XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 476 di lunedì 23 maggio 2011

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 10.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 19 maggio 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Caparini, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giro, La Russa, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Meloni, Miccichè, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Rugghia, Saglia, Stefani, Stucchi, Tremonti e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione della proposta di legge: Soro ed altri: Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia (A.C. 2802-A) (ore 10,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge d'iniziativa dei deputati Soro ed altri: Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 19 maggio 2011.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2802-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore per la maggioranza, onorevole Costa, ha facoltà di svolgere la relazione.

ENRICO COSTA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, l'Assemblea della Camera si trova ad affrontare, per la seconda volta in questa legislatura, una proposta di legge in tema di omofobia. Pag. 2
La prima volta l'esito dell'esame fu negativo in quanto venne approvata una pregiudiziale di costituzionalità che determinò la reiezione del testo elaborato dalla Commissione poiché fu ritenuta non sufficientemente determinata la nozione di «orientamento sessuale».
Oggi all'Assemblea è sottoposta una proposta di legge del gruppo Partito Democratico iscritta al calendario dell'Assemblea in quota opposizione, rispetto alla quale è stato conferito al relatore il mandato a riferire in senso contrario dopo che sono stati approvati emendamenti presentati dai gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Unione di Centro per il Terzo Polo soppressivi dei due articoli che la compongono.
Precedentemente era stata respinta la proposta di testo unificato presentata dalla relatrice che si è poi dimessa dal ruolo di relatore subito dopo la soppressione dell'articolo 1 della proposta di legge A.C. 2802, che ha determinato la preclusione del suo emendamento di contenuto simile alla proposta del testo unificato salvo un'estensione applicativa sulla quale mi soffermerò più avanti.
A seguito di tali dimissioni il presidente della Commissione mi ha nominato relatore del provvedimento, ritenendo opportuno che sia il rappresentante in Commissione del gruppo di maggioranza relativa ad assumersi questa responsabilità rispetto ad un provvedimento in quota opposizione in ordine al quale viene conferito il mandato a riferire all'Assemblea in senso contrario.
L'onorevole Concia ha presentato una relazione di minoranza in Assemblea che riproduce l'emendamento a sua firma 1.10.
Considerato che la proposta di legge A.C. 2802 è in quota opposizione su richiesta del gruppo Partito Democratico, una volta respinta la proposta di testo unificato del relatore, si è preso atto che non sussistevano le condizioni politiche per addivenire ad un testo unificato. Quindi, la presidenza della Commissione, su richiesta del gruppo Partito Democratico, secondo il particolare regime della quota opposizione, ha proceduto alla revoca dell'abbinamento della proposta di legge Di Pietro ed altri A.C. 2807 consentendo di proseguire l'esame sulla proposta di legge del gruppo Partito Democratico iscritta nel calendario dell'Assemblea a partire da oggi.
Da questo excursus estremamente sintetico potrebbe emergere una netta contrarietà di questo Parlamento, o quanto meno della sua maggioranza, rispetto a norme penali volte a contrastare condotte omofobiche. In realtà, la posizione della maggioranza e della Commissione giustizia che in questo momento rappresento è ben più complessa e sicuramente non è di chiusura rispetto all'esigenza di garantire adeguate forme di tutela ai soggetti che sono vittime di reati in ragione della loro omosessualità.
La contrarietà espressa dall'Assemblea quando ha approvato la questione pregiudiziale o dalla Commissione quando ha prima respinto la proposta di testo unificato del relatore e, successivamente, ha conferito al relatore il mandato a riferire in senso contrario, si riferisce a particolari e specifici testi normativi la cui formulazione non è condivisa.
Che sia questa la posizione della maggioranza, che in Commissione ha bocciato il testo unificato Concia e il testo Soro, si evince chiaramente dalle ultime sedute in sede referente: prima di arrivare all'esito negativo dell'esame in Commissione, io stesso, i gruppi del Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Unione di Centro per il Terzo Polo e il Governo, abbiamo chiesto al rappresentante del gruppo del Partito Democratico, trattandosi di un provvedimento in quota opposizione, di accettare che venisse rinviato l'esame da parte dell'Assemblea fissato per oggi. Vi erano, infatti, ancora delle questioni che richiedevano un approfondimento da parte della Commissione.
Una richiesta di slittamento era stata rinnovata al gruppo del Partito Democratico anche nell'ultima seduta in sede referente, quando l'onorevole Concia ha presentato l'emendamento 1.10 che collocava la nuova circostanza aggravante in un'ottica Pag. 3diversa rispetto a quella attuale. In particolare, con l'emendamento 1.10 veniva estesa dall'onorevole Concia l'aggravante anche ai casi in cui il reato è commesso in ragione del sesso o della disabilità della vittima del reato stesso. Rispetto al Trattato di Lisbona venivano lasciate fuori alcune ipotesi già previste dalla nostra normativa o dalla «legge Mancino».
Il gruppo del Partito Democratico non è stato favorevole a che la Commissione potesse ripartire dall'emendamento Concia 1.10 approfondendo tutte quelle questioni rimaste ancora aperte. Pertanto, la Commissione è stata posta di fronte ad una alternativa: approvare un emendamento che rappresentava un passo avanti rispetto agli altri testi fino ad allora esaminati, ma che suscitava ancora fortissime perplessità su una serie di questioni sulle quali mi soffermerò a breve, oppure respingerlo. Considerato che tali perplessità erano estremamente gravi, si è scelta la seconda alternativa.
Non trovano, quindi, alcuna conferma nei fatti le dichiarazioni alla stampa di coloro che hanno sintetizzato la posizione della maggioranza e del Governo come una posizione di contrarietà assoluta per qualsiasi legge ove si tratti di tutela penale di soggetti vittime di reati in ragione della loro omosessualità.
Ciò che è emerso in Commissione è altro: sin dal primo momento nel quale la Commissione ha affrontato il tema dell'omofobia si è registrata la netta contrarietà da parte dei gruppi di maggioranza e dell'Unione di Centro per il Terzo Polo al reato di discriminazione per l'orientamento sessuale che si sarebbe introdotto attraverso un'estensione della «legge Mancino». Il rischio concreto in caso di autonoma fattispecie di reato sarebbe stata la previsione di un reato di opinione che avrebbe determinato una violazione dell'articolo 21 della Costituzione sulla libertà di manifestazione del pensiero.
L'onorevole Concia, fin quando ha svolto il ruolo di relatrice, pur avendo presentato all'inizio della legislatura una proposta di legge volta ad estendere all'omosessualità ed alla transessualità la «legge Mancino», ha subito compreso che la contrarietà a questa impostazione era difficilmente superabile. Vorrei ricordare che nella scorsa legislatura il centrosinistra, pur avendo la maggioranza, non è stato in condizione di approvare la legge sull'omofobia. L'onorevole Concia ha, pertanto, cambiato l'ottica dell'intervento normativo. In particolare, ha proposto - e la Commissione lo ha accettato - di introdurre nel codice penale una circostanza aggravante diretta a punire coloro che abbiano commesso un reato nei confronti di un determinato soggetto in ragione del fatto che sia omosessuale.
Anche su questo nuovo approccio normativo permangono delle perplessità da parte di coloro che considerano questa aggravante un'inutile ripetizione dell'aggravante dei motivi abbietti e futili già prevista dal codice penale. Comunque, la soluzione della circostanza aggravante è stata fatta propria dalla Commissione sin dell'esame dei provvedimenti che poi hanno portato alla bocciatura del testo da parte dell'Assemblea.
Come si è detto, si tratta di una pregiudiziale di costituzionalità basata sulla indeterminatezza della nozione di orientamento sessuale che avrebbe potuto finire per ricomprendervi anche le tendenze sessuali.
Tenendo conto di questi due paletti (contrarietà alla modifica della «legge Mancino» ed incostituzionalità della nozione penalistica dell'orientamento sessuale), il gruppo del Partito Democratico ha presentato, immediatamente dopo l'approvazione della questione pregiudiziale, la proposta di legge in esame il cui articolo 1 introduce un'aggravante che punisce l'avere, nei delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale, commesso il fatto per motivi di omofobia e transfobia, intesi come odio e discriminazione in ragione dell'orientamento sessuale di una persona verso persone del suo stesso sesso, persone del sesso opposto, persone di entrambi i sessi. Pag. 4
Il testo alternativo dell'onorevole Concia, rispetto a quello del Partito Democratico, estende l'aggravante ai delitti contro l'onore e non specifica cosa si intenda per omofobia e transfobia.
Inoltre, ricomprende le condotte poste in essere in ragione del sesso, dell'età e della disabilità della parte offesa, facendo riferimento alle categorie richiamate dall'articolo 19 del Trattato di Lisbona. Si tratta di differenze tra la proposta di legge A.C. 2802 e il testo alternativo di minoranza sulle quali è opportuno soffermarci.
In primo luogo, per le stesse ragioni che rendono impraticabile l'estensione della «legge Mancino», appare quanto meno inopportuno, se non addirittura incostituzionale, estendere l'aggravante ai reati di opinione.
Vi è poi la delicata questione giuridica della nozione di orientamento sessuale che ha portato l'onorevole Concia, alla luce della pregiudiziale di costituzionalità, a sostituirla con quelle di omosessualità e transessualità, lasciando fuori l'eterosessualità e la bisessualità. Pur apprezzando lo sforzo del relatore di tenere conto di una pregiudiziale non condivisa da lei, la Commissione, intesa nella sua maggioranza allargata all'Unione di Centro per il Terzo Polo, non ha ritenuto soddisfacente sotto il profilo costituzionale la soluzione trovata.
Un passo avanti nella proposta alternativa è costituito dal riferimento all'età, al sesso e alla disabilità, secondo quanto previsto dall'articolo 19 del Trattato di Lisbona. Devo dire che da tempo, senza alcun esito positivo nei confronti dell'opposizione, da parte di più gruppi si erano espresse fortissime riserve, anche sul piano costituzionale, sulla scelta di prevedere una circostanza aggravante mirata in via esclusiva sulle condotte omofobiche e transfobiche, con ciò tralasciando tutte quelle condotte poste in essere in ragione di un modo di essere o dello stato di essere della persona offesa.
Un esempio che veniva fatto, specialmente da parte del gruppo della Lega, era quello del sesso della vittima. Veniva fatto notare che spesso, in alcune comunità, sono commessi dei reati solo in quanto vittima del reato è una bambina, una ragazza o una donna. La parzialità della scelta limitata all'omofobia era tale da apparire incostituzionale sotto il profilo della ragionevolezza. Un tentativo di superare queste obiezioni è stato operato inserendo nella circostanza aggravante il riferimento all'età, al sesso e alla disabilità della parte offesa, secondo quanto previsto dall'articolo 19 del Trattato di Lisbona.
È chiaro che molti dubbi vengono sollevati da coloro che ritengono comunque inaccettabile l'aggravante per omofobia, che, a differenza del sesso, della disabilità e dell'età della persona offesa - elementi questi oggettivamente riscontrabili - deriverebbe da un'analisi soggettiva, che pertanto sarebbe di complessa valutazione. Si aggiunga che viene anche evidenziato il rischio che l'aggravante, così come formulata, che non la relaziona alle modalità della condotta, rischia di scattare per il solo fatto che la persona offesa è omosessuale, salvo prova contraria; ciò determinerebbe un'inaccettabile inversione dell'onere della prova, chiaramente a carico di colui che ha commesso il fatto.
Occorre ora lavorare, anche verificando quanto tale articolo sia stato già recepito dalla nostra legislazione, per comprendere se sia possibile individuare e trovare il consenso intorno ad una circostanza aggravante che sia pienamente conforme ai principi costituzionali. L'emendamento 1.10 del relatore, che, salvo l'ampliamento delle categorie tutelate, riproduceva integralmente la proposta di testo unificato respinta dalla Commissione, suscitava una serie di altre questioni che hanno reso impraticabile una sua approvazione da parte della Commissione, nonostante l'aggancio al Trattato di Lisbona.
Oltre a quelle già evidenziate, non sono apparse congrue ed opportune le disposizioni che escludono la nuova circostanza aggravante dal giudizio di bilanciamento con altre circostanze. È vero che una deroga alla regola del bilanciamento non sarebbe una novità nel nostro ordinamento, ma è pur vero che si tratta di una deroga che ricorre solo in casi particolarmente Pag. 5gravi, per i quali si ritiene opportuno che le attenuanti non possano escludere le aggravanti, ma unicamente operare sulla pena già aumentata dal giudice sulla base di una determinata circostanza aggravante.
Non si comprende la ragione per la quale, nel caso in esame, si voglia azzerare la discrezionalità del giudice nel bilanciare le circostanze, tenendo conto del caso concreto.
Altro punto non condivisibile dalla maggioranza della Commissione e riprodotto nella relazione di minoranza si riferisce al lavoro di pubblica utilità. In particolare, quando ricorre la nuova circostanza aggravante, si prevede che la sospensione condizionale della pena può essere subordinata alla prestazione di attività non retribuite in favore di enti o associazioni che hanno lo scopo di tutelare le persone omosessuali o transessuali contro le discriminazioni, per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
Anche in questo caso si prevede un regime particolare per la nuova circostanza aggravante, che rischia di essere - anzi, molto probabilmente lo è - incostituzionale per la sua parzialità. Perché prevedere questa condizione, che comunque rappresenta un'eccezione al principio generale?
Credo che dalla relazione che ho appena svolto emerga come la reiezione da parte della Commissione della proposta di legge Soro e delle diverse proposte emendative e di testo unificato sottoposte dall'onorevole Concia alla Commissione non stia a significare un'assoluta contrarietà al tema della lotta contro le discriminazioni per ragioni omofobiche, quanto, piuttosto, la non condivisione delle particolari soluzioni normative che sono state affrontate momento per momento.
Non vi è la volontà di affossare il lavoro fin qui svolto, con tanta passione, dall'onorevole Concia, ma di verificare se vi sono le condizioni per portarlo a termine. Per fare ciò è necessario che i proponenti si sottraggano alla tentazione di ottenere una legge manifesto, di provare a dividere la maggioranza, di individuare queste norme come «apripista» per altre controverse innovazioni del nostro ordinamento e anche che coloro che finora si sono opposti evitino posizioni di pregiudiziale chiusura. Solo così sarà possibile un approccio costruttivo alla materia.
Il problema è che non è ben chiaro quanto tempo occorra per trovare soluzioni adeguate. Sicuramente per trovarle occorrerà l'apporto di tutti e, in primo luogo, dell'onorevole Concia che, nel panorama parlamentare, è la persona che maggiormente meriterebbe di essere oggi la relatrice, non solo di minoranza, del provvedimento in esame.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la relatrice di minoranza, onorevole Concia.

