XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 20 settembre 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
la cooperazione allo sviluppo - nata dall'esigenza di garantire il rispetto della dignità umana, assicurare la crescita economica di tutti i popoli e aiutare i Paesi in via di sviluppo a rafforzare le rispettive istituzioni - rappresenta sempre più una componente essenziale della politica estera italiana, soprattutto alla luce delle «nuove» emergenze che richiedono interventi urgenti, in particolare, per il mantenimento della pace e la gestione dei flussi migratori;
l'aiuto pubblico allo sviluppo - pur non rappresentando, in termini quantitativi, la fonte principale di finanziamento dello sviluppo - svolge, tuttavia, un ruolo essenziale, in particolare nei Paesi meno avanzati (least developed Countries), di sostegno agli sforzi fatti localmente per adeguare le istituzioni e i mercati, affinché sappiano cogliere le opportunità di sviluppo che i processi di globalizzazione schiudono e, al tempo stesso, proteggere le fasce più deboli della popolazione;
ogni anno l'Ocse elabora le statistiche sul volume degli aiuti nell'anno precedente e, secondo una recente tabella che evidenzia il trend dell'aiuto pubblico allo sviluppo italiano dal 1990 al 2010, l'aiuto italiano sarebbe sceso dallo 0,16 per cento (nel 2009) allo 0,15 per cento (nel 2010) del reddito nazionale lordo;
tali dati certificano il drammatico stato in cui versa la cooperazione allo sviluppo nel nostro Paese e confermano le difficoltà rispetto al mantenimento degli impegni assunti in sede internazionale in materia di aiuto pubblico allo sviluppo (0,51 per cento la percentuale da raggiungere nel 2010, secondo quanto concordato in ambito di Unione europea), peraltro rafforzate dai drastici tagli recentemente effettuati dal Governo;
lo stesso Ministro degli affari esteri, in un'intervista che correda il rapporto 2011 di ActionAid su «L'Italia e la lotta alla povertà nel mondo» - che sarà presentato a Roma il 27 settembre 2011 - ha affermato che i tagli al bilancio della cooperazione «non giovano alla nostra posizione nei Paesi dove eroghiamo un volume di aiuti inferiore al passato e in organizzazioni internazionali dove il nostro peso relativo sta diminuendo»;
tali tagli rischiano di determinare un forte ridimensionamento della credibilità europea in materia di cooperazione allo sviluppo, nonostante gli sforzi di quei Paesi dell'Unione europea che hanno incrementato la quota di aiuti e di quelli che, nonostante la crisi economica, hanno mantenuto i livelli degli anni precedenti;
oltre alla scarsità delle risorse e al fatto che, sempre più di recente, il tema della cooperazione allo sviluppo sembra uscito dalle priorità dell'agenda di Governo, esiste un reale problema di trasparenza ed efficacia della spesa e degli aiuti ai Paesi poveri;
nel settembre 2008 tutti i donatori a livello globale - in occasione del III forum di alto livello sull'efficacia degli aiuti atti a favorire il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, svoltosi ad Accra, in Ghana - hanno lanciato un'importante iniziativa per la trasparenza degli aiuti internazionali allo sviluppo - l'international aid transparency Initiative (Iati);
per dare seguito all'impegno sull'efficacia dell'aiuto, nel febbraio 2009, 16 donatori hanno firmato l'international aid transparency Initiative, che ha lo scopo di garantire la massima accessibilità in tempo reale alle iniziative di aiuto allo sviluppo finanziate dai donatori, con l'ambizione di avere certamente, come punto di riferimento, l'esperienza del database del Dac-Ocse (Development assistance committee),

ma anche di superarne alcuni dei limiti attuali: il ritardo nella pubblicazione dei dati (con una media di oltre un anno di ritardo), la mancanza di dettagli sui risultati dei programmi e i pochi dettagli geografici che impediscono di situare correttamente le iniziative di sviluppo nei Paesi partner,
molti Paesi non hanno ancora aderito a questa importante iniziativa e, tra questi, vi è l'Italia, che non ha ancora espresso alcuna posizione circa la sua adesione;
negli ultimi anni anche l'Unione europea si è impegnata in una riforma degli strumenti di finanziamento, sulla base dei princìpi stabiliti prima dalla dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti (2005) e in seguito dall'agenda per l'azione di Accra (2008), ponendo al centro delle sue sfide anche quello di rendere trasparenti gli aiuti, in particolare gli aiuti comunitari: in tale direzione la Commissione europea sta predisponendo un documento di lavoro su trasparenza e responsabilità, anche in vista del IV forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti, che si svolgerà dal 29 novembre al 1o dicembre 2011 in Corea del Sud;
aumentare l'accessibilità e la disponibilità delle informazioni relative alla cooperazione allo sviluppo è un importante obiettivo che tutti gli Stati dovrebbero concretamente perseguire, in quanto, senza dubbio, sussiste una relazione stretta fra l'aumento dell'efficienza e dell'efficacia degli aiuti e l'adozione di strumenti volti ad incrementarne la trasparenza;
l'adozione di meccanismi efficaci di controllo «diffuso» ed immediato sul flusso degli aiuti potrebbe, tra l'altro, incentivare una maggiore responsabilità nell'uso delle risorse pubbliche,


impegna il Governo:


ad assumere ogni iniziativa, anche economica, utile a rilanciare la politica di cooperazione, anche incrementando la percentuale di risorse destinate all'aiuto pubblico allo sviluppo, al fine di consentire un riallineamento alla media e agli standard di efficacia degli altri Paesi donatori dell'Unione europea;
a sviluppare misure utili a garantire la massima accessibilità alle iniziative e ai programmi intrapresi in materia di aiuti pubblici allo sviluppo;
ad aderire all'iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (international aid transparency Initiative - Iati);
a riferire al Parlamento sullo stato di attuazione e di partecipazione dell'Italia agli obiettivi del millennio delle Nazioni Unite.
(1-00712)«Di Biagio, Della Vedova».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:

ROSATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
il parco divertimenti Gardaland, gestito da Gardaland Srl con sede a Castelnuovo del Garda, è il parco divertimenti leader in Italia, primo nella classifica delle visite con circa tre milioni di utenti l'anno;
il parco divertimenti (con le sue oltre 32 attrazioni, di cui alcune uniche in Italia) si rivolge ad un pubblico variegato offrendo attrattive per bambini, giovani e adulti e per questo rappresenta meta di molte famiglie;
all'interrogante risulta che il 6 settembre 2011 gli addetti di due attrattive del parco abbiano deciso, evidentemente rispondendo a direttive interne, di far scendere dalle giostre un ragazzo di 16

anni affetto dalla sindrome di down, motivando che fosse il regolamento interno al parco ad imporlo per la pericolosità delle stesse;
a detta dei parenti del ragazzo, che lo accompagnavano, le giostre, invece, non erano pericolose per lui e affermano che, infatti, già sette anni prima nel medesimo parco divertimenti era potuto salire liberamente;
questo risulta non essere il primo caso di una famiglia che lamenta un diniego ad un ragazzo disabile da parte degli addetti di una attrazione del parco divertimenti Gardaland;
nell'agosto 2010 una ragazza di 8 anni, affetta anche lei da sindrome di down, non era potuta salire su una delle due attrazioni di cui sopra;
a detta anche dei genitori della bambina, la giostra non era pericolosa per lei, anzi la mattina dello stesso giorno ci era già salita -:
se il Governo sia a conoscenza delle segnalazioni sopra riportate e se intenda procedere, per quanto di competenza, per effettuare i dovuti accertamenti e le verifiche del caso tese ad assicurare che negli episodi in questione non si sia verificato un trattamento discriminatorio a scapito di ragazzi disabili, posto che limitazioni all'utilizzo delle attrattive, debitamente motivate e comunicate anticipatamente, sono necessarie se rivolte a garantire, senza criteri discriminatori, la sicurezza degli utenti delle giostre.
(4-13240)

TESTO AGGIORNATO AL 22 SETTEMBRE 2011

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AFFARI ESTERI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
l'otto febbraio 2011 una petroliera italiana, la Savina Caylyn, della società armatrice Fratelli D'Amato di Napoli, è stata attaccata e catturata da pirati mentre era in navigazione nell'Oceano Indiano, a 880 miglia dalla Somalia e a 500 dall'India;
da allora, sulla Savina Caylyn, un gigante d'acciaio di 105 mila tonnellate e lungo 266 metri, i pirati tengono sotto sequestro 22 uomini d'equipaggio; 5 italiani e 17 indiani; la petroliera e i suoi 22 uomini di equipaggio sarebbero nelle acque somale, a ridosso della costa, nei pressi della «tortuga» di Harardere dove sono all'ancora almeno un'altra dozzina di navi sequestrate;
ai cinque uomini di equipaggio italiani viene consentito sporadicamente, e molto rapidamente, di effettuare telefonate a casa per rassicurare i familiari. Dai colloqui appaiono molto provati e spaventati da condizioni durissime di vita; secondo quanto emerso, i marinai sarebbero sottoposti a strettissima sorveglianza, Una vigilanza continua e uno stato di vera e propria detenzione;
il 9 giugno 2011 una foto è stata inviata a mezzo fax dai sequestratori somali ai familiari delle vittime. In essa si vedono i rapitori tenere sotto tiro coi mitra alcuni marinai italiani della petroliera Savina Caylyn; altre quattro foto sono state mandate nei giorni successivi: in esse i prigionieri appaiono spaventati sotto la minaccia di mitragliatrici puntate contro di loro da pirati che sembra siano nella maggioranza dei casi minorenni, hanno il volto coperto dalle kefiah e cartucciere con le munizioni al collo;
i pirati somali, nei giorni scorsi, hanno lanciato un ultimatum: o le trattative avanzano in modo significativo entro questa settimana o cominceranno a torturare gli ostaggi. Lo hanno riferito alcuni parenti dei marittimi sequestrati, dopo aver ricevuto delle veloci e drammatiche telefonate a casa dai loro congiunti;
nello specifico, i pirati avrebbero consentito a Giuseppe Lubrano, il comandante

della petroliera, di telefonare ai propri familiari, e di dare notizia, con toni concitati e allarmati, dell'ultimatum; il comandante Lubrano, secondo quanto riferito dalla moglie Nunzia, ha fatto sapere che gli ostaggi vengono tenuti in condizioni di estremo disagio, sotto la continua minaccia di armi; in particolare il comandante ha riferito che quando la nave viene sorvolata da un elicottero militare, i pirati legano tutto l'equipaggio puntando sui marittimi le armi, pronti a fare fuoco in caso di attacco;
un'altra telefonata agghiacciante a casa dei familiari è stata quella di Eugenio Bon, l'ufficiale della Savina Caylyn, che ha parlato con il padre Adriano. Queste le sue parole: «Per favore salvami: sto morendo. Le gambe non le sento più, non riesco a camminare, ho la pelle tutta rovinata, ormai ci torturano ogni giorno, sono sfinito. Il corpo non risponde più e ogni giorno è peggio. Io non so quanti giorni ancora riesco a resistere e sopravvivere»;
secondo la testimonianza di Emanuela Massa, portavoce del coordinamento Liberi Subito, «Dalle telefonate di giovedì scorso la situazione appare notevolmente aggravata: sono tutti in condizioni fisiche pessime, ricevono dosi di acqua minime, sono allo stremo moralmente e fisicamente. Le famiglie sono in ginocchio, la cosa più insopportabile è il senso di impotenza e la sensazione che sui sequestri internazionali si usino attenzioni diverse a secondo della tipologia dei rapiti»;
in un comunicato stampa del 17 settembre 2011 il Governo ha precisato che per ora «non si è percorsa la strada dell'intervento militare per la liberazione degli ostaggi su specifica richiesta dalle famiglie» e che il Governo italiano «non può sostenere alcuna azione che si traduca in favoreggiamento del fenomeno della pirateria»;
di fatto la situazione è di stallo; le minacce dei pirati somali si fanno sempre più serie, le condizioni delle detenzioni sono sempre peggiori e il rischio per la vita dei marittimi a bordo della nave è sempre maggiore; questo stato di cose genera, naturalmente, un grosso allarme nei familiari dei marinai sequestrati, che si chiedono con angoscia che cosa si stia realmente facendo per garantire ai loro congiunti una rapida liberazione -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per la soluzione della delicata vicenda, per la salvaguardia della salute e della vita degli ostaggi, per la liberazione degli stessi;
quali siano i canali diplomatici attivati sino ad ora per tutelare i nostri cinque connazionali, e con quali risultati.
(2-01204)
«Franceschini, Bossa, Maran, Andrea Orlando, Pes, Monai, Paladini, Piccolo, Ciriello».

Interrogazione a risposta in Commissione:

BRAGA, MARANTELLI, NARDUCCI e CODURELLI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il Cantone Ticino rappresenta da decenni un importante sbocco occupazionale per i cittadini italiani residenti nei comuni della fascia di confine; infatti, degli oltre 60 mila cittadini italiani occupati con il permesso di frontaliere nei cantoni di frontiera Ticino, Vallese e Grigioni, più di 51 mila sono impiegati nel Cantone Ticino. La maggior parte di essi proviene dalle province di Como, circa 18 mila, e Varese, circa 26 mila. I lavoratori frontalieri hanno dunque dato un grande contributo allo sviluppo dell'economie cantonali e a quelle dei comuni italiani compresi nella «storica» fascia di demarcazione di 20 chilometri dalla linea di confine;
in forza dell'Accordo bilaterale tra la Confederazione svizzera e la Comunità europea e gli Stati membri, tra cui l'Italia, sulla libera circolazione delle persone entrato in vigore il 1o giugno 2002, i cittadini di una parte contraente che soggiornano legalmente sul territorio di un'altra parte contraente non sono soggetti ad alcuna discriminazione fondata sulla nazionalità

(articolo 2 «Non discriminazione») e godono del diritto alla parità di trattamento con i cittadini nazionali per quanto riguarda l'accesso a una attività economica e il suo esercizio, nonché le condizioni di vita, di occupazione e di lavoro (articolo 7 «Altri diritti»);
in particolare, secondo quanto disposto all'Allegato I del suddetto Accordo, articolo 9 «Parità di trattamento», comma 1 «il lavoratore dipendente cittadino di una parte contraente non può ricevere sul territorio dell'altra parte contraente, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello riservato ai lavoratori dipendenti nazionali per quanto riguarda le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato»;
da alcuni mesi, per effetto delle condizioni di cambio franco/euro sfavorevole, alcune aziende del Canton Ticino, facendo proprio un orientamento sostenuto dall'Associazione industriali ticinesi (AITI), stanno sottoponendo ai lavoratori frontalieri la sottoscrizione di accordi che prevedono un trattamento salariale discriminatorio, imponendo il pagamento dei salari in funzione delle fluttuazioni del cambio euro/franco, determinandone una condizione discriminatoria e di evidente svantaggio per i lavoratori frontalieri, spesso portati ad accettare per non incorrere nella perdita del posto di lavoro;
tali comportamenti appaiono in netto contrasto con i contenuti dell'Accordo bilaterale sulla libera circolazione sopra citato, configurando comportamenti discriminatori nei confronti dei lavoratori frontalieri -:
quali iniziative intenda assumere il Governo italiano per tutelare i propri cittadini nonché lavoratori frontalieri riguardo a quella che agli interroganti appare una discriminazione messa in atto da alcune aziende ticinesi, sostenute dall'Associazione industriali ticinesi (AITI) in materia di trattamento salariale in funzione del cambio euro/franco.
(5-05360)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta immediata:

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
le Commissioni parlamentari VII e VIII della Camera dei deputati, in data 28 settembre 2010, hanno approvato una risoluzione che impegna il Governo: modificare la disciplina recata dall'articolo 182 del decreto legislativo n. 42 del 2004, nel senso di ampliare i requisiti di accesso alle qualifiche di restauratore e collaboratore restauratore di beni culturali, per considerare prioritariamente, alla luce dei lunghi anni trascorsi dalla definizione della disciplina, le esigenze degli operatori più giovani e, in generale, di coloro i quali, alle scadenze previste dalla legge per l'applicazione della disciplina transitoria, non avevano ancora maturato una formazione istituzionale e/o un'esperienza lavorativa adeguata, ma hanno poi incrementato i loro curricula;
a seguito della suddetta risoluzione, in data 23 novembre 2010, il Ministro

interrogato ha sospeso la procedura di selezione pubblica, precedentemente indetta con apposito bando, al fine di rivedere la disciplina per il riconoscimento della qualifica di restauratore e collaboratore restauratore di beni culturali;
alla sospensione del bando, secondo quanto dichiarato dal Ministro interrogato, sarebbe dovuta seguire perciò la revisione, a tutt'oggi in itinere, dell'articolo 182 del codice dei beni culturali, considerata la necessità di individuare criteri coerenti con l'effettiva realizzabilità degli obiettivi perseguiti dalla normativa in materia e non discriminanti, in particolare per quanti hanno frequentato scuole regionali che erogano una formazione equiparabile alle scuole statali -:
quali iniziative di competenza e quali criteri intenda adottare per la modifica del citato articolo 182 del codice dei beni culturali per definire un quadro giuridico razionale ed equo, anche al fine di evitare eventuali contenziosi.
(3-01832)

Interrogazione a risposta scritta:

