XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 18 maggio 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:

      La VIII Commissione,
          premesso che:
              la regione Marche e parte della regione Abruzzo sono state colpite, nei giorni dal 1o al 6 marzo 2011, da una eccezionale precipitazione piovosa che ha colpito e gravemente danneggiato le province marchigiane di Pesaro e Urbino, Ancona, Macerata, Fermo, Ascoli Piceno e la provincia di Teramo;
              secondo i dati della protezione civile, nelle due regioni sono state rilevate 52 zone allagate, 113 persone allontanate dalle abitazioni, 43 località senza elettricità, 70 le strade gravemente danneggiate ed interrotte. Tali rilevazioni, già di per sé gravi, non tengono conto dei danneggiamenti subiti dai cittadini e dalle aziende dislocate nelle aree danneggiate e di altri danni infrastrutturali ed economici;
              le conseguenze più pesanti si sono avute nella provincia di Teramo dove, l'esondazione dei corsi di acqua ha provocato allagamenti di aziende artigiane, industriali e commerciali, con conseguente interruzione dell'attività e pregiudizio della ripresa generalizzata e fortemente compromesso le colture agricole;
              sulla costa della provincia di Teramo si sono registrati forti danni alle strutture turistiche balneari e la drammatica erosione delle spiagge rischia di compromettere la prossima stagione;
              le infrastrutture viarie della provincia hanno subito danni consistenti, stimati in circa 40 milioni di euro, dovuti a smottamenti e frane su tutto il territorio, con numerose strade ancora chiuse al traffico;
              il regime delle acque e gli argini fluviali, la rete fognaria e di depurazione, per effetto dell'esondazione, sono fortemente compromessi in tutto il territorio provinciale, con gravi rischi per la popolazione e le attività produttive in caso di nuove precipitazioni;
              la regione Abruzzo, sentita la provincia di Teramo e i comuni della provincia ha approntato una prima stima dei danni superiore a 100 milioni di euro per danni a privati ed infrastrutture pubbliche, mentre non è ancora quantificata la stima per i danni alle colture agricole;
              il Governo, pur avendo deliberato lo stato di emergenza, non ha ancora provveduto ad emanare le conseguenti ordinanze per lo stato di calamità naturale e non risulta abbia provveduto a stanziare risorse finanziarie neanche per l'emergenza;
              azioni urgenti vanno assunte per il riconoscimento dei danni alle aziende colpite di ogni settore fornendo gli strumenti per la ripresa produttiva con moratoria immediata sugli adempimenti fiscali e contributivi e sugli impegni bancari delle aziende;
              al contempo occorre lo stanziamento di risorse per il ripristino della rete viaria, dei depuratori, delle infrastrutture e per la sistemazione del dissesto idro-geologico che si è prodotto, nonché per il ripristino delle aree della costa, sia per le infrastrutture che per il ripascimento delle spiagge;
              la regione Abruzzo, nel corso degli ultimi anni è stata duramente colpita dalle calamità naturali che hanno profondamente compromesso l'economia del territorio. La provincia de L'Aquila, e in parte quella di Teramo e di Pescara, a seguito del terremoto del 6 aprile 2009, si trovano in una situazione di profondo disagio. La ricostruzione pesante non è ancora partita e le imprese operano in situazione di gravi difficoltà. La recente alluvione nella provincia di Teramo aggrava la situazione complessiva della regione, aprendo una questione che assume i connotati di rilevanza nazionale;
              in coincidenza con tali eventi, la regione si è trovata ad affrontare la pesante situazione di deficit sanitario, con un piano di rientro particolarmente impegnativo non solo per le finanze regionali ma anche per i cittadini che hanno subito, per tale ragione, il massimo aumento possibile dell'addizionale regionale all'Irpef;
              con la recente conversione in legge, del decreto-legge n.  225 del 29 dicembre 2010 riferito a «proroga termini» si è intervenuto (articolo 2, commi da 2-quater a 2-octies) con significative modifiche alla legge 24 febbraio 1992 n.  225 istitutiva del servizio nazionale della protezione civile;
              in particolare, il comma 2-quater ha introdotto tre nuovi commi all'articolo 5 della legge n.  225 del 1992 relativo allo stato di emergenza e potere di ordinanza. Con il comma 5-quater all'articolo 5, della citata legge n. 225 del 1992, si attribuisce al presidente della regione interessata dalle calamità naturali per le quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza, il potere di deliberare, qualora il bilancio della regione sia insufficiente a coprire le relative spese, aumenti delle imposizioni tributarie attribuite alla regione, nonché di elevare la misura dell'imposta regionale sulla benzina per autotrazione fino ad un massimo di cinque centesimi per litro ulteriori rispetto alla misura massima consentita;
              il comma 5-quinquies all'articolo 5, della citata legge n. 225 del 1992, condiziona la possibilità per le regioni colpite da calamità naturali di accedere al Fondo per la protezione civile solo nel caso in cui le predette misure non siano sufficienti alla copertura dei relativi oneri;
              nel caso in cui le regioni colpite da calamità naturali accedano al fondo di riserva per le spese impreviste, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze dall'articolo 28 della legge n.  196 del 2009, le stesse devono essere reintegrate tramite l'aumento, su deliberazione dell'Agenzia delle dogane, delle accise sulla benzina e del gasolio usato come carburante;
              la regione Abruzzo, alla luce delle disposizioni richiamate avrebbe notevoli difficoltà oggettive nell'accesso al Fondo per la protezione civile, non solo per ragioni di capacità contributiva dei propri cittadini ed imprese, ma per il fatto che l'aumento, al massimo consentito, dei tributi e delle addizionali attribuite alla Regione è già avvenuto per affrontare altre situazioni di emergenza;
              l'interpretazione delle norme richiamate non è chiara, non essendo mai stata attuata la recente procedura e non sembra nel caso specifico dell'alluvione nella provincia di Teramo essere attuabile richiedendo decreti attuativi per la sua applicazione non ancora emessi. In ogni caso andrebbero emanate «linee guida» non ancora predisposte;
              tali disposizioni, tra l'altro, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo contrastano con il principio di solidarietà da un territorio all'altro del Paese, a fronte di catastrofi naturali, e con il principio costituzionale della capacità contributiva previsto dall'articolo 53 della Costituzione,

impegna il Governo:

          a fornire, entro breve termine, tenuto conto della particolare ed eccezionale situazione della regione Abruzzo, una corretta interpretazione delle norme introdotte dal decreto-legge 29 dicembre 2010, n.  225, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2011, n.  10, che modificano la legge n.  225 del 1992 istitutiva del servizio nazionale di protezione civile, nel senso di non ritenere applicabili le stesse in relazione all'emergenza alluvionale che ha colpito la provincia di Teramo, per effetto della preesistente situazione di emergenza legata al sisma del 6 aprile 2009 e agli effetti tuttora in essere, nonché considerato il già vigente aumento al livello massimo dell'addizionale Irpef e delle altre imposizioni tributarie attribuite alla regione in relazione al Piano di rientro sanitario;
          ad assumere, conseguentemente, urgenti iniziative finalizzate allo stanziamento delle risorse necessarie per affrontare l'emergenza alluvionale che ha colpito la provincia di Teramo, evitando di aggravare la già pesante situazione di carico fiscale dei cittadini della regione Abruzzo, nonché per realizzare il ripristino infrastrutturale ed idrogeologico delle aree danneggiate;
          ad assumere, in alternativa, un'opportuna iniziativa normativa, anche in via d'urgenza, finalizzata a rendere non applicabile per le regioni che si trovano nelle condizioni dell'Abruzzo, le norme di cui all'articolo 2, commi da 2-quater a 2-octies del decreto-legge 29 dicembre 2010, n.  225, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2011, n.  10.
(7-00587) «Ginoble».


ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:

      DI STANISLAO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          il 15 Maggio è la Giornata internazionale della famiglia e per l'occasione il Segretario Generale dell'ONU dichiara che ancora troppe famiglie vivono in condizioni di persistente e grave difficoltà. A causa della mancanza di posti di lavoro e di mezzi per far quadrare i conti, gli adulti non sono in grado di fornire un'alimentazione adeguata ai bambini che di conseguenza ne portano a vita i segni fisici e cognitivi. Altri componenti della famiglia rischiano di essere oggetto di negligenza e privazioni. La povertà continua ad essere la causa di centinaia di migliaia di casi di mortalità da parto ogni anno;
          sono particolarmente a rischio in particolar modo le famiglie numerose, quelle monoparentali, quelle in cui i principali percettori di reddito sono disoccupati, ammalati o disabili, famiglie i cui componenti subiscono discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e famiglie che vivono nelle baraccopoli urbane o nelle aree rurali. Anche le famiglie indigene e migranti, alla pari di quelle che vivono in situazioni di conflitto o tensione, sono esposte a condizioni di emarginazione e privazione;
          alcuni Governi hanno adottato strategie focalizzate sulla famiglia, compresi programmi di trasferimento di denaro, assegni per i figli, incentivi fiscali e misure di protezione sociale specifiche a tutela dell'identità sessuale e dei bambini. La diffusione di queste politiche, che possono migliorare la situazione alimentare e educativa dei bambini, può aiutare a porre fine a cicli di povertà che persistono di generazione in generazione;
          in Europa si investe più del doppio dell'Italia per le politiche familiari. Dal 2008 a oggi, sono stati ridotti del 63,45 per cento i fondi per le politiche sociali;
          il parere dell'Osce espresso nel rapporto sulle politiche familiari evidenzia come in Italia ci sia bisogno di più politiche per conciliare lavoro e famiglia e che siamo molto al di sotto della media Osce rispetto a tre indicatori fondamentali sulla famiglia: occupazione femminile, tassi di fertilità e tasso di povertà infantile;
          l'esclusione sociale, la discriminazione e la disparità di accesso ai servizi sociali privano le famiglie dell'opportunità di progettare un futuro migliore per i loro figli. I giovani, di conseguenza, spesso postpongono l'età in cui hanno il primo figlio e cosi la probabilità di non avere figli aumenta  –:
          quali siano le motivazioni di questa arretratezza negli interventi a sostegno di famiglie e giovani;
          se, e in che modo, il Governo intenda mettere in campo nuove e maggiori politiche familiari mettendo l'Italia in linea con gli altri Paesi europei al fine di sostenere concretamente le famiglie, in quanto esse educano i giovani, si prendono cura degli anziani e fanno crescere comunità forti costruite sulla tolleranza e sulla dignità per tutti. (4-11964)


AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

      MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          Ai Weiwei è un attivista per i diritti umani e un famoso artista cinese, il quale è stato fra l'altro architetto e consulente nella progettazione del National Stadium di Pechino per le Olimpiadi del 2008;
          è un artista che ha sostenuto con le sue opere, in tutto il mondo, un'idea irrinunciabile di anticonformismo e libertà, diventando così un personaggio di rilievo e un importante punto di riferimento per tutta la cultura internazionale, non solo per quella cinese;
          Ai Weiwei è stato arrestato all'aeroporto di Pechino il 3 aprile 2011 ed è attualmente detenuto in una località segreta;
          secondo quanto riportato dall'agenzia stampa «Nuova Cina», e poi confermato dal portavoce del Ministero degli esteri cinese Hong Lei, Ai Weiwei sarebbe stato arrestato con l'accusa di «sospetti crimini economici»;
          l'arresto di Ai Weiwei s'inserisce in un'ondata di repressione che ha colpito negli ultimi mesi il Paese; infatti, sono stati centinaia gli arresti e le detenzioni extra-giudiziali, tra cui quelle di alcuni degli avvocati più importanti di Pechino;
          l'Associazione Pulitzer ha lanciato un appello per raccogliere 5.000 firme per Ai Weiwei e chiedere al Presidente della Repubblica italiana di intervenire sul governo di Pechino per la liberazione dell'artista;
          tale appello è stato sottoscritto dai principali esponenti del mondo della cultura italiana tra cui Umberto Eco  –:
          se il Governo non intenda intervenire sia a livello bilaterale sia a livello multilaterale nei confronti del Governo cinese al fine di accertare quali siano i reali e concreti motivi che hanno condotto all'arresto di Ai Weiwei e che ne impediscono l'immediata liberazione, e quali siano le condizioni fisiche e psicologiche dell'artista;
          se il Governo non ritenga politicamente inopportuno procedere alla ratifica dell'accordo di coproduzione cinematografica firmato a Pechino il 4 dicembre 2004 tra l'Italia e la Repubblica popolare cinese, poiché i suoi contenuti non garantiscono la possibilità di tutelare la piena libertà di espressione agli artisti cinesi, i quali come nel caso sopramenzionato sono ancora oggetto di gravi forme di repressione. (4-11983)


AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

      BRATTI e MARIANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          in occasione della seduta n.  471 di mercoledì 4 maggio 2011, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Stefania Prestigiacomo, nel replicare all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n.  3-01635, concernente iniziative di competenza per una corretta gestione dei rifiuti in Campania, ha affermato che la percentuale media regionale di raccolta differenziata «dopo la fine dello stato di emergenza, è passata dal 40,9 per cento del 2009 al 43,41 per cento del 2010»;
          gli asseriti dati percentuali di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani non trovano riscontro, a quanto consta agli interroganti, in alcuno dei dati elaborati dagli organismi competenti in materia;
          solo per i dati di produzione e raccolta del 2011, grazie alla messa a regime del nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti SISTRI, sarà possibile una valutazione congiunta dei risultati di raccolta differenziata elaborati dall'ARPAC e dagli altri soggetti istituzionali competenti in materia, quali gli osservatori provinciali, l'osservatorio regionale ed il Sottosegretario di Stato competente, disponendo di una fonte dati unica dalla quale attingeranno sia le sezioni regionali del catasto rifiuti sia gli osservatori regionali e provinciali;
          per i dati del 2010 si è invece conservata per i comuni campani la possibilità di produrre il modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) 2011 sia attraverso il SISTRI, sia attraverso il tradizionale sistema di invio della comunicazione alle competenti camere di commercio (CCIAA);
          in particolare, la circolare del 2 marzo 2011 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha previsto che le informazioni relative all'anno 2010 devono essere comunicate entro il 30 aprile 2011;
          non si comprende come e in base a quali informazioni il Ministro sia già in grado di riferire il dato relativo alla percentuale media di raccolta differenziata regionale per il 2010;
          per quanto concerne i dati relativi al 2009, il termine per la presentazione del modello unico di dichiarazione ambientale è stato prorogato al 30 giugno 2010 con il decreto-legge 20 maggio 2010, n.  72;
          l'ARPA Campania (ARPAC) ha integrato i dati pervenuti direttamente dai comuni con quelli forniti dalla società ECOCERVED (società consortile del sistema italiano delle camere di commercio che gestisce i sistemi informativi per l'ambiente, tra cui le banche dati relative al MUD), in modo da avere la disponibilità dei dati per l'anno 2009 di 460 comuni su 551 per una copertura in termini di popolazione residente pari al 91 per cento;
          nel febbraio 2011 la società ECOCERVED ha comunicato all'ARPAC un aggiornamento dei dati relativi all'anno 2009 tuttavia ancora in fase di lavorazione;
          in base ai dati fin ora elaborati e verificati dall'ARPAC, nel 2009 in Campania sono state prodotte circa 2.772.700 tonnellate di rifiuti urbani e assimilati, con una media di circa 477 chilogrammi per abitante, pari a 1,31 chilogrammi ad abitante al giorno;
          il totale della raccolta differenziata a livello regionale ammonta per il 2009 a 807.264 tonnellate, dunque è pari al 29,11 per cento del totale della produzione;
          nel 2009 soltanto le province di Avellino e Salerno superano la soglia del 40 per cento, mentre la provincia di Benevento è al 30 per cento e le province di Napoli e Caserta si pongono sotto la media regionale con, rispettivamente, il 24,4 per cento e il 19,8 per cento;
          risulta così, ad avviso degli interroganti, inspiegabile e avulsa da ogni riferimento tecnico-scientifico la percentuale media regionale del 40,9 per cento indicata dal Ministro (nonché, a maggior ragione, quella del 43,09 per cento riferita al 2010);
          il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio dovrebbe poter disporre di ogni mezzo necessario per acquisire e verificare dalle organizzazioni specializzate competenti in materia (ARPAC, camere di commercio, osservatorio provinciale e regionale) dati di carattere attendibile e verificato;
          sarebbe, secondo gli interroganti, gravissimo se, in periodo di campagna elettorale e mentre la provincia di Napoli è ancora umiliata dalle tonnellate di rifiuti abbandonati in strada, il ministro, chiamato a riferire in sede istituzionale su un tema così delicato per l'opinione pubblica e di così rilevante interesse generale, offrisse al Parlamento e ai cittadini italiani informazioni prive di ogni credibilità e trasparenza  –:
          quale sia la fonte da cui il Ministro ha tratto le suddette percentuali, e quali rassicurazioni possa fornire sulla loro attendibilità, nonché sulla correttezza delle metodologie di calcolo e dei campioni di riferimento utilizzati;
          se non ritenga opportuno assumere iniziative per dichiarare nell'area campana Napoli e Caserta una vera e propria emergenza ambientale;
          quali siano le ragioni per cui nessuna nuova discarica è stata prevista nella provincia di Napoli così come programmato. (5-04768)


