XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 3 maggio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 28 GIUGNO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
l'intero bacino mediterraneo è investito da una crisi politica, sociale ed economica sfociata in rivolte a carattere violento;
contro i regimi autoritari dei Paesi arabi, infatti, si sono verificati significativi moti popolari che, accesisi in Algeria, si sono tumultuosamente estesi in Tunisia e in Egitto, con la conseguente caduta e fuga del presidente Ben Ah e del presidente Mubarak, in Bahrein, nello Yemen, in Siria;
anche in Libia si sono verificate significative sollevazioni contro il regime del colonnello Gheddafi, ma in questo Paese la crisi risulta essere molto più grave; dal 15 febbraio 2011, infatti, la ribellione popolare e le risposte del regime sono sfociate in vera e propria guerra civile;
il Consiglio di sicurezza dell'Onu, in conseguenza della feroce repressione delle proteste in Libia, ha adottato all'unanimità, il 27 febbraio 2011, la risoluzione 1970/2011 con l'adozione di misure contro Muammar Gheddafi e i suoi sodali: il blocco di tutti i loro beni all'estero, il divieto di viaggio e l'embargo di vendita di armi;
tuttavia, la situazione è costantemente precipitata e la violenta reazione militare delle forze governative libiche, attraverso ripetuti bombardamenti dell'aviazione sulla popolazione civile, ha scosso la comunità internazionale che solo a questo punto, tra ritardi e indecisioni, si è mossa alla ricerca di una soluzione con la convocazione di una riunione dei Ministri degli esteri del G8 a Parigi, imperniata soprattutto sull'imposizione di una no fly zone sulla Libia;
il 17 marzo 2011 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato un'altra risoluzione, la 1973/2011, con il voto favorevole di 10 Paesi, Francia, Gran Bretagna, Usa, Bosnia, Gabon, Nigeria, Sudafrica, Portogallo, Colombia e Libano, e l'astensione di Russia, Cina, Germania, Brasile e India; la risoluzione ha autorizzato l'applicazione di una no fly zone sulla Libia e ha acconsentito alla messa in campo di «tutti i mezzi necessari» per proteggere i civili dalle forze del leader libico Muammar Gheddafi;
le Commissioni affari esteri e difesa della Camera e del Senato hanno rispettivamente approvato il 18 marzo 2011 due risoluzioni di identico contenuto che danno mandato al Governo ad agire in base alla risoluzione dell'Onu sulla Libia; le suddette risoluzioni hanno autorizzato il Governo a mettere in campo le misure necessarie a proteggere i civili e la concessione dell'uso delle basi militari in territorio italiano, in piena adesione alla risoluzione n. 1973 dell'Onu sulla Libia;
come è noto, a seguito di quanto sopra esposto è scattata l'operazione Odissey dawn (Odissea all'alba), cui partecipano al momento Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Italia e Canada;
con il passare del tempo, la comunità internazionale impegnata in questa operazione si è resa conto dell'impasse che si è determinata in quella regione, anche in ragione del fatto che è stato escluso, giustamente, qualsiasi intervento di occupazione terrestre da parte di truppe straniere;
il nostro Governo ha espresso, in tale contesto, di volta in volta posizioni diverse su come agire e su che tipo di presenza garantire per consentire il passaggio della Libia verso istituzioni democratiche;
è di pochi giorni fa, infatti, una dichiarazione del Ministro degli affari esteri Frattini il quale ha affermato che quella in atto è «una situazione difficile sul terreno ed ecco perché occorre andare

fino in fondo. Esclusa l'azione di terra, o colpiamo con singole azioni aeree i carri armati di Gheddafi o lasciamo consapevolmente e volontariamente uccidere civili a centinaia e a migliaia. Per questo non possiamo tirarci indietro, la nostra leale collaborazione con gli alleati porterà un contributo decisivo»;
in tal modo, dunque, il Governo con propria iniziativa ha deciso, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, di ampliare la natura stessa della risoluzione di maggioranza approvata il 24 marzo 2011 alla Camera dei deputati, travalicando i limiti della stessa verso un deciso coinvolgimento militare;
un voto parlamentare, alla luce della gravissima lacerazione politica interna alla maggioranza, si rende necessario anche allo scopo di verificare se il Governo disponga ancora di una propria maggioranza in politica estera,


impegna il Governo


a circoscrivere la natura e l'estensione della presenza italiana nella missione deliberata nell'ambito della risoluzione 1973/2011 dell'Onu, escludendo esplicitamente la partecipazione attiva del nostro Paese ai bombardamenti contro obiettivi sul suolo libico.
(1-00635)
«Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Di Stanislao, Borghesi, Leoluca Orlando».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
l'intero bacino mediterraneo è investito da una crisi politica, sociale ed economica sfociata in rivolte a carattere violento;
contro i regimi autoritari dei Paesi arabi, infatti, si sono verificati significativi moti popolari che, accesisi in Algeria, si sono tumultuosamente estesi in Tunisia e in Egitto, con la conseguente caduta e fuga del presidente Ben Ali e del presidente Mubarak, in Bahrein, nello Yemen, in Siria;
anche in Libia si sono verificate significative sollevazioni contro il regime del colonnello Gheddafi, ma in questo Paese la crisi risulta essere molto più grave; dal 15 febbraio 2011, infatti, la ribellione popolare e le risposte del regime sono sfociate in vera e propria guerra civile;
il Consiglio di sicurezza dell'Onu, in conseguenza della feroce repressione delle proteste in Libia, ha adottato all'unanimità, il 27 febbraio 2011, la risoluzione 1970/2011 con l'adozione di misure contro Muammar Gheddafi e i suoi sodali: il blocco di tutti i loro beni all'estero, il divieto di viaggio e l'embargo di vendita di armi;
tuttavia, la situazione è costantemente precipitata e la violenta reazione militare delle forze governative libiche, attraverso ripetuti bombardamenti dell'aviazione sulla popolazione civile, ha scosso la comunità internazionale che solo a questo punto, tra ritardi e indecisioni, si è mossa alla ricerca di una soluzione con la convocazione di una riunione dei Ministri degli esteri del G8 a Parigi, imperniata soprattutto sull'imposizione di una no fly zone sulla Libia;
il 17 marzo 2011 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato un'altra risoluzione, la 1973/2011, con il voto favorevole di 10 Paesi, Francia, Gran Bretagna, Usa, Bosnia, Gabon, Nigeria, Sudafrica, Portogallo, Colombia e Libano, e l'astensione di Russia, Cina, Germania, Brasile e India; la risoluzione ha autorizzato l'applicazione di una no fly zone sulla Libia e ha acconsentito alla messa in campo di «tutti i mezzi necessari» per proteggere i civili dalle forze del leader libico Muammar Gheddafi;
le Commissioni affari esteri e difesa della Camera e del Senato hanno rispettivamente approvato il 18 marzo 2011 due risoluzioni di identico contenuto che danno mandato al Governo ad agire in base alla risoluzione dell'Onu sulla Libia; le suddette risoluzioni hanno autorizzato il Governo a mettere in campo le misure necessarie a proteggere i civili e la concessione dell'uso delle basi militari in territorio italiano, in piena adesione alla risoluzione n. 1973 dell'Onu sulla Libia;
come è noto, a seguito di quanto sopra esposto è scattata l'operazione Odissey dawn (Odissea all'alba), cui partecipano al momento Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Italia e Canada;
con il passare del tempo, la comunità internazionale impegnata in questa operazione si è resa conto dell'impasse che si è determinata in quella regione, anche in ragione del fatto che è stato escluso, giustamente, qualsiasi intervento di occupazione terrestre da parte di truppe straniere;
il nostro Governo ha espresso, in tale contesto, di volta in volta posizioni diverse su come agire e su che tipo di presenza garantire per consentire il passaggio della Libia verso istituzioni democratiche;
è di pochi giorni fa, infatti, una dichiarazione del Ministro degli affari esteri Frattini il quale ha affermato che quella in atto è «una situazione difficile sul terreno ed ecco perché occorre andare fino in fondo. Esclusa l'azione di terra, o colpiamo con singole azioni aeree i carri armati di Gheddafi o lasciamo consapevolmente e volontariamente uccidere civili a centinaia e a migliaia. Per questo non possiamo tirarci indietro, la nostra leale collaborazione con gli alleati porterà un contributo decisivo»;
in tal modo, dunque, il Governo con propria iniziativa ha deciso, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, di ampliare la natura stessa della risoluzione di maggioranza approvata il 24 marzo 2011 alla Camera dei deputati, travalicando i limiti della stessa verso un deciso coinvolgimento militare;
un voto parlamentare, alla luce della gravissima lacerazione politica interna alla maggioranza, si rende necessario anche allo scopo di verificare se il Governo disponga ancora di una propria maggioranza in politica estera,


impegna il Governo:


a circoscrivere la natura e estensione della presenza italiana nella missione deliberata nell'ambito della risoluzione 1973/2011 dell'Onu, escludendo esplicitamente la partecipazione attiva del nostro Paese ai bombardamenti contro obiettivi sul suolo libico;
ad avviare con immediatezza una forte azione diplomatica per giungere ad una soluzione del conflitto in atto e fare avviare un serio processo di pacificazione e democratizzazione nel territorio libico.
(1-00635) (Nuova formulazione) «Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Di Stanislao, Borghesi, Leoluca Orlando».

La Camera,
considerati i contenuti della risoluzione dell'Onu 1973/2011 e della risoluzione 6-00071, approvata il 24 marzo 2011 dalla Camera dei deputati, nonché delle comunicazioni rese dal Governo alle Commissioni riunite esteri e difesa di Camera e Senato in data 27 aprile 2011;
tenuto conto dei rilevanti fenomeni migratori dalle coste del Nord Africa e della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 28 aprile 2011 nella causa C-61/11 Ppu, in relazione al reato di immigrazione clandestina;
considerato che una maggiore flessibilità operativa dei nostri velivoli, che consenta azioni mirate contro specifici obiettivi militari selezionati sul territorio libico, potrebbe determinare il rischio concreto: di nocumento anche alle popolazioni civili, di un incremento dei flussi migratori, di maggiori oneri per lo Stato italiano e di conseguente incremento della pressione fiscale per i cittadini,


impegna il Governo:


ad intraprendere immediatamente una decisa e forte azione politica sul piano internazionale finalizzata ad una soluzione, per via diplomatica, della crisi libica che ristabilisca condizioni di stabilità, pace e rispetto dei diritti umani, ponendo fine alla fase militare e ai bombardamenti;
ad escludere, per il futuro, qualunque partecipazione italiana ad azioni di terra sul suolo libico;
in accordo con le organizzazioni internazionali ed i Paesi alleati a fissare un termine temporale certo, da comunicare al Parlamento, entro cui concludere le azioni mirate contro specifici obiettivi militari selezionati sul territorio libico, di cui in premessa, che comunque debbono attuarsi nel pieno rispetto dell'articolo 11 della Costituzione ed esclusivamente come strumento di difesa rispetto ad atti ostili, reali, concreti ed attuali rivolti contro i nostri velivoli ovvero contro la popolazione civile ed in condizioni di assoluta sicurezza per la popolazione civile stessa e per i nostri operatori;
a non determinare ulteriori aumenti della pressione tributaria finalizzati al finanziamento della missione in questione;
a dare esecuzione al piano di razionalizzazione delle missioni già in corso, da attuarsi, in accordo con le organizzazioni

internazionali e i Paesi alleati, attraverso una graduale e concordata riduzione degli impegni del nostro Paese;
ad intraprendere ogni iniziativa finalizzata al superamento delle criticità conseguenti alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea di cui in premessa;
a confermare gli impegni internazionali dell'Italia e a dare piena attuazione alla risoluzione n. 6-00071 di cui in premessa, promuovendo il reale concorso di tutti i Paesi alleati rispetto alle ondate migratorie in essere, all'asilo dei profughi e al contrasto dell'immigrazione irregolare.
(1-00636)
«Reguzzoni, Cicchitto, Sardelli».

La Camera,
premesso che:
il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha approvato nelle settimane scorse due risoluzioni ai sensi del capitolo VII della Carta dell'Onu per condannare e porre fine alla repressione violenta da parte delle forze militari del Governo libico nei confronti dei movimenti di opposizione che chiedevano riforme democratiche e la fine di un regime dittatoriale al potere da oltre 40 anni;
l'adozione di tali risoluzioni rappresenta un'importante attuazione del principio della responsabilità di proteggere le popolazioni civili, adottato all'unanimità dal summit Onu del 2005;
analoghe condanne nei confronti del Governo libico sono giunte anche dalla Lega araba e dall'Unione africana;
tale repressione è avvenuta su larga scala ed è stata, ed è tuttora, tale da poter configurare la commissione di crimini contro l'umanità ai sensi del diritto internazionale;
fonti del Dipartimento di Stato americano parlano di un numero di vittime civili tra le 10.000 e le 30.000, in particolare nella città di Misurata che è da oltre un mese sotto assedio;
con la prima risoluzione, la n. 1970, il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha, tra l'altro, imposto sanzioni personali ed economiche nei confronti degli esponenti del Governo libico responsabili delle violenze nei confronti dei civili, e ha dato mandato alla Corte penale internazionale di indagare sui crimini commessi in Libia, in particolare ai danni della popolazione civile;
a seguito del mancato rispetto della risoluzione n. 1970 da parte delle autorità libiche, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha, tra l'altro, autorizzato con la seconda risoluzione, la n. 1973, gli Stati membri dell'Onu a prendere tutte le misure necessarie «per proteggere i civili e le aree popolate da civili sotto minaccia di attacco in Libia», inclusa l'attuazione di una no fly zone;
con l'adozione di tale risoluzione e con il successivo intervento armato di una serie di Paesi membri della Nato - anche in collaborazione con le forze armate italiane e con l'uso delle basi militari situate nel territorio italiano - è stato possibile fermare l'avanzata verso est delle forze armate libiche che erano giunte alla periferia della città di Bengasi, sede del Consiglio nazionale libico, istituito per dare rappresentanza all'opposizione al regime libico;
il Parlamento italiano, con la risoluzione n. 6-00072 ha già impegnato il Governo a dare attuazione ai contenuti delle risoluzioni n. 1970 e n. 1973 del Consiglio di sicurezza, inclusa quindi la possibilità di attacchi armati per via aerea;
il Governo libico ha fatto e sta facendo ampio uso dei mezzi di informazione per attività di propaganda e per fomentare la violenza contro i civili libici che si oppongono al suo regime;
nella conduzione dell'intervento militare occorre garantire la massima protezione della popolazione civile libica e

prevederne una costante e puntuale informazione sugli obiettivi dello stesso nelle zone controllate dal regime, anche mettendo fuori uso gli strumenti di propaganda mediatica utilizzati da Gheddafi e dalle autorità libiche;
in Libia vivono decine di migliaia di profughi provenienti da tutta l'Africa che stanno soffrendo una gravissima crisi umanitaria e che mettono a rischio la loro vita cercando di attraversare il canale di Sicilia pur di fuggire al conflitto;
i finanziamenti alla cooperazione civile internazionale sono stati tagliati radicalmente in questa legislatura passando dai 732 milioni di euro del 2008 ai 176 milioni di euro del 2011, riducendo drasticamente le possibilità di intervento a sostegno di attività di formazione democratica e dello stato di diritto nei Paesi in via di sviluppo;
il rapporto sui diritti umani nel mondo approvato dal Parlamento europeo nel 2008, nel quale si afferma che esso «considera la difesa non violenta dei diritti dell'uomo lo strumento più adeguato per il pieno godimento, l'affermazione, la promozione, il rispetto dei diritti dell'uomo fondamentali» è rimasto inattuato e non sono attualmente previsti programmi di cooperazione internazionale italiana a favore della difesa nonviolenta dei diritti dell'uomo,


impegna il Governo:


a garantire la piena attuazione delle risoluzioni n. 1970 e n. 1973 del 2011 del Consiglio di sicurezza dell'Onu;
a prevedere misure di sostegno straordinario, nell'ambito della cooperazione civile e in coordinamento con gli altri Paesi alleati a partire dall'Unione europea, per garantire la piena informazione attraverso tutti i mezzi di comunicazione - anche delle zone della Libia controllate dalle autorità di Gheddafi - sulla natura di quel regime, sui crimini da esso commessi e sugli obiettivi di promozione della democrazia e dei diritti umani dell'intervento della Nato, anche mettendo fuori uso le strutture di propaganda mediatica utilizzate dalle autorità libiche;
a prevedere, di concerto con l'Unione europea, interventi umanitari anche in Libia, oltre a quelli in corso in Tunisia, per la protezione dei profughi e dei richiedenti asilo, in modo da garantirne la protezione;
a predisporre un piano di rilancio straordinario della cooperazione civile internazionale, anche con iniziative da prendersi in sede di Consiglio europeo, attraverso l'individuazione di programmi e progetti per dare concreta attuazione al concetto della «difesa non violenta dei diritti dell'uomo e della democrazia» approvato dal Parlamento europeo nel 2008, in Libia e in tutto il Medio oriente.
(1-00637)
«Mecacci, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Maurizio Turco, Zamparutti, Touadi, Gozi, Sarubbi, Colombo, Melandri, De Pasquale, Duilio, Zampa».

Risoluzioni in Commissione:

La VIII Commissione,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, modificato dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 125 del 2010, convertito dalla legge n. 163 del 2010, prevede l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali gestiti direttamente dall'Anas s.p.a., a far data dal 1o maggio 2011, previa adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che dovrà definire le tratte ed i raccordi autostradali da pedaggiare;
le tratte autostradali ed i raccordi autostradali che saranno soggetti alla maggiorazione tariffaria sono stati già individuati nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 giugno 2010 e sono: A90 grande raccordo anulare, A91 Roma-aeroporto

Fiumicino; A3 Salemo-Reggio Calabria; A18 diramazione di Catania; e RA 15 tangenziale ovest di Catania; A19 Palermo-Catania; RA2 raccordo autostradale Salerno-Avellino; RA3 Siena-Firenze; RA 6 Bettolle-Perugia; Ra 8 Ferrara-Porto Garibaldi; Ra 9 di Benevento; RA 10 Torino-Aeroporto di Caselle; Ra 11 Ascoli-Porto d'Ascoli; RA 12 Chieti-Pescara; RA 13 raccordo autostradale A/4 - Trieste - 14 diramazione per Fernetti; raccordo Sicignano-Potenza;
ferma restando l'esigenza del Governo di incrementare le risorse disponibili ai fini della manutenzione ordinaria e straordinaria nonché della messa in sicurezza della rete viaria esistente, l'imposizione del pedaggio sulla Torino-Aeroporto di Caselle è sbagliato e ingiustificato ed è soprattutto penalizzante per la popolazione residente, a causa delle particolari condizioni del tessuto urbanizzato locale;
la zona presenta un forte sviluppo industriale ed è frequentata soprattutto da pendolari che si spostano quotidianamente per esigenze di vita e di lavoro e pertanto l'imposizione del pedaggio si configura come una tassa iniqua a carico della popolazione e delle aziende locali;
la situazione si rende ancora più difficile poiché la rete stradale alternativa non è funzionale ed idonea a garantire collegamenti rapidi e agevoli e pertanto l'imposizione del pedaggio sulla Torino-Caselle creerà ingorghi e inquinamento atmosferico ed acustico sulle strade locali,


impegna il Governo:


ad adottare le opportune iniziative al fine di escludere dal pedaggiamento la tratta Torino-aeroporto di Caselle o, in subordine, a prevedere comunque la possibilità di escludere da ogni forma di pedaggio i cittadini residenti e le imprese e lavoratori presenti sul territorio;
nell'ambito delle risorse rinvenibili dai pedaggiamenti, ad assicurare l'utilizzo delle risorse occorrenti per la manutenzione ordinaria e straordinaria della tratta Torino-aeroporto di Caselle.
(7-00580) «Togni, Esposito, Allasia».

La X Commissione,
premesso che:
la direttiva 2006/123 CE, in materia di servizi del mercato interno meglio nota come «direttiva Bolkestein», reca disposizioni miranti a regolamentare la libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri e la libertà di stabilimento delle attività economiche di servizi;
il suindicato provvedimento, recepito definitivamente dall'ordinamento italiano con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, si configura come una direttiva-quadro, che dispone norme di portata generale nonché princìpi operativi, riconoscendo ai singoli Stati membri le modalità nonché i tempi di applicazione degli stessi;
in particolare, le disposizioni in oggetto con l'obiettivo di salvaguardare l'impatto del commercio ambulante sulle aree pubbliche, introducono significativi limiti all'eccesso e all'operatività nel settore, basato sul principio della disponibilità di suolo pubblico destinata dagli strumenti urbanistici all'esercizio dell'attività stessa;
all'articolo 16 il provvedimento irrigidisce il sistema autorizzatorio, in particolare al comma 4 non viene riconosciuta la dinamica di proroga automatica ai titoli autorizzatori scaduti, creando delle oggettive difficoltà operative agli oltre 160.000 operatori ambulanti e microimprese operanti nel settore;
l'articolo suindicato, però interviene su una disciplina già ampiamente regolamentata, introducendo un ulteriore limite al numero delle concessioni di posteggio utilizzabili sullo stesso mercato o fiera;

in particolare, emergerebbero criticità conseguenti all'equiparazione tra la nozione di «risorse naturali», citata dal suindicato articolo, e «posteggi in aree di mercato», tali da compromettere le possibilità e l'operatività degli operatori del commercio ambulante. Infatti il decreto interpreta il suolo pubblico concesso per l'esercizio dell'attività di commercio su aree pubbliche, come rientrante nella nozione di «risorse naturali»;
alle suindicate criticità si aggiungono ulteriori relative al portato dell'articolo 70, comma 1, del medesimo provvedimento, in materia di riconoscimento di titoli autorizzatori alle società di capitali operanti nel settore del commercio ambulante;
fino all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010, la normativa italiana in materia riconosceva specifiche forme di tutela alle piccole imprese a conduzione familiare, riservando il settore del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche, alle imprese individuali e alle società di persone, evitando in tal modo una oggettiva quanto deprecabile sperequazione - finanziaria, fiscale ed operativa - tra operatori del medesimo settore;
nel marzo 2010, in occasione dell'esame parlamentare dello schema di decreto legislativo sopra richiamato, attualmente in vigore, le commissioni competenti avevano sollevato alcune perplessità in merito all'interpretazione estensiva del citato articolo 16;
inoltre la Commissione X unitamente alla Commissione giustizia, in quella occasione aveva evidenziato le conseguenti possibili difficoltà nell'ambito del commercio su aree pubbliche, con potenziali distorsioni a causa dell'ingresso delle società di capitali nel settore;
le disposizioni in materia di regolamentazione del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche introdotte dalla direttiva suindicata, creano un impasse normativa rispetto a quanto già sancito dalla normativa nazionale e regionale in materia, segnatamente sul versante della tutela delle piccole imprese, della chiarezza delle procedure operative e autorizzative e del rapporto con gli enti locali;
negli ultimi mesi si sono moltiplicate le manifestazioni di protesta degli operatori del settore, segnatamente nella regione Piemonte, dove il numero dei commercianti su suolo pubblico sono circa 12.000 e dove il commercio ambulante alimenta un indotto di circa 50.000 lavoratori;
malgrado il coinvolgimento nonché l'interessamento delle istituzioni, sia locali che nazionali, ad oggi non vi è stata alcuna proposta di rettifica della normativa suindicata che possa alleviare il carattere paradossalmente stringente delle disposizioni in materia di commercio su aree pubbliche,


impegna il Governo:


ad assumere le necessarie iniziative dirette a modificare l'articolo 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010, riconoscendo l'estraneità della categoria dei commercianti su area pubblica alle disposizioni della direttiva europea, salvaguardando come parametri di riferimento per il rilascio ed il rinnovo delle concessioni per l'esercizio delle attività di commercio al dettaglio su suolo pubblico, i criteri riconosciuti dalla normativa nazionale e regionale vigenti prima dell'entrata in vigore della suindicata normativa;
ad assumere le necessarie iniziative dirette a modificare l'articolo 70 del decreto legislativo n. 59 del 2010 al fine di prevedere che l'attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche sia riservata esclusivamente alle imprese individuali e alle società di persone.
(7-00581) «Raisi, Di Biagio».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale, per sapere - premesso che:
in data 12 settembre 1997 (quasi 14 anni fa) è stato dichiarato lo stato di emergenza e il 1o ottobre 1997 è stata diramata la prima ordinanza per l'emergenza nel territorio della regione Calabria nel settore dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi, della bonifica e del risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinanti, nonché in materia di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione;
dal 1997 in poi con il carattere della continuità lo stato di emergenza del settore per la regione Calabria è stato prorogato, da ultimo ancora nel febbraio 2011, e la figura del commissario è stata affidata inizialmente ai presidenti pro tempore della regione e alternativamente a prefetti, oggi all'ex generale della Guardia di finanza, Graziano Melandri;
dal 1997 sono state diramate una serie interminabile di ordinanze e circolari da parte del Ministero, dei commissari delegati, dei sub-commissari, con l'unico risultato che a distanza di 14 anni permane lo stato di insostenibile emergenza nella regione Calabria: 696 siti inquinati, riciclo in tilt, le strade del territorio colme di rifiuti, poca differenziata, progetti a metà, isole ecologiche solo sulla carta;
in poco meno di 14 anni sono arrivati in Calabria per l'emergenza ben 2 miliardi di euro che non è dato conoscere come siano stati spesi, considerato che la raccolta differenziata dei rifiuti oscilla tra il 13 per cento e il 14 per cento; il piano regionale delle discariche, previsto con ordinanza n. 2100 del 2 dicembre 2002, per «abbancare» la spazzatura fino al 2018, è inesistente, alla luce dell'emergenza rifiuti che, negli ultimi mesi, si registra in Calabria;
dal 1998 sono stati, invece, creati una moltitudine di comitati tecnico-scientifici di vario tipo; vi sono state progettazioni elefantiache di impianti rimaste sulla carta; si registrano 11 società miste pubblico-privato da affiancare alle tre esistenti 14 presidenti di consigli di amministrazione; 14 amministratori delegati, 14 direttori generali, 52 direttori di sezione, 98 impiegati vari, 2.800 operatori ecologici;
nonostante l'ampia serie di poteri conferiti al commissario delegato, la Calabria non ha visto, ad oggi, l'attuazione dei necessari interventi di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi-urbani ed assimilabili, ma anzi ha registrato un piano regionale dei rifiuti, a avviso dell'interpellante, assolutamente fallimentare e nefasto;
nel febbraio 2007 il commissario delegato, prefetto Antonio Ruggiero, ha fatto un drammatico resoconto della situazione durante un'audizione in Commissione parlamentare d'inchiesta sull'emergenza ambientale;
dal citato resoconto è emersa una pesante situazione debitoria, la mancanza di un reale bilancio, l'erogazione di centinaia di migliaia di euro ad avvocati amici, l'inutilizzabilità del programma di elaborazione dei dati contabili fallimento delle politiche nel ciclo dei rifiuti, la presenza alle dipendenze dell'ufficio del commissario di 64 dipendenti più 41 persone «fantasma» assunte con contratti stipulati da dirigenti del Ministero dell'ambiente, la mancanza di allegati o atti che avrebbe dovuto produrre il servizio di controllo interno e dei verbali della verifica amministrativa e contabile;

sia la relazione del prefetto Ruggiero che quella di altri prefetti delegati, nonché le numerose interrogazioni parlamentari e le relazioni della Corte dei conti, alle quali si sono aggiunte specifiche denunzie, sono state oggetto di inchieste avviate dalle forze dell'ordine e dalla magistratura calabrese e che tuttavia inspiegabilmente non hanno ancora portato a risultanze giudiziarie, così come sta avvenendo con il processo «Poseidone», che vede diversi imputati, ma che per cavilli vari da anni non viene definito;
all'interpellante appare, altresì, inspiegabile la costante decretazione di proroga per l'emergenza ambientale in Calabria, a fronte sia dell'inutilità alla soluzione dello stato di crisi, sia della dichiarazione rilasciata il 13 giugno 2008 dall'allora sottosegretario di Stato, Guido Bertolaso, «la Calabria può rientrare in pieno nella gestione ordinaria...»;
in questi ultimi mesi in Calabria è divenuto davvero allarmante e pericoloso il problema della raccolta dei rifiuti, non vi è territorio delle 5 province che non risulti invaso e pieno di quelle che possono essere definite «discariche a cielo aperto»;
la mancanza di discariche appropriate alla necessità calabrese, la chiusura delle 409 piccole discariche comunali, tante quanti sono i comuni calabresi, in conformità al decreto «Ronchi», la pressoché inesistente raccolta differenziata, un poco credibile piano regionale dei rifiuti che prevede il raddoppio dell'unico termovalorizzatore di Gioia Tauro e solo uno studio per individuare un ulteriore impianto che possa servire l'area nord della regione, stanno facendo diventare la Calabria, una regione in condizioni decisamente peggiori di quelle vissute dalla città di Napoli per i rifiuti;
la discarica di Pianopoli (Catanzaro), privata e la più grande della Calabria, è costretta spesso a funzionare a ritmi ridotti, anche per la presenza di camion con materiale radioattivo; così come la struttura di Alli a Catanzaro, interessata da una frana che ha coinvolto un intero costone, cosa che ha provocato anche una fuoriuscita di liquido nonché la discarica di San Giovanni in Fiore (Cosenza) e quella di Ponticelli (Crotone) che rischiano di essere dichiarate esaurite; la provincia di Vibo Valentia risulta priva di discariche: va di conseguenza che non potendo conferire i rifiuti alle discariche, il problema è di reale crisi;
la situazione risulta, altresì, delicata nella Locride (Reggio Calabria) a causa dei lavori di ampliamento della discarica di Casignana ed ancor di più nella piana di Gioia Tauro dove da circa un mese i comuni di Gioia Tauro e Taurianova sono in vera emergenza e dove è posta a rischio anche la salute dei cittadini;
tra Gioia Tauro e Taurianova, secondo alcune stime, ci sarebbero oltre 200 tonnellate di rifiuti nelle strade e la società Piana Ambiente che si occupa della raccolta dei rifiuti in undici comuni della zona è spesso impossibilitata a scaricare a Pianopoli e Casignana le tonnellate di rifiuti raccolte;
non è di poco conto che la piana di Gioia Tauro ha, in prossimità della città ed a poca distanza dal porto, l'unico termovalorizzatore utilizzato per il trasferimento dei rifiuti dell'intera Calabria, preselezionati in CDR e per il quale è stata avviata la costruzione del raddoppio, senza la concessione del terreno da parte del comune e senza le relative valutazioni dell'impatto ambientale riferite alle maggiori potenzialità;
tra l'altro nella piana di Gioia Tauro è previsto anche il raddoppio dell'elettrodotto Sorgente-Rizziconi, la cui condotta è ad altissima potenza elettrica (380 kilowatt);
allarmante è divenuta in quella parte del territorio calabrese l'incidenza di numerose patologie neoplastiche per cui occorrerebbero adeguate attività di monitoraggio della qualità dell'aria e dell'immissione di fumi in atmosfera, nonché di valori di campo elettromagnetico presenti nell'area in questione;

dalle relazioni della Commissione parlamentare d'inchiesta sui rifiuti in Calabria emerge un quadro estremamente critico e pieno di «zone d'ombra»; gran parte dei fondi comunitari destinati agli impianti non sono stati spesi; risultano «penetrazioni» della 'ndrangheta nel settore, soprattutto in quello del trasporto;
la Società Tee (Termo energia Calabria) Veolia che gestisce ed è aggiudicataria per il raddoppio del termovalorizzatore di Gioia Tauro è subentrata, nel 2000, in circostanze mai chiarite, ad un raggruppamento temporaneo d'imprese, e nel 2003 grazie ad un atto di sottomissione e ad una perizia di variante venne ridefinita con finanziamenti pubblici per far fronte ad una riduzione di tariffa, che era richiesta come compensazione ambientale per la popolazione della piana di Gioia Tauro;
l'attuale commissario per l'emergenza ambientale in Calabria si limita a dichiarare: «Il sistema rifiuti della Calabria è miseramente fallito», ma così come fatto dai presidenti di regione, compreso l'attuale che ha avuto l'incarico per diversi mesi, non vengono impartite chiare attività di programmazione per far uscire la regione dalla situazione emergenziale -:
se, alla luce di quella che all'interpellante appare una assoluta inidoneità delle nomine di commissari vari, non si ritenga revocare anche l'odierna nomina;
se non ritengano necessario ed urgente monitorare i risultati conseguiti in Calabria con 14 anni di commissariamento per l'emergenza ambientale;
se non ritengano di dover fornire elementi su come sono stati spesi gli ingenti finanziamenti piovuti in Calabria negli ultimi 14 anni per l'emergenza ambientale;
quali urgenti iniziative intendano attuare per garantire la definizione dello stato emergenziale ambientale e l'attuale situazione di paralisi e netta crisi del settore in Calabria.
(2-01067) «Angela Napoli».

Interrogazione a risposta in Commissione:

CAVALLARO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
ne Il Resto del carlino del 24 aprile 2011, cronaca di Macerata, pagina di Civitanova Marche e su altra stampa locale è stata pubblicata la notizia, non smentita dall'interessata, che l'onorevole Stefania Craxi, Sottosegretario di Stato agli affari esteri, nel corso di un incontro pubblico tenutosi in Civitanova Marche il 21 aprile 2011, avrebbe dichiarato che la sinistra governa le Marche come la mafia e la camorra governano il Sud o espressione più o meno simile e dall'inequivocabile significato;
tale espressione ha suscitato sdegno e sgomento negli amministratori regionali e locali marchigiani, il cui rispetto per la legalità e la dignità della funzione è al di sopra di ogni sospetto e che da sempre hanno affrontato prove difficili nel più rigoroso rispetto della legge, combattendo la criminalità organizzata ed ogni sua infiltrazione nel territorio regionale -:
se le parole del Sottosegretario di Stato Stefania Craxi siano un'iniziativa personale o siano frutto di indicazioni che provengono dal Governo e, nel primo caso, se e quali iniziative il Ministro intenda assumere nei confronti del Sottosegretario per censurarne le infondate ed ingiuriose affermazioni sopra riportate.
(5-04698)

Interrogazioni a risposta scritta:

BOFFA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 19 del decreto-legge n. 78 del 2010 prevedeva, al comma 8, che «entro il 31 dicembre 2010 i titolari di diritti reali sugli immobili che non risultano

dichiarati in Catasto individuati secondo le procedure previste dall'articolo 2, comma 36, del decreto-legge n. 262 del 2006, sono tenuti a procedere alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento catastale. L'Agenzia del Territorio, successivamente alla registrazione degli atti di aggiornamento presentati, rende disponibili ai Comuni le dichiarazioni di accatastamento per i controlli di conformità urbanistico-edilizia, attraverso il Portale per i Comuni;
al comma 9 si prevedeva che «entro il medesimo termine del 31 dicembre 2010 i titolari di diritti reali sugli immobili oggetto di interventi edilizi che abbiano determinato una variazione di consistenza ovvero di destinazione non dichiarata in Catasto, sono tenuti a procedere alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento catastale»;
al comma 10 si stabiliva che «se i titolari di diritti reali sugli immobili non provvedono a presentare ai sensi del comma 8 le dichiarazioni di aggiornamento catastale entro il termine del 31 dicembre 2010, l'Agenzia del Territorio, nelle more dell'iscrizione in Catasto attraverso la predisposizione delle dichiarazioni redatte in conformità al decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701, procede all'attribuzione di una rendita presunta, da iscrivere transitoriamente in Catasto, anche sulla base degli elementi tecnici forniti dai Comuni. Per tali operazioni l'Agenzia del Territorio può stipulare apposite convenzioni con gli Organismi rappresentativi delle categorie professionali»;
al comma 11, si prevedeva altresì che «se i titolari di diritti reali sugli immobili non provvedono a presentare ai sensi del comma 9 le dichiarazioni di aggiornamento catastale entro il termine del 31 dicembre 2010, l'Agenzia del Territorio procede agli accertamenti di competenza anche con la collaborazione dei Comuni»;
il decreto «Milleproroghe» ha introdotto una proroga al 30 aprile 2011 dei termini fissati dal citato decreto-legge n. 78 del 2010 per presentare la sanatoria catastale;
l'evoluzione contemporanea della normativa catastale ha tracciato nuovi percorsi per i professionisti chiamati ad operare sempre più significativamente sulla relativa banca dati con necessari approfondimenti di problematiche tecniche, operative ed organizzative con gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio;
ad oggi, nonostante gli sforzi profusi, permangono notevoli situazioni di criticità scaturenti soprattutto da una banca dati ancora carente;
allo stato attuale detta situazione è ulteriormente aggravata dalla non sempre corretta rappresentazione e/o addirittura cancellazione sulla cartografia catastale degli aggiornamenti soprattutto recenti;
non sono da considerarsi affatto trascurabili le contratture conseguenti al massiccio afflusso quotidiano di pratiche e alla loro limitata evasione giornaliera nonostante gli sforzi, sicuramente apprezzabili, da parte degli ufficiali provinciali;
quanto sinteticamente espresso, determina, oltre ad un maggiore impegno professionale nell'evasione degli incarichi, una significativa dilatazione dei tempi che, in ragione della scadenza ulteriormente fissata al 30 aprile 2011 per l'iscrizione in catasto dei fabbricati ai sensi dell'articolo 19 del decreto-legge n. 78 del 2010, comporta una sostenuta difficoltà da parte dei tecnici professionisti, col conseguente e inevitabile disagio da parte della utenza -:
se non si ritenga opportuno assumere iniziative volte a prevedere una ulteriore e definitiva proroga dei termini fissati dal decreto-legge n. 78 del 2010 al fine di consentire un'effettiva regolarizzazione di quanto disposto dalle normative citate in premessa ed evitare ai contribuenti oneri e spese derivanti dalla mancata ottemperanza di quanto previsto dal provvedimento in questione.
(4-11771)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il presidente nazionale dell'associazione Avvocati matrimonialisti italiani sostiene che sono almeno ottomila le coppie italiane che negli ultimi anni hanno ottenuto il divorzio all'estero; per ottenerlo è sufficiente affittare un appartamento, chiedere la residenza e - subito dopo - il divorzio. Dopo solo qualche mese, ottenuta la rescissione del vincolo, si torna a casa e lo Stato italiano deve limitarsi a trascriverla;
una proposta per consentire il divorzio «breve» quantomeno per le coppie senza figli e disposte a presentare una richiesta consensuale (e che intendeva ridurre a un anno il periodo di «separazione»), fu portata in assemblea già nel 2003, e bocciata dalla maggioranza filo-cattolica;
come fu per la legge n. 898 nel 1970, che introdusse il divorzio nell'ordinamento giuridico italiano, le posizioni degli antidivorzisti (in questo caso degli oppositori del divorzio breve), difendono la famiglia ostacolandone il più possibile lo scioglimento. Come, per usare una metafora, se si volesse indurre qualcuno ad amare i fiori, obbligandolo a vivere la sua vita rinchiuso in una serra;
le istanze dei conservatori, lo dice la parola, tendono a conservare. Ma nel caso del divorzio, così come in quello della fecondazione eterologa, c'è un elemento che è spesso sottovalutato, la maggior disponibilità di mezzi di trasporto a basso costo per recarsi all'estero per la maggior parte degli italiani;
per ottenere il divorzio breve, è possibile recarsi in vicini Paesi europei, come la Spagna o la Gran Bretagna;
analogamente esiste il fenomeno del «turismo procreativo». Una coppia sterile, desiderosa di avere un figlio può recarsi in Grecia, Turchia, Malta, Spagna e altri, per ricorrere alla fecondazione eterologa;
si riporta l'attenzione su questi 2 gravi casi tipici, pregni di contraddizioni;
per quanto riguarda i contenuti, l'atteggiamento di chi semplicemente ostacola l'evoluzione della società, la sua pluralizzazione e diversificazione interna è destinato, in prospettiva, alla minorità politica, sociale e culturale;
occorrerebbe invece entrare nel merito. Occorrerebbe cioè sostenere lo sviluppo culturale, ricostituire un dibattito sui dilemmi etici impliciti in questa evoluzione e contribuire alla costruzione condivisa di risposte laiche ed eque;
per quanto riguarda gli effetti, la tendenza al «viaggio della speranza» è causa di una crescente sperequazione sociale. Gli oppositori oltranzisti non si preoccupano del fatto che l'impossibilità di ricorrere a determinate soluzioni in Italia porta chi può permetterselo a cercare soluzioni altrove. Tutti quelli che non possono permetterselo, perché mancano loro le risorse emotive ed economiche, diventano automaticamente cittadini di «serie B», privi di «pari diritti» rispetto ai più «abbienti», con grave violazione dell'articolo 3 della Costituzione;
la preoccupazione maggiore che un Governo dovrebbe porsi è di consentire ai membri della società che governano la piena espressione di sé. La stessa libertà che è consentita nel decidere di sposarsi deve essere concessa nel momento in cui si decide - con la medesima responsabilità - di revocare quella scelta. D'altronde, se si interpretasse davvero la questione in questo senso, ci si troverebbe di fronte all'annosa questione del perché il diritto al matrimonio sia negato agli omosessuali -:
quali iniziative gravi ed urgenti intendano porre in essere per garantire la massima conoscibilità delle istanze contrapposte sugli argomenti suddetti, garantendo ai

cittadini l'informazione più ampia e completa al fine di rendere trasparente, leale, laico, il dibattito sui temi sopra evocati.
(4-11777)

BRIGUGLIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a seguito degli eventi alluvionali che si sono verificati nella riviera ionica della provincia di Messina, la strada statale 114, all'altezza del Capo S. Alessio, a causa di una frana è interrotta da alcune settimane;
tale situazione provoca forti disagi alle popolazioni locali, alle attività produttive nonché il blocco del traffico veicolare;
a fronte di tale situazione, nonostante il notevole lasso di tempo trascorso, non è stato posto in essere alcun intervento -:
se intendano adottare provvedimenti urgenti per far fronte ai danni causati da detti eventi alluvionali e per ripristinare la viabilità su detta arteria stradale.
(4-11778)

JANNONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il consorzio di polizia intercomunale dei Colli per la sorveglianza di Albano, Bagnatica, Brusaporto, Cenate Sotto, Cenate Sopra, Gorlago, San Paolo d'Argon e Torre de' Roveri ha in dotazione 22 mezzi per il monitoraggio degli incendi o di altre calamità naturali. A potenziare il servizio di controllo negli otto comuni si aggiunge un elicottero, per intervenire nei soccorsi di incidenti stradali, in caso di calamità naturali, per monitoraggio ambientale contro l'inquinamento di parchi e fiumi, oltre al controllo di eventuali abusi edilizi e incendi nei boschi. L'iniziativa fa parte di un progetto di pattugliamento aereo unico in tutta Europa, che parte in via sperimentale per tre mesi;
l'elicottero Poliscopter è stato noleggiato dalla compagnia londinese HeliAir Europe. Il mezzo - omologato dall'aviazione mondiale e utilizzato soprattutto negli Stati Uniti - è lungo 11,5 metri, pesa 700 chilogrammi a vuoto e nella cabina di pilotaggio potranno essere trasportati due uomini, più il pilota. «Il costo di esercizio dell'elicottero - sottolinea il presidente del Consorzio, Roberto Marchesi - è di 4 euro e 78 centesimi al chilometro: facendo una proporzione con l'impiego di due autovetture, possiamo essere certi che l'utilizzo del velivolo ci porterà sicuramente una riduzione dei costi per quanto riguarda il servizio di pattugliamento e di sorveglianza del territorio». Alla presentazione del progetto è intervenuto anche il pilota istruttore, Andrea Dezza, che ha così descritto le caratteristiche tecniche del velivolo: «Questo elicottero è dotato di una telecamera termica, collocata sotto il suo muso, che lavora anche a infrarossi e quindi può servire anche di notte per rintracciare persone disperse nei boschi». L'elicottero potrà volare due ore alla settimana, anche di notte. Ha una velocità compresa tra i 205 e i 210 chilometri all'ora: «In un'ora, da qui, si può arrivare fino in Liguria - riferisce il pilota del Robinson R44 - e in 5 minuti si copre tutta la Bergamasca»;
a conclusione del trimestre di prova, al consiglio di amministrazione del consorzio spetterà un bilancio per confermare o meno il progetto di pattugliamento aereo. «Sarà fatto un bilancio - dice il presidente dell'ente -, di tutte le applicazioni e l'operatività del mezzo, con i relativi costi: entro tre mesi saremo in grado di far sapere ai cittadini se un'iniziativa del genere è efficace ed economica insieme». A spiegare le funzioni è stato il comandante Fiocchi: «Il controllo dall'alto ci permetterà di monitorare l'eventuale presenza di discariche abusive e le cave sul territorio; inoltre, saranno effettuati controlli all'interno del parco locale

di interesse sovracomunale e servizi mirati contro il motocross selvaggio» -:
quali misure il Governo intenda adottare al fine di sperimentare anche a livello nazionale il progetto proposto dal Consorzio bergamasco.
(4-11779)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel mese di aprile, secondo le stime preliminari, l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), comprensivo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,5 per cento rispetto al mese di marzo 2011 e del 2,6 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente (era +2,5 per cento a marzo 2011);
l'inflazione acquisita per il 2011 e pari al 2,2 per cento;
l'inflazione di fondo, calcolata al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, sale all'1,8 per cento dall'1,7 per cento di marzo 2011;
al netto dei soli beni energetici, il tasso di crescita tendenziale dell'indice dei prezzi al consumo e pari al 2,0 per cento (era +1,9 per cento a marzo 2011);
sul piano tendenziale, la variazione dei prezzi dei beni sale al 2,9 per cento, con una lieve accelerazione rispetto a marzo 2011 (+2,8 per cento), mentre quella dei prezzi dei servizi si porta al +2,2 per cento dal +2,0 per cento del mese precedente. Come conseguenza di tali andamenti, il differenziale inflazionistico tra beni e servizi diminuisce di un decimo di punto rispetto al mese di marzo;
l'accelerazione dell'inflazione registrata ad aprile risente in primo luogo delle tensioni sui prezzi dei servizi relativi ai trasporti. Inoltre, un importante effetto sulla dinamica crescente dell'indice generale deriva dall'andamento dei beni energetici regolamentati;
sulla base delle stime preliminari, l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dell'1,1 per cento rispetto al mese precedente e del 3,0 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, con un accelerazione di due decimi di punto percentuale rispetto a marzo 2011 (+2,8 per cento);
tassi di inflazione elevati e volatili erodono il valore dei redditi dei cittadini e possono mettere a repentaglio la crescita economica e la creazione di posti di lavoro. Tassi di inflazione stabili e ridotti sono invece nell'interesse di tutti. Pertanto, l'inflazione deve essere controllata: sono due i metodi principali utilizzati per gestire l'inflazione: le politiche monetarie e le politiche fiscali;
entrambe operano congiuntamente esercitando un'influenza sulla quantità di denaro disponibile nell'economia. Una maggiore disponibilità di denaro incoraggia i cittadini a spendere di più, facendo lievitare la domanda di beni e servizi. Tale aumento tende a far salire il tasso di inflazione, qualora l'offerta non riesca a tenere il passo. La riduzione della massa monetaria ha l'effetto opposto;
la politica monetaria consiste nel regolamentare la quantità di denaro disponibile all'interno di un'economia. Questo compito viene svolto dalle banche centrali mentre la politica fiscale fa riferimento alla quantità di denaro che i governi decidono di raccogliere e spendere (il bilancio) e alle modalità seguite per farlo. Solitamente, un Governo riscuote entrate imponendo tasse o contributi su beni, servizi o redditi di imprese e individui e spende il denaro riscosso per vari progetti, ad esempio nel campo dell'assistenza sociale o delle infrastrutture;
nell'Unione europea, la politica fiscale e di competenza degli Stati membri (compresi quelli dell'area dell'euro), che hanno stabilito di coordinare le proprie

politiche fiscali tramite le linee guida formulate dal patto di stabilità e crescita (PSC) e dal trattato sull'Unione europea;
le aliquote d'imposta e l'uso che il Governo fa del denaro riscosso e preso in prestito rivestono un ruolo significativo nella maggior parte delle economie. Da un lato, il gettito fiscale riduce la quantità di denaro che i cittadini possono spendere; dall'altro, quando investe in infrastrutture o servizi, un Governo immette denaro nell'economia, il che aumenta la domanda;
la politica fiscale, pertanto, può alterare i fattori che determinano l'inflazione (domanda e offerta) e quindi provocare un aumento o un calo dell'inflazione;
con un tasso di inflazione prevedibile, i cittadini possono prendere decisioni informate sui propri acquisti e investimenti futuri. Mantenere la stabilità dei prezzi evita inoltre periodi prolungati di inflazione, vale a dire un declino persistente e autoalimentato in una rosa di prezzi estremamente ampia -:
se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quale iniziative urgenti intendano porre in essere nell'ambito delle politiche fiscali di competenza nazionale per dare soluzione, per la parte che compete gli Stati membri dell'Unione europea, agli stessi al fine di impedire un ulteriore impoverimento di fatto della popolazione.
(4-11817)

ANGELA NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa calabresi del 3 maggio 2011, riferiscono dell'uso di un volo di Stato da parte del Ministro della gioventù, onorevole Giorgia Meloni;
nulla di eccepibile se l'uso del volo di Stato fosse legato ad attività legate al proprio Dicastero;
purtroppo, invece, l'uso del volo di Stato da parte del Ministro Meloni è avvenuto, per quanto risulta all'interrogante, il 27 aprile 2011, per inaugurare a Reggio Calabria la segreteria politica di un giovane candidato al consiglio comunale per il PDL, e qualche ora prima lo stesso Ministro se ne era servita per sponsorizzare a Crotone la candidatura a sindaco della città di una senatrice dell'UDC -:
considerato che i voli di Stato dovrebbero essere utilizzati per attività governative e, comunque, di carattere eccezionale, quali urgenti iniziative intenda assumere per evitare che possano accadere simili incresciosi episodi.
(4-11820)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:

NIRENSTEIN e ANTONIONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in Siria la repressione del regime di Bashar Assad contro la propria popolazione continua a mietere vittime, il cui numero è fino a oggi giunto a oltre 500;
alla luce della gravità della situazione, in accordo con altri ministri europei, il Ministro degli affari esteri Franco Frattini ha ritenuto opportuno convocare l'ambasciatore di Damasco a Roma;
a causa dell'opposizione di Russia, Cina e Libano, mercoledì 27 aprile 2011 in sede di Consiglio di sicurezza dell'Onu, non è stato possibile raggiungere un accordo su una bozza di risoluzione di condanna nei confronti del regime siriano, presentata dai paesi europei e dagli USA;
l'Unione europea ha invece annunciato l'intenzione di adottare provvedimenti contro la Siria, che potrebbero includere anche sanzioni economiche;

il Consiglio per i diritti umani dell'ONU ha adottato, venerdì 29 aprile 2011, una risoluzione che prevede l'invio di una missione d'inchiesta in Siria;
lo stesso Consiglio voterà il 20 maggio 2011 il suo rinnovo e la Siria è candidata a farne parte in base allo statuto che lo consente a 4 Paesi asiatici;
l'escalation di violenze in Siria rischia di compromettere ulteriormente il già precario equilibrio dell'area mediorientale -:
quale sia l'atteggiamento del Governo nei confronti della spietata repressione da parte del regime siriano e la sua valutazione circa il mancato raggiungimento, in sede di Consiglio di sicurezza dell'ONU, del consenso su una risoluzione di condanna contro la Siria, diversamente da quanto accaduto nel caso della Libia, e come intenda agire, in concertazione con i partner europei, nelle sedi internazionali competenti, a partire dalle Nazioni Unite, per garantire la tutela dei diritti umani e delle aspirazioni democratiche del popolo siriano.
(5-04691)

Interrogazione a risposta in Commissione:

NARDUCCI e TEMPESTINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
i decreti del Presidente della Repubblica del 23 marzo 2011 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, serie generale, n. 77 del 4 aprile 2011) hanno convocato per domenica 12 e lunedì 13 giugno 2011 quattro referendum popolari abrogativi previsti dall'articolo 75 della Costituzione, numerati e denominati in conformità alle ordinanze dell'ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione, depositate in cancelleria il 7 dicembre 2010 e il 2 febbraio 2011;
i cittadini italiani residenti all'estero, iscritti nelle liste elettorali in conformità con l'articolo 5, comma 1, della legge 27 dicembre 2001, n. 459, votano nella circoscrizione Estero, di cui all'articolo 48 della Costituzione, per i referendum previsti dagli articoli 75 e 138 della Carta costituzionale;
fin dalla prima applicazione della legge n. 459 del 2001 si è posto il problema dell'esercizio del voto nella circoscrizione Estero per i cittadini italiani temporaneamente all'estero per svariati motivi;
ai sensi della legge n. 49 del 1987, all'estero operano circa 3.000 volontari e cooperanti impiegati, con contratti privati, dalle organizzazioni non governative (ONG). La maggior parte dei volontari e dei cooperanti in servizio all'estero non sono iscritti all'Aire e il loro periodo di permanenza all'estero è mediamente di 24 mesi, in nessun caso meno di sei mesi;
tra i cittadini italiani temporaneamente all'estero si contano anche i «volontari in servizio civile», circa 450 giovani di età compresa tra 18 e 28 anni. Essi devono assolvere un servizio civile all'estero di 10 mesi obbligatori per legge;
vi sono, inoltre, circa 8.000 persone tra sacerdoti, suore, religiosi e laici italiani residenti temporaneamente all'estero alle dipendenze di istituti e congregazioni missionarie. Una parte di tale personale, come conferma l'ufficio missionario nazionale della CEI, è iscritta all'Aire;
ai sensi della legge n. 64 del 2001 sul servizio civile, è prevista per il sopra menzionato personale (volontari e cooperanti, volontari in servizio civile, religiosi, e altri) il totale rimborso delle spese di viaggio che, viste le distanze, possono essere quasi esclusivamente per via aerea. Considerando una media del costo di un biglietto intercontinentale (1.500-2.000 euro/biglietto), assumendo una media di 5.000 persone all'estero che potrebbero usufruire del rimborso di viaggio e considerato che nel prossimo mese si potrebbero verificare 3 tornate elettorali (amministrative, ballottaggio e referendum), la spesa cui potrebbe andare incontro lo

Stato applicando quanto previsto con la legge n. 64 2001 ammonterebbe a 23-30 milioni di euro -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per garantire l'esercizio del diritto di voto nella circoscrizione estero al summenzionato personale italiano temporaneamente residente all'estero, assicurando di conseguenza anche un considerevole risparmio di risorse finanziarie.
(5-04692)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata:

MESSINA, DONADI, FAVIA, PIFFARI e BORGHESI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
risulta agli interroganti, da fonti della stampa riportanti le espresse dichiarazioni del Sottosegretario di Stato Saglia, che il Governo intenda emanare, entro il mese di maggio 2011, un «decreto-legge» - testuali sono state le parole del Sottosegretario nel corso di un'intervista ripresa da Sky tg 24 - in materia di servizio idrico, al fine di «istituire un'autorità di regolazione che stabilisca le regole del gioco» e, sembrerebbe, anche al fine di garantire «la non privatizzazione del settore e il sostegno agli investimenti » (si confronti Il Sole 24 ore del 24 aprile 2011);
negli ultimi tre anni, a decorrere dall'avvio della XVI legislatura, il Governo, con la volontà di procedere ad una riforma dei servizi pubblici locali, ne ha più e più volte rimaneggiato la disciplina, esprimendosi, ad onta dell'intento dichiarato, non con un provvedimento organico e compiuto, ma con una serie ininterrotta di interventi inseriti qua e là nei più disparati provvedimenti, tutti accomunati dalla forma, il decreto-legge, strumento che, ad avviso degli interroganti, è il meno idoneo e che non può giovare ad una disamina e ad un confronto approfonditi, che necessariamente devono accompagnare un processo di riforma complesso ed articolato;
il primo passo è stato l'inserimento dell'articolo 23-bis, in occasione dell'esame del decreto-legge n. 112 del 2008, con il quale il Governo ha aperto la strada della riforma dei servizi pubblici locali, formulando alcuni principi generali e facendo rinvio, per la normativa di dettaglio e per la regolazione di diversi nodi cruciali, all'emanazione di uno o più regolamenti successivi di attuazione;
si è sottoposta una normativa così delicata a rischio di contenzioso e di incertezza con riguardo alla sopravvivenza o meno delle norme, non contenendo, l'articolo 23-bis, esplicite abrogazioni, ma semplicemente l'applicabilità delle nuove norme verso «tutti i servizi pubblici locali» e la loro prevalenza sulle parti della vecchia normativa con esse incompatibili, in particolare quella dettata dall'articolo 113 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali;
successivamente - ad avviso degli interroganti, alla prima occasione utile - in attesa di veder chiarito il quadro normativo con i regolamenti attuativi dell'articolo 23-bis, il cui termine risultava scaduto, fu inserito, nel decreto-legge cosiddetto Ronchi, finalizzato al rapido assolvimento di obblighi nei confronti dell'Unione europea e ad ovviare a procedure di infrazione, l'articolo 15, con il fine di modificare nuovamente e radicalmente l'impianto dei servizi pubblici locali appena delineato dal citato articolo 23-bis nelle parti riguardanti gli affidamenti;
poco prima, nel decreto legge n. 39 del 2009, che recava «Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 ed ulteriori interventi urgenti di protezione civile», con l'articolo 9-bis, in nome della riforma del sistema di regolazione dei servizi idrici su scala nazionale,

erano stati soppressi il Comitato di vigilanza sui servizi idrici (Coviri) e l'Osservatorio sui servizi idrici, sostituiti da una commissione che ne ha ereditato le funzioni, ma in assenza di una struttura tecnica di supporto, quale era l'Osservatorio;
tra il decreto-legge n. 39 del 2009 ed il «decreto-legge Ronchi» si inseriva un ulteriore tassello: l'articolo 19 del decreto-legge n. 78 del 2009, cosiddetto anticrisi, provvedeva ad estendere alle società a partecipazione pubblica totale o di controllo titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara gli stessi divieti e le stesse limitazioni alle assunzioni di personale, che gravano sugli enti pubblici di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
il medesimo articolo 19 rinviava ad un successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro il settembre 2009, le modalità e la modulistica per l'assoggettamento delle stesse società al patto di stabilità interno;
il «decreto-legge Ronchi», a sua volta, ha rinviato ad un regolamento successivo - emanato agli inizi del 2010 - alcuni aspetti della nuova disciplina dei servizi pubblici;
più recentemente, nel disegno di legge comunitaria per il 2010 - tuttora all'esame del Parlamento - è stato introdotto l'articolo 33, che dispone, in forma di delega, il riordino delle disposizioni in materia di risorse idriche: l'ambito della delega risulta molto ampio, potendo il Governo integrare, abrogare e riformulare in tutti gli ambiti della disciplina dettata dal decreto legislativo n. 162 del 2006 (meglio noto come «Codice ambientale», che affronta gli aspetti della difesa del suolo, della lotta alla desertificazione, della tutela delle acque dall'inquinamento e della gestione delle risorse idriche);
presso la Commissione affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni della Camera dei deputati è in discussione una risoluzione in materia di servizio idrico presentata dalla Lega Nord - cui si sono aggiunte quelle di altre gruppi - che impegna il Governo: modificare il vigente regime di affidamento del servizio idrico;
nei giorni 12 e 13 giugno 2011 gli italiani saranno chiamati a votare su due referendum in materia di servizio idrico integrato, volti ad abrogare la disciplina nella parte che ne prevede la privatizzazione e nella parte inerente alla composizione della tariffa del servizio;
è recentissimo l'intervento compiuto dal Governo, il quale ha introdotto, nel primo provvedimento utile, una paradossale abrogazione temporanea della vigente disciplina in materia di energia nucleare - il cui risultato, in ordine all'impatto sull'omologo referendum, dovrà attendere i pronunciamenti nelle sedi opportune - che appare, in ordine di tempo, quale ultimo episodio delle persistenti torsioni cui il Governo sottopone, ad avviso degli interroganti, il nostro sistema democratico -:
se confermi l'intendimento di adottare ulteriori iniziative normative in ordine alla gestione delle risorse idriche oggetto dei due quesiti referendari.
(3-01634)

GRAZIANO, BRATTI, MARAN, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, MARIANI, BOFFA, BONAVITACOLA, BOSSA, CIRIELLO, CUOMO, D'ANTONA, IANNUZZI, MAZZARELLA, NICOLAIS, PEDOTO, MARIO PEPE (PD), PICCOLO, PICIERNO, SANTAGATA, SARUBBI e VACCARO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'irrisolta emergenza rifiuti in Campania è tornata in questi giorni all'attenzione degli organi di stampa e dell'opinione pubblica. Le illusioni e le promesse propagandistiche sono state sconfessate dalla realtà di una situazione di crisi profonda, sia dal punto di vista delle strutture di gestione dei rifiuti urbani, sia

dal punto di vista istituzionale, permanendo immutate le cause che l'hanno determinata;
la strategia governativa della fine dell'emergenza, che, avviando una serie di misure straordinarie con il decreto-legge n. 90 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 2008, puntava sull'apertura di nuovi termovalorizzatori, sul raggiungimento di livelli elevati di raccolta differenziata e sull'individuazione di nuove discariche provinciali, è rimasta sulla carta;
la provincializzazione dei rifiuti, prevista dalle disposizioni del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2010, che ha affidato ai presidenti delle province le funzioni e i compiti in materia di programmazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti, è risultata fallimentare;
nulla di quanto previsto finora dal Governo per attuare la proclamata uscita dall'emergenza è stato attuato. Anzi, dinanzi all'accertata insufficienza del sistema di gestione dei rifiuti urbani nella regione, le misure relative al subentro delle amministrazioni territoriali della regione nelle attività di gestione del ciclo dei rifiuti, previste dal decreto-legge n. 196 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2011, hanno attribuito al presidente della regione il compito di individuare ulteriori nuove aree dove realizzare urgentemente siti da destinare a discarica, ad impianti di trattamento o di smaltimento dei rifiuti, nonché aree occorrenti alla realizzazione urgente di impianti destinati al recupero, alla produzione e alla fornitura di energia mediante trattamenti termici di rifiuti. Il Governo si è così sottratto alla responsabilità di costruire un contesto favorevole ad un ciclo integrato dei rifiuti;
niente degli accordi sottoscritti a Roma a gennaio 2011, nell'ambito della riunione interistituzionale sui rifiuti in Campania tra la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministro interrogato, la regione Campania, il comune e la provincia di Napoli è stato realizzato: la provincia doveva individuare una nuova discarica, il comune creare due siti di trasferenza, la regione velocizzare l'iter per inceneritori e impianti;
prova evidente dei limiti di un Governo che dichiara per decreto la cessazione di un'emergenza ormai ordinaria e dell'immobilismo delle istituzioni deputate ad affrontare la gestione di un ciclo integrato dei rifiuti che non decolla sono le vie del centro colme di enormi ammassi di rifiuti dati alle fiamme;
non è retorica polemica denunciare il fallimento di un quadro normativo confuso, di un sistema di competenze derogatorio e della fragile gestione attuale: un sistema di smaltimento dei rifiuti eccessivamente dipendente da discariche, alcune delle quali, peraltro, hanno esaurito il loro compito e altre sono oggetto di inchieste, un unico termovalorizzatore, quello di Acerra, funzionante a metà, una raccolta differenziata insufficiente, un processo di smaltimento ingolfato;
le ricadute sulla collettività restano drammaticamente immutate. Le condizioni ambientali e sanitarie sono seriamente compromesse e l'allarme sociale di cittadini giunti all'esasperazione si percepisce percorrendo le strade della città, così come si percepiscono tanta indignazione e rabbia, solo un'amara ironia prende il posto della disperazione;
il danno economico di una tassa sui rifiuti più alta rispetto alla media italiana per un servizio non dato è illogico, oltre che ingiusto, in quanto riversa sui cittadini l'incapacità istituzionale di trovare soluzioni adeguate. Da ultimo il decreto-legge n. 225 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011, ha previsto la copertura integrale dei costi diretti e indiretti dell'intero ciclo di gestione dei rifiuti, anche in assenza di una dichiarazione dello stato di emergenza e anche in deroga alle disposizioni in materia di sospensione, sino all'attuazione del federalismo fiscale, del potere di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle

aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote attribuiti agli enti territoriali -:
alla luce delle criticità segnalate, quali azioni urgenti il Ministro interrogato ritenga di assumere al fine di avviare una seria politica che ponga in essere, in accordo con gli enti locali competenti, una corretta gestione dei rifiuti, nonché, svolgendo un ruolo più attivo, al fine di verificare la predisposizione e l'adozione di piani di gestione integrata dei rifiuti che abbiano piena compatibilità ambientale, sociale ed economica.
(3-01635)

