XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 5 luglio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 19 LUGLIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
da quanto emerge dal rapporto annuale Istat per il 2011, il 50 per cento delle pensioni non arriva a 500 euro e la quota sale al 79 per cento se si considera la soglia dei 1.000 euro lordi mensili. L'11,1 per cento presenta importi compresi tra 1.000 e 1.500 euro mensili e il 9,9 per cento superiori a 1.500 euro;
tra le pensioni da 500 a 1.000 euro mensili continuano a prevalere le pensioni femminili con il 30,5 per cento rispetto al 24,9 per cento delle pensioni maschili, il trend si inverte nelle classi di importo più elevato, laddove le pensioni dei titolari maschi presentano pesi percentuali nettamente più significativi: il 18,9 per cento tra i 1.000 e i 1.500 euro mensili (contro il 5,6 per cento per le donne) e il 20,2 per cento con importi superiori ai 1.500 euro mensili (a fronte di appena il 2,6 per cento per le pensioni erogate alle donne);
il gruppo più numeroso di pensionati è rappresentato dai titolari di sole pensioni di vecchiaia (7,2 milioni), ai quali è destinato un reddito pensionistico lordo medio mensile pari a 1.182,82 euro. Il secondo gruppo in termini di numerosità è costituito dai titolari di almeno due pensioni di tipo previdenziale non della stessa specie (1,6 milioni) che mediamente ricevono 1.185,31 euro al mese. Seguono i beneficiari di sole pensioni assistenziali (1,5 milioni) che percepiscono mediamente 621,71 euro mensili e, nell'ordine, i percettori di prestazioni assistenziali associate a una qualche prestazione di tipo previdenziale (1,4 milioni) con importi medi mensili pari a 1.338,98 euro, i titolari di sole pensioni ai superstiti (1,3 milioni) che ricevono mediamente ogni mese 869,15 euro e i beneficiari di sole pensioni di invalidità previdenziale (circa 717mila) con importi medi mensili di 754,30 euro;
i dati prodotti dall'Inps e dall'Istat evidenziano un elevato rischio di povertà, cui sono soggette soprattutto le donne e i titolari di sole pensioni di vecchiaia con redditi pensionistici lordi mensili più bassi della media. Nel 2010 c'è stato un boom di erogazione delle pensioni, probabilmente dovuto dal fatto che dal 2011 bisognerà lavorare più a lungo per andare in pensione;
è conclamato che negli ultimi anni la condizione è peggiorata per le famiglie dove convivono più generazioni, soprattutto se sono presenti minori, per le famiglie con persone in cerca di occupazione, specialmente se la fonte di reddito familiare è una pensione, e per le famiglie con a capo un lavoratore a basso profilo professionale. Segnali di miglioramento si osservano soltanto tra le famiglie di anziani sia soli sia in coppia, soprattutto se residenti al Nord. Tra gli anziani, tuttavia, permane la vulnerabilità in termini economici delle donne; le anziane possono contare su pensioni di importo mediamente più modesto e spesso sostengono i figli conviventi con difficoltà a raggiungere l'indipendenza economica;
gli interventi finora messi a punto dal Governo, non solo non risultano efficaci per le giovani generazioni, ma sembrano gravare, nel lungo periodo, soprattutto su di loro e su quanti, oggi, possono vantare il «privilegio» di lavorare, pur vedendo sempre più allontanarsi l'accesso ad una pensione dignitosa;
le misure introdotte dalla manovra finanziaria dell'estate 2010 (decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010) hanno introdotto un adeguamento dei requisiti di accesso alla pensione agli incrementi della speranza di vita (il primo adeguamento decorrerà dal 2015 e con un aumento non superiore a 3 mesi) determinando l'allontanamento dell'accesso alla pensione. Con le nuove regole la decorrenza si colloca: 12 mesi dopo il raggiungimento dei requisiti se la pensione è

liquidata a carico di una gestione dei lavoratori dipendenti (pubblici o privati); 18 mesi dopo il perfezionamento dei requisiti se la pensione è liquidata a carico di una delle gestioni dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti o coltivatori diretti, gestione separata o liquidata in regime di totalizzazione). Nel mese di gennaio 2011 ha debuttato il nuovo regime delle decorrenze («finestra mobile») e la conferma dell'età pensionabile per le donne del pubblico impiego (61 anni d'età). Mentre, a partire dal 2012, si avrà l'innalzamento dell'età pensionabile a 65 anni di età per le donne del pubblico impiego iscritte a forme esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria. A decorrere dal gennaio 2011, in base alle disposizioni della legge n. 247 del 2007, opera altresì l'aumento dei requisiti per l'accesso alla pensione di anzianità nel sistema retributivo o misto ed alla pensione di vecchiaia nel sistema contributivo (quote);
il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla la legge n. 122 del 2010 ha portato con sé modifiche all'istituto della ricongiunzione, gratuita in alcuni casi, nelle disposizioni normative precedenti (per gli statali, per tutti i lavori dipendenti e per i dirigenti che volessero ricongiungere i contributi presso l'Inps), sempre onerosa a partire dal 1o luglio 2010;
proprio perché gli interessati sono i giovani, maggiormente sottoposti alla discontinuità lavorativa e previdenziale, si dovrebbero commisurare le riforme sulla previdenza con misure in grado di mitigarne almeno gli effetti negativi su di loro. In quest'ottica, il grande assente è dunque il capitolo della previdenza integrativa (i fondi pensione). Nessun intervento è stato messo in cantiere su questo fronte; probabilmente si è persa un'occasione per stimolare il risparmio previdenziale privato soprattutto con la previsione di incentivi. Oggi più di ieri, e a maggior ragione dopo gli ultimi interventi di riforma, la strada di una previdenza integrativa (a quella pubblica) non è più solo necessaria, ma è ormai indispensabile per «adeguare» il futuro assegno pensionistico delle giovani generazioni;
inoltre, non bisogna trascurare che la vita lavorativa variegata, che porta la maggior parte dei lavoratori a passare dal lavoro dipendente al lavoro a progetto e viceversa, potrebbe portare ad accumulare contributi versati in diverse gestioni previdenziali, con difficoltà nel raggiungimento dei requisiti che permettano di andare in pensione ed avere perlomeno parte di quello che si è versato;
per venire incontro a queste esigenze, sono in discussione in sede referente in Commissione XI (Lavoro) alla Camera dei deputati delle iniziative che hanno l'obiettivo di ottenere un'unica pensione, attraverso il cumulo di tutti i contributi versati, avvalendosi dell'istituto della totalizzazione, di cui possono usufruire, senza oneri, tutti i lavoratori che abbiano versato contributi presso più gestioni;
ad essere sotto pressione non è solo il sistema pensionistico italiano, ma quello europeo in generale, anche a causa dell'invecchiamento demografico. Dal 2012 la popolazione attiva in Europa comincerà a diminuire, per questa ragione molti Stati membri hanno già modificato i loro sistemi pensionistici in varia misura, ma la crisi economica e finanziaria ha reso la situazione ancora più difficile e urgente;
secondo la Commissione europea, affinché l'Unione europea possa sostenere e integrare efficacemente gli sforzi dei Paesi membri, il quadro europeo di coordinamento e regolamentazione, oggi incompleto e frammentato, dovrà essere riesaminato nel suo complesso. Politica sociale, politica economica e regolamentazione finanziaria sono infatti interdipendenti e proprio su questi ambiti il libro verde ha focalizzato l'attenzione indicando alcune proposte per la realizzazione dell'obiettivo prestabilito;
dal Libro verde della Commissione europea «Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa», emerge la convinzione che, per conciliare

l'adeguatezza delle prestazioni con la sostenibilità della spesa, risulti indispensabile intervenire sull'età effettiva di pensionamento e sul periodo contributivo necessario per acquisire il diritto al trattamento pensionistico. È parere condiviso che il ritorno a tassi di crescita soddisfacenti costituisce la premessa indispensabile per salvaguardare l'obiettivo primario di assicurare a coloro che si ritirano dal lavoro mezzi adeguati ai bisogni;
secondo il Libro verde, l'aumento della disoccupazione, il rallentamento della crescita, l'espansione del debito pubblico e la volatilità dei mercati finanziari hanno reso più difficile far fronte alle promesse pensionistiche. La crisi, insomma, ha reso più urgente la necessità di garantire pensioni adeguate, di adottare riforme che migliorino la sostenibilità delle finanze pubbliche e di aumentare l'età effettiva di pensionamento. L'adeguatezza delle future pensioni dipenderà pertanto sia dai rendimenti sui mercati finanziari, sia dalla possibilità offerta dai mercati del lavoro di carriere contributive più lunghe e con minori interruzioni;
purtroppo, per molti lavoratori i sistemi pensionistici riformati aumentano il rischio di inadeguatezza delle pensioni, poiché i tassi netti di sostituzione diminuiranno in molti Stati membri. La Commissione europea ha proposto delle iniziative che in parte l'Italia ha recepito, quale quella di posticipare l'uscita dal mercato del lavoro e l'introduzione di meccanismi di adeguamento automatico in grado di legare l'età della pensione all'aumento della speranza media di vita;
è ormai improcrastinabile la necessità di intervenire con programmi strutturati di riforma che siano in grado di assicurare pensioni dignitose per le giovani generazioni, attraverso riforme dei sistemi pensionistici integrate da misure sostanziali che consentano ai lavoratori di mantenere la loro occupabilità durante tutta la vita attiva, offrendo loro possibilità adeguate di riqualificazione (nuove tecnologie e nuovi servizi che permettono forme flessibili di lavoro grazie al telelavoro e al perfezionamento delle competenze),


impegna il Governo:


ad attuare ogni utile intervento finalizzato a garantire la ripresa di una forte iniziativa pubblica sulla previdenza complementare, diretta a rilanciare e sostenere i fondi pensione e ad informare tutti i lavoratori sulle opportunità offerte dal secondo pilastro;
a prevedere iniziative normative strutturate e armonizzate tra i diversi sistemi pensionistici, atte ad assicurare un reddito di pensione adeguato, anche attraverso la solidarietà tra generazioni e all'interno di una stessa generazione, dando sufficiente spazio ai diritti complementari, ad esempio dando la possibilità ai cittadini di lavorare più a lungo favorendo contemporaneamente l'accesso a regimi di pensione complementare;
ad avviare tempestivamente un processo di riforma dell'istituto della totalizzazione ampliando il ventaglio delle possibilità offerte al lavoratore di cumulare, senza oneri, i periodi contributivi di cui è in possesso, così come proposto anche a livello parlamentare con le iniziative in discussione in sede referente alla Commissione lavoro della Camera dei deputati finalizzate all'abbattimento del limite dei tre anni previsto dalla normativa attualmente in vigore;
a garantire, in linea con la strategia «Europa 2020» e con l'obiettivo europeo di generare redditi di pensione adeguati e sostenibili per mezzo di riforme dei sistemi pensionistici, un miglior sostegno agli Stati membri che affrontano il difficile compito di garantire ai propri cittadini pensioni adeguate, sia oggi che in futuro.
(1-00674)
«Poli, Della Vedova, Lanzillotta, Lo Monte, Galletti, Ruggeri, Binetti, Libè, Anna Teresa Formisano, Delfino, Dionisi, Compagnon, Naro, Ciccanti, Volontè, Occhiuto, Pezzotta, Lo Presti, Buonfiglio, Commercio».

La Camera,
premesso che,
la sempre maggiore tendenza alla diversificazione delle attività lavorative nel corso della vita attiva ha reso più pressante la necessità di intervenire con strumenti legislativi per poter consentire un adeguato riconoscimento previdenziale delle attività prestate nel circuito lavorativo;
con decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni. dalla legge n. 122 del 2010, è stata introdotta la regola dell'onerosità per tutte le fattispecie di ricongiunzione contributiva ed è stata eliminata la costituzione gratuita della posizione assicurativa in Inps;
l'intervento di riforma, seppure dettato da esigenze di prevenzione e di deterrenza di comportamenti elusivi per avvalersi di regimi previdenziali più favorevoli rispetto all'ordinario regime di appartenenza, nonché di eliminare la possibilità di beneficiare di trattamenti di miglior favore, ha, tuttavia, prodotto effetti distorsivi rispetto alle aspettative previdenziali di molti lavoratori, anche in relazione alla possibilità di accedere agevolmente al trattamento pensionistico spettante;
l'esame del vigente quadro normativo, in relazione all'obiettivo di valorizzare tutta la contribuzione versata nelle diverse gestioni previdenziali ai fini del conseguimento del diritto ad un unico trattamento pensionistico, evidenzia una variegata composizione delle opzioni attivabili, legate, tuttavia, alla presenza di stringenti requisiti legati all'età anagrafica e alla contribuzione maturata nelle gestioni interessate;
la totalizzazione dei contributi è un meccanismo che permette ai lavoratori che nel corso della loro attività lavorativa hanno versato contributi in diverse casse, gestioni o fondi previdenziali di poterli cumulare, per avere così diritto ad un'unica pensione di vecchiaia o di anzianità, e può essere utilizzata in maniera gratuita da tutti i lavoratori iscritti a due o più forme di assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, dagli iscritti alle forme sostitutive esclusive ed esonerative dell'assicurazione generale obbligatoria, nonché dai liberi professionisti;
alla luce dei profondi cambiamenti che ha registrato in questi ultimi anni il mercato del lavoro, tale meccanismo appare particolarmente utile per i lavoratori parasubordinati iscritti alla cosiddetta gestione separata, i cui contributi non possono essere ricongiunti ad altra cassa o fondo di previdenza;
attualmente la totalizzazione ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia e di anzianità può essere effettuata tenendo conto dei periodi contributivi delle sole gestioni nelle quali si è in possesso di anzianità contributiva, pari ad almeno tre anni, e riguarda tutti e per intero i periodi contributivi versati nella singola gestione;
nel determinare l'anzianità contributiva posseduta dall'assicurato ciascuna gestione tiene conto esclusivamente delle regole del proprio ordinamento;
ai fini della determinazione dell'ammontare della prestazione, è prevista l'applicazione del calcolo contributivo secondo i parametri e i criteri contenuti nel decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 180, in materia di opzione per la liquidazione del trattamento pensionistico, che, come è noto, danno luogo ad un trattamento pensionistico meno generoso di quello determinato secondo le modalità di calcolo del sistema retributivo e/o misto; da ciò consegue un disincentivo, nei fatti, all'utilizzo della totalizzazione, con particolare riferimento a tali categorie di lavoratori;
nella XI Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati è in corso l'esame di due proposte di legge sostanzialmente simili nel contenuto (Atti Camera n. 3871 e n. 4260): nelle sedute della Commissione del 17 maggio, del 22 giugno e del 29 giugno 2011 è stato riunito al riguardo il comitato ristretto, con la

prospettiva concreta di arrivare in tempi brevi alla formulazione di un testo base condiviso,


impegna il Governo:


ad assumere le opportune iniziative normative per consentire la possibilità di cumulare ai fini del diritto a un unico trattamento pensionistico i periodi assicurativi non coincidenti, di qualsiasi durata, posseduti presso le diverse gestioni, attraverso la determinazione pro quota del trattamento stesso, ferma restando la facoltà di attivare - in alternativa - la ricongiunzione onerosa, al fine di ottenere un trattamento di miglior favore;
a valutare l'opportunità di rimuovere il limite dei tre anni per quanto riguarda la possibilità di totalizzazione;
ad assumere le iniziative di competenza, ove possibile, anche in sede di interpretazione autentica, per chiarire i casi di effettiva applicabilità di quanto previsto, in materia di ricongiunzione onerosa, nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
(1-00675)
«Cazzola, Fedriga, Moffa, Baldelli, Antonino Foti, Caparini, Pelino, Vincenzo Antonio Fontana, Scandroglio, Ceccacci Rubino, Munerato, Bonino, Giammanco, Mottola, Lorenzin».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera
premesso che,
la sempre maggiore tendenza alla diversificazione delle attività lavorative nel corso della vita attiva ha reso più pressante la necessità di intervenire con strumenti legislativi per poter consentire un adeguato riconoscimento previdenziale delle attività prestate nel circuito lavorativo;
con decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni. dalla legge n. 122 del 2010, è stata introdotta la regola dell'onerosità per tutte le fattispecie di ricongiunzione contributiva ed è stata eliminata la costituzione gratuita della posizione assicurativa in Inps;
l'intervento di riforma, seppure dettato da esigenze di prevenzione e di deterrenza di comportamenti elusivi per avvalersi di regimi previdenziali più favorevoli rispetto all'ordinario regime di appartenenza, nonché di eliminare la possibilità di beneficiare di trattamenti di miglior favore, ha, tuttavia, prodotto effetti distorsivi rispetto alle aspettative previdenziali di molti lavoratori, anche in relazione alla possibilità di accedere agevolmente al trattamento pensionistico spettante;
l'esame del vigente quadro normativo, in relazione all'obiettivo di valorizzare tutta la contribuzione versata nelle diverse gestioni previdenziali ai fini del conseguimento del diritto ad un unico trattamento pensionistico, evidenzia una variegata composizione delle opzioni attivabili, legate, tuttavia, alla presenza di stringenti requisiti legati all'età anagrafica e alla contribuzione maturata nelle gestioni interessate;
la totalizzazione dei contributi è un meccanismo che permette ai lavoratori che nel corso della loro attività lavorativa hanno versato contributi in diverse casse, gestioni o fondi previdenziali di poterli cumulare, per avere così diritto ad un'unica pensione di vecchiaia o di anzianità, e può essere utilizzata in maniera gratuita da tutti i lavoratori iscritti a due o più forme di assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, dagli iscritti alle forme sostitutive esclusive ed esonerative dell'assicurazione generale obbligatoria, nonché dai liberi professionisti;
alla luce dei profondi cambiamenti che ha registrato in questi ultimi anni il mercato del lavoro, tale meccanismo appare particolarmente utile per i lavoratori parasubordinati iscritti alla cosiddetta gestione separata, i cui contributi non possono essere ricongiunti ad altra cassa o fondo di previdenza;
attualmente la totalizzazione ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia e di anzianità può essere effettuata tenendo conto dei periodi contributivi delle sole gestioni nelle quali si è in possesso di anzianità contributiva, pari ad almeno tre anni, e riguarda tutti e per intero i periodi contributivi versati nella singola gestione;
nel determinare l'anzianità contributiva posseduta dall'assicurato ciascuna gestione tiene conto esclusivamente delle regole del proprio ordinamento;
ai fini della determinazione dell'ammontare della prestazione, è prevista l'applicazione del calcolo contributivo secondo i parametri e i criteri contenuti nel decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 180, in materia di opzione per la liquidazione del trattamento pensionistico, che, come è noto, danno luogo ad un trattamento pensionistico meno generoso di quello determinato secondo le modalità di calcolo del sistema retributivo e/o misto; da ciò consegue un disincentivo, nei fatti, all'utilizzo della totalizzazione, con particolare riferimento a tali categorie di lavoratori;
nella XI Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati è in corso l'esame di due proposte di legge sostanzialmente simili nel contenuto (Atti Camera n. 3871 e n. 4260): nelle sedute della Commissione del 17 maggio, del 22 giugno e del 29 giugno 2011 è stato riunito al riguardo il comitato ristretto, con la prospettiva concreta di arrivare in tempi brevi alla formulazione di un testo base condiviso,


impegna il Governo:


ad assumere le opportune iniziative normative per consentire la possibilità di cumulare ai fini del diritto a un unico trattamento pensionistico i periodi assicurativi non coincidenti, di qualsiasi durata, posseduti presso le diverse gestioni attraverso la determinazione pro quota del trattamento stesso, ferma restando la facoltà di attivare - in alternativa - la ricongiunzione onerosa, al fine di ottenere un trattamento di miglior favore, valutando anche le modalità con le quali rimuovere il limite dei tre anni per quanto riguarda la possibilità di totalizzazione;
ad assumere le iniziative di competenza, ove possibile anche in sede di interpretazione autentica, per chiarire ab initio i casi di effettiva applicabilità di quanto previsto, in materia di ricongiunzione onerosa, nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
(1-00675)
(Nuova formulazione) «Cazzola, Fedriga, Moffa, Baldelli, Antonino Foti, Caparini, Pelino, Vincenzo Antonio Fontana, Scandroglio, Ceccacci Rubino, Munerato, Bonino, Giammanco, Mottola, Lorenzin».

La Camera,
premesso che:
la città di Napoli e gran parte della provincia sono letteralmente invase dai rifiuti;
le responsabilità dell'attuale emergenza sono, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, ascrivibili in larga parte all'amministrazione comunale che non ha garantito l'attuazione della raccolta differenziata;
i governi regionali della Campania, a guida di centrosinistra, hanno contribuito, sempre ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, con inadempienze e con scelte inappropriate e unicamente finalizzate al mantenimento di clientele, ad alimentare l'attuale stato di emergenza che colpisce la città di Napoli;
nonostante gli sforzi e l'efficacia degli interventi operati dal Governo in carica, le mancanze dell'amministrazione comunale di Napoli hanno impedito alla città di mantenere lo stato di decoro più volte determinato dall'azione dell'Esecutivo;
dopo l'emergenza del 2008, nelle altre province campane e nei rispettivi capoluoghi il problema dei rifiuti non si è ripresentato, ponendo in evidenza ulteriormente le responsabilità dell'amministrazione comunale napoletana, unica a non aver garantito un livello minimo di raccolta differenziata e unica a non aver saputo organizzare un adeguato ed efficace servizio di raccolta;
la situazione nella quale versa la città di Napoli non solo rischia di costituire un pericolo per la salute dei napoletani, ma colpisce gravemente l'economia della città, della regione e dell'intero Paese;
le immagini di Napoli stanno avendo un risalto internazionale, scoraggiando gli stranieri che, in prossimità della stagione estiva, preferiscono altre mete o annullano le prenotazioni già fatte;
pertanto, l'emergenza rifiuti non è un problema solo napoletano o campano ma riguarda l'intero Paese;
il Governo in carica ha affrontato con efficacia altre emergenze che hanno colpito altre zone del Paese, al Centro e al Nord;
in tali occasioni il Governo si è mostrato unito e le diverse forze politiche, rappresentate nell'Esecutivo e in Parlamento

che sono espressione del sud del Paese, hanno garantito convintamente la loro solidarietà e il loro supporto;
in data 30 giugno 2011 il Governo ha varato, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo con inusitato ritardo, un decreto-legge (n. 94 del 2011) che, nelle intenzioni delle istituzioni e delle forze politiche che lo hanno sollecitato, doveva servire ad affrontare con maggiore efficacia l'attuale emergenza e a risolverla definitivamente;
il sopra citato decreto-legge è, ad avviso firmatari del presente atto di indirizzo, invece, uno strumento non sufficiente a risolvere l'emergenza;
le più alte cariche istituzionali del Paese hanno sottolineato l'insufficienza del decreto-legge adottato dal Governo;
con enorme rammarico il Paese e il popolo meridionale sono stati costretti ad assistere ad una ingiustificabile spaccatura in seno al Consiglio dei ministri, alla luce della grave emergenza che si è venuta a determinare a Napoli,


impegna il Governo:


a varare con la massima urgenza un nuovo decreto-legge che tenga conto delle indicazioni provenienti dalla giunta regionale della Campania e che serva a risolvere concretamente l'attuale emergenza rifiuti che, in queste ore, colpisce ancora la città di Napoli;
ad istituire un tavolo tra l'Esecutivo, la regione Campania, la provincia e il comune di Napoli, che in tempi brevi elabori una soluzione definitiva al problema dello smaltimento dei rifiuti a Napoli;
ad evitare in futuro che il Governo adotti una disparità di trattamento nell'affrontare le emergenze soprattutto in virtù della loro localizzazione geografica.
(1-00676)
«Iannaccone, Moffa, Belcastro, D'Anna, Grassano, Gianni, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Nola, Orsini, Pionati, Pisacane, Porfidia, Razzi, Ruvolo, Sardelli, Scilipoti, Siliquini, Soglia, Stasi, Taddei».

La Camera,
premesso che:
il problema dei rifiuti a Napoli e in Campania è un problema mai risolto, dall'inizio degli anni 90; un lungo periodo nel quale si sono intrecciati ritardi, inadeguatezze, malaffare, cattiva amministrazione e camorra;
la questione dello smaltimento dei rifiuti è questione nazionale. Pur consapevoli delle gravi responsabilità delle classi dirigenti locali, Napoli, la sua provincia, la Campania, le altre città e regioni che potrebbero cadere nel medesimo dramma sociale sono l'Italia, una nella sua legittimazione democratica e nella sua personalità internazionale;
la logica dell'emergenza e degli interventi di emergenza, abusata e divenuta insopportabile, ha dimostrato tutta la sua inefficienza, dal momento che ha contribuito a nascondere le cause più profonde del fenomeno; ha contribuito a far scambiare gli effetti (mancanza di programmazione, mancanza di informazione, mancanza di impianti, mancanza di politiche collaterali per la difesa della salute, mancanza di trasparenza) per le cause della crisi. Queste sono costituite dalla crisi politico-amministrativa che travaglia la Campania, le sue province, i suoi comuni, le sue istituzioni, il personale pubblico, i suoi rapporti con i fornitori privati di servizi; a nulla sono serviti la decretazione d'urgenza, la Protezione civile, l'esercito, le deroghe a pioggia;
nel succedersi dei quadri di un dramma infinito, il malaffare, le incursioni camorristiche profonde ed emergenti, il fallimento di ogni iniziativa, l'uso scomposto del dolore della gente, la speranza civica degli italiani, la vigilanza politica

degli organismi internazionali hanno, ciascuno per la propria parte, per il proprio interesse o per i propri doveri, potuto dolersi o rallegrarsi della sequela di promesse e bugie, di annunci e di nascondimenti e, infine, di egoismi e lacerazioni;
il Governo è risultato nella persona del suo Presidente, del suo Capo, il responsabile più visibile del fallimentare succedersi di iniziative, nessuna delle quali si è rivelata oggettivamente nell'interesse della Campania, di Napoli, dei loro cittadini; il 1o luglio 2008, il Presidente Berlusconi ha annunciato: «entro fine luglio non ci saranno più rifiuti per le strade» e che a gennaio avrebbe funzionato il termovalorizzatore di Acerra che ad aprile sarà finalmente a pieno regime; il 18 luglio 2008 ha annunciato: «dopo 58 giorni Napoli è tornata ad essere una città pulita, una città occidentale, dove non c'è più il disastro della spazzatura nelle strade (...) si tratta di un piano che avrà tempi anticipati rispetto al programma (...) e così si potrebbero dimezzare i tempi di costruzione dei termovalorizzatori»; il 1o ottobre 2008 ha annunciato: «è finita l'emergenza, la situazione è sotto controllo (...) verrò a Napoli tutti i mercoledì fin quando sarà necessario»; il 26 marzo 2009, ha dichiarato: «oggi è una data storica per la Campania e per Napoli perché si esce dall'emergenza definitivamente, non si tornerà più alla situazione e alla tragedia che ha angosciato i cittadini napoletani e campani per diversi anni, perché si entra in una fase di smaltimento dei rifiuti che possiamo definire industriale (...) spero che la televisione abbia il tempo di far vedere agli italiani come sono gli impianti di smaltimento dei rifiuti che si possono realizzare oggi e che realizzeremo in tante altre regioni, perché questo è un problema non soltanto della Campania ma di tutte le regioni italiane». Il 4 marzo 2010 la Corte europea di giustizia ha condannato l'Italia per il disastro rifiuti in Campania, perché ha messo in pericolo la salute umana e recato pregiudizio all'ambiente; il 15 marzo 2010 nuove avvisaglie dell'emergenza rifiuti a Napoli e a Caserta. Il 28 ottobre 2010, il Presidente del Consiglio dei ministri ha annunciato: «Napoli sarà pulita entro tre giorni»; il 26 novembre 2010, ha dichiarato: «Napoli può essere pulita in 15 giorni (...) e la Lega non dirà no ad una richiesta di aiuto per i rifiuti di Napoli»; il 29 dicembre 2010, ha detto: «penso di tornare ad assumere direttamente la responsabilità per l'immediato sgombero, ma anche per gli impianti futuri»;
la materia è stata interessata da numerosi decreti-legge, il n. 263 del 9 ottobre 2006, il n. 61 dell'11 maggio 2007, il n. 107 del 17 giugno 2008, intrecciato con il n. 90 del 23 maggio 2008, per arrivare al n. 94 del 1o luglio 2011;
l'emergenza, l'urgenza e la necessità sono divenute non più cause giustificatrici di un intervento, bensì il filo conduttore di politiche incapaci di ridurre e sconfiggere la crisi dello smaltimento dei rifiuti;
la ragionevolezza del principio comunitario della prossimità delle sedi di smaltimento dei rifiuti ai loro centri di produzione, sprovvista di una copertura razionale di tipo normativo e organizzativo, ha offerto un'apparente protezione a forze di Governo ignare dell'unità nazionale e dei sottesi principi di lealtà istituzionale e civile;
ancora oggi, nel testo di un decreto-legge, l'ultimo della serie, il n. 94 del 2011, il Governo sembra prendere atto della crisi anziché contrastarla, con l'affermazione di non autosufficienza del sistema di gestione dei rifiuti urbani non pericolosi prodotti nella regione Campania;
la condizione di emergenza in Campania non può essere fatta risalire alle sole ragioni tecniche e di cattiva amministrazione, sottostandovi una non contraddetta situazione di ingerenza di poteri criminali;


impegna il Governo:


ad abbandonare l'inefficiente logica delle emergenze e della straordinarietà;

a presentare in Parlamento con la massima urgenza un disegno di legge organico che, nell'ambito delle competenze stabilite dall'articolo 117, comma secondo e comma terzo, della Costituzione, nel rispetto delle autonomie e delle potestà normative vigenti, senza l'utilizzo di deroghe alle disposizioni in materia ambientale, igienico-sanitaria, di prevenzione degli incendi, di sicurezza sul lavoro, urbanistiche, di paesaggio e beni culturali, definisca il finanziamento e le norme per la messa a regime della raccolta differenziata, con la realizzazione di una rete integrata di trattamento dei rifiuti in Campania, per l'apertura delle discariche e l'esercizio degli impianti, e un sistema di benefici fiscali e contributivi e contenga un richiamo esplicito ed opportunamente sagomato alle vigenti disposizioni antifrode e antiriciclaggio;
ad indire una conferenza permanente sulla condizione dello smaltimento dei rifiuti in Italia, senza aggravi di costo sul bilancio dello Stato per il suo funzionamento e sulla cui attività sia periodicamente informato il Parlamento.
(1-00677)
«Mosella, Tabacci, Pisicchio, Brugger».

La Camera,
premesso che:
la crisi dei rifiuti in Campania è iniziata nel 1994 con la dichiarazione dello stato di emergenza e con la nomina del primo commissario di Governo con poteri straordinari (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 febbraio 1994, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12 febbraio 1994);
lo stato di emergenza è quindi cessato ufficialmente, dopo oltre 15 anni, sulla base di un decreto-legge, il n. 195 approvato dal Governo il 17 dicembre 2009, che ha fissato la data del 31 dicembre 2009 quale termine finale dello stato di emergenza e del commissariamento straordinario;
le cause alla base dell'emergenza rifiuti in Campania sono complesse. In primo luogo, vanno sottolineati i ritardi di pianificazione e di preparazione di discariche idonee, messe in essere solo a partire dal 2003; inoltre, vanno ricordati l'inadeguato trattamento dei rifiuti urbani nei sette impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti, i ritardi nella pianificazione e nella costruzione di inceneritori, dovuti anche a prescrizioni della magistratura sui progetti in essere; i ritardi nella pianificazione e nella costruzione di impianti di compostaggio della frazione organica dei rifiuti proveniente da raccolta differenziata, e sopratutto i bassi livelli medi della stessa, che nel 2007 nella provincia di Napoli si fermava ad un misero 8 per cento;
va peraltro evidenziato che alcuni comuni campani hanno ottimi tassi di raccolta differenziata: ad esempio Grumo Nevano, tra i comuni più virtuosi, ha raggiunto circa il 62 per cento della raccolta differenziata, mentre sempre secondo l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat, dati 2006), il comune di Casamarciano raggiunge il 49,6 per cento, mentre Santa Maria la Carità e Tufino superano abbondantemente il 44 per cento. Più in generale, la provincia di Salerno e quella di Avellino sono attorno al 20 per cento (21,3 e 19,3 per cento);
è a partire dal 1994, passando per periodi di maggiore o minore criticità, che i rifiuti solidi urbani in Campania non vengono raccolti regolarmente e si accumulano, in mancanza di una politica di riduzione dei rifiuti e, in particolar modo, per costante carenza della raccolta differenziata e degli impianti di combustibile derivato da rifiuti (cdr), peraltro in alcuni casi pure sequestrati dalla magistratura perché non a norma, e quindi mai effettivamente utilizzati;
nel 1998 il presidente della regione Antonio Rastrelli, nella sua qualità di commissario straordinario, indice la gara d'appalto per l'affidamento ad un soggetto

privato dell'intera gestione del ciclo dei rifiuti. La gara si chiude nel 2000, quando il commissario straordinario è il nuovo presidente della regione Antonio Bassolino, vincitrice risulta un'associazione temporanea di imprese denominata Fibe, che si aggiudica l'appalto per la costruzione di sette impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti e di due inceneritori, nonché per la creazione di diverse discariche in Campania. La Fibe (sigla ottenuta dai nomi delle imprese Fisia, Impregilo, Babcock Envinronment GmbH, Evo Oberrhausen), ha come capofila la Fisia Italimpianti, controllata del gruppo Impregilo;
il contratto non viene però eseguito nei termini previsti dall'appaltatore che non consegna entro il 31 dicembre 2000 l'impianto di termovalorizzazione da esso stesso localizzato, tra grandi proteste, ad Acerra, e per di più realizza impianti che producono combustibile derivato dai rifiuti non a norma, per il quale si apre un processo penale innanzi al tribunale di Napoli;
negli impianti realizzati, Fibe continua per anni a produrre ecoballe che non possono essere bruciate, sia per assenza del termovalorizzatore, sia perché troppo umide; se ne accumulano così 5 milioni, corrispondenti a 6 milioni di tonnellate di rifiuti non smaltibili tramite termovalorizzazione, che vengono stoccate in giro per la regione;
nel luglio 1998 un'apposita commissione parlamentare constata che, dopo quattro anni di gestione commissariale, la Campania è ancora in stato di emergenza, giudicando insufficienti gli impianti realizzati o individuati, oltre che poco collaborative le amministrazioni locali;
nel dicembre 2000 Carlo Ferrigno, nuovo prefetto di Napoli, in qualità di commissario dichiara che le discariche esistenti sono ormai tutte sature ed in alcune sono stati sversati rifiuti al di là delle loro capacità, con gravi conseguenze igienico-sanitarie per chi vive nei paraggi; inoltre stigmatizza l'opposizione delle amministrazioni locali ad ospitare gli impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti;
la regione decide allora di continuare ad utilizzare comunque la discarica di Palma Campania, la cui bonifica è però condizionata all'individuazione di altre soluzioni. Nel frattempo entrano in funzione tre impianti di vagliatura e triturazione, e quattro di imballaggio;
in mancanza della piena attuazione del piano regionale, dovuta in massima parte all'inadempimento contrattuale della Fibe, e al mancato decollo della raccolta differenziata per la quale erano stati assunti migliaia di lavoratori presso i vari consorzi di bacino costituiti ad hoc nel 1993, all'inizio del 2001 si registra una nuova pesante crisi nella raccolta, che viene superata riaprendo provvisoriamente le discariche di Serre e Castelvolturno, ed inviando mille tonnellate al giorno di rifiuti verso altre regioni, quali la Toscana, l'Umbria e l'Emilia-Romagna, nonché all'estero, in Germania;
alla fine del 2001 entrano in funzione gli impianti di produzione di combustibile derivato da rifiuti di Caivano, Avellino e Santa Maria Capua Vetere, seguiti nel 2002 da quelli di Giugliano, Casalduni e Tufino, ed infine di Battipaglia nel 2003. Ciò nonostante la Campania, in mancanza di una percentuale di raccolta differenziata apprezzabile e dei termovalorizzatori, non è ancora autosufficiente, mancando un'autonoma capacità di trattare quasi un milione di tonnellate annue di combustibile derivato dai rifiuti, e più di un milione di tonnellate annue da conferire direttamente in discarica o stoccare in attesa di trattamento speciale;
la prima maxi inchiesta giornalistica in merito all'emergenza rifiuti in Campania è dell'Unità. In quell'occasione il direttore dell'epoca (Padellaro) attaccò il governatore della regione Bassolino (commissario dei rifiuti fino al 2004). Nella replica Bassolino rivendicò il lavoro svolto, soprattutto da sindaco di Napoli, ma proprio

in quei giorni la Protezione civile lanciava l'allarme: a Napoli c'erano 2000 tonnellate di rifiuti in strada;
è chiaro, quindi, come l'intera gestione dell'emergenza rifiuti operata dalla giunta di centrosinistra in Campana si sia rivelata un fallimento completo;
nel 2006 esplodono le prime rivolte da parte dei cittadini quando le strade sono sommerse da oltre 35 mila tonnellate di rifiuti. Nell'aprile del 2006 viene appiccato il fuoco a centinaia di cassonetti, gli impianti per lo smaltimento sono saturi, alcune scuole chiuse per emergenza sanitaria; nell'ottobre del 2006 Lega, Forza Italia e Italia dei Valori invocano misure speciali: l'invio dell'esercito;
nel luglio del 2007 il problema non è ancora risolto. In Campania ci sono 5 milioni di tonnellate di rifiuti sparsi e 600 mila tonnellate in rifiuti provvisori. Tanto che il cardinale Sepe si rivolse pubblicamente al presidente della regione Bassolino ed al sindaco di Napoli Iervolino: «ridate dignità alla città»;
l'emergenza rifiuti nel decennio 1996-2006 è costata 780 milioni di euro l'anno, complessivamente 15 mila miliardi di lire. Il Governo Prodi è costretto a chiedere la fiducia sul decreto emergenza rifiuti in Campania che contiene i siti che ospiteranno le discariche;
nel corso del 2007, con la progressiva saturazione delle discariche, si verifica quindi una nuova e più grave crisi nella gestione dei rifiuti, che induce il Governo Prodi in carica ad intervenire individuando nuovi siti da destinare a discarica, orientando la soluzione del problema verso la regionalizzazione dello smaltimento dei rifiuti, e autorizzando la costruzione di tre nuovi inceneritori; di fatto quindi emerge la palese contraddizione con l'impostazione della gestione commissariale di Antonio Bassolino, che ruotava invece tutta intorno alla travagliata costruzione di un unico megainceneritore ad Acerra;
l'ordinanza per la costruzione degli inceneritori viene firmata il 31 gennaio 2008, mentre ancora il 25 gennaio 2008 la giunta comunale di Napoli approvava una spesa di 228.000 euro per una «analisi sulla percezione della qualità del proprio territorio/ambiente, durante l'emergenza rifiuti, da parte delle imprese e dei cittadini campani rispetto a quella dei cittadini del resto d'Italia», poi revocata;
nel dicembre del 2007 la Corte dei conti condanna il presidente Bassolino a risarcire oltre 3 milioni di euro alla regione per la creazione di un «call center ambientale» con 100 dipendenti allestito nel 2001;
De Gennaro, ennesimo commissario nominato per l'emergenza, l'11 gennaio 2008, denuncia che i dati su discariche e raccolta rifiuti sono tutti falsi, compresi nomi di discariche inseriti sapendo che non erano inutilizzabili;
riprendono così i trasferimenti di rifiuti verso la Germania tramite ferrovia, con un costo nettamente inferiore rispetto a quanto il commissariato per l'emergenza spendeva per smaltirli in Campania;
inoltre vengono individuate ulteriori nuove aree da adibire a discarica, tra cui la discarica chiusa nel quartiere di Napoli Pianura, e successivamente una cava dismessa nel quartiere di Chiaiano, al confine con il comune di Marano di Napoli. Tale decisione provoca le violenta protesta della cittadinanza locale. Il mandato del commissario viene nel frattempo prorogato alla scadenza dal dimissionario Governo Prodi, e la situazione, ancora lontana dall'essere risolta, degenera con gravi ripercussioni sull'ordine pubblico;
appare, quindi, evidente la contraddittorietà degli interventi messi in atto dal Governo di centrosinistra, dalla presidenza della regione e dal sindaco della città di Napoli (entrambi di centrosinistra), in un panorama caratterizzato da una generale confusione e mancanza di progettualità di gestione;

