XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 25 maggio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 6 GIUGNO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
l'articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993 ha istituito i depositi fiscali ai fini IVA per la custodia di beni nazionali e comunitari, stabilendo, tra l'altro, alla lettera b), del comma 4, che «le operazioni di ammissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito IVA» sono effettuate senza pagamento dell'imposta sul valore aggiunto;
ai sensi del comma 6 dello stesso articolo 50-bis, nonché ai sensi dell'articolo 17, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, i soggetti passivi IVA che procedono all'estrazione dei beni dal deposito IVA devono provvedere ad assolvere l'imposta sul valore aggiunto al momento dell'estrazione dal deposito, attraverso il meccanismo dell'inversione contabile;
l'amministrazione finanziaria, di recente, ha contestato la possibilità, per gli operatori, di introdurre beni in un deposito fiscale ai fini IVA semplicemente attraverso un'annotazione contabile, ritenendo che la disciplina in materia presupponga la materiale introduzione fisica dei beni nel deposito e non ritenendo, dunque, più sufficiente la sola annotazione dei beni nel registro di cui al comma 3 del medesimo articolo 50-bis;
in conseguenza di tale interpretazione della citata disciplina, l'Amministrazione ha proceduto al recupero dell'imposta, non assolta in dogana dagli operatori in virtù del disposto di cui al comma 4, lettera b), dell'articolo 50-bis;
l'orientamento assunto in merito dall'amministrazione finanziaria, che pure è motivato dall'esigenza di contrastare taluni gravi fenomeni di elusione ed evasione tributaria posti in essere da alcuni operatori attraverso un'applicazione del tutto distorta dello strumento del deposito fiscale, sta comportando tuttavia conseguenze potenzialmente deleterie, sul piano economico e finanziario, anche per la grande massa degli operatori onesti;
in particolare, sussiste il concreto rischio di duplicare l'IVA sul medesimo presupposto impositivo sostanziale, costituito dall'importazione di beni nel territorio italiano, in quanto l'imposta che l'Amministrazione finanziaria ritiene di recuperare è già stata assolta dai soggetti passivi al momento dell'estrazione dei beni dal deposito fiscale IVA ai sensi dell'articolo 50-bis, comma 6, del decreto-legge n. 331 del 1993;
alla luce dei princìpi di sostanzialità, effettività, proporzionalità e divieto di duplice imposizione ai quali si ispira l'ordinamento tributario nazionale e comunitario deve infatti ritenersi non esigibile da parte dell'Amministrazione finanziaria l'imposta che sia già stata comunque assolta attraverso il meccanismo dell'inversione contabile al momento dell'estrazione dei beni dal deposito IVA: ciò risulta del resto confermato anche dal disposto dell'articolo 6, comma 9-bis, terzo periodo, del decreto legislativo n. 471 del 1997, il quale dispone che, laddove l'IVA «sia stata assolta, ancorché irregolarmente, dal cessionario o committente ovvero dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto alla detrazione ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, la sanzione amministrativa è pari al 3 per cento dell'imposta irregolarmente assolta, con un minimo di 258 euro, e comunque non oltre 10.000 euro per le irregolarità commesse nei primi tre anni di applicazione delle disposizioni del presente periodo»;
in tale contesto appare evidente la necessità di intervenire ulteriormente sulla disciplina dei depositi fiscali, al fine di coniugare l'esigenza dell'Amministrazione finanziaria di assicurare il corretto adempimento degli obblighi fiscali in materia e di garantire l'interesse erariale al mantenimento

del gettito tributario, con l'esigenza di non appesantire gli operatori economici onesti con adempimenti ed oneri finanziari eccessivamente gravosi;
in particolare, appare utile apportare alla disciplina in materia di depositi fiscali alcune modifiche di carattere operativo, al fine di promuoverne l'utilizzo da parte degli operatori economici italiani e di semplificare gli adempimenti a carico di questi ultimi per la gestione dei depositi stessi,


impegna il Governo:


ad adottare iniziative normative compatibili con la disciplina europea al fine di chiarire che i beni non comunitari possono essere introdotti nei depositi IVA, nonché per assicurare una corretta interpretazione delle previsioni di cui all'articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993, ovvero per integrare il dettato di tale normativa, nel senso:
a) di specificare quali sono le tipologie di depositi, previsti dal Codice doganale comunitario e dalle relative disposizioni di attuazione, nonché dal Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi, che possono essere gestiti anche come depositi IVA;
b) di valorizzare, alla luce dei princìpi affermati dall'Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 440/E del 12 dicembre 2008 (la quale, in risposta a uno specifico interpello, ha evidenziato come i due tipi di deposito - quello doganale quello IVA - assolvono funzioni differenti in ragione della diversa posizione fiscale delle merci a essi vincolate e come, nella successiva fase di estrazione delle merci, per beni i destinati al mercato italiano, l'IVA deve essere assolta tramite l'emissione di autofattura ai sensi dell'articolo 17, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, secondo quanto previsto dall'articolo 50-bis, comma 6, del decreto-legge n. 331 del 1993), nonché alla luce delle norme di cui agli articoli 1766 e seguenti del codice civile e di cui all'articolo 16, comma 5-bis, del decreto-legge n. 185 del 2008, che danno prioritario rilievo alla funzione e alla qualità professionale del depositario, mettendo in secondo piano il luogo in cui tale funzione viene espletata, la possibilità di utilizzare i depositi doganali di tipo E, di cui all'articolo 525, paragrafo 2, lettera b), del Regolamento (CEE) n. 2454/93, in quanto tale tipologia di deposito assicura la massima flessibilità operativa per il depositario stesso, dal momento che permette, ai sensi dell'articolo 530 del predetto Regolamento n. 2454/93, di fruire del regime doganale sospensivo senza che le merci debbano essere immagazzinate in un locale preventivamente riconosciuto come deposito doganale, ma devono semplicemente raggiungere le installazioni di stoccaggio del titolare del deposito, consentendo pertanto di identificare il deposito in una pluralità di installazione anche non confinanti, a condizione che la contabilità di magazzino tenuta a cura del depositario evidenzi in qualsiasi momento le quantità di merci vincolate al regime del deposito;
c) di prevedere che la possibilità di effettuare le operazioni di ammissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito IVA senza pagamento dell'IVA è subordinata alla prestazione di idonea garanzia, commisurata all'imposta, dalla quale siano peraltro esclusi i soggetti titolari della certificazione attestante il possesso dello status, di rilevanza comunitaria, di operatore economico autorizzato (AEO), nonché le ditte che siano state esonerate, da parte dell'Amministrazione finanziaria, da tale obbligo relativamente ai diritti doganali non costituenti risorse proprie dell'Unione europea, in ragione della loro notoria solvibilità, ai sensi dell'articolo 90 del decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, recante il Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale;
d) di prevedere, per quanto riguarda i soggetti che non siano beneficiari

dell'esonero dalla garanzia ai sensi del citato articolo 90 del decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, né titolari dello status di AEO, che gli oneri di comunicazione a loro carico volti a comprovare l'assolvimento degli adempimenti amministrativi in materia di pagamento dell'IVA siano sostituiti attraverso l'integrazione nelle banche dati tenute dalle Agenzie fiscali, secondo modalità stabilite con determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate, dei dati concernenti la liquidazione dell'imposta afferente ai beni estratti dal deposito.
(7-00589)
«Ventucci, Polledri, Fugatti, Fluvi, Bernardo».

La VI Commissione,
premesso che:
la crisi economico-occupazionale che investe molti comparti del settore economico primario e secondario e che risulta particolarmente grave in alcune aree del Paese, ha determinato una significativa contrazione dei consumi e delle commesse, innescando in tal modo, a catena, la crisi del settore terziario, del commercio e dei servizi;
tale situazione è aggravata dalla debolezza strutturale di alcuni mercati locali, quali quelli delle regioni meridionali e, segnatamente, della Sardegna, notoriamente costituiti da micro-aziende, per lo più sottocapitalizzate ed esposte ad una cronica carenza di liquidità;
a questo quadro negativo deve aggiungersi il crescente ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché da parte degli enti del Servizio sanitario nazionale, che pone molte imprese in una condizione di grave carenza di liquidità;
la scarsità di risorse finanziarie liquide e la cronica difficoltà di molte imprese, soprattutto di medie e piccole dimensioni, ad accedere a condizioni economicamente sostenibili al finanziamento bancario, ha determinato a sua volta una condizione di diffusa morosità delle imprese nei confronti di Equitalia e degli altri enti della riscossione, a monte, nei confronti dell'Erario, degli enti previdenziali e degli enti locali, tale da costituire una problema molto serio;
consapevoli dell'estrema gravità, non solo economica, ma anche sociale del fenomeno, le associazioni rappresentative del mondo produttivo hanno già sollecitato a livello nazionale l'adozione di norme di rango legislativo e regolamentare, volte ad alleggerire il carico fiscale e contributivo gravante sulle imprese, a rendere più flessibili i meccanismi di riscossione coattiva, nonché a ridurre l'onerosità delle more, degli interessi e sanzioni previsti in caso di ritardo nei pagamenti dei tributi e dei contributi;
in tale prospettiva occorre sottolineare come l'intento di tali iniziative non debba essere quello di favorire in alcun modo forme di elusione o di evasione fiscale e contributiva, ma di affermare il principio dell'effettiva equità e sostenibilità del carico fiscale-contributivo, introducendo forme di flessibilità in favore di quegli imprenditori onesti che dimostrino di non essere temporaneamente in grado di adempiere ai propri obblighi fiscali e contributivi a causa dell'attuale difficile congiuntura economica;
in questo contesto occorre anche evitare che la sanzione tributaria per il ritardo nel pagamento, sommata agli interessi ed agli aggi di riscossione, determini un incremento, insostenibile e spropositato, del debito tributario originario;
al di là degli apprezzabili segnali di disponibilità nei confronti delle ragioni del mondo produttivo, estrinsecatisi nella lettera aperta indirizzata alcuni mesi fa ai contribuenti dal direttore di Equitalia, Attilio Befera, nelle disposizioni da ultimo introdotte che prevedono l'applicazione di sanzioni disciplinari nel caso in cui i controlli fiscali siano effettuati con modalità vessatorie o poco rispettose dei princìpi dello statuto dei diritti del contribuente, nonché nella recentissima presa di posizione del Ministro dell'economia e

delle finanze contro l'utilizzo indiscriminato e distorto del fermo amministrativo nel settore della riscossione coattiva, in particolare per quanto riguarda la riscossione delle entrate degli enti locali, occorre tuttavia affrontare il problema anche a livello legislativo;
in tale contesto è opportuno rammentare che una maggiore sensibilità rispetto alle legittime esigenze di settori produttivi in crisi corrisponde alla stessa esigenza di tutela degli interessi erariali, in quanto il collasso dei settori produttivi comprometterebbe la stessa possibilità di riscuotere effettivamente le somme dovute a titolo di imposte e contributi e determinerebbe una crescita smisurata delle spese per il sostegno del reddito e per il welfare in generale,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative normative volte in particolare a:
a) introdurre elementi di maggiore flessibilità nelle procedure di riscossione coattiva nei confronti di quegli imprenditori che dimostrino di non essere in grado di ottemperare alle scadenze fiscali e contributive per una temporanea difficoltà economica legata alla congiuntura negativa, attraverso un intervento normativo teso a rendere strutturale la possibilità di concedere al debitore un nuovo piano di rateazione, in caso di mancato pagamento di una o più rate determinato da un comprovato peggioramento della situazione di difficoltà economica del debitore stesso;
b) rivedere la disciplina della riscossione degli importi non significativi, intendendosi per tali quelli inferiori o pari a 2.000 euro, stabilendo che, per gli stessi importi, l'agente della riscossione è tenuto semplicemente ad inviare al debitore solleciti di pagamento;
c) rivedere il meccanismo di espropriazione sugli immobili, elevando a 20.000 euro l'importo al di sotto del quale non è possibile iscrivere ipoteca ovvero procedere ad espropriazione, prevedendo inoltre che, qualora il debitore risulti proprietario di un solo immobile nel quale abbia la propria residenza l'iscrizione ipotecaria sia necessariamente preceduta dalla notifica di una comunicazione preventiva che assegni al debitore stesso un termine di trenta giorni per effettuare il pagamento, prima che si proceda all'iscrizione del gravame;
d) riformare il meccanismo di calcolo delle sanzioni tributarie, in particolare escludendo forme di anatocismo, legate all'applicazione di ulteriori interessi sulle sanzioni e sugli interessi di mora maturati per il mancato pagamento dei debiti tributari, limitando la crescita degli oneri connessi ai ruoli esecutivi e rivedendo il meccanismo dei compensi di riscossione;
e) favorire, anche nel contesto del processo di attuazione del federalismo fiscale, la riorganizzazione del sistema della riscossione coattiva da parte dei comuni, verificando in tale contesto l'opportunità di concentrare l'operatività di Equitalia sulla riscossione dei crediti di natura tributaria e contributiva, lasciando al sistema della riscossione degli enti locali la competenza in materia di riscossione delle altre entrate di spettanza dei medesimi enti locali.
(7-00590)
«Bernardo, Cicu, Testoni, Savino, Antonio Pepe, Lisi, Santelli, Lorenzin, Toccafondi, Germanà, Moles, Bertolini, Leo, Fluvi, Fugatti, Gianfranco Conte, Ventucci, D'Antoni, Angelucci, Berardi, Del Tenno, Dima, Vincenzo Antonio Fontana, Milanese, Misuraca, Pagano, Pugliese, Comaroli, Strizzolo, Forcolin, Montagnoli, Carella, Causi, Ceccuzzi, Fogliardi, Graziano, Marchignoli, Piccolo, Pizzetti, Sposetti, Vaccaro, Verini, Schirru, Calvisi, Fadda, Pes, Marrocu, Bellanova, Madia, Gnecchi, Berretta, Damiano, Arturo Mario Luigi Parisi, Melis, Vico, Mereu».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il

Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per i rapporti con le regioni, per sapere - premesso che:
l'interpellante ha presentato gli atti n. 2/00522 del 28 ottobre 2009, n. 2/00625 del 23 febbraio 2010 e n. 2/00925 del 13 gennaio 2011, tutti relativi alla situazione del Porto di Gioia Tauro, senza aver mai ottenuto, ad oggi, la possibilità di svolgerli ed avere il dovuto confronto nel merito;
il Porto di Gioia Tauro, nato nel 1994, ha rappresentato il più grande terminal per il trashipment del Mediterraneo ed il principale scalo commerciale marittimo dell'area metropolitana di Reggio Calabria;
la gestione del porto di Gioia Tauro è stata sempre organizzata in un quadro di incertezze che non hanno consentito l'effettuazione della polifunzionalità dello stesso: ritardi nei finanziamenti, scarsa attenzione sulla rivalità nata da parte di altri porti italiani e mediterranei, lentezza nel completamento delle infrastrutture portuali, marginalità dell'obiettivo della polifunzionalità, mancanza dell'istituzione di una zona franca produttiva;
fin dal febbraio 2010 l'interpellante ha denunziato il preoccupante momento di crisi occupazionale nel porto di Gioia Tauro, poiché la MCT, società terminalista che gestisce lo scalo marittimo, dopo anni di successo, aveva chiesto l'applicazione degli ammortizzatori sociali per 400 lavoratori ed aveva previsto il licenziamento per il personale con contratto a termine;
il tutto senza aver portato alla benché minima attenzione e preoccupazione il Governo nazionale e la regione Calabria;
all'interpellante, da tempo, è apparso che la MCT si sia avvalsa dell'alibi della crisi internazionale delle movimentazioni per fare scelte diverse e posizionare altrove il traffico e, pertanto, ha sempre ritenute non giustificate le richieste di licenziamento dei lavoratori;
tra l'altro la Contship Italia nel mentre richiedeva la Cassa integrazione guadagni ordinaria per i lavoratori, non ha mai mostrato alcuna intenzione di lasciare le aree del porto di Gioia Tauro attrezzate dallo Stato che, al contrario, ha sempre inteso mantenere in concessione monopolistica per i prossimi trenta anni;
agli inizi del corrente mese di maggio, dopo soli otto mesi dal termine del primo ciclo, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha nuovamente annunciato il ricorso alla Cassa integrazione guadagni ordinaria per 200 lavoratori, al fine di aiutare l'azienda a superare l'attuale momento di difficoltà; questo nonostante il porto di Gioia Tauro nei primi quattro mesi del 2011 abbia incrementato i propri flussi di traffico rispetto allo stesso periodo del 2010 e l'autorità portuale abbia approvato l'abbassamento delle tasse di ancoraggio;
ancora una volta l'interpellante è convinta che il comportamento della Contship sia legato solo al mantenimento monopolistico delle banchine, in modo da impedire l'inserimento di altre società concorrenti;
va, altresì, evidenziato che mentre il Governo nazionale rafforza e finanzia con milioni di euro i porti e le piattaforme logistiche liguri e dell'Adriatico, a Gioia Tauro vengono riservate scarse risorse nella distribuzione delle stesse;
in questo frangente non possono essere sottaciute le avvenute dimissioni dell'ingegner Vincenzo Iacono dalla carica di amministratore delegato della Contship e la nomina dell'ingegner Domenico Bagalà nuovo amministratore delegato;
occorre, inoltre, ricordare che il gruppo Contship non si è mai impegnato a trattenere altre società, ha di recente svenduto alcune gru, non ha investito su nuove attrezzature per il rinnovo del parco mezzi e delle strutture del terminal;
la società Maersk, socio di minoranza della Med Center, colosso danese numero uno al mondo nel trasporto container,

dopo aver già dirottato i volumi di traffico verso PortoSaid, ha annunciato che dal prossimo mese di luglio taglierà anche l'ultima linea che fa ancora tappa in Calabria;
la decisione della Maersk provocherà perdite di volumi traffico e conseguenti esuberi di personale che si aggireranno tra il 25 e il 30 per cento dei dipendenti;
a questi esuberi verranno aggiunti quelli delle aziende esterne che lavorano per MCT, circa 600-700 lavoratori; il tutto in un territorio ed in una regione, la Calabria, che già presenta un preoccupante alto tasso di disoccupazione;
il Ministro dell'economia e delle finanze durante una sua visita a Reggio Calabria, il 12 maggio 2011, ha dichiarato di dover approfondire la conoscenza sulla situazione del porto di Gioia Tauro, mostrando così, ad avviso dell'interpellante, come il dramma occupazionale che sta per nascere in quell'area non è all'attenzione del Governo nazionale;
i segnali dell'abbandono di Maersk arrivano da tempo, con un rallentamento della movimentazione e con una strana situazione che la MSC aveva creato nel mese di gennaio dell'anno in corso, aprendo la via a 30 ore di fermo del porto, denunciando «assenteismo e bassa produttività»;
la MCT ha chiesto un ulteriore aiuto economico, ma sembra assurdo che lo stesso possa essere concesso senza un adeguato piano industriale che la società non sembra, all'interpellante, in grado di proporre, considerati gli interessi ormai già dirottati verso altri porti nazionali ed internazionali;
il Governo centrale sembra non aver riservato attenzione al porto di Gioia Tauro neppure aiutandone la competitività con lo sviluppo della logistica, considerato che nel piano della logistica, approvato da poco, sono state riservate solo alcune righe al porto in questione;
non appare, inoltre, chiara la situazione esistente tra Contship e MSC, in termini di quote societarie;
da anni viene richiesta, senza riscontro alcuno, ai Governi centrale e regionale una strategia chiara e di ampio respiro utile a garantire la polifunzionalità del porto di Gioia Tauro, ed oggi quella realtà rischia davvero di essere posta ai margini del sistema portuale italiano e mediterraneo;
nel settembre 2010 è stato approvato l'accordo di programma quadro (Apq) per Gioia Tauro, tanto declamato dalla regione Calabria, ma ad oggi è rimasto solo sulla carta;
ad avviso dell'interpellante, ai tavoli di concertazione in atto ci si siede senza avere piena e chiara contezza di quali siano le reali strategie, da una parte della Contship e dall'altra della regione Calabria e del Governo centrale, per salvaguardare il porto di Gioia Tauro ed il relativo versante occupazionale -:
dal 1994 ad oggi quante risorse statali abbia assorbito la Contship attraverso MCT di Gioia Tauro, fra contratto d'area, cassa integrazione straordinaria ed ordinaria e finanziamenti all'attività, utili per l'acquisto di mezzi mobili, peraltro a Gioia obsoleti per quanto riguarda la metà delle gru e tutto il parco stader-carrier;
a quanto ammonti la perdita per il demanio che a partire dal 1995 ha concesso alla MCT un milione e mezzo di metri quadrati per circa un miliardo di vecchie lire all'anno, prezzo politico e assolutamente fuori mercato per il terminal che per la sua posizione strategica, e fino a quando la Contship non ha acquistato il terminal di Cagliari e sul secondo terminal di Tangeri, ha bruciato tutte le tappe nel qualificarsi primo porto del Mediterraneo;
se non ritengano necessario ed urgente prevedere in una prossima iniziativa normativa un limite di cessione delle quote societarie di un terminalista che alimenta

il proprio capitale dalle concessioni ottenute nelle aree depresse a prezzo politico e non in linea con il mercato;
a quanto ammonti il beneficio costituito nel 2010 per MCT, già beneficiata da tre mesi di cassa integrazione e dalla continuità di traffico, e per MSC monocliente del terminal, dalla riduzione delle tasse di ancoraggio operata dall'autorità portuale;
se ritengano doveroso non autorizzare la nuova richiesta di cassa integrazione guadagni ordinaria da parte della Contship, per mantenere i lavoratori ritenuti in esubero del Porto di Gioia Tauro negli altri terminal dove la stessa Contship ha aumentato i flussi di lavoro;
se non ritengano far sì che la Contship restituisca le corrispondenti aree attrezzate dallo Stato nel porto di Gioia Tauro al fine di consentire all'autorità portuale una seria ed equilibrata azione di marketing;
quanti siano i soldi pubblici investiti nel porto di Gioia Tauro dalla sua nascita ad oggi e gli spazi, all'interno dello stesso, utilizzati per la crescita occupazionale;
se non ritengano necessario ed urgente considerare la struttura portuale di Gioia Tauro come priorità nazionale e creare quindi un unico tavolo di concertazione tra Governo nazionale, regioni e organizzazioni sindacali;
se la polifunzionalità del porto di Gioia Tauro sia inserita nel Piano per il Sud;
se non ritengano, infine, di dover assumere celeri iniziative per la riforma delle normative concernenti porti nazionali.
(2-01091)«Angela Napoli».

Interrogazione a risposta in Commissione:

PELUFFO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
lo stabilimento ex SISAS situato in Rodano (MI) occupa una superficie di 330 mila metri quadrati ed è compreso nel cosiddetto «Polo chimico di Pioltello-Rodano». In questa area erano stimate essere presenti in due discariche, denominate A e B, circa 280.000 tonnellate di rifiuti industriali (idrocarburi policiclici aromatici, residuo della produzione di colle e solventi contaminati con mercurio) di cui 50.000 tonnellate di nerofumo, dovuti ai processi produttivi. Una terza discarica, denominata C, sarebbe stata già svuotata di circa 35.000 tonnellate di rifiuti;
il polo chimico di Pioltello-Rodano è inserito nella lista dei siti di bonifica di interesse nazionale;
dal 1986 il tribunale di Milano ha condannato SISAS alla bonifica delle discariche, ma la sentenza è stata disattesa e dunque è sfociata nell'apertura da parte della Commissione europea di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia nel 2002 per violazione della direttiva EC 1975/442/CEE;
la condanna arriva nel settembre 2004 per non avere ancora bonificato, a distanza di anni, le tre discariche ritenute pericolose e illegali, in violazione di direttive dell'Unione europea riguardanti l'obbligo di autorizzazione delle discariche e l'obbligo alla prevenzione dei danni all'ambiente, all'atmosfera e alla salute umana (caso C 383-02);
il 21 dicembre 2007 è stato sottoscritto un accordo di programma (AdP) da 120 milioni di euro (poi saliti a 164, ma la regione ha erogato solo 32 milioni) tra tutti gli enti pubblici interessati (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione Lombardia, provincia di Milano e comuni di Pioltello e di Rodano) e TR Estate 2, la società originariamente incaricata della bonifica;

il 24 giugno 2010, TR Estate 2 decide unilateralmente di ritirarsi dall'AdP, accusando gli enti pubblici di non aver rispettato la tempistica prevista per le autorizzazioni allo smaltimento dei rifiuti. TR Estate 2 dichiara di aver impiegato 25 milioni di euro per questi due anni di attività, avendo bonificato completamente la discarica C, asportando 35.000 tonnellate di scorie;
in conseguenza di quanto verificatosi, i primi giorni di settembre 2010 il commissario delegato su ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri per la bonifica dei sito Sisas ha indetto una gara concernente lo smaltimento dei rifiuti residui, vinta da Daneco Impianti per euro 36.8 milioni. I lavori dovrebbero terminare entro marzo 2011;
il 28 ottobre 2010, la Commissione europea, prendendo atto della data indicata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, ritenendo che l'Italia non abbia ottemperato all'obbligo di sanare la situazione relativa ai rifiuti illegalmente stoccati nell'area ex SISAS, ha deferito ancora una volta l'Italia alla Corte europea di giustizia, chiedendole di imporre sanzioni finanziarie pari a 195.840 euro al giorno a partire dalla data della eventuale seconda sentenza della corte fino al giorno dell'effettiva ottemperanza degli obblighi imposti, ed una sanzione unica pari a 21.420 euro al giorno per il periodo intercorrente tra la data della prima sentenza e quella della seconda;
al 4 gennaio 2011, secondo il comune di Pioltello, sarebbero state smaltite circa 50.000 tonnellate di scorie, pari a circa 1/6 della quantità totale, comprese e 50 mila tonnellate di nerofumo definite dalla stampa come maggiormente pericolose a causa di elevati livelli di contaminazione da mercurio. Visto che non sarebbe possibile smaltire questi rifiuti in discariche italiane, per la scarsa disponibilità di impianti autorizzati a ricevere rifiuti pericolosi, la Daneco Impianti ha conferito le scorie ad una discarica gestita dalla società spagnola Befesa, situata in Nerva (Huelva) nella regione Andalusia;
oltre ai rifiuti provenienti dall'area ex SISAS la discarica di Nerva accoglie notevoli quantità di rifiuti, anche pericolosi, in provenienza dai lavori di bonifica dello stabilimento ex Stoppani di Cogoleto (Genova) e gestite dalla ditta Riccoboni S.p.A oltre che rifiuti pericolosi in provenienza dalla società Ilva di Genova;
queste spedizioni in partenza dal porto di Genova sono state oggetto di contestazioni da parte di associazioni ecologiste e partiti spagnoli, in quanto la discarica di Nerva non risulta essere dotata di quegli impianti di pre-trattamento, sia termico che fisico-chimico, che soli potrebbero permettere il necessario smaltimento in sicurezza dei rifiuti pericolosi in provenienza dall'Italia;
il 4 febbraio 2011, il commissario delegato scrive al sindaco del comune di Pioltello dichiarando che al 31 gennaio 2011, circa 213.000 tonnellate di rifiuti pericolosi e non pericolosi, di cui circa 134.000 tonnellate sono state avviate a smaltimento in impianti autorizzati, le rimanenti 62.700 tonnellate sono state confinate in sicurezza all'interno dell'area Sisas in attesa di un non meglio precisato «conferimento» ad impianti autorizzati entro la seconda/terza decade di febbraio 2011;
il 18 febbraio un articolo pubblicato dal quotidiano Il Manifesto pubblica una fotografia che mostra come dei sacchi bianchi («big bags») siano in fase di carico sulla nave «Zeeland» in provenienza da un automezzo identificabile come proprietà della società «Settentrionale Trasporti» specializzata nel trasporto rifiuti. I «big bags» dovrebbero contenere i rifiuti pericolosi dell'area ex SISAS. La «Zeeland» è poi salpata in direzione del porto di Siviglia, da dove i rifiuti vengono trasportati verso la discarica di Nerva;
nei giorni 25, 26 e 27 febbraio 2011 Greenpeace riceve segnalazioni ritenute credibili in merito ad ulteriori, intensi traffici di mezzi pesanti in uscita dall'area ex SISAS in direzione di semplici aree di stoccaggio lombarde, quali: Vallesabbia

Servizi, Agnosine (Brescia); Solter srl, Saronno (Varese); Gamma Recuperi srl, Cornaredo (Milano). Questa operazione di «parcheggio» dei rifiuti, in attesa del loro smaltimento finale, contraddice le pochissime notizie filtrate finora sullo stato dei lavori confermando quindi anche l'assoluta opacità sui siti di smaltimento finale dei rifiuti e sollevando vivissima preoccupazione rispetto alla possibilità che decine di migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi vengano disperse nel territorio lombardo, causando un inquinamento diffuso e difficilmente tracciabile. Ma non solo la Lombardia sembra interessata da queste operazioni, nella seconda metà di marzo, secondo quanto riferito da organi di stampa, una protesta locale ha impedito ad alcuni mezzi di scaricare materiale proveniente dalla bonifica dell'area ex-Sisas di Pioltello nella discarica sita in frazione Pogliani del comune di Chivasso (TO);
il 7 marzo 2011, la società Daneco Impianti rilascia un comunicato stampa affermando che - secondo analisi condotte in proprio ed apparentemente non validate da laboratori pubblici - nelle discariche A e B sarebbero presenti 59.000 tonnellate di rifiuti pericolosi, di cui 7.800 tonnellate contaminate da mercurio a livelli superiori la soglia di pericolosità definita dalla legislazione vigente;
Daneco Impianti afferma di aver spedito a Nerva 25.000 tonnellate di rifiuti pericolosi classificati secondo il codice CER 19.13.01* - rifiuti derivanti da bonifiche contenenti sostanze pericolose -. Secondo Daneco, «il sito in questione è costituito da impianti per il trattamento chimico-fisico dei rifiuti pericolosi (D9), nonché inertizzazione e stabilizzazione previsti dalla normativa vigente». Daneco avrebbe effettuato queste spedizioni di rifiuti in base ad una specifica autorizzazione all'importazione rilasciata dalle autorità andaluse;
il 7 marzo, le autorità andaluse hanno inviato a Greenpeace copia dell'autorizzazione (referenza IT 013587) all'importazione rilasciata alla Daneco Impianti per un totale di 60.000 tonnellate di rifiuti provenienti dall'area ex Sisas di Pioltello-Rodano. L'autorizzazione concerne rifiuti classificati con codice CER 19.13.02 ovvero rifiuti non pericolosi provenienti da attività di bonifica;
se si dovesse confermare che questa è l'unica autorizzazione esistente, si può ipotizzare che la Daneco avrebbe intenzionalmente declassificato i rifiuti pericolosi spediti in Spagna a meno che le autorità andaluse non abbiano volutamente reso pubbliche informazioni parziali e, in definitiva, fuorvianti;
i rifiuti di Cornaredo si trovano presso la Gamma Recuperi srl, una società che prima d'ora sembrerebbe non essersi mai occupata di rifiuti pericolosi. L'amministratore unico della Gamma Recuperi è Carlo Mignosi, che è pure socio e amministratore unico della EURAM SRL, altra società che si occupa di trattamento e smaltimento di rifiuti pericolosi, la cui sede è sempre in via Verona a Cornaredo. Da quanto è stato dichiarato ai giornalisti de Il Giorno, che sono stati alla Gamma Recuperi in data 4 maggio, a Cornaredo si trovano 4000 tonnellate di rifiuti ex SISAS. Un quinto dei rifiuti conferiti sarebbe già stato trasferito in Germania. Il resto dovrebbe essere trasferito con circa 160 trasporti entro la fine di maggio;
i rifiuti, una volta lasciata la Gamma Recuperi, vengono portati a Baranzate, alla Ecoltecnica Italiana spa di via Cristina di Belgioioso (www.ecoltecnica.com). Secondo le informazioni raccolte nella rete, si tratta di una società che è già stata protagonista di operazioni poco limpide;
l'Ecoltecnica è stata infatti al centro di un'indagine che nel dicembre 2003 si è conclusa con l'arresto di due dirigenti per aver favorito lo smaltimento irregolare di rifiuti speciali. I Carabinieri del NOE avevano accertato l'ingresso di carichi di rifiuti pericolosi, che dopo una breve sosta uscivano come normali grazie alla modifica dei formulari di trasporto, come riportato in un articolo del Corriere della sera del 30 luglio 2004;

i materiali provenienti da Cornaredo vengono portati presso la Ecoltecnica, dove rimarrebbero massimo due ore e poi proseguono per la Germania. Questo passaggio potrebbe servire a facilitare l'ingresso dei carichi in altri Paesi europei, in quanto la Ecoltecnica è un'azienda attiva da anni e conosciuta, mentre la Gamma Recuperi, come già detto, non risulta neanche iscritta all'albo -:
se corrispondano al vero le notizie riportate, quali siano i dettagli della vicenda dei rifiuti della ex Sisas e quali siano le motivazioni di stoccaggio dei materiali a Cornaredo prima, gestiti dalla Gamma Recuperi, e successivamente a Baranzate gestiti dalla Ecoltecnica che a sua volta dovrebbe inviarli all'estero e quali siano i motivi per cui i rifiuti non siano stati inviati all'estero immediatamente dal sito della ex Sisas;
se gli appalti alle varie società siano conformi al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE», se tutte le società avevano le caratteristiche previste dalla 163/2006 o tali appalti siano andati in deroga attivando i poteri commissariali;
se non risultino attività di declassamento per i rifiuti inviati in Spagna viste le dichiarazioni inserite nel dossier di Greenpeace;
vista la tossicità dei rifiuti se esistano pericoli di salute per la cittadinanza residente nei comuni dove è avvenuto lo stoccaggio e se i luoghi dove sono stati stoccati rifiuti abbiano l'autorizzazione per questo tipo di rifiuti tossici e se sia stato monitorato l'eventuale inquinamento causato.
(5-04811)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la legge 5 luglio 1982, n. 441, contiene disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale e reddituale di titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti;
tali disposizioni risultano applicate ai parlamentari e ai membri del Governo, i cui redditi e situazioni patrimoniali sono pubblicati con rilievo dagli organi di informazione;
è poco nota, invece, l'attuazione alla citata legge rispetto ai numerosi soggetti indicati all'articolo 12 e cioè i titolari di cariche direttive di alcuni enti -:
quanti siano i soggetti di cui all'articolo 12, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 4), che hanno presentato la dichiarazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri negli ultimi anni e i cui dati risultano disponibili;
in quanti casi, nello stesso periodo, il Presidente del Consiglio dei ministri abbia dovuto ricorrere alla diffida di cui all'articolo 14 nei confronti dei soggetti inadempienti;
in quali forme sia stata data pubblicità alle dichiarazioni dei soggetti di cui all'articolo 12, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 4), come la citata legge prevede.
(4-12073)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
Medici Senza Frontiere ha inviato una lettera ai capi di Stato e di Governo dell'Unione europea, ai presidenti delle istituzioni europee e agli uffici dell'Alto commissariato dell'ONU per i rifugiati, dell'Alto commissariato dell'ONU per i diritti umani e dell'Organizzazione internazionale per la migrazione. È stata successivamente pubblicata su diversi quotidiani nazionali di vari Paesi europei;
nella lettera, l'organizzazione medico umanitaria critica la politica contraddittoria europea, che da un lato proclama di

condurre una guerra per proteggere i civili e dall'altro chiude le sue frontiere alle vittime della guerra stessa, con il pretesto di prevenire un afflusso massiccio di immigrati irregolari;
nella lettera inviata al Presidente del Consiglio firmata da Konstantinos Moschochoritis direttore generale di Medici Senza Frontiere Italia, si segnala tra l'altro, che mentre l'Egitto e la Tunisia hanno già accolto oltre 630.000 persone in condizioni difficili, gli Stati europei sono attualmente impegnati in una competizione tra egoismi che punta, in pratica, a restringere l'accesso al territorio europeo a queste vittime della guerra, in nome della lotta all'immigrazione irregolare;
si ricorda, altresì, che l'Italia impegnandosi in questa guerra, si è anche impegnata ad assumersene tutte le conseguenze e dunque a fare di tutto per limitarne l'impatto sulle popolazioni civili. Si tratta sia di un obbligo legale rispetto alle convenzioni internazionali, di cui l'Italia è firmataria, sia di una responsabilità morale;
dall'analisi dell'organizzazione, ad oggi, migliaia di persone, vittime della guerra, pagano il prezzo di una politica priva di coerenza e la lettera che si rivolge direttamente al Presidente del Consiglio ribadisce come le responsabilità per la protezione dei civili in Libia e per la tutela dei diritti delle vittime della guerra ricadano sulla sua figura -:
se il Governo sia a conoscenza dei contenuti della sopra citata lettera;
se e come intenda rispondere alle considerazioni e alle richieste di Medici Senza Frontiere, la più grande organizzazione medico umanitaria al mondo.
(4-12075)

LARATTA, CESARE MARINI, ANGELA NAPOLI, LO MORO e OLIVERIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
a Reggio Calabria esiste una scuola dello sport istituita dal CONI regionale;
detta scuola ha sede presso immobili messi a disposizione dal comune di Reggio Calabria ed è cofinanziata dalla regione;
il CONI regionale calabrese aveva inviato per gli esami alla sede centrale del CONI a Roma aspiranti docenti per la scuola dello sport;
la maggior parte di detti aspiranti docenti segnalati dal Coni Calabrese non ha superato l'esame;
il CONI calabrese ha ritenuto di utilizzare egualmente i suddetti soggetti nonostante la bocciatura, inventando di sana pianta l'istituto del Tutor per il docente che equivarrebbe al tutor di sostegno per colui che deve insegnare;
il presidente del CONI calabrese in una trasmissione televisiva ha ammesso che tra gli aspiranti docenti bocciati e poi utilizzati con il singolare artificio del tutor per il docente, ci siano alcuni politici locali, nonché consorti di esponenti di primissimo piano della Regione Calabria;
è assolutamente necessario salvaguardare la credibilità del CONI, garantendo la correttezza delle procedure utilizzate per fare fronte ai fini istituzionali e la tradizione di qualità e competenza delle strutture del comitato a tutti i livelli;
sarebbe indispensabile evitare che le istituzioni sportive siano al servizio delle esigenze clientelari e familistiche della politica e di una logica perversa, che porta all'utilizzazione di enti e strutture pubbliche per soddisfare esigenze di parte e di gruppi politici dominanti -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto su esposto e cosa intenda fare a proposito;
quali iniziative, nell'ambito della propria competenza, si intendano adottare per impedire la perdita di credibilità da parte delle istituzioni sportive calabresi e nazionali.
(4-12090)

TESTO AGGIORNATO AL 30 MAGGIO 2011

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

RUBINATO, FOGLIARDI, LULLI e VIOLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
mercoledì 11 maggio 2011 le imprese iscritte al Sistri hanno organizzato un test di operatività del nuovo sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti, per provare la tenuta e l'efficienza del sistema;
il risultato della prova generale (cosiddetto clic day) indetto dalle categorie produttive è stato a detta di tutte costoro un vero «flop», con sito internet bloccato, chiavette usb non funzionanti, call center muto;
per fare un solo esempio, il clic day sperimentato nella provincia di Treviso ha visto cercare di collegarsi 200 industriali trevigiani, 250 agricoltori e 500 artigiani, passati tramite le associazioni, oltre a numerosi uffici ambiente degli enti locali, ma il sistema era i già in tilt la mattina alle ore 9, seguitando a incedere a singhiozzo fino a sera. La stragrande maggioranza delle imprese ha segnalato l'impossibilità di accedere o completare la registrazione e ripetuti blocchi del sistema con relative apparizioni di scritte del tipo «si è verificato un errore», «il server, a causa di un errore interno, non ha potuto soddisfare questa richiesta», «contattare l'amministratore di sistema per ulteriori informazioni». I rari casi di successo hanno richiesto tempi lunghissimi, mentre le difficoltà sono state molte, soprattutto per l'accesso al servizio; inoltre anche il call center di supporto era irraggiungibile;
le associazioni di categoria hanno quindi inviato una lettera al Presidente del Consiglio ed al Ministro interrogato in cui affermano che questi problemi hanno interessato il 90 per cento delle imprese del Paese e, tenuto conto che non si è certo raggiunto l'11 maggio l'apice di collegamenti che si prospetta con l'entrata in vigore del Sistri dal 1o giugno 2011, hanno chiesto di prorogare l'entrata in vigore del sistema, per rivedere i princìpi di funzionamento e l'operatività complessiva del tracciamento digitale;
pur condividendo gli obiettivi del sistema di tracciabilità dei rifiuti, che dovrebbe servire a garantire maggiore trasparenza e a combattere la criminalità organizzata in un settore critico, oltre che comportare una semplificazione della gestione, eliminando la documentazione cartacea, le rappresentanze delle imprese ritengono infatti che così com'è stato realizzato si rischi solo di far ritrovare le imprese in una situazione troppo complessa da gestire, in quanto il SISTRI non è stato, a loro avviso, sufficientemente collaudato e rende impossibile a molte di esse rispettare la normativa vigente in materia, con la conseguente possibile soggezione a sanzioni, ritenute oltretutto sproporzionate rispetto alla reale gravità della violazione;
il Governo, d'altra parte, continua ad affermare che i problemi sarebbero dovuti alla mancata preparazione all'evento da parte delle associazioni di categoria, principale fattore della congestione del sistema nella predetta giornata, ed il direttore operativo di SISTRI ha affermato che normalmente produttori, trasportatori e gestori di rifiuti lavorano con tempi diversi e non si collegano certo tutti insieme;
in particolare, nella risposta data dal Ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito ad una recente interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-01649 dell'onorevole Mario Pepe, il Governo ha confermato che il sistema sarà operativo dal 1o giugno prossimo e che le proroghe sin qui concesse sono dipese «da molti fattori. Innanzitutto, dall'ampia gamma dei soggetti interessati, oltre 320.000 soggetti pubblici e privati coinvolti lungo tutta la filiera dei rifiuti, dalle dimensioni più differenziali ed appartenenti ai settori produttivi

più diversi, con diverso grado di propensione all'innovazione tecnologica e con una molteplicità di situazioni specifiche da disciplinare, e, inoltre, dalla complessità della normativa in tema di rifiuti aggiornata, per ultimo, a seguito dell'avvenuta approvazione del decreto legislativo n. 205 del 2010 di recepimento della direttiva europea 2008/98 CE», ammettendo che «sul piano operativo vi sono stati ritardi sia nella fase di iscrizione dei soggetti obbligati al Sistri, sia nella successiva fase di distribuzione dei dispositivi elettronici che, in diversi casi, hanno scontato malfunzionamenti, anche se, ad onor del vero, va detto che non sono mancati episodi di vera e propria, deliberata, resistenza al cambiamento»;
a parere degli interroganti tuttavia proprio le citate argomentazioni esposte dal Ministro Vito depongono a favore di una revisione e semplificazione del sistema, come richiesto dagli imprenditori, ad avviso dei quali il Governo non sembra avere percepito la gravità della situazione;
nelle imprese la preoccupazione è fortissima e il malumore generalizzato anche in considerazione del fatto che esse hanno già versato sia il contributo per l'anno 2010, sia quello dovuto per il 2011, senza che il sistema sia ad oggi funzionante. Al riguardo il Ministro Vito, sempre nella citata risposta all'interrogazione 3-01649, ha affermato che il versamento annuale di un contributo stabilito dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da parte degli enti obbligati ad iscriversi al Sistri è «destinato alla copertura dei costi del sistema. L'istituzione del Sistri non ha dunque comportato impiego di risorse pubbliche. Non escludiamo peraltro che, una volta terminata la contabilizzazione dei costi e delle entrate relative al 2010, possano verificarsi delle eccedenze destinabili alla riduzione dei livelli contributivi. Non sarà possibile in ogni caso procedere a tale aggiornamento per il corrente anno, vista la complessità delle verifiche che si stanno effettuando. Oltre sette mila imprese hanno infatti chiesto la revisione dei contributi versati o la loro restituzione»; infine, il Ministro ha precisato che il sistema tariffario è stato organizzato con particolare attenzione alle problematiche sollevate dalle piccole e medie imprese -:
se non si ritenga opportuno assumere iniziative per sospendere l'avvio del sistema Sistri almeno sino al 31 dicembre 2011 e, in ogni caso, quali iniziative urgenti si intendano assumere per attuare una revisione e semplificazione del sistema, atte ad evitare il ripetersi dei malfunzionamenti sopra esposti e a garantire la piena funzionalità del sistema, così da evitare ulteriori aggravi a carico delle imprese e degli enti locali, anche per prevenire il rischio concreto che aumenti sul territorio il fenomeno di abbandono sconsiderato di rifiuti pericolosi paventato dall'Anci in una recente nota sul tema;
a quale somma ammontino i contributi complessivamente versati allo Stato per l'anno 2010 e per l'anno in corso dai soggetti pubblici e privati tenuti ad iscriversi al sistema Sistri;
se non si ritenga equo che il contributo sia dovuto dai soggetti tenuti all'iscrizione solo a far data dall'efficiente funzionamento del sistema, il cui onere non può che far carico al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il quale ha assunto tutte le decisioni relative alla sua gestione, compresa quella di affidare senza gara l'appalto del progetto Sistri alla società Selex Management, con la conseguente compensazione a favore di imprese ed enti locali degli importi già versati in assenza del servizio con quelli che matureranno a far data dalla sua piena operatività, in aggiunta alla già prospettata riduzione dei livelli contributivi in caso di eccedenze delle entrate rispetto ai costi del sistema stesso.
(5-04799)

