XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 26 settembre 2011

TESTO AGGIORNATO AL 26 OTTOBRE 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
l'articolo 138 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante il codice delle assicurazioni private, ha previsto la predisposizione di una specifica tabella, unica su tutto il territorio della Repubblica, delle menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti e del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità;
la disposizione traeva fondamento dal fatto che la monetizzazione dei danni conseguenti a incidente stradale non avveniva in modo uniforme su tutto il territorio nazionale poiché effettuata in base a «tabelle» elaborate da ciascun tribunale. Ciò poteva comportare, quindi, un'ingiustificata disparità di trattamento a svantaggio dei danneggiati da sinistri avvenuti nelle circoscrizioni di quei tribunali che osservavano criteri di quantificazione più ristretti in sostanziale violazione del principio di uguaglianza;
al fine di procedere alla predisposizione della tabella è stata istituita, presso il Ministero della salute, una commissione di studio che ha concluso i suoi lavori con la redazione di uno schema, recante l'indicazione delle menomazioni e del relativo punto percentuale di invalidità da rinviare al Ministero dello sviluppo economico per la predisposizione dei valori pecuniari da assegnare ai vari punti di invalidità;
l'iter si è concluso il 3 agosto 2011 con l'approvazione, da parte Consiglio dei ministri, di uno schema di decreto del Presidente della Repubblica, attualmente in attesa del parere da parte del Consiglio di Stato, che è stato considerato dalle principali associazioni delle vittime degli incidenti stradali come «fortemente lesivo della dignità umana e non rispondente alle esigenze di solidarietà consolatorie, riparatorie e satisfattive del danno da rc auto»;
lo schema, infatti, adegua al ribasso i valori risarcitatori che risultano di gran lunga inferiori ai valori proposti dalle tabelle del tribunale di Milano considerate congrue dalla Cassazione e utilizzate dalla maggioranza dei tribunali. Secondo le vittime «esse sono inadatte a risarcire integralmente il danno subito rispetto al costo della vita nelle principali città italiane»;
inoltre, poiché si interviene su parametri formatisi nel corso degli anni presso l'autorità giudicante competente è evidente il rischio di un aumento esponenziale del contenzioso sia in relazione al danno biologico ma anche per garantire alle vittime il risarcimento globale del danno secondo i più recenti orientamenti giurisprudenziali in materia;
la risposta del Ministro della salute all'interrogazione n. 3-01804, nella quale ha sostenuto che l'obiettivo del provvedimento è quello di dare maggiore certezza ai diritti spettanti ai danneggiati, evitando sperequazioni, differenze territoriali ed aumenti dei prezzi delle assicurazioni - causati dalla presunta anomalia nella crescita della percentuale di sinistri con danni alla persona -, appare elusiva ed insoddisfacente anche considerato che a fronte della riduzione dei valori dei risarcimenti non risulta essere stato stipulato nessun accordo con le compagnie assicurative per garantire una contestuale diminuzione dei prezzi delle assicurazioni;
il Governo, anziché impegnarsi nel rilevare eventuali casi fraudolenti, colpisce tutti i cittadini vittime di sinistri con danni alla persona,


impegna il Governo


ad evitare l'ingiusta penalizzazione di migliaia di famiglie che hanno già subito gravissimi danni ritirando il provvedimento di cui in premessa in vista dell'adozione di una nuova tabella delle menomazioni alla integrità psicofisica, che risulti

più equilibrata e rappresentativa dei valori presi a riferimento dalla consolidata giurisprudenza al riguardo.
(1-00714) «Boccia, Maran, Lenzi, Recchia, Misiani, Letta, Ginefra, Pedoto, Graziano, Esposito, Marantelli, Andrea Orlando, De Micheli, Vaccaro, Mosca, Dal Moro, Garavini, Mazzarella, Martella, Vico, Bordo, Genovese, Mastromauro, Rossomando, Velo, Boccuzzi, Causi, Lulli, Cesare Marini, Sarubbi, Giovanelli, Fontanelli, Concia, Cuomo, Iannuzzi, Realacci, Oliverio, Marco Carra».

La Camera,
premesso che:
le spese di trasporto pubblico locale sono prestazioni sociali «essenziali» a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione: nel rispetto della Costituzione occorre pertanto garantire la maggiore possibile copertura finanziaria della spesa, anche mediante un'integrazione straordinaria delle risorse finanziarie destinate a tale servizio;
negli ultimi anni il settore dei trasporti pubblici locali è stato interessato da logiche di contenimento dei costi e riduzione della spesa pubblica che avulsi da qualsiasi riflessione di contenimento selettivo, di rilancio del settore e miglioramento del servizio pubblico universale sono, senza alcun dubbio, alla base delle gravi inefficienze e degli ostacoli che non assicurano al cittadino la garanzia del diritto alla mobilità individuale, soprattutto in relazione alle fasce di popolazione più deboli come studenti e anziani;
le gravi inefficienze del settore, l'inadeguatezza e lo stato di usura del materiale rotabile, rendono particolarmente disagevole l'utilizzo dei mezzi di trasporto da parte dei numerosi cittadini che sono costretti a servirsi quotidianamente, per studio o lavoro, del servizio pubblico che, in quanto tale, dovrebbe al contrario rispettare precisi obblighi nei confronti della collettività, derivanti tanto dalla legislazione nazionale quanto dal diritto comunitario, tra i quali: l'universalità e la continuità del servizio senza interruzioni; la qualità - che è un requisito fondamentale nel diritto comunitario, nella regolamentazione dei servizi di interesse generale in cui è ricompreso il settore dei trasporti pubblici locali; l'accessibilità; la tutela degli utenti;
la definizione dei confini del servizio pubblico in relazione al settore dei trasporti pubblici locali rappresenta uno dei principali adempimenti per gli enti locali che sono chiamati a svolgere un ruolo di primo piano proprio nell'individuazione e nell'erogazione del servizio pubblico; tale compito è stato profondamente minato dalle politiche del Governo sulla mobilità e sui trasporti pubblici locali. Oggi quei cittadini che utilizzando il servizio pubblico dei trasporti effettuano una scelta conveniente per l'intera collettività in termini di minor costo ambientale e sanitario, lo fanno in condizioni di estrema difficoltà a causa del sovraffollamento dei mezzi, della carente pulizia, dell'inadeguatezza degli orari, della mancanza di sicurezza delle stazioni soprattutto nelle ore serali, della mancanza di capillarità del servizio, della mancanza di competitività per quanto riguarda i tempi di percorrenza;
l'evoluzione e il rinnovamento del settore dei trasporti pubblici locali e la realizzazione di un sistema di mobilità pubblica moderna ed efficiente ha subito un brusco arresto per l'assenza, in questi anni, di investimenti per la modernizzazione e il miglioramento dell'offerta di trasporto pubblico locale e per la concomitante decisione di sottrarre ingenti risorse al settore;
il decreto-legge n. 78 del 2010, infatti, ha stabilito la riduzione delle risorse statali a qualunque titolo spettanti alle regioni a statuto ordinario, in misura pari a 4.000 milioni di euro per l'anno 2011 e