il 21 maggio 2008 il nuovo Governo, presieduto da Silvio Berlusconi, tiene il suo primo Consiglio dei ministri proprio a Napoli, ed approva un decreto-legge (n. 90 del 23 maggio 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 14 luglio 2008) che introduce un nuovo modello per la gestione dell'emergenza campana. I commissari delegati e le relative strutture sono sostituiti da un apposito Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. L'incarico, viene, quindi, attribuito al Capo del Dipartimento della protezione civile, Guido Bertolaso, con il compito di coordinare la gestione dei rifiuti nella regione Campania per tutta la durata del periodo emergenziale (fino al 31 dicembre 2009). Si prevede, altresì, il coinvolgimento delle forze di polizia e delle forze armate al fine di assicurare piena effettività agli interventi per fronteggiare l'emergenza. Per la durata dello stato emergenziale, la competenza sui procedimenti per reati in materia di gestione dei rifiuti e in materia ambientale, riguardanti l'intero territorio della Campania, è attribuita alla direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sono inoltre attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie, anche di natura cautelare, relative a diritti costituzionalmente tutelati, comunque attinenti alla gestione dei rifiuti, anche se poste in essere dall'amministrazione pubblica o da soggetti ad essa equiparati;
il decreto-legge incide anche sulla normativa nazionale relativa ai termovalorizzatori, alle discariche e alla protezione civile, introducendo una serie di deroghe alle disposizioni in materia ambientale, igienico-sanitaria, prevenzione incendi, sicurezza sul lavoro, urbanistica, paesaggio e beni culturali, poi precisate con il decreto-legge n.97 del 2008. Durante il procedimento di conversione del decreto-legge sono inserite disposizioni che attribuiscono alle province della regione Campania la titolarità degli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti. Viene infine prevista la messa in opera di quattro termovalorizzatori (Acerra, Salerno, Napoli e Santa Maria La Fossa);
successivamente, il decreto-legge n. 172 del 2008 introduce ulteriori misure per la soluzione dell'emergenza, mediante l'individuazione, tra l'altro, di forme di vigilanza nei confronti degli enti locali finalizzate a garantire l'osservanza della normativa ambientale. Durante l'iter parlamentare viene altresì introdotta l'educazione ambientale nei programmi scolastici della scuola dell'obbligo. Al fine di ottimizzare la gestione integrata dei rifiuti, viene avviato un progetto pilota per garantire la piena tracciabilità dei rifiuti;
un ulteriore decreto-legge, n. 195 del 2009, istituisce una «unità operativa» e un'«unità stralcio», e introduce norme sugli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti, sul deposito e stoccaggio temporaneo dei rifiuti, nonché sul personale dei consorzi. Ai presidenti delle province vengono attribuite le funzioni ed i compiti di programmazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da organizzarsi anche per ambiti territoriali nel contesto provinciale e per distinti segmenti delle fasi del ciclo di gestione dei rifiuti;
nel corso della fase di emergenza gestita dal Sottosegretario Bertolaso sono state 3.800.000 le tonnellate di rifiuti urbani smaltiti dall'inizio dell'attività della struttura sino al 31 dicembre 2009; 6.700 le tonnellate di rifiuti urbani smaltite in media ogni giorno;
in totale la somma degli stanziamenti che, per il periodo 2008-2011, sono stati destinati alla soluzione dell'emergenza rifiuti in Campania (ufficialmente terminata il 31 dicembre 2009) è complessivamente pari a 509,011 milioni di euro; inoltre la delibera Cipe n. 40 del 13 maggio 2010, nell'ambito dell'assegnazione di 400 milioni di euro prevista al punto 2 della delibera Cipe n. 4/2009 relativa al cosiddetto fondo strategico per il Paese, ha previsto a favore del Dipartimento della

protezione civile un'assegnazione di 165 milioni di euro per l'emergenza rifiuti in Campania;
l'impegno del Governo è stato dunque concreto e costante e i risultati di tale azione si sono potuti toccare con mano: la città di Napoli era stata restituita alla sua dignità; le carenze gestionali ed organizzative da parte dell'amministrazione locale inadempiente per quelle che dovevano essere le sue competenze hanno però di fatto vanificato il lavoro fatto dal Governo, facendo in breve ripiombare la città in uno stato di degrado allarmante;
durante l'ultima campagna elettorale il neosindaco di Napoli ha più volte promesso che avrebbe risolto la questione dell'emergenza rifiuti: al momento, la sua prima ed unica iniziativa è stata quella di richiedere nuovamente l'intervento del Governo;
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha incontrato il neo eletto sindaco, ribadendo la disponibilità del Governo a fare il possibile ed il necessario per superare la criticità nella quale la città di Napoli, per responsabilità dei suoi vecchi e nuovi amministratori, è nuovamente precipitata;
da ultimo, il Consiglio dei ministri del 1o luglio 2011, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha infatti approvato il decreto-legge n. 94 del 2011, che prevede misure urgenti per superare le attuali criticità connesse alla gestione e allo smaltimento di rifiuti urbani nella regione Campania. In particolare, il provvedimento dispone che i rifiuti derivati dalle attività di tritovagliatura possono essere smaltiti fuori dalla regione Campania, prioritariamente nelle regioni limitrofe in attuazione del principio comunitario della prossimità, e con il nulla osta della regione di destinazione,


impegna il Governo


a proseguire con determinazione nel fronteggiare la situazione critica dello smaltimento dei rifiuti in Campania attraverso l'adozione delle necessarie misure di propria competenza e attraverso l'individuazione di chiare responsabilità, e a collaborare affinché venga riattivato un ciclo corretto della gestione dei rifiuti, promuovendo in particolare azioni per aumentare significativamente la raccolta differenziata e per realizzare gli impianti idonei a superare le annose condizioni di inefficienza.
(1-00678)
«Ghiglia, Aracri, Bonciani, Cosenza, Di Cagno Abbrescia, Tommaso Foti, Germanà, Gibiino, Lisi, Pizzolante, Stradella, Tortoli, Vella, Vessa».

La Camera,
premesso che:
il 30 giugno 2011 il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge (n. 94 del 2011) che introduce disposizioni finalizzate alla risoluzione della nuova emergenza rifiuti in atto a Napoli e provincia;
si tratta dell'ennesimo intervento promosso negli ultimi anni per fronteggiare l'ormai intricata e ingovernabile gestione del ciclo della raccolta e smaltimento dei rifiuti nella città di Napoli, in particolare, e nella regione Campania, in generale;
allo stato attuale a Napoli e nella sua provincia sono presenti oltre 15 mila tonnellate di rifiuti e aumentano i roghi e le discariche abusive, lasciando le città campane interessate in un drammatico ed esasperante stato di emergenza che necessita di un intervento immediato;
sono più di 15 anni che il territorio campano, e Napoli in particolare, vive una sconcertante e insostenibile emergenza che non trova mai risoluzione definitiva e costituisce un pessimo esempio di cattiva

amministrazione, oltre ad aver causato un gravissimo danno di immagine alla città di Napoli e all'Italia intera;
le gestioni commissariali che si sono succedute nel tempo (comprese le ultime varate dal Governo Berlusconi in carica, con l'affidamento dell'intera gestione della fase emergenziale, con poteri mai riscontrati nel passato all'ex Capo della Protezione civile Bertolaso, e il varo di un piano di costruzione di impiantistica con tecnologie moderne per sostenere il carico del ciclo dei rifiuti nell'intera regione), sebbene nell'immediatezza abbiano portato alcuni momentanei e provvisori risultati, nel complesso, invero, si sono rivelate totalmente fallimentari, portando oggi Napoli e la Campania ad una situazione socio-sanitaria allarmante;
con il decreto-legge n. 195 del 2009, il Governo Berlusconi fissava il termine della fase commissariale dell'emergenza al 31 dicembre 2009, riportando in seno alle amministrazioni locali e agli enti collegati preposti in materia la responsabilità della gestione dei rifiuti;
a distanza di quasi 2 anni oggi il problema non solo non ha trovato effetti risolutivi, ma si è, come dimostrano i fatti delle ultime settimane, ulteriormente aggravato;
il provvedimento emanato, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, tardivamente negli ultimi giorni (anche per le contraddizioni scoppiate in seno alla maggioranza che sostiene il Governo, in particolar per l'ostilità manifestata dalla Lega Nord ad un intervento sulla vicenda) rappresenta un nuovo tentativo non risolutivo della nuova fase emergenziale, al punto da essere criticato dallo stesso presidente della regione Campania e dalle amministrazioni locali interessate;
il grande piano di intervento promosso da Berlusconi, all'indomani della sua elezione nel 2008, propagandato come la soluzione di tutti i problemi legati alla questione dei rifiuti in Campania, prevedeva la costruzione di 5 impianti di termovalorizzazione, l'allargamento e l'individuazione di nuovi siti di conferimento e di trattamento dei rifiuti da utilizzare nella fase transitoria, l'incremento dei livelli di raccolta differenziata;
ad oggi a più di 3 anni dal lancio e a conferma del fallimento dell'iniziativa, il progetto ha visto soltanto la realizzazione di un impianto (quello di Acerra), peraltro funzionante in minima parte e per il quale il Governo aveva stanziato un finanziamento di più di 350 milioni di euro a favore dell'impresa affidataria, a valere sui fondi regionali per le aree sottoutilizzate, per accelerarne i tempi di completamento delle opere necessarie e consentirne la più celere possibile messa in funzione;
non sono sicuramente da meno le responsabilità in capo alle amministrazioni locali, di Napoli in particolare, che con la loro incapacità organizzativa e tecnico-amministrativa e talora anche come accertato con le connivenze con la criminalità organizzata fortemente interessata a lucrare e a inserirsi nel processo di gestione illecita dei rifiuti, hanno fortemente rallentato la risoluzione della problematica;
le dichiarazioni pronunciate in merito alla risoluzione dell'emergenza dal neo eletto sindaco della città di Napoli, De Magistris, destano perplessità, in quanto si ritiene che affidare la drammatica gestione del ciclo dei rifiuti della città esclusivamente ad un elevato regime di raccolta differenziata, escludendo totalmente il completamento della fase realizzativa degli impianti di termovalorizzazione, costituisca una miope e semplicistica visione della problematica;
la drammaticità dell'emergenza impone una presa di responsabilità netta e l'adozione di un piano comune nell'interesse della Campania, in un quadro in cui strumenti, mezzi, risorse, procedure, responsabilità, sanzioni e tempi siano chiari, condivisi e finalizzati principalmente al completamento dell'impiantistica, all'introduzione

di un concreto e virtuoso sistema di raccolta differenziata e alla ricerca di nuovi siti di conferimento dei rifiuti e della messa in atto delle relative bonifiche nelle aree interessate, al fine di alleggerire i siti già esistenti e di sopportare il carico prodotto, evitando la frequente giacenza sulle strade di migliaia di tonnellate di cumuli di rifiuti, di evitare l'imbarazzante e ripetuta richiesta di «solidarietà» alle altre regioni (già, tra l'altro, per la maggior parte gravate da problemi di gestione interna) e di raggiungere in tempi più stretti possibili la fase dell'ordinarietà,


impegna il Governo:


a mettere in atto ulteriori misure straordinarie, anche di carattere finanziario, che si aggiungano a quelle recentemente disposte, finalizzate a rafforzare il sistema normativo in funzione del più celere e tempestivo superamento della fase emergenziale in atto a Napoli e in provincia;
a dare piena attuazione al piano di realizzazione degli impianti di termovalorizzazione in cantiere e al resto dell'impiantistica necessaria a consentire un corretto funzionamento del sistema di gestione dei rifiuti prodotti e dello smaltimento delle ecoballe in attesa di essere eliminate;
ad assumere iniziative normative che permettano di conferire pieni poteri e responsabilità ai sindaci e alle amministrazioni locali nella scelta dell'allargamento o dell'individuazione di nuovi siti da adibire a discarica presso i quali conferire la grande mole di rifiuti prodotti giornalmente in Campania ed evitare così il frequente collasso del sistema;
a sviluppare insieme alle amministrazioni locali campagne e programmi di informazione sulla corretta e virtuosa gestione dei rifiuti e mettere in atto conseguentemente un reale e capillare sistema di raccolta differenziata, prevedendo anche lo strumento della raccolta «porta a porta»;
a valutare l'opportunità di prevedere un organo terzo di controllo, senza oneri aggiuntivi per lo Stato, che vigili sulla trasparenza, la legittimità e l'efficacia delle azioni intraprese nell'ambito della gestione del ciclo dei rifiuti della regione Campania.
(1-00679)
«Libè, Della Vedova, Lo Monte, Galletti, Nunzio Francesco Testa, Muro, Zinzi, Mondello, Dionisi, Ciccanti, Compagnon, Naro, Volontè, Commercio».

La Camera,
premesso che:
è sotto gli occhi di tutti la gravissima situazione che si è determinata nella regione Campania in questi giorni, anche sotto il profilo igienico-sanitario, a causa dell'accumulo di ingenti quantitativi di rifiuti in siti di stoccaggio, impianti di trattamento e luoghi pubblici;
la grave crisi ambientale in atto, che minaccia seriamente la salute dei cittadini e perpetua condizioni favorevoli ad infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione delle attività di trasporto e smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, è diretta conseguenza della grave incapacità del governo regionale e delle province governate dal centrodestra, nonché dell'evidente inefficacia ed inadeguatezza delle norme contenute nel decreto-legge n. 196 del 2010;
con riferimento alla situazione emergenziale della Campania la Corte di giustizia dell'Unione europea ha già adottato una sentenza che accerta l'inadempimento da parte dello Stato italiano rispetto al recepimento della direttiva 2006/12/CE in materia di smaltimento dei rifiuti. Laddove lo Stato italiano non dovesse in tempi rapidi adottare i provvedimenti necessari all'esecuzione di tale sentenza, la Commissione europea avvierà la procedura di cui all'articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione

europea, al fine di ottenere la condanna al pagamento di un'ammenda che può raggiungere l'importo di 680 mila euro per ogni giorno di inadempimento;
secondo quanto riferiscono gli organi di informazione, il Commissario europeo all'ambiente Janez Potocnik, in merito all'attuale situazione dei rifiuti in Campania, ha affermato che «le autorità italiane non hanno ancora fatto quanto necessario per trovare una soluzione adeguata e definitiva al problema». Secondo il Commissario europeo, «i miglioramenti reali si devono ancora vedere e vanno confermati da parte dei cittadini»; «l'assenza di questi miglioramenti lascia alla Commissione poca scelta, se non quella di proseguire attivamente con la procedura d'infrazione». Potocnik ha, inoltre, aggiunto che «a meno che la situazione non cambi per tempo, questo potrebbe portare a sanzioni pecuniarie all'Italia da parte della Corte europea di giustizia». Il Commissario ha concluso lanciando di nuovo un appello alle autorità italiane «a tutti i livelli» perché prendano in mano la questione, in «modo che il denaro dei contribuenti serva a migliorare la situazione sul terreno piuttosto che a pagare le multe»;
l'adozione delle misure strutturali necessarie a risolvere in via definitiva il problema non può prescindere dalla soluzione dell'attuale stato di emergenza, in presenza del quale non è possibile avviare alcun programma di medio-lungo periodo. È, quindi, del tutto prioritario rispetto ad ogni altra iniziativa, adottare i provvedimenti utili a rimuovere i rifiuti dalle strade di Napoli e della regione Campania, collocandoli nei siti disponibili, anche fuori dalla regione;
il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cosiddetto tua testo unico ambientale) - parte quarta - titolo I - detta norme in materia di gestione dei rifiuti, prevedendo, tra l'altro, il divieto di smaltimento dei rifiuti urbani in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico-economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano (articolo 182, comma 3);
allo smaltimento dei rifiuti speciali, invece, si applica il principio generale della libera circolazione sul territorio nazionale, insuscettibile di limitazione da parte delle regioni (con particolare riferimento all'articolo 182 del decreto legislativo n. 152 del 2006, all'articolo 4-octies del decreto-legge n. 97 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 129 del 2008, all'articolo 8 del decreto legislativo n. 205 del 2010, alla direttiva 2008/98/CE). Tali tipologie di rifiuti possono, infatti, essere smaltiti in regime di libero mercato, attraverso accordi volontari tra operatori economici degli impianti di smaltimento delle diverse regioni;
l'impianto di incenerimento rifiuti di Brescia è gestito dalla società A2A, la quale è a capo di un gruppo di imprese che controlla interamente la società Partenope ambiente, alla quale è stata affidata la gestione dell'inceneritore di Acerra (Napoli);
sulla base della normativa vigente e viste le capacità di trattamento dell'impianto, l'inceneritore di Brescia sarebbe perfettamente in grado di smaltire una parte dei rifiuti urbani campani opportunamente trattati, oltre che quelli speciali già presenti in Campania; i primi nell'ambito dell'accordo Stato-regioni per fronteggiare l'emergenza. Tale situazione è, seppur in maniera diversa, estendibile ad altri impianti di incenerimento nell'Italia del Centro-Nord;
poiché i due impianti di Brescia e Acerra sono gestiti da imprese appartenenti al medesimo gruppo societario, non si comprende l'indisponibilità ad accogliere i rifiuti provenienti dalla Campania. Con la conseguenza che tali rifiuti continuano ad intasare l'inceneritore di Acerra (che soffre guasti e interruzioni con cadenza ormai periodica), nonostante questo

sia gestito dalla stessa società A2A, per il tramite della sua controllata Partenope ambiente;
la risposta del Governo, attraverso il recente decreto-legge n. 94 del 2011. risulta tardiva e sbagliata, palesemente condizionata dalle resistenze della Lega Nord e costituisce addirittura un passo indietro rispetto al decreto-legge n. 196 del 2010, che pure aveva previsto «un accordo interregionale volto allo smaltimento dei rifiuti campani anche in altre regioni»;
in tal modo risultano, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, tradite le attese dei cittadini campani e delle istituzioni locali, che hanno riposto in un risolutivo intervento del Governo le loro attese per l'avvio di una fuoriuscita dalla grave emergenza in atto;
il citato provvedimento, infatti, ha reso ancor più difficile e incerto il contributo delle altre regioni, non ha dato alcuna garanzia sull'immediata disponibilità delle indispensabili risorse precedentemente stanziate con il decreto legge n. 196 del 2010 e non ha dato alcuna risposta alle richieste dei comuni della Campania di vedersi definitivamente attribuite le competenze primarie nella gestione del ciclo e connessa tariffa nei rispettivi territori, analogamente a quanto avviene in ambito nazionale;
l'infiltrazione malavitosa continua ad essere presente in maniera significativa sia nel trasporto dei rifiuti e del percolato prodotto dalle discariche e dagli impianti stir (stabilimenti di tritovagliatura ed imballaggio rifiuti) che all'interno di organismi di gestione,


impegna il Governo:


al fine di consentire lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ad attivare un percorso certo e immediato attraverso un accordo, in sede di conferenza Stato-regioni, che coinvolga tutte le regioni italiane a partire da quelle regioni che hanno un sistema impiantistico idoneo alla gestione del ciclo integrato dei rifiuti e utilizzando preferibilmente impianti a gestione pubblica o a maggioranza pubblica;
a rendersi parte attiva affinché la regione Campania, in collaborazione con le province, individui, anche attraverso le numerose cave esistenti, alcune discariche per far fronte alla situazione emergenziale e definisca un immediato piano che consenta di riportare la regione nella gestione ordinaria, così come previsto dalla direttiva 2008/98/CE;
a comunicare al Parlamento, anche presso le Commissioni competenti:
a) i costi dell'emergenza rifiuti dal 2008 ad oggi;
b) l'attività delle società provinciali pubbliche costituite in base alla legislazione vigente;
c) le procedure, le forme contrattuali, i costi di smaltimento dei rifiuti oggetto del rapporto tra gli attuali gestori e le società private destinatarie del trattamento e dello smaltimento finale dei rifiuti dall'emanazione del decreto-legge n. 196 del 2010 ad oggi;
a ripristinare al più presto le competenze degli enti locali riguardo alla gestione integrata dei rifiuti, come previsto dal testo unico ambientale in tutto il resto del Paese.
(1-00680)
«Bratti, Mariani, Bonavitacola, Realacci, Graziano, Iannuzzi, Cuomo, Cenni, Benamati, Bocci, Braga, Esposito, Ginoble, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Marco Carra».

La Camera,
premesso che:
il drammatico esito della questione rifiuti campani, e napoletani in particolare, era stato previsto già 17 anni fa dal professore Aldo Loris Rossi, ordinario di progettazione architettonica ed ambientale

all'università Federico II di Napoli, quando evidenziava come, il ricorso al commissario di Governo, avrebbe trasformato la situazione campana in un «affare di Stato» senza affrontare le questioni nodali, dell'avvio della raccolta differenziata nel napoletano e nel casertano, e del perdurare degli interessi corporativi;
quale fosse la situazione esistente allora in Campania è descritta nel libro del 1994 intitolato «Progetto per Napoli metropoli europea» del professore Aldo Loris Rossi: la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi nella provincia di Napoli anche nella prima metà degli anni novanta rappresentava una piaga irrisolta con l'amministrazione regionale che non aveva elaborato un piano regolatore dei rifiuti solidi che avrebbe dovuto regolamentare: la definizione delle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti; la valutazione della loro pericolosità e quindi la scelta dei più idonei sistemi di trattamento; la delimitazione dei bacini di raccolta e di conferimento; l'individuazione dei siti dove realizzare gli impianti; la raccolta ed il trattamento differenziato dei vari tipi di residui; l'incentivazione alla riutilizzazione dei materiali recuperabili e lo sviluppo di un apposito mercato delle «materie prime seconde» per diminuire i quantitativi da smaltire e sviluppare nuove e idonee tecnologie;
i Radicali nel 1994 denunciavano che la regione Campania non aveva fatto niente di quanto sopra delineato e che si era continuata ad attuare, come soluzione transitoria, solo l'utilizzo delle discariche esistenti, non sempre sufficientemente adeguate alle norme di sicurezza necessarie per prevenire danni ambientali quali l'infiltrazione di percolato nelle sottostanti falde idriche;
con il ricorso alla figura del commissario di Governo, a partire dal 1994, il problema non è stato risolto nell'arco di 15 anni, con il perdurare del monopolio della malavita interessata ad appalti sia delle discariche che degli inceneritori;
le soluzioni finora proposte dall'attuale Governo si sono dimostrate assolutamente fallimentari come dimostra l'attuale situazione di emergenza rifiuti a Napoli rispetto alla quale anche il recente decreto-legge n. 94 del 1o luglio 2011 risulta inadeguato ad aiutare quei territori ad avviare un ciclo virtuoso dei rifiuti come pure avviene in altre provincie della regione Campania, quali Salerno, Benevento ed Avellino;
la prima direttiva europea sulla differenziata risale al 1975 e permane la più recente procedura di infrazione aperta dall'Unione europea per la mancata adozione di un piano regionale dei rifiuti, con il paradosso che i quantitativi di rifiuti e i costi per la loro gestione ineguagliabili nell'intero pianeta;
si persevera, infatti, nella commissione in due «errori capitali»: non attivare il compostaggio dell'organico putrescente (30 per cento dei rifiuti) e mischiarlo con imballaggi inerti (50 per cento del totale) inquinando anche questi per mandare più rifiuti in discariche e inceneritori;
poiché gli imballaggi costituiscono il 40 per cento in peso e il 65 per cento in volume dei rifiuti, questi ultimi, se separati a monte, dimezzerebbero, riducendo drasticamente i costi e i tempi di trasferimento nelle discariche;
nella sola provincia di Napoli, esistono aree per i piani di insediamento produttivo (pip) che costituiscono ben 329 ettari di spazio disponibile per la raccolta differenziata, il compostaggio e lo stoccaggio dei rifiuti; tali aree (oltre 120 diffuse in Campania) sono già attrezzate e immediatamente disponibili per realizzare impianti di compostaggio, di selezione differenziata e stoccaggio di rifiuti inertizzati; ciò ridurrebbe al 20-25 per cento i rifiuti da smaltire in piccole discariche autogestite dai comuni;
le proposte della delegazione radicale, in tal senso avanzate nel corso di questa legislatura ogni qualvolta si è affrontata l'emergenza rifiuti e accolte nella forma di raccomandazioni ed ordini del

giorno dal Governo, non hanno ancora trovato attuazione,


impegna il Governo:


ad adottare iniziative di competenza ad hoc per:
a) ridurre gli imballaggi a monte consentendo così la riduzione della massa rifiuti più o meno del 50 per cento in peso e volume, attivando strumenti per il recupero diretto presso i negozianti dei materiali riciclabili, attraverso procedure legislative dedicate;
b) stoccare gli imballaggi nelle 120 aree di insediamento produttivo della Campania dove realizzare impianti di compostaggio, di selezione differenziata e stoccaggio di rifiuti inertizzati;
c) assicurare massima trasparenza nella gestione di ogni risorsa e finanziamento destinato alla gestione dei rifiuti in Campania e sull'intero territorio nazionale.
(1-00681)
«Zamparutti, Beltrandi, Benamati, Bernardini, Bratti, Farina Coscioni, Mariani, Mecacci, Motta, Maurizio Turco».

La Camera,
premesso che:
la dinamica della spesa per i trattamenti di invalidità civile ha conosciuto, negli ultimi anni, un progressivo e considerevole incremento, sia in termini di assegni erogati, sia in termini di somme impegnate;
il Governo, al fine di contenere tale spesa crescente, ha adottato diverse misure volte a contrastare le cosiddette «false invalidità»;
dapprima, con l'articolo 80 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 si è previsto che l'Inps attuasse nell'anno 2009 un piano straordinario di 200 mila verifiche dei titolari di invalidità civile;
successivamente, con l'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», sono state attribuite all'Inps nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità e sono state riviste le modalità di presentazione delle domande di accertamento, la valutazione sanitaria, la concessione delle prestazioni ed il ricorso in giudizio;
infine, con l'articolo 2, comma 159 della legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009) e l'articolo 10, comma 4 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, sono state previste, per il triennio 2010-2012, che l'Inps effettuasse un programma di verifiche straordinarie, aggiuntive rispetto all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, nella misura di 100 mila verifiche per l'anno 2010 e di 250 mila verifiche per ciascuno degli anni 2011 e 2012;
i controlli finora effettuati hanno determinato considerevoli risparmi di spesa, risparmi che comunque devono scontare gli esiti incerti del contenzioso giudiziario relativo ai provvedimenti di revoca dei trattamenti;
da tali controlli sono emersi tassi di revoca dei trattamenti di invalidità fortemente differenziati a livello regionale;
il sistema di comunicazioni in via telematica, introdotto dalla riforma del procedimento di accertamento dell'invalidità civile, sta incontrando alcune difficoltà a livello operativo, in ragione del ritardo nell'informatizzazione del processo da parte di molte aziende sanitarie locali;
vi sono patologie suscettibili di miglioramento, ma anche situazioni certificate all'origine con superficialità, a fronte di situazioni diametralmente opposte in cui le lesioni degenerative sono progressive nel tempo e pertanto è doveroso, nel corso

delle verifiche, avere ogni cautela possibile atta a consentire il pieno rispetto delle effettive situazioni di invalidità, anche tenendo conto di quanto disposto dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro della salute del 2 agosto 2007 a tutela delle persone affette da patologie irreversibili;
è necessaria non solo una politica di intensificazione dei controlli, ma anche la valutazione, all'esito dei controlli medesimi, di possibili interventi tesi a promuovere una più ampia e qualificata equità sociale nella tutela delle persone affette da invalidità;
il Governo si accinge a presentare al Parlamento una legge delega di riforma del sistema fiscale e di quello assistenziale, che vedrà la rimodulazione della struttura tributaria e della spesa in materia sociale;
la suddetta riforma andrà ad incidere profondamente sulle modalità di erogazione dei trattamenti di invalidità civile,


impegna il Governo:


a verificare, sulla base del monitoraggio dell'andamento del piano straordinario e comunque all'esito dello stesso, la possibilità di assumere, compatibilmente con le capacità finanziarie e con l'esercizio delle altre competenze dell'Inps, iniziative dirette ad aumentare il numero dei controlli, tenuto conto dell'incidenza regionale dei tassi di revoca;
a promuovere, sulla base del predetto monitoraggio e comunque all'esito del piano straordinario, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, la possibilità di valorizzare, con eventuali iniziative normative, l'impegno e la partecipazione degli enti territoriali, in analogia a quanto previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248;
a valutare la possibilità, nell'ambito del vigente quadro costituzionale in tema di riparto di competenze, di assumere ogni iniziativa tesa a promuovere adeguati strumenti per rafforzare la collaborazione tra regioni, Inps e aziende sanitarie locali, al fine di perseguire, anche grazie ad una piena informatizzazione del processo di acquisizione e trasmissione dei dati tra le aziende sanitarie locali e l'Inps, l'obiettivo, da un lato, di evitare che i soggetti affetti da patologie irreversibili, di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro della salute del 2 agosto 2007, siano assoggettati a nuove ed ulteriori verifiche, sempre che non siano emersi gravi indizi di falsità in relazione al primo accertamento; dall'altro, di ricondurre nei termini previsti dalla legge, la durata effettiva del procedimento di verifica, nonché le attività finalizzate all'erogazione e al ripristino della prestazione;
a promuovere una più efficace pianificazione ed una più equa organizzazione dei controlli, con l'obiettivo di conseguire una più adeguata selezione dei soggetti da sottoporre a nuova visita medica, ottimizzando in tal modo pienamente le risorse professionali ed amministrative disponibili, valutando anche l'ipotesi di escludere da ulteriori controlli i cittadini che hanno conseguito il riconoscimento della condizione di inabilità all'esito di un procedimento giudiziario, fatti salvi eventuali profili non coperti dal giudicato;
a valutare, nelle sedi competenti e all'esito del piano straordinario di verifica, l'opportunità di procedere ad un riordino dei requisiti occorrenti per il riconoscimento delle prestazioni in materia di invalidità civile e indennità di accompagnamento;
a considerare i principi ispiratori dei suddetti elementi nella legge delega di riforma del sistema fiscale e di quello assistenziale.
(1-00682)
«Reguzzoni, Cazzola, Moffa, Iannaccone, Montagnoli, Antonino Foti, Fedriga».

Risoluzioni in Commissione:

La IX Commissione,
premesso che:
i sindaci dei comuni di Valbondione, Gandellino, Gromo e Valgoglio, nell'alta valle Seriana bergamasca, hanno inoltrato in data 17 giugno 2011 al presidente e direttore generale di Poste italiane, al Ministro dello sviluppo economico nonché ai parlamentari bergamaschi, una missiva per chiedere la revisione da parte di Poste italiane del piano di riduzione delle aperture degli uffici postali nei suddetti comuni;
la riduzione del servizio e il ridimensionamento di giorni e orari d'apertura degli uffici postali, specie nei piccoli comuni montani, oltre a provocare notevoli disagi ai cittadini, ha causato disservizi anche per l'amministrazione pubblica locale;
l'indiscriminata riduzione dell'apertura al pubblico degli uffici postali, inoltre, mette a rischio un basilare servizio pubblico di interesse primario e danneggia anche la natura turistica dei succitati comuni e per la difesa, il sostegno e lo sviluppo della quale l'intera collettività supporta notevoli sacrifici economici;
la scelta strategica di Poste italiane, che risponde a una chiara politica aziendale di contenimento dei costi e la relativa economicità dell'Ente rispetto alla trasformazione commerciale intrapresa dallo stesso, appare quantomeno illogica in considerazione non solo dei disagi arrecati ma anche perché assunta senza considerare le reali esigenze dell'utenza di riferimento;
l'articolo 12 del decreto legislativo n. 261 del 1999 attuativo della direttiva 97/67/CE concernente regole per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali e il miglioramento di qualità e servizi, il legislatore nazionale ha recepito le disposizioni europee relative ai livelli di standard qualitativi europei impegnandosi ad adeguare quelli nazionali;
Poste italiane spa, a seguito del decreto ministeriale 17 aprile 2000, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 2000, ha ottenuto la conferma della concessione per l'esecuzione del servizio postale universale;
con deliberazione CIPE n. 77 del 29 settembre 2003 sono state licenziate le «Linee guida per la regolazione del settore postale» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 38 del 16 febbraio 2004;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 giugno 2007, concernente i «nuovi standard minimi degli uffici postali nel periodo estivo», in particolare all'articolo 3, comma 1, che garantisce il servizio universale su tutto il territorio, anche particolarmente svantaggiato, e all'articolo 3, comma 3, lettera c), ha stabilito tali standard introducendo principi quali la «ragionevolezza» e «un numero congruo di accessi»;
il Ministero dello sviluppo economico, con il decreto 7 ottobre 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 252 del 27 ottobre 2008, ha emanato i «Criteri di distribuzione dei punti d'accesso alla rete postale pubblica»;
l'articolo 2 del suddetto decreto stabilisce criteri specifici di distribuzione degli uffici postali a tutela degli utenti per accessibilità e apertura al pubblico minima garantita;
nel corso della seduta 490, con atto n. 4/12418 a prima firma dell'onorevole Giacomo Stucchi, i parlamentari bergamaschi della Lega Nord, a seguito della succitata missiva, hanno formalmente interrogato il Ministro dello sviluppo economico per sapere quali azioni intenda intraprendere affinché «Poste Italiane spa riveda le decisioni assunte, al fine evitare pesanti disagi alle già penalizzate popolazioni montane della provincia di Bergamo e gravi ripercussioni sulla stagione turistica estiva delle Valli bergamasche»,


impegna il Governo


a sollecitare Poste Italiane spa al rispetto della normativa sul servizio postale universale

in vigore e in modo particolare a esigere il rispetto di quanto prescritto dalla legge relativamente agli standard minimi qualitativi garantiti per la fornitura del servizio nei territori montani e nel periodo estivo, ridefinendo le decisioni aziendali relative agli orari di apertura al pubblico di suddetti uffici postali, non solo dal punto di vista della legittima strategia economica di efficienza e riduzione dei costi, ma anche in considerazione delle reali esigenze degli utenti e delle caratteristiche peculiari dei territori.
(7-00624)«Monai, Piffari, Cimadoro».

La XI Commissione,
premesso che:
allo scopo di contenere la spesa pubblica il comma 28 dell'articolo 9 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 stabilisce che a decorrere dall'anno 2011, gli enti pubblici non economici, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009;
gli operai del parco nazionale dello Stelvio sono assunti annualmente dal mese di aprile al mese di ottobre. Svolgono il loro lavoro a carattere stagionale per un minimo di 151 fino a un massimo di 180 giorni all'anno e hanno pertanto un contratto a tempo determinato;
stante il comma 28 dell'articolo 9 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, quest'anno il 50 per cento dei contratti del personale del parco non potranno essere rinnovati oppure il contratto di tutti lavoratori del parco dovrà essere ridotto del 50 per cento, creando un serio problema di gestione di uno dei parchi più importanti del nostro paese e lasciando molte famiglie senza una fonte di reddito;
va considerata l'assoluta specificità del parco dello Stelvio, diverso da tutti gli altri parchi a gestione statale, trattandosi di un ente di natura consortile direttamente sostenuto dalla regione Lombardia e dalle province autonome di Trento e Bolzano, a valere sulle proprie risorse, nel rispetto del patto di stabilità interno, e quindi non riconducibili al bilancio dello Stato;
la regione Lombardia e le province autonome di Trento e Bolzano, in qualità di amministrazioni partecipanti al consorzio, con atti dei rispettivi organi di giunta, hanno confermato la pubblica utilità dei lavori di manutenzione e valorizzazione territoriale, delegando l'esecuzione dei lavori in amministrazione diretta all'Ente parco nei limiti dei finanziamenti garantiti;
le province autonome di Trento e Bolzano e la regione Lombardia hanno già messo a disposizione i fondi necessari a garantire la copertura finanziaria integrale del personale necessario per la corretta manutenzione e gestione dell'area protetta compresi i contratti degli 82 forestali, numero già ridottosi della metà rispetto all'anno 2006, ma nonostante questo il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ha autorizzato la stipula dei contratti di lavoro a tempo determinato;
nella convocazione del Consiglio dei ministri n. 120 del 22 dicembre 2010 è stato approvato il decreto legislativo: «Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche ed integrazioni all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 279 del 1974 in merito alle funzioni esercitate dalle Province di Trento e di Bolzano concernenti il Parco nazionale dello Stelvio»;
tale decreto mantiene la configurazione unitaria del parco e disciplina il nuovo assetto amministrativo per il parco nazionale dello Stelvio, affidando agli enti locali maggiori responsabilità nella gestione e assegnando loro il finanziamento integrale dei relativi oneri;

come definito dal Ministro per gli affari regionali, Raffaele Fitto, questo provvedimento permette il raggiungimento di un utile equilibrio, ispirato alla logica del federalismo, tra la necessità di assicurare forme adeguate di tutela di una importantissima area protetta e quella di responsabilizzare gli enti locali nella sua gestione e valorizzazione,


impegna il Governo


a prevedere, in deroga all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 la possibilità per il parco nazionale dello Stelvio di stipulare contratti a tempo determinato per il personale adibito alla manutenzione e gestione del parco, senza gravare sul bilancio dello Stato, per permettere la normale funzionalità del parco stesso.
(7-00625) «Fedriga, Fugatti, Crosio».

