XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 27 luglio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 1° AGOSTO 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 27 luglio 2011.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Barbi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Castagnetti, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Lusetti, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Misiti, Moffa, Mura, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Romano, Rosso, Rotondi, Saglia, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Barbi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Castagnetti, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Misiti, Moffa, Mura, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Romano, Rosso, Rotondi, Saglia, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 26 luglio 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
GIRLANDA: «Disposizioni per l'istituzione di refettori comuni negli istituti penitenziari» (4543);
DIMA: «Norme per la valorizzazione dei prodotti alimentari a chilometro zero provenienti da filiera corta e dei prodotti alimentari di qualità» (4544);
BERSANI ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di elezione della Camera dei deputati, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di elezione del Senato della Repubblica, nonché delega al Governo per la determinazione dei collegi uninominali» (4545);
CAMBURSANO: «Disciplina dei rapporti di lavoro dipendente e disposizioni in materia di previdenza e di protezione sociale dei lavoratori» (4546);
BERRETTA: «Modifiche al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di professioni dei beni culturali» (4547);
CALLEGARI ed altri: «Riforma della legislazione speciale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna e delega al Governo per l'adozione di agevolazioni tributarie» (4548);
CENTEMERO ed altri: «Modifica degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, in materia di responsabilità e di obblighi dei prestatori di servizi della società dell'informazione e per il contrasto delle violazioni dei diritti di proprietà industriale operate mediante la rete internet» (4549);
PITTELLI ed altri: «Modifiche all'articolo 12 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, in materia di requisiti e criteri per il conferimento delle funzioni dei magistrati» (4550).

Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di una proposta di inchiesta parlamentare a Commissione in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, la seguente proposta di inchiesta parlamentare è assegnata, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

VII Commissione (Cultura):
GHIZZONI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul finanziamento e sulla realizzazione dei piani di intervento per l'edilizia scolastica e sulle modalità di funzionamento dell'anagrafe dell'edilizia scolastica (doc. XXII, n. 23) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

VI Commissione (Finanze):
PAGANO ed altri: «Abrogazione del comma 61 dell'articolo 2 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, concernente l'interpretazione autentica dell'articolo 2935 del codice civile in materia di decorrenza del termine di prescrizione relativo alle operazioni bancarie regolate in conto corrente» (4403) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento) e V.

VIII Commissione (Ambiente):
BOCCI ed altri: «Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, in materia di aree naturali protette» (4466) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), IX, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XI Commissione (Lavoro):
MARGIOTTA ed altri: «Disposizioni per la prevenzione e la tutela dei lavoratori contro la violenza e la persecuzione psicologica nell'ambito dell'attività lavorativa» (4411) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), V, VII, X, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia):
TORRISI ed altri: «Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione» (4501) Parere delle Commissioni V, VIII e XI.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 26 luglio 2011, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Con la medesima comunicazione, il Governo ha richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 1999/32/CE relativa al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo (COM(2011)439 definitivo), assegnata, in data 21 luglio 2011, in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente), nonché, in data 22 luglio 2011, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà;
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - L'applicazione dei criteri di distribuzione delle risorse fra Stati membri nell'ambito del Fondo per le frontiere esterne, del Fondo europeo per l'integrazione di cittadini di paesi terzi e del Fondo europeo per i rimpatri (COM(2011)448 definitivo), assegnata, in data 21 luglio 2011, in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali).

La Commissione europea, in data 26 luglio 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle imbarcazioni da diporto e le moto d'acqua (COM(2011)456 definitivo) e relativo documento di accompagnamento - Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Sintesi della valutazione d'impatto (SEC(2011)959 definitivo), che sono assegnati in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti). La predetta proposta di direttiva è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 27 luglio 2011;

Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo che modifica per la seconda volta l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, modificato per la prima volta a Lussemburgo il 25 giugno 2005 (COM(2011)469 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 26 luglio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, una segnalazione in merito al decreto legislativo 23 maggio 2011, n.79, recante «Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo», e alla legge della regione Veneto 4 novembre 2002, n. 33.

Questa documentazione è stata trasmessa alla II Commissione (Giustizia) e alla X Commissione (Attività produttive).

Trasmissione dal Garante del contribuente della regione Lazio.

Il Garante del contribuente della regione Lazio, con lettera in data 26 luglio 2011, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale riferita all'anno 2010, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n.212.

Questa documentazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Comunicazione ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

La CONSIP Spa, con lettera in data 15 luglio 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la comunicazione concernente un atto comportante spese per emolumenti o retribuzioni, con l'indicazione del destinatario e dell'importo del relativo compenso.

Tale comunicazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 26 luglio 2011, a pagina 9, prima colonna, alla trentesima riga, in luogo di: «12598» deve leggersi: «13059».

MOZIONE CAZZOLA, GNECCHI, FEDRIGA, POLI, DELLA VEDOVA, MOFFA, BORGHESI, LANZILLOTTA, LO MONTE, BRUGGER ED ALTRI N. 1-00690 CONCERNENTE INIZIATIVE RELATIVE ALLA DISCIPLINA DEI CONTRIBUTI PENSIONISTICI

Mozione

La Camera,
premesso che:
è necessario intervenire in modo organico per la costruzione di un sistema solido e che tenga conto delle mutate condizioni del mercato del lavoro, nel quale si cambia professione e, quindi, ente previdenziale o categoria più volte nella vita lavorativa;
le disposizioni previste dai commi da 12-sexies a 12-undecies dell'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010 hanno abrogato tutte le norme che prevedevano il trasferimento della contribuzione all'Inps gratuitamente: legge 2 aprile 1958, n. 322 (ricongiunzione delle posizioni previdenziali ai fini dell'accertamento del diritto e della determinazione del trattamento di previdenza e di quiescenza); articolo 3, comma 14, del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 562 (fondo di previdenza per gli elettrici); articolo 28 della legge 4 dicembre 1956, n. 1450 (fondo di previdenza per i telefonici); articolo 40 della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (personale dipendente dalle amministrazioni statali, anche con ordinamento autonomo, personale iscritto agli istituti di previdenza ora Inpdap, personale iscritto all'Istituto postelegrafonici (Ipost)); articolo 124 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (dipendenti civili e militari in servizio permanente e continuativo); articolo 21, comma 4, e articolo 40, comma 3, della legge 24 dicembre 1986, n. 958 (carabinieri, graduati e militari di truppa, sergenti di complemento);
per poter cumulare, in modo non oneroso, i contributi ai fini del diritto ad un'unica pensione, attualmente è necessario avere almeno tre anni di contribuzione versata in ogni singola gestione o fondo, altrimenti non è possibile effettuare la totalizzazione e comunque non esiste una reale reciprocità tra gli enti, tra i fondi sostitutivi, i fondi professionali e il calcolo della prestazione avviene solo con il sistema contributivo (per di più secondo un criterio specifico) e, quindi, in modo penalizzante per chi avrebbe avuto il diritto al calcolo retributivo se gli stessi contributi fossero stati in un unico fondo;
in assenza, pertanto, di un completamento dell'istituto della totalizzazione ci si trova in presenza di lavoratrici e lavoratori che non possono avvalersi di tale procedimento e che sono costretti a pagare la ricongiunzione con oneri divenuti significativi al fine di poter utilizzare i contributi che, comunque, hanno già versato; in caso contrario, tali lavoratori e lavoratrici sono costretti dai costi a rinunciare alla valorizzazione di parte della propria contribuzione ai fini pensionistici;
inoltre, non bisogna trascurare che la vita lavorativa variegata, che induce la maggior parte dei lavoratori a passare dal lavoro dipendente al lavoro autonomo e a progetto e viceversa, potrebbe portare ad accumulare contributi versati in diverse gestioni previdenziali, con difficoltà nel raggiungimento dei requisiti che permettano di andare in pensione ed avere perlomeno parte di quello che si è versato;
proprio per venire incontro a tali esigenze, sono in discussione in sede referente in Commissione XI (lavoro pubblico e privato) della Camera dei deputati delle iniziative che hanno l'obiettivo di ottenere un'unica pensione, calcolata con il cumulo di tutti i contributi versati, avvalendosi dell'istituto della totalizzazione, di cui possono usufruire, senza oneri, tutti i lavoratori che abbiano versato contributi presso più gestioni, garantendo inoltre l'applicazione delle norme in vigore per quanto riguarda il sistema di calcolo retributivo, misto e/o contributivo,

impegna il Governo:

ad assumere le opportune iniziative normative per consentire la possibilità di cumulare ai fini del diritto a un unico trattamento pensionistico i periodi assicurativi non coincidenti, di qualsiasi durata, posseduti presso le diverse gestioni attraverso la determinazione pro quota del trattamento stesso senza penalizzazioni, ferma restando la facoltà di attivare - in alternativa - la ricongiunzione onerosa, al fine di ottenere un trattamento di miglior favore, valutando anche le modalità con le quali rimuovere il limite dei tre anni per quanto riguarda la possibilità di totalizzazione;
ad assumere le iniziative di competenza, ove possibile anche in sede di interpretazione autentica, per chiarire ab initio i casi di effettiva applicabilità di quanto previsto, in materia di ricongiunzione onerosa, nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
(1-00690)
«Cazzola, Gnecchi, Fedriga, Poli, Della Vedova, Moffa, Borghesi, Lanzillotta, Lo Monte, Brugger, Baldelli, Ceccacci Rubino, Vincenzo Antonio Fontana, Antonino Foti, Giammanco, Lorenzin, Pelino, Scandroglio, Agostini, Baretta, Bellanova, Berretta, Bobba, Bocci, Boccuzzi, Braga, Brandolini, Carella, Marco Carra, Codurelli, Concia, Coscia, Damiano, De Biasi, De Pasquale, Esposito, Farinone, Ferrari, Froner, Gatti, Ghizzoni, Giovanelli, Laganà Fortugno, Lenzi, Lucà, Madia, Marchi, Marchignoli, Marchioni, Mariani, Mattesini, Miglioli, Miotto, Mosca, Motta, Murer, Narducci, Pedoto, Rampi, Rugghia, Samperi, Santagata, Scarpetti, Schirru, Siragusa, Strizzolo, Tullo, Vannucci, Velo, Vico, Villecco Calipari, Bitonci, Bonino, Caparini, Munerato, Binetti, Ciccanti, Compagnon, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Ruggeri, Volontè, Buonfiglio, Lo Presti, Mottola, Paladini, Aniello Formisano, Commercio, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».
(11 luglio 2011)

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALLA MOZIONE CAZZOLA, GNECCHI, FEDRIGA, POLI, DELLA VEDOVA, MOFFA, BORGHESI, LANZILLOTTA, LO MONTE, BRUGGER ED ALTRI N. 1-00690

Nel dispositivo, aggiungere, in fine, il seguente capoverso:
ad adottare le opportune iniziative normative volte a dare soluzione al problema dei cosiddetti contributi silenti, ovvero ad introdurre nell'ordinamento giuridico una specifica disciplina in materia di restituzione dei contributi previdenziali che non danno luogo alla maturazione di un corrispondente trattamento pensionistico.
1-00690/1. Beltrandi, Maurizio Turco, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti.

MOZIONI NIRENSTEIN, CORSINI, POLLEDRI, ADORNATO, DELLA VEDOVA, GIANNI, VERNETTI ED ALTRI N. 1-00669 E LEOLUCA ORLANDO ED ALTRI N. 1-00687 CONCERNENTI INIZIATIVE RELATIVE ALLA CRISI SIRIANA

Mozioni

La Camera,
premesso che:
dal 15 marzo 2011, nell'ambito delle rivoluzioni popolari chiamate complessivamente «primavera araba», anche in Siria si svolge una rivolta contro il regime alawita di Bashar al Assad. Iniziata con una manifestazione di universitari, in pochi giorni si è trasformata in un movimento popolare di enormi proporzioni. Il 18 marzo 2011 è stato proclamato il «giorno della collera» contro il regime, sfociato nel sangue con la repressione violenta delle manifestazioni da parte delle forze di sicurezza. Il primo focolaio degli scontri è stata Daraa, al confine con la Giordania, ma le proteste si sono presto estese, fra l'altro, a Homs, Banias, Latakia, Samnin e Damasco;
secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, in tre mesi sono stati uccisi oltre 1.400 civili e circa 10.000 sono stati arrestati. Più di 10 mila siriani in fuga dalle violenze hanno trovato rifugio in Turchia. Altri 5.000 profughi sono accampati sul lato siriano del confine con la Turchia;
nei primi giorni della rivolta il presidente Bashar al Assad ha dichiarato: «si tratta solo di un piccolo malcontento che non giustifica un cambiamento politico». A tre mesi di distanza le richieste di cambiamento politico continuano a crescere e l'intero Paese è oramai caratterizzato da una situazione di vero e proprio conflitto civile, represso duramente anche con la tortura e l'assassinio di bambini, come documentato da diversi filmati e dalle testimonianze dei parenti delle vittime;
la repressione è guidata dalla famigerata quarta divisione corazzata agli ordini di Maher al Assad, fratello del Rais Bashar al Assad, dimostrando così che la famiglia Assad, il cui capostipite Hafez già nel 1982 aveva compiuto un massacro di 20.000 dissidenti nella città di Hama, continua sulla linea di una sanguinosa repressione dei dissidenti da parte di una minoranza etnico religiosa, attualmente sostenuta con forti mezzi dal regime iraniano;
Bashar al Assad ha consolidato anche il sostegno all'organizzazione terroristica di Hamas, riconosciuta come tale anche dall'Unione europea dal 2004, la cui presenza a Damasco consta del principale ufficio dell'organizzazione guidato da Khaled Mashal. Assad mantiene anche stretti rapporti con gli Hezbollah, organizzazione estremista islamica sciita, armata dall'Iran con l'aiuto siriano, che tiene oggi il Libano in uno stato di intimidazione tramite un Governo minoritario;
la Repubblica islamica dell'Iran osserva con attenzione quel che accade in Siria, offrendo appoggio alle forze del regime e alla repressione della rivolta nel Paese; secondo quanto riferiscono diverse testate giornalistiche e testimonianze, a guidare i poliziotti antisommossa nella città di Latakia ci sarebbero elementi che non vestono la divisa della polizia e che tra loro parlano in persiano; sono stati notati anche diversi elementi identificati come Hezbollah;
il 5 giugno 2011, nell'anniversario dell'inizio della guerra dei sei giorni, centinaia di siriani palestinesi hanno cercato ripetutamente di sfondare il confine tra Siria e Israele e fare irruzione attraverso la linea di frontiera lanciando pietre e ordigni incendiari. Secondo quanto emerso da fonti di intelligence, il regime di Damasco avrebbe offerto 1000 dollari a ogni rivoltoso disposto a recarsi al confine e a provocare la reazione dei soldati israeliani, di modo da distogliere l'attenzione mondiale dalle stragi perpetrate in Siria contro i manifestanti anti-governativi;
il 20 giugno 2011, il presidente Assad ha parlato per la terza volta dall'inizio delle agitazioni in Siria, accusando la rivoluzione popolare di essere «una cospirazione progettata all'estero e perpetrata all'interno del nostro Paese»;
nel mese di aprile 2011, tuttavia, il Rais aveva ammesso che «la distanza tra il Governo e la sua gente ha generato la rabbia popolare». C'è la «piena e assoluta convinzione nel processo di riforma perché rappresenta l'interesse nazionale», ha affermato anche Assad. «Il problema è quale riforma vogliamo e quali sono i suoi contenuti»;
appare evidente, dunque, per ammissione dello stesso Presidente Assad, che in Siria non si trattava e non si tratta di un malcontento marginale e che, al contrario, appaiono indispensabili cambiamenti politici fondamentali;
nel maggio 2011, l'Unione europea ha imposto sanzioni a 13 esponenti del regime siriano che prevedono il bando del visto d'ingresso all'interno dei Paesi dell'Unione europea e il congelamento dei beni posseduti sul territorio europeo;
il 22 giugno il Ministro degli esteri siriano, Walid al Muallim, a seguito dell'accordo raggiunto in sede di Unione europea per estendere la lista delle sanzioni nei confronti del regime siriano a tre iraniani accusati di fornire sostegno alla violenta repressione messa in atto dal governo di Damasco, ha dichiarato: «Cancelleremo l'Europa dalla nostra mappa geografica. Da ora in poi guarderemo ad est» e ha definito le sanzioni «un atto di guerra»;
il rischio che la Siria si trasformi, di fatto, in una fonte di instabilità gravissima per il Medio Oriente e per il mondo intero è molto serio. Soltanto una corretta politica di sanzioni e di condanne può bloccarne la deriva e fermare la strage e la violazione di tutti i diritti umani, che peraltro ha radici consolidate nella storia del regime alawita;
la Siria è rimasta soggetta ininterrottamente a uno stato di emergenza nazionale in vigore dal 1963 che, negli anni, è stato impiegato per reprimere e punire anche il pacifico dissenso;
militanti politici, difensori dei diritti umani, blogger, esponenti della minoranza curda e altre persone che avevano criticato il Governo o avevano attirato l'attenzione sulle violazioni dei diritti umani sono stati sottoposti ad arresti arbitrari e spesso a detenzioni prolungate, oppure sono stati condannati a pene detentive al termine di processi iniqui davanti a tribunali altamente inadeguati; tra questi figuravano prigionieri di coscienza. Ad altri ex detenuti è stato altresì interdetto l'espatrio;
secondo il rapporto diritti umani del 2011 di Amnesty International, la tortura e altri maltrattamenti sono comunemente utilizzati contro i dissidenti, il sistema giudiziario funziona secondo evidenti scelte politiche, le morti sospette in custodia sono svariate e la pena di morte è prevista in un largo numero di casi. In due occasioni, il 18 dicembre 2008 e il 21 dicembre 2010, all'Assemblea generale delle Nazioni Unite la Siria ha votato contro la risoluzione per la moratoria delle esecuzioni capitali;
le donne hanno continuato a veder loro negata la parità rispetto agli uomini in ambito legislativo, in particolare in riferimento alla legge sullo status personale in materia di matrimonio e di eredità e al codice penale, che prevede pene minori per l'omicidio e altri reati violenti commessi nei confronti di donne, in cui la difesa dell'«onore» della famiglia viene considerata un'attenuante;
la Siria è abitata da una maggioranza arabo-sunnita e da 74 gruppi etnici e religiosi, di cui alcuni vedono violati costantemente i propri diritti. I curdi, che comprendono il 10 per cento della popolazione e risiedono per lo più nel nord-est del Paese, continuano a subire discriminazioni; migliaia di essi sono risultati d'un tratto apolidi e pertanto privati della parità di accesso anche ai diritti socio-economici;
l'asse Damasco-Teheran, che si è consolidato e integrato sotto il profilo militare durante la guerra Iran-Iraq tra il 1980 e il 1988, oggi è saldamente presidiato e difeso dai «consiglieri» pasdaran, in quanto la possibile caduta del regime di Bashar el Assad costituirebbe un vulnus esiziale per la Repubblica islamica, che infatti definisce le manifestazioni in corso in Siria «un complotto dell'Occidente»;
nel febbraio 2011, a pochi giorni dalla caduta del regime di Mubarak in Egitto, due navi da guerra iraniane, dopo aver attraversato il canale di Suez per la prima volta dopo la rivoluzione islamica del 1979, hanno attraccato nel porto di Latakia in Siria. In seguito al loro arrivo, il 2 marzo 2011, Mahmoud Ahmadinejad e Bashar al Assad hanno firmato il protocollo che avvia i lavori, subito iniziati, per trasformare il porto di Latakia in una grande base militare per la marina iraniana, in grado di ospitare navi da guerra, sommergibili e batterie lanciamissili antinave e antiaeree;
le speranze della comunità internazionale, in primis degli Stati Uniti, sembrano ormai, anche nelle dichiarazioni del Sottosegretario di Stato Hillary Clinton, da ritenersi irrealistiche e irrealizzabili;
è di questi giorni un appello rivolto ai 15 componenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu, firmato da 7 scrittori di fama internazionale, Bernard-Henri Levy, Amos Oz, David Grossman, Salman Rushdie, Umberto Eco, Orhan Pamuk e Wole Soyinka, che chiede di approvare una risoluzione di condanna della repressione in Siria come crimine contro l'umanità;
in questo quadro appare necessario un intervento diplomatico sistematico finalizzato a evitare che la questione siriana venga lasciata a se stessa,

impegna il Governo:

a operare affinché si crei, a livello internazionale, una pressione determinante nei confronti del Governo siriano volta a far cessare qualsiasi violenza nei confronti del popolo siriano e a garantire che siano compiute scelte politiche che rispecchino le sue richieste;
a promuovere l'estensione delle sanzioni contro il regime siriano di modo che la riprovazione del consesso internazionale assuma un carattere concreto;
a monitorare la posizione internazionale della Siria di modo che non possa compiere azioni di destabilizzazione regionale;
ad adoperarsi per impedire che la Siria introduca potenze e forze di sicurezza straniere sul suo territorio onde reprimere i manifestanti;
a esercitare pressioni, a livello europeo e internazionale, affinché una missione di inchiesta delle Nazioni Unite, già richiesta dall'Alto Commissario per i diritti umani, possa visitare la Siria e valutare la situazione umanitaria del Paese, nonché ad assumere iniziative perché il regime siriano garantisca l'accesso alla stampa internazionale;
a impegnarsi in sede di Nazioni Unite affinché il Consiglio di sicurezza si pronunci sulla crisi siriana.
(1-00669)
«Nirenstein, Corsini, Polledri, Adornato, Della Vedova, Gianni, Vernetti, Boniver, Maran, Renato Farina, Lorenzin, D'Antona, Calderisi, Pianetta, Urso, Di Virgilio, Barbieri, Bertolini, Picchi, Cosenza, Fiano, Sbai, Colombo, Zacchera».
(23 giugno 2011)

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALLA MOZIONE NIRENSTEIN, CORSINI, POLLEDRI, ADORNATO, DELLA VEDOVA, GIANNI, VERNETTI ED ALTRI N. 1-00669

Nella premessa, al sedicesimo capoverso, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: In Siria le esecuzioni (almeno 17 nel 2010 secondo l'associazione Nessuno tocchi Caino) sono tenute assolutamente nascoste, le notizie non filtrano nemmeno dai giornali locali e gli stessi famigliari, quando vengono restituiti loro i corpi, non sanno se i loro cari sono morti sotto tortura o sono stati giustiziati.)
1-00669/1. Zamparutti, Maurizio Turco, Mecacci, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni.
(Approvato)

Nel dispositivo, aggiungere, in fine, il seguente capoverso:
ad operare affinché le autorità siriane rendano innanzitutto disponibili le informazioni rilevanti circa l'uso della pena di morte (numero di condanne a morte ed esecuzioni) e limitino progressivamente il ricorso alla pena di morte nella prospettiva della completa abolizione, come ribadito dalla risoluzione Onu per la moratoria della pena di morte approvata nel mese di dicembre 2010.
1-00669/2. Zamparutti, Maurizio Turco, Mecacci, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni.
(Approvato)

La Camera,
premesso che:
la Siria è stata sottoposta alla legge di emergenza fin dal 1963, legge che di fatto ha sospeso la maggior parte dei diritti costituzionali dei cittadini siriani con la giustificazione dello stato di guerra con Israele;
l'onda lunga della rivoluzione araba (cosiddetta primavera araba), che recentemente ha visto coinvolti i Paesi del Maghreb e del Mashrek, ha, come è ormai noto, violentemente interessato anche la Siria, sorprendendo autorevoli commentatori e analisti che per mesi avevano ritenuto il regime immune da rivolte e richieste di cambiamento;
per la prima volta, infatti, in quarant'anni sono stati attaccati i simboli del regime: la sede del partito Ba'ath al potere è stata incendiata, le gigantografie di al-Assad sfregiate e la statua di Hafez al-Assad (padre dell'attuale Presidente e, a sua volta, Capo dello Stato dal 1971 al 2000) rovesciata; eventi inimmaginabili solo alcune settimane fa;
le proteste sono dapprima iniziate, quasi in sordina, a Damasco, quando il 16 marzo 2011 le forze di sicurezza hanno spezzato un raduno silenzioso in piazza Marjeh di circa 150 manifestanti che reggevano le foto di parenti e amici imprigionati; poi, le proteste si sono estese anche a Dara'a - piccolo centro agricolo vicino al confine con la Giordania, dopo l'arresto di alcuni studenti accusati di aver imbrattato i muri della scuola con scritte contro il regime - e nella regione meridionale dell'Hawran, nella sua forma più violenta, allargandosi alle principali città del Paese, fino a scuotere il porto di Latakia, sul Mediterraneo, 350 chilometri a nord-ovest della capitale;
fin dalla sua ascesa al potere, nel 2000, Bashar al-Assad aveva suscitato forti speranze di riforme (cosiddetta primavera di Damasco), solo alcuni mesi fa alimentate dallo stesso Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, anche se è notizia di questi giorni che la stessa si è detta, però, «scoraggiata» dalla violenza in atto in quel Paese e ha affermato che per il Governo siriano il tempo delle riforme sta scadendo e che: «Il Governo di Damasco deve avviare le riforme o sarà costretto a confrontarsi con un'opposizione più organizzata»;
comunque, il 24 marzo 2011 al-Assad ha dovuto, sotto la spinta di proteste sempre più veementi, annunciare l'adozione di provvedimenti per aumentare gli standard di vita e per abolire, soprattutto, la legge di emergenza in vigore in Siria dal 1963;
tali misure sono risultate insufficienti perché, con il passare del tempo, migliaia di persone hanno sempre più aderito alle proteste, apparse da subito fuori controllo, per chiedere il ripristino delle libertà civili e la fine reale dello stato di emergenza;
la situazione in Siria, di settimana in settimana, precipita sempre più rapidamente; venerdì 20 maggio 2011, infatti, a un mese dalla revoca dello stato d'emergenza e dopo un breve periodo di relativa calma, la repressione è tornata a farsi particolarmente sanguinosa; migliaia di siriani sono intanto di nuovo tornati in piazza il 1o luglio 2011 per chiedere la caduta del regime in quasi tutte le località del Paese, compresi alcuni quartieri di Damasco e Aleppo, rimaste finora relativamente ai margini della contestazione; attraverso internet è possibile ormai vedere immagini, ancorché di scarsa qualità perché registrate clandestinamente e con il rischio reale di perdere la vita, che confermano la brutalità della repressione in atto;
recentemente, due missioni del Comitato della Croce rossa internazionale hanno potuto recarsi in due diverse province siriane, colpite dall'offensiva militare decisa dal regime per reprimere il movimento di protesta in corso ormai da quasi quattro mesi, per visitare la regione di Dara'a e quella di Idlib, al confine con la Turchia, e per consentire al personale del Comitato della Croce rossa internazionale di valutare il tipo di assistenza necessaria;
Amnesty International ha più volte condannato la repressione violenta da parte delle forze di sicurezza e riferito dell'uccisione e dell'arresto di decine di persone;
secondo fonti internazionali, i morti dall'inizio della repressione da parte delle forze di sicurezza sarebbero già oltre 1300 e decine di migliaia gli arresti; altrettanti quelli in fuga verso i confini turchi per sfuggire alle violenze;
all'aggravarsi della situazione, il regime ha tentato di correre al riparo ordinando il rilascio di 260 prigionieri politici, per lo più curdi e islamisti, e annunciando l'aumento fino al 30 per cento dei salari dei dipendenti pubblici. Il Presidente al-Assad si è anche impegnato a studiare una serie di riforme politiche, anche attraverso l'apertura a nuove formazioni politiche, ad allentare la censura sui media e a concedere più potere alle organizzazioni non governative: insomma riforme che, se effettivamente attuate, potrebbero risultare a dir poco rivoluzionarie;
la Siria non è un Paese storicamente coeso e omogeneo, ma una società multietnica e multireligiosa, come l'Iraq e il Libano (per certi versi anche la Libia), e nessun attore internazionale o regionale (fossero gli Stati Uniti o l'Arabia Saudita e l'Iran) sembra interessato a un cambio di regime in Siria;
le minoranze confessionali (drusi, armeni, cristiani) ed etniche (curdi) temono la futura rappresaglia di un regime incattivito perché messo alle corde ed è, quindi, comprensibile che, unitamente a tanti cittadini siriani, si trovino a preferire la «stabilità» a vere riforme, fintantoché la comunità internazionale non adotterà una corretta politica di sanzioni e di condanne nei confronti del regime;
la comunità alawita ha davanti a sé il dilemma se arroccarsi a difesa dei clan del regime oppure schierarsi con la maggioranza degli insorti (sunniti), ma, allo stesso tempo, la violenta rimozione del regime potrebbe portare a uno scontro senza fine tra le diverse fazioni;
l'Unione europea ha, nel mese di maggio 2011, adottato sanzioni nei confronti di alcuni esponenti del regime siriano, prevedendone il bando del visto d'ingresso all'interno dei Paesi dell'Unione europea e il relativo congelamento dei beni posseduti in territorio europeo;
si apprende da un'agenzia stampa dell'Ansa che: «Sette scrittori di tutto il mondo hanno lanciato oggi da Parigi un appello al Consiglio di sicurezza dell'Onu affinché venga adottato »un progetto di risoluzione contro la repressione in Siria che metta fine ai massacri in quanto sarebbe tragico e moralmente inaccettabile rinunciarvi«, si legge nella lettera dei sette intellettuali firmatari: Umberto Eco, David Grossman, Bernard-Henri Levy, Amos Oz, Orhan Pamuk, Salman Rushdie e Wole Soyinka»;
il Governo tedesco ha reso noto che intende impegnarsi per fare approvare dal Consiglio di sicurezza dell'Onu una risoluzione di condanna delle violenze in Siria entro la fine del mese di luglio 2011,

impegna il Governo:

ad attivarsi affinché il Consiglio di sicurezza dell'Onu si pronunci nel più breve tempo possibile per fornire una chiara risposta all'inaccettabile susseguirsi di violenze e repressione in Siria attraverso l'adozione di una risoluzione di condanna;
a farsi promotore di un deciso intervento diplomatico, di concerto con le istituzioni europee, volto a far cessare qualsiasi atto di violenza nei confronti della popolazione siriana;
ad adottare ogni utile iniziativa, anche in occasione della stipula di eventuali accordi bilaterali di cooperazione, per favorire e sostenere scelte politiche che tengano conto delle richieste di rinnovamento e cambiamento di quanti da mesi stanno affrontando la dura repressione del regime siriano.
(1-00687)
«Leoluca Orlando, Evangelisti, Donadi, Di Stanislao, Borghesi».
(11 luglio 2011)

