XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 18 maggio 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 18 maggio 2011.

      Albonetti, Angelino Alfano, Antonione, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Boniver, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Centemero, Cesario, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fallica, Fava, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Lusetti, Mantovano, Maroni, Martini, Mecacci, Melchiorre, Meloni, Ricardo Antonio Merlo, Miccichè, Migliavacca, Narducci, Leoluca Orlando, Pisacane, Porta, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stasi, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tempestini, Tremonti, Vito, Zacchera.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

      Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Boniver, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Centemero, Cesario, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fallica, Fava, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Antonio Martino, Melchiorre, Meloni, Ricardo Antonio Merlo, Miccichè, Migliavacca, Narducci, Leoluca Orlando, Pisacane, Porta, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Romano, Rosso, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stasi, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tempestini, Tremonti, Vito, Zacchera.

Annunzio di proposte di legge.

      In data 17 maggio 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
          LAFFRANCO: «Disposizioni per l'adeguamento del trattamento pensionistico del personale militare, delle Forze di polizia ed equiparato in quiescenza che abbia riportato invalidità per causa di servizio» (4360);
          PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE BIANCONI: «Modifiche agli articoli 3, 9, 17, 18 e 19 della Costituzione, in materia di principio di eguaglianza sostanziale, di tutela e promozione del paesaggio e del patrimonio storico, artistico e culturale, di libertà di riunione, di libertà di associazione e di libertà di religione» (4361).

      Saranno stampate e distribuite.

Modifica del titolo di una proposta di legge.

      La proposta di legge n.  4295, d'iniziativa dei deputati MAURIZIO TURCO ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Modifiche al codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66, in materia di limite massimo di età per il reclutamento dei volontari delle Forze armate in ferma prefissata e di partecipazione dei medesimi ai concorsi per il reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze di polizia».

Trasmissione dal Senato.

      In data 18 maggio 2011 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
          S. 2680. – «Conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2011, n.  37, recante disposizioni urgenti per le commissioni elettorali circondariali e per il voto dei cittadini temporaneamente all'estero in occasione delle consultazioni referendarie che si svolgono nei giorni 12 e 13 giugno 2011» (approvato dal Senato) (4362).

      Sarà stampato e distribuito.

Modifica nell'assegnazione di proposte di legge a Commissioni in sede referente.

      Su richiesta delle Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia), le seguenti proposte di legge costituzionale – già assegnate alla I Commissione (Affari costituzionali) – sono assegnate, in sede referente, alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia), per consentire di procedere all'abbinamento, ai sensi dell'articolo 77 del regolamento, con il disegno di legge costituzionale n.  4275:
          PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE CIRIELLI ed altri: «Modifica all'articolo 111 della Costituzione in materia di tutela delle vittime di reati e delle persone danneggiate da reati» (199);
          PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE BERNARDINI ed altri: «Modifica dell'articolo 112 della Costituzione. Abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale» (250);
          PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE VILLECCO CALIPARI ed altri: «Modifica all'articolo 111 della Costituzione, in materia di tutela e di garanzia dei diritti delle vittime di un reato» (1039);
          PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE NUCARA: «Modifiche agli articoli 87 e 97 e al titolo IV della parte seconda della Costituzione, concernenti il conferimento degli uffici direttivi superiori della magistratura, la composizione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, la perentorietà dei termini processuali e la determinazione dei criteri per l'esercizio dell'azione penale» (1407);
          PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE PECORELLA: «Modifica dell'articolo 112 della Costituzione, concernente le funzioni del pubblico ministero, l'organizzazione delle procure della Repubblica e l'esercizio dell'azione penale» (1745);
          PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE CALDERISI ed altri: «Introduzione dell'articolo 107-bis della Costituzione, concernente l'istituzione del procuratore di giustizia» (2053);
          PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE MANTINI: «Modifiche agli articoli 87 e 104 della Costituzione, in materia di nomina di un terzo dei componenti del Consiglio superiore della magistratura da parte del Presidente della Repubblica» (2088);
          PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE VITALI: «Modifiche agli articoli 107 e 110 della Costituzione, in materia di esercizio dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati» (2161);
          PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE SANTELLI: «Modifiche al titolo IV della parte seconda della Costituzione concernenti la magistratura e l'esercizio della giurisdizione» (3122);
          PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE VERSACE: «Modifica dell'articolo 112 della Costituzione in materia di abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale» (3278);
          PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE CONTENTO: «Modifica degli articoli 104, 105, 106, 107 e 110 della Costituzione, concernenti l'ordinamento della magistratura» (3829).

Trasmissioni dal ministro dell'economia e delle finanze.

      Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 13 maggio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 1-ter, del decreto-legge 9 ottobre 2008, n.  155, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n.  190, la relazione sull'attuazione degli interventi volti a garantire la stabilità del sistema creditizio e la continuità nell'erogazione del credito alle imprese e ai consumatori, nell'attuale situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali, aggiornata al 30 settembre 2010 (doc. CCXXXI, n.  4).

      Tale documentazione – che sarà stampata – è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

      Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 16 maggio 2011, ha trasmesso il documento concernente il «Budget dello Stato per il triennio 2011-2013», predisposto dal dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – Ispettorato generale del bilancio (doc.  CLVIII, n.  3).

      Questo documento – che sarà stampato – è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

      Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 16 maggio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 14, del decreto-legge 30 settembre 2005, n.  203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n.  248, la relazione sullo stato dell'attività di riscossione al fine di verificare l'efficacia e l'efficienza dell'attività svolta da Equitalia Spa, aggiornata al 31 dicembre 2009 (doc.  CCXIII, n.  3).

      Questo documento – che sarà stampato – è trasmesso alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dal ministro della difesa.

      Il ministro della difesa, con lettera in data 17 maggio 2011, ha trasmesso copia della nota aggiuntiva allo stato di previsione del Ministero della difesa per l'anno 2011.

      Questa documentazione è trasmessa alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

      La Commissione europea, in data 17 maggio 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e X (Attività produttive), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
          Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Relazione sullo stato di avanzamento della ratifica e sulle raccomandazioni da parte di enti di controllo riguardante le convenzioni elencate all'allegato III del regolamento (CE) n.  732/2008 del Consiglio che applica un regime di preferenze tariffarie generalizzate a norma dell'articolo 8, paragrafo 3) del presente regolamento GSP+ (COM(2011)271 definitivo);
          Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Relazione statistica sull'SPG (COM(2011)272 definitivo).

Comunicazione di una nomina ministeriale.

      Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 18 maggio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, la comunicazione relativa alla conferma della nomina dell'architetto Mario Virano a commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività finalizzate al progetto ferroviario Torino-Lione.

      Tale comunicazione è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti).

Atti di controllo e di indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

      Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 17 maggio 2011, a pagina 5, prima colonna, ventitreesima riga, dopo la parola: «II» si intendono inserite le seguenti: «(ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni)».

MOZIONI DELLA VEDOVA ED ALTRI N.  1-00612, RAO ED ALTRI N.  1-00614, FERRANTI ED ALTRI N.  1-00615, COSTA, LUSSANA, BELCASTRO ED ALTRI N.  1-00616, BERNARDINI ED ALTRI N.  1-00617, DI PIETRO ED ALTRI N.  1-00618 E MOSELLA ED ALTRI N.  1-00619 CONCERNENTI INIZIATIVE RELATIVE ALLA SITUAZIONE DELLE CARCERI

Mozioni

      La Camera,
          premesso che:
              le carceri italiane versano in uno stato di sovraffollamento non tollerabile: le 206 strutture penitenziarie presenti sul territorio nazionale ospitano 67.961 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 45.022, con un tasso di sovraffollamento del 151 per cento che posiziona, secondo questo specifico indice, il nostro Paese tra quelli meno civili d'Europa;
              metà della popolazione carceraria, il 43,25 per cento, è costituita da imputati in attesa di giudizio, il cui regime custodiale risulta, se possibile, peggiore di quello riservato ai condannati. Da un lato, infatti, la cronica insufficienza e il degrado delle carceri italiane fanno sì che sia disattesa la previsione ordinamentale che ne prescriverebbe la custodia in strutture diverse da quelle previste per i condannati; dall'altro, rispetto a questi ultimi, dai quali devono essere comunque separati seppure all'interno di strutture comuni, essi scontano un regime più rigido, con intollerabile pregiudizio del principio di innocenza non essendosi formato nei loro confronti un giudicato penale di condanna;
              la politica criminale degli ultimi anni, segnatamente degli ultimi tre, ha pericolosamente oscillato tra provvedimenti, anche di natura processuale, la cui natura straordinaria ha avuto come effetto l'incentivazione delle spinte securitarie e l'istituzionalizzazione dell'emergenza, senza risolverla né sul fronte dell'ingolfamento processuale né su quello del trattamento sanzionatorio;
              in particolare, tra il 2007 e il 2010 è stato riassorbito l'effetto della legge 31 luglio 2006, n.  241, di concessione dell'indulto. La popolazione carceraria è passata, infatti, dai 39.005 detenuti del 31 dicembre 2006 ai 68.258 del 30 giugno 2010, secondo i dati diffusi dall'associazione Antigone;
              della legge 26 novembre 2010, n.  199, cosiddetta «svuota carceri», che consente la detenzione domiciliare per i condannati a pena pari o inferiore ai dodici mesi, anche come residuo di pena maggiore, hanno beneficiato, secondo i dati del Ministero della giustizia, 1.788 detenuti, a fronte di una platea di potenziali destinatari stimata in 7.992 beneficiari, e ciò anche a causa della mancata predisposizione di un'adeguata rete di servizi sociali e di pubblica utilità. Tale carenza si è scaricata, come era prevedibile, su tutti quei detenuti privi di famiglie pronti ad accoglierli e in misura maggiore sui cittadini extracomunitari, che non hanno potuto godere degli effetti della norma, anche quando condannati per quei reati di minore gravità che sono presupposti ai fini della concessione del beneficio;
              il ricorso a provvedimenti deflattivi connotati da urgenza e contingenza, come quelli sopra menzionati, è contraddetto da misure di segno contrario, come quella contenuta nella legge 15 luglio 2009, n.  94 (pacchetto sicurezza), che ha modificato l'articolo 135 del codice penale, aumentando il parametro di conversione delle pene detentive in pene pecuniaria da 38 a 250 euro per giorno, impedendo così ai meno abbienti di accedere al beneficio, con sostanziale sacrificio del principio di uguaglianza;
              il Ministro della giustizia ha più volte annunciato un «piano carceri» per la costruzione di nuovi stabilimenti di pena, con un investimento pubblico di 670 milioni di euro volto a creare 9.700 posti letto in più, comunque insufficienti rispetto ai 23.600 ad oggi necessari;
              secondo la ricerca effettuata dal centro studi dell'associazione Ristretti Orizzonti, sulla base dei dati ufficiali forniti dalla ragioneria generale dello Stato, dalla Corte dei conti e dal Ministero della giustizia – dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, negli ultimi 10 anni il sistema penitenziario è costato alle casse dello Stato circa 29 miliardi di euro, ma l'andamento della spesa non risulta in alcun modo collegato a quello della popolazione detenuta. Infatti negli anni 2007-2010 le spese di personale sono state tagliate di 119.225.000 euro (circa il 5 per cento del budget a disposizione nel 2007), mentre nello stesso periodo le spese di mantenimento dei detenuti, di manutenzione e funzionamento delle carceri hanno subito una decurtazione di 205.775.000 euro, pari al 31,2 per cento. Così mentre il sovraffollamento è cresciuto, portando la popolazione detenuta quasi a raddoppiare, passando dalle 39.005 unità del 1o gennaio 2007 alle 67.961 del 31 dicembre 2010, la spesa media giornaliera pro capite è scesa a 113 euro (nel 2007 era di 198,4 euro, nel 2008 di 152,1 euro e nel 2009 di 121,3 euro);
              nel dettaglio – sempre secondo la ricerca dell'ufficio studi di Ristretti Orizzonti – di questi 113 euro di spesa pro capite: 95,3 (pari all'84,3 per cento del totale) servono per pagare il personale; 7,36 (6,2 per cento del totale) sono spesi per il cibo, l'igiene, l'assistenza e l'istruzione dei detenuti; 5,60 (5,4 per cento del totale) per la manutenzione delle carceri; 4,74 (4,1 per cento del totale) per il funzionamento delle carceri (elettricità, acqua e altro). Al netto dei costi per il personale penitenziario e per l'assistenza sanitaria, di competenza del Ministero della salute, nel 2010 la spesa complessiva per il «mantenimento» dei detenuti è stata pari a 321.691.037 euro, quindi ogni detenuto ha a disposizione beni e servizi per un ammontare di 13 euro al giorno;
              il Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) nel 2009 rilevava la relazione inversamente proporzionale tra numero dei detenuti e personale penitenziario. Nel 2001 erano presenti 41.608 agenti penitenziari a fronte di 53.165 detenuti, nel 2009 gli agenti sono stati 39.000 e i detenuti 64.859. La pianta organica della polizia penitenziaria è fissata per legge in 45.121 unità ed oggi risulta, pertanto, scoperta per circa 6.000 unità;
              l'esperienza dimostra che esiste una correlazione tra l'accesso ai benefici concessi dall'ordinamento e la riduzione del tasso di recidiva e, per converso, una correlazione tra il numero di carcerazioni e l'aumento del tasso di recidiva; il che, se non dimostra, di per sé, l'effetto positivamente «causale» dei benefici sulla riabilitazione sociale dei detenuti, dimostra che le misure alternative alla detenzione non scaricano affatto un maggior costo sociale sulla popolazione generale,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative volte ad adeguare, in vista dei prossimi provvedimenti finanziari, la spesa pro capite per detenuto, prevedendo, rispetto alla base del 2007, una riduzione non superiore a quella media relativa al comparto Ministeri;
          a predisporre sul piano normativo un complesso di riforme – dalla depenalizzazione dei reati minori, ad una più ampia e più certa accessibilità delle misure alternative alla detenzione, dalla definizione di parametri più accessibili per la conversione delle pene detentive in pene pecuniarie, ad una più severa limitazione del ricorso alla custodia cautelare in carcere – che avrebbero, nel complesso, un effetto strutturalmente deflattivo, concorrendo a migliorare le condizioni di detenzione e a rendere servibili quegli strumenti di trattamento che perseguono le finalità rieducative costituzionalmente connesse alla pena;
          a implementare il «piano carceri» attraverso il ricorso a forme di partecipazione privata ai programmi di edilizia penitenziaria, utilizzando quegli strumenti di mercato che, anche sul piano urbanistico, possono incentivare gli investitori privati a collaborare con lo Stato ad un progetto di riconversione del sistema e dei modelli di detenzione e di riqualificazione delle case circondariali e di reclusione non più utilizzabili per l'ospitalità dei detenuti.
(1-00612) «Della Vedova, Perina, Granata».


      La Camera,
          premesso che:
              secondo quanto emerge dal settimo rapporto sulle carceri, presentato il 22 ottobre 2010 dall'associazione Antigone che opera per la difesa dei diritti negli istituti di pena in Italia, i detenuti hanno raggiunto una quota pari a 68.527, ben quasi 24 mila in più rispetto alla capienza regolamentare (stimata in 44.612 posti letto) e oltre anche la cosiddetta capienza tollerabile, l'indice che individua il limite massimo per la stessa amministrazione penitenziaria;
              una situazione questa che definire «allarmante» è quasi riduttivo: alcuni tra gli istituti penitenziari più affollati d'Italia, precisamente quelli di Padova, Roma Rebibbia femminile, Sulmona, Roma Regina Coeli, Fermo, Perugia Capanne, Como, Firenze Sollicciano, Milano San Vittore, Napoli Poggioreale, Novara, Bologna, Gorizia, Trieste e Pistoia sono risultati fuorilegge, in base ad alcuni indicatori (numero dei detenuti presenti, metri quadri a disposizione per carcerato, condizioni igieniche ed ambientali, numero di ore trascorse al di fuori della cella), normalmente utilizzati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per valutare la sussistenza di un trattamento inumano e degradante causato da sovraffollamento;
              il 43,7 per cento delle persone oggi detenute nel nostro Paese – sottolinea il rapporto – è composto da imputati: si tratta di una delle percentuali più alte d'Europa che fotografa «un'anomalia tutta italiana»;
              nel febbraio 2009 il Ministro della giustizia aveva annunciato il varo di un piano carceri e la nomina di un commissario con poteri speciali, che avrebbe dovuto risolvere l'emergenza del sovraffollamento;
              a distanza di un anno, il 13 gennaio 2010, il Governo proclamava lo «stato d'emergenza» nelle carceri italiane, stanziando fondi per ricavare nuovi spazi dietro le sbarre;
              qualche mese dopo, anche in relazione all'esiguità delle risorse stanziate (in parte anche a detrimento dei fondi raccolti dalla Cassa delle ammende tra i detenuti per il loro reinserimento), il piano è stato ridotto a meno di 10.000 posti detentivi da realizzare entro il 2012;
              anche se il Ministro della giustizia sostiene che nel corso degli ultimi anni sono stati realizzati 2.000 posti detentivi, ad oggi nessun effetto del piano carceri si è prodotto; non si sa se quei 2.000 posti già realizzati siano parte del piano o di ampliamenti e ristrutturazioni già programmati da tempo, né se siano effettivamente operativi grazie alla disponibilità del personale necessario;
              sempre nel gennaio 2010 il Ministro della giustizia Alfano prometteva l'imminente entrata in servizio di altri duemila agenti. A luglio 2010 ribadiva l'impegno assunto, abbassando i reclutamenti «in prima battuta» a mille: sono trascorsi altri nove mesi e ancora si attende l'ingresso dei nuovi poliziotti penitenziari;
              se il trend prima descritto dovesse continuare, a fine anno la popolazione carceraria raggiungerebbe quota 70 mila detenuti, per aumentare ancora nel 2012, a fronte di un vertiginoso calo di agenti già da otto anni, stando alla denuncia delle organizzazioni sindacali della polizia carceraria;
              la polizia penitenziaria soffre, infatti, di paurose carenze. Nello specifico, l'organico degli agenti di custodia, fissato l'ultima volta proprio nel 2001, prevedeva un numero di 42.268, a fronte di 55.000 detenuti. Oggi i carcerati, come sopra anticipato, sono diventati più di 68.000 e l'organico amministrato raggiunge 37.348 unità (vi è un poliziotto ogni due detenuti, sommando quelli in esecuzione interna e quelli in affidamento e semilibertà). Da queste cifre bisogna sottrarre il personale non in servizio attivo, ossia 3.109 unità, a causa di malattia, aspettativa, motivi di salute o prepensionamento;
              con questi numeri, ovviamente pesano le unità, le centinaia, le migliaia di agenti sottratti ai loro compiti principali per essere dirottati su mansioni amministrative o di servizio agli uffici;
              anche il Sottosegretario per la giustizia Alberti Casellati, nel ribadire l'importanza del ruolo degli agenti penitenziari, ha affermato che: «Il carcere è una primaria esigenza di ciascuna società e bisogna rivolgere particolare attenzione al ruolo della polizia all'interno della casa circondariale, una risorsa primaria e strategica per il reintegro del detenuto e del suo diritto alla tutela della salute»;
              in una circolare del 6 luglio 2009, avente per oggetto la «tutela della salute e della vita delle persone detenute», il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ha fortemente raccomandato ai provveditori regionali di offrire ai reclusi più colloqui e maggiori occasioni di intrattenimento, di aumentare le ore d'aria, di tenere aperte le porte delle celle e di non far mancare l'acqua;
              in molti istituti sono state rilevate e segnalate carenze al riguardo, ma risulta inaccettabile, soprattutto, la differenza che si registra tra aree diverse del Paese. In Sicilia e Sardegna, regioni a statuto speciale dove la sanità penitenziaria non è ancora passata in carico alle aziende sanitarie locali regionali, la situazione appare più grave;
              anche le drammatiche condizioni di salute degli agenti e la stessa sicurezza degli istituti non possono essere ignorate dal Ministero della giustizia e dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. L'istituto femminile di Rebibbia (dove è addirittura iniziato lo sciopero della fame e del sonno da parte delle agenti di polizia penitenziaria che continuano, nonostante tutto, a garantire i turni di lavoro, nel rispetto dei diritti delle detenute), sul punto di esplodere a causa del sovraffollamento (368 detenute, a fronte di una capienza regolamentare prevista di 274 posti) e della gravissima carenza di personale, ben rappresenta la punta dell’iceberg della crisi dell'intero sistema carcerario nazionale;
              non servono soluzioni tampone ma sono necessari interventi di sistema, per risolvere una volta per tutte le emergenze: è ora di tradurre nei fatti le dichiarazioni di intenti, di fronte agli enormi rischi della protesta in atto va garantito subito lo stanziamento di nuovo personale per consentire il normale funzionamento delle strutture e condizioni dignitose agli operatori del settore;
              neanche la salute dei minori viene tutelata come si dovrebbe in tutti i 19 istituti penali minorili, in cui vive un piccolo esercito di 426 ragazzi fra i 14 e 18 anni. Due detenuti su tre sono in attesa di giudizio, il resto invece sta scontando la pena. La maggior parte sono stranieri, spesso rom. Ma ci sono anche ragazzini italiani, per lo più provenienti dalle periferie delle città del Sud;
              non sono i numeri ad allarmare, ma un sistema che non è a misura di minore. Se la detenzione è diventata davvero l'estrema ratio dopo la riforma del codice di procedura penale minorile del 1988, gli istituti penali minorili sono «contenitori di marginalità sociale», rivela «Ragazzi dentro», il primo rapporto sulle carceri minorili presentato il 24 marzo 2011 da Antigone;
              il problema non riguarda solo le strutture perennemente con «lavori in corso», ma anche la gestione generale del minore detenuto. Problemi ci sono, ad esempio, nei trasferimenti dei ragazzi in istituti spesso lontanissimi dal loro luogo di origine, con conseguenti difficoltà nel mantenere rapporti con le famiglie;
              le cifre fornite rappresentano il segno di una crisi che l'annunciato impegno del Governo non è riuscito a scalfire, lasciando i detenuti italiani in condizioni di vivibilità al limite della sopportazione. In questa situazione il confine fra pressioni, mancata tutela e induzioni a gesti estremi diventa labilissimo;
              infatti, di carcere si può anche morire: un terzo dei decessi che si verificano dietro le sbarre sono dovuti a suicidio, come rivelano i dati raccolti dal centro di ricerca «Ristretti orizzonti» del carcere di Padova. Complessivamente, i suicidi nelle carceri sono stati 72 nel 2009, mentre 55 detenuti si sono tolti la vita nei primi nove mesi del 2010;
              come se non bastasse, da circa due anni i detenuti sono in sostanza privi di assistenza psicologica: le persone che lavorano in tutte le 206 carceri italiane sono in grado di offrire soltanto tre ore di trattamento annuo, compreso il tempo per la lettura dei fascicoli e le riunioni. La pianta organica ministeriale prevede 1.331 educatori e 1.507 assistenti sociali. In servizio al 1o settembre 2010 risultavano 1.031 educatori e 1.105 assistenti sociali, ossia circa un operatore ogni sessanta detenuti;
              quanto descritto esprime, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, la contraddizione di una politica forte con i deboli e debole con i forti, che introduce nuovi reati e immette nel circuito giudiziario e carcerario un gran numero di nuovi detenuti, specie immigrati;
              quanto denunciato costituisce, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, una palese violazione dei principi della Carta costituzionale, in particolare dell'articolo 32, che tutela la salute come «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività», e dell'articolo 27, secondo il quale «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
              in una sentenza del 16 luglio 2009, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato per la prima volta l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (divieto di tortura e delle pene inumane e degradanti), proprio in ragione delle condizioni di sovraffollamento sopra descritte;
              infatti, secondo gli standard di riferimento utilizzati dalla Corte di Strasburgo, ogni detenuto ha diritto a 7 metri quadrati di spazio in cella singola e 4,5 metri quadrati in quella multipla: questa è la ragione per cui il nostro Paese è stato condannato al risarcimento di mille euro per aver inflitto un danno morale al cittadino bosniaco Sulejmanovic, un rom condannato per furto nel 2002;
              la Camera dei deputati aveva già approvato, nella seduta del 12 gennaio 2010, una mozione volta, tra l'altro, ad impegnare il Governo ad istituire un organo di monitoraggio indipendente di controllo sui luoghi di detenzione, in linea con quanto stabilito dal protocollo addizionale alla Convenzione Onu contro la tortura, in corso di ratifica, ed a stipulare accordi internazionali volti a consentire l'esecuzione della pena presso i Paesi di provenienza dei condannati stranieri,