La XIII Commissione,
premesso che:
lo sfruttamento sostenibile delle risorse acquatiche viventi e dell'acquacoltura è uno degli obiettivi principali della politica comune della pesca che, a tal fine, impegna gli Stati membri alla realizzazione di azioni volte alla salvaguardia degli ambienti marini e degli stock ittici;
come evidenziato da recenti studi internazionali, l'80 per cento di tutte le specie presenti nelle acque dell'Unione europea è sovrasfruttato e il numero di pescherecci è troppo elevato rispetto alla quantità di pesce che può essere prelevato;
con riferimento al nostro Paese, si rileva ormai un continuo calo del potenziale di sfruttamento degli stock ittici e un aumento dello stock classificato come ipersfruttato o esaurito, specialmente in alcune aree, quali il bacino adriatico centro-settentrionale dove, per alcune specie marine, il prelievo è arrivato a coincidere con il massimo della loro riproduttività biologica;
l'impoverimento dei nostri mari, oltre a compromettere l'ecosistema e le prospettive di sviluppo sostenibile, danneggia gravemente l'intero comparto ittico, con una crescente contrazione della domanda e un considerevole aumento delle importazioni, incrementate rispetto agli ultimi anni di circa il 37 per cento, da zone dove i costi della pesca sono molto minori e le risorse ittiche più ampie;
a fronte della necessità di preservare e ripopolare la flora e la fauna acquatiche, in esecuzione del regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006, viene disposto ormai da tempo il fermo biologico alle attività di pesca per le imbarcazioni autorizzate all'uso del sistema strascico e/o volante, per un periodo massimo di 45 giorni;
la misura di arresto temporaneo delle attività di pesca di cui in premessa, non si è rivelata sufficiente a garantire la riproduzione e l'accrescimento necessari a pervenire ad un equilibrio sostenibile tra risorse acquatiche e loro corretto sfruttamento, né quindi a fronteggiare la situazione di emergenza in cui versa l'intero comparto ittico,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative volte a disporre un tempo di fermo biologico di almeno 60 giorni per tutte le imbarcazioni abilitate alla pesca a strascico e/o volante da attuarsi nell'immediato periodo estivo e a definire modalità di attivazione di eventuali periodi di arresto temporaneo supplementare per specifiche esigenze biologiche;
a prevedere congrue risorse a favore degli operatori del settore, necessarie a compensare l'alleggerimento dello sforzo di pesca e il relativo mancato reddito.
(7-00626) «Callegari».

La XIII Commissione,
premesso che:
il 2011 si caratterizza, per la pesca italiana, per un andamento fortemente negativo, sia per quanto riguarda il consistente calo del pescato sia per quanto riguarda il rialzo dei costi energetici e di produzione, fattori che, combinati insieme, stanno determinando un grave calo dei ricavi;
secondo il rapporto diramato dalla New Economics Foundation (Nef), l'Europa ha consumato la propria produzione ittica entro il 2 luglio 2011, giorno in cui è scattata la dipendenza dagli altri mercati; per l'Italia, il «Fish Dependence Day è invece scattato il 30 aprile, giorno nel quale il nostro Paese ha esaurito la quota 2011 e ha iniziato a dipendere dal pescato proveniente da altri mari;
il crollo delle catture nazionali di pesce dipende dall'eccezionale sovrasfruttamento degli stock ittici, che sono soggetti ormai da tempo ad una pressione che, per la maggior parte delle specie di interesse commerciale, si è dimostrata eccessiva rispetto alla capacità di riproduzione;
al contempo, come dimostrano i dati relativi ai primi mesi dell'anno, le importazioni dall'estero di pesce e di preparazioni di pesce hanno fatto segnare un consistente aumento in valore;
in linea generale, inoltre, è ormai patrimonio condiviso la consapevolezza della necessità di preservare l'ambiente marino e di assicurare che l'attività di pesca si svolga secondo modelli di gestione che ne assicurano la sostenibilità ecologica nel medio e lungo periodo;
appare pertanto necessario, come fortemente richiesto dal settore, disporre anche per la stagione 2011 l'arresto temporaneo dell'attività di pesca, con particolare riferimento alle imbarcazioni a strascico e/o volante, per consentire il ripopolamento degli stock ittici e la salvaguardia della sostenibilità economica del settore;
il fermo biologico della pesca dovrà necessariamente essere accompagnato da misure compensative in favore delle imprese di pesca, che consentano di fronteggiare la grave crisi in atto, con ciò assicurando la sopravvivenza stessa della pesca italiana,


impegna il Governo


ad adottare misure straordinarie per l'attivazione del fermo dell'attività di pesca per l'anno 2011.
(7-00627)
«Dima, Beccalossi, Biava, Catanoso Genoese, De Camillis, Di Caterina, D'Ippolito Vitale, Gottardo, Nastri, Romele».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

LIVIA TURCO, MIOTTO, GNECCHI, DAMIANO, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA, SCHIRRU e FRONER. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
le leggi n. 448 del 1998 e n. 488 del 1999 hanno riconosciuto il diritto universale a un assegno di maternità. L'elemento rilevante è l'affermazione del principio secondo cui tutte le donne hanno diritto ad un sostegno economico da parte dello Stato nel periodo della maternità, indipendentemente dalla loro condizione lavorativa;
l'assegno di maternità rappresenta ancora oggi l'unico sostegno economico al reddito per le donne che non hanno mai lavorato e che, non essendo iscritte ad

alcun fondo previdenziale, non possono beneficiare dell'indennità di maternità e istituisce, in questo senso, l'acquisizione di un diritto fondamentale ad alta valenza sociale;
nel 1998, quando fu istituito, l'assegno era pari a 300 mila lire al mese, da rivalutare ogni anno in base alla variazione dell'indice Istat, oggi siamo arrivati ad un importo di 316.25 euro al mese, per un totale di 1.581,25 euro nell'arco dei 5 mesi. Il diritto all'assegno è subordinato a limiti di reddito, alla numerosità della famiglia e ad altre specifiche condizioni considerate, attraverso dei parametri: l'indicatore della situazione economica (Ise) e l'indicatore della situazione economica equivalente (Isee). Come valore indicativo, per il 2011, per beneficiare dell'assegno il reddito annuo di una famiglia di tre persone non deve superare 32.967,39 euro;
nell'anno successivo, il 1999, un altro intervento legislativo completa il quadro delle tutele delle donne in attesa di diventare madri. Dopo aver garantito, infatti, sostegno a tutte le tipologie di lavoratrici e alle donne che non hanno mai lavorato, la legge n. 488 del 1999 individua le «ultime» categorie di donne che, in virtù di casi particolari, necessitano di un sostegno economico durante la maternità, stabilendo anche per loro il diritto a beneficiare di un assegno: sono le lavoratrici discontinue;
l'intenzione del legislatore, infatti, fu proprio quella di garantire, almeno per 5 mesi, un reddito minimo ad ogni donna in procinto di diventare madre. Anche in questo caso l'importo dell'assegno è rivalutato per legge ogni anno: per il 2011 la cifra è di 1.946,88 euro complessivi (389,38 euro al mese);
caratteristica molto importante inoltre è che nel caso in cui la donna sia già titolare di un trattamento economico di maternità la cui cifra sia inferiore a quella prevista per l'assegno, le spetterà un assegno integrativo della differenza;
con la legge n. 488 del 1999 viene riconosciuto, quindi, il diritto all'assegno di maternità anche alle lavoratrici discontinue (articolo 49, comma 8) con le seguenti caratteristiche:
a) donne beneficiarie di una qualsiasi forma di tutela della maternità che possano far valere almeno 3 mesi di contribuzione nel periodo che va dai 18 ai 9 mesi antecedenti alla nascita o all'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare;
b) donne che, al momento della nascita o dell'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare, abbiano perso da non più di 9 mesi il diritto a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento, per almeno 3 mesi, di attività lavorativa;
c) donne licenziate o dimissionarie durante il periodo di gravidanza, che possano far valere 3 mesi di contribuzione nel periodo che va dai 18 ai 9 mesi antecedenti alla nascita;

si è previsto inoltre un maggior sostegno alle famiglie numerose con l'articolo 65 della legge n. 448 del 1998 ma non si riesce a sapere quante famiglie ne siano opportunamente informate -:
quante siano le donne che hanno beneficiato dell'articolo 74 del decreto legislativo n. 151 del 2001 negli anni 2009 e 2010;
quante donne abbiano beneficiato dell'articolo 75 del decreto legislativo n. 151 del 2001 negli anni 2009 e 2010;
quante famiglie abbiano beneficiato dell'assegno per il nucleo familiare, noto come assegno per il terzo figlio, previsto dall'articolo 65 della legge n. 448 del 1998 negli anni 2009 e 2010;
se il Governo non ritenga opportuno attivare in forma diretta o chiedere all'Inps e agli altri enti coinvolti una campagna informativa in modo che si garantisca a tutte le aventi diritto di poter beneficiare di queste misure a sostegno della maternità e della famiglia in un periodo di gravi difficoltà economiche come quello che si sta vivendo.
(5-05037)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei Ministri. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 228, recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia, convetito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2011, all'articolo 4, comma 1 recita: «È autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 2011 e fino al 30 giugno 2011, la spesa di euro 380.770.000 per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan, denominate International Security Assistance Force (ISAF) ed EUPOL AFGHANISTAN, di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.»;
il giorno 2 luglio a causa dell'esplosione di un ordigno nei pressi del villaggio di Caghaz, 16 chilometri ad Ovest di Bakwa, in Afghanistan, è deceduto il caporal maggiore Gaetano Tuccillo. Il tragico evento è accaduto in un periodo di evidente vuoto normativo, non essendovi in vigore alcuna norma che autorizzi, dopo il 30 giugno 2011, le Forze armate italiane a prendere parte alla missione fuori dai confini del nostro Paese. Il vuoto determinatosi a causa, secondo gli interroganti, dell'evidente inerzia del Governo lascerebbe quindi sfornito di tutela il militare deceduto nel caso in cui l'erogazione delle provvidenze agli eredi - in particolare quelle assicurative - sia direttamente discendente dalla fonte normativa ora mancante, intesa quale atto autorizzativo ad un determinato impegno o partecipazione delle Forze armate, quindi del militare deceduto, fuori dal territorio dello Stato, con la conseguenza che, di fatto, il citato vuoto normativo, origina diverse problematiche in ordine alla valutazione giuridica degli atti e dei fatti i cui momenti di avveramento si situino - come nel caso in esame - all'interno del periodo mancanza della norma;
buona parte dei problemi che conseguono ad eventi tragici, come quello in argomento, si rivela ex post, quando ad esempio per le norme a termine si debba esaminare l'applicazione conforme al disposto sia della norma precedente che di quella rinnovata, ma compiutosi nel periodo di assenza della norma circa tali ipotesi;
tale tragico avvenimento, a prescindere dai dovuti provvedimenti che il Ministero della difesa dovrà adottare a sostegno dei familiari della vittima, rende evidente che gli aspetti della legalità e della legittimazione normativa, nell'ambito delle quali devono essere condotte le operazioni militari fuori dai confini dello Stato, siano stati totalmente trascurati -:
quale siano i motivi che non abbiano consentito per tempo l'emanazione della norma di proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia il cui termine era fissato al 30 giugno 2011, dal decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 228;
quali siano gli immediati provvedimenti che intenderà adottare al riguardo e quali tutele intenderà garantire ai legittimi eredi del militare in premessa qualora in sede di applicazione delle norme in materia dovessero emergere problemi di natura interpretativa, previdenziale o assicurativa e assistenziale.
(4-12563)

CATANOSO GENOESE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (Ansv) è sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri ed ha compiti in materia di inchieste su incidenti e inconvenienti nel settore del

l'aviazione civile; essa è dotata di personalità giuridica e autonomia amministrativa, regolamentare, patrimoniale, contabile e finanziaria, ed è stata istituita con decreto legislativo 25 febbraio 1999, n. 66, in attuazione della direttiva 94/56/CE del Consiglio del 21 novembre 1994;
i sindacati FPGCGIL, FITCISL e UILTRASPORTI, in rappresentanza unitaria dei lavoratori dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, hanno denunciato con forza serie criticità del modello organizzativo e delle procedure gestionali dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, che se non sollecitamente modificate, porteranno, ad avviso dell'interrogante, inevitabilmente la stessa alla paralisi ed il personale all'impossibilità di operare efficacemente;
l'Agenzia ha registrato un recente riordino con decreto del Presidente della Repubblica del 5 ottobre 2010, n. 189, a norma dell'articolo 26, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
il riordino, che ha investito tutti gli enti pubblici, è finalizzato alla razionalizzazione degli organi deputati alle attività di indirizzo, amministrazione, gestione e controllo al fine di conseguire generali economie d'impiego, nonché di incrementare l'efficienza e migliorare la qualità dei servizi istituzionali;
il riordino di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 189 del 2010, è stato completato poco prima che venisse approvato il regolamento (UE) n. 996/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio (20 ottobre 2010), sulle inchieste di incidenti e inconvenienti nel settore dell'aviazione civile e che abroga la direttiva 94/56/CE;
tale riordino, però, non ha apportato alcun beneficio operativo né di risparmio di costi di gestione all'attività istituzionale dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo;
a giudizio dell'interrogante l'unica conseguenza visibile e percepita dai dipendenti dell'Agenzia è stata di assicurare di fatto all'attuale commissario straordinario, che per dieci anni è stato il presidente dell'Agenzia, la possibilità di permanere al suo vertice per altri dieci anni;
per vincoli connessi alla finanza pubblica, l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, non ha mai raggiunto il previsto organico, soprattutto nelle professionalità qualificate, abilitate a svolgere le inchieste sugli incidenti ed inconvenienti gravi nel settore aeronautico;
per gestire otto tecnici investigatori, l'attuale organico dell'Agenzia per la sicurezza nazionale del volo prevede otto componenti dei cosiddetti «organi» (presidente, componenti del collegio e revisori dei conti), in aggiunta a un direttore generale e sedici impiegati amministrativi in un classico contesto di burocrazia auto-generativa;
l'attività di sicurezza aeronautica pro-attiva, che dovrebbe essere prioritaria fra le attività istituzionale dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, è secondo l'interrogante sistematicamente disattesa, poiché consta che le investigazioni e le connesse raccomandazioni di sicurezza, vengono rese note a distanza di anni dagli eventi;
nonostante il regolamento (UE) 996/2010 e la convenzione relativa all'aviazione civile internazionale, stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944, approvata e resa esecutiva con decreto legislativo 6 marzo 1948, n. 616, ratificato con la legge 17 aprile 1956, n. 561, obblighino le Agenzie d'investigazione europee a svolgere le proprie inchieste sugli incidenti ed inconvenienti aeronautici senza che vengano attribuite colpe o responsabilità, in modo completamente separato ed autonomo rispetto alle indagini disposte dall'autorità giudiziaria, le inchieste tecniche dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo vengono sistematicamente chiuse e deliberate dopo anni e prevalentemente alla conclusione dell'iter giudiziario. Ciò in evidente contrasto, con l'autonomia dell'inchiesta tecnica e della necessaria celerità dell'accertamento

dei fatti ed alla susseguente prevenzione, scopo ultimo ed unico dell'esistenza dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo;
anche nel recente e gravissimo fatto che ha coinvolto un velivolo da trasporto di un operatore italiano sull'aeroporto di Palermo, l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo ha ritenuto opportuno assegnare allo svolgimento della delicatissima indagine che implica il vaglio di multiformi ed interdisciplinari aspetti relativi all'operatore, agli equipaggi di volo, al controllo del traffico aereo, alla meteorologia, alla configurazione delle piste e degli aiuti tecnologici alla condotta del volo e alla società di gestione aeroportuale un solo tecnico investigatore, che sicuramente non sarà in grado di appurare le cause di quanto è accaduto se non a distanza di anni, ciò mentre lo stesso operatore, con il medesimo modello di aereo, sullo stesso aeroporto, continua a trasportare passeggeri;
è stata di recente istituita l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, ANSF, i cui compiti istituzionali nell'ambito del trasporto su rotaia, per molti versi, sono assimilabili a quelli che in campo aeronautico dovrebbe svolgere l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo. Strutture unificate si occupano della sicurezza dei trasporti, con sotto sezioni specialistiche, in numerosi Paesi europei, o grandi Paesi aeronauticamente avanzati, quali gli U.S.A., il Canada e l'Australia -:
se il Governo non ritenga utile, in questa grave situazione in cui versa la finanza pubblica, realizzare delle effettive economie di scala promuovendo l'abolizione delle specifiche Agenzie e privilegiando la soddisfazione dei requisiti richiesti attraverso l'esercizio delle attività investigative istituzionali, in modo funzionalmente indipendente nell'ambito del dipartimento della protezione civile e, in subordine, assumendo iniziative per la razionalizzazione e l'unificazione della sede, degli apparati amministrativi e dei laboratori dell'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria con quelli dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo;
se il Governo sia a conoscenza del fatto che all'interno dell'ENCASIA, il consesso che riunisce tutte le Agenzie investigative dell'Unione europea, l'Italia, oltre che non presiedere alcuno dei numerosi e strategici gruppi di lavoro, ivi istituiti non sia nemmeno rappresentata.
(4-12566)

LAFFRANCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 15 dicembre 2009, a dodici anni dal sisma che interessò l'area tra Foligno ed Assisi, il territorio umbro è stato nuovamente colpito dal terremoto; una forte scossa, 4.2 gradi della scala Richter, ha colpito la zona tra Deruta, Perugia e Marsciano, al confine con la Toscana; l'epicentro è stato ad una profondità di 9,2 chilometri, in un'area che vede in un raggio di 20 chilometri altri centri come Collazzone, Cordano, Fratta Todina, Monte Castello di Vibio, Magione, Panicale, Piegaro e Torgiano in provincia di Perugia; San Venanzo in provincia di Temi;
il 22 dicembre 2009 è stato dichiarato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2010 a causa dei gravi ed ingenti danni provocati agli edifici privati, al patrimonio storico, artistico e monumentale, tra cui numerasi edifici di culto, alle opere e infrastrutture pubbliche e in particolare all'edilizia scolastica; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2010 ha prorogato lo stato di emergenza fino al 21 dicembre 2011;
ad oggi le risorse messe a disposizione della regione Umbria ammontano a complessivi 21 milioni di euro, di cui 15 milioni di euro previsti dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3853 del 3 marzo 2010 (che, all'articolo 6, stanzia la cifra a carico del Fondo della

protezione civile) e 6 milioni di euro stanziati dalla legge n. 220 del 13 dicembre 2010 (che ha previsto un'autorizzazione di spesa per 3 milioni di euro nell'anno 2011 e 3 milioni per il 2012);
secondo le stime fornite da ultimo lo scorso aprile a seguito di un'assemblea organizzata dal Comitato terremotati e alla quale ha preso parte la presidente della regione Umbria nonché commissario delegato per il terremoto, Catiuscia Marini, i danni agli edifici e alle opere e infrastrutture pubbliche del territorio interessato dal sisma ammonterebbero a circa 350 milioni di euro;
il fabbisogno finanziario necessario a garantire la realizzazione degli interventi più urgenti è stato poi recentemente ridefinito in circa 101 milioni di euro: tale infatti sarebbe la cifra necessaria per dare compimento all'attività di ricostruzione già avviata, garantendo il rientro nelle proprie abitazioni della totalità dei nuclei familiari evacuati; tale ammontare garantirebbe, altresì, il ripristino degli edifici scolastici danneggiati, il recupero di alcuni beni culturali di rilevante interesse e il recupero dei borghi storici di Spina e Sant'Apollinare;
la giunta regionale ha manifestato la disponibilità ad anticipare i fondi nazionali necessari al fine di garantire una maggiore rapidità nell'apertura dei cantieri; ad ogni modo, è la normativa nazionale a richiedere un coinvolgimento della regione Umbria che sia ampio e decisivo. A tal proposito infatti si richiama l'attenzione su alcuni profili della dinamica applicativa derivante dalle disposizioni di cui ai nuovi commi 5-quater e 5-quinquies dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, introdotti dall'articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10;
come prontamente chiarito nella direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 marzo 2011 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 120 del 25 maggio 2011, recante indirizzi per lo svolgimento delle attività propedeutiche alle deliberazioni del Consiglio dei Ministri da adottare ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge n. 225 del 1992 per la predisposizione ed attuazione delle ordinanze di cui all'articolo 5, commi 2 e 3 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 nonché per l'attuazione del decreto-legge n. 225 del 2010 convertito con modificazioni dalla legge n. 10 del 2011), per il combinato disposto dei citati commi 5-quater e 5-quinquies sopra richiamati, a fronte di uno degli eventi per cui sia stato dichiarato lo stato di emergenza, come il terremoto in Umbria dello scorso dicembre 2009, è la regione a doversi fare carico in primo luogo del reperimento delle risorse finanziarie necessarie a fare fronte ai fabbisogni occorrenti;
a tal fine, la regione Umbria avrà l'onere (ai sensi del comma 5-quater):
a) innanzi tutto di reperire all'interno del proprio bilancio le disponibilità finanziarie sufficienti per effettuare le spese conseguenti all'evento emergenziale ovvero per la copertura degli oneri conseguenti allo stesso;
b) poi, qualora il bilancio non rechi tali disponibilità, di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote attribuite alla regione, sino al limite massimo consentito dalla legislazione vigente;
c) nonché - sia nel caso che gli aumenti deliberati ai sensi della lettera b) non assicurino comunque il reperimento di tutte le disponibilità occorrenti sia in quello della impossibilità di deliberare aumenti giacché gli stessi sono già stati precedentemente operati nei limiti massimi consentiti dalla legislazione vigente - di elevare ulteriormente la misura dell'imposta regionale di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 398 del 1990, fino a un massimo di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita;

per la Regione interessata le prime due iniziative costituiscano un vero e proprio onere, e non piuttosto una mera

facoltà lasciata alla libera iniziativa discrezionale della Regione, lo si ricava in via interpretativa dall'incipit del successivo comma 5-quinquies, laddove esso prevede che (solo) «qualora le misure adottate ai sensi del comma 5-quater non siano sufficienti (...) può essere disposto l'utilizzo delle risorse del Fondo nazionale di protezione civile»;
in altri termini, perché si possa utilizzare il predetto Fondo occorre pur sempre che, prima, risultino effettivamente assunte ed applicate le iniziative di competenza regionale sopra descritte;
le amministrazioni regionali, nel caso di specie la regione Umbria, quindi, potrà richiedere al dipartimento della protezione civile l'attivazione delle misure di cui al comma 5-quinquies, attestando di avere concretamente esperito le iniziative di propria competenza di cui al comma 5-quater, evidentemente per la differenza di fabbisogno fra quanto reperito attraverso le proprie iniziative e quanto necessario per le spese conseguenti all'evento emergenziale ovvero per la copertura degli oneri dallo stesso derivanti. Il dipartimento della protezione civile verifica la disponibilità del Fondo per la protezione civile e qualora tale Fondo fosse inadeguato, inoltrerà al Ministero dell'economia e delle finanze una motivata richiesta di attivazione del Fondo -:
se risulti al Governo quale sia la disponibilità finanziaria e il contributo offerto finora dalla regione Umbria alla luce della norme richiamate in premessa, e quale sia l'impegno del Governo al fine di fronteggiare la situazione di emergenza e gli interventi di ricostruzione dei comuni umbri interessati dagli eventi sismici del 15 dicembre 2009.
(4-12567)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 2 luglio 2011 è stata diffusa la notizia che il Presidente del Consiglio dei ministri ha firmato un'altra proroga per quanto riguarda lo stato di emergenza traffico nella zona di Mestre, nonostante l'ultimazione dei lavori del Passante con la sua inaugurazione, avvenuta due anni fa;
la proroga dello stato di emergenza traffico nella zona di Mestre comporterà anche il rinnovo del commissario al passante, finora ricoperto da Silvano Vernizzi, che come gli altri commissari governativi, può adottare tutti i necessari atti di impulso, anche sostituendosi alle amministrazioni interessate, provvedendo «in deroga», salvo il rispetto delle norme comunitarie in materia di appalti, ambiente e patrimonio storico-artistico, senza che siano previste comunicazioni ad hoc al Parlamento;
la decisione è stata assunta a pochi giorni di distanza dalla firma dell'accordo di programma sul polo regionale del terziario avanzato, denominato Veneto City (peraltro deliberato senza che sia stata considerata necessaria una valutazione ambientale strategica del progetto stesso e con pareri contrari di enti importanti come la ASL e l'ARPAV) per la cui funzionalità è necessario costruire «con la massima urgenza» anche il nuovo casello di Albarea;
al megaprogetto Veneto City, che si svilupperà su una superficie di 715 mila ettari, con una superficie edificabile di 500 mila metri quadrati e 100 mila metri quadrati di negozi, dovrebbero seguire la realizzazione della Romea commerciale e della cosiddetta «Camionabile» -:
per quali ragioni sia stato prorogato lo stato di emergenza traffico nella zona di Mestre;
in che modo si intenda rendere pubblico il bilancio dell'operato del commissario Silvano Vernizzi in particolare per quanto attiene ai costi delle gestioni, per stipendi e per acquisito di beni e servizi, il numero di personale, anche a contratto, impiegato nonché le risorse gestite o il valore delle opere pubbliche o degli interventi realizzati;

se vi siano connessioni tra la decisione di prorogare lo stato di emergenza traffico nella zona di Mestre e la realizzazione del progetto Veneto City ed altri riguardanti la zona.
(4-12575)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

RENATO FARINA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dai risultati quasi completi emerge che il sì ha stravinto nel referendum sul progetto di una nuova Costituzione voluta dal re del Marocco Mohammed VI che si è svolto venerdì 1o luglio 2011 nel Paese maghrebino. Secondo i dati diffusi dal Ministro degli interni sulla quasi totalità delle schede contate (il 94 per cento dei seggi elettorali) ben il 98,4 per cento dei votanti ha approvato la riforma costituzionale promossa dall'attuale regnante alawita; con un'affluenza molto alta, quasi del 72,65 per cento;
il referendum aveva una cruciale importanza per Mohammed VI. Confrontatosi con le prime proteste di piazza - il movimento del 20 febbraio, frutto dell'ondata rivoluzionaria che ha scosso il mondo arabo - il re aveva annunciato in un discorso alla Nazione il 9 marzo 2011 la creazione di una commissione ad hoc per la revisione della Costituzione. È stato poi lo stesso Mohammed VI a presentare in un discorso televisivo il progetto di una nuova Costituzione elaborato dalla commissione Mennouni e ad annunciare la convocazione di una consultazione popolare sulla prima Costituzione della storia del Paese fatta dai marocchini, per tutti i marocchini;
il nuovo testo, che è la sesta Carta Magna del Marocco e sostituisce l'attuale Costituzione del 1996, è stato definito dal Primo Ministro Abbas El Fassi un cambiamento storico;
la riforma costituzionale lanciata da Mohammed VI presenta infatti diverse novità: l'amazigh, cioè la lingua berbera, parlata da una fetta importante della popolazione, diventa ad esempio la lingua ufficiale assieme all'arabo; si sancisce, inoltre, l'eguaglianza di uomini e donne, si prevede la creazione di una autorità per la parità e la lotta contro tutte le forme di discriminazione; nel testo è stato inserito il diritto alla vita, che viene definito il primo diritto di ogni essere umano; si vuole porre fine alla pena di morte in Marocco, dove l'ultima esecuzione è avvenuta nel 1993; sul piano politico, la nuova Carta Magna di Rabat accresce i poteri del Primo Ministro, che diventa capo di Governo e dovrà essere nominato dal re in seno al partito politico arrivato in testa alle elezioni dei membri della Camera dei rappresentanti;
non sfugge però ai commentatori che il re manterrà ampi poteri e continuerà a dominare il panorama istituzionale; anche se la sua persona non è più sacra ma rimane inviolabile, il sovrano conserverà il suo ruolo di guida religiosa e politica;
risulta all'interrogante da varie fonti che la nuova Costituzione viene considerata da molti solo una manovra per evitare la rivoluzione (ABC, 29 giugno 2011). Ciò che Mohammed VI sblocca da un lato, lo blocca dall'altro, ha scritto Marie-Christine Corbier sul quotidiano finanziario francese Les Echos (29 giugno). Anzi, per il pediatra ed attivista per i diritti umani Nordin Dahhan, la riforma costituzionale è una farsa (De Volksrant, 1o luglio). Anche il noto blogger marocchino Larbi respinge il testo «Eravamo sotto un regime di monarchia con larghi poteri, in cui il re era capo dell'Esecutivo, e resteremo sotto lo stesso regime con qualche ritocco di facciata», così spiega in un articolo intitolato «Pourquoi je rejette la Constitution Mohammed VI (18 giugno)». Contrario alla nuova Costituzione è anche il movimento islamista «Giustizia e carità», che sostiene la riforma;
sembra all'interrogante che la nuova Carta Magna sia abbastanza deludente per

quanto riguarda la libertà di religione, assente nel testo. Il preambolo conferma la preminenza accordata alla religione musulmana, che rimane la religione di Stato, che garantisce a tutti il libero esercizio dei culti. Come ricordato da Ali Amar su Slate Afrique (29 giugno), il Partito della giustizia e dello sviluppo (PJD), il quale dice di proclamare un islamismo moderato, aveva minacciato di ritirargli suo appoggio al progetto di riforma se la libertà di religione fosse stata inserita nella legge fondamentale;
anche se il regno alawita si impegna nel preambolo a mettere al bando e combattere ogni discriminazione nei confronti di chiunque, convertirsi ad un'altra religione rimane un tabù. Lo sta sperimentando sulla propria pelle Jamaa Ait Bakrim, che sta scontando nel più grande carcere del Marocco - la prison central di Kenitra - una condanna di 15 anni per proselitismo e distruzione di proprietà altrui: l'uomo aveva rimosso due vecchi pali della luce inutilizzati davanti al suo negozio, che le autorità locali avevano rifiutato di togliere (Compass Direct News, 17 settembre 2010); nel corso di un'audizione al Congresso degli Stati Uniti del 17 giugno su «Diritti umani e libertà religiosa in Marocco», a Jamaa è stato fatto riferimento dal deputato Frank Wolf e dal senatore James Inhofe come un esempio della continua persecuzione dei cristiani in Marocco [ASSIST News Service (ANS)] -:
quale sia la posizione del Governo in relazione alla nuova costituzione per il popolo marocchino e se condivida le critiche mosse all'assenza di riferimenti costituzionali alla libertà religiosa e quindi alla mancanza di difesa delle minoranze religiose presenti in Marocco;
se, visti gli ottimi rapporti che intercorrono con il Governo di Rabat, non ritenga di informarsi sul caso citato in premessa, anche al fine di conoscere gli effettivi diritti costituzionalmente garantiti alle minoranze religiose in Marocco.
(5-05044)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
tra la notte del 17 e il 18 giugno, un pullman diretto a Parigi, alle due di notte circa, è stato bloccato al confine dell'Italia con la Francia, al traforo del Monte Bianco, insieme ad altri pullman (almeno quindici), che avevano già pagato il casello dell'autostrada per dirigersi verso «Ville Pinte», in concomitanza della manifestazione per «La Resistenza iraniana», all'estero;
secondo il racconto fatto da uno dei passeggeri, Alessandro Arsi, studente universitario laureando alla specialistica scienze umanistiche La Sapienza, nato a Roma il 5 gennaio 1984, la motivazione ufficiale addotta dagli agenti è stata che i documenti prodotti in Italia, non erano più validi per entrare in Francia;
gli stessi poliziotti italiani sono stati colti di sorpresa da quanto accaduto e, nell'imbarazzo, hanno invitato i passeggeri dei pullman ad esporre una denuncia dell'accaduto;
sui pullman erano presenti, oltre a passeggeri italiani anche molti iraniani, ma con passaporto italiano valido fino al 2014 e oltre;
con questo comportamento, a giudizio degli interroganti, la Francia ha violato «l'Accordo di Schengen» che promuove la libera circolazione in quanto abolisce il controllo sistematico delle persone alle frontiere interne del cosiddetto «spazio Schengen» a meno che non sussistano fondati motivi;
inoltre, trascorse tre ore dal respingimento nel territorio italiano, i passeggeri in pullman hanno tentato di rioltrepassare la frontiera francese e nell'incredulità generale gli agenti francesi gli hanno sbarrato la strada armati di tutto punto, sono entrati nel pullman e hanno sequestrato le carte d'identità;

solo dopo circa quarantacinque minuti, hanno dato il via libera per l'ingresso in Francia, trattando le persone come se fossero come delinquenti comuni, solo e unicamente perché provenivano dall'Italia;
al ritorno, passando sempre per la stessa frontiera, vi è stato un nuovo blocco di soli dieci minuti con un controllo repentino sul pullman stesso, senza sequestro di alcuna carta d'identità;
quali iniziative si intendano adottare nei confronti del Governo francese in merito ai gravi fatti riferiti in premessa;
quali iniziative si intendano promuovere per assicurare nei confronti della Francia il pieno rispetto dell'accordo di Schengen a tutela di chi, provenendo dall'Italia, rientri nei parametri di legge.
(4-12564)

BRAGANTINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
SIMEM è un'azienda della provincia di Verona, attiva da più di 40 anni nel settore degli impianti per le costruzioni e per l'ambiente, che occupa più di 150 persone in Italia ed altre 100 persone presso le proprie filiali in India, Stati Uniti e Brasile; SIMEM esporta da più di 10 anni mediamente l'80 per cento del proprio giro d'affari ed investe costantemente importanti risorse in attività di ricerca e sviluppo per garantire il proprio sviluppo attraverso l'innovazione;
l'azienda SIMEM è da anni fornitrice del gruppo TMK (16 milioni di euro di contratti realizzati tra il 2007 ed il 2010) gruppo russo leader nella produzione di tubi, ed in particolare SIMEM era assegnataria della fornitura dell'impianto denominato EAF di Tagmeg, nella città di Taganrog, fornitura assegnata come esito di un tender ufficiale, risultato di un lavoro di progettazione durato più di un anno, con 13 revisioni tecniche, decine e decine di sopralluoghi in loco ed un'intensa attività tecnico-commerciale sostenuta interamente a proprie spese dalla società veronese;
l'azienda italiana Euromec sarebbe subentrata improvvisamente nelle forniture a TMK, in particolare nell'impianto di Taganrog, peraltro utilizzando indebitamente il progetto di SIMEM come risulta dalla decisione del tribunale di Milano adottata in sede di procedimento cautelare R.G. 92/11 e depositata in data 25 marzo 2011, con la quale il tribunale stesso ha inibito l'utilizzo del know-how di SIMEM da parte di Euromec;
risulterebbe che l'ambasciata italiana, nei suoi più alti vertici, sia intervenuta al fine di raggiungere un accordo tra Governo italiano e Governo russo per la gestione del trattamento delle acque, nell'ambito del quale sarebbe stato organizzato un incontro tra la ditta TMK e la ditta Euromec;
suscita perplessità l'atteggiamento adottato in questa circostanza dall'ambasciata italiana che di fatto avrebbe favorito un'azienda italiana a scapito di un'altra -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e se il comportamento dell'ambasciata sia da ritenersi pienamente corretto dal punto di vista istituzionale
(4-12577)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

