XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 24 maggio 2011

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il signor Francesco Palmiro Mariani ha svolto il ruolo di presidente dell'autorità portuale di Bari per un quadriennio, fino al 19 gennaio 2011;
a seguito di pesanti irregolarità accertate nella gestione del Porto di Bari durante la presidenza del signor Francesco Palmiro Mariani, si è provveduto con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 17 giugno 2009 alla rimozione dello stesso ed al contestuale commissariamento dell'autorità portuale di Bari;
all'adozione di tale decreto il Ministro competente era pervenuto sulla scorta delle conclusioni rassegnate da un'apposita Commissione ministeriale - istituita con decreto del direttore generale dei porti n. 20/08 del 19 dicembre 2008 - la quale, nella relazione conclusiva del 4 maggio 2009, aveva stigmatizzato che «il Presidente dell'Autorità portuale ha posto in essere iniziative ed atti quanto meno discutibili, in contrasto con le funzioni d'ufficio che postulerebbero la serena ed efficiente gestione, sotto il profilo istituzionale ed operativo, del Porto di Bari» evidenziando che «Alla luce dell'accertamento svolto, vi è ragione di ritenere che la situazione del Porto di Bari, già molto grave, sia destinata a peggiorare ulteriormente, proprio per effetto delle improvvise iniziative dell'Autorità portuale destinate a compromettere irreversibilmente lo sviluppo futuro dello scalo barese»;
la medesima commissione d'indagine evidenziava che il presidente dell'autorità portuale di Bari privilegiava la cooperativa multi servizi portuali, alla quale era stato affidato dalla stessa autorità portuale «con una procedura che desta forti perplessità, un appalto di svariati milioni di euro per lo svolgimento di servizi» - tanto che tale affidamento è stato censurato sia dal Tar Puglia che dal Consiglio di Stato - e stigmatizzava «la presenza di "soggetti discutibili" (con riferimento a trascorsi penali certificati per molti componenti) nella stessa Cooperativa, che, con sprezzo di ogni dovere d'ufficio, sono stati dal Presidente dell'Autorità portuale utilizzati addirittura come addetti di security per la sicurezza e la prevenzione nei confronti di eventuali attacchi terroristici internazionali»;
numerosi articoli di stampa hanno evidenziato che risultano in corso indagini, da parte della procura della Repubblica di Bari, volte ad accertare irregolarità nella procedura di affidamento di alcuni servizi, nonché l'esistenza di infiltrazioni malavitose nell'ambito del porto di Bari, essendo particolarmente elevato il grado di esposizione dello scalo barese ai rischi di traffici illeciti, sia per la contiguità fisica con il borgo antico di Bari che per i collegamenti internazionali;
ciò nonostante, in data 19 gennaio 2011, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il signor Mariani è stato nominato commissario della stessa autorità portuale, fino alla nomina del nuovo presidente;
ciò nonostante, il sindaco di Bari, dottor Michele Emiliano, noto procuratore antimafia, ha designato il signor Mariani nella terna per la nomina del nuovo presidente dell'autorità portuale di Bari;
nei giorni scorsi, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha perfezionato l'intesa con la regione Puglia per la nomina del presidente dell'autorità portuale di Bari per il prossimo quadriennio, scegliendo nella tema designata dagli enti territoriali competenti proprio il signor Francesco Palmiro Mariani;

successivamente all'intesa tra il Ministro e la regione Puglia, con deliberazione del comitato portuale dell'autorità portuale di Bari del 29 aprile 2011 è stato approvato il rendiconto generale dell'esercizio 2010, il cui conto economico consuntivo presentato un disavanzo di gestione di euro 622.665,73;
nella relazione del collegio dei revisori dei conti dell'autorità portuale è evidenziato chiaramente che «le ragioni principali del risultato negativo della gestione economica vanno ricercate nell'incremento dei costi del personale e delle spese di funzionamento e per servizi istituzionali», a fronte di ricavi sostanzialmente immutati rispetto all'anno precedente, ossia rispetto al 2009;
nei conti consuntivi degli ultimi due anni sono stati contabilizzati, illegittimamente in quanto in contrasto con l'articolo 36, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 97 del 2003, crediti non esigibili di circa 600.000,00 euro per il 2010 e di circa 1.400.000,00 euro per il 2009, a titolo di eccedenze rinvenienti dall'adeguamento del canone di concessione che l'autorità portuale ha assunto dovessero essere pagate dalla partecipata Bari Porto Mediterraneo S.r.l.;
inoltre, in base a due sentenze del Tar Puglia del 9 maggio 2011, tali presunti crediti dell'Autorità portuale sono stati dichiarati inesistenti, per cui il conto economico consuntivo del 2009, approvato con un avanzo di gestione di circa 900.000,00 euro, presenta effettivamente un disavanzo di circa 500.000,00 euro, mentre il conto economico consuntivo del 2010 registra un disavanzo non più di 622.665,13 euro, bensì di circa 1.200.000,00 euro;
da tali atti, ancora una volta, appare evidente la mala gestio dell'autorità portuale di Bari operata dal signor Mariani, che ha determinato disavanzi nei conti economici consuntivi per ben due anni consecutivi;
l'articolo 7, comma 3, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modifiche ed integrazioni, stabilisce che «Con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione vengono disposti la revoca del mandato del presidente e lo scioglimento del comitato portuale qualora: ...b) il conto consuntivo evidenzi un disavanzo», mentre il successivo comma 4 stabilisce che «Con decreto di cui al comma 3, il Ministro dei trasporti e della navigazione nomina altresì un commissario che esercita, per un periodo massimo di sei mesi, le attribuzioni conferitegli con il decreto stesso»;
da alcuni articoli di stampa pubblicati nei giorni scorsi, si è appreso che il signor Mariani, ha dichiarato erroneamente che il «conto consuntivo», di cui all'articolo 7, comma 3, lettera b), della legge n. 84 del 1994, non corrisponde al «conto economico» gestionale del Rendiconto, generale, dichiaratamente in disavanzo, bensì alla «situazione amministrativa» di cui allo stesso rendiconto, che risulta essere in avanzo per circa 26 milioni di euro in quanto comprende i finanziamenti in conto capitale ottenuti dallo Stato esclusivamente per la realizzazione delle infrastrutture portuali e non già per il pagamento delle spese correnti di gestione dell'autorità portuale;
da un ulteriore articolo pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 22 maggio 2011, si è appreso che la Gazzetta avrebbe consultato sull'argomento la Direzione Generale per i porti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che avrebbe confermato la tesi sostenuta dal signor Mariani, in quanto «alle Autorità portuali si applica il regolamento di contabilità degli enti locali dello Stato, cioè il decreto del Presidente della Repubblica n. 97 del 2003»;
il richiamo al decreto del Presidente della Repubblica 27 febbraio 2003, n. 97, «Regolamento concernente l'amministrazione e la contabilità degli enti pubblici di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70», risulta del tutto inconferente, in quanto assolutamente inadatto a supportare un'interpretazione dell'articolo 7 della

legge n. 84 del 1994 che faccia coincidere il conto consuntivo con la situazione amministrativa dell'autorità portuale;
al riguardo, occorre innanzitutto rilevare che l'articolo 7 della legge n. 84 del 1994, essendo riferito allo specifico settore portuale, costituisce norma di carattere speciale, in quanto tale destinata a prevalere sulle norme di carattere generale, anche se successive;
con l'espressione «conto consuntivo» debba intendersi il risultato di gestione, riferito ad uno specifico esercizio finanziario, e non la complessiva situazione amministrativa dell'autorità portuale, è reso palese non soltanto dal dato letterale della disposizione di cui al sopra citato articolo 7, ma anche dalla ratio della legge in cui essa è contenuta, elementi che depongono entrambi in senso assolutamente contrario alla tesi riportata nella Gazzetta del Mezzogiorno;
al riguardo, giova ricordare che la legge n. 84 del 1994 ha avuto origine dall'esigenza di «privatizzare» la gestione dei porti in Italia, in quanto gli stessi assorbivano ingentissime risorse dalla finanza pubblica, registrando spaventosi disavanzi soprattutto in tema di lavoro portuale, che dovevano essere poi ripianati a carico dell'erario;
pertanto, con la legge n. 84 del 1994, si è inteso creare l'autonomia gestionale tramite l'istituzione delle autorità portuali, un nuovo modello di governance improntato a criteri di managerialità - ciò che è confermato dai requisiti di «massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale» richiesti per la nomina a presidente - nonché dare il via all'autonomia finanziaria delle stesse autorità portuali, sanzionando con la revoca il presidente che si sia dimostrato incapace nella gestione dell'autorità stessa, producendo un disavanzo;
inoltre, se si ritenesse corretta la tesi riportata nella Gazzetta del Mezzogiorno, si finirebbe per attribuire al Ministro il potere di decidere in modo arbitrario sulla sorte del mandato di ogni presidente di autorità portuale, in qualunque momento, revocando o concedendo quantità di finanziamenti pubblici tali da modificare in negativo o in positivo i risultati economici delle stesse autorità;
l'insostenibilità di tale tesi viene ulteriormente confermata laddove si ponga mente al comma 4 dell'articolo 7 della legge n. 84 del 1994, che perderebbe completamente di significato, non avendo più senso sia la nomina di un commissario che la possibilità di imporre oneri aggiuntivi a carico delle merci sbarcate e imbarcate nel porto, se per superare il caso di disavanzo di cui all'articolo 7, comma 3, lettera b) si ritenesse possibile che il Ministro conceda al presidente dell'autorità portuale che ha determinato il disavanzo finanziamenti adeguati per coprire il disavanzo stesso;
va inoltre osservato che i finanziamenti ministeriali sono vincolati esclusivamente alla realizzazione delle infrastrutture e non sono quindi legittimamente utilizzabili per coprire un disavanzo determinato da un aumento delle spese correnti nella gestione ordinaria;
pertanto, qualora si ritenesse valida la tesi riportata nella Gazzetta del Mezzogiorno, per assurdo, il presidente dell'autorità portuale sarebbe incentivato a non realizzare alcuna infrastruttura, ma a tenere accantonate le risorse finanziarie corrispondenti a detti finanziamenti per coprire fittiziamente le spese di gestione corrente;
alla luce di quanto sopra osservato, deve pertanto necessariamente concludersi che, con l'espressione «conto consuntivo» di cui all'articolo 7, comma 3, lettera b), della legge n. 84 del 1994, si faccia riferimento solo ed esclusivamente al risultato di gestione;
in definitiva, la tesi riportata nella Gazzetta del Mezzogiorno, producendo un risultato assurdo e aberrante, risulta dunque del tutto insostenibile;

è, pertanto, evidentissimo il tentativo del signor Mariani di mistificare la realtà dei risultati negativi conseguiti nel rendiconto generale 2010 e di difendere secondo gli interpellanti maldestramente, con incredibile pervicacia, una gestione disastrosa dell'autorità portuale di Bari, aggravata da perdite finanziarie crescenti negli ultimi due anni;
alla luce delle considerazioni, dei dati e delle disposizioni di legge sopra riportati, appare evidente che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è tenuto a disporre la revoca del mandato del presidente dell'autorità portuale e che il signor Francesco Palmiro Mariani non può né essere rinominato presidente dell'autorità portuale di Bari, né continuare a svolgere le funzioni di commissario della stessa autorità -:
se non intendano revocare la scelta del signor Francesco Palmiro Mariani quale futuro presidente dell'autorità portuale di Bari, considerando che, in caso contrario, l'atto sarebbe ad avviso degli interpellanti gravemente censurabile in quanto illegittimo, sia perché in contrasto con l'articolo 7 comma 3 della legge n. 84 del 1994, sia perché in totale contraddizione con i precedenti atti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che avevano determinato l'adozione di un provvedimento di rimozione del signor Mariani dal suo incarico di Presidente dell'Autorità portuale di Bari e di contestuale commissariamento dell'Ente medesimo;
se non intenda procedere alla revoca immediata del mandato dell'attuale commissario dell'autorità portuale di Bari, signor Francesco Palmiro Mariani - avendo la sua gestione determinato i disavanzi causa di revoca necessaria dell'incarico di vertice dell'autorità portuale - ed allo scioglimento del comitato portuale, nonché alla contestuale nomina di un commissario, ai sensi dell'articolo 7, comma 4, della legge n. 84 del 1994.
(2-01088)
«Tassone, Galletti, Mereu, Compagnon, Cera, Ruggeri, Adornato, Binetti, Bosi, Buttiglione, Calgaro, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Ciccanti, De Poli, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Scanderebech, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
in queste settimane la Campania, e in particolare il comune di Napoli, sono ripiombati nell'ennesima emergenza legata alla mala-gestione dei rifiuti;
le recenti nuove ennesime promesse del Presidente del Consiglio dei ministri per il quale in pochi giorni, con l'aiuto dell'esercito, si sarebbero tolte le tonnellate di spazzatura che invadono le strade del comune di Napoli, si sono chiaramente rivelate un nuovo ulteriore bluff;
nel napoletano, vi sono ancora circa 26 mila tonnellate di rifiuti che nell'arco di due mesi, non sono state conferite come da programma;
il Presidente del Consiglio dei ministri, ad avviso degli interpellanti, ha scaricato ancora una volta ogni responsabilità sugli amministratori locali prima, e quindi sull'attività dell'autorità giudiziaria che avrebbe rallentato notevolmente le operazioni di conferimento negli impianti della regione Campania;
sono passati solo sei mesi da quando il Governo approvava, ultimo in ordine di tempo, l'ennesimo decreto-legge (il 196 del novembre 2010) che avrebbe dovuto contribuire in maniera determinante alla risoluzione dell'emergenza rifiuti in Campania;

un provvedimento del tutto inadeguato, come sta dimostrando ancora una volta la drammatica situazione campana di queste settimane, e non in grado di fornire risposte convincenti non solo all'emergenza, ma soprattutto perché non poneva le basi per avviare finalmente una politica strutturale corretta ed efficiente di gestione dei rifiuti;
un decreto inefficace che inevitabilmente avrebbe riproposto - come sta avvenendo - gli stessi problemi del passato, ignorando del tutto quello che chiede l'Unione europea;
una ennesima occasione mancata da parte del Governo per intervenire con un piano serio ed efficace di investimenti infrastrutturali indispensabili e strettamente funzionali al ciclo completo dei rifiuti;
invece non si è andati oltre le solite ricette: utilizzo delle discariche, e trattamento dei rifiuti per produrre combustibile, laddove al contrario, il ciclo dei rifiuti si dovrebbe affrontare come un ciclo industriale vero e proprio;
la Commissione europea, proprio sei mesi fa, in occasione della sua relazione sulla situazione rifiuti in Campania, aveva ben ricordato che il ricorso esclusivo a discariche e inceneritori, sebbene trovi utilizzo altrove nell'Unione europea, non dovrebbe essere considerato la risposta al problema della gestione dei rifiuti se non come una componente integrata di un sistema coordinato ed efficace di gestione;
al contrario, la soluzione principale individuata dal decreto 196, è ancora una volta quella della realizzazione dei termovalorizzatori. Una soluzione che contrasta con quanto chiede l'Unione europea e che «taglia le gambe» al decollo della raccolta differenziata;
è proprio intorno all'«affaire» per la realizzazione dei medesimi termovalorizzatori, che si concentrano le «attenzioni» da parte di alcuni politici e di alcune imprese che operano nel settore. La posta in gioco è infatti molto alta: circa 400 milioni di euro legati al business dei rifiuti e dei poteri decisionali legati ai progetti dei termovalorizzatori;
per capire meglio la mole di interessi che si muovono dietro la realizzazione dei termovalorizzatori, è molto utile ricostruire le settimane che hanno preceduto l'approvazione da parte del Governo del decreto-legge n. 196 del 2010. Il Paese ha assistito a uno scontro tutto interno alla maggioranza su chi avrebbe dovuto gestire la costruzione dei termovalorizzatori. Con il Ministro Mara Carfagna che sosteneva con determinazione (arrivando perfino a minacciare le dimissioni) la necessità che fosse il presidente della regione, il soggetto incaricato di gestire appalti e procedure, nonché la gestione commissariale ai fini della realizzazione dei termovalorizzatori, in netto contrasto con il gruppo politico legato a Nicola Cosentino che riveste ancora l'incarico di coordinatore regionale della Campania del PdL, ossia il presidente della provincia di Napoli, e il presidente della provincia di Salerno, interessati invece a mantenere in capo alla provincia la gestione dei medesimi termovalorizzatori;
la prima stesura del decreto-legge, affidava tutti i poteri al presidente della regione Caldoro per la realizzazione dei termovalorizzatori di Napoli est e Salerno. Successivamente però, le pressioni della dirigenza locale del Popolo della Libertà, portavano a una seconda stesura del decreto che metteva i termovalorizzatori nelle mani sia della regione che delle province. Il testo faceva riferimento infatti ai poteri del presidente della regione, che doveva però operare «in raccordo» con le province. Uno scontro quindi chiaramente politico legato ad avviso degli interpellanti ai giochi di potere dentro il PdL e agli evidenti interessi economici che tale partita comportava;
il testo del decreto-legge introduceva delle modifiche sostanziali che hanno «ridotto» il potere dei due presidenti delle province di Napoli e Salerno;
alla fine il decreto-legge veniva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 novembre.

Ben nove giorni dopo la sua «approvazione» al Consiglio dei ministri;
anche se il Presidente del Consiglio dei ministri, e con lui lo stesso candidato del centro-destra alla carica di sindaco di Napoli, danno tutte le responsabilità all'incapacità degli amministratori locali e in particolare del sindaco di Napoli, è necessario ricordare i pesantissimi tagli ai trasferimenti agli enti locali operati da questo Governo. È stato lo stesso commissario liquidatore di quello che fu il Consorzio di bacino Napoli-Caserta, Gianfranco Torturano, che alcuni mesi fa dichiarava l'«impossibilità di continuare a gestire, per conto delle Province, i siti di stoccaggio provvisori e definitivi in assenza del ristoro delle spese sostenute sia per la gestione che per il personale». In più, la società provinciale che dovrebbe gestire il ciclo dei rifiuti non ha ancora presentato il piano industriale;
la riduzione dei trasferimenti operata dal Governo comporta che molti comuni campani non si vedono ancora liquidate le risorse a loro dovute, come compensazioni ambientali per essere comuni località che ospitano siti di discarica. E questo perché il Governo non ha trovato ad oggi copertura finanziaria nonostante i numerosi solleciti al Ministero dell'economia e delle finanze, al Ministero dello sviluppo economico ed al Cipe;
la realtà, secondo gli interpellanti, è che l'inceneritore di Napoli est lo pagheranno gli stessi cittadini a favore di imprese già saldamente inserite nell'affare rifiuti della Campania. La provincia di Napoli, secondo indiscrezioni, garantirà al futuro gestore dell'impianto guadagni superiori a quelli che l'A2A percepisce attualmente per l'impianto di Acerra. Un affarone perché grazie agli incentivi Cip6, pagati obbligatoriamente dai cittadini con la bolletta Enel, l'investimento iniziale, compresi i costi di gestione, sarà interamente recuperato nei primi otto anni di attività dell'impianto;
come ha ben sottolineato il quotidiano «Terra» del 24 maggio 2011, «seguendo un preciso e collaudato copione, da qualche mese i rifiuti sono fatti accumulare lungo le strade come testimonianza di una grave emergenza rifiuti la cui soluzione può avvenire solo con la costruzione di tre nuovi inceneritori e un gassificatore ordinati dalla legge n. 1/11. Grandi opere, grandi appalti, grandi affari. Per chi? Certamente non per i cittadini ma per l'affiatato gruppo bipartisan che finora ha lucrato sullo scandalo rifiuti in Campania»;
l'impianto di termovalorizzazione Napoli-est, dovrebbe essere realizzato in una delle tre aree inquinate, dichiarate siti di interesse nazionale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che circondano l'abitato di Napoli. Il suolo, sottosuolo e l'acqua di falda di Napoli est sono notoriamente inquinati fino ad oltre 10 metri di profondità in seguito agli scarichi di varie industrie. L'area dovrebbe essere disinquinata prima di realizzare l'inceneritore: ci si chiede con quali soldi e con quali controlli, e in quanto tempo e chi collauderà l'avvenuto disinquinamento;
sempre il quotidiano «Terra», nel medesimo articolo, rammenta che «in questi ultimi anni la magistratura ha evidenziato che 14 personaggi che avevano collaudato gli impianti Cdr realizzati dalla Fibe sono stati rinviati a giudizio (tra docenti universitari, liberi professionisti e funzionari regionali che due anni fa furono arrestati nell'ambito dell'inchiesta sui collaudi agli impianti di Cdr con l'accusa di falso ideologico in atto pubblico). Tra gli imputati figurano il presidente della provincia di Benevento, ex rettore dell'università del Sannio, un ex preside della facoltà di ingegneria di Napoli, l'attuale preside della facoltà di ingegneria di Salerno, il direttore dei lavori per la costruzione dell'inceneritore di Acerra; anche l'ex direttore dell'Arpac è stato sottoposto alla restrizione della libertà. Non si è salvata nemmeno l'ex vice di Bertolaso.»;
i dati ufficiali Arpac evidenziano che nel 2009 i rifiuti differenziati in Campania

ammontavano a 807.264 tonnellate, mentre quelli indifferenziati ammontavano a 1.965.400 tonnellate. Un dato interessante emerge dall'andamento della raccolta differenziata negli ultimi anni: è significativamente aumentata. Gli impianti di termovalorizzazione previsti con il decreto-legge n. 196 del 2010 possono «distruggere» complessivamente 1.400 mila tonnellate di rifiuti all'anno; molto probabilmente entreranno in funzione nel 2015 e devono lavorare a pieno regime almeno fino al 2023 per ammortizzare l'investimento;
la necessità quindi obbligata, per i nuovi termovalorizzatori, di dover operare a pieno regime, chiaramente rischia di essere in contrasto con una gestione corretta del ciclo completo dei rifiuti come chiede l'Unione europea, e che vede come momento centrale la forte crescita della raccolta differenziata e gli investimenti finalizzati alla realizzazione di infrastrutture «intermedie» indispensabili quali per esempio gli impianti di compostaggio;
i dati ufficiali dell'Arpac, come si è visto, evidenziano il notevole incremento della raccolta differenziata tra il 2007 e il 2009. La sensibilizzazione maturata nei cittadini e negli amministratori locali lascia prevedere che nei prossimi anni la differenziazione dei rifiuti dovrebbe procedere con lo stesso andamento del triennio 2007-2009. Ma se il riciclo prenderà piede si determinerà conseguentemente una sostanziale riduzione dei materiali destinati all'incenerimento. Si potrà verificare che già nel 2019, dopo 4 anni dall'entrata in funzione degli impianti di termovalorizzazione, e questi ultimi avranno a disposizione una quantità di «combustibile» di buona qualità inferiore a quella richiesta;
è evidente che alla luce delle suddette valutazioni, le esigenze imprenditoriali degli imprenditori e politici interessati ai termovalorizzatori impongono che gli impianti debbano funzionare al massimo per garantire il rientro delle spese. Insomma, per funzionare hanno bisogno di rifiuti, e questo è con tutta evidenza una delle principali motivazioni per cui la raccolta differenziata stenta a decollare e ancora di più lo sarà nel futuro -:
se non si ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, e al fine del superamento dell'emergenza rifiuti, adottare ogni iniziativa volta a favorire prioritariamente la realizzazione in Campania di adeguate infrastrutture di compostaggio e impianti in grado di recuperare e trattare i rifiuti organici, migliorando a tal fine la gestione e il trattamento biologico dei rifiuti organici biodegradabili, in considerazione del loro sostegno allo sviluppo della raccolta differenziata, nonché anche alla luce del minor costo e di tempi di realizzazione più rapidi di detti impianti rispetto ai termovalorizzatori;
se non si ritenga indispensabile anche ai fini della tutela della salute pubblica, il ritorno alla normativa ambientale nazionale e comunitaria ordinaria promuovendo in tempi rapidi l'abrogazione della deroga introdotta da questo Governo con il decreto-legge n. 90 del 2008, e tuttora in vigore, che consente di poter sversare nelle discariche campane anche i rifiuti pericolosi, tra cui ceneri pesanti e fanghi con sostanze pericolose;
se non si consideri necessario rendere ufficiali e pubblici i risultati relativi ai monitoraggi e ai controlli ambientali e sanitari che vengono di volta in volta effettuati nelle aree sulle quali insistono le discariche, garantendo costanti e opportune forme di pubblicizzazione;
se non si ritenga opportuno prevedere il ritiro dei presidi militari dalle aree deputate allo smaltimento dei rifiuti, e contestualmente di coinvolgere maggiormente i comitati dei cittadini ai fini del controllo sui reali conferimenti in discarica, e della vigilanza civica sulla salute delle comunità locali;
quali politiche ambientali si intendano mettere in atto - con particolare attenzione alla situazione campana - al fine di dare completa attuazione alla direttiva

2008/98/CE in materia di rifiuti, che chiede agli Stati membri dell'Unione europea di attivarsi con politiche in grado di abbattere sensibilmente la produzione all'origine dei rifiuti stessi, tendendo a una politica a «rifiuti zero», e contestualmente attuare il cosiddetto «principio gerarchico» dei rifiuti: riduzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero, e infine, e solo per la parte residuale, lo smaltimento.
(2-01090)
«Barbato, Aniello Formisano, Palagiano, Donadi».

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il giorno 2 giugno 2011 si svolgeranno le celebrazioni della ricorrenza della festa della Repubblica, oltre alla sfilata dei reparti delle Forze armate, di quelli della polizia di Stato, dei corpi armati e civili dello Stato;
per l'occasione saranno impiegati un ingente numero di mezzi e di attrezzature di supporto e logistiche, oltre a un rilevante numero di appartenenti alle Forze armate e ai corpi armati e civili dello Stato;
come dichiarato dal Ministro della difesa in risposta a un precedente atto di sindacato ispettivo riferito alle celebrazioni svoltesi il 2 giugno 2010 (4-07474), «[...] Gli oneri previsionali per la cerimonia sono ammontati a circa 3,5 milioni di euro [...] La parata, così come negli anni passati, è stata articolata in sette settori tematici in rappresentanza dei reparti delle Forze armate, dei Corpi armati dello Stato a ordinamento sia civile sia militare e di organizzazioni civili. In tale ambito, va messo in evidenza come sia stata ampia la partecipazione di personale appartenente a tutte quelle istituzioni e agenzie dello Stato che concorrono con analogo senso del dovere, dedizione e spirito di sacrificio alla sicurezza dei cittadini e ad affermare la sovranità dello Stato sul territorio. Alla sfilata inoltre hanno preso parte i gonfaloni delle regioni d'Italia e delle province autonome, i labari delle associazioni combattentistiche e d'arma, nonché 18 delegazioni estere e 11 organizzazioni internazionali, a testimonianza della condivisione dell'impegno di tanti membri della Comunità internazionale per garantire condizioni di stabilità e sicurezza nel mondo. Complessivamente hanno sfilato circa 5.600 militari, 442 civili e 260 mezzi. Al termine della sfilata, sull'area antistante alla Scalea del Vittoriano, si è tenuta un'esibizione da parte di un complesso musicale composto da 75 elementi, 15 per ciascuna banda militare (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di finanza) e diretto a rotazione dai rispettivi maestri direttori.» -:
quale sia la previsione di spesa per l'esercizio finanziario in corso, quale sia previsione di impiego di personale e mezzi delle Forze armate e dei Corpi armati e civili dello Stato e se non si ritenga opportuno per il 2012disporre che i festeggiamenti avvengano in forma esclusivamente simbolica e, conseguentemente, destinare i fondi eventualmente stanziati per l'occasione al finanziamento di attività sociali o di assistenza ai diversamente abili o agli anziani.
(4-12053)

DI PIETRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Current TV è un network televisivo internazionale di informazione indipendente, fondato nel 2005 da Al Gore - ex vicepresidente degli Stati Uniti e premio Nobel per la pace 2007 - e dall'imprenditore e avvocato Joel Hyatt;
premiata nel 2007 con un Emmy Award per il suo originale servizio TV interattivo, Current TV è una piattaforma cross-mediale attiva 24 ore su 24 che integra televisione e internet;

Current TV si fonda sul concetto degli user generated content (contenuti generati dagli utenti), dunque conta sulla partecipazione attiva di un pubblico di young adults (18-35 anni), pronto a proporre e fruire dei contenuti con l'intento di creare una coscienza collettiva attraverso lo scambio partecipativo d'informazioni da ogni angolo del pianeta;
Current TV ha implementato per prima nell'industria televisiva il modello dei contenuti creati dallo spettatore (VC2 - viewer created content), che costituiscono circa un terzo delle trasmissioni della rete. Il network ha inoltre sviluppato un nuovo modello di spot chiamato V-CAMs (viewer created advertising messages), ovvero messaggi pubblicitari creati dallo spettatore;
Current TV è attualmente visibile negli Stati Uniti, Inghilterra, Irlanda, Italia attraverso i partner di distribuzione Comcast (Canale 107), Time Warner, DirecTV (Canale 366), Dish Network (Canale 196), BSkyB (Canale 193) e Virgin Media Cable (Canale 155) e SKY Italia (canale 130);
le trasmissioni italiane sono partite l'8 maggio 2008;
dalla rete al satellite, Current TV ha sempre offerto proposte che tendono a discostarsi dalle usuali programmazioni e soprattutto investono su idee e persone nuove;
il concetto alla base di questo modo di fare televisione consiste nel proporsi come alternativa alle forme tradizionali d'informazione imposta dall'alto, senza possibilità di feedback da parte dell'utenza. Con Current TV, infatti, le trasmissioni televisive sono realizzate anche grazie alla partecipazione degli utenti;
Current TV è stata fondata con l'obiettivo di democratizzare lo scenario televisivo attraverso nuovi strumenti partecipativi di accesso ai media e la crescita del canale nell'ultimo triennio è stata del 270 per cento di share in day time e del 550 per cento in prime time (fonte: ricerca Auditel-Starcom 2010);
secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale, Current TV avrebbe ricevuto una notifica da parte di Sky Italia, la società televisiva amministrata da Rupert Murdoch, con la quale si annunciava la decisione di interrompere la trasmissione del canale italiano già da questa estate;
tale notizia, per quanto risulta all'interrogante, sarebbe arrivata proprio nel momento in cui Current TV, ha aggiunto nel suo palinsesto, oltre al già noto Passaparola di Marco Travaglio, anche un nuovo programma di Luca Telese (Fuoriluogo);
la scorsa settimana Al Gore, cofondatore come si è detto di Current TV, ha dichiarato alla stampa nazionale che forti pressioni da persone vicine al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi erano arrivate a SKY per bloccare programmi sgraditi;
tale notizia è da considerarsi di eccezionale gravità e tale da pregiudicare l'applicazione di qualsiasi principio democratico di rispetto della libertà dell'informazione in Italia, anche alla luce del fatto che nel nostro Paese, il Presidente del Consiglio dei ministri concentra nella propria persona una molteplicità di poteri politici, economici e mediatici che hanno determinato nel tempo un costante conflitto di interessi in capo al Presidente stesso -:
se corrisponda al vero quanto descritto in premessa e quali elementi si intendano fornire al riguardo;
se e quali iniziative si intendano assumere al fine di garantire l'esclusione di qualsiasi tipo di ingerenza da parte dell'attuale Esecutivo in ordine alle scelte commerciali compiute dalle emittenti televisive private;
se e quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di incoraggiare la presenza nell'ambito

dello scenario mediatico del nostro Paese di network televisivi di indubbio rilievo democratico come ad esempio Current TV.
(4-12057)

BARBIERI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 12 novembre 1998, venivano sottratti dal Tribunale dei minori ai coniugi Lorena e Delfino Covezzi di Massa Finalese di Modena i quattro figli minorenni con l'accusa di non aver adeguatamente vigilato circa il loro presunto coinvolgimento in un giro di pedofilia e messe sataniche che sarebbero avvenute nella Bassa modenese;
dopo alcuni mesi, il giorno prima che il Ministro della giustizia rispondesse in Parlamento ad una interrogazione sulla materia improvvisamente i coniugi Covezzi venivano accusati di essere loro stessi violentatori dei loro figli;
sei anni fa il Tribunale di Modena ha condannato i coniugi Covezzi;
nel frattempo i quattro figli minorenni sono stati separati gli uni dagli altri ed affidati in varie località d'Italia;
dal momento dell'allontanamento genitori e figli non si sono più rivisti;
nel frattempo la signora Lorena ha partorito un quinto figlio che oggi ha sei anni e vive con la mamma in Francia dove si è rifugiata in Francia per evitare che anche questo bimbo le venisse tolto;
il Tribunale di Reggio-Emilia in un procedimento penale connesso ha assolto gli imputati ritenendo non credibili le dichiarazioni fatte dalla minorenne V. Covezzi, sulla base delle quali i coniugi Covezzi vennero accusati;
la Corte d'appello di Bologna non ha preso ancora in esame il ricorso dei coniugi Covezzi;
sono in corso procedimenti esecutivi immobiliari sulla casa dei Covezzi condannati a pagare una provvisionale immediatamente esecutiva di euro 60.000 per ciascuno dei figli minori;
tutta questa vicenda ha avuto origine da colloqui dei minori Covezzi con assistenti sociali che hanno riferito loro dichiarazioni che non sono mai state registrate;
ci si chiede come sia possibile in un paese democratico che una vicenda giudiziaria si trascini per più di un decennio con l'unica certezza che comunque la famiglia Covezzi ne uscirà distrutta -:
quali iniziative, ispettive e normative, intenda assumere in merito a questa vicenda.
(4-12059)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta immediata:

PORFIDIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'area dei Regi Lagni è un bacino di circa 1.095 chilometri quadrati tra le province di Napoli e Caserta. Si tratta di un vasto reticolo di canali rettilinei, perlopiù artificiali, il cui bacino si estende attraversando le province di Caserta, Napoli e Benevento e 99 comuni, per un numero di abitanti equivalenti (sia d'ambito civile che industriale) pari a circa 2.796.360;
classificati dal decreto legislativo n. 152 del 1999 come corpo idrico artificiale, i Regi Lagni raccolgono acque piovane e sorgive convogliandole dalla pianura a nord di Napoli per oltre 56 chilometri da Nola verso Acerra, Brusciano, Pomigliano d'Arco, Afragola e, quindi, al mare, tra la foce del Volturno ed il lago di Patria, estendendosi lungo 110 mila ettari pianeggianti dalle grandi qualità agrarie delimitati a nord-ovest dal litorale domizio

e dal bacino del Volturno, a sud-est dall'area casertano-nolana e a sud-ovest dai Campi Flegrei;
i Regi Lagni sono frutto di un'opera di canalizzazione e bonifica avviata dal vice regno spagnolo nel 1610 per porre fine ad un problema che da secoli attanagliava la Campania Felix: le frequenti inondazioni del fiume Clanio che tormentavano le popolazioni locali e impedivano lo sviluppo urbanistico sin dall'epoca pre-romana;
lungo il canale principale dei Regi Lagni, oltre sessanta chilometri di percorso, ci sono centinaia di aziende zootecniche, impianti industriali, megastore commerciali e officine meccaniche;
producono mozzarella, conserve, detersivi, abbigliamento e il più delle volte immettono gli scarti di lavorazione direttamente nel canalone, saltando le griglie e le paratie. Ciò che arriva a mare, transitando per le vasche di depurazione, è una mistura incontrollata e velenosa, molto più pericolosa di quanto fosse in partenza, responsabile di un disastro ambientale di grandi proporzioni. Senza giri di parole i Regi Lagni sono oggi delle vere e proprie discariche a cielo aperto, in collegamento con i pozzi utilizzati per irrigare i vicini campi, che convogliano a mare diventando una delle principali fonti di inquinamento del litorale Domitio;
l'immagine ricorrente del bufalotto gonfio, sulla spiaggia di Castelvolturno, vale più di cento analisi chimiche e batteriologiche. È arrivato lì, sul tratto di arenile compreso tra la foce dei Regi Lagni e la Cittadella, seguendo il corso delle acque luride, una sorta di bara liquida di animali improduttivi e di carcasse, di lattine di alluminio e bottiglie di plastica, di escrementi allo stato semi-solido e di veleni industriali. Attorno, centinaia di ettari di terreno, che un tempo era fertilissimo, e che oggi si stanno trasformando in masse tumorali vegetali che uccidono la vegetazione, le colture, i frutteti;
nell'area sono presenti diversi depuratori, ma sovrastati dal materiale di scarico non rendono da tempo il risultato voluto versando in uno stato di abbandono e divenendo essi stessi parte dell'immenso rifiuto industriale da smaltire -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica sovraesposta e quali iniziative di competenza intenda assumere per rimediare a tale stato di degrado in vista di un'opera di generale bonifica dell'area, opera che, oltre ad un risultato sul piano ambientale, paesaggistico e sanitario, potrebbe fare da volano per diverse aziende e contribuire ad innalzare il livello di occupazione locale, oggi ai suoi minimi storici.
(3-01671)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta immediata:

VERINI, MORASSUT, POMPILI, TOUADI, MARAN, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, ARGENTIN, BACHELET, CARELLA, COSCIA, GASBARRA, GENTILONI SILVERI, MADIA, META, RECCHIA e TOCCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
con un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea, la n. 3-00259 del 2008, si denunziava il pericolo di gravi ripercussioni sulla tutela del patrimonio artistico, archeologico, paesaggistico e architettonico della città di Roma, derivante dallo smantellamento dell'ufficio antiabusivismo del comune, ufficio nato con l'obiettivo di reprimere gli abusi edilizi;
da allora il comune di Roma non dispone più di uno strumento fondamentale che negli anni passati ha consentito di rilevare qualsiasi variazione, anche prospettica, realizzata sul territorio: l'ufficio lavorava in stretta sinergia con gli enti parco, la polizia municipale e la procura;
in occasione della discussione in Assemblea dell'interrogazione di cui sopra, l'allora Ministro per i beni e le attività

culturali, onorevole Sandro Bondi, assumeva l'impegno di «monitorare con particolare attenzione il sistema dei beni culturali, paesaggistici, architettonici e archeologici della città di Roma» e riportava all'Assemblea le dichiarazioni che in proposito il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, gli aveva fatto pervenire: «la lotta all'abusivismo edilizio continuerà con più determinazione di quanto sinora sia stato fatto»;
nella risposta l'allora Ministro per i beni e le attività culturali riferiva anche della «determinazione nella lotta all'abusivismo a Roma evidenziata dall'assessore all'urbanistica, Marco Corsini, che, appunto, ha sottolineato come la lotta all'abusivismo a Roma non si ferma anzi si rafforza, ed il segnale è dato dall'istituzione di un ufficio di coordinamento operativo per la repressione dell'abusivismo edilizio che avrà un organico adeguato, per numero e qualità di tecnici e impiegati e risorse che verranno raddoppiate»;
il quotidiano la Repubblica ha pubblicato, il 9 aprile 2011, un articolo dal titolo «Tangenti per sanare gli abusi edilizi a Roma. Il supertestimone: ogni mattina arriva un uomo con le mazzette dai 5 ai 30 mila euro»;
nell'articolo si legge che: «all'interno dell'ufficio condono edilizio - dice il supertestimone - esiste un clan, una cupola composta da alcuni inamovibili funzionari comunali e da almeno sette dipendenti di Gemma. Gemma è la società pubblico/privata che ha gestito per conto del Campidoglio le pratiche del condono fino al giugno del 2010. Il potere di dare o rifiutare una concessione è tutto nelle mani del clan che quindi gestisce la tangente». E ancora: «il pagamento della tangente è solo metà dell'opera. Perché poi bisogna saper aggiustare la pratica. E qui si entra nel campo dell'arte. In generale il sistema migliore è quello delle pratiche in bianco, buono per tutti gli abusi. Negli ultimi giorni utili per presentare le domande, il dirigente G. si era inventato di »protocollare« alcune pratiche in bianco. Cioè dei fogli bianchi col timbro certificato del comune ai quali aggiungere successivamente i dettagli dell'abuso. In teoria si potrebbe costruire una villa in un parco domani mattina e farla apparire condonata nel 2004. Ancora oggi esiste un mercato di queste pratiche pre datate. Costano 50 mila euro l'una. Una notte, sotto i miei occhi ne vennero fabbricate 500»;
il valore del patrimonio culturale della città di Roma è inestimabile e necessita di un'attenta tutela, in particolare contro ogni forma di abusivismo edilizio: come ben sottolineato dall'allora Ministro per i beni e le attività culturali, sempre in occasione della discussione dell'interrogazione in questione: «del resto, come ho avuto modo di osservare in più occasioni, in Italia, storia e paesaggio si fondono in un tutt'uno armonico. Tutelare i beni culturali senza tutelare il territorio, ossia il paesaggio, sarebbe opera vana e inconcludente. Se distruggiamo il nostro paesaggio, distruggiamo la nostra ricchezza più importante per noi e per il futuro del Paese e in questo modo distruggiamo anche la possibilità stessa dello sviluppo del turismo» -:
se, anche in base alle informazioni in possesso del Ministero per i beni e le attività culturali, in seguito al «monitoraggio» a suo tempo annunciato, rispondano al vero i gravissimi fatti citati e denunciati dagli organi di informazione, i quali, qualora verificati, rappresenterebbero una conferma del fatto che la lotta all'abusivismo edilizio nella città di Roma non solo sta subendo una pericolosissima battuta d'arresto, ma sta anche conoscendo inquietanti fenomeni di corruzione nella pubblica amministrazione, e quali iniziative di verifica e controllo di competenza il Ministero per i beni e le attività culturali abbia ritenuto di intraprendere in merito ai fatti riportati dalla stampa e, più in generale, in relazione alla lotta all'abusivismo edilizio nella città di Roma, al fine di garantire un'adeguata ed efficace tutela del patrimonio culturale, paesaggistico,

architettonico ed archeologico ubicato a Roma, fatte ovviamente salve le competenze comunali nel rispetto dei principi costituzionali in materia.
(3-01672)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
risulta agli interroganti che già in data 18 marzo 2011 presso il 37o Stormo dell'Aeronautica militare si trovavano dislocati numerosi mezzi e militari di forze armate straniere e per questo motivo già in quella data il personale militare italiano, anche facente parte della componente Nato, ivi destinato nell'ambito delle attività militari connesse alla crisi libica e alle altre missioni di sorveglianza aerea, fu alloggiato presso le strutture alberghiere della provincia di Trapani;
gli interroganti ritengono sia un deprecabile segnale di improvvisazione e mancato coordinamento il fatto che i comandi militari abbiano inviato il proprio personale in missione con il regime di aggregazione senza aver prima accertato la disponibilità di alloggi presso la sede di servizio, con la conseguenza di aver gravato economicamente direttamente sul personale medesimo che ha dovuto fruire di vitto e alloggio presso le strutture alberghiere;
verso taluni militari italiani i comandi di appartenenza hanno avviato delle procedure disciplinari per la ritenuta mancata osservanza dell'ordine di missione in relazione all'aspetto amministrativo che prevedeva il regime di aggregazione per vitto e alloggio presso le strutture dell'Amministrazione militare -:
se al personale militare che abbia provveduto in proprio al pagamento delle spese alloggiative e di vitto siano stati effettuati i dovuti rimborsi nei termini previsti dalla vigente normativa e in caso contrario quali siano i motivi del ritardo;
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di iniziative disciplinari avviate verso militari italiani e quale ne siano le ragioni e se non ritenga doveroso intervenire in merito e in quale modo;
quando realmente mezzi e militari di altre forze armate straniere abbiano iniziato ad utilizzare le basi italiane e in particolare quelle dove ha sede il 37o stormo dell'Aeronautica militare e per quali motivi.
(4-12046)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 10 maggio 2011 una nota dell'agenzia Ansa ha diffuso la seguente dichiarazione del Ministro interrogato «[...] Posso però confermare la massima disponibilità della Difesa a collaborare con la magistratura che sta indagando su Quirra. Abbiamo fornito ogni documentazione per contribuire ad accertare la verità. Ricordo anche che negli ultimi giorni del suo mandato il mio predecessore, Arturo Parisi, aveva avviato una commissione mista per verificare la situazione nel poligono di Quirra, che sta completando il suo percorso. Aspetto gli esiti con grande attenzione in quanto attendibili». Il Ministro ha poi confermato che è stato assegnato un incarico a esperti per valutare eventuali rischi per la salute nel poligono di Quirra: «Ma posso anticipare che al momento non c'è alcun nesso di causalità tra uranio impoverito e problemi alla salute. Non c'è alcun elemento, perlomeno in mio possesso [...]»;

lo stesso giorno, sempre l'Ansa diffondeva la notizia secondo la quale «Anche i Paesi dell'Est Europa che facevano parte del Patto di Varsavia, durante la Guerra Fredda, hanno effettuato esercitazioni e fatto brillare materiale bellico nel Poligono sperimentale interforze di Perdasdefogu-Salto di Quirra. Sono gli ultimi particolari emersi dall'inchiesta della Procura della Repubblica di Lanusei [...] è emerso appunto che i Paesi dell'Est Europa hanno effettuato esercitazioni in Sardegna, con il sospetto di utilizzo di materiale con uranio impoverito. Gli stessi eserciti - secondo i riscontri degli inquirenti - hanno poi abbandonato i residui bellici nel Poligono ogliastrino, incrementando così le "discariche" presenti nella zona e già oggetto di sequestri da parte della Procura di Lanusei [...]» -:
se le notizie riportate dall'Ansa corrispondano al vero e, in tale caso, quali siano stati gli eserciti che hanno svolto le loro attività nei poligoni interessati dalle indagini della procura di Lanusei, in quali anni, quali siano state le attività svolte, quali siano gli ordigni utilizzati e/o fatti esplodere, se siano state effettuate attività di bonifica e, in caso contrario, quali siano state le ragioni per le quali il comando militare da cui dipendono i poligoni in premessa abbia consentito che i residui bellici fossero smaltiti in loco tramite interramento e occultamento.
(4-12055)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
una nota dell'agenzia Ansa del 10 maggio 2011 riportava la notizia secondo cui il Ministro interrogato in relazione all'inchiesta della Procura di Lanusei avrebbe affermato che «È interesse delle Forze Armate tutelare la salute dei propri militari e dei civili.[...] Al momento, per quanto io sappia non è stato accertato alcun nesso di causalità tra uranio e decessi [...]»;
il successivo 12 maggio una nota dell'agenzia parlamentare (AGENPARL) riportava le dichiarazioni del segretario del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm), Luca Marco Comellini che in merito alle affermazioni del Ministro della difesa riportate dall'Ansa dichiarava «[...] lo voglio informare dell'esistenza della Sentenza del T.A.R. Campania 17232 dello scorso maggio 2010 che, condannando l'amministrazione militare ne riconosce la responsabilità per la mancata osservanza delle misure minime di sicurezza necessarie a salvaguardare l'integrità fisica dei dipendenti e quindi il nesso di causalità tra l'esposizione all'uranio impoverito e la patologia accusata da un militare dell'Esercito Italiano [...] Mi auguro che adesso vorrà dare delle risposte, concrete e coerenti con la realtà dei fatti, alla magistratura, agli italiani e soprattutto a coloro che sono vittime del dovere del servizio, perché non siano anche vittime dello Stato. A prescindere comunque dalle risposte che il Ministro dovrà necessariamente dare gli voglio ricordare che i deputati radicali Maurizio Turco, cofondatore del Pdm, e Maria Antonietta Farina Coscioni sulla questione hanno presentato diverse interrogazioni parlamentari che attendono ancora delle risposte. [...]» -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti in premessa, quante siano state le sentenze pronunciate dai tribunali civili, amministrativi e penali che abbiano condannato il Ministero della difesa a risarcire i danni lamentati da militari e civili in conseguenza della dichiarata esposizione ai rischi di contaminazione di sostanze nocive o che siano deceduti o che abbiano riportato patologie che ne abbiano determinato l'invalidità, per la quale sia stata dichiarata la dipendenza dall'esposizione all'uranio impoverito o ai residui derivanti dall'uso di munizionamento contenente detto materiale, quante sentenze siano state eseguite, quante siano quelle appellate, quante siano le cause concluse con una transazione stragiudiziale.
(4-12056)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da una nota dell'agenzia Ansa del 12 maggio 2011 si è appreso che «Il Gip del Tribunale di Lanusei, Paola Murru, ha emesso un decreto di sequestro preventivo dell'intero Poligono di terra di Quirra e di Capo San Lorenzo ravvisando il reato di disastro ambientale. In pratica viene interdetta completamente ogni attività agropastorale all'interno dell'area e pertanto devono essere allontanati dal perimetro tutti i capi di bestiame che vi pascolano. Inoltre a parere del giudice esisterebbero prove che le esercitazioni e l'attività svoltasi sinora provochino gravi danni alla salute degli uomini e degli animali. [...] Secondo il magistrato tutta l'acqua della zona avrebbe subito contaminazioni di nanoparticelle provenienti dai vari brillamenti di munizionamento eseguiti in questi anni nel poligono. [...]»;
lo stesso giorno un'altra nota dell'Ansa dava notizia dei contenuti del provvedimento di sequestro «Il 25 ottobre 1988 nel Poligono di Quirra fu sparato un missile con una testata all'uranio impoverito, particella poi trovata nelle ossa di un agnello a due teste nato in quella zona. [...] Nella stessa zona sono accumulati rifiuti militari con sostanze nocive (cadmio, rame, piombo, antimonio) e molti di questi sono stati interrati, in particolare fusti di Napalm. Inoltre, risultano 23 gli allevatori che hanno registrato aborti e malformazioni nel bestiame: animali a sei zampe, con gli occhi dietro le orecchie o a due teste. Numerosi poi i pastori con tumori e linfomi, molti dei quali morti nel frattempo. Nel decreto si riprende la posizione processuale degli unici - finora - tre indagati nell'inchiesta, riportando gli atti della Procura con documenti e testimonianze. Si tratta di Tobia Santacroce, 66 anni, generale in pensione, accusato di disastro ambientale colposo e omicidio volontario doloso per aver fatto brillare dal 1980 munizioni e bombe obsolete, interrando poi nella base di Quirra i rifiuti militari; e di due chimici, Gilberto Nobile, 60 anni, di Vercelli, e Gabriella Fasciani, di 48, di Torino, indagati per falso ideologico in atto pubblico: avrebbero attestato la non anomalia di particelle metalliche presenti nei polmoni e negli organi di ovini da loro analizzati. Particolari emergono anche dal decreto del procuratore Domenico Fiordalisi con il quale dispone il sequestro probatorio di sorgenti, corsi d'acqua, canali, pozzi, sistema di accumulo e condotte idriche che raggiungono il bacino idrografico di Villaputzu fino agli allacci dell'abitato e della frazione di Quirra. Secondo la testimonianza resa lo scorso 5 maggio da una residente di Villaputzu malata di tumore, la sua patologia e quella di altri compaesani sarebbe stata causata proprio dall'acqua usata in casa e proveniente dalle sorgenti a monte del Salto di Quirra. Il geologo Priamo Farci ha poi accertato che effettivamente le particelle nocive generate da test o esercitazioni militari possono arrivare nella rete idrica di Villaputzu e Quirra. Da qui il sequestro per impedire manomissioni alle condotte e accertare le eventuali responsabilità di chi ha fatto confluire acque contaminate nei bacini potabili. [...]»;
alle 18.45 del medesimo giorno 12 sempre l'Ansa diffondeva un comunicato in cui si riportavano le dichiarazioni del Ministro degli affari esteri Franco Frattini: «La posizione del Ministro degli esteri, Franco Frattini, sugli sviluppi dell'inchiesta sul Poligono di Quirra è "quella del ministro La Russa". [...] "Non conosco gli atti giudiziari - ha sottolineato il responsabile della Farnesina - e quindi attendiamo le valutazioni definitive e soprattutto di conoscere gli esisti degli accertamenti penali. Non conoscendo né le motivazioni, né la sostanza degli accertamenti non sarebbe serio da parte mia esprimere giudizi"». Alle 19.43 un'agenzia dell'Adnkronos riportava la posizione dell'Aeronautica militare: «Uranio: Aeronautica, prendiamo atto del sequestro poligono Quirra confermata "trasparente disponibilità nei confronti dell'attività giudiziaria" [...] l'Aeronautica Militare "prende atto con serenità del provvedimento nella convinzione

che ogni azione dell'Autorità Giudiziaria deve essere sempre accolta con fattiva e partecipata collaborazione istituzionale, come peraltro assicurato durante tutto il corso dell'intera indagine sulla problematica dell'uranio [... ]»;
il 17 maggio sempre da una nota di agenzia dell'Ansa si apprendeva che «Il generale di Brigata aerea Sanzio Bonotto, comandante del Poligono interforze di Perdasdefogu-Salto di Quirra, è stato nominato oggi dal procuratore di Lanusei, Domenico Fiordalisi, custode giudiziario di tutto il perimetro della base, oggetto di un provvedimento di sequestro preventivo firmato nei giorni scorsi dal gip del Tribunale ogliastrino. Il compito dell'ufficiale sarà quindi quello di far rispettare quanto stabilito nel decreto del giudice.»;
il 18 maggio una nota dell'agenzia AGI informava che «L'Aeronautica militare, cui fa capo la gestione del poligono interforze del Salto di Quirra per conto del Ministero della difesa, ribadisce, in una nota, "di aver fornito agli inquirenti tutta la documentazione richiesta e di potenziale interesse per le indagini in corso da parte della Procura della Repubblica di Lanusei. La collaborazione - precisa l'Aeronautica - è in linea con i criteri di assoluta trasparenza già adottati in passato nell'ambito delle indagini ambientali e la programmazione di tutte le attività addestrative e sperimentali condotte presso il poligono". "L'Aeronautica Militare intende evidenziare con determinazione che non sussiste motivazione alcuna per evitare di far emergere ogni verità che spesso invece viene travisata da interpretazioni inaccurate, superficiali e fuorvianti di dati tecnici da parte di chi non ha titolo ad emettere giudizi o sentenze", conclude la nota. "Tutto ciò nell'interesse sia del proprio personale, sia della popolazione sarda, della quale la forza armata si considera da sempre supporto, presidio e tutela, e mai entità antagonista"» Lo stesso giorno viene diramata una nota dell'agenzia Adnkronos: «Uranio: PDM, su Quirra La Russa risponda a nostre interrogazioni [...]. Il silenzio con cui il Ministro della difesa continua a rispondere alle nostre interrogazioni, presentate dal deputato radicale Maurizio Turco, cofondatore del Pdm, ci fa dubitare seriamente di quanto in queste ore vuole affermare e farci credere il vertice dell'Aeronautica militare. Lo dichiara Luca Marco Comellini, Segretario del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm) commentando il comunicato di oggi dell'Aeronautica Militare, in cui "si ribadisce di aver fornito agli inquirenti tutta la documentazione richiesta e di potenziale interesse per le indagini in corso da parte della Procura della Repubblica di Lanusei". "Se ci fosse stata massima trasparenza in passato non ci sarebbe stata la necessità di un'inchiesta da parte della Procura di Lanusei i cui risultati eclatanti sono a tutti noti"»;
il 20 maggio una nota dell'AGI diffondeva la notizia «Poligono Quirra: monitoraggio difesa rileva forte inquinamento [...] Sostanze altamente inquinanti sono state rilevate nel monitoraggio ambientale nel suolo dell'area del poligono sperimentale interforze del Salto di Quirra [...] Si segnala la presenza di metalli vari, residui di esplosivo, perclorati, tritolo. Nel mare antistante Capo San Lorenzo sono state rilevate tracce arsenico, cromo, piombo, nichel in maniera superiore ai livelli indicati dalle direttive europee. Sono alcuni dei dati che emergono dalle indagini in cinque lotti (suolo, acque, aria, elettromagnetico, sistema informatico ambientale) commissionato oltre due anni fa dal Ministero della difesa [...] Per quanto riguarda l'aria, sono state riscontrate nanoparticelle di diverso tipo, polveri fini che a Perdasdefogu e Capo San Lorenzo hanno caratteristiche analoghe, con punte che raggiungono livelli simili alle situazioni di traffico urbano in città come Milano. I livelli di alluminio, potassio e sodio aumentano in concomitanza con le esercitazioni. Le misurazioni dei campi elettromagnetici sono risultate entro i limiti di legge, con sei aree indicate come potenzialmente critiche in cui, secondo la commissione scientifica, occorrono approfondimenti. Una sola stazione per il monitoraggio,

è stato sottolineato, non è sufficiente. Non si può escludere la presenza nell'aria di sostanze pericolose, si è concluso, perché il capitolato prevedeva una ricerca di contaminanti precisi, ma limitati, che non danno, secondo la commissione, elementi per comprendere lo stato di salute dell'ambiente. Gli stessi limiti, attribuibili alle prescrizioni del capitolato ma anche alle procedure adottate, riguardano l'analisi del suolo, per la quale la società incaricata (SGS) ha utilizzato una "lettura" geochimica, non adatta per la commissione a rilevare situazioni di contaminazione. [...] Nei vegetali è stato rilevato un accumulo di metalli, con alte concentrazioni di alluminio, bario, cromo, ferro, piombo e zinco. Ci sono stati errori procedurali anche in questo caso: sono stati lavati i campioni di foglie e piante, al contrario di quanto si dovrebbe fare, e anche i mitili analizzati sono stati trapiantati nella baia per un tempo eccessivo rispetto a quanto occorre perché forniscano elementi di contaminazione. I lombrichi da esaminare sono stati analizzati senza che prima avessero spurgato, ma dalle analisi dei licheni risulta una presenza di rame, zinco, cromo, tungsteno, arsenico e torio. Dallo studio delle matrici animali (13 allevamenti, 16 ovini di Perdasdefogu, 11 di Capo San Lorenzo, 2 di zone confinanti, 2 di Talana) è emersa la presenza di arsenico (nel rene e nel fegato) a Capo San Lorenzo, cadmio (rene dei capi di Talana), cromo e nichel a Capo San Lorenzo, piombo e torio a Capo San Lorenzo e Perdasdefogu. [...]»;
sempre il 20 maggio 2011 un altro comunicato dell'Agenzia Parlamentare (Agenparl) riportava le dichiarazioni del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia. «Dopo le recenti dichiarazioni del "supertestimone" che alla stampa ha descritto dettagliatamente le operazioni di brillamento di enormi quantità di esplosivi che avvenivano nei poligoni di Quirra e Capo San Lorenzo, il Ministro della difesa Ignazio La Russa adesso, invece di preoccuparsi di affermare che "è interesse delle Forze Armate tutelare la salute dei propri militari e dei civili", dovrebbe prendere atto della situazione e quindi disporre l'immediata evacuazione di quei poligoni, interrompere ogni attività militare, civile e industriale. La Difesa deve provvedere urgentemente a risarcire i danni arrecati ai civili che risiedono e lavorano in quelle zone e alle aziende agropastorali alle quali, per effetto della disposizione di sequestro, è stata interdetta la prosecuzione delle attività lavorative e, inoltre, si deve fare carico di bonificare tutto il territorio su cui insistono i poligoni posti sotto sequestro. Diversamente quelle del Ministro sono solo chiacchiere e quelle dei vertici dell'Aeronautica in merito alla trasparenza e alla collaborazione con gli inquirenti si commentano da sole di fronte ai gravi fatti che continuano a emergere nel corso dell'inchiesta» -:
se, alla luce delle inquietanti notizie riportate dagli organi di informazione, il Ministro interrogato sia intenzionato a disporre l'immediata evacuazione dei poligoni di Quirra e Capo San Lorenzo e conseguentemente a interdirne l'accesso al personale militare e civile, a sospendere ogni attività militare e industriale, a provvedere alla bonifica dell'intero territorio, a risarcire i danni arrecati alle popolazioni civili e ai militari deceduti o ammalatisi che abbiano prestato servizio in quelle sedi, a risarcire economicamente i comuni su cui insistono i poligoni in premessa e le aziende agricole e pastorali che per effetto del provvedimento di sequestro disposto dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lanusei abbiano dovuto interrompere le loro attività lavorative.
(4-12058)

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ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
gli stanziamenti previsti a favore della legge n. 49 del 1987, in materia di

cooperazione allo sviluppo, hanno registrato, come è noto, un trend allarmante negli ultimi 4 anni, passando dai 732 milioni di euro stanziati nel 2007 per l'anno 2008 - ultimo anno del Governo Prodi - fino ai soli i 75 milioni di euro stanziati con l'ultima legge finanziaria per l'anno 2011, che segnano la sostanziale fine della cooperazione bilaterale italiana allo sviluppo;
è appena il caso di notare che per la prima volta con finanziamenti così bassi sulla legge 49 del 1987, l'incidenza dei costi amministrativi di una struttura ormai ridotta ai minimi termini rispetto ad una accettabile capacità operativa, sono percentualmente lievitati, passando dal 6 per cento del 2008 al 10 per cento del 2011, determinando tra l'altro delle diseconomie di scala, in base alle quali qualunque intervento di cooperazione allo sviluppo che aspiri oggi ad avere un minimo di rilievo internazionale, o che ambisca ad avere un qualche impatto effettivo sul territorio di destinazione, obbliga a prevedere interventi ad hoc, potenzialmente altamente costosi;
questi dati, ormai da tempo noti, appaiono allarmanti non solo in relazione alla netta caduta quanto ad efficacia ed impatto della cooperazione allo sviluppo bilaterale italiana, ma anche perché incidono in maniera gravissima sul ruolo dell'Italia nell'ambito della cooperazione allo sviluppo portata avanti dall'Unione europea e dal sistema della Nazioni Unite, e più in generale sulle politiche di vicinato, nelle quali è interesse e dovere dell'Italia essere impegnata, specie, alla luce degli ultimi avvenimenti, nell'area del Mediterraneo;
anche sul piano multilaterale, l'Italia ha ridotto i propri impegni e, per banche e fondi di sviluppo nel 2011, sono state più che dimezzate le risorse disponibili lo scorso anno e già allora inadeguate; il nostro Paese sconta inoltre rinvii e ritardi che sono alla base della perdita di credibilità dell'Italia nei consessi internazionali: basti pensare alla lentezza nel pagamento di obblighi assunti in sede multilaterale, tra i quali è sufficiente citare in questa sede il mancato versamento al Fondo africano di sviluppo e alla Convenzione di Londra sull'aiuto alimentare (nei confronti della quale il nostro debito ammonta a 270 milioni di euro); inoltre la riduzione della quota contributiva dovuta dall'Italia, operata in occasione dell'ultima Conferenza di rifinanziamento dell'Aida tenutasi nel 2010, ha determinato una riduzione del peso del nostro Paese in sede di Consiglio di amministrazione, contribuendo ad una ulteriore perdita di credibilità sul piano internazionale;
il gravissimo ritardo nel pagamento delle quote dovute al Fondo globale per l'Aids, la tubercolosi, e le altre pandemie - quote dovute dall'Italia e mai più versate a partire dall'anno 2009 e che hanno determinato anche la perdita da parte dell'Italia del seggio unico permanente presso il Fondo - non solo sta mettendo a rischio la vita di 2,9 milioni di persone sottoposte a terapia, ma altresì sta vanificando gli sforzi compiuti dall'Italia fino al 2009, mostrando un atteggiamento miope e inefficiente da parte dell'Italia anche sotto il profilo squisitamente economico;
l'unico soggetto a cui l'Italia, per vincoli inderogabili, continua a versare il dovuto è la Commissione europea, dove l'Italia risulta terzo contribuente del bilancio dell'Unione europea in materia di sviluppo e quarto del Fes, contribuendo significativamente a fare sì che la Commissione europea rappresenti il terzo donatore a livello mondiale nel settore della cooperazione allo sviluppo. Appare invece assai ridotta e insufficiente la capacità italiana di influenzare e orientare le politiche di cooperazione europee anche a causa dell'avvenuta chiusura da più di due anni delle strutture italiane specificamente preposte in ambito europeo alla cooperazione allo sviluppo e alla promozione delle istanze italiane nella programmazione europea di cooperazione. Gli Stati membri

sono infatti chiamati a concordare con l'Unione europea sia il rispetto di standard quantitativi e l'impegno di risorse, sia l'armonizzazione di procedure e di cornici operative ispirate a princìpi comuni - come quelli del massimo coordinamento e della complementarità e della «divisione del lavoro» per aree e Paesi degli stati membri - che richiedono presenza e competenze assidue;
complessivamente, l'Italia con appena lo 0,15 per cento sul PIL di risorse attribuite alla cooperazione è ormai collocata in posizione lontanissima dal raggiungimento di quegli obiettivi fissati nel Consiglio europeo del maggio 2005, che prevedevano il raggiungimento dello 0,51 per cento del PIL entro il 2010 e dello 0,70 per cento entro il 2015, e nell'anno della scadenza di questi obiettivi, l'Italia è il Paese responsabile per il 40 per cento del loro mancato raggiungimento, con un ammontare di risorse complessivo destinato all'Aps, in percentuale al Pil, inferiore persino alle risorse impegnate a questo scopo dalla Grecia;
è evidente che l'attuale situazione dei fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo italiana, sia bilaterale che multilaterale, nonché l'andamento fortemente negativo registratosi nell'ultimo quadriennio non costituiscono certo un adeguato biglietto da visita, anche sotto il profilo della credibilità internazionale, per partecipare con successo alle attività di cooperazione dell'Unione europea e del sistema delle Nazioni Unite a partire dal prossimo Forum sull'efficacia dell'aiuto che si terrà a Busan in Corea nel prossimo mese di novembre;
tra gli strumenti innovativi introdotti a livello europeo in questo settore, va certamente menzionato l'istituto della cooperazione delegata - affidata dall'Unione europea ad enti di Stati membri ritenuti idonei, e per i quali l'Italia ha candidato la direzione generale Cooperazione e sviluppo del Ministero degli affari esteri -, che presuppone, tra gli altri, l'applicazione di un principio di reciprocità, costituito da un impegno da parte degli Stati membri a trasferire alla Commissione un importo pari almeno alla metà di quanto è già stato ad essi delegato: quindi la capacità potenziale di gestione di fondi delegati è strutturalmente collegata alla quantità di Fondi disponibili a livello nazionale, benché questo strumento sia ancora in fase di sviluppo e non risulta che tale principio sia stato finora rigorosamente applicato;
tuttavia, con gli attuali fondi messi a disposizione dall'Italia sulla legge 49, pari a meno di 100 milioni di euro per nuovi progetti da finanziarsi nel 2011, una volta a regime la macchina europea, potremmo sperare di gestire non più di 200 milioni di fondi europei delegati, mentre, solo per fare un esempio, i fondi attribuiti per il 2008 pari a 732 milioni di euro avrebbero permesso all'Italia di aspirare a gestire un ammontare di fondi europei delegati pari a circa 1 miliardo e quattrocento milioni di euro;
va altresì sottolineato che le risorse dell'aiuto pubblico allo sviluppo, nelle percentuali indicate a livello internazionale come obiettivi da rispettare, dovrebbero aggiungersi, e non essere semplicemente sostituita dalle nuove forme di finanziamento allo sviluppo, fondate anche su eventuali partnership pubblico/privato secondo il cosiddetto «whole of cuntry approach», che sia pur molto interessanti e assai utili, necessitano ancora di sperimentazione e adeguato approfondimento, e certamente sono da sviluppare, ma in maniera rigorosamente addizionale, rispetto alla componente più squisitamente pubblica dell'aiuto pubblico allo sviluppo, oggetto degli impegni internazionali sottoscritti dal nostro Paese nelle sedi internazionali;
del resto, proprio le vicende che negli ultimi quattro mesi hanno attraversato i vicini Paesi del Nord Africa hanno riproposto con forza il tema delle potenzialità connesse ad una efficace attività di cooperazione allo sviluppo, e della necessità di avere una forte cooperazione bilaterale in queste aree da mettere in sinergia con

l'attività e il finanziamento dello sviluppo portato avanti dall'Unione europea (come nel caso dei fondi Bei e delle politiche di vicinato, peraltro da ripensare), che dovrebbero produrre un significativo impatto in queste realtà sociali, senza dimenticare che anche dalla mancanza di efficaci politiche di sviluppo derivano oggi i forti e inattesi flussi migratori, innanzitutto verso l'Italia;
l'assenza di fondi adeguati sulla legge 49 del 1987 per il finanziamento di nuovi progetti ha determinato, proprio in alcuni Paesi del Nord Africa, l'utilizzo da parte dell'Italia di strumenti inadeguati a finanziare progetti di sviluppo in senso proprio, quali il Fondo rotativo per i crediti di aiuto o l'utilizzazione di strutture dello Stato alternative a quelle deputate alla cooperazione allo sviluppo, quale la protezione civile;
non stupisce allora che secondo i dati diffusi lo scorso 6 maggio dalla Commissione europea l'Italia, pur essendo un Paese che vantava relazioni privilegiate con la Libia, figura solamente all'ottavo posto per ammontare di aiuti destinati alla crisi libica, con soli 3 milioni di euro, su un totale dei 100 milioni di euro impegnati dai ventisette Stati membri dell'Unione per azioni di intervento umanitario in Libia, un dato non confrontabile con i 13 milioni versati dall'Inghilterra, i 7 milioni versati dalla Germania ed inferiore persino ai 4 milioni versati dalla Spagna;
pur senza considerare la cooperazione allo sviluppo come l'unico strumento possibile atto a contenere i flussi migratori, non vi è dubbio che una cooperazione efficace, trasparente e posta in sinergia con quella portata avanti dall'Unione europea - e pensata all'interno di rinnovate politiche di sviluppo comunitarie -, può produrre un significativo impatto nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo attualmente impegnati in difficili e complesse transizioni verso la democrazia;
l'attuale situazione dei fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo è, ad avviso degli interpellanti, in forte contraddizione con la posizione espressa da membri del Governo appartenenti alla Lega in merito alla condivisibile necessità, proprio in relazione ai Paesi della sponda sud del Mediterraneo, di aiutare lo sviluppo degli stessi Paesi di origine dei migranti;
in conclusione l'attuale situazione di carenza di fondi in relazione alla cooperazione bilaterale e di grave ritardo nel pagamento di alcuni impegni assunti a livello multilaterale ha già gravemente compromesso la credibilità dell'Italia a livello internazionale e le sue legittime aspirazioni a diventare Paese leader anche nella cooperazione delegata europea;
peraltro solo una visione non miope oggi potrà consentirci un domani di mettere proprio l'Italia nelle condizioni di avanzare una forte candidatura in Europa quale Paese adeguato ad essere leader in quest'area -:
alla luce della quasi totale eliminazione di fondi e risorse come, con quali strumenti e in quali tempi intenda il Ministro interpellato finanziare una cooperazione bilaterale pubblica italiana, ritenuta l'importanza di questo settore per il futuro dei nostro Paese;
se, in particolare, intenda finanziare una programmazione di riallineamento pluriennale (piano di rientro) che favorisca anche gradualmente, in tempi diversi da quelli inizialmente previsti, il rispetto degli impegni internazionali, come chiesto anche dall'OCSE-DAC.
(2-01089)
«Bersani, Tempestini, Pistelli, Barbi, Fassino, Maran, Arturo Mario Luigi Parisi, Veltroni, Amici, Villecco Calipari, Boccia, Lenzi, Zaccaria, Livia Turco, Ferranti, Argentin, Cuperlo, D'Antoni, Capano, Fedi, Garavini, Gasbarra, Levi, Migliavacca, Morassut, Mosca, Andrea Orlando, Pompili, Santagata, Sbrollini, Tocci».