impegna il Governo:

          ad adottare una politica carceraria tendente a contenere il sovraffollamento, attraverso iniziative volte alla riduzione dei tempi di custodia cautelare, alla rivalutazione delle misure alternative al carcere, alla riduzione delle pene per chi commette fatti di lieve entità, nonché all'attuazione immediata del piano carceri, presentato il 27 febbraio 2009 dal capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con l'indicazione delle reali coperture finanziarie;
          ad assicurare risorse idonee a conseguire un adeguamento dell'attuale pianta organica del personale di polizia penitenziaria al fine di affrontare la situazione emergenziale di cui in premessa;
          ad adottare iniziative normative per un ordinamento penitenziario specifico per i minori, essendo questa una riforma ormai improrogabile, sollecitata più volte anche dalla stessa Corte costituzionale;
          a promuovere, per quanto di competenza, la dotazione di strutture e personale idonei ad assicurare un'adeguata assistenza psicologica ai reclusi;
          ad accelerare, anche alla luce degli eventi più recenti, la stipula di eventuali accordi internazionali per far scontare ai detenuti stranieri le pene nei rispettivi Paesi d'appartenenza.
(1-00614)
(Nuova formulazione) «Rao, Ria, Galletti, Ciccanti, Compagnon, Naro, Volontè, Occhiuto, Binetti, Capitanio Santolini, De Poli, Anna Teresa Formisano, Libè, Mantini, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Delfino».


      La Camera,

impegna il Governo:

          ad adottare una politica carceraria tendente a contenere il sovraffollamento;
          ad assicurare risorse idonee a conseguire un adeguamento dell'attuale pianta organica del personale di polizia penitenziaria al fine di affrontare la situazione emergenziale di cui in premessa;
          ad adottare iniziative normative per un ordinamento penitenziario specifico per i minori, essendo questa una riforma ormai improrogabile, sollecitata più volte anche dalla stessa Corte costituzionale;
          ad accelerare, anche alla luce degli eventi più recenti, la stipula di eventuali accordi internazionali per far scontare ai detenuti stranieri le pene nei rispettivi Paesi d'appartenenza.
(1-00614)
(Nuova formulazione nel testo modificato nel corso della seduta) «Rao, Ria, Galletti, Ciccanti, Compagnon, Naro, Volontè, Occhiuto, Binetti, Capitanio Santolini, De Poli, Anna Teresa Formisano, Libè, Mantini, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Delfino».


      La Camera,
          premesso che:
              nel nostro stato sociale di diritto, dove la persona assurge a ruolo centrale, la pena cessa di avere un'impronta autoritaria di conformazione delle condotte e diventa uno degli strumenti per la rieducazione del reo, che aspira al recupero del cittadino dopo un percorso trattamentale. Il carcere si pone, quindi, come esperienza provvisoria che prelude al rientro nella società;
              in questo contesto si inserivano le misure alternative alla detenzione introdotte con la «legge Gozzini» nel 1986 e con la «legge Simeone-Saraceni» nel 1998 e che vengono applicate successivamente alla condanna dal magistrato di sorveglianza. La ratio è quella di favorire un reinserimento sociale nella fase conclusiva di una pena lunga o di sostituire pene detentive brevi, mediante un approccio di ricucitura graduale e controllata con la società civile;
              è noto che l'attuale condizione delle carceri italiane contraddice radicalmente l'intento delineato nella Carta fondamentale. Le condizioni di sovraffollamento sono oramai un dato notorio e con esse la politica, la società civile, la magistratura, ma soprattutto i detenuti si trovano a convivere ogni giorno in modo drammatico. Tra i molti sintomi di disagio, non si può non segnalare che il tasso di suicidi riscontrabile in carcere è di gran lunga superiore a quello registrato tra tutta la popolazione residente in Italia;
              se le carceri italiane sono così giunte in una situazione che è non più tollerabile, bisogna chiedersi perché. Vi è stata da vari anni una contrazione nell'ambito delle politiche di sicurezza della possibilità di utilizzo delle cosiddette misure alternative: sono costanti l'elaborazione di nuove figure di reato, utili a rispondere a vere o presunte emergenze, l'introduzione di ipotesi di custodia cautelare obbligatoria, l'innalzamento delle pene per reati di non particolare allarme sociale o riconnessi ad una mera condizione di irregolarità sul territorio nazionale operata al solo e dichiarato fine di consentire l'applicazione della custodia cautelare in carcere. Il caso emblematico è la «legge ex Cirielli», legge n.  251 del 2005, che ha accorciato i tempi di prescrizione per alcuni reati e ha introdotto limiti alla concessione delle misure premiali ai recidivi reiterati, categoria che ricomprende in sé anche reati per fatti di scarso allarme sociale e magari per fatti distanti decenni nel tempo;
              già l'11 e il 12 gennaio del 2010, con la discussione sulla mozione Franceschini 1/00302 e sulle altre mozioni abbinate, la Camera dei deputati si è occupata della situazione carceraria: il Governo, ad oggi, deve ancora dare attuazione a molti degli impegni assunti con l'approvazione di quella mozione Franceschini e delle altre mozioni abbinate;
              nelle comunicazioni sull'amministrazione della giustizia del gennaio 2010, il Ministro della giustizia aveva affermato di aver chiesto la deliberazione, da parte del Consiglio dei ministri, dello stato di emergenza per tutto l'anno 2010, al fine di «provvedere ad interventi strutturali di medio e lungo periodo, che consentano di rispettare il precetto dell'articolo 7 della Costituzione, secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Tale stato di emergenza è stato ulteriormente prorogato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 gennaio 2011 (comunicato n.  121 della Presidenza del Consiglio dei ministri). Dal suddetto stato di emergenza derivano, secondo quanto dichiarato dal Ministro nel mese di gennaio 2010, tre «pilastri» fondamentali: il primo riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria per la costruzione di 47 nuovi padiglioni e successivamente di otto nuovi istituti, che aumenterebbero di 21.709 unità i posti, arrivando ad un totale di 80 mila, per la cui realizzazione sono stati stanziati 500 milioni di euro nella legge finanziaria per il 2010 e 100 milioni del bilancio della giustizia; il secondo riguarda gli interventi normativi che introdurrebbero misure deflattive, prevedendo la possibilità della detenzione domiciliare per chi deve scontare un anno di pena residua e la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni; il terzo, infine, prevede l'assunzione di 2.000 nuovi agenti di polizia penitenziaria;
              per quanto riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria, allo stato attuale, nonostante le ripetute richieste formalizzate in Commissione giustizia, né il Ministro della giustizia, né il Capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria hanno mai fornito, a quanto consta ai firmatari del presente atto di indirizzo, risposte specifiche alla richiesta di illustrazione dei dettagli delle linee portanti, programmatiche e di attuazione del piano di interventi; dell'assunzione dei 2.000 agenti di polizia carceraria non vi è traccia; dal punto di vista normativo, vi è stata solo l'approvazione della legge 26 novembre 2010, n.  199, «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», che ha potuto concludere il suo iter parlamentare grazie al forte senso di responsabilità e al concreto contributo del gruppo del Partito Democratico in Commissione giustizia, ma che, comunque, si pone come intervento emergenziale, addirittura temporaneo, e sicuramente non risolutore dell'angosciante problema del sovraffollamento carcerario e della certezza della pena;
              a tre anni dall'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, che ha trasferito al servizio sanitario nazionale le competenze riguardanti la salute in carcere, in applicazione del Titolo V della Costituzione e del decreto legislativo n.  230 del 1999, «Riordino della medicina penitenziaria», che, all'articolo 1, sancisce il diritto dei detenuti e degli internati «al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci ed appropriate, sulla base degli obiettivi generali e speciali di salute e dei livelli essenziali e uniformi di assistenza individuati nel Piano sanitario nazionale, nei piani sanitari regionali e in quelli locali», la riforma ha trovato applicazione solo parzialmente, e sono frequenti i casi in cui viene negato il diritto alla salute dei carcerati, in particolare delle persone in attesa di giudizio;
              la presente mozione si rende necessaria per dare un nuovo forte indirizzo alla «politica carceraria» del Governo,

impegna il Governo:

          a ripensare il modello unico di istituto penitenziario attuale, posto che i detenuti per i quali si esige un elevato regime di sicurezza non raggiungono le 10 mila unità, mentre per gli altri detenuti, anche quelli di media sicurezza, la permanenza in cella come situazione normale di vita quotidiana ha come unico risultato l'abbrutimento della persona umana;
          a reperire le risorse finanziarie per adeguare le piante organiche del personale di polizia penitenziaria, nonché del personale civile del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia (educatori, assistenti sociali, psicologi), avviando un nuovo piano di assunzioni che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie e che sia in grado di supportare l'auspicata riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione;
          a promuovere, sostenere e verificare l'applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, attuativo del riordino della medicina penitenziaria, così come prevista dal decreto legislativo n.  230 del 1999, in particolare per quanto concerne l'applicazione dell'articolo 5, che prevede la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e il trasferimento alle regioni delle funzioni sanitarie afferenti agli ospedali psichiatrici giudiziari ubicati nel territorio delle medesime, nonché di prevedere, nell'ambito della relazione annuale sullo stato di salute dei cittadini da presentare al Parlamento, un capitolo dedicato alla situazione sanitaria nelle carceri italiane;
          a prevedere per le regioni impegnate nei piani di rientro dai deficit sanitari la possibilità di non sottoporre a restrizioni i fondi destinati alla sanità in carcere;
          ad attivare una specifica azione di monitoraggio sull'applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, al fine di accertare l'effettività della garanzia del diritto alla salute per i carcerati e per le persone in attesa di giudizio;
          ad affrontare con la massima urgenza, assumendo le necessarie iniziative normative, il problema dei detenuti tossicodipendenti, in particolare valutando la possibilità che l'esecuzione della pena avvenga in istituti a custodia attenuata, idonei all'effettivo svolgimento di programmi terapeutici e socio-riabilitativi;
          a promuovere la modifica del comma 1-bis dell'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario (modifica introdotta dalla legge cosiddetta ex-Cirielli), che preclude ai condannati recidivi reiterati l'accesso alla detenzione domiciliare negli ultimi due anni di pena, tenendo conto che è opportuno che l'effettiva pericolosità dei condannati possa essere rimessa alla valutazione della magistratura di sorveglianza senza irragionevoli preclusioni, nonché a rafforzare le piante organiche degli uffici di sorveglianza e a favorire, nell'ambito di una corretta collaborazione istituzionale, l'elaborazione di linee guida o di protocolli operativi utili a rendere chiara la legittimità di alcuni criteri di priorità nell'azione della magistratura di sorveglianza (così da consentire di gestire con intelligenza il flusso di ingressi in carcere);
          ad attivare tutti gli adempimenti necessari affinché il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria proceda, nell'ambito delle assunzioni già autorizzate per personale da destinarsi agli uffici giudiziari, per l'anno 2011, e per quelle ancora da autorizzare, in riferimento agli anni a venire, alla prioritaria utilizzazione, partendo dalla posizione n.  414, della graduatoria risultante dal concorso bandito dal Ministero della giustizia – dipartimento dell'amministrazione penitenziaria – a 397 posti di educatore penitenziario, pubblicata il 15 dicembre 2008 sul bollettino ufficiale dello stesso;
          ad effettuare un monitoraggio relativamente allo stato di applicazione, nonché agli effetti e ai risultati della legge 26 novembre 2010, n.  199, «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», valutando anche di procedere in collaborazione con il Consiglio superiore della magistratura e con il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, comunicandolo alle Camere, anche al fine di verificare la possibilità che la norma di cui all'articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n.  199, abbia una validità non limitata nel tempo e che, quindi, la sua efficacia vada oltre il 31 dicembre 2013;
          ad informare tempestivamente il Parlamento in merito allo stato di attuazione del piano carceri relativamente agli interventi di edilizia penitenziaria, per i quali il commissario straordinario, in base agli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n.  195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  26 del 2010, può procedere in deroga alle ordinarie competenze;
          ad affrontare, con urgenza e decisione, le cause dell'elevato numero di morti e di suicidi in carcere ed i fenomeni di autolesionismo e di violenza in genere.
(1-00615)
(Nuova formulazione)  «Ferranti, Amici, Tidei, Melis, Miotto, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Andrea Orlando, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Touadi, Rampi, Codurelli, Vico».


      La Camera,
          premesso che:
              nel nostro stato sociale di diritto, dove la persona assurge a ruolo centrale, la pena cessa di avere un'impronta autoritaria di conformazione delle condotte e diventa uno degli strumenti per la rieducazione del reo, che aspira al recupero del cittadino dopo un percorso trattamentale. Il carcere si pone, quindi, come esperienza provvisoria che prelude al rientro nella società;
              in questo contesto si inserivano le misure alternative alla detenzione introdotte con la «legge Gozzini» nel 1986 e con la «legge Simeone-Saraceni» nel 1998 e che vengono applicate successivamente alla condanna dal magistrato di sorveglianza. La ratio è quella di favorire un reinserimento sociale nella fase conclusiva di una pena lunga o di sostituire pene detentive brevi, mediante un approccio di ricucitura graduale e controllata con la società civile;
              è noto che l'attuale condizione delle carceri italiane contraddice radicalmente l'intento delineato nella Carta fondamentale. Le condizioni di sovraffollamento sono oramai un dato notorio e con esse la politica, la società civile, la magistratura, ma soprattutto i detenuti si trovano a convivere ogni giorno in modo drammatico. Tra i molti sintomi di disagio, non si può non segnalare che il tasso di suicidi riscontrabile in carcere è di gran lunga superiore a quello registrato tra tutta la popolazione residente in Italia;
              se le carceri italiane sono così giunte in una situazione che è non più tollerabile, bisogna chiedersi perché. Vi è stata da vari anni una contrazione nell'ambito delle politiche di sicurezza della possibilità di utilizzo delle cosiddette misure alternative: sono costanti l'elaborazione di nuove figure di reato, utili a rispondere a vere o presunte emergenze, l'introduzione di ipotesi di custodia cautelare obbligatoria, l'innalzamento delle pene per reati di non particolare allarme sociale o riconnessi ad una mera condizione di irregolarità sul territorio nazionale operata al solo e dichiarato fine di consentire l'applicazione della custodia cautelare in carcere. Il caso emblematico è la «legge ex Cirielli», legge n.  251 del 2005, che ha accorciato i tempi di prescrizione per alcuni reati e ha introdotto limiti alla concessione delle misure premiali ai recidivi reiterati, categoria che ricomprende in sé anche reati per fatti di scarso allarme sociale e magari per fatti distanti decenni nel tempo;
              già l'11 e il 12 gennaio del 2010, con la discussione sulla mozione Franceschini 1/00302 e sulle altre mozioni abbinate, la Camera dei deputati si è occupata della situazione carceraria: il Governo, ad oggi, deve ancora dare attuazione a molti degli impegni assunti con l'approvazione di quella mozione Franceschini e delle altre mozioni abbinate;
              nelle comunicazioni sull'amministrazione della giustizia del gennaio 2010, il Ministro della giustizia aveva affermato di aver chiesto la deliberazione, da parte del Consiglio dei ministri, dello stato di emergenza per tutto l'anno 2010, al fine di «provvedere ad interventi strutturali di medio e lungo periodo, che consentano di rispettare il precetto dell'articolo 7 della Costituzione, secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Tale stato di emergenza è stato ulteriormente prorogato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 gennaio 2011 (comunicato n.  121 della Presidenza del Consiglio dei ministri). Dal suddetto stato di emergenza derivano, secondo quanto dichiarato dal Ministro nel mese di gennaio 2010, tre «pilastri» fondamentali: il primo riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria per la costruzione di 47 nuovi padiglioni e successivamente di otto nuovi istituti, che aumenterebbero di 21.709 unità i posti, arrivando ad un totale di 80 mila, per la cui realizzazione sono stati stanziati 500 milioni di euro nella legge finanziaria per il 2010 e 100 milioni del bilancio della giustizia; il secondo riguarda gli interventi normativi che introdurrebbero misure deflattive, prevedendo la possibilità della detenzione domiciliare per chi deve scontare un anno di pena residua e la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni; il terzo, infine, prevede l'assunzione di 2.000 nuovi agenti di polizia penitenziaria;
              per quanto riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria, allo stato attuale, nonostante le ripetute richieste formalizzate in Commissione giustizia, né il Ministro della giustizia, né il Capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria hanno mai fornito, a quanto consta ai firmatari del presente atto di indirizzo, risposte specifiche alla richiesta di illustrazione dei dettagli delle linee portanti, programmatiche e di attuazione del piano di interventi; dell'assunzione dei 2.000 agenti di polizia carceraria non vi è traccia; dal punto di vista normativo, vi è stata solo l'approvazione della legge 26 novembre 2010, n.  199, «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», che ha potuto concludere il suo iter parlamentare grazie al forte senso di responsabilità e al concreto contributo del gruppo del Partito Democratico in Commissione giustizia, ma che, comunque, si pone come intervento emergenziale, addirittura temporaneo, e sicuramente non risolutore dell'angosciante problema del sovraffollamento carcerario e della certezza della pena;
              a tre anni dall'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, che ha trasferito al servizio sanitario nazionale le competenze riguardanti la salute in carcere, in applicazione del Titolo V della Costituzione e del decreto legislativo n.  230 del 1999, «Riordino della medicina penitenziaria», che, all'articolo 1, sancisce il diritto dei detenuti e degli internati «al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci ed appropriate, sulla base degli obiettivi generali e speciali di salute e dei livelli essenziali e uniformi di assistenza individuati nel Piano sanitario nazionale, nei piani sanitari regionali e in quelli locali», la riforma ha trovato applicazione solo parzialmente, e sono frequenti i casi in cui viene negato il diritto alla salute dei carcerati, in particolare delle persone in attesa di giudizio;
              la presente mozione si rende necessaria per dare un nuovo forte indirizzo alla «politica carceraria» del Governo,