ROSSA e CENNI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in data 27 luglio 2011 si è riunito a Bologna il Coordinamento nazionale del restauro della CNA;
in tale occasione il coordinamento ha constatato la drammatica situazione di crisi che affligge questo importante comparto dell'economia e il reale rischio per la tutela e la relativa valorizzazione del patrimonio storico-artistico del nostro Paese;
i flussi degli affidamenti sono in costante calo così come le risorse destinate a queste attività da parte del Ministero per i beni e le attività culturali;
da una ricerca del Ministero per i beni e le attività culturali emerge che l'industria culturale italiana, di cui fa parte a pieno titolo il mondo del restauro, produce oltre il 9 per cento del prodotto interno lordo nazionale e alla tutela e valorizzazione del nostro patrimonio viene destinato dallo Stato soltanto lo 0,09 per cento del prodotto interno lordo, ovvero un centesimo di ciò che il mondo della cultura produce in Italia;
il motivo per cui gli affidamenti sono rallentati è da ricercare anche in una forte confusione causata dalla disciplina di qualificazione del settore che risulta bloccata in attesa della modifica dell'articolo 182 del codice dei beni culturali in base al quale «acquisisce la qualifica di restauratore di beni culturali:
a) colui che consegua un diploma presso una scuola di restauro statale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 31 gennaio 2006;
b) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni ed abbia svolto, per un periodo di tempo almeno doppio rispetto a quello scolare mancante per raggiungere un quadriennio e comunque non inferiore a due anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368;
c) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo di almeno otto anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata

dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368»;
inoltre «può acquisire la qualifica di restauratore dei beni culturali chi alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo almeno pari a quattro anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368; colui che abbia conseguito o consegua un diploma in restauro presso le accademie di belle arti con insegnamento almeno triennale, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 31 gennaio 2006; colui che abbia conseguito o consegua un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 31 gennaio 2006; colui che consegua un diploma di laurea specialistica in conservazione e restauro del patrimonio storico-artistico, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 31 gennaio 2006; colui che abbia acquisito la qualifica di collaboratore restauratore di beni culturali ai sensi del comma 1-quinquies, lettere a), b) e c) ed abbia svolto, alla data del 30 giugno 2007, per un periodo pari almeno a tre anni, attività di restauro di beni culturali, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368»;
due risoluzioni delle Commissioni riunite cultura e ambiente di Camera e Senato hanno mirato a un riequilibrio della normativa che regola la disciplina;
diversi sono stati gli atti di sindacato ispettivo presentati nei due rami del Parlamento che chiedono una risoluzione del problema;
si rileva un vuoto legislativo di nove anni, regolamentato da una disciplina transitoria che crea una ingiustificata discriminazione tra chi ha maturato il riconoscimento ope legis al 16 dicembre 2001 e coloro i quali hanno invece continuato a svolgere l'attività fino ad oggi;
in data 7 luglio 2011 il Ministro interrogato ha presentato al Consiglio dei ministri un disegno di legge di modifica dell'articolo 182 del codice dei beni culturali e ha chiesto un parere alla Conferenza Stato-regioni;
tali modifiche non appaiono risolutive delle problematiche presentate dalla disciplina e non pongono attenzione alla questione più importante rilevata dalla categoria: la disparità di trattamento tra persone che hanno svolto identica esperienza professionale seppure in anni diversi;
le rappresentanze degli operatori del settore propongono una modifica che si articola principalmente in tre punti chiave:
a) occorre procedere all'aggiornamento dei termini pregressi relativi alla maturazione dei requisiti per il riconoscimento della qualifica di restauratore di beni culturali, che al momento risultano ancora fermi alla data del 16 dicembre 2001, nonché dei requisiti per il riconoscimento della qualifica di collaboratore restauratori;
b) la prova d'idoneità, con valore di esame di stato abilitante, stabilita dal comma 1-bis dell'articolo 182 del codice dei beni culturali e del paesaggio, e regolata dal decreto ministeriale 30 aprile 2009, n. 53, deve essere resa sin da subito ripetibile e con cadenza programmata sino alla definitiva entrata a regime del nuovo

sistema di abilitazione professionale di livello universitario (previsto dall'articolo 29 del codice dei beni culturali e del paesaggio e disciplinato dal decreto ministeriale 26 maggio 2009 n. 86), al fine di consentire a quanti maturino annualmente i requisiti richiesti di accedere alla prova;
c) è necessario predisporre un sistema di crediti formativi che regolamenti l'accesso alla nuova qualifica di restauratore e di collaboratore restauratore -:
se non ritenga opportuno, anche alla luce delle sollecitazioni provenienti dalle associazioni di rappresentanza del settore, riconoscere con un'appropriata iniziativa normativa le esperienze e i percorsi lavorativi certificati anche da enti statali quali le Soprintendenze, organi territoriali del Governo centrale che dal 2001 al 2009 (periodo a cui si riferisce la fase transitoria della disciplina di qualificazione dei restauratori) hanno continuato ad affidare i lavori ad esperti, rilasciando la regolare documentazione di corretta esecuzione del lavoro, soluzione che, in base al citato schema di disegno di legge al parere della Conferenza Stato-regioni, non troverebbe riscontro.
(4-13247)

TESTO AGGIORNATO AL 21 SETTEMBRE 2011

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DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:

BOSI, MARCAZZAN, GALLETTI, COMPAGNON, CICCANTI, VOLONTÈ e NARO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 8 febbraio 2011, la Camera dei deputati ha approvato, con parere favorevole del Governo, la mozione n. 1-00559, nella quale si stabiliva, in particolare, la necessità di disporre che, nella rideterminazione del canone per tutto il personale cosiddetto sine titulo, dovesse essere dedicata particolare attenzione alla tutela del personale rientrante nei parametri fissati dal decreto ministeriale annuale di gestione del patrimonio abitativo del Ministero della difesa, emanato ai sensi dell'articolo 306, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, prevedendo la non applicabilità della rideterminazione dei redditi fino ad una determinata somma;
nelle premesse della mozione si rilevava l'opportunità:
a) di escludere dal rilascio dell'alloggio le categorie protette che devono essere tutelate attraverso il sopra citato decreto ministeriale di gestione del patrimonio del Ministero della difesa e, in ogni caso, di non procedere al recupero degli alloggi nelle aree ove non sussistano impellenti esigenze di servizio altrimenti risolvibili;
b) di fissare l'adeguamento al prezzo di mercato del canone degli alloggi detenuti in regime cosiddetto sine titulo, d'intesa con l'Agenzia del demanio, facendo riferimento alle quotazioni riportate dall'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio, al fine di salvaguardare il personale interessato con riferimento alle cosiddette fasce protette;
nonostante quanto stabilito dalla mozione citata e dalla stessa legge n. 244 del 2007, continua ad essere applicato il regolamento n. 112 del 18 maggio 2010, che prevede meccanismi di calcolo del reddito difformi e quindi incoerenti;
nel regolamento di cui al decreto del 16 marzo 2011 del Ministro interrogato sui canoni di mercato, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 maggio 2011, all'articolo 2, comma 3, vengono, inoltre, introdotti, con lo stesso metodo, aumenti artificiosi di reddito tendenti ad ottenere un'applicazione impropria dei coefficienti di calcolo dei canoni; in particolare, l'articolo 2, comma 6, stabilisce che l'aggiornamento annuale Istat venga applicato nella misura del 100 per cento (per intero), anziché nella misura del 75 per cento, come previsto per ogni canone, anche privato;
da un attento esame del regolamento n. 112 del 18 maggio 2010 sono emerse, altresì, evidenti discordanze rispetto alle tutele dei conduttori degli alloggi ricadenti

nelle fasce di tutela stabilite dall'articolo 306, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 -:
quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di dare puntuale applicazione a quanto previsto nella citata mozione n. 1-00559, eliminando le iniquità introdotte dai citati regolamenti in tema di concessioni in usufrutto, canoni di mercato (abrogando i parametri di cui all'articolo 2, comma 3, lettera b), del decreto ministeriale del 16 marzo 2011 e di cui all'articolo 7, comma 11, del decreto ministeriale n. 112 del 2010) ed aggiornamento annuale dei canoni.
(3-01833)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 15 e 16 aprile 2011 a Stoccolma si è tenuto il 103° presidium meeting dell'European organization of military associations (EUROMIL) e il presidente, Emmanuel Jacob, ha assicurato che presenterà una formale istanza di intervento del Consiglio d'Europa sulla grave condizione dei diritti dei militari italiani;
l'avvocato Giorgio Carta ha illustrato il rapporto sulla condizione dei militari italiani preceduta dalla notizia della sottoposizione del maresciallo Vincenzo Bonaccorso a procedimento penale militare semplicemente per avere questi inviato una lettera al comandante generale dei carabinieri chiedendo più diritti per i militari;
in particolare si è rilevata l'anomalia, fonte di numerose perplessità, dell'eccessivo numero dei ricorsi militari respinti dai giudici amministrativi ed è stata auspicata una tempestiva modifica del sistema della giustizia amministrativa militare;
durante l'illustrazione della relazione viene evidenziata quella che è la «grave ed anacronistica situazione di malessere e di privazione dei diritti dei militari italiani, tra i quali vanno ricompresi gli appartenenti a due forze di polizia ad ordinamento militare, cioè l'Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza» - situazione ulteriormente aggravata dall'entrata in vigore, il 9 ottobre 2010 del nuovo codice dell'ordinamento militare, con il quale i militari italiani hanno visto un ulteriore restrizione dei loro diritti;
il rapporto riporta esempi ed episodi e in conclusione giunge all'auspicio di «una reale volontà politica ed istituzionale di cambiare la situazione descritta» senza la quale «i militari italiani continueranno ad essere considerati cittadini di serie B, a cui disconoscere ogni diritto e per i quali, anzi, abbiamo illustri esponenti dei vertici militari che non esitano a chiedere una ulteriore riduzione dei loro diritti»;
i contenuti del Rapporto in questione e la volontà del presidente dell'EUROMIL di presentare una formale istanza di intervento del Consiglio d'Europa danno conto della grave condizione dei diritti dei militari italiani -:
quali sia la posizione attuale del Governo in merito a quanto evidenziato in premessa e quali provvedimenti intenda adottare per arginare tale situazione.
(5-05354)

GIDONI e BITONCI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
quattro anni fa, il 18 settembre 2007, un caccia F16 in forza all'aviazione militare degli Stati Uniti, di stanza ad Aviano, precipitò per problemi tecnici a circa 150 metri dal centro abitato di Soramaè, frazione del comune di Zoldo Alto, fortunatamente senza coinvolgere gli edifici e la popolazione locale, ma danneggiando una zona boscosa ed inquinando una più vasta area circostante;

il comune e la popolazione di Soramaè di Zoldo Aldo si mobilitarono per sostenere l'aviazione militare americana, ma a dispetto di quanto garantito sul momento l'attività di ripristino del sito interessato dall'incidente si limitò alla sola rimozione dei rottami del velivolo caduto;
il luogo teatro dell'incidente attende quindi ancora gli interventi di bonifica e gli indennizzi promessi ad immediato ridosso dell'evento;
risulta che la situazione sopra generalizzata costituisca l'oggetto di una lettera indirizzata recentemente dalle autorità locali di Zoldo Alto al Capo dello Stato -:
per quali ragioni non si sia ancora proceduto alla liquidazione degli indennizzi ed all'effettuazione della bonifica del sito sul quale l'F16 cadde quattro anni or sono.
(5-05355)

RUGGHIA, SCHIRRU, GAROFANI, VILLECCO CALIPARI, RECCHIA, MARIANI, LAGANÀ FORTUGNO, PES, MOTTA, FADDA e CALVISI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la situazione ambientale del poligono di Salto di Quirra è da tempo oggetto di attenzione per la possibile presenza di agenti inquinanti riconducibili secondo alcune fonti alle attività militari condotte nel poligono e secondo altre al passato minerario dell'area;
in risposta all'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02466 presentata l'11 febbraio 2010, seduta n. 282, il Sottosegretario di Stato per la difesa, Giuseppe Cossiga, affermava: «la situazione ambientale del poligono interforze di Salto di Quirra (PISQ) ha, da tempo, particolare evidenza mediatica, in quanto alcuni organi di stampa hanno ricollegato, presumibilmente, il numero di "fenomeni patologici" - riscontrati fra gli animali e gli abitanti delle comunità residenti nelle zone limitrofe - alle esercitazioni militari che vi si tengono periodicamente, ipotizzando i rischi che la struttura militare comporterebbe per il territorio e per la popolazione. In particolare, l'ipotesi della presenza, nell'area adiacente al poligono (frazione di Quirra del comune di Villaputzu) di una maggiore incidenza di tali fenomeni non è stata confermata, a suo tempo, dall'apposita Commissione istituita dalla ASL 8 di Cagliari, che ha indicato che le possibili cause potrebbero essere, invece, ricercate proprio nel passato minerario dell'area. Chiarito questo aspetto, preciso che le attività addestrative all'interno del poligono si svolgono nel pieno rispetto sia della normativa ambientale, sia delle procedure volte a garantire la sicurezza del personale che vi opera»;
da gennaio 2011 è in corso un'inchiesta per omicidio plurimo e danni ambientali aperta dalla procura di Lanusei, dopo che una relazione dei veterinari delle asl di Cagliari e Lanusei ha rilevato un abnorme numero di casi di tumore fra la popolazione e di animali nati malformati. Contestualmente sono cominciate, nel cimitero di Perdasdefogu, le riesumazioni delle salme di persone decedute - secondo l'ipotesi investigativa - per cause collegate alle sperimentazioni autorizzate negli anni scorsi nel poligono;
recentemente il comandante del poligono di Quirra, il generale di brigata aerea Sanzio Bonotto, nominato custode giudiziario del poligono sequestrato su disposizione del gip, Paola Murru, che ha accolto la richiesta del procuratore capo, Domenico Fiordalisi, ha ordinato «il divieto, nell'area terrestre del poligono interforze sperimentale del Salto di Quirra, di ogni attività militare e civile non autorizzata dal Ministero della difesa. È fatto assoluto divieto, altresì, di accesso nell'area terrestre del poligono di qualunque soggetto civile e militare, a eccezione di coloro che debbano svolgere operazioni militari delle Forze armate, quelle commerciali e le operazioni industriali ad esse connesse e autorizzate dal ministero della Difesa». Nella stessa ordinanza, si precisa che la stessa «non si applica, sino alla data del 20 luglio 2011, all'attività agropastorale, così come disposto, per le vie

brevi, in data 18 maggio, dall'autorità giudiziaria (Procura della repubblica di Lanusei)». Il documento è stato notificato a tutti i sindaci dei comuni interessati dal sequestro: in particolare, Perdasdefogu, Villaputzu, Villagrande Strisaili, Tertenia;
le operazioni di monitoraggio ambientale effettuate di recente non sono pervenute a risultati definitivi tali da escludere seri rischi ambientali per le popolazioni circostanti e per quanti operano all'interno del poligono stesso dove è evidente la presenza di molte aree inquinate da residui di varia natura derivanti dalle attività condotte nel poligono -:
se non ritenga opportuno, alla luce dei recenti sviluppi sulla situazione del poligono di Quirra, assumere iniziative volte a definire uno stanziamento straordinario per avviare le necessarie misure sanitarie e di bonifica, per impiegare imprese e manodopera locale e dare inizio ad una procedura di risarcimento a favore della popolazione e delle aziende colpite.
(5-05356)

PORFIDIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in psicologia e psichiatria il disturbo post-traumatico da stress (DPTS) (o Post-Traumatic Stress Disorder, PTSD) è l'insieme delle forti sofferenze psicologiche che conseguono ad un evento traumatico, catastrofico o violento. È denominato anche nevrosi da guerra, proprio perché inizialmente riscontrato in soldati coinvolti in pesanti combattimenti o in situazioni belliche di particolare drammaticità (con nomi e sottotipi diversi: combat stress reactions, battle fatigue, shell shocks, e altri);
lo studio delle sindromi post-traumatiche si è iniziato a strutturare compiutamente durante la Prima guerra mondiale ad opera degli psichiatri militari dei diversi schieramenti;
durante la Seconda guerra mondiale e la Guerra di Corea gli psichiatri militari (soprattutto statunitensi ed inglesi) ripresero gli spunti dei loro colleghi della generazione precedente, ed iniziarono a sviluppare trattamenti specifici per le sindromi traumatiche nel personale militare;
con la Guerra del Vietnam la prevalenza delle sindromi post-traumatiche nel personale militare iniziò a manifestarsi in proporzioni ancora più ampie, ed il tema iniziò ad essere portato all'attenzione dell'opinione pubblica;
le associazioni dei veterani statunitensi della guerra del Vietnam, con l'assistenza di alcuni psichiatri sensibilizzati al problema, riuscirono infine ad ottenere, alla fine degli anni Settanta, il reinserimento anche formale delle sindromi traumatiche nel DSM, la principale classificazione nosografica internazionale di ambito psichiatrico, con l'importante risultato di poter finalmente ottenere il riconoscimento ed il rimborso delle relative terapie psichiatriche dalle assicurazioni sanitarie private e dal sistema della Veteran Administration (che, in assenza di una classificazione nosografica precisa delle sindromi stesse, si rifiutavano spesso di riconoscerle da un punto di vista formale). Il DSM-III del 1980 introdusse quindi la diagnosi di Post-Traumatic Stress Disorder, riprendendo e modificando la «vecchia» definizione di Gross Stress Reaction che era presente nella prima versione del manuale;
i pazienti con PTSD vengono abitualmente classificati in tre categorie, in base al loro tipo di coinvolgimento nell'evento critico che ha originato il disturbo:
a) primari, le vittime dirette che hanno subito personalmente l'evento traumatico;
b) secondari, i testimoni diretti dell'evento, o i parenti delle vittime primarie (ad esempio, nel caso di un lutto);
c) terziari, il personale di soccorso (volontario o professionale) che si trova ad operare con le vittime primarie o secondarie;