MOZIONI REGUZZONI, BALDELLI ED ALTRI N. 1-00671, CIMADORO ED ALTRI N. 1-00684, MOFFA ED ALTRI N. 1-00688, ANNA TERESA FORMISANO, DELLA VEDOVA, LANZILLOTTA, LO MONTE ED ALTRI N. 1-00689 E LULLI ED ALTRI N. 1-00696 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A CONTRASTARE IL FENOMENO DELLA CONTRAFFAZIONE E AD ASSICURARE IL RISPETTO DEI REQUISITI DI SICUREZZA E DI CONFORMITÀ DEI PRODOTTI ALL'ORDINAMENTO COMUNITARIO

Mozioni

La Camera,
premesso che:
il fenomeno della contraffazione ha ormai assunto proporzioni mondiali, interessando tutti i settori economici, con particolare impatto sul tessuto produttivo italiano di eccellenza;
quasi ogni giorno le cronache riportano notizie di sequestri di merci contraffatte e fabbricate in Cina, i cui materiali risultano essere estremamente nocivi per la salute dei consumatori. È questo il caso dell'ultimo sequestro avvenuto in Veneto che ha interessato 560.000 paia di occhiali da sole con marchio CE non conforme, senza filtro uva e con tracce di nichel, mentre sono diversi i casi di sequestri di prodotti cosmetici contraffatti immessi sul mercato da ambulanti cinesi;
questi fatti recenti, così come la notizia del giugno 2011 del maxisequestro della Guardia di finanza di Padova di 700 milioni di articoli di bigiotteria contraffatti e potenzialmente pericolosi per la salute, fanno riemergere con forza la necessità di arginare la contraffazione, fenomeno contro cui la Lega Nord da anni lotta, sia nelle aule parlamentari sia fuori a fianco di cittadini ed imprenditori;
una delle ultime interrogazioni presentate dal gruppo Lega Nord alla Camera dei deputati, sulla tutela ed autenticità del marchio CE sui prodotti destinati al mercato europeo, ha ricevuto il consenso esplicito anche da parte della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, a testimonianza di quanto il mondo dell'artigianato e della piccola impresa sia seriamente minacciato e danneggiato dalla contraffazione;
in quel contesto è stato denunciato come diversi produttori cinesi hanno l'abitudine di copiare il marchio CE, che i produttori italiani devono apporre sui loro prodotti a dimostrazione della conformità degli stessi ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive europee, facendolo risultare in tutto identico a quello originale ad eccezione del minor spazio lasciato tra le due lettere, ad indicare la versione cinese del marchio «China Export»; quest'ultimo viene apposto sui prodotti cinesi destinati all'esportazione che non hanno eseguito alcuna prova di conformità agli standard di sicurezza europei;
la difficoltà nella distinzione tra i due marchi rappresenta una grave distorsione delle regole della concorrenza, anche in considerazione dei prezzi estremamente inferiori dei prodotti cinesi rispetto a quelli delle nostre imprese e reca un danno sia ai consumatori, che sono erroneamente indotti a pensare di acquistare un prodotto con determinate garanzie di qualità e di sicurezza certificate, sia ai produttori, con gravi ripercussioni sull'economia del Paese e sull'occupazione;
il Ministro per i rapporti con il Parlamento, nel rispondere alla citata interrogazione, ha sostenuto la fondatezza della questione denunciata, precisando che nella fattispecie esisterebbero due diversi livelli di illecito: non solo quando il marchio viene apposto in modo graficamente irregolare ma anche, e ancor più grave, quando lo stesso sottende l'effettiva assenza dei requisiti di sicurezza e conformità regolati dalle specifiche normative tecniche di settore. L'intervento non ha tuttavia chiarito quale strategia il Governo dovrà adottare per porre definitivamente fine all'uso del marchio contraffatto «China Export»;
la contraffazione è un fenomeno in continua espansione e risulta tanto più grave su quei prodotti come i farmaci, gli alimenti, il tessile ed i giocattoli che, venendo a contatto con i consumatori, rischiano di danneggiare la loro salute, a partire dalla nascita di allergie fino ad arrivare ai casi di sviluppo di vere e proprie patologie;
l'Italia è uno dei Paesi più danneggiati dal mercato del falso perché ha una struttura produttiva composta per la grande maggioranza da imprese piccole e medio-piccole che, per la loro esperienza e capacità, sono in grado di offrire sul mercato prodotti di altissima qualità ed eccellenza;
secondo i dati forniti dal Censis, il mercato del falso nel nostro Paese ha realizzato nel corso del 2008 un «fatturato» di 7 miliardi e 107 milioni di euro. Le perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali sono state calcolate in 5 miliardi e 281 milioni di euro; sono 130 mila i posti di lavoro sottratti all'economia regolare;
negli ultimi anni i sequestri di prodotti contraffatti hanno registrato un notevole aumento in quasi tutti i comparti, ad eccezione dell'elettronica, i cui prodotti sono ancora fortemente copiati. L'Italia, in particolare, nel recepire la direttiva 2004/108/CE con il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 194, ha esplicitamente vietato di apporre sugli apparecchi e i relativi imballaggi ed istruzioni per l'uso segni che possano indurre in errore il consumatore in relazione al significato o alla forma grafica della marcatura CE, prevedendo l'applicazione di apposite sanzioni nel caso di violazioni della norma;
nonostante gli espliciti divieti e le sanzioni previste dal sopra citato decreto legislativo, l'utilizzo del marchio contraffatto «China Export» risulta ancora molto diffuso, come peraltro emerge dalle segnalazioni provenienti dal mondo delle imprese e dai consumatori,

impegna il Governo:

a farsi promotore, in ambito comunitario, di iniziative volte a porre fine all'uso fraudolento del marchio CE, quale acronimo di «China Export»;
a prevedere meccanismi di garanzia della conformità dei prodotti ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive comunitarie, a tutela delle imprese e dei consumatori;
ad implementare i controlli sul territorio nazionale e alle dogane volti a bloccare l'ingresso di prodotti falsati che inducono in inganno i consumatori, creando un danno alle imprese e, più in generale, all'economia del Paese.
(1-00671)
«Reguzzoni, Baldelli, Lussana, Montagnoli, Luciano Dussin, Fogliato, Montagnoli, Dal Lago, Fava, Maggioni, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi, Stucchi, Mistrello Destro, Galati, Ascierto, Golfo, Cosenza».
(30 giugno 2011)

La Camera,
premesso che:
il fenomeno della contraffazione ha ormai assunto proporzioni mondiali, interessando tutti i settori economici, con particolare impatto sul tessuto produttivo italiano di eccellenza;
quasi ogni giorno le cronache riportano notizie di sequestri di merci contraffatte e fabbricate in Cina, i cui materiali risultano essere estremamente nocivi per la salute dei consumatori. È questo il caso dell'ultimo sequestro avvenuto in Veneto che ha interessato 560.000 paia di occhiali da sole con marchio CE non conforme, senza filtro uva e con tracce di nichel, mentre sono diversi i casi di sequestri di prodotti cosmetici contraffatti immessi sul mercato da ambulanti cinesi;
questi fatti recenti, così come la notizia del giugno 2011 del maxisequestro della Guardia di finanza di Padova di 700 milioni di articoli di bigiotteria contraffatti e potenzialmente pericolosi per la salute, fanno riemergere con forza la necessità di arginare la contraffazione;
una delle ultime interrogazioni presentate dal gruppo Lega Nord alla Camera dei deputati, sulla tutela ed autenticità del marchio CE sui prodotti destinati al mercato europeo, ha ricevuto il consenso esplicito anche da parte della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, a testimonianza di quanto il mondo dell'artigianato e della piccola impresa sia seriamente minacciato e danneggiato dalla contraffazione;
in quel contesto è stato denunciato come diversi produttori cinesi hanno l'abitudine di copiare il marchio CE, che i produttori italiani devono apporre sui loro prodotti a dimostrazione della conformità degli stessi ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive europee, facendolo risultare in tutto identico a quello originale ad eccezione del minor spazio lasciato tra le due lettere, ad indicare la versione cinese del marchio «China Export»; quest'ultimo viene apposto sui prodotti cinesi destinati all'esportazione che non hanno eseguito alcuna prova di conformità agli standard di sicurezza europei;
la difficoltà nella distinzione tra i due marchi rappresenta una grave distorsione delle regole della concorrenza, anche in considerazione dei prezzi estremamente inferiori dei prodotti cinesi rispetto a quelli delle nostre imprese e reca un danno sia ai consumatori, che sono erroneamente indotti a pensare di acquistare un prodotto con determinate garanzie di qualità e di sicurezza certificate, sia ai produttori, con gravi ripercussioni sull'economia del Paese e sull'occupazione;
il Ministro per i rapporti con il Parlamento, nel rispondere alla citata interrogazione, ha sostenuto la fondatezza della questione denunciata, precisando che nella fattispecie esisterebbero due diversi livelli di illecito: non solo quando il marchio viene apposto in modo graficamente irregolare ma anche, e ancor più grave, quando lo stesso sottende l'effettiva assenza dei requisiti di sicurezza e conformità regolati dalle specifiche normative tecniche di settore. L'intervento non ha tuttavia chiarito quale strategia il Governo dovrà adottare per porre definitivamente fine all'uso del marchio contraffatto «China Export»;
la contraffazione è un fenomeno in continua espansione e risulta tanto più grave su quei prodotti come i farmaci, gli alimenti, il tessile ed i giocattoli che, venendo a contatto con i consumatori, rischiano di danneggiare la loro salute, a partire dalla nascita di allergie fino ad arrivare ai casi di sviluppo di vere e proprie patologie;
l'Italia è uno dei Paesi più danneggiati dal mercato del falso perché ha una struttura produttiva composta per la grande maggioranza da imprese piccole e medio-piccole che, per la loro esperienza e capacità, sono in grado di offrire sul mercato prodotti di altissima qualità ed eccellenza;
secondo i dati forniti dal Censis, il mercato del falso nel nostro Paese ha realizzato nel corso del 2008 un «fatturato» di 7 miliardi e 107 milioni di euro. Le perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali sono state calcolate in 5 miliardi e 281 milioni di euro; sono 130 mila i posti di lavoro sottratti all'economia regolare;
negli ultimi anni i sequestri di prodotti contraffatti hanno registrato un notevole aumento in quasi tutti i comparti, ad eccezione dell'elettronica, i cui prodotti sono ancora fortemente copiati. L'Italia, in particolare, nel recepire la direttiva 2004/108/CE con il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 194, ha esplicitamente vietato di apporre sugli apparecchi e i relativi imballaggi ed istruzioni per l'uso segni che possano indurre in errore il consumatore in relazione al significato o alla forma grafica della marcatura CE, prevedendo l'applicazione di apposite sanzioni nel caso di violazioni della norma;
nonostante gli espliciti divieti e le sanzioni previste dal sopra citato decreto legislativo, l'utilizzo del marchio contraffatto «China Export» risulta ancora molto diffuso, come peraltro emerge dalle segnalazioni provenienti dal mondo delle imprese e dai consumatori,

impegna il Governo:

a dare ulteriore impulso al contrasto della contraffazione dei prodotti e dei marchi, e fornire maggiore tutela contro le forme di uso fraudolento o improprio del marchio CE;
a prevedere meccanismi di garanzia della conformità dei prodotti ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive comunitarie, a tutela delle imprese e dei consumatori;
ad implementare i controlli sul territorio nazionale e alle dogane volti a bloccare l'ingresso di prodotti falsati che inducono in inganno i consumatori, creando un danno alle imprese e, più in generale, all'economia del Paese.
(1-00671)
(Testo modificato nel corso della seduta)«Reguzzoni, Baldelli, Lussana, Montagnoli, Luciano Dussin, Fogliato, Montagnoli, Dal Lago, Fava, Maggioni, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi, Stucchi, Mistrello Destro, Galati, Ascierto, Golfo, Cosenza».
(30 giugno 2011)

La Camera,
premesso che:
la contraffazione nel nostro Paese rappresenta, secondo gli ultimi studi condotti dal Censis e le risultanze derivanti dalle indagini eseguite dalla Guardia di finanza, una vera e propria economia parallela che ogni anno fattura più di 7 miliardi di euro, con conseguenti ingentissime perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali e contributive e ben 130 mila posti di lavoro sottratti all'economia regolare;
il fenomeno della contraffazione, inoltre, si avvale di metodi sempre più sofisticati e risulta in aumento nel nostro Paese, come del resto testimoniano i dati ufficiali più recenti con riferimento all'anno 2010 e i primi 5 mesi dell'anno 2011:
a) nel corso del 2010 la Guardia di finanza ha sequestrato 110 milioni di prodotti contraffatti o pericolosi e sono state denunciate all'autorità giudiziaria ben 13.234 persone. Nel corso delle indagini compiute nel 2010 è stato accertato come il fenomeno della contraffazione si stia progressivamente sviluppando nell'ambito di una molteplicità di settori merceologici che vanno dai ricambi delle auto ai caschi per le motociclette, dai farmaci ai cosmetici, dagli oggetti di bigiotteria, alle figurine, dai giocattoli agli alimenti. In buona sostanza, sebbene l'alta moda, l'abbigliamento e i suoi accessori si siano confermati settori in cui la contraffazione e la falsa indicazione del made in Italy sono ancora fortemente diffusi, le operazioni condotte nel 2010 hanno evidenziato un notevole aumento dei sequestri di beni di largo consumo (+ 36 per cento) e di prodotti pericolosi per la salute (+33 per cento). Si conferma, inoltre, il coinvolgimento sempre maggiore della criminalità organizzata italiana e straniera nell'industria del falso: 341 sono le persone che sono state denunciate per associazione per delinquere finalizzata alla contraffazione e 98 quelle arrestate, il 50 per cento in più rispetto al 2009;
b) nei soli primi 5 mesi del 2011 sono state sequestrate quasi 37 milioni di merci contraffatte. Il comparto moda continua ad essere quello in cui si registrano i sequestri più ingenti (quasi 16 milioni di prodotti), anche se il settore che attualmente manifesta il più marcato trend in aumento (+35 per cento rispetto ai primi cinque mesi del 2010) è quello dei beni di largo consumo, tra cui emergono i sequestri di cosmetici contraffatti o insicuri, aumentati di sei volte rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno;
la contraffazione di alcuni prodotti, in particolare, come quelli farmaceutici, gli alimentari, i giocattoli o le parti di veicoli, rappresenta un pericolo immediato per i consumatori, minacciandone la salute e la sicurezza. In materia di contraffazione di farmaci si segnala, in particolare, l'allarme lanciato il 25 marzo 2011 dall'Adiconsum (Associazione difesa consumatori e ambiente) che ha pubblicato un'indagine dalla quale emerge che ogni anno in Europa 200.000 persone muoiono di malaria perché curati con farmaci contraffatti, mentre 50.000 bambini perdono la vita dopo aver ricevuto una vaccinazione antimeningite rivelatasi in seguito contraffatta;
l'Italia, inoltre, è uno dei Paesi a maggiore rischio di perdita di competitività a causa dello sviluppo del mercato del falso, sia perché caratterizzata da un tessuto produttivo composto in gran parte da piccole e medie imprese che sovente riscontrano enormi difficoltà nel contrastare adeguatamente il fenomeno, sia perché l'Italia vanta una significativa quota di produzione e di export nel settore dei beni di lusso che corrisponde a uno di quei settori maggiormente esposti alla concorrenza sleale dei prodotti contraffatti;
alla base dello sviluppo dell'industria della contraffazione concorrono vari fattori tra i quali si annovera, in particolare, la globalizzazione del mercato che ha spostato le produzioni nei Paesi asiatici e in quelli dell'est europeo, dove il costo della manodopera è molto più esiguo che in Italia. La produzione mondiale di merci contraffatte proviene, infatti, per il 70 per cento dal sud-est asiatico (soprattutto Cina, ma anche Thailandia, Taiwan e Corea) e la relativa destinazione interessa per il 60 per cento l'Unione europea;
la produzione di merci contraffatte in Italia si concentra per il 69 per cento nelle regioni del Sud ed interessa, in particolare, la regione Campania (cd, dvd, abbigliamento) che guida con largo margine la classifica con quasi la metà dei prodotti sequestrati su tutto il territorio nazionale. Alla Campania seguono la regione Lombardia nei settori della componentistica elettronica e dei profumi, il Veneto specie nei settori degli occhiali e delle calzature, le Marche, la Toscana (in particolare, Prato nel settore della pelletteria) e la Puglia;
secondo quanto emerge dalla recentissima indagine «Le caratteristiche della criminalità organizzata cinese in Italia», presentata in data 18 maggio 2011 dall'Osservatorio socio-economico sulla criminalità del Cnel, la contraffazione di prodotti costituisce il principale business delle organizzazioni criminali cinesi in Italia e Roma rappresenta il principale centro di smistamento e stoccaggio di questa merce che, in numerosissimi casi, reca il marchio contraffatto CE, quale acronimo di «China Export» in violazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 194, di recepimento della direttiva 2004/108/CE che vietano l'utilizzazione di segni che possano indurre in errore il consumatore in relazione al significato o alla forma grafica della marcatura CE che, come noto significa «Conformité Européenne» ed indica che il prodotto che lo porta è conforme ai requisiti essenziali previsti da direttive in materia di sicurezza, sanità pubblica e tutela del consumatore;
il fenomeno della contraffazione si presenta come un insieme complesso di violazioni a leggi, norme, regolamenti e vincoli contrattuali che regolano i diritti di proprietà intellettuale e di sfruttamento commerciale di prodotti di ogni genere ed è caratterizzato dalla presenza in Italia di due realtà particolarmente massicce: a) le merci contraffatte, ovvero le merci che recano illecitamente un marchio identico ad un marchio registrato; b) le merci usurpative, cioè quelle merci che costituiscono riproduzioni illecite di prodotti coperti da copyright;
attorno a queste due tipologie predominanti, esiste un'ulteriore realtà di vari fenomeni illeciti, o al limite del lecito, che costituiscono un habitat favorevole alla contraffazione, alla pirateria e a ogni altra attività criminale ad esse connessa. Fra questi si menzionano: a) le sovrapproduzioni illegittime approntate da licenziatari di produzione infedeli e da questi smerciate, con o senza il marchio originale, ma comunque in violazione del contratto di licenza; b) le produzioni destinate contrattualmente a specifiche aree geografiche, ma dirottate da licenziatari commerciali infedeli fuori dalle zone di loro pertinenza; c) la produzione di prodotti che, senza violare direttamente marchi o modelli, ne imitano in maniera tendenziosa e confusiva l'aspetto;
i disastri prodotti dalla contraffazione si configurano come l'esatto opposto dei benefici prodotti dalla sana concorrenza, in cui i produttori competono l'uno contro l'altro per il favore del consumatore sulla base della qualità e del prezzo. Lo scopo del contraffattore è invece quello di realizzare guadagni attraverso l'inganno, assumendo fraudolentemente l'identità di un produttore famoso e affidabile, in modo da evitare gli investimenti necessari per creare prodotti autenticamente di buona qualità. Il contraffattore non ha, quindi, nessun interesse ad investire nella buona qualità dei materiali impiegati, nei sistemi di controllo della qualità degli oggetti prodotti, nella ricerca e sviluppo volta alla continua innovazione e, infine, nello sviluppo di tecniche di comunicazione e vendita volte a proporre i propri prodotti;
la contraffazione che, nell'immaginario collettivo continua ad essere considerata un trascurabile fenomeno di «microcriminalità» più folcloristica che preoccupante, presenta invece le caratteristiche di un vero e proprio cancro che aggredisce progressivamente la società in tutto il suo insieme;
nella seduta del 13 luglio 2010 la Camera dei deputati ha approvato il testo unificato doc. XXII, n. 12-16-A, che istituisce una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale;
durante l'audizione svoltasi il 16 febbraio 2011 del comandante generale della Guardia di finanza, generale di corpo d'armata Nino Di Paolo, è emersa con tutta evidenza l'esigenza di intervenire nella lotta alla contraffazione anche e soprattutto attraverso un cambiamento della cultura e della percezione da parte del consumatore, facendo conoscere il valore, non solo culturale ma anche tecnico della merce che si acquista. Il consumatore, in buona sostanza, deve percepire che attingere all'offerta illecita non è un affare, non soltanto in termini di pericolosità ma anche in termini economici;
durante l'audizione dei rappresentanti di Confindustria del 16 marzo 2011 è stata altresì evidenziata l'esigenza di arricchire la legislazione attualmente vigente sulla contraffazione con normative più precise in materia di commercio elettronico a livello internazionale;
durante l'audizione del sottocapo di Stato maggiore del comando generale dell'Arma dei carabinieri, generale di divisione Antonio Ricciardi, svoltasi recentissimamente, ovvero il 22 giugno 2011, nell'analizzare nello specifico gli aspetti relativi alla lotta all'agropirateria, è stato sottolineato come, per quanto concerne gli aspetti relativi alle problematiche legate all'italian sounding, ovvero l'evocazione in etichetta dei prodotti tipici italiani, che penalizza gravemente le produzioni agroalimentari nazionali, si registri una carenza di strumenti di tutela a livello internazionale per la mancanza di una normativa che renda obbligatoria l'indicazione in etichetta della vera origine del prodotto agroalimentare,

impegna il Governo:

ad adottare con urgenza ogni iniziativa di competenza, anche presso le competenti sedi europee, volta ad arginare il dirompente fenomeno della contraffazione che minaccia i consumatori e le imprese del nostro Paese, sollecitando gli Stati membri dell'Unione europea ad attuare un efficace e continuo monitoraggio in tempo reale delle importazioni extracomunitarie provenienti in particolare dal sud-est asiatico, e segnatamente dalla Cina, così da garantire la piena attuazione dei divieti e delle correlative sanzioni previste dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n.194, di recepimento della direttiva 2004/108/CE;
ad assumere ogni iniziativa, anche normativa, volta a potenziare il controllo della diffusione delle merci contraffatte su siti di compravendita on line, come e-Bay, promuovendo al contempo le opportune iniziative affinché l'Unione europea - oltre al nostro Paese - si faccia carico di portare avanti dei regolamenti a livello di Wto (World trade organization - Organizzazione mondiale del commercio) nell'ottica di riordinare l'intera normativa in materia;
a rafforzare ulteriormente le politiche di tutela e di controllo della qualità dei prodotti agricoli e di contrasto alla contraffazione ed all'«agropirateria» sui mercati interni ed esteri;
ad adottare le opportune iniziative tese ad avviare specifiche campagne informative nelle scuole di istruzione primaria e secondaria sulla gravità del fenomeno della contraffazione, rafforzando al contempo gli strumenti di sensibilizzazione dei consumatori italiani utilizzati sino ad oggi dalle istituzioni pubbliche;
a valutare l'opportunità di adottare ogni atto di competenza volto a dotare le dogane italiane di strumenti tecnologici adeguati al controllo qualitativo delle merci, al fine di individuare la presenza di sostanze vietate per legge e pericolose per la salute pubblica;
ad individuare specifici indirizzi per sostenere il made in Italy e per promuovere l'immagine dell'Italia all'estero, anche attraverso l'implementazione di strumenti efficaci a contrastare gli abusi di mercato e la contraffazione a garanzia delle imprese e a tutela dei consumatori, valutando altresì l'opportunità di incrementare le risorse finanziarie attualmente previste dalla decisione di bilancio 2011 per sostenere la lotta alla contraffazione pari a soli 0,9 milioni di euro (tab.3, missione 1, competitività e sviluppo delle imprese (11), programma 1.1. cap. 2385).
(1-00684)
«Cimadoro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Cambursano, Di Pietro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».
(7 luglio 2011)

La Camera,
premesso che:
la contraffazione nel nostro Paese rappresenta, secondo gli ultimi studi condotti dal Censis e le risultanze derivanti dalle indagini eseguite dalla Guardia di finanza, una vera e propria economia parallela che ogni anno fattura più di 7 miliardi di euro, con conseguenti ingentissime perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali e contributive e ben 130 mila posti di lavoro sottratti all'economia regolare;
il fenomeno della contraffazione, inoltre, si avvale di metodi sempre più sofisticati e risulta in aumento nel nostro Paese, come del resto testimoniano i dati ufficiali più recenti con riferimento all'anno 2010 e i primi 5 mesi dell'anno 2011:
a) nel corso del 2010 la Guardia di finanza ha sequestrato 110 milioni di prodotti contraffatti o pericolosi e sono state denunciate all'autorità giudiziaria ben 13.234 persone. Nel corso delle indagini compiute nel 2010 è stato accertato come il fenomeno della contraffazione si stia progressivamente sviluppando nell'ambito di una molteplicità di settori merceologici che vanno dai ricambi delle auto ai caschi per le motociclette, dai farmaci ai cosmetici, dagli oggetti di bigiotteria, alle figurine, dai giocattoli agli alimenti. In buona sostanza, sebbene l'alta moda, l'abbigliamento e i suoi accessori si siano confermati settori in cui la contraffazione e la falsa indicazione del made in Italy sono ancora fortemente diffusi, le operazioni condotte nel 2010 hanno evidenziato un notevole aumento dei sequestri di beni di largo consumo (+ 36 per cento) e di prodotti pericolosi per la salute (+33 per cento). Si conferma, inoltre, il coinvolgimento sempre maggiore della criminalità organizzata italiana e straniera nell'industria del falso: 341 sono le persone che sono state denunciate per associazione per delinquere finalizzata alla contraffazione e 98 quelle arrestate, il 50 per cento in più rispetto al 2009;
b) nei soli primi 5 mesi del 2011 sono state sequestrate quasi 37 milioni di merci contraffatte. Il comparto moda continua ad essere quello in cui si registrano i sequestri più ingenti (quasi 16 milioni di prodotti), anche se il settore che attualmente manifesta il più marcato trend in aumento (+35 per cento rispetto ai primi cinque mesi del 2010) è quello dei beni di largo consumo, tra cui emergono i sequestri di cosmetici contraffatti o insicuri, aumentati di sei volte rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno;
la contraffazione di alcuni prodotti, in particolare, come quelli farmaceutici, gli alimentari, i giocattoli o le parti di veicoli, rappresenta un pericolo immediato per i consumatori, minacciandone la salute e la sicurezza. In materia di contraffazione di farmaci si segnala, in particolare, l'allarme lanciato il 25 marzo 2011 dall'Adiconsum (Associazione difesa consumatori e ambiente) che ha pubblicato un'indagine dalla quale emerge che ogni anno in Europa 200.000 persone muoiono di malaria perché curati con farmaci contraffatti, mentre 50.000 bambini perdono la vita dopo aver ricevuto una vaccinazione antimeningite rivelatasi in seguito contraffatta;
l'Italia, inoltre, è uno dei Paesi a maggiore rischio di perdita di competitività a causa dello sviluppo del mercato del falso, sia perché caratterizzata da un tessuto produttivo composto in gran parte da piccole e medie imprese che sovente riscontrano enormi difficoltà nel contrastare adeguatamente il fenomeno, sia perché l'Italia vanta una significativa quota di produzione e di export nel settore dei beni di lusso che corrisponde a uno di quei settori maggiormente esposti alla concorrenza sleale dei prodotti contraffatti;
alla base dello sviluppo dell'industria della contraffazione concorrono vari fattori tra i quali si annovera, in particolare, la globalizzazione del mercato che ha spostato le produzioni nei Paesi asiatici e in quelli dell'est europeo, dove il costo della manodopera è molto più esiguo che in Italia. La produzione mondiale di merci contraffatte proviene, infatti, per il 70 per cento dal sud-est asiatico (soprattutto Cina, ma anche Thailandia, Taiwan e Corea) e la relativa destinazione interessa per il 60 per cento l'Unione europea;
la produzione di merci contraffatte in Italia si concentra per il 69 per cento nelle regioni del Sud ed interessa, in particolare, la regione Campania (cd, dvd, abbigliamento) che guida con largo margine la classifica con quasi la metà dei prodotti sequestrati su tutto il territorio nazionale. Alla Campania seguono la regione Lombardia nei settori della componentistica elettronica e dei profumi, il Veneto specie nei settori degli occhiali e delle calzature, le Marche, la Toscana (in particolare, Prato nel settore della pelletteria) e la Puglia;
secondo quanto emerge dalla recentissima indagine «Le caratteristiche della criminalità organizzata cinese in Italia», presentata in data 18 maggio 2011 dall'Osservatorio socio-economico sulla criminalità del Cnel, la contraffazione di prodotti costituisce il principale business delle organizzazioni criminali cinesi in Italia e Roma rappresenta il principale centro di smistamento e stoccaggio di questa merce che, in numerosissimi casi, reca il marchio contraffatto CE, quale acronimo di «China Export» in violazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 194, di recepimento della direttiva 2004/108/CE che vietano l'utilizzazione di segni che possano indurre in errore il consumatore in relazione al significato o alla forma grafica della marcatura CE che, come noto significa «Conformité Européenne» ed indica che il prodotto che lo porta è conforme ai requisiti essenziali previsti da direttive in materia di sicurezza, sanità pubblica e tutela del consumatore;
il fenomeno della contraffazione si presenta come un insieme complesso di violazioni a leggi, norme, regolamenti e vincoli contrattuali che regolano i diritti di proprietà intellettuale e di sfruttamento commerciale di prodotti di ogni genere ed è caratterizzato dalla presenza in Italia di due realtà particolarmente massicce: a) le merci contraffatte, ovvero le merci che recano illecitamente un marchio identico ad un marchio registrato; b) le merci usurpative, cioè quelle merci che costituiscono riproduzioni illecite di prodotti coperti da copyright;
attorno a queste due tipologie predominanti, esiste un'ulteriore realtà di vari fenomeni illeciti, o al limite del lecito, che costituiscono un habitat favorevole alla contraffazione, alla pirateria e a ogni altra attività criminale ad esse connessa. Fra questi si menzionano: a) le sovrapproduzioni illegittime approntate da licenziatari di produzione infedeli e da questi smerciate, con o senza il marchio originale, ma comunque in violazione del contratto di licenza; b) le produzioni destinate contrattualmente a specifiche aree geografiche, ma dirottate da licenziatari commerciali infedeli fuori dalle zone di loro pertinenza; c) la produzione di prodotti che, senza violare direttamente marchi o modelli, ne imitano in maniera tendenziosa e confusiva l'aspetto;
i disastri prodotti dalla contraffazione si configurano come l'esatto opposto dei benefici prodotti dalla sana concorrenza, in cui i produttori competono l'uno contro l'altro per il favore del consumatore sulla base della qualità e del prezzo. Lo scopo del contraffattore è invece quello di realizzare guadagni attraverso l'inganno, assumendo fraudolentemente l'identità di un produttore famoso e affidabile, in modo da evitare gli investimenti necessari per creare prodotti autenticamente di buona qualità. Il contraffattore non ha, quindi, nessun interesse ad investire nella buona qualità dei materiali impiegati, nei sistemi di controllo della qualità degli oggetti prodotti, nella ricerca e sviluppo volta alla continua innovazione e, infine, nello sviluppo di tecniche di comunicazione e vendita volte a proporre i propri prodotti;
la contraffazione che, nell'immaginario collettivo continua ad essere considerata un trascurabile fenomeno di «microcriminalità» più folcloristica che preoccupante, presenta invece le caratteristiche di un vero e proprio cancro che aggredisce progressivamente la società in tutto il suo insieme;
nella seduta del 13 luglio 2010 la Camera dei deputati ha approvato il testo unificato doc. XXII, n. 12-16-A, che istituisce una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale;
durante l'audizione svoltasi il 16 febbraio 2011 del comandante generale della Guardia di finanza, generale di corpo d'armata Nino Di Paolo, è emersa con tutta evidenza l'esigenza di intervenire nella lotta alla contraffazione anche e soprattutto attraverso un cambiamento della cultura e della percezione da parte del consumatore, facendo conoscere il valore, non solo culturale ma anche tecnico della merce che si acquista. Il consumatore, in buona sostanza, deve percepire che attingere all'offerta illecita non è un affare, non soltanto in termini di pericolosità ma anche in termini economici;
durante l'audizione dei rappresentanti di Confindustria del 16 marzo 2011 è stata altresì evidenziata l'esigenza di arricchire la legislazione attualmente vigente sulla contraffazione con normative più precise in materia di commercio elettronico a livello internazionale;
durante l'audizione del sottocapo di Stato maggiore del comando generale dell'Arma dei carabinieri, generale di divisione Antonio Ricciardi, svoltasi recentissimamente, ovvero il 22 giugno 2011, nell'analizzare nello specifico gli aspetti relativi alla lotta all'agropirateria, è stato sottolineato come, per quanto concerne gli aspetti relativi alle problematiche legate all'italian sounding, ovvero l'evocazione in etichetta dei prodotti tipici italiani, che penalizza gravemente le produzioni agroalimentari nazionali, si registri una carenza di strumenti di tutela a livello internazionale per la mancanza di una normativa che renda obbligatoria l'indicazione in etichetta della vera origine del prodotto agroalimentare,

