire, di fatto, tenere insieme rigore e crescita. Vi è una consapevolezza che politiche di rigore e di bilanci pubblici in ordine siano necessarie alla crescita.
Bene, allora, analizziamo la proposta che ha avanzato il Governo da questi due punti di vista: rigore e crescita. Per quanto riguarda il rigore, le previsioni del Governo sono quelle di un azzeramento del nostro deficit di bilancio nel 2014. Ricordo, soprattutto all'onorevole Fugatti che ha parlato di questo, che noi abbiamo chiuso il 2010 con un deficit di bilancio del 4,6 Pag. 32per cento, cioè in questo Paese si sono spesi oltre 70 miliardi in più di quelli che si incassano.
L'onorevole Fugatti ha detto che, se avessimo seguito i voleri della sinistra, avremmo operato in deficit. Vorrei fargli notare che semplicemente lui ha raddoppiato il deficit perché, quando ha iniziato a governare in questo Paese, il deficit era al 2,7 per cento del PIL, poi ha superato il 5 per cento e ora è al 4,6 per cento (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ma c'è un'altra cosa: si prevede per il 2011 di chiudere con un deficit al 3,9 per cento, nel 2012 al 2,7 per cento e nel 2013 all'1,5 per cento del PIL. Quindi, dal 2012 al 2014 dovremmo azzerare un deficit di 70 miliardi di euro, senza considerare il fatto che in questi mesi abbiamo fatto scelte che hanno rinviato le spese, non le hanno tagliate: mi riferisco al turn over, agli scatti e via dicendo.
Nessuno ancora, signor Presidente, ha stimato gli effetti di questi rinvii. Registro che la pubblica amministrazione deve, al sistema delle imprese, oltre 60 miliardi. La tecnica è quindi quella di rinviare per far tornare i conti, ma poi queste spese torneranno e quindi azzerare entro il 2014 settanta miliardi di deficit ed in più recuperare quanto è stato rinviato, noi lo riteniamo condivisibile, ma difficilmente praticabile se non si comincia subito.
Dov'è la furbata signor Presidente? La furbata è che nel Documento di economia e finanza si rinvia tutto al 2013 e al 2014 perché ci saranno le elezioni. Questa è l'etica di questa maggioranza e di questo Governo: non aver mai voluto affrontare seriamente i problemi.
I colleghi hanno fatto alcuni parallelismi con i nostri partner europei, con la Germania e con la Francia, con riferimento alle difficoltà nei deficit di bilancio. Vorrei dire all'onorevole Simonetti: vogliamo dirci, una volta per tutte, che i deficit di bilancio in aumento degli altri Paesi sono dovuti ai salvataggi bancari che noi non abbiamo dovuto affrontare grazie ad una buona legge bancaria - quella dell'onorevole Amato - e alla guida della Banca d'Italia che avete sempre criticato per provincialismo? Il Ministro Tremonti si è sempre distinto in questo e, malgrado ciò, in tre anni di vostro Governo registriamo 220 miliardi di debito pubblico in più e una decrescita, in due anni, di oltre dieci punti senza poter prevedere sensibili risalite. Questo è per quanto riguarda il rigore.
Per quanto riguarda invece la crescita e il Programma nazionale di riforma, non so dove l'onorevole Cazzola veda questo «afflato riformatore» di cui ha parlato, io vedo anche qui delle furbizie.
Signor Presidente, lei conosce meglio di me i tempi e i modi della legislazione e nel Documento di economia e finanza ci si propone di modificare ben quattro articoli della Carta costituzionale. In primo luogo, l'articolo 81, quello sulla contabilità e potremmo essere d'accordo anche se abbiamo già una norma costituzionale, appunto l'articolo 81 (abbiamo già una norma che recepisce automaticamente i Trattati europei), poi l'articolo 41, quello sulle imprese, l'articolo 97 sulla pubblica amministrazione e l'articolo 118, a proposito della sussidiarietà, diciamo così, oltre alla pletora di proposte di riforme costituzionali che sono state avanzate in questi giorni. Io le considero francamente dei diversivi: un Governo al terzo anno di legislatura si propone di cambiare questi assi portanti della Carta costituzionale.
Un Governo in queste condizioni di maggioranza si propone di fare una manovra sulla Carta costituzionale di questa portata: ciò vuol dire parlare d'altro, perché non è vero che la nostra Carta impedisce più concorrenza, più mercato e più semplificazione, e vuol dire non affrontare i problemi.
L'afflato riformatore di cui parlava l'onorevole Cazzola e che è scritto nelle carte, cosa determinerà nella crescita? Dal 2011 al 2014 lo 0,4 per cento all'anno, quindi già voi dite che questo piano di riforme non produrrà ricchezza e non produrrà crescita. Quali sono i limiti più grandi e più marcati? La griglia di Europa 2020 prevede 8 target che ci dicono che per la ricerca e lo sviluppo dobbiamo Pag. 33impegnare il 3 per cento del nostro prodotto; noi impegniamo l'1,5 per cento e non lo realizzeremo mai.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MASSIMO VANNUCCI. Concludo, signor Presidente. Nella stessa direzione va il target di riduzione degli abbandoni scolastici: noi scriviamo che il nostro obiettivo è del 16 per cento, mentre quello di Francia e Germania è del 10 per cento. Potrei parlare di infrastrutture: di fronte a necessità dell'allegato di 220 miliardi di euro, noi ne destiniamo 8, o potrei dire, come ultima cosa, prima di concludere, che l'ISTAT, che è stata audita, parla di un preoccupante aumento delle importazioni derivante dalla riduzione della capacità di presidio del mercato interno da parte delle nostre imprese: importiamo beni che potremmo produrre, perché non si fa politica industriale e perché per lunghi mesi il Ministro è stato assente.
L'obiettivo, quindi, Presidente, non è raggiunto: non vi è rigore e non vi è crescita, perché non si è mai visto nessuno onorare i debiti senza lavorare di più, senza crescere. È questa, ancora una volta, un'occasione persa, perché manca il coraggio, perché siete bloccati, perché avete una maggioranza che non è in grado di affrontare questi problemi ma, soprattutto, non siete in grado di dare un obiettivo al Paese, uno scopo, una meta, un'ambizione. Dovete prenderne atto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà, per due minuti.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, nel corso del 2010 l'economia mondiale ha fatto registrare un tasso di crescita del PIL del 4,8 per cento, grazie anche ad un incremento di 12 punti percentuali del commercio mondiale, dopo il consistente calo del 2009.
I provvedimenti che il Governo assume devono tener conto della proiezione internazionale dell'Italia, per tornare a crescere, per tornare ad essere un Paese competitivo e in questo mi sembra strategico sottolineare il ruolo storicamente svolto dalle comunità italiane nel mondo sino ad oggi e il possibile ruolo che, in prospettiva, esse potranno avere in un contesto globalizzato e competitivo, dove altri Paesi - questo dobbiamo vederlo a fondo - vedono le proprie comunità come vere e proprie teste di ponte per allargare la propria influenza e volgere a proprio vantaggio il libero commercio. La Germania in questo insegna tante cose.
Credo che per aumentare la competitività del nostro Sistema Paese bisogna tenere in debito conto le nostre comunità italiana all'estero: milioni di cittadini italiani e 60 milioni di origine italiana, dove ritroviamo il portato della cultura italiana, che contribuisce al successo del made in Italy nel mondo. Sappiamo bene che il successo del made in Italy, e quindi anche di una parte consistente della nostra crescita economica, è legato alla capacità di valorizzare in termini di rete la ricchezza costituita dalle nostre comunità all'estero e con il metabrand italiano nel mondo, quale incarnazione dell'immagine del vivere italiano nella percezione dei cittadini stranieri.
È allora necessario riqualificare gli sforzi indirizzati alla formazione del Sistema Italia con le sue caratteristiche culturali, linguistiche e imprenditive, ma per fare ciò è necessaria un'inversione di tendenza, questo è il dato centrale che vorrei sottolineare rispetto ai tagli continui perpetrati ai danni del Ministero degli affari esteri e delle politiche per gli italiani nel mondo.
Se le nostre imprese riescono ad intercettare nuove aree e segmenti dei mercati internazionali, da un lato il merito è sicuramente della capacità imprenditoriale, dall'altro però, esse manifestano una maggiore difficoltà di penetrazione commerciale rispetto ad altri Paesi europei, nostri competitor più diretti.
Possono dunque essere propizie e fondamentali le nostre strutture all'estero, oltre che i singoli cittadini italiani nel Pag. 34mondo, espressione di un'Italia più ampia, anche oltre i confini nazionali, che manifesta grande attaccamento all'Italia, come dimostrano anche le iniziative per i festeggiamenti del centocinquantesimo anniversario dell'Unità.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCO NARDUCCI. Mentre molti Paesi - concludo, signor Presidente - sia europei che di nuova proiezione sullo scenario internazionale investono nella ridefinizione di nuove strategie di smart power noi facciamo i conti con la chiusura delle nostre rappresentanze consolari all'estero e dei nostri istituti di cultura.
Il tutto avviene mentre è iniziata una nuova battaglia per la presenza culturale nello scenario globalizzato, una battaglia che il nostro Paese non può perdere. Sarebbe un grave peccato ed un irreparabile errore di politica economica.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritta a parlare l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà per tre minuti.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, il documento oggi all'esame dell'Aula evidenzia, se guardo agli stanziamenti sul dissesto idrogeologico, il livello di dissesto ideologico in cui versa la maggioranza, nonostante una mozione approvata sostanzialmente all'unanimità più di un anno fa da quest'Aula che impegnava il Governo ad un piano nazionale straordinario anche in termini di investimenti per la messa in sicurezza del Paese.
Ad oggi vediamo che anche quell'esiguo miliardo di euro stanziato a questo fine nella legge finanziaria per il 2010 è tuttora un fantasma nel bilancio del Ministero dell'ambiente, come lo stesso Ministro ha dovuto recentemente ammettere, lamentandosi che, mentre ne aspettava l'effettiva disponibilità in termini di competenza e di cassa, se lo è visto decurtare dal cosiddetto decreto milleproroghe.
Questa prassi di un costante disattendere gli obblighi di legge e gli obblighi istituzionali che persegue il Governo causa dei danni al nostro Paese. È un comportamento che riscontriamo anche nella destinazione delle risorse costituite in quel fondo generato dai risparmi ottenuti con l'allungamento dell'età pensionabile delle donne nella pubblica amministrazione che finora sono stati devoluti a fini diversi da quelli previsti dalla legge.
In particolare, con una mozione a prima firma Marco Beltrandi, ma che ha trovato un sostegno assolutamente bipartisan di molte colleghe di quest'Aula, chiediamo - e mi auguro che il Governo voglia recepirla - che queste risorse siano effettivamente destinate ad azioni concrete di conciliazione tra vita familiare e vita lavorativa delle donne.
Questo modo di procedere, per cui si disattendono gli obblighi di legge e gli obblighi istituzionali, è grave anche in termini di ricadute economiche e finanziarie. Ritorno, ad esempio, sul dissesto idrogeologico e guardo agli oltre 100 miliardi che sono stati spesi in Italia negli ultimi decenni per iniziative compiute in emergenza, quando ne basterebbero 45 per mettere in sicurezza il territorio.
È un modo di procedere davvero assurdo e grave, così come anche le previsioni sul cosiddetto «piano casa»: più che il rilancio ne sanciscono, a mio avviso, il totale fallimento, proponendosi come surrogato di un decreto che doveva essere adottato entro 60 giorni dall'intesa Stato-regioni dell'aprile 2009 e che non ha mai visto la luce, con le leggi regionali che stanno arrivando a scadenza ed il settore edilizio in sofferenza.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Anche su questo le proposte radicali di un grande piano per la rottamazione edilizia post-bellica e priva di qualità sono state assolutamente Pag. 35disattese, per non parlare del settore dell'energia, cruciale settore tuttora privo di una definizione di una strategia energetica nazionale, con l'indecoroso comportamento sul nucleare e l'inadeguatezza che state esprimendo anche sulle rinnovabili, che non sono solo quelle elettriche, ma anche quelle termiche e con la scarsa considerazione del settore dell'efficienza energetica.
Noi, e concludo, prendiamo atto di una decurtazione di oltre il 60 per cento delle risorse destinate al Ministero dell'ambiente, segno evidente di un'incapacità di fare delle politiche ambientali una leva per il rilancio e la ripresa economica del nostro Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà per otto minuti.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, otto minuti per sintetizzare al Governo i punti che fanno di questo Documento l'ennesima occasione mancata. Speravamo in Commissione - il sottosegretario Casero ha seguito i lavori dall'inizio alla fine - che in qualche modo il Governo potesse cambiare posizione su alcuni aspetti che hanno caratterizzato, a nostro avviso, un Documento che è inaccettabile - per questo voteremo contro - e che rappresenta la sintesi del fallimento politico di questa maggioranza.
Come abbiamo già fatto presente in Commissione, arriviamo ad approvare e ad allineare con questo Documento i modelli di programmazione economico e finanziaria a quelli degli altri Paesi europei e lo facciamo, riallineando i Documenti di programmazione economica ad aprile, così come avevamo auspicato non più di un anno fa, quando questo stesso Governo, questo stesso Ministro dell'economia e delle finanze, avevano costretto il Parlamento (anche in quell'occasione abbiamo votato contro) a modificare le modalità con cui si definiscono le priorità economiche del Paese. Non a caso un anno fa, nonostante il Partito Democratico avesse messo in guardia il Governo dalla necessità di allineare i nostri Documenti di programmazione economico e finanziaria a quelli degli altri Paesi, il Governo ci aveva detto che non era più necessario il nostro vecchio DPEF che approvavamo a giugno, ma che era necessario definire questi modelli a partire dalle previsioni che si fanno da settembre in poi. È passato un anno, torniamo indietro e ci ritroviamo il Ministro dell'economia e delle finanze che smentisce se stesso.
Ma il tema di fondo non è quando si fa un Documento di programmazione economico e finanziaria e quanto attendibile sia ma sono soprattutto le scelte politiche contenute in questo Documento che non ci convincono; oltretutto, - lo facciamo presente ai colleghi di maggioranza alla vigilia di un momento delicato come quello che stiamo vivendo - all'interno di questo Documento non ci sono scelte, ancora una volta il Ministro Tremonti di fatto fa diventare scelte i vincoli di bilancio comunitario. Tali vincoli ci sono, ci sono sempre stati, purtroppo ci sono dalla metà degli anni Novanta, e per la condizione generale del nostro Paese ci saranno. Non è ammissibile che dentro questo Documento si rivedano al ribasso le valutazioni del DFP approvato solo a settembre del 2010 e ricordo a noi tutti che, nel documento della Decisione di finanza pubblica approvato a settembre 2010, il PIL era stimato all'1,3 per cento nel 2011, e in questo documento invece all'1,1 per cento, e nel DEF, che avrà il nostro voto contrario, ogni anno, come stimato dal Ministro dell'economia e delle finanze, è sotto abbondantemente alla media comunitaria. Nel 2012 il PIL è stimato all'1,3 per cento, nel 2013 all'1,5 per cento, nel 2014 all'1,6 per cento.
Ricordo a noi stessi che nello stesso periodo la Germania ha una media di crescita del 2,4 per cento e i tendenziali che arrivano da tutti gli altri Paesi comunitari fanno sì che tutti siano almeno sopra il 2 per cento. Non riusciamo a capire con questo quadro come si faccia a parlare di ripresa economica nel nostro Paese. Non riusciamo a capire come mai con questo contesto si possa ancora ignorare Pag. 36quanto sia necessario anteporre la crescita ad una stabilità che certamente ha un valore ma non può essere certamente l'unica ragione di vita della politica economica di un Paese.
Ricordo al Parlamento che la «crescita» era la parola d'ordine di chi oggi è maggioranza quando era all'opposizione nel biennio della scorsa legislatura 2006-2008. In quel biennio la crescita ci fu ed è stata la crescita più alta dell'ultimo decennio. Oggi stiamo combattendo con una crescita inferiore all'1 per cento. Ogni volta che ci sono correzioni sono peggiorative e il risultato evidente di tutto quello che abbiamo subito in questi tre anni è che c'è una schizofrenia tra il pensiero del Ministro dell'economia, le azioni e i documenti di programmazione economica.
Così ci ritroviamo in Parlamento un Documento che, in realtà, ci annuncia che le esportazioni nel periodo 2011-2013 caleranno, che aumenteranno le importazioni nette dello 0,5 per cento, che il debito pubblico continuerà a peggiorare e - lo ribadisco e lo ricordo ai colleghi della Lega Nord Padania, che forse vedono un altro film: vi consiglierei di non fare l'errore del Ministro Gelmini che si ritrova in contesti ufficiali a difendere documenti che non conosce e temo che ciò stia accadendo anche a molti colleghi di maggioranza - nel 2011, alla luce del Documento che stiamo approvando, la previsione del rapporto debito-PIL è del 120 per cento e del 119,4 per cento nel 2013. L'indebitamento netto, che solo nel Documento di settembre era stimato al 2,2 per cento, nel DEF che vi accingete ad approvare è stimato al 2,7 per cento.
Se questo è il contesto nel quale ci troviamo capirete che l'effetto devastante dei tagli di cui al decreto-legge n. 78 del 2010 (che è un po' quello che in qualche modo ci vincola tutti a rivedere le stime anche in sede di attuazione del federalismo fiscale) fa salire l'aumento dei tagli complessivamente di altri 8 miliardi di euro nel 2013. Questo lo dite nel Documento che state sottoponendo al voto dell'Aula.

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, la prego di concludere.

FRANCESCO BOCCIA. In questo contesto non capiamo come - e mi avvio a concludere, signor Presidente - si possa pensare che il nostro Paese possa reggere 66,4 miliardi di euro di manovra dal 2010 (l'anno che abbiamo alle spalle) fino al 2014 compreso, in un contesto nel quale - e concludo - la spese in conto capitale (quella per gli investimenti) diminuisce di 8 miliardi e, più in generale, nel Documento non c'è traccia di risposte reali sulle politiche che riguardano davvero il rilancio del Paese. Dalla scuola all'università e all'industria nel nostro Documento noi chiediamo di recuperare i progetti di politica industriale e di Industria 2015. Il fallimento che avete prodotto con l'energia nucleare e con i vostri passi indietro sul nucleare (che noi abbiamo sempre contestato, ma per voi era l'unica ragione di vita di politica industriale) confermano il fallimento su tutta linea della politica industriale e della politica di sviluppo del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Buonfiglio. Ne ha facoltà per cinque minuti.

ANTONIO BUONFIGLIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Documento in esame viene posto all'attenzione delle Camere dopo che qualche giorno fa - anche in quel caso peraltro a brevissima distanza dalla scadenza indicata dalla legge - la Camera ha approvato la modifica alla legge di contabilità e finanza pubblica a seguito delle nuove regole di governance adottate dall'Unione europea.
Siamo consapevoli che quel provvedimento si è reso necessario per consentire all'Italia di armonizzare e allineare il sistema nazionale alle decisioni di bilancio nell'ambito del cosiddetto semestre europeo. Per questo, riteniamo ancora una volta necessaria l'approvazione anche di questo Documento, ma non possiamo però esimerci da alcune critiche nel merito sul Documento in esame. Pag. 37
Infatti, abbiamo esaminato i documenti economici approvati dal Consiglio dei ministri: il Programma di stabilità, che delinea gli andamenti pluriennali della finanza pubblica italiana fino al 2014, e il Programma nazionale di riforma, nel quale sono indicate le politiche che il Governo intende adottare per sostenere la crescita economica del Paese.
In particolare il Programma di stabilità indica il raggiungimento nel 2014 del pareggio sostanziale del bilancio e di una prima consistente riduzione del rapporto debito-PIL. È del tutto evidente che tali traguardi richiederanno da qui al 2014 una manovra aggiuntiva di riduzione del fabbisogno di un ulteriore 2,5 per cento. Sono obiettivi condivisibili come tutti quelli che conducono al risanamento, ma sono anche obiettivi ambiziosi che richiederanno sacrifici e azioni concrete da intraprendere. Per comprenderci, si tratta di uno sforzo di gran lunga maggiore a quello compiuto qualche anno fa per rientrare nei parametri di Maastricht e per poter partecipare dall'inizio alla moneta unica europea.
La prima nostra osservazione è questa: il Governo sta rinviando di fatto nel tempo la correzione richiesta dagli accordi in sede europea, sta scaricando sulla prossima legislatura gran parte dell'onere del risanamento. L'Italia si è presentata a questo appuntamento in condizioni particolarmente difficili, per uno stock di debito in rapporto al PIL pari al doppio di quanto previsto, per una crescita reale di medio periodo che si colloca attorno all'1 per cento, per un divario tra il nord e il sud del Paese che si è accentuato in misura assai rilevante.
Peraltro, alla diminuzione necessaria della spesa contribuirà in misura importante un taglio agli investimenti pubblici che passeranno dai 38 miliardi di euro del 2009 ai 27 miliardi di euro nel 2012, con una naturale ripercussione sull'infrastrutturazione del Paese e dunque sulla sua competitività, soprattutto nelle aree dove questo deficit ha già raggiunto dimensioni elevate.
Perciò rileviamo con preoccupazione come nel Programma nazionale di riforma non siano previsti interventi destinati a dar luogo a una crescita più rigorosa dell'economia. Il Programma infatti propone una serie di misure disorganiche tra loro, alcune sono semplici piani, altre titoli vuoti, altre ancora sono già in vigore. Si proclama un rafforzamento della concorrenza ma non si indicano strade concrete, efficaci ed incisive.
Il Programma è solo una generica enumerazione di misure senza priorità, particolarmente carente è la trattazione del Mezzogiorno. Totalmente dimenticate le liberalizzazioni. Ci sono poi misure che prevedono un iter lunghissimo di approvazione, per fare qualche esempio se è assolutamente condivisibile la volontà di includere il processo civile, certo le misure adottate sino ad oggi per deflazionare il contenzioso - come ad esempio l'introduzione della media conciliazione - più che contrastare l'abuso del processo impongono ai cittadini una spesa superiore, una difesa non tecnica e una risoluzione non giuridica delle controversie che al di fuori dei giudizi di legittimità costituzionale a cui il provvedimento è oggi sottoposto non sembrano poter produrre gli effetti sperati in termini di deflazione e soprattutto di certezza del diritto.
Da tali considerazioni non si discostano neppure gli strumenti conciliativi introdotti con il collegato lavoro e, per restare in tale ambito, in tema di ammortizzatori sociali manca ancora quella riforma che faccia uscire dalla logica emergenziale e assistenziale avuta in questi anni e che li renda effettivamente conciliabili con politiche attive del lavoro, realizzando quel secondo tempo della legge Biagi senza il quale si assiste solo a una istituzionalizzazione della precarietà.
In tema di scuola e università, al di là delle linee di indirizzo non sono sufficientemente definiti i percorsi attuativi, le azioni chiare e concrete che permettono di raggiungere gli obiettivi proposti. Sempre per tornare al tema accennato prima del divario tra il sud e il resto del Paese, al di là dei titoli contenuti nel Programma mancano Pag. 38in concreto le misure rivolte alla rimodulazione e all'accelerazione dei programmi comunitari e per di più le azioni concretamente intraprese nelle more di approvazione di questo Programma vanno assolutamente in senso opposto. Potrei citare il caso dell'agricoltura e della pesca dove mentre questo Governo da un lato scriveva questo Programma di accentramento e rimodulazione, dall'altro alcuni dei suoi componenti davano sfogo a una dispersione delle risorse in mille rivoli, perdendole e disperdendole in assurde politiche territoriali e privando lo Stato della possibilità di intervenire strategicamente in futuro.
È necessario che il Governo tratti da subito con la Commissione europea la possibilità di accentrare e riorientare in senso infrastrutturale le risorse che rimangono nella zona obiettivo convergenza, così come andrebbe trattata concretamente, al di là dei titoli, la possibilità di una fiscalità differenziata. Certo, per fare questo l'Italia deve ripartire dalla consapevolezza della sua posizione di Paese fondatore dell'Unione europea, dovrebbe definitivamente abbandonare ogni ondivago atteggiamento rispetto alle politiche di integrazione europea, senza vagheggiare minacce di secessione. Più in generale, manca - e questo chiediamo al Governo - la certezza della corrispondenza nella legge di stabilità delle risorse necessarie e sufficienti al raggiungimento dello scopo.
Non si capisce, dati gli obiettivi generali, da dove si prenderanno i soldi necessari per attuarli. Per questo, nei prossimi passaggi sarebbe auspicabile, come chiediamo dall'inizio, un maggior coinvolgimento del Parlamento, a meno che non crediamo che debbano rimanere semplici enunciati o titoli. Sarebbe, peraltro, un ottimo incipit per abbandonare la logica dei tagli lineari, decidendo concretamente da dove prendere le risorse aggiuntive e quali settori premiare.
Cioè che colpisce di più, infatti, è la mancanza di un'analisi di relazione fra l'andamento del fabbisogno pubblico e il reddito nazionale. Sappiamo che questa contraddizione, probabilmente, non sarà rilevata dalle autorità europee e che, in qualunque momento si manifesti un allontanamento dagli obiettivi proposti, tali autorità potranno indicare misure restrittive di finanza pubblica, ma questo è il limite che continua a permanere nel nuovo patto europeo, che non assume come priorità la questione della crescita né attribuisce carattere strategico e vincolante all'attuazione dell'Agenda 2009.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO BUONFIGLIO. Vogliamo, dunque, denunciare l'inerzia del Governo rispetto ai problemi della crescita, al di là del continuo favoleggiare di una riforma fiscale, che ormai è solo un'araba fenice. Perciò, assieme alle misure di stimolo della concorrenza e alla flessibilità del mercato del lavoro contenute nel Programma nazionale di riforma, è necessario prevedere precise misure a sostegno della crescita.
Con gli altri parlamentari del nuovo Polo abbiamo indicato tre proposte strategiche: una legge di incentivazione fiscale degli investimenti produttivi, un'assegnazione straordinaria di risorse a sostegno della ricerca pubblica e privata e una destinazione aggiuntiva di risorse alla spesa per investimenti, falcidiata nel corso degli ultimi anni, con una particolare attenzione al capitolo delle infrastrutture nel Mezzogiorno.
Tutto ciò anche attraverso il reperimento di risorse necessarie con un piano straordinario di vendita e valorizzazione del patrimonio dello Stato, delle regioni e degli enti locali. Ricordiamocelo, soprattutto in tempi di federalismo demaniale (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Risoluzioni - Doc. LVII n. 4)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Beltrandi ed altri Pag. 39n. 6-00077, Donadi ed altri n. 6-00078, Galletti, Della Vedova, Tabacci, Lo Monte, La Malfa ed altri n. 6-00079, Cicchitto, Reguzzoni e Sardelli n. 6-00080 e Franceschini ed altri n. 6-00081, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A - Risoluzioni).

(Repliche dei relatori e del Governo - Doc. LVII n. 4)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Baretta.

PIER PAOLO BARETTA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, intervengo semplicemente per ringraziare il sottosegretario Casero dell'attenzione che ha avuto, ma anche per denunciare la completa assenza del Ministro Tremonti in un dibattito che meritava fosse presente, per dare dignità a questa discussione, che ha un suo significato e un suo peso.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Ciccanti. Prendo atto che è assente.
Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Borghesi.

ANTONIO BORGHESI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, intervengo solo per ribadire, anche dopo la discussione, che per il gruppo dell'Italia dei Valori siamo in presenza di un Documento carente, insufficiente, poco chiaro, poco trasparente, misterioso e che non affronta minimamente i temi della manovra da 40 miliardi di euro che si dovrà fare per raggiungere effettivamente l'obiettivo del pareggio di bilancio.
Sarà una manovra del Ministro Tremonti, «lacrime e sangue». Noi ne proponiamo una, nella nostra risoluzione, che prevede poche lacrime e un po' di sangue da parte di chi non ha mai pagato le tasse.

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la maggioranza, onorevole Toccafondi, rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. Peraltro, poiché a norma dell'articolo 118-bis, comma 2, del Regolamento, verrà posta in votazione per prima la risoluzione accettata dal Governo, invito il rappresentante del Governo a dichiarare anche quale risoluzione intenda accettare.

LUIGI CASERO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, svolgerò una breve replica a un dibattito lungo che vi è stato ieri in Commissione e oggi in Aula, che, come si è detto, richiederebbe forse più attenzione e più presenza, perché è un dibattito che riguarda il futuro, anche economico, del Paese. È necessario, però, per iniziare la replica, partire da alcuni dati di fatto, che sono stati presi in considerazione.
Per prima cosa si è detto che questo Documento di economia e finanza presenta dei dati reali, dei dati veri sull'evoluzione del Paese, e che, mettendo molto l'attenzione sugli interventi di salvaguardia dei conti, pone poca attenzione, anzi, non affronta assolutamente gli elementi legati alla crescita.
Ritengo che questo non sia vero, ma che vi sia la necessità di valutare, innanzitutto, la situazione complessiva che esiste a livello mondiale. Spesso facciamo dei riferimenti temporali a tre, cinque, dieci anni fa, ma dobbiamo capire quello che sta avvenendo negli ultimi sei mesi. La situazione sta complessivamente cambiando. Quando confrontiamo il nostro Paese con gli altri Paesi europei dobbiamo cominciare a farlo valutando la situazione del nostro Paese in chiave mondiale, considerando ciò che sta avvenendo tra l'Europa e gli altri grandi Paesi europei.
Visto che, sicuramente, due, tre o cinque anni fa non si poneva questo problema, nessuno ha posto in evidenza che nel 2016, ossia fra cinque anni, la Cina supererà gli Stati Uniti come potenza economica e diventerà la prima potenza economica mondiale. L'Europa non è né la Cina né gli Stati Uniti e non partecipa a questa cosiddetta battaglia per diventare la prima potenza economica mondiale. Si Pag. 40stanno affacciando altri colossi economici, come l'India e il Brasile. Dobbiamo lavorare assolutamente in chiave europea per potere partecipare a questa competizione, altrimenti la sconfitta sarà non solo dell'Italia, ma di tutti i Paesi europei. Questa è la vera partita della crescita che giochiamo nei prossimi anni. Una partita da giocare, assolutamente, a livello europeo, cercando di definire regole e modi di comportamento in Europa per fare sì che tutto il continente possa competere e crescere con gli altri Paesi, pur partendo da una serie di posizioni di debolezza. Sicuramente in questo momento i fondamentali di crescita per l'Europa non sono positivi nei confronti degli altri colossi mondiali.
In Europa il primo tema che si pone è quello relativo alla difficoltà e alla necessità di ridurre il debito. Sapete che vi sono Paesi europei in grande crisi, Paesi a noi vicini come la Grecia, il Portogallo e la Spagna. Il fatto che il nostro Paese non appartenga a questa lista, pur avendo corso il rischio, nel passato, di arrivare a situazioni di crisi finanziaria, è sicuramente un dato positivo che secondo noi è stato poco evidenziato.
Le politiche di stabilizzazione del debito attuate negli anni precedenti che devono, assolutamente, avere la priorità negli anni successivi, sono le politiche fondamentali che caratterizzano il Documento di economia e finanza in esame, che ci vengono richieste in sede europea e che devono essere portate avanti. Penso che su queste politiche debba esservi una condivisione generale e che la politica economica sia la necessità prioritaria che il nostro Paese deve giocare nei prossimi mesi.
Nello stesso tempo, si deve cercare di attuare una politica europea che non solo focalizzi l'attenzione sul debito pubblico, che sappiamo essere un elemento di difficoltà, ma anche su altri elementi di crisi del debito. Ricordiamo le azioni svolte a proposito della necessità di considerare l'indebitamento di famiglie e di banche; gli ultimi fatti hanno dimostrato quanto un default bancario possa essere pericolosissimo per la situazione finanziaria complessiva dell'Europa. Abbiamo sollevato anche il problema - e questo è un tema che dovrà essere discusso - dell'indebitamento che può nascere dalla dismissione di centrali nucleari di primo livello. Secondo noi questi sono altri temi che devono essere affrontati in sede europea per guardare complessivamente le potenzialità sul debito di un Paese.
Esiste la necessità, però, in questo caso, anche di porre l'attenzione sui numeri che vengono presi in considerazione. Ho sentito citare molti numeri che spesso pongono il nostro Paese in posizioni molto più basse di quelle reali. Qualcuno è arrivato a dire che il nostro Paese è situato solo prima di Malta e sotto tutti gli altri Paesi europei. Sui numeri dobbiamo porre molta attenzione. Penso che dovremmo cercare di confrontarci con gli altri Paesi europei e di migliorare il rapporto con i principali tra questi.
Ho anche detto che per anni abbiamo considerato il rapporto tra deficit e PIL come obiettivo prioritario della politica economica e finanziaria del nostro Paese quando questo rapporto ci poneva come ultimo Paese all'interno dell'Europa.
Ho anche detto che negli ultimi mesi non sento più parlare di rapporto deficit-PIL in un momento in cui il rapporto ci pone al secondo posto in Europa e non più ultimi come nel passato. Ho detto poi che l'uso dei numeri - e non che non si debba considerare il rapporto - spesso viene usato in modo difforme per penalizzare posizioni di forza nel nostro Paese stesso. Il rapporto deficit-PIL, quando la Francia e l'Inghilterra si aggirano su numeri intorno al 10 per cento e il nostro Paese alla metà, non viene più considerato nel dibattito politico di questo Paese. Perché? Perché esiste, in una situazione, come dicevo, complessa di rapporti con gli altri Paesi, la necessità di esaltare i punti di forza del nostro Paese e di cercare di controbattere i punti di debolezza. Questo Documento di riforme cerca di far questo e cerca quindi di partire dalla stabilità economica e la necessità di garantire la stabilità finanziaria per intervenire su alcuni Pag. 41elementi di crisi. Sono stati individuati alcuni aspetti e ho sentito che c'è stato un grande dibattito su questo. Vorrei fare solo alcune considerazioni su questi elementi. Ritengo che siano i punti su cui si debba investire. Il Governo ha parlato di necessità di attuare il processo federale, di intervento nella pubblica amministrazione, di intervento di sviluppo nel sud per eliminare questo sviluppo duale, di utilizzo del turismo come elemento di rilancio del nostro Paese stesso, di investire finalmente in ricerca e sviluppo e destinare i fondi di ricerca e sviluppo, di attuare un piano infrastrutturale completo. Si è parlato poi di incominciare ad attuare la riforma fiscale, sapendo che devono essere salvaguardati i numeri complessivi - quindi non è un problema fiscale che non può essere affrontato a deficit - sapendo che esiste la necessità di una forte semplificazione nei confronti delle imprese e dei cittadini che pagano le tasse e sapendo che c'è la necessità di modificare il rapporto tra imposte dirette e indirette - il Paese ha recepito questo messaggio - e sapendo che c'è la necessità di destinare a riduzioni fiscali più specifiche, ad esempio alla ricerca e, sviluppo e innovazione o secondo il merito, fondi che in questi giorni e in questi anni sono stati distribuiti a pioggia alle imprese e non hanno dato un grande effetto benefico.
Ritengo che il Governo debba proseguire a lavorare e il Parlamento possa discutere su questi temi. Questi sono i temi che ci potranno permettere di diminuire il gap che ci divide dai più forti Paesi europei che sono la Francia, la Germania e non sono altri Paesi che sono stati citati in questo dibattito. Ritengo che su questa strada il Governo possa e debba continuare, per i benefici di tutti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il Governo dovrebbe dire qual è la risoluzione che accetta.