impegna il Governo:

          a ripensare il modello unico di istituto penitenziario attuale, posto che i detenuti per i quali si esige un elevato regime di sicurezza non raggiungono le 10 mila unità, mentre per gli altri detenuti, anche quelli di media sicurezza, la permanenza in cella come situazione normale di vita quotidiana ha come unico risultato l'abbrutimento della persona umana;
          a reperire nei limiti del bilancio le risorse finanziarie per adeguare le piante organiche del personale di polizia penitenziaria, nonché del personale civile del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia (educatori, assistenti sociali, psicologi), avviando un nuovo piano di assunzioni che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie e che sia in grado di supportare l'auspicata riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione;
          a promuovere, sostenere e verificare l'applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, attuativo del riordino della medicina penitenziaria, così come prevista dal decreto legislativo n.  230 del 1999, in particolare per quanto concerne l'applicazione dell'articolo 5, che prevede la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e il trasferimento alle regioni delle funzioni sanitarie afferenti agli ospedali psichiatrici giudiziari ubicati nel territorio delle medesime, nonché di prevedere, nell'ambito della relazione annuale sullo stato di salute dei cittadini da presentare al Parlamento, una relazione dedicata alla situazione sanitaria nelle carceri italiane;
          a prevedere per le regioni impegnate nei piani di rientro dai deficit sanitari la possibilità di non sottoporre a restrizioni i fondi destinati alla sanità in carcere;
          ad attivare una specifica azione di monitoraggio sull'applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, al fine di accertare l'effettività della garanzia del diritto alla salute per i carcerati e per le persone in attesa di giudizio;
          ad affrontare con la massima urgenza, assumendo le necessarie iniziative normative, il problema dei detenuti tossicodipendenti;
          a promuovere la modifica del comma 1-bis dell'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario (modifica introdotta dalla legge cosiddetta ex-Cirielli), che preclude ai condannati recidivi reiterati l'accesso alla detenzione domiciliare negli ultimi due anni di pena, tenendo conto che è opportuno che l'effettiva pericolosità dei condannati possa essere rimessa alla valutazione della magistratura di sorveglianza senza irragionevoli preclusioni, nonché a rafforzare le piante organiche degli uffici di sorveglianza e a favorire, nell'ambito di una corretta collaborazione istituzionale, l'elaborazione di linee guida o di protocolli operativi utili a rendere chiara la legittimità di alcuni criteri di priorità nell'azione della magistratura di sorveglianza (così da consentire di gestire con intelligenza il flusso di ingressi in carcere);
          ad attivare tutti gli adempimenti necessari affinché il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria proceda, nell'ambito delle assunzioni già autorizzate per personale da destinarsi agli uffici giudiziari, per l'anno 2011, e per quelle ancora da autorizzare, in riferimento agli anni a venire, alla prioritaria utilizzazione, partendo dalla posizione n.  414, della graduatoria risultante dal concorso bandito dal Ministero della giustizia – dipartimento dell'amministrazione penitenziaria – a 397 posti di educatore penitenziario, pubblicata il 15 dicembre 2008 sul bollettino ufficiale dello stesso;
          ad effettuare un monitoraggio relativamente allo stato di applicazione, nonché agli effetti e ai risultati della legge 26 novembre 2010, n.  199, «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», valutando anche di procedere in collaborazione con il Consiglio superiore della magistratura e con il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, comunicandolo alle Camere, anche al fine di verificare la possibilità che la norma di cui all'articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n.  199, abbia una validità non limitata nel tempo e che, quindi, la sua efficacia vada oltre il 31 dicembre 2013;
          ad informare tempestivamente il Parlamento in merito allo stato di attuazione del piano carceri relativamente agli interventi di edilizia penitenziaria, per i quali il commissario straordinario, in base agli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n.  195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  26 del 2010, può procedere in deroga alle ordinarie competenze;
          ad affrontare, con urgenza e decisione, le cause dell'elevato numero di morti e di suicidi in carcere ed i fenomeni di autolesionismo e di violenza in genere.
(1-00615)
(Nuova formulazione nel testo modificato nel corso della seduta)  «Ferranti, Amici, Tidei, Melis, Miotto, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Andrea Orlando, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Touadi, Rampi, Codurelli, Vico».


      La Camera,
          premesso che:
              il problema principale per l'amministrazione della giustizia italiana resta la lentezza del sistema giudiziario che, di fatto, impedisce al cittadino di fruire della giustizia quale servizio di un moderno Stato democratico;
              nel campo del processo civile sono stati ottenuti risultati encomiabili: nel 1980, infatti, l'arretrato civile, già allora considerato grave, era pari a 1.394.826 procedimenti, nel 1990 cresceva a 2.414.050 e nel 2000 raggiungeva il traguardo di 4.896.281 procedimenti. Il 31 dicembre 2009 si avvicinava alla soglia dei 6 milioni, segnando il record assoluto di 5.826.440 di arretrato pendente;
              dopo anni di costante, quanto inesorabile, aumento della pendenza dell'arretrato, gli uffici della statistica del Ministero della giustizia hanno registrato nel 2010 un risultato straordinario: il numero dei processi civili pendenti, nel giugno del 2010, è sceso del 4 per cento, arrivando a 5.600.616 rispetto al 2009, con una diminuzione pari a meno 223.824 procedimenti, cosa che finalmente marca una decisa inversione del trend negativo;
              quest'inversione di tendenza rappresenta un risultato non occasionale che trova la sua spiegazione nella convergenza di almeno tre fattori positivi introdotti dal Governo Berlusconi: le riforme in materia di processo civile, la sempre più completa informatizzazione degli uffici giudiziari, le modifiche normative delle spese di giustizia, in particolar modo della disciplina del contributo unificato che ha abbattuto sensibilmente il numero delle opposizioni a sanzioni amministrative;
              i risultati ottenuti in campo civile non sono paragonabili a quelli registrati nel campo penale, dove la lentezza del processo continua ad essere un problema irrisolto. Nel settore penale, infatti, i dati segnalano una stabilità della pendenza con un modesto decremento, poiché si passa da 3 milioni e 335 mila procedimenti pendenti al 31 dicembre 2009 a 3 milioni e 290 mila al 30 giugno 2010: segno evidente della necessità di una maggiore incisività degli interventi sul processo penale;
              particolarmente grave continua ad essere la condizione di molti cittadini in attesa di giudizio: drammatica, in particolare, quella dei detenuti in attesa di giudizio;
              in questo contesto va, comunque, rilevato un dato in costante aumento, la sopravvenienza, cioè, dei procedimenti penali iscritti presso le procure della Repubblica contro indagati noti per reati di competenza delle direzioni distrettuali antimafia; un dato che registra un incremento del 10,5 per cento: la dimostrazione dell'impegno di questo Governo nella costante azione di contrasto alla criminalità organizzata, un impegno che ha portato a risultati mai raggiunti fino ad ora. Ad oggi, con questo Governo si registra il più alto numero di detenuti sottoposti al regime di cui al 41-bis dalla sua introduzione nell'ordinamento giuridico, il più alto numero di provvedimenti ministeriali di riapplicazione del citato regime del 41-bis dopo l'avvenuto annullamento disposto in sede giudiziaria dai tribunali di sorveglianza, il più basso numero di provvedimenti ministeriali di revoca del 41-bis da parte del Ministro della giustizia;
              con il IV Governo Berlusconi si registra, inoltre: il più alto numero di posti di magistrati messi a concorso in soli due anni (ben 713, cui si aggiungono i 253 magistrati già assunti nel 2010, per complessive 966 unità); il più alto numero di posti di agenti di polizia penitenziaria, ben 1.800, banditi in un solo concorso; il più alto numero di nuovi posti nelle strutture carcerarie, cioè 2.000 in due anni, equivalenti al numero di nuovi posti che erano stati istituiti nei dieci anni precedenti. Il tutto senza che la gestione del tragico record di presenza nelle carceri abbia indotto al ricorso di provvedimenti generalizzati di clemenza, che quando adottati, anche nel recente passato, si sono dimostrati del tutto inefficaci;
              negli ultimi dodici mesi si sono registrati risultati significativi in materia di organizzazione dei servizi e di potenziamento del sistema carcerario, nonostante i tagli determinati a livello globale dalla contingente crisi economica sui bilanci di ciascuna amministrazione pubblica;
              il 2010 ha segnato un decisivo avanzamento delle tre linee di intervento su cui si articola l'azione del Governo nella delicata materia della gestione delle carceri: la deflazione dei flussi d'ingresso nel sistema carcerario e le misure alternative alla detenzione, il piano di interventi di edilizia penitenziaria, la rideterminazione della pianta organica della polizia penitenziaria;
              con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 marzo 2010 è stato nominato il commissario delegato per l'esecuzione degli interventi di edilizia penitenziaria di cui al cosiddetto piano carceri. Il 30 giugno 2010 il comitato interministeriale, presieduto dal Ministro della giustizia, ha approvato il piano degli interventi che prevede la realizzazione di undici nuovi istituti carcerari e di venti nuovi padiglioni in ampliamento delle strutture carcerarie esistenti. Si è dato così avvio ad un intervento infrastrutturale senza precedenti nella storia della Repubblica, sia per l'entità degli investimenti – 675 milioni di euro – sia per la tempistica della loro esecuzione, cioè nell'arco di un triennio, sia per la portata strategica volta a soddisfare un fabbisogno carcerario pari a circa 9.150 posti, in esecuzione della sola prima parte del piano;
              tra il mese di luglio 2010 ed il mese di gennaio del 2011 sono state concluse quattro intese istituzionali tra il commissario delegato, le regioni ed i comuni interessati, per un ammontare di intese che coprono circa il 75 per cento del volume complessivo degli investimenti previsti nel piano carceri. Tali intese consentono la realizzazione degli interventi carcerari con le deroghe e le varianti ai vigenti strumenti urbanistici che si rendono necessari, il tutto secondo tempistiche e procedure di massima celerità e snellezza, sempre nel rispetto del dialogo con le autorità locali ed i soggetti cui è affidata la tutela dei regimi vincolistici del territorio. Senza tale regime derogatorio sarebbe stato impossibile provvedere alla localizzazione dei nuovi interventi ed alle necessarie varianti propedeutiche all'esecuzione degli ampliamenti in tempi così straordinariamente ristretti;
              al di là del piano carceri si è, comunque, continuato a lavorare. Nel 2010, sono stati portati a completamento i lavori di ristrutturazione e di costruzione dei nuovi padiglioni di diverse strutture carcerarie, si è lavorato e si continua a lavorare per garantire la creazione di nuovi posti e condizioni di vivibilità per i detenuti sempre migliori;
              contemporaneamente si è agito sul piano della riprogettazione della pianta organica della polizia penitenziaria, sono stati portati a termine i concorsi pendenti e si è dato corso all'immissione dei vincitori in graduatoria nell'amministrazione penitenziaria;
              con l'articolo 4 della legge n.  199 del 2010 è stata autorizzata l'assunzione di circa 1.800 unità di polizia penitenziaria a copertura dell'aumentato fabbisogno connesso al fisiologico avvicendamento ed all'apertura delle nuove strutture carcerarie. In coordinamento con tale disposizione è stato, altresì, favorito il finanziamento di progetti mirati al recupero dei ristretti, anche tramite l'attivazione di nuovi posti di lavoro presso le case circondariali;
              si è poi cercato di aumentare l'impegno nella gestione delle misure di esecuzione penale esterna ed anche in questo caso l'azione del Governo pare dare buoni frutti: si registra, infatti, nel 2010 un incremento del 29,5 per cento rispetto al 2009, dei detenuti interessati da tale misura, incremento destinato ad un'ulteriore crescita per gli effetti della legge n.  199 del 2010;
              in questo quadro vanno ricordati due importanti interventi legislativi: la legge n.  199 del 2010, nella parte in cui introduce nuove disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno, e il decreto legislativo 7 settembre 2010, n.  161, che attua una decisione quadro europea in materia di trasferimento delle persone condannate. L'Italia, va sottolineato, è il primo Stato ad avere dato attuazione a questo importante strumento di cooperazione giudiziaria, che consente di trasferire le persone condannate dall'Italia verso lo Stato membro di cittadinanza e viceversa per l'esecuzione delle pene detentive. Per la prima volta il trasferimento potrà avvenire senza un previo accordo con lo Stato estero di cittadinanza del condannato e senza il consenso della persona. Si realizza così un duplice obiettivo: da una parte, si consente al condannato di scontare la pena detentiva in un contesto, e cioè lo Stato di cittadinanza, che ne agevola il reinserimento sociale, familiare e lavorativo; dall'altra, insieme ad altre misure contenute nel piano carceri, si avvia a soluzione lo storico problema della tensione detentiva, riducendo il numero degli stranieri detenuti in Italia;
              con specifico riferimento al personale penitenziario deve essere ricordato che, anche su tale fronte, il Governo si è attivato con più interventi. La legge 23 dicembre 2009, n.  191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)» facendo un'eccezione al generalizzato blocco del turnover, consente negli anni 2010, 2011 e 2012 l'assunzione di personale nel limite del contingente di quello cessato dal servizio nel corso dell'anno precedente. Inoltre, è stato firmato in data 4.12.2010 il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di autorizzazione all'assunzione di 760 unità nel ruolo degli agenti e assistenti del Corpo di polizia penitenziaria relativa al cosiddetto turnover anno 2010 (cessazioni di personale anno 2009);
              la legge 26 novembre 2010, n.  199, recante «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno» che all'articolo 4, comma 1, lettera b) prevede: «l'adeguamento dell'organico del Corpo di polizia penitenziaria occorrente per fronteggiare la situazione emergenziale in atto. A tale ultimo fine e per assicurare, inoltre, la piena operatività dei relativi servizi, il Ministro della giustizia è autorizzato all'assunzione di personale nel ruolo degli agenti e assistenti del Corpo di polizia penitenziaria (...)». Già durante l’iter di approvazione della citata legge, al fine di accelerare i tempi per le necessarie procedure, sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale due concorsi per l'assunzione di 100 unità nel ruolo femminile e 500 unità nel ruolo maschile degli agenti ed assistenti del Corpo di polizia penitenziaria. Il numero dei posti di tali concorsi potrà essere modificato in ragione dell'individuazione e destinazione dei fondi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), della legge n.  199 del 2010;
              relativamente, invece, agli assistenti sociali è stato richiesta dal dipartimento della funzione pubblica, per l'anno 2011, l'autorizzazione ad assumere, tramite procedure di mobilità da altre amministrazioni, 24 funzionari;
              per quanto riguarda ancora l'implementazione delle misure alternative, si evidenzia che nel corso della presente legislatura sono state assunte specifiche iniziative legislative volte ad incentivarne il ricorso e a ridurre il tasso di carcerizzazione negli istituti di pena del Paese: si collocano all'interno di tale orientamento sia la legge 26 novembre 2010 n.  99, che il disegno di legge n.  3291-ter, ancora all'esame degli organi parlamentari;
              per quanto riguarda, ancora, la legge n.  199 del 2010, questa prevede che, non oltre il 31 dicembre 2013, la pena detentiva non superiore a dodici mesi, anche se costituente parte residua di maggiore pena, è eseguita presso l'abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza. Si tratta di una misura a carattere transitorio prevista proprio per attenuare il sovraffollamento carcerario, tendente a favorire il reinserimento sociale ed applicabile quando non sussistono specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa allontanarsi dal domicilio dichiarato e commettere altri delitti;
              il completamento dell'attuazione del piano carceri e la valorizzazione delle potenzialità offerte dalla legge n.  199 del 2010 in materia di detenzione domiciliare sono obiettivi fondamentali del Governo,

impegna il Governo:

          a proseguire nell'attività intrapresa, dando seguito alla completa realizzazione dei nuovi istituti penitenziari ed alla programmata assunzione di nuovo personale;
          a ridurre il sovraffollamento nelle carceri e migliorare le condizioni di vita dei ristretti;
          a dare concreta attuazione ai principi costituzionali in materia di esecuzione della pena, sotto il profilo sia dell'umanizzazione, che della finalità rieducativa della stessa;
          ad estendere la concreta applicazione del vigente principio di territorialità della pena, in modo da consentire ai detenuti – non connotati da un elevato grado di pericolosità – di conservare il patrimonio affettivo ed i legami familiari;
          a favorire una migliore applicazione dei criteri di distinzione tra i detenuti, al fine di diversificare le offerte trattamentali approntate dall'amministrazione penitenziaria, in base all'effettiva pericolosità dei ristretti ed ai tempi di detenzione;
          a realizzare nuovi e diversificati progetti socio-trattamentali per sviluppare le potenzialità lavorative e professionali dei detenuti e per incentivarne l'impiego in settori di interesse sociale, onde favorirne il reinserimento nella società civile a pena espiata;
          ad assicurare la concreta attuazione del principio di effettività della pena anche attraverso lo sviluppo in ambito carcerario di più efficaci e moderni sistemi di controllo dei detenuti, anche al fine di agevolare il lavoro della polizia penitenziaria;
          a realizzare luoghi di lavoro più consoni alla dignità dei dipendenti impegnati nell'esercizio delle diverse attività professionali all'interno degli istituti penitenziari;
          ad incrementare la dotazione organica del personale di polizia penitenziaria, così da renderne meno gravosa l'attività lavorativa.
(1-00616) «Costa, Lussana, Belcastro, Baldelli, Cassinelli, Nicola Molteni, Contento, Follegot, D'Ippolito Vitale, Isidori, Garagnani, Paolini, Ghedini, Girlanda, Holzmann, Paniz, Papa, Pittelli, Repetti, Mariarosaria Rossi, Scelli, Sisto, Torrisi, Vitali».


