XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di martedì 21 giugno 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 21 giugno 2011.

Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Gianni Farina, Fassino, Fava, Fitto, Franceschini, Frattini, Galati, Gelmini, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Romano, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vito, Volontè, Zacchera, Zeller.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Fassino, Fava, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Lusetti, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Leoluca Orlando, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Romano, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vernetti, Vito, Volontè, Zeller.

Annunzio di una proposta di legge.

In data 20 giugno 2011 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:

LANZILLOTTA: «Norme in materia di incompatibilità per le società concessionarie di servizi pubblici locali» (4436).

Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge GARAVINI ed altri: «Ratifica ed esecuzione della Convenzione civile del Consiglio d'Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, e della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno» (4159) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Braga, Calgaro, De Pasquale, Fiano, Fontanelli, Gozi, Lovelli, Rampi, Rugghia, Torrisi e Volontè.

La proposta di legge PEDOTO ed altri: «Istituzione del Registro nazionale dell'endometriosi e della Giornata nazionale per la lotta contro l'endometriosi» (4345) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Sbrollini.

Integrazione nell'assegnazione di proposte di legge a Commissione in sede consultiva.

Le proposte di legge ROSSO ed altri: «Disposizioni in materia di insequestrabilità delle opere d'arte prestate da uno Stato, da un ente o da un'istituzione culturale stranieri, durante la permanenza in Italia per l'esposizione al pubblico» (1937) e CARLUCCI: «Disposizioni in materia di insequestrabilità delle opere d'arte prestate da uno Stato, da un ente o da un'istituzione culturale stranieri, durante la permanenza in Italia per l'esposizione al pubblico» (3832), assegnate in sede referente alla VII Commissione (Cultura), sono assegnate, in sede consultiva, anche alla V Commissione (Bilancio).

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
RIA: «Istituzione della Festa della Repubblica, dell'Unità nazionale e della Costituzione» (4395).

III Commissione (Affari esteri):
S. 2622. - «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo nel campo della cooperazione militare tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco, fatto a Taormina il 10 febbraio 2006» (approvato dal Senato) (4433) Parere delle Commissioni I, II, IV, V e X.

VII Commissione (Cultura):
S. 996. - Senatori MALAN ed altri: «Disposizioni in materia di insequestrabilità delle opere d'arte prestate da uno Stato, da un ente o da un'istituzione culturale stranieri, durante la permanenza in Italia per l'esposizione al pubblico» (approvata dal Senato) (4432) Parere delle Commissioni I, II, III, V e XIV.

Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia):
S. 2156 - «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione» (approvato dal Senato) (4434) Parere delle Commissioni III, V, VIII, X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Commissioni riunite III (Affari esteri) e VI (Finanze):
BERSANI ed altri: «Istituzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie e delega al Governo per la disciplina della medesima» (4389) Parere delle Commissioni I, V, VIII, X e XIV.

Annunzio di archiviazione di atti relativi a reati previsti dall'articolo 96 della Costituzione.

Con lettera pervenuta il 20 giugno 2011, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ha comunicato che il collegio per i procedimenti relativi ai reati previsti dall'articolo 96 della Costituzione, costituito presso il suddetto tribunale, ha disposto, con decreto del 16 giugno 2011, l'archiviazione di atti relativi ad un procedimento per ipotesi di responsabilità nei confronti rispettivamente del deputato Silvio Berlusconi, nella sua qualità di Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, e del deputato Ignazio La Russa, nella sua qualità di ministro della difesa pro tempore.

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 15 giugno 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 52, comma 4, lettera c), della legge 27 dicembre 2002, n. 289, le relazioni, rispettivamente, della regione Campania (doc. CCI, n. 28) e della regione Umbria (doc. CCI, n. 29) concernenti l'attuazione degli adempimenti previsti dall'accordo del 14 febbraio 2002 tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e di indirizzi applicativi sulle liste di attesa, riferite all'anno 2010.

Questi documenti - che saranno stampati - sono trasmessi alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti, con lettera in data 16 giugno 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, il conto finanziario della Corte stessa relativo all'anno 2010, approvato con decreto del presidente della Corte dei conti in data 3 giugno 2011.

Questa documentazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

Il presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) ha trasmesso un documento, approvato dall'assemblea del CNEL nella seduta dell'8 giugno 2011, contenente osservazioni e proposte in merito al disegno di legge di conversione del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, recante «Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia» (atto Camera n. 4357).

Questo documento è stato trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dal ministro dell'interno.

Il ministro dell'interno, con lettera del 6 giugno 2011, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno FAVIA n. 0/44 e abb./IX/30, accolto dal Governo nella seduta della IX Commissione (Trasporti) del 21 luglio 2009, concernente la comunicazione del provvedimento di sospensione della validità della patente da parte delle prefetture ai competenti uffici provinciali della motorizzazione civile per l'annotazione nell'archivio nazionale dei conducenti abilitati alla guida.
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti) competente per materia.

Trasmissione dal ministro della salute.

Il ministro della salute, con lettera del 13 giugno 2011, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno PEDOTO ed altri n. 9/3778-A/135, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 19 novembre 2010, concernente la predisposizione di un Piano nazionale per le malattie rare e la presa a carico del Servizio sanitario nazionale dei farmaci innovativi, cosiddetti «orfani».
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali) competente per materia.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 17 e 20 giugno 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo - La lotta contro la corruzione nell'Unione europea (COM(2011)308 definitivo), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia);
Proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione) (COM(2011)319 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
Proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti asilo (rifusione) (COM(2011)320 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo volontario di partenariato tra l'Unione europea e la Repubblica di Liberia sull'applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname e dei suoi derivati importati nell'Unione europea (COM(2011)371 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Lettera rettificativa n. 1 al progetto generale di bilancio 2012 - Stato delle spese per sezione - Sezione III - Commissione (COM(2011)372 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione dal consiglio regionale della Toscana.

Il presidente del consiglio regionale della Toscana, con lettera in data 15 giugno 2011, ha trasmesso il testo di un voto, approvato dal consiglio regionale stesso nella seduta dell'8 giugno 2011, riguardante la tutela del diritto al lavoro part-time.
Questa documentazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

Comunicazioni di nomine ministeriali

Il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con lettera in data 13 giugno 2011, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della nomina del dottor Giorgio Zoppello, del dottor Antonio Leoni, del professor Angelo Frascarelli e del dottor Dario Stefano a componenti del consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA).

Tale comunicazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura).

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 15 giugno 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi dei commi 4 e 5-bis del medesimo articolo 19, dei seguenti incarichi di livello dirigenziale generale nell'ambito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XI Commissione (Lavoro):
al dottore Edoardo Gambacciani, l'incarico di direttore della direzione generale per le politiche previdenziali;
al dottor Paolo Pennesi, l'incarico di direttore della direzione generale per l'attività ispettiva.

Richiesta di un parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 17 giugno 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, commi 1, lettera b), 4, lettere g), h) e i), e 7, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disciplina del dissesto finanziario delle università e del commissariamento degli atenei (377).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla VII Commissione (Cultura) nonché, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 20 agosto 2011.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 20 giugno 2011, a pagina 174, seconda colonna, alla trentesima riga, il nome: Moffa deve intendersi sostituito dal nome: Motta.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 13 MAGGIO 2011, N. 70, CONCERNENTE SEMESTRE EUROPEO - PRIME DISPOSIZIONI URGENTI PER L'ECONOMIA (A.C. 4357-A)

A.C. 4357-A - Proposta emendativa riferita all'articolo unico del disegno di legge

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE SULLA QUALE IL GOVERNO HA POSTO LA QUESTIONE DI FIDUCIA

Dis. 1. 1. (Testo modificato nel corso della seduta). Governo.
(Approvato)

A.C. 4357-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
il quadro che emerge dagli ultimi rapporti sul Mezzogiorno d'Italia evidenzia una situazione molto preoccupante, per non dire allarmante, soprattutto per il pesante impatto che l'attuale crisi economico-finanziaria sta avendo sul tasso di disoccupazione che continua a salire incessantemente, attestandosi al di sopra della media europea;
per contrastare gli effetti della crisi e rilanciare l'economia del nostro Paese è necessario consolidare il sistema produttivo ed intervenire in modo forte e concreto a sostegno del mercato del lavoro con azioni mirate rivolte soprattutto ai giovani, per i quali la situazione lavorativa, tra disoccupazione e precariato, diventa sempre più drammatica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare, d'intesa con le regioni e le autonomie locali, un piano programmatico straordinario che, puntando sulla qualità della formazione e delle competenze, favorisca l'avviamento al lavoro dei giovani disoccupati o in attesa di prima occupazione, utilizzando i fondi FAS e quelli afferenti al Fondo sociale europeo FSE, già precedentemente utilizzati per azioni di ristoro economico a favore dei lavoratori precari, onde far crescere l'occupazione giovanile e, soprattutto, rivitalizzare l'economia anche nei piccoli comuni del Mezzogiorno a rischio spopolamento.
9/4357-A/1.Mario Pepe (PD).

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame all'articolo 10, comma 7, al fine di dirimere un rilevante contenzioso in atto, chiarisce che al pagamento della doppia annualità di pensione di reversibilità ai superstiti delle vittime del terrorismo deve provvedere l'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica. Tale disposizione dà soluzione a uno dei problemi più volte posti all'attenzione del Parlamento ma ne lascia aperti altri già segnalati nei tavoli tecnici avviati dal Governo con le associazioni di categoria;
la legge 3 agosto 2004, n. 246, e successive modifiche e integrazioni, detta norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice; permangono ancora degli ostacoli che non consentono l'integrale riconoscimento dei diritti agli interessati;
tra le problematiche che ad oggi incidono sul pieno riconoscimento dei diritti alle vittime del terrorismo vi sono quelle relative alle prestazioni erogate o erogabili dagli enti previdenziali;
che il Governo ha accolto, su analoga materia gli ordini del giorno 9/03209-BIS-A-R/002 del 9 giugno 2010 e 9/03778-A/007 del 19 novembre 2010,

impegna il Governo

ad adottare, tenendo conto delle esigenze di finanza pubblica, ulteriori iniziative normative, anche di coordinamento e semplificazione degli adempimenti amministrativi, allo scopo di risolvere quelle problematiche che ancora oggi si frappongono al pieno riconoscimento dei diritti delle vittime e dei loro familiari, evitando così il protrarsi dei disagi per i soggetti interessati e salvaguardando il ruolo delle istituzioni.
9/4357-A/2.Cazzola.

La Camera,
considerato che:
l'articolo 22-ter, comma 3, decreto-legge n. 78 del 2009, così come modificato dal decreto-legge n. 78 del 2010 convertito, con legge n. 122 del 2010, prevede che le economie derivanti dall'innalzamento dell'età pensionabile delle lavoratrici della Pubblica amministrazione confluiscano nel Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni;
il decreto-legge n. 78 del 2010 ha disposto che tali risorse devono essere destinate «per interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non auto sufficienza e all'esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici»;
la legge finanziaria 2010 (articolo 2, comma 129, secondo periodo, legge n. 191 del 2009) ha previsto che le disponibilità del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale «sono ridotte di 120 milioni di euro per l'anno 2010» - riduzione pari all'intero ammontare per il 2010 delle economie derivanti dall'innalzamento dell'età pensionabile delle lavoratrici della Pubblica amministrazione - a copertura dei maggiori oneri derivanti da provvedimenti nel settore sanitario, per il rimborso ai comuni del minor gettito derivante dall'abolizione dell'Ici sull'abitazione principale e per il finanziamento del Fondo per la non autosufficienza;
la legge di stabilità 2011 (articolo 1, comma 53, legge n. 220 del 2010) ha previsto che la dotazione del citato Fondo strategico siano ridotte di 242 milioni di euro anche per il 2011 - riduzione pari all'intero ammontare per il 2011 delle economie derivanti dall'innalzamento dell'età pensionabile delle lavoratrici della Pubblica amministrazione - a coperture di numerosi interventi fra i quali non sono previste misure di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici;
il Programma nazionale di riforma (PNR), nel prevedere interventi a favore della conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici - in particolare in attuazione del programma per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro «Italia 2020» e dell'avviso comune tra le parti sociali, siglato al Ministero del lavoro, sulle misure a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro - non fa alcun riferimento all'utilizzazione per queste finalità delle risorse del citato Fondo strategico espressamente destinate dalla legge per il finanziamento di interventi dedicati alla non auto sufficienza e all'esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici;
il PNR fa riferimento alla modifica del regime previdenziale delle donne che lavorano nell'Amministrazione pubblica unicamente per sottolineare che «la misura dovrebbe favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso l'allungamento delle loro carriere nel settore pubblico», senza neppure evocare che le economie derivanti sono state destinate alle misure per la conciliazione tra lavoro e cura della famiglia,

impegna il Governo

a integrare il Programma nazionale di riforma con l'indicazione degli interventi dedicati alla non auto sufficienza e all'esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici che s'intendono realizzare con le disponibilità del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale espressamente vincolate a queste finalità;
a prevedere che gli interventi per la conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare siano rivolti a potenziare tutte le tipologie di servizi di assistenza per l'infanzia e per le persone non autosufficienti, a incentivare la flessibilità dell'orario di lavoro e di tutte le altre misure volte a introdurre nuove modalità organizzative e gestionali dei tempi di lavoro family friendly, a facilitare l'uso del part-time volontario e a introdurre il voucher universale per i servizi alla persona a partire dalle buone pratiche già in uso in Italia e in altri paesi europei, anche per ridurre il fenomeno del lavoro irregolare largamente diffuso in questo settore;
a reintegrare la dotazione del citato Fondo utilizzata per fini diversi nel 2010 e nel 2011; a favorire interventi legislativi volti ad incrementare le detrazioni fiscali per carichi di famiglia in favore delle donne lavoratrici, al fine di configurare alcuni strumenti di politica fiscale specificamente mirati a favorire una partecipazione, quantitativamente e qualitativamente più elevata, delle donne al mondo del lavoro;
a disporre che il ministro del lavoro e delle politiche sociali presenti alle Camere entro il 31 ottobre 2011 un dettagliato programma pluriennale sugli interventi dedicati alla non autosufficienza e alla esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici con l'indicazione delle dotazioni del Fondo citato che saranno utilizzate a tal fine in ciascuna annualità.
9/4357-A/3.Beltrandi, Mecacci, Farina Coscioni, Baretta, Bernardini, Mosca, Golfo, De Micheli, Ghizzoni, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, in base alle nuove regole di governance europea, introduce le prime disposizioni urgenti per l'economia, nel rispetto delle scadenze temporali previste dal Documento di economia e finanza;
il decreto-legge in particolare, attuativo di talune parti del Programma nazionale di riforma, allegato al Documento di economia e finanza, rappresenta inoltre il primo di una serie di provvedimenti, che verranno presentati nei prossimi mesi, che non avranno impatto sulla finanza pubblica che rappresenteranno importanti misure per i cittadini, nella consapevolezza che l'unica via d'uscita dall'attuale situazione di crisi è la crescita dell'economia e più specificatamente delle imprese e della produzione di beni;
in una fase economica fragile, come quella attuale, che coinvolge non soltanto il nostro Paese, ma bensì l'intero continente, risulta conseguentemente determinante sostenere i singoli contribuenti e le imprese attraverso iniziative volte a semplificare gli adempimenti dei contribuenti, nell'accedere alla rateizzazione delle somme dovute a seguito del controllo delle dichiarazioni fiscali;
l'articolo 7, comma 2, lettera u) e v) introduce infatti significative disposizioni volte a modificare la disciplina vigente proprio per le finalità predette, attraverso alcune modifiche all'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 462 del 1997, con l'intento di favorire la rateizzazione dei debiti tributari, come peraltro suesposto, semplificando gli adempimenti dei contribuenti che intendono accedere alla dilazione dei pagamenti delle somme dovute, a seguito del controllo delle dichiarazioni fiscali;
i sistemi creditizio e fiscale, oltre che contributivo, rappresentano per le imprese agricole in particolare, le principali cause di difficoltà cui quotidianamente sono costrette a fronteggiare per salvaguardare la propria attività aziendale;
la rilevanza che il comparto agricolo riveste per l'intera economia italiana è tale, che occorrono interventi mirati volti a tutelare le aziende del settore agricolo, afflitte da elevate percentuali di indebitamento che alimentano in questo periodo la progressiva chiusura di attività,

impegna il Governo

ad introdurre, attraverso un ulteriore intervento legislativo, che preveda una moratoria per allentare il fermo amministrativo, previsto dall'articolo 86 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, a favore delle imprese agricole che versano in situazioni finanziarie di particolare e comprovata difficoltà, consentendo ad esse lo stesso trattamento per le imprese aventi natura commerciale.
9/4357-A/4.Nastri.

La Camera,
premesso che:
nel corso della conversione del decreto in esame sono stati soppressi i primi tre commi dell'articolo 3 riferiti al demanio marittimo;
la soppressione è avvenuta non certo perché non occorresse dare regolamentazione al regime concessorio riferito a spiagge, arenili, ecc. ma perché la materia, essendo molto complessa, con forti legami con la normativa europea, necessitava di maggior approfondimento e massima condivisione difficile da realizzare in fase di conversione;
occorre individuare i passaggi successivi dopo la soppressione dei tre commi, tenendo conto degli elementi che seguono;
con la legge n. 25 del 2010, è stata posticipata al 2015 la validità delle concessioni in essere nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative;
tale proroga non ha però risolto completamente il problema in quanto, oltre a modificare il codice della navigazione come fatto con la legge n. 25 del 2010, occorreva anche modificare le procedure di rinnovo automatico (decreto-legge n. 400 del 1993, articolo 1, comma 2);
solo dopo questo passaggio la data del 31 dicembre 2015 potrà considerarsi definitiva;
è pertanto urgente procedere alla approvazione delle modifiche per la chiusura definitiva della procedura di infrazione europea. La norma è già contenuta nel testo del disegno di legge comunitaria per il 2010 trasmesso dal Senato ed all'esame di questa Camera (articolo 21 Testo Senato dell'AC 4059-A);
il Senato, nella seduta del 13 aprile 2011 ha approvato una mozione con l'adesione di tutti i gruppi che impegna il Governo ad esperire i passaggi necessari affinché il settore dei servizi balneari per la sua unicità e originalità, per le funzioni di sicurezza e tutela che svolge possa essere escluso dalle direttive servizi 2006/23/CE;
il decreto legislativo n. 59, di recepimento della direttiva medesima prevede la sua verifica e revisione entro il 28 dicembre 2011;
la materia delle concessioni marittime-balneari necessita di una legge quadro che sappia tenere insieme gli interessi degli operatori e dei consumatori rispettando la coerenza con la normativa nazionale ed europea;
il settore balneare è l'asse portante del nostro turismo e dell'offerta alberghiera, occupa oltre 30.000 operatori e rappresenta il servizio essenziale per la qualità della nostra offerta turistica;
è strategico, per la crescita economica del Paese e per la qualità dell'offerta che la normativa favorisca gli investimenti nel comparto;
l'incertezza sulla definitiva regolamentazione inibisce gli investimenti necessari e qualsiasi ipotesi di regolamentazione deve favorire e tutelare gli investimenti effettuati prevedendo e regolamentando gli oneri di indennizzo del valore commerciale delle aziende a carico degli eventuali operatori subentranti oltre ai numerosi altri aspetti della materia che necessitano di essere regolati,

impegna il Governo

a favorire, per quanto di competenza, la sollecita approvazione della legge comunitaria 2010 che già contiene nel testo Senato la norma necessaria alla definitiva chiusura della infrazione europea rendendo così effettivo il termine del 31 dicembre 2015 per la validità delle concessioni in essere;
ad esperire in sede europea le procedure per l'esclusione del settore balneare della direttiva servizi comprendendo la materia nel decreto di revisione e verifica da emanarsi al più presto e comunque non oltre il 28 dicembre 2011 come previsto;
a riprendere al più presto il lavoro del tavolo tecnico costituito presso il Ministero delle politiche regionali al fine di predisporre un disegno di legge quadro del settore da sottoporre all'approvazione delle Camere.
9/4357-A/5.Vannucci, Mariani, Favia, Sani.

La Camera,
premesso che:
il regolamento di attuazione del codice della strada di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, stabilisce, agli articoli dal 9 al 20, una serie di disposizioni finalizzate a regolamentare il trasporto eccezionale, ossia il trasporto di merci su strada, che eccede i limiti di sagoma o di massa dettati rispettivamente dagli articoli 61 e 62 del codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
le norme sono evidentemente dettate prevalentemente dall'esigenza di contemperare la necessità di trasportare beni di straordinaria forma e dimensioni con quella di garantire la massima sicurezza delle sedi stradali interessate, nonché di ridurre al minimo i disagi e i problemi per la circolazione;
l'attuale formulazione risulta però caratterizzata da un'eccessiva rigidità, creando inutili problemi e difficoltà agli operatori del settore, attraverso procedure autorizzative complesse e farraginose, che - senza produrre alcun vantaggio su sicurezza e scorrevolezza delle strade - moltiplicano senza ragione gli adempimenti burocratici,

impegna il Governo

a modificare il regolamento di attuazione del codice della strada con l'obiettivo di semplificare il quadro prescrittivo, senza alterare l'efficacia in tema di sicurezza e governo dei flussi di percorrenza, intervenendo sui seguenti articoli:
all'articolo 13, introdurre una maggiore elasticità per le autorizzazioni di carattere periodico, per le autorizzazioni multiple e per le autorizzazioni singole;
in particolare, per quanto concerne l'autorizzazione periodica, sopprimere le lettere c) e d) del comma 2 e renderla possibile anche qualora sia necessaria la scorta tecnica, aumentare la larghezza massima dei veicoli che percorrono le strade di tipo B a 2,55 metri; eliminare il divieto di. rilascio per alcune categorie di veicoli sulle strade di tipo A;
all'articolo 14, riformulare le procedure relative alle domande di autorizzazione, semplificando le modalità di presentazione ed introducendo la possibilità della trasmissione per via telematica e rendendo più razionale il sistema;
all'articolo 15, snellire i meccanismi per il rinnovo e la proroga delle autorizzazioni;
all'articolo 16, rivedere l'iter per il rilascio del provvedimento di autorizzazione, tenendo conto delle criticità riscontrate fino ad ora;
all'articolo 17, innalzare il periodo massimo di durata dalle autorizzazioni;
all'articolo 18, prevedere l'uniformazione per tutto il territorio nazionale degli oneri di indennizzo relativi alle autorizzazioni;
ad intraprendere, per una più attenta valutazione delle problematiche, una fruttuosa interlocuzione con i rappresentanti delle associazioni di categoria.
9/4357-A/6.Velo.

La Camera,
premesso che:
quello dell'energia pulita e delle fonti rinnovabili è un settore in grandissima espansione che occorre guardare con un orizzonte temporale che vada ben oltre il 2020, data che fissa gli obiettivi internazionali che il nostro Paese, insieme agli altri, è chiamato a raggiungere e cioè quello di arrivare al traguardo del 20 per cento dell'energia ottenuta da fonti rinnovabili;
il recente esito referendario ha peraltro nettamente definito la contrarietà degli italiani alla installazione di centrali nucleari nel nostro Paese, per il quale adesso si impone un nuovo futuro energetico che lo liberi dalla dipendenza dai combustibili fossili e dal nucleare;
il Governo è oramai chiamato a rafforzare ed a sostenere la crescita delle fonti rinnovabili che rappresentano non soltanto un essenziale contributo ai bisogni energetici ma anche una fondamentale filiera di sviluppo imprenditoriale e occupazionale;
l'azione normativa del Governo degli ultimi mesi ha solo bloccato il settore che stenta a ripartire: la ripresa del settore infatti resta timida dopo mesi di blocco a causa della revisione degli incentivi prevista dal decreto sul cosiddetto quarto conto energia;
il 29 gennaio 2008 la Commissione europea ha lanciato il «Covenant of Mayors» (Patto dei Sindaci), nell'ambito di un'iniziativa nata per coinvolgere attivamente le città europee nel percorso verso la sostenibilità energetica ed ambientale, piano d'azione predisposto su base volontaria dai sindaci dei comuni europei e che ha l'ambizione di superare gli obiettivi formali fissati per l'UE al 2020;
l'articolo 26 della legge n 10 del 1991 recita testualmente che : «Negli edifici di proprietà pubblica o adibiti ad uso pubblico è fatto l'obbligo di soddisfare il fabbisogno energetico degli stessi favorendo il ricorso a fonti rinnovabili di energia». Gli enti locali divengono pertanto attori istituzionali chiamati a svolgere un ruolo essenziale in tutte le politiche energetiche di seguito introdotte;
gli enti locali divengono pertanto attori istituzionali chiamati a svolgere un ruolo fondamentale capace di imprimere un cambio di direzione di marcia nelle politiche energetiche sostenibili che progressivamente li portino a liberarsi dalla dipendenza delle fonti fossili;
il solare termico, l'eolico, i piccoli impianti idroelettrici, geotermici ed a biomasse, rappresentano tutti una generazione energetica capace di portare i comuni a una progressiva autonomia energetica consentendo loro di reinvestire quanto risparmiato in maggiore offerta di servizi ai cittadini;
politiche locali virtuose hanno necessità di investimenti, risorse finanziarie e piani di indirizzo nazionali che diano l'orientamento,

impegna il Governo

ad adottare nuove disposizioni normative atte a prevedere incentivi specifici per gli enti locali al fine di favorire la loro responsabilizzazione come attori delle politiche energetico-ambientali sul loro territorio ed il raggiungimento dell'autonomia energetica;
ad istituire, attraverso la Cassa depositi e prestiti, una linea di credito per agevolare il percorso degli enti locali verso l'autonomia energetica attraverso la costituzione, presso la gestione separata, di un Fondo denominato «Fondo per lo sviluppo delle energie rinnovabili», con una dotazione pari a 200 milioni di euro per gli anni 2011, 2012 e 2013, per concedere alle regioni, alle province ed ai comuni con un numero di abitanti inferiore a 10.000 abitanti, finanziamenti a tasso agevolato rimborsabili con un piano di rientro pluriennale, finalizzati allo sviluppo delle energie rinnovabili.
9/4357-A/7.Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo.

La Camera,
premesso che:
il comma 17 dell'articolo 4 del presente decreto novella l'articolo 5 del decreto legislativo n. 85 del 2010 in materia di cosiddetto federalismo demaniale mantenendo ferme, alla successiva lettera b), comma 5-ter, le disposizioni previste dall'articolo 2, comma 196-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, relative alle dismissioni di immobili militari;
lo scorso 4 marzo 2011 è stato presentato alla Corte costituzionale ricorso, dalla Regione siciliana, per la risoluzione del conflitto di attribuzione insorto tra la stessa e lo Stato per effetto dell'inclusione nell'elenco degli immobili in uso all'Amministrazione Difesa da assoggettare a procedure di alienazione, permuta, valorizzazione e gestione previste dall'articolo 14-bis, comma 3, del decreto- legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 5 dell'8 gennaio 2011 anche di immobili ubicati nel territorio della Regione siciliana di cui al decreto direttoriale n. 13/2/5/2010 dell'8 settembre 2010;
con tale decreto sono stati individuati, al fine del trasferimento al Patrimonio disponibile dello Stato, gli immobili in uso all'Amministrazione Difesa da assoggettare alle procedure di cui sopra;
nel predetto elenco figurano numerosi beni ubicati in Sicilia tra cui alcuni, quali il Faro Capo Mulini di Acireale (Catania) e l'ex carcere militare di Palermo che, in quanto beni d'interesse storico-artistico, erano a loro volta già inseriti negli elenchi favorevolmente esitati per il trasferimento alla Regione siciliana dalla Commissione paritetica nella seduta del 30 settembre 2010 ed inviati dalla stessa alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
tale ultima circostanza conferma, da parte degli organi statali, la spettanza alla Regione dei suddetti beni, per i quali è venuto meno l'uso a fini militari;
con lettera del 10 dicembre 2010 prot. 6056/Gab la Regione ha richiesto alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari regionali - il mantenimento negli elenchi degli immobili per i quali era stata sollevata l'eccezione di diverso utilizzo, ai sensi del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, evidenziando che, a norma dell'articolo 32 dello Statuto, tutti i beni del demanio dello Stato esistenti nella Regione sono a questa assegnati, con la sola esclusione di quelli che interessano la difesa dello Stato o servizi di carattere nazionale;
l'articolo 32 dello Statuto nel prevedere che: «I beni di demanio dello Stato, comprese le acque pubbliche esistenti nella Regione, sono assegnati alla Regione, eccetto quelli che interessano la difesa dello Stato o servizi di carattere nazionale» non collega l'assegnazione alla Regione ad una data determinata. Ne consegue che, venuta meno la condizione impeditiva dell'utilizzo per i fini istituzionali della difesa nazionale o per servizi di carattere nazionale, i beni del demanio statale entrano in ogni tempo a far parte del demanio della Regione;
in tal senso la Corte costituzionale ha già avuto modo di pronunciarsi in presenza di norme di tenore pressoché identiche contenute in altri Statuti regionali (c.c. n. 383 del 1991);
né una diversa soluzione può farsi discendere dalla differente formulazione dell'articolo 33 dello Statuto che assegna alla Regione, affinché ne costituiscano patrimonio, i beni non demaniali dello Stato oggi, ossia alla data di entrata in vigore dello Statuto, esistenti nel territorio regionale. Anche a voler ammettere che i beni non più destinati all'utilizzo militare non possano transitare al demanio regionale perché privi del carattere della demanialità, gli immobili in questione risulterebbero egualmente di spettanza regionale dovendo allora gli stessi, in quanto beni statali già esistenti nel territorio della Regione alla data di entrata in vigore dello Statuto, essere trasferiti se non al demanio al patrimonio della Regione medesima;
si devono inoltre evidenziare gli ulteriori benefici derivanti alla collettività da tali trasferimenti, soprattutto in termini di riqualificazione urbana ed occupazione. Il mancato trasferimento di tale patrimonio immobiliare indebolisce fortemente la portata del federalismo, sottraendo beni il più delle volte in buono stato di conservazione che, per effetto della loro posizione nelle aree urbane potrebbero facilmente essere valorizzati;
il Ministero della difesa ha tuttavia proceduto, in data 8 gennaio 2011, alla pubblicazione dell'elenco dei beni individuati per la loro alienazione, permuta, valorizzazione e gestione allegato al decreto direttoriale in questione senza stralciare il Faro Capo Mulini di Acireale (Catania) e l'ex Carcere militare di Palermo ma aggiungendo altri beni esistenti in Sicilia per un totale complessivo di undici immobili siti nella Regione,

impegna il Governo

a prevedere un intervento normativo finalizzato ad espungere da tale elenco tutti i beni siti in Sicilia, non potendo lo Stato disconoscerne il trasferimento alla Regione, in quanto la procedura posta in essere dal Ministero della difesa viola le prerogative previste dagli articoli 32 e 33 dello Statuto, nonché il principio di leale collaborazione cui devono informarsi i rapporti tra lo Stato e la Regione.
9/4357-A/8.Commercio, Lo Monte, Latteri, Lombardo.

La Camera,
premesso che:
l'applicazione dei pedaggi sulle autostrade e sui raccordi autostradali affidati alla gestione diretta di ANAS S.p.A., di cui all'articolo 15, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, introduce un onere eccessivo per i pendolari che utilizzano regolarmente, senza reali alternative, autostrade e raccordi gestiti dall'ANAS,

impegna il Governo

ad adottare, in coerenza con ordini del giorno già approvati dalla Camera dei deputati, adeguate iniziative normative volte a prevedere misure di esenzione dal pagamento dei suddetti pedaggi sui raccordi autostradali e le tangenziali, a diretta gestione ANAS, interessate da un traffico prevalentemente urbano e di pendolari.
9/4357-A/9.Proietti Cosimi, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento reca disposizioni riguardanti la semplificazione fiscale, prevedendo tra l'altro che, al fine di ridurre il peso della burocrazia gravante sulle imprese sui contribuenti, il controllo amministrativo in forma d'accesso da parte di qualsiasi autorità competente può essere operato al massimo con cadenza semestrale e non può durare più di quindici giorni;
in particolare l'articolo 7 prevede che i controlli amministrativi effettuati dagli organi del Ministero dell'economia e delle finanze, della Guardia di finanza e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali devono essere unificati ed avere una cadenza semestrale, al fine di evitare il succedersi di sopralluoghi effettuati dai vari organi di vigilanza;
viene disposto altresì che la durata dell'accesso nelle aziende più piccole (in contabilità semplificata) non può superare i 15 giorni;
la difficile congiuntura economica degli ultimi anni ha gravemente penalizzato le piccole e medie imprese (PMI) che oggi segnalano lenti fattori di ripresa e che rappresentano importanti tasselli del sistema economico e produttivo del Paese;
una maggiore libertà e uno snellimento a livello burocratico rappresentano indubbiamente un importante passo avanti per attuare un sostegno efficace a tale settore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare ulteriori modalità applicative in materia di attività ispettiva da parte delle autorità competenti nei confronti delle piccole e medie imprese, per aiutare le medesime ed evitare inutili ostacoli burocratici, prevedendo che tali attività intralcino il meno possibile il prosieguo dell'attività economica delle piccole e medie imprese.
9/4357-A/10.Garagnani.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 8, comma 10 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia, introduceva, nella versione originale approvata dal Governo, norme specifiche per salvaguardare quelle aziende che producevano e commercializzavano opere di disegno industriale riconosciute di pubblico dominio prima del 19 aprile 2001;
l'articolo sopracitato aveva l'obiettivo di risolvere una vicenda che si protraeva ormai da alcuni mesi: se con l'articolo 19, comma 6, della legge n. 99 del 23 luglio 2009, (resa necessaria per colmare un vuoto normativo verificatosi con il recepimento, nell'ordinamento nazionale, della direttiva comunitaria 98/71/CE relativa al diritto d'autore e tutela brevettuale dell'industrial design) era stata infatti confermata, per le aziende, la legittimità di fabbricare e commercializzare opere di disegno industriale riconosciute di pubblico dominio prima del 19 aprile 2001, soltanto alcuni mesi dopo con l'articolo 123 del decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010, («Modifiche al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, recante il codice della proprietà industriale, ai sensi dell'articolo 19 della legge 23 luglio 2009, n. 99») veniva sancito, al contrario, che il diritto d'autore dovesse essere esteso anche «alle opere del disegno industriale che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, erano, oppure erano divenute di pubblico dominio»;
tale disposizione stravolgeva quindi l'intero sistema normativo nazionale relativo al comparto produttivo dell'industrial design, rischiando di mettere in crisi le aziende del settore, quasi esclusivamente piccole e medie imprese (peraltro già duramente colpite dagli effetti della crisi economica internazionale), e conseguentemente migliaia di posti di lavoro; con tale normativa le aziende non potevano infatti più produrre prodotti di design fino ad oggi ritenute di «pubblico dominio»;
le imprese interessate sono infatti circa 700 (dislocate in numerosi distretti produttivi), occupano circa 13.500 addetti, con un fatturato di circa 950 milioni di euro annui;
le associazioni di categoria, la Regione Toscana, gli enti locali e iniziative parlamentari tematiche (nello specifico l'interrogazione a risposta in Commissione attività produttive della Camera dei deputati numero 5-03523 a prima firma dell'on. Rolando Nannicini) hanno sottolineato, tra l'altro, come il decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010, presentasse evidenti profili di incostituzionalità: la norma in oggetto ha infatti un effetto retroattivo in quanto il Governo avrebbe legiferato al di fuori degli ambiti della legge delega conferita dal Parlamento stesso, modificando sostanzialmente i contenuti dell'ordinamento vigente in materia;
va segnalato, in questo contesto, che la sentenza della Corte di Giustizia CE del 27 gennaio 2011 (nella causa per rinvio pregiudiziale C-168/09) che ha definitivamente chiarito che «ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 98/71 solo un disegno o modello che sia stato oggetto di una registrazione in uno Stato membro o con effetto in uno Stato membro, in conformità delle disposizioni di tale direttiva, può beneficiare, ai sensi della medesima, della protezione concessa dalla normativa sul diritto d'autore di tale Stato membro». I disegni e modelli «che erano di pubblico dominio a causa della mancata registrazione non rientrano nell'ambito di applicazione di tale articolo» (cfr. punto nn. 29 e ss. della sentenza);
in seguito a tali indicazioni e sollecitazioni il Governo stesso (anche nella risposta alla interrogazione sopracitata numero 5-03523, in data 2 dicembre 2010 con il resoconto del sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia) ha ribadito la volontà di «valutare l'opportunità di inserire un'apposita modifica legislativa che possa essere approvata nell'ambito dei provvedimenti legislativi di fine anno»;
risulta del tutto evidente come l'insieme delle imprese interessate operi da decenni in un ambito di totale e pieno rispetto delle norme in vigore e contribuisce al buon nome del Made in Italy con produzioni di qualità, con professionalità, competenze, creatività, caratterizzando interi distretti industriali;
l'attuale incertezza normativa sta provocando numerose cause giudiziarie che coinvolgono aziende in tutto il Paese. Cause giudiziarie che sono ad oggi ristrette nel solo ambito del disegno industriale dell'arredamento ma che potrebbero riguardare in futuro altri settori chiave dell'economia, dell'industria e dell'occupazione italiana come ad esempio l'oggettistica, la pelletteria, la moda, la meccanica,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di emanare, in tempi brevi, nel prossimo provvedimento utile una norma che possa modificare i contenuti restrittivi e soprattutto gli effetti retroattivi introdotti dall'articolo 123 del decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010, (alla luce dei contenuti della sentenza della Corte di Giustizia CE, dei citati profili di incostituzionalità della normativa vigente in materia e per salvaguardare i livelli produttivi ed occupazionali delle imprese del settore), permettendo nuovamente alle aziende di produrre prodotti di design fino ad oggi considerati di «pubblico dominio».
9/4357-A/11.Cenni, Nannicini, Fluvi.

La Camera,
premesso che:
nel decreto-legge in discussione si è affrontato il tema degli organici della scuola prevedendo, dentro gli obiettivi programmati di finanza pubblica, un piano triennale di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente, educativo ed ATA, per gli anni 2011-2013, sulla base dei posti vacanti e disponibili di ciascun anno;
tutto ciò dimostra l'attenzione dell'attuale maggioranza sui temi della scuola e punta a migliorare e qualificare il servizio scolastico nel nostro Paese;
ciò nonostante è stato escluso da tale possibilità il personale docente, tecnico e amministrativo delle istituzioni di alta formazione e specializzazioni artistica e musicale (AFAM) che pure svolge, spesso in situazioni difficili, un prezioso lavoro di formazione nel nostro Paese,

impegna il Governo

ad attivarsi, nei tempi più rapidi possibili, al fine di eliminare l'oggettiva discriminazione che si è venuta a creare nei confronti del personale AFAM, affinché anche per coloro che operano nel campo dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale sia prevista la norma in oggetto e la possibilità, conseguentemente, di potere sperare in assunzioni a tempo indeterminato.
9/4357-A/12.Iannaccone, Belcastro, Porfidia, Vannucci.

La Camera,
premesso che:
il Governo, nella seduta del 25 febbraio 2011, aveva accolto l'ordine del giorno n. 9/4086/263 a prima firma dell'on. Scilipoti, nel quale si richiedeva di valutare, in tempi brevi, l'opportunità di intervenire, anche attraverso eventuali interventi normativi a tutela degli interessi legittimi dei cittadini, negli eventuali contenziosi con gli istituti bancari, affinché l'interpretazione data all'articolo 2, comma 61, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, in merito all'articolo 2935 del codice civile non si configurasse come un danno nei confronti dei cittadini medesimi;
tale richiesta trovava la sua ragione d'essere nella norma interpretativa di cui sopra che potrebbe determinare la riduzione dei termini di prescrizione a favore dei soli istituti bancari a danno dei diritti che possono essere invece fatti valere da tutti i cittadini utenti (imprese e consumatori) anche nei confronti dei medesimi istituti bancari, per i rapporti creditizi in conto corrente,

impegna il Governo

ad avviare un tavolo di concertazione tra l'Associazione bancaria italiana e le associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale aventi i requisiti elencati al comma 2 dell'articolo 137 del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, allo scopo di concordare un intervento normativo come sopra prospettato da sottoporre, nel caso, per le necessarie valutazioni ed approvazione nel contesto della prossima manovra di assestamento di bilancio;
a verificare la possibilità, in tale atto normativo, di introdurre norme atte a:
salvaguardare tutti i diritti nascenti dai rapporti bancari instaurati prima del 26 febbraio 2011 data d'entrata in vigore della legge di conversione n. 10, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225;
definire le modalità, in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente, necessarie per addivenire ad accordi transattivi quadro tra l'Associazione bancaria italiana e le associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale, aperti all'adesione delle banche e degli utenti o loro rappresentanti, e volti ad agevolare la risoluzione di criticità riferibili a rapporti posti in essere prima e dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione n. 10 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225.
9/4357-A/13.Scilipoti.

La Camera,
premesso che:
la disoccupazione è uno dei temi più scottanti in Italia tenuto conto in questi ultimi anni della pesantissima crisi economica;
i dati sulla disoccupazione giovanile e femminile ci dicono quanto la piaga della disoccupazione sia dilagante nel nostro Paese e in particolare nelle regioni meridionali indicate come aree svantaggiate;
il tasso di disoccupazione nel 2010 è stato dell'8,4 per cento contro il 7,9 per cento dell'anno precedente;
desta preoccupazione la percentuale dei disoccupati nella fascia di età compresa tra i 15 ed i 24 anni cresciuta nell'ultimo quadrimestre del 2010 fino a raggiungere al 29,8 per cento, un incremento notevole se raffrontato al 27,9 per cento dell'ultimo trimestre del 2009;
al Sud il 42,4 per cento della popolazione femminile tra i 15 e i 24 anni è disoccupata, in pratica una ragazza su due;
i dati relativi alla disoccupazione giovanile e femminile in particolare nel Sud non sono di quelli capaci di dare ai giovani una prospettiva futura, semmai vengono spinti ad emigrare in altri Paesi europei;
la diminuzione di occupazione è concentrata nella fascia dei giovani, nel solo 2009 più della metà dei giovani che hanno perso il posto di lavoro era concentrata al Sud dove infatti gli occupati nella fascia 15-35 anni sono diminuiti di 175.000 unità;
nel periodo 2004-2009 gli occupati con meno di 35 anni, secondo il rapporto Svimez 2010 si sono ridotti del 15 per cento;
appare evidente a tutti che senza un piano straordinario finalizzato alla occupazione giovanile non può esserci ripresa economica nel nostro Paese né si può far uscire dal degrado del lavoro nero e dalla morsa della criminalità migliaia di giovani che si vedono senza prospettive,

impegna il Governo

a predisporre un piano straordinario finalizzato all'incremento dell'occupazione giovanile nelle regioni «Obiettivo convergenza» finanziato in tutto o in parte dai fondi per le aree sottoutilizzate, che consenta non solo di offrire una occupazione stabile ai giovani meridionali ma sia da traino alla ripresa economica dell'intero Paese.
9/4357-A/14.Porfidia, Iannaccone.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 70 del 2011 prevede all'articolo 4, comma 17, lettera b), capoverso 5-ter, la non operatività di quanto previsto dal precedente capoverso 5-bis del citato articolo 4, sub-b), qualora gli accordi o le intese avessero già avuto attuazione anche parziale, senza indicare cosa si intenda per «parziale attuazione»;
le amministrazioni pubbliche regolano i loro rapporti esclusivamente attraverso atti formali, ed eventuali procedimenti amministrativi unilaterali attivati dalle parti non possono essere considerati come una «attuazione parziale dei protocolli o delle intese», essendo questi propedeutici alla attuazione del protocollo (altrimenti per assurdo anche il solo inserimento all'interno del repertorio dei documenti dell'amministrazione interessata, attraverso l'emissione di semplice numero di protocollo sarebbe considerato atto propedeutico e quindi parziale attuazione dell'intesa, come pure la perizia fatta da uno degli enti sui beni, le procedure per le eventuali varianti urbanistiche necessarie, ecc);
va quindi considerata avvenuta «un'attuazione, anche parziale, dei protocolli e delle intese» solo per quegli atti formali che si sono concretati attraverso adempimenti bilateralmente sottoscritti a seguito dei protocolli o delle intese originarie;
per analogia, quando in un protocollo fossero identificati più beni la citata norma andrebbe applicata solo a quelli per i quali sono riscontrabili atti formali con adempimenti bilaterali (per esempio la sottoscrizione del preliminare di compravendita per uno dei beni compresi ma non per gli altri, ecc.);
all'ultimo capoverso dell'articolo 4, comma 17, sub-b), «5-bis», si stabilisce che la cessazione dell'efficacia degli accordi debba essere senza effetti sulla finanza pubblica, il che, se per effetti sulla finanza pubblica si intende che eventuali somme già versate non vadano restituite all'ente territoriale ciò avrebbe significato, mentre se si dovesse intendere anche la perdita di introiti presunti derivanti dalla valorizzazione dei beni, si dovrebbe tenere conto che l'intesa è sottoscritta tra lo Stato e gli enti territoriali, che sono ambedue attori della finanza pubblica, quindi appare palese che se con il trasferimento del bene si cancella il suo valore dal patrimonio dello Stato, questo è compensato dalla iscrizione al patrimonio dell'ente territoriale, producendosi di fatto un effetto nullo sulla «finanza pubblica»;
l'attribuzione dei beni ricompresi nelle intese come stabilito dall'articolo 4, comma 18, del decreto-legge n. 70 del 2011, in sede di prima applicazione, parte dalla ricognizione dell'Agenzia del demanio e dalla successiva richiesta, entro il termine di trenta giorni, da parte dell'ente che ha sottoscritto l'intesa o l'accordo, a seguito di uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri;
il procedimento (almeno in sede di prima applicazione prevista all'articolo 4, comma 18, del decreto-legge n. 70 del 2011, per i soli soggetti che sono firmatari originali degli accordi) si attua ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo n. 85 del 2010, ma con le modalità previste dal comma 18 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 70 del 2011, con una procedura più snella rispetto a quella prevista dall'articolo 3, comma 3, cui il citato comma 4 del decreto legislativo n. 85 del 2010 fa riferimento, evidenziando che se si fosse voluto attribuire il medesimo iter anche per questi beni, ovvero ricognizione dei beni, concertazione con gli enti, l'inserimento dei beni negli elenchi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, richiesta di attribuzione e successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per attribuzione degli stessi, tale articolo sarebbe stato del tutto inutile, qui invece appare evidente, la volontà, di semplificazione e rapidità nell'assegnazione di tali beni a suo tempo già considerati trasmissibili seppure a titolo oneroso,

impegna il Governo

a considerare «attuazione, anche parziale, dei protocolli e delle intese», solo quegli atti formali che riguardanti i singoli beni inclusi nei protocolli, sono avvenuti attraverso adempimenti bilateralmente sottoscritti seguiti ai protocolli o alle intese originarie, come previsto dal all'articolo 4, comma 17, sub-b), 5-ter del decreto-legge n. 70 del 2011;
a considerare come nulli gli effetti sulla finanza pubblica di cui all'ultimo capoverso dell'articolo 4, comma 17, sub-b) «5-bis», quelli derivanti dal mero trasferimento della proprietà del bene, fatto salvo la eventuale non retrocessione delle somme già versate, in quanto la cancellazione di un bene dal patrimonio dello Stato è compensato dalla iscrizione al patrimonio dell'ente territoriale firmatario dell'intesa, ambedue soggetti di «finanza pubblica»;
a specificare che almeno in sede di prima applicazione, quanto previsto dall'articolo 4, comma 18, del decreto-legge n. 70 del 2011, è una procedura di assegnazione di beni già considerati trasmissibili, seppure a titolo oneroso, in modo snello, e che si attua ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo n. 85 del 2010, ma con le modalità previste dal comma 18, dell'articolo 4, del decreto-legge n. 70 del 2011, e non in riferimento a quanto previsto dall'articolo 3, comma 3, cui il citato comma 4 del decreto legislativo n. 85 del 2010 si riferisce.
9/4357-A/15.Grassano, Saglia, Misiani.