TORAZZI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Consorzio Cermec spa, formato da comune di Carrara, comune di Massa e provincia di Massa Carrara, nasceva con l'intento di chiudere il ciclo provinciale dei rifiuti; la presenza dell'ente sovracomunale all'interno della società avrebbe dovuto

fare da veicolo trainante per l'entrata in Cermec dei restanti comuni della provincia;
da anni i comuni della zona denominata Lunigiana (provincia di Massa-Carrara) non conferiscono i loro rifiuti urbani presso Cermec, poiché sotto l'aspetto economico e logistico era, ed è tuttora, per loro più conveniente rivolgersi ad un soggetto privato, il quale altre ad essere il maggior concorrente di Cermec, è stato anche attore di svariati ricorsi contro la provincia di Massa-Carrara;
la Cermec detiene il 51 per cento della società ErreErre spa, la quale ha presentato alla provincia di Massa-Carrara una richiesta di autorizzazione per la realizzarne e la gestione di un impianto di CDR in località Gotara; a seguito della DD 8624 del 17 giugno 2008 la società in questione è stata autorizzata dalla provincia di Massa-Carrara alla costruzione e successiva gestioni del predetto impianto;
la ErreErre spa è stata costituita nel 2003 dal consorzio Cermec spa su iniziativa di una società privata, la società Delca spa da svariati anni fornitrice di servizi e maggior creditore di Cermec; si tratta pertanto di una società mista in cui il socio privato è stato individuato direttamente senza l'espletamento di alcuna procedura pubblica;
i due soggetti in questione sono obbligati a rispondere l'uno, il consorzio Cermec nei confronti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'altro, la società ErreErre nei confronti della provincia di Massa-Carrara, ma nessuno dei due verso l'altro;
è in questo contesto che in data 17 giugno 2008 viene rilasciata dalla provincia di Massa-Carrara l'autorizzazione alla realizzazione e gestione dell'impianto alla ErreErre, mentre in data 2 marzo 2009 è stato approvato il progetto di bonifica (area SIN) presentato da Cermec;
le conferenze di servizi per l'autorizzazione alla realizzazione dell'opera ridetta dalla provincia di Massa-Carrara e le conferenze di servizi relative alla possibilità di riutilizzo dell'area indette dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono state fatte in parallelo; è pertanto illogico, ad avviso dell'interrogante, che la provincia abbia concesso autorizzazioni senza prima conoscere l'esito del procedimento ministeriale;
la DD8674 rilasciata in data 22 ottobre 2009 prescrive a ErreErre l'osservanza dell'analisi di rischio effettuata da Cermec e fissa, inoltre, prescrizioni in fase di realizzazione dell'opera, anche se è stata rilasciata dopo il completamento dell'opera stessa;
i tempi di approvazione del progetto presentato dalla ErreErre sono stati davvero molto rapidi; concessioni ed autorizzazioni, secondo l'interrogante, discutibili e apparentemente non uniformi all'articolo 208 del codice dell'ambiente, evidenziano l'intenzione dell'amministrazione provinciale di agevolare in tutto e per tutto la «forzata» esecuzione dell'impianto in questione;
nel decreto dirigenziale n. 4894 del 2009 la regione Toscana accettò di finanziare questo oneroso progetto in quanto una perizia giurata di un professionista indipendente avrebbe a suo tempo attestato che tale impianto avrebbe utilizzato una tecnologia ed un know-how specifico dell'azienda Delca, motivo per cui l'azienda dei Del Carlo sarebbe stata scelta da Cermec come socio privato senza alcuna gara ad evidenza pubblica;
l'assegnazione del contributo pubblico (Misura 3-4 del Docup 2000-2006) tra i vari criteri volti all'erogazione delle provvidenze economiche, prevedeva il limite di rendicontabilità delle spese entro il 31 dicembre 2008; inoltre il progetto ammesso a finanziamento doveva tassativamente essere ultimato e reso operativo alla stessa data, ma la ErreErre è entrata in funzione solo nel 2010 e nei pochi mesi di attività non è mai stata operativa al 100 per cento;

in merito alle difficoltà nel completamento dell'impianto, tra le varie storture tecniche, è sintomatico l'esempio della mancanza di un allaccio alla rete del gas, indispensabile per il funzionamento delle apparecchiature. A tal riguardo, è necessario precisare che amministratori pubblici, organi collegiali, funzionari e dirigenti pubblici, non si erano preoccupati del fatto che nella zona dove insistono Cermec e la attigua ErreErre non è prevista alcuna fornitura di gas;
nell'ottobre 2010 la magistratura ha aperto un fascicolo su Cermec spa;
la due diligence commissionata dagli azionisti di Cermec parla di fatture per 15/16 milioni di euro emesse da Delca, socio privato di Cermec in ErreErre ma anche maggior creditore di Cermec, per prestazioni mai effettuate e di terreni in attesa di bonifica (area SIN), che nelle scritture di bilancio venivano valutati per cifre ben superiori (6 milioni di euro) al loro valore reale;
il debito pubblico generato dalla suddetta società ad oggi è di oltre trenta milioni di euro;
il 9 maggio 2011 società ErreErre, a seguito di una inchiesta per una presunta truffa aggravata ai danni della Unione europea, è stata oggetto di un sequestro penale degli impianti da parte dei carabinieri del NOE;
il debito stimato prodotto da ErreErre supera 20 milioni di euro;
la grave situazione debitoria di Cermec e ErreErre sta determinando il collasso economico di numerosi fornitori e aziende locali e apprensione tra i lavoratori; altresì i soci maggioritari di parte pubblica (comune di Carrara e comune di Massa) hanno deciso di ricapitalizzare la società con una cifra pari a 14 milioni di euro, facendo nuovamente gravare sulla cittadinanza i costi di una inaccettabile gestione della «cosa pubblica»;
nella vicenda CERMEC ed ErreErre si evidenzia, a giudizio dell'interrogante, un palese conflitto d'interesse della provincia di Massa-Carrara;
Delca spa è stata recentemente citata in una interrogazione parlamentare sullo smaltimento illegale di rifiuti; l'interrogazione dell'onorevole Elisabetta Zamparutti cita un'inchiesta del giornale on-line Italia Terra Nostra dal titolo «Puglia: Ecomafia a tutto spiano», nella quale emerge anche uno stralcio di un collaboratore di giustizia che fa il nome della Delca spa di Del Carlo;
discarica pisana di Peccioli dove ha termine il ciclo dei rifiuti di tutta la provincia ha chiuso le porte alla spazzatura proveniente da Cermec. La discarica pisana vanta un credito milionario verso Cermec; tale credito non è stato corrisposto nei termini concordati e a seguito di ciò il giorno 5 maggio 2011 in Provincia di Massa Carrara è scattata un'emergenza rifiuti che per una settimana ha provocato gravi disagi, un serio rischio per l'igiene e la salute pubblica, e svariati atti vandalici. I fatti sopraccitati hanno causato un grave danno d'immagine ad un territorio che ha una forte connotazione turistica;
sussiste un forte clima di tensione socio-economico che sta attanagliando la provincia di Massa-Carrara, dovuto ad una grave crisi occupazionale e a vari scandali nella pubblica amministrazione -:
se sia nelle intenzioni del Ministro acquisire elementi, anche per il termine dell'osservatorio nazionale sui rifiuti, sulla gestione dei rifiuti nella provincia di Massa Carrara, con particolare riferimento alle anomalie e criticità evidenziate in premessa.
(4-12565)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del turismo, il Ministro per i

rapporti con le regioni e coesione territoriale, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
in Castellaneta (Taranto), località «Le Grotte», si stanno effettuando i lavori per la realizzazione del Metanodotto Massafra (Taranto)-Biccari (Foggia), per conto della Snam-rete gas;
durante l'esecuzione dei predetti lavori di scavo sono venuti alla luce insediamenti archeologici che, considerando la vastità dell'area interessata, i rilievi, la natura e la ricchezza del materiale ritrovato (monete di bronzo e di argento, vasellame di pregevole fattura, monili e altro), fanno verosimilmente pensare ad una delle aree archeologicamente più interessanti del Meridione scoperte negli ultimi tempi;
tali scoperte stanno restituendo informazioni importantissime circa la presenza di un centro rurale databile tra l'età arcaica e quella romana, con il rinvenimento di una porzione di una necropoli infantile, di sepolture relative a nuclei familiari, di una tomba ad incinerazione, di ambienti abitativi ed importanti tracce legate alla produzioni agricola;
le ricerche condotte negli ultimi decenni nella chora della colonia greca di Taranto hanno consentito di documentare segni evidenti di coltivazione della vite, inquadrabili tra l'età classica ed ellenistica, che troverebbero puntuali conferme e confronti in località «Le Grotte», dove sono perfettamente conservati numerosissime canalette rettangolari, parzialmente intersecate da solchi regolari continui praticati nel terreno limo-argilloso e nel banco calcarenitico, funzionali ad impianti di vigneti e resti di strutture insediative a carattere rurale, associate probabilmente ad un intenso sfruttamento agricolo dell'area. Nella parte settentrionale dell'insediamento, in una zona precedentemente utilizzata come necropoli, sono stati individuati i resti di un edificio di grandi dimensioni, con più fasi di vita, di cui sono chiaramente visibili un vano quadrangolare e parte di un impianto produttivo, connesso probabilmente alla produzione del vino;
grande interesse è stato mostrato per il sito archeologico da parte di docenti di università straniere (Grecia e USA) che hanno dichiarato di essere disposti a continuare gli scavi;
tali scoperte rappresentano, altresì, una grande opportunità per il turismo che, oltre al mare stupendo, alle gravine, ai centri storici con le loro chiese e i loro edifici, può offrire un'altra risorsa per la stagione estiva e un interessante programma di destagionalizzazione per tutti gli operatori del settore;
nonostante l'estensione dei rinvenimenti e la loro importanza sotto il profilo archeologico, culturale e turistico, la Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia, preposta all'alta sorveglianza delle attività di ricerca e catalogazione dei reperti, ha comunicato ai proprietari del fondo interessato dalle straordinarie scoperte, l'imminente interruzione delle attività di scavo ed, anzi, la prossima ricopertura del sito con il terreno nel frattempo asportato, per mancanza di risorse economiche; una tale motivazione (mancanza di risorse economiche), però, contrasta fortemente con alcune notizie di stampa, secondo le quali, l'Europa dà alla Puglia 25 milioni di euro l'anno per la tutela e la salvaguardia della sua storia emersa e da fare emergere (proprio come per il caso in questione);
se tali ultime decisioni dovessero essere definitive, oltre ad impedire la prosecuzione delle attività di scavo, esse escluderebbero la fruibilità ai fini culturali, archeologici, turistici e di valorizzazione del territorio di un sito dalle straordinarie potenzialità;
l'abbandono di ogni interesse al sito da parte della Soprintendenza renderebbe «indifeso» rispetto ai probabili illeciti «interessamenti» dei «tombaroli», il tesoro che in esso si cela, provocherebbe danni irreparabili sul piano culturale e

mortificherebbe tante iniziative imprenditoriali che, in una zona in cui il livello occupazionale è molto basso, potrebbero rappresentare concrete possibilità di lavoro e di sviluppo economico, soprattutto per i giovani;
proprio un gruppo di giovani, non volendo rassegnarsi all'idea dell'assurda chiusura e della ricopertura degli scavi, su Facebook ha promosso il sito «Salviamo il tesoro archeologico di Castellaneta», dichiarandosi pronto ad una spedizione sul posto e a fare da scudo umano per impedire che il patrimonio di così inestimabile valore culturale, venuto alla luce grazie al delicato e prezioso lavoro di scavi, possa essere sotterrato -:
se non ritengano di intervenire con la dovuta urgenza:
a) perché, accertata l'esistenza di fondi europei, se ne possa destinare una giusta quota per continuare e potenziare l'attività di scavo;
b) perché l'ENI, cosi come generosamente si è comportata in analoghe circostanze in altre regioni italiane, faccia altrettanto per la campagna di scavi in località «Le Grotte»;
c) perché la Soprintendenza regionale coinvolga le università della regione;
d) perché la prefettura di Taranto organizzi un tavolo di concertazione con tutti i soggetti istituzionali competenti e con gli enti locali (provincia e comune di Castellanata), per impedire che venga interrotta l'attività di ricerca in corso e ordinata la chiusura del sito con tutti i danni che una tale insensata decisione comporterebbe sul piano culturale, sociale ed economico.
(2-01141)
«Patarino, Della Vedova, Briguglio, Giorgio Conte, Moroni, Consolo, Di Biagio, Proietti Cosimi».

Interrogazione a risposta in Commissione:

RENATO FARINA e CENTEMERO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
la città di Monza, legata profondamente alla storia longobarda e segnata dalla presenza della Regina Teodolinda, è stata esclusa dalla lista dei siti dell'«Italia Langobardorum» ritenuti degni di tutela in quanto patrimonio mondiale dell'Unesco; questa preminenza di Monza è documentata nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono, dove si riferisce che nel luogo dove sorge l'attuale Duomo, Teodolinda costruì una basilica, di cui resta parte di una torre inclusa nel perimetro absidale, e che nel Duomo si conserva nella cappella Teodolinda la corona ferrea e il tesoro del Duomo, documenti unici e sorgivi della civiltà longobarda, qui non solo custoditi ma per così dire partoriti e costituenti un vero e proprio monumento inseparabile dalla terra di Monza;
altre città hanno invece avuto l'onore di essere inserite in questa prestigiosa lista e d'ora in poi saranno divulgate nel mondo come luoghi di un itinerario dove conoscere «I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)», pur presentando residui quasi casuali della presenza longobarda; l'ufficio patrimonio mondiale dell'UNESCO svolge, all'interno del Ministero per i beni e le attività culturali (MiBAC), la funzione di coordinamento delle attività connesse all'attuazione della convenzione sulla protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale;
istituito nel 2004, l'ufficio svolge anche compiti di supporto tecnico-scientifico al gruppo di lavoro interministeriale permanente per il patrimonio mondiale dell'UNESCO, attivo dal 1995 e formalmente istituito nel 1997 presso il Ministero per i beni e le attività culturali;
è parte della commissione di coordinamento per l'implementazione delle politiche di salvaguardia e promozione del patrimonio culturale immateriale e delle

diversità culturali, istituita con D.D. del 10 aprile 2008 e coordinata dal direttore dell'Istituto centrale per il catalogo e la documentazione del Ministero per i beni e le attività culturali -:
se risulti al Governo quanto sopra esposto e se e come il Ministero per i beni e le attività culturali abbia interagito con l'Unesco per la definizione dei siti degni di inserimento nella «Italia Langobardorum»;
come funzionino e se si ritengano soddisfacenti i rapporti di collaborazione tra l'Unesco il Ministero per i beni e le attività culturali, se esitano margini per correggere quella che a chiara evidenza appare agli interroganti come una negazione del buon senso e un danno reale alla città di Monza;
se non si intenda promuovere una revisione di questa lista per aprirla a Monza;
qualora ciò fosse impossibile, se non si intenda autonomamente rilanciare una proposta di itinerario longobardo che includa le capitali longobarde Monza e Pavia, ora escluse.
(5-05043)

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DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:

PAGLIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
per il funzionamento dei suoi servizi in tempo di pace, di guerra o di grave crisi internazionale, la Croce rossa italiana dispone di un corpo militare, ausiliario delle Forze armate, il cui personale è disciplinato dal titolo V del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, «Codice dell'ordinamento militare», nonché dal libro V del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, «Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246»;
gli iscritti nel corpo militare della Croce rossa italiana, chiamati in servizio, sono militari e sottoposti alle norme del regolamento di disciplina militare e dei codici penali militari;
a difendere il carattere militare del suddetto corpo ausiliario, di cui nel 2011 ricorrono i 145 anni dalla fondazione, sono stati negli ultimi anni tutti i Governi che si sono succeduti, sia di centrodestra, sia di centrosinistra, e da ultimo, per voce del Sottosegretario Crosetto, anche l'Esecutivo in carica;
ipotesi relative alla più generale trasformazione della natura della Croce rossa italiana, che oggi è un ente di diritto pubblico, sono state avanzate nella discussione sulla manovra correttiva dei conti pubblici, ma sono state oggi, a quanto pare, escluse dalle misure del decreto-legge inviate al vaglio del Presidente della Repubblica -:
se corrisponda al vero che è in atto da parte del commissario straordinario della Croce rossa italiana - nominato tre anni fa dal Presidente del Consiglio dei ministri e per due volte prorogato nell'incarico - la presentazione al Consiglio dei ministri di un progetto di smilitarizzazione del corpo militare della Croce rossa italiana, nell'ambito di un processo di riorganizzazione dell'ente, e se e come questa ipotesi si integri con il progetto di più generale «privatizzazione» della Croce rossa italiana.
(3-01736)

TESTO AGGIORNATO AL 6 LUGLIO 2011

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
si apprende da un articolo pubblicato su Milano Finanza il 19 aprile 2011 e intitolato «Bufera poker online, faro in Italia», che tre delle maggiori società di poker online al mondo sono state chiuse a

seguito di un'operazione condotta dall'Fbi, in stretta collaborazione con il procuratore di New York, Preet Bahrara;
le accuse mosse dai federali contro le società di cui sopra - Pokerstars, Full tilt poker e Absolute poker - sono nello specifico: violazione della legge che vieta il poker online negli Stati Uniti, raccolta illegale di scommesse, frode bancaria e riciclaggio di denaro;
tre cittadini americani, John Campos, Chad Elie e Bradley Franzen, sono finiti in carcere; per altri otto, residenti fuori dagli Stati Uniti, sono stati, invece, emessi mandati di cattura internazionali. Tra questi ultimi, spicca il nome dell'ex manager dell'Ibm, Isai Scheinberg, divenuto successivamente fondatore della società Pokerstars, marchio con cui opera la Reel international ltd con sede nell'Isola di Man, della quale egli è a tutt'oggi il principale azionista con il 75 per cento della quota azionaria;
si legge nello stesso articolo che le transazioni di denaro con i giocatori americani avvenivano attraverso la simulazione di compravendite di altri beni, quali gioielli, giocattoli o quant'altro. Successivamente, le tre società parteciparono alla «ricapitalizzazione di piccole banche locali in difficoltà finanziarie, ottenendo in cambio un trattamento di favore in merito alle transazioni con i giocatori»;
sempre secondo l'accusa, a seguito di queste manovre illecite, sarebbero transitati sul conto delle tre società circa 3 miliardi di dollari, denaro che poi sarebbe stato successivamente ripulito in mercati dove le stesse possono operare alla luce del sole, mercati tra i quali spicca per l'appunto l'Italia;
secondo dati Agicos, Pokerstars avrebbe raccolto nella nostra nazione 61 milioni di euro nel primo trimestre del 2011, risultando così il secondo operatore di poker online in Italia e raggiungendo una quota di mercato del 23 per cento;
si apprende ancora da un articolo del Il Sole 24 ore del 13 giugno 2011 intitolato «Pressante, eccitante, imprevedibile. E se il poker online fosse anche criminale?», che grazie alla sua sede nel paradiso fiscale dell'Isola di Man, la Reel international ltd è riuscita a non pagare l'iva su una serie di spese sostenute, come quelle pubblicitarie, in quanto società extracomunitaria, vantaggio che essa avrebbe mantenuto solo fino al 6 settembre 2010, data in cui è stata registrata la Reel Italy ltd con sede nell'isola di Malta. Sempre Il Sole 24 ore fa, tuttavia, presente che: «delle sue 1.165 azioni, 1.164 sono comunque della Reel di Man»;
la stessa Milano Finanza riporta, inoltre, in un recente articolo del 18 giugno 2011, che in seguito ad un esposto del Sistel - il sindacato italiano di imprese di scommesse telematiche, che riunisce al suo interno oltre sessanta concessionari - sono state avviate delle indagini dalla Guardia di finanza, dall'Uif (Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia) e dal comitato antiriciclaggio del Ministero dell'economia e delle finanze, a carico della sopra citata Pokerstars;
per il Sistel si pone, dunque, il problema dell'individuazione dell'effettivo beneficiario dei proventi derivanti dall'esercizio della concessione italiana da parte della Reel Italy ltd di Malta, che ad ogni evidenza è individuabile nei soci di maggioranza della Reel international ltd;
stando a quanto dichiarato nell'esposto, in cui si fa chiaro riferimento all'articolo 2, comma 2, del «testo unico antiriciclaggio» (decreto legislativo n. 231 del 2007), il quale precisa che «il riciclaggio è considerato tale anche se le attività che hanno generato i beni da riciclare si sono svolte nel territorio di un altro Stato comunitario o di un Paese terzo», si evince che, qualora si dovesse scoprire che dietro la società vi siano i medesimi soggetti coinvolti nell'indagine americana, allora i Monopoli di Stato dovrebbero immediatamente revocare l'autorizzazione alla raccolta di scommesse;
tuttavia, Guardia di finanza e Unità di informazione finanziaria sembrano

concentrare le loro indagini più sui rapporti di Pokerstars con gli intermediari finanziari, per capire se siano coinvolte banche italiane e se queste abbiano proceduto alla verifica dell'adeguatezza del cliente, che non per verificare l'identità delle persone presenti dietro la stessa società che ha ottenuto la concessione italiana;
per quanto, invece, concerne le altre due società di poker online, la Full tilt e la Absolute poker, non ancora presenti sul mercato italiano, l'interrogante, dopo aver preso personalmente visione dei tre siti fulltiltone.com, fulltiltpokeritalia.it e fulltiltitaly.it, si è accertato della non accessibilità di questi medesimi e può affermare con sicurezza che la Full tilt ha già avanzato formale richiesta presso i Monopoli di Stato per ottenere il rilascio di due delle 200 licenze assegnate dal Governo per la raccolta di scommesse online -:
in che modo, alla luce dei fatti esposti in premessa, i Monopoli di Stato intendano intervenire per accertare la reale natura delle società Full tilt e Absolute poker, e prevenirne l'avvio di un'eventuale attività illecita in Italia, e quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di chiarire l'identità delle persone che si muovono dietro la società italiana Pokerstars, gestita dalla Reel Italy ltd con sede a Malta.
(3-01731)

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la scuola rappresenta, nelle sue diverse offerte formative, una risorsa fondamentale per il Paese, in quanto capace di dare oltre che cultura, anche un investimento concreto per le giovani generazioni. In tale contesto l'istituto delle scuole paritarie rappresenta per l'Italia un importante strumento di offerta formativa, alla luce del fatto che, oltre un milione di studenti, pari a circa il 13 per cento della popolazione scolastica, sceglie annualmente questo tipo di istituti scolastici;
le scuole paritarie si trovano attualmente in una situazione di estrema oggettiva difficoltà dovuta nel reperire le necessarie risorse economiche in grado di consentire alle stesse di poter offrire i servizi utili agli studenti per il loro percorso formativo;
organi di stampa locali di Rovigo riportano la notizia secondo la quale numerose scuole materne paritarie della provincia vivrebbero una situazione di difficoltà economica dovuta alla riduzione dei fondi per il sostegno a questi istituti, così come disposto prima dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, e, successivamente, dalla legge di bilancio per il 2011;
le informazioni in merito alle possibili conseguenze derivanti dalle disposizioni vigenti hanno creato estrema preoccupazione per il prosieguo dell'attività formativa tra i gestori degli istituti rodigini interessati, oltre settanta, e tra i genitori degli alunni, circa quattromila;
la problematicità in questione interessa non soltanto la provincia di Rovigo, ma riguarda anche altri numerosi istituti del Veneto, regione nella quale questa tipologia di strutture è presente in modo capillare su tutto il territorio con oltre centoquarantamila allievi, i quali, assieme ai loro genitori e ai rispettivi rappresentanti di categoria, hanno a più riprese

espresso la loro preoccupazione per i tagli preventivati e per la conseguente riduzione di servizio che ne sarebbe scaturita;
nonostante la grave crisi finanziaria e la difficile situazione economica in cui si ritrova ad operare l'ente regionale e sebbene anche per questo esercizio la regione Veneto abbia stanziato a bilancio la medesima cifra del 2010 per le scuole paritarie, il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, ha manifestato, in più occasioni, la necessità di un intervento risolutore del Governo centrale -:
quali iniziative intenda adottare ai fine di garantire l'effettività del reintegro del capitolo di bilancio relativo ai contributi per le scuole paritarie.
(3-01732)

VELO, META, MARAN, BOCCIA, QUARTIANI, GIACHETTI, BOFFA, BONAVITACOLA, CARDINALE, FIANO, GASBARRA, GENTILONI SILVERI, GINEFRA, LARATTA, LOVELLI, PIERDOMENICO MARTINO, GIORGIO MERLO e TULLO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, in materia di «Autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario», interviene, tra l'altro, sui tributi connessi al trasporto su gomma;
in base all'articolo 17, il finanziamento delle province si incentra anche sull'imposta sulle assicurazioni per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei motori (rc auto), che diviene tributo proprio derivato con aliquota del 12,5 per cento, manovrabile dal 2011 in aumento o in diminuzione nella misura di 3,5 punti percentuali, nonché sull'imposta provinciale di trascrizione (ipt), di cui, peraltro, viene previsto un riordino finalizzato, per gli atti soggetti all'iva, al passaggio dall'attuale pagamento in misura fissa a quello di una tariffa modulata sulle caratteristiche di potenza e portata dei veicoli;
in attesa del complessivo riordino dell'imposta provinciale di trascrizione il comma 6 dell'articolo 17 prevede, comunque, che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, siano modificate le misure della suddetta imposta, in modo che si applichi da subito il passaggio dall'attuale pagamento in misura fissa a quello di una tariffa modulata sulle caratteristiche di potenza e portata dei veicoli;
i trasferimenti regionali destinati al finanziamento delle spese provinciali sono soppressi, con compensazione, dal 2013, mediante istituzione di una compartecipazione provinciale al gettito della tassa automobilistica regionale; il gettito di tale compartecipazione affluisce, in misura non superiore al 30 per cento, ad un fondo sperimentale di riequilibrio regionale, di durata triennale, per essere poi devoluto ad ogni singola provincia, previo accordo;
l'attribuzione dell'autonomia di entrata alle province in forma territorialmente equilibrata dovrebbe essere garantita - solo dal 2012 - mediante un fondo sperimentale di riequilibrio provinciale, di durata biennale, alimentato solamente con le entrate derivanti dalla compartecipazione provinciale all'irpef; nessun meccanismo di perequazione viene previsto in merito alla prevista devoluzione del gettito della rc auto e dell'imposta provinciale di trascrizione;
l'articolo 17 prevede la possibilità di aumentare o diminuire l'addizionale sul premio rc auto nella misura di 3,5 punti percentuali e questo implica un rincaro dell'importo netto che le compagnie assicurative incassano come premio che sarà inevitabilmente trasferito sugli automobilisti; questo determinerà un inevitabile incremento dei premi assicurativi; il costo medio della responsabilità civile in Italia è già molto più elevato che in altri Paesi europei: circa 400 euro contro i 200 del resto d'Europa;
in audizione alla Commissione finanze della Camera dei deputati, il Ministro

interrogato ha prospettato «una rivisitazione complessiva del meccanismo assicurativo» volta all'abbassamento dei premi assicurativi;
occorre sottolineare che esiste una forte sperequazione nella distribuzione regionale dell'intero gettito delle tasse automobilistiche e, in particolare, del gettito sulla responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, nonché una forte sperequazione della distribuzione su base regionale del gettito dell'imposta provinciale di trascrizione;
dai dati del sistema di gestione archivio tasse automobilistiche (sgata) dell'Agenzia delle entrate risulta, infatti, un'ingente sperequazione tra il gettito di una regione come la Lombardia, che ha 986,7 milioni di euro, e quello di altre regioni come la Liguria, che ha 134,9 milioni di euro, come la Toscana, che ha 414,9 milioni di euro, come l'Umbria, che ha 89,7 milioni di euro, come la regione Molise, con appena 26,8 milioni di euro;
dal 1994 al 2010 i premi per la responsabilità civile dell'auto sono aumentati del 180 per cento e con la manovra 2011 le autonomie hanno subito pesanti tagli dei trasferimenti; secondo alcuni calcoli, il federalismo fiscale determina una perdita di 4,5 miliardi di euro di risorse per le province ed è verosimile ipotizzare che tali enti saranno costretti ad applicare per intero la flessibilità fiscale loro concessa;
il Governo accogliendo un ordine del giorno al decreto-legge n. 70 del 2011 si è impegnato a sopprimere la disposizione di cui al comma 6 dell'articolo 17 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, con cui si prevede che in attesa del complessivo riordino dell'imposta provinciale di trascrizione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, siano modificate le misure della suddetta imposta in modo che si applichi da subito il passaggio dall'attuale pagamento in misura fissa a quello di una tariffa modulata sulle caratteristiche di potenza e portata dei veicoli;
la legge delega per l'attuazione del federalismo fiscale - legge n. 42 del 2009 - ha disposto che i decreti legislativi di attuazione individuino meccanismi idonei ad assicurare che «sia (...) salvaguardato l'obiettivo di non produrre aumenti della pressione fiscale complessiva anche nel corso della fase transitoria»;
le disposizioni contenute all'articolo 17 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, non sembrano garantire quel principio di invarianza della pressione fiscale disposto dall'articolo 28, comma 2, lettera b), della legge n. 42 del 2009;
da notizie stampa risulterebbe che il Ministro dell'economia e delle finanze stia valutando soluzioni alternative, di minor impatto per gli automobilisti, in particolare per quello che riguarda l'applicazione dell'imposta provinciale di trascrizione -:
se il Ministro interrogato non ritenga di promuovere il riordino dell'imposta provinciale di trascrizione (ipt) mediante un provvedimento ad hoc senza procedere in maniera anticipata, ai sensi di quanto disposto al comma 6 dell'articolo 17, a modificare le misure dell'imposta provinciale di trascrizione dall'attuale pagamento in misura fissa a quello di una tariffa modulata sulle caratteristiche di potenza e portata dei veicoli, allo scopo di esentare dall'imposta provinciale di trascrizione gli acquirenti di veicoli nuovi o usati di piccola (utilitarie) o media potenza e gli autoveicoli classificabili come beni mobili strumentali e, in considerazione della crisi del settore dell'auto e delle concessionarie, a prevedere una modifica dell'imposta provinciale di trascrizione che agevoli la rottamazione dei veicoli inquinanti e l'acquisto di auto nuove a basso impatto ambientale, prevedendo l'esclusione dall'imposta provinciale di trascrizione per gli autoveicoli e i motocicli di potenza inferiore ad una certa soglia.
(3-01733)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

LO MONTE, ZELLER e BRUGGER. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, prevede che, sui finanziamenti a medio-lungo termine erogati dalle banche e dagli istituti di credito alle imprese, venga applicata un'imposta sostitutiva, di norma dello 0,25 per cento dell'ammontare complessivo del finanziamento erogato, in luogo delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse di concessione governativa;
nell'attuale situazione economica congiunturale capita spesso che le banche concedano finanziamenti a società holding per la riqualificazione di precedenti indebitamenti, propri o di società controllate, trattandosi sostanzialmente di mutui di scopo per l'estinzione di affidamenti accordati in precedenza dalle banche;
ultimamente la tendenza di alcuni uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate è quella di negare l'applicazione dell'imposta sostitutiva per tali tipologie di finanziamento, applicando un'interpretazione giurisprudenziale in virtù della quale l'agevolazione tributaria spetta solo nel caso in cui il finanziamento è volto ad effettuare investimenti produttivi;
il direttore dell'Agenzia delle entrate, trattando l'argomento in sede di audizione alla Camera lo scorso mese di aprile 2011, peraltro sollecitato da una precedente interrogazione, ha annunciato un maggiore approfondimento della portata delle pronunce della Corte di Cassazione e dei contratti di finanziamento oggetto della potenziale esclusione dal regime dell'imposta sostitutiva, ai fini dell'elaborazione di un «documento di prassi» volto a chiarire la questione in modo da garantire un uguale trattamento su tutto il territorio nazionale;
sembrerebbe che l'ufficio territoriale di Bolzano dell'Agenzia delle entrate stia per emettere avvisi di pagamento dell'imposta ipotecaria piena per i finanziamenti erogati con l'espressa finalità di riqualificazione di indebitamento pre-esistente -:
se intenda chiarire al più presto quale sia il regime tributario applicabile ai nuovi finanziamenti contratti dalle imprese, in questo momento di difficile congiuntura economica, con lo scopo di riqualificare precedenti debiti contratti proprio per effettuare investimenti produttivi, in modo da consentire anche per i mutui di scopo l'agevolazione dell'applicazione dell'imposta sostitutiva, a norma dell'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601.
(5-05053)

FORCOLIN, LUCIANO DUSSIN e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da diversi anni la caserma dove opera la tenenza della Guardia di finanza della città di Castelfranco Veneto è inadeguata sotto tutti i punti di vista per ospitare la gestione di tale servizio;
numerosi sopralluoghi svolti dai responsabili tecnici di più enti hanno evidenziato negli anni queste insufficienti caratteristiche logistiche, ma finora, dalle istituzioni di riferimento non è ancora giunta nessuna risposta risolutiva dei problemi ricordati;
entro fine giugno 2011 la locale Usl n. 8, proprietaria del terreno dove è collocata questa fatiscente ed insufficiente caserma, metterà in vendita tali beni;
l'amministrazione comunale di Castelfranco Veneto, da diverso tempo, ha manifestato ufficialmente l'intenzione di concedere a titolo gratuito un terreno sul quale si potesse costruire una nuova caserma, ma ad oggi, non si è mai saputo se il Ministero abbia l'intenzione di finanziare tale costruzione: è evidente che l'immobilizzazione

di tale area è un costo che difficilmente il comune potrà prolungare nel tempo;
in questi giorni è stata individuata un'altra possibilità: con il trasferimento degli uffici comunali dei lavori pubblici in altra sede, si libererà una superficie, già visionata e ritenuta idonea dai responsabili locali della Guardia di finanza, che potrebbe soddisfare le necessità finora esposte; anche in questo caso, appare urgente una decisione in merito, in quanto l'amministrazione comunale deve poter disporre del valore di quel bene in tempi molto contenuti, e a condizioni economiche sostenibili -:
quali siano gli orientamenti del Governo relativamente alla questione segnalata.
(5-05054)

FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge 24 dicembre 2007, n. 244, all'articolo 1, commi da 209 a 214, prevede l'introduzione della fatturazione elettronica nei rapporti con le amministrazioni dello Stato e con gli enti pubblici;
la norma prevede che l'emissione, la trasmissione, la conservazione e l'archiviazione delle fatture emesse nei rapporti con le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e con gli enti pubblici nazionali, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili, debba essere effettuata esclusivamente in forma elettronica;
la disciplina della fattura elettronica oltre ad adempiere a finalità fiscali, riguarda, in modo più ampio, anche il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e come tale, rientrando nell'ambito della legislazione concorrente, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, rientra tra quelle per le quali lo Stato deve dettare solo i princìpi fondamentali della materia senza invadere lo spazio riservato alla podestà regolatrice delle regioni;
in materia l'Unione europea ha emanato la direttiva comunitaria 2010/45/UE del 13 luglio 2010, che dovrà essere recepita entro il 31 dicembre 2012, che sancisce, tra l'altro, il principio dell'identità di trattamento tra fatture elettroniche e cartacee, dettando gli standard cui le prime devono corrispondere;
è all'esame della Conferenza Stato-regioni lo schema di regolamento per l'attuazione delle norme di fatturazione elettronica previsto dall'articolo 1, comma 213, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
il citato schema di regolamento detta l'adozione di standard e tecnologie non coerenti con la suindicata direttiva comunitaria 2010/45/UE, imponendo a regioni e imprese (per le transazioni verso le pubbliche amministrazioni) un formato diverso, creato dalla SOGEI, mai sperimentato e che, invece dei risparmi previsti, rischia di determinare costi aggiuntivi e di creare problemi e probabili contenziosi con le regioni, le quali, insieme agli enti locali, ricevono un volume di fatture (incluse quelle delle aziende sanitarie) assai superiore a quello dell'amministrazione statale -:
come intenda assicurare l'autonomia dispositiva delle regioni nonché la conformità dello schema di regolamento alla direttiva comunitaria 2010/45/UE, a tal fine escludendo la possibilità che possa essere adottato un formato di fatturazione elettronica diverso da quello europeo.
(5-05055)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
si apprende da notizie di stampa che l'ex cinema Palazzo di Piazza Sanniti, nel quartiere romano di San Lorenzo, dovrebbe essere trasformata in sala giochi dalla società Camene spa;

tale progetto ha sollevato la forte opposizione degli abitanti della zona, che hanno anche occupato l'immobile, lamentando che l'apertura di una sala giochi in quell'area sarebbe illegale, in quanto contrasterebbe con le previsioni del piano regolatore;
al di là di tali aspetti, che dovrebbero comunque essere presi adeguatamente in considerazione, suscitano inquietudine le notizie desumibili da un articolo di La Repubblica del 4 luglio 2011, dal quale si apprende che la sopracitata società Camene presenterebbe al suo interno: «una finanziaria, la Stube, che è la stessa che ha costruito il Salaria Sport Village con Balducci e Anemone. Mentre la società che dovrebbe provvedere alla concessione delle slot machine è legata al gruppo Atlantis, più volte sottoposta a inchieste varie dalle forze dell'ordine;
in particolare, la predetta società Stube, secondo le visure camerali, sarebbero detentrice del 32,8 per cento del capitale della società Camene;
è appena il caso di ricordare, inoltre, che la società Atlantis, la quale è titolare di una concessione per la gestione in via telematica degli apparecchi da gioco ed intrattenimento, è al centro, assieme ad altri nove concessionari, di un contenzioso avviato dalla Corte dei conti, la quale ha contestato alla stessa società violazioni dei suoi obblighi di concessionario, non avendo provveduto a collegare gli apparecchi da gioco alla rete telematica di gestione per permetterne il controllo in tempo reale, come previsto dalla normativa in materia, e non avendo versato alleano ingenti somme relative al prelievo dovuto sui proventi dei citati apparecchi di gioco;
gli elementi appena evidenziati suscitano gravi preoccupazioni circa la sussistenza, in capo alla società Camene, dei requisiti necessari per acquisire la titolarità dei titoli concessori ed autorizzatori indispensabili per l'esercizio dell'attività di gestione degli apparecchi da gioco ed intrattenimento, in particolare per quanto riguarda i profili di trasparenza;
a tale riguardo, occorre ricordare che le modifiche alla disciplina sui giochi pubblici previde dall'articolo 1, commi 77 e 78, dalla legge n. 220 del 2010, sono in particolare volte a garantire la massima trasparenza circa le persone, fisiche o giuridiche, che detengono, direttamente o indirettamente, una partecipazione nel capitale o patrimonio nei soggetti titolari delle concessioni per l'esercizio e la raccolta dei giochi pubblici, stabilendo inoltre, al comma 80, specifici controlli in merito da parte dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato -:
se ritenga di disporre accertamenti in merito alla legittimità, sotto il profilo della sussistenza dei necessari requisiti, delle concessioni o autorizzazioni eventualmente rilasciate alla società Camene per l'esercizio dell'attività di gestione degli apparecchi da gioco ed intrattenimento, facendo in particolare chiarezza sull'identità dei soci che operano dietro la sopracitata assicurando il pieno rispetto della disciplina in materia, e se assumere iniziative di carattere normativo volte a rafforzare ulteriormente la disciplina di trasparenza relativa ai concessionari dei giochi pubblici, onde escludere dal settore soggetti che abbiano in corso contenziosi con l'erario, nonché al fine di scongiurare possibili infiltrazioni nel settore da parte di organizzazioni criminali.
(5-05056)

Interrogazione a risposta in Commissione:

LOLLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia delle entrate ha avviato una capillare operazione di controllo e di verifica delle associazioni di promozione sociale e sportiva;
qualsiasi controllo è certamente un atto positivo poiché mira a verificare la veridicità delle attività anche a difesa delle organizzazioni stesse contro i millantatori;
l'agenzia delle entrate ha, però, notificato a Roma accertamenti per gli anni

2006 e 2007, per importi di decine di migliaia di euro annui. La cifra viene desunta dalle quote mensili versate per l'attività istituzionale;
la motivazione addotta per le multe elevate si basa sul concetto che se alcuni non si presentano alle assemblee sociali, anche se regolarmente convocate secondo statuto, essi devono essere considerati utenti;
la deduzione è determinata dal fatto che le assemblee dei soci si tengono tutte in seconda convocazione;
questa interpretazione della democrazia partecipativa è quantomeno bizzarra;
sembrerebbe, infatti, che si preveda una partecipazione obbligatoria;
se questo concetto dovesse passare rischierebbe di mettere in ginocchio il mondo dell'associazionismo sportivo che, a differenza di altri modelli sportivi nazionali, ha una matrice organizzativa in cui il volontariato è essenziale;
le associazioni sportive dilettantistiche godono di un particolare regime fiscale e di un sistema specifico di regole proprio per il riconoscimento della loro funzione sociale. È chiara la volontà di sostenere un movimento fondamentale per la crescita sociale dei territori che vede un enorme numero di volontari coinvolti. La partecipazione del territorio, dei soci e dei cittadini non può certamente essere obbligatoria ed è difficilmente inquadrabile in uno schema societario che non ha nulla a che vedere con la funzione sociale e l'organizzazione di queste realtà territoriali -:
se il Ministro sia a conoscenza di questa interpretazione relativa alla partecipazione delle assemblee dei soci, se sia consapevole delle conseguenze di tale interpretazione e se intenda intervenire per fornire una interpretazione che permetta al mondo sportivo nazionale di non essere travolto da tale impostazione di un ufficio della Agenzia delle entrate.
(5-05033)

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
al maresciallo ordinario del Corpo della guardia di finanza, Vincenzo Marchese, sono stati notificati gli atti del comando gruppo Giugliano in Campania numero 0271117/11 del 16 maggio 2011 e del reparto tecnico amministrativo Campania numero 0262319/11 dell'11 maggio 2011;
con tali atti è stato comunicato che il militare è stato posto in congedo per infermità a decorrere dal 4 novembre 2010 e per tale motivo a decorrere dal mese di maggio l'amministrazione militare cesserà l'erogazione delle competenze mensili in attesa di determinare il trattamento pensionistico da attribuire;
la presenza di un valido ed efficace giudizio medico-legale che attesti la totale e permanente incapacità ad operare in qualsiasi ambito all'interno del Corpo è, infatti, condizione assolutamente necessaria, imposta dall'impianto normativo in vigore (decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, decreto legislativo n. 66 del 2010, decreto del Presidente della Repubblica n. 461 del 2001) e dalla stessa vigente circolare del Comando generale della Guardia di finanza 44000/102 del 2004, per poter decretare «congedato per infermità» un qualsivoglia militare: l'assenza di un tale giudizio inficia, ovviamente, la validità e l'efficacia di tutte le conseguenti disposizioni che l'amministrazioni effettui (tra cui l'eventuale facoltà disposta di passare ai ruoli civili del Ministero dell'economia e delle finanze);
la stessa circolare 44000/102 tassativamente impone ai reparti della Guardia di finanza di controllare scrupolosamente i verbali inerenti il congedo per infermità del personale ed ordina la immediata restituzione della pratica all'autorità sanitaria che ha emesso provvedimenti in cui l'infermità sia qualificata come temporanea e non sia espressamente «definita» permanente ed assoluta;

non appare all'interrogante possibile ed ammissibile che si operi in un tal modo, tenuto conto anche dei diritti dell'individuo tutelati dalla Costituzione (articolo 32, in primis) e privando un cittadino militare, già gravemente malato, anche per patologie dipendenti da causa di servizio, delle fondamentali tutele previste dell'Ordinamento in vigore -:
quali iniziative intendano intraprendere per porre fine alle azioni subite dal maresciallo ordinario Marchese, un'attività che continua con effetti devastanti sulle già molto precarie condizioni di salute dell'ispettore;
quando e con quale atto dell'autorità sanitaria preposta e con quale motivazione dell'amministrazione di appartenenza il militare in premessa sia stato giudicato permanentemente ed in modo assoluto inidoneo al servizio (visto che il militare era già prima - anno 2005 - non idoneo permanentemente ed in forma parziale per causa di servizio - ex decreto del Presidente della Repubblica n. 738 del 1981) ai servizi d'istituto;
quando e con quale atto l'autorità sanitaria abbia proceduto alla conseguente classificazione tabellare - ex decreto del Presidente della Repubblica n. 834 del 1981 ed ex decreto ministeriale 12 febbraio 2004, articolo 6 - delle patologie sofferte dal militare e che ne avrebbero comportato il congedo, in maniera tale da consentire al maresciallo ordinario Marchese di poter effettuare una libera valutazione in ordine alla convenienza personale al transito nei ruoli civili del Ministero dell'economia e delle finanze.
(4-12557)