ZAZZERA e PIFFARI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
sul giornale Il Fatto Quotidiano, il responsabile di Greenpeace Italia Pippo Onufrio ha lanciato l'allarme sulla mala gestione delle scorie nucleari presenti sul territorio italiano;
dal periodo dell'uso dell'energia nucleare, in Italia sono state accumulate circa 235 tonnellate di scorie pericolose classificate di III livello, il cui volume è del 5 per cento ma che contengono il 90 per cento della radioattività;
se per la messa in sicurezza delle scorie di II livello, che corrispondono ad oltre il 90 per cento dei volumi ma che sono dotate di un tasso di radioattività del 10 per cento, l'agenzia atomica di Vienna ha suggerito la costruzione di un deposito di superficie vincolato per tre secoli, per le scorie più pericolose, quelle di III categoria, non è stata data ad oggi ancora alcuna soluzione;
ma la cosa ancor più grave è che, in attesa di una strategia di smaltimento delle scorie, come ha dichiarato Onufrio «Buona parte dei rifiuti si trova all'interno di impianti posizionati vicino all'acqua e dunque con un ancora maggiore pericolo di contaminazione con l'ambiente esterno»;
lo stato di conservazione delle scorie nucleari in Italia è dunque «totalmente fuori controllo», secondo Greenpeace, mentre le scorie liquide contenute negli ottanta bidoni presenti a Saluggia, in provincia di Vercelli, non sono state ancora solidificate;
il reattore di Saluggia, infatti, è stato successivamente trasformato in centro deposito scorie, mentre nel vicino centro Eurex, oggi si conservano barre sciolte di uranio ad altissimo livello di radioattività;
in questi centri di conservazione delle scorie nucleari, si sono verificate perdite di liquido radioattivo che, penetrando nella falda acquifera, hanno inquinato l'acqua che serve gli oltre 200 comuni di Torino, Asti e Alessandria;
questo conferma che i rifiuti nucleari italiani, proprio come denunciato da Onufrio, sono posizionati proprio vicino a sorgenti e falde acquifere, col serio rischio di avvelenamento della popolazione e dell'ambiente;
sul suolo italiano non vi sono solo i quattro reattori dismessi di Caorso, di Latina, di Garigliano di Sessa Aurunca e di Saluggia, ma anche i centri di raccolta di materiali radioattivi e di sorgenti radioattive dismesse. Questi depositi si trovano a Compoverde e a Legnano, a Trino Vercellese, a Rotondella, a Pavia, a Milano, a Montecuccolino, a Pisa, alla Casaccia di Roma, e presso gli impianti Ispra;
tutti questi centri contengo un numero impressionante di scorie radioattive e di combustibile irraggiato -:
se i Ministri interrogati, alla luce della denuncia di Greenpeace Italia citata in premessa, ritengano opportuno fornire la piena informazione sullo stato della messa in sicurezza delle scorie nucleari presenti in Italia.
(5-04803)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
quest'anno le celebrazioni per la giornata internazionale della biodiversità si sono inserite nell'ambito dell'anno internazionale delle foreste 2011, proclamato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare la comunità internazionale sul valore delle foreste e sulle enormi ripercussioni sociali, economiche e ambientali che la loro perdita comporta;
la giornata internazionale della biodiversità di quest'anno è stata incentrata sulla necessità di un'azione immediata;

al summit sulla biodiversità di Nagoya, tenutosi nel 2010 ad Aichi, in Giappone, i Governi si sono accordati su una nuova strategia per la protezione della biodiversità. Questa strategia mira ad una riduzione significativa del ritmo di perdita, degrado e frammentazione di tutti gli habitat naturali entro il 2020, foreste incluse. Uno dei più importanti strumenti istituiti in Giappone è il protocollo di Nagoya sull'accesso alle risorse genetiche e sull'equa ripartizione dei benefici derivanti dal loro utilizzo. Le foreste sono estremamente ricche di biodiversità, anche se questo patrimonio è catalogato solo in minima parte. La ratifica e l'attuazione tempestiva del protocollo di Nagoya possono facilitare tanto la protezione delle foreste quanto l'utilizzo sostenibile della biodiversità e questo, a sua volta, può contribuire ad alleviare la povertà e a favorire uno sviluppo sostenibile a livello nazionale;
quasi due decenni fa, i leader mondiali hanno incluso i princìpi sulle foreste di Rio tra i maggiori successi del summit della Terra, durante il quale era stata stilata anche la convenzione sulla diversità biologica. L'anno prossimo, i Governi si riuniranno nuovamente a Rio per la conferenza ONU sullo sviluppo sostenibile (Rio + 20);
in Italia quello che si è appena concluso è stato un anno decisamente nero per quanto riguarda l'ambiente del nostro Paese. Il 2010 è stato l'anno internazionale della biodiversità, ma nonostante questo, nel nostro Stato, il più ricco proprio dal punto di vista della biodiversità (con oltre 57 mila specie animali e 12 mila floristiche), questa risulta essere seriamente in pericolo. Oltre agli scarsi risultati per quanto riguarda il 2010, si attesta una mancanza di prospettive per il 2011. Non vi sono in alcun modo le basi per una politica ambientale di stampo europeo, e la denuncia proveniente dagli esperti che operano nel settore è che ogni azione di tutela e di conservazione è sacrificata nel nome di determinati interessi -:
come il Governo si stia adoperando a tutela della biodiversità, di fondamentale importanza per la sopravvivenza della stessa specie umana e per la sussistenza della Terra;
se il Governo intenda sopperire, e in che modo, a quella che all'interrogante appare una mancanza di integrazione dalle politiche ambientali e di una strategia sostenibile all'interno degli ambiti d'azione del Governo stesso.
(4-12067)

DE POLI e DELFINO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
giungono notizie allarmanti da Confartigianato imprese Veneto sul totale malfunzionamento del sistema SISTRI; la giornata di prova era stata organizzata di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e lo strumento per la tracciabilità informatica dello smaltimento dei rifiuti pericolosi è saltato sotto gli occhi di tutti al primo clic della prova, un disastro telematico e soprattutto uno spreco di denaro pubblico;
tutte le imprese aderenti alle organizzazioni imprenditoriali, dell'industria, dell'artigianato e del commercio sono state invitate a collegarsi all'apposito sito ministeriale per una sorta di prova generale del sistema che ha evidenziato la difficoltà di funzionamento dell'intero impianto. In Italia sono oltre 20.000 le imprese che hanno partecipato a questa simulazione ed il sistema ha dimostrato tutta la sua fragilità. Anche il Veneto ha partecipato attivamente a questo test grazie al coinvolgimento di tutte le sette associazioni territoriali;
sono stati rilevati malfunzionamenti di vario genere: dalla lentezza del sistema, alla difficoltà di accesso, ad istruzioni incomplete. Tutte le imprese aderenti a Confartigianato Veneto chiedono il ritiro dello strumento informatico SISTRI, il recupero di tutte le quote che le imprese hanno ingiustamente pagato nel 2010 e 2011 (se il sistema non funziona, tutte le

imprese che hanno versato in due anni 200 milioni di euro rischiano dal 1o giugno 2011 - giorno dell'effettiva entrata in vigore - delle sanzioni che risulterebbero una beffa) e la revisione profonda dell'intero impianto normativo in materia ambientale. In realtà è, ad avviso dell'interrogante, sconcertante e allarmante quello che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha affermato sul sistema SISTRI, ossia che i problemi rilevati in rete sono superabili e anche che si ritiene superato lo stress test; ma i numeri forniti da Confartigianato imprese Veneto parlano chiaro, su oltre 3500 segnalazioni di imprese che hanno tentato di collegarsi al SISTRI il 90 per cento ha segnalato gravi problemi di funzionamento, le cui cause principali sono: impossibilità di accesso per motivi vari, mancato funzionamento dei dispositivi, indisponibilità del portale, rinuncia alle operazioni per estrema lentezza; solo nel restante 10 per cento dei casi si sono registrati elementi positivi (compilazione di schede) raggiunti anche con grandi riserve (lentezze, ripetute prove) -:
in che modo il Ministro intenda intervenire, anche sulla base delle istanze delle imprese aderenti a Confartigianato Veneto e delle altre associazioni di categoria che chiedono una proroga di almeno un anno che consenta una profonda revisione sia dal punto di vista tecnico sia dell'intero impianto normativo.
(4-12074)

DI PIETRO, FAVIA e PIFFARI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
si è recentemente costituito il Comitato nazionale per il monitoraggio e la bonifica dei siti contaminati da ordigni bellici chimici inabissati o interrati durante e dopo il secondo conflitto mondiale;
il Comitato è formato da rappresentati di associazioni e comitati operanti nelle zone più colpite in Italia: lago di Vico, Molfetta, Colleferro, Ischia, Pesaro e Cattolica. Presto entreranno a far parte del comitato nuove realtà in rappresentanza di altre aree fortemente colpite;
il problema dei residui bellici ha origini lontane: nel 1941 l'Italia disponeva di uno dei più grandi arsenali al mondo di armi chimiche e biologiche, tra cui antrace, iprite, virus, batteri. La fabbrica dei veleni ha contribuito alla costruzione dell'impero della dittatura fascista, mietendo vittime in Libia e in Etiopia, colpendo i volontari spagnoli che lottavano per la libertà e costando un prezzo altissimo anche all'Italia. Intere zone del Paese sono state contaminate dalle armi chimiche durante le fasi di sperimentazione e alla fine della guerra, soprattutto davanti alle coste delle Marche, della Puglia e nel Golfo di Napoli, dove sono state scaricate numerose testate letali;
in particolare, nel corso della seconda guerra mondiale (specie nel biennio 1944-1945) l'aviazione tedesca ha scaricato nell'intero mare Adriatico numerosi ordigni chimici, contenenti materiale altamente velenoso e cancerogeno, principalmente iprite e in parte anche arsenico (stando a quanto rappresentato nel noto volume di Gianluca Di Feo, intitolato «Veleni di Stato», si tratterebbe - per la sola zona costiera di Pesaro - di 84 tonnellate di ordigni all'arsenico e di 4.300 grandi bombe C500T all'iprite contenenti 1.316 tonnellate del gas);
in alcune località afflitte dal medesimo problema (Molfetta, a titolo esemplificativo) - dopo anni di richieste - sono finalmente iniziate le operazioni di rimozione degli ordigni chimici presenti nei fondali e di bonifica straordinaria a cura dei Ministeri interrogati;
ad una precedente sollecitazione del sindaco di Pesaro, Luca Ceriscioli, risalente al 10 marzo ed al 30 aprile 2010, il Ministero della Difesa interessato - con propria nota n. 2010/2/28833/6-4-2 del 21 giugno 2010 - ha risposto sostenendo che «non risultano in epoca recente testimonianze

di ordigni bellici con caricamento all'iprite nelle acque antistanti il litorale marchigiano»;
come invece risulta oggi dalla ricerca documentale condotta dal national archives di Londra, finalmente resa disponibile, tali ordigni effettivamente ci sarebbero e, alla luce delle nuove informazioni, le coordinate delle bombe chimiche depositate nell'alto mare Adriatico risulterebbero essere le seguenti: 43o,59',05" N, 12o,45' E e 43o, 59', 25« N, 12o, 50' E (all'altezza della costa tra Misano e Cattolica); 43o, 55', 00» N, 13o, 00' E e 43o, 53', 30" N, 13o, 00' E (tra i tratti di costa compresi tra Pesaro e Fano) -:
se i Ministri interrogati siano al corrente di tale grave situazione per l'incolumità pubblica e quali iniziative intendano sin da subito assumere per procedere dapprima alla concreta individuazione e quindi alla definitiva rimozione dei pericolosi ordigni chimici presenti nei fondali dell'alto mare Adriatico.
(4-12080)

BARBIERI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
le vie Aristotele e Cannizzaro del comune di Modena ricadono all'interno di un'area protetta, denominata PA1 (protezione primaria), per la presenza in quei luoghi dell'acquedotto comunale e di alcuni pozzi acquiferi;
il piano regolatore del comune di Modena, risalente all'anno 1987, prevede che in queste aree si possano ampliare gli insediamenti esistenti ma non costruirne di nuovi;
il testo unico sull'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006) definisce intorno ai pozzi una fascia di rispetto del raggio di 200 metri dal punto di captazione. Il PTA (piano di tutela delle acque) della regione Emilia Romagna non prevede un'apposita normativa sulle fasce di rispetto ed il PTCP (piano territoriale di coordinamento della provincia di Modena) si rifà alla normativa nazionale sulla fascia di rispetto;
l'edificazione sulle aree soggette al vincolo PA1 è soggetta, inoltre, ad una serie di altri vincoli quali: a) divieto di palificazioni; b) fondazioni solo superficiali; c) parcheggi solo impermeabilizzati;
il comune di Modena ha annunciato la modifica del piano regolatore per realizzare, all'interno dell'area di protezione primaria PA1 di via Aristotele e di via Cannizzaro, un intervento edilizio con centinaia di alloggi;
anche qualora la zona di rispetto di cui all'articolo 94 del decreto legislativo n. 152 del 2006 sia stata formalmente rispettata, appare all'interrogante molto rischioso per la salute pubblica realizzare in prossimità di un acquedotto, nel caso di Modena come in altri analoghi, un intervento edilizio delle proporzioni di quello sopra descritto -:
se il Ministro interrogato intenda promuovere una revisione della disciplina di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, rendendo più stringenti i vincoli per le attività che possono essere svolte nella zona di rispetto finalizzata a garantire la qualità delle acque destinate al consumo umano e introducendo tutte le cautele necessarie a evitare situazioni di rischio per la salute come quella di cui in premessa.
(4-12091)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

RAMPELLI e MARSILIO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'Arma dei carabinieri, attualmente, ha un'organizzazione territoriale articolata in circa 4.700 stazioni, comandate da validissimi, marescialli e luogotenenti e lo Stato, al fine di mantenere detti comandi,

paga regolarmente i canoni di locazione delle strutture e i connessi servizi di manutenzione delle stesse;
ad oggi, in aggiunta ai numeri di cui sopra, vi sono circa 2.000 stazioni non più operanti, chiuse al pubblico e spesso destinate ad altre funzioni, con palese compromissione della sicurezza e maggior rischio per la legalità, e altrettanto evidente danno nei confronti dei cittadini che insistono sui territori di competenza;
da notizie più volte riportate da organi di stampa l'Arma dei carabinieri ha un deficit di organico stimabile, secondo le ultime valutazioni, intorno alle 7.000 unità;
un numero rilevante di carabinieri ausiliari in congedo, pur avendo prestato servizio nell'Arma con abnegazione e spirito di sacrificio, si ritrova ad oggi tra le fila del precariato, non avendo avuto, al termine delle ferma contratta, la possibilità di uno sviluppo di carriera nelle Forze armate o nelle Forze di polizia ad ordinamento militare o civile;
la maggior parte degli ausiliari di cui al punto precedente, al termine del percorso nell'Arma, è risultata idonea al proseguimento di carriera, ma non è stata prescelta per la ferma quadriennale, venendo quindi congedata per esubero e di conseguenza esclusa dall'immissione nei ruoli del servizio permanente delle Forze armate;
per il completamento dell'organico, l'Arma dei carabinieri in più occasioni ha indetto concorsi pubblici, ai quali hanno avuto accesso sia ex appartenenti alle Forze armate sia privati cittadini;
il decreto legislativo n.198 del 1995 nel dettare norme relative al reclutamento dei carabinieri, ha richiamato la legge n. 537 del 1993, la quale prevedeva che il Governo emanasse uno o più regolamenti per «incentivare il reclutamento di cui alla legge 24 dicembre 1986, n.958 e successive modificazioni, riservando ai volontari congedati senza demerito l'accesso alle carriere iniziali nella Difesa, nei Corpi armati e nel Corpo militare della Croce rossa», allo scopo di istituire riserve di posti per i congedati senza demerito dalle Forze armate;
le quote di cui al punto precedente sono state però superate nei fatti, tanto che nei recenti concorsi banditi dall'Arma dei carabinieri per gli ausiliari in congedo non è stata prevista alcuna riserva di posti, visto che le stesse sono state destinate esclusivamente agli appartenenti ad altri corpi delle Forze armate, seppur con medesima «qualifica» degli ausiliari (VFP1-VFP4-VFB), con evidente discrimine nei confronti degli ultimi;
l'esclusione dalle riserve di posti degli ausiliari in congedo a favore di altri ex appartenenti alle Forze armate non risponde, ad avviso degli interroganti, ad alcun criterio di meritocrazia e tanto meno di economicità, vista la necessità di svolgere, per i non ausiliari, corsi di formazione che non sarebbero certamente necessari per personale già formato, a suo tempo operativo e per di più già legato da giuramento all'Arma dei carabinieri;
sebbene nel tempo siano state emanate norme (decreto-legge n.64 del 2002, legge n.226 del 2004) volte a favorire il reintegro nei ruoli dell'Arma dei carabinieri degli ausiliari in congedo, solo un numero esiguo di essi ha visto soddisfatte le proprie aspettative, nonostante le vaste lacune nell'organico da sempre denunciate dai vertici dell'Arma;
l'attuale quadro geopolitico ha più volte richiesto un innalzamento dei livelli di sicurezza interno ed esterno, e il continuo deficit di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia non depone certo a favore di un impiego più capillare degli appartenenti alle stesse, per mansioni fondamentali quali il controllo del territorio e degli obiettivi sensibili;
la diffusa partecipazione dell'Italia a missioni internazionali, con un impiego costante dell'Arma dei carabinieri nelle medesime, rende ancora più impellente un'integrazione nell'organico dell'Arma,

visti i numerosi e delicati compiti che la stessa è chiamata a svolgere sia sul territorio nazionale che all'estero -:
se non ritenga utile verificare, in collaborazione con i vertici dell'Arma dei carabinieri, quali siano le effettive esigenze di personale;
quali iniziative, nei limiti delle proprie competenze, intenda assumere per favorire l'istituzione di quote di riserva, a vantaggio dei carabinieri ausiliari in congedo, nei concorsi banditi dall'Arma;
se non ritenga opportuno adottare un piano per il reintegro dei carabinieri ausiliari in congedo che abbiano fatto domanda per il proseguimento di carriera nell'Arma, con conseguente immissione degli stessi nei ruoli del servizio permanente delle Forze armate.
(4-12086)

RAMPI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'Unione nazionale mutilati per servizio è un ente morale presente su tutto il territorio con consigli regionali e sedi provinciali in ogni capoluogo e sottosezioni in varie città;
l'associazione tutela tutti coloro che alle dipendenze dello Stato e degli enti locali, territoriali ed istituzionali, hanno riportato mutilazioni ed infermità in servizio e per causa di servizio militare e civile;
il numero di individui che ne fanno parte è stimabile in circa 350.000 unità;
nel loro interesse e per garantire loro una maggior tutela, sono stati presentati 9 disegni di legge, da entrambi gli schieramenti politici sia alla Camera dei deputati che al Senato della Repubblica;
tuttora questi sono stati assegnati alle Commissioni in attesa di essere discussi e ove possibile approvati -:
quali iniziative intenda adottare al fine di favorire, per quanto di competenza, l'iter di tali disegni di legge e di fornire una risposta a questi uomini e donne che, nell'esercizio del loro servizio allo Stato, hanno subito tali infortuni.
(4-12088)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:

VESSA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la società Equitalia S.p.A è incaricata dell'esercizio dell'attività di riscossione nazionale dei tributi;
Equitalia Gerit è la società pubblica (51 per cento Agenzia delle entrate, 49 per cento INPS) incaricata della riscossione nazionale dei tributi dovuti e non versati;
Equitalia Gerit, in caso di mancato pagamento del tributo, provvede a inviare ingiunzione di pagamento e, se questa viene ignorata, a procedere attraverso l'iter amministrativo, fino a giungere al pignoramento dei mezzi di trasporto o della casa di abitazione;
Equitalia Gerit, a quanto consta all'interrogante, non si preoccupa di appurare la motivazione del mancato pagamento e nemmeno di avere la certezza della notifica del procedimento di recupero credito al mancato pagatore;
sono molte le imprese che non sono in grado di pagare le cartelle esattoriali e altrettante sono quelle che, pur avendo rateizzato gli importi, non riescono a rispettare le scadenze, incorrendo, di conseguenza, nell'applicazione di nuove sanzioni e interessi;
con l'attuale situazione economica che non aiuta a superare questo delicato momento, i numeri di Equitalia sono destinati ad aumentare proprio per l'incapacità delle imprese di saldare i propri debiti;

nonostante la situazione sia ai limiti del collasso, la società di riscossione Equitalia continua ad adottare inesorabilmente procedure esecutive nei confronti dei destinatari delle cartelle esattoriali cui risulterebbero applicati aggi del 7/8 per cento sul riscosso, rilevanti interessi di mora e altri oneri a livelli insostenibili;
allo stato attuale risulterebbe opportuno esaminare la legittimità degli interessi applicati dalla società, nonché chiarire le procedure adottate dalle agenzie di riscossione per notificare il provvedimento di fermo amministrativo -:
quali urgenti iniziative in suo potere intenda intraprendere per una opportuna verifica della situazione riportata in premessa, al fine di superare le modalità di riscossione in atto, che determinano oneri insopportabili per diversi contribuenti e soprattutto promuovere misure correttive al fine di evitare vessazioni nei confronti delle imprese.
(4-12071)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

MELIS e FERRANTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'ex brigatista rosso Luigi Fallico, 59 anni, è stato trovato morto lunedì 23 maggio 2011 nella sua cella nel carcere di Mammagialla a Viterbo. La scoperta è stata fatta intorno alle 9.30 dagli agenti di polizia penitenziaria del carcere a nord di Roma. L'uomo sarebbe deceduto in seguito ad una crisi cardiaca. Era imputato, insieme ad altri, di voler ricostituire le BR. Dal 17 maggio come denunciato dal suo avvocato, lamentava di stare male, e in particolare denunciava sintomi quali dolori al petto e pressione alta, tipici di un infarto in corso;
secondo notizie riportate dalle agenzie, giovedì 19 maggio, Fallico, sofferente di problemi cardiaci ed ipertensione, aveva accusato un dolore al petto ed era stato visitato in infermeria, dove gli erano state somministrate una tachipirina ed un farmaco dilatatore delle coronarie;
la morte del Fallico, come rilevato dal Garante per le carceri del Lazio, dottor Marroni, è la terza morte in un mese registrata nel carcere di Viterbo; il 18 aprile 2011 a morire era stato il senegalese trentenne Dioune Sergigme Shoiibou che poco prima di essere arrestato era stato operato alla testa per asportare un ematoma dal cervello e, per questo, era in cella pur essendo privo di parte della calotta cranica. Domenica 15 maggio, invece, un agente di polizia penitenziaria 42enne si era tolto la vita sparandosi nello spogliatoio del carcere poco prima di prendere servizio. «Tre decessi in un mese nel carcere di Viterbo sono una media altissima che ci preoccupa molto - ha dichiarato il Garante Marroni - perché sono avvenuti nonostante l'impegno della direzione, degli agenti di polizia penitenziaria e delle altre professionalità che lavorano in quella struttura. Ognuno di questi decessi è una storia diversa con, però, una matrice comune: quella di poter essere attribuito al sovraffollamento e alle drammatiche condizioni di vita negli istituti» -:
quali informazioni possa fornire il Ministro in merito alle circostanze nelle quali sono avvenuti i tre decessi e, specificamente, di quali elementi dispongano con riferimento alle cure prestate al Fallico dopo l'episodio di giovedì 19 maggio 2011;
se non ritenga il Ministro che di fronte al ripetersi di simili tragici episodi, sino a delineare una statistica divenuta ormai più che allarmante, non debbano essere assunte drastiche iniziative non solo per diminuire l'insopportabile sovraffollamento nelle carceri italiane (condizione di base nella quale spesso affondano le cause di simili fatti) ma soprattutto per promuovere una nuova riforma della medicina penitenziaria, le cui condizioni appaiono assolutamente inadeguate

alla gravità dei problemi presenti nella realtà carceraria;
quali iniziative e provvedimenti il Ministro intenda assumere con urgenza per dare attuazione agli impegni assunti davanti alla Camera con l'approvazione delle mozioni recentemente presentate sul problema delle carceri.
(5-04810)

Interrogazioni a risposta scritta:

NICOLA MOLTENI, FUGATTI e STUCCHI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella casa circondariale San Giorgio di Lucca, il problema del sovraffollamento dei detenuti e della carenza degli organici di sorveglianza, perdurante da lungo tempo, rappresenta una piaga per tutta la città;
il carcere è ospitato dall'epoca napoleonica all'interno di una struttura antichissima ubicata all'interno delle mura cittadine, sottoposta nel passato a qualche intervento di ristrutturazione per tentare di ridefinire razionalmente la dislocazione dei detenuti e migliorarne le condizioni di vita;
il capitolo di spesa destinato alla manutenzione ordinaria e straordinaria vede una assegnazione di poco più di 9mila euro a semestre, ammontare del tutto insufficiente per realizzare gli interventi necessari a garantire la regolarità del funzionamento degli impianti;
il carcere di Lucca non costituisce, ad avviso degli interroganti, una struttura idonea a garantire il rispetto dell'articolo 27 della Costituzione, ovvero tendere alla rieducazione del condannato;
all'interno di tale struttura fatiscente, gli spazi sono inadeguati sia sul piano quantitativo che qualitativo, dato che nelle sezioni del carcere attualmente sono ospitati 220 detenuti, dei quali una elevata percentuale di provenienza extracomunitaria, mentre la capienza massima è di 120 persone;
il superamento dei limiti di ricettività si ripercuote sulle condizioni di vita dei detenuti, oltremodo degradate, oltre che sulle condizioni di lavoro degli operatori, sottoposti al rischio di contrarre malattie infettive;
la composizione della popolazione detenuta, con oltre il 45 per cento di extracomunitari, non consente spesso di ideare adeguate progettazioni per l'inserimento rieducativo dei reclusi;
il decreto-legge n.195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n.26 del 2010 ha previsto il cosiddetto «piano carceri» mettendo a disposizione le risorse necessarie e dettando le norme relative alla individuazione del sito adatto;
un nuovo carcere costruito fuori dalle mura della città, facilmente raggiungibile e a disposizione di tutto il territorio, permetterebbe di risolvere i problemi di inadeguatezza dell'edificio, liberando al contempo il centro storico da una struttura che per sua natura finisce anche per penalizzare il patrimonio edilizio e urbanistico cittadino;
nel frattempo il problema del sovraffollamento potrebbe essere ovviato con la riapertura di un'ala dell'edificio che richiederebbe però importanti interventi di ristrutturazione, ma, dopo un sopralluogo del Ministero compiuto nel 2010,non sono state ancora date indicazioni in proposito;
attualmente il personale di polizia in servizio ammonta a 79 unità, con una scopertura che si aggira intorno al 40 per cento, dato che l'organico richiederebbe in servizio 130 agenti;
tale deficit di personale si ripercuote sui carichi di lavoro dei presenti, con richieste continue di lavoro straordinario ed un abbassamento delle condizioni generali di sicurezza;
la carenza degli organici degli agenti di custodia si riflette anche sull'impossibilità di utilizzare alcuni servizi presenti nel carcere;

la direzione sta adoperandosi per migliorare la vita all'interno della struttura, ma la situazione complessiva è insostenibile, poiché la gestione dell'istituto si trova continuamente in stato di emergenza per le carenze rappresentate -:
se il Ministro ritenga che la collocazione del nuovo carcere all'esterno delle mura cittadine possa rappresentare la soluzione più idonea;
quali interventi urgenti il Ministro intenda adottare per combattere con determinazione il sovraffollamento cronico del carcere di Lucca;
se il Ministro intenda incrementare la dotazione organica del personale di polizia penitenziaria, così da renderne più efficiente e meno pesante l'attività lavorativa.
(4-12062)

TIDEI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
lunedì 23 maggio, l'ex brigatista Luigi Fallico è stato trovato senza vita nella sua cella del carcere «Mammagialla» di Viterbo dagli agenti di polizia penitenziaria, stroncato a quanto pare da un infarto;
come afferma lo stesso garante dei detenuti del Lazio, Fallico era in attesa di giudizio, accusato di banda armata finalizzata all'associazione sovversiva nell'ambito dell'inchiesta sulle Nuove Brigate Rosse e per questo si trovava nel carcere viterbese;
Luigi Fallico manifestava malessere già da tempo, il 19 maggio 2011 sofferente di problemi cardiaci ed ipertensione, aveva accusato un dolore al petto ed era stato visitato in infermeria, dove gli erano state somministrate una tachipirina ed un farmaco dilatatore delle coronarie. Anche nel corso dell'udienza scorsa del processo, che si svolse davanti alla prima corte d'assise di Roma, aveva detto che le sue condizioni di salute erano davvero precarie;
lo stesso difensore di Fallico, Caterina Calia, come si apprende dalla stampa aveva esposto più volte che il suo assistito manifestava gravi condizioni fisiche;
con la morte dell'ex brigatista, nel carcere Viterbese si registra il terzo caso di decesso in un mese. Il 18 aprile 2011 a morire era stato un senegalese di 30 anni, Dioune Sergigme Shoiibou il quale, poco prima di essere arrestato fu operato alla testa per asportare un ematoma dal cervello ma, ciò nonostante fu recluso ugualmente pur essendo privo di parte della calotta cranica. Domenica 15 maggio 2011, invece, un agente di polizia penitenziaria 42enne si era tolto la vita sparandosi nello spogliatoio del carcere poco prima di prendere servizio;
i decessi, pur avendo storia a se stante presentano la stessa matrice: sovraffollamento, condizioni igienico-sanitarie inadeguate, carenza di personale (educatori penitenziari e agenti di polizia penitenziaria) e mancanza di risorse;
in qualsiasi altra situazione un disagio psichico o fisico sarebbe adeguatamente curato per prevenire conseguenze gravi. In carcere, invece, con queste condizioni, ogni situazione di disagio può nascondere una potenziale, drammatica fine;
il Governo su queste tematiche (ormai note), la settimana scorsa è stato battuto ben cinque volte nel corso di votazioni alla Camera dei Deputati a testimonianza del fatto che non è più possibile rimandare il problema, molto sentito a quanto pare non solo dalle opposizioni -:
se il Governo non intenda affrontare seriamente le problematiche, ormai note, che affliggono le carceri di tutto il Paese ormai sulla via della paralisi, onde evitare episodi di grave entità e soprattutto per prevenire il fenomeno dei decessi e dei suicidi che oggi non investe soltanto la popolazione dei detenuti ma anche quella degli operatori stessi.
(4-12072)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'8 maggio 2011, da un articolo pubblicato dalla Gazzetta di Mantova si è appreso che il Sottosegretario ai trasporti ed alle infrastrutture Giachino ha inviato, durante un'iniziativa politica, un sms all'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, dottor Moretti, per «segnalargli la necessità di eliminare alcuni dei troppi passaggi a livello nella provincia mantovana», al quale l'amministratore delegato Moretti ha risposto «mi unisco ai mantovani per rifinanziare la specifica legge»;
il 12 maggio 2011, da un articolo pubblicato dalla Gazzetta di Mantova si è appreso dall'assessore ai lavori pubblici ed alle infrastrutture del comune di Mantova, architetto Benedini, che è in fase di definizione un piano per spostare i binari ferroviari, in attraversamento della città, della linea Mantova-Monselice (PD) con particolare riferimento al collegamento tra la stazione centrale di Mantova e quella di Frassine (località della città di Mantova);
il tratto che collega la stazione centrale di Mantova e quella di Frassine passa in sfregio al complesso monumentale di Palazzo Te, con il rischio di produrre danni agli affreschi contenuti nel medesimo Palazzo, e vede la presenza di due passaggi a livello (Porta Cerese e viale Oslavia), che, nel momento di passaggio dei treni che trasportano merci o persone, arrecano gravi disagi alla circolazione automobilistica;
trattandosi di un piano che, ancorché in itinere, si preannuncia molto oneroso è opportuno evidenziare che l'assessore Benedini ha dichiarato che «le fonti di finanziamento sono numerose» tra le quali «le risorse delle ferrovie e del Ministero delle Infrastrutture» -:
se il Ministro interrogato sia al corrente di tale situazione, se stia effettivamente partecipando alla definizione del piano sopra richiamato e quante risorse finanziarie siano disponibili per affrontare il problema sopra esposto, alla luce delle dichiarazioni dell'assessore Benedini che inducono a pensare che sia già previsto uno stanziamento da parte del Governo.
(5-04805)

META. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel febbraio 2011 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha nominato il nuovo consiglio di amministrazione dell'ENAC;
fra i nominati c'è il dottor Roberto Serrentino;
l'11 maggio 2010 il dottor Serrentino è stato nominato componente del collegio sindacale della società Aeradria, società di gestione dell'Aeroporto internazionale «Federico Fellini» di Rimini;
il dottor Serrentino ricopre ancor oggi tale incarico;
risulta inoltre all'interrogante che alcuni dirigenti ENAC sono stati nominati revisori dei conti di società di gestione aeroportuali -:
se il Ministro non ritenga di dover intervenire per risolvere il caso di palese incompatibilità sostanziale e formale del dottor Serrentino nelle sue vesti di consigliere di amministrazione Enac e componente del collegio sindacale della società Aeradria;
se il Ministro non ritenga, in via più generale, di intervenire per risolvere il caso di incompatibilità sostanziale dei dirigenti ENAC che percepiscono emolumenti da società di gestione soggette a molteplici azioni di controllo da parte di ENAC.
(5-04809)

Interrogazioni a risposta scritta:

STRIZZOLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Campoformido (provincia di Udine) insiste un'area aeroportuale, con pista erbosa, attualmente adibita ad attività di volo per piccoli aerei da turismo e ad attività di paracadutismo;
recentemente l'istituto tecnico industriale «A. Malignani» di Udine sta svolgendo, all'interno della struttura aeroportuale, dei corsi per gli studenti dell'indirizzo aeronautico;
da notizie raccolte nell'ambito dei frequentatori dell'aeroporto risulta essere in programma un piano di investimenti per circa 2,5 milioni di euro, a cura dell'ENAC, finalizzato alla messa a norma del sito per garantire un maggiore livello di sicurezza sia per chi opera all'interno dell'aeroporto, sia per i cittadini che vivono nella zona -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di programmi di sviluppo o di ulteriori attività relative all'aeroporto di Campoformido;
quali siano le ragioni che determinerebbero - nell'ambito degli interventi programmati - l'asfaltatura del campo erboso;
se la gestione della struttura, dopo i programmati investimenti, verrà assegnata ad altro ente o società pubblica e/o privata e con quali finalità;
se vi sia stato il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, a partire dalle amministrazioni comunali di Campoformido e di Pasian di Prato, nella definizione degli interventi programmati e delle possibili ulteriori attività economico-ricreative-commerciali nell'area aeroportuale.
(4-12081)

D'INCECCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante in data 20 aprile 2011 ha presentato una interrogazione al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (n. 4-11689) con cui si denunciava la situazione di grosso disagio che riguarda la marineria della città di Pescara, mobilitata e in agitazione a causa delle condizioni di quasi inaccessibilità del porto canale di Pescara per i fondali bassi e sabbiosi, causati dal mancato dragaggio del fiume Pescara;
con la stessa interrogazione si chiedeva al Governo se e come intenda attivarsi, per quanto di sua competenza, per garantire, in tempi rapidi, la soluzione di quella che appare come una vera e propria emergenza che riguarda Pescara e la sua marineria;
all'interrogazione di cui sopra non è stata data risposta;
il porto di Pescara, in queste settimane, appare in condizioni sempre più gravi. Lo confermano i risultati dei rilievi batimetrici che l'Arta ha effettuato all'interno dello scalo. La profondità dei fondali è talmente bassa da consentire l'ingresso solo alle piccole imbarcazioni. La parte più a nord è invasa addirittura dalle secche. La stessa barca Sirmione, utilizzata dai tecnici dell'Arta per effettuare le misurazioni, non sarebbe riuscita a raggiungere alcune zone del porto, perché l'acqua è troppo bassa;
per le condizioni del porto, alle navi commerciali resta precluso l'ingresso. Nel porto canale, dove entrano i pescherecci, la profondità varia dai 2,5 ai 3,5 metri. I pescherecci più grandi che hanno un pescaggio tra i 3 e i 3,40 metri devono fare molta attenzione a dove passare, altrimenti rischiano di rimanere incagliati;
la cosa più preoccupante sono le secche. Al centro del porto canale ne figura una evidente, tanto è vero che la settimana scorsa due armatori, per dimostrare in che condizioni sono i fondali, hanno attraversato a piedi lo scalo;
alla banchina di levante, dove attraccano le imbarcazioni che trasportano il

carburante, è stata misurata una profondità non superiore a 4,75 metri. Un livello troppo basso, rispetto ai fondali necessari per le petroliere;
alla banchina, solitamente riservata alla Snav, sono stati misurati 3 metri, appena sufficienti per consentire l'attracco del traghetto della compagnia marittima. L'imbarcazione ha un pescaggio tra i 2,5 e i 3 metri, ma dovrà fare molta attenzione per entrare nello scalo, perché al centro della parte commerciale i fondali variano dai 2,5 ai 3 metri;
allarmante è anche la situazione all'ingresso del porto, dove in alcuni punti si toccano i 4 metri di profondità. In altre zone, invece, si raggiungono i 6,75 metri. Le imbarcazioni sono costrette a fare la gimkana per entrare e uscire dallo scalo;
la situazione è, dunque, di vera e propria emergenza; sta, infatti, mettendo a dura prova il lavoro dei pescatori, costretti quotidianamente a fare i conti con incidenti, rifornimenti difficili, fango e difficoltà di ogni tipo, con le barche che restano in secca lungo gli argini del fiume Pescara;
la marineria pescarese sta subendo enormi danni economici da una situazione per la quale non hanno responsabilità e per la quale gli interventi posti in essere fino ad ora si sono dimostrati insufficienti;
la situazione rischia di condurre la marineria pescarese in una fase di stallo, innescando una grave crisi del settore, e del mercato del pesce, uno dei cardini dell'economia cittadina;
sarebbero almeno trecento i posti di lavoro a rischio a causa della crisi del porto di Pescara e della sua marineria, con imprese ferme, prime lettere di licenziamento recapitate e la minaccia di ricorrere ad una massiccia manovra di cassa integrazione; i danni ammonterebbero a decine di milioni di euro per tutti i soggetti attivi nel porto (aziende petrolifere, agenzie marittime, spedizionieri doganali, ormeggiatori, pescatori);
il trattato istitutivo dell'Unione europea vieta gli aiuti concessi dagli Stati alle imprese sotto qualsiasi forma in quanto incompatibili con il mercato comune. Si presume infatti che tali aiuti, favorendo alcune imprese o alcune produzioni, possano falsare la concorrenza. Esistono tuttavia eccezioni a tale divieto. Esse sono rappresentate, tra le altre, da aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali -:
come intenda intervenire per ripristinare nel porto di Pescara le condizioni di agibilità e sicurezza e se non ritenga necessario avviare un programma di aiuti alle imprese che lavorano nel porto di Pescara, che stanno subendo danni gravissimi a causa di inefficienze ripetute della pubblica amministrazione.
(4-12082)

TESTO AGGIORNATO AL 7 GIUGNO 2011

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INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

BRESSA, CORSINI e FERRARI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da alcuni giorni un nutrito gruppo di immigrati staziona sul sagrato del Duomo di Brescia, senza peraltro creare alcun problema di ordine pubblico;
il motivo della protesta va ricondotto alla volontà di ottenere il riconoscimento di un legittimo diritto al permesso di soggiorno;
il vescovo di Brescia, monsignor Luciano Monari, e il responsabile della Pastorale diocesana per l'immigrazione, don Mario Toffari, hanno avuto parole di comprensione e di solidarietà nei confronti di quanti si sono resi protagonisti dell'iniziativa;
i manifestanti mantengono un atteggiamento rispettoso della natura del luogo in cui si svolge la protesta;

due sentenze, rispettivamente della Corte di giustizia dell'Unione europea e del Consiglio di Stato, hanno dichiarato illegittimo il reato di clandestinità, in quanto contrastante sia con la direttiva europea entrata in vigore il 24 dicembre 2010, sia con i princìpi della Costituzione italiana;
il consiglio comunale di Brescia ha manifestato l'auspicio di una rapida soluzione della vicenda;
il prefetto di Brescia ha pubblicamente dichiarato di non poter intervenire se non alla luce di un atto risolutorio del Ministero dell'interno;
la presentazione da parte degli immigrati di ricorsi presso i tribunali amministrativi regionali avrebbe comunque esito certo a vantaggio dei ricorrenti, comportando un sovraccarico di costi e di lavoro per la pubblica amministrazione -:
quali iniziative intenda assumere e con quali tempi al fine di predisporre un provvedimento che consenta la soluzione del problema e il riconoscimento di un diritto sancito.
(5-04802)

Interrogazioni a risposta scritta:

PES, CALVISI, FADDA, MARROCU, MELIS, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, SCHIRRU, SORO e MURGIA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
si è appreso dalla stampa (articolo pubblicato il 19 maggio 2011 dal quotidiano La Stampa «Occupazioni selvagge, presidi con bandiere, assalti per fermare le ruspe (...) nel centro e sud Italia divampa la protesta di cittadini, sindaci e ambientalisti per bloccare i "radar della discordia") che si stanno verificando in molte aree del Centro e del Sud del Paese proteste popolari aventi lo scopo di bloccare la realizzazione di una potente rete di sensori radar «anti-scafisti» in alcuni degli angoli incontaminati delle più belle coste italiane;
nel mirino sarebbero finite la Sardegna (Capo Pecora a Fluminimaggiore, Capo Sperone a Sant'Antioco, Punta Foghe a Tresnuraghes e Capo Argentiera nel comune di Sassari), la Puglia (Santa Maria di Leuca), la Sicilia (Capo Murro di Porco a Siracusa), la Calabria e la Liguria;
l'installazione avverrebbe per conto della Guardia di finanza, anche per il tramite del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da parte della società romana Almaviva (già Finsiel) ed i radar (nome in codice EI/M-2226) sarebbero di produzione israeliana (Elta System, controllata dalla compagnia statale Aerospace Industries);
lo scopo dell'intervento sarebbe quello di prevenire l'immigrazione clandestina, il traffico di droga, gli attacchi terroristici, il contrabbando e la pesca illegale; questi radar a micro-onde infatti riuscirebbero a monitorare la superficie del mare a una distanza di 30-40 miglia e ad individuare natanti anche di piccola dimensione;
particolarmente pesante sembrerebbe l'intervento che si sta profilando in Sardegna, dove i siti individuati per la posa dei tralicci e delle parabole sono alcuni dei punti più suggestivi dell'intera costa occidentale: Capo Pecora a Fluminimaggiore, Capo Sperone a Sant'Antioco, Punta Foghe a Tresnuraghes e Capo Argentiera nel comune di Sassari;
in particolare, nel sito di Tresnuraghes (territorio classificato come zona di protezione speciale e come tale sottoposto a rigidi vincoli di natura ambientale per consentire il ripopolamento della fauna selvatica) i lavori sarebbero stati autorizzati dalla regione Sardegna «in deroga» alle norme di tutela;
l'installazione dei radar potrebbe comportare rischi per la salute dei cittadini, oltre che creare delle servitù militari permanenti e aggiuntive che in Sardegna, in particolare, andrebbero ad aggiungersi alle servitù militari già esistenti, le quali hanno prodotto una situazione di profondo squilibrio nella loro distribuzione sul territorio nazionale;
assolutamente insufficienti appaiono al riguardo le rassicurazioni del direttore generale di Almaviva, dottor Antonio Amati, secondo il quale «i radar verranno installati su colline, lontane 300 metri dalle coste seguendo le procedure senza imboccare scorciatoie militari. E le emissioni elettromagnetiche saranno inferiori a quelle delle antenne dei telefonini»;
appare viceversa più attuale il rischio che si crei uno «scempio ambientale, urbanistico e paesaggistico», come denunciato pubblicamente, tra gli altri, da Legambiente Sardegna, che ha chiesto su questi temi l'immediato avvio di un confronto a livello nazionale;
appaiono poco chiare le motivazioni che portano le amministrazioni procedenti a non considerare gli interventi di installazione

opere militari e a non ritenere necessaria l'adozione del decreto dichiarativo di tale natura delle opere da parte del Ministero della difesa;
l'articolo 354 del codice dell'ordinamento militare confermerebbe, per le «opere destinate alla difesa nazionale, incidenti su immobili o aree sottoposte a tutela paesaggistica», l'applicazione della procedura di cui all'articolo 147 del cosiddetto codice Urbani (decreto legislativo n. 42 del 2004) e dunque la necessità che sia rilasciata l'autorizzazione paesaggistica a seguito di una specifica conferenza di servizi;
per la localizzazione delle opere militari, è previsto il pronunciamento di uno specifico comitato permanente misto paritetico Stato-regioni -:
se siano state valutate tutte le alternative di localizzazione dei radar al fine di utilizzare siti militari già esistenti, sicuramente nella disponibilità di enti anche diversi dalla Guardia di finanza, e quale autorità competente abbia assunto la responsabilità di procedere al coordinamento delle risorse, dei siti e degli impianti disponibili per ospitare le nuove installazioni;
quali siano, in ragione delle esigenze di trasparenza, le procedure di assegnazione dell'appalto alla società Almaviva;
quale sia l'iter amministrativo che ha condotto al rilascio delle autorizzazioni ad installare questi radar in zone incontaminate delle coste italiane, e in particolare se siano stati acquisiti i nulla osta ambientali e paesaggistici necessari;
se, e con quale decreto, siano state riconosciute tali strutture «opere di difesa militare»;
se vi siano altri siti interessati oltre quelli in precedenza ricordati;
se non ritengano improcrastinabile adoperarsi per tutelare le aree interessate dalle installazioni, tra cui alcune vincolate ai sensi della normativa europea, statale e regionale, per l'elevato valore ambientale, faunistico e paesaggistico;
se non ritengano opportuno avviare un monitoraggio in modo che sia garantita l'assenza di pericolo di inquinamento elettromagnetico per le popolazioni residenti nelle zone interessate;
se non intendano immediatamente avviare, nel rispetto del principio di trasparenza e leale collaborazione tra Stato, regioni ed enti locali, un confronto aperto sulla localizzazione di tali installazioni. (4-12061)

NACCARATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in seguito alla crisi politico-umanitaria che ha investito gli Stati del Nordafrica, da mesi l'Italia risulta interessata dall'arrivo di un flusso di profughi provenienti dalla sopra citata area geografica;
rispetto all'ipotesi - paventata dal Ministro dell'interno a marzo 2011 - relativamente al probabile arrivo sul territorio nazionale di circa 50 mila profughi nordafricani - sono giunte in Italia circa 25 mila persone;
ai profughi nordafricani è stato concesso dal Governo un permesso di soggiorno temporaneo della validità di sei mesi, al fine di permettere la libera circolazione dei migranti sul territorio nazionale e nei Paesi dell'Unione europea i cui Governi abbiano sottoscritto la convenzione di Schengen;
nel corso della corrente gestione dell'emergenza profughi, ad avviso dell'interrogante non risultano essere stati efficacemente attivati da parte del Governo i percorsi di integrazione già disponibili, quale - ad esempio - la rete di accoglienza degli enti locali costituita nell'ambito del sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati (SPRAR);
al contempo è risultata fallimentare, a giudizio dell'interrogante, la gestione del flusso di rifugiati transitati attraverso i centri di identificazione ed espulsione (CIE), dai quali si è reso irreperibile di un numero considerevole di profughi;
in conseguenza di tale politica gestionale da parte del Governo, attualmente il peso dell'accoglienza dei profughi risulta gravare esclusivamente sul personale della Protezione civile - per quanto concerne l'assistenza di primo soccorso - e sui sindaci dei comuni interessati dall'arrivo dei migranti - per quanto riguarda la successiva fase di accoglienza;
diversi sindaci e presidenti di provincia del Veneto eletti nelle liste della Lega Nord hanno fatto sapere di non voler ottemperare alle indicazioni di assistenza e accoglienza diffuse dal Ministero dell'interno;
il presidente della giunta regionale del Veneto ha ammesso le proprie difficoltà relativamente alla gestione dei profughi nella regione, come si evince da una nota diffusa dall'ufficio stampa della giunta regionale in data 18 maggio 2011, secondo cui, il presidente del Veneto è convinto che «il problema dei profughi è stato ed è utilizzato ai fini della mera propaganda politica, creando evidenti difficoltà istituzionali e ambientali a chiunque cerchi di operare nel rispetto delle legislazioni vigenti»;
in data 17 maggio 2011 il presidente della giunta regionale del Veneto ha provveduto a revocare la designazione del soggetto attuatore dell'emergenza profughi; carica che, ad oggi, risulta tuttora vacante;
da mesi le prefetture, e in particolare l'ufficio territoriale del Governo di Padova, hanno ottemperato all'indicazione fornita dal Ministero dell'interno di effettuare una ricognizione relativamente alla disponibilità di luoghi idonei a ospitare temporaneamente i profughi nordafricani -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
quali concrete misure di sua competenza il Ministro intenda porre in essere per risolvere efficacemente il problema dell'accoglienza dei profughi nordafricani, in particolare nei comuni del Veneto;
in che modo e con quali tempi il Ministro intenda far rispettare le indicazioni in tema di assistenza e accoglienza dei profughi nordafricani;
per quale motivo la gestione di un esiguo numero di rifugiati presenti in Italia continui a rappresentare un'emergenza per il Governo.
(4-12076)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come risulta in atti, nel comune di Vigolzone (in provincia di Piacenza) la sede del segretario generale (classe 3) è stata vacante dal 5 febbraio 2008 al 15 febbraio 2008 (avviso n. 10/2008); quindi si è avuta - con presa servizio del 1o marzo 2008 - la nomina del segretario generale nella persona del dottor Massimo Seminari;
successivamente, senza che sia avvenuta alcuna dichiarazione di sede vacante, si è avuta - con presa servizio dal 1o settembre 2009 ed in convenzione con i comuni di Ponte dell'Olio (classe 3) e Farini (classe 3) sempre in provincia di Piacenza - la nomina del segretario generale del comune di Vigolzone (classe 3) nella persona della dottoressa Elena Mezzadri;
dalla documentazione in atti (scheda personale aggiornata al 10 maggio 2011) risulta che la dottoressa Elena Mezzadri non sia abilitata ad esercitare le funzioni di segretario comunale in Comuni con una popolazione superiore alle diecimila unità;
di conseguenza, dal momento che la popolazione complessiva dei tre comuni aderenti alla convenzione per l'incarico di segretario comunale affidato alla dottoressa Elena Mezzadri a partire dal 1o settembre 2009 è ben superiore alle diecimila unità, si è venuta a creare una situazione di grave irregolarità tuttora perdurante;
oggi - come risulta in atti (albo segretari Emilia Romagna - provincia di Piacenza) - la dottoressa Elena Mezzadri risulta assegnata, per lo svolgimento delle funzioni di segretario generale, solamente ai comuni di Ponte dell'Olio (classe 3) e di Farini (classe 3), ma essendo vacante (almeno a far data dal 15 dicembre 2010) la sede del segretario generale nel comune di Vigolzone, non è dato comprendere come sia possibile che, da quella data, la dottoressa Elena Mezzadri ne svolga nuovamente di fatto le funzioni;
la vicenda in questione presenta elementi di rilievo anche sotto il profilo contabile, essendo noto che al segretario generale del comune vengono riconosciuti specifici emolumenti previsti ex lege -:
se e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-12079)