La Camera,
premesso che:
il comma 19, dell'articolo 4 del disegno di legge in esame prevede che, a decorrere dal bilancio relativo al 2010, i contributi in conto capitale autorizzati in favore di ANAS S.p.A. ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge n. 138 del 2002, ad eccezione di quelli già trasformati in capitale sociale, possano essere considerati quali contributi in conto impianti, secondo la disciplina di cui all'articolo 1, comma 1026, della legge n. 296 del 2006 (Finanziaria 2007). Tali contributi sono, pertanto, finalizzati alla realizzazione di investimenti;
ripetutamente, nel recente passato, il Governo è intervenuto per far fronte agli ingenti costi di investimento e di manutenzione straordinaria e di gestione delle autostrade e dei raccordi autostradali dell'ANAS; in particolare con l'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2010, e successive modificazioni e integrazioni, è stata introdotta l'applicazione di un pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas spa a far data dal 1o maggio 2011, previa adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per individuare le tratte ed i raccordi autostradali in gestione diretta ANAS da assoggettare a pedaggio;
le disposizioni del decreto-legge n. 78 del 2010 sono state applicate in fase transitoria, a partire dal 1o luglio 2010, con una maggiorazione tariffaria forfetaria del pedaggio riscosso ai caselli delle autostrade in concessione che si interconnettono con la rete autostradale gestita da ANAS (un euro per le classi di pedaggio A e B e di due euro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5) poi sospesa dai ricorsi al giudice amministrativo avverso il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 giugno del 2010 da parte delle province di Roma, Pescara e Rieti; il Tar del Lazio ha, infatti, riconosciuto fondato il motivo di ricorso circa la necessità che il pedaggio sia riscosso per l'effettiva percorrenza delle infrastrutture autostradali gestite da ANAS e non mediante una stima della loro utilizzazione, affermando quindi che il pedaggio deve essere inteso come il corrispettivo di un servizio e non come una tassa che colpisce il cittadino a prescindere dall'effettivo utilizzo di un'infrastruttura;
il Consiglio di Stato ha successivamente confermato la sentenza del TAR precisando, peraltro, che la decisione «deve essere interpretata nel senso di riferirsi non all'intero territorio nazionale, ma solo ai singoli segmenti stradali interessanti gli ambiti spaziali degli enti territoriali ricorrenti»;
il provvedimento di maggiorazione tariffaria ha continuato, quindi, ad essere pienamente operativo presso le stazioni di esazione delle autostrade (autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta ANAS) in collegamenti stradali e autostradali di rilevanza strategica nel resto del Paese fino al 4 agosto scorso, data in cui l'Anas ha opportunamente disposto la sospensione della maggiorazione tariffaria presso tutte le società concessionarie;
la prevista introduzione del pedaggio, infatti, produce ricadute negative per la popolazione residente e per le economie locali, soprattutto laddove non esistono, nel sistema viario territoriale, strade funzionali alternative; di conseguenza il pedaggio penalizza migliaia di cittadini che ogni giorno sono costretti a spostarsi lungo l'asse viario interessato dal pedaggio. Secondo il calcolo delle associazioni dei consumatori l'introduzione del pedaggio sui raccordi autostradali costerebbe mediamente 600 euro annui ai lavoratori pendolari;
il Parlamento, con atti di indirizzo accolti dal Governo, lo ha impegnato ripetutamente a prevedere, in sede di redazione dello strumento attuativo, l'esclusione dal nuovo sistema di pedaggio di tratti e raccordi autostradali interessati da una significativa percorrenza dei pendolari o perlomeno a prevedere misure di agevolazione nei confronti dei cittadini residenti e delle imprese operanti sul territorio;
il Governo non ha, tuttavia, dato alcun seguito agli impegni già assunti, anzi, in occasione dell'esame del provvedimento cosiddetto «Milleproroghe» decreto-legge n. 225 del 2010, si è impegnato a «valutare l'opportunità di considerare l'eventualità di prorogare il termine per l'introduzione dei pedaggi dal 30 aprile 2011 al 31 dicembre 2011»;
inspiegabilmente 1'Anas Spa, nonostante il Governo non abbia ancora indicato le tratte da assoggettare a pedaggio, ha già pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale il bando di gara per la fornitura e messa in opera di un sistema di pedaggio senza barriere sulle autostrade ed i raccordi autostradali ANAS, e correlati servizi di manutenzione, gestione operativa del sistema di esazione e riscossione dei pedaggi che contiene l'elenco delle autostrade e dei raccordi autostradali Anas in cui verranno installati i nuovi sistemi di pagamento;
con l'articolo 25 della legge 29 luglio 2010, n. 120, sono state apportate alcune modifiche all'articolo 142 del codice della strada, in materia di limiti di velocità, in particolare sono stati inseriti tre commi aggiuntivi al fine di stabilire la destinazione dei proventi derivanti dall'accertamento delle violazioni ai limiti di velocità, eseguiti tramite apparecchi di rilevamento della velocità o dispositivi di controllo a distanza (autovelox);
tali proventi, secondo le nuove disposizioni sono attribuiti, per il 50 per cento all'ente proprietario della strada su cui è stato effettuato l'accertamento e per l'altro 50 per cento all'ente da cui dipende l'organo accertatore e sono destinati, prioritariamente, ad interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti, nonché al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale;
il medesimo articolo, al comma 3, stabilisce che le nuove disposizioni dell'articolo 142 del codice della strada, si applicano a decorrere dal primo esercizio finanziario successivo all'approvazione di un decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il ministro dell'interno, volto a definire le modalità di trasmissione in via informatica della relazione in cui sono indicati l'ammontare complessivo dei proventi derivanti dall'accertamento delle violazioni ai limiti di velocità e le modalità di versamento di tali risorse agli enti cui sono attribuite;
ad oggi tale decreto attuativo non è stato ancora emanato,

impegna il Governo

a recedere definitivamente dall'improvvida decisione di assoggettare a pedaggio le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta di Anas spa e a dare piena e concreta attuazione a quanto disposto con le citate modifiche dell'articolo 142 del codice della strada, che consentirebbe di destinare il 50 per cento dei proventi delle multe per il superamento dei limiti di velocità alla messa in sicurezza e manutenzione delle autostrade Anas.
9/4357-A/16.Meta, Iannuzzi, Mariani, Cenni, Ventura, Castagnetti, Lulli, Velo, Vico, Ginefra, Bonavitacola, Morassut, Lovelli, Esposito, Quartiani, Lolli, Ginoble, Martella, Rosato, Cardinale, D'Antoni, Laratta, Vannucci, Fiano, Tullo, Albonetti, Bratti, Trappolino, Luongo, Margiotta.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia, all'esame di questa Camera, reca, come si legge nei presupposti di necessità ed urgenza, «disposizioni finalizzate alla promozione dello sviluppo economico e della competitività del Paese, ...nell'attuale quadro di finanza pubblica, per il conseguimento dei connessi obiettivi di stabilità e crescita»;
l'attuale quadro finanziario, caratterizzato da un elevato livello sia del disavanzo, sia del debito pubblico, richiede un'assoluta coerenza nelle politiche di spesa e di sviluppo, di tal che interventi, che i presentatori del presente ordine del giorno ritengono comunque insufficienti, non siano vanificati da politiche di segno opposto;
la richiesta reiterata da parte dei Ministri Bossi e Calderoli di spostare la sede di alcuni Ministeri da Roma al Nord si pone in palese contrasto con gli obiettivi connessi di stabilità e di crescita per cui il decreto-legge in oggetto è stato emanato;
nessuna esigenza di carattere funzionale giustificherebbe, infatti, l'inutile e ingente sforzo finanziario conseguenti al trasferimento di alcuni Ministeri sul territorio nazionale;
la sola ipotesi di trasferire al Nord alcuni Ministeri ha inevitabilmente innescato analoghe e opposte richieste a favore di città del Mezzogiorno, in una rincorsa propagandistica che distoglie l'attenzione dai veri problemi strutturali del nostro Paese;
anche la semplice introduzione di sedi decentrate delle amministrazioni centrali, ipotizzata da alcuni esponenti della maggioranza, si pone in contrasto con le finalità di semplificazione e di riduzione degli oneri amministrativi in favore dei cittadini e delle imprese cui numerose disposizioni del provvedimento in esame sono ispirate;
tale decentramento, infatti, comporta il concreto rischio di una duplicazione di competenze e di sovrapposizione di attribuzioni e compiti, nonché di incertezza circa l'interlocutore pubblico cui il privato cittadino si deve rivolgere nel caso concreto;

considerato, peraltro, che:
la legge n. 42 del 2009, all'articolo 24, stabilisce un primo ordinamento transitorio per Roma capitale, ai sensi dell'articolo 114, terzo comma, della Costituzione, specificando, al comma 2, che l'ordinamento concesso alla città di Roma capitale è diretto «a garantire il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri, ivi presenti presso la Repubblica italiana, presso lo Stato della Città del Vaticano e presso le istituzioni internazionali»,

impegna il Governo

ad escludere ogni ipotesi di delocalizzazione dei Ministeri.
9/4357-A/17.Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Boccia, Lenzi, Giachetti, Quartiani, Rosato, Ghizzoni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 prevede l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa;
il comma 4, dell'articolo 1, del decreto-legge n. 125 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 163 del 2010 specifica che Anas «entro il 30 aprile 2011» debba provvedere alla realizzazione di impianti e sistemi occorrenti per il «pedaggiamento» di segmenti di infrastrutture viarie interconnesse con le autostrade;
le strade sottoposte a pedaggio dovranno essere inserite in un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal sopracitato articolo 15, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122;
i caselli interessati dall'applicazione del disposto di cui al citato articolo 15 sono: Roma Nord e Fiano Romano sull'A1; Roma Est, Lunghezza, Settecamini e Ponte di Nona sull'asse per l'Aquila; Roma Sud sull'Autostrada del Sole; Roma Ovest e Maccarese Fregene sulla Roma-Fiumicino; le altre stazioni italiane interessate dagli aumenti forfetari sono: Nocera (A3), Cava de' Tirreni (A3), San Gregorio (A18), Buonfornello (A20), Mercato S. Severino (A30), Avellino Est (A16), Firenze-Certosa (A1), Valdichiana (A1), Ferrara Sud (A13), Benevento (A16), Falchera (A55), Bruere (A55), Settimo Torinese (A55), San Benedetto del Tronto (A14), Chieti-Pescara (A25), Pescara Ovest Chieti (A14), Lisert (A4);
in particolare, un eventuale pedaggio imposto su chi transita sul raccordo autostradale Bettolle Perugia (Valdichiana A1), che collega la A1 con la E45 attraversando le province di Siena, Arezzo e Perugia, e che è interessato da traffico prevalentemente urbano e con caratteristiche pendolari, aggraverebbe lo squilibrio viario umbro, oltre a drammatizzare una situazione economica già molto difficile per i cittadini. L'Umbria, infatti, ha delle caratteristiche del tutto peculiari: essa è solo lambita dal sistema autostradale, e la E45 è in perenne manutenzione, ed a volte è perfino intransitabile;
è quindi del tutto evidente il disagio procurato dalla norma in oggetto, soprattutto per quei cittadini che ogni giorno utilizzano il raccordo per recarsi a lavoro; tantissime persone che quotidianamente utilizzano mezzi propri, su cui graverà l'onere di tale disposizione; famiglie di pendolari che rappresentano, in gran parte, quella fascia di cittadinanza che più delle altre ha risentito degli effetti della crisi economica;
lo scorso settembre la Regione Umbria ha presentato un ricorso alla Corte costituzionale in merito alla legittimità della disposizione di cui all'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2010: la sentenza della Corte è attesa tra un mese;
inoltre, per il prossimo 24 giugno è prevista un'azione di protesta da parte di 500 tir provenienti dalla Toscana e dall'Umbria, che hanno minacciato di congestionare il raccordo A1-E45 per manifestare il proprio dissenso nei confronti dell'ipotesi dell'introduzione del pedaggio sul tratto Perugia-Bettolle,

impegna il Governo

ad escludere dalle tratte soggette a pedaggiamento, e, quindi, dall'applicazione di quanto previsto dall'articolo 15, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, il raccordo Perugia-Bettolle, interessato da traffico prevalentemente urbano e con caratteristiche pendolari.
9/4357-A/18.Laffranco, Girlanda, Luciano Rossi.

La Camera,
premesso che:
il ritardo infrastrutturale italiano può essere colmato solo attraverso una efficiente allocazione delle risorse che renda concreta l'ipotesi da troppo tempo astratta di un ambiente di mercato in cui le capacità imprenditoriali possano operare al meglio;
la scarsa flessibilità amministrativa del Bilancio dello Stato rallenta in modo significativo la cantierazione delle opere pubbliche di interesse strategico per il Paese con ricadute negative sull'intero sistema di trasporto nazionale;
dal quadro appena descritto si desume chiaramente la necessità di un ricorso al capitale privato e nello specifico all'istituto del project financing, disciplinato, tra l'altro, dal punto 27-septies dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e s.m.i., in base al quale si può procedere alla realizzazione di opere pubbliche infrastrutturali con il sistema del project financing da parte delle società di progetto costituite ai sensi dell'articolo 156 del decreto legislativo n. 163/2006 e s.m.i.;
attualmente operare in regime di project financing significa per il concessionario sostenere non solo gli oneri conseguenti alla realizzazione degli investimenti ma anche oneri finanziari attinenti all'accensione di un finanziamento ad hoc finalizzato al pagamento dell'IVA cui consegue naturalmente un gravame finanziario che pregiudica l'accesso agli investitori privati; tale pregiudizio si giustifica anche in ragione degli elevati costi di costruzione e della circostanza che i ritorni sugli investimenti avviene solo nel medio-lungo periodo per cui si ritorna all'imprescindibilità dello stanziamento di un contributo pubblico a fondo perduto a carico del Bilancio dello Stato compreso tra il 30 per cento e il 60 per cento del costo di investimento indispensabile per garantire la sostenibilità e la redditività del piano economico finanziario;
siffatto attingimento è attualmente impossibile e ferma restando la necessità di recuperare l'atavico gap strutturale che oggi esiste tra Italia ed Europa, il coinvolgimento del capitale privato appare indispensabile ed indifferibile;
l'ipotesi del ricorso al capitale privato può concretizzarsi solo a patto che tutti gli elementi ostativi di ordine finanziario sopra descritti vengano eliminati, per cui si rende indispensabile l'utilizzo dello strumento della fiscalità agevolata che esenti il concessionario dal pagamento dell'IVA sui lavori di costruzione di primo impianto, per tutte quelle società di progetto costituite ai sensi del succitato articolo 156 del decreto legislativo n. 163/2006 e s.m.i., al fine di favorire la realizzazione di opere pubbliche infrastrutturali con il sistema del project financing, azzerando e/o riducendo l'ammontare del contributo pubblico a fondo perduto;
tale esenzione non produce alcun effetto peggiorativo sui saldi di finanza pubblica ma garantisce, di contro, un maggiore gettito derivante dall'IVA pagata dagli utenti finali non appena l'opera entra in esercizio e dalle imposte dirette corrisposte dal concessionario al termine del periodo di esenzione stabilito nel contratto di cessione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità della proposta normativa in esame, alternativa al contributo pubblico a fondo perduto (peraltro non disponibile), dando seguito al suddetto riconoscimento di un periodo di esenzione fiscale, necessario ai fini della realizzazione di nuovi investimenti essenziali ed urgenti per il rilancio dell'economia italiana ed,
a considerare che la mancata esecuzione di nuove infrastrutture compromette ulteriormente il rilancio della nostra economia e riduce il gettito tributario per lo Stato sol che si consideri che nell'attuale Bilancio di Previsione dello Stato non sono previste maggiori entrate fiscali.
9/4357-A/19.Gibiino, Torrisi, Stradella.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 recante «Semestre europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia»;
considerato che:
l'articolo 10, comma 16, prevede che l'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua è organo collegiale costituito da tre componenti, di cui uno con funzioni di Presidente, nominati con decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, che dei tre componenti due vengano proposti dal Ministro dell'ambiente e uno dalla Conferenza Stato-Regioni e che trattasi di un settore di diretto interesse anche degli enti locali,

impegna il Governo

a interpretare tale previsione nel senso di prevedere, con un altro provvedimento, che il componente debba essere designato su proposta della Conferenza Unificata.
9/4357-A/20.Osvaldo Napoli, Torrisi.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, reca disposizioni urgenti per l'economia e all'articolo 4, in particolare, è intervenuto con diverse norme di semplificazione in materia di riduzione dei tempi di costruzione delle opere pubbliche e di affidamento di appalti pubblici;
in particolare sono state apportate significative modifiche agli articoli 122 e 123 del Codice dei contratti pubblici di cui ai decreto legislativo n. 163 del 2006, al fine di elevare le soglie per l'affidamento senza gara dei contratti di lavori cosiddetti sotto-soglia comunitaria, in modo da consentire l'accesso a tali contratti anche alle piccole e medie imprese;
sarebbe necessario chiarire che le amministrazioni pubbliche e le autorità competenti possono suddividere gli appalti in lotti o singole lavorazioni, come è già previsto nella proposta di legge recante la statuto delle imprese (A.S. 2626) e che la soglia si applica ad ogni singolo lotto o lavorazione di cui si compone l'appalto, anche per esigenze di armonizzazione con il diritto comunitario,

impegna il Governo

a specificare che le amministrazioni pubbliche e le autorità competenti provvedono a suddividere gli appalti in lotti o singole lavorazioni e che gli importi per i quali è consentito ricorrere alla procedura ristretta si applicano ad ogni singolo lotto o lavorazione.
9/4357-A/21.Brugger, Zeller.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame è intervenuto con diverse norme di semplificazione ed eliminazione degli adempimenti tributari, tra l'altro semplificando la comunicazione annuale delle operazioni di importo non inferiore a 3.000 euro in caso di pagamento con carte di credito ed abolendo in parte l'obbligo di fornire informazioni che siano già in possesso del Fisco,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad ampliare le norme di semplificazione ed eliminazione di adempimenti tributari inutili per ridurre il peso della burocrazia che pesa sulle imprese, apportando ulteriori misure quali:
la semplificazione del modello Intrastat, in particolare quello relativo ai servizi, facendo riferimento ai contenuti strettamente richiesti dalla normativa comunitaria;
la concentrazione in un'unica comunicazione telematica annuale della richiesta di tutte le informazioni che servono all'amministrazione per i necessari ed opportuni controlli, in particolare quelle richieste con la comunicazione annuale delle operazioni di importo non inferiore a 3.000 euro, prevedendo al riguardo semplificazioni per le cessioni nei confronti di soggetti non residenti non soggetti passivi, nonché quelle richieste dalla comunicazione periodica delle operazioni con soggetti «black list», prevedendo eventualmente una periodicità trimestrale per i soggetti che hanno operazioni cosiddette «black list».
9/4357-A/22.Zeller, Brugger.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 comma 4 del decreto legge in esame in particolare, prevede la possibilità di istituire nei territori costieri, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su richiesta delle imprese del settore che operano nei medesimi territori, previa intesa con le Regioni interessate, i Distretti turistici con l'obiettivo di riqualificazione e rilancio dell'offerta turistica a livello nazionale e internazionale; sviluppo delle aree e dei settori del Distretto; miglioramento dell'efficienza nell'organizzazione e nella produzione dei servizi; assicurare garanzie e certezze giuridiche alle imprese che vi operano, con particolare riferimento alle opportunità di investimento, di accesso al credito, di semplificazione e celerità ne rapporti con le pubbliche amministrazioni;
la citata disposizione, unitamente a quelle di cui al comma 7, che è diretto ad estendere l'ambito di applicazione del Codice della nautica da diporto anche alla navigazione esercitata a scopi commerciali mediante le navi di cui all'articolo 3 della legge n. 172/2003 ed a quelle di cui al comma 8 che contiene disposizioni dirette ad incentivare la realizzazione di porti e approdi turistici e a razionalizzare il procedimento per il rilascio delle concessioni demaniali marittime a ciò destinate, sono preordinate tra l'altro a migliorare lo svolgimento dei servizi a favore della navigazione da diporto ivi compresa quella avente finalità commerciale e da pesca, incrementando l'efficienza delle attività connesse al sistema marittimo nel suo complesso;
per mero errore materiale con l'entrata in vigore dell'articolo 2268, comma 1, n. 883 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è stata disposta l'abrogazione della tabella D allegata al decreto-legge 31 luglio 1954, n. 533, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1954, n. 869, negli importi rimodulati dall'articolo 7, comma 3, e dal corrispondente Allegato 1 della legge 6 agosto 1991, n. 255;
il Ministero dell'economia e delle finanze, ha evidenziato «la necessità di un intervento normativo volto a ripristinare la tabella in argomento», in considerazione del fatto che la sua abrogazione risulta essere onerosa per il Bilancio dello Stato «in termini di sensibile perdita di gettito derivante dall'applicazione delle tariffe previgenti, di importo inferiore rispetto a quelle vigenti»;
è quindi necessario procedere a porre rimedio al citato errore in tempi brevi, tenuto conto che, allo stato, si registra una perdita per l'erario di circa 5,7 milioni di euro annui, provvedendo a ripristinare, nel primo provvedimento utile, la tabella D allegata al decreto-legge 31 luglio 1954, n. 533, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1954, n. 869, negli importi rimodulati dall'articolo 7, comma 3, e dal corrispondente Allegato 1 della legge 6 agosto 1991, n. 255, disponendo al contempo che, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica le relative maggiori risorse che affluiranno all'entrata del bilancio dello Stato siano riassegnate allo stato di previsione del ministero delle infrastrutture e trasporti per essere destinate alle finalità di cui all'articolo 2 comma 98 della legge 24 dicembre 2007 n. 244,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile provvedimento volto a ripristinare nel primo provvedimento utile la tabella D allegata al decreto-legge 31 luglio 1954, n. 533, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1954, n. 869, negli importi così come rimodulati dall'articolo 7, comma 3, e dal corrispondente Allegato 1 della legge 6 agosto 1991, n. 255, disponendo al contempo che, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, le relative maggiori risorse che affluiranno all'entrata del bilancio dello Stato siano riassegnate allo stato di previsione del ministero delle infrastrutture e trasporti per essere destinate alle finalità di cui all'articolo 2 comma 98 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
9/4357-A/23.Bernardo.

La Camera,
premesso che:
l'introduzione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS Spa, come è noto, è stata prevista dalla manovra di stabilizzazione finanziaria varata dal Governo con il decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 122 del 30 luglio 2010;
l'articolo 15 del provvedimento ha demandato ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la fissazione dei criteri e delle modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta ANAS Spa in relazione ai costi di investimento e di manutenzione straordinaria, oltre che a quelli relativi alla gestione, nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio;
in precedenti atti di sindacato ispettivo all'Assemblea era stato comunicato che l'elenco dei tratti da sottoporre a pedaggiamento sarebbe stato reso noto a breve, fermo restando che si sarebbero studiate forme di agevolazione e di esenzione tariffaria a favore degli utenti abituali, facendo riferimento in particolare al tratto autostradale Avellino-Salerno;
questa considerazione specifica era stata formulata in virtù del fatto oggettivo che il tratto autostradale Avellino-Salerno non ha percorsi alternativi in quanto la manutenzione ordinaria sui percorsi alternativi non viene più effettuata da tempo e molte di quelle tratte si trovano su percorsi montani che d'inverno sono interessati da precipitazioni nevose e quindi non sarebbero percorribili;
la Camera dei deputati, in data 30 settembre 2010, ha approvato un ordine del giorno a prima firma dell'onorevole Iannaccone che impegna il Governo ad applicare i pedaggi sui raccordi autostradali e sulle tangenziali gestite dall'ANAS solo alle autovetture e ai mezzi di trasporto che ne fanno uso per recarsi alle autostrade. Tale ordine del giorno è scaturito dalla necessità di evitare ulteriori aggravi alle popolazioni locali e ai pendolari già particolarmente colpiti dalla crisi economica soprattutto nel sud del Paese,

impegna il Governo

a prevedere, prima della formulazione definitiva delle nuove tratte sottoposte al pagamento del pedaggio un preventivo confronto nelle competenti sedi parlamentari in considerazione della rilevanza di un tale provvedimento per l'intero sistema infrastrutturale, dei trasporti e della mobilità del Paese, con particolare riferimento al Mezzogiorno, tenendo conto, inoltre, che qualora fossero introdotti i pedaggi, ad esempio sul tratto Avellino-Salerno, verrebbe imposto un ulteriore balzello economico a pendolari, studenti e residenti che spesso non hanno nessun altra alternativa per effettuare i loro spostamenti.
9/4357-A/24.Belcastro, Iannaccone, Porfidia.

La Camera,
premesso che:
nella seduta del 26 giugno 2008, il Governo accolse l'ordine del giorno n. 9/1185/60, presentato dal sottoscritto, nel quale si impegnava il Governo a valutare l'opportunità di adottare ulteriore provvedimenti al fine di estendere l'esenzione ICI per l'abitazione principale in Italia anche ai cittadini italiani residenti all'estero regolarmente iscritti all'AIRE;
l'accoglimento da parte del Governo ebbe origine dalla giusta considerazione che si era compiuta una discriminazione nei confronti dei nostri concittadini residenti all'estero, la maggior parte dei quali ha costruito nel loro Paese di origine la casa della loro vita nella prospettiva futura e auspicata del ritorno in Patria;
porre rimedio a questa discriminazione non sarebbe certo un provvedimento dai costi inauditi e darebbe un segnale di forte vicinanza a cittadini italiani che vivono e lavorano all'estero,

impegna il Governo

a prevedere la possibilità, nel primo provvedimento utile in materia di sgravi fiscali, stante anche il precedente accoglimento dell'ordine del giorno di cui alle premesse, a prevedere, stante il requisito indispensabile dell'iscrizione all'AIRE e quello della proprietà di una sola ed unica casa in Italia non data in locazione, di estendere l'esenzione dell'ICI anche ai cittadini italiani residenti all'estero.
9/4357-A/25.Razzi.

La Camera,
premesso che:
tra le tante tasse che oggi gravano sui cittadini e che giustamente il Governo, pur in presenza di una grave crisi economica, si sta impegnando a ridurre, ve n'è una che appare sempre più iniqua ed ingiustificata, cioè l'Imposta Provinciale di trascrizione (IPT);
come è noto questa imposta è dovuta alle Province ogni volta che una persona acquista un'auto, sia usata che nuova;
tale tassa che è estremamente elevata e dipende dai cavalli fiscali del mezzo è dovuta solo per la trascrizione, cioè per l'atto con cui il PRA registra il passaggio di proprietà di un veicolo, atto questo per cui già si pagano l'imposta di bollo per aggiornamento della carta di circolazione, l'imposta di bollo per la registrazione e gli emolumenti all'ACI;
per questa tassa sono previste alcune esenzioni ma la maggior parte delle persone sono costrette a questo esborso sul quale è consentito alle singole regioni di applicare aumenti sino ad una quota del 30 per cento,
tale tassa, che rischia di essere ulteriormente aumentata per l'acquisto di veicoli nuovi, non solo pesa su tutti i cittadini che acquistano mezzi di trasporto nuovi o usati in una situazione economica già di per sé pesante, ma rappresenta un ulteriore ostacolo in un settore industriale già profondamente in crisi,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di inserire, in un futuro provvedimento atto a ridurre il peso fiscale, la soppressione dell'Imposta Provinciale di Trascrizione al fine di eliminare una delle tasse più inique e inutili che i cittadini sono costretti a pagare.
9/4357-A/26.Sardelli, Moffa.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia (C. 4357-A), premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 1 istituisce un credito d'imposta, per gli anni 2011 e 2012, in favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca. Detto credito d'imposta compete nella misura del 90 per cento della spesa incrementale di investimento, rispetto alla media di investimenti in ricerca effettuati nel triennio 2008-2010;
puntare sul credito di imposta per gli investimenti in ricerca effettuati dalle imprese, in cooperazione con le Università e gli enti pubblici di ricerca non può che considerarsi una scelta positiva dal punto di vista politico-economico;
tale misura, infatti, rappresenta una componente essenziale di una strategia di sviluppo, proprio perché le piccole e medie imprese italiane, molto spesso, non sono in grado, ciascuna per sé, di fare investimenti in ricerca, sia per migliorare il processo produttivo, sia per sviluppare innovazioni di prodotto;
considerato che:
l'innovazione e la ricerca, sono ormai universalmente riconosciute come la forza trainante della crescita economica che aggiunge valore alla nostra economia, consentendoci di migliorare la qualità del lavoro e della vita. Il continuo mutamento delle richieste del mercato e la sempre più pressante competizione internazionale costringono le piccole e medie imprese del nostro Paese a sviluppare strategie di innovazione continua, necessarie per poter emergere e garantire nel tempo il proprio posizionamento competitivo;
più elevati sono il livello qualitativo e il contenuto innovativo dei prodotti e dei servizi delle imprese, maggiore è la capacità di poter accogliere le sfide internazionali e di migliorare le prospettive di crescita. Innovare significa principalmente modificare uno stato di cose, introducendo un processo di miglioramento continuo attraverso l'iniezione di nuove idee, metodi e tecnologie. Il tema della competitività, del resto, è uno dei temi cruciali del dibattito di politica industriale in Italia;
la Commissione Europea nell'ambito del c.d. PNR (Programma nazionale di riforma), nel contesto della strategia Europa 2020 ha indicato nel 3 per cento del prodotto interno lordo il livello minimo di spesa da raggiungere nel prossimo decennio anche attraverso l'adozione di misure fiscali;
tutti i Paesi industrializzati stanno sostenendo con misure rilevanti sia la ricerca e l'innovazione tecnologica sia la green economy quali fondamentali veicoli di crescita e di opportunità per lo sviluppo di nuove imprese e la conseguente creazione di nuova occupazione,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, tesa al riconoscimento di un credito d'imposta nei confronti delle imprese - ed in particolare delle piccole e medie imprese - che finanziano proposte progettuali di ricerca ad alto contenuto tecnologico nei settori delle energie rinnovabili, del risparmio energetico e dei servizi collettivi ad alto contenuto tecnologico, nonché nell'ideazione di nuovi prodotti che realizzano un significativo miglioramento della protezione dell'ambiente;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, tesa a realizzare una concreta sinergia e forme di partenariato tra le università e le piccole e medie imprese nella partecipazione a programmi di ricerca comunitari e internazionali concernenti il settore della green economy.
9/4357-A/27.Cimadoro, Piffari, Borghesi, Cambursano, Barbato, Messina.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 istituisce un credito d'imposta a favore dei lavoratori assunti a tempo indeterminato nelle regioni del Mezzogiorno nei dodici mesi successivi all'entrata in vigore del decreto-legge n. 70 del 2010;
la misura è inquadrata nell'ambito di una sistematica definizione a livello europeo della fiscalità di vantaggio per le regioni del Mezzogiorno, in coerenza con la decisione assunta nel corso del Consiglio europeo del 24-25 marzo 2011, «Patto Euro plus», nel quale si prevede che «per assicurare la diffusione di una crescita equilibrata in tutta la zona euro, saranno previsti strumenti specifici e iniziative comuni ai fini della promozione della produttività nelle regioni in ritardo di sviluppo»;
il credito d'imposta è concesso ai datori di lavoro che nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia) assumono a tempo indeterminato lavoratori «svantaggiati» o «molto svantaggiati», aumentando il numero di dipendenti;
il finanziamento dell'incentivo assunzioni pone dei problemi, in quanto il decreto non ascrive all'articolo 2 effetti sui saldi di finanza pubblica, con ciò creando dei margini di incertezza relativi alle risorse a disposizione dell'incentivo, nonostante la copertura individuata sarebbe potenzialmente superiore ai costi del credito d'imposta;
si potrebbe dire che se da una parte ci sono i soldi, dall'altra non c'è una copertura certa e immediatamente operante;
infatti, il comma 6 dice che il credito d'imposta va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta per il quale è concesso, cioè fin dal pagamento dell'F24 di giugno 2011, quindi anche da subito ed entro i successivi 3 anni, ma il comma 9 copre il credito con risorse di fondi europei su cui l'UE deve dare un consenso preventivo;
ciò vuol dire che, se il consenso ci sarà, ci sarà bisogno di tempi tecnici e/o burocratici perché le istituzioni comunitarie esprimano questo consenso, in contrasto con quel possibile utilizzo immediato del credito consentito dal comma 6. In caso di parere negativo, inoltre, si verrebbero a creare molti problemi giuridici, perché l'impresa che ha assunto lavoratori a tempo indeterminato avrebbe acquisito un diritto a godere del credito d'imposta, che non potrebbe essergli revocato;
un ulteriore elemento di «ostacolo» burocratico è dato dal fatto che i limiti del finanziamento di questo incentivo, regione per regione, saranno determinati con il decreto interministeriale previsto dal comma 8 che, per ovvie ragioni, è ipotizzabile che non venga adottato prima della pronuncia dell'UE;
anche per queste ragioni, evidentemente, il comma 9 non contiene una quantificazione delle risorse necessarie e rese disponibili per realizzare questa misura incentivante;
la scelta del Governo manifesta l'intenzione di non investire un solo euro in più del bilancio dello Stato per favorire l'incremento dell'occupazione stabile e rivela la mancanza totale di una politica a favore del lavoro;
secondo la stima del Governo, il meccanismo agevolativo avrebbe un costo di circa 500 milioni nel triennio 2011-2014 ed arriverebbe a coprire il 50 per cento della retribuzione delle nuove assunzioni a tempo indeterminato. Ciò si ottiene moltiplicando lo stipendio lordo medio di un nuovo assunto indicato nella relazione d'accompagnamento, circa 19.300 euro, per il numero stimato di nuove assunzioni;
è necessario che il Governo individui una copertura alternativa e certa per consentire all'incentivo di funzionare fin da subito;
a titolo esemplificativo, il Governo potrebbe reperire le risorse necessarie incrementate l'aliquota del prelievo erariale unico (PREU) in materia di giochi e scommesse,

impegna il Governo

a reperire risorse certe e sufficienti per il finanziamento del credito d'imposta previsto dall'articolo 2 del decreto n. 70 del 2010, in particolare valutando la possibilità di incrementare l'aliquota del prelievo erariale unico (PREU).
9/4357-A/28.Aniello Formisano, Paladini.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia (C. 4357-A), premesso che:
appare quanto mai urgente e necessario rilanciare concretamente un asset strategico della nostra economia, quale quello dell'autotrasporto, attraverso il perseguimento di specifici obiettivi tesi a promuoverne lo sviluppo e la competitività sia in ambito nazionale che internazionale;
il settore dell'autotrasporto in Italia continua, infatti, a rivelarsi molto poco competitivo nell'ambito sistema economico europeo per crescita dimensionale, organizzativa e tecnologica, anche e soprattutto a causa dell'assenza di una strategia complessiva della politica nazionale in materia che dia il quadro di riferimento all'interno del quale si possano individuare finalità, priorità e risorse per il rilancio del settore, con precisi impegni dello Stato e dei diversi livelli di articolazione della Repubblica, al fine di orientare le strategie dei diversi soggetti imprenditoriali coinvolti,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di avviare quanto prima una riforma organica della disciplina del settore dell'autotrasporto nel pieno rispetto dei principi della concorrenza, della trasparenza, della tutela della sicurezza stradale e della sicurezza sui luoghi di lavoro;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, tesa a realizzare la definitiva liberalizzazione del mercato dell'autotrasporto attraverso il superamento del meccanismo basato sui c.d. «costi minimi di esercizio», come del resto auspicato dal Presidente dell'Autorità Garante per la concorrenza e per il mercato che in una sua segnalazione inviata al Parlamento il 15 luglio dello scorso anno;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, tesa a realizzare la cancellazione immediata dagli albi provinciali delle 50.000 imprese prive di veicoli che, operando senza mezzi di trasporto, acquisiscono commesse per girarle ad altre imprese a prezzi più bassi, così da alimentare una lunghissima catena di subappalti;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, tesa a riconoscere nuove forme di incentivi per favorire le aggregazioni o le fusioni tra imprese di autotrasporto in funzione del numero dei veicoli posseduti da ciascuna impresa prima del perfezionamento delle operazioni di aggregazione o di fusione;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a garantire nuovi investimenti in innovazione tecnologica per le imprese di autotrasporto che intendano dotarsi di dispositivi tecnologici che consentano la tracciabilità dei percorsi e la gestione satellitare delle flotte;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta ad istituire una Banca Dati Nazionale dell'Autotrasporto presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che, attraverso l'ausilio di organismi specializzati nella gestione satellitare delle flotte, sia in grado di fornire un rating alle imprese di autotrasporto, anche di merito creditizio, che operano regolarmente, al fine di aumentare i livelli di controllo ai fini della sicurezza e della trasparenza del mercato e per limitare la diffusione del cabotaggio abusivo sul nostro territorio;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a modificare la disciplina normativa in materia di limitazione della responsabilità del vettore adeguandola a quanto previsto dalla CMR, ovvero la Convenzione di Ginevra del 19 maggio 1956;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta ad escludere dagli aumenti del pedaggio i tratti e raccordi autostradali interessati da una significativa percorrenza di mezzi di trasporto pesante e di pendolari, con particolare riferimento al grande raccordo anulare di Roma.
9/4357-A/29.Monai, Borghesi, Cimadoro, Cambursano, Piffari.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia (C. 4357-A), premesso che:
la realtà economica attuale mostra come il credito sia sempre di più difficile accesso al Sud rispetto al Nord e come, spesso, tali difficoltà prescindano dal merito di credito delle imprese o dall'andamento delle sofferenze;
ad aver influenzato maggiormente una simile diversità è stato senza alcun dubbio il fenomeno della c.d. concentrazione bancaria, che ha progressivamente portato i centri decisionali del sistema al Nord del Paese con parallelo allontanamento dalle realtà del Meridione;
i Confidi, da sempre votati a ridurre le asimmetrie informative esistenti nel rapporto tra banca e impresa, rappresentano un canale di intervento percorribile nell'immediato per contrastare il razionamento del credito nei confronti delle piccole e medie imprese;
lo sviluppo e la patrimonializzazione dei Confidi dovrebbe quindi diventare lo strumento elettivo di intervento pubblico a sostegno dell'accesso al credito delle piccole e medie imprese, in specie quelle meridionali e ciò non per alimentare una deplorata cultura dell'agevolazione al Meridione, ma piuttosto per riallineare i divari esistenti tra il tessuto bancario e imprenditoriale del Sud e quello del Nord,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta consolidare l'attività di garanzia collettiva dei Confidi aventi sede legale nelle Regioni del Mezzogiorno; a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a promuovere e sostenere la definizione di progetti di accorpamento o di fusione dei Confidi nel Mezzogiorno, nonché di potenziamento patrimoniale e di ampliamento dimensionale;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a favorire l'attività dei Confidi nell'azione di sostegno alle imprese e del capitalismo di territorio, salvaguardandone la natura mutualistica e rafforzandone l'importante ruolo di cerniera tra imprese e sistema bancario in questa particolare contingenza economica.
9/4357-A/30.Messina, Barbato, Cambursano, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, interviene sulla normativa dei lavori pubblici, apportando delle modifiche principalmente al Codice appalti (decreto legislativo 163/2006). Nei suoi cinque anni di vita, il codice appalti ha già subito tre decreti correttivi, più diverse ulteriori piccole modifiche; è però sempre più indifferibile la necessità che, all'interno degli interventi di modifica della normativa sui lavori pubblici, venga rivista la relativa legislazione, al fine di garantire l'indispensabile trasparenza e correttezza nell'assegnazione degli appalti pubblici, che a tutt'oggi rappresenta uno dei settori dove sono più riscontrabili fenomeni di corruzione e di infiltrazione della criminalità;
le cronache di questi ultimi tempi rivelano, sempre con maggiore e preoccupante frequenza, una inquietante escalation di corruzioni proprio negli appalti pubblici;
un contributo significativo potrebbe venire dalla riduzione drastica delle stazioni appaltanti, come passaggio indispensabile per tentare di mantenere sotto controllo il fenomeno dell'appalto e del subappalto, che è uno dei passaggi più delicati e più difficili da monitorare con efficacia, ai fini del contrasto alla corruzione nel settore degli appalti pubblici, e che rappresenta spesso il canale più «facile» di infiltrazione della criminalità organizzata;
attualmente sono circa 24 mila le stazioni appaltanti, ossia i soggetti che possono affidare a terzi la realizzazione di lavori pubblici o le forniture di beni e servizi. Un numero elevatissimo che non consente alle istituzioni di contrastare con sufficienza la criminalità organizzata e la corruzione in questo delicato settore. È evidente infatti che non esistono sistemi efficaci per poter monitorare 24.000 stazioni appaltanti;
al fine di aumentare la trasparenza e la legalità nel mondo degli appalti, è quindi necessario ridurne il loro numero, prevedendone la loro istituzione su base regionale o provinciale;
detta riduzione, tra l'altro, contribuirebbe a semplificare l'azione amministrativa, e a garantire una gestione più uniforme, trasparente e conveniente degli appalti di opere, lavori pubblici e forniture di beni e servizi,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito delle proprie competenze, una riduzione delle stazioni appaltanti per le procedure di predisposizione e di affidamento degli appalti pubblici, attraverso l'istituzione della Stazione unica appaltante in ambito di ciascuna regione o provincia, prevedendo altresì che il personale operante presso la suddetta Stazione, venga individuato prioritariamente tra il personale già operante presso gli Enti di cui al periodo precedente.
9/4357-A/31.Porcino, Piffari, Cambursano, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, comma 13, del disegno di legge in esame, ai fini di aumentare l'efficacia dei controlli antimafia nei subappalti e subcontratti, dispone l'istituzione presso le prefetture territorialmente competenti di un elenco di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi gli esecutori dei lavori, servizi e forniture;
alle medesime prefetture spetterà, tra l'altro, il compito di effettuare verifiche periodiche al fine di verificare la perdurante insussistenza dei rischi di inquinamento mafioso, disponendo, in caso di esito negativo, la cancellazione dell'impresa dal suddetto elenco;
si tratta sostanzialmente della «White list», una sorta di meccanismo «certificativo», con il quale individuare le aziende «pulite», con tutti i requisiti per partecipare alle gare pubbliche;
l'imprenditore ha necessità di ottenere la fiducia dal mercato, lo Stato gliela concede purché quest'ultimo elimini ogni opacità nella gestione;
i controlli approfonditi e sistematici, dovrebbero essere, per converso, così principalmente riservati alle imprese non inserite nel suddetto elenco;
come hanno ormai da tempo accertato innumerevoli inchieste giudiziarie, la criminalità organizzata si infiltra nel settore edilizio prevalentemente attraverso il canale delle forniture e nei subappalti e subcontratti. Tutte attività difficilmente controllabili con gli attuali meccanismi, perché riguardano il rapporto diretto fra il fornitore e il costruttore;
già il decreto-legge 39/2009, sul sisma in Abruzzo, ha previsto l'istituzione presso la Prefettura di un elenco di fornitori e prestatori di servizi, non soggetti a rischio di inquinamento mafioso. Inoltre il medesimo decreto stabilisce che i controlli antimafia sui contratti pubblici e sui successivi subappalti e subcontratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture vengano effettuati con l'osservanza di apposite linee guida, successivamente emanate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivare, ai fini di un più efficace controllo antimafia sugli appalti, la tracciabilità dei flussi finanziari, e a tener conto delle linee guida sui controlli antimafia, previste dal decreto-legge 39/2009, e successivamente emanate;
a valutare l'opportunità che i soggetti imprenditoriali a cui vengono affidati appalti di lavori, servizi o forniture, debbano obbligatoriamente indicare un unico numero di conto dedicato, bancario o postale, del quale si devono avvalere per tutte le movimentazioni finanziarie relative all'appalto pubblico.
9/4357-A/32.Palomba.

La Camera,
premesso che:
l'introduzione di sedi decentrate di ministeri ed altre amministrazioni centrali, ipotizzata da alcuni membri del Governo, contrasta con le misure di semplificazione e di riduzione degli oneri amministrativi previsti dal testo del provvedimento al nostro esame ed in particolare con le disposizioni di cui agli articoli 3, 4, 5, 6, 7 e 10 del decreto-legge n. 70 del 2011;
la proposta di trasferire alcuni ministeri da Roma Capitale al Nord del Paese costituirebbe un aggravio pesante ed imprecisato per le finanze pubbliche, posto tutto sulle spalle dei contribuenti e dei cittadini, in favore dei quali l'azione di Governo dovrebbe incidere su ben altri capitoli prioritari, come la pressione fiscale, la disoccupazione e le infrastrutture;
tale decentramento infatti, rischia di creare una sovrapposizione di funzioni e attribuzioni e di ingenerare confusione tra i cittadini;
la legge n. 42 del 2009, recante delega per l'attuazione del federalismo fiscale, all'articolo 24, dispone un primo ordinamento transitorio per Roma capitale, ai sensi dell'articolo 114, terzo comma, della Costituzione, specificando, al comma 2, che l'ordinamento concesso alla città di Roma capitale è diretto «a garantire il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri, ivi presenti presso la Repubblica italiana, presso lo Stato della Città del Vaticano e presso le istituzioni internazionali»;
tra gli organi costituzionali rientra anche il Governo composto dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai Ministri (articolo 92 della Costituzione), pertanto, l'espressione utilizzata dalla Costituzione «Roma è la capitale della Repubblica» indica chiaramente che Roma è capitale in quanto sede degli organi costituzionali e di rilievo costituzionale e ne consegue che Roma è «capitale della Repubblica» fin quando gli apparati centrali dello Stato, in misura maggiore Governo e Ministeri, insistono sul medesimo territorio;
le motivazioni a sostegno del trasferimento di alcuni dicasteri nel Nord del Paese scomodano i modelli «federali», ma, a tale proposito, occorre fare chiarezza tra «Stato federale» e Stato acefalo - quale risulterebbe il nostro con le sedi istituzionali delocalizzate su tutto il territorio nazionale: ciò non è riscontrabile in nessuno dei modelli federali moderni, trattandosi, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, di un'aberrazione;
risulta, infine, che il Governo si appresterebbe a concedere, con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il via libera all'apertura nel Nord del Paese di uffici di rappresentanza, per l'intanto, del Dipartimento delle riforme per il federalismo e del Dipartimento per la semplificazione normativa;
l'eventuale accoglimento da parte del Governo della richiesta di matrice leghista renderebbe incontestabili e non arginabili analoghe pretese promananti da altre zone del Paese, su richiesta di altri gruppi politici aumentando gli sprechi a detrimento di più importanti e significative iniziative a favore di uno sviluppo economico innovativo e dell'occupazione a vantaggio di tutto il Paese come quelle richiamate in premessa;
proposte ed iniziative di tal fatta oltre ad umiliare la nostra unità nazionale, indurrebbero ulteriori sprechi di risorse pubbliche non giustificabili stante la situazione dei nostri conti pubblici,

impegna il Governo

a non considerare l'ipotesi di trasferimento dei ministeri, dei relativi dipartimenti e dei dipartimenti della Presidenza del Consiglio, il quale risulterebbe in contrasto con la disciplina inerente a Roma Capitale ed avrebbe quale conseguenza un aggravio dei conti di finanza pubblica.
9/4357-A/33.Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera.