ANNA PAOLA CONCIA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, caro Ministro, cari colleghi e care colleghe, il provvedimento in esame approda in Aula per la seconda volta in questa legislatura.
Dopo la bocciatura del 13 ottobre 2009, determinata da una pregiudiziale di costituzionalità, sono state ripresentate due proposte di legge, una da parte dell'onorevole Soro, per il gruppo Partito Democratico, e l'altra da parte dell'onorevole Di Pietro, per il gruppo Italia dei Valori. Queste recepivano le pregiudiziali di costituzionalità riavviando l'esame in Commissione giustizia il 10 dicembre 2009.
Quasi un anno dopo, il 9 novembre 2010, ho presentato una proposta di testo unificato, alla luce della discussione in Commissione e della riunione informale con le associazioni omosessuali e transessuali. L'articolo 1 di quel testo unificato era diretto ad introdurre nel codice penale, attraverso due diversi interventi normativi, una circostanza aggravante - e non una specifica fattispecie di reato - volta ad aumentare la pena quando i delitti contro la vita, l'incolumità individuale, l'onore, la personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale e l'inviolabilità del domicilio sono stati commessi Pag. 6in ragione dell'omosessualità o transessualità del soggetto offeso.
Il testo alternativo contenuto nella relazione di minoranza corrisponde, sostanzialmente, alla proposta di testo unificato da me presentata come relatrice e oggetto di un'approfondita istruttoria legislativa in Commissione, anche attraverso numerose audizioni.
Rispetto al testo unificato vi è, però, un'importante novità, che comunque avevo già sottoposto all'esame della Commissione presentando l'emendamento a mia firma 1.10, dopo che la proposta di testo unificato era stata respinta. Come ho avuto modo di spiegare in Commissione, rispetto alla proposta di testo unificato, il suddetto emendamento 1.10 è un'aggiunta che ho voluto introdurre non tanto perché vi sia una oggettiva esigenza giuridica, quanto, piuttosto, per venire incontro, per l'ennesima volta, alle perplessità di natura costituzionale - che non condivido - sollevate da alcuni gruppi. L'aggiunta estende l'applicazione dell'aggravante ai casi in cui i reati richiamati siano stati commessi in ragione del sesso, dell'età ovvero della disabilità della persona offesa.
Con tale aggiunta ho tentato di superare le obiezioni, a mio parere infondate, di coloro che sono contrari ad una legge contro l'omofobia e la transfobia perché non sarebbe ragionevole, secondo l'articolo 3 della Costituzione, prevedere un'aggravante che faccia riferimento a reati commessi contro una sola categoria di soggetti discriminati, lasciando scoperte altre categorie similmente discriminate. Come potete immaginare, figuriamoci se io, che mi batto contro le discriminazioni, non sono favorevole a comprendere altri soggetti discriminati nell'applicabilità della suddetta aggravante.
Nel citato emendamento, quindi, ho aggiunto tutte le categorie di soggetti inseriti nell'articolo 19, paragrafi 1 e 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, anche se, come spiegherò successivamente, ciò è pleonastico in alcuni casi. La Commissione, però, con evidente incoerenza, ha bocciato anche tale emendamento estensivo.
Onestamente, dopo quasi mille giorni che il provvedimento in esame è all'ordine del giorno e dopo tanti tentativi, da parte mia, di arrivare ad una mediazione, l'impressione è quella di avere davanti un muro di gomma. Per ogni soluzione offerta alle obiezioni sollevate se ne sollevavano delle nuove.
Riassumo tutti gli ostacoli che ho cercato di superare. Accantonato il reato di opinione perché bocciato, l'obiezione è diventata la nozione di orientamento sessuale. Quando questa nozione è stata espunta con la diversa formulazione proposta, cioè omofobia e transfobia, omosessualità e transessualità, l'obiezione ha riguardato la ragionevolezza della ridotta applicazione dell'aggravante alla sola omosessualità e transessualità.
Superato ciò con l'estensione dell'aggravante ad altre categorie di soggetti discriminati per età, sesso, ovvero disabilità, il problema è l'esatta corrispondenza con l'articolo 19 del Trattato. Il muro di gomma ancora resiste e assume forme sempre più nuove.
Una delle novità dell'ultima ora sarebbe l'esigenza di tutelare la privacy della vittima del reato, che potrebbe avere interesse a non rendere manifesta attraverso un processo la propria omosessualità o transessualità. Si dice che l'aggravante determinerebbe l'esigenza di verificare in sede processuale se la vittima sia realmente omosessuale o transessuale. Cari colleghi, ciò è abbastanza bizzarro, perché è a tutti ben chiaro che la ratio dell'aggravante è quella di punire il movente di un soggetto, che commette un reato in ragione della presunta condizione umana di un'altra persona. Con la nuova aggravante non si vuole tutelare l'omosessuale in quanto omosessuale, ma si vuole punire un soggetto che delinque solo in quanto ritiene di avere dinanzi a sé una persona diversa da lui e quindi inferiore. Che la vittima sia o non sia omosessuale o transessuale è del tutto irrilevante.
Il muro di gomma ha, però, assunto forme paradossali quando in Commissione esponenti della maggioranza hanno criticato l'uso della nozione di omosessualità e Pag. 7transessualità ritenendo migliore quella di «orientamento sessuale», prevista dall'articolo 19 del Trattato. È un'obiezione paradossale, a parer mio, in quanto proprio la nozione di orientamento sessuale era stata oggetto della loro precedente questione pregiudiziale di costituzionalità. La mia sensazione che la maggioranza volesse procedere all'indietro invece che verso l'applicazione di un testo condiviso ha avuto qui una conferma.
Cari colleghi, io non posso nascondervi la mia indignazione. Stiamo parlando della vita e dell'incolumità di migliaia di cittadine e cittadini, che hanno il diritto di essere salvaguardati giuridicamente dalla violenza e dalla discriminazione, perché sono purtroppo minoranze esposte a pregiudizio, ma nello stesso tempo contribuiscono al bene di questo Paese come tutti gli altri e come tutti gli altri lavorano e pagano le tasse. Eppure la Commissione ha respinto qualsiasi mia proposta per tutelarli. Questa è la ragione per cui mi sono dimessa e oggi sono relatrice di minoranza, con grande dispiacere, perché a parere mio ci sarebbero state le condizione per arrivare in Aula con una proposta condivisa.
Un testo condiviso che possa arginare il fenomeno, secondo me, continua ad essere un obiettivo raggiungibilissimo e continuerò a perseguirlo tenacemente e generosamente insieme al mio partito. È qui in Aula, davanti al Paese, che potremo davvero capire se le obiezioni ai diversi testi sottoposti alla Commissione siano giustamente tecnico-giuridiche o siano di altra natura. Se la contrarietà è proprio a un testo che tratti di tutela penale e di persone omosessuali e transessuali, qualunque esso sia, dovrà essere chiaramente esplicitata, senza ambiguità e prendendosene tutta la responsabilità.
Quello che in molti non vogliono vedere è che, approvando questo provvedimento, noi daremmo finalmente attuazione all'articolo 19, paragrafi 1-2, del Trattato, attuazione a cui l'Italia è obbligata perché il Trattato è stato ratificato da questo Parlamento ai sensi della legge 2 agosto 2008 n. 130 con unanimità di consensi. Quei paragrafi prevedono, infatti, l'introduzione di norme per «combattere discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale». Va detto, però, che su alcuni di questi soggetti vi sono già forme di tutela (oltre che nella «legge Mancino» nel recente «pacchetto sicurezza») come esistono aggravanti a tutela di soggetti deboli, vittime di reati, come minori, anziani e disabili (in alcuni altri articoli del codice penale). È chiarissimo, quindi, che gli unici soggetti che nel nostro ordinamento sono tagliati fuori da qualsiasi forma di tutela (gli unici!) sono appunto gli omosessuali, i transessuali e i soggetti discriminati in base al sesso, nonostante il Trattato ci obblighi a tutelarli.
Così come per l'aggravante prevista dalla «legge Mancino» - con la quale le connessioni, ovviamente, sono evidenti - anche per questa nuova aggravante si prevede la deroga al meccanismo del bilanciamento delle circostanze, stabilendo che questa debba comunque essere applicata e che le attenuanti operino dopo che la pena sia stata aumentata. Nell'articolo 2, per finalità rieducative, si è previsto che, qualora ricorra la circostanza aggravante, la sospensione condizionale della pena può essere subordinata, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuite in favore di enti e associazioni, che hanno lo scopo di tutelare le persone contro le discriminazioni per un tempo determinato e comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
Ecco, ritengo che si tratti di una previsione che rispecchi pienamente la ratio del provvedimento, perché dietro l'odio del diverso c'è il pregiudizio che nasce proprio dalla non conoscenza dall'altro.
Care colleghe e cari colleghi, in conclusione voglio ricordare a tutti che il Presidente della Repubblica, per il secondo anno, nella Giornata internazionale contro l'omofobia ha sollecitato in modo inequivocabile il Parlamento a legiferare su questo allarmante fenomeno sociale. Questa Pag. 8legge infatti, oltre a sanzionare comportamenti evidentemente antisociali, ha un compito ben preciso: essere indicatore di un'idea di società rispettosa di tutti e inclusiva. Chiedo quindi a tutti un gesto di responsabilità perché questa legge non è di destra né di sinistra. Una legge che argini l'odio (solo di questo si tratta: una legge che argina l'odio e la violenza) è una legge intorno alla quale si deve riconoscere tutto un Paese, se è un Paese civile. Uno Stato civile e degno è quello che non umilia i suoi membri, e noi dobbiamo essere degni di rappresentare questo Paese e tutti i suoi cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica. È iscritta a parlare l'onorevole Perina. Ne ha facoltà.

FLAVIA PERINA. Caro Presidente, caro Ministro, cari colleghi, il testo di questo provvedimento è così semplice che certo non è necessario spiegarlo e nemmeno difenderlo, così come non credo sia necessario soffermarsi sul fatto che è emerso chiaramente, dagli interventi del relatore di maggioranza e della relatrice di minoranza, che le scelte della maggioranza nei 900 giorni del dibattito su queste norme rispondono ad un solo obiettivo: evitare - cavillo dopo cavillo - che l'Italia si esprima con norme chiare contro l'omofobia. Quasi tutte le nazioni europee hanno introdotto aggravanti per le violenze legate al razzismo e all'omofobia per un motivo molto semplice, perché aggredire una persona non per qualcosa che può avere fatto ma per ciò che è, per la diversità che rappresenta (razziale, religiosa, sessuale) alimenta fenomeni di discriminazione e di odio molto pericolosi per le società libere. Aggredire un omosessuale in quanto omosessuale, o un ebreo perché è tale, o un disabile perché è disabile, non è soltanto una violenza che si fa all'individuo ma un colpo alla convivenza civile e alla libertà e alla democrazia di un Paese, così come ha ricordato martedì scorso il Presidente Napolitano con parole che forse avremmo dovuto ascoltare meglio.
Sono stata contenta personalmente di vedere che davanti alla bocciatura del testo Concia in Commissione giustizia diversi esponenti del PdL hanno manifestato l'intenzione di sostenere comunque la legge, ed è importante che segnali di apertura siano arrivati da due Ministri istituzionalmente preposti a questi temi, cioè Mara Carfagna e Angelino Alfano. Vorrei rivolgermi a loro e agli altri colleghi del PdL per invitarli a un supplemento di riflessione. Una riflessione politica, oltre il merito del provvedimento, perché è evidente che la scelta di ostacolarlo è legata più a considerazioni politiche generali che ai contenuti di una norma che è difficile non condividere, e che certo non è paragonabile per il suo impatto alle scelte in materia di diritto che in passato hanno lacerato il Paese. Cari colleghi del PdL, il centrodestra italiano è evidentemente ad un bivio, e lo sapete tutti. Può continuare ad esprimersi nelle forme aggressive e divisive della propaganda fondata sulla paura dall'altro e del diverso (gli stranieri, i gay, i musulmani) o può recuperare il senso della misura che appartiene a tutti i centrodestra europei, e ritrovare la natura moderata e inclusiva del partito liberale di massa laico, aperto all'innovazione sociale oltre che economica che un tempo volevamo costituire. Può chiudersi in battaglie ideologiche di retroguardia che altrove sono appannaggio delle destre estreme, oppure tornare a guardare all'orizzonte della società reale, vera, dove le regole di convivenza civile hanno bisogno di un costante aggiornamento, e tocca alla politica provvedere. Può impantanarsi nella difesa dell'immobilismo, oppure accettare la sfida di dare risposte che avranno effetti sulla società di domani, che indicheranno una strada, lanciando messaggi e creando incentivi o deterrenti verso certi tipi di comportamenti, risposte che servono non soltanto ad arginare emergenze ma a dire agli altri, a noi stessi, ai nostri figli, che tipo di società vogliamo costruire per il futuro. Pag. 9
Negli ultimi cinque giorni abbiamo letto un fiume di analisi che incitano il Popolo della Libertà a scegliere questa seconda direzione, abbandonando gli atteggiamenti incattiviti e talvolta caricaturali che da mesi dominano il suo rapporto con la politica e con i cittadini. Sul tema dell'omofobia, in particolare, è andato in scena un autentico teatrino del rancore, dagli inviti di un sottosegretario a boicottare una delle più grande aziende del mondo per la sua pubblicità gay friendly, all'accusa ad un candidato sindaco di manovrare per privilegiare i femminielli.
Siete sicuri, colleghi, che questa sia una corretta rappresentazione di un partito di Governo in un Paese occidentale? Siete certi che questa sia la strada giusta per recuperare il rispetto ed il consenso? Colleghi del PdL, voi siete al bivio tra consegnarvi a questa grottesca retorica oppure dare il segnale di un'inversione di tendenza. Alla fine del 2009, in un clima molto diverso che portò all'approvazione di altre leggi di grandissimo rilievo sociale - e penso a quella sullo stalking - si era verificata una larga convergenza su queste norme e credo che quello spirito possa e debba essere recuperato anche tenendo conto dei successivi miglioramenti portati alla proposta che discutiamo. Tra l'altro, in un momento in cui l'accusa principale rivolta a questo Parlamento è l'immobilismo, l'incapacità di discutere e varare riforme che abbiano un senso concreto per il Paese, chiudere con una scelta positiva una partita che si trascina da quasi mille giorni significherebbe anche dare una dimostrazione di esistenza in vita altrimenti molto complicata.
Quanto al mio gruppo, Futuro e Libertà per il Terzo Polo, come è noto, si impegnerà per l'approvazione di queste norme nella convinzione che esistono partite sulle quali una politica degna di questo nome deve essere capace di non dividersi. Sono le partite che attendono alle precondizioni della politica, all'idea di una società laica ed aperta dove lo slogan del popolarismo europeo: «prima la persona», non sia solo un vuoto ritornello, ma qualcosa di concreto e tutelato dalle istituzioni. E, poi, l'emendamento 1.10 per l'estensione delle aggravanti ai casi in cui i reati di violenza siano stati commessi in ragione dell'età o della disabilità della persona offesa è un ulteriore incentivo a mandare in porto questo provvedimento. Dopo aver visto così a lungo questa Assemblea impegnata su leggi a tutela della classe politica, del Capo del Governo, insomma dei forti, sarebbe bello un gesto politico in favore dei più deboli, dei meno garantiti e spero che saremo capaci di farlo. Ma in conclusione voglio aggiungere un mio personale pensiero che attiene alla mia specifica biografia politica, peraltro condivisa da alcuni in quest'Aula: da giovane ho sperimentato, abbiamo sperimentato, che cosa significa essere discriminati e, talvolta, oggetto di violenza, non in ragione di un'azione commessa o di una lite motivata, ma per ciò che eravamo, sulla base di un odio quasi antropologico per le nostre persone. Per questo non mi è difficile immedesimarmi nella condizione di chi, oggi, nel 2011, vive in questa situazione in ragione delle sue scelte personali o dei suoi orientamenti sessuali. Non c'è Stato civile che non abbia il dovere di intervenire quando questo si verifica dando un segnale chiaro perché l'ambiguità e l'assenza di intervento non sono atti neutrali, ma costituiscono in qualche modo una scelta, la scelta di lasciar fare, di guardare da un'altra parte e questo non sarebbe degno di noi, di questo Parlamento e di questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Futuro e Libertà per il Terzo Polo e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stracquadanio. Ne ha facoltà.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Signor Presidente, signora Ministro, colleghi, colleghi relatori, partirò da una citazione di una persona i cui principi liberali non possono certo essere messi in discussione da nessuno di noi e che, spesso, dà lezioni di liberalismo anche a noi del Popolo della Libertà che vorremmo essere più liberali di quanto talvolta non riusciamo Pag. 10ad essere. Mi riferisco a Piero Ostellino che, in un articolo del gennaio 2011, scriveva: «a chi gli chiedeva quale fosse la politica del Cremlino nei confronti degli omosessuali, un Ministro sovietico aveva risposto: noi siamo contrari all'omosessualità. Come dire che era contro i temporali. Il Ministro aveva trasformato un giudizio di fatto, resistenza all'omosessualità, in un giudizio di valore, l'avversione per gli omosessuali, e il giudizio di valore in un fatto, la persecuzione degli omosessuali passibili di condanna a cinque anni. La contrapposizione di un ideale alla realtà effettuale che porta a negare la realtà, cioè il salto da una proposizione descrittiva, il mondo come è, ad una prescrittiva, il mondo come si vorrebbe che fosse, è una distorsione logica».
Signor Presidente, credo dobbiamo affermare, innanzitutto, un principio e, cioè, che ciascuno è libero di vivere la propria sessualità come crede e con chi crede, con il solo limite invalicabile della violenza che è sempre e comunque intollerabile. E non esiste alcuna giustificazione allo stigma sociale o all'aggressione verbale o fisica nei confronti della libertà sessuale delle persone. Devo dire, però, signor Presidente, a onore della verità, e anche per rispondere in parte a quello che ha detto prima la collega Perina, che non da questa parte è venuta, negli scorsi mesi, un'aggressione alla libertà sessuale delle persone.
Provo soltanto a leggere quello che scrisse sempre Pietro Ostellino in un articolo del 19 gennaio 2011, quando nel pieno della polemica sulle private frequentazioni del Presidente del Consiglio, ebbe il coraggio di dire che una donna che sia consapevole di essere seduta sulla propria fortuna e ne faccia, per dir così, partecipe chi può concretarla non è automaticamente una prostituta. Il mondo è pieno di ragazze che si concedono al professore per godere di un'indulgenza all'esame o al capo ufficio per fare carriera. Aver trasformato in prostitute delle ragazze che frequentavano casa Berlusconi, dopo aver intercettato le telefonate e fatto perquisire le abitazioni, non è stata soltanto un'operazione giudiziaria bensì anche una violazione della dignità di donne la cui sola colpa era quella di aver fatto eventualmente uso del proprio corpo. La pubblicazione da parte dei media delle loro fotografie, che corredate di nomi e cognomi sono adesso delle vere e proprie foto segnaletiche, non è stato soltanto un fatto di cronaca è stata anche una barbarie. Una barbarie, signora Presidente, che si sta riproducendo anche in questi giorni di campagna elettorale. Dove devo denunciare qui, approfittando dell'opportunità che mi viene data di questo dibattito, il fatto che le persone che lavorano con noi alla campagna elettorale e che stanno nei gazebo delle città dove si svolgono i ballottaggi vengono costantemente e ripetutamente indicate dai nostri avversari come puttane. Passano i nostri avversari politici con i loro simboli politici, guardano le donne che lavorano con noi e dicono loro: puttane, quanto vi danno per stare qui a prendere questi voti? Puttane, cosa avete fatto per stare con il partito del puttaniere? E così via. Cioè il più grande stigma sociale nei confronti della libertà sessuale di questi mesi è venuto da quel movimento che si è chiamato «Se non ora quando»? Che ha voluto rovesciare la realtà, come diceva Ostellino, quello che può accadere, dovremmo accettare che accada nella vita nel contrario cioè in una prescrizione del dover essere e allora io continuo dicendo questo. Non è accettabile alcuna aggressione, che si tratti di aggressioni come quella che ho appena descritto o che si tratti, ad esempio, dell'aggressione che ha subito proprio l'onorevole Concia e la sua compagna qui a Roma e qui vicino quando qualcuno le ha aggredite con una frase che credo fosse «lesbiche di merda» - perdonatemi la citazione, ma è indegno quello che è stato detto -, mi fate schifo: hanno fatto bene a mettervi nei forni crematori, dovrebbero rifarlo. Credo sia questa la citazione, la traggo dal Corriere della Sera. Ebbene questa è una cosa inaccettabile ed è già per il nostro diritto penale un reato, è già per il nostro diritto penale un reato perché rientra tra le ingiurie per turpi e futili motivi. Pertanto avrebbe dovuto essere denunciato e perseguito Pag. 11quell'uomo. Perché - guardate - il punto chiaro non è tanto che vi debbano essere specifiche tutele per specifiche condizioni della vittima. Questo è un pericolo per la società e cercherò di spiegare perché. Ma lo spiega meglio proprio la vittima di queste persecuzioni, la compagna di Paola Concia, quando dice: «In Germania abbiamo un'unica legge onnicomprensiva contro le discriminazioni di ogni tipo». Anche noi abbiamo un'unica legge contro le discriminazioni di ogni tipo, ripeto: di ogni tipo, non facendone una casistica. Infatti, nel momento in cui facciamo una casistica delle discriminazioni discriminiamo a nostra volta, dimenticandoci qualcuno che possa essere o sentirsi a sua volta discriminato (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Ragion per cui se io dico a qualcuno «lesbica di merda» sono punito dalla legge in maniera più grave che se gli dico obeso, schifoso, lardoso e puzzolente perché questo nei trattati e nelle leggi non viene scritto. Non esiste la possibilità di classificare la società in questo modo e di dividerla in questo modo e questo è un errore grave che compie anche l'Europa. Lo aveva ben capito, signora Presidente, un giurista liberale, Bruno Leoni, nel 1961, in un autentico capolavoro che consiglierei a tutti di leggere, che si chiama La libertà e la legge, dove scriveva che c'era in luce nella società occidentale il rischio di avere tre o quattro migliaia di diritti nel Paese, uno per i padroni di casa, uno per gli inquilini, uno per i datori di lavoro, uno per i lavoratori e così via.
Ed è quello che sta accadendo oggi in molti Paesi occidentali, dove si rispetta ancora a parole il principio della rule of law e perciò l'uguaglianza davanti alla legge, mentre invece si discrimina via via, frantumando la società in ghetti, ognuno dei quali dovrebbe essere più meritevole di tutela di altri. Allora, signora Presidente, una società liberale difende, anche attraverso il diritto penale, la libertà di ciascuno, senza frantumare la società e senza rinchiudere gli individui in questi ghetti, alcuni dei quali poi sarebbero più meritevoli di tutela e altri meno.
La violenza, l'aggressione verbale, le criminalizzazioni, lo stigma sociale sono parimenti inaccettabili e punibili, indipendentemente dalle vittime, che siano omosessuali o eterosessuali o transessuali, uomini o donne, disabili o meno, alti o bassi, giovani o anziani, magri o grassi, malati o in buona salute e potrei continuare per ore ed ore nella distinzione della unicità che contraddistingue ciascuno di noi, per cui qualunque tipo di offesa potrebbe rappresentare uno stigma sociale. È proprio per questo che la legge italiana prevede i turpi e futili motivi, perché a quelli si riferisce, indipendentemente da quali essi siano e indipendentemente dal fatto che possano cambiare con la moda del tempo.
È ideologica, ghettizzante, illiberale e violenta nei suoi esiti la pretesa di introdurre aggravanti penali in relazione alla vittima e non alla gravità del fatto. È proprio per questa ragione, in base ai principi secondo i quali ciascuno è uguale di fronte alla legge, che la libertà di comportamento va in ogni caso difesa dalla violenza altrui, e la violenza è la stessa violenza che ha colpito Paola Concia e la sua compagna ed è la stessa violenza che colpisce le nostre donne oggi in campagna elettorale, che vengono costantemente additate come puttane e che sono state additate come puttane da manifestazioni intere in questo Paese, che hanno additato come puttane...