RAISI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i mezzi di informazione, riportando l'interesse dei cittadini, spesso si occupano dei temi che riguardano l'utilizzo delle forze dell'ordine -:
se e quali parlamentari eletti in Emilia-Romagna ed eventualmente da quanto tempo usufruiscano di un servizio di scorta;
quali siano le motivazioni che hanno indotto il Ministero dell'interno a concedere questa tutela.
(4-12085)

MONAI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa segnalano che le prefetture avrebbero inviato a tutti gli uffici pubblici, scuole comprese, delle circolari con cui si fa divieto di svolgere attività di comunicazione relativa ai referendum;
tale prescrizione sarebbe estrapolata dall'articolo 9 della legge n. 28 del 2000 sulla par condicio, ma, anziché limitarsi a prescrivere che i pubblici dipendenti e gli insegnanti non debbano promuovere, nell'esercizio delle loro funzioni, una precisa indicazione di voto in ordine ai quesiti dei quattro referendum indetti per il 12 e 13 giugno 2011, imporrebbe un più generale divieto di informazione sui citati istituti di democrazia diretta previsti dall'articolo 75 della Costituzione;
i cittadini, siano essi anche investiti di pubbliche funzioni o dipendenti della pubblica amministrazione, non possano essere privati del loro diritto-dovere di

informazione attiva e passiva sui contenuti dei referendum popolari e una simile circolare, ad avviso dell'interrogante, costituisce una inammissibile limitazione delle libertà democratiche nei confronti dei dipendenti pubblici;
sussiste il rischio che queste circolari si inseriscano in quella che all'interrogante appare una deprecabile serie di decisioni del Governo e della maggioranza che lo sostiene che paiono motivate dalla volontà di boicottare il diritto sancito dall'articolo 75 della Costituzione (quale quella di non accorpare la data per il voto sui referendum al turno di ballottaggio delle imminenti elezioni amministrative e l'apposizione della questione di fiducia presso la Camera dei deputati sulla proposta di legge C. 4307 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo» che comprende l'emendamento dello stesso Governo all'articolo 5 con cui si tenta di annullare la consultazione referendaria sulla questione dell'energia nucleare) -:
se il Ministro abbia effettivamente intrapreso tale iniziativa e se intenda intervenire con urgenti provvedimenti per emendare le predette disposizioni che paiono lesive dell'effettivo diritto dei cittadini, e nello specifico dei pubblici dipendenti, all'informazione sui quesiti referendari.
(4-12089)

PISACANE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'ambito territoriale n. 9, di cui alla legge n. 328 dell'8 novembre 2000, con capofila il comune di San Giuseppe Vesuviano, ha inviato, in data 18 aprile 2011, alla regione Campania, il piano sociale di zona, per l'adozione delle determinazioni conclusive e consequenziali, di competenza;
tale piano, coma già opportunamente rappresentato (mediante invito e diffida) dal forum Fruitori, terzo settore, regione Campania, con sede in Palma Campania (Napoli), Via Municipio, 80, al presidente della giunta regionale della Campania, al coordinatore dell'ambito 9 di San Giuseppe Vesuviano, alla commissione straordinaria del comune di San Giuseppe Vesuviano ed al responsabile dei servizi sociali della regione Campania, si pone in stridente contrasto con la «Convenzione O.N.U. sui diritti delle Persone con disabilità», applicata e ratificata dall'Italia dalla legge del 3 maggio 2009, n. 18, nonché con la legge n. 67 del 1o marzo 2006 che, all'articolo 2, sancisce, inderogabilmente, il principio di non discriminazione delle persone con disabilità;
nello specifico il piano, oltre ad essere stato spedito con modalità intempestiva, atteso il termine finale del 28 febbraio 2011 assegnato dalla regione Campania ai comuni capofila, contiene una discriminazione intollerabile: la disparità consiste nella istituzione di centri polivalenti destinati all'accoglienza dei disabili privi delle qualificazioni e caratteristiche di efficienza che, invece, presentano i centri destinati all'accoglimento dei minori non disabili. Lo strumento programmatico de quo opera una distinzione inammissibile tra «centri per minori disabili» e «centri per minori non disabili». Queste due tipologie di centri si differenziano per strutture, organici, impegni di spesa e tipologia di interventi;
in concreto, tale forma di differenziazione tra minori disabili e minori non disabili, consiste nell'assenza, nei centri per minori disabili di un organico strutturato e professionale, adeguato all'accoglienza dei portatori di handicap, invece presente nei centri per minori non disabili;
il piano di zona, è stato inoltrato alla regione Campania, in contrasto con l'articolo 21

della legge regionale n. 11 del 2007, in quanto privo della prevista concertazione che, per la normativa regionale vigente, non rappresenta una fase eventuale ma obbligatoria e necessaria;
a quanto è dato sapere, il comune (capofila) di San Giuseppe Vesuviano avrebbe pubblicato bandi di gare a procedura aperta per l'affidamento dei servizi di «assistenza domiciliare anziani», «assistenza domiciliare disabili», «servizi per minori», «affido familiari e social point», «servizio pronto intervento sociale», tutti in presunta applicazione del piano di zona di cui sopra, il quale, tuttavia, allo stato, non risulta ancora approvato dalla regione Campania;
risulta di solare evidenza, a detta dell'interrogante, quindi, la illegittimità degli atti di gara sopra evidenziati, emanati senza che il piano sociale di zona fosse stato approvato e, peraltro, quest'ultimo privo della prevista concertazione di cui all'articolo 21 della legge regionale n. 11 del 2007, come predetto;
non si comprende, secondo quale ratio il comune di San Giuseppe Vesuviano (capofila), attualmente gestito da una commissione straordinaria, abbia ritenuto di indire gare pubbliche applicative di un piano di zona ancora in itinere -:
quali siano gli intendimenti dei Ministri interrogati, ciascuno per la parte di competenza, in relazione ai fatti enunciati in premessa e quali iniziative si intendano assumere, con urgenza, per garantire i diritti, sanciti dalla legge, ai diversamente abili residenti nel territorio dell'Ambito 9 che annovera i comuni di San Giuseppe Vesuviano (capofila), Ottaviano, Terzigno, Poggiomarino, Palma Campania, San Gennaro Vesuviano e Striano, e se non intendano acquisire elementi presso la commissione straordinaria del comune in merito a quanto riportato in premessa con specifico riferimento all'attività della medesima commissione straordinaria.
(4-12092)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il bilancio dello Stato per il 2011 stanziava come contributo alle scuole paritarie una cifra pari a 281.000.000,00 di euro, operando un taglio, rispetto alla cifra storica stanziata, di 258.000.000,00 di euro;
con la legge di stabilità (legge n. 220 del 2010, articolo 1, comma 40, e allegato elenco n. 1) è stato stabilito un reintegro pari a 245.000.000,00 di euro;
questo reintegro trova la propria copertura nella vendita delle frequenze digitali televisive;
il ritardo nell'erogazione di tali contributi comporterebbe una situazione economica insostenibile per la grande maggioranza delle scuole paritarie presenti su tutto il territorio nazionale;
sarebbe impensabile autorizzare l'erogazione di tali contributi solo successivamente alla data di scadenza per le vendite del digitale terrestre prevista per il 30 settembre 2011 (articolo 1, comma 13, della legge n. 220 del 2010), poiché questo vorrebbe dire ulteriori tempi di attesa prima che tali contributi arrivino nelle casse degli istituti compromettendone le attività e la sopravvivenza;
in applicazione della medesima legge di stabilità (ai sensi dell'articolo 1, comma 13), sul capitolo 1477 «contributi alle Scuole Paritarie comprese quelle della Valle d'Aosta» sono state accantonate somme pari a 28.304.555,00 di euro -:
quali garanzie e quali tempi si prevedano per l'erogazione dei 245.000.000,00 di euro di cui all'articolo 1, comma 40, della legge di stabilità;
quali garanzie il Governo possa dare in merito al ripristino dei 28.304.555,00 di euro accantonati in applicazione dell'articolo 1,

comma 13, della legge di stabilità e quali siano i relativi tempi di erogazione;
quali elementi di rassicurazione possano essere forniti in merito all'inesistenza di ulteriori accantonamenti sul capitolo 1477 per il 2011.
(5-04801)

GHIZZONI e DI CENTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 6 aprile 2011 la VII Commissione Cultura della Camera, con l'approvazione della risoluzione n. 8-00116 inerente l'esclusione delle alunne e degli alunni con disabilità dalla finale nazionale di Corsa Campestre dei Giochi Sportivi Studenteschi, ha impegnato il Governo a «intervenire sugli accordi con i partner istituzionali per ovviare ad una situazione discriminatoria che contrasta con la piena inclusione di questi alunni prevista dagli obiettivi prioritari della scuola dell'autonomia, anche attraverso progetti di diversità motoria e sportiva»;
a distanza di pochi giorni dall'approvazione della succitata risoluzione, la direzione generale per lo studente, l'integrazione, la partecipazione e la comunicazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emanato una circolare (prot. n. 3253 del 21 aprile 2011) sulle «Finali nazionali Giochi Sportivi Studenteschi a.s. 2010/2011», nella quale si dispone che «Per quanto riguarda la partecipazione degli studenti con disabilità agli eventi di cui trattasi, si comunica che il Comitato Italiano Paralimpico ha manifestato la volontà di assicurarne la presenza nella disciplina Atletica Leggera su pista, considerando che la FIDAL non è riconosciuta dal CIP. La Federazione Italiana Sport Orientamento, riconosciuta da CONI e CIP, in accordo con quest'ultimo garantirà la partecipazione degli studenti con disabilità. Le altre Federazioni sportive, riconosciute dai due Enti, possono, anche al fine di realizzare azioni di inclusione degli stessi in un ventaglio quanto più ampio possibile di discipline sportive, prevedere la partecipazione di studenti con disabilità»;
la possibilità - e non l'obbligo - di coinvolgere gli studenti disabili prevista in tale circolare per le federazioni sportive, con la sola eccezione della disciplina atletica leggera su pista e della Federazione italiana sport orientamento, disattende, ad avviso delle interroganti, l'impegno assunto in sede parlamentare, con la conseguenza di impedire la piena esigibilità del diritto allo studio e la crescita individuale e sociale di questi ragazzi -:
quali urgenti iniziative si intendano assumere per ottemperare all'impegno della risoluzione citata in premessa e così ovviare alla persistente situazione discriminatoria determinatasi nei confronti delle ragazze e dei ragazzi disabili.
(5-04806)

Interrogazione a risposta scritta:

DE POLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel nostro Paese gli istituti professionali hanno avuto e continuano ad avere una fruizione elevata da parte di molti giovani, poiché in essi si colloca la parte più consistente di quei giovani che si iscrivono a corsi post-obbligo finalizzati non alla frequenza dell'università ma a un titolo di studio professionalizzante;
nel Veneto, in particolare, gli istituti professionali hanno accresciuto il know how di coloro che hanno frequentato i corsi e hanno dimostrato le loro potenzialità, sviluppate e da sviluppare, e la spiccata capacità di sperimentare, che contraddistingue fortemente gli istituti professionali locali;
sono in molti a ritenere che questi istituti siano un elemento centrale per accrescere le capacità dei non occupati e fornire loro una preparazione adeguata per l'inserimento nel mondo del lavoro;

è di questi giorni la notizia, che si apprende dai mass media, del forte rischio che corre l'istituto di istruzione superiore «Rolando da Piazzola» di Piazzola sul Brenta, di scomparire dal prossimo settembre per la mancanza di attivazione dei corsi, la terza area di indirizzo professionale per i servizi sociali;
a seguito di ciò, verranno a mancare nell'istituto tutti i laboratori da frequentare per diventare operatore di asili nido o dei servizi sociali nelle case di riposo e altro;
i genitori degli studenti si sentono presi in giro, poiché da una parte la «riforma Gelmini» cancella il «3+2» degli istituti professionali per far diventare il corso di studi quinquennale con rilascio di qualifica personale, dall'altro non ci sono i fondi per sostenere i corsi extrascolastici per quarta e quinta;
già da quest'anno le famiglie hanno dovuto sostenere le spese, perché la regione era a corto di fondi e per il prossimo anno c'è anche la possibilità che la regione non attivi più i corsi, anche se i genitori dovessero pagarseli;
è chiaro a tutti che tale situazione creerebbe danni agli studenti ma anche a quelle strutture sociali e socio sanitarie dove c'è bisogno di personale qualificato;
analogo problema si registra per l'istituto Leonardo Da Vinci a Padova e in molti altri istituti veneti;
la questione è destinata a sollevare polemiche, visto che mina la specializzazione di quelle poche figure professionali che oggi godono ancora di buone possibilità di impiego;
in questo modo si vanificherebbe lo sforzo e l'impegno di coloro che in passato, come oggi, hanno speso energie a favore di asili nido e case di riposo. Penalizzando la formazione specialistica del personale da impiegare nelle politiche sociali e socio sanitarie si metterebbero a rischio le fasce deboli della nostra società (bambini, giovani, disabili, anziani e altri);
numerose sono le testimonianze di quanto in passato si sia lavorato per potenziare i servizi alle famiglie e sarebbe un prezzo troppo caro per la comunità oggi veder vanificati gli sforzi fatti per colpa della scarsa attenzione che, ad avviso dell'interrogante, si sta dimostrando in regione e nel Governo riguardo alla formazione del personale che proprio nelle nostre famiglie è chiamato a dimostrare la propria adeguatezza -:
in che modo il Ministro interrogato intenda tutelare, per quanto di competenza, gli istituti professionali veneti e, in particolar modo, risolvere la difficile situazione che stanno attraversando l'istituto Rolando da Piazzola di Piazzola sul Brenta (PD) e gli utenti che vi si iscrivono, garantendo un servizio di alto livello.
(4-12077)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAZZERA e ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 16 marzo 2011 la Guardia di finanza di Gallipoli ha sequestrato un patrimonio di circa 24 milioni di euro facente capo all'imprenditore di Tricase Sergio Aldechi, titolare del «Calzaturificio Adelchi srl» e de «La Nuova Adelchi spa»;
secondo il giudice, l'imprenditore avrebbe messo in atto una «truffa colossale», licenziando i dipendenti per poi farli assumere, una volta messi in mobilità, dalle società collegate con lo stesso gruppo Adelchi: il «Centro Ricerche calzature srl», «la Magna Grecia srl», il «Calzaturificio KNK srl», la «GSC Plast srl» e la «Servizi Tecnici Aziendali Srl»;
le sei società, come dichiarato dal GIP Maurizio Saso, sono state «appositamente costruite per riassorbire il personale

collocato in mobilità e proseguire l'attività imprenditoriale delle prime» (La Gazzetta del Mezzogiorno del 17 marzo 2011);
con questo meccanismo Sergio Adelchi ha ottenuto enormi benefici economici, violando la legge sulla cassa integrazione (legge n. 223 del 1991) che preclude gli sgravi fiscali qualora i lavoratori siano stati collocati in mobilità da parte di impresa dello stesso o di diverso settore di attività, che presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell'impresa che assume ovvero risulta con quest'ultima in rapporto di collegamento o controllo (articolo 8, comma 4-bis);
con l'accusa di truffa aggravata Sergio Adelchi e i due figli sono stati iscritti nel registro degli indagati, come pure il legale rappresentante della «GSC Plast srl» Eugenio Scarnera e l'amministratore unico del calzaturificio «Magna Grecia srl» Ippazio Salvatore Prete;
circa 1500 lavoratori del gruppo Adelchi sono stati utilizzati dall'imprenditore per aggirare la legge e ottenere sgravi fiscali da quasi 10 milioni di euro. Queste persone, dotate di esperienza professionale, sono state costrette a ricevere lo stesso trattamento previdenziale che si riserva agli apprendisti, soltanto per gli interessi economici del signor Sergio Adelchi -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare al fine di tutelare i diritti dei lavoratori del gruppo Adelchi.
(5-04800)

GNECCHI, GATTI, CODURELLI e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a seguito della conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (in particolare articolo 12), qualsiasi trasferimento o ricongiunzione dei contributi avviene su domanda dell'interessato ed esclusivamente a titolo oneroso;
con questo provvedimento i lavoratori interessati si sono trovati, con provvedimento retroattivo, senza le certezze e i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;
gli enti previdenziali, come è noto, suggerivano ai cittadini che si recavano ai loro sportelli di non affrettarsi con le richieste di ricongiunzione, perché si sarebbe trattato comunque di ricongiunzioni a titolo gratuito, se verso l'Inps;
nelle nuove norme non si è tenuto debitamente conto di coloro che hanno cessato il rapporto di lavoro ante 1o luglio 2010 e che erano stati autorizzati al versamento del contributi volontari;
sono davvero migliaia i lavoratori e le lavoratrici incappati per loro sfortuna e non certo per loro negligenza o ignoranza, nelle nuove disposizione approvate con la manovra di luglio 2010;
sono moltissime le proteste pervenute a tutti i parlamentari e per far comprendere quanto siano inique e ingiuste le modifiche introdotte con il decreto-legge n. 78 del 2010, si intende riportare nel presente atto di sindacato ispettivo il caso concreto del signor Garino Sergio, raccontato con le sue stesse parole: «Mi permetto di scriverle e farle presente che il mio caso come altri di mia conoscenza è allucinante. Provo a spiegarmi. Ho fatto ricorso tramite un sindacato alla reiezione della mia domanda di pensione. La mia domanda è stata respinta poiché avendo pagato i 4 mesi di volontaria che mi mancavano per raggiungere i 40 anni di contributi - per periodi successivi al 1o Luglio 2010, risulterei ancora iscritto al fondo telefonici e quindi devo pagare la ricongiunzione. Ho lavorato 24 anni in Olivetti e 16 anni meno 4 mesi in Vodafone. Ho lasciato l'azienda, il 30 marzo 2010, quindi prima della legge 122/2010, ma avendo chiesto da disoccupato di continuare a versare i 4 mesi mancanti, mi

sono fregato da solo. L'assurdo è che l'INPS in Ottobre, mi ha detto di pagare e poi mi chiede gli oneri per la ricongiunzione. Questo è incredibile, ma è ancora di più strano che queste persone non sappiano leggere l'Italiano. Nella circolare n. l42 del 5 novembre 2010, recita: La valutazione circa la trasferibilità d'ufficio potrà avvenire anche in sede di esame della domanda di pensione, fermo restando che il diritto alla costituzione della posizione assicurativa nel FPLD sarà conseguito solo se il soggetto avrà cessato il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2010 (ho cessato il 31 marzo 2010) e non avrà comunque raggiunto, per effetto della contribuzione non obbligatoria, (le volontarie nel mio caso) accreditata nei Fondo dopo tale data, (ho versato nel mese di Ottobre 2010) né il diritto alla pensione di vecchiaia, né a quella di anzianità a carico del Fondo Telefonici. Io pur versando le volontarie non raggiungo i 20 anni necessari per avere la pensione a carico del fondo telefonici, per questo quindi i miei 16 anni devono essere versati nel fondo AGO gratuitamente, Mi è arrivata la raccomandata dall'INPS di Ivrea per iniziare il pagamento dei primi 3 bollettini per 881,46 entro il 31 Maggio 2011, successivamente altre 91 rate mensili, per un importo complessivo di 27.613,13. In alternativa pagare tutto subito per un importo di 23.317,95. Tra le altre cose il ridicolo è che devo ricongiungere i miei versamenti volontari (avevo pagato 7.500 euro per 4 mesi). Quindi pago 2 volte, prima le volontarie poi la ricongiunzione delle volontarie. Non so in che Stato vivo, non riesco più a dire ITALIA...ci riprovo ITALIA, ma forse non è ITALIA. Oggi vado a parlare con l'ennesimo legale, nessuno mi garantisce che iniziando a pagare, poi posso riservarmi di adire a vie legali. (mi può aiutare?). Se così fosse inizierei a pagare, avrei la pensione, poi andrei per vie legali. Non sono così sicuro che se dovessi scegliere un legale del sindacato, sarebbe disposto a lottare contro l'INPS, per il mio problema. Certo è che se non inizio a pagare, decade la ricongiunzione, quindi quando vorrò avere la pensione, dovrò di nuovo richiedere la ricongiunzione. Non so più cosa dire... Che cosa devo fare? Accetto ogni consiglio.»;
il caso di cui sopra e i tanti altri che sono stati segnalati richiedono una risposta concreta da parte delle istituzioni, verso le quali il cittadino vorrebbe continuare ad avere fiducia, soprattutto per quanto attiene al riconoscimento del diritto alla pensione, senza dover subire i provvedimenti iniqui sopra richiamati, che hanno messo in discussione il nostro sistema previdenziale -:
se non ritenga il Ministro interrogato, in considerazione dell'iniquità e illogicità delle norme introdotte con il decreto-legge n. 78 del 2010, di promuovere i necessari provvedimenti correttivi, che consentano di ripristinare le condizioni precedenti, almeno per chi aveva già cessato il lavoro e versato volontariamente i contributi per perfezionare i 40 anni.
(5-04807)

GNECCHI, DAMIANO, MATTESINI, BERRETTA, MADIA, MOSCA, CODURELLI, BELLANOVA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a seguito della conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 sono state modificate le decorrenze per l'accesso alla pensione, prolungando di 12 mesi la permanenza al lavoro dei lavoratori dipendenti, a partire dalla data del raggiungimento dei requisiti;
gli accordi sottoscritti in sede di Ministero del lavoro e delle politiche sociali con le imprese del settore minerario non avevano considerato questo aspetto poiché in precedenza l'esclusione dei trattamenti pensionistici dei lavoratori minerari dalle decorrenze di cui sopra era chiara, tenuto conto delle particolarità del fondo speciale di settore e del fatto che l'Inps operasse di conseguenza, tant'è che sul sito dell'Istituto, ancora oggi è presente l'indicazione che il minatore va in pensione il mese seguente la maturazione dei requisiti;

risulta agli interroganti invece, che l'Inps, a quanto sembra su indicazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, stia applicando trattamenti pensionistici con le decorrenze stabilite dalla legge n. 122 del 2010, avvertendo i lavoratori interessati che hanno già lasciato il lavoro, di riprendere l'attività lavorativa per il periodo intercorrente fra la maturazione dei requisiti e la prima decorrenza utile prevista dal decreto-legge n. 78 del 2010;
a fronte della suddetta situazione e gli effetti che stanno producendo, le organizzazioni sindacali di settore, a tutela dei lavoratori interessati, hanno già preso formale posizione nei confronti della parte datoriale - Assomineraria, preavvisando la revisione degli accordi sottoscritti -:
se non ritenga il Ministro interrogato, tenuto conto anche della grave crisi del settore e i conseguenti accordi sottoscritti, di intervenire urgentemente presso l'INPS e assumere le necessarie iniziative per ripristinare le condizioni precedenti in linea con la particolarità del Fondo speciale di settore.
(5-04808)

Interrogazioni a risposta scritta:

PALADINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica ha previsto l'onerosità per il dipendente dei periodi di ricongiunzione e pertanto molteplici sono le pratiche di pensionamento inviate dopo la data di entrata in vigore del provvedimento che risultano bloccate e/o respinte;
nel caso specifico dei lavoratori di Poste Italiane con il citato decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 si ribadisce che l'istituto IPOST è soppresso e che le funzioni dell'IPOST sono trasferite all'INPS, sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
l'INPS è pertanto succeduta in tutti i rapporti attivi e passivi precedentemente in capo ad IPOST con conseguente necessità per i dipendenti di dover ricongiungere i relativi periodi contributivi;
il lavoratore dopo aver versato i contributi per più di 40 anni dovrà quindi anche sostenere non indifferenti costi al fine di garantirsi il diritto al godimento della pensione, nonostante ne abbia assolutamente acquisito ogni diritto;
«ab origine» i dipendenti di Poste Italiane erano stati di fatto obbligati a passare da INPS ad IPOST, pagando pertanto oggi per una scelta non imputabile alla loro responsabilità -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'esposta situazione e se non ritenga di dover intervenire promuovendo iniziative volte al ristabilimento ed alla tutela dei diritti acquisiti dai lavoratori.
(4-12064)

DI STANISLAO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 14 e 15 maggio 2011 si è svolta l'Assemblea nazionale di Anffas Onlus (Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale) durante la quale è stata adottata una mozione di denuncia, proclamando lo stato di crisi nazionale sulle politiche per le persone con disabilità e loro famiglie e istituendo unità di crisi a livello nazionale, regionale e locale con conseguente stato di mobilitazione;
nella mozione viene illustrato un quadro chiaro e drammatico considerando che intorno alle persone con disabilità ed alle loro famiglie si sta costruendo una campagna denigratoria mediatica e politica che trova terreno fertile in una società, sempre più impaurita e vulnerabile, che viene spinta verso individualismo ed

intolleranza, generando un clima che non favorisce il rispetto dei diritti umani e l'inclusione sociale di nessuno; i tagli lineari ai fondi e alle risorse destinati alle politiche sociali, alla non autosufficienza, alle politiche della famiglia, alla spesa sanitaria e all'istruzione, in assenza della ridefinizione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS), stanno determinando la seria compromissione dei diritti delle persone con disabilità e delle continuità nell'esercizio di diritti e servizi fondamentali, destinata a ulteriormente peggiorare nel prossimo futuro; nonostante la ratifica della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità con legge n.18 del 2009, non vi sono stati, in questi due anni, secondo la mozione, apprezzabili interventi normativi e programmatici volti al miglioramento delle condizioni di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie che sempre più sono costrette a rivolgersi alla magistratura per l'esigibilità dei propri diritti nei più svariati ambiti; il programma di verifiche straordinarie volto all'individuazione dei «falsi invalidi» e le sue modalità disorganizzate e approssimative stanno creando notevoli disagi alle vere persone con disabilità ed alle loro famiglie;
si sostiene altresì che l'attuale situazione socio-economica, politica, culturale e le sue ripercussioni stanno avendo drammatici effetti sui sistemi di welfare nazionale, regionali e locali e sulle condizioni di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie, già oggetto di un progressivo impoverimento ed ulteriormente vessate da aumenti per la compartecipazione al costo dei servizi, mettendo inoltre a serio rischio la continuità dei servizi ed il mantenimento dei livelli occupazionali;
risulta pertanto evidente come le attuali politiche sociali in tale contesto risultino irrisorie, inefficaci, e lontane dalle reali esigenze dei cittadini;
l'assemblea richiede interventi urgenti: il ripristino delle risorse a favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie, a partire dal Fondo nazionale sulle politiche sociali e dal Fondo nazionale sulla non autosufficienza, nonché di quelle necessarie a livello regionale e locale; la revisione dei livelli essenziali sanitari e sociosanitari fissati nel 2001 riaprendo la discussione sul testo approvato nel 2008 e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, già a suo tempo indicati dalla legge n.328 del 2000 aggiornando il dibattito sul concetto di «livello essenziale» alla luce dei nuovi paradigmi e concetti introdotti dalla Convenzione Onu; la predisposizione da parte dello Stato e delle regioni di indicazioni programmatiche pluriennali in materia di politiche rivolte alle persone con disabilità; l'omogenizzazione a livello nazionale dei criteri di compartecipazione al costo dei servizi nel rispetto del principio dell'evidenziazione della situazione economica del solo assistito o del contributo economico simbolico e sostenibile; la revisione del sistema accertamenti dell'invalidità civile, dello stato di handicap e della disabilità come previsto dall'articolo n.24 della legge n.328 del 2000 e la rivisitazione del piano straordinario delle visite con la consultazione delle associazioni al fine di individuare le strategie per migliorare il sistema; il ripristino dei pagamenti delle prestazioni senza alcun ritardo per la gestione dei servizi; l'urgente riconvocazione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità (istituito con legge n.18 del 2009 e convocato ad oggi una sola volta nel dicembre 2010) al fine di avviare, concretamente il monitoraggio della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità nel nostro Paese; la convocazione urgente dei rappresentanti dell'associazione da parte delle istituzioni preposte a livello nazionale, regionale e locale al fine di essere ascoltati sui punti sopra indicati -:
se il Governo sia a conoscenza dello stato di crisi nazionale sulle politiche per le persone con disabilità e per le loro famiglie;
se Governo sia a conoscenza della mozione emersa dall'Assemblea nazionale

di Anffas Onlus, dei contenuti e delle richieste deliberate e se, ed in caso affermativo in che modo e con quali tempi, intenda arginare tale deriva e intervenire con provvedimenti urgenti a risollevare le sorti dell'intero mondo della disabilità.
(4-12065)

DI STANISLAO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel 2001, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 21 maggio «Giornata mondiale della diversità culturale per il dialogo e lo sviluppo» al fine di sottolineare l'importanza dei valori della pace e della solidarietà. La giornata si ripropone di fungere da segnale per coloro che cercano di seminare divisioni tra gli esseri umani, per mostrare che tali tentativi saranno sempre contrastati da coloro che credono nelle ben più grandi forze della tolleranza e della comprensione reciproca;
sia l'attività economica globale che gli sviluppi nel campo delle comunicazioni mostrano la crescente interconnessione dell'umanità ma allo stesso tempo, continuano a persistere barriere, diffidenza ed animosità tra popoli e culture. Il contatto crescente ha anche generato timori, immaginari e reali, di perdere le proprie amate lingue, identità e costumi;
nell'ambito dell'osservazione della Giornata mondiale della diversità culturale di quest'anno, l'Alleanza delle civiltà e l'UNESCO assieme ad altre entità, dalle grandi imprese fino a giungere alla base popolare, hanno realizzato il 21 maggio la campagna «Fai un gesto» a favore della diversità e dell'integrazione;
la campagna invita tutti, dai giovani agli attori politici, dai leader religiosi ai giornalisti, imprenditori e altri che influenzano opinioni e tendenze, a rendere nota la ricchezza morale, sociale ed economica che deriva dalla diversità culturale -:
quali siano gli intendimenti del Governo in questo contesto, se abbia aderito alla campagna «Fai un gesto» e se abbia intenzione di mettere in campo iniziative che rafforzino i legami, approfondiscano la comprensione del valore della diversità culturale e aiutino a vivere meglio tutti insieme.
(4-12066)

PALADINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
lo scorso anno «Teleperformance» un'azienda multinazionale di call center che in Italia impiega 2.817 dipendenti a tempo indeterminato nelle tre sedi di Taranto, Roma e Fiumicino aprì le procedure di licenziamento per 864 dipendenti;
grazie alla mobilitazione dei lavoratori si arrivò al ritiro della procedura ed alla concessione da parte del Ministero dei contratti di solidarietà in deroga per un anno;
l'accordo stipulato al Ministero impegnava l'azienda ad investire per il rilancio ponendo un freno alla politica delle delocalizzazioni attuata fino a quel momento dalla stessa azienda;
Teleperformance ha tuttavia continuato la propria politica di delocalizzazione delle commesse acquisite in Italia incrementando postazioni in altre sedi all'estero aprendo al contempo due procedure di licenziamenti in Italia;
le azioni poste in essere sono, ad avviso dell'interrogante, il risultato di una politica sbagliata e quanto mai pericolosa per la tenuta occupazionale dell'azienda e per il mercato dei call center;
è necessario fermare i licenziamenti che coinvolgono 1.464 famiglie per ridare un futuro a migliaia di giovani che credevano di aver trovato un lavoro stabile sul quale basare un progetto di vita -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della descritta situazione;

se il Ministro interrogato non ritenga necessario, attuare un'attenta riflessione ed un rapido impegno sul modo di investire per il rilancio dell'azienda Teleperformance cercando per quanto di competenza di porre freno alla politica delle delocalizzazioni verso altri paesi.
(4-12070)

BITONCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da Il Gazzettino di Padova il 4 maggio 2011, il comune rischia di dover pagare una maxi multa di 300 mila euro per intermediazione di manodopera;
secondo gli ispettori del lavoro, i vertici di palazzo Moroni avrebbero commesso un vero e proprio reato avvalendosi dal 1995 ad oggi di 43 lavoratori ex dipendenti della cooperativa Giotto, poi assorbiti dalla finanziaria Aps del comune, di fatto a disposizione di 5 settori del municipio: polizia municipale, servizi scolastici, musei, gabinetto del sindaco e servizi sportivi;
nel dettaglio gli ispettori contestano al comune la circostanza che i suddetti 43 lavoratori avrebbero ricoperto incarichi e svolto mansioni a loro non spettanti, in quanto essendo assunti con contratto del commercio e non degli enti locali devono svolgere attività diverse rispetto ai dipendenti comunali regolarmente assunti, dietro direttive dell'amministratore unico Aps finanziaria e non già dei 5 dirigenti comunali;
per tale motivazione, pertanto, l'ispettorato avrebbe comminato a tutti e 5 i settori una contravvenzione di circa 60 mila euro ciascuno ed avrebbe intimato all'amministrazione di sanare questa anomalia;
appare quanto mai improbabile la possibilità che l'attuale amministrazione possa in tempi rapidi risolvere la questione con l'assorbimento dei 43 lavoratori interessati, alla luce dei vincoli derivanti dal patto di stabilità e dalla vigente normativa in materia di assunzioni di personale e di turn-over;
peraltro, a parere dell'interrogante, potrebbe essere ravvisabile nell'operato dell'amministrazione una responsabilità per danno erariale -:
se i fatti di cui in premessa, riportati sulla stampa locale, corrispondano a verità ovvero quali ulteriori risultati ed eventuali responsabilità siano emerse dall'indagine effettuata dalla direzione provinciale del lavoro.
(4-12083)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo uno studio commissionato dalla FAO, circa un terzo del cibo prodotto ogni anno per il consumo umano - intorno a 1,3 miliardi di tonnellate - va perduto o sprecato;
il documento, Global Food Losses and Food Waste (perdita e spreco di cibo a livello mondiale ndt.), è stato commissionato dalla FAO all'Istituto svedese per il cibo e la biotecnologia (SIK) in occasione di Save the food!, il congresso internazionale che si tiene a Düsseldorf il 16 e 17 maggio 2011 nell'ambito della fiera dell'industria d'imballaggio, Interpack2011;
lo studio ha inoltre evidenziato che: i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo dissipano all'incirca la stessa quantità di cibo - rispettivamente 670 e 630 milioni di tonnellate; ogni anno i consumatori dei paesi ricchi sprecano quasi la stessa quantità di cibo (222 milioni di tonnellate) dell'intera produzione alimentare netta dell'Africa sub-sahariana

(230 milioni di tonnellate); frutta e verdura, insieme a radici e tuberi, sono gli alimenti che vengono sprecati maggiormente; l'ammontare di cibo che va perduto o sprecato ogni anno è equivalente a più di metà dell'intera produzione annuale mondiale di cereali (2,3 miliardi di tonnellate nel 2009/2010);
in Italia a causa degli sprechi dal campo alla tavola viene perso cibo per oltre dieci milioni di tonnellate. La stima è della Coldiretti che sottolinea come le perdite economiche per il nostro paese ammontano a circa 37 miliardi di euro che sarebbero sufficienti a nutrire 44 milioni di persone, secondo l'ultima analisi last minute market;
il rapporto fa un'analisi dettagliata, proponendo suggerimenti per arginare tale fenomeno -:
se il Governo non ritenga di dover mettere in atto una serie di iniziative in grado di arrestare lo spreco di cibo, giunto ormai a livelli inaccettabili, e di avviare una serie di campagne di informazione e sensibilizzazione verso i cittadini e nelle scuole di ogni ordine e grado, anche al fine di recepire e mettere in atto i suggerimenti riportati nel rapporto della Fao.
(4-12068)

NEGRO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
molte regioni italiane, in particolare quelle del nord ovest, si trovano ad affrontare una vera e propria emergenza ambientale determinata dalla presenza di nutrie che, senza l'argine di predatori naturali, si riproducono rapidamente causando ingenti danni alle coltivazioni ;
il predatore in questione, originario dell'America latina ed importato nel nostro Paese come animale da pelliccia è stato prima largamente allevato e successivamente, una volta dismessa la produzione di pellicce, è stato liberato e si è largamente moltiplicato tanto che, secondo stime recenti, solo nella provincia di Verona ce ne sono circa 50 mila esemplari;
la questione è particolarmente allarmante non solo sotto il profilo relativo ai problemi causati gli agricoltori, costretti a chiedere ingenti risarcimenti e più in generale all'ambiente, dal momento che tali animali distruggono gli argini dei fiumi, ma anche con riferimento alla salute umana, considerato che, specialmente nelle regioni maggiormente interessate dal fenomeno, quali Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, sono sempre più numerosi gli interventi medici su agricoltori feriti da nutrie, con conseguente somministrazione di profilassi contro la leptospirosi -:
di quali elementi disponga il Governo in relazione al fatto espresso in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per assicurare la bonifica dei territori sempre più popolati dai pericolosi roditori.
(4-12078)

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto risulta dai dati diffusi dall'ISTAT, nell'arco di dieci anni in Italia hanno cessato l'attività circa 470.000 aziende agricole;
il suesposto dato conferma di fatto le gravi difficoltà che affliggono il settore, in considerazione che si tratta di una perdita complessiva di quasi 50 mila imprese l'anno: un numero impressionante con conseguenze pesanti sull'occupazione, che deve far riflettere sullo stato del comparto e sulla necessità di un nuovo progetto per rilanciare lo sviluppo e la competitività per l'intero settore primario quale quello agricolo;
nonostante gli importanti provvedimenti introdotti sin dall'inizio della legislatura da parte del Governo a sostegno dell'intero comparto agricolo e agro-alimentare nazionale, che vive fra l'altro una situazione molto complessa, acuita dalla

crisi economica internazionale che aumenta l'incertezza sulle prospettive a breve e medio termine, dallo scenario complessivo configurato dalla relazione dell'ISTAT, emergono, inoltre, un incremento dei costi produttivi e burocratici che continuano a pesare sugli agricoltori e sull'intera filiera agricola nazionale;
nell'anno appena trascorso, infatti, sono cresciuti ancora gli oneri complessivi (+4-5 per cento), mentre sono calate sia la produzione (-1,8 per cento) che il valore aggiunto (-3 per cento);
risulta, inoltre, irrisolta la problematica relativa ai prezzi non remunerativi sui campi agricoli: ad esempio la «voce energia» è triplicata in dodici mesi, incidendo in modo grave sulla gestione aziendale;
appare evidente, a giudizio dell'interrogante, che tutte queste spese rischiano di penalizzare oltre misura l'intera filiera agricola nazionale escludendo di fatto le imprese dai fattori di sviluppo rurale e di competitività dei mercati internazionali, in considerazione che i dati negativi sono più netti che nel resto d'Europa -:
quali orientamenti intenda esprimere nell'ambito delle sue competenze, con riferimento ai dati pubblicati dall'ISTAT ed esposti in premessa;
se non ritenga opportuno valutare la possibilità di promuovere, compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione, un intervento normativo ad hoc, congiuntamente agli importanti interventi già approvati recentemente a sostegno della rintracciabilità e dell'etichettatura dei prodotti alimentari, volto a sostenere un settore quale quello agricolo che rappresenta un comparto essenziale per l'intera economia internazionale, in considerazione che esso conta in totale 1,7 milioni di aziende e oltre milioni di occupati fra titolari, dipendenti, familiari e lavoratori stagionali.
(4-12084)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

RAMPELLI e MARSILIO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'UNIRE è un ente di diritto pubblico non economico, preposto all'organizzazione delle corse dei cavalli in Italia, ed è sottoposto al controllo e alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e del Ministero dell'economia e delle finanze;
l'UNIRE, come evidenziato dal suo statuto, esercita il controllo e la sorveglianza tecnica e disciplinare delle corse, avvalendosi, a tal fine, esclusivamente dell'opera di collaboratori esterni;
detti collaboratori, non previsti dalla pianta organica dell'ente, sono inseriti, in base al vigente regolamento delle corse, in un apposito elenco, al quale si dovrebbe poter accedere solo dopo aver comprovato esperienza e specifica professionalità nel settore e, dal 1982, solo dopo aver superato un corso di qualificazione, sempre che non incorrano nelle cause di incompatibilità previste dal regolamento e dalle leggi vigenti;
secondo informazioni raccolte e secondo quanto più volte evidenziato anche in precedenti atti di sindacato ispettivo presentati nel corso della presente legislatura presso entrambi i rami del Parlamento, allo stato attuale la maggior parte degli addetti al controllo tecnico e disciplinare delle corse non risulta idonea mediante uno dei corsi di cui sopra e, in diversi casi, non è in possesso dei titoli di studio (diploma di scuola media superiore) richiesti ai partecipanti ai suddetti corsi;
detti collaboratori svolgono le proprie mansioni in regime contrattuale di collaborazione coordinata e continuativa, e sono qualificati dall'UNIRE come «giudici

onorari» (così come emerso dall'audizione del professor Varrone, commissario straordinario dell'ente, in Commissione agricoltura al Senato in data 9 marzo 2011), seppur in mancanza dei requisiti che tale figura professionale richiederebbe;
il rapporto contrattuale tra gli addetti al controllo tecnico e disciplinare delle corse e l'UNIRE è regolato da contratti individuali per l'anno 2004. Tali contratti, in scadenza al 31 dicembre 2004, sono stati considerati tacitamente rinnovati per ogni annualità successiva, disattendendo le regole che disciplinano i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, i quali prevedono l'impossibilità del rinnovo tacito, come specificato da numerose circolari del dipartimento della funzione pubblica;
i collaboratori di cui sopra, pur contrattualizzati come co.co.co., hanno precisi obblighi orari nello svolgimento delle proprie funzioni, come specificato dal regolamento delle corse, che impone loro una presenza tassativa sui campi un'ora prima dell'inizio della prima corsa (con firma di un apposito modulo di presenza) e obbliga gli stessi alla permanenza sui campi mezz'ora dopo il termine dell'ultima corsa;
alla data odierna, secondo informazioni in possesso degli interroganti, sono diversi i contenziosi tra l'UNIRE e i collaboratori esterni di cui sopra, con richieste di stabilizzazione del rapporto di lavoro prolungato oltre i termini di legge previsti per tali tipologie contrattuali;
la nota circolare del Dipartimento della funzione pubblica n. 0011786 del 22 febbraio 2011 ricorda che, per una corretta programmazione del fabbisogno per il triennio 2011/2013, occorre tenere conto, tra gli altri punti, «del corretto ricorso alle tipologie di lavoro flessibile nel rispetto rigoroso ed attento delle condizioni di ammissibilità connesse con le esigenze temporanee o eccezionali, escludendone, pertanto, l'utilizzo per far fronte ad esigenze ordinarie e continuative»;
la stessa nota circolare rammenta poi «che un utilizzo improprio delle tipologie di lavoro flessibile determina nuovo precariato e le amministrazioni pubbliche, nonché i competenti organi di controllo, dovranno evitare l'insorger e di tali fenomeni, che si pongono in antitesi con i princìpi che riguardano il corretto funzionamento delle stesse» -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda esposta in premessa;
se non si ritenga opportuno procedere ad una sollecita e puntuale verifica delle tipologie contrattuali instauratesi tra l'UNIRE e i propri collaboratori e dipendenti;
quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere per risolvere il problema relativo ai profili giuridico-contrattuali dei collaboratori dell'UNIRE, tenendo in debito conto le circolari emanate dal Dipartimento della funzione pubblica e le disposizioni delle leggi finanziarie per il 2007 e il 2008 in merito alla necessità di stabilizzazione dei lavoratori precari.
(4-12087)

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SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:

FUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto emerso da un rapporto appena pubblicato a cura dell'Osservatorio sulla condizione assistenziale dei malati oncologici (cui aderisce anche il Ministero della salute), l'Italia registra una forte disparità, in termini di qualità delle cure e soprattutto di qualità delle dotazioni strumentali e tecnologiche, tra Mezzogiorno e resto del Paese;
si pensi alla situazione di alcune regioni, in particolare del Nord Italia, che registrano un numero adeguato di posti

letto e di apparecchiature moderne e in buone condizioni di funzionamento, e di converso alla situazione di altre regioni che al contrario versano in situazione di difficoltà tanto che esse sono teatro di un evidente fenomeno di «emigrazione sanitaria»;
con il progredire della medicina cresce il numero di malati oncologici che possono aspirare a una aspettativa di vita maggiore rispetto a un ancora recente passato e a una qualità della vita relativamente buona. Tale fattore deve essere un ulteriore motivo per far sì che su tutto il territorio nazionale vi siano livelli adeguati di cure e strutture per i malati oncologici -:
quali iniziative il Governo intenda assumere, nell'ambito del suo impegno istituzionale per garantire i livelli essenziali di assistenza, per favorire l'omogenea applicazione su tutto il territorio nazionale delle cure oncologiche.
(4-12063)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA, CIMADORO, MONAI e PIFFARI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105 recante misure urgenti in materia di energia, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 13 agosto 2010, n. 129, regola le tariffe incentivanti da riconoscere alla produzione di energia elettrica ottenuta da impianti fotovoltaici che entreranno in servizio nel triennio 2011-2013;
in particolare, il decreto-legge n. 105 del 2010 dispone all'articolo 1-septies che «Le tariffe incentivanti di cui all'articolo 6 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 febbraio 2007, recante criteri e modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 2007, sono riconosciute a tutti i soggetti che, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 5 del medesimo decreto ministeriale, abbiano concluso, entro il 31 dicembre 2010, l'installazione dell'impianto fotovoltaico, abbiano comunicato all'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione, al gestore di rete e al Gestore dei servizi elettrici-GSE S.p.a., entro la medesima data, la fine lavori ed entrino in esercizio entro il 30 giugno 2011»;
la comunicazione all'amministrazione competente inoltre, deve essere accompagnata da asseverazione, redatta da tecnico abilitato, di effettiva conclusione dei lavori di cui al comma 1 e di esecuzione degli stessi nel rispetto delle pertinenti normative. Il gestore di rete e il GSE S.p.a., ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, possono effettuare controlli a campione per la verifica delle comunicazioni di cui al presente comma, ferma restando la medesima facoltà per le amministrazioni competenti al rilascio dell'autorizzazione;
il decreto ministeriale 19 febbraio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 2001 prevede i criteri e modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare e all'articolo 5 indica le procedure per l'accesso alle tariffe incentivanti;
il Gestore dei servizi energetici (GSE) svolge un ruolo determinante perché è l'organo atto a riconoscere la tariffa incentivante degli impianti fotovoltaici (soggetto attuatore);
secondo il decreto infatti, prevede che entro 60 giorni dalla data di ricevimento della richiesta di concessione della tariffa incentivante, il GSE deve comunicare al soggetto responsabile la tariffa riconosciuta;

tuttavia, nonostante vi siano diverse procedure di invio delle domande (la piattaforma informatica, la posta elettronica e la raccomandata) il GSE non sarebbe in grado di gestire efficacemente tutte le richieste e moltissime di queste, nonostante il termine di 60 giorni previsto dalla legge, sarebbero ancora in fase di valutazione;
per di più, agli interroganti risulta che tante pratiche siano state rigettate dal GSE per motivazioni discutibili, come ad esempio la non conformità delle asseverazioni da parte del tecnico responsabile dell'impianto. A ben vedere, sulle asseverazioni i richiedenti non hanno a disposizione un modello formale di riferimento, perché il GSE ha comunicato sul sito internet soltanto delle «news». Conseguentemente gli interessati si sarebbero attenuti a modelli forniti da associazioni del settore e da ordini asseverati con timbro e firma, nella convinzione di osservare al meglio la procedura. È evidente che il diniego dell'incentivo, almeno in questi casi, appare davvero poco condivisibile;
peraltro risulta inoltre che i richiedenti non riescano ad ottenere dal GSE chiarimenti sulle pratiche, nemmeno tramite il call center, che dopo lunghissimi tempi di attesa non fornirebbe l'adeguata assistenza tecnica;
il malfunzionamento del sistema di riconoscimento degli incentivi frena in maniera rilevante lo sviluppo del settore fotovoltaico, che ad oggi è composto da circa 1.000 aziende e fornisce oltre 120.000 posti di lavoro tra diretti e indiretti;
frenare lo sviluppo delle fonti rinnovabili vuol dire creare anche gravi danni all'ambiente, considerato che ogni gigawatt di fotovoltaico comporta 740 mila tonnellate di CO2 all'anno in meno -:
se i Ministri siano a conoscenza di quanto riportato nella presente interrogazione e se intendano acquisire elementi sulla modalità di gestione delle richieste delle tariffe incentivanti da parte del Gestore dei servizi energetici (GSE);
se la mancata comunicazione entro i termini di legge della valutazione della tariffa incentivante nel senso descritto in premessa, equivalga al silenzio assenso previsto dall'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
(5-04804)

Interrogazione a risposta scritta:

MADIA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'ICE, Istituto nazionale per il commercio estero, nato nel 1926 e con l'attuale denominazione dal 1945, è un ente pubblico non economico dipendente dal Ministero dello sviluppo economico che si occupa di commercio con l'estero e promozione del made in Italy. È guidato dall'ambasciatore Umberto Vattani. L'Istituto ha la sua sede centrale a Roma, in cui è presente il settore PAG (progettazione allestimenti e grafica) che svolge attività di progettazione di fiere ed eventi per la promozione del sistema produttivo italiano all'estero, strettamente connesso alle strutture economiche e legali delle reti nazionali ed estere;
nel 2008 l'ICE bandisce concorsi per 3 qualifiche funzionali:
n. 6 posti per dirigente;
n. 5 posti per Architetto da inserire nell'Area Professionisti;
n. 107 posti da Funzionario posizione C1;

relativamente alla posizione di architetto le prove preselettive e di merito si svolgono nel corso del 2009. La graduatoria generale di merito del concorso viene deliberata il 28 aprile 2010 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 4o serie speciale concorsi n.40 del 21 maggio 2010;
risulta all'interrogante che l'ICE avrebbe inoltrato un'unica domanda di autorizzazione alle assunzioni - relativa a tutti e tre i concorsi - presso il dipartimento per la funzione pubblica;

a marzo 2011 il dipartimento per la funzione pubblica avrebbe autorizzato 7 assunzioni per l'ICE, «che sono state così distribuite: n.2 dirigenti, n.1 architetti, n.4 funzionari C1, ma al 31 marzo 2011 non hanno potuto prendere servizio perché non risulta ancora pubblicato il relativo decreto in Gazzetta Ufficiale;
a maggio 2011, non è stato assunto ancora nessuno dall'ICE, sia tra gli architetti sia tra le altre figure professionali (dirigenti e C1) -:
come il Governo intenda operare al fine di consentire all'ICE di provvedere a tutte le assunzioni e se sia possibile dare un timing certo sulle relative procedure autorizzatorie in modo da dare certezze ai vincitori non assunti;
se il Governo intenda prorogare la graduatoria dei vincitori del concorso in oggetto fino alla loro assunzione, al fine di garantire la trasparenza e ribadire che il principio meritocratico deve essere l'unico strumento di selezione della classe dirigente pubblica;
se il Governo intenda, nell'ultima parte di legislatura, risolvere l'annoso e grave problema dei vincitori di concorso non assunti già oggetto di innumerevoli atti di sindacato ispettivo, sia di carattere generale sia relativi alle singole amministrazioni;
quali siano i costi dei concorsi svolti all'ICE e i costi di gestione del sistema attraverso contratti cosiddetti «a chiamata» basati sull'utilizzo delle agenzie interinali, utilizzati per neutralizzare gli effetti del blocco del turn-over.
(4-12069)

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Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Codurelli n. 5-04792, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 476 del 23 maggio 2011.