Interrogazione a risposta immediata:

ZELLER e BRUGGER. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il documento unico di regolarità contributiva (durc) è nato con il decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito con modificazioni dalla legge 22 novembre 2002, n. 266, recante «disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale», nell'ottica di incentivare l'emersione del lavoro sommerso;
il dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, con la nota n. 13505 del 20 aprile 2009, confermando in via generale l'onere di esibire il documento unico di regolarità contributiva per le imprese che stipulano contratti di forniture e servizi con la pubblica amministrazione, ha avuto modo di chiarire che, qualora si tratti di forniture di modesto importo, le imprese possano produrre la dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'articolo 46, comma 1, lettera p), del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, nell'ottica della semplificazione e dello snellimento degli oneri a carico delle imprese, chiedendo alle amministrazioni stesse di effettuare dei controlli periodici, anche a campione, sulla regolarità delle dichiarazioni sostitutive esibite -:
se si ritenga corretto che le pubbliche amministrazioni e le società cosiddette in house possano limitarsi a chiedere la dichiarazione sostitutiva per i contratti pubblici fino a 10.000 euro, alla luce della nota della Ragioneria generale dello Stato, di cui in premessa.
(3-01670)

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

LO MONTE, ZELLER e BRUGGER. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con la legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) sono state prorogate per gli anni 2008-2012 le detrazioni pari al 36 per cento delle spese sostenute per le ristrutturazioni edilizie, nei limiti complessivi di 48.000 euro per unità immobiliare, tra cui gli interventi relativi alla realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali di immobili abitativi anche di proprietà comune;
secondo l'orientamento prevalente, il rapporto pertinenziale non deve necessariamente essere formalizzato in un atto, essendo sufficiente che il posto auto sia di fatto a servizio dell'immobile abitativo al quale è destinato ad una distanza compatibile con le esigenze di tale servizio;
sussistono casi in cui i proprietari di un condominio hanno realizzato nel 2010, in base ad una concessione edilizia, diversi interventi di recupero sulle singole unità immobiliari e sulle parti comuni, per un importo superiore ai 48.000 euro per ogni singola unità immobiliare;
durante il corso dei lavori nel 2010 hanno deciso di realizzare sull'area pertinenziale del condominio un garage interrato con diversi posti auto destinati a servire le abitazioni;
hanno quindi richiesto un nuovo titolo abilitativo al comune, che ha rilasciato una nuova concessione edilizia per la realizzazione del predetto garage interrato;
i lavori di costruzione per i posti auto pertinenziali sono iniziati alla fine del 2010, mentre i versamenti all'impresa incaricata sono stati effettuati nel 2011 -:
se i proprietari delle singole unità abitative, che nel 2010 avevano già usufruito delle agevolazioni per le ristrutturazioni edilizie, possano beneficiare nuovamente delle detrazioni del 36 per cento per ciascuna unità immobiliare, in base al nuovo titolo abilitativo rilasciato per la realizzazione del garage interrato per posti auto pertinenziali.
(5-04796)

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'«Affordability Index» riguarda l'indice di accessibilità al mercato delle abitazioni in Italia. Utilizzando un approccio consolidato in letteratura, l'indice elaborato è stato prodotto incrociando dati estratti da diverse fonti informative: per i prezzi delle abitazioni, le statistiche elaborate semestralmente dall'Agenzia del territorio nell'ambito dell'osservatorio sul mercato immobiliare, mentre per le altre informazioni i dati di fonte Banca d'Italia e Istat. È risultato che nel periodo compreso tra il 2004 e il 2010 l'indice di Affordability per il complesso delle famiglie italiane si è sempre collocato su valori positivi, a significare che in media l'acquisto dell'abitazione resta accessibile. Tuttavia, le analisi effettuate hanno evidenziato molti aspetti importanti che attengono all'andamento dell'indice nel tempo, alla situazione di specifici segmenti di famiglie e di specifiche realtà territoriali, al diverso ruolo che giocano la componente finanziaria e la componente reale;
per quel che attiene alla dinamica, le elaborazioni effettuate indicano una tendenziale riduzione dell'indice, che è passato, per il dato medio nazionale, dal 9,5 per cento della prima parte del 2004 al 6 per cento del secondo semestre del 2010. Nell'ultimo biennio tale tendenza avrebbe trovato un punto di inversione. Risultati piuttosto differenziati si registrano nelle diverse macroaree territoriali del paese: i dati più recenti evidenziano che l'indice di Affordability è pari al 6,5 per cento nel Nord, allo 0,3 per cento nel Centro e all'8,3 per cento nel Sud. È importante notare come in media le condizioni di accessibilità delle famiglie meridionali risultino migliori di quelle vigenti nelle altre due ripartizioni, segno di come lo svantaggio reddituale sia più che compensato da più basse quotazioni immobiliari. Ad aver contribuito in modo sostanziale a tale dinamica negativa è stata soprattutto la crescita dei prezzi delle abitazioni. Difatti, la variazione complessivamente registrata tra il primo semestre del 2004 e la seconda metà del 2009 dall'indice, pari a 3,5 punti percentuali è più che spiegata dall'«effetto prezzo» (cioè all'andamento del prezzo «relativo» delle abitazioni rispetto al reddito disponibile), mentre l'«effetto tasso» (d'interesse) ha avuto un'incidenza nel complesso positiva. A dicembre del 2010 il contributo dei tassi alla dinamica dell'indice risultava positiva per 1,4 punti percentuali;
di converso nella fase di rialzo dei tassi di interesse, quella che si è avuta tra la fine del 2006 e l'inizio del 2008, la componente finanziaria ha giocato un ruolo negativo di pari entità. Utilizzando il dato sulla distribuzione dei redditi, ricavato dall'indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d'Italia, è stato poi possibile estrarre dall'indice di Affordability l'informazione circa la quota di famiglie che dispone di un reddito sufficiente a coprire almeno il 30 per cento del costo annuo dell'abitazione. Secondo le nostre stime, nel secondo semestre del 2010, il 51 per cento delle famiglie italiane, cioè circa 13 milioni di nuclei, disponeva di un reddito sufficiente a poter sostenere i costi, reali e finanziari, connessi con l'acquisto di un'abitazione. Tale quota era pari al 62 per cento nel primo semestre del 2004. Dopo aver elaborato l'indicatore a frequenza semestrale, a riflesso della periodicità con cui si rendono disponibili le statistiche OMI sui prezzi delle case, si è arrivati ad indicazioni a più elevata frequenza, utilizzando una procedura volta a calcolare un indice di accessibilità, per il solo dato nazionale, a frequenza mensile. Da tali elaborazioni è emerso che negli ultimi mesi la dinamica dell'indice di Affordability avrebbe mostrato segni di inversione della sua tendenza discendente. In particolare tra agosto del 2008 e l'ottobre del 2010 l'indice avrebbe mostrato un miglioramento per 3,4 punti percentuali. A guidare tale miglioramento è in via prioritaria la forte riduzione del costo del

credito negli ultimi mesi: secondo l'analisi a questa componente va attribuito, infatti, per intero il merito del miglioramento intervenuto, mentre il prezzo relativo delle case avrebbe continuato a giocare a sfavore; inoltre si consideri che a partire da settembre del 2009 e fino a dicembre del 2010 (ultimo dato disponibile) l'effetto tasso è risultato costantemente positivo;
dall'indagine effettuata, risultano d'obbligo alcune considerazioni. La prima: il combinato disposto di un relativamente elevato grado di possesso dell'abitazione di proprietà rispetto ad altri importanti paesi avanzati (intorno all'80 per cento contro il 55 per cento della Francia ed il 40 per cento della Germania, secondo i dati dell'European mortgage federation) e un valore dell'indice che per l'insieme delle famiglie resta positivo fa si che il problema si presenti, nella sua globalità, con caratteristiche non patologiche. La seconda: si evidenzia una tendenziale riduzione di lungo periodo che assume connotati non rassicuranti per le famiglie nei grandi agglomerati urbani dove il relativo vantaggio di un reddito disponibile un po' più elevato viene più che contrastato dalle più alte quotazioni degli immobili. La terza: la progressiva riduzione dell'indice è per massima parte imputabile all'andamento del reddito disponibile rispetto ai prezzi delle case, mentre la finanza non soltanto contribuisce marginalmente (e senza colpe dal momento che riflette prevalentemente gli impulsi di politica monetaria) ma in alcune fasi ha svolto un ruolo di controbilanciamento delle tendenze in atto. La quarta, conseguente alle prime tre, riguarda il fatto che da quanto detto si evince che servono risposte di policy in termini sia generali che di politiche specifiche -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare per promuovere politiche per la casa che tengano conto delle difficoltà che i cittadini, in particolare i giovani, incontrano nell'acquistare la prima casa, soprattutto nelle aree metropolitane.
(4-12037)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Adnkronos del 17 maggio 2011, un detenuto italiano di 32 anni, con fine pena 2013, che scontava la condanna nel carcere di Ivrea, è evaso a Milano spintonando gli agenti che lo accompagnavano per una visita autorizzata alla madre malata; nel 2010 ci sono state complessivamente 139 evasioni di detenuti a livello nazionale: 15 da istituti, 3 da soggetti ammessi a fruire di permessi di necessità (come in questo caso), 38 da chi godeva di permessi premio, 3 di lavoro all'esterno, 12 da semiliberi e ben 68 sono stati gli internati che non sono rientrati dopo avere avuto periodi di licenza;
secondo Donato Capace, segretario del Sappe, «Quest'episodio conferma ancora una volta le criticità del sistema carcere e mette in luce i gravi rischi per la sicurezza connessi ai servizi di traduzione e trasporto dei detenuti» -:
quali siano le modalità attraverso le quali si è consumata l'evasione del detenuto di Ivrea; se nel caso di specie non siano ravvisabili profili di responsabilità in capo agli agenti di polizia penitenziaria che stavano scortando l'uomo;
se risulti che il servizio di scorta e traduzione del detenuto di Ivrea fosse carente e/o organizzato e predisposto in modo non idoneo.
(4-12039)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 19 maggio scorso, una

delegazione della segreteria regionale calabrese dell'Ugl polizia penitenziaria, composta dal segretario regionale, Andrea Di Mattia, e dal delegato regionale, Carlo D'Angelo, ha incontrato il provveditore della Calabria, Nello Cesari;
nel corso dell'incontro, è scritto in una nota, i sindacalisti hanno manifestato «le preoccupazioni per le condizioni lavorative dei poliziotti penitenziari in servizio negli istituti della regione; condizioni che non sfuggono, purtroppo, alle ataviche criticità che contraddistinguono il sistema penitenziario nazionale, tra cui giova ricordare l'abnorme sovraffollamento delle carceri, la preoccupante carenza di personale e turni di servizio espletati su 3 quadranti orari, ossia su 8 ore giornaliere»;
al riguardo è stata segnalata la situazione del carcere di Cosenza, «uno dei pochi istituti (se non l'unico) della Calabria dove fino a pochi giorni fa il personale espletava turni da 6 ore, come previsto dalla normativa pattizia e di settore. Purtroppo, l'apertura di un nuovo padiglione detentivo (che non sembra, per la verità, aver rappresentato la tanto agognata panacea ai problemi del sovraffollamento dell'istituto) ha mutato la situazione tanto da spingere i componenti la delegazione a richiedere un incremento delle risorse umane a disposizione della stessa casa circondariale». Nel corso dell'incontro è stata anche «invocata la necessità di nominare un Provveditore titolare che garantisca e stabilisca corrette relazioni sindacali, allo stato inesistenti» -:
quali provvedimenti urgenti ed immediati intenda adottare al fine di risolvere tutti i punti critici segnalati dalla segreteria regionale calabrese dell'Ugl polizia penitenziaria nel corso dell'incontro avuto con il provveditore della Calabria, dottore Nello Cesari.
(4-12040)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da Ristretti orizzonti, Mario Santini, un detenuto di 60 anni residente a Pistoia, è morto il 18 maggio nel carcere Don Bosco di Pisa. L'uomo, che era allo stadio terminale di un cancro polmonare ed era affetto da HIV, era stato dimesso da circa due ore dall'ospedale santa Chiara di Pisa in quanto dichiarato paziente lungodegente;
la notizia è stata data dal garante per i diritti dei detenuti, l'avvocato Andrea Callaioli che ha dichiarato: «Un uomo in quelle condizioni non doveva morire in carcere per questioni etiche»;
sempre stando ad una prima ricostruzione fatta dal garante per i diritti dei detenuti, l'uomo sarebbe stato dimesso perché «nella struttura ospedaliera civile non si potevano fare trattamenti clinici e neppure trattamenti di cura del dolore visto il livello avanzato della malattia ed erano necessari solo interventi di mantenimento». L'uomo in ospedale è sempre stato piantonato in quanto il giudice di sorveglianza non aveva disposto la sospensione dell'esecuzione penale e quindi una volta dimesso è rientrato in carcere;
il detenuto deceduto avrebbe finito di scontare la pena detentiva per lesioni dolose aggravate nel 2013. La procura di Pisa ha disposto l'autopsia ed è stato aperto un fascicolo dal pubblico ministero, dottor Miriam Romano -:
se sia noto per quali motivi il detenuto Mario Santini, con un cancro al polmone in fase terminale e affetto da HIV, si trovasse, al momento della morte, in una cella del carcere Don Bosco di Pisa,

invece che in una struttura ospedaliera attrezzata per quel tipo di patologie e in grado di alleviarne le sofferenze.
(4-12041)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Tirreno dello scorso 20 maggio è apparso un articolo intitolato: «Detenuto ritrovato morto, c'è il sospetto di un'overdose di stupefacenti»;
l'articolo in questione dà conto del decesso di Enrico Brera trovato cadavere nei giorni scorsi nella sua cella nel carcere di Porto Azzurro. Secondo i primissimi riscontri, forse il decesso è stato causato da infarto provocato da una assunzione di sostanza stupefacente;
agli atti risulterebbe che l'uomo avrebbe assunto sostanza stupefacente che si era portato con sé in cella tornando da un permesso premio a Milano;
Brera, ormai cadavere, era stato trovato sabato scorso dagli agenti di turno della polizia penitenziaria del carcere di Porto Azzurro: era privo di vita, disteso nel suo letto nella sua cella che occupava da solo. Aveva da poco compiuto 53 anni -:
quali siano le cause che hanno condotto alla morte di Enrico Brera;
se sulla vicenda l'amministrazione penitenziaria abbia aperto una indagine amministrativa interna;
nel caso venisse il decesso fosse stato provocato dall'assunzione di sostanza stupefacente, in che modo la droga è entrata in carcere e se vi siano responsabilità del personale penitenziario per omessa vigilanza e/o controllo;
quanti siano gli agenti penitenziari nel carcere di Porto Azzurro e se il loro numero corrisponda alla pianta organica prevista dal Ministero.
(4-12042)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa DIRE, il 15 maggio nell'istituto penitenziario di Viterbo un agente di polizia penitenziaria di 42 anni si è suicidato con un colpo di arma da fuoco;
negli ultimi 10 anni si sono registrati oltre 75 suicidi, di cui 3 nei primi mesi 2011;
da anni i sindacati di polizia penitenziaria chiedono, inascoltati, l'adeguamento degli organici, il rispetto dei contratti sindacali e che ai poliziotti penitenziari che prestano servizio negli istituti di pena venga fornita un'adeguata assistenza psicologica di supporto, dato il numero allarmante di suicidi registrato tra gli agenti -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di garantire i diritti degli agenti di polizia penitenziaria che prestano servizio negli istituti di pena e, in particolare, un'adeguata assistenza psicologica di supporto, ciò anche alla luce dell'alto tasso di suicidi registrato negli ultimi 10 anni tra i baschi azzurri.
(4-12043)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano La Sicilia del 16 maggio scorso, presso l'istituto penitenziario di Enna un detenuto è stato colpito dai calcinacci caduti dai locali passeggi, a causa della struttura fatiscente;
sulla vicenda Mimmo Nicotra, vice segretario generale Osapp, ha diramato la seguente nota: «Solo grazie alla buona sorte per il detenuto si è scongiurato il peggio ricorrendo alle cure dell'infermeria dell'istituto. Solo ieri il Ministro della giustizia ha raccontato l'ennesima favola

sullo stato delle carceri italiane, mentre oggi nelle carceri si continua a fare i conti con la carenze di organico e risorse. Fondi che addirittura non bastano neanche per garantire la manutenzione ordinaria degli istituti. Figuriamoci quella straordinaria» -:
se non intenda disporre, nell'immediato, la manutenzione straordinaria dell'istituto penitenziario di Enna.
(4-12044)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Nuova Sardegna del 19 maggio scorso è apparso il seguente articolo intitolato: «Alghero, pochi agenti e troppi detenuti, dietro le sbarre situazione insostenibile»: «La casa circondariale scoppia e ora il Sappe, sindacato delle guardie carcerarie, si rivolge al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, a muso duro: "Così non si può andare avanti". Secondo i dati ufficiali, nel carcere di Alghero al momento sono recluse 200 persone, a fronte di una capienza che ne prevede non più di 150. "Un sovraffollamento - spiega Roberto Martinelli, vicesegretario nazionale del Sappe, il sindacato della polizia penitenziaria - che non soltanto impedisce una normale funzione rieducativa, ma che oggettivamente mette in discussione la dignità di chi sta pagando per le proprie colpe". Una situazione alla quale va a sommarsi la carenza del personale di sorveglianza. "Su un organico ottimale di 92 agenti - continua Martinelli - quelli in forza al carcere di Alghero sono appena 72, tra i quali non pochi distaccati, per un totale di appena 44 uomini impiegati per i turni nell'arco delle 24 ore". Non sorprende, dunque, che tra le guardie penitenziarie ci sia chi non fa le ferie dal 2008 o che gli straordinari siano di 40 ore a testa. Sempre secondo il Sappe, la situazione lavorativa nel carcere di Alghero sarebbe al limite della tolleranza. "Attualmente - si legge nel documento inviato alle istituzioni competenti - in ogni turno vengono impiegati sei o sette colleghi, che però la notte diventano quattro o cinque". Praticamente, meno della metà rispetto ai quattordici previsti. Il che, si capisce, crea non pochi disagi. "Anche perché - aggiungono dal sindacato - durante il servizio a turno le guardie devono provvedere pure allo svolgimento delle visite ambulatoriali esterne dei detenuti o all'accompagnamento di questi ultimi nei tribunali o in altri penitenziari". Con prevedibili conseguenze nefaste se, magari durante la notte, si dovesse verificare qualche evento critico. Tuttavia, la sicurezza e l'ordine all'interno del carcere sarebbero comunque garantiti, sebbene a costo di turni faticosi. Ad affermarlo con assoluta certezza è il commissario Gesuino Meloni, che in questi giorni - in assenza del direttore Francesco D'Anselmo, ancora in attesa di conferma, e del comandante Antonello Brancati - è di fatto il responsabile della casa circondariale. "Non nego - commenta Meloni - che con una ventina di colleghi in più la situazione sarebbe migliore, ma in tutta sincerità devo dire che la sicurezza all'interno del carcere non è mai stata messa in discussione. E qualora si dovessero verificare emergenze notturne, con detenuti che devono essere trasportati in qualche ospedale, si avverte un'ambulanza del 118 alla quale viene assegnata una guardia che a sua volta è immediatamente sostituita da un'altra unità richiamata in servizio per l'occasione". Stando al commissario Meloni, sarebbero in fase di completamento anche i lavori di ristrutturazione dei precari ballatoi della sezione "D", dove sono detenute ventiquattro persone» -:
se la situazione descritta nell'articolo sopra riportato corrisponda al vero;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di migliorare le condizioni di detenzione delle persone recluse nel carcere di Alghero;
se intenda nel brevissimo periodo emanare provvedimenti urgenti volti a diminuire

sensibilmente il numero dei detenuti reclusi nel carcere sardo aumentando contemporaneamente il personale di polizia penitenziaria, quello amministrativo, medico e psicologico.
(4-12045)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:

DELFINO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo uno studio effettuato dalla regione Piemonte sul trasporto ferroviario, numerose tratte risulterebbero troppo costose in quanto poco frequentate e non competitive;
a fronte dei risultati della ricerca, la soluzione al vaglio della regione sarebbe quella di razionalizzare numerose linee in modo da contenere le spese e ridurre al minimo gli sprechi;
per placare gli animi dei pendolari, l'assessorato regionale ai trasporti ha affermato che scopo dell'analisi effettuata non è quello di tagliare i collegamenti ma di riprogrammare il servizio migliorando la qualità dell'offerta, anche mediante la sostituzione di alcuni treni con autobus e viceversa, eliminando i doppi collegamenti e quindi contenere la spesa;
nonostante le rassicurazioni dell'assessorato, gli enti locali e i pendolari si dicono profondamente preoccupati dalle pesanti ripercussioni che si potrebbero avere a seguito di una razionalizzazione basata soltanto sui costi, che andrebbe ad eliminare alcune linee che, seppur con minore utenza, collegano territori disagiati o di periferia;
dopo il taglio alle risorse destinate al trasporto pubblico locale, si è di fronte all'ennesimo spiacevole scenario che vede ora coinvolto quello ferroviario, dove a fare i conti con i disagi e con le inefficienze di chi dovrebbe garantire i servizi sono sempre i cittadini;
la politica dei tagli indiscriminati per far quadrare i conti non è più sostenibile, il territorio ha bisogno di interventi che potenzino i servizi e li rendano più sicuri e affidabili e non può subire costantemente decisioni che non fanno altro che aumentare i disagi, con soppressioni di corse per carenza di materiale disponibile;
il servizio di trasporto ferroviario deve essere riprogrammato e potenziato mediante investimenti mirati al rimodernamento delle strutture obsolete che lo rendano efficiente e sicuro e non attraverso razionalizzazioni volte a contenere gli errori di chi non sa gestire le risorse ad esso destinate, a scapito dei pendolari -:
se intenda acquisire da Trenitalia spa elementi sullo stato delle trattative con la regione Piemonte circa il rinnovo del contratto di servizio.
(3-01667)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
trovare un rimedio al traffico eccessivo che dall'esterno si riversa sui centri delle città e ridurre l'inquinamento, dovuto anche ai veicoli commerciali, senza penalizzare gli esercenti e la distribuzione, una delle attività capaci di rivitalizzare i nuclei storici cittadini, è la sfida che molti comuni italiani hanno raccolto ormai da tempo e alla quale stanno rispondendo in maniera variegata, ma riconducibile a un filo conduttore: allargare le zone a traffico limitato, regolamentare l'orario delle consegne e incentivare l'uso di veicoli commerciali a motore elettrico o a metano per le consegne all'interno del cosiddetto «ultimo miglio» sono, infatti, tra le soluzioni più applicate in questi anni per cercare di risolvere, almeno in parte, il problema dell'inquinamento causato dai grandi ingorghi

del traffico urbano che generano, secondo un'indagine di Federtrasporto, un esborso di «costi esterni» valutabili in Italia con una cifra superiore a 7,8 miliardi di euro. Costi che vengono pagati dall'intera collettività in termini di salute, degrado ambientale, acustico, incidenti stradali e migliaia di ore strappate all'attività collettiva;
la problematica è gravosa sia in termini di salute che di costi per la comunità. Se molti comuni italiani stanno tentando di risolverla con politiche ambientali sempre più restrittive, di riflesso anche i corrieri espresso, cioè chi ogni giorno trasporta merci nei centri urbani, si stanno adeguando alla nuova situazione. Per queste ragioni, Dhl Express Italy ha accelerato sul rinnovo della flotta stipulando con Fiat un accordo per la fornitura di veicoli a basso impatto ambientale. La società del gruppo Deutsche Post ha già messo in servizio oltre 100 furgoncini a metano (Ducato Natural Power) già nel corso del 2010. Ma la rivoluzione verde interessa tutti i big player del corriere espresso: da Tnt, che ha lanciato nel 2007 il suo programma «Placet me» con la finalità ambiziosa di tagliare del 45 per cento le proprie emissioni di CO2 entro il 2020, a Ups, che si è posta l'obiettivo di abbattere i costi e l'inquinamento nei centri di Milano, Torino, Genova e Catanzaro dove si avvale dei veicoli elettrici Ducati, i Free Duck, già utilizzati da Poste italiane. Anche gli operatori nazionali cercano di reggere il passo con le multinazionali, che possono contare su piani green di largo respiro. È il caso di Bartolini che ha messo in atto un progressivo eco-rinnovo (metano elettrico) della flotta, mentre il nuovo operatore delle consegne One Express, un network di 70 Pmi di corriere espresso che si sono unite cinque anni fa, si è specializzata nel trasporto su pallet appoggiando il traffico su 2 hub collocati a Bologna e a Napoli e sfruttando la sua rete di collegamento giornaliera, con più di 400 operatori su tutto il territorio nazionale e 500 mezzi in movimento ogni giorno. La rivoluzione green dell'«ultimo miglio», quindi, è in atto. Ma è probabilmente ancora troppo lenta per contrastare il flusso di traffico, in costante crescita, che soffoca i nostri centri urbani. Una situazione su cui gravano ulteriormente le inefficienze del sistema della distribuzione urbana delle merci. Il Piano nazionale della logistica testimonia la bassa efficienza del trasporto merci in ambito urbano in Italia: «Il 60-70 per cento dei veicoli impiegati è di piccole dimensioni (furgoni), con coefficienti di riempimento medi inferiori al 30 per cento». In particolare, secondo l'Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) «oltre il 40 per cento delle emissioni di Pmi 10 è provocato dal traffico di merci, e in questo ambito l'apporto più rilevante è quello dei veicoli commerciali leggeri». L'Enea insiste su un concetto: «La razionalizzazione del sistema di distribuzione delle merci è fondamentale in termini di sostenibilità e, in questo senso, è molto importante accelerare sia sullo sviluppo di nuovi sistemi logistici, sia sulla maggiore diffusione dei mezzi commerciali ecologici»;
negli scorsi anni, in prossimità di molte aree urbane italiane, lo sviluppo dei sistemi intermodali e la creazione di interporti, piattaforme logistiche, centri di distribuzione hanno ottimizzato, anche se solo in parte, i trasporti primari a lungo raggio. «Tuttavia - sottolinea l'Enea - il trasporto urbano sull'ultimo miglio, al cliente finale, è tuttora appannaggio solo del trasporto su gomma, che risulta strutturalmente ed economicamente conveniente sia per le ridotte distanze in gioco sia per la capillarità dei punti di destinazione, collegati solo alla viabilità ordinaria». «Ciò impone - avverte l'Agenzia - una più attenta gestione dei flussi e delle attività di trasporto e della consegna delle merci, puntando in particolare sull'ottimizzazione dei carichi, sulla riduzione dei chilometri percorsi, sulla razionalizzazione degli itinerari delle consegne e, come detto, anche sul progressivo rinnovo del parco mezzi circolante, con l'aumento della quota dei mezzi di trasporto meno inquinanti». L'urgenza di migliorare la

viabilità e qualità di vita ha stimolato già molte realtà urbane italiane, grandi e piccole, ad adottare e sviluppare schemi di city logistics con progetti che, di norma, vedono l'allestimento di una piattaforma (Urban distribution center) dove gli operatori possono conferire la merce, che viene «consolidata» e distribuita nel centro storico con mezzi tecnologici (a metano o elettrici) e ad alto fattore di carico. In ambito nazionale, sono già numerose le iniziative di City Logistics a vario grado attivate e tra queste si segnalano in particolare il progetto merci di Genova, cityporto di Padova, Ecoporto di Ferrara, Ecocity di Parma, Veloce di Vicenza, Logica di Napoli e Log-In di Venezia. Ma anche Roma, Bologna, Piacenza, Milano, Torino e Modena hanno in corso iniziative di «logistica urbana» molto interessanti -:
quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare al fine di preservare i centri storici delle aree metropolitane e delle città italiane dai fenomeni connessi all'inquinamento atmosferico.
(4-12038)

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'indagine di Legambiente sulla sicurezza degli edifici scolastici italiani, che ha preso in esame 7.114 scuole d'infanzia primarie e secondarie, in 93 comuni e 50 province, su una popolazione di quasi due milioni di studenti tra i tre e i diciotto anni, traccia un quadro per niente roseo: il 36 per cento delle strutture necessita di interventi urgenti di impiantistica e prevenzione incendi, oltre il 50 per cento degli edifici si trova in area a rischio sismico, il 9 per cento è a rischio idrogeologico, meno del 50 per cento delle strutture possiede il certificato di collaudo statico, solo il 56,05 per cento ha l'idoneità statica e appena il 10,14 per cento è realizzato con criteri antisismici. Secondo il rapporto, tuttavia, quasi in tutte le scuole vengono fatte prove di evacuazione (95,07 per cento), più del 90 per cento ha le porte antipanico, ma la certificazione di prevenzione incendi è solo del 35,4 per cento quella igienico-sanitaria è solo del 69,76 per cento (in Veneto scende al 13,79 per cento), e le scale di sicurezza sono presenti in poco più del 50 per cento. Dal dossier emerge inoltre che le scuole italiane non testano neanche il rischio ambientale: malgrado la legge n. 257 del 1992 richieda alle regioni il censimento degli edifici, il 18 per cento dei comuni non fa il monitoraggio di quelli che potrebbero contenere amianto. E in testa nella graduatoria del rischio, calcolata per presenza di fonti d'inquinamento interno ed esterno, si trovano Pisa, Modena, Salerno, Genova e Torino. La classifica mette in luce anche la forbice tra il patrimonio nelle diverse aree del Paese: Sud e isole, pur avendo edifici più giovani, dichiarano maggiori necessità di manutenzione urgenti, il 52 per cento al Sud e il 53 per cento nelle isole, a fronte Nord e del Centro, intorno al 26 per cento;
«ci saremmo aspettati di poterci finalmente confrontare con i dati dell'anagrafe scolastica, l'attendiamo da quindici anni» - denuncia Vanessa Pallucchi, responsabile Legambiente Scuola e Formazione. «L'accelerazione dopo il crollo di Rivoli ci aveva fatto sperare». Nel 2011 non sono previsti nuovi finanziamenti e le uniche risorse aggiuntive ai fondi Cipe sarebbero i 115 milioni di euro per le scuole e relativi al 5 per cento del fondo infrastrutture del 2010, ma la conferenza delle regioni lamenta che non sono noti i criteri di riparto. Questa continua incertezza mette in crisi gli enti locali che investono quasi 41 mila euro per la manutenzione straordinaria di ogni struttura e poco più di 10mila per quella ordinaria. «Serve una pianificazione a medio-lungo termine, - sottolinea Pallucchi - per questo chiediamo un quadro preciso sulle condizioni dei nostri circa 42mila edifici scolastici». Il patrimonio immobiliare scolastico si è rivelato molto vecchio. Solo il 7,12 per cento è stato costruito negli ultimi venti anni (fa eccezione il Trentino col

27,11 per cento realizzato dopo il '90), e risponde a criteri di bioedilizia solo lo 0,39 per cento mentre gli interventi messi in opera per eliminare le barriere architettoniche solo il 14,37 per cento;
altro punto critico è l'amianto. Proprio negli ultimi mesi a Roma è stato rimosso da una scuola di Montespaccato, dalla Bitossi alla Balduina, mentre tracce di questa sostanza sono state trovate alla materna San Gualtero, a Lodi, e alla Leonardo da Vinci, nel quartiere San Paolo della capitale, dove la mensa è invece chiusa da tempo proprio per la presenza di amianto. Lo stesso vale per il radon, che viene monitorato solo dal 30 per cento delle amministrazioni, mentre sono sottovalutati i rischi dovuti alla vicinanza di elettrodotti, monitorati solo dall'11 per cento dei comuni e presenti in una percentuale del 7,69 per cento nella sola area Nord. Percentuali troppo alte anche per l'inquinamento acustico, il 10,5 per cento delle scuole è a meno di chilometro da fonti di rumore e quasi il 17 per cento a meno di 5 chilometri da industrie. Per non parlare delle scuole d'infanzia vicine alle antenne per i cellulari: in media il 15 per cento con picchi al Nord, dove la percentuale sale al 28,42 per cento e nelle isole, dove la percentuale è stimata al 26,42 per cento -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di favorire il rinnovamento del patrimonio immobiliare scolastico italiano, secondo le vigenti leggi in materia di salute e di bioedilizia.
(4-12050)

SCILIPOTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da quello che emerge dai periodici di stampa, gli intrecci societari per gli affari dell'Enav che i suoi abituali fornitori avrebbero messo in essere e per i quali sono attualmente indagati dalla magistratura attraverso la Guardia di finanza hanno risvolti nazionali e internazionali che lasciano intravedere la gestione con la quale fino adesso sarebbe stato possibile gestire privatisticamente un ente pubblico;
i reati di carattere finanziario ipotizzati dipendono dalla disponibilità economica e finanziaria di cui l'Enav si avvale, in virtù del suo particolarissimo, se non unico, assetto societario che consente di attingere le risorse dalle compagnie aeree, ovvero, dai passeggeri e dallo Stato, ovvero, dai contribuenti;
la carenza di ispezione in un ente pubblico, trasformato, ad avviso dell'interrogante, in un ente privatistico a capitale pubblico, ha notevolmente allentato le maglie del controllo degli organi vigilanti, sostituiti da un unico magistrato della Corte dei conti con sede nella direzione centrale della stessa Enav, che avalla, nel corso degli esercizi, il bilancio dell'Enav;
la peculiarità fiscale dell'Enav rispetto alle imposte dovute allo Stato, sia per le entrate, sia per acquisto e l'installazione dei mezzi strumentali per l'assistenza al volo, determinerebbe anche in questi casi, una favorevole singolarità per gestire risorse appartenenti all'erario e quindi a tutti i cittadini;
già da tempo, nel corso della gestione aziendale, gli stessi amministratori pro tempore hanno utilizzato, con i risultati che sono agli atti, l'interpretazione del combinato disposto del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, che considera esenti da IVA i servizi prestati negli aeroporti (spazi ritenuti internazionali) che riguardano direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti, ovvero, il movimento di beni o mezzi di trasporto;
la sottile differenza prevista dal menzionato decreto, circa il versamento di imposta da parte Enav tra beni e servizi prestati dentro e fuori il sedime aeroportuale a fronte di impianti per l'assistenza al volo installati in aree diverse, comprende o esclude l'IVA e, in quest'ultimo caso, la esenta per la quota di mano

d'opera e non, invece, per quella dei materiali installati anche nell'ambito della stessa commessa;
la fonte della ipotizzabile frode fiscale dell'ente, salito in questo periodo sulla ribalta della cronaca per aver esportato nei cosiddetti paradisi fiscali cifre di tutta rilevanza, non è attribuibile soltanto al plusvalore ricavato da quelle che appaiono le solite «matriosche» dei subappalti in serie, ma anche a fattispecie di raggiro ideate da più vecchia data e verosimilmente mantenute nel tempo, delle quali il precedente consiglio di amministrazione intercettato telefonicamente si preoccupava di essere stato scoperto;
è ipotizzabile una frode al fisco in senso stretto, in relazione alla quale un consigliere evidentemente bene informato spiegava all'altro le modalità attraverso il raggiro della legge in questione;
tale espediente non è immediatamente individuabile nei contratti di appalto, in quanto l'Enav, ossia, l'utilizzatore finale, transita l'Iva al sostituto d'imposta, anche se non dovuta; sarà poi questo che individuerà per quali eventuali partite o voci di contratto convenga o meno, effettuare il versamento di imposta previsto dalla legge;
le varianti di tale possibilità sono molteplici e possono riassumersi in altrettante fattispecie, che nel febbraio 2005 furono indicate in un esposto alla Corte dei conti del Lazio dal direttore del periodico romano Forum International, a cui, però, non fu stranamente dato alcun esito;
fu da questi segnalato che, dalla ricostruzione dei fatti e degli antefatti che caratterizzarono nel 2001 la tragedia della collisione sulla pista dell'aeroporto di Linate, erano emersi aspetti della gestione dell'Enav meritevoli dell'attenzione della stessa Corte per la possibile continua e rilevante evasione fiscale;
tale evasione sarebbe avvenuta con la modalità rilevata dal colloquio, riportato da alcuni quotidiani in virgolettato, tra l'amministratore delegato Enav e un suo interlocutore, attraverso l'equivoco ingenerato ad arte sul versamento dell'Iva relativa a dei contratti con i propri fornitori abituali;
l'Iva, infatti, doveva o non doveva essere versata dai sostituti d'imposta secondo le fattispecie contrattuali, in relazione all'ubicazione e alla qualità delle stesse forniture;
tenendo conto pertanto, che nella loro interezza le risorse dedicate dall'Enav alla contrattualistica con i fornitori ammontavano all'epoca a varie centinaia di miliardi di lire all'anno, la possibilità di evasione implicava importi di tutta rilevanza, che sarebbero stati sottratti direttamente o indirettamente all'erario;
le ipotizzate evasioni in materia di imposte afferiscono per Enav a capitali di considerevole spessore; a più riprese, i vari organi che si alternano ai vertici dell'ente vengono supportati dal personale di struttura per interpretare posizioni fiscali che potrebbero apparire come confacenti allo scopo e per versare le imposte in ipotizzabile dispregio della normativa sopra menzionata -:
se non ritenga, anche per i capitali in gioco, di disporre un'indagine amministrativa sulla contrattualistica Enav anche negli anni pregressi, per rilevare le eventuali fattispecie di evasione fiscale consumate durante i vari esercizi finanziari;
se tale situazione non imponga, anche per il rispetto degli utenti del mezzo aereo, un nuovo assetto societario dell'Enav in cui lo Stato assuma un ruolo centrale e che assicuri correttezza e credibilità nei confronti delle compagnie aeree di tutto il mondo.
(4-12054)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

MIGLIORI e MASSIMO PARISI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel pomeriggio di sabato 21 maggio in Firenze, alcuni facinorosi staccatisi da un corteo anarchico hanno assalito la sede fiorentina del Popolo della Libertà devastando la vetrata di ingresso e tentando di appiccarvi il fuoco all'interno fortunatamente al momento deserto;
più volte nel recente passato le sedi toscane del PdL sono state oggetto di attentati -:
quali nuove ed urgenti misure si intendano assumere in merito onde assicurare l'esercizio di fondamentali diritti costituzionali.
(3-01666)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:

FAVIA e DONADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
entro il 31 dicembre 2010 avrebbe dovuto essere completato l'aggiornamento dell'elenco unico degli italiani residenti all'estero;
a tale scopo, in accordo con il Ministero degli affari esteri, il dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno ha inviato, nel mese di novembre 2010 la «circolare urgentissima n. 33», con la quale tutti gli enti competenti dell'amministrazione centrale erano chiamati a vigilare sulla regolare tenuta ed aggiornamento delle anagrafi degli italiani residenti all'estero e sul corretto e tempestivo invio dei propri dati da parte di tutti i comuni all'AIRE centrale;
la circolare assegnava precisi compiti in ordine alla verifica della correttezza dei dati, al fine di evitare sottostime dei dati, mancate cancellazioni, posizioni duplicate;
la circolare, inoltre, pregava le amministrazioni centrali competenti e le singole amministrazioni locali a «valutare gli interventi organizzativi necessari per risolvere eventuali situazioni di arretrato, sia a livello anagrafico che a livello di trascrizione degli atti di stato civile» -:
se, ad oggi, in particolare a fronte dell'imminente convocazione per l'espressione del voto su quattro referendum abrogativi, quanto indicato in premessa sia stato compiuto e se l'elenco citato possa definirsi completato ed aggiornato nei modi richiesti, onde evitare ricadute negative non solo sulla sua veridicità, ma in ordine alla sua corrispondenza alla realtà numerica dei residenti all'estero aventi diritto al voto.
(5-04797)

TASSONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'attività di impresa in Calabria è notoriamente attività ad alto rischio di infiltrazione e controllo criminale. Poche sono infatti le imprese che resistono a intimidazioni e attentati a mezzi e persone, operando nella legalità e in piena collaborazione con le forze preposte alla sicurezza e al controllo del territorio;
in particolare, l'area di Vibo Valentia è oggetto da alcuni anni d'attenzione particolare da parte di potenti gruppi criminali. La debolezza economica del territorio e gli investimenti imprenditoriali favoriti da finanziamenti pubblici agevolati costituiscono l'humus ideale per operazioni criminali, quali il riciclaggio di denaro di provenienza illecita e l'accaparramento tramite prestanome di risorse pubbliche poi impiegate per finalità differenti da quelle per cui sono erogate;
in tale contesto economico e sociale è indispensabile una presenza forte delle istituzioni statali che sappia mostrare attenzione e solidarietà a chi in prima persona è impegnato nella legalità in at

tività imprenditoriali con sane ricadute economiche, sociali e civili su quello stesso territorio;
tuttavia non mancano silenzi e comportamenti ambigui rispetto a situazioni-limite quali ad esempio i numerosi attentati intimidatori che ha subito in questi anni l'imprenditore Vincenzo Restuccia;
occorre agire prontamente, dando un forte segnale di presenza e controllo della zona da parte di tutte le istituzioni che hanno competenza sul punto, sia per non scoraggiare le attività imprenditoriali esistenti, sia per non scoraggiare investimenti futuri sancendo un abbandono del territorio;
la tutela e attenzione nei confronti delle persone (che anche nell'opinione pubblica diventano simbolo di legalità e resistenza a ogni potere e logica criminale) costituisce non solo una risposta istituzionale efficace in una terra dove la simbologia è il vero messaggio, ma, nello stesso tempo, avalla nelle giovani generazioni un insegnamento di solidarietà e legalità che ripagherà oltre ogni previsione -:
quali misure intenda assumere il Governo per contrastare estorsioni a danno delle imprese che operano nella legalità in Calabria e per garantire protezione e sicurezza alle persone impegnate in attività imprenditoriali, anche per non scoraggiare le attività di impresa in luoghi a forte densità criminale qual è la provincia di Vibo Valentia, nonché nell'intera regione.
(5-04798)

Interrogazioni a risposta scritta:

TOUADI e TULLO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con il decreto ministeriale 15 agosto 2009 recante le misure di accertamento, da parte delle questure, della sussistenza dei requisiti ostativi al rilancio di accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive, viene varata dal Governo la tessera del tifoso. Tale tessera è da considerarsi - secondo le linee guida elaborate dall'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive - come uno strumento nuovo delle società sportive che serve a valorizzare il rapporto trasparente ed aperto con i propri tifosi, veri protagonisti dell'evento sportivo;
l'articolo 8, comma 4, del decreto-legge n. 8 del 2007 prevede che: «In deroga al divieto di cui al comma 1 è consentito alle società sportive stipulare con associazioni riconosciute, ai sensi dell'articolo 12 del codice civile, aventi tra le finalità statutarie la promozione e la divulgazione dei valori e dei princìpi della cultura sportiva e della non violenza e della pacifica convivenza, come sanciti dalla Carta olimpica, contratti e convenzioni in forma scritta aventi ad oggetto progetti di interesse comune per la realizzazione delle predette finalità statutarie»;
la tessera del tifoso, istituita con il decreto-legge 15 agosto 2009, è resa necessariamente obbligatoria per il rilascio da parte delle società degli abbonamenti e per accedere al settore riservato agli ospiti che seguono la propria squadra in trasferta;
secondo i dati del Centro nazionale di informazione sulle manifestazioni sportive (CNISM) aggiornati al giorno 21 maggio 2011 a oggi state rilasciate più di 723.856 mila tessere;
la trasmissione Report nella puntata trasmessa su RAI 3 il giorno 15 maggio 2011 denuncia il possibile abuso che alcune società appartenenti al campionato di serie A (FIGC) compiono sul trattamento dei dati personali raccolti per la concessione della tessera del tifoso. In particolare, viene sollevata la questione dell'utilizzo della tessera del tifoso come strumento di fidelizzazione dei richiedenti alle banche che forniscono le tessere;
il Garante per la protezione dei dati personali il 10 novembre 2010 in virtù di numerose segnalazioni approva un provvedimento

inviato al Ministro dell'interno, al CONI e alla FIGC che così recita:
«ai sensi degli articoli 143, comma 1, lettera b), 144 e 154, comma 1, lettera c) del Codice, prescrive ai titolari dei trattamenti che non abbiano già provveduto in tal senso di:
integrare l'informativa da rendere agli aderenti, evidenziando:
a) i trattamenti che prescindono dalla manifestazione del consenso degli utenti perché necessariamente connessi al rilascio della tessera del tifoso, precisando, in tale ambito, che l'informativa dovrà contenere uno specifico riferimento alla comunicazione dei dati personali degli utenti alle questure (per l'accertamento dei requisiti di cui al decreto ministeriale 15 agosto 2009), nonché alle caratteristiche del trattamento svolto mediante l'utilizzo di tecnologie rfid;
b) i trattamenti che possono essere effettuati su base meramente volontaria, precisando che l'informativa dovrà indicare chiaramente le diverse finalità perseguite e che le relative operazioni di trattamento dovranno essere effettuate solo sulla base di un espresso consenso dell'interessato;
c) le conseguenze dell'eventuale rifiuto di rispondere;
adottare accorgimenti idonei a garantire agli interessati l'effettiva possibilità di formalizzare anche il proprio diniego al trattamento per finalità di marketing, prevenendo così possibili manipolazioni successive dei moduli sottoscritti dagli utenti;
riformulare i modelli utilizzati, adottando soluzioni idonee a garantire la possibilità agli aderenti di manifestare liberamente la propria volontà di ricevere o meno, anche da parte di società terze, comunicazioni a carattere commerciale o promozionale;
ai sensi degli articoli 143, comma 1, lettera b), 144 e 154, comma 1, lettera c) del Codice, prescrive ai titolari dei trattamenti di pubblicare il presente provvedimento sui rispettivi siti web, ove esistenti, evidenziandolo adeguatamente in un autonomo riquadro per favorirne una immediata consultazione da parte degli utenti, anche predisponendo eventuali link appositamente dedicati alla sottoscrizione degli abbonamenti o alla partecipazione al programma "tessera del tifoso";
dispone che le misure e gli accorgimenti di cui ai punti precedenti siano adottati entro il termine di quarantacinque giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento, dando riscontro a questa Autorità, entro lo stesso termine, dell'avvenuto adempimento;
invita le società sportive che non abbiano già provveduto in tal senso, per le ragioni di cui in motivazione, a voler valutare l'opportunità di predisporre moduli separati per l'attivazione di ulteriori funzionalità della tessera o per la fornitura di servizi "accessori" agli interessati che abbiano espresso a tal fine il proprio specifico consenso;
invita gli effettivi titolari, anche nell'interesse degli utenti, a valutare l'opportunità di designare quali responsabili del trattamento i soggetti che, all'esito delle operazioni di verifica concernenti il ruolo concretamente svolto da ciascuno di essi, risultino privi di reale e autonoma capacità decisionale in ordine alle finalità e modalità del trattamento;
richiama l'attenzione delle società che intendono effettuare attività di profilazione sulla necessità di acquisire un consenso specifico e distinto da parte degli interessati (come pure in relazione alla medesima attività svolta da società terze), provvedendo altresì alla notifica del relativo trattamento ove ne ricorrano i presupposti»;
il Garante per la protezione dei dati personali il 12 gennaio 2011 ribadiva in un comunicato che i supporter delle squadre di calcio che aderiscono al programma «tessera del tifoso» devono essere informati in modo chiaro e dettagliato sull'uso dei dati personali forniti al momento della

sottoscrizione. Devono inoltre essere messi in condizione di poter scegliere liberamente se autorizzare l'uso di questi dati anche per le finalità di marketing e pubblicità -:
se il Ministro sia al corrente di tali fatti e se non intenda intervenire con fermezza sostenendo le indicazioni del Garante per la protezione dei dati personali presso l'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive;
se non intenda fornire elementi sui risultati ottenuti e sulle criticità emerse a seguito dell'approvazione del decreto-legge che ha istituito la tessera del tifoso;
se non intenda adottare, per quanto di competenza, misure di contrasto affinché nella stagione calcistica 2011/2012 non si riproducano le stesse problematiche relative alle gestione dei dati personali da parte delle società che per legge sono obbligate a predisporre la tessera ai propri tifosi.
(4-12049)

TOUADI, MORASSUT e GASBARRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'azione investigativa che quotidianamente le forze dell'ordine svolgono con prodigalità, sollecitudine e grande senso di responsabilità ha confermato in tantissime operazioni investigative la presenza, in provincia di Latina ed in tutta l'area del sud pontino, di attività camorristico-mafiose volte al traffico di stupefacenti, estorsioni, riciclaggio ed inquinamento degli appalti pubblici;
è unanime l'allarme che le forze di polizia, in particolare la DIA (direzione investigativa antimafia), continuano a segnalare in merito alla forte offensiva che le mafie stanno realizzando per accaparrarsi ampi segmenti dell'economia del basso Lazio, in particolare della provincia di Latina, in settori chiave come quello dell'edilizia e del commercio, provocando inevitabilmente un progressivo inquinamento del tessuto sociale;
nel mese di ottobre 2010, il questore di Latina, dottor Nicolò Marcello D'Angelo, il capo della squadra mobile, dottor Cristiano Tatarelli, e due ispettori di Formia hanno ricevuto rispettivamente per corrispondenza intimidazioni mafiose attraverso un plico contenente proiettili calibro nove;
nel mese di aprile 2011, l'ispettore di polizia, Pasquale Natissi, organico al nucleo di polizia giudiziaria del commissariato di Fondi, è stato fatto oggetto di intimidazioni mafiose tramite l'esplosione, nel comune di Lenola, di quattro colpi di pistola indirizzati all'automobile di proprietà della moglie;
il 4 maggio 2011 la direzione investigativa antimafia di Roma, su disposizione del tribunale di Latina, ha eseguito nei comuni di Lenola e Fondi una confisca di beni stimati in oltre 10 milioni di euro, tra cui una lussuosa villa con piscina, 4 fabbricati, 36 appezzamenti di terreno, numerose quote societarie riferite a 11 imprese ubicate in Roma e Fondi. Il patrimonio confiscato è riconducibile, secondo fonti di stampa, alla famiglia dell'imprenditore di Fondi Franco Peppe in sodalizio malavitoso con la più ben nota famiglia mafiosa dei Tripodo di origine calabrese; sempre dalle informazioni diramate a mezzo stampa, sembrerebbe che lo scopo del sodalizio criminoso fosse quello di controllare le attività economiche di alcuni settori del MOF (mercato ortofrutticolo di Fondi);
l'imprenditore Franco Peppe, operante nel MOF, era stato arrestato nel luglio del 2009 con altre sedici persone nell'abito dell'inchiesta denominata Damasco con cui l'antimafia metteva in evidenza i condizionamenti della criminalità nel contesto amministrativo ed imprenditoriale di Fondi;
le forze dell'ordine, in particolare la direzione investigativa antimafia, hanno più volte evidenziato i rischi di infiltrazioni camorristiche, con particolare riferimento al clan dei Casalesi, nel territorio della provincia di Latina, definita «colonia»

dei camorristi del nord casertano, che incontrastati si espandono in tutto il territorio, vista anche la contiguità con la regione Campania;
i clan camorristico-mafiosi, presenti sul territorio del sud pontino, agiscono con sempre maggiore spregiudicatezza per il controllo del territorio, rendendosi protagonisti di efferati episodi di cronaca nonché di atti intimidatori e di ritorsione nei confronti di appartenenti alle forze dell'ordine, giornalisti, imprenditori, commercianti e per ultimo anche nei confronti di singoli cittadini, come sta trapelando dalle ultime inchieste che vedono la pratica del «prestito a strozzo» sempre più stringente;
da molto tempo a viva voce i rappresentanti sindacali di categoria chiedono, al fine di arrestare l'avanzata della criminalità organizzata nel sud pontino, un'intensificazione della presenza dello Stato, attraverso l'aumento dell'organico delle forze dell'ordine e la creazione in loco di una sede distaccata della divisione investigativa antimafia -:
se il Ministro non intenda attivare iniziative urgenti al fine di intensificare l'attività di repressione della criminalità organizzata nella provincia di Latina, anche in considerazione della gravità dei fatti esposti in premessa;
se non ritenga di intervenire tempestivamente al fine di garantire nella provincia di Latina e nel sud pontino l'incolumità di forze dell'ordine, giornalisti, imprenditori, commercianti e comuni cittadini, vista la pericolosa situazione d'emergenza criminale che si è venuta a creare;
se non intenda assumere, per quanto di competenza, provvedimenti urgenti al fine di dare una risposta ferma e concreta per contrastare il continuo aumento di infiltrazioni malavitose nelle pubbliche amministrazioni della provincia di Latina.
(4-12052)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
alle numerose difficoltà esistenti intorno ai disabili e alle loro famiglie, continuano a sommarsi insensibili campagne denigratorie mediatiche e politiche che trovano terreno fertile in una società, sempre più impaurita e vulnerabile, che viene spinta verso individualismo ed intolleranza, generando un clima che non favorisce il rispetto dei diritti umani e l'inclusione sociale di nessuno;
i tagli lineari ai fondi e alle risorse destinati alle politiche sociali, alla non autosufficienza, alle politiche della famiglia, alla spesa sanitaria ed all'istruzione, in assenza della ridefinizione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS), stanno determinando la seria compromissione dei diritti delle persone con disabilità e della continuità nell'esercizio di diritti e servizi fondamentali, destinata a ulteriormente peggiorare nel prossimo futuro;
nonostante la ratifica della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità con la legge n. 18 del 2009, ad avviso degli interpellanti, non vi sono stati, in questi due anni, apprezzabili interventi normativi e programmatici volti al miglioramento delle condizioni di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie che sempre più sono costrette a rivolgersi alla magistratura per l'esigibilità dei propri diritti nei più svariati ambiti;
l'attuale situazione socio-economica, politica, culturale e le sue ripercussioni stanno avendo drammatici effetti sui sistemi di welfare nazionale, regionali e

locali e sulle condizioni di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie, già oggetto di un progressivo impoverimento ed ulteriormente vessate da aumenti per la compartecipazione al costo dei servizi, mettendo inoltre a serio rischio la continuità dei servizi ed il mantenimento dei livelli occupazionali;
da qui la decisione dell'Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale (Anffas onlus) di proclamare uno stato di crisi nazionale sulle politiche per le persone con disabilità e loro famiglie in Italia, istituendo unità di crisi a livello nazionale, regionale e locale e con conseguente stato di mobilitazione -:
quali iniziative urgenti intendano attuare, per quanto di competenza, per venire incontro alle esigenze delle famiglie di persone con disabilità, garantendo:
a) il ripristino delle persone a favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie, a partite dal Fondo nazionale sulle politiche sociali e dal Fondo nazionale sulla non autosufficienza, nonché di quelle necessarie a livello regionale e locale;
b) la revisione dei livelli essenziali sanitari e sociosanitari fissati nel 2001, riaprendo la discussione sul testo approvato nel 2008, e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, già a suo tempo indicati dalla legge n. 328 del 2000, aggiornando il dibattito sul concetto di «livello essenziale» alla luce dei nuovi paradigmi e concetti introdotti dalla Convenzione ONU;
c) la predisposizione, d'intesa con le regioni, di indicazioni programmatiche pluriennali in materia di politiche rivolte alle persone con disabilità;
d) l'omogenizzazione a livello nazionale dei criteri di compartecipazione al costo dei servizi nel rispetto del principio dell'evidenziazione della situazione economica del solo assistito e del contributo economico simbolico e sostenibile;
e) la revisione del sistema degli accertamenti dell'invalidità civile e dello stato di handicap e disabilità come previsto dall'articolo 24 della legge n. 328 del 2000 e la rivisitazione del piano straordinario delle visite con la consultazione delle associazioni al fine di individuare le strategie per migliorare il sistema;
f) il ripristino dei pagamenti delle prestazioni senza alcun ritardo per la gestione dei servizi;
g) la ri-convocazione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità (istituito con legge n. 18 del 2009 e convocato ad oggi una sola volta nel dicembre 2010) al fine di avviare, concretamente, il monitoraggio della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità nel nostro Paese;
h) la convocazione urgente dei rappresentanti dell'Associazione di cui in premessa, da parte delle istituzioni preposte perché possano essere ascoltati sui punti sopra indicati.
(2-01087)
«Anna Teresa Formisano, Nunzio Francesco Testa, Binetti, Delfino, De Poli».

Interrogazione a risposta immediata:

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il rapporto annuale dell'Istat «La situazione del Paese nel 2010», presentato il 23 maggio 2011 alla Camera dei deputati, conferma il legame tra il sottofinanziamento del welfare familiare e la situazione di debolezza occupazionale della forza lavoro femminile;
l'Italia è penultima in Europa per spesa a favore delle famiglie e ventitreesima nelle risorse destinate alla disabilità, che assorbono rispettivamente il 4,7 e il 5,9 per cento della spesa per la protezione sociale;

la struttura della spesa sociale comporta, quindi, una distorsione del mercato del lavoro, costringendo le donne a surrogare il ruolo che nei Paesi avanzati è svolto da servizi pubblici efficienti e riducendo l'offerta di lavoro femminile;
questo dato è ulteriormente aggravato da un evidente squilibrio nella distribuzione dei carichi di lavoro familiare, con una forte asimmetria di genere;
da tutto ciò discende che in Italia quasi una donna su due è inattiva (48,9 per cento), e nel Sud quasi due su tre, con una percentuale (63,7 per cento) di più di una volta e mezza superiore a quella del Nord (39,6 per cento);
conseguentemente anche il tasso di occupazione risulta modesto, pari al 46,1 per cento, circa 12 punti in meno della media europea, che si attesta al 58,2 per cento; inoltre il divario diventa crescente quando non si considera la popolazione femminile nel suo complesso, ma le sole donne con figli;
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, aveva previsto, all'articolo 12-sexies, che le economie conseguenti all'innalzamento dell'età pensionabile per le dipendenti pubbliche confluissero nel Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, per «interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficienza e all'esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici»;
la legge di stabilità 2011 ha immediatamente contraddetto questa previsione, stabilendo che le disponibilità del citato Fondo, per l'anno 2011, fossero ridotte di 242 milioni di euro (riduzione pari all'intero ammontare delle economie derivanti nell'anno dall'innalzamento dell'età pensionabile delle dipendenti pubbliche);
nel complesso, malgrado la ricorrente retorica sui valori della famiglia, le politiche pro family dal punto di vista welfaristico e fiscale non hanno avuto, ad avviso dell'interrogante, evoluzioni osservabili dal 2008 ad oggi; in particolare né la struttura della spesa sociale, né la quota di essa destinata direttamente o indirettamente alla famiglia sono state modificate in modo da favorire l'offerta di lavoro femminile -:
quale valutazione dia dei dati diffusi il 23 maggio 2011 dall'Istat e richiamati in premessa, e quali impegni ritenga di assumere, per quanto di propria competenza, per incrementare il tasso di attività e occupazione femminile.
(3-01673)

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della gioventù, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Centro Innocenti dell'UNICEF con sede a Firenze è il centro di ricerche globale dell'UNICEF. Un centro istituito nel 1988, che fin dall'inizio delle proprie attività ha incluso nel proprio programma un filone di ricerca sulla povertà e sulle condizioni di vita dei bambini nei Paesi ricchi. La ricerca sulle condizioni di vita dei bambini nei Paesi ricchi vede uscire una prima pubblicazione importante nel 1995, con un volume a cura di Giovanni Andrea Cornea e di Sheldon Danziger su «La povertà dei bambini nei paesi industrializzati», in cui l'analisi si incentra su importanti indicatori sociali sull'infanzia; indicatori sociali che spesso non rientrano tra le priorità del monitoraggio statistico e che, invece, nel lavoro di ricerca ricoprono un ruolo di primo piano. A partire da quel lavoro e nelle opere successive, progressivamente vengono definiti i campi e gli approcci della ricerca sulla povertà dei bambini. Quando si analizza la povertà, ad esempio, è importante sapere non soltanto quanti sono i bambini poveri, o quanto è profonda questa povertà (statistiche presentate nella sessione di questa mattina),

ma anche quali sono le dinamiche di povertà e la durata della permanenza in povertà;
il bambino, specialmente all'inizio della propria vita per il proprio sviluppo ha bisogno dell'intervento di altri agenti - dei propri genitori, di altri adulti, della comunità, dei servizi sociali -, crescendo poi inizia progressivamente a controllare le proprie relazioni sociali. La ricerca si sofferma in particolare sul ruolo dell'intervento pubblico dei servizi sociali nella promozione del benessere dei bambini e nel contrasto alla povertà. Adottando misure relative di povertà, la prima report card mostra che all'interno del mondo sviluppato la situazione è tutt'altro che omogenea. Mentre i Paesi del nord Europa hanno tassi di povertà dei bambini al di sotto del 5 per cento, in alcuni Gran Bretagna, Italia e Stati questo tasso è intorno al 20 per cento, circa un quinto della popolazione sotto i 18 anni. In alcuni Paesi queste statistiche (fino al momento poco conosciute, almeno nell'ottica comparativa) generano preoccupazione e un intenso dibattito politico. È il caso, ad esempio, della Gran Bretagna il cui Governo fin dal 2000 inizia a porsi obiettivi quantitativi di riduzione della povertà infantile. Ovviamente, la misurazione della povertà è fatta di tante scelte, di tante ipotesi che influenzano il risultato numerico. La povertà viene misurata a livello familiare, quindi non è misurata al livello del singolo individuo. I dati sui redditi disponibili dei singoli membri della famiglia vengono aggregati e aggiustati per una scala di equivalenza che permette il confronto tra famiglie con dimensioni e caratteristiche diverse. L'indicatore di reddito disponibile equivalente così ottenuto viene confrontato con la linea di povertà per determinare se la famiglia è povera oppure no;
da alcuni dati, relativi al 2008 (provenienti dalle inchieste del 2009, in cui sono stati raccolti i dati sui redditi familiari dell'anno precedente) si evince che la situazione dei Paesi OCSE è molto variegata. I tassi di povertà relativa dei bambini più elevati sono registrati da Messico e Cile, i Paesi OCSE con il prodotto interno lordo pro capite più basso: in questi Paesi ben oltre il 20 per cento dei bambini vive in famiglie povere. Trattandosi di povertà relativa, in questi Paesi con redditi più bassi, la condizione di povertà rifletterà condizioni più estreme rispetto alla condizione di povertà relativa osservata nei Paesi con livelli di prodotto interno lordo più elevati. La caratteristica delle misure di povertà relativa è, infatti, quella di fornire un'informazione su quella parte di popolazione che è lontana rispetto al livello mediano dei redditi nel Paese, ossia quel livello che può essere utilizzato per indicare lo standard del Paese. Le misure di povertà relative dunque, informano sulla quota della popolazione che è esclusa, che è lontana, dal livello «normale» di benessere del Paese. Nella graduatoria, dopo Messico e Cile, i Paesi con la povertà infantile più elevata sono quelli dell'Europa del sud, Portogallo, Spagna, Grecia e Italia, con tassi più alti del 15 per cento. In questa figura non sono presenti dati sugli Stati Uniti, ma statistiche precedenti suggeriscono che gli Stati Uniti d'America si potrebbero collocare in testa a questi Paesi con tassi di povertà infantile elevati. Dopo i Paesi dell'Europa del sud, si trova il Regno Unito con il 14,6 per cento di bambini poveri. Questo Paese ha fatto importanti progressi nella riduzione della povertà infantile a partire dal 2000; rimane tuttavia nella parte del grafico che contiene i Paesi con la povertà più elevata;
all'estremo opposto, tra i Paesi con i livelli di povertà più bassi, al di sotto del 6 per cento ci sono vari Paesi del Nord Europa, cioè la Danimarca, la Norvegia, la Svezia, la Finlandia e i Paesi Bassi. Alcuni studi effettuati in questi Paesi suggeriscono che l'aumento registrato negli ultimi anni è da mettere in relazione con le migrazioni. Nonostante questi leggeri aumenti, i Paesi nordici rimangono di gran lunga quelli con i tassi di povertà più bassi. I Paesi dell'Europa centrale (ex socialisti) si trovano nella fascia intermedia della graduatoria. Dopo la Bulgaria e la Lettonia, l'Italia è il terzo Paese per

livello di povertà relativa, quando la soglia di povertà è tracciata al 60 per cento del reddito mediano. I Paesi con la povertà più bassa, quelli che riescono quantomeno a limitare la disuguaglianza nella parte bassa della distribuzione, sono Danimarca, Norvegia e Finlandia. Il Regno Unito, pur mantenendo un livello di povertà elevato, è uno dei Paesi che è riuscito a ridurre in maniera consistente i livelli di povertà rispetto al 2000: le politiche e gli obiettivi di riduzione della povertà hanno avuto dei risultati. I dati si riferiscono al reddito disponibile, ciò al reddito a disposizione delle famiglie dopo i trasferimenti sociali e dopo la tassazione. Se invece si osservano i dati riferiti ai redditi di mercato, ossia ai redditi che riflettono gli esiti del mercato del lavoro, quindi senza tasse e senza trasferimenti, la situazione è ben più variegata: l'Italia, in questo caso, ha una prestazione migliore per quanto riguarda la povertà infantile misurata sui redditi di mercato rispetto ai dati riferiti al reddito disponibile. Si trova infatti nella fascia intermedia, non quindi nella fascia dei Paesi con la povertà più elevata. Mentre la povertà osservata sulla base del reddito disponibile si attestava in Italia nel 2007 al 15 per cento il tasso di povertà infantile basato sui redditi di mercato (quindi un tasso teorico, non osservato) è del 16,6 per cento;
Francia, Italia e Regno Unito hanno una popolazione complessiva molto simile, ma con una popolazione sotto i 18 anni abbastanza diversa. In Italia e Germania la quota rappresentata dai bambini sulla popolazione totale è più bassa rispetto agli altri due Paesi. Secondo l'analisi di dati assoluti nella figura si nota che i trasferimenti monetari alle famiglie hanno un effetto nella riduzione della povertà molto diverso nei diversi Paesi. In Italia l'effetto è di poche centinaia di migliaia di unità; nel Regno Unito la riduzione è molto importante e si aggira sul milione e mezzo di unità. Riduzioni importanti sono osservate anche in Francia e in Germania. La Danimarca è un Paese che ha una spesa sociale elevata e tassi di povertà molto bassi; la tassazione è elevata e vi è una sostanziale redistribuzione di redditi che riesce a mantenere bassi i livelli di povertà. Al contrario, l'Italia è un Paese che spende meno ed in cui la ridistribuzione è più limitata. La report card 6 pubblicata nel 2005 e interamente dedicata alla povertà dei bambini riporta tra le altre cose una serie di raccomandazioni sulla misurazione e il monitoraggio dalla povertà infantile. La prima raccomandazione riguarda la chiarezza dall'indicatore di povertà. Proprietà che spesso manca agli indicatori, che spesso soffrono di opacità e non sono di facile lettura. È importante che gli indicatori abbiano strutture chiare, possibilmente da mettere in relazione con delle politiche che ne possono influenzare l'andamento. Le linee di povertà si devono basare su norme sociali (devono avere un riconoscimento sociale, la soglia di povertà deve rappresentare realmente la povertà nel contesto del Paese). È necessario che vi sia una riflessione ampia su che cosa significa la povertà nella data società. Un elemento di vitale importanza è un monitoraggio stabile e regolare (che di fatto esiste nella maggior parte dei Paesi sviluppati, anche se spesso le statistiche non sono tempestivamente di pubblico dominio e l'attenzione mediatica per questi dati è spesso minima);
un approccio unidimensionale, che si concentra soltanto sul reddito, non è sufficientemente informativo. La vita dei bambini è una vita complessa, fatta di più dimensioni; ed il reddito da solo, sebbene importante, non spiega tutto; sebbene la situazione reddituale della famiglia correli con la maggior parte degli indicatori di benessere, il quadro fornito dai redditi familiari, da solo è inadeguato a descrivere le condizioni di vita del bambino. Per rispondere all'esigenza di fornire un quadro che riflettesse la complessità del benessere dei bambini nei Paesi ricchi, e inserendosi nel dibattito sul povertà infantile in corso nell'Unione europea, la report card 7 pubblicata nel 2007 ha proposto un framework multidimensionale di indicatori di benessere dei bambini. Per questo esercizio sono stati individuati quaranta indicatori che consentivano la comparazione

tra i Paesi economicamente avanzati. I 40 indicatori sono stati raggruppati in sei dimensioni di benessere: il benessere materiale, che include la povertà monetaria, la salute, la sicurezza, il benessere nel sistema scolastico, le relazioni con la famiglia e con i coetanei, i comportamenti ed i rischi ed il benessere soggettivo. I dati per i 40 indicatori, raggruppati nelle sei dimensioni di benessere dei bambini e degli adolescenti, sono stati elaborati per fornire delle graduatorie dei Paesi OCSE a seconda delle condizioni di vita della loro popolazione di bambini;
in Italia, il Centro Innocenti di documentazione sull'infanzia ha promosso una mappatura degli indicatori sul benessere dei bambini, utilizzando le regioni come punti di osservazione. Proprio al crescente interesse sugli indicatori di benessere dell'infanzia a cui ha partecipato anche la serie delle report cards, si devono le importanti novità sugli indicatori sulla povertà infantile monitorati a livello europeo con le inchieste EU-SILC. La report card 7 oltre a generare un vivo dibattito sugli indicatori e sul monitoraggio, ha anche fornito lo spunto per i due numeri seguenti della serie: mostrando che la maggior parte degli indicatori a disposizione per valutare il benessere dei bambini si riferisce all'adolescenza e comunque ai bambini in età scolare, mentre pochissime informazioni statistiche sono disponibili sulla prima infanzia. Per rispondere a questa mancanza di visibilità, la report card 8 presentata a Roma nel dicembre 2008, elabora indicatori e discute obiettivi relativi alle politiche e ai servizi per i bambini di età compresa tra 0 e 6 anni. La valutazione comparativa delle politiche e della qualità e la copertura dei servizi per la prima infanzia nei Pesi OCSE conferma ancora una volta che i Paesi nordici, insieme ai Paesi Bassi e la Francia, sono quelli che investono di più nella prima infanzia, sostengono maggiormente i genitori, sostengono maggiormente la genitorialità, riducono la povertà infantile, forniscono servizi di qualità. Quello che accade in questi Paesi suggerisce che in un contesto di crescente domanda di servizi per la prima infanzia, i diritti e il benessere del bambino occupano un posto di primo piano e che non è soltanto il mercato che crea una domanda che viene soddisfatta soltanto per rispondere ad esigenze economiche, ma si fa attenzione anche a quelle che sono le potenzialità di sviluppo per il bambino -:
quali interventi il Governo intenda adottare al fine di contrastare l'incidenza della povertà infantile in Italia, con adeguati sussidi sia scolastici che economici.
(4-12051)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta immediata:

DELFINO, NARO, COMPAGNON, CICCANTI, VOLONTÈ, OCCHIUTO, LIBÈ, CERA e MARCAZZAN. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi sono stati diffusi i dati Istat relativi all'andamento del settore primario, dai quali risulterebbe una produzione agricola stagnante e zavorrata soprattutto dall'incremento dei costi di produzione, che solo nel mese di febbraio 2011 sarebbero saliti del 4,9 per cento rispetto al 2010;
a destare particolare preoccupazione sono i dati relativi al rincaro delle materie prime destinate all'alimentazione animale con un aumento di oltre il 19 per cento, e di oltre il 66 per cento per i mangimi a base di cruscami e orzo;
la situazione risulta particolarmente aggravata se si considera che tale onere, se così confermato, andrebbe ad aggiungersi alle già numerose difficoltà economiche che sta affrontando l'intero comparto agricolo nazionale;
la costante impennata dei costi di produzione, sostenuti dalle imprese agricole,

sta influendo negativamente sullo sviluppo dell'intero settore primario, già notevolmente compromesso dalla chiusura registrata nel 2010 di circa 25 mila aziende agricole incapaci di far fronte agli oneri derivati dalla pressione costante della grave crisi economica in atto;
un'ulteriore penalizzazione per le aziende agricole, dove la spesa per l'alimentazione animale rappresenta una delle principali voci di spesa, sarebbe da attribuire al fatto che all'aumento dei costi di produzione non sarebbe conseguito un aumento proporzionale dei prezzi di vendita alla stalla -:
quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di fronteggiare la costante volatilità dei prezzi relativi alle materie prime destinate all'alimentazione animale, che sta incidendo negativamente sull'intero comparto, già fortemente penalizzato dalla grave crisi economica.
(3-01669)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta immediata:

BALDELLI e PAPA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
la digitalizzazione dell'amministrazione giudiziaria permetterebbe di velocizzare il lavoro degli operatori del settore, rendendo più sicure tutte le comunicazioni, di migliorare la qualità del lavoro delle cancellerie, di accorciare i tempi delle sentenze, di ridurre i costi per la collettività e rendere più trasparente nei confronti dei cittadini l'intero procedimento giudiziario;
il protocollo di intesa siglato il 26 novembre 2008 tra il Ministro interrogato e il Ministro della giustizia ha consentito di realizzare un programma di interventi per l'innovazione digitale della giustizia, basati sull'utilizzo delle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni;
nel corso del Consiglio dei Ministri del 10 marzo 2011 è stato approvato il piano straordinario per la digitalizzazione della giustizia -:
quale sia lo stato di attuazione dei programmi per l'innovazione digitale della pubblica amministrazione, con particolare riguardo al comparto giustizia.
(3-01668)

Interrogazione a risposta scritta:

BITONCI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il comune di Padova attualmente è dotato, nella propria carta organica, di quarantotto dirigenti (quarantasei dal 1o aprile), diciotto dei quali ad incarico fiduciario, ovvero con nomina a termine dal sindaco;
i pareri della Corte dei conti, sezioni riunite, dell'8 marzo 2011, n. 12,13 e 14, hanno sancito come gli incarichi dirigenziali a tempo determinato possono essere attribuiti solo entro l'8 per cento della dotazione organica dirigenziale, confermando così quanto stabilito dalla riforma Brunetta inerente la pubblica amministrazione;
la Corte costituzionale, con sentenza n. 324 del 2010, ha confermato come l'applicazione delle norme sia a valere anche sugli enti locali, cui spetta quindi un obbligo di adeguamento;
il comune di Padova, in virtù dei pareri sopra descritti, dovrebbe essere dotato di soli quattro dirigenti, invece degli attuali diciotto, e tale dotazione rappresenta per l'ente stesso un gravoso impegno finanziario per le casse dell'ente, sebbene le recenti norme in materia di finanza pubblica, sia a livello nazionale come a livello europeo, prevedano una riduzione

delle spese al fine di dare atto al contenimento della spesa pubblica dei vari Paesi -:
quali orientamenti intenda esprimere il Governo in relazione all'obbligo definito dai pareri della Corte dei conti per i comuni, e se, in virtù anche dell'attuale difficile situazione economica e finanziaria e delle norme europee in materia di contenimento dei debiti pubblici nazionali, non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza al fine di evitare lo sfioramento della soglia sopra descritta.
(4-12060)

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RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
nei giorni tra la domenica 31 ottobre e martedì 2 novembre 2010 straordinarie avversità atmosferiche hanno colpito la regione Veneto, creando gravi disagi per più di 500.000 persone e provocando frane, smottamenti, allagamenti, straripamento di fiumi, interruzioni stradali e autostradali, sfollamenti e ingenti danni ai privati e alle aziende;
il Governo ha emanato provvedimenti immediati per far fronte agli eventi alluvionali, tra i quali l'ordinanza n. 3906 del 13 novembre 2010 recante primi interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare i danni conseguenti agli eccezionali eventi alluvionali che hanno colpito il territorio della regione veneto nei giorni dal 31 ottobre al 2 novembre 2010;
tale ordinanza prevede al comma 7 dell'articolo 4 che il commissario delegato è autorizzato ad erogare un contributo fino al 75 per cento del danno ai beni mobili registrati e non registrati subito dai soggetti privati, anche in anticipazione, sulla base di spese fatturate per la riparazione, o in caso di rottamazione, sulla base del valore del bene desunto dai listini correnti per un importo non inferiore a 1.000,00 euro, secondo voci e percentuali di contribuzione, criteri di priorità e modalità attuative che saranno fissate dal commissario delegato stesso con propri provvedimenti;
tali limitazioni non consentono di rispondere alle numerosissime richieste di contributo riferite a danni a beni mobili non registrati la cui spesa per la riparazione o il riacquisto sia di importo inferiore a 1.000,00 euro, perché non permettono la possibilità del cumulo del valore dei beni danneggiati;
il limite di 1.000 euro è fissato con riferimento a ciascun bene, singolarmente considerato. Di fatto appare evidente che considerare tale limite come riferito a ciascun bene singolo comporta l'inammissibilità a contributo della maggior parte delle domande, con grave pregiudizio per i richiedenti;
i cittadini si sentono ingannati, nell'impossibilità di riprendere le normali condizioni di vita, poiché, in pratica, non si riconosce a loro alcun contributo per poter ricomprare i beni distrutti di valore singolarmente inferiore a 1.000 euro;
la citata ordinanza alla lettera d), comma 1, dell'articolo 5 prevede la possibilità di erogare un contributo, fino al 75

per cento del danno medesimo, per beni mobili registrati distrutti o danneggiati, sulla base di spese fatturate per la riparazione, o in caso di rottamazione, sulla base del valore desunto dai listini correnti per un importo non inferiore a 3.500,00 euro, secondo voci e percentuali di contribuzione, criteri di priorità e modalità attuative che saranno fissate dal commissario delegato stesso con propri provvedimenti;
una buona parte di cittadini e/o attività produttive hanno provveduto, anziché a rottamare, a radiare i propri mobili registrati (operazione che viene anche chiamata cessata circolazione per esportazione). Un'interpretazione restrittiva dell'ordinanza renderebbe impossibile erogare contributi a mobili registrati per i quali non sia avvenuta la rottamazione (escluse ovviamente le riparazioni);
il commissario delegato Luca Zaia, con nota n. 159900 del 1o aprile 2011 ha chiesto al capo del dipartimento della Protezione civile di accogliere una richiesta di modifica all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3906 del 2010, nel senso di considerare il limite di 1.000 euro e di 3.500 euro come riferito al valore complessivo dei beni e di confermare l'ammissibilità delle relative richieste in essere;
un'ulteriore modifica all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3906 del 2010 si rende necessaria per consentire al commissario delegato di approvare le varianti agli strumenti urbanistici al fine di procedere celermente alla realizzazione degli indispensabili interventi di mitigazione del rischio idrogeologico dei territori inseriti nel novero delle disposizioni commissariali;
la crisi post alluvione che ha colpito i cittadini e le imprese della regione Veneto rende improrogabile la necessità di accogliere le sopra citate modifiche per non vanificare le aspettative dei cittadini di veder risarciti i danni per i beni mobili non registrati che, nel caso di specie, costituiscono una delle parti più consistenti del danno prodotto;
l'entità dei danni rende inoltre indispensabile un ulteriore stanziamento di risorse in favore dei territori colpiti -:
quali iniziative immediate il Governo intenda adottare sia per incrementare le risorse disponibili in favore dei territori colpiti dalle alluvioni verificatisi nei giorni tra la domenica 31 ottobre e martedì 2 novembre 2010, sia per modificare l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3906 del 2010, nel senso di considerare il limite di 1.000 euro e di 3.500 euro come riferito al valore complessivo dei beni, prevedendo la possibilità di erogare contributi in relazione a beni mobili registrati per i quali non sia avvenuta la rottamazione bensì la radiazione, e riconoscendo altresì al commissario delegato la possibilità di approvare le varianti agli strumenti urbanistici, allo scopo di rendere veramente possibile il riacquisto di quanto perso dai cittadini colpiti dall'alluvione.
(3-01674)