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA e PIFFARI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la convenzione sui rifiuti firmata tra il presidente della regione Campania Stefano Caldoro e il presidente della regione Puglia Nichi Vendola, prevede lo sversamento in tre discariche pugliesi dei rifiuti umidi trito-vagliati con codice CER 19.12.12 e CER 19.05.01 provenienti dalla Campania;
secondo alcune segnalazioni in Puglia sarebbero arrivati carichi di rifiuti ben più inquinanti rispetto a quelli previsti nel succitato accordo e con codici CER fittizi;
in particolare «In mezzo a tanti autotreni che trasportavano carichi in regola, quelli "truccati" sarebbero riusciti a sversare senza essere individuati, nonostante i controlli molto severi del Noe» (Corriere del Mezzogiorno del 9 febbraio 2011);
i carabinieri nel frattempo stanno svolgendo le indagini per identificare l'esatta tipologia di rifiuti arrivati a Taranto al posto dell'umido, ripercorrendo tutto l'iter a partire dal prelievo presso gli stabilimenti di trito-vagliatura e imballaggio rifiuti urbani (STIR) fino all'arrivo definitivo in discarica;
l'appalto sarebbe stato aggiudicato al consorzio CITE, che però avrebbe poi affidato a diversi autotrasportatori la spedizione dei rifiuti (Corriere del Mezzogiorno del 9 febbraio 2011) -:
se quanto riportato corrisponda al vero e se il Ministro intenda fornire maggiori informazioni sulla questione di cui in premessa.
(5-04689)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il mare italiano nasconde un importante tesoro, costituito non da dobloni o antichi gioielli trafugati da qualche vascello pirata, ma rappresentato dai servizi ambientali. A certificarlo è il rapporto «Ecosistemi marini mediterranei: il valore economico dei benefici ambientali» elaborato dal Plan Bleu, organismo del Programma ambiente mediterraneo delle Nazioni Unite (UNEP/MAP), presentato nel corso del convegno «Una BlueEconomy per il Mediterraneo: una nuova alleanza tra natura e tecnologie low carbon» nello Yacht Med Festival organizzato a Gaeta dalla camera di commercio di Latina;
l'Italia, stando allo studio, non è prima solo nella lista dei beni culturali dell'umanità: le Nazioni Unite ci riconoscono un nuovo primato assoluto, quello di Paese mediterraneo con la maggiore quantità di servizi ambientali offerti dal mare. Praterie marine e ricchezza di biodiversità ma anche qualità del paesaggio, depurazione naturale dell'acqua e mantenimento delle coste. Tutti elementi legati agli ecosistemi del mare ai quali volendo è possibile assegnare anche un valore economico. Il nostro Paese, sottolinea ancora il rapporto, vanta oltre un terzo della ricchezza prodotta dai servizi ambientali fomiti dal mare, il 35 per cento del totale, più del doppio della Grecia o della Spagna. In termini economici, 9 miliardi di euro contro i complessivi 26 miliardi di beni ecologici prodotti ogni anno dal Mediterraneo nel suo complesso. Secondo i dati

riportati nel convegno, le 26 aree marine protette già istituite nel nostro Paese tutelano una parte importante del valore anche economico attribuibile ai servizi ambientali: nei loro 360 mila ettari di mare, una piccola parte delle migliaia di chilometri quadrati che costituiscono la nostra fascia costiera, si concentra una parte importante di questo patrimonio, capace di produrre beni per almeno 36 milioni di euro l'anno, secondo il calcolo elaborato dal Plan Bleu;
«la BlueEconomy si basa su una nuova possibile alleanza tra conservazione dell'ambiente marino e costiero e sviluppo di tecniche innovative, ad alto contenuto tecnologico e a basso impatto ambientale, in tutti i campi della vita quotidiana», ha spiegato in apertura il presidente della camera di commercio di Latina Vincenzo Zottola. «Il contributo dell'imprenditoria non solo attenta alle ragioni dell'ambiente, ma pronta a fornire soluzioni avanzate e pulite, è centrale nella definizione di uno sviluppo sostenibile applicato ai territori, soprattutto nella fascia costiera che è il luogo di maggiore pressione antropica nei paesi mediterranei», ha aggiunto: Il convegno di Gaeta ha puntato quindi i riflettori sullo sviluppo delle energie rinnovabili, sull'abitare sostenibile, sulla crescita di imprese ad alta innovazione, sulle metodologie innovative di assorbimento dei gas serra prodotti. La popolazione litoranea del Mediterraneo ammontava a 148 milioni già nel 2005, su un totale di abitanti dei paesi rivieraschi di 420 milioni. A queste cifre va aggiunto il numero crescente di turisti internazionali: si è passati, nelle regioni del Mediterraneo, dai 58 milioni del 1970 agli oltre 228 milioni del 2002. E, secondo le proiezioni, si arriverà a 346 milioni nel 2020. Una presenza che è concentrata per circa l'80 per cento nel periodo compreso tra maggio e settembre. Un'enorme quantità di persone che va a gravare sulle risorse ambientali e sulle strutture abitative rivierasche e che può essere gestita solo rivedendo il paradigma delle economie mediterranee. Per questo è stata ribadita la necessità di sviluppare le fonti rinnovabili, limitandone però al massimo l'impatto paesaggistico e di diffondere strutture turistiche e residenziali sostenibile -:
quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di preservare il patrimonio ambientale dei fondali marini italiani, nonché per sviluppare una nuova governance ambientale dedicata alla costa mediterranea.
(4-11781)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'11 gennaio del 2011, nel nord della Sardegna, venti metri cubi di olio combustibile si sono riversati in mare durante un'operazione di scarico da una nave alla centrale termoelettrica di Fiumesanto, nel comune di Porto Torres. Soltanto per un mero caso la marea nera non ha invaso il parco nazionale dell'Asinara e non ha toccato spiagge rinomate come Stintino. A distanza di numerosi giorni dall'incidente, le operazioni di bonifica in mare sono terminate, ma sulle spiagge del golfo dell'Asinara, nel territorio che interessa tre comuni, rimangono i segni del disastro: chilometri di arenili incatramati, uccelli e pesci morti, dune di valore incommensurabile per l'ecosistema da ripulire asportando la sabbia e, soprattutto, la rabbia dei cittadini che da anni chiedono maggiore controllo per un'area marina dall'indubbia importanza ambientale e turistica;
la centrale termoelettrica di Fiumesanto, proprietà della multinazionale «E. On», si trova da anni al centro di numerose polemiche. I suoi impianti vengono ritenuti pericolosi dagli abitanti della zona; la costruzione della centrale fa parte del grande agglomerato industriale di Porto Torres, nato negli anni Settanta, ed ora diventato una cattedrale nel deserto che ha lasciato da sola un'intera cittadina. Porto Torres. La centrale è alimentata a olio combustibile, portato da navi che per il loro carico rappresentano da sole un pericolo. La dinamica dell'incidente occorso l'11 gennaio non è ancora chiara:

secondo la ricostruzione fatta durante un vertice tra la «E. On», le autorità locali e la Capitaneria di porto, a cedere sarebbe stato un tubo vecchio, mentre altre fonti parlano di «fenditure» nei cassoni per il contenimento dell'olio sulla banchina. In entrambi i casi si ipotizzano gravi negligenze nelle operazioni di scarico e nel controllo dei macchinari utilizzati. Infatti, l'olio combustibile che si è riversato in mare non è soltanto inquinante, ma cancerogeno al contatto diretto. Secondo «E. On» si sono riversati in mare venti metri cubi di questo materiale, una quantità modesta, ma la sostanza a contatto con l'acqua aumenta il suo volume 16 volte ed è stato così che la marea nera ha invaso un ampio tratto di arenile. A causa del vento di ponente, prima, e del maestrale poi, la macchia d'olio è stata spinta verso Est, ha «saltato» Porto Torres ed è finita sulle spiagge di Platamona e Marritza, quasi fino a Castelsardo. Il parco dell'Asinara è stato risparmiato, ma sarebbe bastato un soffio di libeccio e la marea nera avrebbe contaminato Stintino e la zona protetta. Alle spalle di Platamona si trova l'omonimo stagno, zona di interesse ambientale tutelata dall'Unione Europea. Lo stagno non ha ampie comunicazioni con il mare, ma per la sua salute sono fondamentali le dune che lo proteggono, proprio quelle su cui si dovrà lavorare per rimuovere il catrame;
la «E. On» ha avviato le operazioni di bonifica e, secondo la capitaneria di porto e l'azienda, in mare la situazione appare sotto controllo. Nonostante le rassicurazioni che il livello dell'olio combustibile resti a livello superficiale, esiste un'ampia letteratura che documenta danni nel lungo periodo anche sul fondo marino. Occorre, inoltre, affrontare il problema degli arenili, dove rimossa la sabbia superficiale, pietre e rocce ricoperte totalmente da catrame saranno portate via o resteranno lì con il loro rivestimento cancerogeno. «Prima di tutto abbiamo chiesto un risarcimento - afferma Beniamino Scarpa, sindaco di Porto Torres - ma superata l'emergenza vogliamo che da questo incidente si prenda spunto per decidere in maniera seria che cosa fare del nostro futuro. Quanto accaduto è sintomo di un problema evidente, quello del rapporto tra industria e territorio. Da anni il nostro comune cerca di avere risposte per la bonifica dell'area e per sapere che si vuole fare della zona industriale, ma senza avere alcuna risposta». Intanto i cittadini si sono organizzati in comitati perché su quanto accaduto non cali il silenzio. Chiedono di prendere parte alle operazioni di bonifica insieme ai tecnici della «E. On», vogliono accertare la reale entità dei danni -:
se il Ministro intenda promuovere un accertamento sul tasso di inquinamento in cui versa la parte di mare antistante Porto Torres;
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di pervenire ad una normativa atta a descrivere le linee generali di bonifica di territori con caratteristiche simili alla zona industriale di Porto Torres.
(4-11791)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il problema della riconversione delle cave sta assumendo vaste dimensioni, dato che, alla fine della loro attività, molte delle imprese che le avevano in gestione, decidono di utilizzarle come discariche abusive di rifiuti tossici, piuttosto che riconvertirle ad aree di verde o per scopi sociali. Uno dei primi dati rilevanti riscontrati nelle aree in cui sorgono le cave, è l'inquinamento di polveri di carbonato di sodio ai danni dei cittadini e dell'ambiente circostante. Nonostante esistano delle leggi regionali da rispettare, molte attività le aggirano, tanto da far registrare nelle sole commissioni tributarie della toscana circa 200 ricorsi, e nonostante la sentenza della Corte di cassazione del dicembre 2009 che ha confermato la legittimità del contributo regionale ambientale e di quello del canone concessorio, sono ripartiti alcuni ricorsi anche con il tribunale amministrativo

locale. A Carrara i cavatori dovrebbero pagare alla pesa comunale, a seconda di quel che estraggono, da un minimo di 3,60 euro ad un massimo di 13 euro;
la normativa nazionale fa riferimento al decreto regio del 1927, anche se da 34 anni sono le regioni ad avere potere decisionale su questa materia. Oggi in Italia ci sono 6000 cave attive, 8000 quelle dismesse. Si paga agli enti in media il 4 per cento del prezzo di vendita. Il totale nazionale di tutte le concessioni per ghiaia e sabbia (escluso marmo e calcare) è pari ad un incasso, per gli enti, di 53 milioni. A fronte di un ricavato dalla vendita per 1 miliardo e 753 milioni. Nel Lazio per esempio si incassano 5 milioni e 700 mila euro, a fronte di una vendita pari a 234 milioni. In molte regioni non si paga; si cava gratis in Valle d'Aosta, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna. In Puglia, ad esempio, il volume d'affari è di 312 milioni di euro. In Gran Bretagna è stato aumentato il prezzo della concessione e quello relativo al canone è stato adeguato al prezzo medio dell'attività di cava, cioè si paga il 20 per cento. Se accadesse la stessa cosa in Italia, i ricavi sarebbero notevoli. I dati su cui si basano le stime, sono di Legambiente. È evidente che con dei canoni così bassi l'Italia, tranne alcuni e pochi casi virtuosi, continuerà a vedere sorgere cave, che non saranno mai riconvertite, dato che un costo minore non incentiva ad incrementare per esempio l'attività di recupero degli inerti dalle demolizioni, che possono sostituire in parte i materiali di cava e come sta avvenendo in tanti Paesi europei, creando in questo modo una maggiore occupazione, oltre che salvare il territorio e preservare anche la qualità della vita;
a Caserta, dalle cave di montagna si estrae il calcare. Da quelle di pianura ghiaia e sabbia, che poi diventa cemento. In questo territorio sette cave sono state sequestrate nel 2004, secondo la procura hanno operato abusivamente o fuori norma. Si contano 400 cave abusive nella sola provincia di Caserta, la cui attività estrattiva è servita per realizzare migliaia e migliaia di manufatti abusivi. Le province di Napoli e di Caserta per tanti versi rappresentano un unico corpo di reato ambientale. Dal 2006 la regione Campania ha realizzato un piano base e ha cominciato a multare gli abusivi, dai 3000 ai 10 mila euro, una cifra spesso irrisoria nei confronti dei guadagni. Ad oggi sono state emesse circa 180 ordinanze, ingiunzioni di pagamento delle quali solo 35 pagate, come attesta Italo Giulivo, coordinatore lavori pubblici della regione Campania. Le imprese che si accingono all'estrazione, creando delle cave, a fine attività dovrebbero ripristinare l'ambiente utilizzato. Questo, purtroppo non accade, oppure accade nel modo sbagliato, cioè riempiendo le cave con rifiuti illegali. Davanti la cava Vittoria esiste una vecchia cava di tufo dove da anni la terra fuma. Oggi, in questa zona, definita altamente critica, le cave devono essere dismesse perché ci si appresta alla costruzione del nuovo policlinico universitario. In questo territorio, nei pressi del comune di Maddaloni, il 9 agosto 2010 i cittadini sono dovuti scappare a causa di una tempesta di polvere altamente tossica. Nel 2003 venne realizzato un piano, per la provincia di Caserta, relativo al ripristino ambientale delle 409 cave in essa presenti. In seguito venne reso evidente che questo piano doveva servire soltanto per individuare delle cave dove poter eventualmente allocare i rifiuti. Un ripristino ambientale è tale quando l'infrastruttura, in questo caso la cava, scompare nell'ambiente circostante. Un'impresa impossibile perché le pareti sono verticali e troppo alte, gli alberi piantati sui terrazzamenti non copriranno mai le pareti di roccia, resteranno così per decine e decine di anni;
l'obiettivo dovrebbe prevedere che, terminata l'attività della cava, considerata temporanea, la stessa possa poi tornare ad un ambiente naturale. In Emilia Romagna, le cave in falda sono tutte diventate centri di pesca sportiva, mentre quelle esaurite diventano impianto fotovoltaico. La stima effettuata per il ripristino è di circa 340 mila euro. Per ogni metro cubo, in Emilia, bisogna pagare al comune 46 centesimi. Questo prezzo è fermo da un po' di anni.

Quindi probabilmente sono prezzi che andrebbero aggiornati. Il modello, qui perseguito, prevede l'attività di estrazione solo in misura necessaria. Per esempio, se alla provincia di Bologna servono 2 milioni e mezzo di metri cubi l'anno, da questi si sottraggono quelli che si stima di recuperare dalle demolizioni, ad esempio mezzo milione, il che significa che l'autorizzazione a scavare sarà per 2 milioni e non per 2 milioni e mezzo. In Emilia Romagna per autorizzare un imprenditore a scavare ci vuole un piano che stabilisca dove e quanto serve, dopodiché il comune autorizza -:
quali iniziative il Ministro, intenda adottare al fine di preservare l'ambiente, intensificare i controlli da parte del comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente nelle cave dismesse e se intenda favorire, per quanto di competenza, accordi nazionali che individuino le migliori strategie di recupero ambientale delle citate aree.
(4-11801)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

ALESSANDRI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel comune di San Venanzo, in provincia di Terni, è in esercizio, in località Civitella dei conti (censita al catasto del Comune al foglio n. 17, particelle n. 2, 3, 4, 5, 22, 24, 79 e 141), una contestata pista di moto cross;
risulta dal certificato «storico» di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di San Venanzo, che il terreno oggetto dell'impianto, alla data del 15 aprile 1995 (data di presentazione Documento iniziale d'attività ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 27 marzo 1995 n. 88, decaduto per decorrenza dei termini, per la «realizzazione di un piccolo impianto sportivo: pista di motocross per attività agonistica») e fino al 31 ottobre del 2003 (data di entrata in vigore del nuovo piano regolatore generale.) aveva in base allo strumento urbanistico vigente all'epoca (Programma di Fabbricazione) la destinazione urbanistica di zona agricola (in particolare, E zone agricole, zone di interesse agricolo secondario e zona E1, zone boschive) e una parte di tale aree (le particelle 2,5,3,4,79) erano assoggettate a vincolo paesaggistico;
l'area in questione oggetto è attualmente classificata nel Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Temi Unità di paesaggio 4CB;
nonostante la destinazione agricola del terreno che prevedeva esclusivamente interventi relativi «all'esercizio delle attività dirette o connesse con l'agricoltura», chiaramente incompatibile con la realizzazione di una pista di moto cross, e la sussistenza di un vincolo paesaggistico per il quale non risulterebbe essere stato richiesto, al momento dello svolgimento dei fatti, alcun nulla-osta ai sensi delle leggi vigenti in materia (ossia la legge n. 1089/39 e legge n.1497/39), veniva presentata al comune di San Venanzo, in data 15 aprile del 1995, una denuncia di inizio attività ai sensi del predetto articolo 8 del decreto-legge n. 88 del 1995, avente ad oggetto la «realizzazione di un piccolo impianto sportivo: pista di motocross per attività agonistica». In tali circostanze, a parere dell'interrogante, la definizione di «piccolo impianto» potrebbe apparire quanto meno eufemistico, trattandosi di un'opera della lunghezza di circa 1600 metri. Ed estesa complessivamente su una superficie di circa 7 ettari;
risulterebbe altresì che l'istanza sarebbe stata carente della relazione del tecnico asseverata attestante la conformità urbanistica dell'intervento agli strumenti urbanistici vigenti e il necessario nulla osta paesaggistico come richiesto dallo

stesso articolo 8 del decreto-legge n. 88 del 1995;
ad ogni modo, il comune di San Venanzo rilasciava la concessione edilizia n. 49/97 del 29 aprile 1997 con la quale veniva autorizzata, sempre nella medesima zona agricola, l'installazione di una struttura prefabbricata della superficie di circa 18 metri quadri destinata a servizi igienici della pista di motocross;
al momento del rilascio di tale titolo, la destinazione agricola dell'area precludeva la realizzazione di prefabbricati adibiti a finalità diverse da quelle agricole e, comunque, vista la presenza di vincoli ambientali, sarebbe stato necessario acquisire il necessario assenso da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo ai sensi della legge n. 431 del 1985 e della legge n. 1497/1939;
successivamente, con l'approvazione del nuovo piano regolatore generale del Comune di San Venanzo, avvenuta in data 31 ottobre del 2003, la stessa area oggetto dell'intervento ha assunto - in base alle nuove previsioni dello strumento urbanistico - la destinazione urbanistica di zona VAPR (zona a verde attrezzato privato - articolo 56 norme tecniche di attuazione); una parte di tale area (le particelle 2, 5, 3, 4, 79 in tutto o in parte) risulta compresa nella zona di rispetto dei corsi d'acqua e dei fiumi e aree esondabili (articolo 65 norme tecniche di attuazione);
tutta l'area è attualmente classificata nel piano territoriale di coordinamento della provincia di Terni unità di paesaggio 4CB;
va altresì evidenziato che in virtù della modifica del piano regolatore generale, in base all'articolo n. 56 delle NTA di piano regolatore generale tutti gli interventi diversi da quelli descritti nell'articolo 31 della legge n. 457 del 1978 alle lettere a), b), e c), cioè interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, si attuano mediante lo strumento del piano attuativo di iniziativa pubblica e privata che, nella specie, non risulterebbe essere mai stato adottato;
lo sviluppo strutturale della pista è continuato nel corso degli anni e nel 2004 veniva presentata una ulteriore dichiarazione di inizio attività (DIA n. 23/04), riguardante la posa in opera di materiale inerte per ricaricare di circa 15-20 centimetri il terreno antistante l'ingresso e la strada di accesso al prefabbricato destinato a servizi, mentre con la DIA n. 61/06, presentata in data 8 settembre 2006, il comune di San Venanzo rilasciava l'autorizzazione allo spostamento di un dosso in terra battuta sul percorso della pista e l'installazione a carattere temporaneo di un chiosco in legno, senza opere di fondazione, destinato a rimessa attrezzi, della superficie di circa 19 metri quadri;
infine, veniva presentata, in data 2 agosto del 2008 un'istanza di permesso di costruire, protocollo n. 4939, riguardante lavori di adeguamento dell'impianto sportivo da destinare a pista di motocross e precisamente:
a) la modifica in alcuni tratti del percorso realizzato con la DIA n. 1952 del 15 aprile 1995. La pista ha uno sviluppo massimo in lunghezza pari a 1.500 metri lineari circa con larghezza variabile da 6 a 15 metri lineari circa. Il percorso si snoda lungo un fianco della collinetta ed una parte è circondata da vegetazione arborea;
b) la realizzazione di una struttura in legno da destinare a locale per la somministrazione bevande e pasti preconfezionati, con portico antistante. La superficie complessiva è pari a 31 metri quadrati;
c) la realizzazione di un portico in ampliamento del prefabbricato esistente, della superficie di 13,20 metri;
d) la posa in opera di cisterna interrata per approvvigionamento di acqua potabile;

e) la realizzazione impianto di smaltimento di acque reflue provenienti dal nuovo servizio igienico;

sembrerebbe che il comune di San Venanzo non abbia ancora rilasciato, ad oggi, il relativo permesso di costruire, né risulterebbe che il progetto sia stato sottoposto alla preventiva verifica di impatto ambientale (VIA) da parte della regione (visto che il progetto riguarda la modifica del percorso realizzato con la denuncia di inizio lavori n. 1952 depositata in data 15 aprile 1995, oltre la realizzazione del nuovo prefabbricato in legno);
in tali circostanze, con nota n. 1394/2010 del 26 marzo 2010 il responsabile dell'Ufficio urbanistica del Comune di San Venanzo comunicava il provvedimento di sospensione dell'utilizzo dell'impianto in questione, fino all'acquisizione dei prescritti pareri ed autorizzazioni previsti in materia e, in particolare, la valutazione di impatto ambientale;
successivamente, con istanza del 24 novembre del 2010 veniva chiesto al comune di S. Venanzo il rilascio dell'attestazione di agibilità ed il Comune di san Venanzo rilasciava, in data 5 gennaio del 2011, l'attestazione di agibilità, consentendo alla stessa la definitiva apertura al pubblico della struttura;
a parere dell'interrogante, fatto salvo che lo sport in questione sia una disciplina utile e da valorizzare anche in alternativa agli altri sport eccessivamente concentrati e preclusivi, dalle fonti riferite sembrerebbe che l'impianto di cui trattasi sia stato realizzato in contrasto con le norme relative alle tutele previste per gli immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistica-ambientale, la cui esecuzione dovrebbe essere subordinata al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative, come sancite dall'articolo 22 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 nel testo consolidato, nonché alle disposizioni di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 -:
se siano a conoscenza della situazione descritta in premessa e se nell'ambito dei rispettivi poteri, non ritengano opportuno avviare gli accertamenti di competenza volti a verificare se l'impianto sportivo per l'esercizio di motocross presente nel comune di San Venanzo sia conforme alle tutele previste dalle disposizioni normative in materia di beni culturali e ambientali;
se risulti che la struttura sia conforme alla normativa edilizia vigente.
(5-04685)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
si è inaugurato, pochi giorni fa a Varese, il museo tattile. A portare avanti il progetto con determinazione sono stati i soci dell'associazione Controluce, che ha sede a Comerio, che hanno realizzato il sogno dell'Unione italiana ciechi e degli ipovedenti della sezione di Varese. Un museo, che ha pochi eguali in Italia e in Europa, come ad esempio il museo Omero di Ancona, che viene mediamente visitato da oltre trentamila persone all'anno oppure quello di Madrid;
un museo che abbatte davvero le barriere, che permette ai non vedenti di avvicinarsi all'arte, all'ambiente, all'archeologia, alla storia. Oggetti da toccare, da sfiorare, da accarezzare che aiutano a capire il mondo e a sentirsi meno soli e isolati. Un modo, come dicono i soci di Controluce, che racconta una realtà da vedere con gli occhi e da vedere con le dita. Nelle suggestive stanze della villa si possono visitare la sezione dedicata ai modelli che riproducono gli edifici, le chiese, i monumenti. Attraversando tutte le opere, il genio di architetti e artisti che hanno lasciato davvero un segno. Accanto le piccole miniature che riproducono fedelmente

i vari modelli architettonici. Lo stile, il segno di un'evoluzione, il patrimonio collettivo ora a disposizione anche di chi non può vedere;
il Museo Tattile offre altre affascinanti e imperdibili occasioni. Come quella di conoscere più da vicino la geografia, il territorio, l'ambiente che ci appartiene e ci circonda. I fiumi, le colline, la montagna. Modelli di legno aiutano a capire e a ritornare indietro, nel passato remoto. A faccia a faccia con l'archeologia, a partire dalle Piramidi. Poi le guide turistiche tridimensionali per viaggiare fra le curiosità delle città d'arte oppure per cercare di conoscere le vie d'acqua, compresi i mulini con i loro meccanismi che lasciano sempre con il fiato sospeso. Negli spazi del nuovo museo ci saranno anche i libri, gli audiolibri, per rivivere le storie e rivivere le emozioni. Un nuovo modo per riproporre i capolavori della letteratura che si trasformano in una sorta di film da ascoltare con dialoghi, musiche, effetti sonori;
all'esterno del museo, un'installazione permanente che sarà destinata ai visitatori vedenti che potranno scegliere di viaggiare guidati dalle luci oppure di lasciarsi aiutare da vari input sonori e tattili per capire meglio il valore di tutti i sensi che si trasformano in supporto vitale e fondamentale della vista. Il museo tattile sta per aprire -:
quali misure di competenza il Ministro intenda adottare al fine di realizzare, all'interno di tutti i musei italiani, spazi o percorsi dedicati alle persone non vedenti.
(4-11793)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da un articolo del Comitato Ballarin Grotta Perfetta pubblicato sul Corriere della Sera nelle pagine di Roma del 28 aprile 2011 si apprende di un progetto, denominato I-60, su via di Grotta Perfetta che si fonda su una datata previsione del piano regolatore del 1962 che prevedeva per la zona una cementificazione di 180mila metri cubi e vedrebbe in realtà più che raddoppiate le cubature (400mila metri cubi) in virtù di presunti diritti compensativi vantati dai costruttori a causa di un blocco di alcuni anni fa alla edificazione di Tormarancia;
Grotta Perfetta è già un'area densamente popolata, con notevoli carichi di traffico e una mobilità pubblica e su ferro praticamente inesistente;
la previsione edificatoria è di 30 palazzi di cui 19 ad otto piani, 120 mila metri cubi a vocazione commerciale e turistica (alberghi), tra i 5000 e gli 8000 nuovi residenti e soltanto 3500 posti auto;
a questa colata di cemento andrebbero ad aggiungersi ulteriori 17 milioni di metri cubi di cemento nel quadrante sud-ovest della città con una crescita stimabile del parco auto di 100 mila unità;
la realizzazione del progetto ha già comportato la copertura dei sondaggi archeologici che hanno portato alla luce una grande villa romana con strade in basolato, tombe e pregevoli reperti;
sulla vicenda il 21 aprile 2011 si è tenuta una manifestazione a cui hanno partecipato coordinamenti di cittadini, comitati di quartiere, associazioni ambientaliste, tra cui anche Italia Nostra e Legambiente, per chiedere l'apposizione di un vincolo archeologico e un tavolo tecnico per un ripensamento del progetto che, non supportato da una mobilità sostenibile, sarebbe devastante -:
se il Ministro interrogato intenda apporre il vincolo archeologico ai beni ritrovati e quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione alla richiesta di revisione del progetto.
(4-11814)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:

COMPAGNON, BOSI, MARCAZZAN, GALLETTI, CICCANTI, NARO, VOLONTÈ, OCCHIUTO, RAO, LIBÈ e TASSONE. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
risulterebbe che, nell'ambito di un generale piano di riorganizzazione degli organici delle forze dell'ordine sull'intero territorio nazionale, taluni presidi dell'Arma dei carabinieri rischiano di essere soppressi, con conseguente interruzione del servizio;
tale paventata soppressione di alcuni presidi territoriali è probabilmente motivata dagli ingenti «tagli» operati dal Governo al comparto sicurezza e difesa;
la scarsa frequenza degli interventi delle forze dell'ordine in alcuni territori accrediterebbe il convincimento del Governo di procedere alla soppressione di talune caserme;
se in questi ultimi anni lo Stato è riuscito ad ottenere buoni risultati nella lotta alla criminalità comune e alla diffusa microcriminalità, ciò lo si deve all'efficace azione di prevenzione delle forze dell'ordine, al pattugliamento del territorio e al coordinamento delle questure e dell'Arma dei carabinieri;
appare, pertanto, del tutto evidente che, per fornire risposte strutturali e durature alla crescente domanda di sicurezza dei cittadini, le forze dell'ordine devono essere messe in condizione di poter operare al meglio, in termini di risorse umane, logistiche e di mezzi materiali -:
se il Ministro interrogato intenda confermare le notizie circa il suddetto piano di soppressione di taluni presidi dell'Arma dei carabinieri e, nell'ipotesi affermativa, quali territori e quali comunità sarebbero interessati e sulla base di quale logica sarebbero scelti.
(3-01633)

TESTO AGGIORNATO AL 4 MAGGIO 2011

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
il Ministero della salute con decreto dirigenziale del 21 aprile 2005 (del quale si riportano le premesse più significative) ha stabilito:
«vista la delibera della Giunta Regionale Siciliana del 25 settembre 2001 n. 356 avente per oggetto "legge 67/88 - Accordo di Programma delle risorse e degli investimenti di ammodernamento del patrimonio sanitario pubblico";
visto l'Accordo di programma per il settore degli investimenti sanitari sottoscritto il 30 aprile 2002 dal Ministero della Sanità e dalla Regione Siciliana di concerto con il Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica e d'Intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome;
vista la rimodulazione del citato Accordo proposto dalla Regione Siciliana con D.G.R. n. 417 del 17 febbraio 2002, il parere espresso dal Nucleo di Valutazione e verifica degli investimenti pubblici del Ministero della Salute e le determinazioni in merito concordate nell'incontro del 4 marzo 2003 tra il Ministero della Salute e la Regione Siciliana;
visto l'Accordo di Programma Quadro "Sanità" riguardante l'utilizzo delle risorse di cui alla delibera CIPE 142/99, sottoscritto in data 23 dicembre 2003, che prevede 10.000.000 euro quale cofinanziamento

per la realizzazione di un Centro di Eccellenza Oncologico nell'ambito del P.O. "Papardo" di Messina;
viste le richieste di ammissione a finanziamento presentate dalla Regione Siciliana per un importo complessivo di 29.707.891,98 euro con la seguente nota:
nota prot. Serv. 5/6308 del 30 dicembre 2004 per l'intervento denominato "Realizzazione di un Centro di eccellenza oncologico nell'ambito del P.O. 'Papardo' di Messina per un importo di 29.438.043,25 euro (...)";
che a valere sulle autorizzazioni del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica previste dall'articolo 50, comma 1, lettera c) della legge 23 dicembre 1998, n. 448 integrato dall'articolo 4-bis del decreto-legge del 28 dicembre 1998, n. 450, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 1999, n. 39, nonché la tabella F delle leggi finanziarie 23 dicembre 1999 n. 488, 23 dicembre 2000 n. 388, 28 dicembre 2001 n. 448, 27 dicembre 2002 n. 289, 24 dicembre 2003 n. 350 e 30 dicembre 2004 n. 311, sono ammessi a finanziamento i seguenti interventi, per un importo complessivo a carico dello Stato di 29.707.891,98 euro (al netto della quota a carico della regione siciliana):
realizzazione di un Centro di Eccellenza Oncologico nell'ambito del P.O. "Papardo" di Messina per un importo di 29.438.043,025 a carico dello Stato (...);
in data 17 maggio 2005 prot. 2091 l'assessorato regionale alla sanità provvede a notificare alla azienda ospedaliera Papardo il decreto su esposto, in seguito a ciò si avviano tutte le procedure per procedere alla gara e alla realizzazione del suddetto centro di eccellenza oncologico ad oggi in via di completamento;
l'articolo 23 della legge regionale n. 5 del 14 aprile 2009, «Norme per il riordino del Servizio Sanitario Regionale» dispone lo scioglimento di tre fondazioni destinatarie delle strutture, in particolare la fondazione «Gesualdo Clementi» di Catania - centro di eccellenza ortopedico e traumatologico, la fondazione «Michele Gerbesi» di Palermo - centro di eccellenza materno-infantile e la fondazione «Saverio D'Aquino» di Messina - centro di eccellenza oncologico; all'articolo 23, comma 2, proprio in considerazione del fatto che, i lavori del centro di eccellenza oncologico di Messina nell'ambito della azienda ospedaliera «Papardo», risultavano in corso di realizzazione, si è così normato: «il Centro di Eccellenza Oncologico di cui alla Fondazione "Saverio D'Aquino" di Messina, in ogni caso, deve essere attivato nella città di Messina»;
il D.A. n. 0748/lC a firma dell'assessore regionale alla salute, dottore Massimo Russo, quantifica il numero dei posti letto dell'azienda ospedaliera «Papardo-Piemonte» di Messina in n. 495, di cui 435 ordinari e 60 in day hospital;
nel decreto nessun dato numerico né alcuna tipologia di disciplina medica conducono alla istituzione del centro di eccellenza oncologico né vengono citati in alcun modo l'esistenza del finanziamento del Ministero della salute e l'attuale svolgimento dei lavori relativi alla realizzazione della struttura;
si ritiene che i lavori in corso per il centro di eccellenza oncologico presso l'azienda ospedaliera «Papardo-Piemonte» ed i relativi posti letto, non essendo più individuati nella rete ospedaliera siciliana, sollevino seri dubbi sulla volontà del Governo regionale di attenersi agli accordi stipulati con lo Stato al fine di realizzare tale struttura sanitaria, determinando, ad avviso degli interpellanti, profili di illegittimità giuridica e contabile; in particolare si evidenzia il mancato rispetto dell'accordo di programma tra Stato e regione e dell'articolo 23 della legge regionale 5/2009. Si ricorda che, la destinazione del finanziamento ministeriale è vincolata alla realizzazione del centro oncologico di eccellenza presso l'azienda ospedaliera ospedali riuniti Papardo di Messina -:
se non ritengano opportuno mettere in atto una procedura di verifica che

accerti che si stia veramente procedendo alla realizzazione del centro di eccellenza oncologico presso l'azienda ospedaliera Papardo-Piemonte di Messina o che, diversamente dall'accordo di Programma tra Stato e regione e da quanto sancito dalla legislazione regionale, si intenda destinare le strutture ad oggi realizzate, con finanziamento finalizzato del Ministero dell'economia e delle finanze, ad altre finalità del tutto estranee all'oncologia;
se nell'abito della citata verifica, intendano accertare se i fondi finalizzati alla realizzazione del centro di eccellenza oncologico nell'ambito dell'azienda ospedaliera Papardo-Piemonte di Messina siano stati utilizzati esclusivamente per tali finalità.
(2-01063)
«Stagno d'Alcontres, Pionati, Razzi, Scilipoti, Iannaccone, Naro, Grimaldi, Di Virgilio, Torrisi, Scapagnini, Pagano, Tommaso Foti, Paolini, Fallica, Cicu, Terranova, Berardi, Pugliese, Marinello, Garofalo, Minardo, Germanà, Vincenzo Antonio Fontana, Giammanco, Ghiglia, Antonio Martino, Moles, Chiappori, Gibiino, Catanoso Genoese».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il decreto legislativo in materia di «Autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario» approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 31 marzo 2011, ma non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, interviene, tra l'altro, sui tributi connessi al trasporto su gomma;
in base all'articolo 13, il finanziamento delle province si incentra anche sull'imposta sulle assicurazioni per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei motori (RC auto), che diviene tributo proprio derivato con aliquota del 12,5 per cento, manovrabile dal 2011 in aumento o in diminuzione nella misura di 3,5 punti percentuali, nonché sull'imposta provinciale di trascrizione (IPT), di cui peraltro viene previsto un riordino finalizzato, per gli atti soggetti all'Iva, al passaggio dall'attuale pagamento in misura fissa a quello di una tariffa modulata sulle caratteristiche di potenza e portata dei veicoli;
i trasferimenti regionali destinati al finanziamento delle spese provinciali sono soppressi, con compensazione, dal 2013, mediante istituzione di una compartecipazione provinciale al gettito della tassa automobilistica regionale; il gettito di tale compartecipazione affluisce, in misura non superiore al 30 per cento, ad un fondo sperimentale di riequilibrio regionale, di durata triennale, per essere poi devoluto ad ogni singola provincia, previo accordo;
l'attribuzione dell'autonomia di entrata alle province in forma territorialmente equilibrata dovrebbe essere garantita - solo dal 2012 - mediante un fondo sperimentale di riequilibrio provinciale, di durata biennale, alimentato solamente con le entrate derivanti dalla compartecipazione provinciale all'Irpef; nessun meccanismo di perequazione viene previsto in merito alla prevista devoluzione del gettito della RC auto e dell'IPT;
l'articolo 13 prevede la possibilità di aumentare o diminuire l'addizionale sul premio RC auto nella misura di 3,5 punti percentuali e questo implica un rincaro dell'importo netto che le compagnie assicurative incassano come premio che sarà inevitabilmente trasferito sugli automobilisti; questo determinerà un inevitabile incremento dei premi assicurativi; il costo medio della responsabilità civile in Italia è già molto più elevato che in altri Paesi europei: circa 400 euro contro i 200 euro del resto d'Europa;
il Ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani, ha prospettato «una rivisitazione

complessiva del meccanismo assicurativo» volta all'abbassamento dei premi assicurativi;
occorre, inoltre, sottolineare che esiste una forte sperequazione nella distribuzione regionale dell'intero gettito delle tasse automobilistiche e, in particolare, del gettito sulla responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, nonché una forte sperequazione della distribuzione su base regionale del gettito dell'imposta provinciale di trascrizione;
dai dati del sistema di gestione archivio tasse automobilistiche (SGATA) dell'Agenzia delle entrate risulta infatti un'ingente sperequazione tra il gettito di una regione come la Lombardia che ha 986,7 milioni di euro e quello di altre regioni come la Liguria che ha 134,9 milioni di euro, come la Toscana che ha 414,9 milioni di euro, come l'Umbria che ha 89,7 milioni di euro, come la regione Molise con appena 26,8 milioni di euro;
dal 1994 al 2010 i premi per la responsabilità civile dell'auto sono aumentati del 180 per cento; con la manovra finanziaria per il 2011 le autonomie hanno subito pesanti tagli dei trasferimenti e, secondo alcuni calcoli, il federalismo fiscale, determinerà una perdita di 4,5 miliardi di euro di risorse per le province, pertanto è verosimile ipotizzare che tali enti saranno costretti ad applicare per intero la flessibilità fiscale loro concessa -:
se i Ministri interpellati non ritengano di promuovere il riordino dell'imposta provinciale di trascrizione mediante un'apposita iniziativa normativa e non mediante la legge di stabilità che, in base alle regole sull'emendabilità dei documenti di bilancio, non può contenere norme di natura dispositiva o ordinamentale, integrando anche quanto disposto al comma 5-bis dell'articolo 13 sul passaggio dall'attuale pagamento dell'IPT in misura fissa a quello di una tariffa modulata sulle caratteristiche di potenza e portata dei veicoli, allo scopo di esentare dall'IPT gli acquirenti di veicoli nuovi o usati di piccola (utilitarie) o media potenza e gli autoveicoli classificabili come beni mobili strumentali.
(2-01069)
«Velo, Berretta, Lulli, Vico, Meta, Marchignoli, Cenni, Ciriello, Froner, De Biasi, Margiotta, Rampi, Scarpetti, Giovanelli, Pizzetti, Sanga, Damiano, Tidei, Carella, Fontanelli, Naccarato, Brandolini, Rossomando, Mariani, Braga, Lovelli, Zunino, Tullo, Bordo, Ginefra, Recchia, Pes, Marantelli, Marco Carra, Schirru».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

ANTONIO PEPE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'imposta sulle donazioni è stata nuovamente introdotta con la legge n. 286 del 2006, secondo le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 346 del 1990 nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54;
a seguito di tale intervento legislativo è stato reintrodotto il meccanismo della franchigia con riferimento al valore della donazione ed al rapporto di parentela tra donante e donatario;
l'articolo 59 del predetto decreto individua gli unici due casi nei quali deve essere percepita l'imposta fissa di registro:
a) per le donazioni di beni culturali vincolati;
b) per le donazioni di ogni altro bene o diritto dichiarato esente dall'imposta, ad eccezione dei titoli del debito pubblico e degli altri titoli di Stato;
è evidente la differenza tra donazione esente e donazione che gode di franchigia: ai sensi del citato articolo 59, solo la prima sconta l'imposta fissa di registro;

l'Agenzia delle entrate, con circolare n. 3/E del 12 gennaio 2008, ha affermato che, per gli atti non assoggettati a tassazione in virtù dell'applicazione della franchigia, l'imposta è dovuta in misura fissa;
tale orientamento contrasta, oltre che con i principi generali del diritto tributario, con la corretta interpretazione del decreto legislativo e con l'articolo 23 della Costituzione il quale prevede che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge;
molte commissioni tributarie, in contrasto con l'interpretazione dell'Agenzia delle entrate, hanno accolto ricorsi dei contribuenti, dichiarando non dovuta l'imposta fissa di registro;
è ragionevole prevedere la presentazione di ulteriori ricorsi in merito;
alla luce di tale orientamento giurisprudenziale, gli uffici finanziari dovranno sopportare, oltre il rimborso delle imposte indebitamente percepite, anche gli oneri relativi alla soccombenza ed al dispendio di energie e lavoro -:
quali iniziative urgenti intenda adottare per far ripristinare una corretta interpretazione della normativa in materia e quindi chiarire che non è dovuta l'imposta fissa di registro in presenza di franchigia.
(5-04699)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno delle ludopatie costituisce una delle piaghe più gravi che affliggono il mondo giovanile italiano;
secondo le statistiche contenute nello studio «Gioco e Giovani» dell'istituto di ricerca Nomisma, relativo al rapporto tra giovani e gioco, nel corso del quale sono stati coinvolti 396 istituti scolastici ed oltre 8.000 studenti, risulta che ben il 68 per cento dei giovani compresi fra i 16 ed i 19 anni ha dichiarato di aver giocato almeno una volta nel corso del 2008: in particolare, tale percentuale sale al 76 per cento tra gli studenti maschi mentre si riduce al 61 per cento per quanto riguarda le donne;
in base al predetto studio, il contesto sociale è determinante nello sviluppo della propensione al gioco da parte dei ragazzi: il 75,2 per cento degli studenti del Sud e delle Isole spende, in media, ogni mese più di 12 euro e il 22 per cento gioca ogni giorno; nelle aree del Nord-est la percentuale scende al 64,7 per cento e la spesa giornaliera è pari a circa 8,4 euro al mese; nel Centro Italia risulta coinvolto nel gioco il 64,6 per cento degli studenti, con una spesa media mensile di oltre 9 euro, mentre percentuali più basse si registrano nel Nord-ovest, dove ha dichiarato di giocare solo circa il 60 per cento dei giovani intervistati;
il gioco più diffuso risulta essere il gratta e vinci (53 per cento), mentre i giochi connessi all'ippica (4 per cento) sembrano interessare poco i ragazzi;
il dato più preoccupante consiste nel coinvolgimento dei minori, atteso che il 20 per cento degli studenti con meno di 18 anni ha dichiarato di scommettere con regolarità;
a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità per il 2011), dal 1o gennaio 2011 tutti i tipi di gioco pubblico sono proibiti a minori, mentre prima dell'entrata della predetta norma alcuni concorsi di gioco, come il gratta e vinci, non prevedevano l'inibizione del gioco ai minori;
nonostante il chiaro dettato della previsione legislativa, la tutela dei minori rispetto ai gravi pericoli, sociali e psicologici, sottesi alla pratica del gioco, presenta numerose lacune, sia sotto il profilo amministrativo sia sotto quello normativo;
al momento non risulta infatti un solo locale di gioco, una sola ricevitoria o agenzia di raccolta di scommesse che sia stata sanzionata per aver consentito il gioco da parte di minori, laddove invece l'applicazione di sanzioni rigorose, quali la

chiusura di un punto di gioco per violazione delle norme sul gioco minorile costituirebbe un monito ed un deterrente efficace per tutti gli esercenti non corretti;
inoltre, manca del tutto ogni seria attività di prevenzione sul territorio, né sussiste alcuna capillare attività informativa presso i gestori di sale gioco, agenzie, ricevitorie, relativamente alla normativa in materia di gioco minorile e ai rischi relativi, al fine di valorizzare il ruolo che proprio gestori e ricevitori possono svolgere per la prevenzione ed il contrasto di questo fenomeno;
non esiste altresì una struttura specificamente predisposta al controllo del gioco minorile, in quanto la Commissione di alta vigilanza per il controllo del gioco sul territorio, istituita dall'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e a cui partecipano anche rappresentanti delle forze dell'ordine, non è focalizzata a contrastare il gioco minorile ma, più in generale, il gioco illegale, e solo in presenza di specifiche segnalazioni -:
quali iniziative intenda assumere per contrastare più efficacemente il preoccupante fenomeno del gioco minorile, ad esempio disponendo la costituzione, nell'ambito dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, di una struttura dedicata a tale tematica, con compiti non solo di intervento ma soprattutto di prevenzione, eventualmente utilizzando una percentuale del ricavato del gioco lecito per finanziare tale struttura, nonché avviando campagne di informazione e sensibilizzazione presso la pubblica opinione e soprattutto presso gli operatori dei giochi leciti, al fine di prevenire il coinvolgimento dei soggetti minori nel gioco.
(5-04700)

FUGATTI e COMAROLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 16 febbraio 2011 è stata presentata un'interrogazione a risposta immediata in Commissione VI (5-04214) avente ad oggetto il regime tributario della cessione di fabbricati; in particolare gli interroganti evidenziavano due differenti interpretazioni sul tema della cessione di immobili, posseduti da più di cinque anni, rientranti in un'area soggetta a piano di recupero già approvato dal Comune;
l'Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008, stabiliva che oggetto della compravendita, ai fini delle imposte sui redditi, è l'area fabbricabile su cui gli edifici insistono e non i singoli fabbricati mentre nella risposta n. 10 della stessa Agenzia in occasione della manifestazione «Telefisco 2011» del 26 gennaio 2011, si afferma che, ai fini IVA, occorre fare riferimento alla natura del bene ceduto e, quindi, del fabbricato;
il rappresentante del Governo, nella risposta, ha riaffermato che, ai fini dell'imposizione diretta, nel caso di specie si deve far riferimento alla destinazione del bene e, quindi, non possono essere considerati oggetto della compravendita i fabbricati, in quanto ormai privi di un effettivo valore economico, bensì l'area di sedime, divenuta edificabile, sulla quale si concentra il valore economico oggetto di scambio: conseguentemente, la plusvalenza conseguita dalla cessione di tali fabbricati deve essere sottoposta a tassazione, indipendentemente dal fatto che siano trascorsi più di cinque anni tra l'acquisto e la vendita degli stessi; per quanto riguarda la determinazione del regime IVA da applicare occorre, invece, fare riferimento esclusivamente alla natura giuridica del bene oggetto della cessione, non rilevando valutazioni di natura economica: conseguentemente la cessione di un complesso immobiliare inserito in un piano di recupero deve essere trattata alla stregua di una cessione immobiliare strumentale;
la doppia interpretazione lascia aperti molti problemi, che dovrebbero essere chiariti, al fine di dare un quadro chiaro e definito sulla materia al contribuente -:
quale sia l'interpretazione, ai fini delle imposte dirette, del concetto di «destinazione

del bene», nel caso di cessione di fabbricati compresi in piani di recupero approvati, con particolare riferimento al lasso temporale entro il quale dare corso alla demolizione e al tipo di trattamento tributario in caso di demolizione parziale del fabbricato e quale sia l'interpretazione nel caso il fabbricato non sia inserito in piani di recupero.
(5-04701)

STRIZZOLO, ROSATO e MARAN. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nella regione Friuli Venezia Giulia opera sin dal 1957, in forza della legge 31 luglio 1957, n. 742, il Mediocredito del Friuli Venezia Giulia, fino al 1993 ente di diritto pubblico e, successivamente trasformato in società per azioni con maggioranza di capitale di soggetti pubblici o controllati da soggetti pubblici;
il Mediocredito del Friuli Venezia Giulia, oggi banca a tutti gli effetti poiché opera anche nel settore del credito fondiario ed in quello a breve termine, è un soggetto che svolge una importante attività di supporto alle attività economico-produttive del Friuli Venezia Giulia, specie a sostegno delle operazioni di riconversione, ristrutturazione e sviluppo delle realtà imprenditoriali medio-piccole che rappresentano l'asse portante dell'economia regionale;
la rilevanza del ruolo del Mediocredito del Friuli Venezia Giulia è sottolineata dalla composizione dell'azionariato in cui la regione Friuli Venezia Giulia - per il tramite della Friulia holding - detiene il 47,50 per cento delle quote e che registra la presenza di diversi soggetti pubblici e privati, compresi altri istituti di credito e le più significative istituzioni economico-finanziarie locali;
recentemente, sulla stampa locale sono state riportate notizie contrastanti sulla effettiva situazione di solidità finanziaria e sui reali risultati operativi - sia per quanto attiene la gestione ordinaria sia per ciò che si riferisce alle numerose gestioni di fondi speciali forniti dalla regione Friuli Venezia Giulia - dell'istituto che, se confermate, rischierebbero di indebolire la complessiva e fondamentale azione svolta dal Mediocredito del Friuli Venezia Giulia a sostegno dei diversi comparti dell'economia regionale in una fase molto delicata dal punto di vista della crisi di crescita e da dati occupazionali fortemente critici;
sempre secondo notizie apparse sugli organi di informazione locale, vi sarebbero state - negli ultimi mesi - delle verifiche e delle ispezioni da parte della Guardia di finanza e da parte della Banca d'Italia che avrebbero rilevato forti aumenti delle sofferenze nell'ultimo biennio con partite negative per decine di milioni di euro che potrebbero avere conseguenze pesantissime sugli equilibri finanziari e sui risultati di bilancio di Mediocredito del Friuli Venezia Giulia;
è auspicabile evitare polemiche e strumentalizzazioni - dannose per l'istituto e per l'economia del Friuli Venezia Giulia - che possono derivare da una non corretta conoscenza della reale situazione di Mediocredito del Friuli Venezia Giulia Spa -:
se sia a conoscenza di ispezioni e verifiche effettuate dalle autorità competenti ed in particolare dalla Guardia di finanza presso Mediocredito del Friuli Venezia Giulia Spa e delle relative risultanze e se intenda assumere iniziative, nell'ambito delle sue competenze, per assicurare la massima trasparenza informativa sulla effettiva situazione finanziaria e gestionale di Mediocredito del Friuli Venezia Giulia Spa, a tutela degli azionisti e delle imprese che intrattengono rapporti con l'Istituto, il quale svolge una importante attività a sostegno dell'economia nella regione Friuli Venezia Giulia nonché a tutela degli stessi amministratori, anche in vista dell'imminente rinnovo degli organi sociali.
(5-04702)

Interrogazione a risposta in Commissione:

NASTRI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto risulta da un articolo pubblicato da: «Il Sole 24 ore», l'Isda, l'associazione mondiale degli operatori derivati, ha recentemente stimato che il rischio di credito dei contratti finanziari derivati swap sia pari a 3.600 miliardi di dollari, ovvero 2.430 miliardi di euro;
la medesima associazione ha inoltre sostenuto che, tenuto conto che il 70 per cento dei derivati fuoriborsa, definiti tali quando la negoziazione avviene fuori da piattaforme e circuiti finanziari regolamentati (tra istituzioni gode di garanzie collaterali), il rischio di perdita per colpa dell'insolvenza della controparte è pari a circa 1.100 miliardi di dollari, ovvero circa 750 miliardi di euro: pari alla somma di rischio di insolvenza della Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna;
negli ultimi mesi, riporta l'articolo del «Sole 24 ore», i volumi di scambi dei prodotti finanziari derivati swap, sono tornati a risalire a ritmi sostenuti, la cui dimensione colossale, unitamente alle caratteristiche contrattuali opache e sfuggenti dei derivati, ha accresciuto i livelli di preoccupazione delle autorità di controllo e dei Governi in tutto il mondo, in considerazione del fatto che i contratti derivati swap costituiscono una fonte di rischio sistemico e quindi altamente pericoloso per la stabilità dei bilanci dei Paesi;
in Italia gli swap sono oggetto di contenzioso tra gli istituti bancari, la clientela delle piccole e medie imprese e gli enti locali, in considerazione del fatto che nel recente passato i rischi derivanti dalla negoziazione e dalla vendita di tali prodotti finanziari, sono stati oggetto nel nostro Paese, di accese polemiche nei confronti degli istituti sottoscrittori, sulla natura di tali strumenti altamente speculativi, che spesso hanno causato gravi perdite tra i risparmiatori e le aziende sottoscrittrici -:
se, in virtù dell'alta sorveglianza sul sistema bancario spettante al comitato interministeriale per il credito e il risparmio ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 385 del 1993 e in considerazione dei rischi che sono connessi alla solvibilità dei swap, si intendano acquisire elementi in merito a quale sia attualmente e con esattezza la remunerazione del servizio bancario e la copertura dei costi e dei rischi ai quali sono esposti gli istituti bancari all'interno del contratto swap.
(5-04686)

Interrogazioni a risposta scritta:

TADDEI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono numerose le lamentele giunte da cittadini e da operatori del settore per i ritardi nelle registrazioni degli atti per il censimento degli immobili non dichiarati al catasto;
è oramai prossima la scadenza del 30 aprile 2011 prevista dal comma 5-bis dell'articolo 2 della legge 26 febbraio 2011 n. 10, relativo a tali dichiarazioni di censimento che i titolari di diritti reali devono fare al catasto edilizio urbano per fabbricati dei quali sono venuti meno i requisiti per il riconoscimento di ruralità e per gli immobili mai dichiarati nella totalità o in parte;
la complessità della nuova procedura PREGEO10 versione 3 novembre 2010 per il trattamento degli aggiornamenti cartografici, procedura che presentava molte criticità, ha determinato la sostituzione con la versione 1° marzo 2011;
tale nuova versione ha richiesto un attento studio sia da parte dei tecnici che da parte degli operatori addetti agli sportelli

dell'Agenzia allungando i tempi per l'approvazione delle richieste di accatastamento;
si sono causate lunghe code agli sportelli determinate anche per la mancanza di personale per ferie arretrate e per alcuni problemi della società concessionaria della gestione degli aggiornamenti cartografici con frequenti interruzioni di collegamento ai terminali -:
quali iniziative intenda assumere il Governo affinché si possa procedere in modo regolare alla registrazione di tutte le dichiarazioni di censimento al catasto edilizio urbano;
se ritenga plausibile assumere un'urgente iniziativa normativa per una proroga dei termini di scadenza di almeno 60 giorni per la registrazione di tali atti.
(4-11773)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con la circolare n. 4 del 29 aprile 2011, l'Agenzia del territorio ha fornito una serie di indicazioni finalizzate a consentire un'omogenea e corretta applicazione del nuovo regime sanzionatorio, previsto per l'inadempimento degli obblighi di dichiarazione degli immobili e delle variazioni di consistenza e di destinazione dei medesimi;
il decreto legislativo, n. 23 del 2011 ha elevato le sanzioni catastali da un minimo di 1.032 euro ad un massimo di 8.264 euro, e sembra scattino solo se la violazione è stata commessa dal 1o maggio 2011;
la violazione è intesa come la mancata dichiarazione dei nuovi immobili entro 30 giorni «dal momento in cui sono divenuti abitabili o servibili all'uso» Quindi, la maxi sanzione si applicherà solo ai proprietari di immobili ultimati dopo il 1o aprile 2011 e non denunciati nei 30 giorni successivi;
ad avviso degli interroganti, in tutti gli altri casi resteranno applicabili i vecchi importi, da un minimo di 258 ad un massimo di 1.032 euro, e sarà possibile sfruttare il ravvedimento operoso, con abbassamento delle sanzioni ad un ottavo dell'importo -:
se consideri corretta l'interpretazione delle norme suddette e, nell'eventualità positiva, quali iniziative intenda porre in essere per garantirne la massima potenziale conoscenza.
(4-11806)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto dichiarato dal direttore dell'Agenzia delle entrate, in linea con quanto già espresso in occasione di Telefisco 2011, probabilmente saranno escluse dall'obbligo di comunicazioni per le operazioni sopra i 3.600 euro le transazioni con moneta elettronica o altro mezzo di pagamento già tracciato;
questa correzione porterebbe a ridurre l'impatto del nuovo obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti, coerentemente con quanto disposto dal decreto-legge n. 78 del 2010, secondo cui l'introduzione del nuovo adempimento dovrebbe limitare al massimo l'aggravio per i contribuenti;
è quindi presumibile che l'obbligo delle comunicazioni sopra i 3.600 euro resterà solo per la transazione in contante, mentre saranno escluse quelle con mezzo di pagamento già tracciato -:
se i fatti ricostruiti in premessa corrispondano al vero, se ritenga l'interpretazione corretta e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti intenda porre in essere per rendere potenzialmente conoscibile il fatto al maggior numero di consociati.
(4-11807)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia delle entrate ha pubblicato, il 26 aprile 2011, sul proprio sito, la bozza del Modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore 2011, con le istruzioni relative alla parte generale;
le istruzioni comprendono l'elenco completo degli studi in vigore per l'anno d'imposta 2010, per ciascuno dei quali è indicata l'eventuale evoluzione dello strumento effettuata su base triennale, con l'elencazione delle attività economiche di riferimento, secondo la classificazione ATECO 2007;
si rimane però ancora in attesa di pubblicazione della relativa implementazione del software Gerico, che dovrà essere utilizzato dai 3,5 milioni di imprese e professionisti obbligati alla congruità richiesta dagli studi di settore cui appartengono -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva quali iniziative urgenti intenda porre in essere per pubblicare i dati necessari, garantire l'implementazione del software e per consentire ai contribuenti di poter espletare gli obblighi fiscali previsti dalla legislazione vigente in materia.
(4-11808)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a decorrere dal prossimo 1o luglio diventerà operativa la norma che rende gli accertamenti esecutivi ai fini della riscossione;
il Presidente dei dottori commercialisti, nell'audizione svolta in Commissione finanze della Camera dei deputati sull'abuso del diritto, ha comunicato che tale strumento costerà ai contribuenti italiani ben 2 miliardi di euro;
lo stesso presidente ricorda che i dati del 2010 resi noti dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria parlano di un 41 per cento di sentenze di primo grado che hanno visto vittoriosi i contribuenti, che corrispondono a contestazioni per circa 5,7 miliardi di euro -:
considerando che il contribuente è tenuto a pagare comunque il 50 per cento delle maggiori imposte richieste nell'accertamento e dei relativi interessi, i commercialisti ipotizzano un caso di «solve et repete» di poco superiore ai 2 miliardi di euro -:
se i fatti indicati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti, eventualmente anche normative, intenda adottare per evitare la sorte paventata sopra a danno dei contribuenti.
(4-11809)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
fonti di stampa hanno rilevato che l'Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza hanno avviato un piano di controlli sulle aziende in «perdita sistematica»;
tali controlli riguarderanno, in particolare, il 20 per cento della platea dei cosiddetti «contribuenti di seconda fascia» che non rientrano né negli studi di settore né nel tutoraggio;
si tratterebbe di aziende di medie dimensioni che presentano un fatturato o ricavi tra i 5 e i 100 milioni di euro, nei confronti delle quali saranno realizzati circa 12mila controlli -:
se le notizie di cui in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, se non ritenga necessario potenziare

l'attività di controllo fiscale, al fine di ridurre l'endemica evasione fiscale che rende nulla la previsione di numerose norme costituzionali, a partire degli articoli 3, 23, 36, 38, 47 e 53 della Costituzione.
(4-11810)

FOGLIARDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
a seguito del protocollo d'intesa firmato in data 1o aprile 2010 tra il sindaco di Peschiera del Garda e il Ministero dell'economia e delle finanze, tutti i beni storici demaniali presenti all'interno della fortezza veneziana di Peschiera del Garda (a parte la Palazzina storica) fanno parte della partita immobiliare soggetta all'alienazione degli immobili stessi;
il protocollo è stato firmato un mese prima dell'approvazione del federalismo demaniale, che di fatto avrebbe concesso gratuitamente lo stesso patrimonio monumentale;
il protocollo prevede l'alienazione di tutta la rocca + caserma XXX Maggio + padiglione ufficiali, cuore storico della cittadina e le pertinenze esterne dei medesimi edifici costituenti la cinta magistrale bastionata di epoca veneta, tutti beni che di fatto vengono sottratti alla comunità e ad eventuali scopi culturali, turistici di aggregazione e di servizio al pubblico. Trattasi di circa 100.000 metri quadri di immobili e altrettanti metri quadri di bastioni e superfici scoperte di valore storico, monumentale ed economico inestimabili;
le opposizioni consiliari si sono pubblicamente dichiarate disponibili alla valutazione della dismissione di alcuni beni, ma all'interno di un masterplan in cui il comune guidi le scelte, conosce che il volume dei beni in gioco non possa tout court essere gestito da un ente pubblico, soprattutto in un momento storico come quello attuale;
il comune di Peschiera del Garda, secondo il protocollo, cede la propria potestà esclusiva di pianificazione urbanistica all'Agenzia del demanio, che predisporrebbe autonomamente i progetti;
per il comune è previsto un premio economico in rapporto alla velocità di produzione delle varianti urbanistiche formulate e richieste dall'Agenzia del demanio: sulla vendita immobiliare l'Agenzia riconoscerà il premio del 15 per cento se le varianti saranno prodotte entro 12 mesi dalla sottoscrizione del protocollo e del solo 5 per cento se saranno prodotte dopo 24 mesi;
il protocollo attuale ad avviso dell'interrogante si configura come una imposizione dall'alto, in una logica che vede il comune di Peschiera del Garda relegato in un ruolo marginale, mentre il demanio si cura solo dell'aspetto finanziario dell'operazione; gli edifici demaniali in oggetto sono, in quanto beni culturali di interesse storico-artistico particolarmente importante (decreto Ministero beni e attività culturali del 3 febbraio 2001), soggetti a vincolo di tutela notificato e quindi allo stato attuale sono inalienabili come ribadito dalla dichiarazione in data 2 dicembre 2003 espressa dalla Soprintendenza regionale dei beni e attività culturali del Veneto: «... l'intera piazzaforte di Peschiera è inalienabile, secondo quanto disposto dall'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica n. 283 del 2000. Difatti, con il decreto ministeriale 3 febbraio 2001, la piazzaforte è stata dichiarata d'interesse particolarmente rilevante ai sensi dell'articolo della legge 1089/1939 (ora articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 490 del 1999)»;
il protocollo d'intesa tra l'Agenzia del demanio e comune di Peschiera del Garda ad avviso dell'interrogante pare viziato sotto il profilo della legittimità, sotto il profilo del metodo amministrativo e sotto il profilo dell'opportunità -:
quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere alla

luce dei rilievi e delle problematiche rappresentati in premessa.
(4-11812)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il testo della norma per stabilire la detraibilità dell'IVA sugli acquisiti di veicoli stradali e relative spese, si trova nel testo dell'articolo 19-bis-1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e nella tabella B allegata al medesimo decreto che è stato modificato dalla legge finanziaria per il 2008 per essere adeguato alla normativa Unione europea;
il testo in vigore prevede che la limitazione della detrazione iva al 40 per cento riguarda «tutti i veicoli a motore, diversi dai trattori agricoli o forestali, normalmente adibiti al trasporto stradale di persone o beni la cui massa massima autorizzata non supera 3.500 Kg e il cui numero di posti a sedere, escluso quello del conducente, non è superiore a otto» che non sono utilizzati esclusivamente nell'esercizio dell'attività di impresa o della professione;
la predeterminazione legale della misura della detrazione al 40 per cento - che precedentemente era assoluta ora ammette la prova contraria;
di conseguenza, la limitazione non sembrerebbe operare per i veicoli ad uso esclusivo dell'attività del soggetto passivo, il quale ha, ora, la possibilità di computare integralmente in detrazione l'imposta, fermo restando, in tal caso, l'onere probatorio dell'inerenza totale;
anche l'Iva, relativa alle prestazioni di servizi relative ai medesimi veicoli, custodia, manutenzione e riparazione, transito stradale, nonché l'acquisto di carburanti e lubrificanti, è ammessa in detrazione nella stessa misura in cui è ammessa in detrazione l'imposta relativa all'acquisto o all'importazione del veicolo;
sembra abrogata, ma solo ai fini Iva, la distinzione tra autovetture, autoveicoli per trasporto promiscuo, falsi autocarri e autocarri; né si fa più riferimento alla classificazione del Codice della strada;
la disciplina descritta, non sembra riguardare gli agenti e rappresentanti, che continuerebbero a detrarre il 100 per cento dell'Iva, a condizione che possano dimostrare di possedere almeno un altro mezzo per gli scopi extraziendali;
concludendo, sembra potersi affermare che: la detraibilità dell'Iva e la deducibilità dei costi degli automezzi da sempre sono stati oggetto di attenzione del fisco. Attualmente si può dire che la detraibilità dell'Iva auto e la deducibilità dei costi auto seguano il criterio dell'utilizzo più o meno esclusivo. Comunque coesistono con la deducibilità integrale, la deducibilità al 40 per cento per la quasi generalità di contribuenti, quella all'80 per cento per gli agenti di commercio, e di un solo veicolo per il professionista -:
se condivida l'interpretazione delle norme sopra riportate e, nell'eventualità positiva quali iniziative urgenti intenda assumere per dare la massima potenziale divulgazione alla stessa.
(4-11815)

...

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
l'Emilia Romagna è la regione che registra il più alto tasso di sovraffollamento nelle carceri (ci sono oltre 2000 detenuti in più rispetto alla capienza dei posti disponibili), la maggiore carenza di

personale di polizia penitenziaria (ne mancano 650), nonché la più rilevante presenza di stranieri (circa il 55 per cento) e di tossicodipendenti (oltre il 25 per cento);
nonostante la costruzione di nuovi padiglioni (oltre a Piacenza, ne sono previsti altri a Bologna, Reggio Emilia, Modena e Ferrara) consenta sicuramente di avere più spazi detentivi per deflazionare gli istituti esistenti, occorre ricordare che ce ne sono altri ristrutturati, come a Parma e a Rimini, non funzionanti per mancanza di personale di polizia penitenziaria;
da più parti infatti è stato segnalato che nell'istituto penitenziario di Parma, da tanto tempo, esiste fra la popolazione carceraria ed agenti della polizia penitenziaria un rapporto assolutamente sproporzionato: ciò genera un modello organizzativo e gestionale incongruo e pericoloso per gli operatori della struttura;
quanto denunciato costituisce, ad avviso degli interpellanti, una palese violazione dei principi della Carta costituzionale, in particolare dell'articolo 32, che tutela la salute come «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività», e dell'articolo 27, secondo il quale «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
in una sentenza del 16 luglio 2009, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato per la prima volta l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (divieto di tortura e delle pene inumane e degradanti), proprio in ragione delle condizioni di sovraffollamento sopra descritte;
il carcere rappresenta una primaria esigenza di ciascuna società e bisogna rivolgere particolare attenzione al ruolo della polizia all'interno della casa circondariale, una risorsa primaria e strategica per il reintegro del detenuto e del suo diritto alla tutela della salute -:
se non intenda adottare urgenti ed efficaci misure, al fine di assicurare risorse idonee a conseguire un adeguamento dell'attuale pianta organica del personale di polizia penitenziaria, in modo da consentire il normale funzionamento della struttura di Parma e garantire condizioni dignitose a coloro che vi lavorano.
(2-01066)«Libè, Galletti, Rao».