a 4.500 milioni annui a decorrere dal 2012, a titolo di concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2011-2013. Di tali risorse, in particolare, 1.181 milioni di euro rappresentano i trasferimenti per le esigenze connesse al trasporto pubblico locale ex articolo 9, decreto legislativo n.422 del 1997, che avrebbero dovuto essere trasformati in fiscalità dal 2011 ai sensi del comma 302 dell'articolo 1, della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007). La norma, del secondo Governo Prodi, che il decreto-legge n. 78 del 2010 ha soppresso contestualmente alla riduzione dei trasferimenti per il trasporto pubblico locale, prevedeva che i trasferimenti statali per il trasporto pubblico locale fossero sostituiti adeguando corrispondentemente la compartecipazione al gettito dell'accisa sul gasolio per autotrazione;
con l'accordo Stato-regioni e province autonome del 16 dicembre 2010, il Governo ha assunto l'impegno di reintegrare i trasferimenti alle regioni per un importo di 400 milioni di euro per l'anno 2011; il Governo è inoltre chiamato a reintegrare i finanziamenti per il trasporto pubblico locale di ulteriori 25 milioni di euro, sempre per l'anno 2011, a favore delle regioni a statuto ordinario con le modalità disposte nella legge di stabilità 2011; a tal fine il decreto-legge n. 98 del 2010 all'articolo 21, comma 3, dispone, dal 2011, l'istituzione presso il Ministero dell'economia e delle finanze del fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario con dotazione di 400 milioni di euro annui il cui utilizzo è escluso dai vincoli del patto di stabilità;
dall'anno 2012 tale fondo sarà ripartito, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sulla base di criteri premiali individuati da un'apposita struttura paritetica che dovrà svolgere compiti di monitoraggio sulle spese e sull'organizzazione del trasporto pubblico locale; il 50 per cento delle risorse del Fondo è attribuito, in particolare, a favore degli enti collocati nella classe degli enti più virtuosi; tra i criteri di premialità è, in particolare, previsto che l'attribuzione della gestione dei servizi di trasporto avvenga con procedura ad evidenza pubblica;
il nuovo Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale è del tutto insufficiente a compensare il taglio operato fino ad ora ma è anche di molto inferiore al fabbisogno del trasporto pubblico locale registrato negli ultimi anni;
il fabbisogno del settore è rilevante pari ad un minimo di 1,5 miliardi di euro; le regioni, inoltre indicano un fabbisogno ancora maggiore pari a 1,9 miliardi derivanti dall'onere dei contratti stipulati con le aziende di trasporto, che sono contratti pluriennali, impegnano, in media, appunto, risorse per 1,9 miliardi di euro: si tratta di risorse essenziali per lo svolgimento del servizio secondo gli standard attuali, senza considerare i fondi necessari allo sviluppo del trasporto per far fronte alle esigenze emergenti dei cittadini e delle imprese;
a fronte di tale fabbisogno le risorse rese disponibili dal Governo per finanziare il trasporto pubblico locale sono solo 400 milioni; come denunciato dalle autonomie territoriali, in molte regioni il taglio dei finanziamenti per il trasporto pubblico locale è compreso tra il 70 e l'80 per cento delle risorse prima disponibili: è di tutta evidenza che in assenza di nuove risorse le regioni non potranno più far circolare autobus e treni locali a danno della collettività e del diritto alla mobilità o saranno costretti ad aumentare il prezzo del servizio a livelli inaccessibili per la stragrande maggioranza dell'utenza;
parimenti, in assenza di adeguato reintegro delle risorse, non si può escludere che le imprese di trasporto pubblico locale non siano più in grado di far fronte ai costi del personale e di funzionamento, con inevitabili e gravi conseguenze sul piano occupazionale;
nel maggio 2011 è stato approvato il decreto legislativo n. 98 «Disposizioni in

materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario» che dovrebbe assicurare autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e un equivalente soppressione degli attuali trasferimenti statali;
il decreto legislativo, oltre a ribadire che le spese di trasporto pubblico locale sono prestazioni sociali «essenziali» come previsto dall'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, con l'articolo 40 disciplina specificamente il trasporto pubblico locale, prevedendo che al fine di garantire una integrazione straordinaria delle risorse finanziarie da destinare al trasporto pubblico locale, e al fine di garantire la maggiore possibile copertura finanziaria della spesa per gli ammortizzatori sociali, il Governo promuova il raggiungimento di un'intesa con le regioni affinché, sia prorogato sino al 31 dicembre 2012 l'accordo con le regioni di utilizzare per tali spese il Fondo sociale europeo per gli anni 2009-2010 e sia modificata la regola di riparto del concorso finanziario delle regioni alle spese previste dal programma comunitario;
per la collettività e l'intero Paese, i costi economici dell'assenza di adeguate politiche di trasporto pubblico sono enormi: si stima che la congestione urbana costi 10 miliardi di euro l'anno; la congestione nel trasporto merci costi 56 miliardi di euro; l'incidentalità in ambito urbano ha determinato 2200 morti solo nell'ultimo anno. Un modello inadeguato di mobilità urbana ha anche un costo sanitario enorme; in Italia in 62 capoluoghi di provincia si superano i valori limite di inquinamento per 54 giorni all'anno ignorando la direttiva dell'Unione europea che prevede l'obbligo di adottare misure per evitare che i valori limite di inquinamento siano superati per più di 35 giorni all'anno; infine la mobilità in ambito urbano rappresenta un quinto del consumo energetico globale del Paese: questo è un costo economico insostenibile in un Paese che paga l'energia il 40 per cento in più dei paesi confinanti;
la mancanza di investimenti per la modernizzazione e il miglioramento dell'offerta di trasporto pubblico locale e la riduzione delle risorse al settore produce rilevanti effetti recessivi anche sul sistema industriale del trasporto: è di questi giorni la decisione della Fiat di dismettere l'azienda italiana Irisbus che produce autobus per assenza di commesse che risultano insufficienti a garantire la sopravvivenza dell'azienda, con inevitabili e gravissime conseguenze sul piano occupazionale per i 700 lavoratori dipendenti dell'impresa irpina e i 300 lavoratori dell'indotto;
in occasione dell'approvazione definitiva della manovra finanziaria di agosto di cui al decreto-legge n. 138 del 2011 è stato votato e approvato l'ordine del giorno n. 9/4612/136 che impegna il Governo «a garantire al trasporto pubblico locale risorse sufficienti alla fornitura di un livello adeguato del servizio su tutto il territorio nazionale» prevedendo la copertura anche dei «costi del personale e di funzionamento» del trasporto pubblico locale;
il medesimo ordine del giorno, inoltre, impegna il Governo a «sostituire tali trasferimenti solo dopo aver assicurato, a regime, adeguate e congrue fonti autonome di finanziamento sufficienti alla copertura delle spese di parte corrente e in conto capitale del servizio di trasporto pubblico» e a «dare attuazione alle disposizioni di cui agli articoli 20 e 21 della legge 42 sul federalismo fiscale affinché nella fase transitoria si provveda al recupero del deficit infrastrutturale per i servizi essenziali, (...) disponendo risorse adeguate e interventi finalizzati agli obiettivi di sviluppo, coesione e solidarietà sociale, tenendo conto "anche" della virtuosità degli enti nell'adeguamento al processo di convergenza ai costi o al fabbisogno standard, nel pieno rispetto dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione»;

da notizie diffuse dal Ministro dello sviluppo economico il successo registrato dall'asta per l'assegnazione delle frequenze dei telefonini di quarta generazione sta determinando, ad oggi, una eccedenza di entrate, rispetto a quelle preventivate e pari a 2,4 miliardi di euro, di oltre 1 miliardo; una parte di queste risorse potrebbero essere messe a disposizione delle regioni per reintegrare le risorse del trasporto pubblico locale garantendo il servizio pubblico per milioni di pendolari e scongiurando il rischio che la grave fase di emergenza mini la coesione sociale,