La Camera,
premesso che:
le norme contenute nell'articolo 5 del decreto-legge n. 70, prevedono la possibilità di realizzare volumetrie aggiuntive in deroga al piano regolatore anche attraverso la demolizione e ricostruzione, il mutamento delle destinazioni d'uso e la modifica della sagoma degli edifici esistenti torna con forza nella disciplina statale;
nel mese di marzo 2009 il Governo, per rilanciare il settore edilizio, aveva avviato il cosiddetto «Piano casa 2», che si sarebbe dovuto articolare in tre momenti tra loro collegati: una intesa in sede di Conferenza stato-Regioni, un decreto-legge con l'obiettivo di semplificare alcune procedure di competenza esclusiva dello Stato, al fine di rendere più rapida ed efficace la disciplina dell'attività edilizia, e un disegno di legge delega per un generale riordino della materia urbanistica-edilizia. L'ordine logico e cronologico doveva essere quello individuato dall'accordo Governo-Regioni del 31 marzo 2009: prima una sorta di legge quadro statale, quindi a seguire le leggi regionali di natura attuativa, con le quali le regioni si impegnavano ad approvare entro 90 giorni, proprie leggi volte a regolamentare interventi di ampliamento e modifica architettonica e/o energetica degli edifici, e a disciplinare interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con relativo ampliamento della volumetria esistente per edifici a destinazione residenziale. Inoltre, le leggi regionali avrebbero dovuto prevedere una «scadenza», che sempre il suddetto accordo indicava in 18 mesi;
in realtà, abbiamo assistito a un'evidente anomala inversione: mentre praticamente tutte le Regioni hanno emanato una legge in applicazione del suddetto accordo del 2009, il governo ha provveduto solamente adesso, con questo decreto a intervenire sulla materia. Il risultato è stato finora quello di una assenza di regole chiare e uniformi su tutto il territorio nazionale, nonché una procedura di dubbia costituzionalità;
il «governo del territorio» rientra nella cosiddetta legislazione «concorrente» tra Stato e Regioni (articolo 117 Cost.). Si tratta dunque di una competenza e di una responsabilità condivisa dove entrambi i soggetti «concorrono», ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, per il raggiungimento di una finalità aventi interessi pubblici. E sempre nell'ambito della legislazione concorrente rientrano sia la materia urbanistica (sentenza Corte Costituzionale 303/2003), che quella edilizia (sentenza Corte Costituzionale 362/2003) in quanto comunque riconducibili al «governo del territorio»;
il comma 9 dell'articolo 5 citato definisce le finalità della nuova politica di intervento sul patrimonio edilizio residenziale e non, e alla riqualificazione delle aree degradate, prevista nei successivi commi 10-15. Si prevede che le Regioni approvino entro 60 giorni proprie leggi (anche con interventi di demolizione e ricostruzione) che prevedano:
a) il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva rispetto a quella preesistente come misura premiale;
b) la delocalizzazione delle relative volumetrie in area o aree diverse;
c) l'ammissibilità delle modifiche di destinazione d'uso, purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili o complementari;
d) le modifiche della sagoma necessarie per l'armonizzazione architettonica con gli organismi edilizi esistenti;
il comma 10 precisa che gli interventi previsti dal precedente comma 9, non possono applicarsi a edifici abusivi o siti nei centri storici o in aree a inedificabilità assoluta, a eccezione degli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo in sanatoria;
in pratica, una volta scaduto il termine di 60 giorni stabilito dal comma 9, e in attesa dell'entrata in vigore delle norme regionali (e quindi anche invadendo le competenze delle Regioni) si ha di fatto la creazione di una sorta di «zona franca temporale» in cui il Governo autorizza di tutto;
infatti, il comma 11, norma il cambiamento delle destinazioni d'uso in deroga agli strumenti urbanistici. Superati i 60 giorni e in attesa delle norme regionali, si può applicare «Il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali», previsto dall'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2011, che in origine è rilasciato esclusivamente per edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico, previa deliberazione del consiglio comunale, anche per il mutamento delle destinazioni d'uso. Ciò significa che la realizzazione degli interventi previsti da queste norme potrà avvenire in deroga alla strumentazione urbanistica ed edilizia locale, restando fermo il rispetto degli standard urbanistici e delle altre normative di settore (tra cui quelle relative al paesaggio, ai beni culturali e all'ambiente);
inoltre, si prevede che fino all'approvazione di tali leggi regionali, sono assegnati premi volumetrici del 20 per cento per gli edifici residenziali e del 10 per cento per quelli non residenziali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prendere le opportune iniziative per escludere dalle misure premiali previste gli edifici abusivi, o siti nei centri storici o in aree a in edificabilità assoluta, o in aree di pregio ambientale e paesaggistico o a rischio idrogeologico, nonché gli edifici abusivi seppur condonati.
9/4357-A/34.Leoluca Orlando, Piffari, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, del disegno di legge in esame, introduce nuove norme relative al settore delle costruzioni private, con la finalità illusoria di contribuire a rilanciare l'edilizia, attraverso un pericoloso «allentamento» dei vincoli previsti dalla normativa vigente, e un aumento delle semplificazioni per le autorizzazioni a costruire, col rischio più che concreto di produrre ulteriori aggressioni al nostro territorio;
norme che se non adeguatamente controbilanciate mettono a repentaglio la storia urbana del nostro Paese e il suo paesaggio, puntando in direzione opposta a quella della sostenibilità, della riqualificazione edilizia, dell'utilizzo accorto del nostro territorio, della realizzazione di quartieri vivibili;
viene estesa la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) anche all'edilizia, che va a sostituire l'attuale DIA. In tal modo si consente di attivare il cantiere il giorno stesso della sua presentazione, e non più dopo 30 giorni come previsto dalla DIA;
sempre con l'articolo 5, il Governo ci riprova con il «Piano casa». Tornano con forza nella disciplina statale, la possibilità di realizzare volumetrie aggiuntive in deroga al piano regolatore anche attraverso la demolizione e ricostruzione, il mutamento delle destinazioni d'uso e la modifica della sagoma degli edifici esistenti;
si introduce inoltre il silenzio-assenso per il rilascio del permesso di costruire, in sostituzione del silenzio-rifiuto che finora regolava l'autorizzazione del permesso a costruire, stabilendo ora che il permesso si intende rilasciato dopo 90 giorni nei Comuni con meno di 100 mila abitanti, e 150 giorni in quelli più grandi;
peraltro con la procedura del silenzio-assenso applicata al permesso di costruire, si rischia fortemente di consentire l'inizio dei lavori di realizzazione di edifici, anche in assenza del parere positivo del dirigente del Comune. È sufficiente che gli uffici del comune non abbiano fatto in tempo a concludere l'esame della pratica;
in un territorio già fortemente compromesso come il nostro, e con un'urbanizzazione sempre più incontrollata, il poter iniziare da subito un'attività edile, finirà per avere modesti vantaggi per il privato, e molti più rischi e «controindicazioni» per la collettività e per il territorio del nostro Paese;
come è ben evidente, nell'impostazione del decreto-legge in esame, l'esigenza di accelerare gli interventi, prevale sulle cautele ispirate al forte rischio di nuovi ulteriori abusi edilizi o di eccessiva deresponsabilizzazione dei funzionari comunali;
in definitiva, gli effetti di tutte queste disposizioni sul rilancio del settore dell'edilizia saranno assolutamente modesti, a fronte di conseguenze pesanti sulla qualità architettonica del costruito, con edifici scollegati dal territorio e con periferie sempre più degradate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di:
prevedere, nell'ambito delle proprie prerogative e competenze, e in collaborazioni con gli enti territoriali, a intensificare sul territorio i controlli urbanistici a campione, al fine di verificare i requisiti e il rispetto alla normativa vigente delle nuove edificazioni;
prevedere che le suddette attività di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, siano prioritariamente indirizzate agli interventi edilizi che hanno ottenuto il rilascio del permesso di costruire, in conseguenza del superamento del previsto termine per l'adozione del provvedimento finale, e non invece in presenza di un esplicito accoglimento della domanda da parte del dirigente o dal responsabile dell'ufficio comunale.
9/4357-A/35.Piffari.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 7, comma 1, lettera i) e al medesimo articolo, comma 2, lettera m) il testo del provvedimento al nostro esame prevede l'estensione del regime di contabilità semplificata alle imprese di servizi con ricavi fino a 400 mila euro e alle altre imprese con ricavi fino a 700 mila euro;
l'ultimo aggiornamento di questi limiti era stato fatto nell'anno 2001;
la contabilità semplificata è una possibilità squisitamente fiscale in quanto le norme del Codice civile impongono la contabilità ordinaria a chiunque eserciti una qualsiasi attività d'impresa. La contabilità semplificata si differenzia da quella ordinaria poiché viene utilizzata per le aziende che hanno volume di affari ridotto oppure per le ditte individuali;
per le imprese minori il reddito imponibile è determinato dalla differenza fra i ricavi ed i costi dell'esercizio, applicando alcune regole specifiche contenute nel T.U.I.R. (nell'articolo 66). Non essendovi l'obbligo della redazione del bilancio annuale, il reddito si determina compilando l'apposito quadro della dichiarazione dei redditi;
l'articolo 18, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, prevedeva che:
«Le disposizioni dei precedenti articoli si applicano anche ai soggetti che, a norma del codice civile, non sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili di cui allo stesso codice. Tuttavia i soggetti indicati alle lettere c) e d) del primo comma dell'articolo 13, qualora i ricavi di cui all'articolo 53 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, conseguiti in un anno intero non abbiano superato l'ammontare di 600 milioni di lire (309.874,14 euro) per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi, ovvero di un miliardo di lire (516.456,90 euro) per le imprese aventi per oggetto altre attività, sono esonerati per l'anno successivo dalla tenuta delle scritture contabili prescritte dai precedenti articoli, salvi gli obblighi di tenuta delle scritture previste da disposizioni diverse dal presente decreto. Per i contribuenti che esercitano contemporaneamente prestazioni di servizi ed altre attività si fa riferimento all'ammontare dei ricavi relativi alla attività prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi si considerano prevalenti le attività diverse dalle prestazioni di servizi. Con decreto del Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabiliti i criteri per la individuazione delle attività consistenti nella prestazione di servizi»;
le imprese in contabilità ordinaria devono tenere:
Registri Iva;
Registro dei cespiti ammortizzabili;
Il libro giornale;
Il Libro degli Inventari;
Il Libro mastro;
la semplificazione, rispetto al regime ordinario, consiste nell'esonero dalla tenuta dei registri obbligatori ad eccezione dei:
registri Iva (fatture emesse, corrispettivi e acquisti);
registro beni ammortizzabili;
i registri Iva vanno però integrati, riportando:
entro 60 giorni dall'effettuazione dell'operazione, i componenti positivi e negativi del reddito d'impresa non rilevanti ai fini dell'Iva. Si tratta, ad esempio, di spese per salari, interessi passivi, tasse di concessione governativa, ecc.;
entro il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, le annotazioni rilevanti ai fini della determinazione del reddito, cioè le rettifiche da apportare ai ricavi e ai costi in base al principio della competenza economica (ad esempio ratei e risconti, fatture da emettere e fatture da ricevere, ecc.);
entro il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, nel registro degli acquisti, il valore delle rimanenze con indicazione sia delle quantità e dei valori per singole categorie di beni, sia dei criteri eseguiti per la valutazione;
tale modalità semplificata di contabilità va estesa ad un numero più significativo di aziende e di ditte individuali che hanno volume di affari ridotto per creare un migliore rapporto tra una significativa fascia di contribuenti e l'amministrazione finanziaria, e semplificare in maniera rilevante gli adempimenti burocratici per una larga parte delle nostre piccole imprese,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di innalzare in misura maggiore - nell'ambito dell'annunciato progetto di riforma fiscale - i limiti per l'utilizzo della contabilità semplificata ed a rivalutare, in ogni caso, tali limiti con periodicità non superiore al biennio.
9/4357-A/36.Barbato, Donadi, Messina, Cambursano, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 7, comma 2, lettera n), del testo del decreto-legge n. 70 del 2011 al nostro esame si disponeva l'attenuazione del principio del «solve et repete» (prima paga, poi avvia la lite). In sostanza, nel caso in cui ci si trovi in presenza di richiesta di sospensione giudiziale degli atti esecutivi, non si poteva procedere all'esecuzione fino alla decisione del giudice e comunque fino al centoventesimo giorno;
inoltre, viene espressamente chiarito che rientrano tra gli accertamenti esecutivi anche quelli emessi dagli uffici ai fini dell'imposta sulle attività produttive;
dal 1o luglio entrano, infatti, in vigore le norme di cui all'articolo 29 del decreto-legge n. 78 del 2010 sulla riscossione dei crediti fiscali (le cosiddette «ganasce fiscali»);
secondo tale articolo 29, la riscossione delle somme richieste non aspetta l'accertamento definitivo ma diventa esecutiva entro 60 giorni dalla notifica. Da tale momento gli agenti della riscossione potranno dunque procedere ad esecuzione forzata;
il 1o luglio doveva entrare dunque in vigore la norma sugli accertamenti esecutivi. La riscossione avrebbe di fatto subito un'accelerazione, senza passare più per la cartella. Gli atti emessi dall'agenzia delle Entrate sarebbero diventati esecutivi dopo 60 giorni dalla notifica. Il decreto sviluppo (Dl 70/2011) ha cercato di introdurre una clausola per tutelare il contribuente. La presentazione dell'istanza di sospensiva nei tribunali del fisco poteva «congelare» il pagamento del 50 per cento delle somme dovute ma per un periodo di 120 giorni;
con le modifiche apportate nel corso dell'esame del provvedimento in sede referente, la sospensione per il pagamento di quota parte dell'accertato (dal 50 per cento è diventato un terzo) passa da 120 giorni a 180 giorni. Si avvicina così il periodo di sospensione del pagamento di quota parte delle somme richieste al periodo medio di decisione sulle istanze dei contribuenti da parte delle Commissioni tributarie provinciali (184,6 giorni);
nella disposizione non si fa riferimento alla richiesta, da parte del contribuente, della sospensione dell'esecuzione dell'atto, né, di conseguenza, della sospensione dell'esecuzione forzata fino alla data di emanazione del provvedimento che decide sull'istanza di sospensione. Si intende così snellire il lavoro delle Commissioni provinciali tributarie eliminando il prevedibile contenzioso;
infatti, l'articolo 47 del decreto legislativo 546/1992 (recante disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) reca la disciplina della sospensione dell'atto impugnato di fronte alla commissione tributaria: il ricorrente, se dall'atto impugnato può derivargli un danno grave ed irreparabile, può infatti chiedere alla Commissione provinciale competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto stesso con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato notificato alle altre parti;
per quanto concerne la sospensione, inoltre, si precisa - nel testo al nostro esame - che: «l'istanza di sospensione è decisa entro 180 giorni dalla data di presentazione della stessa». E si aggiunge che la mancata decisione entro tale termine costituisce illecito disciplinare ed è sanzionata con la rimozione dall'incarico in caso di recidiva. Essa è altresì valutata ai fini dell'eventuale danno erariale. Il tutto «sino alla revisione dello stato giuridico ed economico della magistratura tributaria»;
queste disposizioni hanno suscitato molte perplessità innanzitutto da parte della magistratura tributaria stante le difficoltà operative concrete che incontrano le Commissioni tributarie nello svolgere il proprio lavoro in alcune sedi, in particolare in quelle più affollate;
il monitoraggio del dipartimento delle Finanze (dipartimento giustizia tributaria) sul contenzioso 2009 riportava un tempo medio di attesa di 184,6 giorni nelle Commissioni tributarie provinciali (Ctp) tra la data di deposito dell'istanza a quella di decisione, ma tale tempo di attesa è di gran lunga maggiore in alcune sedi;
è giusto rendere più efficiente il sistema della riscossione. Il problema nasce se le misure in questa direzione non sono accompagnate dalla stessa attenzione sul fronte delle tutele giurisdizionali;
quindi, parallelamente bisogna agire sul fronte della giustizia tributaria: renderla più forte, più autonoma, più qualificata con maggiori risorse e personale perché sia in grado di stare al passo con tempi di accertamento e riscossione più veloci e pervasivi;
i 180 giorni - affermano diversi presidenti delle Ctp - non sono assolutamente sufficienti se non ci saranno interventi di ampliamento di organico delle segreterie e di attivazione di tutte le sezioni;
più in generale, emergono due esigenze incontestabili, la lotta all'evasione e l'efficienza della riscossione. Ma questi obiettivi non si perseguono alterando gli istituti giuridici, «concentrando la riscossione nell'accertamento». La lentezza della riscossione è un problema organizzativo. Negli ultimi tempi si è affermata la tendenza a perseguire le esigenze di gettito alterando gli istituti che dovrebbero, viceversa, rimanere stabili per dare certezza ai contribuenti;
la semplice emanazione dell'avviso di accertamento (specie se cautelativo in vista della scadenza prescrittiva) non dice nulla circa la probabilità che il riscosso sulla base di esso corrisponda al dovuto. Una tale probabilità comincia ad emergere solo con la sentenza di primo grado,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prendere le opportune iniziative - anche legislative - per potere avviare nel più breve tempo possibile la revisione dello stato giuridico ed economico della magistratura tributaria e per attribuirle maggiori risorse e personale affinché sia in grado di stare al passo con tempi di accertamento e riscossione più veloci e pervasivi.
9/4357-A/37.Donadi, Messina, Barbato, Cambursano, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento al nostro esame all'articolo 7 prevede diverse disposizioni relative all'attività di riscossione, tra le quali le seguenti:
a) con l'aggiunta dei commi 2-sexies e 2-septies all'articolo 7, si escludono dal calcolo degli interessi di mora sulle somme iscritte a ruolo, che si applicano a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, per evitare il fenomeno dell'anatocismo («interesse sugli interessi»). Questa disposizione si applica ai ruoli consegnati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto;
b) con l'introduzione del comma 2-octies all'articolo 7, si è stabilito che le misure, anche differenziate, degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo, saranno definite con decreto ministeriale non più nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse fissato ai sensi dell'articolo 1284 del Codice civile, ma bensì di un solo punto percentuale. Si tratta degli interessi per ritardato rimborso delle imposte, per ritardata iscrizione a ruolo, per dilazione del pagamento, per la sospensione amministrativa, per pagamenti rateali e per ritardato pagamento. Il Codice civile prevede che il saggio degli interessi legali sia determinato in misura pari all'1,5 per cento in ragione d'anno. Il Ministro dell'economia e delle finanze con proprio decreto può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a 12 mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell'anno;
in sede referente non sono state introdotte, però, modifiche alle norme che riguardano la remunerazione dell'attività di riscossione da parte dei concessionari, norme che hanno riflessi cospicui sui disagi lamentati dai contribuenti in relazione a tale attività;
il decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 - Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337 - all'articolo 17, prevede per la remunerazione dell'attività degli agenti della riscossione un aggio, pari al nove per cento delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora, a carico del debitore:
a) in misura del 4,65 per cento delle somme iscritte a ruolo, in caso di pagamento entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella. In tal caso, la restante parte dell'aggio è a carico dell'ente creditore;
b) integralmente, in caso contrario;
tali percentuali possono essere rideterminate con decreto non regolamentare del Ministro dell'Economia e delle Finanze, nel limite di due punti percentuali di differenza rispetto a quelle stabilite, tenuto conto del carico dei ruoli affidati, dell'andamento delle riscossioni e dei costi del sistema;
l'articolo 17 citato prevede altresì che all'agente della riscossione spetta il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, sulla base di una tabella approvata con decreto del Ministero delle finanze, con il quale sono altresì stabilite le modalità di erogazione del rimborso stesso. Tale rimborso è a carico:
a) dell'ente creditore, se il ruolo viene annullato per effetto di provvedimenti di sgravio o se l'agente della riscossione ha trasmesso la comunicazione di inesigibilità;
b) del debitore, negli altri casi;
sono a carico del debitore anche le spese di notifica della cartella di pagamento nella misura di euro 5,88;
sono dunque previsti dalle norme vigenti ampi margini di discrezionalità da parte del Ministro dell'economia e delle finanze per rivedere la percentuale dell'aggio (comma 2 dell'articolo 17 citato), la tabella per il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive (comma 6 dell'articolo 17 citato) nonché l'importo delle spese di notifica della cartella di pagamento (comma 7-ter dell'articolo 17 citato);
tali elementi di remunerazione degli agenti della riscossione nel loro complesso sembrano ridondanti e, più che costituire un rimborso delle spese sostenute, configurano ampi margini di profitto per i concessionari della riscossione a spese dei contribuenti,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative, anche legislative, per ridurre il grado di discrezionalità del Governo nel determinare i compensi per gli agenti della riscossione e per ridurre in particolare la percentuale dell'aggio.
9/4357-A/38.Cambursano, Barbato, Messina, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento al nostro esame, all'articolo 7, prevede numerose misure di semplificazione fiscale, ma non prevede nessuna misura per l'estensione del regime per i contribuenti minimi (cd. «forfettone») che oltre a semplificare in misura rilevante gli adempimenti fiscali consente, in particolare ai giovani che iniziano un'attività autonoma od imprenditoriale, di usufruire di un efficace agevolazione tributaria che li accompagna nei primi anni di attività;
attualmente tale regime fiscale è regolato da quanto previsto dall'articolo 1, commi da 196 a 117, della legge n. 244 del 2007;
ai fini dell'applicazione del regime previsto dai commi da 96 a 117 citati, si considerano contribuenti minimi le persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni che, al contempo:
a) nell'anno solare precedente:
1) hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30.000 euro;
2) non hanno effettuato cessioni all'esportazione;
3) non hanno sostenuto spese per lavoratori dipendenti o collaboratori anche assunti secondo la modalità riconducibile a un progetto, programma di lavoro o fase di esso, né erogato somme sotto forma di utili da partecipazione agli associati;
b) nel triennio solare precedente non hanno effettuato acquisti di beni strumentali, anche mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria, per un ammontare complessivo superiore a 15.000 euro;
i vantaggi del cd. «forfettone» sono molteplici:
1) non sono più dovute Irpef e addizionali regionali e comunali;
2) il nuovo regime comporta l'applicazione di un'imposta sostitutiva del 20 per cento sul reddito, calcolato come differenza tra ricavi o compensi e spese sostenute, comprese le plusvalenze e le minusvalenze dei beni relativi all'impresa o alla professione;
3) il reddito si determina applicando il principio di cassa, il che comporta un'immediata e integrale rilevanza dei costi, anche quelli inerenti i beni strumentali (circostanza molto incentivante soprattutto in fase di avvio dell'attività produttiva);
4) dal reddito si possono dedurre per intero i contributi previdenziali, compresi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell'impresa familiare fiscalmente a carico e quelli versati per i collaboratori non a carico ma per i quali il titolare non ha esercitato il diritto di rivalsa;
5) è ammessa la compensazione di perdite riportate da anni precedenti;
6) le perdite fiscali successive possono essere portate in diminuzione dal reddito conseguito nei periodi d'imposta seguenti, ma non oltre il quinto;
7) è previsto l'esonero dagli adempimenti ai fini Iva: niente versamenti, dichiarazioni, comunicazioni,tenuta e conservazione dei registri;
8) è prevista l'esenzione dall'Irap con conseguente azzeramento totale dei costi connessi al tributo;
9) è prevista l'esclusione dall'applicazione degli studi di settore e parametri con il vantaggio sotto il profilo della riduzione dei costi e degli adempimenti connessi;
10) per quanto concerne gli adempimenti documentali sono previsti:
l'esonero dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili;
l'esonero dall'invio degli elenchi clienti e fornitori;
mentre restano obbligatori:
la numerazione e la conservazione delle fatture d'acquisto e delle bollette doganali;
la certificazione dei corrispettivi;
la conservazione dei documenti emessi e ricevuti;
l'integrazione delle fatture di acquisto intracomunitario o in regime di reverse charge;
la titolarità di un conto corrente bancario o postale,

impegna il Governo

a valutare la concreta possibilità di estendere il regime fiscale per i contribuenti minimi elevando i limiti dei ricavi e dei compensi annuali per le persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni, nonché il limite agli acquisti di beni strumentali effettuati nel triennio solare precedente.
9/4357-A/39.Evangelisti, Borghesi, Barbato, Messina, Cambursano.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgente per l'economia (C.4357-A),
premesso che:
il 21 settembre 2010 la Commissione europea ha presentato la nuova strategia 2010-2015 per la promozione della parità fra uomini e donne nell'Unione europea (COM(2010)491). Tale strategia prevede azioni basate su cinque priorità: pari indipendenza economica; pari retribuzione per lo stesso lavoro e lavoro di pari valore; parità nel processo decisionale; dignità, integrità e fine della violenza nei confronti delle donne; parità tra donne e uomini nelle azioni esterne;
in particolare, la Commissione Europea ritiene necessario sostenere la promozione della parità di genere nell'attuazione di tutti gli aspetti e delle iniziative faro della strategia Europa 2020, tramite il sostegno tecnico, i Fondi strutturali e altri importanti programmi di finanziamento come il 7o programma quadro per la ricerca. Nel contesto degli orientamenti sull'occupazione e della valutazione delle politiche nazionali per l'occupazione, la Commissione intende seguire con particolare attenzione le politiche nazionali adottate per migliorare la parità di genere sul mercato del lavoro e l'inclusione sociale delle donne e promuovere l'imprenditorialità e il lavoro autonomo delle donne. Nella Risoluzione adottata l'8 marzo 2011 sugli aspetti della povertà femminile nell'Unione europea, il Parlamento europeo chiede agli Stati membri programmi specifici per promuovere l'inclusione attiva o il reinserimento delle donne sul mercato del lavoro e opportunità specifiche di apprendimento permanente mirate a fornire le competenze e le qualifiche necessarie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a riconoscere appositi incentivi fiscali in favore delle imprese che assumono donne, in particolare nel Mezzogiorno, anche attraverso la proroga ed il potenziamento del credito d'imposta per l'occupazione introdotto con la legge finanziaria 2008 (articolo 2, comma 539, della legge 24 dicembre 2007, n. 244);
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta ad introdurre specifiche misure di sostegno per le imprese che favoriscono il reinserimento nel lavoro delle lavoratrici madri nei due anni successivi al parto;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a favorire l'inserimento e il reinserimento della donna nel mercato del lavoro attraverso la creazione di nuove imprese femminili, il rifinanziamento del fondo per gli asili nido di cui all'articolo 1, comma 1259, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, l'introduzione di benefici fiscali per le imprese che istituiscono asili nido aziendali e infine attraverso il riconoscimento di un regime fiscale agevolato nei confronti delle imprese che assumo donne disabili.
9/4357-A/40.Mura, Paladini, Cimadoro, Borghesi, Barbato, Cambursano, Messina.

La Camera,
premesso che:
il comma 6 dell'articolo 8 del provvedimento al nostro esame introduce la possibilità di trasformare il mutuo casa da variabile a fisso. Fino al 31 dicembre 2012, si potrà rinegoziare i mutui a tasso variabile di importo non superiore a 200.000 euro, stipulati per l'acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione, a condizione che il soggetto richiedente presenti una attestazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 35.000 euro e non abbia avuto ritardi nei precedenti pagamenti;
in sede di rinegoziazione, può essere previsto anche l'allungamento del piano di rimborso del mutuo per un periodo massimo di cinque anni, purché la durata residua del mutuo all'atto della rinegoziazione non diventi superiore a venticinque anni. In caso di rinegoziazione è prevista la surroga di diritto delle banche nelle garanzie ipotecarie, senza il compimento di alcuna formalità o annotazione;
finora le possibilità di cambiare la tipologia del prestito erano legate alla volontà della banca, che poteva decidere se accogliere o meno la richiesta del cliente e soprattutto quale nuovo tasso applicare. Con questa norma la rinegoziazione è diventata invece automatica, almeno per le famiglie meno abbienti e che non sono in ritardo con i pagamenti;
il passaggio dovrà avvenire a un tasso ben preciso: si applicherà infatti l'Irs (a 10 anni oppure, se inferiore, quello legato alla durata residua del finanziamento) maggiorato dello stesso spread praticato in origine sull'Euribor;
l'Eurirs (Euro Interest Rate Swap) o Irs è una delle due componenti del tasso di interesse del mutuo a tasso fisso. Tale valore viene diffuso giornalmente dalla federazione bancaria europea e viene utilizzato come parametro di indicizzazione dei mutui a tasso fisso. L'Eurirs è pari alla media ponderata delle quotazioni alle quali le banche operanti nell'Unione europea realizzano l'Interest Rate Swap (Irs);
molte banche non saranno particolarmente felici per la novità, che le obbliga a concedere una rinegoziazione e a praticare condizioni che altrimenti non avrebbero probabilmente offerto;
il livello del tasso Irs a 10 anni (il 5 maggio scorso al 3,60 per cento) è infatti generalmente inferiore a quello delle scadenze successive (15, 20, 30 anni), ma è soprattutto la questione dello spread (cioè del ricarico applicato sul tasso base per remunerare il rischio) a far storcere il naso agli istituti italiani: quelli attualmente praticati sono in media del 50 per cento superiori a quelli che si potevano spuntare soltanto 2 o 3 anni fa e chi si presenta oggi a chiedere una rinegoziazione o una surroga difficilmente ottiene lo stesso valore;
resta da verificare quale possa essere la reale portata della misura: le associazioni dei consumatori lamentano che il limite reddituale dei 35 mila euro (molto vicino a quello - 30 mila euro - generalmente utilizzato per individuare le famiglie bisognose, e anche per il Fondo di solidarietà che permette la sospensione delle rate) sia eccessivamente penalizzante: significa aiutare un numero molto limitato di famiglie;
altra questione da valutare è la reale convenienza ad effettuare il passaggio da tasso variabile a fisso: è vero che le rate dei primi sono destinate a crescere perché gli Euribor seguiranno le mosse della Banca centrale europea (si prevedono due rialzi per complessivi 50 punti base da qui a fine anno). Ma è anche vero che gli Irs sono mediamente più elevati del 2-2,5 per cento e chi chiede la rinegoziazione deve mettere in conto una rata più elevata per i prossimi due o tre anni. Molte famiglie, specialmente quelle più in difficoltà, alle quali è principalmente rivolta la misura, non potranno permetterselo;
se si vorrà, viceversa, concordare l'allungamento del piano di rimborso per un periodo massimo di 5 anni, la durata residua del mutuo all'atto della rinegoziazione non dovrà superare i 25 anni. In questo modo il finanziamento diventerà più oneroso nel complesso (si pagheranno maggiori interessi), ma il costo sarà diluito più a lungo con l'effetto di ridurre la singola rata. Il problema, sotto questo aspetto, è che in determinate situazioni non sarà comunque possibile raggiungere l'importo della rata originaria neanche allungando di 5 anni il prestito. In alcuni altri casi, l'allungamento non sarà addirittura possibile perché la durata residua supera già i 25 anni;
rinegoziare i mutui per le famiglie meno abbienti è certamente utile, ma le tre condizioni (Reddito ISEE di 35.000 euro per nucleo familiare, 200.000 euro di mutuo, non essere in ritardo con le rate) limiteranno la possibilità di rinegoziazione a un numero limitato di famiglie, che peraltro ancora non conoscono eventuali costi aggiuntivi, oltre all'aumento certo del passaggio dal tasso variabile al tasso fisso, che oggi si differenziano di almeno 2-2,5 punti. Paradossalmente, quindi, un provvedimento che vorrebbe aiutare le famiglie che temono di trovarsi nei prossimi mesi di fronte a rate insostenibili per l'aumento dei tassi, da subito determinerà esborsi più alti per centinaia di euro, fino a un 30-40 per cento in più;
per aiutare realmente le famiglie, sarebbe necessario disporre misure di sostegno efficaci ed adeguate, come il potenziamento del Fondo di Solidarietà che consente la sospensione delle rate del mutuo per la prima casa, ampliando le risorse messe a disposizione a tal fine, sufficienti a coprire appena circa 4.000 pratiche, e facendo in modo che tale misura copra l'intero tasso di interesse, e non solo quello Euribor come avviene attualmente;
la Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008), introdusse il Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa che avrebbe dovuto consentire ai mutuatari che si trovano in momento di difficoltà di sospendere il pagamento del mutuo per un massimo di 18 mesi. La possibilità di sospendere il pagamento delle rate del mutuo è il provvedimento senza dubbio più efficace per chi si trova in estrema difficoltà poiché consente al mutuatario di avere il tempo necessario per riorganizzare la propria vita (trovare un nuovo lavoro, trovare una diversa abitazione eccetera) per poter far fronte agli impegni assunti;
destinatari degli interventi sono i soggetti i quali sono titolari di un mutuo contratto per l'acquisto di un'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale, sita nel territorio nazionale;
per accedere alle agevolazioni i beneficiari devono essere in possesso, alla data di presentazione della domanda, dei seguenti requisiti soggettivi:
a) titolo di proprietà sull'immobile oggetto del contratto di mutuo;
b) titolarità di un mutuo di importo erogato non superiore a 250 mila euro, in ammortamento da almeno un anno;
c) indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 30 mila euro;
l'immobile non deve rientrare nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, non deve avere le caratteristiche di lusso indicate nel decreto del Ministero dei lavori pubblici in data 2 agosto 1969 e deve costituire l'abitazione principale del beneficiario alla data di presentazione della domanda;
l'ammissione al beneficio è subordinata all'accadimento di almeno uno dei seguenti eventi, successivi alla data di stipula del contratto di mutuo e tali da determinare la temporanea impossibilità del beneficiario a provvedere al pagamento delle rate alla loro scadenza naturale:
a) perdita del posto di lavoro dipendente a tempo indeterminato o termine del contratto di lavoro parasubordinato o assimilato, con assenza non inferiore a tre mesi di un nuovo rapporto di lavoro;
b) morte o insorgenza di condizioni di non autosufficienza di uno dei componenti il nucleo familiare, nel caso in cui questi sia percettore di reddito per almeno il 30 per cento del reddito imponibile complessivo del nucleo familiare domiciliato nell'abitazione del beneficiario;
c) pagamento di spese mediche o di assistenza domiciliare documentate per un importo non inferiore a 5 mila euro annui;
d) spese di manutenzione straordinaria, di ristrutturazione o di adeguamento funzionale dell'immobile oggetto del mutuo, sostenute per opere necessarie e indifferibili per un importo, direttamente gravante sul nucleo familiare domiciliato nell'abitazione del beneficiario, non inferiore a 5 mila euro;
e) aumento della rata del mutuo, regolato a tasso variabile, rispetto alla scadenza immediatamente precedente, direttamente derivante dalle fluttuazioni dei tassi di interesse, di almeno il 25 per cento in caso di rate semestrali e di almeno il 20 per cento in caso di rate mensili;
a fronte della sospensione del pagamento delle rate di mutuo sono rimborsati dal Fondo alle banche:
a) i costi sostenuti dal beneficiario per eventuali onorari notarili anticipati dalla banca;
b) gli oneri finanziari pari alla quota interessi delle rate per le quali ha effetto la sospensione del pagamento da parte del mutuatario, corrispondente esclusivamente al parametro di riferimento del tasso di interesse applicato ai mutui e, pertanto, al netto della componente di maggiorazione (spread) sommata a tale parametro;
per parametro di riferimento si intende:
a) per i mutui regolati a tasso variabile, l'Euribor di durata pari a quella usata nel contratto, ovvero in mancanza di parametrizzazione dei tassi all'Euribor, l'Euribor di durata pari alla periodicità di pagamento delle rate;
b) per i mutui regolati a tasso fisso, il tasso IRS in euro riportato sulla pagina ISDAFIX 2 del circuito Reuters di durata pari alla durata residua del contratto di mutuo vigente al momento della sospensione dell'ammortamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rifinanziare per il prossimo triennio il Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa istituito con una dotazione di 10 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009, alzando il limite dell'Isee e facendo in modo tale (modificando l'articolo 3 del decreto ministeriale n. 132 del 2010) che tale misura copra l'intero tasso di interesse, e non solo quello Euribor come avviene attualmente.
9/4357-A/41.Palagiano, Piffari, Cambursano.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia;
premesso che:
all'articolo 9, comma 17 è definito un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente, educativo ed ATA, per gli anni 2011-2013 senza un'indicazione numerica circa i contingenti;
il piano delle immissioni in ruolo, elemento imprescindibile e necessario onde evitare il collasso del sistema scuola pubblica, è tuttavia pieno di limiti e non sarà sufficiente a colmare i vuoti di organico, che inevitabilmente si determinerebbero se finalmente si decidesse di applicare, nella determinazione degli organici, criteri che rispettino le norme di sicurezza sul lavoro e che siano improntati al miglioramento della qualità dell'offerta formativa;
la recente sentenza del Consiglio di Stato del 16 giugno 2011 ha autorizzato la class action promossa dal Codacons contro le classi cd «batteria» ovvero quelle classi sovraffollate dove il numero degli alunni supera il limite di 25, dunque le nuove regole introdotte dal ministro Gelmini, con riguardo alla formazione numerica delle classi, di fatto rappresentano un pericolo per la sicurezza di studenti e personale scolastico;
nel testo del decreto non compare neanche un dato previsionale sulle immissioni in ruolo. Basti ricordare che negli ultimi tre anni, a causa dell'applicazione dell'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008 n. 133 (finanziaria estiva 2008) recante «norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane della scuola», sono stati tagliati 8 miliardi di euro destinati alla scuola. In conseguenza di ciò sono state eliminate nei passati 2 anni 67.100 cattedre, a cui se ne aggiungeranno più 19.000 quest'anno. In totale in tre anni sono state tagliate 86.100 cattedre. Per il personale ATA i tagli sono stati più di 45.000 in tre anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di pianificare per tutti i precari inseriti nelle graduatorie ad esaurimento un disegno di inserimento stabile nel mondo del lavoro prima di avviare nuove forme di reclutamento che altrimenti rischiano di produrre un aumento esponenziale del fenomeno del precariato scolastico;
a valutare l'opportunità di individuare con esattezza i contingenti necessari al corretto funzionamento delle istituzioni scolastiche secondo un piano triennale consistente nell'assunzione a tempo indeterminato, per gli anni scolastici 2011-2013, di personale docente ed educativo per complessive 150.000 unità e per il personale ATA per complessive 40.000 unità;
a valutare l'opportunità che le immissioni in ruolo siano effettuate sulla base dei posti vacanti e disponibili dopo aver pianificato gli organici secondo criteri relativi ai limiti del numero degli alunni per classe imposto dalle norme sulla sicurezza e agibilità dei plessi scolastici; evitando la riconduzione forzata a 18 ore negli istituti di istruzione superiore qualora essa costituisca un ostacolo alla continuità didattica; ripristinando le compresenze nella scuola primaria e rinunciando alla revisione delle classi di concorso per l'insegnamento nelle scuole superiori, come previsto dall'articolo 64 della legge 133 del 2008, laddove essa costituisca un espediente per il reintegro degli esuberi di personale determinati in conseguenza dei tagli; a copertura dei posti in organico di fatto poi istituendo le dotazioni organiche aggiuntive da utilizzare per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato.
9/4357-A/42.Di Giuseppe.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge di Conversione in legge del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia;
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 9, comma 18, modifica il decreto legislativo 368/2001 che applica in Italia la direttiva comunitaria sui contratti a tempo determinato. La modifica introdotta non consente al personale precario della scuola di ottenere la conversione del rapporto di lavoro dopo 36 mesi di servizio;
questa modifica contravviene quindi ad una norma comunitaria già introdotta nel nostro ordinamento, ma resa inapplicabile solo ai precari della scuola; inoltre tale esclusione mira ad eludere le sentenze di diversi tribunali italiani che, negli ultimi mesi, hanno riconosciuto l'illegittimità dell'interruzione del contratto di lavoro per i precari della scuola;
si tratta di interventi iniqui, che, creando disparità di trattamento tra i lavoratori, daranno origine inevitabilmente a nuovo contenzioso;
dunque ai precari della scuola è preclusa la possibilità di avere riconosciuto il diritto alla carriera e la conversione del rapporto di lavoro dopo aver garantito, grazie alla propria professionalità, il corretto funzionamento delle istituzioni scolastiche pubbliche per almeno 36 mesi;
il provvedimento in esame, sempre all'articolo 9 introduce una serie di disposizioni relative alla mobilità del personale della scuola: viene disposto l'aggiornamento triennale delle graduatorie ad esaurimento dei docenti; viene esteso da tre a cinque anni il blocco della mobilità territoriale per i neo immessi in ruolo, pertanto i docenti immessi in ruolo a partire dal 1° settembre 2011 non potranno spostarsi di provincia per i primi cinque anni, non è consentita neanche l'assegnazione provvisoria o l'utilizzazione in provincia diversa; infine viene spostato in avanti il termine delle operazioni di avvio dell'anno scolastico;
è innegabile che tali interventi sulle graduatorie rappresentano un ulteriore irrigidimento nel reclutamento del personale ed è ben lontano dal dare stabilità al sistema di istruzione. La pretesa di bloccare le persone per cinque anni nello stesso posto appare inaudita e contravviene ai principi generali sulla mobilità, inoltre in un contesto di pesanti tagli agli organici a cui è sottoposto il mondo della scuola negli ultimi anni, e dato il pesante stato di incertezza in cui tali lavoratori sono chiamati ad esprimersi, risulta quanto meno opportuno agevolare la mobilità riducendo i tempi necessari all'aggiornamento, anziché estenderli;
è di conseguenza assolutamente necessario che non vengano posti ostacoli alla mobilità del personale scolastico sul territorio nazionale e venga rispettato, in via esclusiva, il principio del merito (titoli culturali e servizio) in base al quale sono redatte le graduatorie ad esaurimento del personale precario della scuola,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, al fine di ottimizzare e razionalizzare il reclutamento sul territorio nazionale, di istituire sulla base delle attuali graduatorie provinciali ad esaurimento, delle graduatorie nazionali ad esaurimento a garanzia della libertà di trasferimento e di scelta verso tutte le province, secondo le opzioni relative agli ambiti territoriali espresse dai singoli aspiranti;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa tesa a riconoscere anche ai lavoratori precari della scuola il diritto a vedere riconosciuti gli stessi diritti di tutti gli altri lavoratori contro gli abusi dei contratti a termine, a fronte delle legittime aspettative di chi, avendo superato prove concorsuali di Stato, per anni ha garantito la costante erogazione del servizio scolastico;
a valutare l'opportunità di dare al personale che ne abbia titolo, al fine di aumentare le possibilità occupazionali del personale docente ed educativo inserito all'interno delle graduatorie ad esaurimento, istituite dall'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nonché al fine di agevolare l'esaurimento delle graduatorie medesime, di ottenere il riconoscimento dell'intero punteggio derivante da titoli e servizio, su tutte le graduatorie dello stesso ambito disciplinare secondo il principio della cascata. Tale impegno oltre ad agevolare gli obiettivi di risparmio economico stabiliti dall'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008 n. 133 recante «norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane della scuola», al contempo salvaguarda il principio del merito, in base al quale sono redatte le suddette graduatorie, offrendo la possibilità a chi è in possesso di più titoli (e quindi più abilitazioni all'interno dello stesso ambito disciplinare) e più anni di servizio, e ha visto notevolmente diminuite le proprie possibilità lavorative per effetto del taglio alle ore d'insegnamento delle proprie discipline, di concorrere con pieno punteggio al conferimento di incarichi per tutti gli insegnamenti per cui è in possesso del titolo abilitante.
9/4357-A/43.Zazzera.

La Camera,
premesso che:
l'imposta di Registro è regolata dal Testo unico dell'imposta di registro, il decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 26 aprile 1986;
l'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131/86 prevede che: «Sono obbligati a richiedere la registrazione: a) le parti contraenti per le scritture private non autenticate, per i contratti verbali e per gli atti pubblici e privati formati all'estero nonché i rappresentanti delle società o enti esteri, ovvero uno dei soggetti che rispondono delle obbligazioni della società o ente, per le operazioni di cui all'articolo 4; b) i notai, gli ufficiali giudiziari, i segretari o delegati della pubblica amministrazione e gli altri pubblici ufficiali per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati»;
il disposto dell'articolo 69 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica è, poi, altrettanto chiaro quando dispone che: «Chi omette la richiesta di registrazione degli atti e dei fatti rilevanti ai fini dell'applicazione dell'imposta, ovvero la presentazione delle denunce previste dall'articolo 19 è punito con la sanzione amministrativa dal centoventi al duecento quaranta per cento dell'imposta dovuta»;
tali misure sanzionatorie sono dovute solidalmente dai soggetti obbligati a chiedere la registrazione (parti contraenti per i contratti verbali e le scritture private non autenticate, ovvero parti contraenti e pubblico ufficiale per gli atti pubblici e le scritture private autenticate);
la disposizione di cui all'articolo 57, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, pone infatti a carico delle parti in causa l'obbligo solidale di pagamento dell'imposta di registro;
in molti casi che interessano numerosi contribuenti la norma trova applicazione nelle cause per divisione delle comunioni ereditarie, nelle quali sovente si registrano quote di comunione assai differenziate tra eredi;
in caso di mancato pagamento dei coobbligati ciascuno per la propria quota, l'azione per la riscossione del tributo è rimessa dall'Agenzia delle entrate ad Equitalia, la quale ha piena discrezionalità nell'agire;
essa può pertanto rivolgersi a chiunque tra i coobbligati, anche a coloro che in ipotesi abbiano quote marginali della comunione (meno dell'1 per cento), aggredendo i beni personali;
in siffatta ipotesi l'azione, ancorché formalmente lecita sul piano giuridico, non può non portare ad un giudizio di sostanziale iniquità nei confronti del soggetto azionato, impotente a sottrarsi alla pretesa dell'ufficio, e la creazione di iniquità non può essere un risultato che uno Stato moderno intende favorire, soprattutto in materia fiscale;
la cosa appare ancor più grave a causa della mancata previsione, nell'articolo 58, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, della surrogazione, a favore delle parti in causa che hanno pagato l'imposta di registro, nelle «ragioni, azioni e privilegi spettanti all'amministrazione finanziaria»;
è bensì vero che sussiste la possibilità, per le parti in causa che abbiano pagato l'imposta di registro in luogo degli obbligati che non l'abbiano fatto, di avvalersi dei comuni rimedi civilistici e, principalmente, dell'azione di regresso di cui all'articolo 1299 del codice civile, ma è ben noto il grave stato in cui si dibatte la giustizia civile in Italia ed i tempi lunghissimi richiesti per l'emanazione dei provvedimenti di competenza;
in tale situazione apparirebbe atto di equità da parte di Equitalia agire nei confronti dei beni appartenenti alla massa ereditaria, in modo da rispettare così il principio di una imputazione di fatto delle somme dovute a ciascun obbligato -:

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa volta a prevedere che Equitalia spa debba rivalersi, in prima istanza, sui beni che hanno generato la solidarietà passiva dei debitori.
9/4357-A/44. Borghesi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 prevede la possibilità per le pubbliche amministrazioni di avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni, contratti a collaborazione coordinata e continuativa, contratti di formazione-lavoro, lavoro in somministrazione, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009;
la disposizione si applica a partire dall'anno 2011 alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie, incluse le agenzie fiscali, agli enti pubblici non economici, alle università e agli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001;
a causa della predetta previsione finanziaria, molti rapporti di lavoro atipici sono già cessati presso le amministrazioni interessate pur continuando a sussistere la necessità delle amministrazioni di continuare ad avvalersi del lavoro prestato dal lavoratori il cui contratto è cessato;
si sono così venute a generare - e continueranno a generare - situazioni di difficoltà nell'assicurare il pubblico servizio, pregiudizi nei confronti dell'utenza e, soprattutto considerevoli problemi occupazionali. Emblematico è il caso dei lavoratori INPS, per i quali il Governo aveva assunto un impegno preciso in Commissione lavoro alla Camera dei Deputati, senza che vi abbia dato alcun seguito;
tutto ciò in assenza di un piano del Governo per assicurare la continuità e l'efficienza dei servizi pubblici e per migliorare il lavoro pubblico, garantendo l'assunzione dei vincitori di concorso e la valorizzazione dei precari della pubblica amministrazione attraverso meccanismi che possano portare alla stabilizzazione del rapporto dove possibile e in coerenza con l'articolo 97 della Costituzione;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo; gli Enti Pubblici di cui all'articolo 70, comma 4 del decreto legislativo 165 e successive modificazioni; le Autonomie Regionali e Locali; gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale, anche in regime di convenzione, senza ulteriore aggravio della spesa sostenuta per le medesime finalità nell'anno 2009, possano prorogare almeno fino al 31 dicembre 2012 i contratti di lavoro del personale in servizio alla data del 1o gennaio 2011 assunto a tempo determinato, o con contratti di formazione lavoro ed altri rapporti formativi, come co.co.co e co.co.pro, somministrazione, nonché altre forme di lavoro accessorio, per i casi in cui, a seguito della cessazione del rapporto di lavoro si possano prefigurare situazioni d'interruzione del pubblico servizio con grave pregiudizio per l'utenza.
9/4357-A/45. Paladini, Aniello Formisano.

La Camera,
in sede di discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 70 del 2011 (C 4357-A),
premesso che:
in ordine al principio enunciato nell'articolo 6, comma 1, lettera a) non esiste una normativa europea di tal fatta, essendo la privacy un principio europeo di carattere generale che non può essere applicato a seconda dei casi, potendo esso al massimo assumere una diversa rilevanza in rapporto ad altri principi fondamentali;
in ordine alla privacy, le direttive europee si riferiscono alle persone fisiche ed è stato lasciato agli Stati membri la facoltà di estendere la normativa alle persone giuridiche; la privacy, infine, non riguarda i «cittadini», lemma usato nella disposizione indicata, che risulta errato in quel contesto, ma gli «individui»;
riguardo alla «corretta applicazione» della normativa europea dalle quali trarrebbero origine e giustificazione le disposizioni introdotte, la dichiarazione è errata, ma, di più, dalle azioni della Commissione Europea sul fronte privacy ed in particolare la Comunicazione in data 4 novembre 2010 dalla Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni, emerge chiaramente la volontà della Commissione di intervenire, ad esempio, sulle questioni del mercato interno riguardo alla protezione dei dati, ma non sembra che i predetti interventi siano diretti a rendere non applicabile alle aziende il diritto dell'individuo alla riservatezza e alla tutela dei dati personali. La Commissione, con il citato documento, molto chiaramente, propone di sviluppare un approccio comprensivo e coerente per garantire il diritto fondamentale alla protezione dei dati personali per gli individui;
in materia di privacy, l'articolo 6, alla lettera a) del successivo comma 2, dispiega e detta le specifiche misure di attuazione del (supposto) «falso» principio comunitario: con il dichiarato intento di favorire le attività delle piccole e medie imprese, ossia di quelle aziende con una struttura amministrativa snella che risultano particolarmente gravate dalla compliance aziendale, è introdotta una serie di modifiche;
il nuovo impianto normativo esclude l'applicazione delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali - in sostanza, la normativa sulla privacy - nei rapporti tra imprese, ove esse trattino dati personali con «finalità amministrativo-contabili»;
il nuovo comma 1-ter, dell'articolo 34 del Codice della privacy chiarisce e recita che «per trattamenti dei dati personali con finalità amministrativo-contabili si intendono quelli connessi allo svolgimento delle attività di natura organizzativa, amministrativa, finanziaria e contabile, a prescindere dalla natura dei dati trattati. In particolare, perseguono tali finalità le attività organizzative interne, quelle funzionali all'adempimento di obblighi contrattuali e precontrattuali, alla gestione del rapporto di lavoro in tutte le sue fasi, alla tenuta della contabilità e all'applicazione delle norme in materia fiscale, sindacale, previdenziale-assistenziale, di salute, igiene e sicurezza sul lavoro»;
si tratta, in sostanza, di tutte le attività più rilevanti che comprendono il trattamento di dati sensibili e quindi di particolare delicatezza: con questo comma viene prevista un'esenzione di carattere generale che riduce notevolmente la rilevanza della nozione stessa di riservatezza; si segnala, inoltre, che questa esclusione incide anche sul trattamento dei dati dei clienti/fornitori, che saranno esclusi dall'applicazione del Codice, ma sui quali la Guardia di Finanza basa una buona parte dei controlli fiscali (e commina molte sanzioni);
la disposizione sembra aver, inoltre, pienamente sposato il principio che quanto esce dalla porta rientra dalla finestra dato che se i medesimi dati dei clienti saranno utilizzati non per finalità amministrativo-contabili, ma per scopi pubblicitari (come è solitamente per le aziende medie e grandi), allora cadrà l'esclusione ed il Codice dovrà essere applicato dal titolare dell'azienda per il trattamento dei dati;
le disposizioni in commento sembrano essere ispirate dal principio di tutelare le esigenze delle imprese, erodendo l'intera normativa a tutela dei dati personali, tuttavia, la pur apprezzabile volontà di semplificare ed alleggerire gli oneri - particolarmente gravosi per le piccole imprese - si scontra con un risultato farraginoso e di difficile oltre che incerta applicazione, a forte rischio di successivo contenzioso e che rischia di costringere le imprese che dovrebbero beneficiarne ad esborsi in consulenze legali e commerciali per chiarirne gli aspetti interpretativi ed applicativi;
non è dato, al momento, di conoscere le conseguenze di tale impostazione, non è dato sapere, qualora fossero arrecati danni dalle imprese a terzi per illegittimo trattamento dei dati personali, cosa accadrebbe, ma è probabile che il nostro ordinamento, per la sussistenza di principi generali di tutela, in particolare con riguardo ai diritti fondamentali, non sosterrebbe l'impunità delle imprese;
infine, si segnala che le disposizioni esonerano le imprese dal rispetto del codice della privacy anche nel caso in cui trattino dati sensibili o giudiziari, pur limitatamente a quelli dei propri dipendenti e collaboratori, nonché ai coniugi e parenti di questi ultimi: in questi casi non saranno tenuti alla compilazione del documento programmatico per la sicurezza, ma potranno ricorrere ad un'autocertificazione (che comporta, comunque, rilevanti conseguenze sul piano della responsabilità, anche penale);
al Garante della privacy è rimessa la facoltà di predisporre, secondo i principi introdotti dal provvedimento in titolo, ulteriori semplificazioni in ordine ai profili della sicurezza -:

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere, anche attraverso nuove iniziative legislative, la disciplina in materia di privacy introdotta, anche rimettendone al Garante della privacy la valutazione generale - in particolare in ordine ai profili giuridici, al rispetto ed alla tutela dei diritti fondamentali, alla corretta interpretazione ed applicazione - al fine di trovare il miglior punto di equilibrio tra la tutela e l'onere burocratico.
9/4357-A/46. Favia.

La Camera,
premesso che:
la questione dell'assoggettamento a Ici dei fabbricati rurali ha rappresentato una delle problematiche maggiormente sentite nel mondo agricolo;
nel corso degli anni la normativa in materia si è stratificata, creando una situazione di grande incertezza, che ha aperto la strada a molteplici interpretazioni riguardo all'imponibilità Ici di questi fabbricati, alcune delle quali metterebbero in dubbio l'esenzione fino ad oggi applicata alle costruzioni rurali;
la normativa in materia di imposta comunale sugli immobili di cui al decreto legislativo n. 504 del 30 dicembre 1992, all'articolo 2, comma 1, lettera a), definisce come fabbricato soggetto all'imposta l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, escludendo pertanto implicitamente dall'imposta stessa i fabbricati per i quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui all'articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993;
la non esplicita esclusione dall'imposizione ICI dei fabbricati rurali ha creato in passato un contenzioso, che sembrava risolto attraverso la norma di interpretazione autentica recata dal comma 1-bis dell'articolo 23 del decreto-legge n. 207 del 2008, la quale ha previsto che, ai sensi e per gli effetti dell'imposta comunale sugli immobili, non si considerano fabbricati le unità immobiliari per le quali ricorrono i requisiti di ruralità, come sopra definiti;
da tempo si cerca di dare una soluzione a un problema che si trascina dal 1993, quando, con il Decreto legge n. 557 del 1993, il legislatore aveva ritenuto necessario procedere a un più radicale processo di riforma. Ma di circolare in circolare e da sentenza in sentenza il nodo sulla fiscalità degli immobili rurali ed ex rurali non è mai stato sciolto del tutto;
il disegno di legge in esame, all'articolo 7, i commi da 2-bis a 2-quater introducono nuove norme relative alle modalità di riconoscimento della ruralità dei fabbricati a fini catastali (ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 557/1993);
tale normativa dovrebbe porre fine a un problema che da tempo gli operatori del settore agricolo sollevano, trovandosi in una pesante situazione di incertezza in riferimento al tema dell'esenzione Ici per i fabbricati rurali;
la nuova norma prevede che entro il 30 settembre prossimo i contribuenti interessati potranno richiedere l'accatastamento alle categorie A6 (abitativi) e D10 (strumentali) dei fabbricati rurali. L'Agenzia del Territorio avrà tempo fino al 20 novembre 2011 per riconoscere la categoria catastale richiesta. Il 20 novembre 2012 è il termine ultimo, invece, per l'utilizzo 'provvisorio' della categoria richiesta dal contribuente, in assenza di pronuncia espressa del Territorio e per versare, in caso di diniego, le imposte dovute non pagate, gli interessi e le sanzioni raddoppiate rispetto a quelle ordinarie precisando altresì che un DM dell'Economia stabilirà le modalità dell'operazione;
dalla norma in questione per quanto concerne le sanzioni da pagare, si evince un ulteriore aggravio per gli operatori del settore agricolo, i quali si troverebbero a pagare anche sanzioni raddoppiate rispetto alla normativa vigente causate altresì anche da un inadempimento dell'amministrazione per mancata risposta;
nel contesto economico attuale chiedere al settore agricolo di sopportare un prelievo così oneroso fa assumere alla misura un carattere particolarmente penalizzante per il comparto -:

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ridurre l'entità delle predette sanzioni così come incrementate dal provvedimento al nostro esame al fine di non aggravare ulteriormente la situazione del comparto agricolo.
9/4357-A/47. Rota, Di Giuseppe, Messina.

La Camera,
premesso che:
la nuova Strategia Europea per l'occupazione e la crescita e gli obiettivi principali dovranno guidare l'azione degli Stati membri e dell'Unione Europea attraverso la presentazione contestuale del Piano di Stabilità e Convergenza (PSC) e del Piano Nazionale delle Riforme (PNR), come previsto dal Semestre Europeo;
la strategia Europa 2020 punta a rilanciare l'economia dell'UE nel prossimo decennio. In un mondo che cambia l'UE si propone di diventare un'economia intelligente, sostenibile e solidale. Queste tre priorità che si rafforzano a vicenda intendono aiutare l'UE e gli Stati membri a conseguire elevati livelli di occupazione, produttività e coesione sociale;
in pratica, l'Unione si è posta cinque ambiziosi obiettivi - in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale e clima/energia - da raggiungere entro il 2020;
tra gli obiettivi al 2020 che necessiterebbero una maggiore ambizione, vi è la spesa per ricerca-sviluppo-innovazione sui PIL (fissata dall'Italia all'1,53 per cento a fronte di un obiettivo UE del 3 per cento);
alcuni Stati membri hanno preso provvedimenti per incrementare considerevolmente gli investimenti pubblici a favore di ricerca, innovazione e istruzione, riconoscendo che questi investimenti alimenteranno la crescita futura. Alcuni Stati membri hanno indicato obiettivi elevati, ma comunque realistici, pur incontrando difficoltà ad assumere impegni per la componente privata del loro obiettivo riguardante la R&S. La quota nell'economia delle imprese innovative in rapida crescita è un altro aspetto strettamente collegato dei risultati ottenuti dall'UE in materia di innovazione;
ricerca e innovazione sono condizione dello sviluppo di una moderna società industriale. L'obiettivo di un rapporto tra spesa per la ricerca e PIL non inferiore al 3 per cento è la condizione perché l'Italia possa non perdere drammaticamente competitività;
così come emerso dal testo di osservazioni e proposte elaborato dal CNEL sono necessari e non più rinviabili maggiori e più incisive iniziative e provvedimenti in materia di ricerca, innovazione e sviluppo -:

impegna il Governo

a recepire nel più breve tempo possibile le proposte elaborate dal CNEL in materia di ricerca, sviluppo e innovazione e ad orientare le riforme in modo da eliminare gli ostacoli all'espansione delle imprese innovative, anche migliorando le condizioni generali e l'accesso ai finanziamenti.
9/4357-A/48. Di Stanislao.

La Camera,
considerato che:
in sede di conversione in legge del decreto legge n. 70 del 5 maggio 2011 (decreto sviluppo), all'articolo 7, comma 2, è stato aggiunto il comma 2-bis, a mente del quale:
a partire dal 1o gennaio 2012 Equitalia S.p.a. e le società dalla stessa partecipate cessano di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie e extratributarie, dei comuni e delle loro società partecipate;
a decorrere dalla stessa data i Comuni effettuano la riscossione spontanea delle loro entrate tributarie e patrimoniali;
con la stessa norma, per la riscossione coattiva, è stato inibito ai soggetti di cui all'articolo 52, comma 5, lettera b) n. 1 del decreto legislativo n. 446 del 1997 di nominare i funzionari della riscossione e di utilizzare gli istituti previsti dal Titolo II del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602, attribuendo tale facoltà solo ai Comuni o alle società interamente pubbliche ai sensi dell'articolo 52, comma 5, lettera b), n. 3 del decreto legislativo 446/1997;
tale norma non tiene conto degli affidamenti in corso agli stessi soggetti di cui all'articolo 52, comma 5, lettera b), n. 1 del decreto legislativo n. 446 del 1997, con scadenza successiva al 1o gennaio 2012 e derivanti dall'espletamento di gare ad evidenza pubblica;
tali disposizioni rischiano di bloccare il sistema della riscossione delle entrate degli Enti locali e non tengono conto della realtà municipale italiana rappresentata da Comuni di modeste dimensioni che non possono costituire Società interamente partecipate, anche per ovvie ragioni di contenimento della spesa, e che non hanno nel proprio organico le figure professionali necessarie per gestire direttamente il servizio;
tale disposizione infine pregiudica lo stato occupazionale degli addetti delle Società iscritte all'Albo di cui all'articolo 53 comma 1 del decreto legislativo 446/1997 e delle Società Miste all'uopo costituite;
per giunta, la disciplina delle entrate degli enti locali è demandata alla potestà regolamentare riconosciuta loro dal vigente ordinamento -:

impegna il Governo

ad emanare norme correttive dirette ad evitare, per le motivazioni sopra esposte, il collasso del sistema della riscossione delle entrate degli Enti Locali, che sarà accentuato anche dalla cessazione delle attività da parte di Equitalia s.p.a., consentendo ai Comuni, qualora sia deliberato di esternalizzare, anche disgiuntamente, l'accertamento e la riscossione dei propri tributi ed entrate, di continuare ad affidare tali servizi ai soggetti di cui all'articolo 53 comma 1 del decreto legislativo 446/1997 del decreto legislativo n.446 del 1997;
ad emanare norme correttive volte a consentire ai soggetti privati, iscritti nell'Albo di cui all'articolo 53 comma 1 del decreto legislativo 446/1997, abilitati ad effettuare attività di accertamento e riscossione dei tributi delle province e dei comuni:
di utilizzare, al pari degli enti locali concedenti, gli strumenti di riscossione coattiva previsti dal Titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602 con il rispetto dei limiti di importo fissati dal regolamento comunale;
di accedere ai dati e alle informazioni disponibili presso il sistema informativo dell'Agenzia delle Entrate e prendere visione di atti riguardanti i beni dei debitori e dei coobbligati.
9/4357-A/49. Gioacchino Alfano.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce una serie di misure finalizzate allo sviluppo e al rilancio dell'economia anche attraverso l'introduzione di semplificazioni di adempimenti a favore dei cittadini contribuenti;
attualmente il riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia in favore dei lavoratori italiani residenti oltre confine che producono un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia, è riconosciuta in maniera limitata, collocando questa categoria di lavoratori in, una condizione di sostanziale disparità nei confronti dei residenti nel territorio nazionale;
le disposizioni della legge finanziaria 2007 hanno introdotto all'articolo 6, il riconoscimento del suindicato diritto soltanto fino al 2009: successivamente con un emendamento alla legge 2/2009, - la cosiddetta prima manovra anticrisi - è stata introdotta una proroga al 2010 per le detrazioni fiscali per carichi di famiglia in favore dei soggetti non residenti;
all'articolo 1 comma 54 della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011) è stata introdotta una proroga al 2011 del suindicato diritto;
alla luce di quanto indicato, a partire dal 2012 i lavoratori italiani operativi all'estero non potranno più detrarre fiscalmente i carichi di famiglia, nonostante tale diritto sia stato previsto fino ad ora con apposite disposizioni normative;
la richiesta di impegno formulata al fine di riconoscere ai lavoratori italiani residenti all'estero un diritto ed un sostegno meritorio e doveroso è stata accolta con favore dal Governo nell'ambito della discussione degli ultimi provvedimenti affini per materia a quello in esame -:

impegna il Governo

a riconoscere, con apposite disposizioni nell'ambito di provvedimenti affini per materia varati entro l'anno in corso, la proroga del diritto alla fruizione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia ai residenti all'estero oltre l'anno 2011.
9/4357-A/50. Tremaglia, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce una serie di misure finalizzate allo sviluppo e al rilancio dell'economia anche attraverso l'introduzione di semplificazioni di adempimenti a favore dei cittadini contribuenti;
all'articolo 8, comma 1, sono previste specifiche disposizioni miranti ad agevolare il reinserimento nel lavoro delle donne prive di un regolare impiego;
stando ad alcuni rapporti di ricerca, attualmente le donne rappresentano oltre il 50 per cento dei lavoratori parasubordinati, aventi dunque contratti di lavoro di tipo precario, condizionati da periodi di permanenza nel precariato talvolta superiori oltre il doppio di quelli normalmente rapportabili ai lavoratori maschi;
alla luce del suindicato valore, per le donne contraddistinte da instabilità lavorativa, nei caso in cui questa si prolunghi nel tempo può arrivare a condizionare te scelte di vita segnatamente sul versante della maternità;
attualmente una delle principali cause di bassa fertilità tra le donne lavoratrici italiane risiede nella precarietà lavorativa, poiché questa rappresenta. un drammatico deterrente alla pianificazione familiare;
nella maggior parte dei casi le donne lavoratrici con contratto atipico non usufruiscono di congedi di maternità, inoltre il contratto non prevede altre formule di congedo o indennità parentali;
a tali criticità di natura meramente contrattuale, si inseriscono anche drammatiche difficoltà di tipo economico; secondo un'indagine Ires 2009 sulle donne nel mercato del lavoro, poco più di un terzo delle lavoratrici precarie guadagna in un anno dai 10 ai 15 mila euro netti e solo un 23 per cento si colloca sopra la soglia dei 20 mila euro annui;
attualmente in Italia esiste esclusivamente un fondo di credito nuovi nati attraverso il quale è possibile richiedere un prestito presso gli istituti di credito e gli intermediari finanziari aderenti, ma non esistono forme di sostegno economico - che non si configurano come prestiti - per le donne lavoratrici in difficoltà con contratto di lavoro parasubordinato -:

impegna il Governo

a prevedere, con apposito provvedimento, l'istituzione di un fondo per la tutela della maternità delle donne aventi contratto di lavoro parasubordinato.
9/4357-A/51. Di Biagio, Proietti Cosimi.