CODURELLI e NACCARATO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Fond. Metalli Conveyors è un'azienda che produce nastri-tappeti metallici utilizzati in diversi settori commerciali (alimentare, meccanico, fonderie, e altro) nonché in altre situazioni di automazione industriale di alto contenuto tecnologico e che consta di 67 dipendenti di cui 58 (44 operai, 13 impiegati e 1 dirigente) a Monte Marenzo (Lecco) e 9 a Campodarsego (Padova);
l'azienda, di proprietà di un imprenditore veneto, nonostante la crisi vanta un discreto portafoglio clienti e un numero di commesse non indifferenti;
la produzione è di nicchia e, pur avendo anch'essa avvertito i contraccolpi di un quadro economico complessivamente negativo, mostra una positiva inversione di tendenza nel portafoglio ordini;
nel mese di luglio del 2010 la proprietà ha avviato la mobilità per 22 lavoratori che è stata in seguito bloccata. Attualmente per circa 30 dipendenti è stata attivata la cassa straordinaria e il contratto di solidarietà che scade il 30 ottobre 2011. Inoltre, attraverso un percorso di accompagnamento verso la pensione, entro il prossimo novembre dovrebbero rimanere circa 50 dipendenti;
a quanto consta agli interroganti nel 2011 la proprietà ha intrapreso una serie di operazioni tese alla dismissione dell'azienda: smantellamento di alcuni macchinari sulla base della motivazione che in loco non c'erano le professionalità adatte per innovarli tecnologicamente; dismissione del capannone di Monte Marenzo perché richiede un affitto troppo oneroso, con l'impegno di reperirne un secondo nel raggio di 10 chilometri e perché non è in linea con le altezze previste per alcune lavorazioni. Ad oggi, dunque, il capannone risulta mezzo vuoto, non c'è un posto di lavoro per tutti, quindi gli addetti presenti lavorano su due turni di 5 ore e mezzo;

secondo fonti sindacali, la proprietà ha trasferito i macchinari in Veneto dove ha avviato un'attività analoga utilizzando lavoratori di una cooperativa, pagandoli molto meno e con contratti precari. C'è ragione di ritenere che la proprietà consideri prioritario ridurre i costi del personale e dei processi produttivi, disponendo la dismissione completa dell'unità produttiva, amministrativa e commerciale in Monte Marenzo;
la dismissione dello stabilimento causerebbe:
perdita della quasi totalità dei posti di lavoro, supponendo che il settore commerciale non sia così esposto in quanto meno legato ad un sede operativa;
perdita di un'attività che opera in un settore che potrebbe, in una visione lungimirante, rappresentare l'opportunità di promuovere sinergie in grado di sviluppare innovazione nei processi tecnologici (soprattutto nella robotica e nell'impiego di nuovi materiali), in collaborazione con la locale università e con specifiche realtà dell'imprenditoria territoriale;
perdita di un altro tassello del sistema industriale della provincia di Lecco, nella quale, a detta degli ultimi dati macroeconomici, la ripresa occupazionale e produttiva è più stentata rispetto ad altre aree regionali;
l'aumento della precarietà nel lavoro e le difficoltà registrate dalle attività economiche nel territorio interessato, stanno determinando un crescente peggioramento delle condizioni socio-economiche delle famiglie e dei giovani in cerca di prima occupazione, ai quali la comunità locale non riesce a dare risposte adeguate in termini di servizi e provvidenze, considerati i limiti imposti alla spesa pubblica dalle leggi finanziarie -:
se non reputi urgente un intervento, con tutti i soggetti a vario titolo coinvolti, stante il grave comportamento dell'azienda, che agli interroganti appare lesivo dei più elementari doveri verso le rappresentanze dei lavoratori, e non conformi ai contratti nazionali e alla legislazione vigente in materia di lavoro, considerato che si utilizzerebbero ammortizzatori sociali per i dipendenti in un territorio e contemporaneamente si trasferirebbe in un'altra regione italiana la medesima produzione, impiegando manodopera precaria e sottopagata. (5-04792)

Ritiro di un documento di indirizzo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore:
risoluzione in Commissione Fugatti n. 7-00455 del 16 dicembre 2010.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza urgente Polidori n. 2-00931 del 18 gennaio 2011;
interrogazione a risposta immediata in Assemblea Baldelli n. 3-01668 del 24 maggio 2011.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-04081 del 20 gennaio 2011 in interrogazione a risposta scritta n. 4-12084.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ANTONIONE. - Al Ministro per le politiche europee, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 10 dicembre 2010 si svolgerà il Consiglio competitività dell'Unione europea;
Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia e Slovenia hanno chiesto di inserire all'ordine del giorno il tema dei futuri sviluppi del brevetto europeo;
l'intento di questi Paesi sembra essere quello di attivare, in mancanza della prescritta unanimità fra i 27 Stati membri, il regime di cooperazione rafforzata, che consentirebbe, ad una mera maggioranza qualificata di Stati membri dell'Unione europea, di decidere che solo tre lingue, inglese, francese e tedesco, vengano utilizzate nel regime di traduzione del sistema brevettuale dell'Unione europea;
questa decisione andrebbe chiaramente contro due fondamentali esigenze: la non discriminazione fra gli Stati europei e le loro imprese e la definizione di un sistema che sia finanziariamente sostenibile e giuridicamente certo;
per quanto riguarda il nostro Paese, nel trasferire il regime trilinguista inglese-francese-tedesco nel sistema comunitario, si introdurrebbe un gravissimo elemento di discriminazione contro l'Italia, la lingua italiana e il nostro sistema d'imprese -:
quali iniziative intenda adottare e in quali sedi, per tutelare questo gravissimo «attacco politico» contro il nostro Paese, la nostra lingua e le nostre imprese;
come si intenda intervenire, a livello bilaterale, nei confronti dei Paesi che hanno assunto questa inaccettabile determinazione;
se e come si ritenga di stigmatizzare il comportamento della Slovenia che da sempre è in prima fila per la tutela della propria minoranza linguistica.
(4-09915)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Nel dicembre 2010 la Presidenza belga dell'Unione europea, a seguito di quanto richiesto da 12 Stati membri e sostenuta dal servizio giuridico del Consiglio (che aveva valutato la cooperazione rafforzata sul brevetto compatibile con il mercato interno e con i principi di libera concorrenza), ha formalmente constatato la ricorrenza dei requisiti necessari per procedere alla cooperazione rafforzata in materia di brevetto, in particolare quello relativo all'impossibilità di raggiungere l'unanimità entro un periodo ragionevole.
La Commissione ha quindi presentato una proposta di decisione del Consiglio che autorizza gli Stati membri interessati ad avviare una cooperazione rafforzata in tale

settore. Gli Stati che hanno chiesto di aderire sono successivamente saliti a 25.
Il 10 marzo 2011 il Consiglio competitività ha adottato, con il solo voto contrario di Italia e Spagna, la decisione che autorizza i 25 Stati membri ad avviare una cooperazione rafforzata ai sensi dell'articolo 329 Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea per l'istituzione di un brevetto unitario Ue. Il Parlamento europeo aveva espresso parere positivo sul progetto della decisione il 15 febbraio 2011.
La decisione del Consiglio è stata adottata a soli due giorni dal parere reso (l'8 marzo 2011) dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, che si è espressa in senso negativo sugli aspetti giurisdizionali del sistema brevettuale. La Corte ha infatti affermato che l'istituzione di un tribunale competente sulle controversie in materia di brevetti è incompatibile con le disposizioni del diritto dell'Unione. In particolare, la, Corte ritiene che in tal modo si priverebbero i giudici degli Stati membri delle loro competenze in materia di interpretazione e applicazione del diritto dell'Unione europea. Si attribuirebbe infatti, ad un giudice internazionale, situato all'esterno della cornice istituzionale e giurisdizionale dell'Unione, una competenza esclusiva a conoscere un rilevante numero di azioni promosse da privati in materia di brevetto comunitario, nonché ad interpretare e ad applicare il diritto dell'Unione europea in questa materia. L'accordo inciderebbe parimenti sulla competenza della Corte a risolvere, in via pregiudiziale, le questioni proposte dai giudici nazionali.
La Commissione dovrà ora presentare le proposte per realizzare la cooperazione rafforzata decisa il 10 marzo 2011 e formulare un nuovo progetto per la definizione di un sistema giurisdizionale unificato. Le proposte di regolamento attuativo della cooperazione rafforzata (una sul regime linguistico e l'altra sul funzionamento del brevetto dell'Unione europea), dovrebbero essere presentate a metà aprile. Italia e Spagna potranno partecipare alle deliberazioni del Consiglio sull'attuazione della cooperazione rafforzata, ma senza diritto di voto.
L'Italia si è sempre opposta all'iniziativa della cooperazione rafforzata in materia di brevetto, ritenendola inaccettabile per questioni di metodo e di merito (pari dignità linguistica; integrità del mercato unico; tutela della nostre imprese in un situazione di distorsione della concorrenza). Riteniamo, in particolare, che l'iniziativa rappresenti un aggiramento dell'articolo 118 paragrafo 2 del Trattato (che prevede l'unanimità da parte del Consiglio per l'adozione di regolamenti sui regimi linguistici dei titoli europei) e che miri a definire un regime discriminatorio trilingue per noi inaccettabile.
Queste considerazioni sono state espresse dal Governo italiano in sede di Consiglio e a livello bilaterale, anche con appositi passi svolti dalle nostre rappresentanze diplomatiche. Alcuni Paesi membri hanno condiviso nella sostanza la nostra posizione, ma non hanno ritenuto di rimanere al di fuori della cornice della cooperazione rafforzata, sia per le pressioni dei rispettivi ambienti imprenditoriali, sia perché considerano che la partecipazione a tale iniziativa dovrebbe consentire loro di meglio tutelare i propri interessi.
Per quanto attiene ai rapporti con la Slovenia, che attraversano un momento di particolare intensità, come testimoniato dalla prima visita di Stato in Italia del Presidente sloveno (17-19 gennaio 2011) e dalla III riunione del Comitato di coordinamento dei ministri (Roma 17 febbraio 2011), la questione del brevetto è stata espressamente sollevata dal sottoscritto con il Sottosegretario agli affari esteri sloveno, signora Dragoljuba Bencina, cui ho esposto con franchezza la nostra posizione.
L'Italia intende impugnare la decisione che autorizza la cooperazione rafforzata davanti alla Corte di giustizia a difesa dei valori e degli obiettivi dell'Unione, come indicato nella dichiarazione congiunta italo-spagnola dello scorso dicembre e da ultimo annunciato in occasione del Consiglio competitività del 10 marzo 2011.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

BERNARDINI, BELTRANDI, MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
su La Nuova Sardegna del 13 settembre 2010 è apparso un articolo con il quale si racconta la storia di Laura Ametovic, rom venticinquenne, identificata nel mese di agosto 2010 nel campo rom di Cagliari e tratta in arresto in quanto non aveva ottemperato ad un ordine di espulsione del 2005;
a seguito del giudizio direttissimo Laura Ametovic è stata condannata dal tribunale monocratico a 5 mesi di reclusione;
Laura Ametovic per la legge italiana risulta essere clandestina e non ha diritto al permesso di soggiorno nonostante sia nata in Italia e abbia sempre vissuto ad Olbia. Per il suo avvocato, Michele Satta, la donna si trova in una situazione paradossale in quanto «per legge non ha più diritto ad ottenere il permesso, La sua situazione è emblematica di quella che vivono tanti rom»;
sul caso di Laura Ametovic la Fondazione Anna Ruggiu ha già lanciato un appello alla mobilitazione;
la 25enne di etnia rom ha sempre vissuto in Italia e regolarmente iscritta all'anagrafe del comune di Cagliari, non conosce altra lingua che l'italiano e il romané. Secondo la legge italiana, la donna dovrebbe immediatamente uscire dal Paese per recarsi non si sa dove, in un luogo che non ha mai visto, dove si parla una lingua che non conosce e senza il minimo mezzo di sussistenza -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero;
quali iniziative urgenti ed indifferibili intenda porre in essere l'attuale Governo al fine di semplificare la procedura di concessione della cittadinanza a tutti quegli individui che si trovano nelle condizioni di Laura Ametovic.
(4-08671)

Risposta. - La Prefettura di Cagliari ha comunicato che agli atti della locale Questura risulta che la cittadina bosniaca Laura Ahmetovic è nata in Italia ed è stata iscritta sul permesso di soggiorno della madre fino al compimento del quattordicesimo anno di età.
Da quella data sino ad oggi, non avendo provveduto al rinnovo, è rimasta in Italia priva di permesso di soggiorno.
Il 19 febbraio 2005, è stata espulsa, con provvedimento prefettizio e successivo ordine del questore di Cagliari, dopo essere stata trovata all'interno di un campo nomadi priva di documenti. Per tali fatti, la stessa presentava un ricorso dichiarato inammissibile dal giudice di pace di Cagliari.
Il 9 settembre 2010, l'Ahmetovic, nuovamente rintracciata all'interno di un campo nomadi ubicato presso la strada statale 554, nei pressi di Cagliari, è stata arrestata e condannata alla pena di cinque mesi e giorni dieci di reclusione ed al pagamento delle spese processuali per non aver ottemperato all'ordine del questore a lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni.
Non è emersa, infine, alcuna richiesta di cittadinanza italiana da parte della predetta signora Ahmetovic.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

BORGHESI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il signor Vittorio Fontanelli è nato a Roma da una famiglia romana da innumerevoli generazioni. È stato tenente pilota nell'Aeronautica militare italiana e Comandante in una delle maggiori compagnie aeree italiane;
a causa del fallimento della sua compagnia dovette cercare lavoro all'estero, in Inghilterra, con la British Airways. Quando fu promosso al grado di Comandante il sindacato piloti britannico

si oppose al fatto che un cittadino straniero potesse ricoprire una carica di tale responsabilità nella compagnia (allora) di Stato;
l'interrogante dovette prendere la cittadinanza britannica ed essendo ciò avvenuto prima del 1974 dovette rinunciare alla cittadinanza italiana. Ora a settantatre anni, vorrebbe riottenere la cittadinanza italiana. Sembra discriminatorio il fatto che coloro che hanno ottenuto una cittadinanza straniera dopo il 1974 possano mantenere la doppia cittadinanza;
ora al signor Fontanelli si chiede di stabilire la residenza in Italia per almeno un anno; egli dovrebbe ricominciare con le laboriose pratiche per ottenere la cittadinanza italiana, il passaporto e altro, che alla sua età, a parte la rilevante spesa, procurerà disagi non indifferenti sul piano fisico e mentale;
in questo periodo si sta considerando la riduzione del tempo necessario per ottenere la cittadinanza italiana. Andrebbe pertanto agevolato il percorso degli italiani che hanno perduto la cittadinanza posto che si pensa di dare la cittadinanza anche agli immigrati dopo pochi anni di permanenza in Italia -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati e se non ritengano opportuno promuovere un'idonea iniziativa normativa al fine di dare anche agli italiani con cittadinanza straniera acquisita prima del 1974 la doppia cittadinanza.
(4-04861)

Risposta. - Il riacquisto della cittadinanza italiana è disciplinato in via generale dall'articolo 13 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, ed è fondato essenzialmente sulla possibilità di una espressa dichiarazione di volontà, da parte dell'interessato, in tal senso e sulla residenza per oltre un anno sul territorio nazionale.
La legge in questione aveva anche previsto con l'articolo 17, comma 1, un regime transitorio, dando la possibilità in alcuni casi di riacquistare la cittadinanza senza trasferire la propria residenza in Italia, mediante una dichiarazione di volontà davanti all'autorità diplomatica competente. Tale norma ha cessato di avere effetto al 31 dicembre 1997.
Ciò premesso, nel caso specifico, il signor Fontanelli è incorso nella perdita automatica della cittadinanza italiana nel momento in cui si è naturalizzato cittadino britannico, ai sensi dell'articolo 8 della legge 13 giugno 1912, n. 555.
Si rappresenta, comunque, che il tema delle possibilità di riacquisto della cittadinanza italiana è oggetto di diverse proposte di legge attualmente all'esame della I Commissione permanente (Affari costituzionali) della Camera dei deputati.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

DESIDERATI e REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in risposta all'interrogazione 4-05304 il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri ha riferito che - a fronte delle richieste del nostro Paese in tema di trasporto aereo - il Venezuela non ha fornito alcun riscontro alla nota verbale inviata dal Governo italiano al fine di rivedere gli accordi bilaterali per la liberalizzazione del trasporto aereo, in attuazione della legge 28 gennaio 2009, n. 2 -:
se ad oggi ci sia stato il riscontro di cui in premessa e, nel caso in cui detto riscontro non ci fosse, come il Governo intenda procedere per riaprire i negoziati con il Venezuela in materia di trasporto aereo.
(4-11095)

Risposta. - Il Venezuela, a seguito di un'intesa tra il Ministero degli affari esteri, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Ente nazionale aviazione civile, è stato inserito nella lista dei Paesi extra-Ue a cui proporre in via prioritaria la rinegoziazione dei vigenti accordi aerei alla luce

di quanto disposto dal «decreto salva Malpensa» (legge n. 2 del 2009).
È stata dunque formalmente avanzata, per le vie diplomatiche, la richiesta di revisione degli accordi aerei bilaterali attualmente in vigore. Con l'occasione, le autorità venezuelane sono state altresì informate che, in deroga agli attuali accordi, sarebbero state rilasciate autorizzazioni provvisorie alle compagnie interessate che ne avessero fatto richiesta. Si è tuttora in attesa delle valutazioni venezuelane sulle proposte avanzate.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

DESIDERATI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il traffico aereo di linea fra due Stati è regolamentato da accordi bilaterali, articolati in base a schemi fissi, sottoscritti dai Governi dei due Paesi interessati e che attraverso la stipula di un accordo bilaterale viene sancito un regime regolamentare che definisce la quantità di voli offerti, il numero dei soggetti ammessi ad operare e il numero di destinazioni servite tra i due Paesi;
tali accordi non vengono sottoscritti esclusivamente secondo puri criteri commerciali e possono essere di due tipi: open sky o accordi tradizionali;
gli accordi open sky consentono a tutti i vettori delle due parti di collegare qualsiasi punto del proprio territorio con tutti i punti della controparte, in genere senza limitazioni di frequenze (ad esempio Italia/USA e da marzo 2008 UE/USA);
gli accordi tradizionali prevedono il numero di vettori designabili da ciascuna parte e abilitati ad operare i collegamenti tra i due Paesi (designazione singola, designazione multipla), prevedono i punti d'accesso di ciascuna parte presso i quali i vettori designati possono atterrare (ogni compagnia è invece generalmente libera di partire da qualsiasi punto all'interno del proprio Paese) e prevedono altresì il numero di frequenze operabili tra i due Paesi, i posti offerti e le tariffe;
l'area di Milano e del Nord Italia subisce attualmente forti limitazioni in termini di accessibilità aerea dovute all'attuale configurazione degli accordi bilaterali vigenti che, di fatto, ostacolano o impediscono il concreto sviluppo del trasporto aereo in tale area, attraverso la predeterminazione del vettore designato (monodesignazione), la limitazione delle frequenze e dei punti di accesso;
il riposizionamento su Roma della maggior parte dei servizi extra europei di Alitalia accentua pesantemente queste limitazioni soprattutto, ma non solo, con riferimento all'aeroporto di Malpensa al quale non sono al momento garantite paritarie condizioni di accessibilità con l'altro principale scalo nazionale pur in presenza di richieste di vettori italiani e stranieri intenzionati ad attivare, nel breve-medio termine, nuovi collegamenti e/o ad incrementare il numero delle frequenze su detto aeroporto;
tali richieste, il cui accoglimento è ostacolato dai vigenti accordi bilaterali o dalla concreta attuazione data agli stessi, riguardano:
1) l'accesso su Milano dei seguenti vettori: Belavia (Bielorussia), Malaysia Airlines (Malesia), Korean Air/Asiana (Corea del Sud), Biman (Bangladesh), Air Moldova (Moldova), Gulf Air (Bahrain), Air Astana (Kazakhstan), Kuwait Airways (Kuwait), China Airlines/Eva Air (Taiwan);
2) l'incremento di frequenze nei seguenti collegamenti: Riyadh/Milano (Saudi Arabia-Arabia Saudita), Amman/Milano (Royal Jordanian-Giordania), Tripoli/Milano (Libyan Arab/Afrigiyah-Libia), Tunisi/Milano (Tunis Air-Tunisia);
3) l'attivazione di nuovi collegamenti da Milano o incremento degli attuali da parte dei seguenti vettori nazionali: Air Italy, Blue Panorama, Eurofiy/Meridiana, Livingston, Neos verso i seguenti paesi:

Argentina, Brasile, Egitto, Ghana, Giappone, Israele, Nigeria, Russia, Tunisia, Venezuela;
inoltre, con riferimento agli altri aeroporti, risultano inevase numerose e fondate richieste miranti a ristabilire per tutti gli aeroporti del Paese regole di libero mercato e condizioni di parità di accesso;
alla luce del riposizionamento di Alitalia sullo scalo di Roma, i vigenti accordi aeronautici bilaterali determinano su Milano e sugli altri aeroporti notevoli elementi di criticità in quanto, nella maggior parte dei casi, il numero delle frequenze previste, pur un presenza di pluridesignazione, è interamente, o quasi interamente, operato da Alitalia (ad esempio Argentina, Algeria, Ghana, Brasile);
inoltre, le previsioni di monodesignazione limitano alla sola Alitalia il diritto di operare (ad esempio Egitto e Venezuela) e le eventuali previsioni di limitazione dei punti di accesso sono state finora attuate unicamente a favore di Roma;
il Governo, in data 10 giugno 2008, ha accolto l'ordine del giorno Cota, Reguzzoni, Dal Lago (A.C. 9/1094-A-R/2), impegnandosi «ad adottare ogni possibile iniziativa ed impartire ogni necessaria istruzione affinché si pervenga ad un'urgente revisione/ridefinizione dei vigenti accordi bilaterali in modo da garantire, anche su Malpensa e sugli altri aeroporti, l'effettiva liberalizzazione dei diritti di traffico con riguardo al numero dei vettori designati, al numero delle frequenze consentite e al numero dei punti di accesso»;
il processo di privatizzazione di Alitalia e la sua fusione con Air One hanno creato non solo una situazione di monopolio su alcune rotte, ma anche il pericoloso e non accettabile ruolo di una compagnia privata cui viene affidato in esclusiva il collegamento del nostro paese con alcuni paesi terzi;
l'articolo 9, comma 5-bis della legge 2 del 2009, stabilisce che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero degli affari esteri ed in collaborazione con l'Enac promuova la definizione di nuovi accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo nonché la modifica di quelli vigenti;
il Ministro degli affari esteri, rispondendo all'interrogazione 4-03858 Reguzzoni, in cui si chiedevano riscontri in merito alla ridefinizione con la Nigeria, ha precisato che è stata inviata una nota verbale alle competenti autorità nigeriane al fine di rendere note la nuova politica italiana tesa alla liberalizzazione del traffico aereo, l'intenzione di aggiornare gli accordi in vigore in coerenza con la predetta politica;
l'Enac ha inoltrato una proposta di revisione dell'accordo aereo con il suddetto Paese, nel rispetto dell'interesse manifestato dalla controparte e dall'industria del trasporto aereo italiano, ed anche alla luce dell'esigenza di adeguamento dell'accordo aereo alla normativa comunitaria proponendo l'inserimento delle clausole comunitarie (Reg. 847 del 2004);
al momento della risposta alla suddetta interrogazione, in data 17 novembre 2009, si era in attesa di riscontro da parte della Nigeria -:
se sia pervenuta risposta da parte della Nigeria alla proposta di revisione degli accordi bilaterali in tema di collegamenti aerei inoltrata dal Governo italiano in cui si rendeva nota la nuova politica del nostro Paese tesa alla liberalizzazione del traffico aereo e, in caso affermativo, quali siano i contenuti dell'accordo stipulato fra le parti.
(4-11177)

Risposta. - Nell'ottobre del 2009, la nostra Ambasciata ad Abuja inoltrò al Ministero degli esteri della Repubblica federale di Nigeria una proposta di revisione dell'accordo aereo bilaterale, il «Bilateral air service agreement», Basa, del 5 aprile 1979, e una lettera dell'Enac. Con quest'ultima si richiedeva provvisoriamente l'autorizzazione a far operare, sulla tratta Malpensa-Lagos, la compagnia aerea italiana «Cargolux Italia», con frequenza due volte a settimana, nella stagione 2009-2010.

Nel frattempo, nel settembre dello stesso anno, le autorità nigeriane trasmettevano una bozza di accordo di revisione che non teneva conto evidentemente delle modifiche proposte da parte italiana. Nonostante i solleciti della nostra ambasciata ai nigeriani perché facessero pervenire le loro determinazioni riguardo al testo proposto dall'Italia, le autorità non risposero. Nel gennaio del 2010 il Ministero dell'aviazione nigeriano inviò una lettera, nella quale sottolineò l'opportunità di esaminare la richiesta per le operazioni della «Cargolux» nell'ambito dell'accordo aereo bilaterale (Basa), in quel momento in fase di revisione, anche a seguito della sostituzione dell'ex «Alitalia» con la nuova «Compagnia aerea italiana-Cai».
Venne inoltre confermata, in tale ambito, la proposta nigeriana di tenere un incontro negoziale a Roma, già formulata dall'ambasciata di Nigeria a Roma all'inizio del settembre 2009, ed alla quale si era prontamente risposto, comunicando l'indisponibilità dell'Enac a programmare consultazioni nel breve periodo e l'opportunità di poter procedere ad una modifica del quadro bilaterale vigente.
Nel febbraio 2010, la Nigeria propose il secondo quarto del 2010 per un incontro, a Roma, volto alla rinegoziazione dell'accordo bilaterale, alla quale fu comunicata la proposta dell'Enac di tenere le consultazioni bilaterali a Roma alla fine di aprile. Le consultazioni, tenutesi infatti il 28 e 29 aprile 2010 a Roma, pur non portando ad una revisione dell'accordo bilaterale a causa della ferma posizione nigeriana a non accettare l'inserimento delle «clausole comunitarie» (dal 2004 l'Unione europea impone la previsione di dette clausole negli accordi aerei sottoscritti dai Paesi membri con Paesi terzi) hanno tuttavia riscontrato la disponibilità della controparte nigeriana all'incremento delle frequenze dell'Alitalia sulla Nigeria. Si rimane in attesa di risposta circa le richieste italiane attinenti l'aumento delle compagnie designabili e delle destinazioni.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

DESIDERATI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il traffico aereo di linea fra due Stati è regolamentato da accordi bilaterali, articolati in base a schemi fissi, sottoscritti dai Governi dei due Paesi interessati e che attraverso la stipula di un accordo bilaterale viene sancito un regime regolamentare che definisce la quantità di voli offerti, il numero dei soggetti ammessi ad operare e il numero di destinazioni servite tra i due Paesi;
tali accordi non vengono sottoscritti esclusivamente secondo puri criteri commerciali e possono essere di due tipi: open sky o accordi tradizionali;
gli accordi open sky consentono a tutti i vettori delle due parti di collegare qualsiasi punto del proprio territorio con tutti i punti della controparte, in genere senza limitazioni di frequenze (ad esempio Italia/USA e da marzo 2008 UE/USA);
gli accordi tradizionali prevedono il numero di vettori designabili da ciascuna parte e abilitati ad operare i collegamenti tra i due Paesi (designazione singola, designazione multipla), prevedono i punti d'accesso di ciascuna parte presso i quali i vettori designati possono atterrare (ogni compagnia è invece generalmente libera di partire da qualsiasi punto all'interno del proprio Paese) e prevedono altresì il numero di frequenze operabili tra i due Paesi, i posti offerti e le tariffe;
l'area di Milano e del Nord Italia subisce attualmente forti limitazioni in termini di accessibilità aerea dovute all'attuale configurazione degli accordi bilaterali vigenti che, di fatto, ostacolano o impediscono il concreto sviluppo del trasporto aereo in tale area, attraverso la predeterminazione del vettore designato (monodesignazione), la limitazione delle frequenze e dei punti di accesso;
il riposizionamento su Roma della maggior parte dei servizi extra europei di Alitalia accentua pesantemente queste limitazioni soprattutto, ma non solo, con riferimento all'aeroporto di Malpensa al

quale non sono al momento garantite paritarie condizioni di accessibilità con l'altro principale scalo nazionale pur in presenza di richieste di vettori italiani e stranieri intenzionati ad attivare, nel breve-medio termine, nuovi collegamenti e/o ad incrementare il numero delle frequenze su detto aeroporto;
tali richieste, il cui accoglimento è ostacolato dai vigenti accordi bilaterali o dalla concreta attuazione data agli stessi, riguardano, fra l'altro anche l'accesso su Milano del vettore Belavia (Bielorussia);
inoltre, con riferimento agli altri aeroporti, risultano inevase numerose e fondate richieste miranti a ristabilire per tutti gli aeroporti del Paese regole di libero mercato e condizioni di parità di accesso;
alla luce del riposizionamento di Alitalia sullo scalo di Roma, i vigenti accordi aeronautici bilaterali determinano su Milano e sugli altri aeroporti notevoli elementi di criticità in quanto, nella maggior parte dei casi, il numero delle frequenze previste, pur un presenza di pluridesignazione, è interamente, o quasi interamente, operato da Alitalia (ad esempio Argentina, Algeria, Ghana, Brasile);
inoltre, le previsioni di monodesignazione limitano alla sola Alitalia il diritto di operare (ad esempio Egitto e Venezuela) e le eventuali previsioni di limitazione dei punti di accesso sono state finora attuate unicamente a favore di Roma;
il processo di privatizzazione di Alitalia e la sua fusione con Air One hanno creato non solo una situazione di monopolio su alcune rotte, ma anche il pericoloso e non accettabile ruolo di una compagnia privata cui viene affidato in esclusiva il collegamento del nostro Paese con alcuni Paesi terzi;
l'articolo 9, comma 5-bis della legge 2 del 2009, stabilisce che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero degli affari esteri ed in collaborazione con l'Enac promuova la definizione di nuovi accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo nonché la modifica di quelli vigenti;
il Ministro degli affari esteri, rispondendo all'interrogazione 4-03858 Reguzzoni, in cui si chiedevano riscontri in merito alla ridefinizione degli accordi bilaterali con la Bielorussia, ha precisato che è stata inviata una nota verbale di carattere programmatico e informativo sui nuovi sviluppi della politica italiana, dalla quale si evince la disponibilità da parte italiana alla revisione degli accordi in senso più liberale;
al momento della risposta alla suddetta interrogazione, in data 17 novembre 2009, si era in attesa di riscontro da parte della Bielorussia -:
in che modo sia avanzato il dialogo con la Bielorussia in riferimento alla proposta di revisione degli accordi bilaterali in tema di collegamenti aerei inoltrata dal Governo italiano, in cui si rendeva nota la nuova politica del nostro Paese tesa alla liberalizzazione del traffico aereo.
(4-11178)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
La Bielorussia, a seguito di un'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Ente nazionale aviazione civile, è stata inserita nella lista dei Paesi extra-Unione europea cui proporre in via prioritaria la rinegoziazione dei vigenti accordi aerei alla luce di quanto disposto dal «decreto salva Malpensa».
E' stata dunque formalmente avanzata, per le vie diplomatiche, la richiesta di revisione degli accordi aerei bilaterali attualmente in vigore. Con l'occasione, le autorità della Bielorussia sono state altresì informate che autorizzazioni provvisorie, in deroga agli attuali accordi, sarebbero state rilasciate alle compagnie interessate che ne avessero fatto richiesta.
Nelle more di un riscontro alla proposta di rinegoziazione dell'accordo bilaterale (tuttora non pervenuto), si è concesso in via

provvisoria alla compagnia Belavia di operare tre frequenze settimanali tra Minsk e Malpensa.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

DESIDERATI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Governo, in data 10 giugno 2008, ha accolto l'ordine del giorno Cota, Reguzzoni, Dal Lago (A.G. 9/1094-A-R/2), impegnandosi «ad adottare ogni possibile iniziativa ed impartire ogni necessaria istruzione affinché si pervenga ad un'urgente revisione/ridefinizione dei vigenti accordi bilaterali in modo da garantire, anche su Malpensa e sugli altri aeroporti, l'effettiva liberalizzazione dei diritti di traffico con riguardo al numero dei vettori designati, al numero delle frequenze consentite e al numero dei punti di accesso»;
il traffico aereo di linea fra due Stati è regolamentato da accordi bilaterali, articolati in base a schemi fissi, sottoscritti dai Governi dei due Paesi interessati e che attraverso la stipula di un accordo bilaterale viene sancito un regime regolamentare che definisce la quantità di voli offerti, il numero dei soggetti ammessi ad operare e il numero di destinazioni servite tra i due Paesi;
l'area di Milano e del Nord Italia subisce attualmente forti limitazioni in termini di accessibilità aerea dovute all'attuale configurazione degli accordi bilaterali vigenti che, di fatto, ostacolano o impediscono il concreto sviluppo del trasporto aereo in tale area, attraverso la predeterminazione del vettore designato (monodesignazione), la limitazione delle frequenze e dei punti di accesso;
il riposizionamento su Roma della maggior parte dei servizi extra europei di Alitalia accentua pesantemente queste limitazioni soprattutto, ma non solo, con riferimento all'aeroporto di Malpensa al quale non sono al momento garantite paritarie condizioni di accessibilità con l'altro principale scalo nazionale pur in presenza di richieste di vettori italiani e stranieri intenzionati ad attivare, nel breve-medio termine, nuovi collegamenti e/o ad incrementare il numero delle frequenze su detto aeroporto;
tali richieste, il cui accoglimento è ostacolato dai vigenti accordi bilaterali, comprendono l'accesso su Milano di molti vettori, fra cui la Malesia;
inoltre, con riferimento agli altri aeroporti, risultano inevase numerose e fondate richieste miranti a ristabilire per tutti gli aeroporti del Paese regole di libero mercato e condizioni di parità di accesso;
alla luce del riposizionamento di Alitalia sullo scalo di Roma, i vigenti accordi aeronautici bilaterali determinano su Milano e sugli altri aeroporti notevoli elementi di criticità in quanto, nella maggior più dei casi, il numero delle frequenze previste, pur un presenza di pluridesignazione, è interamente, o quasi interamente, operato da Alitalia (ad esempio Argentina, Algeria, Ghana, Brasile);
inoltre, le previsioni di monodesignazione limitano alla sola Alitalia il diritto di operare (ad esempio Egitto e Venezuela) e le eventuali previsioni di limitazione dei punti di accesso sono state finora attuate a favore di Roma;
il processo di privatizzazione di Alitalia e la sua fusione con Air One hanno creato non solo una situazione di monopolio su alcune rotte, ma anche il pericoloso e non accettabile ruolo di una compagnia privata cui viene affidato in esclusiva il collegamento del nostro Paese con alcuni Paesi terzi;
l'articolo 9, comma 5-bis della legge 2 del 2009, stabilisce che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero degli affari esteri ed in collaborazione con l'Enac promuova la definizione di nuovi accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo nonché la modifica di quelli vigenti;

il Ministro degli affari esteri, rispondendo all'interrogazione 4-00383 Reguzzoni, ha dichiarato che, «anche alla luce dell'emanazione del regolamento n. 847 del 2004, si era concordato di tenere consultazioni fra l'Italia e la Malesia agli inizi del 2009, ma che dette consultazioni sono state rimandate a data da definirsi a causa dei nuovi assetti organizzativi allora in itinere e da ulteriori problematiche di carattere generale e diplomatico ancora irrisolte», aggiungendo comunque che la nuova data proposta dalla Malesia era febbraio 2010 -:
come si sia evoluta la situazione relativa alle consultazioni con la Malesia per la ridefinizione degli accordi aerei bilaterali e in che termini si stia procedendo per la conclusione dei colloqui fra le parti.
(4-11208)

Risposta. - Il 17 settembre 2008 l'ambasciata della Malaysia a Roma ha indirizzato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed alla direzione generale dell'Enac una nota verbale in cui rappresentava la proposta delle autorità aeronautiche malesi ad avviare il negoziato per la revisione dell'accordo aereo bilaterale chiedendo al contempo la convocazione in Malaysia delle consultazioni sui servizi aerei dall'11 al 12 novembre 2008. L'Enac, dopo aver accettato la proposta malese proponendo di tenere le consultazioni a Roma nel successivo febbraio, informava la controparte di voler rinviare il negoziato a data da destinarsi.
Nel marzo 2009 si è tenuta una riunione interministeriale in materia per rinegoziare gli accordi aerei bilaterali, nel corso della quale si è proceduto all'individuazione dei Paesi con i quali avviare le consultazioni ai fini di una revisione degli accordi in vigore. Da tale riunione, con riguardo al caso malese, era altresì emersa la necessita di effettuare opportune valutazioni e verifiche prima di formulare una proposta in merito.
Il Ministero degli affari esteri nel corso del 2010 ha comunicato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il proprio nulla osta affinché si avviino le consultazioni dirette con la controparte malese inerenti al settore aeronautico e/o di autorizzazioni extra-bilaterali su base provvisoria.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

DI BIAGIO, ANGELI, PICCHI e BERARDI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le relazioni tra l'Italia e la Tunisia sono caratterizzate da un intenso dialogo politico ed economico, coadiuvato dalla definizione di un articolato partenariato in vari settori culturali, produttivi e merceologici agevolato dalla vicinanza geografica, oltre che dalla stabilità politica, aspetto che ha condotto diversi imprenditori e professionisti italiani ad investire sul territorio tunisino;
a tutela degli investimenti economici, anche di natura immobiliare, i due paesi con la legge n. 16 del 1989, hanno ratificato un accordo bilaterale per la promozione e la protezione reciproca degli investimenti immobiliari e mobiliari;
detto accordo oltre a prevedere una adeguata protezione per gli investimenti immobiliari in Tunisia, prevede la possibilità di dirimere le controversie relative agli investimenti immobiliari attraverso il ricorso ad un Tribunale internazionale ad hoc;
ad oggi, alcuni componenti della comunità italiana residente in Tunisia, proprietari di immobili, lamentano, in materia di controversie giudiziali civili instaurate a tutela dei propri diritti di proprietà, una non adeguata ed equa applicazione della legge tunisina nei loro riguardi;
nella fattispecie, i tribunali cantonali tunisini in molte controversie giudiziali civili in materia di diritti di proprietà immobiliari che hanno visto coinvolti cittadini italiani residenti sul territorio tunisino, si sono pronunciati con sentenze che invece di giudicare il fatto, oggetto della domanda, hanno applicato disposizioni di

diritto locale ultronee rispetto alla sollecitazione iniziale, rivelando un chiaro ed oggettivo errore nell'applicazione della normativa di riferimento -:
se in materia di controversie civili instaurate dai cittadini italiani residenti in Tunisia a tutela dei propri diritti di proprietà, possa essere applicato oltre che il diritto tunisino, anche il diritto internazionale, o le norme contenute nell'accordo del 1989 a tutela della proprietà immobiliare;
se intenda prevedere l'istituzione presso le rappresentanze diplomatico-consolari in Tunisia, la figura del consigliere giuridico che - fornendo consulenza legale - possa orientare i cittadini italiani, residenti sul territorio tunisino o domiciliati a fini economici e commerciali sul medesimo territorio, in caso di controversie giudiziarie civili e non;
quali provvedimenti si intendano porre in essere a tutela delle proprietà immobiliari italiane, al fine di rendere pienamente esecutivo il suindicato accordo italo-tunisino.
(4-05866)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
L'accordo stipulato dalla Repubblica italiana con la Repubblica tunisina per la promozione e la protezione reciproca degli investimenti firmato a Roma il 17 ottobre 1985, è entrato in vigore il 24 giugno 1989.
Tale accordo, che pone in essere un sistema organico di garanzie a tutela degli investitori dell'uno e dell'altro Stato, all'articolo 8 prevede che ciascuna parte contraente accetta di sottoporre al Centro internazionale per la composizione delle controversie relative agli investimenti ogni controversia di natura giuridica tra la suddetta parte contraente ed un cittadino dell'altra parte contraente, relativa ad un investimento effettuato dal predetto cittadino sul territorio della prima parte contraente interessata. Ogni controversia tra una delle parti contraenti, ed un cittadino dell'altra parte contraente, relativa ad un investimento oggetto del presente accordo, che non sia di competenza del Centro internazionale per la composizione delle controversie relative agli investimenti sarà sottoposta al Tribunale di arbitrato internazionale ad hoc ai fini della sentenza arbitrale. Detta procedura di arbitrato e di conciliazione, implica la rinuncia da parte di detto cittadino al suo diritto di, esaurire. preliminarmente ricorsi alle giurisdizioni interne.
Nella dizione «investimenti» sono comprese le diverse forme che l'attività possono assumere per assicurare, nella maniera più estesa possibile; la tutela predisposta dall'accordo: vi rientrano, di conseguenza, gli averi di qualsiasi natura costituiti o riconosciuti in conformità all'ordinamento di ciascuna parte contraente, tra cui la proprietà di lievi mobili ed immobili; nonché ogni altro diritto reale.
Atteso che, la disciplina applicabile alla tutela degli investimenti italiani in Tunisia e la legislazione locale, nulla vieta agli investitori italiani di rinunciare alla giurisdizione interna e ricorrere ai meccanismi arbitrali di soluzione delle controversie, enucleati nell'articolo 8 sopra citato.
Circa l'applicabilità del diritto internazionale generale, si precisa che esso prevede, in tema di protezione e tutela degli investimenti stranieri in assenza di normativa convenzionale specifica, il diritto dello Stato di appartenenza del privato agire in protezione diplomatica solo dopo che il privato abbia esperito tutte le vie di ricorso interne davanti allo Stato straniero. Tale ipotesi, alquanto remota sul piano internazionale, è stata realizzata solo in pochissimi casi, senza trascurare che il privato può ricorrere, in alcune aree, geografiche, solo dopo aver esperito le vie di ricorso interne a corti internazionali all'uopo create per la difesa dei diritti umani (Corte europea diritti uomo, Corte interamericana diritti umani).
Infine, si segnala che non sono al momento allo studio progetti per il conferimento di un'incarico di consigliere giuridico presso l'Ambasciata a Tunisi.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la direzione culturale del Ministero degli affari esteri ha assegnato un nuovo incarico di ispettore scolastico presso l'Istituto italiano di cultura di Madrid -:
quali siano i criteri adottati per tale selezione e se, in particolare, la persona prescelta abbia superato le prove scritte e orali di lingua spagnola, nell'ambito degli esami per la selezione del personale da assegnare alle istituzioni scolastiche italiane all'estero.
(4-10879)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Presso l'Istituto italiano di cultura di Madrid non opera alcun ispettore scolastico né è prevista l'istituzione di una tale posizione od incarico.
Presso la locale scuola statale italiana opera viceversa attualmente un dirigente scolastico, che ha assunto a Madrid nel mese di settembre 2010 a seguito di una selezione, svoltasi nella primavera dello stesso anno sulla base di un colloquio e della valutazione del curriculum vitae e dei titoli professionali. In particolare, attraverso il colloquio sono state accertate l'idoneità e le capacità professionali del dirigente prescelto in ordine al servizio all'estero nello specifico contesto educativo plurilingue di destinazione, il livello di conoscenza della lingua, orale e scritta, in relazione all'area linguistica della sede di servizio, la conoscenza delle leggi e disposizioni sul servizio all'estero del personale della scuola, nonché delle caratteristiche generali delle realtà socio-pedagogiche e dei sistemi educativi del paese di destinazione.
Per completezza di informazione, si segnala inoltre che presso l'istituto, italiano di cultura di Madrid opera dal 20 settembre 2010 un esperto ex lege n. 401 del 1990 (Riforma degli Istituti italiani di cultura e interventi per la promozione della cultura e della lingua italiana all'estero), nominato ai sensi dell'articolo 16 della medesima legge.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a decorrere dal 1° gennaio 2004, in virtù di una rinnovata interpretazione del Trattato bilaterale del 1984 tra l'Italia e gli Stati Uniti in materia di doppia imposizione fiscale, così come modificato dal Trattato bilaterale del 25 agosto 1999, tutto il personale con contratto disciplinato dalla legge italiana e di nazionalità italiana in servizio negli Stati Uniti d'America non è più assoggettato al fisco italiano ma a quello statunitense e, pertanto, su una base imponibile equivalente al 100 per cento della retribuzione;
con decreto interministeriale del 1° agosto 2003, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro degli affari esteri e il Ministro dell'economia e delle finanze, aveva determinato che le contribuzioni previdenziali INPS in favore del personale di nazionalità italiana assunto a contratto a legge italiana presso le sedi estere, dovevano essere calcolate sulle retribuzioni convenzionali e quindi equivalenti a circa un terzo della retribuzione;
di contro, il personale a contratto non ricadente nella suindicata fattispecie, in servizio negli USA contribuisce al sistema previdenziale di quel Paese (il così detto social security system) su una base imponibile equivalente al 100 per cento della retribuzione;
il personale interessato, risiede e lavora negli Stati Uniti da tanti anni e continua a risiedervi oltre l'età pensionabile, percependo un assegno pensionistico assolutamente inadeguato ed insufficiente a garantire la minima sussistenza - in un Paese come gli Stati Uniti che non offre un servizio sanitario nazionale e

previdenziale simile all'Italia - e comunque non commisurato alla retribuzione -:
quali iniziative si intendano predisporre al fine di superare la citata grave sperequazione e permettere al personale interessato di contribuire al sistema pensionistico italiano, al fine dell'ottenimento di una adeguata pensione di anzianità o di vecchiaia, su una base imponibile equivalente all'intera retribuzione.
(4-11098)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
La normativa sulla copertura previdenziale del personale a contratto a legge italiana in servizio presso la rete diplomatico-consolare - decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modifiche - stabilisce che i versamenti contributivi a carico dello Stato e degli assicurati siano commisurati ad una retribuzione convenzionale, fissata con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, degli affari esteri e dell'economia e delle finanze. La legge non detta, peraltro, criteri per la quantificazione dei relativi importi.
Le basi convenzionali in uso sono state determinate dal decreto interministeriale 1o agosto 2003; i relativi importi appaiono equivalere a poco meno del 50 per cento della media delle retribuzioni del personale a contratto a legge italiana in servizio nell'intera rete diplomatico-consolare, suddiviso per posizione economica. Tale quantificazione mira chiaramente a stabilire una tendenziale coincidenza tra le basi contributive e l'imponibile fiscale del citato personale, in larghissima parte soggetto Irpef. Infatti, sulla base di un conforme parere dell'Agenzia delle entrate, per il personale a contratto che versa l'imposta sul reddito delle personale fisiche in Italia il relativo imponibile è pari alla meta della retribuzione annua base in godimento.
Va infine precisato che i valori fissati nel decreto interministeriale 1o agosto 2003 sono da allora aumentati annualmente di una percentuale variabile fissata da circolari Inps. Le basi convenzionali in uso sono pertanto già più alte rispetto ad otto anni fa: tra il 2003 ed il 2011 esse sono aumentate complessivamente dell'11,2 per cento.