Interrogazione a risposta orale:

NICOLA MOLTENI, D'AMICO, LAURA MOLTENI e RONDINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo voci insistenti sembra che in un documento del presidente del tribunale di Milano, dottoressa Livia Pomodoro, sia stato prospettato, per ragioni di bilancio e di tagli al personale, il progressivo trasferimento presso il tribunale medesimo delle cause di competenza delle tre sezioni distaccate di Rho, Cassano D'Adda e Legnano;
simile proposta di trasferimento, qualora attuata, oltre a comportare lo svuotamento di funzionalità, avrebbe la inevitabile conseguenza di condurre alla chiusura delle citate sezioni distaccate, nonostante esse rappresentino un importante presidio territoriale da cui transitano migliaia di cause all'anno, oltre a costituire un terminale rilevante nella rete dei servizi giudiziari in provincia di Milano;
se le indicazioni emerse dal documento dovessero trovare risposta in una reale chiusura degli uffici giudiziari, ciò rappresenterebbe un danno irrimediabile per tutta la collettività oltre a contrastare con le istanze di giustizia di tre territori che rivestono enorme importanza sia per il forte radicamento industriale sia per la elevata densità abitativa;
le cittadine di Rho, Cassano D'Adda e Legnano, infatti, rappresentano centri

d'interessi e di affari a rilevanza nazionale e la presenza di sedi distaccate contribuisce in modo determinante a soddisfare non solo le esigenze dei cittadini, ma anche delle aziende, non costringendole ad attendere i tempi lunghi dettati da un unico tribunale nel capoluogo di provincia;
a tutt'oggi, risulta indimostrato il nesso che legherebbe una più efficace amministrazione della giustizia alla concentrazione e riduzione dei luoghi deputati a tale amministrazione;
in aggiunta, la proposta in oggetto si pone in netto contrasto con le esigenze di decongestionamento del carico di lavoro del tribunale di Milano e di decentramento dei servizi dal capoluogo;
perplessità e preoccupazione, sul paventato trasferimento delle cause e sul ridimensionamento delle sezioni, sono state espresse dagli ordini degli avvocati di Rho, Legnano e Cassano d'Adda -:
se sia a conoscenza dei fatti come sopraesposti;
quali interventi effettivamente intenda adottare per evitare il paventato trasferimento delle cause e se intenda porre in essere azioni specifiche per evitare il ridimensionamento o la chiusura delle citate sezioni del tribunale di Milano;
se intenda prevedere investimenti reali, in termini di strutture e di risorse, in grado di migliorarne il funzionamento e valorizzarne l'importante funzione sociale.
(3-01627)

Interrogazione a risposta in Commissione:

PICIERNO e TOUADI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 14 aprile 2011 una delegazione di parlamentari si è recata in visita presso la casa circondariale femminile (C.C.F.) di Rebibbia, a Roma, dove ha avuto modo di parlare con la direzione, di visitare la struttura e di ascoltare il punto di vista delle lavoratrici impiegate come ispettori, agenti penitenziari, educatori, personale sanitario e amministrativo;
secondo i dati ufficiali del Ministero della giustizia, dipartimento amministrazione penitenziaria (DAP), la C.C.F. di Rebibbia avrebbe in pianta organica 250 agenti effettivi, rispetto ai 234 previsti. In realtà, secondo varie fonti, sarebbero in servizio presso l'istituto soltanto 170 agenti. A causa dei tagli agli organici, sono in servizio soltanto quattro educatori penitenziari e si riscontra una carenza anche di personale sanitario e di psicologi;
in seguito alla protesta del personale, che dall'inizio di aprile ha messo in atto uno sciopero della fame e della sete, il dipartimento amministrativo penitenziario ha garantito l'arrivo di ulteriori 11 unità. Al momento, nessuno degli agenti in cima alla graduatoria ha accettato di entrare in servizio presso la C.C.F., ragione per cui la situazione è rimasta immutata. Si segnala, inoltre, che nel Lazio è attualmente vacante la carica del Provveditore, una mancanza che rende molto difficile per le lavoratrici in protesta ottenere soluzioni concrete ed efficaci ai problemi sollevati;
tale situazione comporta un deficit sotto ogni punto di vista: dalla capacità della struttura di garantire adeguate condizioni di detenzione alle recluse, di fornire opportunità e sostegno per opportuni percorsi di riabilitazione, di far fronte ai bisogni speciali di numerose detenute. Inoltre, le lavoratrici sono costrette a rinunciare alle ferie (qualcuna di loro ha accumulato oltre 100 giorni di ferie non effettuate), a svolgere ore di straordinario non retribuito, a svolgere il proprio turno di 6 ore avendo ognuna la responsabilità di vigilare su circa 75 detenute, con gravi rischi per la sicurezza, oltre che un grave impatto sul personale in termini di stress e carico psicologico;
secondo elaborazioni della Funzione Pubblica - CGIL, nel Lazio oltre 2000 unità di personale della polizia penitenziaria svolgono servizio fuori dalle carceri: l'alto numero di distacchi presso altre

strutture non carcerarie sta altamente danneggiando le condizioni di lavoro all'interno dei penitenziari, dove nel contempo sono fortemente aumentati i reclusi;
la C.C.F. di Rebibbia, infatti, è il più grande istituto penitenziario femminile d'Italia e attualmente contiene 374 detenute, oltre a 12 bambini. Il sovraffollamento in questa struttura, che dovrebbe contenere non oltre 274 recluse, è del 36,5 per cento. La popolazione carceraria della C.C.F. è passata dalle 260 detenute del 2006 alle cifre attuali, con un aumento percentuale del 43,85 per cento. Questo forte aumento delle presenze è accompagnato da un incremento di categorie particolari di detenute, come le straniere, le tossicodipendenti e le psichiatriche, che avrebbero una forte necessità di assistenza speciale, come la mediazione culturale e linguistica, l'assistenza sanitaria, psicologica e sociale;
alla carenza di organico e al sovraffollamento, presso la C.C.F. di Rebibbia si aggiunge la difficoltà di una drastica riduzione del bilancio dipartimento amministrazione penitenziaria, diminuito del 22 per cento nominale (50 per cento reale) e per il quale sono previsti ulteriori tagli fino a un terzo del bilancio del 2001;
questi tagli hanno un impatto molto forte su tutte le spese di ordinaria amministrazione del carcere, come i riscaldamenti d'inverno, l'aria condizionata d'estate, le forniture, la manutenzione, i consumi di acqua, luce e gas -:
se il Ministro possa fornire dati ufficiali sul numero dei distacchi effettuati in uscita dagli istituti penitenziari del Lazio, e in particolare dalla C.C.F. di Rebibbia, negli ultimi anni, specificando a quali strutture essi siano stati assegnati e dopo quanti giorni di servizio svolto in carcere;
cosa il Ministro intenda fare per una rapida ed efficace soluzione della drammatica carenza di organico degli istituti penitenziari del Lazio e in particolare della C.C.F. di Rebibbia, per assicurare più dignitose e sostenibili condizioni di lavoro per il personale;
quali azioni verranno intraprese per impedire una sommatoria degli effetti dei tagli al bilancio, della carenza di organico e del sovraffollamento nelle carceri, con effetti drammatici sia sulle condizioni di detenzione e sia su quelle lavorative del personale impiegato.
(5-04681)

Interrogazione a risposta scritta:

TIDEI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
proseguono le proteste per la mancata risoluzione dell'ormai noto problema dei cosi detti «tirocinanti della giustizia» impiegati presso i tribunali di Roma e provincia, i quali si sono riuniti il 28 aprile 2011 sotto il palazzo della prefettura di Roma;
si sono riuniti per denunciare la mancata apertura di un tavolo interistituzionale che possa trovare una soluzione utile e concreta per proseguire la collaborazione avviata da oltre un anno;
il lavoro dei «tirocinanti della giustizia» è stato riconosciuto di estrema importanza, poiché era riuscito ad alleviare uno dei maggiori problemi dei tribunali ovvero la carenza del personale non togato, problema che ha spesso ridotto al collasso molti uffici giudiziari;
i sindacati che si occupano di questa spinosa vicenda fanno sapere che, ad oggi, nessuna delle istituzioni interpellate, esclusa la provincia di Roma che ha dimostrato sensibilità ed interesse al problema attivando il progetto, ha mai offerto una reale disponibilità utile alla risoluzione di questa vicenda;
con la manifestazione di giovedì 28 aprile 2011 i sindacati e gli stessi manifestanti cercano di sollecitare il prefetto di

Roma affinché con la sua autorità possa contribuire alla costituzione del tanto richiesto tavolo interistituzionale -:
se il Ministro, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga opportuno intervenire concretamente per la costituzione del tanto atteso tavolo contribuendo quindi non solo alla risoluzione del problema dei lavoratori coinvolti, ma anche al problema dei tribunali di Roma e provincia spesso paralizzati per la carenza di personale.
(4-11770)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MESSINA e MONAI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 ha disposto l'aumento dei sovrapprezzi dei pedaggi delle tratte gestite dalle concessionarie già attive, nonché l'introduzione di un pedaggio per le tratte di autostrade e raccordi autostradali ANAS, sino ad oggi gratuiti;
la previsione di aumenti e nuovi pedaggi su numerose tratte autostradali siciliane sta infiammando la protesta di molti cittadini e amministratori pubblici, infatti lo stato delle principali arterie di comunicazione siciliane è molto compromesso e tale da far considerare il pedaggio una sorta di «tassa» illegittima su un servizio inesistente. L'isola ha infatti 25 chilometri di autostrade ogni 1.000 chilometri quadrati di superficie: un dato decisamente inferiore a regioni del Nord Italia ma anche del Sud, come la Campania;
forte allarme vi è anche nel settore imprenditoriale, in particolare nel comparto agricolo siciliano, per i conseguenti aumenti dei costi di trasporto delle merci che renderanno i prodotti agricoli siciliani sempre meno competitivi sui mercati;
i nuovi pedaggi Anas inoltre non sono neppure strettamente connessi ad un miglioramento del servizio in quanto andranno semplicemente a coprire il taglio dei contributi annui dovuti dallo Stato ad Anas per investimenti relativi ad opere e interventi di manutenzione straordinaria anche in corso di esecuzione, fondi dunque già previsti e già di per sé carenti. Nell'audizione del 1o dicembre 2010 in VIII Commissione al Senato il presidente Anas ha sostenuto che i ricavi del pedaggi non andranno solamente a coprire il taglio dei contributi futuri ma serviranno a «deconto dei contributi assegnati in passato ad ANAS per realizzare opere, infrastrutture già avviate ed alcune già finite» contributi dunque assegnati e mai versati che ammonterebbero a «svariati miliardi di euro»;
ad aggravare la tensione del quadro siciliano vi sono anche una serie di contenziosi per la gestione delle tratte autostradali siciliane tra regione e Governo, tra Anas e il concessionario Consorzio autostrade siciliane (CAS). La regione infatti che, con CAS, ha finora gestito il pedaggiamento su alcune tratte autostradali siciliane si vede ora defraudata di un'ulteriore voce di entrata di bilancio e nella difficoltà di pensare ad una riconversione di una struttura aziendale di quasi 500 persone. Al momento, da notizie stampa, sembra siano in atto accordi che propenderebbero per una preoccupante gestione mista Anas-Cas, soluzione che al momento sembrerebbe non scontentare nessuno ma in cui, si teme, sarà sempre più difficile individuare competenze e responsabilità;
il Governo, senza remore e con decisione, ha proseguito sulla strada dell'introduzione e dell'aumento dei pedaggi e a nulla sono valse le proteste, i ricorsi e le richieste di proroga che si sono scatenate, non solo in Sicilia, ma in tutta Italia. L'introduzione dei nuovi pedaggi, inizialmente previsti per il 31 dicembre 2011,

con decreto-legge 5 agosto 2010 n. 125, convertito con modificazioni dalla legge 1o ottobre 2010, n. 163, è stata addirittura anticipata al 30 aprile 2011;
il provvedimento sembrava dunque già deciso e pronto, tanto da suscitare la preoccupazione di Anas che si è premurata di preparare un bando prima ancora dell'emanazione del decreto istitutivo previsto dalla legge. A pochi giorni dal termine previsto, è stato però comunicato che non è ancora pronto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, deve istituire il pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS SpA, nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio, i criteri e le modalità per l'applicazione. Slitterà dunque l'entrata in vigore del nuovo piano di pedaggiamento previsto per il 1o maggio 2011. Questa notizia, da un lato, ha destato sollievo negli utenti, dall'altro però, ha suscitato il sospetto di larga parte dell'opinione pubblica che vede in ciò una manovra di tipo elettorale, atta a far calare la tensione e l'attenzione dei cittadini e a riporre il problema dopo le elezioni -:
se il Ministro ritenga gli aumenti e i nuovi pedaggiamenti improcrastinabili ed esigibili anche per la Sicilia, considerata la situazione di estrema scarsezza infrastrutturale della regione, caratterizzata da una carenza non solo della rete viaria ma anche ferroviaria e aeroportuale;
al fine di fugare ogni dubbio sulla correttezza dell'operato del Governo a cosa sia dovuto il ritardo di entrata in vigore dei nuovi pedaggi;
se sia stato studiato l'impatto del provvedimento sulle aziende siciliane, già di per sé svantaggiate per la posizione periferica della regione Sicilia e per la carenza infrastrutturale che non concede alternative al trasporto su gomma;
cosa ne pensa il Ministro di un'eventuale gestione mista Anas-Cas della autostrade siciliane e se sia stato studiato l'impatto del provvedimento sull'ente regionale;
se sia stato studiato l'impatto del provvedimento sulla famiglia media, considerando che il rincaro inciderà principalmente sui cittadini costretti a spostarsi quotidianamente per motivi di lavoro e considerato che il reddito pro capite da lavoro dipendente in Sicilia è tra i più bassi in Italia.
(5-04676)

Interrogazioni a risposta scritta:

CICCANTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 37, comma 9, secondo periodo, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come successivamente modificato ed integrato, recita testualmente: «Salvo quanto disposto ai commi 18 e 19, è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall'impegno presentato in sede di offerta» con prevista penalità, riportata al comma seguente, nel caso di inosservanza del divieto, dell'annullamento dell'aggiudicazione o la nullità del contratto;
il divieto in argomento, trova un'eccezione normativa nei commi 18 e 99 del citato articolo, sostanzialmente solo nel caso che si verifichi un vero e proprio fallimento dell'impresa mandataria o di impresa mandante e, nel caso di mandataria o mandante che sia impresa individuale, per morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del suo titolare;
la locuzione del «divieto di qualsiasi modificazione» è stata introdotta per non permettere subentri successivi alla data dell'offerta, pertanto una interpretazione «strictu sensu» escluderebbe anche la estromissione dalla partecipazione all'ATI di una impresa mandante che, ancorché

non sia in regime fallimentare, si trovi comunque nell'oggettiva impossibilità, valutata dalla stazione appaltante, alla prosecuzione dei lavori con risvolti significativi sia in ordine al raggiungimento del fine pubblico di vedere ultimata l'opera data in appalto sia in termini di imposizione di un vincolo restrittivo al mercato;
con riferimento alla previsione del divieto per i rappresentanti temporanei e dei consorzi ordinari di modifica dell'impegno in sede di offerta, per quanto riguarda i consorzi è stata dichiarata conforme alla normativa, da parte dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, la possibilità di fare eseguire i lavori a consorziata diversa da quelle indicate in sede di gara in caso di impossibilità della cooperativa designata di adempiere alle obbligazioni contrattuali (deliberazione nell'adunanza n. 263 dell'11 luglio 2001) -:
se, in via analogica, possa riconoscersi e dichiararsi conforme alla normativa applicabile la possibilità di fare continuare ad eseguire i lavori affidati ad una ATI ove una impresa mandante o la stessa mandataria, non in regime fallimentare, si trovi nelle condizioni di impossibilità (valutata dalla stazione appaltante) di proseguire i lavori ovvero di partecipare all'ATI, estromettendo dalla composizione dell'associazione temporanea l'impresa mandante o mandataria in questione, non consentendo comunque il subentro di soggetti terzi (per il rispetto della norma riguardante il divieto) e se quindi il rapporto contrattuale possa proseguire con l'ATI residuale purché i componenti (anche se costituiti da singola impresa mandataria ovvero da singola mandante che assume la veste di mandatario o unico soggetto costituente l'ATI) siano comunque in possesso della qualificazione adeguata per eseguire l'opera appaltata e/o comunque tale da coprire le categorie e gli importi residuali al momento della estromissione della partecipante all'ATI.
(4-11804)

PALOMBA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la Tirrenia spa, storica compagnia che ha gestito per molti anni il trasporto marittimo da e per la Sardegna a tariffe sociali che consentivano a tutti, residenti e turisti, il viaggio da e per la Sardegna, versa attualmente in regime di amministrazione straordinaria controllata;
è in corso la procedura di privatizzazione della società ed è molto probabile che la compagnia di navigazione venga acquisita, verosimilmente - secondo notizie di stampa - da quegli armatori privati, che si costituirebbero in associazione d'impresa, che hanno operato per anni sulle rotte da e per la Sardegna garantendo la libera concorrenza. Secondo alcune indiscrezioni la Tirrenia sarebbe infatti acquisita, si dice per 280 milioni di euro, da una cordata di imprenditori napoletani costituita da Gianluigi Aponte, con il gruppo Snav (Società navigazione alta velocità) e Msc (Mediterranean Shipping Company, 51 per cento Grandi navi veloci) e da Vincenzo Onorato, con la Moby. Sempre da notizie di stampa, la cordata Aponte-Onorato avrebbe già pronto anche il piano industriale che pare non preveda nessun rilancio della compagnia almeno sino alla fine di aprile ma solo l'obiettivo di prendere possesso da subito, prima della stagione estiva di tutte le navi e le rotte della Tirrenia;
in seguito a questa situazione di incertezza le tariffe per il trasporto marittimo hanno già subito aumenti enormi ed indiscriminati da parte delle compagnie private a scapito dei residenti in Sardegna, dei non residenti e del trasporto merci, con grave danno per vari settori della già fragile economia della Sardegna. Tali aumenti, che hanno già determinato forti contrazioni nelle prenotazioni da e per la Sardegna, potrebbero essere prodromici dell'aumento che subirebbero le tariffe in regime non più di concorrenza, ma di monopolio, quale si avrebbe, ad avviso dell'interrogante, se la Tirrenia venisse

sostanzialmente incorporata nei gruppi concorrenti;
se l'operazione della cordata Aponte-Onorato andasse in porto, tali armatori privati, secondo l'interrogante, sarebbero posti in una posizione di vantaggio competitivo tale da consentire agli stessi di effettuare una sorta di «cartello sui prezzi» da e per la Sardegna, consolidando un oligopolio pericoloso per le sorti dell'economia turistica e commerciale della Sardegna, che hanno visto negli ultimi mesi un rincaro spropositato di circa il 70 per cento;
per cercare di risolvere questa situazione - che rischia di mettere in ginocchio l'economia della Sardegna compromettendo l'intera stagione turistica 2011 - la giunta regionale ha deliberato inizialmente di ricorrere all'Autorità garante della concorrenza e del mercato contro le tariffe praticate dalle compagnie di navigazione per i collegamenti con la Penisola;
anche la provincia di Cagliari, così come quella della Gallura, ha espresso viva preoccupazione per questa situazione e ha auspicato un intervento immediato e rapido del Governo nazionale per evitare la svendita della Tirrenia e l'eventuale costituzione di un monopolio sulle linee navali da e per la Sardegna;
sull'aumento delle tariffe dei traghetti e sul rischio di un monopolio si è pronunciato in maniera molto dura anche il consiglio regionale della Sardegna e il problema è stato oggetto di varie interpellanze dell'opposizione. In particolare il 12 aprile 2011 il consiglio regionale sardo - oltre a ratificare il ricorso della regione all'Autorità garante della concorrenza e del mercato - ha approvato una mozione che impegna la giunta ad aprire un tavolo di confronto con gli armatori, al fine di verificare la possibilità di stabilire un tetto massimo alle tariffe stesse. Il consiglio ha invece respinto una mozione del centrosinistra che sollecitava l'Esecutivo a intervenire «presso il governo nazionale per bloccare la vendita della Tirrenia ad armatori già operanti nelle tratte da e per l'Isola»;
la giunta regionale ha poi deciso di intervenire, per mezzo della Saremar (la compagnia di navigazione controllata al 100 per cento) per calmierare il prezzo del trasporto marittimo tra la Sardegna e la penisola attivando almeno due nuove rotte gestite direttamente dalla società regionale, in modo da contenere le tariffe in vista dell'approssimarsi della stagione estiva; la sperimentazione dovrebbe scattare il 15 giugno 2011 per concludersi il 15 settembre 2011 e riguardare le seguenti tratte: Olbia o Golfo Aranci con Civitavecchia o Napoli; Olbia o Golfo Aranci con La Spezia, Carrara o Livorno; Porto Torres con Genova o Savona;
la soluzione tampone adottata dalla regione, oltre a privilegiare inspiegabilmente il nord della Sardegna a discapito della Sardegna meridionale, dovrebbe portare la tariffa a un costo medio di 500 euro andata e ritorno per una famiglia di quattro persone con auto al seguito; un costo comunque ancora eccessivo e in contrasto con il principio ancora inattuato della continuità territoriale marittima;
per risolvere il problema in maniera più radicale e meno provvisoria, in conformità all'articolo 14 dello Statuto autonomistico della Sardegna, sembra sia allo studio il modo per mettere la regione Sardegna in una posizione privilegiata nella corsa per l'acquisizione della Tirrenia -:
se sia a conoscenza di quanto descritto e se intenda ad assumere iniziative per bloccare la vendita della Tirrenia ad armatori già operanti nelle tratte da e per la Sardegna, e se e come intenda intervenire, per quanto di competenza, per porre rimedio al prevedibile cartello cui si potrebbe dar vita tra gli armatori nonché allo spropositato rincaro dei prezzi dei traghetti da e per la Sardegna;
quali siano i suoi intendimenti circa la possibilità che la regione Sardegna partecipi alla trattativa privata per l'acquisizione di una partecipazione alla privatizzazione di Tirrenia, così come disposto dall'articolo 1, comma 31, della legge regionale

19 gennaio 2011, n. 1, e se eventualmente ritenga di poter intervenire a tal fine presso il commissario straordinario della Tirrenia.
(4-11805)

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro per le pari opportunità, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
in Italia il reato di sequestro di persona è punito, secondo l'articolo 605 del codice penale, con la reclusione da sei mesi a otto anni;
la pena è della reclusione da uno a dieci anni, se il fatto è commesso in danno di uh ascendente, di un discendente o del coniuge;
la segregazione in casa, peraltro per futili motivi, integra gli estremi di cui sopra;
la giovane ragazza pakistana (secondo le agenzie stampa), di seguito nominata Jamila, è vissuta in stato di segregazione nella sua abitazione per quindici giorni;
la segregazione sarebbe stata messa in atto con la forza da parte dei fratelli della giovane, il cui padre è deceduto;
la segregazione della giovane Jamila non le ha permesso di frequentare la scuola e quindi la espone al rischio di tornare in Pakistan, causa la scadenza del permesso di soggiorno;
la presunta conclusione della vicenda è avvenuta in seguito ad una «mediazione» del console pakistano le cui parole non fanno venir meno l'eventuale sussistenza del reato di cui sopra;
non si ravvisa alcun intervento dei servizi sociali e di sostegno psicologico;
i fratelli di Jamila non risultano colpiti da alcun provvedimento giudiziario o mandato di arresto per il reato di cui sopra -:
come il Governo intenda procedere, per quanto di competenza, in relazione a questa gravissima vicenda;
se intenda il Governo acquisire elementi in ordine alla mediazione del console pakistano, che ha contenuti unicamente informali;
come intenda il Governo, tutelare le seconde generazioni di ragazzi immigrati in Italia da soprusi e gravissime discriminazioni come quella di cui in premessa.
(2-01062)
«Sbai, Bertolini, Nirenstein, Toccafondi, Di Cagno Abbrescia, Mazzoni, Barani, Catanoso Genoese, Minasso, Garagnani, Mazzuca, Holzmann, Fucci, Versace, Menia, Cassinelli, Mancuso, Milanato, Bocciardo, Pili, Valducci, Gava, Patarino, Moles, Massimo Parisi, Mazzocchi, Migliori, Angelucci, Biancofiore, Rampelli, Vignali, Pianetta, Iapicca, Frassinetti, Costa».

Interrogazione a risposta in Commissione:

PICIERNO, GRAZIANO, MAURIZIO TURCO e BERNARDINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in seguito all'arrivo di 20.000 profughi, sbarcati sulle nostre coste dopo l'esplosione delle rivolte nei Paesi del Nord Africa, il Governo ha dato vita, tardivamente e, ad avviso degli interroganti, in modo confuso e poco condiviso con le istituzioni del territorio, a un piano di suddivisione degli arrivi in vari centri d'accoglienza nel Paese;

questi centri, predisposti con urgenza e spesso mancando di considerare le difficoltà già presenti in alcuni contesti territoriali, avevano la caratteristica di essere sistemazioni temporanee, atte all'identificazione degli arrivati, allo smistamento delle richieste d'asilo, all'individuazione di precedenti penali o pregressi decreti di espulsione, all'immediata accoglienza in sistemazioni idonee dei minori;
uno di questi centri, posizionato presso l'ex caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere, si è subito distinto per una condizione di illegalità e irregolarità difficilmente spiegabile. Infatti, in questo centro d'accoglienza sono stati inizialmente destinati 1000 migranti, un numero molto alto, accolti in una tendopoli nel piazzale della caserma. Fin dall'inizio a queste persone è stato impedito di uscire, causando gravi tensioni tra immigrati e forze dell'ordine, che presidiavano il campo in tenuta antisommossa;
è stato altresì impedito per diversi giorni ai parlamentari di recarsi in visita nel centro per svolgere la propria funzione ispettiva, mentre è a tutt'oggi impedito ai giornalisti di entrare nel campo, e anche ai collaboratori che accompagnano i parlamentari, diversamente da quanto avvenuto in passato e nonostante la segnalazione dei nominativi al prefetto;
questa scelta di rendere l'ex caserma una vera e propria tendopoli-carcere, ha causato da subito numerosi tentativi di fuga, la conseguente dispersione di circa settanta immigrati nel territorio, il ferimento di diversi immigrati e di alcuni agenti;
inoltre, le visite di diverse delegazioni di parlamentari ed esponenti delle istituzioni locali all'interno del campo, hanno rilevato delle gravi carenze nelle strutture di accoglienza, che appare del tutto inidonea per quanto concerne i servizi igienici, che consistono in bagni chimici posizionati all'aperto, e la collocazione delle tende nel cortile, sotto il sole e in completa mancanza di ombra;
il Governo, di fronte all'impossibilità di affrontare adeguatamente un piano di accoglienza predisposto in fretta e senza il necessario confronto con le istituzioni locali, ha emanato un decreto (Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 Aprile 2011: «Misure di protezione temporanea per i cittadini stranieri provenienti dai Paesi nordafricani») che ha autorizzato il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo della durata di sei mesi, non rinnovabile, per motivi umanitari, ai cittadini dei Paesi nord africani giunti in Italia fra il 1° gennaio 2011 e la mezzanotte del 5 aprile che ne avessero fatto richiesta entro 8 giorni dall'emanazione del decreto;
questo provvedimento, che per i limiti temporali e procedurali posti ha causato numerose difficoltà agli immigrati che ne intendevano usufruire, ha comportato il trasferimento dei primi mille cittadini stranieri dalla tendopoli dell'ex caserma, che è avvenuto non in forma volontaria e libera, ma coatta, per mezzo di pullman diretti spesso verso destinazioni non desiderate e non previste dagli stessi profughi;
venerdì 21 Aprile, la Presidenza del Consiglio dei ministri, con l'ordinanza n. 3935, ha trasformato il centro di accoglienza (CDA) in un centro di identificazione ed espulsione (CIE). Il testo del decreto, che è pervenuto alla prefettura di Caserta e ad altre istituzioni locali, ma che ancora non è stato pubblicato sui siti di informazione on line del Governo, non è facilmente accessibile;
appare altresì difficile trovare una giustificazione legale a una scelta improvvisa, cui ha fatto seguito il trasferimento di tutti i minori presenti nel campo, che sta costringendo a una permanenza coatta nella tendopoli oltre 200 migranti giunti in Italia dopo il 5 aprile;
quasi tutti i profughi presenti nel campo di Santa Maria Capua Vetere hanno formalizzato richiesta di protezione internazionale ed hanno richiesto di beneficiare di una forma di protezione temporanea,

ma nel frattempo sono reclusi nella struttura dal 18 Aprile, che è stata adeguata al nuovo scopo con soluzioni improvvisate e non idonee: il muro di cinta dell'ex caserma, sorvegliato lungo il perimetro dalle forze di polizia, è alto più di cinque metri e ricoperto di cocci di vetro, ma continua a non essere un ostacolo impossibile da superare, come dimostrano gli ultimi tentativi di fuga, molti dei quali riusciti, infatti al 27 aprile da 220 risultano essere presenti nel CIE solo 99 persone, risultando trasferiti presso altri CIE circa 30 persone;
oltre ad alimentare la tensione fra i migranti e tra essi e le forze di polizia, la presenza sul territorio di una struttura tanto inadeguata sta archiviando rapidamente il cosiddetto «modello Caserta», dato che le forze dell'ordine del territorio sono mobilitate giorno e notte per la sorveglianza della struttura e per la ricerca dei fuggitivi -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato, e se non intenda revocare immediatamente il provvedimento che trasforma l'ex caserma Andolfato in un centro di identificazione ed espulsione per procedere all'individuazione di sistemazioni più idonee all'interno dei centri già esistenti, sollevando il territorio casertano da una situazione problematica e difficilmente gestibile e assicurando ai migranti presenti in Italia un trattamento pienamente rispettoso dei diritti fondamentali e della dignità personale.
(5-04679)

Interrogazioni a risposta scritta:

FALLICA, STAGNO d'ALCONTRES, GRIMALDI e TERRANOVA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il corpo nazionale dei vigili del fuoco ha svolto dal 2009 al 2010 notevoli interventi nella provincia di Messina senza ricevere alcun rimborso per l'attività di soccorso ivi sostenuta;
la quantificazione delle spese sostenute dal suddetto Corpo nazionale per l'attività svolta sul territorio di Messina è pari a 17.417.475 euro;
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ha assicurato con consistenti presidi operativi il superamento delle gravi emergenze nel periodo suddetto con conseguente impiego di risorse umane e di risorse strumentali che vanno assolutamente reintegrate;
ad oggi, a fronte dei costi sostenuti, in particolare relativi alle prestazioni di lavoro straordinario effettuate dai vigili del fuoco, è stata disposta soltanto l'assegnazione di 1.000.000 euro, ammontare assolutamente insufficiente anche per il solo pagamento degli emolumenti maturati dal personale nei primi giorni di attività -:
come e quando il Governo intenda intervenire per completare il pagamento dovuto alle unità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco impiegate sul territorio del comune di Messina.
(4-11772)

TOUADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 3 aprile 2011, veniva gravemente ferito con un colpo di machete, a Tor Bella Monaca, un nigeriano. Nei giorni precedenti altri nigeriani erano stati gravemente feriti. Secondo i carabinieri, si tratterebbe di regolamenti di conti per il controllo dello spaccio di droga nell'area di Tor Bella Monaca;
è opportuno ricordare che secondo quanto documentato dalle relazioni semestrali della Dia al parlamento la cosiddetta mafia nigeriana ha un ruolo crescente nel territorio nazionale soprattutto per quanto concerne il traffico di droga;
nell'area dell'VIII municipio di Roma, tuttavia, da diversi mesi si registrano gravi fatti ascrivibili alla criminalità organizzata;

nell'aprile del 2010, venivano gambizzati due pregiudicati in via dell'Archeologia, il 23 giugno del 2010 i carabinieri della compagnia di Frascati unitamente ad unità dei vigili del fuoco intervenivano in un palazzo di via dell'Archeologia rimuovendo una serie di sbarramenti predisposti dagli spacciatori per proteggersi dagli interventi delle forze dell'ordine nonché garantire ai tossicodipendenti aree «protette» per il consumo degli stupefacenti. L'intervento dei carabinieri faceva seguito ad un altro già svolto nell'ottobre del 2010;
il 3 dicembre del 2010, personale della polizia di stato veniva aggredito da numerose persone perché colpevole di aver fermato per un controllo un'appartenente alla famiglia campana Moccia già al centro di numerose indagini sulla criminalità organizzata;
il 6 dicembre del 2010, esplodeva una bomba carta innanzi ai locali del comando della polizia locale dell'VIII municipio particolarmente attiva nel contrasto all'illegalità;
nel suddetto municipio secondo quanto emerso dalla sintesi del rapporto dell'osservatorio regionale sulla sicurezza e la legalità del 12 maggio del 2008 operano anche consorterie criminali come: il clan Casamonica, il clan Senese;
nell'ottavo municipio è presente solamente una stazione dei carabinieri, risulta competente per tutto il municipio la compagnia dei carabinieri di Frascati competente anche per una vasta area dei castelli romani -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per garantire la sicurezza dei cittadini residenti nel municipio in questione;
se non intenda rafforzare i presidi delle forze dell'ordine del tutto inadeguati istituendo una compagnia dei carabinieri e un commissariato di polizia;
se intenda attivare il raggruppamento operativo speciale dei carabinieri e il centro operativo della DIA di Roma per svolgere un monitoraggio dei clan malavitosi attivi nell'area sopra citata.
(4-11775)

DI PIETRO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la legge 27 dicembre 2001, n. 459, recante norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero, all'articolo 17, comma 3, prevede espressamente che le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane adottino tutte le iniziative atte a «promuovere la più ampia comunicazione politica sui giornali quotidiani e periodici italiani editi e diffusi all'estero e sugli altri mezzi di informazione in lingua italiana o comunque rivolti alle comunità italiane all'estero, in conformità ai princìpi recati dalla normativa vigente nel territorio italiano sulla parità di accesso e di trattamento e sull'imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici»;
i prossimi 12 e 13 giugno, si terrà la consultazione referendaria dove gli italiani saranno chiamati a esprimersi sui relativi quesiti in merito all'abrogazione o meno delle leggi sull'energia nucleare, sulla privatizzazione dell'acqua e sul «legittimo impedimento»;
tutti i cittadini, compresi quelli residenti all'estero, anche se temporaneamente per motivi di servizio, hanno diritto di esprimere il loro voto, partecipando alla consultazione referendaria, conformemente a quanto statuito dalla Costituzione e dalla legge 859 del 2001;
a quanto risulta all'interrogante, per ragioni poco chiare, non si sta adempiendo all'obbligo previsto dal suddetto comma 3, articolo 17, della legge 459 del 2001, circa la promozione su tutti mezzi di informazione rivolti alle comunità italiani all'estero, della più ampia comunicazione sui temi oggetto dei quesiti referendari;
ancor più preoccupante appare il rischio che le elettrici e gli elettori italiani

residenti all'estero, possano non ricevere per tempo tutte le schede sulle quali dovranno esprimere il proprio voto;
si ricorda infatti che, ai sensi dell'articolo 12, comma 3, delle suddetta legge 459 del 2001, gli uffici consolari devono spedire agli aventi diritto al voto, non oltre 18 giorni prima della data stabilita per le votazioni in Italia, un plico contenente, tra l'altro, anche le schede elettorali relative ai diversi quesiti sottoposti a referendum;
andrebbe esclusa l'eventualità che si scelga di ritardare l'invio delle suddette schede elettorali in attesa di un possibile pronunciamento dal parte della Corte di cassazione in merito al quesito referendario in materia nucleare, in quanto oggetto di intervento legislativo nell'ambito del decreto-legge 34/2011, attualmente in corso di conversione alla Camera dei deputati -:
se non si intenda provvedere con celerità all'invio all'estero delle schede elettorali, relative ai quesiti sottoposti a referendum;
se si ritenga di intervenire al fine di garantire, fin da subito, un'adeguata comunicazione politica su tutti i mezzi di informazione rivolti alle comunità italiane all'estero, relativamente ai temi oggetto dei quesiti referendari.
(4-11785)

PIFFARI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il lavoro nelle forze dell'ordine è riconosciuto nella letteratura e dalla dottrina delle scienze psicologiche come professione altamente stressante;
gli eventi stressanti a cui sono esposti militari e forze dell'ordine, sono molteplici e spesso riconducibili alle mansioni (scontri violenti, incidenti, disastri) o al contesto di lavoro (clima organizzativo, norme culturali) in cui si opera;
tra i numerosi studi sullo stress psicologico e mentale causato dall'attività professionale (Anshel, Robertson e Caputi, 1997; Dick, 2000; Mayhew, 2001; McNeill, 1996), già all'inizio degli anni Ottanta, sono stati ideati appositi strumenti di analisi volti proprio a misurare lo stress nelle forze di polizia, come ad esempio il «Police Stress Survey» (Spielberger et al., 1980);
da questi studi è altresì emersa, in maniera evidente, una condizione disfunzionale tipica delle professioni di aiuto (helping profession) caratterizzata da esaurimento emotivo, depersonalizzazione (intesa come atteggiamento distante e spersonalizzato con i propri utenti) e ridotta realizzazione professionale;
l'approccio didattico più comune in letteratura, individua due grandi categorie di stressor lavorativi in polizia (Kop, Euwema e Schaufeli, 1999; Patterson 2001): Stressor legati al contenuto del lavoro (Job content) e Strossar legati al contesto del lavoro (Job context);
una parte della dottrina sostiene la tesi secondo la quale gli effetti degli stressor legati all'aspetto organizzativo e amministrativo del lavoro sono maggiori rispetto a quelli degli stressor legati alle mansioni lavorative, acuite a volte dalla mancanza di supporto da parte dei superiori o da fattori, quali ambiente ostile, il cosiddetto «clima di genere» o la «limitazione dell'espressione emotiva»;
con il passare del tempo si è cominciato a osservare con più attenzione e da ottiche nuove il fenomeno dei suicidi nelle forze dell'ordine e lo stretto legame tra questi drammatici avvenimenti e i disturbi psicologici indotti dalla professione, dall'ambiente e dai rapporti interpersonali in tale ambito;
per quanto riguarda il tasso di suicidio tra i poliziotti, 134 casi in 10 anni, lo studio comparativo tra la popolazione generale e il personale della polizia di Stato, Cuomo e Mantineo (2001), pur rilevando un'oscillazione di poco inferiore (nel 1995) e di poco superiore (nel 1997) ai valori della media nazionale, rivela un

preoccupante trend in crescita su cui influiscono, per la maggior parte di essi, non solo cause esterne o personali ma anche sensazioni, più o meno reali, di vessazione o di mobbing a cui sono sottoposti particolari soggetti in difficoltà psicologica ed emotiva;
in questo quadro si inserisce la segnalazione giunta all'interrogante di un caso emblematico di un vicesovrintendente assunto in polizia nel 1987 a seguito del regolare superamento di concorso pubblico e dimessosi nel 2002 a causa di evidenti contrasti con l'amministrazione;
le numerose anomalie amministrative subite da suddetto funzionario e denunciate agli organi competenti hanno portato a una serie di giudizi contro l'amministrazione;
il «fumus persecutionis» denunciato nel caso specifico, risulterebbe tuttora in atto, in quanto la legittima istanza di riassunzione, indebitamente respinta dal Ministero dell'interno - dipartimento della P.S. con atto annullato dal T.A.R. Lazio con sentenza immediatamente esecutiva 33229/2010 reg. sen. del 14 ottobre 2010 depositata in data 8 novembre 2010, non risulta all'interrogante essere ancora stata eseguita dall'amministrazione condannata -:
se i Ministri interrogati siano al corrente di tali situazioni di disagio e in particolare se il caso descritto sia unico o se esistano in Italia casi simili;
cosa intendano fare i Ministri interrogati per rafforzare lo sforzo affinché siano offerte agli operatori delle Forze dell'ordine migliori condizioni e supporti adeguati per far fronte a eventuali casi di disagio, in virtù della maggiore esposizione al rischio di tali operatori, a causa della delicata e difficile natura dell'attività svolta per il bene del Paese e dei cittadini;
se non ritengano opportuno intervenire adeguatamente per limitare tali dannose fonti di disagio, derivanti direttamente dalla gestione interna delle risorse umane.
(4-11797)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con la nota prot. 753/11 S.N del 2 maggio 2011 indirizzata al Ministero dell'interno - Ufficio amministrazione generale - dipartimento della P.S. - Ufficio per le relazioni sindacali, avente ad oggetto «Cie di Restinco (BR) - Malattie contagiose e bugie del Dipartimento» la Segreteria nazionale del COISP ha chiesto immediati chiarimenti in merito al caso di malattia infettiva diagnosticata ad un cittadino tunisino trattenuto al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Restinco (BR) a seguito del ricovero nel reparto malattie infettive dell'ospedale di Brindisi;
secondo la nota del Coisp «i medici hanno riferito che la malattia è stata contratta probabilmente nelle ultime 24-48 ore e che pertanto non è da escludere che altri immigrati trattenuti al Cie (e solo loro??) possano essere stati facilmente contagiati.»;
nella medesima lettera si legge: «ricordiamo ancora le sintetiche rassicurazioni del Capo della Segreteria del Dipartimento della P.S., Prefetto Valeri, durante l'incontro del 6 aprile scorso inerente la disamina dei problemi connessi all'emergenza immigrazione, ed anche le garanzie, fornite dall'Amministrazione in quella circostanza, di aver messo a disposizione dei reparti impegnati nell'emergenza immigrazione 80.000 mascherine chirurgiche e 200.000 guanti in lattice, consegnate ai poliziotti chiamati ad espletare servizi a contatto con gli extracomunitari.»; inoltre, si afferma: «Ebbene, al Cie di Restinco della fornitura di mascherine e guanti (peraltro richiamata nella nota ministeriale 557/RS/39/1/0838 del 22 aprile 2011) non s'è vista neanche l'ombra!!! Le bugie continuano ad avere le gambe corte e mentre i moderni soloni del Dipartimento che gestiscono l'emergenza immigrazione, in primis il citato Prefetto, se ne stanno al sicuro dietro le proprie scrivanie, il pericolo di contrarre malattie contagiose lo

corrono i poliziotti e di conseguenza le loro famiglie!! Questo è assolutamente vergognoso!!! -:
se il Ministro interessato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa, se tra gli appartenenti alla polizia di Stato e delle forze dell'ordine che svolgono servizio presso il centro identificazione ed espulsione di Restinco (BR) e tra i loro familiari conviventi si siano verificati casi di infezione e, nel caso, per quale patologia;
quali urgenti misure intenda adottare per prevenire possibili casi di infezione tra gli operatori della polizia di Stato e delle forze dell'ordine che operano presso i centri di accoglienza e di identificazione ed espulsione degli immigrati.
(4-11802)

PALOMBA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo diverse notizie di stampa, ormai diverse settimane fa, si è tenuto a palazzo Grazioli, alla presenza del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, un incontro con i sindaci campani del PDL (province di Napoli, Caserta e Salerno) che indossavano la fascia tricolore e che, in tale solenne tenuta, dovettero assistere ad una appendice ancor più privata posta in essere dalla personalità ospitante;
detta situazione potrebbe configurare, ad avviso dell'interrogante, un'indebita commistione tra il carattere privato e partitico dell'iniziativa e la qualità pubblica dei partecipanti costretti all'uso degli ornamenti distintivi della funzione pubblica, che parrebbe non conforme alle disposizioni in materia, che di seguito si richiamano;
«I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge» (articolo 54, secondo comma, Cost.);
la fascia tricolore è definita «distintivo del Sindaco, unitamente allo stemma della Repubblica italiana e allo stemma del Comune, da portare a tracolla della spalla destra» (articolo 50, decreto legislativo n. 267 del 2000);
la disposizione precedente assegna alla fascia del sindaco un valore ed un significato che superano quello di un semplice ornamento, individuando in essa il simbolo delle funzioni «sindacali» di capo dell'amministrazione comunale, di rappresentante dell'intera collettività locale, della responsabilità che egli ha assunto nei confronti dello Stato;
in ordine alla legittimità e all'opportunità dell'uso della fascia, nell'assenza di una disciplina compiutamente dettata, si può richiamare la circolare del 4 novembre 1998 - emanata, al fine di evitare usi impropri, dal Ministro dell'interno e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 270 del medesimo anno, indirizzata a tutti i Prefetti ed ai rappresentanti delle autonomie - la quale invitava i Sindaci a farne un uso mirato ed opportuno, «nella consapevolezza della dignità e del decoro della carica, e tale da non scalfire la realtà dello Stato come elemento di unità giuridica»;
la circolare medesima rinveniva nelle due disposizioni normative sopra citate i principi dai quali trarre indicazioni con riguardo all'uso e all'ambito del segno distintivo del sindaco, al fine di scongiurarne l'uso improprio in tutte le occasioni in cui egli intervenga;
il sindaco in quanto tale, dunque, deve utilizzare la fascia tricolore nell'adempimento delle proprie funzioni istituzionali e tutte le volte che la sua presenza sia un espletamento del proprio ruolo e rivesta il carattere dell'ufficialità;
nell'ipotesi di partecipazione a titolo privato, o comunque non ufficiale, è lecito ritenere che manchi non solo l'opportunità, ma addirittura la legittimità dell'uso della fascia tricolore;
la circolare del 1998, nel circoscrivere l'utilizzo del distintivo del sindaco, ne stigmatizza finanche gli usi indiscriminati nelle manifestazioni ufficiali, con ciò

escludendo persino la mera ufficialità delle occasioni quale ambito ed uso idonei;
a maggior ragione appare improprio, se non illegale, l'uso della fascia tricolore da parte dei sindaci campani del PDL (province di Napoli, Caserta e Salerno) nell'incontro che essi hanno tenuto a Palazzo Grazioli con il Presidente del Partito del Popolo della Libertà, nonché Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che era qualificabile come incontro privato e di partito, ancor più nella fase terminale della riunione caratterizzata da uno spazio del tutto privato cui detti sindaci, ancora muniti della fascia tricolore, si sono trovati a partecipare. Ancora meno consono e compatibile appariva l'ornamento della fascia tricolore per udire e vedere il capo del Governo, del tutto fuori delle sue funzioni, che intratteneva gli ospiti con «barzellette» ad avviso dell'interrogante, per niente confacenti alla solennità dell'ornamento pubblico -:
se non ravvisi nel fatto indicato un uso ed un ambito impropri o illegittimi del tratto distintivo del sindaco - rappresentante dell'intera collettività locale - e se non intenda adottare iniziative normative di competenza al fine di stabilire espressamente eventuali sanzioni nonché per disciplinare ulteriormente l'ambito corretto dell'uso della fascia tricolore affinché ne siano vietate disdicevoli utilizzazioni in contrasto col decoro e con le indicazioni ed i principi della legge.
(4-11821)

IANNACCONE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha appreso dagli organi di stampa locali e dal alcuni consiglieri comunali che l'amministrazione del comune di Montemiletto (Avellino) sarebbe al centro di gravi illeciti e irregolarità amministrative tali da violare totalmente i princìpi costituzionali del buon andamento, dell'imparzialità e della legalità della pubblica amministrazione;
in particolare, risulterebbero evidenti situazioni di gravi e persistenti violazioni della legge riconducibili alla progettazione e alla realizzazione di opere nei terreni demaniali denominati fondi Bosco alla località «Lomba» di Montemiletto (Avellino), di circa 45 ettari, i quali sono gravati dagli usi civici e assegnati alla categoria B) ossia alla coltura agraria, come risulta dal decreto del reale commissariati degli usi civici di Napoli emesso in data 10 aprile 1937, successivamente concessi in temporanea assegnazione al comune di Montemiletto;
infatti, in merito alla realizzazione delle opere, nonostante si tratti di fondi di natura demaniale gravati dagli usi civici sottoposti per legge a vincolo paesaggistico e su parte dei quali è stato apposto anche un vincolo archeologico da parte della soprintendenza archeologica di Salerno, il comune di Montemiletto ha realizzato, beneficiando anche di contributi regionali cui non avrebbe avuto titolo, le seguenti opere: un anfiteatro con annessi spalti in cemento armato, una piscina, due strade, un parco giochi, due sbancamenti di terreno;
secondo quanto appreso, inoltre, le predette opere sarebbero state realizzate senza effettuare una necessaria variante urbanistica dell'area, che, tuttora ha una destinazione agricola;
pertanto, tutte le opere, oltre in violazione delle norme contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio ed in violazione del vincolo apposto dalla soprintendenza archeologica di Salerno, sarebbero state realizzate anche in difformità al piano regolatore generale vigente;
la realizzazione delle opere ha comportato, quindi, oltre al danno economico per i contadini per il mancato godimento dei fondi, anche danni al paesaggio e agli importanti rinvenimenti archeologici di età preistorica (fondi di capanni riconducibili all'antica età del bronzo, fornaci di età romana attive fino all'età medioevale e a tombe di età romana);

infine, in ordine alla progettazione, il comune di Montemiletto, ha anche approvato un preliminare e definitivo «Parco Bosco», candidandolo al parco progetti regionale per un importo di euro 4.500.000,00. A tale proposito, secondo quanto appreso, è a dir poco singolare che tutti gli elaborati del predetto progetto definitivo non sono mai stati rinvenuti presso l'ufficio preposto tanto che è stato chiesto l'intervento dei carabinieri, facendo così figurare un tentativo di truffa finalizzato all'ottenimento di finanziamenti pubblici comunitari;
i terreni in questione pertanto sono demanio di uso civico e non potevano essere sottratti alla loro destinazione se non nelle forme previste dalla legge 1766 del 1927 e dal regio decreto 332 del 1928 e successive modificazioni secondo cui sono necessari provvedimenti di legittimazione o di sdemanializzazione, di mutamento di destinazione o di alienazione; nel caso di specie, non si poteva né progettare né realizzare opere, senza il previo espletamento del procedimento amministrativo che ciò consente, cosa che non è stata assolutamente fatta nel caso di specie del comune di Montemiletto;
vi sarebbero elementi significativi che consentono di poter affermare che il comune di Montemiletto è al centro di gravi e persistenti violazioni di legge configurabili nella violazione delle leggi urbanistiche, delle prescrizioni previste dal codice beni culturali e del paesaggio, del vincolo apposto dalla soprintendenza archeologica di Salerno, nonché della devoluzione illegittima di contributi regionali per la realizzazione di parte delle predette opere e nel tentativo di ottenere finanziamenti comunitari mediante la candidatura di un progetto esecutivo di euro 4.500.000,00 al parco progetti regionale sul presupposto dimostratosi falso, che il comune fosse proprietario dei terreni e che le opere da realizzare fossero conformi alla destinazione urbanistica del piano regolatore generale vigente (progetto per il quale è stata denunciata ai Carabinieri l'assenza presso l'ufficio competente del comune di tutti gli elaborati ad esso allegati); il tutto con evidenti danni economici ai contadini unici legittimati al godimento dei terreni in questione -:
se il Ministro dell'economia e delle finanze in ordine alla realizzazione delle opere citate in premessa e alla suddetta progettazione intenda verificare con urgenza eventuali danni arrecati sui citati terreni demaniali i quali essendo gravati dagli usi civici, sono riservati per legge alla sua esclusiva tutela;
se il Ministro dell'interno, al fine di verificare la sussistenza degli elementi di cui in premessa, non intenda delegare il prefetto competente per territorio a disporre ogni opportuno accertamento, chiedendo informazioni al procuratore della Repubblica competente, in ordine alla sussistenza di elementi per lo scioglimento dell'attuale consiglio comunale, ai sensi dell'articolo 141 del testo unico sugli enti locali -:
quali iniziative di competenza il Ministro per i beni e le attività culturali intenda assumere affinché siano tutelate le aree gravate da vincolo paesaggistico e archeologico.
(4-11823)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
il dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali - direzione generale per gli studi, la statistica e i sistemi informativi - ufficio V - del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ha inoltrato a tutte le scuole statali di ogni ordine grado presenti sul territorio nazionale il bando per il programma

«Patto per la Scuol@ 2.0». Tale bando - con protocollo n. 2221 veniva inviato a tutti gli istituti scolastici - a mezzo posta elettronica - il giorno 20 aprile 2010, data in cui gli istituti scolastici erano in procinto di interrompere le normali attività didattiche per la pausa delle festività pasquali;
il bando prevedeva come termine per la presentazione delle domande di partecipazione il 2 maggio 2011, vale a dire dando agli istituti scolastici un preavviso di appena 3 giorni lavorativi, considerando la suddetta chiusura festiva;
con tale programma, che intende proseguire il percorso di innovazione didattica e di trasformazione degli ambienti di apprendimento attraverso l'utilizzo delle tecnologie della informazione e della comunicazione avviato con il Piano nazionale scuola digitale, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca punta a realizzare 10 (dieci) scuole 2.0, contando su un sistema di cofinanziamento con amministrazioni locali e regionali. Il programma prevede, tra l'altro, che il numero delle scuole 2.0 potrà essere aumentato in ragione delle risorse finanziarie che si renderanno disponibili, anche da parte di altri soggetti pubblici o privati;
la rappresentazione della proposta di partecipazione da parte delle scuole doveva pervenire da parte degli interessati esclusivamente via e-mail con richiesta di conferma di avvenuta lettura del messaggio all'indirizzo di posta elettronica ufficio.schietroma@istruzione.it entro il 2 maggio 2011, entro le ore 16,00;
le modalità di partecipazione prevedevano che le istituzioni scolastiche interessate producessero:
a) l'impegno scritto di ente locale, provincia o comune di riferimento, nonché dell'assessore regionale di competenza a supportare la scuola, anche in termini finanziari, in questa iniziativa;
b) una dichiarazione riguardante eventuali fonti aggiuntive di co-finanziamento a sostegno dell'iniziativa da parte di soggetti terzi;
c) un report dettagliato sulle iniziative di innovazione didattica e organizzativa realizzate negli ultimi tre anni;
d) la descrizione dettagliata delle tecnologie già installate e funzionanti;
e) una dichiarazione di disponibilità a realizzare, con la collaborazione e il coordinamento di organi e istituzioni individuate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la progettazione pedagogico-didattica e la strutturazione dei modelli di organizzazione delle risorse umane, strutturali ed infrastrutturali dell'istituzione scolastica stessa;
f) una dichiarazione di disponibilità a partecipare al monitoraggio di enti individuati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca delle soluzioni progettuali adottate;
g) una dichiarazione del Dirigente scolastico che assicuri la permanenza delle condizioni infrastrutturali, organizzative e di sicurezza durante l'intero periodo del progetto;
h) un'attestazione dell'idoneità dei locali;
i) la delibera di partecipazione del collegio dei docenti;
l) la delibera del consiglio di istituto con la quale si richiede di partecipare garantendo che tutte le condizioni richieste siano presenti nella scuola;

le proposte di partecipazione saranno esaminate da un'apposita Commissione nazionale nominata dal Capo del dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
i lavori della Commissione nazionale avranno termine il 7 maggio 2011 -:
quale criterio sia stato adottato per:
a) proporre alle scuole statali di ogni ordine e grado presenti sul territorio

nazionale il bando «Patto per la Scuol@ 2.0», inviando una circolare agli istituti scolastici a mezzo posta elettronica il 20 aprile 2011 e prevedendo la scadenza del bando il 2 maggio 2011;
b) richiedere che le domande fossero corredate da tutta una serie di attestazioni da parte degli enti locali territoriali referenti degli istituti scolastici interessati a partecipare, nonché da parte degli stessi collegi scolastici dei medesimi istituti in così breve lasso di tempo;

quali siano i parametri di qualità che il Ministero si attenda dai progetti presentati dagli istituti scolastici;
quale obiettivo di miglioramento, confrontabile con altre esperienze europee, si attenda il Ministero.
(2-01068)
«De Torre, Bachelet, Coscia, Pes, De Pasquale, Cavallaro, Giovanelli, Nicolais, Strizzolo, Corsini, Castagnetti, La Forgia, Rossa, Giulietti, Fadda, Ghizzoni, Giacomelli, Sereni, Nannicini, Boccuzzi, Piffari, Aniello Formisano, Cimadoro, Marchioni, Baretta, Duilio, Vannucci, Pollastrini, Siracusa, Giorgio Merlo».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
la provincia di Enna a causa delle politiche varate dal Governo, ha visto, in questi anni fortemente ridimensionata l'offerta formativa, i servizi di supporto alla didattica, è totalmente scomparso il tempo pieno nella primaria, è aumentato il numero medio di alunni per classe, sono stati costretti alla chiusura numerosi laboratori, sono stati ridotti i servizi;
le scelte per il prossimo anno scolastico risulteranno esiziali per il sistema scolastico della provincia, già così fortemente ridimensionato nelle risorse e nel personale;
la previsione di un ulteriore taglio di 56 posti in organico di diritto nella scuola primaria comporterà una sostanziale inapplicabilità del diritto allo studio e l'accesso a numerosi servizi che vengono ordinariamente erogati nel resto del Paese;
al decremento della popolazione scolastica della provincia di Enna del 3 per cento corrisponderà una riduzione delle risorse del 7 per cento, oltre il doppio;
tali scelte hanno determinato la creazione di numerose classi con un eccessivo numero di alunni, anche in presenza di bambini diversamente abili;
l'orografia del territorio della provincia di Enna e la scarsa infrastrutturazione rende particolarmente disagevole ogni spostamento al di fuori del proprio centro abitato -:
se non ritenga di rivedere le previsioni di dotazione organica per la provincia di Enna;
se, in considerazione delle particolari caratteristiche territoriali della provincia di Enna, non ritenga di introdurre dei correttivi che possano mitigare gli effetti dei tagli previsti, al fine di garantire, anche in questo territorio, un'offerta formativa analoga a quella del resto del Paese.
(2-01064) «Berretta».

Interrogazione a risposta orale:

COMPAGNON. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante è venuto a conoscenza del caso di un minore di 3 anni e mezzo residente a Roma, il quale dal settembre 2010 soffre di epilessia parzialmente trattenuta dai farmaci;

sarebbe stata prospettata la possibilità di somministrare al bambino in ambito scolastico il farmaco salvavita «Valium» per via endo-rettale da parte di personale non sanitario, purché munito di regolare certificazione completa di dosi e modalità di somministrazione;
con la suddetta certificazione è stata presentata più volte tale richiesta alla direzione UOSECS Municipio XV Roma e ASL RM D competenti sulla scuola dell'Infanzia «Placido Martini» presso la quale il minore è iscritto ma, ad oggi, è mancata la disponibilità nel corpo docente ed ausiliario;
solo due volontari, appartenenti ad un'associazione esterna alla scuola in questione, si sono resi disponibili a somministrare il farmaco di cui sopra in caso di bisogno, ma per un solo giorno a settimana, preferibilmente il venerdì;
il sindaco di Roma, il presidente della provincia di Roma ed il presidente della giunta regionale Lazio sono stati recentemente informati della situazione;
domenica 1o maggio 2011, si celebrerà la decima edizione della «Giornata Nazionale per l'Epilessia» organizzata dalla LICE - Lega italiana contro l'epilessia per promuovere una maggiore conoscenza di questa patologia che nel Paese colpisce oltre cinquecento mila persone, con trenta mila nuovi casi ogni anno -:
se non ritenga opportuno di adottare iniziative in grado di dare al bambino in questione e a tutti i minori che si trovano nella stessa condizione una vita dignitosa nel rispetto della disabilità, riconoscendo ai medesimi quel diritto allo studio costituzionalmente riconosciuto - sia pure nell'ambito della scuola dell'infanzia - a tutt'oggi di fatto loro denegato, anche al fine di evitare che l'epilessia diventi una malattia sociale dai forti tratti discriminanti.
(3-01626)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GHIZZONI, LEVI, MIGLIOLI e SANTAGATA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
per il prossimo anno scolastico il Governo si accinge ad attuare la terza tranche di riduzioni di organico previste dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, incidendo negativamente - a parere degli interroganti - sulla qualità del sistema, a causa dell'aumento di alunni per classe, della riduzione del tempo scuola, della mancata attivazione di specifici corsi di studio;
in particolare, per la provincia di Modena l'ufficio scolastico regionale dell'Emilia Romagna ha assegnato complessivamente 6.755 posti «interi» previsti in organico di diritto dei docenti, tra i diversi ordini di scuola, determinando una riduzione di 121 posti;
nella scuola dell'infanzia, per far fronte alle richieste avanzate dalle famiglie sarebbe necessario istituire 6 nuove sezioni e provvedere al completamento d'orario antimeridiano per altre 4, ma rispetto all'organico di fatto dell'anno scolastico in corso, sono confermati nell'organico di diritto per l'anno scolastico 2011/2012 solamente 2 posti aggiuntivi (a fronte dei 16 complessivamente necessari). Tale decisione non consentirà di far fronte alla richieste delle famiglie, nei confronti delle quali, attualmente, intervengono le amministrazioni comunali con risorse proprie, sostituendosi al mancato impegno del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
nella scuola primaria, rispetto all'organico di fatto dello scorso anno, i posti docente assegnati in organico di diritto sono 11 in meno. È bene precisare che il criterio adottato è quello di costituire le classi prime, seconde e terze su un tempo scuola a 27 ore, e le classi quarte e quinte sulle 30 ore, a conferma del fatto che sarà garantito un tempo scuola inferiore - e quindi opportunità di apprendimento più

contenute - rispetto a quello precedentemente assicurato. Peraltro, in questo contesto vi è il rischio concreto che non siamo salvaguardate le richieste di nuove classi prime a tempo pieno, avanzate dalle famiglie di 612 alunni, pari ad un aumento di 28 classi (al contempo, si registra un calo di richieste per il tempo normale, corrispondete a una riduzione di 21 classi). L'assegnazione di posti in organico di diritto parrebbe quindi confermare quanto già avvenuto per l'anno scolastico 2010-2011, vale a dire il mancato accoglimento - per la prima volta - di tutte le richieste di tempo pieno;
nella scuola secondaria di primo grado, nonostante si registri - rispetto all'organico di fatto dell'anno scolastico 2010/2011 - un significativo incremento della popolazione studentesca di ben 421 unità, di cui 275 solo nelle classi prime (che richiedono quindi l'istituzione di 15 sezioni ulteriori sezioni prime), i posti assegnati in organico di diritto sono, rispetto all'organico di fatto dell'anno scorso, 42 in meno. Non si può non rilevare che tale riduzione sia tra le più pesanti della regione, così come appare evidente che l'insufficiente assegnazione di organico determinerà la riduzione del numero delle classi e il sovraffollamento delle medesime, in violazione delle norme sul tetto stabilito di alunni per classe e di quelle sulla sicurezza e sull'edilizia scolastica;
anche nella scuola secondaria di secondo grado si registra un incremento della popolazione scolastica di ben 647 alunni in più rispetto all'anno scolastico in corso, di cui 382 in più nelle sole prime classi (cosi ripartiti: 196 ai licei, 270 ai tecnici; negli istituti professionali si registra invece una flessione di 84 nuove iscrizioni), mentre i posti assegnati in organico di diritto sono, rispetto all'organico di fatto dell'anno scorso, 70 in meno. Tale dato rappresenta la riduzione di assegnazioni più pesante in assoluto rispetto a tutte le altre province della regione. Così come evidenziato per la secondaria di primo grado, il combinato disposto dell'aumento della popolazione scolastica e la riduzione di organi desta viva preoccupazione soprattutto in relazione all'aumento del rapporto alunni/classe rispetto al limite di 25 fissato dalla normativa vigente, pertanto, al sovraffollamento delle aule e alla sicurezza degli edifici scolastici. Inoltre, come già denunciato con l'atto 5-04595, alla riduzione di organico è verosimilmente imputabile la mancata attivazione, a Modena, della sezione di liceo musicale, sebbene prevista nella programmazione regionale dell'offerta formativa per l'anno scolastico 2011-2012 -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di soddisfare le richieste avanzate dalle famiglie in ordine alla istituzione delle necessarie nuove sezioni di scuola dell'infanzia e di tempo pieno e tempo lungo nella scuola primaria, per garantire quei modelli educativi che fanno della scuola pubblica modenese un modello di alta qualità;
altresì quali misure intenda adottare per consentire che siano attivate - a fronte dell'incremento della popolazione studentesca - tutte le necessarie nuove classi (in particolare le prime) nella scuola secondaria, al fine di garantire un equilibrato rapporto alunni-classe e quindi adeguati livelli di apprendimento oltre che il rispetto delle norme di sicurezza.
(5-04688)

TOCCI e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'elaborazione dello statuto degli atenei secondo il comma 5 dell'articolo 2 della legge n. 240 del 2010 ha opportunamente previsto, in questa fase costituente, l'elaborazione dello statuto da parte di un apposito organo straordinario, composto da quindici componenti, e la sua adozione da parte del senato accademico, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione;
l'articolo 6 della legge n. 168 del 1989, come è noto, disciplina, nei commi

9 e 10, il controllo ministeriale, di legittimità e di merito, nella forma della richiesta motivata di riesame, prevedendo la possibilità, per il Ministro, di rinviare, per una sola volta, gli statuti all'università: «indicando le norme illegittime e quelle da riesaminare nel merito»;
è di palese evidenza che un controllo tanto pervasivo e penetrante, al punto tale da poter condizionare o indirizzare le scelte di merito delle università, non possa essere esercitato da uffici amministrativi senza adeguato supporto consultivo, autorevole, competente e partecipato, in grado di assicurare una lettura degli statuti coerente con i principi di autonomia, di cui all'articolo 33 della Costituzione, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 168 del 1989, il cui rispetto è richiesto dallo stesso articolo 2 della legge n. 240 del 2010 -:
se, alla luce delle precedenti considerazioni, non intenda istituire un'apposita commissione che abbia caratteristiche e requisiti di indipendenza, competenza e autorevolezza culturale e professionale, per avvalersi del suo motivato parere sulla legittimità e il merito degli statuti, che progressivamente saranno sottoposti all'esame ministeriale, e se non ritenga opportuno, nel corso del loro progressivo esame, riferirne gli esiti al Parlamento per riflettere coralmente, in quella sede, su eventuali distorti indirizzi del processo di riforma.
(5-04694)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
associata più all'idea di un'esplosione che a quella di una terapia, la nitroglicerina è in realtà già usata per la cura di diverse malattie, fra cui l'angina e l'insufficienza cardiaca. Ora uno studio pubblicato su Jama e condotto da un gruppo di medici diretti da Sophie Jamal, dell'Università di Toronto (Canada), sostiene che potrebbe essere utile anche contro l'osteoporosi. La ricerca ha verificato l'efficacia di una pomata contenente il principio attivo su 126 donne di circa 60 anni, che l'hanno applicata quotidianamente per due anni. Al termine di tale periodo, la loro densità ossea era aumentata del 6-7 per cento; su colonna vertebrale, anca e collo del femore, mentre l'attività di alcuni enzimi legati al riassorbimento dell'osso indicava che questo processo, che contribuisce a indebolire lo scheletro, era fortemente rallentato;
gli stessi benefìci non sono invece stati osservati nel gruppo di confronto, composto da 117 donne trattate con una pomata che non conteneva nessun principio attivo. «Il meccanismo attraverso cui la nitroglicerina stimola la formazione dell'osso e ne limita il riassorbimento non è conosciuto - si legge nello studio -. Si è però visto che l'aggiunta di ossido di azoto (il gas rilasciato dalla nitroglicerina) a cellule dell'osso coltivate in vitro limita le attività legate al riassorbimento e stimola la proliferazione». Diversi elementi suggeriscono però di considerare lo studio con cautela. In primo luogo, gli effetti collaterali: oltre un terzo delle donne che hanno usato la pomata, infatti, ha accusato mal di testa nel primo mese di trattamento. Inoltre, le 126 donne che sono giunte al termine dei due anni previsti sono solo una parte di quelle che i ricercatori avevano coinvolto inizialmente: ben 104, infatti, hanno gettato la spugna prima, proprio per i forti mal di testa causati dalla nitroglicerina. Inoltre, come ammettono gli stessi ricercatori, i risultati ottenuti necessitano di conferme, perché sono in parziale contraddizione quelli di studi precedenti (sebbene altri gruppi siano giunti a conclusioni analoghe);
infine, va verificato che all'aumento della densità ossea corrisponda a un calo reale delle fratture legate all'osteoporosi, che rappresentano l'evento che le terapie dovrebbero evitare. Come osserva in un

editoriale di commento Sundeep Khosla, esperto di patologia dell'osso della Mayo Clinic di Rochester (Usa), «occorre allestire una ricerca che coinvolga un numero maggiore di donne e che misuri l'eventuale riduzione del numero di fratture a seguito del trattamento con pomate alla nitroglicerina. Se uno studio così pensato dimostrasse l'efficacia del rimedio, allora i medici avrebbero a disposizione una terapia nuova e poco costosa per l'osteoporosi». In effetti, la nitroglicerina, disponibile anche come generico, potrebbe rappresentare un'alternativa ai farmaci usati per combattere l'osteoporosi, che sono piuttosto cari. E la ricerca di terapie meno costose è importante anche perché, come scrivono gli autori dello studio: «Le fratture legate all'osteoporosi stanno aumentando in tutto il mondo, parallelamente all'incremento dell'età media della popolazione» -:
quali misure il Ministro intenda adottare al fine di iniziare uno studio, anche in Italia, relativo agli effetti che potrebbero derivare dall'uso della nitroglicerina per curare l'osteoporosi.
(4-11782)

JANNONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'Italia si attesta al sesto posto della classifica relativa alla produzione scientifica. L'ultima classifica della Royal Society britannica attribuisce al nostro Paese il 3,7 per cento delle pubblicazioni che vengono citate in altri studi al mondo (uno degli indici usati per misurare la qualità della scienza), con gli Usa in testa al 30 per cento. Ma il panorama è tutt'altro che omogeneo, e a scavare tra eccellenze e inefficienze sono andati Francesco Sylos Labini, astrofisico del Centro Fermi e del Cnr e Angelo Leopardi, docente di idraulica all'università di Cassino. Il loro articolo «Enti di ricerca e Iit: dov'è l'eccellenza» è stato pubblicato da «Scienza in rete» la rivista online del «Gruppo 2003 per la ricerca scientifica» che comprende alcuni fra gli studiosi italiani con il maggior numero di citazioni. Incrociando i dati fra personale, finanziamenti e pubblicazioni sulle riviste scientifiche, la loro analisi offre un quadro ragionato di quali sono gli enti che muovono la ricerca scientifica in Italia;
il gigante Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) ha 6.600 dipendenti e ottiene dallo Stato 566 milioni di euro all'anno per 6.300 pubblicazioni. Ogni studio in media costa dunque 89 mila euro e il rapporto fra scienziati e articoli è praticamente pari a uno (0,96). Il rapporto Scimago - un database internazionale che misura le performance dei vari istituti di ricerca - piazza il Cnr al primo posto in Italia e al 23esimo al mondo su un totale di quasi 2.900 enti di ricerca, ma tiene conto solo del numero delle pubblicazioni e non dei costi sostenuti. Più efficienti del Cnr - secondo l'analisi di Sylos Labini e Leopardi - sono Infn e Inaf L'Istituto nazionale di fisica nucleare ha 1900 dipendenti e gli alti investimenti che i suoi esperimenti richiedono sono finanziati ogni anno dallo Stato con 270 milioni. La produzione scientifica è molto alta: 2.423 pubblicazioni all'anno. Ogni studio costa in media 111mila euro e ciascun ricercatore è autore di 1,27 articoli. Nel rapporto Scimago 2010, l'Infn si è piazzato al 181esimo posto. I più parsimoniosi in assoluto fra gli scienziati italiani lavorano all'Inaf, Istituto nazionale di astrofisica, posizione 397 nella classifica Scimago. In 1.130 ogni anno producono 1.356 articoli (1,2 a scienziato) con un finanziamento di 91 milioni di euro. Ogni loro pubblicazione costa al paese in media 67 mila euro;
con 100 milioni all'anno di finanziamenti fissati dalla legge 363/2003 fino al 2014, l'Iit fa lavorare 811 scienziati, che nel 2009 (anno a cui si riferiscono i dati) hanno pubblicato 274 ricerche. Nella classifica Scimago, il «Mit italiano» che ha sede a Genova, un'età media dei ricercatori di 34 anni e solo 2 dei 374 scienziati con un contratto a tempo indeterminato secondo il principio della competitività

anglosassone, si piazza nella casella 2.823 su un totale di 2.833. Il direttore scientifico Roberto Cingolani, un fisico esperto di nanotecnologie, spiega che «l'Istituto italiano di tecnologia è nato di recente e ha bisogno di tempo per raggiungere criteri sufficienti per la valutazione» -:
quali interventi i Ministri intendano adottare, sia dal punto di vista economico che normativo, al fine di migliorare la posizione dei centri di eccellenza italiani nelle classifiche internazionali.
(4-11784)

JANNONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a tre anni dalla simultanea caduta in recessione, Italia, Germania e Francia marcano stadi di avanzamento diversi sul sentiero della ripresa. A fine 2010 l'Italia ha recuperato un quarto della flessione del Pil. Per l'economia tedesca è ormai vicino il traguardo del completo ripiano. I numeri dell'occupazione, più di quelli del Pil, segnano le differenze. Nel quarto trimestre del 2010, il tasso totale di occupazione è salito in Germania al 71,7 per cento quasi due punti al di sopra del 70 per cento della fine del 2007. Alla Francia manca circa un punto per tornare ai livelli ante-crisi. Per l'Italia il divario residuo da colmare è più elevato: a fine 2010 il tasso di occupazione si è attestato al 57 per cento rispetto al 58,7 per cento del quarto trimestre del 2007. Le differenze aumentano sul fronte dell'occupazione giovanile. In Germania, il tasso di occupazione di chi ha tra i 15 e i 24 anni a fine 2010 è già sopra il valore ante-recessione. Per la Francia c'è ancora un 1,5 da recuperare. In Italia il tasso di occupazione nella fascia tra 15 e 24 anni risulta diminuito di oltre il 3 per cento. Prima della recessione in Italia era occupato un giovane su 4. Alla fine del 2010 il numero degli occupati è sceso a uno su 5;
le peculiarità del caso italiano non si fermano qui. Ad attrarre l'attenzione è la differenza di andamento tracciata dall'occupazione degli stranieri. Negli ultimi tre anni la consistenza complessiva degli occupati è diminuita in Italia di 390mila unità. All'interno del totale, la voce «stranieri» ha però fatto registrare un aumento di ben 560 mila occupati. Questo vuol dire che il calo degli occupati italiani nel periodo si è avvicinato al milione di persone. Alla fine del 2007 gli occupati stranieri erano di 1,6 milioni, pari al 6 per cento del totale degli occupati. Dopo tre anni gli occupati stranieri sono 2,1 milioni e la loro quota è salita oltre il 9 per cento del totale. L'apporto dell'occupazione straniera si differenzia su base professionale e territoriale. Negli ultimi tre anni i lavoratori privi di specifiche qualificazioni sono aumentati di quasi 400 mila unità e restano la maggioranza dei nuovi occupati stranieri. Accanto a questo imponente afflusso di «low wage jobs» c'è un significativo incremento della manodopera più qualificata. Sono oltre 50 mila gli stranieri che hanno trovato occupazione come «conduttori di impianti», ovvero fonditori, quadristi elettrici, conduttori di caldaie e così via. Aumentano di 80 mila unità gli stranieri occupati come artigiani, operai specializzati e agricoltori. Riguardo alle ripartizioni geografiche, il Nord da solo assorbe oltre la metà dell'incremento dell'occupazione straniera degli ultimi tre anni, con 300 mila dei 560 mila nuovi occupati;
le dinamiche dell'occupazione mostrano un panorama in movimento e ricco di differenze. A fronte di un recupero più lento che in altri paesi, le diversità di andamento tra singole disaggregazioni denunciano l'esistenza di qualcosa che va al di là del prolungato metabolismo di una grave recessione: sono i problemi strutturali di un difficile rapporto tra domanda e offerta di lavoro, di professioni e di mestieri nel quadro di un'economia in profondo cambiamento; è il paradosso della coesistenza tra disoccupazione e posti vacanti. Il nostro è un paese dove convivono oltre 2 milioni di giovani che

non lavorano e non studiano insieme a un tessuto di piccole imprese che, come documentano le analisi di Confartigianato, stentano a trovare manodopera qualificata per mestieri che vanno dal cuoco al sarto, dal carrozziere e al conduttore di robot. Una migliore corrispondenza tra domanda e offerta va ricercata a livello culturale, oltre che economico e legislativo: si tratta di ridare dignità sociale e «mediatica», a mestieri troppo spesso trascurati, orientando i giovani e rifocalizzando i rapporti tra scuole, aziende e società. In Germania i 200 mila apprendisti metalmeccanici che si preparano ad un ingresso permanente nel mondo del lavoro, ricevendo dai 500 agli 800 euro al mese non si sentono certo inferiori ai loro coetanei studenti universitari. Anche in Italia i vecchi mestieri e le nuove frontiere dei «green» e dei «white jobs» - le filiere occupazionali nei settori delle energie rinnovabili e dei servizi alla persona - possono dare un contributo importante a ridurre le disuguaglianze e tonificare la ripresa complessiva dell'occupazione -:
quali interventi i Ministri intendano adottare al fine di creare una diretta collaborazione fra aziende e studenti, in modo da recuperare quelle attività lavorative, tipicamente artigianali, che stanno scomparendo.
(4-11787)

JANNONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
molte università cercano di aiutare nel loro percorso scolastico gli studenti con disabilità. La sensibilità nei confronti degli studenti con disabilità continua ad evolvere, pur se la maggior parte degli interventi sono attuati per superare ostacoli legati a disabilità motorie. Viceversa, si rileva una minore consapevolezza dei problemi legati alle disabilità sensoriali. Alcune iniziative sono intraprese a favore dei disabili della vista, mentre la sordità non significa solo non sentire, ma comporta problemi importanti nello sviluppo del linguaggio e nelle relazioni con il prossimo. È più facile intuire gli ostacoli incontrati da un non vedente o da un disabile motorio, mentre le difficoltà di comunicazione degli studenti audiolesi sono spesso ignorate. Uno degli aspetti più importanti nell'integrazione delle persone non udenti è il diritto all'informazione e alla formazione, un presupposto basilare per l'uguaglianza sostanziale dei cittadini: qualsiasi barriera che ostacoli l'accesso costituisce un danno a uno dei principali diritti della persona;
gli studenti non udenti che frequentano l'università possono avere diverse percentuali di invalidità, corrispondenti a diversi livelli di ipoacusia (leggera, media, profonda, grave); tuttavia possono essere soggetti «segnanti», cioè utilizzatori della lingua dei segni, od «oralisti», cioè possono essere in grado di leggere le labbra. L'esperienza di molti studenti sordi profondi italiani suggerisce che, seppure la percezione delle lezioni possa variare a seconda dei casi, rimane sempre la stessa difficoltà, più o meno forte, di comprendere la lezione nel dettaglio. Anche se si può pensare che i nuovi ausili medici e tecnologici, come l'impianto cocleare, possano risolvere alcune situazioni, in generale una persona sorda, pur avendo l'impianto, non può comprendere il 100 per cento di una spiegazione. Anche chi ha una sordità lieve compie uno sforzo notevole per seguire una lezione, non riuscendo così a raggiungere il livello di un normoudente. In tali casi, la sottotitolazione può essere di grande aiuto, assicurando un'ottima comprensione sul momento e la disponibilità del testo dei sottotitoli prodotti per una rilettura successiva. L'aspetto rilevante di questa problematica è che la «sottotitolazione in simultanea» consente di comprendere la lezione nello stesso momento degli altri compagni di corso e quindi di integrarsi nel gruppo, ponendo domande, svolgendo esercitazioni insieme, o altro ancora;
dato che la tipologia delle lezioni universitarie varia dalle lezioni frontali a quelle interattive, l'ufficio disabili delle

università mette generalmente a disposizione degli studenti sordi, degli studenti aderenti al progetto «150 ore», che hanno frequentato la stessa facoltà degli interessati e che prendono appunti al posto loro. La scelta si rivela azzeccata se si considera la formazione universitaria di questi studenti, che provengono dallo stesso settore dello studente assistito, garantendo così un servizio ottimale in termini di qualità della comprensione del testo di partenza. Di solito, quando uno studente sordo deve seguire una lezione frontale, si siede in prima fila a fianco dello studente «150 ore», che prende gli appunti, e si sforza di leggere le labbra del docente, ascoltare e comprendere le sue spiegazioni; purtroppo, quando un docente parla velocemente o in modo irregolare, o ha i baffi o ha la barba, che nascondono in parte le labbra, la comprensione tramite la lettura labiale diviene molto difficoltosa;
la necessità di una persona che prenda gli appunti al posto dello studente sordo si rivela indispensabile per la semplice ragione che, oltre a dover fissare lo sguardo sulle labbra dei docenti per poterne comprendere l'eloquio, la persona sorda non può prendere gli appunti perché dovrebbe distogliere lo sguardo dal professore interrompendo così la sua comprensione del testo di partenza. Leggere le labbra del docente e contemporaneamente ascoltarne la voce permette allo studente sordo protesizzato di capire una parte dei discorsi del docente a condizione che la concentrazione sia ottimale. Ma, a causa dell'ambiente rumoroso, o comunque dopo un certo tempo di concentrazione, è facile perdere il filo del discorso. Le ragioni possono essere molteplici. Le soluzioni, invece, troppo poche. La soluzione ottimale sarebbe la sottotitolazione in diretta, ma nella maggior parte degli atenei italiani questa soluzione non viene offerta e lo studente sordo deve accontentarsi di leggere gli appunti che uno studente «150 ore» prende durante la lezione. Nella sottotitolazione delle lezioni universitarie uno stenotipista riprende la spiegazione permettendo allo studente di leggere sullo schermo del personal computer le espressioni usate dal docente, senza nessuna sintesi o riduzione. Con l'assistenza dello stenotipista lo studente può chiedere chiarimenti e porre domande. La sottotitolazione rafforza il processo di apprendimento, aumenta la comprensione nella lettura ed agevola la memorizzazione delle informazioni. Al termine, l'intera lezione, rivista e corretta, è messa a disposizione del docente che può autorizzarne la distribuzione eventualmente anche tramite internet. La sottotitolazione è la traduzione fedele ed integrale dell'esposizione. La presentazione in forma chiara ed esauriente consente al non udente di ricevere informazioni dettagliate. Gli strumenti per l'apprendimento sono dunque assimilabili a quelli di cui dispone ogni altra persona: ne consegue una maggior profondità della comprensione, ma soprattutto la possibilità di interagire, di replicare, di partecipare attivamente;
purtroppo, nelle università la sottotitolazione è ancora poco diffusa. Tra le esperienze di spicco, emerge quella delle università di Padova e del La Sapienza di Roma. Le prime esperienze di sottotitolazione delle lezioni universitarie hanno avuto luogo all'università di Padova. Primo tra quelli italiani, l'ateneo di Padova ha sperimentato con ottimi risultati, durante il primo semestre dell'anno accademico 2002-2003, un innovativo servizio di stenotipia informatizzata applicato alla didattica in aula per studenti non udenti. Le spiegazioni dei docenti sono trascritte in aula da un operatore e visualizzate attraverso un monitor. Anche l'università La Sapienza di Roma assicura la sottotitolazione delle lezioni tramite stenotipia, presso le facoltà di architettura, economia e commercio e scienze della comunicazione -:
quali iniziative di competenze, anche normative, i Ministri intendano adottare al fine di rendere la «sottotitolazione in lingua LIS» obbligatoria per i corsi universitari seguiti da studenti con disabilità uditive.
(4-11796)

SBROLLINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
In data 4 marzo 2011 la dottoressa Carmela Palombo, direttore dell'ufficio scolastico regionale, ha inviato alle scuole Venete la circolare n.20 protocollo 1483 con le modalità per l'applicazione del provvedimento che regolamenta la quota di assenze massime superate le quali si compromette il superamento dell'anno scolastico frequentato;
nel provvedimento normativo si esplicita che esiste un numero massimo di assenze sopra il quale non si può conseguire il passaggio alla classe successiva o alla conclusione del ciclo di studi;
provvedimento questo che potrebbe avere un senso se applicato al normale piano di studi, ma che complica il quadro se riferito ai corsi serali;
tali corsi, il più delle volte frequentati da lavoratori che potrebbero operare in turni, o essere impegnati in trasferte lavorative più o meno lunghe, condizioni che nei fatti incidono seriamente sul monte ore frequentato;
anche a Vicenza esiste questa problematica; per esempio l'istituto Fusinieri con l'indirizzo scolastico «Sirio» (che non prevede obbligo di frequenza) presenta alcune problematicità dal rispetto di questa prescrizione normativa sopra illustrata -:
se in fase di stesura del provvedimento si sia preso in considerazione tale aspetto;
se intenda procedere con un atto che vada a migliorare tale situazione indicando l'applicazione e l'interpretazione più consona per questi casi di corsi serali per lavoratori;
se intenda esonerare questi specifici corsi formativi, indispensabili per la crescita culturale professionale dei cittadini, dall'applicazione rigida della norma che prevede il limite di assenza consentito.
(4-11799)

BIASOTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'Accademia Ligustica nasce a Genova nel 1751 e da allora svolge un ruolo didattico di rilievo con un bacino di utenza che raccoglie studenti in Liguria fino al basso Piemonte;
la legge n. 508 del 1999, all'articolo 2, comma 8, prevede la possibilità che si realizzi «senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, una graduale statizzazione, su richiesta, degli attuali Istituti musicali pareggiati e delle Accademie delle belle arti legalmente riconosciute»;
la legge n.508 del 1999 prevede la presenza di un'Accademia statale per ogni regione, ad oggi l'Accademia Ligustica di Genova insieme all'Accademia di Belle arti Vannucci di Perugia rappresentano i soli due casi esclusi da questo quadro di accademie storiche non ancora statizzate;
in base all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005 l'Accademia Ligustica rilascia titoli di alta formazione artistica e musicale;
nel documento «Il Quadro dei Titoli Italiani» del 20 gennaio 2011 emanato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca i titoli dell'alta formazione artistica musicale sono equiparati ai titoli rilasciati dalle università statali;
ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n.212 del 2005 il Comitato di valutazione del sistema universitario ha espresso parere positivo sugli standard e i requisiti delle Accademia Ligustica rispondenti a quelli prescritti per gli istituti AFAM;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha autorizzato l'Accademia Ligustica ad attivare corsi biennali e triennali in ordine ad un'offerta formativa aderente a quella delle accademie già statizzate;
l'attività dell'accademia è sostenuta in gran parte da trasferimenti degli enti locali, quali comune, provincia e regione,

tali trasferimenti non sono sufficienti per coprire i costi dell'attività didattica dell'accademia;
la statizzazione dell'Accademia Ligustica permetterebbe alla stessa di usufruire di cinque cattedre attualmente congelate ovvero pagate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca senza che i professori siano assegnati a compiti di insegnamento, questa soluzione consentirebbe un notevole risparmio per il bilancio dell'accademia senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato rispondendo, inoltre, appieno alla filosofia della riforma Gelmini;
attualmente l'Accademia Ligustica collabora strettamente con l'Accademia Albertina di Torino con l'intento di dare vita all'Accademia del Nord Ovest per razionalizzare la gestione delle attività dei due enti, attraverso sensibili economie di scala, e potenziarne i risultati, i settori di possibile integrazione riguardano la didattica dell'arte, il restauro e la decorazione, la sinergia tra le due accademie potrebbe ampliare l'offerta formativa e la capacità progettuale facendo raggiungere un bacino di utenza vicino alle 1.000 unità;
all'articolo 1, comma 40, della legge n. 220 del 2010 sono previsti 245 milioni per il sostegno alle scuole non statali e 25 milioni per il sostegno alle università non statali legalmente riconosciute -:
se e quali dettami normativi abbia previsto per far intraprendere un percorso di statizzazione per l' Accademia Ligustica di Genova ed in generale delle accademie storiche non ancora statizzate;
a quali adempimenti ritenga debba rispondere l'Accademia Ligustica di Genova per giungere alla piena statizzazione nonché, in attesa della conclusione del percorso, quali iniziative debba intraprendere per poter usufruire delle cattedre congelate ed eventualmente disponibili per lo svolgimento dell'attività didattica dell'Accademia stessa;
quale percorso possa essere intrapreso dall'Accademia Ligustica e dall'Accademia Albertina per attuare una convenzione tra le due accademie che renda possibile l'integrazione funzionale delle stesse;
se ritenga si possa prevedere un iter di finanziamento per l'attività didattica dell'Accademia Ligustica di Genova utilizzando lo stanziamento previsto dall'articolo 1, comma 40, legge n. 220 del 2010.
(4-11803)

TESTO AGGIORNATO AL 9 GIUGNO 2011

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per sapere - premesso che:
alla fine del mese di marzo 2011 la direzione centrale delle risorse umane dell'INPDAP ha trasmesso ad alcuni dirigenti, tra i quali il direttore provinciale della sede di Arezzo, ma anche ai direttori provinciali di Livorno, Pisa, Siena, Agrigento, Viterbo e Salerno, nota di preavviso di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro a decorrere dal 1o dicembre 2011, ai sensi del comma 11 dell'articolo 72 del decreto-legge n. 112 del 2008. Tale disposizione è stata modificata dal comma 3 dell'articolo 6 della legge n. 15 del 2009, che aveva sostituito l'anzianità massima contributiva di 40 anni con l'anzianità massima di servizio effettivo di 40 anni, ed è stata nuovamente modificata dal comma 35-novies dell'articolo 17 del decreto-legge n. 78 del 2009, che ha ripristinato, per la risoluzione del rapporto di lavoro, il requisito dell'anzianità massima contributiva

di 40 anni del personale, con un preavviso di 6 mesi, limitatamente al triennio 2009/2011;
l'articolo 22-ter del decreto-legge n. 78 del 2009, ha disposto che dall'anno 2010, l'età pensionabile delle donne che lavorano nel pubblico impiego venga gradualmente innalzata a 65 anni. Pertanto a decorrere dall'anno 2010 tali lavoratrici andranno in pensione non al compimento del sessantesimo anno, ma bensì al compimento del sessantunesimo, e l'età si eleverà progressivamente di 1 anno ogni 2 solari, pervenendo alla soglia dei 65 anni nel 2018. L'INPDAP con nota n. 50 del 7 ottobre 2009 ha dato conseguentemente le prime informazioni sulla nuova normativa;
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, ha apportato sostanziali modifiche alla realtà previdenziale del nostro Paese, spostando in avanti il momento in cui i lavoratori potranno andare in pensione. Infatti coloro che hanno maturato tale diritto a partire dal 1o gennaio 2011, saranno soggetti allo slittamento della propria finestra di uscita, e quindi potranno andare in pensione 12 mesi dopo aver maturato il diritto alla pensione;
l'INPDAP, con determina del commissario straordinario-presidente dell'INPDAP n. 259 del 30 novembre 2010, ha già effettuato i tagli dovuti e già compiuto il riassetto del personale dirigenziale dell'Istituto;
ai precitati dirigenti erano stati conferiti incarichi con scadenze successive alla fine dell'anno 2011 come ad esempio alla dottoressa Leonardi Alessandra alla quale è stato conferito un incarico dirigenziale per la sede INPDAP di Arezzo dal direttore generale della toscana dal 1o febbraio 2009 al 31 gennaio 2012, nonché delega delle funzioni dirigenziali per il convitto Regina Elena di Sansepolcro dal 20 dicembre 2009 fino al 31 dicembre 2009, essendo già in vigore la legge n. 133 del 2008;
a fronte dell'applicazione rigida ed in contraddizione con la normativa attuale del pensionamento forzato con recessione unilaterale del rapporto di lavoro dell'INPDAP, che priva la pubblica amministrazione di professionalità di altissimo livello, si stanno sottoscrivendo molteplici contratti di consulenza con persone già in pensione da anni e già destinatari di contratti ex articolo 19 comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
si stanno violando i dettami delle circolari n. 10 e 4, rispettivamente del 28 ottobre 2008 e del 16 settembre 2009, del dipartimento della funzione pubblica a firma del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione Brunetta che ha raccomandato alle amministrazioni pubbliche, nell'esercizio della facoltà di recesso, di «fare particolare attenzione onde evitare comportamenti contraddittori o contrari a buona fede e correttezza ingenerando nei dipendenti false aspettative e creando occasioni di contenzioso»;
il dipartimento della funzione pubblica, con circolare n. 10 del 28 ottobre 2008, per gli incarichi dirigenziali impone alle amministrazioni di far salvo quanto previsto dall'articolo 72, comma 11, del decreto-legge n. 112 del 2008, nel provvedimento di conferimento dell'incarico a favore dei dirigenti prossimi alla maturazione del requisito: «In mancanza di tale specificazione, nel rispetto dei principi della buona fede e della correttezza, l'amministrazione dovrà astenersi dall'esercitare la facoltà di risoluzione per l'intera durata dell'incarico»;
con lettera del direttore generale INPDAP del 10 gennaio 2011 si affermava che: «è tuttavia stabilito che tale facoltà (la facoltà di rescissione unilaterale del rapporto di lavoro in presenza dei 40 anni di anzianità contributiva) non sia esercitata sul territorio nel caso in cui il dirigente regionale manifesti esigenze di organico o funzionali che giustifichino l'opportunità di mantenere in servizio il dipendente. In tal caso l'interessato potrà

rimanere in servizio fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età» -:
se non si intenda intervenire presso la direzione INPDAP per salvaguardare la corretta applicazione delle normative in materia di pensionamento, considerati i profili di dubbia legittimità che caratterizzano i provvedimenti di rescissione unilaterale del rapporto di lavoro come dimostrato dai ricorsi già presentati e vinti dai ricorrenti del settore scuola, nonché la necessità del buon funzionamento della pubblica amministrazione.
(2-01065)
«Mattesini, Codurelli, Mazzarella, Giovanelli, Laganà Fortugno, Colombo, Verini, Pedoto, D'Incecco, Grassi, Agostini, Beltrandi, Bellanova, Fluvi, Realacci, Genovese, Marco Carra, Bratti, Vico, Gatti, Damiano, Miglioli, Giorgio Merlo, Trappolino, Madia, Schirru, Gnecchi, Murer, Miotto, Bucchino, Mario Pepe (PD), Rigoni».

Interrogazione a risposta immediata:

GIANNI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nella regione Sicilia i lavoratori dell'amianto sono maggiormente pregiudicati nel riconoscimento dei loro diritti agli indennizzi contributivi, ex articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, e non trova applicazione la sentenza del tribunale amministrativo regionale del Lazio n. 5750 del 2009, nella quale era chiaro come le norme di cui all'articolo 1, commi 20, 21 e 22, della legge n. 247 del 2007 trovassero applicazione anche per i siti della regione Sicilia oggetto di atti equipollenti del presidente della regione, o di altri enti sussidiari;
nonostante il pesante tributo in termini di vite umane e il rischio per la salute di questi lavoratori e delle loro famiglie, ad oggi la Contarp Sicilia si ostina a non rilasciare i certificati di esposizione e a non riconoscere i benefici contributivi, e in alcuni casi li ha limitati al 1992, nonostante l'amianto fosse presente in alcuni contesti anche fino al 2009/2010, come risulta dalla dichiarazione resa dalla azienda sanitaria provinciale di Caltanissetta;
si assiste ad un'ingiusta e ingiustificata esclusione dagli indennizzi dei lavoratori della Valle della Mela, dipendenti della raffineria della centrale Enel, delle acciaierie Tuferrofin, della Sacelitt, dei cantieri navali di Messina, delle raffinerie di Gela e di Priolo e di tanti altri e, nonostante la richiesta del riesame presso la Contarp regionale, ad oggi il procedimento non è stato ancora definito;
sono in costante aumento le patologie asbesto correlate in tutta Italia, anche e soprattutto tra i lavoratori della regione Sicilia;
in tutta Italia, in particolare nella regione Sicilia, si assiste ad un grave ritardo in materia di bonifica dei siti inquinati -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere affinché siano riconosciuti i diritti e i benefici derivanti dal rischio di aver lavorato l'amianto, senza che vi siano discriminazioni come quelle che si stanno registrando nei confronti dei lavoratori dell'amianto siciliani.
(3-01628)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GNECCHI, CODURELLI, SCHIRRU, BOCCUZZI e MIGLIOLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a seguito della conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (in particolare, articolo 12), l'INPS con messaggio 21181 del 12 agosto 2010 ha disposto che: «la costituzione della posizione assicurativa nel FPLD in favore dei lavoratori iscritti ai soppressi fondi elettrici e

telefonici potrà essere trasferita solo a domanda degli interessati e a titolo oneroso»; in conseguenza di quanto sopra, precisa l'INPS, non deve essere più posto in pagamento il trattamento più favorevole fra quello calcolato con le norme del fondo e quello calcolato con le norme del fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), con effetto sulle istanze presentate a partire dal 1° luglio 2010;
con questo provvedimento i lavoratori interessati si sono trovati, con provvedimento retroattivo, a vedere non riconosciuti i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;
è del tutto evidente come la nuova normativa sia assolutamente lesiva in particolare per tutti i lavoratori elettrici che hanno sempre lavorato in turno continuato e avvicendato; con queste norme si è messo in discussione quel diritto fondamentale del lavoratore di poter creare la propria posizione assicurativa all'Inps, che rimane l'ente fondamentale previdenziale, e si complica e si rende sempre onerosa la possibilità di cumulare i contributi versati durante tutta la propria vita lavorativa;
la possibilità di ricongiungere contributi ha sempre rappresentato un pilastro fondante del sistema previdenziale italiano;
l'articolo 12, comma 12-octies, del decreto-legge n. 78 del 2010, infatti, è intervenuto ad abrogare, a decorrere dal 1° luglio 2010, l'articolo 3, comma 14, del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 562, che regolava il trasferimento in Assicurazione generale obbligatoria (AGO) delle posizioni assicurative del fondo elettrici;
analogamente l'articolo 12, comma 12-novies, ha abrogato, con pari decorrenza, l'articolo 28 della legge n. 1450 del 1956 che consentiva il trasferimento gratuito della contribuzione dal fondo telefonici all'assicurazione generale obbligatoria;
a decorrere dal 1° luglio 2010 il comma 12-septies dell'articolo 12 è intervenuto a modificare il disposto dei primi 3 commi dell'articolo 1 della legge n. 29 del 1979, che consentivano la ricongiunzione nel FPLD - a titolo gratuito - dei periodi di contribuzione maturati presso forme di previdenza sostitutive, esonerative ed esclusive dell'AGO, rendendo onerosa tale operazione di ricongiunzione; per far comprendere appieno quali siano state le iniquità introdotte con la legge n. 122 del 2010, giova forse riportare uno dei tanti casi reali, quello del signor Guido Lotti, prossimo pensionando:
«Mi chiamo Guido Lotti, sono uno dei potenziali pensionandi alquanto danneggiati dalle recenti modifiche in materia di pensione (Legge n. 122 del 2010 articolo 12 onerosità ricongiunzioni previdenziali). Cosi come probabilmente hanno già fatto altri miei ex colleghi Le scrivo la presente e-mail per portare alla Sua attenzione un altro caso reale, uno dei tanti. Sono nato il 7 ottobre 1953. Ho iniziato a lavorare il 1o gennaio 1971 presso Grundig Italia, azienda operante nel settore commercio-elettronica di consumo, che ho lasciato il 10 dicembre 1976 perché assunto in ENEL. Quindi ho lavorato in ENEL dal 13 dicembre 1976 fino al 30 giugno 1999 nei Servizi di Telecomunicazioni quando, a seguito di cessione di ramo d'azienda causa legge Bersani, sono passato in WIND Telecomunicazioni. Lì ho lavorato dal 1o luglio 1999 al 30 dicembre 2009 giorno in cui ho lasciato il servizio per esodo incentivato propostomi dalla stessa azienda;
Per raggiungere il requisito dei 40 anni di contribuzione e quindi avere il diritto alla pensione di anzianità ho pagato i contributi volontari al fondo telefonici, regolarmente autorizzato da INPS in data 30 gennaio 2010 con l'assegnazione del codice individuale QL0005108672, per coprire il periodo dal 1o gennaio 2010 al 31 marzo 2011. Per i primi circa 6 anni di lavoro ho versato i contributi direttamente all'INPS ma dopo l'assunzione in ENEL ho ricongiunto tutto nel fondo elettrici (compreso il servizio militare svolto in una porzione di quel periodo). Questo significa che (in dettaglio) oggi mi ritrovo con 28 anni e 3 mesi di contribuzione nel fondo

elettrici e 11 anni e 9 mesi di contribuzione nel fondo telefonici. Osservo che entrambi questi fondi speciali, soppressi dal 1o gennaio 2000, sono gestiti da INPS in evidenza contabile. Con le vecchie regole al raggiungimento dei 40 anni mi sarebbe stata concessa la ricongiunzione gratuita in INPS (con l'eventuale riconoscimento della condizione di miglior favore) e con la prima finestra utile (luglio 2011) sarei andato in pensione.
Ora, dopo le modifiche introdotte dalla Legge n. 122 del 2010, articolo 12, mi ritrovo:
1) a dover attendere 12 mesi per avere l'assegno pensionistico dopo il raggiungimento dei requisiti per goderne: vuol dire 9 mesi di latenza in più rispetto i 3 previsti con un mancato introito di circa 18.000 euro (ipotizzando un assegno di circa 2.000 euro moltiplicato per i 9 mesi di attesa aggiuntivi);
2) detto che quella al punto 1 è se si vuole una questione opinabile e quindi un male minore, quel che segue è davvero la «madre» di tutti i problemi.

Significa che sia pure in presenza di contributi regolarmente versati a «legge vigente» corro il serio rischio di non avere il diritto alla pensione come attesa e promessa nel corso degli anni dal mio (nostro) Stato. A causa della legge n. 122 del 2010 articolo 12 in questione ho potenzialmente davanti a me 3 soluzioni, tutte fortemente penalizzanti. Eccole:
a) ricongiunzione onerosa, dovendo ricongiungere 40 anni suddivisi come detto sopra INPS mi ha stimato ufficiosamente una somma intorno ai 294.000 Euro:
b) totalizzazione subito con attesa di 18 mesi per la pensione e calcolo della stessa totalmente con il metodo contributivo:
c) totalizzazione a 65 anni che mi consentirebbe di avere il conteggio della pensione con il metodo retributivo per il periodo Enel (superiore a 20 anni) ma dovrei lavorare e versare contributi inutili per ulteriori 7-8 anni senza comunque mai raggiungere il numero di anni minimo (giustappunto 20) per avere una pensione dal fondo telefonico e perciò questi contributi sarebbero perduti.

Da considerare che al 31 dicembre 1995 avevo già maturato 24 anni di contributi e di conseguenza avrei diritto al calcolo della pensione totalmente con il metodo retributivo, da considerare anche che non ho cambiato azienda e di conseguenza fondo pensioni per libera scelta ma per uno «spin-off» fatto da una azienda/ente che allora era totalmente di proprietà dello Stato (ENEL). Per finire mi auguro che in conclusione di questa sorta di odissea prevalgano buon senso e ragionevolezza e vengano fatti salvi i diritti di chi ha smesso prima dell'entrata in vigore della legge in questione.
Ringrazio anticipatamente per l'attenzione a questa segnalazione e per quanto potrete fare»;
il caso di cui sopra e i tanti altri che ci sono stati segnalati richiedono una risposta concreta, che prescinde dalle logiche politiche, dalla logica degli schieramenti maggioranza/opposizione, perché la pensione è un diritto da sempre garantito dallo Stato, ancor di più a fronte di contribuzione regolarmente versata -:
se il Ministro intenda assumere iniziative normative per correggere la norma sopra richiamata e consentire, come richiede giustamente il signor Lotti, che vengano fatti salvi i diritti di coloro che hanno lavorato e versato i contributi per la pensione e cessato di lavorare prima dell'entrata in vigore della legge n. 122 del 2010.
(5-04677)

MADIA e GATTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociale. - Per sapere - premesso che:
da numerose notizie di stampa (Il Manifesto 7 aprile 2011 - Il Fatto 10 aprile 2011) è venuta a conoscenza delle interroganti la vicenda riguardante diverse decine

di lavoratori con contratti coordinati e continuativi di Italia lavoro spa, agenzia tecnica del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
secondo le suddette notizie di stampa - che riportano in particolare la vicenda della dottoressa Katia Scannavini, specialista dei centri per l'impiego, dottore di ricerca, e giovane madre al sesto mese di gravidanza - la direzione di Italia lavoro avrebbe rescisso numerose collaborazioni coordinate e continuative con personale impiegato da molti anni presso questa struttura;
la motivazione unica per tutti i licenziamenti - sebbene Italia lavoro l'abbia definita in una lettera al quotidiano Il Fatto soltanto una «impossibilità a proseguire il rapporto di collaborazione» - starebbe nel fatto che i suddetti collaboratori hanno inviato delle comunicazioni ad Italia lavoro ai sensi dell'articolo 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183 «Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro», concernente la possibilità per i lavoratori di contestare il licenziamento e altre disposizioni inerenti ai contratti a termine; tale comunicazione al datore di lavoro non comporta una causa di lavoro, ma, secondo il dettato della norma, è un «qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore»; in pratica è una misura cautelativa necessaria per promuovere poi l'eventuale causa a tutela dei propri diritti;
come racconta la dottoressa Scannavini: «Non era l'annuncio di una causa, non mi passava per la mente. Solo una comunicazione, peraltro richiesta dalla legge, in cui ricordavo la mia anzianità e la mia posizione. La risposta è stata l'annuncio della cessazione del rapporto»;
le disposizioni dell'articolo 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183, ad avviso delle interroganti non dovrebbero essere utilizzate per identificare i collaboratori «ribelli» in modo da poterli licenziare prima che facciano causa -:
se esiste qualche valutazione tecnica sul lavoro e la produttività dei suddetti collaboratori e quale impatto abbia avuto il loro licenziamento - o meglio l'impossibilità di proseguire il rapporto di collaborazione - sulla qualità dei servizi di Italia lavoro spa;
se il Ministro non ravvisi una contraddizione tra il licenziamento - con queste motivazioni - di una giovane donna al sesto mese di gravidanza e i piani per la conciliazione tra famiglia e lavoro recentemente presentati alle parti sociali.
(5-04678)

GNECCHI, CODURELLI, SCHIRRU e MATTESINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a seguito della conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (in particolare articolo 12), qualsiasi trasferimento o ricongiunzione dei contributi avviene su domanda dell'interessato ed esclusivamente a titolo oneroso;
con questo provvedimento i lavoratori interessati si sono trovati, con provvedimento retroattivo, senza le certezze e i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;
gli enti previdenziali, come è noto, suggerivano ai cittadini che si recavano ai loro sportelli di non affrettarsi con le richieste di ricongiunzione, perché si sarebbe trattato comunque di ricongiunzioni a titolo gratuito;
non è davvero giustificabile che si determini ora una disparità di trattamento così significativo tra lavoratori per gli effetti della nuova norma, in particolare inoltre tra i dipendenti dello Stato, per i quali la costituzione della posizione contributiva

presso l'INPS opera d'ufficio, e i dipendenti degli enti locali che invece per la stesso procedimento devono fare domanda;
per i dipendenti statali, infatti, essendo previsto il trasferimento d'ufficio, ci risulta che l'Inpdap, anche per le cessazioni intervenute post 30 luglio 2010, opera il trasferimento della posizione assicurativa, senza oneri a carico del dipendente interessato;
è forse utile per far comprendere appieno l'iniquità delle norme introdotte con il decreto-legge n. 78 del 2010, riportare con il presente atto ispettivo un caso concreto, che riguarda il signor Claudio Floris, ex dipendente di un ente locale, raccontata con le sue parole:
«nel settembre dello scorso ho telefonato all'INPS per chiedere informazioni circa le modalità per procedere ad una eventuale ricongiunzione dei miei contributi risultanti presso tale Istituto con quelli precedentemente versati all'INPDAP (riferiti ad oltre 18 anni di lavoro presso un Ente Locale). Con grande sorpresa mi è stato detto che sì, potevo farlo, ma che era stata emanata una nuova norma (legge n. 122 del 2010) che rendeva la ricongiunzione da gratuita a onerosa. Sono rimasto dapprima sorpreso e poi pervaso da un senso di profonda amarezza perché ero già stato alcune volte presso gli sportelli dell'INPS e sempre mi era stato consigliato di attendere a fare la domanda di ricongiunzione in quanto:
la richiesta poteva essere fatta una sola volta e, comunque, si trattava di un'operazione gratuita per cui non c'era alcun bisogno di inoltrare istanze che fossero tese a fissare i parametri di conteggio alla data della domanda;
se mi fosse capitato di tornare ad un impiego pubblico avrei dovuto pagare cifre altissime per effettuare a quel punto una nuova ricongiunzione da INPS a INPDAP;
era utile attendere almeno l'esito della domanda già presentata il 18 luglio 1990 all'INPDAP (al fine di ricongiungere presso quella cassa precedenti periodi INPS relativi ai miei primi anni lavorativi) per valutare, data la mia complessa situazione previdenziale, come effettivamente convenisse procedere.

Nessun addetto o impiegato mi ha mai consigliato di presentare subito la domanda di ricongiunzione spiegandomi che quei che allora era gratuito poteva diventare oneroso! Forse perché nessuno, né all'INPS né all'INPDAP né ai Patronati pensava che si potesse un giorno passare da un regime ad un altro senza un minimo di preavviso, di tempo per decidere! Deve essere per lo stesso motivo che l'INPDAP non ha ancora provveduto - dopo 20 anni dalla mia originaria domanda e nonostante numerosi solleciti, anche scritti (lettera del 26 febbraio 1996) o effettuati tramite patronato - a rispondere alla mia domanda di ricongiunzione. Infatti si può immaginare che per l'Istituto non fosse importante rispondere subito: se avessi deciso di rinunciare avrei sempre potuto ricongiungere tutto gratuitamente all'INPS! Così tra attese e false certezze sono arrivato al momento in cui, nei mesi scorsi ho conosciuto la triste realtà cui la nuova normativa mi ha condannato. Pagare una somma altissima, forse decine di migliaia di Euro, o prendere una pensione dopo 40 anni di lavoro come se ne avessi lavorati molti di meno. Sì perché non ricongiungere significherà, in ogni caso, non poter godere più del conteggio effettuato col calcolo esclusivamente retributivo. Mi sono chiesto il senso di tutto ciò: perché in un caso come questo si deve pagare per ricongiungere i propri contributi, indipendentemente dall'importo? Non sono stati forse versati nell'arco di tutta la vita lavorativa tutti i contributi dovuti? Si otterranno ora presso l'INPS condizioni di pensione più vantaggiose rispetto a prima? È vero, anche ricongiungere presso l'INPDAP è oneroso, ma lo è sempre stato, chi decideva di farlo lo faceva velocemente, spesso a inizio carriera, perché era più conveniente farlo il più presto possibile e, soprattutto si andava ad accedere a

condizioni di maggior favore. Mi sono poi chiesto: i contributi che ho versato come dipendente degli Enti Locali non hanno lo stesso valore di quelli versati da un dipendente dello Stato? In realtà i dipendenti dello Stato non possono trovarsi in una situazione quale quella illustrata perché per essi una norma prevede che la costituzione della posizione contributiva presso l'INPS operi d'ufficio. Ci si chiede: perché era stata fatta quella norma? Forse per ragioni amministrative. Non credo vi fosse intenzione di sfavorire un giorno i dipendenti degli enti locali. Non è allora questa un'enorme ingiustizia? Il 13 dicembre 2010 ho inviato una lettera all'INPDAP, mettendo in risalto tale incongruenza, ma non ho ottenuto alcuna risposta. Passata qualche settimana, ormai in preda all'ansia, ho pensato che occorresse comunque fare la domanda di ricongiunzione. Ho ragionato così: non si sa mai che gli estensori della legge si accorgano dell'errore, che non era esattamente quello lo scopo della legge, e decidano di fare salve anche le domande presentate successivamente al 30 giugno del 2010. Il problema era però sempre lo stesso. Per decidere correttamente cosa fare mi mancavano molti dati. Non conoscevo, e non conosco ancora, l'esito e i costi della mia originaria domanda di ricongiunzione presso l'INPDAP. Non potevo nemmeno valutare i costi della nuova eventuale ricongiunzione di tutti i contributi presso l'INPS: a tutt'oggi nessuno mi sa dire quanto dovrò pagare. La paura era quella di annullare, con la nuova domanda, la prima, quella per cui attendo ancora risposta dall'INPDAP e andare addirittura a peggiorare la mia situazione. Mi sono rivolto allora ad un patronato che mi ha informato che all'INPDAP non hanno né l'ammontare delle mie retribuzioni né i programmi per effettuare i calcoli e sono sommersi da pratiche relative a situazioni simili alla mia. Su consiglio del patronato, nel dicembre del 2010, ho dunque fatto richiesta, al Comune presso il quale ho lavorato, dell'ammontare delle mie retribuzioni. Mi hanno subito detto che non era semplice recuperare tutti i dati e che ci sarebbero voluti mesi. Dunque ancora una volta mi sono trovato nell'impossibilità di decidere cosa fare ma allo stesso tempo a vivere l'ansia legata alla sensazione che comunque occorresse fare la domanda. Alla fine mi sono rivolto ad un professionista, esperto in materia di previdenza, con l'aiuto del quale ho predisposto e inoltrato in data 15 marzo 2011 una domanda di ricongiunzione con la quale mi sono riservato di mantenere in ogni caso salva la domanda presentata nel 1990 in qualsiasi ipotesi di mancato accoglimento o accettazione della nuova istanza. Ora chiedo: è possibile portare un cittadino in questa situazione? Sorpresa, delusione, ansia, disperazione. È possibile che a un lavoratore ormai prossimo alla sua pensione sia tolta ogni certezza, ogni speranza di vivere in uno stato di diritto, in una società giusta? È possibile minare così fortemente, sino quasi a dissolverla, la fiducia nelle istituzioni? Quale messaggio potrà trasmettere ai propri figli? Spiace dirlo, ma la sensazione che prova un lavoratore, un cittadino, in questi casi, è quella di aver subito un furto. Ritengo non possano esserci motivazioni legate alla congiuntura economica che giustifichino l'adozione di provvedimenti così ingiusti. Claudio Floris nato Roma il 25 giugno 1956 residente in località Baustella 09010 Pula (Cagliari) codice fiscale: FLRCLD56H25H501 - Tel.: 3487848420»;
il caso d cui sopra, e i tanti altri che ci sono stati segnalati, richiede una risposta concreta da parte delle istituzioni, verso le quali il cittadino vorrebbe continuare ad avere fiducia, soprattutto per quanto attiene il riconoscimento del diritto alla pensione, senza dover subire provvedimenti iniqui sopra richiamati, che hanno messo in discussione il nostro sistema previdenziale -:
se non ritenga il Ministro interrogato di prendere atto dell'iniquità delle norme introdotte con il decreto-legge n. 78 del 2010 e assumere le necessarie iniziative normative correttive che consentano di ripristinare certezza e di mantenere le

condizioni precedenti almeno fino all'approvazione di una legge sulla totalizzazione dei contributi, già in discussione in commissione lavoro, in modo da non penalizzare in modo così grave singoli lavoratori.
(5-04680)

MADIA e FADDA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la società B. & S. s.p.a. riferibile agli imprenditori Gian Mauro Borsano e Renato Semeraro detiene dal 2009 il noto marchio Aiazzone per la vendita al dettaglio di mobili;
la B. & S. acquisisce nel luglio 2009 la società HDA spa (Holding dell'Arredo) che detiene un altro noto marchio del settore dell'arredamento cioè Emmelunga;
nell'agosto del 2010 la società Panmedia s.p.a affitta i rami d'azienda di B. & S. e HDA controllando così la totalità della rete di vendita Emmelunga e Aiazzone consistente di 44 punti vendita su tutto il territorio nazionale per un totale di circa 850 dipendenti;
dai primi mesi del 2010 entrambe le società non rispettano con regolarità i pagamenti dei fornitori, e tutto l'indotto come le cooperative di servizio che prestano opera nei negozi. Già da marzo 2010 i clienti soffrono di ritardi e sostituzioni nella consegna dei prodotti acquistati. Da giugno 2010 iniziano i ritardi nell'erogazione degli stipendi dei dipendenti. L'ultimo stipendio percepito è di ottobre 2010, con bonifico avvenuto a fine dicembre 2010 in due tranche;
nel mese di dicembre 2010 Panmedia chiede la cassa integrazione per 230 dipendenti;
nel mese di gennaio 2011 fallisce HDA, mentre si avvia il concordato fallimentare di B. & S. s.p.a;
il 16 marzo 2011 fallisce anche B. & S.;
nel marzo 2011 HDA revoca il ramo d'affitto a Panmedia e riprende in carico i dipendenti;
a fine marzo 2011 si consuma definitivamente il crac Aiazzone ed Emmelunga non solo per la grave situazione finanziaria del gruppo, ma per un'inchiesta penale che vede i vertici delle società arrestati con pesanti accuse;
da numerose notizie di stampa l'interrogante apprende che Borsano, Semeraro e Giuseppe Gallo, amministratore delegato di Panmedia e altri, avrebbero costituito un sodalizio criminale per frodare il fisco, indebitare artatamente le società, svuotarle e trasferirle all'estero. I reati contestati vanno dalla bancarotta fraudolenta, all'evasione fiscale, al riciclaggio (Corriere della Sera). Il nucleo speciale della guardia di finanza avrebbe sequestrato, agli indagati, beni per 50 milioni di euro. La notizia ha trovato ampio spazio sui giornali sia per la fama di Borsano, già presidente della squadra di calcio del Torino, sia perché si tratta di marchi molto noti nel mercato italiano; la fine improvvisa dell'attività del gruppo avrebbe lasciato oltre 13.000 clienti - che per la maggior parte avevano acquistato i mobili con dei finanziamenti rateali - senza i prodotti che avevano comprato, in alcuni casi da mesi;
rimane molto drammatica la situazione degli 850 dipendenti dei due marchi. Non hanno più percepito retribuzione da novembre del 2010 oltre naturalmente a tutte le spettanze accessorie relative al periodo;
mentre la tempestiva revoca della cessione di ramo d'affitto da parte di HDA ha permesso di accedere agli ammortizzatori sociali (CIGS) per i 190 dipendenti che fanno riferimento ad Emmelunga (sebbene il decreto non sia ancora stato pubblicato), più complicata appare la situazione dei dipendenti di Aiazzone che sono formalmente ancora in Panmedia e che comunque sono riferibili a B. & S. s.p.a., società al centro dell'inchiesta giudiziaria di cui sopra;

il 21 aprile 2011 gli organi di stampa (la Stampa) riportano che anche Panmedia è fallita, con estreme difficoltà, visto il quadro complicato, per il pagamento dei debiti nei confronti di clienti e fornitori e delle spettanze dei dipendenti -:
se il Governo sia pienamente informato della vicenda e quali iniziative intenda intraprendere per garantire ai dipendenti del gruppo il pagamento delle spettanze e l'accesso agli ammortizzatori sociali, nonché ai fini della tutela dei livelli occupazionali e del possibile rilancio delle attività del gruppo.
(5-04687)

GATTI, GNECCHI, SCHIRRU, BELLANOVA, MATTESINI, DAMIANO, MIGLIOLI e MADIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Il Sole 24 ore del 27 aprile 2011 ha pubblicato un articolo riguardante l'andamento dei buoni lavoro, detti anche voucher, utilizzati per il pagamento delle prestazioni occasionali e accessorie, disciplinate dagli articoli 70-73 del decreto legislativo 276 del 2003;
il quotidiano milanese riporta una serie di dati molto significativi: nel corso del 2010 si è registrato un incremento di buoni lavoro venduti del 260 per cento rispetto all'anno precedente; nel primo trimestre del 2011 si sono superati i 15 milioni, di cui 2 milioni nel corso degli ultimi 2 mesi; le regioni che più ne hanno acquistati sono il Veneto (più di 2 milioni 300 mila) e la Lombardia (quasi 2 milioni), mentre le minori richieste sono pervenute da Molise (36 mila circa) e Calabria (60 mila circa); le ultime analisi quantitative evidenziano che il settore più coinvolto è quello dell'agricoltura (poco meno del 50 per cento del totale), seguito dal commercio (9 per cento), dai servizi (7 per cento) e dal turismo (4 per cento); i lavoratori stagionali impegnati nei campi, il personale addetto a manifestazioni sportive o culturali, i bagnini, i giardinieri, i commessi e i camerieri hanno scalzato, tra i prestatori di lavoro occasionale, gli studenti e i pensionati, gli iniziali, principali, destinatari di questa modalità di pagamento;
il numero dei buoni distribuiti, l'ampiezza degli ambiti di applicazione, la vastità della platea dei soggetti abilitati a farne uso, mostrano le gigantesche dimensioni assunte da questa tipologia lavorativa, la quale merita un'attenzione particolare anche per le perplessità che può suscitare in merito ad alcuni fondamentali aspetti;
come evidenziato nel corso di due interrogazioni (n. 5-02853 e n. 5-02965) presentate in Commissione lavoro dalla prima firmataria del presente atto nel corso del 2010, i maggiori dubbi derivano dalle particolari modalità di corresponsione del buono lavoro, che potrebbe favorire invece che scoraggiare l'utilizzo di lavoro nero, e dal timore che il rapporto di lavoro occasionale rappresenti un'alternativa ai tradizionali contratti di lavoro, inclusi quelli stagionali;
a tal riguardo è opportuno effettuare un monitoraggio continuo, allo scopo di verificare se lavoratori precedentemente titolari di contratti di lavoro siano stati poi destinati a usufruire dei buoni lavoro, con una conseguente riduzione delle garanzie previdenziali e assicurative, e poter eventualmente approntare le indispensabili misure volte a tutelare le condizioni degli stessi -:
per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, quanti siano i lavoratori che abbiano ottenuto o fatto richiesta per la disoccupazione agricola con requisiti ridotti;
per ciascuno degli anni 2008, 2009, 2010 e per la prima parte del 2011, con riferimento ai settori dell'agricoltura e del commercio, quale sia stato l'andamento delle vendite dei voucher, diviso per regioni, in termini numerici e percentuali, e quale il numero di lavoratori impiegati;
per ciascuno degli anni 2008, 2009, 2010 e per la prima parte del 2011, con riferimento ai settori dell'agricoltura e del

commercio, quale sia stato il numero di voucher richiesti dai committenti, di quelli effettivamente riscossi e di quelli rimborsati;
per ciascuno degli anni 2008, 2009, 2010 e per la prima parte del 2011, quale sia stato il numero di lavoratori impiegati, mediante qualsiasi tipo di contratto di lavoro, nei settori dell'agricoltura e del commercio;
per ciascuno degli anni 2008, 2009, 2010 e per la prima parte del 2011, a quanto sia ammontato il numero di lavoratori per cui i datori di lavoro operanti nei settori dell'agricoltura e del commercio abbiano versato contributi previdenziali nel fondo pensionistico dei lavoratori dipendenti e quanti siano stati i lavoratori per i quali sono stati versati i contributi nella gestione separata INPS.
(5-04690)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
«le aspettative delle imprese indicano che l'emorragia occupazionale è in esaurimento. La domanda di lavoro sta tornando ad aumentare: è in ripresa l'occupazione a tempo determinato (più 5,1 per cento annuo nel 4o trimestre 2010)». È quanto si legge nell'ultima analisi del centro studi di Confindustria. «La forza lavoro inutilizzata rimane, però, ampia nei settori dove la produzione è ancora molto al di sotto dei livelli pre-crisi - prosegue il Csc -. La Cig autorizzata ha ripreso a salire in misura significativa in marzo (più 45,1 per cento su febbraio), ben al di là di quanto giustificato da fattori stagionali»;
in Italia i dati sul mercato del lavoro contengono qualche segnale positivo, ma non si delinea ancora un'inversione di tendenza. La contrazione dell'occupazione nel primo bimestre 2011 (meno 0,2 febbraio a febbraio su dicembre) si contrappone all'aumento nel quarto trimestre 2010 (più 0,2 per cento sui tre mesi precedenti). Intanto, il ritmo della ripresa mondiale è in rallentamento dopo i livelli sostenuti registrati nel primo trimestre 2011. Lo sottolinea ancora il centro studi di Confindustria aggiungendo che l'Italia «è in ritardo. Restano molto ampi - si legge, a questo proposito, nel rapporto - i divari di dinamismo con alcune economie molto vivaci e altre in ritardo. L'Italia appartiene a queste ultime. Da qualche mese la produzione industriale oscilla senza direzione, l'occupazione è stabile e la cassa integrazione torna a salire, l'export mantiene un buon passo ma inferiore a quello dei mercati di riferimento (tra i quali sono importanti il Nord Africa e il Medio Oriente, ora in subbuglio)»;
per gli analisti di viale dell'Astronomia, infine, «l'accelerazione dei prezzi al consumo rispecchia il rincaro delle bollette energetiche e alimentari e trasferisce potere d'acquisto dai consumatori dei Paesi importatori a quelli dei mercati esportatori di input primari. E così si riduce il volume delle esportazioni italiane a febbraio (meno 5,6 per cento su gennaio). Il calo compensa il balzo di gennaio (più 7 per cento) e ripristina il trend precedente. Nel primo bimestre 2011 l'export è aumentato del 5,2 per cento sul bimestre precedente. Le prospettive risultano essere meno favorevoli: peggiorano i giudizi sugli ordini esteri in marzo». Intanto, nell'indagine trimestrale «Banca d'Italia-Il Sole 24 Ore» il 70 per cento delle imprese giudica stabili le condizioni economiche per il secondo trimestre dell'anno -:
quali interventi i Ministri intendano adottare al fine di creare misure di sostegno all'occupazione, con particolare riguardo per quella giovanile e femminile.
(4-11783)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro

per le pari opportunità, al Ministro della gioventù, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il signor Simone Schenatti, padre di un bambino down di 4 anni, assieme alla moglie e alcuni amici si è recato a Gardaland;
giunto all'attrazione «Bruco», si è accomodato con la moglie, quando a un certo punto è arrivato un addetto del personale e li ha invitati a scendere;
lo stesso signor Schenatti in precedenza aveva portato il figlio a «Fantasylandia», dove ha avuto libero accesso a tutte le attrazioni desiderate;
l'episodio, l'ennesimo di una serie già denunciati in altrettante interrogazioni, si configura ad avviso degli interroganti come un caso di ingiustificata discriminazione -:
quali urgenti iniziative, nell'ambito delle rispettive prerogative e facoltà intendano promuovere, sollecitare, adottare a fronte di questi ripetuti e odiosi episodi.
(4-11795)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli interroganti hanno già evidenziato con l'interrogazione 4-11495 le irregolarità che sarebbero emerse da parte di Tecnova, la società spagnola che ha avuto in subappalto dall'Ute, la costruzione di numerosi impianti fotovoltaici in Salento su cui sta indagando la magistratura che ha contestato il reato di riduzione in schiavitù;
nell'ambito dell'indagine sarebbe stato disposto il 20 aprile 2011, sequestro preventivo degli impianti fotovoltaici;
il segretario di Ugl Lecce, Antonio Verardi, ha segnalato, come si legge dal giornale Paese Nuovo di domenica 24 aprile 2011, la ripresa dei lavori in particolare nel cantiere di Galatina;
precise segnalazioni di ripresa dei lavori sono giunte anche per il cantiere in C.da Commenda a San Cesario;
a Salice Salentino, il rappresentante legale e l'amministratore di Italgest Photovoltaic, rispettivamente, Ignacio Romero, Javier Ledesma e Roberto Saija, che ricoprono i medesimi incarichi nella SV I srl, che fa riferimento all'associazione temporanea di impresa legata a Tecnova, così come disposto nell'ordinanza firmata Maurizio Saso, avrebbero anzi tempo dichiarato il termine del cantiere -:
se corrisponda al vero quanto riferito in premessa;
se, ove gli impianti subappaltati alla Tecnova fossero completati entro il 31 maggio 2011, usufruirebbero comunque degli incentivi;
se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non ritenga di inviare gli ispettori sui cantieri di cui in premessa;
quali iniziative di competenza si intendano promuovere per evitare irregolarità sia sul piano del diritto del lavoro che su quello del sistema degli incentivi.
(4-11816)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il costante aumento del prezzo del gasolio registrato in questi mesi, sta incidendo

negativamente sulla stabilità e soprattutto sullo sviluppo del settore primario;
il «caro gasolio» rischia di aggravare una situazione già complessa, soprattutto in relazione al sopraggiungere delle operazioni primaverili di irrigazione, semina, concimazione, tranciatura e raccolta dei prodotti agricoli, durante le quali l'uso del carburante è più consistente;
le organizzazioni di settore sono estremamente preoccupate per le gravi ripercussioni che stanno subendo le imprese agricole, incapaci di far fronte agli insostenibili costi di produzione, aumentati a dismisura sotto la pressione costante del «caro gasolio»;
risulta, dunque, indispensabile che, in un Paese come il nostro dove oltre l'80 per cento delle merci viaggia su strada, la crescita esponenziale delle spese di trasporto e dei costi di produzione vada affrontata con interventi strutturali a sostegno del settore primario anche mediante la reintroduzione e l'estensione del «bonus gasolio» alle aziende agricole, in considerazione dei gravosi oneri produttivi e contributivi che devono sostenere;
se non saranno attivati interventi tempestivi efficaci, verranno favorite le importazioni dai Paesi non aderenti all'Unione europea, penalizzando ulteriormente il nostro settore primario, con ripercussioni pesantissime sullo sviluppo delle imprese agricole nonché sulla loro competitività nel mercato -:
quali urgenti iniziative si intendano attivare al fine di fronteggiare la grave crisi che sta interessando il settore primario a seguito del significativo aumento del prezzo del gasolio e conseguentemente dei costi di produzione agricola;
se non si ritenga opportuno intervenire con immediate ed efficaci misure strutturali a sostegno dell'intero comparto agricolo, anche mediante la reintroduzione del «bonus gasolio» a favore delle aziende agricole, in considerazione dei gravosi oneri produttivi e contributivi che devono sostenere.
(5-04674)

DELFINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi sono stati diffusi i dati Istat relativi all'andamento del settore primario, dai quali risulterebbe una produzione agricola stagnante e zavorrata soprattutto dall'incremento dei costi di produzione, che solo nel mese di febbraio 2011 sarebbero saliti del 4,9 per cento rispetto allo scorso anno;
a destare particolare preoccupazione sono i dati relativi al rincaro delle materie prime destinate all'alimentazione animale con un aumento di oltre il 19 per cento, e di oltre il 66 per cento per i mangimi a base di cruscami e orzo;
la situazione risulta particolarmente aggravata se si considera che tale onere, se così confermato, andrebbe ad aggiungersi alle già numerose difficoltà economiche che sta affrontando l'intero comparto agricolo nazionale;
la costante impennata dei costi di produzione, sostenuti dalle imprese agricole, sta influendo negativamente sullo sviluppo dell'intero settore primario, già notevolmente compromesso dalla chiusura registrata nel 2010 di circa 25 mila aziende agricole incapaci di far fronte agli oneri derivati dalla pressione costante della grave crisi economica in atto;
un'ulteriore penalizzazione per le aziende agricole, dove la spesa per l'alimentazione animale rappresenta una delle principali voci di spesa, sarebbe da attribuire al fatto che all'aumento dei costi di produzione non sarebbe conseguito un aumento proporzionale dei prezzi di vendita alla stalla -:
quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di fronteggiare la costante volatilità dei prezzi relativi alle materie prime destinate all'alimentazione animale,

che sta incidendo negativamente sull'intero comparto, già fortemente penalizzato dalla grave crisi economica.
(5-04675)

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto risulta da un articolo pubblicato dal settimanale: «Panorama» del 29 aprile, il consorzio di tutela della mozzarella di bufala, ha stimato in almeno 7 milioni di chili dop la contraffazione di mozzarella di bufala che ogni anno sono immessi nel mercato nazionale e all'estero, quantificando il malaffare pari a 100 milioni di euro;
il medesimo articolo descrive che l'imbroglio più acuto è quello della clonazione delle etichette con il marchio dop usate per incartare i latticini di dubbia qualità, ai danni dei consumatori e degli altri imprenditori del settore onesti;
il Corpo forestale dello Stato, unitamente agli 87 nuclei di polizia agroalimentare, sostiene l'articolo di «Panorama», ha individuato le cosiddette rotte del commercio clandestino di mozzarelle di bufala anche nel Nord Italia, sequestrando in alcuni caseifici preposti alla vendita di Benevento e Campobasso lo scorso marzo, oltre 1 quintale di mozzarella e 300 confezioni dop falsificate, preparate con latte di bufala proveniente da allevamenti delle province di Milano e Novara -:
quali iniziative, nell'ambito delle sue competenze intenda intraprendere, al fine di fronteggiare il pericoloso fenomeno della contraffazione alimentare con particolare riferimento a quello esposto in premessa;
quale sia il livello di adulterazione del latte di bufala proveniente dagli allevamenti della provincia di Novara e se possa risultare nocivo per la salute dei consumatori;
se sia infine a conoscenza del numero degli allevamenti della provincia di Novara che produce latte di bufala contraffatto.
(5-04682)

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
l'Italia rappresenta uno dei Paesi più importanti e prestigiosi dell'intera Unione europea dal punto di vista della coltivazione e della qualità della risicoltura, con oltre 248 mila ettari e una produzione di oltre 1 milione e 600 mila tonnellate e con una Dop (Baraggia, Vercelli-Biella), due Igp (Delta del Po e Vialone Nano Veronese);
solo un terzo è destinato ai consumi interni, mentre il resto della produzione è destinato all'esportazione, con la regione Piemonte che costituisce l'area geografica d'eccellenza qualitativa della coltivazione e della produzione;
tutti i prodotti agricoli hanno ripreso la marcia verso nuovi record, trascinati dalla domanda, alla quale fa da contraltare la progressiva diminuzione dei terreni disponibili;
proprio il riso infatti che guida la domanda, attualmente vale quasi due volte e mezzo rispetto a circa tre anni fa, ma nonostante il momento felice, i produttori e i trasformatori, temono che la modifica della politica agricola comune (PAC), il cui documento si trova in una fase cruciale, in considerazione che sarà soggetto alle proposte legislative a partire dal prossimo luglio da parte della Commissione europea, possa frenare il settore risicolo mediante una riduzione del bilancio degli aiuti economici previsti;
anche l'ente nazionale risi, recentemente è intervenuto in tal senso, paventando il rischio che dal 2012 entri in azione il regime dei pagamenti «disaccoppiati» previsti dall'Unione europea; un meccanismo che consentirebbe di percepire

l'aiuto PAC a prescindere dalla coltivazione del riso e addirittura senza coltivare nulla;
si creerebbero, a giudizio del suesposto ente, nonché dell'interrogante, delle posizioni di rendita, con una riduzione di superficie che in tal modo favorirebbe le importazioni;
appare evidente, in considerazione di quanto suesposto, porre in maniera centrale e prioritaria, il tema dei sostegni economici e finanziari a favore della risicoltura italiana, nonché della qualità che tale alimento vanto del made in Italy, riveste in Europa e nel mondo -:
se corrisponda al vero che all'interno del documento della politica agricola comune (PAC), sia prevista l'introduzione a partire dal 2012, del regime dei pagamenti «disaccoppiati» esposti in premessa;
in caso affermativo, quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere al fine di salvaguardare l'intera filiera risicola italiana, che subirebbe, un danno economico ed occupazionale rilevante, nel caso fossero introdotte le nuove regole dei pagamenti «disaccopiati» indicati dalla PAC.
(5-04683)