LUIGI CASERO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo, a fronte delle considerazioni svolte, accetta la risoluzione a prima firma Cicchitto n. 6-00080.

PRESIDENTE. Ricordo che, in caso di approvazione della risoluzione accettata dal Governo, risulteranno precluse le altre risoluzioni presentate.

(Dichiarazioni di voto - Doc. LVII, n. 4)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà, per sei minuti.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, non può non essere osservato preliminarmente che il primo atto di politica economica successivo alla ridefinizione della governance dei sistemi di governo europeo avviene nell'assenza del Governo.
Infatti, con tutto il rispetto per il sottosegretario Casero, il fatto che il Ministro dell'economia e delle finanze, il Presidente del Consiglio e il Ministro dello sviluppo economico siano assenti dal dibattito con cui l'Italia entra nella nuova impostazione di politica economica fa veramente una certa impressione. Lo stesso tono con cui il sottosegretario risponde alle osservazioni degli intervenuti dell'opposizione e della maggioranza è un tono dimesso.
Ora, si può cercare di affrontare in modo dimesso il problema della situazione economica del Paese? Il Ministro sa, come noi, e avrebbe il dovere di dirlo con chiarezza al Parlamento, che le nuove regole europee che sono state decise negli scorsi mesi hanno e avranno degli effetti devastanti, allo stato delle cose, sull'economia italiana, onorevoli colleghi.
E infatti, se non vi sarà crescita, se il vincolo europeo sul debito pubblico che è stato introdotto e che prevede che ogni anno i Paesi che hanno un debito superiore al 60 per cento riducano la differenza di un ventesimo - il che vuol dire il 3 per cento l'anno per l'Italia, che ha il doppio del debito pubblico in rapporto al PIL rispetto al limite previsto - non verrà attenuato da una forte crescita del reddito nazionale, l'Italia sarà costretta ad una lunga, lunghissima serie di anni con politiche Pag. 42economiche insopportabili, onorevoli colleghi. Allora, il tema di questa riunione è il seguente: nella politica economica del Governo c'è qualcosa che consenta all'Italia e al Parlamento, di sperare che la crescita riparta? La risposta, onorevoli colleghi, è nello stesso Documento, il cosiddetto Programma nazionale di riforma, dove il Governo stima l'effetto che avranno le proprie misure - sono 87 le misure elencate - in uno 0,4 per cento di incremento della capacità di crescita l'anno, cioè nulla. L'Italia, onorevole Casero, signor Ministro dell'economia, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi della maggioranza, affronta le nuove regole europee con le mani alzate.
Diamo atto a Tremonti di aver fatto dei tentativi: egli ha fatto un primo tentativo di dare all'Europa la responsabilità della crescita con le proposte, a suo tempo, del presidente della Camera dei Lord sui bond europei, e la risposta, se volete miope dell'Europa, è stata «no», ciascun Paese deve fare lo sforzo di crescita con le proprie forze, ci risponde l'Europa. Egli ha insistito, dicendo che nel calcolo del debito bisogna considerare non solo il debito pubblico, ma anche il debito privato, che è una ragionevole considerazione, ne diamo atto al ministro Tremonti: la risposta dell'Europa è stata «no», l'unico parametro è il debito pubblico che deve essere ridotto di un ventesimo ogni anno.
Quindi, i tentativi ci sono stati ma i risultati sono zero, ma domandatevi, signori della maggioranza, se questo non è anche parte della mancanza di credito internazionale di cui gode questo Governo e di cui ci ha dato prova l'altro giorno un esperto americano, Luttwak, parlando in una trasmissione televisiva e dicendo che non c'è un uomo politico, uomo di Governo del mondo occidentale, che si voglia mischiare con i problemi dell'Italia. Questa è la condizione di isolamento nella quale si trova l'Italia di fronte ai suoi problemi! Dato atto del fatto che Tremonti ha tentato, qual è allora la realtà? Siamo soli, con la necessità di cominciare a ridurre il debito pubblico del 3 per cento l'anno, il che equivale a una riduzione di decine di miliardi di euro ogni anno. Ebbene, cosa fanno questi Documenti che voi ci portate, onorevole Casero? Rinviano, perché la manovra comincerà a mordere dal 2013 al 2014, cioè nella prossima legislatura, senza dire come, perché fino al 2012 avete detto con quali leggi e in quali settori tagliate, ma nella prossima legislatura?

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, la prego di concludere.

GIORGIO LA MALFA. Aggiungo e denuncio questa promessa di riforma fiscale che avrei sostenuto se fosse stata fatta ieri, ma che si presenta come una promessa elettorale che il Governo intende fare nel 2013, prima delle elezioni. Voi intendete lasciare un'eredità spaventosa al Paese, come avete fatto con l'ICI, se volete saperlo. Questo è il quadro, signor Presidente del Consiglio, signor Ministro Tremonti, e lo chiedo anche ai colleghi della Lega che sono attenti ai problemi dello sviluppo: ma voi quando volete impostare una politica economica? Dobbiamo aspettare le prossime elezioni?

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, deve concludere.

GIORGIO LA MALFA. Benissimo, aspetteremo le prossime elezioni, faremo un Governo diverso che possa dare una speranza al Paese, ma questi sono anni persi, che peseranno sull'economia italiana (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 12,50).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Pag. 43

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto - Doc. LVII n. 4)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Commercio. Ne ha facoltà, per nove minuti.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Signor Presidente, colleghi, questo dovrebbe essere il dibattito di politica economica più importante dell'anno (o fra i dibattiti di politica economica più importanti dell'anno), il momento nel quale dovrebbero essere esposte le valutazioni del Governo su tutte le tematiche di politica economica, sulla previsioni di crescita del Paese, sulle previsioni di entrata, sulle principali previsioni riguardanti le spese, la loro riduzione e la loro riqualificazione, quello nel quale dovrebbero essere esposte le proposte per ridurre gli squilibri tra le diverse aree del Paese e illustrati i meccanismi individuati per ottemperare alle richieste dell'Unione europea (riduzione del debito, del rapporto deficit PIL e di quello debito pubblico PIL).
La nostra impressione è invece che a questo dibattito si arrivi quasi con una superficialità, e certamente con disinteresse, come se dovesse essere sbrigata una fastidiosa formalità. I Documenti che esaminiamo mancano dello spirito e della tensione necessaria per affrontare la grave congiuntura economica che il nostro Paese affronta. Le parti riguardanti il sud, ancorché ridottissime, trasmettono la sensazione di essere state inserite per colpa di un noioso e ripetitivo obbligo al quale però nessuno dà credito. La questione meridionale è diventata ormai una promessa obbligata da esaurire in poche righe in ogni Documento, per poi puntualmente dimenticarlo, una questione prioritaria a parole e secondaria nei comportamenti. Così anche nel Programma di stabilità: poche righe di generici impegni e il gioco è fatto. Chi sa che fine ha fatto il piano per il sud annunciato ormai da oltre due anni e che da quasi sei mesi si promette che partirà il mese venturo? Mese venturo che sembra non arrivare mai. Ancora non si conosce quali siano i provvedimenti contenuti nel suddetto piano.
La verità è che il Mezzogiorno viene considerato come un peso e non come un'opportunità, eppure l'opportunità sarebbe straordinaria, quel peso potrebbe diventare un traino per l'intera economia nazionale se solo vi si scommettesse: un insieme di energie e di risorse al centro del Mediterraneo, crocevia geografico, naturale e storico degli interessi, degli scambi economici e culturali tra l'Europa, l'Africa e l'Asia, che va valorizzato e sul quale occorre investire in idee e disponibilità finanziarie. Ma purtroppo la politica economica di questo Governo non sa parlare agli italiani, non sa trasmettere loro gli obiettivi per i quali vale la pena affrontare sacrifici; obiettivi che non possono essere solo di risanamento, ma devono essere anche obiettivi di sviluppo e di crescita, senza i quali il risanamento si trasforma in recessione e crollo della domanda.
Il nostro Paese, se davvero vuole essere pienamente competitivo in Europa e nel mondo, non può più trovarsi con un terzo del proprio territorio e della propria popolazione in uno stato di sviluppo inadeguato, con una disoccupazione che è tre volte maggiore rispetto al resto d'Italia, e con il lavoro irregolare che coinvolge oltre un quinto degli occupati: è una condizione di estrema debolezza non solo per il Mezzogiorno, ma per tutta l'Italia. Affinché le potenzialità del Mezzogiorno diventino condizioni reali, è necessario che si attuino delle reali politiche di sviluppo, e diventa pertanto urgente che il Governo italiano avvii rapidamente azioni volte a: 1) rimuovere il gap infrastrutturale; 2) dotare le regioni meridionali di un solido sistema creditizio; 3) promuovere la fiscalità di vantaggio; 4) erogare i Fondi FAS spettanti al Mezzogiorno, restituendo le cifre fino ad oggi stornate per interventi di diversa natura. Pag. 44
Se queste scelte venissero attuate allora le parole di questi anni assumerebbero credibilità, in caso contrario rimarranno solo parole, come quelle scritte nei Documenti di politica economica che ci apprestiamo a votare, e sui quali il voto del Movimento per le autonomie non può che continuare ad essere un voto negativo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, colleghi, il Ministro dell'economia e delle finanze da mesi, e ancora nelle ultime settimane, ha continuato a negare la gravità della situazione economica e a spandere ottimismo e rassicurazioni. Oggi, però, è la durezza dei numeri del Documento di economia e finanza che, con una sorta di scissione e sdoppiamento della personalità, lo stesso Ministro dell'economia e delle finanze ha presentato al Parlamento, a non lasciar più adito a dubbi. Sono numeri crudi che ci dicono che, per rientrare nei vincoli del nuovo Patto europeo, quello, cioè, che Tremonti ci aveva detto che avrebbe molto giovato all'Italia e in cui noi, sempre a suo parere, avevamo realizzato un grande successo, l'Italia dovrà realizzare una riduzione del debito di circa 40 miliardi di euro l'anno per vent'anni e, in aggiunta a questo, entro il 2014 dovrà attuare una manovra dello stesso importo per ridurre il deficit e raggiungere il pareggio di bilancio. Ma il Documento di economia e finanza afferma anche che questa titanica operazione - 80 miliardi, ad essere ottimisti - dovrà essere effettuata con una crescita stagnante, una disoccupazione in aumento e un'ulteriore crescita del divario nord-sud. Di fronte alla drammatica e pressoché certa prospettiva di una recessione, che ci condannerebbe ad un inarrestabile declino, il Governo, invece di dire la verità al Paese, di chiamarlo ad una comune assunzione di responsabilità e lanciare un forte piano di riforme per sostenere la crescita e tentare di invertire la marcia, irresponsabilmente e colpevolmente, per puro opportunismo politico, rinvia tutto al 2014, cioè a dopo le elezioni politiche, lasciando a chi verrà dopo il compito immane di affrontare una situazione forse irreparabilmente compromessa.
No, signor Ministro, no, signor Tremonti, non è così che si comporta uno statista di livello europeo quale lei ama essere considerato. Uno statista parla al suo Paese con il linguaggio della verità e della responsabilità, indica la prospettiva, la missione che il nostro Paese può ancora svolgere nel mondo globalizzato, le opportunità che possono venire dai rapidi e radicali mutamenti in atto nella sponda sud del Mediterraneo e il ruolo protagonista che questo nuovo scenario può far giocare all'Italia rispetto all'Europa. Uno statista disegna il percorso delle riforme che possono rendere concreta questa prospettiva. Invece, niente di tutto questo perché il Documento di economia e finanza e il Programma nazionale di riforma, nonostante i ripetuti annunci di scossa all'economia, tutti regolarmente caduti nel dimenticatoio, ripropongono oggi il rassegnato immobilismo che ha caratterizzato la politica economica e di bilancio in questi tre anni, l'immobilismo nella spesa pubblica dove i tagli lineari hanno rappresentato la rinuncia a tagliare gli sprechi ed a investire nei settori della crescita come hanno fatto Paesi come la Germania e la Francia che, non a caso, nonostante la crisi finanziaria, oggi hanno ripreso a crescere, e l'immobilismo nelle riforme per la competitività: liberalizzazione dei servizi, mercato del lavoro, burocrazia, innovazione tecnologica, riforme per rendere efficiente e competitivo il nostro sistema produttivo, che è l'unico modo, l'unica via, in un'economia aperta di mercato, per difendere le nostre imprese dalla conquista straniera che, certo, non può essere contrastata da un impossibile, quanto velleitario ritorno al passato dell'intervento pubblico in economia, come l'umiliante esito della vicenda Parmalat si è incaricato di dimostrare. Pag. 45
Per questa ragione, Alleanza per l'Italia e il nuovo Terzo Polo danno un giudizio fortemente critico del Documento di economia e finanza e della linea di politica economica e con la nostra risoluzione proponiamo una linea alternativa. Proponiamo di avviare subito una radicale revisione della spesa perché, se è vero che la crescita non si fa in deficit, allora bisogna avere il coraggio di eliminare la spesa pubblica cattiva o inutile, quella che finanzia la politica ed alimenta la corruzione, per liberare risorse da destinare innanzitutto ad un piano per i giovani, i giovani che sono, oggi, la vera emergenza nazionale, i giovani disoccupati, i giovani precari, i giovani in fuga dal nostro Paese ogni volta che possono, giovani che stanno perdendo la speranza nel futuro. Ma la nostra proposta ha un punto debole, lo riconosciamo, perché, per essere attuata, richiede una guida forte ed autorevole, richiede un consenso largo nel Paese, richiede una mobilitazione delle migliori energie e queste sono condizioni che voi, signori del Governo, oggi non siete in grado di realizzare in Italia. Il vostro Governo non è all'altezza dei problemi che il Paese deve affrontare e, per questo, è urgente, urgentissimo, che l'Italia volti pagina per avviare un vero piano di riforme e guardare di nuovo con qualche speranza al proprio futuro (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, dico subito, per evitare equivoci, che naturalmente il gruppo dell'Italia dei Valori dirà «no» sia al Documento di economia e finanza 2011 sia a maggior ragione al Programma nazionale di riforma, che non prevede alcuna riforma o quelle che prevede altro non sono che la fotografia dell'esistente, dove ci collochiamo agli ultimi posti in graduatoria. Non me ne voglia il sottosegretario Casero, mi rendo conto che si è sentito in difficoltà nell'elencare esattamente cosa dice l'Europa rispetto al nostro Paese su una serie di parametri.
Il collega Borghesi ha illustrato, nei pochi minuti a sua disposizione - ma chi fosse interessato la nostra risoluzione lo prevede in dettaglio - un Programma nazionale di riforma, alternativo a questo nulla che voi ci presentate. Il sottoscritto, nell'ambito della discussione generale, ha tentato - ma ho parlato a sordi - di dimostrare quanto questo Documento di economia e finanza sostanzialmente dica due cose; la prima è che i conti pubblici non sono in ordine e a certificarlo sono autorità competenti in materia, che ci scrivono e ci dicono: «Fate attenzione, che state raccontando delle storielle non credibili a livello internazionale». La seconda è soprattutto che la crescita non è il vostro obiettivo, non è a portata di mano perché voi non ci credete.
Il Programma nazionale di riforma certifica una cosa sola: il fallimento delle vostre politiche al plurale: della vostra politica economica, della vostra politica fiscale, della vostra politica industriale. Rispetto a quest'ultima, credo sia meglio usare non il termine «fallimento», ma inesistenza totale di una politica industriale in questo Paese. D'altra parte non poteva che essere così, visto che prima c'era un Ministro che si occupava di come andare a giustificare la proprietà di un immobile che non aveva comprato, poi vi è stata una lunga vacanza rappresentata dal Presidente del Consiglio, che si è occupato unicamente delle sue televisioni e adesso abbiamo il Ministro dello sviluppo che continua ad occuparsi delle televisioni del Presidente del Consiglio e non già di come vanno le cose nella politica industriale di questo Paese, salvo poi piangere sul latte versato, nel senso letterale anche del termine, di quello che sta avvenendo.
Signori, se questa è la fotografia - e a farla non sono io - allora interroghiamoci dove siano le responsabilità. La responsabilità è evidente: negli ultimi dieci anni le cose sono andate peggiorando e non solo a causa della crisi, che peraltro è arrivata solo negli ultimi tre anni (si vede che voi portate proprio male), ma soprattutto Pag. 46della vostra non politica, se negli ultimi dieci anni avete - si fa per dire - governato per 8 anni. Quindi se c'è una coalizione responsabile di questo fallimento quella siete voi e guarda caso il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'economia e delle finanze sono sempre quelli.
L'ultima è sempre l'Italia rispetto a qualsiasi parametro si prenda in considerazione. Prendiamone uno per esempio: sulla ricerca e lo sviluppo vi è uno studio fatto dal World Economic Forum fatto su 138 Paesi presi in esame che classifica l'Italia al cinquantunesimo posto in termini di ricerca, sviluppo e di investimento per la ricerca e lo sviluppo. Volete sapere a quanto eravamo nel 2006 in questa graduatoria? Al trentottesimo posto. Quindi, anziché recuperare posizioni continuiamo a perderle grazie a voi e questo il Paese deve saperlo. Sulle politiche energetiche avete puntato tutto sul nucleare, poi è capitato quello che è capitato in Giappone e avete fatto finta di fare un'inversione ad «U», facendolo credere, ma gli italiani finalmente si stanno svegliando e a certificarlo è l'ultimo sondaggio a proposito del «no» al nucleare, che dice che tre su quattro degli italiani, cioè il 75 per cento degli italiani, dice «no» al nucleare.
Quindi, caro - si fa per dire - Presidente del Consiglio, non prenda in giro gli italiani, andiamo a fare questo benedetto referendum, diamo la parola al popolo, al quale voi vi ispirate sempre, e il popolo saprà esattamente cosa fare: dire di «no» al nucleare, dire di «sì» al referendum e mandarvi a casa.
Per quanto concerne la politica fiscale - è davanti agli occhi di tutti -, voi annunciate l'ennesima riforma, come quella del 2003 che non avete fatto, ma in compenso, l'evasione fiscale sta crescendo a dismisura: nel 2009 è aumentata di 29 miliardi di euro, nel 2010, di 47 miliardi di euro, quindi è quasi raddoppiata. È stato detto, stamani, da un collega, che il totale dell'evasione raggiunge 140 miliardi di euro, e a pagare sono sempre gli stessi. In compenso, la corruzione cresce e ha raggiunto anche questa - voi e i vostri «tirapiedi» (così si definiscono) lo sapete, siete degli esperti - 60 miliardi di euro.
Concludo, signor Presidente, leggendo semplicemente ciò che hanno scritto illustri economisti su giornali economici, non sui vostri quotidiani: «È una manovra senza coraggio», Il Sole 24 Ore. «È una cornice del nulla», Corriere della Sera. «È una litania, anzi, una giaculatoria», la Repubblica. Questa è la fotografia di ciò su cui siamo chiamati a pronunciarci: evidentemente, il nostro non potrà che essere un voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
In conclusione, permettetemi di leggere ciò che è stato detto da elettori della Lega Nord, che è riportato su la Padania, e che viene ribadito anche nella trasmissione televisiva diretta Che aria tira: «Siamo succubi di Sarkozy (...)». «(...) Il nano ci prende per i fondelli» - parole testuali - «dicendo che non si tratta di un'OPA ostile (...)», si riferisce a Parmalat, lei lo sa. E ancora: «(...) La verità è che il nano sventola l'italianità solo quando occorre salvaguardare la ghenga» - sic! - «di affaristi e sta diventando sempre più impresentabile dentro e fuori dai nostri confini». Andatevene a casa, fate un grande servizio al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, voglio ringraziare il sottosegretario Casero, che spero venga lasciato libero di ascoltare, e sottolineare, però, come è già stato fatto ad esempio dall'onorevole La Malfa, la situazione grottesca in cui ci siamo trovati in questa discussione. Abbiamo assistito, nelle settimane scorse, ad un plenum nell'Aula e nei banchi del Governo sui temi della giustizia. Assistiamo oggi, in questa discussione - chi sa di comunicazione, sa che la cosiddetta agenda setting viene utilizzata dal Governo e dal Presidente del Consiglio, innanzitutto, e dalla maggioranza per dettare le priorità politiche al Paese - ad un Pag. 47dibattito sconfortante, senza la presenza del Ministro dell'economia e delle finanze e senza, soprattutto, la presenza del Presidente del Consiglio.
Non vorrei fare considerazioni troppo facili, ma in quale Paese europeo la discussione sul Documento economico e finanziario avviene senza che il Parlamento ascolti le parole del Presidente del Consiglio? In quale Parlamento europeo e in quale Governo europeo si presenta il Documento economico e finanziario, nella prospettiva del semestre europeo, senza avere la preoccupazione, onorevole Casero, di avere un Ministro per le politiche europee? Qual è la credibilità di questo Governo, che aspetta - come tutti noi aspettiamo - che si concludano le operazioni prodromiche al rimpasto? Ci auguriamo che vengano realizzate in tempi rapidi, ma abbiamo visto gli incagli: siamo senza il Ministro per le politiche europee. Questo la dice di lunga sulle questioni che ci interessano.
Ringrazio il collega Buonfiglio per aver fatto una disamina puntuale del DEF e dei suoi problemi. Svolgo alcune considerazioni per quanto riguarda il denominatore, onorevole Casero, voi scrivete: nel 2011, tasso di crescita dell'1,1 per cento, crescita media del prossimo triennio 1,5 per cento. Lei ci ha detto che non è vero che non c'è attenzione per la crescita, ma qui c'è un allarme sulla crescita. I dati omologhi dicono che la Germania quest'anno cresce del 2,5 per cento, che in Spagna, dopo che noi ci siamo riempiti la bocca sul boom spagnolo, nel 2012 è prevista una crescita del 2,5 per cento. Noi siamo fermi al palo. La crisi riconsegna un Paese fermo al palo della crescita. È colpa vostra? No, ma è responsabilità di chi ha steso questo Documento di economia e finanza non prevedere, nemmeno prevedere, riforme all'altezza dell'ambizione minima, cioè che il nostro Paese cresca nella media dei principali Paesi europei. Non ci sono le riforme, onorevole Casero, capisco il suo sforzo ma non ce n'è traccia. Non c'è traccia del programma elettorale del 2008 in questo Documento, non c'è traccia delle liberalizzazioni. Noi come maggioranza abbiamo ottenuto - noi c'eravamo e ne siamo perfino stati protagonisti - la legge annuale sulla concorrenza. Siamo rimasti sei mesi senza Ministro dello sviluppo economico, come siamo rimasti cinque mesi senza il Viceministro per il commercio internazionale nel pieno della crisi economica. La legge annuale sulla concorrenza aspetta. Vogliamo rifare l'articolo 41 della Costituzione perché bisogna rilanciare, togliere i lacci e i lacciuoli? Cominciamo anziché fare gli annunci. Cominciamo con la legge annuale sulla concorrenza, onorevole Casero, se vogliamo cominciare a crescere. Inoltre - è stato sottolineato dall'onorevole La Malfa - è prevista una correzione molto pesante, quella che era già stata indicata anche dalla Banca d'Italia di 35-40 miliardi. Ma è serio prevedere che la correzione avvenga nella prossima legislatura? È serio mettere nero su bianco il nostro impegno al deficit zero nel 2014 e mettere altrettanto nero su bianco che gli sforzi si faranno nel 2013 e nel 2014? Per me non è serio. Il problema c'è o non c'è, se c'è bisogna affrontarlo prima e non dopo. L'emergenza debito va affrontata subito, non può essere rinviata, visto che è la preoccupazione principale. Poi per quanto riguarda le tasse, voi mettete nero su bianco che le tasse per gli italiani aumenteranno. Mettete nero su bianco che nel 2012 la pressione fiscale aumenterà ulteriormente. I numeri mostrano che mentre noi ascoltiamo il preannuncio della riforma fiscale i dati di realtà sono quelli di una pressione fiscale che aumenta dal 42,4 al 42,6 per cento. È solo lo 0,2 per cento, ma è la direzione che conta: le tasse in Italia aumentano e stanno per aumentare anche per l'anno prossimo. Lo sappiano gli elettori, anche quelli che si recheranno a votare per le amministrative. Altro che meno tasse. Tremonti ha fatto un eccellente lavoro nel controllare il debito, ma il problema non è Tremonti. Tremonti ha fatto il suo mestiere, fa il Ministro del tesoro, delle finanze e del bilancio, non può essere il Ministro a dettare le priorità di politica economica. È il Governo, è il Presidente del Consiglio che oggi non c'è Pag. 48che deve stabilire dove si taglia e dove si investe, non il Ministro dell'economia e delle finanze, non è il mestiere suo, non può essere colpa di Tremonti. È colpa del Governo che manca, del Presidente del Consiglio che non ci dà le indicazioni su quale debbano essere le strategie di sviluppo economico del Paese. Fate passi indietro sulle liberalizzazioni, dalle parafarmacie, ai taxi, al decreto Ronchi sulla liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Schiena dritta: non è la privatizzazione dell'acqua, ma il Governo deve difendere questa sua riforma. È una delle poche e migliori cose che sono state fatte in termini di liberalizzazioni e quindi sarebbe bene difenderla. Su Parmalat, perché queste sono le cose concrete, i giornali di centrodestra dicono: fermiamo i francesi, che ovviamente sono arrivati perché hanno messo soldi veri e per fortuna non è andata in porto la cordata della Cassa depositi e prestiti.
Non vogliamo una nuova IRI, vogliamo un Paese in cui arrivino gli investimenti esteri, non vogliamo impedire gli investimenti esteri nel nostro Paese. Vogliamo investimenti di qualità e vogliamo che le imprese italiane investano in Italia così come fanno, magari, le imprese straniere, scegliendo «fior da fiore». Stiamo facendo un federalismo fiscale che porterà più tasse al sud e più spesa pubblica al nord.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Concludo, signor Presidente. Onorevole Casero, non era questo il centrodestra per cui noi abbiamo cominciato a lavorare. La politica economica che questo Documento di economia e finanza ci consegna non è la politica economica liberalizzatrice della rivoluzione liberale dell'abolizione delle province contenuta nel programma elettorale che ci ha visto insieme nel 2008. Noi lì ancora stiamo: un centrodestra liberale, un centrodestra responsabile; voi, francamente, non capisco più dove stiate andando in termini di politica economica e di politica fiscale se non verso un continuo, inesorabile aumento della pressione fiscale.
Anche per questo, signor Presidente, noi non potremo che votare contro la risoluzione che sostiene questo Documento di economia e finanza, augurandoci, a partire della legge annuale sulla concorrenza, che si cominci davvero a discutere di liberalizzazioni e di crescita, e non della crescita dell'1,1 o dell'1,5 per cento che voi segnalate sperando, questa volta, di avere azzeccato le previsioni (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cesario. Ne ha facoltà.