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GIOVENTÙ

Interrogazione a risposta immediata:

BALDELLI e GALATI. - Al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati elaborati da InfoCamere sull'andamento dei titolari di imprese individuali nel corso del quinquennio 2005-2010, tra dicembre 2005 e dicembre 2010, i titolari di imprese individuali con meno di trent'anni, iscritti nei registri delle camere di commercio italiane, sono diminuiti di 43.624 unità;
nell'ambito della diminuzione complessiva di imprese individuali avvenuta in Italia nel periodo considerato (124.686), una cessazione su tre ha riguardato attività con titolari sotto i trent'anni di età -:
quali siano le iniziative del Ministro interrogato per promuovere e incoraggiare l'imprenditoria giovanile e per sostenere il talento e le capacità d'innovazione.
(3-01730)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la tariffa che regola i compensi per gli architetti e gli ingegneri consulenti tecnici d'ufficio, incaricati di svolgere compiti ausiliari del giudice, è ferma alla legge 8 luglio 1980, n. 319 «Compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell'autorità giudiziaria» e al decreto ministeriale 30 maggio 2002
4,075 euro all'ora al lordo di tasse e spese, normalmente circa il 60 per cento, poco più quindi di 1,6 euro netti l'ora, è l'onorario che il Ministero della giustizia riconosce ai consulenti tecnici di ufficio (CTU) ovvero ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell'Autorità giudiziaria, in pratica 294 euro nette al mese, 8 ore al giorno per 23 giorni;
la norma n. 319 del 1980, che fissava i compensi a tempo per ogni vacazione,

prevedeva, all'articolo 10, la possibilità di aggiornamento triennale del compenso secondo gli indici FOI dell'ISTAT, ma da anni non viene effettuato alcun adeguamento pur essendo riconosciuta l'esigenza di tale adempimento ogni tre anni;
fatto salva «la natura pubblicistica dell'incarico», tali tariffe rappresentano compensi di gran lunga inferiori a quelli di qualunque categoria di lavoratori italiani e non risultano adeguati al tempo e all'energia richiesti per la formazione, l'aggiornamento professionale e culturale necessari al corretto svolgimento delle funzioni dei consulenti tecnici d'ufficio;
con il decreto ministeriale 30 maggio 2002, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 182 del 5 agosto 2002, l'allora Ministro della giustizia, Roberto Castelli, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, visti l'articolo 10 della legge n. 319 del 1980, il decreto del Presidente della Repubblica n. 352 del 1988 e il decreto ministeriale del 5 dicembre 1997, adeguò la vacazione giudiziaria, oltre la prima, ad euro 8,15, rilevando che dall'agosto 1988 all'agosto 1999 non è stato apportato alcun adeguamento;
in seguito a suddetto decreto di adeguamento dei compensi non è più stato eseguito alcun aggiornamento delle tariffe secondo gli indici FOI dell'ISTAT, considerando anche quanto riscontrato in merito all'indice dei prezzi al consumo -:
se e quando il Ministero della giustizia, ritenga opportuno emanare, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e ai sensi dell'articolo 274 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, il decreto di competenza per aggiornare il valore della vacazione di cui al decreto ministeriale 30 maggio 2002, modificando l'assunto di riferimento in funzione del compenso orario previsto dal «Regolamento recante adeguamento dei compensi a vacazione per le prestazioni professionali degli ingegneri ed architetti», di cui al decreto ministeriale n. 417 del 1997 del 3 settembre 1997, semmai ridotto del 20 per cento per tenere conto della natura pubblicistica delle prestazioni da aggiornare, unitamente ai compensi di cui alle tabelle allegate al decreto del Presidente della Repubblica n. 352 del 1988, partendo dall'anno dell'emanazione del decreto, secondo gli indici FOI dell'ISTAT.
(4-12559)

FRONER, GNECCHI e MIOTTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 9 dell'accordo di programma quadro concernente interventi per la realizzazione delle sedi e delle strutture statali e provinciali nella città di Trento, dell'aprile 2008, prevede che «il Ministero della giustizia si impegna ad utilizzare il nuovo carcere di Trento in modo da evitare il verificarsi di condizioni di sovraffollamento», avendo preso atto che il nuovo carcere di Trento è stato progettato per una capienza di 240 detenuti e che il limite di 240 può essere superato «esclusivamente per circostanze eccezionali ed imprevedibili e limitatamente al tempo strettamente necessario per superare l'emergenza»;
nel carcere di Trento sono al momento detenute 170 persone, una ventina delle quali da poco trasferite dal carcere di Rovereto in procinto di chiudere;
il 10 giugno 2011, durante la festa della polizia penitenziaria, che ha visto presenti il provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria per Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, dottor Felice Bocchino, e il sottosegretario M. Elisabetta Alberti Casellati è stata paventata la possibilità del raddoppio della capienza massima del carcere fino ad arrivare a 480 detenuti;
secondo quanto riportato dalla stampa locale, la conferma del raddoppio sarebbe arrivata poi dalla direttrice dell'istituto, Antonella Forgione, che avrebbe espresso preoccupazione «perché una cosa è gestire una struttura con un numero ragionevole di detenuti pari a quello per il

quale l'edificio è stato realizzato, un'altra trovarsi all'improvviso una quantità raddoppiata»;
attualmente il personale del carcere è di 113 unità, non sufficiente a gestire i detenuti presenti. Con il futuro trasferimento degli agenti di Rovereto si potrebbe arrivare a un massimo di 170, numero assolutamente insufficiente per gestire adeguatamente una struttura, da tutti, Governo compreso, riconosciuta come carcere modello, non solo per l'Italia ma per l'Europa intera e per la cui costruzione la provincia autonoma ha messo a disposizione ingenti risorse -:
se corrisponda al vero quanto riportato in premessa, sia in ordine al prospettato raddoppio del numero dei detenuti, sia in ordine ad una direttiva ministeriale inviata a questo fine alla direttrice del carcere;
quali urgenti provvedimenti intenda adottare affinché siano rispettati gli accordi stipulati con la provincia autonoma di Trento.
(4-12568)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
la strada di grande comunicazione E 45 (SS 3 BIS), - arteria di collegamento strategico tra centro, nord-est ed Europa - è da decenni in una condizione di «cantiere permanente», la cui precarietà e pericolosità crea enormi disagi al trasporto privato, pubblico e all'autotrasporto;
lungo la tratta Verghereto-Cesena, in particolare, la situazione è drammatica: buche, interruzioni e lavori straordinari sui viadotti per la sostituzione di travi d'impalcato, riducono sensibilmente il livello di servizio della strada, minano la sicurezza degli utenti e aumentano notevolmente i tempi di percorrenza;
alla manutenzione straordinaria, di lungo corso, si sono sommati, negli ultimi 4/5 anni, lavori di manutenzione ordinaria - come ad esempio la sostituzione di guard-rail - per tratte molto estese come quella da Verghereto a Cesena-Borello;
su questa tratta, in particolare, la presenza di maestranze e mezzi di opera è pressoché nulla;
gli utenti sono costretti a chilometri di coda, di senso unico alternato, di percorrenze su un'unica corsia di marcia e, spesso, a deviazioni sulla vecchia strada statale: in taluni casi possiamo parlare di deviazioni oramai permanenti come quella all'altezza di Verghereto;
sarebbe superfluo, se non fosse necessario, dover ricordare che la E45 costituisce un'arteria di traffico nazionale e internazionale verso l'est Europa di grande importanza;
è proprio lo sviluppo delle relazioni commerciali tra il nostro Paese e l'Est Europa ad aver trasformato negli ultimi due decenni l'E45 in un'arteria fondamentale che attrae molti mezzi pesanti che prima percorrevano la A1;
tale incremento straordinario dei traffici e la loro accresciuta intensità hanno aggravato la funzionalità e la sicurezza della strada che diminuiscono ulteriormente in occasione di interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria della stessa -:
quali e quanti siano i cantieri aperti nella tratta Verghereto-Cesena, quanti chilometri di strada essi impegnino, nonché quante siano le ditte affidatarie dei lavori e i tempi previsti di inizio e di fine per ogni cantiere aperto;
quante maestranze e quanti mezzi siano impiegati per ogni cantiere e se esista un piano coordinato di gestione degli stessi;

se nei piani di cantiere, e/o nel piano coordinato di gestione dei cantieri, esistano misure atte a mitigare gli effetti negativi sull'utenza: sicurezza e code innanzitutto;
se siano altresì previsti dalle imprese affidatarie turni di lavorazione continuativi nelle 24 ore al fine di ridurre i tempi delle lavorazioni e, quindi, contenere in tempi stretti i disagi ed i rischi per l'utenza durante i lavori;
se esistano ritardi contrattuali nella esecuzione dei lavori e quali provvedimenti siano stati assunti o siano previsti da parte del gestore (ANAS Bologna) per contenere e ridurre al minimo i disagi di cui in premessa.
(2-01142)
«Verini, Benamati, Bocci, Brandolini, Gozi, Iannuzzi, La Forgia, Marchioni, Martella, Mattesini, Merloni, Nannicini, Peluffo, Sereni, Trappolino, Vannucci, Vassallo, Zampa, Fiorio, Cuperlo, Albini, Madia, Pedoto, Fontanelli, Fogliardi, Causi, Marantelli, Sbrollini, Pes, Santagata, Rampi, Marco Carra, Rosato».

Interrogazione a risposta immediata:

COMMERCIO, LO MONTE, LATTERI e LOMBARDO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
«Un Piano orientato al futuro, al servizio del Paese». Con questo slogan il 22 giugno l'amministratore delegato Moretti, alla presenza del Ministro interrogato, ha presentato il nuovo piano industriale 2011-2015 delle Ferrovie dello Stato, un documento previsionale ambizioso con investimenti pari a 27 miliardi di euro, di cui soltanto 2,5 si tradurranno in stanziamenti a favore del Sud, importo che ha deluso le aspettative di quanti si aspettavano con il suddetto piano un'inversione di tendenza nei riguardi del Sud da parte del management del gruppo;
il suddetto piano non sembra orientato al servizio del Paese nella sua interezza, poiché prevede che ben 24,5 dei 27 miliardi di euro di investimenti verranno veicolati, nell'arco di 4 anni, sull'alta velocità da Salerno a Milano, dettaglio che fa emergere la chiara difficoltà del gruppo Ferrovie dello Stato ad invertire la politica di abbandono del Mezzogiorno e della Sicilia e ad includerlo nelle strategie dell'azienda, per la quale, invece, l'orizzonte geografico dello stesso si fermerebbe a Salerno;
lo stesso piano lascia alla Sicilia solo il 2 per cento delle risorse che dovrebbero servire a rendere più rapido ed efficiente il trasporto regionale, attraverso accordi con altre imprese ferroviarie in concessione e puntando quasi esclusivamente sul potenziamento dei nodi metropolitani di Catania e Palermo. Inoltre, nel piano non vi è più traccia della cosiddetta lunga percorrenza passeggeri e scompare il «servizio notte», ritenuto non più sostenibile perché fuori mercato, che verrebbe rimpiazzato con l'integrazione di un sistema di trasporto regionale veloce con collegamenti da Roma e Napoli verso Villa San Giovanni del tipo «hub and spoke», scelta questa che potrebbe provocare la cancellazione di tutti gli attuali collegamenti da Messina verso Milano, Torino e Venezia, con un piano di tagli che darà vita ad una nuova grave emergenza occupazionale;
inoltre, tra le altre clamorose dimenticanze nel suddetto piano industriale, non si fa alcun cenno alle prospettive del «segmento navigazione» articolato in attività marittime sulle navi, in attività di terra nelle officine, magazzini e logistica e nei centri direzionali e di coordinamento per l'attraversamento dello Stretto di Messina, dimenticanza che sembra confermare l'esplicita intenzione delle Ferrovie dello Stato di cedere a breve a terzi, a soggetti privati, tutto il segmento della navigazione oggi gestito dal vettore pubblico;

quanto esposto fin qui basta per comprendere che il nuovo piano industriale del gruppo Ferrovie dello Stato risponde esclusivamente ad una logica giustificata da necessità imprenditoriali, ma che trascura il grande dettaglio che trattandosi di Ferrovie dello Stato, quindi di tutto lo Stato nella sua interezza, e non solo di quella parte del Paese considerata più progredita e più conveniente dal punto di vista del ritorno economico, lo stesso gruppo ha il dovere di assicurare la continuità territoriale, principio sancito nella stessa Carta costituzionale italiana;
nel corso della presentazione del nuovo piano industriale il gruppo Ferrovie dello Stato ha presentato anche la propria nuova denominazione sociale e il nuovo logo fregiati dell'aggettivo «Italiane» a tracciare, in occasione delle celebrazioni del 150o anniversario dell'Unità d'Italia, un significativo cambiamento nel segno dell'italianità e della forte identità nazionale in un mercato ormai sempre più europeo e internazionale, scelta che suona ancora più come beffa se si pensa che tale piano appare come un'ulteriore scelta secessionista;
sorprendono gli interroganti le parole di apprezzamento nei confronti del suddetto piano che il Ministro interrogato, che dovrebbe rappresentare la nazione intera, ha avuto modo di esprimere a margine della presentazione di un progetto industriale che esclude, di fatto, una parte del Paese;
la suddetta programmazione industriale di Ferrovie dello Stato per gli anni 2011-2015 contribuirà ad aggravare quella sperequazione tra Nord e Sud del Paese determinata dall'assenza di infrastrutture;
il suddetto piano, a parere degli interroganti, rappresenta l'ennesimo impiego di risorse pubbliche per realizzare quella che oramai si appalesa come una secessione di fatto, che accresce la distanza tra le due aree e che penalizza ogni occasione di sviluppo e di accesso agli assi di collegamento internazionali del Mezzogiorno -:
se il Governo non ritenga di avere una straordinaria occasione per dimostrare una concreta disponibilità verso il Sud promuovendo la revisione integrale del piano industriale 2011-2015 di Ferrovie dello Stato che contempli un rilancio dell'offerta ferroviaria nelle aree del Mezzogiorno, oggi arretrate dal punto di vista della dotazione infrastrutturale.
(3-01735)

Interrogazione a risposta in Commissione:

PES, CALVISI, FADDA e SCHIRRU. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Parlamento italiano, con la legge 7 marzo 2001, n. 51, ha disposto che nei mari italiani, per motivi di sicurezza della navigazione e di protezione dell'ambiente marino, dovessero essere realizzati schemi di separazione del traffico e che a cura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, fossero emanate le disposizioni attuative del sistema di controllo del traffico marittimo vessel traffic services (VTS);
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con decreto 28 gennaio 2004 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 6 febbraio 2004 ha fissato le disposizioni attuative relative al VTS, ribadendo che lo scopo del sistema VTS è quello di incrementare la sicurezza e l'efficienza del traffico marittimo, di favorire l'intervento delle autorità in caso di incidente o in presenza di situazioni potenzialmente pericolose in mare, comprese le operazioni di ricerca e soccorso, e che l'autorità preposta alla gestione operativa del VTS è il Corpo delle capitanerie di porto-guardia costiera;
l'allora Ministero dei trasporti e della navigazione aveva affidato negli anni 1999-2000 (contratto rep. 101/1999 e atto aggiuntivo rep. 136/2000) alla società Alenia la realizzazione di un centro di controllo nazionale (VTSC) presso il comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, otto (di 13 previsti) centri di controllo

area (VTSA) a livello di direzione marittima e ventitre (di 80 previsti) centri di controllo locale (VTSL);
nell'ambito del contratto suddetto nel 2003 è stato installato in località Guardia Vecchia nell'isola di La Maddalena il centro di controllo locale (VTSL) «Bonifacio Traffic», che allo stato attuale risulta l'unico centro VTS installato in Sardegna;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha ottenuto un finanziamento dell'Unione europea di euro 66.176.446,01 iva inclusa nell'ambito della misura I.3 del PON-T, relativo ad una prima tranche ed una seconda tranche per circa 160 milioni di euro in cui erano compresi interventi in Sardegna per complessivi otto centri di controllo locale (VTSL);
nella pubblicazione «scheda-gp- vts-ver-20.pdf» reperibile in internet a cura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si legge a pagina 14: «La copertura dell'area di interesse operativo di ciascun sito VTSL è ottenuta impiegando un congruo numero di siti radar periferici, adeguatamente dislocati lungo le coste, in modo da garantire, non solo la copertura completa, ma anche una sovrapposizione (50 per cento) cosi da aumentare la precisione e la ridondanza del sistema (overlapping)». E ancora: «I sensori radar utilizzati negli scenari inerenti il VTS nei suoi diversi aspetti operativi variano dai radar portuali (sorveglianza ravvicinata) ai radar Early Warning (di «profondità»). Operano in banda X e/o S o altra adeguata, con copertura variabile dalle 25 ad oltre le 50 miglia nautiche e visibilità vicina prossima ai 100 metri; queste caratteristiche consentono di sorvegliare non solo le grandi navi ma anche le pilotine e boe con segnatura radar molto bassa.» Si evidenzia la frase «boe con segnatura radar molto bassa»;
in occasione del Forum internazionale sull'innovazione tecnologica tenutosi nel novembre 2009 a Genova l'ammiraglio ispettore (CP) Ferdinando Lolli ha confermato nella slide 8 della presentazione reperibile anche in internet, la prevista installazione di 8 VTSL in Sardegna, riportandone una sommaria distribuzione;
la Selex Sistemi Integrati, nuova denominazione della società Alenia, ha confermato in più occasioni ed in particolare in un dépliant disponibile in internet l'installazione di 8 VTSL in Sardegna, che prevede il posizionamento dei relativi radar, uno dei quali sicuramente da installare a Punta Sa Scomunica, sito dato in concessione dalla regione Sardegna alla capitaneria di porto di Porto Torres in data 12 settembre 2008, un altro nella zona di Oristano, un altro nella zona di S. Antioco ed un altro ancora nella zona di Pula;
che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel settembre 2010 ha destinato la somma di euro 58.121.818,00 al comando generale del Corpo delle capitanerie di porto (Misura I.3) per la II tranche (quota regioni obiettivo 1) Vessel Traffic Service (VTS) -:
se trovi conferma l'installazione da parte della Società Selex Sistemi Integrati di 8 VTSL in Sardegna e, in tal caso, quale sia la localizzazione di ogni singola installazione;
se abbia ritenuto di dover coordinare l'operazione con altre amministrazioni eventualmente interessate da altre installazioni sulle coste.
(5-05035)

Interrogazione a risposta scritta:

STUCCHI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il turismo è la principale fonte di sostentamento per l'isola d'Elba, che dispone del porto di Portoferraio e dell'aeroporto di Marina di Campo per la comunicazione con la terraferma;

la compagnia aerea Elbafly si è trovata recentemente costretta a cancellare tutti i voli, sospendendo la propria attività, per un ritardo burocratico che non è stato possibile risolvere tra gli enti locali e il Governo;
la popolazione locale è spesso costretta a dover rinunciare alla partenza, in quanto attualmente il servizio di trasporto non è adeguatamente garantito;
sulla base della vigente legislazione l'autorità portuale di Piombino attraverso varie ordinanze, atti di indirizzo e deliberazioni, può emanare in piena autonomia i regolamenti che disciplinano anche i criteri di accesso alle infrastrutture portuali ai sensi della legge 84 del 1994 e della legge 166 del 2009;
a seguito dell'ordinanza n. 23 del 2008 l'autorità portuale di Piombino, attraverso una gara con procedura di evidenza pubblica, ha assegnato alla società Blu Navy gli slot escludendo importanti compagnie leader nel settore;
successivamente a tale assegnazione la Blu Navy ha ceduto gli slot alla società BN Navigazione srl di Genova, che non aveva partecipato alla gara -:
se non ritenga opportuno verificare eventuali irregolarità nello svolgimento della gara di appalto per l'assegnazione degli slot nonché nella successiva cessione degli stessi dalla società Blu Navy alla BN Navigazione srl;
quali misure intenda adottare al fine di migliorare i collegamenti infrastrutturali con l'isola d'Elba, assicurando ai turisti e alla popolazione locale un adeguato servizio, sia sulle rotte marittime che su quelle aeree, anche chiedendo un intervento all'osservatorio nazionale sui prezzi con riguardo alle dinamiche relative ai prezzi dei servizi di collegamento con le isole minori.
(4-12573)

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
nella relazione annuale sulle attività svolte dal procuratore nazionale antimafla e dalla direzione nazionale antimafia nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso nel periodo 1o luglio 2009-30 giugno 2010, presentata nei dicembre 2010 si denuncia che «anche nel circondari, in particolare Latina e Frosinone, si registra un elevato grado di penetrazione della criminalità mafiosa nel tessuto economico. In tali zone l'inserimento della mafia nelle attività imprenditoriali è stato agevolato dai progressivi trasferimenti, nel tempo, di personaggi di non secondario spessore - quali Bardellino, De Angelis, i fratelli Tripodo, Salvatore Giuliano, Michele Senese - che si sono spostati nel contesto laziale per sfuggire alle guerre per bande in atto nei territori di origine o al contrario per riorganizzarsi e continuare lo scontro con i clan antagonisti. Tali fenomeni hanno fatto sì che oggi, sul territorio laziale persistano, oltre al ceppo originario dei «trasferiti», i loro familiari, che vantano ampio margine di movimento e consolidati contatti con la criminalità locale. Altro aspetto da sottolineare è quello delle collusioni tra elementi della criminalità organizzata ed esponenti delle amministrazioni locali: emblematico il caso del comune di Fondi in cui le indagini hanno evidenziato forme di ingerenza della criminalità mafiosa. Di maggiore attualità è la misura di prevenzione patrimoniale applicata a Di Maio Salvatore, sospettato di contiguità con il clan Cava, la cui figlia è componente del consiglio comunale di Sabaudia;
in particolare - si legge sempre nella relazione - «La provincia di Latina è grandemente esposta alle infiltrazioni mafiose.

I gruppi criminali sono sempre stati attratti dalla ricchezza degli insediamenti produttivi, ed hanno mirato al controllo di quelle attività commerciali, quali gli stabilimenti balneari e le attività ricettive del litorale, che generano elevati proventi. Anche per la sua particolare collocazione geografica la zona ha sempre suscitato l'attenzione dei clan criminali campani e calabresi. Infatti la vicinanza delle province di Caserta e Napoli ha favorito rilevanti investimenti immobiliari da parte delle famiglie camorriste, mentre è proprio su questo territorio che spesso soggetti appartenenti a clan camorristi si nascondono durante la latitanza (...). Ma benché si tratti di attività svolta dalla DDA di Napoli, non si può tralasciare un richiamo al procedimento relativo alla operazione sud pontino. L'indagine ha focalizzato gli interessi criminali della camorra e di cosa nostra nel controllo dei trasporti dei prodotti ortofrutticoli in tutto il centro sud, con epicentro il mercato Ortofrutticolo (cosiddetto MOF) di Fondi (Latina), nonché le alleanze e le strategie concordate per acquisire il monopolio del settore. Si sono infatti accertate pesanti infiltrazioni camorristiche nelle attività connesse al trasporto da e per il MOF di Fondi identificando una vasta organizzazione facente capo al clan dei casalesi ed in particolare a Schiavone Francesco cl. 53 e Del Vecchio Paolo cl. 45 che si avvaleva della società di autotrasporto di Pagano Costantino «La Paganese Trasporti», imposta in tutti i trasporti dei prodotti ortofrutticoli. Infine va ricordato che nell'ottobre 2010 è stato disposto il sequestro anticipato dei beni riconducibili a Di Maio Salvatore: immobili, esercizi commerciali, quote di partecipazione in società per 30 milioni di euro. Il provvedimento, che muove dal presupposto che il Di Maio sia uno dei prestanome del clan Cava di Quindici (Avellino), evidenzia come lo stesso sia dedito ad usura, turbativa d'asta ed estorsioni in collegamento con esponenti della criminalità organizzata. Particolare attenzione ha destato il fatto che la figlia di Di Maio sia consigliere comunale di Sabaudia;
per quanto riguarda i reati ambientali, nella relazione si denuncia che: «Deve innanzitutto essere sottolineato come nel Lazio, nell'ultimo anno, siano enormemente aumentati i reati ambientali. Dai dati forniti per il 2009 emerge infatti che il Lazio è secondo soltanto alla Campania in tema di illegalità ambientale»;
la pericolosità delle infiltrazioni criminali è confermata anche nella relazione al Parlamento per l'anno 2009 presentata dal Ministro Maroni sull'attività delle forze di polizia, sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata, nell'allegato riguardante il Lazio, dove si legge che «l'esame della realtà economica e dei risultati ottenuti dalle locali Forze di Polizia portano a ritenere "a rischio" di infiltrazione mafiosa lo smaltimento dei rifiuti e le costruzioni edili in generale - con specifico riguardo alla movimentazione terra, asfalti, bitumi e cemento. La provincia pontina, inoltre, è interessata dall'operatività di sodalizi criminali capaci di condizionare le procedure amministrative per il rilascio di concessioni ed autorizzazioni nel settore commerciale ed edilizio nonché le gare per l'assegnazione di appalti pubblici»;
a fronte di una simile emergenza il sistema giudiziario pontino è, di contro, letteralmente al collasso: esso sconta infatti una gravissima carenza di organico e di mezzi che rende pressoché impossibile per il tribunale di Latina fronteggiare la imponente mole di procedimenti pendenti;
così pure, nella relazione scritta dal consigliere Diana de Martino, nella succitata relazione del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, si evidenzia preliminarmente come: «la composizione della DDA risulti palesemente sottodimensionata per un territorio quale quello romano, crocevia di importanti interessi, soprattutto finanziari, della criminalità organizzata». Accanto ad un criterio di suddivisione del lavoro per materia (mafia siciliana, 'ndrangheta, camorra, russa, e altro) è stato individuato un criterio sussidiario,

di natura territoriale: si è stabilita la competenza a specifici magistrati:
per le aree di Frosinone e Cassino;
per le aree di Latina e Velletri;
per le aree di Civitavecchia e Viterbo;
per le aree di Rieti e Tivoli;

malgrado ciò, «il compito dei colleghi è stato comunque, anche per l'anno trascorso, molto gravoso, essendo stati essi impegnati simultaneamente nello svolgimento di complesse indagini, nella partecipazione a molte udienze dibattimentali presso i Tribunali del distretto e in altre incombenze "ordinarie" quali il turno arrestati e il turno esterno» -:
se non ritengano di intervenire urgentemente, attestato l'alto livello di penetrazione della criminalità mafiosa nel territorio pontino, mediante le necessarie iniziative normative, procedendo ad una opportuna revisione delle circoscrizioni giudiziarie che consenta la costituzione, presso il tribunale di Latina, di una direzione distrettuale antimafia e se non ritengano altresì opportuno e indifferibile costituire una sezione operativa della direzione investigativa antimafia a Latina al fine di intervenire efficacemente nell'ambito delle investigazioni preventive e giudiziarie;
se non ritengano, comunque, di intervenire con urgenza in termini di aumento immediato di organici, fondi e strumenti, al fine di scongiurare il verificarsi di un vero e proprio collasso della macchina giudiziaria pontina.
(2-01144)
«Amici, Veltroni, Ventura, Ferranti, Touadi, Garavini».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
si fa riferimento agli incidenti del giorno 27 giugno 2011 a Bologna che hanno coinvolto minoranze agguerrite di contestatori e tre consiglieri comunali di minoranza, che sono stati minacciati con il lancio di oggetti contundenti senza alcuna ragione plausibile. È opportuno che il Governo si faccia carico in modo globale ed innovativo della tutela dell'ordine pubblico a Bologna individuando le cause di un malessere collettivo sfociato in fenomeni di contestazione violenta delle istituzioni che culminano spesso in atti di vera e propria violenza fisica;
si da conto di alcuni fenomeni di violenza politica che si sono succeduti nella città di Bologna negli ultimi anni, a cominciare dalla sistematica contestazione o disapplicazione della legge Bossi-Fini da parte di settori della magistratura che hanno dato l'impressione di coprire l'immigrazione clandestina, sino alla presenza di cellule pericolose dell'estremismo islamico, per non parlare dell'occupazione di piazza Maggiore di due anni fa da parte di manifestanti mussulmani, per nulla perseguiti dalla legge;
si sottolinea altresì la sistematica violazione della legalità istituzionale scolastica, nelle scuole di ogni ordine e grado da parte di docenti politicizzati, ricordando gli incidenti del dicembre scorso che provocarono l'occupazione dei binari della stazione ferroviaria e la giusta reazione delle forze dell'ordine;
si rilevano atteggiamenti a volte «troppo tolleranti» delle autorità preposte alla tutela dell'ordine pubblico a loro volta, occorre ammetterlo, condizionate dall'atteggiamento della sinistra locale e degli enti locali bolognesi, spesso compiacenti verso manifestazioni che non hanno nulla di spontaneo e tollerante, ed al riguardo l'interpellante rammenta che la violenza nelle scuole non è un problema che riguarda solo le autorità scolastiche e le forze dell'ordine, ma anche la magistratura;
prendendo spunto dalla richiesta di un referendum abrogativo dei finanziamenti alla scuole materne paritarie, fatto, più unico che raro in tutto il Paese, stante

anche la limitatezza dei fondi erogati, si rammenta al Governo che il clima politico della città è tutt'altro che tranquillo e che dal punto di vista culturale e sociale presenta aspetti di particolare tensione che non possono essere sottovalutati come episodi momentanei quando in realtà si è in presenza di una situazione che periodicamente minaccia la tranquillità della città di Bologna, anche per effetto di scelte ad avviso dell'interpellante miopi e sbagliate delle giunte precedenti e di atteggiamenti tenuti fino ad un recente passato da limitati settori della magistratura -:
se il Governo, intende fornire dettagliate informazioni ed assicurare l'opinione pubblica bolognese che saranno adottati tutti i provvedimenti necessari per rispondere a chi continuamente infrange la legge.
(2-01139) «Garagnani».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAMPA, MATTESINI, BRANDOLINI, SCHIRRU e CARDINALE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
persiste sul nostro territorio nazionale una grave emergenza sociale e umanitaria riferita al fenomeno della migrazione dei minori stranieri non accompagnati;
la situazione si è aggravata ulteriormente in seguito alle rivolte dei Paesi del Nord Africa e nelle comunità di accoglienza cresce il numero dei minori non accompagnati di nazionalità tunisina la maggioranza dei quali ha già compiuto 16 o 17 anni;
se questi non hanno fatto richiesta, entro il 5 aprile 2011 del permesso di soggiorno per motivi umanitari sono considerati minori stranieri non accompagnati e soggetti come gli altri all'articolo 32 del Testo unico sull'immigrazione;
la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dall'Italia il 27 maggio 1991 con la legge n. 176, negli articoli 22, 30, 32, 34, 35, 36, 38 e 39, prevede una tutela particolare a favore di alcuni gruppi di bambini e adolescenti in considerazione della loro maggiore vulnerabilità, come i minori rifugiati e i minori nei conflitti armati;
la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia che all'articolo 1 definisce «bambini» gli individui di età inferiore ai 18 anni: tale Convenzione rappresenta lo strumento normativo internazionale più importante e completo in materia di promozione e tutela dei diritti dell'infanzia, tra cui il diritto alla vita (articolo 6), il diritto alla salute e a godere delle prestazioni sanitarie (articolo 24), il diritto ad esprimere la propria opinione (articolo 12) e ad essere informati (articolo 13), il diritto al nome, tramite registrazione anagrafica, nonché alla nazionalità (articolo 17), il diritto all'istruzione (articolo 28 e 29), il diritto al gioco (articolo 31) ed il diritto ad essere tutelati da ogni forma di sfruttamento e di abuso (articolo 34);
questo Parlamento ha approvato all'unanimità il 20 ottobre 2010 la mozione 1-00361 che impegna il Governo, tra le altre cose, «ad adoperarsi, nell'ambito delle proprie competenze, affinché ogni intervento, anche normativo, che influisca sulla condizione dei minori stranieri non accompagnati, risulti in armonia con i principi della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza nonché con la normativa dell'Unione europea e con le indicazioni del Consiglio d'Europa in materia; ad adoperarsi per rendere effettivo l'esercizio del diritto d'asilo dei minori stranieri non accompagnati; a garantire ai minori stranieri non accompagnati uno status giuridico in grado di poterli maggiormente tutelare; a considerare la possibilità di assumere le necessarie iniziative per il rilascio del permesso di soggiorno anche per quei minori stranieri che abbiano raggiunto la maggiore età e che abbiano già intrapreso un percorso documentato di integrazione sociale e civile»;
il Governo, nonostante l'impegno assunto con l'approvazione della mozione

suddetta, non ha preso i provvedimenti che ne conseguono, dandone adeguata comunicazione alla questure;
il persistere di questa palese violazione dei diritti dei minori di età spinge questi adolescenti ad abbandonare le comunità di accoglienza e li espone al rischio di entrare a far parte di gruppi di criminalità organizzata;
le associazioni umanitarie riferiscono che i minori fuggono dai loro Paesi di origine in cerca di lavoro per un futuro migliore per sé e le loro famiglie e che senza questa possibilità, il flusso migratorio non sarà interrotto ma assisteremo invece ad un abbassamento dell'età per avere la sicurezza dell'inserimento sociale -:
cosa intenda fare il Governo, in ottemperanza alla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e alla luce della mozione 1-00361 approvata dal Parlamento, al fine di garantire la piena realizzazione del rispetto dei diritti dei minori stranieri non accompagnati, con particolare riferimento ai minori provenienti da territori di guerra, per favorire l'inserimento dei minori stranieri migranti in un regolare percorso di legalità e formazione al lavoro nonché per contrastare il pericolo della «invisibilità» dei minori stranieri e il loro ingresso nelle organizzazioni criminali e per garantire il diritto fondamentale di ogni bambino e adolescente alla protezione.
(5-05034)

MARCHIONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 1° luglio è il giorno in cui si festeggia a Rimini la «notte rosa», capodanno dell'estate, evento per cui si prevede l'arrivo in riviera di 2 milioni di persone, una delle giornate in cui le forze dell'ordine sono chiamate a grande prova di professionalità;
appare superfluo sottolineare come le esigenze specifiche di Rimini richiedano una attenzione speciale per la sicurezza dei cittadini. Lo richiede la vocazione turistica della città e dell'intera provincia, per garantire i cittadini ospiti che visitano la Riviera e l'entroterra per la stagione balneare e in occasione delle manifestazioni sportive, congressuali e turistiche che animano il territorio per gran parte dell'anno; lo richiede l'aumento della popolazione residente, includendo anche la presenza significativa del polo universitario che ha fatto crescere la presenza giovanile;
a fronte di questi dati evidenti, l'organico in dotazione presso la questura non è stato affatto potenziato, anzi, tende ogni anno a diminuire non solo per la mancanza di inserimento di nuovi operatori in sostituzione dei colleghi andati in pensione, ma soprattutto a causa degli, ad avviso dell'interrogante, indiscriminati tagli di risorse operati dall'attuale Governo;
l'arrivo dei rinforzi estivi, limitato ai soli mesi di luglio e agosto, consente una operatività ridotta, mentre sarebbe auspicabile un allungamento del periodo a partire dal mese di maggio, che consentirebbe un inserimento più efficace e una operatività piena;
il disagio dei poliziotti per le condizioni di lavoro che non consentono di svolgere serenamente e in modo pienamente efficace il proprio compito è stato più volte segnalato dai sindacati di categoria, dal SIAP anche il 23 giugno 2011;
e venendo solo ai rinforzi estivi, che ogni anno si aggiungono all'organico per le aumentate esigenze dovute alla stagione turistica, lo scorso anno sono arrivati a Rimini 123 poliziotti aggregati per i mesi di luglio e agosto. Per compensare i pochi aggregati del 2010 (negli anni precedenti arrivavano non meno di 150 poliziotti), il Ministro della difesa, aveva confermato l'impiego dell'esercito la cui utilità si è rivelata scarsamente rilevante, dal momento che i militari non hanno preparazione specifica, né qualifica adeguata, tant'è che debbono avere sempre vicino un poliziotto;
quest'anno il questore ha annunciato che i poliziotti che giungeranno a Rimini

come rinforzo saranno solamente 80 (43 in meno dell'anno scorso), mentre saranno solo 8 per la polizia stradale, 10 per la polizia ferroviaria e zero per la polizia di frontiera, numeri assolutamente insufficienti per fra fronte alle esigenze di sicurezza dei cittadini e dei turisti;
il Ministero ha però imposto ugualmente l'apertura dei posti estivi di polizia di Riccione e Bellaria anche se non saranno in grado di essere funzionali e tanto meno operativi basti pensare che il solo posto estivo di Riccione poteva contare su 55/60 unità mentre quest'anno ne avrà solamente 4/5. Sarà, secondo l'interrogante, solo un'immagine di facciata;
a fronte dell'aumento del traffico nelle strade del territorio nei mesi di luglio/agosto, per il contrasto alle stragi del sabato sera ci saranno 8 poliziotti di rinforzo, senza i mezzi, visto che la polizia stradale di Rimini, la sottosezione di Riccione e il distaccamento di Novafeltria non mettono insieme più di 10 autovetture;
proprio il grave deficit di risorse umane e materiali è il principale fattore che da un lato limita la capacità di controllo del territorio e dall'altro determina un aumento dei rischi per il personale impiegato nei servizi investigativi o di controllo -:
quali urgenti iniziative intenda adottare il Ministro per mantenere le promesse che questo Governo ha ampiamente e largamente profuso sin dall'inizio della legislatura, di garantire la sicurezza di tutti i cittadini e se questa promessa non passi anche dal riportare urgentemente il contingente di polizia, nei mesi estivi a Rimini, almeno ai numeri dell'anno 2010.
(5-05039)

Interrogazioni a risposta scritta:

CATANOSO GENOESE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con la trasformazione del rapporto d'impiego da privato in pubblicistico (legge n. 252 del 2004 e decreto legislativo n. 217 del 2005) sono state emanate nuove norme per il passaggio di qualifica a capo reparto e capo squadra nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
attraverso tale procedura dovevano essere snellite le lunghe e farraginose procedure per ripianare le fortissime carenze nei due importanti profili professionali che al momento sono di circa 1.500 unità nel profilo di capo reparto e 2.000 circa nel profilo di capo squadra. La procedura prevede la copertura delle carenze determinate al 31 dicembre dell'anno precedente con un bando di concorso al 1o gennaio dell'anno successivo. Esso si divide in due sottoprocedure: la copertura nella misura del 60 per cento dei posti vacanti per anzianità e titoli e la copertura nella misura del 40 per cento dei posti per concorso;
nell'effettuazione delle prime procedure per la copertura dei posti disponibili al 1o gennaio 2006 emersero tutte le problematiche reali rispetto allo spirito di riduzione delle procedure cui s'ispirava la procedura;
nello specifico riguardo al concorso per la copertura del 40 per cento delle carenze nel profilo professionale di capo squadra (concorso 40 per cento del 1o gennaio 2007) vennero presentati dei ricorsi;
a seguito di detti ricorsi il TAR del Lazio emise una sospensiva, successivamente superata dalle eccezioni dell'amministrazione;
nei giorni scorsi il Consiglio di stato ha ritenuto fondate le motivazioni del ricorso ed ha definitivamente annullato il concorso di che trattasi;
è già stata esperita un'analoga procedura al 1o gennaio 2006 ed è in corso quella al 1o gennaio 2008 e potrebbe accadere che nei prossimi giorni, analoghe sentenze potranno essere emesse riguardo alle decorrenze 2006 e 2008;

tra l'altro, per superare tali condizioni e non mettere in ginocchio l'operatività del Comando nazionale dei vigili del fuoco, i commi 8 e 9 dell'articolo 10 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente «Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia» il cui disegno di legge di conversione è stato approvato il 21 giugno 2011 dalla Camera dei deputati ed è ora all'esame dell'altro ramo del Parlamento (S. 2791) prevedono una procedura straordinaria per le decorrenze da effettuare solo ed esclusivamente per anzianità e titoli -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di superare tale incresciosa situazione e di rassicurare i 170 capi squadra che hanno superato il corso di formazione e che già da alcuni mesi espletavano le mansioni di capo squadra presso le sedi operative del Corpo dei vigili del fuoco.
(4-12560)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Liberazione del 28 giugno 2011 è stato pubblicato un articolo dal titolo «Ex-aeroporto Kinisia, Trapani: pestaggi, affari e censura nell'inferno della tendopoli del Cie - Il consorzio Connecting People gestisce 3 Cie, un Cara e "strutture private sociali"»;
nell'articolo si legge «A Trapani non ci fanno mancare niente per quanto riguarda gli immigrati. Abbiamo 3 Cie di cui uno diviene operativo oggi, un Cara, un paio di centri di accoglienza e in più strutture ufficialmente del privato sociale. Peccato che a gestirle tutte, ma tutte sia un unico consorzio, la Connecting People». Valeria, dell'Onlus Caribou, commenta amaramente la situazione mentre un vento bollente e il sole a picco ardono nel pomeriggio siciliano. Kinisia, area isolata dell'ex aeroporto militare, ci si arriva imboccando una strada sterrata, sullo sfondo, tende azzurre da campo profughi, filo spinato e container colorati, come mattoncini lego, a sbarrare la vista. E poi automezzi dei vigili del fuoco e della polizia, sbarre all'ingresso e una grande tenda a lato con i colori del deserto. Nella tendopoli c'erano lunedì 48 persone. La settimana precedente in molti avevano provato, qualcuno con successo a fuggire. I riacciuffati raccontano di pestaggi indiscriminati, mostrano lividi. «Loro affermano di essere stati picchiati, la polizia nega, ma anche se non ci fossero state le botte quello che ho visto è inimmaginabile - racconta Jean Leonard Touadi - deputato, l'unico di una delegazione a cui è stato consentito l'accesso al centro in base alle disposizioni di Maroni per nascondere lo scempio che si fa del diritto. Touadi esce parla con i giornalisti con indignazione: "Un pastore non terrebbe le proprie pecore in quelle condizioni - racconta - Quello è un inferno vero e proprio. Ho visto un uomo adulto, con le tracce recenti di un intervento chirurgico, sdraiato sul materasso sotto la tenda. Non riesce a muoversi, non può stare lì. Ho visto 4 marocchini transessuali esposti al rischio di violenze e ho visto richiedenti asilo, persone per cui la legalità nazionale e internazionale viene negata più volte. Non debbono esistere questi posti". Fuori dal centro, attivisti di Caribou, di Rifondazione, della Cgil e giornalisti. Edwig lavora per una emittente olandese, segue il caso di una connazionale legalmente sposata con un ragazzo tunisino. La ragazza W. è quasi al termine di una gravidanza, suo marito è stato trattenuto illegalmente perché giudice di pace, prefettura e questura trovavano la situazione troppo complessa per risolverla. Il marito ha cercato di percorrere le vie legali, era preoccupato per lo stato di salute di sua moglie e alla fine ha deciso di fuggire. Di questo illegittimo sequestro di persona forse dovrà rispondere il Governo italiano, ancora una volta in sede U.E. La vicaria del prefetto di Trapani e il responsabile dell'ufficio immigrazione sono visibilmente imbarazzati, non possono difendere l'indifendibile e parlano anche del disagio sofferto dagli operatori di polizia. Sono fiduciosi, oggi

dovrebbe aprire il nuovo Cie, 206 posti, che sostituirà la tendopoli. Ma anche la storia di questo grande e inquietante bunker che si intravede dall'autostrada offre di che pensare. È stato progettato 9 anni fa, in contrada Milo come "Villaggio dell'accoglienza". Ideato dal potente senatore D'Ali, pare sia costato almeno 10 milioni di euro salvo poi scoprire che non era a norma con gli impianti fognari. Ora miracolosamente il centro apre, sarà un carcere di massima sicurezza ultramoderno dove si potrà restare per 18 mesi senza aver commesso nulla. E solo i parlamentari disposti a monitorarne le condizioni vi potranno accedere. I giornalisti sono un intralcio, lunedì ad un reporter che scattava foto al Cie di Kinisia è stato imposto di cancellarle ed è stato identificato. Le intercettazioni di cui tanto si parla, raccontano di cose che non si debbono sapere, quelle immagini di cose che non si debbono vedere e i colpevoli, per chi governa, sono coloro che informano.» -:
se i fatti corrispondano al vero, e quali immediate azioni intenda intraprendere per assicurare il pieno rispetto dei diritti umani dei cittadini extracomunitari ospitati nel centro in premessa.
quali siano le condizioni di servizio degli operatori della sicurezza preposti alla vigilanza e quali siano le misure di prevenzione e tutela delle condizioni igieniche e sanitarie;
quale siano le condizioni dell'appalto affidato al consorzio Connecting People, quale sia l'importo complessivo, se sia stata effettuata una regolare gara per l'affidamento del servizio di gestione dei centri esistenti nel territorio della provincia di Trapani, quali siano le ditte che vi abbiano partecipato e quali siano state le loro offerte economiche.
(4-12562)

ZAZZERA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
all'interrogante risulta che presso il comune di Rutigliano (Bari) si siano verificati diversi gravi fatti, alcuni dei quali portati all'attenzione della procura competente, che sollevano dubbi sul corretto e trasparente andamento dell'amministrazione locale;
con un esposto depositato l'11 febbraio 2011 ad esempio, gli stessi consiglieri del comune di Rutigliano hanno denunciato una serie di irregolarità negli atti posti in essere dalla giunta e da alcuni funzionari responsabili degli uffici tributi e ragioneria, rispetto al censimento generale ICI;
secondo i consiglieri infatti, il servizio censimento sarebbe stato aggiudicato ad una ditta (la «Euroservice» di Vito Redavid - fratello del vicesindaco) e poi alla stessa riconfermato più volte, senza procedere a regolare gara pubblica;
il rinnovo del servizio, dunque sarebbe avvenuto in maniera illegittima, e la succitata ditta inoltre non avrebbe neppure osservato gli obblighi economici assunti, addossando al comune tutte le spese;
già il 21 novembre 2010, i consiglieri comunali avevano denunciato, sempre attraverso un esposto alla procura, gravi violazioni in materia urbanistica poste in essere dal consiglio, e relative alla variante di un piano particolareggiato del comune -:
se il Ministro sia a conoscenza dei gravi fatti descritti in premessa, e se alla luce di quanto riportato, ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza, per avviare, anche attraverso gli uffici territoriali di Governo, le procedure di cui all'articolo 141 del decreto legislativo n. 267 del 2000.
(4-12576)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:

DE POLI, GALLETTI, CAPITANIO SANTOLINI, DELFINO, BINETTI, ENZO CARRA, LUSETTI, ANNA TERESA FORMISANO,

CICCANTI, COMPAGNON, NARO e VOLONTÈ. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
genitori e docenti hanno più volte evidenziato le difficili problematiche conseguenti ai tagli adottati dal Ministro interrogato inerenti al diritto all'istruzione per i disabili nel nostro Paese;
la situazione scolastica nazionale al momento appare allarmante: meno classi a tempo pieno, tagli alle cattedre e agli insegnanti di sostegno, affollamento delle aule, eliminazione di laboratori, campi scuola e attività didattiche e altro;
associazioni di volontariato, persone con disabilità, genitori, insegnanti, medici sostengono e denunciano il fatto che proprio a seguito dei «tagli» del Ministro interrogato gli alunni disabili sono stati ormai da mesi privati del sostegno scolastico necessario e che le classi già sovraffollate ospitano al loro interno troppi alunni con disabilità, rendendo i processi di apprendimento e il normale iter scolastico difficile da compiersi. L'elevata concentrazione di soli alunni con disabilità nelle scuole e tra le classi è, peraltro, in totale violazione della normativa sull'inclusione scolastica;
la normativa stabilisce che, in presenza di disabili, specialmente se gravi, è prevista la riduzione del numero di alunni a 20 e non bisognerebbe inserire più di un portatore di disabilità per classe. Nella realtà italiana, invece, le classi con oltre due persone con disabilità sono migliaia;
nonostante i numeri citati dal Ministro interrogato sull'incremento dei posti in organico di sostegno, i tribunali hanno, invece, certificato che il taglio c'è stato;
risulterebbe che in appena sette mesi di scuola siano state 4 mila le sentenze di condanna emesse dai tribunali amministrativi regionali di tutta Italia a favore degli alunni con disabilità. Da Nord a Sud i tribunali amministrativi regionali hanno condannato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per discriminazione contro i disabili, confermando come la manovra economica adottata dal Ministro interrogato abbia leso i diritti di molti cittadini italiani, per di più colpendo ancora una volta i bambini disabili, una delle fasce più deboli della popolazione che necessiterebbe della maggior tutela possibile;
l'articolo 3 della Costituzione sancisce il compito che deve assolvere il Governo di rimuovere qualunque ostacolo affinché tutti i cittadini italiani abbiano pari dignità civile e sociale;
chi vive quotidianamente il problema della disabilità ricorda l'importanza dell'insegnante di sostegno, figura fondamentale che permette un buon recupero psicofisico, favorendo l'inserimento e l'integrazione nella società dei bambini diversamente abili -:
come il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda garantire ai bambini con disabilità un percorso educativo che favorisca il loro inserimento nella società e garantisca loro il fondamentale diritto di vivere un'esistenza dignitosa.
(3-01734)

Interrogazione a risposta in Commissione:

PIFFARI, CIMADORO e ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale del 13 giugno 2011, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha nominato per il triennio 2011/2014, il professor Massimo Collarini, presidente dell'Istituto superiore di studi musicali «Gaetano Donizetti» di Bergamo;
la candidatura del professor Massimo Collarini, come appreso dalla stampa locale (Eco di Bergamo del 25 marzo 2011), era stata esclusa dalla terna di candidati trasmessa al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dal direttore del consiglio accademico il 25 marzo 2011,

prot. n. 105, nella quale, oltre all'esito della procedura elettorale della seduta del consiglio accademico del 21 marzo 2011, sono stati allegati i curriculum vitae dei tre candidati designati, rispettivamente il professor Mario Carbotta, il professor Claudio Pelis e il professor Carlo Spinetti;
in data 13 aprile 2011, il professor Mario Carbotta, uno dei tre candidati individuati dal consiglio accademico, con comunicazione inviata al Ministro dell'istruzione, al direttore generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dottor Giorgio Bruno Civello, e al consiglio accademico dell'Istituto Donizetti (prot. n. 122), ritira la propria candidatura alla presidenza dell'istituto musicale bergamasco per «motivi personali»;
in data 15 aprile 2011, il direttore generale della direzione generale per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dottor Giorgio Bruno Civello (prot. n. 2144/AFAM), comunica al direttore dell'istituto Donizetti, professor Marco Giovanetti, (prot. n. 123), la ricezione delle dimissioni dalla candidatura alla presidenza dell'istituto del professor Mario Carbotta e di restare in attesa del nominativo del candidato a integrazione della terna individuata dal consiglio accademico;
lo stesso 15 aprile, in risposta alla succitata comunicazione del dirigente del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il direttore dell'istituto musicale (prot. n. 124) chiede specifiche delucidazioni sulla procedura da seguire per adempiere la richiesta, considerando che la nomina della terna di candidati alla presidenza, secondo quanto stabilito all'articolo 9, comma 2, dello statuto dell'istituto, spetta al consiglio accademico e non al direttore;
il 18 aprile 2011, il direttore generale della direzione generale per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dottor Giorgio Bruno Civello, con nota prot. n. 2195/AFAM, in risposta e con riferimento alla suddetta nota prot. n. 124 del 15 aprile 2011, afferma che la richiesta di reintegro della terna di candidati alla presidenza dell'istituto è stata indirizzata al direttore dell'istituto in qualità di presidente del consiglio accademico;
nella seduta del consiglio accademico dell'istituto musicale Donizetti del 2 maggio 2011, al cui punto 2 dell'ordine del giorno è previsto il reintegro della terna di candidati alla presidenza, come si evince dall'estratto del verbale della seduta, inviato nella nota prot. n. 135 al direttore generale AFAM del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dottor Giorgio Bruno Civello, il direttore dell'istituto Marco Giovanetti, riferisce al consiglio accademico sui contatti intercorsi con il Ministero e sull'assenza di specifica giurisprudenza o precedenti relativi allo specifico caso di reintegro della terna di candidati, nonché dei pareri legali sollecitati;
nello stesso documento si apprende che, vista la ristrettezza di tempo e considerata l'urgenza di provvedere alla nomina del candidato in sostituzione del dimissionario professor Carbotta, è stato possibile acquisire in forma scritta solo il parere del precedente direttore amministrativo dell'istituto, dottor Marco Ugo Filisetti, e di quello attuale, dottoressa Maria G. Fazio;
dalla stessa fonte, ovvero dall'estratto del verbale della seduta del consiglio accademico del 2 maggio 2011, si apprende che i due succitati pareri, concordano con la sollecitazione proveniente dal collegio dei revisori dell'istituto sui possibili contraccolpi negativi sullo stesso in caso di ritardata nomina del nuovo presidente;
con nota prot. n. 135 al direttore generale AFAM del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dottor Giorgio Bruno Civello, il direttore del consiglio accademico dell'istituto musicale Donizetti, premesso l'adempimento di quanto di propria spettanza a termini di statuto per la designazione della terna dei

candidati alla presidenza trasmessa in data 25 marzo 2011 con nota n. 105 e premesso che malgrado la procedura di designazione del 21 marzo 2011 abbia avuto esito sfavorevole sul quarto candidato in lizza, professor Massimo Collarini (primo dei non eletti), propone in via d'urgenza di reintegrare la terna delle candidature alla presidenza dell'istituto con il nominativo del professor Collarini, riconfermando l'esito della votazione del 21 marzo 2011;
il consiglio accademico ha dovuto provvedere al reintegro in via d'urgenza, senza precedenti simili né esplicita giurisprudenza specifica o indicazioni normative e statutarie, sulla base del buon senso e di pareri del precedente direttore amministrativo dell'istituto, dottor Marco Ugo Filisetti, e di quello attuale, dottoressa Maria G. Fazio, pur avendo adempiuto all'individuazione delle candidature e fermo restando il potere di nomina riconosciuto al Ministro dal decreto del Presidente della Repubblica n. 295 del 2006, che modifica il decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003, nell'ambito di quanto deliberato dal consiglio accademico tra candidati in possesso di alta qualificazione professionale e manageriale, nonché di comprovata esperienza maturata nell'ambito di organi di gestione di istituzioni culturali ovvero avente riconosciuta competenza nell'ambito artistico e culturale;
tutti e tre i profili professionali sottoposti al Ministro, ovvero quelli del professor Claudio Pelis e del dottor Carlo Spinetti, non possono essere considerati sotto qualsiasi punto di vista, inferiori a quello del candidato nominato, avendo anzi il consiglio accademico ritenuto che essi potessero far valere un maggiore e più affidabile inserimento nel tessuto sociale del territorio, indispensabile per reperire quelle risorse economiche, esterne olla convenzione col comune di Bergamo, cruciali nel momento attuale per la sopravvivenza stessa dell'istituto, nonché la loro maggiore capacità di dialogo riconosciuta da tutte le componenti del consiglio accademico stesso;
i rapporti personali, professionali e politici tra il dottor Marco Ugo Filisetti, già direttore generale della direzione generale per la politica finanziaria e per il bilancio del dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nonché sindaco di Gorle ed ex direttore amministrativo dell'istituto e la dottoressa Maria G. Fazio, attuale direttore amministrativo dell'istituto Donizetti nonché segretario comunale del comune di Gorle, con il professor Massimo Collarini, presidente e coordinatore comunale del PDL proprio nel comune di Gorle, suscitano a parere degli interroganti l'insorgere di perplessità circa l'esistenza di un velato conflitto di interesse tale da ingenerare l'opportunità che i citati soggetti si astenessero dall'intervenire nel procedimento;
con interrogazione n. 4-03748 del 27 luglio 2009, tra l'altro, a norma dell'articolo 60 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali», al comma 1, punto 1, era stata sollevata al Ministro dell'interno e dell'istruzione l'ineleggibilità del dottor Filisetti a sindaco proprio perché in conflitto a seguito di contratto stipulato con il Ministero dell'istruzione per lo svolgimento del ruolo di direttore generale presso il Ministero dell'istruzione, ai sensi dell'articolo 19, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, incarico conferito con nomina diretta da parte del Ministro dell'istruzione, lo stesso competente a nominare il presidente dell'istituto musicale Donizetti;
da quanto risulta all'interrogante e come riscontrabile sul sito del Teatro Dal Verme di Milano, http://dalverme.org/pomeriggi.php, alla vice presidenza della Fondazione I Pomeriggi Musicali «istituzione concertistico orchestrale» (legge 800/67) riconosciuta dal Ministero per i beni e le

attività culturali dipartimento generale dello spettacolo e alla cui presidenza del Consiglio di amministrazione risulta esserci Massimo Collarini, è stato nominato, proprio dal Consiglio di amministrazione, il professor Mario Carbotta;
il governo e la gestione dell'istituto musicale Donizetti rappresentano un ambito traguardo, non solo professionale, ma economico, considerato che tra gli enti finanziatori, oltre a quelli privati, figura il comune di Bergamo che eroga risorse per 1 milione e 800 mila euro annui -:
per quali ragioni la direzione generale AFAM non abbia voluto esporsi direttamente a seguito di specifica richiesta da parte del direttore dell'istituto e presidente del consiglio di amministrazione, in merito alla procedura di reintegro della terna di candidati alla presidenza dell'istituto in considerazione dell'assenza di giurisprudenza specifica e dettagliate disposizioni normative;
quali siano state le valutazioni che hanno indotto il Ministro interrogato a procedere alla nomina del presidente, ignorando le indicazioni di massima del consiglio accademico circa il non gradimento della candidatura del professor Massimo Collarini;
se il Ministro interrogato, in virtù di quanto esposto, non ritenga opportuno rivedere la suddetta scelta annullando la nomina, che a parere degli interroganti desta dubbi sul piano della legittimità o, quanto meno, appare caratterizzata da una evidente forzatura procedurale nel reintegro della terna di candidati alla presidenza;
se il Ministro non reputi necessario, per quanto di competenza, verificare opportunamente azioni e comportamenti di ognuno dei protagonisti della seguente vicenda, al fine di dimostrare l'assoluta correttezza e il rispetto dei principi di trasparenza e delle norme da parte di ciascuno, sgombrando il campo da qualsiasi sospetto abuso.
(5-05050)

Interrogazione a risposta scritta:

PILI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il gruppo di democrazia partecipativa Parlamentares dell'università di Cagliari attraverso uno dei suoi rappresentanti Pierpaolo Batzella ha segnalato al sottoscritto interrogante la gravissima situazione dell'università di Cagliari relativamente all'applicazione del regolamento sulla decadenza degli studenti fuori corso;
il 28 maggio 2010 con decreto regionale n. 456 del 2010 è stato, infatti, emanato il regolamento carriere amministrative approvato per quanto di competenza dal consiglio di amministrazione e dal senato accademico dell'università di Cagliari;
negli articoli 37 e 57 del succitato regolamento viene introdotta la norma della decadenza dagli studi per gli studenti fuori corso e/o morosi, per gli studenti iscritti negli ordinamenti precedenti al decreto ministeriale n. 509 del 1999 che «non abbiano concluso gli studi entro e non oltre il 30 aprile 2012» (articolo 37) e per gli studenti già iscritti nell'ordinamento ex decreto ministeriale n. 509 del 1999 o decreto ministeriale n. 270 del 2004 che «non conseguano il titolo entro un numero di anni pari al massimo al triplo della durata normale del corso» (articolo 57);
viene così ad avviso dell'interrogante illegittimamente inserita la decadenza dalla qualità di studente poiché gli odierni fuoricorso si iscrissero all'università di Cagliari senza che il decorso del tempo o la permanenza «fuoricorso» (o ancora la mora nel versamento delle tasse universitarie) potessero comportare in alcun modo la decadenza degli studenti dall'iscrizione all'università;
sulla base di un ricorso al Tar Sardegna, presentato da alcuni studenti della facoltà di Farmacia di Sassari, cui una delibera del loro corso di laurea imponeva

il passaggio dal «loro ordinamento» al nuovissimo ordinamento tabellare istituito successivamente (pena la decadenza dagli studi entro un limite temporale definito) che fu accolto con l'annullamento degli atti impugnati, gli studenti fuoricorso di Cagliari decisero anch'essi d'impugnare al Tar Sardegna gli articoli riguardanti la decadenza, a loro dire illegittima, del regolamento carriere amministrative emanato col decreto regionale n. 456 del 2010;
nel luglio 2010 viene presentato ricorso al Tar Sardegna per l'annullamento previa sospensione, del decreto del rettore n. 456 in data 28 maggio 2010 che ha emanato il regolamento sulle carriere amministrative degli studenti; le delibere del 15 aprile e del 21 maggio 2010 con le quali il senato accademico ha approvato il testo del predetto regolamento; la delibera del consiglio di amministrazione del 26 maggio 2010 che ha approvato, per la parte di sua competenza, il predetto regolamento; del regolamento delle carriere amministrative studenti nella parte in cui, specificamente agli articoli 37 e 57, ha imposto la decadenza per gli studenti fuori corso e/o morosi;
i princìpi fondanti del ricorso sono: 1) l'unica decadenza stabilita dall'ordinamento vigente, infatti, è prevista dall'articolo 149 del regio decreto («Approvazione del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore») n. 1592 del 31 agosto 1933 che recita «Coloro i quali... non sostengano esami per otto anni consecutivi, debbono rinnovare l'iscrizione ai corsi e ripetere le prove già superate». E come tale è stata sempre pacificamente interpretata dalla giurisprudenza amministrativa che ha sempre evidenziato che «L'articolo 149, t.u. 31 agosto 1933, n. 1592, che prevede la decadenza dalla qualità di studente universitario di coloro i quali "non sostengono esami per otto anni consecutivi", non consente interpretazioni discrezionali per l'amministrazione in ordine all'apprezzamento e alla valutazione di eventuali motivazioni determinanti l'interruzione dell'attività universitaria, costituendo fonte di attività amministrativa vincolata» (Consiglio Stato, sez. VI, 09 settembre 2005, n. 4670);
il principio della decadenza emanato a Cagliari, si frappone illegittimamente al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n.270 del 22 ottobre 2004 che, espressamente, stabilisce - nell'ambito della riorganizzazione dell'autonomia didattica degli atenei - che: «A seguito dell'adozione dei regolamenti didattici di ateneo di cui al comma 1, le università assicurano la conclusione dei corsi di studio e il rilascio dei relativi titoli, secondo gli ordinamenti didattici previgenti, agli studenti già iscritti alla data di entrata in vigore dei regolamenti stessi e disciplinano, altresì, la facoltà per gli studenti di optare per l'iscrizione a corsi di studio previsti dai nuovi ordinamenti»;
nel dicembre 2010 il Tar Sardegna emette la sentenza (pubblicata il 10 marzo 2011) con cui respinge il ricorso adito dagli studenti «fuoricorso» dell'ateneo di Cagliari, con un ragionamento che, senza trovare legittimità al provvedimento amministrativo emesso dall'università di Cagliari in alcun articolo delle disposizioni di legge in materia di università emanate dal Parlamento dal 1933 ad oggi con leggi o decreti ministeriali (cui si è fatto riferimento nel ricorso presentato dagli studenti cagliaritani al collegio nel luglio 2010), sostiene che «Seguendo il ragionamento, pur brillantemente esposto dalla difesa dei ricorrenti, tali corsi dovrebbero essere mantenuti in vita fino al termine che scaturirebbe dalla volontà dei singoli studenti di ultimare gli stessi con l'unico obbligo a loro carico che deriva dalla disposizione (di cui al regio decreto n. 1592 del 31 agosto 1933) che stabilisce la decadenza nei confronti di coloro i quali non sostengano esami per otto anni. Ciò porterebbe all'assurdo risultato di mantenere in vita corsi completamente obsoleti e non più rispondenti alle attuali esigenze didattiche»;
nella decisione del Tar viene affermato che «l'Università non nega la possibilità

di ultimare tali corsi bensì pone un limite temporale (dettando congrue disposizioni transitorie) agli studenti che dopo molti anni dall'iscrizione e dopo l'introduzione dei nuovi corsi, si trovano a non avere ancora ultimato gli studi»;
nell'aprile 2011 viene proposto appello dei ricorrenti innanzi il Consiglio di Stato per l'annullamento della sentenza del Tar Sardegna e dei suoi effetti: secondo la difesa degli studenti fuoricorso cagliaritani: «Su quanto testé evidenziato e sui princìpi che sorreggono il decreto ministeriale n. 270 del 2004 il primo Giudice non ha, in effetti, speso una parola»;
a fronte di un quadro normativo tanto evidente, il riferimento al mantenimento «in vita corsi completamente obsoleti e non più rispondenti alle attuali esigenze didattiche» non appare essere né decisivo, né conferente;
la sentenza evidenzia ancora che: «Il richiamo ai princìpi di uguaglianza e del diritto allo studio è, in questa sede, del tutto inconferente. Non vi è alcuna negazione di tali princìpi nella volontà di razionalizzare una situazione negativa venutasi a creare per l'eccessivo protrarsi di corsi di laurea non più rispondenti alle attuali esigenze. Né, l'università nega la possibilità di ultimare tali corsi bensì pone un limite temporale (dettando congrue disposizioni transitorie) agli studenti che dopo molti anni dall'iscrizione e dopo l'introduzione dei nuovi corsi, si trovano a non avere ancora ultimato gli studi»;
le disposizioni impugnate hanno di fatto effetti pro futuro, quindi a sfavore degli studenti già iscritti, a detrimento degli appellanti;
il T.A.R. Sardegna (differente presidente e altro relatore), in analoga vicenda, nella quale veniva, correttamente, evidenziato (a fronte dell'inserimento presso l'università di Sassari di una disposizione decadenziale) che «Anche il successivo decreto 3 novembre 1999 numero 59 riguardante il Regolamento dell'autonomia didattica degli atenei ha previsto tra l'altro (articolo 13) che le università assicurano la conclusione dei corsi di studio ed il rilascio dei relativi titoli secondo gli ordinamenti didattici vigenti e disciplinano altresì la facoltà per gli studenti di optare per l'iscrizione ai corsi di studio con i nuovi ordinamenti. In modo analogo ha disposto il decreto ministeriale del 22 novembre 2004 numero 270, all'articolo 11»;
dalla lettura di tutte le disposizioni sopra ricordate si evince che nell'ambito del ordinamento universitario non esiste una norma che consenta alle facoltà universitarie di imporre agli studenti la conclusione del corso universitario entro un certo numero di anni, pena il trasferimento al nuovo ordinamento che, nel frattempo, possa essere stato istituito;
viene riconosciuto, anzi, espressamente il diritto degli studenti di completare comunque i propri studi;
la previsione di imporre agli studenti di cambiare il corso di studi se esso non viene concluso entro un certo termine, non ha un supporto normativo che la giustifichi e, conseguentemente, risulta fondato il primo motivo;
appare evidente, quindi, come altra giurisprudenza abbia colto la grave illegittimità di una previsione che imponga agli studenti la modifica del proprio corso di studi mediante alterazioni non consentite e inserimenti di disposizioni sanzionatorie e/o decadenziali;
non può non essere rilevata, inoltre - anche a tutto voler concedere - la ristrettezza temporale concessa dalle disposizioni transitorie per gli studenti fuori corso per poter terminare gli studi. A fronte dell'entrata in vigore dei provvedimenti impugnati (giugno del 2010), è stato concesso agli studenti un termine assai ristretto;
la disposizione transitoria inserita all'articolo 57 stabilisce, infatti, come «A decorrere dall'anno accademico 2010/2011: a) gli studenti già iscritti negli ordinamenti

precedenti al decreto ministeriale n. 509 del 1999 decadono qualora non abbiano concluso gli studi entro e non oltre il 30 aprile 2012; b) gli studenti già iscritti nell'ordinamento ex decreto ministeriale n. 509 del 1999 o decreto ministeriale n. 270 del 2004 decadono qualora non conseguano il titolo entro un numero di anni pari al massimo al triplo della durata normale del corso. In particolare: - gli studenti che, alla data del 1 ottobre 2010, hanno superato il triplo della durata normale del corso di studio decadono se non conseguono il titolo entro il 30 aprile 2012; - gli studenti a cui, alla data del 1 ottobre 2010, manca un anno al raggiungimento del triplo della durata normale del corso di studio decadono se non conseguono il titolo entro il 30 aprile 2013; - gli studenti a cui, alla data del 1 ottobre 2010, mancano due anni al raggiungimento del triplo della durata normale del corso di studio decadono se non conseguono il titolo entro il 30 aprile 2014»;
risultano illegittimi i provvedimenti decadenziali, per le ragioni anzidette, e i termini concessi agli studenti fuori corso appaiono ictu oculi troppo stringenti e penalizzanti;
l'unico che può imporre e specificare le cause che portano alla decadenza è il legislatore nazionale;
una differente articolazione in ambito nazionale dei presupposti che possono portare al provvedimento di decadenza appare manifestamente illegittimo per violazione dell'articolo 3 della Costituzione e dell'articolo 34 sul diritto allo studio che risulterebbe de facto, illegittimamente e irragionevolmente, differente tra ateneo e ateneo;
non appare congruo, ragionevole, quindi, legittimo che vi sia una disarticolazione di posizioni tra i vari atenei tale da consentire che a Roma, Napoli o Sassari la decadenza non sia stata stabilita e che, invece, a Cagliari e Palermo sia stata imposta;
il già citato decreto ministeriale n. 270 del 2004 non sembra proprio offrire ad atenei e rettori la facoltà di inserire, regolamentare e irrogare provvedimenti di decadenza;
le disposizioni relative ai regolamenti di ateneo (articoli 11 e 12) sono ben lungi dall'attribuire un tale potere alle università;
l'unica decadenza stabilita dall'ordinamento vigente, infatti, è stata normata dal legislatore nazionale e prevista dall'articolo 149 del regio decreto n. 1592 del 1933;
il Consiglio di Stato ha fissato l'udienza di merito con sentenza per il 20 dicembre 2011 a Roma;
il Senato accademico dell'ateneo di Cagliari riunito il 17 maggio 2011, ha respinto quanto richiesto nel documento presentato dai rappresentanti degli studenti e firmato da circa 500 fuoricorso e denominato «Concessioni agli studenti colpiti dalla decadenza» in cui si chiedeva al rettore Melis e al Senato accademico quanto segue:
che siano garantiti in tutte le facoltà e per tutti gli studenti a rischio decadenza, senza discriminazione in base al numero di esami mancanti, appelli ogni mese;
che tutte le facoltà consentano il passaggio ai nuovi ordinamenti, con la convalida in automatico di tutti gli esami;
che sia posta, per tutti i casi indicati nell'articolo 57 come unica data di decadenza il 30 aprile 2014;
che siano concessi ulteriori 6 mesi per terminare la tesi agli studenti che, alla data del 30 aprile 2014, abbiano completato gli esami. Un anno in più invece per gli studenti che optano per una tesi sperimentale;
sarebbe opportuno disporre un'univoca condotta in tema di decadenza che consenta di salvaguardare tutti quegli studenti che rischiano di essere gravemente penalizzati proponendo un'uniformazione delle procedure e delle regole proprio per

evitare discriminazioni evidenti, ingiustificabili e dannose per centinaia di studenti e famiglie -:
se non intenda il Ministro intervenire al fine di assumere un'iniziativa normativa ed istituzionale per unificare tra le varie università italiane le procedure e i tempi di decadenza dagli studi sin dal prossimo anno accademico.
(4-12561)

TESTO AGGIORNATO AL 6 LUGLIO 2011

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
ad Arsiero (VI) in località Ponte Strona, sono presenti da anni le «Cartiere Val Posina» uno dei fiori all'occhiello del nord-est d'Italia, proprio perché non producono semplicemente carta, ma un prodotto specifico che serve per il confezionamento degli alimenti;
da alcuni mesi le «Cartiere Val Posina» sono in una fase di crisi dovuta non al crollo degli ordini o della produzione, ma bensì all'incredibile aumento delle materie prime per la lavorazione (è triplicato il costo della cellulosa) e all'impennata dei costi energetici, risorsa necessaria per la produzione e il funzionamento dell'Impianto;
sono direttamente coinvolti 42 lavoratori, maestranze di alta specializzazione tecnica e con una media di età fissata sui 30 anni;
il territorio in cui sorge la cartiera presenta di per se difficoltà di sviluppo produttivo ed occupazionale, fattore che aumenta la negativa ricaduta sociale dovuta all'eventuale chiusura delle «Cartiere Val Posina»;
in accordo tra proprietà e sindacati (CGIL, CISL e UIL) tutti i lavoratori sono attualmente in ferie per tutta la durata del mese di luglio 2011, con il relativo blocco totale della produzione;
ogni giorno di fermo dell'impianto rappresenta un danno enorme e una concreta difficoltà per il riavvio dell'attività;
le rappresentanze sindacali hanno già chiesto un incontro con il prefetto di Vicenza, alla luce del mancato confronto con il sindaco di Arsiero -:
se i Ministri interrogati siano al corrente dello stato odierno delle «Cartiere Val Posina»;
quali iniziative intendano mettere in atto per scongiurare la chiusura di un punto di eccellenza sito nel territorio vicentino;
quali impegni intendano assumere per evitare che, non la crisi o la mancanza di ordinativi, ma l'aumento dei fattori produttivi possa essere ulteriore elemento di appesantimento di una crisi che non molla la presa e che continua a farsi sentire in tutto il territorio e che colpisce anche aziende «sane» e di qualità.
(2-01147)
«Sbrollini, Narducci, Damiano, Rampi, Pes, Scarpetti, Bossa, Vico, Melis, Cesare Marini, Zunino, Bellanova, Servodio, Sposetti, Rosato, Garofani, Nannicini, Siragusa, Schirru, Velo, Fluvi, Pizzetti, Cardinale, Motta, Losacco, Touadi, Duilio, Marrocu, Burtone, Agostini, Capano, Minniti, Soro, Vannucci, Bordo, Albini, Naccarato, Boffa, D'Incecco, Bratti, Froner».