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SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
«una malattia sempre più curabile» è lo slogan con cui l'Airc - Associazione italiana per la ricerca sul cancro - torna nelle piazze italiane, con la distribuzione, in 3.558 piazze, di circa 700mila piante, al fine di finanziare la ricerca per combattere il cancro. «In 30 anni - spiega l'Airc - la guaribilità media dei tumori è più che raddoppiata e per alcune forme, soprattutto il tumore al seno, i tassi di guarigione sono saliti all'80 per cento»;
proprio grazie alla ricerca si è scoperto recentemente che non tutte le cellule tumorali sono ugualmente pericolose. Ciò che fa progredire un cancro è circoscritto

a una piccola popolazione - le staminali - che sono caratterizzate da grande capacità di proliferazione. «Immaginiamo che un tumore sia come un alveare. Le staminali sono l'equivalente dell'ape regina, l'unica in grado di moltiplicarsi» spiega Pier Paolo Di Fiore, direttore di un team di ricerca dell'Istituto Firc di Oncologia Molecolare di Milano e protagonista di questo nuovo filone di studi. «Anche se le operaie rappresentano il grosso dell'alveare, il nostro obiettivo deve essere quello di colpire la regina»;
la scoperta impone alle case farmaceutiche di insistere su questo campo. «L'industria ha sfruttato fino in fondo le scoperte degli ultimi decenni, e da tempo i suoi tassi di produttività hanno smesso di crescere. Ora che le nostre conoscenze di laboratorio sono salite di livello, ci aspettiamo che anche l'industria ci segua, investendo nella realizzazione di farmaci mirati contro le staminali del cancro» prosegue Di Fiore. Ma proprio perché queste cellule - come le api regine - sono molto rare, studiarle su larga scala non sarà operazione banale. Occorre prima individuarle all'interno di un tessuto, poi estrarle selettivamente;
«ma una volta ottenuto il farmaco - spiega Di Fiore - ed eliminate le "api regine" del cancro, potremo dire di aver curato la malattia senza bisogno di rimuovere il tumore o bombardarlo con la chemioterapia. Resa inerte e incapace di nuocere, la massa delle api operaie verrà eliminata a poco a poco dall'organismo». Per portare avanti questi studi, l'Aire e la sua fondazione (la Firc) hanno speso nel 2010 quasi 90 milioni di euro, pari a quasi la metà di tutti i finanziamenti italiani per la ricerca sul cancro -:
quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di incentivare la ricerca sulle cellule staminali, relativa alla lotta contro il cancro.
(4-12048)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:

LEOLUCA ORLANDO, CIMADORO, PIFFARI, EVANGELISTI e BORGHESI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
molti Paesi hanno risposto alla crisi cominciata nel 2008 varando «pacchetti verdi», ossia misure di promozione dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili;
ma, secondo gli interroganti, finora è evidente a tutti che l'energia e l'ambiente non rientrano tra le priorità del Governo, come si evince - tra l'altro - dallo stesso Piano nazionale di riforma, da poco approvato nell'ambito del Documento di economia e finanza 2011, dove l'energia e l'ambiente non figurano tra le priorità del Governo;
lo stesso Presidente degli Stati Uniti, Obama, nel febbraio 2011, nel suo discorso sullo stato dell'Unione, dichiarava: «il Paese che controllerà un'energia pulita e rinnovabile sarà il leader del XXI secolo»;
al contrario, il Governo, pur ponendo un finto «stop» sulla scelta del nucleare, mantiene ferma la volontà di riprendere in futuro la via dell'atomo, e questo avverrà inevitabilmente a scapito dello sviluppo delle fonti rinnovabili. Secondo il Presidente del Consiglio infatti: «siamo assolutamente convinti che l'energia nucleare è il futuro per tutto il mondo». «È un destino ineluttabile». In un'intervista del 20 aprile 2011, il Ministro interrogato ha risposto: «Quanto alla valenza reale dello stop al nucleare parliamoci chiaro: Fukushima ci ha mostrato che incidenti rilevanti sono possibili. Lo dico mal volentieri, visto che ero e rimango nuclearista convinto»;
diversa sembra essere l'opinione del Ministro Tremonti, il quale il 19 aprile 2011, a Bruxelles in audizione al Parlamento

europeo, ha dichiarato che l'incidente di Fukushima non è «riducibile alla banalità di un incidente tecnico», ma assume una dimensione «molto rilevante in cifra storica». Il Ministro ha richiesto di fare un calcolo vero dei costi del nucleare, perché ritiene che non sia mai stato fatto prima. «Sappiamo» ha detto «che i benefici (del nucleare) ci sono e sono locali, ma i malefici sono generali». Tremonti ha coniato il concetto di «debito nucleare», secondo il quale i costi per il decommissioning, cioè quelli derivanti dalla chiusura di una centrale nucleare, ridurrebbero il prodotto interno lordo del Paese e, comunque, ne aumenterebbero sensibilmente il debito;
la ripresa del nucleare, come è nelle intenzioni esplicite del Governo, dirotterà inevitabilmente risorse finanziarie per la ripresa del nucleare nel nostro Paese;
tutte risorse che sarebbe invece fondamentale dirottare per lo sviluppo delle fonti energetiche alternative, per la crescita della filiera italiana delle rinnovabili e per la ricerca e l'innovazione in questo ambito;
malgrado tutto, in un anno si sono installati in Italia impianti per le energie rinnovabili con un potenziale di produzione energetica pari a quello di una centrale nucleare;
in conseguenza degli elevatissimi costi a carico delle casse pubbliche (finanziamenti e sovvenzioni), la scelta nucleare ostacola infatti il perseguimento degli obiettivi di diffusione delle fonti rinnovabili, innovazione tecnologica ed efficienza energetica: l'Agenzia internazionale per l'energia ha calcolato che dal 1992 al 2005 nei Paesi Ocse il nucleare da fissione ha usufruito del 46 per cento degli investimenti in ricerca e sviluppo, quello da fusione del 12 per cento mentre alle rinnovabili è stato destinato l'11 per cento;
i costi del kilowattora nucleare imputabili all'investimento, all'esercizio e alla manutenzione sono superiori a qualunque altra fonte di produzione di energia. Il presunto basso costo del kilowattora da nucleare è infatti quasi esclusivamente dovuto in tutto il mondo dall'intervento dello Stato nella chiusura del ciclo del combustibile nucleare (costi per lo smaltimento definitivo delle scorie e per lo smantellamento delle centrali);
a favore della produzione dell'energia elettrica direttamente dal sole propendono molti fattori: è esente da rischi per la salute dei cittadini; lo sviluppo della ricerca aumenta l'efficienza dei sistemi di produzione e riduce il loro impatto ambientale; infine, dal punto di vista economico, il costo del kilowattora prodotto dal sole si è addirittura dimezzato in soli due anni;
è evidente, quindi, che ci sono valide alternative alla produzione di energia elettrica da fonte nucleare e che il Governo deve aumentare gli investimenti su tali fonti alternative;
con il cosiddetto «pacchetto energia-clima», approvato nel 2008, l'Unione europea, e quindi conseguentemente anche il nostro Paese, si è impegnata a ridurre entro il 2020 i consumi di energia, le emissioni di gas a effetto serra e ad aumentare il ricorso a fonti energetiche rinnovabili. L'obiettivo che l'Unione europea ha posto all'Italia è quello di coprire, entro il 2020, con le fonti energetiche rinnovabili il 17 per cento dei consumi energetici nazionali -:
se il Governo intenda chiudere definitivamente la parentesi fallimentare del rilancio del nucleare, puntando su una politica energetica realmente sostenibile, attraverso adeguati stanziamenti pluriennali indispensabili a ridurre entro il 2020 i consumi di energia, le emissioni di gas a effetto serra, e ad aumentare il ricorso a fonti energetiche rinnovabili, pena il pagamento di consistenti sanzioni per il mancato rispetto dei medesimi obiettivi europei.
(3-01675)

Interrogazione a risposta orale:

DELFINO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi si sono succedute numerose notizie circa la scalata del gruppo francese Lactalis nei confronti della multinazionale Parmalat, dopo il via libera all'Opa da parte della Consob;
ad oggi, dunque, il gruppo francese risulta detenere il 29 per cento del capitale di Parmalat, assumendo una rilevante posizione di leadership;
l'acquisizione di Lactalis e l'andamento dei fondi d'investimento stranieri nei confronti di un'azienda strategica per la filiera agroalimentare nazionale, stanno destando enormi preoccupazioni soprattutto per le sorti dell'azienda e le ripercussioni sul settore lattiero-caseario, che incide per il 9 per cento sull'intera produzione agricola italiana;
il passaggio del marchio italiano ad un gruppo straniero potrebbe avere pesanti conseguenze nell'economia del nostro Paese, basti pensare agli ingenti interessi dell'industria agricola italiana e delle cooperative del latte su Parmalat, le quali temono la possibile perdita di un importante cliente nazionale a vantaggio dei produttori transalpini;
tale posizione dominante potrebbe rendere inevitabili i condizionamenti sulla quota di latte italiano realmente assorbita e sul prezzo conferito ai produttori;
è dunque necessario far sì che un marchio italiano come Parmalat, seppur proiettato nel mondo, preservi quel valore aggiunto proprio del «Made in Italy»;
a tal proposito il 23 marzo 2011 è stato approvato un decreto-legge che proroga il termine per la convocazione delle assemblee societarie, affinché si abbia la possibilità di valutare se sia opportuno introdurre interventi normativi anche in merito al gruppo Parmalat;
il Ministero dello sviluppo economico ha affermato che sta monitorando la vicenda, con l'obiettivo di salvaguardare la produzione entro i confini nazionali e l'integrità dell'intera filiera produttiva di settore, anche mediante la creazione di una «cordata» che coinvolga la finanza e imprenditoria italiana e che porti alla costituzione di un polo alimentare nazionale in grado di competere sul mercato globale;
pertanto risulta necessario intervenire sviluppando una strategia nazionale nei confronti del nuovo assetto societario prospettato, con l'obiettivo di verificare e contenere gli effetti che tale acquisizione potrebbe avere in termini di prezzo di riferimento e di produzione, tutelando l'intero sistema industriale nazionale -:
in che modo il Governo intenda attivarsi nei confronti del nuovo assetto societario prospettato a seguito dell'acquisizione di Parmalat da parte del gruppo francese Lactalis;
quali iniziative intenda assumere a sostegno degli allevatori che hanno rapporti contrattuali con Parmalat;
in che modo il Governo intenda salvaguardare la produzione entro i confini nazionali e l'integrità dell'intera filiera produttiva collegata al ciclo del latte, anche alla luce degli incontri svolti con i principali operatori del settore circa l'ipotesi di una cordata per la nascita di un polo alimentare nazionale competitivo a livello globale, così come affermato dal Ministro dello sviluppo economico in risposta ad un analogo atto ispettivo.
(3-01665)

Interrogazione a risposta scritta:

PALAGIANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo uno studio condotto dall'osservatorio SuperMoney, diffuso dalle principali agenzie di stampa il 17 maggio 2011,

negli ultimi sei mesi le polizze auto italiane hanno registrato un aumento del 20 per cento;
in particolare, la ricerca ha evidenziato che gli incrementi riportati sono stati, in media, del 21 per cento a Torino, del 19 per cento a Milano, del 20 per cento a Roma e del 16 per cento a Napoli; con casi di aumenti superiori al 50 per cento rispetto a sei mesi fa;
i costi più elevati d'Italia si registrano a Napoli dove per una polizza Rc auto si paga in media 1.160 euro l'anno, oltre il doppio di Milano e il 16 per cento in più rispetto ai 996 euro necessari solo sei mesi fa;
il prezzo delle polizze assicurative nel nostro Paese era già alto nel 2010:867 euro di tariffa media per assicurare la propria autovettura (con un rincaro del 18 per cento rispetto al 2009);
il costo medio della responsabilità civile in Italia è già molto più elevato che in altri Paesi europei: circa 400 euro contro i 200 euro del resto d'Europa; inoltre, nel periodo 2002-2009 l'Italia ha registrato un aumento cumulato dei prezzi delle polizze dei mezzi di trasporto pari al 17,9 per cento contro il 7,1 per cento della media europea;
secondo l'Adusbef e la Federconsumatori una tale crescita dei costi delle assicurazioni sarebbe «francamente inspiegabile ed immotivata se confrontata con i dati relativi all'incidentalità» che, infatti, dal 2001 ad oggi è diminuita del 22 per cento;
dal 1994 al 2010 i premi per la responsabilità civile dell'auto sono aumentati del 180 per cento;
dal 1o gennaio 2011 è operativa la nuova banca dati sinistri, controllata e gestita dall'Isvap, per ridurre le frodi a carico delle compagnie assicurative, con l'obiettivo di abbattere «il premio medio del 15 per cento»;
oltre le frodi, però, sempre secondo lo studio condotto da SuperMoney, il problema dell'incremento delle polizze sta nell'aumento dei massimali previsto per legge che rendono più costosa la liquidazione dei grandi sinistri per le compagnie;
è evidente che sull'elevato costo dell'Rc auto intervengono anche fattori tipici nazionali, quali lo stato delle strade o l'elevata incidenza delle lesioni denunciate;
in un articolo del 4 gennaio 2011, il Ministro interrogato dichiarava «inammissibile» il costo medio delle Rc auto in Italia e parlava dell'accelerazione di «una proposta parlamentare che è già in commissione Finanze della Camera» per intervenire concretamente in questo senso, oppure di prevedere un eventuale «inserimento di alcune norme nel ddl concorrenza»;
sarebbe necessaria la rapida approvazione di un provvedimento antifrode con l'obiettivo di istituire una struttura, ad hoc che, operando in stretta sinergia con le forze di polizia e l'autorità giudiziaria, rafforzi e coordini l'attività di prevenzione delle frodi nel settore della Rc auto -:
valutata l'attuale situazione delle polizze assicurative in Italia, quali iniziative concrete intenda mettere in atto, con urgenza e nell'ambito delle proprie competenze, per ridurre il costo delle assicurazioni Rc auto in Italia, così da adeguarlo al resto d'Europa e soprattutto così da tutelare i cittadini italiani di fronte ad una spesa eccessiva e sproporzionata, specie nel contesto di crisi economica che il Paese sta affrontando;
se non intenda, nell'ambito delle proprie competenze, intervenire in maniera più concreta per arginare le frodi assicurative che, come esplicitato in premessa, sono una delle principali cause dell'aumento delle polizze assicurative.
(4-12047)

Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Narducci e altri n. 1-00631, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Braga, Marantelli.

La mozione Libè e altri n. 1-00640, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Delfino.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza Barbieri n. 2-00062 del 25 giugno 2008;
interrogazione a risposta scritta Bitonci n. 4-11455 del 31 marzo 2011;
interrogazione a risposta in Commissione Delfino n. 5-04675 del 3 maggio 2011.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BELLANOVA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il territorio salentino in questo ultimo anno è stato spesso scenario di gravi disagi, come i notevoli ritardi accumulati sia per le lunghe che per le brevi tratte, che i passeggeri hanno dovuto subire a causa di inefficienze del sistema ferroviario;
gli ultimi disagi, in ordine di tempo, risalgono al 23 febbraio 2010 quando i passeggeri dell'Eurostar in partenza da Lecce per Roma sono giunti a destinazione con un ritardo di ben 75 minuti. Come se non bastasse anche l'Eurostar di rientro Roma-Lecce del 24 febbraio 2010 ha avuto dei problemi seri di ordine tecnico che ha portato i passeggeri a raggiungere la destinazione con ben due ore di ritardo;
il 15 dicembre 2009 nel corso della seduta dell'ottava commissione consiliare - politiche comunitarie - della provincia di Lecce, l'assessore ai servizi finanziari, politiche dell'Unione europea ha affermato di essere a conoscenza che «a breve saranno convocate le ferrovie della Sud Est e le Ferrovie Stato, al fine di conoscere un progetto, che risulta già pronto, con il quale si porta nel sistema ferroviario, l'alta velocità a Lecce»;
quanto dichiarato dallo stesso assessore appare in netta controtendenza rispetto alla situazione del trasporto ferroviario in Puglia e nel Salento. Infatti, mentre si parla di alta velocità, le intenzioni di Trenitalia, riferite anche dal dottor Livio Nisi rappresentante della maggioranza in seno all'UPI, sarebbero quelle di abolire lo scalo merci di Surbo;
in un Salento, già pesantemente isolato da alcune scelte compiute in questi ultimi mesi da Trenitalia, quella di abolire anche lo scalo merci andrebbe ad aggravare ulteriormente, da un punto di vista commerciale, la situazione gravissima di «gap» che si sta delineando tra il nord e il sud di questo Paese in termini di sviluppo economico e sociale -:
se il Ministro interrogato non intenda verificare con urgenza se esiste una trattativa in corso da parte del Governo con Trenitalia per portare anche nel Salento l'alta velocità con i relativi lavori di ammodernamento della rete ferroviaria e se esiste al momento un impegno effettivo di spesa per il Salento al fine di scongiurare l'isolamento di questo territorio dal resto d'Italia.
(4-06375)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Sulla linea Bari-Lecce sono previsti alcuni interventi di potenziamento, come il raddoppio e l'elettrificazione che comprendono anche l'adeguamento delle stazioni e la soppressione di tutti i passaggi a livello ancora presenti.
L'intervento è stato attivato nel 2006 con l'avvenuta soppressione di parte dei passaggi

a livello e adeguate le stazioni mentre sono attualmente in corso di definizione gli interventi necessari alla soppressione dei passaggi a livello rimasti sulle tratte Mola-Fasano e Tuturano-Surbo attraverso il confronto con gli enti territoriali interessati.
La pianificazione dell'intervento è condizionata dai tempi necessari per il perfezionamento degli accordi con gli enti territoriali interessati alla soppressione dei passaggi a livello. Il completamento dei lavori è previsto per il primo trimestre del 2014.
Per quanto riguarda i ritardi verificatisi sulla relazione Lecce-Roma e viceversa nei giorni 23 e 24 febbraio 2010, sono state chieste informazioni alla società Ferrovie dello Stato che ha riferito quanto segue.
Il giorno 23 febbraio 2010, si è verificata un'avaria ad un mezzo che effettuava interventi tecnici in linea tra le stazioni di Ariano Irpino e Montecalvo ed ha determinato il ritardo di circa 28 minuti al treno Eurostar 935 1 (Roma Termini 8.45 - Lecce 14.34). Nel medesimo giorno, l'Eurostar 9354 (Lecce 12.50 - Roma Termini 18.15) ha subito un ritardo complessivo di circa 80 minuti in arrivo a Roma Termini a causa di un'avaria ad un treno regionale fermo in linea in prossimità di Bari.
Il giorno 24 febbraio 2010 il treno Eurostar AV 9355 (Roma Termini 14.45 - Lecce 20.06) si è fermato lungo la linea per un'avaria al locomotore; dopo un tentativo di «accudienza» da parte del personale di macchina, si è reso necessario trasbordare nella stazione di Caserta i passeggeri su un altro convoglio Eurostar, inviato in soccorso da Roma per la prosecuzione del viaggio fino a Lecce, dove è giunto con un ritardo di 106 minuti. In tale circostanza, comunque, i viaggiatori presenti a bordo sono stati assistiti, anche mediante la distribuzione di acqua, sia nella stazione di Caserta che in quella di Foggia. Per un cliente è stato, peraltro, messo a disposizione un taxi nella stazione di Bari, per permettergli di raggiungere la propria destinazione finale.
Relativamente agli scali merci in generale, si evidenzia che tali impianti, a seguito
della liberalizzazione del trasporto ferroviario merci, in vigore già da alcuni anni sono aperti a tutte le imprese ferroviarie che intendono svolgervi le proprie attività. Trenitalia organizza i propri servizi di trasporto adeguando l'offerta alle reali esigenze e dimensioni del mercato.
In quest'ottica, la divisione cargo di Trenitalia ha avviato, da tempo ed in linea con le analoghe iniziative in atto da parte delle principali imprese europee del settore, un processo di ristrutturazione del cosiddetto «traffico diffuso» (trasporti a carro singolo o gruppi di carri), che risultava particolarmente oneroso (con costi superiori ai ricavi), non competitivo nei confronti del trasporto su gomma e per il quale, quindi, si è resa necessaria una organizzazione più razionale, affidabile ed efficace.
La nuova struttura d'offerta del traffico «diffuso» per il sud ha previsto l'attestamento ferroviario dei trasporti su alcune piattaforme logistiche, nell'ambito delle quali è possibile usufruire di servizi integrativi come magazzinaggio ed inoltro alla destinazione finale via strada (o viceversa). Per la regione Puglia, fin dal luglio 2009, la concentrazione del traffico diffuso è stata prevista sulla piattaforma di Bari Ferruccio. Invece, sull'impianto di Lecce Surbo continua ad essere effettuato il servizio a treno completo, che non è stato oggetto di alcuna modifica commerciale/produttiva. Peraltro, Trenitalia sta lavorando per trasformare i flussi di traffico «diffuso» in treno completo, una modalità che consente di assicurare una maggiore qualità dei trasporti e, nel contempo, di ridurre i costi operativi.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

BOCCHINO e RUBEN. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sembra ormai confermata la notizia del transito dal canale di Suez di due navi da guerra iraniane in rotta dal porto di

Jedda in Arabia Saudita verso il porto siriano di Tartus;
dalla rivoluzione khomeinista del 1979, non era stato autorizzato il transito di alcuna nave iraniana da parte dell'autorità di controllo del canale di Suez;
una presenza militare iraniana a pochi chilometri dalle coste israeliane costituisce obiettivamente un fattore di instabilità e di pericolo non solo per la sicurezza dello Stato ebraico, ma per la stabilità dell'intera area mediorientale;
viste le relazioni tra l'Iran e le milizie sciite libanesi di Hezbollah, è legittimo sospettare che la missione delle due navi da guerra dirette in Siria contrasti con gli obiettivi della risoluzione n. 1701 del 2006 del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con la missione UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon), cui il nostro Paese partecipa a tutt'oggi con 1800 militari;
nel quadro della regione, le forze armate italiane sono inoltre impegnate nella forza di pace multinazionale MFO (Multinational Force and Observers), per garantire il rispetto degli accordi di Camp David tra Egitto e Israele;
l'operazione iraniana, oltre che alla complicità egiziana, beneficia di un'evidente sponda siriana; nel suo intervento del 15 febbraio 2011 alla Camera dei deputati, il Ministro interrogato ha dichiarato di avere fiduciosamente proposto al presidente siriano Assad di «lavorare insieme ad un patto di stabilità, sicurezza e prosperità che possa coinvolgere, per la prima volta in condizioni di effettiva eguaglianza tra interlocutori, l'Europa, i Paesi arabi del mediterraneo e gli Stati Uniti d'America»;
quella offerta dalla provocazione iraniana è l'occasione per mettere alla prova l'effettiva disponibilità delle autorità siriane -:
se non si ritenga di coinvolgere da subito le autorità egiziane e siriane per scongiurare che la «missione» delle due navi da guerra iraniane destabilizzi una regione, che, come è evidente, non ha bisogno di ulteriori tensioni;
se non si ritenga che la presenza di navi da guerra iraniane, in grado di trasportare e di consegnare agli emissari locali di Hezbollah materiale bellico, costituisca un pericolo per gli stessi militari italiani impegnati nella regione in attività di peacekeeping.
(4-10995)

Risposta. - Una premessa di natura giuridica relativa al regime di transito di navi militari attraverso il canale di Suez appare fondamentale.
Dal momento che la convenzione delle Nazioni unite sul diritto internazionale del mare del 1982 non fissa alcun regime per l'attraversamento dei canali marittimi artificiali, la navigazione in questi canali viene disciplinata ad hoc, attraverso norme interne o tramite accordi internazionali.
Nel caso del canale di Suez, l'accordo di riferimento è costituito dalla convenzione di Costantinopoli del 29 ottobre 1888 tra Austria-Ungheria, Germania, Francia, Italia, Paesi bassi, Regno Unito, Russia, Spagna e Turchia, che stabilisce il principio della libertà di navigazione nel canale, dotandolo di uno statuto internazionale. Ai sensi della citata convenzione, il canale marittimo di Suez è sempre libero ed aperto, sia in tempo di guerra che in tempo di pace, ad ogni nave mercantile o da guerra senza distinzione di bandiera. Tali princìpi sono stati accettati dall'Egitto con una dichiarazione effettuata nel 1957, in seguito alla quale gli obblighi ed i diritti contenuti nella citata convenzione sono riferibili al Governo del Cairo. Tale principio è stato ribadito in tempi più recenti nell'articolo V del Trattato di pace tra Egitto e Israele del 1979. Pur essendo quindi il canale completamente compreso nel territorio egiziano, ed essendo integralmente sottoposto alla sovranità egiziana, l'Egitto è obbligato in prima battuta a non impedire ai terzi Stati la transitabilità nel canale, e tale libertà è garantita dalle altre potenze firmatarie della convenzione, tra le quali l'Italia.

Il transito delle due navi militari iraniane attraverso il canale di Suez è pertanto avvenuto in conformità al regime internazionale di libertà di passaggio in questo canale.
Di diverso tenore sono ovviamente le valutazioni di natura politica circa l'opportunità di tale iniziativa, all'indomani dalle tensioni scaturite dall'ondata di proteste che dalla Tunisia si è propagata all'intero mondo arabo ed alla luce delle preoccupazioni di sicurezza rappresentate dal Governo di Tel Aviv.
Occorre peraltro rilevare che il tragitto mediterraneo delle due navi iraniane - una fregata di costruzione inglese che risale ai tempi dello Scià, accompagnata da una nave appoggio e con equipaggi composti in larga parte da cadetti - si è limitato ad una breve sosta nel porto siriano di Lattakia per poi fare immediatamente ritorno in patria attraverso il canale di Suez.
Appare inoltre significativo che mentre la stampa iraniana sembra aver dato grande risalto all'evento - culminato con una visita in Siria del Capo di stato maggiore della marina iraniana e la firma di un accordo di cooperazione nell'addestramento di cadetti e ufficiali inferiori - il Governo siriano ha scelto di riservargli scarsa enfasi, presentandolo come una normale attività di scambio formativo tra le marine militari di paesi che notoriamente intrattengono stretti legami di amicizia.
Occorre infine sottolineare come il Governo di Teheran - pur avendo abilmente sfruttato la particolare enfasi conferita all'occasione dagli organi di informazione internazionali per trasmettere la percezione di un rafforzamento del proprio profilo politico nella regione - sembra aver mantenuto l'iniziativa entro limiti puramente mediatici, senza azzardare provocazioni sul piano strettamente militare e apparentemente senza produrre alcuna conseguenza negativa di breve periodo sulla situazione in Libano e sulla sicurezza della missione United Nations Interim Force in Lebanon.
Tale missione, cui contribuiamo con il contingente più rilevante, continua ad operare alla luce del mandato conferitole dalla risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza del 2006. Fra gli obiettivi di questa missione si ricorda il mandato, di concerto con l'esercito libanese, a prevenire l'ingresso in Libano di armi o di materiale bellico (senza il consenso del Governo libanese). La risoluzione prevede inoltre che ogni Stato intraprenda tutte le misure necessarie ad impedire la fornitura di armi, materiale bellico o formazione a qualsiasi entità o individuo in Libano, se non previa autorizzazione del Governo libanese o di UNIFIL.
La forza di pace continua a svolgere un ruolo di primo piano ai confini meridionali del Libano, dove sta efficacemente garantendo pace e stabilità e contribuendo ad un graduale miglioramento della situazione sul terreno.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

D'INCECCO, BRAGA, MARCHIONI, BELLANOVA, PICIERNO, CAPANO, CONCIA, GNECCHI, BARBI, BOCCUZZI, MISIANI, LARATTA, BERNARDINI, MILO, MERLONI, BERRETTA, RUBINATO, CAUSI, AGOSTINI e BACHELET. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel corso degli ultimi decenni la natalità nel nostro Paese è diminuita drasticamente, passando da circa un milione di nati nel 1960 a 569.000 nel 2005, ed è aumentata l'età media delle donne alla nascita del primo figlio, così come le gravidanze di donne di 35 anni e più di età;
tra le donne che decidono di avere un figlio in una fase avanzata della vita si registrano un più elevato livello di informazione ed una maggiore capacità di autodeterminazione sulle scelte da compiere durante la gravidanza e al momento del parto;
tuttavia gli stessi fattori che sono alla base di un'eccessiva medicalizzazione e di un sovra utilizzo delle prestazioni diagnostiche

rischiano di trasformare gravidanza e parto da eventi naturali in eventi patologici;
nel biennio 2004-2005 il numero medio di ecografie effettuate dalle donne in gravidanza è stato 5,5 ed il 29 per cento delle donne ha fatto sette o più ecografie, mentre il protocollo del Ministero della salute ne raccomanda tre;
i parti effettuati mediante taglio cesareo sono in costante aumento: 11,2 per cento nel 1980, 27,9 per cento nel 1996, 29,9 per cento nel biennio 1999-2000, 35,2 per cento nel periodo 2004-2005, 38,36 per cento nel 2006. Quest'ultimo, oltre ad essere il dato più alto tra i Paesi dell'Unione europea, è quasi di tre volte superiore a quello raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) (pari al 10-15 per cento) ed è in contrasto con le stime che indicano il rischio di mortalità materna per cesareo da 2 a 4 volte superiore rispetto al parto vaginale;
ricerche analoghe che arrivano dalle varie regioni confermano queste tendenze; l'azienda sanitaria locale di Pescara, attraverso il servizio di Anestesia, ha monitorato la situazione dei parti rilevando un trend di crescita dei cesarei. Questi nel 2001 sono stati 666, nel 2002, 739, nel 2003, 753, nel 2004, 764, nel 2005, 806, passando da una percentuale del 36 per cento a una percentuale che sfiora il 39 per cento;
l'eccessivo ricorso al taglio cesareo costituisce un fenomeno complesso determinato da molteplici fattori, fra cui un «fattore organizzativo» dato dalla maggiore diffusione del taglio cesareo nelle strutture private accreditate. Da sottolineare poi che il minor ricorso all'intervento chirurgico si registra in quelle regioni dove da tempo si attuano scelte di razionalizzazione dell'assistenza ospedaliera e di promozione dell'appropriatezza clinica e organizzativa delle prestazioni erogate, anche attraverso l'adozione di politiche tariffarie che prevedono meccanismi di incentivazione del parto naturale e/o disincentivazione del parto cesareo;
nel contempo si registra ancora un limitato livello di diffusione delle informazioni necessarie alla donna per vivere con piena consapevolezza la gravidanza, il parto e il puerperio. È ormai acclarata l'importanza della preparazione al parto per la salute della donna e del bambino. La percentuale di donne che ha frequentato un corso pre-parto si aggira intorno al 30 per cento, con forti differenze per area geografica (40 per cento nell'Italia centrale e settentrionale e 12,7 per cento e 14,9 per cento, rispettivamente, nell'Italia meridionale e nelle isole) e livello di istruzione (le donne laureate sono il 65,6 per cento, quelle con la licenza media il 34,2 per cento e quelle con la sola licenza elementare il 20,2 per cento);
in un documento del Comitato nazionale di bioetica del 2001 si dedicava un intero capitolo al «dolore nel parto» e al giovamento apportato dall'utilizzo di tecniche di anestesia locale ed epidurale. Vi si sosteneva che la decisione se praticare o meno tale anestesia «deve essere riservata ad ogni singola donna sulla base di un'informazione corretta sui vantaggi, i rischi e le possibilità delle due soluzioni», e ancora si evidenziava come «il diritto della partoriente di scegliere un'anestesia efficace dovrebbe essere incluso tra quelli garantiti a titolo gratuito nei livelli essenziali di assistenza»;
in Paesi quali la Gran Bretagna e la Francia le tecniche di anestesia epidurale sono utilizzate dal 70 per cento delle partorienti, dal 90 per cento negli Usa. In Italia gli unici dati risalgono al 2001, anno in cui un rapporto Istat fornisce anche un interessante profilo sociologico delle donne che fanno ricorso al parto senza dolore, dal quale si rileva che «Complessivamente il 63,3 per cento delle partorienti non è stato sottoposto a nessun tipo di anestesia. (...) Soltanto per l'11,2 per cento dei parti spontanei è stata fatta l'anestesia; il 7,2 per cento locale, il 3,7 per cento epidurale»;
in data 23 aprile 2008 è stato elaborato un decreto del Presidente del Consiglio

dei ministri di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) che stabilisce, all'articolo 37, comma 3, che «Il Servizio sanitario nazionale garantisce le procedure analgesiche nel corso del travaglio e del parto vaginale nelle strutture individuate dalle regioni e all'interno di appositi programmi volti a diffondere l'utilizzo delle procedure stesse»;
il 25 giugno 2008, il Ministro del lavoro, salute e politiche sociali, Maurizio Sacconi, nel corso di un'audizione in XII Commissione permanente (Affari sociali) della Camera dei deputati, ha riferito che i nuovi Livelli essenziali di assistenza, voluti dall'ex Ministro della salute Livia Turco, non esistono perché «la Corte dei conti non li ha registrati -:
se e cosa il Governo intenda fare per monitorare e contenere l'eccessivo ricorso al taglio cesareo, anche in rapporto all'offerta di prestazioni per il sollievo dal dolore che in determinate realtà è completamente assente;
se il Governo intenda verificare i dati sulla morbilità e mortalità materne e neonatali e ad effettuare una rilevazione dei costi relativi alla pratica del taglio cesareo e ad un censimento delle strutture abilitate;
se il Governo intenda promuovere iniziative per il parto fisiologico, per la promozione di un'appropriata assistenza alla nascita, per il potenziamento dell'attività dei consultori familiari, per l'offerta attiva di informazione e di consulenza alle donne prima della gravidanza, alle gestanti e alle puerpere, anche mediante i corsi di accompagnamento alla nascita, stimolando l'impegno in tale senso dei servizi consultoriali e ospedalieri, anche al fine di una consapevole scelta del tipo di assistenza, del luogo e delle modalità del parto, per il controllo e la gestione del dolore nelle fasi del travaglio, nel quadro di una maggiore e migliore umanizzazione dell'evento nascita, anche attraverso il ricorso a tecniche avanzate di anestesia locale e di tipo epidurale, in condizioni di appropriatezza e nell'ambito dei modelli organizzativi locali.
(4-08835)

Risposta. - Nel nostro Paese il ricorso al taglio cesareo (TC) è in continuo aumento: si è passati dall'11 per cento del 1980 al 38,3 per cento del 2008.
Una spiccata variabilità si riscontra a livello percentuale tra punti nascita di differente tipologia amministrativa e volume di attività, con percentuali di TC nettamente superiori alla media nazionale nei reparti con basso numero di parti e nelle strutture private.
Tale variabilità è indice di un comportamento clinico-assistenziale non appropriato, riconducibile a una molteplicità di fattori indipendenti dalle condizioni di necessità clinica: carenze strutturali e organizzative, aspetti culturali che assimilano il TC a una modalità elettiva di nascita, scarsa competenza del personale sanitario nel gestire la fisiologia (TC come pratica difensiva), eccetera.
Sulla base di tali considerazioni, appare quanto meno opportuno promuovere interventi di sanità pubblica finalizzati al contenimento del fenomeno e alla diffusione di pratiche cliniche di comprovata efficacia e appropriatezza.
A tal fine, è indispensabile superare l'impostazione rivolta esclusivamente alla modalità del parto, per passare ad una che guardi all'intero percorso nascita, di cui il parto costituisce l'evento culminante.
La complessità del fenomeno considerato richiede, inoltre, una strategia molteplice di intervento, in grado di coniugare misure di programmazione sanitaria finalizzate all'incentivazione delle buone pratiche e al contenimento degli eccessi, con iniziative educazionali e formative volte a modificare l'atteggiamento degli operatori sanitari e delle donne rispetto all'uso del TC.
In questa prospettiva va, altresì, considerata l'opportunità di valorizzare il ruolo dei vari professionisti nell'assistenza alla gravidanza e al parto, in particolare quello delle ostetriche, anche attraverso l'introduzione di percorsi alternativi per il parto fisiologico e il parto a rischio.