impegna il Governo:

ad adottare con urgenza ogni iniziativa di competenza, anche presso le competenti sedi europee, volta ad arginare il dirompente fenomeno della contraffazione che minaccia i consumatori e le imprese del nostro Paese, sollecitando gli Stati membri dell'Unione europea ad attuare un efficace e continuo monitoraggio in tempo reale delle importazioni extracomunitarie provenienti in particolare dal sud-est asiatico, e segnatamente dalla Cina, così da garantire la piena attuazione dei divieti e delle correlative sanzioni previste dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n.194, di recepimento della direttiva 2004/108/CE;
ad assumere ogni iniziativa, anche normativa, volta a potenziare il controllo della diffusione delle merci contraffatte su siti di compravendita on line, come e-Bay, promuovendo al contempo le opportune iniziative affinché l'Unione europea - oltre al nostro Paese - si faccia carico di portare avanti dei regolamenti a livello di Wto (World trade organization - Organizzazione mondiale del commercio) nell'ottica di riordinare l'intera normativa in materia;
a rafforzare ulteriormente le politiche di tutela e di controllo della qualità dei prodotti agricoli e di contrasto alla contraffazione ed all'«agropirateria» sui mercati interni ed esteri;
ad adottare le opportune iniziative tese ad avviare specifiche campagne informative nelle scuole di istruzione primaria e secondaria sulla gravità del fenomeno della contraffazione, rafforzando al contempo gli strumenti di sensibilizzazione dei consumatori italiani utilizzati sino ad oggi dalle istituzioni pubbliche;
a valutare l'opportunità di adottare ogni atto di competenza volto a dotare le dogane italiane di strumenti tecnologici adeguati al controllo qualitativo delle merci, al fine di individuare la presenza di sostanze vietate per legge e pericolose per la salute pubblica;
ad individuare specifici indirizzi per sostenere il made in Italy e per promuovere l'immagine dell'Italia all'estero, anche attraverso l'implementazione di strumenti efficaci a contrastare gli abusi di mercato e la contraffazione a garanzia delle imprese e a tutela dei consumatori, e ad attuare, compatibilmente con la salvaguardia degli equilibri di bilancio, tutte le iniziative utili a raggiungere i suddetti obiettivi.
(1-00684)
(Testo modificato nel corso della seduta)«Cimadoro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Cambursano, Di Pietro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».
(7 luglio 2011)

La Camera,
premesso che:
la contraffazione è un fenomeno che in Italia ha raggiunto livelli insostenibili e che interessa praticamente tutte le tipologie di prodotti e non c'è un settore produttivo che non sia interessato dal fenomeno;
la vastità e la portata delle contraffazioni deve portare lo Stato ad attuare efficaci azioni anticontraffazione che devono basarsi sulla conoscenza e sulla quantificazione del fenomeno tenendo, altresì, conto degli effetti discorsivi della contraffazione sia in riferimento ai settori produttivi che a quelli dell'occupazione, dei consumi, delle entrate fiscali, dei flussi commerciali e, non ultimi, quelli relativi agli investimenti;
ormai la contraffazione è diventata una linea di attività e interesse della criminalità organizzata che vede in essa la possibilità di ricavare enormi introiti tanto che si renderebbe necessario anche il monitoraggio continuativo, con particolare attenzione per il coinvolgimento della criminalità organizzata italiana e internazionale nel commercio e produzione di prodotti contraffatti, con una particolare attenzione nei riguardi delle direttrici in entrata e in uscita dei prodotti contraffatti gestiti dalla criminalità organizzata;
il Governo Berlusconi ha dato un grande impulso al contrasto alla contraffazione con l'approvazione della legge n. 99 del 2009 (cosiddetta legge sviluppo) che reca il pacchetto contraffazione. In tale contesto sono state previste misure relative alla protezione dei diritti di proprietà intellettuale e dei prodotti made in Italy e con la stessa legge è stato istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il Consiglio nazionale anticontraffazione con le funzioni di indirizzo, impulso e coordinamento di tutte le amministrazioni centrali e locali che si occupano di lotta alla contraffazione;
nel triennio 2008-2010 il rapporto Iperico sulla contraffazione affermava che si erano operati 56.055 sequestri, per un totale di oltre 174 milioni di articoli contraffatti;
nel citato rapporto si riferisce che sempre nel triennio 2008-2010 il maggior numero di sequestri si è verificato nel Lazio con 12.158 operazioni pari al 22 per cento del totale dei sequestri effettuati a livello nazionale, a seguire la Lombardia, 8.664 sequestri, il 15 per cento del totale, la Campania, 6.760 sequestri pari al 12,1 per cento, la Puglia con 5.358 sequestri il 9,6 per cento;
le prime quattro regioni raggiungono complessivamente il 60 per cento delle azioni di sequestro realizzate dalla Guardia di finanza e dall'Agenzia delle dogane;
il 72 per cento dei sequestri riguardano le categorie merceologiche degli accessori, dell'abbigliamento e delle calzature;
analoga attenzione va rivolta alla contraffazione degli stessi marchi e non solo dei prodotti in quanto tali,

impegna il Governo:

a dare ulteriore impulso al contrasto della contraffazione dei prodotti e dei marchi, con particolare attenzione alle forme di contraffazione del marchio CE;
a concordare a livello europeo un'azione di contrasto efficace della contraffazione dei prodotti e dei marchi, in particolare quello CE, nonché un'azione coordinata e continuativa di monitoraggio e contrasto dei prodotti contraffatti gestiti dalla criminalità organizzata e sulle direttrici in entrata e in uscita dall'Italia e nel resto dei Paesi aderenti all'Unione europea;
a garantire, anche attraverso l'assunzione di ulteriori iniziative, anche di carattere normativo, l'aumento di efficacia dei controlli dei prodotti, ai fini della sicurezza e tutela dei consumatori e dei produttori;
ad inviare rapporti annuali al Parlamento che contengano i dati relativi alle azioni di contrasto delle contraffazioni, sulle direttrici in entrata e in uscita dall'Italia dei prodotti contraffatti.
(1-00688)
«Moffa, Belcastro, Calearo Ciman, D'Anna, Grassano, Gianni, Guzzanti, Iannaccone, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Nola, Orsini, Mario Pepe (Misto), Pionati, Pisacane, Porfidia, Razzi, Ruvolo, Sardelli, Scilipoti, Siliquini, Soglia, Stasi, Taddei».
(11 luglio 2011)

La Camera,
premesso che:
la contraffazione è un fenomeno che in Italia ha raggiunto livelli insostenibili e che interessa praticamente tutte le tipologie di prodotti e non c'è un settore produttivo che non sia interessato dal fenomeno;
la vastità e la portata delle contraffazioni deve portare lo Stato ad attuare efficaci azioni anticontraffazione che devono basarsi sulla conoscenza e sulla quantificazione del fenomeno tenendo, altresì, conto degli effetti discorsivi della contraffazione sia in riferimento ai settori produttivi che a quelli dell'occupazione, dei consumi, delle entrate fiscali, dei flussi commerciali e, non ultimi, quelli relativi agli investimenti;
ormai la contraffazione è diventata una linea di attività e interesse della criminalità organizzata che vede in essa la possibilità di ricavare enormi introiti tanto che si renderebbe necessario anche il monitoraggio continuativo, con particolare attenzione per il coinvolgimento della criminalità organizzata italiana e internazionale nel commercio e produzione di prodotti contraffatti, con una particolare attenzione nei riguardi delle direttrici in entrata e in uscita dei prodotti contraffatti gestiti dalla criminalità organizzata;
con la legge n. 99 del 2009 (cosiddetta legge sviluppo) sono state previste misure relative alla protezione dei diritti di proprietà intellettuale e dei prodotti made in Italy e con la stessa legge è stato istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il Consiglio nazionale anticontraffazione con le funzioni di indirizzo, impulso e coordinamento di tutte le amministrazioni centrali e locali che si occupano di lotta alla contraffazione;
nel triennio 2008-2010 il rapporto Iperico sulla contraffazione affermava che si erano operati 56.055 sequestri, per un totale di oltre 174 milioni di articoli contraffatti;
nel citato rapporto si riferisce che sempre nel triennio 2008-2010 il maggior numero di sequestri si è verificato nel Lazio con 12.158 operazioni pari al 22 per cento del totale dei sequestri effettuati a livello nazionale, a seguire la Lombardia, 8.664 sequestri, il 15 per cento del totale, la Campania, 6.760 sequestri pari al 12,1 per cento, la Puglia con 5.358 sequestri il 9,6 per cento;
le prime quattro regioni raggiungono complessivamente il 60 per cento delle azioni di sequestro realizzate dalla Guardia di finanza e dall'Agenzia delle dogane;
il 72 per cento dei sequestri riguardano le categorie merceologiche degli accessori, dell'abbigliamento e delle calzature;
analoga attenzione va rivolta alla contraffazione degli stessi marchi e non solo dei prodotti in quanto tali,

impegna il Governo:

a dare ulteriore impulso al contrasto della contraffazione dei prodotti e dei marchi, e fornire maggiore tutela contro le forme di uso fraudolento o improprio del marchio CE;
a concordare a livello europeo un'azione di contrasto efficace della contraffazione dei prodotti e dei marchi, dando maggiore tutela contro le forme di uso fraudolento o improprio del marchio CE, nonché un'azione coordinata e continuativa di monitoraggio e contrasto dei prodotti contraffatti gestiti dalla criminalità organizzata e sulle direttrici in entrata e in uscita dall'Italia e nel resto dei Paesi aderenti all'Unione europea;
a garantire, anche attraverso l'assunzione di ulteriori iniziative, anche di carattere normativo, l'aumento di efficacia dei controlli dei prodotti, ai fini della sicurezza e tutela dei consumatori e dei produttori;
a prevedere l'invio di rapporti annuali al Parlamento che contengano i dati relativi alle azioni di contrasto delle contraffazioni, sulle direttrici in entrata e in uscita dall'Italia dei prodotti contraffatti.
(1-00688)
(Testo modificato nel corso della seduta)«Moffa, Belcastro, Calearo Ciman, D'Anna, Grassano, Gianni, Guzzanti, Iannaccone, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Nola, Orsini, Mario Pepe (Misto), Pionati, Pisacane, Porfidia, Razzi, Ruvolo, Sardelli, Scilipoti, Siliquini, Soglia, Stasi, Taddei».
(11 luglio 2011)

La Camera,
premesso che:
nel corso degli ultimi anni si è registrata una crescita costante del fenomeno della contraffazione e della violazione dei diritti di proprietà intellettuale che sta minacciando il sistema industriale italiano, la cui capacità competitiva è basata, soprattutto, sulla qualità della produzione;
i danni prodotti da questo fenomeno risultano ancor più preoccupanti in un momento congiunturale di crisi economica generalizzata come quello attuale;
oltre ad essere uno degli Stati dell'Unione europea maggiormente colpito da questo fenomeno, a causa della struttura del sistema-Paese, composta per la maggioranza di imprese piccole e medio-piccole che hanno difficoltà ad attrezzarsi per contrastare il fenomeno, l'Italia è uno dei Paesi che ha più da perdere in competitività per effetto del diffondersi del fenomeno;
secondo le stime dell'Organizzazione mondiale del commercio, i beni contraffatti ammontano all'8 per cento del commercio mondiale, mentre l'Ocse quantificava nel 2007 in 200 miliardi di dollari il giro d'affari complessivo della contraffazione. Il valore del mercato domestico del falso in Italia si aggirava sui 7 miliardi di euro nel 2008, senza considerare la quota di merci contraffatte che partono dal nostro Paese e senza contare la perdita di gettito fiscale per le casse dello Stato determinate dal fenomeno contraffattivo;
il fenomeno non sembra manifestare flessioni nonostante l'incessante attività di contrasto da parte dei nuclei specializzati delle forze dell'ordine, che hanno portato a continui ed ingenti sequestri di merce contraffatta (l'ultimo, di 13.000 pezzi in tre fabbriche abusive che producevano calzature, risale al 6 luglio 2011);
è superfluo considerare che le attività legate alla contraffazione costituiscono per la criminalità organizzata una fonte di reddito proficua a fronte di rischi penali molto bassi;
un altro elemento che caratterizza il fenomeno allo stato attuale è la sua diffusione attraverso internet, che consente, grazie ad un anonimato dell'offerta di fatto, di riproporre la medesima offerta di prodotti contraffatti, servendosi di una diversa identità e/o di un diverso fornitore di accesso;
la tipologia della merce contraffatta ha subito negli anni un'evoluzione, passando dal settore tessile, abbigliamento e pelletteria (soprattutto delle grandi firme della moda italiana) a prodotti di uso comune (apparecchi sanitari, ricambi auto, giocattoli ed altro), fino a toccare gli alimenti ed i farmaci, con gravi conseguenze sulla sicurezza e sulla salute del cittadino consumatore;
in particolare, per i consumatori, i casi di disturbi ed incidenti causati da prodotti contraffatti hanno riguardato l'uso di farmaci, alcolici, integratori alimentari e i beni di uso quotidiano (in particolare, giocattoli, calzature e abbigliamento);
secondo una stima della Cia-Confederazione italiana agricoltori, l'agropirateria internazionale nei confronti dell'agroalimentare made in Italy ha raggiunto un giro di affari pari a circa 60 miliardi di euro. In Italia si realizza più del 21 per cento dei prodotti a denominazione d'origine registrati a livello comunitario. A questi vanno aggiunti gli oltre 400 vini doc, docg e igt e gli oltre 4.000 prodotti tradizionali censiti dalle regioni e inseriti nell'albo nazionale. Una lunghissima lista di prodotti che ogni giorno, però, rischia di essere contraffatto, imitato o sofisticato;
i danni derivanti da tale situazione sono, purtroppo, destinati a crescere, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera difesa dei nostri dop, igp e stg, che comprendono formaggi, oli d'oliva, salumi, prosciutti e ortofrutticoli. La tutela dei prodotti a denominazione di origine non esiste ancora fuori dal territorio dell'Unione europea ed è, quindi, interesse prioritario del nostro Paese e dell'Unione europea riuscire ad ottenere il mutuo riconoscimento a livello internazionale delle denominazioni;
nonostante l'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2009/105/CE stabilisce che: «È vietato apporre sui recipienti (o sulla targhetta) marcature che possano indurre in errore i terzi circa il significato ed il simbolo grafico della marcatura CE (...)», l'articolo 11, paragrafo 3, della direttiva n. 88/378/CEE recita: «È vietato apporre sui giocattoli marcature che possano indurre in errore i terzi circa il significato ed il simbolo grafico della marcatura CE», l'articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 89/106/CEE dispone: «Gli Stati membri adottano le misure necessarie a vietare che si appongano sui prodotti o sui relativi imballaggi marcature che possano indurre in errore i terzi circa il significato ed il simbolo grafico della marcatura CE», gli Stati membri in realtà non sembrano in grado di vietare l'immissione sul loro mercato, e quindi su quello europeo, di prodotti provenienti da Paesi non membri dell'Unione europea e già marchiati;
infatti, sempre più numerosi sono i produttori cinesi che copiano il marchio CE, di conformità alle direttive europee, apposto sui prodotti provenienti dai Paesi membri dell'Unione europea, attraverso una loro versione corrispondente al marchio China Exportation, eludendo, quindi, tutte le prove di conformità agli standard di sicurezza europei ed inondando i nostri mercati di prodotti di dubbia efficacia, sicurezza e qualità,

impegna il Governo:

a considerare la lotta alla contraffazione una priorità europea, oltre che nazionale, e a promuovere forme di coordinamento più stringenti a livello di Unione europea;
a sollecitare le istituzioni europee affinché si adoperino fattivamente presso le massime istituzioni cinesi perché cessi l'uso fraudolento del marchio CE quale acronimo della sigla China Exportation;
a predisporre una massiccia campagna pubblica di informazione e sensibilizzazione anche attraverso accordi con istituti scolastici medi e superiori, università e centri di ricerca, Agenzia delle dogane, Guardia di finanza e Poligrafico dello Stato, per l'inserzione nei programmi didattici di momenti formativi specificamente dedicati alla materia;
ad assumere iniziative, anche normative, dirette a contrastare la contraffazione via internet, sia a livello nazionale sia a livello europeo;
a favorire, con accordi bilaterali con Paesi non membri dell'Unione europea, la cooperazione amministrativa per la lotta alla fonte del fenomeno nei Paesi di origine.
(1-00689)
«Anna Teresa Formisano, Della Vedova, Lanzillotta, Lo Monte, Galletti, Ruggeri, Pezzotta, Delfino, Ciccanti, Compagnon, Naro, Volontè, Raisi, Mosella, Pisicchio, Tabacci, Vernetti, Commercio, Latteri, Lombardo».
(11 luglio 2011)

La Camera,
premesso che:
nel corso degli ultimi anni si è registrata una crescita costante del fenomeno della contraffazione e della violazione dei diritti di proprietà intellettuale che sta minacciando il sistema industriale italiano, la cui capacità competitiva è basata, soprattutto, sulla qualità della produzione;
i danni prodotti da questo fenomeno risultano ancor più preoccupanti in un momento congiunturale di crisi economica generalizzata come quello attuale;
oltre ad essere uno degli Stati dell'Unione europea maggiormente colpito da questo fenomeno, a causa della struttura del sistema-Paese, composta per la maggioranza di imprese piccole e medio-piccole che hanno difficoltà ad attrezzarsi per contrastare il fenomeno, l'Italia è uno dei Paesi che ha più da perdere in competitività per effetto del diffondersi del fenomeno;
secondo le stime dell'Organizzazione mondiale del commercio, i beni contraffatti ammontano all'8 per cento del commercio mondiale, mentre l'Ocse quantificava nel 2007 in 200 miliardi di dollari il giro d'affari complessivo della contraffazione. Il valore del mercato domestico del falso in Italia si aggirava sui 7 miliardi di euro nel 2008, senza considerare la quota di merci contraffatte che partono dal nostro Paese e senza contare la perdita di gettito fiscale per le casse dello Stato determinate dal fenomeno contraffattivo;
il fenomeno non sembra manifestare flessioni nonostante l'incessante attività di contrasto da parte dei nuclei specializzati delle forze dell'ordine, che hanno portato a continui ed ingenti sequestri di merce contraffatta (l'ultimo, di 13.000 pezzi in tre fabbriche abusive che producevano calzature, risale al 6 luglio 2011);
è superfluo considerare che le attività legate alla contraffazione costituiscono per la criminalità organizzata una fonte di reddito proficua a fronte di rischi penali molto bassi;
un altro elemento che caratterizza il fenomeno allo stato attuale è la sua diffusione attraverso internet, che consente, grazie ad un anonimato dell'offerta di fatto, di riproporre la medesima offerta di prodotti contraffatti, servendosi di una diversa identità e/o di un diverso fornitore di accesso;
la tipologia della merce contraffatta ha subito negli anni un'evoluzione, passando dal settore tessile, abbigliamento e pelletteria (soprattutto delle grandi firme della moda italiana) a prodotti di uso comune (apparecchi sanitari, ricambi auto, giocattoli ed altro), fino a toccare gli alimenti ed i farmaci, con gravi conseguenze sulla sicurezza e sulla salute del cittadino consumatore;
in particolare, per i consumatori, i casi di disturbi ed incidenti causati da prodotti contraffatti hanno riguardato l'uso di farmaci, alcolici, integratori alimentari e i beni di uso quotidiano (in particolare, giocattoli, calzature e abbigliamento);
secondo una stima della Cia-Confederazione italiana agricoltori, l'agropirateria internazionale nei confronti dell'agroalimentare made in Italy ha raggiunto un giro di affari pari a circa 60 miliardi di euro. In Italia si realizza più del 21 per cento dei prodotti a denominazione d'origine registrati a livello comunitario. A questi vanno aggiunti gli oltre 400 vini doc, docg e igt e gli oltre 4.000 prodotti tradizionali censiti dalle regioni e inseriti nell'albo nazionale. Una lunghissima lista di prodotti che ogni giorno, però, rischia di essere contraffatto, imitato o sofisticato;
i danni derivanti da tale situazione sono, purtroppo, destinati a crescere, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera difesa dei nostri dop, igp e stg, che comprendono formaggi, oli d'oliva, salumi, prosciutti e ortofrutticoli. La tutela dei prodotti a denominazione di origine non esiste ancora fuori dal territorio dell'Unione europea ed è, quindi, interesse prioritario del nostro Paese e dell'Unione europea riuscire ad ottenere il mutuo riconoscimento a livello internazionale delle denominazioni;
nonostante l'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2009/105/CE stabilisce che: «È vietato apporre sui recipienti (o sulla targhetta) marcature che possano indurre in errore i terzi circa il significato ed il simbolo grafico della marcatura CE (...)», l'articolo 11, paragrafo 3, della direttiva n. 88/378/CEE recita: «È vietato apporre sui giocattoli marcature che possano indurre in errore i terzi circa il significato ed il simbolo grafico della marcatura CE», l'articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 89/106/CEE dispone: «Gli Stati membri adottano le misure necessarie a vietare che si appongano sui prodotti o sui relativi imballaggi marcature che possano indurre in errore i terzi circa il significato ed il simbolo grafico della marcatura CE», gli Stati membri in realtà non sembrano in grado di vietare l'immissione sul loro mercato, e quindi su quello europeo, di prodotti provenienti da Paesi non membri dell'Unione europea e già marchiati;
infatti, sempre più numerosi sono i produttori cinesi che copiano il marchio CE, di conformità alle direttive europee, apposto sui prodotti provenienti dai Paesi membri dell'Unione europea, attraverso una loro versione corrispondente al marchio China Exportation, eludendo, quindi, tutte le prove di conformità agli standard di sicurezza europei ed inondando i nostri mercati di prodotti di dubbia efficacia, sicurezza e qualità,

impegna il Governo:

a considerare la lotta alla contraffazione una priorità europea, oltre che nazionale, e a promuovere forme di coordinamento più stringenti a livello di Unione europea;
a dare ulteriore impulso al contrasto della contraffazione dei prodotti e dei marchi, e dare maggiore tutela contro le forme di uso fraudolento o improprio del marchio CE;
a predisporre una massiccia campagna pubblica di informazione e sensibilizzazione anche attraverso accordi con istituti scolastici medi e superiori, università e centri di ricerca, Agenzia delle dogane, Guardia di finanza e Poligrafico dello Stato, per l'inserzione nei programmi didattici di momenti formativi specificamente dedicati alla materia;
ad assumere iniziative, anche normative, dirette a contrastare la contraffazione via internet, sia a livello nazionale sia a livello europeo;
a favorire, con accordi bilaterali con Paesi non membri dell'Unione europea, la cooperazione amministrativa per la lotta alla fonte del fenomeno nei Paesi di origine.
(1-00689)
(Testo modificato nel corso della seduta)«Anna Teresa Formisano, Della Vedova, Lanzillotta, Lo Monte, Galletti, Ruggeri, Pezzotta, Delfino, Ciccanti, Compagnon, Naro, Volontè, Raisi, Mosella, Pisicchio, Tabacci, Vernetti, Commercio, Latteri, Lombardo».
(11 luglio 2011)