Interrogazione a risposta immediata:

GIANNI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 15 aprile 2011 1240 lavoratori in somministrazione dell'Inps non hanno visto, in tutta Italia, il rinnovo del proprio contratto stipulato con l'agenzia interinale Tempor;
precedentemente altri 550, nel mese di dicembre 2010, erano stati licenziati, per un totale di 1800 lavoratori;

la maggior parte di questi lavoratori erano giovani del Sud che avevano accettato di trasferirsi al Nord nella speranza di trovare, finalmente, un lavoro che desse loro una speranza di costruirsi un futuro non più incerto;
questi giovani, diplomati e laureati, svolgevano lavori importanti all'interno dell'istituto, occupandosi spesso di disoccupazione, cassa integrazione, contributi pensionistici, e avevano «smaltito» documentazioni che non erano controllate da anni, facendo recuperare spesso all'Inps milioni di euro;
tale situazione è stata determinata dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di stabilizzazione e competitività economica, che ha imposto la riduzione del 50 per cento delle spese sostenute dalle amministrazioni pubbliche per il lavoro flessibile;
nel mese di marzo 2011, il Governo aveva dato parere positivo ad una risoluzione approvata all'unanimità, in Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati, che richiedeva un ripensamento per quanto riguardava i 1800 lavoratori Inps;
i sindacati, in maniera unitaria, hanno più volte manifestato, richiedendo che si giungesse ad una soluzione della vertenza, ma sino ad oggi non sono stati ottenuti risultati concreti, anzi la vertenza è stata rimbalzata tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e quello dell'economia e delle finanze;
tutto ciò appare in evidente contrasto con la volontà politica espressa più volte dal Governo e dalla maggioranza parlamentare di rilanciare, fermo restando l'impegno a mantenere il controllo sui conti pubblici, l'economia nel nostro Paese restituendo speranze e fiducia soprattutto nelle giovani generazioni -:
come si intenda agire per far sì, visti anche gli impegni presi dal Governo più volte in tal senso, che i 1800 giovani licenziati, che svolgevano un lavoro indispensabile dentro l'Istituto, siano reintegrati nel loro posto di lavoro.
(3-01737)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BOBBA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il Governo nell'aprile 2011 ha confermato lo stanziamento previsto dalla legge di stabilità di 1 miliardo di euro per gli interventi a sostegno del reddito a cui si aggiungono 600 milioni di euro di residui del biennio 2009-2010;
l'intesa tra regioni e province autonome sugli ammortizzatori sociali in deroga per il biennio 2011-2012, comporta il concorso del 60 per cento da parte dello Stato e del 40 per cento da parte delle regioni;
l'intesa prevede, inoltre, l'attribuzione di un ruolo precipuo ai servizi per l'impiego nei processi di riqualificazione e di ricollocazione dei lavoratori e l'impiego e la valorizzazione del sistema informativo sulle competenze e i posti di lavoro cercati e non trovati dalle imprese e del portale di servizi «Cliclavoro» per rendere trasparenti e pienamente disponibili le informazioni sul mercato del lavoro;
in tale sede, lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali affermava: «Confermiamo la necessità che il sostegno al reddito vada di pari passo a forme di accompagnamento verso un nuovo lavoro e a una formazione mirata ed efficiente in ambiente lavorativo»;
il settore della formazione professionale in Puglia è in grave crisi, come asserito dai più importanti enti di formazione professionale della regione, i quali denunciano il possibile licenziamento di circa 700 operatori a tempo indeterminato, a causa della mancata approvazione degli emendamenti alla legge di assestamento di bilancio della regione Puglia (allegati A e B);

gli emendamenti in premessa, i cui firmatari risultano bipartisan, prevedevano un contributo straordinario una tantum, che ha precedenti nelle leggi regionali n. 14 del 2004, articolo 62, n. 1 del 2005 e n. 40 del 2007, teso a ristorare gli enti cosiddetti storici di tutti gli oneri contrattuali, da questi anticipati, al fine di garantire negli anni la condizione occupazionale degli operatori della formazione professionale;
a parere dell'interrogante, il comportamento da parte del Governo regionale pugliese è quanto meno discutibile, anche alla luce dell'investimento economico del Governo italiano nel finanziare gli ammortizzatori sociali di cui il settore della formazione professionale beneficia, così come la regione Puglia è destinataria dei finanziamenti ministeriali in materia di formazione professionale per apprendisti e minori espulsi dal percorso scolastico ordinario;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali finanziava alla regione Puglia le azioni di ristrutturazione degli enti di formazione professionale, ai sensi della legge regionale n. 27 del 2001 -:
quali iniziative di competenza si intendano intraprendere, pur nel rispetto delle prerogative regionali, per contrastare l'emergenza occupazionale pugliese che ha portato da diversi mesi all'utilizzo degli ammortizzatori sociali;
se non si ritenga urgente verificare se le risorse allocate per la ristrutturazione degli enti di formazione professionale siano realmente pervenute alla regione Puglia come appare all'interrogante, considerato che le stesse non risultano mai essere pervenute agli enti di formazione professionale come si evince dall'allegato C.
(5-05036)

MOSCA, CODURELLI, DAMIANO, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, RAMPI, SANTAGATA, SCHIRRU, POLLASTRINI, DE BIASI e BRAGA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie di stampa, la Ma-Vib di Inzago, provincia di Milano, che produce motori elettrici per impianti di condizionamento, ha deciso di metter in mobilità le sole lavoratrici, tredici operaie, della società. L'azienda a conduzione familiare, che conta anche 17 lavoratori maschi, ha deciso i licenziamenti dopo che le stesse operaie erano state le uniche lavoratrici dell'azienda ad essere interessate dalla cassa integrazione cosiddetta «singhiozzo» negli anni precedenti;
la decisione del provvedimento di licenziamento delle sole lavoratrici è stata adottata con la motivazione che le donne possono stare a casa a curare i figli e che, comunque, portano a casa il secondo stipendio;
la risposta delle organizzazioni sindacali non si è fatta attendere denunciando la profonda discriminazione perpetrata dall'azienda nei confronti delle lavoratrici, la violazione dei diritti dei lavoratori e delle norme sull'uguaglianza e pari opportunità sia italiane che europee;
la situazione in oggetto si inserisce in un quadro che vede la forza lavoro femminile fortemente penalizzata dalla crisi economica in atto. Il numero delle donne occupate è fermo al 46,4 per cento contro il 60 per cento che si sarebbe dovuto raggiungere ben due anni fa, secondo gli obiettivi stabiliti dall'Unione europea a Lisbona, mentre l'occupazione degli uomini è pari al 68,6 per cento. Preoccupante anche il numero di donne inattive. Oggi in Italia ci sono nove milioni e 679 mila donne che non lavorano e non studiano avendo rinunciato a cercare un'occupazione. Il tasso di inattività che è complessivamente pari al 37,8 per cento fra i 15 e i 64 anni sale al 45,8 per cento se si considerano solo le donne;
allarmanti anche gli ultimi dati pubblicati dall'Istat, secondo il quale nel primo trimestre, del 2011 la disoccupazione

giovanile (15-64 anni) è salita al 29,6 per cento dal 28,8 per cento dello stesso periodo del 2010, con un picco del 46,1 per cento per le donne del mezzogiorno;
elemento fondamentale per aumentare l'occupazione femminile è l'ampliamento ai servizi per la prima infanzia, la condivisione del lavoro di cura dei figli, il sostegno agli anziani e ai non autosufficienti. Non a caso fino alla nascita del primo figlio lavorano 59 donne su 100, mentre dopo la maternità continuano a lavorare solo in 43, con un tasso di abbandono del 27,1 per cento;
la crisi economica non ha fatto altro che peggiorare la situazione delle lavoratrici adeguandosi al luogo comune che è meno grave che il posto di lavoro lo perda una donna anziché un uomo, mentre i continui tagli alle spese sociali fino ad ora portati avanti dal Governo, hanno penalizzato proprio quei servizi sul territorio che permetteremo alle donne di essere in parte sollevate dal lavoro di cura -:
se non si ritenga di dover intervenire direttamente, anche attraverso apposita ispezione, affinché sia fatta luce sull'episodio di cui in premessa;
se non si intenda attivare, in riferimento ad evidente episodio di discriminazione sul luogo del lavoro, l'intervento della Consigliera Nazionale di parità;
se non si ritenga, qualora l'episodio espresso in premessa risulti accertato, che si profili la violazione di princìpi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale nonché della legislazione europea e quali provvedimenti intenda adottare al riguardo.
(5-05040)

CHIAPPORI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il comma 31, dell'articolo 9, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha previsto che, al fine di agevolare il processo di riduzione degli assetti organizzativi delle pubbliche amministrazioni, a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 78 del 2010, il trattamento in servizio oltre il 65o anno di età per i pubblici dipendenti - già divenuto soggetto alla valutazione discrezionale dell'amministrazione per effetto dell'articolo 72, comma 7, del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazione, dalla legge n. 133 del 2008, può essere disposto esclusivamente nell'ambito delle facoltà assunzionali consentite dalla legislazione vigente in base alle cessazioni del personale e nel rispetto delle relative procedure autorizzatorie; le risorse destinabili a nuove assunzioni in base alle predette cessazioni sono ridotte in misura pari all'importo del trattamento retributivo derivante dai trattenimenti in servizio;
stante la predetta disposizione, pertanto, i trattenimenti in servizio diversi da quelli espressamente fatti salvi dalla norma medesima equivalgono - sotto il profilo degli oneri finanziari - a nuove assunzioni e, come tali, sono soggetti ai relativi limiti numerici e di spesa stabiliti, per l'anno in corso e per quelli futuri, dai commi 5, 7 ed 8 dell'articolo 9, del decreto-legge n. 78 del 2010, nonché alle relative procedure di autorizzazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica e del Ministero dell'economia e delle finanze;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha stabilito che gli enti previdenziali provvedono a disciplinare, nell'ambito dei rispettivi regolamenti di organizzazione, la figura del direttore generale dell'ente come «figura analoga a quella del segretario generale di ministeri o di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici di livello dirigenziale generale» e che il trattamento economico dei direttori generali degli enti previdenziali è equiparato «(...) al parametro complessivo retributivo massimo spettante ai dirigenti con incarico di segretario generale o di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici di livello dirigenziale generale»;

l'articolo 7 del regolamento di organizzazione dell'INPDAP, adottato con delibera consiliare n. 357 del 27 giugno 2006, definisce - in linea con l'articolo 3, comma 6, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479 - le funzioni e la figura del direttore generale dell'istituto quale vertice della tecnostruttura centrale e territoriale dell'ente;
per i suddetti incarichi, l'articolo 24, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 dispone che «con contratto individuale è stabilito il trattamento economico fondamentale, assumendo come parametri di base i valori economici massimi contemplati dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, e sono determinati gli istituti del trattamento economico accessorio, collegato al livello di responsabilità attribuito con l'incarico di funzione ed ai risultati conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione, ed i relativi importi»;
in attuazione delle disposizioni sopra citate, nonché alla luce delle indicazioni contenute in materia di trattamento economico accessorio spettante per i suddetti incarichi, nella direttiva del Dipartimento della funzione pubblica n. 4 del 26 luglio 2007, l'INPDAP ha definito, con delibera consiliare n. 425 del 16 gennaio 2007, l'articolazione del trattamento economico fondamentale ed accessorio del direttore generale adeguando la struttura della retribuzione di tale organo alle disposizioni del Contratto collettivo nazionale del lavoro relativo alla dirigenza;
è pertanto da intendersi, in base a quanto sopra illustrato, che l'incarico di direttore generale dell'ente previdenziale, fatte salve le specifiche attribuzioni conferite dalla legge e dal Regolamento di organizzazione, si configuri quale rapporto di lavoro di natura analoga a quello della dirigenza generale, sia per quanto concerne gli aspetti giuridici, che per quelli economici;
per quanto riguarda più specificatamente gli aspetti giuridici, si evidenzia chel'articolo 12, comma 2, della legge 9 marzo 1989, n. 88, la cui applicazione è estesa all'INPDAP ai sensi dell'articolo 7, ultimo comma, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, stabilisce che «al direttore generale si applicano le norme sull'incompatibilità, nonché quelle sul limite massimo di età per la permanenza in servizio stabilite per il personale dell'Istituto»;
stante la rilevante novità introdotta in materia, nonché la considerata problematicità dei riflessi di natura finanziaria sulla programmazione dei fabbisogni di personale che derivano dall'equiparazione dei trattamenti in servizio alle nuove assunzioni, l'INPDAP, con determinazione, presidenziale n. 278 del 28 dicembre 2010, ha deliberato, tra l'altro, di non accordare più al personale, a qualunque tipologia professionale appartenga, la permanenza in servizio oltre il 65o anno di età, fatta eccezione la fattispecie di dipendenti che al compimento di tale limite di età anagrafica non abbiano ancora maturato il requisito contributivo minimo per il diritto alla pensione -:
se, alla luce di quanto esposto e delle normative citate in premessa, la nomina ministeriale di durata quadriennale e relativo contratto individuale di lavoro dell'attuale direttore generale dell'Inpdap sia o meno coerenti con la normativa vigente in materia di pensionamento per limiti di età e di trattenimento in servizio e con i dettami dello stesso regolamento interno Inpdap in materia ovvero se sussista una disparità di trattamento con analoghi casi di direttori generali di altri enti previdenziali del recente passato, costretti a lasciare l'incarico per limiti massimi di età appunto, e se e come intenda procedere per assicurare la guida della tecnostruttura dell'Inpdap, importante polo previdenziale dei pubblici dipendenti.
(5-05041)

TESTO AGGIORNATO AL 6 LUGLIO 2011

...

PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta in Commissione:

CODURELLI, POLLASTRINI, DE BIASI e BRAGA. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Ma-Vib è un'azienda che produce motori elettrici per impianti di condizionamento,

spiega il sindacato, con sede ad Indago (Milano), e conta 30 dipendenti, in maggioranza operai, di cui 12 uomini e 18 donne;
da notizie apparse sulla stampa si apprende che la suddetta è intenzionata a licenziare, per far fronte alla crisi economica, 13 dipendenti;
la Fiom Cgil di Milano denuncia che il licenziamento menzionato riguarderà solo dipendenti di sesso femminile;
la motivazione della selezione da parte della proprietà, dichiarata anche in sede Api, secondo la Fiom, è la seguente: «Licenziamo le donne così possono stare a casa curare i bambini e poi, comunque, quello che portano a casa è il secondo stipendio» -:
se il Governo non reputi doveroso fare luce sui fatti suesposti e, laddove risultassero confermate le notizie riportate dalla stampa, assumere ogni iniziativa di competenza per sanare quella che si configura come una discriminazione vera e propria e riparare a quella che all'interrogante appare un'evidente violazione degli articoli 3 e 37 della Costituzione, nonché dei provvedimenti legislativi e di diritto comunitario in materia di pari opportunità.
(5-05038)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
il 23 giugno 2011, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono stati sciolti gli organi statutari dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) ed è stato nominato un commissario straordinario;
il Ministro ha reso noto che il commissariamento si è reso necessario e non più rinviabile a seguito degli accertati e reiterati inadempimenti da parte degli organi di Agea, che non hanno provveduto alla nomina del direttore generale, nonché a seguito di varie inadempienze amministrative e gestionali che hanno comportato anche ripetute segnalazioni da parte dell'Unione europea;
il commissariamento giunge dopo un periodo di grande tensione tra i vertici dell'Agenzia e alcune componenti del Governo e degli allevatori; in particolare il ruolo centrale di Agea nell'ambito della politica agricola nazionale ha esposto la sua gestione ai continui contraccolpi dei numerosi cambi di strategia politica che negli ultimi tre anni hanno interessato il dicastero agricolo, tutti comunque segnati dal nodo mai risolto delle multe non versate dai cosiddetti «splafonatori» ad Agea;
il dato curioso è che questi allevatori riottosi sono soltanto circa 2 mila, poco più del 5 per cento di una categoria che, invece, ha investito oltre un miliardo di euro per acquistare le quote necessarie a produrre nella legalità. Questa esigua minoranza «fuori legge» gode però del pieno e reiterato sostegno della Lega Nord, incurante degli effetti negativi che i mancati pagamenti generano sui conti pubblici: 1,8 miliardi di euro senza contare le sanzioni;
lo scorso aprile 2011 l'Agea ha ricevuto, presso la sua sede, una delegazione di produttori di latte che argomentavano la richiesta di un'ulteriore sospensione dei pagamenti delle multe dovute per aver «splafonato» rispetto alle quote di produzione assegnate loro, mettendo in discussione la legittimità delle multe applicate alle aziende italiane per gli esuberi produttivi; nonostante la sua mera funzione amministrativa e di controllo, Agea è stata oggetto di numerose contestazioni da parte di produttori che si sono manifestate con sit in davanti la sede di via Salandra, attacchi al suo funzionamento in numerosi articoli di giornali, pressioni

politiche attraverso prese di posizione di esponenti politici di primo piano, minacce su blog e strumenti vari di rete, affinché la stessa assumesse provvedimenti «rivolti a trovare soluzioni» al problema delle quote latte, nonostante la sua oggettiva incompetenza;
a seguito del suddetto incontro, secondo notizie di stampa mai smentite, alcuni esponenti dei Cobas latte avrebbero avuto un incontro con il Ministro Umberto Bossi al quale avrebbero chiesto il commissariamento dell'Agea per bloccare le azioni di revoca di quote e di ingiunzione di pagamento, nonostante la sua oggettiva incompetenza. Infatti, Agea, nel merito della propria azione, opera dentro una cornice legislativa di carattere europeo e nazionale di intesa con le regioni e non ha competenze proprie su proroghe o rateizzazioni che spettano alle valutazioni del legislatore che nel settore ha già definito in un quadro europeo metodologie e azioni operative;
il commissariamento di Agea quindi non appare giustificato dalle motivazioni ufficiali addotte e, al contrario, sembra dare un segnale evidente a quegli allevatori che non intendono pagare le multe; ad esempio, le motivazioni addotte per giustificare il commissariamento che indicano, tra l'altro, varie inadempienze amministrative e gestionali che avrebbero comportato ripetute segnalazioni da parte dell'Unione europea, appaiono in netto contrasto con quanto affermato dal Governo in risposta ad una interrogazione in Commissione agricoltura alla Camera il 31 maggio 2011 dell'onorevole Zucchi e relativa alla mancata approvazione nei termini, del bilancio di previsione per l'anno 2011 da parte dell'AGEA e alle eventuali conseguenze che si sarebbero potute determinare a seguito di un ipotetico intervento, al riguardo, della Commissione europea;
in tale sede, il Governo, nella figura del Sottosegretario Rosso faceva presente come il bilancio per l'esercizio finanziario 2011 fosse stato approvato con ritardo a causa, sostanzialmente, di una serie di accertamenti e approfondimenti necessari per consentire lo stesso servizio rispetto alle ridotte assegnazioni finanziarie;
inoltre, il sottosegretario affermava che «in riferimento alla verifica effettuata presso l'AGEA dal 13 al 17 dicembre 2010 dai preposti servizi comunitari per il mantenimento della qualifica di organismo pagatore, vorrei precisare che si è trattato solo di una verifica di routine effettuata ogni 3 anni nei confronti degli organismi pagatori europei. Tale verifica, piuttosto, è scaturita dalla circostanza che l'AGEA ha ritenuto di doversi dotare di un piano di azione al fine di apportare miglioramenti necessari per corrispondere ai rilievi formulati dall'organismo di certificazione. In merito a tale verifica, si precisa che anche questa si è conclusa senza rilievi, come comunicato con nota della Commissione europea prot. n. Ares/325073 del 24 marzo 2011.»;
il consolidato orientamento giurisprudenziale pur indicando nella situazione di paralisi degli organi di un ente vigilato un caso di legittimazione per un provvedimento di commissariamento, tuttavia ribadisce l'obbligatorietà della comunicazione di avvio del procedimento di commissariamento dovendosi sempre garantire l'effettività del contraddittorio, pur in presenza di presunti indici di inerzia degli organi;
quindi, le ragioni addotte dal Ministro in merito alla necessità di commissariamento per inadempienze gestionali e amministrative sembrano contraddette dal Sottosegretario Rosso in risposta alla interrogazione dell'onorevole Zucchi il 31 maggio 2011;
la richiesta degli allevatori dei Cobas di commissariamento dell'Agea, accusata - pur non avendone alcuna competenza - di non bloccare le ingiunzioni di pagamento di Equitalia, non è mai stata smentita;
come si evince dalla ricostruzione sin qui fatta Agea è stata sottoposta a duri

attacchi da parte degli allevatori che devono pagare le multe nel rispetto delle leggi nazionali ed europee -:
quali disposizioni siano state impartite dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali in carica al presidente e ai consiglieri di amministrazione dell'Agea relativamente alla nomina del direttore generale;
quali siano le motivazioni che hanno determinato l'urgenza dello scioglimento degli organi statutari di Agea e se il commissariamento possa essere ricondotto alla posizione di fermezza che l'Agenzia ha avuto nell'esigere il pagamento delle multe delle quote latte, così come previsto dalla legislazione vigente;
quali direttive siano state impartite al commissario straordinario per assicurare la piena e funzionale gestione di Agea.
(2-01146)
«Oliverio, Zucchi, Brandolini, Marco Carra, Fiorio, Cenni, Servodio, Dal Moro, Agostini, Sani, Cuomo, Marrocu, Coscia, Nicolais, Rossa, De Micheli, Strizzolo, Ghizzoni, Sanga, Pizzetti, Cardinale, Piccolo, Fadda, Rugghia, Antonino Russo, Zunino, Bobba, Barbi, Bachelet, Misiani».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:

TRAPPOLINO, OLIVERIO, ZUCCHI, BRANDOLINI, MARCO CARRA e SERVODIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
ai sensi del regolamento (CE) 1698 /2005, capo II, articolo 11, l'impostazione strategica dello sviluppo rurale prevede la presentazione da parte di ciascuno Stato membro di un piano strategico nazionale. Il piano è uno strumento di raccordo tra il sostegno comunitario allo sviluppo rurale e gli orientamenti strategici comunitari; inoltre, è un importante strumento di coordinamento tra le priorità comunitarie, nazionali e regionali; infine, rappresenta il principale strumento di riferimento del FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale);
il piano viene attuato attraverso i programmi di sviluppo rurale;
il regolamento (CE) 1698/2005, capo III (sorveglianza strategica), articolo 13 (relazioni di sintesi da parte degli Stati membri) prevede che per la prima volta nel 2010 ciascuno Stato membro presenti alla Commissione una relazione sullo stato di attuazione del piano strategico, sui relativi obiettivi e sulla realizzazione degli orientamenti strategici comunitari -:
quale sia, alla luce della relazione presentata, il reale stato di attuazione del Piano strategico nazionale, quali strumenti siano stati adottati per il raggiungimento degli obiettivi e se il Ministro interrogato non ritenga di dover indicare i criteri adottati nell'assegnazione e ripartizione dei fondi stessi.
(5-05046)

DELFINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'agricoltura europea è tra le primissime al mondo insieme a Cina, India e USA;
il valore della produzione agricola dell'agricoltura italiana è pari a circa 44 miliardi di euro, oltre il 12 per cento di quella europea, l'Italia è la terza agricoltura europea (dopo Francia e Germania) per livello di produzione e la seconda, dopo la Francia, per valore aggiunto di settore;
il settore primario è anche rilevante sul piano sociale ed ambientale;
in Europa l'agroalimentare garantisce occupazione a 17 milioni di persone (di cui 12 milioni nel settore agricolo in senso stretto), quasi l'8 per cento del totale dei lavoratori europei;

l'agribusiness italiano invece conta, per il 12-13 per cento degli occupati totali del Paese e per il 16 per cento del prodotto interno lordo nazionale;
l'agricoltura è anche un elemento rilevante dell'attività dell'industria alimentare nazionale;
il 70 per cento delle materie prime trasformate dalla industria alimentare italiana infatti proviene dai campi e dagli allevamenti del nostro Paese; l'alimentare è il primo settore industriale d'Europa, con oltre 1.000 miliardi di euro di fatturato e 4,3 milioni di addetti e la seconda «industria» in Italia, dopo il settore metalmeccanico, con 124 miliardi di euro di fatturato e oltre 400 mila addetti per 6.500 imprese;
occorre ricordare il ruolo positivo dell'agricoltura e dell'agroalimentare sulla bilancia commerciale nazionale. Ormai oltre l'8 per cento dell'export italiano in valore è costituito da prodotti agroalimentari e la quota sull'export è cresciuta negli ultimi anni;
l'Italia è un contribuente netto al bilancio comunitario;
dal momento che buona parte delle entrate sono costituite dai finanziamenti per la politica agricola comune (il 68 del totale delle risorse ricevute dall'Italia tra «primo pilastro» e sviluppo rurale), è chiaro che una eventuale riduzione del budget agricolo nazionale, come quella ventilata con le proposte per le prospettive finanziarie 2014-2020, si tradurrebbe in un ulteriore peggioramento della posizione dare/avere dell'Italia nei confronti dell'Europa;
in particolare, per ogni punto percentuale di riduzione delle risorse destinate all'agricoltura italiana, si perderebbero oltre 50 milioni di euro di contributi che continuerebbero ad essere versati, ma ridistribuiti ad altri Paesi -:
quali iniziative ritenga necessario e opportuno assumere al fine di una difesa ed una conferma in termini reali delle attuali risorse disponibili, sia a livello comunitario che dei singoli Paesi.
(5-05047)

DI GIUSEPPE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il New Economics Foundation (Nef) si è occupato di analizzare il livello di dipendenza dell'Unione europea dall'importazione di pesce proveniente da acque non europee; da tali studi si evince che l'Italia è sempre più dipendente dal pesce proveniente da altri mari;
le catture sono in declino e gli studiosi avvertono che il 54 per cento dei 46 stock ittici mediterranei esaminati sono sovrasfruttati. Sebbene gli stock ittici siano una risorsa rinnovabile, secondo i dati forniti dalla Commissione europea, nei nostri mari si preleva pesce molto più velocemente rispetto ai tempi di ripopolamento; quindi si è costretti ad andare altrove per procurarsi altro pesce;
per l'Italia il giorno della «dipendenza dal pesce importato» è arrivato prima di qualunque altro Paese dell'Unione europea, ovvero il 30 aprile 2011;
in data 14 aprile 2011 l'Associazione armatori della città di Termoli e gli operatori del comparto pesca di Termoli riuniti in FEDERPESCA hanno presentato alla direzione generale pesca del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali una nota circa la situazione della pesca in Italia, con particolare riferimento alla grave crisi dell'Adriatico causata, oltre che dal continuo aumento del prezzo del gasolio, principalmente dalla considerevole riduzione delle catture, in tutto il bacino, specialmente nell'ultimo anno;
il preoccupante calo delle catture ha colpito tutto il comparto, suscitando particolare disagio e preoccupazione in particolar modo nella marineria molisana che ha sottoscritto un documento, individuando

misure da attuare sin da subito per ottenere un miglioramento della fauna marina;
ormai da tempo si rivendica un «fermo biologico» effettuato in tempi e zone diverse, con il divieto assoluto nelle zone di nursery, e la ridefinizione delle zone di tutela biologica anche a largo, dove specialmente in primavera avviene la riproduzione e l'accrescimento di alcune specie ittiche molto importanti per tutto il bacino GSA 17 e per la marineria molisana;
lo stesso Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha più volte riconosciuto, negli anni, la necessità di un fermo biologico per il ripopolamento dei fondali -:
se e quali provvedimenti intenda assumere il Governo, per quanto di propria competenza, a tutela del comparto della pesca molisano in particolare e, più in generale, delle marinerie interessate nel bacino adriatico centro settentrionale, al fine di contrastare efficacemente i fenomeni di cui in premessa.
(5-05048)

BECCALOSSI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
i progetti di legge di riforma della caccia sono in discussione presso la Commissione ambiente del Senato già dall'ottobre del 2008;
il Governo ha più volte espresso la necessità di riformare la legge al fine di renderla più aderente al nuovo ordinamento federalista e più modulare per quel che riguarda le specie cacciabili ed i periodi di caccia;
tre le principali contestazioni mosse all'Italia nella procedura di infrazione vi è il tema delle deroghe a cacciare specie non cacciabili previste dalla direttiva 79/409/CEE, all'articolo 9, e dalla legge n. 157 del 1992, all'articolo 19-bis;
è crescente l'emergenza derivante dal proliferare di specie opportuniste, in particolare cinghiali e storni, la cui crescita smisurata deriva anche dagli ostacoli posti al loro controllo dalla normativa vigente; i danni prodotti alle colture ed all'ambiente da queste due specie in particolare, superano ormai il miliardo di euro l'anno -:
quale sia la posizione del Governo sulla riforma della legge sulla caccia, con particolare riguardo alla caccia in deroga.
(5-05049)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CENNI, PIZZETTI, BRANDOLINI, ZUCCHI, SANI e TRAPPOLINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'inserimento dello storno fra le specie cacciabili in Italia è già stato oggetto di atti di sindacato ispettivo presentati dall'interrogante nell'attuale legislatura;
in particolare con l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01268, discussa in data 26 maggio 2009, veniva chiesto al Ministro interrogato quali procedure avesse avviato, presso la Commissione europea, «per escludere lo storno dalle specie non cacciabili attraverso la modifica dell'Allegato II.2 della Direttiva n. 79/409/CE sulla conservazione degli uccelli selvatici»;
una iniziativa che riprendeva i contenuti di una richiesta già presentata in sede comunitaria dai precedenti Ministri dell'agricoltura Paolo De Castro e Luca Zaia, supportata da una risoluzione tematica approvata dalla Commissione agricoltura della Camera dei deputati (n. 7-00012 del 2008), da un apposito ordine del giorno della conferenza Stato - regioni del 2007 e sostenuta di fatto da deroghe temporanee per la caccia allo storno, definite da alcune regioni, atte a prevenire e contenere danni a specifiche colture agricole;

nonostante la manifesta volontà congiunta delle istituzioni nazionali e regionali competenti per ciò che concerne la caccia allo storno in Italia, la prassi ufficiale prevede che la Commissione europea, per poter esaminare la proposta di inserimento fra le specie cacciabili, debba ricevere una richiesta da parte del Governo italiano;
nella risposta alla interrogazione n. 5-01268, citata precedentemente, l'allora sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio, aveva annunciato la volontà del Governo italiano di promuovere in sede comunitaria la richiesta dell'inserimento dello storno tra le specie cacciabili, in virtù sia della certificata e numerosa presenza di tale tipologia di volatile sul territorio nazionale che della conseguente situazione di grave danno che tale specie procura alle produzioni agricole nazionali, soprattutto di qualità. «In tal senso, questo Ministero - concluse allora il sottosegretario Antonio Buonfiglio - ha recentemente inviato alla Commissione europea una nota nella quale si riconferma la richiesta di esprimersi sull'istanza presentata dallo Stato italiano»;
le regioni stanno concordando linee di indirizzo comuni su calendari venatori e deroghe;
sono sempre maggiori le emergenze per i danni provocati da storno, cinghiale, nutria ed altre specie ad oggi non comprese nell'elenco delle specie cacciabili previsto dalla legge n.157 del 1992;
l'avvio della discussione sulle modifiche della legge n. 157 del 1992 al Senato ha congelato ogni iniziativa di tutela e sostegno al mondo agricolo in merito ai danni -:
se, dopo circa 2 anni dalla risposta all'interrogazione citata in premessa, sia stata effettivamente raggiunta, all'interno del Governo, una posizione comune riguardo alla reintroduzione dello storno fra le specie cacciabili in Italia e se tale posizione sia stata posta ufficialmente all'attenzione dell'Unione europea e con quali risultati;
se il Ministro non ritenga di assumere iniziative normative mirate per prevenire i danni provocati dalla fauna selvatica e tutelare le colture.
(5-05042)

FIORIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il deputato Antonio Razzi a decorrere dal 4 maggio 2011, è consigliere personale del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Saverio Romano, con compito di coordinamento dei progetti contro la contraffazione alimentare all'estero per conto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
il falso made in Italy alimentare in Italia e all'estero vale circa 60 miliardi di euro, con la pirateria internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all'Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la penisola, ma anche con l'utilizzo a livello nazionale di materie prime importate da vendere come italiane per la mancanza dell'obbligo di indicare l'origine in etichetta;
la produzione di qualità nazionale deve confrontarsi con tale fenomeno che rappresenta un danno non solo economico, ma anche d'immagine del «food and drink», in quanto rappresenta una espropriazione delle potenzialità effettive del nostro Paese;
la situazione di stagnazione economica impone una tutela ed un rilancio della capacità dei prodotti agro-alimentari italiani di penetrare più efficacemente nei mercati stranieri che risultano però fortemente contaminati dalla presenza distorcente del fenomeno della contraffazione agro-alimentare del made in Italy -:
quali siano le motivazioni alla base di tale nomina, quali competenze specifiche

gli siano state attribuite e quali iniziative abbia fin qui adottato nell'esercizio delle predette funzioni.
(5-05051)

...

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:

GIOVANELLI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il Governo si appresta a varare il nuovo collegio di indirizzo e controllo dell'ARAN;
tra i suoi componenti è previsto il signor Enrico Mingardi;
l'articolo 46 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dall'articolo 58 del decreto legislativo n. 150 del 2009, prevede al comma 7-bis che: «Non possono far parte del collegio di indirizzo e controllo né ricoprire funzioni di presidente, persone che rivestano incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici ovvero che ricoprano o abbiano ricoperto nei cinque anni precedenti alla nomina cariche in organizzazioni sindacali. L'incompatibilità si intende estesa a qualsiasi rapporto di carattere professionale o di consulenza con le predette organizzazioni sindacali o politiche. L'assenza delle predette cause di incompatibilità costituisce presupposto necessario per l'affidamento degli incarichi dirigenziali nell'agenzia»;
risulta che il signor Enrico Mingardi abbia ricoperto i seguenti ruoli che lo rendono incompatibile con la carica alla quale e stato indicato:
consigliere comunale di Venezia dal 12 febbraio 2010 al 28 marzo 2010;
assessore viabilità e mobilità al comune di Venezia dal 24 aprile 2008 al 12 febbraio 2010;
assessore mobilità trasporti al comune di Venezia dal 3 aprile 2005 al 24 aprile 2008;

in ogni caso trattasi di cariche elettive in via diretta o da parte del consiglio comunale;
con il citato articolo si è voluto stabilire una normativa «rigorosa» con la quale determinare una netta distinzione tra sistema dei partiti, sistema sindacale e sistema della politica -:
se il Ministro interrogato che ha interpellato il Consiglio di Stato sulla compatibilità di nominativi proposti dal sistema delle regioni e delle autonomie locali per lo stesso collegio di indirizzo, determinando a seguito del citato parere la sostituzione delle figure proposte, intenda analogamente sentire il Consiglio di Stato in relazione alla nomina del signor Enrico Mingardi.
(5-05057)

Interrogazione a risposta scritta:

MOSCA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia per la diffusione delle Tecnologie per l'innovazione, istituita con la legge finanziaria per il 2006, opera a livello nazionaleed è sottoposta ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione;
l'Agenzia, come enunciato all'articolo 2 del suo statuto (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 aprile 2008), ha finalità di:
promuovere l'innovazione nel tessuto economico dei Paese e contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca e dell'innovazione collaborando e coordinando la sua azione con le istituzioni e gli organismi europei, nazionali e regionali aventi analoghe finalità;
svolgere compiti di supporto e di istruttoria tecnico-scientifica, economica e

finanziaria nell'ambito della valutazione dei progetti di innovazione industriale ed in particolare di quelli previsti dall'articolo 1, commi 842 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni;
promuovere e coordinare le attività finalizzate alle previsione delle linee di tendenza dello sviluppo tecnologico-scientifico ed economico;
svolgere compiti di promozione e coordinamento di appositi percorsi formativi, nonché di accompagnamento dei processi di innovazione, fatte salve le specifiche competenze attribuite dalla normativa vigente al Ministero dell'università e della ricerca;
realizzare studi e ricerche sui modelli di collaborazione pubblico-privato in materia di innovazione industriale;
secondo il piano triennale di attività 2010-2012, l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione prevede di acquisire personale così da avere una pianta organica adeguata e avvalersi di collaborazioni e di strutture, enti e in particolare esperti qualificati in outsorcing che apportino necessarie e altamente qualificate competenze sia gestionali sia tecnico-scientifiche;
la nomina diretta da parte del Ministro di Davide Giacalone a presidente dell'Agenzia (13 maggio 2010) non è dovuta passare al vaglio delle Commissioni parlamentari ed è già stata oggetto di interrogazioni alla Camera (26 maggio 2010) e al Senato (21 giugno) -:
quali criteri meritocratici ritenga debbano essere adottati per l'acquisizione di personale che l'Agenzia per la diffusione delle Tecnologie per l'innovazione dichiara necessari per le sue attività;
se ritenga proporzionate le risorse finanziarie in dote all'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione;
come intenda razionalizzare le spese dell'Agenzia, la quale, secondo la relazione programmatica 2010 prevede solo per il piano comunicazione una dotazione finanziaria di 240.000.00 euro necessaria alla stesura di comunicati stampa, realizzazione logo Agenzia, preparazione materiale divulgativo (brochure, volantini, emissione Newsletter bimestrale, produzione video di presentazione dell'Agenzia, ingresso dell'Agenzia nei principali social networks, redazione contenuti del sito internet e continuo aggiornamento).
(4-12574)

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RAPPORTI CON LE REGIONI E PER LA COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:

CAPARINI. - Al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il territorio insulare italiano conta, oltre alla Sicilia e alla Sardegna, arcipelaghi come quello Toscano, le isole Partenopee, le isole Ponziane, le Tremiti, solo per citare le maggiori. Di queste alcune ospitano comuni autonomi, alcune fanno parte di aree protette o per altre cause non sono liberamente accessibili, mentre altre, un tempo abitate, sono ormai abbandonate;
nel nostro Paese si contano anche alcune isole lacustri, sia nei bacini prealpini che nei laghi dell'Italia peninsulare;
Monte Isola è un'isola lacustre monocomune, situata sul lago d'Iseo, in provincia di Brescia, la più vasta d'Italia con una superficie di 4,5 chilometri quadrati e con una popolazione di circa 1.800 abitanti;
il comune di Monte Isola per lo sviluppo socio-economico della propria collettività, incontra gli stessi problemi e gli stessi bisogni delle altre isole minori marine, quali ad esempio la difficoltà nelle comunicazione;

nell'allegato A alla legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) che istituiva un fondo per la tutela e lo sviluppo economico e sociale delle isole minori, vengono elencate le sole isole minori marine, omettendo quelle lacustri, sul presupposto, forse, che le poche esistenti dal punto di vista amministrativo appartengono per lo più a territori comunali aventi sede in terraferma;
i commi 41 e 42 dell'articolo 2 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) prevedono che il fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori, istituito con la legge finanziaria del 2002, venga trasferito al fondo per lo sviluppo delle isole minori, sempre a favore delle isole minori marine, tralasciando ancora le lacustri -:

se non ritengano opportuno, per porre rimedio ad una ingiustificata disparità di trattamento tra isole minori, assumere iniziative volte a inserire anche le isole lacustri nel novero delle isole minori, permettendo, così l'accesso ai fondi a loro dedicati.
(4-12558)

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SALUTE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
la radioterapia viene effettuata con apparecchiature che erogano radiazioni ionizzanti con fasci collimati focalizzati sul tumore, con standard definiti acceleratori lineari (Linac) capaci di modulare l'irradiazione (IMRT), salvaguardando il più possibile i tessuti sani;
gli acceleratori Linac, da quelli più semplici a quelli più sofisticati in grado di documentare con immagini la precisione dell'irradiazione (IGRT), hanno una durata media ottimale di circa 10 anni;
la provincia di Cuneo, in particolare, è dotata di soli due acceleratori, di cui uno del 1993 e non in grado di modulare l'irradiazione (IMRT) né di effettuare la IGRT, e uno del 2001 capace di effettuare IMRT ma non IGRT;
ogni centro per la radioterapia necessita di almeno due apparecchiature Linac funzionati per poter far fìronte alle emergenze; nel caso in cui invece ne sia previsto uno solo è necessario prevedere una convenzione con altri centri locali per poter gestire le eventuali urgenze;
da uno studio effettuato sulla distribuzione di tali apparecchiature, risulta che la media italiana di acceleratori per numero di abitanti sia di un Linac ogni 178.000 abitanti;
secondo questa media, la provincia di Cuneo dovrebbe essere dotata di 3 acceleratori moderni e funzionanti, in relazione al suo bacino di utenza di oltre 580.000 abitanti, diversamente da quanto finora premesso;
stando all'attuale distribuzione di Linac su tutto il territorio piemontese, si evince un'irrazionale disomogeneità nella dotazione a disposizione delle diverse province, secondo cui nella provincia di Torino vi è un Linac ogni 135.000 abitanti, nella provincia di Cuneo uno ogni 294.000, in quelle di Novara/Vercelli/Biella/VCO uno ogni 163.000, in quelle di Alessandria/Asti uno ogni 165.000 e in quella di Aosta uno ogni 127.000;
quanto premesso finora evidenzia la necessità di far luce sui criteri applicati per la distribuzione territoriale degli acceleratori lineari, nonché sulle procedure di controllo delle apparecchiature, spesso utilizzate ben oltre la loro durata ottimale -:
se vi siano indirizzi programmatici e atti ministeriali che disciplinano i criteri per l'attribuzione di risorse finalizzate alla dotazione territoriale degli acceleratori lineari in base al relativo bacino d'utenza;
quali iniziative nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare al fine di

garantire una più equa e omogenea dotazione territoriale di moderne apparecchiature Linac, capace di rispondere alle effettive esigenze dei pazienti e far fronte alle eventuali emergenze.
(2-01140)«Delfino, Galletti».