impegna il Governo:


a dare, entro termini ravvicinati e certi, piena attuazione agli impegni assunti con l'ordine del giorno 9/4612/136;
ad utilizzare le maggiori entrate accertate, rispetto a quelle iscritte in bilancio, derivanti dall'asta delle frequenze analogiche per reintegrare le risorse per il trasporto pubblico locale necessarie a garantire la continuità del servizio pubblico e superare la grave emergenza del momento anche favorendo interventi per il rinnovo del parco circolante;
ad assumere le necessarie iniziative normative coerenti con gli obiettivi e le finalità individuate a livello comunitario con il piano d'azione sulla mobilità urbana, nonché con le indicazioni delineate nel parere espresso dalla Commissione trasporti della Camera, approvato all'unanimità nella seduta del 21 luglio 2010, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, in occasione dell'esame del suddetto piano;
a definire un piano di politica industriale nel settore dei trasporti pubblici che incentivi la ricerca e l'utilizzo delle modalità a più basso impatto ambientale.
(1-00715) «Meta, Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Boccia, Lenzi, Quartiani, Giachetti, Rosato, Boffa, Bonavitacola, Cardinale, Fiano, Gasbarra, Gentiloni Silveri, Ginefra, Laratta, Lovelli, Pierdomenico Martino, Giorgio Merlo, Tullo, Velo, Morassut, Pompili, Marco Carra, Graziano».

Risoluzioni in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
in data 8 febbraio 2011, la Camera dei deputati ha approvato, con parere favorevole del Governo, la mozione 1-00559 - nella quale si stabiliva la necessità di disporre che nella rideterminazione del canone per tutto il personale cosiddetto sine titulo, dovesse essere dedicata particolare attenzione alla tutela del personale rientrante nei parametri fissati dal decreto ministeriale annuale di gestione del patrimonio abitativo della Difesa, emanato ai sensi dell'articolo 306, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, prevedendo la non applicabilità della rideterminazione dei redditi fino ad una determinata somma;
nelle premesse della mozione si rilevava l'opportunità di fissare l'adeguamento al prezzo di mercato del canone degli alloggi detenuti in regime cosiddetto sine titulo d'intesa con l'agenzia del demanio, facendo riferimento alle quotazioni riportate dall'osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio, al fine di salvaguardare il personale interessato con riferimento alle cosiddette «fasce protette» che il Ministero della Difesa intende tutelare; escludere dal rilascio dell'alloggio le categorie protette che devono essere tutelate attraverso il succitato decreto ministeriale di gestione del patrimonio della Difesa ed, in ogni caso, non procedere al recupero degli alloggi nelle aree ove non sussistano impellenti esigenze di servizio altrimenti risolvibili;
nonostante quanto stabilito dalla mozione citata e dalla stessa legge 244 del 2007, continua ad essere applicato il regolamento n. 112 del 18 maggio 2010 che prevede meccanismi di calcolo del reddito difformi e quindi incoerenti;

nel regolamento di cui al decreto del Ministro della difesa sui canoni di mercato, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 maggio 2011, all'articolo 2 punto 3, vengono, inoltre, introdotti, con lo stesso metodo, aumenti di reddito tendenti ad ottenere una applicazione impropria dei coefficienti di calcolo dei canoni;
il decreto sui canoni di mercato, articolo 2, comma 6, stabilisce che l'aggiornamento annuale ISTAT venga applicato nella misura del 100 per cento (per intero) anziché nella misura del 75 per cento, come previsto per ogni canone, anche privato;
da un attento esame del Regolamento n. 112 del 18 maggio 2010, sono emerse, altresì, evidenti discordanze rispetto alle tutele dei conduttori degli alloggi ricadenti nelle fasce di tutela stabilite dal decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010 - articolo 306, comma 3,


impegna il Governo:


a verificare la puntuale applicazione di quanto previsto nella citata mozione 1-00559;
a ripristinare, nella sostanza e nella lettera, nel regolamento del 18 maggio 2010 le tutele previste, in caso di vendita, per gli utenti appartenenti alle fasce protette (come da decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010, articolo 306, comma 3);
a specificare, per quanto riguarda la concessione dell'usufrutto, che la norma di cui all'articolo 7, comma 4, lettera a), del regolamento (decreto del Ministro della difesa n. 112 del 18 maggio 2010), deve intendersi estesa anche al coniuge superstite, qualora il decesso dell'usufruttuario avvenga in data posteriore all'atto di acquisto dell'usufrutto, applicando, allo stesso coniuge superstite, il meccanismo della trattenuta del 20 per cento sulla quota della pensione di reversibilità o altro reddito percepito;
ad assumere le iniziative di competenza volte a sopprimere le norme previste all'articolo 7 comma 11, lettera a e b del regolamento n. 112 del 18 maggio 2010 e dall'articolo 2, comma 3 del decreto del Ministro della difesa del 16 marzo 2011, relativo ai canoni di mercato, in quanto risultanti non eque;
ad assicurare che l'aggiornamento annuale dei canoni venga applicato nella misura del 75 per cento, come previsto per ogni canone, anche privato.
(7-00693) «Bosi».

L'VIII Commissione,
premesso che:
nella crisi economica grave e prolungata che si sta vivendo gli investimenti in edilizia di qualità, in risparmio energetico, fonti rinnovabili, innovazione, ricerca e in generale nella green economy rappresentano un importante volano per la ripresa dell'economia e rendono al tempo stesso l'Italia più rispettosa dell'ambiente, più competitiva e più vicina alle esigenze delle persone, delle comunità, dei territori;
il contenimento delle emissioni di anidride carbonica per ridurre il rischio di mutamenti climatici è una delle più grandi sfide che l'umanità ha davanti;
l'Italia ha già assunto in sede internazionale e, in particolare, a livello comunitario importanti e vincolanti impegni di riduzione delle emissioni di CO2 nell'ambito del programma detto «20-20-20»;
il sistema di agevolazione fiscale del 55 per cento ha fino ad oggi certamente riscosso un enorme successo, come dimostrano i dati di un'indagine Cresme-Enea sull'«Analisi del sistema di detrazione fiscale del 55 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio nazionale». Il volume complessivo di interventi al dicembre del 2010 è stato di 11,1 miliardi di euro per un totale di 843.000 interventi. Ad oggi, secondo fonti Enea, si è superato il milione di interventi. Sono stati attivati ogni anno oltre 50 mila