La Camera,
premesso che:
la globalizzazione dei mercati ha portato con sé la globalizzazione della contraffazione: l'Ocse stima che siano 149 i Paesi d'origine di prodotti contraffatti, 27 dei quali della stessa area Ocse, quindi altamente industrializzati, mentre cinque Paesi sono indicati come fonte principale da cui deriva l'80 per cento delle merci contraffatte, tra cui Cina, Hong Kong e Thailandia;
i prodotti contraffatti riguardano tutti i settori: dalla pelletteria ai cosmetici, all'abbigliamento, ai giocattoli, ai beni destinati all'infanzia, all'informatica, ai medicinali, agli alimenti, fino alla pirateria audiovisiva; il fenomeno investe la maggior parte dei beni di consumo;
le aziende italiane interessate all'italian style e colpite dalla contraffazione dei propri prodotti sono sottoposte non solo al danno della concorrenza sleale, ma anche alle spese derivanti dal contenzioso e dal contrasto del fenomeno;
è grave la distorsione del mercato del lavoro: le ditte regolari che occupano manodopera regolare si vedono surclassate da attività che utilizzano il lavoro nero, quindi, molto più competitive;
la contraffazione è, pertanto, un fenomeno di dimensioni amplissime, che non è stato affatto toccato dalla crisi e che continua ad operare tranquillamente, inducendo, anzi, un peggioramento della crisi nei Paesi manifatturieri, come l'Italia, che del valore qualitativo dei propri prodotti ha fatto un marchio Paese;
l'entità di questo mercato, nel nostro Paese, sta erodendo spazi di legalità e provocando danni consistenti al sistema economico e sociale;
si tratta di un fenomeno trasversale: la contraffazione è intimamente connessa con l'evasione fiscale e contributiva, con lo sfruttamento del lavoro nero, con il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, con il riciclaggio e il reimpiego di proventi illeciti, posti in essere da organizzazioni strettamente legate agli ambienti della criminalità organizzata;
i prodotti soggetti a contraffazione non sono più soltanto beni di lusso di costo elevato, ma le più svariate merci di uso comune; la situazione economica, infatti, ha dato impulso alla domanda di prodotti a basso costo per far fronte alle difficoltà legate alla recessione;
il mercato del falso finisce per diventare più appetibile, proponendo ai consumatori prodotti dalle caratteristiche simili a quelle ufficiali ma a prezzi più bassi, cioè alla portata di molte famiglie in crisi di liquidità;
la contraffazione in Italia alimenta un giro d'affari di quasi 10 miliardi di euro l'anno e la regione Campania, con circa la metà dei prodotti sequestrati su tutto il territorio nazionale, guida con largo margine la classifica delle regioni produttrici di beni contraffatti, mentre tra le regioni più colpite si annoverano Piemonte, Calabria, Toscana e Marche;
tuttavia, una parte molto grande della contraffazione segue rotte internazionali e attraversa le Alpi - soprattutto le merci dirette lungo la dorsale adriatica - sbarcando preferibilmente ad Amburgo, a Rotterdam e altrove;
uno dei maggiori problemi che l'Italia è chiamata ad affrontare in tema di contraffazione è rappresentato dal cosiddetto Italian sounding, ossia la diffusione all'estero di prodotti che presentano nomi, loghi, colori o slogan riconducibili all'Italia;
nella seduta del 13 luglio 2010 la Camera dei deputati ha approvato il testo unificato Doc. XXII, n. 12-16-A, che ha istituito una Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale. La deliberazione di inchiesta parlamentare è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 20 luglio 2010;
la Commissione ha svolto numerose audizioni che hanno impegnato i rappresentanti delle principali istituzioni che si occupano di contraffazione, oltre ai rappresentanti di associazioni di categoria, esperti e giornalisti;
dalle audizioni svolte nella sede della Commissione si deducono i seguenti dati:
a) il giro di affari dell'industria del falso è stimato fra il 2 e il 7 per cento dell'intero commercio mondiale. I dati del Censis, per quanto riguarda il nostro Paese, indicano che il mancato gettito è di 5 miliardi di euro, pari al 2,5 per cento del totale delle entrate tributarie;
b) l'industria del falso ha registrato negli ultimi anni una crescita di dimensioni esponenziali: secondo dati della Guardia di finanza, si è passati da 34 milioni di beni sequestrati nel 2003 ad oltre 110 milioni nel 2010;
c) i settori dell'alta moda, dell'abbigliamento e degli accessori si confermano i settori in cui la contraffazione e il falso del made in Italy sono sempre fortemente diffusi; nel 2010 i sequestri dei beni di consumo in Italia sono aumentati del 36 per cento rispetto al 2009 e tra questi spiccano i cosmetici, la bigiotteria, i ricambi per auto, gli accessori, la meccanica di precisione, nonché l'utensileria domestica;
d) negli ultimi tre anni si è, altresì, registrata una crescita dei prodotti pericolosi per la salute degli acquirenti e per la sicurezza pubblica, soprattutto giocattoli, prodotti per l'infanzia, prodotti per la pulizia della casa o medicinali; per questi settori i beni sottoposti a sequestro sono più che quadruplicati, da 9 milioni di pezzi ritirati nel 2008, ad oltre 40 milioni nel 2010;
e) per i prodotti alimentari gli ultimi dati, aggiornati al marzo 2010 da Federalimentare, descrivono un fenomeno che vale circa 60 miliardi di euro in termini di export, di cui 24 miliardi diretti al solo mercato nordamericano, 26 a quello europeo e oltre 10 agli altri mercati;
f) nel campo della contraffazione è sempre più forte l'ingerenza della criminalità organizzata, sia endogena sia straniera; il 47 per cento, quasi la metà dei soggetti segnalati per contraffazione all'autorità giudiziaria, e italiano;
g) per quanto riguarda gli stranieri, il 40 per cento è formato da extracomunitari; di questi, il 16-17 per cento è senegalese, l'11 per cento cinese, mentre i cittadini comunitari che si dedicano alla contraffazione costituiscono il 7-8 per cento, dato che, tuttavia, è salito al 16 per cento nel primo semestre del 2010, dando luogo a un nuovo fenomeno di espansione del trend, dovuto sia all'allargamento delle frontiere che alla crisi economica;
h) secondo l'ultimo rapporto della Commissione europea, il 64 per cento della produzione di merci contraffatte riguarda articoli che provengono dalla Cina, mentre nel bacino del Mediterraneo la fonte principale dei traffici è localizzata nell'area orientale;
i) l'89 per cento dei sequestri effettuati dalla Guardia di finanza sono stati eseguiti al di fuori degli spazi doganali; sempre più importante e pericoloso è il ricorso a internet, nuova frontiera della contraffazione e della pirateria; la Guardia di finanza ha sequestrato negli ultimi tre anni 42 siti web e oscurato, per la prima volta in Europa, un sito allocato sulla piattaforma estera in Svezia;
l) nel campo dei medicinali, se nella vendita al minuto in Italia la contraffazione è irrisoria, si calcola che circa il 50 per cento dei prodotti farmaceutici venduti via internet, soprattutto i surrogati, siano oggetto di contraffazione;
le audizioni svolte dalla Commissione hanno, altresì, messo in luce il ruolo della criminalità organizzata, che va orientando le sue scelte verso questa forma di investimento, ed in particolare:
a) gli affari della criminalità organizzata nella contraffazione sono agevolati dalla crisi degli ultimi anni che spinge le fasce più deboli della popolazione a surrogare, mediante prodotti contraffatti, gli acquisti che non potrebbero permettersi;
b) la lotta alla contraffazione è particolarmente difficile proprio a causa della complicità delle vittime: da una larga fascia di popolazione questo fenomeno non viene percepito come un problema criminale di grande rilevanza;
c) il maggiore allarme sociale è destato dalle attività svolte dai cinesi; il grosso della produzione contraffatta, completa o di parti assemblate nel nostro Paese, avviene, infatti, in Cina, dove il costo del lavoro è minimo rispetto a quello italiano, l'utilizzazione degli impianti è molto superiore a quella italiana, le aziende sono molto più grandi, i costi dell'energia elettrica risultano essere del 30 per cento più bassi rispetto all'Italia, il cambio è favorevole ai prodotti cinesi. In Cina non esistono o sono irrisorie le tutele ambientali e sociali; i cinesi, infine, costruiscono e producono utilizzando un know how senza costi, acquisito quasi sempre per imitazione;
d) i cinesi in Italia sono concentrati in Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia, Veneto e Lombardia e per primi hanno trovato forme di connivenza con la criminalità organizzata, in particolare la camorra, per estendere le proprie attività illecite;
e) tale sistema di criminalità organizzata agevola l'immigrazione clandestina e lo sfruttamento, dando impulso alla tratta degli esseri umani;
dal punto di vista economico è finita l'illusione che una globalizzazione deregolamentata sia in grado di sviluppare automaticamente benessere e deve, quindi, esser posto in tutte le sedi internazionali il tema dell'avvio di un nuovo ordine economico mondiale;
deve essere definita una nuova governance che coinvolga varie filiere, tra loro interrelate: meccanismi aggiornati di vigilanza sui mercati finanziari per garantirne la stabilità ed una efficienza duratura; la tutela della proprietà intellettuale e la lotta alla contraffazione; l'esigenza di conseguire nuove regole commerciali nei vari settori primario, secondario e terziario, a beneficio dei Paesi avanzati, dei Paesi emergenti e dei Paesi che sono ancora oggi fuori dai circuiti economici internazionali;
l'Europa sta prendendo lentamente consapevolezza del problema che attualmente è condiviso soltanto dai Paesi membri le cui economie si reggono sul manifatturiero: in una comunicazione del 22 novembre 2010 della Commissione europea inviata al Parlamento e al Consiglio si sottolinea l'importanza nell'economia del fenomeno di penetrazione attraverso la contraffazione e la pirateria;
senza un coordinamento europeo ed internazionale, infatti, si determina da parte delle organizzazioni criminali la possibilità di investire nei Paesi dove è maggiore la possibilità di proteggere al meglio i propri traffici e proventi illeciti;
il mercato dell'illegalità si nutre della mancanza di regole nell'organizzazione del commercio mondiale, essendo quelle esistenti del tutto irrilevanti, a partire dall'ambito della proprietà intellettuale;
il consumatore deve essere posto in grado di riconoscere la qualità dei prodotti acquistati attraverso un sistema di tracciabilità a livello internazionale, europeo e nazionale, anche per evitare lo sviluppo di una zona grigia tra mercato legale e illegale, che sempre più si sta estendendo e che rischia di divenire essa stessa «il mercato»;
i vettori fondamentali della contraffazione sono le navi feeder, che attraccano prevalentemente presso i terminal e non solo; esse sono in mano a sei-sette compagnie, cinque delle quali sono di Hong Kong, Shanghai o Taiwan;
di fronte alle modifica profonda delle regole e dei comportamenti, pochi piccoli aggiustamenti legislativi non potranno fare argine alla marea montante della contraffazione; l'asticella del livello di contrasto va alzata e sempre più forte deve diventare l'interrelazione, dal punto di vista istituzionale, tra Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, Direzione investigativa antimafia, Direzione nazionale antimafia, Guardia di finanza e Agenzia delle dogane;
la Direzione investigativa antimafia, nel 2010, ha trattato oltre 30.000 operazioni finanziarie sospette; la legge prevede che le banche, le società di intermediazione mobiliare, i notai siano tenuti a segnalare un'operazione finanziaria sospetta, ma la linea di confine tra necessità di riservatezza e legalità rimane incerta e bisogna, dunque, operare anche sul piano legislativo affinché gli obblighi degli istituti di credito e di altri soggetti analoghi siano più stringenti;
la tracciabilità dei prodotti è il vero punto di forza di una guerra preventiva alla contraffazione ed è l'unico modo per contrastare facili arricchimenti, tali da tentare la criminalità organizzata, che sempre si attiva laddove a ingenti capitali da investire fanno riscontro facili guadagni,

impegna il Governo:

a sostenere con risorse adeguate le aziende e i distretti che operano nel made in Italy, dotando le dogane italiane di strumenti tecnologici adeguati al controllo qualitativo delle merci e le forze di polizia di personale e strumenti adeguati al contrasto della vendita di prodotti contraffatti via internet;
ad adottare con urgenza ogni iniziativa, presso le competenti sedi europee, volta a conseguire:
a) azioni preventive comuni fondate sulla tracciabilità dei prodotti, tali da contrastare forme potenziali di contiguità o di sovrapposizione tra mercato legale e mercato illegale;
b) una nuova dimensione della lotta alla contraffazione, che coniughi il contrasto effettuato attraverso il controllo del territorio e dei confini europei con il problema dei traffici illeciti e dei luoghi ove in Europa si ricevono le merci;
c) l'armonizzazione della normativa comunitaria in tema di sequestri preventivi e di contraffazione in generale, fino a giungere ad attività di «euroconfisca», ovvero al reciproco riconoscimento delle decisioni relative a confische e sequestri patrimoniali in tutti i Paesi membri dell'Unione europea;
a rendere più stringenti gli obblighi degli istituti di credito, delle società finanziarie, dei professionisti riguardo alla segnalazione di operazioni sospette;
ad effettuare campagne pubbliche d'informazione per invitare i consumatori a comportamenti etici nei confronti dell'economia legale.
(1-00696)
«Lulli, Sanga, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino, De Micheli, Merloni, Sani, Zucchi, Marco Carra».
(19 luglio 2011)

La Camera,
premesso che:
la globalizzazione dei mercati ha portato con sé la globalizzazione della contraffazione: l'Ocse stima che siano 149 i Paesi d'origine di prodotti contraffatti, 27 dei quali della stessa area Ocse, quindi altamente industrializzati, mentre cinque Paesi sono indicati come fonte principale da cui deriva l'80 per cento delle merci contraffatte, tra cui Cina, Hong Kong e Thailandia;
i prodotti contraffatti riguardano tutti i settori: dalla pelletteria ai cosmetici, all'abbigliamento, ai giocattoli, ai beni destinati all'infanzia, all'informatica, ai medicinali, agli alimenti, fino alla pirateria audiovisiva; il fenomeno investe la maggior parte dei beni di consumo;
le aziende italiane interessate all'italian style e colpite dalla contraffazione dei propri prodotti sono sottoposte non solo al danno della concorrenza sleale, ma anche alle spese derivanti dal contenzioso e dal contrasto del fenomeno;
è grave la distorsione del mercato del lavoro: le ditte regolari che occupano manodopera regolare si vedono surclassate da attività che utilizzano il lavoro nero, quindi, molto più competitive;
la contraffazione è, pertanto, un fenomeno di dimensioni amplissime, che non è stato affatto toccato dalla crisi e che continua ad operare tranquillamente, inducendo, anzi, un peggioramento della crisi nei Paesi manifatturieri, come l'Italia, che del valore qualitativo dei propri prodotti ha fatto un marchio Paese;
l'entità di questo mercato, nel nostro Paese, sta erodendo spazi di legalità e provocando danni consistenti al sistema economico e sociale;
si tratta di un fenomeno trasversale: la contraffazione è intimamente connessa con l'evasione fiscale e contributiva, con lo sfruttamento del lavoro nero, con il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, con il riciclaggio e il reimpiego di proventi illeciti, posti in essere da organizzazioni strettamente legate agli ambienti della criminalità organizzata;
i prodotti soggetti a contraffazione non sono più soltanto beni di lusso di costo elevato, ma le più svariate merci di uso comune; la situazione economica, infatti, ha dato impulso alla domanda di prodotti a basso costo per far fronte alle difficoltà legate alla recessione;
il mercato del falso finisce per diventare più appetibile, proponendo ai consumatori prodotti dalle caratteristiche simili a quelle ufficiali ma a prezzi più bassi, cioè alla portata di molte famiglie in crisi di liquidità;
la contraffazione in Italia alimenta un giro d'affari di quasi 10 miliardi di euro l'anno e la regione Campania, con circa la metà dei prodotti sequestrati su tutto il territorio nazionale, guida con largo margine la classifica delle regioni produttrici di beni contraffatti, mentre tra le regioni più colpite si annoverano Piemonte, Calabria, Toscana e Marche;
tuttavia, una parte molto grande della contraffazione segue rotte internazionali e attraversa le Alpi - soprattutto le merci dirette lungo la dorsale adriatica - sbarcando preferibilmente ad Amburgo, a Rotterdam e altrove;
uno dei maggiori problemi che l'Italia è chiamata ad affrontare in tema di contraffazione è rappresentato dal cosiddetto Italian sounding, ossia la diffusione all'estero di prodotti che presentano nomi, loghi, colori o slogan riconducibili all'Italia;
nella seduta del 13 luglio 2010 la Camera dei deputati ha approvato il testo unificato Doc. XXII, n. 12-16-A, che ha istituito una Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale. La deliberazione di inchiesta parlamentare è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 20 luglio 2010;
la Commissione ha svolto numerose audizioni che hanno impegnato i rappresentanti delle principali istituzioni che si occupano di contraffazione, oltre ai rappresentanti di associazioni di categoria, esperti e giornalisti;
dalle audizioni svolte nella sede della Commissione si deducono i seguenti dati:
a) il giro di affari dell'industria del falso è stimato fra il 2 e il 7 per cento dell'intero commercio mondiale. I dati del Censis, per quanto riguarda il nostro Paese, indicano che il mancato gettito è di 5 miliardi di euro, pari al 2,5 per cento del totale delle entrate tributarie;
b) l'industria del falso ha registrato negli ultimi anni una crescita di dimensioni esponenziali: secondo dati della Guardia di finanza, si è passati da 34 milioni di beni sequestrati nel 2003 ad oltre 110 milioni nel 2010;
c) i settori dell'alta moda, dell'abbigliamento e degli accessori si confermano i settori in cui la contraffazione e il falso del made in Italy sono sempre fortemente diffusi; nel 2010 i sequestri dei beni di consumo in Italia sono aumentati del 36 per cento rispetto al 2009 e tra questi spiccano i cosmetici, la bigiotteria, i ricambi per auto, gli accessori, la meccanica di precisione, nonché l'utensileria domestica;
d) negli ultimi tre anni si è, altresì, registrata una crescita dei prodotti pericolosi per la salute degli acquirenti e per la sicurezza pubblica, soprattutto giocattoli, prodotti per l'infanzia, prodotti per la pulizia della casa o medicinali; per questi settori i beni sottoposti a sequestro sono più che quadruplicati, da 9 milioni di pezzi ritirati nel 2008, ad oltre 40 milioni nel 2010;
e) per i prodotti alimentari gli ultimi dati, aggiornati al marzo 2010 da Federalimentare, descrivono un fenomeno che vale circa 60 miliardi di euro in termini di export, di cui 24 miliardi diretti al solo mercato nordamericano, 26 a quello europeo e oltre 10 agli altri mercati;
f) nel campo della contraffazione è sempre più forte l'ingerenza della criminalità organizzata, sia endogena sia straniera; il 47 per cento, quasi la metà dei soggetti segnalati per contraffazione all'autorità giudiziaria, e italiano;
g) per quanto riguarda gli stranieri, il 40 per cento è formato da extracomunitari; di questi, il 16-17 per cento è senegalese, l'11 per cento cinese, mentre i cittadini comunitari che si dedicano alla contraffazione costituiscono il 7-8 per cento, dato che, tuttavia, è salito al 16 per cento nel primo semestre del 2010, dando luogo a un nuovo fenomeno di espansione del trend, dovuto sia all'allargamento delle frontiere che alla crisi economica;
h) secondo l'ultimo rapporto della Commissione europea, il 64 per cento della produzione di merci contraffatte riguarda articoli che provengono dalla Cina, mentre nel bacino del Mediterraneo la fonte principale dei traffici è localizzata nell'area orientale;
i) l'89 per cento dei sequestri effettuati dalla Guardia di finanza sono stati eseguiti al di fuori degli spazi doganali; sempre più importante e pericoloso è il ricorso a internet, nuova frontiera della contraffazione e della pirateria; la Guardia di finanza ha sequestrato negli ultimi tre anni 42 siti web e oscurato, per la prima volta in Europa, un sito allocato sulla piattaforma estera in Svezia;
l) nel campo dei medicinali, se nella vendita al minuto in Italia la contraffazione è irrisoria, si calcola che circa il 50 per cento dei prodotti farmaceutici venduti via internet, soprattutto i surrogati, siano oggetto di contraffazione;
le audizioni svolte dalla Commissione hanno, altresì, messo in luce il ruolo della criminalità organizzata, che va orientando le sue scelte verso questa forma di investimento, ed in particolare:
a) gli affari della criminalità organizzata nella contraffazione sono agevolati dalla crisi degli ultimi anni che spinge le fasce più deboli della popolazione a surrogare, mediante prodotti contraffatti, gli acquisti che non potrebbero permettersi;
b) la lotta alla contraffazione è particolarmente difficile proprio a causa della complicità delle vittime: da una larga fascia di popolazione questo fenomeno non viene percepito come un problema criminale di grande rilevanza;
c) il maggiore allarme sociale è destato dalle attività svolte dai cinesi; il grosso della produzione contraffatta, completa o di parti assemblate nel nostro Paese, avviene, infatti, in Cina, dove il costo del lavoro è minimo rispetto a quello italiano, l'utilizzazione degli impianti è molto superiore a quella italiana, le aziende sono molto più grandi, i costi dell'energia elettrica risultano essere del 30 per cento più bassi rispetto all'Italia, il cambio è favorevole ai prodotti cinesi. In Cina non esistono o sono irrisorie le tutele ambientali e sociali; i cinesi, infine, costruiscono e producono utilizzando un know how senza costi, acquisito quasi sempre per imitazione;
d) i cinesi in Italia sono concentrati in Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia, Veneto e Lombardia e per primi hanno trovato forme di connivenza con la criminalità organizzata, in particolare la camorra, per estendere le proprie attività illecite;
e) tale sistema di criminalità organizzata agevola l'immigrazione clandestina e lo sfruttamento, dando impulso alla tratta degli esseri umani;
dal punto di vista economico è finita l'illusione che una globalizzazione deregolamentata sia in grado di sviluppare automaticamente benessere e deve, quindi, esser posto in tutte le sedi internazionali il tema dell'avvio di un nuovo ordine economico mondiale;
deve essere definita una nuova governance che coinvolga varie filiere, tra loro interrelate: meccanismi aggiornati di vigilanza sui mercati finanziari per garantirne la stabilità ed una efficienza duratura; la tutela della proprietà intellettuale e la lotta alla contraffazione; l'esigenza di conseguire nuove regole commerciali nei vari settori primario, secondario e terziario, a beneficio dei Paesi avanzati, dei Paesi emergenti e dei Paesi che sono ancora oggi fuori dai circuiti economici internazionali;
l'Europa sta prendendo lentamente consapevolezza del problema che attualmente è condiviso soltanto dai Paesi membri le cui economie si reggono sul manifatturiero: in una comunicazione del 22 novembre 2010 della Commissione europea inviata al Parlamento e al Consiglio si sottolinea l'importanza nell'economia del fenomeno di penetrazione attraverso la contraffazione e la pirateria;
senza un coordinamento europeo ed internazionale, infatti, si determina da parte delle organizzazioni criminali la possibilità di investire nei Paesi dove è maggiore la possibilità di proteggere al meglio i propri traffici e proventi illeciti;
il mercato dell'illegalità si nutre della mancanza di regole nell'organizzazione del commercio mondiale, essendo quelle esistenti del tutto irrilevanti, a partire dall'ambito della proprietà intellettuale;
il consumatore deve essere posto in grado di riconoscere la qualità dei prodotti acquistati attraverso un sistema di tracciabilità a livello internazionale, europeo e nazionale, anche per evitare lo sviluppo di una zona grigia tra mercato legale e illegale, che sempre più si sta estendendo e che rischia di divenire essa stessa «il mercato»;
i vettori fondamentali della contraffazione sono le navi feeder, che attraccano prevalentemente presso i terminal e non solo; esse sono in mano a sei-sette compagnie, cinque delle quali sono di Hong Kong, Shanghai o Taiwan;
di fronte alle modifica profonda delle regole e dei comportamenti, pochi piccoli aggiustamenti legislativi non potranno fare argine alla marea montante della contraffazione; l'asticella del livello di contrasto va alzata e sempre più forte deve diventare l'interrelazione, dal punto di vista istituzionale, tra Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, Direzione investigativa antimafia, Direzione nazionale antimafia, Guardia di finanza e Agenzia delle dogane;
la Direzione investigativa antimafia, nel 2010, ha trattato oltre 30.000 operazioni finanziarie sospette; la legge prevede che le banche, le società di intermediazione mobiliare, i notai siano tenuti a segnalare un'operazione finanziaria sospetta, ma la linea di confine tra necessità di riservatezza e legalità rimane incerta e bisogna, dunque, operare anche sul piano legislativo affinché gli obblighi degli istituti di credito e di altri soggetti analoghi siano più stringenti;
la tracciabilità dei prodotti è il vero punto di forza di una guerra preventiva alla contraffazione ed è l'unico modo per contrastare facili arricchimenti, tali da tentare la criminalità organizzata, che sempre si attiva laddove a ingenti capitali da investire fanno riscontro facili guadagni,

impegna il Governo:

a sostenere con misure idonee le aziende e i distretti che operano nel made in Italy, dotando le dogane italiane di strumenti tecnologici adeguati al controllo qualitativo delle merci e le forze di polizia di personale e strumenti adeguati al contrasto della vendita di prodotti contraffatti via internet;
ad adottare con urgenza ogni iniziativa, presso le competenti sedi europee, volta a conseguire:
a) azioni preventive comuni fondate sulla tracciabilità dei prodotti, tali da contrastare forme potenziali di contiguità o di sovrapposizione tra mercato legale e mercato illegale;
b) una nuova dimensione della lotta alla contraffazione, che coniughi il contrasto effettuato attraverso il controllo del territorio e dei confini europei con il problema dei traffici illeciti e dei luoghi ove in Europa si ricevono le merci;
c) l'armonizzazione della normativa comunitaria in tema di sequestri preventivi e di contraffazione in generale, fino a giungere ad attività di «euroconfisca», ovvero al reciproco riconoscimento delle decisioni relative a confische e sequestri patrimoniali in tutti i Paesi membri dell'Unione europea;
a rendere più stringenti gli obblighi degli istituti di credito, delle società finanziarie, dei professionisti riguardo alla segnalazione di operazioni sospette;
ad effettuare, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, campagne pubbliche d'informazione per invitare i consumatori a comportamenti etici nei confronti dell'economia legale.
(1-00696)
(Testo modificato nel corso della seduta)«Lulli, Sanga, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino, De Micheli, Merloni, Sani, Zucchi, Marco Carra».
(19 luglio 2011)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative per la stabilizzazione del personale precario delle amministrazioni centrali dello Stato - 3-01770

MARIO PEPE (MISTO-R-A). - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
presso le amministrazioni centrali operano migliaia di soggetti assunti con contratto a tempo determinato; la gran parte di essi svolge funzioni proprie delle amministrazioni e non attività episodiche o dettate da una qualche sorta di emergenza;
tale personale svolge funzioni essenziali e ciò risulta evidente dal fatto che i contratti a tempo determinato sono periodicamente rinnovati; come conseguenza talune situazioni di precariato durano da oltre un decennio;
da più parti e sotto diversi aspetti (economico, sociologico, psicologico) è stato osservato come la situazione di precariato determini uno stato di incertezza nel soggetto titolare di un contratto a tempo determinato; non è in grado di formarsi una famiglia, né ha sufficienti possibilità o garanzie per accendere un mutuo; la sua situazione sociale degrada col protrarsi della condizione di incertezza;
con l'articolo 14 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, si è proceduto «Anche in deroga ai limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti ed al fine di assicurare la piena operatività del Servizio nazionale di protezione civile per fronteggiare le crescenti richieste d'intervento in tutti i contesti di propria competenza, anche con riferimento alle complesse iniziative in atto per la tutela del patrimonio culturale (...) ad avviare procedure straordinarie di reclutamento (...) finalizzate all'assunzione di personale a tempo indeterminato, mediante valorizzazione delle esperienze acquisite presso il medesimo Dipartimento dal personale titolare di contratto di collaborazione coordinata e continuativa, di contratto a tempo determinato (...)»; in sostanza il personale precario della Protezione civile, in possesso di specifica competenza, è stato trasformato in personale a tempo indeterminato;
il limite di spesa dell'operazione sulla Protezione civile è stato fissato in 8,02 milioni di euro per anno, ma in realtà, in termini di oneri per la finanza pubblica, si è trattato di un mero cambiamento di imputazione di spesa, con il quale spese considerate temporanee sono divenute spese fisse ed obbligatorie, rimanendo praticamente immutato il costo -:
sulla falsariga di quanto disposto dall'articolo 14 del decreto-legge n. 195 del 2009 citato in premessa, se non ritenga opportuno adottare iniziative normative volte a destinare annualmente risorse per la stabilizzazione del precariato delle amministrazioni centrali dello Stato, avviando tali procedure per i soggetti che da più anni operano con contratti a tempo determinato, al fine di consentire ad essi di raggiungere una meritata stabilità economica ed un adeguato sviluppo sociale, facilitando in definitiva la formazione di nuove famiglie.(3-01770)
(26 luglio 2011)

Iniziative per destinare i risparmi derivanti dalla riforma pensionistica di cui al decreto-legge n. 78 del 2009 ad interventi dedicati a politiche sociali e familiari - 3-01771

MONAI, DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, MURA, DI GIUSEPPE e PALADINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, al comma 3 riduce la dotazione del fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dall'articolo 18, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge n. 185 del 2008;
in dettaglio, la dotazione del fondo viene ridotta dei seguenti importi: 252 milioni di euro per l'anno 2012; 392 milioni di euro per l'anno 2013; 492 milioni di euro per l'anno 2014; 592 milioni di euro per l'anno 2015; 542 milioni di euro per l'anno 2016; 442 milioni di euro per l'anno 2017; 342 milioni di euro per l'anno 2018; 292 milioni di euro per l'anno 2019; e, infine, 242 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020;
tale riduzione, pari complessivamente a quasi 4 miliardi di euro, riguarda, in particolare, come peraltro specificato dalla relazione tecnica di accompagno al citato provvedimento di stabilizzazione finanziaria, i risparmi di spesa derivanti dalla riforma pensionistica, con particolare riferimento alla quota concernente l'aumento dell'età pensionabile delle lavoratrici dipendenti pubbliche, ai sensi dell'articolo 22-ter del decreto-legge n. 78 del 2009, e successive modificazioni;
detti risparmi, come previsto dal citato decreto-legge n. 78 del 2009, sarebbero dovuti confluire nell'ambito del fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, per essere successivamente destinati a finanziare interventi dedicati a politiche sociali e familiari, con particolare attenzione alla non autosufficienza e all'esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici;
l'occupazione femminile e la rete di protezione sociale ed economica per le lavoratrici donne rappresenta un elemento fondante per lo sviluppo e la crescita economica del sistema produttivo nazionale e locale;
l'Istat ha recentemente comunicato dati allarmanti sui livelli di disoccupazione femminile in Italia e, in particolare, nelle aree del Mezzogiorno, ove, nel primo trimestre 2011, il tasso di disoccupazione femminile ha raggiunto il 42,4 per cento, con picchi del 46,1 per cento, il che vuol dire che 4 donne su 10, di età compresa tra i 15 e i 24 anni, è inoccupata, registrando in tal modo il più alto tasso di disoccupazione dall'inizio delle serie storiche omogenee, ovvero dal 2004. Tale dato è ancor più preoccupante se si considera che il tasso di disoccupazione generale è, invece, sceso portandosi a quota 8,6 per cento rispetto al 9,1 per cento del primo trimestre del 2010, mentre il tasso di disoccupazione femminile nel Mezzogiorno, nello stesso periodo, è passato dal 40,6 per cento al 42,4 per cento;
il nostro Paese appare in grave ritardo nel raggiungimento degli obiettivi fissati dal Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000, con riferimento all'adozione delle misure necessarie in materia di conciliazione familiare, asili nido, incentivi al lavoro femminile, superamento delle discriminazioni e degli ostacoli, sia per quanto concerne l'accesso al mondo del lavoro delle donne, sia per quanto riguarda la loro crescita professionale e l'avanzamento in carriera. Inoltre, nel contesto degli orientamenti sull'occupazione e della valutazione delle politiche nazionali per l'occupazione, a livello comunitario è stata recentissimamente ribadita l'importanza di adottare politiche nazionali finalizzate a migliorare la parità di genere sul mercato del lavoro, l'inclusione sociale delle donne e la promozione dell'imprenditorialità e del lavoro autonomo delle donne, tanto è vero che, nella risoluzione adottata l'8 marzo 2011 sugli aspetti della povertà femminile nell'Unione europea, il Parlamento europeo ha chiesto agli Stati membri programmi specifici per promuovere l'inclusione attiva o il reinserimento delle donne sul mercato del lavoro e opportunità specifiche di apprendimento permanente mirate a fornire le competenze e le qualifiche necessarie -:
quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere al fine di mantenere fermo l'impegno di destinare i risparmi derivanti dalla riforma pensionistica introdotta dall'articolo 22-ter del decreto-legge n. 78 del 2009, e successive modificazioni, ad interventi dedicati a politiche sociali e familiari e se già nel prossimo provvedimento fiscale correlato alla manovra di stabilizzazione finanziaria, recentemente approvata dalle Camere, saranno inserite norme finalizzate a dare un forte impulso all'occupazione femminile, con particolare riguardo alle aree del Mezzogiorno.(3-01771)
(26 luglio 2011)