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
in Italia vengono dimessi, secondo i calcoli del Ministero della salute, circa 1.800 pazienti, all'anno, per stato vegetativo o di minima coscienza;
i casi sono in aumento anche grazie al miglioramento delle tecnologie;
come più volte ribadito anche dal Sottosegretario per la salute, onorevole Roccella, le condizioni di queste persone possono migliorare, seguendo un percorso di riabilitazione, e per questo sono necessarie strutture nelle quali possano ricevere assistenza e cure adeguate;
il Ministero della salute, ha stimato che per i malati in stato vegetativo, il Servizio sanitario nazionale, spende circa 300 milioni all'anno;
oltre alle strutture pubbliche, per la cura e l'assistenza di questi malati è fondamentale il ruolo delle reti associative, dei familiari, del privato sociale;
una parte del Fondo sanitario nazionale è vincolata per l'assistenza dei malati gravi o in stato vegetativo e per le loro famiglie;
nel 2009 il Governo ha inoltre varato un ulteriore piano operativo attraverso progetti regionali finalizzati proprio per speciali unità dedicate allo stato vegetativo persistente e alle cure domiciliari;
il Governo ha per questo destinato 70 milioni di euro all'anno, già da tre anni, alle regioni per l'assistenza di questi malati;
anche il Sottosegretario Roccella, in una sua dichiarazione, ha ricordato l'importanza «che per questi finanziamenti esistano linee di indirizzo», evidenziando che per il buon utilizzo dei fondi «è fondamentale la collaborazione con le regioni»;
nella stessa dichiarazione ha ricordato che: «l'assistenza domiciliare è già stata inserita nei LEA (livelli essenziali di assistenza)»;
i parlamentari ricevono lettere e comunicazioni di persone che hanno familiari gravemente malati o in stato vegetativo, che ogni giorno curano e assistono, ma che chiedono un maggior sostegno e aiuto da parte delle istituzioni. Personalmente, il primo firmatario del presente atto ha potuto incontrare persone che non hanno ricevuto reale assistenza da strutture regionali né tanto meno sono inserite in un programma straordinario di aiuti alle famiglie che assistono familiari in stato vegetativo persistente -:
quali iniziative abbia intrapreso per verificare come sono spesi i fondi assegnati dal Governo per speciali unità dedicate allo stato vegetativo persistente e alle cure domiciliari;
se non sia opportuno prevedere un report dettagliato, regione per regione, di quali siano le strutture che utilizzano questi finanziamenti, e individuare strumenti che possano informare le famiglie dell'esistenza di questi fondi;
se, in base al principio di sussidiarietà, non si possano prevedere strumenti tipo voucher, che permettano di destinare direttamente alle famiglie, quota parte del finanziamento, così come peraltro già fatto con ottimi risultati in alcune regioni.
(2-01143)
«Toccafondi, Centemero, Mazzoni, Girlanda, Barani, Renato Farina, Cazzola, Vignali, Sbai, Vella, Iannarilli, Aprea, Palmieri, Garofalo, Marinello, Mazzuca, Gioacchino Alfano, Di Caterina, Faenzi, Sisto, Barbieri, Lupi, Franzoso, Pagano, Migliori, Castellani,

De Camillis, Bernardo, Abelli, Ciccioli, Massimo Parisi».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
l'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) fondazione Santa Lucia di Roma è una struttura di eccellenza nazionale nel campo della neuroriabilitazione ed un centro di rilievo internazionale per la ricerca scientifica nel campo delle neuroscienze;
la struttura opera con 750 dipendenti con rapporto subordinato a tempo pieno con contratto a tempo indeterminato e ospita molti operatori dell'università e di strutture di ricerca con circa 450 studenti che seguono i corsi di laurea per le professioni sanitarie;
con una serie di decreti commissariali a partire dal n. 41 e dal n. 56 del 2009 seguiti da numerosi altri della giunta Polverini nel 2010 e 2011 si rischia di compromettere gravemente le possibilità di riabilitazione dei cittadini, impedendo il ricovero presso il Santa Lucia dei pazienti affetti da mielolesioni e da gravi malattie degenerative, e permettere che pazienti colpiti da cerebrolesioni da ictus o di origine traumatica, anche con esito di coma, vengano ricoverati in strutture con dotazione di personale e di spazi di degenza/riabilitazione notevolmente inferiori a quelli necessari per tali prestazioni di alta specialità neuroriabilitativa. Ciò al solo fine di ridurre la spesa sanitaria, rifiutando un'adeguata remunerazione tariffaria per le indispensabili prestazioni riabilitative;
infatti, la regione Lazio, per remunerare la fondazione Santa Lucia, applica ad avviso degli interpellanti arbitrariamente le tariffe per la riabilitazione ordinaria di euro 261,84 per la riabilitazione neurologica e di euro 237,05 per la riabilitazione ortopedica. Tali tariffe sono quelle del decreto del Ministero della salute 12 settembre 2006, uguali a quelle del decreto ministeriale 14 dicembre 1994 e del decreto ministeriale 30 giugno 1997;
il Consiglio di Stato, con sentenza 01205/2010, ha confermato l'annullamento del decreto ministeriale 12 settembre 2006 per «difetto di istruttoria nella determinazione delle tariffe per mancata applicazione dei precisi criteri dettati dallo stesso Ministero con decreto ministeriale 15 aprile 1994»;
le tariffe di riabilitazione sono quindi rimaste immutate dal 1994 dato che la regione Lazio ha ignorato, da oltre 16 anni, l'obbligo di revisione periodica delle tariffe tenendo conto delle variazioni legate alle innovative e migliorative metodologia di cura che influenzano la qualità e la quantità dei fattori produttivi (esempio maggiore personale specializzato, diagnostica, medicinali, comfort alberghiero), nonché degli incrementi di costo dei fattori produttivi dovuti all'inflazione;
dal 1994 il costo della vita Istat è cresciuto del 43 per cento, il costo del lavoro del 74 per cento in valore e del 45 per cento in numero di persone, in massima parte per le professioni sanitarie, gli spazi per la degenza e la riabilitazione del 144 per cento, in quanto la fondazione Santa Lucia si è dovuta adeguare alle disposizioni di cui al decreto ministeriale 29 gennaio 1992, che ha fissato i requisiti necessari alle strutture sanitarie per l'esercizio delle attività di alta specialità;
l'inadeguatezza della remunerazione tariffaria si protrae ormai dal 2005 ed ha causato un disequilibrio economico-finanziario enorme di oltre 75.000.000 di euro non più sostenibile tramite il ricorso al credito bancario e tale da compromettere la sopravvivenza della fondazione Santa Lucia in assenza di interventi immediati;
l'attività della Fondazione Santa Lucia, pur realizzata nell'ambito territoriale della regione Lazio, interessa un bacino d'utenza che copre tutto il Centro-sud d'Italia e che, in ogni caso, vede la struttura

protagonista di iniziative che valorizzano l'immagine del Paese in ambito europeo ed internazionale -:
se i Ministri interessati siano a conoscenza dei fatti sopra rappresentati e se non ritengano che nell'ambito del ripianamento complessivo del debito della regione Lazio non debba essere data specifica attenzione, tra gli altri, all'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), fondazione Santa Lucia, nei fatti e in diritto giudicabile una struttura di eccellenza nazionale ed internazionale nella neuroriabilitazione e nelle neuroscienze;
se i Ministri interessati non ritengano che sia necessario ed urgente agire mediante il commissario ad acta, adottando ogni opportuna iniziativa utile a risolvere la grave situazione economica in cui versa la fondazione Santa Lucia, a garanzia del diritto dei pazienti ad essere curati in una struttura specializzata per il trattamento di gravi e complesse patologie, nonché a garanzia dei livelli occupazionali dell'istituto, garantendo al medesimo la remunerazione in funzione della sua qualificazione, nonché dei maggiori requisiti, strutturali, tecnologici, organizzativi e di ricerca;
se, conseguentemente, non ritengano che si debba procedere, nello specifico, alla formalizzazione dell'accordo di remunerazione per gli anni 2005-2010 con tariffe adeguate alla struttura dei costi dell'«alta specialità», alla conseguente rideterminazione del numero dei posti letto ad alta specialità (codice 75), in conformità allo status di IRCCS e di ospedale di rilievo nazionale e di alta specializzazione per la riabilitazione neuromotoria della fondazione Santa Lucia ed al perfezionamento di un protocollo di intesa per il triennio 2011-2013, che consenta la prosecuzione delle attività di riabilitazione, cura, ricerca e didattica.
(2-01145)
«Anna Teresa Formisano, Galletti».

Interrogazioni a risposta scritta:

VELTRONI e PEDOTO. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico «Santa Lucia» di Roma, centro di eccellenza nella riabilitazione neuromotoria di ricerca, cura e didattica, riconosciuto a livello nazionale ed internazionale, vive da tempo, un gravissimo stato di difficoltà economica che mette a repentaglio attività sanitarie e strutture di alta specializzazione;
le inadempienze della regione Lazio mettono in crisi le attività cliniche, la ricerca scientifica, i livelli occupazionali, causando un danno irreparabile ai tantissimi cittadini malati per i quali l'attività del Santa Lucia ha rappresentato e rappresenta la risposta e la cura a gravissime patologie;
questa situazione si è progressivamente aggravata nonostante risposte e rassicurazioni fornite dal Ministero della salute a ripetute interrogazioni parlamentari che davano voce anche alle manifestazioni di cittadini, operatori, malati e le loro famiglie;
anche un accordo siglato il 7 aprile da regione, organizzazioni sindacali e utenti nonostante garantisse solo parziali risposte, non ha ancora trovato attuazione;
in un recentissimo comunicato della regione Lazio si sostiene «è emersa la convergenza di vedute tra la Presidente Polverini e il Ministro Fazio circa la volontà di supportare e sostenere (...) l'attività della Fondazione...» ed inoltre «che gli aspetti critici dell'intera vicenda debbano essere analizzati da una commissione tecnica ad hoc, composta da esperti regionali e ministeriali» -:
quali urgenti e coerenti iniziative e provvedimenti di competenza il Governo intenda assumere per porre fine ai gravissimi disagi garantendo piena continuità all'attività sanitaria, di ricerca e di didattica della Fondazione Santa Lucia.
(4-12569)

PEDOTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il derma filler è un dispositivo medico classificato, a norma del decreto legislativo n. 46 del 1997, recante attuazione della direttiva 93/42/CEE, «dispositivo invasivo di tipo chirurgico», il cui utilizzo, pertanto, dovrebbe essere consentito soltanto al personale medico;
tuttavia, la normativa vigente in materia di requisiti professionali per l'applicazione di tale dispositivo non appare del tutto chiara;
il Governo, rispondendo all'interrogazione a risposta scritta n. 4-06059, ha fatto un generico riferimento all'utilizzatore finale - indicato come «operatore sanitario» - lasciando intendere che possa trattarsi anche di personale non medico -:
quali operatori, in base alla normativa vigente, possano applicare il dispositivo medico citato in premessa e quali iniziative, anche normative, il Governo intenda assumere al fine di evitare che un utilizzo improprio e non controllato del derma filler possa ridurre le garanzie per le persone che scelgono di ricorrere a tale pratica e che devono poterlo fare in assoluta sicurezza.
(4-12570)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

VELO e LULLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel febbraio del 2009 la società russa Severstal rendeva noto che stava valutando la possibilità di uscire dal gruppo Lucchini acquisito, tra il 2005 e il 2007, per il 79,82 per cento; le intenzioni di disimpegno della società russa erano conseguenti al calo della domanda di acciaio sui mercati sviluppati e alla connessa riduzione del 50 per cento delle quantità prodotte del gruppo Lucchini nel 2009 e agli alti costi di produzione; a tal fine, la Servestal era alla ricerca di un nuovo soggetto imprenditoriale che subentrasse nel gruppo Lucchini, acquisendone la partecipazione del 79,82 per cento;
nel corso del 2010 notizie di stampa hanno confermato che Severstal stava trattando la vendita del gruppo Lucchini e che stava già conducendo negoziati in tal senso con diversi Mtenziali investitori, tra i quali, oltre alla stessa famiglia Lucchini, si indicavano inizialmente il gruppo Riva, il gruppo Arcelor Mittal, che a Piombino già controlla il gruppo Magona, e la società cinese Baosteel di Shanghai; più di recente gli acquirenti del gruppo Lucchini sono indicati nel gruppo vicentino Beltrame e nel fondo internazionale Apollo;
la ricerca di un acquirente da parte della società Severstal è stata fino ad oggi ostacolata dall'apertura della trattativa con gli istituti bancari creditori per la ristrutturazione di 770 milioni di euro di debito del gruppo Lucchini; tra gli istituti bancari esposti ci sono la Bnp Paribas, Unicredit, Intesa San Paolo e Monte dei Paschi di Siena, Mediobanca: la trattativa si è rivelata, però, molto complessa, inizialmente, a causa dell'indisponibilità della proprietà, e dunque della Servestal, a garantire una ricapitalizzazione adeguata alle richieste del sistema bancario e, successivamente a causa delle numerose condizioni poste dalla Servestal; in particolare, la Servestal poneva come condizioni la trasformazione di 200 milioni di euro di debito in obbligazioni convertibili in una quota del 35 per cento del capitale, la presenza di un suo membro in più nel consiglio di amministrazione e la vendita immediata di Ascometal, valutata in 350 milioni di euro con cui compensare debiti arretrati della Servestal;
i mancati investimenti produttivi, derivanti dalla ricerca di un nuovo proprietario e l'ulteriore incertezza determinata dal mancato accordo di risanamento finanziario dell'azienda, hanno rallentato la

ripresa produttiva degli stabilimenti siderurgici, proprio nel momento in cui i segnali di fiducia del mercato l'avrebbero resa possibile;
nel mese di febbraio 2011 sembrava raggiunto l'accordo per la ristrutturazione del debito che, garantendo di nuovo l'accesso al credito, avrebbe rappresentato il primo passo per la sopravvivenza del gruppo siderurgico attraverso la definizione di un serio piano industriale; da febbraio invece tutto si è fermato e ad oggi non si è ancora arrivati ad un accordo tra le banche sul debito da 770 milioni di euro;
nell'incontro del 30 giugno 2011 a Roma presso il Ministero dello sviluppo economico - presenti il sottosegretario Stefano Saglia, i vertici dell'azienda, i sindacati e le istituzioni locali, gli advisor del gruppo Lucchini e delle banche Lazard e Rotschild - le banche avrebbero dovuto rendere noti le modalità e i termini della ristrutturazione del debito dell'azienda, per l'intero ammontare, di 770 milioni di euro;
permangono dubbi e riserve degli istituti creditori sulla ristrutturazione del debito e sulle quote di nuova finanza che ciascuna banca deve versare per sostenere il piano di risanamento e sulle risorse - 80 milioni di euro di prestito ponte e 60 milioni di euro di lettere di credito - necessarie per assicurare il funzionamento del gruppo siderurgico;
nel vertice di Roma non è stato definito alcun accordo chiaro per il riscadenzamento dell'intero debito e sulla nuova finanza, essenziale a garantire continuità all'attività industriale e sicurezza alle migliaia di lavoratori impegnati nelle linee di produzione;
né i vertici della Lucchini, né il Governo, né gli istituti di credito, né gli advisor hanno ad oggi fornito notizie certe in merito all'esito delle trattative per individuare un azionista di riferimento (o un acquirente) disposto a sostenere gli investimenti previsti nel piano industriale;
mercoledì 6 luglio 2011 è in programma un incontro a Roma tra le banche esposte e il Governo;
senza un accordo di ristrutturazione che coinvolga tutti gli enti finanziatori, che condividano non solo i vantaggi dell'accordo ma anche l'impegno a fornire nuove risorse, vi è il rischio concreto di avvio del procedimento di amministrazione straordinaria, che vincola il Governo a nominare in tempi brevi un commissario per il gruppo siderurgico; lo slittamento dei tempi dell'accordo determina l'aggravamento della crisi, e l'ulteriore deprezzamento degli asset aziendali, con il rischio di una vendita sottoprezzo e di una svalutazione dei crediti delle banche, che potrebbero diventare inesigibili -:
quali iniziative s'intendano assumere alfine di:
a) promuovere e favorire la definizione e la sottoscrizione di accordi sul piano industriale, occupazionale, economico-finanziario;
b) pervenire ad un protocollo d'intesa tra le banche italiane ed estere e il Governo che impegni a ristrutturare in modo sostenibile per l'impresa l'intero debito e a fornire nuova liquidità per finanziare il piano di riqualificazione e nuovi investimenti;
c) individuare azionisti di riferimento o acquirenti per ricapitalizzare l'impresa, e rilanciare gli investimenti produttivi;
d) promuovere iniziative - anche normative - per contribuire al contenimento dei costi aziendali, in particolare dell'energia, e alle bonifiche necessarie nell'area in cui sono localizzati gli stabilimenti produttivi.
(3-01729)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DAMIANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Fiat ha assunto, con il piano «Fabbrica Italia», l'impegno all'incremento della produzione di automobili,

passando dalle attuali 650 mila ad oltre un milione di vetture, da produrre negli stabilimenti italiani;
non essendoci, al momento, sufficienti garanzie inerenti lo stabilimento FMA di Pratola Serra, grave è la condizione di preoccupazione e di turbamento espressa, puntualmente ed in più di una circostanza, dalle lavoratrici e dai lavoratori sul mantenimento dei livelli occupazionali e sul futuro dell'automotive in Irpinia e nel Mezzogiorno;
la FMA è un'azienda nata nel 1990, finalizzata alla costruzione di motori per le autovetture prodotte dal gruppo Fiat, che vede attualmente l'impiego di 1.976 occupati diretti, di ulteriori 51 per la Devizia Transfert, nonché di altri 100 lavoratori della As.Tec per la manutenzione ed i servizi, per un totale, quindi, di 2.120 unità ma dall'inizio della crisi, più di 150 sono i posti di lavoro persi all'interno dello stabilimento della FMA;
potendo, gli impianti di Pratola Serra, a pieno regime, produrre 600 mila motori annui, con una media di produzione degli ultimi dieci anni attestata intorno alle 520 mila, risulta, invece, documentata, per il 2008, la diminuzione della produzione a 351 mila motori con un calo ulteriore, nel 2009, a 170 mila, ed a 190 mila nel 2010 facendo altresì registrare, ad oggi, a fronte della diminuzione della produzione, un massiccio ricorso alla cassa integrazione tanto che, nel prossimo mese di luglio, si effettueranno, probabilmente, in maniera frazionata, complessivamente, appena nove giornate di lavoro;
riguardo allo stabilimento di Pratola Serra, sulla base delle previsioni Fiat, se FMA produrrà solamente motori di segmento C e D per le vetture del gruppo i volumi di produzione risulteranno inferiori del 50 per cento di quelli occorrenti alla saturazione dell'organico;
la Fiat ha individuato, nella struttura di Pomigliano d'Arco, secondo il piano industriale presentato il 22 dicembre 2009, lo stabilimento nel quale si produrrà la carrozzeria della nuova versione della Panda, indicando lo stabilimento polacco di Ticki come il luogo di produzione dei relativi motori delle vetture che usciranno dallo stabilimento partenopeo -:
come intenda il gruppo Fiat saturare la capacità produttiva dello stabilimento FMA di Pratola Serra;
riguardo alla cassa integrazione ordinaria, quali saranno le prospettive per i lavoratori dopo il primo novembre 2011;
quali siano i tempi e le modalità che il gruppo Fiat intenda utilizzare per la presentazione di un adeguato piano industriale in cui sia fornito il dettaglio dei piani di produzione strutturati sui singoli stabilimenti con la finalità di affrontare le singole situazioni produttive;
se il Ministero dello sviluppo economico, in tempi celeri, intenda costituire un tavolo di settore.
(5-05045)

MARCHIONI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno, al Ministro del turismo. -Per sapere - premesso che:
la questione spinosa delle recensioni anonime sugli alberghi che appaiono su internet è tornata clamorosamente di attualità a causa di 42 recensioni quasi tutte negative postate su Google da un unico account internet in un solo giorno, il 20 maggio. Le recensioni riguardano alberghi della riviera riminese, alberghi che fra l'altro in quel giorno erano quasi tutti chiusi;
di fronte alla evidente falsità delle recensioni (lo stesso cliente non poteva soggiornare nello stesso giorno in più di 40 alberghi, per lo più chiusi), e al proliferare delle recensioni anonime che neppure un grande portale come Google riesce a filtrare, gli albergatori presi di mira non hanno strumenti di difesa. La natura della comunicazione in rete di internet ha caratteristiche peculiari specifiche che non si possono ignorare: di partecipazione, libertà, accesso portano, democraticità e

libertà di espressione come nessun altro media. Non può essere ignorata neppure la difficoltà già sperimentata di normare questa peculiare modalità comunicativa; né in alcun modo la richiesta va nella direzione di voler limitare la libertà di espressione dei tanti utenti che concorrono a creare la grande ricchezza comunicativa che la rete rappresenta. Tuttavia, ci si chiede, visto che la circostanza che inventare un'identità sul web non è reato, ne è denunciabile chi si finge altri, se è permesso dire qualsiasi cosa impunemente; nel caso specifico non si può procedere contro ignoti, anche se il danno è concreto ed ingente, perché lede la concorrenza leale e rischia di compromettere anche la possibilità peculiare offerta dalla rete internet agli utenti di trarre informazioni utili dal confronto delle esperienze vissute da altri ospiti dellestrutture ricettive. Questa possibilità può risultare del tutto ridotta se a scrivere recensioni sono persone che, invece di comunicare liberamente, mistificano la realtà;
infatti, secondo quanto denunciato dagli albergatori soci AIA Rimini, vanno diffondendosi agenzie specializzate che propongono in vendita agli albergatori pacchetti di false recensioni, che possono essere usate per danneggiare i concorrenti;
per contrastare questi fenomeni, l'Associazione italiana albergatori di Rimini, come riporta il quotidiano Il Resto del Carlino del 18 giugno 2011, sta valutando iniziative che prevedono la disdetta ai portali di prenotazione online per il tramite del portale di recensioni quale TripAdvisor, che diffonde valutazioni sugli alberghi non verificabili, e la denuncia pubblica di Google per lo spazio concesso a commenti incontrollati ai danni di strutture ricettive, fino ad azioni legali per diffamazione già in esame da parte degli avvocati -:
quali più incisive iniziative normative il Ministro intenda assumere per prevedere un controllo sull'identità che costituisca un argine efficace per le false recensioni diffamatorie, a tutela degli operatori turistici e dei consumatori che hanno diritto a un'informazione veritiera.
(5-05052)

Interrogazioni a risposta scritta:

DESIDERATI e REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la notizia della delocalizzazione in Romania di una parte importante della produzione della Cassina di Meda ha messo in stato di forte agitazione i lavoratori, che rischiano con molta probabilità di perdere il posto di lavoro;
l'azienda brianzola, che fa parte della Poltrona Frau Group, controllata dal 2005 dal gruppo di investimento Charme guidato da Luca Cordero di Montezemolo, è da sempre il simbolo dell'eccellenza made in Italy;
certamente, la crisi del settore manifatturiero e la concorrenza proveniente dai mercati asiatici hanno avuto un impatto sulla scelta dell'azienda di delocalizzare, ma il prezzo di una simile strategia, che peraltro non sembra rispondere a logiche di mercato, non può essere pagato dai lavoratori e dalle loro famiglie;
Cassina, infatti, non ha né difficoltà di mercato né finanziarie ma, secondo quanto affermato dalla dirigenza, ha semplicemente la necessità di aumentare i margini di guadagno; se nel 2008 e nel 2009, infatti, l'azienda aveva chiuso i bilanci in rosso, nel 2011 il lavoro è tornato a livelli talmente elevati da indurre l'azienda a chiedere gli straordinari ai propri lavoratori;
l'operazione di delocalizzazione, se confermata, avrà un forte impatto sull'economia del territorio brianzolo, dal momento che l'azienda rappresenta un importante punto di riferimento per molte imprese dell'indotto, aprendo anche molti interrogativi sul futuro dello stesso distretto del mobile della Brianza, di cui Cassina ne costituisce il cuore;

le aziende del mobile della Brianza hanno da sempre rappresentato un importante bacino di occupazione per tutto il territorio e gli effetti delle strategie prospettate dall'azienda porterebbero nell'immediato alla dispersione di un importante bagaglio di conoscenze e capacità, che ha fatto la storia del distretto brianzolo;
l'esigenza di tutelare la filiera del mobile della Brianza, si è recentemente concretizzata con la soppressione dell'articolo 8, comma 10, del decreto-legge cosiddetto sviluppo, sulla protezione del diritto d'autore nel settore del design, attualmente all'esame del Parlamento, con cui è stato riaffermato il ruolo strategico del comparto del mobile brianzolo per la crescita economica del Paese -:
se il Ministro sia a conoscenza delle notizie esposte in premessa e se queste trovino conferma;
quali iniziative intenda adottare per porre fine ai fenomeni di delocalizzazione aziendale, impedendo che vengano portate all'estero le produzioni storiche del nostro Paese, frutto di capacità e conoscenze che rappresentano patrimonio e tradizione del made in Italy in tutto il mondo, come nel caso dei mobili della Brianza.
(4-12571)

DI PIETRO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nei comuni di Valbondione, Gandellino, Gromo e Valgoglio (Bergamo), tutti appartenenti all'Alta Valle Seriana, si registrano da diverso tempo gravi disservizi relativi ai servizi postali;
i suindicati disservizi sono determinati soprattutto da una riduzione indiscriminata dei giorni e degli orari di apertura al pubblico degli uffici postali;
tale riduzione degli orari di apertura determina seri problemi agli utenti costretti a dover affrontare parecchie ore di file o addirittura a dover far uso della macchina per recarsi negli uffici postali di altri comuni, spesso anche molto distanti;
tale situazione di disagio ha finito per riverberarsi soprattutto nei confronti delle fasce più deboli della popolazione (anziani, disabili e altri) già soggette ai disagi connessi al vivere in piccoli paesi di montagna;
la riduzione delle aperture e dei servizi è avvenuta senza tener in considerazione le esigenze del territorio poiché le chiusure molto spesso coincidono con i giorni in cui si tengono i mercati settimanali, o ancora, nei periodi estivi, e cioè nei lassi di tempo in cui nei suindicati comuni vi è un maggiore afflusso di popolazione;
si tratta comuni tutti ubicati in alta montagna, la cui unica prospettiva di sviluppo è rappresentata dal turismo;
l'articolo 3 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 - che attua la direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio - ha stabilito che la fornitura del servizio universale e delle prestazioni in esso ricomprese deve essere fornita permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale, incluse le isole minori e le zone rurali e montane, a prezzi accessibili all'utenza;
con decreto 28 giugno 2007 del Ministro delle comunicazioni sono stati fissati dei parametri per impedire che durante il periodo estivo gli uffici delle Poste italiane riducano eccessivamente gli orari di apertura al pubblico;
l'articolo 2 del suindicato decreto ministeriale, nel determinare gli standard minimi di servizio, ha previsto che «nessuna riduzione giornaliera ed oraria di apertura al pubblico degli sportelli può essere applicata ai Comuni a prevalente vocazione turistica» e, ancora, che «per tali Comuni è concordato con i Sindaci interessati un eventuale ampliamento dell'orario di apertura degli uffici postali, nel caso di un incremento pari almeno al 25 per cento della popolazione effettivamente

presente sul territorio durante il periodo estivo e in relazione alla domanda di traffico» -:
se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto esposto in premessa ed, in particolare, della grave condizione di disagio che le popolazioni dei comuni di Valbondione, Gandellino, Cromo e Valgoglio (Bergamo) stanno vivendo a causa della riduzione indiscriminata dei giorni e degli orari di apertura al pubblico degli uffici postali;
se intenda intervenire, ed eventualmente con quali modalità, per garantire alle popolazioni dei comuni Valbondione, Gandellino, Gromo e Valgoglio (Bergamo), a vocazione turistica, la possibilità di poter fruire regolarmente di un servizio primario di pubblico interesse come quello postale.
(4-12572)

DI PIETRO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Cerato (Bari), le vie Prenestina e Massarenti, in un quartiere denominato anche «zona 167», sono sovrastate da un elettrodotto della potenza di 150.000 Volt di proprietà della TERNA S.p.A.;
il Comune di Corato aveva presentato alla regione Puglia una proposta di interramento dell'elettrodotto finalizzato ad un riconoscimento finanziario attraverso l'inserimento del progetto nel programma P.I.R.P. (Piano di integrato di riqualificazione delle periferie);
nel corso del 2008 venne siglato un accordo tra il comune di Corato (Bari) e TERNA S.p.A. che prevedeva lo spostamento e l'interramento dell'elettrodotto al fine di preservare la salute dei cittadini e la salubrità dell'ambiente;
TERNA S.p.A. ha deciso, a seguito di ulteriore accordo con l'amministrazione comunale, di delocalizzare l'elettrodotto in una zona così detta «di rispetto» nella quale sono però presenti altre abitazioni e aziende;
lo spostamento del menzionato elettrodotto in un'altra zona, comunque abitata, non risolverà certamente i problemi legati al rischio per la salute dei cittadini, per la salubrità dell'ambiente oltre che quelli relativi all'impatto urbanistico ed estetico;
nelle zone interessate è sorto spontaneamente un comitato di cittadini, denominato «comitato elettrodotto», che ha presentato all'amministrazione comunale, in data 16 giugno 2011, una richiesta di interramento dell'elettrodotto di via Massarenti e via Prenestina, sottoscritta da ben 4.076 cittadini -:
se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti indicati in premessa, ed in particolare che l'elettrodotto da 150.000 Volt Bari Ind. 2 - Corato di TERNA S.p.A. sarà semplicemente trasferito da una zona abitata ad un'altra dove sono ugualmente presenti abitazioni e aziende;
se intendano intervenire, per quanto di competenza, ed eventualmente con quali modalità, per far sì che il menzionato elettrodotto venga definitivamente interrato preservando così, allo stesso tempo, la salute dei cittadini e la salubrità dell'ambiente.
(4-12578)

...

Apposizioni di firme a mozioni.

La mozione Gnecchi e altri n. 1-00583, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Borghesi, Paladini, Aniello Formisano, Narducci.

La mozione Miotto e altri n. 1-00626, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marco Carra.

Apposizione di firme a risoluzioni.

La risoluzione in Commissione Callegari n. 7-00621, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 giugno 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

La risoluzione in Commissione Togni e altri n. 7-00623, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 giugno 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni e altri n. 4-12551, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 giugno 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta scritta Franceschini e altri n. 4-12556, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 giugno 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farinone.

Pubblicazione di testi riformulati.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Donadi n. 1-00670, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 492 del 28 giugno 2011.

La Camera,
premesso che:
a Napoli la crisi dello smaltimento dei rifiuti sta assumendo ogni giorno che passa risvolti drammatici: le strade sono da troppo tempo invase dalla spazzatura, la protesta degli abitanti esasperati si sta sempre più caratterizzando con reazioni ormai giunte a livelli di guardia, cassonetti rovesciati dappertutto e roghi che purtroppo stanno complicando ulteriormente i già pesanti disagi;
lo stato di crisi in Campania è iniziato nel 1994 con la dichiarazione dello stato di emergenza (e la nomina del primo commissario di Governo con poteri straordinari) cessato ufficialmente, dopo oltre 15 anni, sulla base di un decreto-legge, il n. 195 del 2009, approvato dal Consiglio dei ministri il 17 dicembre 2009, che aveva fissato la data del 31 dicembre 2009 quale termine finale dello stato di emergenza, del commissariamento straordinario e della presenza dell'esercito precedentemente inviato per far fronte all'emergenza del 2008 che si era caratterizzata per la rivolta degli abitanti contro la discarica di Chiaiano;
in risposta al riacutizzarsi della crisi dei rifiuti a Napoli e provincia, il 26 novembre 2010 è stato adottato il decreto-legge n. 196, che avrebbe dovuto dare una soluzione seppur parziale all'emergenza campana e che, in realtà, si è dimostrato fallimentare;
tuttavia, adesso la mancata approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, di un decreto-legge per risolvere la pesante situazione nella provincia napoletana, a causa della contrarietà dei Ministri della Lega Nord al trasferimento dei rifiuti fuori regione, ha consentito, trasversalmente, ai presidenti della regione Campania, Stefano Caldoro, e della provincia, Luigi Cesaro, nonché al neo sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, di individuare tre nuovi siti di trasferenza ad Acerra e Caivano;
certamente, le cause alla base dell'emergenza rifiuti in Campania sono complesse: oltre a una commistione di errori tecnico-amministrativi e di interessi politici, industriali e malavitosi, esse si possono individuare in parte: nei ritardi di pianificazione e di preparazione di discariche idonee, avvenute solamente dal 2003; nell'inadeguato trattamento dei rifiuti urbani nei sette impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti (cdr), originariamente costruiti e gestiti da società del gruppo Impregilo; nei ritardi nella pianificazione e nella costruzione di inceneritori,

dovuti anche a prescrizioni della magistratura sui progetti in essere e finalizzate a una maggiore tutela dell'ambiente e a contrastare la camorra; nei ritardi nella pianificazione e nella costruzione di impianti di compostaggio della frazione organica dei rifiuti proveniente da raccolta differenziata; infine, nei bassi livelli medi della stessa;
non si può ovviamente negare che, al di là delle cause tecniche e amministrative, lo stato di emergenza rappresenta di per sé una situazione economicamente vantaggiosa non solo per la criminalità organizzata campana, che, con la gestione illecita dei rifiuti, raccoglie profitti anche maggiori rispetto ai pur lucrosi traffici di droga o alle estorsioni, ma anche per larghi settori della imprenditoria legale (dietro la quale si cela spesso comunque la camorra), che da un lato approfitta del sistema di smaltimento illegale per abbattere i costi, dall'altro entra direttamente nella gestione della crisi - come si può facilmente evincere dalla relazione del 13 marzo 2007 del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse;
per ritornare all'oggi, attualmente tra Napoli e provincia sono diecimila circa le tonnellate di immondizia, solo nel capoluogo partenopeo occorre toglierne immediatamente dalle strade più di duemila, poiché, complice anche il caldo che si fa sempre più intenso, ci si sta avviando verso una situazione disastrosa da un punto di vista strettamente sanitario;
sull'emergenza rifiuti vi è stato anche un intervento al più alto livello dello Stato che ha sottolineato come sia indispensabile e urgente un intervento normativo dell'Esecutivo, soprattutto a fronte di un rischio sempre più rilevante per la salute dei cittadini;
peraltro, un intervento del Governo si rende necessario al fine di garantire un reale superamento dell'emergenza rifiuti campana, anche attraverso una responsabilizzazione di tutte le istituzioni,


impegna il Governo:


ad adottare con urgenza le iniziative necessarie a sbloccare le risorse finanziarie occorrenti per le attività di raccolta, spazzamento e trasporto dei rifiuti e per l'incremento della raccolta differenziata, disposte nel decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n. 1, prevedendo che una quota-parte delle suddette risorse siano assegnate al comune di Napoli, per essere immediatamente utilizzate in accordo con le azioni previste dalla delibera comunale n. 739 del 16 giugno 2011;
ad adottare le iniziative di competenza per consentire ai comuni campani sopra i 100 mila abitanti, o alle province per tramite le loro società provinciali, di concordare i flussi extraregionali per il trasferimento dei rifiuti con i comuni o i detentori di impianti di smaltimento siti in altre regioni, che già hanno dato la propria disponibilità a tale eventualità, prevedendo comunque le necessarie informazioni alle regioni interessate, allo scopo di permettere il controllo e la verifica degli accordi intercorsi;
ad adottare le opportune iniziative dirette a prevedere che, al fine di consentire il ritorno a una gestione ordinaria dell'emergenza rifiuti, le attività di individuazione delle aree dove realizzare siti da destinare a discarica, che il decreto-legge n. 196 del 2010 assegna a un commissario straordinario individuato fra il personale della carriera prefettizia, ritornino tra le competenze delle amministrazioni locali, anche allo scopo di consentire una responsabilizzazione delle medesime amministrazioni allo svolgimento dei loro compiti istituzionali.
(1-00670)
(Nuova formulazione) «Donadi, Di Pietro, Borghesi, Evangelisti, Piffari, Aniello Formisano,

Barbato, Palagiano, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palomba, Porcino, Rota, Zazzera».

La Camera
premesso che,
la sempre maggiore tendenza alla diversificazione delle attività lavorative nel corso della vita attiva ha reso più pressante la necessità di intervenire con strumenti legislativi per poter consentire un adeguato riconoscimento previdenziale delle attività prestate nel circuito lavorativo;
con decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni. dalla legge n. 122 del 2010, è stata introdotta la regola dell'onerosità per tutte le fattispecie di ricongiunzione contributiva ed è stata eliminata la costituzione gratuita della posizione assicurativa in Inps;
l'intervento di riforma, seppure dettato da esigenze di prevenzione e di deterrenza di comportamenti elusivi per avvalersi di regimi previdenziali più favorevoli rispetto all'ordinario regime di appartenenza, nonché di eliminare la possibilità di beneficiare di trattamenti di miglior favore, ha, tuttavia, prodotto effetti distorsivi rispetto alle aspettative previdenziali di molti lavoratori, anche in relazione alla possibilità di accedere agevolmente al trattamento pensionistico spettante;
l'esame del vigente quadro normativo, in relazione all'obiettivo di valorizzare tutta la contribuzione versata nelle diverse gestioni previdenziali ai fini del conseguimento del diritto ad un unico trattamento pensionistico, evidenzia una variegata composizione delle opzioni attivabili, legate, tuttavia, alla presenza di stringenti requisiti legati all'età anagrafica e alla contribuzione maturata nelle gestioni interessate;
la totalizzazione dei contributi è un meccanismo che permette ai lavoratori che nel corso della loro attività lavorativa hanno versato contributi in diverse casse, gestioni o fondi previdenziali di poterli cumulare, per avere così diritto ad un'unica pensione di vecchiaia o di anzianità, e può essere utilizzata in maniera gratuita da tutti i lavoratori iscritti a due o più forme di assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, dagli iscritti alle forme sostitutive esclusive ed esonerative dell'assicurazione generale obbligatoria, nonché dai liberi professionisti;
alla luce dei profondi cambiamenti che ha registrato in questi ultimi anni il mercato del lavoro, tale meccanismo appare particolarmente utile per i lavoratori parasubordinati iscritti alla cosiddetta gestione separata, i cui contributi non possono essere ricongiunti ad altra cassa o fondo di previdenza;
attualmente la totalizzazione ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia e di anzianità può essere effettuata tenendo conto dei periodi contributivi delle sole gestioni nelle quali si è in possesso di anzianità contributiva, pari ad almeno tre anni, e riguarda tutti e per intero i periodi contributivi versati nella singola gestione;
nel determinare l'anzianità contributiva posseduta dall'assicurato ciascuna gestione tiene conto esclusivamente delle regole del proprio ordinamento;
ai fini della determinazione dell'ammontare della prestazione, è prevista l'applicazione del calcolo contributivo secondo i parametri e i criteri contenuti nel decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 180, in materia di opzione per la liquidazione del trattamento pensionistico, che, come è noto, danno luogo ad un trattamento pensionistico meno generoso di quello determinato secondo le modalità di calcolo del sistema retributivo e/o misto; da ciò consegue un disincentivo, nei fatti, all'utilizzo della totalizzazione, con particolare riferimento a tali categorie di lavoratori;

nella XI Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati è in corso l'esame di due proposte di legge sostanzialmente simili nel contenuto (Atti Camera n. 3871 e n. 4260): nelle sedute della Commissione del 17 maggio, del 22 giugno e del 29 giugno 2011 è stato riunito al riguardo il comitato ristretto, con la prospettiva concreta di arrivare in tempi brevi alla formulazione di un testo base condiviso,


impegna il Governo:


ad assumere le opportune iniziative normative per consentire la possibilità di cumulare ai fini del diritto a un unico trattamento pensionistico i periodi assicurativi non coincidenti, di qualsiasi durata, posseduti presso le diverse gestioni attraverso la determinazione pro quota del trattamento stesso, ferma restando la facoltà di attivare - in alternativa - la ricongiunzione onerosa, al fine di ottenere un trattamento di miglior favore, valutando anche le modalità con le quali rimuovere il limite dei tre anni per quanto riguarda la possibilità di totalizzazione;
ad assumere le iniziative di competenza, ove possibile anche in sede di interpretazione autentica, per chiarire ab initio i casi di effettiva applicabilità di quanto previsto, in materia di ricongiunzione onerosa, nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
(1-00675)
(Nuova formulazione) «Cazzola, Fedriga, Moffa, Baldelli, Antonino Foti, Caparini, Pelino, Vincenzo Antonio Fontana, Scandroglio, Ceccacci Rubino, Munerato, Bonino, Giammanco, Mottola, Lorenzin».

Ritiro di documenti di indirizzo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
mozione Reguzzoni n. 1-00609 del 30 marzo 2011;
mozione Iannaccone n. 1-00627 del 18 aprile 2011;
mozione Cazzola n. 1-00628 del 18 aprile 2011.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza Anna Teresa Formisano n. 2-00998 del 9 marzo 2011;
interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-11566 del 12 aprile 2011;
interrogazione a risposta scritta Di Giuseppe n. 4-11941 del 17 maggio 2011;
interrogazione a risposta scritta De Poli n. 4-12296 del 14 giugno 2011.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in commissione Mosca n. 5-03547 del 6 ottobre 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-12574.