posti di lavoro nei settori coinvolti, soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto: dalle fonti rinnovabili alla domotica, dagli infissi ai materiali avanzati. Si è favorita un'importante innovazione e una spinta di tutto il comparto verso la qualità;
il credito d'imposta del 55 per cento è uno dei successi più significativi della green economy nel nostro Paese ed ha al tempo stesso garantito importanti risparmi nelle emissioni di CO2, contribuendo ad alleggerire la bolletta energetica delle famiglie. Inoltre grazie alle misure stanziate negli anni passati l'Italia sta recuperando, con successo, il ritardo accumulato rispetto ad altri Paesi europei nel campo delle fonti rinnovabili, attivando anche un importante comparto economico;
si tratta pertanto di una delle misure anticicliche di gran lunga più importanti che sono state attivate negli ultimi anni. Secondo la sopraccitata indagine Cresme-Enea gli effetti complessivi sul bilancio del nostro Paese sono stati positivi;
come è stato più volte ribadito dai massimi esperti in materia, inclusi i tecnici del dipartimento della Protezione civile, gran parte del patrimonio edilizio italiano è di qualità scadente e lontano dagli standard antisismici indispensabili nel nostro Paese;
avviando immediatamente un piano straordinario di consolidamento e miglioramento sismico degli edifici pubblici e privati, non solo si potrebbe mettere in sicurezza gran parte della popolazione, ma si potrebbe rilanciare un'economia legata all'edilizia di qualità, attivare il sistema delle piccole e medie imprese e produrre anche un rilevante effetto sul terreno occupazionale;
l'VIII commissione della Camera dei deputati sia nella XV che nella XVI legislatura si è occupata del tema, con pareri e atti, da ultimo con l'approvazione, nella seduta del 29 luglio 2010, del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul mercato immobiliare in cui si ribadisce la bontà e l'importanza dello sgravio fiscale in efficienza energetica;
nel programma nazionale di riforma (che è parte integrante del documento di economia e finanza presentato alle Camere il 13 aprile 2011), in sede di indicazione delle priorità di azione per una economia eco-efficiente e per il rispetto degli impegni internazionali assunti dall'Italia in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, il Governo ha espressamente riconosciuto la «particolare efficacia della misura concernente le detrazioni fiscali del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici»;
nel cosiddetto «Allegato Kyoto» al documento di economia e finanza(allegato VI - «Documento sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e sui relativi indirizzi» -) si legge testualmente che «al fine di porre il Paese su un giusto percorso emissivo rispetto agli obiettivi annuali di [riduzione delle emissioni di gas a effetto serra] per il periodo 2013-2020 si evidenzia la necessità di riconfermare e rifinanziare le azioni di cui all'allegato 1», fra le quali figura espressamente anche «l'incentivazione del risparmio energetico negli edifici esistenti attraverso la detrazione fiscale del 55 per cento»,


impegna il Governo


a rafforzare le politiche ambientali e a favorire l'edilizia di qualità ed energicamente efficiente, attraverso iniziative dirette alla riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare, anche dando stabilità al credito d'imposta del 55 per cento previsto per il miglioramento energetico degli edifici, per sostenere inoltre un importante settore della nostra economia, e ad assumere iniziative volte a estendere le agevolazioni fiscali già previste per gli interventi di efficientamento energetico

degli edifici anche agli interventi di consolidamento antisismico del patrimonio edilizio esistente.
(7-00692) «Realacci, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola».

La IX Commissione,
premesso che:
la presidenza polacca dell'Unione europea scade a fine anno ma la stessa è impegnata a definire i «corridoi» della rete di trasporto europea, sembra che la decisione sui «corridoi» debba avvenire entro settembre in quanto dopo che il Parlamento europeo avrà fornito il parere, il Presidente della Commissione Barroso dovrebbe porre, la proposta definitiva, nella riunione dei capi di governo fissata per il settembre 2011;
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha dichiarato alla stampa che l'ipotesi ventilata di una modifica del corridoio 1 che si fermerebbe a Napoli per dirottare con l'alta capacità ferroviaria su Bari è una proposta del commissario ai trasporti l'estone Kallas che l'Italia cercherà di non far approvare;
l'abolizione del corridoio Berlino-Palermo non solo sarebbe uno «schiaffo» ingiustificato al Sud d'Italia ma avrebbe conseguenze disastrose soprattutto sul piano dei treni veloci in quanto autorizzerebbe implicitamente le Ferrovie dello Stato Spa a disinteressarsi, cosa che già abbondantemente fanno, dell'alta capacità da Salerno alla Sicilia per il quale al momento sussiste solo un progetto di massima e nessuna risorsa allocata;
si è parlato in passato che i lavori per l'alta capacità al sud e fino in Sicilia si sarebbe parlato dal 2025 questo significherebbe che i lavori non sarebbero portati a termine prima della metà del secolo;
appare evidente che se l'Unione europea abbandona il sud non ci sarà nessuna accelerazione né per quanto riguarda i progetti né tantomeno per quanto riguarda lo stanziamento di risorse;
l'eventuale cancellazione del corridoio Berlino-Palermo sicuramente significherebbe il «deperimento» dei programmi di trasformazione del porto di Augusta in hub in quanto anche se le navi porta container potessero attraccare non ci sarebbero linee veloci di treni per portare le merci al nord;
l'abolizione del Corridoio 1, quindi, significherebbe per il sud e la Sicilia, negare semplicemente il futuro,


impegna il Governo:


ad esprimere il netto dissenso e la ferma opposizione, in sede di Unione europea, dell'Italia alla modifica del Corridoio 1, Berlino-Palermo, che intenderebbe limitare il Corridoio Berlino-Palermo a Napoli per deviarlo sull'alta velocità Napoli-Bari;
a intraprendere con decisione tutte le iniziative e le azioni in sede di Unione europea per evitare di fatto l'abolizione del corridoio 1 Berlino-Palermo.
(7-00694) «Pionati, Gianni, Sardelli».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
le recenti polemiche sollevate in merito alla possibile e repentina privatizzazione

della Croce rossa italiana (CRI), attualmente ente pubblico non commerciale, rendono non rinviabile la riforma;
la XII Commissione, igiene e sanità del Senato, ha avviato un'indagine, necessaria ai fini della conoscenza dei problemi che affliggono l'ente, non ultimo quello economico-finanziario;
i compiti che la Croce rossa svolge a livello interno - così come ha più volte ricordato negli ultimi mesi il commissario straordinario, avvocato Francesco Rocca - ricadono nelle regole stabilite dalle direttive comunitarie; purtroppo il problema è che la CRI ha dei costi talmente elevati che finisce per non essere competitiva, perdendo sempre più gare, con la conseguenza che i precari in essa impegnati rischiano di perdere il loro posto di lavoro;
siamo in presenza di una situazione difficile che denota la necessità di una riforma strutturale, ma nello stesso tempo graduale e fatta con ragionevolezza senza produrre danni sociali;
alla negatività della situazione economica in cui versa la CRI si aggiunge la negativa gestione di un cospicuo patrimonio immobiliare, non del tutto inventariato e certamente valorizzato;
a parere degli interpellanti andrebbe individuata, tra «statalizzazione» e «privatizzazione», una formula in grado di rispettare la natura internazionale e la coerenza con le varie «convenzioni» a cui l'Italia ha aderito, nonché la mission che pone l'ente nella condizione di non poter identificarsi né con lo Stato, né con il mercato;
gli interpellanti ritengono doveroso ristabilire con coerenza una riautenticazione di fini e di attività, nel rispetto dell'evoluzione stessa del volontariato e della specifica esperienza italiana del «terzo settore»;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 gennaio 2011 pubblicamente esprime la volontà di estendere e rafforzare il ruolo istituzionale e civile dell'Agenzia del terzo settore -:
quali iniziative si intendano tempestivamente attuare, tali da risolvere la difficile situazione economica della CRI, nel pieno rispetto della sua natura internazionale e coerentemente con le convenzioni a cui l'Italia ha aderito;
se non ritenga opportuno, avviare un tavolo di confronto tra istituzioni interessate, mondo del volontariato e terzo settore, che abbia come obiettivo la riformulazione legislativa e statutaria della CRI valutando la possibilità di delegare a ciò l'Agenzia del terzo settore.
(2-01211)
«Pezzotta, Adornato, Binetti, Bosi, Buttiglione, Calgaro, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Cera, Ciccanti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Scanderebech, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».