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nei supermercati italiani, si trovano sovente carni etichettate «made in Italy», ma che in realtà sono state importate. Spesso provengono dal nord Europa, oppure dal Cile. Talvolta l'industria alimentare italiana importa dall'estero materie prime che poi vengono vendute come «made in Italy». La produzione di massa di carne gioca un ruolo decisivo. Ad esempio, ogni 6 prosciutti in Italia, stagionati, 5 sono esteri e uno arriva dalla suinicoltura italiana, ma si ritrovano tutti sui banconi con nomi di fantasia che ammiccano le zone di stagionatura tipiche che sono San Daniele o Parma con le denominazioni «nostrano», «casereccio» e tutto il resto. Evidentemente dietro il termine nostrano si intende comunque una filiera corta, se viene venduto un prosciutto di un altro Paese sotto la denominazione nostrana evidentemente è un primo livello di frode che si sta facendo verso il consumatore. Mozzarella, passata di pomodoro, olio extravergine. Niente di più italiano, ma basta scorrere i dati delle Agenzie delle dogane e dell'Istat per scoprire che questa mozzarella ha solo il 50 per cento di probabilità che sia fatta con latte fresco italiano. Per quanto attiene il concentrato di pomodoro, ad esempio, nel 2010 l'Italia ha importato dalla sola Cina 114 milioni di chili di triplo concentrato, da diluire, per produrre passate e salse: destinazione le fabbriche campane. La bottiglia di olio extravergine comprata a 2,50 non è sicuramente italiana, dato che questo basso costo non pagherebbe neanche le spese di raccolta del frutto; da varie indagini risulta infatti che ogni anno si importano oltre 600 milioni di chili. Di Puglia e Toscana spesso solo il nome e l'indirizzo di confezionamento;
nel 2008 carne di maiale alla diossina è stata scoperta in Irlanda. Nel 1999 il divieto di macellazione è stato esteso all'intero Belgio e 500 allevamenti italiani sono stati messi sotto sequestro a causa dell'acquisto di mangime dalla Verkest, la fabbrica da cui vennero prodotti i mangimi alla diossina, una molecola altamente cancerogena. Charles & Jentzsch è un produttore di grassi che servono come materia base per mangimi animali. È in questo impianto che sono stati rivelati valori elevati di diossina, dopo l'ultimo scandalo la produzione venne sospesa, anche se nel mercato erano già state immesse 150.000 tonnellate di mangime;
ad oggi più che la sicurezza, il problema è il costo dei cereali che come nei giorni della speculazione del 2008, hanno ripreso a salire. La coscia di suino di 16 chilogrammo, che viene poi macellata a

circa 1,3 euro al chilo, costa all'incirca 20 euro. L'animale va macellato, il macello la rivende, diventano 15 chili, che vengono rivenduti a 3,5 euro al chilo, per un totale di 52 euro. La stessa coscia viene poi venduta al produttore effettivo di prosciutto, che a sua volta la rivenderà quando sarà a 9 chili e mezzo circa, a circa 9 euro al chilo, quasi 85 euro. La stessa coscia va sul banco della grande distribuzione organizzata, viene venduta a un peso di circa 7 chili, per una media di 22 euro al chilo, alla fine il totale costi è di 154 euro. Ma i produttori, ottengono soltanto il 13 per cento della somma finale;
dal 1190 ad oggi noi importiamo 10 milioni di tonnellate di prodotti agroalimentari in più, questo perché aumenta nel mondo il cosiddetto «italian sounding», questo fenomeno, ampiamente indagato, indica prodotti che dell'Italia hanno soltanto nomi, colori, bandiere, simboli, prodotti che suonano italiano, ma in realtà sono dei falsi del «made in Italy». Nei supermercati italiani si trovano quindi prodotti di importazione che diventano, attraverso abili operazioni di contraffazione, prodotti italiani. L'Italia importa da paesi extra Unione europea, in particolare dal Cile un volume considerevole di carni, globalmente sono circa 350 mila tonnellate di carne, per quanto riguarda le carni suine il Cile è il primo paese fornitore. L'87 per cento delle carni suine è destinata alla lavorazione a Modena. Ma l'informazione si ferma lì, perché anche se è evidente che vengono acquistati prodotti con un'etichettatura made in Chile, «all'interno della filiera questo dato risulta secretato. Cioè si può sapere che viene dal Cile, che quel tipo di carne si trova a Modena, ma non in quale stabilimento. Oltre alla carne e al prosciutto, i due casi emblematici, anche olio, latte, formaggi, vino vengono spacciati per italiani, solo perché sono transitati per l'Italia. È ovvio che questo non fa che aggravare le condizioni di quei piccoli imprenditori e agricoltori che producono prodotti dop, doc o docg, che, immessi all'interno del circuito di mercato, hanno prezzi notevolmente superiori di quelli realizzati con materie prime importate -:
quali interventi i Ministri intendano adottare al fine di realizzare un controllo più rigido della filiera di produzione dei prodotti agroalimentari italiani;
quali interventi i Ministri intendano adottare al fine di proteggere il marchio «made in Italy» e riservarlo soltanto a prodotti realizzati esclusivamente con materie prime italiane.
(4-11780)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'azienda sanitaria locale di Mantova dispone di una struttura di eccellenza profondamente radicata nel proprio territorio, riconosciuta come tale dalla comunità scientifica degli epidemiologi italiani, che da anni monitora lo stato di salute dei mantovani in relazione all'inquinamento provocato dal Petrolchimico. Si tratta dell'osservatorio epidemiologico diretto dal dottor Paolo Ricci, al quale è stato affidato, assieme al dottor Pietro Comba dell'Istituto

superiore di sanità, il coordinamento scientifico dello studio «Sentieri 2», che, attraverso la rete nazionale Airtum dei registri tumori, si propone di indagare, dopo la mortalità (studio «Sentieri 1»), anche l'incidenza dei tumori (il gettito di nuovi casi) in 44 siti inquinati di interesse nazionale (sin), dei quali fa parte il «Polo Chimico - Laghi di Mantova»;
gli studi condotti dall'osservatorio epidemiologico di Mantova, in collaborazione con diversi accreditati centri di ricerca, in particolare con lo stesso Istituto superiore di sanità, hanno evidenziato:
a) per i residenti dei quartieri più prossimi al Petrolchimico un rischio di ammalarsi di tumore maligno del tipo sarcoma oltre 30 volte superiore a quello riscontrato nei residenti dei quartieri più distanti dalla zona industriale della città;
b) una concentrazione di diossine nel sangue dei mantovani che si colloca nella fascia dei valori più elevati riportati in letteratura per le popolazioni che non hanno subito eventi acuti di inquinamento da parte di queste sostanze mutagene, cancerogene e teratogene (in grado di provocare malformazioni congenite);
c) un incremento della concentrazione di diossine nel sangue che aumenta progressivamente con l'avvicinarsi dell'abitazione dei residenti al Petrolchimico e che raggiunge il picco proprio nei quartieri in cui più elevata risulta l'incidenza dei sarcomi;
d) nei residenti del comune di Mantova (quartieri esposti e meno esposti) un incremento medio della mortalità per l'insieme dei tumori maligni superiore del 6,4 per cento, statisticamente significativo, rispetto al dato atteso calcolato sulla popolazione provinciale;
e) una frequenza di malformazioni congenite - che in provincia di Mantova risulta già doppia rispetto alla confinante regione Emilia-Romagna - più elevata, fino a 3 volte, proprio nei quartieri più vicini al Petrolchimico, anche nel confronto interno con i comuni confinanti con Mantova e, quindi, a parità presunta di altri fattori di rischio concorrenti. A differenza della mortalità e dell'incidenza dei tumori, questo «eccesso» di malformazioni congenite documenta, con elevata probabilità, la presenza di un rischio ambientale ancora attuale, cioè riferibile all'odierno inquinamento ambientale;
è attualmente in corso a Mantova un processo contro i vertici di Montedison per i tumori dovuti all'eccesso di sostanze cancerogene come benzene e amianto;
l'ex stabilimento Montedison (ora Syndial e Polimeri Europa s.p.a.) confina con la raffineria Mol (ex Ies);
è accertato che sotto la raffineria vi è uno strato di idrocarburi, tra cui benzene, che galleggia sopra la falda (surnatante) ed ha uno spessore intorno al metro;
il surnatante è molto vicino alla superficie, quindi è possibile che i vapori nel terreno comportino per i lavoratori un'esposizione aggiuntiva a quella delle normali lavorazioni di questa sostanza;
durante il recente sopralluogo della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti è stato affermato, in sede di audizione, che la raffineria non ha ancora ottemperato a tutte le prescrizioni per quanto riguarda le emissioni in atmosfera;
durante le audizioni svolte dalla Commissione (il 9 febbraio 2011), l'unico ad escludere categoricamente che la raffineria avesse ancora un ruolo attivo nell'inquinamento del sottosuolo è stato il dottor Arvati dell'azienda sanitaria locale di Mantova, il quale ha affermato: «Mi sentirei di dire, con buona sicurezza, che non ci sono fonti attive di contaminazione né dalle fognature, né dalle linee interrate, se non fosse per il fatto che queste sono lunghe svariate decine di chilometri, sono state studiate con dei sistemi quali georadar e ultrasuoni e quindi, in questo caso, c'è anche qualche possibilità di errore. È stata fatta una prima passata nel 2009 e tutte le positività agli strumenti sono state

sanate. Nel 2010 l'indagine è stata ripetuta.»; tutti i rappresentanti degli altri enti di controllo (Arpa ed altri) hanno sostenuto il contrario e lo stesso amministratore delegato della Mol, Szalay, ha dichiarato alla Gazzetta di Mantova (20 febbraio 2001, dopo la riunione della Commissione) che il monitoraggio delle condotte della raffineria era ancora in corso e sarebbe terminato dopo mesi -:
se non intenda assumere le iniziative di competenza volte ad avviare verifiche in ordine all'effettiva realizzazione di tutte le misure di prevenzione primaria concretamente attuabili per eliminare o quanto meno contenere i rischi ambientali e valutare l'opportunità di stanziare ulteriori risorse, accanto a quelle già rese disponibili dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per consentire un'accelerazione dello studio epidemiologico di approfondimento in corso, condotto dall'osservatorio epidemiologico dell'azienda sanitaria locale di Mantova e dall'Istituto superiore di sanità, su tutta la popolazione residente nei quartieri a rischio del comune di Mantova, predisponendo un piano di sorveglianza epidemiologica prospettica, anche nei confronti dei lavoratori della raffineria, in considerazione della loro esposizione a benzene.
(3-01631)

BALDELLI e GIRLANDA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 3 maggio 2011 si celebra la giornata mondiale dell'asma;
le malattie croniche rappresentano la maggiore causa di mortalità negli adulti in tutte le regioni del mondo e stime autorevoli denunciano che nei prossimi 10 anni la mortalità è destinata ad aumentare del 17 per cento;
in particolare, le malattie respiratorie croniche hanno notevoli ripercussioni non solo sulla qualità di vita dei pazienti, ma anche sui costi economici e sociali che la comunità deve affrontare;
nell'ambito delle malattie respiratorie croniche, particolare rilievo rivestono le forme di allergia respiratoria, anche in considerazione del fatto che esse possono accompagnare l'individuo per tutto l'arco della sua esistenza;
secondo le stime dell'Organizzazione mondiale della sanità, sono circa 300 milioni le persone che soffrono di asma e circa 250 mila i decessi all'anno in tutto il mondo;
numerosi studi epidemiologici hanno evidenziato che in Italia circa il 20 per cento della popolazione soffre di allergia;
l'asma bronchiale è tra le malattie croniche più frequenti tra i bambini e, nonostante i miglioramenti terapeutici avvenuti negli ultimi anni, costituisce un'importante causa di ospedalizzazione;
per affrontare compiutamente il problema delle allergie respiratorie occorre un forte impegno programmatorio, sia a livello centrale che regionale, e approntare un tavolo stabile di confronto tra istituzioni, associazioni dei malati e società scientifiche -:
quali siano le iniziative intraprese dal Ministero della salute per migliorare la qualità della vita dei pazienti italiani che soffrono di asma, con specifico riguardo alla popolazione infantile.
(3-01632)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:

BINETTI, NUNZIO FRANCESCO TESTA e DE POLI. -Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
una registrazione audio pubblicata da «Giù le mani dai bambini», il più rappresentativo comitato di farmacovigilanza pediatrica in Italia, ha messo in evidenza un ennesimo caso di somministrazione di psicofarmaci a bambini con presunta diagnosi di sindrome ADHD, senza il consenso informato dei genitori,

minimizzando gli effetti collaterali e promettendo «effetti eccezionali e a rischio zero»;
il consenso informato è una delle applicazioni più concrete dell'articolo 32 della Costituzione perché garantisce ad ogni cittadino il diritto a esprimere la propria volontà sui trattamenti che desidera o non desidera ricevere e questo principio va rispettato con ancora maggiore delicatezza quando si tratta di bambini e la responsabilità di dare o negare il consenso spetta ai loro genitori;
è evidente che i protocolli del Ministero non sempre vengono rispettati e diventa sempre più necessario verificare l'erogazione di determinate terapie, dagli effetti ancora non del tutto chiari, soprattutto quando vengono somministrate a bambini che non sono in condizione di dare un loro efficace consenso informato;
la sindrome ADHD, caratterizzata da disturbi dell'apprendimento legati alla difficoltà con cui alcuni bambini mantengono l'attenzione e la concentrazione necessaria per affrontare le proposte educative fatte attraverso l'ordinaria attività didattica, induce troppo spesso a voler controllare per via farmacologica una vivacità che va oltre le ordinarie consuetudini dei coetanei. Attualmente, le segnalazioni vengono fatte prevalentemente da insegnanti che tendono a classificare con questa etichetta la maggioranza dei bambini che in classe disturbano, che si ribellano al sistema di regole scolastico, e che comunque non traggono profitto dalla loro esperienza scolastica;
recentemente, nonostante il divieto di somministrare in classe test di tipo psicoattitudinale, si sta diffondendo l'uso di alcuni test che consentirebbero di avanzare delle ipotesi diagnostiche in tal senso, per segnalare poi i casi alla famiglia come se la diagnosi fosse già stata raggiunta e rivolgersi alle ASL, anche nella prospettiva di poter ottenere possibili risorse di vario tipo, a cominciare dalla collaborazione - spesso essenziale - degli insegnanti di sostegno;
sedare questi bambini diventa una sorta di conditio sine qua non per assicurare alla classe un clima di maggiore serenità e permettere all'insegnante di svolgere il proprio ruolo senza dover mettere in gioco ogni volta una rinnovata creatività. Infatti, come ben sanno insegnanti esperti e profondamente dedicati al loro compito educativo, molte volte certi comportamenti dei bambini sono da ascrivere più a una possibile noia che scaturisce dalle attività scolastiche, dalla difficoltà di misurarsi con le richieste che vengono poste loro, o da difficoltà di tipo emotivo, che hanno la loro origine nella vita familiare e nel contesto sociale. Diventa a volte difficile distinguere tra certi comportamenti legati alla naturale vivacità e spesso sconfinanti in una capricciosità difficile da controllare e comportamenti che sono invece francamente patologici. Nella vita di famiglie attraversate da forti tensioni relazionali, oppure quando i genitori sono eccessivamente impegnati nelle loro attività professionali, quando su di una famiglia si scaricano problemi inattesi, i bambini diventano spesso le antenne sottili e delicate di un equilibrio precario, di cui sono vittime inconsapevoli, ma di cui corrono il rischio di diventare gli involontari capri espiatori;
proprio per questo il disagio dei bambini può e deve porre a tutta la società domande concrete che non possono essere eluse né tanto meno possono essere anestetizzate sul piano farmacologico;
a livello scientifico la sindrome non esiste se non si rileva in almeno 3 ambienti di socializzazione del bambino; la sola segnalazione da parte della scuola a fronte di nessuna avvisaglia da parte della famiglia farebbe pensare più ad un'inadeguatezza dell'ambiente scolastico a gestire bambini troppo vivaci che non ad una vera e propria patologia. In questi ultimi anni la scuola è diventata lo strumento per l'incremento delle diagnosi, bypassando spesso la famiglia. La linea più corretta in realtà è che sia la famiglia, principale agenzia educativa, a rivolgersi allo specialista;

ogni bambino che soffre è fonte di sofferenza per tutta la nostra società e a quella sofferenza va data una risposta adeguata e non solo una sorta di archiviazione farmacologica, che permette di rimuovere le difficoltà reali, rimuovendone le cause e accontentandosi di controllare i sintomi;
il consenso informato richiesto ai genitori obbliga ad un dialogo tra tutti gli attori che hanno a cuore il bene dei bambini: la famiglia, la scuola e la sanità;
i protocolli ministeriali sono equilibrati e tengono conto di tutta la complessità che questo tema comporta, ciononostante risulta che non sempre i protocolli vengono applicati con il necessario rigore: in alcuni centri la prassi abituale rivela infatti la massima trascuratezza, come risulta da recenti registrazioni audio di interviste spontaneamente rilasciate dalle famiglie interessate e pubblicate on-line -:
quali misure urgenti ed immediate di competenza intenda attuare con riferimento a quanto riportato in premessa e quali iniziative ritenga necessario porre in essere per evitare che a scuola vengano somministrati ai bambini, a qualsiasi titolo, test volti a diagnosticare disturbi che debbano conservare il loro specifico carattere di patologia di esclusiva competenza specialistica.
(5-04695)

MIOTTO e PIZZETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'azienda ospedaliera di Cremona, struttura pubblica ed in quanto tale rispettosa del principio di laicità dello Stato, ha organizzato per il giorno 30 aprile 2011 un corso formativo dal titolo «Biotestamento. Dichiarazione Anticipata di Trattamento: scelta o valore?»;
detto corso si è tenuto presso il presidio ospedaliero Oglio Po di Casalmaggiore ed è stato organizzato in collaborazione con l'associazione Scienza e Vita di Mantova;
i partecipanti al corso hanno acquistato crediti formativi tramite il sistema di accreditamento lombardo;
tra i relatori figura anche un parlamentare della Lega;
proprio nella premessa della scheda d'iscrizione è scritto che sul biotestamento «il dibattito è molto acceso vista la crucialità dell'argomento» -:
se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative, anche normative, ivi compresa la definizione di linee guida da applicare su tutto il territorio nazionale, per assicurare che attività di formazione come quelle di cui in premessa, promosse da strutture pubbliche e idonee ad attribuire crediti formativi agli operatori sanitari, rispondano a basilari principi di pluralismo a garanzia di buone e corrette regole informative e formative.
(5-04696)

BARANI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
hanno suscitato molte polemiche le dichiarazioni rilasciate al settimanale Oggi dal direttore dell'Istituto Mario Negri di Milano, Silvio Garattini; oggetto del contendere è la decisione di istituire presso l'ospedale Petruccioli di Pitigliano degli ambulatori dedicati alle cosiddette cure alternative, agopuntura, omeopatia, fitoterapia;
Garattini aveva commentato duramente la notizia sostenendo, in sintesi, che farmaci e trattamenti privi di prove scientifiche o di dubbia composizione, venissero passati dal Servizio sanitario nazionale;
il professore Garattini ha dichiarato che «l'agopuntura è tutta in discussione, i prodotti omeopatici, in gran maggioranza, non contengono nulla, i prodotti fitoterapici non si sa bene che cosa contengano», dice il farmacologo nell'intervista in cui si interroga provocatoriamente: «A quando maghi e fattucchiere negli ospedali?»;

sui farmaci omeopatici non vi è nessun controllo, sono stati messi in commercio solo con una notifica e non sono obbligati a presentare alcuna documentazione che ne garantisca l'efficacia;
mentre i prezzi dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale sono frutto di negoziazioni, i prodotti omeopatici e fitoterapici hanno facoltà di fissare il prezzo che vogliono;
dopo l'immediata risposta di Aldo Liguori, docente d'agopuntura alla Sapienza di Roma, arriva anche quella di Daniela Scaramuccia, assessore alla sanità della regione Toscana, che si dice incredula sul fatto che «un uomo di scienza come Garattini possa lanciarsi in simili affermazioni, senza la dovuta attenzione e senza neppure informarsi troppo»;
l'assessore alla salute della regione Toscana ha ritenuto «offensivo» l'accostamento tra «maghi e fattucchiere» e quelle che invece definisce «cure complementari»;
nessun emerito professore ha mai definito in modo scientifico quello che la regione Toscana vorrebbe far passare come cure alternative e rappresentate da agopuntura, omeopatia e fitoterapia e altro;
tale decisione di inserire cure «di medicina complementare» è arrivata con la legge regionale n. 9 del 2007 e il fine è quello di tentare un'integrazione tra la medicina ufficiale e quella complementare per poi «valutare, attraverso i canoni della ricerca scientifica e della medicina basata sulle prove, l'esistenza e validità di risultati clinici misurabili»;
anche se tali «discipline mediche» dovessero trovare una base pseudo-scientifica, il problema è economico perché il Servizio sanitario nazionale, la cui sostenibilità nel tempo è legata al rimborso dei trattamenti basati sull'evidenza, deve privilegiare la razionalità visto che la regione richiamata in questione sembrerebbe presentare un deficit latente ed in via di accertamento;
il periodo economico che si sta attraversando ed i conseguenti tagli finanziari effettuati nei capitoli di spesa dalla regione Toscana, con strette anche in campo sanitario, non consentono di erogare ai cittadini prestazioni sanitarie programmate in tempi rapidi, cosa che invece contribuirebbe a snellire le lunghe liste d'attesa delle strutture pubbliche;
appare grave che le lunghe attese neghino di fatto servizi essenziali per la salute del cittadino, dal momento che, concretamente, si perde un diritto a meno che non si paghi di tasca propria -:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative normative volte a disciplinare le pratiche di medicina alternativa di cui in premessa, anche al fine di evitare situazioni di criticità e di incertezza come quelle sopra descritte.
(5-04697)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BOTTA, GHIGLIA e STRADELLA. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 28 aprile 2011 ricorre la 6a giornata mondiale delle vittime dell'amianto, giornata proposta nel 2005 dall'ABREA (Associazione brasiliani esposti amianto) proprio per ricordare le persone vittime di questo materiale;
nello stesso anno, in occasione della conferenza europea sull'amianto tenutasi a Bruxelles, tale proposta è stata assunta e ribadita anche in quella sede e ne è stata stabilita la commemorazione il 28 aprile di ogni anno, in quanto concomitante con la «Giornata Mondiale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro»;
le problematiche ambientali e sanitarie legate all'amianto risultano essere particolarmente forti e sentite in Piemonte, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Emilia Romagna, Puglia e Sicilia;

come noto, il Piemonte e, in particolare, la zona di Casale Monferrato e il casalese, soffrono delle conseguenze legate alla presenza, fino al 1990, del più grande stabilimento Eternit italiano: oltre 2.800 persone sono scomparse a causa del mesotelioma pleurico o di malattie amianto-correlate;
il mesotelioma maligno è un tumore raro che colpisce più frequentemente gli uomini e in Italia rappresenta lo 0,4 per cento di tutti i tumori diagnosticati nell'uomo e lo 0,2 per cento di quelli diagnosticati nelle donne. Ciò equivale a dire che si verificano 3,4 casi di mesotelioma ogni 100.000 uomini e 1,1 ogni 100.000 donne. Nelle diverse regioni italiane si osservano enormi differenze nel numero di casi di mesotelioma dal momento che questo tumore è associato soprattutto all'esposizione all'amianto: in provincia di Alessandria, a causa della presenza dello stabilimento Eternit, si parla per esempio di 16 casi su 100.000 per gli uomini e 13 casi su 100.000 per le donne;
il mesotelioma è raro prima dei 50 anni e presenta un picco massimo attorno ai 70; la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi si ferma poco al di sotto del 20 per cento nella fascia di età compresa tra i 45 e i 54 anni e diminuisce progressivamente con l'aumentare dell'età. Dai dati più recenti sembra che questo tumore nelle donne italiane sia in lieve ma costante aumento: il 5-7 per cento di tutti i tumori del polmone sono ascrivibili alla sola esposizione all'amianto;
il principale fattore di rischio nel mesotelioma è l'esposizione all'amianto: la maggior parte di questi tumori riguarda infatti persone che sono entrate in contatto con tale sostanza sul posto di lavoro;
la regione Piemonte, enti e fondazioni si stanno da anni adoperando per cercare di trovare una cura per il mesotelioma, anche con l'istituzione di organismi ad hoc per la ricerca;
ugualmente i costi per la bonifica, necessaria e urgente, sono elevatissimi: per il solo casalese si prevedono almeno 100 milioni di euro. Dal 1994 ad oggi il comune di Casale Monferrato ha speso 8 milioni di euro per le bonifiche di propria competenza, 37 milioni di euro sono arrivati dal Governo nazionale e dalla regione Piemonte, ulteriori 6 milioni di euro sono arrivati per la rimozione del polverino, il micidiale scarto della tornitura dei tubi fabbricati con l'amianto;
impossibile fare un analogo conteggio per i cittadini che, come l'ente pubblico, pur percependo una parte di contributi per la rimozione dell'amianto, devono sborsare denari per materiali sostitutivi e relativa manodopera -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per continuare a sostenere economicamente la bonifica dell'amianto nei vari siti italiani, con particolare riguardo al Piemonte e alla zona di Casale Monferrato, proseguendo e incrementando l'attenzione finora dimostrata per questa così importante e delicata problematica;
quali impegni il Governo intenda assumere, nell'ambito della ricerca sanitaria, affiancandosi alle regioni, agli enti locali e alle fondazioni, anche private, per rafforzare l'impegno nella ricerca e nello studio del mesotelioma pleurico e delle altre patologie amianto-correlate.
(5-04693)

Interrogazioni a risposta scritta:

PORFIDIA. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
tre pazienti della provincia di Latina hanno inoltrato denuncia alla procura della Repubblica di Latina e hanno iniziato dei procedimenti civili per il risarcimento dei danni, rispetto alla condotta di alcuni sanitari, che hanno curato l'ernia apponendo delle protesi difettose;
moltissimi altri pazienti stanno per denunciare i fatti alle competenti autorità;
tuttavia, queste attività terapeutiche vengono svolte con l'apposizione di protesi

difettose, che si rompono, determinando la necessità di ulteriori rischiosissimi interventi chirurgici con il rischio di paralisi: sono dispositivi interspinosi realizzati in lega di litio e titanio, applicati con l'equipe medica, in regime di convenzione con la ASL;
la complessa vicenda porta anche all'interno della clinica privata di Bologna in cui nel 2008 vennero operati i primi pazienti;
l'istituto bolognese di proprietà di un noto gruppo ospedaliero lombardo, i cui vertici sono finiti al centro di una complessa indagine della Guardia di finanza per presunti rimborsi gonfiati, fatturati all'interno di alcune delle sue strutture;
nel corso di questa indagine, almeno per quanto risulta da articoli di stampa, le Fiamme Gialle avevano supposto che «in media per ogni paziente il gruppo chiedeva alla Regione Lombardia 750 euro di rimborsi non dovuti. Interventi chirurgici eseguiti ma inutili, degenze immotivate e superflue» con conseguente danno per l'erario pubblico;
sempre attraverso indiscrezioni di stampa, la procura milanese avrebbe accertato come gli indagati più che «supportare la falsificazione con diari clinici annotati in maniera esaustiva, con l'esplicazione della scelta del regime assistenziale, con la puntuale allegazione dei referti e con la completa compilazione di ogni giornata del diario infermieristico» avrebbero fatto emergere «lacune e mancanze di ogni tipo»;
questo stato di cose è stato denunciato dalla A.R.M.I Associazione responsabilità medica italiana, sezione dell'osservatorio nazionale amianto, con il sostegno dell'avvocato Ezio Bonanni, mettendo in evidenza le condotte altresì negligenti della ASL di Latina, e mentre proseguono le udienze civili, e va aumentando il numero dei pazienti che lamentano la rottura di queste protesi difettose, non è stato assunto alcun provvedimento, almeno per quanto è a conoscenza del difensore delle vittime, in sede penale, e da parte della ASL di Latina;
la ASL di Latina non ha assunto alcun provvedimento di interdizione, circa l'utilizzo delle protesi difettose;
così le vittime in una dichiarazione riportata dal quotidiano «Il Tempo» in data 15 dicembre 2010 «non sappiamo con quale materiale sono state fatte queste protesi, né chi le ha realizzate - ma soltanto che si spezzano una volta fissate nella colonna vertebrale. La nostra è una vita di inferno, con il rischio di rimanere paralizzate», tanto che il medico legale professor Francesco Paolo Iapichino «dal comportamento professionale erroneo del Professore è derivato - un maggior danno alla persona che si è manifestato attraverso la persistenza e l'aggravamento della sintomatologia algodisfunzionale a carico della colonna lombare con associato deficit motorio degli arti inferiori»;
la difesa delle vittime con l'avvocato Ezio Bonanni, come riportato dal quotidiano Roma Oggi Notizie «abbiamo chiesto e chiederemo, nel rispetto della presunzione di innocenza, che queste protesi siano sequestrate, perché, in caso di lesione del bene della salute, una eventuale condanna sarebbe tardiva e forse inutile, quando il prezzo della vita umana è stato già pagato» -:
se i ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra e quali iniziative intendano assumere al fine di evitare che si continuino ad utilizzare le protesi difettose alla colonna vertebrale dei pazienti della provincia di Latina e del resto d'Italia e affinché quelle realizzate siano immediatamente ritirate assumendo anche le opportune iniziative normative perché le vittime siano indennizzate;
se non si ritenga opportuno adottare iniziative normative e regolamentari ed ogni altro provvedimento utile affinché si eserciti maggiore vigilanza sulle protesi e su qualsiasi altro strumento di terapia

medica immesso sul mercato, nell'interesse del paziente e della collettività, rispetto al bene imprescindibile della salute;
se non sia opportuno chiarire chi sia la ditta che realizza le dette protesi e se non si ritenga necessario intervenire per interromperne la produzione.
(4-11776)

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in occasione della giornata mondiale della malaria, celebrata il 25 aprile 2011, si sono aperte nuove prospettive nella cura di questa malattia. L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha da poco pubblicato la revisione delle linee guida nella cura della malattia che nei casi gravi prevedeva l'utilizzo della chinina (a volta pericolosa se male usata), raccomandando l'uso dei derivati della pianta artemisia, in particolare dell'artesunato. Medici senza frontiere, l'organizzazione non governativa premio Nobel per la pace nel 1999, che ha appena celebrato i propri «primi 40 anni», calcola che questo cambiamento potrebbe «salvare 200 mila vite ogni anno»;
l'epidemia malaria è una malattia, portata dalle zanzare e causata da un parassita, che uccide 800 mila persone l'anno, di cui duemila bambini. Unicef Italia ha recentemente segnalato che il 90 per cento dei decessi si verifica in Africa, dove la malattia causa circa un sesto di tutte le morti infantili, invitando a donare una zanzariera antimalaria: «Abbiamo misure efficaci per combattere questa malattia mortale - ha sottolineato Anthony Lake, direttore generale dell'Unicef dobbiamo usarle per salvare vite». L'uso di zanzariere trattate con insetticidi riduce la mortalità infantile globale fino al 20 per cento;
nel suo nuovo rapporto, «Making the Switch», Medici senza frontiere esorta i governi africani a recepire le nuove direttive dell'Oms e a sostituire la meno efficace chinina con l'artesunato. «Quando i bambini affetti da malaria complicata arrivano in clinica, spesso soffrono di convulsioni, vomitano e rischiano uno choc, perciò dobbiamo garantire loro un trattamento efficace e rapido», ha dichiarato Veronique De Clerck, coordinatore medico di Msf in Uganda. La chinina deve essere somministrata tre volte al giorno attraverso una lenta infusione endovenosa che può durare anche quattro ore, un trattamento oneroso sia per i pazienti che per il personale medico. L'artesunato, al contrario, può essere somministrato al paziente in soli quattro minuti, tramite un'iniezione intravenosa o intramuscolare. Una sperimentazione eseguita a fine 2010, segnala l'Ong, ha rilevato che l'impiego di artesunato per curare bambini affetti da forme gravi di malaria, riduce di un quarto il rischio di decesso. Esiste però un problema di costi aggiuntivi, per cui i governi africani sono restii al cambiamento: l'artesunato, infatti, costa tre volte di più, per un totale di 31 milioni di dollari all'anno;
nuove strategie antimalariche si affacciano comunque all'orizzonte. Ricercatori europei (coinvolti laboratori di 12 Paesi, compresa l'Italia) hanno dimostrato che il parassita che provoca la malattia agisce su alcuni enzimi, le chinasi, sfruttandole a proprio beneficio; tali enzimi, fra l'altro, sono attivi anche nella crescita delle cellule tumorali. Trattando i globuli rossi con farmaci che inibiscono le chinasi, i ricercatori sono riusciti a bloccare il parassita. Esistono già antitumorali che agiscono sulle chinasi, ma hanno effetti collaterali tossici per periodi prolungati (cosa che non avverrebbe per la malaria). Sulla rivista Nature del 20 aprile, invece, ricercatori dell'Imperial College di Londra (tra i leader dello studio, il romano Andrea Crisanti) e dell'università di Washington hanno pubblicato un lavoro sulle tecniche di modificazione genetica delle zanzare (Anopheles gambiae) in modo tale da renderle, in poche generazioni, resistenti al plasmodium falciparum, la forma più pericolosa della malaria. È dal 2000 che l'équipe dell'Imperial College lavora sul

Dna delle zanzare: ne esistono 3.500 specie, ma solo poche trasmettono il parassita mortale -:
quali misure il Ministro intenda adottare al fine di adottare anche in Italia l'utilizzo dell'artesunato per la profilassi relativa alla cura della malaria.
(4-11788)

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli Ospedali riuniti di Bergamo e l'istituto clinico Habilita di Zingonia stanno realizzando, presso la struttura clinica Habilita, un progetto di studio denominato «Co.Re», cioè cognitive responsivity. Tale progetto si rivolge a persone cadute in coma e prevede l'utilizzo di uno strumento, chiamato Neutowave che «bombarda» di sollecitazioni multisensoriali il paziente, sia per valutare una sua eventuale risposta sia per misurare la sua attività cerebrale e, se ci fossero, ipotetiche variazioni. Di fronte al paziente viene messo un monitor nel quale scorrono le immagini della propria vita, supportate dall'ascolto della propria musica preferita. Il macchinario, come illustra Roberto Rusconi, presidente dell'istituto clinico Habilita, «è in grado di garantire l'integrazione in un unico prodotto industriale per la ricerca clinico-scientifica degli aspetti di monitoraggio elettrofisiologico per la stimolazione multisensoriale e l'analisi dei dati per lo studio dei pazienti in stato vegetativo o in stato di minima coscienza», cioè consente in contemporanea di monitorare elettroencefalogramma, elettrocardiogramma, potenziali evocativi cognitivi (ovvero la rivelazione di risposte del sistema nervoso centrale a vari stimoli), valori fisiologici del paziente mentre viene sottoposto a stimoli multisensoriali (video, fotografie, suoni, discorsi, voci): non solo, «filma» le reazioni con una telecamera accesa per 24 ore. «È importante la misurazione in contemporanea alla stimolazione, ma anche in seguito perché non è detto che il paziente non mostri attività cerebrali proprio quando non c'è il medico: così si ottiene una valutazione il più oggettiva possibile - evidenzia Umberto Bonassi, direttore sanitario di Habilita - comunque, l'applicazione di stimolazione multisensoriale qui all'Habilita viene utilizzata anche per i pazienti in stato vegetativo che non rientrano nel progetto»;
l'Habilita ha acquistato 4 Neurowave, la regione Lombardia sostiene il progetto con 400 mila euro e la durata dello studio, iniziata nel 2009, è di 3 anni. «Siamo orgogliosi di questa ricerca - continua Rusconi. Riteniamo fondamentale un investimento per capire in modo scientifico quale sia la vera attività cerebrale di questi pazienti. Per i loro parenti sapere con certezza se c'è e qual è il potenziale di ricettività accertato dei loro cari è vitale. Sapere che un segno anche impercettibile corrisponde o no davvero a un'attività cerebrale è un bisogno inespresso, in una esistenza fatta di speranze e timori di illusioni. La nostra attenzione è elevatissima: abbiamo atteso 8 mesi per avviare le ricerche, per avere il parere del comitato di bioetica sia degli Ospedali riuniti sia dell'Asl perché alcuni pazienti, hanno un tutore designato dal giudice: filmare le loro reazioni, seppure a scopi scientifici, è entrare nella sfera della privacy e della loro volontà». L'importanza di questa ricerca, evidenzia Rusconi, sta anche nella possibilità di fornire strumenti di maggiore cognizione sul tema e sulla valutazione degli stati vegetativi sia al legislatore sia agli amministratori del mondo sociosanitario. Il progetto coinvolge 10 pazienti in stato vegetativo non oltre 18 mesi dall'evento «acuto» che ha causato l'offeso cerebrale, tutti ospitati all'Habilita, e 5 pazienti sani;
il cervello che coordina l'applicazione scientifica e clinica di questa ricerca è Emilio Ubiali, direttore del reparto di neurofisiopatologia degli Ospedali riuniti. «Senza dubbio è un tipo di osservazione che finora mai è stata fatta in questo modo. E che, con il monitoraggio seriale delle funzionalità di questi pazienti, attraverso elettroencefalogramma, elettrocardiogramma, potenziali evocati e risonanza magnetica funzionale,

ha l'obiettivo di valutare insieme, sia una eventuale evoluzione dello stato vegetativo, sia un utilizzo del macchinario per una neuroriabilitazione attraverso la stimolazione multisensoriale di questi pazienti - continua Ubiali -. Se segnali di utilità dovessero emergere andrebbero effettuati altri studi in modo simile, su pazienti in stato vegetativo sia da prima dei 18 mesi dall'evento acuto, sia dopo i 18 mesi. Si avrebbe un confronto anche temporale e la possibilità di capire quando e come una riabilitazione multisensoriale può avere un senso». Una ricerca, questa in corso, che, evidenzia il direttore generale degli Ospedali riuniti Carlo Nicora «è un esempio di come la collaborazione tra pubblico e privato può essere un enorme vantaggio anche per la ricerca scientifica. Una ricerca che, se dovesse dare i segnali positivi che tutti si augurano, potrebbe evolversi anche in nuove collaborazioni anche a livello riabilitativo. E diventare una speranza in più per quanti hanno un caro in queste condizioni: persone, parenti e malati, che soffrono nel silenzio più totale» -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di valutare i risultati del progetto «Co.Re», realizzato dagli ospedali riuniti di Bergamo, e dall'istituto clinico Habilita di Zingonia, inserendoli in uno studio condotto a livello nazionale attinente ai pazienti in stato vegetativo.
(4-11789)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come tutti i quotidiani, i notiziari radio e televisivi, le agenzie di stampa hanno riferito, a Scalari nel salernitano una donna di 23 anni, incinta di due gemelli e che avrebbe dovuto partorire fra un mese, è deceduta;
la donna aveva trascorso una notte nell'ospedale di Scafati per un «semplice» malore alla gamba. La donna, infatti, si sarebbe recata la sera di Pasqua al pronto soccorso dell'ospedale per sottoporsi alla rimozione di un banale ascesso alla coscia destra. Nel corso della notte però ha avuto una crisi respiratoria -:
di quali elementi disponga in merito alla dinamica che ha portato alla morte della donna;
quali iniziative di competenza ritenga di dover adottare per accertare le cause di quanto sopra descritto.
(4-11792)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
le agenzie di stampa il 1o aprile 2011 hanno riferito del caso di una bambina di 19 mesi morta all'ospedale Regina Margherita di Torino per un'emorragia all'indomani di una biopsia nel corso della quale una sonda le ha perforato un ventricolo;
secondo le informazioni disponibili, la piccola era stata sottoposta all'esame per via del cuore ingrossato e affaticato, riscontrato dopo giorni di tosse persistente. Prima i genitori, i genitori Denise e Vincenzo Coratella si erano rivolti a una pediatra, che aveva consigliato «un po' di mare»;
poi, perdurando la tosse e la fuoriuscita di muco, i genitori si sono rivolti all'ospedale pediatrico Regina Margherita dove l'ingrossamento del cuore aveva fatto pensare a diagnosi di cardiomiopatia dilatativa o miocardite. Per accertarlo, la bambina è stata sottoposta alla biopsia. A seguito della perforazione del ventricolo è stata portata immediatamente in rianimazione, ma il giorno seguente è morta -:
di quali elementi disponga in merito alla dinamica che ha portato alla morte della piccola;
quali iniziative di competenza ritenga di dover adottare per accertare le cause di quanto sopra descritto.
(4-11794)

PICCOLO. - Al Ministro della Salute. - Per sapere - premesso che:
le leggi 33 del 1999 e 38 del 2010 hanno istituito e definito una politica organica per la cura e l'assistenza dei malati terminali, delle cure palliative e della terapia del dolore, nonché per la realizzazione degli «Hospice», apposite strutture per l'erogazione di specifiche prestazioni terapeutiche;
il diritto alle cure palliative e alla terapia del dolore è garantito dall'articolo 1, commi 1 e 2, della legge n. 38 del 2010 e deve essere assicurato ad ogni cittadino italiano che ne abbia necessità;
il decreto-legge n. 450 del 28 dicembre 1998, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 39, stabiliva lo stanziamento di finanziamenti per l'implementazione del «Programma nazionale per la realizzazione di strutture per le cure palliative», prevedendo la realizzazione, in ciascuna regione e provincia autonoma, di un numero adeguato di strutture residenziali per l'assistenza dei pazienti non guaribili, da ubicarsi sul territorio in modo da consentire un'agevole accessibilità da parte dei pazienti e delle loro famiglie;
con decreto del Ministro interrogato del 28 settembre 1999 veniva adottato il programma nazionale per la realizzazione di strutture per le cure palliative, che attribuiva alla regione Campania un finanziamento di 19.800.080.989 lire (10.225.888,43 euro);
con tale finanziamento la regione disponeva la realizzazione dei seguenti hospice: Landolfi di Solofra, San Giovanni da Procida, ospedale S. Arsenio Vallo della Lucania, azienda ospedaliera «A. Cardarelli»;
con decreto ministeriale 5 settembre 2001 veniva assegnato alla regione Campania un ulteriore finanziamento pari a 11.079.233.345 lire (5.721.946,52 euro) per lo stesso fine, a seguito del quale la stessa con delibera di Giunta n. 2750 del 14 giugno 2002, approvava i progetti per la realizzazione di hospice nelle seguenti aziende: ex ASL NA 3, ex ASL NA 2, IRCCS «G. Pascale», A. Rummo, azienda ospedaliera civile di Caserta, ex ASL CE 1, ex ASL SA 1;
la realizzazione del programma regionale per la realizzazione di strutture hospice ha subito notevoli ritardi nonostante la giunta regionale abbia più volte sollecitato i direttori generali delle aziende sanitarie locali interessate a porre in essere ogni iniziativa utile all'accelerazione dei lavori di completamento delle strutture entro l'anno 2007, pena la nomina di commissari ad acta, secondo quanto previsto dall'articolo 34, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2007;
ingenti somme risultano assegnate per strutture non ancora attivate (azienda ospedaliera Cardarelli, ASL NA 2 - hospice Casavatore, e altre) o quasi totalmente inutilizzate (hospice Benevento, 5 trasferito dall'azienda ospedaliera Rummo alla ASL BN - ospedale Cerreto Sannita, hospice azienda ospedaliera San Sebastiano e Sant'Anna di Caserta), configurando, ad avviso dell'interrogante, il rischio di un danno erariale oltre che sociale;
delle strutture hospice previste dal piano predisposto dalla giunta regionale ad oggi ne risultano operative soltanto tre: «Da Procida» di Salerno, Sant'Arsenio (Salerno), «Landolfi» di Solofra (Avellino);
la legge 15 marzo 2010, n. 38, ha ribadito l'inderogabilità della realizzazione degli hospice anche di natura ospedaliera;
da una recente indagine del Ministero risulta che la Campania è ultima in Italia per la realizzazione degli hospice con 18 posti letto, pari allo 0,03 per cento, contro una media nazionale dello 0,43 per cento nel rapporto posti letto ogni 10.000 residenti -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi ritardi registrati nella

realizzazione degli hospice in Campania e dei motivi per cui si sia verificata tale situazione;
se, nell'ambito delle sue competenze, non ritenga necessario avviare ogni azione di verifica e di monitoraggio, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, al fine di accertare lo stato di attuazione del programma per la realizzazione delle suddette strutture e adottare ogni iniziativa necessaria per far si che tale programma venga completato con la massima sollecitudine;
se non reputi opportuno ed urgente intervenire presso il commissario ad acta al fine di ottenere chiarimenti sull'erogazione dei fondi assegnati per la realizzazione degli hospice alle aziende sopra indicate e, sulle motivazioni della gestione dei finanziamenti stanziati per le predette strutture;
se, infine, non ritenga di assumere ogni iniziativa utile affinché anche nella regione Campania, al pari di altre, possa essere garantita ai pazienti e alle loro famiglie la dovuta assistenza.
(4-11811)

DI BIAGIO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
gli impianti di raffineria e attività petrolchimiche della società Saras di Sarroch, nella regione Sardegna - recentemente assurte agli onori della cronaca a causa del drammatico incidente delle scorse settimane costato la vita a un operaio - sono da anni oggetto della preoccupata attenzione dei cittadini e recentemente degli organi istituzionali per questioni che riguardano la tutela della salute pubblica e dell'ambiente;
fonti di stampa riferiscono che nel 2010 la procura di Cagliari ha disposto un monitoraggio dell'incidenza delle attività della Saras - e della sua controllata Sarlux - sullo stato di salute dei cittadini di Sarroch, con particolare riferimento al manifestarsi di tumori e linfomi, la cui incidenza in queste zone è particolarmente alta;
i dati relativi alla connessione tra le attività industriali della zona, in cui il territorio della Saras occupa 800 ettari di cui il 90 per cento è composto da raffineria e attività petrolchimiche, e l'incidenza di malattie sono disponibili già da diversi anni;
nel 2006 il «Rapporto sullo stato di salute delle popolazioni residenti in aree interessate da poli industriali, minerari e militari della Regione Sardegna» stilato dalla regione ha evidenziato che «eccessi tra gli uomini del 10 per cento per i ricoveri per malattie respiratorie e del 13/24 per cento per la mortalità e i ricoveri per tumore polmonare, mentre gli eccessi tra le donne sono dell'ordine del 10/16 per cento per le malattie respiratorie e intorno al 20 per cento per i ricoveri per tumore polmonare»;
alla luce di tali evidenze, la popolazione locale si troverebbe a fronteggiare il continuo insorgere di patologie tumorali, particolarmente aggressive e dall'esito tanto rapido quanto drammatico, e a lanciare appelli di aiuto esasperati e inascoltati;
quanto evidenziato in premessa in merito alle drammatiche ripercussioni sulla salute dei cittadini di Sarroch forniscono un quadro preoccupante e identificano una serie di priorità urgenti per l'adeguata tutela della salute dei cittadini e per la vigilanza sull'impatto ambientale dei prodotti di scarto delle attività industriali;
il rapporto dell'ARPA sull'inquinamento dell'aria per il mese di marzo 2011 afferma che nell'area di Sarroch «in relazione alle polveri sottili (PM10), ci sono stati 9 superamenti complessivi della media giornaliera, con un valore massimo di 112 microgrammi per metrocubo nella CENSA1 (Sarroch - Guardia di Finanza).

La normativa indica che la media giornaliera di 50 microgrammi per metrocubo»;
fonti locali evidenziano la crescente preoccupazione della popolazione per la mancanza di chiarezza sullo smaltimento dei prodotti di scarto delle attività sopramenzionate, quali il tar e il filtercake, altamente dannosi per la salute. Questi prodotti, anziché essere adeguatamente sottoposti a processo di smaltimento, sarebbero venduti a società straniere, come attesta il «Bollettino della Regione Sardegna» di maggio 2008, in aperto contrasto con il quanto espresso dalla Cassazione sarda, che nel 2001 aveva ritenute queste sostanze come rifiuti tossici -:
se sia a conoscenza di quanto evidenziato nelle premesse e quali iniziative intenda predisporre per tutelare la salute della popolazione nell'area di Sarroch;
quali controlli intenda predisporre sulla gestione dei materiali di scarto, sulla loro tossicità, sulla gestione delle autorizzazioni ministeriali per queste sostanze e sulla compatibilità di tali dinamiche con gli obiettivi alla base dell'erogazione degli incentivi CIP 6 di cui la suindicata società usufruisce.
(4-11822)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:

RAISI, DELLA VEDOVA e DI BIAGIO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
lo statuto dell'Ice - Istituto nazionale per il commercio estero - di cui al decreto ministeriale 11 novembre 1997, n. 474, individua all'articolo 7 nel direttore generale la figura centrale della struttura organizzativa, chiamata a coordinare le attività e le risorse e a sovraintendere alla gestione finanziaria, tecnica e amministrativa dell'istituto;
nell'annunciare il 2 maggio 2011 la nomina del nuovo direttore generale, dottor Gabriele Andreetta, il Ministro interrogato ha dichiarato che questa agevola il processo di riorganizzazione dell'istituto, rendendolo «più dinamico sul territorio italiano e più forte e presente all'estero, soprattutto nei mercati emergenti»;
sulla base del curriculum disponibile on line sul sito della camera di commercio di Asti - di cui il dottor Andreetta è consigliere camerale, in rappresentanza del settore del credito e delle assicurazioni - il nuovo direttore generale dell'Ice, secondo gli interroganti, è totalmente privo dei titoli, dei meriti e dell'esperienza per un ruolo strategico quale è quello che gli è stato affidato;
le sue esperienze di management non appaiono avere alcuna dimensione internazionale e il suo cursus honorum pubblico risulta interamente legato a incarichi politici e para-politici nella provincia astigiana, come assessore del comune di Nizza Monferrato, consigliere della camera di commercio e vicepresidente della locale Cassa di risparmio -:
sulla base di quali valutazioni di merito il Governo abbia inteso promuovere all'incarico di direttore generale dell'Ice un candidato privo delle qualità e dell'autorevolezza necessarie ad esercitare un ruolo così delicato e strategico per l'internazionalizzazione dell'economia italiana.
(3-01629)

LANZILLOTTA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la legge 23 gennaio 2009, all'articolo 47, ha introdotto la legge annuale per la concorrenza, strumento volto a rimuovere tempestivamente gli ostacoli normativi e, in generale, le barriere che ostacolano la concorrenza con danno per le imprese, per i consumatori e per la crescita economica;

nel febbraio 2010 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha inviato alle Camere e al Governo un corposo documento di segnalazioni che dovrebbero essere trasfuse dal Governo nel disegno di legge annuale per la concorrenza per la presentazione alle Camere;
tale adempimento risulta particolarmente urgente dato il basso tasso di crescita dell'economia, che rischia di minacciare la stessa stabilità finanziaria e di innestare una pericolosa spirale recessiva, mentre le liberalizzazioni sarebbero riforme a costo zero in grado di stimolare la crescita;
in particolare, come sottolineato a più riprese dal Governatore della Banca d'Italia e dal Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, è urgentissima l'istituzione di un regolatore indipendente per il settore dei trasporti, a cominciare dal settore ferroviario dove l'incrocio tra regolatore (cioè Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) e proprietario (Ministero dell'economia e delle finanze) e la commistione tra gestore della rete e del servizio fa sì che il monopolista pubblico ostacoli in ogni maniera l'ingresso di qualsiasi altra impresa, sia nel settore del trasporto locale che in quello a lunga percorrenza, il che ha determinato l'avvio di una procedura d'infrazione da parte dell'Unione europea;
il Governo ha più volte preannunciato - da ultimo nel mese di febbraio 2011 - l'imminente approvazione del disegno di legge annuale per la concorrenza in una delle tante conclamate scosse all'economia, rivelatesi alla prova dei fatti dei veri e propri flop, tanto che il provvedimento continua a rimanere chiuso ermeticamente nei cassetti di Palazzo Chigi;
così facendo il Governo dimostra, a parere dell'interrogante, di essere succube delle pressioni e dei condizionamenti delle lobbies, delle corporazioni e dei monopolisti pubblici e privati -:
se e quando il Governo intenda presentare alle Camere il disegno di legge annuale per la concorrenza e se non ritenga intanto urgentissimo attribuire ad un regolatore indipendente (nuovo organismo o, in via transitoria, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato) le funzioni di regolazione in materia di trasporti.
(3-01630)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LOVELLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che Poste Italiane ha deciso di avviare una riorganizzazione del centro postale operativo di Alessandria che comporta la consegna dei pacchi dei giornali in abbonamento da parte degli editori unicamente dalle 8 alle 13 con la conseguenza che gli stessi verranno spediti agli abbonati del capoluogo e della provincia unicamente il giorno successivo; un servizio in tempo reale sarebbe invece garantito solo dalla sede di Genova;
questo orario risulta evidentemente assolutamente inadatto per fare fronte alle esigenze di distribuzione dei giornali che stampano alla sera e consegnano i pacchi da spedire agli abbonati di notte;
il trasferimento a Genova comporterà, inoltre, ulteriori disagi e costi per i piccoli editori, già recentemente colpiti dall'aumento delle tariffe postali e dalla decisione di Poste Italiane di non consegnare la corrispondenza ed i giornali in abbonamento il sabato;
la Fipeg, Federazione dei piccoli editori, che raggruppa sessanta testate piemontesi, esprimendo parere negativo per la decisione assunta da Poste Italiane, ha quindi chiesto di continuare a consegnare i giornali ad Alessandria di notte negli orari concordati, così come disciplinato dal contratto di servizio -:
se sia a conoscenza della decisione presa da Poste Italiane finalizzata ad un ulteriore depotenziamento del centro postale operativo di Alessandria e come

intenda attivarsi per garantire che i giornali del territorio alessandrino continuino ad essere consegnati nella mattina di uscita, nell'interesse degli utenti e senza ulteriori costi e disagi a carico dei piccoli editori.
(5-04673)

PELUFFO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse sulla stampa risulta che nelle casse del gruppo Profit spa, editore di Odeon Tv, Telereporter, Telecampione, Canale 10 (Toscana) e TeleGenova (Liguria) con circa 160 dipendenti, non vi sia più liquidità per onorare le scadenze tra cui 22 milioni di euro con fornitori e 38 milioni con banche;
il proprietario del gruppo Profit spa, Raimondo Lagostena, tuttora detentore del 100 per cento assieme alla moglie Tiziana Grilli, appare non in grado di poter trovare una soluzione per risanare la società sia per le vicende giudiziarie che lo hanno visto coinvolto per tangenti corrisposte all'ex assessore regionale lombardo Gianni Prosperini concluso con il patteggiamento a due anni 10 mesi, sia per l'impossibilità di ricapitalizzare la holding, che solo lo scorso anno ha registrato 43,4 milioni di euro di perdite;
dopo le vicende giudiziarie del fondatore di Profit spa Raimondo Lagostena, si è avviato un processo di riorganizzazione del gruppo che a febbraio 2010 ha portato alla nomina, in accordo con le banche creditrici, di un nuovo consiglio di amministrazione, presidente l'avvocato Munari e amministratore delegato il professor Carlo Bassi;
a luglio 2010 dal nuovo consiglio di amministrazione viene presentato un piano industriale che ha riscosso da subito gli apprezzamenti delle banche, piano presentato alle parti sociali solo nelle linee guida;
il piano, tra l'altro, prevedeva investimenti anche della proprietà, ma non risulta mai eseguito, determinando le conseguenti dimissioni di Bassi e di tutto il consiglio di amministrazione;
il 2 ottobre 2010 la proprietà provvede a nominare un nuovo consiglio di amministrazione presieduto dall'avvocato milanese Discepolo, che ad oggi non ha ancora presentato un nuovo piano di rilancio industriale;
il 15 marzo 2011 la società Investimenti e Sviluppo attraverso la sua controllata Ares Investimenti spa ha sottoscritto un accordo quadro per l'acquisizione del 51 per cento del capitale di Profit Group da Raimondo Lagostena;
il termine previsto per la realizzazione dell'operazione, e il conseguente versamento del corrispettivo, è stato stabilito entro il 30 giugno 2011 (eventualmente prorogabile sino al termine finale del 31 dicembre 2011) -:
se corrispondano al vero le notizie riportate in premessa, quali iniziative si intendano intraprendere affinché la nuova proprietà garantisca ai 160 lavoratori il posto di lavoro e tutto ciò che spetta loro a livello economico e se non si ritenga opportuno convocare la nuova proprietà e le parti sociali per chiarire le intenzioni del gruppo in merito a un nuovo piano di rilancio industriale.
(5-04684)

Interrogazioni a risposta scritta:

LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI e LOMBARDO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con una missiva inviata ai sindaci di Ragusa, Modica e Pozzallo il gruppo petrolifero inglese Transunion Petroleum, ha comunicato l'intenzione di procedere nei prossimi giorni alle prime trivellazioni per sondare i fondali antistanti le coste del

sud-est siciliano e, in particolare nel ragusano, in un tratto di mare distante 27 miglia dal comune di Pozzallo;
oltre alla Transunion Petroleum, altre compagnie petrolifere (Northern Petroleum, Hunt Oil Company e Audax Energy), nel breve procederanno anch'esse a trivellazioni nel predetto tratto di mare e a sud di Malta, acclarando che il canale di Sicilia è la nuova «frontiera» per estrarre l'oro nero;
sul sito della Northern Petroleum, la compagnia petrolifera inglese che ha già effettuato alcuni «sondaggi» alla ricerca di idrocarburi nel Mediterraneo, è ben visibile una nota che non lascia molti dubbi sulla questione, individuando una zona mappata che copre 100 chilometri quadrati, con un potenziale di risorse in due serbatoi di 1,1 miliardi di barili evidenziando ben chiara l'idea su dove trivellare;
secondo i dati delle associazioni ambientaliste, sarebbero più di cento i permessi di ricerca di idrocarburi richiesti o vigenti nel Mediterraneo, alcuni concessi a breve distanza da sabbie dorate e banchi corallini;
nel giro di qualche anno si rischierebbe l'inflazione di molteplici giacimenti petroliferi in una zona di rara bellezza a vocazione turistica, danneggiando fortemente aree di grande interesse naturalistico, e già, soltanto con le trivellazioni, potrebbe definitivamente compromettersi l'ambiente, visto che gli «air gun», che servono a sparare aria per ricercare idrocarburi, potrebbero far sentire il proprio effetto immediato a largo delle coste siciliane;
l'insediamento di impianti di estrazione del petrolio nella zona sud-est della Sicilia ha già destato un notevole quanto comprensibile allarme sociale delle popolazioni locali contro il petrolio nel Mediterraneo, che temono di potersi trovare impantanate in una situazione simile al disastro del 20 aprile 2010, nel golfo del Messico, dove prima l'incendio e poi l'affondamento della piattaforma petrolifera della British Petroleum, provocarono la fuoriuscita di 5 milioni di barili di greggio nelle acque dell'oceano Atlantico;
le comunità locali, che hanno puntato la loro crescita socio-economico nel rispetto dell'ambiente, con uno sviluppo eco-compatibile, sono ulteriormente preoccupate, perché, anche in caso di inconvenienti di lieve entità, trattandosi di un tratto di mare chiuso, oltre ai gravissimi danni economici, verrebbero spazzate via un'intera economia di pescatori e, l'habitat di uccelli e pesci trasformati in sabbie mobili, con un'intera catena alimentare devastata, che avrebbe bisogno di decenni per riprendere il suo ritmo abituale;
anche i sindaci dei comuni dell'intero comprensorio, preoccupati ed allarmati dei gravi ed irreversibili danni all'ambiente, all'ecosistema e agli interessi socio economici di una zona dichiarata patrimonio dell'umanità, stanno costituendo un fronte comune per dire «no» alle trivellazioni;
il 26 agosto 2010 è entrato in vigore il decreto, il decreto legislativo n. 128 del 2010 recante, tra l'altro, la regolamentazione delle trivellazioni off-shore in aree protette, che mette in salvo, dal rischio di sversamenti di petrolio, parchi marini dalla straordinaria bellezza, patrimonio di biodiversità dal valore inestimabile. Per lo stesso decreto sono vietate le attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale. Più precisamente il decreto prevede il divieto di trivellazioni off-shore ad una distanza inferiore a 12 miglia dalle aree protette e a 5 miglia dalle coste dell'intero territorio nazionale;
il suddetto decreto non tutela pertanto tutte le zone non vincolate, come ad esempio il canale di Sicilia e il mare di Pantelleria, dove è appunto in corso una

mobilitazione dei barcaioli insieme ai turisti e a molti residenti per dire «no» alle trivellazioni;
quanto all'aspetto delle eventuali ricadute economiche sul territorio, derivanti dal pagamento delle royalty da parte delle compagnie petrolifere, si tratta di importi irrisori rispetto alle percentuali che impongono le altre nazioni. Non risulta, pertanto, a parere degli interroganti, di nessuna utilità per i territori antistanti l'attività estrattiva che comporta il rischio di subire danni ambientali, che peraltro inciderebbero negativamente sull'attività turistica e sulla salvaguardia ambientale, per avere come contropartita modestissimi introiti -:
cosa intendano fare i Ministri interrogati per bloccare la trivellazione selvaggia che sta per aggredire una zona in cui l'habitat naturale è integro, per evitare così che nel silenzio si ripetano episodi di saccheggio e devastazione delle coste come quelli di Priolo o Gela, verificatisi in passato, dove ancora oggi le popolazioni ne piangono le conseguenze.
(4-11774)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Commissario dell'Unione europea all'energia Oettinger, in occasione della settimana dell'energia sostenibile inaugurata a Bruxelles, scommette su una rivoluzione infrastrutturale per abbattere i consumi, ridurre le emissioni di anidride carbonica, creare occupazione e favorire la competitività delle imprese. Secondo quanto affermato dal Commissario europeo, bisogna rendere la rete elettrica europea intelligente in tempi strettissimi realizzando una rivoluzione infrastrutturale in grado di abbattere i consumi, ridurre le emissioni di anidride carbonica, creare, occupazione e favorire la competitività delle imprese. È questa la nuova scommessa lanciata dalla Commissione dell'Unione europea; il piano, illustrato dal commissario all'energia Günther Oettinger, prevede una marcia a tappe forzate: «dobbiamo agire subito, non possiamo mancare di approfittare delle opportunità offerte dalla piena realizzazione di una smart grid», ha chiarito Oettinger. Il primo passo è la creazione di standard tecnici comuni già nel giro del 2012. Poi, nella tabella di marcia esposta dal Commissario, occorrerà capire come difendere i dati che viaggiano in rete, studiare un piano di incentivi agli investimenti, favorire un'ulteriore liberalizzazione del mercato e fornire sostegno alla ricerca e all'innovazione. Un piano ambizioso che Bruxelles è convinta vada però perseguito con la massima rapidità e il massimo impegno. «Mettendo insieme i progressi nel campo della information technology con un lavoro di network saremo in grado di far arrivare la corrente esattamente dove e quando serve al prezzo più basso», ha detto ancora Oettinger. Un flusso «intelligente» con ricadute positive in molti campi;
se un aspetto fondamentale della smart grid riguarda le grandi linee di distribuzione, che dovranno essere capaci di gestire al meglio il crescente apporto delle poco programmabili fonti rinnovabili, l'altro interessa più direttamente i consumatori, con l'introduzione dei cosiddetti «contatori intelligenti». «Daranno alle persone un grosso incentivo a risparmiare energia e quindi denaro - ha ricordato ancora il Commissario » sapere come e quanto consumiamo avvicinerà l'approccio nei confronti dell'energia a quello che iniziamo ad avere verso la benzina, con grandi benefìci. Alcune stime ci indicano che lo sviluppo di smart grid può portare a una riduzione nei consumi delle famiglie fino al 10 per cento, mentre in alcuni progetti pilori avviati nei Regno Unito i risparmi hanno toccato anche quote del 40 per cento»;
consumare meno permetterebbe quindi di centrare l'obiettivo del miglioramento dell'efficienza energetica del 20 per cento entro il 2020, target che Oettinger definisce di «gran lunga il più impegnativo»

tra quelli fissati dalla direttiva europea del 20-20-20. Se raggiunto, quest'ultimo nei conteggi della Commissione, porterebbe però automaticamente anche a un miglioramento nel taglio delle emissioni di gas serra previsto -20 per cento a un più ambizioso -25 per cento. Successi che si traducono in realtà in vantaggi molto concreti. Secondo i dati presentati in occasione dell'apertura della settimana dell'energia sostenibile, adeguate politiche sarebbero in grado di far risparmiare ogni anno circa 1000 euro a famiglia, migliorando la competitività del sistema industriale europeo con la creazione di 2 milioni di posti di lavoro. In questo progetto l'Italia si trova avvantaggiata, con i 20 milioni di contatori elettronici «intelligenti» già installati -:
quali interventi i Ministri intendano adottare, al fine di portare l'Italia ad assumere un ruolo primario nell'ambito della realizzazione e progettazione della «rete elettronica europea intelligente».
(4-11786)

COSENZA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
tra i fenomeni che più danneggiano le piccole-medie imprese, che sono la spina dorsale dell'economia italiana, vi è quello dei ritardi nei pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche a fronte di merci fornite, opere eseguite e servizi prestati;
secondo il monitoraggio dei pagamenti pubblici del Ministero dell'economia e delle finanze, nel 2010 la situazione è stata particolarmente grave per le pubbliche amministrazioni del Mezzogiorno, nella maggior parte dei casi insolventi o comunque in gravissimo ritardo;
i ritardi di pagamento alle imprese e soprattutto a quelle medio-piccole influiscono negativamente sulla liquidità e complicano la gestione finanziaria delle imprese. Essi compromettono anche la loro competitività e redditività quando il creditore deve ricorrere ad un finanziamento esterno a causa di ritardi nei pagamenti. Il rischio di tali effetti negativi aumenta considerevolmente nei periodi di recessione economica, quando l'accesso al finanziamento diventa più difficile;
recentemente è entrata in vigore una nuova direttiva europea (n. 2011/7/UE), la quale afferma che gli Stati membri assicurano come, nelle transazioni commerciali, il periodo di pagamento non debba superare uno dei seguenti termini:
a) trenta giorni di calendario dal ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta equivalente di pagamento;
b) se non vi è certezza sulla data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento, trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi;
c) se la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi, trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi;
d) se la legge o il contratto prevedono una procedura di accettazione o di verifica diretta ad accertare la conformità delle merci o dei servizi al contratto e se il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento anteriormente o alla stessa data dell'accettazione o della verifica, trenta giorni di calendario da quella data;
porre rimedio al flagello dei ritardati pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni appare inoltre del tutto coerente con gli orientamenti e le indicazioni agli Stati membri contenuti nella comunicazione della Commissione europea: «Una corsia preferenziale per la piccola impresa» (il cosiddetto «small business act») -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per risolvere la problematica esposta in premessa, dando così risposte

alle esigenze fondamentali delle piccole e medie imprese.
(4-11790)

FARINONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
ad alcuni mesi dal passaggio in Lombardia dalla televisione di tipo analogico a quella digitale terrestre tuttora si segnalano in Brianza disfunzioni di diversa natura quali la mancata ricezione in alcuni comuni di alcune emittenti locali o la perdita di segnale che comporta la scomparsa per brevi momenti della ricezione di un determinato canale televisivo;
queste disfunzioni, ancorché minori rispetto alla situazione denunciata in altre zone d'Italia, non aiutano però nella diffusione omogenea della nuova tecnologia la quale, come noto, ha tra i suoi obiettivi l'abbattimento del cosiddetto «divario digitale» -:
quali iniziative di competenza intenda porre in essere per superare i malfunzionamenti registrati durante questi primi mesi di operatività del digitale terrestre, in particolare in Brianza.
(4-11798)

PES. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con decreto legislativo sul federalismo fiscale, approvato in via definitiva lo scorso 31 marzo dal Consiglio dei Ministri, sono state modificate le misure dell'IPT (imposta provinciale di trascrizione);
l'IPT sarà calcolata in base alla potenza del motore espressa in chilowatt;
fino a 53 chilowatt l'importo resterà compreso tra 151 e 196 euro a seconda delle province;
oltre i 53 chilowatt bisognerà moltiplicare ogni chilowatt per un valore compreso tra 3,5 e 4,6 euro, in base alle tariffe applicate dalle amministrazioni;
verrà quindi applicato lo stesso criterio utilizzato per i passaggi di proprietà delle auto usate;
attualmente l'IPT è composta da due quote: una fissa di 150,81 euro e una maggiorazione che varia da provincia a provincia, che per legge non può superare il 30 per cento;
la quota fissa si applica solo alle trascrizioni derivanti da una vendita soggetta ad iva, quale è quella gestita da un concessionario, mentre nelle compravendite tra privati di autoveicoli ed autovetture con potenza superiore ai 53 chilowatt alla quota fissa va applicata una maggiorazione di 3,51 euro per ogni chilowatt aggiuntivo;
gli aumenti dell'IPT varieranno, secondo il presidente di Federauto, Filippo Pavan, Bernacchi, da un minimo di 100 euro fino a 500 euro;
questa misura, sommata all'aumento delle accise sui carburanti porterà effetti negativi sulle vendite e in generale sulla stato di salute dell'intero comparto automobilistico -:
se il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere iniziative normative per correggere le previsioni contenute nel decreto legislativo approvato il 31 marzo 2011 per evitare che un settore già in crisi come quello degli autoveicoli, venga ulteriormente affossato;
se non ritenga opportuno convocare le associazioni di settore, in modo da individuare misure di correzione sull'attuale decreto.
(4-11800)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 27 aprile 2011 nel processo di primo grado i giudici della seconda sezione penale del tribunale di Lecce hanno

condannato a dieci mesi di reclusione, pena sospesa, l'ex sindaco di Ruffano, Nicola Fiorito, per abuso d'ufficio e falsità ideologica. Il primo cittadino avrebbe espresso parere positivo alla costruzione di un parco eolico composto da undici pale per una potenza complessiva di 22 megawatt nella località «Mascarane e Occhiazzi», una zona in parte sottoposta a vincolo paesaggistico. Condannati anche Claudio D'Ippolito e Fulvio Rocco Toma, rispettivamente l'ex responsabile del servizio urbanistica che firmò con Fiorito, nel marzo del 2005, l'autorizzazione al via libera ai lavori e il legale rappresentante della ditta responsabile del progetto, la «Antonio Srl»;
secondo l'accusa, rappresentata dal pubblico ministero Donatina Buffelli, il progetto per la realizzazione del parco eolico non avrebbe rispettato alcune norme sui vincoli paesaggistici e le direttive regionali sulla distanza con cui collocare le pale eoliche dalla vicina strada provinciale, la Ruffano-Casarano. Irregolarità vi sarebbero state anche nello studio di fattibilità relativo all'impianto. I tre imputati sono stati anche condannati a risarcire, con una somma pari a 2.800 euro, il comune di Ruffano, costituitosi parte civile nel processo rappresentato dall'avvocato Francesco Vergine;
questo non è che l'ennesimo caso di irregolarità verificatosi in Salento, dopo quelli che hanno riguardato la spagnola Tecnova, e gli impianti di Veglie, Soleto e Collepasso -:
se non ritengano i Ministri di avviare un'ampia indagine sul fenomeno dello sviluppo delle rinnovabili elettriche industriali nel Salento in particolare ma anche nel resto del centro-sud del Paese, al fine di valutare la portata di possibili abusi o violazioni di legge a tutela dell'integrità del paesaggio e dell'ambiente.
(4-11813)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI E MAURIZIO TURCO. - Al Ministero dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel corso degli ultimi due anni, sull'intero territorio pugliese e - in particolare - della provincia di Lecce, vi è stato un proliferare di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (alcuni ancora in costruzione, o in fase di imminente cantierizzazione) autorizzati con una semplice DIA (denuncia di inizio attività) secondo quanto illegittimamente permesso dalla legge della regione Puglia n. 31 del 2008, giudicata poi incostituzionale dalla Corte costituzionale, con sentenza 119/2010 del 26 marzo 2010;
la regione Puglia, con la legge regionale 31/2008, aveva illegittimamente innalzato i valori di potenza degli impianti realizzabili con DIA che risultavano superiori alle soglie di cui all'allegato «A» del decreto legislativo n. 387 del 2003, con conseguenze nefaste per il suolo agricolo, per il paesaggio, per l'economia del territorio e per i diritti dei cittadini;
il decreto-legge n. 105 del 2010 denominato «decreto salva DIA», emanato successivamente alla sentenza della Corte costituzionale 119/2010, ha stabilito con l'articolo 1-quater che gli effetti delle DIA sono salvi «per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che risultino avviate in conformità a disposizioni regionali recanti soglie di capacità di generazione superiori a quelle individuate dalla normativa statale a condizione che gli impianti siano entrati in esercizio entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», ovvero entro il 16 gennaio 2011. Scadenza questa improrogabilmente ribadita da una recente lettera circolare emessa dal Ministro dello sviluppo economico Paolo Romani;
il decreto-legge n. 105 del 2010 impone la sospensione di qualsiasi attività di cantiere alla data del 16 gennaio 2011 per tutti quegli impianti avviati con DIA e non ancora entrati in esercizio con regolare

allaccio alla rete elettrica nazionale e potenziale immissione di corrente elettrica prodotta da fonte rinnovabile in rete;
sono pertanto da considerarsi non conformi alla normativa vigente tutti quei cantieri con impianti non ultimati e tanto più per impianti i cui lavori siano ancora nelle fasi iniziali di preparazione e infrastrutturazione del terreno. Cantieri questi che le ditte interessate dovrebbero motu proprio sospendere, fermando ogni attività ulteriore e avviando in loco lo smantellamento urgente del costruito e del già posizionato, provvedendo al ripristino dello stato dei luoghi;
diversi siti del territorio di Soleto e comuni limitrofi (San Donato di Lecce, Galugnano, Galatina), destinati da apposita cartellonistica ad accogliere impianti fotovoltaici da DIA, (altri addirittura privi della cartellonistica, ma interessati da simili attività di infrastrutturazione industriale fotovoltaica), vedono in questi giorni sospette attività di cantiere, nonostante gli impianti in loco realizzati per la produzione di energia siano palesemente incompleti e, in alcuni casi, addirittura i lavori in corso riguardino le primissime fasi di preparazione del terreno (spietramento, livellamento, scavo, trivellazioni e altre movimentazioni terra) per il successivo posizionamento dei pannelli, delle loro strutture di sostegno e delle reti di cablaggio. In altri ancora mancano addirittura le recinzioni perimetrali, e in altri casi risultano in corso operazioni per la realizzazione di impianti fotovoltaici, pur nella totale assenza della cartellonistica prevista per legge -:
se si intenda promuovere un monitoraggio in merito all'attuazione dell'articolo 1-quater del decreto-legge n. 105 del 2010 e, più in generale, alla conformità alle normative vigenti degli impianti industriali FER (fonti di energia rinnovabili), anche assumendo iniziative per un ampliamento delle competenze assegnate all'Osservatorio nazionale sulle fonti rinnovabili e l'efficienza negli usi finali dell'energia.
(4-11818)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo dati Terna, al 31 dicembre 2010, le richiesta di connessione già rilasciate per fonti rinnovabili attengono ad una potenza totale di 131.725 megawatt rispetto ad una potenza massima richiesta dal sistema elettrico italiano al 16 luglio 2010 di 56.425 megawatt;
oltre 130.000 megawatt di richieste di connessione è un numero irreale che genera migliaia di pratiche di autorizzazione concentrate in prevalenza in 7 regioni del centro sud Italia con un vero e proprio «mercato» delle pratiche per le connessioni e le autorizzazioni;
il decreto-legge 105 del 2010 convertito, con modificazioni dalla legge 129/2010 Misure urgenti in materia di energia) affida all'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sulla base di indirizzi del Ministero dello sviluppo economico, la definizione di «regole finalizzate ad evitare fenomeni di prenotazione di capacità di rete per impianti alimentati da fonti rinnovabili»;
l'autorità per l'energia elettrica e il gas è intervenuta con la delibera 125/2010, prevedendo la prestazione di una garanzia finanziaria a conferma delle serietà dell'investimento, che però è stata sospesa da TAR della Lombardia -:
quali iniziative urgenti di competenza si intendano adottare per arrestare il grave fenomeno evidenziato in premessa.
(4-11819)

...

Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Rao e altri n. 1-00614, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Delfino.

La mozione Franceschini n. 1-00633, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Boccia, Lenzi, Quartiani, Giachetti, Rosato, Tempestini, Rugghia.

Apposizione di firme a risoluzioni.

La risoluzione in Commissione Garofalo e altri n. 7-00527, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gibiino.

La risoluzione in Commissione Guido Dussin e altri n. 7-00577, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Simonetti e Caparini n. 4-10461, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Munerato n. 4-11585, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Nicola Molteni e Bitonci n. 4-11708, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Rainieri n. 4-11762, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni e De Pasquale n. 5-04664, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Coscia, Pes.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Cazzola n. 4-11697, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 467 del 20 aprile 2011.

CAZZOLA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dopo circa tre anni dall'inizio delle indagini preliminari si è giunti alla vigilia del processo sulla cosiddetta «sanitopoli abruzzese» che ha dato luogo, tra gli altri, all'arresto dell'allora presidente della regione Abruzzo onorevole Ottaviano Del Turco;
nonostante l'annunciata valanga di prove che sin dal 14 luglio del 2008, il procuratore capo di Pescara in una incredibile diretta televisiva assicurò di avere a disposizione e che ad oggi nessuno ha visto, oggi come allora l'unica «fonte di prova» continuano ad essere le dichiarazioni del proprietario di una clinica privata, dottor Enzo Angelini, inquisito per gravi reati e da ultimo accusato dalla procura di Chieti di bancarotta fraudolenta per circa 200 milioni di euro, che si sarebbe sostanziata attraverso continui prelievi di ingenti somme di danaro dalle casse della clinica e finite nei propri conti correnti e in quelli di alcuni familiari;
da una lettura degli atti d'inchiesta, secondo l'interrogante, emergerebbe una anomalia: il capo d'imputazione n. 57 riguardante l'imputata dottoressa Giovanna Calignano, peraltro venuta a mancare proprio nel corso dell'udienza preliminare, è stato così formulato dalla procura, sin dall'inizio delle indagini preliminari: «del delitto di rivelazione di segreti d'ufficio p. e p. dagli articoli 11, 326 del codice penale perché, agendo in preventivo accordo con

un pubblico ufficiale che non si è potuto identificare, rivelavano notizie coperte da segreto, in violazione dei doveri inerenti la funzione e comunque abusando della predetta qualità: notizie riguardanti le indagini in corso nell'ambito del presente procedimento ed in particolare che la Procura della Repubblica aveva già chiesto (al GIP) misure cautelari personali a carico di esponenti politici della Regione Abruzzo; in Pescara, accertato il 9 luglio 2008»;
sulla base dei sunti delle intercettazioni telefoniche sull'utenza della dottoressa Calignano, risulterebbe che la procura e il giudice per le indagini preliminari avessero a disposizione sin dai primi giorni dell'indagine, notizie e informazioni sui provvedimenti richiesti dalla procura nei confronti dei politici abruzzesi «anticipati» alla dottoressa Calignano da tale avvocato Ettore Del Grosso, dirigente della Confindustria di Chieti, (stretto collaboratore e amico di Fabrizio Citriniti, a sua volta direttore della Confindustria di Chieti);
non è noto se la dottoressa Giovanna Calignano sia stata interrogata per chiarire da chi abbia ricevuto le informazioni coperte da segreto d'ufficio, né se l'avvocato Ettore Del Grosso sia stato interrogato al fine di accertare chi fosse il pubblico ufficiale che aveva rivelato in anticipo notizie così importanti e delicate per l'inchiesta;
risulta all'interrogante che tra le oltre 400 telefonate che la procura della Repubblica di Pescara chiese di trascrivere come fonte di prova per i vari capi d'imputazione, sembrerebbero tuttavia mancare quelle riguardanti l'avvocato Ettore Del Grosso e la dottoressa Giovanna Calignano -:
se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda assumere iniziative ispettive alla luce di quanto riportato in premessa.
(4-11697)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Compagnon n. 3-01594 del 14 aprile 2011.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BERTOLINI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da articoli di stampa del 19 gennaio 2010 si apprende che nel consolato egiziano di Milano, con sede in via Porpora, decine di ragazze italiane sposate con cittadini egiziani sono ogni anno inconsapevolmente vittime di un raggiro;
alle donne italiane viene richiesto di firmare alcune pratiche, affinché il matrimonio sia registrato anche al Cairo; tuttavia, il documento che viene loro sottoposto pare non essere una trascrizione legale, che non è nemmeno contemplata dalla legislazione egiziana, ma un nuovo atto di matrimonio, secondo il diritto egiziano, ovvero secondo la legge islamica che, come è noto, non riconosce la parità religiosa: se un musulmano sposa una cristiana o una ebrea, la moglie perde ogni diritto nei confronti dei figli e, in caso di morte del marito, non riceve l'eredità;
il documento è scritto solo in arabo, nonostante la legge internazionale imponga l'obbligo della traduzione di qualunque documento qualora non si conosca la lingua, e quasi tutti i funzionari del consolato di via Porpora parlano solamente l'arabo;
le donne sono, pertanto, inconsapevoli di firmare un vero e proprio contratto di nozze islamico; se il matrimonio non dovesse funzionare, l'uomo potrebbe prendere con sé i figli e portarli in Egitto, per dare loro un'educazione musulmana; il Governo del Cairo non riconoscerebbe nessun diritto alla madre italiana, che di conseguenza non solo non potrebbe riportarli in Italia, ma probabilmente non potrebbe nemmeno più vederli;
è chiaro ad avviso dell'interrogante che tali situazioni non si sarebbero verificate se le autorità diplomatiche egiziane avessero rispettato le procedure internazionali;
il consolato egiziano di Milano era già stato al centro di polemiche per l'utilizzazione al proprio interno di personale, che svolge ruoli di grande responsabilità, non assunto in regola -:
se i Ministri siano a conoscenza dell'esistenza di questa situazione e se non ritengano utile assumere iniziative, sul piano diplomatico, nei confronti del Governo egiziano affinché possa essere efficacemente arginato il fenomeno descritto in premessa.
(4-05991)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Si fa presente che il Ministero degli affari esteri non ha conoscenza diretta del fenomeno descritto dall'interrogante, non essendo mai stata posta alla sua attenzione da parte di cittadini italiani la questione della firma inconsapevole di documenti in

lingua araba che equivarrebbero a nuovi atti di matrimonio di diritto islamico presso il consolato generale d'Egitto di Milano. Si rileva, inoltre, come nemmeno la nostra ambasciata al Cairo sia a conoscenza del fenomeno in questione, dal momento che nessun connazionale si è mai rivolto alla cancelleria consolare sollevando tale questione.
Quanto alla disciplina prevista in caso di matrimoni misti tra cittadini italiani ed egiziani in Italia, si fa presente che gli atti di matrimonio formati nel nostro paese sono trascritti in Egitto dopo essere stati tradotti e legalizzati, per il tramite delle rappresentanze diplomatico-consolari egiziane in Italia, allo stesso modo di quanto avviene, nel procedimento inverso, per gli atti di matrimonio misto prodotti in Egitto.
Per quanto attiene al caso specifico dei documenti prodotti dal consolato generale d'Egitto a Milano, la cancelleria consolare della nostra ambasciata al Cairo ha segnalato al Ministero gli affari esteri di aver recentemente preso visione di un atto di matrimonio di una connazionale con un cittadino egiziano, formato presso quel consolato. Tale atto risulta essere del medesimo tipo di quelli formati dalle autorità egiziane in occasione di matrimoni misti celebrati in Egitto, che le nostre Autorità consolari provvedono a tradurre e legalizzare per poi trasmettere alle competenti autorità locali italiane per la trascrizione.
Nel caso di specie, non si tratterebbe di un «contratto di nozze islamico», quanto di un atto civile con validità legale nell'ordinamento giuridico egiziano, intervenuto successivamente all'atto di matrimonio italiano, di cui l'Egitto riconosce la trascrivibilità (e quindi la produzione di effetti giuridici) all'interno del proprio ordinamento. Secondo le procedure vigenti, tuttavia, non vi sarebbe ragione per un ulteriore atto di matrimonio che, ove l'atto italiano sia già stato trascritto, nulla aggiungerebbe ai fini degli effetti giuridici (civili) del matrimonio nell'ordinamento egiziano.
Infine, si sottolinea che, da parte di questo Ministero, nel rispetto dell'autonomia delle Autorità egiziane, verranno valutate con la massima attenzione eventuali richieste di assistenza da parte di cittadini italiani che dovessero lamentare il verificarsi delle circostanze esposte dall'interrogante.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

CROSIO e STUCCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
numerose firme sono state raccolte contro la decisione presa nel giugno 2009 dal Governo italiano di sopprimere l'Agenzia di Coira nel 2010 per necessità di risparmio;
sono state ben 2800 le persone che hanno sottoscritto la petizione a sostegno dell'Agenzia consolare d'Italia in Coira. Con le firme che sono state raccolte in ogni parte del Canton Grigioni, dall'Engadina alla capitale, dalla Val Monastero alla Bregaglia, i cittadini italiani si esprimono contro lo smantellamento previsto dal Ministero degli affari esteri italiano;
è stato un successo di partecipazione. 2800 persone - il doppio di quante sono sufficienti nei Grigioni per la riuscita di un referendum - hanno deciso di utilizzare lo strumento per antonomasia della più autentica democrazia popolare, la propria firma. Un modo per manifestare la propria contrarietà alle intenzioni del Ministero degli affari esteri (MAE) italiano che vuole chiudere una importante quanto necessaria presenza italiana sul suolo grigionese. Sono stati superati tutti i tipi di steccati: da quelli nazionali (hanno firmato i cittadini italiani ma anche cittadini svizzeri) a quelli di schieramento politico (fra promotori e firmatari vi sono indistintamente persone appartenenti ai più diversi partiti);
tutti insieme i cittadini si sono uniti per un solo scopo: mantenere aperta e funzionante l'Agenzia consolare di Coira;
sostegno è stato espresso da numerosi politici, sia nei Grigioni (il Parlamento

e il Governo cantonali così come il consiglio comunale della capitale Coira) sia in Italia, alla Camera dei deputati e al Senato, dove sono pure state approvate proprio nel dicembre 2009 due mozioni sugli uffici consolari italiani all'estero;
la chiusura dell'Agenzia consolare d'Italia in Coira non avrebbe pressoché alcun beneficio, né economico e finanziario né politico e culturale. Lo smantellamento di Coira e il trasferimento degli uffici a San Gallo reciderebbe forse definitivamente il cordone ombelicale che molti italiani vogliono mantenere vivo con la madre Patria e causerebbe a quegli stessi cittadini e figli della Repubblica italiana gravissimi inconvenienti, a cominciare dalle giornate che dovranno essere spese ed utilizzate per ricevere dei documenti o adempiere delle pratiche amministrative;
sebbene si comprenda la necessità di risparmio, ci si chiede se chi ha operato la scelta di chiusura conosca il territorio, le lunghe distanze e la difficoltà di spostamento nel periodo invernale. Ci si chiede, anche, se sia stata fatta un'attenta riflessione e una seria valutazione sull'effettivo risparmio e sul rapporto di costi-benefici nell'ipotesi di una chiusura;
i cittadini italiani residenti hanno formulato due proposte;
nella prima proposta si prevede che pur mantenendo la responsabilità dell'Agenzia sotto il controllo di un agente consolare capo-ufficio proveniente dal Ministero degli affari esteri, si potrebbe, al posto del secondo «ministeriale» assumere personale locale a contratto. Ciò comporterebbe un costo inferiore rispetto a quello sostenuto per un impiegato inviato da Roma, non fosse altro per le indennità che quest'ultimo percepisce per il lavoro all'estero (la cifra risparmiata potrebbe contribuire a coprire una parte delle spese di gestione);
in merito alla seconda si potrebbero cercare nuovi locali il cui canone di locazione sia inferiore a quello attuale, se del caso in collaborazione con la città di Coira o con il Cantone dei Grigioni -:
se il Ministro, essendo a conoscenza della situazione, non intenda prendere in considerazione le proposte che i cittadini italiani residenti hanno fatto che, ad avviso dell'interrogante, sono da ritenersi concrete e realizzabili.
(4-05785)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nella presente interrogazione si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Preme innanzitutto sottolineare che il provvedimento riguardante la sede consolare di Coira rientra nel più generale piano di razionalizzazione della rete estera che è stato presentato, fin dal secondo semestre 2009, alle commissioni esteri della Camera e del Senato, alle organizzazioni sindacali, ed al consiglio generale degli italiani all'estero. Allo stesso tempo, l'amministrazione ha proceduto - e continua a procedere - agli approfondimenti del caso, come richiesto dalle varie istanze coinvolte contemperando le esigenze di razionalizzazione con quella di mantenere ad un livello qualitativo elevato i servizi destinati alle collettività italiane.
Parallelamente, prosegue l'impegno della Farnesina nella realizzazione di innovative piattaforme informatiche, progetto cui è stata attribuita particolare priorità dal punto di vista dei tempi di realizzazione e delle risorse dedicate e nel perseguimento dell'obiettivo di garantire sia la promozione degli interessi nazionali, sia l'assistenza alle collettività italiane residenti all'estero. Tale progetto è volto a consentire all'intera rete consolare di:

a) aumentare il livello di produttività degli uffici, rendendoli sempre più efficienti e rispondenti alle esigenze dei connazionali;
b) fornire all'utenza adeguati servizi telematici a distanza;
c) corrispondere agli indirizzi governativi in tema di innovazione, digitalizzazione e dematerializzazione.

Venendo alla situazione dell'agenzia consolare di Coira, il Ministero degli esteri ne ha deliberato l'accorpamento con il consolato di prima classe di San Gallo dal 1o luglio 2010.
Per quanto concerne la salvaguardia dei livelli di assistenza prestati ai nostri connazionali residenti in Svizzera, il Governo si e impegnato al rafforzamento delle sedi consolati che hanno ricevuto le competenze dagli uffici in chiusura, permettendo il mantenimento di alti livelli qualitativi nell'erogazione dei servizi ai cittadini. Saranno quindi sempre gli uffici consolari destinatari delle competenze delle sedi chiuse ad assicurare il collegamento tra il nostro paese e le istituzioni estere statali o locali con non minore assiduità rispetto al passato, così salvaguardando la qualità dei rapporti di carattere bilaterale. Priorità dell'amministrazione è infatti che le risorse umane e finanziarie ottenute attraverso il piano di razionalizzazione vengano reinvestite nella rete all'estero, al fine di garantirne la sostenibilità nel suo insieme.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

DE ANGELIS. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 40, comma 1, della legge n. 958 del 1986, prevede che «Ai graduati e militari di truppa in ferma di leva prolungata all'atto del congedamento è corrisposto un premio pari a due volte l'ultima paga mensile percepita per ogni anno o frazione superiore a sei mesi di servizio prestato»;
i Ministeri dell'interno, delle politiche agricole alimentari e forestali, della difesa, dell'economia e finanze, e della giustizia corrispondono rispettivamente agli allievi della Polizia di Stato, del Corpo Forestale dello Stato, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, e del Corpo di polizia penitenziaria un trattamento economico corrispondente a meno del cinquanta per cento di quello corrisposto al personale effettivo della qualifica o grado iniziali, in base a disposizioni emanate in tempi in cui per accedere ai gradi e alle qualifiche iniziali delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare non era, come accade invece oggi, previsto il transito, di fatto obbligatorio, attraverso il servizio volontario nelle Forze armate;
il Ministero della difesa corrisponde al termine del servizio volontario il sopra richiamato «premio di congedamento» ai tutti militari collocati in congedo da Esercito, Aeronautica e Marina, ma non a quelli destinati - per aver superato un pubblico concorso - ad essere poi avviati alla frequenza del predetto corso di formazione iniziale per l'accesso ai ruoli delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare;
il citato Ministero della difesa ha escluso da tale beneficio o ha provveduto al recupero forzato delle somme percepite, anche i militari che sono stati poi assunti, in alcuni casi dopo diversi anni, nelle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare non in base ad una previsione di legge ma solo sulla base di interpretazioni relative alla funzione che il «premio di congedamento» avrebbe ai fini del reinserimento nella «vita civile» dei militari congedati, che sarebbe esclusa dalla successiva assunzione, che viene considerata come una sorta di prosecuzione del rapporto di impiego;
all'atto di detta assunzione nelle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare il periodo, da un anno a cinque anni, trascorso al servizio dello Stato nelle Forze armate non viene computato ai fini della progressione economica e di carriera - escludendo così, di fatto, la presunta «continuità» tra rapporti di impiego - non solo da parte dei Ministeri dell'interno, dell'economia e finanze, della giustizia e delle politiche agricole alimentari e forestali, ma anche da parte dello stesso Ministero della difesa, che invece accampa tale presunta «continuità» nell'escludere i militari dal beneficio;
ciò non contribuisce positivamente all'immagine delle Forze armate e

all'interesse che i giovani nutrono ad accedere nelle stesse -:
se per il ministro interrogato non sia opportuno promuovere tutte le iniziative; anche di carattere normativo, necessarie affinché il personale che proviene dalle Forze armate e accede alle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare conservi, durante il corso di formazione iniziale, il trattamento economico precedentemente in godimento e gli venga computato, ai fini della progressione economica e di carriera, il servizio militare prestato nelle Forze armate;
se non sia il caso di disporre che il «premio di congedamento» venga comunque erogato a quei militari i quali, destinati ad essere assunti nelle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, debbano attendere più di tre mesi dal momento del congedo a quello dell'assunzione.
(4-05425)

Risposta. - L'atto in esame pone sostanzialmente due questioni molto complesse. La prima questione riguarda la mancata corresponsione del premio di congedamento ai militari delle Forze armate che al termine del servizio volontario sono avviati alla frequenza del corso di formazione iniziale per l'accesso ai gradi e qualifiche iniziali delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare.
La seconda questione, molto più complessa in ragione della prevalente competenza di altri dicasteri, invece, concerne il mancato riconoscimento, all'atto dell'assunzione nelle predette Forze di polizia, del periodo trascorso nelle Forze armate «ai fini della progressione economica e di carriera».
Preliminarmente si osserva che le disposizioni rilevanti ai fini delle questioni in parola, previste dalle leggi n. 958 del 1986 e n. 266 del 2004 sono state riassettate nel codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010.
Per quanto riguarda la prima questione, l'articolo 5 della legge n. 958 del 1986 (ora articolo 2038 del codice dell'ordinamento militare), prevede che i militari e i graduati in servizio di leva possano essere ammessi, a domanda, alla commutazione della ferma di leva in ferma di leva prolungata, biennale o triennale, valida agli effetti dell'assolvimento degli obblighi di leva.
All'atto del congedamento al termine della ferma è previsto che al personale in parola sia corrisposto un premio di congedamento, pari a due volte l'ultima paga mensile percepita per ogni anno o frazione superiore a sei mesi di servizio prestato (articolo 40 comma 1 della legge n. 958 del 1986 ora articolo 1790 del codice dell'ordinamento militare).
Al riguardo, secondo la giurisprudenza amministrativa prevalente - in linea con la
ratio, sottesa alla previsione in parola, di assicurare una sorta di gratifica a coloro che, con l'effettivo congedo, escono definitivamente dalla vita militare, senza aver maturato il diritto a pensione - il presupposto per l'erogazione di tale beneficio consiste nell'effettivo congedamento dell'interessato, inteso quale momento in cui questi lascia il servizio per rientrare nella vita civile (ex plurimis tribunale amministrativo regionale Calabria, sede Catanzaro - sezione prima, sentenza n. 2101 del 28 dicembre del 2006).
Ciò premesso, con l'entrata in vigore della legge n. 226 del 2004, che ha previsto la sospensione del servizio di leva a decorrere dal 1°gennaio 2005, è venuta logicamente meno la possibilità di reclutare le predette categorie di personale militare, mancando chiaramente il presupposto della ferma di leva da commutare in ferma prolungata.
Tale legge ha istituito le attuali figure dei volontari in ferma prefissata di un anno (Vfp1) e dei volontari in ferma prefissata quadriennale (Vfp4) ed ha reso, peraltro, obbligatoria, fino all'anno 2020, l'effettuazione di un anno di servizio volontario nelle Forze armate (VFP1) per la partecipazione ai concorsi per l'accesso alle carriere iniziali delle Forze di polizia (con percentuali d'immissione diretta ovvero previo svolgimento del servizio nelle Forze armate di durata quadriennale), al fine di incentivare il reclutamento delle predette nuove categorie di personale.

Non si tratta, pertanto, di transito diretto dei volontari dalle Forze armate alle Forze di polizia, in quanto l'effettuazione di un anno di ferma volontaria nelle Forze armate costituisce solo uno dei requisiti necessari per poter partecipare ai relativi concorsi.
La legge n. 226 del 2004, inoltre, non contempla alcuna previsione relativa alla concessione del premio di congedamento, anzi, all'articolo n. 10 estende espressamente ai volontari in ferma prefissata le sole disposizioni che prevedono benefici non economici conseguenti all'aver effettuato il servizio militare di leva (articolo n. 699 del codice dell'ordinamento militare).
Il beneficio in parola, pertanto, non può essere invocato da quei militari che, al termine della ferma prefissata contratta, transitino nel servizio permanente delle Forze armate o accedano, previo concorso, alle carriere iniziali delle Forze di Polizia.
Il presupposto per la concessione del beneficio in questione non sarebbe comunque configurabile anche nel caso in cui i volontari vincitori di concorso vengano posti in congedo illimitato in attesa di essere chiamati dalle Amministrazioni competenti, in quanto tale circostanza, non pregiudicando in alcun modo il diritto dei medesimi ad essere ammessi alle carriere iniziali delle Amministrazioni interessate, non crea il presupposto giuridico della definitiva immissione nella vita civile ai fini dell'erogazione del premio in argomento.
La mancata corresponsione del premio di congedamento alle categorie di personale in questione non dipende, pertanto, da una scelta discrezionale del Ministero della difesa, bensì dai limiti posti dalle disposizioni che lo prevedono.
In merito, invece, alla seconda questione, si deve sottolineare la presenza di alcuni profili di una certa complessità, in relazione alla prevalente competenza di altri dicasteri su tale materia e soprattutto in considerazione delle differenti posizioni rispettivamente assunte da ciascuno di essi su tale specifico aspetto, la cui disomogeneità ne rende notevolmente difficoltosa una sintesi.
In merito al computo del periodo trascorso nelle Forze armate ai fini della progressione di carriera nelle Forze di polizia, sussistono elementi di notevole criticità, tenuto conto che tale evenienza avrebbe notevoli riflessi sullo sviluppo dei ruoli delle varie categorie di personale.
Infatti, in alcuni casi, i volontari in ferma prefissata vincitori di concorso potrebbero vantare all'atto dell'immissione nelle carriere iniziali delle Forze di polizia un'anzianità di servizio notevolmente superiore ai colleghi già in ruolo, con ripercussioni ai fini dell'avanzamento nei gradi previsti.
D'altro canto, non si può trascurare che il quadro normativo in materia di stato giuridico, reclutamento ed avanzamento del personale di ciascuna delle Forze di polizia interessate costituisce un sistema complesso
di previsioni strutturato per rispondere adeguatamente ad esigenze organizzative, di tipo gestionale e funzionale, nonché a percorsi razionali di sviluppo di carriera.
L'alimentazione dei ruoli delle diverse categorie di personale, stabilita per legge, infatti, è concepita in modo da risultare progressiva e graduale, allo scopo di disporre di personale con anzianità di ruolo adeguata ai vari livelli della scala gerarchica.
Per quanto riguarda l'aspetto relativo al mantenimento del trattamento economico in godimento durante il corso di formazione, giova evidenziare, preliminarmente, che ai Vfp1 e ai Vfp4 è corrisposta, nel periodo di ferma, una paga netta giornaliera determinata in misure percentuali, in funzione del grado rivestito, riferite al valore giornaliero dello stipendio iniziale lordo e dell'indennità integrativa speciale, costituenti la retribuzione mensile del grado iniziale dei volontari di truppa in servizio permanente (articoli 8 e 15 della legge n. 226 del 2004, ora articolo 1791 del codice dell'ordinamento militare).
Nel momento in cui sono ammessi ai corsi di formazione per le carriere iniziali delle Forze di polizia, i volontari in questione perdono il grado rivestito (articolo 19 della legge n. 226 del 2004 ora articolo 864, comma 1, lettera b del codice dell'ordinamento

militare) e, conseguentemente, percepiscono il trattamento economico previsto per gli allievi dei corsi dall'articolo 59 della legge n. 121 del 1981, se appartenenti alle Forze di polizia a ordinamento civile, e dalla nota alla tabella di cui all'articolo 32, comma 5, della legge n. 958 del 1986 ora articolo n. 2157 del codice dell'ordinamento militare, se appartenenti alle Forze di polizia a ordinamento militare.
In particolare, il predetto articolo 59 prevede espressamente che «il trattamento economico degli allievi dei corsi è determinato in misura proporzionale alle retribuzioni delle qualifiche iniziali cui danno accesso i rispettivi corsi, con decreto del Ministro dell'Interno, di concerto con il Ministro dell'Economia e Finanze».
L'articolo 2157 del codice dell'ordinamento militare estende agli allievi carabinieri il trattamento economico previsto dall'articolo 1798 del codice dell'ordinamento militare per gli allievi delle altre Forze armate, consistente in una paga netta giornaliera calcolata in misura percentuale, rispetto al valore della retribuzione mensile del grado iniziale del ruolo dei volontari di truppa in servizio permanente (stipendio mensile iniziale lordo e indennità integrativa speciale).
Ai soli allievi provenienti dagli altri ruoli della Polizia di Stato, dall'amministrazione del Ministero dell'interno e dagli altri corpi di polizia è invece attribuito, ai sensi dell'articolo 28 della legge 10 ottobre 1986, n. 668, il trattenimento economico più favorevole in godimento. Ciò in conformità con il consolidato principio del divieto di reformatio in peius, che assicura al dipendente pubblico, nei casi di passaggio di carriera, la conservazione della retribuzione acquisita in forza di un rapporto d'impiego continuativo e a tempo indeterminato.
Tale disposizione ricalca quanto già previsto, in via generale, per gli impiegati civili dello Stato dall'articolo 202 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957, il quale nei casi di transito da un'amministrazione dello Stato ad un'altra, garantisce la conservazione del trattamento economico già acquisito in via definitiva.
Per l'applicazione di tale disposizione devono sussistere i seguenti presupposti:
titolarità di un rapporto di lavoro stabile e continuativo in un'amministrazione dello Stato;
transito nei ruoli di un'altra amministrazione statale;
realizzazione del transito senza soluzione di continuità.

Tali presupposti non si verificano per il personale proveniente dalle Forze armate, in quanto:
il servizio prestato nelle Forze armate dai volontari in ferma breve o prefissata, essendo a tempo determinato, non ha carattere di stabilità;
durante il periodo di frequenza del corso di formazione l'allievo agente non risulta ancora immesso in ruolo;
l'accesso dei volontari delle Forze armate nei ruoli delle Forze di polizia non si realizza con un transito, bensì solo a seguito di un concorso pubblico.

In tal senso il Tar Lazio Sezione prima con sentenza n. 8554 del 26 settembre del 2008, ha ricusato il ricorso di alcuni allievi agenti della Polizia di stato, diretto al riconoscimento del diritto a percepire, durante la frequenza del corso, il miglior trattamento retributivo loro corrisposto nelle Forze armate in qualità di volontari in ferma di leva prolungata.
In conclusione, i profili di complessità sopra descritti non consentono, allo stato, l'adozione di iniziative nel senso auspicato dall'interrogante.
Se da un lato, infatti, per l'erogazione del premio di congedamento è necessaria una specifica disposizione normativa, che ne preveda, peraltro, anche la relativa copertura finanziaria, dall'altro per l'eventuale riconoscimento del periodo prestato nelle Forze armate ai fini della progressione di carriera nelle Forze di polizia, la disposizione normativa, anche in tal caso necessaria, deve necessariamente tenere conto dei criteri di equilibrio e gradualità a fondamento

delle dinamiche di carriera all'interno dei vari ruoli di ciascun ordinamento, per cui, eventuali interventi sulle dinamiche dei ruoli non possono che essere valutati in un'ottica unitaria, nel quadro più ampio dei provvedimenti di riordino complessivo delle carriere e dei ruoli delle Forze armate e delle Forze di polizia.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia consolare d'Italia in Mannheim, Germania, operante dal 1976 è rientrata nel programma di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare annunciata in data 10 giugno 2009 dal sottosegretario di Stato agli affari esteri, con delega per gli italiani nel mondo, Alfredo Mantica;
sulla base delle direttive tracciate dal Ministero degli affari esteri nel suo piano di riorganizzazione, le attività di natura amministrativa ed organizzativa attualmente svolte dalla suindicata agenzia, così come il lavoro degli impiegati non di ruolo, verrebbero differite ad una sede ricevente, quale il Consolato generale di Stoccarda;
la citata agenzia consolare, gode di autonomia ed indipendenza gestionale ed organizzativa per quanto riguarda gli aspetti amministrativi e giuridici e soltanto sotto il profilo contabile, fa capo al Consolato di Stoccarda. Consta di un organico di sette impiegati, di cui tre ricadono nello status di impiegati a contratto;
i connazionali residenti nell'area della cittadina di Mannheim sono circa 20.000, di cui 17.039 risultano iscritti all'Aire;
la suindicata agenzia si configura come un riferimento indiscutibile in termini di erogazione dei servizi essenziali anche per circa i circa 500 imprenditori e liberi professionisti italiani, nonché per ricercatori e studiosi dell'università di Heildeberg e per i militari italiani della Nato della forza ALCC;
nel 2009 l'agenzia consolare ha provveduto al rilascio di 1085 Passaporti, al rinnovamento di 125 passaporti, al rilascio di 650 atti di stato civile e 385 atti notarili;
secondo le statistiche stilate dall'ambasciata italiana a Berlino, la suindicata agenzia consolare si collocherebbe al nono posto su tredici consolati, in termini di efficienza e rispondenza alle esigenze della platea dei fruitori di servizi;
nel caso della suindicata agenzia non si comprendono le reali ragioni che condurrebbero alla chiusura delle sue sedi, poiché il numero di connazionali referenti della struttura è superiore a quello afferente ad altre strutture non rientranti nelle dinamiche di riorganizzazione annunciate dal Ministero degli affari esteri citate in premessa;
malgrado in più occasioni l'amministrazione degli esteri abbia voluto giustificare l'avvio della razionalizzazione in termini di impellente ed inderogabile esigenza di risparmio, la chiusura dell'agenzia consolare di Mannheim condurrebbe ad un risparmio irrisorio pari a 40.844 euro;
i circa 20.000 connazionali afferenti alla struttura di Mannheim, saranno chiamati a far fronte ad importanti criticità in termini di organizzazione e di gestione, affrontando non trascurabili disagi per recarsi al consolato generale di Stoccarda - distante circa 150 chilometri - anche solo per richiedere l'autentificazione di una firma, con ovvio riflesso sulla tenuta e sul rispetto dei diritti e delle garanzie dei nostri connazionali sul territorio;
il consolato di Stoccarda, individuato come sede ricevente, presenta molteplici difficoltà di carattere logistico ed organizzativo, e stando alle già presenti criticità date anche dalla esiguità degli spazi e dall'abbondanza delle attività e delle pratiche da gestire non è difficile immaginare

che si possano creare delle serie difficoltà gestionali all'interno delle sue strutture sul breve periodo;
la chiusura della suindicata agenzia porterà importanti disagi anche ai tre impiegati a contratto operanti da anni presso la struttura, costretti a lasciare la loro città, le loro case - con conseguente riflesso anche sull'organizzazione familiare - per raggiungere una città distante oltre 150 chilometri;
molti referenti politici ed istituzionali tedeschi hanno manifestato il loro, disappunto verso la potenziale chiusura dell'agenzia consolare, intervenendo in prima persona sollecitando una rettifica del progetto di razionalizzazione da parte del Ministero degli affari esteri;
in data 15 agosto 2009 Lothar Mark, membro del parlamento tedesco, nonché Stefan Rebmann, Presidente DGB della Regione Rhein-Neckar hanno trasmesso diverse missive all'Ambasciatore Valensise, al Ministro Frattini e al sottosegretario Mantica, evidenziando il carattere pregnante della permanenza di una realtà consolare, seppur ridimensionata, nella città di Mannheim - la seconda città per popolazione nella regione del Baden-Württemberg - e soprattutto l'irrisorietà del risparmio che ne deriverebbe dalla chiusura della struttura considerato anche il numero di italiani residenti in loco;
nel corso del 2009 sono state diverse le comunicazioni del presidente del Comites di Mannheim, Mario Perrone, indirizzate al Governo finalizzate ad una sensibilizzazione dei referenti dell'esecutivo sulle gravi ripercussioni che la chiusura consolare avrebbe comportato ed annunciando uno stato di agitazione dei cittadini afferenti all'agenzia consolare, al fine di salvaguardare i diritti dei lavoratori italiani emigrati. Molte sono state le azioni di protesta organizzate dal locale Comites tra giugno e dicembre del 2009;
gli organi di stampa locale, come il Mannheimer Morgen, il Rhein Neckarzeitung ed il Bild, hanno riempito per giorni le loro pagine, esprimendo criticità per la scelta dell'amministrazione italiana di chiudere la struttura per risparmiare soltanto 40.844 euro, una cifra irrisoria soprattutto se si considerano gli ingenti danni che la chiusura andrebbe ad arrecare sotto il profilo economico, amministrativo e funzionale alla nostra comunità in loco oltre che al Paese stesso;
Peter Kurz, sindaco di Mannheim ha indirizzato in questi mesi una missiva al Ministro esprimendo preoccupazione per i disagi che i concittadini italiani del circondario Reno Neckar potrebbero subire a seguito della chiusura della struttura consolare;
in data 30 marzo 2010 il generale di brigata Claudio Ernesto Vercellotti, massimo referente della rappresentanza italiana presso il quartier generale del comando delle forze alleate in Heidelberg ha indirizzato una articolata nota al Ministro della difesa evidenziando le serie complicazioni che lo spostamento delle competenze sino ad ora svolte dalla rappresentanza di Mannheim alla sede di Stoccarda potrebbe comportare al personale militare italiano in Heildeberg, che rischierebbe di perdere un riferimento certo ed attivo per il disbrigo delle numerose pratiche afferenti sia alla vita comune di personale militare e rispettive famiglie, sia per l'ottenimento e rinnovo dei passaporti di servizio. Un disagio non trascurabile in una fase in cui il comando a seguito della recente trasformazione ha assunto una valenza di maggiore operatività;
già nel marzo 2009, l'allora ambasciatore italiano a Berlino Antonio Puri Purini evidenziava in una sua nota indirizzata al Ministero degli affari esteri che i livelli di integrazione degli italiani in Germania risultano non confortanti, e che il grado di partecipazione dei nostri connazionali alla vita politica, sociale ed economica del Paese che li ospita è particolarmente basso;
i livelli di integrazione dei nostri connazionali nel circondario di Mannheim, unito alla scarsa propensione di

questi all'utilizzo di sistemi informatici, rendono poco plausibile l'ipotesi di «totem» o altre ipotesi di fruizione del consolato digitale. Piuttosto l'attuale situazione sociale e culturale della nostra comunità in loco conferma l'esigenza indifferibile ed insostituibile da parte di questa di poter fare riferimento all'esperienza, alla conoscenza della normativa, alle usanze ai costumi e alla lingua locale di quegli impiegati a contratto residenti sul territorio che da circa 30 anni svolgono il loro ruolo nella struttura a servizio del nostro Paese e della nostra comunità, con abnegazione ed indiscutibile senso del dovere;
l'offerta avanzata dal comune di Mannheim di mettere a disposizione dei locali pubblici gratuitamente delle strutture diplomatiche italiane, rappresenterebbe un presupposto certamente non trascurabile per predisporre delle ipotesi alternative alla attuale e programmata chiusura, annullando di conseguenza le spese di gestione della stessa struttura;
sarebbe auspicabile mantenere uno sportello consolare operativo nella città di Mannheim, per far fronte alle esigenze e alle istanze dei tanti connazionali, con una attenzione in particolare per coloro la cui anzianità e la cui mancata conoscenza dei sistemi informatici, rende complessa la fruizione di qualsivoglia altro servizio alternativo, che hanno ancora bisogno di assistenza e di guida nelle varie fasi di gestione dei processi dell'integrazione sul territorio di residenza. Una mancanza di tale disponibilità e di apertura andrebbe a svilire la ratio dell'intero impianto delle garanzie e delle tutele a sostegno dei nostri connazionali oltre confine, di cui la rappresentanza diplomatica dovrebbe essere baluardo -:
se sia a conoscenza delle questioni e degli aspetti tracciati in premessa;
se intenda predisporre eventuali iniziative volte all'analisi della situazione attuale dell'agenzia consolare di Mannheim ed eventualmente finalizzate al mantenimento di una struttura - nell'ipotesi declassata - che garantisca adeguato sostegno rimanendo un punto di riferimento per i connazionali in loco.
(4-06919)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nella presente interrogazione si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Preme, innanzitutto, sottolineare come la determinazione di riconsiderare la presenza istituzionale italiana in Mannheim debba essere ricondotta al più generale piano di razionalizzazione della rete estera che è stato presentato, in più occasioni, alle commissioni esteri della Camera e del Senato, al consiglio generale degli italiani all'estero e alle organizzazioni sindacali. Tale piano, che inizialmente prevedeva scadenze più ravvicinate per l'attuazione dei provvedimenti di chiusura, ha subito una successiva rimodulazione cronologica, in funzione degli approfondimenti svolti dall'amministrazione in merito, ai singoli aspetti di problematicità relativi alle sedi interessate. In questi approfondimenti, il Ministero degli affari esteri riserva prioritario riguardo ai servizi destinati alle collettività italiane, che si intendono mantenere ad un livello qualitativo elevato.
Nel quadro dei menzionati approfondimenti è stata attribuita privilegiata attenzione alla salvaguardia dei livelli di assistenza prestati ai nostri connazionali residenti in Germania, come legittimamente segnalato dalle varie istanze coinvolte. Priorità dell'amministrazione è, infatti, che le risorse umane e finanziarie ottenute attraverso il piano di razionalizzazione siano reinvestite nella rete all'estero al fine di garantirne la sostenibilità nel suo insieme.
Parallelamente, prosegue l'impegno di questo Ministero nella realizzazione di piattaforme informatiche innovative, progetto cui è stata attribuita particolare priorità dal punto di vista dei tempi di realizzazione e delle risorse dedicate e nel perseguimento dell'obiettivo di garantire sia la promozione degli interessi nazionali, sia l'assistenza alle collettività italiane residenti all'estero. Tale progetto è volto a consentire all'intera rete consolare di: a) aumentare il livello di produttività degli uffici, rendendoli sempre

più efficienti e rispondenti alle esigenze dei connazionali, b) fornire all'utenza adeguati servizi telematici a distanza e c) corrispondere agli indirizzi governativi in tema di innovazione, digitalizzazione e smaterializzazione delle attività delle pubbliche amministrazioni.
Alla luce di quanto precede, l'agenzia consolare di Mannheim è stata soppressa il 1 o ottobre 2010 e la dotazione organica del personale è confluita nel Consolato Generale di Stoccarda, per assicurare un adeguato livello di servizi alla collettività italiana interessata.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 13 settembre 2010 ha preso il via il progetto «Vivi le Forze Armate. Militare per tre settimane» un programma di corsi di formazione teorico-pratica che si svolgeranno per tre settimane, presso vari reparti/enti delle quattro Forze armate: Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri;
la legge, approvata lo scorso 30 luglio, parla di «corsi di formazione a carattere teorico-pratico, tendenti a rafforzare la conoscenza e la condivisione dei valori che promanano dalle Forze armate e che sono alla base della presenza dei militari italiani di tutte le componenti operative nelle missioni internazionali»;
il progetto prevede uno stanziamento di circa 20 milioni di euro in tre anni, di cui 6,5 da spendere per il 2010 e 5,8 da spendere per il 2011 e 7,5 per il 2012;
il Ministro della difesa ha dichiarato: «i costi non sono affatto quelli più volte amplificati. L'iniziativa nel complesso del triennio costerà 19 milioni di euro, ma di cui appena 5 graveranno sul bilancio della Difesa, mentre gli altri 14 risultano da altre risorse non utilizzate e da fondi di riserva della Ragioneria.»;
tutto ciò all'interno di uno dei dicasteri più importanti per il Paese e alle prese con continui tagli di bilancio. Si prevede infatti che nei prossimi 3 anni saranno circa 3000 i militari che, essendo in ferma breve, saranno costretti a lasciare l'arma a causa della naturale risoluzione del contratto;
inoltre, con l'ultimo decreto di proroga delle missioni internazionali si è giunti a un sostanziale ridimensionamento dell'impegno italiano in alcune aree del mondo, anche a seguito dei tagli orizzontali subiti dal comparto difesa;
nel settore della difesa sono sempre più penalizzati i corsi di formazione e di addestramento dei giovani militari e le loro condizioni continuano ad essere sempre più precarie e si tagliano fondi anche per la manutenzione dei mezzi;
tra l'altro, l'avvio del progetto di mini naja sta tenendo impegnate le caserme italiane, coinvolgendo direttamente nei lavori di adeguamento e di organizzazione i giovani militari in ferma prefissata (precari), togliendo loro tempo prezioso per le loro attività di addestramento;
il Ministro della difesa afferma inoltre che l'abolizione della leva ha tolto ai giovani la possibilità di un'esperienza che aiuta a crescere. Di qui l'idea di offrire a chi ne ha voglia almeno un assaggio di vita militare;
risulta evidente che ai giovani necessitano politiche giovanili di ben altro livello e con contenuti e progetti che realmente favoriscano la loro crescita formativa e occupazionale -:
se il Governo non ritenga di dover rivedere completamente il progetto «Vivi le Forze Armate. Militare per tre settimane» al fine dare le giuste priorità a problematiche ben più gravi che affliggono il comparto difesa e a far vivere le Forze armate in maniera dignitosa a tutti quei giovani che hanno scelto di essere militare per sempre;

se il Governo non ritenga di dover chiarire e dettagliare la provenienza delle risorse per il progetto «Vivi le Forze Armate. Militare per tre settimane» che ha dichiarato di utilizzare nei prossimi tre anni.
(4-08579)

Risposta. - Fin dall'inizio del mio mandato di Ministro della difesa ho pensato ad un'iniziativa che, a fronte della sospensione del servizio di leva, offrisse ai giovani l'opportunità di vivere, per un breve periodo, un'esperienza di vita militare e di avvicinarsi a quei valori che tradizionalmente promanano dalle Forze armate, quali la disciplina, lo spirito di corpo, l'educazione al rispetto dei principi etici, l'osservanza delle regole e l'amor di Patria.
I citati corsi a carattere teorico-pratico denominati «Vivi le Forze armate. Militare per tre settimane», avviati in attuazione dell'articolo 55, comma 5-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 («Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica»), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, vanno proprio in questa direzione.
Infatti, i giovani partecipanti, grazie a questa breve esperienza nei reparti enti delle Forze armate, possono prendere coscienza, in modo diretto e concreto, dei valori non solo professionali, ma anche etici e morali, che caratterizzano la professione militare e che consentono agli appartenenti alle Forze armate di affrontare, con piena consapevolezza dell'importanza del proprio ruolo, i molteplici e variegati impegni, e i rischi correlati all'assolvimento dei compiti istituzionali, con particolare riferimento all'attuale partecipazione alle missioni internazionali.
Tali corsi, in buona sostanza, sono intesi a fornire le conoscenze di base riguardanti il dovere costituzionale della difesa dello Stato e le attività prioritarie, in particolare nelle missioni internazionali di pace a salvaguardia degli interessi nazionali, di contrasto al terrorismo internazionale e di soccorso alle popolazioni locali, di protezione dei beni culturali, paesaggistici e ambientali e quelle di concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni, in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza.
Ciò premesso, per quanto concerne gli aspetti finanziari, rammento innanzitutto che, ai fini dell'organizzazione di tali corsi, la citata norma di riferimento ha autorizzato la spesa di euro 6.599.720 per l'anno 2010, euro 5.846.720 per l'anno 2011 ed euro 7.500.000 per l'anno 2012.
Faccio notare che le predette risorse finanziarie sono indicate nel dettaglio dal comma 7-bis, del citato articolo n. 55:
quanto a euro 5.285.720 per l'anno 2010, mediante corrispondente riduzione lineare delle dotazioni finanziarie di parte corrente delle missioni di spesa del Ministero della difesa, con riferimento alle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196;
quanto a euro 1.314.000 per l'anno 2010, euro 74.000 per l'anno 2011 ed euro 2.500.000 per l'anno 2012, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2010-2012, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2010, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della difesa;
quanto a euro 5.772.720 per l'anno 2011 ed euro 5.000.000 per l'anno 2012 mediante parziale utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 4, commi da 4-bis a 4-novies.

Pertanto, dei circa 19,9 milioni di euro necessari nel triennio 2010-2012 per lo svolgimento dei corsi, la quota a carico del bilancio della difesa, riferita alle riduzioni delle spese rimodulabili apportata dal Ministero dell'economia e delle finanze per il corrente esercizio finanziario, è pari a circa 5,3 milioni di euro.
Chiarito quanto sopra, desidero ribadire, ancora una volta, che la questione del

reclutamento e dell'addestramento del personale delle Forze armate è estremamente rilevante e non è assolutamente sottovalutata, ma al contrario viene considerata una priorità, tenuto conto di tutte le comprensibili implicazioni sotto il profilo sia della corretta alimentazione dei vari ruoli, sia dell'impiego e della sicurezza del personale.
Mi preme sottolineare che l'amministrazione, a fronte della riduzione delle risorse correlata alle esigenze di contenimento della spesa pubblica imposta dall'attuale difficile congiuntura economica, ha messo in atto tutte le possibili misure tese a preservare la piena efficienza operativa dello strumento militare, adottando soluzioni che consentono, pur in un'ottica riduttiva, di salvaguardare i settori vitali delle Forze armate.
In merito, invece, alla sede di svolgimento dei corsi, faccio osservare che sono stati individuati reparti/enti ove il personale impiegato per tale esigenza non è distolto da particolari impegni addestrativi/operativi.
Va sottolineato, infine, il largo successo riscontrato al momento dall'iniziativa, in ragione non soltanto dell'elevato numero di domande di partecipazione presentate ma anche dell'entusiasmo e del gradimento mostrato da tutti quei giovani che hanno già terminato la frequenza del corso teorico-pratico.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nella giornata del 15 dicembre 2010 in Afghanistan una base dei militari italiani è stata attaccata a colpi d'arma da fuoco nell'ovest del Paese. Nell'immediato non si sono registrati feriti. Un gruppo di insorti ha preso di mira l'installazione militare italiana che si trova a Buji, nel settore sud-orientale dell'area sotto comando italiano, nell'ovest dell'Afghanistan. I soldati italiani hanno risposto al fuoco e gli aggressori si sono allontanati;
nello stesso giorno una «bicicletta bomba» ha ucciso tre bambini e provocato il ferimento di sei civili nel sud dell'Afghanistan;
la polizia ha detto alla AFP che i bambini morti stavano vendendo fiori di plastica e carta, quando è avvenuta l'esplosione nel campo vicino alla città di Kandahar, la capitale spirituale dei talebani;
la maggior parte dei feriti sono i conducenti di taxi in attesa al campo, che al momento attendevano il ritorno dei pellegrini;
i funzionari locali, che hanno confermato il bilancio delle vittime, hanno aggiunto in una dichiarazione che la bomba è stata fatta esplodere a distanza;
il giorno precedente, le forze internazionali che combattono l'insurrezione dei talebani hanno annunciato che uno dei loro aerei accidentalmente ha ucciso un civile e che sono stati feriti due bambini in Marjah nella vicina provincia di Helmand;
l'International Security Assistance Force (ISAF) ha disposto l'invio di una squadra nella zona per investigare sull'incidente;
gli incidenti sono avvenuti in un periodo in cui il Comitato internazionale della croce rossa (CICR) ha affermato che il conflitto di nove anni in Afghanistan sta entrando in una «nuova fase piuttosto oscura»;
«la proliferazione di gruppi armati minacciano la capacità delle organizzazioni umanitarie di accedere a chi ne ha bisogno», è quanto affermato in una conferenza stampa a Kabul da Reto Stocker, responsabile del CICR in Afghanistan;
in questi giorni negli Stati Uniti viene pubblicato un riesame della strategia che il presidente Barack Obama ha annunciato un anno fa;
il 19 dicembre 2010 i talebani sono tornati a colpire in modo duro con i loro kamikaze gli uomini delle forze di sicurezza afgane nella provincia settentrionale di Kunduz e nella stessa Kabul, con un

bilancio di almeno 12 soldati e agenti uccisi e numerosi altri feriti;
gli attacchi sono avvenuti poche ore dopo la partenza, proprio dalla provincia di Kunduz, del Cancelliere tedesco Angela Merkel in visita sorpresa alle sue truppe;
gli insorti hanno rivendicato attraverso il portavoce Zabihullah Mujahid entrambe le azioni;
le vittime militari della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF, sotto comando Nato) hanno superato attualmente, con l'ennesimo militare deceduto nel sud, quota 700 nel 2010 contro le 521 registrate l'anno scorso;
dall'inizio dell'operazione Enduring Freedom nel 2001, l'ISAF ha perso 2.270 uomini, fra cui 34 italiani, ed oggi il portavoce della Forza, il generale tedesco Josef Blotz ha detto che «l'incremento delle nostre vittime si giustifica con la maggiore pressione esercitata nelle zone calde del sud», come Helmand e Kandahar, grazie all'arrivo degli ultimi 30 mila soldati inviati da Barack Obama;
è evidente pertanto che nonostante i buoni propositi e gli annunci da parte del Governo in merito alla missione in Afghanistan e alla nostra partecipazione, la situazione non è affatto migliorata e gli ultimi continui attacchi, seppur fortunatamente senza gravi feriti per i militari italiani, ne sono una conferma -:
alla luce dell'ultimo attacco ai nostri militari in Afghanistan, se il Governo non ritenga di dover fornire elementi sulla situazione in cui versano i nostri militari impegnati nella missione ISAF e sulla nostra posizione all'interno della coalizione.
(4-10174)

Risposta. - La nostra presenza in Afghanistan è stata decisa dal Governo e dal Parlamento, e confermata nel corso delle ultime tre legislature, in attuazione della risoluzione n. 1386 del Consiglio di sicurezza dell'Onu, e della decisione condivisa della Nato che ha autorizzato l'invio della Forza multinazionale International Security Assistance Force (Isaf) con il compito di assistere il Governo afgano nel mantenimento della sicurezza, favorire lo sviluppo delle strutture di governo, estendere il controllo del governo su tutto il paese e assistere gli sforzi umanitari e di ricostruzione, nel quadro degli accordi di Bonn del 5 dicembre 2001.
Il nostro è un impegno pienamente in linea con l'articolo 11 della nostra Costituzione, così come chiarito dal Presidente Napolitano, il quale in più di una circostanza, ha sottolineato come l'Italia svolga il suo ruolo per la pace e la sicurezza internazionale nel rispetto di tale norma costituzionale.
Il Presidente della Repubblica, infatti, ha precisato che l'articolo 11 prevede sì il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, ma stabilisce l'impegno di partecipazione dell'Italia alle organizzazioni internazionali che perseguono gli obiettivi della pace e della giustizia fra le nazioni.
Ciò premesso, con riguardo alla situazione e alle prospettive della nostra missione in Afghanistan, ricordo che, in esito alle linee di sviluppo della strategia della Nato delineata nel recente vertice di Lisbona (22-23 novembre 2010), è imminente l'avvio di quella che è una fase cruciale - la transizione - che presuppone il trasferimento della piena responsabilità alle Autorità afgane, condizione indispensabile per una duratura stabilizzazione del paese.
Tale strategia si ricollega alle riflessioni già avviate a partire dal 2010, quando è maturata nella comunità internazionale la convinzione, a causa della perdurante instabilità dell'area, che la soluzione esclusivamente militare al problema afgano non fosse sufficiente, ma che fosse necessaria una soluzione politica globale per pervenire al rafforzamento delle istituzioni afgane.
La transizione prevede, infatti, la messa in campo - in un'ottica di comprehensive approach - di tutto l'ampio spettro di strumenti politici, sociali, economici e militari a disposizione.
Tale processo dovrà essere graduale, non dettato da scadenze temporali prefissate, ma

subordinato alle reali condizioni sul terreno, ovvero vincolato al conseguimento di adeguati livelli di sicurezza, di governance e di sviluppo socio-economico.
Questa fase sarà avviata nelle aree in cui siano già state conseguite le condizioni idonee, a partire dai prossimi mesi, a condizione che le forze afgane siano in grado di controllare autonomamente il territorio.
Nel rispetto del principio di pieno coinvolgimento delle legittime autorità afgane in ogni decisione che attiene al futuro del loro paese, la responsabilità di decidere in quali aree effettivamente avviare la transizione risale ad un'apposita commissione congiunta Nato-afgana (detta Janib - Joint Afghan Nato Inteqal Board), che avrà proprio il compito di valutare la situazione locale in termini di sicurezza, governance e sviluppo.
La fase di transizione dovrebbe concludersi entro il 2014, data oltre la quale le Forze della Nato terminerebbero di svolgere il loro ruolo primario nel settore della sicurezza, limitandosi al sostegno delle autorità afgane.
In tale contesto, assume fondamentale importanza l'attività di tutoraggio e formazione delle forze di sicurezza afgane (esercito e polizia), in quanto essa viene concordemente ritenuta il fattore catalizzante in grado di consentire concretamente di accelerare il progressivo passaggio delle piene responsabilità alle autorità afgane.
In questo ambito di forte impulso alla formazione delle forze di sicurezza afgane, sarà incrementato e consolidato il ruolo e il contributo nazionale, che si esplica da tempo ad ampio spettro, grazie all'invio, nei prossimi mesi, di ulteriori 200 istruttori/mentor la cui eccellenza è ampiamente riconosciuta e apprezzata.
Dall'inizio della missione, i nostri militari hanno condotto attività operative in settori che vanno dal controllo del territorio alla cooperazione civile-militare che hanno consentito di conseguire importanti risultati nella nostra area di responsabilità.
Numerosi e significativi attestati di stima vengono rivolti all'Italia rispettivamente dal Segretario generale della Nato Rasmussen, dal comandante di Isaf il Generale Petraeus, ma anche dallo stesso Presidente americano Obama nel corso del recente vertice di Lisbona, i quali, in più di una circostanza, hanno espresso gratitudine e grande apprezzamento per la quantità e la qualità del nostro impegno per la stabilizzazione dell'Afghanistan.
In particolare, ciò che i nostri militari hanno realizzato a Bala Murghab è rappresentativo del processo in corso in Afghanistan e in particolare dell'efficacia della nostra azione per il recupero del controllo del territorio, sottraendolo agli insorti.
L'incremento delle nostre forze e mezzi in quell'area ha consentito, infatti, di estendere a 20 chilometri la «bolla di sicurezza» attorno alla nostra base di Bala Murghab, consentendo a circa 10.000 afgani di rientrare nei villaggi esistenti all'interno di tale bolla che precedentemente si erano spopolati a causa della presenza degli insurgent.
Inoltre, grazie all'attività di tutoraggio e addestramento, svolta anche dai nostri militari, secondo i dati riferiti allo scorso mese di novembre, l'esercito afgano ha raggiunto i 145.000 uomini e le forze di sicurezza afgana addestrate le 115.000 unità. Ciò è un risultato che fa ben sperare per l'avvenire, nell'ottica della irreversibile transizione.
Contestualmente alle attività finalizzate al controllo del territorio e all'addestramento delle forze di sicurezza, prosegue il programma di aiuti a sostegno della popolazione locale. Fra i progetti realizzati più recentemente vanno sottolineati l'apertura di una scuola femminile, il restauro di una moschea, l'installazione di nuove pompe per pozzi, la costruzione di un ponte e di un acquedotto.
Ricordo che in occasione delle elezioni politiche del 18 settembre 2010, nell'area di nostra responsabilità è stato registrato uno dei tassi di affluenza più elevati.
L'intendimento è quello di continuare ad applicare questa strategia che poggia su 3 elementi, complementari e interdipendenti,

prodromici per la transizione alla owner-ship delle legittime autorità dell'Afghanistan:
allargamento delle aree nelle quali sono garantite adeguate condizioni di sicurezza;
acquisizione e consolidamento della fiducia della popolazione, anche attraverso concreti programmi di aiuto;
rafforzamento delle istituzioni locali, mediante l'addestramento dell'Esercito e della Polizia e il sostegno alle autorità locali per il miglioramento della governance.
Sempre all'interno del distretto di Bala Murghab si sottolinea l'azione dell'Integrated command team, composto dai nostri comandanti e da quelli dell'Esercito e della Polizia afgani, che ha ampliato il focus iniziale rivolto alla sicurezza, estendendolo a quello della governance, promuovendo, in particolare, incontri itineranti con le shura locali e gli elders, gli anziani dei villaggi, che costituiscono una forte leva per rafforzare il consenso e la compartecipazione locale.
I nostri militari, pur nella consapevolezza dei rischi e dei pericoli - rispetto ai quali l'attenzione è sempre massima - stanno svolgendo il loro difficile compito in modo encomiabile, dimostrando un metodo tutto italiano, che unisce alla professionalità e alle competenze uno spirito umano non comune, in grado di conquistare la stima e la fiducia delle popolazioni locali con le quali vengono in contatto.
È innegabile che la situazione sia estremamente complessa, né possiamo nasconderci le difficoltà e i rischi che sono connessi ad una recente recrudescenza di azioni poste in essere contro le forze della coalizione, che - come ho già avuto modo di prospettare in diverse recenti circostanze, in particolare nell'ambito di precedenti informative - è da mettere in relazione ad un maggior impegno delle forze nazionali nel controllo e nella stabilizzazione dell'area di responsabilità.