DONATELLA FERRANTI. E basta!

PRESIDENTE. Onorevole Stracquadanio, siccome la parola l'abbiamo capita, la può anche usare una volta in meno e siamo nell'ambito del Regolamento.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Lei mi ha interrotto, Presidente! Mi lasci concludere!

PRESIDENTE. Lei riesce ugualmente ad esprimere il suo pensiero ed è pregato, siccome l'abbiamo capito, di moderare il linguaggio!

Pag. 12

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Signora Presidente, credo che a volte la realtà bruci quando la si richiama e quando questa discriminazione...

PRESIDENTE. Non glielo consento, onorevole Stracquadanio.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Mi faccia parlare!

PRESIDENTE. Il suo tempo è terminato, mi dispiace. Avrebbe potuto risparmiare tempo, anziché fare dei commenti impropri sulla Presidenza.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Non è giusto! Non è giusto, Presidente!

ENRICO COSTA, Relatore per la maggioranza. Questo è un bel precedente!

MASSIMO POLLEDRI. Mi sembra un po' esagerato!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, ho ascoltato la relazione che ha fatto l'onorevole Costa, di cui prendo atto, che tra l'altro, in maniera molto sobria, ha spiegato che almeno oggi il dibattito sarebbe stato contenuto nei limiti degli argomenti ragionevoli di ciascuna delle parti, non un'esercitazione di improperi tratti dal linguaggio meno contenuto e meno proprio a quest'aula.
In realtà, la proposta in esame, che nella relazione di minoranza è stata ben individuata, mira ad introdurre un aumento di pena per determinati delitti, che sono delitti gravissimi contro la vita, contro l'incolumità individuale, contro l'onore, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e morale, in relazione appunto alla ragione dell'omosessualità, della transessualità, dell'età, del sesso e della condizione di disabile. Vorrei analizzare, per dare un momento di oggettività, le ragioni contrarie espresse o non espresse durante il lunghissimo tempo concesso al dibattito in Commissione. Si dice che l'aggravamento della pena non può essere finalizzata a reprimere un comportamento solo perché ritenuto riprovevole da questo o da quel codice etico. L'intervento non sarebbe necessario - poco fa è stato ribadito - perché già ad esempio esiste l'aggravante dei motivi abbietti e futili di cui all'articolo 61, numero 1, del codice penale.
Ma qui vengono in discussione i principi costituzionali che attengono alla tutela effettiva, a garanzia del pieno sviluppo della persona, che comprende, tra l'altro, gli aspetti relativi al proprio orientamento sessuale. Si prevede, dunque, una tutela rafforzata - non un reato autonomo - di certe categorie di soggetti ritenuti deboli, le vittime vulnerabili, per cui alcuni delitti ben individuati, che riguardano la tutela della vita, l'incolumità fisica e l'onore, risulterebbero aggravati laddove è provata una certa circostanza.
Non cerchiamo di strumentalizzare e di dare un contenuto o un'informazione errati: questa scelta già esiste. La scelta di aggravare alcuni reati a tutela di alcune situazioni di vulnerabilità maggiore già esiste: esiste per i minori, esiste per la prostituzione minorile, esiste con riferimento al reato di rapina e di furto, che è stato introdotto recentemente - non vedo più il rappresentante della Lega - nel cosiddetto pacchetto sicurezza.
La nostra proposta non cade nel tranello dei reati d'opinione, onorevole Costa, che riguardano appunto le legittime limitazioni della libertà di espressione del pensiero, perché esige la commissione del fatto reato, cioè di un comportamento oggettivo già lesivo di un bene giuridico tutelato dall'ordinamento. È previsto, poi, l'aggravamento ove siano provati i motivi legati all'orientamento sessuale e alle altre condizioni di vulnerabilità.
La rilevanza dei motivi a delinquere - vorrei dire a chi, evidentemente, non conosce il sistema penale, lo ha dimostrato poco fa l'onorevole Stracquadanio - è già prevista nel codice del 1930: infatti, l'articolo 133 del codice penale, laddove valuta la personalità e, quindi, la congruità Pag. 13della pena, fa riferimento anche ai motivi a delinquere. Quindi, è un elemento che già è presente nel sistema.
Per quanto concerne la questione della determinatezza, vorrei fare riferimento all'intervento svolto dall'onorevole Capitanio Santolini nell'ultima o nella penultima seduta della Commissione. L'indeterminatezza della condotta è sicuramente superata, rispetto alla questione che era stata posta dalla questione pregiudiziale di costituzionalità, dall'espresso riferimento a termini che, nel linguaggio comune, hanno un significato univoco: omosessuale-transessuale.
Si è parlato strumentalmente, anche oggi, di discriminazione per gli eterosessuali: è un falso problema, che sta a cuore a chi ha una sensibilità verso il rispetto del principio di uguaglianza solo in senso formale. Tuttavia, ricordo all'onorevole Capitanio Santolini e a tutti coloro che vogliono strumentalizzare questa situazione che, nella prima versione della nostra proposta - la proposta dell'onorevole Concia, che è stata sottoposta ad una questione pregiudiziale di costituzionalità qui in Parlamento per essere tolta definitivamente da torno -, avevamo utilizzato il termine «orientamento sessuale», che, ovviamente, è riferito a tutti gli orientamenti sessuali.
Tale termine è usato in Francia, in Belgio, in Portogallo, in Spagna e nell'Unione europea, ma, in quella seduta del 13 ottobre 2009, è stato detto che aveva un senso di indeterminatezza. Pertanto, la nostra proposta non specifica: specifica le discriminazioni anche con riferimento all'omosessualità, alla transessualità, al sesso e alla condizione di disabilità. In sede di Comitato dei nove, noi siamo disponibili a perfezionare e a cercare di verificare un termine che sia adeguato ai principi costituzionali e ai principi del diritto europeo, laddove, però, non vi siano dietrologie né pregiudizi, comunque e a priori.
Per quanto concerne la relazione della relatrice di minoranza, vorrei farvi osservare quanto segue. Mi riferisco al testo finale, quello che è stato prodotto in sede di ultima votazione, sul quale avete votato contro, presentando, anzi, due emendamenti soppressivi. Non è stato presentato un emendamento migliorativo, Ministra Carfagna, che potesse avviare un discorso costruttivo: sono stati presentati due emendamenti soppressivi che hanno «fatto fuori» il testo.
Ebbene, nel testo della relatrice di minoranza, si tiene conto anche delle osservazioni del professor Eusepi, e cioè delle altre situazioni di debolezza intrinseca che riguardano le condizioni di handicap e l'età anziana, che consentono anche il superamento di quell'obiezione - l'unica avanzata dal professore Eusepi, chiamato in audizione dai gruppi dell'Unione di Centro per il Terzo Polo, mi sembra - relativa alla questione di costituzionalità e al principio di uguaglianza inteso in senso formale.
Il principio di eguaglianza, infatti, è anche quello sostanziale, espresso nel secondo comma dell'articolo 3, il quale - connesso all'articolo 2 della Costituzione - tende e deve far rimuovere quegli ostacoli che si frappongono alla piena uguaglianza sostanziale, e non soltanto formale, e alla piena dignità degli uomini e delle donne.
Non escludiamo l'impegno coessenziale, così come è stato detto più volte anche dal Presidente della Repubblica, dalla Ministra Carfagna, da tutti coloro che sono intervenuti e dalla relatrice; non escludiamo che l'aggravante non risolva il problema a trecentosessanta gradi.
È ovvio che l'impegno coessenziale deve essere quello della sensibilizzazione educativa e culturale, a rispetto di ogni altro individuo, ma è un impegno che non esime dal problema di una tutela penale rafforzata, che esiste ed è necessaria, se è vero che, dal 2006 al 2010, gli episodi di omofobia registrati sono stati 308, tra cui 37 omicidi e 194 violenze e aggressioni.
Sappiamo che il principio di eguaglianza sostanziale giustifica e rende ragionevole una differente e più intensa tutela penale - e mi rivolgo all'onorevole Stracquadanio, che non c'è ma che comunque potrà leggere questo mio intervento - connessa ad una particolare vulnerabilità della vittima. Pag. 14
Ricordo nuovamente il fatto che questa particolare vulnerabilità, ad esempio nei confronti dei disabili e degli anziani, è stata introdotta come circostanza aggravante all'articolo 625, commi 8-bis e 8-ter, e all'articolo 628, commi 3-ter e 3-quater, i quali riguardano furto e rapina aggravata, laddove vi siano certe condizioni ambientali e situazioni personali della vittima. Quindi, oggi, non potete dire che il codice penale non può intervenire a tutela di una vulnerabilità maggiore.
Vi ricordo - e mi rivolgo anche alla Ministra Carfagna - che l'articolo 36 della legge n. 104 del 1992, rivista dalla legge n. 94 del 2009 (sempre il solito pacchetto sicurezza, in questa legislatura), prevede già una tutela rafforzata per i disabili, proprio per i delitti non colposi contro le persone, per gli atti osceni e i reati contro il patrimonio.
Quindi, è una situazione sistematica già esistente, che va perfezionata e ampliata, riconoscendo altre categorie di situazioni di vulnerabilità della vittima. E qui mi rivolgo all'onorevole Costa: ho una grande fiducia nel suo ruolo di relatore, anche perché è un giurista che non potrà non riconoscere la bontà di queste mie affermazioni. Esse, ovviamente, non sono «mie», ma hanno avuto il supporto di una serie di audizioni di costituzionalisti, penalisti e professori, i quali non hanno un interesse specifico all'introduzione di una norma, ma valutano quella norma nell'ambito del sistema.
Mi dispiace che l'onorevole Santolini - che pure ho visto presente nell'ultima votazione a rappresentare il voto contrario dell'Unione di Centro - non sia mai venuta a quelle audizioni. Le audizioni, infatti, non servono a far fare la passerella agli auditi, ma servono ad approfondire, affinché il Parlamento produca leggi che siano inserite in un sistema, come diceva poco fa l'onorevole Stracquadanio.
Noi siamo disponibili anche a reintrodurre il termine «orientamento sessuale», se è quello che, comunque - come ha detto anche l'onorevole Lussana in Commissione - offre maggiore garanzia che tutte le discriminazioni connesse con il sesso siano, in qualche modo, oggetto di una tutela rafforzata.
Non bisogna avere paura di introdurre norme che puniscano più gravemente reati ben individuati, connessi all'omosessualità e transessualità delle vittime. Infatti, abbiamo già esempi nella legislazione comparata: onorevole Costa, vogliamo metterci, in Comitato dei nove, a tirare fuori dettagliatamente tutta la legislazione comparata? Vogliamo tirare fuori tutte le norme che sono già in vigore in Francia, in Belgio e in Spagna, e cercare, a partire da esse, di desumere princìpi sistematici che consentano di superare, se sono soltanto problematiche lessicali?
Il mio timore è che non siano problematiche lessicali ma che siano questioni di pregiudizio. Qualcuno dei gruppi, non tutti, di maggioranza, e purtroppo anche qualche gruppo di opposizione, non vuole proprio sentir parlare, non vuole nemmeno sentire menzionare la parola «omosessuale», la parola «transessuale»; non se ne vuole parlare, non si vuole riconoscere che esiste un orientamento sessuale differenziato e che esiste la necessità di una tutela rafforzata rispetto a situazioni di aggressione della libertà e della dignità dell'individuo.
Noi riteniamo di non poter abdicare all'impegno di introdurre una norma penale che ritenga particolarmente riprovevoli certi comportamenti, in ragione dell'orientamento sessuale della vittima. Faremo il nostro dovere fino in fondo, ci auguriamo insieme agli altri gruppi, prendendo spunto anche dall'auspicio chiaramente dettato e manifestato dal Presidente Napolitano in occasione della giornata internazionale dell'omofobia e dall'obbligo che ci impone l'attuazione del Trattato di Lisbona, ratificato all'unanimità nell'agosto 2008, come ha ricordato poco fa nella relazione di minoranza la relatrice Concia. Non si può dimenticare la piena efficacia del diritto comunitario anche in campo penale, ribadita dalla Corte di giustizia fin dal 1972, e più di recente, lo ricordo ai colleghi della Lega Nord Padania, il 28 aprile scorso, in materia di direttiva di Pag. 15rimpatrio. Inoltre, in nome della sovranità nazionale non si può abdicare all'impegno di dare attuazione ai diritti fondamentali già scritti nella nostra Costituzione, oltre che nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Ho ascoltato la relazione «aperturista» del relatore Costa, ci auguriamo che siano segnali concreti e che questi segnali concreti si manifestino, diano un rapporto effettivo in sede di Comitato dei nove, uscendo finalmente da un'ambiguità che fa male alle istituzioni e genera confusione, incredulità e sfiducia dei cittadini nei confronti della politica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, ancora una volta siamo qui a discutere e a votare un disegno di legge che suscita non pochi contrasti e che, inspiegabilmente, ha subito un'accelerazione non prevista e, a mio avviso, non opportuna. Circa due anni fa abbiamo affrontato questo problema e, come tutti ricorderanno, e come è stato già ricordato dai colleghi precedentemente, il testo di legge è stato rinviato in Commissione poiché si erano ravvisati gli estremi di incostituzionalità. Siamo allo stesso punto di allora, checché se ne dica, e rimaniamo del parere che il testo che stiamo discutendo, pur modificato, non possa essere votato perché i profili di incostituzionalità restano presenti e invariati. Per dovere di cronaca, l'ho fatto presente in Commissione Giustizia e ho chiesto un'ulteriore riflessione per cercare di trovare una soluzione condivisa e soddisfacente. Questa annosa polemica forse avrebbe anche potuto essere risolta ma così non è stato e in Commissione Giustizia non è stato possibile ottenere un prolungamento dei tempi per la discussione. Non si può invocare il fatto che abbiamo presentato degli emendamenti soppressivi; se una cosa non è possibile discuterla con calma e proseguire un po' tranquillamente e serenamente la discussione in Commissione, perché qualcuno ha ritenuto che le argomentazioni fossero sufficienti e che il dibattito fosse esaurito, allora, a questo punto, abbiamo presentato degli emendamenti soppressivi; non mi pare che vi sia di che scandalizzarsi. Non è che ci siamo sottratti al confronto e vorrei dire alla collega che è vero che non sono sempre venuta in Commissione ma esistono anche gli atti parlamentari, esistono i resoconti stenografici delle Commissioni; sono queste argomentazioni un po' folcloristiche.
Il fatto che io abbia partecipato ad alcune sedute e ad altre meno non esprime nulla sulla nostra posizione.
Siamo così ora arrivati, vista la poca disponibilità della Commissione, a sopprimere gli articoli del testo unificato, a ricorrere al testo Soro - che è, appunto, incostituzionale - e alle dimissioni della relatrice, onorevole Paola Concia. Non mi sembra un grande risultato. Sarebbe stato tutto molto più semplice se si fosse usato un minimo di buon senso e di concretezza. Questo vale per il PD, ma vale anche per il Ministro Carfagna.