      ALESSANDRI. —Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          i rifiuti, se correttamente gestiti ed avviati a riciclaggio, possano rappresentare un'importante risorsa economica, soprattutto per un paese come l'Italia povero di materie prime;
          l'attività di gestione rifiuti, pur necessitando di adeguate autorizzazioni e controlli pubblici, rappresenta in tale ottica un'attività economica che però deve svolgersi in regime di concorrenza, come segnalato in più occasioni dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato (dapprima con la segnalazione AS80 del 28 novembre 1996, poi con la fondamentale indagine conoscitiva IC26 del 3 luglio 2008 infine con la segnalazione AS500 del 19 febbraio 2009);
          la normativa italiana in tema di rifiuti di imballaggi prevede fin dal 1997 la possibilità di avviare gestioni autonome alternative al monopolio del consorzio CONAI (articolo 38 del decreto legislativo n.  22 del 1997 ed oggi articolo 221, del decreto legislativo n.  152 del 2006);
          la possibilità di gestioni alternative al sistema dominante è stata altresì riconosciuta positivamente e raccomandata anche dalla Commissione europea quale fattore idoneo ad avviare virtuose dinamiche concorrenziali a beneficio dei consumatori (si veda in proposito la XXXI relazione sulla concorrenza della Commissione del 2001 ove si indica, tra l'altro: «In linea generale, la Commissione cerca di agire nell'interesse dei consumatori. L'obiettivo della Commissione è di garantire che i nuovi mercati creati in questo settore siano aperti alla concorrenza e di mantenere un elevato livello di tutela dell'ambiente. Al tempo stesso, i servizi sono prestati al miglior prezzo possibile. Nel 2001 la Commissione ha adottato diverse decisioni formali e trasmesso lettere amministrative [due decisioni nel caso Duales System Deutschland, una decisione nel caso Eco Emballages, lettere amministrative nei casi Pro Europe, Returpack-PET, Returpack Aluminium e Returglas], nelle quali ha indicato i princìpi fondamentali di concorrenza che tali sistemi devono rispettare, i quali possono essere riassunti come segue: a) scelta per le imprese: la Commissione ritiene che le imprese tenute a recuperare e riciclare rifiuti dovrebbero poter scegliere tra diversi sistemi o altre soluzioni conformi. L'obiettivo è di garantire loro la libertà di non stipulare contratti con il sistema dominante o di farlo solo per una quota parziale dei loro imballaggi. Tenendo conto della fortissima posizione di mercato dei sistemi già esistenti, per promuovere la concorrenza è di somma importanza garantire un accesso illimitato al mercato ai prestatori di servizi alternativi. Lo scopo è anche di favorire lo sviluppo di nuovi tipi di attività nel settore del recupero degli imballaggi e quindi di eliminare gli ostacoli all'autogestione e ad altre soluzioni individuali conformi. La Commissione non accetta quindi comportamenti di mercato abusivi, volti a consolidare la posizione dominante dell'operatore esistente»;
          risulta che numerose imprese abbiano cercato di ottenere l'autorizzazione ad operare in autonomia ma senza alcun risultato sia perché la norma in questione (articolo 221 del decreto legislativo n.  152 del 2006) prevede disposizioni particolari altamente disincentivanti sia perché la pubblica autorità deputata al riconoscimento di tali sistemi autonomi alternativi, l'Osservatorio nazionale sui rifiuti (ex articolo 206-bis del predetto decreto legislativo n.  152 del 2006) è privo di componenti e di effettiva operatività;
          attualmente, pertanto, in Italia un diritto riconosciuto a livello comunitario non può materialmente essere esercitato e ciò a scapito della concorrenza tra le imprese e con pregiudizio riflesso sui consumatori;
          risulterebbe come diverse imprese abbiano proposto reclami in proposito alla Commissione europea che ha aperto un fascicolo che potrebbe portare ad una procedura di infrazione e si riscontrerebbe altresì che lo stesso osservatorio, prima della scadenza dell'incarico dei propri componenti, abbia segnalato alla Commissione europea le difficoltà ad applicare l'articolo del decreto legislativo n.  152 del 2006 ed i possibili contrasti di tale disposizione (nel testo attualmente vigente) con superiori norme e princìpi di fonte comunitaria  –:
          se per le parti di competenza, non si intenda provvedere alla nomina dei nuovi componenti dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti ed assicurarne l'effettivo funzionamento ed altresì se non intendano intraprendere le necessarie iniziative, anche di natura normativa, volte ad assicurare l'effettiva possibilità di istituire sistemi autonomi di gestione dei rifiuti di imballaggio, come raccomandato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dalla Commissione europea ed altresì richiesto dal Parlamento. (5-04771)


Interrogazione a risposta scritta:

      BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. —Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          fonti di stampa hanno riportato la notizia che il sistema imprenditoriale abbia chiesto un ulteriore rinvio per l'adozione definitiva del sistema informatico SISTRI, che paradossalmente rischia di congestionare, secondo i rappresentanti di categoria, la burocrazia del settore dello smaltimento dei rifiuti;
          infatti, non si placano le reazioni al giorno di test di SISTRI, il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti promosso dal Ministro interrogato: i rappresentanti di categoria delle aziende chiedono la sospensione e la «riforma» della piattaforma;
          i presidenti di Confindustria Rete Imprese Italia, che comprende Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, Alleanza delle cooperative (Agci, Confcooperative, Legacoop) e Confapi, la Confederazione italiana della piccola e media industria privata, hanno chiesto, con una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio e al Ministro interrogato, che SISTRI venga sospeso e interamente ripensato;
          pur condividendo gli obiettivi del sistema di tracciabilità dei rifiuti che servirà a «combattere la criminalità organizzata in un settore critico e che potrà comportare una semplificazione della gestione, eliminando la documentazione cartacea», ritengono che così com’è stato pensato rischi solo di far ritrovare le imprese in una situazione complessa, a loro avviso troppo complessa da gestire;
          SISTRI non è stato, dicono, sufficientemente collaudato e rende impossibile a molte imprese rispettare la normativa vigente in materia: con la conseguente soggezione a sanzioni, ritenute oltretutto sproporzionate rispetto alla reale gravità della violazione. Esso, infatti, «non è sufficientemente collaudato per poter essere utilizzato» e nelle imprese «la preoccupazione è fortissima e il malumore generalizzato»;
          a sconfortare le aziende sono i test del click day: il novanta per cento di esse, dicono nella lettera, ha riscontrato disfunzioni di ogni genere. Disfunzioni che sarebbero sintomatiche del mancato funzionamento di vari aspetti di SISTRI, dai call center inadeguati, spesso intasati e passaggio obbligato per apportare modifiche anagrafiche al proprio profilo, ai dispositivi USB non sempre funzionanti, passando per le informazioni confuse diffuse attraverso il sito. Insomma, gli ostacoli ad una sua corretta applicazione da parte delle singole aziende sono molteplici e rischiano di rendere un sistema pensato per semplificare alcune procedure un indigeribile ulteriore onere burocratico;
          il Governo, d'altra parte, continua a contestare tali cifre e quindi a tirare somme ben diverse dalla giornata di test: i problemi sarebbero dovuti alla mancata preparazione all'evento da parte delle associazioni di categoria, principale fattore della congestione del sistema nella predetta giornata;
          in ogni caso, SISTRI avrebbe resistito: «Normalmente – spiega il direttore operativo di SISTRI – produttori, trasportatori e gestori di rifiuti lavorano con tempi diversi e non si collegano certo tutti insieme». Il Governo invece, ad avviso degli imprenditori, non sembrerebbe cosciente della gravità della situazione  –:
          se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti intenda assumere per evitare il ripetersi dei presunti disguidi sopra esposti, a partire dalla promozione di nuove norme che siano in grado di disciplinare con maggior efficacia ed efficienza la delicatissima materia trattata.
(4-11981)


BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          il territorio comunale di Santa Cesarea Terme (Le) è sottoposto alla tutela di cui all'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004 a seguito della dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui al decreto ministeriale 4 luglio 1970 e la fascia costiera tutelata, conserva ancora intatta la sua originaria bellezza e forma, degradando repentinamente verso il mare costituisce un quadro naturale di grande suggestività e valore paesaggistico;
          con decreto protocollo n.  14056 del 20 febbraio 2008, comunicato con raccomandata ricevuta il 10 marzo successivo, il soprintendente ad interim ha annullato l'autorizzazione paesaggistica ex articolo 159 decreto legislativo 22 gennaio 2004 n.  42 emessa dal responsabile del servizio assetto del territorio e ambiente del comune di Santa Cesarea Terme in data 18 dicembre 2007, avente ad oggetto la «Realizzazione di un complesso turistico ricettivo – villaggio turistico – Comparto 13S» in Santa Cesarea Terme;
          la società Ites Srl ha presentato ricorso – numero di registro generale 848 del 2008 – al TAR Puglia, eccependo che il soprintendente avrebbe citato il decreto ministeriale 14 aprile 1967, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 117 del 11 maggio 1967 – per il territorio di Santa Cesarea Terme, relativamente però alla dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona sita nel territorio del comune di Castrignano del Capo (Lecce) – costituita dalla frazione di S.Maria di Leuca, anziché quello di Santa Cesarea Terme;
          il giudice amministrativo che ha riconosciuto l'errore tanto materiale quanto essenziale ha concesso al soprintendente, tramite pronunciamento cautelare reso dalla sezione con ordinanza 530/08, emanata in data 2 luglio 2008, un tempo entro il quale riesaminare la pratica e addivenire ad una corretta istruttoria;
          è poi accaduto, come è dato leggere nella sentenza del giorno 10 febbraio 2010 che sono state emanate due note da parte della Soprintendenza, la prima delle quali in data 11 luglio 2008 recante la comunicazione del nominativo del responsabile del procedimento di riesame con contestuale fissazione del termine di giorni 60 per l'esecuzione del riesame medesimo; la seconda, adottata in data 19 settembre 2009, contenente la comunicazione che la procedura di riesame era ancora in fase di svolgimento, con assegnazione del termine di 15 giorni per la presentazione di memorie illustrative da parte della società istante;
          in questo modo si è determinata una situazione per cui il TAR ha ritenuto che la Soprintendenza abbia effettivamente consumato, nel caso di specie, il potere di riesaminare la vicenda non essendo giunta tempestivamente ad alcuna ulteriore determinazione rispetto al decreto e ha accolto il ricorso della Ites Srl  –:
          quali misure intenda adottare nei confronti dei responsabili che per ben due volte, la prima con l'errato riferimento normativo e la seconda con il mancato rispetto dei termini entro cui riesaminare la pratica hanno determinato il fallimento di un atto di controllo con il risultato di pregiudicare la tutela paesaggistica del pregiato territorio della costa del comune di Santa Cesarea Terme;
          se e quali azioni urgenti intenda intraprendere per assicurare comunque la tutela prevista dal decreto ministeriale 4 luglio 1970, che ha dichiarato di notevole interesse pubblico la zona costiera e parte del territorio comunale di Santa Cesarea Terme (Le). (4-11976)


DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

      ARTURO MARIO LUIGI PARISI e RECCHIA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il trasporto mercantile marittimo rappresenta per l'Italia una struttura cruciale per l'intero comparto produttivo nazionale e per la dimensione della movimentazione di beni;
          in un anno i nostri armatori mobilitano più di 122 milioni di tonnellate di merci;
          questo settore storicamente strategico per il nostro Paese è messo oggi in concreto e crescente rischio dall'aumento della pirateria marittima, uno scenario critico il cui peggioramento è evidente: 156 attacchi dall'11 gennaio ad oggi, 532 ostaggi catturati di cui 307 negli ultimi mesi;
          tutto ciò nonostante il dispiegamento del gruppo navale europeo EUNAVFOR all'interno dell'operazione Atalanta che coinvolge allo stato attuale più di 26 Paesi;
          oltre al grave pericolo cui sono sottoposti gli equipaggi ed i beni sulle rotte mercantili, questa mancanza di sicurezza influenza drasticamente i costi degli operatori che si trovano a fronteggiare non solo l'attuale instabilità dei mercati internazionali ma costi più che triplicati dalle compagnia assicurative, cosa che scoraggia peraltro nuovi investimenti nel settore;
          il contrasto degli atti di pirateria contro navi italiane costituisce un obiettivo prioritario nella tutela degli interessi nazionali e comporta il conseguente dovere da parte dello Stato di garantire, nell'esercizio delle proprie irrinunciabili prerogative, la sicurezza dei mercantili italiani e del personale a bordo  –:
          quali misure il Governo intenda predisporre per ristabilire il necessario livello di sicurezza in mare ed, in particolare, se, all'interno di una strategia di difesa attiva, ritenga di utilizzare le forze armate in tal senso, compreso l'imbarco a bordo di mercantili di personale militare. (5-04769)


ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          il disegno di legge di bilancio per il 2011 prevedeva inizialmente un taglio al contributo statale per le scuole paritarie di 258 milioni di euro;
          a seguito di tale taglio è stato approvato un emendamento al disegno di legge di stabilità per il 2011, che reintegrava tale fondo, per 245 milioni di euro;
          per la copertura di tale reintegro, è stata individuata in bilancio una quota derivante dalla vendita, da parte dello Stato, delle frequenze televisive digitali;
          all'articolo 1, comma 13, della legge di stabilità per il 2011 (legge n.  220 del 2010) è prevista una clausola di salvaguardia, che però non fa esplicito riferimento alla missione per le «istituzioni scolastiche non statali»;
          nella risposta ad una precedente interrogazione, nella quale venivano richieste garanzie sul reintegro totale dei 245 milioni di euro, il sottosegretario per l'economia e le finanze, Alberto Giorgetti, specificava, che lo stanziamento risulta assegnato dall'articolo 1, comma 40, della legge n.  220 del 2010 e sarà destinato alle finalità previste all'elenco 1 allegato alla legge n.  220 del 2010 con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, al momento in corso di perfezionamento. Soltanto, a seguito del perfezionamento di tale decreto sarà possibile terminare le relative variazioni di bilancio;
          dei 280 milioni di euro a bilancio, ne sono stati tagliati 28 per esigenze statali;
          i rimanenti 252 milioni, al 1° aprile 2011, ancora non sono stati resi disponibili per la ripartizione;
          per le scuole non statali questi fondi risultano indispensabili per la chiusura dei bilanci e per l'andamento delle normali funzioni durante il corrente anno scolastico  –:
          quale sia la reale cifra stanziata per il 2011 per l'istruzione paritaria non statale, cifra che sarà realmente erogata per le scuole non statali;
          quanto sia stato ridotto, complessivamente, il fondo per l'istruzione paritaria, rispetto alla cifra storica destinata a bilancio per le scuole paritarie che ammontava a 530 milioni di euro;
          quali iniziative intenda intraprendere il Governo per garantire il reintegro del fondo per le scuole paritarie, in caso di mancata vendita delle frequenze televisive digitali.
(2-01081) «Toccafondi, Garagnani, Centemero, Renato Farina, Mazzoni, Girlanda, Barani, Cazzola, Lupi, Vignali, Sbai, Bonciani, Bergamini, Vella, Iannarilli, Aprea, Palmieri, Garofalo, Marinello, Mazzuca, Gioacchino Alfano, Di Caterina, Faenzi, Sisto, De Camillis, Barbieri, Migliori, Franzoso, Pelino, Abelli, Beccalossi, Bocciardo, Castellani, De Luca, Bianconi, Calabria, Ceroni, Gottardo, Saltamartini, Tortoli, Traversa».


Interrogazione a risposta orale:

      MELIS, BENAMATI, CALVISI, DUILIO, FADDA, MARROCU, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES, SCHIRRU e SORO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          al punto «s» del comma o articolo 7 del recentissimo decreto-legge 13 maggio 2011, n.  70 (Semestre europeo – prime disposizioni urgenti per l'economia), l'iva è stata diminuita dal 20 al 10 per cento per quanto riguarda gli usi civili del gas naturale, per consumi fino a 480 metri cubi di gas somministrato. Da questo beneficio è escluso l'intero territorio della Sardegna oltre alle aree periferiche, specialmente di montagna, della penisola, non servite dalla rete metanifera;
          la norma in questione, specificando il termine «gas naturale», di fatto taglia fuori dalla riduzione tutte le «energie gassose» sottoposte o non sottoposte a controllo dell'Autorità garante per l'energia elettrica e il gas (aria propanata e GPL in bombole e bomboloni, particolarmente utilizzate in Sardegna e nelle zone non servite dalla rete metanifera nazionale);
          restando il GPL (in bombole e bomboloni) al di fuori del controllo da parte dell’Authority dell'energia, il suo prezzo oscilla liberamente seguendo i prezzi del petrolio, come avviene per benzina e gasolio, cioè in pratica senza difesa alcuna rispetto alle speculazioni;
          a ciò si aggiunge che in Sardegna, nello specifico settore del GPL, appare sussistere da tempo, un monopolio da parte delle compagnie Liquigas, Butangas e Eni, monopolio già fatto oggetto di indagine e di condanna da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che nel marzo 2010 ha multato le prime due compagnie, assolvendo l'Eni solo per avvenuta «confessione ed autocritica» dello stesso ente, per una somma di 21 milioni di euro; il che non ha purtroppo escluso la perpetuazione del monopolio da parte delle stesse compagnie (le quali nel frattempo hanno proposto ricorso al Tar, ricevendone esito negativo);
          ad avviso degli interroganti è gravemente lesiva dei diritti dei consumatori della Sardegna e delle aree escluse dalla rete metanifera la situazione sopra descritta  –:
          se non ritenga di dover valutare, per queste aree geografiche discriminate, l'assunzione di iniziative per l'abbassamento dell'Iva al 10 per cento anche per le reti cittadine ad aria propanata e per il GPL;
          se non ritenga infine di esercitare, nelle forme più opportune, un'azione nei confronti dell'Eni di cui il Governo è azionista al fine di far cessare l'attuale situazione di cartello lesiva degli interessi dei consumatori sardi. (3-01657)


Interrogazione a risposta in Commissione:

      FIANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          secondo numerose fonti tra cui un recente articolo pubblicato da «La Repubblica» il gioco d'azzardo legale in Italia determina un fatturato che nel 2011 potrebbe arrivare a circa 80 miliardi di euro e su questa cifra lo Stato incassa il 10 per cento;
          il settore avrebbe circa 120 mila addetti;
          le grandi società che gestiscono circa la metà di quel fatturato attraverso slot machine, lotterie e scommesse sportive, sono 10;
          oltre a questo, ci sono altri 1.500 concessionari/gestori che si spartiscono l'altra metà del fatturato;
          alcune di queste aziende hanno una struttura societaria ben ricostruibile, come Lottomatica e Snai, mentre per altre con sedi all'estero è molto difficile stabilire gli intrecci societari e quindi i veri proprietari;
          nelle ultime settimane sia la Corte dei Conti che la direzione nazionale antimafia e la Commissione parlamentare antimafia, in vista della scadenza del 16 maggio 2011, data nella quale devono rinnovarsi le concessioni, hanno manifestato molti dubbi e sospetti sui criteri di assegnazione delle nuove concessioni;
          la Direzione nazionale antimafia scrive che lo Stato italiano ha stabilito concessioni con «grande superficialità» e «senza un approfondito esame dei soggetti che avevano presentato domanda»;
          alle dieci concessionarie spetta la condizione della rete telematica con l'obbligo di assicurarne l'operatività;
          queste società incaricano i gestori di installare gli apparecchi tipo videopoker e slot-machine (attualmente 400 mila), per poi affidarli agli esercenti dei locali pubblici;
          le concessionarie svolgono il ruolo anche di esattori del prelievo erariale unico, che poi versano ai Monopoli;
          il fatturato è passato dai 47,5 miliardi di euro del 2008 ai 61,5 del 2010 con un risultato previsto per il 2011 di 80 miliardi di euro;
          8 di tali concessionarie non sono italiane: la Cogetec è di proprietà della Cogemat, società per azioni di proprietà al 71 per cento della OI Games 2, con sede a Lussemburgo;
          Gamenet è al 42 per cento (quota di maggioranza) della Tcp Eurinvest, sede Lussemburgo; Hbg è al 99 per cento di proprietà della lussemburghese Karal: solo l'1 per cento è di proprietà di un italiano.
          Antonio Porsia (che è anche l'amministratore delegato), imprenditore definito dalla stampa finanziaria il nuovo numero uno delle sale da gioco;
          il gruppo delle «lussemburghesi» è chiuso dalla Sisal, al 97 per cento della Sisal Holding finanziaria, società per azioni al 100 per cento della Gaming Invest, sede nel Granducato;
          ci sono poi le società spagnole: Godere, al 100 per cento del gruppo Godere Internacional, e Cirsa di Cirsa international Gaming Corporation;
          le altre due concessionarie sono: G. Matica – al 95 per cento della Telcos, una società a responsabilità limitata con 126 mila euro di utile che è controllata per il 52 per cento dalla Almaviva Technologies (altra srl della famiglia Tripi) e per il 37 per cento della Interfines Ag, sede legale Zurigo, e Atlantis, oggi sostituita da B Plus Giocolegale limited, che ha la sede principale a Londra con 68 dipendenti e una «sede secondaria» a Roma;
          come scrive Alberto Custodero ne La Repubblica del 9 maggio 2001 «proprio la ex Atlantis – che controlla il 30 per cento del mercato dello slot-machine – è al centro di dubbi e polemiche. A rappresentarla in Italia – sede in via della Maghanella 65 a Roma – con la qualifica di «preposto», figura il trentunenne catanese Alessandro La Monica. A questa concessionaria la Direzione nazionale antimafia ha dedicato un intero capitolo. La Atlantis – si legge nell'ultimo rapporto della Direzione antimafia – con sede a Saint Martin nelle Antille Olandesi, è stata successivamente sostituita, in seguito a sollecitazione da parte dei Monopoli, dalla Società Atlantis Giocolegale con sede in Italia. «Gli amministratori – scrivono i magistrati antimafia – sono Francesco e Carmelo Maurizio Gorallo, entrambi figli di Gaetano. La storia di quest'ultimo è abbastanza nota essendo stato già condannato per vari reati ed essendo notoria la sua vicinanza a Nitto Santapaola». «Si deve infatti rammentare che, come riferito da alcuni collaboratori, la famiglia Santapaola gestisce proprio nelle Antille Olandesi, e proprio a Saint Martin, un casinò presso il quale Gaetano Gorallo fin dagli anni 80 svolgeva l'attività di procacciatore di clienti. Lo stesso aveva poi proseguito la sua collaborazione in altri casinò in varie zone dell'America, sempre riconducibili alla famiglia Santapaola». Raccontano i giudici che i fratelli Corallo hanno smentito di avere rapporti di affari con il padre Gaetano rivendicando la loro autonomia di imprenditori, e gli accertamenti espletati non hanno fatto emergere contatti sospetti, né con il padre, né con il direttore o altri funzionari dei Monopoli. «Proprio su questi aspetti – si legge ancora nella relazione – la Dda di Roma ha indagato Giorgio Tino (ex direttore dei Monopoli), nonché alcuni esponenti della famiglia mafiosa dei Corallo». La Direzione distrettuale antimafia romana ha scritto infatti: «Si appurava che lo svolgimento della gara e l'individuazione dei concessionari erano avvenuti sulla base di criteri assolutamente formali, attenendosi unicamente alle conformità degli assetti societari dichiarati. Un esame più attento faceva però emergere sospetti di concentrazione occulta tra alcuni concessionari (formalmente distinti, ma che mostravano collegamenti sia di persone fisiche sia di sedi)»;
          peraltro nella relazione della Direzione nazionale antimafia nel capitolo relativo alle infiltrazioni criminose nel gioco lecito si sollevano dubbi sui criteri con i quali sono state scelte le concessionarie, per esempio con riferimento a società rimaste per lungo tempo debitorie nei confronti dello Stato per il mancato pagamento del Preu;
          le indagini della magistratura hanno dimostrato che alcune di queste società con sedi estere avevano collegamenti con persone fisiche oggetto di procedimenti penali;
          nel 2007 i giudici contabili del Lazio hanno contestato a tutte e 10 le concessionarie un danno erariale di 98 miliardi di euro provocato dal mancato collegamento delle macchine alla rete telematica dello Stato;
          tale danno erariale è ancora oggetto di ricorso  –:
          rispetto alla scadenza prossima del 16 maggio 2011 se si intendano rinnovare le concessioni alle medesime società;
          se si intendano modificare i criteri di selezione e come;
          se si intendano predisporre iniziative anche normative atte ad eliminare la possibilità di infiltrazioni criminali e, in tale caso, quali. (5-04766)


Interrogazioni a risposta scritta:

      FUGATTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la globalizzazione dei mercati ha esposto l'economia italiana e quella europea alla concorrenza dei Paesi orientali e africani in tutti i settori merceologici; le economie emergenti minacciano l'Europa e gli USA con politiche commerciali aggressive, favorite da costi di produzione molto più bassi di quelli delle imprese nostrane;
          accanto a fattori naturali ed oggettivi che favoriscono tali Paesi emergenti, quali, ad esempio, la ricchezza di materie prime ed il clima, incidono poi altri fattori che alterano le corrette regole della concorrenza; in particolare il rispetto degli standard di tutela ambientale e di sicurezza sul lavoro e il rispetto dei più elementari diritti dei lavoratori;
          l'Unione europea deve vigilare sul rispetto delle regole della concorrenza e sul rispetto nei Paesi extra Unione europea degli standard che sono invece imposti alle nostre imprese; solo in questo modo possono essere ripristinate condizioni di equità sui mercati internazionali;
          molti sono i settori merceologici colpiti dalla concorrenza sleale; l'ultimo balzato all'onore delle cronache nazionali è quello florovivaistico: è stata, infatti, denunciata la concorrenza sleale di Kenya, Ecuador, Colombia ed Israele, che insieme coprono il 70 per cento dell'importazione dei fiori recisi dell'intera Europa; il costo delle rose provenienti da questi Paesi costano in media 4-5 centesimi a stelo, trasporto compreso, contro i 18-20 centesimi delle rose italiane, trasporto escluso;
          su questa differenza di costo incidono da un lato le migliori condizioni climatiche di quei Paesi, per cui non è necessario riscaldare le serre in inverno per la coltivazione dei fiori e dall'altro il fatto che la manodopera viene sottopagata e non gode dei più elementari diritti; tale condotta scorretta mette a rischio l'intero comparto florovivaistico, con i suoi 20.000 addetti;
          compito dei Governi nazionali deve essere quello di sollecitare l'Unione europea a vigilare sul rispetto dei diritti dei lavoratori e sulla contraffazione dei prodotti in alcuni settori merceologici, adottando le misure protezionistiche idonee per tutelare le nostre imprese e i posti di lavoro;
          come intenda intervenire il Governo per tutelare a livello europeo il settore florovivaistico, messo a rischio dalla concorrenza sleale dei Paesi extra Unione europea. (4-11969)


      FUGATTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.  122, ha previsto la possibilità, a partire dal 1o gennaio 2011, di compensare i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle regioni, degli enti locali e degli enti del servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture ed appalti, con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo; tale disposizione va incontro alle necessità delle imprese, soprattutto quelle medio-piccole, che, lavorando prevalentemente con le pubbliche amministrazioni, scontano i pesanti ritardi nei pagamenti delle fatture per forniture e servizi;
          è imbarazzante che una piccola azienda debba attendere cinque anni per vedere saldati i propri crediti verso un'azienda sanitaria locale, crediti che ormai ammontano a 200 mila euro; ed è altrettanto imbarazzante che alla stessa impresa venga notificata una cartella esattoriale di 11 mila euro a causa di un ritardato versamento delle ritenute alla fonte relative a dicembre 2007; tale è la vicenda narrata da un'importante quotidiano nazionale, relativa ad un piccolo imprenditore «colpevole» di aver saldato il debito tributario con ritardo e senza ravvedimento operoso;
          l'azienda ha inutilmente presentato istanza all'Agenzia delle entrate di Padova lo scorso aprile, chiedendo l'annullamento della cartella, portando a giustificazione l'ingente credito vantato verso un'amministrazione pubblica;
          a parere dell'interrogante il rigetto dell'istanza di annullamento della cartella in una simile fattispecie va contro la ratio delle disposizioni di cui al comma 1-bis del decreto-legge n. 78 del 2010, oltre a costituire palese ingiustizia nei confronti di un'azienda che vanta crediti verso la pubblica amministrazione quasi 20 volte superiori ai debiti  –:
          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti in questione, quali siano gli intendimenti del Governo al riguardo e se intenda dare disposizioni alle direzioni provinciali dell'Agenzia dell'entrate per fare in modo che simili situazioni non abbiano più a verificarsi. (4-11971)


      BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. —Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il cosiddetto decreto sviluppo, recentemente pubblicato, prevede la possibilità per i clienti meno abbienti (indicatore Isee fino a 30mila euro) che abbiano stipulato un mutuo a tasso variabile fino a 150mila euro, di chiederne la rinegoziazione alla propria banca, trasformando cosi il tasso variabile in un tasso fisso;
          in una fase in cui la Bce ha aumentato il tasso ufficiale il mese scorso e lo farà ancora nel prossimo futuro, la finalità dell'operazione è evidente: proteggere i mutuatari più deboli dal rialzo dei tassi, che inevitabilmente farà salire le rate da pagare sui mutui a tasso variabile, tipicamente indicizzati al tasso interbancario Euribor;
          tra gli apparenti dettagli contenuti nella normativa, si scopre che non c’è nessun vantaggio per i clienti, mentre può esserci per le banche;
          facendo un esempio, si consideri un mutuo di 120 mila euro a vent'anni, stipulato all'inizio del 2008, a tasso variabile determinato così: interbancario a breve termine (Euribor) + 1 per cento. Il decreto consente al mutuatario di richiedere la sostituzione del parametro di riferimento (Euribor) con il tasso Irs a dieci anni. Approssimativamente l'Irs è definibile come la media dei tassi a breve termine che il mercato si attende per i prossimi dieci anni. Quindi il nuovo tasso fisso sarebbe determinato così: tasso medio dei prossimi dieci anni + 1 per cento. Il vantaggio per il cliente è quello di fissare la rata. Ma questa viene determinata in base alle aspettative del mercato sull'andamento futuro dei tassi. Il cliente avrà quindi un vantaggio dalla rinegoziazione solo se i tassi d'interesse saliranno di più rispetto a quanto il mercato si aspetta oggi. In caso contrario, si rivelerà una scommessa perdente per il cliente (e vincente per la banca, naturalmente);
          sarebbe quindi fuorviante, ad avviso degli interroganti, presentare l'operazione come una protezione della clientela più debole rispetto al rialzo dei tassi d'interesse. Oggettivamente, l'operazione è neutrale dal punto di vista finanziario: prevede lo scambio tra un flusso di rate variabili e un flusso di rate fisse con uguale valore atteso. Il cliente avrebbe una convenienza a richiedere la rinegoziazione, a queste condizioni, solo se credesse che i tassi d'interesse saliranno, nei prossimi dieci anni, più di quanto il mercato prevede ora;
          ma i clienti in grado di fare questa valutazione, ad avviso degli interroganti, saranno ben pochi. Forse verranno consigliati dalla loro banca. La quale ha almeno una convenienza immediata a fare l'operazione: il tasso applicato al mutuo aumenterebbe subito di oltre due punti percentuali e la rata mensile del nostro esempio di oltre cento euro;
          c’è poi un altro aspetto che colpisce: il totale svilimento per il mercato dovrebbe essere la concorrenza che induce le banche a offrire la rinegoziazione dei mutui a condizioni convenienti per i mutuatari. Si sa, il mercato non è perfetto. Ma non si favorisce certo il suo funzionamento stabilendo per legge le nuove condizioni che i clienti possono chiedere in sostituzione di quelle vecchie. A maggior ragione, se tali condizioni non portano alcun reale vantaggio ai clienti, sorge il sospetto che si voglia proprio evitare che la concorrenza eserciti i suoi effetti;
          gli interroganti ricordano che, nel maggio del 2008, il Ministro interrogato, appena insediato, concordò con l'Abi una convenzione per la rinegoziazione dei mutui a tasso variabile. Anche allora si presentò come vantaggiosa una regola di revisione delle rate che in realtà non presentava alcun beneficio per la clientela. L'unico effetto era limitare la concorrenza tra le banche  –:
          se i fatti corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva quali iniziative gravi ed urgenti, eventualmente anche di natura normativa, intendano adottare per evitare il rischio che sia concesso alle banche, di anticipare il rialzo dei tassi previsto per il prossimo futuro. (4-11984)


      MARINELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          nel quadro dell'attuazione del programma operativo regionale Sicilia per il Fondo sociale europeo (FSE) 2007-2013, con l'avviso pubblico n.  7, sulla GURS 5 giugno 2009, n.  26 – Supplemento ordinario del 26 maggio 2009, la regione, per il tramite dell'assessorato dell'istruzione e della formazione professionale, ha avviato le procedure per la realizzazione di percorsi integrati per sostenere l'occupabilità, mediante progetti di work experiences che contemplino azioni di orientamento, formazione ed esperienza in impresa, rivolte a soggetti in condizioni di relativo svantaggio sul mercato del lavoro, provenienti da qualsiasi tipo di esperienza lavorativa;
          elemento saliente dei percorsi, oltre alle attività di orientamento e formazione, è l'esperienza in impresa, da realizzarsi all'interno di un'azienda ospitante, la cui durata deve essere compresa tra un minimo di 4 e un massimo di 10 mesi, retribuita con un'indennità di 800 euro al mese per singolo partecipante;
          a gestire i percorsi sono stati chiamati gli organismi formativi che risultino accreditati e organismi formativi non accreditati purché abbiano già presentato istanza di accreditamento la disponibilità finanziaria originaria di 40.000.000,00 euro è stata ulteriormente incrementata in fase di approvazione delle graduatorie definitive e quindi portata a 138.415.010,41 euro;
          dalle graduatorie definitive pubblicate il 14 ottobre 2010, risultano 380 enti beneficiari, tra cui 6 comuni: Cammarata (AG) – Casteltermini (AG) – Salemi (TP) – Vita (TP) – Villafrati (PA) – Rosolini (SR) ad onta del fatto che l'avviso escludesse la partecipazione degli enti pubblici, 5.000 aziende ospitanti e circa 12.000 destinatari finali (cioè i disoccupati);
          successivamente la Corte dei conti ha rigettato, annullandone l'efficacia, la graduatoria definitiva degli enti beneficiari, rilevando irregolarità nella valutazione dei progetti e di fatto annullando l'intero procedimento, nonostante il fatto che la valutazione sia stata affidata ad un nutrito gruppo di qualificati valutatori esterni;
          l'assessorato regionale alla formazione e all'istruzione si trova nella situazione di dover ripartire da zero (o annulla gli atti successivi all'avviso pubblico o procede alla pubblicazione di un nuovo avviso) obbligando la regione, ma anche i vincitori in graduatoria, a far ripartire il procedimento con tutti i passaggi previsti e perdendo, presumibilmente, altri due anni;
          l'amministrazione regionale siciliana ha speso ad oggi – dopo più di quattro anni dall'avvio della programmazione di spesa dei fondi comunitari (2007-2013) – poco più del 7 per cento della disponibilità complessiva;
          il Ministro dell'economia e delle finanze ha recentemente dichiarato: «il tasso di utilizzo dei fondi europei che sono italiani ed enormi, se va bene è del 10-20 per cento: se va bene, ma in alcune regioni è al 4 per cento. Questo è inaccettabile  –:
          quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intendano assumere per assicurare il pieno e proficuo impiego dei fondi messi a disposizione dall'Unione europea ed evitare con quello di cui in premessa. (4-11985)


GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:

      HOLZMANN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          consta all'interrogante che il comportamento della direttrice della casa circondariale di Trento, dottoressa A. Forgione, sarebbe da tempo al centro dell'attenzione a causa dei comportamenti tenuti nei confronti del personale della struttura;
          le organizzazioni sindacali hanno più volte segnalato detti comportamenti al provveditore poiché pare travalichino anche i limiti della normale educazione ma nonostante ciò la situazione di tensione interna pare permanere;
          in passato in un precedente incarico presso altra struttura carceraria pare si siano ravvisati gli stessi problemi ed oggi le organizzazioni sindacali chiedono addirittura l'allontanamento della direttrice  –:
          se le lamentele avanzate in più occasioni dalle organizzazioni sindacali del personale addetto alla struttura di Trento, sono note all'amministrazione;
          se alla luce di quanto esposto non si ritenga di disporre un'ispezione per verificare la situazione interna. (4-11982)


INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

      GERMANÀ, GIBIINO e PAGANO. —Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'Anas ha dato avvio ai lavori per l'ammodernamento e l'adeguamento a quattro corsie della strada statale 640, asse viario considerato strategico nel contesto siciliano in quanto suscettibile di collegare i capoluoghi di Agrigento e Caltanissetta. Tra gli altri interventi il progetto approvato prevederebbe la realizzazione di una lunga galleria sotterranea – di seguito «Sant'Elia-Caltanissetta» – con doppia corsia per senso di marcia ricadente nel territorio della provincia di Caltanissetta e più nello specifico nel tratto compreso tra gli svincoli di Caltanissetta sud e Xirbi-Santa Caterina;
          secondo il progetto originale dell'Anas, revisionato però nel 2007, i suddetti lavori di ammodernamento avrebbero dovuto interessare la zona nord della provincia di Caltanissetta escludendo pertanto il coinvolgimento dell'area industriale della cittadina di San Cataldo, dove attualmente risultano ubicati centinaia di fabbricati ed opifici industriali di notevoli dimensioni caratterizzati da tipologie fondazionali su pali. Allo stesso tempo e in un'ottica di sicurezza l'elaborato originale escludeva la contestuale realizzazione di ulteriori grandi opere insistenti sulla medesima area geografica;
          al contrario, il tracciato approvato in via definitiva scarterebbe l'ipotesi di esproprio relativa alle aree precedentemente interessate, verosimilmente al fine di consentire l'edificazione di un centro commerciale localizzato sul percorso ormai abbandonato;
          tuttavia alcuni dati emersi nei giorni scorsi in via ufficiosa appaiono forieri di gravi perplessità. I dati geomorfologici forniti dall'ANAS, infatti, non corrisponderebbero a quanto rilevato nel corso delle indagini in situ e renderebbero sconsigliabile la realizzazione di un'opera imponente quale sarebbe la galleria «Sant'Elia-Caltanissetta». Tale discrepanza tra dati geologici reali e dati resi noti dall'Anas giustificherebbe tra le altre cose i numerosi esposti fatti pervenire alla stessa società da parte di alcuni professionisti che hanno operato de visu lungo il percorso della galleria;
          con particolare riferimento alle canne della galleria occorre considerare che la modellizzazione contenuta nel progetto approvato in via definitiva sembrerebbe alquanto generica e di carattere preliminare e non prenderebbe in alcuna considerazione il complesso equilibrio tra le rocce che caratterizzano il sottosuolo e la particolare situazione tettonica dell'area. Tecnici privati hanno duramente e apertamente contestato lo studio geologico proposto dall'ANAS limitatamente al secondo tracciato, precisando che la descrizione litologica fatta si può adattare alla maggior parte dei bacini di Caltanissetta e non è identificabile, se non alquanto approssimativamente, con le aree interessate dal tracciato della galleria;
          l'area geografica individuata per la realizzazione della galleria Sant'Elia-Caltanissetta è caratterizzata dalla sovrapposizione di faglie differenti che determinano dei gradini tettonici tanto marcati da rappresentare gli unici rilievi della zona. Seguendo il progetto finale è facile notare che le stesse faglie di fatto si intersecano in corrispondenza e perpendicolarmente all'asse delle due canne della galleria. Tutto ciò lascerebbe presagire danni futuri, irreversibili e tali da compromettere l'utilizzo della stessa e non ultimo delle sovrastanti strutture;
          alla singolare conformazione geologica del territorio interessato dai lavori di ammodernamento del secondo lotto della strada statale 640 occorre aggiungere che esistono altri elementi strutturali difficilmente rilevabili ma che sono tutt'altro che secondari, poiché, oltre ad influire sulla stabilità delle canne della galleria, rivelano una importante «patologia geologica» del territorio;
          inoltre la zona urbana e suburbana di Caltanissetta è interessata da antichi fenomeni deformativi che affliggono periodicamente la città e i suoi dintorni e che negli ultimi anni si sono manifestati con aggressività. Ciò renderebbe geologicamente instabile la zona interessata e infatti non è un caso che nella zona industriale di Caltanissetta interi opifici siano andati distrutti a causa delle suddette deformazioni plastiche, malgrado il susseguirsi di svariati interventi riparatori. Nel contempo, a circa 200 metri dall'innesto della galleria Sant'Elia-Caltanissetta, sarebbero stati riscontrati dei rilievi di nuova formazione sulla sede stradale che tagliano perpendicolarmente la sede viaria fino a riproporsi in corrispondenza dell'asse della nascente galleria;
          a ciò si aggiunga che dati ufficiali dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia hanno rilevato costanti fenomeni sismici di intensità media in corrispondenza del percorso della galleria. Per quanto tali microscosse non siano suscettibili di arrecare danni a persone o cose, esse acuiscono il fenomeno di degrado in corrispondenza delle faglie dove già sono presenti fenomeni di scorrimenti verticali tra una superficie e l'altra;
          quanto sopra esposto lascerebbe concludere che l'area interessata dalla realizzazione della galleria sarebbe perennemente afflitta da inevitabili problematiche statiche che ne inficerebbero in modo determinante l'esercizio e la stessa durata. Così come non si possono escludere importanti ripercussioni dell'opera sui delicati equilibri geostatici di tutto quanto ad oggi si trova in corrispondenza del tetto delle due canne, al di sopra del quale esistono centinaia di fabbricati e unità abitative ciascuna delle quali presenta il proprio pozzo determinando notevole presenza di acqua. Allo stesso tempo occorre rilevare che al di sopra della galleria sono ubicate delle strutture pubbliche di notevole importanza, quali ospedali, centri professionali e residenze di pregio;
          a quanto esposto si aggiunga che il progetto esecutivo è stato consegnato dalla ditta appaltatrice la seconda settimana del mese di aprile 2011  –:
          se i Ministri interessati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e delle motivazioni che hanno convinto l'Anas a modificare il tracciato originario, definendo un nuovo percorso molto più costoso rispetto a quello originario privo di criticità;
          se siano altresì in possesso di informazioni relative alle seguenti istanze:
              a) se la stessa ditta appaltatrice abbia trovato conferme geologiche rispetto ai dati di progetto definitivo;
              b) se la galleria Sant'Elia-Caltanissetta segua esattamente il percorso del progetto definitivo;
              c) se l'impresa abbia evidenziato eventuali incongruenze geologiche-geotecniche nella fase di progettazione esecutiva rispetto a quella del progetto definitivo redatto dall'ANAS;
              d) se la valutazione d'impatto ambientale tenga in considerazione le conseguenze ambientali derivanti dall'estrazione e successiva collocazione di circa 4.000.000 di metri cubi di materiali provenienti dalla galleria indipendentemente dalla notevole quantità di acqua;
              e) se corrisponda a verità il fatto che l'area interessata dalla galleria è anche soggetta a presenza di gas derivante dalla composizione di terreni della serie gessoso solfifera;
              f) se l'impresa nel corso delle indagini di conferma per l'esecuzione del progetto esecutivo abbia individuato le faglie di cui alle premesse e se l'ANAS ne sia a conoscenza e quali considerazioni di natura tecnica intenda adottare;
          se, nell'ipotesi di conferma dei dati non corrispondenti al progetto definitivo in senso peggiorativo, non ritengano utile intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, affinché siano effettuate una perizia di variante e suppletiva per la realizzazione dell'opera, la sua eventuale quantizzazione e la definizione della tempistica. (5-04772)


Interrogazioni a risposta scritta:

      NACCARATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'Allegato III «Programma delle infrastrutture strategiche» al Documento di economia e finanza 2011 – trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri in data 19 aprile 2011 – ha aggiornato le linee guida delle infrastrutture strategiche – elaborate ai sensi della legge n. 42 del 2009 e dei decreti attuativi degli articoli 16 e 22 del Programma nazionale di riforma – ridefinendo il loro stato di attuazione;
          in particolare la tabella n. 1 «Programma delle infrastrutture strategiche-Aggiornamento aprile 2011» del sopra citato allegato – dettaglia lo stato di avanzamento delle opere connesse al sistema metropolitano veneto, compreso il trasporto a guida vincolata – sistema intermedio a rete – SIR-2 (tratta Rubano-stazione-Vigonza) e SIR-3 (tratta stazione-ospedali-Voltabarozzo) di Padova. Secondo tale tabella risultano disponibili le seguenti risorse finanziarie: per il SIR-2 38,09 milioni di euro (su 122,20 milioni di costo complessivo) e per il SIR-3 15,81 milioni di euro (su 52,45 milioni di costo complessivo). Analogamente, risultano altresì disponibili per la linea Alta capacità/Alta velocità – tratta Verona-Padova – 161 milioni di euro (su 5,13 miliardi di costo complessivo) e per le opere integrate al passante di Mestre – circonvallazione orbitale di Padova – GRAP – asse intermodale Padova-Venezia, 730 milioni di euro, interamente disponibili;
          in data 5 maggio 2011 il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ha approvato una serie di misure relativamente all'attuazione del Programma infrastrutture strategiche (Legge n. 443 del 2001), selezionando gli interventi da considerarsi prioritari per l'anno in corso. Tra questi, risulta l'assegnazione di 106 milioni di euro a favore del consorzio Venezia Nuova per la prosecuzione dei lavori del Mo.S.E, la presa d'atto del piano di opere portuali complementari alla salvaguardia della laguna di Venezia, l'approvazione del progetto definitivo del sesto lotto dell'Autostrada A12 – tratta Livorno-Civitavecchia – (171 milioni di euro), della «bretella» d'accesso al porto di Genova-Voltri (35 milioni di euro) e una correzione formale alla delibera n. 74 del 2009, al fine di rendere disponibili 214 milioni di euro assegnati alla metropolitana di Bologna;
          dai provvedimenti approvati nel corso della sopra citata seduta del CIPE risultano, di conseguenza, escluse dalle priorità programmatiche del governo, le opere connesse con il sistema metropolitano veneto, tra cui il SIR-2 e SIR-3 di Padova, la tratta Verona-Padova della linea Alta capacità/Alta velocità e la circonvallazione orbitale di Padova – GRAP – asse intermodale Padova-Venezia;
          l'inserimento di SIR-2 e SIR-3 non risulta neppure nella tabella n. 5 «Stato attuativo dei progetti approvati al CIPE – 2002-2011» dell'allegato di cui sopra, mentre è presente il sistema ferroviario metropolitano regionale (SFMR) con la precisazione, tuttavia, che il progetto definitivo di tale opera è tuttora in attesa di approvazione;
          per attuare le sole fasi di progettazione e, in alcuni casi, di parziale realizzazione delle infrastrutture sopra citate, sono state impiegate ingenti risorse pubbliche, come risulta dal dettaglio dei finanziamenti erogati contenuto nelle tabelle dell'allegato III al DEF 2011  –:
          quali siano i motivi dell'esclusione del SIR-2 e SIR-3, del GRAP – asse intermodale Padova-Venezia e della tratta Verona-Padova dell'Alta capacità/Alta velocità dalle priorità programmatiche del governo per il 2011;
          per quale ragione il sistema metropolitano ferroviario veneto – SMFR – Fase 2 – risulti tuttora in attesa di approvazione del progetto definitivo.
       (4-11968)


      MURER. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la normativa vigente in Italia, recata dall'articolo 188 del decreto legislativo n.  285 del 1992 (codice della strada) e dal decreto del Presidente della Repubblica n.  503 del 1996 (regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici), prevede che gli utenti della strada disabili possano usufruire di agevolazioni, mediante l'esposizione del contrassegno speciale di cui all'articolo 381 del decreto del Presidente della Repubblica n.  495 del 1992 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada);
          tale contrassegno, che ha validità su tutto il territorio nazionale, permette una rapida individuazione dei veicoli al servizio degli utenti disabili, consentendo di garantire loro la fruizione delle agevolazioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica n.  503 del 1996, che comprendono l'esonero da alcuni obblighi posti a carico degli altri utenti della strada e dalle conseguenti contestazioni o verbalizzazioni di infrazioni;
          una raccomandazione del Consiglio europeo (98/376/CE del 4 giugno 1998) chiede agli Stati membri di uniformare i vari contrassegni europei per le auto di persone con disabilità, definendone così le caratteristiche: colore azzurro chiaro, con il simbolo della sedia a rotelle bianco su fondo azzurro scuro;
          l'Italia non si è conformata a tale raccomandazione, creando non pochi disagi; i disabili italiani, infatti, da 12 anni, se parcheggiano nelle strisce dedicate di qualsiasi Stato dell'Unione europea con il contrassegno invalidi italiano rischiano (ed è successo a diverse persone) di portare a casa una multa salata;
          sino ad ora l'ostacolo per adottare nel nostro Paese il contrassegno europeo era una specifica norma sulla privacy; il contrassegno europeo, infatti, ha sul fronte la dicitura «disabile» e il simbolo di riconoscimento internazionale (la sedia a rotelle), in contrasto con l'articolo 74 della legge italiana n.  196 del 2003 che vieta, appunto, l'ostentazione di simboli e diciture su dati sensibili;
          al fine di superare tale contraddizione normativa, l'articolo 58 della legge n.  120 del 2010 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), ha recentemente novellato il suddetto articolo 74, il quale ora dispone che i contrassegni rilasciati per la circolazione e la sosta di veicoli a servizio di persone invalide, ovvero per il transito e la sosta in zone a traffico limitato, e che devono essere esposti su veicoli, contengono i soli dati indispensabili ad individuare l'autorizzazione rilasciata e senza l'apposizione di diciture dalle quali può essere individuata la persona fisica interessata;
          per effetto di tali modifiche, si rende possibile procedere alla introduzione nell'ordinamento interno dei criteri contenuti nella raccomandazione 98/376/CE, che ha istituito un modello comunitario uniforme per il contrassegno di parcheggio per disabili  –:
          se il Ministro interrogato intenda assumere le opportune iniziative affinché l'adozione del contrassegno unificato europeo per la circolazione e la sosta dei veicoli a servizio di utenti disabili avvenga nel più breve tempo possibile, al fine di eliminare i disagi che attualmente ricadono sugli automobilisti disabili italiani. (4-11972)


INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

      MIGLIOLI, LEVI, GHIZZONI e SANTAGATA. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          tutte le rappresentanze sindacali della polizia di Stato modenesi, nell'arco del tempo, hanno proposto insistentemente sollecitazioni tese a sensibilizzare sulla necessità che, per la città di Modena, nell'ambito di una più ampia organizzazione e gestione delle risorse finanziarie da parte del Ministero dell'interno, fossero applicati parametri di diversa considerazione e misura nei criteri di assegnazione di fondi e mezzi, rispetto ad altri uffici periferici, secondo un principio di equa ripartizione correlato agli impegni operativi effettivamente sostenuti;
          negli ultimi anni, le stesse rappresentanze hanno, in considerazione di quanto sopra, preminentemente concentrato la propria attività sindacale nella denuncia della scarsa considerazione prestata dagli uffici ministeriali preposti alle ripetute richieste di assegnazioni di risorse finanziarie ed umane, necessarie, tra l'altro, per il pagamento dei servizi in regime di trattamento economico «in missione» e del lavoro straordinario nonché di una rinnovata pianificazione delle risorse umane;
          tale attività si è maggiormente intensificata via via che gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica da parte degli ultimi esecutivi hanno di fatto comportato un ancor più marcato indebolimento della struttura organizzativa ed operativa della questura di Modena e degli uffici della specialità, con l'effetto di andare a ledere i diritti del personale della polizia di Stato (temi di cui fu già oggetto una segnalazione del primo firmatario del presente atto e del senatore Torri del luglio 2010);
          gli impegni effettivamente sostenuti dal personale della questura di Modena, senza con questo indulgere a chiusure particolaristiche, sono di gran lunga maggiori rispetto a quelli che gravano su agenti che operano in altri contesti territoriali, aventi le stesse caratteristiche da un punto di vista sia demografico e di complessità urbana, sia di addetti alla sicurezza. Tra le tante differenze esistenti rispetto, ad esempio, alle altre città della regione Emilia Romagna e ad altre città di regioni del centro-nord, certamente risultano non secondarie quelle relative al rilevantissimo numero (oltre 80.000 regolari) di cittadini stranieri presenti sul territorio modenese in ragione della sua attrattività occupazionale ed economica, e alla presenza del centro di identificazione ed espulsione per la cui gestione sono assorbite ingenti energie degli uomini della questura. Inoltre, le esigenze operative legate anche ad eventi sportivi (2 squadre di calcio militanti nella serie «B» ed una nella massima serie del torneo di pallavolo) nonché l'ampiezza e risalto di eventi di natura economica, sociale e culturale, impongono sforzi organizzativi importanti per garantire, sempre e comunque, l'ordine pubblico. Così pure le attività, relative alla trattazione, dei permessi di soggiorno (e tutti gli atti connessi) e della gestione del Centro di identificazione ed espulsione ricadono solo ed esclusivamente sul personale della questura di Modena;
          nel 2002 gli stranieri presenti a Modena erano circa 20.000 e gli agenti della questura, senza l'impegno gestionale del Centro di identificazione ed espulsione risultavano essere circa 70 unità in più rispetto alla pianta organica attuale. Tali differenze si accentuano notevolmente quando si presenta la necessità di attingere alle risorse finanziarie legate essenzialmente ai servizi di accompagnamento dei cittadini stranieri finalizzate alle espulsioni e che immancabilmente non vengono previste in fase di programmazione economica da parte del Dipartimento della pubblica sicurezza;
          la questura di Modena ha sostenuto, nell'anno 2010, come documentano le rappresentanze sindacali, una spesa di oltre 80.000 euro per missioni ordinarie (risorse utilizzate per pagare servizi comandati a livello periferico) e altrettante per missioni straordinarie (risorse utilizzate per servizi comandati dal dipartimento della polizia di Stato – essenzialmente servizi di accompagnamento – per un importo complessivo di 165.000 euro a fronte di uno stanziamento di 20.000 euro, 15.000 per missioni ordinarie e 5.000 straordinarie) dovendo poi provvedere ad effettuare, nel corso del secondo semestre 2010, uno stanziamento supplementare di 75.000 euro;
          lo stanziamento, purtroppo, non è servito a coprire il totale dei servizi espletati nell'anno 2010, lasciando uno «scoperto» di circa 60.000 euro. Per cui il personale della questura di Modena dal settembre 2010 non percepisce, sempre in base a quanto evidenziano le organizzazioni sindacali, il compenso per servizi resi da oltre 8 mesi. Stessa situazione, se non più critica, si evidenzia per l'anno in corso dove sono stati stanziati solamente 12.000 euro per il primo semestre, con ben due specifiche: la prima che i fondi per l'anno 2011 non potranno essere utilizzati per coprire le spese effettuate nel 2010; la seconda che la previsione per gli stanziamenti per il secondo semestre sarà con molta probabilità inferiore a quello del primo semestre;
          nel febbraio del 2009 il Sottosegretario di Stato per l'interno, Alfredo Mantovano, incontrando una delegazione composta dal sindaco di Modena, da esponenti dei comitati per la sicurezza, consiglieri comunali e parlamentari, ha riconosciuto, a fronte della richiesta di vedere assegnati i 25 agenti promessi dal precedente Governo con la stipula del «patto per Modena» del luglio 2007, che mettendo insieme tutte le forze dell'ordine la pianta organica è sguarnita di oltre 100 unità;
          inoltre, i tagli lineari apportati con gli ultimi provvedimenti del Governo anche nel comparto sicurezza, assieme ad una drastica riduzione del personale hanno lasciato le forze di polizia prive di risorse minime indispensabili per il funzionamento ordinario, straordinario e per l'ammodernamento delle loro dotazioni  –:
          se il Ministro non ritenga che la questura di Modena, in ragione della documentata oggettiva rilevanza, numerosità e complessità dei compiti di istituto cui deve far fronte, necessiti di un consistente rafforzamento in termini di risorse economiche e di organico delle forze dell'ordine presenti sul territorio;
          quali iniziative intenda adottare per garantire un'adeguata copertura dell'organico delle forze di polizia presenti nella città di Modena, anche richiamando quanto già previsto nel patto sottoscritto dal Governo nel luglio del 2007, e soprattutto nello spirito del rinnovato Patto di recente ufficializzato alla presenza del Ministro interrogato tra il prefetto e il sindaco;
          se non ritenga urgente rivedere gli stanziamenti economici destinati alla questura di Modena, attualmente largamente insufficienti, al fine di rispondere ad un giusto a puntuale riconoscimento economico del lavoro prestato dal personale della polizia di Stato. (3-01659)


Interrogazioni a risposta in Commissione:

      FIANO, IANNUZZI, PICIERNO e REALACCI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il 5 settembre 2010 ad Acciaroli, frazione del comune di Pollica, il sindaco Angelo Vassallo veniva brutalmente assassinato;
          l'agguato presentò fin da subito molti lati oscuri;
          è in corso una indagine della magistratura;
          sono state avanzate informalmente molte ipotesi, alcune delle quali inaccettabili;
          oggi, a più di otto mesi di distanza, ancora non si conosce molto del tragico fatto di cronaca che ha devastato la famiglia Vassallo e un territorio come quello meraviglioso del Cilento –:
          ferma restando l'autonomia della magistratura, quali iniziative di competenza si intendano assumere per assicurare mezzi idonei a supporto dell'azione investigativa in atto;
          se il Governo conosca lo stato del controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine, e quali provvedimenti intenda prendere in proposito. (5-04765)