Presso le sedi diplomatico-consolari e gli Istituti italiani di cultura negli Stati, Uniti sono oggi in servizio 136 impiegati a contratto a tempo indeterminato, 57 dei quali con contratto a legge italiana. Di questi 57, 15 sono soggetti Irpef mentre i restanti 42 sono soggetti d'imposta negli Stati Uniti.
Questo Ministero degli affari esteri è consapevole dello squilibrio che, per effetto del concordato fiscale dell'ottobre 2007, è venuto a crearsi tra l'imponibile fiscale del predetto personale, che ora coincide con il totale della retribuzione annua base percepita e le basi contributive, corrispondenti all'incirca alla meta della media delle retribuzioni per posizione economica su scala mondiale nell'anno 2003.
Nella ricerca di una soluzione almeno parziale al disagio del personale interessato, occorre peraltro tenere presente quanto segue:
a) come sopra illustrato, le retribuzioni convenzionali sono fissate con atto amministrativo per l'intera rete ed è da verificare che esse siano suscettibili di variazioni per singoli paesi al variare del quadro economico locale;
b) un eventuale incremento delle basi convenzionali dovrà in ogni caso fare oggetto di un preventivo accordo con le amministrazioni coautrici del decreto;
c) in assenza di un corrispondente adeguamento della retribuzione lorda, l'incremento dei versamenti contributivi a carico dell'assicurato non potrebbe non tradursi in un'effettiva riduzione del netto percepito dai singoli dipendenti;
d) allo stato attuale non sembrano sussistere le condizioni finanziarie e normative necessarie affinché l'amministrazione disponga gli adeguamenti retributivi necessari a compensare l'effettiva diminuzione delle retribuzioni nette conseguente ad un eventuale aumento delle basi contributive. Come noto la legge n. 122 del 2010 ha infatti disposto il blocco delle

retribuzioni dei dipendenti pubblici per il triennio 2011-2013.

Questo Ministero degli esteri sta verificando con il Ministero dell'economia e delle finanze l'obbligo di applicare tale disposizione anche al personale a contratto, e quindi la possibilità di procedere ad un adeguamento delle basi contributive fissate con decreto del 1o agosto 2003.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

DI STANISLAO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
a dieci anni dalla richiesta del consiglio di sicurezza di un maggiore coinvolgimento delle donne nella costruzione della pace, uno studio ONU rileva che le missioni di pace delle Nazioni Unite presentano un bilancio articolato e che occorre per questo raddoppiare gli sforzi per raggiungere l'obiettivo;
il vice segretario generale per le operazioni di pace Onu, Alain Le Roy, ha dichiarato che «lo studio d'impatto è un appello all'azione indirizzato ai vertici della struttura per accelerare l'attuazione della risoluzione 1325», adottata dal consiglio nell'ottobre 2000, con l'obiettivo di porre fine alla violenza sessuale contro donne e ragazze nei conflitti armati, e incoraggiare una loro maggiore partecipazione nelle attività di pace;
lo studio, realizzato congiuntamente dal dipartimento per le operazioni di peacekeeping (DPKO) e dal dipartimento di supporto sul terreno (DFS), chiede alle missioni di pace ONU di lavorare con donne locali, autorità nazionali e Stati membri per accrescere la limitata partecipazione delle donne nei negoziati di pace, nelle istituzioni della sicurezza nazionale e nella governance in situazioni di post-conflitto;
la capacità delle donne di contribuire efficacemente a governare le loro società è spesso ostacolata dalla persistente discriminazione. Occorre una migliore pianificazione rapida e coordinata delle missioni di pace, attraverso il sistema delle Nazioni Unite e con i partner nazionali, per garantire cambiamenti duraturi e significativi per le donne in situazioni di post-conflitto;
nel corso della presentazione dello studio decennale d'impatto sull'attuazione della risoluzione 1325 delle Nazioni Unite (2000) su donne, pace e sicurezza nel peacekeeping, Alain Le Roy ha dichiarato che «continuerà a dare la priorità a questa agenda e a fornire la guida necessaria per garantire che l'intera "famiglia" di azioni di peacekeeping sia effettivamente mobilitata per sostenere la costruzione di una società post-conflitto più giusta ed equa»;
è emerso come il mantenimento della pace abbia svolto un ruolo cruciale nei significativi progressi raggiunti dalle donne nella partecipazione alla politica, come elettrici, candidate ed elette, soprattutto in Paesi in cui esistono quote ad esse riservate;
le missioni di pace hanno influenzato anche le riforme giuridiche e giudiziarie, sostenendo l'adozione di leggi sulla parità di genere in diversi Paesi, tra cui la Repubblica Democratica del Congo (RDC) e la Sierra Leone. Il dispiegamento di pattuglie in zone ad alto rischio in Darfur e in RDC ha inoltre determinato una maggiore protezione delle donne;
d'altra parte lo studio ha rilevato che il peacekeeping non è riuscito a migliorare significativamente la partecipazione delle donne ai negoziati di pace, rilevando la necessità di una strategia per garantire un impegno con diversi gruppi di donne. Inoltre le missioni di pace dovrebbero anche intensificare la spinta ad ampliare la rappresentanza delle donne nelle istituzioni della sicurezza nazionale, la salvaguardia dei loro diritti e aumentarne le opportunità di crescita professionale;
lo studio ha anche evidenziato che c'è bisogno di una reazione più energica nel

combattere la violenza sessuale generata da conflitti, che resta molto diffusa nelle zone di operazione, oltre che di stanziare risorse a tutela di donne rifugiate o sfollate, con il supporto di partner internazionali, e di aumentare il livello di responsabilità dei vertici delle operazioni, in conformità con la risoluzione 1325;
i progressi chiave includono un aumento esponenziale delle donne impiegate come personale civile nelle missioni di pace delle Nazioni Unite: dal 20 per cento nei 32 anni tra il 1957 e il 1989, al 30 per cento del personale civile attualmente impiegato (19.800 unità). Sono donne otto tra rappresentanti speciali del segretario generale (SRSGs) e vice SRSGs nelle operazioni di pace, così come il 9 per cento dei 12.000 agenti di polizia impiegati, rispetto al sei per cento del 2005;
ad oggi sono presenti tre unità di polizia interamente al femminile, - indiana in Liberia, bengalese ad Haiti, e samoana a Timor Est - e l'attuale consigliere di polizia delle Nazioni Unite, che supporta il DPKO circa questioni connesse alla polizia, è una donna;
l'ONU ha lanciato un piano mirato all'assunzione di più donne come agenti di polizia, in servizi di polizia nazionali e nelle operazioni di polizia delle Nazioni Unite in tutto il mondo, con l'obiettivo di raggiungere il 20 per cento entro il 2014 -:
se e come il Governo intenda recepire le richieste dell'ONU circa l'attuazione di uno sforzo maggiore per coinvolgere le donne nel processo di costruzione e mantenimento della pace.
(4-10891)

Risposta. - Il 31 ottobre 2000 il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha adottato all'unanimità la risoluzione 1325 su donne, pace e sicurezza. Si tratta della prima risoluzione di tale organismo che menziona esplicitamente l'impatto della guerra sulle donne e il contributo delle donne alla risoluzione dei conflitti ed alla pace durevole.
Nei suoi due anni di permanenza al Consiglio di sicurezza (2007 e 2008), l'Italia ha promosso un «practically minded 1325 informal group» e ha sostenuto, in stretto raccordo con gli altri membri comunitari e con le strutture onusiane, il rafforzamento ed il consolidamento della partecipazione delle donne ai processi politici. Il nostro Paese ha inoltre svolto un'attiva ed efficace azione politica al riguardo, fornendo peraltro un importante contributo all'adozione della risoluzione 1820 (2008) del Consiglio di sicurezza sulla violenza sessuale nei conflitti armati.
Anche successivamente la fine del biennio nel Consiglio di sicurezza, l'Italia ha continuato a prestare attenzione alla tematica operando sui seguiti delle risoluzioni 1325 e 1820. Il Consiglio di sicurezza e il sistema Onu nel suo complesso hanno infatti mostrato un crescente interesse nei confronti della tutela delle donne e dei minori nei contesti bellici.
In ambito interno, nell'intento di rafforzare e coordinare il proprio impegno, è stato elaborato e pubblicato alla fine dello scorso anno un piano d'azione nazionale per l'attuazione della risoluzione 1325. Esso deve assicurare che la prospettiva di genere venga adottata in tutti gli ambiti della politica di pace e in tutte le misure concrete di promozione della pace. Il piano prevede alcuni obiettivi prioritari:
valorizzare la presenza delle donne nelle Forze armate nazionali, e negli organi di polizia statale, e consolidarne l'inserimento negli organi decisionali delle missioni di pace;
promuovere l'inclusione della prospettiva di genere in tutte le attività di peacebuilding;
assicurare il training specifico per il personale partecipante alle missioni di pace, in particolare sui differenti aspetti della risoluzione 1325;
tutelare i diritti umani delle donne nelle aree di post-conflitto (inclusi campi profughi e rifugiati) e rafforzarne la partecipazione ai processi di negoziazione degli accordi di pace;

inserire il principio dell'equo trattamento e delle opportunità per donne e uomini nella pianificazione ed esecuzione delle attività di disarmo, smobilitazione e reintegrazione;
favorire la partecipazione della società civile nell'attuazione della risoluzione.

Secondo quanto previsto nel piano, l'Italia si impegna ad inserire negli accordi di cooperazione generale nel settore Difesa, che richiamano nel preambolo la Carta delle Nazioni unite, un riferimento specifico alla risoluzione n. 1325.
Per quanto riguarda le attività di cooperazione, l'Italia ha finanziato in passato nella
ex-Jugoslavia e in Kosovo azioni specifiche a favore delle donne in situazione di conflitto e post conflitto ed è attualmente presente con programmi specifici di «empowerment» e di «mainstreaming» delle tematiche di genere (specialmente nel settore della salute e della ricostruzione dei sistemi giudiziari) in Afghanistan, Libano, Palestina, Somalia e Sudan. Le esperienze acquisite in tali ambiti rivelano la necessità di intervenire durante le operazioni di peacekeeping soprattutto a sostegno delle vittime di violenza, mentre nelle fasi post-conflittuali e di ricostruzione i programmi si concentrano prevalentemente nel sostegno alle associazioni di donne, in modo da consentire a queste ultime di partecipare in modo adeguato alla programmazione degli interventi a favore delle loro comunità di appartenenza. Ad esempio, l'Italia si è impegnata per un maggiore coinvolgimento di genere nella definizione delle misure di sicurezza in tutte le fasi delle operazioni (come l'assistenza nella gestione dei campi) nonché ad intensificare la loro presenza nei programmi di ricostruzione (attraverso l'accesso al microcredito per le donne).
Nel 2009 infine l'Italia ha fornito un contributo al dipartimento delle operazioni delle Forze di pace delle Nazioni unite (Office of rule of law and security institutions-Police division) per finanziare la partecipazione di una delegazione della Un Police alla 47sima Conferenza annuale dell'international association of women police attribuendo particolare importanza a tutte quelle attività volte a favore della formazione e del rafforzamento delle capacita di polizia nelle operazioni di mantenimento della pace, con particolare riferimento alla componente femminile.
Anche le linee-guida e gli indirizzi di programmazione della cooperazione italiana, recentemente aggiornate al triennio 2011-2013, riservano una speciale attenzione alle aree di crisi e agli stati fragili e post-conflitto, nell'ambito dell'impegno complessivo del nostro Paese a favore della pace, della stabilizzazione e del ripristino complessivo delle condizioni idonee allo sviluppo. In tale contesto, la cooperazione italiana ha promosso l'implementazione di programmi specifici per l'empowerment delle donne e il capacity building delle istituzioni nazionali, anche per favorire la loro partecipazione alla ricostruzione dei paesi in conflitto.
Intensa è l'attività del Ministero degli affari esteri a tutela dei diritti delle donne in Afghanistan, Libano, Sudan, Somalia e nei Territori autonomi Palestinesi, globalmente volta a rafforzare l'empowerment economico, la partecipazione nei sistemi di governance e di sviluppo locale, e la tutela della salute. Tali iniziative sono realizzate sia in ambito bilaterale, grazie al coinvolgimento attivo delle Ong e delle amministrazioni locali, sia in ambito multilaterale, attraverso il sostegno finanziario ed organizzativo alle organizzazioni internazionali maggiormente impegnate nella valorizzazione del genere femminile.
In Afghanistan, sono attualmente in corso di realizzazione iniziative multilaterali e bilaterali di sostegno al Ministero degli affari delle donne, all'imprenditorialità femminile, allo sviluppo locale e alla lotta alla violenza, attraverso fondi a gestione diretta, partecipazione a fondi multilaterali (Unifem/Unwomen, Undp, Unfpa) e cooperazione decentrata (regione Piemonte). In Libano, nell'ambito del programma emergenza avviato nel 2007, sono state realizzate iniziative dirette ad un elevato numero di donne. Nel corso del 2009, sono state inoltre avviate iniziative nel settore dell'educazione e del sostegno alle donne che

operano negli enti locali e una collaborazione con il Ministero degli affari esteri. Nei Territori autonomi palestinesi, le numerose attività a favore delle donne palestinesi includono: il programma Unifem-Mehwar che ha proseguito la sua realizzazione con il perfezionamento delle attività del primo centro per le donne vittima di violenza di Betlemme; la realizzazione e il monitoraggio di due programmi specifici all'interno del programma di emergenza Palestina bilaterale nonché un programma di sostegno all'empowerment delle donne a livello locale a gestione diretta (Welod-Women's Empowerment and Local Deyelopment). In Sudan è attiva un'iniziativa di sostegno alle associazioni femminili nelle aree di conflitto del Darfur, realizzato attraverso Unifem/Unwomen, mentre in Somalia è stata avviata nel 2009, in collaborazione con l'Organizzazione mondiale per le migrazioni, una iniziativa di sostegno al ruolo delle donne migranti (Wmida, Migrant Women for development).
Sono stati realizzati inoltre, in collaborazione con Unifem-Unwomen, programmi specificamente mirati all'attuazione della risoluzione onusiana sia in Liberia che in Sierra Leone. In Liberia, l'iniziativa ha mirato ad attuare, con il supporto del governo locale e del Ministero della donna, la risoluzione sostenendo le attività di preparazione all'«International Women Colloquium on Women leadership» tenutosi nel marzo 2009. Tra queste, la più importante è stata la conferenza femminile organizzata nel maggio 2008 nel corso della quale sono stati adottati il piano nazionale di lotta alla violenza di genere, il piano nazionale per l'empowerment delle donne ed il programma congiunto - tra il governo liberiano e il sistema Nazioni Unite in Liberia - sulla violenza di genere. In Sierra Leone, il programma opera sia a livello centrale, attraverso il sostegno al locale Ministero teso allo sviluppo di un piano d'azione nazionale per l'implementazione dei regolamenti sulla violenza domestica, sulla registrazione del matrimonio consuetudinario e del divorzio, sia a livello periferico, per realizzare un'efficace campagna di promozione dei diritti della donna soprattutto sotto il profilo della salvaguardia della salute e dell'accesso ai sistemi di tutela legale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
al momento del violento sisma che alle ore 14.46 locali (le 6.46 in Italia) ha colpito il Giappone, il maestro Zubin Metha, gli artisti, i tecnici, l'orchestra e il coro del maggio erano impegnati al Teatro Bunka Kaikan in una prova d'insieme dell'opera Forza del destino di Giuseppe Verdi; risulta che altri componenti dello staff si trovavano invece nel «quartier generale» della tournée, l'albergo Grand Prince New Takanawa;
la soprintendente Francesca Colombo, favorevole alla permanenza del gruppo in un Paese fortemente provato da una catastrofe di dimensioni immani, ha dichiarato; «...stiamo bene e siamo tranquilli. Stare qua è anche un modo per dare un segnale forte alla popolazione giapponese e per fare la nostra parte... ma quattro persone del gruppo del maggio - in tutto sono 304 in Giappone - psicologicamente provate e che non se la sentivano di proseguire la tournée, sono già partite per tornare a Firenze»;
contestualmente è stata pubblicata online una petizione diretta proprio alla soprintendente della Fondazione del maggio, affinché «dichiari sospesa la tournèe e permetta il rimpatrio immediato della delegazione, indipendentemente dalle perdite economiche che tale decisione possa comportare» e sembra che almeno la metà dei facenti parte della spedizione musicale siano favorevoli al rientro in patria;
quello che adesso sta tenendo in apprensione i parenti dei 300 membri della tournèe fiorentina nel nostro Paese è il pericolo di contaminazione radioattiva derivante dal grave incidente occorso alla centrale nucleare di Fukushima 1 e dall'allarme

sulla tenuta del reattore 3 della stessa centrale che sta già spingendo molti stranieri a pianificare la partenza da Tokyo e dalle aree limitrofe; ma ancora più grave, stando alle ultimissime notizie, è il fatto che le barre di combustibile all'interno del reattore numero 2 di questa centrale adesso non sono più coperte dall'acqua e questo significa che diventa impossibile raffreddare il nocciolo del reattore che continua quindi ad accumulare calore con il rischio concreto che il nocciolo si fonda in breve tempo;
l'ambasciata di Francia ha raccomandato ai propri cittadini di lasciare Tokyo e la regione colpita, l'area metropolitana, a causa del rischio di altri terremoti e l'incertezza circa la situazione dei danni agli impianti nucleari; altri Paesi europei, come Germania e Olanda, hanno già fatto rientrare i propri connazionali -:
quali siano gli intendimenti del Governo in relazione a quanto citato in
premessa;
se non ritenga opportuno invitare al rientro tutti i cittadini italiani, garantendo a tutti la possibilità di farlo con l'assistenza e il supporto di mezzi e logistica forniti dal nostro Governo.
(4-11277)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Il Ministero degli affari esteri, attraverso l'unità di crisi e l'ambasciata d'Italia a Tokyo, ha seguito ininterrottamente l'evolvere delle emergenze verificatesi in Giappone a seguito del sisma dell'11 marzo 2011. Nelle prime ore dopo il terremoto la nostra ambasciata ed il consolato generale a Osaka hanno istituito una cellula di contatto ed attivato linee di emergenza, per verificare il coinvolgimento degli italiani e per accogliere le numerose richieste di assistenza.
Il nostro è stato tra i primi Paesi europei a sconsigliare, sul proprio sito www.viaggiaresicuri.it, nuovi arrivi in Giappone non motivati da effettiva necessità. Sullo stesso portale - oltre che sulle piattaforme facebook e twitter dell'unità di crisi e sui siti istituzionali dell'ambasciata a Tokyo (www.ambtokyo.ester.it) e della Farnesina (www.esteri-it) - sono state pubblicate in tempi reale specifiche informazioni pratico-logistiche, raccomandazioni di cautela ai cittadini e periodici aggiornamenti sui disagi determinati dal terremoto: stato delle linee di comunicazione, interruzione pianificata della fornitura di energia, servizi di interpretariato, agibilità delle reti viarie/ferroviarie/aeree, punti di primo soccorso eccetera.
Appurato che i più di 3.000 italiani stimati nel Paese - tra iscritti all'anagrafe consolare residenti all'estero, presenze stabili (aziende, società, eccetera) e temporanee (turisti, viaggiatori eccetera) - fossero effettivamente tutti in salvo, si è provveduto a facilitare, d'intesa con le autorità locali, il trasferimento in luoghi sicuri di coloro presenti nelle aree più colpite e a consigliare alle comunità italiane a nord di Tokyo e nella stessa capitale di spostarsi verso sud o di fare rientro in Italia, anche alla luce del manifestarsi dei primi timori sul malfunzionamento di impianti nucleari.
Presidi mobili con personale dell'ambasciata e del consolato generale sono stati istituiti presso gli aeroporti internazionali di Tokyo e Osaka per assistere i connazionali in partenza. I costanti contatti con le autorità nipponiche hanno consentito di monitorare anche l'operatività dei collegamenti interni al Paese a sud della capitale. Si è provveduto contestualmente a sensibilizzare Alitalia affinché fosse assicurato il mantenimento dei 18 voli settimanali operati dal Giappone.
La compagnia aerea - cui era stata anche richiesta la disponibilità ad attivare voli speciali in caso di effettiva necessità - ha offerto all'utenza, sulla base di una specifica intesa con questo Ministero, la possibilità di acquistare biglietti di sola andata a tariffa agevolata e senza prenotazione. La Farnesina ha altresì riservato numerosi posti gratuiti sui voli di linea per connazionali in particolari difficoltà, dando


priorità alle famiglie con minori di 15 anni e alle donne in stato di gravidanza.
Il coordinamento del Ministero degli affari esteri con Alitalia ha favorito, tra l'altro, il rientro nel nostro Paese di numerosi artisti del maggio musicale fiorentino. Dopo un'iniziale decisione della compagnia di restare in Giappone anche a seguito del sisma, la direzione del teatro ha deciso l'allontanamento del gruppo dal Paese. Una parte della compagnia guidata dal maestro Zubin Metha ha scelto quindi di spostarsi su Shanghai per proseguire la, tournée in Cina; i restanti artisti hanno invece preferito ritornare in Italia su vettori civili e su un aereo speciale Alitalia. Durante la permanenza in Giappone, gli artisti sono stati assistiti con la massima attenzione e continuità dall'Ambasciata e i loro familiari hanno sempre ricevuto aggiornamenti da parte della Farnesina.

È stato inoltre assicurato un coordinamento ininterrotto con gli altri Stati dell'Unione europea, nel cui ambito è stato deciso di non attivare Piani di evacuazione generalizzata dei cittadini comunitari, ma di, favorire il loro allontanamento graduale dalle aree maggiormente a rischio, adottando specifiche sinergie nella gestione di situazioni particolarmente critiche.
A tal fine il dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, ha predisposto l'invio di personale anche dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. La condivisione dei dati tecnici riscontrati da tali esperti nelle operazioni di rilevazione della presenza di radioattività nell'ambiente ha contribuito ad una prima valutazione, in ambito Unione europea, del rischio di minaccia di contaminazione a causa degli incidenti nelle centrali nucleari nipponiche, valutazione che continua a svolgersi regolarmente sulla base delle informazioni ufficiali fornite dal governo di Tokyo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 10 novembre 2009 si è appreso della morte di una neo-mamma bergamasca, la signora Rossella Gotti di 38 anni, in seguito, pare, a un'emorragia interna dovuta a un aneurisma alla zona addominale, la donna in precedenza si era ricoverata presso gli ospedali riuniti di Bergamo lamentando forti dolori al ventre, era stata visitata e subito dimessa; e solo successivamente a un nuovo ricovero i medici avevano deciso per un intervento d'urgenza, ma inutilmente;
i familiari della signora Gotti hanno presentato un esposto alla magistratura -:
di quali informazioni il Ministro disponga in ordine alla vicenda che ha portato alla morte della signora Gotti e, in particolare, se siano state avviate iniziative finalizzate ad accertare eventuali omissioni o comportamenti colposi da parte del personale sanitario che ha avuto in cura la donna.
(4-05137)

Risposta. - In merito al decesso avvenuto presso gli ospedali riuniti di Bergamo, la prefettura-ufficio territoriale del governo di Bergamo ha comunicato che la paziente, il 27 ottobre 2009, dopo aver dato alla luce una bambina con parto cesareo, era stata dimessa dallo stesso nosocomio.
Tuttavia, accusando forti dolori addominali, il successivo 3 novembre la paziente si era nuovamente recata presso la struttura ospedaliera e, dopo essere stata visitata, aveva fatto ritorno a casa.
Nella notte dell'8 novembre, la paziente, accusando forti dolori all'addome, è tornata nuovamente agli ospedali riuniti, trasportata in ambulanza; l'esame strumentale ha consentito di riscontrare una forte emorragia interna, per cui veniva operata d'urgenza, ma moriva lo stesso giorno.
Sui fatti accaduti, la procura della Repubblica di Bergamo ha instaurato un procedimento penale nei confronti dei medici che avevano preso in cura la paziente.

Nel frattempo, l'azienda ospedaliera ha avviato un'indagine amministrativa interna, che è stata sospesa in attesa dell'esito del procedimento penale.
A seguito dell'espletamento della consulenza medico-legale, il pubblico ministero ha richiesto al giudice delle indagini preliminari l'archiviazione del procedimento per tutti i sanitari, tranne che per il medico il quale, in data 3 novembre 2009, aveva visitato la paziente presso il pronto soccorso ginecologico; per quest'ultimo è stato chiesto il rinvio a giudizio.
In data 19 gennaio 2011 si è svolta l'udienza preliminare presso il tribunale di Bergamo, in esito alla quale il giudice ha conferito l'incarico di perizia concernente l'effettuazione di accertamenti istologici tesi a verificare la sussistenza della disseccazione aortica all'epoca della visita effettuata il 3 novembre 2009 presso il pronto soccorso ginecologico degli ospedali riuniti, disponendo altresì l'acquisizione del verbale infermieristico relativo alla visita.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il direttore del supplemento Salute del quotidiano La Repubblica, Guglielmo Pepe, in un editoriale pubblicato il 1° giugno 2010 ha riferito che la spesa ospedaliera per la cura dei tumori polmonari attribuibili al fumo è di 152.264,000 euro, mentre la perdita di produttività per ricoveri è di 844.461.000 euro;
le giornate di degenza per malattie respiratorie e dell'apparato circolatorio sono 954 mila; inoltre il numero dei ricoveri da fumo è il 15 per cento di tutte le cause;
in base ai citati dati, la società italiana di tabacco sostiene che il costo dei danni da sigarette ammonta a oltre sei miliardi di euro l'anno (il 6 per cento circa della spesa sanitaria);
con un aumento di 20 centesimi al pacchetto di sigarette - osserva Pepe - dal momento che si vendono circa 5 miliardi di pacchetti l'anno, «si avrebbe in breve tempo un miliardo di euro in contanti. Soldi che se fossero investiti nella prevenzione e nella cura del fumo, produrrebbero un circolo virtuoso che potrebbe portare ad un risparmio di circa tre miliardi sulla spesa sanitaria» -:
se non ritenga utile e opportuno approfondire il ragionamento della società italiana di tabacco e la proposta del direttore del supplemento Salute di Repubblica, che, per citare la conclusione del suo editoriale, «potrebbe dare una »boccata« di salute alla nostra economia».
(4-08352)

Risposta. - In merito all'interrogazione parlamentare in esame, si sottolinea che il Ministero della salute è da anni impegnato in numerose attività sia di informazione e promozione della salute sia di produzione normativa, anche in attuazione di direttive dell'Unione europea, per contrastare il tabagismo e le gravi patologie ad esso correlate.
La proposta di destinare parte del gettito fiscale derivante dalla vendita dei prodotti del tabacco ad un fondo per la prevenzione e la riduzione dei danni del tabagismo, è contenuta nell'articolo 6 del disegno di legge n. 8, presentato al Senato dai senatori Marino e Tomassini.
Il Ministero della Salute ha più volte espresso il proprio parere favorevole a tutte le politiche fiscali e dei prezzi che, senza provocare riduzioni nel gettito fiscale per lo Stato, possano altresì costituire, come dimostrato da diverse analisi dell'Organizzazione mondiale della sanità e della Banca mondiale, efficaci strumenti di riduzione della domanda, in particolare per la tutela dei minori.
Tale approccio è, tra l'altro, coerente con l'articolo 6 della convenzione quadro per il controllo del tabacco (ratificata dall'Italia

con legge 18 marzo 2008, n. 75), che riconosce le misure finanziarie e fiscali come un mezzo efficace per ridurre il consumo di tabacco in diverse categorie di popolazione, in particolare tra i giovani.
Alla luce delle considerazioni sopra rese, questo Ministero segnala che la competenza relativa agli aspetti fiscali, al controllo del settore distributivo ed ai controlli di legge sui prodotti del tabacco è dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, organo del Ministero dell'economia e delle finanze.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
Il Giornale di Sicilia nella sua edizione dell'11 settembre 2010 riferiva che a Palermo l'assegnazione del servizio per la raccolta dell'eternit viene costantemente e ripetutamente rinviata, e che si è in attesa da oltre sei mesi;
in particolare, si apprende che quello dell'amianto abbandonato nelle strade del capoluogo siciliano sembra essere «un problema senza fine: di rinvio in rinvio, sei mesi non sono bastati per affidare l'appalto a una ditta per lo smaltimento del materiale, altamente pericoloso per la salute»;
«non esiste una data certa», e da «oltre un mese i tecnici dell'assessorato all'Ambiente stanno valutando le due offerte anomale pervenute in seguito alla gara bandita dal Comune lo scorso 14 maggio»;
l'ultima campagna di smaltimento nella città di Palermo risale al 2009, e furono bonificate una trentina di strade, provvedendo al risanamento e allo smaltimento dell'amianto;
come riferisce sempre Il Giornale di Sicilia, «sono tante le lastre di eternit in città. Basta fare un giro dal centro alla periferia per individuarne decine. I codini protestano contro il materiale inquinante che invade le vie, spesso vicine alle loro abitazioni»;
non è noto se, a due mesi dall'articolo-denuncia de Il Giornale di Sicilia la situazione sia nel frattempo mutata, e in particolare se il servizio per lo smaltimento dell'eternit abbandonato nelle pubbliche vie, che costituisce un indubbio e grave pericolo per la salute della collettività, sia stato finalmente assegnato -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto riportato in premessa.
(4-09314)

Risposta. - In merito alla problematica segnalata nell'interrogazione parlamentare in esame, la prefettura-ufficio territoriale del governo di Palermo ha comunicato che per far fronte alla rimozione e smaltimento dei rifiuti in cemento amianto (cosiddetto eternit) abbandonati illecitamente, il servizio ambiente ed ecologia del Comune di Palermo, a seguito di una variazione nel contratto a suo tempo stipulato con Amia S.p.a., che non prevede più tale attività tra quelle incluse nella specifica convenzione, ha espletato apposita gara ad evidenza pubblica per l'individuazione di una società specializzata alla quale affidare il predetto servizio.
Nelle more della formalizzazione del relativo contratto, stipulato il 22 dicembre 2010, all'impresa aggiudicataria è stato affidato in via d'urgenza il servizio di rimozione e smaltimento di rifiuti in cemento amianto, e sono stati individuati, nel contempo, i siti che presentavano maggiori criticità, per i quali si rendeva necessario un intervento immediato.
Le attività di bonifica, iniziate il 4 ottobre 2010, proseguono in maniera continua, interessando diversi siti in tutto il territorio comunale.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 16 ottobre 2003 è stato emanato il decreto legislativo n. 288 riguardante il «Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell'articolo 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3»;
l'articolo 1 del citato decreto legislativo stabilisce che «Gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico sono enti (...) che, secondo standards di eccellenza, perseguono finalità di ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale, nel campo biomedico e in quello dell'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, unitamente a prestazioni di ricovero e cura di alta specialità»;
attualmente in Italia sono 43 gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) che beneficiano di finanziamenti pubblici stanziati sia per la ricerca scientifica corrente, sia per la ricerca finalizzata, ma la cui erogazione avviene di fatto a quel che sembra agli interroganti su basi discrezionali in assenza di un sistema rigoroso di valutazione scientifica dei risultati;
il comma 3 dell'articolo 11 stabilisce che «Nelle Fondazioni e negli Istituti non trasformati gli incarichi di direttore generale, direttore scientifico, direttore amministrativo e direttore sanitario sono di natura autonoma, esclusivi e di durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque (...). Le funzioni di direttore sanitario e di direttore amministrativo cessano al compimento del sessantacinquesimo anno di età»;
si registrano casi di violazione delle citate norme di legge sulla esclusività del rapporto di lavoro in caso di conferimento di incarichi direttivi e scientifici presso gli Irccs;
l'importanza, la delicatezza e le attese che suscita tra i ricercatori, gli scienziati, nella pubblica opinione un'attività come la ricerca biomedica richiedono un'attenzione più vigile verso una scrupolosa osservanza delle norme sull'esclusività richiesta per ricoprire fondamentali incarichi in strutture che devono produrre ricerca, risultati, eccellenza scientifica, competitivi ai più alti livelli e internazionalmente apprezzati;
l'eventualità di una «sanatoria» attraverso una legge che renda possibile la non esclusività nel rapporto di lavoro dei direttori scientifici degli IRCCS apparirebbe in contraddizione aperta con l'esigenza di dotare codeste istituzioni di personalità di alto livello scientifico, stabilendo che esse possono sottrarre tempo e energie ad un'attività di ricerca e cura che tutti proclamano essere fondamentale, tanto sotto il profilo della qualità della ricerca, quanto per garantire alle persone l'effettivo diritto costituzionale alla salute -:
se al Ministro interrogato risultino attualmente in carica, presso gli Irccs, direttori scientifici che cumulino detto incarico con altri rapporti di lavoro variamente denominati con realtà, istituzioni e soggetti esterni agli Irccs medesimi;
se risultino incarichi di direttore scientifico presso presidi ospedalieri classificati come Irccs cumulati con incarichi conferiti da università;
se non sia opportuno e doveroso scongiurare ogni propensione a produrre «sanatorie», pratica annosa che, a giudizio degli interroganti, in molti campi dell'azione istituzionale ha prodotto solo guasti.
(4-09963)

Risposta. - Riguardo all'interrogazione parlamentare in esame, si fa presente che al Ministero della salute non risulta, attualmente, che vi siano direttori scientifici presso istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) pubblici che svolgano altre attività lavorative.
A ciò si soggiunge che la materia in esame è contemplata in un disegno di legge di iniziativa governativa, deliberato in via

definitiva dal Governo il 10 marzo ultimo scorso, il cui iter parlamentare è di prossimo avvio.
Tale disegno di legge «delega al Governo per il riassetto della normativa in materia di sperimentazione clinica e per la riforma degli ordini delle professioni sanitarie, nonché disposizioni in materia sanitaria», prevede la modifica dell'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288, concernente il riordino della disciplina degli IRCCS e, conseguentemente, dell'articolo 1, comma 818, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), disponendo contestualmente, all'articolo 3 - che riguarda i direttori scientifici ed il personale degli IRCCS - l'integrazione dello stesso articolo 11 del decreto legislativo n. 288 del 2003, aggiungendovi il seguente comma 3-bis: «Il rapporto di lavoro del direttore scientifico può essere a carattere esclusivo o non esclusivo delle prestazioni ed è regolato da un contratto di diritto privato, nell'ambito delle risorse di cui all'autorizzazione di spesa relativa al Ministero della salute, di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come determinata dalla tabella C allegata alla legge finanziaria, specificamente destinate agli Istituti. In caso di rapporto non esclusivo, l'assunzione dell'incarico avviene nel rispetto dell'ordinamento giuridico dell'amministrazione di appartenenza e la retribuzione è ridotta nella misura del 30 per cento rispetto alla retribuzione prevista per il direttore scientifico con rapporto di lavoro a carattere esclusivo».
Per quanto riguarda il riferimento all'eventualità di una «sanatoria» normativa che renda possibile la non esclusività del rapporto di lavoro dei direttori scientifici degli IRCCS, è opportuno precisare che il principio dell'esclusività di detto rapporto non verrebbe meno nel caso in cui il direttore scientifico collabori con altre istituzioni medico-scientifiche o enti finanziatori della ricerca, senza pregiudicare la propria attività istituzionale.
È necessario, pertanto, che tali collaborazioni non assumano la natura di rapporto di lavoro e prevedano esclusivamente un gettone di presenza ristoratore delle spese sostenute e del tempo extra lavorativo impiegato, come avviene, peraltro, per analoghe figure professionali dipendenti presso pubbliche amministrazioni.
A titolo di esempio, le revisioni dei progetti inviati da amministrazioni pubbliche o da enti finanziatori o da centri Internazionali di ricerca, non prefigurando alcun tipo di rapporto lavorativo, ma la semplice espressione di un'alta competenza nella materia, sono da considerarsi del tutto funzionali all'attività di direzione scientifica di un ente, attività che si identifica anche nel reperire fondi in ambito nazionale ed internazionale.
È da rilevare, inoltre, che tali collaborazioni consentirebbero all'IRCCS di avvalersi dell'accresciuta professionalità del direttore scientifico e di poter interagire, al fine di sviluppare ed ampliare in ambito nazionale ed internazionale i temi della ricerca, con il mondo scientifico del quale, proprio in tal modo, l'IRCCS ed il direttore scientifico risulterebbero essere parte integrante.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da uno studio effettuato dalle ASL di Cagliari e di Lanusei, risulta che ben il 65 per cento degli allevatori che vivono e lavorano intorno al poligono interforze del Salto di Quirra, negli ultimi dieci anni si è ammalato di leucemia e di linfomi negli ultimi dieci anni;
si registra un inquietante numero di animali nati con gravi deformità;
da tempo, secondo indiscrezioni, si racconta di una spaventosa incidenza di tumori al sistema emolinfatico tra i pastori che vivono e lavorano intorno al poligono interforze del Salto di Quirra;

tra le indiscrezioni filtrate in questi giorni quella del numero inquietante di animali nati con gravi deformità, un fenomeno sul quale ha indagato nel recente passato la professoressa Antonietta Morena Gatti del Policlinico universitario di Modena e consulente della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito;
la professoressa Gatti avrebbe scoperto, attraverso un sofisticato microscopio elettronico a scansione, nanoparticelle di metalli pesanti e di leghe di metalli che non esistono in natura, nei tessuti di alcuni agnelli deformi nati nella zona di Quirra;
analoghi risultati si sarebbero ottenuti sulle analisi effettuate sui tessuti dei militari ammalatisi di tumore nei Balcani; un fenomeno che non può non riportare al «caso Escalaplano» dove, alla fine degli anni ottanta, nacquero almeno 13 bambini affetti da gravi deformità, un dramma sul quale non si è mai indagato seriamente e sul quale è caduto subito un silenzio colpevole;
i nuovi dati, che certificano l'«anomalia» di Quirra, sono stati raccolti dai veterinari dottor Giorgio Melis e dottor Sandro Lorrai, dati che dovranno essere completati con i rilievi effettuati anche nelle campagne di Perdasdefogu;
secondo quanto riferito dal quotidiano La Repubblica in una corrispondenza dell'inviato Giuseppe Salvaggiulo, si sono verificate inquietanti nascite: agnelli con un solo occhio, senza bocca, con tre zampe o cinque, con le orecchie al posto degli occhi, capretti ciechi, sventrati, con teste deformate e lesioni cerebrali;
il poligono di Quirra, il più grande d'europa, con 135 chilometri quadrati di superficie, si estende dal centro della Sardegna fino alla costa, a Sud-Est;
i medici rilevano «un chiaro eccesso statisticamente significativo di casi di malformazioni genetiche degli animali nati in quel territorio»;
«il 65 per cento del personale impegnato con la conduzione degli animali negli allevamenti ubicati entro il raggio di 2,7 chilometri dalla base militare risulta colpito da gravi malattie tumorali» quattro casi solo negli ultimi due anni, l'ultimo un ragazzo di 24 anni morto nel luglio dello scorso anno;
gli esperti citano come «caso emblematico» quello della località Tintinau, «sede di due allevamenti di circa 200 capi ovini per allevamento, condotti da quattro fratelli. Tre fratelli nell'arco di pochi anni si sono ammalati di malattie tumorali. Contemporaneamente anche gli animali che pascolano in quei terreni sono stati interessati da problemi sanitari e da problematiche genetiche. (...) in un «sito ambientale potenzialmente contaminato» l'insorgenza di tre casi di gravi malattie neoplastiche in altrettante persone in un breve arco cronologico e il contemporaneo interessamento degli animali con casi di grave malformazione genetica è indubbiamente indice di una elevatissima criticità dell'ambiente e di quel territorio. Situazioni sanitarie analoghe sono presenti anche in altri allevamenti di Quirra... «colpisce l'insorgere contemporaneo di problematiche genetiche negli animali e gravi malattie tumorali nelle persone. Questo fenomeno potrebbe essere ritenuto una sentinella d'allarme per l'uomo»; e per questo i due veterinari ritengono «indispensabile un impegno immediato» da parte dell'autorità sanitaria;
nonostante le prime denunce risalgano a circa dieci anni, il promesso e annunciato monitoraggio ambientale «che doveva concludersi entro il 2009 non è ancora terminato», e che lo stanziamento per portare a termine gli studi è del 2006 e finora tutto Ma finora tutto è andato con una sconcertante e inquietante lentezza;
secondo i dati raccolti dalla professoressa Mariella Cao, tra le animatrici del comitato «Gettiamo le basi», e che ha monitorato anche la situazione sanitaria con un «registro tumori» fai da te, «quando abbiamo cominciato a raccogliere

dati, c'erano 14 malati su 150 residenti, ora siamo a 21 solo a Quirra»;
alla cifra sopra riportata occorre aggiungere altri due malati residenti nei dintorni, e ben 22 muratori che hanno lavorato al poligono, e 23 militari o ex militari: in tutto 68 malati di leucemia e 14 bambini nati con malformazioni -:
se quanto sopra esposto corrisponda al vero;
su che basi e fondamento il Ministero della difesa, come ha già fatto in passato, continui a negare un rapporto tra poligono e malattie;
quale spiegazione si dia per l'inquietante casistica relativa a cittadini della zona di Quirra malati di leucemia e tumori;
quali spiegazioni si diano per l'inquietante verificarsi di gravi malformazioni tra gli animali della zona;
quali sia per gli anni dal 1985 al 2010 l'elenco degli Enti/Reparti delle Forze armate italiane e straniere che hanno utilizzato il poligono in premessa, e per ogni utilizzatore il sistema d'arma, il tipo di armamento, la quantità e il tipo di munizionamento impiegato in attività addestrative e sperimentali;
quale sia per gli anni dal 1985 al 2010 l'elenco dei soggetti non militari che hanno utilizzato il poligono in premessa, e per ogni utilizzatore, il tipo di armamento, la quantità e il tipo di munizionamento impiegato in attività addestrative e sperimentali;
quali siano in dettaglio i contenuti delle disposizioni di cui al «disciplinare ambientale adottato in via sperimentale per i soli poligoni insistenti sul territorio della regione Sardegna, quale sia la composizione e i compiti dei comitati per la tutela ambientale;
quali iniziative si intendono promuovere, adottare, sollecitare in ordine a quanto sopra riferito per tranquillizzare la popolazione residente intorno al poligono di Quirra.
(4-10391)

Risposta. - L'allarme sociale suscitato da quella che la stampa definisce «sindrome di Quirra», non ha lasciato e non lascia certamente indifferente la difesa che continua a prodigarsi concretamente e con tempestività per fare chiarezza sulle attività svolte nel poligono interforze di Salto di Quirra (PISQ) e per accertare l'eventuale impatto delle stesse sull'ambiente e sulla popolazione circostante.
Al riguardo desidero ribadire, in primis, quanto più volte affermato dalla difesa:
le attività operative e addestrative delle varie componenti della difesa sono effettuate nel pieno rispetto dell'ambiente circostante, sia esso fuori dai confini nazionali sia presso aree, sul territorio, interessate da poligoni;
i vari livelli di comando, e più in generale la catena gerarchica nella sua completezza, sono costantemente informati e sensibilizzati sulla tematica e sono parte attiva nell'applicazione delle misure di prevenzione a tutela del personale;
l'Italia non ha mai impiegato armamento all'uranio depleto e non risulta essere dimostrato da alcuna ricerca, anche in ambito internazionale, che esiste un nesso di causalità tra le patologie contratte dai militari impegnati nei teatri operativi, o in servizio presso i poligoni, e l'esposizione all'uranio impoverito.

La difesa, in generale, e le Forze armate, in particolare, sono da tempo impegnate in un'attività a tutto campo finalizzata alla tutela del personale impiegato in missioni operative e in servizio presso i poligoni.
Ciò anche attraverso ricerche e analisi prodotte da strutture proprie della difesa o inserite nell'ambito di specifici organismi espressamente costituiti, quali il comitato per la prevenzione e il controllo delle malattie (studi e progetti sulle vaccinazioni, esposizioni ambientali, agenti genotossici, esposizione al radon, nano particelle ambientali).