Tuttavia, avremo modo di illustrare le nostre riserve quando voteremo le questioni pregiudiziali. Potrei qui chiudere il mio intervento in sede di discussione sulle linee generali, semplicemente dicendo che si tratta di un testo irricevibile, perché incostituzionale. Invece, per correttezza nei confronti di quest'Aula e per dovere di chiarezza, non mi sottrarrò alla valutazione di questa proposta di legge, ripetendo fino alla noia quanto già detto in questa sede e in altre occasioni.
Se vi è una cosa odiosa e da condannare questa è rappresentata dalle discriminazioni, di qualsiasi tipo, natura e origine. Se vi è un argomento sul quale tutti dobbiamo vigilare e su cui non sono concessi dubbi o incertezze e riserve questo è quello della violenza, su chiunque venga perpetrata e per qualsiasi ragione accada.
Occorre dire «no» a lettere maiuscole e occorre essere assolutamente chiari in tutte le sedi possibili, ufficiali e non, Pag. 16grandi e piccole, vicine e lontane, culturali, politiche, mediatiche ed educative per dire «no» alle violenze, anche, ovviamente, contro gli omosessuali, transessuali e contro chiunque sia oggetto di violenza.
Spero di essere stata chiara e non equivoca. Detto questo, quello su cui non siamo d'accordo è ricorrere ad una legge che proponga un'aggravante per i reati originati da un atteggiamento violento nei confronti degli omosessuali e di altre categorie. Perché proporre un'aggravante? Cosa si cerca di ottenere con questa proposta? Giustizia, protezione e garanzie per gli omosessuali o la volontà di attribuire particolare evidenza giuridica e sociale alle scelte sessuali dell'individuo, in quanto si vuole che esse siano percepite come equipollenti o indifferenti? Questa è la domanda. E viene spontanea perché, nonostante quello che alcuni sostengono, non è che in Italia vi sia solo la questione omosessuale, che sia più urgente, più importante o maggiore di altre, perché le discriminazioni - che vi sono, e assolutamente da condannare - sono analoghe a quelle che colpiscono altre categorie che sono sotto tiro da parte dei violenti e dei criminali perché odiate a causa della loro diversità. Che cosa dire dei barboni a cui viene dato fuoco - cosa successa in provincia di Roma -, dei disabili oggetto di bullismo pesante e violento a scuola, dei disabili psichici violentati, degli anziani maltrattati negli istituti, emarginati e abbandonati perché considerati soggetti deboli? E si potrebbe continuare. Sono o no discriminazioni e violenze perpetrate a causa della diversità di queste persone?
In altre parole, si invoca con questa proposta di legge una disparità di trattamento per le condotte attinenti le scelte sessuali rispetto ad altre condotte ugualmente da condannare.
In altre parole ancora, il testo propone un'aggravante per dare rilievo solo alle discriminazioni fondate sul sesso e sull'orientamento sessuale: questo comporta che si preveda una disparità di trattamento rispetto ad altre categorie di persone esposte a discriminazioni analoghe. Non è pensabile superare queste obiezioni elencando tutte le possibili situazioni e categorie per cui prevedere un'aggravante. È questo il punto.
Sul tema dell'orientamento sessuale vi sarebbe molto da dire, ma per brevità sarò estremamente sintetica. Molto è stato detto su questo argomento che è richiamato dalla proposta di legge che stiamo discutendo. Non è possibile, a mio avviso, introdurre in una legge il concetto di orientamento sessuale - cosa che è già stata detta anche precedentemente -, per la vaghezza e la indeterminatezza dell'espressione.
Quando si parla di codice penale occorre un'estrema chiarezza, perché chi viola la legge e ne deve rispondere in sede penale deve sapere come e perché l'ha violata.
Dunque, non si possono formulare incriminazioni con l'uso di espressioni generiche che non rimandano a comportamenti chiari e percepibili nella loro chiarezza.
Il mio orientamento sessuale è eterosessuale, altri hanno un orientamento omosessuale, altri poligamico, altri pedofilo. In qualità di vittime di discriminazioni e violenze cadiamo tutti sotto la tutela di questa legge o no (Commenti della deputata Concia)? Se si vogliono tutelare soltanto gli omosessuali e i transessuali bisogna esplicitarlo e non rimanere in una espressione che può portare ad esiti paradossali.
Dunque, credo che il discorso sull'orientamento sessuale debba essere approfondito maggiormente e le scelte individuali debbano essere certamente rispettate, ma che non possano entrare in una proposta di legge.
Tra l'altro, come è già stato detto - mi avvio alla conclusione - non si può introdurre una simile aggravante semplicemente perché tali soggetti non sono tutelati a sufficienza. È già stato ricordato che le aggravanti esistono e all'articolo 1 del codice penale ci sono ampiamente le garanzie che queste discriminazioni e questi atti violenti vengano condannati.
Allora, come risolvere il problema della violenza nei confronti degli omosessuali? Pag. 17Non con le leggi, ma con un'intensa opera di educazione e di «coscientizzazione» presso i minori, gli adolescenti, i giovani e le loro famiglie che a volte sono le involontarie fucine di gesti violenti e discriminatori. Occorre reagire con severità e tempestività; occorre lavorare molto e bene in tutti gli ambienti perché le discriminazioni sono un fatto culturale e le aggravanti non servono, come è stato dimostrato in altri casi in cui sono previste pene aggiuntive che però non hanno costituito alcun deterrente.
Il nostro obiettivo, di tutti intendo, deve essere quello di garantire a tutti i cittadini indiscriminatamente il rispetto dei diritti fondamentali e siamo anche convinti della necessità non solo di stigmatizzare, ma di impedire che sul piano sociale vi sia la sottovalutazione di un fenomeno, odioso e grave sotto tutti i profili, come quello dell'omofobia.
Ogni violenza deve essere condannata e non è valido, né possibile, introdurre categorie o sottocategorie di reati che finiscono con il creare nuove ed inedite disparità di trattamento nei confronti di chi non rientra in queste categorie, con buona pace dell'articolo 3 della Costituzione.
Né vale invocare la legislazione europea. Dall'esame della normativa comunitaria e nazionale, come pure dai recenti sviluppi del diritto dell'Unione europea, emerge con chiarezza che non esiste alcuna necessità o obbligo per il legislatore nazionale di introdurre una simile fattispecie di reato. Siamo convinti, convintissimi, che la dignità della persona umana debba essere salvaguardata con tutti i mezzi leciti possibili e che i diritti fondamentali sono alla base di ogni ordinamento giuridico che rappresenta la cifra di ogni civiltà.
Siamo convinti che l'omofobia vada combattuta senza riserve, ma siamo altrettanto convinti che questi fenomeni violenti e vigliacchi vadano perseguiti non introducendo aggravanti di pena nel codice penale, né avallando il ricorso al diritto penale per introdurre norme-manifesto o simboliche, cioè prive di qualsiasi efficacia preventiva, ma finalizzate a intenti promozionali verso certe condizioni o scelte esistenziali.
Per questo esprimiamo il nostro convinto dissenso da questa proposta di legge (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lorenzin. Ne ha facoltà.

BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, colleghi, oggi stiamo affrontando un tema estremamente delicato e complesso. Non nego che intervenire su queste questioni non è semplice, perché spesso anche una sola parola detta fuori luogo o espressa in modo non troppo chiaro può destare e dare adito a false interpretazioni. Però, parlando chiaramente, vorrei cercare di focalizzare il tema, il motivo e quello che ci ha spinto oggi qui a questo dibattito.
Innanzitutto cerchiamo di chiarire bene il motivo per il quale stiamo affrontando questo tema. Credo che tutti quanti, a prescindere dalle diverse posizioni personali o anche dalle valutazioni di tipo giuridico espresse qui ma anche nei lavori in Commissione, siamo d'accordo sulla necessità di fermare le ondate di violenza - e di formare una cultura alla tolleranza e al riconoscimento dell'altro nel nostro Paese - nei confronti di ogni tipo di discriminazione. In questo momento stiamo parlando delle discriminazioni che derivano dall'orientamento sessuale delle persone. Quindi, credo che questo sia il faro che guida l'azione di ognuno di noi anche nelle diverse rappresentazioni e nelle diverse idee che si stanno esponendo nel dibattito.
Se il tema è quello di fermare l'ondata di omofobia, che è stata particolarmente orribile negli ultimi anni, non dimentichiamo che in effetti essa è persistente nel nostro Paese ed è un elemento, un pregiudizio legato alla violenza che - almeno da quanto ricordo e da quando ho avuto le mie prime esperienze di amministrazione - purtroppo ritroviamo spessissimo Pag. 18nelle cronache. Si tratta pertanto di un tema non semplicemente da combattere, ma da combattere persistentemente nella nostra società e nei nostri ordinamenti.
Quindi, ciò significa che non dobbiamo approvare soltanto una legge o stabilire un principio di diritto che già è presente nella nostra Costituzione e nel nostro ordinamento, ma dobbiamo, tutti quanti, unire le forze per evitare che aggressioni e degenerazioni come quelle che sono avvenute anche recentemente si possano ripetere nel nostro Paese.
In questo contesto pertanto, per togliere qualsiasi tipo di dubbio, dobbiamo decidere e definire se una legge che introduca l'aggravante dell'omofobia sia la soluzione migliore per combattere questo tipo di questione. Noi abbiamo riflettuto sul piano giuridico e sul piano tecnico e pensiamo che non sia la soluzione migliore perché tecnicamente presenta dei profili di criticità, alcuni dei quali sono stati già illustrati dal relatore Costa, ma anche perché è una soluzione che ci divide invece di unirci nonostante - come stavo dicendo prima - siamo tutti contro ogni tipo di violenza e riconosciamo come imprescindibile la necessità di tutelare i diritti dei nostri cittadini.
Inoltre, c'è un problema tecnico che è risultato fin troppo evidente sin dalla prima analisi del testo. È un problema tecnico che difficilmente potrà essere superabile, e cioè che l'omofobia non offende uno stato giuridico chiaramente definito e definibile, come invece avviene per altre tipologie come nel caso di minori, dello straniero o del pubblico ufficiale. Stiamo parlando di una proposta di legge che vuole punire più gravemente chi aggredisce un'altra persona in quanto diversa da lui per orientamento sessuale. Tuttavia, questo carattere della diversità non ha una valenza giuridica. Questa critica non si riferisce, come hanno fatto alcuni colleghi, all'uso della parola omofobia o transfobia, che sono definiti dalla legge; il problema è che si chiede al giudice di dare valore all'odio e alla discriminazione in ragione dell'orientamento sessuale di una persona. L'omosessualità e la transessualità non sono categorie giuridiche e soprattutto appartengono al foro interno della persona. Il giudice si troverebbe a mischiare fatto e diritto. Daremmo al giudice uno strumento difficilissimo da applicare nel caso concreto.
Questo è, per quanto mi riguarda, forse il primo e più importante punto critico che non riguarda il giudizio di valore o di merito sul fatto che debba essere punito in modo grave chi aggredisce, attacca o usa violenza verbale o fisica nei confronti di una persona perché omosessuale o lesbica, ma riguarda invece tutta quell'altra sfera che è difficilmente comprensibile dall'opinione pubblica. Io non sono un giurista, ma chi come voi è giudice o avvocato e ha frequentazioni abituali con i tribunali sa quanto sia poi difficile l'applicazione del diritto nel momento in cui bisogna giudicare una persona in base al reato che commette e soprattutto come identificarlo più propriamente in queste situazioni.
Pertanto, sembra quasi che ci stiamo dimenticando che nello Stato moderno il legislatore debba ricorrere allo strumento penale solo in casi estremi e legati alla persona che viene punita.
La pena non può essere finalizzata ad affermare un'idea giusta e non deve reprimere un comportamento solo perché ritenuto riprovevole. Il ricorso al diritto penale è sempre l'extrema ratio del legislatore, quindi resta da valutare se questa sia la scelta più appropriata.
Credo che, dal momento che tutti vogliamo arrivare ad una soluzione condivisa, tutte le forze politiche qui presenti, sarebbe stato molto più opportuno - e lo dico scevra da qualsiasi elemento di polemica - riportare questo testo in Commissione e non tenerlo in Aula, non aprirlo ad un dibattito in cui vi sono delle posizioni così diverse nel merito stesso della soluzione identificata. Ciò non perché non si voglia trovare una soluzione al problema o non si voglia trovare una via, ma perché la via che è stata trovata non è condivisa, e non per motivi ideologici o culturali, ma innanzitutto per motivi tecnico-giuridici che la rendono, al parere dei Pag. 19più - e parliamo di giuristi che insegnano diritto penale e diritto pubblico - impraticabile.
Che cosa possiamo fare? Credo che innanzitutto dobbiamo partire da un'osservazione e mi rivolgo all'onorevole Concia che stimo moltissimo per la battaglia che sta portando avanti: dobbiamo combattere in modo fortissimo la cultura dell'odio, una cultura che pervade la nostra società e che si manifesta in forme di violenza e discriminazione nei confronti degli omosessuali, nei confronti spesso di tutto ciò che è diverso (pensiamo anche al fenomeno del bullismo) e nei confronti delle donne.
Questa cultura dell'odio va combattuta con misure attive, con azioni che possono anche riguardare il codice - secondo me più il codice civile che quello penale - e con azioni di soft law, chiamiamole misure attive, che in parte sono già state in qualche modo tracciate anche dall'azione del Governo degli ultimi anni. Mi riferisco alla campagna per l'omofobia che è stata un evento culturale nuovo per il nostro Paese e che segna comunque un passo in avanti rispetto ad un argomento che era rimasto, fino ad oggi, limitato soltanto al dibattito dei più. Mi riferisco, ad esempio, alla settimana contro la violenza organizzata dalle scuole. Avevamo introdotto all'interno della legge sulla violenza sessuale approvata dalla Camera e credo ancora ferma al Senato, un articolo, l'ultimo, proprio sulla prevenzione contro tutti i tipi di violenza: quella nei confronti delle donne, quella nei confronti delle altre persone e anche quella nei confronti di chi mostrava nella propria vita un diverso orientamento sessuale. Questa può essere una strada.
Non credo sia utile portarci ad una lettura così veloce ed affrettata, anche se l'onorevole Concia dice che sono passati mille giorni; mille giorni sono tanti, ma sono forse stati necessari per far maturare un dibattito che non è certamente di oggi, ma appartiene all'evoluzione del costume della nostra società, un dibattito aperto in cui le varie forze politiche e anche i vari orientamenti di pensiero si stanno confrontando.
Credo che il risultato maggiore, per il Paese non per un singolo soggetto o per il presentatore di una legge, sia quello di portare avanti, di far fare un passo avanti all'Italia nel rispetto dei diritti dell'altro, ma bisogna farlo anche nella praticabilità dell'esercizio di quello che si vuole realizzare.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