Intendimenti del Governo in merito all'introduzione del pedaggio sul grande raccordo anulare di Roma - 3-01772

PROIETTI COSIMI e DI BIAGIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la manovra di stabilizzazione finanziaria varata dal Governo con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha previsto l'introduzione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas spa;
il comma 1 dell'articolo 15 del provvedimento, così come modificato dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125, ha demandato ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la fissazione dei criteri e delle modalità per l'applicazione entro il 30 aprile 2011 del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta Anas spa in relazione ai costi di investimento e di manutenzione straordinaria, oltre che a quelli relativi alla gestione, nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio;
il comma 2 del citato articolo ha previsto una fase transitoria decorrente dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data di applicazione dei pedaggi di cui al comma 1, comunque non oltre il 31 dicembre 2011, Anas spa è autorizzata ad applicare una maggiorazione tariffaria forfettaria di un euro per le classi di pedaggio A e B e di due euro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5, presso le stazioni di esazione delle autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta Anas spa;
tra le tratte autostradali ed i raccordi da sottoporre a pedaggiamento, che hanno avuto una prima individuazione con l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 giugno 2010, figura la tratta A-90, grande raccordo anulare di Roma;
il predetto decreto-legge è stato oggetto di ricorsi al giudice amministrativo che ha accolto le domande di sospensione cautelare, affermando che sembra fondato il motivo di ricorso circa la necessità che il pedaggio sia riscosso per l'effettiva percorrenza delle infrastrutture autostradali gestite da Anas spa e non mediante una stima della loro utilizzazione basata sul fatto che si attraversa una stazione di esazione di autostrade in concessione che si interconnette con un'autostrada in gestione Anas spa;
il termine del 30 aprile 2011 è ampiamente scaduto e non risulta ancora emanato il citato decreto che rende applicabili i pedaggi ai fini dell'attuazione delle sopra citate norme, come confermato anche dal presidente di Anas spa, Pietro Ciucci, a margine di una audizione presso la Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati;
a fronte di tale vuoto normativo e alla luce, altresì, della generale situazione di incertezza, determinatasi a seguito dell'intervento del giudice amministrativo, si susseguono contrastanti dichiarazioni da parte di chi, invece, dovrebbe fornire, in maniera inequivocabile, elementi di chiarezza, nel rispetto dei diritti degli utenti e, in generale, dei cittadini;
nonostante il Sottosegretario per l'economia e le finanze, Alberto Giorgetti, abbia accolto in aula alcuni ordini del giorno al «decreto sviluppo» che escludono nuovi pedaggi per le tratte a diretta gestione Anas spa, il Vice Ministro Castelli nel mese di giugno 2011 ha ribadito l'intenzione del Governo di procedere con un decreto per il pedaggiamento del grande raccordo anulare di Roma e altre strade, facendo così riaccendere le polemiche;
immediate sono state le reazioni del presidente della provincia di Roma, del sindaco, Gianni Alemanno, che a suo tempo non aveva nascosto la sua contrarietà, dichiarando polemicamente di essere pronto a sfondare il casello con la sua auto, per difendere i cittadini dall'«ingiusta tassa», e del presidente della regione Lazio, che ha promesso «iniziative volte a bloccare un balzello fortemente penalizzante per i pendolari» ed ha affermato che «la regione è disponibile a farsi carico delle spese di manutenzione del Gra, pur di non introdurre il pedaggio»;
a fronte delle rassicurazioni iniziali, il Ministro interrogato, nel corso della recente audizione in Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni alla Camera dei deputati, ha confermato che il pagamento del pedaggio sul grande raccordo anulare di Roma è previsto da una legge che certo non si può disattendere, nonostante fossero state approvate delle mozioni, e che, dunque, nessun intervento, da parte di regione o comune, potrà superare quanto espressamente stabilito;
ha, inoltre, precisato, che «chi entra e chi esce non pagherà mai anche se faremo il decreto sui pedaggi» e, in riferimento alla questione dei residenti, ha affermato «non lo posso dire perché l'Europa non lo consentirebbe perché sarebbe considerato un aiuto di Stato»;
il Ministro interrogato, nella seduta delle interrogazioni a risposta immediata in Assemblea del 16 marzo 2011, aveva assicurato: «Il Governo sta studiando forme di agevolazione e di esenzione tariffaria a favore degli utenti abituali»;
è quanto mai doveroso, nel rispetto dei tanti cittadini che quotidianamente utilizzano il grande raccordo anulare, anche per spostamenti urbani, fugare ogni dubbio e fornire, in modo chiaro, elementi di certezza in merito alla oramai annosa questione dell'introduzione di pedaggi -:
se il Governo abbia intenzione di procedere con l'introduzione del pedaggio sul grande raccordo anulare di Roma, e nell'eventualità con quali tempi e modalità di riscossione, e, in particolare, se saranno effettivamente previste, compatibilmente con la normativa, anche europea, forme di esenzione - totale o parziale - dal pagamento, per determinate categorie di utenti, quali, ad esempio, cittadini residenti e imprese presenti sul territorio.(3-01772)
(26 luglio 2011)

Misure per migliorare il servizio di trasporto pubblico lacuale con riguardo ai laghi di Como, di Garda e Maggiore - 3-01773

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il trasporto pubblico lacuale sui laghi di Como, di Garda e Maggiore, utilizzato annualmente da circa 8 milioni di passeggeri fra turisti e residenti, viene attualmente svolto, per la maggior parte dei tragitti, da catamarani;
i costi di gestione e manutenzione di questi mezzi, sia per il consumo di carburante sia per le frequenti avarie, sono molto elevati, tanto che fonti di stampa locali parlano di tre milioni di euro di perdita annua per la navigazione pubblica sul lago di Como e di un milione e mezzo di euro per il gasolio di spese maggiori utilizzando i catamarani rispetto agli aliscafi;
l'utilizzo dei catamarani, oltre ad essere economicamente dispendioso, risulta inadeguato al trasporto lacuale, in quanto causa frequente di danneggiamenti ai terrapieni lungo le coste, con conseguenti significativi disagi per i comuni rivieraschi;
la decisione di sostituire gli aliscafi con i catamarani risale alla fine degli anni '90 e fu basata su considerazioni che nel lungo termine si sono rivelate poco efficaci ed efficienti, al punto che lo stesso direttore della Gestione governativa navigazione laghi oggi la giudica una scelta «non lungimirante» ed afferma sul quotidiano La Provincia del 20 luglio 2011 che i mezzi migliori sono gli aliscafi e che ha richiesto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di acquistarne tre, con un costo medio di circa 8 milioni di euro a mezzo;
in favore della Gestione governativa per i laghi Maggiore, di Garda e di Como, viene assicurato uno stanziamento annuo pari a 5.164.000 euro per il rinnovo della flotta aziendale e a questo stanziamento annuale, nel 2010, si è aggiunto uno stanziamento integrativo, sempre a favore della Gestione governativa laghi, per migliorare gli interventi manutentivi di carattere strutturale alla flotta;
in particolare, sono stati assegnati 10 milioni di euro per l'adeguamento della flotta aziendale agli standard di trasporto ed alle sopravvenute normative in materia di sicurezza ed antinquinamento, nonché un finanziamento di 2 milioni di euro per la realizzazione dei connessi impianti per la raccolta ed il trattamento delle acque reflue industriali e delle acque meteoriche, che entrano in contatto con sostanze inquinanti derivanti dalla manutenzione periodica;
l'articolo 7-sexies del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, prevede che gli avanzi di amministrazione degli anni 2007-2008 della Gestione governativa laghi vengano utilizzati per fronteggiare le spese di esercizio per la gestione dei servizi di navigazione lacuale per gli esercizi finanziari 2009 e 2010 e la legge di bilancio 2011 ha assegnato solo una parte dell'importo dovuto per la Gestione governativa laghi -:
quali misure il Ministro interrogato intenda mettere in atto per migliorare il servizio di navigazione pubblica dei laghi di Como, di Garda e Maggiore, garantendo adeguati livelli di qualità del servizio, puntando anche ad una diminuzione dei costi e dell'inquinamento ambientale e rilanciando in tempi rapidi i tavoli di concertazione e di programmazione con le regioni competenti, al fine del trasferimento della gestione del servizio di trasporto lacuale e delle relative risorse economiche agli enti locali e regionali territorialmente competenti, per migliorare e razionalizzare un servizio indispensabile per l'economia alpino-padana.(3-01773)
(26 luglio 2011)

Chiarimenti in merito alle cause del grave incendio che ha interessato la stazione Tiburtina di Roma e iniziative per il ripristino del regolare funzionamento del traffico ferroviario - 3-01774

PIONATI e MOFFA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il grave incendio che ha semidistrutto e reso inagibile la stazione Tiburtina a Roma ha determinato e sta determinando gravi disagi in tutto il Paese;
il Paese è stato praticamente diviso a metà, con ritardi enormi nel traffico ferroviario;
la situazione è risultata maggiormente critica, stante il periodo di forte esodo, verso le località di villeggiatura;
i cittadini romani ancora non sanno quando il servizio della linea B della metropolitana riprenderà a funzionare regolarmente;
sull'episodio sta indagando la magistratura per accertare tutte le eventuali responsabilità penali, ma resta la necessità che si arrivi al più presto a ripristinare il normale servizio di trasporto, sia cittadino che ferroviario;
la stessa tempistica per la conclusione dei lavori, avviati da moltissimi mesi con tutti gli immaginabili disagi per i cittadini, non si sa se sarà più rispettata, con tutte le conseguenze del caso per i romani e per il traffico ferroviario a livello nazionale;
il fatto che non si sia ancora accertata del tutto la dinamica dell'incidente lascia aperta la porta a innumerevoli dubbi sul sistema di sorveglianza del cantiere;
a questo si aggiungono numerose perplessità sull'esistenza o meno di piani di emergenza funzionali, da parte di Ferrovie di Stato o degli eventuali altri organi competenti, in caso di gravi incidenti come quello accaduto -:
a che punto siano gli accertamenti sulle cause di un simile disastro, che desta enormi preoccupazioni sulla sicurezza di tali cantieri, e come si stia procedendo affinché si ripristini, al più presto, la normalità nella circolazione del traffico ferroviario, sia a livello nazionale che locale.(3-01774)
(26 luglio 2011)

Chiarimenti in relazione all'utilizzo del fondo infrastrutture ferroviarie e stradali e del fondo generato dalle risorse derivanti dalla revoca di alcuni finanziamenti assegnati dal Cipe per interventi approvati entro il 2008 ma non ancora avviati - 3-01775

BALDELLI e SIMEONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
un'adeguata dotazione infrastrutturale rappresenta una componente determinante per la competitività di un Paese moderno e una condizione necessaria per garantire stabili prospettive di crescita;
con la strategia «Europa 2020», finalizzata al superamento della crisi e alla crescita di lungo periodo, l'Unione europea ha posto una notevole enfasi sul tema delle infrastrutture come precondizione non solo per la crescita, ma anche per la piena partecipazione al mercato comune;
l'articolo 32 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha disposto l'istituzione di un fondo infrastrutture ferroviarie e stradali e la revoca di alcuni finanziamenti assegnati dal Cipe per interventi approvati ma non ancora avviati -:
come intenda utilizzare il fondo infrastrutture e il fondo generato dalle risorse recuperate dalla revoca degli interventi approvati nel 2008 e non ancora avviati concretamente. (3-01775)
(26 luglio 2011)

Intendimenti del Governo circa la convocazione di un tavolo di concertazione con le parti sociali e la Fiat per la salvaguardia dei livelli occupazionali degli stabilimenti coinvolti nel processo di dismissione - 3-01776

SCANDEREBECH, DELFINO, CALGARO, ANNA TERESA FORMISANO, PEZZOTTA, RUGGERI, CICCANTI, COMPAGNON, NARO e VOLONTÈ. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la sentenza «salomonica» emessa dal tribunale di Torino il 14 luglio 2011 non incide negativamente, ma, anzi, avvalora l'esito del referendum con cui la maggioranza degli operai della Fiat si è espressa a favore dell'accordo, definendo legittimo il percorso attivato da Fiat per Pomigliano d'Arco;
è, al contrario, censurabile il comportamento del management della Fiat, che, secondo gli interroganti con sconcertante disinvoltura, alla luce della sentenza e con la scusa di attendere le motivazioni scritte dal giudice, avrebbe annunciato sospensioni e complicazioni nell'attuazione del programma di investimenti previsti da Fiat-Chrysler in Italia;
la sentenza non dovrebbe in alcun modo intralciare o addirittura bloccare trattative verso azioni di investimento che, in caso di fallimento, potrebbero portare la Fiat all'impensabile decisione di chiudere lo «stabilimento madre» di Torino;
occorre, invece, pretendere dall'azienda torinese di procedere con la realizzazione del progetto Fabbrica Italia, attuando le promesse fatte al Governo con chiarezza e senza strumentalizzare una sentenza indiscutibile che dà maggior peso decisionale all'azienda del Lingotto;
nella provincia di Torino, già oggi epicentro della disoccupazione a livello europeo, vi sono circa 220 mila disoccupati, che corrispondono ad una percentuale del 10 per cento della popolazione;
se a questi si dovessero aggiungere i lavoratori della Fiat e della ex Bertone, si registrerebbe, sul fronte occupazionale, una crisi profonda che colpirebbe l'intera economia piemontese, andando ad aggravare ulteriormente la già difficile situazione delle popolazioni locali;
appare del tutto evidente agli interroganti che il gruppo Fiat-Chrysler, nonostante gli impegni verbali assunti sulla volontà di mantenere gli impianti produttivi nel nostro Paese, non abbia nessuna intenzione di rafforzare, né mantenere tali produzioni e si accinga a ridimensionare e chiudere molti dei suoi stabilimenti, a vantaggio di nuove sedi in Nord America, America latina e Asia, come annunciato in queste ore;
è necessario che i vertici Fiat, responsabilmente, si pronuncino in maniera definitiva, con impegni scritti e chiarimenti, sul futuro di Mirafiori e della ex Bertone e sui 20 miliardi annunciati per Fabbrica Italia -:
se non ritenga di convocare urgentemente un tavolo di concertazione con le parti sociali e le imprese coinvolte, al fine di conoscere il piano industriale e i relativi investimenti e di salvaguardare i livelli occupazionali, il futuro e la sicurezza del reddito per tutti i lavoratori coinvolti loro malgrado in questo processo di dismissioni, compresi quelli legati all'indotto degli stabilimenti Fiat. (3-01776)
(26 luglio 2011)

Chiarimenti relativi alla realizzazione, per conto in particolare della Guardia di Finanza, di una rete di sensori radar lungo alcune coste italiane, con particolare riferimento alla Sardegna - 3-01777

PES, CALVISI, MARAN, AMICI, QUARTIANI, GIACHETTI, FADDA, MARROCU, MELIS, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, SCHIRRU e SORO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da alcuni mesi si stanno verificando in molte aree del Paese proteste popolari aventi lo scopo di bloccare la realizzazione di una potente rete di sensori radar in alcune delle zone incontaminate delle coste italiane;
nel mirino sono finite la Sardegna (Capo Pecora a Fluminimaggiore, Capo Sperone a Sant'Antioco, Punta Foghe a Tresnuraghes e Capo Argentiera nel comune di Sassari), la Puglia (Santa Maria di Leuca), la Sicilia (Capo Murro di Porco a Siracusa), la Calabria e la Liguria;
l'installazione avverrebbe per conto della Guardia di finanza - anche per il tramite del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - da parte della società romana Almaviva (già Finsiel) ed i radar (nome in codice EI/M-2226) sarebbero di produzione israeliana (Elta system, controllata dalla compagnia statale Aerospace industries);
lo scopo dell'intervento sarebbe quello di prevenire l'immigrazione clandestina, il traffico di droga, gli attacchi terroristici, il contrabbando e la pesca illegale; questi radar a microonde, infatti, riuscirebbero a monitorare la superficie del mare a una distanza di 30-40 miglia e ad individuare natanti anche di piccola dimensione;
i siti che sono stati individuati in Sardegna per la posa dei tralicci e delle parabole sono alcuni dei punti più suggestivi dell'intera costa occidentale: Capo Pecora a Fluminimaggiore, Capo Sperone a Sant'Antioco, Punta Foghe a Tresnuraghes e Capo Argentiera nel comune di Sassari;
precedentemente, in occasione del Forum internazionale sull'innovazione tecnologica tenutosi nel 2009 a Genova, l'ammiraglio ispettore Ferdinando Lolli e, in altro contesto, la società Selex sistemi integrati hanno confermato (come da decreto del 28 gennaio 2004) l'installazione di 8 vtsl (vessel traffic service), che prevede il posizionamento di ulteriori radar, presumibilmente a Punta Scomunica e anche nelle zone di Oristano, di S. Antioco e di Pula;
l'installazione dei radar potrebbe comportare rischi per la salute dei cittadini, oltre che creare delle servitù militari permanenti e aggiuntive, che in Sardegna, in particolare, andrebbero ad aggiungersi alle servitù militari già esistenti, le quali hanno prodotto per la popolazione residente già gravi conseguenze;
è forte il rischio che si crei uno «scempio ambientale, urbanistico e paesaggistico», come denunciato pubblicamente tra gli altri da Legambiente Sardegna, che ha chiesto su questi temi l'immediato avvio di un confronto a livello nazionale -:
se non ritenga opportuno e urgente rendere pubblico l'elenco di tutti i progetti in corso che prevedono l'installazione dei radar sulle coste della Sardegna per conto della Guardia di finanza e della Guardia costiera, adoperandosi perché siano valutate tutte le alternative di localizzazione dei radar, al fine di utilizzare siti militari già esistenti sicuramente nella disponibilità di enti anche diversi dalla Guardia di finanza, garantendo l'assenza di pericolo di inquinamento elettromagnetico per la popolazione e le zone interessate, tutelando, altresì, le aree ad elevato valore ambientale ed evitando, infine, che l'installazione di tali strutture crei delle servitù militari permanenti e aggiuntive per la Sardegna.(3-01777)
(26 luglio 2011)

DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA ED IL GOVERNO DELLO STATO DEL QATAR SULLA COOPERAZIONE NEL SETTORE DELLA DIFESA, FATTO A DOHA IL 12 MAGGIO 2010 (A.C. 4142)

A.C. 4142 - Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato del Qatar sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Doha il 12 maggio 2010.

A.C. 4142 - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 11 dell'Accordo stesso.

A.C. 4142 - Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

1. Per l'attuazione della presente legge è autorizzata la spesa di euro 12.245 annui ad anni alterni a decorrere dal 2011. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 4142 - Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.C. 4142 - Ordine del giorno

ORDINE DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
l'attuale disciplina regolante i trasferimenti di materiali d'armamento trova riferimento nella legge 9 luglio 1990, n. 185, che individua in via generale e preventiva alcune fattispecie di divieto a esportare e importare i materiali in questione e i requisiti indispensabili per poter operare nel settore e fissa dettagliatamente le modalità e le varie fasi dei procedimenti autorizzativi, nonché le misure sanzionatorie in caso di violazione delle norme;
con il disegno di legge comunitaria 2010 il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per dare attuazione alla direttiva 2009/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, che disciplina le modalità e le condizioni dei trasferimenti all'interno delle Comunità di prodotti per la difesa. Essa mira a semplificare «le modalità e le condizioni dei trasferimenti all'interno delle Comunità dei prodotti per la difesa» in una nuova logica di certificazione e responsabilizzazione delle imprese;
in tema di export militare, dal luglio 2012 il «sistema europeo» diventerà operativo e i paesi o le imprese che non ne faranno parte, non godranno di alcuna facilitazione e semplificazione;
l'articolo 5 dell'Accordo di cooperazione tra Italia e Qatar nel settore della difesa, siglato a Doha 12 maggio 1010 è dedicato allo scambio di armamenti, in base al quale si potrà procedere allo scambio di materiali bellici, armi e munizioni che potrà essere attuato sia con modalità diretta «da Paese a Paese», sia previa autorizzazione rilasciata ad aziende private dai rispettivi Governi. L'elenco degli armamenti e dei materiali militari suscettibili di scambio tra Italia e Qatar è estremamente ampio; l'elenco comprende tra l'altro sistemi di comunicazione digitale e di equipaggiamento elettronico da guerra, nonché apparecchiature computerizzate e informatiche. Inoltre, le Parti potranno di comune accordo individuare altri armamenti, apparecchiature e munizioni da scambiare;
è necessario mantenere la massima trasparenza e informazione in materia di export militare italiano e l'individuazione certa di controlli e strumenti per la pubblicazione dei dati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di un maggior controllo sulle relazioni che intercorrono tra gli Stati e le imprese private in materia di scambio di armamenti, nonché della necessità di maggiori controlli governativi nell'ambito di rapporti tra imprese private.
9/4142/1. Di Stanislao.

DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DEL PROTOCOLLO EMENDATIVO DELLA CONVENZIONE DEL 1988 TRA GLI STATI MEMBRI DEL CONSIGLIO D'EUROPA ED I PAESI MEMBRI DELL'ORGANIZZAZIONE PER LA COOPERAZIONE E LO SVILUPPO ECONOMICO - OCSE - SULLA RECIPROCA ASSISTENZA AMMINISTRATIVA IN MATERIA FISCALE, FATTO A PARIGI IL 27 MAGGIO 2010 (A.C. 4143)

A.C. 4143 - Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il Protocollo emendativo della Convenzione del 1988 tra gli Stati membri del Consiglio d'Europa ed i Paesi membri dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - OCSE - sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale, fatto a Parigi il 27 maggio 2010.

A.C. 4143 - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data al Protocollo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo IX del Protocollo stesso.

A.C. 4143 - Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 3.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.C. 4143 - Ordine del giorno

ORDINE DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
la Convenzione in esame consente alle Parti - Stati membri del Consiglio d'Europa e Paesi membri dell'OCSE - di sviluppare, su basi comuni e nel rispetto dei diritti fondamentali dei contribuenti, una vasta cooperazione amministrativa in materia fiscale che può realizzarsi in tutte le forme, dallo scambio di informazioni tra le Parti all'assistenza al recupero dei crediti di natura tributaria, al fine di intensificare la lotta all'evasione e all'elusione fiscale internazionale;
un'indagine condotta su dati divulgati dalle polizie tributarie dei singoli stati UE rileva che l'Italia è il Paese europeo con la più alta evasione fiscale, con il 54,5 per cento del reddito imponibile che non viene dichiarato, seguita da Romania (42,4 per cento), Bulgaria (39,8 per cento), Estonia (38,2 per cento), Slovacchia (35,4 per cento). Fanalini di coda l'Inghilterra con l'11,7 per cento, il Belgio con il 10,1 per cento e la Svezia con il 7,3 per cento;
dall'indagine è emerso che il 42 per cento dei contribuenti evade per l'insoddisfazione verso i servizi pubblici erogati dallo Stato a fronte dell'alto prelievo fiscale, per il 39 per cento per la complessità delle norme (fisco lunare) ed il mancato rispetto dei diritti dei contribuenti e solo il 19 per cento per la scarsità dei controlli o per mancanza della cultura della legalità;
è emerso altresì che ciò che incentiva maggiormente l'evasione fiscale, che nel 2010 è cresciuta complessivamente del 10,4 per cento raggiungendo - considerando anche l'evasione derivante dall'economia criminale - la cifra astronomica di 159 miliardi di euro all'anno, è l'inefficienza della pubblica amministrazione, con la scarsa qualità dei servizi offerti, le numerose violazioni allo statuto dei diritti del contribuente, i mancati rimborsi fiscali, il fisco lunare e l'inefficacia delle esattorie che rendono superfluo la gran parte del lavoro fatto nella lotta all'evasione fiscale. Ogni anno gli enti impositori riscuotono, tramite le esattorie, meno del 9 per cento di quanto accertato;
risulta evidente che dinanzi a una evasione record e in continua crescita occorrono strategie fiscali diverse, puntare ad esempio sulla tax compliance anziché sui tradizionali strumenti di repressione,

impegna il Governo

ad avviare ogni opportuna iniziativa mirata e efficace atta a arginare il fenomeno dell'evasione fiscale avviando anche collaborazioni con le associazioni rappresentative dei contribuenti per generare una autentica cultura antievasione.
9/4143/1. Di Stanislao.

DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO QUADRO DI PARTENARIATO GLOBALE E COOPERAZIONE TRA LA COMUNITÀ EUROPEA E I SUOI STATI MEMBRI, DA UNA PARTE, E LA REPUBBLICA DI INDONESIA DALL'ALTRA, CON ATTO FINALE, FATTO A GIACARTA IL 9 NOVEMBRE 2009 (A.C. 4192)

A.C. 4192 - Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo quadro di partenariato globale e cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Indonesia dall'altra, con Atto finale, fatto a Giacarta il 9 novembre 2009.

A.C. 4192 - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2
(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 48 dell'Accordo stesso.

A.C. 4192 - Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 3.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.C. 4192 - Ordine del giorno

ORDINE DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
in Indonesia recentemente il quotidiano locale «Kompas» ha intervistato il vice ministro dell'educazione Jadal che ha espresso la necessità di ripensare l'insegnamento della religione nelle scuole medie e superiori in quanto «il tipo di Islam presentato agli studenti è basato esclusivamente sulla dicotomia noi/loro, musulmani/non-musulmani, e rende i giovani facili prede dei gruppi radicali». Un altro quotidiano, «Republikà» cita Anwar Sanusi, dirigente dell'Agenzia indonesiana contro il terrorismo, che afferma: «Gruppi terroristi stanno svolgendo opera di reclutamento tra gli studenti universitari e non nelle scuole islamiche, come tutti pensano», aggiungendo che il problema del terrorismo nel Paese non può essere contrastato solo dalla polizia, ma necessita della «partecipazione di tutta la popolazione», motivo per cui «vengono diffuse tali informazioni»;
un rapporto dell'«Australian Strategic Institute», mette in luce una crescita esponenziale di «terroristi freelance» nelle regioni del Sudest asiatico. In questo caso si tratta di soggetti che si formano nelle carceri e poi operano al di fuori di gruppi organizzati come al-Qaeda o Jemaah Islamiah. Lo studio è stato presentato a Canberra nel mese di maggio ed è il frutto di una serie di interviste approfondite fatte a trentatré condannati per terrorismo nelle prigioni dell'Indonesia;
in base al rapporto, nelle carceri nascono governi ombra, si reclutano gli affiliati, si spedisce e si riceve denaro, si coordinano attentati all'esterno. Tra i jihadisti che lasceranno la prigione nei prossimi diciotto mesi, alcuni si preparano ad attaccare obiettivi occidentali;
il leader religioso Abu Bakar Bashir, uno dei nomi di punta del terrorismo islamico indonesiano, è stato condannato a 15 anni di prigione. Secondo le autorità indonesiane, avrebbe finanziato campi d'addestramento per miliziani islamici ad Aceh;
secondo gli analisti, le milizie insediatesi nell'area di Aceh stavano preparando attentati contro funzionari governativi, non musulmani e musulmani moderati;
l'Accordo quadro di partenariato globale e cooperazione (PCA - Partnership and Cooperation Agreement) tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Indonesia, dall'altra, firmato a Giacarta il 9 novembre 2009, corrisponde al reciproco interesse dei contraenti per l'instaurazione di una partnership strategica;
l'Accordo prevede quattro aeree di cooperazione prioritarie: commercio e investimenti; ambiente e cambiamento climatico; istruzione e cultura; diritti umani e democrazia, nonché l'avvio della collaborazione sia in una serie di settori di mutuo interesse, sia nelle sfide globali tra cui il contrasto del terrorismo e della criminalità transnazionale,

impegna il Governo

in relazione all'Accordo quadro di partenariato globale con l'Indonesia, a verificare e monitorare il fenomeno del terrorismo al fine di evitare di avviare collaborazioni imponenti e strategiche con un Paese che non rispetta i diritti umani e di democrazia, che rappresentano tra l'altro una delle aree di cooperazione.
9/4192/1. Di Stanislao.

DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO TRA LA COMUNITÀ EUROPEA E I SUOI STATI MEMBRI DA UN LATO E LA REPUBBLICA SUDAFRICANA DALL'ALTRO, CHE MODIFICA L'ACCORDO SUGLI SCAMBI, LO SVILUPPO E LA COOPERAZIONE, FIRMATO A KLEINMOND, SUD AFRICA, L'11 SETTEMBRE 2009 (A.C. 4201)

A.C. 4201 - Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri da un lato e la Repubblica sudafricana dall'altro, che modifica l'Accordo sugli scambi, lo sviluppo e la cooperazione, firmato a Kleinmond, Sud Africa, l'11 settembre 2009.

A.C. 4201 - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 4 dell'Accordo stesso.