In tale quadro il dicastero ha avviato, già da tempo, una serie d'iniziative per controllare e censire con precisione tutto il materiale utilizzato presso i poligoni: tra le principali cito l'istituzione di «Comitati per la tutela ambientale» e l'elaborazione di un «Disciplinare ambientale» - adottata nel 2004 in via sperimentale e dal 2008 in maniera definitiva - che regolamenta le procedure per autorizzare le attività all'interno del poligono.
Nello specifico l'ipotesi del verificarsi di una maggiore incidenza di tali fenomeni nell'area adiacente al poligono (frazione di Quirra del comune di Villaputzu) non è stata confermata, a suo tempo, dall'apposita commissione istituita dall'Azienda sanitaria locale 8 di Cagliari, il cui direttore generale aveva indicato che le possibili cause avrebbero potuto essere, invece, ricercate proprio nel passato minerario dell'area.
Da tempi molto remoti, infatti, l'intera area è stata d'interesse minerario e, al di fuori del perimetro del poligono (località Baccu Locci, a circa 700 metri a sud-est), è presente un'ex miniera, gestita dalla, società Rumianca dal 1938 al 1965, anno della sua dismissione.
Alle medesime risultanze è pervenuta l'università degli Studi di Siena, al termine dell'indagine sistematica sullo stato ambientale del PISQ e delle aree limitrofe - commissionata a tale ente, nel 2002, dalla difesa - per accertare l'eventuale presenza di elementi tossici pesanti.
Successivamente, per fugare ogni ulteriore dubbio e dare una maggiore tranquillità alla popolazione, la difesa ha avviato, nel 2008, una campagna di monitoraggio ambientale con lo scopo di verificare, oltre la presenza di materiale radioattivo, anche la presenza di altre sostanze inquinanti.
Allo scopo di rendere trasparente, fin dal suo nascere, l'indagine e recepire le istanze del territorio, il dicastero ha costituito, con decreto 28 aprile 2008, il «Comitato misto territoriale per l'indirizzo, l'organizzazione, il coordinamento, la verifica e il confronto delle attività e dei risultati del monitoraggio ambientale condotto nelle aree adiacenti del poligono interforze di Salto di Quirra".
Tale comitato è costituito da rappresentanti della regione Sardegna e della provincia di Cagliari, dai sindaci dei paesi limitrofi, da responsabili delle aziende sanitarie locali di competenza, oltre che da autorità militari.
L'attività di monitoraggio, assegnata mediante procedura a evidenza pubblica, con il coinvolgimento delle autorità locali, degli enti territoriali sardi interessati alla gestione dell'ambiente e alla salute pubblica, oltre che del «Comitato gettiamo le basi», è stata condotta da società indipendenti e qualificate, esterne alla difesa.
Il contratto, il cui capitolato tecnico definitivo è stato predisposto recependo le indicazioni delle autorità locali e regionali della Sardegna, prevede l'esecuzione di cinque lotti:

lotto 1 - controllo e monitoraggio continuo della radioattività aerodispersa: le analisi dei filtri sono state eseguite presso un laboratorio accreditato Sinal (Sistema nazionale per l'accreditamento dei laboratori di prova). Il lotto è stato completato e non è stata rilevata alcuna alterazione riconducibile ad attività antropica;
lotto 2 - controllo e monitoraggio delle radiazioni non ionizzanti (onde elettromagnetiche) in onda continua ed impulsiva presso il Pisq: l'attività si è conclusa e nella relazione finale si evince la totale assenza di situazioni di pericolo. Tuttavia il personale del Pisq, eventualmente in collaborazione con l'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Sardegna (Arpas), continuerà a monitorare le emissioni elettromagnetiche attraverso la strumentazione acquisita;
lotto 3 - determinazione di agenti chimici e radioattivi in matrici ambientali e biologiche (suolo, acqua, vegetali e animali): le attività si sono concluse con il prelievo complessivo di 1.060 campioni (negli animali pascolanti sono stati analizzati alcuni organi bersaglio degli elementi chimici) che sono stati oggetto di approfondito esame, i cui risultati non hanno evidenziato particolari situazioni di rischio;
lotto 4 - formazione del personale del poligono di Salto di Quirra e delle amministrazioni

locali ai fini di una successiva certificazione ambientale (ISO 14001) a cura di un ente accreditato presso un Organismo di Certificazione (Sincert): si è conclusa la formazione di base e avanzata del personale;
lotto 5 - realizzazione di un sistema informativo ambientale: il sistema ha lo scopo di raccogliere, immagazzinare e rendere disponibili i dati delle attività di monitoraggio che vengono, altresì, inviati a una «unità di raccolta dati replicata» da installare presso la sede dell'Asl competente per territorio, così da rendere tutta l'attività quanto più trasparente possibile.

Ricordo, in proposito, che lo scorso 1o febbraio 2011, presso il Pisq, è stata presentata e consegnata alla commissione tecnica di esperti, alla presenza del rappresentante del Governo, la documentazione relativa ai risultati finali delle attività di monitoraggio: è stata esclusa l'influenza delle attività del Pisq e, in generale, di attività antropiche in tutte le matrici indagate (suoli, sedimenti marini e fluviali, acque marine, vegetali, matrici animali, prodotti alimentari, radioattività ambientale, metalli nel particolato atmosferico, nano particelle).
Allo stato i dati sono al vaglio dei componenti la citata commissione per l'elaborazione dei commenti definitivi, data la complessità e la numerosità dei dati stessi, soprattutto alla luce delle rispettive interrelazioni.

Preciso che il ritardo, rispetto alla previsione iniziale (estate 2010), nel rendere disponibili i risultati definitivi del monitoraggio è riconducibile alla richiesta, da parte dell'Arpas, di effettuare una controanalisi su alcuni campioni di suolo.
Mi preme fornire alcuni ulteriori chiarimenti in merito allo studio veterinario commissionato dalle Asl di Cagliari e Lanusei, relativo alla condizione degli allevamenti nell'area del poligono, i cui esiti sono stati oggetto di enfatizzazione da parte dei media.
Trattandosi di un'attività a margine di quella specifica svolta dal «Comitato d'indirizzo territoriale» e riferita ad allevamenti e pastori che gravitano in un'area ristretta del poligono (un raggio di 2,7 chilometri attorno al distaccamento di Capo San Lorenzo), gli esiti dello studio veterinario dovranno essere valutati nella compiutezza delle informazioni e delle indagini in corso.

Peraltro agli atti dei servizi veterinari dell'Asl di Lanusei non risultano essere stati segnalati, né da loro direttamente accertati, casi di moria, aborti e/o malformazioni degli animali tali da far sorgere il sospetto che le cause degli eventi medesimi siano da ricondurre a contaminazioni dell'ambiente e/o degli alimenti destinati agli animali.
Tantomeno risultano essere segnalate alterazioni a carico dell'uomo riconducibili all'assunzione di alimenti di origine animale e vegetale contaminati da sostanze tossiche.
Sulla base delle considerazioni finora esposte, è evidente come non sia possibile, al momento, stabilire una correlazione tra le attività svolte presso il poligono e l'insorgenza di malattie tumorali e/o di malformazioni genetiche sia nell'uomo, sia nella specie animale: si è in attesa delle determinazioni finali da parte della richiamata commissione tecnica di esperti, con l'auspicio che si possano dare risposte precise e definitive alle incertezze che ancora permangono sulla base di dati scientificamente attendibili.
Quanto agli enti/reparti delle Forze armate italiane e straniere, nonché ai soggetti non militari che hanno utilizzato il poligono negli anni dal 1985 al 2010, non è possibile fornire, in tale ambito, gli elementi di dettaglio richiesti, trattandosi, come evidente, di materiale quantitativamente considerevole, fermo restando che tutti i documenti informativi sono stati consegnati alla procura della Repubblica di Lanusei per l'accertamento, da parte dell'autorità giudiziaria competente, di eventuali responsabilità penali.
Con riferimento, invece, ai contenuti del disciplinare ambientale, lo stesso prevede che ogni attività sia oggetto di una valutazione preventiva basata sulla documentazione tecnica del materiale da utilizzare,

di un controllo di coerenza tra le attività pianificate e quelle effettuate durante le esercitazioni e/o sperimentazioni - da tenersi in coordinamento tra personale del poligono e utenti - e, infine, di un controllo successivo all'esercitazione/sperimentazione, durante il quale s'interviene con la bonifica, qualora ritenuta necessaria.
In merito alle iniziative per «... tranquillizzare la popolazione residente intorno al poligono di Quirra», nella generale attenzione che la difesa ha posto, in particolare negli ultimi anni, sulla problematica, è stato recentemente finanziato un progetto di ricerca «ad hoc», sotto l'egida del comitato per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cpcm), che prevede il «follow-up delle patologie incidenti sul personale militare e civile del Poligono Interforze di Salto di Quirra, in relazione alle esposizioni presenti negli ambienti di lavoro», a cura del professor Cocco, direttore della scuola di specializzazione di medicina del lavoro presso l'università di Cagliari.
Il professor Cocco, tra l'altro, ha recentemente presentato i risultati dello studio statistico sull'incidenza dei tumori nel territorio e nelle zone limitrofe al Pisq (sono stati presi in esame i tredici Comuni circostanti l'area del poligono), mettendo in evidenza come l'incidenza delle patologie tumorali nella popolazione residente nei comuni limitrofi al poligono sia ampiamente inferiore a quella della popolazione di riferimento.
Tuttavia, al fine di dare maggiore forza e incisività agli interventi posti in essere per il controllo dello stato di salute della popolazione e per la sicurezza alimentare, ho appreso che la Asl di Lanusei ha avviato la pianificazione per la realizzazione di un programma di interventi aggiuntivi, quali:
costituzione di un tavolo di lavoro interistituzionale (istituto superiore della sanità/provincia/comuni/servizio della prevenzione regionale/istituto zoo-profilattico sperimentale della Sardegna) per pianificare uno studio epidemiologico dettagliato e una indagine sugli animali, per l'intera provincia, con focalizzazione sulle aree adiacenti il poligono;
potenziamento delle dotazioni organiche dei servizi veterinari;
costruzione del profilo della salute del territorio interessato.

Posto che il territorio dell'Asl di Lanusei è compreso nell'ambito di competenza del registro tumori di Nuoro, sono stati analizzati i dati che si riferiscono al triennio 2003-2005 - dai quali non emergono percentuali di incidenza delle patologie tumorali, nei comuni limitrofi all'area del poligono, significativamente differenti rispetto alla media nazionale - e sono in fase di completamento le indagini per il triennio successivo.
Con riferimento alla patologia umana, l'Asl di Cagliari ha comunicato che intende promuovere l'avvio di uno studio epidemiologico retrospettivo (caso-controllo) che interessi la popolazione residente nei comuni circostanti il Pisq, con il coinvolgimento dell'Asl di Lanusei, il coordinamento dell'assessorato dell'igiene e sanità della regione Sardegna e con la supervisione dell'Istituto superiore di sanità.
Per quanto attiene, invece, all'ambito della sanità animale, sarà avviata un'indagine anamnestica retrospettiva sullo stato di salute degli animali, tramite la predisposizione di una scheda di raccolta dati da somministrare agli allevatori presenti nel territorio interessato dalla problematica.
Con particolare riferimento alla notizia recentemente apparsa sugli organi di stampa, secondo la quale «nel poligono interforze di Perdasdefogu c'è uranio 238», l'affermazione è destituita di fondamento.
Al riguardo ritengo necessario e doveroso precisare, in attesa che l'autorità giudiziaria completi le attività d'indagine, che il materiale rinvenuto è costituito da componenti elettronici, per lo più valvole di tipo commerciale che equipaggiano i radar in servizio presso il poligono e che possono contenere filamenti di materiale radioattivo (torio e trizio), ma in piccolissime quantità: si tratta di componenti del tutto simili a quelli disponibili sul mercato e in uso anche sui radar civili.
Tali componenti - già oggetto d'ispezione da parte del centro interforze studi

applicazioni militari (Cisam) erano temporaneamente custoditi in un apposito magazzino presso il Pisq, secondo i criteri previsti dalle norme a tutela della sicurezza dei lavoratori, in attesa di essere smaltiti.
Lo smaltimento dei componenti non più efficienti, come del resto la gestione dei «pezzi di ricambio efficienti», non comporta rischi specifici, laddove si applichino le cautele previste dalle norme di legge per lo stoccaggio e lo smaltimento.
La difesa attende, comunque, con fiducia l'esito dell'attività d'indagine della procura di Lanusei, nella certezza di poter avere presto accesso alle determinazioni del comitato di indirizzo territoriale e di fare chiarezza sulle numerose informazioni che periodicamente riguardano la parte del territorio della regione Sardegna interessata dalla presenza della base.
Peraltro, come noto, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Lanusei ha disposto il sequestro probatorio di alcuni materiali, di alcune zone a terra del poligono e di parte dello specchio d'acqua antistante, limitando fortemente le attività in programma presso lo stesso.
Per quanto concerne il quesito teso ad accertare «... se sia vero... che due militari che hanno svolto regolarmente servizio nei magazzini e nei depositi si siano ammalati di tumore...», premesso che i dati epidemiologici in possesso del dicastero non rilevano anomalie nella manifestazione di patologie neoplastiche tra il personale che ha prestato o presta servizio presso il poligono, posso dire che risultano casi di militari affetti da patologie neoplastiche, ma la cui origine, tuttavia, non è correlabile, per le motivazioni che ho già esposto, all'attività di lavoro svolta presso il poligono.
Con riferimento, poi, ai «...casi di linfoma di Hodgking....tra la popolazione della zona...» la difesa non è in grado di fornire il dato richiesto che involge specifiche e dirette competenze organizzative regionali.
Vorrei ricordare, prima di concludere, l'impegno recentemente assunto dal Governo di sospendere le attività addestrative e sperimentali presso il Pisq qualora, dall'analisi comparata dei dati del monitoraggio da parte della commissione tecnica di esperti o da ulteriori indagini, disposte anche in concorso dalla regione autonoma della Sardegna, dovessero emergere oggettive situazioni di rischio per gli abitanti delle aree circostanti e per il personale della difesa.
Ciò, quale segno tangibile dell'attenzione e della sensibilità dimostrata dal dicastero riguardo alla doverosa tutela della salute del proprio personale e dei cittadini che abitano nelle aree limitrofe del poligono.
Tengo a precisare che la difesa, per prima, ha interesse a pervenire a risposte certe su tale problematica, assumendo un atteggiamento sempre improntato all'assoluta trasparenza e nell'interesse prioritario e legittimo di quanti sono coinvolti.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 5 febbraio 2011 una donna, Silvana Fionda, è morta all'ospedale di Cassino a causa di un infarto che i medici avrebbero scambiato per una lombosciatalgia;
la signora Silvana Fionda di 56 anni, è deceduta il 4 febbraio 2011, dopo otto ore di attesa al pronto soccorso dell'ospedale Santa Scolastica di Cassino; secondo il racconto fornito dai familiari, la signora Fionda sarebbe rimasta per ben otto ore al pronto soccorso in uno stato di affaticamento respiratorio e dolori al petto e una volta concluso l'iter di accertamenti, i medici avrebbero stabilito il suo ricovero nel reparto di ortopedia, ma mentre veniva trasferita ai piani superiori, la donna è stata colta in ascensore da infarto ed è deceduta;
la figlia della donna morta - che insieme con i fratelli ha sporto denuncia ai carabinieri contro l'ospedale di Cassino, il Santa Scolastica - ha rilasciato alla

stampa le seguenti dichiarazioni: «sono incompetenti, questo e il problema. Hanno continuato a dire, per tutto il tempo, che mia madre era solo ansiosa, che doveva stendersi e rilassarsi. E quel dolore lancinante, per il quale si è lamentata tutto il tempo, lo hanno preso per una lombosciatalgia. Devono pagare tutto adesso. Del resto, è lo stesso ospedale in cui due anni fa hanno ammazzato mio marito, curandolo male. E noi li avevamo già denunciati. Io mi sono rivolta a tutti loro più volte, ho detto che non mi sembrava affatto normale che soffrisse così. Ma loro continuavano ad attribuire tutto all'ansia. Alla fine, mentre la portavamo al quarto piano in sedia a rotelle per ricoverarla in un reparto di ortopedia, si è sentita male in ascensore. È stato l'attacco finale. Quando siamo usciti da lì è pure caduta dalla sedia. Nel corridoio c'erano solo un ausiliario e un infermiere. Nessun medico. A quel punto mia madre è rimasta a terra per oltre dieci minuti, e poi è stata portata in una stanzetta, inadeguata, dove è rimasta altri dieci minuti in attesa di un medico. Ecco come è morta mia madre -:
di quali elementi disponga il Governo in merito alla dinamica dei fatti di cui in premessa;
se non intenda, anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari, adottare o promuovere iniziative per acquisire ogni dato utile ad accertare le cause dell'accaduto sia in merito ad eventuali criticità organizzative che a mancanze od omissioni da parte del personale medico.
(4-10764)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base degli elementi acquisiti dalla regione Lazio attraverso la prefettura - ufficio territoriale del governo di Frosinone.
La paziente, giunta al pronto soccorso dell'ospedale di Cassino con mezzo proprio dei familiari, veniva soccorsa ed immediatamente accettata al triage alle ore 12,31 del 4 febbraio 2011, con valutazione dei parametri vitali.
Alle ore 12,33 la paziente è stata visitata per deposta precordalgia con sensazione di parestesie agli arti inferiori e stato d'agitazione.
Approfondita l'anamnesi ed effettuato l'esame clinico obiettivo, il personale sanitario ha eseguito un elettrocardiogramma e praticato un prelievo ematico, per valutare in particolare i valori dei cardioenzimi.
Somministrata la terapia sintomatica, la paziente è stata posta nella stanza dell'osservazione temporanea per tenere sotto osservazione l'evoluzione della sintomatologia.
Alle ore 14,30 circa, la paziente è stata nuovamente rivalutata dal medico di guardia subentrante, che registrava in cartella i relativi dati.
L'evolversi della sintomatologia dolorosa, varia e polimorfa, toraco-addominale ed agli arti, soprattutto il destro, è stato oggetto anche di una consulenza ortopedica alle ore 16,40 circa.
La paziente, alternando momenti di remissione ad altri di esacerbazione della sintomatologia, pur conservando i parametri vitali sempre nella norma, veniva osservata, essendo stati programmati i controlli elettro cardiografici e biochimici della cinetica enzimatica cardiaca per le ore 19,00.
Alle ore 19,02 ed alle 19,20 la paziente è stata rivalutata e sono stati eseguiti i controlli programmati.
Successivamente, alle ore 20,44 è stato disposto il ricovero nella Uoc di medicina interna per il proseguimento dell'iter diagnostico, non essendo evidenti segni e sintomi di compromissione di parametri vitali tali da ritenere la paziente in condizioni critiche, ma, per mancanza del posto letto all'interno del reparto, veniva inviata nel reparto di ortopedia, dove era disponibile un letto.
Alle ore 20,55 si verificava un arresto cardiaco: malgrado l'effettuazione delle procedure di rianimazione, alle ore 21,30 veniva constatato il decesso della paziente.
Questo Ministero non ritiene, allo stato, di dover avviare specifiche iniziative al riguardo, essendo tuttora in corso un'indagine

sui fatti in questione da parte dell'autorità giudiziaria.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. - Per sapere che - premesso che:
l'agenzia ANSA il 27 febbraio del 2011 diffondeva la notizia da Lanusei Ogliastra secondo la quale non ci sarebbero più dubbi: nel poligono interforze di Perdasdefogu c'è uranio 238, cioè uranio arricchito;
la cosa sarebbe stata accertata dall'inchiesta aperta a metà gennaio del 2011 dalla procura della Repubblica di Lanusei per fare chiarezza sui numerosi casi di linfoma di Hodgking registratisi in questi anni nella popolazione e su alcune malformazioni negli animali, al termine delle ispezioni ordinate dal procuratore Domenico Fiordalisi in due magazzini della base sperimentale e nella diramazione di Capo San Lorenzo;
sono state sequestrate le cinque cassette metalliche, dove i rilevatori degli esperti hanno registrato valori di radioattività cinque volte superiori alla norma, e l'intero deposito dove erano custodite;
sono stati portati via anche tutti i documenti (disposizioni interne, ordini di servizio, turni di lavoro, regolamento dei magazzini) con i quali si potranno accertare responsabilità, soprattutto sul fatto che sia all'ingresso del magazzino, sia sopra le casse non erano stati posti i segnali necessari a distinguere la presenza di materiale radioattivo;
due militari, che di recente hanno svolto regolarmente servizio in quel magazzino, si sono ammalati di tumore e hanno dovuto sottoporsi a trattamenti chemioterapici;
una squadra di poliziotti e vigili del fuoco specializzati, accompagnati dalla dottoressa Maria Antonietta Gatti, responsabile del laboratorio dei biomateriali del dipartimento di neuroscienze dell'università di Modena e Reggio Emilia, e dal fisico nucleare professor Paolo Randaccio hanno effettuato un sopralluogo nella base militare facendo poi la scoperta che forse apre definitivamente uno squarcio sull'intera vicenda;
il materiale ritrovato è ora nel bunker dell'università di Cagliari ed in queste ore viene disposto il controllo accurato per capire dove sia contenuto l'uranio 238 -:
se quanto sopra esposto corrisponda a verità;
in caso affermativo, se sia vero in particolare che due militari che hanno svolto regolarmente servizio nei magazzini e nei depositi si siano ammalati di tumore, e che si siano riscontrati valori di radioattività cinque volte superiori alla norma;
se sia vero che le casse contenenti materiale radioattivo erano prive dei contrassegni e dei segnali necessari a distinguere la presenza di materiale radioattivo e per responsabilità di chi sia potuto accadere;
dove sia contenuto l'uranio 238 di cui si è rilevata la presenza;
se risulti quanti siano esattamente i casi di linfoma di Hodgking registratisi in questi anni tra la popolazione della zona;
quali urgenti iniziative si intendano promuovere o adottare in relazione a quanto sopra esposto.
(4-11074)

Risposta. - L'allarme sociale suscitato da quella che la stampa definisce «sindrome di Quirra», non ha lasciato e non lascia certamente indifferente la difesa che continua a prodigarsi concretamente e con tempestività per fare chiarezza sulle attività svolte nel poligono interforze di Salto di Quirra (PISQ) e per accertare l'eventuale

impatto delle stesse sull'ambiente e sulla popolazione circostante.
Al riguardo desidero ribadire, in primis, quanto più volte affermato dalla difesa:
le attività operative e addestrative delle varie componenti della difesa sono effettuate nel pieno rispetto dell'ambiente circostante, sia esso fuori dai confini nazionali sia presso aree, sul territorio, interessate da poligoni;
i vari livelli di comando, e più in generale la catena gerarchica nella sua completezza, sono costantemente informati e sensibilizzati sulla tematica e sono parte attiva nell'applicazione delle misure di prevenzione a tutela del personale;
l'Italia non ha mai impiegato armamento all'uranio depleto e non risulta essere dimostrato da alcuna ricerca, anche in ambito internazionale, che esiste un nesso di causalità tra le patologie contratte dai militari impegnati nei teatri operativi, o in servizio presso i poligoni, e l'esposizione all'uranio impoverito.

La difesa, in generale, e le Forze armate, in particolare, sono da tempo impegnate in un'attività a tutto campo finalizzata alla tutela del personale impiegato in missioni operative e in servizio presso i poligoni.
Ciò anche attraverso ricerche e analisi prodotte da strutture proprie della difesa o inserite nell'ambito di specifici organismi espressamente costituiti, quali il comitato per la prevenzione e il controllo delle malattie (studi e progetti sulle vaccinazioni, esposizioni ambientali, agenti genotossici, esposizione al radon, nano particelle ambientali).
In tale quadro il dicastero ha avviato, già da tempo, una serie d'iniziative per controllare e censire con precisione tutto il materiale utilizzato presso i poligoni: tra le principali cito l'istituzione di «Comitati per la tutela ambientale» e l'elaborazione di un «Disciplinare ambientale» - adottata nel 2004 in via sperimentale e dal 2008 in maniera definitiva - che regolamenta le procedure per autorizzare le attività all'interno del poligono.
Nello specifico l'ipotesi del verificarsi di una maggiore incidenza di tali fenomeni nell'area adiacente al poligono (frazione di Quirra del comune di Villaputzu) non è stata confermata, a suo tempo, dall'apposita commissione istituita dall'Azienda sanitaria locale 8 di Cagliari, il cui direttore generale aveva indicato che le possibili cause avrebbero potuto essere, invece, ricercate proprio nel passato minerario dell'area.
Da tempi molto remoti, infatti, l'intera area è stata d'interesse minerario e, al di fuori del perimetro del poligono (località Baccu Locci, a circa 700 metri a sud-est), è presente un'ex miniera, gestita dalla, società Rumianca dal 1938 al 1965, anno della sua dismissione.
Alle medesime risultanze è pervenuta l'università degli Studi di Siena, al termine dell'indagine sistematica sullo stato ambientale del PISQ e delle aree limitrofe - commissionata a tale ente, nel 2002, dalla difesa - per accertare l'eventuale presenza di elementi tossici pesanti.
Successivamente, per fugare ogni ulteriore dubbio e dare una maggiore tranquillità alla popolazione, la difesa ha avviato, nel 2008, una campagna di monitoraggio ambientale con lo scopo di verificare, oltre la presenza di materiale radioattivo, anche la presenza di altre sostanze inquinanti.
Allo scopo di rendere trasparente, fin dal suo nascere, l'indagine e recepire le istanze del territorio, il dicastero ha costituito, con decreto 28 aprile 2008, il «Comitato misto territoriale per l'indirizzo, l'organizzazione, il coordinamento, la verifica e il confronto delle attività e dei risultati del monitoraggio ambientale condotto nelle aree adiacenti del poligono interforze di Salto di Quirra".
Tale comitato è costituito da rappresentanti della regione Sardegna e della provincia di Cagliari, dai sindaci dei paesi limitrofi, da responsabili delle aziende sanitarie locali di competenza, oltre che da autorità militari.
L'attività di monitoraggio, assegnata mediante procedura a evidenza pubblica, con il coinvolgimento delle autorità locali, degli enti territoriali sardi interessati alla gestione dell'ambiente e alla salute pubblica, oltre che del «Comitato gettiamo le basi»,

è stata condotta da società indipendenti e qualificate, esterne alla difesa.
Il contratto, il cui capitolato tecnico definitivo è stato predisposto recependo le indicazioni delle autorità locali e regionali della Sardegna, prevede l'esecuzione di cinque lotti:
lotto 1 - controllo e monitoraggio continuo della radioattività aerodispersa: le analisi dei filtri sono state eseguite presso un laboratorio accreditato Sinal (Sistema nazionale per l'accreditamento dei laboratori di prova). Il lotto è stato completato e non è stata rilevata alcuna alterazione riconducibile ad attività antropica;
lotto 2 - controllo e monitoraggio delle radiazioni non ionizzanti (onde elettromagnetiche) in onda continua ed impulsiva presso il Pisq: l'attività si è conclusa e nella relazione finale si evince la totale assenza di situazioni di pericolo. Tuttavia il personale del Pisq, eventualmente in collaborazione con l'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Sardegna (Arpas), continuerà a monitorare le emissioni elettromagnetiche attraverso la strumentazione acquisita;
lotto 3 - determinazione di agenti chimici e radioattivi in matrici ambientali e biologiche (suolo, acqua, vegetali e animali): le attività si sono concluse con il prelievo complessivo di 1.060 campioni (negli animali pascolanti sono stati analizzati alcuni organi bersaglio degli elementi chimici) che sono stati oggetto di approfondito esame, i cui risultati non hanno evidenziato particolari situazioni di rischio;
lotto 4 - formazione del personale del poligono di Salto di Quirra e delle amministrazioni locali ai fini di una successiva certificazione ambientale (ISO 14001) a cura di un ente accreditato presso un Organismo di Certificazione (Sincert): si è conclusa la formazione di base e avanzata del personale;
lotto 5 - realizzazione di un sistema informativo ambientale: il sistema ha lo scopo di raccogliere, immagazzinare e rendere disponibili i dati delle attività di monitoraggio che vengono, altresì, inviati a una «unità di raccolta dati replicata» da installare presso la sede dell'Asl competente per territorio, così da rendere tutta l'attività quanto più trasparente possibile.

Ricordo, in proposito, che lo scorso 1o febbraio 2011, presso il Pisq, è stata presentata e consegnata alla commissione tecnica di esperti, alla presenza del rappresentante del Governo, la documentazione relativa ai risultati finali delle attività di monitoraggio: è stata esclusa l'influenza delle attività del Pisq e, in generale, di attività antropiche in tutte le matrici indagate (suoli, sedimenti marini e fluviali, acque marine, vegetali, matrici animali, prodotti alimentari, radioattività ambientale, metalli nel particolato atmosferico, nano particelle).
Allo stato i dati sono al vaglio dei componenti la citata commissione per l'elaborazione dei commenti definitivi, data la complessità e la numerosità dei dati stessi, soprattutto alla luce delle rispettive interrelazioni.

Preciso che il ritardo, rispetto alla previsione iniziale (estate 2010), nel rendere disponibili i risultati definitivi del monitoraggio è riconducibile alla richiesta, da parte dell'Arpas, di effettuare una controanalisi su alcuni campioni di suolo.
Mi preme fornire alcuni ulteriori chiarimenti in merito allo studio veterinario commissionato dalle Asl di Cagliari e Lanusei, relativo alla condizione degli allevamenti nell'area del poligono, i cui esiti sono stati oggetto di enfatizzazione da parte dei media.
Trattandosi di un'attività a margine di quella specifica svolta dal «Comitato d'indirizzo territoriale» e riferita ad allevamenti e pastori che gravitano in un'area ristretta del poligono (un raggio di 2,7 chilometri attorno al distaccamento di Capo San Lorenzo), gli esiti dello studio veterinario dovranno essere valutati nella compiutezza delle informazioni e delle indagini in corso.
Peraltro agli atti dei servizi veterinari dell'Asl di Lanusei non risultano essere stati segnalati, né da loro direttamente accertati,

casi di moria, aborti e/o malformazioni degli animali tali da far sorgere il sospetto che le cause degli eventi medesimi siano da ricondurre a contaminazioni dell'ambiente e/o degli alimenti destinati agli animali.
Tantomeno risultano essere segnalate alterazioni a carico dell'uomo riconducibili all'assunzione di alimenti di origine animale e vegetale contaminati da sostanze tossiche.
Sulla base delle considerazioni finora esposte, è evidente come non sia possibile, al momento, stabilire una correlazione tra le attività svolte presso il poligono e l'insorgenza di malattie tumorali e/o di malformazioni genetiche sia nell'uomo, sia nella specie animale: si è in attesa delle determinazioni finali da parte della richiamata commissione tecnica di esperti, con l'auspicio che si possano dare risposte precise e definitive alle incertezze che ancora permangono sulla base di dati scientificamente attendibili.
Quanto agli enti/reparti delle Forze armate italiane e straniere, nonché ai soggetti non militari che hanno utilizzato il poligono negli anni dal 1985 al 2010, non è possibile fornire, in tale ambito, gli elementi di dettaglio richiesti, trattandosi, come evidente, di materiale quantitativamente considerevole, fermo restando che tutti i documenti informativi sono stati consegnati alla procura della Repubblica di Lanusei per l'accertamento, da parte dell'autorità giudiziaria competente, di eventuali responsabilità penali.
Con riferimento, invece, ai contenuti del disciplinare ambientale, lo stesso prevede che ogni attività sia oggetto di una valutazione preventiva basata sulla documentazione tecnica del materiale da utilizzare, di un controllo di coerenza tra le attività pianificate e quelle effettuate durante le esercitazioni e/o sperimentazioni - da tenersi in coordinamento tra personale del poligono e utenti - e, infine, di un controllo successivo all'esercitazione/sperimentazione, durante il quale s'interviene con la bonifica, qualora ritenuta necessaria.
In merito alle iniziative per «... tranquillizzare la popolazione residente intorno al poligono di Quirra», nella generale attenzione che la difesa ha posto, in particolare negli ultimi anni, sulla problematica, è stato recentemente finanziato un progetto di ricerca «ad hoc», sotto l'egida del comitato per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cpcm), che prevede il «follow-up delle patologie incidenti sul personale militare e civile del Poligono Interforze di Salto di Quirra, in relazione alle esposizioni presenti negli ambienti di lavoro», a cura del professor Cocco, direttore della scuola di specializzazione di medicina del lavoro presso l'università di Cagliari.
Il professor Cocco, tra l'altro, ha recentemente presentato i risultati dello studio statistico sull'incidenza dei tumori nel territorio e nelle zone limitrofe al Pisq (sono stati presi in esame i tredici Comuni circostanti l'area del poligono), mettendo in evidenza come l'incidenza delle patologie tumorali nella popolazione residente nei comuni limitrofi al poligono sia ampiamente inferiore a quella della popolazione di riferimento.
Tuttavia, al fine di dare maggiore forza e incisività agli interventi posti in essere per il controllo dello stato di salute della popolazione e per la sicurezza alimentare, ho appreso che la Asl di Lanusei ha avviato la pianificazione per la realizzazione di un programma di interventi aggiuntivi, quali:
costituzione di un tavolo di lavoro interistituzionale (istituto superiore della sanità/provincia/comuni/servizio della prevenzione regionale/istituto zoo-profilattico sperimentale della Sardegna) per pianificare uno studio epidemiologico dettagliato e una indagine sugli animali, per l'intera provincia, con focalizzazione sulle aree adiacenti il poligono;
potenziamento delle dotazioni organiche dei servizi veterinari;
costruzione del profilo della salute del territorio interessato.

Posto che il territorio dell'Asl di Lanusei è compreso nell'ambito di competenza del registro tumori di Nuoro, sono stati analizzati i dati che si riferiscono al triennio 2003-2005 - dai quali non emergono percentuali

di incidenza delle patologie tumorali, nei comuni limitrofi all'area del poligono, significativamente differenti rispetto alla media nazionale - e sono in fase di completamento le indagini per il triennio successivo.
Con riferimento alla patologia umana, l'Asl di Cagliari ha comunicato che intende promuovere l'avvio di uno studio epidemiologico retrospettivo (caso-controllo) che interessi la popolazione residente nei comuni circostanti il Pisq, con il coinvolgimento dell'Asl di Lanusei, il coordinamento dell'assessorato dell'igiene e sanità della regione Sardegna e con la supervisione dell'Istituto superiore di sanità.
Per quanto attiene, invece, all'ambito della sanità animale, sarà avviata un'indagine anamnestica retrospettiva sullo stato di salute degli animali, tramite la predisposizione di una scheda di raccolta dati da somministrare agli allevatori presenti nel territorio interessato dalla problematica.
Con particolare riferimento alla notizia recentemente apparsa sugli organi di stampa, secondo la quale «nel poligono interforze di Perdasdefogu c'è uranio 238», l'affermazione è destituita di fondamento.
Al riguardo ritengo necessario e doveroso precisare, in attesa che l'autorità giudiziaria completi le attività d'indagine, che il materiale rinvenuto è costituito da componenti elettronici, per lo più valvole di tipo commerciale che equipaggiano i radar in servizio presso il poligono e che possono contenere filamenti di materiale radioattivo (torio e trizio), ma in piccolissime quantità: si tratta di componenti del tutto simili a quelli disponibili sul mercato e in uso anche sui radar civili.
Tali componenti - già oggetto d'ispezione da parte del centro interforze studi applicazioni militari (Cisam) erano temporaneamente custoditi in un apposito magazzino presso il Pisq, secondo i criteri previsti dalle norme a tutela della sicurezza dei lavoratori, in attesa di essere smaltiti.
Lo smaltimento dei componenti non più efficienti, come del resto la gestione dei «pezzi di ricambio efficienti», non comporta rischi specifici, laddove si applichino le cautele previste dalle norme di legge per lo stoccaggio e lo smaltimento.
La difesa attende, comunque, con fiducia l'esito dell'attività d'indagine della procura di Lanusei, nella certezza di poter avere presto accesso alle determinazioni del comitato di indirizzo territoriale e di fare chiarezza sulle numerose informazioni che periodicamente riguardano la parte del territorio della regione Sardegna interessata dalla presenza della base.
Peraltro, come noto, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Lanusei ha disposto il sequestro probatorio di alcuni materiali, di alcune zone a terra del poligono e di parte dello specchio d'acqua antistante, limitando fortemente le attività in programma presso lo stesso.
Per quanto concerne il quesito teso ad accertare «... se sia vero... che due militari che hanno svolto regolarmente servizio nei magazzini e nei depositi si siano ammalati di tumore...», premesso che i dati epidemiologici in possesso del dicastero non rilevano anomalie nella manifestazione di patologie neoplastiche tra il personale che ha prestato o presta servizio presso il poligono, posso dire che risultano casi di militari affetti da patologie neoplastiche, ma la cui origine, tuttavia, non è correlabile, per le motivazioni che ho già esposto, all'attività di lavoro svolta presso il poligono.
Con riferimento, poi, ai «...casi di linfoma di Hodgking....tra la popolazione della zona...» la difesa non è in grado di fornire il dato richiesto che involge specifiche e dirette competenze organizzative regionali.
Vorrei ricordare, prima di concludere, l'impegno recentemente assunto dal Governo di sospendere le attività addestrative e sperimentali presso il Pisq qualora, dall'analisi comparata dei dati del monitoraggio da parte della commissione tecnica di esperti o da ulteriori indagini, disposte anche in concorso dalla regione autonoma della Sardegna, dovessero emergere oggettive situazioni di rischio per gli abitanti delle aree circostanti e per il personale della difesa.
Ciò, quale segno tangibile dell'attenzione e della sensibilità dimostrata dal dicastero

riguardo alla doverosa tutela della salute del proprio personale e dei cittadini che abitano nelle aree limitrofe del poligono.
Tengo a precisare che la difesa, per prima, ha interesse a pervenire a risposte certe su tale problematica, assumendo un atteggiamento sempre improntato all'assoluta trasparenza e nell'interesse prioritario e legittimo di quanti sono coinvolti.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

GHIZZONI e MIGLIOLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il contratto di lavoro dei vigili del fuoco è scaduto da ben 28 mesi ed attualmente non è ancora in trattazione il suo rinnovo;
a tale situazione di oggettiva iniquità e sofferenza, si aggiungono per il comando di Modena i cronici ritardi nella retribuzione delle competenze accessorie, quali gli straordinari (mentre in altre realtà, come la Lombardia, è stato autorizzato l'accesso al monte-ore di straordinario), le indennità di turno, festivo, notturno e altro;
in particolare, è dall'ottobre 2009, che i vigili del fuoco impegnati nelle operazioni di soccorso nelle zone colpite dal sisma abruzzese non ricevono il compenso dovuto;
la situazione descritta si associa ad una grave carenza di organico che a tutt'oggi non ha avuto adeguate risposte da parte del Governo;
pur a fronte delle citate criticità di organico e delle difficoltà relative alle retribuzioni, i vigili del fuoco di Modena non sono mai venuti meno al proprio dovere e continuano a prestare la propria opera di assistenza e di soccorso alla comunità modenese -:
come si intenda provvedere alla rapida liquidazione delle competenze accessorie e ad avviare la trattativa per il rinnovo del contratto di lavoro scaduto da oltre due anni.
(4-07000)

Risposta. - Le problematiche connesse al rinnovo del contratto del corpo nazionale dei vigili del fuoco, per il biennio economico 2008-2009, sono state superate a seguito del rinnovo del contratto collettivo di lavoro sottoscritto in data 26 ottobre 2010.
Per quanto riguarda i ritardi nella corresponsione delle competenze accessorie, si fa presente che a favore del comando di Modena sono state assegnate le risorse finanziarie idonee alla liquidazione delle competenze accessorie (straordinario, indennità di turno, compenso produttività, vigilanza, eccetera), maturate dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, fino a tutto il mese di novembre 2010.
Sono state liquidate, altresì, tutte le competenze per il pagamento dei compensi per lavoro straordinario espletato per la ricorrenza della festa della Repubblica (2 giugno 2010) nonché per i festeggiamenti del 71° anniversario di fondazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Le spettanze del mese di dicembre potranno essere attribuite non appena sarà a regime la nuova procedura del cedolino unico.
Per quanto riguarda le prestazioni di lavoro straordinario effettuato nel 2009 dal personale dei Vigili del fuoco nelle zone interessate dal sisma d'Abruzzo, si rappresenta, che in data 15 ottobre 2010 è stato disposto un ordine di accreditamento di Euro 14.595 e sono state, pertanto, avviate tutte le procedure necessarie al fine di corrispondere i relativi emolumenti agli aventi diritto.
Con riferimento alla segnalata carenza di organico, è di tutta evidenza che le misure di contenimento di finanza pubblica degli ultimi anni hanno inciso, in modo significativo, sugli strumenti necessari al migliore espletamento delle funzioni e dei compiti affidati dall'ordinamento al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e hanno dato luogo, fra l'altro, a una diminuzione di personale, nell'impossibilità di coprire tutti i posti vacanti in organico, pari a circa 2.800 unità su 34.710 unità teoriche.

La prospettiva di rilancio del ruolo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco fra gli apparati centrali dello Stato nel sistema sicurezza della collettività è alla particolare attenzione del Governo. Infatti, sin dall'avvio della presente legislatura, in ragione della grande professionalità e dell'altissimo rischio degli operatori del Corpo, è stato avviato un percorso per assicurare un aumento delle risorse umane a garanzia della funzionalità e dell'efficienza del sistema di soccorso pubblico del Paese.
In tale contesto, sono stati adottati diversi provvedimenti legislativi che hanno, fra l'altro, destinato apposite risorse alle assunzioni nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco; da ultimo, la legge finanziaria per il 2010 (legge 23 dicembre 2009, n. 191), che per il triennio 2010-2012 prevede stanziamenti per assunzioni di personale a copertura del 100 per cento del turn-over. Misure confermate anche con la manovra economico-finanziaria introdotta dalla legge n. 122 del 2010.
Si tratta di interventi che, pur non essendo sufficienti a sanare la situazione generale di carenza di organico, potranno comunque consentire, al termine del triennio, un'inversione di tendenza, rispetto al passato, tale da poter ragionevolmente prevedere una riduzione delle attuali carenze di organico del Corpo nazionale - determinata principalmente dalla mancata reintegrazione del personale collocato a riposo - a circa 2.400 unità complessive.
Nel contesto sopra descritto, si inseriscono le problematiche del comando provinciale dei vigili del fuoco di Modena, ove la lamentata insufficienza di personale delle qualifiche operative (vigile, capo squadra, capo reparto), che costituisce l'ossatura principale sul territorio, è in linea con la carenza media nazionale.
In particolare, ad oggi, presso il comando di Modena, vi è un esubero di personale nella qualifica di vigile del fuoco, mentre le maggiori carenze si registrano nelle altre due qualifiche operative di capo squadra e capo reparto.
Al riguardo, si assicura, che verrà data la massima considerazione alle esigenze del suddetto comando provinciale, sia per quanto riguarda la carenza nella qualifica di capo squadra, che potrà essere parzialmente colmata attraverso i concorsi interni in fase di espletamento, sia attraverso l'ulteriore assegnazione dei vigili del fuoco che stanno ultimando i corsi di formazione professionale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

GIRLANDA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Kosovo è una Repubblica indipendente nata con dichiarazione unilaterale il 17 febbraio 2008, attualmente amministrato dall'Onu e riconosciuto come Stato da 75 Paesi, di cui 22 facenti parte dell'Unione europea;
l'Unione europea, riunita il 18 febbraio 2008 in assemblea a Strasburgo, non è riuscita a disegnare una linea guida unitaria e ha lasciato i vari Stati liberi di riconoscere la provincia secessionista, processo nel quale l'Italia si è immediatamente contraddistinta per la sua posizione favorevole al riconoscimento;
il Paese ha ripreso solo l'8 marzo 2011 un dialogo con la Serbia, Paese da cui ha avuto origine la scissione, mentre è ancora oggi attiva la missione europea Eulex, volta ad aiutare le autorità del Kosovo a costruire uno Stato di diritto;
nell'ambito della missione sopra citata sono state attivate indagini volte ad appurare il traffico di organi umani durante la guerra contro la Serbia, nonché imponenti traffici di droga, che sembrerebbero transitare attraverso la neonata Repubblica -:
quale sia la natura dei rapporti economici e diplomatici del nostro Paese con la Repubblica del Kosovo e quali siano le previsioni circa i prossimi sviluppi del dialogo tra Kosovo e Serbia ed il ruolo dell'Italia in tale sviluppo.
(4-11183)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
L'Italia svolge un ruolo di grande rilievo in Kosovo, testimoniato a livello multilaterale dal nostro contributo alle principali missioni internazionali nel paese (Unmik, guidata dal rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite, un diplomatico italiano; partecipazione di primo piano alla missione europea Eulex e a quella della Nato, Kfor) e dal nostro coinvolgimento nel gruppo «Quint» (insieme a Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti). L'Italia ha riconosciuto la Repubblica del Kosovo il 21 febbraio 2008, in coordinamento con i principali partner internazionali ed in linea con la maggioranza dei Paesi dell'Unione europea, stabilendo contestualmente relazioni diplomatiche con Pristina dove è stata aperta una nostra ambasciata.
L'Italia ha sempre operato per il rafforzamento istituzionale del Kosovo, considerando l'indipendenza, di Pristina un fatto irreversibile e un elemento chiave per la completa stabilizzazione della regione. Riteniamo al contempo necessario sostenere lo sviluppo economico e socio-politico del paese e rafforzare altresì la prospettiva europea di Pristina in tale contesto, sosteniamo l'avvio del dialogo sulla liberalizzazione dei visti, e siamo impegnati nello sviluppo delle relazioni, economico-commerciali bilaterali.
L'Italia, inoltre, sostiene un approccio regionale che tenga conto delle sensibilità di tutti gli attori coinvolti; a partire dalla Serbia e consenta di superare le difficoltà persistenti sul terreno. Con questo spirito l'incontro politico di alto livello tra i ministri degli esteri dei paesi dell'Unione europea e dei Balcani occidentali, tenutosi a Sarajevo il 2 giugno 2010, ha consentito per la prima volta la contemporanea presenza, allo stesso tavolo delle autorità di Serbia e Kosovo.
Grazie anche all'azione capillare del Ministro Frattini la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 9 settembre 2010 - co-sponsorizzata dalla Serbia e da 27 paesi dell'Unione europea - ha sancito il principio per cui i Balcani costituiscono un interesse primario per l'Europa, e la prospettiva europea rappresenta il più forte strumento per il superamento delle crisi in quella regione, sollecitando l'avvio di un processo di dialogo tra Belgrado e Pristina facilitato dall'Unione europea.
In particolare, l'Italia svolge una costante opera di sensibilizzazione affinché Serbia e Kosovo si impegnino in un dialogo diretto su questioni concrete e finalizzato a tre obiettivi strategici tra loro interdipendenti:
1) la promozione della sicurezza e della stabilità del quadro regionale;
2) l'avanzamento di Pristina e Belgrado lungo il percorso europeo;
3) il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni coinvolte.

Come riportato dall'interrogante, la prima tornata di incontri nel dialogo fra Belgrado e Pristina si è tenuta a Bruxelles l'8-9 marzo 2011 con la partecipazione anche di un rappresentante USA. Una seconda sessione di colloqui si è svolta il 28-29 marzo 2011 nel rispetto del calendario di incontri ogni due/tre settimane previsto dall'Unione europea, che provvede altresì alla definizione dei temi in agenda. Merita al riguardo segnalare che le prime valutazioni, nel riconoscere la validità dell'impostazione del dialogo, sono improntate ad una cauta apertura di fiducia sui possibili risultati di tale processo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
si è tenuta sabato 20 marzo 2010 alla fiera di Bergamo l'assemblea nel corso della quale è stato tracciato dal presidente provinciale Oscar Bianchi il bilancio dell'ultimo anno dell'Avis;

nel 2009 si è confermato un aumento delle donazioni di sangue e di plasma, che raggiungono quota 67.332 (oltre 2000 in più rispetto all'anno precedente);
l'assemblea è stata anche occasione per illustrare due progetti fondamentali che prenderanno avvio nel 2010, frutto della collaborazione tra regione Lombardia e l'azienda ospedaliera «Ospedali Riuniti di Bergamo»;
il primo, denominato «Promozione della donazione di cellule staminali da cordone ombelicale», si pone l'obiettivo di sensibilizzare il territorio bergamasco su questa tipologia di donazione, che permetterebbe di sfruttare le potenzialità di tali cellule nella cura delle patologie tumorali. Secondo Marcello Raimondi, sottosegretario alla presidenza della regione Lombardia, si tratterebbe di un progetto pilota, che meriterebbe di essere esteso anche al resto dell'Italia, dato l'elevato valore educativo che lo contraddistingue e l'importante contributo che è in grado di offrire nella diffusione di una cultura di solidarietà e gratuità;
il secondo progetto, invece, «Smaschera la celiachia» darà avvio a maggio allo screening per la malattia celiaca di circa 30 mila donatori periodici iscritti all'Avis, rappresentando il più grande studio osservazionale mai condotto in europa. Gli obiettivi consistono: nel valutare la prevalenza della celiachia e dei geni correlati alla malattia in una popolazione asintomatica o con sintomi lievi e aspecifici; nel valutare l'impatto che la celiachia allo stato latente ha avuto in relazione ad una eventuale carenza di ferro in un donatore periodico e prevenire questo problema; nel valutare i costi diretti e indiretti di una diagnosi tardiva;
nel corso dell'assemblea inoltre, i sindaci di alcuni comuni bergamaschi (Boltiere e Clusone) hanno assicurato una soluzione all'individuazione di nuove unità di raccolta nei loro territori, che diverranno punti di riferimento per numerosi comuni delle aree circostanti -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere al fine di sensibilizzare ed educare l'opinione pubblica sul tema della donazione di sangue e plasma, sostenendone e promuovendone la diffusione;
se il Ministro intenda adottare anche a livello nazionale progetti analoghi a quello che prenderà avvio nel 2010 in Lombardia finalizzati alla promozione della donazione delle cellule staminali da cordone ombelicale.
(4-06686)

Risposta. - Il Ministero della salute condivide l'opportunità di intraprendere iniziative a favore della donazione volontaria di sangue, su cui si basa il nostro sistema trasfusionale per il raggiungimento dell'autosufficienza regionale e nazionale di sangue, emocomponenti e farmaci emoderivati, obiettivi fondamentali della legge 21 ottobre 2005, n. 219.
Negli anni trascorsi (2003-2004) è stato adottato un modello organizzativo, in collaborazione con le associazioni e federazioni di donatori volontari di sangue più rappresentative (Avis, Cri, Fidas e Fratres), in cui il Ministero della Salute era il soggetto finanziatore e coordinatore delle campagne di comunicazione volte alla sensibilizzazione della popolazione, allo scopo di accrescere la consapevolezza e stimolare l'atto di solidarietà e di alta valenza sociale costituito dal dono del sangue.
La gestione programmatoria ed economico-finanziaria di tali iniziative è stata sempre curata dal Ministero.
Inoltre, in adesione alla proclamazione nel 2004, da parte dell'organizzazione mondiale della sanità, della giornata mondiale del donatore di sangue per il 14 giugno, con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 aprile 2006, è stata indetta la «Giornata nazionale del donatore di sangue», da celebrare ogni anno in tale giorno.
Nell'ambito di tale giornata le amministrazioni pubbliche e gli organismi di volontariato si impegnano a promuovere, attraverso idonee iniziative di sensibilizzazione e solidarietà, la cultura della donazione volontaria di sangue.