BEATRICE LORENZIN. Credo che, da questo punto di vista la legge, così come è stata scritta, non sia praticabile e auspicherei veramente che ci fosse un'azione di buona volontà, anche con un cronoprogramma da parte dei presentatori, per riportare i lavori in Commissione, per darsi dei tempi certi e per affrontare il tema forse con una maggiore serenità, pensando che dietro non c'è la volontà di nascondere delle trappole, ma soltanto di portare una norma che sia più ampiamente condivisibile da tutti e che sia anche praticabile, sia per il nostro diritto che per la nostra Costituzione.
Non deve essere soltanto una legge di bandiera che qualcuno, non sicuramente il relatore di minoranza, si vuol far bocciare durante la campagna elettorale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, onorevole Ministro, colleghe e colleghi, quello al nostro esame è un provvedimento importante e si decide poi di discuterlo anche in un momento importante come questa fase pre-elettorale e che ha particolari riflessi.
Non è solo un'aggravante, non è solo un testo di legge, ma viene vissuto e presentato da una parte come riguardante la felicità delle persone e il destino di alcuni (di ciò parleremo). Da un altro punto di vista, può essere vissuto come un referendumPag. 20o come un manifesto ideologico pro o contro l'omosessualità. Ha riflessi sul concetto di persona, su come in qualche modo la Costituzione interpreta la persona e su come interpreta la famiglia. Quindi, non è un provvedimento da cui si parte e che finisce prima, ma ha sicuramente una coda futura e ha un'importanza sulle nostre libertà e sull'assetto della legge sul quale andremo a discutere.
Tuttavia, credo sia importante anche non sottrarci ad un confronto che noi viviamo con nessun senso di colpa. Infatti, ricordo che nessuno in questo Parlamento rappresenta qualcuno nello specifico. Nessuno rappresenta alcune categorie: nessuno rappresenta gli avvocati, nessuno rappresenta il nord. Si è visto: nessuno ha l'esclusiva. Nessuno rappresenta gli omosessuali perché sono equamente distribuiti. Votano e sono presenti anche nelle liste. Ne abbiamo tranquillamente avuti di presenti nelle liste leghiste. È ovvio che c'è una differenza tra i militanti «omosessualisti» e gli omosessuali.
Non credo ci sia una coincidenza tra gli interessi, ma ha a che fare con il discorso sulla persona. Si dice - in qualche modo è stato un argomento utilizzato - che, se passasse questa legge, qualcuno sarebbe più felice perché la cultura dell'infelicità in qualche modo deriva da un agente esterno. Signor Presidente, lei conosce molti deputati di noi felici? Io ne conosco pochi e noi siamo dei privilegiati. C'è chi siede su quel banco e che vorrebbe essere da un'altra parte. Forse anche il Presidente del Consiglio non è felice. Io conosco una persona, che incontrerò questa sera, una persona disabile di Reggio Emilia, Rita Corazzi, che mi dice (ma è veramente scioccante): «Io sono felice». Quando me lo ha detto, per me è stato uno shock e forse questo ci dovrebbe insegnare che la felicità non dipende da un agente esterno. Noi possiamo sempre immaginare che la nostra felicità dipenda dai soldi o da come ci trattano il papà e la mamma o, da adulti, che dipende dalla società. Ecco! È colpa della società! Lo sentivo e lo dicevo anch'io quando ero adolescente.
Andando avanti, si comincia a capire che forse la felicità dipende da noi stessi, dal nostro equilibrio e dalla nostra capacità di sopportare le difficoltà esterne, dal fatto di accontentarsi, mentre si può anche scegliere di vivere con un vittimismo, sentendosi sempre vittima, di vedere l'aggressore esterno e Orwell ce lo ricorda. Nel libro 1984 due minuti di odio al giorno servivano per cementare bene la società con Goldstein che era sempre additato come il nemico causa di tutti i mali. Noi viviamo veramente in una società che perseguita? Forse si.
Signor Presidente, credo invece che viviamo in una buona società. Ci dobbiamo rendere conto che il tessuto sociale di questo Paese è buono e accogliente. Ci sono certamente delle discriminazioni. Dobbiamo migliorare, ma vorrei citare Joel Masure del Centro ascolto lesbico e gay di Parigi che dice: «Se i pregiudizi persistono (in una società dove forse c'è la legge, per carità, staranno sicuramente meglio perché questa legge è il totem che migliora tutto), essi sono, tuttavia, meno violenti che in passato. Sebbene nell'ambiente gay e lesbico vi sia la tendenza a ingrandirli, a immaginare che il mondo intero sia ostile, è comunque vero che in provincia, negli strati popolari, la situazione rimane estremamente complicata». È vero.
Signor Presidente, questo è un Paese che discrimina, che non sempre accoglie tutti, ma che discrimina, forse, equamente. Vogliamo forse pensare ai disabili, per cui questa proposta di legge non interveniva, se non all'ultimo secondo? Infatti, ci si è ricordati del Trattato di Lisbona quando si pensava che questo provvedimento andasse a finire male. Ma vogliamo forse pensare ai diritti dei trisomici e dei down? Forse qualcuno vede ancora molti down e molti trisomici in giro? Forse non vi è una qualche discriminazione molto pericolosa, perché fatta sulla scala dell'essere umano?
Oggi vi è una scala dell'essere umano, una scala della vita degna di essere vissuta e della vita, forse, non degna. Lo hanno già detto molti colleghi: vi è stato un periodo in cui l'omosessualità era considerata una Pag. 21patologia psichiatrica. Non è più così, anche se vorrei sapere se qualcuno può dire che esista la felicità in base al fatto dell'eterosessualità o dell'omosessualità o che possa negare che vi siano omosessuali infelici.
Andiamo a vedere alcuni studi, come quelli di gennaio negli archivi di psichiatria generale. Poi li citeremo meglio, anzi, non li voglio neanche citare. Vi è una maggiore incidenza? Forse sì. È per colpa della società? Non lo so. Forse non è possibile - è un altro tabù - che vi siano eterosessuali che diventano omosessuali, e va bene, ma anche viceversa? Vi è il famoso Luca che ha scritto un libro per la Piemme: ha raccontato di come, anche facendosi aiutare - che male c'è, se qualcuno si fa aiutare - oggi vive una condizione di eterosessuale più felice. Vogliamo negare questa possibilità? Vogliamo dire che chi si prende, in qualche modo, la briga - chiedo scusa per il termine dialettale - di poter aiutare chiunque a star meglio, è in qualche modo un omofobo?
Questo concetto di omofobia che viene lanciato è speculare a quello dell'omosessuale di qualche tempo fa, e viene usato molto impropriamente. Ultimamente viene usato come una clava, anche giudiziaria, ma lo andremo a vedere dopo. Per quanto riguarda il concetto di persona, ne ha parlato l'onorevole Stracquadanio, vi sono degli articoli. Ricordo che qui non stiamo parlando di destra e di sinistra. Certo, magari la famiglia tradizionale, prevista dalla Costituzione, a mio giudizio, è tutelata dal centrodestra. Noi non ci sogniamo di fare dei PACS, signor Presidente. Quella è la famiglia prevista dalla Costituzione.
Se qualcuno vuole cambiare il concetto di famiglia, che è fondata sul matrimonio e basata sull'unione di uomo e donna, venga in Aula e ne risponda di fronte al Paese. Il buonsenso comune e la Costituzione ci dicono altro.
Mi riferivo al collega Straquadanio, ma anche ad altri, signor Presidente, che, ripeto, non sono uomini di destra o di sinistra, ma, da liberali, pensano che questa proposta di legge non sia rispettosa del concetto di persona. Per esempio, penso ad alcuni colleghi come l'avvocato radicale «storico» Mauro Mellini, a cui non piace questo continuo ricorso a norme speciali per andazzi particolari. Ne parla tranquillamente l'avvocato Giandomenico Caiazza, presidente della Camera penale di Roma, facendo riferimento a questa deriva trentennale del legislatore italiano. Ne parlano delle femministe storiche, che sicuramente non votano la Moratti, come la giornalista Letizia Paolozzi, animatrice del sito donnealtri.it.
Perché, signor Presidente, voglio tornare al concetto di persona? Perché, a meno che questa non sia - è ovvio che lo è - un manifesto ideologico, il concetto di persona è un concetto bellissimo, signor Presidente, che deriva dalla tradizione cristiana, socialista e umanista. È un concetto che prescinde, molto comprensivo, più alto del genere.
Arriva prima. Arriva prima dell'età, della ricchezza, del censo, della geografia. Arriva anche nel momento del concepimento, tanto che, in una legge dello Stato, si afferma che è persona anche qualcuno che aveva in fieri la capacità di potersi esprimere. È persona il bambino che non vota, l'anziano morente sul letto di morte, il ricco.
Perché vogliamo ritornare ad un altro principio e suddividere questo? Vogliamo immaginare uno Stato che protegga tutti, che protegga il viso di tutti se è colpito da uno schiaffo, che si tratti di un onorevole o di uno spazzino, che vada a letto con gli uomini o con le donne. O vogliamo dire che lo schiaffo dato ad uno dei due pesa di più? Perché, signor Presidente, sulla base del provvedimento in esame, pesa di più. Pesa in base alla dichiarazione di qualcuno. Contrariamente al principio di tassatività, che è stato ricordato in modo magistrale, qui vi è il principio di indeterminatezza per cui non si sa cosa può succedere. Pesa in modo diverso.
Veramente pensiamo che vi siano omosessuali che la pensano così? Non credo. Forse gli attivisti, certo, i militanti, certo, perché hanno in mente un progetto. Secondo me è evidente che abbiano in mente un progetto, ma vogliamo dire che la Pag. 22donna incinta insultata o che ha preso uno schiaffo sia meno tutelabile? Certo, è ovvio che quando insultano un potente forse a questo fatto viene dato uno spazio mediatico maggiore. La collega ricordava prima l'episodio relativo al barbone, ma possiamo ricordare anche quello del disabile picchiato a Roma, ma come è successo anche al nord, perché pensavano che avesse rigato una macchina. Oppure pensiamo al fenomeno del bullismo nelle scuole. Questo non è altrettanto degno di tutela? Certo che ne è altrettanto degno!
Vogliamo uno Stato che tuteli la persona nella sua interezza. Non pensiamo che sia giusto parcellizzare delle categorie perché questa parcellizzazione, in qualche modo, è lo specchio della discriminazione del passato. Se passa questo principio che vi sono persone di serie A e persone di serie B questo principio difficilmente può essere capovolto. Noi, invece, immaginiamo e vogliamo, ripeto, uno Stato che tuteli tutti senza fare del vittimismo in relazione agli insulti che sono stati dati. Cosa facciamo? Creiamo una fattispecie di reato apposita per l'offesa della persona che è sotto al gazebo? Quante discriminazioni vi sono state? Questo, in qualche modo, può essere prevedibile per chi appartiene ad una minoranza. Pensate che sia stato facile per noi essere stati leghisti, inizialmente, in Emilia Romagna e che abbiamo ricevuto un trattamento uguale rispetto ai colleghi medici di altre parti? Potrei scrivere un libro su questo tema, ma, francamente, ritornerei in quel vittimismo che oggi deve essere non ad appannaggio delle categorie che si candidano a dirigere questo Paese.
Signor Presidente, credo che la proposta di legge in esame non sia un buon provvedimento e non sia giusta in questa distinzione di categorie per cui io, come persona, mi identifico in un orientamento sessuale. Non pensiamo che l'identità di genere sia reale. Pensiamo che i generi siano due, uomo e donna, e che questo sia derivabile razionalmente e non da un atto di fede. Altro sono l'orientamento e l'identità sessuale, fenomeno più complesso che non attiene né alla genetica, né all'essere uomo, ma ad un percorso che non sempre è irreversibile, felice o equilibrato. Voglio ricordare che dobbiamo riconoscere il diritto di chi pensa che l'omosessualità non sia sempre un momento di felicità o, come la Chiesa cattolica, che l'omosessualità sia un momento di disordine.
O vogliamo fare come in Svezia, dove hanno messo in galera, grazie a questa fantastica legge, un pastore e altre persone, perché in pratica hanno letto la Bibbia? Il pastore il 29 giugno 2004 è stato condannato ad un mese di carcere per un sermone, nel quale aveva criticato una recente legge sulle unioni omosessuali. Su questa «clava» dell'omofobia ripeto che dal punto di vista medico - io sono psichiatra - bisognerebbe parlare, perché la fobia, intanto non esiste sui manuali, ma al di là di questo, è un atteggiamento preciso, cioè un atteggiamento violento. Certamente, gli attivisti omosessualisti la vivono come un atteggiamento culturale (Van Den Berg ne parla addirittura di cinque, per carità!). Ma la fobia di per sé è un momento fisico importante. Parliamo per esempio della fobia dei ragni o della rupofobia: intanto si tratta più o meno di pazienti e incominciano a star male, incominciano ad aver sudore, incominciano ad avere tachicardia, incominciano ad avere ansie e sentimenti di irrealizzazione. Ma pensiamo veramente che vi siano persone che hanno questo vissuto così importante? Si può parlare di atteggiamento culturale diverso e anche negli studi non c'è un'identificazione con una discriminazione. Potrei citare di questi studi tre o quattro che sono stati condotti, come quelli dell'Arkansas, in cui addirittura si sono studiate le suore (figuriamoci!) o le persone religiose, che sicuramente non pensavano che l'omosessualità fosse la condizione ottimale dell'umanità. Ebbene, non è stato rilevato atteggiamento discriminatorio: si avvicinavano tranquillamente (sono stati testati con un test appunto di ansietà nei confronti dell'atteggiamento verso gli omosessuali e sono così risultati).
Quindi, signor Presidente, credo poi che dal punto di vista della legge ne ho parlato forse in modo superficiale e mi scuso. Pag. 23Ma persistono dei profili di non costituzionalità per quel che riguarda il principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della ragionevolezza della discriminazione, introdotto dalla nuova circostanza aggravante, consistente nell'avere, nei delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale e contro la personalità individuale, e vi è anche un carattere di indeterminatezza, tale da porsi in contrasto con l'articolo 25 della Costituzione e con la libertà di associazione. Se in un futuro, infatti, la libertà di associazione di alcune società - ma anche di associazioni di vario tipo - avesse un'opinione sull'omosessualità, potrebbe essere considerata discriminatoria, ed anche sulle opinioni. Se in qualche modo ci fosse un giudizio negativo - e penso che sia lecito, poi per carità tutti ci aspettiamo qualcosa di diverso - e se un padre un giorno, con l'aggravante ammessa, in qualche modo dicesse: «a te io la casa per andare a vivere con Gino piuttosto che con Michele, sono intenzionato a non darla», in questo modo si potrebbe pensare a un reato di discriminazione e ad una condanna. Credo che di tutto questo non abbiano bisogno. Non ne abbiamo bisogno per quanto riguarda il concetto di persona e non abbiamo bisogno di farlo nei confronti della nostra Costituzione. Abbiamo bisogno - sì, certo, è vero - di un'opera di accettazione, di riconoscimento e culturale, ma non in qualche modo di un'opera di sostegno o di referendum a favore o contro dell'omosessualità, ma sulle persone.
Così ci auguriamo che vi sia anche qualcuno che voglia prendere la causa degli altri deboli.
È stato detto che le donne incinte godono di una grande tutela.
Io non vedo una grande tutela, Presidente, se una donna su sei perde il lavoro - lo dico al mio Ministro - dopo aver partorito, o se una donna su tre addirittura è costretta in qualche modo a subire delle ripercussioni (non sono poche le donne incinte di questo Paese). Potrebbero chiederci: che cosa avete fatto voi? Certo, anche nostra culpa, stiamo facendo, lo riconosco, e su questo non diciamo niente? E per quanto riguarda quei trisomici che non nascono più perché vengono ammazzati prima, non ci interroghiamo? Forse è un qualcosa che offende l'umanità, o forse in qualche modo non sono felici? Penso che siano a volte più felici - ne ho conosciuti tanti da neuropsichiatra infantile - e forse sicuramente sono più felici di me (parlo di me), però rispetto al nostro concetto di persona, per cui il naso della modella vale più del naso dell'operaio, e da domani il naso rotto dell'omosessuale varrà più del naso rotto del disabile o della donna incinta, credo che dovremmo farci qualche domanda.
Allo stesso modo per quanto riguarda questo concetto di omofobia, che viene lanciato in modo improprio. Faccio un esempio. Non ho mai parlato con l'onorevole Concia, non ci siamo mai rivolti la parola perché non c'è stata occasione. L'altro giorno in Commissione (mai parlato, mai votato) sono stato apostrofato come omofobo. Questo è un meccanismo di proiezione, attraverso il quale si vuole lanciare o «il nemico» o in qualche modo l'insulto (perché era vissuto come un insulto inappropriato), ed è un meccanismo per cui si pensa che vi sia un qualcuno da fuori che in qualche modo nega la tua felicità o nega qualcosa. Nessuno qui vuole negare niente. Si vuole affermare invece qualcosa di più. Per questo, Presidente, la Lega presenterà, con molta serenità, con molta tranquillità da tutti i punti di vista, una questione pregiudiziale d'incostituzionalità al provvedimento che ci accingiamo a discutere (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento sul quale oggi siamo chiamati a pronunciarci ha un impatto pratico limitato, ma ha un elevatissimo rilievo simbolico. Si tratta di riconoscere come aggravanti per alcuni reati l'aver agito per una motivazione Pag. 24di ostilità verso la omosessualità. Ogni norma introdotta nell'ordinamento giuridico viene posta per un qualche fine. Cominciamo con il domandarci quale sia la finalità di questa norma. Alcuni dicono che la norma vuole reagire ad aggressioni contro gli omosessuali compiute per una ostilità preconcetta nei loro confronti. Io sarei lieto se il Ministro competente ci dicesse se risulti un incremento di tali aggressioni negli ultimi anni o negli ultimi mesi, e comunque quali siano le dimensioni quantitative del fenomeno. So bene che alcuni casi sono stati denunciati di recente, anche con grande evidenza sui giornali, ma non mi è chiaro se il fenomeno sia in aumento o se sia invece semplicemente cresciuta l'attenzione dei giornali nei suoi confronti.
A me personalmente sembra che il livello di accettazione nei confronti degli omosessuali sia piuttosto cresciuto che non diminuito, ma ovviamente il legislatore non si può basare su percezioni soggettive e per questo sarebbe bene avere dal Ministro dell'interno, o dal Ministro della giustizia, o dal Ministro per le pari opportunità, dati certi sull'estensione e sulle tendenze evolutive del fenomeno. Ammettiamo tuttavia, per ipotesi, che il fenomeno sia in crescita, abbia assunto dimensioni preoccupanti e si renda necessaria una repressione più intensa da parte dello Stato. Siamo sicuri che la cosa migliore da fare sia incrementare la sanzione penale? In Italia tutti concordano a parole sulla necessità di considerare la sanzione penale come l'ultima trincea della difesa sociale, e quindi di depenalizzare il più possibile la difesa sociale (costruiamo altre trincee prima dell'ultima). In ogni occasione, tuttavia, s'invocano e si prevedono nuovi aggravanti e nuovi reati come se questo fosse l'unico modo di combattere il crimine o almeno l'unico modo di mostrare solidarietà alle vittime.
Già Alessandro Manzoni e, prima di lui, suo nonno Cesare Beccaria, hanno insegnato che ciò che intimorisce i delinquenti e protegge i cittadini non è l'elevatezza della pena, ma la certezza della pena e la rapidità della sua erogazione. Ha più effetto deterrente di difesa sociale la certezza di subire senza indugio una pena mite che non la probabilità teorica di subirne una più grave. Nell'era premoderna, la maggior parte dei reati rimaneva impunita. Sui pochi delinquenti che riusciva a catturare, la società, però, si vendicava con straordinaria ferocia. Scontavano la pena per se stessi e anche per tutti quelli che erano riusciti a farla franca. La scienza moderna del diritto penale inizia, invece, affermando il principio esattamente opposto. Anche ammettendo, dunque, per ipotesi, che esista un legittimo allarme sociale per una crescita di aggressioni omofobiche, è probabile che la risposta adeguata non sia un aumento delle pene, ma, piuttosto: in primo luogo, un maggiore controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine, soprattutto nelle aree più frequentate dalle comunità omosessuali e, in secondo luogo, un maggior impegno degli investigatori accompagnato da misure idonee a migliorare la loro preparazione professionale ed il loro equipaggiamento tecnico. In quest'ambito siamo pronti a dare tutto il nostro sostegno alle misure che il Governo intenda proporre dopo aver verificato le dimensioni reali del fenomeno e le sue tendenze evolutive. Sarebbe anche desiderabile un maggiore impegno dell'autorità giudiziaria nel perseguimento di questi reati, ma, come è noto, vige in Italia il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale e nessuno, meno che mai il Parlamento, può permettersi di chiedere ai giudici di intensificare la repressione di un certo tipo di reati a causa dell'allarme sociale e della sensazione di insicurezza che essi provocano.