      La Camera,
          premesso che:
              il 12 gennaio 2010 l'Assemblea della Camera dei deputati aveva approvato 12 punti della mozione radicale sulle carceri che aveva ricevuto il sostegno di decine di deputati di maggioranza e di opposizione;
              i 12 punti approvati impegnavano il Governo ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, volte ad attuare, con il più ampio confronto con le forze politiche presenti in Parlamento, una riforma davvero radicale in materia di custodia cautelare preventiva, di tutela dei diritti dei detenuti, di esecuzione della pena e, più in generale, di trattamenti sanzionatori e rieducativi, che preveda:
                  a) la riduzione dei tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, nonché del potere della magistratura nell'applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale;
                  b) l'introduzione di meccanismi in grado di garantire una reale ed efficace protezione del principio di umanizzazione della pena e del suo fine rieducativo, assicurando al detenuto un'adeguata tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell'amministrazione penitenziaria lesivi dei suoi diritti;
                  c) il rafforzamento sia degli strumenti alternativi al carcere previsti dalla cosiddetta legge Gozzini, da applicare direttamente anche nella fase di cognizione, sia delle sanzioni penali alternative alla detenzione intramuraria, a partire dall'estensione dell'istituto della messa alla prova, previsto dall'ordinamento minorile, anche al procedimento penale ordinario;
                  d) l'applicazione della detenzione domiciliare, quale strumento centrale nell'esecuzione penale relativa a condanne di minore gravità, anche attraverso l'attivazione di serie ed efficaci misure di controllo a distanza dei detenuti;
                  e) l'istituzione di centri di accoglienza per le pene alternative degli extracomunitari, quale strumento per favorirne l'integrazione ed il reinserimento sociale e quindi per ridurre il rischio di recidiva;
                  f) la creazione di istituti «a custodia attenuata» per tossicodipendenti, realizzabili in tempi relativamente brevi anche ricorrendo a forme di convenzioni e intese con il settore privato e del volontariato che già si occupa dei soggetti in trattamento;
                  g) la piena attuazione del principio della territorialità della pena previsto dall'ordinamento penitenziario, in modo da poter esercitare al meglio tutte quelle attività di sostegno e trattamento del detenuto che richiedono relazioni stabili e assidue tra quest'ultimo, i propri familiari e i servizi territoriali della regione di residenza;
                  h) l'adeguamento degli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi, non solo per ciò che concerne la loro consistenza numerica, ma anche per ciò che riguarda la promozione di qualificazioni professionali atte a facilitare il reinserimento sociale dei detenuti;
                  i) il miglioramento del servizio sanitario penitenziario, dando seguito alla riforma della medicina penitenziaria già avviata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, in modo che la stessa possa trovare, finalmente, effettiva e concreta applicazione;
                  l) l'applicazione concreta della legge 22 giugno 2000, n.  193 (cosiddetta legge Smuraglia), anche incentivando la trasformazione degli istituti penitenziari, da meri contenitori di persone senza alcun impegno ed in condizioni di permanente inerzia, in soggetti economici capaci di stare sul mercato e, come tali, anche capaci di ritrovare sul mercato stesso le risorse necessarie per operare, riducendo gli oneri a carico dello Stato e, quindi, della collettività;
                  m) l'esclusione dal circuito carcerario delle donne con i loro bambini;
                  n) una forte spinta all'attività di valutazione e finanziamento dei progetti di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, nonché di aiuti alle loro famiglie, prevista dalla legge istitutiva della Cassa delle ammende;
              i punti approvati più di un anno fa sono ancora di stringente attualità, atteso che le condizioni nei penitenziari italiani sono addirittura peggiorate: essendo aumentato il numero dei detenuti che sono passati da 64.791 al 31 dicembre 2009 ai 67.600 del 31 marzo 2011; essendo drammaticamente permanente il numero delle morti in carcere e degli altri eventi critici, ivi compresi i tentati suicidi, gli atti di autolesionismo, le aggressioni al personale; permanendo la carenza di 6.000 unità nel corpo degli agenti di polizia penitenziaria; essendo stati tagliati di un ulteriore 30 per cento i già esegui fondi stanziati per il lavoro in carcere (mercedi), per la manutenzione ordinaria degli edifici, per il monte ore delle prestazioni degli psicologi, per i capitoli di spesa per i sussidi ai detenuti indigenti, per le dotazioni di generi per la pulizia personale e per la pulizia delle celle,

impegna il Governo:

          a dare attuazione con urgenza agli impegni già assunti più di un anno fa con le mozioni approvate in data 12 gennaio 2010;
          a rendere costantemente conto, anche rispondendo tempestivamente agli atti di sindacato ispettivo presentati, dell'attuazione degli impegni presi.
(1-00617) «Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti, Calvisi, Marrocu, Burtone, Baretta».


      La Camera,

impegna il Governo:

          a dare attuazione con urgenza agli impegni già assunti più di un anno fa con le mozioni approvate in data 12 gennaio 2010;
          a rendere costantemente conto, anche rispondendo tempestivamente agli atti di sindacato ispettivo presentati, dell'attuazione degli impegni presi.
(1-00617)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti, Calvisi, Marrocu, Burtone, Baretta».


      La Camera,
          premesso che:
              la situazione in cui versano le carceri italiane, con un sovraffollamento di molto superiore alle soglie di tollerabilità di ogni singolo istituto, sono tali da rendere inaccettabili le condizioni di vivibilità per i detenuti mortificando lo stesso lavoro degli agenti della polizia penitenziaria;
              la situazione nelle carceri è drammatica ed è precipitata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, da quando sono state approvate due leggi: l'ex Cirielli, che vieta nel caso di reati minori pene alternative, e la Fini-Giovanardi, che aumenta le sanzioni per produzione, traffico, detenzione illecita e uso di sostanze stupefacenti: l'una e l'altra stanno alimentando il sovraffollamento;
              la Costituzione italiana prescrive espressamente all'articolo 27 che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato;
              i dati forniti dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria segnalano un'allarmante crescita media di oltre 500 reclusioni al mese, che hanno già determinato il superamento della capienza tollerabile di detenuti negli istituti di pena italiani: a fronte di una capienza regolamentare di poco più di 44.000 unità, i detenuti risultano essere oltre 68.000;
              alla data del 20 marzo 2011, negli istituti penitenziari italiani (circuito per adulti) erano ristretti 67.318 detenuti (64.370 uomini e 2.948 donne) a fronte di una disponibilità reale di posti detentivi pari a 45.059. Un surplus di 22.259 detenuti in più rispetto alla massima capienza che determina un indice medio nazionale di affollamento pari al 54,2 per cento. In nove regioni italiane il tasso di affollamento varia dal 23 al 50 per cento, in dieci regioni dal 51 all'80 per cento e l'unica regione che non presenta (apparentemente) una situazione sovraffollata è il Trentino Alto Adige (ma il dato è condizionato dal sottoutilizzo del nuovo carcere di Trento). Capofila, per sovraffollamento, la Calabria (77,6 percento) seguita da Puglia (76,3 per cento), Emilia Romagna (73,7 per cento), Marche (72,1 percento) e Lombardia (65,9 per cento). L'istituto con il più alto tasso di affollamento si conferma Lamezia Terme (193,3 per cento), seguito da Busto Arsizio (164,7 per cento), Vicenza (155,5 per cento). Brescia Canton Mombello (152,5 per cento), Mistretta (137,5 per cento);
              dal 1o gennaio al 20 marzo del 2011, si sono verificati 14 suicidi in cella;
              nel fine settimana del 2 e 3 aprile 2011 ci sono stati quattro tentativi di suicidio (in tre casi il detenuto è morto). Dall'inizio dell'anno le vittime sono 37, di cui 15 per suicidio, 17 per cause naturali e 7 ancora da accertare, 12 gli stranieri. Altri casi: Giuseppe Uva morto nella caserma dei carabinieri di Varese per percosse, Niki Aprile Gatti morto nel carcere di Sollicciano (la famiglia non crede che si sia ucciso). Uno dei quattro tentativi di suicidio avvenuti nel citato fine settimana è quello di Carlo Saturnio, 22 anni, di Manduria, morto il 7 aprile 2011. Il giovane, detenuto per furto, era parte civile in un processo a Lecce contro 9 agenti del carcere minorile accusati di maltrattamenti e vessazioni su detenuti. Carlo aveva denunciato le sevizie subite all'età di 16 anni;
              dal 1o gennaio al 20 marzo del 2011, in 91 istituti (sui 205 attivi) sono stati tentati 194 suicidi. I detenuti che debbono la vita a salvataggi in extremis da parte di poliziotti penitenziari assommano a 31. Il numero maggiore di tentati suicidi si è verificato a Venezia Santa Maria Maggiore (10) seguita da Como, Firenze Sollicciano e San Gimignano (7). In 134 istituti si sono verificati 1.025 episodi di autolesionismo. Il triste primato spetta a Lecce (54), seguita da Bologna e Firenze Sollicciano (33) nonché da Genova Marassi e dall'ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli (31). Ad aggravare il quadro complessivo concorrono i 59 episodi di aggressioni in danno di poliziotti penitenziari, che contano 39 unità ferite che hanno riportato lesioni giudicate guaribili oltre i sette giorni. A Genova Marassi il maggior numero di aggressioni ai baschi blu (6) seguita dall'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa e dagli ospedali psichiatrici giudiziari di Napoli e Como (5). Ma non mancano nemmeno le proteste. Dal 1o gennaio al 20 marzo 2011 le manifestazioni di protesta collettive, all'interno dei penitenziari, sono state 75. Gli scioperi della fame 1.153; i rifiuti delle terapie mediche 57; i rifiuti del vitto dell'amministrazione 217; gli atti di turbamento dell'ordine e della sicurezza 59. Questi numeri fotografano oltre ogni competente commento – aggiunge Sarno – la realtà che connota i nostri penitenziari, sempre più città fantasma confinate nelle retrovie dell'attenzione di chi è deputato ad analizzare e risolvere le grandi questioni sociali: i politici;
              oltre a denunciare le condizioni di estremo degrado e decadenza degli istituti penitenziari, è d'obbligo rimarcare le conseguenze, dirette, che lo sfascio del sistema carcerario riversa sulla pubblica sicurezza;
              la gravissima deficienza organica della polizia penitenziaria, stimata intorno alle 6.500 unità, non solo determina carichi di lavoro insostenibili e inaccettabili condizioni di lavoro, ma produce effetti devastanti per l'ordine pubblico. I cinque evasi, nelle ultime settimane (da Augusta, Voghera e Roma) testimoniano, in modo significativo e indicativo, questa eventualità. Non poter garantire, per penuria d'organico, adeguata sorveglianza ai detenuti ristretti (persino a quelli classificati «alta sicurezza») ed ai detenuti ricoverati nelle corsie ordinarie degli ospedali e non poter effettuare i servizi di traduzione in canoni di sicurezza è un grave vulnus per l'ordine pubblico;
              da una denuncia contenuta in un report di Ristretti orizzonti, l'associazione che monitora la situazione delle carceri, risulta che: «Negli ultimi 10 anni il sistema penitenziario italiano è costato alle casse dello Stato circa 29 miliardi di euro. Dal 2007 al 2010 le spese sono state ridotte del 10 per cento, ma in modo diseguale. Il personale ha rinunciato al 5 per cento del budget, l'attività di rieducazione dei detenuti e la manutenzione delle strutture penitenziarie hanno avuto il 31 per cento in meno di fondi. Dal 2000 ad oggi il costo medio annuo del Dap è stato di 2 miliardi e mezzo. Il grosso della spesa (quasi l'80 per cento) paga i costi del personale»;
              «Nel 2007 la spesa, pari a 3 miliardi e 95 milioni di euro, ha segnato il massimo storico. Nel 2010, per effetto dei tagli imposti dalle ultime leggi finanziarie, la spesa è risultata essere di 2 miliardi e 770 milioni di euro, in calo di circa il 10 per cento rispetto al 2007. Il 79,2 per cento dei costi nel decennio – spiega il report – sono stati assorbiti dai circa 48.000 dipendenti del Dap (polizia penitenziaria, amministrativi, dirigenti, educatori e altro), il 13 per cento dal mantenimento dei detenuti (corredo, vitto, cure sanitarie, istruzione, assistenza sociale e altro), il 4,4 per cento dalla manutenzione delle carceri e il 3,4 per cento dal loro funzionamento (energia elettrica, acqua e altro)». «L'incidenza del costo relativo al personale negli ultimi 4 anni è aumentata di ben 5 punti percentuali (dal 79,3 del 2007 all'84,3 per cento del 2010), quindi i sacrifici non si sono scaricati equamente sui diversi capitoli di spesa: al personale in 4 anni sono stati tolti 119.225.000 euro (circa il 5 per cento del budget a disposizione nel 2007), mentre nello stesso periodo le spese di mantenimento dei detenuti, di manutenzione e funzionamento delle carceri hanno subito una decurtazione di 205.775.000 euro, pari al 31,2 per cento»;
              l'associazione spiega inoltre che «per quanto riguarda il costo medio giornaliero di ogni singolo detenuto, dal 2001 ad oggi il costo medio è stato di 138,7 euro. Questa cifra è determinata da due elementi: la somma a disposizione dell'amministrazione penitenziaria e il numero medio dei detenuti presenti in un dato anno. L'ammontare dei fondi stanziati non risulta collegato all'aumento della popolazione detenuta (tanto che dal 2007 ad oggi i detenuti sono aumentati del 50 per cento e le risorse del Dap sono diminuite del 10 per cento), quindi più persone ci sono in carcere e meno costerà il mantenimento di ciascuno di loro; così, mentre il sovraffollamento ha raggiunto livelli mai visti (in 30 mesi i detenuti sono aumentati di quasi 30 mila unità: dai 39.005 dell'1o gennaio 2007 ai 67.961 del 31 dicembre 2010), la spesa media giornaliera pro capite è scesa a 113 euro (nel 2007 era di 198,4 euro, nel 2008 di 152,1 euro e nel 2009 di 121,3 euro)»;
              nel dettaglio, di questi 113 euro: 95,3 (pari all'84,3 per cento del totale) servono per pagare il personale; 7,36 (6,2 per cento del totale) sono spesi per il cibo, l'igiene, l'assistenza e l'istruzione dei detenuti; 5,60 (5,4 per cento del totale) per la manutenzione delle carceri; 4,74 (4,1 per cento del totale) per il funzionamento delle carceri (elettricità, acqua e altro). Escludendo i costi per il personale penitenziario e per l'assistenza sanitaria, che è diventata di competenza del Ministero della salute, nel 2010 la spesa complessiva per il mantenimento dei detenuti è pari a 321.691.037 euro, quindi ogni detenuto ha a disposizione beni e servizi per un ammontare di 13 euro al giorno;
              tra le voci di spesa, i pasti rappresentano la maggiore (3,95 euro al giorno), seguita dai costi di funzionamento delle carceri (acqua, luce, energia elettrica, gas e telefoni, pulizia locali, riscaldamento e altro), pari a 3,6 euro al giorno, e dalle mercedi dei lavoranti (cioè i compensi per i detenuti addetti alle pulizie, alle cucine, alla manutenzione ordinaria e altro), che concorrono per 2,24 euro al giorno. «Al riguardo va detto che il fabbisogno stimato per il funzionamento dei cosiddetti servizi domestici sarebbe di 85 milioni all'anno, ma nel 2010 ne sono stati spesi soltanto 54: i pochi detenuti che lavorano si sono visti ridurre gli orari e, di conseguenza, nelle carceri domina la sporcizia e l'incuria», segnala il report;
              per quanto riguarda la rieducazione, «la spesa risulta a livelli irrisori: nel trattamento della personalità ed assistenza psicologica vengono investiti 2,6 euro al mese, pari a 8 centesimi al giorno. Appena maggiore il costo sostenuto per le attività scolastiche, culturali, ricreative, sportive: 3,5 euro al mese, pari a 11 centesimi al giorno per ogni detenuto;
              nella colpevole indifferenza del Governo la situazione nelle carceri italiane è diventata ormai insostenibile, sia per i detenuti che per la polizia penitenziaria e la protesta delle agenti donne di Rebibbia è la risposta drammatica ed estrema di chi si sente completamente abbandonato dallo Stato»;
              il Ministro dell'interno e il Ministro della giustizia conoscono bene la gestione dei detenuti sottoposti al regime previsto dal 41-bis. Per legge, questa tipologia di detenuti dovrebbe essere sorvegliata dal reparto specializzato della polizia penitenziaria Gom (Gruppo operativo mobile). Ma in più di una struttura (Parma su tutte, a seguire Milano Opera, Novara e altre) i detenuti al 41-bis non sempre sono affidati al personale del Gruppo operativo mobile;
              i dati che si registrano sull'aumento dei suicidi nelle carceri italiane parallelamente alla crescita del numero dei detenuti risultano particolarmente preoccupanti, tenuto conto che, solo dall'inizio del 2010, sono stati riscontrati alla data del 29 luglio 2010 39 casi di suicidio nelle strutture penitenziarie del Paese, come documentato dall'associazione Antigone e dal sito del Garante dei detenuti della Sicilia;
              la carenza di fondi destinati al lavoro in istituto, legata al sovrannumero, comporta una oggettiva difficoltà nel favorire un percorso riabilitativo cosicché, nella maggioranza dei casi, la reclusione intramuraria risulta essere solo un'espiazione della pena, senza che si siano oggettivamente attivate significative iniziative di rieducazione e di reinserimento;
              una rappresentanza della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, recandosi in visita presso alcuni istituti penitenziari della Sicilia, ha potuto riscontrare direttamente come la carenza di fondi abbia come effetto immediato la sostanziale impossibilità di favorire un percorso riabilitativo e come l'esiguità degli spazi costituisca una minaccia alla salute fisica e mentale dei detenuti, con il risultato che appena il 10-15 per cento dei reclusi, tra l'altro, è nelle condizioni di svolgere attività lavorativa;
              la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o dei trattamenti inumani o degradanti e altri atti internazionali firmati e ratificati dall'Italia stabiliscono il divieto assoluto di tortura e trattamento inumano;
              la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha più volte condannato l'Italia per le condizioni in cui tiene il proprio sistema carcerario;
              il Consiglio dei diritti umani di Ginevra, nell'ambito della procedura di verifica periodica universale cui nel 2010 è stata sottoposta l'Italia, con le sue raccomandazioni ha stigmatizzato il sistema carcerario italiano;
              in Italia i magistrati di sorveglianza sono 178 (l'organico è di 204) e ogni magistrato deve occuparsi mediamente di 394 detenuti;
              ogni detenuto presenta circa dieci domande l'anno (ricoveri, reclami, liberazioni anticipate, misure alternative ed altro) e ogni giudice di sorveglianza è costretto a portare avanti circa quattro mila procedimenti non potendo, così, esercitare le funzioni di controllo di legalità all'interno degli istituti penitenziari attraverso lo strumento delle ispezioni;
              in Italia, contrariamente a quanto previsto in ben 22 Paesi membri dell'Unione europea (Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Gran Bretagna, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia ed Ungheria), non esiste un organismo di controllo delle carceri e degli altri luoghi di privazione della libertà deputato a svolgere attività di protezione dei diritti delle persone ristrette;
              la raccomandazione Rec(2006)2 del Comitato dei Ministri degli Stati membri sulle regole penitenziarie europee (adottata l'11 gennaio 2006 nel corso di una riunione dei delegati dei Ministri) ha stabilito che le condizioni di alloggio dei detenuti devono soddisfare misure di sicurezza compatibili (tra l'altro) col rischio che i detenuti si feriscano;
              la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito, in virtù di quanto previsto dall'articolo 3 della Convenzione (che sancisce in termini assoluti il divieto di tortura, pene o trattamenti disumani o degradanti), che lo Stato deve assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto nelle condizioni che sono compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione del provvedimento non espongano l'interessato a pericoli o a prove di un'intensità che eccedano il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute e il benessere del prigioniero siano assicurati in modo adeguato,

impegna il Governo:

          a convocare tempestivamente i sindacati di polizia penitenziaria e le rappresentanze di tutto il personale penitenziario al fine di un confronto concreto e costruttivo sulle problematiche delle carceri in Italia e degli operatori;
          ad informare semestralmente il Parlamento sugli esiti del progetto di recupero e di razionalizzazione delle risorse umane esistenti, con particolare riferimento ai processi di rafforzamento delle motivazioni professionali e lavorative;
          ad incrementare la dotazione organica del personale di polizia penitenziaria, così da renderne più efficiente e meno pesante l'attività lavorativa;
          a valutare ogni iniziativa volta all'assunzione di educatori penitenziari;
          ad incoraggiare un significativo miglioramento della qualità di preparazione del personale penitenziario adibito alla custodia, attraverso processi di formazione che non si fermino alla fase iniziale di impiego ma accompagnino l'operatore lungo l'intera sua attività lavorativa e che abbiano tra i propri obiettivi quello di formare in merito ai diritti umani e ai meccanismi di prevenzione delle loro violazioni, nonché ai percorsi di reinserimento sociale delle persone detenute;
          in relazione all'esperienza europea degli ultimi anni, ad adottare iniziative per l'attivazione di organismi indipendenti di nomina parlamentare che abbiano poteri informali di visita e controllo dei luoghi di detenzione, e in ogni caso poteri idonei a promuovere concretamente attività di prevenzione e soluzione dei conflitti;
          a valutare l'adozione di iniziative normative volte a migliorare e tutelare la dignità personale dei detenuti e le condizioni di lavoro di tutto il personale che vi opera, nel pieno rispetto del dettato costituzionale, nonché delle disposizioni dei numerosi atti internazionali sottoscritti dall'Italia.
(1-00618) «Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Palomba, Di Stanislao, Paladini, Monai».