Questo permetterebbe di contrastare la crescente medicalizzazione della gravidanza, promuovendo nel contempo processi virtuosi di «umanizzazione» dell'assistenza e di miglioramento complessivo della qualità.
In base a quanto fin qui esposto, questo Ministero ha elaborato delle «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo», accolte dalla Conferenza Stato-regioni il 16 dicembre 2010 con un accordo che prevede un programma nazionale, articolato in 10 linee di azione, da avviare congiuntamente a livello nazionale, regionale e locale, di seguito elencate:
1) misure di politica sanitaria e di accreditamento;
2) carta dei servizi per il percorso nascita;
3) integrazione territorio-ospedale;
4) sviluppo di linee guida sulla gravidanza fisiologica e sul taglio cesareo da parte del Sistema nazionale linee guida dell'Istituto superiore di sanità;
5) programma di implementazione delle linee guida;
6) elaborazione, diffusione ed implementazione di raccomandazioni e strumenti per la sicurezza del percorso nascita;
7) procedure di controllo del dolore nel corso del travaglio e del parto;
8) formazione degli operatori;
9) monitoraggio e verifica delle attività;
10) istituzione di una funzione di coordinamento permanente per il percorso nascita.

L'insieme di queste azioni mirate è volto a promuovere la qualità, la sicurezza e l'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo.
Le prime azioni da sviluppare saranno quelle relative alla definizione di un dettagliato crono programma delle 10 attività previste dall'accordo e la costituzione di un Comitato permanente per il percorso nascita (Cppn), che avrà il compito di coordinare e monitorare le attività previste e di verificare il recepimento dell'accordo, all'interno di specifiche delibere regionali.
Inoltre, è opportuno far presente che è stato predisposto, su mandato del Ministero della salute, il documento «Linea guida sulla gravidanza fisiologica», frutto del lavoro di un gruppo multidisciplinare e multi professionale di esperti coordinato dal Sistema nazionale linee guida dell'Istituto superiore di sanità e redatto sulla base di una rigorosa e aggiornata analisi della letteratura scientifica.
Si tratta di un elemento prezioso e centrale per l'aggiornamento dei professionisti e la predisposizione di protocolli operativi dei differenti punti nascita, oltre che strumento di riferimento per la presa in carico e la continuità assistenziale della donna in gravidanza.
Nella linea guida le informazioni fondate su prove di efficacia sono organizzate per consentire, sia ai professionisti sia alle donne in buona salute, con una gravidanza singola senza complicazioni, la scelta dei trattamenti appropriati in 56 distinte circostanze. In particolare, la linea guida valuta l'accuratezza e l'efficacia degli screening per la valutazione della salute materna e fetale (malformazioni fetali, malattie infettive, problemi ematologici, diabete, depressione, nascita pro termine, eccetera) e l'appropriatezza di interventi per la valutazione dell'accrescimento del benessere fetale e per l'assistenza di particolari condizioni cliniche, come la presentazione podalica o la gravidanza a termine.
Altre sezioni sono dedicate agli stili di vita, al trattamento dei comuni sintomi e all'esame clinico della gestante.
Sia l'accordo che la linea guida sono consultabili nel sito istituzionale del Ministero della salute (www.salute.gov.it).
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Eugenia Roccella.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 3 gennaio 2011 il Governo afgano ha affermato che il numero di poliziotti afgani uccisi nel corso del 2010 è diminuito di circa il sette per cento, nonostante la violenza diffusa in tutto il Paese all'inizio del decimo anno di guerra;
le vittime straniere, invece, militari e civili, sono a livelli record, nonostante la presenza di circa 150.000 truppe a guida NATO. Il 2010 è stato l'anno più sanguinoso da quando i talebani sono stati cacciati dalle forze afgane sostenute dagli Stati Uniti alla fine del 2001;
Bashary, il portavoce del Ministero degli interni, ha dichiarato che 2.447 poliziotti afgani sono stati feriti, mentre 5.225 ribelli sono stati uccisi e 949 feriti;
si è registrato un totale di 6.716 incidenti di sicurezza nel 2010, come agguati, bombe su strada, attentati suicidi e lanci di razzi;
la rivolta si è spostata, nel corso degli ultimi due anni, dalle sue tradizionali roccaforti nel sud-est in zone un tempo pacifiche del nord-ovest del Paese. Il nord, in particolare, è diventato un nuovo frontale mortale nella guerra;
le Nazioni Unite hanno detto che 2.412 civili sono stati uccisi e 3.803 feriti tra gennaio e ottobre del 2010, il 20 per cento in più rispetto al 2009;
il Ministero della difesa ha detto che 821 soldati afgani sono stati uccisi nel 2010. Il generale di brigata Josef Blotz, un portavoce della NATO International Security Assistance Force (ISAF), ha dichiarato che l'alto numero di vittime tra le forze di sicurezza afgane «è un testamento al loro sacrificio, ai loro sforzi, al loro impegno, stanno combattendo per il loro paese»;
Blotz ha detto, inoltre, che l'aumento del numero di truppe straniere in guerra in Afghanistan avvenuto l'anno scorso aveva portato ad una prevedibile ripresa della violenza, «ma ovviamente questo era un passo necessario nella strategia globale»;
le forze straniere hanno subito un numero di decessi record nel 2010, con 711 soldati uccisi, circa i due terzi dei quali americani, secondo www.iCasualties.org, che svolge attività di monitoraggio di siti web. È stato di gran lunga l'anno più letale per le truppe straniere;
una revisione della strategia di guerra portata avanti dal presidente Usa Barack Obama il mese scorso fa notare come siano stati fatti progressi contro i talebani e al Qaeda, ma che permangono gravi problemi;
i leader della NATO hanno convenuto al vertice di Lisbona nel mese di novembre 2010 di porre fine alle operazioni di combattimento e di sicurezza e di lasciare la responsabilità in mano a forze afgane entro la fine del 2014. Obama ha promesso di iniziare a ritirare le truppe Usa a partire dal luglio 2011;
ma i critici sostengono che la data del 2014 fissata dal presidente Hamid Karzai è troppo ambiziosa e che vi sono carenze in Afghanistan e nelle sue forze di sicurezza, e che la fissazione di una data per il ritiro delle truppe rende più forti e temerari gli insorti;
nella relazione inviata nei giorni scorsi alle Nazioni Unite da parte di Staffan De Mistura, responsabile della Missione ONU di assistenza all'Afghanistan viene riportato che i «prossimi mesi saranno duri e ci sarà un peggioramento delle condizioni di sicurezza.» I talebani «sono ancora là e programmano spettacolari attentati» a macchia di leopardo in tutto il Paese;
il momento che si accinge a vivere l'Afghanistan è uno dei più difficili e soprattutto pericolosi in assoluto da quasi dieci anni a questa parte;
sebbene gli altri alleati, a cominciare da Obama, hanno convenuto di attuare

una revisione della strategia di guerra, l'Italia non ha affatto posto il problema -:
se il Governo non ritenga di dover adottare una rinnovata strategia in un contesto che muta costantemente e che vede continue prese di posizione da parte degli altri Paesi a fronte di quella che all'interrogante appare una totale immobilità dell'Italia.
(4-10315)

Risposta. - Il Governo italiano rimane fortemente impegnato nella trattazione internazionale della questione afgana. Abbiamo infatti attivamente partecipato al processo di concertazione internazionale che ha portato, nel corso del 2010, alla definizione, assieme al Governo afgano, della strategia di transizione, che indica la strada da seguire nei prossimi anni per la stabilizzazione del Paese e l'assunzione di responsabilità, da parte delle Autorità afgane, nel campo della sicurezza, delle istituzioni e dello sviluppo.
Tale processo internazionale si è articolato attorno ad eventi che hanno sempre visto l'Italia in prima fila, portatrice di una posizione propositiva: le conferenze di Londra in gennaio 2010 e di Kabul in luglio, cui ha preso parte il Ministro Frattini, ed il Vertice Nato di Lisbona nello scorso novembre. Una serie di eventi che, pur riguardando aspetti diversi della transizione, hanno individuato una linea coerente e condivisa che è ora in corso di attuazione nel campo della sicurezza, della governance, della reintegrazione e della razionalizzazione della strategie di sviluppo socio-economico.
Gli incontri internazionali hanno avuto intense fasi preparatorie, cui l'Italia ha preso parte anche attraverso l'Inviato speciale del Ministro Frattini per Afghanistan e Pakistan, che si è fatto portatore, nelle riunioni del gruppo degli Inviati speciali, di un messaggio di impegno costruttivo con il Governo afgano, basato sul reciproco rispetto e sull'incremento della collaborazione civile. Inoltre, in tutte le occasioni di incontro internazionale dedicate all'Afghanistan, il Ministro Frattini si è fatto promotore di un approccio regionale alla questione afgana, approccio che ha tratto rinnovato slancio dalla ministeriale G8 di Trieste del 2009, presieduta dallo stesso Ministro Frattini. Il Governo italiano ha infatti ben presente la centralità della dimensione politica e sta portando avanti un'intensa attività diplomatica anche per incrementare il profilo civile dell'assistenza internazionale al Paese.
Anche l'azione dell'Unione europea, cui l'Italia contribuisce in modo rilevante, si è fatta più incisiva negli ultimi mesi. Il «Piano d'Azione UE per l'Afghanistan», documento che recepisce molte idee e proposte sostenute dall'Italia, è stato ulteriormente potenziato per individuare selettivamente i settori di intervento.
L'azione diplomatica italiana è culminata nel 2010 nella riunione di Roma del gruppo dei Rappresentanti speciali per l'Afghanistan e il Pakistan, che si è svolta il 18 ottobre con la partecipazione di 39 Stati (incluso, per la prima volta, l'Iran) e 4 organizzazioni internazionali (Un, Nato, UE e, altra novità, l'Organizzazione per la conferenza islamica), consentendo un momento di condivisione e concertazione senza precedenti.
La riunione di Roma, come espressamente riconosciuto dal Governo statunitense, ha rappresentato un importante momento preparatorio dei vertice Nato di Lisbona.
L'attiva partecipazione del Governo italiano al dibattito internazionale sull'Afghanistan prosegue con inalterato dinamismo, in vista degli appuntamenti del 2011: la Conferenza di Kabul II e la Conferenza internazionale di «Bonn II», che si terranno rispettivamente in estate e a dicembre di quest'anno. Tali eventi richiedono un'intensa attività preparatoria che vede il gruppo degli Inviati speciali in primo piano per individuare la migliore strategia di attuazione degli impegni assunti nel 2010 e per far avanzare la dimensione politica della questione afgana. Il 3 marzo, in tale prospettiva, si è tenuta un'importante riunione a Gedda, in Arabia Saudita, significativamente ospitata dall'Organizzazione per la conferenza islamica, ed è stata preparata da riunioni ristrette cui l'Inviato

speciale italiano è sempre chiamato a partecipare a riconoscimento del nostro ruolo in Afghanistan.
Sul piano della sicurezza, la transizione procederà scandita, tra quest'anno ed il 2014, dalle decisioni che verranno assunte, in maniera concertata e graduale, dal Governo afgano e dalla Nato. Oltre al contributo in seno all'Alleanza, il nostro ruolo è altresì ben profilato anche nel teatro afgano, nel quale decisivo risulta essere (per espresso e reiterato riconoscimento della stessa filiera militare dell'alleanza atlantica) il contributo italiano - e specialmente quello dei nostri carabinieri - nei settore dell'addestramento delle Forze di sicurezza locali, nel quadro della Nato Training Mission - Afghanistan/NTM-A.
Il nostro intervento nel quadro multinazionale sta pertanto contribuendo assai significativamente a rafforzare il generale contesto di sicurezza afgano, nel predominante interesse del consolidamento della pace e della stabilità.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il portavoce di Ban Ki-moon in un comunicato ha dichiarato che il Segretario Generale richiama al dialogo continuo tra tutte le parti e al rispetto della costituzione e della legge in Libano, aggiungendo che il Segretario Generale ha ribadito altresì il proprio sostegno al lavoro del Tribunale speciale per il Libano (STL);
secondo quanto riportato dalla stampa, il Governo di unità nazionale in Libano è caduto lo scorso mercoledì, dopo le dimissioni di undici ministri dell'alleanza politica guidata dal gruppo Hezbollah. Sembra che essi si siano dimessi dopo il fallimento dei negoziati, promossi da Arabia Saudita e Siria, nel tentativo di giungere a un compromesso sul Tribunale speciale, che esamina l'assassinio dell'ex Primo Ministro Rafik Hariri, nel 2005, La situazione in Libano negli ultimi mesi è stata caratterizzata da una crescente tensione, un clima nazionale che il Segretario generale ha definito «di incertezza e fragilità»;
il Tribunale speciale è un corpo indipendente, costituito sulla base dell'indagine della Commissione internazionale indipendente di inchiesta, seguito a una prima missione ONU che aveva identificato varie irregolarità nell'inchiesta condotta dal Libano, a livello nazionale, sull'attentato che uccise Rafik Hariri e altre ventidue persone. Ban Ki-moon ha sottolineato l'indipendenza del Tribunale speciale, augurandosi che il suo lavoro possa aiutare a metter fine alle impunità nel Paese;
il Libano è stato anche al centro del colloquio di Ban Ki-moon con il re dell'Arabia Saudita Abdallah Bin Abdulaziz Al Saud, svoltosi a New York e durante il quale il Segretario Generale ha ringraziato l'Arabia Saudita per gli sforzi in favore della stabilità in Libano. Intanto, il Comandante della forza di interposizione in Libano delle Nazioni Unite (UNIFIL), maggiore Alberto Asarta Cuevas, ha incontrato alti funzionari delle forze armate libanesi e rappresentanti delle forze di difesa israeliane, al quartier generale ONU di Ras Al Naquora. Tra i temi trattati: l'attuazione della risoluzione 1701, che ha messo fine alla guerra del 2006 tra Israele e Hezbollah, la questione del villaggio di Ghajar, attraversato dalla cosiddetta Linea Blu che separa Israele e Libano, e altre questioni relative alla situazione lungo la Linea Blu;
con il disegno di legge (A.C. 3996, di conversione del decreto-legge n. 228 del 29 dicembre 2010 recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate, si autorizza la proroga della missione UNIFIL (Forza temporanea delle Nazioni Unite in Libano) con 1.780 unità militari -:
se il Governo stia monitorando la situazione in Libano in seguito agli ultimi

episodi avvenuti e ad una forte instabilità politica e governativa che lo sta caratterizzando;
se il Governo sia a conoscenza dell'incontro avvenuto tra il comandante della Forza di interposizione in Libano delle Nazioni Unite (UNIFIL) e gli alti funzionari delle forze armate libanesi e rappresentanti delle forze di difesa israeliane, al quartier generale ONU di Ras Al Naquora e se non ritenga di doversi accertare degli elementi emersi da tale incontro in relazione alla nostra partecipazione alla missione UNIFIL.
(4-10494)

Risposta. - La stabilità del Libano costituisce per l'Italia, così come per tutta la comunità internazionale, un obiettivo prioritario nel quadro del più generale assetto dei rapporti internazionali in Medio oriente. Il nostro preminente interesse per la solidità e la sicurezza del Paese è testimoniato dalla circostanza che l'Italia schiera fin dal suo inizio, nel 2006, il maggiore contingente nazionale nell'ambito della Missione internazionale di pace United nations interim force in Lebanon intrapresa sulla base della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza, di cui abbiamo detenuto il comando per i primi tre anni. Siamo inoltre il principale partner economico europeo del Paese dei cedri, che rappresenta anche il secondo principale destinatario della nostra attività di cooperazione nell'intera regione.
Per tutte queste ragioni, seguiamo con grande attenzione l'evoluzione della situazione libanese, continuando a sostenere indipendenza, sovranità ed unità del Paese, oltre al funzionamento democratico delle sue istituzioni, nell'auspicio che esse si mantengano libere da ogni forma di interferenza.
Su questa base, abbiamo più volte fatto appello a tutte le parti interessate affinché proseguissero la loro collaborazione in uno spirito di dialogo e si astenessero da comportamenti che potessero far venire meno l'indispensabile clima di fiducia.
Quanto agli ultimi sviluppi, ad essi il Consiglio affari esteri dell'Unione europea ha dedicato, lo scorso 31 gennaio, delle conclusioni nelle quali, prendendo nota dell'incarico attribuito a Mikati di formare il nuovo governo, ha sollecitato le autorità libanesi a preservare l'unità nazionale e a rispettare i principi della Costituzione. Il Consiglio ha inoltre ribadito l'importanza che l'Ue attribuisce a sovranità, indipendenza, integrità territoriale, unità e stabilità del Libano. Nel sottolineare l'importanza del rispetto degli impegni internazionali assunti dal Libano, il Consiglio ha riaffermato il suo sostegno nei confronti del Tribunale speciale per il Libano.
È stato infine espresso apprezzamento per il ruolo di Unifil, richiedendo a tutte le parti di dare attuazione a quanto previsto dalla richiamata risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza.
Circa l'incontro tra il Comandante di Unifil e rappresentanti degli eserciti israeliano e libanese, si tratta di una positiva prassi di routine che consente il coordinamento fra la stessa Unifil e le Forze armate dei due Paesi confinanti, indispensabile all'esercizio del mandato della missione internazionale, in particolare al fine di attuare la necessaria collaborazione e ad evitare incidenti. Tali riunioni consentono alle parti di sollevare eventuali questioni, tenere aperti dossier di discussione e risolvere sul nascere problemi che potrebbero altrimenti scalare in situazioni incontrollabili. Tale utilità è emersa ad esempio l'estate scorsa, quando lo svolgimento di questi dialoghi tripartiti ha consentito far rientrare la forte tensione generata dall'uccisione di un militare israeliano sulla linea blu.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

DIMA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le politiche di potenziamento della linea ferroviaria calabrese, promosse in questi anni da Trenitalia ed RFI, sembrano privilegiare esclusivamente la direttrice tirrenica, con l'impiego di treni ad alta velocità ed a lunga percorrenza che

permettono comodi e rapidi collegamenti con il centro ed il nord Italia;
sul versante ionico, invece, si registra un ingiustificato disinteresse non solo perché la linea ferroviaria, pur essendo vetusta in quanto non elettrificata ed a binario unico, non rientra affatto in alcun piano regionale o nazionale di potenziamento delle tratte ferroviarie ma anche e soprattutto perché, da qualche tempo ormai, è sempre più evidente un progressivo ed inesorabile disimpegno di Trenitalia ed RFI sul fronte dei collegamenti, caratterizzato dalla soppressione di molti treni a lunga percorrenza, che non ha fatto altro che aumentare i disagi e rinvigorire polemiche mai sopite;
di fronte a questo contesto di progressivo depauperamento dei servizi e delle risorse e, più in generale, di malfunzionamento della linea ionica, con l'annesso problema della sicurezza dei viaggiatori e del personale viaggiante, assume particolare evidenza la questione del pendolarismo che si aggrava enormemente non solo per la carenza di collegamenti e la conseguente difficoltà di raggiungere il posto di lavoro ma anche per la scarsa manutenzione e la pessima pulizia dei vagoni;
sulla questione, più volte evidenziata da comitati spontanei di pendolari, non si è mai intervenuti seriamente tanto è vero che si sono registrate forti proteste in merito, anche e soprattutto perché il servizio si è continuato a mantenere su livelli molto scadenti -:
quali iniziative il Ministro intenda porre in essere per dare una risposta concreta a chi utilizza quotidianamente il treno in una regione già carente di reti infrastrutturali degne di questo nome e che abbisognano di essere adeguate alle esigenze dei cittadini, soprattutto con riferimento al servizio ferroviario che manifesta le carenze più evidenti.
(4-08274)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che buona parte dei servizi ferroviari di media/lunga percorrenza nella regione Calabria, con particolare riferimento a quelli interessanti la fascia ionica, rientrano nel cosiddetto «servizio universale» che comprende collegamenti aventi un conto economico negativo, il cui mantenimento avviene tramite il contributo dello Stato a copertura della differenza tra i costi di produzione e i ricavi da traffico di questi treni.
Pertanto, lo Stato, rappresentato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sottoscrive un contratto di servizio con Trenitalia in cui individua i treni ammessi al contributo pubblico e determina la quantità di servizi da effettuare nonché la tipologia e le caratteristiche di questi, tenendo conto delle risorse economiche di cui dispone.
Negli specifici incontri finalizzati a definire nel dettaglio la nuova offerta per il 2011, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha adottato soluzioni volte ad assicurare il diritto alla mobilità sulle relazioni della Calabria con il centro e il nord del Paese, garantendo nel contempo, l'equilibrio economico del contratto di servizio.
A questi criteri risponde la riorganizzazione di alcuni servizi della Calabria prevista con il nuovo orario del 12 dicembre 2010, attuata intervenendo su treni che presentavano volumi di passeggeri di insufficiente consistenza e mantenendo, comunque, il collegamento (in alcuni casi con bus) su tutte le relazioni già servite.
Per quanto riguarda la fascia ionica della Calabria, l'offerta risulta attualmente composta da:
1 coppia di Intercity da/per Milano-Crotone;
1 coppia di Intercity da/per Roma-Reggio Calabria con collegamento per Crotone (via Paola-Cosenza) assicurato con bus;
1 coppia di Intercity Notte da/per Milano-Reggio Calabria (via Bari-Crotone);
1 coppia di Intercity Notte da/per Torino-Lecce con prosecuzione su Reggio Calabria (via Bari-Crotone) garantita con sezione aggiunta a Bari all'Intercity Notte Milano-Crotone-Reggio Calabria;
1 collegamento bus da/per Bari-Reggio Calabria;

1 coppia di Espresso Notte da/per Roma-Reggio Calabria, con collegamento via ionica (Lamezia-Catanzaro Lido-Roccella Jonica-Reggio Calabria) assicurato con bus;
1 coppia di espresso notte da/per Roma-Lecce con collegamento via ionica (Metaponto-Catanzaro Lido) assicurato con bus.

Si fa presente, inoltre, che nell'arco della giornata è possibile adottare diverse soluzioni di viaggio che assicurano, in ogni caso, il collegamento tra la Calabria ed il centro/nord del Paese attraverso interscambio nelle stazioni di Lamezia Terme e Paola fra i treni della lunga percorrenza e quelli del trasporto regionale.
Per quanto riguarda i collegamenti regionali che servono il territorio della Calabria ionica, va evidenziato che la relativa programmazione e gestione compete alla regione Calabria, i cui rapporti con Trenitalia sono disciplinati (come in tutte le altre regioni) da un contratto di servizio, attualmente in attesa di formalizzazione, nell'ambito del quale vengono definiti il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare anche sulla base delle risorse economiche rese disponibili.
Relativamente alla manutenzione del materiale rotabile di Trenitalia, si comunica che tutti i rotabili sono sottoposti ad operazioni di manutenzione programmata secondo piani manutentivi che ciclicamente di ripetono, in base alla percorrenza chilometrica e/o alla scadenza temporale prevista per i vari tipi di rotabili. Va sottolineato che il processo manutentivo è organizzato secondo un «piano di manutenzione» che attraverso varie fasi di controlli, verifiche ed interventi effettuati a livelli differenti determinano il ciclo di impiego del materiale rotabile. Tale trama manutentiva programmata viene, peraltro, integrata da interventi di «manutenzione correttiva» finalizzati a risolvere eventuali guasti insorti durante i singoli viaggi.
Per quanto attiene, infine, all'aspetto della pulizia dei treni si fa presente che, nonostante il rallentamento subito per effetto di una lunga serie di ricorsi presentati dagli appaltatori uscenti, sono operativi tutti i contratti relativi alla prima gara, interessanti gli impianti di varie regioni. Per quanto riguarda la seconda gara, concernente gli impianti delle rimanenti regioni tra cui quelli interessanti il bacino di traffico della Calabria, sono in corso le attività di stipula dei nuovi contratti, che saranno operativi non appena completate le procedure di cambio appalto.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

FLUVI, RUGGHIA, GAROFANI, RECCHIA, MOGHERINI REBESANI, LAGANÀ FORTUGNO, VILLECCO CALIPARI, LA FORGIA e GIANNI FARINA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 27 ottobre 2010 è apparso sul giornale Il Tirreno un'articolo con un elenco di 37 nomi (militari e civili), che furono internati o deportati nei campi nazisti e che, alla fine del loro calvario, sono stati sepolti in Germania, Austria e Polonia;
la pubblicazione della notizia ha profondamente emozionato i familiari di questi caduti e li ha anche sorpresi perché: «...purtroppo chi nel dopoguerra si occupò di ricercare, riesumare e traslare i nostri Caduti nei cimiteri militari italiani, si "dimenticò" d'informare i familiari dell'avvenuta inumazione, negando a migliaia di famiglie italiane di avere almeno una tomba su cui piangere»;
l'unico ente dello Stato legalmente autorizzato ad approntare le pratiche relative al rimpatrio di caduti in guerra è, al momento, il Commissariato generale per le onoranze ai caduti di guerra (Onorcaduti);
il legittimo desiderio dei familiari di riportare in patria le salme dei loro parenti incontra anche difficoltà economiche, considerato che le spese sono a carico dei richiedenti;
con le ultime leggi finanziare sono stati profondamente ridimensionati i fondi

per l'esercizio, con particolare riguardo a quelli destinati alle associazioni combattentistiche nonché a quelli destinati ad Onorcaduti senza nessun riguardo ai valori fondamentali che queste associazioni hanno il compito di onorare e mantenere vivi -:
se, considerato il ritardo con cui i familiari sono venuti a conoscenza della tumulazione dei loro parenti, intenda adoperarsi per agevolare il rientro in patria di queste salme e rendere possibile, anche attraverso iniziative normative, una partecipazione alle spese da parte dell'amministrazione della difesa.
(4-10592)

Risposta. - Il Commissariato generale per le onoranze ai caduti in guerra ha sempre posto la massima doverosa attenzione sia alla tutela dei sacrari, cimiteri e sepolcreti di guerra, sia all'attuazione delle opportune forme di commemorazione di tutti i caduti.
Tra i servizi affidati al Commissariato dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n.66 recante il «Codice dell'ordinamento militare», rientrano:
la sistemazione, la custodia e la manutenzione dei cimiteri di guerra in Italia e all'estero e dei musei annessi;
la conservazione e la tutela delle zone monumentali di guerra;
il mantenimento delle sepolture esistenti sul territorio nazionale, nelle quali sono raccolti i resti mortali dei caduti austro-ungarici (1a guerra mondiale) e polacchi (2a guerra mondiale);
la ricerca, la sistemazione e la valorizzazione storica dei cimeli appartenenti ai caduti in guerra;
la diffusione di notizie riguardanti i caduti, i luoghi di sepoltura, le possibilità di traslazione dei resti mortali e sacrari militari;
la vigilanza sulle sepolture dei militari, italiani e stranieri, nei cimiteri comunali, affinché esse siano «conservate in perpetuo»;
il costante aggiornamento e la ristampa delle pubblicazioni, a cessione gratuita, concernenti i maggiori sacrari militari in Italia e all'estero.

In particolare, il Commissariato provvede a tutte le attività di manutenzione ordinaria, straordinaria e alla gestione dei sacrari, cimiteri e sepolcreti di guerra - oltre 230 in Italia e 74 all'estero - degli immobili di cui è competente, utilizzando i fondi assegnati sullo specifico capitolo di bilancio.
Ricordo, altresì, che negli anni dal 1989 al 1997, l'attività del Commissariato è stata principalmente rivolta alla ricerca delle sepolture dei caduti sul fronte russo durante la 2a guerra mondiale.
Fatta questa doverosa premessa, con specifico riferimento all'articolo apparso sul giornale «
Il Tirreno» il 27 ottobre 2010, in cui è riportato che «...chi nel dopoguerra si occupò di ricercare... i nostri Caduti... dimenticò d'informare i familiari dell'avvenuta inumazione...», vorrei sottolineare come tale affermazione non sia condivisibile e meriti un'opportuna precisazione.
Ritengo, infatti, che la maggiore difficoltà, peraltro, irrisolvibile, sia consistita nella concreta impossibilità di contattare i familiari dei caduti per poterli tempestivamente informare, non essendo nota la loro residenza; per tale oggettivo motivo, si è provveduto sia a informare i comuni di nascita e i competenti comandi dei carabinieri, sia a darne comunicazione anche a mezzo stampa.
In proposito, faccio presente che proprio allo scopo di favorire la comunicazione nella peculiare materia, il Commissariato ha reso disponibile, negli ultimi anni, una banca dati on line con tutte le informazioni relative ai caduti: tali elementi sono, tra l'altro, gli stessi che appaiono sul sito del Signor Zamboni (il blogger menzionato nel citato articolo di stampa).
Vorrei aggiungere, ancora, che negli anni successivi al 2o conflitto mondiale, il Commissariato ha profuso assoluto impegno per evitare che decine di migliaia di sepolture di militari e di civili morti a causa della guerra, venissero disperse, adoperandosi per

riunire in grandi cimiteri militari, ove potessero essere onorati in perpetuo, i resti mortali di coloro che avevano donato alla Patria il loro bene più prezioso, la vita.
Quanto all'opportunità rappresentata dall'interrogante di partecipazione alle spese da parte dell'Amministrazione difesa, pur comprendendo le aspettative dei familiari dei caduti per il rimpatrio dei resti dei loro cari, devo precisare che il Commissariato, istituzionalmente deputato in materia opera in linea con quanto previsto dal dettato normativo vigente: l'articolo 272 del decreto legislativo n.66 del 2010 dispone, infatti, che «le salme dei Caduti ...definitivamente sistemate a cura del Commissario possono essere concesse ai congiunti su richiesta e a spese degli interessati», non prevedendo, quindi, la possibilità di compartecipazione ai relativi oneri economici.
Rammento che, in materia di restituzione ai congiunti delle salme dei caduti in guerra, è stato presentato il disegno di legge n.988 - in corso di esame presso la 4a Commissione difesa del Senato della Repubblica - sul cui testo si è già espressa criticamente la Ragioneria generale dello Stato che ha rilevato problematiche inerenti alla copertura finanziaria.
Mi preme sottolineare, in conclusione, che il Dicastero - nel condividere le legittime istanze di quanti, pur desiderando rimpatriare i propri congiunti sacrificatisi per onorare la Patria, incontrano, tuttavia, seri ostacoli di natura economica - è disponibile ad un costruttivo confronto, al fine di espletare tutti gli approfondimenti necessari sulla tematica.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

VINCENZO ANTONIO FONTANA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
tale Paolo Francesco Barbaccia, a quanto consta all'interrogante, risulta essere aduso qualificarsi come «Principe Paolo Francesco Barbaccia Viscardi degli Hohenstaufen di Svevia, Gran Maestro del Sovrano Ordine Militare ed Ospedaliero di Santa Maria di Gerusalemme Teutonico Dinastico di Svevia»;
sul sito www.teutonici.com, gestito dal predetto cosiddetto Ordine, viene riportata della documentazione di asserita provenienza della Presidenza del Consiglio dei ministri, a sostegno di un presunto «Riconoscimento a Paolo Francesco Barbaccia (oggi Barbaccia Viscardi) dell'Ordine Teutonico di Santa Maria di Gerusalemme»;
l'Ordine teutonico (Ordo Fratrum Domus Hospitalis Sanctae Mariae Teutonicorum in Jerusalem) (www.deutscher-orden.at www.ordineteutonicosicilia.it) - che, come ordine religioso-cavalleresco, non ha mai avuto alcuna caratterizzazione dinastica, in quanto i suoi Gran Maestri sono sempre stati liberamente eletti dagli organi di autogoverno dell'ordine medesimo - a decorrere dal 1929 è stato trasformato, per volontà della Santa Sede, in ordine religioso, pur mantenendo le proprie quasi millenarie tradizioni cavalleresche impersonate, oggi, dai Familiari e, all'interno di questi ultimi, dai Cavalieri d'Onore tra i quali spiccano, attualmente, il Cardinale Arcivescovo di Vienna ed il capo della casa imperiale degli Asburgo d'Austria, perdendo del tutto la precedente caratterizzazione militare;
l'Ordine teutonico - già ente sovrano - è oggi persona giuridica pubblica dell'ordinamento canonico ed è governato da un Gran Maestro avente il rango ed i privilegi di Abate generale mitrato;
l'Ordine teutonico è presente in Italia, oltre che con la procura generale presso la Santa Sede e con il priorato di Lana, con due Baliati (uno per il Sud Tirolo-Alto Adige e l'altro per il resto dell'Italia, esclusa la Sicilia) ed una Commenda autonoma in Sicilia, articolazioni che, in conformità al codice di diritto canonico, alle costituzioni dell'ordine ed allo Statuto apostolico che le disciplina, sono persone giuridiche pubbliche dell'ordinamento canonico;

il predetto Paolo Francesco Barbaccia, a quanto consta all'interrogante, non godrebbe di riconoscimento alcuno da parte di stati esteri e, nonostante ciò, come risulterebbe dal sito internet www.teutonici.com sembra sia stato autorizzato, già dal 1996, dal prefetto di Siena, ad esporre all'esterno della sua abitazione, a Poggibonsi, la bandiera dell'Ordine teutonico;
il predetto Barbaccia conferisce onorificenze del suddetto supposto Ordine nella qualità di «Gran Mastro»;
il cosiddetto Sovrano Ordine Militare ed Ospedaliero di Santa Maria di Gerusalemme Teutonico Dinastico di Svevia, in quanto asseritamente cavalleresco, non risulterebbe tra quelli le cui insegne sono destinatarie di autorizzazione all'uso pubblico da parte del Governo italiano, ai sensi della legge 3 marzo 1951, n. 178, ed, anzi, nell'allegato «C» della recente circolare prot. n. M-D GMIL III 104/0541891 del Ministero della difesa italiano del 16 dicembre 2009 verrebbe espressamente indicato tra gli ordini non autorizzabili;
il predetto Barbaccia ed i suoi affiliati risulterebbero essere adusi presenziare, talvolta, a cerimonie civili e religiose indossando segni distintivi che appaiono assai simili a quelli dell'Ordine teutonico, e che potrebbero ingenerare nell'opinione pubblica disorientamento e confusione -:
se, indipendentemente dalla sussistenza di eventuali illeciti ai sensi della legge 3 marzo 1951, n. 178, risulti autentica la documentazione della Presidenza del Consiglio dei ministri riportata sul sito internet www.teutonici.com a sostegno di un presunto «riconoscimento a Paolo Francesco Barbaccia (oggi Barbaccia Viscardi) dell'Ordine Teutonico di Santa Maria di Gerusalemme»;
se il prefetto di Siena abbia autorizzato il citato Paolo Francesco Barbaccia all'esposizione della bandiera dell'Ordine Teutonico all'esterno della sua abitazione, come sembrerebbe evincersi dal citato sito internet, in caso affermativo, sulla base di quali presupposti;
se il cosiddetto Sovrano Ordine Militare ed Ospedaliero di Santa Maria di Gerusalemme Teutonico Dinastico di Svevia rientri tra quelli destinatari di autorizzazione all'uso pubblico ai sensi della legge 3 marzo 1951, n. 178, e, in particolare, se corrisponda al vero che il medesimo Ordine sia stato incluso tra quelli non autorizzabili con provvedimento del Ministero della difesa.
(4-08960)

Risposta. - Agli atti del Cerimoniale diplomatico della Repubblica risultano diverse istanze presentate nel corso degli ultimi anni da parte del Signor Barbaccia Viscardi, per ottenere una qualche forma di riconoscimento nel nostro Paese per il «Sovrano ordine militare e ospitaliero di S. Maria di Gerusalemme teutonico dinastico di svevia», che sono puntualmente respinte.
Lo stesso Cerimoniale diplomatico inoltre, avvalendosi della discrezionalità decisionale, ad esso assegnata dalla vigente normativa (legge n.178 del 1951) ha sempre respinto le istanze di autorizzazione a fregiarsi del suddetto ordine, presentate anche da cittadini italiani che ne avevano ricevuto il conferimento.
Pertanto, senza entrare nel merito delle specifiche prerogative vantate dal Signor Barbaccia Viscardi nel sito web citato dall'interrogante, attinenti l'ottenimento della registrazione di propri emblemi araldici da parte dell'ufficio onorificenze e araldica della Presidenza del Consiglio, nonché la concessione di permessi per l'esposizione di bandiere presso la propria abitazione di Poggibonsi da parte della Prefettura di Siena, si conferma che le onorificenze concesse da tale ordine - ai sensi di quanto disposto dall'articolo 7 della legge n.178 del 1951 non sono mai state considerate autorizzabili all'uso nel territorio nazionale.
L'unico Ordine teutonico che risulta godere di un riconoscimento a livello internazionale, e che mantiene le qualità di un ordine di sub-collazione del Vaticano, il cui Gran Maestro è infatti un Cardinale nominato dal Papa, è l'«Ordine teutonico di