BRUNO CESARIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con la recente modifica alla legge di contabilità e finanza pubblica, adottata con la legge 7 aprile 2011 n. 39, il Parlamento ha inteso dare riscontro all'introduzione del cosiddetto semestre europeo, volto a favorire un più intenso coordinamento ex ante delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri dell'Unione europea ed una più stretta sorveglianza in campo fiscale e macroeconomico, nonché la revisione dei contenuti e dei tempi di presentazione dell'aggiornamento del programma di stabilità e del programma nazionale di riforma.
Con la richiamata legge n. 39 del 2011, sostenuta da tutte le forze politiche presenti in Parlamento, sono state pertanto apportate talune modifiche alla legge di contabilità e finanza pubblica volte, in via generale, ad assicurare la coerenza della programmazione finanziaria delle amministrazioni pubbliche con le procedure e i criteri stabiliti in sede europea. A tal fine sono stati rivisitati il ciclo, la denominazione e il contenuto dei principali strumenti della programmazione economico-finanziaria, nonché introdotte alcune disposizioni volte a rafforzare la disciplina fiscale, in linea con le indicazioni formulate dalle istituzioni comunitarie ai fini della riduzione del deficit e del debito.
Sono state, invece, confermate le rilevanti innovazioni già introdotte con la riforma del 2009, quali il metodo della Pag. 49programmazione almeno triennale delle risorse delle politiche e degli obiettivi, la ripartizione degli obiettivi di finanza pubblica per i diversi sottosettori del conto della pubblica amministrazione e l'indicazione di previsione a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico della pubblica amministrazione.
In tal quadro il Governo ha presentato, quindi, il primo Documento di economia e finanza, che contiene gli schemi dell'aggiornamento del programma di stabilità e del programma nazionale di riforma da presentare in Europa entro il 30 aprile. Questi fondamentali atti saranno quindi sottoposti al vaglio delle istituzioni europee e dei nostri partner dell'Unione. La lettura di questi documenti ci rassicura sul fatto che l'Italia si presenta all'appuntamento europeo puntuale e con le carte in regola grazie alla politica di rigore e di stabilità attuata in questi anni difficili dal Governo, senza, mi spiace dirlo, poter contare sul sostegno delle opposizioni, che pure avrebbero dovuto dimostrare, in un momento così critico per il Paese, maggiore senso di responsabilità.
È proprio per questo senso di responsabilità nazionale che abbiamo deciso di sostenere convintamente il Governo Berlusconi nella sua azione di risanamento e di rilancio del Paese. In questo momento di crisi globale crediamo che l'Italia abbia bisogno di una guida forte e stabile, che solo Berlusconi può garantire con l'apporto delle forze che sostengono il Governo: il PdL, la Lega e Iniziativa Responsabile, che è la vera terza gamba della maggioranza.
In questa situazione crediamo che l'azione svolta dal Ministro dell'economia e delle finanze Giulio Tremonti sia indispensabile e fondamentale per garantire la credibilità dell'Italia nelle sedi internazionali ed europee. Per la sua serietà e costanza nel perseguire convintamente le politiche di rigore il nostro Ministro dell'economia è stimato e rispettato in Europa. Le sue proposte, come quelle sul debito privato e sugli euro-bond, malgrado lo scetticismo e la derisione delle sinistre, sono oggi acquisite nel dibattito europeo.
La necessità di perseguire nella politica di rigore la convinzione che non vi possa essere crescita senza stabilità finanziaria si spinge anche ad annunciare un convinto sostegno alle ipotesi di riforme costituzionali annunciate nel Programma nazionale di riforma volte ad inserire nella Carta fondamentale il rispetto dei vincoli di bilancio ed il principio del pareggio.
Mi corre, quindi, l'obbligo di replicare a quanti continuano a dipingere la situazione dell'Italia come quella di un Paese sull'orlo del dissesto finanziario. Innanzitutto, credo che questi colleghi, pur autorevoli, dovrebbero evitare di danneggiare l'immagine del Paese, creando allarmismi ingiustificati dalle cifre ufficiali e che non trovano riscontro nemmeno nei severi giudizi delle istituzioni europee ed internazionali.
Penso, in primo luogo, al rapporto tra deficit e prodotto interno lordo. Secondo i dati Eurostat del 2010 - non parliamo quindi di previsioni, ma di fatti -, tale rapporto in Italia si è attestato al 4,6 per cento, mentre in Francia ha raggiunto il 7 per cento e nel Regno Unito la cifra record del 10,4 per cento. A fronte di questi livelli di deficit, decisamente più elevati di quello italiano, i due Paesi richiamati hanno fatto registrare livelli di crescita del PIL nel 2010 non molto superiori a quelli dell'Italia.
Non si può negare che una parte della crescita di questi Paesi sia dovuta alla politica di deficit spending che hanno perseguito per fronteggiare la crisi. L'alto livello di debito pubblico italiano non ha consentito anche al nostro Paese di perseguire una tale politica, che ha perseverato nella linea del rigore di bilancio.
I dati richiamati dimostrano però che i fondamentali del Paese, anche con riferimento alla crescita, sono sostanzialmente buoni e che l'economia è vitale. A fronte di tale quadro, il documento al nostro esame prevede il raggiungimento del sostanziale pareggio di bilancio per il 2014, in linea con gli impegni europei e con un consistente livello di avanzo primario e di una progressiva riduzione del debito pubblico. Pag. 50
Tali obiettivi, fino a qualche tempo fa considerati troppo ambiziosi, sono resi possibili dalla politica perseguita in questi anni e dalle manovre adottate, da ultimo, con il decreto-legge n. 78 del 2010. Il raggiungimento dei richiamati obiettivi sarà possibile senza aumentare il peso della pressione fiscale, essenzialmente attraverso un'ulteriore riduzione della spesa improduttiva con una manovra correttiva per il biennio 2013-2014 dello 0,8 per cento annuo in termini strutturali rispetto al PIL.
Come spesso ha ricordato il Ministro Tremonti, l'economia del Paese è fortemente duale, con una macroarea che conta oltre 35 milioni di abitanti, il centro-nord, che ha indicatori economici migliori della Germania e il sud che non cresce affatto e un tasso di occupazione molto basso. Molti studi autorevoli hanno ricondotto la debolezza della struttura economica del nostro Paese proprio alla sua configurazione duale.
Ma se diffusa è la convinzione che il nostro Paese sia contraddistinto da due velocità, è anche certo che questo non deve divenire ragione di divisione, ma monito ad affrontare la sfida della progressiva riduzione del differenziale economico tra il nord e il sud del Paese. A fronte di una tale situazione, le statistiche volte a rappresentare unitariamente il Paese rischiano quindi essere poco significative, perché una media, mediana, non tiene conto di tale forte divergenza.
Il Governo deve dire, anche con il convinto sostegno della Lega, che è ben consapevole della necessità di far crescere e camminare autonomamente il Sud per completare il percorso federalista. Ha inserito nel documento al nostro esame un capitolo appositamente dedicato al Mezzogiorno ed ha adottato un importante piano per il Sud, fortemente voluto dal Ministro dell'economia e delle finanze e dal Governo intero fra le priorità definite nel Programma nazionale di riforma.
Tra le proposte contenute nel Documento che ci apprestiamo ad approvare vi sono il pieno e reale utilizzo dei Fondi europei, ma senza commettere l'errore più volte fatto in passato di utilizzare tali risorse senza una vera regia nazionale volta ad ottimizzare le economie di scala del nostro Paese. In altri termini, la questione meridionale deve smettere di essere un problema e divenire una concreta opportunità di rilancio del nostro Paese.
Una seconda direttrice di intervento è rappresentata dallo sviluppo delle infrastrutture per integrare sempre più il Meridione nelle direttrici importanti del nostro Paese e dell'Europa. Infine, per incentivare le iniziative economiche e rilanciare il tessuto produttivo del Mezzogiorno emerge con chiarezza la volontà di introdurre una fiscalità di vantaggio e per attrarre nuovi investimenti si sottolinea l'esigenza di prevedere zone a «burocrazia zero». Le iniziative sopra ricordate si inseriscono nel percorso già delineato dal Governo con l'approvazione nel novembre 2010 del ricordato Piano del sud. Tra le iniziative previste dal suddetto Piano meritano di essere ricordate - e nel Documento vi sono precisi riferimenti - la costituzione del Programma Jeremie per il Mezzogiorno e la Banca del Mezzogiorno.
In questo quadro va anche inserita la problematica relativa all'anatocismo bancario che il nostro gruppo ha più volte sollevato e crediamo che sia giusta l'idea di trasferire parte del carico fiscale dalle persone alle cose, come ama dire il Ministro Tremonti, e riteniamo allo stesso tempo necessario proseguire nella lotta all'evasione fiscale che ha fatto registrare in questi anni dati assolutamente positivi per liberare quelle risorse necessarie ad alleggerire il carico fiscale complessivo. Per tutte le richiamate le ragioni, preannunzio il voto favorevole di Iniziativa Responsabile sulla risoluzione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per responsabilità del Governo il Parlamento italiano Pag. 51dedica al primo vero appuntamento di politica economica europea una discussione di mezza giornata, oltretutto, permettetemi di dire, in un clima surreale. Io non so quanti di voi hanno notato che, a discussione ormai conclusa, proprio in questi minuti, la segreteria di Presidenza ci sta consegnando l'ultimo allegato al Documento che dobbiamo votare fra qualche minuto. E non è un allegato di poco conto, lo dico soprattutto ai parlamentari del sud, perché si tratta degli interventi per le aree sottoutilizzate. Ciò vuol dire che noi a tutt'oggi, dopo il dibattito che abbiamo fatto in Commissione, abbiamo tenuto questa mattina in Aula un dibattito di poche ore senza avere neanche la documentazione completa, oltretutto causando un precedente istituzionale - questo lo faccio presente al Presidente - di tutto rilievo perché è chiaro che quel Documento non avrà mai alcuna attenzione da parte delle Commissioni competenti.
Ma la discussione di questa mattina è ancora più surreale se facciamo un confronto con ciò che è capitato alcune settimane fa in questo Parlamento. Quando è stato il momento di discutere il problema di Berlusconi, del processo breve abbiamo avuto l'Aula piena, ma soprattutto abbiamo avuto pieni i banchi del Governo. Il Governo, dal Ministro dell'economia e delle finanze al Ministro dello sviluppo economico e tutti i ministri sono stati costantemente presenti in Aula. Addirittura, vi ricordo, è stato sconvocato un Consiglio dei ministri per permettere ai Ministri parlamentari di essere in Aula. Ebbene, nelle quattro ore di dibattito di questa mattina abbiamo avuto in Aula solo il sottosegretario Casero, che ringraziamo per esserci stato, non ce la possiamo prendere con lui, ma degli altri Ministri competenti non abbiamo visto traccia.
Penso che questo provvedimento meriti molto di più dell'attenzione che il Governo e la maggioranza gli stanno dando. Ma capisco perché, se fossi nelle vostre condizioni e dovessi parlare al Paese dei problemi economici, probabilmente avrei il vostro stesso atteggiamento visto che in questi tre anni per l'economia è stato fatto poco e quel poco che abbiamo fatto è stato fatto male e lo dimostra lo stato delle famiglie e delle imprese italiane (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).
Ma non pensate che non facendo il dibattito in questa sede la situazione reale del Paese cambi.
La situazione reale è quella fotografata ormai da tutti i dati e tale resta.
Ma veniamo al contenuto del provvedimento: l'Italia si presenta all'appuntamento europeo in condizioni particolarmente difficili essenzialmente per tre ragioni: un debito pubblico pari al doppio di quanto concesso dalle regole europee, una crescita che si colloca all'1 per cento (ovvero la metà degli altri Paesi europei) e un divario tra nord e sud che è sempre più crescente. Che cosa si deduce leggendo questi tre dati insieme? Il risultato è univoco. Lo hanno detto osservatori economici, lo ha ammesso implicitamente anche il Ministro Tremonti ed è scritto nel Documento che andiamo ad approvare oggi: da qui al 2014 per rimanere in Europa e rispettare i parametri europei abbiamo bisogno di fare una manovra di 35-40 miliardi.
Quindi, avevamo due modi di fare questa manovra: la prima era affrontare seriamente il problema dicendo oggi quale riforme fare per poter permettere al Paese di riprendere quella crescita indispensabile per far fronte al debito pubblico crescente; la seconda, che è quella che ha intrapreso il Governo, era fare finta di nulla. Ancora una volta facciamo finta di nulla e rimandiamo il problema, guarda caso, proprio al 2013, cioè dopo le prossime elezioni politiche.
Penso che questo sia un grave errore, una strada pericolosa per il Paese. Voi avete elencato 85 riforme in maniera confusa e generica. Elencare 85 riforme è come non elencarne nessuna. Noi avremmo preferito avere 5 o 10 riforme elencate dettagliatamente nei tempi e nei modi e negli effetti e discutere su questo. Ciò sarebbe stato utile al Paese, non altro. Pag. 52
Parlate di riforma fiscale. Io sento dire da più parti, dal Governo e dalla maggioranza, che la panacea di tutti i mali sarà questa riforma fiscale. Vi avviso di una cosa, colleghi: purtroppo la riforma fiscale l'avete già fatta con i decreti attuativi del federalismo fiscale. Sapete che cosa comporta la riforma fiscale che voi avete approvato? Comporta che dal prossimo anno una famiglia con un reddito medio, grazie allo sblocco delle addizionali IRPEF, pagherà mille euro in più di tasse, non in meno come voi state dicendo. Non solo: i comuni, che sono stati messi a piedi dai tagli lineari del Governo, dovranno introdurre una tassa di scopo, che di fatto è una patrimoniale mascherata, e l'imposta di soggiorno.
Tutto questo davanti ad una situazione attuale, già da quest'anno, che vede le tariffe dei servizi in molte città crescere di oltre il 20 per cento. Sapete che cosa vuol dire in termini reali? Significa che una famiglia che pagava un asilo nido 200 euro al mese da quest'anno ne paga 240 e per 10 mesi sono 400 euro in più, e la stessa cosa vale per l'assistenza domiciliare e per il biglietto dell'autobus o per la tassa dei rifiuti.
Quindi, signori, vi sembra una politica fiscale corretta che può servire al Paese per crescere o vi sembra una politica fiscale, invece, regressiva? Noi denunciamo questo, il fatto che la pressione fiscale in questo Paese era intollerabile e oggi è più intollerabile di un anno fa. Ecco perché noi vi chiediamo delle riforme chiare e subito. Vi chiediamo una totale e radicale revisione della spesa pubblica, una vera e propria spending review che implichi una riduzione drastica delle spese improduttive. Vi chiediamo una riforma dello Stato.
Voi state girando intorno al problema, che non è quello del contenimento dei costi: il problema è che questo Stato costa troppo, non ce lo possiamo più permettere! Quindi, bisogna ridurre il numero dei parlamentari, abolire le province e le comunità montane, riorganizzare i comuni in maniera più funzionale. Ci vuole una riforma vera dei servizi pubblici locali, che rompa i monopoli delle piccole «IRI» di proprietà dei comuni che sono sempre più luoghi di passaggio per politici e sempre meno aziende efficienti. Ci vuole una fiscalità di vantaggio per il sud, perché il divario tra le varie zone del Paese in questi anni è cresciuto. Voi avete fatto il contrario.
Con il provvedimento sulla sanità regionale avete fatto in modo che le regioni del sud dovranno avere un'IRAP cinque volte superiore a quella delle regioni del nord. Avete fatto la «fiscalità di svantaggio» non la fiscalità di vantaggio. Vi chiediamo immediate misure per le famiglie, in tutti i nostri programmi elettorali avevamo il quoziente familiare, vi diciamo già oggi di partire con il quoziente familiare, iniziamo a introdurlo anche in maniera parziale ma incominciamo, perché le famiglie hanno bisogno di ossigeno per arrivare alla fine del mese.
C'è bisogno di un intervento a sostegno della patrimonializzazione delle imprese, ha ragione l'onorevole Della Vedova, il problema della Parmalat nasce dal fatto che le imprese italiane sono troppo piccole per competere in Europa e finché le aziende italiane saranno troppo piccole non potranno difendere l'italianità dei propri marchi. È chiaro che se vogliamo difenderla non dobbiamo posticipare l'assemblea per l'approvazione del bilancio di sei mesi, con questo non facciamo niente, facciamo propaganda elettorale. Il finale era già scritto, la Parmalat diventerà francese.
Dobbiamo fare in modo che le imprese italiane reinvestano i propri utili nelle imprese stesse permettendogli di diventare grandi. Una forza mirata al contrasto della povertà che sta investendo centri sociali che precedentemente ne erano al riparo. L'onorevole Pezzotta ce lo ricorda una volta e questo è uno dei punti fondamentali che questo Programma nazionale di riforme dovrebbe tenere in considerazione.
Insomma, in tre anni di legislatura questo Governo ha tirato a campare, tanti spot e pochi fatti concreti, tanto fumo e niente arrosto. La differenza rispetto a tre Pag. 53anni fa però è una: ora non vi crede davvero più nessuno (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Montagnoli. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, come già accennato dai miei colleghi Simonetti, Bitonci e Fugatti, questo Documento rappresenta il primo atto del nuovo ciclo di programmazione economico e finanziaria che deriva dalla legge 7 aprile 2011, n. 39, di modifica della legge di contabilità e finanza pubblica al fine di tenere conto dell'introduzione del semestre europeo con l'obiettivo della sostenibilità della finanza pubblica, della stabilità finanziaria e della crescita economica in linea con l'impostazione della nuova governance europea.
Innanzitutto siamo tutti convinti che il primo impegno a cui tutti noi dobbiamo puntare è la tenuta dei conti pubblici e la previsione di un abbassamento del rapporto deficit/PIL, la riduzione del debito pubblico è un impegno inderogabile. Ho sentito i colleghi nei vari interventi e senza ombra di dubbio dobbiamo considerare la crisi internazionale e la situazione del nostro Paese che oggi ha il primo debito pubblico in Europa, il terzo dubito pubblico al mondo e questo per responsabilità di gestioni del passato che hanno devastato la nostra finanza pubblica. In questa situazione il Governo in tre anni ha messo al riparo i conti pubblici, ha garantito i privati, cosa che non è avvenuta in Grecia, in Spagna, in Portogallo, in Irlanda; si tratta di un merito di questo Governo che ha garantito la solidità e ha garantito tutti i nostri cittadini, visto che il popolo italiano è un popolo di risparmiatori; quello che non hanno fatto gli altri. Il Fondo di 500 miliardi messo a disposizione della Comunità europea per questi Paesi non è ad oggi servito per l'Italia e se non prendiamo atto di questa situazione economica saremmo falsi davanti ai nostri cittadini perché questi sono i numeri schiaccianti e le enormi problematiche del nostro Paese. Le iniziative che fino ad oggi il Governo ha messo in piedi a partire dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 hanno già dato effetti positivi sui conti pubblici, sulla riduzione della spesa. Un'unica valutazione che mi sento di fare nella considerazione dei tagli è che non devono avvenire in maniera lineare ma puntare sempre di più agli sprechi. Questo è un invito che faccio al Ministro Tremonti su una valutazione oggettiva dei tagli alla spesa pubblica.
Il Programma nazionale di riforma è il fulcro del DEF e sintetizza le azioni di riforma strutturale avviate e in fase di definizione per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall'agenda della «Strategia Europa 2020».
I punti inseriti vanno dal federalismo fiscale, alla riforma fiscale, al sostegno delle nostre imprese, soprattutto quelle medio-piccole, che rappresentano il 95 per cento del totale delle imprese, alla sfida nell'ambito energetico, che noi crediamo debba essere sempre più rivolta alle fonti rinnovabili, all'innovazione dell'istruzione, alla riforma del mercato del lavoro, allo sviluppo delle aree deboli del Paese, perché siamo convinti che debba assolutamente avvenire lo sviluppo del sud, che deve essere fatto tenendo conto della legalità e della responsabilità soprattutto degli amministratori, ad un forte rilancio delle opere pubbliche, ad una revisione delle norme del Patto di stabilità, che deve assolutamente tenere conto degli enti virtuosi.
Queste sono le nostre sfide inserite in questo Documento e su cui il Parlamento si dovrebbe impegnare. Invece, ahimè, l'opposizione ci tiene qui settimane e settimane a discutere di beghe personali e non degli interessi importanti del Paese, a cui i cittadini ci chiedono di dare risposta. Questi sono punti importanti e riforme che questa maggioranza e questo Governo vogliono portare avanti. Siamo qui per cambiare il Paese, non per fare polemiche, cari colleghi dell'opposizione.
Ma per noi la riforma più importante, di svolta, inserita nel Documento di economia Pag. 54e finanza, è quella federale, su cui il Governo sta camminando spedito. Vari decreti sono stati già fatti. È una svolta che noi definiamo epocale, perché renderà più efficienti gli enti locali e responsabilizzerà gli amministratori. In questi anni abbiamo assistito a tantissimi sprechi e inefficienze, che non sono più accettabili. Una gestione diversa della finanza pubblica, che deve sempre più passare dal centro alla periferia, darà una grande mano alla riduzione della spesa pubblica.
Finalmente le cattive gestioni dei comuni, soprattutto in una parte del Paese, non ricadranno più sulla testa di tutti i cittadini. I debiti e i buchi di Roma, Napoli, di Vendola e compagni, non peseranno più sul Paese e quelle risorse serviranno per lo sviluppo e la crescita di tutto il Paese, al nord ma soprattutto al sud. È evidente, ed è un tema inserito nel Documento, che è ormai obbligatoria una riforma fiscale, che il Governo ha annunciato nel prossimo mese di maggio, che, attraverso una riduzione della spesa, ma soprattutto il proseguimento della lotta all'evasione fiscale, deve mirare ad una riduzione delle tasse e al rilancio della crescita.
Cari colleghi, non è più accettabile che vi siano zone del Paese con tassi di evasione del 50-60 per cento. Non è più assolutamente accettabile! Il fatto che nei decreti attuativi del federalismo fiscale venga previsto che anche gli enti locali abbiano una loro quota di partecipazione è sicuramente un aspetto fondamentale, a cui noi teniamo tanto.
Noi, come Lega, saremo molto attenti, nell'elenco di queste riforme, allo sviluppo delle politiche sull'energia, alla modifica nell'ambito del lavoro e dell'istruzione, alle varie liberalizzazioni che verranno messe in atto con la logica esclusiva e prioritaria del miglior servizio al cittadino. Ci va bene la riforma dei servizi pubblici locali, ma per abbattere i carrozzoni, che sappiamo dove sono collocati.
Quando sento parlare il collega dell'UdC di eliminare queste gestioni e le province nel territorio vedo che i politici più «cadregari», nel vero senso della parola, sono proprio quelli dell'UdC (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), contrari ad ogni modifica e a ogni riforma del Paese, che hanno avuto il coraggio di votare contro il federalismo, ovvero la riforma che salverà tutto il Paese, tutta l'Italia. Signor sottosegretario, condividiamo la linea di stabilità di questi anni, che - riferite in questo Documento - punta a raggiungere entro il 2014 un livello vicino al pareggio di bilancio, a conseguire livelli crescenti di avanzo primario, alla diminuzione del rapporto tra debito pubblico e PIL, attualmente al 120 per cento e previsto al 114 per cento nel 2014.
Crediamo che lo sforzo debba essere fatto insieme a tutte le forze economiche e sociali, agli enti locali, che servirà per incrementare la produttività, la competitività e la crescita e che debba essere, sopratutto in questo momento economico, assolutamente prioritario.
Chiediamo coraggio al Governo: i cittadini ci chiedono di cambiare questo Paese. Abbiamo bisogno, oltre alla tenuta dei conti pubblici, di rilanciare i consumi e di rimettere in moto l'economia; all'interno dell'Unione europea il nostro Paese deve assolutamente essere una guida.
Pertanto, dichiaro che il gruppo Lega Nord Padania voterà a favore della risoluzione di maggioranza Cicchitto, Reguzzoni e Sardelli n. 6-00080 (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sul Documento di economia e finanza che stiamo esaminando la prima osservazione che vorrei fare è che il nuovo sentiero comunitario, in tema di governance economica, trasferisce anche in Italia una maggiore consapevolezza dell'esigenza di superare l'ottica di una strategia dei due tempi, il primo dei quali diretto a mettere a posto i conti pubblici ed il secondo, solo successivamente, a perseguire l'obiettivo di una maggiore crescita. Pag. 55Modestamente, il gruppo del Partito Democratico potrebbe ricordare di avere detto questo sin dall'inizio.
Senza alcuno spirito polemico in questo senso, ci sembra che trovino esplicita conferma le linee programmatiche che avevano informato, sin dall'inizio della precedente legislatura, l'azione del compianto Ministro dell'economia Tommaso Padoa-Schioppa. Credo che onestà intellettuale voglia che questo si riconosca. Crescita, risanamento ed equità erano gli elementi che costituivano il trittico sottoposto all'attenzione del Parlamento. Di questo trittico mi sembra che si possa dire che solo il tema del risanamento sia stato preso in considerazione e perseguito, mentre gli altri due elementi sono stati assolutamente abbandonati.
Eravamo convinti, lo siamo sempre stati, che i temi dello sviluppo e della crescita fossero la chiave di volta del riscatto del nostro Paese. Per evocare un'immagine di un collega, mi sembra il collega Cazzola, intervenuto prima in sede di discussione, il tema della crescita, dico io, è come la bandiera piantata nella testa della gente. Noi lo abbiamo sempre saputo, ci era chiaro, ci è sempre stato chiaro, anche perché l'abbattimento dell'ingente debito pubblico non può che passare da una ricostituzione dell'avanzo primario, cioè a dire da un rilancio della crescita a favorire la quale, evidentemente, concorrono in modo intrecciato, anche, ma non solo, le politiche volte a ridurre la spesa non con i proclami, né senza un'opportuna selezione, come si continua a fare con la volgare logica dei tagli lineari che sono reiterati e anche con lo strumento dell'incremento delle entrate di cui, peraltro, non si parla nei testi dei documenti che sono stati presentati.
Questi offrono un quadro conoscitivo certamente interessante, ma fissano obiettivi che definirei assolutamente generici e, tutto sommato, modesti, in particolare sul tema richiamato della crescita, e indicano mezzi che non sono affatto rassicuranti per il conseguimento dei risultati attesi che, se anche si realizzassero, tra dieci anni registreranno, in assenza di modificazioni, divari piuttosto consistenti rispetto ai target europei.
Più nello specifico, dal quadro programmatico emerge che con una manovra significativa, robusta, prevista per due anni, nel 2014 dovremmo raggiungere il pareggio di bilancio, un avanzo primario di cinque punti, una spesa per interessi di cinque punti e mezzo, un debito sceso al 112,8 per cento, ossia sette punti in meno rispetto al dato del 2010. La manovra per ottenere questi risultati verrebbe varata l'anno prossimo, riguarderebbe i due anni seguenti e sarebbe di quasi 40 miliardi di euro, per l'esattezza di 39 miliardi di euro, corrispondenti a 2,5 punti di PIL. La pressione fiscale, però, rimane a livelli altissimi, siamo sul tetto dell'Himalaya. Vi ricordate quando, in campagna elettorale, rimproverate il fatto che noi avevamo una pressione fiscale alta? Avete portato e continuate a tenere la pressione fiscale sul tetto dell'Himalaya, al 42,6 per cento nel 2010.
In considerazione di questo fatto, evidentemente, ad essere «manovrata» non può che essere la spesa totale primaria destinata a ridursi di oltre quattro punti di PIL nel triennio 2011-2014, quasi due punti all'anno in termini reali.
Alla riduzione della spesa come si arriverà? Si arriverà inevitabilmente attraverso un taglio degli investimenti pubblici, che peraltro determina effetti distorsivi proprio sulla crescita del PIL, poiché le infrastrutture costituiscono un importante fattore di competitività. Su questo punto si è soffermata anche la Corte dei conti in sede di audizione e lo ha definito «l'indicatore più significativo del divario tra enunciazioni programmatiche e realizzazioni» come a significare «la distanza tra il dire e il fare». Sempre la Corte dei conti ha annotato che nello stesso Programma nazionale di riforma la dotazione del piano di infrastrutture strategiche - che è allegata alla Decisione di finanza pubblica 2011-2013 - è pari a 233 miliardi di euro, di cui 113 miliardi per opere di intervento primario fino al 2013. Pag. 56
Ebbene, la Corte dei conti sostiene che, di questo ampio ammontare, le risorse assegnate a partire dal 2008 sui progetti di legge obiettivo sono tuttora pari appena a 8,3 miliardi di euro, non ancora distribuibili sulle singole annualità. Si tratta di 8 miliardi e io potrei dire 8 miserabili miliardi rispetto ai 113 che erano stati individuati come prioritari fino al 2013 sul complessivo dei 233 miliardi.
Citando sempre la Corte dei conti come fonte autorevole, «Il Programma nazionale di riforma appare uno specchio dei limiti, degli ostacoli e delle lentezze che si frappongono ad una effettiva e duratura ripresa delle politiche di sviluppo in Italia». Ora, se andiamo a vedere gli effetti di queste riforme, che dovrebbero favorire appunto la crescita, noi troviamo che l'effetto cumulato è stimato essere pari a 1,8 punti di maggiore crescita del PIL nel 2015, salendo a 3,6 punti nel 2030. Nei valori medi annui il massimo incremento addizionale viene raggiunto nel 2015 (0,4 punti) - ovvero nulla, come ha detto l'onorevole La Malfa - per diminuire a 0,12 punti nel 2030.
Le riforme, che voi annunciate, sono riforme che producono dunque effetti nel lunghissimo periodo e con intensità decrescente nel tempo. Il quadro complessivo, come si può notare, appare non esaltante: stime di impulso sul PIL non ponderate con la valutazione degli effetti della manovra pesantissima che è stata annunciata; sguardo rivolto prevalentemente all'indietro; penuria di investimenti pubblici; insufficiente coinvolgimento dell'opinione pubblica e conseguente carenza di un clima favorevole all'adozione di un più intenso processo di riforme economiche.
Vi sono poi ulteriori indicatori di riforme, che sono annunciati nei titoli. Mi soffermo solo brevemente sulla riforma fiscale, che dovrebbe essere, come si dice, un ammodernamento del nostro sistema fiscale. Noi suggeriamo sin d'ora di dare piena attuazione alla riforma fiscale, secondo le linee della mozione del Partito Democratico a prima firma Bersani, già approvata il 22 dicembre scorso dalla Camera, che consentirebbe di ottenere una maggiore efficienza, coerenza ed equità del sistema e la promozione del lavoro, dell'impresa e dell'investimento produttivo.
Consideriamo i punti sul Meridione. Voi parlate di regia nazionale. «Regia» vuol dire coordinare e stimolare, non sostituire. In attesa di vedere il programma concreto, raccomandiamo questo.
Per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo, nel 2020 la nostra distanza rispetto all'Europa aumenterà, perché sarà pari all'1,53 per cento del PIL, rispetto al 3 per cento, mentre oggi la distanza è solo di 0,8 punti.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Duilio.

LINO DUILIO. Vado a concludere, perché il mio tempo sta finendo. Volendo tracciare una sintesi conclusiva, noi siamo molto perplessi su questi vostri documenti, perché siamo molto lontani dall'elaborazione di quella bandiera piantata nella testa della gente, di cui ha parlato qualche collega. Questo DEF non convince, non appassiona e rappresenta un'occasione persa, come ha sostenuto l'ex Commissario dell'Unione europea, professore Mario Monti, in sede di audizione. È un'occasione persa sia nel merito che nel metodo, per misure che sono eterogenee, poco coerenti, slegate da una visione di insieme. Noi vi suggeriamo di prendere in considerazione il Programma nazionale di riforma alternativo, che è stato elaborato dal Partito Democratico rispetto alle regole europee.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Duilio.

LINO DUILIO. In conclusione, signor Presidente, onorevoli colleghi, guardando a questo decennio perduto - se escludiamo i venti mesi di nostro Governo - noi potremmo snocciolare cifre a voi non favorevoli, ricordare promesse non mantenute, rileggere programmi e riproporre letture che intendevano combattere paure ed alimentare speranze. Pag. 57
Il bilancio non sarebbe di certo a voi favorevole e porterebbe alla conclusione, spiace dirlo, che per il nostro Paese voi rappresentate la nostra malattia non la nostra terapia. Anche per questo, oltre che per i contenuti dei documenti che ci avete presentato, abbiamo prodotto una risoluzione di minoranza che va contro alla vostra risoluzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Milanese. Ne ha facoltà.

MARCO MARIO MILANESE. Signor Presidente, il Documento di economia e finanza 2011 che ci apprestiamo a votare rappresenta la puntuale fotografia della nostra politica economica nazionale in conformità degli accordi e degli impegni assunti in Europa. Si inserisce nelle azioni concordate dunque in sede europea e, in particolare, nel Consiglio europeo che si è svolto a Bruxelles lo scorso marzo e dove è stato approvato il Patto per l'Euro; un coordinamento dunque più stretto delle politiche economiche per la competitività e la convergenza.
Il Patto è in sostanza un trattato nel trattato, destinato a modificare radicalmente la struttura costituzionale europea. Il semestre europeo è il luogo comune per cominciare ad organizzare, all'interno di un unico processo politico, indirizzi ed impegni comuni e coordinati, ed è in questa logica che l'Italia si è impegnata in parallelo e in sincronia con gli altri Paesi dell'Unione europea a confermare e a sviluppare la propria politica di bilancio ed economica, nonché a confermare e a articolare tanto la documentazione politica nazionale quanto il processo politico in Parlamento e con le parti sociali, a partire proprio dal Documento di economia e finanza 2011.
Secondo gli accordi il Documento è composto di tre parti: Programma di stabilità, Analisi e le tendenze della finanza pubblica ed infine Programma nazionale di riforma. Dunque la stabilità e la solidità della finanza pubblica sono essenziali tanto nel tempo presente quanto nel tempo a venire. Non sono possibili sviluppo economico ed equilibrio politico e democratico senza stabilità e solidità della finanza pubblica. Tale equilibrio si realizza tanto dal lato della finanza pubblica quanto da quello della finanza privata. È stato per questo riconosciuto in Europa il principio secondo cui l'equilibrio finanziario non è dato solo dalla finanza pubblica ma anche dalla finanza privata, come il risparmio delle famiglie e la solidità delle banche. Da qui la posizione privilegiata del nostro Paese; di qui il messaggio responsabile per il Paese è che non esistono i presupposti per una crescita duratura ed equa senza stabilità del bilancio pubblico.
La crescita quindi non si può fare con i deficit pubblici. È questa l'impostazione della politica italiana di finanza pubblica iniziata fin dal 2008 e ancora oggi proseguita. Su questa logica è impostato il Programma di stabilità. Fondamentale, inoltre, il duplice impegno italiano di introdurre nella Costituzione il vincolo della disciplina di bilancio, nonché di raggiungere entro il 2014 un livello prossimo al pareggio di bilancio con riduzione anche del debito pubblico. Per perseguire tali obiettivi bisogna attivare ulteriori motori di sviluppo che non rientrano nel perimetro della spesa pubblica in deficit. Fondamentale dunque diventa il Programma nazionale di riforma.
Il Governo e questa maggioranza molto hanno già fatto. Basti ricordare le tre grandi riforme: quella delle pensioni, approvata come una delle migliori in Europa, la scuola e le università, il federalismo fiscale. Ancora molto comunque resta da fare. La riforma fiscale ed assistenziale che si dovrà fondare su quattro principi fondamentali: progressività, neutralità, solidarietà e semplicità. La questione meridionale posta come questione nazionale. Questo Governo e questa maggioranza hanno la voglia e la forza di superare il gap, la divisione che esiste nel nostro Paese tra nord e sud. Il nord senza il sud non cresce: è arrivato finalmente il momento di evitare che ci siano tanti falsi paladini del sud che non vogliono che il Pag. 58sud riesca a camminare da solo senza assistenzialismo e senza cattiva politica.
Per questo bisogna incentivare ed utilizzare al massimo e al meglio i fondi europei, con un'attenta regia nazionale ma senza mortificare i territori e gli enti locali con le tante peculiarità diverse, comunque, da regione a regione. Arrivare finalmente a una fiscalità di vantaggio, a infrastrutture di collegamento, alle zone cosiddette a «burocrazia zero».
Per ciò che concerne il lavoro è previsto lo statuto del lavoro, testo unico contenente il riordino e la semplificazione della materia. Fondamentale in questo caso è il contratto di apprendistato come contratto di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. È previsto l'intervento nel settore delle opere pubbliche, dell'edilizia privata, della ricerca e sviluppo, dell'agricoltura, del processo civile e del turismo. Queste sono alcune delle priorità nell'economia politica di un piano che chiaramente trova la sua estensione ed ampiezza su più anni. In definitiva, è stato ed è fondamentale aver stabilizzato i conti pubblici. La politica del rigore che è stata intrapresa dal Governo e da questa maggioranza è stata ed è fondamentale. A questa politica segue la politica dello sviluppo, senza mai prescindere però da essa. Senza la prima non può esserci la seconda.
L'Italia ha detto: mai più lo sviluppo in deficit; mai più spendere con i soldi degli altri; mai più spendere con i soldi degli italiani, ma soprattutto mai più spendere facendo debiti e ipotecando il futuro dei nostri giovani: qualcuno in questa Aula ha pensato e lo ha fatto. Di certo questo qualcuno non siede tra i banchi di questa maggioranza. Abbiamo diviso questo quadrante (rigore e sviluppo) in due fasi. Dobbiamo concludere la prima fase per passare alla seconda. Il Governo e la maggioranza hanno i fondamentali - e lo hanno ampiamente dimostrato - per fare il rigore e per fare lo sviluppo. Questa maggioranza è solida per dare un futuro al nostro Paese. Per questo il Popolo della libertà darà voto favorevole alla risoluzione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà, per un minuto.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, vorrei esprimere il dispiacere per il fatto che la maggioranza e il Governo abbiano perso l'occasione per sostenere una risoluzione a mia prima firma, sottoscritta poi anche da colleghi di tanti gruppi politici, per far sì che i fondi che si sono ottenuti dal risparmio procurato dall'allungamento dell'età pensionabile delle donne nella pubblica amministrazione fossero usati per la non autosufficienza e per misure di conciliazione tra attività lavorativa e vita familiare, a vantaggio delle donne.
Questo era previsto dalla legge. Questo fondo è stato depauperato delle proprie risorse e sarebbe stato invece necessario reintegrarlo. Quindi, in questa occasione, nel segnalare appunto un rammarico, dico anche che porteremo avanti questa battaglia (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così concluse le dichiarazioni di voto.

(Votazione - Doc. LVII, n. 4)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Cicchitto, Reguzzoni, e Sardelli n. 6-00080, accetta dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Nannicini, onorevole Scilipoti, onorevole Della Vedova, onorevole Mondello, onorevole Causi, onorevole Cesa... Pag. 59
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 547
Votanti 546
Astenuti 1
Maggioranza 274
Hanno votato 283
Hanno votato no 263.
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Sono così precluse tutte le altre risoluzioni presentate.
Secondo le intese intercorse, la trattazione dei restanti argomenti con votazione si intende rinviata ad altra seduta. Dopo le comunicazioni del calendario dei lavori per il mese di maggio, e dopo alcuni interventi sull'ordine dei lavori, si procederà pertanto allo svolgimento di interpellanze urgenti.

Calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di maggio 2011, conseguente aggiornamento del programma ed annunzio della convocazione del Parlamento in seduta comune.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato predisposto, ai sensi dell'articolo 24, comma 3, del Regolamento, il seguente calendario dei lavori per il mese di maggio 2011:

Martedì 3 (dalle 11 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 4 (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) e giovedì 5 maggio (antimeridiana - dopo la chiama della seduta comune - e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 6 maggio) (con votazioni):

Seguito dell'esame dei disegni di legge:
n. 4219 - Conversione in legge del decreto-legge 25 marzo 2011, n. 26, recante misure urgenti per garantire l'ordinato svolgimento delle assemblee societarie annuali (da inviare al Senato - scadenza: 25 maggio 2011);
n. 4220 - Conversione in legge del decreto legge 26 marzo 2011, n. 27, recante misure urgenti per la corresponsione di assegni una tantum al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (da inviare al Senato - scadenza: 27 maggio 2011).

Esame delle mozioni Franceschini n.1-00633 e Galletti, Della Vedova, Vernetti, Lo Monte e La Malfa n. 1-00634 concernenti l'impegno italiano in Libia.

Seguito dell'esame delle mozioni Della Vedova ed altri n. 1-00612, Rao ed altri n. 1-00614, Ferranti ed altri n. 1-00615, Costa, Lussana, Belcastro ed altri n. 1-00616, Bernardini ed altri n. 1-00617, Di Pietro ed altri n. 1-00618 e Mosella ed altri n. 1-00619 concernenti iniziative relative alla situazione delle carceri.

Martedì 17 maggio (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali dei disegni di legge:
n. 4307 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo (Approvato dal Senato - scadenza: 30 maggio 2011);
n. 4299 - Proroga dei termini per l'esercizio della delega di cui alla legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale (ove concluso dalle Commissioni); Pag. 60
n. 4193 ed abbinate - Ratifica ed esecuzione della Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo, fatta a Dublino il 30 maggio 2008, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Approvato dal Senato);
n. 4248 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato del Qatar (Approvato dal Senato - ove concluso dalla Commissione);
n. 4249 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Libano per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo (Approvato dal Senato - ove concluso dalla Commissione).

Mercoledì 18 e giovedì 19 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 20 maggio) (con votazioni):

Seguito dell'esame dei progetti di legge:
proposta di legge n. 2350 ed abbinate - Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento (Approvata dal Senato);
disegno di legge n. 4307 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo (Approvato dal Senato - scadenza: 30 maggio 2011);
disegno di legge n. 4299 - Proroga dei termini per l'esercizio della delega di cui alla legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale (ove concluso dalle Commissioni).

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 4059-A/R - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2010 (Approvato dal Senato) e del Doc. LXXXVII, n. 3 - Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2009.