i principali disturbi, accusati dalla maggior parte dei pazienti, sono riassunti dalla cosiddetta «triade sintomatologica», per come definita dalla classificazione del DSM-IV: intrusioni, evitamento, hyperarousal. In particolare, si possono riscontrare tra gli altri sintomi:
a) flashback: un vissuto intrusivo dell'evento che si propone alla coscienza, «ripetendo» il ricordo dell'evento;
b) numbing: uno stato di coscienza simile allo stordimento ed alla confusione;
c) evitamento: la tendenza ad evitare tutto ciò che ricordi in qualche modo, o che sia riconducibile, all'esperienza traumatica (anche indirettamente o solo simbolicamente);
d) incubi: che possono far rivivere l'esperienza traumatica durante il sonno, in maniera molto vivida;
e) hyperarousal: caratterizzato da insonnia, irritabilità, ansia, aggressività e tensione generalizzate;
in alcuni casi, la persona colpita cerca «sollievo» (ma in realtà peggiorando molto la situazione) con abusi di: alcool, droga e farmaci e/o psicofarmaci;
spesso sono associati sensi di colpa per quello che è successo o come ci si è comportati (o per il non aver potuto evitare il fatto), sensi di colpa che sono spesso esagerati ed incongruenti con il reale svolgimento dei fatti e delle responsabilità oggettive (sono detti anche complessi di colpa del sopravvissuto); spesso, sono compresenti anche forme medio-gravi di depressione e/o ansia generalizzata. In alcuni casi si vengono a produrre delle significative tensioni familiari, che possono mettere in difficoltà i parenti della persona con PTSD;
quando la popolazione civile non comprende più e non accetta l'impegno bellico, e percepisce la guerra come inutile o ingiusta il giudizio sociale ricade in modo pesante sul singolo militare e si trasforma in ostilità, disprezzo; da parte del soldato è incomprensibile, perché lui comunque si è sacrificato, le sue difficoltà a tornare alla vita civile si radicalizzano. In queste circostanze è possibile rilevare anche la cosiddetta «sindrome da abbandono», per la quale il reduce non sente più la presenza delle istituzioni, non avverte più la protezione ed il riconoscimento da parte del Paese che ha servito e per il quale ha rischiato la vita;
è quindi importante riferirsi ad un professionista specializzato, psicoterapeuta e/o psichiatra, per affrontare il disturbo il prima possibile, perché con un adeguato trattamento è possibile risolverne la sintomatologia o mitigarla in maniera significativa (in molti casi, anche se si è già instaurata da anni);
in Europa la media di Ptsd tra i contingenti è del 4-5 per cento, all'interno di una stima del 10 per cento di manifestazioni minori del disturbo. Si arriva al 20-30 per cento negli Stati Uniti, si scende di poco in Canada, mentre in Gran Bretagna la Difesa dichiara un 3 per cento, ma smentita dalle cronache: infatti circa il 10 per cento dei detenuti nelle carceri britanniche (20 mila persone) provengono dalle forze armate, quasi tutti dentro per violenze (soprattutto domestiche) legate all'abuso di alcol e droghe;
il fenomeno è emerso con forza nei Paesi del Nord Europa, come Olanda, Norvegia, o Danimarca, che se ne sono fatti carico creando centri specializzati che seguono i militari nel percorso di riadattamento alla vita civile;
a Doorn, un piccolo paese olandese a 50 chilometri da Amsterdam è stato creato il «Veteraneninstituut»: un istituto di ricerca per veterani di guerra che in breve è divenuto meta di «formazione» per delegazioni militari, provenienti da Svezia, Norvegia, Inghilterra, Germania e Russia, e anche una delegazione di Carabinieri italiani dell'UNAC. Il Veteraneninstituut è un organo rappresentativo di una confederazione di 37 associazioni di reduci e gestisce ogni problematica di chi è stato al fronte. Ci si occupa di ogni aspetto, dai biglietti scontati per il treno, alla domanda

di pensionamento, passando per i trattamenti sanitari specializzati, sia fisici sia psicologici, o per seguire vertenze legali per eventuali danni subiti in missione;
in Italia il fenomeno risulterebbe praticamente inesistente. Su 150 mila soldati (stima al ribasso) impiegati all'estero tra Libano, Iraq e Afghanistan, risultano solo due o tre diagnosi all'anno. Statisticamente zero;
secondo alcuni alti esponenti militari le regole d'ingaggio sono molto diverse e gli italiani non sarebbero chiamati ad affrontare situazioni analoghe ai corpi di spedizione americani o inglesi; quindi minor esposizione allo scontro, minor esposizione allo stress. Eppure il Ptsd ha coinvolto contingenti meno aggressivi, il cui impegno in «teatro operativo» - come si dice in gergo - è simile al nostro. I tedeschi nel 2009 hanno contato circa 500 casi, anche se varie inchieste hanno parlato di stime al ribasso;
se si applicasse la media europea all'Italia, ci troveremmo di fronte a 7.000-7.500 casi. Daniele Moretti, psichiatra, ha seguito dal 2004 a oggi cinque reduci di Nassiriya, al Cim di Finale Ligure. E si dice «perplesso» sui dati forniti dall'Esercito: «Al pari di altre patologie ci si dovrebbe aspettare un'incidenza analoga agli altri Paesi impegnati in missione all'estero e questo fa pensare che il fenomeno non sia stato rilevato» -:
se il Ministro sia in possesso di una mappatura aggiornata del fenomeno di cui in premessa e in caso negativo se non ritenga opportuno istituire una struttura di studio per analizzare il fenomeno PTSD con la massima attenzione dovuta e sostenere le persone colpite nel percorso di inserimento nella società, anche al fine di scongiurare l'ipotesi dell'esistenza di una patologia che pur ledendo l'integrità psicofisica non sia riconosciuta dal nostro ordinamento, in violazione del diritto alla salute costituzionalmente garantito.
(5-05357)

TESTO AGGIORNATO AL 22 SETTEMBRE 2011

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
l'amministrazione del comune di Carrara, in palese contrasto con l'articolo 14 del regio decreto 1927 della legge mineraria, permette l'estrazione del marmo dalle miniere/cave facenti parte del patrimonio indisponibile degli enti locali senza aver rilasciato le necessarie concessioni, come ammette, tra l'altro, il dottor Marco Tonelli, dirigente del comune stesso, rispondendo ad una richiesta di accesso ai documenti amministrativi relativi ai rilasci/rinnovi di concessioni per lo sfruttamento di agri marmiferi presentata da Mariapaola Antonioli in data 31 agosto 2010: «In riferimento alla richiesta di accesso ai documenti amministrativi in oggetto, si comunica che... non sono ancora stati adottati dai competenti organi comunali»;
la stessa Amministrazione, con deliberazione n. 36/2002, ha emendato il precedente legittimo regolamento, peraltro mai applicato, reintroducendo la perpetuità delle concessioni, che avranno così una durata di ventinove anni con rinnovo automatico, in palese contrasto con la legge regionale 104/1995, che ne stabilisce la temporaneità e l'onerosità;
la stessa deliberazione ha emendato l'articolo 10 del precedente regolamento, che prevedeva il rilascio delle concessioni in base al valore di mercato, stabilendo che l'esazione dei canoni avvenga in seguito ad un accordo con le associazioni di categoria o con le ditte impegnate nell'escavazione, le quali potranno altresì opporre il proprio veto a qualsiasi aumento, in palese contrasto con la legge n. 724/1994, articolo 32, comma 8, a sua volta confermata con sentenza n. 488/1995 della Corte costituzionale;

con deliberazione di giunta n. 63/2008, la stessa si è accordata con le associazioni di categoria degli escavatori per la determinazione degli oneri: nonostante su una produzione lorda di circa 900.000 tonnellate di blocchi grezzi estratti per anno vi siano almeno 150.000 tonnellate di materiale qualitativamente molto superiore, e nonostante le società di escavazione escluse sarebbero disposte ad ottenere la concessione pagando anche 200 euro per tonnellata, l'amministrazione ha negoziato un contributo (tra indennità ambientale ed affitto) di 13,50 euro per tonnellata;
tale accordo di esazione dei canoni secondo gli interpellanti appare del tutto privo di fondamento giuridico e finalizzato a favorire un interesse privato a discapito delle casse comunali;
l'Amministrazione ha tentato, nel tempo, di aumentare il canone di indennità e di affitto, ma le società di escavazione, come documentato da diversi articoli apparsi sulla stampa locale, hanno regolarmente respinto ogni possibilità di mediazione;
la compravendita dei blocchi avviene in gran parte in nero, come ha denunciato più volte sulla stampa il sindaco Zubbani, senza che la Guardia di finanza sia mai intervenuta;
il valore globale del materiale estratto in blocchi (900.000 tonnellate, secondo i dati del comune) è di circa 300 milioni di euro, con un plus valore di circa 250 milioni di euro l'anno, il 60 per cento dei quali derivati dalle sole cave di statuario. Il comune, nonostante versi in grandi difficoltà economiche, incassa per i soli blocchi (900,000 tonnellate) una cifra pari a 6 milioni di euro circa;
una situazione come quella descritta, a fronte di leggi chiare e di una giurisprudenza in materia, è terreno fertile per una progressiva penetrazione della criminalità organizzata;
già nel 2002 una Commissione consultiva, istituita dal Comune con apposita deliberazione (n. 641/2002) e formata dal professor avvocato Fabio Merus, dal professor avvocato Franco Battistoni Ferrara, dall'avvocato Cesare Piccioli e dall'avvocato Roberto Pegazzano, aveva chiaramente evidenziato le illegalità sopra esposte nella propria relazione giuridica conclusiva, ignorata completamente dalle amministrazioni succedutesi nel tempo -:
di quali elementi disponga il Governo, nell'ambito della sua competenza, anche sotto il profilo della prevenzione dei reati;
se non ritenga necessario verificare perché, a fronte di ripetute e comprovate denunce di evasione nella compravendita di blocchi di marmo, la Guardia di finanza non sia intervenuta per contrastare a tale macroscopico fenomeno di illegalità diffusa.
(2-01201) «Raisi, Della Vedova, Granata».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione

FUGATTI, BITONCI e COMAROLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Corte di cassazione ha più volte ribadito che l'accatastamento dei fabbricati rurali nelle categorie A/6 e D/10 è necessario al fine di poter ottenere l'esenzione dai tributi (Irpef e Ici);
il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ha recepito l'orientamento della Corte, stabilendo, ai commi da 2-bis a 2-quater, che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, i soggetti interessati possono presentare, entro il 30 settembre 2011, all'Agenzia del territorio una domanda di variazione della

categoria catastale per l'attribuzione all'immobile della categoria A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o della categoria D/10 per gli immobili rurali ad uso strumentale; alla domanda deve essere allegata un'autocertificazione, nella quale il richiedente dichiara che l'immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralità dell'immobile necessari, ai sensi del citato articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 1994; la definizione delle modalità applicative e la documentazione necessaria ai fini della presentazione dell'autocertificazione sono state affidate ad un apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;
tale decreto, a pochi giorni, ormai, dal termine per la presentazione delle domande, non è ancora stato emanato e, conseguentemente, non è ancora disponibile la modulistica necessaria; tale ritardo sta penalizzando i contribuenti che vogliono richiedere la variazione della categoria catastale, generando disagi anche alle associazioni di categoria che supportano i singoli associati;
a parere dell'interrogante sarebbe opportuno posticipare il termine per la presentazione delle domande di cui al comma 2-bis dell'articolo 7 del decreto-legge n. 70 del 2011 -:
quali siano i tempi previsti per l'emanazione del decreto previsto dal comma 2-quater dell'articolo 7 del decreto-legge n. 70 del 2011 e, visti i tempi ristretti a disposizione dei contribuenti, se il Ministro abbia pensato ad un'opportuna proroga del termine per la presentazione delle domande per la variazione della categoria catastale.
(5-05361)

FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Finmeccanica è il primo gruppo industriale italiano nel settore dell'alta tecnologia e leader europeo nei sistemi di difesa;
Finmeccanica vanta inoltre una presenza consolidata nel settore spaziale, dove detiene il controllo dei servizi satellitari e dispone di significative competenze e di una consolidata posizione di mercato a livello mondiale anche nei settori dei trasporti e dell'energia;
il gruppo Finmeccanica impiega circa 75.200 dipendenti, dei quali il 43 per cento lavora all'estero;
nel 2010 ha generato ricavi per 18,7 miliardi di euro e ha ottenuto ordini per 22,5 miliardi di euro;
Finmeccanica dispone di un portafoglio ordini di 48,7 miliardi di euro e investe in ricerca e sviluppo circa l'11 per cento dei propri ricavi;
il capitale del gruppo Finmeccanica è detenuto per il 30,2 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre la quota restante è quotata in borsa;
le inchieste della magistratura che hanno coinvolto in questi ultimi giorni il gruppo Finmeccanica hanno fatto emergere comportamenti del management tali da minare la reputazione del gruppo con ripercussioni sul corso del titolo azionario, che si è ridotto di quattro volte rispetto i massimi del 2007;
Finmeccanica è una delle due principali multinazionali manifatturiere insieme a Fiat ancora capace di spese importanti in ricerca e sviluppo ed è una delle due multinazionali, con Eni, con cui il Governo può ancora influenzare le posizioni degli altri Paesi nel settore dell'alta tecnologia;
Finmeccanica ha un servizio di internal audit e un comitato per il controllo interno del consiglio di amministrazione che devono dare delle risposte ai mercati finanziari ai quali la società ha chiesto di sottoscrivere obbligazioni e aumenti di capitale cospicui -:
quali misure intenda assumere il Governo al fine di assicurare maggiore trasparenza nei meccanismi di gestione di una società quotata a controllo pubblico,

quale Finmeccanica, e quali iniziative ritenga di adottare per evitare turbolenze nei mercati finanziari sul titolo della predetta società al fine di tutelare, oltre che degli interessi erariali, i diritti degli azionisti di minoranza.
(5-05362)

BARBATO, MESSINA, CAMBURSANO e ZAZZERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la stampa quotidiana riporta la notizia che il signor Valter Lavitola, direttore de L'Avanti, ora latitante, avrebbe raccomandato al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi la nomina ai vertici della Guardia di finanza del generale Emilio Spaziante;
in particolare, i giornali riportano estratti di un'intercettazione di una telefonata con il Presidente del Consiglio del Lavitola, interpretandola come un tentativo di quest'ultimo di favorire la nomina del generale Spaziante a vice comandante della Guardia di finanza;
in realtà, la predetta intercettazione fa emergere, in modo ancora più grave, la precisa volontà del Lavitola di facilitare la nomina del generale Spaziante come successore del generale Nino Di Paolo nel ruolo di Comandante generale della Guardia di finanza;
emergerebbe, infatti, che, prima ancora del completamento dell'iter parlamentare dell'intervento legislativo col quale si è recentemente introdotta la possibilità di nominare il Comandante generale della Guardia di finanza tra gli appartenenti al corpo, e dopo qualche giorno dalla predetta telefonata tra Lavitola e il Presidente del Consiglio Berlusconi, il predetto Lavitola intrattenesse rapporti con il Presidente del Consiglio e con il Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti per stabilire che il successore del generale Di Paolo avrebbe dovuto essere il generale Spaziante;
sempre secondo notizie riportate dagli organi di informazioni emergono rapporti molto stretti e continui tra il medesimo generale Spaziante e il deputato Marco Milanese, all'epoca consigliere politico del Ministro dell'economia e delle finanze, attraverso incontri che si sarebbero addirittura tenuti presso gli uffici della Guardia di finanza diretti dallo Spaziante, siti in Roma in via Sicilia, e sarebbero continuati anche dopo che il predetto deputato è stato raggiunto da provvedimento restrittivo;
ancora da notizie di stampa si apprende di incontri tra lo stesso generale e il dottor Borgogni, esponente di Finmeccanica, che si sarebbero svolti presso ristorante «Il ceppo» di Roma;
appare del tutto sconvolgente anche solo l'ipotesi che possa assurgere al ruolo di Comandante generale del Corpo della Guardia di finanza una persona raccomandata da un latitante, il quale, per di più, intrattenga rapporti col Capo del Governo e col Ministro dell'economia e delle finanze per ottenere tale obiettivo;
risulta altresì paradossale, sempre alla luce delle circostanze sopra riportate, la ventilata intenzione del Governo di ricollocare il generale Spaziante ai vertici dei servizi segreti -:
se e in che modo intenda fare assoluta chiarezza, dinanzi agli organi parlamentari, su tale inquietante vicenda, in particolare in merito al coinvolgimento diretto dello stesso Ministro dell'economia e delle finanze e del deputato Marco Milanese, nella sua qualità di consigliere politico del Ministro, e se intenda illustrare quali siano, al di là degli aspetti meramente formali, gli effettivi metodi e criteri di scelta dei vertici del Corpo della Guardia di finanza, al fine di ridare dignità ed autorevolezza ad un'istituzione, quella della Guardia di finanza, che svolge un ruolo indispensabile a presidio della legalità e per il contrasto all'evasione fiscale ed alla criminalità economica, nonché al fine di salvaguardare l'onorabilità degli appartenenti al Corpo.
(5-05363)

Interrogazione a risposta in Commissione:

LULLI, FRONER, VICO e FEDERICO TESTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Finmeccanica è il primo gruppo industriale italiano nel settore dell'alta tecnologia e tra i primi dieci player mondiali nell'aerospazio, difesa e sicurezza. È presente in modo stabile con asset produttivi importanti in Italia, Regno Unito e Stati Uniti. Dispone di un portafoglio ordini di 48,7 miliardi di euro e investe in ricerca e sviluppo circa l'11 per cento dei propri ricavi;
il gruppo, quotato in borsa, è tuttora controllato dallo Stato che detiene il 30,2 per cento del capitale attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze;
malgrado il profilo societario di alto livello ed il prestigioso ruolo internazionale, negli ultimi due anni, il gruppo Finmeccanica è stato al centro dell'attenzione dei media per il presunto emergere da parte del Governo, del suo entourage o di altri esponenti della maggioranza parlamentare di richieste, spesso soddisfatte, di consulenze, assunzioni, appalti;
tali rapporti, al centro di una inchiesta della procura di Napoli, hanno recentemente portato alle dimissioni di Paolo Pozzessere, direttore commerciale della holding;
un'impresa che opera in settori estremamente delicati, a partire da quello delle forniture militari, dovrebbe difendere e tutelare la propria credibilità, la serietà della sua struttura industriale, l'autonomia dei suoi amministratori, le capacità e il merito dei suoi dipendenti -:
quanti siano i contratti di consulenza e quali siano i percettori con i relativi curricula e l'ammontare degli stessi;
quali iniziative intenda assumere il Governo per rendere trasparenti le consulenze affidate da Finmeccanica, al fine di tutelare i diritti e gli interessi dei suoi azionisti, tra i quali lo Stato, nonché dei cittadini consumatori, e soprattutto al fine di impedire eventuali episodi di malcostume e clientelismo.
(5-05358)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

CASSINELLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la condizione delle carceri della Liguria, ed in particolare di quella di Marassi, è sempre più preoccupante: al 31 agosto 2011 i detenuti nei sette istituti penitenziari della Liguria sono 1814, a fronte di una capienza regolamentare di 1139 posti letto, e gli agenti di polizia penitenziaria sono circa 800 (nel carcere di Marassi a Genova 312 unità a fronte di un organico minimo di 472 unità per garantire la sicurezza e il funzionamento dell'impianto), numero che evidenzia la grave carenza di organico;
l'ultimo censimento della popolazione carceraria italiana, completato ufficialmente il 30 agosto 2011 riporta numeri decisamente preoccupanti: i detenuti, nel nostro Paese, sono 66.867, mentre i posti che gli istituti correzionali hanno a disposizione sono 45.647. In sostanza le carceri italiane ospitano attualmente il 46,6 per cento in più della normale capienza;
dei 1813 detenuti il 60 per cento sono stranieri e il 40 per cento sono tossicodipendenti e le celle da tre posti letto sono occupate in alcuni casi da otto persone;
notizie di stampa confermate da fonti della polizia penitenziaria riferiscono che in estate il sovraffollamento e il caldo hanno fatto aumentare in modo esponenziale le risse tra detenuti e i pochi agenti intervenuti per separarli sono rimasti in molti casi gravemente feriti;
nonostante questo quadro d'insieme, la situazione non è fino ad ora degenerata solo grazie alla grande professionalità dimostrata

dagli agenti di polizia penitenziaria che riescono a gestire situazioni spesso pericolose per l'incolumità loro ed anche dei detenuti -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per far sì che la situazione delle carceri della Liguria, che da tempo si manifesta come palesemente critica, venga ripristinata ai livelli di tollerabilità, affinché le strutture carcerarie italiane siano dotate di adeguate risorse umane e affinché siano realizzate, anche con il contributo di privati, nuove carceri in grado di contenere in sicurezza tutti i detenuti.
(4-13242)

CICCIOLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nelle ultime consultazione elettorali del comune di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) del mese di maggio, il riconfermato sindaco Giovanni Gaspari (coalizione di centro sinistra), contro le critiche e le polemiche sollevate anche dai suoi stessi compagni di coalizione, ha deciso di assegnare l'assessorato all'urbanistica e alle politiche ambientali all'avvocato Paolo Canducci, che era stato inequivocabilmente bocciato dagli stessi sambenedettesi, non ottenendo i voti necessari nemmeno per entrare in consiglio comunale;
nella precedente legislatura, con il medesimo sindaco Gaspari, l'avvocato Canducci aveva ottenuto l'incarico di assessore all'ambiente - sempre da «esterno» in quanto nemmeno in quell'occasione (2006) fu eletto nel consiglio comunale di San Benedetto del Tronto;
l'avvocato Paolo Canducci è sposato con il magistrato Giuliana Filippello, giudice monocratico penale di San Benedetto del Tronto, nonché componente dei collegi penali di Ascoli Piceno, competente per i giudizi, anche urbanistici, in quel territorio;
sarebbe opportuno, ad avviso dell'interrogante, promuovere una revisione della normativa vigente al fine di introdurre in casi come quello esposto, una specifica ipotesi di incompatibilità per il magistrato che esercita le funzioni giudiziarie nella stessa sede in cui il coniuge svolge l'incarico di amministratore locale -:
se non ritenga opportuno assumere iniziative normative volte a sancire l'incompatibilità dei magistrati ad operare nelle stessa zona in cui il coniuge ricopre incarichi istituzionali, di amministratore locale come nel caso esposto in premessa, in cui un assessore comunale con deleghe importanti quali l'urbanistica e le politiche ambientali, in un comune oggetto di numerosi episodi di contenzioso, è coniugato con un giudice monocratico penale che opera nello stesso distretto e che quindi è giudice dei contenziosi stessi.
(4-13249)

TESTO AGGIORNATO AL 27 SETTEMBRE 2011

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata:

TOTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in virtù del comma 3-bis dell'articolo 8 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, la cosiddetta manovra di ferragosto, le imprese ferroviarie e le associazioni internazionali di imprese ferroviarie operanti in Italia sono tenute ad osservare, tra gli obblighi previsti dal decreto legislativo n. 188 del 2003 in materia ferroviaria, «i contratti collettivi nazionali di settore, compatibili con la legislazione comunitaria, ed applicati in modo non discriminatorio»;
come ha recentemente sottolineato il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in una missiva inviata il 14 settembre 2011 ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro interrogato,

il nuovo requisito di operatività «presenta profili critici sotto il profilo concorrenziale», perché «l'imposizione a tutte le imprese ferroviarie dell'adozione del ccnl di settore, si tradurrebbe in un accrescimento significativo dei costi di produzione per le imprese concorrenti di Trenitalia, specialmente per quelle che sono entrate nel mercato a seguito della liberalizzazione e hanno organizzato le proprie relazioni industriali non prevedendo l'applicazione di tale contratto»;
già nell'ottobre 2007 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato aveva evidenziato come «l'imposizione per legge dell'adozione di un determinato tipo di ccnl» apparisse «eventualmente più appropriata per i soli aspetti del contratto che producono effetti sulla sicurezza dei trasporti, piuttosto che anche a quelli meramente economici», giustificando il proprio intervento con il timore che una disposizione normativa di tal genere potesse «ridurre la concorrenza nel settore, appena liberalizzato, laddove risultasse idonea a imporre ai nuovi entranti di pagare un fattore produttivo di primaria importanza quale il lavoro, a un prezzo simile a quello supportato fino a oggi solamente dall'ex monopolista»;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha, altresì, sottolineato come «il gruppo Fs beneficia tuttora di una rilevante integrazione verticale e di una posizione di preminenza sul mercato», la qual cosa comporta «che le imprese del gruppo operano sovente senza una consistente pressione competitiva, potendosi con ciò permettere di trasferire parte della rendita ai fattori produttivi (tra i quali il fattore lavoro)»;
come si può rilevare, osservando il dibattito tra operatori ed esperti di settore, il dettato del citato comma 3-bis dell'articolo 8 ha sollevato non pochi dubbi interpretativi: se per alcuni la nuova norma impone, di fatto, alle imprese l'adozione del contratto collettivo nazionale di lavoro delle attività ferroviarie (peraltro scaduto nel dicembre 2007 e non ancora rinnovato), per altri sono compatibili con le nuove disposizioni anche i contratti nazionali finora usati come riferimento per molte imprese ferroviarie diverse da Trenitalia (il contratto collettivo nazionale di lavoro autoferrotranvieri e il contratto collettivo nazionale di lavoro logistica, trasporto merci e spedizioni);
l'incertezza di cui sopra sorge intorno alla definizione di «settore» prevista dal citato comma 3-bis dell'articolo 8, che in una sua interpretazione molto restrittiva rischia di escludere i contratti «autoferrotranvieri» e «logistica, trasporto merci e spedizioni»;
l'ipotesi di adozione di un nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro della mobilità, da più parti auspicata, stante la scarsa rispondenza del contratto delle attività ferroviarie ad un contesto industriale profondamente mutato, non supererebbe di per sé una criticità della nuova disposizione di legge, vale a dire la restrizione della libertà contrattuale per le imprese ferroviarie, in particolare per quelle sorte in seguito alla liberalizzazione del settore, in contrasto con la tendenza al decentramento della contrattazione in essere nel sistema delle relazioni industriali italiano e ad alcune importanti misure della manovra finanziaria -:
se non ritenga opportuno provvedere a chiarire, eventualmente attraverso un atto ministeriale, la corretta interpretazione della definizione di «settore» prevista dal comma 3-bis dell'articolo 8 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, al fine di superare il clima di incertezza nel settore dei trasporti ferroviari creato dall'introduzione con la norma sopra citata dell'obbligo per le imprese ferroviarie e per le associazioni internazionali di imprese ferroviarie operanti in Italia di osservare i contratti collettivi nazionali di settore.
(3-01835)

Interrogazione a risposta scritta:

GALLETTI e LIBÈ. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da anni studenti e lavoratori pendolari hanno presentato reclami e contestazioni per l'insufficiente servizio pubblico offerto da Trenitalia in merito al servizio di trasporto nella tratta Rimini-Bologna;
in questi giorni gli utenti hanno subito un'ennesima variazione dell'offerta di Trenitalia su questa tratta: da lunedì 12 settembre l'IC 608 in arrivo a Bologna alle 7.38 e il 629 in arrivo a Rimini alle 23.44 sono stati infatti soppressi;
a seguito di queste soppressioni, tra Bologna e Rimini sarà disponibile il prolungamento degli EsCity 9802-9829 già in circolazione tra Bologna e Milano;
il nuovo servizio non avrà fermate intermedie tra Rimini e Bologna con il risultato che i viaggiatori dell'IC soppresso che salgono a Cesena, Forlì e Faenza si dovranno servire del regionale veloce 2124, già adesso molto utilizzato dai pendolari, che non vogliono sobbarcarsi altri oneri oltre a quello dell'abbonamento a tariffa regionale, e da sempre al limite della capienza, con passeggeri regolarmente in piedi, nei corridoi e nell'area delle porte d'ingresso;
la regione Emilia Romagna compartecipa ai costi di acquisto del pass «Mi Muovo» permettendo di utilizzare a condizioni più vantaggiose i treni classificati EsCity ed IC, ma i pendolari che salgono ora sul 608 a Cesena, Forlì e Faenza, a seguito di queste variazioni, vedranno di fatto svalutare il loro pass;
il regionale veloce 2124 vedrà, contemporaneamente, aumentare il numero dei passeggeri ed anche il rischio di viaggiare in piedi ed in condizioni disagiate: in quanto su quel treno sale dalle varie stazioni romagnole un numero consistente di persone, che a Bologna utilizzano poi il FrecciaRossa per Milano che parte alle 7.40 per arrivare a destinazione alle 8.45;
i regionali della Bologna-Ancona dovranno, pertanto, sobbarcarsi il traffico improprio degli utenti del FrecciaRossa, vista la mancanza di collegamenti diretti Milano-Adriatica attraverso la linea ad alta velocità Milano-Bologna -:
se non ritenga di assumere ogni iniziativa, per quanto di competenza, affinché la società Trenitalia adotti misure utili ad eliminare le criticità citate in premessa, sostenendo, altresì, la regione Emilia Romagna nello studio di un percorso alternativo, al fine di evitare ulteriori disagi ai pendolari della tratta Rimini-Bologna.
(4-13243)

TESTO AGGIORNATO AL 21 SETTEMBRE 2011

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INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:

ZAMPA, FRANCESCHINI, VILLECCO CALIPARI, LIVIA TURCO, MARAN, AMICI, QUARTIANI, GIACHETTI, TOUADI, CONCIA, BRANDOLINI, CARDINALE, MATTESINI, SBROLLINI, SCHIRRU, DE TORRE, LO MORO, VIOLA e SIRAGUSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dalle notizie a disposizione degli interroganti la situazione dei minori stranieri a Lampedusa è sempre più grave. A fine agosto 2011 i numeri parlano di circa 225 minori e adolescenti rinchiusi da settimane nelle due strutture di identificazione e detenzione di Lampedusa: 111 nel centro di primo soccorso e accoglienza di Contrada Imbriacola, 114 nella base in disuso dell'Aeronautica militare;
si tratta di strutture assolutamente inadatte all'accoglienza degli adulti, si immagini a quella di bambini, alcuni anche piccolissimi, situate a poche decine di metri dai radar di scoperta aerea e di difesa antimissile e dai relativi campi elettromagnetici, estremamente pericolosi per la salute;

la stragrande maggioranza di questi bambini e adolescenti è partita senza genitori: sono, dunque, minori non accompagnati;
tra questi bambini e adolescenti, assurdamente «reclusi», alcuni hanno anche pochi mesi, anche se la maggioranza ha più di tredici anni ed è arrivata in Italia in condizioni disumane, sopportando stenti e a volte vedendo morire i propri parenti e altri bambini durante la traversata;
il centro di Contrada Imbricola raccoglie, ad oggi, circa 529 reclusi, dei quali 111 minori, ed è situato nella zona più rovente di Lampedusa; le baracche, a due piani, sono costruite sul fondo di un canalone di calcare dove non arriva un filo di vento, sorvegliate da tutti i lati da squadre di militari dell'Aeronautica militare;
come riportato dall'inchiesta di Fabrizio Gatti su L'Espresso, la piccola Chideria, nata in Libia il 6 maggio 2011, è l'unica sopravvissuta tra i bimbi che erano sulla baracca del mare approdata a Lampedusa il 4 agosto 2011: è stata liberata con i genitori nigeriani soltanto dopo tre settimane, dopo ben venti giorni di reclusione, durante i quali si è ammalata;
un certificato sanitario di Medici senza frontiere, infatti, riscontrava sintomi persistenti di bronchite, pus dagli occhi e punture di insetto multiple: sono stati necessari l'esposto di un avvocato, legale dell'associazione Terre des hommes, e l'intervento del tribunale dei minori di Palermo;
sempre dall'inchiesta di Gatti si apprende che altri due minorenni, di sedici e diciassette anni, sono stati feriti dalle pietre lanciate dalla sezione adulti durante una rivolta notturna nel centro di identificazione ed espulsione;
questi sono solo alcuni dei moltissimi casi, emblematici di una situazione che assume contorni sempre più inquietanti ed evidentemente indegni di un Paese civile: non è, infatti, più tollerabile che un Paese civile lasci che bambini e adolescenti vengano tenuti di fatto prigionieri, in condizioni inaccettabili dal punto di vista sanitario, privati dei loro diritti di persone di minore età ma non minori nei diritti;
è intollerabile che questi adolescenti e bambini, costretti a lasciare il proprio Paese con la speranza di un futuro migliore, siano prigionieri a Lampedusa, in condizioni non adatte, e che ancora, da quando dal mese di febbraio 2011 sono cominciati gli sbarchi, l'Italia non abbia adottato un protocollo di comportamento tale da garantire loro asilo e protezione;
la legge n. 176 del 1991, con la quale l'Italia ha ratificato la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, sancisce che il nostro Paese si impegna a garantire ai minori stranieri non accompagnati tutti i diritti garantiti dalla Convenzione stessa, tra i quali il diritto alla protezione, alla salute, all'istruzione, all'unità familiare, alla tutela dallo sfruttamento, alla partecipazione alla vita sociale -:
se il Ministro interrogato abbia piena contezza delle reali dimensioni del fenomeno, se non ritenga necessario ed urgente fornire i dati esatti relativi ai flussi in entrata ed in uscita dei minori sull'isola di Lampedusa e a quanti siano, tra loro, quelli ancora trattenuti, nonché se non intenda dare adeguate risposte in merito ai motivi alla base dell'inspiegabile mancato trasferimento in adeguate strutture di accoglienza, alle procedure di censimento al loro arrivo e, più in generale, agli strumenti di tutela per ciascuno di loro.
(3-01834)

Interrogazione a risposta in Commissione:

FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dipende dal Ministero dell'interno, dipartimento vigili del fuoco del soccorso pubblico

e difesa civile, e garantisce il soccorso tecnico urgente H24 grazie ad una capillare diffusione sul territorio;
in Lombardia il Corpo nazionale dei vigili del fuoco conta su circa 2.400 unità professioniste, complessive tra le varie qualifiche (capi reparto, capi squadra, vigili), distribuite nelle varie sedi della regione che conta, allo stato attuale, 11 comandi effettivi, in quanto il costituendo comando di Monza/Brianza, dipende ancora da quello di Milano;
i parametri europei stabiliscono un pompiere ogni millecinquecento abitanti, per cui in Lombardia necessiterebbero circa 3.000 unità in più;
nel corpo nazionale dei vigili del fuoco vi è anche la componente volontaria, che a sua volta comprende cittadini non appartenenti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco assegnati ad una sede di servizio del comando e che durante lo svolgimento delle loro normali attività, in caso di necessità, vengono richiamati in servizio, debbono cambiarsi e indossare i dispositivi di protezione individuale, prendere l'automezzo necessario ed uscire per svolgere il servizio di soccorso;
l'altra componente è costituita dai discontinui, i precari dei vigili del fuoco, cioè personale assunto con contratti a termine di 20 giorni, fino ad un massimo di 160 giorni all'anno, che invece sono presenti nelle sedi di servizio e svolgono principalmente attività di ufficio o logistica, ma anche quelle inerenti al servizio di soccorso;
la maggior parte di loro sono in attesa dei concorsi per il passaggio a ruolo permanente e ad eccezione di una percentuale di personale volontario che ha svolto all'epoca il periodo di leva nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco (un anno fino a dicembre 2005), gli altri hanno effettuato un corso di preparazione di 120 ore, mentre il professionista deve effettuare un corso di un anno;
mentre per passare di qualifica, ad esempio da vigile a capo squadra, ad un professionista occorre una media di 15/20 anni e un corso di 3 mesi, e spesso lo stesso deve spostarsi in un'altra città o regione, un volontario può diventare capo squadra dopo 5 anni e tramite un corso on-line;
nel contesto delle carenze organiche generali, assumono rilevante importanza quelle dei qualificati (capi reparto e capi squadra - si veda tabella unitaria regionale) cioè quella parte del personale che ha maggiori responsabilità nel coordinamento e nella gestione diretta del soccorso e delle squadre operative, a causa della mancanza di finanziamenti, ma anche delle farraginose procedure concorsuali interne al Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
la Lombardia è una delle regioni maggiormente popolate, con un imponente traffico viario, moltissime attività a rischio, anche rilevante, che la rendono particolarmente vulnerabile sotto parecchi aspetti, sia dal punto di vista delle attività umane, che da quello della gestione del suo territorio;
di contro il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è soggetto a continui tagli ai finanziamenti, tanto da essere in arretrato coi pagamenti di affitti, fornitori e titolari di officine per la riparazione di automezzi;
per quello che riguarda la situazione della città di Milano, l'ingegner Silvano Barberi, insediatosi dal mese di giugno 2010 come comandante, ha applicato una rivisitazione dell'organizzazione del soccorso del comando che lo si ricorda, ha competenza per Milano e tutti i comuni della provincia;
tale progetto è avversato dalle organizzazioni sindacali CGIL/CISL/UIL/USB, come l'interrogante ha potuto riscontrare di persona, e da gran parte del personale operativo, tant'è che dai primi giorni di dicembre 2010 le suddette organizzazioni sono state costrette a dichiarare lo stato di agitazione provinciale e ad intraprendere alcune azioni di lotta, tra cui un primo presidio il 4 dicembre 2010 durante le

celebrazioni della protettrice dei vigili del fuoco, S. Barbara, e successivamente, l'8 febbraio 2011, una prima giornata di sciopero provinciale e contestuale presidio di fronte alla sede centrale di via Messina, ed il giorno 22 febbraio un altro presidio, questa volta davanti alla sede dei vigili del fuoco di Desio;
tutte le iniziative di protesta, hanno avuto un grande seguito da parte dei lavoratori;
uno degli obiettivi di queste iniziative è stato quello di informare costantemente i media ed i cittadini rispetto ai motivi delle rivendicazioni ed infatti la popolazione ha dato numerosi attestati di solidarietà e condivisione alle loro preoccupazioni;
con riferimento alla cosiddetta «nuova organizzazione», per quanto riferiscono le organizzazioni sindacali citate, al contrario di quanto accaduto negli ultimi 30 anni, ed in contrasto anche con quanto disposto da una recente nota del vice capo dipartimento, ingegner Alfio Pini (protocollo 14958 del 2 dicembre 2010), l'ingegner Barbieri, nonostante la sempre più drammatica carenza di personale, in particolare qualificato (capi reparto e capi squadra), ha sottratto e continua a sottrarre unità dalle squadre operative, per impiegarle in differenti servizi ed orari non collegati direttamente al soccorso;
da tale movimentazione non è stata esentata nemmeno la sede aeroportuale di Linate (anch'essa dipendente dal comando dei vigili del fuoco di Milano), dove sono stati spostati qualificati ed autisti, creando in alcuni turni dei disservizi e facendo sì che in alcuni casi si scendesse al di sotto delle dotazioni minime (qualificati compresi), con conseguenti problematiche inerenti ai rinforzi, in quanto i sostituti spesso non hanno l'adeguata preparazione e conoscenza, né delle procedure di intervento in caso di crash aereo, né dei mezzi ancora più specialistici di quelli in dotazione nelle altre sedi;
di tale situazione complessiva, le organizzazioni sindacali hanno informato anche il prefetto di Milano e, per quanto riguarda la sede aeroportuale, il presidente della SEA ed il direttore dell'aeroporto, avendo presente che il servizio antincendio aeroportuale, è soggetto a normative internazionali (I.C.A.O.);
le informazioni comunicate alle autorità sopra indicate dalle organizzazioni sindacali, a parte un incontro con il dottor Parente della prefettura di Milano, non hanno dato altro seguito;
nei giorni 12 e 15 febbraio 2011 presso le sedi di Desio, Seregno e Rho, in seguito ad assenza prevista di autisti professionisti di mezzi di soccorso, il dirigente ha inviato in loro sostituzione da altre sedi, del personale autista volontario;
pur riconoscendo il ruolo della componente volontaria dei vigili del fuoco, questa decisione è immotivata tecnicamente, ed ha creato un grave precedente, in quanto ha introdotto la novità di un equipaggio ibrido professionisti/volontari;
tale tipo di sostituzioni non sono giustificate economicamente, visto che il personale volontario è retribuito al pari di quello professionista ed a cottimo, cioè a ore di intervento; anzi gli autisti professionisti in genere sono dei vigili, mente i loro sostituti volontari erano dei capi squadra, quindi con una remunerazione maggiore;
tali scelte sono apparse come una palese provocazione nei confronti dei lavoratori dei vigili del fuoco e delle loro rappresentanze;
è stata emanata una disposizione con la rivisitazione delle zone di competenza con un forte sbilanciamento a favore delle sedi volontarie, che nel concreto si tradurrà nel sovrautilizzo di questa componente, a discapito di quella professionista stipendiata e che quindi, in caso di necessità,

frequentemente resterà nelle proprie sedi. Senza contare che le normative vigenti prevedrebbero l'utilizzo delle squadre volontarie «nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza del distaccamento volontario» (articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 2004, n. 76) -:
se, sulla base di quanto riferito dalle organizzazioni sindacali citate, non si ritenga censurabile il comportamento del primo dirigente, ingegner Silvano Barberi;
se non sia da considerare il ripristino di corrette relazioni sindacali;
se, anche data la persistente fase di carenze organiche soprattutto di qualificati, non sia da applicare una razionalizzazione del personale attualmente di supporto al servizio di soccorso e il reintegro dello stesso nelle squadre operative in tutte le sedi di servizio, così come disposto anche dalla nota del dipartimento dei vigili del fuoco a firma del capo del corpo ingegner A. Pini.
(5-05359)

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano la Repubblica del 20 settembre 2011, è pubblicato un articolo dal titolo «Nocs, gaffe del Viminale via il capo dell'indagine sugli abusi si riparte da zero» -:
quale siano state le azioni compiute dal prefetto Stefano Berettoni a seguito della «nota riservata» riferita nell'articolo in premessa;
se non ritenga doveroso affidare le indagini sulla vicenda in premessa a un soggetto esterno al Ministero dell'interno e, in tale caso, a chi le intenda affidare.
(4-13248)

TESTO AGGIORNATO AL 21 SETTEMBRE 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta orale:

CAPITANIO SANTOLINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 6, comma 2, del decreto ministeriale 13 giugno 2007, n. 131 «Regolamento supplenze docenti», dispone che «Nell'attribuzione dei posti di sostegno relativi ad ogni ordine e grado di scuola, ove si esauriscono i relativi elenchi di sostegno, prima di assegnare i posti stessi ad aspiranti privi di titolo di specializzazione, le relative supplenze vengono conferite, secondo modalità annualmente definite con provvedimento ministeriale, ad aspiranti inclusi nelle competenti graduatorie che risultino comunque in possesso del predetto titolo di specializzazione»;
a causa della recente soppressione delle cosiddette graduatorie di coda, a partire dall'anno scolastico appena iniziato si incrementerà il già ragguardevole numero (se ne stimano diverse centinaia sull'intero territorio nazionale) di studenti in condizioni di handicap che nella scuola secondaria di primo grado risulteranno di fatto seguiti per le attività di sostegno da personale privo di adeguata qualifica per carenza di docenti titolati, mentre paradossalmente diverse migliaia di insegnanti specializzati resteranno non utilizzati perché confinati, nelle medesime province, negli elenchi per il sostegno della sola scuola secondaria di secondo grado;
il provvedimento proposto non rappresenta in alcun modo una forzatura sul piano delle competenze professionali dal momento che tutti gli insegnanti di sostegno della scuola secondaria di primo e secondo grado hanno ottenuto la specializzazione seguendo gli stessi identici corsi;
il provvedimento risponde ai criteri di economicità, efficienza, efficacia e trasparenza della pubblica amministrazione: riducendo tempi ed oneri per le attività di nomina a carico del sistema scolastico

complessivamente inteso, favorendo una tempestiva attribuzione delle supplenze sul sostegno a personale adeguatamente titolato, liberando i dirigenti scolastici della scuola secondaria di primo grado dalla complessa e giuridicamente controversa attività di assegnazione a docenti non specializzati dei posti rimasti vacanti al termine delle operazioni di nomina ministeriali -:
se non reputi necessario estendere anche alle scuole secondarie di primo grado il meccanismo di «assegnazione subordinata» già perfettamente funzionante per le scuole secondarie di secondo grado e previsto all'articolo 6, comma 2 e 3 del decreto ministeriale 13 giugno 2007, n. 131 «Regolamento supplenze docenti», disponendo che, in caso di esaurimento dello specifico elenco denominato AD00 («sostegno nella scuola secondaria di primo grado»), si provveda ad assegnare le supplenze residue attraverso lo scorrimento incrociato degli omologhi elenchi relativi alle scuole secondarie di secondo grado (AD01, AD02, AD03, AD04) con riconoscimento del pieno punteggio di servizio ai docenti che accetteranno tali incarichi.
(3-01825)

CAPITANIO SANTOLINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 169 del 2008 recante «Disposizioni urgenti in materia di istruzione ed università», stabilisce un blocco delle adozioni dei libri di testo;
all'articolo 5 stabilisce che i libri adottati nella scuola primaria devono rimanere invariati per il successivo quinquennio, mentre quelli adottati nelle scuole secondarie di primo e secondo grado devono rimanere invariati per sei anni;
tale norma è stata ideata per tutelare le famiglie da un troppo frequente cambio di testi, consentire il riutilizzo dei volumi ed evitare ulteriori esborsi alle famiglie in special modo nelle scuole secondarie, dove il diritto allo studio ha assunto costi proibitivi;
oggi, tuttavia, si apprende da organi di stampa che questo sistema è stato reso vano dall'aumento dei prezzi degli stessi libri di testo che rimangono nella sostanza invariati;
gli editori si richiamano all'articolo 15 del decreto-legge n. 112 del 2008 che, pur cercando di limitare il costo dei libri di scuola e rimarcando la necessità di un prezzo contenuto e di utilizzo on line degli stessi, indica come sia necessario tener conto «dei diritti patrimoniali dell'autore e dell'editore»;
le conseguenze di tale situazione, specialmente nella scuola secondaria, si riversano integralmente sui bilanci delle famiglie, considerato che la spesa familiare per i libri di testo è aumentata dell'8 per cento circa, gravando soprattutto sulle fasce di popolazione più deboli economicamente;
proprio nei giorni in cui si decidono provvedimenti economici di grande impatto sociale occorre richiamare l'attenzione sulla spesa del nostro Paese per l'istruzione -:
quali iniziative il Governo ritenga opportuno adottare al fine di evitare che l'aumento ingiustificato dei prezzi dei libri di testo possa gravare ulteriormente sulla situazione economica delle famiglie italiane, tutelando in tal modo l'istruzione che deve essere un bene alla portata di tutti.
(3-01826)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

PES e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 104 del 1992, dispone che per le attività di sostegno nelle classi dove sono inseriti gli alunni diversamente abili vi sia la presenza di docenti specializzati;

il comma 1 dell'articolo 14 prevede che «il Ministro della pubblica istruzione provvede alla formazione e all'aggiornamento del personale docente per l'acquisizione di conoscenze in materia di integrazione scolastica degli studenti handicappati, ai sensi dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 399, nel rispetto delle modalità di coordinamento con il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica di cui all'articolo 4 della legge 9 maggio 1989, n. 168. Il Ministro della pubblica istruzione provvede altresì:
a) all'attivazione di forme sistematiche di orientamento, particolarmente qualificate per la persona handicappata, con inizio almeno dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado;
b) all'organizzazione dell'attività educativa e didattica secondo il criterio della flessibilità nell'articolazione delle sezioni e delle classi, anche aperte, in relazione alla programmazione scolastica individualizzata;
c) a garantire la continuità educativa fra i diversi gradi di scuola, prevedendo forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore e del ciclo superiore ed il massimo sviluppo dell'esperienza scolastica della persona handicappata in tutti gli ordini e gradi di scuola, consentendo il completamento della scuola dell'obbligo anche sino al compimento del diciottesimo anno di età; nell'interesse dell'alunno, con deliberazione del collegio dei docenti, sentiti gli specialisti di cui all'articolo 4, secondo comma, lettera l), del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 416, su proposta del consiglio di classe o di interclasse, può essere consentita una terza ripetenza in singole classi»;
il comma 6 dell'articolo 14 prevede che «l'utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati»;
il Sindacato nazionale insegnanti di sostegno denuncia che sta ricevendo diverse segnalazioni da più province in cui risulta che i rispettivi ambiti territoriali stiano assegnando cattedre di sostegno a docenti in esubero privi del prescritto titolo di specializzazione;
i docenti specializzati precari, in possesso del titolo richiesto dalla legge n. 104 del 1992, per insegnare su cattedra di sostegno e con esperienze consolidate, hanno quindi visto sfumare la possibilità di assunzione annuale;
gli alunni disabili sono stati privati del diritto ad avere insegnanti specializzati -:
se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa, ovvero se corrisponda a verità che gli ambiti territoriali stiano assegnando cattedre di sostegno a docenti in esubero privi del titolo di specializzazione, scelta che ad avviso dell'interrogante è lesiva per gli alunni diversamente abili.
(5-05352)

PES, DE PASQUALE, MELANDRI, ROSSA e COSCIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con la riforma dell'istruzione secondaria di II grado, il Governo ha istituito i nuovi licei musicali ed ha eliminato la disciplina «educazione musicale» dalla secondaria di II grado;
nell'anno scolastico 2010/2011 i licei musicali - pochi per soddisfare le esigenze dell'intero territorio nazionale - hanno avviato il loro 1o anno scolastico con disposizioni stabilite da diverse note ministeriali che ribadivano la «fase transitoria» (nota 5358 del 25 maggio 2010 allegato E - tabella licei; nota 6747 del 15 luglio 2010);
l'avvio dell'attuale anno scolastico 2011/2012 per i licei musicali vede il prorogarsi della «fase transitoria» ancora stabilita dalle note ministeriali succitate e

da un'ulteriore nota prot. A00DPIT 272 del 14 marzo 2011 (allegato E - tabella licei);
è stata consentita nei licei musicali, in deroga a quanto accade per tutte le altre istituzioni scolastiche, per alcuni docenti di strumento musicale o di sostegno a tempo indeterminato della secondaria di I grado (ex medie inferiori), né perdenti posto o sovranumerari né in esubero, ma che occupano stabilmente una cattedra di 18 ore nella secondaria di I grado, l'utilizzazione su cattedre o spezzoni orari nei nuovi licei musicali, danneggiando gravemente i docenti precari presenti nella classe di concorso 31/A (ex A031) delle GaE;
è stata consentita, inoltre, per le discipline «Laboratorio di musica d'insieme» e «Esecuzione e interpretazione», l'utilizzazione presso i licei musicali di anzidetto personale docente in possesso della sola licenza media e diploma di strumento musicale, ad avviso dell'interrogante minando gravemente la qualità stessa dell'insegnamento;
nel contempo per discipline affini (storia della musica) viene richiesta la laurea in musicologia e beni museali congiuntamente a diploma di conservatorio o diploma quadriennale di didattica della musica congiunto a diploma di conservatorio e diploma di maturità (cfr. O.M. 21 luglio 2011, n. 64, articolo 6, comma 10);
l'incertezza e la violazione di aspettative relative ad incarichi nei nuovi licei stanno arrecando gravi danni ai docenti precari inseriti da anni nella classe di concorso 31/A che, dopo aver maturato diplomi di secondaria di II grado, diploma di strumento, diploma quadriennale di didattica della musica, abilitazione classe di concorso 31/A, numerosi anni di servizio - anche nei licei musicali sperimentali - e relativo punteggio, si ritrovano senza alcuna tutela e prospettiva di incarico a tempo indeterminato;
il Ministro interrogato, rispondendo all'interrogazione n. 5-03445 della sottoscritta e dell'onorevole Coscia, e con nota AOOUFFLEG R.U.340 del 7 marzo 2011, ha ribadito la fase transitoria e ha sottolineato che gli atti richiamati consentono di salvaguardare e contemperare le esigenze del singolo docente e dell'amministrazione -:
quali iniziative, e in che tempi, il Ministro intenda assumere per risolvere definitivamente la grave situazione dei docenti precari a tempo determinato inseriti nella classe di concorso 31/A;
quali procedure di reclutamento e valutazione dei titoli utili per l'accesso all'insegnamento delle nuove discipline caratterizzanti il liceo musicale intenda promuovere, salvaguardando i diritti acquisiti a tutela dei docenti precari della classe di concorso 31/A.
(5-05353)

Interrogazione a risposta scritta:

NACCARATO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'11 febbraio 2010 il quotidiano Il mattino di Padova ha pubblicato un articolo dal titolo «Istituto Marconi: veleni e denunce» in cui si riportava il contenuto di una lettera indirizzata al direttore del giornale firmata da alcuni insegnanti dell'Istituto tecnico industriale statale «Guglielmo Marconi» - con sede in via Manzoni n. 80 a Padova - che denunciavano «atti di gravità crescente». Nell'articolo, in particolare, si segnalava: «due professori denunciano che un docente ha esibito per anni simboli fascisti in un locale al quale hanno accesso gli studenti, senza che la preside ne disponesse la rimozione. Ma anche che gli operatori scolastici sono utilizzati come autisti della dirigente e che il regolamento del consiglio d'istituto è stato violato più volte dalla dirigente. Ma ci sono accuse ben più gravi. I professori Massimo Irrera e Anna Grazia Santel scrivono che sono stati commessi illeciti e irregolarità nell'ambito di consigli di classe di scrutinio convocati e presieduti dalla dirigente, e che nell'anno scolastico in

corso la dirigente ha formato classi con allievi che non potevano farne parte o li ha inseriti contemporaneamente in più classi». Il quotidiano quindi precisava: «Da anni, ormai, l'Itis Marconi di via Manzoni, istituto diretto dalla dottoressa Maddalena Carraro, è nell'occhio del ciclone: stagioni intrise di veleni, denunce in procura, esposti, lettere anonime e sospetti»;
il 18 giugno 2011 Il mattino di Padova ha pubblicato un articolo dal titolo «Prof. pagata per non lavorare», raccontando la vicenda di un'insegnante di lingua inglese che lamentava di non essere stata posta nelle condizioni di svolgere pienamente ed efficacemente il proprio lavoro. «Ha citato per danni la scuola perché non lavorava abbastanza (...) E il tribunale le ha dato ragione, disponendo (...) un risarcimento di diciottomila euro». Poi l'articolo ricostruiva i fatti ricordando come «nell'anno scolastico 2001-2002 la professoressa per questioni personali chiede il trasferimento all'Istituto Ruzza (all'epoca diretto dalla professoressa Maddalena Carraro ora dirigente dell'istituto Marconi) da un noto liceo cittadino. Ma fin dall'inizio qualcosa sembra non funzionare: nei primi due anni d'insegnamento, infatti, non le viene assegnata alcuna cattedra di ruolo e, secondo la sua versione, non viene nemmeno messa in condizione di lavorare. A sostegno delle sue accuse c'è la sentenza pronunciata dal giudice Mauro Dallacasa che recita: "Il suo orario settimanale non superava le 9 ore e 45 minuti mentre per contratto collettivo avrebbe dovuto essere impegnata per 18 ore di 60 minuti ciascuna"»;
il 18 settembre 2011 Il mattino di Padova ha pubblicato un articolo dal titolo «Abuso d'ufficio al Marconi. Bidelli-autisti, scrutini irregolari: c'è l'inchiesta» con cui viene data notizia dell'archiviazione della denuncia per diffamazione a mezzo stampa che la preside dell'Istituto «Marconi» Maddalena Carraro aveva rivolto contro due insegnanti della stessa scuola, e dell'apertura di un fascicolo d'indagine per abuso d'ufficio nei confronti della stessa preside. L'articolo citato ricostruisce così i fatti: «Abuso d'ufficio: è questa l'ipotesi di reato contenuta in un fascicolo inviato nelle scorse settimane, per competenza, dalla procura di Trento a quella di Padova a seguito dell'archiviazione di un'inchiesta nata per una presunta diffamazione di due professori del Marconi ai danni della dirigente scolastica. A far scattare le indagini, infatti, era stata proprio la lettera-querela presentata in Procura a Padova dalla dottoressa Carraro nei confronti di due insegnanti (Massimo Irrera e Anna Grazia Santel) che lavorano nell'istituto tecnico di via Manzoni e che secondo la preside "avrebbero inviato una lettera al quotidiano" denunciando una serie di gravi condotte in parte imputabili alla dirigente. Indagine, quella per diffamazione (datata febbraio 2010), che ora potrebbe mettere nei guai proprio la dirigente scolastica. Il sostituto procuratore trentino Marco Gallina, infatti, dopo aver ritenuto che non si fosse consumato alcun reato diffamatorio, ha disposto anche che le indagini svolte dagli agenti della divisione anticrimine della questura di Padova meritassero quanto meno un approfondimento. Così la "richiesta di approfondimento" è finita sul tavolo del sostituto procuratore padovano Federica Baccaglini che, appunto, ha aperto un fascicolo per abuso d'ufficio. (...) La procura di Trento (l'indagine era stata dirottata in Trentino perché uno dei due professori querelati è un giudice onorario) dopo aver ricevuto l'incarico aveva chiesto alla Divisione anticrimine di svolgere le indagini. Gli agenti, diretti dal primo dirigente Eduardo Cuoz-zo, hanno sentito una ventina di testimoni. È la loro relazione finale a convincere il pm Gallina a scrivere ai colleghi padovani. "In buona sostanza, quanto riportato dall'articolo 'Istituto Marconi, veleni e denunce' pubblicato dal mattino di Padova a febbraio 2010 - è scritto nei documenti depositati in cancelleria a Trento - trova conferma nelle dichiarazioni rese dai testi che, anzi, hanno riportato molte altre circostanziate situazioni degne di rilievo". "Di particolare rilevanza, nell'ambito delle testimonianze, appare l'esito prodotto

dallo scrutinio di settembre 2009 che vedeva promosso un allievo, già valutato 'non ammesso' allo scrutinio del giorno precedente, del quale peraltro non rimane traccia"».
sempre Il mattino di Padova del 18 settembre 2011 nell'articolo «Un busto di Mussolini vicino alla palestra» informa che nel dicembre 2009 il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale del Veneto ha incaricato un dirigente dello stesso ufficio di svolgere un accertamento ispettivo all'Istituto «Marconi» sui fatti sopra esposti;
per svolgere in maniera efficace le funzioni educative all'interno dell'Istituto «Marconi» è necessario un clima trasparente e di relazioni costruttive e serene tra gli insegnanti e il dirigente scolastico;
la procura della Repubblica di Trento ha archiviato la querela per diffamazione presentata dalla dirigente scolastica nei confronti di due insegnanti che hanno denunciato gravi irregolarità e abusi all'interno dell'istituto «Marconi»;
appaiono gravi i fatti su cui è in corso l'indagine della procura della Repubblica di Padova;
il tribunale civile di Padova con sentenza 11 maggio 2011 ha condannato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e l'istituto d'istruzione superiore «Usuelli Ruzza» di Padova - all'epoca dei fatti diretto dall'attuale dirigente dell'Istituto «Marconi» Maddalena Carraro - a risarcire il danno cagionato alla professoressa Giuliana Antico. Infatti, come spiegato nelle motivazioni della sentenza, alla professoressa in questione, nell'anno scolastico 2001-2002, furono assegnate un numero di unità orarie inferiore a quanto previsto dal contratto collettivo; e nell'anno successivo alla stessa docente non venne assegnata alcuna ora di insegnamento «né fu posta in grado di svolgere attività didattiche di altro genere» -:
se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
a quali conclusioni sia giunto l'accertamento ispettivo disposto nel dicembre 2009 dall'ufficio scolastico regionale del Veneto sulla situazione dell'istituto «Marconi»;
se, alla luce della gravità della situazione descritta in premessa e riportata dalla stampa locale, si ravvisi la necessità di avviare con urgenza un'indagine ispettiva relativamente ai fatti denunciati da alcuni insegnanti dell'istituto «Marconi», al fine di verificare la corretta applicazione delle norme di legge nella citata scuola statale;
in che modo il Ministero - considerato che la sentenza di condanna 11 maggio 2011, sopra citata, fu causata da azioni riconducibili alla dirigente scolastica in carica all'epoca dei fatti - intenda attivarsi per rivalersi nei confronti dei responsabili delle condotte all'origine della sentenza.
(4-13245)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, di attuazione della delega conferita dall'articolo 3, comma 27, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo immobiliare, all'articolo 15, comma 2, detta norme sui criteri di assegnazione in locazione delle unità immobiliari ad uso abitativo e di determinazione dei canoni da parte degli enti pubblici previdenziali;
in relazione all'evoluzione normativa risultavano interessati dalle disposizioni di cui sopra i seguenti enti: INPS, INAIL,

INPDAP, IPSEMA, INPDAI, ENPALS, IPOST, ENPAF ed il fondo previdenziale ed assistenziale degli spedizionieri doganali;
il decreto prevedeva che entro 5 anni gli enti previdenziali di natura pubblica (di cui alla legge n. 70 del 1975) avrebbero dovuto completare un processo di dismissione dei loro patrimoni immobiliari, stabilendo il diritto di prelazione, che poteva essere esercitato dagli stessi inquilini, se in regola con il pagamento dei canoni e degli oneri accessori;
con il decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, si è provveduto ad imprimere un'ulteriore accelerazione al procedimento di dismissione mediante lo strumento della cartolarizzazione del patrimonio immobiliare: si è, quindi, provveduto al trasferimento, con decreto ministeriale, della proprietà degli immobili degli enti previdenziali alla società SCIP S.r.l. (la cui costituzione è stata promossa direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze), per rendere possibile la contabilizzazione immediata dell'intero prezzo di vendita dello stock immobiliare e permettere l'emissione di obbligazioni immobiliari da collocare sul mercato;
successivamente il decreto-legge n. 41 del 2004, convertito dalla legge n. 104 del 2004, ai fini della fissazione delle modalità di determinazione del prezzo di immobili pubblici oggetto di cartolarizzazione, prendeva a riferimento i valori di mercato del mese di ottobre 2001. Per effetto di tale ultimo provvedimento, gli enti che avevano venduto, dopo il 2001 e fino al 2004, a prezzi maggiorati, venivano chiamati a risarcire i propri inquilini;
la normativa contenuta nei menzionati provvedimenti legislativi, legge n. 104 del 1996 e decreto-legge n. 41 del 2004, mirava quindi a realizzare una dismissione equa e corretta per la proprietà e per gli inquilini;
la legge n. 410 del 2001 all'articolo 3, comma 3, riconosceva in favore dei conduttori delle unità immobiliari ad uso residenziale il diritto di opzione;
con i successivi decreti ministeriali, attuativi delle operazioni di cartolarizzazione, furono altresì disciplinate minutamente le fasi di formazione del prezzo, di comunicazione del medesimo agli inquilini che avevano esercitato l'opzione nonché di esercizio del diritto di opzione;
le procedure di dismissione di immobili pubblici consentivano una serie di tutele per gli inquilini più deboli: sotto una certa soglia di reddito si aveva diritto ad usufruire di mutui agevolati;
dal 2001 al 2009, una buona parte del patrimonio degli enti pubblici è stata cartolarizzata. Questi enti, cioè, hanno ceduto in due diverse operazioni i loro immobili a una società contenitore creata dallo Stato, la Scip srl (società cartolarizzazione immobili pubblici). La Scip ha provveduto a venderli e a ripagare gli enti con titoli emessi su questi edifici. Un'operazione gigantesca, che si è interrotta all'incirca due fa, quando lo Stato, «in considerazione dell'eccezionale crisi economica internazionale e delle condizioni del mercato immobiliare e dei mercati finanziari», ha messo in liquidazione, con la legge n. 14 del 2009, il patrimonio della srl, gestito da un fondo separato. Ciò al fine di evitare la svendita degli ultimi palazzi rimasti alla società o, peggio, evitare che Scip continuasse a esistere senza riuscire a vendere i beni rimasti;
le aste, sia quelle di Scip, sia quelle organizzate dalle fondazioni, si sono trasformate a volte in una ottima occasione per gli speculatori immobiliari di professione. Nei casi in cui venivano venduti interi lotti, o quando la base d'asta era bassa e c'erano pochi aspiranti compratori, in tanti hanno acquistato a poco e rivenduto a molto;
in questo momento, Inps, Inail, Inpdap e altri enti pubblici stanno ricevendo indietro le unità immobiliari invendute. Nel caso dell'Inail, tanto per fare un esempio, sono più di 1.800 e hanno un

valore di mercato di 342,5 milioni di euro. Beni che saranno venduti all'asta, forse a partire già da questa estate;
l'Inail possiede immobili in affitto (esclusi quelli ricevuti indietro da Scip) per un valore di oltre 1,3 miliardi di euro. Solo nel 2009, la vendita di 90 unità immobiliari ha portato nelle casse dell'ente oltre 22 milioni di euro. Nel suo patrimonio, tra i palazzi usati a fini istituzionali, conta anche cliniche e diversi palazzi storici, come villa Tornabuoni Lemmi a Firenze, palazzo Foscari Contarini a Venezia, villa Giovio a Brescia;
l'Inpdap ha un patrimonio immobiliare che vale la metà, intorno ai 471 milioni di euro, ma in questa cifra è compreso anche il valore delle sedi. L'ente, che si occupa della previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, è nato nel 1994 dall'accorpamento di Enpas, Inadel, Enpdep e delle Casse pensionistiche gestite dagli istituti di previdenza dell'ex Ministero del tesoro (Cpdel, Cps, Cpi, Cpug). Da tutti questi enti ha ereditato il suo vasto patrimonio. Più piccolo è il patrimonio dell'Inps, 173 milioni di euro. Immobili gestiti in modo poco efficiente, visto che l'utile netto fruttato dal patrimonio è -645 mila euro;
le nuove vendite hanno luogo ad un prezzo determinato dal valore di mercato dell'appartamento come se fosse libero e scontato del 30 per cento;
chi non intende acquistare ha diritto al rinnovo del contratto per altri nove anni dalla scadenza dello stesso, se il reddito familiare lordo complessivo è inferiore a 19 mila euro; in presenza di un ultrasessantacinquenne o un disabile il limite sale a 22 mila euro (articolo 3 della legge n. 410 del 2001); in tutti gli altri casi, il rinnovo può essere fatto solo per altri tre anni;
gli enti previdenziali rimasti pubblici (Inps, Inpdap, e altri) hanno ancora un consistente patrimonio rimasto invenduto, all'interno del quale abitano alcune migliaia di inquilini considerati senza titolo, e una parte di questo patrimonio è tenuto sfitto;
risulta all'interrogante che molti enti pubblici non paghino la tassa di registro relativa alle unità abitative affittate con la conseguenza che gli inquilini non possono produrre il Mod. F23 relativo a tale pagamento, ritenuto documento necessario per esercitare il diritto al rinnovo del contratto e dunque rischiano di essere esclusi da un loro diritto;
risulta altresì che in caso di morosità molti enti abbiano delegato le operazioni di riscossione agli agenti della riscossione, con l'aggravio di oneri aggiuntivi insostenibili da parte degli inquilini;
la scelta di dismissione degli alloggi degli enti pubblici prima e di quelli privatizzati poi, insieme alla politica degli affitti che vengono portati ai livelli di quelli di mercato, sta contribuendo inevitabilmente ad aggravare l'emergenza abitativa - cambiando la natura e il ruolo di calmierazione del mercato abitativo di questo importante patrimonio - che vede in Italia oltre 430.000 famiglie in difficoltà con il pagamento dei mutui e oltre 230.000 sfratti di cui - nelle grandi città - quasi il 90 per cento per morosità;
quanto suesposto ha portato in queste settimane a una forte mobilitazione da parte degli inquilini degli enti previdenziali, con manifestazioni e assemblee pubbliche, proprio per denunciare le inaccettabili condizioni «capestro» alle quali sono sottoposti da parte dei medesimi enti;
si è in presenza di soggetti che non sono società immobiliari private ma enti pubblici direttamente controllati dallo Stato e che non possono rifiutarsi di eseguirne eventualmente le direttive;
rispondendo ad una precedente interpellanza urgente (2-00785) il Sottosegretario Viespoli ebbe ad affermare a nome del Governo quanto segue: «In conclusione, rispetto alle richieste dell'onorevole interpellante, allo stato ritengo sia utile raccogliere l'indicazione di attivare

un tavolo tecnico interistituzionale, allargato a tutti i soggetti pubblici competenti, al fine di approfondire le questioni ed i temi posti dall'interpellante, in particolare in relazione alla tutela dei diritti degli attuali conduttori degli immobili di proprietà degli enti in questione» -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
se sia stato istituito il tavolo tecnico interistituzionale e quali risultati abbia raggiunto;
se non si ritenga di assumere iniziative, anche normative, allo scopo di garantire il rinnovo contrattuale delle locazioni per tutti gli inquilini delle unità abitative di proprietà degli enti previdenziali pubblici;
se non si ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza per la regolarizzazione degli immobili occupati senza titolo da parte di chi paga regolarmente i canoni di locazione;
se non si ritenga di impartire le direttive necessarie affinché sia l'ente stesso a procedere al recupero delle morosità;
se non si ritenga di impartire le necessarie direttive affinché gli enti provvedano a pagare regolarmente la tassa di registro con il modello F23 ed, in ogni caso, per evitare che la sua mancata produzione ricada sugli inquilini che non hanno alcuna colpa;
se non si ritenga di dover assumere iniziative, anche di concerto con le regioni, al fine di garantire l'erogazione agli inquilini di mutui a tasso agevolato per l'acquisto dell'unità occupata;
se non si ritenga di favorire l'acquisto da parte di comuni e regioni delle unità immobiliari in vendita, andando incontro alle esigenze di inquilini non in grado di esercitare l'opzione per l'acquisto;
se non si ritenga di dover intervenire presso gli enti previdenziali pubblici, affinché, in caso di dismissione, siano mantenute ferme da parte degli enti previdenziali pubblici le condizioni previste.
(2-01203)
«Borghesi, Paladini, Di Stanislao, Donadi».