      La Camera,
          premesso che:
              la situazione in cui versano le carceri italiane, con un sovraffollamento di molto superiore alle soglie di tollerabilità di ogni singolo istituto, sono tali da rendere inaccettabili le condizioni di vivibilità per i detenuti mortificando lo stesso lavoro degli agenti della polizia penitenziaria;
              la situazione nelle carceri è drammatica ed è precipitata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, da quando sono state approvate due leggi: l'ex Cirielli, che vieta nel caso di reati minori pene alternative, e la Fini-Giovanardi, che aumenta le sanzioni per produzione, traffico, detenzione illecita e uso di sostanze stupefacenti: l'una e l'altra stanno alimentando il sovraffollamento;
              la Costituzione italiana prescrive espressamente all'articolo 27 che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato;
              i dati forniti dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria segnalano un'allarmante crescita media di oltre 500 reclusioni al mese, che hanno già determinato il superamento della capienza tollerabile di detenuti negli istituti di pena italiani: a fronte di una capienza regolamentare di poco più di 44.000 unità, i detenuti risultano essere oltre 68.000;
              alla data del 20 marzo 2011, negli istituti penitenziari italiani (circuito per adulti) erano ristretti 67.318 detenuti (64.370 uomini e 2.948 donne) a fronte di una disponibilità reale di posti detentivi pari a 45.059. Un surplus di 22.259 detenuti in più rispetto alla massima capienza che determina un indice medio nazionale di affollamento pari al 54,2 per cento. In nove regioni italiane il tasso di affollamento varia dal 23 al 50 per cento, in dieci regioni dal 51 all'80 per cento e l'unica regione che non presenta (apparentemente) una situazione sovraffollata è il Trentino Alto Adige (ma il dato è condizionato dal sottoutilizzo del nuovo carcere di Trento). Capofila, per sovraffollamento, la Calabria (77,6 percento) seguita da Puglia (76,3 per cento), Emilia Romagna (73,7 per cento), Marche (72,1 percento) e Lombardia (65,9 per cento). L'istituto con il più alto tasso di affollamento si conferma Lamezia Terme (193,3 per cento), seguito da Busto Arsizio (164,7 per cento), Vicenza (155,5 per cento). Brescia Canton Mombello (152,5 per cento), Mistretta (137,5 per cento);
              dal 1o gennaio al 20 marzo del 2011, si sono verificati 14 suicidi in cella;
              nel fine settimana del 2 e 3 aprile 2011 ci sono stati quattro tentativi di suicidio (in tre casi il detenuto è morto). Dall'inizio dell'anno le vittime sono 37, di cui 15 per suicidio, 17 per cause naturali e 7 ancora da accertare, 12 gli stranieri. Altri casi: Giuseppe Uva morto nella caserma dei carabinieri di Varese per percosse, Niki Aprile Gatti morto nel carcere di Sollicciano (la famiglia non crede che si sia ucciso). Uno dei quattro tentativi di suicidio avvenuti nel citato fine settimana è quello di Carlo Saturnio, 22 anni, di Manduria, morto il 7 aprile 2011. Il giovane, detenuto per furto, era parte civile in un processo a Lecce contro 9 agenti del carcere minorile accusati di maltrattamenti e vessazioni su detenuti. Carlo aveva denunciato le sevizie subite all'età di 16 anni;
              dal 1o gennaio al 20 marzo del 2011, in 91 istituti (sui 205 attivi) sono stati tentati 194 suicidi. I detenuti che debbono la vita a salvataggi in extremis da parte di poliziotti penitenziari assommano a 31. Il numero maggiore di tentati suicidi si è verificato a Venezia Santa Maria Maggiore (10) seguita da Como, Firenze Sollicciano e San Gimignano (7). In 134 istituti si sono verificati 1.025 episodi di autolesionismo. Il triste primato spetta a Lecce (54), seguita da Bologna e Firenze Sollicciano (33) nonché da Genova Marassi e dall'ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli (31). Ad aggravare il quadro complessivo concorrono i 59 episodi di aggressioni in danno di poliziotti penitenziari, che contano 39 unità ferite che hanno riportato lesioni giudicate guaribili oltre i sette giorni. A Genova Marassi il maggior numero di aggressioni ai baschi blu (6) seguita dall'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa e dagli ospedali psichiatrici giudiziari di Napoli e Como (5). Ma non mancano nemmeno le proteste. Dal 1o gennaio al 20 marzo 2011 le manifestazioni di protesta collettive, all'interno dei penitenziari, sono state 75. Gli scioperi della fame 1.153; i rifiuti delle terapie mediche 57; i rifiuti del vitto dell'amministrazione 217; gli atti di turbamento dell'ordine e della sicurezza 59. Questi numeri fotografano oltre ogni competente commento – aggiunge Sarno – la realtà che connota i nostri penitenziari, sempre più città fantasma confinate nelle retrovie dell'attenzione di chi è deputato ad analizzare e risolvere le grandi questioni sociali: i politici;
              oltre a denunciare le condizioni di estremo degrado e decadenza degli istituti penitenziari, è d'obbligo rimarcare le conseguenze, dirette, che lo sfascio del sistema carcerario riversa sulla pubblica sicurezza;
              la gravissima deficienza organica della polizia penitenziaria, stimata intorno alle 6.500 unità, non solo determina carichi di lavoro insostenibili e inaccettabili condizioni di lavoro, ma produce effetti devastanti per l'ordine pubblico. I cinque evasi, nelle ultime settimane (da Augusta, Voghera e Roma) testimoniano, in modo significativo e indicativo, questa eventualità. Non poter garantire, per penuria d'organico, adeguata sorveglianza ai detenuti ristretti (persino a quelli classificati «alta sicurezza») ed ai detenuti ricoverati nelle corsie ordinarie degli ospedali e non poter effettuare i servizi di traduzione in canoni di sicurezza è un grave vulnus per l'ordine pubblico;
              da una denuncia contenuta in un report di Ristretti orizzonti, l'associazione che monitora la situazione delle carceri, risulta che: «Negli ultimi 10 anni il sistema penitenziario italiano è costato alle casse dello Stato circa 29 miliardi di euro. Dal 2007 al 2010 le spese sono state ridotte del 10 per cento, ma in modo diseguale. Il personale ha rinunciato al 5 per cento del budget, l'attività di rieducazione dei detenuti e la manutenzione delle strutture penitenziarie hanno avuto il 31 per cento in meno di fondi. Dal 2000 ad oggi il costo medio annuo del Dap è stato di 2 miliardi e mezzo. Il grosso della spesa (quasi l'80 per cento) paga i costi del personale»;
              «Nel 2007 la spesa, pari a 3 miliardi e 95 milioni di euro, ha segnato il massimo storico. Nel 2010, per effetto dei tagli imposti dalle ultime leggi finanziarie, la spesa è risultata essere di 2 miliardi e 770 milioni di euro, in calo di circa il 10 per cento rispetto al 2007. Il 79,2 per cento dei costi nel decennio – spiega il report – sono stati assorbiti dai circa 48.000 dipendenti del Dap (polizia penitenziaria, amministrativi, dirigenti, educatori e altro), il 13 per cento dal mantenimento dei detenuti (corredo, vitto, cure sanitarie, istruzione, assistenza sociale e altro), il 4,4 per cento dalla manutenzione delle carceri e il 3,4 per cento dal loro funzionamento (energia elettrica, acqua e altro)». «L'incidenza del costo relativo al personale negli ultimi 4 anni è aumentata di ben 5 punti percentuali (dal 79,3 del 2007 all'84,3 per cento del 2010), quindi i sacrifici non si sono scaricati equamente sui diversi capitoli di spesa: al personale in 4 anni sono stati tolti 119.225.000 euro (circa il 5 per cento del budget a disposizione nel 2007), mentre nello stesso periodo le spese di mantenimento dei detenuti, di manutenzione e funzionamento delle carceri hanno subito una decurtazione di 205.775.000 euro, pari al 31,2 per cento»;
              l'associazione spiega inoltre che «per quanto riguarda il costo medio giornaliero di ogni singolo detenuto, dal 2001 ad oggi il costo medio è stato di 138,7 euro. Questa cifra è determinata da due elementi: la somma a disposizione dell'amministrazione penitenziaria e il numero medio dei detenuti presenti in un dato anno. L'ammontare dei fondi stanziati non risulta collegato all'aumento della popolazione detenuta (tanto che dal 2007 ad oggi i detenuti sono aumentati del 50 per cento e le risorse del Dap sono diminuite del 10 per cento), quindi più persone ci sono in carcere e meno costerà il mantenimento di ciascuno di loro; così, mentre il sovraffollamento ha raggiunto livelli mai visti (in 30 mesi i detenuti sono aumentati di quasi 30 mila unità: dai 39.005 dell'1o gennaio 2007 ai 67.961 del 31 dicembre 2010), la spesa media giornaliera pro capite è scesa a 113 euro (nel 2007 era di 198,4 euro, nel 2008 di 152,1 euro e nel 2009 di 121,3 euro)»;
              nel dettaglio, di questi 113 euro: 95,3 (pari all'84,3 per cento del totale) servono per pagare il personale; 7,36 (6,2 per cento del totale) sono spesi per il cibo, l'igiene, l'assistenza e l'istruzione dei detenuti; 5,60 (5,4 per cento del totale) per la manutenzione delle carceri; 4,74 (4,1 per cento del totale) per il funzionamento delle carceri (elettricità, acqua e altro). Escludendo i costi per il personale penitenziario e per l'assistenza sanitaria, che è diventata di competenza del Ministero della salute, nel 2010 la spesa complessiva per il mantenimento dei detenuti è pari a 321.691.037 euro, quindi ogni detenuto ha a disposizione beni e servizi per un ammontare di 13 euro al giorno;
              tra le voci di spesa, i pasti rappresentano la maggiore (3,95 euro al giorno), seguita dai costi di funzionamento delle carceri (acqua, luce, energia elettrica, gas e telefoni, pulizia locali, riscaldamento e altro), pari a 3,6 euro al giorno, e dalle mercedi dei lavoranti (cioè i compensi per i detenuti addetti alle pulizie, alle cucine, alla manutenzione ordinaria e altro), che concorrono per 2,24 euro al giorno. «Al riguardo va detto che il fabbisogno stimato per il funzionamento dei cosiddetti servizi domestici sarebbe di 85 milioni all'anno, ma nel 2010 ne sono stati spesi soltanto 54: i pochi detenuti che lavorano si sono visti ridurre gli orari e, di conseguenza, nelle carceri domina la sporcizia e l'incuria», segnala il report;
              per quanto riguarda la rieducazione, «la spesa risulta a livelli irrisori: nel trattamento della personalità ed assistenza psicologica vengono investiti 2,6 euro al mese, pari a 8 centesimi al giorno. Appena maggiore il costo sostenuto per le attività scolastiche, culturali, ricreative, sportive: 3,5 euro al mese, pari a 11 centesimi al giorno per ogni detenuto;
              nella colpevole indifferenza del Governo la situazione nelle carceri italiane è diventata ormai insostenibile, sia per i detenuti che per la polizia penitenziaria e la protesta delle agenti donne di Rebibbia è la risposta drammatica ed estrema di chi si sente completamente abbandonato dallo Stato»;
              il Ministro dell'interno e il Ministro della giustizia conoscono bene la gestione dei detenuti sottoposti al regime previsto dal 41-bis. Per legge, questa tipologia di detenuti dovrebbe essere sorvegliata dal reparto specializzato della polizia penitenziaria Gom (Gruppo operativo mobile). Ma in più di una struttura (Parma su tutte, a seguire Milano Opera, Novara e altre) i detenuti al 41-bis non sempre sono affidati al personale del Gruppo operativo mobile;
              i dati che si registrano sull'aumento dei suicidi nelle carceri italiane parallelamente alla crescita del numero dei detenuti risultano particolarmente preoccupanti, tenuto conto che, solo dall'inizio del 2010, sono stati riscontrati alla data del 29 luglio 2010 39 casi di suicidio nelle strutture penitenziarie del Paese, come documentato dall'associazione Antigone e dal sito del Garante dei detenuti della Sicilia;
              la carenza di fondi destinati al lavoro in istituto, legata al sovrannumero, comporta una oggettiva difficoltà nel favorire un percorso riabilitativo cosicché, nella maggioranza dei casi, la reclusione intramuraria risulta essere solo un'espiazione della pena, senza che si siano oggettivamente attivate significative iniziative di rieducazione e di reinserimento;
              una rappresentanza della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, recandosi in visita presso alcuni istituti penitenziari della Sicilia, ha potuto riscontrare direttamente come la carenza di fondi abbia come effetto immediato la sostanziale impossibilità di favorire un percorso riabilitativo e come l'esiguità degli spazi costituisca una minaccia alla salute fisica e mentale dei detenuti, con il risultato che appena il 10-15 per cento dei reclusi, tra l'altro, è nelle condizioni di svolgere attività lavorativa;
              la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o dei trattamenti inumani o degradanti e altri atti internazionali firmati e ratificati dall'Italia stabiliscono il divieto assoluto di tortura e trattamento inumano;
              la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha più volte condannato l'Italia per le condizioni in cui tiene il proprio sistema carcerario;
              il Consiglio dei diritti umani di Ginevra, nell'ambito della procedura di verifica periodica universale cui nel 2010 è stata sottoposta l'Italia, con le sue raccomandazioni ha stigmatizzato il sistema carcerario italiano;
              in Italia i magistrati di sorveglianza sono 178 (l'organico è di 204) e ogni magistrato deve occuparsi mediamente di 394 detenuti;
              ogni detenuto presenta circa dieci domande l'anno (ricoveri, reclami, liberazioni anticipate, misure alternative ed altro) e ogni giudice di sorveglianza è costretto a portare avanti circa quattro mila procedimenti non potendo, così, esercitare le funzioni di controllo di legalità all'interno degli istituti penitenziari attraverso lo strumento delle ispezioni;
              in Italia, contrariamente a quanto previsto in ben 22 Paesi membri dell'Unione europea (Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Gran Bretagna, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia ed Ungheria), non esiste un organismo di controllo delle carceri e degli altri luoghi di privazione della libertà deputato a svolgere attività di protezione dei diritti delle persone ristrette;
              la raccomandazione Rec(2006)2 del Comitato dei Ministri degli Stati membri sulle regole penitenziarie europee (adottata l'11 gennaio 2006 nel corso di una riunione dei delegati dei Ministri) ha stabilito che le condizioni di alloggio dei detenuti devono soddisfare misure di sicurezza compatibili (tra l'altro) col rischio che i detenuti si feriscano;
              la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito, in virtù di quanto previsto dall'articolo 3 della Convenzione (che sancisce in termini assoluti il divieto di tortura, pene o trattamenti disumani o degradanti), che lo Stato deve assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto nelle condizioni che sono compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione del provvedimento non espongano l'interessato a pericoli o a prove di un'intensità che eccedano il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute e il benessere del prigioniero siano assicurati in modo adeguato,

impegna il Governo:

          a convocare tempestivamente i sindacati di polizia penitenziaria e le rappresentanze di tutto il personale penitenziario al fine di un confronto concreto e costruttivo sulle problematiche delle carceri in Italia e degli operatori;
          ad informare semestralmente il Parlamento sugli esiti del progetto di recupero e di razionalizzazione delle risorse umane esistenti, con particolare riferimento ai processi di rafforzamento delle motivazioni professionali e lavorative;
          ad incrementare nei limiti delle risorse disponibili o che saranno rese disponibili la dotazione organica del personale di polizia penitenziaria, così da renderne più efficiente e meno pesante l'attività lavorativa;
          a valutare ogni iniziativa volta all'assunzione di educatori penitenziari;
          ad incoraggiare un significativo miglioramento della qualità di preparazione del personale penitenziario adibito alla custodia, attraverso processi di formazione che non si fermino alla fase iniziale di impiego ma accompagnino l'operatore lungo l'intera sua attività lavorativa e che abbiano tra i propri obiettivi quello di formare in merito ai diritti umani e ai meccanismi di prevenzione delle loro violazioni, nonché ai percorsi di reinserimento sociale delle persone detenute;
          in relazione all'esperienza europea degli ultimi anni, ad adottare nei limiti delle risorse disponibili o che saranno rese disponibili iniziative per l'attivazione di organismi indipendenti di nomina parlamentare che abbiano poteri informali di visita e controllo dei luoghi di detenzione, e in ogni caso poteri idonei a promuovere concretamente attività di prevenzione e soluzione dei conflitti;
          a valutare l'adozione di iniziative normative volte a migliorare e tutelare la dignità personale dei detenuti e le condizioni di lavoro di tutto il personale che vi opera, nel pieno rispetto del dettato costituzionale, nonché delle disposizioni dei numerosi atti internazionali sottoscritti dall'Italia.
(1-00618)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Palomba, Di Stanislao, Paladini, Monai».