A.C. 4201 - Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 3.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.C. 4201 - Ordine del giorno

ORDINE DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
il Sudafrica è il Paese con l'economia più sviluppata del continente e sembra puntare tutto sul nucleare. L'8 ottobre scorso il vicepresidente Kgalema Motlanthe ha siglato un accordo con il presidente sudcoreano Lee Myung-Bak. L'intesa prevede la cooperazione nel settore dell'energia atomica, dello sviluppo di tecnologie e dello scambio di personale. Un primo passo verso la costruzione di centrali in territorio sudafricano;
ad agosto la Standard Bank, uno dei più grossi istituti del Paese, ha concluso accordi con la China Guangdong Nuclear Power Company. Prima ancora si erano candidate la francese Areva e la statunitense Westinghouse. Questo mostra la volontà forte del Paese di percorrere la strada del nucleare;
le centrali termiche in questo Paese producono oggi il 93 per cento dell'energia elettrica. Il governo ha reso pubblico un ambizioso piano per ridurre la dipendenza del Sudafrica dal carbone. Nell'arco di venti anni il Paese dovrebbe trarre il 14 per cento del fabbisogno energetico dal nucleare. Oggi è solo il 5 per cento, erogato dall'unica centrale in funzione, quella di Koeberg, trenta chilometri a nord di Città del Capo;
il problema vero è quello dei finanziamenti. Una centrale di terza generazione richiede un investimento di 50 miliardi di rand, circa cinque miliardi di euro. «Questo è il vero problema», ha dichiarato Cornelis van der Waal, di Frost & Sullivan, società di consulenza energetica. «I soldi da qualche parte devono arrivare e sarà difficile trovarli». Stephen Gelb professore di economia alla Johannesburg University ha dichiarato che «siano i coreani, i cinesi o i francesi il Sud Africa stringerà accordi con i partner che proporranno pacchetti finanziari migliori»;
tra le modifiche al Titolo VI dell'Accordo del 1999 la sostituzione dell'articolo 83 e la modifica dell'articolo 84 mirano a porre la scienza e la tecnologia al centro dei processi di sviluppo sostenibile del Sudafrica: ciò è evidente dall'aggiunta al paragrafo 3 dell'articolo 84 di riferimenti alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e alle cause ed effetti dei cambiamenti climatici. La sostituzione dell'articolo 85 è volta ad istituire un dialogo politico nel campo culturale, con particolare riguardo allo sviluppo di industrie culturali competitive;
vengono altresì inserite le questioni relative al disarmo e la non proliferazione nucleare, la cooperazione commerciale e viene ribadito l'impegno delle Parti alla realizzazione entro il 2015 degli Obiettivi di sviluppo del Millennio fissati nel Vertice ONU del 2000;
pertanto, sono note le intenzioni del Sudafrica di mettere in atto un piano per la costruzione di centrali nucleari e manifestata la totale disponibilità a sottoscrivere accordi economici con i paesi che intendano finanziarli,

impegna il Governo

nell'ambito dell'Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri da un lato e la Repubblica sudafricana, ad escludere ogni possibile coinvolgimento dell'Italia all'attuazione nella messa in atto del piano sul nucleare del Sudafrica, puntando invece sulla sostenibilità ambientale come parte del benessere sociale ed economico globale e incoraggiando e sostenendo in questo modo il raggiungimento del settimo obiettivo della campagna del Millennio.
9/4201/1.Di Stanislao.

La Camera,
premesso che:
il Sudafrica è il Paese con l'economia più sviluppata del continente e sembra puntare tutto sul nucleare. L'8 ottobre scorso il vicepresidente Kgalema Motlanthe ha siglato un accordo con il presidente sudcoreano Lee Myung-Bak. L'intesa prevede la cooperazione nel settore dell'energia atomica, dello sviluppo di tecnologie e dello scambio di personale. Un primo passo verso la costruzione di centrali in territorio sudafricano;
ad agosto la Standard Bank, uno dei più grossi istituti del Paese, ha concluso accordi con la China Guangdong Nuclear Power Company. Prima ancora si erano candidate la francese Areva e la statunitense Westinghouse. Questo mostra la volontà forte del Paese di percorrere la strada del nucleare;
le centrali termiche in questo Paese producono oggi il 93 per cento dell'energia elettrica. Il governo ha reso pubblico un ambizioso piano per ridurre la dipendenza del Sudafrica dal carbone. Nell'arco di venti anni il Paese dovrebbe trarre il 14 per cento del fabbisogno energetico dal nucleare. Oggi è solo il 5 per cento, erogato dall'unica centrale in funzione, quella di Koeberg, trenta chilometri a nord di Città del Capo;
il problema vero è quello dei finanziamenti. Una centrale di terza generazione richiede un investimento di 50 miliardi di rand, circa cinque miliardi di euro. «Questo è il vero problema», ha dichiarato Cornelis van der Waal, di Frost & Sullivan, società di consulenza energetica. «I soldi da qualche parte devono arrivare e sarà difficile trovarli». Stephen Gelb professore di economia alla Johannesburg University ha dichiarato che «siano i coreani, i cinesi o i francesi il Sud Africa stringerà accordi con i partner che proporranno pacchetti finanziari migliori»;
tra le modifiche al Titolo VI dell'Accordo del 1999 la sostituzione dell'articolo 83 e la modifica dell'articolo 84 mirano a porre la scienza e la tecnologia al centro dei processi di sviluppo sostenibile del Sudafrica: ciò è evidente dall'aggiunta al paragrafo 3 dell'articolo 84 di riferimenti alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e alle cause ed effetti dei cambiamenti climatici. La sostituzione dell'articolo 85 è volta ad istituire un dialogo politico nel campo culturale, con particolare riguardo allo sviluppo di industrie culturali competitive;
vengono altresì inserite le questioni relative al disarmo e la non proliferazione nucleare, la cooperazione commerciale e viene ribadito l'impegno delle Parti alla realizzazione entro il 2015 degli Obiettivi di sviluppo del Millennio fissati nel Vertice ONU del 2000;
pertanto, sono note le intenzioni del Sudafrica di mettere in atto un piano per la costruzione di centrali nucleari e manifestata la totale disponibilità a sottoscrivere accordi economici con i paesi che intendano finanziarli,

impegna il Governo

nell'ambito dell'Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri da un lato e la Repubblica sudafricana, a monitorare eventuali coinvolgimenti delle imprese e dei centri di ricerca italiani nella messa in atto del piano sul nucleare del Sudafrica.
9/4201/1.(Testo modificato nel corso della seduta).Di Stanislao.

DISEGNO DI LEGGE: S. 2648 - RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO DI MUTUA ASSISTENZA AMMINISTRATIVA PER LA PREVENZIONE, L'ACCERTAMENTO E LA REPRESSIONE DELLE INFRAZIONI DOGANALI TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA ED IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ARGENTINA, CON ALLEGATO, FATTO A ROMA IL 21 MARZO 2007 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4388)

A.C. 4388 - Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo di mutua assistenza amministrativa per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica argentina, con Allegato, fatto a Roma il 21 marzo 2007.

A.C. 4388 - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 22 dell'Accordo stesso.

A.C. 4388 - Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

1. Per l'attuazione della presente legge è autorizzata la spesa di euro 31.914 a decorrere dall'anno 2011. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 4388 - Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.C. 4388 - Ordine del giorno

ORDINE DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
lo scorso marzo la Commissione Europea ha presentato la Relazione 2011 sugli ostacoli agli scambi e agli investimenti dalla quale è emerso che l'Argentina è un importante partner commerciale per l'UE e la stessa rappresenta il principale investitore estero in Argentina;
come sottolineato da diverse relazioni di monitoraggio elaborate da organizzazioni internazionali e dalla Commissione, la politica commerciale dell'Argentina ha reagito alla crisi economica in modo piuttosto problematico, con un notevole numero di nuove misure protezionistiche adottate a partire dal 2008;
nell'ambito di Mercosur, il Brasile e l'Argentina stanno attualmente negoziando un accordo di associazione con l'UE che includerà un accordo di libero scambio;
la Commissione invita a valutare una serie di ostacoli che limitano l'accesso al mercato in questo Paese. In Argentina, infatti, vengono applicate limitazioni del trasporto marittimo che colpiscono direttamente le imprese dell'UE. Gli accordi di condivisione del trasporto merci tra il Brasile e l'Argentina limitano le opportunità delle imprese di spedizione UE di partecipare agli scambi internazionali tra i due Paesi. La dimensione e la crescita dei flussi commerciali all'interno del Mercosur e tra UE e Mercosur, nonché la probabile espansione di tali flussi quale conseguenza di un possibile accordo di libero scambio tra Mercosur e UE, rendono tale tematica particolarmente pertinente per le imprese dell'UE. L'Argentina sta ostacolando gli scambi anche attraverso varie misure di restrizione dell'esportazione di materie prime e le notevoli restrizioni agli scambi imposte dall'Argentina in reazione alla crisi economica e finanziaria hanno esteso il suo sistema di licenze non automatiche a un'ampia gamma di prodotti. Inizialmente applicato prevalentemente ai prodotti tessili, alle calzature e ai giocattoli, tale sistema viene applicato sempre più spesso ad altri prodotti quali pneumatici, tubi di ferro, macchinari e apparecchiature meccaniche (ad esempio ascensori, macchinari agricoli per la raccolta), metalli comuni e articoli di metalli comuni e parti di automobili. Secondo le stime le perdite potenziali per gli esportatori europei ammontano ad almeno 45 milioni di euro;
l'Italia ha riconfermato l'importanza di incrementare e diversificare il commercio bilaterale mediante la presenza di prodotti ad alto valore aggiunto e alta complessità tecnologica per consolidare i mutui vantaggi comparativi e competitivi, si è impegnata, altresì, a stimolare vivamente l'incremento degli investimenti reciproci, consolidare i rapporti imprenditoriali, in particolare tra piccole e medie imprese, favorire la cooperazione tra i diversi settori governativi e le imprese dei due Paesi in materia di infrastrutture, agricoltura e industria, impegnandosi, nei progetti di investimento imprenditoriale di ogni Paese nei piani di sviluppo dell'altro, a privilegiare la promozione delle rispettive capacità produttive mediante investimenti e impianti industriali volti ad aumentare la partecipazione del valore aggiunto nazionale;
tra l'altro, l'Italia e l'Argentina hanno firmato la «Lettera di intenti sulla cooperazione in materia di sviluppo imprenditoriale e formazione tecnologica», che ha come scopo la promozione e l'agevolazione degli investimenti bilaterali, privilegiando quelli che prevedano il trasferimento di tecnologia e favoriscano la ricerca e lo sviluppo oltre che la promozione della formazione tecnologica e dello sviluppo imprenditoriale,

impegna il Governo

a considerare e valutare le analisi e le indicazioni della Commissione Europea in materia di scambi commerciali e farsi portavoce con il Governo della Repubblica argentina degli ostacoli ancora presenti al fine di migliorare e rendere maggiormente trasparente e produttivo l'interscambio commerciale tra i due Paesi.
9/4388/1.Di Stanislao.

DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA E IL GOVERNO DEL REGNO HASCEMITA DI GIORDANIA SULLA COOPERAZIONE E SULLA MUTUA ASSISTENZA IN MATERIA DOGANALE, FATTO A ROMA IL 5 NOVEMBRE 2007 (A.C. 4373)

A.C. 4373 - Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno Hascemita di Giordania sulla cooperazione e sulla mutua assistenza in materia doganale, fatto a Roma il 5 novembre 2007.

A.C. 4373 - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 22 dell'Accordo stesso.

A.C. 4373 - Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

1. Per l'attuazione della presente legge è autorizzata la spesa di euro 11.325 annui a decorrere dall'anno 2011. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 4373 - Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.C. 4373 - Ordine del giorno

ORDINE DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
la Comunità europea e la Giordania hanno istituito per la prima volta relazioni contrattuali nel 1977, con la firma di un accordo di cooperazione. L'accordo di associazione del 1997 (entrato in vigore nel maggio 2002) e il piano d'azione della politica europea di vicinato (PEV), adottato nel 2005, hanno contribuito significativamente allo sviluppo delle relazioni bilaterali. Nel corso degli armi, l'Unione europea e la Giordania hanno progressivamente instaurato un partenariato solido e costruttivo, che sta per entrare in una nuova fase;
il 19 aprile scorso vi è stata la proposta UE relativa alla posizione che l'Unione europea e i suoi Stati membri dovranno assumere nel consiglio di associazione creato dall'accordo euromediterraneo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno hashemita di Giordania, dall'altra, in merito all'adozione di una raccomandazione sull'attuazione del piano d'azione UE-Giordania della PEV;
tra i principali princìpi di azione vi è accrescere il potenziale di esportazione della Giordania, realizzando una più ampia liberalizzazione degli scambi di beni e di prodotti agricoli, semplificando e aggiornando la legislazione e le procedure doganali, migliorando le norme industriali e modernizzando i servizi sanitari e fitosanitari;
si chiede di migliorare il funzionamento dei servizi doganali, semplificare e modernizzare le procedure doganali e rivedere le norme di origine attraverso le seguenti misure:
a) proseguire l'armonizzazione e la semplificazione della legislazione, del codice e delle procedure in materia doganale, conformemente alle raccomandazioni di Palermo;
b) intensificare la cooperazione con le altre agenzie che operano alle frontiere;
c) ultimare i lavori per la conclusione della convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee e la sua attuazione;
d) partecipare a una revisione approfondita delle norme di origine paneuromediterranee nel quadro della convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee;
e) promuovere l'elaborazione di misure relative ai controlli doganali basati sui rischi per garantire la sicurezza delle merci importate, esponete o in transito;
f) far progredire il dialogo e la cooperazione sulla legislazione vigente nel settore dei controlli doganali di merci usurpative e contraffatte nonché sulla sua attuazione, e procedere allo scambio delle statistiche pertinenti;
g) approfondire altresì la cooperazione per far fronte alle minacce alla sicurezza comune, lottando in particolare contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa e le esportazioni illegali di armi applicare controlli doganali basati sui rischi per garantire la sicurezza delle merci importate, esportate o in transito ed esaminare le possibilità di definire norme di certificazione degli operatori (esportatori e trasportatori) che intervengono negli scambi commerciali;
l'Accordo con la Giordania sulla cooperazione e la mutua assistenza in materia doganale prevede che i Governi italiano e giordano si impegnano a fornirsi, attraverso le rispettive Autorità doganali, assistenza e cooperazione reciproca, al fine di assicurare il pieno rispetto della legislazione doganale e di realizzare un'efficace azione di prevenzione, investigazione e repressione delle violazioni a tale normativa, per rendere maggiormente trasparente l'interscambio commerciale tra i due Paesi,

impegna il Governo

nel pieno rispetto dell'Accordo in esame, a valutare e tenere in considerazione la Decisione UE sulle azioni da intraprendere in materia doganale con il Regno Hashemita di Giordania.
9/4373/1. Di Stanislao.

DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO CHE MODIFICA PER LA SECONDA VOLTA L'ACCORDO DI PARTENARIATO TRA I MEMBRI DEL GRUPPO DEGLI STATI DELL'AFRICA, DEI CARAIBI E DEL PACIFICO, DA UN LATO, E LA COMUNITÀ EUROPEA E I SUOI STATI MEMBRI, DALL'ALTRO, FIRMATO A COTONOU IL 23 GIUGNO 2000, RIVEDUTO PER LA PRIMA VOLTA A LUSSEMBURGO IL 25 GIUGNO 2005, CON ATTO FINALE E DICHIARAZIONI ALLEGATE, APERTO ALLA FIRMA A OUAGADOUGOU IL 22 GIUGNO 2010 (A.C. 4374)

A.C. 4374 - Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo che modifica per la seconda volta l'Accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, riveduto per la prima volta a Lussemburgo il 25 giugno 2005, con Atto finale e dichiarazioni allegate, aperto alla firma a Ouagadougou il 22 giugno 2010.

A.C. 4374 - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 95, paragrafo 3, dell'Accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, fatto a Cotonou il 23 giugno 2000.

A.C. 4374 - Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 3.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.C. 4374 - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,

impegna il Governo

a sostenere in sede di Consiglio europeo e preso la Commissione europea la Risoluzione del Parlamento europeo sulla seconda revisione dell'accordo di partenariato ACP-CE («accordo di Cotonou») (2010/C 305 F/01) e in particolare il punto 31 volto a «includere nell'articolo 13 dell'accordo ACP-UE, sulle migrazioni, il principio della migrazione circolare e la sua facilitazione mediante il rilascio di visti circolari; sottolinea che tale articolo insiste sul rispetto dei diritti dell'uomo e sul trattamento equo dei cittadini dei paesi ACP, ma che l'ambito di applicazione di tali principi è gravemente compromesso da accordi bilaterali di riammissione - conclusi con paesi di transito in un contesto di esternalizzazione da parte dell'Europa della gestione dei flussi migratori - che non garantiscono il rispetto dei diritti dei migranti e possono condurre a riammissioni «a cascata» che mettono a repentaglio la loro sicurezza e la loro vita».
9/4374/1. Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,

impegna il Governo

a sostenere in sede di Consiglio e presso la Commissione europea la Dichiarazione congiunta UE-ACP su migrazione e sviluppo (Art. 13) adottata in occasione della seconda revisione dell'Accordo di Cotonou con cui le Parti si impegnano a rafforzare ed approfondire il dialogo e la cooperazione in materia di migrazione nel quadro di un approccio globale ed equilibrato che comprenda tre aspetti di fondo: promozione del nesso tra migrazione e sviluppo, facilitazione della migrazione legale, contrasto dell'immigrazione illegale.
9/4374/1. (Testo modificato nel corso della seduta).Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,

impegna il Governo

a sostenere in sede di Consiglio europeo e preso la Commissione europea la Risoluzione del Parlamento europeo sulla seconda revisione dell'accordo di partenariato ACP-CE (accordo di Cotonou) (2010/C 305 E/01) e in particolare il punto 32 volto a «rafforzare il principio delle clausole sui diritti umani non negoziabili e delle sanzioni in caso di mancato rispetto di tali clausole, con riferimento fra l'altro alle discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale e alle discriminazioni nei confronti delle persone che vivono con l'HIV/AIDS».
9/4374/2. Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,

impegna il Governo

a richiamare l'importanza in sede di Consiglio e presso la Commissione europea delle disposizioni in materia di diritti fondamentali previsti dall'articolo 8 dell'Accordo di partenariato ACP-CE (accordo di Cotonou) (2010/C 305 E/01) e in particolare il punto 32 volto a «rafforzare il principio delle clausole sui diritti umani non negoziabili e delle sanzioni in caso di mancato rispetto di tali clausole, con riferimento fra l'altro alle discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale e alle discriminazioni nei confronti delle persone che vivono con l'HIV/AIDS».
9/4374/2. (Testo modificato nel corso della seduta).Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il 9 luglio 2011 è stata proclamata l'indipendenza del Sud Sudan, il 55o stato dell'Africa;
dal 1820 i popoli del Sud Sudan hanno lottato contro schiavisti e colonizzatori, sia arabi che europei. Ma anche dopo l'indipendenza del Sudan (1956), il Sud resistette ai regimi oppressivi di Khartoum con due guerre civili, durate quasi 40 anni. Guerre spaventose che hanno fatto almeno due milioni di morti e milioni di rifugiati. L'accordo di pace fra il Nord e il Sud del Sudan, siglato a Nairobi nel 2005, prevedeva anche un referendum in cui i popoli del Sud potessero liberamente esprimersi sul loro futuro;
il referendum del 9 gennaio 2011 nel Sud Sudan ha sanzionato la sua indipendenza, ma il regime di Khartoum sta rendendo la vita difficile al nuovo stato che i vescovi cattolici hanno definito «una unica nazione di tante tribù, lingue e popoli»;
i missionari che operano in quei territori sostengono che il governo di Khartoum sta scatenando una guerra militare ed economica contro il Sud. Il 21 maggio scorso, dopo due giorni di pesanti bombardamenti, le Forze armate sudanesi, hanno occupato la cittadina di Abyei, al confine tra i due stati, ricca di petrolio e di importanza strategica. Ben 100.000 persone sono fuggite. Sembra che, tramite l'Unione africana si sia raggiunto il 21 maggio un'intesa che prevede l'invio ad Abyei di 4.000 caschi blu dell'Onu e il ritiro dei soldati di Khartoum. Il governo di Khartoum ha poi deciso che, a partire dal primo giugno, tutti i soldati dello Spla (Esercito di liberazione del Sud Sudan) trovati nelle regioni del Nord, dovevano consegnare le loro armi o essere attaccati;
anche nel Nord del Paese si registrano guerriglie e inoltre il governo di Khartoum ha deciso la guerra economica contro il nuovo stato: chiusura delle vie di comunicazione verso il Sud dove ora scarseggiano i viveri e il carburante;
i missionari comboniani in particolar modo chiedono al Governo italiano di rivedere i suoi forti legami con il regime di Khartoum di Omar El-Bashir, che ora potrebbe ripetere i crimini commessi in Darfur, anche contro il popolo Nuba. Pare sia in atto, infatti, un «genocidio Nuba», così afferma il vescovo anglicano di Kadugli, Andudu Adam Elnail, è in atto la «distruzione del nostro stile di vita e della nostra storia»;
l'esperto indipendente delle Nazioni Unite, Mohamed Chande Othman, ha espresso la sua preoccupazione per il continuo deterioramento della situazione nella regione di Abyei nell'Area di transizione del Sudan e ha richiamato, altresì, l'attenzione sulla situazione in Darfur dove i civili continuano a sostenere il peso peggiore dello scontro tra i gruppi armati e le forze governative e che in tutto il Paese «permangono tuttora sfide in termini di approfondimento democratico e creazione di un ambiente favorevole per la pace, la sicurezza e il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto»;
è evidente, pertanto, che i diritti e le libertà fondamentali, inclusa la libertà di espressione, di riunione e associazione, continuano ad essere violate da parte delle autorità incaricate dell'applicazione della legge;
dal punto di vista istituzionale, le modifiche in esame all'Accordo di partenariato tra i membri del gruppo ACP e la Comunità europea e i suoi Stati membri mirano tra l'altro ad incrementare il novero degli attori del dialogo politico nel quadro del partenariato UE-ACP, includendovi i Parlamenti nazionali, nonché entità non statali quali la società civile dei paesi ACP. Gli Stati ACP vengono altresì, in quanto gruppo, maggiormente considerati nelle modifiche all'Allegato VII, ispirato ai diritti umani, ai principi democratici e allo Stato di diritto,

impegna il Governo

a farsi portavoce con i Paesi partner delle gravi condizioni in cui versa il popolo del Sudan, anche in seguito all'indipendenza del Sud Sudan, per aiutare a trovare una soluzione globale del conflitto attraverso un processo di pace che affronti le cause profonde del conflitto inclusa la marginalizzazione economica della regione e tutelare i diritti umani, i principi democratici e lo Stato di diritto, capisaldi dell'accordo tra UE e ACP.
9/4374/3.Di Stanislao.

La Camera,
premesso che:
il 9 luglio 2011 è stata proclamata l'indipendenza del Sud Sudan, il 55o stato dell'Africa;
dal 1820 i popoli del Sud Sudan hanno lottato contro schiavisti e colonizzatori, sia arabi che europei. Ma anche dopo l'indipendenza del Sudan (1956), il Sud resistette ai regimi oppressivi di Khartoum con due guerre civili, durate quasi 40 anni. Guerre spaventose che hanno fatto almeno due milioni di morti e milioni di rifugiati. L'accordo di pace fra il Nord e il Sud del Sudan, siglato a Nairobi nel 2005, prevedeva anche un referendum in cui i popoli del Sud potessero liberamente esprimersi sul loro futuro;
il referendum del 9 gennaio 2011 nel Sud Sudan ha sanzionato la sua indipendenza, ma il regime di Khartoum sta rendendo la vita difficile al nuovo stato che i vescovi cattolici hanno definito «una unica nazione di tante tribù, lingue e popoli»;
i missionari che operano in quei territori sostengono che il governo di Khartoum sta scatenando una guerra militare ed economica contro il Sud. Il 21 maggio scorso, dopo due giorni di pesanti bombardamenti, le Forze armate sudanesi, hanno occupato la cittadina di Abyei, al confine tra i due stati, ricca di petrolio e di importanza strategica. Ben 100.000 persone sono fuggite. Sembra che, tramite l'Unione africana si sia raggiunto il 21 maggio un'intesa che prevede l'invio ad Abyei di 4.000 caschi blu dell'Onu e il ritiro dei soldati di Khartoum. Il governo di Khartoum ha poi deciso che, a partire dal primo giugno, tutti i soldati dello Spla (Esercito di liberazione del Sud Sudan) trovati nelle regioni del Nord, dovevano consegnare le loro armi o essere attaccati;
anche nel Nord del Paese si registrano guerriglie e inoltre il governo di Khartoum ha deciso la guerra economica contro il nuovo stato: chiusura delle vie di comunicazione verso il Sud dove ora scarseggiano i viveri e il carburante;
i missionari comboniani in particolar modo chiedono al Governo italiano di rivedere i suoi forti legami con il regime di Khartoum di Omar El-Bashir, che ora potrebbe ripetere i crimini commessi in Darfur, anche contro il popolo Nuba. Pare sia in atto, infatti, un «genocidio Nuba», così afferma il vescovo anglicano di Kadugli, Andudu Adam Elnail, è in atto la «distruzione del nostro stile di vita e della nostra storia»;
l'esperto indipendente delle Nazioni Unite, Mohamed Chande Othman, ha espresso la sua preoccupazione per il continuo deterioramento della situazione nella regione di Abyei nell'Area di transizione del Sudan e ha richiamato, altresì, l'attenzione sulla situazione in Darfur dove i civili continuano a sostenere il peso peggiore dello scontro tra i gruppi armati e le forze governative e che in tutto il Paese «permangono tuttora sfide in termini di approfondimento democratico e creazione di un ambiente favorevole per la pace, la sicurezza e il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto»;
è evidente, pertanto, che i diritti e le libertà fondamentali, inclusa la libertà di espressione, di riunione e associazione, continuano ad essere violate da parte delle autorità incaricate dell'applicazione della legge,

impegna il Governo

a farsi portavoce con i Paesi partner delle gravi condizioni in cui versa il popolo del Sudan, anche in seguito all'indipendenza del Sud Sudan, per aiutare a trovare una soluzione globale del conflitto attraverso un processo di pace che affronti le cause profonde del conflitto inclusa la marginalizzazione economica della regione e tutelare i diritti umani, i principi democratici e lo Stato di diritto, capisaldi dell'accordo tra UE e ACP.
9/4374/3. (Testo modificato nel corso della seduta).Di Stanislao.

DISEGNO DI LEGGE: S. 2622 - RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO NEL CAMPO DELLA COOPERAZIONE MILITARE TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA ED IL GOVERNO DEL REGNO DEL MAROCCO, FATTO A TAORMINA IL 10 FEBBRAIO 2006 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4433)

A.C. 4433 - Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo nel campo della cooperazione militare tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco, fatto a Taormina il 10 febbraio 2006.

A.C. 4433 - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 17 dell'Accordo stesso.

A.C. 4433 - Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

1. Per l'attuazione della presente legge è autorizzata la spesa di euro 9.268 annui, ad anni alterni, a decorrere dall'anno 2011. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 4433 - Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.C. 4433 - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
il primo semestre del 2011 ha fatto registrare un grande fermento politico e sociale che ha attraversato tutto il Medio Oriente e il Maghreb;
contro i regimi autoritari dei Paesi arabi, si sono verificati significativi moti popolari che, accesisi in Algeria, si sono tumultuosamente estesi in Tunisia, in Egitto, in Bahrain, nello Yemen, in Libia, dove purtroppo la crisi in questo momento risulta essere molto più grave;
in tutto il Nordafrica e, più in generale, nel mondo arabo-islamico, sono in corso grandi sommovimenti di popolo, che chiedono ai governi di quei Paesi profonde riforme, sia sul piano democratico e del rispetto dei diritti umani, civili e politici, sia su quello economico e sociale;
molti governi della regione hanno reagito e continuano a reagire alle forti proteste popolari con misure di repressione anche violenta e brutale, che hanno mietuto molte vittime nella popolazione civile, in chiara violazione dei diritti umani fondamentali;
anche il Marocco è attraversato, seppur in misura minore, da richieste legittime di libertà e democrazia, anche se appare avviato sulla strada delle riforme in un contesto di dialogo sociale e politico;
tuttavia, il Marocco mantiene ancora irrisolta la questione relativa al referendum di autodeterminazione del popolo saharawi malgrado l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con numerose risoluzioni tra il 1966 e il 1972, abbia affermato la necessità di indire un referendum per l'indipendenza del Sahara occidentale;
la risoluzione 690 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 29 aprile 1991 ha istituito la missione MINURSO (Mission for the Referendum in Western Sahara) proprio per garantirne lo svolgimento;
il territorio al cui interno cade quello rivendicato dal Fronte Polisario fa parte di una vasta area del Sahara occidentale occupata dalle forze governative appunto nel 1975 in violazione del diritto internazionale, con particolare riferimento alla violazione dei diritti umani più volte denunciata da organismi internazionali;
le rivendicazioni sul territorio del Sahara occidentale avanzate da Mauritania e Marocco sono state definitivamente rigettate da un parere consultivo dalla Corte di giustizia internazionale il 16 ottobre 1975;
le divergenze tra Marocco e Fronte Polisario riguardo l'identificazione degli aventi diritto al voto da parte della MINURSO hanno fino ad oggi impedito la realizzazione della prevista consultazione referendaria;
dopo un fallito tentativo di risolvere il contenzioso, effettuato tra il 1997 e il 2003, attraverso il cosiddetto «Piano Baker», anch'esso non applicato per il permanere delle suddette divergenze tra Marocco e Polisario, la situazione di stallo si è prolungata fino al 2007 quando, ancora una volta, il Consiglio di sicurezza ha dovuto adottare una nuova risoluzione, la 1754, con la quale si chiede a entrambi di avviare un negoziato diretto senza precondizioni e sotto l'egida dell'Onu;
la via negoziale ha recentemente consentito, nonostante incertezze e momenti di stallo, nonché il permanere di numerose difficoltà sul piano sostanziale, di registrare progressi sul fronte umanitario;
all'attenzione del Parlamento vi è la ratifica dell'Accordo nel campo della cooperazione militare tra il nostro Paese e il Regno del Marocco, con lo scopo di sviluppare la cooperazione bilaterale tra le forze armate dei due Paesi,

impegna il Governo:

a vigilare che le forniture di armi, oggetto della ratifica dell'Accordo in esame, non siano impiegate a scapito di una soluzione pacifica della crisi sul piano politico e nei confronti del popolo saharawi;
a rafforzare la pressione diplomatica sulle parti affinché la questione del Sahara occidentale sia affrontata e risolta con il dialogo politico e il negoziato diplomatico, nel rigoroso rispetto dei diritti umani e dei diritti dei popoli, anche come base per l'ulteriore sviluppo della collaborazione in ambito militare.
9/4433/1. Evangelisti, Leoluca Orlando, Di Stanislao, Sarubbi, Motta, Bossa.