S. Maria di Gerusalemme» con sede in Vienna. Per via delle sue caratteristiche di Ordine ormai eminentemente canonico, nemmeno le onorificenze da esso conferite ai cittadini italiani sono mai state considerate autorizzabili all'uso nel territorio nazionale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

FUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nella mattina del 26 gennaio 2010 in Iran sono stati impiccati due oppositori politici, Jafar Kazemi e Mohammed Ali Hajaghai, perché colpevoli di appartenere all'Organizzazione dei Mojahedin del popolo Iraniano e di aver partecipato alle grandi manifestazioni di piazza seguite alle elezioni irregolari del giugno 2009;
questo episodio è solo l'ennesimo del genere in un Paese nel quale il regime al potere, specie nell'ultimo anno e mezzo di fronte al clima di malcontento popolare che lo circonda anche a causa delle difficili condizioni di vita prodotte dalle pessime politiche sociali ed economiche di quel Governo, sta adottando misure sempre più dure e repressive nei confronti di chi gli si oppone;
da ultimo tale situazione, corroborata anche dai rapporti pubblicati regolarmente dalle maggiori organizzazioni non governative quali Amnesty International e Human Rights Watch, è stata fermamente condannata in un comunicato stampa anche dal Comitato italiano di parlamentari e cittadini per l'Iran libero cui aderiscono, in modo bipartisan e attento al tema dei diritti umani, deputati e senatori sia di maggioranza che di opposizione -:
quali urgenti iniziative intenda assumere il Governo, sia nell'ambito dei suoi rapporti bilaterali con l'Iran che nell'ambito della politica estera dell'Unione europea, per fare concrete pressioni sul regime di Teheran in tema di libertà politiche e religiose e in tema di tutela dei più elementari diritti umani.
(4-11013)

Risposta. - La questione delle esecuzioni capitali nella Repubblica islamica è oggetto di grave preoccupazione per il Governo italiano e per l'Unione europea. Esse hanno infatti registrato un repentino aumento dall'inizio del 2011, dopo che nel 2010 ne sarebbero state eseguite, secondo le diverse fonti, tra 200 e 600. Preoccupa soprattutto il crescente ricorso, a seguito delle proteste post-elettorali del giugno 2009, a casi di condanna per «moharrebeh» («sedizione blasfema») - un reato di natura teoricamente religiosa, che veniva usato soprattutto nei primi anni dopo la rivoluzione per giustificare le epurazioni di gruppi politici che, dopo aver inizialmente sostenuto la rivoluzione islamica, erano entrati in dissidio con il nascente regime.
Per quanto riguarda i due casi citati nell'interrogazione, i signori Jafar Kazemi e Mohammad Ali Haj Aghaei erano stati arrestati il 18 settembre 2009 dopo aver partecipato a una manifestazione di protesta contro la rielezione di Ahmadinejad e condannati per «moharrebeh» a causa della loro asserita affiliazione ai Mujaheddin-e-Khalk (Mko), un noto gruppo terroristico di ideologia islamo-marxista, responsabile negli anni '70 dell'omicidio di alti ufficiali statunitensi in Iran, attivamente coinvolto nella rivoluzione islamica del 1979 e successivamente epurato dal regime e passato al servizio di Saddam Hossein durante la guerra Iran-Iraq. Negli anni '80 Kazemi e Aghaei avevano effettivamente scontato, rispettivamente, nove e due anni di reclusione per appartenenza all'Mko. La loro esecuzione risulta essere avvenuta il 24 gennaio 2011 nel famigerato carcere di Evin, a Teheran. La notizia è stata diffusa dalla consorte di Kazemi la quale, recatasi in visita al marito, ha appreso della sua impiccagione avvenuta poche ore prima.
Oltre all'abuso della pena di morte, si segnalano in Iran violazioni sistematiche e massicce, soprattutto a partire dalla seconda metà del 2009, di tutti i diritti fondamentali e in modo particolare della

libertà di espressione (arresti e intimidazioni di giornalisti e bloggers; censura su internet), della libertà di associazione e manifestazione, dei diritti dei detenuti (con decine di casi di maltrattamenti e torture) e della libertà religiosa.
A fronte dell'aggravamento della situazione, l'Unione europea sta discutendo la possibilità di aprire un nuovo canale sanzionatorio contro i responsabili di gravi violazioni dei diritti umani.
Da parte italiana si ritiene che tali sanzioni debbano essere rivolte ad esponenti del regime responsabili di gravi abusi, senza pregiudicare la possibilità di mantenere aperto un canale di comunicazione in materia di diritti umani con le Autorità iraniane, anche per disporre di interlocutori presso i quali sollevare questioni specifiche o casi individuali. È importante sottolineare l'opportunità che denunce e sanzioni siano mirate ad indurre la controparte al dialogo, evitando di innescare tensioni internazionali destinate a far precipitare la situazione verso crisi prive di sbocchi politici. Un innalzamento del livello di tensione con la Comunità internazionale rischierebbe oltretutto di provocare chiusure di tipo nazionalistico all'interno del regime iraniano, con un conseguente rafforzamento delle sue componenti più oltranziste, mentre una mirata strategia di dialogo potrebbe permettere alla questione dei diritti umani di tornare al centro del dibattito politico in Iran.
All'interno della società iraniana esistono infatti larghi settori di opinione pubblica assai sensibili ai temi del rispetto dei diritti dell'uomo e della democrazia, settori di cui il regime stesso - lungi dall'essere un blocco monolitico - dovrà a lungo andare tenere conto.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

GARAGNANI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni, un numero rilevante di treni per pendolari, nella tratta Bologna Centrale-Porretta Terme, di competenza Trenitalia (Gruppo FS), sono stati soppressi senza validi e reali motivi (guasti al materiale rotabile o sulla linea ferroviaria);
oramai la cadenza di queste soppressioni avviene quasi quotidianamente, anche nelle ore di maggiore afflusso di passeggeri pendolari;
l'esasperazione di alcune migliaia di persone che fruiscono di quel trasporto è arrivata veramente al limite, specie se si considera che vengono avvertiti solo qualche minuto prima o direttamente in itinere. Sovente accade, infatti, che vengono fatti scendere dal treno ed invitati a prendere il treno successivo;
qualcuno sta minacciando denunce alla procura della Repubblica per interruzione ed omissione di servizio pubblico -:
quanti treni e con quali motivazioni siano stati soppressi nella tratta suddetta e, pur considerate le difficoltà economiche del delicato momento, quali siano le iniziative che intenda assumere per evitare che il servizio pubblico venga interrotto portando come conseguenza lo spopolamento della zona per effetto della migrazione della popolazione a basso reddito che fruisce del servizio non potendo utilizzare altri mezzi.
(4-09235)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta. Occorre premettere che la questione riguarda aspetti di esclusiva competenza della regione Emilia Romagna poiché la programmazione e la gestione dei servizi ferroviari regionali compete alle singole regioni i cui rapporti con le imprese affidatarie sono disciplinati da specifici contratti di servizio, nell'ambito dei quali vengono definiti, tra l'altro, il volume e le caratteristiche dei servizi. da effettuare, nonché i relativi standard qualitativi ed i meccanismi di penalità da applicare nei casi di eventuali difformità dei parametri contrattualmente stabiliti.

Tuttavia, si rappresenta che con l'attivazione dell'Osservatorio su trasporto pubblico locale istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 300, della legge finanziaria 244 del 1997 (legge finanziaria 2008) al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sarà consentito verificare criticità a livello nazionale e comunicarle agli enti territoriali competenti affinché adottino i necessari provvedimenti.
Al fine di fornire una risposta all'atto ispettivo in oggetto, sono stati chiesti elementi informativi alla Società ferrovie dello Stato che ha comunicato quanto segue.
La linea «Porrettana» Bologna-Marzabotto-Porretta terme è costituita prevalentemente da un'infrastruttura a semplice binario, presenta un'offerta ferroviaria giornaliera (media feriale) di 58 collegamenti regionali in cadenzamento orario tra Bologna e Porretta e in cadenzamento semiorario tra Bologna e Marzabotto. Si fa presente, inoltre che oltre all'offerta di Trenitalia è presente anche il servizio ferroviario della società Ferrovie Emilia Romagna (Fer), i cui treni percorrono la tratta terminale tra Casalecchio Garibaldi e Bologna centrale, per poi proseguire sulla linea per Vignola. La circolazione, ad alta intensità, che si sviluppa su tale relazione risulta particolarmente condizionata dalle caratteristiche infrastrutturali della linea (binario unico) che, in determinate circostanze, inconvenienti di rete, anomalie del materiale rotabile, d'impianto o eventi esterni, possono incidere sulla regolarità del servizio.
Infine, Ferrovie dello Stato comunica che gli episodi di soppressione parziale o totale di alcuni treni hanno riguardato prevalentemente la relazione intermedia Bologna-Marzabotto e sono stati originati soprattutto dalla necessità di ripristinate la fluidità della circolazione in presenza di perturbazioni al traffico ferroviario. Sulla relazione di estremità tra Bologna e Porretta terme le soppressioni risultano, invece, piuttosto rare e conseguenti ad eventi di a rilevante gravità (0,53 per cento del totale del servizi programmati nel periodo gennaio-settembre 2010).
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

GIRLANDA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la direttissima è una linea ferroviaria ad alta velocità che collega Roma a Firenze e consente il raggiungimento della velocità massima di 250 chilometri orari per i treni Eurostar, con tempo di percorrenza di 1 ora e 35 minuti;
tale linea è attiva dal 1977 nel tratto da Roma a Città della Pieve e dal 1985 da Arezzo a Città della Pieve;
la regione Umbria, a causa della sua configurazione geografica e orografica, non è attualmente interessata da nessuna delle direttrici dell'alta velocità e niente lascia prevedere che possa esserlo in un prossimo futuro;
questa situazione si riverbera negativamente sul territorio a livello economico e sociale, con riferimento particolare all'utenza pendolare e ai turisti diretti nell'area del lago Trasimeno;
il vicepresidente di Conftrasporti, Massimo Dolciami, ha dichiarato a mezzo stampa sul quotidiano Il Giornale dell'Umbria del 21 febbraio 2010, pagina 11, che sarebbe possibile predisporre più di una fermata giornaliera delle linee ad alta velocità nella stazione di Ponticelli, sita nel territorio comunale di Città della Pieve, con un investimento non superiore ai 3 milioni di euro, attraverso il coordinamento tra Trenitalia e gli enti locali umbri per la realizzazione delle infrastrutture indispensabili per la fermate dei treni;
non va trascurata la possibilità di una crescita dell'utenza determinata dalla previsione di una nuova fermata per i viaggiatori in partenza e in arrivo da tutta l'Umbria occidentale -:
se il Ministro ritenga oggettivamente realizzabile questa possibilità;

se il Ministro intenda sottoporre questa ipotesi ad una fase di approfondimento al fine di verificare la possibilità di concertare un'azione in questa direzione con Trenitalia.
(4-06328)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, riguardante la realizzazione della fermata della linea ad alta velocità nella stazione di Ponticelli (Città della Pieve), si evidenzia quanto segue.
Ferrovie dello Stato fa osservare come attualmente sulla rete ferroviaria nazionale non esista nessuna «stazione di Ponticelli».
Esisteva, fino a pochi anni fa, una stazione denominata Città della Pieve, ubicata sulla linea lenta Firenze-Chiusi- Roma, posta tra le stazioni Chiusi Chianciano Terme e Fabro-Ficulle, ma dall'orario 2005/2006, a causa dello scarsissimo numero di viaggiatori in arrivo e partenza, essa non effettua più servizio commerciale e svolge solo funzioni di movimento, interconnessione di Chiusi sud tra la linea lenta e la direttissima.
Ferrovie dello Stato sostiene che la proposta espressa nell'interrogazione di realizzare una fermata della linea ad alta velocità nella stazione di Ponticelli non può concretizzarsi. Una fermata da realizzarsi sulla linea direttissima, specifica la società ferroviaria, è infatti improponibile dal punto di vista sia strategico sia di programmazione e gestione della circolazione a meno che non serva bacini di traffico di entità ragguardevole.
Ferrovie dello Stato fa inoltre osservare come «l'utenza pendolare e i turisti diretti nell'area del lago Trasimeno» nonché i «viaggiatori in partenza e in arrivo da tutta l'Umbria occidentale» possano servirsi della stazione di Chiusi Chianciano Terme dove, oltre a numerosi servizi a valenza regionale gravitanti sia su Arezzo-Firenze sia su Siena e Roma, fermano diciotto treni a lunga percorrenza tra Intercity e Euronight, nonché un treno Express.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

GIRLANDA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
le progressioni verticali sono state introdotte dal CCNL del 31 marzo 2009 come strumento finalizzato al passaggio dei dipendenti alla categoria immediatamente superiore nell'attuale sistema di classificazione (A, B, C, D), al fine di attuare un sistema dinamico di mobilità verticale in grado di valorizzare la professionalità, l'esperienza, le conoscenze acquisite;
questa mobilità si acquisiva con la partecipazione a concorsi interni con il requisito, tra gli altri, della anzianità di almeno tre anni nella categoria propedeutica;
chi alla data di entrata in vigore del nuovo contratto, come peraltro con il precedente, era già classificato nella categoria propedeutica al posto per cui concorreva, aveva una prospettiva di carriera, anche in presenza del solo diploma, che prefigurava la possibilità di accesso alla categoria superiore;
le disposizioni contenute nella legge 4 marzo 2009, n. 15, attuate attraverso il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, hanno modificato l'articolo 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 -:
se intenda assumere iniziative normative volte a consentire l'accesso alle procedure concorsurali nelle pubbliche amministrazioni al personale interno che abbia maturato dieci anni di servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui in premessa in categoria propedeutica, immediatamente inferiore rispetto a quella messa a concorso, anche in assenza dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno.
(4-08839)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede chiarimenti in merito alle procedure cosiddette di «progressione verticale» nella pubblica amministrazione, si rappresenta quanto segue.
È noto che in materia di progressioni di carriera, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha chiarito che il passaggio ad

una fascia funzionale superiore comporta l'accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del concorso pubblico.
L'orientamento della Corte costituzionale è stato recepito dalla recente riforma del lavoro pubblico, realizzata con il decreto legislativo n. 150 del 2009 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.
Il decreto citato ha, infatti, sancito il princìpio per cui le progressioni verticali, ossia quelle da un'area professionale a quelle superiori, devono avvenire mediante concorsi pubblici e che, al fine di riconoscere e valorizzare le competenze professionali sviluppate dai dipendenti, una quota dei posti messi a concorso, comunque non superiore al numero di quelli aperti all'accesso dall'esterno, è riservata al personale interno.
In particolare 1'articolo 62 del citato decreto legislativo n. 150 del 2009, nel modificare l'articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ha stabilito che «le progressioni all'interno della stessa area avvengono secondo princìpi di selettività, in funzione delle qualità culturali e professionali, dell'attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l'attribuzione di fasce di merito. Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso».
La riforma ha, peraltro, introdotto specifici strumenti volti a valorizzare il merito e ad incentivare la produttività e la qualità della prestazione lavorativa secondo princìpi di selettività e concorsualità nelle progressioni di carriera e nel riconoscimento degli incentivi.
Innovando profondamente la disciplina vigente, il decreto legislativo n. 150 del 2009 ha, infatti, previsto che le amministrazioni pubbliche promuovono il merito e il miglioramento della performance organizzativa e individuale, anche attraverso l'utilizzo di sistemi premianti selettivi, secondo logiche meritocratiche, e valorizzano i dipendenti che conseguono le migliori performance attraverso l'attribuzione selettiva di incentivi sia economici sia di carriera.
Si richiamano, nello specifico, gli articoli 23 e 24 del decreto da ultimo citato volti a disciplinare, rispettivamente, le progressioni economiche e le progressioni di carriera.
Il primo degli articoli menzionati stabilisce che le progressioni economiche sono attribuite in modo selettivo, ad una quota limitata di dipendenti, in relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione e che la collocazione nella fascia di merito alta ai sensi dell'articolo 19, comma 2, lettera a), per tre anni consecutivi, ovvero per cinque annualità anche non consecutive, costituisce titolo prioritario ai fini dell'attribuzione delle progressioni economiche.
Con riferimento alle progressioni di carriera, l'articolo 24, dispone poi che le amministrazioni pubbliche, a decorrere dal 1o gennaio 2010, coprono i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al cinquanta per cento a favore del personale interno, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni. L'attribuzione dei posti riservati al personale interno è finalizzata a riconoscere e valorizzare le competenze professionali sviluppate dai dipendenti, in relazione alle specifiche esigenze delle amministrazioni; la collocazione nella fascia di merito alta, di cui all'articolo 19, comma 2, lettera a), per tre anni consecutivi, ovvero per cinque annualità anche non consecutive, costituisce titolo rilevante ai fini della progressione di carriera.
Le disposizioni normative innanzi richiamate disciplinano in modo esauriente, efficace ed innovativo la materia evocata dall'interrogante, sulla quale non appaiono quindi necessari ulteriori interventi normativi. Si precisa unicamente che, con l'intento di rafforzare tali prescrizioni introdotte

dalla legislazione ordinaria, confermandole quale linea di sviluppo dell'ordinamento del lavoro pubblico, è stato presentato un disegno di legge costituzionale (A.C. 4144) volto, tra l'altro, a consacrare il princìpio della selettività delle progressioni in carriera. In particolare, modificando l'articolo 97 della Costituzione, si intende sancire che la carriera dei pubblici impiegati è regolata in modo da premiarne selettivamente la capacità e il merito.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il tunnel «Costa Volpino» che collega Bergamo alla Valcamonica, è stato aperto nel 1997, cinque anni dopo la galleria «Lovere». Ad oggi, tuttavia, il numero dei morti causati dalla scarsa viabilità degl'infrastruttura è salito a sei vittime. La causa principale dei continui incidenti che si verificano all'interno del tunnel è proprio la sua fisionomia, che non prevede abbastanza spazio fra una carreggiata e l'altra, e fra il passo ciclabile e le pareti della galleria. A maggio di quattro anni fa una bambina di dieci mesi, in auto con i genitori lungo la statale 42 nella galleria «Lovere», finì in ospedale in prognosi riservata, a causa di uno scontro fra la macchina dei genitori ed un camion che procedeva in direzione opposta. La bimba, tuttavia, non riportò gravi lesioni; questo accadde anche ad altre numerose persone che hanno rischiato di morire nel tunnel della statale 42 tra Pianico e la Valle Camonica;
la strada è percorsa soprattutto da pendolari e autotrasportatori, che hanno diverse teorie per spiegare l'incredibile numero di incidenti occorsi all'interno del tunnel: alcuni incolpano le gallerie piene di curve, alcuni i segnali catarifrangenti neri di polvere che non riflettono bene, altri la scarsa illuminazione. Ma per tutti, ad oggi, costituiscono fattore comune i lavori nella galleria «Lovere», dove quasi un mese fa è morto Juri Torri, una ragazzo di soli venticinque anni. Le testimonianze affermano che, a causa di alcuni lavori di manutenzione, è stata ristretta tutta la carreggiata della galleria, quando, in realtà, sarebbe stato sufficiente un restringimento soltanto all'altezza della parte interessata dai lavori. A causa del poco spazio, le auto si sfiorano, ed è sufficiente un minimo di distrazione per scontrarsi con le auto che arrivano nel senso inverso. Ciò che fa più rabbia agli automobilisti dell'Alto Sebino è che il tunnel sia stato ristretto a fine giugno «ma ad oggi - raccontano - se si mettono insieme tutte le giornate di lavoro in cui si è visto qualche operaio, non si arriva a fare un mese»;
Agostino Guizzetti, imprenditore di Costa Volpino, evidenzia un'altra criticità: «Un giorno stavo andando verso Bergamo e stavo guidando uno dei miei camion. Dentro la galleria »Lovere«, da lontano, ho visto un auto in mezzo alla strada che rischiava di venirmi addosso. Ho cominciato a lampeggiare e per fortuna si è spostata. Questo succede perché, sulla corsia percorsa da chi viaggia verso la Valle Camonica, è rimasta segnata la striscia continua laterale bianca, come quella prima dei lavori, del limite laterale della carreggiata. Adesso, invece, bisogna pren- dere come riferimento la striscia gialla più esterna, ma molti non se ne accorgono e seguono la vecchia indicazione. Le strisce bianche che c'erano prima non sono state cancellate». La galleria «Lovere» è lunga 2.860 metri: servirebbe una manutenzione costante per tenerla in ordine, ma molto spesso i catarifrangenti laterali bianchi e rossi risultano quasi sempre coperti dalla polvere. Le lampade per l'illuminazione appese alla volta della galleria, quando non sono più funzionanti, rimangono spente per giorni. In alcuni punti si sono formati degli avvallamenti che il rifacimento del manto stradale non riesce ad eliminare;

a causa dei lavori, il limite di velocità all'interno del tunnel è stato fissato a trenta chilometri orari, ma in questo modo si forma una colonna continua di auto. All'incirca un mese fa, il giorno successivo al tragico incidente che ha visto come vittima Juri Torri, l'imprenditore Achille Balducchi, titolare della Stas (Società autotrasporti Alto Sebino), nonché vicepresidente nazionale sezione trasporto cemento della Fai (Federazione autotrasportatori italiani), si faceva portavoce del malessere che riguarda i lavori all'interno della galleria: «purtroppo questa era una tragedia annunciata: tra un veicolo e l'altro ci sono 10 centimetri, basta una minima distrazione e si rischia la strage. Io ai miei autisti che arrivano dalla pianura dico di non fare la statale 42, di non uscire dall'autostrada a Bergamo o a Sedate, ma di andare fino a Ospitaletto e poi risalire la riva bresciana del lago. Passare da questa galleria è troppo pericoloso. I lavori di riqualificazione degli impianti tecnologici sono iniziati quattro mesi fa, senza tenere conto dei possibili pericoli causati dall'imposizione del limite di velocità a trenta chilometri all'ora». Gli fa eco lo stesso Agostino Guizzetti, che incalza: «è assolutamente necessario completare i lavori: per tirare quattro cavi che dovrebbero mettere in sicurezza un tunnel nato male, qui si rischia la vita ogni giorno. Hanno transennato una corsia di una galleria già stretta, e poi qui di operai non se ne vedono mai» -:
quali interventi il Ministro intenda adottare, di concerto sia con l'ANAS che con la provincia di Bergamo ed i comuni interessati dal suddetto tratto stradale, al fine di completare tempestivamente la manutenzione della galleria «Lovere», evitando i continui incidenti che si verificano al suo interno, e che troppo spesso provocano delle vittime.
(4-09613)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'interrogazione in oggetto riguarda la strada statale 42 «Del Tonale e della Mendola» e, in particolare, la galleria di Lovere, che si sviluppa per 2860 metri lineari dal chilometro 60+785 al chilometro 63+645, nonché quella di Costa Volpino, che si sviluppa per 2315 metri lineari dal chilometro 62+980 al chilometro 65+295.
Si tratta di due gallerie di tipo bidirezionale, a fornice unico; la galleria Lovere è stata aperta al traffico nel 1992, mentre la Costa Volpino nel 1997.
All'epoca della loro costruzione la normativa di riferimento era quella del Centro nazionale delle ricerche 1980, la quale prevedeva che «la dimensione e la composizione della piattaforma stradale delle strade del tipo C in galleria bidirezionale, ad unico foro, si ottiene aggiungendo alla larghezza complessiva delle corsie, su ciascun lato della carreggiata, una striscia di margine larga cm 0,25 ed un marciapiede di servizio di larghezza non inferiore a 0,85 e sopraelevato di cm 15».
In ordine ai gravi incidenti avvenuti nelle gallerie in questione ed ai quali fa riferimento 1'interrogante, si segnala che essi sono da attribuire, essenzialmente, alla elevata velocità tenuta dagli utenti, ben oltre i limiti consentiti, cosi come è stato rilevato dagli agenti di Polizia stradale.
Nel corso degli anni, la manutenzione all'interno dei tunnel è stata costante e proporzionale alle disponibilità finanziarie dell'Anas.
Negli anni che vanno dal 2008 al 2010, l'attività di manutenzione ordinaria all'interno della gallerie ha riguardato principalmente:
il sistema di raccolta delle acque di piattaforma, mediante attività di spurgo dei pozzetti, pulizia delle tubazioni e spazzolatura dei cigli;
il sistema di captazione delle acqua di infiltrazioni dal rivestimento della calotta mediante installazione di nuovi pannelli di lamiera e sostituzione di quelli danneggiati;
i delineatori di margine, mediante attività di pulizia e integrazione/sostituzione degli elementi danneggiati e mancanti;
la verniciatura di color bianco delle pareti delle gallerie;

la segnaletica orizzontale, mediante il ripasso degli elementi costituenti per il mantenimento dei livelli di efficienza previsti.

Per quanto riguarda, invece, il settore strettamente «impiantistico» delle gallerie «Lovere» e «Costavolpino» esso è costituito da:
impianto illuminazione costituito da corpi illuminanti al sodio alta pressione;
impianto di ventilazione posto in volta costituito da «booster» assiali e rilevatori CO-OP;
gruppi elettrogeni;
semafori posti agli imbocchi.

In tale ambito, negli ultimi tre anni, sono state effettuate diverse opere di manutenzione straordinaria.
Per la galleria «Costavolpino» si evidenzia:
manutenzione straordinaria del sistema di ventilazione mediante riprogrammazione del PLC e sostituzione dell'anemometro;
sostituzione di due analizzatori COOP.

Per quanto concerne la galleria «Lovere»:
rifacimento sistema della ventilazione mediante installazione di nuovo quadro di gestione con PLC nella cabina 1;
rifacimento quadro illuminazione della cabina n. 3;
Manutenzione straordinaria dei gruppi elettrogeni;
sostituzione del trasformatore di media tensione nella cabina n. 2;
revisione dei ventilatori con particolare riguardo ai sensori di vibrazione.

In considerazione della vetustà degli impianti tecnologici delle due gallerie, l'Anas nel mese di giugno 2010, ha avviato i lavori per la riqualificazione, l'adeguamento e la messa a norma degli impianti tecnologici.
L'importo totale dei lavori ammonta a euro 8.682.183,00.
In data 22 giugno 2010 sono stati avviati i lavori all'interno della galleria «Lovere». A riguardo Anas ha ritenuto necessario istituire con ordinanza compartimentale n. 84 di pari data, un restringimento delle corsie di marcia, dal giorno 22 giugno 2010 fino alle ore 24.00 del 10 giugno 2011, nel tratto compreso tra il chilometro 62,700 ed il chilometro 59,900 nel territorio comunale di Lovere (Bergamo) in corrispondenza della galleria stessa. Inoltre nella citata ordinanza è previsto un limite massimo di velocità pari a 30 chilometri orari sul tratto interessato dai lavori.
Per quanto attiene al cantiere posto sul lato sinistro della galleria in adiacenza della corsia in direzione Bergamo, l'Anas fa sapere di aver provveduto ad installare detto cantiere, secondo le indicazioni del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 10 luglio 2002, ricavando nella galleria un'area di lavoro della larghezza di 4 metri e due corsie provvisionali ciascuna della larghezza di circa 3 metri al fine di garantire la circolazione veicolare in entrambe le direzioni.
L'impianto del cantiere, per dimensioni, tipologia e in relazione alle molteplici attività da eseguire, risulta essere di tipo fisso; per tale motivo, non può essere rimosso in nessun caso sino alla fine dei lavori.
Anas informa inoltre che sono stati effettuati la posa di cavi in acciaio inox e di nuovi corpi illuminanti, l'installazione di luci di evacuazione e del tubo antincendio e la sistemazione degli armadi Sos. Il nuovo impianto di illuminazione lato direzione Bergamo, sempre secondo l'Anas, risulta funzionante.
Le lavorazioni previste stanno proseguendo secondo il calendario pianificato nella riunione tenutasi presso la prefettura di Bergamo nel mese di novembre 2010.


Da ultimo si porta a conoscenza che l'Anas prevede di ultimare l'intervento complessivo all'interno della galleria di Lovere entro il mese di giugno 2011.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel 2005 il gruppo Ferrovie dello Stato pianifica l'acquisto di 24 locomotori politensione E-403 dal consorzio Ansaldo-Breda, il quale, dopo aver espletato la prassi relativa al conferimento della commessa, dà inizio alla loro costruzione;
i primi locomotori vengono consegnati tra la fine del 2006 e l'inizio del 2007, dopo di che incominciano le prove di affidabilità, articolate come di seguito:
prove di circolabilità, da luglio 2007 a dicembre 2007;
prove endurance con treni commerciali, da settembre 2008 a dicembre 2008;
prove per il nulla osta e la messa in esercizio, da ottobre 2009 a dicembre 2009;
il management del gruppo FS decide, successivamente, di assegnare le suddette locomotive alla divisione cargo di Trenitalia, ma da gennaio 2010, nonostante abbiano effettuato tutte le prove previste prima di essere messe in esercizio, di quelle 24 locomotive alcune sono accantonate presso i depositi di Milano smistamento, Marcianise e Firenze, altre invece sembra siano allocate presso l'officina Ansaldo: il tutto perché prive, si dice, dell'autorizzazione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria (ANSF);
il 31 agosto 2010 il dottor Gaetano Di Capua, della segreteria regionale Uil-Trasporti Lombardia, invia una lettera al direttore della divisione cargo di Trenitalia, dottor Mario Castaldo, e per conoscenza all'amministratore delegato di Trenitalia, ingegner Vincenzo Soprano, per sottoporre alla loro attenzione il mancato utilizzo delle 24 locomotive nell'area di Milano, dove, nei mesi precedenti, paradossalmente, sono stati soppressi dei treni merci per la mancanza di locomotive;
considerato il costo di ciascuna locomotiva, circa tre milioni di euro, lo scopo per cui erano costruite (trasporto merci/viaggiatori su diverse tipologie di linee a diverso tipo di tensione: 3KV, 15KV a corrente continua, 25KV corrente alternata a 50 Hz - linee AV/AC) e l'equipaggiamento con i più moderni sistemi di comunicazione, di controllo e di sicurezza, corre l'obbligo di lanciare l'ennesimo grido d'allarme perché si eviti un enorme sperpero di danaro pubblico;
sperpero di denaro pubblico che si era già verificato all'inizio degli anni Novanta, quando 25 locomotive E-491 e 492, acquistate per essere utilizzate in Sardegna, non furono mai utilizzate, perché ci si rese conto che, per metterle in esercizio, era necessario intervenire sull'infrastruttura ferroviaria, con costi ritenuti troppo elevati dall'allora management. Le locomotive E-491 e 492 furono, dunque, accantonate presso Livorno/San Marco, fino a luglio 2008, quando furono acquistate, a seguito di una gara, dalla ditta Friuliexport di Trieste al prezzo complessivo di 6.720.000,00 di euro, cioè circa un decimo del valore iniziale di acquisto;
per quanto attiene all'impiego delle locomotive in questione, sarebbe opportuno che il piano di distribuzione sul territorio tenesse in debito conto della situazione deficitaria del trasporto merci che caratterizza le regioni del Sud, già penalizzate, peraltro, per la vetustà e le condizioni in cui versano sia le linee ferroviarie, sia le locomotive e le carrozze che le percorrono -:
se il Ministro ritenga necessario intervenire presso il gruppo Ferrovie dello Stato al fine di chiarire la situazione venutasi a creare ed intraprendere tutte le iniziative necessarie affinché le 24 locomotive vengano rapidamente immesse in servizio, avendo riguardo, in fase di distribuzione

sul territorio, di non continuare a penalizzare la già precaria situazione della rete ferroviaria e dei mezzi operanti nelle regioni meridionali del nostro Paese.
(4-09147)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
I diversi rotabili vengono impiegati da Trenitalia indistintamente su tutta la rete nazionale, tenendo conto in particolare delle caratteristiche dell'infrastruttura su cui sono destinati a circolare e della tipologia del servizio da svolgere.
Le locomotive E 403 sono attualmente nella disponibilità del parco rotabili della divisione passeggeri nazionale/internazionale di Trenitalia che gestisce i servizi ferroviari viaggiatori di media e lunga percorrenza.
Trenitalia ha comunicato che per le suddette macchine sono in atto le previste corse di prova necessarie per il collaudo definitivo e la messa a punto, nell'ambito delle quali vengono verificate e testate anche le apparecchiature di sicurezza.
Pertanto, al completamento di questa fase e successivamente al rilascio della prescritta omologazione dei mezzi per l'utilizzo commerciale, di competenza dell'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, si potrà procedere all'immissione in esercizio dei rotabili.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MIGLIOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
al fine di consentire un efficace collegamento del comprensorio della ceramica nelle province di Modena e Reggio Emilia con i sistemi autostradali e ferroviari in modo di consentire una maggiore condizione di competitività ad un settore, quello del distretto ceramico, eccellenza dell'industria italiana, è da anni in un faticoso e lento avanzamento la progettazione e la realizzazione del collegamento autostradale tra Campogalliano e Sassuolo;
le procedure d'approvazione del progetto «raccordo autostradale Campogalliano-Sassuolo» sono state avviate dall'ANAS già dal 2006 con la trasmissione dei progetti ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per i beni e le attività culturali;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dopo aver recepito tutti i pareri previsti dalla legge, conclusa la conferenza di servizi ex articolo 166 del decreto legislativo n. 163 del 2006, ha trasmesso la documentazione al CIPE il quale, nella seduta del 22 luglio 2010, ha approvato il progetto definitivo con prescrizioni, assegnando un contributo di 234,6 milioni di euro a valere sulle risorse destinate al programma delle infrastrutture strategiche;
l'ANAS ha avviato la definizione del bando di gara per la selezione del concessionario mediante procedura ristretta, ma, a tutt'oggi, non è stato ancora pubblicato il bando;
essendo trascorsi ormai 5 mesi dalla delibera del CIPE -:
quali iniziative il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti intenda intraprendere affinché l'ANAS provveda rapidamente alla pubblicazione del bando di gara per la realizzazione della bretella Sassuolo-Campogalliano.
(4-09879)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame concernente la realizzazione del collegamento autostradale tra Campogalliano e Sassuolo, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il bando di gara per la realizzazione dell'opera è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 3 dicembre 2010, ai sensi dell'articolo 143 seguenti del decreto legislativo 163 del 2006.
Alla data del 25 gennaio 2011, termine ultimo per la presentazione delle domande

di partecipazione alla gara, sono pervenute otto domande di partecipazione.
Le lettere di invito ai soggetti prequalificati potranno essere inviate solo in seguito alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica di approvazione del progetto definitivo che ad oggi, non risulta essere stata pubblicata.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

PILI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
i consiglieri provinciali della provincia del Medio Campidano Gianni Lampis, Dario Piras, Fernando Scano e Daiana Cara, nell'ambito del progetto di democrazia partecipativa denominato «Parlamentares» hanno segnalato al sottoscritto che nella quasi totalità delle strade statali della Sardegna, comprese quelle ricadenti nella provincia del Medio Campidano, l'ANAS, ente gestore delle suddette strade, in sostituzione del tradizionale sfalcio dell'erba provvede periodicamente al diserbo di una fascia di circa due metri di larghezza lungo i due margini della sede viaria corrispondente alla banchina non transitabile e alla cunetta;
dal momento in cui il diserbante viene a contatto coi vegetali il risultato atteso si ottiene dopo circa quindici giorni dando occasione ad animali erbivori di varie specie di brucare l'erba immediatamente dopo le irrorazioni;
le richiamate irrorazioni vengono a contatto con le acque regimate dalle cunette poste lungo la fascia interessata dal diserbo;
le eventuali conseguenze a danno di persone e/o animali e all'ambiente dovute all'utilizzo di un diserbante che potrebbe rilevarsi tossico e nocivo -:
se i Ministri interrogati fossero a conoscenza della problematica esposta e, in caso di risposta affermativa, quali interventi abbiano promosso per evitare il ripetersi di questa grave situazione;
se i Ministri interrogati non ritengano necessario intervenire con urgenza alla luce dei forti motivi di preoccupazione supponendo che il principio attivo del diserbante utilizzato sia il «glyphosate», apparentemente innocuo e biodegradabile ma che diversi studi identificano come nocivo per persone, animali e falde acquifere;
se non si ritenga opportuno promuovere proprie analisi al fine di ottenere risultati di laboratorio che possano valutare gli effetti provocati dall'uso di queste sostanze.
(4-10570)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La manutenzione del verde e la pulizia delle pertinenze lungo le strade statali viene affidata, secondo uno specifico capitolato tecnico nazionale, a ditte specializzate e abilitate che utilizzano, in base alle prescrizioni previste, appositi prodotti consentiti dalla vigente normativa europea, nazionale e regionale, registrati presso il Ministero della salute e reperibili in commercio senza la necessità di particolari autorizzazioni per l'acquisto.
I prodotti impiegati non rientrano nella categoria dei pesticidi, sono biodegradabili, in genere a base di glyphosate e non lasciano residui tossici dopo la loro utilizzazione e vengono usati in percentuali e con modalità tali da non risultare pericolosi né per l'uomo né per l'ambiente.
Tali prodotti, comunemente impiegati anche dagli altri enti gestori di strade, devono avere, tra l'altro, le seguenti caratteristiche:
essere registrati per impieghi nel settore civile;
non essere riconosciuti a possibile rischio di effetti cancerogeni dalla Commissione consultiva tossicologica nazionale (Cctn), dal centro studi del Ministero della sanità nonché dall'Agenzia internazionale

per la ricerca sul cancro (Airc) dell'Organizzazione mondiale della sanità;
non riportare in etichetta indicazioni di rischio per la fauna terrestre ed acquatica nonché per la microfauna e microflora;
essere distribuiti nel rispetto delle norme stabilite all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 236 del 1988 (zona di rispetto con estensione non inferiore a 200 metri di raggio dal punto di cooptazione delle acque destinate al consumo umano).