      La Camera,
          premesso che:
              la condizione delle carceri italiane ha raggiunto livelli di sovraffollamento non più tollerabili. Secondo i dati del rapporto Eurispes, che richiama i dati del Ministero della giustizia, il numero complessivo dei detenuti presenti negli istituti di pena alla fine del 2010 era pari a 67.961, a fronte di una capienza massima pari a 45.022 condannati. Ne deriva che attualmente nelle carceri italiane vi sono 22.939 detenuti in più rispetto a quelli regolarmente previsti;
              l'analisi dei dati regionali mostra nel dettaglio una situazione drammatica: la condizione peggiore sembra spettare alla Puglia, dove la popolazione carceraria è pari a 4.755 presenze, rispetto alle 2.528 regolamentari; ovvero ogni 100 posti, vi sarebbero 88 detenuti in esubero. In Emilia-Romagna l'eccedenza è pari a 83 unità. In Sardegna la situazione sembra migliorare, dal momento che nei 12 istituti esistenti sono presenti 2.217 reclusi, a fronte dei 1.970 previsti regolarmente. La situazione migliore sembra essere quella del Trentino-Alto Adige, che registra 405 presenze rispetto alle 394 consentite;
              in questa situazione il rischio concreto della diffusione di infezioni e malattie tende ad aumentare, proprio perché vengono a mancare quelle condizioni minime di salute e di prevenzione che dovrebbero essere garantite a tutti i detenuti, ma che in presenza di dati così drammatici diventa impossibile assicurare. Il rapporto Eurispes, infatti, registra, oltre alla presenza di patologie da sempre prevalenti, quali epatite b, c e aids, anche la riemersione di quelle che sembravano ormai superate, come la tubercolosi;
              pertanto, la condizione delle strutture penitenziarie, oltre a determinare un peggioramento delle condizioni di vita dei detenuti, produce evidenti effetti negativi dal punto di vista della tutela dei diritti degli stessi reclusi. Sul punto è intervenuta la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha condannato l'Italia per violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti, a seguito del ricorso presentato da uno straniero detenuto nel carcere di Rebibbia, dove, con altre cinque persone, ha condiviso per tre mesi una cella, avendo ciascuno uno spazio a disposizione di 2,7 metri quadri. Il Comitato per la prevenzione della tortura, istituito dal Consiglio d'Europa, ha fissato in 7 metri quadri lo spazio minimo per detenuto. La mancanza evidente di tale spazio personale, secondo la Corte, costituisce violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), relativo al divieto di trattamenti inumani e degradanti;
              secondo lo studio effettuato dall'associazione «Ristretti orizzonti», vi è una forte relazione tra il tasso di sovraffollamento e l'elevato numero di persone che hanno deciso di togliersi la vita in carcere. Nel 2009 sono state 72 le persone che volontariamente si sono tolte la vita su un totale di 177 persone morte in carcere. Nel 2010, invece, i casi di suicidio sono stati 66, su 173 decessi complessivi; secondo i sindacati di polizia penitenziaria dal 1o gennaio al 20 marzo del 2011, si sono avuti 14 suicidi in carcere. Nello stesso periodo in 91 istituti, sui 205 attivi, sono stati tentati 194 suicidi; in 134 istituti si sono verificati 1.025 episodi di autolesionismo; le manifestazioni di protesta collettive, all'interno dei penitenziari, sono state 75; si sono avuti 1.153 scioperi della fame, 57 rifiuti delle terapie mediche, 217 rifiuti del vitto dell'amministrazione, 59 atti di turbamento dell'ordine e della sicurezza;
              se si analizza la composizione della popolazione carceraria, si osserva che un terzo è composto da detenuti stranieri, circa 24.829; 1.300 circa sono reclusi solo per non aver eseguito l'ordine di espulsione; un altro terzo, pari a circa 26.277 detenuti, è costituito da tossicodipendenti, che insieme agli psichiatrici e agli autori dei cosiddetti reati di strada, rappresentano le categorie più comuni presenti nelle strutture carcerarie;
              la situazione delle carceri è resa esplosiva anche per effetto della normativa adottata in materia di droga e di immigrazione, oltre alle disposizioni sui recidivi e sulle aggravanti dettate dalla «legge Cirielli» e dai «pacchetti-sicurezza»; se nel 2008 il numero dei detenuti era pari a 58.127 unità, la politica sulla sicurezza adottata dal Governo ha prodotto un aumento del numero dei detenuti di 10 mila persone, a fronte del successivo fallimento della cosiddetta normativa «svuota carceri», che ha concesso la detenzione domiciliare soltanto a 1.788 detenuti;
              le condizioni di degrado nelle quali versano gli istituti penitenziari dipendono anche dalla mancanza di risorse a disposizione, alla luce degli effetti prodotti dai tagli delle diverse leggi finanziarie: nel 2007 lo stanziamento previsto per la gestione dell'intero sistema carcerario era pari a 3.095.506.362 euro, mentre nel 2010 le risorse disponibili sono state di appena 2.770.841.742 euro; ancora, nel 2007 la spesa media pro capite è stata calcolata in 198,4 euro per 44.587 soggetti detenuti, alla fine del 2010, invece, il costo medio giornaliero è stato calcolato in 113,04 euro, a fronte di un aumento della popolazione detenuta di 22.569 unità. Si calcola che il sistema carcerario nel suo complesso sia costato 29 miliardi di euro negli ultimi dieci anni, mentre la manutenzione e le diverse attività di rieducazione hanno subito una contrazione pari al 31 per cento delle risorse;
              un ulteriore elemento che incide fortemente sul sistema carcerario italiano è rappresentato dalla grave carenza di organico della polizia penitenziaria, che, secondo i dati dei sindacati, è stimato intorno alle 6.500 unità, con gravissime conseguenze sia per i carichi di lavoro, sia per le condizioni nelle quali gli agenti penitenziari si trovano costretti ad operare, sia per le ripercussioni sull'ordine pubblico;
              un tale sistema carcerario rappresenta un ostacolo al recupero dei detenuti e impedisce la funzione rieducativa e di riabilitazione della pena, così come invece previsto dall'articolo 27 della Costituzione,

impegna il Governo:

          a dare seguito al cosiddetto «piano carceri» per la costruzione di nuove strutture penitenziarie, al fine di risolvere la questione del sovraffollamento degli istituti, garantendo apertura e massima trasparenza nella gestione di tutte le procedure di spesa;
          a prevedere misure finalizzate a prevenire la questione del sovraffollamento carcerario, anche attraverso la promozione di norme volte a garantire una più immediata accessibilità alle pene alternative alla detenzione, la riduzione delle pene previste per reati di minore entità, la limitazione del ricorso alla custodia cautelare in carcere e la previsione di criteri più agevoli per la conversione delle pene detentive in pene pecuniarie;
          a predisporre le misure necessarie per adeguare l'organico del personale di polizia penitenziaria e del personale addetto all'assistenza, anche attraverso la promozione di attività formative specifiche, per cercare di arginare la situazione di emergenza nella quale si trovano le strutture penitenziarie italiane nell'attesa di una definitiva soluzione.
(1-00619) «Mosella, Tabacci, Lanzillotta, Pisicchio, Vernetti, Brugger».


      La Camera,

impegna il Governo:

          a dare seguito al cosiddetto «piano carceri» per la costruzione di nuove strutture penitenziarie, al fine di risolvere la questione del sovraffollamento degli istituti, garantendo apertura e massima trasparenza nella gestione di tutte le procedure di spesa;
          a prevedere misure finalizzate a prevenire la questione del sovraffollamento carcerario;
          a predisporre nei limiti delle disponibilità finanziarie le misure necessarie per adeguare l'organico del personale di polizia penitenziaria e del personale addetto all'assistenza, anche attraverso la promozione di attività formative specifiche, per cercare di arginare la situazione di emergenza nella quale si trovano le strutture penitenziarie italiane nell'attesa di una definitiva soluzione.
(1-00619)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Mosella, Tabacci, Lanzillotta, Pisicchio, Vernetti, Brugger».


DISEGNO DI LEGGE – PROROGA DEI TERMINI PER L'ESERCIZIO DELLA DELEGA DI CUI ALLA LEGGE 5 MAGGIO 2009, N.  42, IN MATERIA DI FEDERALISMO FISCALE (A.C. 4299-A)

A.C. 4299-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n.  1.

A.C. 4299-A – Articolo 1

ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 1.

      1. Alla legge 5 maggio 2009, n.  42, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
          a) all'articolo 2, comma 1, le parole: «ventiquattro mesi» sono sostituite dalle seguenti: «trenta mesi»;
          b) all'articolo 2, comma 3, le parole: «sessanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «novanta giorni»;
          c) all'articolo 2, comma 7, le parole: «due anni» sono sostituite dalle seguenti: «tre anni»;
          d) all'articolo 3, il comma 6 è sostituito dal seguente:
      «6. Qualora il termine per l'espressione del parere scada nei trenta giorni che precedono il termine finale per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato di centocinquanta giorni»;
          e) all'articolo 16, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
      «1-bis. Gli interventi di cui al comma 1 sono riferiti a tutti gli enti territoriali per i quali ricorrano i requisiti di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione».
          f) all'articolo 23, comma 6, alinea, le parole: «trentasei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «quarantotto mesi»;
          g) all'articolo 27, comma 1, le parole: «ventiquattro mesi» sono sostituite dalle seguenti: «trenta mesi».

      2. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere b) e d), non si applicano nei riguardi dei procedimenti relativi agli schemi di decreto legislativo che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono già stati trasmessi alla Conferenza unificata ai fini dell'intesa di cui all'articolo 2, comma 3, secondo periodo, della legge 5 maggio 2009, n.  42.
      3. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 1.

      Sopprimere il comma 2.
1. 3. Borghesi, Cambursano, Messina.

      Al comma 2, sopprimere la parola: non.
1. 4. Borghesi, Cambursano, Messina.

A.C. 4299-A – Ordine del giorno

ORDINE DEL GIORNO

      La Camera,
          premesso che:
              esaminato il provvedimento recante una proroga dei termini per l'esercizio della delega di cui alla legge 5 maggio 2009, n.  42, in materia di federalismo fiscale,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti integrativi e correttivi, anche di natura legislativa, finalizzati a prevedere la destinazione di una parte del gettito derivante dall'applicazione delle norme attuative previste dalla delega contenuta nella legge 5 maggio 2009, n.  42, e a reperire le risorse necessarie a finanziare interventi a favore delle famiglie con figli a carico in vista del nuovo sistema fiscale modellato sul fattore famiglia.
9/4299/1. Ciccanti, Galletti, Capitanio Santolini.


      La Camera,
          premesso che:
              esaminato il provvedimento recante una proroga dei termini per l'esercizio della delega di cui alla legge 5 maggio 2009, n.  42, in materia di federalismo fiscale,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti finalizzati a prevedere la destinazione di una parte del gettito derivante dall'applicazione delle norme attuative previste dalla delega contenuta nella legge 5 maggio 2009, n.  42, a favore delle famiglie con figli a carico in vista del nuovo sistema fiscale modellato sul fattore famiglia.
9/4299/1.    (Testo modificato nel corso della seduta) Ciccanti, Galletti, Capitanio Santolini.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Elementi in ordine al rispetto della normativa in materia di accesso e partecipazione delle persone con disabilità a spettacoli e manifestazioni, con particolare riferimento al concerto tenutosi a Roma il 1o maggio 2011 – 3-01648

      ARGENTIN, MIOTTO, MARAN, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, POMPILI e META. — Al Ministro per le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto segnalato agli interroganti da parte di alcuni cittadini portatori di handicap, in occasione del concerto tenutosi a Roma, in Piazza San Giovanni, nella ricorrenza della festa dei lavoratori, a differenza di quanto verificatosi negli anni passati, il numero dei posti riservati alle persone su sedia a rotelle risultava fortemente limitato e con una collocazione che rendeva problematica la piena fruizione dello spettacolo;
          al riguardo, sembrerebbe che l'amministrazione comunale non si sia fatta carico della necessaria verifica delle modalità di accesso e sistemazione degli spettatori disabili;
          assicurare la parità delle opportunità attraverso la garanzia della dignità e il rispetto della persona disabile, la sua autonomia e la sua partecipazione alla vita civile e politica del Paese, per una «vita indipendente» è alla base della strategia a lungo termine dell'Unione europea e, in tale chiave, il Parlamento italiano ha approvato in questa legislatura la legge 3 marzo 2009, n.  18, «Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità»;
          il perseguimento dei richiamati obiettivi deve vedere il pieno impegno di tutte le amministrazioni pubbliche, statali e locali, non solo nell'attività di vigilanza, ma anche in quella della promozione della cultura della partecipazione e valorizzazione delle persone con disabilità  –:
          quali siano i dati a disposizione del Governo circa i fatti sommariamente riportati in premessa e se, in particolare, siano state svolte tutte le funzioni proprie delle amministrazioni interessate ai fini del rispetto della lettera e dello spirito della normativa in materia di accesso e partecipazione delle persone con disabilità a spettacoli, concerti e manifestazioni sportive. (3-01648)


Elementi e iniziative in merito alla qualità della sanità e all'applicazione dei livelli essenziali di assistenza nella regione Sicilia – 3-01650

      GERMANÀ, MARINELLO, PAGANO, GAROFALO, VINCENZO ANTONIO FONTANA, TORRISI, CATANOSO, CRISTALDI, GIAMMANCO, GIBIINO, LA LOGGIA e MINARDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il Ministero della salute, nel suo rapporto sulla qualità della sanità regionale e sull'applicazione dei livelli essenziali di assistenza, ha giudicato la gestione della sanità nella Regione siciliana totalmente fallimentare e si devono, quindi, constatare la mancata implementazione di tutte le attività previste dal piano di rientro, inefficienze e disapplicazioni, in ragione delle quali il comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza ha dovuto attribuire un punteggio inferiore al livello minimo, in un range che va da 160 (per le amministrazioni più virtuose) fino a 130;
          il comitato di valutazione del Ministero della salute ha stilato i giudizi sulla base di un sistema di 21 indicatori ripartiti sulle tre macro-aree della prevenzione, dell'assistenza territoriale, ospedaliera e dell'emergenza, in maniera del tutto conforme ai parametri stabiliti e valevoli per tutto il territorio; si evince che in relazione alle performance, la Sicilia continua ad occupare gli ultimi posti della graduatoria, sia sotto il profilo dell'assistenza ospedaliera, sia in merito alla mancata riduzione della spesa farmaceutica  –:
          quale sia l'effettivo stato della sanità in Sicilia, chiarendo, secondo il principio di trasparenza e leale collaborazione, gli aspetti oscuri e le criticità attinenti alla mancata obbligatoria ottemperanza dei livelli essenziali di assistenza, e quali decisioni e contestuali iniziative, nel quadro degli impegni assunti con il piano di rientro dai disavanzi sanitari, si intendano assumere per rimediare e superare le carenze nell'assistenza territoriale e domiciliare degli anziani, nel controllo della spesa farmaceutica, nell'attività di assistenza ospedaliera, affinché la Sicilia possa collocarsi allo stesso livello delle regioni virtuose. (3-01650)


Iniziative per favorire la concorrenza nei servizi di trasporto ferroviario, con particolare riferimento alle limitazioni imposte alla società Arenaways sulla tratta Torino-Milano – 3-01651

      DI BIAGIO, PROIETTI COSIMI e TOTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nel novembre 2011 Arenaways, prima società privata a concorrere con Trenitalia per il trasporto passeggeri sulle tratte regionali e interregionali, è stata costretta ad iniziare la propria attività subendo una pesante limitazione operativa: l'Ufficio per la regolazione del traffico ferroviario (Urtf) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha, infatti, autorizzato le fermate intermedie sulla linea Torino-Milano e contro questa decisione Arenaways ha presentato due ricorsi all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e alla Commissione europea;
          le limitazioni imposte dall'Ufficio per la regolazione del traffico ferroviario (Urtf) hanno natura e finalità oggettivamente anticoncorrenziali, poiché, come ha precisato il Vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Castelli, rispondendo il 18 novembre 2010 in Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni ad altra interrogazione sulla stessa materia, «lo svolgimento del servizio di trasporto ferroviario passeggeri richiesto dalla Arenaways sulla tratta in questione» avrebbe potuto «compromettere l'equilibrio economico del contratto di servizio pubblico in termini di redditività dell'impresa ferroviaria Trenitalia titolare dei contratti di servizio con le regioni Piemonte e Lombardia». Su questa base l'Ufficio per la regolazione del traffico ferroviario (Urtf) ha così deciso che «il servizio offerto dalla impresa Arenaways» dovesse «assumere un carattere di media-lunga percorrenza e non anche di tipo regionale in modo dunque da non interferire con i servizi per i quali è previsto invece un contributo pubblico»;
          il fondamento normativo della decisione dell'Ufficio per la regolazione del traffico ferroviario (Urtf) è il comma 2 dell'articolo 59 della legge 23 luglio 2009, n.  99, secondo cui «lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale, ivi compresa la parte di servizi internazionali svolta sul territorio italiano, può essere soggetto a limitazioni nel diritto di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso del servizio, nei casi in cui il loro esercizio possa compromettere l'equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico in termini di redditività di tutti i servizi coperti da tale contratto (...)»;
          la mancata separazione proprietaria tra Trenitalia e le società del gruppo Ferrovie dello Stato(Rfi – Rete ferroviaria italiana, Grandistazioni e Centostazioni), che gestiscono sia la circolazione che le stazioni della rete ferroviaria italiana, comporta che, malgrado le generiche direttive sulla liberalizzazione del mercato dei trasporti su rotaia, chiunque sfidi Trenitalia sia costretto a giocare a condizioni impari, a partire dalla gestione dichiaratamente ostruzionistica del sistema di informazioni ai viaggiatori; a ciò si aggiunge, come ulteriore conflitto di interessi, il fatto che la proprietà del gruppo Ferrovie dello Stato sia affidata al controllo dello stesso Esecutivo, che, in maniera neutrale, dovrebbe provvedere alla regolazione del traffico ferroviario;
          l'Ufficio per la regolazione del traffico ferroviario, prima che giunga a conclusione l'indagine dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, potrebbe riconsiderare la limitazione imposta ad Arenaways, che, però, ha già comportato per l'azienda pesanti ripercussioni economiche;
          la previsione di cui all'articolo 59, comma 2, della legge 23 luglio 2009, n.  99, comporta, ad avviso degli interroganti, una limitazione della concorrenza nei servizi ferroviari incompatibile con la normativa comunitaria  –:
          quali misure intenda adottare, per quanto di competenza, ed alla luce delle eventuali valutazioni delle conseguenze economiche ed occupazionali, per favorire la concorrenza nei servizi ferroviari, riconsiderando le limitazioni imposte ad Arenaways, indicate in premessa. (3-01651)


Iniziative per tutelare l'autenticità della marcatura CE sui prodotti destinati al mercato comunitario – 3-01652

      REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          da tempo su parecchie categorie di prodotti destinati al mercato comunitario viene impresso un marchio recante le lettere CE, la cui funzione è quella di garantire l'acquirente sulla conformità del prodotto stesso ai requisiti di sicurezza previsti dalla normativa comunitaria e di identificare con certezza le merci che provengono da Paesi dell'Unione europea;
          molti produttori cinesi hanno pensato di copiare lo stesso marchio CE, apponendo come unica modifica uno spazio minore fra le due lettere e dandogli un diverso significato: nella versione cinese del marchio, C E significa «China export» e viene apposto sui prodotti cinesi destinati all'esportazione, che non hanno eseguito alcuna prova di conformità agli standard europei, sicché tale marchio indica solamente la destinazione estera del prodotto;
          appare evidente che la difficoltà di distinzione fra i due marchi provoca l'errore di molti acquirenti, configurando una vera e propria truffa nei confronti dei consumatori, con una grave distorsione rispetto ad elementari principi di concorrenza leale;
          l'inganno perpetrato a danno dei consumatori è doppiamente grave, sia perché si induce il consumatore a pensare di acquistare un prodotto che offre determinate qualità in termini di materiali utilizzati, sia perché si colpiscono i nostri produttori, arrecando un grave danno all'economia del Paese, ai nostri lavoratori e alle nostre imprese;
          si può comprendere come tale truffa sia particolarmente grave nel caso di articoli tessili, giocattoli o altri prodotti che possono provocare anche danni alla salute;
          il nostro Paese nel recepire la direttiva 2004/108/CE con il decreto legislativo 6 novembre 2007, n.  194, ha previsto, all'articolo 10, che «È vietato apporre sugli apparecchi e sui relativi imballaggi e istruzioni per l'uso segni che possano indurre in errore terzi in relazione al significato o alla forma grafica della marcatura CE», stabilendo, altresì, all'articolo 15 che «Chiunque appone marchi che possono confondersi con la marcatura CE ovvero ne limitano la visibilità e la leggibilità è assoggettato alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.000,00 ad euro 6.000,00»;
          nonostante le citate previsioni normative, l'utilizzo del marchio «China export» risulta tutt'altro che debellato ed anzi le segnalazioni che provengono dal mondo produttivo e dai consumatori denunciano un fenomeno molto esteso  –:
          quali risultati siano stati raggiunti con la normativa citata e se non si ritenga di assumere iniziative, anche normative, sia a livello nazionale che nelle sedi comunitarie, volte a porre fine all'uso manifestamente truffaldino del marchio China export così come sopra indicato.
(3-01652)