Ciò nonostante, il nostro paese intende proseguire la sua azione nell'ambito di una missione internazionale di assoluta priorità, non solo per i paesi membri della coalizione, ma anche per tutti gli altri attori che condividono lo stesso interesse strategico di dare stabilità ad un'area nella quale è in gioco la sicurezza globale.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere:
quanti siano i dipendenti della Lega navale italiana (LNI);
a quanto ammontino nell'anno 2009 le spese e le relative voci, sostenute dalla Lega navale italiana.
(4-06965)

Risposta. - La Lega navale italiana è un ente pubblico non economico a base associativa posto sotto la vigilanza del Ministero della difesa e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, preposto a servizi di pubblico interesse ai sensi dell'articolo 1 della legge 20 marzo 1975, n. 70.
L'ente è stato riordinato con decreto del Presidente della Repubblica 12 novembre 2009, n. 205, adottato a norma dell'articolo 26, comma 1, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
In funzione della vigilanza esercitata sull'ente, il dicastero ne trasmette ogni anno alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica, ai sensi dell'articolo 30, comma 5, della citata legge n. 70 del 1975, la relazione sull'attività svolta, sul rendiconto generale e sulla consistenza organica dell'anno precedente, nonché la relazione sul bilancio di previsione, con allegati il bilancio consuntivo dell'anno precedente e il bilancio di previsione per l'esercizio finanziario corrente come risulta dai documenti parlamentari.
La stessa documentazione viene trasmessa dalla Lega navale alla Corte dei

conti che, a sua volta, relaziona al Parlamento sull'attività di controllo svolta sull'ente.
Per quanto riguarda, infine, il numero dei dipendenti della Lni si rappresenta che sono 7 oltre al direttore generale.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come riferiscono numerosi giornali e siti internet, il signor Francesco Bonifacio, disabile, è rimasto letteralmente prigioniero per un'ora e mezza all'interno della stazione metropolitana di Gambara a Milano, a causa del blocco del montascale;
il signor Bonifacio si stava recando allo stadio per assistere alla partita Milan-Juventus, e per questo, essendo disabile costretto a muoversi con una carrozzina elettrica, stava raggiungendo San Siro in compagnia di un'amica utilizzando i mezzi pubblici;
per questo motivo era partito in anticipo dalla sua abitazione di Rogoredo, per potere arrivare con tutta calma allo stadio, mangiare, e sistemarsi adeguatamente sugli spalti;
a vanificare tutte le sue premure ci ha pensato la rottura di un montacarrozzine alla stazione metrò di Gambara: il macchinario si è bloccato a metà corsa lungo l'ultima rampa di scale, cosicché il signor Bonifacio è rimasto un'ora e mezza ad attendere i soccorsi, bloccato sulla sua carrozzina, ferma sul montacarrozzine, a metà della scalinata che porta dalla stazione al piano strada;
un paio di addetti dell'Atm inutilmente hanno cercato di azionare una manovella che avrebbe dovuto toglierlo dagli impicci ma che in realtà non ha a sua volta funzionato;
l'accaduto costituisce, ad avviso degli interroganti, un fatto vergognoso una situazione incredibile nella città che dovrà ospitare l'Expo 2015;
appare grave non tanto che si sia verificato un guasto tecnico, che rientra nel novero dei possibili inconvenienti, quanto, piuttosto che i dispositivi alternativi si siano rivelati inefficaci e che i vigili del fuoco siano riusciti ad intervenire solo a distanza di 90 minuti;
è parimenti grave che i montascale in uso nella metropolitana di Milano risultino usurati, con una tecnologia vecchia, e che la squadra di intervento dell'Atm, una volta arrivata, non sia stata in grado di fare nulla; e solo dopo che i tecnici hanno ammesso di non potere intervenire è stato possibile autorizzare l'intervento dei vigili del fuoco -:
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, ritengano di dover adottare promuovere in relazione a quanto sopra esposto al fine di garantire il fondamentale diritto alla mobilità delle persone disabili.
(4-09294)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
In data 30 ottobre 2010 il signor Francesco Bonifacio dopo essere sceso dal treno alla stazione di Gambara ha richiesto all'operatore di stazione, facendo uso dell'interfono, l'attivazione dell'impianto montascale che gli avrebbe consentito di superare il dislivello esistente tra piano banchina e il piano stradale esterno.
Pertanto, verso le ore 18.10 circa in modo autonomo e conformemente alle disposizioni previste nel regolamento di esercizio esposte su appositi cartelli in corrispondenza delle scale attrezzate, il signor Bonifacio, dopo essere sceso dal primo impianto montascale che lo aveva portato dal piano banchina al piano mezzanino si

accingeva ad utilizzare il secondo impianto di collegamento tra il piano mezzanino e l'esterno.
A metà salita, tuttavia, nel punto in cui la guida effettua una curva per il cambio di direzione della scala, l'impianto montascale si arrestava.
L'Agente di stazione dopo aver constatato l'allarme sul proprio banco, attivato dallo stesso signor Bonifacio tramite una pulsantiera posta sulla pedana movente, ha cercato di sbloccare l'apparecchiatura coadiuvato anche da due operatori inviati sul posto dalla sala operativa.
Purtroppo, anche con l'uso degli strumenti di soccorso per la manovra manuale, non è stato possibile spostare il montascale.
Tale manovra risultava inattuabile a causa del disassamento, causato dallo sforzo di trazione nel punto della massima curvatura della guida, tra il foro in cui si deve infilare il volantino e il perno per lo spostamento manuale.
Nel frattempo, alle ore 18.35, veniva richiesto l'intervento delle squadre interne di emergenza che, sopraggiunte alle ore 19.00 circa, non sono state in grado né di riparare il blocco dell'impianto né di rimuovere la carrozzella.
Si è trattato infatti di un guasto mai verificatosi in precedenza, probabilmente causato dal peso sulla piattaforma, passeggero e carrozzella, molto vicino al limite massimo di portata di 200 chilogrammi.
Successivamente, alle ore 19.30, veniva richiesto l'intervento dei vigili del fuoco che giunti sul posto alle ore 19.50 provvedevano a smontare il motore della carrozzella, per alleggerirne il peso, e a trasportare al piano stradale il signor Bonifacio, cui nel frattempo il personale aziendale aveva prestato continua assistenza sul posto.
L'azienda trasporti milanese fa sapere di essere fornita in metropolitana di 75 impianti montascale e di 76 ascensori con un grado di funzionalità media del 99 per cento.
In merito alla manutenzione degli impianti montascale, l'azienda di trasporto ha da tempo affinato la manutenzione preventiva su tali impianti con cicli che hanno frequenze mensili e, per alcuni componenti, quindicinali, oltre alle revisioni periodiche programmate. Tutti i giorni, inoltre, all'inizio delle attività viene fatta una verifica circa la funzionalità di tutti i montascale.
È stato inoltre istituito dal settore relazioni con i viaggiatori un numero verde gratuito, attivo dalle ore 7.30 alle ore 19.30, in grado di fornire in tempo reale la situazione del funzionamento degli impianti ascensore/montascale unitamente all'assistenza personalizzata per gli utilizzatori con lo studio di eventuali percorsi alternativi.
In relazione alle iniziative a seguito dell'evento occorso, l'azienda trasporti milanese fa sapere di aver intrapreso:
l'avvio di uno studio di fattibilità, in considerazione dell'elevata diffusione di carrozzelle motorizzate, per elevare le prestazioni di portata delle piattaforme dei montascale esistenti da 200 chilogrammi a 220 chilogrammi;
l'elevamento della portata massima di 220 chilogrammi per i montascale di nuova ordinazione;
l'intensificazione delle prove di funzionamento, da parte del personale in servizio, delle apparecchiature esistenti;
l'emanazione di nuove disposizioni al personale in servizio di ricorrere alla chiamata dei vigili del fuoco entro 20 minuti dalla constatazione di eventuali blocchi nel funzionamento delle apparecchiature e di impossibilità di intervento con le squadre interne di soccorso.
Per quanto sopra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ritiene che siano stati adottati dall'azienda una serie di accorgimenti atti a prevenire ulteriori incidenti.
Da ultimo si assicura che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, attraverso un azione di monitoraggio, vigilerà in merito all'attuazione di tali iniziative.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

FEDI e BUCCHINO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il capitolo 1503 (competenze accessorie al personale al netto dell'imposta regionale sulle attività produttive e degli oneri sociali a carico dell'amministrazione, meglio nota come indennità di sede) della tabella 6, riguardante le previsioni per l'anno finanziario 2010 per il Ministero degli affari esteri, è stato aumentato, rispetto alle previsioni assestate per l'anno finanziario 2009, di 856.287,00 euro;
l'Amministrazione del Ministero degli affari esteri intende razionalizzare drasticamente la presenza delle nostre rappresentanze diplomatiche e consolari nel mondo, alla quale dovrebbe relativamente conseguire una minor presenza di personale di ruolo nelle sedi a rischio chiusura;
quali siano i motivi di questo aumento di risorse sul capitolo 1503;
se quest'aumento sia riconducibile ad un aumento della presenza di personale in missione all'estero ed in caso di risposta affermativa se non fosse possibile ovviare a questo aumento di costi con una maggiore presenza di personale locale che garantisca in ugual modo la funzionalità delle sedi estere;
quali siano motivi che portano l'amministrazione del Ministero degli affari esteri a ridurre da un lato il numero di rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero per produrre risparmi e dall'altro a finanziare, annullando gli effetti benefici della suddetta rimodulazione, aumenti dell'indennità di sede per il personale di ruolo in servizio all'estero.
(4-05776)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nella interrogazione si forniscono i seguenti elementi di informazione.

Il capitolo 1503 è composto da 8 piani gestionali, nei quali sono ricomprese, tra l'altro, le indennità corrisposte al personale di ruolo del ministero affari esteri in servizio all'estero, e le relative ritenute erariali e previdenziali gravanti su tali voci di spesa. Dall'esame dei diversi piani gestionali, si evince che per il 2010 lo stanziamento relativo alle indennità corrisposte al personale di ruolo del Mae in servizio all'estero, iscritto al piano gestionale 1 del capitolo, è stato ridotto rispetto allo stanziamento iniziale del 2009, che non era stato variato con la legge di assestamento del bilancio 2009.
Inoltre, gli incrementi più rilevanti sul capitolo rispetto allo stanziamento iniziale del 2009 si sono registrati sui piani gestionali 2 e 3, relativi alle trattenute fiscali e previdenziali; altro incremento si è avuto sul piano gestionale 8, sul quale gravano le indennità di sistemazione e richiamo dal servizio all'estero, contributo spese abitazione, contributi sociali e così via: esso era giustificabile dalla previsione di un maggior numero di trasferimenti di personale da e verso le sedi estere nel corso del 2010, fermo restando il saldo totale del personale in servizio all'estero.
L'aumento dello stanziamento complessivo sul capitolo 1503 non appare quindi riconducibile ad un piano di incremento delle presenze di personale all'estero o di aumenti dell'indennità di sede, né risulta pari alla cifra indicata dall'interrogante; nel 2010 si registra, infatti, un incremento di 358.287 euro, pari a +0,09 per cento rispetto al bilancio 2009.
Infine, si fa presente che, nonostante in molte sedi estere si sia verificata, nel corso degli anni, una notevole perdita di potere d'acquisto delle indennità, l'amministrazione degli affari esteri ha ritenuto doveroso improntare le proprie iniziative in materia di revisione dell'indennità di servizio estero al massimo senso di responsabilità, visto il particolare momento economico attraversato dal paese e la sempre più cogente necessità di contenimento dei conti pubblici. Di conseguenza, non sono stati proposti adeguamenti generalizzati, ma per pochissime sedi - tutte appartenenti all'area extra-europea - è stato approvato un minimo adeguamento, in funzione dell'erosione di potere d'acquisto particolarmente rilevante delle indennità percepite, o per le

peggiorate condizioni di sicurezza in loco. Dall'altro lato, per diversi paesi sono state previste variazioni di segno opposto delle due componenti che determinano il trattamento economico all'estero (coefficiente di sede e maggiorazione per rischio e disagio), lasciando quindi immutata la spesa.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

FEDI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la comunità italo-sudamericana ha manifestato, attraverso i Comitati degli italiani all'estero (Com.It.Es.), i rappresentanti al Consiglio generale degli italiani all'estero (C.G.I.E.), i rappresentanti delle associazioni e tutte le istanze rappresentative della locale comunità, la propria ferma opposizione alla prospettata chiusura del consolato di Durban;
la chiusura del consolato di Durban, una città dove risiedono quattromila cittadini italiani, renderebbe impossibile offrire i servizi consolari agli utenti che chiedono invece rapporti forti con le istituzioni italiane e servizi efficienti dalle pubbliche amministrazioni del nostro Paese;
la eventuale chiusura del consolato di Durban comprometterebbe anche i rapporti economici e commerciali in uno scalo marittimo e in uno snodo commerciale tra i più importanti dell'intero continente africano, dove si registra la massiccia presenza di aziende italiane e dove attraccano 50 navi italiane all'anno, con relativa richiesta di assistenza al consolato per il disbrigo di pratiche di navigazione;
i continui tagli e le riduzioni di bilancio si sommano ai problemi organizzativi di una rete consolare che necessita invece piena dignità poiché rappresenta oggi un essenziale elemento di collegamento con le comunità italiane nel mondo, oltre ad essere al servizio del sistema economico e commerciale del nostro Paese;
il Governo si era impegnato a comunicare al più presto un nuovo piano di riorganizzazione della rete consolare nel mondo -:
se si intenda mantenere operativa la sede consolare di Durban.
(4-06036)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nella presente interrogazione si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Preme, innanzitutto, sottolineare come ogni determinazione concernente una sede consolare debba essere ricondotta al piano di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare che è stato presentato, fin dal secondo semestre 2009, alle commissioni esteri della Camera e del Senato, alle organizzazioni sindacali, ed al consiglio generale degli italiani all'estero. Allo stesso tempo, l'amministrazione ha proceduto - e continua a procedere - agli approfondimenti del caso, come richiesto dalle varie istanze coinvolte, contemperando le esigenze di razionalizzazione con la necessità di mantenere ad un livello qualitativo elevato i servizi destinati alle collettività italiane come pure alle imprese operanti al di fuori del territorio nazionale, come correttamente enfatizzato dall'interrogante.
Secondo quanto già illustrato nelle predette circostanze, infatti, il fine ultimo del processo di razionalizzazione della rete estera mira ad innalzare gli standard qualitativi dei servizi erogati, assicurando altresì la sostenibilità della rete nel suo insieme, attraverso un'attenta analisi costi/benefici finalizzata al più efficiente utilizzo delle risorse umane e finanziarie. I risparmi di risorse generati dalla razionalizzazione, dunque, verranno destinati al rafforzamento delle sedi alle quali spetteranno le competenze degli uffici in chiusura, così da lasciare inalterato il livello di assistenza garantito ai connazionali ed alle imprese operanti in loco. D'altronde, l'esigenza di razionalizzare la rete estera, già avvertita da altri paesi europei, è oggi diffusa in tutto il

contesto della pubblica amministrazione italiana, come si può evincere dagli analoghi provvedimenti adottati dal Ministero della difesa e dall'istituto nazionale per il commercio estero.
L'impegno della Farnesina nella ristrutturazione della rete degli uffici all'estero procede parallelamente alla realizzazione di innovative piattaforme informatiche, progetto cui è stata attribuita particolare priorità dal punto di vista dei tempi di realizzazione e delle risorse dedicate nel perseguimento dell'obiettivo di garantire sia la promozione degli interessi nazionali, sia l'assistenza alle collettività italiane residenti all'estero. L'implementazione di tecnologie miranti all'erogazione di servizi consolari a distanza, invero, renderà i procedimenti consolari più rapidi, con il presumibile effetto di innalzare il livello di soddisfacimento dell'utenza. Del resto, solo con apprezzabili innovazioni la rete consolare potrà conformarsi ai più recenti indirizzi normativi in tema di digitalizzazione e dematerializzazione dell'attività amministrativa.
Si segnala, infine, che il consolato d'Italia in Durban, è stato soppresso il 1o ottobre 2010 e sostituito in loco da un ufficio consolare onorario, la sua dotazione organica di personale è stata assorbita dal consolato generale di Johannesburg.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

GIULIETTI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 14 dicembre 2010, l'ex direttore del centro di permanenza temporanea Regina Pacis di San Foca (Lecce), don Cesare Lodeserto, è stato condannato con rito abbreviato a un anno e quattro mesi di reclusione per truffa aggravata ai danni dello Stato. Don Cesare avrebbe indebitamente percepito oltre 230.000 euro da parte del Dipartimento per le pari opportunità, somma destinata al programma «Ali Nuove» - per il recupero delle donne scampate alla prostituzione e alla cosiddetta «tratta di esseri umani» - mai utilizzata per il finanziamento del programma;
per don Lodeserto si tratta della quarta condanna. Nel maggio del 2005 era stato condannato a otto mesi di reclusione per simulazione di reato, avendo inviato al proprio telefono cellulare minacce di morte al fine della concessione della scorta. Nel luglio dello stesso anno era stato condannato a un anno e quattro mesi di reclusione per violenza privata e lesioni ai danni di 17 migranti di origine maghrebina che avevano tentato la fuga dal centro di Regina Pacis. Infine, nel settembre del 2007, era stato condannato dal gup del tribunale di Lecce a cinque anni e quattro mesi di reclusione per i reati di calunnia, minaccia per costringere a commettere reati, abuso di mezzi di correzione e sequestro di persona nei confronti di alcune ragazze migranti ospiti del centro;
don Lodeserto vive dalla fine del 2007 in Moldavia, a Chisinau, dove è stato inviato dall'arcivescovo di Lecce monsignore Cosmo Francesco Ruppi in missione fidei donum; ivi continua a gestire altri progetti della fondazione regina pacis -:
risulta dal medesimo sito della fondazione che il patronato Acli di Chisinau, soggetto che agisce sotto la vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, abbia sottoscritto un accordo con la fondazione «Regina Pacis» del 2009 e che il Ministero degli affari esteri fosse informato di tale accordo;
nonostante le condanne nei confronti di don Cesare Lodeserto risulterebbe che la fondazione «Regina Pacis» continui a lavorare in Moldova, Ucraina, Romania e nel territorio della Transnistria -:
se esistano forme di collaborazione tra la fondazione «Regina Pacis» e i Ministeri o enti sottoposti alla vigilanza dei Ministri interrogati e se non si ritenga di interrompere ogni collaborazione con la citata fondazione fintantoché don Cesare Lodeserto ricopra ruoli di responsabilità

nella medesima, viste le gravi e numerose condanne nelle quali è incorso.
(4-10609)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nella presente interrogazione si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Sulla base di una verifica effettuata dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, non risultano attività della fondazione «Regina Pacis», né in Romania, né in Ucraina.
Per quanto riguarda la Moldova, esiste in quel paese una Fondazione «Regina Pacis», quale organismo di diritto moldavo (oltre che regolamentato dal diritto ecclesiastico, in quanto svolge la propria attività all'interno e per conto della Diocesi cattolica di Chisinau). La fondazione risulta sostenuta dalla Chiesa cattolica italiana in ragione della sua attività di carattere sociale e missionario: ha infatti avviato numerosi servizi di assistenza a beneficio di ragazzi di strada, anziani e giovani in difficoltà, tra cui case-famiglia, mense sociali e centri sanitari. L'azione della fondazione a favore delle fasce sociali più deboli è stimata ed apprezzata, tanto che, risulta che l'istituto collabori con il locale ufficio del programma delle Nazioni unite per lo sviluppo nei settori dell'accoglienza, dell'assistenza e del sostegno ai poveri del paese. La fondazione ha inoltre collaborato con la locale rappresentanza dell'unione europea nella realizzazione di un progetto di confidence building con la Transnistria.
Don Cesare Lodeserto è legale rappresentante della fondazione, su mandato e responsabilità del suo vescovo di origine (Diocesi di Lecce) nonché del vescovo della Diocesi cattolica di Chisinau, di cui Monsignor Lodeserto è vicario.
Si segnala, infine che il presidente della Moldova Voronin ha concesso la cittadinanza del paese a Monsignor Lodeserto «per meriti straordinari acquisiti nel settore sociale».
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

GNECCHI e FRONER. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i treni che collegano Verona con Monaco di Baviera via Brennero, con due coppie prolungate rispettivamente su Milano e su Bologna sono stati attivati a dicembre 2009 da una joint venture formata dalle DB (ferrovie tedesche) e f-BB (ferrovie austriache) e LeNord e interessano quattro regioni (Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Emilia);
questi treni hanno sostituito treni del tutto simili, già utilizzati da Trenitalia nel modo «tradizionale», cioè con personale e locomotiva di Trenitalia nella parte italiana, carrozze italiane o estere a seconda dei casi, e cambio di trazione al confine;
in verità, Trenitalia negli ultimi anni, per propria scelta strategica, ha progressivamente abbandonato la quasi totalità delle relazioni internazionali e quello che è successo a dicembre 2009 è stato «soltanto» il tracollo di una situazione già in essere;
l'ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (URSF) ha comunicato il 6 dicembre 2010 alla società Ferrovie LeNord che i treni DB/OEBB eurocity che partono da Monaco e da Innsbruck verso l'Italia - via Brennero, non potranno più effettuare fermate intermedie in territorio italiano e, conseguentemente, i viaggiatori non potranno salire o scendere per esempio, nelle stazioni di Bressanone, Bolzano, Trento, Rovereto, e altre ma solo nella stazione di destinazione finale del treno;
in base alla legge n. 99 del 2009, l'URSF (ufficio regolazione servizi ferroviari, istituito dal decreto legislativo n. 188 del 2003 e facente capo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) ha il compito di stabilire se un servizio di mercato sia classificabile come «internazionale» e quindi possa essere effettuato in modo «liberalizzato», secondo quanto garantito dalla direttiva 2007/58/CE, nonché di stabilire se un servizio di mercato, nazionale o internazionale, comprometta l'equilibrio

economico di un servizio sussidiato (a contratto con lo Stato o le regioni) e quindi su di esso possano applicarsi limitazioni alla salita/discesa dei viaggiatori;
senza nulla togliere alle prerogative dell'ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari, resta il fatto che sono i viaggiatori a subire in concreto i maggiori disagi conseguenti alla suddetta decisione dell'URSF;
solo a seguito dell'intervento dei presidenti delle province autonome di Bolzano e Trento presso il Ministro interrogato, si è ottenuto uno spostamento di tre mesi della decisione di URSF;
il problema non è da ritenersi quindi definitivamente risolto e ciò mette in particolari difficoltà le istituzioni locali dei territori interessati dai collegamenti ferroviari, in quanto trattasi di collegamenti ferroviari internazionali e quindi di esclusiva competenza statale -:
come il Ministro interrogato intenda attivarsi per garantire il diritto alla mobilità della popolazione, mantenendo l'attuale situazione per gli utenti o garantendo idonei collegamenti ferroviari internazionali con altri vettori, superando in tal modo le criticità determinate dalla comunicazione dell'URSF e a prescindere dal vettore ferroviario a cui affidare i servizi.
(4-10012)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
È importante premettere che l'ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (Ursf) è un organismo che, per quanto previsto dal regolamento di organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si pone al di fuori delle strutture dipartimentali del ministero.
L'Ursf è stato istituito con il decreto legislativo n. 188 del 2003, in ottemperanza alle disposizioni comunitarie, con compiti di vigilanza sulla concorrenza nel mercato di riferimento; detto organismo di regolamentazione, ai sensi dell'articolo 30 della direttiva 2001/14/CE, opera in piena indipendenza sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e della strategia finanziaria, dagli organismi preposti alla determinazione dei canoni di accesso all'infrastruttura, dagli organismi preposti all'assegnazione della capacità e dalle imprese ferroviarie richiedenti.
È inoltre funzionalmente indipendente da qualsiasi autorità competente preposta all'aggiudicazione di un contratto di servizio pubblico (regioni e ministero). All'Ursf è affidato il compito di dirimere i contrasti in via amministrativa fra il gestore dell'infrastruttura e le imprese ferroviarie, applicando le sanzioni previste.
La decisione dell'ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari, oggetto della presente interrogazione, trova il proprio fondamento normativo nell'articolo 59, comma 2, della legge 23 luglio 2009, n. 99. Tale disposizione, nel rispetto della normativa comunitaria, prevede che lo svolgimento dei servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale, ivi compresa la parte di servizi internazionali svolta sul territorio italiano, possa essere soggetto a limitazioni nel diritto di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso del servizio, qualora ciò comprometta l'equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico in termini di redditività di tutti i servizi coperti da tale contratto.
Il legislatore comunitario dispone, inoltre, che la valutazione dell'effettiva lesione dell'equilibrio dei servizi a committenza pubblica avvenga a cura dell'organismo di regolazione - che in Italia è stato individuato nell'Ursf - sulla base di un'analisi oggettiva e a criteri prestabiliti. Il che, nel caso di specie, risulta essere avvenuto.
I servizi in parola, al momento oggetto della sospensiva di tre mesi, potranno essere valutati tra i fornitori dei servizi ferroviari al fine di giungere ad una soluzione condivisa che potrà quindi essere presentata all'Ursf per consentire una ulteriore valutazione della questione ed addivenire a quelle decisioni che potranno soddisfare, nel rispetto dei dettami comunitari, le legittime esigenze dei passeggeri e degli utenti del trasporto ferroviario locale. A tal fine, il Ministero delle infrastrutture e

dei trasporti è disponibile ad assicurare la massima attenzione nei confronti sia di Trenitalia sia delle autorità locali per garantire la collaborazione ed il confronto necessari e verranno forniti tutti i chiarimenti alle competenti autorità comunitarie.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

GRIMOLDI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i lavori di riqualificazione della strada statale 36 «del lago di Como e dello Spluga», nel tratto terminale di collegamento al sistema autostradale di Milano (A52-tangenziale Nord, A4-Torino-Venezia), stanno subendo notevoli ritardi;
in questo tratto l'arteria attraversa il territorio dei comuni di Monza e Cinisello Balsamo (Milano), interessando aree urbane caratterizzate dalla presenza diffusa di insediamenti residenziali, produttivi e commerciali;
dopo lunga attesa, è stata approvata la perizia di variante tecnica per i lavori inerenti alla strada statale 36 e il conseguente aggiornamento del quadro economico del progetto e del relativo cronoprogramma delle lavorazioni;
tale cronoprogramma evidenzia una forte dilatazione dei tempi realizzativi inizialmente preventivati;
questo comporta gravissimi disagi per la popolazione del territorio monzese e lombardo in genere;
vi è stata una completa assenza di comunicazioni preventive alle amministrazioni comunali e, per ricaduta, agli utenti sulle motivazioni tecniche che hanno portato a nuove tempistiche che penalizzano fortemente l'intera area e l'intera città;
è doveroso, nel rispetto di tutti quei cittadini che da anni attendono una soluzione dei problemi viabilistici dell'area interessata ai lavori e che si vedono oggi colpiti da una decisione presa dall'alto, essere a conoscenza dei dettagli della perizia e conseguentemente del nuovo cronoprogramma -:
se il Ministro, essendo a conoscenza delle problematiche che affliggono il sistema della viabilità a nord di Milano, in un'area densamente popolata, e della strategica importanza di questa infrastruttura, intenda fornire informazioni e contenuti di dettaglio in relazione alla variante, affinché si possa vagliare, congiuntamente tra Anas e amministrazioni comunali coinvolte, ogni ipotesi di intervento sulla programmazione dei lavori, l'organizzazione del cantiere e l'incentivazione delle ditte esecutrici e delle maestranze, al fine di ridurre il prolungamento dei tempi rispetto alla data comunicata del 30 novembre 2013; per quale motivo Anas non abbia coinvolto le amministrazioni comunali del territorio.
(4-09463)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta. La perizia di variante tecnica relativa ai lavori per la realizzazione della connessione tra la strada statale n. 36 «del lago di Como e dello Spluga» ed il sistema autostradale di Milano, nei comuni di Monza e Cinisello Balsamo, è stata approvata dal Consiglio d'amministrazione dell'azienda nazionale autonoma delle strade in data 4 novembre 2010. Tale perizia si è resa necessaria per risolvere le sopravvenute criticità di natura tecnica e adeguare le opere impiantistiche ai più moderni standard realizzativi.
La società Anas ha comunicato che l'andamento dei lavori è stato fortemente condizionato dalla presenza di numerose e complesse interferenze rinvenute nel sottosuolo, i cosiddetti «sottoservizi»: linee elettriche, fognature, acquedotti, gasdotti, per i quali, nello specifico, non esiste un censimento che consenta di effettuare previsioni certe in fase progettuale. Il numero dei sottoservizi rinvenuti lungo il cantiere della statale n. 36 è risultato addirittura superiore a tremila e anche i materiali degli impianti interrati si sono rivelati fonte di sorpresa, tanto è vero che sono state ritrovate condutture costruite con l'amianto.

Con la perizia di variante si è cercato di semplificare e risolvere:
le nuove modalità operative e temporali per l'esecuzione dei lavori alla luce dei maggiori sottoservizi rinvenuti;
la definizione di nuove opere provvisionali per garantire il sostegno delle viabilità provvisorie e per proteggere ulteriormente i fabbricati esistenti a margine dei lavori;
l'adeguamento degli impianti tecnologici, in sotterraneo e all'aperto, alle nuove normative in materia;
la demolizione e rimozione degli scolmatori esistenti;
l'adeguamento e la riorganizzazione delle reti fognarie esistenti;
l'adozione, per il collettore denominato «C», della tecnica di esecuzione a spingitubo e microtunneling, al fine di limitare l'invasività all'interno di aree private;
la variazione delle fasi di lavoro e delle deviazioni del traffico in esercizio al fine di evitare la demolizione di edifici residenziali;
la demolizione e bonifica dei collettori fognari dismessi, in aderenza alle vigenti normative in materia ambientale;
l'aumento dell'altezza utile dei nuovi sottovia carrabili Caldara e Devizzi, al fine di migliorare la funzionalità delle opere all'interno del sistema viario in cui sono inserite;
l'impiego di materiali con caratteristiche prestazionali adeguate alla nuova normativa antisismica.

Unitamente alla perizia è stato, altresì, necessario riformulare il cronoprogramma dei lavori la cui ultimazione è, ora, prevista per il 30 novembre 2013.
Sono state definite, anche, una serie di scadenze intermedie che riguardano alcune opere previste nell'ambito dell'appalto:
apertura al traffico del sottovia Caldara: l'apertura è avvenuta il 15 febbraio 2011;

apertura al traffico del sottovia Devizzi: maggio 2013;
apertura al traffico dello svincolo di Cinisello Balsamo per la direttrice di traffico A4-Lecco: marzo 2011;
apertura al traffico dello svincolo di Cinisello Balsamo per la direttrice di traffico Lecco-A4: giugno 2011;
apertura al traffico dello svincolo di Cinisello Balsamo per la direttrice di traffico A4-Milano: settembre 2011;
apertura al traffico dello svincolo di Cinisello Balsamo per la direttrice di traffico Milano-A4: ottobre 2011;
ultimazione dei lavori di riqualificazione di viale Brianza: febbraio 2013;
apertura al traffico della canna ovest (la carreggiata diretta a Milano): ottobre 2013;
apertura al traffico della canna est (la carreggiata diretta a Lecco): novembre 2013.

Si segnala che il cronoprogramma è stato elaborato tenendo conto delle complesse fasi di articolazione dei lavori, delle deviazioni del traffico e dei vincoli connessi all'ambito cittadino. In particolare, quest'ultimo aspetto non consente ad oggi all'impresa di operare pienamente anche in orario notturno, stante le vigenti limitazioni comunali in merito all'inquinamento acustico.
Nell'incontro tra Anas, regione Lombardia, province, enti locali e i massimi rappresentanti dell'impresa appaltatrice svoltosi il 26 novembre 2010, si è valutata la possibilità di anticipare la fine dei lavori al primo trimestre del 2013 anche sulla base di una diversa organizzazione del cantiere e dell'adozione di una nuova regolamentazione comunale per i lavori in orario notturno.

Sono allo studio possibili accelerazioni dei lavori, estendendo le fasi operative su 7 giorni a settimana e su due turnazioni diurne. Si ritiene che una simile pianificazione potrebbe consentire l'anticipo di circa un anno sulla conclusione delle opere.
L'efficacia dell'incremento delle fasi lavorative, che comunque comporterebbe maggiori oneri dovuti alle turnazioni, al lavoro notturno e festivo è strettamente collegata ai tempi impiegati per lo spostamento delle interferenze ad opera degli enti gestori.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da diversi giorni sui giornali calabresi sono pubblicate notizie riguardanti l'ennesimo taglio dei treni passeggeri da e per la Calabria per l'anno 2011;
i treni che presumibilmente verranno cancellati sono: 890/893 Lamezia T.-Cz-Rc e viceversa; 557/558/559 e 553/554/552 Paola-Sibari-Crotone e viceversa; 1924; 1925; 986/7/8 Reggio C.-Bari; 983/4/5 Bari-Reggio C.; 951/2/3/4 Roma-Lecce-Crotone; 1934/5 Reggio C.-Venezia, senza tener conto dei treni soppressi diretti in Sicilia;
la situazione risulta particolarmente devastante lungo la linea ionica, dove è previsto un solo intercity ed un espresso da Crotone per Milano e viceversa, e nello specifico nella zona della locride che vede il transito di un solo treno intercity da Reggio Calabria a Milano e viceversa;
queste scelte vanno a penalizzare, come se non lo fossero già abbastanza, i cittadini residenti nella zona est della provincia di Reggio Calabria, che si vedono privati dei servizi primari essenziali -:
se tali notizie siano veritiere e, nel caso, quali azioni intenda intraprendere presso Trenitalia affinché venga garantito un servizio passeggeri su rotaia degno di un Paese civile.
(4-09519)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che buona parte dei servizi ferroviari di media/lunga percorrenza nella regione Calabria, con particolare riferimento a quelli interessanti la fascia ionica, rientrano nel cosiddetto «Servizio universale» che comprende collegamenti aventi un conto economico negativo, il cui mantenimento avviene tramite il contributo dello Stato a copertura della differenza tra i costi di produzione e i ricavi da traffico di questi treni.
Pertanto, lo Stato, rappresentato dal Ministero delle infrastrutture e trasporti, sottoscrive un contratto di servizio con Trenitalia in cui individua i treni ammessi al contributo pubblico e determina la quantità di servizi da effettuare nonché la tipologia e le caratteristiche di questi, tenendo conto delle risorse economiche di cui dispone.
Negli specifici incontri finalizzati a definire nel dettaglio la nuova offerta per il 2011 , il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha adottato soluzioni volte ad assicurare il diritto alla mobilità sulle relazioni della Calabria con il centro e il nord del paese, garantendo nel contempo, l'equilibrio economico del contratto di servizio.
A questi criteri risponde la riorganizzazione di alcuni servizi della Calabria prevista con il nuovo orario del 12 dicembre 2010, attuata intervenendo su treni che presentavano volumi di passeggeri di insufficiente consistenza e mantenendo, comunque, il collegamento (in alcuni casi con bus) su tutte le relazioni già servite.
Per quanto riguarda la fascia ionica della Calabria, l'offerta risulta attualmente composta da:
1 coppia di Intercity da/per Milano-Crotone;
1 coppia di Intercity da/per Roma -Reggio Calabria con collegamento per Crotone (via Paola-Cosenza) assicurato con bus;
1 coppia di Intercity notte da/per Milano-Reggio Calabria (via Bari-Crotone);
1 coppia di Intercity notte da/per Torino-Lecce con prosecuzione su Reggio

Calabria (via Bari-Crotone) garantita con sezione aggiunta a Bari all'Icn Milano-Crotone-Reggio Calabria;
1 collegamento bus da/per Bari-Reggio Calabria;
1 coppia di Exp notte da/per Roma-Reggio Calabria, con collegamento via ionica (Lamezia-Catanzaro Lido-Roccella Jonica-Reggio Calabria) assicurato con bus;
1 coppia di Exp notte da/per Roma-Lecce con collegamento via ionica (Metaponto-Catanzaro Lido) assicurato con bus.

Si fa presente, inoltre, che nell'arco della giornata è possibile adottare diverse soluzioni di viaggio che assicurano, in ogni caso, il collegamento tra la Calabria ed il centro-nord del paese attraverso interscambio nelle stazioni di Lamezia Terme e Paola fra i Treni della lunga percorrenza e quelli del trasporto regionale.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MANTINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
di recente è stata secondo l'interrogante inopinatamente, chiusa la sede della Delegazione consolare italiana di Coira, capitale del cantone dei Grigioni;
il cantone dei Grigioni è il più grande della Svizzera, ha un numero di italiani iscritti all'anagrafe di 12.200 unità, ha una particolare conformazione geografica che rende difficili gli spostamenti, per raggiungere la sede consolare di Coira dal Valposchiave, Val Bregaglia ed Engadina, ci si impiega in media due ore in condizioni climatiche ideali;
il Gran consiglio dei Grigioni ha sollecitato il Governo cantonale a prendere posizione contro la chiusura dell'Agenzia consolare italiana. È stata coinvolta la televisione svizzera italiana, varie associazioni, tutti i connazionali. Con l'entrata in vigore del passaporto biometrico, che rileva l'impronta digitale, gli italiani residenti dovranno recarsi di persona presso l'ufficio consolare competente. In caso di chiusura i residenti italiani dei Grigioni dovranno sobbarcarsi più di quattro ore di viaggio per recarsi a Saint Moritz. Viceversa, l'Agenzia consolare di Wettingen, che dista 20 minuti da Zurigo, non è coinvolta nel piano di razionalizzazione. Occorre anche rilevare che il costo della Delegazione, avendo essa in organico tre impiegati più un Console, è molto basso in confronto ad una sede consolare ordinaria -:
quali misure intenda il Governo adottare affinché sia consentita la riapertura della Delegazione consolare di Coira e siano comunque alleviati i notevoli disagi dei cittadini italiani ivi residenti.
(4-05287)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nella presente interrogazione si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Preme innanzitutto sottolineare che il provvedimento riguardante la sede consolare di Coira rientra nel più generale piano di razionalizzazione ione della rete estera che è stato presentato, fin dal secondo semestre 2009, alle commissioni esteri della Camera e del Senato, alle organizzazioni sindacali, ed al consiglio generale degli italiani all'estero. Allo stesso tempo, l'amministrazione ha proceduto - e continua a procedere - agli approfondimenti del caso, come richiesto dalle varie istanze coinvolte contemperando le esigenze di razionalizzazione con quella di mantenere ad un livello qualitativo elevato i servizi destinati alle collettività italiane.
Parallelamente, prosegue l'impegno della Farnesina nella realizzazione di innovative piattaforme, informatiche, progetto cui è stata attribuita particolare priorità dal punto di vista dei tempi di realizzazione e delle risorse dedicate e nel perseguimento dell'obiettivo di garantire sia la promozione degli interessi nazionali, l'assistenza alle collettività italiane residenti all'estero. Tale progetto è volto a consentire all'intera rete consolare di:
a)aumentare il livello di produttività degli uffici, rendendoli sempre più efficienti e rispondenti alle esigenze dei connazionali;

b)fornire all'utenza adeguati servizi telematici a distanza;
c)corrispondere agli indirizzi governativi in tema di innovazione, digitalizzazione e dematerializzazione.

Venendo alla situazione dell'agenzia consolare di Coira, il Ministero degli esteri ne ha deliberato l'accorpamento con il consolato di prima classe di San Gallo dal 1 o luglio 2010.
Per quanto concerne la salvaguardia dei livelli di assistenza prestati ai nostri connazionali residenti in Svizzera, il Governo si è impegnato al rafforzamento delle sedi consolari che hanno ricevuto le competenze dagli uffici in chiusura, permettendo il mantenimento di alti livelli qualitativi nell'erogazione dei servizi ai cittadini. Saranno quindi sempre gli uffici consolari destinatari delle competenze delle sedi chiuse ad assicurare il collegamento tra il nostro Paese e le istituzioni estere statali o locali con non minore assiduità rispetto al passato, così salvaguardando la qualità dei rapporti di carattere bilaterale. Priorità dell'amministrazione è infatti che le risorse umane e finanziarie ottenute attraverso il piano di razionalizzazione vengano reinvestite nella rete all'estero, al fine di garantirne la sostenibilità nel suo insieme.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

CESARE MARINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il mancato decollo del Mezzogiorno va ascritto a diversi fattori che chiamano in causa la politica economica nazionale e le responsabilità interne all'area;
esiste una concausa, non secondaria della situazione di stagnazione, dovuta all'inefficienza dei pubblici servizi;
il collegamento tra le diverse regioni e, in particolare tra il Sud, il Centro e il Nord è fondamentale per la promozione dello sviluppo;
in molti casi i disservizi sono aggravati dall'indifferenza degli amministratori degli stessi servizi;
lo sviluppo dei territori sottoutilizzati è possibile valorizzando le risorse esistenti;
tra queste una delle più importanti è il settore turistico in grado di offrire il mare e la montagna, facilmente fruibili;
l'area Jonica che va da Metaponto a Sibari accanto al mare dà la possibilità al turista di poter godere della triplice attrattiva del grande patrimonio culturale costituita dai siti archeologici della Magna Grecia, del mare Jonio e dei massicci del Pollino, della Sila e dell'Aspromonte;
annualmente si ripete la beffa dell'aspettativa delusa di poter ricevere lungo i litorali Jonici un grande flusso turistico, costretto a disertare la Calabria per le difficoltà rappresentate dall'antiquato e disagevole sistema dei trasporti;
in alcuni casi basterebbe una maggiore attenzione e disponibilità dei responsabili del trasporto ferroviario per risolvere i problemi delle coincidenze o del potenziamento del servizio nei mesi estivi per incentivare i flussi turistici;
il treno Taranto-Sibari-Crotone, per fare un esempio, transita dalla stazione di Metaponto alle ore 21,15 e, per un tempo brevissimo, non incrocia l'Eurostar proveniente da Roma e diretto a Taranto, per cui i viaggiatori, che pure potrebbero utilizzare il sistema di coincidenze per scegliere, una volta giunti nell'area Jonica della Basilicata, di proseguire sia verso Nord che verso Sud, sono privati della possibilità di recarsi in Calabria;
il collegamento Nord-Sud lungo la strada ferrata tirrenica non consente al viaggiatore che vuole recarsi nello Jonio cosentino di incrociare un treno a Paola che lo conduca a Sibari, non essendoci un treno diretto tra le due stazioni;
Trenitalia oltre al meritorio impegno per l'alta velocità, che comunque per molti anni ancora non potrà servire le regioni a sud della Campania, farà bene a migliorare

le vecchie tratte in modo da consentire l'uso della ferrovia agli abitanti della costa Jonica -:
se ritenga di assumere iniziative presso Trenitalia S.p.A. per una più razionale organizzazione delle coincidenze delle varie tratte, sopra richiamate, in modo da favorire maggiori opportunità ai viaggiatori di raggiungere le località della Sibaritide.
(4-06817)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, riguardante il servizio ferroviario della Calabria, con particolare riferimento a quello interessante la fascia jonica calabrese, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Buona parte dei servizi ferroviari di media/lunga percorrenza della Calabria rientrano nel cosiddetto «Servizio Universale» che comprende collegamenti aventi un conto economico negativo e, quindi, per consentirne il mantenimento, sono contribuiti dallo Stato.
Il contributo statale interviene a copertura della differenza tra i costi di produzione e i ricavi da traffico di questi treni.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, attraverso la sottoscrizione del contratto di servizio con Trenitalia, individua i treni ammessi al contributo pubblico e determina, quindi, la quantità di servizi da effettuare nonché la tipologia e le caratteristiche di questi tenendo conto delle risorse economiche di cui dispone.
Negli specifici incontri finalizzati a definire nel dettaglio la nuova offerta per il 2011 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha evidenziato la volontà di adottare soluzioni volte ad assicurare comunque il diritto alla mobilità sulle relazioni della Calabria con il centro e il nord del paese garantendo, nel contempo, l'equilibrio economico del contratto di servizio che è tra i presupposti essenziali del contratto stesso.
A questi criteri risponde la riorganizzazione di alcuni servizi della Calabria prevista con il nuovo orario del 12 dicembre 2010 attuata da Ferrovie dello Stato intervenendo su quei treni che presentavano volumi di passeggeri di insufficiente consistenza e mantenendo il collegamento, in alcuni casi con bus, su tutte le relazioni già servite.
Ferrovie dello Stato ha fatto sapere che l'offerta interessante la fascia jonica della Calabria attualmente risulta composta da:
1 coppia di Intercity da/per Milano-Crotone;
1 coppia di Intercity da/per Roma-Reggio Calabria con collegamento per Crotone (via Paola-Cosenza) assicurato con bus;
1 coppia di Intercity notte da/per Milano-Reggio Calabria (via Bari-Crotone);
1 coppia di Intercity notte da/per Torino-Lecce con prosecuzione su Reggio Calabria (via Bari-Crotone) garantita con sezione aggiunta a Bari all'Icn Milano- Crotone-Reggio Calabria;
1 collegamento bus da/per Bari-Reggio Calabria;
1 coppia di Exp notte da/per Roma-Reggio Calabria, con collegamento via jonica (Lamezia-Catanzaro Lido-Roccella Jonica-Reggio Calabria) assicurato con bus;
1 coppia di Exp notte da/per Roma-Lecce con collegamento via jonica (Metaponto-Catanzaro Lido) assicurato con bus.

Inoltre, esistono nell'arco della giornata diverse soluzioni di viaggio che assicurano, in ogni caso, il collegamento della Calabria con il centro ed il nord del paese attraverso interscambio nelle stazioni di Lamezia Terme e Paola fra i treni della lunga percorrenza e quelli del trasporto regionale.
Per quanto riguarda i collegamenti regionali che servono il territorio della Calabria jonica, si evidenzia che la relativa programmazione e gestione compete alla regione Calabria, i cui rapporti con Trenitalia sono disciplinati, come in tutte le altre regioni, da un contratto di servizio attualmente in attesa di formalizzazione nell'ambito del quale vengono definiti il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare anche sulla base delle risorse economiche rese disponibili.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MARSILIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha redatto la relazione prot. n. 0012227 del 27 ottobre 2009, nell'ambito del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, notificato in data 4 maggio 2009, proposto dal signor Sebastian Freitag per l'annullamento, previa sospensiva, del permesso di costruire n. 143 del 14 agosto 2007 prot. 28983 rilasciato dal comune di Castiglione del Lago;
in detta relazione il Ministero dichiara che l'articolo 64, comma 2, delle norme tecniche di attuazione del vigente piano regolatore generale del comune di Castiglione del Lago, laddove consente la ricostruzione di «edifici esistenti distrutti o demoliti in precedenza all'approvazione del presente piano», richiede - per la concessione del permesso di costruire - che l'edificio da ricostruire esista almeno come rudere al momento dell'approvazione del piano regolatore generale;
detta affermazione contrasta in maniera evidente con il tenore letterale della premessa e richiamata norma tecnica di attuazione, che, infatti, prevede che in tutte le zone di piano regolatore generale (escluse le aree di inedificabilità ed oggetto di esproprio) è consentita la ricostruzione in situ di edifici esistenti distrutti o demoliti in precedenza all'approvazione del presente piano», purché tali immobili siano stati oggetto di adeguata documentazione circa le caratteristiche di consistenza e forma. Tali immobili dovranno comunque essere compatibili con le attuali prescrizioni della zona di sedime;
nella medesima relazione il Ministero dichiara che per sostenere la legittimità della lamentata traslazione dell'immobile de quo non si ritiene possa essere invocato, come invece fa il comune, l'articolo 13, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2004, che riguarda gli interventi di ristrutturazione essendo pacifico che gli stessi presuppongono, necessariamente, la preesistenza dell'edificio da ristrutturare;
anche detta affermazione contrasta con il tenore letterale dell'articolo 7, comma 2, del regolamento della regione Umbria n. 9/2008 secondo cui «nel caso di interventi di ristrutturazione edilizia, effettuati ai sensi dell'articolo, 13, comma 1, lettera c) della Legge Regionale n. 1 del 2004, l'area di sedime di un edificio esistente può essere modificata sia come forma che come superficie, a condizione che la variazione mantenga un punto di contatto con l'area di sedime esistente, nel rispetto dei parametri edilizi e di specifici limiti stabiliti dallo strumento urbanistico o dal regolamento comunale per l'attività edilizia e purché le modifiche siano tali da garantire migliori soluzioni architettoniche, ambientali e paesaggistiche. Tra gli interventi di ristrutturazione di cui sopra rientra la delocalizzazione degli edifici determinata da norme speciali, anche qualora la nuova area di sedime non mantenga alcun punto di contatto con la precedente area»;
il tenore letterale del sopratrascritto articolo 7, comma 3, del regolamento della regione Umbria n. 9/2008 prevede espressamente che tra le attività di ristrutturazione edilizia consentite è ricompresa anche la demolizione totale del fabbricato, con ricostruzione anche parziale sull'area di sedime ed anche in forma diversa dal fabbricato originario, purché vi sia (come nel caso di specie) almeno un punto di intersezione tra le due aree di sedime;
sarebbe opportuno che il Ministero, preso più compiuto atto del tenore letterale delle richiamate norme, faccia propria la tesi secondo cui, in base all'articolo 64, comma 2, delle norme tecniche di attuazione del vigente piano regolatore generale del comune di Castiglione del Lago, sia possibile la ricostruzione di edifici distrutti o demoliti e, quindi, non più esistenti alla data di approvazione (2 luglio 1999) della variante generale del piano regolatore generale di Castiglione del Lago (anche in considerazione di quanto stabilito con riferimento all'istituto della sola ricostruzione dalla sentenza della Cassazione, sezione civile II, del 7 settembre 2009 n. 19287);

inoltre, in base all'articolo 7, comma 3, del regolamento della regione Umbria n. 9/2008 - e soprattutto conformemente ad altre previsioni normative e ad interpretazioni che comunemente erano già state date in precedenza in merito al fatto che la modesta traslazione dell'immobile rientra nell'istituto della variante non essenziale, che non altera le caratteristiche peculiari dell'edificio preesistente (si veda quanto statuito a riguardo dalla sentenza del Consiglio di Stato del 20 novembre 2008 n. 5743) - risulta ad avviso dell'interrogante legittimo che, tra le attività edilizie consentite in questo caso, è ricompresa la ricostruzione dell'edificio anche parzialmente sull'area di sedime originaria, purché vi sia almeno un punto di intersezione tra detta area di sedime e quella relativa all'opera ricostruita -:
se il Ministero nel redigere la relazione di cui in premessa abbia tenuto conto di quanto rappresentato e per quali ragioni non abbia ritenuto di considerare tali elementi sufficienti a giustificare la legittimità delle condotte ricordate in premessa.
(4-09347)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Si rappresenta preliminarmente che allo stato attuale non è ancora concluso il procedimento istruttorio del ricorso di cui trattasi e che la relazione ministeriale n. 12227 in data 27 ottobre 2009, indicata nell'atto ispettivo, è la nota con la quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha espresso il proprio parere sull'accoglimento della domanda cautelare, trasmettendo al contempo al Consiglio di Stato il ricorso straordinario, unitamente a tutta la documentazione pervenuta fino a quel momento.
Con riferimento all'interrogazione si ritiene opportuno riferire sull'attività istruttoria svolta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell'ambito del ricorso straordinario di cui trattasi.
Con nota raccomandata n. 33470 in data 1o ottobre 2009 il comune di Castiglione del Lago, Perugia, ha trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il ricorso proposto dal signor Sebastian Freitag, unitamente a dieci allegati, i motivi aggiunti e una memoria difensiva datata 29 settembre 2009.
Con il menzionato ricorso il signor Freitag ha chiesto l'annullamento del premesso di costruire n. 143 del 14 agosto del 2007, nonché di altri provvedimenti di competenza del comune di Castiglione del Lago, formulando al contempo istanza di sospensione dei provvedimenti impugnati.
L'articolo 3, comma 4 della legge n. 205 del 2000 ha previsto, infatti, che nell'ambito del ricorso straordinario può essere concessa, a richiesta del ricorrente, ove siano allegati danni gravi ed irreparabili derivanti dall'esecuzione dell'atto, la sospensione dell'atto medesimo. La sospensione deve essere disposta con atto motivato del Ministero competente ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, su conforme parere del Consiglio di Stato.
Con riferimento alla fase cautelare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 27 ottobre 2009 ha espresso parere positivo, sulla base di una prima sommaria valutazione, ritenendo che il ricorso fosse assistito dal fumus boni iuris e che sussistesse il periculum in mora, ed ha trasmesso il gravame in questione, corredato dei suoi allegati, al Consiglio di Stato per l'acquisizione del parere di competenza sull'istanza cautelare, ai sensi del citato articolo 3, comma 4 della legge n. 205 del 2000.
Il Consiglio di Stato, sezione terza, con parere n. 4505 del 2009 in data 30 aprile 2010, ha accolto l'istanza di sospensione proposta nel ricorso in questione, ritenendo sussistente sia il periculum in mora che il fumus boni iuris «tenuto conto della prossimità dell'edificio in costruzione rispetto a quello del ricorrente e che le censure proposte nel ricorso presentano aspetti che possono determinare un accoglimento del ricorso».
Con decreto direttoriale n. 7213 in data 30 giugno 2010, notificato alle parti con raccomandate in data 1o luglio 2010, è stata

accolta la domanda di sospensione degli atti impugnati, su conforme parere del Consiglio di Stato. Il parere del Consiglio di Stato nell'ambito del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è per legge obbligatorio e vincolante.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dovendo dar corso all'istruttoria del predetto gravame relativamente alla fase di merito, in applicazione delle disposizioni contenute nel capo III del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971 n. 1199, ha inoltrato richieste istruttorie al comune, al ricorrente ed ai controinteressati ai fini dell'acquisizione di tutta la documentazione necessaria, in originale.

Le difese dei controinteressati sono state acquisite agli atti del procedimento solo in data 20 settembre 2010.
Si informa infine che allo stato attuale la relazione ministeriale relativa al ricorso, predisposta da questo Ministero, è stata trasmessa in data 9 febbraio 2011 al Consiglio di Stato per l'acquisizione del prescritto parere ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

RICARDO ANTONIO MERLO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
con grandi sacrifici i nostri emigrati di fine Ottocento hanno costruito in Argentina, come in altri Paesi, edifici per le attività sociali della comunità italiana;
oggi resta un grande patrimonio immobiliare di valore inestimabile anche per il suo valore artistico;
la maggior parte degli edifici sono in pessimo stato perché le associazioni italiane che li possiedono non hanno i mezzi per la manutenzione;
c'è il rischio che le autorità locali, di fronte a questo abbandono, incamerino gli edifici;
in particolare, la stampa di Buenos Aires ha rivelato in questi giorni l'intenzione del Municipio di Buenos Aires di appropriarsi dell'edificio, oggi, di proprietà dell'Unione e Benevolenza considerato un gioiello del patrimonio immobiliare della città per la sua facciata ed i suoi splendidi saloni;
costruito nel 1884 e ampliato nel 1913 dall'architetto milanese Virginio Colombo, che lo dotò di 4 appartamenti ed una scuola, è stato uno dei centri dell'italianità a Buenos Aires. La sua facciata è stata restaurata nel 2003, ma il suo interno, vittima di un'incredibile serie di depredazioni, sta correndo il rischio di crollare definitivamente a causa di infiltrazioni d'acqua -:
se il Ministro intenda intervenire tempestivamente per censire detti edifici e progettare un piano di restauro.
(4-07594)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nella presente interrogazione si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Il Ministero degli esteri è consapevole che, come sottolineato dall'interrogante, gli edifici costruiti dagli immigrati italiani in Argentina, così come in altri paesi, hanno costituito da sempre punti di riferimento per le nostre comunità, in quanto sedi di circoli ricreativi, politici, e culturali; pertanto, oggi essi rappresentano un patrimonio delle nostre collettività all'estero, di cui rispecchiano l'evoluzione storica.
D'altro canto, gli edifici in questione non sono di proprietà dello Stato italiano, e di conseguenza non appare possibile quanto prospettato dall'interrogante, dal momento che il Governo non può intervenire finanziariamente a favore di immobili di proprietà privata. Spetta, pertanto, alle associazioni che possiedono tali edifici pensare alla loro destinazione, ed alle soluzioni necessarie ad assicurarne la manutenzione.
Si prende atto che il sostegno è andato gradualmente affievolendosi, anche per le mutate condizioni sociali delle comunità italiane all'estero, ed in tal senso le autorità diplomatiche e consolari, su richiesta delle

associazioni, possono solo favorire la ricerca di sponsor privati, siano anche persone fisiche, interessati alla valorizzazione di tali edifici.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

NICOLA MOLTENI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la Svizzera rappresenta la via più breve dall'Italia per raggiungere il centro e il nord Europa, ma con l'autotrasporto continua ad avere un rapporto conflittuale;
se da un lato la Svizzera acquisisca notevoli proventi dell'attività doganale per il passaggio delle merci dall'altro lato manifesta insofferenza per il continuo passaggio di mezzi pesanti sul proprio territorio;
infatti, il Gran consiglio ticinese ha deciso di introdurre la cosiddetta «fase rossa» sull'autostrada A2. Ovvero, stop ai mezzi pesanti, che non potrebbero circolare, in direzione nord, dalle 6.30 alle 9 nel tratto dal valico di Brogeda fino a Lugano nord, e in direzione sud, dalle 17 alle 20 da Taverne ai valichi. Oggi in Svizzera, sulle autostrade di tutto il territorio, vige già il divieto di circolazione per i Tir dalle 22 alle 5;
il nuovo divieto potrebbe incidere notevolmente sul traffico nel territorio comasco; infatti imporre ulteriori restrizioni sull'orario porterebbe inevitabilmente maggior concentrazione di tir durante gli orari permessi alla circolazione: con il divieto di transito da nord verso sud sul ponte diga di Melide, dalle 17 alle 20, si determinerebbe un'invasione di camion sull'autostrada a Chiasso, e i tir per ovvie ragioni, non potranno far fronte alle formalità doganali necessarie per uscire dal nostro Paese, creando una coda interminabile già la sera stessa, con un difficile smaltimento della medesima anche il giorno successivo;
ad essere penalizzati saranno anche tutti coloro che attendono le merci, ovvero artigiani e aziende che hanno già manifestato situazioni di disagio per le nuove determinazioni;
gli autotrasportatori, contrari a questi ulteriori limiti affermano che la decisione del parlamento ticinese non risolve il problema del traffico a sud del Ponte Diga, anzi in un certo senso lo esaspera;
la previsione più realistica sarà di avere le colonne di automezzi fino allo svincolo di Mendrisio; sull'altro versante il divieto in direzione nord, dalle 6.30 alle 9 causerebbe un blocco totale dell'entrata dell'autostrada a Chiasso in direzione nord;
esiste una commissione tecnica composta da membri italiani e svizzeri che si occupa dei numerosi problemi di relazione tra Italia e Svizzera in modo particolare con riferimento alle tematiche relative al trasporto transfrontaliero. Tale commissione pur essendosi riunita poche settimane fa non è minimamente stata interessata delle nuove determinazioni circa le limitazioni di circolazione -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e intenda quindi intervenire al più presto nei confronti degli organi competenti della Confederazione svizzera anche attraverso un tavolo di confronto appositamente convocato o attraverso eventuali organi o strumenti di relazione già attualmente in vigore con la Confederazione elvetica, al fine di trovare in tempi rapidissimi una soluzione al problema autotrasportistico che rischia di paralizzare il sistema viabilistico vicino al confine elvetico, oltre ad arrecare possibili danni alle imprese comasche dovute al blocco dei trasporti e ai ritardi nelle consegne.
(4-09896)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Le notizie relative alla deliberazione del Gran Consiglio ticinese relative all'introduzione della cosiddetta «fase rossa», ovvero

specifici divieti di circolazione per i veicoli pesanti per due fasce orarie fisse nel corso della mattinata e del pomeriggio, sono state apprese dai lanci di stampa del 15 novembre 2010.
Occorre premettere che in data 12 novembre 2010 si è svolta a Lecco una riunione del Comitato direttivo Italo-Svizzero in materia di trasporti, nella quale l'argomento non era stato inserito all'ordine del giorno dalla parte elvetica neanche a titolo informativo.
Poiché era già fissata per il 29 novembre 2010 una riunione del sottogruppo bilaterale attivo in seno al IV gruppo di lavoro del citato Comitato direttivo Italo-Elvetico, con nota del 17 novembre 2010, stante la delicatezza della questione, è stato immediatamente chiesto alla Prefettura di Como, il cui rappresentante coordina l'attività del sottogruppo menzionato, di voler disporre perché anche l'argomento suddetto fosse portato all'ordine del giorno di tale ultima riunione. Ciò al fine di raccogliere elementi dalla controparte elvetica e verificare se la
notizia diffusa da organi di stampa fosse effettiva ed esposta in termini precisi, nonché la natura e la portata di tale deliberazione, posto che l'autorità cantonale, ove la decisione potesse avere carattere operativo, andrebbe ad incidere su un fondamentale itinerario internazionale che collega i principali Stati membri dell'Unione europea.
La Prefettura di Como, con nota del 29 novembre 2010, ha confermato l'inserimento in agenda e la discussione della suddetta questione, sulla quale i rappresentanti svizzeri hanno precisato che:
il 9 novembre 2010 era stata effettivamente approvata all'unanimità dal citato Gran Consiglio ticinese una risoluzione che invita gli organi federali ad introdurre la menzionata misura di divieto nel corso di parte della mattinata, in direzione nord e di parte del pomeriggio, in direzione sud, per i veicoli pesanti sulla direttrice di traffico autostradale dal valico di Brogeda a Lugano Nord;
il documento approvato dal Parlamento ticinese ha una mera portata politica, posto che le competenze inerenti la disciplina della circolazione secondo l'ordinamento elvetico sono in capo alle autorità federali e non cantonali;
le autorità federali, peraltro, secondo la delegazione svizzera, non avevano assunto iniziative in merito, né risultavano essere in corso iniziative preparatorie in vista dell'adozione di decisioni riguardo a quanto prospettato.

Da quanto rappresentato si evince che la deliberazione del Parlamento ticinese non ha alcuna portata operativa.
In ogni caso sulla problematica da parte italiana si è intervenuti prontamente interessando il Consesso, rappresentato dal sottogruppo di lavoro bilaterale citato, la cui riunione risultava più prossima alla data di diffusione della notizia.
In tale riunione del sottogruppo, sono state affrontate questioni pratiche, la cui realizzazione potrebbe migliorare la fluidità dei traffici al valico di Brogeda, in linea con le forti preoccupazioni ed indicazioni rappresentate da parte italiana nel corso del comitato direttivo di Lecco, riguardo alla limitata scorrevolezza del traffico in tale valico.
In particolare, sono state esaminate alcune iniziative preordinate alla rimozione di alcuni disagi che coinvolgono il traffico veicolare nel valico di frontiera di Brogeda. Nello specifico, si è convenuto che nei prossimi mesi, prima delle festività pasquali, verrà predisposto un piano di interventi che prevede:
l'esecuzione dei controlli in dogana sulla doppia corsia in via permanente invece che su corsia unica e solo eventualmente doppia, come avviene adesso;
la predisposizione da parte di autostrade per l'Italia di un segnale di allarme automatico collegato al posto di frontiera, atto a rilevare prontamente la formazione di code di autoveicoli a monte del tunnel che conduce al valico;
la sistemazione in prossimità del valico, previa intesa fra la società autostrade per l'Italia e le autorità svizzere, di cartelli di segnalazione dell'obbligo di munirsi del

contrassegno di prova del pagamento della tariffa autostradale elvetica;
la vendita in territorio italiano in alcuni luoghi (punto blu, autogrill) del menzionato contrassegno, sempre previo necessario accordo fra tale società e le autorità svizzere.