La Camera,
premesso che:
nel corso della discussione del provvedimento in esame in sede referente, è stato introdotto un emendamento che modificando quanto disposto dal decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 prevede a carico dei giudici tributari la fattispecie di illecito disciplinare, con rimozione dall'incarico in caso di recidiva e relativa previsione di danno erariale qualora il giudice non si pronunci nel termine di 180 giorni sulla istanza di sospensiva;
la rigidità di tale rinnovata disposizione normativa sembrerebbe non tener conto della complessità e dei tempi del processo tributario: il termine perentorio indicato nella formulazione emendativa risulta essere insufficiente ai fini della trattazione delle istanze cautelari per ogni ricorso iscritto a ruolo;
la suindicata formulazione emendativa lascia emergere delle complessità anche in merito all'imputazione delle responsabilità;
l'introduzione dei citati termini stringenti di pronuncia per il giudice tributario potrebbe creare una sorta di condizionamento della serenità di giudizio dello stesso;
in data 14 giugno 2011 il consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria ha approvato all'unanimità una delibera nella quale ha evidenziato «il dissenso verso progetti di riforma e norme che limitano l'indipendenza e autonomia dei giudici e introducono illeciti disciplinari, automatici e irragionevoli che turbano il sereno svolgimento della funzione del giudice tributario» -:

impegna il Governo

a rivedere, anche attraverso la consultazione del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, le disposizioni introdotte nel provvedimento in esame, e descritte in premessa, al fine di salvaguardare la giurisdizione e la magistratura tributaria, garantendo il rispetto della normativa nonché dei principi sanciti dalla Costituzione e dallo stesso decreto legislativo 545/92.
9/4357-A/52. Toto, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento è finalizzato, tra l'altro, alla semplificazione e snellimento burocratico riguardante le piccole e medie imprese (PMI);
in seguito alla conversione, con modificazioni, del cosiddetto Decreto Milleproroghe (DL 29 dicembre 2010, n. 225, convertito dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10), l'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 32, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183 (cosiddetto Collegato al Lavoro), relativa al termine di impugnazione con atto scritto dei licenziamenti, viene differita al 31 dicembre 2011;
la norma è frutto di un emendamento finalizzato ad evitare l'operatività della norma che fissava al 23 gennaio 2011 i nuovi termini per l'impugnazione del licenziamento;
l'attuale formulazione letterale della norma presenta notevoli elementi di dubbio interpretativo che potrebbero dar luogo a divergenti pronunce giurisprudenziali, con un incremento di contenzioso ed una disparità sostanziale di trattamenti;
appare, infatti, non priva di incertezze la possibilità che le preclusioni verificatesi tra il 23 gennaio 2011 ed il 26 febbraio 2011 per effetto del decorso del termine di impugnativa di 60 giorni possano essere sanate dalla locuzione «in prima applicazione»;
altre incertezze riguardano il quesito se il termine di impugnativa dei licenziamenti, per effetto di tale rinvio, sia soggetto ora alla preesistente normativa (abrogata dalla legge n. 183/2010) o alla nuova normativa, la cui applicazione è sospesa;
ulteriori elementi di incertezza riguardano i licenziamenti intimati ed impugnati anteriormente alla promulgazione della legge n. 183/2010;
le suddette disposizioni contenute nel decreto Milleproroghe non consentono con certezza la sanatoria prefissata, introducendo invece una molteplicità di soluzioni interpretative con evidente danno per la tutela che l'ordinamento ha inteso approntare e per i professionisti, posto che andrebbero a configurare ipotesi di responsabilità professionale -:

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di fornire una interpretazione autentica della norma di cui in premessa che garantisca una maggiore certezza, al fine di evitare una disparità di trattamento ed anche per impedire ulteriori dubbi interpretativi che contribuirebbero ad un aumento del contenzioso in materia.
9/4357-A/53. Formichella.

La Camera,
premesso che:
in più di un'occasione autorevoli esponenti della Lega Nord hanno espresso il proposito di trasferire alcuni ministeri, oggi con sede a Roma, in città della Lombardia e, più in generale, del nord;
considerato che:
il disegno di legge «Conversione in legge del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia» disciplina misure volte a migliorare la competitività del sistema produttivo e a soddisfare l'impegno assunto in sede comunitaria per la tenuta dei conti pubblici, nel rispetto dei vincoli previsti dal Patto di stabilità e crescita; in particolare, sul fronte del contenimento della spesa, il disegno di legge dispone misure di semplificazione e di contenimento dei costi per le amministrazioni centrali dello stato;
la nuova procedura di sorveglianza multilaterale dei bilanci degli stati membri dell'UE - dai cui esiti dipende in modo determinante il rating del rischio di credito di ciascun Paese, a maggiore ragione di quelli, come l'Italia, con un alto livello di indebitamento - impone agli esecutivi nazionali di vigilare sull'evoluzione dei conti pubblici e sui messaggi che le scelte politiche e normative dei governi lanciano ai mercati internazionali;
le debolezze strutturali dell'Italia ed una probabile crescita dei tassi di interesse nel prossimo futuro, nonché i rischi collegati all'attuazione dei piani di consolidamento dei conti pubblici che sono richiesti per ridurre l'indebitamento italiano e mantenerlo a livelli sostenibili, hanno portato l'agenzia di rating Moody's a porre il debito dell'Italia sotto osservazione, in vista di un possibile declassamento;
l'articolo 114 della Costituzione stabilisce che «Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento»;
l'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, stabilisce che «l'ordinamento di Roma capitale è diretto a garantire il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri, ivi presenti presso la Repubblica italiana, presso lo Stato della Città del Vaticano e presso le istituzioni internazionali»;
la creazione di nuove strutture periferiche dei ministeri, oltre a contrastare con chiarissime previsioni legislative, si pone quindi in contraddizione con le numerose disposizioni del provvedimento in oggetto e produrrebbe maggiori oneri a carico dei cittadini e delle imprese a fronte di ipotetici e non dimostrabili benefici. Tale eventualità, come l'esperienza di altri paesi insegna, comporterebbe infatti diseconomie, duplicazioni di compiti e funzioni, che ingenererebbe solo incertezza e confusione tra i cittadini;
dopo la piena attuazione del Titolo V della Costituzione, che ha comportato il decentramento di funzioni amministrative di competenza statale, non esistono più ragioni per creare ulteriori articolazioni periferiche delle amministrazioni centrali, tanto più in un momento in cui tutte le amministrazioni dello Stato sono chiamate a ridimensionare le proprie strutture per realizzare economie di bilancio;
risulterebbe un controsenso dislocare ovvero creare nuovi uffici ministeriali periferici quando l'attività del Governo è orientata ad una riduzione degli apparati amministrativi;
nessun governo europeo ha mai decentrato gli uffici del Governo centrale, neanche in quei Paesi come la Spagna, in cui esistono Parlamenti e Governi autonomi;
la moltiplicazione delle sedi ministeriali non avrebbe peraltro alcuna coerenza con il progetto federalista, sulla cui base occorrerebbe preservare l'autonomia e la responsabilità delle istituzioni regionali e locali, non ridistribuire sul piano territoriale sedi ed uffici del potere centrale, con esiti incoerenti dal punto di vista istituzionale e inefficienti sul piano amministrativo;
entro la fine del mese sarà varata dal Governo una nuova manovra economica il cui ammontare non è ancora noto ma che comporterà nuovi tagli della spesa pubblica e nuovi sacrifici per i cittadini e che, a maggior ragione, non autorizza un uso propagandistico di riforme dell'amministrazione pubblica che comportano aggravi di spesa inutili e inefficienti;

impegna il Governo

a non trasferire le sedi dei ministeri lasciando inalterata, anche nella sua ubicazione territoriale, l'attuale struttura organizzativa dell'amministrazione centrale, riaffermando il ruolo di Roma, Capitale d'Italia, come sancito della Costituzione.
9/4357-A/54.Galletti, Della Vedova, Lanzillotta, Lo Monte.

La Camera,
premesso che:
il decreto legge demanda l'attuazione della normativa da esso recata a dieci decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, per la cui emanazione prevede, nella maggior parte dei casi, una procedura particolarmente complessa, che vede il coinvolgimento di uno o più Ministri proponenti, uno o più Ministri concertanti e, talvolta, l'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni o, ancora, l'acquisizione di pareri di altri organi, affidando così ad atti di natura politica la definizione di discipline che dovrebbero essere oggetto di fonti secondarie del diritto;
in otto casi, esso invece demanda la disciplina attuativa a decreti di natura non regolamentare, ancorché la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, abbia qualificato un decreto di cui veniva esplicitata la natura non regolamentare come «un atto statale dalla indefinibile natura giuridica»;
nella seduta del 25 maggio scorso, in occasione dell'esame dell'A.C.4307, recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34 (cosiddetto decreto omnibus), è stato accettato dal Governo l'ordine del giorno 9/4307/12 a firma Zaccaria, con il quale si impegnava, tra l'altro, il Governo a valutare l'opportunità di aver cura di non assegnare a fonti atipiche compiti di tipo normativo che l'ordinamento assegna alle fonti del diritto;

impegna il Governo

a non assegnare ad atti di natura non regolamentare, ovvero ad atti di natura politica, compiti di attuazione della normativa di rango primario, che l'ordinamento demanda alle fonti del diritto di rango secondario.
9/4357-A/55.Lo Presti, Zaccaria.

La Camera,
premesso che:
il decreto legge in esame presenta una struttura molto complessa, articolandosi di quindici articoli, composti di commi, lettere, numeri e capoversi di non facile individuazione, la quasi totalità dei quali sono estremamente lunghi e di difficile lettura;
allo scopo di facilitare la lettura e l'intelligibilità del testo, non appare peraltro d'ausilio la peculiare tecnica normativa adottata, consistente nell'introduzione, al comma 1 di numerosi articoli (si vedano in particolare, gli articoli 2, 4, 5, 6 e 9) di «preamboli esplicativi», nei quali sono indicate le finalità perseguite dalle disposizioni cui si riferiscono; le suddette premesse sono infatti scritte in stile colloquiale, informale, divulgativo, e non sempre appare chiaro se esse siano di natura meramente descrittiva, ovvero precettiva; tale ultima questione appare particolarmente problematica ove i suddetti preamboli siano inseriti nell'ambito di articoli formulati per lo più in termini di novella, in quanto, in tali casi, (Si vedano gli articoli 4, 5 e 6), mentre le premesse indicano le finalità perseguite con le novelle, nel corpo degli articoli vengono utilizzate locuzioni del tipo: «Conseguentemente, alla disciplina vigente sono apportate, tra l'altro, le seguenti modificazioni», con l'effetto che le novelle stesse vengono presentate come non esaustive;

impegna il Governo

ad aver cura, nella redazione degli atti aventi forza di legge, di attenersi ai criteri indicati nella Circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001, recante regole e raccomandazioni sulla formulazione tecnica dei testi legislativi, nonché di formulare i precetti normativi utilizzando una terminologia chiara e precisa ed evitando di avvalersi di uno stile colloquiale, che poco si addice ad un testo normativo.
9/4357-A/56.Duilio, Zaccaria.

La Camera,
premesso che:
con il decreto legislativo del 7 marzo 2005, n. 82, è entrato in vigore il Codice dell'amministrazione digitale, successivamente modificato ed integrato con il decreto legislativo del 30 dicembre 2010, n. 235;
una delle più rilevanti linee di azione contenute nel Codice dell'amministrazione digitale è rappresentata dalla dematerializzazione della documentazione della Pubblica Amministrazione, volta a un deciso contenimento della spesa pubblica, sia in termini di risparmi diretti (carta, stampe, spazi, ecc.), che di risparmi indiretti (tempo);
l'importanza della dematerializzazione nella Pubblica Amministrazione si evince anche dal fatto di essere annoverata nel Piano e-Government 2012, tra i cui obiettivi figura la riduzione dei «flussi cartacei a favore di processi documentali totalmente informatizzati»;
con il presente decreto, con l'obiettivo di ridurre i tempi di costruzione delle opere pubbliche, sono state apportate modifiche al Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163,

impegna il Governo

a definire, con proprio provvedimento, che le procedure relative alla trasmissione dei dati di cui agli articoli 38 e 48 del decreto legislativo 163/2006 avvengano esclusivamente per via telematica al fine di semplificare e rendere più economiche le procedure di invio della relativa documentazione.
9/4357-A/57.Marsilio.

La Camera,
considerata la carenza d'organico del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco,

impegna il Governo

a presentare entro 90 giorni:
un progetto di revisione dell'organico in base a quanto previsto dal piano «Soccorso Italia in 20 minuti»;
un piano di assunzioni che preveda la copertura del turn over e l'implementazione del piano di cui sopra attraverso l'utilizzo delle graduatorie esistenti ed in particolare quella relativa al concorso per 814 posti e quella relativa alla procedura concorsuale di stabilizzazione prevista nella legge finanziaria 2007.
9/4357-A/58.Rosato, Ghizzoni.

La Camera,
premesso che:
da tempo i passeggeri delle tratte ferroviarie del Sud sono costretti a subire malfunzionamenti e disagi continui. Inefficienze che rendono ancora più lampante il divario tra i servizi ferroviari del Nord e i disservizi del Sud;
quotidianamente i viaggiatori del Sud vanno incontro a: ricorrenti ritardi, guasti dovuti all'incuria tecnica riservata alle linee ed ai convogli, impiego di materiale rotabile di chiara ed evidente vetustà, scarsa pulizia delle carrozze e dei servizi igienici e sospensione delle linee per carenza di fondi;
per chi viaggia verso Sud l'alternativa all'uso dei servizi ferroviari è quella di viaggiare in auto attraverso l'autostrada Salerno-Reggio Calabria. Un'autostrada assediata da perenni cantieri che la rendono pericolosa e impraticabile per un'efficace mobilità verso le regioni meridionali;
la situazione di inefficienza dei collegamenti ferroviari penalizza gravemente il sistema produttivo meridionale che viene colpito in un settore strategico come quello turistico. A subire i disservizi di una rete ferroviaria obsoleta, maltenuta e disorganizzata infatti, non sono solo i cittadini residenti e i lavoratori pendolari, ma anche i turisti;
la mancata riqualificazione del servizio ferroviario meridionale aggrava un divario tra Nord e Sud che sta scatenando una battaglia civile per dimostrare che i cittadini meridionali hanno gli stessi diritti di quelli del Nord,

impegna il Governo

ad intervenire con Ferrovie dello Stato e le altre società che gestiscono le tratte ferroviarie locali al fine di iniziare una vera e produttiva concertazione con le Regioni coinvolte per programmare interventi di riqualificazione e rilancio dei servizi ferroviari del Meridione.
9/4357-A/59.Fallica, Terranova, Grimaldi, Stagno d'Alcontres, Iapicca, Pugliese.

La Camera,
premesso che:
l'autostrada Salerno-Reggio Calabria è l'unica arteria autostradale che collega le regioni meridionali al resto della penisola e che da oltre un decennio è diventata l'esempio del divario tra Nord e Sud creando una grave disparità tra i servizi offerti ai cittadini del Sud e quelli del Nord;
l'A3, per la quale sono stati stanziati oltre 7 miliardi di euro, è divenuta la strada più «chiacchierata» d'Italia in quanto la mobilità è resa difficile dalla moltitudine di cantieri sparsi lungo l'intera tratta autostradale, cantieri che spesso l'hanno resa anche pericolosa per l'incolumità degli automobilisti;
l'autostrada A3 è l'unico collegamento verso le regioni meridionali dato che le linee ferroviarie sono inefficienti se non, addirittura, inesistenti;
l'autostrada Salerno-Reggio Calabria è nella lista delle tratte autostradali che saranno sottoposte a pedaggio con ulteriori disagi per coloro che la utilizzano quotidianamente ma anche per i turisti che nei periodi cosiddetti «da bollino nero» si trovano ad affrontare dei veri e propri viaggi della speranza non degni di un paese civile;
lo stato in cui versa l'autostrada A3 penalizza fortemente l'economia delle regioni meridionali incidendo negativamente oltre che sui flussi turistici che potrebbero riversarsi al Sud anche sul trasporto commerciale,

impegna il Governo

ad intervenire con la società Anas affinché si stabiliscano date certe e di breve periodo per l'ultimazione dei lavori, al fine di rendere i collegamenti su strada verso il Sud finalmente rapidi e sicuri.
9/4357-A/60.Terranova, Fallica, Grimaldi, Stagno d'Alcontres, Iapicca, Pugliese.

La Camera,
premesso che:
il Governo nel decreto Milleproroghe di fine 2009 ha inserito una norma, concordandola con l'Europa, per respingere la procedura d'infrazione europea sul demanio marittimo italiano;
sempre con lo stesso provvedimento le concessioni demaniali sono state prorogate a tutto il 2015;
è attivo un tavolo di lavoro, coordinato dal ministro Fitto, fra Governo - Regioni - Associazioni di categoria per la definizione dei criteri per l'affidamento delle nuove concessioni demaniali dal 2016 in poi;
è intenzione del Governo tutelare l'offerta turistico balneare italiana e un sistema di eccellenza unico in Europa;
è necessario garantire gli investimenti fatti, quelli programmati, e i valori creati dalle nostre imprese balneari;

è in atto una nuova procedura di infrazione europea verso l'Italia che mette a rischio la continuità di gestione e la stessa sopravvivenza delle nostre imprese,

impegna il Governo

a risolvere la procedura d'infrazione europea attraverso la norma, tesa a modificare le parti di competenza del codice della navigazione, già inserite nell'articolo 21 della legge comunitaria;
a riavviare il tavolo di lavoro Governo - Regioni - categorie economiche per la definizione di un provvedimento, compatibile con le norme europee, teso a:
far riconoscere l'unicità del nostro sistema balneare, fondato sulle microimprese, in Europa;
tutelare gli investimenti e il valore commerciale delle nostre imprese;
valorizzare la specifica professionalità acquisita nel settore oggetto della concessione.
9/4357-A/61.Pizzolante.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento in esame istituisce un credito d'imposta per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato nelle regioni del Mezzogiorno;
durante l'esame un emendamento approvato dalla Commissione ha stabilito che, in attesa del consenso della Commissione europea all'utilizzo dei fondi comunitari, al fine di garantire l'immediata operatività del credito di imposta per nuova occupazione, si sarebbe provveduto alla copertura degli oneri a valere sulle dotazioni del fondo per le aree sottoutilizzate;
il maxiemendamento presentato dal Governo ha cancellato questa previsione,

impegna il Governo

a garantire, in ogni caso, l'immediata operatività del credito di imposta per nuova occupazione.
9/4357-A/62.D'Antoni.

La Camera,
premesso che:
la decisione assunta dal Governo di stralciare dal maxiemendamento in discussione il comma 20-bis del disegno di legge, Conversione in legge del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia (A.C. 4357-A) così come approvato dalle Commissioni congiunte Finanze e Bilancio, che interveniva sull'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento dei docenti in possesso di laurea abilitante in scienza della formazione e dei docenti abilitati ed abilitandi in strumento musicale e didattica della musica, è grave e lesiva dei diritti di persone che hanno i titoli legali per stare in tali graduatorie;
sono circa 20.000 i giovani che hanno frequentato dal 2008 i corsi abilitanti promossi dallo Stato in Scienze della Formazione primaria, in Strumento musicale e in Didattica della musica, ai quali non sarà più concesso l'inserimento nelle graduatorie dalle quali si attinge per assegnare le supplenze annuali e, soprattutto, per entrare di ruolo;
in sede di discussione del provvedimento in esame in Commissione sono stati presentati da tutti i gruppi parlamentari identici emendamenti, che hanno trovato larga convergenza nell'emendamento 9.25 a firma Pagano, Goisis, che prevedevano l'inserimento nelle graduatorie per i suddetti abilitati e abilitandi;
la politica avviata dal Governo negli ultimi tre anni ha previsto un taglio di ben 87 mila posti senza definire le nuove modalità per il reclutamento;
la modifica fatta dal Governo espone l'amministrazione a nuovi contenziosi e ad una sicura soccombenza;
si è altresì mortificata la volontà espressa dal Parlamento nel passaggio del provvedimento in Commissioni riunite Finanze e Bilancio,

impegna il Governo

nelle more dell'approvazione di un nuovo sistema di reclutamento a rendere effettivo il valore legale del titolo acquisito dai docenti abilitati e dagli abilitandi in Scienze della Formazione primaria, in Strumento musicale e in Didattica della musica, ai fini dell'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento.
9/4357-A/63.Antonino Russo, Ghizzoni, Bachelet, De Pasquale, Coscia, Pes, Rossa, Nicolais, Mazzarella, De Torre, Melandri, Levi, Siragusa, De Biasi, Lolli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 della legge 169/2008, al fine di porre un freno alla prassi di troppo frequenti cambi di adozione, prassi che si traduce in un aggravio per le famiglie, nei casi in cui non interviene la gratuità, ha disposto che l'adozione dei libri di testo avvenga nella scuola primaria con cadenza quinquennale, a valere per il successivo quinquennio, e nella scuola secondaria di primo e secondo grado ogni sei anni, a valere per i successivi sei anni;
la pratica applicazione del provvedimento dimostra che esso, senza peraltro apportare concreti vantaggi alle famiglie, pone un evidente limite alla libertà degli insegnanti e rischia di arrecare danni cospicui al settore dell'editoria scolastica ostacolando, in particolare, il regolare aggiornamento dei libri di testo,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti che, nel confermare il condiviso obiettivo di tutelare l'economia delle famiglie italiane, vada a introdurre elementi di flessibilità nelle modalità con le quali le scuole adottano i libri di testo.
9/4357-A/64.Levi, Siragusa, Ghizzoni, Coscia, Antonino Russo, Pes, Rossa, De Torre, Melandri, De Pasquale, Bachelet, Nicolais, De Biasi, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non reitera la proroga per l'anno in corso dello sconto del calcolo delle spese di personale degli atenei italiani rispetto al Fondo di finanziamento ordinario;
in tale situazione 36 atenei italiani supereranno pertanto il tetto del 90% del Fondo di finanziamento ordinario per le spese fisse con il conseguente blocco del turn over;
il superamento di tale soglia dipende dalla forbice tra spese fisse sempre in crescita e dal taglio ai fondi trasferiti dallo Stato agli atenei,

impegna il Governo

ad intervenire, in sede di discussione del primo provvedimento utile, a sostegno dei tanti atenei che a fronte del blocco totale del turn over rischiano di non poter garantire già dal prossimo anno accademico l'offerta formativa e l'attività di ricerca.
9/4357-A/65.Mazzarella, Ghizzoni, Bachelet, Nicolais, Coscia, Antonino Russo, Pes, Rossa, De Torre, Melandri, Levi, Siragusa, De Pasquale, De Biasi, Lolli.

La Camera,
premesso che:
la sicurezza degli edifici scolastici deve rappresentare una delle priorità degli investimenti pubblici, al fine di assicurare la necessaria serenità per gli studenti e per il personale scolastico di frequentare strutture idonee;
la condizione degli edifici scolastici del nostro Paese è ben lungi dal conseguimento di detto obiettivo: oltre il 50 per cento dei 42 mila edifici in cui vivono milioni di studenti e di operatori scolastici non sarebbe a norma e diecimila di essi dovrebbero addirittura essere abbattuti;
non va, altresì, ignorato il fatto che tutte le indagini internazionali sul rendimento degli studi confermano la centralità e la decisiva influenza positiva esercitata dalla confortevole e adeguata organizzazione degli spazi scolastici sull'efficacia dell'attività didattica e sui livelli di apprendimento;
appare pertanto necessario emanare disposizioni affinché gli enti territoriali possano adempiere con adeguate risorse e sulla base di una corretta attività programmatoria al compito previsto dalla legge n. 23 del 1996 (cosiddetta legge Masini) di garantire la sicurezza degli edifici scolastici di loro proprietà,

impegna il Governo

a predisporre nel primo provvedimento utile la deroga alla disciplina del patto di stabilità interno finalizzata a non contemplare nei bilanci comunali e provinciali l'utilizzo di risorse comunitarie, statali o regionali, finalizzate alla messa in sicurezza e all'adeguamento a norma degli edifici scolastici.
9/4357-A/66.Ghizzoni, De Pasquale, Coscia, Antonino Russo, Pes, Rossa, Bachelet, Nicolais, Mazzarella, De Torre, Melandri, Levi, Siragusa, De Biasi, Lolli.

La Camera,
premesso che:
le cosiddette riforme della scuola hanno previsto, nel caso della scuola primaria, l'unico insegnamento della lingua inglese e non di altre lingue comunitarie;
coloro che non sono abilitati all'insegnamento della lingua inglese, pur essendolo in quello di altre lingue comunitarie, sono stati quindi penalizzati dai cambiamenti introdotti;
l'attivazione di corsi relativi al piano di formazione per lo sviluppo delle competenze linguistico-comunicative e metodologiche-didattiche in lingua inglese è attualmente riservata a docenti di scuola primaria che non sono in possesso dei requisiti per insegnare la lingua inglese, neoassunti nonché generalisti in servizio;
i docenti di scuola primaria, non ancora di ruolo, abilitati ed inseriti nelle relative graduatorie ad esaurimento, non potranno partecipare ai suddetti corsi di formazione, riservati al personale a tempo indeterminato, con grave disparità di trattamento rispetto ai suddetti docenti ammessi ai corsi;
la normativa generale di riferimento presupposta all'avvio dei corsi in questione - tenuto conto della finalità degli stessi di garantire la formazione dei docenti, con l'obiettivo di una più ampia tutela del diritto degli alunni ad avere personale docente specializzato - non esclude il personale non immesso in ruolo dall'onere/obbligo di formazione,

impegna il Governo

ad intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, affinché le Università organizzino per l'anno 2011 specifici corsi di formazione abilitanti per la lingua inglese destinati, a domanda, a coloro che risultano iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, con le medesime procedure riservate ex decreto ministeriale n. 85 del 2005 ed ex decreto ministeriale n. 21 del 2005, al fine di consentire il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento della lingua inglese ai docenti precari, iscritti nelle graduatorie ad esaurimento della scuola primaria, per l'anno 2011.
9/4357-A/67. Pes, Siragusa, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il parere approvato in Commissione VII, in sede di discussione del provvedimento in esame, indica tra le condizioni quella che i soggetti, di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68 e quelli con patologie oncologiche di cui all'articolo 6, comma 3-bis, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, possano chiedere il riconoscimento della riserva e l'inserimento di tale titolo nelle graduatorie provinciali di cui all'articolo 1, comma 605, della legge n. 296 del 2006, e nelle graduatorie dei concorsi a cattedra banditi nel 1999, almeno annualmente e comunque prima delle procedure di assegnazione degli incarichi. Appare inoltre opportuno che l'eventuale assegnazione di incarico a tempo determinato o di supplenza breve non pregiudichi il diritto all'inserimento del titolo di riserva;
rispetto alla suddetta questione il gruppo del PD è intervenuto, oltre che con gli emendamenti presentati al provvedimento in parola, con diversi atti di sindacato ispettivo (N. 7-00522 e N. 5-04415),

impegna il Governo

in sede di discussione del primo provvedimento utile a tener fede alle condizioni espresse dalla Commissione Cultura al fine di tutelare le suddette «categorie protette», già segnate da condizioni di salute, familiari o sociali molto svantaggiate.
9/4357-A/68. De Pasquale, Siragusa, Ghizzoni, Schirru, Coscia, Antonino Russo, Pes, Rossa, De Torre, Melandri, Bachelet, Nicolais, De Biasi, Mazzarella, Lolli.

La Camera,
premesso che:
il comma 16, dell'articolo 4 del provvedimento in esame, modifica il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio elevando da 50 a 70 anni la soglia di età dei beni culturali immobili, al di sotto della quale gli stessi non sono soggetti alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della parte seconda del Codice;
tale intervento rischia di attenuare la funzione di tutela esercitata dallo Stato su molti beni culturali immobili riconducibili all'architettura moderna e contemporanea in Italia, che costituiscono qualificati esempi di architettura e di pianificazione del territorio ampiamente pubblicati nelle riviste di settore, sia italiane che estere, e tuttora portate ad esempio nelle facoltà di Architettura dei maggiori atenei nazionali, sia sotto il profilo della storia della progettazione, sia sotto quello della evoluzione tecnologica, della sperimentazione tecnica e dello sviluppo delle teorie di organizzazione del territorio;
come segnalato nella petizione avviata dall'ordine degli architetti «SALVIAMO L'ARCHITETTURA ITALIANA DEL SECONDO NOVECENTO» su tutto il territorio nazionale, potrebbero verificarsi incontrollate dismissioni, alterazioni e modifiche incongruenti su molte opere quali, per fare solo alcuni esempi: a Torino il Salone per le esposizioni (1947-49) e il Palazzo del Lavoro (1956-60) di Pier Luigi Nervi; a Genova, la Chiesa della Sacra Famiglia e il complesso parrocchiale (1956) di Ludovico; a Bologna la sede ENPAS, (1952-57) di Saverio Muratori; a Milano il Quartiere sperimentale, risalente agli anni 1946-53, ad opera di Piero Bottoni, con opere di numerosi architetti, tra i quali: Vico Magistretti, Gabriele Mucchi, Pietro Lingeri, Giancarlo De Carlo, Marco Zanuso, Vittorio Gandolfi, Arrigo Arrighetti; a Roma il quartiere Ina - Casa Tiburtino (1949-54) di Ludovico Quaroni, il Palazzo dello Sport dell'Eur (1956-1960), il palazzo dello sport di Marcello Piacentini e Pier Luigi Nervi e il Villaggio olimpico,

impegna il Governo

ad indicare con quali strumenti legislativi intenda tutelare e valorizzare l'architettura moderna e contemporanea del Paese;
a valutare l'opportunità, in fase di applicazione della suddetta disposizione, di effettuare un monitoraggio dei beni culturali immobili per i quali andrebbe a decadere il vincolo di tutela fino ai settanta anni, al fine di evitare l'indebolimento della tutela dello Stato nei confronti di suddetti beni di innegabile valore culturale.
9/4357-A/69. De Biasi, Ghizzoni, Mariani, De Pasquale, Coscia, Antonino Russo, Pes, Rossa, De Torre, Melandri, Bachelet, Nicolais, Mazzarella, De Torre, Levi, Siragusa, Lolli.

La Camera,
premesso che:
preso atto che il provvedimento in esame contiene norme in materia di appalti pubblici;
vista la relazione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici per l'anno 2010 con riferimento in particolare allo stato di attuazione del sistema ferroviario Alta velocità/Alta capacità;
vista la delibera CIPE n. 78 del 29 settembre 2003 di approvazione del progetto preliminare del Terzo Valico Ferroviario dei Giovi, tratta AV/AC Milano-Genova;
vista la delibera CIPE n. 80 del 29 marzo 2006 di approvazione del progetto definitivo per un costo di 4962 milioni di euro;
vista la delibera CIPE n. 101 del 06 novembre 2009 con la quale il costo dell'opera è stato aggiornato a 5400 milioni di euro;
vista la delibera CIPE n. 84 del 18 novembre 2010 con la quale è stato autorizzato l'avvio della realizzazione dell'opera per lotti costruttivi e per un importo aggiornato di 6200 milioni di euro;
preso atto che con la citata delibera CIPE n. 78/2003 venivano previsti come prescrizioni gli accordi procedimentali per il miglioramento della permeabilità della linea storica Torino-Genova e Novi Ligure-Tortona e per la valorizzazione dell'area logistica della Valle Scrivia e dell'Alessandrino da sottoscriversi fra RFI ed enti locali;
preso atto altresì che con la delibera CIPE n. 80/2006 venivano approvate le «prescrizioni», cui è condizionata l'approvazione del progetto, e le «raccomandazioni», proposte dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, cui è demandata la «vigilanza» sulle fasi realizzative dell'opera,

impegna il Governo

a vigilare affinché le osservazioni dell'autorità sugli appalti di lavori in merito alla realizzazione del sistema ferroviario AV/AC vengano recepite;
a vigilare affinché le prescrizioni e le raccomandazioni meglio specificate nella delibera CIPE n. 80/2006 relativamente alla realizzazione del Terzo Valico dei Giovi trovino completa attuazione nell'ambito delle nuove modalità di realizzazione dell'opera per «lotti costruttivi» approvate con delibera CIPE n. 84/2010;
a promuovere l'attuazione degli accordi procedimentali fra RFI ed enti locali in premessa citati e finalizzati a realizzare le iniziative necessarie per la valorizzazione dell'area logistica della Valle Scrivia e dell'Alessandrino e per migliorare la permeabilità delle linee ferroviarie storiche.
9/4357-A/70. Lovelli.

La Camera,
premesso che:
a seguito della crisi geopolitica che ha interessato la costa nordafricana, le strutture di accoglienza dell'isola di Lampedusa si sono trovate a fronteggiare, a partire dall'inizio dell'anno in corso, più di 2700 sbarchi di profughi;
il ritardo con cui il Governo è intervenuto nella gestione dell'emergenza ha determinato una situazione di collasso delle strutture di prima accoglienza, con profondi disagi per la popolazione;
la concomitanza di questi avvenimenti con l'avvio della stagione turistica ha seriamente danneggiato gli operatori del settore che costituisce il segmento prevalente tra le attività imprenditoriali che si svolgono nell'Isola;
gli impegni del Governo ad effettuare interventi immediati a sostegno dell'economia isolana sono rimasti per la maggior parte inattuati o, come nel caso della campagna promozionale volta a pubblicizzare il prodotto turistico non hanno sortito alcun effetto apprezzabile come si evince dal crollo delle prenotazioni,

impegna il Governo

a predisporre in tempi rapidi misure di rilancio e di sostegno all'economia di Lampedusa che tra l'altro prevedano il risarcimento dei danni subiti dalle imprese operanti nel settore turistico anche al fine di prevenire e contenere licenziamenti di personale conseguenti alla crisi, lo sgravio dei contributi previdenziali per il triennio 2011/2013 per il personale assunto e per le nuove assunzioni nonché l'avvio delle procedure per l'istituzione di una zona franca.
9/4357-A/71. Capodicasa, D'Antoni, Berretta, Burtone, Cardinale, Genovese, Antonino Russo, Samperi, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede interventi in funzione e nella prospettiva di una sistematica definizione a livello europeo della fiscalità di vantaggio per le regioni del Mezzogiorno, fiscalità che deve essere relativa a lavoro, ricerca e imprese, coerentemente con la decisione assunta nel «Patto Euro plus» del 24-25 marzo 2011 dove si prevedono strumenti specifici ai fini della promozione della produttività nelle regioni in ritardo di sviluppo;
nel marzo 1999 fu sottoscritto tra i rappresentanti del Governo italiano, le istituzioni territoriali, alcuni imprenditori bergamaschi e i sindacati nazionali e locali, il Contratto d'Area con lo scopo di riattivare gli stabilimenti industriali abbandonati dalla ex Alfa Cavi (gruppo Pirelli) nell'area industriale di Airola (BN);
gli imprenditori bergamaschi avevano annunciato e garantito occupazione per circa 800 operai ed una capacità produttiva così ripartita: Benfil, attività produttiva a pieno regime di 8600 tonnellate annue di filato mod. cosiddetto «ring»; Tessival, una capacità produttiva di 41.728.000 metri lineari di tessuto greggio, i progetti furono controllati e approvati dalla Commissione CE e finanziati con fondi pubblici per circa 180 milioni di euro;
nel corso del 2002/2003 furono completati gli stabilimenti e attivati gli impianti, tuttavia, Benfil e Tessival Sud già nel 2008 entrarono in crisi, dimostrando di non poter ottemperare agli accordi sottoscritti con il Contratto d'Area con effetti negativi sui lavoratori posti in cassa integrazione (ad oggi sono 271 lavoratori della Tessival Sud e 129 quelli della Benfil);
tra il novembre e il dicembre 2010 si sono svolte presso il Ministero dello sviluppo economico riunioni da cui è emersa la decisione di sottoscrivere un protocollo d'intesa in cui definire l'impegno finanziario delle singole istituzioni, gli strumenti di agevolazione, le modalità di selezione dei progetti d'investimento, i tempi di realizzazione;
inoltre, sono stati convocati diversi tavoli istituzionali dal presidente della provincia di Benevento e dallo stesso prefetto della città;
il 18 febbraio scorso si è tenuto un incontro, presso la sede dell'assessorato ai trasporti, viabilità e attività produttive della regione Campania, tra l'assessore interessato e i rappresentanti sindacali al termine del quale è stato sottoscritto un documento di impegno per la reindustrializzazione dell'area di crisi di Airola e il reinserimento occupazionale delle lavoratrici e dei lavoratori oggi interessati dalla cassa integrazione straordinaria;
a fronte della mancanza di risposte in merito alla definizione del piano di reindustrializzazione del polo produttivo caudino, in data 20 giugno 2011, i lavoratori dell'ex polo tessile di Airola hanno occupato simbolicamente la Sala Consiliare della Provincia di Benevento per sollecitare un intervento degli organi di governo competenti;
a seguito della mobilitazione del 20 giugno, il Presidente della Provincia di Benevento ha inviato una nota indirizzata al Ministro del Lavoro; al Ministro dello Sviluppo Economico; al Presidente della Regione Campania; all'Assessore Attività Produttive Regione Campania; al Prefetto di Benevento; ai parlamentari e ai consiglieri regionali del Sannio, in cui si chiede la convocazione di un apposito Tavolo istituzionale presso il Ministero dello Sviluppo Economico per la ripresa del dialogo e per l'individuazione di concrete ipotesi per il reinsediamento produttivo ed industriale dell'area di Airola,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa utile, in raccordo con la Regione Campania, la Provincia di Benevento, il Comune di Airola e le forze economiche e sociali, a progettare il rilancio dell'area di crisi, utilizzando gli strumenti agevolativi contenuti nel presente decreto, in base a quanto è stato concordato nelle precedenti riunioni e in sintonia con le attese dei lavoratori e delle rappresentanze sindacali.
9/4357-A/72. Boffa.

La Camera,
premesso che:
in data 20 aprile 2010, il Tribunale di Roma dichiara lo stato di insolvenza di Agile srl e dà inizio al commissariamento Giudiziale;
in data 30 giugno 2010 i commissari Giudiziali depositano il programma al Tribunale e lo inviano al Ministero dello Sviluppo Economico;
in data 12 luglio 2010 il Ministero dello Sviluppo Economico ha depositato il parere positivo quanto all'ammissione al commissariamento Straordinario;
in data 14 luglio 2010 è stata depositata al Tribunale di Roma l'ammissione alla Amministrazione Straordinaria;
in data 3 luglio 2010 sono stati nominati i commissari Straordinari;
la Data Room è già stata aperta a coloro che hanno manifestato interesse a fare offerte su Agile srl;
in data 1o giugno 2010, il Tribunale di Arezzo dichiara lo stato di insolvenza di Eutelia SpA e nomina i Commissari Giudiziali;
il 14 luglio 2010 il Tribunale di Arezzo con il parere positivo del Ministero dello Sviluppo Economico dichiara aperto il commissariamento straordinario;
il 27 luglio vengono nominati i Commissari giudiziali nelle stesse persone dei commissari straordinari;
in data 10 dicembre 2010 il Ministero dello Sviluppo Economico nomina il comitato di sorveglianza;
in data 17 dicembre 2010 il Tribunale di Roma dichiara antisindacale la cessione di Agile, ma conferma valida la vendita. Eutelia SpA paga una penale ad Agile srl per antisindacalità;
il 7 marzo 2011 il ministero dello Sviluppo Economico approva il programma di cessioni dei complessi aziendali Eutelia;
il 10 marzo 2011 il programma di cessioni dei rami di Eutelia è depositata alla cancelleria del Tribunale di Arezzo;
in data 8 aprile 2011 tramite comunicato stampa, i commissari informano che la procedura di cessione è stata approvata tramite bando di gara;
il 6 maggio 2011 viene approvato dal Consiglio dei ministri il Decreto Sviluppo che contiene una parte nella quale si tratta di situazioni come Eutelia ed Agile. Nel decreto si prevede che per aziende che hanno fatto cessioni e che poi entrambe, l'azienda ceduta e quella cedente, siano state dichiarate insolventi, per quanto attiene il tema dei passivi, l'azienda cedente è solidale con quella ceduta nel passivo. Inoltre chiede un «coordinamento» dei bandi di vendita separati per ottimizzare il disegno industriale pur mantenendo le società e le procedure separate;
il 3 maggio il Presidente della Repubblica firma il decreto legge;
il Decreto Sviluppo è in questi giorni in discussione alla Camera e sarà approvato, con il voto di fiducia, il giorno 22 c.m.;
a questa data non è ancora uscito il bando, nonostante siano state ricevute manifestazioni di interesse plurime sia su Eutelia che su Agile e due cordate abbiano anche manifestato interesse in modo ordinato sulle due procedure con un chiaro piano industriale;
la Regione Toscana, la Provincia e il Comune di Arezzo, la Camera di Commercio di Arezzo, Cgil, Cisl e Uil di Arezzo hanno manifestato la preoccupazione del protrarsi di tale situazione di stallo e la conseguente richiesta di accelerare l'uscita del bando stesso;
vista la risoluzione approvata alla unanimità dalla Commissione Lavoro della Camera;
visto che da giugno 2010 al giugno 2011 il fatturato mensile di Eutelia è sceso da 13,5 M euro al mese ad 8 M euro al mese e la società che ha prodotto cassa in ogni mese dell'ultimo anno sta cominciando ad assorbire cassa;
che il coordinamento nazionale delle RSU e delle organizzazioni sindacali FIM, FIOM, UILM, hanno proclamato per il giorno 15 lo sciopero di 8 ore per tutto il personale di Agile-Eutelia esprimendo seria preoccupazione per il futuro occupazionale e chiedendo la velocizzazione dell'iter burocratico di emissione del bando;
che il Ministro ha manifestato l'intento di dare avvio al bando di gara solo quando il decreto sarà approvato definitivamente e ciò dovrà avvenire entro il 13 luglio,

impegna il Governo

ad elaborare e di conseguenza ad emanare il bando di gara dopo l'approvazione definitiva del Decreto Sviluppo e cioè nei giorni immediatamente successivi al 13 luglio c.a.
9/4357-A/73. Mattesini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 10, comma 11, del presente decreto prevede l'istituzione dell'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua finalizzata a garantire l'osservanza dei principi contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 in tema di gestione delle risorse idriche e di organizzazione del servizio, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse degli utenti, alla regolare determinazione e adeguamento delle tariffe, nonché alla promozione dell'efficienza, dell'economicità e della trasparenza nella gestione dei servizi idrici;
il comma 13 indica nell'autonomia organizzativa, tecnico-operativa e gestionale, nella trasparenza e nell'economicità, i principi che devono informare l'attività dell'Agenzia tra le cui funzioni rientra la definizione delle componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua;
ai sensi del secondo periodo del comma 22, il regolamento dell'Agenzia, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ne definisce l'organizzazione e determina il contingente di personale, nel limite di 40 unità, in posizione di comando provenienti da amministrazioni statali con oneri a carico dell'amministrazione di appartenenza, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
a seguito dell'approvazione di alcuni emendamenti presentati dal Partito Democratico, dei tre componenti dell'Agenzia, uno è proposto dalla Conferenza Stato-Regioni. Le designazioni sono previamente sottoposte al parere obbligatorio e vincolante delle competenti Commissioni parlamentari che deve essere reso, a maggioranza dei due terzi dei componenti, entro 20 giorni dalla richiesta;
nonostante queste modifiche al testo iniziale del decreto, che vanno nella direzione di prevedere il pieno coinvolgimento del Parlamento e delle Regioni nella definizione degli assetti dell'Agenzia, il modello di regolazione proposto dal Governo appare del tutto insufficiente rispetto alla necessità di un riordino complessivo della normativa sul settore idrico reso ancora più urgente dalle recenti consultazioni referendarie,

impegna il Governo

a considerare come temporanea la disciplina dell'Agenzia, attribuendole a tutti gli effetti gli stessi poteri e le stesse funzioni delle Autorità disciplinate dalla legge 14 novembre 1995, n. 481;
a stabilire il pieno coinvolgimento non solo delle Regioni ma anche degli enti locali in ordine alla definizione degli organismi interni e in ogni caso, a garantire la più ampia partecipazione dei soggetti interessati, anche attraverso la previsione di appositi procedimenti di consultazione;
a dotare l'Autorità di personale altamente qualificato, con professionalità e competenza nel settore idrico, da selezionare anche mediante l'attivazione di procedure concorsuali e a prevedere adeguate risorse finanziarie che garantiscano all'Agenzia di poter assolvere alle sue funzioni.
9/4357-A/74.Causi, Federico Testa, De Camillis.

La Camera,
premesso che:
i dati recentemente diffusi da Equitalia Sardegna - società di riscossione dei tributi imposti dallo Stato e dagli enti locali - dimostrano quanto grave sia la crisi che sta attraversando il sistema economico della regione Sardegna afflitto da una crescita dei tassi di disoccupazione, dall'arretratezza del sistema agricolo e pastorale e dalla crisi del settore industriale ed edilizio;
l'entità del debito complessivo nei confronti di Equitalia ed il numero di imprese sarde raggiunte da cartelle esattoriali è tale da costituire una vera e propria emergenza economica e sociale al punto di prospettare il serio rischio di fallimento di molte aziende;
le difficoltà generalizzate di accesso al credito bancario e quelle create dai ritardi di pagamento dei grandi committenti e della pubblica amministrazione, generano un effetto domino deleterio per le aziende che sono costrette a ritardare i pagamenti di imposte e contributi per continuare a sopravvivere e trovare liquidità;
in particolare in molti casi la situazione debitoria nei confronti dell'erario è dovuta all'insolvenza della pubblica amministrazione che, vincolata al rispetto del patto di stabilità, ritarda i pagamenti per commesse già eseguite ed obbliga le imprese ad anticipare somme per poter iniziare i lavori che saranno recuperate solo dopo alcuni anni;
l'entità del debito fiscale preclude la partecipazione delle imprese a bandi di gara per l'appalto di opere pubbliche la cui aggiudicazione permetterebbe alle stesse una ripresa della attività ed un rientro accelerato del debito fiscale in essere, quindi si assiste al caso paradossale per cui imprese che non sono state pagate dalla pubblica amministrazione per commesse già eseguite, non avendo sufficiente liquidità sono costrette a dover ritardare i pagamenti delle imposte e dei contributi e ciò preclude di fatto la loro partecipazione ad altre gare d'appalto in quanto risultanti non in regola con i versamenti;
le aziende sarde indebitate con il fisco, al 31 dicembre 2010, erano 64.104 su un attivo di 160.000 imprese presenti sul territorio, con una esposizione debitoria di 3 miliardi e 516 milioni di euro, vale a dire che il 40 per cento delle imprese sarde era gravata in media da un debito verso l'erario di circa 55.000 euro;
solo nella provincia di Cagliari, nel gennaio 2011, 33.956 imprese (+11 per cento rispetto a gennaio 2010) risultano essere indebitate con Equitalia per oltre 2 miliardi e 232 milioni di euro contro il miliardo e 700 milioni del gennaio 2010;
in sostanza in circa 12 mesi il sistema imprese della provincia di Cagliari ha incrementato i propri debiti nei confronti di Equitalia quasi del 24 per cento; nello specifico si registra un +23,30 per cento relativo alla sezione Erario (+20,56 per cento in Sardegna), +10,89 per cento nella sezione Inps (+11,15 per cento in Sardegna) e +21,46 per cento nella sezione Altri (+14,37 per cento in Sardegna);
i primi dati e le previsioni per l'anno in corso sono tutt'altro che confortanti visto che il numero di imprese indebitate con il fisco per il 2011 sembra destinato a toccare la cifra di 70.450 imprese, a fronte di un debito da riscuotere pari ad un importo di 4,27 miliardi di euro, con un'ulteriore crescita del 22 per cento in più rispetto all'anno precedente;
molti imprenditori sardi, in particolare piccole e medie imprese artigiane ed aziende agricole a conduzione familiare, che sono sempre state in regola con i versamenti delle imposte e dei contributi, oggi non sono in grado di far fronte al debito fiscale anche a causa dell'attuale sistema di computo degli interessi di mora e delle sanzioni che porta il debito a lievitare oltre ogni ragionevole misura facendo raddoppiare la cifra dovuta dopo circa cinque anni dall'accertamento;
sulle somme dovute dal contribuente all'erario vengono calcolati, in caso di ritardo nei pagamenti, costi aggiuntivi estremamente onerosi, mentre non si procede simmetricamente al computo degli interessi allorquando a vantare il credito sia il cittadino nei confronti dello Stato;
l'attuale sistema fiscale, i pignoramenti immobiliari, le procedure di fermo amministrativo di macchinari e automezzi utilizzati per il lavoro, sia di ambito artigianale che agropastorale, rischia di compromettere il tessuto produttivo delle imprese regionali già gravemente colpito dalla crisi economica internazionale, non ancora conclusa;
nel 2010 hanno dovuto dichiarare fallimento 2.351 aziende sarde;
per far fronte all'attuale crisi di liquidità delle imprese sarde sono necessarie misure urgenti che potrebbero alleviare il peso del debito fiscale ed evitare il razionamento del credito quali: l'allungamento del periodo di rateazione; il blocco dei pignoramenti; la riduzione dell'aggio di Equitalia e degli interessi di mora; la rivisitazione degli studi di settore; la sospensione della riscossione in casi eccezionali; la riduzione delle sanzioni civili in materia di contributi previdenziali; la sostituzione di garanzie reali con garanzie fideiussorie; l'accelerazione dei rimborsi erariali e l'applicazione della transazione fiscale di cui all'articolo 182-ter del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 e successive modificazioni;
occorre un urgente sostegno da parte delle istituzioni nazionali e regionali a favore dell'intero sistema produttivo isolano messo a dura prova dall'emergenza fiscale, ponendo la questione Sardegna al centro delle trattative negoziali fra Governo e Regione;
la legge delega in materia di federalismo fiscale n. 42 del 5 maggio 2009 ha riconosciuto la condizione di insularità e prefigura la fiscalità di vantaggio e di sviluppo come strumento di rilancio delle aree deboli del nostro Paese,

impegna il Governo:

a verificare l'opportunità di avviare le procedure per il riconoscimento, da parte del Governo, del territorio regionale come area di crisi ai sensi dell'articolo 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, come richiesto dalla Regione Sardegna con deliberazione di giunta n. 23/3 del 12.5.2011, avente come oggetto: «Interventi urgenti per le imprese e i contribuenti indebitati con Equitalia»;
ad individuare, di concerto con la Giunta Regionale della Sardegna, le aree del territorio regionale in stato di crisi ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 99 del 2009 e del decreto ministeriale del 24.3.2010, anche al fine di disporre una moratoria fiscale da 6 a 12 mesi ai sensi del citato articolo 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, dovuta quando si verificano situazioni eccezionali che alterano gravemente lo svolgimento di un corretto rapporto con i contribuenti, in alternativa la sospensione del 50 per cento dei carichi da omessi versamenti (non quelli da accertamenti);
a verificare, sempre nelle suddette aree di crisi, la inapplicabilità degli studi di settore per l'anno di imposta 2008 e successivi o, in alternativa, la riduzione standard, ad esempio del 10 per cento.
9/4357-A/75.Calvisi, Schirru, Fadda, Marrocu, Melis, Pes.