Seguito dell'esame dei disegni di legge:
n. 4193 ed abbinate - Ratifica ed esecuzione della Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo, fatta a Dublino il 30 maggio 2008, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Approvato dal Senato);
n. 4248 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato del Qatar (Approvato dal Senato - ove concluso dalla Commissione);
n. 4249 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Libano per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo (Approvato dal Senato - ove concluso dalla Commissione).

Nel corso della settimana potrà avere luogo il seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana 3-6 maggio e non conclusi.

Lunedì 23 maggio (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali delle proposte di legge:
n. 1952 - Sistema casa qualità. Disposizioni concernenti la valutazione e la certificazione della qualità dell'edilizia residenziale;
n. 2802 ed abbinata - Norme per il contrasto dell'omofobia e transfobia.

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Discussione sulle linee generali delle mozioni Oliverio ed altri n. 1-00589 e Delfino ed altri n. 1-00632 concernenti iniziative in relazione alle proposte della Commissione europea sul cosiddetto «pacchetto latte».

Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 3222 ed abbinata - Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di sicurezza sul lavoro per la bonifica degli ordigni bellici.

Martedì 24, mercoledì 25 e giovedì 26 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 27 maggio) (con votazioni):

Seguito dell'esame di eventuali argomenti previsti per la settimana precedente e non conclusi.

Seguito dell'esame delle proposte di legge:
n. 1952 - Sistema casa qualità. Disposizioni concernenti la valutazione e la certificazione della qualità dell'edilizia residenziale;
n. 2802 ed abbinata - Norme per il contrasto dell'omofobia e transfobia.

Seguito dell'esame delle mozioni Oliverio ed altri n. 1-00589 e Delfino ed altri n. 1-00632 concernenti iniziative in relazione alle proposte della Commissione europea sul cosiddetto «pacchetto latte».

Seguito dell'esame della proposte di legge n. 3222 ed abbinata - Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di sicurezza sul lavoro per la bonifica degli ordigni bellici.

Nel corso della settimana sarà esaminato il Doc. IV, n. 11 - Domanda di autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni di conversazioni telefoniche nei confronti del deputato Landolfi.

Lunedì 30 maggio (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):

Discussione sulle linee generali del disegno di legge S. 2680 - Conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2011, n. 37, recante disposizioni urgenti per le commissioni elettorali circondariali e per il voto dei cittadini temporaneamente all'estero in occasione delle consultazioni referendarie che si svolgono nei giorni 12 e 13 giugno 2011 (ove trasmesso dal Senato e concluso dalla Commissione - scadenza: 10 giugno 2011).

Martedì 31 maggio e mercoledì 1o giugno (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni):

Seguito dell'esame dei progetti di legge:
disegno di legge S. 2680 - Conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2011, n. 37, recante disposizioni urgenti per le commissioni elettorali circondariali e per il voto dei cittadini temporaneamente all'estero in occasione delle consultazioni referendarie che si svolgono nei giorni 12 e 13 giugno 2011 (ove trasmesso dal Senato e concluso dalla Commissione - scadenza: 10 giugno 2011).
proposta di legge n. 607-A/R ed abbinata - Incentivi per favorire, nelle regioni dell'arco alpino, il reclutamento di militari volontari nei reparti delle truppe alpine;
proposta di legge costituzionale n. 1990-A/R ed abbinate - Modifiche agli articoli 114, 117, 118, 119, 120, 132 e 133 della Costituzione, in materia di soppressione delle province.

Nel corso della settimana potrà avere luogo il seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time) avrà luogo il mercoledì (dalle ore 15).

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Lo svolgimento di interrogazioni e di interpellanze avrà luogo (salvo diversa previsione) il martedì (antimeridiana); lo svolgimento di interpellanze urgenti il giovedì o il venerdì, secondo l'andamento dei lavori.
Il Presidente si riserva altresì di inserire nel calendario l'esame di ulteriori progetti di legge di ratifica licenziati dalle Commissioni e di ulteriori documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.
Gli argomenti che non è stato possibile inserire nel calendario dei lavori di maggio sono stati rinviati al mese di giugno.
L'organizzazione dei tempia per la discussione degli argomenti iscritti nel calendario dei lavori sarà pubblicata in calce al Resoconto stenografico della seduta odierna.
Per quanto riguarda la discussione della proposta di legge n. 2802 ed abbinata, l'organizzazione dei tempi sarà valutata sulla base del testo che verrà licenziato dalla Commissione.

Il programma si intende conseguentemente aggiornato.
Giovedì 5 maggio, alle ore 9, sarà convocato il Parlamento in seduta comune per procedere alla votazione per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale e di un componente del Consiglio superiore della magistratura.

Sull'ordine dei lavori (ore 14,05).

MARCO BOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi, 28 aprile, è una data ricca di ricorrenze, ma, tra le tante, mi piace segnalare quella relativa alla Giornata mondiale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, una ricorrenza annuale nel cui ambito, da sei anni, viene celebrata anche la Giornata mondiale delle vittime dell'amianto, un problema che a noi sta particolarmente a cuore. Infatti, le problematiche legate all'amianto sono particolarmente sentite in Piemonte, Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Emilia-Romagna, Puglia e Sicilia.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 14,06)

MARCO BOTTA. Naturalmente, poi, in Piemonte - la mia regione - e in particolare nella zona di Casale Monferrato vi è una grande sofferenza legata a questa problematica, poiché lì esisteva il più grande stabilimento italiano di produzione dell'eternit.
Negli ultimi anni, nella zona di Casale Monferrato e del Casalese, sono scomparse oltre 2.800 persone per malattie correlate in qualche maniera all'amianto, in particolare il mesotelioma pleurico ed altre malattie correlate all'amianto medesimo.
Sappiamo che questa malattia mieterà ancora vittime fino al 2031, picco massimo di svolgimento della malattia stessa perché, purtroppo, essa ha un'incubazione di oltre quarant'anni. La cessazione, quindi, dei lavori nello stabilimento risale al 1990, per cui arriviamo fino al 2031. È una malattia che colpisce sì i lavoratori, ma anche i cittadini, coloro che casualmente possono aver respirato fibra d'amianto.
Tale problematica, quindi, è molto sentita e oggi a Casale Monferrato si svolgerà una grande manifestazione frutto del lavoro dell'associazione che riunisce le vittime per l'amianto.
Sappiamo che a Torino è in svolgimento un processo che dovrebbe diventare storico per la vastità e la complessità delle problematiche che sono lì affrontate, ma oltre alla problematica sanitaria esiste tutta una problematica ambientale, cioè quella della bonifica dall'amianto. Casale e Monferrato Casalese sono da anni al lavoro per questo tipo di bonifica: il comune di Casale ha speso oltre 8 milioni di euro come comune soltanto per la bonifica. Il Governo italiano ha messo a disposizione, insieme alla regione, oltre 37 milioni di euro e 6 milioni di euro sono arrivati anche per la bonifica dal polverino, cioè la Pag. 63polvere di scarto creata nella fabbricazione dei tubi di amianto, che è tra le più pericolose esistenti in natura.
Pertanto, preannuncio che presenterò anche un'apposita risoluzione su questo tema perché ritengo che quest'Aula, un consesso così importante, non possa non tenere conto di questa situazione, affinché si possa continuare nell'opera di bonifica e di sostegno alla bonifica per la zona del Piemonte, per la zona di Casale Monferrato, ma anche per le altre zone italiane interessate dal problema, affinché vi sia un impegno del Governo (come vi è un impegno della regione, delle istituzioni locali, di fondazioni private) anche rispetto alla ricerca sanitaria e scientifica sul mesotelioma, che oggi è un tumore incurabile e dà un'attesa di vita limitatissima e ripeto che può colpire qualunque persona venga al cospetto di questa polvere d'amianto, e affinché veramente si vada verso una legislazione generale di bando dell'amianto da qualsiasi tipo di attività e verso la sua sostituzione con nuove tecnologie che permettano anche l'utilizzo, ad esempio nella bonifica dei tetti, di fonti rinnovabili di energia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ALDO DI BIAGIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente e onorevoli colleghi, nella giornata di ieri, 27 aprile, è morto un giovane subacqueo di 21 anni di Castelnuovo Don Bosco, in provincia di Asti, nelle acque del Po.
Il giovane si era immerso in una cisterna di cemento che serve per la canalizzazione delle acque del Po all'interno della centrale per il raffreddamento delle turbine. Ovviamente su queste dinamiche la procura ha aperto un'inchiesta per chiarire le responsabilità di una simile tragedia assurda, ma mentre giovani professionisti o semplici amatori della subacquea rischiano la vita o, come in questo caso, la perdono, anche per ragioni legate alla mancanza di sicurezza, alla Camera resta letteralmente impantanata dal novembre 2009 la proposta di legge per la sicurezza del lavoro subacqueo, di cui sono stato relatore in Commissione lavoro. Si tratta di una proposta di legge accolta a livello bipartisan e che ha visto il coinvolgimento attivo e sentito di tutti gli schieramenti. Infatti, l'esigenza di dare chiarezza e sicurezza in un ambito così tanto trascurato ha visto uniti i parlamentari di tutti gli schieramenti e i referenti del Governo, che hanno dimostrato in più occasioni l'esigenza di arrivare quanto prima ad una legge-quadro, che non ha alcun onere per lo Stato e che purtroppo è ferma da ormai quasi due anni in Commissione bilancio, in attesa della relazione tecnica integrata da parte degli uffici della Ragioneria dello Stato.
Molte sono state le sollecitazioni da parte mia e dello stesso presidente della Commissione bilancio, ma al momento nulla si è mosso. Mi assumo ogni responsabilità nell'affermare con certezza e con risolutezza che la promulgazione e la conseguente applicazione di queste disposizioni avrebbero potuto salvare la vita di questo giovane.
Si continua a parlare di sicurezza sul lavoro come di un diritto cogente inviolabile di ogni cittadino, ma le norme a tutela di essa restano spesso inapplicate o addirittura inesistenti per motivi puramente burocratici.
Il mio è un invito alla riflessione, alla responsabilità e alla sensibilità di ognuno di noi e del Governo affinché si proceda rapidamente alla conclusione di questo iter e si dia finalmente giustizia ai troppi morti per incuria del nostro ordinamento.

ALESSANDRO BRATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, volevo fare presente a lei e all'Assemblea - e poi concluderò con una richiesta molto specifica - la grave situazione che si è venuta a determinare, ancora una volta, in Campania, con particolare riferimento al comune di Napoli e Pag. 64anche alla provincia di Napoli. Ad oggi nel comune di Napoli ci sono circa 2.300 tonnellate di rifiuti a terra e quasi 7 mila in tutta la provincia, con diversi comuni in grandissima sofferenza. Non è stato risolto nulla ancora una volta, nonostante l'ultimo decreto-legge.
Noi avevamo messo in evidenza da tempo alcune problematicità e oggi ci troviamo di fronte al fatto che gli impianti cosiddetti Stir, quelli che trattano il rifiuto urbano tal quale e che hanno una potenzialità di circa 3.200 tonnellate, non lavorano più di 1.800 tonnellate. Questo perché sono pieni del residuo secco, che dovrebbe essere poi a sua volta trattato nell'inceneritore di Acerra e che, purtroppo, come avevamo evidenziato più e più volte, ha tanti problemi. Ad oggi funzionano solo due linee su tre e, dunque, non si riesce a fare fronte alla necessità di smaltimento. Pertanto, gli impianti sono intasati, i mezzi non riescono a scaricare e i rifiuti rimangono a terra.
Ci risulta, inoltre, che su quell'inceneritore sono stati già effettuati lavori straordinari per oltre 4 milioni di euro. La Protezione civile continua a ordinare all'attuale gestore di intervenire con lavori straordinari. Ormai il debito ammonta a circa 14 milioni di euro che la Protezione civile deve, in un qualche modo, erogare all'attuale gestore. Abbiamo più volte ricordato come sia stato fatto un collaudo dell'impianto a dir poco azzardato. Poi vi sono problemi di ordine pubblico.
Dunque, signor Presidente, si tratta di una situazione paradossale, perché l'impianto di Brescia, che è un impianto gestito dalla stessa società che gestisce quello di Acerra, ha mostrato una forte disponibilità a smaltire quei rifiuti che oggi non possono essere smaltiti in Campania. Tuttavia, per motivi tutti politici - perché una forza della componente di maggioranza, la Lega, non vuole ricevere in Lombardia questi rifiuti -, si assiste a questo paradosso, per cui il governo regionale sta trattando con la Svezia per portare questi rifiuti fuori, mentre l'inceneritore di Brescia importa i rifiuti dalla Svizzera per mantenere lo stesso inceneritore bresciano in uno stato di attivo funzionamento, come se i rifiuti ticinesi fossero diversi da quelli campani. Pertanto, siamo in presenza di una situazione davvero paradossale.
Signor Presidente, si dice, tra l'altro, che a partire dal 2006 al comune di Napoli non sia arrivato neanche un euro per la raccolta differenziata. Ricordo che il 4 gennaio si è svolta una riunione straordinaria, con la presenza del Ministro Prestigiacomo e di tutte le autorità provinciali e regionali, e si era detto che in tempi brevi si sarebbe apprestato uno sversatoio - dicasi discarica - di circa un milione di metri cubi per poter fare fronte all'emergenza. Tuttavia, da allora ad oggi nulla di questo è avvenuto.
Siamo di fronte al solito balletto. Adesso siamo sotto elezioni e non vorremmo che il Presidente del Consiglio «si calasse» e per una decina di giorni ripulisse la città per ritrovarci poi, all'undicesimo giorno, di nuovo con gli stessi problemi.
Quindi, è per tale ragione, signor Presidente, che le chiedo di intervenire davvero in maniera urgente al fine di avere in Aula, già dalla prossima settimana, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, perché faccia il punto della situazione e ci dica, rispetto a tutte le cose dette e, soprattutto, alle cose votate, cosa è successo e cosa non è andato, per capire e per cercare davvero di risolvere, una volta per tutte, una situazione veramente indecente che ormai va avanti da moltissimi anni.

ERMETE REALACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, quest'Aula il 16 marzo ha approvato all'unanimità una mozione che invitava il Governo a mettere riparo a un decreto-legge che ha gettato lo scompiglio in un settore di grande importanza per il nostro Paese: il settore delle fonti rinnovabili e, nel caso specifico, del solare e del solare fotovoltaico. Pag. 65
Questo decreto-legge ha bloccato investimenti in corso, ha tradito gli impegni che si erano assunti e ha fermato lo sviluppo di un settore che coinvolge oggi, come abbiamo ricordato varie volte, 85 mila imprese e oltre 150 mila lavoratori. Si tratta spesso di imprese giovani e innovative, composte da giovani e costituiscono una parte importante del tessuto produttivo del nostro Paese.
Senza questo settore, l'anno scorso - visto che abbiamo parlato di bilancio e di economia del nostro Paese - la crescita italiana sarebbe stata negativa. Ebbene, il Governo ha varato un provvedimento che, contravvenendo alle indicazioni pervenute in maniera unanime dalle Commissioni della Camera e del Senato - poneva dei «picchetti» assolutamente insuperabili e danneggiava il settore. Il Parlamento ha chiesto di cambiarlo, la Conferenza delle regioni ha avanzato delle richieste di modifica; tutto questo doveva accadere da tempo: nella mozione parlamentare si chiedeva che accadesse entro il 10 aprile, addirittura il Ministro ha detto che sarebbe accaduto entro marzo, ma siamo arrivati al termine indicato nella delega che scade ad aprile e oggi c'è stato un parere negativo della Conferenza delle regioni rispetto al provvedimento che il Governo intende emanare perché solo alcune delle richieste della Conferenza delle regioni sono state accolte.
Pertanto, voglio dire questo, signor Presidente: bisogna che il Parlamento e la Conferenza delle regioni vengano presi sul serio perché altrimenti è inutile che restiamo qui a lavorare se poi il Governo fa quello che gli pare. Ci sono alcune di quelle misure: sono le stesse, quelle chieste dalle regioni e quelle chieste dal Parlamento, in particolar modo vi è quella volta a rendere progressiva la diminuzione di incentivi, a salvaguardare gli investimenti effettuati e ad utilizzare questa politica anche in altri campi. Voglio ricordare anche al collega Botta - che ha detto delle cose che condivido sull'amianto - che ci sono anche misure volte ad utilizzare - lo ha ricordato anche lui - le fonti rinnovabili per bonificare gli edifici coinvolti dalla presenza di amianto, installato negli anni passati.
Ebbene, questa politica va sostenuta e non danneggiata: nel momento in cui si abbandona il nucleare - e vorremmo che, a tal proposito, il Governo non parlasse con lingua biforcuta, prendendo in giro gli italiani, ma parlasse per una volta con la lingua della trasparenza - gli investimenti in quel settore diventano ancora più importanti.
Si apre la prossima settimana a Verona uno dei tre appuntamenti più importanti del mondo sul solare: il più importante avviene in Cina, il secondo in Germania ed il terzo in Italia, si tratta di Eurosolar, che si svolgerà a Verona. In questo momento il Governo e l'Italia devono parlare con una voce sola, quella che parla del futuro, dell'economia e degli investimenti del nostro Paese.
Per questo, signor Presidente, la invitiamo a ricordare al Ministro Romani e a tutto il Governo che le indicazioni che sono state chieste dal Parlamento e che peraltro coincidono con quelle espresse unanimemente dalla Conferenza delle regioni vanno messe rapidamente in pratica - ci sono solo pochi giorni - e non deve essere tradita la parola che è stata data in questa sede (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

SANDRO GOZI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, intervengo perché questa mattina la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia per il reato di clandestinità. Il reato di clandestinità secondo la Corte può compromettere la realizzazione dell'obiettivo di instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio e ovviamente la Corte di giustizia ha rilevato che la «direttiva rimpatri» non è stata trasposta nell'ordinamento giuridico italiano.
Signor Presidente credo che non possiamo continuare a ritardare l'approvazione della legge comunitaria: ho sentito Pag. 66dalla lettura dell'ordine del giorno che l'iter della stessa è già molto avanti, spero che però questa volta non vi sia qualche altro provvedimento personale del Premier che «premierà» - scusi il gioco di parole - sulla legge comunitaria. Questo è il primo punto: è urgente che quest'Aula discuta e approvi la legge comunitaria, ma è ovviamente ancora più urgente che il Governo e la maggioranza tornino sui loro passi, accettino i nostri emendamenti volti proprio a recepire la «direttiva rimpatri». Infatti, era già in corso una procedura di infrazione della Commissione europea, adesso in via pregiudiziale la Corte dell'Unione europea ha dichiarato chiaramente incompatibile il reato di clandestinità con la «direttiva rimpatri». Pertanto, se già ieri la questione era urgentissima, oggi non possiamo assolutamente più attendere e quindi auspico, in primo luogo che l'ordine del giorno questa volta sia rispettato, in secondo luogo che il Governo e la maggioranza tornino sui loro passi perché stanno di nuovo esponendo il nostro Paese a svariati milioni di euro di multa oltre che ad una chiara ed ulteriore perdita di prestigio e di credibilità, se sono rimasti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

GIOVANNA MELANDRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNA MELANDRI. Signor Presidente, chiedo di intervenire, come ha fatto precedentemente l'onorevole Ricardo Levi, perché ho visto che dal tabulato delle votazioni di ieri è stato registrato il mio voto sulla questione sospensiva, ma non quello sulla questione pregiudiziale di costituzionalità. Vista la delicatezza della materia, volevo segnalarlo.

MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, il Presidente Leone ha letto molto velocemente il calendario dei lavori, ma mi è parso di cogliere una data molto importante: quella del 18 e del 19 maggio entro la quale, anzi, nella quale riprenderemo i lavori sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, cioè fra tre settimane.
Questa è la dimostrazione che l'iniziativa di ieri dell'Unione di Centro per il Terzo Polo e dell'onorevole Casini, che hanno voluto anticipare la discussione sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, in realtà, si è trasformata in un posticipo. A seguito della lettura da parte dell'onorevole Leone del nuovo calendario, ci saremmo aspettati dall'Unione di Centro per il Terzo Polo, che ieri aveva tutta questa urgenza di discutere questo importantissimo documento, una minima reazione. Speriamo che lo abbia fatto nell'ambito dei lavori della Conferenza dei presidenti di gruppo.
Di certo, quella che è stata venduta ai cittadini come una grande iniziativa politica si è rivelata, alla prova dei fatti, nemmeno dopo ventiquattr'ore, una «bolla» mediatico-elettorale, ancora una volta, sulla pelle dei cittadini, ma anche sulla dignità di questo Parlamento. Non vi era nessuna necessità, infatti, di posticipare il dibattito sulle dichiarazioni anticipate di trattamento che erano all'ordine del giorno. Ieri avremmo potuto chiudere la discussione di oggi; oggi, avremmo potuto affrontare il resto dei temi, che discuteremo la prossima settimana; e la prossima settimana, senza agitazioni propagandistiche, avremmo discusso con tranquillità le dichiarazioni anticipate di trattamento.
Questo modo di trattare quest'Aula e i deputati, a nostro avviso, è indecoroso e, in qualche modo, viola anche il buon senso, il senso comune. Non vorremmo che, di fronte a fatti come questi - nei telegiornali di ieri sera e nei quotidiani di stamattina non si parla d'altro -, domani, venisse meno l'attenzione rispetto ad un fatto molto semplice: l'Unione di Centro per il Terzo Polo e l'onorevole Casini si sono presi gioco di questo Parlamento, Pag. 67perché impegnati in campagna elettorale (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

DANIELA SBROLLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DANIELA SBROLLINI. Signor Presidente, anch'io vorrei ricordare, come hanno fatto alcuni miei colleghi, che oggi è la Giornata mondiale delle vittime dell'amianto.
Ormai, sono trascorsi quasi quarant'anni da quando sono iniziate le mobilitazioni dei cittadini e dei lavoratori per eliminare l'amianto e i suoi effetti nocivi. Tuttavia, credo che, dopo tanti anni e dopo tanti processi che non sono neanche iniziati e che dovrebbero iniziare dopo più di vent'anni, sia arrivato il momento di dare soluzione alle drammatiche e troppo spesso irrisolte conseguenze derivanti proprio dall'esposizione all'amianto.
Credo che la stessa legge che abbiamo da quasi vent'anni non sia stata pienamente attuata tanto che, negli anni, si sono formate associazioni che stanno lavorando anche per dare un minimo di informazione ai cittadini nei propri territori. Anche nella mia città di Vicenza, nella mia provincia, proprio in questi giorni, è stata aperta una nuova sede provinciale dell'AIEA, che è l'Associazione che si occupa di tutelare i lavoratori esposti all'amianto e le loro famiglie.
Penso che questo Governo e questo Parlamento dovrebbero cominciare ad occuparsi davvero dei temi che riguardano i cittadini e le migliaia di persone che si sentono sole ed abbandonate, che spesso non vedono nessun tipo di risposta alla giustizia, almeno sociale, che dovremmo dare. Questo è un dovere morale, prima di tutto, da parte di chi rappresenta lo Stato e di chi ha alti doveri istituzionali, come quelli che noi rappresentiamo in questo contesto parlamentare.
Ciò partendo da tre priorità, che poi sono contenute già in una direttiva dell'Unione europea: la bonifica dei territori e degli stabilimenti dove ancora si trova amianto in quantità molto elevata e dove sappiamo che il picco massimo sarà raggiunto nel 2020 - guardate, colleghi, che parliamo di migliaia di persone che nel 2020 si ammaleranno e purtroppo non avranno ancora magari trovato risposte neanche nelle aule giudiziarie -, il riconoscimento finalmente di questa malattia come una malattia professionale a tutti gli effetti e il riconoscimento di benefici previdenziali in favore dei lavoratori ammalati di amianto.
Dunque, rivolgo un altro appello al Governo ed a questo Parlamento: invece di parlare di nucleare - sul quale spero davvero che intanto il referendum possa dare una risposta forte, raggiungere il quorum e fermare l'ennesima follia di questo Governo, dei Ministeri dell'ambiente e dello sviluppo economico - pensiamo a politiche ambientali in grado di creare sviluppo economico e sviluppo occupazionale e non di distruggere un territorio nazionale che è già altamente consumato e martoriato. Mi rivolgo ancora ai colleghi, anche di altri gruppi politici, affinché questo tema possa trovare finalmente una calendarizzazione in Aula.
Nei prossimi giorni depositerò due proposte di legge, come hanno fatto già i miei colleghi al Senato, affinché questo argomento e soprattutto le famiglie e le persone possano veder riconosciuti i loro diritti. Mi appello soprattutto alla nostra Costituzione, che salvaguarda il diritto alla salute dei cittadini e delle cittadine, e pensiamo soprattutto al futuro delle nuove generazioni, perché davvero il tema dell'ambiente è molto complesso e richiede risposte alte dalla politica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

SOUAD SBAI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, apprendiamo ora le ultime drammatiche notizie provenienti dal Marocco, dove, secondo Al Maghribia e tutte le agenzie, si è verificato un vile attacco terroristico in un Pag. 68locale di Marrakech in cui sono morte più di undici persone. È un episodio che mi rattrista profondamente e che mi rende ancora più vigile sul pericolo del terrorismo estremista, che oggi insanguina anche il Marocco, un Paese sempre lontano da ogni estremismo. Esprimo tutta la solidarietà al Marocco ed a tutta la comunità marocchina residente in Italia e chiedo al Ministro Frattini di tenerci aggiornati sull'eventuale presenza di cittadini italiani.

PRESIDENTE. Onorevole Sbai, la Presidenza si unisce alle sue parole di solidarietà nei confronti delle vittime dell'attentato e di tutto il popolo del Marocco.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 14,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza in relazione all'aumento dei prezzi praticati dalle compagnie di navigazione per la Sardegna - n. 2-01059)

PRESIDENTE. L'onorevole Cicu ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01059, concernente iniziative di competenza in relazione all'aumento dei prezzi praticati dalle compagnie di navigazione per la Sardegna (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

SALVATORE CICU. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, il comparto turistico della Sardegna soffre già da tempo difficoltà profonde dovute non solo alla crisi economica e quindi a quella congiunturale, ma anche all'assenza di precondizioni che, per esempio, non vedono ancora il riconoscimento della condizione di insularità. Siamo indietro nella capacità complessiva di dare risposte forti e concrete ad un'isola che vive continuamente le emergenze, dall'industria all'agricoltura, ma qui si tratta di turismo. Si tratta della destinazione e della vocazione naturale di questa terra.
Parlando di turismo parliamo non solo di operatori di settore, i quali hanno calmierato i prezzi ed hanno applicato le tariffe minime proprio per affrontare questa crisi e per attivare un meccanismo che porti i cittadini italiani e stranieri a venire e a godere dell'ambiente e del mare della nostra terra. Tuttavia, vi è un aspetto, che è quello dell'aumento indiscriminato delle tariffe da parte delle compagnie. Si parla, addirittura, di un aumento percentuale enorme, incredibile, assolutamente intollerabile ed inaccettabile, parliamo cioè di aumenti del 60-70 per cento. A una famiglia che veniva in Sardegna con 400 euro non basterà più la spesa di mille euro. Sono proporzioni enormi che destineranno turisti vecchi e nuovi verso altre destinazioni.
Come rappresentanti in Parlamento, come deputati del popolo sardo, denunciamo una situazione che è paradossale, vergognosa, inaccettabile ed intollerabile. Non possiamo più pensare che basti un sollecito all'Autorità garante, non possiamo pensare che occorra fare ricorso all'Antitrust, non possiamo cioè pensare che in maniera superficiale e con pochissima attenzione si pensi di dare risposte solo ed esclusivamente eludendo ed escludendo le possibilità di intervento dei governi, soprattutto quello nazionale, visto che il governo regionale, proprio in questi giorni, ha assunto delle decisioni e delle iniziative che noi riteniamo efficaci, a cui plaudiamo e a cui diamo merito, cioè l'inizio e il tentativo di una flotta sarda che vada a compensare, in qualche modo, la carenza di quella che invece dovrebbe essere una flotta di libero mercato accanto a quella della Tirrenia.
Bisogna fare luce sull'andamento dei prezzi e su eventuali accordi anticoncorrenziali. Sappiamo che il Governo si è già attivato per sollecitare l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e sappiamo che lo ha fatto in riferimento all'ipotesi che viene cristallizzata, delineata dall'articolo 2 della legge n. 287 del 1990. Altroconsumo ha già fatto queste Pag. 69riflessioni e ha già rappresentato in maniera approfondita queste argomentazioni e anch'esso ha presentato un esposto all'Autorità garante.
Signor rappresentante del Governo, che stimiamo in termini personali e sappiamo quale attenzione abbia dedicato sempre ai problemi della nostra isola, vorremmo però avere una rapida, efficace e forte destinazione di attenzione, non più una sollecitazione, ma un'esigenza assoluta di risposta immediata da parte dell'Autorità garante, anche perché la stagione è già iniziata, anche perché siamo ormai fuori tempo massimo dato che i turisti stanno già decidendo o hanno già deciso dove andare a trascorrere il loro tempo libero e le loro vacanze.
Siamo profondamente a disagio e non possiamo quindi sottacere una valutazione che anche per i deputati di maggioranza sta diventando ingombrante. Siamo innanzitutto rappresentanti del nostro territorio, portiamo e rivendichiamo in quest'Aula, signor sottosegretario, le ragioni forti di un intero popolo, di un'intera comunità che già soffre e soffre in maniera drammatica.
Le chiediamo quindi di attivare tutto quello che, in termini naturalmente normativi, si può attivare, per realizzare la migliore risposta (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Bartolomeo Giachino, ha facoltà di rispondere.

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, onorevoli interpellanti, onorevole Cicu, onorevole Testoni, capisco la vostra denuncia e capisco la situazione di disagio che, da deputati attenti alle condizioni del proprio territorio, provate rispetto al problema delle tariffe in ordine ai traghetti verso la Sardegna.
Devo però opportunamente precisare che nelle competenze del mio Ministero, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, rientra la sola vigilanza sulle società marittime pubbliche sovvenzionate. Nel caso in esame la vigilanza è limitata alla società Tirrenia e non alle altre compagnie navali che operano in regime di libera attività imprenditoriale. Le tariffe praticate della società Tirrenia sono stabilite da decreti interministeriali, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Le tariffe attualmente praticate dalla Tirrenia sono state approvate con decreto interministeriale dell'11 maggio 2004 e, quindi, i lamentati incrementi tariffari sono da riferirsi esclusivamente alle società concorrenti della Tirrenia per le quali, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, come detto, non ha alcun potere di vigilanza in quanto è il mercato a stabilire il livello tariffario del settore.
Mi corre l'obbligo di precisare - come peraltro è stato già ammesso dall'onorevole interpellante - che è stato proprio il Ministero che rappresento, già nel febbraio scorso, a sollevare presso l'Autorità garante della concorrenza e del mercato un sollecito, che mi impegno ad effettuare io stesso nelle prossime ore, sulla questione degli abnormi aumenti al fine di sollecitare un approfondimento circa la rilevanza dei fatti segnalati rispetto alle disposizioni della legge n. 287 del 1990 e, in particolare, degli articoli 2 e 3.
Ritengo doveroso evidenziare che il mancato aumento delle tariffe praticate dalla società Tirrenia, rispetto alla tendenza al rialzo che il mercato ha generato, si configura, a giusto titolo, come una rilevante azione del Governo tesa alla calmierizzazione delle tariffe.
In merito ritengo opportuno segnalare che la società Tirrenia, con nota del 25 febbraio 2011, aveva richiesto l'autorizzazione all'aumento delle tariffe praticate in relazione ai noti rincari del prezzo del combustibile. La conferenza dei servizi, nella seduta del 29 marzo 2011, presenti i rappresentanti dei Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, ha rigettato tale richiesta Pag. 70consentendo, di fatto, il mantenimento del livello tariffario degli anni precedenti, deciso appunto nel 2004.
Infine, a conferma delle tariffe praticate dalla Tirrenia, evidenzio che, per il periodo giugno-settembre 2011, proprio in virtù di tale decisione, rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, si è registrato un incremento nelle prenotazioni pari al 27,8 per cento sulla tratta Civitavecchia-Olbia e del 39,6 per cento sulla tratta Genova-Porto Torres.

PRESIDENTE. L'onorevole Cicu ha facoltà di replicare.

SALVATORE CICU. Signor Presidente, non riteniamo di essere soddisfatti. Non riteniamo di essere soddisfatti perché capiamo che, da un punto di vista normativo, il Governo abbia competenza solo per le società partecipate, ma riteniamo che possa e debba essere fatto molto di più rispetto all'intervento nei confronti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Infatti, così come il sottosegretario ci ha riferito, è stato fatto un sollecito che non ha avuto risposta. Quindi, riteniamo che il Governo debba pretendere una risposta e che i sardi abbiano diritto di capire perché un'economia già in ginocchio debba essere ancora di più drammaticamente posta in condizione deplorevole di disagio. Per questo, apprezziamo sicuramente l'impegno anche personale del sottosegretario, ma ci aspettiamo che in tempi brevissimi una risposta dell'Autorità garante sia richiesta e sia in qualche modo doverosamente pretesa.

(Tempi per la formalizzazione della concessione ventennale alla società di gestione dell'aeroporto di Levaldigi di Cuneo - n. 2-01055)

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01055, concernente tempi per la formalizzazione della concessione ventennale alla società di gestione dell'aeroporto di Levaldigi di Cuneo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, nel testo l'interpellanza è estremamente chiara e ripercorre in sintesi quelli che sono stati gli ultimi passaggi necessari per arrivare alla definitiva concessione ventennale alla società di gestione dell'aeroporto di Cuneo da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Siamo ad un atto che segue altri atti ispettivi che già avevo presentato con altri colleghi in sede di Commissione e, prima ancora, anche qui in Aula nel tentativo di superare qualsiasi elemento di dubbio su un'infrastruttura che, grazie ad un gioco di squadra, veramente forte, degli enti locali, delle associazioni imprenditoriali, della Camera di commercio di Cuneo, aveva fatto sì che da una situazione quasi disperata, piano piano, questo aeroporto, su cui sono state investite decine di milioni di euro, potesse finalmente decollare, garantendo così alla provincia di Cuneo un'infrastruttura adeguata per la mobilità delle persone e delle merci sempre più importante, sempre più necessaria e, vorrei dire, sempre più decisiva per lo sviluppo economico della nostra amata provincia di Cuneo.
Sono quindi, con questa interpellanza, a richiedere al Ministero dell'economia e delle finanze, dove risulta essere ferma l'apposizione dell'ultima firma utile a far sì che la concessione diventi definitivamente operativa.
Noi riteniamo che la provincia di Cuneo, tutto l'hinterland che grava sulla provincia di Cuneo e anche delle province limitrofe, meritino questo aeroporto. Riteniamo che questa scommessa, che va avanti oramai da oltre tre, quattro decenni, abbia la necessità di vedere chiusa la fase della concessione per poter continuare in modo ancora più certo rispetto agli impegni futuri i programmi di sviluppo.
Recentemente, solo all'inizio di questo mese, si è avviato il volo per Casablanca. Si tratta di un aeroporto che ha delle Pag. 71tratte nazionali ma anche delle tratte internazionali verso i Paesi di nuovo ingresso nell'Unione europea e verso diversi Paesi del Nord Africa.
Noi crediamo e riteniamo fondamentale che ci sia questa infrastruttura. Non ci spieghiamo la resistenza - non saprei come definirla in altro modo - da parte del Ministero dell'economia e delle finanze a compiere l'ultimo gesto della sottoscrizione, perché questo è il naturale epilogo di un cammino, di un percorso che ha visto impegnate le forze istituzionali, politiche, economiche e sociali della nostra provincia.
Mi auguro che la risposta del Governo sia coerente con il cammino fin qui fatto e naturalmente speriamo che sulla base di questa risposta si possa costruire in sede regionale il famoso programma per il sistema aeroportuale piemontese e, in fase locale e provinciale, continuare a contare sul sostegno delle forze economiche, sociali e istituzionali. Vogliamo il decollo definitivo di questo aeroporto nell'interesse della comunità provinciale e delle altre comunità contermini interessate.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Bartolomeo Giachino, ha facoltà di rispondere.