Intendimenti del Governo in merito alla produzione di energia nucleare in Italia – 3-01653

      DI PIETRO, PALOMBA, DONADI, BORGHESI, EVANGELISTI, PIFFARI e CIMADORO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il 15 e 16 maggio 2011, 877.982 cittadini sardi si sono pronunciati sul referendum consultivo regionale sul nucleare. I cittadini dell'isola dovevano esprimere la loro volontà in merito al quesito: «sei contrario all'installazione in Sardegna di centrali nucleari e siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate e preesistenti ?»;
          il risultato del referendum consultivo è stato nettissimo: il «no al nucleare» ha stravinto con una percentuale del 97,14 per cento. Un vero e proprio plebiscito che spazza via la stagione nucleare e manda un segnale chiaro al Governo;
          contro la costruzione delle centrali nucleari si erano pronunciati tutti i partiti e tutte le forze sociali;
          dopo il voto sardo, e a scrutini ormai conclusi, lo stesso presidente della regione, Ugo Cappellacci, ha sottolineato come «la scelta espressa in maniera così compatta dalla Sardegna non è stata presa sull'onda dell'isteria per il disastro nucleare di Fukushima. Quella antinucleare è una convinzione radicata»;
          va preso atto che la nettissima contrarietà al nucleare espressa in questi giorni dai cittadini sardi è solo l'ultima di una lunga sequenza di posizioni assolutamente contrarie a qualunque ipotesi di istallazioni nucleari espresse dalla gran parte delle regioni italiane;
          già nei mesi scorsi, quasi tutte le regioni, hanno detto «no» al piano nucleare, sull'onda dei ricorsi alla Corte costituzionale presentati da 11 amministrazioni (Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio, Puglia, Liguria, Marche, Piemonte, Molise e Toscana), che hanno rilevato profili di incostituzionalità nelle procedure previste per la definizione dei siti e per i processi autorizzativi delle centrali. In Sicilia l'Assemblea regionale ha detto «no» al nucleare con un ordine del giorno, approvato all'unanimità, con l'appoggio anche del presidente Raffaele Lombardo;
          in questo contesto, va rammentata la dichiarazione dello stesso Sottosegretario per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, che aveva dichiarato (Il Corriere della Sera del 12 febbraio 2011): «è chiaro che nessuna centrale nucleare si farà contro la volontà della regione, è una cosa che non accadrà mai». Peraltro, una dichiarazione certamente vincolante per il Governo e che non è mai stata smentita o ridimensionata nelle settimane successive;
          quanto sopra esposto mostra chiaramente che non vi è alcuno spazio per un ritorno alla politica nucleare;
          il Governo, invece, si è solo preso una «pausa di riflessione», ma, di fatto, continua a non voler rinunciare all'avventura nucleare;
          l'intento sostanziale del Governo – esplicitato anche in provvedimenti legislativi all'esame del Parlamento – è, infatti, quello di far approvare una sospensione della scelta nucleare, facendola invece passare per una formale abrogazione delle norme approvate dal Governo che hanno reintrodotto la produzione di energia nucleare in Italia;
          il Governo quindi, pur ponendo uno «stop» sulla scelta del nucleare, evidenzia chiaramente che non intende fare un passo indietro definitivo, ma che mantiene ferma la volontà di riprendere in futuro la via dell'atomo;
          a conferma di questi reali intendimenti del Governo, basta ricordare che lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, il 26 aprile 2011, in occasione del vertice italo-francese, aveva dichiarato che continuerà sulla via del nucleare. Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, infatti: «siamo assolutamente convinti che l'energia nucleare è il futuro per tutto il mondo». «Il nucleare è un destino ineluttabile (...)». E ancora: «la moratoria serve per avere il tempo necessario affinché la situazione giapponese si chiarisca e nel giro di 1-2 anni l'opinione pubblica sia abbastanza consapevole da tornare al nucleare (...)». Quanto accaduto in Giappone, sempre secondo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, «ha spaventato ulteriormente i cittadini italiani e se fossimo andati oggi al referendum, il nucleare non sarebbe stato possibile per molti anni»;
          l'obiettivo esplicito del Governo è, quindi, quello di tentare di annullare il quesito referendario del 12 e 13 giugno 2011, dove gli italiani saranno chiamati a votare per il referendum promosso dall'Italia dei Valori contro il nucleare, per abrogare definitivamente proprio la normativa che consente la realizzazione di centrali nucleari sul nostro territorio nazionale  –:
          se non intenda prendere atto che gli italiani non vogliono più sentir parlare di una nuova avventura nucleare nel nostro Paese e, nel rispetto della loro volontà, chiudere in maniera realmente definitiva ogni ipotesi di ritorno del nucleare in Italia. (3-01653)


Iniziative per favorire la distribuzione degli aiuti umanitari alla popolazione libica – 3-01654

      ENZO CARRA, PEZZOTTA, ADORNATO, VOLONTÈ, GALLETTI, CICCANTI, COMPAGNON e NARO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          già dilaniata da circa tre mesi di conflitto civile, la Libia sta vivendo una grave emergenza umanitaria, accresciuta dalla presenza di profughi e rifugiati di altre nazionalità bloccati ai confini libici;
          nelle città mancano cibo, acqua, medicinali, benzina ed elettricità e la situazione peggiora in quelle principali oggetto di conflitti armati o sotto assedio, come Misurata, una delle città più colpite dalla guerra civile in atto, e nella stessa capitale Tripoli;
          aumentano gli sfollati, costretti ad abbandonare le città per evitare i bombardamenti;
          la comunità internazionale si è mobilitata e non ha fatto mancare l'invio di materiale e aiuti umanitari, che finora, però, restano bloccati in mare o nei porti per l'impossibilità di sbarcare in territorio libico;
          a Malta risulterebbero bloccati migliaia e migliaia di container di aiuti umanitari in attesa di essere autorizzati allo sbarco nei principali porti libici (Tripoli, Bengasi, Misurata soprattutto)  –:
          quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di consentire lo sbarco e la distribuzione degli aiuti umanitari alla popolazione libica e nei punti di raccolta dei profughi e rifugiati nei campi allestiti ai confini del territorio libico, per alleviare l'emergenza umanitaria in atto e fornire sicurezza alimentare e medica, soprattutto ai bambini e ai soggetti più deboli. (3-01654)


Elementi e iniziative in merito all'entrata in vigore del Sistri (Sistema di tracciabilità dei rifiuti speciali e pericolosi) – 3-01649

      MARIO PEPE (IR). — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          come noto, in vista dell'entrata in vigore del Sistri (il sistema di tracciabilità dei rifiuti speciali e pericolosi), prevista per il 1o giugno 2011, le principali associazioni di categoria hanno richiesto e promosso un giorno di verifica per testare il reale funzionamento di tale sistema, il cosiddetto clickday programmato in data 11 maggio 2011, specie in virtù dei problemi e ritardi avuti in passato, che hanno comportato il rinvio dell'entrata in vigore di tale sistema per ben due volte;
          secondo i dati del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dalla mezzanotte alle 17 dell'11 maggio 2011 sono stati effettuati 121.991 accessi da parte di 65.985 utenti, con 21.762 operazioni di movimentazioni rifiuti;
          però, sono stati registrati 37 mila accessi non riusciti, che hanno riguardato ben 18 mila imprese;
          ciò porta inevitabilmente a pensare che sarebbe necessaria la sospensione dell'entrata in vigore del Sistri in queste condizioni, dato che sarebbe, difatti, inutile intestardirsi su una soluzione che ha mostrato la sua fragilità. Piuttosto sarebbe necessario ripensare l'intero sistema, rendendolo più funzionale;
          naturalmente è difficile attendersi una riorganizzazione completa di un sistema che ha già visto un incredibile impiego di risorse pubbliche. Ma quello che sarebbe opportuno attendersi, invece, è che si proceda a migliorare i deficit del programma e lo si perfezioni, perché almeno per una volta nel nostro Paese l'applicazione delle nuove tecnologie non sia un aggravio per le imprese e non generi ulteriori problematiche, ma, anzi, riesca a facilitare e ad ottimizzare la gestione dei flussi di controllo  –:
          quali reali e concreti provvedimenti si intendano porre in essere per risolvere quanto sopra, in considerazione dell'ormai approssimarsi della data del 1o giugno 2011. (3-01649)


Iniziative per superare l'emergenza causata dagli eventi alluvionali e franosi verificatisi nel 2009 e nel 2010 nella provincia di Messina – 3-01655

      LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI e LOMBARDO. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
          gli eventi alluvionali verificatisi nella provincia di Messina il 1o ottobre 2009 e quelli franosi del febbraio 2010 che hanno interessato il territorio dei Nebrodi, causando numerose vittime, hanno richiesto un intervento immediato da parte dell'autorità commissariale della regione Sicilia, al fine di arginare i danni causati dalle eccezionali condizioni di avversità atmosferiche e ripristinare condizioni minime di vivibilità e di messa in sicurezza dell'area vulnerata;
          i suddetti interventi hanno comportato per la regione Sicilia un impegno economico estremamente oneroso, finalizzato al ripristino delle normali condizioni di vita della popolazione interessata dagli eventi emergenziali sotto il profilo economico e sociale;
          tale azione tempestiva si è resa necessaria su più fronti, stante le problematiche di varia natura che hanno interessato l'intera area, dando comunque assoluta priorità alla necessaria assistenza alla popolazione ed alla messa in sicurezza del territorio;
          da una stima dei danni quantificata dal dipartimento regionale della Protezione civile siciliano è emerso un fabbisogno finanziario complessivo pari a 320 milioni di euro;
          lo stesso dipartimento ha potuto fare affidamento su una disponibilità complessiva, derivante da vari fondi (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Protezione civile e fondi per le aree sottoutilizzate 2007-2014) di circa 139 milioni di euro, di cui 115,5 milioni di euro per gli interventi e le opere infrastrutturali già avviati o completati e 22,5 milioni di euro per l'assistenza diretta alla popolazione;
          l'esiguità della somma rimasta a disposizione, ormai pari a qualche centinaia di migliaia di euro, ha consentito fino ad oggi soltanto di garantire l'assistenza ai circa 2.054 cittadini sfollati, lasciando insoluti il problema dei rimborsi e dei risarcimenti danni alla popolazione e quello del regolare svolgimento di tutte le altre attività emergenziali, somma, peraltro, destinata ad esaurirsi completamente entro il mese di maggio 2011;
          l'articolo 2, comma 12-quinquies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n.  255, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n.  10 (cosiddetto milleproroghe 2011), stanzia per i comuni della provincia di Messina interessati dagli eventi alluvionali del 1o ottobre 2009 la somma di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012, cifre appena sufficienti a coprire i servizi di assistenza alla popolazione, dal momento che sono ancora tante le famiglie che non hanno potuto far ritorno nelle proprie abitazioni e che vivono ancora in una condizione di enorme disagio;
          con la suddetta legge si è perpetrato, ad avviso degli interroganti, l'ennesimo scippo ai danni delle regioni del Sud, come Sicilia e Campania, già titolari dei fondi per le aree sottoutilizzate, a tutto beneficio del Nord, in particolare delle regioni Veneto e Liguria, alle quali sono stati destinati 75 milioni di euro di quei fondi per le aree sottoutilizzate pari ad un miliardo di euro assegnato al dissesto idrogeologico del Mezzogiorno (fondo, peraltro, già ridotto nel 2010 per 100 milioni di euro destinati a Toscana, Emilia-Romagna e Liguria);
          da tempo oramai si assiste alla sistematica distrazione da parte del Governo dei fondi per le aree sottoutilizzate ed al loro impiego diverso rispetto alle finalità cui erano destinati, come il rilancio del tessuto produttivo ed occupazionale e gli investimenti in campo infrastrutturale nel Mezzogiorno;
          con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 10 ottobre 2009, n.  3815, sono stati affidati al presidente della Regione siciliana, in qualità di commissario delegato, compiti relativi al rimborso delle spese per i primi interventi di soccorso ed assistenza alla popolazione, all'accertamento dei danni, alla rimozione delle situazioni di pericolo ed alla predisposizione di un piano degli interventi relativi al ripristino degli edifici e dei beni mobili privati distrutti o danneggiati;
          le risorse versate nella contabilità speciale dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3865 del 2010 sono pari a 33 milioni di euro (15 milioni a valere sul fondo Protezione civile e 18 milioni a valere sui fondi dell'accordo di programma quadro del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare) e 140 milioni circa a valere sui fondi dell'accordo di programma quadro destinati ad interventi già definiti;
          per far fronte all'emergenza nei comuni nebroidei, l'ufficio commissariale del dipartimento della Protezione civile della regione Sicilia ha utilizzato la gran parte delle risorse ricevute in contabilità speciale dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3865 del 2010, impegnando un importo pari a circa 29 milioni di euro per interventi per la messa in sicurezza e un importo pari a circa 1,8 milioni di euro per assistenza alla popolazione;
          secondo poi una stima dello stesso ufficio commissariale siciliano dei fondi ancora necessari per la risoluzione dello stato emergenziale in atto e per il rientro alle normali condizioni di vita per la popolazione coinvolta, occorre reperire per completare il programma della messa in sicurezza del territorio nebroideo ulteriori 219 milioni di euro;
          con nota trasmessa il 19 ottobre 2010, il commissario delegato, presidente delle Regione siciliana, ha ufficialmente avanzato richiesta di ulteriori risorse economiche al fine di integrare le suddette mediante una congrua partecipazione da parte dello Stato, nonché tramite lo storno di 70 milioni di euro di fondi par-fas (programma attuativo regionale – fondo aree sottoutilizzate) 2007-2013 previsti per la Regione siciliana (allegato 3), da altre voci, per ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3815 del 2009 e di 90 milioni di euro di fondi par-fas 2007-2013 per ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3865 del 2010;
          il capo della Protezione civile nazionale, dottor Franco Gabrielli, nell'evidenziare l'importanza di attuare le opere necessarie per superare le criticità ancora esistenti nelle zone interessate, aveva predisposto una bozza d'ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri con la quale, per far fronte alle maggiori esigenze finanziarie connesse agli eventi calamitosi, autorizzare il presidente della Regione siciliana, in deroga alle procedure per la realizzazione degli interventi previsti nel par-fas 2007-2013, ad utilizzare le seguenti risorse: 39 milioni di euro a valere sulle risorse della linea d'azione 7.2 b (interventi infrastrutturali per emergenze ambientali e idrogeologiche); 20 milioni di euro sulla linea d'azione 2.6 (collegamenti isole minori); 6 milioni 800 mila euro sulla linea d'azione 7.5 (progetti obiettivo in favore degli enti locali); 25 milioni a valere sulle risorse di cui all'articolo 72 della legge regionale 12 maggio 2010, n.  11. Nella stessa bozza di ordinanza è stato, inoltre, previsto che il commissario delegato è autorizzato a utilizzare 70 milioni di euro a valere sulle risorse par-fas 2007-2013 previsti per interventi nella linea d'azione 2.6;
          della suddetta bozza si è persa traccia e recentemente il Governo ha fatto sapere che non intende rilasciare parere favorevole in merito allo storno dei fondi par-fas, così come precedentemente concordato ed approvato nel piano di utilizzo delle risorse inviato nel mese di marzo 2011 alla Protezione civile nazionale dalla struttura commissariale siciliana, ma di essere pronto soltanto a compiere tutti gli atti di propria competenza, nel rispetto delle indicazioni contenute e dei tempi di rimodulazione dell'ordinanza Cipe del gennaio 2011 che definisce nuovi criteri per la riprogrammazione delle risorse dei fondi per le aree sottoutilizzate e di quelle dei fondi strutturali, anche regionali, rendendo operativo il «piano Sud»;
          i comitati civici delle zone alluvionate hanno, quindi, deciso di avviare una stagione di mobilitazione e di lotta, almeno fino a quando non verranno date certezze assolute sullo stanziamento dei fondi destinati al completamento dei progetti di messa in sicurezza del territorio e alla ricostruzione dei villaggi colpiti  –:
          se il Governo, al fine di accelerare le iniziative finalizzate al superamento del contesto emergenziale determinatosi a seguito delle eccezionali avversità atmosferiche e dei gravi dissesti idrogeologici verificatesi il 1o ottobre 2009 e il 19 febbraio 2010, nonché di completare gli interventi relativi alla messa in sicurezza delle zone danneggiate e di avviare la ricostruzione dei centri abitati, non ritenga indispensabile ed urgente il reperimento di altre risorse a carico del bilancio dello Stato. (3-01655)


DISEGNO DI LEGGE: S. 2538 – RATIFICA ED ESECUZIONE DELLA CONVENZIONE DI OSLO SULLA MESSA AL BANDO DELLE MUNIZIONI A GRAPPOLO, FATTA A DUBLINO IL 30 MAGGIO 2008, NONCHÉ NORME DI ADEGUAMENTO DELL'ORDINAMENTO INTERNO (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4193) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: SARUBBI ED ALTRI; DI STANISLAO (A.C. 3716-3771)

A.C. 4193 – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n.  1.

A.C. 4193 – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SUGLI EMENDAMENTI PRESENTATI

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

PARERE FAVOREVOLE

Sugli emendamenti trasmessi dell'Assemblea:

NULLA OSTA

A.C. 4193 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE N.  4193 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

      1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo, fatta a Dublino il 30 maggio 2008, di seguito denominata «Convenzione».

A.C. 4193 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE N.  4193 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

      1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 17, paragrafo 2, della Convenzione medesima.

A.C. 4193 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE N.  4193 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Stoccaggio e distruzione delle scorte).

      1. Il Ministero della difesa provvede alla distruzione delle munizioni a grappolo, comprese le submunizioni esplosive, di cui all'articolo 2, paragrafo 2, della Convenzione, in dotazione alle Forze armate.
      2. Lo stoccaggio e la distruzione delle munizioni e delle submunizioni di cui al comma 1 sono effettuati secondo le modalità previste dall'articolo 3, paragrafi 1 e 2, della Convenzione.
      3. Si procede alla distruzione di munizioni e submunizioni di cui al comma 1, fatta eccezione per una quantità limitata e comunque non superiore alle mille unità, esclusivamente destinata agli scopi consentiti dall'articolo 3, paragrafo 6, della Convenzione, rinnovabile tramite trasferimento da altro Stato parte, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 7, della Convenzione.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 3.
(Stoccaggio e distruzione delle scorte).

      Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:
      Art. 3-bis.(Divieto di intermediazione). – 1. È vietato alle banche, alle società d'intermediazione mobiliare, alle società di gestione del risparmio e alle società di investimento a capitale variabile, nonché agli intermediari finanziari iscritti all'albo previsto dall'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n.  385, e successive modificazioni, e alle fondazioni bancarie, finanziare società in qualsiasi forma giuridica costituite, aventi sede in Italia o all'estero, che svolgono attività di produzione, utilizzo, riparazione, promozione, vendita, distribuzione, importazione, esportazione, stoccaggio, detenzione o trasporto delle mine antipersona e delle munizioni e submunizioni a grappolo.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, individua i criteri attuativi delle disposizioni di cui al comma 1.
3. 01. Di Stanislao, Evangelisti.

A.C. 4193 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE N.  4193 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Autorità competente).

      1. Il Ministero degli affari esteri è designato quale autorità nazionale competente a presentare al Segretariato generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) le dichiarazioni iniziali e quelle periodiche indicate dall'articolo 7 della Convenzione, nonché a ricevere e formulare le richieste e ad effettuare gli adempimenti previsti dall'articolo 8 della Convenzione medesima.
      2. Il Ministero degli affari esteri, in qualità di autorità nazionale per gli adempimenti internazionali di cui al comma 1, riceve dai Ministeri competenti i dati necessari alla compilazione dei rapporti nazionali, di cui all'articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione, in particolare:
          a) dal Ministero della difesa i dati relativi alle lettere b), c), e), f), g), h) e i);
          b) dal Ministero dello sviluppo economico i dati relativi alla lettera c).

A.C. 4193 – Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE N.  4193 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 5.
(Modifiche alla legge 7 marzo 2001, n.  58).