Analogamente anche per la donazione di cellule staminali emopoietiche ad uso trapiantologico, ivi incluse quelle da sangue del cordone, sono intraprese, a livello regionale e locale, in collaborazione anche con le associazioni di volontariato del settore, numerose iniziative sulla donazione del sangue del cordone ombelicale, alfine di fornire una informazione completa, corretta e scientificamente fondata sul suo utilizzo.
In conclusione, pertanto, questo Ministero ritiene utile ogni iniziativa finalizzata alla promozione del dono del sangue e delle cellule staminali.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la regione Lombardia ha erogato 300 mila euro per il «fondo nazionale per la non autosufficienza» al fine di sostenere il progetto sperimentale «voucher demenza» promosso dall'Asl di Bergamo, di cui potranno beneficiare circa duecento famiglie di pazienti affetti da demenza. Il progetto da realizzare tra agosto e dicembre 2010 prevede un proseguimento nell'anno 2011 con uno stanziamento di fondi pari al doppio della cifra attuale. Il presidente del consiglio di rappresentanza dei sindaci, Leonio Calcioni, al riguardo afferma: «la motivazione più forte che ha spinto a questa sperimentazione riguarda il fatto che conosciamo la situazione in cui vivono molte famiglie bergamasche. Spesso sono le mogli, le figlie o le nipoti che devono ristrutturare la propria vita per stare vicino al proprio parente malato. La nostra è l'unica Asl a proporre un progetto di sostegno diretto delle famiglie. Il Consiglio ha fatto proprio questo progetto, invitando i Comuni, e in particolare gli assistenti sociali che operano sul territorio a collaborare, individuando attraverso il loro lavoro quotidiano le famiglie che più necessitano di assistenza e che quindi potrebbero aver diritto a usufruire del voucher demenza. I Comuni hanno posto come uno degli obiettivi primari della loro programmazione sociale proprio il sostegno a queste problematiche con la creazione, per esempio, degli Alzheimer Cafè (luoghi di incontro per pazienti e famiglie)»;
in tutta la provincia orobica sono circa 5-6.000 le persone affette da Alzheimer, malattia degenerativa che colpisce la memoria e le funzioni mentali e può portare a confusione e disorientamento spazio-temporale. «Se nella fase terminale della malattia è possibile ricorrere al servizio di Assistenza domiciliare integrata (Adi) erogata dall'Asl o ai servizi Assistenziali domiciliari (Sad) comunali, ai Centri domiciliari integrati o anche al ricovero nelle Residenze sanitarie (Rsa), è nella fase iniziale e intermedia della malattia, la più lunga, che il paziente è quasi totalmente a carico della famiglia», spiega Benigno Carrara, responsabile del servizio cure domiciliari dell'Asl. L'aspetto innovativo del progetto «voucher demenza» consiste nel fatto che «l'intervento di tipo psico-educativo è rivolto a chi si prende cura del malato, il care-giver, aggiunge Carrara»;
il familiare che per la prima volta deve affrontare questo tipo di malattia ha bisogno di indicazioni concrete che gli verranno fornite da un operatore sanitario, ma anche di un sostegno psicologico per comprendere come rapportarsi alla persona cara. È possibile, inoltre, l'intervento del fisioterapista per la valutazione ambientale ed eventuali suggerimenti di adattamento della casa alla nuova condizione del malato e, se ce ne fosse necessità, dell'infermiere con l'obiettivo di «addestrare» il care-giver per particolari attività. Dopo una valutazione iniziale da parte dell'infermiere in merito ai bisogni del paziente e dello psicologo in ordine alle necessità della famiglia viene redatto, in accordo con essa, un piano di intervento. Si prevede l'erogazione di due voucher consecutivi (ogni voucher corrisponde a un mese) ripetibili a distanza di 4 mesi con altri 2 voucher (il numero degli interventi dell'operatore

per ogni voucher può variare a seconda di ogni situazione);
come chiarisce lo stesso Carrara, «possono accedere al voucher i pazienti con diagnosi di demenza certificata e con una situazione familiare di difficoltà nella gestione del malato demente. La verifica dei criteri viene svolta dal Centro per l'assistenza domiciliare, a cui deve giungere la relazione dell'assistente sociale del comune di residenza, la relazione sanitaria del medico del paziente, correlata dalla certificazione specialistica. Nel caso non fosse stata ancora redatta una diagnosi il paziente deve essere inviato all'Unità di valutazione Alzheimer a cui potrà accedere superando le liste di attesa» -:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro intenda adottare, in un'ottica di lungo periodo e di ampio raggio, al fine di promuovere un progetto nazionale dedicato ai malati di Alzheimer, sull'esempio di quanto già esistente nella provincia di Bergamo.
(4-08764)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, in via preliminare e prima di entrare nel merito del quesito, osservo quanto segue.
In base al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, di «definizione dei livelli essenziali di assistenza» il servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto ad erogare alle persone con la malattia di Alzheimer, cosi come a tutte le persone non autosufficienti per condizioni di disabilità fisica, psichica o sensoriale, le prestazioni assistenziali e riabilitative necessarie ed appropriate, nei diversi regimi di erogazione dell'assistenza: domiciliare, semiresidenziale e residenziale.
Lo schema di revisione del suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attualmente alla valutazione preliminare del Ministero dell'economia e delle finanze (Mef), precisa ulteriormente i servizi, le attività e le prestazioni cui queste persone hanno diritto, specificando chiaramente che, tra gli interventi previsti, sono inclusi quelli destinati ad alleviare il carico assistenziale e psicologico di chi presta le cure, i cosiddetti «interventi di sollievo», ma senza fissare condizioni o vincoli circa la fase di evoluzione della malattia in cui l'intervento deve esplicarsi.
È evidente che, fermo restando il livello di tutela sanitaria garantito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, le regioni hanno piena autonomia nell'individuare le specifiche modalità di organizzazione dei propri servizi; così la regione Lombardia, analogamente ad altre regioni, ha imboccato la strada della concessione di un «
voucher» sociale o sanitario per l'acquisto di prestazioni assistenziali; altre regioni, invece, hanno potenziato l'erogazione diretta di servizi sanitari da parte delle aziende sanitarie locali in collaborazione con i comuni, per gli interventi sociali di competenza.
Ciò considerato, il progetto presenta molte analogie con altri progetti di altre regioni ad esempio, «Un anno insieme» dell'associazione Alzheimer Roma della regione Lazio.
Tra i contenuti del progetto, merita particolare attenzione l'idea di rendere più mirate le cure domiciliari, dando indicazioni ai «caregivers».
Alla luce delle considerazioni sopra rese e nel rispetto delle autonome iniziative regionali, cui compete la scelta della destinazione delle risorse necessarie per l'avvio di progetti specifici, comunico quanto segue.
È in fase di avanzato perfezionamento un documento concernente le «linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore delle demenze»; appena perfezionato, sarà oggetto di una intesa Stato-regioni.
Tale documento, in estrema sintesi, intende definire un insieme di percorsi assistenziali secondo una filosofia di gestione integrata della malattia, per ottimizzare: i percorsi diagnostico-terapeutici e la riqualificazione dei processi socio-assistenziali; la creazione di una rete integrata per le demenze; la promozione della ricerca scientifica;

il potenziamento della rete i supporto per i «caregivers».
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

MENIA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 17 e 18 gennaio scorsi, il Presidente della Repubblica di Slovenia Turk è stato in visita ufficiale a Roma, ove ha incontrato il Presidente Napolitano e gli alti vertici delle nostre istituzioni: nel corso dei suoi incontri sono stati affrontati diversi aspetti inerenti i rapporti Italia-Slovenia e tra questi la questione dei «capolavori istriani»;
a quanto si è appreso dalle agenzie di stampa e dallo stesso sito della Repubblica di Slovenia, il Presidente Turk ha chiesto la cosiddetta «restituzione dei beni artistici provenienti da Capodistria, Isola, Pirano» che furono portati a Roma tra il 1939 e il 1940;
va detto in proposito che si tratta di capolavori della scuola veneta dovuti ai Carpaccio, Vivarini, Tiepolo e altri autori che furono spostati (non certo «trafugati») dall'Istria a Roma, all'inizio della seconda guerra mondiale per preservarli dai pericoli del conflitto;
va da sé che si tratta di patrimonio artistico italiano, spostato legittimamente all'interno dell'allora Regno d'Italia di cui facevano parte integrante le città dell'Istria. Va precisato anche che Isola, Pirano e Capodistria vennero cedute dalla Repubblica Italiana alla Jugoslavia solo con il trattato di Osimo del 1975 ed ora sono parte della Repubblica di Slovenia sorta dalla dissoluzione dell'ex Federativa di Tito;
le opere d'arte in questione sono ad oggi conservate presso il Museo Sartorio di Trieste e si vorrebbero collocare nel costituito Museo della Civiltà Istriana, Fiumana e Dalmata del capoluogo giuliano, riconosciuto nella legge n. 92 del 2004 che istituisce il «Giorno del Ricordo» -:
quali siano gli intendimenti del Governo a proposito delle richieste slovene sulle sopra citate opere d'arte istriane;
se, in particolare, si vogliano comunque fornire rassicurazioni al mondo degli esuli e più in generale a chi tiene al patrimonio artistico nazionale, in ordine al mantenimento in Italia delle citate opere d'arte istriane.
(4-10668)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
È stata stabilita l'inesistenza di un obbligo giuridico internazionale alla restituzione dei cosiddetti «capolavori istriani», in assenza di previsioni giuridiche applicabili alla fattispecie, considerato che i beni sono di proprietà italiana e provengono da territorio italiano.
Il trasloco dei beni in parola è stato effettuato, infatti, in ottemperanza alla legge 6 luglio 1940, n. 1041, sulla «protezione delle cose d'interesse artistico storico, bibliografico e culturale della Nazione in caso di guerra», dalla Soprintendenza della Venezia Giulia e del Friuli, allo scopo di sottrarre i beni in parola - allora nell'Istria italiana - ai pericoli della guerra che incombeva su quei territori di confine.
Le casse con le opere sono state trasportate a Trieste, Udine e Gorizia per essere in gran parte, successivamente, collocate nei locali di sicurezza di palazzo Venezia, in Roma, sede della soprintendenza artistica. Le opere d'arte, rimosse da palazzi, musei, chiese, conventi o altro, erano in larga parte appartenenti a comuni, musei, ordini religiosi ma anche a soggetti privati aderenti alla Società istriana di archeologia e di storia patria, che li avevano affidati a tali istituzioni.
Alcune di queste opere dopo il 1943 sono state successivamente restituite ai legittimi proprietari (ad esempio all'ordine francescano); le altre sono attualmente inventariate come «beni demaniali culturali».

Il Ministero per i beni e le attività culturali ha, tra l'altro, rilevato che l'attuale normativa italiana, che recepisce la normativa europea in materia, vieta l'esportazione e l'uscita definitiva delle opere d'arte dal territorio nazionale, consentendo solo esportazioni temporanee per un massimo di quattro anni.
Questo Ministero degli affari esteri esclude quindi che da parte slovena possano essere avanzate rivendicazioni o pretese. Sono invece certamente ipotizzabili forme di fruizione e d'accesso a tali opere in Italia, anche in località al confine con la Slovenia, in un contesto europeo di cooperazione culturale, così come del resto già avvenuto nel 2005 a Trieste, con la mostra «Histria, opere d'arte restaurate da Paolo Veneziano a Tiepolo».
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

NARDUCCI, MARANTELLI e BRAGA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da alcuni giorni è in atto, nel Canton Ticino in Svizzera, una campagna che ad avviso degli interroganti appare diffamatoria, razzista e xenofoba nei confronti dei lavoratori italiani frontalieri con il ricorso a manifesti firmati «balairatt.ch» in cui si raffigurano detti lavoratori con l'immagine del ratto che va a rubare il formaggio in Svizzera;
tale campagna diffamatoria oltre che per le strade di Lugano e di altre città ticinesi è stata promossa via internet attraverso il sito web www.balairatt.ch ed il social-network Facebook con i seguenti slogan: «Lavoro...no all'invasione del frontalierato», «Sicurezza...No alla criminalità d'importazione» e «Fiscalità...No alla fiscalità opprimente», lanciando il grido d'allarme xenofobo e razzista «I ratti "invadono" la Svizzera italiana»;
la campagna di comunicazione realizzata, centrata sull'identificazione uomo-ratto in cui i ratti sono gli italiani che invadono la Svizzera, risulta fortemente lesiva della dignità dei circa 45 mila lavoratori frontalieri italiani in Svizzera che rappresentano una risorsa importante per il Canton Ticino;
tale campagna diffamatoria si inserisce in un periodo di particolare crisi economica in cui, incrinando la coesione sociale attraverso l'apologia del razzismo, si compromettono anche i tradizionali vincoli di buon vicinato che hanno da sempre caratterizzato i rapporti tra le regioni italiane di confine e il Canton Ticino -:
se il Ministro interrogato intenda attivarsi tempestivamente presso il Governo della Confederazione Elvetica per tutelare l'immagine e la dignità dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera affinché si pervenga all'oscuramento del sito internet www.balairatt.ch e del gruppo di interesse su Facebook oltre che alla rimozione dei cartelli pubblicitari dal territorio ticinese, riconducibili a balairatt.ch.
(4-08825)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Il Ministro degli affari esteri Frattini, in una dichiarazione del 29 settembre 2010, ha immediatamente condannato la campagna contro i lavoratori frontalieri provenienti dall'Italia, affermando che «a questo tipo di manifestazioni bisogna dare risposte chiare e ferme».
Lo stesso giorno, l'ambasciatore svizzero a Roma, a nome del dipartimento federale degli affari esteri, ha emesso un comunicato in cui si deplorava fermamente la campagna definita «diffamatoria e offensiva». Questa è stata condannata da numerose autorità svizzere a livello federale e cantonale, le quali hanno altresì tenuto a mettere in evidenza la rilevanza del contributo dato da cittadini stranieri alla crescita della Svizzera.
Da parte svizzera è stato inoltre rilevato che la campagna politica in oggetto, commissionata dal presidente dell'Unione democratica di centro del Ticino, non rispecchia i sentimenti della stragrande maggioranza

dell'opinione pubblica elvetica e sarebbe da inquadrare in un contesto pre-elettorale, dato che nel corso di quest'anno è prevista la tenuta delle elezioni politiche.
Le autorità del Canton Ticino, recentemente interpellate in proposito dalla nostra ambasciata a Berna, hanno infine precisato che la campagna suddetta non ha avuto alcun concreto seguito.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

NEGRO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nelle ultime settimane, gli organi di stampa si sono occupati del caso di Matteo Politi, trentenne veronese che avrebbe curato oltre trecento pazienti senza avere né il titolo, né la competenza di medico chirurgo;
sul caso è stata aperta un'indagine giudiziaria, al fine di verificare presso quali strutture sanitarie M.P. abbia prestato il proprio servizio e quali documentazioni fossero state presentate dal presunto medico per attestare le proprie qualifiche professionali;
le indagini sono state estese anche al restante personale operante presso le strutture sanitarie del veronese presso cui ha prestato la propria attività M.P., al fine di verificare in particolare i titoli professionali dei medici riconducibili a cooperative esterne;
il problema dell'abusivismo medico sembra infatti interessare soprattutto quelle società e cooperative cui le strutture pubbliche spesso appaltano servizi strumentali all'attività istituzionale, quali ad esempio l'utilizzo dei mezzi di soccorso legati al sistema di emergenza territoriale 118;
l'articolo 38 del codice penale punisce chiunque eserciti abusivamente una professione per la quale è richiesto una speciale abilitazione dello Stato. Lo stesso articolo 33 della Costituzione prevede l'esame di stato per l'abilitazione all'esercizio delle professioni. Tale abilitazione appare tanto più necessaria nell'ambito medico, in quanto il diritto alla salute è espressamente configurato dall'articolo 32 come un diritto fondamentale del singolo ed interesse della collettività;
in Italia, ogni anno, circa mille persone sono sottoposte a processo per esercizio abusivo della professione; l'attività ispettiva è svolta in primo luogo dai Nas e dalla Guardia di finanza; il Nas nel 2009 ha denunciato 1.170 persone per esercizio abusivo della professione medica, di cui 450 falsi odontoiatri;
è molto difficile quantificare il numero effettivo dei soggetti che esercitano abusivamente la professione medica e più in generale le professioni sanitarie: per i «falsi» odontoiatri le stime si aggirano intorno ai circa 15.000 abusivi (contro i 56.000 regolari); per i medici la percentuale tra abusivi e regolari appare più ridotta (10-15 mila abusivi a fronte dei 340.000 iscritti all'ordine);
l'identificazione dei falsi medici, odontoiatri o infermieri comporta un impegno spesso cospicuo di investigatori e mezzi, ma le pene previste continuano ad essere esigue (sei mesi di detenzione o una multa di 516.000 euro);
è necessario adottare tempestivamente misure di controllo sull'effettiva diffusione del fenomeno, al fine di salvaguardare il legittimo affidamento dei pazienti e prevenire ulteriori danni alla salute; in particolare, sarebbe opportuno riflettere su un possibile coinvolgimento delle aziende sanitarie locali e degli stessi comuni nell'attività di monitoraggio sul territorio -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere o abbia avviato al fine di contrastare il fenomeno dell'abusivismo medico e garantire il legittimo affidamento dei pazienti nell'esercizio della libera scelta del medico curante.
(4-09278)

Risposta. - Per quanto riguarda il preoccupante, e sempre in crescita, fenomeno dell'abusivismo delle professioni sanitarie,

si segnala che il Ministero della salute, già nel 2007, con il disegno di legge atto Senato n. 1142, al fine di garantire, in tutta sicurezza, il legittimo affidamento dei pazienti nell'esercizio della libera scelta del medico curante, intendeva rendere effettivo l'obbligo di informazione dei professionisti sanitari nei confronti dei cittadini.
Al riguardo, veniva proposta l'introduzione, nell'ordinamento italiano, dell'obbligo di cui sopra, in quanto, in un sistema come quello nazionale, in cui il consenso informato è parte integrante della corretta prestazione sanitaria, mancano norme di tutela del cittadino, vale a dire regole certe che, prima ancora che il paziente sia informato sulla diagnosi, la cura, la terapia e i rischi ad esse connessi, lo informino correttamente ed esaustivamente sulla figura professionale e sulle relative competenze del sanitario a cui egli si affida.
Con lo schema di provvedimento normativo sopra citato, veniva sancito l'obbligo, per tutti gli esercenti le professioni sanitarie in regime libero professionale, di informare compiutamente l'utente in merito all'abilitazione posseduta, avendo cura di comunicare la sussistenza dell'iscrizione, ove prevista, al relativo ordine o albo, nonché di specificare quali siano le attività. svolte e l'esatta qualifica professionale.
Lo specifico adempimento, previsto per il professionista, era quello di indossare un cartellino munito di fotografia, indicante le generalità, la professione sanitaria e l'eventuale data e numero di iscrizione all'ordine, mentre per la struttura sanitaria ove egli operava, si indicava l'obbligo di esporre un cartello riportante l'attività svolta e la relativa declaratoria di competenze per tutti i professionisti presenti.
Analoga disciplina veniva ipotizzata anche per l'altra categoria di operatori della sanità, vale a dire gli esercenti un'arte ausiliaria delle professioni sanitarie, mediante la previsione di obblighi di informazione, esenzioni parziali e possibilità di interventi migliorativi.
Nello schema predisposto, erano previste anche delle sanzioni per i professionisti, in caso di mancato rispetto delle disposizioni sopra evidenziate.
Proprio perché, nell'ambito delle professioni sanitarie, il fenomeno dell'esercizio abusivo è sempre stato considerato preoccupante, si intendeva, in tal modo, prevenire e reprimere gli eventi criminosi stabilendo che, anche qualora il fatto non costituisse reato, l'esercizio di una professione sanitaria o di un'arte ausiliaria della professione sanitaria, senza la prescritta abilitazione o autorizzazione, fosse soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria, particolarmente pesante, oltre alla confisca delle apparecchiature utilizzate.
Con gli stessi intendimenti si voleva reprimere il fenomeno dell'utilizzo di strutture di comodo, intestate o utilizzate da professionisti abilitati, usate, però, per l'esercizio professionale da soggetti privi dei requisiti.
Infatti, la sanzione prevista per il trasgressore era estesa anche al professionista abilitato il quale permetteva lo svolgimento della prestazione abusiva, anche in sua assenza, all'interno di locali di cui aveva la disponibilità.
Al fine di garantire effettività alla tutela dell'utente leso dalla prestazione abusivamente erogata da chi non è abilitato, si interveniva, con il suddetto schema, anche sul piano civilistico della fattispecie di cui trattasi, prevedendo la nullità del contratto stipulato fra l'utente e l'esercente abusivo, con conseguente diritto del primo alla restituzione di quanto pagato, fatto salvo, comunque, il diritto al risarcimento del danno eventualmente subito.
Tuttavia, pur essendo stato registrato un generale riscontro favorevole alla proposta normativa, non si e arrivati alla approvazione del disegno di legge atto Senato n. 1142.
Pertanto questo Ministero intende colmare la lacuna normativa in occasione della adozione dei decreti legislativi previsti per la riforma degli ordini e delle professioni, al fine di garantire anche norme più stringenti contro l'abusivismo professionale.
Giova a riguardo segnalare che sta per essere avviato l'iter parlamentare di un disegno di legge di iniziativa governativa,

che ha ottenuto la deliberazione definitiva del Consiglio dei ministri in data 10 marzo 2011.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

RIVOLTA e NICOLA MOLTENI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel periodico Notizie dalla Diaconia Valdese dell'agosto 2010, compare un articolo dal titolo «chierichetto? No, volontario del servizio civile» in cui si riportano alcune delle attività che dovranno essere svolte da volontari in servizio civile, impegnati in un progetto all'estero;
tali attività consisterebbero nello «aiuto ai sacrestani, nella chiesa di Santa Bernadette e nella Basilica di San Pio X, per la preparazione delle celebrazioni (messe, veglie, processioni, e altro) e alla sistemazione dei luoghi, dei paramenti e degli oggetti liturgici delle diverse cerimonie», nonché nell'«accoglienza dei pellegrini che vengono ad offrire i ceri per bruciarli: Dovranno guidarli e spiegare loro la simbologia della offerta dei ceri e il messaggio di Lourdes»;
sempre dal periodico sopra citato si evince che tali attività erano contenute in un progetto di servizio civile all'estero finanziato nell'anno 2009;
da alcune ricerche svolte dall'interrogante risulta che a Lourdes nel 2009 l'unico ente con progetti di servizio civile all'estero risulta essere l'ente UNITALSI, che è titolare di altro progetto per il bando di selezione volontari relativo all'anno 2010;
anche nel progetto per l'anno 2010 è contemplata l'attività alla sistemazione dei paramenti e degli oggetti liturgici. Ad essa si affiancano attività per lo meno singolari quali «la sorveglianza e trasporto bagagli» e «la preparazione degli ordini da spedire» pervenuti alla libreria del Santuario -:
se le attività sopra citate siano in linea con la normativa vigente in materia di servizio civile, che vieta espressamente la valutazione positiva di progetti che siano «autoreferenziali» (l'aiuto nella preparazione di celebrazioni religiose) o di attività che vadano ad esclusivo vantaggio dell'ente proponente (la spedizione di ordinativi di libri, a pagamento, da parte di una libreria);
per quali ragioni non si sia provveduto per lo meno a escludere le attività sopra indicate da quelle a carico dei volontari in servizio civile, al fine di salvaguardare non solo l'immagine del servizio civile, ma anche la sacralità di luoghi di pellegrinaggio quale appunto Lourdes.
(4-08763)

Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti contestano alcune attività previste nell'ambito del progetto di servizio civile «Lourdes: caleidoscopio della vita», presentato dall'Unitalsi nel 2009. Contestano, in particolare, le mansioni, assegnate ai volontari, di «assistenza ai sacrestani», nella chiesa di Santa Bernadette e nella Basilica di San Pio X a Lourdes, per la preparazione delle celebrazioni liturgiche, la sistemazione dei luoghi e degli oggetti sacri nonché l'attività di accoglienza ai pellegrini. Gli interroganti rilevano, inoltre, che nell'anno 2010 l'Unitalsi ha attenuto il finanziamento di un secondo progetto dal titolo «Lourdes: accogliere e condividere», per la realizzazione di analoghe attività relative alla sistemazione dei paramenti e degli oggetti liturgici, alla sorveglianza e al trasporto dei bagagli nonché alla preparazione degli ordini da spedire pervenuti alla libreria del Santuario.
Al riguardo, gli interroganti chiedono di conoscere se le attività sopramenzionate siano o meno in linea con la normativa vigente in materia di servizio civile, che vieta espressamente il finanziamento di quei progetti che prevedano attività «autoreferenziali», ad esclusivo vantaggio dell'ente proponente. Essi chiedono inoltre le ragioni per cui le attività autoreferenziali,

che a loro parere caratterizzerebbero i progetti in questione compromettendo non solo l'immagine del servizio civile ma anche la sacralità di un luogo di culto quale Lourdes, non siano state escluse, in sede di approvazione dei progetti, da quelle a carico dei volontari.
A tal proposito si fa presente, innanzitutto, che la descrizione fornita dagli interroganti in ordine alle attività svolte dai volontari nell'ambito dei suddetti progetti risulta alquanto incompleta. Difatti, dall'esame dei progetti «Lourdes: caleidoscopio della vita» del 2009, e «Lourdes: accogliere e condividere», del 2010, si evince che le attività svolte dai volontari, elencate rispettivamente alle voci 9.4 a 8.3 delle schede-progetto (disponibili presso il servizio assemblea), sono molteplici e si articolano in una serie di svariati compiti finalizzati alla realizzazione degli obiettivi finali dei progetti, ovvero all'accoglienza e all'assistenza dei pellegrini che si recato a Lourdes.
È necessario considerare l'alto valore attribuito dai credenti al pellegrinaggio a Lourdes, che comporta una numerosa affluenza di pellegrini anche con gravi menomazioni e, perciò, non in grado di svolgere autonomamente le attività della vita quotidiana. Queste persone hanno necessità di essere aiutate e guidate durante le visite dei luoghi sacri e in tale ottica si pongono le attività dei citati progetti. Pertanto, il trasporto o la sorveglianza dei bagagli, la cura degli ordini di spedizione dei libri presso la libreria del Santuario e tutte le ulteriori attività logistico-organizzative per un corretto e ordinato svolgimento delle visite programmate, acquistano una valenza diversa rispetto a quanto sottolineato dagli interroganti se considerati alla luce dell'obiettivo finale dei progetti. È necessario, in altri termini, evitare disguidi ed incidenti che creerebbero serie difficoltà proprio per l'elevata affluenza dei pellegrini e per la loro condizione fisica.
Inoltre, con riferimento alle ulteriori mansioni dei volontari contestate dagli interroganti, riguardanti la sistemazione dei paramenti e degli oggetti liturgici durante le celebrazioni religiose, si fa presente che si tratta di azioni accessorie volto a garantire il buon esito di eventi che coinvolgono migliaia di fedeli e riconducibili nel più ampio quadro delle attività di accoglienza, assistenza ed animazione.
Alla luce di tali considerazioni è chiaro che le attività indicate nei due progetti dell'Unitalsi risultano pienamente in linea con le finalità previste dalla legge n. 64 del 6 marzo 2001, istitutiva del servizio civile nazionale, in quanto volte a promuovere cooperazione e solidarietà sociale attraverso interventi umanitari da realizzarsi nell'ambito di eventi che coinvolgono migliaia di persone.
È quindi evidente che le singole attività contestate dagli interroganti, basate peraltro su una lettura parziale dei progetti, non risultano affatto in contrasto con le finalità della legge n. 64 del 2001 in quanto, pur trattandosi di azioni marginali, risultano comunque strumenti alla realizzazione delle attività principali dei progetti e non sono pertanto suscettibili di eliminazione.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

RIVOLTA e NICOLA MOLTENI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'ente AMESCI, iscritto all'albo nazionale degli enti di servizio civile, ha avuto approvato e finanziato, nel bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 settembre 2010, il progetto «Informanziani»;
tale progetto insiste, tra gli altri, sui comuni di Pesco Sannita e Buonalbergo, entrambi in provincia di Benevento;
tali comuni, secondo i dati ISTAT aggiornati al 1° gennaio 2009, hanno rispettivamente 2081 e 1865 abitanti, mentre la popolazione di età superiore ai 65 anni corrisponde rispettivamente a 584 e 440 cittadini;
il progetto di servizio civile volontario prevede l'impiego di 4 volontari in ognuno dei due comuni per svolgimento di campagne informative rivolte agli anziani. Tali

campagne, spiegate nei dettagli, si avvalgono oltre che di volontari in servizio civile anche di addetti alla comunicazione, addetti al front office ed al back office, informatici e grafici, con un dispiegamento di mezzi e risorse considerevole;
ogni volontario in servizio civile deve svolgere almeno 1400 ore di servizio civile, di cui 120 ore sono dedicate nel progetto di AMESCI alla formazione generale e specifica. Le ore di effettivo servizio per ogni volontario sono quindi pari a 1280 nel corso dell'anno. Essendo 4 i volontari in servizio civile in ognuno dei due comuni, gli stessi hanno a disposizione 5120 ore persona da dedicare all'informazione agli anziani residenti;
se l'attività informativa si traducesse in un colloquio diretto ed individuale rivolto ad ogni anziano residente, ogni volontario potrebbe dedicare oltre 11 ore di colloquio individuale ad ogni anziano residente a Buonalbergo, mentre gli anziani over 65 di Pesco Sannita sarebbero meno fortunati, potendo avvalersi solamente di poco meno di 9 ore di colloquio individuale;
ad avviso degli interroganti si è di fronte ad un evidente spreco di risorse pubbliche, aggravato dal fatto che anche ai giovani in servizio civile si trasmettono metodologie e «logiche progettuali» basate sul cattivo utilizzo di un bene comune;
quanto descritto in premessa evidenzia, sempre ad avviso degli interroganti, una scarsissima capacità di valutazione dei progetti di servizio civile da parte dei funzionari di ufficio nazionale per il servizio civile a ciò preposti -:
quali iniziative di competenza intenda assumere con riferimento a quanto riportato in premessa.
(4-08795)

Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti lamentano che nel progetto di servizio civile «Informanziani» - presentato dall'Amesci (ente iscritto alla 1a classe dell'albo nazionale degli enti di servizio civile) e da realizzarsi presso, le sedi di attuazione site nei comuni di Pesco Sannita e Buonalbergo - sia stato impiegato un numero eccessivo di volontari (4 unità per ciascuna sede) in relazione alle attività da svolgere, consistenti in campagne informative, rivolte agli anziani residenti nei due citati comuni, realizzate in collaborazione con addetti alla comunicazione, al front office ed al back office, con informatici e grafici. In particolare considerano sproporzionato il numero dei volontari previsti dal progetto rispetto al numero degli anziani residenti nei due citati comuni.
Al riguardo si ritiene opportuno precisare che alla voce 8.3 della scheda dell'elaborato progettuale, relativa all'individuazione del ruolo e delle modalità di impiego dei volontari nell'ambito del progetto in argomento, sono elencate molteplici attività che giustificano la presenza di 4 volontari per ognuna delle sedi di attuazione del progetto:
1. Back-Office:
a) identificare i recapiti e il posizionamento degli uffici preposti a fornire i servizi di maggiore interesse per i cittadini over 65;
b) raccogliere, la documentazione informativa già esistente presso altri enti territoriali;
c) collaborare con gli addetti al back office nell'analisi della documentazione raccolta;
d) supportare gli addetti nella scelta dei contenuti da inserire nel materiale informativo da distribuire agli utenti;
e) supportare gli addetti nella predisposizione di bozze grafiche per locandine, opuscoli e volantini;
f) supportare gli addetti nella redazione dei contenuti del materiale informativo;
g) inserire i contenuti informativi nella bozza realizzata;
h) ritirare documentazione stampata e consegnarla al front office.

2. Front Office:
a) accogliere l'utenza allo sportello;
b) somministrare il modulo di registrazione anagrafica all'utente;
c) ritirare il modulo compilato ed archiviarlo;
d) ascoltare le problematiche;
e) rispondere ai quesiti, se di competenza, o indicare il referente e/o l'ufficio territoriale di competenza;
f) consegnare documenti informativi relativi alla richiesta dell'utente;
g) consegnare la «guida al cittadino over 65» agli utenti dello sportello;
h) sponsorizzare e comunicare date, luoghi e tematiche delle campagne informative;
i) comunicare al back office dati e informazioni raccolte allo sportello.

3. Guida al cittadino over 65:
a) supportare gli addetti alla comunicazione nell'analisi dei dati e delle richieste «tipo» fatte al front office dai cittadini;
b) collaborare alla scelta del contenuti e delle informazioni da inserire nella guida al cittadino over 65;
c) collaborare nella predisposizione della bozza grafica della guida al cittadino over 65;
d) collaborare alla redazione dei contenuti informativi su tematiche scelte;
e) inserire i contenuti informativi su tematiche scelte nella bozza della guida al cittadino over 65;
f) inviare copia della guida al cittadino over 65 a mezzo posta a tutti gli utenti registrati dal front office.

4. Comunicazione on-line:
a) inserire sul sito internet i contenuti informativi su attività, orari di apertura e chiusura, servizi erogati predisposti dagli addetti alla comunicazione;
b) leggere le e-mail e rilevare eventuali moduli compilati on-line;
c) valutarne il contenuto, rispondere, se di competenza, o inoltrate l'e-mail al referente e/o all'ufficio pertinente;
d) registrare il contatto e raccogliere i dati anagrafici utenti;
e) organizzare i dati raccolti e inserire i riferimenti in mailing list;
f) inviare comunicazioni di interesse sull'attività della sportello;
g) inviare informazioni su eventi di comunicazione sul territorio.

5. Comunicazione sul territorio:
a) collaborare alla ricerca e selezione luoghi e momenti di aggregazione sul territorio (piazze, fiere, manifestazioni, eccetera);
b) collaborare alla scelta dei contenuti da inserire nel materiale informativo da distribuire agli utenti;
c) collaborare alla predisposizione di bozze grafiche per locandine, opuscoli e volantini;
d) collaborare alla redazione dei contenuti informativi;
e) inserire i contenuti informativi nella bozza realizzata;
f) collaborare alla creazione di apposito volantino con informazioni relative ad orari, frequenze di apertura, contatti telefonici ed informatici e servizi offerti dallo sportello dedicato agli over 65;
g) comunicare agli utenti registrati al front office le date e i luoghi delle campagne;
h) collaborare nella selezione dei documenti scelti e predisposti per la diffusione nello stand (schede anagrafiche, volantini, opuscoli, «guida al cittadino over 65»);
i) supportare logisticamente ed organizzativamente gli addetti nella preparazione

e nel trasporto del materiale necessario alla predisposizione degli stand;
j) collaborare al montaggio e predisposizione stand durante la campagna;
k) accogliere e coinvolgere gli utenti;
l) somministrare i moduli di registrazione anagrafica utente;
m) ritirare il modulo compilato ed archiviarlo;
n) diffondere il materiale informativo (volantini, opuscoli);
o) consegnare «Guida al cittadino over 65».

Si evince chiaramente che le attività testè elencate non si concretano in una semplice «attività di sportello» a carattere informativo, ma sono finalizzate a realizzare una serie di iniziative che implicano attività di ricerca, catalogazione, organizzazione ed editing delle informazioni nonché ideazione e realizzazione di strumenti mirati alla diffusione singola o collettiva dei risultati, risultando le attività di diretto contatto con il pubblico solo una parte dell'intero progetto.
Le osservazioni degli interroganti fondandosi, pertanto, su presupposti errati, hanno condotto a conclusioni inesatte e fuorvianti. Appare evidente che la lettura fatta del progetto sia una lettura parziale che non tiene conto della complessità dello stesso e della molteplicità degli elementi che lo compongono, non isolabili tra loro ma posti tutti in relazione con un effetto moltiplicatore delle attività dell'intervento.
In conclusione, si ritiene necessario segnalare che un corretto esame dei progetti dove tener conto di tutti gli elementi e le attività che li compongono e tale metodologia è quella cui si è attenuto l'ufficio nazionale per il servizio civile che, al contrario di quanto sostenuto dagli interroganti, ha effettuato una corretta e completa valutazione del progetto in questione avvalendosi di funzionari capaci e competenti.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

RIVOLTA e NICOLA MOLTENI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la normativa vigente in tema di accreditamento degli enti di servizio civile stabilisce che un ente possa accedere solo una volta al sistema di servizio civile. Sono pertanto vietate iscrizioni multiple su diversi albi regionali, nonché l'adesione a diversi sistemi di accreditamento di enti terzi;
l'ente Agenzia Agorà onlus, ente di I classe iscritto all'albo nazionale degli enti di servizio civile, ha avuto finanziati 5 progetti di servizio civile nel bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 settembre 2010, per complessivi 122 volontari;
uno di questi progetti, denominato «Argento Campania» prevede l'impiego di 48 volontari nel settore «assistenza anziani» presso le sedi e strutture comunali della provincia di Benevento ed Avellino. Tra tali comuni vi sono quelli di Pesco Sannita (Benevento) e Taurano (Avellino);
il comune di Pesco Sannita risulta essere sede di servizio del progetto «Informanziani» di cui è titolare un altro ente accreditato di I classe iscritto all'albo nazionale, ovverosia AMESCI. Anche tale progetto è stato finanziato dal bando del 3 settembre 2010;
il comune di Taurano risulta invece essere sede di servizio del progetto «Laboratori per la pace» di cui è titolare un terzo ente accreditato di I classe iscritto all'albo nazionale, ovverosia Expoitaly. Pure questo progetto è stato finanziato dal bando del 3 settembre 2010;
che tali comuni non siano semplici «ospiti» delle tre associazioni, bensì parti integranti dei rispettivi sistemi di accreditamento, risulta dal sito internet del comune di Taurano, che nelle sue «news» riporta la seguente notizia, pubblicata il 14

settembre: «Si rende noto che sono stati pubblicati 2 Bandi per la selezione di volontari da impegnare presso il Comune. I progetti sono i seguenti: »Laboratori per la Pace« ed "Assistenza agli anziani". In allegato è possibile visualizzare i bandi con la relativa domanda. La domanda di partecipazione, indirizzata direttamente a questo Comune, deve pervenire entro le ore 14:00 del 4 ottobre 2010 (deve "pervenire", per cui non vale la data del timbro postale)». Risulta evidente come le domande di partecipazione al bando vadano consegnate all'ufficio protocollo del comune, che non può svolgere certo tale attività di ratifica per conto di enti terzi, quali un'associazione privata;
si è pertanto di fronte ad una palese violazione delle norme regolanti l'accreditamento;
quanto descritto in premessa evidenzia, secondo gli interroganti, una scarsissima capacità di verifica dell'accreditamento e di valutazione dei progetti di servizio civile da parte dei funzionari di UNSC a ciò preposti -:
quali provvedimenti intenda assumere per sanare tale incredibile situazione e per colpire i responsabili della stessa.
(4-08802)

Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti lamentano la violazione, da parte dell'ufficio nazionale per il servizio civile, della normativa in materia di accreditamento degli enti di servizio civile, la quale prevede, tra l'altro, che gli enti che intendono partecipare al servizio civile in forma associata (mediante accordi di partenariato ovvero vincoli consortili, federativi, canonico-pastorali o associativi) possono associarsi con un solo ente iscritto - in forma autonoma - all'albo di servizio civile nazionale, regionale e delle province autonome.
In particolare gli interroganti rilevano che per i comuni di Pesco Sannita (Bn) e Taurano (Av) risulterebbe una doppia iscrizione, in forma associata, all'albo nazionale degli enti di prima classe. In particolare, il primo risulterebbe, associato con gli enti Agorà e Amesci (entrambi autonomamente iscritti alla I classe dell'albo nazionale) e risulterebbe essere sede di attuazione sia del progetto «Argento Campania», presentato dall'agenzia Agorà, sia del progetto «Informanziani», di cui è titolare l'Associazione Amesci; ugualmente il comune di Taurano risulterebbe associato con gli enti Agorà ed Expoitaly, e sede dei progetti «Argento Campania» e «Laboratori per la pace» realizzati rispettivamente dai due enti.
Gli interroganti rilevano inoltre che il comune di Taurano avrebbe riportato sul proprio sito internet l'avviso relativo alla pubblicazione dei bandi «Argento Campania» e «Laboratori per la pace» per la selezione di volontari da impegnare presso il comune, precisando che le domande di partecipazione dei volontari avrebbero dovuto essere indirizzate direttamente ai propri uffici. Tale comunicazione comproverebbe, secondo gli interroganti, la doppia iscrizione del citato comune all'albo nazionale, come sede di attuazione dei due progetti in questione, e la conseguente violazione da parte delle stesso della normativa vigente in materia di accreditamento.
In proposito, gli onorevoli Rivolta e Molteni denunciano una scarsa capacità di verifica, da parte dei funzionari dell'ufficio nazionale del servizio civile, delle procedure di accreditamento degli enti di servizio civile e di valutazione dei progetti. Chiedono pertanto al Governo quali provvedimenti intenda assumere per sanare tale situazione e per colpire i responsabili della stessa.
Al riguardo, va preliminarmente precisato che la normativa in materia di accreditamento è contenuta nella circolare del 17 giugno 2009, come modificata e integrata dalla circolare del 2 agosto 2010, la quale stabilisce, al paragrafo 5, che ogni ente può essere iscritto una sola volta ed in un solo albo e che non è consentito allo stesso ente di presentare domanda di iscrizione sia in forma autonoma che in forma associata ad altro ente (mediante accordi di partenariato, ovvero con vincoli consortili, federativi, canonico-pastorali o associativi) nello stesso albo o in albi diversi.