Abbiamo visto le ragioni per cui l'aggravante proposta appare verosimilmente di scarsa efficacia e, per reprimere le aggressioni omofobiche, altri sono gli strumenti eventualmente da adottare. Veniamo adesso alle ragioni per le quali essa è evidentemente incostituzionale. La nostra Costituzione, come tutte le Costituzioni moderne, si fonda sull'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Nel Pag. 25mondo premoderno gli esseri umani non erano tutti uguali: un osso rotto ad un uomo non aveva lo stesso valore di un osso rotto ad una donna, quello di un cristiano non aveva lo stesso valore di quello di un ebreo, quello di un longobardo non aveva lo stesso valore di quello di un latino e quello di un servo non aveva, evidentemente, lo stesso valore di quello di un uomo libero. Esisteva un tariffario nel quale era registrato il diverso diritto di ogni categoria di sudditi. A questo pone fine, sul continente europeo - diversa, infatti, è la storia del diritto dei Paesi anglosassoni -, la Rivoluzione francese. Questo è il retaggio della grande rivoluzione nel quale tutti ci riconosciamo. La norma della quale stiamo parlando ci riporta, invece, indietro verso un diritto personale che crea situazioni di privilegio e situazioni di svantaggio davanti alla legge. Lo stesso reato commesso contro un omosessuale sarebbe punito in modo diverso che nel caso fosse commesso contro un eterosessuale. Perché? Si potrebbe rispondere che il comportamento di chi aggredisce un altro essere umano senza nessuna provocazione, per un semplice intento discriminatorio, è particolarmente abietto e merita di essere punito con particolare severità. La risposta, però, non colpirebbe nel segno. L'aggravante dei motivi abbietti o futili esiste già nell'ordinamento e si applica alle aggressioni contro gli omosessuali per ragioni di omofobia esattamente come si applica alle aggressioni contro i marocchini per ragioni di marocchinofobia o a quelle contro i campani per ragioni di campanofobia.
A questa mia argomentazione è possibile opporre due obiezioni che mi appresto ora a discutere. La prima afferma che, in altri Paesi, una norma simile esiste. È vero, negli Stati Uniti d'America e, poi, anche in altri Paesi, si è affermato già da diversi anni il principio della affirmative action. All'inizio, esso fu introdotto per favorire le integrazioni della comunità nera. Si tratta di una discriminazione positiva adottata per compensare gli effetti di un lungo periodo di discriminazione negativa. Più tardi, il principio fu esteso anche ad altri ambiti. Oggi, molti giuristi negli Stati Uniti d'America preferirebbero non averlo mai introdotto e cercano, comunque, di limitarne, per quanto possibile, l'applicazione. Una volta cominciato, infatti, è assai difficile fermarsi. Ogni gruppo abbastanza forte reclama per sé stesso vantaggi particolari e privilegi e, alla fine, il tutto produce non più integrazione, ma più disintegrazione, soprattutto nelle maggioranze, le quali si sentono, in conclusione, deprivilegiate, sotto privilegiate, discriminate.
Non sempre quello che fanno in altri Paesi è lodevole e da imitare, soprattutto quando alla lunga i risultati risultano essere assai diversi da quelli auspicati all'inizio. La seconda obiezione possibile è che in realtà un principio di discriminazione positiva sarebbe già entrato nel nostro ordinamento. Si adducono a questo proposito numerosi esempi. Di questi uno solo è pertinente. L'ordinamento riconosce in alcuni casi una particolare protezione ai cittadini di religione ebraica. Conosciamo tutti le ragioni storiche e morali che stanno alla base di questa eccezione. Si tratta tuttavia di una eccezione e tale, a mio avviso, essa deve restare. Si usa dire che ogni regola ha le sue eccezioni e questa è la nostra eccezione. Se, tuttavia, le eccezioni si moltiplicano, la legge cessa di funzionare. Naturalmente ciascuno di coloro che reclamano una eccezione per se stessi presenta il proprio caso come unico ed irripetibile. In realtà, ogni cedimento indebolisce il principio e prepara il cedimento successivo. Alla fine avremo tante eccezioni e nessuna legge. I sostenitori di questa legge fanno riferimento anche ad altre figure che godono di una particolare protezione legislativa. Prendiamo come esempio il pubblico ufficiale. Le altre figure in questione sono ricalcate su quella del pubblico ufficiale, più o meno, e questo discorso vale anche per loro. Il pubblico ufficiale gode di una protezione accresciuta e questo per due ragioni: esso può trovarsi in situazioni che lo espongono ad atti di ostilità a causa dell'ufficio che ricopre. Esattamente il caso opposto a quello dell'omosessuale aggredito senza Pag. 26ragioni. Ciò che rende l'aggressione più grave non è il fatto che essa è senza ragione ma la ragione antisociale che la motiva. Se aggredisco un poliziotto, aggredisco la legge. Il reato lede qui due valori giuridici: il primo è la dignità della persona umana, il secondo è il prestigio dello Stato. Qual è il secondo valore che viene offeso nel caso dell'omosessuale oltre alla dignità della persona umana? Forse l'omosessualità come tale? Naturalmente difendiamo la dignità della persona omosessuale, la sua privacy e il suo diritto di scegliere il proprio stile di vita sessuale. Non crediamo però che l'omosessualità come tale possa essere considerata come un bene giuridico meritevole di tutela, al di là delle persone che la esercitano. La famiglia come società naturale fondata sul matrimonio è un valore costituzionalmente protetto. L'omosessualità ricade nella sfera privata dove naturalmente è un bene giuridicamente protetto non l'omosessualità ma la disponibilità del proprio corpo e del proprio diritto di scelta sessuale. La ragione di questa disparità sta nella funzione sociale della famiglia, nella quale nascono e vengono allevati i bambini. Senza famiglia muoiono sia la società sia lo Stato. È lecito il dubbio che l'effetto vero che questa legge potrebbe avere, anche al di là delle intenzioni dei proponenti, sia quello di promuovere l'omosessualità come stile di vita in Italia. C'è una grande differenza tra il promuovere l'accettazione e l'integrazione degli omosessuali e il promuovere la diffusione di uno stile di vita omosessuale. La differenza la si capisce immediatamente se si mette da parte il dogma scientificamente infondato per cui omosessuali si nasce proprio come si nasce maschi e femmine. Non è così. Qualche tempo fa è stata annunciata la scoperta di un gene che causerebbe la omosessualità. Ma le ricerche successive non hanno confermato questa scoperta. In realtà, la omosessualità è il risultato di un insieme di fattori biologici, psicologici e culturali. Egualmente la formazione dell'identità sessuale di ciascuno di noi, omosessuali o eterosessuali, è ugualmente il risultato di un insieme di fattori biologici, psicologici e culturali. Sembra che ciò a cui mira una parte del movimento omosessuale sia la possibilità di intervenire nel momento di formazione dell'identità sessuale proponendo nei mass media e nella scuola l'identità omosessuale alla pari o addirittura in una condizione di vantaggio rispetto a quella omosessuale proposta dalle famiglie. Ciò contrasta con il diritto naturale delle famiglie e anche con la Costituzione italiana (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, con questo tema siamo nel cuore della civiltà giuridica, siamo profondamente all'interno dei meccanismi che regolano una società ben organizzata e che regolano adeguatamente i diritti della persona come singola, insieme ai diritti della persona nelle formazioni sociali. Sotto questo profilo sentir parlare di diritto individuale mi sembra, alla luce della nostra Costituzione, assolutamente inappropriato. Infatti, la Costituzione, all'articolo 2, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo - allora si diceva così, oggi potremmo dire della persona - come singolo e nelle formazioni sociali e l'articolo 3 della Costituzione rafforza questo concetto, affermando che tutti gli uomini sono uguali davanti alla legge.
Quindi, se noi arriviamo a definire meglio, con sempre maggiore precisione, quali sono i diritti della persona come singola e nelle formazioni sociali credo che agiamo all'interno della nostra Costituzione, nell'ambito delle funzioni di garanzia e di riconoscimento che la nostra Costituzione assegna anche alla legislazione, che deve avere un ruolo di promozione, anche pedagogico, con l'indicazione dei valori ai quali la nostra comunità deve ispirarsi nel momento in cui riconosce e garantisce i diritti della persona.
Ora noi ci troviamo di fronte ad un unico fenomeno di intolleranza da parte di alcuni soggetti nei confronti di altri soggetti, Pag. 27il cui diritto appare il valore originario; un fenomeno di intolleranza di fronte al quale dobbiamo solo dire se restare inerti, oppure se intervenire attraverso la legge esprimendo una reazione sociale. Qui vorrei sfatare un equivoco appositamente creato da coloro i quali, con un velo di ipocrisia, vorrebbero che nessuna legge venisse fatta in materia di omofobia e di transfobia: questo sottile velo di ipocrisia consiste nel dire che tutte le situazioni sono uguali e che quindi non c'è bisogno di prevedere esplicitamente un comportamento che sia contrario ai diritti inviolabili della persona, in questo caso della persona omosessuale o transessuale. L'esemplificazione che viene fatta è icastica: un naso rotto di un omosessuale è uguale ad un naso rotto di un'altra persona qualunque. Ma qui non stiamo dicendo che la società reagisce, di fronte ad un naso rotto di un omosessuale, diversamente dal solito. Qui stiamo difendendo un principio giuridico, cioè se il naso è rotto a cagione, a motivo dell'altrui omosessualità o dell'altrui transessualità. Una cosa è semplicemente dare un pugno ad una persona o ad un'altra, omosessuale o meno, altra cosa è dire: «Brutto, sporco, io ti punisco, ti do un pugno sul naso e ti rompo il naso a cagione della tua condizione, del tuo status, di omosessuale che io non accetto». È qui l'ipocrisia che si cela dietro a questa affermazione, secondo cui tutto sommato non vi sarebbe bisogno di una sanzione esplicita e specifica.
Noi abbiamo già una legge, la cosiddetta legge Mancino che punisce chi incita o chi commette fatti per motivi razziali, per motivi etnici, per motivi nazionalistici, per motivi religiosi. Per motivi, attenzione: in altri termini, il comportamento deve essere collegato ad una specifica attività discriminatoria nei confronti di una categoria di soggetti.
L'ordinamento giuridico già appresta una reazione sociale forte nei confronti di chi commette attività e comportamenti discriminatori per tali motivi. Quindi, una reazione sociale vi è e vi deve essere anche verso chi commette, nei confronti di un'altra persona, atti determinati da motivi di omosessualità, legati alla condizione di omosessualità o di transessualità delle vittime. Per questi motivi, dunque, e non casualmente.
Ecco dove sta la ragione di una reazione sociale, che è tale solo se si è di fronte a comportamenti discriminatori nei confronti di una persona a cagione del suo status personale. Ecco perché, quindi, non solo non vedo alcuna ragione di anticostituzionalità, ma, anzi, in una reazione sociale di questo tipo, anche attraverso la normativa penale - lo dirò in seguito - vedo soltanto un'applicazione delle norme della Costituzione e, in modo particolare, dell'articolo 2 e dell'articolo 3.
Ciò che la nostra comunità deve dire è che non si può commettere un atto discriminatorio, un delitto, un reato, un qualunque comportamento aggressivo o di insulto nei confronti di una persona soltanto per motivi razziali, per motivi religiosi o per motivi legati all'omosessualità o alla transessualità dell'altro.
Non si può dire, da un lato, di essere d'accordo che la persona omosessuale o transessuale ha diritti uguali agli altri, e che i comportamenti verso di esse sono discriminatori e, poi dire, dall'altro lato, di non voler fare niente perché sarebbe incostituzionale intervenire. Questa è un'ipocrisia autentica che noi - l'Italia dei Valori - abbiamo già svelato e vogliamo svelare in maniera molto chiara.
Noi volevamo anche sfuggire ad una possibile contestazione di incostituzionalità strumentale, evidentemente, rispetto alla difficoltà di introdurre nel nostro ordinamento una reazione sociale nei confronti di chi commette atti discriminatori verso altri a cagione del loro orientamento sessuale. Abbiamo anche presentato una proposta di legge, che estende l'applicazione della cosiddetta legge Mancino, che punisce gli atti discriminatori commessi per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi, anche a situazioni di questo genere.
Nessuno ci avrebbe potuto dire che tale estensione sarebbe stata incostituzionale, perché la «legge Mancino» è passata già al vaglio della Corte costituzionale, è stata già Pag. 28ritenuta costituzionale proprio perché attua gli articoli 2 e 3 della Costituzione.
È nota anche la nostra posizione, che noi dell'Italia dei Valori avremmo voluto tenere ferma: una reazione sociale più ampia e, tutto sommato, compresa all'interno di un modulo penale già asseverato, già acquisito dalla nostra legislazione, anche sotto il profilo della costituzionalità.
È noto che questo è l'unico punto che ci differenzia dalla proposta della collega Concia e dalla proposta Soro, ma ci differenzia per una ragione quantitativa, non per una ragione qualitativa.
E se dovessimo cadere per mano di una maggioranza cieca e bieca, che non vuole accettare né apprezzare in maniera adeguata una reazione sociale contro un fatto discriminatorio, preferiremmo cadere a testa alta e per un'ipotesi che non può avere alcuna contestazione sotto il profilo costituzionale.
Per questo motivo, abbiamo più volte invitato la collega ed amica - mi permetti, Paola - e tutto il Partito Democratico, a ritrovarsi su una ipotesi più alta, forte, sulla quale richiamare il Parlamento ad esprimersi di fronte alla collettività, e a dire quali sono le proprie posizioni di fronte a tutta la nostra comunità nazionale. Eravamo, infatti, nel solco già tracciato dalla nostra legislazione, apprezzato ed approvato anche sotto il profilo costituzionale.
Abbiamo anche proposto alcuni emendamenti in Commissione. Li riproporremo in Aula. Preferiamo, infatti, puntare su un'ipotesi di maggiore reazione sociale e che non può presentare limiti di costituzionalità.
Sotto questo profilo, abbiamo già invitato e invitiamo la collega Concia e il Partito Democratico a trovarsi su questa posizione di reazione sociale maggiore: sarà questo, infatti, un modo per smontare le ipocrisie e le falsità che la destra, in tutte le sue accezioni, sta portando a motivazione, secondo noi inesistente, dell'inaccettabilità di questo provvedimento, che prevede soltanto - noi diciamo soltanto - un'ipotesi di aggravamento.
Lo abbiamo detto con molta chiarezza: preferiremmo un voto sull'ipotesi più forte, più chiara e inattaccabile sotto il profilo costituzionale; tuttavia anche nel testo in esame siamo nella linea della reazione sociale.
Pertanto, se i nostri emendamenti - che tendono ad introdurre nel nostro ordinamento un'estensione della «legge Mancino» ai delitti commessi per motivi di omosessualità e transessualità - non dovessero passare, sosterremo con convinzione il testo che giunge in Aula, certamente sapendo che è un'ipotesi minimale rispetto a quella più forte che avremmo voluto.
Riteniamo, comunque, tuttavia, che alla collettività debba essere dato un segnale forte di reazione di fronte ad un comportamento discriminatorio, come altri ve ne sono.
Sotto questo profilo, ho anche cercato di capire cosa diceva la collega Lorenzin, quando affermava che sarebbe un reato di difficile applicazione nelle aule dei tribunali. Non lo sarebbe, perché, come tutti i fatti che devono essere accertati, si verificherà se il reato sia stato commesso o meno, a motivo dell'altrui omosessualità o transessualità. Se non sarà provato questo, l'aggravante non si applicherà, ma non vi sono problemi diversi ulteriori, rispetto a quelli che già il nostro ordinamento conosce.
Allo stesso modo, mi fa un po' sorridere questa destra, questa maggioranza che rifiuta il ricorso alla «penalizzazione», guarda caso in casi come questo, in cui vi sarebbe un'elevata ragione etica e morale di reazione sociale nei confronti di un comportamento discriminatorio, quando non sa fare altro che introdurre continuamente nuove fattispecie penali, salvo poi non fare niente per una riforma del sistema penale che metta in condizione la giustizia di funzionare effettivamente.
L'intasamento ulteriore così determinato contrasta con l'esigenza e la tendenza che noi riteniamo invece opportuna, quella della depenalizzazione: ma noi assistiamo, tuttavia, continuamente e costantemente Pag. 29all'incremento di fattispecie penali che questa maggioranza, da tre anni a questa parte, ci sta proponendo. È ipocrita dire: in questo caso non ricorriamo alla «penalizzazione», però in tanti altri casi vi facciamo ricorso.
Altro argomento che mi pare francamente risibile è quello che consiste nel dire: sì, effettivamente un comportamento discriminatorio di questo tipo genera il nostro disappunto, noi non siamo d'accordo, siamo anzi contrari, ma non è una priorità. Questa è la linea del «ben altro», del «c'è ben altro», il cosiddetto «benaltrismo», che non ci convince nella maniera più assoluta. Ma scusate, voi siete il Governo, se c'è «ben altro» da fare, fate il «ben altro», ma fate anche questo che si deve fare; il «ben altro» se non lo fate sono problemi vostri. Quindi siamo di fronte ad un problema specifico e preciso; cioè alla conseguenza che bisogna riservare ad un comportamento discriminatorio per lo status della persona che è previsto già dal nostro ordinamento. Cosa dite? Cosa pensate? Poi, proponeteci il «ben altro» e noi lo esaminiamo.
Signor Presidente, a noi di Italia dei Valori non piacciono coloro i quali menano il can per l'aia, tergiversano e usano, strumentalmente, argomenti che non reggono al minimo vaglio logico, oltre che al minimo vaglio etico.
Se ci fosse stato il presidente Buttiglione che parla di un diritto individuale che la Costituzione non prevederebbe, gli ricorderei che la nostra Costituzione attinge ai fondamenti più solidi, più forti del diritto della persona. Gli avrei ricordato l'Umanesimo Integrale di Jacques Maritain, che certamente lui conosce, gli avrei ricordato il Personalismo di Emmanuel Mounier, che egli certamente conosce. Gli avrei ricordato quei testi che hanno formato generazioni di persone che nella Chiesa hanno ritenuto che il rispetto della persona, il rispetto dell'altro, l'amore per l'altro, per qualunque altro, sia la legge fondamentale del cristianesimo; gli avrei chiesto per quale ragione ritiene che in questa proposta che stiamo esaminando ci sia un vulnus, ci si allontani rispetto a questi valori. Valori che poi sono quelli che si trovano alla base della nostra Costituzione che ha saputo cementare ed amalgamare i fondamenti più forti delle diverse culture che percorrono il nostro Paese.
Credo che possiamo ritrovarci tutti in quella affermazione di Arturo Paoli che diceva che la profezia non è una caratteristica cristiana meno di quanto sia una caratteristica laica, di qualunque uomo. Perché profezia non significa saper vedere prima degli altri il corso della storia, non significa vedere nella sfera di vetro quello che accadrà, ma significa una cosa molto più profonda, che è attitudine dell'uomo nella sua autonomia e nella sua responsabilità: cioè la profezia come capacità dell'uomo, di qualunque uomo, di anticipare la liberazione dell'altro uomo nella storia. Sotto questo profilo la nostra Costituzione aspetta soltanto di essere realizzata compiutamente, di essere portata alle sue massime conseguenze.
La nostra collettività attende soltanto di avere un Parlamento, dei legislatori, delle forze politiche e delle classi dirigenti che sappiano capire che i diritti dell'uomo, le prerogative dell'uomo come persona e nelle formazioni sociali sono diritti davvero inviolabili, che attengono ad ogni persona, la quale ha un valore originario e irripetibile nella storia. Ecco perché noi di Italia dei Valori avremmo voluto una proposta di legge più forte, più chiara, più netta. Avremmo voluto l'estensione della cosiddetta legge Mancino alle discriminazioni per motivi di omosessualità e transessualità.
Tuttavia, se questa disposizione e questa attitudine più ampia e più forte non arriverà alla votazione del Parlamento, siamo comunque d'accordo con quel significato di profezia. E liberazione dell'uomo è anche affermarne in ogni momento il valore originario e non ripetibile (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