La Camera,
premesso che:
il nuovo articolo 8-bis del decreto in esame recante, "Cancellazione di segnalazioni dei ritardi di pagamento", introduce alcune disposizioni che presentano incongruenze di sostanza e di forma;
in particolare, a dispetto delle finalità sottese all'emanazione del presente provvedimento, la norma del citato articolo 8-bis pone seriamente a rischio l'intero sistema del credito nonché la capacità di banche e intermediari finanziari di erogare credito alle famiglie e alle imprese del nostro Paese, imponendo la cancellazione di una parte essenziale delle informazioni creditizie oggi disponibili e costringendo così banche ed intermediari finanziari ad attuare politiche di erogazione del credito fortemente prudenti o richiedere garanzie aggiuntive, in quanto non più in grado di distinguere chiaramente i soggetti affidabili da quelli che non lo sono;
questo paradossale ma inevitabile effetto restrittivo penalizza soprattutto i consumatori virtuosi (che, è bene ricordarlo, in Italia sono il 95 per cento del totale) e nel contempo favorisce comportamenti sleali da parte dei richiedenti di credito non intenzionati ad onorare gli impegni assunti, vanificando senza alcun esame istruttorio il lungo e laborioso lavoro che, nel 2004, portò tutti gli attori coinvolti - Garante Privacy, Associazione delle società di referenza creditizia, ABI, Assofin e le principali Associazioni dei Consumatori - alla sottoscrizione della regolamentazione vigente dei Sistemi di Informazioni Creditizie ovvero il «Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti»;
inoltre, per quanto attiene alla forma, va evidenziata l'incongruenza tra il primo e il secondo comma del nuovo articolo 8-bis in quanto il primo comma sembrerebbe voler modificare i termini del c.d. "diritto all'oblio", cioè il tempo che intercorre tra il rientro in bonis (vale a dire la regolarizzazione dei pagamenti) e il momento in cui viene eliminata la traccia di pregressi ritardi nella regolarità dei pagamenti stessi (dagli attuali 12 o 24 mesi, a zero o 24 mesi); mentre il secondo comma, non specificando la necessità di avere effettuato il rientro in bonis, di fatto sembrerebbe voler implicare l'immediata cancellazione di tutte le insolvenze, anche non sanate e tale incongruenza, evidentemente, ne comprometterebbe l'applicabilità,

impegna il Governo:

a chiarire la portata dell'articolo 8-bis adottando, nel più breve tempo possibile, iniziative normative volte ad evitare le incongruenze espresse in premessa;
a rivalutare immediatamente il problema, con il coordinamento dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, individuando soluzioni realmente efficaci al sostegno delle persone fisiche e giuridiche che a causa dell'attuale congiuntura economica particolarmente sfavorevole si trovano ad avere difficoltà nell'adempimento dei propri debiti.
9/4357-A/76.Marchignoli.

La Camera,
premesso che:
il Governo ha scelto lo scorso anno di porre, in base alla legge n. 39 del 2004, in amministrazione straordinaria la società Tirrenia, anche per concludere il processo di privatizzazione della stessa; il Ministero dello sviluppo economico ha autorizzato il commissario per la gestione della società Tirrenia in amministrazione straordinaria ad accettare l'offerta della Compagnia Italiana di Navigazione (CIN);
sono in calendario alla Camera due mozioni (Meta 1/00642 e Pili 1/00639) che chiedono al Governo una maggiore attenzione rispetto al processo in atto; nei mesi passati, ad esempio, la decisione da parte dell'amministrazione straordinaria di interrompere e poi ridurre fortemente le linee del nord Sardegna per Genova, l'incertezza generale ha consentito, di fatto, alle compagnie concorrenti di Tirrenia di conquistare una posizione di vantaggio competitivo, che ha prodotto un aumento indiscriminato delle tariffe, con rincari dal 50 per cento al 120 per cento. Questa situazione sta generando una vera e propria emergenza per l'economia sarda e non solo;
il 6 settembre 2010 era stato siglato un verbale d'accordo tra il Ministro dei Trasporti, il commissario straordinario di Tirrenia e le organizzazioni sindacali che impegnava il Governo a mantenere i livelli occupazionali e la continuità contrattuale e salariale;
sebbene l'azienda sarà ceduta come ramo d'azienda sembrerebbe che al personale non sarà applicato l'articolo 2112 del Codice Civile che prevede «in caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il concessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano»;
nel corso di un'audizione alla Commissione trasporti della Camera il commissario straordinario ha sostenuto che il contratto applicato ai lavoratori Tirrenia è in linea con quelli applicati dai privati nel settore;
la CIN è costituita dai gruppi SNAV, MSC e MOBY che, se acquisiranno definitivamente Tirrenia, si troveranno senza dubbio in una situazione di privilegio, potendo anche contare in significativi contributi statali per molti anni;
sembrerebbe che nell'imminente passaggio tra Tirrenia e la CIN vengano offerte garanzie occupazionali solo per 2 anni come previsto dalla legge Marzano, a fronte di erogazione di contributi statali della durata di 8 anni,

impegna il Governo

ad accompagnare il passaggio dei lavoratori di Tirrenia alla nuova società CIN garantendo ad essi, come avvenuto per altri casi simili (Alitalia), i livelli contrattuali e di reddito, con specifica attenzione al mantenimento del personale presso l'attuale sede di appartenenza.
9/4357-A/77.Tullo.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce la possibilità per i consorzi agrari di istituire al proprio interno, per ciascun settore o prodotto agricolo, una o più sezioni con gestione separata che potranno ottenere il riconoscimento come «Organizzazioni di produttori» in base alle norme che regolano le OP ai sensi del decreto legislativo n. 102 del 2005; è consentita la sola adesione degli imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese, e vincoli e controlli previsti per le OP si estendono esclusivamente alle nuove sezioni;
il ruolo delle organizzazioni dei produttori sia a livello nazionale che comunitario è al centro di un ampio dibattito; in particolare le organizzazioni dei produttori sono viste come lo strumento in grado di aumentare il potere contrattuale degli agricoltori e programmare l'offerta; ad esempio le OP hanno assunto un ruolo privilegiato nell'ambito delle istituzioni europee come emerge dalle proposte di regolamento che costituiscono il cosiddetto «pacchetto latte» al cui centro ruotano appunto le OP, alle quali può essere attribuita, dal Paese membro, la responsabilità della negoziazione collettiva con l'industria, per la definizione dei contratti di conferimento;
il modello delle organizzazioni dei produttori (OP) è, tuttavia, un modello che l'Unione europea, e quindi l'Italia, ha acquisito nella sua normativa prendendo a base il modello francese e nordeuropeo delle organizzazioni dei produttori (OP) e delle organizzazioni interprofessionali (OI); si tratta di un modello adeguato per un'agricoltura basata sulle commodities, mentre non si adatta perfettamente alla storia e alla realtà italiana caratterizzata da produzioni differenziate;
al contrario le Organizzazioni di Produttori (OP) e le loro forme associate in Italia, possono affermarsi adeguatamente soltanto qualora vengano adottati dei modelli di sviluppo corrispondenti efficacemente alle aspettative delle imprese; al riguardo sarebbe opportuno che il Governo italiano, in sede UE, sostenesse un modello associativo per le OP quale quello delle reti di impresa e dei Consorzi di tutela, che sono realtà fortemente radicate in Italia e si adattano meglio alle caratteristiche dell'agricoltura italiana; le reti di impresa sono una grande opportunità per le aziende agricole italiane;
la normativa nazionale sulle OP è, inoltre, sempre stata orientata a definire un livello minimo di conferimento e una dimensione minima delle OP (basata sulla percentuale del valore della rappresentatività alla PLV) nella convinzione che l'obiettivo fosse il raggiungimento di OP di grandi dimensioni; questa impostazione non è coerente con l'agricoltura italiana, caratterizzata da realtà locali, produttivamente e culturalmente diverse;
una realtà di OP di piccole dimensioni, legate orizzontalmente e/o verticalmente, con reti di imprese, è più confacente alla realtà agricola italiana; sarebbe necessario, quindi, prevedere un sistema di OP con minori vincoli normativi, tra cui il livello di conferimento non fissato per legge; un'ulteriore modifica fondamentale in tema di OP è concentrare il finanziamento sui programmi operativi anziché concedere aiuti all'avviamento, in quanto così facendo si premiano i comportamenti virtuosi, mentre con gli aiuti all'avviamento non si impegnano in alcun modo i produttori al risultato; in base alla normativa comunitaria, tuttavia, questa possibilità è offerta solo per il settore ortofrutticolo; per gli altri settori, la normativa comunitaria prevede solo la possibilità di concedere aiuti di avviamento; anche in questo caso bisognerebbe quindi modificare la normativa comunitaria, altrimenti non è possibile applicare il finanziamento ai programmi operativi, eccetto l'ortofrutta;
il momento attuale è particolarmente favorevole in quanto a livello europeo si discute il cosiddetto «pacchetto latte», è in corso la riscrittura del Regolamento 1234/2007, al fine di adeguarlo al Trattato di Lisbona, recante "Organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli" che contiene norme specifiche sulle Organizzazioni di produttori, organizzazioni interprofessionali e organizzazioni di operatori ed è in fase di elaborazione la nuova Pac 2014-2020 in cui saranno riviste le misure di mercato,

impegna il Governo

a sostenere ed incentivare lo sviluppo delle organizzazioni dei produttori estendendo il contratto di rete di cui all'articolo 3, comma 4-ter del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge n. 33 del 2009 anche alle attività delle OP;
a prevedere un sistema con minori vincoli normativi e soprattutto con il livello di conferimento non fissato per legge, concentrando i finanziamenti sui programmi operativi anziché su quelli di avviamento delle OP.
9/4357-A/78.Oliverio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del provvedimento in esame reca, tra le altre cose, norme di semplificazione ed eliminazione degli adempimenti tributari in materia di attività di controllo nei confronti di PMI e microimprese, semplificazione dei provvedimenti della amministrazione finanziaria, elevazione della soglia del valore dei beni obsoleti, annotazione delle fatture IVA, concentrazione della scadenza dei termini per i versamenti fiscali degli enti pubblici, accisa e IVA sul gas naturale;
l'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, prevede un regime di esonero dagli adempimenti IVA per i produttori agricoli che nell'anno solare precedente abbiano realizzato un volume d'affari non superiore a 7.000 euro; il suddetto regime prevede l'obbligo in capo al soggetto committente o cessionario di emettere la fattura attiva (c.d. autofattura); una copia della fattura viene poi consegnata dal cessionario al produttore agricolo-cedente e il cessionario registra la fattura «separatamente» nel registro degli acquisti;
il produttore agricolo è quindi esonerato dal pagamento dell'imposta e trattiene l'imposta pagata dal cessionario/committente «a titolo di compensazione dell'imposta assolta sugli acquisti» (Agenzia Entrate - Circ. 1/E del 19 gennaio 2007);
la soglia attuale pari a 7.000 euro risulta eccessivamente bassa e, di conseguenza, non riesce a comprendere tutti i produttori agricoli «minori»; tale inadeguatezza della soglia è confermata anche dall'analisi sistematica dei regimi speciali per i contribuenti minori ove il limite di «fatturato» si assesta su livelli di gran lunga superiori;
inoltre non bisogna dimenticare che le modifiche apportate dal decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 che hanno fissato l'attuale soglia unica hanno altresì soppresso due regimi speciali alternativi per i produttori agricoli particolarmente svantaggiati, con conseguente peggioramento del regime complessivo; nel testo precedente le modifiche oltre alla soglia base si prevedeva una soglia più alta (7.746,85 euro) per i produttori agricoli che esercitavano la loro attività esclusivamente nei comuni montani; un regime semplificato (esonero da versamenti e liquidazioni periodiche) per gli imprenditori agricoli che avevano realizzato nell'anno solare precedente un volume di affari superiore alla soglia minima, ma comunque inferiore a 20.658,28 euro;
l'eliminazione dei regimi concorrenti, consegnando l'operatività del regime speciale per l'agricoltura esclusivamente ad una soglia base «simbolica» di 7.000 euro, ha finito per restringere eccessivamente il raggio d'azione della norma, ignorando una «fetta» significativa di produttori agricoli «minori»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di allineare il regime di esonero dei produttori agricoli minori con gli altri regimi speciali per i contribuenti minimi, almeno raddoppiando la soglia, oggi pari a 7.000 euro che consente l'applicazione del regime di esonero dagli adempimenti IVA, di cui all'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
9/4357-A/79.Brandolini.

La Camera,
premesso che:
il comma 19, dell'articolo 4 del disegno di legge in esame prevede che, a decorrere dal bilancio relativo al 2010, i contributi in conto capitale autorizzati in favore di ANAS S.p.A. ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge n. 138 del 2002, ad eccezione di quelli già trasformati in capitale sociale, possano essere considerati quali contributi in conto impianti, secondo la disciplina di cui all'articolo 1, comma 1026, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007). Tali contributi sono, pertanto, finalizzati alla realizzazione di investimenti;
ripetutamente, nel recente passato, il Governo è intervenuto per far fronte agli ingenti costi di investimento e di manutenzione straordinaria e di gestione delle autostrade e dei raccordi autostradali dell'ANAS; in particolare con l'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, modificato dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 125 del 2010, convertito dalla legge n. 163 del 2010, si prevede l'applicazione di un pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS S.p.A. a far data dal 1o maggio 2011, previa adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che dovrà definire le tratte ed i raccordi autostradali in gestione diretta ANAS da pedaggiare;
per la Sicilia, le tratte ed i raccordi autostradali individuati con l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 giugno 2010 - successivamente sospeso nei suoi effetti dalle decisioni del giudice amministrativo - sono: A18 diramazione di Catania e RA 15 tangenziale ovest di Catania; A19 Palermo-Catania;
le maggiorazioni tariffarie applicate nella fase transitoria, a partire dal 1o luglio 2010 , sono state sospese dai ricorsi al giudice amministrativo, avverso il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 giugno del 2010 , di attuazione del decreto-legge n. 78;
il 1o settembre 2010, la pronuncia di secondo grado del Consiglio di Stato (quarta sezione) ha confermato la sentenza del tribunale amministrativo regionale di sospensione degli aumenti dei pedaggi;
il provvedimento di maggiorazione tariffaria ha continuato, quindi, ad essere pienamente operativo presso le stazioni di esazione delle autostrade (autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta ANAS) in collegamenti stradali e autostradali di rilevanza strategica nel Nord, nel Centro e nel Sud del Paese fino al 4 agosto 2010 , data in cui l'ANAS ha disposto la sospensione della maggiorazione tariffaria presso tutte le società concessionarie;
il decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125, con l'articolo 1, comma 4, ha anticipato dal 31 dicembre al 30 aprile 2011 il termine della fase transitoria e quindi la data entro quale l'ANAS dovrà provvedere ad applicare il pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta;
sulla Gazzetta Ufficiale del 13 settembre 2010 , n. 106, 5a serie speciale - contratti pubblici, la direzione generale dell'ANAS S.p.A. ha pubblicato il bando di gara per la fornitura e messa in opera di un sistema di pedaggiamento senza barriere sulle autostrade ed i raccordi autostradali ANAS, e correlati servizi di manutenzione, gestione operativa del sistema di esazione e riscossione dei pedaggi;
tale bando di gara contiene nella sezione II l'elenco delle autostrade e dei raccordi autostradali ANAS in cui verranno installati i nuovi sistemi di pedaggiamento senza attendere l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 15, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010;
l'ANAS S.p.A. ha quindi individuato in maniera autonoma le tratte da sottoporre a pedaggiamento senza attendere le decisioni di merito del Governo, unico soggetto autorizzato per legge a stabilire i criteri e le modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS S.p.A., nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio;
nel bando di gara del 13 settembre 2010 ANAS S.p.A. non si è limitata ad autorizzare le operazioni di pedaggiamento per le tratte già a suo tempo individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 giugno 2010, ma ne ha inserite di nuove sia autostradali sia di raccordo;
i raccordi e le tratte autostradali individuate da ANAS per essere pedaggiate sono, al contrario di quanto auspicato dal Parlamento, cresciute di un terzo, tutte situate al Sud;
per la Sicilia vengono individuate: A29 Palermo-Mazara del Vallo; A29 DIR Alcamo-Trapani; A29 DIR/A diramazione per Birgi; A29 RACC Diramazione per Punta Raisi; A29 RACC BIS Raccordo per Via Belgio;
l'imposizione dei pedaggi sulle autostrade siciliane va a colpire cittadini già penalizzati da un sistema di trasporto stradale e ferroviario obsoleto o addirittura inesistente e costretti ad utilizzare mezzi privati per gli spostamenti. Si pensi, ad esempio, a coloro i quali hanno acquistato una casa nell'hinterland delle città e si devono spostare per lavoro;
tale individuazione è pertanto da considerarsi assolutamente ingiustificata, sbagliata e priva di ogni fondamento;
è altresì particolarmente grave che il Governo abbia deciso di affidare il finanziamento dell'ANAS agli introiti dei nuovi pedaggi, quando dovere primario dello Stato dovrebbe essere quello di finanziare le attività dell'ANAS, soprattutto quelle di manutenzione, con le spese stabili, ordinarie e permanenti nel bilancio statale, anno dopo anno,

impegna il Governo

a prevedere l'esclusione dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di prossima adozione - e dalla conseguente introduzione del pedaggio - delle tratte individuate per la Sicilia.
9/4357-A/80.Siragusa.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene norme che determinano una profonda revisione dell'ordinamento vigente in materia edilizia ed urbanistica che produce una estrema deregolamentazione della materia urbanistica ed una deresponsabilizzazione di Comuni e Regioni;
come già denunciato dalle Regioni nel parere reso sul decreto alla Commissione infrastrutture, mobilità e governo del territorio, l'articolo 5 e, in particolare il cosiddetto «piano città», «presenta profili di violazione delle competenze costituzionalmente garantite delle Regioni - la materia urbanistica è concorrente - che rischia di generare confusione piuttosto che semplificare, per il sovrapporsi, anche dal punto di vista temporale, di provvedimenti statali non concertati rispetto a provvedimenti regionali»;
in particolare, l'intervento legislativo di urgenza previsto all'articolo 5 presenta profili di violazione delle competenze costituzionalmente garantite delle regioni e dei comuni e potrebbe generare un notevole contenzioso laddove il testo non ha solo un ruolo di indirizzo e di definizione dei principi ma entra invece inopportunamente nel «merito» di scelte e procedure inerenti la materia edilizia in forme e contenuti propri delle competenze comunali;
l'introduzione del principio del «silenzio-assenso» da parte delle Amministrazioni comunali nel rilascio dei permessi di costruire, lungi dal costituire una semplificazione delle procedure amministrative, relega nei fatti i Comuni ad un ruolo notarile nel complesso percorso che conduce alla trasformazione fisica del territorio; se è pur vero che occorre ridurre e sveltire molti passaggi che oggi impacciano i procedimenti attuativi in edilizia, con le disposizioni presenti nel testo i Comuni perdono ogni possibilità di verifica a monte anche delle più importanti trasformazioni che richiedono, con il paradossale effetto di un allungamento dei tempi nei quali i cittadini e le imprese possono vedersi rilasciato il titolo abilitativo richiesto o riconosciuta la formazione del silenzio-assenso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere il quadro normativo vigente, dando vita ad una legislazione organica, coerente e condivisa, che regoli in modo chiaro ed efficace le procedure amministrative in materia edilizia ed urbanistica e che sia frutto di un'adeguata ponderazione tra le esigenze di certezza dei tempi per il rilascio delle autorizzazioni richieste e quelle di verifica da parte della PA della regolarità degli interventi assentiti;
a rivalutare l'opportunità delle misure introdotte in materia edilizia dal provvedimento in esame e comunque a riconoscere alle amministrazioni locali risorse e strumenti necessari ed adeguati per una corretta organizzazione delle strutture, prevedendo - in presenza di procedure che consentono l'avvio dei lavori attraverso la segnalazione d'inizio attività - un appropriato rafforzamento dei controlli ex post.
9/4357-A/81.Braga, Mariani, Margiotta, Benamati, Bratti, Bocci, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Morassut, Motta, Realacci, Viola.

La Camera,
premesso che:
il 10 giugno scorso, il viceministro per le infrastrutture, Roberto Castelli, ha espresso parere negativo in Commissione Ambiente della Camera ad una risoluzione del PD che prevedeva un ripensamento complessivo sul tema dei pedaggi per le strade a gestione ANAS, sottolineando che il Governo è intenzionato ad andare avanti;
l'accelerazione impressa dal Governo smentisce gli impegni precedentemente assunti attraverso l'accoglimento in più occasioni di ordini del giorno che lo impegnavano a comportamenti diversi da quello prospettato dal viceministro Castelli;
in particolare in data 29 luglio 2010 il Governo ha accolto un ordine del giorno (atto n. 9/03638/166) alla legge n. 122 del 2010 che lo impegnava tra l'altro a «valutare l'opportunità di introdurre ulteriori iniziative normative volte a rivedere il sistema tariffario autostradale in modo da ridurre il costo dei pedaggi e da razionalizzarne le entrate»; «a prevedere l'esclusione dal pedaggio, sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS S.p.A. per i cittadini residenti nei comuni in cui insistono le rispettive autostrade e i raccordi autostradali»; «a prevedere che l'ANAS S.p.A. debba destinare le maggiori entrate, provenienti dai singoli pedaggi introdotti per la fruizione delle autostrade e dei raccordi autostradali, ai rispettivi compartimenti regionali per consentire la corretta manutenzione ordinaria e straordinaria dei relativi tratti stradali»;
in seguito, in data 25 febbraio 2011, il Governo ha accolto un odg (atto n. 9/4086/165) al cosiddetto decreto «Milleproroghe» (decreto-legge n. 225 del 2010) che lo impegnava «a considerare l'eventualità di prorogare, attraverso il primo provvedimento utile, il termine per l'introduzione del pedaggiamento dal 30 aprile 2011 al 30 aprile 2013; a prevedere l'esclusione di ogni forma di pedaggio per i cittadini residenti e per le imprese presenti sul territorio, a stanziare le risorse provenienti dal pedaggio per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei tratti dei quali sia necessario l'adeguamento e l'ammodernamento e a valutare l'opportunità di escludere dalle tratte soggette a pedaggiamento il raccordo Perugia-Bettolle, in considerazione del parere negativo espresso dalla regione Umbria in ordine a tale evento»,

impegna il Governo

a dare piena attuazione ai due odg suddetti, in particolare per quanto riguarda l'esclusione del raccordo Perugia-Bettolle dalle tratte previste per l'introduzione del pedaggio.
9/4357-A/82.Bocci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 6 del provvedimento in esame detta alcune disposizioni volte a ridurre gli oneri amministrativi derivanti dalla normativa vigente e gravanti sulle piccole e medie imprese per quel che riguarda, tra le altre cose, la semplificazione amministrativa, i depositi Gpl, le transazioni finanziarie delle Asl on line;
il complesso sistema dei controlli che caratterizza il settore agricolo, pur necessario per garantire il rispetto delle regole che governano l'attività imprenditoriale del settore, si caratterizza per la presenza di una pluralità di organi di vigilanza nella maggior parte dei casi completamente autonomi uno dall'altro ed appartenenti ad amministrazioni diverse ma con competenze in alcuni casi analoghe o sovrapponibili;
la suddetta situazione comporta di fatto che le aziende agricole siano sottoposte in momenti diversi, ma con riferimento agli stessi periodi e alle stesse materie, a controlli da parte dei vari organi di vigilanza - quali INPS, INAIL, DPL, ASL, Agenzia delle Entrate, ICQRF, Comando Carabinieri Politiche agricole e alimentari, Corpo forestale dello Stato, AGEA e altri Organismi pagatori - che distolgono l'imprenditore dalla sua attività economica e che talvolta si concludono addirittura con esiti difformi;
è opportuno prevedere che le necessarie attività degli organi di vigilanza debbano essere sottoposte ad una forma di coordinamento al fine di evitare sovrapposizioni e duplicazioni di accertamenti e, che i periodi e le materie oggetto di accertamento non possano essere successivamente sottoposti ad ulteriori controlli,

impegna il Governo

a razionalizzare le attività ispettive ed i controlli nel settore agricolo prevedendo forme di coordinamento che evitando sovrapposizioni e duplicazioni determinino un beneficio in termini di tempo e di risorse tanto per le aziende quanto per l'amministrazione pubblica.
9/4357-A/83.Zucchi, Oliverio, Brandolini, Agostini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
con un emendamento proposto dai relatori del provvedimento, approvato durante l'esame in sede referente nelle Commissioni bilancio e finanze, è stata aggiunta la lettera f-octies) al comma 2 dell'articolo 6, la quale prevede, al fine di garantire la progressiva operatività del SISTRI, che per i produttori di rifiuti che hanno fino a 10 dipendenti (per i quali l'operatività del SISTRI sarebbe dovuta decorrere dal 2 gennaio 2012), il nuovo termine, da individuare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, non possa essere antecedente al 1o giugno 2012;
solo poche settimane fa il Governo, durante lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata in aula, per bocca del ministro dei Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, aveva assicurato che il sistema sarebbe stato pienamente operativo a partire dal 1o giugno di quest'anno;
il sistema di tracciabilità dei rifiuti stenta a decollare e numerose sono state sia le modifiche in corso d'opera sia le proroghe dei termini per l'effettivo inizio della sua applicazione;
questa situazione di incertezza del quadro legislativo non fa bene né alla tutela dell'ambiente e del territorio, considerando il pericolo di comportamenti illeciti, né agli operatori della categoria interessata, che hanno bisogno di regole chiare che premino i comportamenti corretti; bisogna sottolineare che si sta creando una situazione di transizione che vede la scomparsa del MUD (modello unico di dichiarazione ambientale), ma senza l'effettiva entrata in vigore del SISTRI,

impegna il Governo

a garantire, nelle more dell'applicazione del sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti, che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tramite il Nucleo operativo ecologico dei carabinieri e l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) in accordo con le regioni tramite le Agenzie regionali per l'ambiente, si faccia carico di verificare e controllare la regolarità del trasporto dei rifiuti sottoposti al sistema SISTRI ai sensi della legislazione vigente;
a prevedere l'ausilio e la collaborazione di tutte le forze di polizia e degli organismi di controllo al fine di evitare il rischio che, anche grazie alla situazione di oggettiva indeterminazione legislativa, si possano creare infiltrazioni da parte della criminalità organizzata in un settore già sufficientemente oggetto dell'attenzione delle cosiddette «ecomafie».
9/4357-A/84.Bratti, Mariani, Margiotta, Braga, Benamati, Bocci, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Morassut, Motta, Realacci, Viola.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame interviene nel settore dei servizi idrici attraverso l'istituzione dell'agenzia nazionale di vigilanza sulle risorse idriche (commi 11-27 dell'articolo 10) e con l'introduzione di una norma di interpretazione autentica dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, peraltro abrogato a seguito della consultazione referendaria del 12 e 13 giugno scorsi;
la creazione di un nuovo soggetto - a cui si affidano, tra l'altro, i compiti di definire i livelli minimi di qualità del servizio idrico, di definire le componenti di costo della tariffa, di predisporre il metodo per la determinazione della tariffa, di approvare le tariffe, nonché poteri di vigilanza, sanzionatori e sostitutivi - sembra frutto di una frettolosa, quanto irrazionale, esigenza di intervenire su un quadro normativo confuso e farraginoso e che ha subito una rilevante trasformazione con le modifiche al quadro normativo operate dal referendum;
la richiesta di un soggetto regolatore forte ed indipendente fu fatta all'avvio dalla discussione del decreto Ronchi che prevedeva l'obbligatorietà per i comuni della vendita di quote delle aziende e che dopo l'esito dei referendum, decade con implicazioni che richiedono la revisione organica di tutta la normativa inerente la gestione del servizio idrico integrato;
al di là della discutibile scelta di intervenire con decretazione d'urgenza in una materia sottoposta a referendum, le norme introdotte destano non poche perplessità sotto il profilo contenutistico;
non è sufficientemente chiara la portata del potere sanzionatorio attribuita all'agenzia a causa della vaghezza del riferimento alle violazioni sulla base delle quali assumerebbe efficacia il potere sanzionatorio, mentre l'ipotesi di sospensione o decadenza del servizio per i trasgressori sembra una mera dichiarazione di principio, stante la problematica attuabilità di una disposizione che sembra improbabile possa non compromettere la fruibilità del servizio;
appare discutibile l'esclusione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dal procedimento per la predisposizione delle convenzioni di cui all'articolo 151 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sulla base della considerazione che, pur essendo la disciplina legislativa della materia affidata alla competenza esclusiva dello Stato, non va dimenticato che l'aspetto relativo all'attribuzione delle funzioni amministrative è regolato dall'articolo 118 della Costituzione che afferma i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza;
l'attribuzione, all'istituenda agenzia, delle competenze in materia di definizione delle componenti di costo e di predisposizione del metodo tariffario sembra non essere adeguatamente coordinata con il quadro normativo previgente - frutto della direttiva 2000/60 e del suo recepimento con il decreto legislativo n. 152 del 2006 - e si ha il fondato timore che si possa dare vita ad incertezze applicative;
un ulteriore elemento critico riguarda l'ipotesi di conferire poteri sostitutivi all'agenzia di vigilanza sulle risorse idriche, senza tenere nell'adeguata considerazione né il quadro normativo attuale né alcuni importanti pronunciamenti giurisprudenziali, tra cui alcune importanti sentenze della Corte costituzionale che hanno chiarito la necessità che l'esercizio di poteri sostitutivi debba essere previsto e disciplinato da una legge corredata dei necessari presupposti sostanziali e procedurali, debba riguardare esclusivamente il compimento di atti o attività privi di discrezionalità sostanziale e che debba essere affidato ad un organo di governo regionale o comunque svolgersi sulla base di una sua indicazione e, infine, che debbano sussistere adeguate garanzie procedurali;
la composizione dell'agenzia e i meccanismi di nomina non sembrano rispondere alle finalità per cui l'agenzia viene istituita; il numero dei componenti non sembra sufficiente per l'importanza del ruolo svolto dal nuovo organismo e qualche dubbio si pone sulla nomina del direttore generale - le cui mansioni sono squisitamente tecniche - per il quale, non solo la nomina avviene con atto del Governo, ma si esclude finanche l'applicazione del cosiddetto «spoil system»;
da ultimo si segnala l'inopportunità della norma interpretativa in merito al comma 8 dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, a seguito della quale è da considerarsi cessato il regime transitorio per la determinazione delle tariffe del servizio idrico di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 79 del 1995 (cosiddetto regime CIPE); la formulazione della norma potrebbe recare non pochi problemi di effettiva applicabilità, in quanto il metodo normalizzato - di cui al comma 3 dell'articolo 13 della legge n. 36 del 1994, poi trasfuso nel codice dell'ambiente - potrà essere realisticamente applicato solamente a partire dai nuovi affidamenti,

impegna il Governo

ad avviare la revisione del quadro legislativo in materia di gestione delle risorse idriche in modo da garantire che venga pienamente rispettata la volontà popolare, espressa in modo chiaro ed incontrovertibile nel referendum del 12 e 13 giugno scorsi;
ad affrontare un tema importante come quello della creazione di un'Autorità nazionale indipendente a cui affidare il compito di vigilare sulla gestione del sistema idrico in tempi e modi più adeguati alla complessità dei problemi e tenendo conto dell'evoluzione normativa che necessariamente dovrà seguire il responso della consultazione referendaria.
9/4357-A/85.Mariani, Bratti, Realacci, Margiotta, Braga, Benamati, Bocci, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Morassut, Motta, Viola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, ai commi 9-14, prevede disposizioni per la riqualificazione di aree urbane degradate, il cosiddetto «Piano città»;
a tal fine le regioni devono approvare, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto, proprie leggi per incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio e per la riqualificazione di aree urbane degradate, tenendo conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili;
nel decreto si prevede espressamente che tali azioni siano incentivate anche con interventi di ricostruzione e demolizione che prevedano il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva rispetto a quella preesistente come misura premiale; la delocalizzazione delle relative volumetrie in aree diverse; il cambio di destinazione d'uso, purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili o complementari;
sono esclusi dagli interventi di riqualificazione gli immobili abusivi o situati nei centri storici o in aree ad inedificabilità assoluta, ma sono invece inclusi quelli che hanno ottenuto il titolo abilitativo in sanatoria,
considerato che,
il termine perentorio e non congruo imposto per decreto-legge alle Regioni per l'approvazione di norme per la razionalizzazione del patrimonio edilizio e la riqualificazione di aree urbane degradate si configura come un'aperta violazione delle competenze regionali nell'ambito delle politiche di governo del territorio e un non rispetto del principio di leale collaborazione; contrasta inoltre con i contenuti dell'intesa sottoscritta da Stato, Regioni ed Enti Locali il 31 marzo 2009 (cosiddetto «piano casa»);
le norme del decreto rischiano di determinare incertezza giuridica perché potrebbero interferire, senza concertazione, con provvedimenti regionali già emanati sulla materia; il mancato coordinamento e l'assenza di una pianificazione nell'ottica della sussidiarietà di fatto ostacolano il raggiungimento dell'obiettivo, ossia la razionalizzazione, la semplificazione e la riqualificazione urbanistica,
valutato che,
le norme per la riqualificazione delle aree urbane non dispongono alcun sostegno o incentivo per la manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, riqualificazione energetica e sicurezza degli alloggi di edilizia residenziale pubblica;
per contrastare il degrado delle aree urbane occorre intervenire prioritariamente su tale patrimonio, anche mediante l'assegnazione di superfici utili lorde aggiuntive e sovvenzioni destinate alla realizzazione di nuovi alloggi sociali;
le gravi lacune presenti nelle disposizioni relative al cosiddetto «Piano città», rendono, di fatto, le norme inapplicabili; manca una definizione normativa di «aree urbane degradate», non si fa cenno alla necessaria «perimetrazione» delle aree, a cura dei Comuni interessati dagli interventi; non è chiaro pertanto «quali» interventi possano essere incentivati anche con interventi di ricostruzione e demolizione e con il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva rispetto a quella preesistente come misura premiale e «chi» possa beneficiare di tale premialità; parimenti non è definito «cosa» e «dove» possa essere delocalizzato in aree diverse; il cambio di destinazione d'uso è ammesso purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili o complementari; non si richiede conformità allo strumento urbanistico;
l'articolo 5 reca anche insidiose disposizioni transitorie: decorsi 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge e sino all'entrata in vigore della normativa regionale si prevede l'applicazione - agli interventi di razionalizzazione del patrimonio edilizio e di riqualificazione di aree urbane degradate - dell'articolo 14 del TU dell'edilizia relativo al rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici, anche per il mutamento delle destinazioni d'uso;
si prevede inoltre che, decorsi 120 giorni (decorso il termine di 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto e sino all'entrata in vigore della normativa regionale) le disposizioni del comma 9 - il cosiddetto «Piano città» - vale a dire la razionalizzazione e la riqualificazione di aree urbane non meglio precisate e individuate - siano immediatamente applicabili alle regioni a statuto ordinario che non abbiano provveduto ad approvare proprie leggi; la volumetria aggiuntiva da riconoscere quale misura premiale applicabile fino all'approvazione delle leggi regionali è prescritta nel limite massimo del 20 per cento del volume dell'edificio se destinato ad uso residenziale; e nel limite massimo del 10 per cento della superficie coperta per edifici adibiti ad uso diverso; prevale evidentemente la scelta di dare ampio spazio alla realizzazione di edifici residenziali (che possono garantire elevate valorizzazioni ai soggetti che realizzano tali immobili) e di comprimere i servizi, anche se essenziali; si apre la strada per favorire uno sviluppo del mercato immobiliare che tenderà a privilegiare la residenza - peraltro privata - e ad abbandonare l'interesse per le trasformazioni urbane indirizzate verso le attività produttive ed il terziario; si prospettano periferie urbane come quartieri-dormitorio, si riducono spazi ed opportunità per ampliare e qualificare le attività terziarie e produttive finalizzate allo sviluppo ed alla crescita economica;
la norma sulle demolizioni e ricostruzioni con premio volumetrico si configura inoltre come una sorta di «condono per ricchi»: operazioni così significative possono infatti essere sostenute solo da chi realizza rilevanti investimenti nella compravendita e nella integrale trasformazione di immobili; nulla resta alla collettività in termini di ricchezza materiale dal meccanismo premiale proposto nel decreto: i Comuni si limitano a fare da notai o a rilasciare permessi ma non incamerano alcuna parte della rendita urbana generata dalle trasformazioni prodotte con il premio volumetrico che potrebbe essere utilmente destinata a contrastare il degrado degli alloggi sociali e dei servizi essenziali,

impegna il Governo

a promuovere, nell'ambito delle proprie competenze, l'emanazione da parte delle Regioni di norme specifiche, anche mediante incentivi, per favorire la realizzazione di progetti di sviluppo urbano integrato nelle aree urbane degradate, coerenti con la Strategia di Sviluppo Sostenibile dell'Unione europea;
a riconoscere piena potestà regolamentare sulla materia agli enti locali, affinché possano, con propria delibera, provvedere all'individuazione e alla perimetrazione delle aree degradate - intese come aree caratterizzate da un alto tasso di esclusione sociale, degrado edilizio e ambientale, carenza di attrezzature e servizi pubblici, criminalità, disagio minorile e da edifici in condizioni di obsolescenza o di degrado o incongrui o che comportino rischi per la pubblica o privata incolumità - nelle quali realizzare interventi di recupero edilizio e di riqualificazione energetica e dei servizi;
ad assegnare incentivi premiali in termini di superfici utili lorde aggiuntive ai migliori progetti di sviluppo urbano integrato nel territorio regionale, su iniziativa degli enti locali, degli Istituti Autonomi Case Popolari comunque denominati, o di soggetti privati proprietari o titolari di diritto di superficie di aree degradate ricomprese nelle aree perimetrate dai Comuni;
a prevedere che la superficie lorda aggiuntiva assegnata come premio sia restituita in quota parte a titolo gratuito al Comune secondo percentuali stabilite dal Comune medesimo in misura congrua per favorire la costituzione di un demanio comunale per la realizzazione di alloggi sociali e per interventi di edilizia residenziale pubblica, per il recupero urbano e per l'incremento delle dotazioni di servizi collettivi;
a disporre che i Comuni possano richiedere ai soggetti privati proprietari o titolari di diritto di superficie di aree urbane degradate, cui siano state attribuite, quali incentivi, per la realizzazione delle iniziative di riqualificazione, superfici utili lorde aggiuntive rispetto a quelle preesistenti, oneri straordinari di urbanizzazione vincolati alla realizzazione delle opere pubbliche comprese nei progetti di riqualificazione delle aree urbane degradate;
ad escludere che gli interventi di razionalizzazione del patrimonio edilizio o di riqualificazione possano essere realizzati nei centri storici o in aree ad inedificabilità assoluta, o in edifici od unità immobiliari abusivi, in quanto realizzati in assenza di titolo edilizio od in difformità da esso ovvero condonati per opere realizzate in assenza o difformità della licenza edilizia o concessione e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
a incentivare la riqualificazione e l'efficienza energetica nelle aree urbane degradate, estendendo i benefici fiscali delle detrazioni del 36 per cento e del 55 per cento anche alle spese sostenute per la ristrutturazione e la riqualificazione energetica degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e sulle loro pertinenze, in proprietà o in gestione degli ex Istituti Autonomi per le Case Popolari, comunque denominati, sia ai lini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, se le spese sono sostenute dal conduttore, sia ai fini dell'imposta sul reddito delle società, se le spese sono sostenute dagli Istituti medesimi, compensando i relativi nuovi e maggiori oneri per il bilancio dello Stato con l'esclusione da tali benefici fiscali delle ristrutturazioni e riqualificazioni eseguite su edifici residenziali definiti «di lusso» ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969.
9/4357-A/86.Morassut, Iannuzzi, Braga, Mariani, Margiotta, Realacci, Benamati, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Marantelli, Motta, Viola.

La Camera,
premesso che:
è stato più volte ribadito dai massimi esperti in materia, inclusi i tecnici del Dipartimento della Protezione civile, che gran parte del patrimonio edilizio italiano è lontano dagli standard antisismici indispensabili per le caratteristiche geofisiche di alta sismicità della Penisola;
l'Italia è infatti uno dei paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, per la frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo territorio e per l'intensità che alcuni di essi hanno raggiunto, con un immenso prezzo pagato in termini di vite umane, di costi per la collettività e per il patrimonio storico-artistico del Paese;
avviando immediatamente un piano straordinario di consolidamento e miglioramento sismico degli edifici pubblici e privati, come è stato anche evidenziato nei giorni successivi al sisma in Abruzzo, si potrebbe mettere in sicurezza gran parte della popolazione. L'effetto di questa azione contribuirebbe a dare slancio ad un settore strategico per l'economia nazionale come quello dell'edilizia;
al di là della necessità di prevedere obblighi di carattere normativo per gli edifici di nuova realizzazione è indispensabile agevolare l'esecuzione di interventi di adeguamento e miglioramento antisismico degli edifici di proprietà privata collocati nelle zone a media ed alta sismicità;
per quanto riguarda il risparmio energetico la misura del credito d'imposta del 55 per cento per i privati che intraprendono azioni volte ad aumentare l'efficienza energetica degli edifici ha avuto ed ha notevole successo. È stata utilizzata da circa un milione di famiglie, ha coinvolto e qualificato decine di migliaia di imprese nel settore dell'edilizia e dell'indotto, ha favorito l'occupazione e, al tempo stesso, ha garantito importanti risparmi nelle emissioni di CO2 contribuendo ad alleggerire la bolletta energetica dei cittadini;
si tratta della misura anticiclica di gran lunga più importante che è stata attivata negli ultimi anni;
nella crisi economica grave e prolungata di questo ultimo biennio gli investimenti in risparmio energetico, fonti rinnovabili, innovazione, ricerca e in generale nella green economy rappresentano un importante volano per la ripresa dell'economia, rendendola così più competitiva e più vicina alle esigenze delle persone, delle comunità, dei territori. Rafforzare l'impegno per il risparmio energetico è anche una delle maniere per dare seguito al voto referendario del 12 e 13 giugno 2011 in cui i cittadini italiani hanno chiaramente manifestato la volontà di credere nell'ambiente, nell'efficienza energetica e nelle fonti rinnovabili;
avviando immediatamente un piano straordinario di consolidamento e miglioramento sismico degli edifici pubblici e privati, non solo si potrebbe mettere in sicurezza gran parte della popolazione, ma anche dare impulso ad un'economia legata all'edilizia di qualità, attivare il sistema delle piccole e medie imprese e producendo un rilevante effetto sul terreno occupazionale;
già nel dicembre 2009 il Governo si era impegnato, con l'accoglimento dell'ordine del giorno n. 181, presentato proprio durante l'esame del disegno di legge di Bilancio (AC 2936-A), a valutare l'opportunità di estendere le agevolazioni del 55 per cento agli interventi di messa in sicurezza sismica degli immobili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare stabilità e qualificare il credito d'imposta del 55 per cento previsto per il miglioramento energetico degli edifici, anche per sostenere un importante settore della nostra economia, e ad estendere le agevolazioni fiscali già previste per gli interventi di efficientamento energetico degli edifici anche agli interventi di consolidamento antisismico del patrimonio edilizio esistente.
9/4357-A/87.Realacci, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame reca un contenuto importante e molto ampio che mal si coniuga con le peculiarità connesse allo strumento utilizzato, quello del decreto-legge, che il potere esecutivo è autorizzato ad adottare, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, solo in casi straordinari di necessità e di urgenza, che peraltro è difficile ravvisare in particolare, nelle disposizioni contenute nell'articolo 4, che modifica la materia dei contratti pubblici;
il metodo confuso e incoerente con cui la maggioranza ed il Governo intendono modificare una norma del Codice dei contratti pubblici, perdendo di vista la necessità di una revisione urgente ed organica del Codice stesso, appare una grave occasione mancata e il decreto-legge in esame genera di fatto una rischiosa semplificazione per la costruzione delle opere pubbliche, che non assicura un reale cambiamento del sistema che è letteralmente paralizzato;
lo scorso mese di aprile la VIII Commissione, ha esaminato, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento della Camera, il Libro verde sulla modernizzazione della politica dell'Unione europea in materia di appalti pubblici, per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti, approvando un parere in cui si rappresentava l'esigenza di promuovere interventi che contribuissero a risolvere talune criticità del sistema degli appalti in Italia;
il metodo adottato dalle istituzioni dell'Unione europea appare particolarmente apprezzabile e in netto contrasto con quanto fatto dal Governo nazionale, in quanto favorisce un preventivo e ampio confronto sulle diverse problematiche (di carattere giuridico, di efficienza amministrativa, economico e di regolazione del mercato per la tutela della concorrenza) che riguardano la materia degli appalti, attraverso una puntuale ricognizione dei problemi emersi con riferimento all'attuazione della normativa europea vigente e alla possibilità di apportare ad essa le correzioni e le integrazioni che risulteranno necessarie; con il «Libro verde» si discute delle nuove regole da costruire per gli acquisti pubblici dal 2013-2014 ad oltre il 2020; si tratta di una riflessione strategica e di sistema di cui anche l'Italia avrebbe necessità;
il settore degli appalti pubblici riveste un ruolo fondamentale nel perseguimento degli obiettivi di crescita come indicati nella Strategia Europa 2020, trattandosi di uno degli strumenti necessari per promuovere l'innovazione nelle imprese, per favorire la transizione verso un utilizzo più efficiente delle risorse anche ambientali, nonché per migliorare il contesto imprenditoriale, soprattutto per le piccole medie imprese (PMI); al riguardo, come indicato dal Libro verde sulla modernizzazione della politica dell'Unione europea in materia di appalti pubblici il settore deve essere riformato affrontando e risolvendo questioni strutturali o sistemiche, cogliendo l'opportunità offerta dalla riforma degli appalti comunitari per affrontare alcuni nodi sistemici della disciplina; questo è ancora più importante in un momento come l'attuale in cui esigenze di sostenibilità condizionano in maniera crescente le politiche di spesa;
la scelta di inserire le modifiche al codice degli appalti nell'articolo 4 del decreto in esame appare stridente rispetto all'obiettivo di modifica organica e coerente della disciplina da attuarsi attraverso un ampio dibattito e mediante un disegno di legge ordinario; le misure previste, dal punto di vista economico, si concentrano prevalentemente sulla questione del controllo dei costi - sia con riferimento al controllo dei costi di partecipazione, sia con riferimento al controllo degli scostamenti dei costi finali rispetto alle previsioni contrattuali - senza tuttavia affrontare e risolvere la questione centrale che come è noto, riguarda la scelta della tipologia di progetto posta a base di gara;
le citate disposizioni prevedono tagli orizzontali di spesa, in particolare, in materia di riserve, revisioni prezzi, varianti migliorative e compensazioni, alle quali vengono posti tetti ex lege. Tuttavia, le relazioni tecniche non forniscono alcun elemento in ordine all'effetto quantitativo atteso da tali misure;
dal punto di vista dei controlli e della trasparenza nel testo non è possibile riscontrare alcun continuum che è fondamentale costituire, tra i concetti di qualificazione, discrezionalità, responsabilità delle stazioni appaltanti e obblighi di trasparenza nelle procedure; la previsione della verifica dei controlli essenzialmente ex post sul possesso di requisiti di partecipazione alle gare da parte delle stazioni appaltanti e l'autocertificazione per la dimostrazione dei requisiti richiesti per l'esecuzione dei lavori pubblici, non sono controbilanciate da un sistema di controlli che per strumenti e risorse sia in grado di di svolgere con efficacia il proprio ruolo;
le poche condivisibili misure di semplificazione e snellimento delle procedure sono associate a disposizioni che rischiano di produrre effetti opposti a quelli cui il presente decreto dovrebbe mirare. L'innalzamento delle soglie per l'affidamento degli appalti mediante procedura negoziata, ad esempio, particolarmente grave nel caso di lavori nel settore dei beni culturali, rischia di avere come conseguenza la contrazione del mercato, se non accompagnata da disposizioni che garantiscano una effettiva rotazione e pubblicità, per non parlare del fatto che tale innalzamento si applica anche ai servizi e alle forniture. I nuovi livelli di soglia escluderanno oltre il 90 per cento degli appalti dall'obbligo di gara senza che nel decreto siano previste misure che impediscano degenerazioni e interpretazioni di comodo;
altro elemento che induce più di una perplessità sul provvedimento è l'innalzamento della soglia entro la quale è consentita l'esclusione automatica delle offerte anomale, come pure la limitazione alla possibilità di iscrivere riserve, il contenimento della spesa per le compensazioni in caso di variazioni dei prezzi dei materiali da costruzione e per le compensazioni territoriali, quest'ultima particolarmente inopportuna nel caso degli oneri delle mitigazioni decise in sede di valutazione d'impatto ambientale; tutte queste misure, se da un lato potrebbero comportare riduzioni dei costi per la pubblica amministrazione, non sembrano adeguate allo scopo di rilanciare il settore economico delle costruzioni, in particolare per quanto riguarda le piccole imprese, sulle quali si trasferirebbero gli oneri delle economie realizzate dalle stazioni appaltanti;
sebbene la sede, com'è stato sottolineato, non è quella propria per la riforma della legislazione sui lavori pubblici, si sarebbe potuto intervenire sulle vere criticità di tale disciplina: con interventi diretti ad agevolare le tante piccole amministrazioni che spesso non hanno strutture adeguate alla complessità delle procedure e delle valutazioni; con innovazioni mirate alla qualità delle progettazioni e quindi realmente incidenti sui costi dell'esecuzione; con misure di maggior impatto sull'ampliamento del mercato delle costruzioni;
nel corso del 2009, si è avuto un deciso incremento del ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando: i dati relativi agli affidamenti dei contratti pubblici di lavori nei settori ordinari evidenziano l'impiego della procedura negoziata senza bando nel 33,4 per cento, degli affidamenti, mentre nel 2008 il ricorso alle procedure negoziate ammontava al 16,8 per cento. Il confronto percentuale tra il 2008 e il 2009 mostra una crescita molto accentuata per le procedure di importo compreso tra 150.000 e 500.000 euro; in questo caso l'aumento del numero delle procedure negoziate è stato del 327 per cento. A tale aumento ha corrisposto un aumento del valore delle aggiudicazioni associato alle stesse procedure pari al 362 per cento. Inoltre, se si guarda la distribuzione per classe di importo dei bandi e degli inviti per affidamenti di lavori, si può constatare che il numero di gare di lavori di importo inferiore a 500.000 euro, nell'ambito dei settori ordinari, rappresenta più del 70 per cento del complesso dei bandi in questi settori,

impegna il Governo

in sede di revisione della normativa al fine di renderla compatibile con i nuovi orientamenti dell'Unione, a valutare la piena conformità alle disposizioni comunitarie dell'innalzamento delle soglie per l'affidamento dei lavori pubblici con procedura negoziata, che consente il consolidarsi nell'ordinamento di procedure non concorrenziali per l'attribuzione di una quota di mercato, molto consistente, del settore.
9/4357-A/88.Margiotta, Mariani, Morassut, Iannuzzi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame reca un contenuto importante e molto ampio che mal si coniuga con le peculiarità connesse allo strumento utilizzato, quello del decreto-legge, che il potere esecutivo è autorizzato ad adottare, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, solo in casi straordinari di necessità e di urgenza, che peraltro è difficile ravvisare in particolare, nelle disposizioni contenute nell'articolo 4, che modifica la materia dei contratti pubblici;
il metodo confuso e incoerente con cui la maggioranza ed il Governo intendono modificare norme del Codice dei contratti pubblici, perdendo di vista la necessità di una revisione urgente ed organica del Codice stesso, appare una grave occasione mancata e il decreto-legge in esame genera di fatto una rischiosa semplificazione per la costruzione delle opere pubbliche, che non assicura un reale cambiamento del sistema che è letteralmente paralizzato;
lo scorso mese di aprile la VIII Commissione, ha esaminato, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento della Camera, il Libro verde sulla modernizzazione della politica dell'Unione europea in materia di appalti pubblici, per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti, approvando un parere in cui si rappresentava l'esigenza di promuovere interventi che contribuissero a risolvere talune criticità del sistema degli appalti in Italia;
il metodo adottato dalle istituzioni dell'Unione europea appare particolarmente apprezzabile e in netto contrasto con quanto fatto dal Governo nazionale, in quanto favorisce un preventivo e ampio confronto sulle diverse problematiche (di carattere giuridico, di efficienza amministrativa, economico e di regolazione del mercato per la tutela della concorrenza) che riguardano la materia degli appalti, attraverso una puntuale ricognizione dei problemi emersi con riferimento all'attuazione della normativa europea vigente e alla possibilità di apportare ad essa le correzioni e le integrazioni che risulteranno necessarie; con il «Libro verde» si discute delle nuove regole da costruire per gli acquisti pubblici dal 2013-2014 ad oltre il 2020; si tratta di una riflessione strategica e di sistema di cui anche l'Italia avrebbe necessità;
il settore degli appalti pubblici riveste un ruolo fondamentale nel perseguimento degli obiettivi di crescita come indicati nella Strategia Europa 2020, trattandosi di uno degli strumenti necessari per promuovere l'innovazione nelle imprese, per favorire la transizione verso un utilizzo più efficiente delle risorse anche ambientali, nonché per migliorare il contesto imprenditoriale, soprattutto per le piccole medie imprese (PMI); al riguardo, come indicato dal Libro verde sulla modernizzazione della politica dell'Unione europea in materia di appalti pubblici il settore deve essere riformato affrontando e risolvendo questioni strutturali o sistemiche, cogliendo l'opportunità offerta dalla riforma degli appalti comunitari per affrontare alcuni nodi sistemici della disciplina; questo è ancora più importante in un momento come l'attuale in cui esigenze di sostenibilità condizionano in maniera crescente le politiche di spesa;
la scelta di inserire le modifiche al codice degli appalti nell'articolo 4 del decreto in esame appare stridente rispetto all'obiettivo di modifica organica e coerente della disciplina da attuarsi attraverso un ampio dibattito e mediante un disegno di legge ordinario; le misure previste, dal punto di vista economico, si concentrano prevalentemente sulla questione del controllo dei costi - sia con riferimento al controllo dei costi di partecipazione, sia con riferimento al controllo degli scostamenti dei costi finali rispetto alle previsioni contrattuali - senza tuttavia affrontare e risolvere la questione centrale che come è noto, riguarda la scelta della tipologia di progetto posta a base di gara;
le citate disposizioni prevedono tagli orizzontali di spesa, in particolare, in materia di riserve, revisioni prezzi, varianti migliorative e compensazioni, alle quali vengono posti tetti ex lege. Tuttavia, le relazioni tecniche non forniscono alcun elemento in ordine all'effetto quantitativo atteso da tali misure;
dal punto di vista dei controlli e della trasparenza nel testo non è possibile riscontrare alcun continuum che è fondamentale costituire, tra i concetti di qualificazione, discrezionalità, responsabilità delle stazioni appaltanti e obblighi di trasparenza nelle procedure; la previsione della verifica dei controlli essenzialmente ex post sul possesso di requisiti di partecipazione alle gare da parte delle stazioni appaltanti e l'autocertificazione per la dimostrazione dei requisiti richiesti per l'esecuzione dei lavori pubblici, non sono controbilanciate da un sistema di controlli che per strumenti e risorse sia in grado di svolgere con efficacia il proprio ruolo;
le poche condivisibili misure di semplificazione e snellimento delle procedure sono associate a disposizioni che rischiano di produrre effetti opposti a quelli cui il presente decreto dovrebbe mirare. L'innalzamento delle soglie per l'affidamento degli appalti mediante procedura negoziata, ad esempio, particolarmente grave nel caso di lavori nel settore dei beni culturali, rischia di avere come conseguenza la contrazione del mercato, se non accompagnata da disposizioni che garantiscano una effettiva rotazione e pubblicità, per non parlare del fatto che tale innalzamento si applica anche ai servizi e alle forniture. I nuovi livelli di soglia escluderanno oltre il 90 per cento degli appalti dall'obbligo di gara senza che nel decreto siano previste misure che impediscano degenerazioni e interpretazioni di comodo; altro elemento che induce più di una perplessità sul provvedimento è l'innalzamento della soglia entro la quale è consentita l'esclusione automatica delle offerte anomale, come pure la limitazione alla possibilità di iscrivere riserve, il contenimento della spesa per le compensazioni in caso di variazioni dei prezzi dei materiali da costruzione e per le compensazioni territoriali, quest'ultima particolarmente inopportuna nel caso degli oneri delle mitigazioni decise in sede di valutazione d'impatto ambientale;
tutte queste misure, se da un lato potrebbero comportare riduzioni dei costi per la pubblica amministrazione, non sembrano adeguate allo scopo di rilanciare il settore economico delle costruzioni, in particolare per quanto riguarda le piccole imprese, sulle quali si trasferirebbero gli oneri delle economie realizzate dalle stazioni appaltanti;
sebbene la sede, com'è stato sottolineato, non è quella propria per la riforma della legislazione sui lavori pubblici, si sarebbe potuto intervenire sulle vere criticità di tale disciplina: con interventi diretti ad agevolare le tante piccole amministrazioni che spesso non hanno strutture adeguate alla complessità delle procedure e delle valutazioni; con innovazioni mirate alla qualità delle progettazioni e quindi realmente incidenti sui costi dell'esecuzione; con misure di maggior impatto sull'ampliamento del mercato delle costruzioni;
le modifiche apportate dalle disposizioni in esame all'articolo 357 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, riguardo al sistema di qualificazione delle imprese, in fine, non sono opportune in quanto trattano una materia che dovrebbe essere oggetto di regolazione secondaria in esito ad una consultazione pubblica di tutte le parti interessate,

impegna il Governo

al fine di evitare ulteriori e pregiudizievoli adempimenti procedurali ed appesantimenti burocratici per il sistema delle imprese, già alle prese con una crisi di rilevantissima entità per l'intero settore degli appalti di opere pubbliche, ad intervenire per eliminare la necessità di ricorrere a nuovi certificati dei lavori eseguiti e a prevedere, comunque, che la specificazione delle regole disciplinanti le modalità alle quali dovranno attenersi le SOA, al fine di «tradurre» i vecchi certificati dei lavori eseguiti in quelli nuovi, anche attraverso la predisposizione di chiare e semplici tabelle di trasposizione delle categorie, siano demandate all'Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, previo parere delle categorie interessate e del Ministero delle infrastrutture e trasporti e senza oneri aggiuntivi per le imprese.
9/4357-A/89.Iannuzzi, Mariani, Margiotta, Morassut.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame all'articolo 10, comma 7, al fine di dirimere un rilevante contenzioso in atto, chiarisce che al pagamento della doppia annualità di pensione di reversibilità ai superstiti delle vittime del terrorismo deve provvedere l'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica. Tale disposizione dà soluzione a uno dei problemi più volte posti all'attenzione del Parlamento ma ne lascia aperti altri già segnalati nel tavoli tecnici avviati dal Governo con le associazioni di categoria;
la legge 3 agosto 2004, n. 246, e successive modifiche e integrazioni, detta norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice; permangono ancora degli ostacoli che non consentono l'integrale riconoscimento dei diritti agli interessati;
tra le problematiche che ad oggi incidono sul pieno riconoscimento dei diritti alle vittime del terrorismo vi sono quelle relative alle prestazioni erogate o erogabili dagli enti previdenziali;
che il Governo ha accolto, su analoga materia, gli ordini del giorno 9/2936/A/179 del 16 dicembre 2009 e 9/3778/A/30 del 19 novembre 2010,

impegna il Governo

ad adottare, tenendo conto delle esigenze di finanza pubblica e accogliendo le sollecitazioni delle associazioni e le promesse fatte nei tavoli tecnici, ulteriori iniziative normative, anche di coordinamento e semplificazione degli adempimenti amministrativi, allo scopo di risolvere quelle problematiche che ancora oggi si frappongono al pieno riconoscimento dei diritti delle vittime e dei loro familiari, evitando così il protrarsi dei disagi per i soggetti interessati e salvaguardando il ruolo delle istituzioni.
9/4357-A/90.Rossa.