L'impresa incaricata, prima di utilizzare i diserbanti, comunica alla azienda sanitaria locale competente per territorio l'elenco dei prodotti e il calendario delle applicazioni programmate ottenendo, allorché previsto dalla normativa regionale, il relativo nulla osta.
L'Anas in qualità di stazione appaltante, verifica l'operato delle imprese esecutrici al fine di individuare usi impropri dei prodotti in violazione dei contratti stipulati.
In merito alla richiesta di avvalersi della falciatura dell'erba in sostituzione dell'impiego dei diserbanti l'Anas fa presente che tale ipotesi non può considerarsi come alternativa.
La gestione delle opere a verde prevede, infatti, molteplici attività (sfalcio, potatura, taglio delle siepi, eccetera) ed anche la possibilità di utilizzare diserbanti nelle modalità e nelle aree descritte nel capitolato (spartitraffico centrale, banchina laterale).
L'utilizzo dei diserbanti costituisce, comunque, una modalità molto limitata nella manutenzione del «verde» sulle infrastrutture stradali gestite da Anas rispetto a tutte le altre tipologie di intervento utilizzate.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

RAZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in vari periodi nell'aeroporto di Roma Fiumicino si sono verificati fenomeni macroscopici di disguidi e perdite di bagagli;
questi fenomeni procurano nel mondo grave danno per l'immagine e per l'economia del Paese;
la stampa internazionale si è interessata del caso con grande rilievo sul principali giornali;
anche il Parlamento si è interessato di questo caso e sono state rilevate varie disfunzioni, al punto tale da spingere alcuni parlamentari a chiedere sanzioni e revoca della concessione aeroportuale;
Enac ha il dovere istituzionale di intervenire con provvedimenti anche sanzionatori -:
quali siano state e quali siano le iniziative che Enac abbia assunto nei confronti della società di gestione Aeroporti di Roma;
se, in relazione a quanto esposto in premessa, l'Enac abbia rimosso o trasferito o ritenga di rimuovere o trasferire i propri vertici dall'aeroporto di Fiumicino;
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere a riguardo.
(4-10438)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Si premette che l'articolo 705 del codice della navigazione pone in capo al gestore aeroportuale il compito di amministrare e di gestire, secondo criteri di trasparenza e non discriminazione, le infrastrutture aeroportuali e di coordinare e controllare le attività dei vari operatori privati presenti nell'aeroporto.
L'articolo citato individua nel gestore il soggetto unico a cui compete gestire, sotto la vigilanza dell'ente nazionale dell'aviazione civile, le infrastrutture aeroportuali incluso pertanto l'approntamento di quanto necessario per lo svolgimento delle attività connesse a tutte le attività aeroportuali, incluso il servizio di assistenza controllo e gestione bagagli.

Per quanto attiene la tematica in questione si evidenzia che nell'anno 2010 l'Enac ha condotto presso l'aeroporto di Fiumicino una rilevante azione di controllo e vigilanza che ha portato ad effettuare circa 1.200 monitoraggi focalizzati d'individuare, in ambito aeroportuale, la qualità dei servizi resi all'utenza in ordine ai tempi di attesa ai banchi di accettazione, ai tempi di attesa ai controlli di sicurezza, ai tempi di riconsegna del primo bagaglio, ai tempi di riconsegna dell'ultimo bagaglio.
Inoltre, si evidenzia come l'entrata in funzione il 15 luglio 2010 del Net 6000 (Nuovo edificio transiti), che ha meccanizzato il lavoro dapprima manuale della gestione dei bagagli in giacenza inclusi quelli sprovvisti di etichetta, abbia consentito di ottenere che nel corso dell'anno 2010 la performance dello scalo di Fiumicino sulla riconsegna del primo e dell'ultimo bagaglio sia stata migliorata rispetto al 2009 come da tabella fornita dall'Enac qui di seguito riportata.

TEMPO DI RICONSEGNA NEL 90 PER CENTO DEI CASI CARTA DEI SERVIZI 2010 PRESTAZIONE 2009 PRESTAZIONE 2010
  NAZIONALI NAZIONALI NAZIONALI
1o bagaglio entro 24' entro 36'02" entro 33'01"
ultimo bagaglio entro 32' entro 38'50" entro 35'32"
  INTERNAZIONALI INTERNAZIONALI INTERNAZIONALI
1o bagaglio entro 32' entro 36'28" entro 35'53"
ultimo bagaglio entro 42' entro 45'01" entro 44'37"

In particolare, a fronte di un totale di 13,357 rilevazioni, sono state registrate, nel 2010, n. 389 non conformità (2.91 per cento) con un netto miglioramento rispetto l'anno precedente.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 3 dicembre 2010, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una gara d'appalto per la fornitura di un quantitativo non meglio specificato di uniformi ed accessori vegecam destinato al comando interforze per le operazioni delle forze speciali;
aggiudicataria dell'appalto è l'impresa Brooklin srl avente sede ad Empoli;
stando all'avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale la Difesa ha ricevuto un'unica offerta;
l'importo della fornitura è pari a 672.569 euro -:
se sia noto quali ragioni si ritenga abbiano causato una così ridotta partecipazione alla gara d'appalto e se in particolare sia ipotizzabile un difetto nelle strategie di comunicazione prescelte dal Ministero per assicurare la più ampia pubblicità possibile alla commessa.
(4-10404)

Risposta. - A seguito d'informazioni direttamente acquisite dal Comando operativo delle forze speciali, ente responsabile del procedimento amministrativo, rendo noto che il citato Comando ha provveduto all'acquisto, nel corso dell'esercizio finanziario 2010, attraverso procedura negoziata, di materiale di equipaggiamento in «colorazione» vegecam prevalentemente per le esigenze dei reparti di forze speciali rischierati in Afghanistan nell'ambito dell'operazione Isaf, sotto l'egida Nato.
Tale colorazione, da uno studio condotto, è la più adeguata per garantire la necessaria mimetizzazione e, quindi, incrementare la sicurezza delle forze che operano nel teatro afgano.

In particolare, i tessuti in colorazione vegecam sono prodotti, in esclusiva, dalla società Brooklin Srl di Empoli, titolare del brevetto a livello mondiale, per la produzione e la commercializzazione dei prodotti in argomento; in ragione di ciò, è stata posta in essere la procedura negoziata a norma dell'articolo 57, comma 2 lettera b) del decreto legislativo n. 163 del 2006 (codice dei contratti).
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

RUGGHIA, VILLECCO CALIPARI, MOGHERINI REBESANI e LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'uso dell'uniformi e dei vari capi che le corredano è disciplinato da specifiche normative che dispongono anche modalità e tempi per la loro sostituzione; diversi organismi della rappresentanza militare segnalano che ormai da tre anni non si da più seguito al ricambio di diversi capi di corredo;
il personale militare è costantemente impegnato in attività che richiedono un adeguato assetto formale in relazione al tipo di attività svolta, sia quella addestrativa in ambiente nazionale o multinazionale o quella di rappresentanza durante le cerimonie;
viene in particolare segnalata una criticità nel ricambio della dotazione mimetica e degli anfibi che potrebbe essersi determinata in seguito alla sensibile diminuzione delle risorse assegnate alla funzione difesa nel settore dell'esercizio;

il criterio dei tagli lineari alle spese per l'esercizio ha acuito le difficoltà funzionali nei vari settori, quindi anche nell'ottenimento del nuovo vestiario del personale militare -:

se il Ministro intenda adoperarsi per garantire un ricambio del corredo militare adeguato per tutto il personale, recuperando a tal fine anche le risorse accantonate per i corsi di formazione a carattere teorico-pratico per i giovani presso i reparti enti (mini-naja) delle Forze armate non ancora svolti (cosiddetta mini-naia).
(4-10943)

Risposta. - Sulla questione sollevata dagli interroganti desidero enunciare, in premessa, gli orientamenti. del dicastero sulla «qualità della spesa», nell'attuale quadro di riferimento normativo che vede tutte le amministrazioni pubbliche tese alla ricerca di una riqualificazione e risanamento della spesa pubblica.
Lo strumento militare costituisce un sistema molto complesso che, ai fini di un efficiente ed efficace assolvimento dei compiti istituzionali, necessita di un sinergico bilanciamento delle tre dimensioni quantitativa, qualitativa e capacitiva che trovano corrispondenza, rispettivamente, nei tre settori personale, esercizio e investimento che compongono il bilancio delle funzioni «difesa» e «sicurezza».
Attualmente, e presumibilmente nel breve termine, la relativa suddivisione della spesa non raggiunge ancora le percentuali ritenute ottimali, anche in considerazione dei vincoli imposti dall'azione del Governo di contenimento della spesa pubblica.
Atteso il citato quadro di riferimento, connotato da elevata criticità, si partecipa che l'azione del Ministero mira comunque a realizzare un complesso d'iniziative volte a dare una risposta efficace alle complesse problematiche delle Forze armate, individuando priorità, tra le quali promuovere il coinvolgimento delle giovani generazioni verso il mondo militare e la diffusione dei valori della cultura, della pace e solidarietà internazionale.
Ciò posto, per quanto riguarda più specificamente la questione degli approvvigionamenti dei materiali di vestiario ed equipaggiamento, si fa presente che gli stessi sono effettuati a seguito di piani d'acquisto elaborati dai competenti organi programmatori di Forza armata, in funzione dei quali gli stessi assegnano annualmente le corrispondenti risorse finanziarie.
Nel triennio 2008-2010, i piani predisposti dagli organi committenti sono stati

rispettati, fatta eccezione per la fornitura delle uniformi da combattimento (mimetiche) in produzione per l'anno 2009, a causa dell'imprevista, inadempienza, verificatasi in sede di esecuzione contrattuale, da parte del raggruppamento temporaneo d'imprese aggiudicatario.
Preme tuttavia rappresentare che nel decorso esercizio finanziario la mancata fornitura di cui sopra è stata ripianata con la nuova gara aggiudicata, i cui manufatti sono già in corso di produzione.
Con riferimento, infine, al quesito relativo al recupero delle risorse, si precisa che non appare giuridicamente fondato disquisire di risorse accantonate per i corsi di formazione a carattere teorico-pratico per i giovani presso i reparti/enti delle Forze armate (cosiddetta «mini naja»); ciò nella considerazione che l'organizzazione di corsi denominati «Vivi le Forze Armate» rientra in un mandato generale derivante da specifica previsione normativa di cui all'articolo 5-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010.
Il citato articolato istituisce dedicati stanziamenti attestati su precipui capitoli di bilancio, 1220 «spese di personale» e 1221 «spese di funzionamento», queste ultime destinate al soddisfacimento di esigenze di varia natura, ivi comprese quelle per i capi di vestiario ed equipaggiamento, nella misura strettamente indispensabile per tipologia e quantità ai fini dello svolgimento dei corsi, che giova rammentare sono conseguenza dell'espressa volontà del legislatore.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

SCARPETTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
fra il comune di Monsummano Terme (provincia di Pistoia) e Autostrade per l'Italia (in seguito ASPI) nell'anno 2006 è stata sottoscritta una convenzione con la quale ASPI si impegnava alla redazione del progetto esecutivo ed alla esecuzione a propria cura, spese e responsabilità dei lavori relativi alla messa in opera di barriere fonoassorbenti lungo l'autostrada A11, Firenze-Pisa nord, nel tratto dal chilometro 36+108 al chilometro 37+817 nelle carreggiate est ed ovest, mentre il comune si impegnava a corrispondere, a titolo di contributo, la somma totale di 175.00 euro suddivisa in 7 annualità di 25.000 euro ciascuna;
in prossimità di questo tratto autostradale si trovano due aree sensibili quali una scuola materna ed un struttura termale di valenza sanitaria e l'installazione delle barriere fonoassorbenti si rendeva e si rende necessaria al fine di mitigare l'inquinamento acustico attualmente ben oltre il limite di legge come evidenziato nel piano comunale di classificazione acustico e nel conseguente piano di risanamento che è divenuto successivamente parte integrante del progetto esecutivo elaborato da ASPI;
nel rispetto della convenzione sottoscritta, ASPI provvedeva alla elaborazione del progetto esecutivo ed alla presentazione dello stesso alla giunta comunale che nel maggio del 2008 lo approvava avendo acquisito tutte le autorizzazioni compresa quella della Sovraintendenza, essendo il tratto in esame interessato da vincolo paesaggistico;
successivamente il comune di Monsummano, a più riprese fino a giungere a diffide formali nei confronti di ASPI, ha sollecitato la realizzazione dell'intervento nel rispetto della convenzione ottenendo nell'ottobre 2008 una risposta interlocutoria e nell'agosto 2009 una nota con la quale ASPI comunicava che il progetto era stato sospeso in quanto la tratta della A11 tra Pistoia e Montecatini Terme ricadeva tra quelle per le quali, ai sensi della convenzione tra ANAS e ASPI, quest'ultima aveva l'obbligo di sviluppare la progettazione preliminare dell'intervento di potenziamento attraverso la realizzazione della terza corsia -:
se e quali iniziative il Governo intenda assumere affinché Autostrade per l'Italia rispetti gli impegni assunti con il

comune di Monsummano Terme per la realizzazione delle barriere fonoassorbenti, anche in considerazione del fatto che la realizzazione della terza corsia non ha previsioni certe in ordine al finanziamento ed ai tempi e che nel tratto autostradale in questione l'inquinamento acustico mette a rischio la salute dei cittadini.
(4-10419)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Nel giugno 2007, nei termini stabiliti dalla normativa vigente, la concessionaria Autostrade per l'Italia Spa (Aspi) ha consegnato a 706 comuni, compreso quello di Monsummano Terme e a 14 regioni il piano di risanamento acustico (Pra) previsto dalla legge quadro in materia n. 447 del 1995 e dai relativi decreti attuativi (decreto ministeriale 29 novembre 2000 e decreto del Presidente della Repubblica n. 142 del 30 marzo 2004).
Il suddetto piano prevedeva la realizzazione di 300 interventi secondo una graduatoria nazionale organizzata sulla base dell'indice di priorità acustica. Il comune di Monsummano Terme nel PRA occupava l'80o posto in graduatoria nazionale e il 3o posto della graduatoria regionale.
Pur in mancanza della formale approvazione del piano da parte della conferenza Stato-regioni, la società concessionaria con decreto di autorizzazione emesso dall'Anas nel mese di aprile 2009 ha dato avvio ad un primo stralcio del piano, costituito da 44 interventi scelti sulla base delle graduatorie nazionali e regionali e della effettiva cantierabilità dei lavori.

Il 18 novembre 2010, la Conferenza Stato-regioni ha approvato il primo stralcio delle attività di risanamento per 44 interventi nonché la graduatoria nazionale dell'intero piano predisposto da Aspi. La Conferenza ha, altresì, stabilito che: «Il Gestore nella fase realizzativa del Piano dovrà adeguare lo stesso in coerenza con gli interventi di ampliamento con terza e quarta corsia o ad altri interventi di adeguamento contenuti negli accordi di programma delle concessionarie».
Per quanto riguarda la situazione nel comune di Monsummano Terme, si comunica che in data 17 gennaio 2007, in anticipo rispetto alla trasmissione formale dei piani sopramenzionati, il comune medesimo ed Aspi avevano stipulato una convenzione per realizzare le opere di mitigazione acustica ricadenti nel territorio comunale sull'autostrada A11, tra la chilometrica 36+108 e la chilometrica 37+817, nelle carreggiate est e ovest.
La citata convenzione prevedeva anche una partecipazione economica, da parte del comune, per un importo di circa 175.000 euro.
A seguito della stipula della convenzione unica tra Aspi ed Anas, sottoscritta in data 12 ottobre 2007 e divenuta efficace il 7 giugno 2008, per effetto dell'intervenuta conversione in legge n. 101 del 2008 del decreto-legge n. 59 del 2008, sono state inserite nell'articolo 15 della convenzione alcune tratte autostradali oggetto di possibili futuri potenziamenti, tra cui l'ampliamento della terza corsia nei tratti Firenze-Pistoia, e Pistoia-Montecatini dell'autostrada A11.
Per tale motivo l'intervento di mitigazione acustica, previsto nella convenzione stipulata tra Aspi ed il comune di Monsummano Terme deve, di conseguenza, essere ricompreso nel progetto per l'ampliamento della 3o corsia del tratto Pistoia-Montecatini.
Appare evidente, che se tale potenziamento venisse confermato, le opere di bonifica acustica, se eseguite prima dell'ampliamento, si troverebbero ad essere demolite poco dopo la loro realizzazione e riprogettate per l'allargamento della carreggiata: ciò in coerenza, oltre che con la necessità di non sprecare risorse pubbliche, anche con quanto disposto dalla conferenza Stato-regioni, secondo quanto riportato in premessa.

Per quanto attiene agli obblighi della concessionaria, disciplinati dalla citata convenzione unica essi consistono nello sviluppo e nella consegna ad Anas dei progetti preliminari degli interventi di ampliamento; tali adempimenti convenzionali sono stati ottemperati da Aspi nell'arco dell'anno 2009.

La società concessionaria ha rappresentato che, in attesa dell'approvazione formale del progetto preliminare dell'ampliamento alla terza corsia del tratto, Firenze-Pistoia sta procedendo alla predisposizione del progetto definitivo e dello società italiana autoservizi per la 3a corsia fra Firenze e Pistoia, prevedendo anche l'ampliamento del sedime autostradale e l'installazione di barriere acustiche nella tratta di Monsummano tra la progr. 36+660 e la progr. 38+750 della A11.
Tale progetto sarà presumibilmente completato entro il mese di giugno 2011, al fine di consentire l'avvio della procedura di valutazione d'impatto ambientale e l'apertura della conferenza di servizi.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

SCILIPOTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel 2005 i treni che attraversavano l'Italia in tutta la sua lunghezza, i cosiddetti treni a lunga percorrenza, erano ben 56. Si saliva ad Agrigento e si scendeva a Milano o Torino: e viceversa. Erano treni che, purtroppo, si potevano ben definire carri-bestiame: affollati all'inverosimile, con la gente sdraiata sul pavimento del corridoio, con i bagni occupati da valigie. Eppure, si viaggiava ed i treni erano sempre pieni. Ora, in mancanza di volontà politica differente, i treni a lunga percorrenza, con il nuovo orario invernale, passeranno da 56 a 14. E così, mentre i bei treni veloci e nuovi solcheranno il ricco Nord, mentre le infrastrutture ferroviarie (ma anche autostradali e aeroportuali) vedranno applicati parametri di investimenti ben differenti e sostanziosi di quelli applicati al Sud, il Sud sarà sempre più profondo sud, sempre più ghetto isolato, anche dal punto di vista ferroviario;
ecco dunque una volontà che, nell'evidenza dei fatti, si presenta decisamente prevaricante: mentre si indirizza maggiore attenzione e si finanzia lo sviluppo e l'infrastrutturazione del Nord, si tolgono, alle aree del meridione e particolarmente alla Sicilia, risorse e speranze. Cosi i passeggeri, non trovando treni, sono costretti a utilizzare il trasporto su ruota. Meno treni, uguale meno passeggeri: e mentre prima ad utilizzare le ferrovie c'erano almeno diecimila utenti al giorno, adesso viaggiano in treno circa tremila persone, con disagi sempre più evidenti, servizi non equiparabili a quelli una volta offerti dai treni e scomodità a volte intollerabili:
l'alternativa potrebbe essere viaggiare in aereo. Ma anche così, la perdita di tempo è grande, il servizio scarso per i pochi voli disponibili, i prezzi eccessivi; e il cumulo delle ore per chi, per esempio, dalla provincia di Agrigento intende raggiungere il Centro o il Nord, risulta essere di circa 9 ore, con l'aereo che decolla da Catania o Palermo;
e allora, alla luce di incrementi dei servizi su ferrovia e di una giusta competizione con il trasporto aereo e su ruote che si registra al Nord, al Meridione si prospetta un programma di pseudo-ghettizzazione che vede tagliare sempre di più, da parte di Trenitalia finanziamenti, opere di risanamento e consolidamento, mezzi efficienti e veloci, prezzi competitivi -:
quali prossime strategie il Ministro interrogato intenda adottare per cambiare la situazione ferroviaria del Meridione, in particolare dei treni transitanti dallo stretto di Messina per l'estremo Sud e per il sempre più lontano Nord, anche attraverso l'ottica della futura applicazione del federalismo fiscale.
(4-09474)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
I treni di media/lunga percorrenza interessanti la regione Sicilia rientrano nel cosiddetto «servizio universale» che comprende collegamenti aventi un conto economico negativo e, pertanto, contribuiti

dallo Stato a copertura della differenza tra i costi di produzione e i ricavi da traffico.
Pertanto, lo Stato, rappresentato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sottoscrive un contratto di servizio con Trenitalia in cui individua i treni ammessi al contributo pubblico e determina la quantità di servizi da effettuare nonché la tipologia e le caratteristiche di questi, tenendo conto delle risorse economiche di cui dispone.
Nella definizione della nuova offerta per il 2011, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha adottato soluzioni volte ad assicurare, comunque, il diritto alla mobilità sulle relazioni con il centro/nord, mantenendo il collegamento su tutte le relazioni già servite, garantendo nel contempo l'equilibrio economico del contratto di servizio, essendo uno dei presupposti essenziali del contratto stesso.
L'offerta commerciale di lunga percorrenza interessante il territorio siciliano attualmente prevede:
1 coppia di collegamenti giornalieri notturni Roma-Messina (e viceversa), con sezioni da/per Palermo, Siracusa e Agrigento;
2 coppie di collegamenti giornalieri diurni sulla relazione Palermo/Siracusa-Roma (e viceversa);
3 coppie di collegamenti giornalieri notturni sulle relazioni Palermo-Torino/Milano/Venezia (e viceversa), con sezioni da/per Siracusa;
1 coppia di collegamenti notturni periodici (effettuata nei periodi dell'anno di maggior traffico: principali festività ed estate) sulle relazioni Milano-Siracusa/Palermo (e viceversa).

Infine, per quanto riguarda la qualità del materiale rotabile utilizzato per i servizi effettuati al sud, si evidenzia che per i rotabili impiegati nei collegamenti di media/lunga percorrenza non è prevista una specifica destinazione territoriale ma gli stessi vengono utilizzati su tutta la rete nazionale, tenendo conto della tipologia del servizio a cui sono destinati e delle caratteristiche dell'infrastruttura su cui circolano.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ZACCHERA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il servizio civile rappresentata un'importante forma di inserimento dei giovani nella vita pubblica, contribuendo in maniera importante non solo alla acquisizione di esperienze ma anche a coprire attività e servizi che - con la ridotta disponibilità di personale pubblico - spesso restano scoperti;
molti giovani non conoscono le opportunità e le possibilità offerte dal servizio civile -:
se non si ritenga necessario avviare nuove campagne di sensibilizzazione sulle possibilità offerte dal servizio civile affinché venga meglio conosciuto dai giovani italiani.
(4-08845)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede al Governo che venga valutata l'opportunità di avviare nuove campagne di sensibilizzazione sulle possibilità offerte dal servizio civile nazionale, affinché venga più ampiamente conosciuto dai giovani.
Al riguardo, occorre rappresentare agli interroganti che l'ufficio nazionale per il servizio civile, sin dal 2001, anno di istituzione del servizio civile nazionale, ha realizzato numerose attività di promozione dei principi e delle finalità di tale istituto, consentendone il radicamento su tutto il territorio nazionale.
In particolare, l'ufficio nazionale per il servizio civile è stata presente can propri stand a numerose manifestazioni fieristiche ed eventi di settore, organizzate in tutto il territorio nazionale, in cui era prevista la partecipazione di docenti e studenti delle scuole di ogni ordine e grado, compresi quelli delle università.

Inoltre in occasione della pubblicazione dei bandi per la selezione dei volontari da impiegare in progetti di servizio civile nazionale, sono state realizzate campagne di comunicazione istituzionale avvalendosi di uno spot - veicolato sulle reti radiofoniche e televisive pubbliche e private di rilievo nazionale e locale - nonché di manchette pubblicitarie, diffuse tramite web e carta stampata, soprattutto sui quotidiani di diffusione nazionale.
Si fa presente inoltre che nonostante la sensibile contrazione della spesa pubblica dovuta alla grave crisi economica si è cercato comunque di proseguire le attività di promozione di questo importante istituto che è il servizio civile nazionale. In particolare l'ufficio nazionale per il servizio civile ha partecipata a 10 aventi nel 2008, 12 nel 2009 e 11 nel 2010. Sono state altresì organizzate giornate/evento di rilievo nazionale, quali l'udienza presso il Santo Padre nel 2009 e l'incontro al Quirinale con il Presidente della Repubblica nel 2010. Inoltre una delegazione di giovani del servizio civile nazionale partecipano alla sfilata del 2 giugno in occasione della festa della Repubblica.
Occorre peraltro considerare che con il decreto-legge n. 78 del 2010 le spese per relazioni eterne, convegni, seminari, mostre eccetera sono state ridotte dell'80 per cento rispetto all'ammontare degli oneri sostenuti nell'amo 2009. Con riferimento all'anno 2011 l'ufficio nazionale per il servizio civile, nonostante tali riduzioni, sta cercando di mantenere un adeguato livello di informazione e comunicazione istituzionale, non inferiore comunque a quello degli anni precedenti. Ciò sarà passibile realizzando una serie di economie attraverso, ad esempio, in occasione di mostre/eventi/fiere, desk informativi in luogo di stand espositivi molto più onerosi. Continueranno inoltre per l'anno in corso campagne di sensibilizzazione in collaborazione con le scuole secondarie di secondo grado, promuovendo incontri con gli studenti a cui vengono illustrati le finalità e i contenuti del servizio civile.
Riguardo alla campagna di comunicazione istituzionale tramite il mezzo radiotelevisivo, anche nel 2011, così come nel 2010, questa si realizzerà avvalendosi dello stesso spot prodotto nel 2009.
Appare tuttavia doveroso esentare che le campagne, di sensibilizzazione e di comunicazione istituzionale finora adottate hanno determinato già un'ottima risposta da parte dei giovani: basti pensare che nel 2010, a fronte di 19.627 posti messi a bando per l'impiego di volontari in progetti di servizio civile da realizzare in Italia e all'estero, è pervenuto un numero di domande corrispondente a circa il triplo dei posti disponibili.
Peraltro, si segnala un dato interessante che emerge da un recente rapporto sulle valutazioni espresse dai volontari nel «questionario di fine servizio 2010»: la comunicazione istituzionale non rappresenta il canale preferenziale per la promozione del servizio civile, in quanto la divulgazione avviene soprattutto tramite il cosiddetto «passa-parola» e la rete internet.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi ha iniziato ad operare sulla tratta ferroviaria Milano-Torino la società privata «Arenaways» di fatto in concorrenza con Trenitalia -:
se siano stati valutati gli effetti di questa presenza, se risultino osservate le norme della libera concorrenza o se si siano registrate criticità o frizioni nell'avvio dei servizi;
se risultino sul mercato altre aziende private che nel prossimo futuro intendano iniziare altri servizi ferroviari.
(4-09535)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rilascia alle imprese che ne facciano richiesta, previa verifica del possesso dei requisiti di onorabilità, capacità finanziaria

e competenza professionale, la licenza, ai sensi degli articoli 7 e 8 del decreto legislativo n. 188 del 2003, che legittima l'espletamento dei servizi di trasporto merci e passeggeri per ferrovia.
Successivamente al rilascio della licenza, la competenza del Ministero si esplica nel monitoraggio del mantenimento dei requisiti da parte dell'impresa ferroviaria.
Nel caso specifico della società Arenaways, l'allora Ministero dei trasporti ha rilasciato alla stessa la licenza n. 47 in data 6 luglio 2007 ed ha concesso il titolo autorizzatorio necessario per l'espletamento del servizio di trasporto passeggeri per ferrovia in ambito nazionale con decreto ministeriale 106T del 1o aprile 2008.
Quanto a potenziali nuove entrate nello svolgimento del servizio ferroviario nazionale risulta evidente che la scelta operata dal legislatore nel quadro del processo di liberalizzazione, seguita anche a livello comunitario, consente l'avvio per le tratte commerciali della cosiddetta «concorrenza per il mercato» anche per servizi svolti esclusivamente in ambito nazionale.
L'articolo 59 della legge n. 99 del 2009 prevede una serie di meccanismi finalizzati ad evitare che la concorrenza sulle tratte più profittevoli possa avere impatto sull'equilibrio economico dei servizi a committenza pubblica.
La suddetta legge ha quindi definito che l'ufficio di regolazione dei servizi ferroviari Ursf - organismo tecnico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - abbia il compito di valutare se ci siano impatti sui servizi di pubblica autorità, regolati con contratto di servizio, da parte di imprese ferroviarie che intendano operare con servizi equivalenti. Il citato ufficio opera in totale autonomia ed indipendenza, così come richiesto dalle direttive europee.
Nel caso in questione, non si sono ravvisate significative interferenze e perturbazioni di impatto economico dei servizi ferroviari che la Arenaways intende gestire con il contratto di servizio che Trenitalia ha stipulato con il Ministero delle infrastrutture e trasporti.
Nello specifico, Ferrovie dello Stato fa sapere che nel mese di aprile 2009, l'impresa ferroviaria Arenaways ha richiesto, per l'orario dicembre 2009-dicembre 2010, tracce orarie per effettuare trasporto passeggeri sulla linea ferroviaria Alessandria-Torino-Milano-Alessandria e viceversa.
In data 26 agosto 2009, la società Arenaways ha ottenuto la certificazione di sicurezza per i servizi da espletare.
Il 19 maggio 2010, il citato Ursf ha avviato un procedimento, ex articolo 59 della citata legge n. 99 del 2009, volto ad accertare l'eventuale compromissione dell'equilibrio economico del contratto di servizio pubblico quale effetto della richiesta di nuovi servizi richiesti da Arenaways.
Ferrovie dello Stato fa presente che, nelle more del pronunciamento dell'Ursf, Arenaways ha più volte modificato la sua richiesta e, di conseguenza, la società rete ferroviaria italiana ha trasmesso i relativi progetti orario sia all'impresa alessandrina sia all'Ursf per le valutazioni di competenza.
In data 29 ottobre 2010, Arenaways ha ottenuto dall'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (Ansf) l'immatricolazione delle carrozze, potendo così richiedere e ottenere le corse prova per l'istruzione del personale; conseguentemente, il 2 novembre 2010 Rete ferroviaria italiana ha emesso l'attestato di circolabilità per i nuovi rotabili.
Ferrovie dello Stato evidenzia poi che in data 8 novembre 2010 Arenaways ha comunicato l'intenzione di avviare il servizio commerciale il 15 novembre 2010.
Il 9 novembre 2010, l'impresa ferroviaria ha integrato la documentazione propedeutica alla sottoscrizione del contratto di utilizzo dell'infrastruttura.
In pari data l'Ursf ha notificato ad Arenaways, a rete ferroviaria italiana e agli altri soggetti interessati la decisione assunta in merito al procedimento avviato.
L'Ursf, ritenendo il servizio richiesto dall'Arenaways passibile di compromettere l'equilibrio economico del contratto di servizio di Trenitalia, ha disposto le limitazioni delle tracce orarie richieste dall'impresa ferroviaria alle sole fermate nei capoluoghi di regione Milano e Torino vietando le fermate intermedie.

Rete ferroviaria italiana ha trasmesso ad Arenaways il progetto orario, in precedenza accettato dall'impresa, con le uniche limitazioni disposte dall'Ursf, successivamente approvato dall'impresa stessa.
Il 12 novembre 2010, rete ferroviaria italiana e Arenaways hanno quindi sottoscritto il contratto di utilizzo dell'infrastruttura in forza del quale Arenaways ha avviato il servizio commerciale in data 15 novembre 2010.
Ferrovie dello Stato comunica, inoltre, che il 18 novembre 2010 Arenaways ha richiesto alla società rete ferroviaria italiana un nuovo progetto per l'orario di servizio 2010-2011, compatibile con la decisione dell'Ursf del 9 novembre 2010. Tale nuovo progetto orario è caratterizzato da maggiori volumi, da 2 a 4 coppie di treni, e da una riduzione dei tempi di percorrenza.
Il 19 novembre 2010, rete ferroviaria italiana in attesa della definizione dell'istruttoria tecnica rispetto alla richiesta di nuovo progetto avanzata da Arenaways il 18 novembre 2010, ha confermato a quest'ultima il progetto esercito dal 15 novembre 2010 anche per l'orario 2010-2011.
Il 7 dicembre 2010 Arenaways ha accettato il progetto orario trasmesso da rete ferroviaria italiana il 19 novembre 2010.
Il 12 dicembre 2010, data di cambio orario ferroviario, Arenaways ha svolto il servizio commerciale in continuità con l'orario di servizio precedente.
Il 17 dicembre 2010 rete ferroviaria italiana ha comunicato a Arenaways il nuovo progetto orario in conformità alla richiesta dell'impresa ferroviaria del 18 novembre 2010 con la relativa data di esercizio ossia 21 dicembre 2010. L'impresa ferroviaria ha accetto il nuovo progetto orario il quale esercisce regolarmente dal 21 dicembre 2010.
Va infine rilevato che da quando il servizio di Arenaways è partito, non si sono registrate criticità o frizioni di rilievo tra i servizi di Trenitalia e Arenaways.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ZACCHERA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
uno dei problemi più evidenti nell'organizzazione della pubblica amministrazione è la periodica richiesta di trasferimenti da parte dei dipendenti che - una volta vinto un concorso lontano dalla propria residenza - tendono a volersi molto spesso riunire con la propria famiglia o tornare dove non hanno oneri aggiuntivi per vivere;
il problema potrebbe essere risolto se per la gran parte degli incarichi - e segnatamente per quelli di più basso livello - si procedesse a concorsi su base provinciale o regionale -:
se non si ritenga di dover procedere come norma a concorsi su base locale o regionale per tutte quelle categorie di pubblici dipendenti che non richiedano un particolare livello di conoscenze tali da imporre una graduatoria nazionale.
(4-09564)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede che sia valutata la possibilità di prevedere concorsi su base locale o regionale per l'accesso al lavoro pubblico, si rappresenta quanto segue.
La disciplina in materia di reclutamento di personale presso le pubbliche amministrazioni è recata dall'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001; in particolare detta norma prevede che l'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro tramite procedure selettive volte all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno, nonché mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità.
La richiesta dell'interrogante è, quindi già soddisfatta dalla previsione sopra richiamata relativa alla possibilità di utilizzare,

per i profili professionali più bassi, gli iscritti nelle liste di collocamento.
Si aggiunga che, anche per quanto attiene alle assunzioni mediante concorsi pubblici, il medesimo articolo 35 già prevede, al comma 5, che, per le assunzioni nelle amministrazioni dello Stato e nelle aziende autonome, tali concorsi si espletano di norma a livello regionale. La norma prevede poi che eventuali deroghe, per ragioni tecnico-amministrative o di economicità, sono autorizzate dal Presidente del Consiglio dei ministri e che per gli uffici aventi sede regionale, compartimentale o provinciale, possono essere banditi concorsi unici circoscrizionali per l'accesso alle varie professionalità.
Tale disciplina, già conforme alle esigenze rappresentate dall'interrogante, è stata modificata prima dall'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e, successivamente, dall'articolo 51, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, in modo da rafforzarne ulteriormente la finalità di valorizzazione del principio di territorialità nell'espletamento dei concorsi pubblici. Infatti, il comma 5-ter del citato articolo 35 aggiunto dalle predette disposizioni normative, prevede che «il principio della parità di condizioni per l'accesso ai pubblici uffici è garantito, mediante specifiche disposizioni del bando, con riferimento al luogo di residenza. dei concorrenti, quando tale requisito sia strumentale all'assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato».
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
già in passato l'interrogante ha sottolineato problemi relativi alla manutenzione della strada statale 33 del Sempione soprattutto per il tratto dall'uscita della A26 fino al confine svizzero e sono state fomite risposte da parte dell'ANAS;
è stato recentemente inaugurato il nuovo svincolo di Domodossola che però non è illuminato e per la sua posizione può essere oggetto di potenziali pericoli e difficoltà;
parimenti non è illuminato l'altro svincolo di Domodossola (che può essere ora considerato «Domodossola sud») là dove la strada statale 33 si riduce da 4 a 2 corsie, incrocio di particolare pericolosità ed oggetto nel tempo di numerosi incidenti stradali;
sono invece illuminati - spesso con decine e decine di punti-luce - svincoli del tutto secondari sullo stesso tratto -:
se non si ritenga prioritario provvedere all'illuminazione degli svincoli di Domodossola.
(4-09992)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Lo svincolo Domodossola sud sulla strada statale 33 «del Sempione», ricadente in località Norese, aperto al traffico il 4 ottobre 2010, è stato realizzato dall'Anas con l'intento di ridurre i disagi derivanti dal mancato collegamento diretto tra il vicino scalo ferroviario e la statale 33 del Sempione.
Il progetto per l'illuminazione dello snodo è già stato predisposto dalla società Anas e i relativi lavori potranno essere avviati a seguito dell'individuazione delle necessarie risorse finanziarie.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.