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, debbo precisare che rispondo a nome del Ministero dell'economia e delle finanze.
Con l'interpellanza urgente n. 2-01055, gli onorevoli Delfino ed altri chiedono di conoscere i motivi per i quali il Ministero dell'economia e delle finanze non abbia ancora espletato gli adempimenti volti a formalizzare la concessione alla società di gestione dell'aeroporto di Cuneo Levaldigi.
Al riguardo, si fa presente, per gli aspetti di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze, che il gestore dell'aeroporto in questione è la società GEAC Spa, che, al 31 dicembre 2009 (ultimo bilancio disponibile), ha un patrimonio netto di euro 4.173.217 ed un capitale sociale di euro 1.161.996 - detenuto dalla provincia di Cuneo, la regione Piemonte, la camera di commercio di Cuneo ed azionisti minori - in conformità ai limiti stabiliti dall'articolo 3 del decreto ministeriale n. 521 del 1997, rispetto ai volumi di traffico dello scalo.
Con riferimento agli anni 2007, 2008 e 2009 risulta, però, che, la società ha subito perdite di esercizio pari, rispettivamente, ad euro 1.452.193, 1.341.050 e 1.356.213, a fronte delle quali è stato predisposto un piano per il raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario. I dati contenuti nel citato piano riportano le perdite a decorrere dal 2010 in poi, fino al raggiungimento dell'equilibrio (13o esercizio), per un totale di euro 2.685.076. In proposito, occorre precisare che il risultato economico relativo all'annualità 2009 presenta una maggiore perdita di circa euro 300.000 rispetto al dato indicato nel piano, con uno scostamento di circa il 30 per cento.
Al fine di sostenere il citato piano di risanamento, è previsto un aumento di capitale riservato ai soci pubblici (provincia di Cuneo, regione Piemonte e camera di commercio di Cuneo) per euro 2.485.000.
Pertanto, in relazione alla situazione descritta e considerati i limitati volumi di traffico (nell'anno 2009 ci sono stati 126.175 passeggeri), per sostenere il citato piano economico- finanziario sarebbe necessario far ricorso a risorse pubbliche, la cui erogazione è però preclusa dall'articolo 6, comma 19, del decreto-legge n. 78 del 2010.
La citata norma, infatti, vieta alle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, di sottoscrivere, tra l'altro, aumenti di capitale e di effettuare trasferimenti straordinari, nelle società pubbliche partecipate e non quotate, nei casi in cui le stesse hanno conseguito perdite per tre esercizi consecutivi o abbiano utilizzato riserve disponibili per ripianare perdite infrannuali.
La società in questione versa in tale condizione, atteso che negli anni 2007- Pag. 722009 ha subito consistenti perdite e che tale situazione perdurerà, ancorché in misura attenuata, per più della metà del periodo della gestione totale deliberata dall'ENAC per venti anni.
Questa era la risposta del Ministero dell'economia e delle finanze.

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di replicare.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, l'amico sottosegretario Giachino ha avuto l'amabilità di sottolineare - prendendone ovviamente le distanze - che la risposta è stata formulata dal Ministero dell'economia. Si tratta di una risposta che non saprei come definire. Tuttavia, denuncio qui il mio grande sconcerto per un Ministero, quello dell'economia, che ha coperto centinaia e centinaia di milioni di deficit di Alitalia, che ha imposto operazioni sui nostri aeroporti maggiori a totale carico dello Stato e che viene a fare il pidocchioso e lo spilorcio su una provincia che - come sostiene il presidente della provincia, la signora Gancia, in ogni occasione pubblica - è in grande credito con lo Stato. C'è veramente un doppiopesismo inaccettabile.
È ora che questo Governo, signor sottosegretario Giachino, getti la maschera, perché a fronte degli sprechi vergognosi, coperti - torno a dire - con Alitalia e altri aeroporti, ci viene a parlare dei 3 milioni circa di debiti dell'aeroporto di Cuneo, un aeroporto in grande crescita che, dai 50 mila passeggeri che aveva nel 2005, ha raggiunto nel 2010 oltre 200 mila passeggeri; un aeroporto che, grazie alla comunità provinciale, economica, istituzionale e politica, all'unanimità - stando ovviamente agli atti - sta portando avanti un percorso per il graduale superamento delle difficoltà finanziarie.
Abbiamo un Ministro dell'economia e delle finanze - non rimpiangerò mai quando, e comunque sarà sempre troppo tardi, lascerà questa sua responsabilità - che distingue due «Italie»: un'Italia di serie A e una di serie B, anche in relazione a competenze che spetterebbero in modo esclusivo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e che spetterebbero, anche, per le modifiche intervenute con le riforme costituzionali, alla responsabilità delle regioni.
Non abbiamo chiesto soldi al Ministro Tremonti, gli abbiamo chiesto di adempiere al suo dovere di sottoscrivere la concessione, perché se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'ente preposto hanno predisposto tutti gli atti vuol dire che hanno ravvisato la possibilità per questo aeroporto di continuare il suo cammino virtuoso. Ma tant'è!
Questo Ministro dell'economia e delle finanze sta «maciullando» gli enti locali, non fa nessun apprezzamento nei confronti degli enti locali virtuosi, e dietro le grandi, pompose e declamatorie parole della Lega Nord Padania di stampo federalista, sta massacrando le attività istituzionali dei comuni, le attività produttive ed economiche, le infrastrutture, sta mettendo in grandissima difficoltà l'impegno e gli oneri che le comunità locali e le economie locali sopportano per questa fondamentale infrastruttura.
Vediamo un Governo che per la provincia di Cuneo concede con il contagocce i fondi per le grandi infrastrutture. E noi dovremmo, signor Presidente, dichiararci soddisfatti di una risposta che dimostra che siamo in presenza di un Governo privo di coesione interna, privo di coerenza rispetto a numerosissimi atti che hanno portato le amministrazioni locali a fare le ricapitalizzazioni necessarie perché questo aeroporto vada avanti? Purtroppo è una risposta che tende ancora a procrastinare e addirittura a paventare che questo aeroporto dovrebbe essere abbandonato, chiuso o ridimensionato.
È una mortificazione che la provincia di Cuneo certamente non merita, è una vergogna e, tramite la mia forza politica nel consiglio regionale e nel consiglio provinciale, a chi rivendica una grande capacità di gestione del territorio, come il presidente della regione Cota e il presidente della provincia Gancia, dirò che un loro presunto «Ministro-amico» ha dato questo tipo di risposta e mantiene un Pag. 73atteggiamento di chiusura verso un'infrastruttura indispensabile per la provincia di Cuneo.
Noi continueremo ovviamente la nostra battaglia, promuoveremo altre iniziative in sede nazionale e locale, ma certamente al sottosegretario Giachino, che so invece molto attento e impegnato per la nostra provincia, chiediamo di battere un colpo con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed impedire che questa arroganza, non saprei come definirla altrimenti, del Ministero dell'economia e delle finanze cessi, affinché l'aeroporto di Cuneo Levaldigi possa finalmente ottenere questa benedetta concessione, dalla quale possano nascere altre grandi opportunità di crescita e di sviluppo.
Sono queste le ragioni che mi inducono a dichiarare la mia piena e totale insoddisfazione per la risposta che è stata qui illustrata dal sottosegretario Giachino. Grazie.

(Problematiche relative all'acquisizione delle aree dove si svolgerà l'Expo 2015 ed elementi in merito allo stato di avanzamento delle opere connesse con l'evento - n. 2-01060)

PRESIDENTE. L'onorevole Letta ha facoltà di illustrare l'interpellanza Peluffo n. 2-01060, concernente problematiche relative all'acquisizione delle aree dove si svolgerà l'Expo 2015 ed elementi in merito allo stato di avanzamento delle opere connesse con l'evento (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

ENRICO LETTA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il 29 settembre 2006 il Consiglio dei ministri, presieduto dal Presidente Prodi, decise che l'Italia avrebbe presentato la candidatura di Milano per l'Expo 2015. Quel giorno, con la presentazione del disegno di legge finanziaria per il 2007, partì un percorso che sembrava in quel momento molto difficile e molto ambizioso.
È stato un percorso che ha visto per i due anni successivi, fino alla decisione, avvenuta il 31 marzo 2008, che ha assegnato effettivamente a Milano l'Expo 2015, un lavoro intenso, con la collaborazione delle istituzioni del nostro Paese (milanesi, lombarde e nazionali).
Questo lavoro, che è stato compiuto con grande determinazione da tutti i soggetti istituzionali, ha fatto avere al nostro Paese un grande risultato: ottenere, dopo tanto tanto tempo, di nuovo l'esposizione universale in Italia, ottenerla a Milano e ottenerla, soprattutto, su un grande tema, quello dell'alimentazione, dell'energia per la vita, un tema del futuro, sul quale l'Italia tutta, il suo sistema economico e imprenditoriale, le sue istituzioni, la sua società civile, le sue organizzazioni non governative, il mondo della cultura e dell'università vogliono impegnarsi, perché di questo tema il nostro Paese vuole fare una bandiera importante anche per il futuro dell'Italia e del suo sistema produttivo.
Da quel momento, come è noto a tutti, cioè dal momento in cui il BIE ha deciso l'assegnazione a Milano, con la sconfitta della candidatura turca di Smirne, sono cominciati i problemi, che si sono concentrati soprattutto in un confronto istituzionale accanito tra le istituzioni milanesi, che, nel giro di poco tempo, sono diventate tutte dello stesso colore politico (regione, provincia e comune), e con un Governo nazionale che definire disattento è dire poco; disattento e, per certi versi, contrario (in alcuni passaggi si è avuta l'impressione che remasse contro).
Oggi siamo arrivati ad un passaggio chiave di questa vicenda, perché il 19 aprile scorso sempre il BIE ha visto la presentazione della Newco, del nuovo soggetto che dovrà essere la principale scatola dalla quale verranno fuori le diverse iniziative, la scatola che avrà il compito di acquisire le aree dove si svolgerà l'Expo 2015.
Il passaggio che è avvenuto ha finalmente dimostrato, anche qui, un cambio di passo per quanto riguarda la struttura gestionale dell'Expo soltanto quando, finalmente, con una scelta di tipo manageriale, Pag. 74la struttura e il comitato organizzatore hanno cominciato da pochi mesi a funzionare, lasciando da parte le diatribe della politica, che, invece, in questo scontro eterno tra Formigoni e Moratti a Milano, hanno continuato a sussistere per tutto il periodo compreso tra il 31 marzo 2008 e il momento in cui vi è stata la predetta scelta manageriale, che ha portato il comitato organizzatore a muoversi su un'altra linea.
I danni sono stati evidenti, relativi all'incertezza di scelte, e hanno anche messo in discussione e in dubbio la stessa scelta strategica di compiere l'Expo.
Con l'interpellanza in oggetto che abbiamo presentato al Governo, fatte queste premesse, per noi è importante che qui in Parlamento, finalmente e di nuovo, il Governo dica la sua con chiarezza, senza remore, senza che vi siano cortine fumogene su alcuni passaggi chiave di questa vicenda.
Le domande che abbiamo posto al Governo nella nostra interpellanza sono tante. Mi permetto di sintetizzare i temi che, a nostro avviso, sono quelli essenziali. Intanto, una premessa: a noi preme il successo dell'Expo. Siamo stati i primi ad aver voluto che l'Expo fosse in Italia e a Milano. Lo dico perché è noto a tutti che erano state presentate altre candidature e, alla fine, si è scelta Milano: il Governo Prodi scelse Milano. Oggi, quella scelta deve dare i sui risultati di lungo periodo, di occupazione e di sistema produttivo. Sono risultati che rappresentano una missione che Milano si è data e rispetto alla quale ci aspettiamo che il Governo faccia finalmente la sua parte.
I temi sono forti ed importanti. Il primo è quello che riguarda la domanda: «Quale sarà la finalizzazione delle aree dopo l'Expo?». La forza di un'Expo non è soltanto in termini di flusso turistico nei mesi in cui si svolge, ma è anche quella di strutturare un'area perché questa diventi un punto di riferimento per il futuro. Sono tanti esempi che si potrebbero citare a proposito, quello relativo alla Tour Eiffel di Parigi è il più evidente. In questo caso la domanda è: «Perché ancora non si è pensato al progetto e alla finalizzazione del dopo 2015?». Riteniamo che, anche su questo aspetto, il Governo debba dire la sua e ci aspettiamo che le risposte vi siano, così come aspettiamo risposte sul tema delle risorse per l'Expo. Troppo spesso, su questo tema, sono state date risposte parziali, non sono state ancora sbloccate alcune risorse dello scorso anno e le stesse risorse di quest'anno sono di là da venire.
Qual'è il coinvolgimento del Parlamento nazionale su questo tema? Voglio ricordare al Governo che il Governo stesso ha dato l'assenso ad un ordine del giorno, di cui era primo firmatario il collega Peluffo, in base al quale si chiedeva per l'appunto - e il Governo si è impegnato a dare risposta positiva - una relazione da presentare ogni sei mesi sullo stato operativo di Expo 2015.
Oggi torniamo, finalmente, a parlare di Expo in quest'Aula soltanto perché il nostro gruppo ha posto la questione, presentando un'interpellanza urgente, altrimenti questo Parlamento non avrebbe modo di porre all'attenzione delle istituzioni nazionali e dell'opinione pubblica nazionale un tema così importante.
A questo aggiungiamo il fatto che le preoccupazioni per i delicatissimi rischi di infiltrazione della criminalità organizzata nel grande business dei lavori di preparazione per l'Expo sono state denunciate da più parti; sono state diverse le parole espresse anche da importanti ed autorevoli rappresentanti dell'autorità giudiziaria e dell'autorità inquirente.
Anche su questo aspetto chiediamo al Governo di dire parole chiare e certe perché l'Expo porterà progresso e sviluppo, ma è ovvio che là dove vi sono progresso, sviluppo ed investimenti l'attenzione della criminalità organizzata è molto rilevante. Altrettanto rilevante deve essere l'impegno preventivo e repressivo delle istituzioni per cercare di evitare che tutto questo porti a risultati negativi.
Insomma, signor Presidente, rappresentanti del Governo, vogliamo usare questa occasione che ci è data perché in quest'Aula, attraverso la viva voce dei rappresentanti del Governo, vengano date risposte Pag. 75a questi temi, il Governo confermi gli impegni che sono stati assunti, da parte nostra mantenendo e riconfermando la forte volontà che, attorno a questa vicenda, si riprenda lo spirito originario.
Mi faccia concludere, signor Presidente, l'illustrazione dell'interpellanza, dicendo che lo spirito originario, che ha portato l'Italia a vincere la sfida di Milano 2015, fu portato avanti grazie ad un lavoro congiunto di amministrazioni, nazionale, regionale, provinciale e comunale, di colori diversi tra di loro. Questa collaborazione funzionò. Da quando questi colori sono stati un monocolore le cose sono peggiorate. Mi faccia, signor Presidente, concludere con l'auspicio che il monocolore termini rapidamente, visto che uno dei comuni interessati da questa vicenda va al voto nei prossimi giorni. Penso, anche, alla luce delle considerazioni che ho espresso, che la possibilità di una collaborazione di colori diversi delle amministrazioni - in questo caso il comune di Milano - sarebbe soltanto un bene per un avvenimento così importante, che riguarda Milano, tutta la Lombardia e lo sviluppo complessivo del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Bartolomeo Giachino, ha facoltà di rispondere.

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, caro onorevole Enrico Letta, in relazione all'atto di sindacato ispettivo presentato, concernente l'Expo 2015 a Milano, presentato al Presidente del Consiglio dei ministri in conformità a quanto comunicato dai ministeri dell'interno, dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze e dal Dipartimento della Protezione civile e sulla base anche di quanto rappresentato dal commissario straordinario delegato del Governo, si fa presente quanto segue.
In occasione del comitato esecutivo del BIE del 19 aprile 2011, è stata fornita ampia rassicurazione sulla risoluzione delle tematiche delle aree del sito espositivo di Expo Milano 2015. Sin dal 19 ottobre 2010 era già stata assicurata la messa a disposizione, piena ed incondizionata, delle aree, consentendo alla società Expo 2015 Spa di avviare le indagini ambientali dei terreni, nonché tutte le attività per la progettazione della rimozione delle interferenze esistenti sul sito espositivo e lo sviluppo della progettazione dei lavori, in linea con il cronoprogramma, previsto nel dossier di registrazione.
Tutti i soggetti istituzionali coinvolti nella realizzazione del progetto di Expo 2015 hanno sempre operato per una positiva risoluzione della tematica delle aree, che ha avuto un ulteriore progresso nel corso dell'incontro del comitato per l'accordo di programma, svoltosi il 16 aprile 2011. In tale sede i soggetti istituzionali hanno assunto, ai sensi dell'articolo 7, comma 11 della legge regionale 5 agosto 2010, n. 13, la decisione di acquisire le aree del sito attraverso la costituzione di una società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria, per la messa a disposizione dei terreni in favore della società Expo 2015 Spa, mediante la costituzione di un diritto di superficie. La soluzione, collegialmente raggiunta, garantisce trasparenza, legittimità e valorizzazione degli interessi pubblici coinvolti.
La struttura organizzativa della costituenda società, sarà definita dai soci, unitamente alla governance. La società si potrà avvalere delle strutture tecniche dei soci per lo sviluppo delle attività operative e dovrà partecipare agli oneri finanziari per l'infrastrutturazione del sito Expo, attraverso una contribuzione in favore dell'Expo 2015.
A conferma della crescente attenzione del Governo nelle attività di contrasto ai tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nelle opere di Expo 2015, in data 19 aprile 2011 sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale le linee guida per i controlli antimafia, emanate dal comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere, che disciplinano le procedure di controllo sui contratti e sui successivi subappalti e subcontratti aventi Pag. 76ad oggetto lavori, servizi e forniture, concernenti tutti gli interventi individuati nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 2008 e successive modifiche.
Le linee guida sono ispirate ai principi di dinamicità e attualità dei controlli, massima speditezza, responsabilizzazione dei soggetti aggiudicatari e tracciabilità dei flussi finanziari e confermano il ruolo centrale del prefetto di Milano - con il supporto della sezione specializzata del comitato di coordinamento e del Gicex - il quale individuerà, in una logica di rete, forme di partecipazione dei soggetti coinvolti, anche attraverso la sottoscrizione di protocolli di intesa volti a puntualizzare le misure antimafia da adottare.
In particolare, il Gicex, su richiesta e in accordo con la sezione specializzata, ha già in corso le seguenti attività: il monitoraggio di tutte le aziende destinatarie di provvedimenti antimafia interdittivi e atipici emanati dalla prefettura di Milano a seguito di accessi ispettivi nei cantieri; il monitoraggio delle cave esistenti nella regione Lombardia; la mappatura di una serie di imprese presenti sul territorio della Lombardia operanti nei settori riconducibili alla realizzazione di opere connesse all'Expo, attraverso la consultazione delle liste delle relative associazioni di categoria presenti sulla rete Internet; il monitoraggio delle imprese di smaltimento di rifiuti con particolare riferimento alle ditte operanti nella provincia di Milano, attraverso l'analisi e l'elaborazione dei dati, già svolta sul conto di 380 imprese operanti nel settore del trattamento di rifiuti speciali e pericolosi; la raccolta dei dati relativi all'operazione antimafia eseguita in Lombardia negli ultimi cinque anni, che costituiranno un valido supporto informativo per l'attività di analisi; la predisposizione, in vista delle future gare di appalto, di uno screening preventivo ad ampio raggio di tutte quelle attività imprenditoriali considerate a forte rischio di inquinamento malavitoso ovvero delle stabili organizzazioni in Lombardia, anche relativamente ai soggetti stranieri, in essere a far data dal 1o gennaio 2009, al fine di monitorare eventuali situazioni di anomale migrazioni imprenditoriali.
Riguardo alla costituzione delle cosiddette white list, l'articolo 3-quinquies del decreto-legge del 25 settembre 2009, n. 135, convertito con legge del 20 novembre 2009, n. 166, ha previsto la costituzione presso la prefettura di Milano di elenchi di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, cui possono rivolgersi gli esecutori dei lavori connessi all'Expo. La norma prevede che venga adottato un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti, dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze. Il suddetto decreto al momento non è stato ancora emanato.
Le recenti linee guida del Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere hanno disposto che quando sarà avviata la fase realizzativa degli interventi connessi all'evento Expo 2015 e laddove non dovesse essere stato ancora adottato il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il sistema di controllo antimafia di Expo 2015 dovrà avvalersi degli elenchi bianchi per una più efficace verifica di specifiche categorie di attività ritenute più a rischio.
In attuazione degli impegni internazionali assunti dal Governo con le ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3.900 e 3.901, rispettivamente del 5 e del 11 ottobre 2010, il Commissario straordinario delegato è stato autorizzato, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e delle direttive comunitarie, a derogare la normativa vigente per la realizzazione delle opere pubbliche necessarie e funzionali al grande evento.
La Commissione di coordinamento per l'attività connessa ad Expo 2015 nelle riunioni tenutesi periodicamente nel corso del 2010 e del 2011 alla presenza di tutti i Ministri interessati, ha presentato i progressi del progetto ed è stato condiviso un Pag. 77percorso comune nel rispetto degli impegni assunti a livello internazionali di fronte al BIE.
Il recente scenario venutosi a creare con la futura costituzione della Newco proprietaria delle aree di futuro impianto del sito espositivo di Expo 2015 inquadra ogni decisione inerente la destinazione futura delle aree stesse nel contesto dei piani urbanistici di sviluppo post-evento che la stessa Newco, sotto la responsabilità degli enti pubblici azionisti, elaborerà nei prossimi mesi.
È altresì da sottolineare che il dossier di registrazione approvato il 23 novembre ultimo scorso, definisce i criteri ispiratori che, al termine dell'evento espositivo, dovranno ispirare la realizzazione di un nuovo quartiere sostenibile di elevata qualità all'interno di un paesaggio unico che fa leva sui principali elementi paesaggistici realizzati per l'Esposizione.
Tra questi criteri la progettazione della futura trasformazione dell'area sarà determinata da: sviluppo allineato con i programmi degli enti pubblici responsabili; la rigenerazione dell'area situata in un ambito senza particolari qualità urbane, oggi caratterizzato da alcuni elementi che ne hanno condizionato lo sviluppo come la collocazione al margine esterno dei confini comunali di Milano, interclusione tra diverse infrastrutture destinate alla mobilità su gomma e ferroviaria, funzione degli insediamenti presenti quali l'istituto di detenzione e il centro di meccanizzazione postale, che costituiscono elementi di limitazione delle relazioni territoriali e sociali; la creazione di un luogo improntato a più innovativi principi di sostenibilità ambientale, al contenimento dei consumi energetici e idrici e alla riduzione delle emissioni in atmosfera, attraverso la progettazione e la realizzazione dei sistemi edilizi ed impiantistici dell'area anche rivolti all'utilizzo di materiali di cui si prevede il recupero dopo le fasi di smontaggio degli spazi espositivi; la ricerca e l'applicazione di soluzioni innovative nel campo delle mitigazioni ambientalistiche che vadano a ridurre gli impatti acustici e visivi derivanti dalla presenza delle infrastrutture autostradali e ferroviarie presenti e che potranno diventare dei validi esempi da riproporre sul territorio.
Vi è da considerare anche: il mantenimento di elementi progettuali rispettosi della memoria dell'Esposizione universale e dei suoi temi culturali, sociali e scientifici e di funzioni più propriamente urbane, di carattere residenziale, ricettivo e commerciale, a cui sarà estremamente opportuno affiancare interventi di salvaguardia e miglioramento dell'ambiente e del paesaggio, in una prospettiva di maggiore fruizione e percezione del verde da parte delle future presenze abitative e lavorative; implementazione del processo di ulteriore contestualizzazione dell'area avviata con il progetto di Expo Milano 2015, con sensibile miglioramento delle connessioni con le aree esterne sia nel comune di Milano, sia nei comuni di Rho, Pero, Bollate, Baranzate e Arese; realizzazione di aree a verde fruibili di alta valenza paesaggistica e significativa estensione inserite nel più ampio sistema del verde e del reticolo idrografico dell'area milanese, grazie alle sistemazioni paesaggistiche dell'area e all'insediamento di funzioni di interesse pubblico; ottimizzazione del sistema di accessibilità, con la ripartizione degli spostamenti, rafforzando l'offerta di trasporto pubblico e l'ottimizzazione della sosta anche attraverso la differenziazione delle diverse tipologie di parcheggi.
Per quanto riguarda le finalità del Protocollo di intesa Rai - Società Expo 2015, inerente al coinvolgimento dell'azienda prima, durante e dopo l'evento espositivo, è stata prospettata la possibilità di svolgimento di attività secondo tre direttrici riguardanti: il piano di comunicazione e promozione di contenuti editoriali e programmi televisivi, sia per le reti generaliste, sia per i nuovi media e nuovi linguaggi; la progettazione e la realizzazione dell'International broadcasting center (IBC); la verifica delle condizioni tecniche per possibili sinergie nell'uso successivo Pag. 78degli immobili, qualora si presentassero condizioni economiche particolarmente vantaggiose per la RAI.
Si precisa che per la parte immobiliare, solo all'inizio del mese di febbraio 2011 la società Expo 2015 ha fornito le valutazioni economiche degli elementi infrastrutturali e di lay-out già condivisi dal Gruppo di lavoro immobiliare in occasione dell'incontro del giugno 2010. Allo stato attuale l'azienda sta verificando la fattibilità di massima del progetto, sia sotto il profilo tecnico che finanziario, escludendo, al momento, alcuna decisione in merito all'eventuale trasferimento delle attività oggi espletate presso il Centro di produzione di Corso Sempione e l'insediamento di Via Mecenate.
Si segnala, inoltre, che una prima proposta di possibile intervento editoriale su Rai 5 è stata concordata con l'Expo e il Comune di Milano e presentata in data 30 giugno 2010. In quella stessa occasione, l'azienda presentò ai rappresentanti di Expo e del comune di Milano un'ulteriore ipotesi di intervento editoriale istituzionale, che non riguardava esclusivamente Rai 5, ma le possibili attività collaterali a pagamento su altri canali e piattaforme. Nel mese di dicembre 2010, sulla base delle premesse avanzate dall'amministratore delegato, che in data 17 novembre 2010, a Roma, aveva avanzato l'ipotesi di un concreto stanziamento per il primo anno di programmazione su Rai 5, è stata presentata a Expo e al Comune di Milano un'ultima e definitiva proposta per questo canale.
La condizione necessaria per la realizzazione e l'inserimento del prodotto Expo su Rai 5 resta, quindi, vincolata ad una specifica disponibilità di finanziamento del programma da parte della società Expo 2015. Per il momento, come peraltro affermato in tutte le sedi ufficiali, Rai 5 si occuperà di Expo solo ed esclusivamente a fronte di eventi e occasioni ritenute interessanti sotto il profilo editoriale. In relazione ai finanziamenti e al programma degli interventi relativi all'evento si fa presente che l'articolo 14, comma 1, del decreto - legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, ha autorizzato una spesa complessiva di 1.486 milioni di euro, in coerenza con quanto stabilito nel piano finanziario degli interventi approvato dal Bureau of international exposition, e suddivisa in 30 milioni di euro per l'anno 2009, 45 milioni di euro per l'anno 2010, 59 milioni di euro per l'anno 2011, 223 milioni per l'anno 2012, 564 milioni per l'anno 2013, 445 milioni di euro per l'anno 2014 e 120 milioni di euro per l'anno 2015.
A valere sull'annualità 2009 del predetto stanziamento, ai sensi dell'articolo 41, comma 16 - quinquiesdecies, del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito dalla legge n. 14 del 2009, è stato erogato l'importo di 4 milioni di euro a titolo di apporto al capitale sociale di Expo 2015 Spa, al fine di consentire lo svolgimento di tutte le attività utili ed opportune ai fini della realizzazione dell'evento.
Inoltre, l'articolo 54 del decreto-legge n. 78 del 2010 ha previsto che, fermo restando il finanziamento integrale delle opere previste nel piano degli interventi, una quota massima del 4 per cento delle risorse stanziate dal suddetto articolo 14 del decreto-legge n. 112 del 2008 e destinata al finanziamento delle opere di Expo 2015, possa essere utilizzata per far fronte in misura proporzionale alla partecipazione azionaria detenuta dallo Stato alle spese di funzionamento della stessa società. Per quanto attiene al piano degli interventi infrastrutturali necessari allo svolgimento dell'Expo, si rappresenta che il medesimo, recepito nell'allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 ottobre 2008, e successivamente modificato dal DPCM del 1o marzo 2010, ha previsto un valore complessivo delle opere da realizzare di 3.267 milioni di euro, di cui 1.532 a carico dello Stato (ai 1.488 milioni stanziati dal richiamato articolo 14 del decreto-legge n. 112 del 2008 si aggiunge in importo di 66 milioni di euro ex articolo 7 del decreto-legge n. 159 del 2007), 894 milioni di euro a carico dei privati e 821,7 milioni di euro a carico degli enti locali e della regione Lombardia. Pag. 79
Il Governo, caro onorevole, fa e farà la sua parte, come si è visto da questa lunga elencazione di attività ed iniziative, per l'Expo 2015, una grande occasione per tutto il Paese e per la sua crescita; Expo 2015 cui Letizia Moratti ha lavorato tantissimo, insieme all'onorevole Formigoni, già nella fase dell'assegnazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Peluffo ha facoltà di replicare.

VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Signor Presidente, colleghi deputati, ringrazio il sottosegretario Giachino che ha letto la risposta predisposta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Intendo utilizzare il tempo a mia disposizione per significare le ragioni della nostra profonda insoddisfazione. Come ha ricordato nella fase dell'illustrazione dell'interpellanza l'onorevole Letta, siamo a tre anni dall'assegnazione a Milano dell'Expo 2015. Questo vuol dire che ne mancano quattro all'inizio dell'evento o, per essere più precisi, come recitava anche il sito Expo 2015, oggi siamo a 1.463 giorni dall'evento. Quest'Aula, in realtà, si è occupata a più riprese di Expo 2015 attraverso interrogazioni, interpellanze, question time, mozioni, emendamenti e provvedimenti, ordini del giorno; insomma, tantissimi atti, soprattutto di sindacato ispettivo, promossi dal Partito Democratico, non per uno sfizio dell'opposizione, ma, come ha ricordato l'onorevole Letta, per il grande rilievo e l'importanza dell'appuntamento. E anche perché, per quanto riguarda l'Expo 2015, le cose non sono andate nel verso giusto fin dall'inizio. Pensiamo alla governance, bloccata per diversi anni, con tre amministratori delegati che si sono succeduti, o ai continui litigi tra comune e regione e comune e Ministero dell'economia e delle finanze, tutti interni al centrodestra. Adesso noi ci troviamo con gli effetti di scelte sbagliate. Tra le tante scelte sbagliate una in particolare, ossia quella di aver selezionato, da parte del sindaco Moratti, commissario straordinario fin dall'inizio, come strumento per l'acquisizione della disponibilità delle aree, il comodato d'uso, cioè l'idea di costruire e realizzare l'Expo 2015 su aree private. Una cosa mai vista. Mai nessuno Expo si è realizzato su aree private, aree - è giusto ricordare - prevalentemente agricole che, secondo quel comodato d'uso gratuito, sarebbero state poi restituite ai proprietari privati infrastrutturate, con un cambio di destinazione, con un apprezzamento di valore sproporzionato. Non si capisce, quindi, l'insistenza cocciuta dell'ex Ministro sindaco di Milano Moratti. Perché questa insistenza? Anche perché oggi, a tre anni, ci troviamo nella necessità di resettare completamente, tornare indietro e cambiare completamente perché ora la scelta è quella dell'acquisto. Inoltre, il documento sottoscritto il 16 aprile, con cui il commissario straordinario Moratti si è presentata all'Ufficio internazionale delle esposizioni il 19 aprile, prevede delle tappe necessariamente forzate per la realizzazione della Newco e, quindi, per l'acquisizione delle aree, anche perché si sono persi questi tre anni.
Voglio ricordare, citando Il Sole 24 ore, che, secondo il cronoprogramma del suddetto documento, entro la fine del mese di aprile devono essere definiti e condivisi i business plan, lo statuto e i patti parasociali. Il business plan dovrà, poi, essere verificato da parte di un soggetto terzo istituzionale e si dovrà acquisire il parere della Corte dei conti sull'operazione economico-finanziaria. Entro la fine di maggio, invece, la Regione dovrebbe costituire la società cui gli altri enti dovranno aderire entro luglio. Dovrà essere aggiornato l'accordo di programma e, quindi, ratificato dai consigli comunali di Milano e Rho. Aggiunge l'articolo che, difficilmente, si rispetteranno le scadenze indicate per aprile, così come il perfezionamento dell'accordo di programma entro luglio. È problematico, a meno di utilizzare i poteri commissariali, quelli cui faceva riferimento il sottosegretario, i poteri straordinari di protezione civile che sono stati conferiti al commissario straordinario Moratti.
Noi lo ribadiamo, lo abbiamo detto fin dall'inizio: non si possono utilizzare quei Pag. 80poteri straordinari, perché vi è una via ordinaria per realizzare l'Expo. Visto che si è parlato per anni del modello Milano non si capisce perché non si possa realizzare l'Expo, con sette anni a disposizione, attraverso le procedure ordinarie. Il motivo è che si sono persi tre anni.
Vi è una questione ancora tutta da affrontare: che cosa fare di quelle aree dopo il 2015. La Newco, società pubblica, nasce per questo, per la realizzazione dell'evento. Non nasce per fare speculazione. Allora è fondamentale che vi sia l'interesse pubblico prevalente nella destinazione successiva delle aree. Ad oggi è stato ricordato che le funzioni a cui si pensa sono un parco tematico in coerenza con il tema dell'Expo, di cui si sa soltanto il titolo, e la cosiddetta Saxa Rubra del nord, che è stata presentata mesi fa in pompa magna dall'allora viceministro e oggi Ministro Romani. In merito a questo io cito l'interrogazione che abbiamo presentato come Partito Democratico alla RAI (consiglio di amministrazione), che ci ha risposto il 9 marzo 2011 e che dà una risposta molto precisa da questo punto di vista, ossia dice che allo stato attuale l'azienda sta verificando la fattibilità di massima del progetto sia sotto il profilo tecnico sia finanziario, escludendo al momento alcuna decisione in merito all'eventuale trasferimento delle attività oggi espletate presso il centro di produzione di corso Sempione e l'insediamento di via Mecenate. Quindi siamo ancora a verificare le ipotesi.
Per quanto riguarda la terza funzione indicata, quella del residenziale più uffici, viene da dire: ancora? Possibile che si pensi soltanto a queste funzioni, laddove la regione Lombardia pensa per l'area ex Alfa Romeo, che è dirimpettaia rispetto all'area Expo, la stessa funzione?
Per quanto riguarda i fondi, onorevole sottosegretario, qui è utile ricordare i ritardi del Governo in questi anni ed è utile ricordare come il decreto legge n. 112 del 2008, anche da lei citato, spalma quel miliardo e 486 milioni soprattutto negli ultimi tre anni, cioè negli anni a venire. Quindi il Governo è in forte ritardo rispetto a somme molto limitate previste nei primi anni. Allora il dubbio è legittimo rispetto alla disponibilità finanziaria, data l'entità nei prossimi anni. Le difficoltà degli enti locali sono testimoniate dal fatto che dal cronoprogramma originario sono state tolte diverse opere. La provincia di Milano ha già detto che ha i soldi per non investire, allora sulle infrastrutture la domanda a cui lei non ha risposto è se del cronoprogramma originario i tempi verranno rispettati. Da questo punto di vista si è fatto un intervento, cioè sono state tolte alcune opere: la metropolitana linea 6, quella che riguardava direttamente il sito, ed altre ancora. Ne cito soltanto una: il collegamento ferroviario da Malpensa al sito Expo, dove c'è anche la fiera di Milano; è previsto da questo cronoprogramma di tre anni fa realizzato entro aprile 2015. Lei non ci ha detto se verrà realizzato. Visto che sono stati persi tre anni, è legittimo dubitare che venga rispettata la scadenza dell'aprile 2015.
Per quanto riguarda la trasparenza, anche qui dire di no all'uso dei poteri commissariali è per garantire il massimo della trasparenza per quanto riguarda tutti gli appalti che verranno fatti relativamente all'Expo. Ho visto che la Gazzetta europea ha citato il piano delle gare d'appalto da parte della società Expo2015. Nei primi mesi dell'anno ne erano previsti 5 o 6, non sto a entrare nel dettaglio di questi, uno è effettivamente stato fatto. Segnalo che dal 16 maggio dovrebbero essere fatte le gare d'appalto che riguardano l'area e che quindi possono essere fatte se vi è questa disponibilità dell'area. Ma dal cronoprogramma della realizzazione della Newco fino a luglio questa disponibilità non vi è. Quindi che anche questa parte subisca un ritardo credo sia legittimo presupporlo.
Per quanto riguarda sempre la trasparenza voglio ricordare gli allarmi lanciati da più parti sul rischio di infiltrazioni relativamente agli appalti di Expo2015: valga per tutti la relazione annuale della direzione distrettuale antimafia. Il Governo ha istituito e insediato la sezione Pag. 81specializzata del comitato per il coordinamento per l'alta sorveglianza sulle grandi opere.
È stata l'opposizione a presentare più di un emendamento per chiedere che vi fosse una dotazione organica sufficiente. Ho ricevuto dal Ministero dell'interno comunicazione che qualche mese fa tale dotazione è stata aumentata e credo che questo sia un segnale positivo in ragione dell'incalzare, innanzitutto, dell'opposizione.
Vi è, però, un punto che lei ha citato e che credo sia dirimente, ossia le tanto citate white list, che sono state presentate dal Ministro dell'interno Maroni come uno strumento fondamentale per quanto riguarda l'Expo. Tuttavia, ancora oggi siamo al titolo, nel senso che anche lei ha richiamato il fatto che dovrà essere emanato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che indichi i criteri. Infatti, i criteri di composizione delle white list sono fondamentali, perché si tratta di un terreno delicato. In sostanza, deve essere uno strumento che aiuti la trasparenza ma, allo stesso tempo, non può essere uno strumento di distorsione del mercato.
Per questo - e concludo, signor Presidente - ci definiamo insoddisfatti e a norma di Regolamento, per quanto riguarda l'articolo che fa riferimento alle interpellanze urgenti, già preannunziamo la presentazione di una mozione che consenta al Parlamento di discutere di nuovo, tutti insieme, dell'Expo. Soprattutto pretendiamo che il Governo presenti quella relazione annuale sullo stato di avanzamento che già si era impegnato a presentare annualmente e che, a questo punto, è fondamentale che presenti semestralmente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative di competenza con riferimento alla procedura concorsuale bandita per il reclutamento di 175 dirigenti di seconda fascia dell'Agenzia delle entrate - n. 2-01041)

PRESIDENTE. L'onorevole Gnecchi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01041, concernente iniziative di competenza con riferimento alla procedura concorsuale bandita per il reclutamento di 175 dirigenti di seconda fascia dell'Agenzia delle entrate (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARIALUISA GNECCHI. Signor Presidente, l'interpellanza urgente è già molto chiara. Tuttavia, teniamo a sottolineare che il sistema fiscale e il sistema previdenziale sono la carta di identità di uno Stato e che ai cittadini e alle cittadine bisogna dare certezze. Si devono assolutamente fidare delle istituzioni. La trasparenza nella pubblica amministrazione, quindi, è fondamentale e sono fondamentali anche le riforme che si sono fatte per dare efficienza e razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni.
Ci sembra importante citare il decreto legislativo n. 300 del 30 luglio 1999, finalizzato al riordino dell'organizzazione delle amministrazioni centrali dello Stato. Si trattava di un decreto attuativo della delega di cui all'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59. I cinque anni del Governo - praticamente dal 1996 al 2001 - sono stati anni nei quali la trasparenza, la razionalizzazione e il miglioramento della pubblica amministrazione sono sicuramente stati obiettivi fondanti, appunto, del Governo in carica dal 1996 al 2001. Per quanto riguarda la trasparenza bisogna aggiungere che il primo indice di trasparenza è anche il fatto che nel pubblico impiego si entri per concorso e che i posti vacanti e disponibili siano sempre sottoposti a procedure selettive pubbliche, per le assunzioni sia dall'esterno sia dall'interno.
In particolare, per quanto riguarda il sistema fiscale e l'amministrazione finanziaria in generale, il decreto legislativo n. 300, per l'appunto, ha previsto l'istituzione di quattro agenzie fiscali: l'Agenzia delle entrate, l'Agenzia del territorio, l'Agenzia del demanio e l'Agenzia delle dogane.
Nell'interpellanza urgente teniamo a sottolineare che la Corte costituzionale, con le sentenze n. 103 e 104 del 2007, Pag. 82n. 161 del 2008 e n. 69 del 2011, ha negato la costituzionalità di una «dirigenza di fiducia» e ha ribadito la necessità di selezionare i dirigenti sulla base di criteri selettivi imparziali e trasparenti. Come abbiamo anche sentito in tutto il dibattito di questa mattina, nel nostro Paese dobbiamo riuscire a combattere l'evasione fiscale. Infatti, se riuscissimo a combattere l'evasione fiscale avremmo risorse per fare molte e molte riforme.
Se pensiamo che l'evasione media in Italia supera il 38 per cento - si tratta di dati appena comunicati dall'Agenzia delle entrate - ci rendiamo conto ovviamente che, a maggior ragione, la dirigenza dell'Agenzia delle entrate deve essere una dirigenza che abbia superato regolari concorsi e - siccome ci troviamo anche in un periodo in cui non si deve sprecare denaro - è ovvio che si devono anche mantenere attive le graduatorie di concorsi precedenti, fino a quando almeno sono vigenti.
Pertanto, noi contestiamo il fatto che l'Agenzia delle entrate abbia bandito, in data 29 ottobre 2010, un concorso per 175 posti di dirigenti con criteri - ad avviso di noi interpellanti - poco chiari, in modo particolare per quanto attiene alla valutazione dei titoli di servizio per quanti abbiano beneficiato di funzioni dirigenziali conferite con criteri di dubbia legittimità.
Quindi, è inutile fare tanti giri di parole, ma pensiamo che, se sono stati attribuiti degli incarichi dirigenziali e poi si è approvato un bando di concorso ad hoc, valorizzando quegli incarichi che sono apparsi di dubbia legittimità, è evidente che pensiamo che si voglia anche creare un gruppo dirigente all'interno dell'Agenzia delle entrate e del sistema fiscale in generale che di sicuro non rispetta le sentenze che abbiamo citato prima perché si nega la costituzionalità di una dirigenza di fiducia. Infatti, la dirigenza di fiducia nel pubblico impiego deve essere di fiducia dei cittadini e mai di chi decide di collocare un dirigente o un altro. Inoltre, ci tengo ovviamente a sottolineare che non è mai facile per un collega fare ricorso contro un altro collega, ossia contro una persona singola. Nei fatti però noi vediamo che chi fa ricorso contro incarichi individuali lo vince, ma ci sono intere regioni - purtroppo anche il Trentino-Alto Adige è una di queste - nelle quali non c'è neanche un dirigente titolare, ma sono tutti incaricati. L'assurdo è che nessuno degli incaricati ha l'idoneità da dirigente o per non avere mai superato un concorso o per non avervi mai partecipato. Ovviamente questo ci sembra assurdo, così come ci sembra altrettanto assurdo che le pubbliche amministrazioni abbiano utilizzato veramente ad libitum la prima modifica attuata da questo Governo in materia pensionistica, che concede alle amministrazioni di disporre il collocamento a riposo coatto per chi abbia 40 anni di contributi.
L'Agenzia delle entrate ha utilizzato il collocamento a riposo coatto per chi ha 40 anni di contributi e così ha messo in pensione donne anche con cinquantotto, cinquantanove o sessant'anni, ma anche uomini che hanno sessant'anni e, nello stesso tempo, con la manovra di luglio 2010 ha prorogato il servizio - o comunque ha posticipato il pensionamento - per tutti di un anno e per le donne ai 65 anni, quindi con una grande contraddizione.
Pertanto, rispetto a quanto accaduto pensiamo che si è voluto collocare in pensionamento coatto chi magari era scomodo all'interno degli uffici e si vuole invece cercare di assumere chi può essere più comodo o più funzionale a determinati disegni.
Noi riteniamo che questo Governo non abbia combattuto l'evasione fiscale, mentre il Governo Prodi l'ha veramente combattuta anche nel biennio 2006-2008, tanto che anche Tremonti quando ha dovuto fare in quest'Aula la relazione al bilancio 2007, nel giugno del 2008, ha dovuto riconoscere che il Governo Prodi si è caratterizzato per la lotta contro l'evasione fiscale. Nel 2009 e nel 2010 non si è andati avanti in questa direzione, anzi in particolare vediamo elementi della pubblica amministrazione così importanti, che dovrebbero veramente garantire ai cittadini trasparenza e correttezza, combattere l'evasione fiscale e far rispettare le regole, Pag. 83che invece addirittura decidono di dare incarichi di tipo fiduciario e poi addirittura bandiscono concorsi per riuscire a collocare le persone alle quali sono stati conferiti questi carichi fiduciari.
Ciò, quindi, è avvenuto contro tutte le regole di trasparenza, ribadite anche da sentenze della Corte costituzionale e del Consiglio di Stato e da molte decisioni dei TAR, poiché contro tali incarichi alcuni hanno fatto ricorso.
Quindi, veramente, chiediamo ai Ministri interpellati, per la parte di propria competenza, che cosa intendano fare nei confronti dell'Agenzia delle entrate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Sonia Viale, ha facoltà di rispondere.

SONIA VIALE, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, con il documento in esame, l'onorevole interpellante ed altri deputati chiedono chiarimenti in merito all'attribuzione degli incarichi dirigenziali da parte dell'Agenzia delle entrate, che non avrebbe pertanto provveduto allo scorrimento delle graduatorie ancora valide degli idonei di precedenti concorsi per la qualifica dirigenziale.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate ha ribadito quanto già espresso in passato a fronte di numerose interrogazioni di analogo tenore, anche dello stesso interpellante.
L'amministrazione finanziaria ha sempre sofferto di gravi carenze di personale dirigente che, di conseguenza, si sono riversate anche nel nuovo assetto organizzativo disposto dal decreto legislativo n. 300 del 1999. Fin dal suo avvio, pertanto, l'Agenzia delle entrate aveva tra le sue priorità quella di bandire un concorso per dirigenti.
Coerentemente con le peculiari caratteristiche del modello organizzativo delle agenzie fiscali e, in particolare, con l'autonomia ad esse attribuita in materia di gestione e sviluppo del proprio personale, l'articolo 71, comma 3, lettera d), tuttora in vigore, del decreto legislativo n. 300 del 1999 prevede che ogni Agenzia, con il proprio regolamento di amministrazione, determini le regole per l'accesso alla dirigenza. Introducendo tale disposizione, il legislatore aveva evidentemente ritenuto che la disciplina delle modalità di selezione dei dirigenti non potesse rimanere estranea alla sfera di autonomia delle agenzie fiscali, trattandosi - analogamente ad altre materie riguardanti la gestione del personale e l'ordinamento degli uffici, demandate, sempre dal decreto legislativo n. 300 del 1999, al regolamento di amministrazione - di una leva fondamentale per assicurare la funzionalità e lo sviluppo dell'organizzazione.
Tale disposizione si attagliava bene alle peculiari esigenze dell'Agenzia delle entrate. La direzione degli uffici operativi dell'Agenzia richiede infatti, da un lato, ampie e approfondite conoscenze in materie di notevole complessità tecnica e, dall'altro, solide competenze manageriali.
Per fare fronte a compiti di direzione di tale natura, sulla base delle disposizioni del decreto legislativo n. 300 del 1999, l'Agenzia delle entrate (al pari delle altre agenzie fiscali) aveva previsto nel proprio regolamento di amministrazione procedure concorsuali innovative in base alle quali, dopo una prima selezione concorsuale pubblica, i candidati avrebbero dovuto seguire un periodo di tirocinio teorico-pratico di congrua durata, volto a verificare sul campo il possesso delle capacità necessarie per svolgere le funzioni di dirigente. Solo se la valutazione di tale periodo fosse stata positiva, il candidato avrebbe potuto conseguire la qualifica dirigenziale.
Il percorso selettivo che la norma regolamentare prefigurava si è avviato alla fine del 2001, ma si è subito interrotto e non è più ripreso. Il TAR del Lazio, adito dal sindacato Dirpubblica, con sentenze n. 1601 e n. 1602 del 2002 ha infatti ritenuto che, in assenza di una specifica norma di deroga, il decreto legislativo n. 300 del 1999, facendo richiamo ai principi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, Pag. 84n. 29, abbia voluto recepire l'intera disciplina dettata da tale decreto per il reclutamento dei dirigenti, con un rinvio dinamico anche alle disposizioni di carattere regolamentare cui lo stesso decreto demanda la normativa di dettaglio delle modalità di reclutamento.
Le sentenze in questione hanno sostanzialmente vanificato lo specifico ed importante spazio di autonomia gestionale previsto dal decreto legislativo n. 300 del 1999, riconducendo anche le agenzie fiscali alla pedissequa osservanza delle modalità di selezione previste in modo dettagliato, per tutte le pubbliche amministrazioni, dall'articolo 28, comma 5, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tale ultima norma è stata oggetto di riscrittura ad opera della legge n. 145 del 2002, che demandava a un apposito regolamento governativo (emanato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 272 del 2004) la definizione dei criteri e delle modalità di svolgimento delle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza pubblica.
L'impossibilità di avviare procedure di reclutamento che rispondessero in maniera ottimale alle esigenze funzionali dell'Agenzia, l'evoluzione della normativa di riferimento e i perduranti blocchi delle assunzioni nella pubblica amministrazione, hanno dato luogo a una situazione di stallo. Nel frattempo, per assicurare il regolare svolgimento dell'attività degli uffici, l'Agenzia ha dovuto necessariamente conferire incarichi dirigenziali a propri funzionari. L'affidamento delle reggenze provvisorie è previsto dall'articolo 24, comma 2, del regolamento di amministrazione dell'Agenzia (la portata della norma - limitata inizialmente al triennio 2001-2003 - è stata necessariamente più volte prorogata, da ultimo sino alla fine del corrente anno).
L'articolo 14 del regolamento di amministrazione dell'Agenzia stabilisce che gli incarichi dirigenziali vengano conferiti dal direttore dell'Agenzia sentito il dirigente di vertice della struttura interessata. Lo stesso articolo delinea i criteri, desunti dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che devono orientare l'Agenzia nelle scelte dei dirigenti da preporre ai singoli uffici.
È bene sottolineare che la materia concernente il conferimento degli incarichi dirigenziali è sottratta agli schemi giuridici e procedimentali propri del diritto amministrativo e ricondotta nell'alveo dell'attività tipica del datore di lavoro di diritto privato, come confermato da autorevole e consolidato orientamento giurisprudenziale e dottrinale. In applicazione dei criteri di cui sopra, l'Agenzia ha emanato nel 2006 le linee guida per l'attribuzione degli incarichi dirigenziali.
L'Agenzia si è sempre attenuta alle disposizioni normative e regolamentari sopra richiamate e in tutte le occasioni, compreso il processo di riorganizzazione realizzato nel biennio 2009-2010, ha sempre adeguatamente motivato l'attribuzione degli incarichi dirigenziali tenendo conto, a tal fine, delle caratteristiche della posizione da ricoprire, nonché delle conoscenze, delle attitudini e delle capacità professionali possedute dagli interessati, delle funzioni da essi precedentemente svolte e della professionalità acquisita, nonché delle esigenze operative e organizzative dell'Agenzia stessa.
Per via delle cessazioni dal servizio dei dirigenti, i reggenti coprono ormai ben oltre la metà delle posizioni dirigenziali attive. È una situazione obiettivamente atipica, che l'Agenzia intende risolvere con una procedura di accesso alla dirigenza che consenta la valutazione delle conoscenze professionali, dell'esperienza e delle competenze effettivamente maturate dagli interessati, molti dei quali ricoprono egregiamente incarichi dirigenziali fin dall'avvio dell'Agenzia o addirittura (in circa ottanta casi) anche da prima. La possibilità di perseguire tale obiettivo è stata offerta dall'articolo 1, comma 530, della legge 27 dicembre 2006, n. 296: in base a tale disposizione, il reclutamento di personale dell'amministrazione economico-finanziaria, compreso quello delle agenzie fiscali, può avere luogo con modalità speciali, stabilite con decreto del Ministro. Pag. 85
Con riferimento all'Agenzia delle entrate, un decreto in tal senso è stato firmato dal Ministro il 10 settembre 2010; il decreto è stato registrato dalla Corte dei conti il successivo 8 ottobre. Il relativo bando, emanato il 29 ottobre e pubblicato il 5 novembre 2010, riguarda un concorso per 175 dirigenti, che potrà costituire il primo passo per avviare a soluzione il problema delle reggenze.
La procedura di reclutamento è mutuata da quella adottata in occasione di un analogo concorso per dirigenti indetto dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Essa mira a un esame complessivo delle competenze specifiche possedute dai candidati, con particolare riferimento alla verifica delle esperienze professionali maturate nelle peculiari aree di attività dell'Agenzia, nonché all'accertamento delle capacità manageriali, dell'attitudine a lavorare per obiettivi e risultati, delle motivazioni professionali e della capacità di sviluppare competenze e livelli di performance in linea con la missione istituzionale dell'Agenzia. In relazione a queste finalità, la procedura consisterà nella valutazione di titoli e nella verifica dei requisiti e delle attitudini professionali, integrata da un colloquio.
La procedura prevede una riserva di posti fino al 50 per cento per i funzionari di ruolo dell'Agenzia, appartenenti alla posizione economica F3 o a quelle superiori della terza area funzionale, muniti di laurea, che alla data di emanazione del bando stesso, risultino in servizio presso la medesima Agenzia e abbiano compiuto, anche complessivamente, almeno otto anni di servizio nelle suddette posizioni economiche. Una soluzione a cui l'Agenzia non intende invece ricorrere è quella di scorrere le graduatorie di vecchi concorsi per dirigente, tuttora valide in base a ripetute proroghe disposte dalla legge (nell'interpellanza sono citate alcune sentenze che affermerebbero l'obbligo di scorrimento delle graduatorie; dette sentenze si riferiscono peraltro a fattispecie diverse da quelle qui esaminate).
Sul punto la Corte di cassazione a Sezioni unite, nell'ordinanza del 9 febbraio 2009. n. 3055, citata dagli interpellanti, ha confermato l'esistenza di due diversi orientamenti (trattandosi di ordinanza relativa a regolamento preventivo di giurisdizione, nella circostanza la Corte non ha preso posizione sulla questione): secondo una tesi, essendo la procedura concorsuale il mezzo maggiormente idoneo ad individuare il personale più qualificato, l'amministrazione sarebbe attributaria del potere di valutazione discrezionale circa la scelta se emanare un nuovo bando, ovvero se utilizzare la graduatoria ancora efficace attuando lo scorrimento (questa è la tesi sostenuta dall'Agenzia); altri, invece, oppongono che le norme che stabiliscono l'ultrattività della graduatoria non conferiscono la semplice facoltà di farvi ricorso, ma per il carattere imperativo di regole di organizzazione obbligano l'amministrazione a realizzare la semplificazione e l'economia connesse all'utilizzo delle graduatorie approvate in precedenza, escludendo senz'altro l'espletamento di nuove procedure (questa seconda interpretazione, peraltro, costituisce un'indiretta conferma del fatto che la legge non prevede esplicitamente l'obbligo di scorrimento).
L'Agenzia delle entrate, richiamandosi a una giurisprudenza che può considerarsi prevalente e all'orientamento recentemente espresso sulla questione dalla Corte dei conti con riferimento specifico a concorsi per funzionari banditi dalla stessa Agenzia, ritiene che lo scorrimento di graduatorie di cui la legge ha prorogato la validità non sia obbligatorio, bensì costituisca una mera facoltà demandata alla valutazione discrezionale dell'amministrazione interessata.
L'Agenzia non ha inteso utilizzare tale facoltà, ritenendo che l'obsolescenza delle graduatorie in questione relative a concorsi banditi più di dieci anni fa e con requisiti di anzianità di servizio la cui data di possesso si riferisce a quasi venti anni fa, le renda ormai inaffidabili: i criteri selettivi all'epoca adottati erano riferiti a un contesto che ha subito da allora profonde evoluzioni, per cui lo scorrimento delle graduatorie non consentirebbe di Pag. 86reclutare i dirigenti con caratteristiche corrispondenti alle attuali esigenze dell'Agenzia.
Si rileva inoltre che, diversamente da quanto taluni affermano, in tali graduatorie non sono collocati candidati vincitori, che sono stati tutti assunti a suo tempo, ma solamente i candidati idonei, classificati in posizioni successive a quelle di vincitore: lo scorrimento delle graduatorie contrasterebbe con lo sforzo perseguito dall'Agenzia di selezionare sempre i soggetti migliori e, quindi, è del tutto inappropriato fare richiamo a ragioni di economicità gestionale per giustificare lo scorrimento stesso.
D'altra parte, trattandosi di concorsi molto vecchi, la maggioranza degli idonei è ormai avanti negli anni e, perciò, rivestirebbe l'ipotetico incarico dirigenziale per un limitato periodo di tempo: il problema delle vacanze di organico si riproporrebbe così a brevissimo termine con relativa duplicazione delle connesse attività amministrative, per non parlare dei riflessi negativi in termini di efficienza gestionale conseguenti a incarichi affidati a persone con una limitata prospettiva temporale di servizio.
In merito alla questione concernente lo scorrimento delle graduatorie degli idonei ai precedenti concorsi, il Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione ha fatto presente che, secondo il recente orientamento giurisprudenziale in materia, la soluzione al suddetto problema non può essere aprioristica ma dipende dallo specifico quadro legislativo e regolamentare di volta in volta implicato nella vicenda. Inoltre, secondo tale Ministero giova evidenziare che le sentenze richiamate dall'interpellante alle quali possono, peraltro, aggiungersi anche più recenti decisioni del Consiglio di Stato, rappresentano l'orientamento minoritario secondo il quale le pubbliche amministrazioni sarebbero vincolate ad avvalersi delle graduatorie già esistenti e che, invece, l'orientamento nettamente maggioritario è stato finora rappresentato da statuizioni di segno opposto.
Infine, sempre con riferimento al dato giurisprudenziale, la predetta amministrazione ritiene opportuno chiarire altresì che anche lo stesso orientamento minoritario evocato dall'interpellante ritiene, comunque, che l'istituto del cosiddetto scorrimento della graduatoria, che consente ai candidati semplicemente idonei di divenire vincitori effettivi, precludendo l'apertura di nuovi concorsi, presuppone necessariamente una decisione dell'amministrazione di coprire il posto, che equivale sostanzialmente a quella che avvia la procedura di concorso. Una decisione che assume certo a presupposto la vacanza di organico ma deve esprimere l'interesse concreto ed attuale dell'amministrazione di procedere alla sua copertura.
In altri termini, salvo che per specifica disposizione di legge o del bando tra i posti messi a concorso originariamente debbano essere compresi anche quelli che si dovessero rendere vacanti entro certa data, l'obbligo di servirsi della graduatoria entro il termine di efficacia della stessa preclude all'amministrazione di bandire una nuova procedura concorsuale ove decida di reclutare personale, ma non la obbliga certamente all'assunzione dei candidati non vincitori in relazione a posti che si rendano vacanti e che l'amministrazione stessa non intenda coprire.

PRESIDENTE. L'onorevole Gnecchi ha facoltà di replicare.

MARIALUISA GNECCHI. Signor Presidente, sono solo soddisfatta rispetto alla dovizia di particolari e al tipo di risposta. Ovviamente, tutti quelli che all'interno dell'Agenzia delle entrate non si sentono assolutamente soddisfatti rispetto a questo eccesso di discrezionalità faranno in modo di farci sapere e di aggiungere anche altre informazioni rispetto a quelle che ci sono state fornite.
Questo concetto della discrezionalità e questa eccessiva discrezionalità rispetto all'affidamento degli incarichi, che anche nella risposta abbiamo sentito ribadita, è proprio quello che noi contestiamo.

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 16)

MARIALUISA GNECCHI. È evidente che ci auguriamo che questa stessa discrezionalità non ci sia anche nel valutare l'evasione fiscale e gli evasori fiscali in generale.
Da una recente indagine del Censis risulta che «ingiusto, inefficiente ed esoso» sono i tre aggettivi con cui gli italiani definiscono il fisco o, meglio, di come lo percepiscono. Questo è quello che rileva il Censis, mentre noi, ovviamente, vorremmo che il rapporto tra gli italiani e il sistema fiscale fosse un rapporto di fiducia, e perché si possa esercitare un rapporto di fiducia conta anche come si recluta il personale. Vogliamo veramente ribadire che si registrano gravi anomalie per carenza dei richiesti requisiti, a volte anche del titolo di studio.
Nello specifico, ci sono persone che hanno incarichi dirigenziali che non hanno il prescritto diploma di laurea ed anche un numero molto elevato di incarichi dirigenziali, circa 750, senza aver posto mai in essere le regolari procedure concorsuali e noi ovviamente contestiamo questo.
Pensiamo, comunque, che il sindacato Dirstat potrà essere soddisfatto almeno della risposta (non del contenuto della stessa, ma almeno di avere avuto una risposta) perché in data 26 novembre 2010 aveva trasmesso una diffida nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché dell'Agenzia delle entrate e non aveva mai ottenuto risposta. Quindi almeno, con questa nostra interpellanza urgente, riusciamo ad ottenere una risposta della quale, lo ribadisco, non siamo assolutamente soddisfatti.
Condividiamo solamente la necessità di una elevata professionalità del personale dell'Agenzia delle entrate. Sicuramente serve un'elevata professionalità e quindi non si capisce perché sia stata adottata anche all'interno dell'Agenzia delle entrate la possibilità di pensionamenti coatti. Anche se per far fronte ad esigenze di risparmio, che sono state citate, noi siamo assolutamente convinti che si poteva scegliere di andare avanti con lo scorrimento delle graduatorie.
Quindi, questi sono i motivi per cui non siamo assolutamente soddisfatti. Pensiamo e ribadiamo che sia difficile per singoli aspiranti dirigenti fare ricorso contro colleghi che sono stati incaricati, ma è evidente che non possono lavorare con grande serenità, vedendo che il 29 ottobre 2010 è stato fatto un concorso per 175 posti che sembra quasi avere la fotografia dei 175 che vinceranno.
Questo ovviamente non può rendere felici e non può rendere efficiente ed efficace un servizio. In particolare, non crea un clima di fiducia e di buoni rapporti tra i colleghi, quando sappiamo che lavorare bene, lavorare in team, avere stima del dirigente e non sentirsi sopraffatti da procedure che non si condividono ovviamente migliora il clima di lavoro in tutto il sistema fiscale - cui aggiungo quello previdenziale perché è la parte della quale mi occupo normalmente - ed è evidente che può garantire un lavoro migliore.
Per noi il lavoro migliore nel sistema fiscale è combattere l'evasione e per farlo bisogna che i dirigenti siano veramente liberi e non siano stati nominati o scelti con questo vincolo di fiducia che ovviamente non rende libero un dirigente di agire contro chi magari ha in qualche modo contribuito a nominarlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative di competenza in merito a presunte irregolarità da parte di esponenti del comando provinciale della Guardia di finanza di Bologna in relazione ad un intervento edilizio nel comune di San Lazzaro di Savena (Bologna) - n. 2-01058)