La Camera,
premesso che:
una grave crisi economico-occupazionale interessa ormai da vari mesi l'economia sarda, costituita da «micro» aziende per lo più sottocapitalizzate ed esposte alla cronica carenza di liquidità;
le ristrettezze del sistema del credito ed i ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni contribuiscono ad aggravare un quadro di per sé già molto compromesso, nel quale, in assenza di interventi immediati e sinergici, si rischia di mettere definitivamente a rischio la sopravvivenza di diverse migliaia di piccole e medie imprese sarde;
il ritardo medio con cui la Pubblica amministrazione italiana paga i propri fornitori è di 86 giorni, contro i 22 giorni di ritardo dall'amministrazione statale francese, i 19 giorni di quella inglese e gli 11 giorni di quella tedesca;
in tale contesto è normale che si riscontri una diffusa morosità delle imprese sarde nei confronti di Equitalia e, a monte, nei confronti dell'erario e degli enti previdenziali e assicurativi;
secondo dati recenti, la Sardegna è la regione nella quale la riscossione coattiva da parte di Equitalia ha registrato negli ultimi mesi l'incremento maggiore a livello nazionale (+25,7 per cento);
più di ventimila persone, artigiani, commercianti, pastori, disoccupati, giunti da ogni parte della Sardegna (e, in particolare, dall'area del Sulcis Iglesiente), hanno di recente manifestato a Cagliari contro Equitalia e per chiedere il sostegno delle istituzioni;
l'ordinamento già prevede la possibilità di derogare a norme cogenti dell'ordinamento tributario in casi particolari, come ad esempio l'articolo 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, il quale stabilisce che «se si verificano situazioni eccezionali, a carattere generale o relative ad un'area significativa del territorio, tali da alterare gravemente lo svolgimento di un corretto rapporto con i contribuenti, la riscossione può essere sospesa, per non più di dodici mesi, con decreto del Ministero delle finanze»;
in passato, in circostanze eccezionali assimilabili a quelle che si registrano in questi mesi in Sardegna, lo Stato è intervenuto con provvedimenti ad hoc di rateizzazione del debiti previdenziali, soprattutto nel settore agricolo o in caso di calamità naturali,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti volti a consentire il pagamento rateale, in 60 mensilità, dei debiti per contributi, premi ed accessori di legge, dovuti agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, da parte delle piccole e medie imprese con sede legale in Sardegna.
9/4357-A/91.Schirru, Melis, Fadda, Marrocu, Pes.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 6, comma 2, lettera f-octies, del decreto in esame ha previsto l'entrata in operatività del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, in data non anteriore al 1o giugno 2012, per le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali pericolosi, per i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché per i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, purché tutti questi soggetti abbiano fino a 10 dipendenti; tale termine, sarà individuato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame,
considerato che,
l'11 maggio 2011 le associazioni di categoria delle imprese iscritte al SISTRI hanno organizzato un test di operatività del nuovo sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti, per provare la tenuta e l'efficienza del sistema;
la sperimentazione ha evidenziato gravi disfunzioni del sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti, con problemi tecnici nell'accesso e nella registrazione e l'impossibilità di mettersi in contatto con il numero verde per ricevere assistenza;
in particolare nelle province con il più alto numero di imprese in tutti i settori produttivi, come quella di Treviso, i tentativi di accesso e registrazione al sistema, anche tramite le associazioni, si sono rivelati inutili, o hanno richiesto procedure laboriose e tempi lunghissimi,

impegna il Governo

ad emanare ulteriori norme di semplificazione e istruzioni tecniche ai sensi degli articoli 22 e 23 del decreto ministeriale 18 febbraio 2011 n. 52 ed in particolare a prevedere, con decreto del Ministro competente:
l'obbligo, per i produttori iniziali, della sola iscrizione al SISTRI;
che tutti gli adempimenti amministrativi che gravano sui produttori iniziali possano essere effettuati dalle associazioni di categoria o dal gestore del servizio pubblico secondo modalità tecniche agevolate di accesso al SISTRI che consentano alle associazioni di categoria o agli enti gestori del servizio di adempiere a tali obblighi, anche attraverso sistemi standard di interoperabilità e procedure più semplici e rapide, e in modo tale che tali adempimenti sostituiscano ogni altro obbligo a carico dei produttori iniziali in termini di formulari di trasporto, registri di carico e scarico e MUD;
modalità semplificate di conferimento presso piattaforme fisse, o presso piattaforme mobili o mezzi di trasporto attrezzati alla ricezione dei rifiuti che stazionano temporaneamente in aree preposte, con particolare modalità semplificate per i conferimenti effettuati nei limiti di cui all'articolo 212, comma 8, primo capoverso del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; a prevedere, in tal caso, che la tracciabilità dei conferimenti sia garantita dal soggetto gestore della piattaforma o del mezzo di trasporto senza ulteriori obblighi per i produttori iniziali purché il soggetto gestore garantisca pieno controllo e trasparenza nella movimentazione, nel trattamento e nella destinazione definitiva dei rifiuti;
l'introduzione di semplificazioni per i circuiti organizzati nella forma della microraccolta presso i singoli produttori di rifiuti, come previsto dall'articolo 183, comma 1, lettera pp) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, prevedendo modalità che tengano conto della complessità dovuta alla molteplicità dei soggetti produttori e dei rifiuti conferibili per ciascun ciclo di microraccolta; a prevedere, in tal caso, che la tracciabilità dei conferimenti sia garantita dal soggetto gestore della microraccolta stessa senza ulteriori obblighi per i produttori iniziali purché il soggetto gestore garantisca pieno controllo e trasparenza nella movimentazione, nel trattamento e nella destinazione definitiva dei rifiuti;
l'adozione di modalità semplificate ed adeguate nei casi in cui i rifiuti siano prodotti al di fuori dell'unità locale da parte di attività di cui all'articolo 230 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
l'emanazione di norme di semplificazione entro breve termine, al fine di consentire alle imprese di adeguarsi alle nuove regole;
il riconoscimento delle modalità di gestione semplificate assunte con Accordi e Contratti di programma, di cui all'articolo 206 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che garantiscano un'effettiva riduzione, recupero e ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
tutti gli adempimenti necessari a garantire l'effettiva funzionalità tecnica del sistema SISTRI con congruo anticipo rispetto alla scadenza dei termini di decorrenza degli obblighi del sistema;
per tutte le imprese inserite nel sistema SISTRI - la possibilità di sostituire ai registri e ai formulari attuali i sistemi elettronici previsti dal SISTRI, purché questi garantiscano pieno controllo e trasparenza nella movimentazione, nel trattamento e nella destinazione definitiva dei rifiuti e il trasportatore sia dotato di chiavetta usb sistri;
un'apposita disposizione interpretativa, al fine di chiarire che l'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico in capo ai soggetti che trasportano, in conto proprio, rifiuti non pericolosi, prorogato dal primo giugno al primo settembre 2011, non riguarda il settore edile per il trasporto di rifiuti da costruzione e demolizione, ad oggi escluso dall'obbligo di tenuta di tale registro e dal SISTRI, limitatamente ai rifiuti classificati con i codici CER 17, in quanto le imprese edili sono già soggette all'obbligo di compilazione del formulario di identificazione del rifiuto e i dati che dovranno essere inseriti nel previsto registro sono già contenuti nei formulari vidimati dalle CCIAA, per cui vige l'obbligo di conservazione per cinque anni.
9/4357-A/92.Rubinato, Marco Carra.

La Camera,
premesso che,
il provvedimento in esame introduce una serie di misure finalizzate allo sviluppo e al rilancio dell'economia anche attraverso l'introduzione di semplificazioni di adempimenti a favore dei cittadini contribuenti;
l'articolo 2, comma 627, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria per il 2008), le cui previsioni sono ora costituite nell'articolo 297, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ha stabilito che il Ministero della difesa predisponesse con criteri di semplificazione, di razionalizzazione e di contenimento della spesa, un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio;
il suindicato piano prevede la realizzazione o acquisizione di circa 51.000 alloggi per un costo approssimativo di 5,7 miliardi di euro;
all'articolo 306, comma 3, del citato decreto legislativo n. 66 del 2010 è previsto che «al fine della realizzazione del programma pluriennale di cui all'articolo 297, il Ministero della difesa provvede all'alienazione della proprietà, dell'usufrutto o della nuda proprietà di alloggi non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell'amministrazione, in numero non inferiore a tremila»;
la mozione n. 1-00559 concernente iniziative in materia di concessione degli alloggi di servizio del Ministero della difesa, - a firma del sottoscritto e dei colleghi rappresentativi di tutti i gruppi parlamentari - discussa nell'aula di Montecitorio ed accolta dal Governo in data 8 febbraio 2011, stabilisce che «in ogni caso, non si procederà al recupero degli alloggi nelle aree ove non sussistano impellenti esigenze non altrimenti risolvibili», lasciando emergere un preciso orientamento amministrativo finalizzato al recupero degli alloggi in relazione alla loro localizzazione e definita la procedura di «alienazione della proprietà, dell'usufrutto o della nuda proprietà di alloggi non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell'amministrazione» ai sensi del citato decreto legislativo;
in data 25 febbraio, nell'ambito dell'approvazione del cosiddetto decreto «Mille proroghe», il Governo si è impegnato a non avviare azioni di recupero forzoso, fermi restando gli attuali canoni, nei confronti degli alloggi di utenti cosiddetti sine titulo;
malgrado i citati impegni del Governo, si continuano a registrare in ogni parte d'Italia azioni di recupero forzoso degli immobili di cui in premessa,

impegna il Governo

a valutare l'ipotesi di individuare in tempi rapidi le modalità ed i termini di sospensione del recupero forzoso a carico di conduttori sine titulo in godimento di unità abitative in atto non incluse fra quelle di prevista alienazione, confermando nel contempo gli attuali canoni di locazione per tutta la durata della sospensione dei recuperi forzosi.
9/4357-A/93.Patarino, Di Biagio.

La Camera,
considerato che:
il problema dei debiti di fornitura per beni e servizi che le Amministrazioni pubbliche hanno nei confronti del sistema delle imprese affligge la gran parte dei Paesi dell'Unione, al punto che la Unione europea, intervenuta più volte per limitare i danni al sistema delle imprese (direttiva 2000/35/CE, recepita in Italia, con il decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231), si appresta ad emanare ulteriori norme comuni;
in Italia la questione è ormai pressante in quanto la massa dei debiti è valutata in 20 miliardi e l'attesa media delle imprese è di oltre 300 giorni (ma anche 600 nel settore sanitario di alcune regioni);
il danno arrecato alle imprese fornitrici, in particolare in questa fase di difficoltà del ciclo economico, è elevatissimo, in quanto aziende economicamente sane sono costrette a chiudere per motivi finanziari, laddove il debitore è proprio colui che legalmente dovrebbe garantire i creditori;
con i commi 365-369 dell'articolo 1 della Legge finanziaria 2005 è stato istituito un fondo a copertura dei debiti di fornitura delle amministrazioni statali, tramite il quale i creditori cedono il proprio titolo alla Cassa depositi e prestiti (CDP) che li ristora a valere su un fondo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze;
la norma peraltro riguardante gli anni precedenti, non ha mai funzionato appieno e non può essere utilizzata per i debiti formatisi dopo il 2004,

impegna il Governo

a modificare le disposizioni che prevedono la costituzione di un Fondo per i debiti di fornitura presso la Cassa depositi e prestiti prevedendo:
l'ampliamento a tutto il 2010 delle norme sui debiti di fornitura da saldare;
l'utilizzo del suddetto Fondo come fondo rotativo, mediante introduzione di un sistema di pagamento per quote costanti alla CDP, a carico dei bilanci delle amministrazioni debitrici;
la semplificazione, per quel che riguarda le imprese, delle procedure per il recupero di quanto dovuto;
a valutare inoltre la possibilità di compensare i debiti di fornitura con le somme dovute dalle imprese a titolo di imposte, anche nel caso di messa a ruolo delle medesime.
9/4357-A/94.Vignali, Torrisi.

La Camera,
considerato che:
i lavoratori privati e, in determinati casi, sia i dipendenti di Comuni, Province e Regioni, sia i dipendenti dei Ministeri assunti dall'anno 2000 possono, dopo 8 anni di servizio, richiedere fino all'80 per cento del trattamento di fine rapporto (TFR) maturato;
tale diritto non spetta agli altri dipendenti pubblici nonostante che sin dalle riforme del lavoro pubblico dei primi anni '90 il loro rapporto è equiparato al rapporto di lavoro di tipo privatistico;
il TFR, che è una forma di salario differito, viene mantenuto presso le Amministrazioni sino alla cessazione del rapporto di lavoro;
rappresentanti del Governo ed autorevoli economisti hanno più volte sottolineato la necessità di incrementare i consumi delle famiglie per contrastare l'attuale fase negativa del ciclo economico;
la possibilità per i circa 3.000.000 di dipendenti pubblici di poter utilizzare parte del TFR maturato sotto forma di anticipazione da parte di soggetti terzi, si configura come anticiclica, in quanto immetterebbe una forte liquidità sul mercato, detenuta peraltro da soggetti che hanno sia una forte propensione al consumo, sia una situazione socialmente stabile, tale da garantire il reinvestimento delle somme ottenute sul territorio;
in tale ipotesi, qualora si optasse per un modello convenzionale tra Stato ed Istituti di credito, nel quale l'anticipazione si configuri come apertura di credito garantita dalle amministrazioni, non ci sarebbero effetti negativi per il bilancio dello Stato oppure essi sarebbero molto limitati a fronte della liquidità immessa sui mercati,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, al fine di contrastare il ciclo economico negativo, di consentire l'utilizzo del trattamento di fine rapporto, limitatamente ad una quota del maturato e dopo almeno 8 anni di servizio, da parte dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche centrali e periferiche che ancora non godano di questa possibilità;
al fine di evitare impatti sul bilancio dello Stato, a prevedere che la possibilità sia offerta tramite forme di anticipazione degli Istituti di credito, con i quali le Amministrazioni garanti stipulano apposite Convenzioni.
9/4357-A/95.Marinello, Torrisi.

La Camera,
considerato che:
il provvedimento in esame introduce disposizioni in materia di adempimenti fiscali, volte ad alleggerire la pressione sui contribuenti;
la lettera b) del comma 2 dell'articolo 28 della legge sul Federalismo fiscale (n. 42 del 2009), prevede che i decreti legislativi di attuazione individuano meccanismi idonei ad assicurare che «sia...salvaguardato l'obiettivo di non produrre aumenti della pressione fiscale complessiva anche nel corso della fase transitoria»;
il comma 6 dell'articolo 17 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, prevede che con decreto del Ministro dell'economia sia modificata la misura dell'imposta provinciale di trascrizione (IPT) dei veicoli: «in modo che sia soppressa la previsione specifica relativa alla tariffa per gli atti soggetti a IVA e la relativa misura dell'imposta sia determinata secondo i criteri vigenti per gli atti non soggetti ad IVA»;
in parole semplici chi oggi chi compra un'auto da un soggetto IVA (concessionario o autosalone) paga il minimo dell'imposta (variabile da 151 a 196 euro a seconda delle province). Ma per effetto del citato decreto attuativo, l'IPT crescerà proporzionalmente al numero di kilowatt /motore, indipendentemente dal fatto che l'auto sia stata acquistata da un concessionario o da un privato. In conseguenza di ciò solo i mezzi fino a 53 kw continueranno a pagare l'imposta di base; gli altri pagheranno 3,5 euro in più per ogni kw;
il mercato dell'auto nazionale si trova in uno stato di depressione, con calo delle immatricolazioni anche del 30 per cento, dovuto al crescente prezzo dei prodotti petroliferi ed alla fine degli incentivi per l'acquisto di autovetture efficienti; la previsione del comma 6 dell'articolo 17 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, è quindi inopportuna, in particolare in questo momento, in quanto colpirebbe un settore in fase ciclica negativa;
la disposizione in esame peraltro contraddice il principio dell'invarianza della pressione fiscale nell'attuazione del Federalismo,

impegna il Governo

a sopprimere la disposizione di cui al comma 6 dell'articolo 17 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68.
9/4357-A/96.Biasotti.

La Camera,
premesso che:
un rapporto equilibrato tra Stato e contribuente rappresenta una misura del grado di democrazia e libertà di un Paese;
il contrasto dell'evasione fiscale è un compito fondamentale dell'amministrazione tributaria, teso a eliminare o quanto meno a ridurre comportamenti opportunistici e a restituire equità al sistema fiscale nel suo complesso, ma esso tradisce i suoi obiettivi quando impone ai contribuenti onesti adempimenti amministrativi eccessivi;
le norme sulla base delle quali l'Agenzia delle Entrate esercita il servizio nazionale di riscossione (mediante l'operato di Equitalia, che tali norme è obbligata ad osservare) rischiano di minare i principi costituzionali di garanzia e tutela del contribuente nella fase di riscossione coattiva;
ogni episodio di violenza nei confronti di dipendenti di Equitalia o di sedi territoriali della società va severamente condannato e, in quanto reato, penalmente perseguito, ma è al contempo opportuno evidenziare come il quantum delle prestazioni fiscali, il complesso dei controlli fiscali e il sistema della riscossione abbiano determinato un diffuso disagio tra i contribuenti italiani, individui e imprese;
un sistema di riscossione farraginoso, poco trasparente e caratterizzato da eccessivi margini di discrezionalità rappresenta inibisce la competitività delle imprese italiane e disincentiva gli investimenti diretti esteri in Italia;
il provvedimento in esame interviene su alcune delle principali criticità della normativa sulla riscossione, ma non appare risolutivo e rispondente alle aspettative di riforma, alimentate peraltro dagli impegni recentemente assunti in sede parlamentare e dalle dichiarazioni pubbliche rese da alcuni dei maggiori esponenti dell'esecutivo,

impegna il Governo

ad effettuare una ricognizione complessiva della normativa in materia di riscossione, al fine di superare - ovunque esso sia presente, a partire dalla norma sulla immediata esecutività degli accertamenti fiscali, in vigore dal primo luglio 2011 e oggetto di una parziale modifica da parte del Decreto Sviluppo - il principio del «solve et repete» (prima paghi, poi reclami), contrario ai principi costituzionali di garanzia e di presunzione d'innocenza;
a favorire l'adempimento degli obblighi tributari dei contribuenti a più basso reddito, agevolando in particolare quanti sono stati colpiti più duramente dalla crisi economica e occupazionale degli ultimi anni, attraverso i seguenti provvedimenti: allungamento dei piani di rateizzazione; abolizione degli interessi di mora applicati ai piani di rateizzazione dei debiti tributari; previsione che, all'accettazione del piano di rateizzazione, siano cancellate d'ufficio tutte le misure cautelari iscritte dai concessionari della riscossione; previsione che la somma rateizzabile, sia con il concessionario della riscossione che in via amministrativa con gli enti impositori, non possa eccedere il quinto del reddito mensile dichiarato, salvo l'adesione volontaria da parte dell'impresa o del contribuente a versare una somma maggiore;
a prevedere che i controlli fiscali sulle imprese tesi ad evitare il ricorso elusivo alle cosiddette «perdite sistemiche» siano automatici dopo non meno di tre esercizi fiscali conclusi in perdita;
a valutare l'opportunità di una riforma della disciplina nazionale, cui i concessionari della riscossione siano tenuti ad aderire, in materia di interessi di mora, di sanzioni e di aggio della riscossione, che tenga conto del costo medio delle attività di riscossione, valutato per il periodo di un triennio dal Ministero dell'economia e delle finanze;
a valutare l'opportunità di una disciplina nazionale delle convenzioni tra enti locali e concessionari della riscossione, che preveda procedure ad evidenza pubblica per l'affidamento del servizio di riscossione, sulla base del maggior favore per il contribuente delle condizioni offerte dal concessionario;
a far precedere a qualsivoglia azione cautelare e conservativa, nonché ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del credere, relativa a tutti i casi di riscossione coattiva dei debiti, l'obbligo di notifica, nelle forme di cui all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, di due solleciti di pagamento;
a provvedere, al fine di semplificare gli adempimenti fiscali a carico delle imprese, a qualificare gli studi di settore come elementi di selezione per le verifiche fiscali e non come presupposto di accertamento automatico, prevedendo che gli stessi, in sede di giudizio, rappresentino una presunzione semplice e che, ai fini dell'accertamento, l'ufficio accertatore abbia l'onere di motivare e fornire elementi di prova per avvalorare l'attribuzione al contribuente dei maggiori ricavi o compensi derivanti dall'applicazione degli studi di settore.
9/4357-A/97.Della Vedova, Raisi, Proietti Cosimi, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
con l'abrogazione totale - per via referendaria - dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, e con quella parziale del comma 1, dell'articolo 154 del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 (limitatamente alla parte che dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell'«adeguatezza della remunerazione del capitale investito») si è venuto a creare, per molti aspetti, un vulnus normativo in un settore estremamente delicato e strategico quale quello dei servizi pubblici locali, solo, in parte, colmato dalla immediata applicabilità della normativa comunitaria;
l'articolo 23-bis, in particolare, disciplinava l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (ad esclusione dei settori relativi a distribuzione del gas e dell'energia elettrica, trasporto ferroviario regionale, gestione delle farmacie comunali e servizi strumentali degli enti affidanti), in applicazione della disciplina comunitaria, al fine di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiarietà, proporzionalità e leale cooperazione;
l'esito referendario ha, tra l'altro, fatto decadere un regolamento, emanato ai sensi del comma 10 della citata disposizione, che stabiliva l'incompatibilità, per almeno tre anni, fra cariche elettive negli enti locali e consigli direttivi o di amministrazione di enti pubblici o società controllati dagli stessi enti locali;
l'abrogazione parziale della norma sulla remunerazione del capitale investito mediante la tariffa idrica, inoltre, rischia - in assenza di una disciplina chiara - di rendere incerte le prossime tariffe e, di conseguenza, di minare gli investimenti già previsti per i prossimi anni, con inevitabili ricadute negative, soprattutto in termini economici ed occupazionali;
a fronte di tale situazione normativa, restano, allo stato, molti problemi irrisolti: 10 milioni di italiani che dispongono di acqua a intermittenza, il 20 per cento che non ha fognature, il 30 per cento che non è allacciato a impianti di depurazione, una percentuale di dispersione dell'acqua che, in alcune reti, sfiora il 50 per cento, mancanza di risorse sufficienti per sostenere i circa 64 miliardi di investimenti necessari in infrastrutture e manutenzione per i prossimi 30 anni;
il risultato dei recenti referendum rende, pertanto, evidente che l'intero sistema dei servizi pubblici locali e, a maggior ragione dopo il vuoto normativo determinatosi, il settore idrico, ha un urgente bisogno di un intervento legislativo organico in grado di fornire un assetto regolatorio autenticamente indipendente;
il provvedimento in discussione si è, invece, limitato a prevedere, all'articolo 10, l'istituzione di un'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua quale soggetto giuridicamente distinto e funzionalmente indipendente dal Governo;
permane, quindi, l'assenza di un quadro organico di regolazione forte e innovativo, in grado di modernizzare le regole stabilite in passato, come quelle per la determinazione delle tariffe, e risolvere i problemi che affliggono l'intero sistema dei servizi pubblici locali,

impegna il Governo

ad attivarsi, al più presto, al fine di adottare provvedimenti, anche normativi, volti a colmare, in maniera organica e sistematica, il vuoto normativo determinatosi, in esito ai referendum del 12 e 13 giugno del 2011, in uno dei comparti nevralgici per la crescita del Paese, quale è quello dei servizi pubblici locali, soprattutto al fine di introdurre una regolazione complessiva dell'intera materia, che consenta una effettiva indipendenza, una maggiore trasparenza ed un reale controllo.
9/4357-A/98.Raisi, Della Vedova, Di Biagio, Proietti Cosimi, Toto.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 2008, n. 211, individua gli ambiti territoriali dei Provveditorati interregionali Opere Pubbliche: in particolare l'articolo 8, comma 1, lettera j), individua il Provveditorato interregionale per il Lazio, l'Abruzzo e la Sardegna;
tale ambito territoriale, particolarmente esteso, se da un lato ha favorito l'omogeneità dei comportamenti, ha provocato sia l'aggravio degli impegni per il Provveditore interregionale, sia un certo allontanamento dalle realtà territoriali, inconvenienti questi appesantiti a seguito del devastante sisma dell'aprile 2009, quando il Provveditorato interregionale ha assunto le funzioni di soggetto attuatore della ricostruzione pubblica, ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge n. 39 del 2009, convertito nella legge n. 77 del 2009;
l'istituzione di un Provveditorato regionale Opere Pubbliche per l'Abruzzo, che ripristini l'autonomia a livello regionale che esisteva fino al 2004, persegue l'obiettivo di rendere più efficace l'azione sul territorio, con una attenzione particolare alle esigenze della ricostruzione post sisma, consolidando il ruolo del soggetto attuatore, sia per quanto riguarda i programmi in corso, sia per quelli di nuova formulazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa volta ad istituire il Provveditorato regionale Opere Pubbliche per l'Abruzzo per consentire una più efficace ed incisiva azione sul territorio nella fase della ricostruzione dell'area colpita dal sisma dell'aprile del 2009.
9/4357-A/99.Cesa, Libè.

La Camera,
premesso che:
il comma 4 dell'articolo 1 del decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125, recante «Misure urgenti per il settore dei trasporti e disposizioni in materia finanziaria. Proroga del termine di esercizio della delega legislativa in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio di amministrazioni pubbliche» ha modificato l'articolo 15 del decreto-legge 78 del 2010 fissando il termine del 30 aprile 2011 entro il quale verrà istituito un pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS S.p.a.;
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 giugno 2010 è stata approvata la maggiorazione tariffaria forfetaria del pedaggio riscosso ai caselli delle autostrade in concessione che si interconnettono con la rete autostradale gestita da ANAS: un euro per le classi di pedaggio A e B e due euro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5;
il pedaggio interesserà circa 1.300 chilometri di raccordi autostradali, di diramazioni e di autostrade, tra i quali: il grande raccordo anulare di Roma e la Roma-Fiumicino;
Berlino, Madrid, Parigi e Londra, pur disponendo di raccordi anche più estesi di quello di Roma, non hanno mai preso in considerazione l'idea di applicare un pedaggio all'interno dei raccordi autostradali di collegamento da e per le città;
non disponendo di una rete ferroviaria e di infrastrutture per la mobilità adeguate, il 70 per cento degli spostamenti a Roma avviene su gomma, per cui è un grave errore, per di più in un momento di difficoltà, rovesciare sui pendolari e sull'economia che grava intorno alla capitale, le colpe per la mancanza di una politica delle infrastrutture;
la norma demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, non ancora approvato, sia l'individuazione delle tratte da sottoporre a pedaggio, sia l'individuazione di sistemi di pedaggiamento da utilizzare, come confermato dal presidente di Anas, Pietro Ciucci, a margine di una recente audizione presso la Commissione Lavori pubblici del Senato;
il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, ha promesso «iniziative volte a bloccare un balzello fortemente penalizzante per i pendolari» ed ha affermato che «la Regione è disponibile a farsi carico delle spese di manutenzione del Gra, pur di non introdurre il pedaggio»,

impegna il Governo

a rinunciare definitivamente all'introduzione di pedaggi sui 1300 chilometri di autostrade gestite da ANAS in generale e del GRA di Roma e la Roma-Fiumicino in particolare e a individuare nuove fonti di finanziamento sostitutive dei pedaggi ai fini della messa in sicurezza e manutenzione delle autostrade gestite da Anas.
9/4357-A/100.Dionisi, Anna Teresa Formisano, Rao, Enzo Carra.

La Camera,
premesso che:
nel decreto-legge in esame, è stato inserito un emendamento che riguarda le graduatorie del personale docente a tempo determinato;
in particolare, la norma riconosce, al personale docente a tempo determinato che presta servizio in modo continuativo, il diritto a una speciale valutazione per coloro che prestano servizio in sedi disagiate;
tale valutazione è stabilita secondo criteri definiti con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
i nostri insegnanti sono una risorsa per tutto il Paese, senza distinzioni geografiche;
fare le graduatorie in base all'appartenenza territoriale e non in base al merito e' una forma di discriminazione e una palese violazione del principio costituzionale di uguaglianza come già sottolineato a febbraio dalla sentenza della Consulta che ha dichiarato illegittimo l'inserimento in coda nelle graduatorie dei supplenti dei precari di altre regioni, perché in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione;
la norma risulta in palese violazione dei principi di eguaglianza tutelati dalla Carta costituzionale e soprattutto va in senso opposto al principio di meritocrazia,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma in questione, al fine di una sua eventuale modifica.
9/4357-A/101. Lusetti, Capitanio Santolini.

La Camera,
premesso che:
il valore della produzione al netto dei consumi intermedi del settore primario è aumentato in termini reali del 2,3 per cento rispetto al trimestre precedente;
nonostante ciò, resta il divario con gli altri Paesi dell'Unione europea e la preoccupazione per un peggioramento del rapporto tra costi e prezzi di vendita;
il valore della produzione agricola, il valore aggiunto di settore ed il reddito per addetto hanno una dinamica, che per l'Italia è sistematicamente peggiore di quella riscontrata nella media comunitaria e nei principali Paesi protagonisti dell'agricoltura europea;
e se il reddito degli agricoltori europei mediamente è cresciuto dell'11 per cento in cinque anni (dal 2005 al 2010), quello degli agricoltori italiani, in controtendenza, si è costantemente deteriorato, diminuendo di oltre il 16 per cento;
il Governo fino ad oggi non è venuto incontro alle esigenze degli agricoltori;
mancano misure adeguate, coraggiose e mirate nei confronti di un'agricoltura che sta vivendo uno dei momenti più difficili della sua storia recente,

impegna il Governo

ad adottare urgenti provvedimenti di tipo legislativo in grado di individuare le risorse necessarie al fine di ridare slancio e vigore all'azione e all'impegno degli imprenditori agricoli.
9/4357-A/102. Delfino.

La Camera,
premesso che:
tra i dati più preoccupanti che emergono dalle statistiche sull'occupazione in Italia figurano quelli relativi alla situazione dei giovani;
sono troppo numerose le persone che si trovano ad affrontare con un basso titolo di studio le trasformazioni di un mercato del lavoro chiamato ad essere sempre più competitivo ed esposto a turbolenze dalle dimensioni oramai globali;
la strada maestra, in linea con gli obiettivi della Strategia Europea 2020, è quella di un massiccio investimento per adeguare a standard di qualità più elevati il sistema di istruzione e formazione, in particolare rilanciando e sostenendo la formazione professionale;
il decreto legislativo 276/2003 prevede tre tipologie di apprendistato, quello per l'assolvimento dell'obbligo formativo dei minori, l'apprendistato di alta formazione e quello cosiddetto «professionalizzante», tutti strumenti volti al conseguimento di una qualificazione contrattuale accompagnata da formazione sul campo;
il rilancio del contratto di apprendistato è centrale per il rafforzamento del rapporto tra mercato del lavoro e sistema dell'istruzione e della formazione e un maggiore e più corretto uso di tale tipologia contrattuale appare fondamentale per garantire a centinaia di migliaia di giovani un percorso di formazione e stabilizzazione professionale e per promuovere il miglioramento della produttività e della qualità del lavoro nel nostro Paese;
ad oggi, la contribuzione dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani è stabilita dalla Finanziaria 2007 nella misura del 10 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali; per i datori di lavoro che occupano alle dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove la predetta complessiva aliquota del 10 per cento a carico dei medesimi datori di lavoro è ridotta in ragione dell'anno di vigenza del contratto e limitatamente ai soli contratti di apprendistato di 8,5 punti percentuali per i periodi contributivi maturati nel primo anno di contratto e di 7 punti percentuali per i periodi contributivi maturati nel secondo anno di contratto;
appare estremamente utile una misura di incentivazione relativa al contratto di apprendistato, valida per tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre un credito d'imposta ovvero misure di riduzione della contribuzione previdenziale dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti, al fine di valorizzare un importante strumento di raccordo tra i giovani lavoratori e le imprese, contribuendo, in tal modo, al miglioramento complessivo del nostro mercato del lavoro.
9/4357-A/103. Ria, Poli.

La Camera,
premesso che:
l'età media degli agricoltori italiani continua a crescere;
infatti, se nel 2005 per ogni giovane agricoltore con meno di 35 anni ce n'erano 11 che avevano più di 65 anni, nel 2007 l'agricoltura ha continuato ad invecchiare con un rapporto di 13 ultrasessantacinquenni per ogni giovane imprenditore, continuando con questo andamento l'indice sarà dello 0,3 fra soli 9 anni;
le molte nuove sfide che ci attendono rendono ancor più necessaria la presenza di una nuova generazione di imprenditori. Purtroppo, però, il 2007 ha portato alla luce cifre allarmanti riguardo alle zone rurali in tutto il mondo. Per la prima volta nella storia, gli abitanti delle zone urbane sono in numero maggiore rispetto a quelli delle campagne;
considerato che è fondamentale riconoscere il ricambio generazionale una priorità è mettere in atto tutte le misure necessarie per incoraggiare la nascita di nuove imprese, rafforzando quelle esistenti con misure nazionali e comunitarie perché sono proprio le imprese gestite da giovani quelle che hanno maggiori prospettive di medio lungo termine e più necessità di un quadro legislativo stabile con politiche mirate di ampio respiro,

impegna il Governo

a mettere in atto misure di sostegno per i giovani imprenditori al fine di sostenere il ricambio generazionale in un settore come quello agricolo anche attraverso l'incremento delle risorse del fondo di cui all'articolo 1, comma 1068, della legge 27 dicembre 2006, n. 196, di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2011 al 2013.
9/4357-A/104. Mondello, Delfino.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame all'articolo 9, commi 3-16, prevede l'istituzione della Fondazione per il merito per la realizzazione degli obiettivi di interesse pubblico del Fondo per il merito di cui all'articolo 4 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, nonché per promuovere la cultura del merito e la qualità degli apprendimenti del sistema scolastico e universitario;
tuttavia, le modalità di regolamentazione e gestione del fondo per il merito sono state definite dal Parlamento con legge da pochi mesi e non sembra possibile che sia messa in discussione con un decreto-legge dal Governo senza che siano esplicitati i motivi che non hanno consentito di attuare il dettato normativo;
inoltre, la soluzione di procedere attraverso una fondazione ovvero con un soggetto privato nemmeno indipendente che opera sotto la stretta direzione dei due Ministeri non appare opportuna e rievoca la proposta contenuta nel Disegno di legge originario di riforma dell'università e bocciata dal Parlamento di affidare la gestione alla CONSAP S.p.a.,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, anche attraverso provvedimenti di tipo legislativo, a mantenere l'impianto della legge 240 e di utilizzare le risorse individuate dal Governo per far partire il fondo di cui all'articolo 4, comma 1, della legge 31 dicembre 2010, n. 240.
9/4357-A/105. Capitanio Santolini.

La Camera,
premesso che:
durante il mese di maggio è fisiologico un aumento dei prezzi della frutta fresca sui banchi di vendita, perché cambia la tipologia dei prodotti, arriva quella estiva con quotazioni iniziali più alte ed è, purtroppo, altrettanto fisiologico che di questi incrementi non si avvantaggiano i produttori;
a maggio i prezzi al consumo dei beni alimentari hanno ripreso a crescere (+0,7 per cento rispetto ad aprile), con un sensibile aumento congiunturale per la frutta fresca (+6,9 per cento). Ma, nello stesso periodo, i prezzi all'origine hanno continuato a diminuire, registrando, in base ai dati Ismea, un -0,5 per cento che segue al -3,3 per cento di aprile; in particolare a maggio i prezzi ai produttori della frutta sono calati del 7,1 per cento;
i ricavi delle imprese agricole da diversi anni sono compressi tra costi di produzione in aumento e prezzi all'origine non remunerativi e caratterizzati da forte volatilità;
tale situazione di volatilità si sta facendo sentire fortemente nel corrente mese di giugno;
a seguito dell'allarme E.Coli in Germania tutto il mercato dell'ortofrutta è stato inoltre completamente paralizzato con cali generalizzati degli ordinativi aggravando ulteriormente i conti delle aziende ortofrutticole,

impegna il Governo

a un piano di interventi dettagliato e mirato al fine di rilanciare e promuovere la competitività dell'agroalimentare nazionale, promuovere inoltre misure per assicurare maggiore liquidità alle imprese agricole e tutelarne il reddito.
9/4357-A/106. Cera.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame si propone di rilanciare l'economia puntando anche sul mercato del lavoro e sul problema occupazionale; il miglioramento del livello di occupazione dei diversamente abili costituisce un valore aggiunto per l'intera società ed in più provvedimenti è stata evidenziata la necessità di agevolarne l'inserimento lavorativo;
i datori di lavoro, pubblici e privati, possono essere autorizzati, su loro motivata richiesta, ad assumere in un'unità produttiva un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento obbligatorio superiore a quello prescritto, portando le eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori assunti in altre unità produttive della medesima regione (articolo 5, comma 8, Legge n. 68/1999);
l'istituto della compensazione territoriale ad oggi costituisce un inutile appesantimento burocratico che impedisce alle aziende plurilocalizzate o che sono parte di un gruppo, di poter assumere i lavoratori diversamente abili nelle sedi o nelle imprese ove questo è più semplice;
le imprese sono vincolate al rispetto di una complessa ed onerosa procedura che impone, pur essendo l'obbligo individuato dalla legge a livello nazionale, di distribuire sul territorio le assunzioni secondo regole e percentuali predeterminate, incoerenti con le esigenze sia delle imprese sia dei lavoratori disabili;
le aziende, di conseguenza, nell'impossibilità di assumere a causa di queste regole, devono ricorrere a onerosi strumenti alternativi (convenzioni o esoneri parziali); i lavoratori, si vedono in sostanza negato il diritto ad un effettivo inserimento nel mondo del lavoro,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di semplificare la normativa in tema di collocamento obbligatorio al fine di una sua migliore applicazione, senza introdurre alcun onere a carico del bilancio pubblico ed in linea con gli interessi dei lavoratori disabili, in vista di una loro migliore e maggiore occupabilità.
9/4357-A/107. Binetti, De Poli, Nunzio Francesco Testa, Delfino.

La Camera,
premesso che:
il decreto conteneva in origine disposizioni, in seguito stralciate, volte a definire la problematica relativa alle concessioni demaniali, che introducevano un diritto di superficie ventennale sulle aree inedificate formate da arenili, con esclusione delle spiagge e delle scogliere;
la norma precisava che le concessioni demaniali vigenti sarebbero rimaste valide sino alla loro scadenza e solo dopo si sarebbe proceduto all'attribuzione dei diritti di superficie sui beni edificati per effetto delle concessioni vigenti nel rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento;
la materia in oggetto ha subito nel corso degli anni una stratificazione legislativa che ha lasciato inalterate le problematiche principali mentre sarebbe stato necessario affrontarla in modo organico e nel rispetto delle normative comunitarie a riguardo in maniera tale da garantire continuità nella gestione delle spiagge anche dopo la scadenza del 2015;
alla luce dello stralcio, pertanto, resta immutata la situazione e con essa i problemi e le difficoltà più volte denunciate dai diretti interessati: resta ancora aperta la procedura di infrazione e la successiva lettera di mora complementare inviata dalla Commissione europea e soprattutto resta incerto il futuro degli operatori del settore che in questi anni hanno effettuato investimenti onerosi e dato un valore commerciale alle loro concessioni;
occorre prevedere un nuovo sistema di norme che tuteli le piccole e medie imprese che operano nel settore anche in ossequio alla direttiva del Presidente del Consiglio del 4 maggio 2010 di attuazione della comunicazione della Commissione europea del 25 giugno 2008 COM(2008)394 (Small Business Act),

impegna il Governo

nelle more della chiusura della procedura di infrazione europea, contenuta nella legge comunitaria che prossimamente sarà discussa in quest'Aula, ad aprire subito un tavolo di concertazione con le regioni e con le associazioni di settore al fine di definire una regolamentazione, d'intesa con l'Europa, che tuteli soprattutto le piccole imprese familiari impegnate da anni in un settore tra i più strategici per il nostro turismo, riconoscendo loro almeno la compensazione degli investimenti effettuati fino ad oggi.
9/4357-A/108. Scanderebech, Ciccanti, Mereu.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame si propone di rilanciare l'economia puntando, tra le altre cose, sul mercato del lavoro, sul problema occupazionale, sull'inserimento delle donne e su aiuti ai giovani per agevolare il loro ingresso nel mondo del lavoro;
la contribuzione dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani, ad oggi, è stabilita dalla Finanziaria 2007 nella misura del 10 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, misura ancora elevata che purtroppo non incentiva il ricorso ad un contratto istituito proprio per garantire formazione e professionalità per i giovani;
nell'ambito di una generale manovra di rilancio dell'economia e dell'occupazione, soprattutto giovanile, una misura di incentivazione sull'apprendistato costituirebbe un vantaggio per tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di inserire nella prossima manovra finanziaria efficaci investimenti in risorse in grado di garantire un percorso tecnico e professionale, attraverso l'apprendistato che dia la possibilità ai giovani di raggiungere elevati livelli di competenza non esclusivamente accademica.
9/4357-A/109. Poli, Ruggeri.

La Camera,
premesso che:
che l'articolo 10, comma 6, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, stabilisce che le nuove disposizioni di cui al comma 4 non si applicano agli impianti solari fotovoltaici per i quali sia stata presentata richiesta per il conseguimento del titolo (leggi autorizzazione) entro il 1o gennaio 2011;
che, pertanto il legislatore delegato ha previsto possa ritenersi derogato dalla nuova normativa chiunque abbia «richiesto», quindi abbia fatto istanza prima del 1o gennaio 2011 per la richiesta di un'autorizzazione per l'installazione di un impianto solare fotovoltaico;
che la Regione Abruzzo, con delibera della Giunta Regione n. 244 del 22 marzo 2010 (quindi con anticipo di un anno rispetto al legislatore nazionale) ha previsto una procedura semplificata detta «Autorizzazione Unica Generale» (AUG) rispetto a quella ordinaria di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 387/2003, con la quale si imputa in capo all'impresa la definizione dell'intera procedura di acquisizione dei pareri di rito diversamente acquisiti dalla Conferenza dei Servizi nella procedura ordinaria;
considerato:
che la innovativa legislazione delegata di cui all'articolo 10, comma 6, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 per via di una impropria invocata gerarchia delle fonti di produzione normativa potrebbe essere interpretata come interferente, se non pregiudizievole nei confronti della procedura semplificata adottata dalla Regione Abruzzo con la richiamata DGR 244/2010;
che tale incertezza interpretativa pregiudica tutte quelle iniziative imprenditoriali volte all'installazione dei pannelli fotovoltaici nella regione Abruzzo, quindi anche nell'area del «cratere» de l'Aquila, che gode dei benefici previgenti rispetto all'innovata legislazione, avendo adottato la procedura semplificata che prevede l'acquisizione dei pareri da parte di tutti gli enti interessati in via preventiva;
tenuto conto:
che le finalità della normativa innovativa di cui al decreto legislativo 28/2011 sono concernenti la limitazione dei benefici di sostegno alla produzione di energia da fonti alternative e non già la ridefinizione delle procedure per l'ottenimento delle autorizzazioni;
che tali procedure di autorizzazione rimangono in capo alle singole regioni che le definiscono nell'ambito dei principi stabiliti dalle leggi statali;
che l'espressione usata dal legislatore delegato nell'articolo 10, comma 6, laddove deroga dai limiti all'accesso agli incentivi statali gli impianti fotovoltaici per i quali sia stata avanzata «...richiesta...» per il conseguimento del titolo entro il 1o gennaio 2011, non può essere intesa in via esclusiva rispetto ad altre iniziative procedurali che si trovavano in una fase procedimentale ben più avanzata con la procedura semplificata dell'Autorizzazione Unica Generale (AUG) prevista dalla Regione Abruzzo DGR 244/2010;
che, pertanto, la parola «richiesta» non può che assorbire qualunque iniziativa ben più incisiva nei confronti della Pubblica Amministrazione che sia stata promossa dalle imprese con documentate richieste o acquisizioni di pareri, precedentemente alla data del 1o gennaio 2011,

impegna il Governo

1) ad assumere immediate ed idonee iniziative con la Regione Abruzzo per valutare e definire sul piano giuridico le competenze procedurali inerenti la validità del rilascio delle autorizzazioni con la procedura semplificata dell'Autorizzazione Unica Generale di cui alla DGR 244/2010, tenendo conto non solo dell'articolo 6 del decreto-legge in esame, ma anche le iniziative legislative assunte dal Governo in riforma dell'articolo 41 della Costituzione;
2) ad ancorare nei termini più opportuni gli effetti sostanziali relativi al momento della richiesta di conseguimento del titolo all'atto della richiesta dei pareri prodromici all'Autorizzazione Unica Generale (AUG), nel quadro del dispositivo sopravvenuto dell'articolo 10 comma 6 rispetto al DGR Abruzzo 244/2010.
9/4357-A/110. Ciccanti, Mantini.