Interrogazione a risposta orale:

DELFINO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi, si è tenuta per la prima volta una manifestazione ciclistica denominata «Giro di Padania» organizzata dall'Associazione sportiva dilettantistica «Monviso Venezia», presieduta dal senatore della Lega Nord Michelino Davico;
la gara, alla quale inspiegabilmente ha aderito la Federazione ciclistica italiana, prevedeva un percorso a tappe di 900 chilometri e la consegna della maglia «verde» al vincitore;

l'iniziativa, ritenuta da subito inopportuna per la palese connotazione politica, è stata accolta da un profondo malcontento degenerato in scontri, insulti e lancio di tafferugli tra i manifestanti, le forze dell'ordine e i ciclisti;
fatti incresciosi come questo dimostrano come lo sport possa dividere e creare disordini quando si mette al servizio di iniziative puramente politiche e partigiane, che nulla hanno a che vedere con lo spirito di coesione e unità, proprio delle manifestazioni sportive;
quello che più sconcerta è che, nell'anno delle celebrazioni per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia, si continui a fomentare e sponsorizzare, in ogni modo possibile, quelli che all'interrogante appaiono deprecabili disegni politici di divisione nazionale, che rivendicano l'indipendenza di un'entità politico-amministrativa fittizia come la Padania;
in un clima politico dove la coesione e l'unità nazionale vengono costantemente vilipese da chi ricopre incarichi istituzionali importanti, non c'è da meravigliarsi se la tolleranza collettiva viene meno - sfociando in azioni non giustificabili - di fronte all'ennesima manifestazione corporativa, che di fatto si fonda su una concezione distorta e ingiusta di divisione territoriale e culturale;
inoltre, non si comprende il motivo per cui la Federazione ciclistica italiana e il Coni - ente autonomo dalla gestione politica - abbiano dato la loro disponibilità ad una manifestazione di carattere palesemente politico -:
quali siano gli orientamenti del Governo rispetto a questa iniziativa che così come organizzata non rappresenta in nessun modo la finalità cardine dello sport, ossia l'unione, e quali motivazioni abbiano indotto la Federazione ciclistica italiana ad aderire ad un'iniziativa di inequivocabile stampo politico.
(3-01847)

Interrogazioni a risposta scritta:

OLIVERI, LO MONTE, COMMERCIO e LOMBARDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 20 settembre 2011 un rogo di vaste proporzioni è stato appiccato nel centro di primo soccorso ed accoglienza di contrada Imbriacola a Lampedusa, da immigrati che da diverse settimane erano ospiti della struttura e che da giorni protestavano per chiedere il trasferimento sulla terra ferma;
non è la prima volta che il centro viene dato alle fiamme. Un episodio analogo, con danni consistenti alla struttura, si era già registrato nel febbraio del 2009, quando il centro di contrada Imbriacola - concepito e costruito come luogo di smistamento delle persone arrivate via mare verso altri centri della penisola - veniva trasformato per decreto in centro di identificazione ed espulsione, dove gli ospiti potevano soggiornare fino a sei mesi prima del rimpatrio definitivo che avveniva direttamente da Lampedusa;
da alcune settimane a Lampedusa la situazione dei migranti rinchiusi nei centri, ed in particolare dei tunisini, si è aggravata, essendosi determinato un sovraffollamento con condizioni di vita estreme;
la tensione per le strade è oramai alta e mentre i turisti prendono il sole, si verificano scontri tra lampedusani, forze dell'ordine e tunisini, con fitte sassaiole e fortissima tensione;
da tempo oramai sull'isola si va determinando una situazione di collasso che presagiva al suddetto scenario da guerriglia urbana. Infatti, dopo anni di una spontanea politica dell'accoglienza da parte della cittadinanza, il sovraffollamento e le proteste da parte degli immigrati hanno scoperchiato il vaso di Pandora, finora tenuto chiuso dalla pazienza dei lampedusani e dalla speranza che il Governo, come dallo stesso promesso tante volte, facesse qualcosa di radicale per liberare l'isola divenuta, nella pratica un Centro di accoglienza in mezzo al mare;

nel centro di Lampedusa, che è centro di primo soccorso ed accoglienza, la detenzione non deve superare le 48 ore, salvo se motivata da un giudice, mentre negli ultimi tempi i trattenimenti duravano settimane. Lo stesso ente gestore ha dichiarato per il mese di luglio una permanenza media di oltre 10 giorni ed una capienza di circa 1.300 posti - 500 in più di quelli autorizzati;
ciò che sta accadendo a Lampedusa ha tutta l'aria di una tragedia annunciata di cui il Governo ha precise responsabilità. L'isola, infatti, continua ad essere un avamposto drammatico dei flussi migratori, abbandonata a se stessa e senza una reale possibilità di gestione della dimensione del problema;
la situazione ha avuto gravi ripercussioni sull'economia dell'isola e sulla stagione turistica, iniziata solo ad agosto, con due mesi di ritardo, e terminata evidentemente in anticipo rispetto agli anni precedenti;
a parte show mediatici e promesse, come quella dell'apertura di un casinò e della costruzione di magnifici campi da golf, niente è stato fatto dal Governo per migliorare le condizioni degli immigrati detenuti nel centro di accoglienza e per allentare la pressione sugli abitanti dell'isola;
anche oggi come allora le azioni del Governo si limitano a fronteggiare l'emergenza, come quella di promettere entro le 48 ore successive al rogo l'evacuazione degli immigrati attraverso un ponte aereo predisposto dal Viminale per accelerare le procedure di rimpatrio ed a voler mantenere attiva, una struttura, quella del centro accoglienza, che assomiglia più ad una grossa base militare che funzioni da piattaforma di detenzione ed espulsione per migliaia di giovani immigrati che cercano in Europa condizioni di vita migliori -:
se il Governo, alla luce dei fatti in premessa che testimoniano una situazione che, sul versante dell'ordine pubblico, ha assunto dimensioni oramai ingestibili, ed al fine di normalizzare la situazione, non ritenga di dover chiudere il centro di accoglienza e piuttosto di trasformare l'isola in una stazione di mero transito per procedere poi rapidamente a trasferire queste persone in luoghi aperti e diffusi sul restante territorio nazionale.
(4-13300)