Infine, si comunica che l'amministrazione italiana, ferma rimanendo la partecipazione ad organismi internazionali anche multilaterali, in cui si approfondiscono e si studiano ipotesi di misure di regolazione del traffico pesante transalpino, in previsione di un'eventuale gestione particolare del traffico stradale di merci negli itinerari internazionali alpini, anche a fini di trasferimento su modalità alternative, coglie sempre l'occasione, nei rapporti intrattenuti con la parte svizzera, per sottolineare la necessità di assicurare i migliori sforzi per consentire lo scorrimento più agevole del traffico pesante in transito nel territorio della federazione.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

OLIVERIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
anche quest'anno con la rimodulazione dei nuovi orari stagionali di circolazione dei treni a media e lunga percorrenza - che sarà operativa dal 12 dicembre 2010 - si moltiplicano le iniziative legate alla dismissione decisa da Trenitalia di nuovi otto fondamentali collegamenti fra la Calabria e il nord Italia. Di fatto sparirà ogni traccia anche dei treni-antenna, quei collegamenti che arrivando nei nodi di scambio principali come Paola, Lamezia, Villa, Reggio raggiungevano i centri minori della Ionica e della Tirrenica calabrese;
ad essere interessati alla soppressione in particolare il Reggio-Catanzaro-Lamezia Terme-Roma via Ionica (treno 890-893-895), il Paola-Sibari-Crotone (treno 557-558-559), mentre della coppia di treni 1938-1924 e 1925-1939 che formati in Sicilia servivano anche l'utenza calabrese ne resterà uno solo;
uno scenario già catastrofico cui si aggiungerà il disagio per i pendolari che, esauriti i finanziamenti del «tamburello», dal 31 dicembre prossimo dovranno imparare ad arrangiarsi dovendo fare a meno di questa metropolitana leggera in funzione da settembre 2006 fra Melito Porto Salvo e Rosarno;
tutto questo va a sommarsi ad altre soppressioni di treni già decisi dal gruppo FS lo scorso marzo a cui si è aggiunta dal 14 settembre 2010 la cancellazione della Frecciargento che garantiva due volte al giorno il collegamento veloce fra Lamezia Terme e Roma (a/r);
uno scenario sempre più desolante, visto l'importanza che tali arterie ferroviarie rivestono per l'intero territorio regionale, in virtù soprattutto della scarsa efficienza delle altre infrastrutture. È ormai noto a tutti che le strade statali 106 jonica e 107 Silana, meglio conosciute come strade della morte, sono inadeguate a gestire flussi di traffico particolarmente intensi mentre l'A3 Salerno-Reggio Calabria è ancora oggetto di lavori interminabili con tutti i rischi e i disagi conseguenti;
se ciò non bastasse identiche determinazioni sono state assunte dall'Alitalia con l'annullamento di diversi voli dall'aeroporto di Reggio Calabria;
le decisioni di Trenitalia rischiano di creare un vero e proprio isolamento per l'intera regione con ricadute economiche e sociali negative su tutte le realtà imprenditoriali e territoriali interessate. Il rischio è che di questa regione ci si ricordi solo di tanto in tanto e di fronte a fatti di cronaca eclatanti mentre non la si consideri parte integrante del territorio nazionale -:
se il Ministro interrogato intenda celermente intervenire su Trenitalia affinché riveda la sua politica dei tagli e delle soppressioni, in quanto ancora una volta va ribadito, che il Mezzogiorno rappresenta una priorità assoluta su cui intervenire,

non con piani, ad avviso dell'interrogante, poco concreti come il Piano nazionale per il Sud, ma attraverso iniziative specifiche, che consentano ai grandi gruppi, come le Ferrovie dello Stato, di mantenere ed eventualmente incrementare i loro investimenti al sud piuttosto che eliminare continuamente servizi posto che tali penalizzazioni sono esclusivamente a danno dei cittadini, che si vedranno privati del loro diritto alla mobilità e quindi dell'utilizzo di quegli strumenti di collegamento indispensabili allo sviluppo economico regionale.
(4-09861)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che buona parte dei servizi ferroviari di media e lunga percorrenza nella regione Calabria, come quelli della regione Sicilia, rientrano nel cosiddetto «Servizio universale» che comprende collegamenti aventi un conto economico negativo, il cui mantenimento avviene tramite il contributo dello Stato a copertura della differenza tra i costi di produzione e i ricavi da traffico di questi treni.
Pertanto, lo Stato, rappresentato dal Ministero delle infrastrutture e trasporti, sottoscrive un contratto di servizio con Trenitalia in cui individua i treni ammessi al contributo pubblico e determina la quantità di servizi da effettuare nonché la tipologia e le caratteristiche di questi, tenendo conto delle risorse economiche di cui dispone.
Negli specifici incontri finalizzati a definire nel dettaglio la nuova offerta per il 2011, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha adottato soluzioni volte ad assicurare il diritto alla mobilità sulle relazioni della Calabria con il centro e il nord del paese, garantendo nel contempo, l'equilibrio economico del contratto di servizio.
A questi criteri risponde la riorganizzazione di alcuni servizi della Calabria prevista con il nuovo orario del 12 dicembre 2010, attuata intervenendo su treni che presentavano volumi di passeggeri di insufficiente consistenza e mantenendo, comunque, il collegamento (in alcuni casi con bus) su tutte le relazioni già servite.
Per quanto riguarda il trasporto ferroviario regionale, si evidenzia che la programmazione e la gestione dei collegamenti che servono il territorio calabrese sono di competenza della regione Calabria, i cui rapporti con Trenitalia sono disciplinati da un contratto di servizio, attualmente in attesa di formalizzazione, nell'ambito del quale vengono definiti il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare anche sulla base delle risorse economiche rese disponibili.
Per quanto concerne il servizio di trasporto tra Rosarno-Reggio Calabria-Melito Porto Salvo, denominato «Tamburello», si comunica che lo stesso è regolato da una convenzione del dicembre 2007, stipulata tra Ministero dei trasporti e Ferrovie dello Stato, che ha introdotto il suddetto servizio a seguito di una circostanza di emergenza, quale l'avvio dei lavori sul tratto reggino dell'autostrada A3, con riduzione ad una carreggiata, che destinava a tal fine specifiche risorse economiche.

A seguito della risoluzione del rapporto negoziale citato e della conseguente cessazione del servizio cosiddetto «Tamburello», da dicembre 2010 per la relazione metropolitana Melito Porto Salvo-Rosarno è stata prevista una rimodulazione dell'offerta dei treni regionali, attraverso un nuovo progetto strutturato secondo il criterio del «cadenzamento orario», mirato ad assicurare principalmente la mobilità delle fasce orarie pendolari a maggiore frequentazione incrementando, peraltro, la regolarità del servizio.
La nuova programmazione, razionalizzando l'offerta laddove attualmente risultava ridondante, mantiene comunque un livello di servizio adeguato a soddisfare le esigenze di mobilità delle località dove si sviluppa il maggior flusso di traffico.
Inoltre, si fa presente che l'immissione in servizio sulla relazione metropolitana di cui trattasi dei mezzi a trazione elettrica Ale 803, in luogo di quelli a trazione diesel, consente di offrire un maggior numero di posti e migliorare l'affidabilità del servizio.
Infine, si comunica che dal 13 settembre 2010 Trenitalia ha soppresso la coppia di treni Frecciargento Eurostar-Fast (9868-9831)

Lamezia Terme-Roma che era stata istituita nel dicembre 2009 ed era effettuata da Trenitalia a rischio d'impresa senza, cioè, alcuna contribuzione pubblica. Tale provvedimento si è reso necessario a causa degli indici di frequentazione estremamente ridotti registrati nel corso del 2010, mediamente inferiori al 30 per cento dei posti disponibili, che determinavano costi di produzione superiori ai ricavi da traffico.
Tuttavia si fa presente che la relazione Calabria-Roma continua attualmente ad essere servita da tre coppie di treni Eurostar e da un'altra coppia di treni Eurostar-Fast Frecciargento per un totale di otto treni, a cui si aggiungono altri collegamenti diretti giornalieri Intercity e notte.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il progetto esecutivo per la realizzazione della connessione tra la strada statale n. 36 ed il sistema autostradale di Milano nei comuni di Monza e Cinisello Balsamo, e stato redatto dalla società di ingegneria Bonifica spa di Roma per un importo complessivo di euro 159.469.392,178 (di cui 112.101.618,06 per lavori e 47.367.774,12 per somme a disposizione);
il progetto riguarda, sostanzialmente, una galleria di 1730 metri con due carreggiate di scorrimento separate a 3 corsie per senso di marcia, diverse opere di collegamento, tra la viabilità statale ed autostradale e una miriade di opere accessorie, riguardanti principalmente lo spostamento dei sottoservizi;
a seguito di asta pubblica, esperita con il metodo della gara ad offerta economicamente più vantaggiosa, con dispositivo aziendale n. 6443 del 16 dicembre 2003 è stata approvata l'aggiudicazione definitiva dei lavori a favore dell'ATI (associazione temporanea d'impresa) IMPREGILO spa SECOL spa con sede in Sesto S. Giovanni (MI) con un ribasso del 17,82273 per cento (importo netto dei lavori euro 93.047.634,87, importo complessivo dell'opera euro 157.277.384,66);
la direzione generale dell'ANAS con atto presidenziale del 27 aprile 2005, n. 181, ha autorizzato l'estromissione dell'impresa SECOL e, conseguentemente, la prosecuzione del rapporto negoziale con la sola IMPREGILO;
in data 6 dicembre 2007 (atto n. 14177) è stata redatta la 1a perizia di variante tecnica, approvata in data 13 maggio 2008 (atto n. 66585), che ha elevato l'importo netto dei lavori a euro 146.163.838,00 e l'importo complessivo dell'opera a euro 220.543.561,16;
il 2 dicembre 2009 (atto n. 14524) è stata redatta la 2a perizia di variante tecnica, elevando l'importo netto dei lavori a euro 159.663.041,07 e l'importo complessivo a euro 235.381.214,4;
recentemente è stata approvata un'ulteriore perizia di variante tecnica, adducendo motivi in ordine a un «enorme numero di interferenze e sottoservizi rinvenuti durante le attività di scavo, adeguamento degli impianti tecnologici in galleria, (...) ecc.»;
i contenziosi in merito con l'impresa, in realtà, risulterebbero all'interrogante, in atto da mesi, se non da sempre;
con l'approvazione della terza perizia di variante tecnica, che porta i costi complessivi dell'opera a circa euro 300.000.000,00, è stato concesso all'impresa una proroga dei tempi contrattuali di oltre 2 anni (ultimazione dei lavori previsti a fine 2013 con ben 25 mesi di ritardo sul cronoprogramma e altri 2 anni di cantiere);
secondo quanto riportato da Il cittadino di Monza dell'1 novembre 2010, la proroga avrebbe scatenato le ire degli abitanti, degli utenti stradali e degli enti locali, al punto che i 5 comitati per la

galleria avrebbero annunciato una serie di esposti alla Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo, al provveditorato interregionale delle opere pubbliche, all'ispettorato generale per la circolazione e sicurezza stradale, alla Corte dei conti e per ultimo alla magistratura ordinaria;
risulterebbe all'interrogante che i responsabili della società IMPREGILO hanno sostenuto che il progetto non menzionava tutte le interferenze, i rinvenimenti non prevedibili e gli «imprevisti» che, è stato accertato, hanno di fatto causato l'aumento del costo dell'opera e dei tempi di consegna della stessa -:
se il Ministro interrogato sia al corrente della grave situazione del cantiere di Viale Lombardia (strada statale 36 «del lago di Como e dello Spluga») e del disagio subito, in particolare dai cittadini del quartiere San Fruttuoso, per i ritardi nei lavori;
quali siano, secondo gli elementi in possesso del Ministro, le reali cause di tale ritardo, e se non ritenga opportuno attivarsi per verificare eventuali errori in fase progettuale o esecutiva, che, se accertati, sarebbero da accollare alle società responsabili;
cosa intenda fare il Governo per alleviare i drammatici disagi che i residenti nei pressi del cantiere stanno subendo anche in virtù dell'ormai inderogabile proroga dei lavori che si prevede termineranno con 25 mesi di ritardo il 30 novembre 2013.
(4-09632)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La perizia di variante tecnica relativa ai lavori per la realizzazione della connessione tra la strada statale n. 36 «del lago di Como e dello Spluga» ed il sistema autostradale di Milano, nei comuni di Monza e Cinisello Balsamo è stata approvata dal Consiglio d'amministrazione dell'Anas Azienda nazionale autonoma delle strade in data 4 novembre 2010. Tale perizia si è resa necessaria per risolvere le sopravvenute criticità di natura tecnica e adeguare le opere impiantistiche ai più moderni standard realizzativi.
La società Anas ha comunicato che l'andamento dei lavori è stato fortemente condizionato dalla presenza di numerose e complesse interferenze rinvenute nel sottosuolo, i cosiddetti «sottoservizi»: linee elettriche, fognature, acquedotti, gasdotti, per i quali, nello specifico, non esiste un censimento che consenta di effettuare previsioni certe in fase progettuale. Il numero dei sottoservizi rinvenuti lungo il cantiere della statale n. 36 è risultato addirittura superiore a tremila e anche i materiali degli impianti interrati si sono rivelati fonte di sorpresa, tanto è vero che sono state ritrovate condutture costruite con l'amianto.
Con la perizia di variante si è cercato di semplificare e risolvere:
le nuove modalità operative e temporali per l'esecuzione dei lavori alla luce dei maggiori sottoservizi rinvenuti;
la definizione di nuove opere provvisionali per garantire il sostegno delle viabilità provvisorie e per proteggere ulteriormente i fabbricati esistenti a margine dei lavori;
l'adeguamento degli impianti tecnologici, in sotterraneo e all'aperto, alle nuove normative in materia;
la demolizione e rimozione degli scolmatori esistenti;
l'adeguamento e la riorganizzazione delle reti fognarie esistenti;
l'adozione, per il collettore denominato «C», della tecnica di esecuzione a spingitubo e microtunneling, al fine di limitare l'invasività all'interno di aree private;
la variazione delle fasi di lavoro e delle deviazioni del traffico in esercizio al fine di evitare la demolizione di edifici residenziali;
la demolizione e bonifica dei collettori fognari dismessi in aderenza alle vigenti normative in materia ambientale;
l'aumento dell'altezza utile dei nuovi sottovia carrabili Caldara e Devizzi al fine

di migliorare la funzionalità delle opere all'interno del sistema viario in cui sono inserite;
l'impiego di materiali con caratteristiche prestazionali adeguate alla nuova normativa antisismica.

Unitamente alla perizia è stato, altresì, necessario riformulare il cronoprogramma dei lavori la cui ultimazione è, ora, prevista per il 30 novembre 2013. Sono state definite anche una serie di scadenze intermedie che riguardano alcune opere previste nell'ambito dell'appalto:
apertura al traffico del sottovia Caldara: l'apertura è avvenuta il 15 febbraio 2011;
apertura al traffico del sottovia Devizzi: maggio 2013;
apertura al traffico dello svincolo di Cinisello Balsamo per la direttrice di traffico A4-Lecco: marzo 2011;
apertura al traffico dello svincolo di Cinisello Balsamo per la direttrice di traffico Lecco-A4: giugno 2011;
apertura al traffico dello svincolo di Cinisello Balsamo per la direttrice di traffico A4-Milano: settembre 2011;
apertura al traffico dello svincolo di Cinisello Balsamo per la direttrice di traffico Milano-A4: ottobre 2011;
ultimazione dei lavori di riqualificazione di viale Brianza: febbraio 2013;
apertura al traffico della canna ovest (la carreggiata diretta a Milano): ottobre 2013;
apertura al traffico della canna est (la carreggiata diretta a Lecco): novembre 2013.

Si segnala che il cronoprogramma è stato elaborato tenendo conto delle complesse fasi di articolazione dei lavori, delle deviazioni del traffico e dei vincoli connessi all'ambito cittadino. In particolare, quest'ultimo aspetto non consente ad oggi all'impresa di operare pienamente anche in orario notturno, stante le vigenti limitazioni comunali in merito all'inquinamento acustico.
Nell'incontro tra Anas, regione Lombardia, province, enti locali e i massimi rappresentanti dell'impresa appaltatrice svoltosi il 26 novembre 2010, si è valutata la possibilità di anticipare la fine dei lavori al primo trimestre del 2013 anche sulla base di diversa organizzazione del cantiere e dell'adozione di una nuova regolamentazione comunale per i lavori in orario notturno.
Sono allo studio possibili accelerazioni dei lavori, estendendo le fasi operative su 7 giorni a settimana e su due turnazioni diurne; una simile pianificazione potrebbe consentire l'anticipo di circa un anno sulla conclusione delle opere.
L'efficacia dell'incremento delle fasi lavorative, che comunque comporterebbe maggiori oneri dovuti alle turnazioni, al lavoro notturno e festivo è strettamente collegata ai tempi impiegati per lo spostamento delle interferenze ad opera degli enti gestori.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 9 novembre 2010, nella seduta n. 392 dell'VIII Commissione della Camera dei deputati, gli interroganti, con un'interrogazione indirizzata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (Atto Camera n. 5-03734), hanno chiesto «quali iniziative intendesse assumere per impegnare RFI al rispetto degli accordi stipulati con CAL e Brebemi, al fine di scongiurare ritardi nella realizzazione dell'autostrada Brebemi e nel rispetto dei diritti dei cittadini privati espropriati»;
il sottosegretario alle infrastrutture e trasporti, onorevole Bartolomeo Giachino, nella sua risposta del 18 novembre scorso, ha dichiarato che «risultano espropriate circa il 70 per cento delle aree previste per l'asse autostradale e si prevede entro la

fine dell'anno di acquisire la disponibilità del 90 per cento del totale delle suddette aree. Inoltre è stato manifestato da Brebemi stessa che sussistono significativi ritardi nei pagamenti delle indennità correlate ad accordi bonari già sottoscritti, a causa dei necessari passaggi formali tra CAL e Brebemi. A tal riguardo CAL e Brebemi hanno evidenziato di essere giunti recentemente ad uno snellimento delle procedure. Inoltre, al fine di garantire il coordinamento tra i procedimenti espropriativi relativi alle due infrastrutture in questione e su specifica richiesta della regione Lombardia, RFI ha provveduto tempestivamente a sottoscrivere con la regione Lombardia, Confagricoltura Lombardia, Coldiretti Lombardia, CIA Lombardia e Unione Regionale Lombarda Proprietà Fondiaria, CAL e Brebemi specifici accordi in data 18 marzo 2010 e in data 26 aprile 2010»;
nella succitata risposta il rappresentante del Governo aveva concluso dichiarando che: «ad eccezione del tema relativo all'acquisizione della cosiddetta »Cascina Lina« in comune di Cassano d'Adda, Brebemi non ha posto a RFI alcun altro caso specifico da trattare con urgenza»;
da un articolo pubblicato su L'Eco di Bergamo in data 3 dicembre 2010 si apprende la notizia dell'accoglimento della richiesta di sospensiva, da parte del TAR di Brescia, avanzato da un'altra cascina, in opposizione al decreto di occupazione d'urgenza e alla relativa indennità prevista, che tiene conto solo del valore del terreno espropriato senza considerare quello degli edifici costruiti sullo stesso, con ulteriore ritardo sulla realizzazione dell'opera -:
se il Ministro non ritenga opportuno risolvere definitivamente la questione degli espropri e dei relativi pagamenti, scongiurando sia ritardi nel completamento delle opere infrastrutturali sia la lesione di basilari diritti meritevoli di tutela dei proprietari dei terreni espropriati, e quali iniziative intenda intraprendere.
(4-09899)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, occorre premettere che nell'ambito della concessione per la costruzione e gestione dell'autostrada BreBemi, l'esercizio dei poteri espropriativi e le connesse attività di acquisizione degli immobili e di erogazione delle indennità sono effettuati dal concessionario società di progetto BreBemi Spa che ai sensi della convenzione unica di concessione è stata a tal fine delegata dal soggetto concedente Cal Spa.
In particolare, in forza di detta delega, il concessionario ha assunto le funzioni di autorità espropriante e effettua in nome proprio tutte le procedure previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001.
Inoltre, si comunica che in data 6 ottobre 2009 è stato sottoscritto tra regione Lombardia, Cal Spa, società di progetto BreBemi Spa (in qualità appunto di autorità espropriante), Confagricoltura Lombardia, Coldiretti Lombardia, Cia Lombardia e unione regionale proprietà fondiaria un protocollo d'intesa avente ad oggetto: «le modalità e i criteri di esproprio connessi al Collegamento autostradale di connessione tra le Città di Milano e Brescia». Detto protocollo, tra l'altro, persegue la finalità di definire un rapporto di collaborazione tra il soggetto espropriante e i soggetti espropriati, uniformato a criteri di equità e trasparenza, in un'ottica di semplificazione dei procedimenti e di certezza dei tempi di liquidazione delle indennità.
In attuazione di dette finalità, in esito ad un primo periodo di start-up nell'applicazione del citato protocollo e nella definizione delle procedure operative nei rapporti tra Cal Spa ed il concessionario società di progetto BreBemi Spa è stato costituito un tavolo tecnico composto da tutti i soggetti sottoscrittori del citato protocollo d'intesa. Il tavolo è volto specificatamente a monitorare lo stato di avanzamento delle procedure espropriative, le relative tempistiche attuative e il riconoscimento delle indennità, nonché le connesse problematiche che si presentassero. Al suddetto tavolo, che si riunisce con cadenza mensile, partecipano tutte le associazioni firmatarie dei protocollo, con la conseguenza che esso costituisce luogo di confronto diretto tra dette

associazioni e le amministrazioni preposte all'attuazione della BreBemi.
Sin dall'inizio della sua attività, stante l'attualità della tematica, il tavolo tecnico ha dedicato particolare attenzione alle tempistiche per il riconoscimento delle indennità di esproprio. A tal fine, nell'ambito del tavolo sono stati condivisi i tempi entro i quali effettuare i «passaggi formali» tra concedente e concessionario relativamente agli importi da riconoscersi ai soggetti espropriati. È stato effettuato e tutt'ora viene effettuato un monitoraggio costante in ordine allo svolgimento delle procedure conformemente ai tempi fissati. Va evidenziato che ad oggi detti tempi sono stati rispettati.

Quanto sopra evidenzia l'attenzione delle amministrazioni alle problematiche espropriative e l'importante sforzo in atto per declinare al meglio sotto il profilo operativo le prerogative del soggetto espropriante, in un'ottica di rispetto e considerazione non solo dei diritti degli espropriati ma anche delle ulteriori istanze dagli stessi espresse.
Sotto altro profilo, si osserva che, in considerazione dello stretto affiancamento tra l'autostrada BreBemi e la linea Av/Ac Milano-Verona, le attività espropriative inerenti le due infrastrutture non possono essere del tutto indipendenti. Il compiuto ed organico coordinamento tra dette attività risente al momento della circostanza che diversamente dall'autostrada BreBemi (i cui lavori sono già in corso) la realizzazione della linea AV/AC non è ancora iniziata, essendo a tal fine necessario il completamento di alcuni passaggi amministrativi come l'approvazione dei contratto di programma 2007-2011, aggiornamento 2011, nonché la sottoscrizione tra rete ferroviaria italiana e il general contractor Cepav 2 nell'atto integrativo alla convenzione TAV (ora Rfi) - Cepav due del 15 ottobre 2011.
Peraltro, nelle more di tali passaggi, Cal, Rfi e la società di progetto BreBemi Spa stanno adottando strumenti di coordinamento per le situazioni di maggior criticità quale quella relativa al complesso denominato Cascina Lina, nel comune di Cassano d'Adda sito nell'area interposta tra l'autostrada e la linea ferroviaria. Detto complesso verrà espropriato a cura della società di progetto BreBemi Spa e il costo della relatività indennità sarà suddiviso tra le società BreBemi e Rfi.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

PINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa sembrerebbe che la Società Palazzo dei Congressi di Rimini proprietaria dell'opera denominata «Palas», già oggetto di altri atti di sindacato ispettivo da parte dell'interrogante, abbia chiesto al professore Franco Braga, membro della prima sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, una consulenza per predisporre una pratica in sanatoria sul Palas stesso;
non è quantomeno deontologicamente corretto tale eventuale incarico posto che si potrebbe configurare un palese conflitto di interessi -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti;
se non sia inopportuno che un membro del Consiglio superiore dei lavori pubblici possa essere perito di parte in un contenzioso, sul quale lo stesso Consiglio potrebbe esprimersi in maniera risolutiva;
se il Ministro non ritenga opportuno attivarsi al fine di monitorare direttamente qualsivoglia richiesta di parere al Consiglio superiore dei lavori pubblici da parte della società «Palazzo dei Congressi» o da società ad essa collegate, per quanto attiene ad una eventuale sanatoria dell'opera in questione.
(4-09595)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'organismo coinvolto nelle attività di vigilanza sul mercato che hanno avuto per oggetto il palacongressi di Rimini è, ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 246 del 1993, dell'articolo 9, comma 1 lettera i), del decreto del

Presidente della Repubblica n. 204 del 2006 nonché del punto 11.1 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 14 gennaio 2008, il servizio tecnico centrale del Consiglio superiore dei lavori pubblici.
Il suddetto servizio tecnico, quale organo di amministrazione attiva del Consiglio superiore dei lavori pubblici, dipende funzionalmente direttamente dalla Presidenza del consesso e non dall'Assemblea generale o dalle sezioni che esercitano le funzioni consultive del Consiglio superiore dei lavori pubblici; pertanto, in nessuna maniera componenti del Consiglio superiore dei lavori pubblici sono stati finora coinvolti nelle suddette attività, né tantomeno possono averle influenzate.
Si sottolinea, inoltre, che i componenti esperti del Consiglio superiore dei lavori pubblici, nominati ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettera f) del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 2006, n. 204, rappresentano le migliori competenze tecnico-scientifiche e professionali del paese nei vari settori di competenza del Consiglio stesso. Pertanto, può accadere che vengano esaminate questioni o progetti che abbiano visto il coinvolgimento, a vario titolo, di tali personalità. In tali casi la prassi vuole che dette personalità non partecipino alla discussione ed alla votazione su detti affari, al fine di non influenzare in alcun modo l'organo collegiale di cui fanno parte.

Si fa presente, infine, che la questione relativa al palacongressi di Rimini non è stata finora mai posta all'esame del Consiglio superiore dei lavori pubblici né alcuna richiesta risulta pervenuta in tal senso. Nel caso in cui tale richiesta dovesse pervenire, sarà cura dell'Amministrazione che rappresento verificare la questione con la massima attenzione.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

PORTA, BUCCHINO e GARAVINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno dell'accumulo delle richieste di cittadinanza in Paesi dell'America Latina di forte tradizione emigratoria, oltre a ledere un diritto fondamentale del cittadino, intacca l'immagine dell'amministrazione italiana rispetto alle nostre comunità e alimenta preoccupanti circuiti di affarismo e di illegalità, come confermato da recenti inchieste apparse su autorevoli organi di informazione italiani e stranieri;
per affrontare la giacenza di un milione circa di richieste inevase di cittadinanza in Brasile, Argentina, Uruguay e Venezuela, a seguito di uno specifico stanziamento nella finanziaria per il 2008, nel maggio di quell'anno è stata autorizzata la costituzione di una speciale task force, alla quale sono stati destinate risorse umane straordinarie, nella misura di 20-25 missioni di lunga durata, 25 unità di ruolo aggiuntive, 50 impiegati con contratto di lavoro a tempo indeterminato, da reperire in loco con particolari modalità, e un certo numero di «digitatori» da acquisire mediante società di lavoro interinale;
a distanza di circa due anni dal concepimento di questa soluzione straordinaria e di circa un anno dalla sua concreta entrata in funzione pervengono notizie di stampa che configurano esiti molto diversi nei Paesi dove la task force sta operando;
in Argentina, infatti, le locali autorità consolari hanno annunciato l'azzeramento delle 62.000 richieste in attesa dal 2002 entro la fine del mese di marzo 2010, mentre in Brasile le richieste inevase ammonterebbero ancora a poco meno di 600.000, con una punta di 400.000 nel solo consolato di San Paolo -:
da quali ragioni dipenda una così forte divaricazione di risultati di un'esperienza amministrativa concepita unitariamente e secondo modalità omogenee;
quale sia l'effettiva situazione delle giacenze delle richieste di cittadinanza in ciascuno dei Paesi nei quali la task force ha operato e in ciascun consolato di tali Paesi;
quali siano le previsioni di azzeramento delle pratiche giacenti per ciascun

Paese e, in caso di particolari difficoltà, come quelle manifestatesi in Brasile, se il Ministro non ritenga di adottare specifiche misure di riequilibrio, volte a conseguire in breve tempo un risultato positivo e omogeneo.
(4-06720)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nella presente interrogazione si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Per mettere in luce il positivo operato della «task force cittadinanza», citata dall'interrogante, è possibile rilevare che nel 2008 il numero di «istanze» individuali di cittadinanza (che comprendono sia le domande di riconoscimento sia di appuntamento) giacenti nei quattro paesi in considerazione (Brasile, Argentina, Uruguay e Venezuela) erano 514.944, mentre a settembre 2010 erano pari a 171.648, ovvero quasi un terzo. Di queste ultime 115.749 riguardano il Brasile, mentre 39.992 si riferiscono all'Argentina. Al 31 marzo 2010 il consolato generale di Buenos Aires aveva peraltro azzerato le richieste di appuntamento per istanze di cittadinanza.
Utilizzando un determinato coefficiente paese (3 per il Brasile e 3,5 per l'Argentina in considerazione della media degli effettivi nuovi cittadini derivanti da una singola istanza trattata) è possibile effettuare una proiezione di massima e stimare che, sulla base delle istanze pendenti citate sopra, vi siano circa 350 mila potenziali nuovi cittadini italiani in Brasile e 120 mila in Argentina.
Dall'esame degli elementi relativi a questi due Paesi dove più alto è il numero di «istanze» di riconoscimento di cittadinanza, risulta che i tempi per la trattazione delle pratiche da parte degli Uffici consolari sono più rapidi in Argentina che in Brasile.
Ciò è dovuto in modo particolare all'assenza di un'intesa bilaterale con il Brasile per il riconoscimento degli atti di stato civile, che rende più complesso il procedimento amministrativo a causa della necessità di legalizzare gli atti. Non va peraltro dimenticato che gli stessi uffici consolari vengono chiamati a gestire un numero sempre crescente di richieste di legalizzazione di persone che presentano la domanda di riconoscimento di cittadinanza direttamente ai comuni italiani (circolare del Ministero dell'interno n. 28 del 2002).
Le autorità brasiliane stanno procedendo a una progressiva informatizzazione delle procedure di rilascio dei documenti (il certificato negativo di naturalizzazione, ad esempio, può essere richiesto on-line dall'interessato). Tuttavia un'intesa bilaterale con il Brasile consentirebbe di ridurre i tempi di trattazione delle pratiche.
La possibilità di giungere ad un accordo per il mutuo riconoscimento degli atti di stato civile è attualmente all'esame del Ministero dell'interno. Occorre peraltro individuare possibili soluzioni per ovviare alle peculiarità del sistema brasiliano, che non prevede uno stato civile centralizzato, ma è fondato su cartorios e tabellioes, uffici privati riconosciuti dalle autorità e sparsi su tutto il territorio.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

RAINIERI e FAVA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a gennaio 2010 è stato annunciata dal Cipe l'approvazione del 1o lotto funzionale del collegamento fra A15 e Autobrennero e, nello specifico, il tratto che unirà il casello sull'A15 - A1 a Fontevivo (Parma) fino al nuovo casello «Terre Verdiane», che sarà costruito a Trecasali (Parma);
l'opera della quale si parla da 40 anni è stata sbloccata. Un'opera rilevante che costituisce parte integrante, se non fondamentale, del corridoio plurimodale Tirreno-Brennero, sul quale le istituzioni stanno lavorando da tempo sia per quanto riguarda la parte ferroviaria (linea Pontremolese e Parma-Suzzara) sia per quella autostradale (Fontevivo-Nogarole Rocca), che porterà nel territorio parmense nuove opportunità di sviluppo

economico, essendo questo territorio al centro di un crocevia infrastrutturale strategico per i futuri assetti commerciali tra il nord Europa ed il Mediterraneo. Inoltre, grazie al sistema di tangenziali già in parte realizzato dalla provincia di Parma, i centri storici della bassa Parmense tornano ad essere centrali nella mappa territoriale;
la Ti-Bre, che collegherebbe il raccordo A15-A1 al Brennero, è un'opera strategica per la Nazione e questa sarebbe già una ragione sufficiente per chiederne la realizzazione, ma ad oggi risultano esserci ritardi importanti nella cantierizzazione del primo stralcio, ritardi non comprensibili dal momento che risulta essere già totalmente finanziato;
nel 2005 la provincia di Parma coordinò efficacemente l'iter che condusse alla firma del protocollo d'intesa con Autocisa che, tra i vari aspetti, definiva anche le opere compensative da realizzare sui territori interessati;
da allora l'iter ha gradualmente affrontato gli aspetti autorizzativi e progettuali fino al passaggio fondamentale del maggio 2007, con il quale ANAS e Autocamionale della Cisa hanno siglato il nuovo schema di convenzione, rideterminando la scadenza della concessione al 2031, per arrivare a gennaio 2010, quando lo stesso CIPE ha approvato il progetto definitivo del primo lotto funzionale;
in un periodo nel quale la crisi economica sta negativamente incidendo sulla possibilità di realizzare interventi pubblici, quelle opere che sono finanziate da risorse private dovrebbero avere un percorso privilegiato -:
se il Ministro interrogato, essendo a conoscenza della situazione, non intenda attivarsi al fine di dare attuazione a quanto programmato e, nel contempo, impegnare quei 513 milioni di euro che servirebbero anche per l'economia locale e nazionale.
(4-08962)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
A seguito della presentazione da parte della società concessionaria Autocamionale della Cisa del progetto definitivo del collegamento autostradale Parma-Mantova (Tibre), il Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) in data 22 gennaio 2010 ha ribadito la volontà di realizzare l'infrastruttura e ha preso atto del costo totale di 2.730 milioni di euro approvando il progetto definitivo del primo lotto «Fonte Vivo - Trecasali/Terre Verdiane» per un importo di 513 milioni di euro.
Tale approvazione, considerando che la realizzabilità dell'opera è a totale carico del concessionario, ha comportato la necessità di adeguamento della scadenza concessoria al 31 dicembre 2031 della convenzione vigente così come convenuto con l'Unione europea.
La convenzione tra Anas Spa e la società Autocamionabile della Cisa è stata, pertanto, adeguata e firmata in data 3 marzo 2010; successivamente è stata approvata ope legis dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito con legge 30 luglio 2010, n. 122.
In data 12 novembre 2010 è stato sottoscritto, tra l'Anas e la società concessionaria Autocamionale della Cisa, l'atto di recepimento che ha reso immediatamente efficace la convenzione unica del 3 marzo 2010, con la quale la concessionaria ha inviato all'Anas il progetto definitivo del primo lotto «Fontevivo-Trescali/Terre Verdiane» del raccordo autostradale Autostrada A15 della Cisa - Autostrada A22 del Brennero «Fontevivo - Nogarole Rocca», adeguato alle prescrizioni della delibera CIPE del 22 ottobre 2010.
Allo stato attuale, il progetto è al vaglio dell'Anas per l'approvazione; successivamente la società Autocamionale della CISA avvierà le relative procedure di affidamento dei lavori necessari per la realizzazione dell'opera.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

REALACCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è stata comunicata dalla società Trenitalia, la chiusura degli scali ferroviari di Grosseto, Chiusi, Empoli, Arezzo, San Giovanni e successivamente anche delle postazioni logistiche di Pisa San Rossore e Massa zona industriale;
il nodo di Pisa è uno degli scali più qualificati e moderni per la movimentazione di merci da gomma a rotaia grazie ai corposi investimenti fatti negli scorsi anni anche con contributi pubblici degli enti locali e stimati per una cifra superiore ai 10 milioni di euro;
da articoli apparsi sulla stampa locale e dalle numerose richieste di chiarimenti delle strategie aziendali di Ferrovie dello Stato da parte delle organizzazioni sindacali del comparto, come la FILT-CGIL Toscana, ma anche Fit/Cisl e Uilt/Uil, si lamenta il disimpegno di Trenitalia Cargo in Toscana. Nel 2009, gli occupati nella divisione cargo della regione sono calati di 134 unità su un totale di 599 lavoratori; processo organizzativo gestito tutt'ora in maniera unilaterale da Trenitalia;
la riduzione progressiva del trasporto commerciale non passeggeri, con la chiusura di numerose relazioni di servizio e la riduzione consistente dei volumi, rischia di lasciare la regione Toscana sprovvista di importanti collegamenti ferroviari per il trasporto ferroviario delle merci;
la fine dell'operatività degli scali merci in Toscana costituisce un elemento di criticità rispetto alle politiche infrastrutturali regionali che prevedono, come prioritario, lo sviluppo della logistica e del trasporto merci su ferro -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Ministro interrogato affinché Trenitalia chiarisca i reali destini dello scalo merci di San Rossore, recentemente ristrutturato, stante il depotenziamento infrastrutturale e il trasferimento di personale previsto dalla divisione Cargo;
se non sia opportuno, attraverso politiche ad hoc a livello locale e nazionale, rilanciare il trasporto merci su ferro e gomma-rotaia, anche al fine di rispettare gli impegni di riduzione della CO2 sottoscritti dal nostro Paese.
(4-09288)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, riguardante il trasporto ferroviario merci, con particolare riferimento allo scalo di Pisa S. Rossore, si evidenzia quanto segue.
Ferrovie dello Stato fa osservare come gli scali merci, a seguito della liberalizzazione del trasporto ferroviario merci in vigore già da alcuni anni, siano aperti a tutte le imprese ferroviarie che intendano svolgervi le proprie attività.
Trenitalia organizza i propri servizi di trasporto adeguando l'offerta alle reali esigenze e dimensioni del mercato.
In quest'ottica, la divisione cargo di Trenitalia ha avviato, da tempo ed in linea con le analoghe iniziative in atto da parte delle principali imprese europee del settore, un processo di ristrutturazione industriale nell'ambito del quale si inserisce, tra l'altro, la riorganizzazione del traffico a carro singolo o gruppi di carri, il cosiddetto «traffico diffuso», particolarmente oneroso e non competitivo nei confronti del trasporto su gomma.
In questo quadro rientra la riorganizzazione che ha interessato alcuni impianti, tra cui quelli citati dall'interrogante, per i quali si registravano relativamente al traffico «diffuso» modesti volumi di traffico, notevoli complessità operative e costi elevati, superiori ai ricavi, non sostenibili da Trenitalia.
La nuova struttura d'offerta del «diffuso» ha previsto il passaggio da un sistema a rete ad una concentrazione sulle principali aree industriali del paese, su specifiche relazioni, per migliorarne l'efficacia, la qualità e l'affidabilità.
La riorganizzazione è volta non a ridimensionare bensì a consolidare e sviluppare il posizionamento della società ferroviaria nel settore con un modello industriale più snello e flessibile. Attraverso tale modello Trenitalia cargo effettuerà servizi

di trasporto dovunque ci sarà domanda di traffico economicamente sostenibile.
Peraltro, Trenitalia sta lavorando per trasformare il flussi di traffico «diffuso» in treno completo. Una modalità questa che consente al contempo di abbattere i costi operativi e assicurare ai fruitori del servizio più qualità nei trasporti.
In tal senso Ferrovie dello Stato sta operando anche in Toscana dove è stato previsto un reticolo di 19 impianti (catalogo 2010), tra cui Pisa, sui quali è possibile spedire o ricevere merci con servizio di trasporto a treno completo.
Infine, per quanto concerne l'aspetto relativo al personale della divisione cargo di Trenitalia impiegato negli impianti toscani, Ferrovie dello Stato fa presente che ogni iniziativa al riguardo viene adottata nel rispetto di quanto previsto dal Contratto collettivo di settore.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

SCHIRRU. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il concorso pubblico, a 115 posti per l'accesso al profilo professionale di assistente amministrativo contabile, area funzionale seconda, posizione economica ex B3, del ruolo del personale dell'amministrazione civile dell'interno è stato indetto con decreto ministeriale del 26 maggio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4° Serie Speciale Concorsi ed Esami n. 42, del 30 maggio 2008 per le esigenze degli uffici periferici del Ministero dell'interno, da ripartire nell'ambito delle seguenti regioni: Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto;
in Gazzetta Ufficiale n. 17 del 2 marzo 2010 è pubblicata la graduatoria: avviso relativo alla pubblicazione della graduatoria del concorso pubblico, per esami, a centoquindici posti per l'accesso al profilo professionale di assistente amministrativo contabile, del ruolo del personale dell'amministrazione civile dell'interno, relativa appunto al concorso per Assistente amministrativo-contabile del Ministero dell'interno. Si evince che: «Ai sensi dell'articolo 15, commi 5 e 6, del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, si avvisa che graduatoria del concorso pubblico, per esami, a centoquindici posti per l'accesso al profilo professionale di assistente amministrativo contabile, area funzionale seconda, posizione economica ex B1 del ruolo del personale dell'amministrazione civile dell'interno, indetto con decreto ministeriale 24 maggio 2004, è stato pubblicato nel Bollettino ufficiale del personale del Ministero dell'interno n. 9 del 2009. Lo stralcio del predetto Bollettino ufficiale è consultabile, per almeno centoventi giorni dalla data del presente avviso, nel sito Internet http://concorsiciv.interno.it»;
attualmente vige il blocco delle assunzioni che impedisce alle amministrazioni di procedere alla chiamata senza aver provveduto alla effettuazione dei tagli previsti dal «decreto anti-crisi». Questa condizione risulta particolarmente dannosa per i vincitori, non solo perché vengono privati di un diritto costituzionalmente garantito ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, ma soprattutto perché il clima di incertezza sulla tempistica di assunzione, impedisce loro di poter pianificare il proprio futuro anche in previsione di ulteriori attività di formazione post universitaria;
dalle informazioni in nostro possesso, sappiamo che sono state inviate le autorizzazioni alla funzione pubblica per 41 unità, e che queste sono congelate in attesa dell'approvazione dei tagli da parte del Ministero. Ad oggi pertanto, non solo non si vede concretizzarsi il diritto dei vincitori di concorso ad essere assunti, nonostante il Ministero proceda all'assunzione di unità a tempo determinato con contratti interinali, ma a questi ragazzi vengono continuamente rese comunicazioni prive di fondamento sui tempi di chiamata;

l'interrogante è cosciente che data la grave situazione di crisi economica lo Stato a sua volta abbia dovuto contenere la spesa anche nell'assunzione di personale a tempo indeterminato, ma francamente questo clima di incertezza assoluta diventa inaccettabile e insostenibile, ragione per cui persino i vincitori di concorso hanno pensato di costituirsi in comitato nella prospettiva di agire giuridicamente contro l'amministrazione;
l'annosa vertenza dei vincitori di concorso non assunti è stata ripresa da numerosi atti parlamentari, tra cui l'interrogazione a risposta scritta 4-01201 presentata dall'interrogante mercoledì 1° ottobre 2008, seduta n. 58, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione -:
se il Ministro non ritenga opportuno riferire con chiarezza sull'iter dell'assunzione, relativamente alle richieste inviate al dipartimento della funzione pubblica e all'approvazione dei tagli, che tra l'altro il Ministro avrebbe dovuto inviare entro il 15 novembre in base a quanto indicato nella recente circolare del dipartimento della funzione pubblica.
(4-09939)

Risposta. - In merito al concorso pubblico, per esami, a 115 posti di assistente amministrativo contabile (ora assistente economico finanziario, area funzionale seconda, fascia retributiva F2) del ruolo del personale civile dell'interno, si comunica che la relativa graduatoria è stata approvata con decreto ministeriale 4 agosto 2009.
Nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali, in relazione alla delicata contingenza economico-finanziaria, sono state introdotte molteplici misure restrittive che hanno inciso significativamente sulle assunzioni di personale da parte delle pubbliche amministrazioni.
In particolare è stato previsto che le nuove assunzioni dovevano corrispondere ad una spesa pari al 10 per cento (successivamente elevata al 20 per cento) di quella relativa alle cessazioni dal servizio avvenute nell'anno 2008, cui si è aggiunto l'obbligo per le amministrazioni dello Stato di procedere al riordino dei rispettivi assetti organizzativi (decreto-legge n. 194 del 2009), prevedendo una riduzione del 10 per cento degli uffici di livello dirigenziale non generale e un ridimensionamento delle relative dotazioni organiche. La mancata attuazione dei suddetti interventi è stata sanzionata dal divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo.
Ciò premesso, il Ministero dell'interno ha potuto comunque procedere, per l'anno 2009, all'assunzione di numero 13 vincitori del concorso in questione, provvedendo altresì ad individuare, sulla base del fabbisogno triennale, le unità da reclutare nel rispetto dei vincoli contemplati dalla legislazione vigente.
In data 15 novembre 2010, è stata quindi formulata al dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze la richiesta di autorizzazione ad assumere altri 41 vincitori, il cui rilascio è, tuttavia, subordinato al completamento del riordino degli assetti organizzativi da parte del Ministero dell'interno.
Si fa presente a tal proposito che l'iter di definizione dei provvedimenti concernenti il prescritto ridimensionamento sia degli uffici dirigenziali di livello non generale sia delle relative dotazioni organiche, pur essendo in una fase di avanzata predisposizione, non si è ancora concluso, attese le ulteriori implicazioni derivanti, oltre che dall'attuazione del nuovo contratto integrativo del Ministero dell'interno recentemente sottoscritto, dal trasferimento e inquadramento nei ruoli del personale civile dei dipendenti dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, ente soppresso con decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni nella legge n. 122 del 2010, le cui funzioni e competenze sono state trasferite al Ministero dell'interno.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'attività di bonifica degli ordigni bellici residuati della 1° e 2° Guerra Mondiale, intesa come attività di bonifica sistematica preventiva all'esecuzioni di opere comportanti operazioni di scavo era regolata, fino al giorno 8 ottobre 2010, dal decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1946, n. 320;
il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, (entrato in vigore il 9 ottobre 2010, all'articolo 2268, n. 258, ha abrogato il citato decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1946, n. 320. Il pericoloso vuoto normativo che, di fatto, si è venuto a creare con la soppressione della norma in parola ha cancellato anche la successiva regolamentazione emanata dal Ministero della difesa inerente la bonifica sistematica preventiva alla quale, fin dal 1946, le ditte private hanno sempre fatto riferimento nello svolgimento delle loro attività con il proprio personale, addestrato e brevettato dal Ministero della difesa;
l'Associazione di categoria delle imprese bonifiche belliche (ASSOBON) ha fatto rilevare agli interroganti che in particolare si è determinata una assenza assoluta di norme atte a regolamentare un'attività tanto delicata per quanto attiene la sicurezza sui cantieri edili ma anche per la manipolazione degli stessi residuati bellici. Infatti, allo stato attuale, sembrerebbe che chiunque possa eseguire dette operazioni secondo le proprie necessità anche avvalendosi di personale non adeguatamente addestrato ed inoltre si è determinata una preoccupante incertezza sull'esito e sulla prosecuzione delle attività lavorative delle aziende che operano nel settore con un organico complessivo di oltre 1.000 unità;
l'attuale situazione indubbiamente riversa i suoi effetti negativi oltre che sulle economie delle ditte interessate dalle attività di bonifica degli ordigni bellici, anche sulla sicurezza dei cantieri di lavoro, nonché e a maggior ragione sull'incolumità dei lavoratori e dei cittadini residenti nelle aree limitrofe ai medesimi cantieri -:
quali immediati interventi intenderà attuare per porre rimedio all'evidente e grave errore contenuto nel decreto legislativo n. 66 del 2010 e quali immediate iniziative per ristorare gli eventuali danni che l'impropria abrogazione del decreto legislativo luogotenenziale in premessa ha causato e continuerà a causare alle ditte del settore;
se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per sospendere l'applicazione del decreto legislativo n. 66 del 2010 ed istituire un'apposita commissione interministeriale con lo scopo di rivedere e correggere i molteplici errori contenuti nella predetta norma al fine di evitare nuovi e maggiori danni dovuti alla grave approssimazione con cui secondo gli interroganti ha lavorato la commissione di esperti e tecnici che hanno operato per redigere l'attuale testo vigente.
(4-09475)

Risposta. - Il decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1946, n. 320, cui gli interroganti si riferiscono, risulta effettivamente abrogato dall'articolo 2268, comma 1, n. 258 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante il Codice dell'ordinamento militare.
Si tratta della disciplina emanata all'indomani della 2a Guerra mondiale per la bonifica dei campi minati, in parte successivamente mutuata per la bonifica sistematica dei residuati bellici, d'iniziativa delle pubbliche amministrazioni o di privati.
La sua abrogazione, proposta già nella prima stesura dello schema del decreto legislativo in parola e mai successivamente rilevata come problematica, né in sede di esame preventivo interno al dicastero, né nel corso della lunga concertazione interministeriale che ha preceduto la deliberazione preliminare del testo, né nei pareri acquisiti, non ha determinato il vuoto normativo paventato.

Ai sensi dell'articolo 2186, comma 2, del citato Codice, permane la piena validità

intrinseca delle direttive amministrative e delle istruzioni tecniche impartite dalla direzione generale dei lavori e del demanio e dai competenti Uffici periferici del dicastero, in quanto le medesime, non essendo in contrasto e dunque compatibili con le disposizioni recate dal medesimo Codice, costituiscono in ogni caso discendenti fonti positive di diritto, nelle more del riordino in atto della materia sul piano normativo primario.
Va, peraltro, considerato al riguardo che l'attività di bonifica in argomento, in quanto direttamente correlata a un costante interesse pubblico alla sicurezza collettiva, costituisce un'esigenza oggettiva giuridicamente indefettibile nei profili sostanziali, che impone obblighi di provvedere tanto alle istituzioni pubbliche competenti quanto ai soggetti privati eventualmente interessati, in capo ai quali potrebbero profilarsi responsabilità, in conseguenza di omissioni di intervento ovvero di non osservanza di prescrizioni specifiche e della generale comune diligenza, in caso di eventi dannosi.
Si rileva, altresì, che, nella fattispecie, si tratta di procedure consolidatesi nell'arco di diversi decenni, sperimentate come sicuramente idonee a soddisfare in maniera tuttora adeguata il richiamato interesse pubblico.
Per quanto sopra, non sono venute meno, da una parte, le competenze del Ministero della difesa nel settore della distruzione degli ordigni ed esplosivi in genere, sancite, peraltro, a carattere generale anche dal Codice dell'ordinamento militare all'articolo 22, concernente attività di settore, e all'articolo 92, comma 2, lettera b), laddove è prescritto che le Forze armate forniscono un contributo di personale e mezzi alle amministrazioni istituzionalmente preposte alla salvaguardia della vita umana, e lettera d), dove è previsto che le Forze armate possano pianificare e svolgere corsi e attività addestrative in tema di cooperazione civile-militare, nonché, dall'altra, l'esigenza che i soggetti terzi interessati si attengano alle prescrizioni dei competenti uffici dell'Amministrazione della difesa, in materia di lavori di ricerca, ritrovamento e bonifica degli ordigni, nonché di formazione del personale e attività di sorveglianza e controllo.
Conseguentemente la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, a seguito degli approfondimenti e delle verifiche effettuate, è intervenuta in tal senso, chiarendo quanto sopra ai propri organi esecutivi, deputati alle specifiche attività, che perciò continuano a essere svolte.
Ciò stante, il Ministero della difesa, rilevata l'opportunità di introdurre un'aggiornata disciplina chiarificatrice in materia, ha già previsto di proporre una specifica disposizione sulle bonifiche da ordigni esplosivi residuati bellici all'articolo 22 del decreto legislativo n. 66 del 2010, nello schema di decreto legislativo correttivo del Codice, ai sensi dell'articolo 14, comma 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246, in corso di definitiva stesura.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere, premesso che:
il Ministro della difesa, direzione generale dei lavori e del demanio U.G.CT-2° Ufficio con il foglio Prot. n. M-D/GGEN/05/20877/21/104/10 del 7 dicembre 2010 avente ad oggetto «Attività di ricerca individuazione e scopri mento di ordigni esplosivi residuati bellici sul territorio nazionale» ha impartito la seguente disposizione «1. Come noto, questa direzione generale ha comunicato con la circolare a seguito che con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 66 del 2010 è stata abrogata l'unica normativa di rango legislativo concernente le bonifiche in oggetto, ovvero il decreto legislativo n. 320 del 1946. Nelle more del definitivo riordino della materia, peraltro, è già stato avviato l'iter di approvazione di una normativa dai medesimi contenuti di quella sopra citata. 2. Nel frattempo si conferma, ai sensi dell'articolo 2186 del codice in argomento, la perdurante vigenza ed efficacia delle

direttive emanate in materia, salva la necessità di sospendere le comunicazioni all'INAIL, in mancanza di un'espressa disposizione legislativa che preveda il mantenimento dei relativi oneri a carico dello Stato.»;
l'articolo 2186 citato al comma 2 recita «I decreti ministeriali non regolamentari, le direttive, le istruzioni, le circolari, le determinazioni generali del Ministero della difesa, dello Stato, maggiore della difesa, del Segretariato generale della difesa, degli Stati maggiori di Forza armata, del Comando generale dell'Arma dei carabinieri e del Comando generale del Corpo della Guardia di finanza, emanati in attuazione della precedente normativa abrogata, continuano a trovare applicazione, in quanto compatibili con il presente codice ed il regolamento, fino alla loro sostituzione»;
la sostenuta perdurante vigenza delle direttive emanate in materia dai competenti organi del Ministero della difesa fa sopravvivere delle disposizioni interne e regolamentari che poggiano su una unica fonte normativa che è inesistente perché abrogata -:
se la citata Direzione Generale del Ministero della difesa abbia rigorosamente conformato la propria condotta a quanto previsto dalla disposizione normativa citata in premessa, in particolare se sia possibile che una circolare possa aver valore in assenza di una normativa primaria di riferimento e in caso contrario se non intenda ritirare la citata circolare;
se non intenda assumere iniziative normative per disciplinare adeguatamente la materia della bonifica dei residuati bellici sul territorio nazionale.
(4-10433)

Risposta. - Confermo, in premessa, i contenuti della risposta all'interrogazione n. 4-09475, presentata dagli stessi interroganti, avente ad oggetto la bonifica di ordigni esplosivi residuati bellici sul territorio nazionale e «il pericoloso vuoto normativo che, di fatto, si è venuto a creare con la soppressione» del decreto legislativo luogotenenziale 12 aprile 1946, n. 320.
Con più specifico riferimento, invece, ai quesiti sollevati con il presente atto, ribadisco che ai sensi dell'articolo 2186, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante il Codice dell'ordinamento militare, permane la piena validità intrinseca delle direttive amministrative e delle istruzioni tecniche impartite dalla direzione generale dei lavori e del demanio e dai competenti uffici periferici del dicastero, in quanto le medesime, non essendo in contrasto e dunque compatibili con le disposizioni recate dal medesimo Codice, costituiscono, in ogni caso, discendenti fonti positive di diritto, nelle more del riordino in atto della materia sul piano normativo primario.
Ricordo, infine, che il Ministero della difesa, rilevata l'opportunità di introdurre un'aggiornata disciplina chiarificatrice sulle bonifiche da ordigni esplosivi residuati bellici, ha già previsto di proporre una specifica disposizione in materia all'articolo 22 del decreto legislativo n. 66 del 2010, nello schema di decreto legislativo correttivo del Codice, ai sensi dell'articolo 14, comma 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246, in corso di definitiva stesura.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
è stata annunciata la chiusura del consolato italiano di Mulhouse, in Francia, e se il progetto andrà a sua conclusione - nonostante le gravi difficoltà in cui si troverà la nostra comunità residente nella zona - è stato annunciato che le operazioni e funzioni consolari verrebbero aggregate al consolato italiano di Metz che da Mulhouse dista centinaia di chilometri;
è comprensibile che ciò crei sconcerto e proteste da parte delle locali comunità italiane;
ben più vicini a Mulhouse rispetto a Metz sono i consolati italiani di Basilea in Svizzera e di Friburgo in Germania;

sarebbe molto più logico aggregare le funzioni del consolato di Mulhouse ad una di queste due sedi, con ciò favorendo le necessità della nostra comunità;
questa scelta sarebbe decisamente innovativa rispetto al passato tenuto - conto che si tratterebbe di aggregare in Europa consolati in nazioni diverse - ma ciò già avviene in altri continenti dove ambasciate e consolati coprono territorio in nazioni diverse -:
come intenda agire il Governo in merito all'accorpamento del consolato di Mulhouse e se si vorrà tener conto dell'accennata ipotesi.
(4-06016)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Preme innanzitutto sottolineare che il provvedimento riguardante la sede consolare di Mulhouse rientra nel più generale piano di razionalizzazione della rete estera che è stato presentato, in più occasioni, fin dal 2009, alle organizzazioni sindacali, alle Commissioni esteri della Camera e del Senato ed al Consiglio generale degli italiani all'estero. Allo stesso tempo, l'amministrazione ha proceduto - e continua a procedere - agli approfondimenti del caso, come richiesto dalle varie istanze coinvolte contemperando le esigenze di razionalizzazione con quella di mantenere ad un livello qualitativo elevato i servizi destinati alle collettività italiane.
Parallelamente, prosegue l'impegno della Farnesina nella realizzazione di innovative piattaforme informatiche, progetto cui è stato attribuita particolare priorità dal punto di vista dei tempi di realizzazione e delle risorse dedicate e nel perseguimento dell'obiettivo di garantire sia la promozione degli interessi nazionali, sia l'assistenza alle collettività italiane residenti all'estero. Tale progetto è volto a consentire all'intera rete consolare di:
a) aumentare il livello di produttività degli uffici, rendendoli sempre più efficienti e rispondenti alle esigenze dei connazionali;
b) fornire all'utenza adeguati servizi telematici a distanza;
c) corrispondere agli indirizzi governativi in tema di innovazione, digitalizzazione e dematerializzazione.

Per quanto concerne la salvaguardia dei livelli di assistenza prestati ai nostri connazionali residenti in Francia, si conferma l'impegno del Governo al rafforzamento delle sedi consolari esistenti ed al mantenimento di alti livelli qualitativi nell'erogazione dei servizi ai cittadini. In particolare, le risorse umane e finanziarie ottenute attraverso il piano di razionalizzazione verranno reinvestite nella rete all'estero, al fine di garantirne la sostenibilità nel suo insieme.
Relativamente alla ipotesi di transnazionalità degli uffici consolari con particolare riferimento al caso di Mulhouse/Basilea, si fa presente quanto segue.
Si è qui proceduto ad una preliminare disamina dei principali fattori che appaiono rilevanti ai fini della possibile attuazione di forme di accesso transnazionale ai servizi consolari, con specifico riferimento ad alcune delle funzioni consolari oggi esercitate dagli uffici.
Tanto premesso si ritiene che:
l'attuale impianto della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari appare essere rivolto ad escludere la percorribilità dell'ipotesi di introdurre circoscrizioni consolari transnazionali;
ammessa e non concessa la possibilità di procedere all'introduzione di circoscrizioni consolari transnazionali (tramite quindi l'ottenimento, da parte dei rispettivi Paesi di accreditamento, del necessario assenso all'istituzione di tali circoscrizioni), tale ipotesi prevedrebbe comunque sul piano interno una necessaria e complessa serie di modifiche legislative e regolamentari, tali da renderla in ogni caso di difficile - se non impossibile - percorribilità nel breve-medio periodo.

Si segnala, infine, che il Ministero degli esteri ha deliberato la chiusura del Consolato

di Mulhouse a partire dal 1o luglio 2010, con l'attivazione in loco di uno sportello consolare.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

ZACCHERA e MURGIA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il primo firmatario del presente atto ebbe già ad interrogare il Ministro in merito alla detenzione in Romania del cittadino italiano Massimo Loddo avendone una sollecita risposta;
sono passati alcuni mesi dalla predetta risposta e da parte dei parenti dell'incarcerato vengono avanzate preoccupazioni circa la correttezza del processo soprattutto per quanto attiene ai diritti della difesa, alle traduzioni linguistiche, alla invocata prova di controllo del DNA che potrebbe discolpare l'imputato -:
quale assistenza si continui a dare all'imputato soprattutto per quanto riguarda le visite consolari e quali siano i tempi che si ritengono necessari per il completo svolgimento del processo di primo grado.
(4-10896)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
L'Ambasciata d'Italia a Bucarest segue con attenzione la vicenda fin dal momento in cui si è ricevuta notizia dell'arresto del connazionale, che è assistito dal Consolato generale di Timisoara, e dai due uffici onorari di Baia Mare (Corrispondente consolare) e Cluj Napoca (Vice Consolato onorario).
Durante la sua permanenza in carcere, il Signor Loddo è stato più volte visitato dal Vice Console onorario a Cluj, Signor Radu Paslaru, ed è stato assistito in alcune udienze innanzi al Tribunale di Cluj nell'ambito di un procedimento finalizzato alla scarcerazione immediata del connazionale. Tale procedimento, instaurato con ricorso presentato dalla difesa, ha avuto infine esito sfavorevole per il Signor Loddo: questo, tuttavia, non incide sullo svolgimento e sull'esito del procedimento di merito radicato presso il tribunale di Baia Mare.
Dal punto di vista legale, il Signor Loddo è assistito oltre che dall'avvocato Adrian Petrescu del foro di Bucarest, da lui stesso incaricato, anche dall'avvocato Gheorghe Stefan (pur in assenza di un formale mandato di patrocinio) del foro di Baia Mare, legale favorevolmente noto al Corrispondente consolare nel distretto di Maramures, il quale fornisce puntuale resoconto scritto dell'esito del dibattimento. L'Ambasciata ha inoltre chiesto ad un ulteriore legale, l'avvocato Gheorghe Alexandru, di coadiuvare strategicamente la difesa del connazionale.
Nel corso dell'ultima udienza - tenutasi lo scorso 2 marzo e alla quale era presente anche il fratello dell'imputato, Signor Vincenzo Loddo - si è svolto l'esame di tre testimoni italiani appositamente convocati; inoltre, il Giudice ha nominato un nuovo traduttore per un'ulteriore perizia sulle intercettazioni e ha disposto altri accertamenti scientifici sugli indumenti rinvenuti sul luogo della rapina. La prossima udienza è fissata per il 29 marzo. Allo stato attuale la durata del procedimento di primo grado non è prevedibile.
In occasione dei contatti intervenuti con i familiari del connazionale, in particolar modo con la sorella di questo, Sig.ra Maddalena Loddo, l'Ambasciata a Bucarest ha avuto modo di rappresentare le caratteristiche della funzione di assistenza consolare, che esula dal merito della vicenda giudiziaria e che viene svolta nel rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura locale.
Si fa infine presente che l'ordinamento processuale romeno rispetta gli standard di garanzie vigenti negli altri Paesi dell'Unione europea; è garantito il diritto di appello e nella capitale opera un'Alta corte di giustizia e cassazione.
Il Ministero degli affari esteri, nell'ambito della propria sfera di competenza e in raccordo con l'Ambasciata a Bucarest e il

Consolato generale a Timisoara, continuerà a seguire con attenzione la vicenda del Signor Loddo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

ZACCHERA e CATTANEO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
è notizia ripresa da tutti i media locali e dai sindacati di categoria che una e probabilmente più aziende svizzere operanti nel Canton Ticino avrebbero deciso di operare discriminazioni di retribuzione a parità di mansioni tra dipendenti italiani e svizzeri stabilendo di non includere i nostri connazionali negli adeguamenti salariali più recenti giustificando la cosa con il più conveniente rapporto di cambio franco-euro rispetto al passato;
la cosa appare agli interroganti del tutto assurda, innanzitutto perché violerebbe accordi sindacali vigenti ma anche perché i lavoratori frontalieri italiani che lavorano in Svizzera sopportano ben diversi problemi di trasferimento per raggiungere il luogo di lavoro che non i loro colleghi locali, con conseguenti costi da sopportare -:
quali iniziative abbiano assunto od intendano assumere i ministri interrogati, per quanto di propria competenza, innanzitutto per stigmatizzare i fatti ma soprattutto per intervenire nei confronti delle autorità elvetiche al fine di non permettere questa odiosa discriminazione che si inserisce nel soldo delle recenti polemiche balairatt ai danni dei lavoratori italiani.
(4-11042)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Il Ministero degli affari esteri ha preso contatto, tramite l'Ambasciata d'Italia a Berna, con la commissione paritetica dell'edilizia del Canton Ticino, composta da sindacati e datori di lavoro che, nel mese di dicembre, si riuniscono per definire gli aumenti salariali per l'anno successivo. Questa ha indicato che per il 2011 aveva proposto ai propri associati un aumento salariale dell'1 per cento. Tuttavia, non essendo stato raggiunto un accordo fra le parti, per i datori di lavoro l'aumento resta facoltativo. Nella fattispecie descritta dall'interrogante non si può, quindi, parlare di violazione del contratto di lavoro, né sono configurabili azioni sul piano legale.
Risulta altresì che la notizia cui fa riferimento l'interrogante riguarda la sola azienda «Michele Barra» di Ascona, di cui è titolare l'omonimo deputato della Lega dei Ticinesi. Questi, in un comunicato diramato il 4 marzo scorso, ha confermato di avere autonomamente deciso - in assenza di qualsiasi obbligo negoziale, come sopra specificato - di concedere un aumento salariale generalizzato a tutti i dipendenti svizzeri o domiciliati in Svizzera (dello 0,6 per cento per tutti, più lo 0,4 per cento «secondo merito»), ma anche aumenti differenziati ad personam, in qualche caso superiori all'1 per cento, ai lavoratori frontalieri.
In un tale contesto risulta arduo per le istanze governative italiane entrare nel merito di scelte che attengono ai rapporti fra le parti sociali in un altro Paese e che non configurano violazioni di legge.
In ogni caso, l'Ambasciata a Berna e il Consolato generale a Lugano continuano a vigilare con grande attenzione gli sviluppi della questione a tutela dei diritti dei nostri connazionali e in particolare dei frontalieri.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 3 dicembre 2009, la sezione dell'Alta Corte di Shimla, in India, composta dai giudici Surinder Singh e Surjit Singh, ha assolto in secondo grado Angelo Falcone e gli altri coimputati dall'accusa di

traffico internazionale di droga, ordinandone l'immediato rilascio dalla prigione di Nahan;
Angelo Falcone era stato arrestato con Simone Nobili il 9 marzo 2007, al loro primo viaggio all'estero nella località di Mandi dalla polizia locale che sosteneva fossero in possesso di 18 chili di hashish e per questo condannati a 10 anni di carcere in primo grado;
i cittadini italiani si sono sempre dichiarati innocenti e attualmente sono sprovvisti di documenti necessari a trovare ricovero in albergo e dunque costretti a girovagare senza fissa dimora riuscendo a sopravvivere grazie al denaro elargito dall'Ambasciata italiana a Dheli che sta seguendo il caso;
la pubblica accusa dell'India ha presentato il 22 marzo 2010, ricorso in terza istanza con ben 20 giorni di ritardo e sulla cui ammissibilità si dovrà pronunciare la Corte suprema;
prassi locali fanno presagire che nonostante il ritardo il ricorso sarà ammesso;
i costi finora sostenuti per la difesa di Angelo Falcone ammontano a circa 40 mila euro ed una prima stima dei costi per la difesa in ultima istanza ammonterebbero a 7000 euro solo per la prima udienza, costi che saranno sostenuti dalla nostra rappresentanza a Dheli;
a giudizio degli interroganti il comportamento delle autorità indiane si configura come volto a perseguitare cittadini italiani anche al fine di introitare denaro più che a perseguire i veri responsabili del traffico di droga;
se e come il Ministro intenda sottoporre al suo omologo indiano il caso di Angelo Falcone e di Simone Nobili come emblematico di un modo di amministrare la giustizia volto a penalizzare e a sfruttare i cittadini italiani -:
se e come il Ministro intenda porre nei confronti del Governo indiano la necessità di un rispetto delle norme internazionali in materia di trattamento dei cittadini stranieri detenuti o condannati in India;
quali misure intenda adottare a tutela dei cittadini italiani detenuti in India e nel mondo.
(4-06705)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
I Signori Angelo Falcone e Simone Nobili, detenuti in India dal 10 marzo 2007, erano stati condannati in primo grado a 10 anni di reclusione. Nel dicembre 2009 sono stati assolti in secondo grado e alla scadenza del termine previsto per i ricorsi sono rientrati in Italia, rispettivamente il 16 e il 22 maggio 2010.
Attualmente i detenuti italiani in India sono undici: cinque per detenzione, possesso e traffico di stupefacenti; tre per omicidio; uno per immigrazione clandestina e due per altri tipi di reati. Di essi, quattro sono ancora in attesa di giudizio, cinque sono stati condannati in primo grado e i restanti due hanno subito una condanna di secondo grado.
II Ministero degli affari esteri, in raccordo con l'Ambasciata a New Delhi e con gli uffici consolari in India, presta particolare attenzione alla situazione dei nostri connazionali detenuti nelle carceri indiane, così come a quella dei detenuti negli altri Paesi, effettuando visite consolari e garantendo l'assistenza necessaria.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.