La Camera,
premesso che:
nonostante il provvedimento contenga misure correttive delle procedure esecutive attivate dal concessionario della riscossione, il perdurare della crisi mantiene inalterate le difficoltà dei contribuenti, semplici cittadini o imprese, a fare fronte ai pagamenti dovuti per tributi non versati;
le conseguenze di tutto ciò sono la chiusura delle piccole e medie imprese, la disperazione delle famiglie che già versano in condizioni di difficoltà e una grave perdita dell'occupazione;
si tratta di una emergenza sociale che sta producendo malcontento e disaffezione dei cittadini nei confronti delle istituzioni e che avrà gravi ripercussioni sull'occupazione e sui redditi delle famiglie, con conseguenze disastrose per l'economia locale,

impegna il Governo

a valutare attentamente la possibilità di inserire nella prossima manovra economica una congrua moratoria per gli importi dovuti a Equitalia dalle imprese e famiglie con obiettive difficoltà economiche dovute alla crisi congiunturale, in regola con le dichiarazioni dei redditi tramite i modelli F24, DM10, 730, 740 e altri a dimostrazione che non si tratta di difendere degli evasori, ma di aiutare cittadini e imprenditori in momentanea difficoltà congiunturale.
9/4357-A/111. Libè, Mereu, De Poli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento contiene alcune modifiche importanti nel sistema della riscossione e tra questi viene disposta, a partire dal prossimo 1o gennaio, la cessazione da parte dell'agente nazionale della riscossione, dell'attività di accertamento, riscossione e liquidazione dei tributi per conto di sindaci e presidenti di provincia che potranno svolgere direttamente tale attività oppure affidarla a società interamente pubbliche tramite gara;
tale innovazione comporta alcune criticità: la prima è quella relativa alla mancanza di una disciplina transitoria per i ruoli già emessi e che non sono stati ancora incassati e per quelli che verranno emessi fino alla cessazione del servizio; l'altra riguarda la mancanza di professionalità adeguate all'interno dei comuni in grado di svolgere tale attività e quindi la necessità per le amministrazioni di dover bandire gare in tempi rapidi,

impegna il Governo

ad individuare soluzioni volte a sanare le criticità di cui in premessa entro tempi congrui.
9/4357-A/112. Mereu, Libè, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 istituisce un credito d'imposta, per gli anni 2011 e 2012, in favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca;
tale credito compete nella misura del 90 per cento della spesa incrementale di investimento, rispetto alla media di investimenti in ricerca effettuati nel triennio 2008-2010, assorbendo il credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo previsto dall'articolo 1, comma 25, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, soppresso dal comma 4 dell'articolo in esame;
questa misura rischia di essere inadeguata per indurre cambiamenti duraturi nelle strutture produttive se il beneficio cade su una durata non di lungo periodo, come è quella biennale prevista dall'articolo 1 del decreto legge in esame,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere il limite temporale di applicazione della misura prevista, al fine di incentivare l'investimento per la ricerca scientifica a lungo termine, nonché concedere alle imprese la possibilità di investire in veri e propri programmi di ricerca.
9/4357-A/113. Enzo Carra.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 istituisce un credito d'imposta per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato nelle regioni del Mezzogiorno nei dodici mesi successivi all'entrata in vigore del decreto in esame;
questa misura agevolativa è concessa ai datori di lavoro che nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia) assumono a tempo indeterminato lavoratori «svantaggiati» o «molto svantaggiati», aumentando il numero di dipendenti;
tale beneficio è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le norme generali in materia di compensazione dei crediti tributari dettata dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro tre anni dalla data di assunzione;
il credito di imposta per le nuove assunzioni nel Mezzogiorno può essere considerato una misura idonea ad elevare il tasso di occupazione, soprattutto giovanile e femminile, sul territorio;
sulla base di studi relativi agli effetti di questa misura agevolativa, si è dimostrato tuttavia che, se il beneficio cade su una durata non di lungo periodo, come è quella triennale, rischia di essere inadeguato per indurre cambiamenti duraturi nelle strutture produttive,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere il limite temporale di applicazione del beneficio previsto, dal momento che con un orizzonte temporale di tre anni la domanda di lavoro resterebbe rigida e l'effetto dell'incentivo sull'occupazione modesto.
9/4357-A/114. Occhiuto, Ruggeri, Ria, Tassone, Nunzio Francesco Testa.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, comma 6, elenca le disposizioni agevolative e di semplificazione che si applicano ai Distretti;
in particolare, la lettera a) del medesimo comma prevede che alle imprese dei Distretti costituite in rete si applicano le disposizioni agevolative in materia amministrativa, finanziaria, per la ricerca e lo sviluppo di cui all'articolo 1, comma 368, lettere b), c) e d) della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Legge finanziaria 2006), mentre a quelle non costituite in rete si applicano solo le disposizioni agevolative in materia fiscale di cui all'articolo 1, comma 368, lettera a), della citata legge;
secondo tali disposizioni, pertanto, le agevolazioni fiscali sono concesse a tutto il Distretto turistico, mentre le agevolazioni amministrative e finanziarie possono essere fruite esclusivamente dalle imprese che, all'interno del Distretto turistico, creano un Contratto di rete a norma dell'articolo 42 della legge n. 122 del 2010;
in questo modo si formano due livelli di aggregazioni: uno macro (il Distretto) ed uno micro (il Contratto di Rete) che usufruiscono di agevolazioni differenti, creando confusione e incoerenza nella norma;
le agevolazioni amministrative e finanziarie sono già previste dalla legge n. 266 del 2005 come agevolazioni per i Distretti Produttivi (fra i quali rientra anche il Distretto turistico), pertanto è inopportuno prevedere una riduzione ad un micro aggregato di una norma destinata per legge all'aggregato più grande, considerando anche il fatto che tali agevolazioni non comportano nuove spese,

impegna il Governo

ad estendere le agevolazioni amministrative e per la ricerca e lo sviluppo, già previste dall'articolo 3, comma 6, per le sole reti di imprese del Distretto turistico, anche quelle del Distretto non costituite in rete.
9/4357-A/115. Anna Teresa Formisano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7, comma 2, lettera o), modificano le disposizioni di cui all'articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010, che hanno introdotto l'obbligo di comunicazione telematica all'Amministrazione finanziaria delle operazioni rilevanti ai fini IVA di importo non inferiore a 3.000 euro (cd. Spesometro);
con questa norma si escludono da tale obbligo le operazioni rilevanti ai fini IVA eseguite nei confronti dei consumatori finali il cui pagamento avviene mediante carte di credito, di debito o prepagate, emesse da operatori finanziari obbligati alla comunicazione dei rapporti e delle operazioni con la clientela all'Anagrafe tributaria;
lo scopo della norma risiede nella necessità di limitare il numero di adempimenti in capo agli esercenti, alla luce dei giusti principi dello «Statuto del contribuente» e, più in generale, nel quadro condiviso di un sistema di relazioni tra cittadino ed Amministrazione finanziaria improntato ad una sempre maggiore semplificazione, anche attraverso il più opportuno ricorso alle tecnologie ed agli archivi informatici già esistenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ampliare l'ambito operativo della norma anche agli assegni e bonifici bancari, anche al fine di incrementare la compliance tra contribuenti ed Amministrazione finanziaria per un fisco equo ed efficiente.
9/4357-A/116. Ruggeri, Poli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 8, comma 5, lettera d), stabilisce nuove modalità di calcolo del tasso d'interesse, applicato ai finanziamenti, rilevante ai fini dell'applicazione della disciplina in materia di usura;
tale disposizione, modificando l'articolo 2, comma 4 della legge sull'usura (legge 7 marzo 1996, n. 108), prevede che il limite oltre il quale l'interesse è considerato usurario scatti ove il tasso superi il tasso medio risultante dalla rilevazione, ma aumentato di un quarto in luogo del 50 per cento. A tale ammontare è inoltre aggiunto un margine di ulteriori quattro punti percentuali ed è altresì stabilito che la differenza tra il limite e il tasso medio non possa essere superiore a otto punti percentuali;
nella formulazione originaria dell'articolo 2 della citata legge n. 108 del 1996, la soglia oltre la quale l'interesse era da considerarsi «usurario» corrispondeva al tasso medio, risultante dall'ultima rilevazione pubblicata in Gazzetta Ufficiale relativamente a ciascuna categoria di crediti, aumentato della metà;
le modifiche apportate dal decreto legge in esame, oltre ad aumentare notevolmente i margini di azione degli istituti di credito e degli intermediari abilitati, rischiano di dare luogo ad un aumento generalizzato dei tassi di interesse, creando particolari svantaggi ai cittadini e alle piccole e medie imprese, in una fase economica che vede già da diverso tempo un incremento più che proporzionale degli spread applicati ai finanziamenti,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti delle disposizioni introdotte e ad apportare eventuali modifiche alle nuove modalità di calcolo del tasso di usura, qualora si dimostrassero eccessivamente svantaggiose per i cittadini e le piccole e medie imprese, valutando altresì ulteriori interventi per facilitare la concessione di finanziamenti da parte degli istituti di credito.
9/4357-A/117. Calgaro, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
sono oltre quarantamila i piccoli azionisti e obbligazionisti Alitalia, molti dei quali dipendenti della compagnia aerea che percepivano le proprie retribuzioni sotto forma di quote in azioni, divenuti quindi azionisti, obbligazionisti o warrantisti non per libera scelta ma per una sostanziale imposizione del management societario;
l'articolo 7-octies della legge 9 aprile 2009, n. 33 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi», prevede per i titolari del prestito obbligazionario «Alitalia 7,5 per cento 2002-2010 convertibile», emesso dalla società Alitalia-Linee aeree italiane SpA, la possibilità di cedere al Ministero dell'economia e delle finanze, i propri titoli in cambio di titoli di Stato di nuova emissione con scadenza 31 dicembre 2012 e con taglio minimo di 1.000 euro, vincolando il tutto all'osservanza delle condizioni e modalità specificate;
in data 2 aprile 2009, il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/2187-Al89 nell'ambito della conversione del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, nel quale si chiedeva un impegno ad adottare ogni utile strumento volto a tutelare le decine di migliaia di incolpevoli cittadini che nel passato hanno acquistato le azioni Alitalia, investendo, a volte, i risparmi di una vita e che hanno diritto di sapere quale sarà la sorte dei loro titoli;
la liquidazione della vecchia società Alitalia si sta per chiudere in bonis, come risulta dalla relazione finale sulla esecuzione del programma presentata il 13 gennaio 2011 dal commissario straordinario professor avvocato Fantozzi insieme al Ministro per lo sviluppo economico Romani;
il rilancio della nuova Alitalia sta procedendo con risultati positivi, come evidenziato dal presidente Colaninno e certificato dal progetto di bilancio per il 2010 approvato dal Consiglio di amministrazione del 25 febbraio 2011,

impegna il Governo

a dare concreta ed immediata attuazione agli impegni assunti in merito al rimborso degli azionisti e obbligazionisti della vecchia società Alitalia.
9/4357-A/118. Compagnon.

La Camera,
premesso che:
il maxiemendamento del Governo alla versione del decreto sviluppo licenziata dalle commissioni Finanze e Bilancio della Camera cancella le norme che consentono l'inserimento nelle graduatorie a esaurimento dei docenti in possesso di laurea abilitante in scienza della formazione e dei docenti abilitati e abilitandi in strumento musicale e didattica della musica, approvate peraltro con largo consenso di maggioranza e opposizione in Commissione Bilancio;
sono 20.000 i giovani che hanno frequentato dal 2008 i corsi abilitanti promossi dallo Stato in Scienze della Formazione primaria, in Strumento musicale e in Didattica della musica, ai quali però non è concesso l'inserimento nelle graduatorie dalle quali si attinge per assegnare le supplenze annuali e, soprattutto, per entrare di ruolo, un atteggiamento questo irragionevole soprattutto alla luce del fatto che il Governo, in questi tre anni, si è prodigato nel tagliare ben 87 mila posti senza definire le nuove modalità per il reclutamento,

impegna il Governo

ad aprire con urgenza un tavolo di confronto sulla questione che è l'ennesima manifestazione della totale responsabilità di «produrre precariato» invece che contrastarlo.
9/4357-A/119. Tassone, Capitanio Santolini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 10, comma 16, prevede che l'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua è organo collegiale costituito da tre componenti, di cui uno con funzioni di Presidente, nominati con decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, che dei tre componenti due vengano proposti dal Ministro dell'ambiente e uno dalla Conferenza Stato-Regioni e che trattasi di un settore di diretto interesse anche degli enti locali,

impegna il Governo

a interpretare tale previsione nel senso di prevedere, con un altro provvedimento, che il componente debba essere designato su proposta della Conferenza Unificata.
9/4357-A/120. Bosi, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
con il provvedimento in esame si è inteso accelerare le procedure di aggiudicazione e di realizzazione di opere pubbliche e interventi infrastrutturali;
nel caso di contratti riguardanti la progettazione e la costruzione di opere finalizzate all'allestimento di manifestazioni ed eventi di particolare interesse nazionale, come nel caso di EXPO 2015, è possibile ricorrere ad una speciale procedura volta a garantire, nel rispetto del piano tecnico, economico, organizzativo dell'opera e della manifestazione, la migliore qualità del progetto di architettura unitamente al rapido espletamento della procedura di aggiudicazione, ai sensi degli articoli 61, 53 comma 2, n. 109 comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163;
a tal fine le stazioni appaltanti, previa adeguata motivazione, possono procedere all'espletamento di una procedura articolata in due gradi, il primo avente per oggetto la selezione del progetto di architettura, di livello di elaborazione pari a quello di un progetto preliminare, analogamente a quanto disposto all'articolo 109, comma 2, il secondo avente ad oggetto il progetto definitivo ed il prezzo, analogamente a quanto disposto all'articolo 53, comma 2, paragrafo c). Il bando indica i requisiti di capacità tecnica ed economica che devono essere posseduti dai progettisti e dagli operatori economici riuniti per la partecipazione alla gara;
il secondo grado si svolge tra i soggetti individuati attraverso la valutazione di progetti presentati al primo grado e selezionati senza la formazione di graduatorie di merito o assegnazione di premi. La selezione dei progetti avviene sulla base dei criteri di aggiudicazione indicati nel bando e nel documento preliminare della progettazione posto a base della gara;
in ragione della particolare complessità e del valore rappresentativo dell'opera da realizzare, indipendentemente dal valore economico della stessa, le stazioni appaltanti possono limitare il numero dei candidati idonei da invitare al secondo grado della gara, garantendo in ogni caso un numero sufficiente ad assicurare un'effettiva concorrenza,

impegna il Governo

ad assumere le misure idonee affinché il modello procedurale innanzi indicato possa essere utilizzato per le opere di EXPO 2015, nel rispetto dell'efficienza, della qualità e della concorrenza.
9/4357-A/121. Mantini.

La Camera,
premesso che:
il decreto interministeriale denominato 4o Conto Energia firmato a maggio dai Ministri Romani e Prestigiacomo presenta alcuni punti che risultano poco chiari soprattutto per quello che riguarda il premio incentivante del 10 per cento per gli impianti che utilizzano componenti di provenienza europea. Nell'articolo 14 comma (premi per specifiche tipologie e applicazioni di impianti fotovoltaici) viene citata al comma 1 punto d) come premiante la provenienza Europei del modulo FV oggetto dell'incentivo alla produzione. In particolare il comma recita testualmente: «la componente incentivante della tariffa individuata sulla base dell'allegato 5 è incrementata con le modalità di cui all'articolo 12, comma 3 e con arrotondamento commerciale alla terza cifra decimale del 10 per cento per impianti il cui costo di investimento di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b) per quanto riguarda i componenti diversi dal lavoro sia per non meno del 60 per cento riconducibile ad una produzione realizzata all'interno della Unione Europea». L'intento del legislatore sembra essere quello di premiare con un 10 per cento aggiuntivo di tariffa incentivante gli impianti realizzati con componenti a prevalenza europea. In un campo fotovoltaico in cui i moduli coprono per oltre il 60 per cento il valore dell'opera, questo obiettivo è raggiungibile solo e soltanto se i moduli fotovoltaici stessi sono realizzati nei paesi dell'Unione. Questo punto però non è chiaro a sufficienza in quanto non è stabilito se il modulo debba essere assemblato in Unione europea e/o se le sue parti devono altresì essere state prodotte nei paesi della Unione europea. Infatti un modulo assemblato in Europa viene prodotto adottando componenti prodotti in diverse parti dei mondo molte delle quali all'esterno della Unione Europea. Le celle fotovoltaiche sono le principali componenti cui prestare attenzione essendo queste ultime prodotte in quantità enormi in paesi come Repubblica di Taiwan, Cina, Malesia, India e solo in quantità minori in contesti Europei. Gli altri materiali come vetro e cornici di alluminio sono anch'essi prodotti spesso al di fuori della Unione Europea,

impegna il Governo

a fare chiarezza e fugare ogni dubbio circa la provenienza della materia prima usata per realizzare i moduli: questi dovrebbero essere assemblati e collaudati in Europa, ma il costruttore dovrebbe essere lasciato libero di scegliere la provenienza delle materie prime per realizzarli, celle
fotovoltaiche incluse;
a definire, dato che non si sa ancora cosa è Made in EU o meno, che succederà se tra sei mesi un componente ritenuto Made in EU non lo sarà più in seguito a successivi chiarimenti intervenuti.
9/4357-A/122. Pugliese, Fallica, Grimaldi, Terranova, Iapicca, Stagno d'Alcontres.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge sullo sviluppo è il primo di una serie di provvedimenti presentato nell'ambito del semestre europeo e contiene disposizioni che costituiscono un reale motore di sviluppo senza aumento della spesa pubblica;
il provvedimento in esame si caratterizza per essere incentrato su tre grandi linee d'intervento strategico: la promozione dello sviluppo economico e della competitività del Paese; l'introduzione di misure per il rilancio dell'economia nelle aree del Mezzogiorno e il rispetto degli impegni assunti in sede europea;
in particolare, a tal proposito, occorre intervenire nell'ottica della semplificazione degli adempimenti burocratici a carico dei cittadini e delle imprese e favorire attraverso l'avvicinamento dei ministeri alle varie realtà del Paese, nella logica che il provvedimento in esame chiede di sviluppare, una sempre maggiore integrazione delle diverse realtà territoriali con le istituzioni;
allo stesso scopo appare necessario perseguire anche con futuri interventi normativi quelle finalità di promozione dello sviluppo economico e della semplificazione dei procedimenti nonché di promozione di sinergie tra le istituzioni e le imprese che caratterizza il decreto in esame,

impegna il Governo

nel pieno rispetto dell'articolo 114 della Costituzione e del principio della complessiva intangibilità delle funzioni di Governo e della unicità della sede in cui le stesse funzioni devono svolgersi, a dare facoltà di istituire nell'ambito dell'autonomia di ciascun ministero sedi di rappresentanza operative individuate secondo principi di economicità e senza che derivino maggiori oneri a carico dello Stato.
9/4357-A/123.Cicchitto, Reguzzoni, Corsaro, Luciano Dussin, Sardelli, Moffa.

La Camera,
premesso che:
la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione all'amianto richiede un adeguamento della attuale legge sull'amianto, in modo da rendere pienamente esigibile anche l'applicazione dell'articolo 32 della Costituzione Italiana nella parte che dice: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»;
ancor'oggi l'amianto, il killer silenzioso, rappresenta una vera emergenza, umana, ambientale e sanitaria. L' amianto è presente nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli edifici pubblici, sui tetti e nei capannoni industriali, nelle nostre case ed in circa tremila prodotti di uso corrente, con effetti devastanti come dimostrano le oltre 4.000 persone che muoiono ogni anno a causa di questo cancerogeno;
a tal proposito è necessario che si individuino i criteri che riconoscono benefici ai lavoratori presenti nelle regioni in cui si registrano i più elevati tassi di mortalità per l'esposizione all'amianto, individuazione di ditte cessate o nascoste che abbiano avuto processi lavorativi connessi all'amianto, redazione e diffusione di un opuscolo informativo che illustri ai lavoratori esposti o ex esposti all'amianto i diritti e i benefici connessi all'esposizione; eliminazione di ogni termine previsto dalla legislazione vigente per la presentazione delle domande dirette a richiedere il riconoscimento dei benefici; riconoscimento della validità delle certificazioni INAIL rilasciate ai lavoratori in base alla legislazione vigente,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di rivedere i criteri direttivi della corresponsione e del riconoscimento dei benefici in favore dei lavoratori esposti all'amianto e dei lavoratori ex esposti secondo i principi esposti in premessa e di incrementare il Fondo per le vittime dell'amianto.
9/4357-A/124.Gianni, Moffa.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame dispone interventi per la riqualificazione di aree urbane degradate;
infatti prevede che le regioni approvino, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto, proprie leggi al fine di incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio nonché per la riqualificazione delle aree urbane degradate in cui siano presenti «funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare», tenendo conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare un provvedimento volto a sostenere gli impianti fotovoltaici realizzati nell'ambito di piattaforme logistiche ubicate nei territori di cui alla Carta degli aiuti di Stato 2007-2013, che risultano inserite nelle programmazioni delle «Linee politiche del Piano nazionale della logistica» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e che abbiano sottoscritto accordi di programma tra Stato ed enti locali per la loro realizzazione, trova applicazione il decreto ministeriale 6 agosto 2010.
9/4357-A/125.Moffa, Gianni.

La Camera,
premesso che:
i siti d'interesse nazionale sono aree del territorio nazionale definite in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, all'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico e di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali;
è necessario che in tali aree siano favorite le attività industriali, commerciali, artigianali e turistiche nonché di sostenere e promuovere lo sviluppo dell'occupazione e il rilancio socio-economico;
il decreto-legge in esame ha tra le sue norme interventi per la riqualificazione di aree urbane degradate ma non sul rilancio dei siti d'interesse nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire una zona franca produttiva ubicata nei territori dei comuni nei quali siano stati individuati siti contaminati di interesse nazionale.
9/4357-A/126.Milo, Moffa.

La Camera,
considerato che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di lavori pubblici, edilizia privata e gestione del territorio;
le aree dove insistono Parchi nazionali sono perennemente afflitte dal contrasto tra necessità di tutela dei beni ambientali e culturali e diritto dei suoi abitanti allo sviluppo economico;
in particolare l'area del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano (PNCVD), per la sua ampiezza e per i suoi confini assai frastagliati, per la diversità della tipologia di protezione, crea problemi sia agli insediamenti produttivi, sia all'edilizia; la gran parte delle iniziative infatti devono essere preventivamente esaminate dagli organi del Parco;
le aree di tutela dei Parchi risalgono alla data della loro creazione e, per quel che riguarda il PNCVD, ai primi anni '90,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di avviare un'azione di riperimetrazione dei Parchi nazionali, con particolare riguardo al Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, tenendo conto delle nuove esigenze di sviluppo economico.
9/4357-A/127.Mario Pepe (Misto).

La Camera,
premesso che:
l'unità d'Italia oltre ad essere un dato di fatto acquisito e patrimonio generalmente accettato da tutti gli italiani è una risorsa per l'intero Paese soprattutto in un periodo nel quale si tende ad unificare più Stati e la competizione globale, non solo economica, obbliga ad unire le sinergie anziché dividerle;
la recente proposta della Lega Nord di spostare alcuni Ministeri nel territorio del Nord, al di là della natura demagogica dettata dal contingente momento politico, dimostra come il Governo sia sempre più ostaggio delle pretese leghiste che tendono più alla affermazione di politiche localiste e disgregative che alle soluzione sistemiche delle problematiche che attanagliano il nostro paese;
il Mezzogiorno d'Italia oltre a far parte a pieno titolo dell'Italia unita ne rappresenta una risorsa in quanto suscettibile di forte miglioramento con una crescita che coinvolgerebbe tutta la nazione anche grazie alla strategica posizione geografica che garantisce all'Italia una particolare importanza nello scacchiere internazionale;
le esigenze di progettare ed attuare politiche unitarie sull'intero territorio nazionale ben si coordinano con le esigenze di interventi mirati e differenziati dal punto di vista sociale, economico e strutturale;
«se cresce il Mezzogiorno cresce l'Italia» non è uno slogan ma una valida sintesi della necessità di attuare una politica informata ai valori innanzi specificati;
in tale ottica le recenti proposte della Lega, con particolare riguardo, a quella dello spostamento dei Ministeri, lungi dall'essere applicabili ed utili per i cittadini italiani tendono ancora una volta a disgregare la unicità e l'unità della nostra nazione, inserendo nel dibattito politico ed istituzionale concetti e valori non condivisibili né condivisi dalla maggioranza degli italiani,

impegna il Governo

a rigettare la richiesta proveniente dalla Lega Nord di spostamento dei Ministeri al Nord e ad attuare in tempi brevi una concreta politica di rilancio dell'azione di governo tesa a valorizzare il mezzogiorno d'Italia, le sue risorse, migliorando le infrastrutture, applicando politiche economiche volte alla crescita complessiva dell'Italia utilizzando le risorse ambientali e turistiche del Mezzogiorno d'Italia, evitando di adottare posizioni isolazionistiche e disgregative.
9/4357-A/128.Muro.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia, detta disposizioni in materia di gestione delle risorse idriche e di organizzazione del servizio idrico;
l'abrogazione, a seguito del referendum degli scorsi 12 e 13 giugno, dell'articolo 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, come convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e successive modificazioni, ha comportato la decadenza dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 168 che prevedeva:
a) al comma 1, che «gli amministratori, i dirigenti e i responsabili degli uffici o dei servizi dell'ente locale, nonché degli altri organismi che espletano funzioni di stazione appaltante, di regolazione, di indirizzo e di controllo di servizi pubblici locali» non potessero «svolgere incarichi inerenti la gestione dei servizi affidati da parte dei medesimi soggetti», estendendo il divieto a quanti avessero svolto dette funzioni «nei tre anni precedenti il conferimento dell'incarico inerente la gestione dei servizi pubblici locali» e preservando per le società quotate nei mercati regolamentati «la disciplina definita dagli organismi di controllo competenti»;
b) al comma 2, che il divieto di cui al comma 1 operasse anche «nei confronti del coniuge, dei parenti e degli affini entro il quarto grado dei soggetti indicati allo stesso comma, nonché nei confronti di coloro che prestano, o hanno prestato nel triennio precedente, a qualsiasi titolo attività di consulenza o collaborazione in favore degli enti locali o dei soggetti che hanno affidato la gestione del servizio pubblico locale»;
c) al comma 3, che non potessero «essere nominati amministratori di società partecipate da enti locali coloro che nei tre anni precedenti alla nomina hanno ricoperto la carica di amministratore, di cui all'articolo 77 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, negli enti locali che detengono quote di partecipazione al capitale della stessa società»,

impegna il Governo

ad adottare un provvedimento urgente al fine di ripristinare i predetti divieti, indirettamente caduti a seguito delle abrogazioni referendarie, ma non direttamente connesse alla volontà espressa dal corpo elettorale, al fine di scongiurare il rischio che una diversa disciplina dell'affidamento della gestione dei servizi pubblici locali comporti il verificarsi di situazione di conflitto di interesse in capo ai vertici politici delle istituzioni affidanti.
9/4357-A/129.Perina.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9 del Disegno di Legge di Conversione del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 reca disposizioni concernenti la scuola;
la legge n. 10 del 2011 proroga da cinque a nove anni il servizio all'estero del personale docente di ruolo in servizio nelle istituzioni scolastiche italiane all'estero o in servizio in Italia da destinare nelle suddette istituzioni, a partire dall'a.s. 2011/12. Inoltre reca disposizioni per sospendere le procedure di mobilità all'estero del personale docente e ATA in servizio nelle scuole italiane all'estero e nei lettorati di italiano presso le università straniere per gli anni scolastici 2011/12 e 2012/13, disciplinate annualmente dall'articolo 108 del CCNL scuola;
la suddetta legge n. 10 del 2011 rinvia al 31 agosto 2012 la validità delle graduatorie permanenti per la destinazione all'estero in vigore dall'a.s. 2007/8 e le procedure di selezione linguistica per la destinazione all'estero del personale docente e ATA di ruolo, che avrebbero dovuto svolgersi secondo le vigenti norme (articolo 109 e seg. del CCNL scuola) entro il 31 agosto 2009; le decisioni recentemente assunte dall'Amministrazione del MAE, attraverso strumenti di carattere amministrativo secondo le disposizioni della Circolare n. 1 a firma del Direttore Generale della DGSP, modificano le vigenti disposizioni del CCNL scuola non attinenti alle norme contenute nella legge n. 10 del 2011 e in quanto emanate senza tener conto di quanto disposto dall'articolo 150 del vigente CCNL 29 settembre 2007 che prevede esplicitamente che «la disciplina di cui al presente CCNL è suscettibile delle modifiche che in via pattizia si rendessero necessarie in relazione all'entrata in vigore di eventuali innovazioni ordinamentali»;
il Ministero degli esteri non ha ancora rispettato gli impegni assunti dal Governo in sede di conversione alla Camera in legge del Decreto Milleproroghe, allorché è stato approvato un ODG al fine di predispone un Regolamento Attuativo delle nuove disposizioni legislative contenute nella legge n. 10 del 2011 e di disciplinare le norme transitorie non previste dalla suddetta legge;
il rinvio delle prove concorsuali per la destinazione all'estero, per oltre 4 anni, ha determinato e determinerà l'esaurimento delle attuali graduatorie delle diverse materie di insegnamento previste per le istituzioni scolastiche italiane nel mondo e nei lettorati di italiano presso le università straniere, nonché l'impossibilità di reperire personale di ruolo in possesso di adeguate caratteristiche professionali e linguistiche da destinare alle suddette istituzioni, che rappresentano un elemento essenziale della promozione e della diffusione della nostra lingua e della nostra cultura nel mondo;
la Circolare n. 1 del 17 maggio 2011 della DGSP del MAE rappresenta una palese violazione delle norme contrattuali e rischia di innescare un contenzioso con evidenti ripercussioni negative a carico delle risorse dell'Amministrazione competente, determinando altresì il rischio grave di compromissione del regolare inizio dell'anno scolastico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere iniziative tese a sospendere la Circolare n. 1 del 17 maggio 2011, al fine di ripristinare l'applicazione delle norme contrattuali vigenti, garantendo il regolare inizio delle lezioni nelle scuole italiane all'estero, e avviare l'immediata indizione delle prove di selezione e l'aggiornamento delle graduatorie per permettere alle scuole italiane all'estero e alle università straniere di potersi avvalere di personale in possesso delle professionalità richieste per la promozione e la diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo.
9/4357-A/130.Narducci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, così come modificato dall'articolo 1, comma 4, decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125 ha previsto che «Entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti criteri e modalità per l'applicazione entro il 30 aprile 2011 del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS S.p.A., in relazione ai costi di investimento e di manutenzione straordinaria oltre che quelli relativi alla gestione, nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio»;
l'articolo 15, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, ha previsto una fase transitoria decorrente dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto-legge stesso (cioè dal mese di luglio 2010) e fino alla data di applicazione dei pedaggi prevista al comma 1 del medesimo articolo del decreto-legge, e comunque non oltre il 31 dicembre 2011, durante la quale ANAS Spa è autorizzata ad applicare una maggiorazione tariffaria forfettaria di un euro per le classi di pedaggio A e B e di due euro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5, presso le stazioni di esazione delle autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta ANAS. Le stazioni di esazione sono individuate con il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1 dell'articolo 15;
l'articolo 15, comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, ha precisato che «Le entrate derivanti dall'attuazione dei commi 1 e 2 vanno a riduzione dei contributi annui dovuti dallo Stato per investimenti relativi a opere e interventi di manutenzione straordinaria anche in corso di esecuzione»;
quanto ai profili finanziari di quanto disposto, la norma produce i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica: 83 milioni per il 2010; 200 per il 2011; 315 per il 2012 e 315 per il 2013; la sua mancata applicazione determinerebbe la necessità di trovare altrove tali risorse economiche;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 giugno 2010 è stata data attuazione al comma 2 della norma in esame approvando la prevista maggiorazione tariffaria forfettaria transitoria e fornendo l'elenco delle stazioni e dei raccordi interessati dal provvedimento. A tal proposito, per quanto riguarda la città di Roma, si ricorda che, a legislazione vigente, non si impone alcun pedaggio per la percorrenza del Grande Raccordo Anulare per gli spostamenti effettuati da una parte all'altra della città;
i caselli interessati dall'applicazione del disposto di cui al citato articolo 15 sono: Roma Nord e Fiano Romano sull'A1; Roma Est, Lunghezza, Settecamini e Ponte di Nona sull'asse per l'Aquila; Roma Sud sull'Autostrada del Sole; Roma Ovest e Maccarese Fregene sulla Roma-Fiumicino; le altre stazioni italiane interessate dagli aumenti forfettari sono: Nocera (A3), Cava de' Tirreni (A3), San Gregorio (A1 8), Buonfornello (A20), Mercato S. Severino (A30), Avellino Est (A16), Firenze-Certosa (A1), Valdichiana (A1), Ferrara Sud (A13), Benevento (A16), Falchera (A55), Bruere (A55), Settimo Torinese (A55), San Benedetto del Tronto (A14), Chieti-Pescara (A25), Pescara Ovest Chieti (A14), Lisert (A4);
il predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stato oggetto di ricorsi al giudice amministrativo che ha accolto le domande di sospensione cautelare, affermando che sembra fondato il motivo di ricorso circa la necessità che il pedaggio sia riscosso per l'effettiva percorrenza delle infrastrutture autostradali gestite da ANAS e non mediante una stima della loro utilizzazione basata sul fatto che si attraversa una stazione di esazione di autostrade in concessione che si interconnette con un'autostrada in gestione ANAS;
sulla Gazzetta Ufficiale del 13 settembre 2010, n. 106, 5a Serie Speciale - Contratti pubblici, la direzione generale dell'Anas S.p.A. ha pubblicato il bando di gara per la fornitura e messa in opera di un sistema di pedaggiamento senza barriere sulle autostrade ed i raccordi autostradali ANAS, e correlati servizi di manutenzione, gestione operativa del sistema di esazione e riscossione dei pedaggi;
al riguardo il presidente dell'ANAS ha specificato che il bando di gara: «è un atto dovuto per dare seguito a quanto previsto dalla legge» aggiungendo inoltre che ANAS sta «pensando a forme di agevolazioni, a soluzioni di equità per quegli utenti che usano di più le autostrade e i raccordi interessati. Pensiamo, ad esempio, a forme di abbonamento a condizioni scontate»;
allo stato la società ANAS è tenuta ad utilizzare le risorse ricavate dalla gestione delle infrastrutture per la manutenzione ed il miglioramento delle medesime;
è del tutto evidente il disagio procurato dalla norma in oggetto, soprattutto per quei cittadini che ogni giorno utilizzano autostrade e raccordi autostradali per recarsi a lavoro; secondo i dati resi noti dal CENSIS nel mese di marzo 2008, sono più di 13 milioni i pendolari in Italia (pari al 22,2 per cento della popolazione residente). Un dato cresciuto fra il 2001 e il 2007 del 35,8 per cento pari ad un incremento di 3,5 milioni di persone. Secondo l'indagine ISTAT il treno viene utilizzato dal 14,8 per cento dei pendolari, cioè più di 1,9 milioni di persone, per spostarsi in ambito locale e metropolitano, come unico mezzo di trasporto o in combinazione con altri mezzi; ancora più persone invece si spostano con mezzi propri, anche a causa di inefficienze del sistema di trasporto pubblico locale. Ed è proprio su queste persone che graverà l'onere di tale disposizione; famiglie di pendolari che rappresentano, in gran parte, quella fascia di cittadinanza che più delle altre ha risentito degli effetti della crisi economica, e che magari hanno ritenuto più opportuno trasferirsi fuori dai centri urbani proprio per risparmiare;
il Governo ha già accolto, lo scorso 30 settembre 2010, un ordine del giorno a prima firma Piso, in cui si impegnava l'Esecutivo ad intervenire a favore dei pendolari, escludendo determinati tratti di autostrade e raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS Spa dall'applicazione di quanto previsto dall'articolo 15, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78;
la regione Lazio, con comunicazione del 24 settembre 2010, ha manifestato ad Anas ed al Ministero delle Infrastrutture la sua disponibilità ad acquisire alla rete viaria regionale il Grande Raccordo Anulare e la Roma-Fiumicino;
con l'articolo 25 della legge 29 luglio 2010, n. 120 sono state poi apportate alcune modifiche all'articolo 142 del codice della strada in materia di limiti di velocità; in particolare sono stati inseriti tre commi aggiuntivi al fine di stabilire la destinazione dei proventi derivanti dall'accertamento delle violazioni ai limiti di velocità, eseguiti tramite apparecchi di rilevamento della velocità o dispositivi di controllo a distanza (autovelox);
secondo le nuove disposizioni, tali proventi sono attribuiti per il 50 per cento all'ente proprietario della strada su cui è stato effettuato l'accertamento, e per l'altro 50 per cento all'ente da cui dipende l'organo accertatore e sono destinati, prioritariamente, ad interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti, nonché al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale;
alla luce della situazione di incertezza, determinatasi a seguito dell'intervento del giudice amministrativo, che ha prodotto effetti immediati sulle finanze dello Stato, delle difficoltà oggettive di attuazione di una simile norma in aeree urbane densamente popolate, e della penalizzazione che tale norma provocherebbe a carico dei moltissimi lavoratori pendolari,

impegna il Governo

a prevedere l'esclusione del pedaggiamento di determinati tratti di autostrade e raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS Spa interessati da traffico prevalentemente urbano e con caratteristiche pendolari, come il Grande Raccordo Anulare e la tratta Roma-Fiumicino, dall'applicazione di quanto previsto dall'articolo 15, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
a valutare la possibilità di trasferire alla regione Lazio le competenze sul Grande Raccordo Anulare e sulla tratta Roma-Fiumicino;
a dare piena e concreta attuazione a quanto disposto con le citate modifiche dell'articolo 142 del Codice della strada, che consentirebbe di destinare il 50 per cento dei proventi derivanti dalle multe per il superamento dei limiti di velocità alla messa in sicurezza e manutenzione delle autostrade in gestione all'Anas.
9/4357-A/131.Saltamartini, Laffranco, Moffa, Baccini, Sammarco, Piso, Rampelli, Aracri, Marsilio, Simeoni, Di Virgilio, Lorenzin, Biava, Calabria, Landolfi, Ceccacci Rubino, Cirielli, Pelino, De Angelis, Dima, Antonino Foti, Moles, Toccafondi, Leo.

La Camera,
considerato che:
occorre rafforzare tutte le strategie necessarie al fine di rilanciare la produttività del Paese e quindi attivare la conseguente politica di investimento;
alcuni progetti approvati nell'ambito dei «contratti d'area» sono in corso di realizzazione, e che talvolta parti significative di tali iniziative, al momento delle approvazioni delle medesime, non sono state ammesse a finanziamento;
le suddette iniziative, in forza di normative approvate successivamente, risultano tra le progettualità ammissibili,

impegna il Governo

ad assumere tutte le iniziative al fine di attivare una rimodulazione di tali contratti d'area in modo tale che si possa attualizzare alla vigente normativa, consentendo l'ammissibilità alla fruizione dei contributi pubblici anche le progettualità precedentemente escluse.
9/4357-A/132.Romele.

La Camera,
premesso che:
i programmi di sviluppo e di crescita turistica, commerciale, culturale e dei servizi nella realtà della città di Udine e del suo ampio comprensorio economico-sociale vedono al centro, tra le altre iniziative, la valorizzazione e l'utilizzo del complesso immobiliare e storico-ambientale del Castello;
in una fase di così preoccupante crisi economica è necessario e doveroso da parte delle istituzioni pubbliche, a partire dal Governo nazionale, promuovere e sostenere tutte le iniziative che possono favorire percorsi di crescita, anche attraverso una sempre migliore valorizzazione e utilizzazione del patrimonio artistico e culturale rappresentato da diversi beni immobili ubicati in tutto il territorio italiano, compreso il Castello della città di Udine di cui si richiamano qui di seguito e succintamente le vicissitudini storiche fino ai giorni nostri;
il castello di Udine fu costruito dopo il terremoto del 1511, nell'arco di un cinquantennio fra il 1517 e il 1567, con onere sostenuto per circa due terzi direttamente dalla popolazione della città di Udine;
nei secoli successivi, il castello fu destinato ad usi militari dai veneziani, dagli austriaci e, dopo la Terza guerra d'indipendenza, dallo Stato italiano che lo iscrisse, quale bottino di guerra, nel demanio militare;
dopo la riunificazione all'Italia, l'Amministrazione della città inoltrò al re, per il tramite delle sue più alte e rappresentative istituzioni, un'istanza ufficiale e formale affinché il colle ed il castello sovrastante, considerati come i simboli più significativi della città e dell'intero Friuli in quanto sede storica del parlamento friulano, fossero ad essa riconsegnati in virtù dei diritti storici, etici e territoriali acquisiti e non disconoscibili;
il re, nel corrispondere alle giuste sollecitazioni della città, il 18 luglio del 1899 cedette il castello monumentale, le sue pertinenze e le sue adiacenze al comune di Udine in uso perpetuo;
da allora il castello ha rappresentato, in ogni momento, la massima espressione della vita politica amministrativa artistica e culturale della città;
in tutti questi anni, il comune di Udine si è fatto carico delle spese di manutenzione e restauro, garantendo la fruibilità del compendio alla cittadinanza, anche successivamente al luttuoso evento sismico del 1976, mediante ingenti opere di conservazione, riqualificazione e valorizzazione;
ciononostante, pur a fronte della chiarissima volontà che emerge dallo spirito e dall'inequivocabile senso letterale del testo dell'atto di cessione in uso perpetuo alla città, a causa di una non condivisibile lettura giuridico-amministrativa del documento - in base alla quale l'uso perpetuo sarebbe assimilabile al regime del diritto reale dell'usufrutto introdotto dal vigente codice civile - allo stato attuale il bene, di fatto e di diritto, non risulta più appartenere al comune di Udine;
lo Stato, che giuridicamente ne rivendica la proprietà, chiede al comune la corresponsione di onerosi canoni di concessione calcolati sulla base della stima dell'immobile a mero valore venale, non corrispondente alla sua effettiva utilizzazione;
tale stato di cose non ha lasciato insensibili la città e le massime istituzioni della provincia e della regione che, ripetutamente hanno sollecitato la restituzione - alla città di Udine e al Friuli - della proprietà del castello, infatti, tutti i Sindaci che si sono succeduti dal 1990 ad oggi nella rappresentanza della città, si sono adoperati per cercare di dare soluzione all'annosa questione; da ultimo il sindaco Sergio Cecotti, nell'estate del 2007, si è rivolto all'allora Presidente della regione Riccardo Illy ed al Presidente del Consiglio Romano Prodi per rinnovare la volontà della popolazione di Udine e del Friuli di vedere finalmente restituito, questa volta definitivamente, quello che è sentito come il simbolo della propria identità storica, morale e culturale;
in esito alle sopradette iniziative, è stato sottoscritto in data 27 dicembre 2007 fra la Presidenza del Consiglio dei ministri e la regione Friuli Venezia Giulia un protocollo d'intesa che all'articolo 9 così recita: «Il Governo condivide, altresì, l'esigenza manifestata dalla Regione di poter concordare con i singoli Ministeri ...intese finalizzate alla valorizzazione e/o l'eventuale trasferimento di alcuni beni di particolare significato culturale e simbolico come - a titolo esemplificativo - il Castello di Udine, sede storica del Parlamento friulano», anticipando così lo spirito e l'indirizzo che presiedono alla odierna formulazione del federalismo demaniale;
alla luce dei recenti provvedimenti legislativi riguardanti il federalismo fiscale, legge n. 42 del 2009 e decreto legislativo - approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri nella seduta del 20 maggio 2010 - che dà attuazione al federalismo demaniale, appare logico e coerente che, finalmente, il castello di Udine venga trasferito in proprietà al comune di Udine per una sua valorizzazione anche a sostegno di programmi di sviluppo economico, sociale e culturale,

impegna il Governo

a procedere, anche con atti normativi, al trasferimento della proprietà del compendio del Castello di Udine all'Amministrazione comunale.
9/4357-A/133.Strizzolo, Compagnon, Monai.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento denominato - Semestre Europeo Prime disposizioni urgenti per l'economia reca Finanziamento del servizio ferroviario di interesse nazionale introduce un sovrapprezzo al canone per il trasporto di passeggeri sulle linee ad alta velocità, destinando i relativi introiti alla diminuzione del costo di accesso all'infrastruttura ferroviaria per i servizi oggetto di contratti di servizio pubblico;
il sovrapprezzo a decorrere dal 13 dicembre 2011 si applica al canone dovuto per l'esercizio dei servizi di trasporto passeggeri a media e lunga percorrenza, non forniti nell'ambito di contratti di servizio pubblico, per la parte espletata su linee appositamente costruite o adattate per l'alta velocità, intendendosi con tale espressione una velocità non inferiore a 250 chilometri orari;
il sovrapprezzo viene introdotto per consentire uno sviluppo dei processi concorrenziali nel settore dei trasporti ferroviari, in armonia con la necessità di assicurare la copertura degli oneri per i servizi universali di trasporto ferroviario di interesse nazionale oggetto di contratto di servizio pubblico;
la misura del sovrapprezzo è determinata con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base dei costi dei servizi ferroviari oggetto dei contratti di servizio pubblico. La misura del sovrapprezzo è aggiornata ogni tre anni;
gli introiti derivanti dall'introduzione del sovrapprezzo sono integralmente utilizzati dal gestore dell'infrastruttura ferroviaria (RFI S.p.A.) per diminuire il costo di accesso all'infrastruttura per i servizi ferroviari oggetto dei contratti di servizio pubblico;
la regione Sardegna risulta totalmente inesistente nei piani RFI;
l'articolata proposta di definanziamento proposta da RFI risulta iniqua, discriminante e viola il principio sancito dall'articolo 22 della legge n. 42 del 2009 relativamente alle misurazioni e compensazioni derivanti dal divario insulare;
si tratta di un'articolazione che non tiene in alcun modo conto delle precedenti attribuzioni e, soprattutto, per quanto riguarda lo stanziamento che viene cancellato per la Sardegna, si aggiunge ad una situazione gravissima già denunciata in precedente atto di sindacato ispettivo dal quale si evince che la Sardegna ha subito una sottrazione di 629.876.683 nell'ultimo periodo di programmazione;
il sistema dei trasporti in Sardegna è ancora caratterizzato da condizioni di grave disagio e deficit infrastrutturale, gestionale ed organizzativo che producono non solo una bassa qualità del servizio offerto ma costituiscono un ostacolo al decollo della crescita e dello sviluppo economico;
alle oggettive difficoltà derivanti dalla insularità, dalla conformazione prevalentemente montuosa del territorio regionale, dalla bassa densità insediativa, si somma uno storico deficit di infrastrutturazione complessiva, che incide negativamente sullo sviluppo «sistemico» dell'intera regione, costituendo un ostacolo al decollo della crescita e dello sviluppo economico;
al costo ed alle difficoltà proprie della condizione insulare, col conseguente basso livello di accessibilità alla rete nazionale ed europea, si unisce la debolezza delle connessioni interne all'isola, causate sia da forti carenze della rete stradale, sia dalla insufficiente dotazione infrastrutturale e dai mediocri livelli di servizio in particolare sulle linee ferroviarie;
nel futuro del sistema ferroviario in Sardegna permangono gravissimi motivi di preoccupazione, peraltro posti in maggiore evidenza dai recenti incidenti mortali:
in data 15 giugno 2007 lungo la tratta a scartamento ridotto Nuoro-Macomer, nel quale hanno perso la vita due passeggeri e un macchinista;
in data 27 dicembre 2009 lungo la tratta a scartamento ordinario Chilivani-Sassari, nel quale ha perso la vita un macchinista. La tratta, interessata da fenomeni franosi, è a tutt'oggi chiusa all'esercizio;
nelle Ferrovie sarde persiste, da oltre un ventennio, una condizione di criticità grave, che rischia di condurre l'intera Regione ad un assetto trasportistico monomodale (tutto strada) in totale controtendenza rispetto alle tendenze nazionali ed europee;
alcune carenze assimilabili ai contesti del Mezzogiorno e della Sardegna si riferiscono ai bassi livelli di accessibilità alla rete nazionale ed europea, nonché al proprio interno, causati da insufficienti dotazioni infrastrutturali ed ancora più da mediocri livelli di servizio sia delle linee che delle infrastrutture, ad una disomogenea distribuzione territoriale delle residenze e delle attività che evidenziano aree a bassa densità di popolazione;
l'infrastruttura regionale risulta essere collegata solo teoricamente alla Direttrice Tirrenica, afferente l'Asse Ferroviario numero 1 Berlino-Verona/Milano Bologna - Napoli-Messina-Palermo, attraverso i collegamenti marittimi e il tratto ferroviario di connessione con il porto di Civitavecchia la necessità di un effettivo ammodernamento dei sistema ferroviario della Sardegna, risulta a tutt'oggi non condivisa ed estranea alla pratica operativa, di RFI, TRENITALIA, CARGO, confermandosi una situazione di deficit d'esercizio sintetizzabile a partire dal dato, antistorico, di una velocità media (lungo la rete ferroviaria nazionale) nell'ordine dei 70 km/ora;
la condizione di criticità prefigura un futuro di abbandono per un patrimonio costituito da 436 km di tracciato a scartamento ordinario, non elettrificata, per grandissima parte a semplice binario, sin qui gestita da FS-SpA, e da altri 626 km da linee a scartamento ridotto, passati alla gestione regionale con l'ingiustificabile e grave assenso della precedente Giunta regionale, ma in assenza di qualsiasi risorsa sufficiente ad una seppur minima messa in sicurezza né tantomeno al suo adeguamento infrastrutturale;
la provincia di Cagliari, la più popolosa, per fare un esempio, risulta 98o tra le province italiane, terzultima nel Mezzogiorno, ha un indice relativo alla rete ferroviaria di 24,7, leggermente superiore alla media regionale (24,5) ma comunque, nettamente al di sotto della media delle regioni del Mezzogiorno (84,7);
la dotazione regionale di infrastrutture ferroviarie, la rete di livello nazionale, gestita da RFI, è costituita da 436 km di linea (2,6 per cento del totale nazionale) a scartamento ordinario, semplice binario e non elettrificata. Solo 16,6 km sono a doppio binario (Cagliari - Decimomannu), cui s'aggiungono circa 8 km nella nuova tratta in galleria a Bonorva;
la densità ferroviaria, indice d'accessibilità del territorio, rapporto tra estesa delle linee e superficie regionale, è di 18 metri/kmq, contro un valore medio nazionale di 55; il grado di diffusione ferroviario della Sardegna è quindi 1/3 di quello nazionale;
la rete è suddivisa in linee fondamentali (Cagliari - Chilivani - Olbia), complementari (Chilivani - P. Torres) e secondarie (Decimomannu - Iglesias; Villamassargia - Carbonia) con riferimento alla relativa funzione e all'entità del traffico;
il Piano Regionale dei Trasporti, ed il Piano Regionale delle Merci, come da ultimo approvato dalla Giunta Regionale con deliberazione n. 12/26 in data 16.04.2002 hanno indicato tra i progetti prioritari l'ammodernamento e velocizzazione della rete ferroviaria sarda l'Intesa Generale Quadro stipulata l'11 ottobre 2002 tra il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e del territorio, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ed il Presidente della Regione Autonoma della Sardegna, nella quale sono indicate quali opere «di preminente interesse nazionale» ha individuato gli interventi ricadenti nel territorio Sardo tra quelli inseriti nel 1o Programma delle infrastrutture strategiche;
in tale Intesa le parti hanno convenuto che le risorse finanziarie occorrenti per la realizzazione degli interventi ivi previsti «saranno comunque rese disponibili fino alla completa realizzazione delle opere secondo gli importi che risulteranno dai quadri economici dei progetti approvati» e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti «si impegna fin d'ora a sostenere, con risorse proprie e/o delle aziende vigilate, gli oneri economici per la progettazione di specifiche opere rientranti fra quelle per le quali le parti determineranno di collaborare»;
il documento n. 161 del 22 gennaio 2003, sottoscritto tra il Capo del Dipartimento coordinamento e sviluppo del territorio del Ministero delle infrastrutture e trasporti e il Capo del Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell'economia e delle finanze, è finalizzato ad armonizzare i contenuti delle intese istituzionali di programma e degli accordi di programma quadro con quanto previsto nelle Intese generali quadro in ordine al 1o Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla citata delibera CIPE 21/2001 anche ai fini dell'appropriata gestione e rafforzamento delle attività di monitoraggio;
il programma attuativo, conseguente all'Intesa del 2002 e all'Accordo approvato dalla giunta regionale nel 2003, per quanto riguarda il trasporto ferroviario, prevedeva:
ampliare, potenziare e velocizzare la rete ferroviaria, al fine di renderla idonea a garantire un adeguato livello di qualità nonché ad aumentare l'offerta del servizio esistente, anche attraverso una sostanziale riduzione dei tempi di percorrenza. A questo fine le parti concordano che gli interventi infrastrutturali previsti nel presente Accordo, con le risorse disponibili e quelle programmate, sono funzionali all'obiettivo di ridurre, entro il quadriennio 2004-2007, i tempi di percorrenza sulle due relazioni Cagliari-Sassari-Portotorres e Cagliari-Chilivani-Olbia-Golfo Aranci, in misura tale da elevarne il livello di concorrenzialità con le altre modalità di trasporto;
potenziare le principali linee ferroviarie per realizzare un significativo spostamento modale di quote di traffico dal sistema su gomma a quello su ferro. Tale obiettivo, peraltro, dovrà essere realizzato anche attraverso un riordino dei sistemi su gomma diretto ad eliminare eventuali parallelismi nell'offerta e, viceversa, a favorire l'interscambio gomma/ferro in prossimità delle stazioni;
realizzare interventi di collegamento ai nodi urbani ed ai servizi portuali ed aeroportuali;
la definitiva attribuzione delle risorse del PON Trasporti 2000-2006 registra una pesante penalizzazione subita dalla Regione Sardegna, in particolare nel settore delle ferrovie, ove il responsabile nazionale delle Misure 1.1 e 2.1 risulta non aver proceduto a sviluppare la progettualità necessaria all'attuazione di un complesso di intervento mirati alla velocizzazione della principale linea ferroviaria regionale (Cagliari/Portotorres/Golfo Aranci);
il recente documento del Ministero delle Infrastrutture «Selezione dei progetti per la realizzazione del PON Trasporti 2000/2006 - Lista Progetti CdS 25 maggio 2009» mostra, per il settore delle ferrovie una situazione che emerge in tutta la sua gravità;
il Programma Operativo Nazionale Trasporti 2000-2006 in Sardegna alla misura 1.1 - Miglioramento della rete e del servizio ferroviario attraverso l'adeguamento della linea - con una dotazione di euro 1.518.420.228 (il 33,6 per cento dell'intero PON Trasporti) ha totalmente escluso dall'intervento la Regione Sardegna;
la misura 3.3 - Sviluppo delle Infrastrutture finalizzate all'intermodalità delle merci, che ha avuto grosse difficoltà anche alla scala Nazionale, per incertezze connesse al rispetto delle regole della concorrenza, ed alla conseguente impossibilità di finanziare infrastrutture destinate ad operatori privati ha anche in questo caso escluso la Sardegna nei bilanci di RFI, responsabile delle misure 1.1 e 2.1 del PON Trasporti 2000-2006, è effettivamente entrata una assegnazione complessiva di euro 2.086.936.887. L'ammontare di risorse teoricamente destinato alla Regione, stimabile sulla base della quota dell'11,95 per cento, in euro 249 milioni circa, in ragione dell'assenza di Progettazione, è stato distribuito sui territori delle altre regioni del Mezzogiorno;
nella programmazione 2007-2013 si rende necessario recuperare con somma urgenza tali risorse, opportunamente rivalutate anche per non perseverare nella seguente inaccettabile programmazione 2007-2013:
il Programma Nazionale «Reti e Mobilità», inizialmente destinato a tutte le Regioni del Mezzogiorno non ha infatti ricompreso Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna, risultando a tutt'oggi operativo solamente nella sezione finanziata del FERS, per le sole regioni rimaste nell'Obiettivo 1 (giova al riguardo rilevare che lo sforamento statistico di taluni indici economici non equivale ad un recupero del deficit infrastrutturale pregresso);
il programma di interventi relativo all'Alta Velocità e all'adeguamento infrastrutturale delle Dorsali Ferroviarie Nazionali non ricomprende, tra le Regioni Destinatarie, la Sardegna;
gli interventi del Fondo Infrastrutture sin qui definiti interessano solo marginalmente la regione Sarda, comunque esclusa dagli interventi di adeguamento della rete ferroviaria;
gli interventi previsti dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, che approva con modifiche, il decreto legge 29 novembre 2008 n. 185, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anticrisi il Quadro Strategico Nazionale, destinano una specifica sezione di intervento, per 2400 milioni di euro al sostegno delle ferrovie e del trasporto pubblico locale, utilizzando a tal fine le risorse del FAS 2007-2013;
l'articolo 25 della legge 28 gennaio 2009 n. 2, al comma due cita esplicitamente i soli contratti di servizio di Trenitalia con le sole regioni a statuto ordinario «Per assicurare i necessari servizi ferroviari di trasporto pubblico, al fine della stipula dei nuovi contratti di servizio dello Stato e delle Regioni a statuto ordinario con Trenitalia s.p.a., è autorizzata la spesa di 480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011»: una restrittiva applicazione di tale norma condurrebbe quindi ad una paradossale penalizzazione di tutte le regioni a Statuto Speciale, contraddicendo lo stesso principio ispiratore dell'omogeneità del sistema ferroviario italiano;
analoga perplessità riguarda la ripartizione delle risorse, al cui onere (1.440 milioni di euro per l'anno 2009 e 480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011), ai sensi dei commi 3 e 4 del citato articolo 25, «si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, relativa al Fondo per le aree sottoutilizzate, a valere sulla quota destinata alla realizzazione di infrastrutture ai sensi dell'articolo 6-quinquies del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133» ...«Ferrovie dello Stato s.p.a. presenta annualmente al Ministro dell'economia e delle finanze una relazione sui risultati della attuazione del presente articolo, dando evidenza in particolare del rispetto del criterio di ripartizione, in misura pari rispettivamente al 15 per cento e all'85 per cento, delle quote di investimento riservate al nord e al sud del Paese.»;
risulta inaccettabile che tali risorse relative al fondo aree sottoutilizzate, all'interno del contesto nazionale, ed in particolare del Mezzogiorno violino i criteri di ripartizione che non dovrebbero discostarsi per alcuna ragione da quelli assunti dal Quadro Strategico Nazionale 2007-2013, che hanno da tempo codificato, in favore della Sardegna, una quota di ripartizione pari al 12,61 per cento del totale delle risorse dedicate al Mezzogiorno (Delibera CIPE 166/2007, tab 4);
un eventuale scostamento da tali criteri di ripartizione andrebbe adeguatamente motivato, ad esempio sulla base di una compensazione per il pregresso non assegnato, ovvero assumendo criteri specifici relativi al fabbisogno infrastrutturale, misurabile attraverso fattori oggettivi quali l'estesa chilometrica, o l'insufficienza della velocità commerciale lungo linea: va detto sin d'ora che criteri di assegnazione delle risorse fondati sul riconoscimento dell'effettivo deficit infrastrutturale, condurrebbero a coefficienti di ripartizione delle risorse destinate al Mezzogiorno sensibilmente superiori al quantum sin qui solo teoricamente riconosciuto alla Regione Sardegna. E di fatto comunque negato nell'ambito della richiamata programmazione;
i criteri di ripartizione di tali somme all'interno del contesto nazionale, ed in particolare del Mezzogiorno non devono discostarsi in alcun modo se non per incrementarli, ai fini di ulteriore compensazione del pregresso sottratto, da quelli che il QSN utilizza per la distribuzione delle risorse alla scala regionale, com'è noto pari 12,61 per cento per ciò che attiene la regione Sardegna (delibera CIPE 166/2007, tab 4);
i criteri di riparto dovrebbero essere sensibilmente superiori a tale quota, sopratutto se si prendesse in considerazione ad esempio il dato di fabbisogno infrastrutturale (rilevabile dalla estesa chilometrica, e dalla modesta velocità commerciale lungo linea);
la stima del quantum di risorse FAS, riparto nazionale, da assegnarsi alla Regione Sardegna va comunque effettuata con la massima celerità al fine di recuperare i divari registrati e incrementati negli anni il citato comma due della legge 28 gennaio 2009, n. 2, non ha esplicitamente inserito nel riparto le regioni a Statuto speciale, richiamando esclusivamente le sole regioni a statuto ordinario;
una restrittiva applicazione della norma costituirebbe una paradossale penalizzazione per tutte le regioni a Statuto Speciale, contraddicendo lo stesso principio ispiratore dell'omogeneità del sistema ferroviario italiano;
il sostanziale disimpegno di RFI ha condotto ad un progressivo abbattimento dei livelli di servizio sul sistema ferroviario della Sardegna:
come emerge dalla lettura degli orari riportati dal sito Trenitalia a velocità commerciale media sulla rete RFI s'aggira, in Sardegna, sui 65-70km/h;
soltanto uno dei 5 collegamenti Cagliari-Sassari (261 km in ferrovia, 215 km sulla SS 131) è infatti effettuato dal treno più veloce in 2 ore e 50 min (velocità commerciale 92 km/ora); gli altri quattro impiegano delle 3 ore e 30' alle 4 ore, con una velocità commerciale media oscillante tra i 75 ed i 65 km/ora: tempo superiore del 50 per cento rispetto a quello «impiegabile» da un'autovettura di media cilindrata sulla SS 131;
il collegamento Sassari-Olbia (116 km) è coperto in circa 1h 50 min, alla velocità commerciale inferiore ai 65 km ora;
la tratta «inter-city» a più alto traffico (Cagliari-Oristano, 94 km), che si sviluppa su tracciato in piano, è percorsa da circa 18 treni giornalieri, ma solamente 2 corse/die effettuano la tratta in 56 min circa, alla velocità commerciale di oltre 100 km/h: per le altre, i tempi di connessione giungono ai 70, 80, 110 minuti, segnate quindi da uno standard di esercizio che abbatte le velocità commerciali sino ai 60 e addirittura ai 47 km/ora;
a tale rete si aggiungono 620 km di rete ferroviaria a scartamento ridotto, passata dalla gestione governativa alla gestione regionale in assenza di alcun progetto di ammodernamento, sulla quale la velocità di percorrenza oscilla tra i 60 km/ora della Sassari-Alghero e della Cagliari-Mandas, per ridursi ai 33 km/ sulle Tratte a valenza turistico e paesistica: Sorgono-Mandas-Arbatax, Palau-Arzachena-Tempio-Nulvi, Nuoro-Macomer-Bosa;
per tale sottosistema ferroviario regionale, sono necessari importanti momenti di riqualificazione:
sulle tratte a maggiore valenza urbana, per le quali si prospetta (con fonti regionali, Nazionali e Comunitari) il completamento delle azioni già avviate con le metropolitane leggere di Cagliari e Sassari, con la estensione delle tratte elettrificate, e la semplificazione degli attuali passaggi a livello, da ricondurre a normali intersezioni semaforiche;
per le tratte gravitanti sui centri urbani, per le quali occorre a ricondurre a standard, in particolare sulle tratte pianeggianti, le velocità di esercizio;
sulle tratte che attraversano i territori montani, segnandone paesaggio e storia, sulle quali la domanda di «turismo ambientale» ha mantenuto trend di crescita nell'ordine del 7-8 per cento all'anno, sino a lasciare inevase quote elevate di domanda, per l'insufficienza dei treni (dedicati alla domanda pendolare) e per la carenza di figure rare quali quelle dei macchinisti, in favore dei quali sono state peraltro pedissequamente applicate le norme relative al prepensionamento degli addetti;
ai sensi dell'articolo 837 dell'articolo 1 della Finanziaria 2007 tali linee sono passate alla gestione Regionale. Senza alcuna risorsa aggiuntiva, e senza registrare, e quantificare, i danni conseguenti ad oltre un cinquantennio di sostanziale assenza di investimenti, all'interno di un accordo a tutt'oggi privo delle risorse necessarie alla messa in sicurezza ed all'ammodernamento dell'infrastruttura;
il «Corridoio Plurimodale Sardegna Continente» è privo del servizio di traghettamento ferroviario delle merci, sospeso da Trenitalia a partire dal luglio 2008;
la rete ferroviaria sarda, con particolare riferimento alle condizioni di sicurezza risulta evidente la penalizzazione subita dalla Sardegna sia in termini di mancata assegnazione di risorse pregresse, sia in termini di continuo decadimento del livello di servizio ferroviario,