MONAI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la direzione legale della RFI Rete ferroviaria italiana Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane ha indetto quattro gare a procedura ristretta, n. DLE.AG.2011.017 - DLE.AG.2011.018 - DLE.AG.2011.019 - DLE.AG.2011.020 con ricorso a sistema di qualificazione RFI, per la «Progettazione ed esecuzione dei lavori di adeguamento delle gallerie della RFI S.p.a. ai sensi del decreto ministeriale 28 ottobre 2005 "Sicurezza nelle gallerie ferroviarie" lavori relativi alle opere civili e agli impianti tecnologici da eseguirsi nel triennio 2011-2014», il termine per la presentazione delle offerte è il 29 settembre 2011 alle ore 12.00;
per tali gare le prestazioni sono organizzate in quattro lotti (Lotto Nord, Lotto Centro Nord, Lotto Centro Sud, Lotto Adriatica);
tre dei predetti lotti (Lotto Nord, Lotto Centro Nord e Lotto Centro Sud) individuano come lavori prevalenti quelli di «opere civili» con soglie tali che consentirebbero l'accesso a soli tre operatori del settore senza possibilità alcuna di aumentare il numero dei concorrenti attraverso ATI; in realtà le cifre a gara per la tecnologia supererebbero quelle per le opere civili. Si badi che in tal caso (prevalenza della tecnologia) le aziende qualificate diventerebbero cinque e addirittura sette in caso di ATI;
a parere dell'interrogante dalla composizione dei lotti in relazione alle categorie del sistema di qualificazione RFI, dalla composizione dell'intervento prevalente

e dalla diluizione dell'intervento sul triennio 2011-2014, (tali elementi verranno conosciuti solo alla stipula del contratto applicativo come dalla stessa RFI esplicitato con l'allegato 2 di «Quesiti e risposte alla richiesta di offerta n. DLE.AG.201.017-018-019-020» della direzione produzione - ingegneria di manutenzione - armamento e opere civili di RFI), si determinerebbe una sostanziale limitazione a tre soggetti in condizione di partecipare a tali gare rischiando una palese violazione dell'elementare necessità di concorrenza al fine di assicurare il maggior vantaggio possibile alla «mano pubblica»;
la situazione descritta potrebbe determinare una innegabile situazione di monopolio o di oligopolio non suscettibile di modifica, atteso che nessun'altra azienda potrebbe, nell'oggi e nel futuro, conseguire requisiti tali da consentire successive partecipazioni a simili procedure;
a parere dell'interrogante la previsione di impegno dei lavori di tre anni, che fa lievitare i requisiti in modo tale che tra tutte le imprese qualificate in Italia, solamente tre possano partecipare, non è giustificata da alcun incentivo agli investimenti da parte delle aziende in quanto, essendo qualificate, sono già in possesso di tutti i requisiti strutturali per procedere agli interventi;
la controprova di quanto affermato al punto precedente è data dalla semplice verifica del numero dei potenziali partecipanti alla gara se i lavori fossero stati assegnati su base annuale o biennale;
in un momento di crisi economica così pressante per tutte le imprese italiane parrebbe più opportuno ampliare le possibilità di partecipazione a quante più aziende possibili per muovere quell'economia di ristagno del settore -:
se i Ministri interrogati non intendano, eventualmente, intraprendere iniziative al fine di evitare quello che all'interrogante appare un «vulnus» che si potrebbe determinare al principio fondamentale della massima concorrenza nella situazione descritta che potrebbe determinare e legittimare una situazione di monopolio o di oligopolio inconciliabile con i principi di diritto interno e comunitario e che potrebbe non determinare il vantaggio economico per la pubblica amministrazione derivante dai ribassi di gara.
(4-13301)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

RENATO FARINA, VIGNALI, CENTEMERO, POLLEDRI, TOCCAFONDI, PAGANO, PALMIERI e DI CENTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la situazione dei profughi e rifugiati eritrei in Egitto è sempre più drammatica: da un anno l'agenzia di stampa Habeshia denuncia il sequestro di persone in atto nel Sinai a danno dei profughi, vittime del traffico di essere umani;
essi vengono presi dalla polizia di frontiera, la legge egiziana emanata un anno fa non viene mai applicata e ad oggi abbiamo centinaia di profughi prima vittime dei trafficanti, ora vittime dello Stato nelle diverse stazioni di polizia, nei campi militari; molti di questi profughi in detenzione sono rifugiati riconosciuti dall'UNHCR prima ancora del loro arrivo in Egitto: riconosciuti quando sono transitati nei campi profughi in Sudan e in Etiopia;
in questi 4-5 anni l'Egitto si è limitato a sparare sulle vittime al confine con Israele; il mondo ha assistito passivamente a questo massacro di innocenti, la cui unica colpa è quella di cercare la libertà e una vita migliore;

i centri di detenzione sono affollati: diversi profughi presentano ferite da arma da fuoco causate dalla polizia di frontiera. L'Egitto, firmatario della Convenzione di Ginevra del 1951, avrebbe dovuto garantire l'acceso al diritto di asilo, invece non permette l'accesso a UNHCR nei centri di detenzione, di conseguenza nega il diritto di asilo a queste persone;
dalle testimonianze di molti profughi e rifugiati detenuti risulta che le loro condizioni di vita in queste stazioni di polizia sono veramente pessime, in alcuni casi pericolose per la loro salute;
sono diverse le stazioni di polizia dove vengono trattenuti profughi a cui il Governo egiziano nega così la possibilità di accedere al diritto di asilo: a Cair, Luxor (stazione di polizia di Gurna dove sono detenuti 62 profughi di cui 5-6 bambini), Gharb (a 9 chilometri da Aswan in cui ci sono 56 persone), nella città di Aswan (in due stazioni di polizia ci sono 54 profughi), a Shallal (nel campo militare ci sono 62 persone in pessime condizioni), nelle diverse stazioni di polizia di Ismaillia, El Arish sono centinaia le donne e i bambini -:
se il Governo non intenda attivarsi presso le competenti sedi internazionali perché venga permesso l'accesso agli operatori dell'UNHCR nelle stazioni di polizia nel territorio egiziano sopra citate posto che tale comportamento appare agli interroganti una violazione dei diritti umani, laddove si accerti che profughi in fuga da dittature, guerre, fame vengono criminalizzati, trattenuti in condizioni pessime, mettendo a repentaglio la loro salute e la loro stessa vita;
se questi temi siano stati o saranno sollevati con le autorità del Cairo e i leader della primavera araba;
come si stia agendo nei rapporti con le autorità eritree, in considerazione anche di questi esiti delle loro azioni di negazione della libertà, specie nei confronti dei cristiani.
(5-05399)

Interrogazione a risposta scritta:

PORTA, GIANNI FARINA, GARAVINI, FEDI e NARDUCCI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
le convenzioni bilaterali in materia di previdenza sociale tra Paesi interessati da intensi fenomeni migratori hanno svolto nel passato e continuano a svolgere attualmente un'importante funzione regolativa degli interessi previdenziali dei lavoratori interessati e a costituire un quadro di trasparenza e di certezza dei diritti dei migranti;
la tradizionale esigenza di tutela degli emigrati italiani che hanno diviso tra due o più Paesi la loro esperienza di lavoro, nell'ultimo ventennio si è intrecciata in modo crescente con la necessità di prevedere precise regole di trattamento previdenziale per i lavoratori stranieri che risiedono e prestano la loro opera in Italia, abitualmente per un periodo di tempo non limitato;
l'impegno a stipulare dei trattati bilaterali, che nel corso dell'ultimo decennio del secolo trascorso e nei primi anni del nuovo aveva conosciuto un significativo rafforzamento, anche in relazione all'incremento della presenza di stranieri in Italia, ha subito un freno, non per assenza di condizioni oggettive, ma probabilmente per la preoccupazione di ricadute finanziarie sulla spesa previdenziale;
ne sono prova, ad esempio, nella sola area dell'America Meridionale, il prolungato rinvio del rinnovo della convenzione Italia-Brasile in materia previdenziale e la mancata approvazione parlamentare di quella con il Cile, che pure è stata definita in tutti i dettagli a livello di contatti bilaterali;
l'atteggiamento di distacco che sembra caratterizzare le posizioni del Governo, oltre a contraddire l'esigenza di tutela di lavoratori che nel corso della loro esistenza hanno dovuto affrontare il peso