Interrogazioni a risposta immediata:

MOSELLA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati dell'ultimo rapporto Istat sulla situazione del Paese il 24,7 per cento della popolazione, circa 15 milioni di persone, è a rischio povertà o esclusione sociale, a fronte di una media europea pari al 23,1 per cento;
nell'Italia meridionale si concentrano i livelli più alti: al Sud vive il 57 per cento delle persone a rischio povertà o esclusione sociale, pari a circa 8,5 milioni di individui, che si trovano in una condizione di disagio tra quelle utilizzate come indicatori dalla «Strategia Europa 2020»;
l'Employment outlook 2011 dell'Ocse, sottolineando come i salari italiani siano tra i più bassi nei Paesi avanzati, ha messo in evidenza come nel nostro Paese sia aumentato il rischio di povertà: «rispetto ad altri Paesi Ocse, in Italia il sistema di tasse e trasferimenti gioca un ruolo minore nel proteggere le famiglie contro le conseguenze di grandi contrazioni del reddito da lavoro». Pertanto, «lo shock negativo sui redditi da lavoro subito da non pochi italiani durante la crisi si è probabilmente tradotto in un aumento del rischio di povertà e di difficoltà finanziarie»;
le condizioni di marginalità e di esclusione sociale investono tanto cittadini italiani quanto persone residenti sul nostro territorio munite di regolare permesso di soggiorno;
alcuni strumenti adottati, come, ad esempio, la social card, non si sono rivelati efficaci nell'affrontare il problema in modo strutturato, a causa delle difficoltà

di funzionamento, dell'esiguità delle risorse a disposizione, degli elevati costi di gestione e della copertura non coerente con le sacche di povertà presenti sull'intero territorio nazionale;
la concessione di sussidi economici non rappresenta che una misura di un più ampio e moderno piano di contrasto alle povertà che dovrebbe comprendere un ventaglio di servizi alla persona, dalle prestazioni mediche, ai servizi assistenziali, al sostegno psicologico e sociologico;
la previsione di tali servizi garantirebbe l'accesso a strumenti di sostegno essenziali, altrimenti inaccessibili da parte di coloro che vivono condizioni di povertà;
il piano di contrasto alle condizioni di povertà dovrebbe tradursi, in ossequio al principio di eguaglianza sancito dalla nostra Carta costituzionale, in un programma in grado di assicurare uniformità di trattamento nell'intero territorio nazionale ed in favore di tutte le persone, non solo cittadini, che vivono condizioni di marginalità;
le iniziative di contrasto alla povertà realizzate da enti locali o dal tessuto associativo, pur lodevoli, non esimono il legislatore dal dovere di intervenire con misure organiche per dare sostegno ed assistenza a coloro che vivono condizioni di estremo disagio -:
se il Governo non ritenga opportuno promuovere, nel rispetto delle competenze e delle attribuzioni costituzionalmente previste, un piano organico di contrasto alla povertà che si traduca nell'individuazione di risorse finanziarie e nella previsione di servizi reali alle persone esposte al rischio di esclusione sociale.
(3-01828)

MARMO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge dispone il divieto, per l'iniziativa economica privata, di svolgere attività di collocamento della manodopera, attraverso la messa in contatto dei prestatori di lavoro con i datori di lavoro. La previsione originariamente contenuta nella legge n. 264 del 1949 è stata confermata dalla legge n. 1369 del 1960 e, da ultimo, dalla riforma del mercato del lavoro («legge Biagi», decreto legislativo n. 276 del 2003);
in particolare, la legge 23 ottobre 1960, n. 1369 («Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di manodopera negli appalti di opere e servizi»), agli articoli 1 e 2, sanziona l'appalto vietato di manodopera, considerando tale la condotta di chi si interpone illecitamente tra lavoratore e datore di lavoro per l'intera durata del rapporto, mantenendo fittiziamente alle proprie dipendenze il personale utilizzato e lucrando in modo parassitario sulle retribuzioni;
in numerose gare per servizi, attivate da diverse amministrazioni pubbliche, ivi compresa l'Inpdap, per le quali si è utilizzato il sistema del massimo ribasso, sono state partecipate ed in alcune casi vinte da soggetti che sembrano ricadere nel suddetto divieto;
l'entità del ribasso, infatti, è tale che appare impossibile, tenuto conto dei costi complessivi, che i soggetti vincitori possano adempiere ai propri obblighi contributivi nei confronti del proprio personale o, se vi adempiono, ciò accade in danno delle retribuzioni, che dovrebbero mai scendere sotto i minimi contrattuali -:
quali iniziative si intendano adottare per incrementare i controlli sugli appalti riguardanti la prestazione di servizi e, in particolare, se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza utile a chiarire la portata del divieto di intermediazione di manodopera, con particolare riferimento al fatto che le gare per servizi al massimo ribasso debbano tener conto della copertura degli obblighi contributivi e dei minimi contrattuali.
(3-01829)

BARBATO, DONADI, BORGHESI e ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come è ormai noto, la Fiat Iveco nei giorni scorsi ha comunicato che dal 1o ottobre 2011 la Irisbus Italia spa, controllata dalla stessa al 100 per cento e quindi dal gruppo Fiat industrial, lascerà lo stabilimento in Valle Ufita (Avellino) e ha annunciato che sono in corso contatti per la cessione del ramo d'azienda alla società Dr group;
l'Irisbus costruisce non solo autobus di linea e da turismo, ma anche filobus di nuova concezione, ed è divenuta oggi il secondo produttore mondiale di autobus dopo la Daimler;
da quando l'amministratore delegato Marchionne ha annunciato il progetto Fabbrica Italia, con investimenti per 20 miliardi di euro, i risultati sono stati: cassa integrazione a Pomigliano d'Arco, cassa integrazione a Mirafiori, cassa integrazione alla Bertone, cassa integrazione in Iveco, chiusura di Termini Imerese e di uno stabilimento di Cnh di Imola e oggi vendita di Irisbus;
la Fiat deve ancora spiegare quali siano le strategie del gruppo a fronte di tutte le risorse pubbliche che ha ricevuto e che riceve, posto che, ad avviso degli interroganti, tale gruppo industriale persegue una politica di svendita del patrimonio industriale nazionale;
nello stabilimento di Grottaminarda lavorano direttamente 700 lavoratori e molti di più nell'indotto che tra il 19 e il 20 luglio 2011 sono stati messi tutti in cassa integrazione;
in provincia di Avellino la situazione occupazionale è pesante: si contano ben 80 mila disoccupati, che rappresentano circa il 35 per cento della popolazione attiva. La chiusura del citato stabilimento aggraverebbe tale difficile situazione;
il Ministero dello sviluppo economico ha convocato proprio per il 21 settembre 2011 la Fiat industrial spa, l'Anfia e i segretari delle confederazioni sindacali Cgil, Cisl, Uil e Ugl per esaminare le problematiche legate alla chiusura dello stabilimento;
a tal proposito, nel corso della seduta di giovedì 15 settembre 2011, il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo aveva sottolineato, invece, come la questione dell'Irisbus non possa più essere gestita solo dal Ministero dello sviluppo economico e che il tavolo di concertazione si debba spostare presso la Presidenza del Consiglio dei ministri -:
quali siano nello specifico le proposte del Governo per evitare che il secondo produttore mondiale di autobus cessi di esistere e quali garanzie occupazionali ritenga di poter ottenere nel corso del citato incontro con le parti interessate.
(3-01830)

BALDELLI e PELINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il mercato italiano del lavoro registra un elevato livello di disoccupazione giovanile e un crescente tasso di inattività;
si è recentemente concluso l'iter della riforma del contratto di apprendistato con la pubblicazione del nuovo testo unico in Gazzetta Ufficiale;
il nuovo apprendistato dovrebbe diventare, nelle intenzioni del Governo, il principale canale di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro;
l'intesa tra Governo, regioni, province autonome e parti sociali per il rilancio dell'apprendistato dell'ottobre 2010 individuava, tra le ragioni della scarsa diffusione di questa tipologia contrattuale, la concorrenza di strumenti non sempre correttamente utilizzati, come i tirocini formativi e di orientamento;
l'articolo 11 della manovra finanziaria recentemente approvata reca nuovi e

più stringenti livelli di tutela essenziali per l'attivazione dei tirocini di orientamento e formazione -:
quale sarà l'incidenza delle riforme dell'apprendistato e del tirocinio formativo sulle problematiche dei giovani italiani nel mercato del lavoro.
(3-01831)

Interrogazione a risposta in Commissione:

FEDRIGA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
per mesi i lavoratori degli appalti di pulizia ferroviarie dipendenti dalla ditta Carma (consorzio Kalos; ex lotto 14 di Trenitalia) che operano nelle stazioni di Trieste ed Udine, hanno assistito a tentativi di subentro forzato da parte della ditta Compass Group Italia s.p.a., aggiudicataria del lotto 19, riguardante la pulizia dei rotabili e servizi accessori per conto della divisione passeggeri nazionale/internazionale di Trenitalia;
il passaggio da una ditta all'altra avrebbe dovuto avvenire in maniera indolore per i dipendenti interessati, considerata la clausola sociale che prevede il mantenimento dei livelli occupazionali e di reddito;
invero, nel corso della riunione del 3 giugno 2011, tenutasi presso la prefettura di Trieste, l'azienda subentrante aveva preannunciato il licenziamento di circa 20 persone e l'intenzione di ridurre gli stipendi ricorrendo all'applicazione forzata del part-time;
il 7 luglio 2011 parte delle lavorazioni di Kalos vengono cedute alla ditta Compass, con il passaggio di 33 dipendenti e la messa in cassa integrazione al 40 per cento di altri 26 lavoratori;
i successivi incontri tra organizzazioni sindacali ed aziende interessate dalla vicenda, tenutisi nei mesi di luglio ed agosto, hanno portato all'attivazione delle cosiddette procedure di raffreddamento per mancata erogazione degli stipendi, previste dalla legge sui servizi pubblici essenziali;
ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, spetterebbe a Trenitalia accollarsi il pagamento delle mensilità non corrisposte ai lavoratori da Kalos;
come denunciato dalle organizzazioni sindacali, ma anche dalle aziende impegnate nella vertenza, il grande assente ai tavoli di trattativa è stata Trenitalia s.p.a. -:
se non si ritenga di far luce sulla vicenda per comprendere le ragioni che hanno indotto la ditta subentrante a dichiarare, a parità di contratto e di quantità di lavoro, un esubero di personale e la necessità di una riduzione degli stipendi;
se ed in che modo si intenda intervenire affinché Trenitalia provveda al pagamento delle mensilità non corrisposte ai lavoratori ex dipendenti di Kalos, ai sensi del disposto normativo citato in premessa.
(5-05351)

Interrogazione a risposta scritta:

FEDRIGA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da diversi anni la direzione provinciale di Udine dell'INPDAP sta cercando di unificare la propria sede attraverso l'accorpamento degli uffici attualmente ubicati parte in via della Prefettura e parte in piazzale Cella a Udine;
gli uffici di via della Prefettura sono in locazione, mentre quelli di piazzale Cella sono di proprietà e l'immobile di via della Prefettura è sottodimensionato sia per il personale che per il ricevimento del pubblico (URP); inoltre non è in condizioni di soddisfare i necessari requisiti di sicurezza e di servizi (come, ad esempio, è

impossibile per le persone diversamente abili raggiungere la sala di ricevimento posta al primo piano);
ad aprile 2009 l'allora direttore della sede provinciale di Udine (dottor Fabrizio Gregoris), in accordo con l'allora direttrice regionale dell'Inpdap, dottoressa Mara Nobile, dopo i dovuti sopralluoghi, individuò nell'immobile denominato «Ex Hotel Europa», in viale Europa Unita a Udine, di fronte alla stazione dei treni e a fianco della stazione delle corriere, la sede idonea all'accorpamento degli uffici, facendo pervenire una richiesta di offerta per la locazione chiavi in mano;
successivamente all'offerta per conto della proprietà dell'immobile (House building s.p.a. di Imola), fu seguito un altro sopralluogo dal tecnico incaricato dalla direzione generale INPDAP di Roma, ingegner Pietro Paolo Mancini, al fine di verificare la rispondenza dell'immobile sia dal punto di vista tecnico che da quello economico, senza trascurare per altro l'ubicazione dello stesso;
a fine giugno 2009 fu redatta una relazione tecnica a firma dell'ingegner Mancini, con parere favorevole, riconoscendo al complesso immobiliare in questione piena rispondenza a soddisfare le esigenze di sistemazione e riunificazione della sede INPDAP di Udine;
successivamente fu redatto un progetto di massima con relazione tecnica dettagliata per la ristrutturazione dell'immobile al fine di ripristinare lo stesso e predisporre la consegna «chiavi in mano» nel pieno rispetto delle norme in vigore e delle specifiche esigenze dell'INPDAP di Udine;
il progetto fu inviato alla direzione di Roma attraverso la direzione regionale per la convocazione della «commissione di congruità» (commissione interna all'INPDAP), la quale avrebbe dato il suo parere definitivo sulla rispondenza dell'immobile proposto; poi si sarebbe potuto procedere con la stesura di un contratto di locazione;
ad ottobre 2009 cambia il direttore della sede di Udine, le consegne passano quindi alla dottoressa Annamaria Betto, la quale informa la proprietà che da Roma avrebbero deciso di fare effettuare una indagine di mercato sulla piazza di Udine al fine di verificare se ci fossero altre opportunità oltre a quella proposta da House Building;
a dicembre 2009, pertanto, viene indetta una indagine di mercato dalla sede di Udine, con richiesta di offerta a busta chiusa, coinvolgendo più di una decina di agenzie immobiliari tra quelle più significative in città;
nonostante dalle offerte pervenute emergano delle valide soluzioni alternative, alla fine viene confermata la soluzione dell'«Ex Hotel Europa», in quanto ritenuta quella più rispondente per ubicazione, per caratteristiche strutturali e per offerta economica;
nel frattempo, per effetto di una serie di nuove norme dettate dalla finanziaria 2010, tutto l'iter procedurale è cambiato e, pertanto, prima che l'INPDAP possa decidersi, dovranno ottenere dei pareri da parte dell'Agenzia del demanio in ordine alla possibilità di utilizzare immobili di proprietà della pubblica amministrazione e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in ordine alla possibilità di creare delle «sinergie» con altri enti previdenziali e del dipartimento del lavoro (cittadella del welfare);
localmente se ne interessa immediatamente la dilezione regionale INPDAP, la quale pone dei quesiti al dipartimento provinciale del lavoro e alla locale Agenzia del demanio: dal primo riceve una comunicazione di non interesse a sviluppare sinergie, mentre dal Demanio ad oggi ancora nessuna risposta;
la questione viene sottoposta anche a livello centrale (Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Agenzia del demanio), dal quale ad oggi, cioè dopo oltre un

anno, non si è ancora ricevuta alcuna risposta significativa -:
quali siano i motivi per i quali, nonostante un iter estremamente chiaro e lineare, le sedi regionali del Friuli Venezia Giulia e quella di Udine da oltre un anno non sono informate dalla sede del Demanio di Roma circa l'esistenza o meno ad Udine di un palazzo di proprietà pubblica che possa essere destinato a nuova sede dell'INPDAP e, nel caso non esistesse, circa la possibilità di prendere in locazione l'ex Hotel Europa;
quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati al fine di sbloccare una situazione di stallo e far pervenire in tempi rapidi le dovute risposte e gli opportuni pareri, anche allo scopo di porre fine ai disagi di tutti gli utenti, con particolare riferimento alle persone anziane e diversamente abili.
(4-13239)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nel corso di un forum tenutosi all'interno della rassegna internazionale denominata «Tutte le forme del latte», organizzata a Cuneo, sono emerse numerose valutazioni da parte di esperti, ricercatori e rappresentanti delle categorie agricole, sulle continue falsificazioni del formaggio, che inducono in errore molti consumatori;
secondo gli esperti del settore infatti, il problema non riguarda solo i cosiddetti «parmesan» o «cambozola», ovvero nomi di fantasia che all'estero inducono in errore molti consumatori rifacendosi alle dop italiane;
il falso formaggio si nasconde anche dietro le etichette legalmente ineccepibili o in lavorazioni ammesse dalle norme, ma che tuttavia non rispettano i canoni delle proprietà alimentari;
la falsa qualità nell'agroalimentare e nel formaggio in particolare, secondo i partecipanti alle suesposta rassegna internazionale, ha numeri molto più elevati rispetto alle autentiche frodi e alle sofisticazioni dannose per la salute; paracaseine congelate, panna aggiunta per aumentare il grasso a prezzi modici per il produttore, uno scorretto rapporto tra il «cattivo» omega 6 e il «buono» omega 3 o tra la concentrazione di proteine e grassi, rappresentano solo alcuni degli esempi dannosi e penalizzanti che costituiscono cattive pratiche, usate invece con molta disinvoltura;
secondo il rappresentante del Cra (Centro di ricerche per l'agricoltura), rispetto alla qualità promessa nelle etichette, permane una elevata quantità di «falso», a partire dall'indicazione di un pascolo che gli animali non hanno mai visto;
a giudizio del dirigente del Cra, tale situazione negativa per la qualità del formaggio italiano, è imputabile seppure parzialmente alla legge del 3 maggio 1989, n. 169, recante «Disciplina del trattamento e della commercializzazione del latte alimentare vaccino»;
a conclusione della suesposta rassegna è stato infine evidenziato, come i controlli per la maggior parte di varietà dei formaggi, sono molto più difficili rispetto al vino e che conseguentemente occorre potenziare l'attività di repressione e di prevenzione della cosiddetta agro-pirateria, con particolare riferimento ai formaggi venduti con il marchio cosiddetto made in Italy -:
quali siano gli intendimenti del Ministro con riferimento a quanto esposto in premessa;
se condivida le considerazioni emerse nel corso della rassegna internazionale, secondo cui in Italia esiste un numero elevato di formaggi falsi in qualità, che pur rispettando legalmente l'impostazione delle etichette, in modo ineccepibile o in lavorazioni ammesse dalle vigenti disposizioni,

non rispettano tuttavia i canoni delle proprietà alimentari; in caso affermativo, quali iniziative intenda intraprendere al fine di tutelare maggiormente la qualità del formaggio italiano, che rappresenta una delle eccellenze del made in Italy in tutto il mondo.
(5-05350)