impegna il Governo

e i ministri competenti nell'ambito della futura programmazione anche nell'ambito della pianificazione dell'utilizzo del sovrapprezzo nazionale a valutare una rimodulazione dell'aggiornamento del contratto di Programma di Rete Ferroviaria Italiana tesa a restituire alla Regione Sardegna le risorse parametrate spettantigli;
di valutare l'opportunità di disporre non solo la riassegnazione delle risorse che gli sono state sottratte con la proposta di aggiornamento del Contratto di programma ma a provvedere ad una assegnazione congrua del periodo di programmazione 2011/2015 dove la Sardegna risulta totalmente esclusa;
di dover valutare la necessità di definire di parametri certi per l'attribuzione delle risorse dei contratti di programma che risultano totalmente sbilanciati su alcune regioni a scapito di altre, su tutte la regione Sardegna;
di dover valutare la necessità di inserire la Sardegna nelle regioni dotate di una rete ad Alta velocità capace di riequilibrare la dotazione infrastrutturale che vede sempre maggiore il divario proprio nel settore ferroviario tra l'Italia e la Sardegna.
9/4357-A/134.Pili.

La Camera,
premesso che:
la formula per la determinazione del prezzo prevista specificatamente per il settore delle pulizie dall'articolo 286 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 5 ottobre 2010, Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE», trasforma di fatto le gare che l'ente committente indice con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa in gare al massimo ribasso, privilegiando in maniera sproporzionata i ribassi offerti rispetto alla valutazione dell'offerta tecnica e al reale vantaggio economico per la stazione appaltante;
la formula prevista dall'articolo 286, applicata ad un settore ad altissima intensità occupazionale, rischia inoltre di determinare disoccupazione e dequalificazione degli addetti, oltre che dequalificazione delle offerte e delle imprese, che operano in ambienti sensibili come gli ospedali, i treni o le scuole;
la distorsione si manifesta particolarmente rilevante nei casi in cui la base d'asta sia congrua e i ribassi offerti contenuti; ad esempio, un ribasso massimo di 6 punti percentuali ottiene il massimo dei punti previsti (esempio 50) mentre un ribasso di 3 punti percentuali ottiene la metà (esempio 25), non compensabili in sede di valutazione tecnica, pur in presenza di offerte economiche vicine in termini assoluti di prezzo offerto;
la formula prevista dall'articolo 286 quindi di fatto impedisce alle stazioni appaltanti di ricorrere in maniera proficua al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, premiando solo il ribasso;
è necessaria una modifica volta a realizzare, in linea con gli indirizzi comunitari sullo sviluppo sostenibile, obiettivi di tutela ambientale e di garanzia sociale,

impegna il Governo

a favorire, per quanto di sua competenza, l'adozione delle opportune modifiche alla richiamata disciplina al fine di assicurare che l'affidamento degli appalti di servizi di pulizia sia effettuato su una effettiva comparazione dei benefici tecnici offerti dai partecipanti alla procedura e dei prezzi offerti anziché sulla mera misura del ribasso nominale, valorizzando il risparmio economico effettivo che l'amministrazione realizza.
9/4357-A/135.Baretta.

La Camera,
premesso che:
la Legge finanziaria (n. 296 del 2006) ha modificato la natura giuridica delle graduatorie provinciali da permanenti a graduatorie ad esaurimento - «cristallizzando e salvaguardando le posizioni di coloro che vi erano stati inseriti secondo la precedente regolamentazione»;
l'iscrizione in coda, prevista dalla Legge Finanziaria 2007 ha prodotto una serie di ricorsi;
la tesi dei citati ricorsi si basa essenzialmente sul fatto che «la riconfigurazione delle graduatorie provinciali, da permanenti a esaurimento, non implica ex se - in assenza di un'esplicita scelta di campo del legislatore tesa a conformare la valenza giuridica di dette graduatorie a esaurimento - l'immobilità e/o la cristallizzazione di queste ultime nel senso inteso dall'amministrazione scolastica»;
recentemente la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 4-ter, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134 (Disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l'anno 2009-2010), aggiunto dalla legge di conversione 24 novembre 2009, n. 167, con cui si disponeva che «le graduatorie ad esaurimento sarebbero state aggiornate nella primavera del 2011 per il biennio scolastico 2011-2013»;
la norma impugnata ha, dunque, per la Corte costituzionale, una portata innovativa con carattere retroattivo, poiché introduce, con effetto temporale rigidamente circoscritto ad un biennio, una disciplina eccentrica, rispetto alla regola dell'inserimento «a pettine» dei docenti nelle graduatorie, vigente non solo nel periodo anteriore, ma persino in quello posteriore all'esaurimento del biennio in questione;
secondo la Corte: «L'aggiornamento, per mezzo dell'integrazione, delle suddette graduatorie con cadenza biennale, ex articolo 1, comma 4, del decreto- legge 7 aprile 2004, n. 97 è finalizzata - secondo la Corte a consentire ai docenti in esse iscritti di far valere gli eventuali titoli precedentemente non valutati, ovvero quelli conseguiti successivamente all'ultimo aggiornamento, così da migliorare la loro posizione ai fini di un possibile futuro conferimento di un incarico. La disposizione impugnata deroga a tali principi e, utilizzando il mero dato formale della maggiore anzianità di iscrizione nella singola graduatoria provinciale per attribuire al suo interno la relativa posizione, introduce una disciplina irragionevole che - limitata all'aggiornamento delle graduatorie per il biennio 2009-2011 - comporta il totale sacrificio del principio del merito posto a fondamento della procedura di reclutamento dei docenti e con la correlata esigenza di assicurare, per quanto più possibile, la migliore formazione scolastica»;
visto che:
il decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), agli articoli 399, 400 e 401 stabilisce che l'accesso ai ruoli del personale docente debba avvenire mediante concorsi per titoli ed esami e mediante concorsi per soli titoli, riservando ad ognuno di essi annualmente il 50 per cento dei posti destinati alle procedure concorsuali. Successivamente, con l'articolo 1 della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), il legislatore ha modificato il suddetto reclutamento mediante la soppressione del concorso per soli titoli (articolo 399) e la trasformazione delle relative graduatorie in permanenti, periodicamente integrabili (articolo 401);
la citata legge n. 124 del 1999 ha cristallizzato il sistema del doppio canale di reclutamento, allargando a dismisura la platea del personale aspirante alla stabilizzazione mediante nomina in ruolo dal momento che le precedenti graduatorie dei concorsi per soli titoli prevedevano l'inclusione del solo personale che avesse effettivamente svolto servizio per almeno un biennio e fosse munito ovviamente del prescritto titolo di abilitazione;
l'accesso ai ruoli oggi avviene per il 50 per cento dei posti mediante concorsi per titoli ed esami (ex articolo 399) e, per il restante 50 per cento, attingendo dalle graduatorie permanenti (ex articolo 401). A tali fini l'amministrazione, dopo aver determinato per ogni triennio 1' effettiva disponibilità di cattedre, indice i relativi concorsi su base regionale per un numero pari alla metà di esse (articolo 400). Le graduatorie permanenti, ora ad esaurimento, sono, poi, periodicamente integrate mediante l'inserimento dei docenti che hanno superato le prove dell'ultimo concorso regionale per titoli ed esami e di quelli che hanno chiesto il trasferimento da una provincia ad un'altra. Contemporaneamente all'integrazione, ossia all'introduzione di nuovi candidati, viene naturalmente aggiornata la posizione di coloro i quali sono già presenti in graduatoria e che, nelle more, hanno maturato ulteriori titoli (articolo 401);
le cause principali dell'esplosione del precariato sono de facto imputabili all'istituzione delle graduatorie permanenti, alla mancanza di programmazione regionale sui posti effettivamente disponibili per l'ingresso nelle graduatorie e criticabili misure di sanatoria adottate in conseguenza alla considerazione che taluni governi di centro - sinistra avevano della scuola come ammortizzatore sociale;
il decreto ministeriale 27 del 2007 recante «Aggiornamento ed integrazione delle graduatorie ad esaurimento (già permanenti) del personale docente ed educativo per il biennio 2007/2009» ha previsto la valutazione di «altri titoli accademici», fino a un punteggio massimo di 30 punti in aggiunta al titolo valutato quale titolo di accesso alle citate graduatorie;
non a caso la scoperta di «diplomifici», disponibili a rilasciare false certificazioni, somministrando anche lavoro nero in cambio di punteggio (basterebbero addirittura tre ore settimanali di incarico per ottenere la valutazione dell'anno) ha portato alla revoca dello status di «scuola paritaria» nei confronti di alcune istituzioni scolastiche di province campane e calabresi;
pur rispettando la pronuncia della Corte costituzionale, attualmente le assunzioni sono basate sull'anzianità piuttosto che sulla verifica dei necessari requisiti professionali;
l'Italia risulta essere tra i pochi paesi europei che adottano un meccanismo centralizzato, attraverso concorso, di selezione degli insegnanti. Inoltre anche tra i paesi che mantengono un sistema simile a quello italiano, vi sono importanti differenze. Ad esempio in Francia gli insegnanti oltre al concorso devono essere giudicati idonei dopo una fase di qualificazione sul lavoro; in Portogallo, prima di sostenere il concorso per l'immissione in ruolo, i candidati devono avere anche un certo numero di anni di esperienza. Solo in Italia, Grecia e Portogallo inoltre la nomina effettiva, dopo il concorso, dipende dall'effettiva disponibilità di posti, mentre negli altri paesi viene garantita una cattedra a tutti coloro che hanno superato il concorso e la fase di qualificazione sul lavoro;
il ministro dell'istruzione ha già provveduto ad inserire una norma nel disegno di legge di conversione che prevede l'adozione di un piano triennale di assunzioni al fine di garantire continuità del servizio scolastico e di conferire il maggior grado possibile di certezza nella pianificazione degli organici;
l'approvazione del predetto piano determinerà la copertura totale dei posti disponibili nell'anno scolastico 2011/2012;
tuttavia, la riapertura delle graduatorie non scongiurerà la temuta «transumanza» di insegnanti dal Sud al Centro-Nord in conseguenza dei rispettivi punteggi elevatissimi, talvolta discutibili;
in assenza di interventi mirati, l'intero corpo docente precario delle regioni centrosettentrionali rischia la paralisi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire un bonus a favore dei docenti che permangono nella graduatoria provinciale di appartenenza.
9/4357-A/136.D'Amico, Goisis, Cavallotto, Rivolta, Grimoldi, Bitonci.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate positivamente tutte le disposizioni in esso contenute a favore dello sviluppo del sistema produttivo del Paese;
preso atto che alcuni indici macroeconomici segnalano un'inversione di tendenza rispetto alla pesante crisi che ha investito tutti le economie occidentali;
valutato che accanto a manovre tese alla riduzione della spesa pubblica per rientrare negli obiettivi di deficit di bilancio, sono necessarie manovre espansive per accelerare la crescita e manovre tese ad una riduzione della pressione fiscale e degli adempimenti fiscali a carico dei contribuenti;
preso atto che il regime dei contribuenti minimi attualmente in vigore presenta indubbi vantaggi in termini di carico fiscale,

impegna il Governo

ad ampliare la platea dei beneficiari del regime dei contribuenti minimi, introducendo aliquote dell'imposta sostitutiva differenziate, crescenti con il crescere dei ricavi o dei compensi.
9/4357-A/137.Forcolin, Reguzzoni, D'Amico, Bitonci.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate positivamente tutte le disposizioni in esso contenute a favore dello sviluppo del sistema produttivo del Paese;
l'articolo 2 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 ha introdotto l'agevolazione fiscale consistente nell'applicazione dell'imposta sostitutiva del 10 per cento sulle componenti accessorie delle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti in connessione ad incrementi di produttività; tale agevolazione è stata successivamente prorogata con modificazioni per il 2009, per il 2010 e, da ultimo, per il 2011, dall'articolo 53 del decreto-legge n. 78 del 2010;
l'Agenzia delle Entrate e il Ministero del lavoro, con la circolare n. 3/E del 14 febbraio 2011 ha chiarito che per soddisfare il requisito previsto dalla norma della presenza dell'accordo collettivo risulta possibile applicare accordi preesistenti all'entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010 o stipulare accordi successivi per confermare la regolamentazione contenuta nei contratti di lavoro;
tali accordi sono stati sottoscritti, nella maggior parte dei casi, dopo l'emanazione della citata circolare ed è necessario, quindi, garantire la decorrenza dell'agevolazione dal 1o gennaio 2011, in modo che i lavoratori non subiscano un'ingiusta penalizzazione, non potendo beneficiare dall'inizio dell'anno della detassazione,

impegna il Governo

a garantire la detassazione dei compensi e dei premi di produttività prevista dall'articolo 53 del decreto-legge n. 78 del 2010 a partire dal 1o gennaio 2011, anche nel caso che gli accordi previsti siano stati stipulati nel corso del 2011, dal momento che la circolare esplicativa delle modalità di attuazione della disposizione è stata emanata il 14 febbraio 2011.
9/4357-A/138.Caparini, Bitonci.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate positivamente tutte le disposizioni in esso contenute a favore dello sviluppo del sistema produttivo del Paese;
valutate altrettanto positivamente le misure volte a favorire i contribuenti debitori verso il fisco, considerata la delicata fase congiunturale che il nostro sistema economico sta ancora attraversando;
considerato che dalle analisi condotte anche dall'Agenzia delle Entrate, emerge chiaramente che nelle zone dove il tenore di vita è più basso e «meno forte» è la presenza dello Stato, l'attitudine dei cittadini a pagare le tasse è inferiore;
obiettivo dell'azione di contrasto all'evasione fiscale deve essere anche quello di presidiare il territorio in modo capillare ma omogeneo, evitando di concentrare i controlli esclusivamente nelle zone più ricche,

impegna il Governo

a distribuire in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale i controlli della Guardia di Finanza, rafforzando la presenza nelle aree dove oggi è meno percepita la presenza dell'Amministrazione finanziaria e a indirizzarli prioritariamente verso le imprese e gli esercizi commerciali i cui soci o titolari sono cittadini non comunitari.
9/4357-A/139.Comaroli, Reguzzoni, Forcolin, Bitonci, D'Amico.

La Camera, in sede di esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 recante «Semestre europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia»,
considerato che:
l'articolo 10, comma 16, prevede che l'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua è organo collegiale costituito da tre componenti, di cui uno con funzioni di Presidente, nominati con decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, che dei tre componenti due vengano proposti dal Ministro dell'ambiente e uno dalla Conferenza Stato-Regioni e che trattasi di un settore di diretto interesse anche degli enti locali,

impegna il Governo

a interpretare tale previsione nel senso di prevedere con un altro provvedimento, che il componente debba essere designato su proposta della Conferenza Unificata.
9/4357-A/140.Maggioni, D'Amico.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate positivamente tutte le disposizioni in esso contenute a favore dello sviluppo dell'economia del «sistema Italia»;
considerato lo sforzo che il Governo ha attuato e sta attuando per fronteggiare la grave crisi che ha colpito tutte le economie occidentali;
tenuto conto delle ottimistiche previsioni circa il gettito dell'IRE, dell'IVA e delle altre imposte indirette per l'anno 2011;
considerato che i lavoratori stranieri in Italia sono in continua crescita e che la quasi totalità dei loro risparmi viene mandata nei loro Paesi di origine per dare sostentamento ai loro familiari, sottraendo, di fatto, tali risorse dal sistema economico-finanziario italiano,

impegna il Governo

a prevedere l'introduzione di un'imposta sui trasferimenti di denaro all'estero effettuati dai cittadini extra UE attraverso gli istituti bancari, le agenzie di money transfer e tutti gli altri intermediari finanziari, pari all'uno per cento del valore dei trasferimenti stessi.
9/4357-A/141.Buonanno, Montagnoli, D'Amico, Bitonci.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate positivamente tutte le disposizioni in esso contenute a favore della ripresa del nostro sistema economico, messo a dura prova dalla grave crisi economico-finanziaria che ha colpito tutte i Paesi occidentali;
valutato che è necessario perseguire nell'obiettivo del contrasto dei fenomeni di evasione fiscale e, in particolare, occorre porre un freno al fenomeno sempre più diffuso in Italia delle imprese «lampo», che vengono aperte e poi chiuse prima della chiusura del primo esercizio sociale, al fine di evitare il versamento delle imposte e dei contributi previdenziali; le stesse imprese vengono poi riaperte dopo qualche mese da altri personaggi, rendendo, nei fatti, impossibile per l'amministrazione finanziaria l'individuazione degli amministratori responsabili, con conseguente rinuncia a recuperare le imposte ed i contributi dovuti e non versati;
preso atto che le statistiche evidenziano come tale pratica sia condotta in maggior parte da cittadini stranieri, in particolare di nazionalità cinese,

impegna il Governo

a prevedere l'introduzione dell'obbligo di presentazione, all'atto dell'apertura della partita IVA da parte di una società o cittadino extra UE, di una garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa a favore dell'Agenzia delle Entrate di importo non inferiore a diecimila euro, al fine di garantire gli eventuali versamenti di imposte e contributi dovuti nell'esercizio dell'attività.
9/4357-A/142.Bitonci, D'Amico.

La Camera,
premesso che:
il settore della panificazione artigiana italiana conta oltre 26.000 aziende con un indotto occupazionale di circa 350.000 unità lavorative;
il comma 2-ter dell'articolo 4 del decreto legge 4 luglio 2006 n. 223 (cosiddetto decreto Bersani) ha liberalizzato l'attività di produzione di pane abrogando la legge n. 1002 del 1956 prevede che "entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, emana un decreto ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, volto a disciplinare, in conformità al diritto comunitario: a) la denominazione di «panificio» da riservare alle imprese che svolgono l'intero ciclo di produzione del pane, dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale; b) la denominazione di «pane fresco» da riservare al pane prodotto secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione o alla conservazione prolungata delle materie prime, dei prodotti intermedi della panificazione e degli impasti, fatto salvo l'impiego di tecniche di lavorazione finalizzate al solo rallentamento del processo di lievitazione, da porre in vendita entro un termine che tenga conto delle tipologie panarie esistenti a livello territoriale; c) l'adozione della dicitura «pane conservato» con l'indicazione dello stato o del metodo di conservazione utilizzato, delle specifiche modalità di confezionamento e di vendita, nonché delle eventuali modalità di conservazione e di consumo;
l'articolo 4, comma 2-ter prevede quindi l'emanazione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, volto a garantire una corretta informazione sul prodotto e a permettere al consumatore una scelta consapevole al cui esame preliminare hanno partecipato i rappresentanti di categoria e le associazioni datoriali con l'intento di promuovere la professionalità del panificatore con l'introduzione della figura del responsabile di produzione, valorizzare il prodotto pane con la denominazione riservata di «pane fresco» e «pane conservato», migliorare la visibilità dell'impresa di panificazione prevedendo la specifica denominazione di «panificio»,

impegna il governo

ad emanare il regolamento attuativo previsto dal decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
9/4357-A/143.Volpi, Caparini, D'Amico.

La Camera,
esaminato il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente «Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia»;
preso atto che l'articolo 10, comma 11 e seguenti prevede norme riguardanti l'istituzione dell'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua ed in particolare il comma 16 prevede le modalità di designazione dei vertici collegiali;
nell'ambito dell'esame in sede referente, è stato accolto l'emendamento Bratti 10.53, che prevede la nomina da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano di uno dei tre componenti dell'organo collegiale;
nella seduta del 14 giugno, in sede referente, è emersa la necessità, evidenziata dai Relatori, di coordinare il contenuto del sopraccitato emendamento 10.53 con il restante testo del comma 16, nel senso di sottoporre al parere delle Commissioni parlamentari tutte le designazioni ivi contemplate; tale modifica di coordinamento non risulta nel testo in discussione in Aula,

impegna il Governo

in sede di attuazione del comma 16 dell'articolo 10 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, a prevedere un'interpretazione estensiva della norma, sottoponendo al parere delle Commissioni parlamentari tutte e tre le designazioni ivi contemplate.
9/4357-A/144.Guido Dussin, Togni, Lanzarin, Alessandri, D'Amico, Bitonci.

La Camera,
esaminato il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente «Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia»;
preso atto che l'articolo 5, comma 2, lettera a) numero 2), nel testo originario del decreto-legge, permette, nell'ambito degli strumenti urbanistici attuativi, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria a scomputo, purché funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, con oneri a carico del titolare del permesso di costruire;
nel corso dell'esame del provvedimento in sede referente sono stati approvati alcuni emendamenti che hanno comportato la soppressione della norma,

impegna il Governo

nell'ambito dei prossimi provvedimenti legislativi di carattere finanziario, ad adottare le opportune iniziative dirette a riproporre una norma di analogo contenuto a quello dell'articolo 5, comma 2, lettera a) numero 2) del decreto-legge n. 70 del 2011, ai fini dell'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria a scomputo.
9/4357-A/145.Lanzarin, Togni, Guido Dussin, Alessandri, D'Amico, Bitonci.

La Camera,
esaminato il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente «Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia»;
preso atto che il comma 2, lettera f-octies), dell'articolo 6, prevede una proroga, non antecedente al 1o giugno 2012, da stabilire con decreto del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'entrata in vigore del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) per le piccole imprese fino a 10 dipendenti che trattano rifiuti pericolosi, essendo peraltro già escluse dal sistema le analoghe piccole imprese che trattano rifiuti non pericolosi;
tenuto conto che tale proroga è indispensabile per consentire un adeguato periodo transitorio alle piccole imprese, soprattutto quelle artigianali e manifatturiere;
considerato che occorrerebbe estendere tale periodo transitorio a tutti i soggetti che trattano rifiuti non pericolosi, almeno fino alla effettiva piena operatività del SISTRI, anche in considerazione delle norme comunitarie che prevedono l'obbligo della tracciabilità per i soli rifiuti pericolosi;
tenuto conto altresì che, i soggetti che non hanno l'obbligo di iscrizione al SISTRI sono obbligati a tenere i registri di carico e scarico ed, in particolare, l'articolo 190, comma 1, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, si presta ad una lettura per cui si potrebbe ritenere che l'obbligo della tenuta di registro di carico e scarico sia stata anche estesa agli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile che raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all'articolo 212, comma 8, nonché alle imprese edili e gli enti che, ai sensi dell'articolo 212, comma 8, del codice dell'ambiente, raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettera b), ossia rifiuti da costruzione, demolizione e da scavo,

impegna il Governo

nei prossimi decreti ministeriali relativi al SISTRI ad estendere il periodo transitorio dell'entrata in vigore integrale del sistema a tutti i soggetti che trattano rifiuti non pericolosi, almeno fino alla effettiva piena operatività del SISTRI, prevedendo altresì un chiarimento in merito all'esonero dal registro di carico e scarico da parte degli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile che raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi, nonché da parte delle imprese edili e gli enti che, ai sensi dell'articolo 212, comma 8, del codice dell'ambiente, raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettera b), ossia rifiuti da costruzione, demolizione e da scavo.
9/4357-A/146.Togni, Reguzzoni, Lanzarin, Guido Dussin, Alessandri, D'Amico, Bitonci.

La Camera,
in occasione dell'esame dell'Atto n. 4357-A recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia;
rilevando
come sussistano esigenze di straordinaria urgenza connesse alla necessità di assicurare continuità alla manutenzione ordinaria e straordinaria dei mezzi utilizzati dall'Esercito Italiano nelle missioni internazionali di pace, notoriamente soggetti ad un'usura più rapida;
sottolineando
altresì come il sostanziale blocco delle attività del Polo logistico di mantenimento pesante Nord obblighi attualmente le Forze armate a demandare la manutenzione ordinaria e straordinaria dei mezzi alle ditte private costruttrici, con conseguente aumento degli oneri a carico del bilancio della Difesa;
evidenziando
come la riattivazione del Polo logistico di mantenimento pesante Nord possa essere accelerato espletando i passaggi e le procedure finalizzate alla permuta di immobili ed infrastrutture oggetto dell'intesa stretta nell'aprile 2008 tra il Ministero della Difesa ed il comune di Piacenza, rimasti lettera morta per una serie di ragioni, tra le quali l'emersione di controversie in merito alla destinazione d'uso delle aree da permutare,

impegna il Governo

a porre allo studio la possibilità di prevedere, con uno strumento normativo adeguato, la nomina da parte del Ministero della Difesa di un Commissario e di un Vicecommissario ad acta, dotati di poteri analoghi a quelli riconosciuti ai commissari straordinari di cui al comma 5 dell'articolo 2 del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed incaricati di esprimere entro tempi ragionevolmente brevi dal loro insediamento un parere obbligatorio e vincolante in merito alla destinazione d'uso delle aree e degli immobili che il comune di Piacenza e l'amministrazione militare avevano convenuto di permutare nell'aprile 2008.
9/4357-A/147.Polledri, Alessandri, Tommaso Foti, D'Amico.

La Camera,
premesso che:
lo schema di decreto-legge approvato dal Cdm nella seduta del 6 maggio scorso ed oggi in conversione alla Camera dei Deputati, nel modificare l'articolo 32 del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 cosi come successivamente convertito dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, fa assumere alla proposta originaria di riordino della disciplina dei fondi immobiliari una valenza esclusivamente fiscale;
il cambio di prospettiva fiscale interviene dopo un anno di assoluta incertezza normativa vissuto inutilmente in attesa di un regolamento ministeriale fatto oggetto di un prolungato dibattito tra associazioni di categoria e Ministero e pubblicato in consultazione solo qualche settimana fa, avente contenuti del tutto diversi da quelli del nuovo decreto-legge tanto da esserne definitivamente superato;
il decreto-legge sposta l'asse fiscale dal fondo al partecipante, differenziando il trattamento fiscale dei partecipanti di uno stesso fondo:
per quelli che rientrano nell'elenco di cui al comma 3 dell'articolo 32 (lettere da a a h) (cosiddetti investitori istituzionali) come pure per i sottoscrittori privati che detengono quote del fondo in misura non superiore al 5 per cento del totale delle quote, il regime fiscale resta quello oggi vigente, vale a dire che agli stessi sarà applicata una ritenuta del 20 per cento sui proventi loro effettivamente distribuiti (a titolo d'imposta per le persone fisiche e a titolo d'acconto per le persone giuridiche);
per i partecipanti privati, diversi da quelli di cui all'elenco del comma 3 dell'articolo 32 e detentori di quote del fondo in misura superiore al 5 per cento delle quote complessivamente emesse, si introduce il regime della «cosiddetta imputazione dei redditi per trasparenza»;
il regime di tassazione previsto per tale ultima categoria di partecipanti presenta non poche criticità.
in linea di principio risulta condivisibile l'intento di limitare l'applicazione dell'attuale regime fiscale favorevole sui fondi immobiliari al fine di evitare forme di abuso dello strumento «fondo» per ragioni di puro vantaggio fiscale;
la soluzione adottata con il nuovo decreto, con riferimento ai partecipanti cosiddetta privati detentori di quote in misura superiore al 5 per cento delle quote del fondo, tuttavia pregiudica pesantemente una certa parte dell'industria del risparmio gestito operante nel settore immobiliare, senza proporzione con le finalità «antielusive» dichiarate e con ogni probabilità senza nessun apprezzabile incremento del gettito almeno fino a quando la crisi immobiliare in corso non sarà stata superata;
sarebbe peraltro opportuno - nel seguire l'indirizzo che mira a garantire una certa pluralità di sottoscrittori e che caratterizza il decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 successivamente convertito in legge, - introdurre una soglia di rilevanza per trattamenti fiscali (a questo punto non «antielusivi», bensì concretamente sanzionatori) del 20 per cento, direzione nella quale andava di fatto la bozza di regolamento già citata;
la strada scelta dal Legislatore del presente decreto eccede pacificamente lo scopo dichiarato e finisce con il pregiudicare ingiustamente e pesantemente l'industria «sana» del risparmio gestito, per di più con alcune scelte di dubbia correttezza tecnica;
l'esito delle scelte normative è l'impossibilità per un soggetto privato, singolo o società che sia, di sottoscrivere quote di un fondo per importi rilevanti (leggesi: sopra il 5 per cento del fondo), pena l'essere sottoposto ad una misura fiscale di carattere vessatorio;
chi detiene già simili partecipazioni, si vedrebbe ora costretto - con una criticabile portata retroattiva della norma - a dismetterle frettolosamente, collocando valori del tutto rilevanti (talvolta di milioni di euro) in un tempo breve con evidente rischio di danno patrimoniale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ripristinare con il primo provvedimento normativo utile, la precedente disciplina fiscale, parificando i soggetti privati con partecipazioni «qualificate» alle persone giuridiche, per le quali la ritenuta del 20 per cento costituisce mero acconto di imposta, da applicarsi per intero al momento del percepimento dei proventi;
ad introdurre parimenti una soglia di rilevanza per trattamenti fiscali evidentemente penalizzanti non inferiore al 20 per cento, direzione peraltro già richiamata dalla bozza di regolamento già citata.
9/4357-A/148.Pini, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per l'economia e prevede interventi sulla spesa pubblica in diversi ambiti settoriali;
nel corso della legislatura, il Governo, in linea con l'attenzione sempre dimostrata nei confronti delle vittime dei crack finanziari, ha accolto due ordini del giorno, a firma dell'on. Montagnoli (0/2936/IX/3) e dell'onorevole Di Vizia (9/03638/094), impegnandosi ad adottare ogni utile iniziativa volta a destinare i maggiori introiti della liquidazione della vecchia Alitalia alla copertura delle perdite finanziarie subite dagli azionisti e dagli obbligazionisti della società alla data del 4 giugno 2008, e a trovare nuovi strumenti per tutelare ed indennizzare gli ex azionisti di Alitalia prevedendo anche forme di concambio con le azioni della nuova Alitalia;
l'articolo 7-octies del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 reca misure a favore degli obbligazionisti e dei piccoli azionisti Alitalia, prevedendo un rimborso pari a 0,2722 euro per ogni azione, attraverso l'emissione di buoni del tesoro poliennali con scadenza il 31 dicembre 2012, senza interessi e con un limite massimo di 50.000 euro;
si rende necessario ed urgente, soprattutto in considerazione dell'imminente liquidazione in bonis della vecchia società Alitalia, completare il parziale rimborso previsto dal succitato decreto-legge, al fine di assicurare la difesa degli interessi economici e giuridici degli obbligazionisti e piccoli azionisti Alitalia, che hanno investito nella compagnia di bandiera;
il presidente Colaninno, presentando il progetto di bilancio per il 2010, approvato dal Consiglio di amministrazione del 25 febbraio 2011, ha evidenziato che il rilancio della nuova Alitalia sta procedendo speditamente con risultati eccellenti,

impegna il Governo

a procedere, entro dicembre 2012, al completamento del parziale rimborso degli obbligazionisti e piccoli azionisti Alitalia di cui all'articolo 7-octies del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, anche prevedendo nuovi strumenti di indennizzo e forme di concambio con le azioni della nuova Alitalia.
9/4357-A/149.Di Vizia, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca interventi sulla finanza pubblica in diversi;
il canone per i passi carrai, dovuto dai cittadini e dalle imprese che risiedono fuori dal cartello di centro abitato in favore di ANAS ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 143 del 1994 e richiamato dall'articolo 7 comma 2 del decreto-legge n. 138 del 2002, è determinato da parte della società medesima attraverso un provvedimento che ha natura discrezionale perché dà un contenuto numerico ai parametri indicati, genericamente, nell'articolo 27, comma 8 del Codice della strada e questo comporta una notevole difformità di trattamento da compartimento a compartimento e quindi una conseguente alterazione della concorrenza
l'articolo 55, comma 23 della legge n. 449 del 1997, relativamente ai cosiddetti «passi carrai», prevede che «Le entrate proprie dell'Ente nazionale per le strade, ente pubblico economico, derivanti dai canoni e dai corrispettivi dovuti per le concessioni e le autorizzazioni...., sono aggiornate ogni anno e in sede di primo adeguamento, l'aumento richiesto a ciascun soggetto titolare di concessione o autorizzazione non può superare il 150 per cento del canone o corrispettivo attualmente dovuto»;
successivamente l'ANAS S.p.a. avrebbe interpretato la norma secondo cui il limite del 150 per cento valeva solo per il primo anno di applicazione, mentre per gli anni successivi il canone sarebbe dovuto sulla base di parametri individuati dall'ANAS stessa e questo ha portato, in base alle nuove tabelle e coefficienti di calcolo, gli aumenti unilaterali da parte dell'Anas del canone;
gli utenti si trovano, di fatto, a pagare due volte le tasse sulle strade: sia, ordinariamente, per la manutenzione delle strade urbane, sia, straordinariamente, per la manutenzione delle strade regionali e statali e le cifre per l'accesso alla strada oscillano da qualche centinaio di euro per i cittadini privati fino a migliaia di euro per le attività commerciali;
molti cittadini, che hanno l'accesso della propria abitazione su strade ANAS, hanno ricevuto richieste di pagamento di canoni molto elevati, ormai quintuplicati rispetto all'origine e diversificati senza apparente motivo, come nel caso degli accessi sulla Via Romea tra Venezia e Chioggia e ritengono che la situazione sia in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico, così come sottolineato anche dal Difensore civico di Padova e della regione Veneto,

impegna il Governo

ad intervenire con le opportune iniziative normative affinché venga posta fine alla disparità di trattamento che subiscono i cittadini e le imprese da parte della società ANAS nelle modalità di calcolo del canone dovuto per i passi carrai, anche intervenendo sulle disposizioni di legge che affidano alla società medesima piena discrezionalità per il computo degli importi, nonché fissando criteri e modalità che impongano che gli incrementi dei canoni non superino l'andamento dell'inflazione.
9/4357-A/150.Gidoni, Reguzzoni, Montagnoli, Munerato, Bragantini, Callegari, Negro, Luciano Dussin, Bitonci, Dal Lago, Stefani, Lanzarin, Forcolin, Goisis, D'Amico, Guido Dussin, Dozzo.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate positivamente tutte le disposizioni in esso contenute a favore della ripresa del nostro sistema economico;
valutato i comuni sono gli enti che più soffrono degli impegni che l'Italia ha nei confronti dell'Unione Europea in termini di riduzione del debito pubblico;
preso atto che i comuni ormai hanno seri problemi nel realizzare le opere pubbliche necessarie ai propri cittadini, non tanto per il fatto che non dispongono delle risorse necessarie alla loro costruzione, ma per il fatto che, una volta realizzate, non potrebbero pagarle per rispettare i parametri fissati dal patto di stabilità interno;
valutato che sarebbe disastroso per i comuni sforare tali parametri, perché verrebbero drasticamente ridotti i trasferimenti correnti dello Stato, rendendo impossibile erogare la maggior parte dei servizi alla cittadinanza;
accertato che esistono spese in conto capitale improcrastinabili, che non devono essere considerate accessorie, ma fondamentali per la sicurezza dei cittadini,

impegna il Governo

a prevedere l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese necessarie alla realizzazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici.
9/4357-A/151.Reguzzoni, Montagnoli, Luciano Dussin, D'Amico, Desiderati, Lanzarin, Bitonci, Pirovano, Buonanno, Simonetti.

La Camera,
premesso che:
esaminato il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente «Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia»;
preso atto che l'articolo 10, comma 11 e seguenti prevede norme riguardanti la gestione delle risorse idriche;
tenuto conto che i Consorzi di cui all'articolo 63, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, provvedono alla regolazione del livello idrometrico dei laghi, ed in particolare il Consorzio dell'Adda provvede alla regolazione del livello idrometrico del lago di Como;
le continue alterazioni del livello idrometrico dei laghi, ed in particolare del lago di Como, rendono indispensabili lavori di continua manutenzione delle sponde del lago da parte dei comuni lacuali;
tali comuni lacuali non sono ricompresi tra i beneficiari delle risorse provenienti dai sovracanoni versati dai concessionari idroelettrici, oppure dalle quote dei contributi gravanti sui consorziati del Consorzio di regolazione del livello idrometrico del lago, versati da imprese idroelettriche e consorzi irrigui;
la disciplina dei consorzi che provvedono alla regolazione del livello idrometrico dei laghi si basa su Regi Decreti che si presentano oramai obsoleti e necessitano di una revisione normativa,

impegna il Governo

a rivedere la disciplina dei consorzi di cui all'articolo 63, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che provvedono alla regolazione del livello idrometrico dei laghi, prevedendo in particolare un incremento, almeno del 30 per cento, della quota di contributo gravante su ciascun consorziato, allo scopo di ripartire i relativi introiti tra i comuni lacuali, proporzionalmente all'estensione della rispettiva riva di competenza, destinando gli introiti incrementali ad opere di manutenzione della fascia costiera e azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, da individuare mediante accordo di programma fra ciascuna provincia e il Consorzio interessato.
9/4357-A/152.Nicola Molteni, Alessandri, Guido Dussin, D'Amico, Bitonci, Rivolta, Braga.

La Camera,
premesso che:
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate positivamente tutte le disposizioni in esso contenute a favore della ripresa del nostro sistema economico;
valutato i comuni sono gli enti che più soffrono degli impegni che l'Italia ha nei confronti dell'Unione Europea in termini di riduzione del debito pubblico;
preso atto che i comuni ormai hanno seri problemi nel realizzare le opere pubbliche necessarie ai propri cittadini, non tanto per il fatto che non dispongono delle risorse necessarie alla loro costruzione, ma per il fatto che, una volta realizzate, non potrebbero pagarle per rispettare i parametri fissati dal patto di stabilità interno;
valutato che sarebbe disastroso per i comuni sforare tali parametri, perché verrebbero drasticamente ridotti i trasferimenti correnti dello Stato, rendendo impossibile erogare la maggior parte dei servizi alla cittadinanza;
valutato che anche i Comuni possono attivamente contribuire al miglioramento della sicurezza dei cittadini, affiancando le forze dell'ordine nell'opera di prevenzione e repressione dell'illegalità e della violenza,

impegna il Governo

a prevedere l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese relative alle funzioni di sicurezza urbana.
9/4357-A/153.Luciano Dussin, Reguzzoni, Montagnoli, D'Amico, Desiderati, Lanzarin, Bitonci, Pirovano, Buonanno, Simonetti.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, attuativo di talune parti del Programma nazionale di riforma, allegato al Documento di economia e finanza, rappresenta il primo di una serie di provvedimenti, che non avrà impatto sulla finanza pubblica, al fine di rilanciare l'economia nazionale e semplificare l'impatto sulla vita dei cittadini e dei contribuenti, in un contesto caratterizzato dalla scarsità di risorse disponibili, anche in relazione all'andamento dell'economia internazionale;
appaiono condivisibili in particolare gli interventi previsti dall'articolo 7 comma 2 lettera n) volti a semplificare le procedure di riscossione delle somme dovute in base agli avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia delle entrate, contenenti l'intimazione ad adempiere all'obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati, nonché di razionalizzare gli oneri a carico dei contribuenti destinatari dei predetti atti, all'articolo 29 del decreto- legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, gli interventi previsti dal Governo in materia di differimento;
il nuovo termine di differimento dell'esecuzione forzata è stabilito in 180 giorni rispetto ai precedenti 120 giorni inerenti alla sospensione dell'accertamento esecutivo nel caso in cui i giudici amministrativi non fossero nelle condizioni di definire il predetto accertamento, è senza dubbio finalizzato ad agevolare il contribuente sostenendolo maggiormente in un rapporto difficile con il sistema tributario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a differire ulteriormente il termine dell'esecuzione forzata stabilendo in 365 giorni, la sospensione dell'accertamento contributivo delle procedure di riscossione delle somme dovute in base agli avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia delle entrate.
9/4357-A/154.Di Cagno Abbrescia.

La Camera,
premesso che:
dall'approvazione dell'articolo 1, comma 605, lettera c) della legge 27 dicembre 2006 (Legge finanziaria 2007) le graduatorie permanenti sono state trasformate in graduatorie ad esaurimento ipotizzando contestualmente una «fase transitoria» che prevedeva «eventuali adattamenti». (L'articolo 1 al comma 605 della Legge 296 del 2006 così recita: «in attesa di un nuovo sistema di reclutamento...il Ministro della pubblica istruzione realizza un'attività di monitoraggio, anche al fine di individuare nuove modalità di formazione e abilitazione e di innovare e aggiornare gli attuali sistemi di reclutamento del personale docente, nonché di verificare, al fine della gestione della fase transitoria, l'opportunità di procedere a eventuali adattamenti in relazione a quanto previsto nei periodi successivi»);
considerato che in questa fase transitoria è stato effettuato un primo «adattamento» alla Legge 296 del 2006 nel 2008, con l'approvazione di un emendamento che ha consentito una «finestra di inserimento», a circa 21.000 docenti l'inserimento a pieno titolo e con riserva nella III fascia nelle Graduatorie ad Esaurimento con l'articolo 5-bis del decreto-legge 1 settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169;
considerato il perdurare della fase transitoria in cui ancora non si è intervenuto sulle nuove norme per il reclutamento;
considerato che questo primo «adattamento» ha creato evidente discriminazione e disparità di trattamento tra le categorie di docenti immatricolati nel 2007/08 che sono stati inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e le categorie di docenti abilitandi ed abilitati immatricolati dal 2008/09 in poi, che avevano intrapreso un identico percorso di studi ovvero tramite concorso, lezioni a frequenza obbligatoria, esami in itinere, tirocinio in aula, esame finale abilitante presso corsi a numero chiuso attivati annualmente dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e ai quali non veniva garantito l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento è stato presentato alla camera la proposta emendativa 9.25 Pagano all'articolo 9 comma 20 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 «Semestre europeo - prime disposizioni urgenti per l'economia» approvata in V e VI commissione riunite per applicare la modifica all'articolo 5-bis del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169 applicando un principio di uguaglianza tra tutti i docenti che hanno conseguito e che stanno per conseguire l'abilitazione all'insegnamento con il «vecchio» sistema di formazione iniziale dei docenti.
visto il nuovo decreto sulla formazione dei docenti, decreto n. 249 del 2010 «Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado», entrato in vigore il 15 febbraio 2011;
visto l'articolo 15 del suindicato decreto n. 249 del 2010, nel quale si attribuiscono pari diritti di trattamento ai docenti iscritti dal 2007 al 2010 ai corsi abilitanti di Scienze della formazione primaria e ai corsi abilitanti di cui ai decreti ministeriali 82 del 2004 e 137 del 2007 (Strumento Musicale). (Articolo 15 «Norme transitorie e finali». Comma 19. «Coloro i quali alla data di entrata in vigore del presente decreto sono iscritti al corso di laurea in scienze della formazione primaria concludono il corso di studi e conseguono l'abilitazione all'insegnamento nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria secondo la normativa vigente all'atto dell'immatricolazione». Comma 20. «I diplomi accademici di II livello conseguiti ai sensi del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 82 del 7 ottobre 2004, e del decreto del Ministro dell'università e della ricerca n. 137 del 28 settembre 2007, entro la data di entrata in vigore del presente decreto mantengono la loro validità ai fini dell'insegnamento nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, per le classi di concorso o di abilitazione di riferimento. Coloro i quali alla data di entrata in vigore del presente decreto sono iscritti ai corsi di diploma di II livello ad indirizzo didattico abilitante di cui al decreto del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 7 ottobre 2004 n. 82 e al decreto del ministro dell'università e della ricerca 28 settembre 2007 n. 137 presso le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, concludono il corso di studi secondo la normativa vigente all'atto dell'immatricolazione e precedente l'entrata in vigore del presente decreto, con il conseguimento del previsto titolo finale abilitante per l'accesso all'insegnamento, limitatamente alle relative classi di concorso o di abilitazione per le quali sono stati ammessi»);
considerato che non si è ancora intervenuto sulle nuove modalità di reclutamento e a chiudere quindi la fase transitoria,

impegna il Governo

a chiudere la fase transitoria ed a consentire l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento di tutti i docenti che hanno conseguito l'abilitazione all'insegnamento con il «vecchio» sistema di formazione dei docenti in vigore fino al 2010, in quanto unico canale di reclutamento di fatto esistente fino all'approvazione del «nuovo» sistema di reclutamento;
intervenire sulle nuove norme per il reclutamento e chiudere quindi la fase transitoria del «vecchio» sistema di reclutamento.
avviare le procedure della «nuova» fase di formazione dei docenti già dall'anno 2011 visto il Decreto n. 249 del 2010 «Nuovo regolamento che disciplina la formazione iniziale dei docenti, entrato in vigore il 15 febbraio 2011».
9/4357-A/155.Pagano, Fallica, Marinello, Pugliese, Vincenzo Antonio Fontana, Germanà, Pelino, Grimaldi, Stagno d'Alcontres, Terranova, Garofalo, Minardo, Gibiino, Iapicca, Torrisi.