      FIANO. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nelle elezioni amministrative per il comune di Milano sono candidati diversi appartenenti alla polizia di Stato attualmente in servizio;
          l'ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza (legge n.  121 del 1981) prevede che: «gli appartenenti alle forze di polizia candidati ad elezioni politiche o amministrative sono posti in aspettativa speciale con assegni dal momento dell'accettazione della candidatura per la durata della campagna elettorale»;
          l'assistente capo Massimo Del Confetto è candidato per il comune di Milano nella lista «Milano al centro-Letizia Moratti sindaco» e all'interno della polizia di Stato si occupa di formazione del personale, anche nel periodo della campagna elettorale;
          risulterebbe che tale Del Confetto contrariamente alla legge avrebbe continuato a svolgere i suoi corsi di aggiornamento professionale all'interno di una struttura della polizia di Stato;
          risulterebbe che Del Confetto si sia fatto consegnare dai suoi corsisti appartenenti alla polizia di Stato il proprio indirizzo e-mail per inviare materiale didattico;
          tale indirizzario sarebbe stato utilizzato anche per l'invio di materiale elettorale del medesimo Del Confetto;
          tale episodio è stato denunciato e stigmatizzato dal sindacato italiano appartenenti polizia in una lettera del 29 aprile 2011 al questore di Milano;
          l'articolo 81 della suddetta legge n.  121 del 1981 stabilisce che gli appartenenti alle forze di polizia candidati, possono svolgere attività politica e di propaganda, al di fuori dell'ambito dei rispettivi uffici e in abito civile;
          il consigliere comunale uscente Carmine Abagnale, sostituto commissario della polizia di Stato, ha fatto stampare un proprio opuscolo di propaganda elettorale dove lo stesso appare nella copertina con la propria impeccabile uniforme;
          nella stessa copertina appare anche il simbolo ufficiale del comune di Milano, nella seconda pagina Abagnale appare ancora in uniforme accanto ad una volante della polizia dietro il cui parabrezza risulta ben esposta l'inconfondibile paletta segnaletica con la scritta «polizia di Stato»;
          il sostituto direttore dei ruoli tecnici della polizia di Stato a Milano, Vincenzo Italiano, è in servizio presso la zona telecomunicazioni Lombardia quale amministratore di rete presso il centro elaborazioni dati della questura di Milano;
          consta altresì all'interrogante che lo stesso Italiano avrebbe trasmesso centinaia di e-mail di propaganda elettorale apparentemente utilizzando strutture della questura fino a bloccare il server della stessa  –:
          se tali fatti corrispondano a verità;
          se il Governo non rilevi in tali fatti comportamenti di rilevanza disciplinare ed eventualmente passibili di denuncia al giudice penale;
          quali provvedimenti siano già stati adottati dal questore e dal prefetto di Milano e quali provvedimenti si intendano assumere. (5-04775)


Interrogazione a risposta scritta:

      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la nota prot. 798/11 S.N. del 14 maggio 2011, indirizzata al «Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza – Prefetto Antonio Manganelli, a firma del Segretario Generale del COISP – Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia, Franco Maccari, ha come oggetto “Abusi e tagli selvaggi agli straordinari.”»;
          nella predetta nota, che gli interroganti ritengono di dover riportare integralmente affinché ne rimanga traccia negli atti parlamentari, si legge: «Preg.mo signor Capo della polizia, l'articolo 16 dell'Accordo Nazionale Quadro, sottoscritto il 31 luglio 2009, statuisce, al comma 5, che “entro il mese di febbraio di ciascun anno presso il Dipartimento della pubblica sicurezza si tiene un incontro con una delegazione composta da un rappresentante per ciascuna delle OO.SS. maggiormente rappresentative e firmatarie del presente Accordo sui criteri di massima concernenti le modalità di ripartizione del monte ore di lavoro straordinario” e che “a partire dal secondo anno, nell'incontro può, altresì, riscontrarsi l'andamento del ricorso alle ore di lavoro straordinario nell'anno precedente, anche con riferimento alle quote utilizzate per lo straordinario programmato”. Giova sottolineare che le previsioni dell'articolo 16 co. 5 nascono, in sede di redazione dell'ANQ, dall'impegno, da parte dell'amministrazione, di avviare una stagione di maggiore trasparenza nella gestione del lavoro straordinario. In conseguenza della norma sopra ricordata, in data 2 febbraio 2011 si è tenuto una prima riunione interlocutoria tra l'Amministrazione e le OO.SS. durante la quale è stato sottolineato da entrambe le parti come l'incontro costituisse l'inizio di un percorso che doveva verificare gli attuali criteri di ripartizione del monte ore straordinario, valutarne gli effetti e l'efficacia ed eventualmente individuare e definire nuovi criteri più rispondenti ed efficaci in un ottica di valorizzazione organizzativa e funzionale degli uffici, del personale e dell'attività di polizia. La riunione è stata quindi aggiornata ad un successivo incontro, non ancora programmato dal Dipartimento nonostante le continue sollecitazioni da parte del COISP, durante il quale dovranno essere forniti i dati necessari ad effettuare una analisi complessiva della situazione prima dell'inizio della discussione nel merito. Ciò premesso, comprenderà di certo, gent.mo signor Capo della polizia, lo sconcerto e l'amarezza di questa O.S. COISP nell'apprendere che in questi giorni, probabilmente approfittando della necessità di dover ridimensionare il monte ore di lavoro straordinario a causa degli scellerati tagli lineari imposti dal Governo, si sia anche provveduto ad una diversa ripartizione dello stesso, adottata unilateralmente, negando il ruolo che normativamente è stato riconosciuto al Sindacato. Ad alcune Questure il monte ore di lavoro straordinario è stato ridotto del 25 per cento ed anche più (un taglio pazzesco mai applicato prima), ad altre in misura minore ma comunque assolutamente consistente e tale da compromettere l'operatività e l'efficienza della Polizia di Stato, vanificando il duro lavoro che i colleghi svolgono quotidianamente. La revisione del limite massimo individuale di lavoro straordinario applicato poi ai Dirigenti e Direttivi in servizio presso gli uffici di polizia sparsi su tutto il territorio, evidenzia una assoluta volontà di mortificare le centinaia di nostri colleghi che per garantire il regolare funzionamento dei vari uffici, dalle Questure alle Specialità, passando per le varie articolazioni del Dipartimento, da un lato sono costretti a sempre maggiore sacrifici e dall'altro vengono umiliati essendo costretti a lavorare obbligatoriamente sempre ben oltre il normale orario di lavoro giornaliero e per di più in gran parte (adesso ancor più) gratis ! Lo straordinario reso dai poliziotti (di tutti i ruoli !) ha sempre costituito uno strumento imprescindibile grazie al quale la polizia di Stato è riuscita a garantire la sicurezza del Paese e dei cittadini. Eppure come abbiamo appena rappresentato, consta a questa O.S. che presso alcune sedi sia stata applicata una riduzione del monte ore di lavoro straordinario ben superiore a quello di qualsiasi taglio sinora applicato, ma anche che tale riduzione non sia stata applicata in maniera uniforme visto che addirittura per qualche sede, pure per i ruoli Direttivi di qualche sede, senza che ve ne fosse alcun bisogno come testimoniato dai carichi di lavoro, la riduzione del lavoro straordinario è stata fatta in misura assolutamente inconsistente oppure addirittura non c’è stata affatto così pure in alcuni casi il monte ore del lavoro straordinario è stato aumentato. Da una parte quindi sono stati fatti dei tagli selvaggi, dall'altra incrementi che in alcune situazioni non sono supportati da nessuna particolare esigenza. Si è deciso, in buona sostanza, di effettuare una ridistribuzione del monte ore di lavoro straordinario che non ha proprio tenuto in debita considerazione i reali carichi di lavoro di Uffici e Questure (numero di abitanti, indice di criminalità, ordine pubblico, emergenza immigrazione, ecc.) e, soprattutto, nel contempo si è deciso di fare un vero e proprio abuso, negando al Sindacato il proprio ruolo statuito dall'articolo 16 co. 5 dell'ANQ. Ebbene, preg.mo signor Capo della polizia, la previsione normativa specificata dall'articolo 16 comma 5 dell'ANQ è stata stracciata da un indicibile comportamento del Dipartimento che non può essere tollerato. La preghiamo pertanto, Signor Capo della polizia, di voler intervenire nei confronti dei Suoi collaboratori che hanno disposto quanto sopra, inibendo l'attuazione della sopra accennata volontà di denigrare le prerogative sindacali ed i diritti del personale, nonché di ignorare le reali esigenze degli Uffici di Polizia. La invitiamo inoltre a voler ordinare l'immediata riapertura del tavolo di confronto statuito dall'articolo 16 co. 5, più volte richiamato, dell'ANQ. Con sincera stima. Il Segretario Generale del Co.I.S.P.»  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali immediate iniziative intenda intraprendere per ristabilire l'osservanza delle norme e il dovuto rispetto per le prerogative proprie delle organizzazioni sindacali e in particolare del Co.I.S.P. e del personale della polizia di Stato. (4-11974)


ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

      VANNUCCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          nella regione Marche è da giorni all'attenzione dell'opinione pubblica con articoli di stampa, petizioni, prese di posizione di imprenditori e associazioni il caso del corso in design della moda dell'università di Urbino che potrebbe non essere attivato per il futuro;
          la preoccupazione è data dal fatto che il settore moda (tessile, abbigliamento, calzatura), vede nella regione Marche la presenza di 6.500 imprese con oltre 50.000 addetti con marchi importanti a diffusione internazionale;
          il corso in design della moda dell'università di Urbino è l'unico nelle Marche;
          quello di Urbino è stato il primo corso sulla «Moda» attivato in Italia è nato infatti nel 1988 in contemporanea con l'Università di Firenze;
          le principali aziende nazionali del settore hanno sostenuto l'iniziativa e apprezzato il lavoro nel corso degli anni;
          oggi è frequentato da 180 studenti, con un tetto di 62 immatricolazioni all'anno (50 comunitari e 12 extracomunitari) che vengono selezionati registrando una domanda maggiore all'offerta;
          nel corso degli anni si sono laureati 500 studenti che per il 90 per cento sono occupati nel settore moda in posizioni di rilievo;
          utilizza docenti dell'università e per le attività tecnico-pratiche si avvale di apporti esterni dell'industria;
          ha legami con le più importanti imprese nazionali ed estere e utilizza le più avanzate tecniche e strumentazioni per la modellistica ed il disegno di moda;
          uno degli obiettivi principali del sistema universitario è il legame con il mondo dell'impresa e l'occupabilità dei laureati;
          l'obiettivo si ottiene con una forte integrazione impresa-università e con il territorio;
          la riforma universitaria recentemente approvata va in questa direzione;
          il decreto ministeriale 22 settembre 2010 n.  17 pone vincoli circa il numero dei docenti che non sempre si adattano a particolari corsi di laurea ed a settori specifici;
          proprio per questo il decreto ministeriale n.  17 all'articolo 12, comma 3, prevede la possibilità di concedere deroghe per rendere flessibile il principio e coprire la più vasta gamma di offerta formativa per i corsi dalla natura fortemente professionalizzante;
          nel caso del corso in design della moda di Urbino si riscontrano tutte le caratteristiche previste e poste a base della razionalizzazione della offerta formativa con la recente riforma:
              1. rapporto con il territorio;
              2. occupazione;
              3. rapporto con il mondo del lavoro e impresa;
              4. numerosità studenti;
              5. formazione legata al saper fare;
          sembrano esserci tutte le ragioni, le convenienze ed i motivi per la concessione di una specifica deroga  –:
          se il Ministro sia informato del caso del corso in design della moda dell'ateneo di Urbino e se intenda, dopo aver acquisito tutte le informazioni, i dati e le notizie utili, valutare, assieme agli organi delle università, i modi ed i termini più opportuni per introdurre una deroga che permetta, con l'ottimizzazione delle risorse ed un forte legame con le imprese ed il territorio, di mantenere e potenziare corsi come quello di cui in premessa.
(5-04773)


Interrogazioni a risposta scritta:

      MURER e MARIANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          rischia di inasprirsi la vertenza che riguarda ex lavoratori socialmente utili e lavoratori degli appalti storici delle pulizie nelle scuole, nata in seguito alla direttiva n.  103 del 2010 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che prevede tagli agli appalti delle pulizie nelle scuole tali da mettere a rischio migliaia di posti di lavoro;
          si stanno svolgendo, da alcune settimane, presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, incontri e tavoli di trattative con le organizzazioni sindacali e le associazioni datoriali, per discutere le procedure relative alle nuove gare, con l'obiettivo di garantire il mantenimento dell'occupazione e del reddito delle lavoratrici e dei lavoratori del settore;
          ai sindacati è stato comunicato che lo stanziamento disposto dal Ministero dell'economia e delle finanze per le terziarizzazioni nelle scuole per il 2011 ammonta complessivamente a euro 578.000.000, di cui una parte utilizzata, tra cui 110 milioni di euro per coprire i costi sostenuti per gli appalti da luglio a dicembre 2010, in quanto l'anno scorso non tutte le risorse definite sono state effettivamente date in dotazione al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e quindi si è proceduto a ripianare il debito contratto con le risorse del 2011;
          per differenza, complessivamente a disposizione per la gestione dei contratti di appalto per il 2011 rimarrebbero 320.000.000 di euro di cui sono già stati spesi per il periodo gennaio-giugno 2011 circa euro 279 milioni. Sulla base di tali risorse, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvederà a ricontrattare la prosecuzione degli appalti;
          è stato comunicato, altresì, che si è provveduto ad inoltrare richiesta al Ministero dell'economia e delle finanze di poter avere ulteriori 110 milioni di euro utilizzati per saldare il 2010; ad oggi però il Ministero dell'economia e delle finanze non è in grado di metterli immediatamente a disposizione fino a giugno, quando sarà effettuata la verifica di bilancio e quindi si potrà riscontrare se vi è la necessaria capienza per poter destinare al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca quanto richiesto;
          alla luce di quanto sopra esposto il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avrebbe anche affermato che in ogni caso acquisterà, d'ora in poi, solo i servizi esterni nella misura che ritiene necessaria sulla base sia delle risorse, sia del corrispondente degli ata accantonati;
          per procedere alla revisione dei contratti di appalto il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha proposto l'attivazione di un tavolo che affronti la gestione di questa fase di rinegoziazione che per logica conseguenza avrà la necessità di gestire anche gli esuberi che si determineranno;
          nello specifico, secondo le stime sindacali, le risorse economiche sarebbero sufficienti a coprire l'assorbimento di 11.800 addetti, il che si tradurrebbe in circa 14 mila licenziamenti;
          l'orientamento del Governo ha ovviamente generato un senso di forte allarme tra le organizzazioni sindacali, i lavoratori e le imprese stesse, in buona parte rappresentate da cooperative sociali in cui trovano avviamento al lavoro soggetti svantaggiati;
          sono previste per i prossimi giorni manifestazioni di protesta e la richiesta sindacale di avviare la trattativa su nuove basi, garantendo l'impegno di reperire i fondi atti ad assicurare la continuità occupazionale di tutti i lavoratori già impegnati nello svolgimento dei servizi  –:
          quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla vertenza, alla luce delle novità emerse e dello stato di agitazione dei lavoratori, e se non ritenga, il Ministro, molto grave che per quella che all'interrogante appare una chiara scelta del Governo, vengano tagliati migliaia di posti di lavori, molti dei quali di soggetti svantaggiati, in un momento in cui la crisi economica incide moltissimo sulle famiglie e in cui ci si aspetterebbero dal Governo interventi per contenere la perdita del lavoro e non per aggravarla. (4-11965)


      SBROLLINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il Veneto è la regione italiana che ha la maggiore presenza di scuole dell'infanzia non statali di tutto il Paese: la frequentano un bambino su tre (dai 3 ai 6 anni). È il «modello Veneto», unico per storia, per radicamento popolare e per la originale proposta culturale (scuole di comunità);
          al riguardo si forniscono i seguenti numeri:
              scuole dell'infanzia del Veneto nell'anno scolastico 2009-2010 (dati USR Veneto febbraio 2010):
                  «paritarie»: scuole n. 1183; sezioni n. 4043; bambini 94432 67 per cento;
                  statali: scuole n. 590;    sezioni n. 1880; bambini 45434 32,5 per cento;

          questi numeri rappresentano la «fotografia» di una situazione importante che nel territorio Veneto viene considerata una ricchezza apprezzata e valutata positivamente dagli utenti;
          oggi lo stanziamento ordinario per il 2011 di cui alla legge di stabilità e di 281,2 milioni di euro, presentando dunque un taglio del 47 per cento corrispondente a -253 milioni (sui 534 complessivamente stanziati nel 2000);
          la legge 13 dicembre 2010, n. 220, dovrebbe poter mettere nel circuito delle risorse aggiuntive pari a 245 milioni di euro da destinare alle scuole non statali. Tuttavia esiste un vincolo inserito nella legge di stabilità (ex finanziaria); l'importo sarà erogato solo con l'introito dell'asta per la vendita delle frequenze televisive digitali. È noto che la procedura è complessa ed è stata oggetto di contestazioni;
          è di tutta evidenza che anche in questo settore della formazione, come in quello pubblico, il Governo ha deciso di comprimere la spesa e di attivare «tagli» pesanti, ad avviso dell'interrogante, abbandonando al proprio destino il comparto della formazione nel nostro Paese  –:
          quale sia l'attuale situazione dei finanziamenti alle scuole «paritarie»;
          se il Governo intenda intervenire per garantire un servizio che nel Veneto rappresenta un supporto e una realtà consolidata. (4-11973)


LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

      CAPITANIO SANTOLINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          come evidenziato in diversi atti di sindacato ispettivo ancora in corso, le nuove procedure per il riconoscimento delle minorazioni civili, contenute nella legge e nelle direttive dell'INPS, stanno provocando gravissimi effetti sulla vita dei soggetti interessati;
          le famiglie devono attendere tempi lunghissimi per il riconoscimento delle minorazioni civili e delle indennità correlate a causa dell'inefficienza delle procedure informatiche e della moltiplicazione dei passaggi burocratici;
          dopo la visita della commissione Asl integrata con un medico dell'INPS gli interessati sono obbligati ad ulteriori accertamenti in contrasto con gli obiettivi di semplificazione e di rispetto della dignità della persona;
          sono costretti ad attendere a lungo i verbali degli accertamenti sanitari e a fare i conti con procedure di pagamento bloccate da tempo e, in generale, incontrano numerosi ostacoli all'esercizio del diritto di accesso alle indennità;
          in molti casi, come denunciato da diverse associazioni non profit occupate nel settore, le azioni intraprese si svolgono al di fuori del rispetto delle norme, in quanto: comprimono i diritti dei cittadini realmente invalidi; riducono arbitrariamente i requisiti previsti dalla legge per l'assegnazione delle indennità correlate al riconoscimento delle minorazioni civili; sembrerebbero strumentalizzate per il raggiungimento di un obiettivo non dichiarato, ovvero il massimo contenimento possibile della spesa assistenziale;
          Cittadinanzattiva denuncia la restrizione dei requisiti sanitari per la concessione dell'indennità di accompagnamento  –:
          se non ritenga urgente contrastare il fenomeno delle assegnazioni indebite delle indennità,      avviando iniziative ad hoc verso tutti coloro che si rendono responsabili di violare le norme;
          se non si ritenga opportuno ricorrere non solo ad azioni di controllo, ma anche sanzionatorie;
          se non intenda fornire elementi sulle difficoltà che oggi vanificano il procedimento di riconoscimento delle minorazioni civili da parte dei cittadini, nonché sui provvedimenti che si intendono adottare per la loro risoluzione;
          se non giudichi opportuno avviare una indagine ministeriale conoscitiva sulle attuali procedure di riconoscimento delle minorazioni civili e sulle relative criticità/difficoltà di accesso riscontrate dalle famiglie. (3-01658)


Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:

      BARANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          nel decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78 sono state ridefinite le modalità relative all'accertamento e al riconoscimento dell'invalidità civile, dell'handicap e della disabilità, al fine di contrastarne le frodi e di snellirne l’iter procedurale;
          a decorrere dal 1o gennaio 2010, il medico che certifica l'invalidità del paziente invia il certificato per via telematica all'Inps;
          a decorrere dalla medesima data, le commissioni mediche delle ASL devono essere integrate da un medico dell'Inps, quale componente effettivo, per accelerare l’iter di convalida dei verbali di invalidità in caso di unanimità di giudizio;
          ad oggi, però, stando a quanto riferito dalle organizzazioni di settore e dai cittadini, risulterebbero giacenti centinaia di migliaia domande di invalidità in attesa di risposta e questo porterà tempi di attesa notevolmente dilatati, tutto per il malfunzionamento del software gestito dall'Inps, da parte delle stesse ASL;
          il software usato dalle ASL e dall'INPS non è compatibile e quindi migliaia di pratiche sono ferme, a scapito di molti malati che attendono la pensione per inabilità totale  –:
          quali iniziative di propria competenza intenda assumere il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa, visto che la nuova procedura doveva rappresentare uno strumento atto a snellire l’iter burocratico di verifica e convalida e contribuire ad una consistente riduzione del fenomeno dei «falsi invalidi». (5-04770)


Interrogazioni a risposta in Commissione:

      DAMIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          da oltre un anno sono entrate in vigore le norme che hanno attribuito all'INPS nuovi compiti il riconoscimento di invalidità civile, handicap, accompagnamento e disabilità e benefici della legge n. 104 del 1992;
          si registrano pesanti ritardi dell'INPS nella gestione di tali domande di riconoscimento, che stanno provocando disagi a persone già drammaticamente colpite, costrette ad aspettare mesi e mesi prima di vedere riconosciuti i loro diritti;
          l'INPS si era impegnato a non superare il periodo di 120 giorni per concludere l’iter amministrativo delle domande e aveva annunciato, con grande enfasi, l'utilizzo di una procedura informatica innovativa che avrebbe consentito di rendere più rapido lo scambio di informazioni tra i diversi enti coinvolti; da qui l'obbligo tassativo, per i patronati, di presentare le domande soltanto per via telematica;
          in realtà, allo stato attuale, l'Istituto non ha saputo, ad avviso dell'interrogante, raggiungere i suoi obiettivi; infatti, si sta procedendo a rilento, a causa della mancanza di collaborazione con le asl e l'utilizzo di procedure informatiche, non sperimentate, che hanno ostacolato il lavoro di tutela dei patronati, con gravi ricadute sul piano dei diritti, anche nel caso di persone affette da patologie oncologiche, particolarmente tutelate dalla legge;
          le domande che i patronati della provincia di Torino hanno presentato all'Istituto nel corso del 2010, sono state 37.222, l'Istituto ne ha definite 3.600 pari a meno del 10 per cento. In questo numero è compresa anche una quota di domande presentate negli ultimi mesi 2009;
          i patronati che presentano le pratiche di riconoscimento dell'invalidità civile, dell'handicap o della disabilità non vengono messi in condizione di seguire l’iter della domanda, di informare i propri assistiti, di svolgere il ruolo sociale che la legge attribuisce loro, in quanto le sedi territoriali dell'INPS non sono in grado di fornire alcuna informazione utile;
          anche in presenza di handicap, pur in situazioni di gravità, le commissioni asl non consegnano tempestivamente i «verbali provvisori», impedendo alle lavoratrici e ai lavoratori di beneficiare dei permessi e dei congedi previsti dalle leggi, senza possibilità di recuperarli  –:
          se il Governo non ritenga di doversi adoperare urgentemente al fine di evitare che tutti i patronati siano costretti a presentare migliaia di ricorsi legali per far rispettare il diritto dei cittadini all'assistenza, come sancito dalla Costituzione (articoli 3 e 38), per mantenere gli impegni assunti con il mandato di patrocinio stabiliti dalla legge e per onorare il ruolo sociale a loro attribuito dalla legge e confermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 42 del 2000).       (5-04762)


      GNECCHI, CODURELLI, GATTI, RAMPI e SCHIRRU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          a seguito della conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78 (in particolare articolo 12), qualsiasi trasferimento o ricongiunzione dei contributi avviene su domanda dell'interessato ed esclusivamente a titolo oneroso;
          con questo provvedimento i lavoratori interessati si sono trovati, con provvedimento retroattivo, senza le certezze e i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;
          gli enti previdenziali, come è noto, suggerivano ai cittadini che si recavano ai loro sportelli di non affrettarsi con le richieste di ricongiunzione, perché si sarebbe trattato comunque di ricongiunzioni a titolo gratuito, se verso l'Inps;
          nelle nuove norme non si è tenuto conto neppure di coloro che hanno cessato il rapporto di lavoro ante 1o luglio 2010 e che erano già stati autorizzati al versamento dei contributi volontari;
          sono davvero migliaia i lavoratori e le lavoratrici incappati per loro sfortuna e non certo per loro negligenza o ignoranza, nelle nuove disposizioni approvate con la manovra di luglio 2010;
          sono moltissime le proteste pervenute a tutti i parlamentari per far comprendere alla maggioranza e al Governo quanto siano inique e ingiuste le modifiche introdotte con la legge n.  122 del 2010, e si intende riportare nel presente atto di sindacato ispettivo il caso concreto del signor Mario Serafino, raccontato con le sue stesse parole: Ho maturato i requisiti per avere diritto alla pensione il 30 settembre 2010 con 40 anni di contribuzione di cui gli ultimi 12 anni versati nel Fondo Telefonico come dipendente WIND. La finestra utile per la decorrenza della mia pensione è quella del 1o gennaio 2011 ma al momento la mia domanda di pensione è ferma perché devo ricongiungere i contributi versati nel Fondo Telefonico in AGO-INPS e la nuova legge n.  122 del 2010 del 30 luglio 2010 prevede che la ricongiunzione sia onerosa. Al momento l'INPS non mi ha ancora quantificato ufficialmente la cifra che devo versare, ma mi ha confermato solo che è molto onerosa e in base ai loro calcoli è circa 50.000 euro probabilmente anche di più (cifra confermata anche dal patronato che segue la mia pratica di pensione). Devo anche precisare che, nel mio caso per problemi di esuberi aziendali, ho concordato con la WIND l'uscita anticipata al 31 dicembre 2009 e ho continuato con il versamento dei contributi volontari fino al 30 settembre 2010 per raggiungere i 40 anni di contributi. Anche i contributi volontari sono stati versati nel FondoTelefonico su precisa indicazione dell'INPS perché la ricongiunzione era gratuita e non aveva nessun senso farla prima. Mi trovo quindi nella situazione che pur avendo cessato il rapporto di lavoro il 31 dicembre 2009, quindi molto prima che sia entrata in vigore la legge n.  122 del 2010 del 30 luglio 2010, devo comunque pagare la ricongiunzione per aver proseguito la contribuzione volontaria nel Fondo fino al 30 settembre 2010 (e senza aver maturato i diritti alla pensione a carico del Fondo). A oggi mi trovo che sono stato disoccupato per tutto il 2010 e adesso devo pagare una cifra considerevole per andare in pensione dopo aver pagato correttamente i contributi per 40 anni perché anche quelli versati nel Fondo a partire dal 1o gennaio 1997 (io ho iniziato i versamenti nel fondo nel 1998) sono stati uniformati in tutto e per tutto a quelli dell'AGO e quindi la contribuzione versata da parte mia e da parte dell'azienda è identica come se fosse stata versata nell'AGO. Inoltre i Fondi Telefonici sono stati soppressi dal 1o gennaio 2000 e l'azienda (WIND) in cui ho lavorato, attualmente versa i contributi ai dipendenti entrati dopo il 2000 nell'AGO e a quelli che erano già nel Fondo dal 1998 ha continuato a versarli nel Fondo. L'INPS di Ivrea (è stata di parola) mi ha comunicato ufficialmente che, per accogliere la mia domanda di pensione (finestra 1o gennaio 2011) devo iniziare a pagare le prime 3 rate relative alla ricongiunzione dei contributi da Fondo Telefonico in AGO (importo 10.400 Euro), ho deciso di iniziare a pagare (altrimenti io la pensione quando la vedo) con la speranza che nell'eventualità ci sia una correzione della legge attuale si tenga anche in considerazione quelli che purtroppo hanno già pagato e dar loro la possibilità di recuperare eventualmente le somme versate. Cordiali Saluti Serafino Mario Via Cesare Battisti 28 10014 CALUSO (TO) Cell. 3484962085 – mail serafino_53@libero.it;
          il caso di cui sopra, e i tanti altri che sono stati segnalati, richiedono una risposta concreta da parte delle istituzioni, verso le quali il cittadino vorrebbe continuare ad avere fiducia, soprattutto per quanto attiene al riconoscimento del diritto alla pensione, senza dover subire i provvedimenti iniqui sopra richiamati, che hanno messo in discussione il sistema previdenziale  –:
          se il Ministro intenda assumere iniziative normative per correggere la norma sopra richiamata e ripristinare la giustizia previdenziale nel consentire, come richiede giustamente il signor Serafino, che vengano fatti salvi i diritti almeno di coloro che hanno lavorato e versato i contributi per la pensione e che, avendo chiuso il rapporto di lavoro addirittura al 31 dicembre 2009 per esodo legato a riduzioni di personale ed essendo stati autorizzati alla prosecuzione volontaria, per poter perfezionare i requisiti per la pensione si vedono invece modificate le norme con le quali avevano cessato il lavoro in modo irreversibile e quindi sono senza lavoro, senza ammortizzatori sociali, hanno pagato volontariamente i contributi ed è stato comunicato loro che per avere la pensione si ritrovano nella condizione di dover pagare cifre spropositate e senza alcun senso logico, ma solo in virtù di una norma assolutamente sbagliata. (5-04763)


      GNECCHI, CODURELLI, GATTI, RAMPI e SCHIRRU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          a seguito della conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78 (in particolare articolo 12), qualsiasi trasferimento o ricongiunzione di contributi avviene su domanda dell'interessato ed esclusivamente a titolo oneroso;
          con questo provvedimento i lavoratori interessati si sono trovati, con effetto retroattivo, senza le certezze e i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;
          gli enti previdenziali, come è noto, suggerivano ai cittadini che si recavano ai loro sportelli di non affrettarsi con le richieste di ricongiunzione, perché si sarebbe trattato comunque di ricongiunzioni a titolo gratuito, se verso l'Inps;
          il signor Massimo Siviero di Napoli – dipendente Vodafone Spa, che come molti lavoratori dei settori elettrico e telefonico si trova fortemente penalizzato dalla norma sopra richiamata, ha ritenuto di proporre un esposto al Presidente della Repubblica, avverso le norme introdotte con l'articolo 12 e seguenti del decreto-legge n.  78 del 2010;
          in data 21 aprile 2011, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali rispondeva al signor Siviero con lettera (protocollo 24/V/007406), inviata per conoscenza anche al segretario generale della Presidenza della Repubblica – ufficio per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali;
          la suddetta lettera, a firma del Dirigente dottor Stefano Listanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – direzione generali per le politiche previdenziali – div. V – dopo aver premesso come sia stato modificato l'istituto della ricongiunzione dall'articolo 12 e seguenti del decreto-legge n.  78 del 2010, conclude come segue:«Ciò premesso, si prende atto della segnalazione da lei offerta circa le negative conseguenze che la predetta modifica legislativa ha provocato sulla platea degli iscritti al Fondo telefonici dell'INPS e si assicura, fin d'ora, un'attenta valutazione al fine di predisporre un eventuale intervento di riordino complessivo della materia»;
          la norma sopra richiamata ha penalizzato non solo i lavoratori iscritti ai fondi elettrici e telefonici ma anche tutti coloro che devono trasferire contributi da altri fondi all'Inps  –:
          se non ritenga il Ministro interrogato, a fronte della risposta fornita dal Ministero al lavoratore, di assumere iniziative per correggere la norma sopra richiamata che sta comportando pesanti e negative penalizzazioni per i lavoratori e le lavoratrici. (5-04764)


Interrogazione a risposta scritta:

      GNECCHI, RAMPI, GATTI, CODURELLI e SCHIRRU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          dal periodico dell'INPDAP – Il Giornale INPDAP n.  28 – maggio 2011 – pagina 14 – l'istituto comunica le informazioni per i pensionati che chiedono l'assistenza fiscale direttamente all'INPDAP e da ciò si desume che l'istituto, in quanto naturale sostituto d'imposta, continua a fornire assistenza fiscale ai pensionati per la dichiarazione dei redditi con modello 730;
          l'INPS invece da quest'anno, sia per i pensionati sia per i dipendenti non presta più assistenza fiscale, adducendo la motivazione dalla mancanza di personale per cui l'istituto non sarebbe in grado di garantire al meglio tale servizio e pertanto gli interessati si devono rivolgere ai CAF per la presentazione della dichiarazione dei redditi con modello 730;
          atto di sindacato ispettivo 5-04414, tuttora in corso, si è denunciato al Ministro interrogato il comportamento dell'INPS, che penalizza fortemente i pensionati;
          appare quindi davvero inspiegabile che l'INPDAP continui giustamente, in quanto sostituto d'imposta a fornire assistenza fiscale ai propri pensionati, mentre l'INPS ha deciso unilateralmente di non offrire più il suddetto servizio di assistenza;
          suddetta difformità di comportamento degli enti previdenziali è oltremodo incomprensibile e rischia di suddividere i pensionati in categorie differenziate, quasi a riproporre la divisione esistente fra lavoratori del settore pubblico e lavoratori del settore privato  –:
          se non ritenga il Ministro interrogato di intervenire urgentemente per ripristinare comportamenti uniformi da parte degli enti previdenziali, in quanto naturali sostituti d'imposta, rispetto all'erogazione del servizio di assistenza fiscale ai pensionati per la dichiarazione dei redditi con modello 730. (4-11970)


POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:

      CENNI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 8 della legge n.  157 del 1992 istituisce il comitato tecnico faunistico venatorio nazionale (Ctfvn);
          il decreto n.  29187 del 23 dicembre 2010 del direttore generale del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali – dipartimento delle politiche competitive del mondo rurale e della qualità – direzione generale della competitività per lo sviluppo rurale – COSVIR X – produzioni animali, ha approvato il programma «Gruppo di lavoro tecnico scientifico delle attività del Ctfvn per l'analisi dello stato di conservazione delle specie cacciabili in Italia nonché per la definizione di linee-guida per la corretta interpretazione dei dati inerenti l'avvio della migrazione prenuziale e il termine del periodo di dipendenza delle specie di giovani», per un importo complessivo di 90.000,00 euro, di cui 30.000,00 euro a favore dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e 60.000,00 euro a favore della delegazione italiana del Cic (Consiglio internazionale della caccia e della salvaguardia della selvaggina);
          nel sopracitato citato decreto è previsto che tale gruppo di lavoro sia coordinato dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e composto da professori universitari, ornitologi italiani ed esteri, rappresentanti ministeriali, un rappresentante di Face Italia, un rappresentante regionale;
          il costo del sopracitato programma è interamente a carico del capitolo 1963 pg 03 «Spese per il funzionamento del Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Nazionale»;
          l'Ispra, istituito con il decreto-legge n.  112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge numero 133 del 2008 e vigilato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base della migliore e più recente letteratura scientifica, ha redatto e consegnato anche al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nel febbraio 2009 il documento «Sintesi dello stato di conservazione delle specie oggetto di prelievo venatorie ai sensi della Legge 11 febbraio 1992 n.  157 e successive modificazioni» e nel luglio 2010 il documento «Guida per la stesura dei calendari venatori ai sensi della legge n.  157/92, così come modificata dalla legge comunitaria 2009, articolo 42» esplicitamente prodotto ai fini della definizione dei periodi relativi all'avvio della migrazione prenuziale e il termine del periodo di dipendenza delle specie di giovani;
          in materia di caccia e tutela del paesaggio, flora e fauna, la giurisprudenza ha adeguatamente evidenziato come queste siano materie sottoposte «al rispetto degli standard minimi ed uniformi di tutela indicati dalla legislazione nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione», nonché «della normativa comunitaria di riferimento» e quindi materie di stretta pertinenza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro per le politiche europee –:
          come mai il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali abbia ritenuto di dover finanziare un programma per materie di pertinenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero per le politiche europee;
          se e quando il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale avrebbe espresso specifica indicazione e/o richiesta rispetto al programma approvato e interamente gravante sul capitolo di spesa relativo al funzionamento del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale medesimo;
          su quale specifica norma si fondi il decreto sottoscritto dal direttore generale che autorizza il finanziamento delle attività di supporto tecnico-scientifico di enti discrezionalmente individuati;
          se siano stati predeterminati dal Ministero i criteri per la valutazione dell’expertise della delegazione italiana del Cic e se sia stata certificata la conformità della stessa alle norme tributarie che disciplinano l'associazionismo in Italia (decreto legislativo 4 dicembre 1997, n.  460) e quali peculiarità tecnico-scientifiche presenti tale delegazione, così da rendere ragionevole una individuazione senza evidenza pubblica, senza alcuna selezione e/o comparazione e senza alcuna pubblicità, anche allo specifico fine di valutare l'eventuale coinvolgimento, in luogo e/o in concorso con l'individuata delegazione italiana del Cic, di altre associazioni di categoria quali potenziali destinatarie del finanziamento;
          per quale necessità e in quale misura la nota 43614 del 22 dicembre 2010 presentata dall'Ispra soltanto un giorno prima dell'adozione del decreto ministeriale prevedeva ed illustrava il coinvolgimento della delegazione italiana del Cic;
          come si giustifichi lo stanziamento della somma di 60.000,00 euro alla delegazione italiana del Cic in considerazione del fatto che, come si apprende dal testo del decreto, tale somma andrà a finanziare non un'attività di studio, di ricerca o di alta consulenza da parte della delegazione italiana del Cic, ma esclusivamente «spese per missioni in Italia e all'estero dei componenti del gruppo di lavoro» in relazione al quale, fra l'altro, il decreto non prevede alcuna partecipazione di rappresentante/i del Cic medesimo;
          se corrisponda al vero che la sede legale e amministrativa della delegazione italiana del Cic sita in via Carlo Alberto, 44 - 10123 (Torino), espressamente indicata nel decreto, coincida con lo studio dentistico privato Pejrone;
          se tale decreto sia stato inviato alla Corte dei conti per la registrazione delle somme stanziate e quale esito abbia avuto tale controllo;
          se siano state erogate anticipazioni ai suddetti enti prima della registrazione ad opera della Corte dei conti. (3-01660)