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01058, concernente iniziative di competenza in merito a presunte irregolarità da parte di esponenti del comando provinciale Pag. 88della Guardia di finanza di Bologna in relazione ad un intervento edilizio nel comune di San Lazzaro di Savena (Bologna) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ENZO RAISI. Signor Presidente, nonostante il mio turno fosse altro, ho atteso per ultimo, ma adesso vorrei avere lo spazio per raccontare questa vicenda. La vicenda qui trattata ha come comune denominatore un intreccio assolutamente poco chiaro di rapporti tra corpi dello Stato e pubblica amministrazione. È inutile sottolineare in questa sede che questi contatti sono rigidamente regolamentati dal codice e norme deontologiche e che la loro elusione genera una profonda ferita al tessuto sociale, nonché una generale sfiducia, di riflesso, nelle istituzioni dello Stato.
Qui accade, da molti anni, che all'interno di un ricco territorio quale quello della provincia di Bologna e, segnatamente, del comune di San Lazzaro di Savena, si manifestino incessanti forme speculative nel ramo urbanistico. Ricordiamo che, forse non a caso, il comune di San Lazzaro di Savena si pone ai vertici per reddito pro capite del nostro Paese. Le politiche abitative di questa città hanno puntato da molti anni su forme di edilizia sociale convenzionata e sovvenzionata che, in realtà, come dimostrano i fatti, sembrano oggi potersi classificare senza tema di smentita in un coacervo di speculazioni, illeciti, favoritismi, forme di evasione fiscale, di abusivismo e truffe.
Dico questo perché, laddove lo strumento di gestione e di controllo di queste forme di edilizia sociale destinate a classi meno abbienti risulta fragile o peggio compromesso da un sistema di connivenze e di assenza di verifiche, allora tutto questo non può che tradursi in un mero spot politico sulla pelle delle fasce di popolazione meno abbienti.
Voglio però aggiungere alcuni dati che da soli possono fornire elementi di forte impatto a questa introduzione. Vale la pena di esplorare questa edilizia convenzionata e sovvenzionata da fondi pubblici della regione Emilia Romagna che matura nella ricca San Lazzaro di Savena, partendo proprio dai prezzi che interessano le fasce popolari cui questa edilizia è destinata.
Premetto, ma è scontato, che al comune di San Lazzaro di Savena spetta il rigoroso controllo di ciò che avviene nell'ambito di queste programmazioni territoriali. Il controllo urbanistico non è discrezionale ma è obbligatorio sia in costanza di elargizioni di denaro pubblico sia in costanza di denunce di abusivismo edilizio e di illegalità.
Ecco, dunque, il primo elemento in esame: i costi delle case popolari. Il costo di cessione degli immobili popolari, detto PICA (Prezzo iniziale cessione alloggi), è stabilito dal comune di San Lazzaro di Savena attraverso la proposizione da parte degli attuatori di contratti di appalto, ove è indicato il costo dei fabbricati che andranno realizzati. È una procedura assolutamente chiara: i soggetti attuatori depositano contratti ove è indicato il costo del fabbricato nell'ambito della convenzione stipulata con l'ente pubblico. Il comune ricaverà dall'importo indicato su quel contratto e dalla somma di altre voci di spesa (costo delle aree, spese tecniche e via dicendo) il costo al metro quadro delle case da applicare all'acquirente. Se una di tali voci è dolosamente modificata, è evidente che il costo di questo intervento destinato a fasce deboli risulterà falsato.
Così nel tempo si viene a scoprire che mentre i soggetti attuatori fatturano quello stesso contratto di appalto per un importo di 2 miliardi e 250 milioni di vecchie lire, ne depositano copia identica allegata all'atto di convenzione con l'ente pubblico maggiorata di ulteriori 400 milioni di lire e con un bel timbro di copia conforme all'originale. I riscontri dei consulenti del pubblico ministero Gustapane di Bologna, che a lungo si è occupato di queste vicende, diranno poi che, evidentemente, in convenzione vi è depositato un contratto privo di riscontro contabile e fatturativo, ma che ugualmente genera i costi di quelle case. Cosa se ne desume? Se ne desume chiaramente che un finto contratto di Pag. 89appalto ha dolosamente maggiorato i costi di un intervento destinato a fasce deboli. Il fatto è di straordinaria gravità.
Il sindaco di San Lazzaro di Savena, cui competerebbe l'annullamento in autotutela di queste forme di illegalità, omette di annullare la convenzione, arrecando peraltro un danno all'erario poiché l'annullamento delle convenzioni per illeciti commessi dall'attuatore prevedono l'applicazione di penali contrattuali da parte dell'ente pubblico e l'annullamento della convenzione.
Voglio fornire subito un altro elemento di riflessione: si reputa possibile che un intero quartiere sorto con costruzioni in sola edilizia convenzionata nell'anno 2000, finanziato quindi da fondi della regione Emilia Romagna e beneficiario di agevolazioni fiscali, sia stato integralmente condonato o sanato dai soggetti attuatori nell'anno 2004, a soli quattro anni dalla data di costruzione? È un interrogativo inquietante.
La risposta è però affermativa perché un intero azzonamento urbanistico, il numero 9, è risultato gravato da forme di abusivismo edilizio insanabili, dall'assenza di collaudo statico degli edifici, dal rilascio arbitrario di concessioni edilizie da parte del comune di San Lazzaro. Perché questo dicono le consulenze sempre del pubblico ministero Gustapane: abusi insanabili ma ugualmente e arbitrariamente sanati dallo stesso comune attraverso il rilascio arbitrario di concessioni in sanatoria.
Queste consulenze dicono anche che molte licenze in variante furono concesse violando le convenzioni che non soltanto non potevano rilasciarsi, ma che addirittura il comune ebbe ad incassare oneri dai costruttori non esigibili. Quelle perizie commissionate dal pubblico ministero Gustapane dicono anche che molte costruzioni furono realizzate addirittura apportando varianti senza neppure ottenere i preventivi permessi a costruire. Dicono anche che mentre un quartiere intero otteneva finanziamenti e agevolazioni per l'edilizia convenzionata su un progetto edificatorio rigido e ineludibile, il comune permetteva edificazioni supplementari su quei fabbricati che i costruttori commercializzavano con realizzazioni di piani aggiuntivi semiabusivi.
Mentre sulla carta restavano progetti e convenzioni che avevano dato origine a quelle costruzioni, nella realtà quei dati e quegli indici edificatori mutavano. In altre parole, si finanziavano progetti per l'edilizia sociale sulla carta e abusi edilizi e speculazioni nella realtà.
Ecco, quindi, sorgere palazzi convenzionati e sovvenzionati semiabusivi, senza collaudo statico, regolarmente finanziati dalla regione Emilia Romagna e addirittura, dulcis in fundo, con assegnazioni irregolari a non aventi titolo e nello specifico anche a militari privi dei requisiti di reddito.
Rimarco ancora un dettaglio: non un solo atto catastale di quegli edifici è stato ritenuto rispondente al reale, e quindi è falso. Ma questo è solo un dettaglio. Le attività di abusivismo edilizio avvenivano liberamente e peraltro nella costanza di denunce pubbliche dei cittadini, della stampa e senza che mai un solo intervento di legge le frenasse.
Detto quanto sopra, vi domando se e quali ulteriori forme di illecito restassero da compiere, considerato che l'intero codice penale era stato pressoché violato.
Allora, perché il pubblico ministero Gustapane non contestò alcun reato? Perché il pubblico ministero Gustapane non sottopose a sequestro molteplici atti falsi? E perché non sottopose mai ad interrogatorio chi aveva sottoscritto quei contratti di appalto falsi? Perché non perseguì chi rilasciò concessioni in sanatoria illegittime? Perché non perseguì chi acquisì oneri costruttivi non esigibili?
Risulterebbe addirittura che nell'ambito di alcuni procedimenti penali le denunce dei cittadini in carico al pubblico ministero titolare delle inchieste venissero inviate a mezzo posta ai pubblici amministratori di San Lazzaro di Savena che erano oggetto di quelle stesse denunce.
Questo elemento, se non fossero sufficienti tutti gli altri già enunciati, dà l'esatta misura di un dato mostruoso: i cittadini, vittime di quei reati, non solo Pag. 90divenivano oggetto della più malsana speculazione, ma finivano nelle spire di una giustizia che ridicolizzava i loro diritti elementari e che tutt'ora prosegue in tale cammino.
La vicenda ha un aspetto ulteriore che la suggella. Il consulente del PM Gustapane, che rilevò tutte queste gravissime condotte, è l'ingegnere Emiliano Arcangeli. Lo stesso ingegnere Arcangeli è colui che, su nomina questa volta, finalmente, di un altro PM di Bologna ovvero la dottoressa Poggioli, ha recentemente riscontrato in un altro comparto edilizio del comune di San Lazzaro di Savena altre forme di abusivismo edilizio nel cosiddetto cantiere CIPEA dove opera la Idroter e dove sono avvenuti addirittura arresti per estorsione e indagini per corruzione.
Sorge spontaneo domandarsi: perché, dunque, se addirittura il medesimo consulente rileva identiche forme di abusivismo edilizio in quel medesimo territorio, il PM Poggioli dà seguito all'azione penale e il PM Gustapane se ne astiene per un tempo calcolabile in almeno 7 anni?
Vi è dunque in questa storia un aspetto di gravità a dir poco inaudita e che solleva un inquietante interrogativo: i pubblici amministratori di San Lazzaro di Savena e alcuni soggetti attuatori hanno forse goduto di franchigie di legge? E perché continuano a rimanere attive convenzioni urbanistiche dove il prezzo delle case popolari è determinato da un finto contratto di appalto?
Se questo territorio è garantito da un sistema impunito e aggressivo allora non deve stupire se, proprio di recente, la squadra mobile di Bologna, pregevolmente guidata dal dottor Fabio Bernardi, ha sequestrato un'agenzia immobiliare a San Lazzaro di Savena nell'ambito dell'operazione Golden Jail. Orbene, quell'agenzia era della 'ndrangheta. E, se un'organizzazione criminale di quella caratura sceglie di svolgere in quel territorio attività immobiliari, è perché in quel contesto tutto è evidentemente possibile e questo non sfugge alle mafie.
Permettetemi ora di analizzare un altro aspetto di questa vicenda. Ho richiesto con estrema sollecitudine l'impegno del Governo a predisporre una ispezione urgente presso il comando provinciale della Guardia di finanza di Bologna. Ritengo doveroso, intanto, rivolgere un sentito apprezzamento ai militari di quel corpo che mi hanno espresso in questi giorni molti attestati di stima per la mia precedente interpellanza urgente.
Tutto ciò è la riprova del fatto che si è perfettamente compresa la mia personale intenzione di evitare forme di generalizzazione o di confusione tra le condotte di pochi con quelle dei tanti militari che prestano un servizio insostituibile alla comunità. Voglio qui precisare che, rispetto ai fatti che qui cito, nulla è di responsabilità degli attuali vertici della Guardia di finanza di Bologna, ma dei precedenti.
Ma il punto è decisamente un altro. Non è possibile che un gruppo di militari della Guardia di finanza, che ho ampiamente segnalato nella mia interpellanza urgente, abbia fruito di alloggi pubblici eludendo gravemente degli obblighi di legge. Non risulta essere mai pervenuta alla procura di Bologna alcuna denuncia da parte dei militari della Guardia di finanza dimoranti nelle abitazioni di via Speranza sia relative a forme di evasione fiscale che qui si verificavano (si pagava nel corso della costruzione degli edifici l'IVA al costruttore senza che questi emettesse fattura) sia relative a forme di abusivismo edilizio a cui assistevano in deroga ai propri obblighi di legge.
Aggiungo ancora che tra i suddetti militari, uno dei quali addirittura assistente di un PM della procura di Bologna, figurava privo di requisiti di reddito senza che le indagini lo sfiorassero minimamente.
Altri militari invece, fruivano di quelle medesime abitazioni dotate di mansarde abusive e di locali per i quali non corrispondevano alcun prezzo per le superfici come emerso dalle indagini. Ricordo che quegli stessi militari svolgono ancora oggi importanti incarichi presso il comando provinciale di Bologna che ha persino esperito indagini al riguardo, ma senza Pag. 91ovviamente neppure lontanamente esaminare il ruolo dei propri colleghi, praticamente dirimpettai di scrivania.
Non si poteva pertanto indagare su quell'amministrazione comunale, sui militari dello stesso comando coinvolti in vicende omissive e neppure sul sindaco di quello stesso comune.
Anzi, questa pretesa di giustizia è valsa ai cittadini vittime e denuncianti di quella speculazione la bolla pubblica di «cittadini rancorosi» da parte del sindaco di San Lazzaro di Savena Macciantelli, autore di una forma di pubblica riprovazione nei riguardi, a questo punto, non già di chi delinque, ma di chi subisce i reati nel suo comune.
Il comando provinciale di San Lazzaro di Savena ha quindi svolto indagini sul comune di San Lazzaro di Savena attraverso i propri militari rapportandosi in maniera inadeguata, informale e senza equidistanze di legge con le persone di quella stessa amministrazione oggetto dell'inchiesta. Quello stesso comando ha ricevuto nel maggio 2010 una offerta di case equivoca ed inopportuna dal sindaco di quello stesso comune che era al centro di inchieste da parte di quel medesimo comando.
L'offerta è pervenuta al comando e ad una misteriosa cooperativa edilizia CASA, attraverso informali incontri, in previsione dell'approvazione del POC (Piano operativo comunale) in un momento storico in cui questo non esisteva, né era prossimo all'approvazione.
Il sindaco Macciantelli ha dichiarato di recente alla stampa che trattavasi di incontri regolarmente verbalizzati dai suoi uffici. Gli incontri sarebbero avvenuti in maniera informale, ma si sarebbero tradotti in circolari ufficiali da parte della Guardia di finanza, definendosi in una offerta precisa che appare assolutamente disdicevole e di inaudita gravità.
Nello stesso periodo quel comando aveva in corso attività di verifica fiscale a carico del CIPEA di Bologna e, inoltre, ivi erano pervenute denunce di cittadini sullo stesso cantiere CIPEA di San Lazzaro di Savena già dal dicembre 2009.
Il comando provinciale di San Lazzaro di Savena indagava, inoltre, dal 2008 sul comune di San Lazzaro di Savena nell'ambito del procedimento penale 5661/08. Ma non è ancora tutto: dal luglio 2010, sempre quello stesso comando, sempre incaricato dal PM Gustapane, indagava ancora sull'operato del sindaco Macciantelli a seguito di un nuovo esposto con il quale si richiedeva il sequestro sia dei contratti di appalto di cui si è detto sia di altra documentazione falsa agli atti di quell'ente.
Nell'aprile 2010 il direttore del CIPEA, Gianluca Muratori, organizzava un convegno - questo è il massimo - presso la Confartigianato con il Generale Piero Burla, comandante di quel comando provinciale. Per la cronaca, il segretario particolare del generale Piero Burla era il maresciallo Cucinotta, oggi indagato per corruzione, al quale era destinata proprio una casa del Consorzio CIPEA facente capo al cantiere oggetto dell'indagine e della segnalazione pervenuta dalla cittadinanza alla guardia di finanza.
È superfluo aggiungere che il segretario particolare di un generale sia a conoscenza di tutta la corrispondenza di un reparto, ergo delle denunce e delle informative di reato così come il proprio comandante che, nel momento in cui partecipava al convegno alla Confartigianato, era quindi perfettamente a conoscenza di ciò che andava maturando sul territorio di San Lazzaro di Savena e delle attività di verifica e investigative a carico del CIPEA.
A settembre 2010 si registrava un nuovo incontro informale tra esponenti di quel comando e il responsabile alla pianificazione territoriale del comune di San Lazzaro di Savena. Inutile ribadire che quell'ufficio, unitamente all'assessorato all'urbanistica, è preposto ai controlli urbanistici e alla verifica delle assegnazioni delle case popolari e segnatamente anche delle case di via Galletta, una delle quali proprio destinata al Cucinotta, segretario particolare del comandante del comando provinciale della guardia di finanza. I fatti non lasciano adito ad alcun dubbio. Pag. 92
Voglio rimarcare ancora la necessità che il Governo proceda ad una ispezione formale poiché è altrettanto scabroso un ulteriore dato in mio possesso relativo a nuove e sempre più inquietanti circostanze. Il comando provinciale nelle sua nota menziona una proposta di case giunta ai militari dall'immobiliare Castenaso Srl, dopo un incontro avvenuto presso il comando provinciale di Bologna per il tramite della mediazione della signora Rosa Capobianco, titolare di omonima agenzia con sede in via Spinelli n. 24 in San Lazzaro di Savena.
Orbene, posto che non risulterebbe visibile alcuna agenzia ubicata in via Spinelli n. 24, sarebbe emerso che la signora Capobianco altri non sia che la coniuge di un militare di quello stesso comando impiegato proprio nel gruppo che curava le indagini sul comune di San Lazzaro di Savena. Le circostanze danno la misura di una commistione che a questo punto oserei definire imbarazzante, come abnorme è la circostanza che vede quegli stessi militari permanere tuttora ai loro posti, senza la benché minima adozione di misure da parte del comando attuale.
Quindi, può considerarsi normale tollerare che chi omise la denuncia di abusi edilizi e fiscali, chi fruì di case senza possesso di requisiti, chi dichiarò la propria casa non idonea per aver accesso all'edilizia convenzionata smentito dalle planimetrie, chi non corrispose alcun prezzo per le superfici di giardini, mansarde e spazi condominiali, chi è formalmente indagato per corruzione svolga tuttora funzioni importanti all'interno dello stesso comando?
Concludo con un accenno alla conduzione delle indagini e al ruolo di un ente pubblico nell'ordinamento normativo italiano. L'azione penale è tuttora ritenuta obbligatoria dal nostro ordinamento ed ha un preciso fondamento costituzionale. La garanzia di legge è lo strumento che fornisce alla collettività la certezza della serena convivenza e dei diritti costituzionali. Se, come sembra, l'applicazione della legge diventa fattore discrezionale anche in costanza di risultanze investigative certe, allora si può, a giusto titolo, parlare di anomalia. È dunque catalogabile solo come anomalia inviare a mezzo posta le denunce agli indagati? È solo anomalia che un ufficiale della guardia di finanza del solito comando provinciale prepari le bozze di archiviazione in luogo del pubblico ministero titolare delle indagini?

PRESIDENTE. Onorevole Raisi, la invito a concludere.

ENZO RAISI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. È solo anomalia non effettuare un solo sequestro, disattendendo integralmente le conclusioni peritali dei propri consulenti, non sottoporre ad interrogatorio chi sottoscrive un contratto di appalto falso e lo deposita in una convenzione urbanistica?
Non mi dilungo ulteriormente, ma credo onestamente che la collega sottosegretario abbia compreso la gravità della situazione di cui stiamo parlando ed attendo serenamente la sua risposta per poi riservarmi la mia replica.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Sonia Viale, ha facoltà di rispondere.

SONIA VIALE, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, in riferimento agli ulteriori elementi richiesti dagli onorevoli interpellanti con il documento in esame, rispetto a quanto già riferito in esito all'interpellanza svolta presso quest'Aula in data 14 aprile 2011, il comando generale della guardia di finanza, sentito il comando regionale Emilia Romagna, riferisce quanto segue.
Con nota protocollo n. 49176 del 30 novembre 2009, il comune di San Lazzaro di Savena ha trasmesso via posta al comando provinciale della guardia di finanza di Bologna una segnalazione pervenuta a quella amministrazione comunale a firma di due cittadini relativa all'acquisto di un immobile ubicato in via Galletta. Tale nota è stata protocollata al n. 307053/09 del 10 dicembre 2009 e trasmessa al II gruppo Pag. 93della guardia di finanza di Bologna, per quanto di competenza, con nota n. 322136/09 del 21 dicembre 2009.
In particolare la citata segnalazione denunciava una serie di irregolarità nella gestione delle vendite di alloggi in edilizia convenzionata, di cui alla legge regionale n. 31/2002 e, inoltre, la presunta applicazione alla suddetta vendita di un prezzo maggiorato rispetto a quanto stabilito dalla convenzione tra il comune di San Lazzaro di Savena e il soggetto attuatore. Le vendite degli immobili erano affidate alla società CIPEA Holding Spa, avente sede in Bologna, a mezzo di un suo procuratore speciale dipendente della società Idroter Srl.
Nella predetta segnalazione veniva esposto che il procuratore speciale avrebbe sottoposto ai due acquirenti preventivi di vendita con prezzi maggiorati rispetto a quanto stabilito nella convenzione.
L'attività investigativa del II gruppo di Bologna si è conclusa in data 8 giugno 2010 con la denuncia per i reati di cui agli articoli 56, 81 e 317 del codice penale (concussione) del responsabile incaricato dal comune di San Lazzaro di Savena alla gestione delle vendite dell'intervento di edilizia convenzionata.
La notizia di reato veniva indirizzata all'ufficio ricezione atti della procura della Repubblica presso il tribunale di Bologna. Le attività di servizio, coordinate dal comandante del II gruppo di Bologna, sono state dirette dal comandante del nucleo operativo e svolte da numerosi militari della Guardia di finanza. Nel periodo novembre-dicembre 2009 il generale cui fanno riferimento gli interpellanti era comandante provinciale della Guardia di finanza di Bologna e non comandante del nucleo provinciale, come indicato nell'interpellanza stessa.
Per quanto riguarda il convegno citato nell'atto di sindacato ispettivo, in data 13 aprile 2010 la Confartigianato imprese di Bologna ha organizzato un convegno dal titolo «Modello di organizzazione e gestione ex decreto legislativo n. 231 del 2001 come strumento di tutela preventivo delle società». A tale convegno hanno partecipato le persone citate nell'interpellanza, tra cui lo stesso generale ivi citato, autorizzato, in qualità di relatore sul tema «l'attività di indagine della guardia di finanza finalizzata all'accertamento delle responsabilità amministrative», dal comandante regionale Emilia Romagna con nota n. 73584/10 del 19 febbraio 2010 del Centro addestramento regionale Emilia Romagna.
Il procedimento penale n. 5661 del 2008 trae origine da un esposto depositato il 3 ottobre 2007 presso la procura della Repubblica di Ancona, relativo a presunte irregolarità afferenti l'intervento edilizio effettuato dalla Cooperativa Edilcasa in San Lazzaro di Savena, consistito nella realizzazione di tredici alloggi, per i quali la stessa cooperativa, a seguito di una richiesta avanzata il 1o marzo 1995, otteneva dalla regione Emilia Romagna un finanziamento destinato a particolari categorie sociali.
L'esposto era una riedizione dei medesimi fatti già oggetto di indagini della procura della Repubblica di Bologna, culminati tutti con archiviazione e per i quali le relative indagini erano state esperite dalla sezione di polizia giudiziaria della Polizia di Stato.
All'approssimarsi della scadenza dei termini d'indagine venne fatta visionare al pubblico ministero requirente una bozza di rapporto di esito di indagini. Il pubblico ministero, dopo averla esaminata, richiese alcune integrazioni e consegnò un file contenente una sua bozza di richiesta di archiviazione con preghiera di inserirvi il rapporto esito indagini conclusivo e le integrazioni da lui richieste.
Con nota n. 0237037 del 26 ottobre 2009, il nucleo di polizia tributaria di Bologna depositava, pertanto, la richiesta bozza di archiviazione integrata con l'esito conclusivo delle indagini. La predetta nota era a firma del comandante del Gruppo tutela mercato, beni e servizi, giuste disposizioni sulla firma d'ordine emanate dal comandante del nucleo pro tempore, con foglio n. 4 datato 1o settembre 2006 e successivamente ribadite con foglio Pag. 94n. 20297 in data 26 settembre 2007, nelle quali si richiamavano le disposizioni già impartite con riferimento alla casistica in argomento dal Comando generale della Guardia di finanza al punto 3 della circolare 298000/319 del 12 settembre 1992.
Conseguentemente, nel caso di specie, il tenente colonnello a cui fanno cenno gli interpellanti risultava legittimato dalle disposizioni vigenti del comando nucleo polizia tributaria di Bologna ad inviare all'attenzione del pubblico ministero, cui fanno cenno gli interpellanti, la predetta nota. Per quanto riguarda gli incontri informali svoltisi nel maggio e nel settembre 2010 citati nell'interpellanza, si precisa che con tale espressione si è voluto intendere che gli incontri in argomento sono avvenuti privi di formalità, quali la convocazione scritta e la verbalizzazione del contenuto, fermo restando che gli stessi si sono tenuti regolarmente presso l'ufficio dell'assessore cui fanno cenno gli interpellanti nel comune di San Lazzaro di Savena. Ai citati incontri (13 maggio 2010 e 7 settembre 2010) hanno partecipato numerosi ufficiali del comando provinciale di Bologna.
L'esito di tali incontri, che hanno avuto il medesimo contenuto, è stato comunicato sia al comando regionale, per la divulgazione al Reparto TLA Emilia Romagna ed al COBAR affiancato, nonché ai reparti dipendenti dal comando provinciale con le seguenti note: n. 309474/10 del 4 agosto 2010 e n. 353082/10 del 10 settembre 2010 dirette al comando regionale Emilia Romagna; n. 312681/10 del 6 agosto 2010 e 351872/10 del 10 settembre 2010 dirette ai reparti dipendenti dal comando provinciale di Bologna.
Non sono stati effettuati sequestri di iniziativa, né eseguiti decreti di sequestro in ordine a contratti di appalto privi di riscontro fatturativo relativi a convenzioni urbanistiche del comune di San Lazzaro di Savena ad opera dei reparti dipendenti dal comando provinciale. Numerosi sono i militari della guardia di finanza che, a vario titolo, sono stati interessati agli episodi di cui è cenno nell'interpellanza, ma in via generale, poiché sono in corso indagini da parte della magistratura e anche per ragioni di privacy, non si ritiene opportuno fornire i nominativi richiesti.
Per quanto attiene la richiesta di conoscere se siano state assunte iniziative di carattere disciplinare nei confronti del pubblico ministero cui fanno cenno gli interpellanti, il competente Ministero della giustizia ha confermato gli elementi già forniti in sede di risposta all'interpellanza n. 2-01035.

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di replicare.

ENZO RAISI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario. Non me ne voglia, ma non mi ritengo soddisfatto.
Il mio intervento è stato chiaro e, anche per chi ci ascolta, è evidente l'intreccio imbarazzante di vari organi dello Stato in questa lunga vicenda che si trascina da tempo, con soggetti che ritornano e che sono coinvolti a vario titolo nelle diverse indagini: un pubblico ministero, alcuni elementi della Guardia di finanza, un sindaco.
Ho preso atto, come in precedenza, che l'unica volta che sono cambiati il magistrato ed il Corpo di indagine, ossia dalla Guardia di finanza si è passati alla Polizia di Stato, finalmente è emerso qualcosa di questo intreccio.
Prendo atto della nota imbarazzante pervenuta da parte del comando della Guardia di finanza, che comunque ringrazio perché comprendo la posizione in cui si trova anche rispetto al silenzio sui nominativi dei militari coinvolti. È evidente che mi aspettavo da parte loro, quantomeno, un atteggiamento più severo rispetto a chi ha confuso il proprio ruolo di rappresentante dell'ordine pubblico con la propria attività privata e personale.
Posso già annunciare che non mi fermerò qui, anche perché la risposta del Ministero della giustizia mi fa sorridere. In questa vicenda vi è un pubblico ministero che si è comportato in un modo che va chiarito perché egli ha deliberatamente lasciato prescrivere un'indagine portandola avanti per sette anni. Ho già detto nel Pag. 95mio intervento che un altro pubblico ministero, in pochi mesi, è arrivato a compiere accertamenti e ha, giustamente, cominciato a fare rilievi e ad emettere mandati e avvisi di garanzia.
È stato cinturato e sequestrato un cantiere che in questi giorni è stato dissequestrato. Scioccamente, il responsabile di quel cantiere ha detto che si è risolto il problema. In realtà, è stato dissequestrato perché sono stati eliminati quegli abusi che qualcuno aveva compiuto; quindi, in realtà gli abusi rimangono in piedi dal punto di vista del provvedimento giudiziario, ma sono stati eliminati perché il PM ha imposto che venissero svolti i lavori perché gli abusi venissero rimossi. Questo è l'unico motivo per cui è stato dissequestrato il cantiere. Questo era stato sequestrato per evitare che qualcuno inquinasse le prove, oggi, avendo proceduto ad eliminare quegli abusi, è stato dissequestrato.
Prendo atto, ripeto, dell'imbarazzante risposta della Guardia di finanza che, peraltro, era a conoscenza della partecipazione del generale Burla ad un convegno promosso da un presidente che era indagato per gli stessi fatti. Probabilmente chi lo ha autorizzato non era informato, ma la responsabilità è anche di chi ha partecipato a quel convegno perché tutti sapevano che era in corso questa indagine, anche perché era lo stesso Corpo della Guardia di finanza che stava indagando. Quindi, da questo punto di vista, trovo veramente incredibile quanto è accaduto. Immaginate voi se una cosa di questo genere fosse successa in altre parti d'Italia.
Credo che, ancora oggi, la risposta che avete dato non ha eliminato quei dubbi circa la sussistenza di intrecci che ho indicato chiaramente nella mia illustrazione iniziale, anche se vedo un passo in avanti. Vedo, finalmente, da parte della Guardia di finanza l'impegno a verificare effettivamente quello che è accaduto. Immagino che stiano svolgendo delle indagini interne e giustamente, lo trovo corretto, vi è una richiesta di privacy per non fornire i nomi dei militari che sono nell'occhio del ciclone, questo, però, a dimostrazione che abbiamo colpito nel segno e che effettivamente vi è da parte del Corpo un certo imbarazzo.
Ribadisco in questa sede che vi sono poche mele marce in un Corpo che stimo e per il quale nutro il massimo rispetto. Nessuna responsabilità può essere attribuita agli attuali vertici della Guardia di finanza della mia città che sono venuti dopo, che non hanno alcun tipo di relazione con la vicenda in oggetto e nei confronti dei quali nutro il massimo rispetto visto che anche loro, sicuramente, hanno già proceduto ad assumere qualche iniziativa per evitare il verificarsi di problemi accaduti in passato.
Quindi, posso solamente ringraziare gli attuali vertici per il loro atteggiamento. Certo, però, che i dati che emergono sul passato sono molto fastidiosi. Ricordo che, come ho già detto nella mia illustrazione, queste case erano destinate alla povera gente. Non è possibile che si siano fatte speculazioni su queste case e che elementi delle forze dell'ordine abbiano approfittato del loro ruolo per occupare abusivamente queste case.
Questo è il dato fondamentale a mio parere, al di là di quello che c'è stato, ovvero una copertura generale: ognuno ha cercato di coprire l'altro. C'è stato un gioco a chi copriva di più di fronte a degli abusi che sono evidenti. Pensate voi che un intero comparto edilizio è stato sanato su elementi che erano insanabili! Io non so cosa si sia inventato questo comune, tant'è che adesso sono sotto processo e sotto indagine anche elementi di quella amministrazione. Finalmente, qualche breccia si è aperta, finalmente qualcuno ha deciso che non è più il caso di tappare la pentola.
Però secondo me, anche per chi ci ascolta, non è ben chiaro lo scandalo, di cui stiamo parlando. Veramente questo è un intreccio che, forse, saremo anche abituati a vedere in altre zone di Italia, ma non certo nella mia Emilia, che è sempre stata abbastanza rigida nei controlli e nelle attenzioni di questo tipo. Purtroppo è accaduto. Ed è accaduto, perché anche Pag. 96da noi accade. Il fatto stesso - quando io feci quella nota - che era stata sequestrata un'agenzia immobiliare nello stesso comune, che, guarda caso, era di esponenti appartenenti alla 'ndrangheta, già spiega come si è abbassato anche il livello di controllo e di guardia nel nostro territorio. E questo deve essere un campanello di allarme per tutti quanti noi che viviamo al nord e nelle nostre aree.
Ecco le ragioni per cui, signor sottosegretario, signor Presidente, non posso che preannunciare che ci sarà un terzo «episodio» di questa vicenda. Ribadisco, infatti, che io da qui non faccio un passo indietro, finché non avrò chiarito la posizione di un magistrato, che deve assumersi la responsabilità per il suo comportamento. Quanto ha risposto il Ministero di giustizia, qui sì è veramente da annotare, è insufficiente, perché almeno il vostro Ministero ha cercato attraverso la guardia di finanza di dare qualche spiegazione, mentre il Ministero di giustizia ha fatto sorridere. Infatti io voglio capire: qui facciamo tutti la battaglia sulla legalità e quando tocca a un magistrato - questo è il caso tipico - tutti si nascondono. Vorrei anche capire dal Ministro di giustizia, che viene qui sempre a spiegarci che i comportamenti dei giudici e dei magistrati devono essere posti sotto controllo, come possa dare una risposta in questa sede di questo tipo. È una risposta ridicola, perché mi deve rispondere rispetto agli inquietanti interrogativi, che io ho esposto in questa sede.
Non è, infatti, che si può voler la battaglia solamente quando si parla di Berlusconi. Allora, i giudici danno fastidio solamente quando si tratta di Berlusconi. Quando invece i giudici si comportano male con la povera gente, allora non gliene frega niente a nessuno. Questo non è accettabile. Non è accettabile, perché la giustizia in questo Paese deve essere uguale per tutti. Se qualche magistrato sbaglia, quando opera nei confronti del Primo ministro, per carità, dovrà pagare nelle sedi opportune, ma deve anche pagare quando opera male nei confronti della povera gente.
Infatti qui c'è qualcuno che ha sbagliato. Quando hanno detto e spiegato che l'atto è stato prescritto, questo è avvenuto perché ci sono delle gravi responsabilità, perché qualcuno ci ha dormito sopra sette anni... sette anni. Tant'è che, quando è cambiato il magistrato, ahimè, sono partiti gli avvisi di garanzia e sono partite finalmente le indagini che dovevano essere fatte su un altro comparto, sempre di edilizia convenzionata, sempre nel medesimo territorio, però con un altro organo di polizia. Queste sono cose che non possono essere accettate e quel magistrato in qualche sede deve rispondere di questo. Non è possibile e non è pensabile che questo magistrato la passi liscia. Lo dico chiaro e tondo!
Per tale ragioni io voglio soddisfazione in questa sede, nella sede parlamentare, in nome dei cittadini di San Lazzaro - sono 500 in lista di attesa per quegli alloggi - che hanno visto violare i propri diritti. Questo «bubbone» - che da anni conoscono, tra l'altro, anche le pietre - va finalmente, una volta per tutte, riconosciuto nelle sedi opportune. Non l'hanno riconosciuto nelle sedi giudiziarie, perché hanno usato la prescrizione per nascondere la cosa. Ebbene voglio che sia riconosciuto in sede parlamentare.

(Rinvio delle interpellanze urgenti Gava n. 2-01039, Mario Pepe (IR) n. 2-01047 e Carlucci n. 2-01053)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare alle interpellanze urgenti Gava n. 2-01039, Mario Pepe (IR) n. 2-01047 e Carlucci n. 2-01053.
Avverto che su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo lo svolgimento delle interpellanze urgenti è rinviato ad altra seduta.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Pag. 97

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 3 maggio 2011, alle 11:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 25 marzo 2011, n. 26, recante misure urgenti per garantire l'ordinato svolgimento delle assemblee societarie annuali (C. 4219).
- Relatore: Fugatti.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 26 marzo 2011, n. 27, recante misure urgenti per la corresponsione di assegni una tantum al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (C. 4220-A).
- Relatori: Stasi, per la I Commissione; Cicu, per la IV Commissione.

3. - Discussione delle mozioni Franceschini n. 1-00633 e Galletti, Della Vedova, Vernetti, Lo Monte e La Malfa n. 1-00634 concernenti l'impegno italiano in Libia.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Della Vedova ed altri n. 1-00612, Rao ed altri n. 1-00614, Ferranti ed altri n. 1-00615, Costa, Lussana, Belcastro ed altri n. 1-00616, Bernardini ed altri n. 1-00617, Di Pietro ed altri n. 1-00618 e Mosella ed altri n. 1-00619 concernenti iniziative relative alla situazione delle carceri.