      1. All'articolo 1, comma 1, della legge 7 marzo 2001, n.  58, e successive modificazioni, la lettera g) è sostituita dalla seguente:
          «g) sensibilizzazione contro l'uso delle mine terrestri e delle munizioni a grappolo ed in favore dell'adesione alla totale messa al bando delle mine e delle munizioni a grappolo nonché in favore dell'universalizzazione della Convenzione di Ottawa contro le mine antipersona e della Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo».

      2. All'articolo 1 della legge 7 marzo 2001, n.  58, e successive modificazioni, dopo il comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente:
      «1-bis. A decorrere dall'esercizio finanziario 2011, il Fondo di cui al comma 1 è destinato, altresì, alla realizzazione di programmi di bonifica di aree con residui di munizioni a grappolo, da attuare secondo le modalità previste dagli articoli 4 e 6 della Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo, fatta a Dublino il 30 maggio 2008, e all'assistenza alle vittime delle munizioni a grappolo, prevista dall'articolo 5 della citata Convenzione, ivi inclusi la riabilitazione psicofisica e l'inserimento sociale ed economico».

A.C. 4193 – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE N.  4193 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 6.
(Modifica alla legge 26 febbraio 1987, n.  49).

      1. All'articolo 2, comma 3, della legge 26 febbraio 1987, n.  49, la lettera m-bis) è sostituita dalla seguente:
          «m-bis) il sostegno e l'assistenza alle vittime delle mine antipersona e delle munizioni a grappolo, ivi inclusi le attività di riabilitazione psicofisica e l'inserimento sociale ed economico, tramite programmi di cooperazione con Paesi in via di sviluppo».

A.C. 4193 – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE N.  4193 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 7.
(Sanzioni).

      1. Chiunque impiega, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 3, sviluppa, produce, acquisisce in qualsiasi modo, stocca, conserva o trasferisce, direttamente o indirettamente, munizioni a grappolo o parti di esse, ovvero assiste anche finanziariamente, incoraggia o induce altri ad impegnarsi in tali attività, è punito con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa da euro 258.228 a euro 516.456.
      2. La sanzione prevista dal comma 1 è diminuita fino alla metà se il fatto per cui si procede è di particolare tenuità.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 7.
(Sanzioni).

      Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
      3. Chiunque disponga, a qualsiasi titolo, di diritti di brevetto o di tecnologie idonee alla fabbricazione di bombe a grappolo o di parti di esse deve farne denuncia al Ministero dello sviluppo economico entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di consentire i necessari controlli volti a garantire la sospensione e la rinuncia di qualunque attività produttiva.
7. 1. Di Stanislao, Evangelisti.

A.C. 4193 – Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE N.  4193 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 8.
(Copertura finanziaria).

      1. Per l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 3, concernenti le attività di smaltimento del munizionamento a grappolo, da realizzare in attuazione della Convenzione, è autorizzata la spesa di euro 500.000 per l'anno 2011, di euro 2.006.400 per l'anno 2012 e di euro 2.000.000 per ciascuno degli anni dal 2013 al 2015.
      2. Per l'attuazione dell'articolo 14 della Convenzione, la spesa è valutata in euro 50.000 annui a decorrere dall'anno 2011.
      3. Agli oneri derivanti dai commi 1 e 2 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
      4. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n.  196, il Ministro degli affari esteri provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 2 del presente articolo e riferisce in merito al Ministro dell'economia e delle finanze. Nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al medesimo comma 2, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro degli affari esteri, provvede con proprio decreto alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività del monitoraggio, delle dotazioni finanziarie di parte corrente iscritte nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della citata legge n.  196 del 2009, nel programma «Cooperazione politica, promozione della pace e sicurezza internazionale» della missione «L'Italia in Europa e nel mondo» dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause di scostamenti e all'adozione delle misure di cui al secondo periodo del presente comma.
      5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 4193 – Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE N.  4193 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 9.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.C. 4193 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge recante ratifica della Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo, fatta a Dublino il 30 maggio 2008, rappresenta una tappa importante nel processo di adeguamento dell'Italia agli obblighi internazionali e la conferma di un impegno assunto dal nostro Paese per la messa al bando delle cluster bomb a livello globale;
              il disegno di legge contiene alcune norme per conformare il nostro ordinamento alla Convenzione di Oslo, al fine di rendere possibile l'applicazione di un accordo giuridicamente vincolante atto a vietare, senza ambiguità, l'uso, la produzione, il trasferimento, la vendita e lo stoccaggio delle munizioni a grappolo e a garantire la distruzione delle scorte esistenti di munizioni e sub munizioni esplosive, nonché a bonificare i territori infestati e a fornire assistenza alle vittime;
              il disegno di legge di ratifica risulta, tuttavia, carente sotto il profilo di una compiuta definizione legislativa, con particolare riguardo all'indicazione degli obblighi a carico di coloro che detengono o dispongono di diritti di brevetto o di tecnologie idonee alla fabbricazione di munizioni a grappolo e sub-munizioni esplosive;
              l'introduzione nel nostro ordinamento di un obbligo specifico di denuncia a carico di coloro che dispongono di diritti di brevetto o di tecnologie atte alla fabbricazione di cluster bomb, è un'esigenza attuale e rilevante. L'esistenza della titolarità di brevetti con riferimento a un sistema d'arma, ottenuta in seguito a un vaglio del Ministero della difesa precedente all'entrata in vigore della Convenzione di Oslo, e dunque nel momento in cui la produzione di tali ordigni non risultava ancora bandita, è un'ipotesi che deve essere presa seriamente in considerazione;
              pur in assenza di aziende italiane produttrici dei pericolosi ordigni e pur in vigenza di un divieto di produzione sul territorio italiano, può accadere, infatti, che le tecnologie o i diritti di brevetto esistenti vengano ceduti a terzi e trasferiti in paesi che non hanno aderito alla Convenzione stessa;
              la rilevanza della questione è confermata dall'esistenza di un'analoga previsione legislativa contenuta nella legge del 29 ottobre 1997, n.  374, in materia di messa al bando delle mine antipersona, in applicazione nel nostro ordinamento della Convenzione di Ottawa – primo e importante accordo di disarmo multilaterale firmato nel 1997 – e che regolamenta, all'articolo 4, gli obblighi di denuncia a carico di chi dispone di diritti di brevetto o di tecnologie idonee alla fabbricazione di mine antipersona,

impegna il Governo

a predisporre un successivo provvedimento al fine di prevedere uno specifico obbligo di denuncia al Ministero dello sviluppo economico, a carico di coloro che dispongano, a qualsiasi titolo, di diritti di brevetto o di tecnologie idonee alla fabbricazione di bombe a grappolo o di parti di esse.
9/4193/1. Sarubbi, Rugghia, Villecco Calipari, Mogherini Rebesani, Garofani.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge recante ratifica della Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo, fatta a Dublino il 30 maggio 2008, rappresenta una tappa importante nell'opera di adeguamento dell'Italia agli obblighi internazionali e la conferma di un impegno assunto dal nostro Paese per la messa al bando delle cluster bomb a livello globale;
              il disegno di legge contiene alcune norme per l'adeguamento dell'ordinamento interno, al fine di rendere possibile l'applicazione di un accordo giuridicamente vincolante atto a vietare, senza ambiguità, l'uso, la produzione, il trasferimento, la vendita e lo stoccaggio delle munizioni a grappolo e a garantire la distruzione delle scorte esistenti di munizioni e sub munizioni esplosive, nonché a bonificare i territori infestati e a fornire assistenza alle vittime;
              tuttavia, nel disegno di legge di ratifica non sono state inserite alcune disposizioni importanti volte a predisporre specifiche misure per contrastare il finanziamento, anche indiretto, delle imprese produttrici di mine antipersona e di munizioni e sub-munizioni a grappolo;
              l'investimento è tra le forme di assistenza vietate dall'articolo 1 della Convenzione, la quale ha anche lo scopo di proibire il sostegno indiretto garantito dalle banche ad aziende di paesi che, non avendo aderito a tale Convenzione, continuano a produrre mine antipersona o bombe cluster;
              altri paesi hanno già adottato misure atte a contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e sub-munizioni a grappolo; paesi come il Belgio, l'Irlanda, il Lussemburgo e la Nuova Zelanda hanno già approvato leggi che vietano gli investimenti nella produzione di munizioni cluster ed altri paesi, come la Danimarca, i Paesi Bassi, la Norvegia, la Svizzera e la Germania, stanno predisponendo progetti in tale direzione. La Francia, il Canada e il Regno Unito hanno sollecitato iniziative parlamentari, per indirizzare i propri Governi a intraprendere una politica proattiva che includa il divieto degli investimenti, anche indiretti, in società che producono munizioni cluster o loro componenti,

impegna il Governo

a predisporre un successivo provvedimento, atto a contrastare l'intermediazione per banche e altri istituti puntualmente individuati, al fine di impedire il finanziamento di società, costituite in qualsiasi forma giuridica e aventi sede in Italia o all'estero, che in qualunque modo siano coinvolte in attività riguardanti le mine antipersona e le munizioni a grappolo, comprendente specifiche disposizioni circa la designazione di uffici responsabili della pubblicazione annuale, contenente l'elenco di tali società, nonché l'emanazione di apposite istruzioni, a carico della Banca d'Italia, per l'esercizio di controlli rafforzati in materia sull'operato degli intermediari finanziari abilitati.
9/4193/2. Mogherini Rebesani, Sarubbi, Rugghia, Villecco Calipari, Garofani.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge recante ratifica della Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo, fatta a Dublino il 30 maggio 2008, rappresenta una tappa importante nel processo di adeguamento dell'Italia agli obblighi internazionali e la conferma di un impegno assunto dal nostro Paese per la messa al bando delle cluster bomb a livello globale; un impegno volto anche a sviluppare un'adeguata azione diplomatica italiana nell'ambito della comunità internazionale, al fine di coinvolgere altri paesi nella firma della Convenzione;
              la Convenzione di Oslo, infatti, ancora non è stata firmata da paesi importanti come gli Stati Uniti, la Russia e la Cina; l'Italia può, dunque, legittimamente esercitare una pressione nei confronti di paesi ancora restii alla firma, al fine di scongiurare l'uso di armi a frammentazione che hanno effetti devastanti e di lungo periodo sulla popolazione innocente e sull'economia di nazioni sconvolte da eventi bellici. L'impegno delle Forze armate italiane nell'opera di sminamento in alcune aree del mondo, in particolare in Libano, è particolarmente rilevante in tal senso;
              la Convenzione di Oslo è un ulteriore tassello di un percorso internazionale – che fa seguito al primo e importante accordo di disarmo multilaterale firmato nel 1997 con la Convenzione di Ottawa sulle mine antipersona – con cui gli Stati hanno raggiunto un'intesa e una sintesi equilibrata capace di tenere conto sia delle considerazioni di carattere umanitario che di quelle di sicurezza degli Stati;
              le munizioni a grappolo (cluster), per le loro caratteristiche intrinseche, rendono difficile il rispetto delle norme di diritto internazionale umanitario previste a protezione delle popolazioni civili, soprattutto perché possono rimanere inesplose sul terreno e colpire anche molti anni dopo la loro dispersione, mantenendo inalterato nel tempo il loro effetto letale. Il danno causato alle popolazioni è enorme: si calcola che degli 11.000 individui che, ogni anno, rimangono vittime di questi ordigni nei 23 paesi dove sono disseminati, il 98 per cento siano civili e ben un quarto di essi siano bambini;
              l'entrata in vigore nel nostro ordinamento della Convenzione di Oslo rende possibile l'applicazione di uno strumento giuridicamente vincolante atto a vietare, senza ambiguità, l'uso, la produzione, il trasferimento, la vendita e lo stoccaggio delle munizioni a grappolo e a garantire la distruzione delle scorte esistenti di munizioni e sub munizioni esplosive, nonché a bonificare i territori infestati e a fornire assistenza alle vittime;
              tuttavia, con riferimento all'assistenza da fornire alle vittime delle munizioni a grappolo, è necessario dotare il Fondo per lo sminamento umanitario di risorse che attualmente risultano fortemente inadeguate,

impegna il Governo

ad adoperarsi al fine di mantenere alta la priorità per reperire in favore del Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi, di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 7 marzo 2001, n.  58, le ulteriori risorse, nella misura minima di 2 milioni di euro annui, al fine di dare attuazione alle disposizioni della Convenzione di Oslo relative all'assistenza alle vittime delle munizioni a grappolo e la cooperazione e assistenza internazionali, contenute agli articoli 5 e 6 della Convenzione stessa.
9/4193/3. Barbi, Sarubbi, Rugghia, Tempestini, Mogherini Rebesani, Villecco Calipari, Garofani.


      La Camera,
          premesso che:
              Bnp Paribas, gruppo di cui fa parte l'italiana Bnl, è tra i maggiori finanziatori di aziende che producono bombe a grappolo. Nel nostro Paese la banca è al secondo posto della graduatoria, preceduta solo da Unicredit e seguita a ruota da Intesa Sanpaolo. Non si tratta però di investimenti diretti: Bnp opera sul mercato delle cluster bombs tramite fondi d'investimento e Società di investimento a capitale variabile (Sicav);
              fondi e Sicav in cui investe Bnp Paribas sono molteplici. Tra questi c’è Parvest. Il gruppo bancario propone ai suoi risparmiatori di scegliere questa Sicav anche sul suo sito internet. Ma nel rendiconto annuale di Parvest, che spiega agli azionisti come sono stati impiegati i loro soldi, tra le aziende in cui hanno investito i fondi si incontrano diversi produttori di bombe a grappolo. Il documento è pubblicamente disponibile, e con una breve ricerca interna ad esso è facile individuare gli investimenti a favore delle società in questione;
              nel rendiconto emerge che il fondo Parvest Global Equities possiede azioni di compagnie notoriamente produttrici di bombe a grappolo. Aziende nelle quali investono anche Parvest Uk e Parvest Usa. E questi sono solo alcuni esempi: il rapporto supera le 500 pagine e in 34 di queste compare la parola «difesa» a qualificare gli investimenti;
              inoltre, nel rendiconto è possibile individuare più volte i nomi di Lockheed Martin e L-3 Communications, due aziende accreditate come produttrici di bombe a grappolo dalle maggiori associazioni umanitarie del mondo;
              sommando tutti i capitali investiti dai vari fondi e Sicav della banca in industrie produttrici di cluster bombs, si ottengono cifre di gran lunga superiori ai 27 milioni di euro che è possibile dedurre dal solo rendiconto annuale Parvest. Va inoltre considerato che Bnp Paribas non è l'unico gruppo bancario italiano che propone questi fondi ai suoi risparmiatori. L'elenco completo dei cosiddetti «collocatori» dei Parvest è anch'esso consultabile liberamente. Si tratterebbero di somme rilevanti per centinaia di milioni di euro;
              nel 2010 è stato presentato il rapporto sulle connessioni tra la finanza e le industrie che producono armamenti, «Finanza e armamenti: le connessioni di un mercato globale». Tra il 2008 e il 2009 l'esportazione italiana di armamenti ha raggiunto un picco del +74 per cento. Nell'ultimo decennio, attesta il rapporto, sono state autorizzate agli istituti di credito italiani operazioni relative a esportazioni di armamenti italiani per un valore di 15,5 miliardi di euro. Per l'esportazione, le imprese italiane si appoggiano in molti casi alle banche italiane. Nel solo 2009 gli istituti di credito del nostro Paese si sono ripartiti operazioni di incasso da vendite dell'industria italiana di prodotti per la «sicurezza e difesa» pari a 3,79 miliardi di euro, su un totale di commesse autorizzate alle aziende pari a 4,9 miliardi che, con una crescita del 61 per cento rispetto al 2008, rappresentano il record ventennale dell'esportazione del settore;
              negli ultimi tre anni Intesa-SanPaolo e Unicredit hanno limitato e contenuto le loro operazioni, soprattutto Intesa, mentre BNL-BNP ha comunque una policy piuttosto rigorosa, restringe le operazioni a paesi Nato e dell'Unione europea. Quali siano pertanto le altre banche che si contendono le operazioni di appoggio all'esportazione delle imprese italiane non è dato saperlo in quanto da tre anni a questa parte è sparito l'elenco di dettaglio degli istituti di credito che dai 1990 veniva pubblicato a cura della Presidenza del Consiglio. E quindi i ricercatori devono far fede ai dati sulle operazioni autorizzate e delle autocertificazioni delle banche;
              altro campo d'indagine del rapporto è quello dei fondi comuni d'investimento venduti ai risparmiatori dalle banche: il 70 per cento contiene azioni di aziende a produzione militare. L'unica società d'intermediazione italiana che non ha alcun coinvolgimento in materia è Etica Sgr (Banca Etica). Al primo posto, emerge dal rapporto, si colloca Unicredit (478 milioni di euro investiti in aziende produttrici di armi), seguono Mediolanum (207 milioni di euro), Intesa SanPaolo (189 milioni di euro);
              la stragrande maggioranza dei fondi comuni d'investimento contiene partecipazioni in aziende che producono armi e qualche investimento di questo tipo è stato rilevato dai ricercatori anche nell'ambito dei fondi pensione;
              la Convenzione di Oslo prevede la proibizione dell'uso, produzione, commercio e stoccaggio delle bombe a grappolo (cluster), ed impegna i Governi a distruggere gli stock, a bonificare i territori infestati e a fornire assistenza alle vittime,

impegna il Governo:

          a valutare l'opportunità di effettuare controlli maggiori e rafforzati sull'operato degli intermediari abilitati al fine di contrastare il finanziamento della produzione, utilizzo, riparazione, promozione, vendita, distribuzione, importazione, esportazione, stoccaggio, detenzione o trasporto delle mine antipersona, delle munizioni e submunizioni a grappolo, anche ai sensi della Convenzione di Oslo in vigore dal 1o agosto 2010;
          a valutare l'opportunità di ripristinare il dettagliato elenco delle singole autorizzazioni rilasciate dalle banche ossia l'elenco di riepilogo in dettaglio suddiviso per istituti di credito.
9/4193/4. Di Stanislao.


DISEGNO DI LEGGE: S. 2517 – RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO DI COOPERAZIONE CULTURALE FRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA E IL GOVERNO DELLO STATO DEL QUATAR, FATTO A DOHA IL 14 GENNAIO 2007 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4248)

A.C. 4248 – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

PARERE FAVOREVOLE

A.C. 4248 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

      1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo di cooperazione culturale fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato del Qatar, fatto a Doha il 14 gennaio 2007.

A.C. 4248 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

      1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore in conformità a quanto disposto dall'articolo 7 dell'Accordo stesso.

A.C. 4248 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

      1. Per l'attuazione della presente legge è autorizzata la spesa di euro 84.380 per l'anno 2011, di euro 84.380 per l'anno 2012 e di euro 91.295 a decorrere dall'anno 2013. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 4248 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

DISEGNO DI LEGGE: S. 2516 – RATIFICA ED ESECUZIONE DELLA CONVENZIONE TRA LA REPUBBLICA ITALIANA E LA REPUBBLICA DEL LIBANO PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI IN MATERIA DI IMPOSTE SUL REDDITO E PER PREVENIRE LE EVASIONI FISCALI, CON PROTOCOLLO AGGIUNTIVO, FATTA A BEIRUT IL 22 NOVEMBRE 2000 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4249)

A.C. 4249 – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

PARERE FAVOREVOLE

A.C. 4249 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

      1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Libano per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Beirut il 22 novembre 2000.

A.C. 4249 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

      1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 30 della Convenzione stessa.

A.C. 4249 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dalla presente legge, valutato in euro 206.000 annui a decorrere dall'anno 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
      2. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n.  196, il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui alla presente legge e, nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 1, fatta salva l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 11, comma 3, lettera l), della legge 31 dicembre 2009, n.  196, il Ministro dell'economia e delle finanze provvede, con proprio decreto, alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, delle dotazioni finanziarie di parte corrente iscritte, nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n.  196, nel programma «Regolazione giurisdizione e coordinamento del sistema della fiscalità» della missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all'adozione delle misure di cui al secondo periodo.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 4249 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.