La Camera,
premesso che:
il primo semestre del 2011 ha fatto registrare un grande fermento politico e sociale che ha attraversato tutto il Medio Oriente e il Maghreb;
contro i regimi autoritari dei Paesi arabi, si sono verificati significativi moti popolari che, accesisi in Algeria, si sono tumultuosamente estesi in Tunisia, in Egitto, in Bahrain, nello Yemen, in Libia, dove purtroppo la crisi in questo momento risulta essere molto più grave;
in tutto il Nordafrica e, più in generale, nel mondo arabo-islamico, sono in corso grandi sommovimenti di popolo, che chiedono ai governi di quei Paesi profonde riforme, sia sul piano democratico e del rispetto dei diritti umani, civili e politici, sia su quello economico e sociale;
molti governi della regione hanno reagito e continuano a reagire alle forti proteste popolari con misure di repressione anche violenta e brutale, che hanno mietuto molte vittime nella popolazione civile, in chiara violazione dei diritti umani fondamentali;
anche il Marocco è attraversato, seppur in misura minore, da richieste legittime di libertà e democrazia, anche se appare avviato sulla strada delle riforme in un contesto di dialogo sociale e politico;
tuttavia, il Marocco mantiene ancora irrisolta la questione relativa al referendum di autodeterminazione del popolo saharawi malgrado l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con numerose risoluzioni tra il 1966 e il 1972, abbia affermato la necessità di indire un referendum per l'indipendenza del Sahara occidentale;
la risoluzione 690 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 29 aprile 1991 ha istituito la missione MINURSO (Mission for the Referendum in Western Sahara) proprio per garantirne lo svolgimento;
il territorio al cui interno cade quello rivendicato dal Fronte Polisario fa parte di una vasta area del Sahara occidentale occupata dalle forze governative appunto nel 1975 in violazione del diritto internazionale, con particolare riferimento alla violazione dei diritti umani più volte denunciata da organismi internazionali;
le rivendicazioni sul territorio del Sahara occidentale avanzate da Mauritania e Marocco sono state definitivamente rigettate da un parere consultivo dalla Corte di giustizia internazionale il 16 ottobre 1975;
le divergenze tra Marocco e Fronte Polisario riguardo l'identificazione degli aventi diritto al voto da parte della MINURSO hanno fino ad oggi impedito la realizzazione della prevista consultazione referendaria;
dopo un fallito tentativo di risolvere il contenzioso, effettuato tra il 1997 e il 2003, attraverso il cosiddetto «Piano Baker», anch'esso non applicato per il permanere delle suddette divergenze tra Marocco e Polisario, la situazione di stallo si è prolungata fino al 2007 quando, ancora una volta, il Consiglio di sicurezza ha dovuto adottare una nuova risoluzione, la 1754, con la quale si chiede a entrambi di avviare un negoziato diretto senza precondizioni e sotto l'egida dell'Onu;
la via negoziale ha recentemente consentito, nonostante incertezze e momenti di stallo, nonché il permanere di numerose difficoltà sul piano sostanziale, di registrare progressi sul fronte umanitario;
all'attenzione del Parlamento vi è la ratifica dell'Accordo nel campo della cooperazione militare tra il nostro Paese e il Regno del Marocco, con lo scopo di sviluppare la cooperazione bilaterale tra le forze armate dei due Paesi,

impegna il Governo:

a vigilare che i programmi di collaborazione nel settore della formazione delle forze armate e della produzione di materiali di armamento oggetto dell'accordo in esame non incidano negativamente sulla soluzione pacifica della crisi sul piano politico e sugli interessi del popolo saharawi;
a rafforzare la pressione diplomatica sulle parti affinché la questione del Sahara occidentale sia affrontata e risolta con il dialogo politico e il negoziato diplomatico, nel rigoroso rispetto dei diritti umani e dei diritti dei popoli, anche come base per l'ulteriore sviluppo della collaborazione in ambito militare.
9/4433/1. (Testo modificato nel corso della seduta).Evangelisti, Leoluca Orlando, Di Stanislao, Sarubbi, Motta, Bossa, Gatti.

La Camera,
premesso che:
in tutto il Nordafrica e, più in generale, nel mondo arabo-islamico, sono in corso grandi sommovimenti di popolo, che chiedono ai governi di quei Paesi profonde riforme, sia sul piano democratico e del rispetto dei diritti umani, civili e politici, sia su quello economico e sociale;
molti governi della regione hanno reagito e continuano a reagire alle forti proteste popolari con misure di repressione anche violenta e brutale, che hanno mietuto molte vittime nella popolazione civile, in chiara violazione dei diritti umani fondamentali;
il Marocco appare avviato sulla strada delle riforme in un contesto di dialogo sociale e politico. Tuttavia il Marocco ha occupato dal 1975 una vasta area del Sahara occidentale, abbandonato dagli spagnoli, spartendosi la regione con la Mauritania, che ha successivamente lasciato l'area; l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con numerose risoluzioni tra il 1966 e il 1972 ha affermato la necessità di indire un referendum per l'indipendenza del Sahara occidentale; le rivendicazioni sul territorio del Sahara occidentale avanzate da Mauritania e Marocco sono state definitivamente rigettate da un parere consultivo dalla Corte di giustizia internazionale il 16 ottobre 1975;
con la risoluzione 690 del 29 aprile 1991, inoltre, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha istituito la Missione MINURSO (Mission for the Referendum in Western Sahara) per promulgare un referendum di autodeterminazione del popolo saharawi; le divergenze tra Marocco e Fronte Polisario riguardo alla formazione delle liste elettorali e l'identificazione degli aventi diritto al voto da parte della MINURSO, nonché i contrasti emersi in merito alle opzioni da includere nel referendum, hanno fino ad oggi impedito la realizzazione della prevista consultazione referendaria;
dopo un fallito tentativo di risolvere il contenzioso, effettuato tra il 1997 e il 2003 attraverso il cosiddetto «Piano Baker», anch'esso non applicato per il permanere delle suddette divergenze tra Marocco e Fronte Polisario, la situazione di stallo si è prolungata fino al 2007;
occupando il Sahara occidentale, il governo marocchino - secondo autorevoli osservatori indipendenti - non solo sta violando le leggi internazionali, ma avrebbe anche commesso gravi violazioni dei diritti umani, quali arresti arbitrari, persecuzioni e incarcerazioni; Amnesty International ha denunciato le torture degli attivisti detenuti; secondo altre fonti (Human Rights Watch Report 2008, Country Report on Human Rights Practices for West Sahara US Department of State 2009), i processi a cui sono sottoposti i saharawi coinvolti nel processo di autodeterminazione non si sarebbero svolti in base agli standard internazionali; si denunciano, inoltre, torture ai danni di attivisti e talvolta la scomparsa;
nel 2007, il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 1754, che invita Marocco e Polisario ad avviare un negoziato diretto senza precondizioni sotto l'egida dell'Onu;
i negoziati condotti fin qui, pur non avendo fatto registrare passi in avanti in termini sostanziali, hanno fatto emergere la volontà delle parti di non sottrarsi ad una soluzione di tipo negoziale;
l'atteggiamento tenuto dal Marocco in tale contesto è stato apprezzato dal Consiglio di sicurezza che, nelle risoluzioni 1920/2010 e 1979/2011, fa riferimento agli «sforzi seri e credibili» da parte marocchina per una soluzione del contenzioso;
la via negoziale ha recentemente consentito, nonostante il permanere di numerose difficoltà sul piano sostanziale, di registrare progressi sul fronte umanitario: nel caso degli ultimi round negoziali, le parti si sono infatti impegnate a collaborare all'attuazione dei dettagli operativi del programma Confidence Building Measures, gestito dall'UNHCR, raggiungendo un accordo per l'immediata ripresa dello scambio di visite tra familiari saharawi (già riprese a partire dal gennaio 2011) e l'avvio anche delle visite via terra;
il disegno di legge all'esame propone la ratifica dell'Accordo nel campo della cooperazione militare tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo del Regno del Marocco, sottoscritto a Taormina il 10 febbraio 2006, con lo scopo di sviluppare la cooperazione bilaterale tra le forze armate dei due Paesi,

impegna il Governo:

a mantenere e a rafforzare la pressione diplomatica sulle parti, sia nei contatti bilaterali che in sede europea o in ambito Onu, affinché la questione del Sahara occidentale sia affrontata e risolta con il dialogo politico e il negoziato diplomatico, nel rigoroso rispetto dei diritti umani e dei diritti dei popoli;
ad invitare le autorità marocchine a mantenere e a rafforzare la scelta della via del dialogo per le riforme e del negoziato sotto egida ONU sulla questione del Sahara occidentale, anche come base per l'ulteriore sviluppo della collaborazione in ambito militare;
a valutare l'opportunità di ricorrere agli strumenti di natura diplomatica e giuridica, incluso l'avvio della procedura di denuncia di cui all'articolo 17 dell'Accordo, qualora vengano riscontrati comportamenti che violino i diritti umani e le libertà fondamentali da parte delle competenti autorità marocchine.
9/4433/2. Narducci, Tempestini, Barbi, Sarubbi, Motta, Bossa.

La Camera,
premesso che,
nel 2003 la missione Onu (Minurso) fu prorogata ed è iniziato lo studio per un piano di pace che prevede un referendum per l'autodeterminazione del popolo saharawi e che dovrebbe portare in qualche anno all'indipendenza politica dei territori del Sahara Occidentale;
il 18 agosto 2005, il Fronte Polisario ha rilasciato gli ultimi 400 prigionieri di guerra marocchini. Nel 2005, dopo anni di sostanziale assenza di episodi di violenza, è ricominciata una forma di resistenza del popolo saharawi che vive nel Sahara occidentale occupato dal Marocco, chiamata «intifada» saharawi;
l'Accordo con il Marocco sulla cooperazione militare, firmato il 10 febbraio 2006 a Taormina, mira allo sviluppo della cooperazione bilaterale tra le Forze armate delle due Parti allo scopo di consolidare le rispettive capacità difensive e di migliorare la reciproca comprensione sulle questioni della sicurezza;
tra Italia e Marocco è in vigore il Trattato di amicizia e cooperazione fatto a Roma il 25 novembre 1991, ratificato in Italia con la legge 12 aprile 1995, n. 128, che all'articolo 6 disciplina la cooperazione con particolare riferimento alla «realizzazione di corsi di formazione e perfezionamento, lo scambio di personale e di esperienze nel campo dei materiali di difesa». L'Accordo in esame mira a integrare e a dare ampia attuazione alle previsioni del Trattato di amicizia del 1991, intervenendo a disciplinare in maniera più dettagliata aspetti della cooperazione bilaterale in campo militare;
nel mese di maggio la II Conferenza internazionale di giuristi sul Sahara occidentale ha riaffermato il diritto del popolo saharawi a riprendere le armi per la sua indipendenza dall'occupazione illegale marocchina del suo territorio. La conclusione finale a cui sono arrivati gli esperti legali internazionali è che il diritto internazionale riconosce al popolo del Sahara occidentale la legittima opzione di «perseguire con tutti i mezzi il proprio diritto alla autodeterminazione, essendo legittimato a utilizzare la forza armata»;
la dichiarazione, letta nell'atto di chiusura del foro, assume speciale rilevanza attuandosi dopo appena 72 ore da quando si è reso nota la dichiarazione dell'ONU che proroga la «Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale», però senza ampliare il suo mandato alla salvaguardia dei diritti umani;
si è tenuto recentemente un referendum a proposito di un ampio pacchetto di riforme costituzionali pare in risposta ad un movimento di contestazione giovanile ispirato dalle rivolte di Egitto e Tunisia;
tuttavia, da notizie di stampa, i dimostranti hanno riferito che le forze di sicurezza hanno attaccato ripetutamente e violentemente, a colpi di bastone, chi manifestava, senza alcun ammonimento preventivo. In alcuni casi le guardie sono andate a scovarli in strada anche molto tempo dopo che la manifestazione era stata ormai dispersa;
il mese scorso l'esercito marocchino ha utilizzato materiale militare spagnolo per smantellare il campo di Gdeim Izik installato nei dintorni di Al Aaiùn da oltre 20.000 saharawi che protestavano pacificamente contro la propria situazione sociale. Organizzazioni civili come la Federazione nazionale di gruppi di sostegno al Sahara Occidentale hanno presentato questo fine settimana una denuncia al Ministero dell'industria spagnolo. La denuncia è stata accompagnata da un video sull'assalto al campo saharawi, l'8 novembre 2010, che reca la «prova dell'uso, da parte del Marocco, di veicoli militari di alta mobilità che aveva comprato in Spagna nel 2008 e 2009». La denuncia chiede insistentemente al governo Zapatero di sospendere immediatamente i contratti di esportazione di materiale militare spagnolo al Marocco;
risulta pertanto ancora evidente l'ampio divario tra la posizione ufficiale tenuta dal Governo e il modo in cui esso tratta i propri cittadini,

impegna il Governo

a verificare e a farsi promotore di un'ampia tutela dei diritti umani da parte del Governo del Regno del Marocco al fine di dare la giusta attuazione all'Accordo sulla cooperazione militare in esame ed evitare, come è accaduto per la Spagna, che i rapporti Italia-Marocco contribuiscano indirettamente ad accentuare un clima di violenza e di repressione.
9/4433/3. Di Stanislao, Evangelisti, Sarubbi, Motta, De Pasquale, Lolli.

DISEGNO DI LEGGE: S. 2623 - RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO DI PARTENARIATO ECONOMICO TRA GLI STATI DEL CARIFORUM, DA UNA PARTE, E LA COMUNITÀ EUROPEA E I SUOI STATI MEMBRI, DALL'ALTRA, CON ALLEGATI, PROTOCOLLI, DICHIARAZIONI E ATTO FINALE, FATTO A BRIDGETOWN, BARBADOS, IL 15 OTTOBRE 2008 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4470)

A.C. 4470 - Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo di partenariato economico tra gli Stati del Cariforum, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra, con Allegati, Protocolli, Dichiarazioni e Atto finale, fatto a Bridgetown, Barbados, il 15 ottobre 2008.

A.C. 4470 - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 243 dell'Accordo stesso.

A.C. 4470 - Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.C. 4470 - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
i quindici membri del Cariforum, 14 stati Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Dominica, Giamaica, Grenada, Guyana, Haiti, Santa Lucia, Saint Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine, Suriname, Trinidad e Tobago e il territorio britannico d'oltremare Monserrat, sono tutti abolizionisti di fatto della pena di morte e comminano le condanne ma non praticano esecuzioni da oltre 10 anni, tranne Saint Kitts e Nevis che ha purtroppo ripreso le esecuzioni nel 2008 e Haiti che è abolizionista;
secondo quanto raccolto dall'Associazione radicale Nessuno Tocchi Caino le ultime esecuzioni ad Antigua e Barbuda son state nel 1991, nelle Bahamas nel 2000, nelle Barbados nel 1984, in Belize nel 1985, in Dominica nel 1986, in Giamaica nel 1988, a Grenada nel 1978, in Guyana nel 1997, a Santa Lucia nel 1995, a Saint Vincent e Grenadine nel 1995, in Suriname nel 1982 e a Trinidad e Tobago nel 1999;
nessuno prevede la pena di morte per i minori, mentre il metodo di esecuzione è generalmente l'impiccagione, tranne che per il Suriname dove è prevista la fucilazione;
in occasione del voto all'Assemblea generale dell'Onu relativo alla mozione promossa dall'Italia a nome e per conto di una coalizione transregionale che ha deliberato la proclamazione di una moratoria universale della pena di morte, tutti i membri del Cariforum, ad eccezione del Suriname che si è astenuto e di Haiti che oltre a votare a favore ha anche co-sponsorizzato, hanno votato contro;
per Saint Kitts e Nevis l'omicidio è l'unico reato capitale. Il 19 dicembre 2008, dopo 10 anni di interruzione, Saint Kitts ha ripreso le esecuzioni impiccando Charles Elroy Laplace. L'ultima esecuzione risaliva al 20 luglio 1998. Il paese ha ratificato lo Statuto della Corte Penale Internazionale che esclude il ricorso alla pena di morte ma ha votato contro la risoluzione per una moratoria delle esecuzioni capitali all'Assemblea generale delle Nazioni Unite;
per Antigua e Barbuda l'unico reato capitale è l'omicidio e il Paese ha ratificato lo Statuto della Corte penale internazionale e la Convenzione contro la tortura ed i trattamenti e le punizioni crudeli, inumane o degradanti. Ha votato contro la risoluzione;
per le Bahamas i reati capitali sono il tradimento e pirateria. Il Paese ha firmato, ma non ratificato, lo Statuto della Corte penale nonché la Convenzione contro la tortura ed i trattamenti e le punizioni crudeli, inumane o degradanti, votando contro la risoluzione all'Onu;
le Barbados prevedono la pena di morte obbligatoria per omicidio e tradimento, mentre essa è facoltativa per l'ammutinamento. Hanno ratificato lo Statuto della Corte penale internazionale e il Patto internazionale sui diritti civili e politici, votando contro la risoluzione all'Onu;
per il Belize la pena di morte è prevista per omicidio e alcuni reati militari. Ha ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici, lo Statuto della Corte penale internazionale e la Convenzione contro la tortura ed i trattamenti e le punizioni crudeli, inumane o degradanti, votando contro la risoluzione;
per Dominica i reati capitali sono omicidio e tradimento. Ha ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici e lo statuto della Corte penale internazionale votando contro la risoluzione. Per la Giamaica il reato capitale è l'omicidio. Ha ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici e firmato, ma non ratificato, lo statuto della Corte penale internazionale. Ha votato contro la risoluzione;
per Grenada il reato capitale è l'omicidio. Ha ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici e votato contro la risoluzione;
la Guyana prevede la pena di morte per omicidio, tradimento e alcuni atti di terrorismo. Il 14 ottobre 2010, il Parlamento ha abolito la pena di morte obbligatoria per chi commette omicidio, salvo alcune eccezioni. Rimane una pena obbligatoria per l'omicidio di membri delle forze dell'ordine in servizio, appartenenti al personale carcerario, magistrati e ufficiali giudiziari, testimoni, giurati popolari. Negli altri casi di omicidio, il giudice avrà la facoltà di comminare l'ergastolo o una pena detentiva da 15 anni in su. Ha ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici, lo statuto della Corte penale internazionale e la Convenzione contro la tortura ed i trattamenti e le punizioni crudeli, inumane o degradanti. Ha votato contro la risoluzione;
per Santa Lucia i reati capitali sono l'omicidio e il tradimento. Ha firmato, ma non ratificato, lo statuto della Corte penale internazionale. Ha votato contro la risoluzione;
Saint Vincent e Grenadine prevedono come reati capitali l'omicidio e il tradimento. Hanno ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici, lo statuto della Corte penale internazionale e la Convenzione contro la tortura ed i trattamenti e le punizioni crudeli, inumane o degradanti. Hanno votato contro la risoluzione;
per il Suriname i reati capitali sono omicidio aggravato e reati contro lo stato. Ha ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici. Si è astenuto sulla risoluzione per una moratoria delle esecuzioni capitali;
per Trinidad e Tobago a pena di morte è obbligatoria in caso di omicidio. Il 27 febbraio 2011, il Parlamento di Trinidad e Tobago ha respinto un emendamento costituzionale che avrebbe accelerato la ripresa delle esecuzioni capitali nel Paese. Ha ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici e lo statuto della Corte penale internazionale. Nel 1998, il Governo si è ritirato dal Primo protocollo opzionale del Patto internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite per poi riaccedervi con una riserva che esclude la possibilità di ricorsi individuali. Ha votato contro la risoluzione;
Haiti è abolizionista. La Costituzione del 1987 all'articolo 20 afferma: «La pena di morte è abolita per tutti i crimini». L'articolo 20 è compreso sotto il titolo 111 «Diritti e doveri fondamentali del cittadino»;
il paese è abolizionista dal 1987, e l'ultima esecuzione è avvenuta nel 1972. Haiti ha cosponsorizzato e votato in favore della risoluzione;
per molti membri del Cariforum il Comitato Giudiziario del Privy Council britannico rimane la Corte d'Appello di ultima istanza. In base alla sentenza Pratt e Morgan del Privy Council del 1993, la pena di morte non può essere eseguita e va commutata automaticamente in ergastolo nel caso in cui il condannato abbia passato più di cinque anni nel braccio della morte in attesa dell'esecuzione;
Bahamas, Saint Kitts e Nevis, Barbados, Belize, Domenica, Giamaica, Grenada, Guyana, Santa Lucia, Suriname e Trinidad and Tobago sono gli 11 firmatari dell'accordo del 2001 volto a stabilire una Corte caraibica di giustizia, sostitutiva del Privy Council di Londra come corte d'appello di ultima istanza nella regione. I leader dei paesi caraibici vedono in essa la fine dell'ultimo retaggio del colonialismo, ma i militanti per i diritti umani sono preoccupati che con la nuova giurisdizione aumenteranno le esecuzioni essendo i governi caraibici per lo più a favore della pena di morte;
la Corte caraibica di giustizia è stata inaugurata a Trinidad il 16 aprile 2005. Comunque molti paesi devono emendare le proprie costituzioni per passare dalla giurisdizione del Privy Council a quella della Corte caraibica di giustizia;
l'11 marzo 2002, il Comitato giudiziario del Privy Council (JCPC), ha confermato la decisione emessa nell'aprile del 2001 dalla Corte d'appello dei Caraibi orientali e ha unanimemente considerato incostituzionale - perché inumana e degradante - la pena di morte quale sanzione obbligatoria per omicidio in sette paesi;
il 6 luglio 2004, il Privy Council di Londra ha ammesso, in seguito a un appello presentato da 4 condannati a morte, la costituzionalità della pena di morte quale sanzione obbligatoria per omicidio a Barbados e a Trinidad e Tobago. Considerata l'importanza della questione, per la prima volta il panel della Corte non era costituito dai consueti cinque giudici, ma da nove. Con cinque voti contro quattro, la Corte ha ribadito che la pena di morte obbligatoria è una misura disumana e degradante e contraria al diritto internazionale, ma ha stabilito che la lettera delle costituzioni di Barbados e Trinidad, contrariamente a quelle di altri paesi caraibici, impedisce al Privy Council di interferire. Secondo i cinque giudici della maggioranza, le costituzioni di questi due paesi impedirebbero chiaramente che leggi esistenti prima della loro promulgazione - come quelle relative alla pena di morte obbligatoria in caso di omicidio - possano essere annullate;
l'8 marzo 2006, con un'altra importante sentenza, il Comitato giudiziario del Privy Council ha stabilito che la condanna a morte obbligatoria per omicidio viola la Costituzione delle Bahamas e i diritti umani internazionalmente riconosciuti (questa sentenza è stata appena ribadita, a giugno 2011);
il 14 giugno 2011, la pena di morte obbligatoria per omicidio a Trinidad e Tobago è stata nuovamente una volta respinta dal Privy Council, che ha annullato la condanna a morte di Nimrod Miguel, ritenendola «incostituzionale». La decisione del Privy Council avrà probabilmente delle conseguenze sulla maggioranza dei prigionieri del braccio della morte, che sono stati condannati in circostanze analoghe,

impegna il Governo:

di concerto coi partner europei ad avviare tutte le opportune iniziative volte a far avanzare le legislazioni nazionali dei membri del Cariforum che ancora prevedono la pena di morte perché essi passino a una moratoria de iure e modifichino di conseguenza la propria posizione in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, in occasione del prossimo voto previsto sulla risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni previsto per il 2012;
a promuovere in sede comunitaria adeguate iniziative nei confronti dei Paesi membri del Cariforum che dovessero riprendere le esecuzioni.
9/4470/1. Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
gli stati di Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Dominica, Giamaica, Grenada, Guyana, Haiti, Santa Lucia, Saint Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine, Suriname, Trinidad e Tobago, il territorio britannico d'oltremare Monserrat fanno parte del Cariforum il cui partenariato economico con gli Stati membri della Comunità europea è oggetto di una ratifica parlamentare tali stati sono di fatto non applicano la pena di morte da oltre 10 anni ma la prevedono nell'ordinamento giuridico poiché continuano a comminare le condanne, tranne Saint Kitts e Nevis che ha purtroppo ripreso le esecuzioni nel 2008, mentre Haiti è da tempo abolizionista;
in occasione del voto all'Assemblea generale dell'Onu relativo alla mozione promossa dall'Italia che ha deliberato la proclamazione di una moratoria universale della pena di morte, tutti i membri del Cariforum hanno votato contro con l'eccezione del Suriname che si è astenuto e di Haiti che oltre a votare a favore ha anche cosponsorizzato tale iniziativa;
per molti membri del Cariforum il Comitato Giudiziario del Privy Council britannico rimane la Corte d'appello di ultima istanza e in base alla sentenza Pratt e Morgan del Privy Council del 1993, la pena di morte non può essere eseguita e va commutata automaticamente in ergastolo nel caso in cui il Condannato abbia passato più di cinque anni nel braccio della morte in attesa dell'esecuzione;
Bahamas, Saint Kitts e Nevis, Barbados, Belize, Domenica, Giamaica, Grenada, Guyana, Santa Lucia, Suriname e Trinidad and Tobago sono gli 11 firmatari dell'accordo del 2001 volto a stabilire una Corte Caraibica di Giustizia, sostitutiva del Privy Council di Londra come Corte d'appello di ultima istanza nella regione;
i leaders dei paesi caraibici, pur nella positiva valutazione della fine dell'ultimo retaggio del colonialismo, devono tener conto delle preoccupazioni delle organizzazioni internazionali che si occupano dei diritti umani riguardo al fatto che con la nuova giurisdizione potrebbero aumentare le esecuzioni essendo i governi caraibici per lo più a favore della pena di morte;
la Corte Caraibica di Giustizia è stata inaugurata a Trinidad il 16 aprile 2005 ma molti paesi devono ancora emendare le proprie costituzioni per passare dalla giurisdizione del Privy Council a quella della Corte Caraibica di Giustizia,

impegna il Governo:

ad avviare tutte le opportune iniziative, anche in sede europea, volte a far avanzare tali legislazioni che ancora prevedono la pena di morte, pur non applicandola di fatto nella quasi totalità dei Paesi, affinché passino a una moratoria de iure e modifichino di conseguenza la propria posizione in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, in occasione del prossimo voto previsto sulla risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni previsto per il 2012;
a promuovere in sede comunitaria adeguate iniziative, anche sanzionatorie, nei confronti dei Paesi membri del Cariforum qualora dovessero riprendere le esecuzioni capitali.
9/4470/2. Evangelisti, Leoluca Orlando, Di Stanislao.

La Camera,
premesso che:
gli stati di Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Dominica, Giamaica, Grenada, Guyana, Haiti, Santa Lucia, Saint Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine, Suriname, Trinidad e Tobago, il territorio britannico d'oltremare Monserrat fanno parte del Cariforum il cui partenariato economico con gli Stati membri della Comunità europea è oggetto di una ratifica parlamentare tali stati sono di fatto non applicano la pena di morte da oltre 10 anni ma la prevedono nell'ordinamento giuridico poiché continuano a comminare le condanne, tranne Saint Kitts e Nevis che ha purtroppo ripreso le esecuzioni nel 2008, mentre Haiti è da tempo abolizionista;
in occasione del voto all'Assemblea generale dell'Onu relativo alla mozione promossa dall'Italia che ha deliberato la proclamazione di una moratoria universale della pena di morte, tutti i membri del Cariforum hanno votato contro con l'eccezione del Suriname che si è astenuto e di Haiti che oltre a votare a favore ha anche cosponsorizzato tale iniziativa;
per molti membri del Cariforum il Comitato Giudiziario del Privy Council britannico rimane la Corte d'appello di ultima istanza e in base alla sentenza Pratt e Morgan del Privy Council del 1993, la pena di morte non può essere eseguita e va commutata automaticamente in ergastolo nel caso in cui il Condannato abbia passato più di cinque anni nel braccio della morte in attesa dell'esecuzione;
Bahamas, Saint Kitts e Nevis, Barbados, Belize, Domenica, Giamaica, Grenada, Guyana, Santa Lucia, Suriname e Trinidad and Tobago sono gli 11 firmatari dell'accordo del 2001 volto a stabilire una Corte Caraibica di Giustizia, sostitutiva del Privy Council di Londra come Corte d'appello di ultima istanza nella regione;
i leaders dei paesi caraibici, pur nella positiva valutazione della fine dell'ultimo retaggio del colonialismo, devono tener conto delle preoccupazioni delle organizzazioni internazionali che si occupano dei diritti umani riguardo al fatto che con la nuova giurisdizione potrebbero aumentare le esecuzioni essendo i governi caraibici per lo più a favore della pena di morte;
la Corte Caraibica di Giustizia è stata inaugurata a Trinidad il 16 aprile 2005 ma molti paesi devono ancora emendare le proprie costituzioni per passare dalla giurisdizione del Privy Council a quella della Corte Caraibica di Giustizia,

impegna il Governo:

ad avviare tutte le opportune iniziative, anche in sede europea, volte a far avanzare tali legislazioni che ancora prevedono la pena di morte, pur non applicandola di fatto nella quasi totalità dei Paesi, affinché passino a una moratoria de iure e modifichino di conseguenza la propria posizione in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, in occasione del prossimo voto previsto sulla risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni previsto per il 2012;
a promuovere in sede comunitaria adeguate iniziative, nei confronti dei Paesi membri del Cariforum qualora dovessero riprendere le esecuzioni capitali.
9/4470/2. (Testo modificato nel corso della seduta).Evangelisti, Leoluca Orlando, Di Stanislao.

La Camera,
premesso che:
tra i 15 Paesi caraibici facenti parte del Cariforum, 14 tra loro sono di fatto abolizionisti della pena di morte, Haiti è abolizionista e Saint Kitts e Nevis ha ripreso le esecuzioni nel 2008;
i Paesi membri del Cariforum, con l'eccezione di Haiti che ha votato a favore e del Suriname che si è astenuto, hanno espresso voto contrario alla risoluzione presentata dall'Italia all'Assemblea generale delle Nazioni Unite per una moratoria universale della pena di morte,

impegna il Governo:

d'intesa con i partner europei a svolgere opportune iniziative perché i paesi del Cariforum modifichino la propria posizione in occasione del prossimo voto sulla moratoria universale della pena di morte che si terrà presso l'Assemblea generale delle Nazioni Unite;
a promuovere, sempre d'intesa con i paesi UE, iniziative volte a far avanzare le legislazioni dei paesi Cariforum verso un completo abolizionismo de facto e de iure;
a promuovere in sede comunitaria opportune iniziative nei confronti dei Paesi membri del Cariforum che dovessero riprendere le esecuzioni capitali.
9/4470/3. Pianetta, Zacchera.