Pag. 30

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2802-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Anna Paola Concia, per due minuti.

ANNA PAOLA CONCIA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, Ministro, onorevoli colleghi, per il grande amore per la dignità umana e per il grande rispetto delle istituzioni devo fare delle piccolissime precisazioni.
Segnalo all'onorevole Stracquadanio che contro gli insulti alle donne del PdL e ai gazebo del PdL - che io ho condanno - vi è la tutela della «legge Mancino», per discriminazione delle idee politiche. Deduco da ciò, quindi, che Stracquadanio è d'accordo con il fatto che sia necessaria un'aggravante per omofobia.
All'onorevole Capitanio Santolini, che ha definito la pedofilia un orientamento sessuale, rispondo che la pedofilia è una malattia definita dai sistemi diagnostici parafilia o perversione, spesso con componenti sadiche della personalità. Sin dalla scala Kinsey del 1948, ma anche dalla fine dell'Ottocento, l'orientamento sessuale del genere umano, che si riferisce al genere e non all'età, è suddivisibile in eterosessuale, omosessuale e bisessuale. Quando l'onorevole Capitanio Santolini parlava di tutte le categorie che sono contenute anche nell'articolo 3 della nostra Costituzione ha dimenticato che nel testo della mia proposta emendativa 1.10 erano esattamente contenute tutte le categorie di cui lei parlava.
L'onorevole Polledri dice che siamo tutti uguali; sono contenta che dica ciò e che non vi siano persone di «serie A» e di «serie B». Devo dedurre che un giorno, quando si parlerà delle unioni tra persone dello stesso sesso, l'onorevole Polledri non avrà difficoltà a condividere una legge del genere.
Vorrei dire all'onorevole Polledri, infine, che la comunità internazionale degli psicologi ha definito l'omofobia come un disturbo del comportamento.
All'onorevole Buttiglione vorrei dire che l'omosessualità non si può promuovere, perché è una condizione umana, non è una scelta, non è un capriccio, non è uno sport, non è qualcosa che si promuove: o è, come diceva lui, o non è.
In conclusione, vorrei poi ricordare ai posteri - ma lo sappiamo tutti perché è scritto nei libri di storia - che l'onorevole Buttiglione venne bocciato come Commissario europeo dal Parlamento europeo per le sue innumerevoli frasi definite, dal Parlamento europeo appunto, discriminatorie nei confronti degli omosessuali. Le parole e le affermazioni di Buttiglione in questi anni nei confronti degli omosessuali non sono legate a ragioni ideologiche, ma a ragioni personali.

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la maggioranza, onorevole Costa, rinunzia alla replica.
Prendo atto che anche il rappresentante del Governo rinunzia alla replica.

(Annunzio di questioni pregiudiziali e di una questione sospensiva - A.C. 2802-A)

PRESIDENTE. Avverto che, prima dell'inizio della discussione sulle linee generali, sono state presentate le questioni pregiudiziali per motivi di costituzionalità Buttiglione ed altri n. 1 e Bertolini ed altri n. 2 e la questione sospensiva Bertolini ed altri n. 1.
Avverto, altresì, che nel corso della discussione sulle linee generali è stata presentata la questione pregiudiziale per motivi di costituzionalità Lussana ed altri n. 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 2802-A)
Il seguito del dibattito è quindi rinviato ad altra seduta.

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Sull'ordine dei lavori (ore 12,25).

JEAN LEONARD TOUADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, nell'esprimere solidarietà a lei per il comportamento e le insinuazioni irriguardose del collega Stracquadanio nei suoi confronti, volevo anche cogliere l'occasione per esprimere la mia indignazione di fronte all'uso strumentale di questo dibattito sull'omofobia e transfobia per proseguire anche qui la campagna elettorale per le elezioni amministrative.
Ma vorrei entrare nel merito di ciò che ha denunciato il collega Stracquadanio. Nel merito, dobbiamo dire che il Partito Democratico è contro la violenza, contro ogni tipo di violenza, e ci ripugna l'idea che una cittadina di questo Paese, nell'esercizio di una libera attività politica che è la propaganda elettorale, venga apostrofata nei termini riferiti dal collega Stracquadanio. Come diceva giustamente l'onorevole Concia, la «legge Mancino», sotto questo punto di vista, potrebbe essere utile strumento per reprimere questo tipo di comportamento.
Quindi noi siamo contro la violenza da qualsiasi parte essa venga. Siamo contro la violenza politica e lo prova il modo nel quale il Partito Democratico porta avanti le sue battaglie. Ma noi del PD non accettiamo lezioni di galateo elettorale o istituzionale da parte di PdL e Lega che, in difficoltà evidente per le elezioni amministrative, stanno utilizzando il peggiore repertorio contro zingari, islamici, gay e lesbiche, in un crescendo di costruzione sociale del nemico che evidentemente tende ad alimentare quella macchina dell'imprenditoria della paura che da sempre è il brodo elettorale di queste forze.
Respingiamo, quindi, al mittente questa accusa e respingiamo ogni forma di violenza. Noi siamo e saremo sempre per la società aperta, dove tutte le differenze saranno tutelate da uno Stato democratico come il nostro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti il deputato Francesco Proietti Cosimi in sostituzione del deputato Antonio Rugghia, dimissionario.

Trasmissione dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.

PRESIDENTE. Il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, con lettera in data 19 maggio 2011, ha inviato - ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 febbraio 2009, n. 6 - la relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Calabria. Il predetto documento sarà stampato e distribuito.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15 con il seguito dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni in favore della cultura ed altre disposizioni urgenti.

La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, Pag. 32i deputati Carfagna, Cesario, Jannone, Misiti e Romano sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2665 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo (Approvato dal Senato) (A.C. 4307) (ore 15,06).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo.
Ricordo che nella seduta del 17 maggio 2011 si è conclusa la discussione sulle linee generali e i relatori e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.
Passiamo all'articolo unico disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 4307), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 4307).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 4307).
Avverto che, prima dell'inizio della seduta, è stato ritirato dal presentatore l'articolo aggiuntivo Marinello 7.030.
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, in quanto non strettamente attinenti rispetto al contenuto del decreto-legge, le seguenti proposte emendative, già dichiarate inammissibili nel corso dell'esame in sede referente: De Biasi 1.1, Tabacci 1.46, Ghizzoni 1.2, Tabacci 1.47, De Biasi 1.3, Ghizzoni 1.4, Lolli 1.10 e 1.01, Graziano 3.30, 3.31, 3.32 e 3.33, Gentiloni Silveri 4.22, Vannucci 6.02, Raisi 7.010, 7.08, 7.09 e 7.07, Della Vedova 7.01, Raisi 7.03, 7.02, 7.04 e 7.05, Moroni 7.012.
Vi è poi una serie di proposte emendative presentate direttamente per l'esame in Assemblea che esulano sia dal contenuto del provvedimento sia dagli argomenti trattati dagli emendamenti presentati presso le Commissioni.
Al riguardo, ricordo che l'articolo 86, comma 1, del Regolamento, nel prevedere che «possono comunque essere presentati in Assemblea nuovi articoli aggiuntivi ed emendamenti (...) purché nell'ambito degli argomenti già considerati nel testo o negli emendamenti presentati e giudicati ammissibili in Commissione», stabilisce che l'ambito della discussione in Assemblea sia delineato in sede referente, risultando, pertanto, inammissibili le ulteriori proposte emendative che non si collocano in tale ambito.
La Presidenza, quindi, non ritiene ammissibili le seguenti proposte emendative: Laganà Fortugno 1.31, Capitanio Santolini 1.41, Tabacci 1.43 nonché l'analogo Capitanio Santolini 1.40, Capitanio Santolini 1.39 nonché gli analoghi Tabacci 1.45 e 1.44, Tabacci 2.030 e 5.32, Lo Monte 7.39, Franzoso 7.30, Lo Monte 7.46, 7.43, 7.47, 7.44, 7.45, 7.031, 7.032 e 7.38.
La Presidenza non ritiene altresì ammissibile la proposta emendativa Raisi 7.011, già dichiarata inammissibile presso le Commissioni.