e il rischio dell'emigrazione e a mettere in secondo piano essenziali diritti di cittadinanza, non tiene conto delle reali dinamiche di lavoro e previdenziali;
in Perù, ad esempio, mentre ai lavoratori che hanno compiuto periodi di lavoro in ognuno dei due Paesi inferiori al minimo riconosciuto dalle rispettive normative, non è data alcuna possibilità di far valere le proprie giuste prerogative, gli italo discendenti con cittadinanza dotati di possibilità economiche procedono al riscatto a condizioni obiettivamente favorevoli della contribuzione italiana e ottengono una seconda pensione, che si cumula con quella del Paese di residenza;
una regolamentazione della situazione previdenziale non è meno urgente per i lavoratori peruviani che in numero crescente giungono in Italia, dove si è formata una comunità di peruviani immigrati di circa 80.000 persone, ben più consistente di quella italiana esistente in Perù, che ammonta a 30.000 persone -:
se non sia necessario, oltre che giusto sotto un profilo di principio e opportuno sul piano della regolazione dei rapporti che si sono sviluppati nel tempo tra le comunità immigrate e i Paesi di residenza, l'avvio di contatti bilaterali con le autorità peruviane volti alla definizione di uno schema di accordo bilaterale tra i due Paesi in materia previdenziale, da sottoporre all'esame del Parlamento.
(4-13293)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

GRANATA e RAISI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 articolo 252 il procedimento per l'approvazione dei progetti di bonifica del sito di bonifica di interesse nazionale (Sin) di Massa-Carrara, istituito con legge nel 1998, risulta in capo al Ministero dell'abbiente e della tutela del territorio e del mare;
con il decreto regionale n. 6833 del 22 dicembre 2009 la provincia di Massa-Carrara è stata finanziata dalla regione Toscana per un importo di 218.000 euro per il progetto di «Rimozione dei sedimenti contaminati dei fondali marini prospicienti il Sito di Interesse Nazionale di Massa e Carrara»;
con una comunicazione inviata nel gennaio del 2009, avente per oggetto: «Caratterizzazione dei sedimenti dei fondali dell'area antistante il Sito di Interesse Nazionale di Massa e Carrara», la direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare informava il comune di Massa, il comune di Carrara, la Asl n. 1 di Massa-Carrara, la provincia di Massa-Carrara, l'Arpat, la regione Toscana, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali l'Iss e l'Ispra (già Icram) dei risultati emersi dalle indagini effettuate dall'Ispra stesso nell'area costiera del Sin di Massa-Carrara a seguito di un accordo di programma per la sua bonifica sottoscritto fra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione Toscana, provincia di Massa-Carrara, comune di Massa, e di Carrara, Arpat, ed Icram nel maggio del 2007;
con la D.G.R.T. n. 1084 del 20 dicembre 2010 sono state approvate le finalità generali dell'accordo di programma per il completamento degli interventi di messa in sicurezza e bonifica delle aree comprese nel sito di interesse nazionale di Massa-Carrara, firmato a Roma in data 14 marzo 2011 dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione Toscana, provincia di Massa-Carrara, comune di Carrara, comune di Massa, Camera di Commercio di Massa-Carrara e consorzio zona industriale apuana;
con nota del 7 gennaio 2011 la provincia di Massa-Carrara, settore difesa del

suolo, politiche del mare e protezione civile, informa la regione Toscana circa lo stato di avanzamento del progetto «Rimozione dei sedimenti contaminati dei fondali marini prospicienti il Sito di Interesse Nazionale di Massa e Carrara»;
con il «Protocollo per lo sviluppo, l'industrializzazione e il consolidamento occupazionale del Polo Industriale "Nuovo Pignone" di Massa-Carrara», firmato a Firenze il 5 aprile 2011 da regione Toscana, provincia di Massa-Carrara, comune di Massa, comune di Carrara e Nuovo Pignone S.p.A. le istituzioni del territorio si sono impegnate ad agevolare il nuovo insediamento industriale del Nuovo Pignone a Carrara con varianti urbanistiche e rafforzamento delle infrastrutture;
sul sito istituzionale della provincia di Massa-Carrara è possibile leggere un comunicato stampa in cui si annuncia che il 14 marzo 2011 il direttore generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Marco Lupo insieme all'assessore della regione Toscana per le politiche ambientali Anna Rita Bramerini, il presidente della provincia di Massa-Carrara Osvaldo Angeli, il sindaco di Carrara Angelo Zubbani, quello di Massa Roberto Pucci ed i presidenti della camera di commercio apuana e del consorzio zona industriale apuana, Norberto Ricci e Cesare Ugolotti, hanno firmato a Roma l'accordo di programma che darà il via alla progettazione e realizzazione del sistema di bonifica della falda del Sito di interesse nazionale (Sin) di Massa-Carrara;
la notizia che, dopo oltre un decennio d'attesa, il Sin apuano finalmente si sbloccherà sarebbe da salutare con favore, come un risultato importante per lo sviluppo di tutta l'area e del comparto industriale locale, se non fosse per le perplessità suscitate dal fatto che la provincia apuana afferma che il documento firmato oggi deriva da un precedente accordo di programma per la bonifica del Sin di Massa-Carrara, sottoscritto fra Ministero, regione, provincia, comuni di Massa e di Carrara, Arpat ed Icram nel maggio del 2007, che avrebbe portato a realizzare degli studi da cui risulterebbe che all'interno del Sin apuano «i livelli di inquinamento non sono poi così elevati» e che nella sua zona marina, «in coincidenza con le foci dei torrenti», vi sarebbero sì dei «fenomeni puntuali», non così preoccupanti, però, da far pensare ad un inquinamento diffuso, «essendo i contaminati rimasti confinati (conterminati è il termine tecnico) nella zona di falda»;
in realtà, se consideriamo le analisi effettuate dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra - già Icram) a seguito dell'accordo di programma del 2007, emerge un quadro assai meno ottimistico di quello descritto dall'amministrazione provinciale apuana, dal momento che questi controlli, come risulta anche da una comunicazione inviata nel gennaio del 2009 dal precedente direttore generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gianfranco Mascazzini a tutte le autorità competenti, evidenziavano proprio agli sbocchi dei fiumi alcuni hot spot di inquinamento dovuto ad idrocarburi poliaromatici, policrobifenili, composti organo clorurati e metalli pesanti del calibro di arsenico, piombo, mercurio, nichel e rame, con valori in alcuni casi superiori di ben 400 volte alla soglia consentita;
commentando questi dati, il dottor Mascazzini raccomandava di adottare immediatamente (ad horas) «idonei interventi di messa in sicurezza d'emergenza» e «tutti i provvedimenti ritenuti necessari» per «tutelare la salute della popolazione»;
per quanto riguarda la zona costiera posta alla foce del fosso Lavello, proprio dove sorgerà il nuovo porto turistico apuano, bisogna poi far notare che la situazione di inquinamento riscontrata è stata tale da spingere la provincia di Massa-Carrara ad impegnarsi, a seguito di richiesta del Ministero, ad intervenire con una bonifica mirata che, finanziata dalla regione Toscana per 218 mila euro fin dal 22 dicembre 2009, è partita solo il 19 gennaio 2011, dopo infiniti rinvii e ritardi;