Con riferimento ai casi esposti dagli interroganti, si rileva che l'ufficio nazionale per il servizio civile ha operato nel pieno rispetto della suddetta normativa, in quanto da un attento e documentato esame dei provvedimenti di iscrizione all'albo nazionale relativi ai tre enti in questione (Agorà, Amesci, Expoitaly) non risulta affatto la doppia iscrizione dei due comuni all'albo nazionale.
In particolare, sulla base di quanto risulta dal provvedimento di iscrizione all'albo nazionale dell'ente Agorà, il comune di Pesco Sannita e quello di Taurano non risultano affatto tra le sedi accreditate. Le sedi cui gli interroganti fanno riferimento sono in realtà sedi proprie dell'ente Agorà site nei territori dei due citati comuni. Nello specifico, otto sedi sono ubicate in stabili siti nel territorio comunale di Pesco Sannita (quattro in piazza Viglione n. 87 e quattro in viale Ungheria n. 50) e sono possedute a titolo di comodato d'uso tramite due contratti stipulati (ai sensi degli articoli 1803 e seguenti del codice civile) rispettivamente con la cooperativa sociale «Il castello Service» e con l'associazione «Festa di Santa Reparata». Altre tre sedi, ubicate nel territorio del comune di Taurano, sono state concesse in comodato d'uso all'ente Agorà dal comune stesso.
Dall'esame del provvedimento di iscrizione all'albo nazionale dell'ente Amesci, si rileva invece che il comune di Pesco Sannita risulta iscritto come sede di attuazione del progetto «Informanziani», in virtù di un accordo di partenariato regolarmente stipulato con il suddetto ente (ai sensi degli articoli 1321 e seguenti del codice civile).
Per quanto riguarda l'ente Expoitaly, dal provvedimento di iscrizione all'albo si evince che anche il comune di Taurano risulta essere iscritto come ente associato, avendo stipulato un regolare accordo di partenariato con l'Expoitaly. Inoltre, una delle quattro sedi del comune (di cui tre ubicate in via Acquaro, n. 6 e una in viale Umberto Nobile, n. 4) è stata indicata quale sede di attuazione del progetto «Laboratori per la pace».
Da quanto esposto appare evidente che non sussiste alcuna violazione della normativa in materia di accreditamento degli enti di servizio civile, dal momento che i comuni di Pesco Sannita e di Taurano risultano iscritti all'albo una sola volta, in quanto sedi rispettivamente dell'ente Amesci e dell'ente Expoitaly. Essi non risultano invece iscritti all'albo come enti associati dell'agenzia Agorà, che ha indicato come sedi di attuazione del progetto «Argento Campania» proprie sedi ubicate nei territori dei citati comuni.
È chiaro pertanto che gli interroganti si sono lasciati fuorviare dalla pubblicazione sul sito internet del comune di Taurano dei bandi per la selezione, di volontari da impiegare nei progetti «Argento Campania», dell'ente Agorà (indicato erroneamente con il nome «Assistenza agli anziani») e «Laboratori per la pace» dell'ente Expoitaly e dall'indicazione che le domande di partecipazione dei volontari dovevano essere indirizzate direttamente agli uffici del comune.
Peraltro, il comune di Taurano avrebbe potuto limitarsi a pubblicizzare e raccogliere le domande di partecipazione dei volontari esclusivamente con riferimento al progetto presentato dall'Expoitaly, ente di cui costituisce sede accreditata in virtù di un accordo di partenariato. Per quanto concerne il progetto dell'agenzia Agorà, il comune, invece, non aveva alcun titolo a dare l'indicazione di far pervenire le domande dei volontari presso i propri uffici, non essendo lo stesso associato alla suddetta agenzia. Si fa presente, tuttavia, che il comune di Taurano ha fornito chiarimenti in merito a tale vicenda, precisando di non aver acquisito al proprio protocollo alcuna domanda di partecipazione dei volontari per il progetto «Argento Campania» e di aver provveduto alla pubblicazione del relativo bando sul proprio sito all'unico scopo di pubblicizzare un progetto che si svolgeva sul proprio territorio.
Al di là dell'anomalo avviso pubblicato sul sito istituzionale del comune di Taurano, è evidente che le presunte violazioni contestate sono stato smentite dall'esame dei provvedimenti di iscrizione all'albo nazionale dei tre enti in questione. Peraltro, gli interroganti non hanno tenuto conto

della distinzione tra comune, inteso come ente con personalità giuridica pubblica capace di stipulare accordi di partenariato con enti accreditati, e comune inteso come entità geografica, che può ospitare nel proprio territorio sedi di attuazione di progetti del servizio civile, di cui siano titolari soggetti terzi, diversi dal comune stesso.
Alla luce delle considerazioni suesposte, è indiscutibile la piena correttezza dell'operato dei funzionari dell'ufficio del servizio civile sia nell'attività relativa all'accreditamento degli enti sia nell'attività di valutazione dei progetti, come risulta confermato, tra l'altro, dall'esiguo numero di ricorsi pervenuti all'ufficio. Pertanto, si ritiene che non debba essere adottata alcuna iniziativa né con riferimento ai suddetti enti né nei confronti dei funzionari dell'ufficio.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

LUCIANO ROSSI, GIRLANDA, LAFFRANCO e SPECIALE. - Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il recente filone di indagini che sta avendo luogo in Umbria ha portato alla luce l'esistenza di un sistema politico-clientelare corrotto, che investe molteplici ambiti, tra cui quello della sanità;
le intercettazioni rese note dagli organi di stampa hanno svelato meccanismi inerenti alla scelta arbitraria di figure professionali altrimenti selezionate attraverso regolari concorsi pubblici;
tale prevaricazione delle normali procedure, dovute a fattori quali una specifica appartenenza partitica o favoritismi dovuti a meccanismi politici interni ai partiti, hanno inciso su ambiti di rilevante interesse pubblico, nonché servizi quali quello sanitario;
la mancata verifica dei requisiti da parte delle figure professionali collocate in ruoli chiave può aver prodotto danni economici e finanziari ad aziende pubbliche;
la capillarità e la continuità dell'esistenza di questo sistema si protrae, a quanto risulta finora dalle indagini, da oltre un lustro;
la centralità nei vari filoni di indagine di diversi esponenti di primo piano di aziende e agenzie pubbliche, nonché amministratori locali e regionali, comporta la necessità di un'indagine accurata sulla profondità di questo sistema -:
se i Ministri interrogati ritengano opportuno adottare iniziative - anche tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica - per verificare le possibili conseguenze sul piano economico-finanziario per i conti pubblici nei rispettivi ambiti di indagine.
(4-09220)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, riportando gli elementi trasmessi dalla regione Umbria, per il tramite della prefettura di Perugia - ufficio territoriale del Governo.
I principali organi di stampa hanno riferito che sono stati raggiunti da avviso di garanzia per l'ipotesi di peculato due dirigenti dell'azienda Usl n. 3 Foligno.
Si tratta solo di ipotesi di reato sulle quali la magistratura sta ancora indagando e non sfociati in alcuna richiesta di rinvio a giudizio.
Riferisce ancora la prefettura che da queste vicende non appare legittimo generalizzare, delineando l'esistenza di un sistema clientelare e di corruzione diffuso e ormai cristallizzato nel sistema politico regionale, che giustifichi l'intervento specifico dei servizi ispettivi di finanza pubblica, volto a verificare le possibili conseguenze per i conti pubblici sul piano economico-finanziario di tale supposto malcostume.
Tuttavia, nell'ambito degli ordinari programmi di verifica, sono state espletate una serie di attività ispettive, di seguito riportate e descritte dettagliatamente, che non hanno fatto riscontrare particolari irregolarità.
I Servizi ispettivi di finanza pubblica del Ministero dell'economia e delle finanze

hanno recentemente eseguito verifiche amministrativo-contabili presso 4 delle 6 aziende sanitarie regionali e, in particolare, nelle aziende Usl n. 1 e n. 2 e presso le aziende ospedaliere di Perugia e di Terni.
Si fornisce di seguito il dettaglio delle risultanze pervenute.
La verifica effettuata presso l'azienda Usl n. 1 è stata eseguita dall'8 luglio 2009 al 7 agosto 2009, risulta pertanto conclusa e i risultati degli accertamenti effettuati sono stati formalizzati in una specifica relazione, trasmessa dal Ministero dell'economia e delle finanze in data 11 febbraio 2010. La suddetta relazione rileva che non sono state riscontrate irregolarità di particolare rilievo.
La verifica presso l'azienda ospedaliera di Perugia è stata eseguita dal 28 settembre 2009 al 22 ottobre 2009, risulta pertanto anch'essa conclusa e i risultati degli accertamenti effettuati sono stati formalizzati in una specifica relazione, trasmessa dal Ministero dell'economia e delle finanze in data 11 maggio 2010. Nella suddetta relazione emergono alcune carenze di non significativa rilevanza.
Si rileva tuttavia che, dalle informazioni raccolte, risulta in corso la formalizzazione da parte dell'azienda interessata delle rispettive contro-deduzioni che verranno fornite sia ai servizi ispettivi che alla regione.
Per quanto riguarda infine l'azienda Usl n. 2 e l'azienda ospedaliera di Terni, a conferma dell'attualità dei sopra citati accertamenti, non sono stati adottati provvedimenti d'urgenza correlati ad irregolarità, pur restando in attesa della formalizzazione degli esiti.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

SCILIPOTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come di recente divulgato dai media, sono emerse nelle prestazioni erogate dall'azienda ospedaliera universitaria policlinico «G. Martino» di Messina gravi problematiche inerenti l'attività clinico-assistenziale, richiedenti, ad avviso dell'interrogante, sanzioni esemplari da irrogare ai diretti responsabili, sia da un punto di vista amministrativo-disciplinare, che penale;
le predette irregolarità sono sintetizzabili nel fenomeno dell'«abusivismo», che si configura nell'attività assistenziale svolta da personale sanitario medico e non medico non iscritto agli albi nazionali e da medici privi di rapporto di lavoro con la stessa azienda ospedaliera;
a proposito dell'attività svolta da medici privi di rapporto di lavoro con il policlinico, un docente dell'università degli studi di Messina operante in questo stesso nosocomio, il professor Luigi Giuseppe Angiò, ha dichiarato, in un'intervista rilasciata per la trasmissione Vita in diretta di RAI 1 del 13 settembre 2010 - in studio il dottor Massimo Russo, Assessore alla Salute della regione Sicilia - che già da tempo aveva inoltrato esaustivi esposti-denunzia (peraltro più volte ripresi da organi di stampa) al Ministero dell'università e agli organi accademici e aziendali sulla circostanza di un chirurgo (dottor Fabio Crescenti) che, pur non avendo un rapporto di lavoro con il policlinico tale da consentirgli di svolgere legittima attività assistenziale, espletava attività chirurgica nel complesso operatorio della chirurgia d'urgenza;
gli esposti-denunzia inoltrati non hanno a tutt'oggi indotto i destinatari degli stessi ad assumere opportune determinazioni sanzionatorie nei confronti di chi promuoveva e di chi consentiva tale illecito;
lo stesso docente aveva avuto modo di fare notare nei citati esposti-denunzia come il duraturo illecito (la presenza nella sala operatoria della chirurgia d'urgenza del policlinico di Messina del chirurgo «abusivo», dipendente della casa di cura Villa Aurora di Reggio Calabria) fosse stato coperto con meccanismi fraudolenti, evidenziabili in «discrepanze» esistenti nella documentazione clinica di pazienti della predetta unità operativa complessa di chirurgia d'urgenza, in particolare tra i verbali operatori e le schede anestesiologiche

relativamente alla composizione delle équipes operatorie -:
se il Ministro interrogato abbia già inviato un'ispezione presso la citata struttura ospedaliera;
quali siano gli esiti della citata ispezione e quali eventuali ulteriori iniziative di competenza il Ministro intenda assumere.
(4-08717)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base degli elementi pervenuti, tramite la prefettura - ufficio territoriale del Governo di Messina, dall'assessorato alla salute della regione Siciliana.
Il citato assessorato, in ordine alle questioni prospettate nell'atto parlamentare, comunica di aver diramato a tutte le aziende del servizio sanitario regionale la circolare del 3 settembre 2010, che di seguito si riporta integralmente, con la quale sono state impartite precise disposizioni riguardo al divieto dell'utilizzo delle strutture pubbliche da parte di soggetti non strutturati, nonché in merito alla disciplina dell'esercizio della libera professione medica intramuraria.
«Il grave episodio recentemente verificatosi presso l'U.O.C di ginecologia e ostetricia dell'azienda ospedaliero universitaria policlinico "G. Martino" di Messina, ha portato alla luce il deprecabile malcostume dell'indebito utilizzo delle strutture sanitarie pubbliche ai fini privati da parte di soggetti non autorizzati.
Premesso che in nessun modo può tollerarsi una incidenza negativa delle attività private sull'espletamento delle funzioni assistenziali pubbliche, o comunque un condizionamento di queste ultime a fini che non siano quelli istituzionali propri del servizio sanitario, si rende necessaria una puntuale e rigorosa attività di verifica che consenta di appurare l'eventuale esistenza di comportamenti analoghi con conseguente adozione dei provvedimenti che ne impediscano la prosecuzione, ivi compreso l'immediato allontanamento dalla struttura di coloro che si rendano responsabili di siffatti comportamenti e l'eventuale segnalazione dei fatti all'autorità giudiziaria.
Non appare superfluo precisare che le attività assistenziali devono essere rese soltanto dal personale a ciò espressamente autorizzato, rimanendo conseguentemente preclusa ogni forma di assistenza diretta da parte di soggetti non strutturati.
Per ciò che concerne poi, in particolare, le aziende ospedaliero-universitarie, va ulteriormente precisato che l'attività da espletarsi da parte degli specializzandi e dei borsisti deve essere strettamente correlata alle finalità proprie dei relativi istituti giuridici, ed in ogni caso che essa va prestata sotto il diretto controllo dei responsabili dei reparti e dei tutor allo scopo identificati, o comunque - previa apposita, specifica, autorizzazione - in presenza e sotto la diretta responsabilità di personale strutturato.
Nelle more poi della emanazione di specifiche e puntuali direttive finalizzate, nel rispetto della disciplina legislativa e contrattuale, a dettare modalità organizzative e funzionali tese a disciplinare le attività rese in intramoenia, le sanità locali dovranno avviare adeguate forme di vigilanza e controllo in ordine all'espletamento di tali attività da parte del personale autorizzato, garantendo comunque, per ogni dipendente, che l'attività istituzionale sia prevalente rispetto a quella libero professionale.
Ciò per assicurare, in ossequio in particolare alle prescrizioni dell'articolo 15-quinquies, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche ed integrazioni, un corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero professionale, che l'attività libero professionale non comporti, per ciascun dipendente, un volume di prestazioni superiori a quello assicurato per i compiti istituzionali.
Gli eventuali comportamenti che travalichino i limiti autorizzatori dovranno essere tempestivamente sanzionati.
Al fine poi di consentire una scelta informata da parte degli utenti - oltreché garantire che la libera professione intramuraria sia svolta in maniera eticamente corretta e non speculativa - si dispone che,

entro 30 giorni dalla data della presente, vengano pubblicati sul sito internet di ciascuna azienda, oltreché affissi negli spazi ritenuti idonei per una migliore conoscenza, le tipologie di prestazioni in tal modo espletabili, le relative tariffe, le fasce orarie di disponibilità (ovviamente distinte da quelle previste per l'attività istituzionale), gli spazi a ciò destinati distinti tra quelli di pertinenza dell'azienda e gli studi professionali privati, i nominativi dei professionisti interessati.
È appena il caso di ricordare che l'autorizzazione all'espletamento dell'attività libero professionale dovrà essere subordinata - anche per quanto attiene alle specifiche modalità di esercizio - alla prioritaria necessità di garantire sempre e comunque una corretta, efficiente e funzionale organizzazione dell'attività istituzionale. In tale ottica i direttori generali provvederanno ad una puntuale ricognizione delle autorizzazioni già rilasciate per gli eventuali necessari adeguamenti, relazionando sul punto a questo assessorato entro il termine di 60 giorni dalla presente.
Preso atto poi dell'obbligo di trasparenza sulle retribuzioni dei dirigenti imposto specificamente dall'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n. 69, si dispone altresì che anche gli emolumenti conseguenti all'esercizio della libera professione medica intramuraria, spettanti a ciascun dipendente, siano pubblicati sul sito internet di ciascuna azienda.
Con l'occasione, infine, si richiamano codeste direzioni aziendali ad una corretta e disciplinata organizzazione aziendale che miri alla riduzione delle liste d'attesa ed assicuri la funzionalità delle strutture per tutto l'arco diurno, dovendo in particolare la programmazione dell'orario di lavoro garantire di norma la presenza di dirigenti medici anche nella fascia pomeridiana, con una ancora più puntuale ed adeguata articolazione per i reparti di degenza.
Si confida in un puntuale adempimento».

Alla luce dell'iniziativa dell'assessore sopra riportata, e tenuto conto che sulla questione sono in corso indagini da parte della magistratura di Messina, questo Ministero ritiene di non dover avviare ulteriori e specifiche iniziative.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

TASSONE e MANTINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
risulta che l'ARAN ha avviato la trattativa negoziale per il rinnovo del contratto collettivo dei Segretari comunali e provinciali per il biennio 2006-2007, senza convocare l'Unione dei segretari comunali e provinciali, che - sino ad oggi - ha sottoscritto tutti i contratti collettivi dell'area di applicazione del contratto;
tale esclusione sarebbe motivata dall'ARAN con la pretesa mancanza dei requisiti di rappresentatività richiesti dalla legge;
tale motivazione appare in netto contrasto con la legge stessa, atteso che in base all'articolo 43 del decreto legislativo n. 165 del 2001, la legittimazione spetta alle organizzazioni sindacali che «nel comparto o nell'area» rappresentano almeno il 5 per cento del personale, e nell'ambito del comparto regioni e autonomie locali, la disciplina dei rapporti di lavoro dei segretari è da sempre inserita in un'«area» autonoma, anche contrattualmente, in ragione delle peculiarità proprie che ne caratterizzano la funzione ed il ruolo;
è la stessa legge a prevedere l'esistenza di un autonomo contratto collettivo nazionale che disciplini il rapporto di lavoro dei segretari comunali e provinciali;
nell'area dei segretari, l'Unione è l'organizzazione di gran lunga più rappresentativa, e ad oggi giustamente e legittimamente ha negoziato e sottoscritto tutti i contratti collettivi nazionali e integrativi della categoria;
l'autonomia dell'«area dei segretari è stata quindi sempre confermata sia nei contratti collettivi quadro di definizione dei comparti, sia nelle concrete modalità

di negoziazione e sottoscrizione dell'autonomo contratto collettivo nazionale dei segretari; la stessa ARAN ha sempre espressamente ammesso l'esistenza di una apposita area dei segretari, anche nei suoi documenti ufficiali, come nella intestazione dei contratti collettivi nazionali dei segretari pubblicati sul sito web dell'Agenzia, dove menziona espressamente - nell'ambito del comparto regioni e autonomie locali - l'«Area: segretari provinciali e comunali»;
l'Unione - alla quale l'Aran ha sempre riconosciuto la maggiore rappresentatività nell'area di cui si tratta - ha conseguentemente negoziato e sottoscritto il contratto collettivo nazionale dei segretari, tutti i suoi rinnovi, tutti gli accordi integrativi e, perfino, quelli di interpretazione autentica, cosicché, non essendo intervenuto nessun mutamento del quadro normativo di riferimento, appare incomprensibile tale radicale difformità della decisione assunta rispetto al precedente operato dell'Aran medesima;
la posizione assunta non appare perciò sorretta neppure da criteri prudenziali di maggiore tutela dell'Aran, poiché, ove fosse confermata, recherebbe la conseguenza, ad avviso degli interpellanti grave e senza precedenti, di porre in dubbio la legittimità di tutta la precedente attività contrattuale svolta nei riguardi dei segretari dall'Agenzia medesima, mettendo a rischio di nullità tutti i precedenti contratti collettivi dei segretari sottoscritti dall'Aran, in quanto negoziati e firmati con una sigla sindacale, l'Unscp, che ora per allora si affermerebbe non avere i requisiti di rappresentatività; ciò esporrebbe la categoria a rischi di inapplicabilità degli istituti normativi ed economici ivi disciplinati, e l'Aran a gravi pregiudizi in ordine alla propria posizione giuridica nonché all'autorevolezza del proprio operato;
l'Aran inoltre risulta vorrebbe addirittura qualificare il contratto dei segretari come applicativo del comparto, ed in particolare del personale dei livelli, ed infatti ha convocato solo le organizzazioni sindacali rappresentative del personale dei livelli, escludendo dal tavolo non solo l'Unione ma anche le organizzazioni sindacali rappresentative dei dirigenti;
tale posizione appare in netta contraddizione con la qualifica dirigenziale che senza alcun dubbio posseggono i segretari, i quali sono chiamati per legge a sovrintendere e coordinare gli altri dirigenti degli enti locali, e sono equiparati esplicitamente ai dirigenti ai fini della individuazione della qualifica corrispondente in caso di mobilità verso altre pubbliche amministrazioni dal vigente contratto collettivo nazionale del lavoro del 16 maggio 2001 all'articolo 32;
la decisione dell'Aran non appare in linea neppure con il vigente accordo quadro sulla definizione dei comparti di contrattazione, il quale si limita a prevedere che la regolazione del rapporto di lavoro dei segretari avvenga «nell'ambito» del comparto regioni autonomie locali, con apposita separata e speciale norma volutamente separata dal resto per personale dei livelli, dovendosi quindi individuare poi nell'autonoma area dei Segretari l'area di contrattazione e di rappresentatività, o al più nell'area della dirigenza in ragione della qualifica posseduta, non certo nell'area del personale dei livelli che nulla hanno a che fare con la qualifica e tipologia professionale dei segretari stessi;
in aggiunta, nell'ultimo Contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto il 7 marzo 2008, le parti negoziali - tra le quali l'Unione - hanno sottoscritto una norma programmatica, riproduttiva di un protocollo d'intesa del novembre 2007, volto alla revisione strutturale del contratto di lavoro dei segretari, che avrebbe dovuto completarsi in varie fasi per l'affermazione della compiuta valorizzazione della svolta dai segretari anche mediante la completa equiparazione del loro trattamento economico a quello della dirigenza degli enti locali; la prima fase è stata realizzata con la sottoscrizione del rinnovo contrattuale per il quadriennio

«normativo» 2002-2005 e i due bienni «economici» 2002-2003 e 2004-2005; la seconda fase avrebbe dovuto essere avviata e conclusa proprio in occasione del prossimo accordo collettivo, che tuttavia l'ARAN risulta voglia contrattare senza uno dei principali soggetti negoziali (appunto l'Unione);
il Comitato Direttivo dell'ARAN, con delibera n. 15/2009, ha previsto che in caso di accordo parziale - come nel caso in questione, in cui le «fasi» previste dagli accordi collettivi del 2007 e 2008 attendono di essere completate con il prossimo rinnovo contrattuale - la trattativa avrebbe dovuto comunque essere conclusa con le stesse organizzazioni sindacali con cui l'Agenzia aveva sottoscritto l'accordo parziale;
risulta viceversa che neppure in ragione di tale fatto sia stata ammessa l'Unione, e che, nonostante la Direttiva emanata a suo tempo sia conforme al contenuto della norma programmatica, l'Aran addirittura non intenda neppure adempiere ai suoi contenuti, e quindi non intenda ottemperare all'impegno assunto dal Governo e ribadito nel contratto del 7 marzo 2008 di attribuire ai segretari il tabellare corrispondente a quello in vigore per gli altri dirigenti del comparto;
risulta quindi, secondo gli interpellanti, totalmente stravolta la regolazione del contratto collettivo nazionale dei segretari comunali e provinciali, che si vedono, nell'ordine, esclusi dal tavolo la loro organizzazione sindacale più rappresentativa, inseriti nell'ambito della contrattazione del personale dei livelli, e negati i contenuti economici e normativi pattuiti a suo tempo col Governo e contenuti nella direttiva e nella norma programmatica dell'ultimo Contratto collettivo nazionale del lavoro sottoscritto -:
se si intenda adottare opportune iniziative finalizzate a:
a) dare attuazione alla norma programmatica del Contratto collettivo nazionale del lavoro dei segretari del 7 marzo 2008, attribuendo ai segretari il tabellare corrispondente agli altri dirigenti del comparto regioni autonomie locali secondo le modalità previste nella norma programmatica;
b) tutelare la legittimità e credibilità dell'operato decennale dell'agenzia, che verrebbe messa in forse, ad avviso degli interpellanti, dal mancato rispetto di una norma contrattuale precedentemente sottoscritta, e da una sconfessione del proprio precedente operato nella individuazione delle Organizzazioni sindacali rappresentative per il contratto dei segretari;
c) ripristinare la piena legittimità della composizione del tavolo negoziale per il rinnovo dell'autonomo contratto collettivo dei segretari includendo l'Unione nazionale segretari comunali e provinciali;
d) evitare pregiudizi gravi alla validità, regolarità ed effettività del prossimo Contratto collettivo nazionale del lavoro e del corretto inquadramento contrattuale dei Segretari in ragione della qualifica dirigenziale posseduta.
(4-10779)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede chiarimenti circa la mancata convocazione, da parte dell'Aran, del sindacato unione dei segretari comunali e provinciali - per vizi di rappresentatività - ai fini delle trattative negoziali per il rinnovo del contratto collettivo dei segretari comunali e provinciali per il biennio 2006-07, si rappresenta quanto segue.
In particolare, nel presente atto di sindacato ispettivo si giudica non legittima l'esclusione dalle trattative della predetta organizzazione sindacale in quanto ritenuta non coerente con l'asserita qualifica dirigenziale dei segretari, chiamati per legge: «a sovrintendere e coordinare gli altri dirigenti degli enti locali... equiparati esplicitamente ai dirigenti ai fini dell'individuazione della qualifica corrispondente in caso di mobilità verso altre pubbliche amministrazioni del vigente contratto collettivo nazionale del 16 maggio 2001...», né con il vigente accordo

quadro sulla definizione dei comparti di contrattazione e con la delibera n. 15 del 2009 dell'Aran.
L'interrogante chiede, pertanto, se si intendano adottare opportune iniziative finalizzate a:
a) dare attuazione alla norma programmatica del contratto collettivo nazionale del lavoro dei segretari del 7 marzo 2008, attribuendo ai segretari una retribuzione tabellare analoga agli altri dirigenti del comparto regioni autonomie locali, secondo le modalità previste nella norma programmatica (contenuta nell'ultimo contratto collettivo nazionale di lavoro della categoria, sottoscritto il 7 marzo 2008);
b) tutelare la legittimità e credibilità dell'operato decennale dell'agenzia, che verrebbe messa in forse, ad avviso degli interpellanti, dal mancato rispetto di una norma contrattuale precedentemente sottoscritta, e da una sconfessione del proprio precedente operato nella individuazione delle organizzazioni sindacali rappresentative per il contratto dei segretari;
c) ripristinare la piena legittimità della composizione del tavolo negoziale per il rinnovo dell'autonomo contratto collettivo dei segretari includendo l'unione nazionale segretari comunali e provinciali;
d) evitare pregiudizi gravi alla validità, regolarità ed effettività del prossimo e, contratto collettivo nazionale di lavoro e del corretto inquadramento contrattuale dei Segretari in ragione della qualifica dirigenziale posseduta.

L'accertato difetto del requisito di rappresentatività dell'Unione, dei segretari comunali e provinciali in relazione a quanto stabilito dalle disposizioni normative regolanti la materia, risulta fondato. Il requisito minimo richiesto dalla legge per l'ammissione alle trattative - pari al 5 per cento come media tra dato associativo (mutuato dalla percentuale delle deleghe rilasciate dal dipendente nel comparto o area, per trattenuta ai fini del contributo sindacale), e il dato elettorale (derivante dalla percentuale di voti ottenute in occasione delle elezioni delle Rappresentanza Sindacale Unitaria nei comparti di contrattazione) - è dettato dall'articolo 43 del decreto legislativo n. 165 del 2001. La rappresentatività, così oggettivata, viene quindi calcolata, per l'espressa disposizione della legge, esclusivamente nell'ambito del comparto (per i dipendenti non dirigenti) o dell'area (per i dipendenti dirigenti) di riferimento, ed i segretari sono stati collocati, dai contratti collettivi quadro regolanti la materia, nel comparto delle regioni ed autonomie locali, non possedendo, come chiarito da ampia giurisprudenza in materia, la qualifica dirigenziale.
Al riguardo, già l'articolo 10, comma 2 del Contratto Collettivo Nazionale Quadro per la definizione dei comparti di contrattazione, sottoscritto il 18 dicembre 2002, ha disposto la collocazione contrattuale dei segretari nell'ambito del comparto regioni-autonomie locali e tale disposizione è stata ribadita dai successivi contratti collettivi quadro. In altri termini, i segretari, non essendo assimilabili a dirigenti sono stati collocati non nelle aree dirigenziali ma nel comparto di contrattazione costituito per i dipendenti non dirigenti.
D'altra parte la legge, come si è rilevato, non consente di calcolare la rappresentatività per singole e specifiche tipologie professionali, come quella dei segretari, per cui la stessa è stata calcolata con riferimento al comparto in cui la categoria è stata collocata, ovvero quella del comparto regioni ed autonomie locali, in cui l'Unione non raggiunge la percentuale minima richiesta dalle citate norme per essere ammessa alle trattative negoziali. Infatti, dall'accertamento della rappresentatività relativo al biennio 2006-2007 risulta che l'Unione possiede una rappresentatività pari allo 0,16 per cento nel comparto misurata secondo il doppio indice ponderato previsto dalla legge, ed è quindi molto al di sotto della percentuale minima richiesta dalla legge per l'ammissione alle trattative negoziali.
Peraltro, la scelta di calcolare la rappresentatività sufficiente per comparto discende direttamente dalla voluntas legis, per cui anche la giurisprudenza, nell'affrontare

un tema analogo a quello appena prospettato, ha potuto affermare che: «atteso che la percentuale di rappresentatività viene calcolata rispetto al totale delle deleghe del comparto... trattasi, evidentemente, dei riflessi indotti da una scelta legislativa insindacabile in sede giudiziaria» (tribunale di Roma, sezione lavoro ordinanza 27 giugno 2000; confronta anche pretura di Roma, ordinanza 23 novembre 1998; pretura di Roma, decreto 27 novembre 1998; tribunale di Roma, sentenza 7 luglio 2008, n. 9547).
Occorre, tra l'altro, precisare, con riferimento ad una delle affermazioni contenute nell'interrogazione parlamentare, che l'Aran non ha mai in passato ammesso l'Unione alle trattative «applicando la legge», in quanto la stessa non ha mai raggiunto la soglia minima di rappresentatività richiesta dal legislatore (5 per cento nel comparto). Infatti l'ammissione dell'Unione (alle trattative per il Contratto collettivo nazionale del lavoro di comparto, applicativi del Contratto collettivo nazionale del lavoro regioni ed autonomie locali) è avvenuta in via di fatto, sulla base delle indicazioni in tale senso contenute in apposite formali note inviate dai Ministri per la funzione pubblica pro-tempore (per esempio: atto d'indirizzo del 6 agosto 1998, a firma del Ministro Bassanini, nel quadriennio normativo 1998-2001; nota del 18.10.2006, a firma del Ministro Nicolais, nel quadriennio 2002-05).
Tuttavia, a seguito di una richiesta formulata dal medesimo dipartimento della funzione pubblica su un caso identico, il Consiglio di Stato, con il parere n. 1662/08 del 18 giugno 2008, ha chiarito che: «La sezione ritiene di non poter condividere la tesi secondo la quale la lettera del Ministro potrebbe vere natura di un vero e proprio provvedimento idoneo ad incidere sulle competenze del comitato paritetico e dell'Aran. Le norme indicate a sostegno di tale argomento non autorizzano a ritenere che il Ministro della funzione pubblica... possa adottare un atto di natura provvedimentale in quanto, le attività di indirizzo e coordinamento generale... hanno natura di indirizzo politico-amministrativo... In conclusione, la sezione ritiene che l'Aran, nell'esercizio delle competenze attribuite dall'articolo 43 dell'appena menzionato decreto legislativo, non sia vincolata dalla lettera di cui trattasi, la quale può essere considerata solo come elemento di valutazione».
Alla luce del citato parere del Consiglio di Stato, nessuna deroga è risultata più possibile rispetto al possesso del requisito richiesto dal legislatore per l'ammissione ai tavoli negoziali.
Il difetto di rappresentatività non poteva, del resto, essere sanato facendo riferimento ai contenuti della delibera Aran n. 15 del 19 marzo 2009, anch'essa citata dagli interroganti, atteso che il contratto rispetto al quale l'Unione ha chiesto l'ammissione non può ritenersi una sequenza contrattuale del Contratto collettivo nazionale del lavoro 2002-2005, bensì un Contratto collettivo nazionale del lavoro quadriennale 2006-09, mentre la citata delibera Aran è riferita alla composizione della delegazione trattante che riguarda le ipotesi di sequenze contrattuali negoziate: nell'ipotesi di cui si tratta, invece, si ha riguardo ad uno dei due bienni economici in cui si articola il quadriennio normativo che le ha previste.
Ulteriori considerazioni possono essere svolte con riferimento alla ipotizzata incoerenza della rilevazione della rappresentatività con l'inquadramento giuridico e contrattuale del segretario, quale peculiare figura di dirigente pubblico.
L'avviso di questo dipartimento si rileva disomogeneo rispetto alla tesi sostenuta nell'atto di sindacato ispettivo sulla presunta sussistenza della qualifica dirigenziale dei segretari, alla luce dei poteri di sovrintendenza e coordinamento dei dirigenti degli enti locali (articolo 97, comma 4, del decreto legislativo n. 267 del 2000), ovvero delle disposizioni della contrattazione collettiva che hanno previsto un'equiparazione, in caso di mobilità verso altre pubbliche amministrazioni, alla dirigenza (articolo 32 del Contratto collettivo nazionale del lavoro segretari del 16 maggio).
In primis, si rileva la carenza di fonti legislative primarie atte a significare l'equiparazione

dei segretari con i dirigenti pubblici. L'indirizzo consolidato della giurisprudenza, di legittimità, di merito e contabile, ha fornito un ruolo decisivo nel chiarimento della ratio decidendi del legislatore della legge n. 127 del 1997 e del successivo regolamento di attuazione, da ricondurre ad un nuovo status nella professionalità dei «segretari» considerati quali specifica tipologia professionale rispetto alla dirigenza e riconducibili alla fattispecie prevista dall'articolo 45, comma 3, del decreto legislativo n. 29 del 1993 - come modificato dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 396 del 1997 (nel testo vigente anteriormente le modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 150 del 2009, ma ancora applicabili ai contratti collettivi di riferimento, giusto quanto previsto dal comma 5 dell'articolo 65 del citato decreto legislativo n. 150). La disposizione normativa citata dispone che: «per le figure professionali che comportano iscrizioni ad albi sono stabilite discipline distinte nell'ambito dei contratti collettivi di comparto». Conformemente a tale qualificazione giuridica, l'articolo 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997, contenente il «Regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali», ha chiarito che il contratto relativo ai segretari «disciplina una autonoma tipologia professionale».
Anche la giurisprudenza che si è espressa sulla questione ha sempre affermato che i segretari comunali, dopo la riforma della legge n. 127 del 1997, hanno acquisito natura di autonoma tipologia professionale, non ascrivibile né a quella dei dirigenti né a quella dei funzionari (ex multis: TAR Piemonte, n. 1700 del 2003; TAR Veneto, n. 236 del 1999). Al riguardo, si richiama, in particolare, l'orientamento della Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 12 giugno 2007 n. 13708, che distingue fra funzioni del dirigente e funzioni del segretario, per negare che il segretario comunale possa esercitare le funzioni dirigenziali. Tale ricostruzione operata in sede giurisprudenziale, di merito e di legittimità, è anche avvalorata dal «giudice del contratti collettivi» (Corte conti, sezioni unite in sede di controllo, 3 aprile - 13 aprile 2001).
Questi elementi, per quanto decisivi nel confutare l'assimilazione della categoria dei segretari alla dirigenza, possono essere supportati da altre considerazioni giuridiche.
Con particolare riferimento alle previsioni del decreto legislativo n. 267 del 2000 (menzionate nell'atto di sindacato ispettivo), si osserva che dalle stesse non è possibile ricavare elementi univoci a sostegno della tesi relativa al possesso della qualifica dirigenziale da parte dei segretari, tesi, peraltro, disconosciuta in sede giurisprudenziale.
L'articolo 97 del predetto decreto legislativo n. 297, qualifica il ruolo e le funzioni dei segretari prevedendo lo svolgimento di «compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto e ai regolamenti» (comma 2). Nello stesso articolo viene esplicitato, inoltre, come fra i compiti del segretario vi siano tra l'altro: la partecipazione con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della giunta di cui ne cura la verbalizzazione; la competenza ad esprimere pareri, in relazione alle sue competenze; la possibilità di rogare i contratti nei quali l'ente è parte ed autenticare scritture private ed atti unilaterali nell'interesse dell'ente (comma 4). Tali funzioni non sembrano neanche in minima parte assimilabili a quelle di carattere gestionale esercitabili dal dirigente ai sensi principalmente degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ma rientrano nei compiti precipui di questa specifica tipologia professionale di collaborazione del sindaco o del presidente della provincia.
Pertanto pare inconferente anche il riferimento all'articolo n. 97, comma 4 del decreto legislativo n. 267 del 2000, laddove prevede che: «Il Segretario sovraintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l'attività...». Da una interpretazione letterale dei termini «sovrintendere» e «coordinare» l'attività della dirigenza,

contenuti nella citata previsione normativa, non è dato infatti desumere nessun processo di assimilazione della professionalità dei segretari con quella dei dirigenti, in quanto tali previsioni non sono incompatibili con la natura peculiare delle funzioni professionali svolte per legge dal segretario di collaborazione dell'organo di indirizzo politico amministrativo.
Il potere di coordinamento dei dirigenti dell'ente locale attribuito al segretario, peraltro, secondo l'orientamento della Corte di cassazione non può implicare il conferimento della qualifica dirigenziale che può essere attribuita solo dalla legge. Conforme a quest'orientamento è anche il TAR Sicilia Palermo Sezione I, 11 ottobre 2001, n. 1411, per il quale, «il solo fatto che segretari comunali di III e IV classe siano al vertice dell'organizzazione amministrativa di un ente locale non è elemento di per sé idoneo a conferire automaticamente una qualifica dirigenziale». Tale tesi è peraltro stata sostenuta anche dall'Agenzia nazionale per la gestione dell'albo dei segretari, che come noto, ai sensi della stessa legge n. 127 del 1997 e del decreto del Presidente della Repubblica, n. 165 del 1997, è costituita secondo criteri paritetici fra amministrazioni pubbliche e organizzazioni sindacali rappresentative. Secondo la predetta agenzia, in conformità con quanto sostenuto dalla giurisprudenza e dalla stessa Aran (nota prot. n. 6543 del 16 settembre 1999), la natura giuridica da attribuire al segretario è quella di «professionista pubblico». Esso non è più dipendente statale ma non è nemmeno né funzionario né dirigente. Per cui «nessun segretario è o dovrebbe essere assimilato ai dirigenti degli enti locali, che sono soggetti diversi e distinti dal segretario, il quale rispetto ed essi è chiamato a svolgere funzioni di sovraintendenza e di coordinamento, che implica una condizione di non omogeneità, bensì di alterità» (deliberazione n. 28 del 3 febbraio 2000).
Nell'atto di sindacato ispettivo a sostegno della tesi relativa al carattere dirigenziale delle funzioni esercitate dai segretari, si citano anche le norme collettive in materia di mobilità, giusto quanto previsto dall'articolo 32 del Contratto collettivo nazionale del lavoro dei segretari comunali e provinciali del 16 maggio 2001 (per il quale «In caso di mobilità presso altre pubbliche amministrazioni... il segretario collocato nella fascia A e B (...) è equiparato al personale con qualifica dirigenziale»).
Va ribadito che le parti negoziali godono autonomia nel formulare giudizi di equivalenza rispetto ai sistemi di classificazione diversi: in ogni caso, nessuna previsione contrattuale correlata al trattamento economico dei segretari, può integrare alcuna equiparazione dei segretari con la dirigenza, in quanto qualsiasi previsione, in tal senso, in carenza di norme ad hoc, sarebbe inficiata. di nullità per una carenza di legittimazione anche sotto il profilo della competenza per materia.
In questo senso, con apposita sentenza, del resto si era espresso il Consiglio Stato (confronta Sezione IV, 25 settembre 2002, n. 4892). Infatti, come è nella competenza della contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo e delle regole del rapporto di lavoro pubblico, non è invece nella stessa competenza l'esercizio del potere, riservato alla legge, di conferire la qualifica dirigenziale.
Da un'altra prospettiva, la circostanza che istituti contrattuali innalzino il trattamento retributivo dei segretari per agganciarlo a quello dei dirigenti, costituisce esercizio di una facoltà dispositiva «tipica» della contrattazione collettiva, che si esercita in materia di rapporto di lavoro e trattamenti retributivi, ed è limitata esclusivamente dai vincoli di carattere economico-finanziario e dalle indicazioni recate dagli atti di indirizzo per la contrattazione collettiva che si svolge in sede Aran. Il trattamento economico definito dai contratti collettivi può, quindi, bene essere stabilito anche per relationem con riferimento ad altre categorie.
Le considerazioni che precedono consentono di rispondere anche alle diverse questioni estrapolate.

La scelta di dare attuazione alla norma programmatica del Contratto collettivo nazionale del lavoro dei segretari, del 7 marzo 2008, attribuendo ai segretari una retribuzione tabellare analoga agli alti dirigenti del comparto regioni-autonomie locali (secondo le modalità previste nella norma programmatica del Contratto collettivo nazionale del lavoro del 7 marzo 2008), rimane una facoltà delle parti contrattuali, in parte già esercitata in sede di redazione dell'ipotesi di Contratto collettivo nazionale del lavoro 2006-2009 e primo biennio economico 2006-2007, ma che non può comunque comportare, per quanto già rappresentato, il riconoscimento della qualifica dirigenziale.
L'Aran ha esercitato le proprie competenze, in relazione alla selezione degli interlocutori negoziali ed al corretto inquadramento contrattuale, applicando le disposizioni di legge e di contratto in materia, considerato che, come evidenziato, la categoria in oggetto non appare in possesso della qualifica dirigenziale ma è invece costitutiva di un'autonoma tipologia professionale.
Infine e conclusivamente può essere opportuno rammentare che il ricorso proposto dall'Unione, in sede cautelare, per la dichiarazione dell'illegittimità della condotta posta in essere dall'Aran, in relazione alla mancata convocazione della stessa organizzazione sindacale alle trattative negoziali, è stato integralmente rigettato, fra l'altro eccependo che «il primo atto di qualificazione dei segretari comunali e provinciali quale autonoma tipologia professionale è da far risalire al Contratto Collettivo Nazionale Quadro di definizione dei comparti del 18-2-2002, mentre tutti gli altri atti contrattuali intercorsi da allora ad oggi, adottati in linea con il disposto normativo di cui sopra, sono stati applicati pacificamente senza contestazioni ed impugnazioni da parte dell'Unione ricorrente», per cui, ad oggi, nessuno ha dubitato della qualificazione della categoria quale specifica tipologia professionale non ascrivibile alla categoria dirigenziale (tribunale Roma, decreto 20 novembre 2010).
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

VILLECCO CALIPARI, ARGENTIN, CONCIA, GOZI, META, POMPILI, MOGHERINI REBESANI, MARCO CARRA e STRIZZOLO. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
da notizie a mezzo stampa si è appreso che nel corso della riunione dei Ministri della difesa che si è tenuta a Bruxelles il 14 ottobre 2010, è stata approvata la direttiva Nato secondo la quale l'Alleanza atlantica manterrà un arsenale nucleare in europa;
da notizie a mezzo stampa si è appreso che nel corso di detta riunione alcuni Paesi membri - Germania, Olanda, Lussemburgo, Norvegia e Belgio - avrebbero mostrato l'intenzione di porre questo punto all'ordine del giorno della prossima riunione di Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri della Nato, in programma il 19-20 novembre 2010 a Lisbona, perché contrari alla presenza di armi nucleari sul suolo europeo;
secondo il rapporto «U.S. non-strategic nuclear weapons in Europe: a fundamental Nato debate» presentato a fine ottobre 2010 da un comitato dell'Assemblea parlamentare della Nato, non si conoscerebbero con esattezza quante armi nucleari non strategiche gli Usa mantengono in quattro Paesi europei, Italia, Belgio, Olanda e Germania;
secondo stime ufficiose citate nel rapporto si parlerebbe di 70-90 testate in Italia, ad Aviano e a Ghedi-Torre e le testate presenti sul suolo italiano sarebbero bombe B-61 con una potenza che va da 45 a 170 kiloton;
secondo lo stesso rapporto vi sarebbe l'intenzione, da parte della Nato, di «raggruppare le armi nucleari in meno località geografiche» e secondo la maggior parte degli esperti «le località più probabili per tale ridislocazione sono le basi sotto controllo Usa di Aviano in Italia e Incirlik in Turchia»;

in occasione della riunione dei Ministri degli esteri della Nato dell'aprile 2010, sempre secondo il rapporto, mentre Germania, Belgio e Olanda avrebbero sollevato la questione delle armi nucleari degli Usa in europa, mentre Italia e Turchia sarebbero rimaste in silenzio;
il 3 giugno 2010 la Camera ha approvato una mozione filmata da tutti i gruppi parlamentari con la quale si impegnava il Governo «ad approfondire con gli alleati, nel quadro del nuovo concetto strategico della Nato di prossima approvazione, il ruolo delle armi nucleari sub-strategiche, e a sostenere l'opportunità di addivenire - tramite passi misurati, concreti e comunque concertati tra gli alleati - ad una loro progressiva ulteriore riduzione, nella prospettiva della loro eliminazione» -:
se sia fondata la notizia circa la possibilità che parte delle armi atomiche della Nato, attualmente dislocate in diversi Paesi europei, vengano stoccate in Italia;
se i Ministri interrogati intendano riferire sulle posizioni assunte dall'Italia e su quelle che assumerà nel prossimo vertice di Lisbona, prima della approvazione del nuovo concetto strategico della Nato;
se i Ministri interrogati intendano accettare la presenza di armi nucleari di tale portata sul suolo italiano e se abbiano maggiori informazioni sulla quantità, tipologia e il periodo di stoccaggio di tali armi.
(4-11471)

Risposta. - La tesi relativa all'accentramento di armi nucleari tattiche sulla base statunitense di Aviano non trova conferma in alcun documento in possesso dei competenti organi tecnico-operativi militari italiani. A Lisbona, con la discussione e l'approvazione del concetto strategico della Nato è stata offerta una piattaforma di policy generale, con una proiezione decennale. Ogni futura decisione in merito alla dimensione nucleare dovrà basarsi su posizioni coordinate e condivise con gli alleati della Nato. Va, in altre parole, esclusa ogni iniziativa unilaterale.
L'Italia ha sempre espresso una coerente ed univoca volontà generale di pervenire ad un mondo privo di armi nucleari, svolgendo, in tutte le sessioni internazionali volte a sostenere il processo di disarmo nucleare e di non proliferazione, un ruolo attivo affinché vengano fissati obiettivi «realistici e conseguibili» in materia.
Tale posizione è stata confermata anche in occasione del vertice Nato di Lisbona. Quest'ultimo ha fatto emergere due importanti risultati politici per i quali, va sottolineato, il nostro Paese si era fortemente adoperato. È stata ribadita la necessità che la politica di sicurezza dell'alleanza atlantica tenga in adeguata considerazione la dimensione del disarmo nucleare e convenzionale e ne faccia anzi un elemento strategico della propria dottrina.
Ma è stata anche sottolineata la necessità di rendere la capacità di deterrenza dell'alleanza atlantica meno dipendente dal fattore nucleare, a fronte di uno scenario di sicurezza internazionale in profonda evoluzione, con nuove, anche se non meno insidiose, sfide all'orizzonte. Si tratta della medesima impostazione che il Governo aveva fatto valere nella dichiarazione sulla non proliferazione del vertice G8 de L'Aquila, primo strumento internazionale a menzionare «l'opzione zero».
L'Italia considera un successo anche il fatto che il nuovo concetto strategico abbia posto le premesse per ulteriori riduzioni degli arsenali nucleari della Nato, stabilendo un collegamento con la riduzione complessiva degli arsenali nucleari in Europa, alla quale dobbiamo vigorosamente puntare nel preminente interesse di sicurezza delle nostre popolazioni e mantenendo ben fermo il quadro consensuale della Nato.
L'impegno del Governo italiano in direzione di un disarmo graduale e progressivo esce quindi rafforzato anche dal nuovo concetto strategico della Nato e dalla dichiarazione finale di Lisbona, e continuerà a costituire uno dei principali punti qualificanti

e di riferimento della nostra azione internazionale nei mesi a venire.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

ZACCHERA. - Al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
si apprende dai quotidiani odierni che l'Unione europea avrebbe provveduto a stampare in milioni di copie delle agende-calendario per il 2011 in cui sarebbero indicati i giorni festivi di diverse religioni minoritarie nell'Unione, ma non di quelle cristiane, a cominciare dal Santo Natale -:
se quanto sopra corrisponda a verità e se risulti quanto sia costata questa opinabile iniziativa;
in caso affermativo, in che modo il Governo italiano intenda stigmatizzare questa iniziativa che appare offensiva per milioni di cittadini europei che nelle loro diverse confessioni si richiamano alla religione cristiana, di gran lunga maggioritaria sul continente, e che nella festività del Santo Natale hanno una preziosa fonte di riflessione e recupero delle proprie idealità.
(4-10167)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Il diario europeo rappresenta un'iniziativa educativa curata dalla direzione generale per la salute ed i consumatori della Commissione europea in collaborazione con il comitato economico e sociale dell'Unione europea. Il progetto mira a contribuire alla formazione degli studenti europei sui principi fondamentali dell'Unione europea.
Si tratta evidentemente di un progetto importante che comporta, tra l'altro, un costo rilevante (pari a circa 5 milioni di euro) al quale contribuisce, in qualità di partner italiano, anche l'Unione nazionale dei consumatori.
Ha, pertanto, destato forte stupore la notizia che nell'ultima edizione del diario - di cui sono state distribuite gratuitamente oltre 3 milioni di copie a più di 21 mila scuole dei 27 Stati membri - sia stata omessa l'indicazione di alcune festività cristiane quali il Natale e la Pasqua.
Il Ministro degli affari esteri Frattini ha, subito reagito fermamente, definendo la vicenda un «incidente clamoroso» che, «oltre ad offendere tutti i cristiani nel mondo, contraddice il principio basilare della libertà e della dignità di tutte le professioni religiose, fondamento dell'Unione europea», ed esortando la Commissione europea ad attivarsi per trovare una soluzione.
Il Ministro degli affari esteri Frattini ha, in particolare, inviato una lettera al Presidente Barroso, manifestando «indignazione per l'ingiustificabile e inaccettabile omissione» e sollecitando immediati interventi per porvi rimedio.
In esito all'iniziativa del Ministro Frattini il commissario europeo per la salute e la difesa dei consumatori, John Dalli, ha risposto sottolineando il profondo rammarico della Commissione europea ed assicurando il proprio impegno ad adottare adeguate misure per sanare l'accaduto.
Il commissario Dalli ha riconosciuto anche pubblicamente l'«errore grossolano» commesso dall'esecutivo comunitario, ammettendo «una mancanza di accuratezza nella fase di revisione» dell'agenda. In una nota alla Commissione degli episcopati della Comunità europea, egli ha, inoltre, convenuto che le festività cristiane, quali il Natale e la Pasqua, «sono parte integrante della tradizione comune europea» esprimendo il proprio «sincero rammarico per l'incidente».
La Commissione europea ha, quindi, diffuso una dichiarazione in cui - nello scusarsi per lo sbaglio e nell'escludere qualsiasi intento discriminatorio ai danni della comunità cristiana - ha annunciato l'invio, a tutte le scuole che hanno ricevuto il diario, di una segnalazione di correzione («errata corrige») con allegata una lista aggiuntiva delle principali festività, comprese quelle religiose, osservate in

ciascuno Stato membro. Ha altresì assicurato l'inclusione delle medesime ricorrenze nelle prossime edizioni del diario europeo.
L'azione svolta dalla Farnesina - che ha contribuito alla correzione del grave errore commesso dalla Commissione europea - si inserisce nel quadro del costante impegno profuso a difesa della libertà di culto e a tutela delle minoranze religiose, in primis quella cristiana, nel mondo. In tale ambito merita ricordare, tra le altre iniziative, il ricorso presentato alla Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo sull'esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche ed il determinante apporto all'adozione, da parte del Consiglio dei Ministri degli affari esteri il 21 febbraio 2011, di un documento ufficiale di condanna degli atti di intolleranza, violenza e discriminazione condotti contro i cristiani e altre comunità religiose.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.