La Camera,
premesso che:
l'Accordo fra i quindici Paesi del Cariforum e la Comunità europea rappresenta l'unico accordo di partenariato economico fino ad oggi portato a termine in tale contesto; la sua particolare rilevanza emerge anche dagli scopi contenuti nell'Accordo, tra i quali primeggia l'obiettivo di ridurre ed eliminare in prospettiva la povertà, mediante l'istituzione di un partenariato commerciale coerente con l'obiettivo di uno sviluppo sostenibile con gli Obiettivi di sviluppo del Millennio e con l'Accordo di Cotonou del 2000;

tra i quindici membri del Cariforum, gli stati di Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Dominica, Giamaica, Grenada, Guyana, Haiti, Santa Lucia, Saint Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine, Suriname, Trinidad e Tobago e il territorio britannico d'oltremare Monserrat, sono tutti abolizionisti della pena di morte de facto e non de iure; tali paesi comminano le condanne ma non praticano esecuzioni da oltre 10 anni, tranne Saint Kitts e Nevis che ha purtroppo ripreso le esecuzioni nel 2008. L'unico paese fra questi decisamente abolizionista è Haiti, dal 1987;
nessuno di questi paesi prevede la pena di morte per i minori, mentre il metodo di esecuzione è generalmente l'impiccagione, tranne che per il Suriname dove è prevista la fucilazione;
in occasione del voto all'Assemblea generale dell'Onu relativo alla mozione promossa dall'Italia a nome e per conto di una coalizione transregionale che ha deliberato la proclamazione di una moratoria universale della pena di morte tutti i membri del Cariforum, con l'eccezione del Suriname che si è astenuto e di Haiti che oltre a votare a favore ha anche co-sponsorizzato, hanno votato contro;
per molti membri del Cariforum il Comitato giudiziario del Privy Council britannico rimane la corte d'appello di ultima istanza. In base alla sentenza Pratt e Morgan del Privy Council del 1993, la pena di morte non può essere eseguita e va commutata automaticamente in ergastolo nel caso in cui il condannato abbia passato più di cinque anni nel braccio della morte in attesa dell'esecuzione.
Bahamas, Saint Kitts e Nevis, Barbados, Belize, Domenica, Giamaica, Grenada, Guyana, Santa Lucia, Suriname e Trinidad and Tobago sono gli 11 firmatari dell'accordo del 2001 volto a stabilire una Corte caraibica di giustizia, sostitutiva del Privy Council di Londra come corte d'appello di ultima istanza nella regione. I leader dei paesi caraibici vedono in essa la fine dell'ultimo retaggio del colonialismo, ma i militanti per i diritti umani sono preoccupati che con la nuova giurisdizione aumenteranno le esecuzioni essendo i governi caraibici per lo più a favore della pena di morte;
la Corte caraibica di giustizia è stata inaugurata a Trinidad il 16 aprile 2005 ma ancora molti paesi devono emendare le proprie costituzioni per passare dalla giurisdizione del Privy Council a quella della Corte caraibica di giustizia;
l'11 marzo 2002, il Comitato giudiziario del Privy Council (JCPC), ha confermato la decisione emessa nell'aprile del 2001 dalla Corte d'appello dei Caraibi orientali e ha unanimemente considerato incostituzionale, in quanto inumana e degradante, la pena di morte quale sanzione obbligatoria per omicidio in sette paesi;
il 6 luglio 2004, il Privy Council di Londra ha ammesso, in seguito a un appello presentato da 4 condannati a morte, la costituzionalità della pena di morte quale sanzione obbligatoria per omicidio a Barbados, a Trinidad e Tobago. Considerata l'importanza della questione, per la prima volta il panel della Corte non era costituito dai consueti cinque giudici, ma da nove. Con cinque voti contro quattro, la Corte ha ribadito che la pena di morte obbligatoria è una misura disumana e degradante e contraria al diritto internazionale, ma ha stabilito che la lettera delle costituzioni di Barbados e Trinidad, contrariamente a quelle di altri paesi caraibici, impedisce al Privy Council di interferire. Secondo i cinque giudici della maggioranza, le costituzioni di questi due paesi impedirebbero chiaramente che leggi esistenti prima della loro promulgazione - come quelle relative alla pena di morte obbligatoria in caso di omicidio - possano essere annullate;
l'8 marzo 2006, con un'altra importante sentenza, il Comitato giudiziario del Privy Council ha stabilito che la condanna a morte obbligatoria per omicidio viola la Costituzione delle Bahamas e i diritti umani internazionalmente riconosciuti (questa sentenza è stata appena ribadita, a giugno 2011);
il 14 giugno 2011, la pena di morte obbligatoria per omicidio a Trinidad e Tobago è stata nuovamente respinta dal Privy Council, che ha annullato la condanna a morte di Nimrod Miguel, ritenendola «incostituzionale». La decisione del Privy Council avrà probabilmente delle conseguenze sulla maggioranza dei prigionieri del braccio della morte, che sono stati condannati in circostanze analoghe,

impegna il Governo:

ad avviare, di concerto coi partner europei, tutte le opportune iniziative volte a far avanzare le legislazioni nazionali dei membri del Cariforum che ancora prevedono la pena di morte al fine di facilitare il passaggio a una moratoria de iure e di modificare di conseguenza la posizione di tali paesi in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, particolarmente importante in occasione del prossimo voto previsto sulla risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni previsto per il 2012;
a promuovere, in sede comunitaria, adeguate iniziative nei confronti dei Paesi membri del Cariforum che dovessero riprendere le esecuzioni.
9/4470/4. Barbi, Tempestini, Narducci.

La Camera,
premesso che:
lo scopo principale dell'Accordo di Partenariato Economico CE-Cariforum è di contribuire, attraverso gli obiettivi di sviluppo, alla riduzione della povertà, al rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e al raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo del Millennio;
il Consiglio europeo invita a impegnarsi al massimo per la ripresa dei negoziati sull'Agenda di Doha per lo sviluppo e per garantire che gli accordi sulla liberalizzazione degli scambi commerciali continuino a promuovere lo sviluppo nei paesi poveri;
il provvedimento in esame mira a ridurre progressivamente le barriere all'interscambio commerciale e a rafforzare la cooperazione tra questi Stati e l'Unione europea. Si tratta di contrastare la povertà e favorire la sicurezza alimentare, favorendo l'integrazione dei paesi caraibici nell'economia mondiale, incentivando gli investimenti;
l'esistenza di un vero mercato regionale rappresenta una base essenziale per una riuscita attuazione dell'APE e l'integrazione e la cooperazione regionali sono fondamentali per lo sviluppo sociale ed economico degli Stati del Cariforum;
la Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2009 sottolinea che l'attuazione dell'accordo deve tenere in debito conto i processi di integrazione in seno al Cariforum, ivi compresi i compiti e gli obiettivi del mercato e dell'economia unici della Caricom (CSME), quali delineati nel trattato modificato di Chaguaramas;
la medesima risoluzione sottolinea anche l'esigenza di utilizzare indicatori di sviluppo per misurare i risultati sociali ed economici previsti (quali la riduzione della povertà, migliori tenore di vita e apertura dell'economia) nel quadro dell'attuazione dell'APE ed evidenzia il profondo divario tra i livelli di spesa pubblica per gli aiuti all'agricoltura e il sostegno finanziario e tecnico,

impegna il Governo:

a mettere in campo ogni possibile iniziativa volta a garantire le giuste risorse da utilizzare per la realizzazione di interventi di lotta alla povertà, di promozione della salute e di tutela dell'ambiente per una giusta attuazione dell'APE, in quanto l'integrazione e la cooperazione regionali sono fondamentali per lo sviluppo sociale ed economico degli Stati del Cariforum;
a monitorare l'uso efficiente di questi fondi, anche per compensare l'eventuale perdita del gettito doganale e rispondere alle esigenze in materia di concorrenza e di promozione dello sviluppo.
9/4470/5. Di Stanislao.

MOZIONI CESA, FRANCESCHINI, DELLA VEDOVA, DI PIETRO, TABACCI ED ALTRI N. 1-00607 E VANNUCCI, CICCANTI, FAVIA ED ALTRI N. 1-00693 CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE AI DANNI CAUSATI DALL'ECCEZIONALE ONDATA DI MALTEMPO CHE HA COLPITO LE MARCHE NEL MESE DI MARZO 2011

Mozioni

La Camera,
premesso che:
gli eccezionali eventi del maltempo, che hanno colpito l'intero territorio marchigiano, hanno provocato vittime e danni ingentissimi alle strutture civili stimati in 462 milioni di euro, senza considerare quelli all'agricoltura che sono in corso di definizione in quanto rientranti nelle «calamità naturali», ma che si prevede raddoppino la stima;
secondo quanto riportato dalle fonti di stampa, la direttiva concernente gli indirizzi applicativi della Presidenza del Consiglio dei ministri relativi al cosiddetto «milleproroghe», ovvero all'attuazione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, prevede che le regioni colpite da calamità avranno l'obbligo (non quindi la facoltà) di reperire i fondi necessari per gli interventi di emergenza e ricostruzione, attraverso una rigida sequenza di misure fiscali, ricadenti tutte sulla stessa comunità regionale;
in particolare, è posto a carico della regione l'onere:
a) di reperire le risorse all'interno del proprio bilancio;
b) qualora il bilancio non sia sufficiente, di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali e delle aliquote fino al limite massimo consentito;
c) qualora le risorse al punto b) non siano sufficienti, di elevare ulteriormente l'imposta regionale sulla benzina sino ad un massimo di 5 centesimi per litro in più rispetto al massimo consentito;
per quanto riguarda il punto a) delle misure previste nella direttiva, è evidente l'impossibilità di reperire risorse all'interno del bilancio regionale in conseguenza dei tagli sui trasferimenti da parte dello Stato operati dal decreto-legge n. 78 del 2010, stimati in 179 milioni di euro rispetto ai 220 milioni di euro erogati nel 2009;
per quanto riguarda l'Irap, si evidenzia che l'aliquota è già elevata al 4,73 per cento; a fronte della misura massima prevista del 4,82 per cento, un ulteriore innalzamento dell'aliquota graverebbe in modo insostenibile sulle imprese marchigiane già sofferenti per la crisi economica e duramente danneggiate dagli eventi alluvionali;
per quanto concerne l'addizionale regionale all'Irpef, la regione Marche ha già utilizzato la leva fiscale per i redditi medio alti, per cui un innalzamento dell'aliquota al limite massimo consentito dell'1,4 per cento peserebbe in grandissima parte sui redditi dei ceti sociali meno abbienti;
dalle notizie diffuse dagli organi di stampa emergerebbe che, secondo la direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri, solo dopo che saranno attuate dalla regione tutte queste misure, sarà possibile attivare il Fondo nazionale di protezione civile;
tale criterio non è condivisibile in quanto impone alla regione di adottare obbligatoriamente tutte le misure sopra citate per poter accedere al Fondo nazionale di protezione civile;
tale impostazione, se confermata, risulterebbe profondamente ingiusta verso comunità duramente colpite da eventi calamitosi, in quanto farebbe venire meno principi di solidarietà, comune responsabilità ed equità di trattamento;
l'interpretazione del decreto-legge n. 225 del 2010, come definita dalla direttiva del Consiglio dei ministri, evidenzia profili di dubbia legittimità costituzionale;
è interesse preminente della regione rispondere con immediatezza alle esigenze delle popolazioni colpite, rimborsando prioritariamente alle amministrazioni locali le spese di somma urgenza sostenute nella fase di prima emergenza e intervenendo a favore delle aziende per consentire l'immediata ripresa delle attività produttive;
con risoluzione unitaria del consiglio regionale delle Marche del 22 marzo 2011, il governo della regione Marche è stato impegnato:
a) a ricercare e a concertare nella Conferenza Stato-regioni un'azione unitaria e solidale, nei confronti della regione Marche e delle regioni colpite dal maltempo come Abruzzo e Basilicata, per una richiesta articolata e motivata al Governo affinché vi sia un intervento di totale sostegno economico e finanziario;
b) ad assumere tutte le iniziative opportune e necessarie affinché il Governo:
1) escluda dal patto di stabilità le spese causate dai fenomeni alluvionali riguardanti la messa a norma degli edifici pubblici, con particolare riguardo alle scuole, e gli interventi di messa in sicurezza della viabilità e della tutela del territorio necessari a seguito degli eventi calamitosi;
2) renda possibile effettuare i pagamenti relativi alle opere realizzate e finanziate da altri enti,

impegna il Governo

a rivedere l'applicazione della disposizione recata dal decreto-legge n. 225 del 2010 (così come sollecitano anche tutte le istituzioni locali, le categorie economiche e le forze sociali) affinché vengano rese subito disponibili le risorse necessarie sia per gli interventi emergenziali, sia per quelli destinati a consentire la prosecuzione delle attività da parte delle aziende, la messa in sicurezza del territorio, il rilancio delle funzioni vitali della comunità, così come avvenuto per Veneto, Liguria e Campania e per gli altri territori purtroppo recentemente colpiti da fenomeni analoghi, almeno fino all'entrata in vigore dei decreti attuativi del federalismo e all'individuazione, auspicabile, di meccanismi finanziari compensativi del quadro complessivo contabile, e a consentire alla regione Marche di poter liberare risorse con proprie strategie di bilancio.
(1-00607)
«Cesa, Franceschini, Della Vedova, Di Pietro, Tabacci, Ciccanti, Galletti, Adornato, Binetti, Bosi, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Scanderebech, Nunzio Francesco Testa, Agostini, Giovanelli, Merloni, Vannucci, Favia, Lanzillotta».
(28 marzo 2011)

La Camera,
premesso che:
il Consiglio dei ministri ha deliberato il 10 marzo 2011 lo stato di emergenza per i territori della regione Marche colpiti dall'alluvione eccezionale dei primi giorni del mese di marzo 2011;
il disastroso evento ha colpito l'intera regione e parte dell'Abruzzo provocando tre vittime;
nelle Marche, si sono registrate 52 zone allagate, 73 strade interrotte, famiglie evacuate, aziende allagate con blocco di attività e coste distrutte dalle mareggiate;
i danni stimati sono di circa 493 milioni di euro, oltre ai danni al settore agricolo di importo quasi corrispondente;
due giorni prima della calamità era entrata in vigore la legge di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010, cosiddetto mille proroghe (legge del 26 febbraio 2011, n. 10);
la legge aveva introdotto, all'articolo 2, i commi dal 2-quater al 2-octies, che prevedono la modifica della legge 24 febbraio 1992, n. 225, che disciplina il servizio nazionale di protezione civile;
le nuove norme prevedono che, in caso di calamità, sia sempre il Consiglio dei ministri a decretare lo stato di emergenza, ma che gli oneri per gli interventi siano in primo luogo a carico della regione;
tutto è stato descritto e confermato dalla direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri subito emanata secondo la seguente procedura:
a) la regione procede ad una ricognizione delle risorse disponibili nel proprio bilancio da destinare alla ricostruzione ed agli indennizzi;
b) se queste non sono sufficienti, delibera aumenti di tributi, addizionali, tasse sino al limite massimo (Irpef, Irap e altro);
c) se ancora le risorse non sono sufficienti, aumenta l'accisa sui carburanti sino a cinque centesimi al litro ulteriori rispetto alle precedenti eventuali decisioni;
solo dopo aver aumentato tutto questo può chiedere, se le risorse non fossero sufficienti, l'utilizzo del Fondo di protezione civile;
se le risorse del fondo non sono sufficienti, si attiva il fondo per le spese impreviste ed a questo punto, automaticamente, senza ulteriori decisioni, in quanto è previsto dalla nuova normativa, il direttore dell'agenzia delle dogane deve disporre l'aumento dell'accisa sui carburanti corrispondente all'utilizzo del fondo per reintegrarlo;
praticamente dal 26 febbraio 2011 tutte le calamità che prevedono la dichiarazione dello stato di emergenza sono finanziate dalle regioni stesse con l'aumento massimo dell'imposizione fiscale di loro spettanza e per le quote residue dello Stato con aumento automatico delle accise sul carburante per autotrazione;
l'imposizione fiscale di una singola regione, già oggetto di una situazione emergenziale, portata al massimo incide sulla competitività delle imprese della regione medesima con rischi di tenuta e stimoli di trasferimento di azienda in altra regione;
non vi è corrispondenza fra la capacità di una singola regione e l'ammontare delle calamità. Le Marche con 1,5 milioni di abitanti anche se utilizzassero tutte le potenzialità fiscali previste arriverebbero a coprire 20-25 milioni di euro contro 493 milioni di danni, ma le proprie imprese sarebbero in ginocchio;
le calamità nazionali caricate sulle accise della benzina inciderebbero sulla competitività del Paese e sul potere di acquisto delle famiglie;
uno schema del genere non potrebbe reggere di fronte a disastri di grosse proporzioni come furono quelli del Friuli, dell'Irpinia, di Marche ed Umbria, nonché dell'Abruzzo;
comuni e province avrebbero in molti casi disponibilità di fondi per attuare alcuni interventi urgentissimi, ma non possono spenderli per i vincoli del patto di stabilità interno;
desta forti perplessità il nuovo regime normativo che sottopone le popolazioni, si ribadisce già colpite da un evento calamitoso che lo stesso Consiglio dei ministri ha riconosciuto di tipo c), che significa non affrontabile dalla regione con strumenti ordinari, ad ulteriori disagi aggiuntivi costituiti dall'aumento dei tributi. Tale disposizione, infatti, appare in netta «controtendenza» con le normative emergenziali precedenti e con l'articolo 119 della Costituzione che prevede il vincolo di solidarietà tra le regioni. In passato, il legislatore nell'affrontare tali situazioni prevedeva addirittura la sospensione dei medesimi tributi;
a tutt'oggi, non è stata emanata l'ordinanza di protezione civile pur essendo stato dichiarato uno stato di emergenza a seguito di evento calamitoso di tipo c);
l'ordinanza non è stata emessa, in quanto la regione Marche non ha potuto oggettivamente ottemperare a quanto previsto dalla nuove norme avendo presentato ricorso davanti alla Corte costituzionale;
l'enorme lasso di tempo trascorso, la drammaticità delle condizioni in cui persistono i cittadini e le attività produttive di un distretto, come quello calzaturiero, già colpito dalla difficile congiuntura economica, la necessità di dimostrare una viva e convinta solidarietà nei confronti di coloro che sono stati colpiti, come avvenuto nel recente passato per altre parti del territorio nazionale, richiedono che lo Stato e la regione Marche si assumano le rispettive responsabilità ed intervengano con urgenza;
dopo cinque mesi dagli eventi non è stato adottato alcun intervento finanziario;
comuni e province che hanno dovuto far fronte all'emergenza non sono in grado di pagare le ditte chiamate ad eseguire gli interventi di somma urgenza e, se lo facessero, non rispetterebbero il patto di stabilità con negativi effetti sulla vita degli enti;
aziende, famiglie, cittadini danneggiati non hanno ricevuto alcun indennizzo con forti danni al tessuto sociale e produttivo dovuto all'incertezza sul futuro;
risultano ancora strade chiuse, frane non rimosse, situazioni di pericolo incombente non affrontate;
la mancata emanazione dell'ordinanza di protezione civile impedisce alle imprese ed ai privati cittadini danneggiati di avanzare richiesta di risarcimento dei danni subiti facendoli rimanere in una situazione di profonda incertezza;
è estremamente urgente, dopo cinque mesi di attuazione, rivedere le norme del decreto-legge n. 225 del 2010, come convertito, che hanno modificato la legge 24 febbraio 1992, n. 225, in quanto hanno di fatto determinato la paralisi del servizio di protezione civile con blocco delle ordinanze anche rispetto agli altri stati di emergenza successivi, riferiti, oltre che alle regioni Marche e Abruzzo, alla regione Basilicata e la fattispecie si ripeterà per i recenti eventi alluvionali avvenuti nel nord Italia e per quelli che presumibilmente avverranno;
il Presidente dei Consiglio dei ministri ha dichiarato uno stato di emergenza di tipo c), riconoscendo, quindi, che la calamità di cui trattasi non è affrontabile dalla regione con strumenti ordinari, e non può esimersi dall'emettere la prevista ordinanza di protezione civile,

impegna il Governo:

nelle more della definizione del contenzioso aperto dalle regioni innanzi la Corte costituzionale, ad emettere le previste ordinanze di protezione civile per gli stati d'emergenza deliberati successivamente all'approvazione della legge n 10 del 2011, per far fronte agli indennizzi alle persone fisiche ed alle imprese colpite ed agli oneri di somma urgenza sostenuti dagli enti interessati per effettuare gli interventi più urgenti;
a promuovere la revisione delle modifiche apportate alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, per meglio definire il rapporto Stato-regioni nello spirito delle premesse;
a prevedere, anche mediante apposite iniziative normative, nei casi di dichiarazione dello stato di emergenza successivi alla legge n. 10 del 2011, la facoltà del Ministro dell'economia e delle finanze, previa verifica della disponibilità di cassa e delle capacità finanziarie degli enti territoriali, di autorizzare, con proprio decreto, le regioni interessate a derogare al patto di stabilità interno per un ammontare definito, ripartito fra regioni e singoli comuni o province, da destinare esclusivamente alla realizzazione di interventi di ripristino, manutenzione e prevenzione conseguenti allo stato di calamità.
(1-00693)
«Vannucci, Ciccanti, Favia, Agostini, Cavallaro, Merloni, Giovanelli, Pistelli, De Torre, Margiotta, Ginoble».
(15 luglio 2011)

La Camera,
premesso che:
il Consiglio dei ministri ha deliberato il 10 marzo 2011 lo stato di emergenza per i territori della regione Marche colpiti dall'alluvione eccezionale dei primi giorni del mese di marzo 2011;
il disastroso evento ha colpito l'intera regione e parte dell'Abruzzo provocando tre vittime;
nelle Marche si sono registrate 52 zone allagate, 73 strade interrotte, famiglie evacuate, aziende allagate con blocco di attività e coste distrutte dalle mareggiate;
i danni stimati sono di circa 493 milioni di euro, oltre ai danni al settore agricolo di importo quasi corrispondente;
due giorni prima della calamità era entrata in vigore la legge di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010, cosiddetto milleproroghe (legge 26 febbraio 2011, n. 10);
la legge aveva introdotto, all'articolo 2, i commi dal 2-quater al 2-octies, che prevedono la modifica della legge 24 febbraio 1992, n. 225, che disciplina il servizio nazionale di protezione civile;
le nuove norme prevedono che, in caso di calamità, sia sempre il Consiglio dei ministri a decretare lo stato di emergenza, ma che gli oneri per gli interventi siano in primo luogo a carico della regione;
tutto è stato descritto e confermato dalla direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri subito emanata secondo la seguente procedura:
a) la regione procede ad una ricognizione delle risorse disponibili nel proprio bilancio da destinare alla ricostruzione ed agli indennizzi;
b) se queste non sono sufficienti, delibera aumenti di tributi, addizionali, tasse sino al limite massimo (irpef, irap e altro);
c) se ancora le risorse non sono sufficienti, aumenta l'accisa sui carburanti sino a cinque centesimi al litro ulteriori rispetto alle precedenti eventuali decisioni;
solo dopo aver aumentato tutto questo può chiedere, se le risorse non fossero sufficienti, l'utilizzo del fondo di protezione civile;
se le risorse del fondo non sono sufficienti, si attiva il fondo per le spese impreviste ed a questo punto, automaticamente, senza ulteriori decisioni, in quanto è previsto dalla nuova normativa, il direttore dell'Agenzia delle dogane deve disporre l'aumento dell'accisa sui carburanti corrispondente all'utilizzo del fondo per reintegrarlo;
praticamente dal 26 febbraio 2011 tutte le calamità che prevedono la dichiarazione dello stato di emergenza sono finanziate dalle regioni stesse con l'aumento massimo dell'imposizione fiscale di loro spettanza e per le quote residue dello Stato con aumento automatico delle accise sul carburante per autotrazione;
l'imposizione fiscale di una singola regione, già oggetto di una situazione emergenziale, portata al massimo incide sulla competitività delle imprese della regione medesima con rischi di tenuta e stimoli di trasferimento di azienda in altra regione;
non vi è corrispondenza fra la capacità di una singola regione e l'ammontare delle calamità. Le Marche con 1,5 milioni di abitanti, anche se utilizzassero tutte le potenzialità fiscali previste, arriverebbero a coprire 20-25 milioni di euro contro 493 milioni di danni, ma le proprie imprese sarebbero in ginocchio;
le calamità nazionali caricate sulle accise della benzina inciderebbero sulla competitività del Paese e sul potere di acquisto delle famiglie;
uno schema del genere non potrebbe reggere di fronte a disastri di grosse proporzioni, come furono quelli del Friuli, dell'Irpinia, di Marche ed Umbria, nonché dell'Abruzzo;
comuni e province avrebbero in molti casi disponibilità di fondi per attuare alcuni interventi urgentissimi, ma non possono spenderli per i vincoli del patto di stabilità interno;
desta forti perplessità il nuovo regime normativo che sottopone le popolazioni, si ribadisce già colpite da un evento calamitoso che lo stesso Consiglio dei ministri ha riconosciuto di tipo c), che significa non affrontabile dalla regione con strumenti ordinari, ad ulteriori disagi aggiuntivi costituiti dall'aumento dei tributi. Tale disposizione, infatti, appare in netta «controtendenza» con le normative emergenziali precedenti e con l'articolo 119 della Costituzione, che prevede il vincolo di solidarietà tra le regioni. In passato, il legislatore nell'affrontare tali situazioni prevedeva addirittura la sospensione dei medesimi tributi;
a tutt'oggi, non è stata emanata l'ordinanza di protezione civile, pur essendo stato dichiarato uno stato di emergenza a seguito di evento calamitoso di tipo c);
l'ordinanza non è stata emessa, in quanto la regione Marche non ha potuto oggettivamente ottemperare a quanto previsto dalle nuove norme, avendo presentato ricorso davanti alla Corte costituzionale;
l'enorme lasso di tempo trascorso, la drammaticità delle condizioni in cui persistono i cittadini e le attività produttive di un distretto, come quello calzaturiero, già colpito dalla difficile congiuntura economica, la necessità di dimostrare una viva e convinta solidarietà nei confronti di coloro che sono stati colpiti, come avvenuto nel recente passato per altre parti del territorio nazionale, richiedono che lo Stato e la regione Marche si assumano le rispettive responsabilità ed intervengano con urgenza;
dopo cinque mesi dagli eventi non è stato adottato alcun intervento finanziario;
comuni e province che hanno dovuto far fronte all'emergenza non sono in grado di pagare le ditte chiamate ad eseguire gli interventi di somma urgenza e, se lo facessero, non rispetterebbero il patto di stabilità, con negativi effetti sulla vita degli enti;
aziende, famiglie, cittadini danneggiati non hanno ricevuto alcun indennizzo con forti danni al tessuto sociale e produttivo dovuti all'incertezza sul futuro;
risultano ancora strade chiuse, frane non rimosse, situazioni di pericolo incombente non affrontate;
la mancata emanazione dell'ordinanza di protezione civile impedisce alle imprese ed ai privati cittadini danneggiati di avanzare richiesta di risarcimento dei danni subiti, facendoli rimanere in una situazione di profonda incertezza;
è estremamente urgente, dopo cinque mesi di attuazione, rivedere le norme del decreto-legge n. 225 del 2010, come convertito, che hanno modificato la legge 24 febbraio 1992, n. 225, in quanto hanno di fatto determinato la paralisi del servizio di protezione civile, con blocco delle ordinanze anche rispetto agli altri stati di emergenza successivi, riferiti, oltre che alle regioni Marche e Abruzzo, alla regione Basilicata e la fattispecie si ripeterà per i recenti eventi alluvionali avvenuti nel Nord Italia e per quelli che presumibilmente avverranno;
il Presidente dei Consiglio dei ministri ha dichiarato uno stato di emergenza di tipo c), riconoscendo, quindi, che la calamità di cui trattasi non è affrontabile dalla regione con strumenti ordinari e non può esimersi dall'emettere la prevista ordinanza di protezione civile,

impegna il Governo:

nelle more della definizione del contenzioso aperto dalle regioni innanzi la Corte costituzionale, ad emettere le previste ordinanze di protezione civile per gli stati d'emergenza deliberati successivamente all'approvazione della legge n. 10 del 2011, per far fronte agli indennizzi alle persone fisiche ed alle imprese colpite ed agli oneri di somma urgenza sostenuti dagli enti interessati e per effettuare gli interventi più urgenti limitatamente alle necessità inderogabili e alle risorse disponibili;
a promuovere la revisione della legge 24 febbraio 1992, n. 225, per meglio definire il rapporto Stato-regioni;
a prevedere, anche mediante apposite iniziative normative, nei casi di dichiarazione dello stato di emergenza successivi alla legge n. 10 del 2011, la facoltà del Ministro dell'economia e delle finanze, previa verifica della disponibilità di cassa e delle capacità finanziarie degli enti territoriali, di autorizzare, con proprio decreto, le regioni interessate a derogare al patto di stabilità interno per un ammontare definito, ripartito fra regioni e singoli comuni o province, da destinare esclusivamente alla realizzazione di interventi di ripristino, manutenzione e prevenzione conseguenti allo stato di calamità.
(1-00693)
(Nuova formulazione) «Vannucci, Baldelli, Ciccanti, Favia, Paolini, Della Vedova, Tabacci, Abrignani, Agostini, Cavallaro, Ceroni, Ciccioli, De Torre, Ginoble, Giovanelli, Margiotta, Merloni, Pistelli, Cesa, Franceschini, Di Pietro, Galletti, Adornato, Binetti, Bosi, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Scanderebech, Nunzio Francesco Testa, Lanzillotta».
(15 luglio 2011)