Interrogazione a risposta in Commissione:

      BRANDOLINI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il cormorano (Phalacrocorax carbo, Linnaeus 1758) specie esclusivamente ittiofaga originaria della Cina, introdotto ormai da anni in Europa, è riuscito ad espandersi e a diffondersi principalmente in prossimità di laghi e fiumi di Italia, Inghilterra, Francia, Spagna e Germania;
          essendo particolarmente tollerante ai cambiamenti ambientali e di costituzione robusta, questa specie sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza della fauna ittica presente nelle acque interne del nostro Paese in tutte le regioni del nord e della fascia centrale (Toscana, Umbria e Marche), già seriamente compromesse da questa minaccia;
          a causa dell'alterazione dell’habitat acquatico l'area del delta del Po, unitamente a tutta la costa dell'alto Adriatico, vedono fortemente minacciato tutto il delicatissimo sistema di fauna ittica. La causa principale è l'incremento della pressione predatoria da parte degli uccelli ittiofagi, la quale ha notevolmente concorso ad impoverire l'ittiofauna secondo dinamiche che sono purtroppo poco controllabili ed evidenti;
          il cormorano per sopravvivere consuma di media circa 500 grammi di pesce al giorno e questo dato è sufficiente per far comprendere come 3000/4000 esemplari possano annientare in pochi giorni tonnellate di pesce;
          gli allevamenti ittici e le piscicolture – fortemente presenti nelle regioni interessate dal fenomeno si trovano quotidianamente sottoposti ai «prelievi» dei cormorani, subendo un grave danno economico che rischia di compromettere l'economia del settore ed i livelli occupazionali;
          anche la pesca sportiva ne sta risentendo negativamente con un drastico calo della pescosità dei fiumi, laghi e canali interessati dalla presenza di questo uccello ittiofago ed anche le numerose aziende di produzione di articoli da pesca, che sono tra l'altro leader a livello mondiale, stanno accusando ripercussioni negative;
          per ultimo l'attività della pesca sportiva che si svolge nelle acque interne rappresenta in Italia la quarta disciplina per numero di praticanti – dopo il calcio, la pallacanestro e la pallavolo – favorisce un turismo mirato, soprattutto in alcune zone quali le Valli di Comacchio, che manifesta un progressivo calo delle prenotazioni;
          in altri Stati europei sono state adottate misure per contenere la diffusione della specie alloctona del cormorano cinese, rea di avere distrutto intere specie ittiche autoctone nelle acque interne;
          in Italia da pochi mesi si è formalmente costituito il Comitato permanente per la difesa della fauna ittica, costituito dai rappresentanti di alcune associazioni della pesca sportiva Match Fishing, Pesca In e Noi Pescato al fine di promuovere una petizione popolare con l'obiettivo di sensibilizzare le istituzioni rispetto alla gravità della situazione venutasi a determinare nelle aree nord e nel centro del Paese in gran parte delle acque interne per la diffusione del cormorano cinese;
          sono numerose le associazioni ambientaliste di tutta Europa le quali sostengono che in particolare l'azione predatoria dei cormorani è una seria minaccia per il mantenimento di un giusto equilibrio della fauna ittica di molti fiumi, laghi e canali, nonché di molte coste europee, infatti, sono già diversi i Paesi che hanno dovuto affrontare i pesanti danni economici ed ambientali provocati da questi volatili  –:
          quali iniziative intende porre in essere, in stretto rapporto con le regioni e gli enti locali, per contenere la diffusione del cormorano sull'intero suolo italiano e se non ritenga necessario adottare misure di intervento sul territorio quali gli abbattimenti controllati di animali selvatici dannosi per l'agricoltura già adottati per il cinghiale e altre specie. (5-04774)


PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:

      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          ai sensi dell'articolo 48 del decreto legislativo n.  82 del 2005 – Codice dell'amministrazione digitale – la posta elettronica certificata (PEC) consente l'invio di documenti informatici per via telematica con valore equivalente alle notificazioni per mezzo della posta;
          DigitPA ha realizzato il sito www.paginepecpa.gov.it con l'obiettivo, di valorizzare l'iniziativa promossa dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione per l'assegnazione gratuita ai cittadini di caselle di posta elettronica certificata e per rendere ai cittadini attraverso il sito citato, il servizio d'indicizzazione e pubblicazione degli indirizzi di posta elettronica certificata in attuazione dell'articolo 57-bis del decreto legislativo n.  82 del 2005; risulta però arduo risalire dal sito www.paginepecpa.gov.it ai vari indirizzi di posta elettronica certificata delle Agenzie regionali per la protezione ambientale che sono gli enti preposti ai controlli ambientali poiché con la chiave di ricerca più logica e cioè «ARPA» non esce nulla; per fare uscire un elenco delle varie arpa bisogna inserire la chiave: «agenzia regional ambient» di non facile intuizione per un cittadino medio;
          in ogni caso anche procedendo in tal modo, sul sito www.paginepecpa.gov.it non c’è traccia dell'informazione per quanto riguarda le ARPA di Calabria, Basilicata, Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia, provincia di Trento, provincia di Bolzano e Campania; nonostante il preciso dettame dell'articolo 16 comma 18 decreto-legge 29 novembre 2008, n.  185 che così recita: «Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo n.  1 comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n.  165, e successive modificazioni, qualora non abbiano provveduto ai sensi dell'articolo 47 comma 3 lettera a) del Codice dell'Amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005 n.  82, istituiscono una casella di posta elettronica certificata per ciascun registro di protocollo e ne danno comunicazione al Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, che provvede alla pubblicazione di tali caselle in un elenco consultabile per via telematica»;
          anche volendo cercare sui singoli siti delle varie ARPA le informazioni sulla PEC risulta che, in violazione del comma 2-ter dell'articolo 54 del decreto legislativo n, 82 del 2005, così come modificato dall'articolo 34 comma 1, lettera b, della legge 18 giugno 2009 n.  69 che recita: «Entro il 30 giugno 2009, le amministrazioni pubbliche che già dispongono di propri siti sono tenute a pubblicare nella pagina iniziale del loro sito un indirizzo di posta elettronica certificata a cui il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta ai sensi del presente codice. Le amministrazioni devono altresì assicurare un servizio che renda noti al pubblico i tempi di risposta, le modalità di lavorazione delle pratiche e i servizi disponibili»; per quanto riguarda il sito dell'ARPA Campania non è pubblicato nessun indirizzo PEC;
          per quanto riguarda il sito dell'ARPA Lazio è difficile trovare la pagina che pubblica l'indirizzo della PEC poiché occorre andare nella sottopagina del menu di sinistra alla voce «dove siamo»;
          per quanto riguarda il sito dell'ARPA Umbria è difficile trovare nel sito la PEC salvo che non si vada nella sottopagina del menu in alto a destra alla voce «info»;
          per quanto riguarda il sito dell'ARPA Marche è pubblicata una PEC in una sottopagina del menu «gare» ma verosimilmente non è quella del protocollo generale;
          per la provincia di Trento per trovare nel sito la PEC occorre andare nella sottopagina del menu sinistra alla voce «chi siamo e cosa facciamo»;
          per la provincia di Bolzano l'agenzia per l'ambiente non ha un proprio sito internet ma una sottopagina nel sito dell'amministrazione provinciale: http://www. provincia.bz.it/agenzia-ambiente/;
          tale situazione rende oggettivamente difficile per un cittadino che voglia acquisire informazioni tramite PEC su dati ambientali poter esercitare i diritti riconosciuti dalla convenzione di Arhus, entrata in vigore il 17 maggio 2005, e dai decreti legislativi n.  95 del 2005 e n.  82 del 2005;
          l'applicazione delle norme descritte è di semplice attuazione e ciò nonostante registra un altissimo e inaccettabile tasso di evasione, reso ancora più odioso poiché proveniente dalle pubbliche amministrazioni  –:
          se e quali iniziative intendano adottare per semplificare l'accesso alle informazioni riguardanti gli indirizzi di PEC delle pubbliche amministrazioni legate ai monitoraggi ambientali e per favorirne l'utilizzo nelle comunicazioni con i cittadini. (4-11966)


      FRONER. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. — Per sapere – premesso che:
          dal 26 aprile 2010 è partito il servizio di posta certificata, un servizio di comunicazione elettronica, offerto gratuitamente a tutti i cittadini che ne facciano richiesta, attraverso il quale ogni cittadino può dialogare in maniera sicura con la pubblica amministrazione senza l'obbligo di recarsi personalmente presso gli sportelli della pubblica amministrazione centrale o locale per richiedere o inviare informazioni, istanze documenti;
          la posta elettronica certificata garantisce un canale di comunicazione chiuso ed esclusivo fra pubblica amministrazione e cittadino. I messaggi hanno lo stesso valore legale delle raccomandate con ricevuta di ritorno;
          l'utilizzo della posta elettronica certificata per il cittadino e per la pubblica amministrazione è disciplinato da una serie di provvedimenti legislativi che si sono susseguiti da 2000 al 2009: in particolare per la pubblica amministrazione il codice dell'amministrazione digitale ed il successivo decreto-legge 29 novembre 2008, n.  185, hanno stabilito che le pubbliche amministrazioni debbono istituire una casella di posta certificata per ciascun registro di protocollo e debbono darne comunicazione al Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, che provvede alla pubblicazione di tali caselle in un elenco consultabile per via telematica; infine che le amministrazioni debbono comunicare con i propri dipendenti tramite posta elettronica certificata;
          sempre in base decreto-legge n.  185 del 2008 anche le imprese e i professionisti hanno l'obbligo di dotarsi di posta elettronica certificata: per i professionisti l'obbligo decorre dal novembre 2009, le imprese esistenti dovranno dotarsi di posta elettronica certificata entro il novembre 2011;
          risulta all'interrogante che all'enfasi che ha accompagnato l'annuncio dell'avvio del servizio non ha corrisposto l'attesa celerità dell'attivazione. Da informazioni raccolte tra i cittadini sembra siano costretti ad aspettare ben più di un mese dalla richiesta e dalla regolare presentazione dei documenti in un ufficio postale, prima che l’account sia funzionante  –:
          quale sia la percentuale di amministrazioni pubbliche a livello centrale e periferico già dotate del servizio di posta elettronica certificata;
          quale sia stato in questi mesi il numero di richieste di attivazione da parte dei privati cittadini, dei professionisti e delle imprese, quali i tempi di attesa, quante le attivazioni effettuate;
          se sia stata calcolata e, in caso affermativo, quale sia la previsione complessiva di risparmio della spesa, altrimenti gravante non solo sul bilancio dello stato e degli enti locali, ma anche dei cittadini, che può derivare dall'estensione dell'uso della posta elettronica certificata a tutti i rapporti tra pubblico e privato e viceversa.
(4-11967)


      MONAI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. — Per sapere – premesso che:
          la legge 23 dicembre 1996, n.  662, recante «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica» ai seguenti commi dell'articolo 1 stabiliva che: «57. Il rapporto di lavoro a tempo parziale può essere costituito relativamente a tutti i profili professionali appartenenti alle varie qualifiche o livelli dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ad esclusione del personale militare, di quello delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. 58. La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale avviene automaticamente entro sessanta giorni dalla domanda, nella quale è indicata l'eventuale attività di lavoro subordinato o autonomo che il dipendente intende svolgere. L'amministrazione, entro il predetto termine, nega la trasformazione del rapporto nel caso in cui l'attività lavorativa di lavoro autonomo o subordinato comporti un conflitto di interessi con la specifica attività di servizio svolta dal dipendente ovvero, nel caso in cui la trasformazione comporti, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente, grave pregiudizio alla funzionalità dell'amministrazione stessa, può con provvedimento motivato differire la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale per un periodo non superiore a sei mesi. La trasformazione non può essere comunque concessa qualora l'attività lavorativa di lavoro subordinato debba intercorrere con un'amministrazione pubblica. Il dipendente è tenuto, inoltre, a comunicare, entro quindici giorni, all'amministrazione nella quale presta servizio, l'eventuale successivo inizio o la variazione dell'attività lavorativa. Fatte salve le esclusioni di cui al comma 57, per il restante personale che esercita competenze istituzionali in materia di giustizia, di difesa e di sicurezza dello Stato, di ordine e di sicurezza pubblica, con esclusione del personale di polizia municipale e provinciale, le modalità di costituzione dei rapporti di lavoro a tempo parziale ed i contingenti massimi del personale che può accedervi sono stabiliti con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro del tesoro.»;
          tale normativa ha subito le seguenti modifiche apportate dal decreto-legge n.  112 del 2008, convertito dalla legge 133 del 2008: «articolo 73 part time – All'articolo 1, comma 58, della legge 23 dicembre 1996, n.  662 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo periodo le parole: «avviene automaticamente» sono sostituite dalle seguenti: «può essere concessa dall'amministrazione»; b) al secondo periodo le parole «grave pregiudizio» sono sostituite dalla seguente: «pregiudizio»; c) al secondo periodo le parole da: «può con provvedimento motivato» fino a «non superiore a sei mesi» sono soppresse; d) all'ultimo periodo, le parole: «il Ministro della funzione pubblica e con il Ministro del tesoro» sono sostituite dalle seguenti: «il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze»;
          infine, l'articolo 16 della legge 183 del 2010, in vigore dal 24 novembre 2010, ha stabilito che in sede di prima applicazione delle predetta novella «le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, e successive modificazioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n.  112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  133 del 2008.»;
          quest'ultima disposizione, per la sua formulazione generica e ambigua, ha provocato e sta provocando una giungla applicativa con diversità di interpretazioni che sono state già sanzionate dalla magistratura del lavoro (ad esempio l'ordinanza 31 gennaio 2011 del tribunale di Firenze, sezione lavoro, che ha rimarcato l'importanza di considerare il pregiudizio imminente e irreparabile agli equilibri della vita familiare e l'aggravio economico per la famiglia in merito alla ricostituzione unilaterale da parte del Ministero della giustizia, in applicazione dell'articolo 16 della legge 183 del 2010, di un rapporto di lavoro, da tempo parziale a tempo pieno) ed hanno provocato legittime e numerose proteste sindacali;
          i lavoratori e soprattutto le lavoratrici del pubblico impiego titolari di un rapporto di lavoro part-time si trovano, in quasi tutti i casi, in precarie condizioni familiari e personali: vuoi perché nei propri nuclei familiari sono presenti figli molto piccoli o minori, anziani e/o persone con handicap grave; vuoi per essere nella condizione di separata/o con affido di figli minori o vuoi per le difficoltà di un pendolarismo disagiato dall'inadeguatezza o addirittura dall'assenza di mezzi pubblici di trasporto;
          pur di sopperire alle esigenze di conciliazione tra la loro vita familiare e l'attività lavorativa, tali lavoratrici e lavoratori hanno preferito e ottenuto da anni la riduzione dell'orario di lavoro e il corrispondente taglio dello stipendio in percentuale, su una già povera busta paga che, per i pubblici dipendenti, ha subito anche il blocco del rinnovo del contratto per 4 anni;
          l'articolo 16 della legge 183 del 2010 nella parte in cui consente all'amministrazione di intervenire su un diritto già acquisito dal lavoratore, andando così ad incidere su situazioni giuridiche già consolidate nel tempo e meritevoli di tutela, pare incidere su veri e propri diritti quesiti, che non è consentito rimuovere in spregio al principio di ragionevolezza e di certezza dei rapporti giuridici perché, una volta entrati nella sfera giuridica del soggetto, essi sono garantiti; inoltre il combinato disposto degli articoli 4 e 35 della Costituzione, volti a tutelare il diritto al lavoro e a promuovere le condizioni che rendono effettivo tale diritto, e dell'articolo 11 delle disposizioni preliminari al codice civile (le cosiddette «preleggi»), secondo cui «La legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo», paiono contrastare con la possibilità di una mutazione unilaterale e così sostanziale dei rapporti di lavoro già consolidati;
          le circolari ministeriali del 10 febbraio 2010, n.  20389 e quella di chiarimenti n.  1196 del 24 novembre 2010 non pare abbiano risolto i denunciati problemi applicativi della norma: infatti anche oggi, nell'imminenza della scadenza del termine del 22 maggio 2011 per il riesame unilaterale dei part-time da parte della pubblica amministrazione, sono pervenute a lavoratrici impiegate a tempo indeterminato con orario di lavoro ridotto delle proposte-capestro quali l'imposizione di un contratto part-time per soli tre anni e quindi con trasformazione di un rapporto di lavoro stabile in lavoro a tempo determinato. Così, per esempio, all'azienda ospedaliero universitaria S.M.M. di Udine  –:
          come il Ministro intenda intervenire per evitare la precarizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti dall'applicazione dell'articolo 16 della legge 183 del 2010 e per garantire il rispetto sostanziale ed uniforme dei principi di correttezza e buona fede evocati nel provvedimento normativo citato. (4-11975)


SALUTE

Interpellanza:

      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
          dal rapporto che il Ministero della salute annualmente redige in ottemperanza all'intesa Stato-regioni del 2005, i livelli essenziali di assistenza sanitari risultano erogati in otto regioni secondo gli standard previsti, mentre in altre sei vengono lamentate inefficienze e disapplicazioni;
          per redigere tali «pagelle» il Ministero ha utilizzato 21 indicatori ripartiti sulle singole voci dell'assistenza sanitaria: prevenzione, distrettuale, ospedaliera ed emergenza;
          nella griglia di punteggi utilizzata dal Ministero per la valutazione, ciascuna regione ha ricevuto un punteggio in base alle performance registrate;
          tra le regioni con la «maglia nera» la Sicilia risulta carente per quanto riguarda l'assistenza territoriale e domiciliare degli anziani, la spesa farmaceutica e l'assistenza ospedaliera e questa rappresenta un fatto particolarmente grave in quanto questa regione è caratterizzata anche da altri problemi di carattere sociale ed economico per cui la qualità della vita dei cittadini siciliani risulta fortemente penalizzata  –:
          quali interventi incisivi ed urgenti il Ministro intenda adottare per garantire un'erogazione adeguata dei livelli essenziali di assistenza in ambito sanitario nella regione Sicilia per evitare di trovarsi anche in questo campo in un Italia a due velocità, e per quali ragioni si sia tardato tanto a prendere atto di questa situazione e non si sia quindi intervenuti con la dovuta tempestività.
(2-01080) «Marinello».