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(Posizione della questione di fiducia - Articolo Unico - A.C. 4307)

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, considerati i tempi ristretti di scadenza del decreto-legge, a nome del Governo, autorizzato dal Consiglio dei Ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 34 del 2011, nel testo approvato dalle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, una sola informazione, non perché non mi fidi del Ministro Vito o del Consiglio dei Ministri. Sarebbe tuttavia anche utile, nel momento in cui il Ministro ci annuncia la posizione della questione di fiducia autorizzata dal Consiglio dei Ministri, se ci dicesse quando il Consiglio dei Ministri lo ha autorizzato. Infatti, sono andato a controllare e sicuramente ciò non fa parte delle dichiarazioni ufficiali del sito della Presidenza del Consiglio, ma mi risulta che ci sia stato un Consiglio dei Ministri il 5 e un Consiglio dei Ministri il 19 maggio.
In nessuno di tutti i variegati punti che sono stati citati nel comunicato ufficiale del Consiglio dei Ministri, né tanto meno nelle cose che sono inserite nel sito, vi è la notizia che il Governo sia stato autorizzato a porre la questione di fiducia. Lo ripeto, sicuramente sarà un fatto che non viene citato, però almeno ce lo dica il Ministro così stiamo tutti più tranquilli.

PRESIDENTE. Onorevole Ministro?

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Nel Consiglio dei Ministri del 19 maggio scorso, onorevole Giachetti.

RENATO CAMBURSANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, ce l'aspettavamo, ma non in un modo così vergognoso, me lo permetta signor Ministro. Avete posto la questione di fiducia su un decreto-legge come quello al nostro esame, che è composto poi da sette articoli, ma è vero che dentro questo decreto-legge ci sono due provvedimenti di assoluta importanza e novità. Uno in particolare è l'articolo 5 che svuota, o meglio crede di tentare di svuotare, il referendum che l'Italia dei Valori ha promosso sul nucleare.
Credo che porre la questione di fiducia su questo dia la cifra esatta di qual è il vostro senso della democrazia in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori): tentare davvero di svuotare completamente il referendum attraverso un decreto-legge e su questo neanche avere il coraggio di venire in Aula a confrontarsi ed a discutere sul contenuto del medesimo, che riguarda, da una parte, la cultura e i tagli vergognosi che avete fatto nel corso di questi anni. Poiché adesso vi rendete conto che non ci sono più neppure le risorse per piangere, allora ecco che mettete una nuova imposta sulle accise per dare risorse. Dall'altra parte, come ho appena detto, semplicemente svuotate o tentate di svuotare il referendum per poi riprendere immediatamente la politica nucleare energetica nel nostro Paese. Mi auguro davvero che la Cassazione prenda in serio esame per intero l'articolo 5, compresi anche i commi 1 e 8, che nascondono esattamente quali sono le vostre intenzioni circa il nucleare.
Peraltro, l'articolo 7 riguarda la politica industriale, che è totalmente assente ormai da 3 anni da parte di questo Governo (a scriverlo è stato Il Sole 24 Ore che, come ben noto, non è un giornale di sinistra, Pag. 34laddove ha detto che non è pervenuta la politica industriale). Voi la affidate ad un soggetto terzo che è la Cassa depositi e prestiti. Anche su questo - chiaramente per intero - ponete la questione di fiducia.
Credo che davvero il Presidente della Repubblica debba prendere in seria considerazione gli strumenti a sua disposizione circa il vostro atteggiamento nel prendere in giro gli italiani e il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PIER PAOLO BARETTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, risparmio a lei e al Ministro Vito la sequenza di proteste sulla inaccettabilità di questa ennesima apposizione del voto di fiducia, che sta diventando più lunga delle litanie dei santi. Mi concentro, invece, su due aspetti di merito che rendono ancora più clamorosa questa scelta: il Ministro Vito ha utilizzato l'argomento dei tempi. Vorrei ricordare - giusto perché il nostro lavoro parlamentare abbia una sua coerenza - che ben 15 giorni fa in V Commissione (Bilancio), con una fretta dichiarata dell'ultima ora, fummo costretti - chiedendo a noi di avere qualche tempo in più - ad approvare di corsa questo provvedimento perché doveva correre in Aula.
In Aula poi voi avete deciso di cambiare l'ordine del giorno, di rovesciarlo a seconda delle vostre esigenze. Certamente, se si arriva all'ultimo giorno per scelte che del tutto prescindono dalle eventuali urgenze di merito, è chiaro che poi diventa così. Però francamente c'è una logica: se 15 giorni fa questo Parlamento - e la V Commissione (Bilancio) per quanto riguarda le sue competenze - lo aveva persino concluso, tutto il tempo che si è voluto sprecare è un tempo che attiene alle scelte politiche e non più all'urgenza del provvedimento.
La seconda osservazione riguarda, invece, il vero scopo dell'apposizione di questa questione di fiducia. La mia impressione è che il vero tempo che avete davanti è quello delle elezioni di domenica e voi dovete nascondere in qualche modo almeno alcune scelte - ne cito solo due - contenute in questo provvedimento.
La prima è nascondere sicuramente le coperture con le quali fate l'aumento del FUS e delle risorse per la cultura. Infatti, è evidente che voi avete previsto di aumentare le accise sulla benzina e, nel momento nel quale voi state spiegando a tutto il mondo che toglierete perfino le multe, immaginatevi che effetto che potrebbe avere se ci fosse una discussione parlamentare sul fatto che aumentate il prezzo della benzina (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
La seconda è che sperate di non svolgere il referendum sul nucleare: Il Presidente del Consiglio l'ha detto addirittura a voce alta e pensate che questa occasione vi consenta di farlo. Sia chiaro che siamo favorevoli al fatto che si tolga di mezzo il nucleare, ma pensiamo che sia grave che non vi sia alcun piano energetico perché, se è vero che togliete il nucleare, avete nel contempo anche ridotto gli incentivi per le energie alternative.
Quindi, ci troviamo di fronte ad un vuoto sotto il profilo di un piano energetico, ma francamente adottarlo con un voto di fiducia che serve esclusivamente e fondamentalmente - diciamocelo chiaro - a sperare che la Corte costituzionale impedisca lo svolgimento del referendum, mi pare una politica che ha fatto davvero il suo tempo e che è bene che in qualche modo si concluda rapidamente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

GIAN LUCA GALLETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, non possiamo che stigmatizzare la quarantesima o quarantunesima posizione Pag. 35della questione di fiducia in tre anni. Questo dato preoccupa, mi chiedo ancora se siamo un Parlamento normale: in un Parlamento che negli ultimi due mesi ha dedicato tre settimane a parlare del processo breve e quattro ore al DEF e al Programmata nazionale delle riforme adesso si pone la questione di fiducia su un decreto-legge cosiddetto omnibus, come quello che stiamo esaminando oggi, che interagisce con la politica industriale, fiscale ed energetica del Paese. Questo non è più un Parlamento normale perché un Parlamento normale, il giorno dopo che il nostro Paese ha subito un declassamento di Standard & poor's, si chiede in quale modo possa venire incontro ai problemi degli italiani e a quelli del Paese e disegna una politica industriale e una politica energetica, non tentando di nasconderla sotto il tappeto.
Noi siamo veramente preoccupati e stigmatizziamo l'ennesima posizione della questione di fiducia da parte del Governo.

CARMELO BRIGUGLIO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARMELO BRIGUGLIO. Signor Presidente, anche noi stigmatizziamo l'ennesimo ricorso alla questione di fiducia da parte del Governo, peraltro con riferimento a due materie che sul piano della democrazia politica del nostro Paese sono estremamente sensibili e delicate.
Avremmo voluto discutere della materia contenuta in questo decreto-legge afferente agli incroci tra i settori della stampa e della televisione, argomento di strettissima attualità, ma assistiamo alla posizione della questione di fiducia su un decreto-legge che peraltro va ad impattare su due manifestazioni importanti di democrazia diretta, quali i referendum. Non credo che sia mai accaduta una cosa del genere: non vi sono precedenti del fatto che si sia proceduto con decreto-legge e che si ponga la questione di fiducia sulla conversione del decreto stesso. Si tratta di due segnali di un degrado molto preoccupante dell'andamento delle istituzioni del nostro Paese, per cui manifestiamo in toto la nostra preoccupazione.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, il Governo ha appena posto la questione di fiducia sul decreto-legge cosiddetto omnibus. Stiamo assistendo ad un copione già noto agli uffici, di un'opposizione che stigmatizza la posizione della questione di fiducia, e di una maggioranza che sostiene il Governo nella necessità di svolgere quest'atto di natura parlamentare, un atto regolamentato, che storicamente appartiene alle prerogative del Governo e al quale tutti i Governi hanno avuto modo di ricorrere nelle diverse stagioni: sia i Governi di centro-destra che quelli di centro-sinistra. È vero peraltro che anche con riferimento a provvedimenti di natura economica, cui accennava prima l'onorevole Galletti, non è nuova la posizione della questione di fiducia: sono state poste questioni di fiducia anche su leggi finanziarie. Questo in discussione, in particolare, è un decreto-legge cosiddetto omnibus, nel senso che contiene una serie di materie differenti e quindi, a maggior ragione, non c'è da scandalizzarsi sul fatto che il Governo abbia fatto ricorso alla questione di fiducia: non si tratta certamente di una novità, ma era abbastanza chiaro ed evidente a tutti che sarebbe andata così e che questo sarebbe stato il percorso di questo provvedimento.
Quanto poi alle considerazioni svolte dall'onorevole Cambursano in ordine alla volontà del Governo di eludere il quesito referendario depositato dal partito dell'onorevole Cambursano stesso, mi permetto di citare ciò che puntualmente già il collega Calderisi con grande precisione citava nel corso del dibattito che ha avuto luogo sulle questioni pregiudiziali a questo stesso provvedimento. Pag. 36
L'onorevole Calderisi - cito testualmente - diceva che nelle questioni pregiudiziali si sostiene che l'intento del legislatore è quello di eludere il contenuto del referendum, ma il testo dell'articolo 5 del decreto-legge, così come modificato dal Senato, è chiarissimo: tutte, ripeto, tutte le disposizioni di cui il referendum chiede l'abrogazione sono espressamente, puramente e semplicemente abrogate.
È un punto di chiarezza, signor Presidente, in ordine a questa presunta volontà di eludere il referendum. Il referendum non viene eluso: le norme che il referendum chiede di abrogare vengono abrogate dal decreto-legge. Di fatto, si va incontro all'esigenza del comitato promotore. Resta in vigore una norma che impone al Governo di emanare un nuovo piano energetico, a maggior ragione in forza del fatto che, modificandosi il piano energetico nazionale precedente, è ovvio che il Governo debba mettere in campo un nuovo piano energetico.
Dopodiché, è evidente che la maggioranza sostiene la scelta del Governo in un legittimo confronto di natura parlamentare. Poi, signor Presidente, qualora le condizioni politiche di quest'Assemblea lo permettessero, sarà anche il caso di cercare di buttare il cuore oltre l'ostacolo per cercare di capire cosa si può fare, maggioranza e opposizione, per superare questo genere di rito ormai consolidato nella nostra democrazia, per permettere ai Governi, di qualunque colore, prossimi venturi, e alle opposizioni, di qualunque colore, prossime venture, di poter superare questo rito e permettere ai Governi tempi certi per l'approvazione dei provvedimenti, in modo da superare la questione di fiducia, le relative lamentele e, magari, anche adeguare i nostri regolamenti parlamentari ad un percorso più snello che dia certezze dei tempi.

FEDERICO PALOMBA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su che cosa? Ha parlato l'onorevole Cambursano per il suo gruppo.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, chiedo di intervenire a titolo personale sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per un minuto.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, naturalmente avevo preparato un lungo intervento per contestare e svelare il trucco del Governo, che finge di abrogare delle norme; in realtà, le sospende per poi riprenderle (mi riferisco a quelle sul nucleare). Avevo presentato un lungo intervento, ma qui protesto contro l'atteggiamento del Governo, che mi ha impedito di protestare più lungamente con un intervento che, invece, avrei voluto fare.
La realtà è che, abrogando o fingendo di abrogare delle norme e sospendendo il referendum sul nucleare, il Governo ha una paura boia che il referendum sia approvato, come sarà, perché la Cassazione lo considererà o dichiarerà senz'altro ammissibile e da porre in votazione, insieme agli altri due referendum, in modo particolare quello sul legittimo impedimento.

PRESIDENTE. Per par condicio, consento anche all'onorevole Calderisi di intervenire a titolo personale sull'ordine dei lavori. Stiamo innovando. Prego, onorevole Calderisi, ha facoltà di parlare.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, le parole dell'onorevole Cambursano non possono non trovare una risposta. Il decreto-legge, non nel testo originario, che prevedeva una moratoria, ma nel testo approvato dal Senato, abroga in modo espresso tutte le disposizioni sottoposte a referendum. L'articolo 5 del decreto-legge preclude del tutto l'opzione nucleare. Non vi è alcuna sospensione, ma l'abrogazione pura, semplice ed espressa. Più chiaro di così!
Mai è accaduto - lo dicevo anche nell'intervento sulla questione pregiudiziale - che un quesito referendario fosse recepito in toto da un intervento legislativo del Parlamento. Altra questione è il fatto Pag. 37che questo Paese dovrà pur darsi un piano energetico - ce lo auguriamo tutti, evidentemente - e, se dovrà essere scelta in futuro l'opzione nucleare, dovrà essere fatta ex novo, sulla base di nuove norme di legge, che dovrebbero essere approvate dal Parlamento.
Questo per fare chiarezza, signor Presidente, su una questione molto delicata e molto importante, a proposito della quale sono state diffuse all'opinione pubblica notizie assolutamente destituite di fondamento.

PRESIDENTE. A seguito della decisione del Governo di porre la questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata immediatamente al piano Aula per l'organizzazione del seguito del dibattito. La seduta è sospesa e riprenderà al termine della predetta Conferenza dei presidenti di gruppo.

La seduta, sospesa alle 15,25, è ripresa alle 15,45.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo si è testé riunita per definire l'organizzazione del dibattito conseguente alla posizione della questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 4307 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo (Approvato dal Senato - scadenza: 30 maggio 2011), nel testo approvato dalle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato.
Le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia avranno luogo domani, martedì 24 maggio, a partire dalle ore 13,45. Seguirà, alle ore 15,10, la votazione per appello nominale sulla questione di fiducia. Dopo il voto di fiducia, si passerà alle successive fasi dell'esame del decreto-legge.
Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 10 di domani.
Nella giornata di giovedì 26 maggio avrà luogo lo svolgimento di interpellanze urgenti.
A seguito della suddetta riunione della Conferenza, è stato altresì stabilito che, per quanto riguarda la prossima settimana, lunedì 30 maggio (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) avrà luogo la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 4362 - Conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2011, n. 37, recante disposizioni urgenti per le commissioni elettorali circondariali e per il voto dei cittadini temporaneamente all'estero in occasione delle consultazioni referendarie che si svolgono nei giorni 12 e 13 giugno 2011 (Approvato dal Senato - scadenza: 10 giugno 2011). Martedì 31 maggio (antimeridiana, dalle ore 10,30) (con votazioni) avrà luogo il seguito dell'esame del decreto-legge; seguirà il seguito dell'esame della proposta di legge n. 2802 - Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità e della questione sospensiva presentate) e degli ulteriori argomenti già previsti.
La Conferenza dei presidenti di gruppo tornerà a riunirsi nel pomeriggio di martedì 31 maggio per definire il calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di giugno.

Pag. 38

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 24 maggio 2011, alle 13,45:

Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 2665 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo (Approvato dal Senato) (C. 4307).
- Relatori: Gioacchino Alfano, per la V Commissione; Carlucci, per la VII Commissione.

La seduta termina alle 15,50.