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per le politiche europee, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
numerose agenzie di stampa ed articoli apparsi su quotidiani di rilievo nazionale riportano la notizia del possibile imminente recepimento da parte dell'Italia di una direttiva dell'Unione europea che permetterebbe l'utilizzazione della polvere, in sostituzione del latte vero, per la produzione di yogurt;
la nuova norma viene giustificata con la necessità di ridurre i costi, poiché nel trasporto la polvere di latte occupa meno spazio rispetto al latte fresco;
nella modifica alla normativa nazionale non si terrebbe conto peraltro delle conseguenze, in termini di salubrità e qualità, che avrebbe la possibilità di produrre yogurt da latte in polvere e degli effetti sulle caratteristiche organolettiche dello stesso. Si tratta di un probabile danno per la salute e di un danno certo per la qualità, per i consumatori e per i produttori, poiché si consentirebbe di utilizzare polvere di latte a basso prezzo, di ignota provenienza, a danno del pregiato latte italiano;
molte associazioni di consumatori e di categoria, come la Coldiretti, lamentano oltre al prevedibile danno per la produzione lattiero-casearia nazionale, già in crisi, anche una sorta di inganno per i cittadini, poiché il nuovo yogurt verrà messo in commercio senza alcuna indicazione obbligatoria sulla modalità di produzione;
ogni italiano consuma in media 7 chilogrammi all'anno di yogurt e nel primo semestre del 2011, nonostante la crisi, le quantità acquistate dalle famiglie italiane sono cresciute dell'uno per cento, in controtendenza rispetto all'andamento generale secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ismea - Ac Nielsen;
in Italia già nel 1974, quando s'intuirono le potenzialità salutiste del buon yogurt, si approvò una legge che riguardava le «Norme concernenti il divieto di ricostituzione del latte in polvere per l'alimentazione umana»;
«il latte, come sottolinea il nutrizionista Prof. Giorgio Calabrese in un articolo pubblicato su La Stampa del 15 settembre 2011, potrà essere di origine non dichiarata, anche extra Ue. Il consumatore non potrà perciò capire dall'etichetta se si tratta di yogurt da latte fresco o in polvere. Quest'ultimo a basso pregio nutritivo perché composto da polvere concentrata» -:
se il Governo sia a conoscenza della questione e quali iniziative urgenti intenda assumere per scongiurare la produzione e la commercializzazione di yogurt proveniente da latte in polvere a tutela della produzione casearia nazionale di qualità, della salute dei consumatori e della chiarezza informativa dei prodotti immessi in commercio; se Governo non intenda proporre a livello comunitario precise deroghi a tutela della qualità e della produzione lattiero casearia nazionale.
(4-13241)

CATANOSO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
mese di dicembre 2004 veniva bandito un concorso per l'assunzione di 183 vice-ispettori del Corpo forestale dello Stato;

le selezioni del concorso sono terminate nel 2009 con la pubblicazione delta graduatoria finale nell'ambito della quale vi sono 232 idonei non vincitori;
il Corpo forestale dello Stato soffre da alcuni anni di una carenza di organico che necessita un deciso intervento da parte del Governo, pur tenendo conto delle esigenze di bilancio dello Stato;
a fronte di un organico previsto di 1.590 unità vi sono ben 867 vacanze nel solo ruolo dei vice-ispettori, ben superiori numericamente ai «soli» 232 idonei del concorso di cui trattasi;
gli idonei di questo concorso si sono costituiti in «comitato» e stanno, da tempo, sollecitando i propri rappresentanti in Parlamento, l'amministrazione del Corpo ed i Ministri negli anni succedutisi per chiedere, legittimamente e correttamente, quanto reputano un loro sacrosanto diritto, vale a dire l'assunzione nella pubblica amministrazione;
a giudizio dell'interrogante si dovrebbe procedere con l'assunzione degli idonei e non procedere a nuovi concorsi per la stessa qualifica prima di aver esaurito detta graduatoria, a meno che non si voglia rivedere l'organico e ridurlo fino ai numeri paventati, sacrificando però i criteri di economicità e buon andamento della pubblica amministrazione -:
quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per coprire i vuoti d'organico del Corpo forestale dello Stato e per far scorrere la graduatoria del concorso a vice-ispettori del Corpo.
(4-13244)

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SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

RAO. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'Organizzazione mondiale della sanità, a causa del sempre più crescente aumento in Europa di casi di tubercolosi resistenti ai farmaci, ha varato un piano in 53 Paesi per far fronte a una situazione definita pressoché allarmante;
secondo i dati del Centro di formazione permanente tubercolosi Villa Marelli di Milano, i casi ufficiali ammontano a circa ottomila l'anno, di cui il 50 per cento riguarda extracomunitari che provengono perlopiù da Est Europa e Nord Africa, aree in cui la malattia è endemica, o da gruppi socialmente vulnerabili quali i senza tetto, i disoccupati, gli immigrati, gli alcoolisti e i detenuti;
il carcere rappresenta un ambiente patogeno, particolarmente a rischio contagio per la promiscuità e il sovraffollamento: del tutto insufficienti risultano le indagini diagnostiche generalizzate, utilizzate per identificare una malattia in una popolazione standard;
un problema, questo, che sembra essersi acuito con il disgiungimento, e successivo affidamento alle regioni, del servizio sanitario nelle carceri dall'amministrazione penitenziaria;
l'emergenza, già più volte denunciata, comporta l'impossibilità di poter garantire, attraverso una puntuale manutenzione, ambienti salubri e puliti, aumentando in modo esponenziale i rischi sanitari e l'insorgenza di malattie infettive e contagiose;
la problematica si presenta nella stessa drammaticità anche all'interno dei centri di identificazione ed espulsione dove il servizio sanitario garantito appare strutturato soltanto per fornire cure minime, sintomatiche e a breve termine, non idonee a rilasciare terapie che possano essere posticipabili o di medio-lungo periodo;
le precarie condizioni di vita dei migranti, la difficoltà nello smaltimento dei rifiuti, i problemi igienici e la malnutrizione, espongono al rischio tubercolosi gli organismi indeboliti e i soggetti a stretto contatto;

gli ultimi casi verificatesi presso note strutture ospedaliere nazionali dimostrano come l'emergenza si stia allargando a macchia d'olio, causando preoccupanti contagi di positività alla tubercolosi nei neonati e addirittura nelle mamme che hanno indotto i medici a sottoporre a pesanti profilassi bambini di pochi mesi, nonché alimentando il sospetto che i focolai dell'infezione possano essere altri e diversi rispetto all'isolato caso di contagio da parte di un solo operatore ospedaliero, ipoteticamente circoscritto in episodi avvenuti nell'arco temporale di un solo anno -:
se le carceri e i Centri di identificazione ed espulsione siano dotati di strumenti diagnostici idonei a rilevare tali patologie;
se esistano statistiche in proposito;
quali iniziative ritengano di dover assumere al fine di poter garantire, all'interno delle strutture a più alto rischio di contagio, l'attività di prevenzione sanitaria idonea a contenere un fenomeno preoccupante nella diffusione del virus tra i soggetti maggiormente a rischio.
(3-01827)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
nella regione Toscana il passaggio al digitale è previsto per il prossimo mese di novembre 2011;
è stato reso noto l'elenco delle frequenze utilizzabili dalle emittenti locali, che sono in tutto 18; sussiste inoltre una serie di canali che non è possibile accendere in alcune postazioni, in quanto assegnati alla Francia che ne rivendica la protezione;
tali canali, con relative postazioni, sono: 8 nelle postazioni di Monte Serra, Monte Argentario e Roselle e 8 nelle postazioni di Camaiore-Monte Meto e Pedona, e di questi 8 canali 7 sono toccati alle tv locali;
sintetizzando ci saranno: 4 emittenti con presenza su tutte le postazioni, 7 emittenti parzialmente penalizzate (senza ripetitori in Versilia), mentre tutte le altre 7 saranno pesantemente compromesse;
la nuova situazione, che rischia di danneggiare seriamente il comparto televisivo toscano sia in termini di fatturato che di occupazione, a parere degli interpellanti è in palese contrasto con la normativa vigente che prevede la riserva di un terzo delle risorse in favore delle tv locali (si veda il Testo unico dei servizi sui media audiovisivi e radiofonici, decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, articolo 8, comma 2, come modificato dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, articolo 17, comma 1, lettera h); in particolare, l'articolo 8 recita: «1. L'emittenza radiotelevisiva di ambito locale valorizza e promuove le culture regionali o locali, nel quadro dell'unità politica, culturale e linguistica del Paese. Restano ferme le norme a tutela delle minoranze linguistiche riconosciute dalla legge. 2. La disciplina del sistema dei servizi di media audiovisivi tutela l'emittenza in ambito locale e riserva, comunque, un terzo della capacità trasmissiva, determinata con l'adozione del piano di assegnazione delle frequenze per la diffusione televisiva su frequenze terrestri, ai soggetti abilitati a diffondere i propri contenuti in tale àmbito»;
la stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), nella delibera 300/2010/CONS, afferma che «Per ciascuna area tecnica, almeno un terzo delle frequenze pianificabili è destinato all'emittenza locale. Ai fini della pianificazione delle frequenze destinate alle reti locali si applicano i criteri di cui alla presente delibera, nonché quelle indicati nei paragrafi 3.5 e 4.2.4 della Relazione Tecnica di cui all'Allegato 2, al presente provvedimento»;

nella relazione tecnica alla stessa delibera si dice a pagina 18: «In tale ambito, la riserva di legge che prevede, in ogni bacino d'utenza, l'assegnazione di almeno un terzo delle risorse pianificate viene verificata con riferimento alle reti pianificabili sull'intera area tecnica. In particolare, sono garantite in ogni area tecnica, almeno 13 reti all'emittenza locale, pianificabili sull'intera area tecnica. Evidentemente ogni frequenza pianificabile sull'intera area tecnica può essere decomposta su base locale. Le rimanenti frequenze sono utilizzabili su base subregionale o provinciale»;
dunque per legge dovrebbero esserci almeno 13 frequenze regionali (un terzo delle risorse disponibili), aventi pari caratteristiche delle nazionali e non interferite;
tutto ciò appare, allo stato, non osservato, in quanto si individuano 4 mux realmente regionali e 7 compromessi;
ovviamente si parla di reti reali, con postazioni di trasmissione identiche a quelle delle emittenti nazionali come accade oggi nel sistema analogico, e non teoriche; non è infatti ipotizzabile servire città come Livorno, Pisa, Grosseto ed altre ancora da postazioni situate in direzioni opposte alle antenne di ricezione presenti nelle abitazioni dei cittadini, con il conseguente risultato dell'oscuramento di molte televisioni locali in tali zone;
il bando emanato dal Ministero dello sviluppo economico ha previsto, inoltre, un premio ad avviso degli interpellanti sproporzionato in termini di punteggio (fino al 50 per cento) alle intese tra emittenti, che rischia di compromettere le posizioni di emittenti regionali, subregionali o pluriprovinciali a favore di iniziative improvvisate che potrebbero nascere sulla scia di questa opportunità offerta dal bando (a titolo di esempio, piccole emittenti toscane in termini di copertura, sommandosi ad altre emittenti piccolissime, senza dipendenti, alcune provenienti da altre regioni ma con coperture bassissime e titolari di uno o al massimo due impianti di trasmissione in Toscana, in virtù di questo enorme premio potrebbero balzare ai primi posti della classifica) -:
a che punto siano le trattative internazionali con la Francia per cercare di trovare una soluzione tecnica, peraltro possibile, in grado di rendere compatibili gli impianti italiani di Monte Serra con quelli francesi;
se il Governo intenda adottare iniziative finalizzate a riservare una parte delle risorse incassate dalla vendita delle frequenze 61-69 agli operatori telefonici e già destinate alle tv locali per il futuro indennizzo nelle aree già digitalizzate per incentivare qualche operatore toscano disposto a rinunciare alle proprie frequenze, liberando così qualche canale per chi decide di continuare nell'attività, o per indennizzare chi non risulterà utilmente collocato nella graduatoria prevista dal bando;
se ritenga necessario assumere rapidamente, nell'ambito delle proprie competenze, ogni iniziativa per scongiurare danni irreparabili all'emittenza locale toscana, visto che lo switch off è previsto per i primi giorni di novembre 2011.
(2-01202)
«Mazzoni, Faenzi, Mariarosaria Rossi, Vignali, Massimo Parisi, Migliori, Picchi, Lazzari, Barbieri, Luciano Rossi, Palmieri, Garagnani, Formichella, Frassinetti, Petrenga, Del Tenno, Carlucci, Moles, Bonciani, Mazzuca, Gottardo, Bergamini, Holzmann, Speciale, De Camillis, Berruti, Barani, De Luca, Pelino, Tortoli, Gibiino, Di Virgilio, Toccafondi, Pagano, Bianconi».

Interrogazione a risposta scritta:

MIGLIORI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Ansaldo Breda S.p.A., controllata da Finmeccanica S.p.A., è la principale società italiana di costruzioni di rotabili per

il trasporto su ferro e si occupa di progettazione e costruzione di treni completi ad alta velocità, di elettrotreni metropolitani/suburbani (TAF e TSR) e di tram (Sirio), di progettazione e costruzione di equipaggiamenti elettrici di trazione e ausiliari (convertitori e circuiti di controllo) e di apparecchiature di sicurezza e segnalamento ferroviario;
la strategica importanza storica ed economica dell'azienda, a livello nazionale, vede coinvolte quattro regioni (Toscana, Campania, Calabria e Sicilia), occupando 2.500 addetti e impiegando inoltre, con l'indotto, ulteriori 4.000 lavoratori dislocati in oltre 150 imprese;
recentemente sono circolate notizie sulla ipotetica vendita di Ansaldo Breda, tali da causare scioperi, manifestazioni e forti preoccupazioni dal mondo del lavoro, delle istituzioni e della politica in generale;
a partire dal 2 ottobre 2009 e fino a tutto il gennaio 2010 si sono succeduti degli incontri tra le segreterie nazionali e territoriali dei sindacati RSU FIM-FIOM-UILM di Ansaldo Breda con la direzione aziendale, dove la stessa azienda ha provveduto ad illustrare le linee generali e gli specifici contenuti del piano industriale;
sempre nello stesso anno gli impianti di Ansaldo Breda sono stati oggetto di un piano di investimenti di milioni di euro in linea con la politica di investimenti infrastrutturali e tecnici alla base degli accordi sottoscritti dalle rappresentanze sindacali e dall'azienda;
l'analisi complessiva dei dati del mercato internazionale ferrotranviario è positiva, anche se sussistono dei problemi strutturali del mercato quali la bassa produttività degli impianti, la competitività dei costi, i tempi di consegna, forte indebitamento finanziario, evoluzione costante delle tecnologie impiegate: per questi motivi i grandi player internazionali del settore hanno avviato da tempo un profondo processo di ristrutturazione aziendale, con lo scopo di ottimizzare e modernizzare l'attività di produzione, in molti casi decentrando gli impianti di produzione verso Paesi a basso costo di manodopera;
le aziende di medie dimensioni stanno revisionando i propri progetti industriali ed i piani economici ad essi connessi, diventando veri e propri operatori autonomi, in grado di rivolgersi a «nicchie» di mercato, offrendo così prodotti strutturati e specifici molto competitivi rispetto ai grandi player internazionali;
nell'ottica di rilancio in questa strutturazione e con le esigenze di mercato, Ansaldo Breda ha avviato l'attuazione di un piano industriale, denominato «Piano 2010-2014», volto al miglioramento delle filiere produttive, dei processi e dei modelli di organizzazione (alta velocità, attività «regionale» con i prodotti EMU a due piani TSR, prodotti IC4, mass transit, MLA, street car);
l'accordo stilato tra la direzione aziendale e le rappresentanze sindacali mirava al raggiungimento di obbiettivi di efficienza, razionalizzazione e riorganizzazione di tutti i processi produttivi sopraelencati e prevedeva anche le linee di sviluppo del piano, ovvero il risparmio energetico delle produzioni, l'impiego di materiali eco-compatibili, il miglioramento tecnologie costruttive, l'impiego di motori a magneti permanenti e l'utilizzazione di materiali compositi per le sottostrutture;
l'attuazione del piano di sviluppo prodotti aveva l'intento di superare le cause che determinavano le inefficienze aziendali al fine del raggiungimento degli obbiettivi di riorganizzazione aziendale;
in tale accordo era altresì contenuto l'impegno a mantenere il centro di eccellenza delle tecnologie e delle produzioni meccaniche di Pistoia e di Napoli e, in coerenza con il piano di acquisizioni commerciali, si ribadiva la necessità della strategica sussistenza degli impianti di Reggio Calabria e Palermo;
la Ansaldo Breda riconosceva tuttavia un gap negativo dei prezzi dei propri prodotti di circa il 25-30 per cento nonostante

quanto sopraesposto, perdendo competitività nel mercato globale: di qui l'esigenza del rilancio del piano di produttività, il cui complesso delle azioni proposte dovrebbe determinare un recupero significativo dei margini di produttività nella misura del 35 per cento entro fine 2011;
tale scelta consentirebbe alla Ansaldo Breda di provvedere ad un riequilibrio economico produttivo industriale che possa costituire la premessa per una successiva fase di sviluppo dell'azienda a partire già dal 2012 -:
quale sia, nello specifico, lo stato della situazione dell'accordo tra direzione aziendale e la rappresentanza sindacale Ansaldo Breda;
quali iniziative urgenti il Governo intenda attuare a tutela del patrimonio economico, tecnologico e lavorativo della realtà produttiva della Ansaldo Breda e se si intenda, eventualmente, dichiararla di specifico interesse nazionale, essendo un patrimonio di eccellenza e di competitività del nostro Paese che riscuote successi ed interesse a livello mondiale, tutelandone, così, il patrimonio occupazionale.
(4-13246)

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Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Di Pietro e altri n. 1-00391, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cimadoro.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in commissione Siragusa n. 5-05022, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 giugno 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ghizzoni.

L'interrogazione a risposta in commissione Grimoldi e Goisis n. 5-05316, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 settembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta in commissione Gidoni n. 5-05317, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 settembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta orale Enzo Carra n. 3-01819, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 settembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marco Carra.

L'interrogazione a risposta scritta Negro n. 4-13226, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 settembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in commissione Delfino n. 5-03179 del 5 luglio 2010;
interrogazione a risposta scritta Girlanda n. 4-09375 del 10 novembre 2010;
interrogazione a risposta in commissione Borghesi n. 5-04317 del 7 marzo 2011;
interrogazione a risposta orale Marmo n. 3-01698 dell'8 giugno 2011;
interrogazione a risposta scritta Braga n. 4-12868 del 28 luglio 2011.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Braga e altri n. 4-13197 del 14 settembre 2011 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-05360.