La seduta termina alle 16,35.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO GABRIELE TOCCAFONDI IN SEDE DI DISCUSSIONE DEL DOC. LVII, n. 4

GABRIELE TOCCAFONDI, Relatore per la maggioranza. Il documento oggi all'esame dell'aula rappresenta il primo atto del nuovo ciclo di programmazione economica e finanziaria delineato, in attuazione del cosiddetto semestre europeo, dalla legge n. 39 del 2011, di modifica della legge di contabilità e finanza pubblica.
A seguito delle modifiche introdotte alla disciplina di bilancio, il Documento di economia e finanza diviene il principale strumento della programmazione economico finanziaria, che ricomprende lo schema del Programma di stabilità e lo schema del Programma nazionale di riforma. I contenuti specifici del Documento sono articolati in tre sezioni.
La prima espone lo schema del Programma di stabilità, che contiene tutti gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea con specifico riferimento agli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.
La seconda contiene una serie di dati e informazioni volte ad individuare regole generali sull'evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche, in linea con l'esigenza, evidenziata in sede europea, di individuare forme efficaci di controllo dell'andamento della spesa pubblica.
La terza sezione reca infine, lo schema del Programma nazionale di riforma che costituisce la più rilevante novità del Documento di economia e finanza, è questo un documento strategico che definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati dalla nuova «Strategia Europa 2020». In tale ambito sono indicati: lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti; le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la Pag. 98loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità; gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività; i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.
Come si può comprendere le nuove regole del semestre europeo sono decisamente modificate. Il punto centrale resta sempre il debito da abbattere, ma i controlli e le azioni per analizzarlo, controllarlo e per diminuirlo sono modificati. La crisi internazionale che ha colpito anche 1'«Europa ci ha insegnato che le vecchie regole, le analisi, le forme di controllo adottate non sono state di aiuto per comprendere cosa stava accadendo soprattutto ad alcuni paesi europei.
Cambiano le regole quindi, diventano più stringenti, ma il semestre europeo non deve risolversi in un mero adeguamento procedurale ma incidere anche sui contenuti del dibattito politico, favorendo l'adozione di quelle decisioni, talvolta non facili, ma alle quali è legato il futuro del Paese. Nessuna regola potrà mai essere imposta totalmente. Le riforme devono essere condivise, ne deve essere compresa l'utilità soprattutto per le generazioni future. Perché quello che la crisi ci ha insegnato è che occorrono riforme strutturali per contrastare i problemi ed in particolare la riduzione del debito pubblico.
Assume a riguardo una particolare rilevanza il Programma nazionale di riforma quale strumento attuativo della strategia Europa 2020. Attraverso i programmi nazionali di riforma l'Unione europea intendere sollecitare, promuovere e facilitare l'attuazione di determinati interventi nei singoli Stati membri, senza peraltro sostituirsi in alcun modo ai Governi ed ai Parlamenti nazionali. La strategia Europa 2020, in coerenza con il principio di sussidiarietà, si limita a definire degli obiettivi, costruire degli indicatori qualitativi e promuovere lo scambio di pratiche virtuose, rimettendo agli Stati la scelta degli strumenti e delle azioni giudicati più opportuni.
È bene innanzitutto sottolineare come gli obiettivi della strategia Europea 2020 coincidano pienamente con le priorità nazionali in materia di politica economica. Ciò vale, in particolare, per le riforme strutturali volte ad accrescere la competitività e la produttività del sistema Italia. Il Programma nazionale di riforma rappresenta quindi un'importante occasione per avviare una discussione pubblica, a partire dalle sedi parlamentari, ma con l'obiettivo di coinvolgere le forze economiche e sociali e di sensibilizzare i cittadini, sulle riforme necessarie a promuovere la crescita economica nella misura necessaria ad assicurare la stabilità dei conti pubblici.
Il coinvolgimento dell'opinione pubblica appare necessario al fine di superare quelle resistenze che - va riconosciuto - hanno sino ad oggi ostacolato l'approvazione di una serie di riforme di carattere strutturale di cui pure il Paese ha estremo bisogno. Mentre, infatti, i benefìci delle riforme strutturali hanno un carattere diffuso e si manifestano solo nel medio e lungo termine, gli effetti negativi delle stesse riforme colpiscono gruppi di interesse e categorie professionali bene organizzati, ampiamente introdotti nei circuiti comunicativi ed in grado di esercitare pressioni sugli organi di decisione politica.
L'Italia ha tutto l'interesse a sollecitare l'Unione europea a procedere in questa direzione. L'Italia ha bisogno di riforme strutturali ma è anche interessata a che gli altri Paesi membri facciano la propria parte per trarne i relativi benefici. Andrebbe valutata la possibilità di proporre l'introduzione di meccanismi premiali, ad esempio in termini di fondi strutturali, al fine di accelerare l'attuazione delle riforme previste dalla strategia Europa 2020.
Tornando all'esame del Documento di economia e finanza, segnalo in primo luogo che la prima sezione del Documento dà conto dell'andamento dell'economia mondiale, che nell'ultimo scorcio del 2010 Pag. 99ha registrato un rallentamento della crescita; nel 2011 dovrebbe, invece, riscontrarsi una crescita dell'economia globale del 4 per cento ed un'espansione del commercio mondiale pari al 7,1 per cento. Per quanto riguarda l'economia italiana, il Documento di economia e finanza registra gli effetti delle incertezze che caratterizzano le prospettive economiche mondiali, determinate dal difficile contesto internazionale e dall'esaurirsi delle politiche di stimolo fiscale e monetario che hanno caratterizzato il trascorso biennio. In questo contesto, rivedendo in senso prudenziale le stime contenute nella Decisione di finanza pubblica per gli anni 2011-2013, il Documento prevede una crescita del Prodotto Interno Lordo dell'1,1 per cento per il 2011, mentre le stime riferite al triennio successivo prevedono una crescita rispettivamente dell'1,3 per cento per il 2012, dell'1,5 per cento per il 2013 e dell'1,6 per cento per il 2014.
Per quanto concerne i risultati del 2010, il Documento evidenzia come l'economia italiana sia cresciuta dell'1,3 per cento, ad un tasso analogo a quello registrato da altri Paesi europei, leggermente superiore a quanto stimato nella Decisione di finanza pubblica presentata a settembre 2010, che stimava una crescita del Prodotto Interno Lordo nella misura dell'1,2 per cento.
Il Documento di economia e finanza ipotizza inoltre una crescita dell'inflazione, dovuta principalmente alle tensioni esistenti sul mercato petrolifero, stimando un incremento del delatore dei consumi nel 2011 fino al 2,3 per cento, a fronte dell'1,5 per cento registrato nel 2010, destinato comunque a riassorbirsi nel triennio successivo, nel quale il delatore dovrebbe essere pari al 2 per cento nel 2012 e al 1,8 per cento nel 2013 e 2014.
Per quanto riguarda la finanza pubblica, la prima sezione del Documento di economia e finanza, aggiornando il quadro programmatico di finanza pubblica contenuto nella Decisione di finanza pubblica presentata lo scorso settembre, prevede in primo luogo un miglioramento dei dati relativi all'indebitamento netto per l'anno 2010, il cui rapporto rispetto al Prodotto Interno Lordo è stato pari al 4,6 per cento, a fronte del 5 per cento previsto per lo stesso anno dalla Decisione di finanza pubblica. L'indebitamento strutturale ha rappresentato, invece, il 3,5 per cento del Prodotto Interno Lordo. Nell'anno in corso, l'indebitamento strutturale sarà pari al 3 per cento del Prodotto Interno Lordo, mentre quello nominale raggiungerà il 3,9 per cento. Il percorso di miglioramento proseguirà inoltre nel prossimo triennio, al termine del quale l'indebitamento netto programmato sarà pari allo 0,2 per cento del Prodotto Interno Lordo, con un progressivo avvicinamento al raggiungimento dell'obiettivo di pareggio bilancio strutturale nel medio termine.
In particolare, nel 2012, come richiesto dalla Commissione europea per la chiusura della procedura per disavanzo eccessivo aperta contro l'Italia nel 2009, il saldo strutturale scenderà sotto la soglia del 3 per cento, attestandosi al 2,2 per cento.
Per quanto riguarda il debito pubblico, il documento prevede che nell'anno in corso il rapporto tra debito e Prodotto Interno Lordo passi dal 119 per cento nello scorso anno al 120 per cento, per poi iniziare un progressivo calo, che porta tale rapporto al 119,4 per cento nel 2012, al 116,9 per cento nel 2013 e al 112,8 per cento nel 2014, in ragione della sensibile riduzione del fabbisogno che compensa, almeno in parte, la più moderata dinamica del ciclo economico. Anche in questo caso, come rilevato tra l'altro dalla Banca d'Italia nella sua audizione, i programmi contenuti nel Documento appaiono coerenti con le nuove regole numeriche di evoluzione del debito in corso di definizione in sede europea. Infatti, considerando che le nuove regole dovrebbero avere applicazione a partire dal triennio 2013-2015, esse richiederebbero il raggiungimento di un rapporto tra debito e Prodotto Interno Lordo del 111 per cento nell'ultimo anno del triennio. Il conseguimento di tale rapporto richiederebbe una riduzione del rapporto tra debito e Prodotto Interno Lordo di poco meno di due punti percentuali rispetto a quanto programmato per l'esercizio Pag. 1002014, riduzione che appare pienamente realizzabile in base ai dati contenuti nel documento in esame.
Nel loro complesso le indicazioni contenute nel documento in ordine alle previsioni di finanza pubblica confermano l'opportunità degli orientamenti assunti in questi anni dal Governo, che ha portato avanti con coerenza una politica volta ad assicurare la stabilità e la solidità dei bilanci pubblici, che costituisce un presupposto imprescindibile per una crescita duratura ed equa.
Nel nostro Paese fra debito e crescita si confonde la causa con l'effetto. C'è l'idea che non cresciamo e quindi non ci sono avanzi per diminuire il debito. Forse la questione sta esattamente all'opposto: abbiamo un debito che non ci consente di crescere. Quindi mettere i conti in ordine è coerente affinché la crescita sia reale e duratura. Altrimenti il rischio è quello di crescere ma solo per pagare più interessi sul debito pubblico.
Venendo al Programma nazionale di riforma contenuto nel Documento di economia e finanza, ricordo che, in vista dell'avvio del semestre europeo dal gennaio 2011, l'Italia ha già presentato, lo scorso autunno, come stabilito per ciascuno Stato membro dalla Commissione europea per la fase transitoria, un progetto preliminare di Programma nazionale di riforma, in merito al quale la Commissione bilancio si è espressa con la risoluzione 8-00095 approvata il 12 novembre 2010. Tale risoluzione aveva già definito questioni essenziali, quella meridionale, quella fiscale, quella nucleare e quella legale, per favorire la crescita senza incrementare il disavanzo e nel rispetto dei vincoli di riduzione del debito pubblico, indicando una serie di riforme prioritarie in merito a: debito pubblico, per garantire stabilità all'economia, con la riforma pensionistica, il completamento del federalismo fiscale e la riforma complessiva del sistema tributario; competitività del sistema produttivo italiano con l'introduzione di zone a burocrazia «zero» nel Mezzogiorno, la revisione del modello contrattuale di lavoro e l'approvazione di una legge annuale sulla concorrenza; sistema dell'istruzione e formazione, nonché politiche inerenti al lavoro con l'attuazione di un piano triennale per il lavoro e l'incremento del tasso di occupazione delle donne e dei giovani; incentivazione della ricerca e dell'innovazione con apposite iniziative volte a favorire l'utilizzo di energie rinnovabili e le riduzioni delle emissioni, nonché un nuovo ruolo dell'energia nucleare.
Nella sua versione aggiornata, contenuta nel Documento di economia e finanza 2011, il Programma nazionale di riforma illustra gli obiettivi e le azioni di riforma tra loro integrate considerate necessarie per eliminare gli squilibri macroeconomici, potenziare la competitività del Paese, stimolare la concorrenza nel mercato dei prodotti e migliorare le condizioni del mercato del lavoro, nel quadro di una rafforzata sostenibilità delle finanze pubbliche.
Come ribadito nel Programma nazionale di riforma, i pilastri principali sui cui fondare un'azione di riforma volta a superare le principali criticità dell'economia italiana sono rinvenibili nell'attuazione del federalismo fiscale, nel riordino del sistema fiscale, nella promozione di interventi di tipo regolatorio finalizzati ad incrementare l'efficienza del sistema economico e nell'adozione di iniziative per orientare il risparmio privato verso obiettivi di politica economica.
Tali indirizzi saranno da stimolo per il tasso di crescita dell'economia, contribuendo in tal modo al processo di riduzione del debito, nonché favorire la riduzione dei divari territoriali, qualificati nel Documento come «vero problema per l'Italia», e rendere più competitive le imprese nazionali.
La Commissione europea ha analizzato le componenti del Prodotto Interno Lordo per l'Italia che contribuiscono negativamente alla crescita, sia in termini assoluti che in relazione alla media europea, evidenziando come il significativo rallentamento dell'economia italiana degli ultimi anni sia dovuto sostanzialmente alla permanenza di numerosi aspetti critici nelle Pag. 101componenti strutturali della crescita, come la persistente rigidità nel mercato del lavoro e il basso grado di competizione nel mercato dei prodotti.
Il Consiglio europeo del giugno 2010 ci dice che dobbiamo: effettuare un durevole consolidamento fiscale e la riduzione del debito pubblico; incrementare la produttività in termini di allineamento dei salari alla produttività e di riduzione delle disparità regionali; aumentare il tasso di occupazione delle donne, dei giovani e dei lavoratori anziani; aprire il mercato dei servizi e delle industrie di rete e il miglioramento dell'efficienza amministrativa; migliorare il capitale umano, attraverso il collegamento tra scuola e mercato del lavoro, nonché l'aumento della spesa privata in ricerca e sviluppo.
Le principali misure di riforma nel Programma nazionale di riforma sono raggruppate in macro-aree d'intervento: contenimento della spesa pubblica; energia e ambiente; federalismo; infrastrutture e sviluppo; innovazione e capitale umano; lavoro e pensioni; mercato dei prodotti, concorrenza ed efficienza amministrativa; sostegno alle imprese.
Per ciascuna misura viene individuato il riferimento normativo, cui segue una breve descrizione della misura stessa e l'indicazione dello stato di implementazione e avanzamento, con specifiche indicazioni anche in ordine alla tempistica di attuazione.
Queste sono riforme che consentono la crescita. Parola d'ordine di ogni intervento sul tema economico che riguarda il nostro paese. Ma occorre anche dire che la parola crescita deve necessariamente avere bisogno di risorse. Il bilancio pubblico può costituire la base per giusti interventi pubblici riferiti alla crescita solo nei limiti in cui l'economia reale crea un'effettiva disponibilità di risorse. I dati economici e finanziari del nostro paese, soprattutto negli ultimi anni, ci dicono che la situazione economica non consente l'espansione degli interventi pubblici, ma che è sempre più urgente abbattere un debito pubblico, vera e propria zavorra per il paese e la sua economia. Per decenni abbiamo speso più delle nostre possibilità con effetti negativi che stiamo pagando.
La ricchezza prima di essere distribuita va creata, la ridistribuzione di ciò che non c'è ci farà sicuramente sentire più uguali ma nel senso di più poveri, non creando per questo le maggiori eguaglianze che il nostro paese vuole raggiungere.
Per la crescita economica occorre che il pubblico sia sussidiario ovvero dia una spinta, agevoli, riconosca chi crea impresa, lavoro, ricchezza. Non serve che lo Stato sia imprenditore. Per dare una spinta alla produzione di nuova ricchezza occorre dare fiducia, materiale e ideale, a chi è in grado di produrla: la persona.
Conclusivamente, ritengo che il documento al nostro esame, pur essendo il primo redatto nella vigenza delle nuove regole nazionali ed europee, abbia ben interpretato lo spirito del semestre europeo e consentirà all'Italia di presentarsi con stime e riforme credibili, destinate ad essere implementate nei prossimi anni ma che potranno sicuramente essere oggetto di positiva valutazione da parte delle Istituzioni europee e degli altri Stati membri. Come emerso anche nel corso delle audizioni svoltesi, le previsioni contenute nel Documento di economia e finanza sono state stilate seguendo criteri estremamente prudenziali, garantendo in tal modo la credibilità del nostro Paese nei contesti europei e nei mercati internazionali. Le problematiche individuate nel Documento e le riforme indicate per farvi fronte sono il frutto di un'analisi che largamente coincide con i documenti approvati unanimemente dalla Commissione bilancio in questi mesi, mi auguro lo spirito di collaborazione possa proseguire perché è opinione di tutti che l'Italia abbia assoluto bisogno di riforme strutturali e che le riforme si fanno insieme.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO AMEDEO CICCANTI IN SEDE DI DISCUSSIONE DEL DOC. LVII, N. 4

AMEDEO CICCANTI, Relatore di minoranza. Questo Documento di economia e Pag. 102finanza è una novità che si inserisce in quel pacchetto di riforme che va sotto il nome di «Patto per l'euro» approvato dal Consiglio europeo per un maggior controllo sulla sostenibilità dei saldi di bilancio e il debito dei paesi membri, al fine di minimizzare i rischi di nuove crisi finanziarie, soprattutto nell'area euro, come è successo per la Grecia e l'Irlanda.
In tale ambito di controlli è stato istituito un procedimento di verifica (controllo preventivo), che va sotto il nome di «semestre europeo» nel quale si inserisce il Documento di economia e finanza, articolato in 3 sezioni: una, è il programma di stabilità; l'altra è il Programma nazionale di riforme; l'altra ancora, è il raccordo delle prime due.
Il programma di stabilità ha due obiettivi principali nell'indicare la strategia di riequilibrio dei conti pubblici: il primo è la correzione del disavanzo. Nel 2010 è sceso al 4,6 per cento del Prodotto Interno Lordo, ma nel triennio 2011-2014 deve scendere al pareggio sostanziale, ossia deve scendere di 4,6 punti. Tale obiettivo viene perseguito in due fasi: biennio 2011-2012 attraverso le misure inerziali definite negli anni precedenti - da ultimo con la manovra estiva del decreto-legge n. 78 del 2010 - e con una previsione di crescita del Prodotto Interno Lordo dell'1 per cento, la metà della media europea, il più basso dell'eurozona; biennio 2013-2014, con una manovra strutturale aggiuntiva di 40 miliardi, pari a 2 punti di Prodotto Interno Lordo.
Per l'intero arco di tempo non sono indicati gli effetti depressivi dei tagli di spesa lineari e di come essi incideranno sulla riduzione dei consumi interni e la bassa crescita.
Il secondo obiettivo di riequilibrio contabile è quello del rientro del debito pubblico.
Il «Patto euro» prevede l'indicizzazione della formula del Trattato di Maastricht, laddove si parla di rientro ad un «ritmo adeguato». Tale ritmo dal 2015 sarà pesato come 1/20 del debito eccedente il 60 per cento del Prodotto Interno Lordo per ogni anno in un arco di tempo di 10 anni.
Tradotto in euro, significa che dal 2015 l'Italia dovrà fare manovre da 3-4 punti di Prodotto Interno Lordo ogni anno, ossia 30-40 miliardi di euro l'anno.
Se non adempie sarà sanzionata con multe che variano da 4 a 7 miliardi l'anno.
Ci sono due azioni da compiere immediatamente con questo Documento di economia e finanza: predisporre ulteriori misure di contenimento del disavanzo agendo sulla spesa strutturale primaria, migliorando così il saldo primario; migliorare la crescita per migliorare non solo i fondamentali della ricchezza nazionale, ma anche per migliorare il rapporto con il disavanzo e il debito.
In questo Documento di economia e finanza non si fa nessuna delle due azioni!
Secondo la Corte dei Conti (non quindi l'opposizione) la riduzione del disavanzo si ottiene con un alto livello di pressione fiscale (nel 2010 è del 42,6 per cento) e una forte caduta di investimenti rispetto al livello minimo del 2010, dovuto soprattutto al blocco delle spese in conto capitale, che nelle amministrazioni pubbliche sono scese del 18 per cento.
Quindi non una riduzione del disavanzo di tipo strutturale, ma temporanea e congiunturale!
Lo dimostra l'aumento del debito pubblico cresciuto al 119 per cento nel 2010 e si prevede al 120 per cento nel 2011.
Arriviamo agli appuntamenti europei non solo impreparati ma completamente fuori linea.
Due sono le considerazioni: non siete capaci di riformare la spesa pubblica secondo criteri selettivi e vi affidate alla ragioneria anziché alla politica; oppure siete furbi, non volete fare scelte impopolari verso la vostra base elettorale, preoccupandovi più dei vostri voti che dell'Italia, rinviando la cura da cavallo e dopo le elezioni 2013.
In tutti e due i casi dimostrate di non avere una cultura di governo e di pensare solo alle vostre fortune personali. Pag. 103
Il Documento di economia e finanza oltre a focalizzare gli squilibri di bilancio, si preoccupa della crescita dei paesi europei secondo la strategia di Lisbona 2020.
Tale strategia è verificata attraverso un programma di riforme nazionali, di cui, ovviamente, se ne deve misurare l'impatto economico-finanziario nel Documento di economia e finanza. Niente di tutto questo viene fatto!
Dice la Corte dei Conti (non l'opposizione!) a pagina 10 dell'audizione del 20 aprile scorso: «... il Programma nazionale di riforma ... appare uno specchio dei limiti, degli ostacoli e delle lentezze che si frappongono ad un'effettiva e duratura ripresa delle politiche di sviluppo in Italia».
Il Programma nazionale di riforma di questo Documento di economia e finanza è infatti il completamento di azioni già intraprese Non ci sono strategie di attacco per il futuro!
Sono elencati 77 provvedimenti che incidono sulle strozzature di crescita, ma solo 41 rientrano negli interventi previsti. Di questi si prevedono risparmi stimati in 15 miliardi. L'effetto cumulato delle riforme producono una crescita del Prodotto Interno Lordo dell'1,8 per cento solo nel 2015, quindi al di sotto di quel 2 per cento che si ritiene essere il valore in grado di conciliare l'obiettivo di riduzione congiunta del disavanzo e del debito come richiesto dalle nuove regole europee.
Non si dice nulla, inoltre, di come si dovrebbe raccordare con il federalismo fiscale. L'assioma «dalle persone alle cose» con il quale si sposta il carico fiscale, non spiega il suo impatto inflazionistico sull'aumento dei prezzi di beni di largo consumo.
Un Programma nazionale di riforme che guarda indietro e per quel poco che guarda avanti è cieco, non vede cifre e fattibilità.
Che il Programma nazionale di riforme non guardi avanti non lo dice l'opposizione ma la Confindustria.
Audita nel Documento di economia e finanza lo scorso 19 aprile, dopo aver chiesto la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio indica la gravità di perdita di competitività dell'Italia in quattro indicatori: il differenziale di crescita negativo rispetto all'Europa e le economie più avanzate; l'aumento del costo del lavoro rispetto allo scorso incremento di produttività; il persistente deficit delle partite correnti dei conti con l'estero; l'export che non tiene il passo con l'aumento della domanda dei mercati di riferimento: il mondo ci chiama e noi non rispondiamo.
Di fronte a questo scenario dove tutti corrono e noi camminiamo, la Confindustria mette le dita negli occhi del Governo in questo Documento di economia e finanza denunciando: l'inadeguatezza del Titolo V della Costituzione in materia di attività produttive; il silenzio sulla riforma del sistema giudiziario, che altra cosa rispetto ai processi del Premier; l'inconsistenza di interventi in materia di infrastrutture e trasporti. La Corte dei Conti denuncia la finzione contabile del Piano di infrastrutture strategiche (PIN) del 2011-2013.
La dotazione del Piano è di 233 miliardi di cui 113 per interventi prioritari fino al 2013, ma le risorse assegnate su queste opere dal 2008 sono di appena 8,3 miliardi, non ancora distribuibili. Degli oltre 70 miliardi di opere finanziate dal CIPE dal 2001 non ci sono indicazioni di spesa ed allocazioni. Tutti spot! Delle 18 opere prioritarie della legge obiettivo sono state completate solo tre. Non ci sono le liberalizzazioni dei servizi pubblici locali. Non c'è la riforma degli ammortizzatori sociali; non c'è un disegno organico per la ricerca ed innovazione; mancano azioni chiare per la scuola e l'università; non c'è il rifinanziamento del Fondo di garanzia per il credito alle PMI; non c'è una politica organica per il Mezzogiorno.
Avete perso un'altra occasione preziosa!

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE DEL DOC. LVII, n. 4

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel corso del Pag. 1042010 l'economia mondiale ha fatto registrare un tasso di crescita del PIL del 4.8 per cento, grazie anche ad un incremento di 12 punti percentuale del commercio mondiale dopo il consistente calo del 2009. I provvedimenti che il Governo assume devono tener conto della proiezione internazionale dell'Italia ed in questo mi sembra strategico sottolineare il ruolo prezioso storicamente svolto dalle comunità italiane nel mondo sino ad oggi, ed il possibile ruolo che in prospettiva esse potranno avere in un contesto globalizzato e competitivo, dove altri Paesi vedono le proprie comunità come vere e proprie «teste di ponte» per allargare la propria influenza e volgere a proprio vantaggio il libero commercio.
Credo che per aumentare la competitività del nostro Sistema-Paese bisogna tenere in debito conto le nostre comunità italiane all'estero (4,3 milioni di italiani che vivono e lavorano fuori dal nostro Paese e 60 milioni di persone con origini italiane) dove ritroviamo il portato della cultura italiana che contribuisce al successo del made in Italy nel mondo. Sappiamo bene che il successo del made in Italy e quindi anche di una parte consistente della nostra crescita economica è legato alla capacità di valorizzare in «termini di rete» la ricchezza costituita dalle comunità italiane all'estero e con il meta brand italiano nel mondo quale incarnazione dell'immagine del vivere italiano nella percezione degli stranieri.
È necessario riqualificare gli sforzi indirizzati all'affermazione del «Sistema Italia», con le sue caratteristiche culturali, linguistiche.
Ma per fare ciò è necessaria una inversione di tendenza rispetto ai tagli continui perpetrati ai danni del ministero degli affari esteri e delle politiche per gli italiani all'estero.
Se le nostre imprese riescono a intercettare nuove aree e segmenti dei mercati internazionali da un lato, merito della capacità imprenditoriale, dall'altro esse manifestano una maggiore difficoltà di penetrazione commerciale rispetto ad altri Paesi europei nostri competitori più diretti.
Possono dunque essere propizie e fondamentali le nostre strutture associative oltre che i singoli cittadini italiani nel mondo, espressione di una Italia più ampia anche oltre i confini nazionali, che manifestano grande attaccamento all'Italia come dimostrano anche le iniziative per i festeggiamenti del 150o anniversario dell'unità.
Mentre molti Paesi, sia europei che di nuova proiezione sullo scenario internazionale, investono nella ridefinizione di nuove strategie di smart power, noi facciamo i conti con la chiusura delle nostre rappresentanze consolari all'estero e dei nostri istituti di cultura.
Il tutto mentre è iniziata una nuova battaglia per la presenza culturale nello scenario globalizzato, una battaglia che il nostro Paese non può perdere, sarebbe un grave peccato di omissione e un irreparabile errore di politica economica.
È urgentissimo adeguare le politiche industriali, della ricerca agli scenari che si sono venuti a creare con il successo commerciale delle economie dell'Asia orientale che crescono offrendo una abbondanza di lavoro, anche qualificatissimo, a basso costo, mentre si riduce ogni giorno il vantaggio competitivo dei paesi sviluppati, tra cui è l'Italia, e deve destare particolare preoccupazione l'adozione da parte della Cina di strategie di sviluppo orientate all'esportazione, andando a competere in larga misura proprio nel settore manifatturiero, sfruttando come «cavallo di Troia» commerciale proprio le comunità cinesi, come Prato insegna.
È evidente che è indispensabile e urgente, per poter ancora competere e crescere con speranze di successo, intervenire per ridurre il deficit storico italiano di ricerca e innovazione, che condiziona negativamente la crescita economica e la produttività italiane anche e soprattutto nella prospettiva della competizione globale, utilizzando in modo ottimale il sistema Italia nel suo complesso.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEGLI ARGOMENTI IN CALENDARIO

Mozione n. 1-00633 e abb. - Impegno italiano in Libia

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 9 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 20 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 3 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 24 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 23 minuti
Iniziativa Responsabile 23 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Misto: 19 minuti
Alleanza per l'Italia 6 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 4 minuti
Minoranze linguistiche 4 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione di ciascuna mozione.

Pag. 106

Mozione n. 1-00612 e abb. - Iniziative relative alla situazione delle carceri

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 9 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 20 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 3 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 24 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 23 minuti
Iniziativa Responsabile 23 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Misto: 19 minuti
Alleanza per l'Italia 6 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 4 minuti
Minoranze linguistiche 4 minuti

(*) I tempi indicati sono stati in parte utilizzati nella seduta dell'11 aprile 2011.

Pag. 107

Ddl n. 4299 - Proroga termini delega fiscale

Tempo complessivo: 12 ore, di cui:

  • discussione generale: 6 ore;
  • seguito dell'esame: 6 ore.
Discussione generale Seguito esame
Relatori 20 minuti (complessivamente) 20 minuti (complessivamente)
Governo 20 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 20 minuti
Interventi a titolo personale 55 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 55 minuti (con il limite massimo di 9 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 15 minuti 3 ore e 55 minuti
Popolo della Libertà 33 minuti 52 minuti
Partito Democratico 37 minuti 56 minuti
Lega Nord Padania 30 minuti 25 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 32 minuti 22 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 31 minuti 21 minuti
Iniziativa Responsabile 31 minuti 21 minuti
Italia dei Valori 31 minuti 19 minuti
Misto: 30 minuti 19 minuti
Alleanza per l'Italia 10 minuti 6 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 8 minuti 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 6 minuti 4 minuti
Minoranze linguistiche 6 minuti 4 minuti
Pag. 108

Ddl di ratifica nn. 4193 e abb., 4248 e 4249

Tempo complessivo: 2 ore per ciascun disegno di legge di ratifica.

Relatore 5 minuti
Governo 5 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 18 minuti (con il limite massimo di 3 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 22 minuti
Popolo della Libertà 20 minuti
Partito Democratico 18 minuti
Lega Nord Padania 9 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 7 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 7 minuti
Iniziativa Responsabile 7 minuti
Italia dei Valori 6 minuti
Misto: 8 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 2 minuti
Liberal Democratici - MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti

Pdl n. 2350 e abb. - Alleanza terapeutica, consenso informato e dichiarazioni anticipate di trattamento

Seguito dell'esame: 18 ore (*).

Relatore di maggioranza 40 minuti
Relatore di minoranza 30 minuti
Governo 40 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 1 ora e 30 minuti
Interventi a titolo personale 2 ore e 43 minuti (con il limite massimo di 28 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 11 ore e 47 minuti
Popolo della Libertà 2 ore e 48 minuti
Partito Democratico 2 ore e 36 minuti
Lega Nord Padania 1 ora e 18 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 1 ora e 6 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 1 ora e 2 minuti
Iniziativa Responsabile 1 ora e 2 minuti
Italia dei Valori 59 minuti
Misto: 56 minuti
Alleanza per l'Italia 19 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 15 minuti
Liberal Democratici - MAIE 11 minuti
Minoranze linguistiche 11 minuti

(*) I tempi indicati sono stati in parte utilizzati nella seduta del 27 aprile 2011.

Pag. 109

Ddl n. 4059-A/R - Legge comunitaria 2010

Seguito dell'esame: 8 ore (*).

Relatore 20 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 1 ora
Interventi a titolo personale 1 ora e 10 minuti (con il limite massimo di 9 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore
Popolo della Libertà 1 ora e 7 minuti
Partito Democratico 1 ora e 15 minuti
Lega Nord Padania 33 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 28 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 27 minuti
Iniziativa Responsabile 27 minuti
Italia dei Valori 25 minuti
Misto: 18 minuti
Alleanza per l'Italia 7 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 3 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti

(*) I tempi indicati sono stati in parte utilizzati nella seduta del 6 aprile 2011.

Pag. 110

Doc. LXXXVII, n. 3 - Relazione sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea nel 2009

Seguito dell'esame: 3 ore.

Relatore 10 minuti
Governo 10 minuti
Richiami al Regolamento e tempi tecnici 10 minuti
Interventi a titolo personale 29 minuti (con il limite massimo di 4 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 2 ore e 1 minuto
Popolo della Libertà 29 minuti
Partito Democratico 27 minuti
Lega Nord Padania 14 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 11 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 11 minuti
Iniziativa Responsabile 11 minuti
Italia dei Valori 10 minuti
Misto: 8 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 2 minuti
Liberal Democratici - MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti
Pag. 111

Pdl n. 1952 - Certificazione qualità edilizia residenziale

Tempo complessivo: 13 ore e 30 minuti, di cui:

  • discussione generale: 6 ore;
  • seguito dell'esame: 7 ore e 30 minuti.
Discussione generale Seguito esame
Relatore 20 minuti 20 minuti
Governo 20 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 40 minuti
Interventi a titolo personale 55 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 8 minuti (con il limite massimo di 11 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 15 minuti 4 ore e 52 minuti
Popolo della Libertà 35 minuti 1 ora e 10 minuti
Partito Democratico 35 minuti 1 ora e 5 minuti
Lega Nord Padania 31 minuti 32 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 31 minuti 27 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 31 minuti 26 minuti
Iniziativa Responsabile 31 minuti 26 minuti
Italia dei Valori 31 minuti 24 minuti
Misto: 30 minuti 22 minuti
Alleanza per l'Italia 10 minuti 8 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 8 minuti 6 minuti
Liberal Democratici - MAIE 6 minuti 4 minuti
Minoranze linguistiche 6 minuti 4 minuti
Pag. 112

Mozione n. 1-00589 e abb. - «pacchetto latte»

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora (con il limite massimo di 9 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 20 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 3 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 24 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 23 minuti
Iniziativa Responsabile 23 minuti
Italia dei Valori 21 minuti
Misto: 19 minuti
Alleanza per l'Italia 6 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 4 minuti
Minoranze linguistiche 4 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione di ciascuna mozione.

Pdl n. 3222 e abb. - Bonifica ordigni bellici

Tempo complessivo: 11 ore e 30 minuti, di cui:

  • discussione generale: 6 ore;
  • seguito dell'esame: 5 ore e 30 minuti.
Discussione generale Seguito esame
Relatori 20 minuti (complessivamente) 20 minuti (complessivamente)
Governo 20 minuti 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 15 minuti
Interventi a titolo personale 55 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 49 minuti (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 15 minuti 3 ore e 36 minuti
Popolo della Libertà 35 minuti 51 minuti
Partito Democratico 35 minuti 48 minuti
Lega Nord Padania 31 minuti 24 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 31 minuti 20 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 31 minuti 19 minuti
Iniziativa Responsabile 31 minuti 19 minuti
Italia dei Valori 31 minuti 18 minuti
Misto: 30 minuti 17 minuti
Alleanza per l'Italia 10 minuti 6 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 8 minuti 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 6 minuti 3 minuti
Minoranze linguistiche 6 minuti 3 minuti
Pag. 113

Doc. IV, n. 11 - Domanda di autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni di conversazioni nei confronti del deputato Landolfi

Tempo complessivo: 2 ore e 30 minuti (*).

Relatore 10 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 24 minuti (con il limite massimo di 4 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 46 minuti
Popolo della libertà 25 minuti
Partito Democratico 24 minuti
Lega Nord Padania 12 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 10 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 9 minuti
Iniziativa Responsabile 9 minuti
Italia dei Valori 9 minuti
Misto: 8 minuti
Alleanza per l'Italia 2 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 2 minuti
Liberal Democratici - MAIE 2 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 10 minuti per il gruppo di appartenenza del deputato interessato.

Pag. 114

Pdl n. 607-A/R e abb. - Reclutamento di militari volontari nei reparti delle truppe alpine

Seguito dell'esame: 6 ore (*).

Relatore 20 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 20 minuti
Interventi a titolo personale 54 minuti (con il limite massimo di 9 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 3 ore e 56 minuti
Popolo della Libertà 56 minuti
Partito Democratico 52 minuti
Lega Nord Padania 26 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 22 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 21 minuti
Iniziativa Responsabile 21 minuti
Italia dei Valori 20 minuti
Misto: 18 minuti
Alleanza per l'Italia 7 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 5 minuti
Liberal Democratici - MAIE 3 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti

(*) I tempi indicati sono stati in parte utilizzati nella seduta del 9 marzo 2011.

Pag. 115

Pdl cost. n. 1990-A/R e abb. - Soppressione delle province

Seguito dell'esame: 8 ore e 30 minuti (*).

Relatore 30 minuti
Governo 30 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 50 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 13 minuti (con il limite massimo di 12 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 17 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 16 minuti
Partito Democratico 1 ora e 10 minuti
Lega Nord Padania 35 minuti
Unione di Centro per il Terzo Polo 30 minuti
Futuro e Libertà per il Terzo Polo 28 minuti
Iniziativa Responsabile 28 minuti
Italia dei Valori 26 minuti
Misto: 24 minuti
Alleanza per l'Italia 8 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 6 minuti
Liberal Democratici - MAIE 5 minuti
Minoranze linguistiche 5 minuti

(*) I tempi indicati sono stati in parte utilizzati nella seduta del 18 gennaio 2011.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Doc. LVII, n. 4 - Ris. 6-80 547 546 1 274 283 263 29 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.