Interrogazioni a risposta scritta:

      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano Il Giornale nella sua edizione del 16 maggio 2011, in un servizio a firma Nino Materi riferisce di un centro per la sclerosi multipla utilizzato come stalla;
          il centro, ex convento di Bova Marina, dopo cinque anni di lavoro e tre milioni di finanziamenti oggi sarebbe rifugio di capre e pecore;
          i carabinieri, nel corso di un'ispezione in seguito alla quale l'immobile è stato posto sotto sequestro, «hanno trovato resti delle carcasse putrefatte di numerose bestie. Una scena davvero orribile. Che però è la drammatica fotografia dell'ennesimo sperpero di denaro pubblico. Ma in questo caso c’è un'aggravante in più: l'aver speculato sulle spalle dei malati di Sla che – almeno secondo il progetto originario – avrebbero dovuto beneficiare del centro»;
          dopo cinque anni di lavoro, di quell'immobile resterebbe solo un rudere trasformato in stalla alla mercé di vandali e sbandati in luogo della promessa «struttura socio-sanitaria da adibire alla riabilitazione per malati di sclerosi multipla... centro-modello in grado di ospitare anche i familiari dei pazienti per trascorrere insieme il ciclo di cure»  –:
          di quali elementi disponga il Ministro in relazione a quanto esposto e, in particolare, se sia vero quanto sommariamente riferito ed esposto da «Il Giornale»;
          quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere al fine di assicurare maggiori efficienza nella programmazione e realizzazione degli interventi di edilizia sanitaria al fine di evitare casi come quello di cui in premessa.
(4-11977)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          come hanno riferito le agenzie di stampa, i quotidiani e i siti internet, il parroco di Ciconia (Orvieto, Terni) don Augusto Passeri, ha celebrato la festa della mamma invitando le madri della parrocchia a dare un nome ai bambini «mai nati», che ha successivamente battezzato in una cerimonia simbolica;
          secondo quanto si apprende, sarebbero 102 i bimbi «mai nati» nella parrocchia;
          don Augusto Passeri avrebbe ideato, a suo dire, un battesimo di massa per i bambini che avrebbero potuto vedere la luce nel popoloso quartiere e che invece sono rimasti vittime di aborti, spontanei o procurati che siano. Ha inoltre collocato una cassettina ai piedi dell'altare invitando le mamme a scrivere il nome del bambino che non hanno avuto e una lettera. Sopra la cassetta la scritta: «Mamma dammi un nome così anche Dio padre mi chiama»  –:
          se risulti al Governo che il dato sia stato eventualmente acquisito da strutture sanitarie pubbliche o private, in evidente violazione dei diritti di riservatezza di ogni persona, e maggiormente di una donna che ha subito la dolorosa esperienza dell'interruzione di gravidanza. (4-11978)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'agenzia di informazioni «adn-Kronos» il 23 aprile 2011, in un dispaccio da Voghera, ha riferito quanto segue. «Nessuna visita medica ma un programma informatico: tanto è bastato per decidere se un'anziana disabile, operata a un ginocchio, fosse o meno in grado di sottoporsi a riabilitazione e potesse dunque essere ricoverata in un'apposita struttura. È quanto denuncia il signor Alberto Giannino per il mancato ricovero riabilitativo della madre, di 75 anni, nel centro Don Gnocchi di Salice Terme (Pavia)»;
          secondo quanto riferito dallo stesso signor Giannino «l'anziana disabile non è stata visitata e dunque i medici non possono dire se mia madre è idonea o no all'ingresso nella struttura don Gnocchi di Salice Terme... Ho chiesto le ragioni del rifiuto e mi è stato detto che mia madre non può fare un programma riabilitativo in base a un programma del computer della Don Gnocchi della regione Lombardia «Esperto» che valuta se una persona è in grado di fare riabilitazione... Insomma prima viene la macchina, poi il disabile e i suoi bisogni»;
          sempre secondo il signor Giannino il mancato ricovero nella struttura riabilitativa, la più vicina a casa, avrebbe comportato per la madre l'insorgere di «problemi sanitari e clinici che deve curare con antibiotici e una prognosi di 20 giorni... Danni biologici, morali ed esistenziali che, se fosse stata ricoverata non si sarebbero verificati»  –:
          di quali elementi disponga il Ministro in merito all'episodio sopra riferito;
          se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza volte a disciplinare in modo più puntuale il corretto utilizzo delle applicazioni informatiche in sede di diagnosi medica, al fine di evitare inaccettabili automatismi come nel caso di cui in premessa. (4-11979)


SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

      SCARPETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in Toscana esiste un ricco patrimonio di industria, di tradizioni produttive, di tecnologia, di storia, di agenzie operanti nel settore dei materiali rotabili che fa riferimento alla presenza di un cluster produttivo e tecnologico, che, nella sola area metropolitana compresa tra Pistoia e Firenze, occupa più di 3.000 addetti, con insediamenti complementari anche nelle province di Livorno ed Arezzo;
          su questo territorio è presente la più importante impresa italiana del settore, già Breda CF del gruppo EFIM, da circa dieci anni confluita in AnsaldoBreda (unitamente agli stabilimenti di Napoli, Reggio Calabria, Palermo) società controllata da Finmeccanica;
          negli ultimi anni l'attività dell'azienda ha incontrato rilevanti difficoltà di gestione delle relative commesse, anche a causa di scelte aziendali non calibrate sulla effettiva capacità produttiva, comportando quindi ritardi e conseguenti penali, tanto da registrare un consistente disavanzo ripetutamente ripianato dall'azionista di riferimento che tuttavia in parte permane ancora;
          sulle prospettive aziendali hanno inciso nel tempo ed in maniera negativa le incertezze del mercato interno rispetto al quale la recente gara lanciata da Trenitalia per 90 nuovi treni regionali può costituire un'importante opportunità;
          AnsaldoBreda in associazione con Bombardier si è aggiudicata la gara per la costruzione del nuovo treno italiano ad alta velocità (50 treni alta velocità del valore di 1.540 milioni di euro), che rappresenta una sfida progettuale produttiva e finanziaria destinata a incidere in modo determinante sulle prospettive future non solo dell'azienda ma anche del sistema industriale regionale e nazionale, dal quale possono trarre positivo impulso l'insieme delle imprese dell'indotto;
          le produzioni di materiali rotabili hanno una prospettiva strategica di mercato a livello nazionale ed internazionale stimata in oltre 3 miliardi di euro l'anno in Italia, mentre diverse ricerche attestano una crescita pressoché costante del settore intorno al 2-3 per cento annuo, un trend, peraltro corroborato dall'aumento del numero di passeggeri su mezzo ferroviario cresciuto in Europa tra il 2000 e il 2008 del 16 per cento;
          la regione e gli enti locali hanno sostenuto l'azienda e l'indotto ad essa collegato, supportando un percorso di innovazione che ha visto nel tempo il susseguirsi di progetti di innovazione e trasferimento tecnologico e di formazione superiore che hanno creato di fatto un sistema a rete tra quello produttivo, quello di trasferimento tecnologico e di innovazione e quello istituzionale e delle rappresentanze sociali;
          sono presenti sul territorio regionale significative infrastrutture di innovazione, quali il polo tecnologico ferroviario dell'Osmannoro, l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, la società Italcertifer, il MDM-Lab Laboratorio di modellazione dinamica e Meccatronica ed altri laboratori per la caratterizzazione dei materiali e delle produzioni meccaniche ferroviarie, come il CEQ;
          esistono, altresì, nell'area di riferimento corsi universitari in ingegneria dei trasporti (corso di specializzazione magistrale presso il polo universitario a Pistoia) e un ITS sulla manutenzione meccanica, con corso dedicato al settore ferroviario nella sede di Pistoia;
          regione Toscana e Finmeccanica hanno stilato un protocollo di intesa sulla valorizzazione delle attività della stessa presenti nella regione, con l'impegno a promuovere, tra l'altro, lo sviluppo del polo per l'industria meccanica-trasportistica, e la giunta regionale ha istituito il distretto delle tecnologie ferroviarie, per l'alta velocità e la sicurezza delle reti  –:
          se il Governo non ritenga strategico il settore per gli interessi dell'economia nazionale e se non ritenga, conseguentemente, necessario assumere iniziative affinché Finmeccanica assuma scelte coerenti con l'obiettivo di valorizzare l'industria nazionale del settore ferroviario come contributo alla ripresa economica e produttiva del Paese;
          se il Governo non ritenga necessario aprire un tavolo di confronto, alla presenza della regione Toscana, con Finmeccanica e i vertici aziendali di AnsaldoBreda, al fine di garantire il ruolo centrale dello stabilimento e delle professionalità concentrate nell'area pistoiese e di verificare lo stato di attuazione degli impegni contrattuali connessi alla commessa per l'alta velocità e alla dislocazione delle relative attività. (3-01656)


Interrogazione a risposta in Commissione:

      VANNUCCI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la città di Pesaro capoluogo di provincia conta 95.000 abitanti e 9.000 imprese;
          il centro della città è abitato da 30.000 cittadini ed è sede di imprese commerciali e non studi, uffici pubblici e altro;
          il servizio postale di ritiro di raccomandate e pacchi è stato da qualche tempo delocalizzato dal centro e spostato in periferia in una zona poco accessibile e mal servita da servizi pubblici;
          il disservizio ha suscitato varie proteste da parte degli utenti apparse in più occasioni nella stampa locale;
          il sindaco è più volte intervenuto scrivendo ai massimi responsabili di «Poste Italiane S.p.a.»;
          i cittadini sono costretti a lunghe trasferte scomode e costose;
          risulta assolutamente necessario che per la zona centrale della città il servizio di consegna pacchi e raccomandate venga svolto da un apposito sportello presso l'ufficio postale centrale come avveniva in passato;
          pertanto si rende necessaria la suddivisione del servizio in due sedi  –:
          se il Ministro intenda assumere informazioni in merito e se intenda attivarsi svolgendo il suo ruolo di indirizzo e controllo verso Poste italiane s.p.a. affinché il disservizio registrato a Pesaro per il ritiro dei pacchi e raccomandate venga risolto con l'attivazione di un secondo sportello.
(5-04767)


Interrogazione a risposta scritta:

      DI PIETRO. —Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il comma 5 dell'articolo 4 della legge 22 febbraio 2000, n.  28, recante «Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica» garantisce alle emittenti televisive e radiofoniche locali che accettano di trasmettere messaggi autogestiti a titolo gratuito nel corso di campagne elettorali o referendarie un rimborso nella misura definita entro il 31 gennaio di ogni anno con decreto del Ministro delle comunicazioni (ovvero l'attuale Ministro dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (oggi Ministro dell'economia e delle finanze);
          stando ai contenuti del citato articolo 4, comma 5, della legge n.  28 del 2000, il suddetto rimborso deve esser erogato entro i 90 giorni successivi alla conclusione delle operazioni elettorali;
          in forza del comma 1 dell'articolo 12 della delibera n.  98/11/CSP dell'AGCOM, numerose emittenti locali hanno manifestato, nei termini stabiliti dalla delibera, ai rispettivi CORECOM (ovvero gli organi di garanzia e controllo sul sistema delle comunicazioni in ambito regionale) il loro intendimento a trasmettere i messaggi politici autogestiti;
          i CORECOM dell'Emilia Romagna, dell'Umbria e del Trentino Alto Adige, hanno comunicato alle emittenti locali che attualmente non vi sarebbero risorse disponibili per garantire l'erogazione del rimborso;
          tale situazione ha prodotto nel mondo dell'emittenza locale un giustificato allarme;
          le comunicazioni dei CORECOM stanno di fatto scoraggiando l'impegno delle emittenti locali a trasmettere messaggi autogestiti gratuiti sui quesiti referendari oggetto della consultazione del 12 e 13 giugno prossimi;
          tale situazione, in difformità con quanto prescritto dalla legge, ad avviso dell'interrogante determina una fortissima lesione dei diritti di ciascun cittadino ad essere informato del contenuto dei quesiti referendari  –:
          se corrisponda al vero quanto descritto dalla presente interrogazione, in particolare con riferimento alla mancanza di disponibilità di risorse finalizzate all'erogazione dei rimborsi a favore delle emittenti locali;
          quali provvedimenti urgenti si intendano assumere al fine di risolvere la grave situazione descritta in premessa, così da garantire alle emittenti locali la disponibilità delle risorse previste dalla legge, ai comitati promotori dei referendum e alle forze politiche la possibilità di far conoscere le loro posizioni sui singoli quesiti e, infine, ai cittadini di esercitare pienamente il diritto alla partecipazione consapevole alla consultazione referendaria. (4-11980)


Apposizione di una firma ad una risoluzione.

      La risoluzione in Commissione Gibiino e altri n.  7-00579, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pagano.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Codurelli n.  5-04738, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Schirru.

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato dell'interpellanza urgente Di Pietro n.  2-01079, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  473 del 17 maggio 2011.

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
          il giorno 12 maggio 2011 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emanato il decreto ministeriale n.  44, avente per oggetto l'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo; tali graduatorie ad oggi costituiscono l'unico canale esistente per reclutare il personale docente, in possesso del titolo abilitante, sia per il conferimento di incarichi annuali o fino al termine delle attività didattiche, sia per il conferimento del 100 per cento degli incarichi a tempo indeterminato laddove siano state esaurite le graduatorie di merito;
          il citato decreto ministeriale non prevede la possibilità di inserimento nelle graduatorie ad esaurimento per intere categorie di abilitati e abilitandi che, dal 2008 ad oggi, stanno frequentando o hanno frequentato percorsi abilitanti attivati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
          le graduatorie ad esaurimento sono state istituite ai sensi della legge n.  296 del 27 dicembre 2006, articolo 1, comma 65, lettera c), allo scopo di definire un piano di assunzioni volto alla graduale stabilizzazione del personale docente in esse incluso e, per facilitare tale programma, le graduatorie ad esaurimento venivano sostanzialmente «blindate», ovvero non veniva contemplata la possibilità dell'inserimento di nuovi aspiranti dopo l'ultimo aggiornamento previsto per il biennio 2007-2009;
          nonostante ciò nel 2007 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca attivava nuovi percorsi abilitanti: scuola di specializzazione per l'insegnamento secondario IX ciclo, corsi abilitanti Cobaslid, Afam e scienze della formazione primari e nell'autunno del 2008 il Parlamento, con l'articolo 5-bis del decreto-legge n.  137 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2008, n.  169, prevedeva la possibilità, per gli abilitandi, immatricolati nel 2007 presso i predetti corsi a numero programmato, di essere inseriti nelle graduatorie ad esaurimento in occasione della loro riapertura per il biennio 2009-2011;
          dal 2008 al 2010 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha continuato ad attivare percorsi abilitanti con modalità identiche rispetto ai precedenti e determinati sulla base del fabbisogno di personale docente nelle scuole statali, e precisamente:
              a) 2008 e 2009: attivazione del secondo e terzo corso di secondo livello finalizzato alla formazione dei docenti di strumento musicale nella scuola media (classe di concorso 77/A);
              b) 2008: attivazione dei bienni abilitanti Cobaslid di formazione docenti ABA – arte e disegno;
              c) 2008 e 2009: attivazione dei semestri aggiuntivi, di cui alla nota ministeriale n.  3057/2008, attivati presso le scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario;
              d) 2008, 2009 e 2010: attivazione dei corsi di laurea in scienze della formazione primaria;
          per le appena menzionate categorie di abilitati e abilitandi, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha previsto la medesima possibilità di accesso alle graduatorie ad esaurimento, concessa agli iscritti ai corsi abilitanti attivati nel 2007, creando, di fatto, una disparità di trattamento evidente e inspiegabile tra chi ha conseguito lo stesso titolo con le medesime modalità abilitanti;
          per sanare una situazione, ad avviso degli interpellanti, evidentemente illegittima agli occhi dello stesso Governo, esso si è impegnato di fronte al Parlamento per ben due volte: attraverso gli ordini del giorno presentati al Senato n.  G1.12 al disegno di legge n.  1835 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2009 n.  134, recante «disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l'anno scolastico 2009-2010») e n.  G1.05 al disegno di legge n.  2518-B, entrambi accolti dal Governo e finalizzati a consentire l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento dei docenti iscritti a corsi abilitanti attivati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dal 2008 in poi  –:
          se il Ministro intenda modificare il decreto ministeriale n.  44 del 2011, consentendo l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, in terza fascia, degli abilitati e abilitandi con percorsi formativi attivati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dal 2008 in poi, e dare così seguito agli impegni presi dal Governo, in particolare consentendo l'inserimento a pieno titolo per:
              a) docenti già in possesso dell'abilitazione conseguita nel 2008 al termine dei corsi speciali abilitanti di cui ai decreti ministeriali numeri 21/05 e 85/05;
              b) docenti già in possesso dell'abilitazione conseguita nel 2010 presso i conservatori di musica e gli istituti musicali pareggiati al termine del secondo corso di secondo livello finalizzato alla formazione dei docenti di strumento musicale nella scuola media (classe di concorso 77/A);
              c) docenti già in possesso dell'abilitazione conseguita nel 2010 presso le accademie di belle arti statali al termine dei bienni abilitanti di formazione docenti ABA – arte e disegno – attivati nell'anno accademico 2008/2009;
              d) docenti già in possesso dell'abilitazione conseguita dopo il 30 giugno 2009 al termine dei corsi di laurea in scienze della formazione primaria (immatricolati in anni successivi al primo);
              e) docenti già in possesso dell'abilitazione conseguita entro il 2010 al termine dei semestri aggiuntivi, di cui alla nota ministeriale n.  3057/2008, attivati presso le scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario dall'anno accademico 2008/2009;
              f) docenti già in possesso di abilitazione che non hanno potuto produrre domanda di inserimento/aggiornamento/permanenza nelle graduatorie ad esaurimento per il biennio 2007/2009;
          nonché consentendo, con riserva da sciogliere entro il 30 giugno 2011, l'inserimento per: docenti immatricolati nell'anno accademico 2009/2010 presso i conservatori di musica e gli istituti musicali pareggiati al terzo corso biennale abilitante di secondo livello finalizzato alla formazione dei docenti di strumento musicale nella scuola media (classe di concorso 77/A) e con riserva da sciogliere in occasione dei successivi aggiornamenti per i docenti immatricolati dal 2008 al 2010, ai corsi di laurea in scienze della formazione primaria.
(2-01079)
  «Di Pietro, Donadi, Zazzera, Di Giuseppe».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Toccafondi n.  2-01075 del 17 maggio 2011.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
          interrogazione a risposta in Commissione Froner n.  5-03273 del 21 luglio 2010 in interrogazione a risposta scritta n.  4-11967;
          interrogazione a risposta orale Zamparutti e altri n.  3-01511 del 14 marzo 2011 in interrogazione a risposta scritta n.  4-11966.