all'inizio l'appalto per i lavori di «Rimozione dei sedimenti contaminati dei fondali marini prospicienti il Sito di Interesse Nazionale di Massa e Carrara» era stato affidato tramite procedura negoziata alla cooperativa La Victor di Massa, operante nel campo delle pulizie e impegnata anche nella gestione del porticciolo turistico sul torrente Versilia;
al momento di stipulare il contratto è però emerso che tale impresa non possedeva l'iscrizione all'albo nazionale dei gestori ambientali, indispensabile per l'esecuzione delle opere in oggetto. Stando le cose in questi termini, la provincia apuana ha dovuto revocare l'incarico a La Victor per conferirlo, sempre tramite procedura negoziata, alla cooperativa Ambiente di Carrara, presieduta dalla dottoressa Patrizia Vianello;
occorre inoltre ricordare che il Sin apuano è molto esteso: 1600 ettari circa e che, oltre la zona industriale e l'area marina antistante la perimetrazione a terra, per un'estensione di circa 3 chilometri al largo della costa, comprende anche il porto commerciale di Marina di Carrara, in cui i controlli effettuati hanno mostrato una contaminazione dovuta principalmente a metalli pesanti, pesticidi clorurati, ed idrocarburi poliaromatici, che dall'interno del bacino portuale si estende anche fuori della sua imboccatura;
ulteriori dubbi derivano poi dal fatto che, secondo la provincia di Massa-Carrara, il progetto conclusivo di bonifica del Sin, a cui la regione Toscana contribuirà con altri 2 milioni di euro, «non prevede una palancolatura fisica» ma la «emungitura della falda» tramite la depurazione «e la successiva reimmissione nel sistema acquifero»;
se la bonifica sarà effettuata davvero senza ricorrere ad alcuna delimitazione con palancolatura la paura è quella che gli inquinanti chimici, costituiti da metalli pesanti ed idrocarburi organoclorurati possano disperdersi liberamente nell'ambiente circostante, contaminando gravemente un ampio tratto di territorio;
il comunicato della provincia sostiene anche che sono già stati stanziati i fondi per la messa in sicurezza della zona e che i singoli soggetti privati, che dispongano di aree nel Sin, sono autorizzati a cercare transazioni particolari, con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che tengano conto della loro specifica situazione all'interno della zona industriale apuana, in modo da poter essere svincolate da altri obblighi e giungere più facilmente alla loro utilizzazione;
le imprese, si dice anche, parteciperanno alla bonifica delle falde, non è chiaro se finanziandola a fondo perduto o come anticipazione sui finanziamenti dello Stato. Si prospetta quindi anche il rischio che le attività di bonifica vengano affidate a privati, interessati soprattutto a far presto e risparmiare;
le suddette aree inquinate, dunque, sono improvvisamente diventate non nocive e la zona industriale apuana è stata dichiarata utilizzabile per le attività produttive da regione Toscana e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la mancanza di attività di disinquinamento;
tutto questo avviene mentre la provincia di Massa-Carrara risulta fra i 44 Sin italiani esposti a rischio da inquinamento. A rilevarlo è stato il progetto «Sentieri» (studio epidemiologico nazionale territori e insediamenti esposti a rischio da inquinamento), a cui hanno lavorato esperti dell'Istituto superiore di sanità, dell'Organizzazione mondiale della sanità e dell'università la Sapienza;
stando al rapporto, presentato a Roma nel corso del convegno «Ambiente e Salute», organizzato dall'Iss dall'11 al 13 aprile 2011, tra il 1995 ed il 2002, in 24 dei 44 Sin, la mortalità totale è stata maggiore di quella media della regione, mentre in 28 sono state le vittime di tumore ad essere più numerose. In pratica gli esperti hanno stimato, nei siti più inquinati, 10 mila morti in più rispetto alla media regionale, circa 1200 all'anno. Secondo le cifre, circa la meta delle morti

(il 43 per cento) è stata causata da tumore, la cui frequenza è aumentata del 3,7 per cento.
a confermare i sospetti più gravi riguardo la mancata bonifica della zona industriale apuana c'è poi la vicenda relativa al nuovo stabilimento industriale che il Nuovo Pignone, società controllata dalla multinazionale americana General Electric, aprirà in viale Zaccagna, nell'area retroportuale di Carrara, su un terreno che si trova proprio all'interno del Sin di Massa-Carrara;
anche nel «Protocollo per lo sviluppo, l'industrializzazione ed il consolidamento occupazionale del Polo Industriale "Nuovo Pignone" di Massa-Carrara», che la giunta comunale carrarese ha approvato all'unanimità il 31 marzo 2011 e che il 5 aprile 2011 è stato firmato ufficialmente a Firenze dal presidente della regione Toscana Enrico Rossi, dagli enti locali interessati e dal Nuovo Pignone può infatti leggere che le recenti conferenze dei servizi tenutesi presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avrebbero «di fatto» già liberato «alcune delle aree interessate dal punto di vista della falda ed in parte dei suoli», nonostante l'accordo di programma tra Ministero, regione ed enti locali per la messa in sicurezza d'emergenza e la bonifica della falda del Sin sia stato firmato solo il 14 marzo 2011;
il protocollo, inoltre, appare assai poco chiaro anche in merito alle effettive attività che il Nuovo Pignone svolgerà a Carrara, parlando solo, molto vagamente, di «assemblaggio e montaggio» di «manufatti di particolare complessità tecnica e dimensioni», come «compressori e generatori», per i quali sono previsti anche «prove e collaudo», per un investimento di 13 milioni di euro;
nel testo del «Protocollo», ad ogni modo, si precisa che prima di poter sviluppare tali attività saranno necessarie al Nuovo Pignone «le autorizzazioni per i nuovi insediamenti» e «la disciplina urbanistica delle aree oggetto degli interventi», su cui il comune di Carrara si impegna ad attuare una variante urbanistica che ne consenta l'uso da terreno di stoccaggio a terreno industriale;
stando le cose in questi termini, viene da chiedersi come abbia potuto il Nuovo Pignone iniziarvi i lavori già diversi mesi prima che fosse approvato il «Protocollo» in cui le istituzioni del territorio si sono impegnate ad agevolare l'insediamento con varianti urbanistiche e rafforzamento delle infrastrutture. Se il documento fosse stato bocciato dalle amministrazioni competenti, la società Nuovo Pignone avrebbe perso tempo e denaro, visto lo stato avanzato a cui sono già arrivati i lavori (costruzione di edifici, asfaltatura di piazzali, posizionamento di un basamento da 500 tonnellate arrivato via mare in data 4 maggio 2011, e altro);
un altro dato preoccupante deriva dal fatto che il «protocollo» prevede che, per consentire le lavorazioni del Nuovo Pignone, l'area interessata, oltre che «da una nuova linea elettrica (100 Mw a 132/220Kv)», venga alimentata anche «da una nuova linea di fornitura di GAS metano», per una quantità di ben 50 mila metri cubi all'ora;
commentando quest'ultimo dato la sezione apuo-lunense dell'associazione Italia Nostra ha lanciato di recente un allarme in merito alla possibile costruzione di una centrale termoelettrica a Carrara da parte del Nuovo Pignone, cui ha fatto subito eco anche un interrogazione da parte del consigliere regionale della Lega Nord Gian Luca Lazzeri al presidente della regione Toscana Enrico Rossi in merito alla stessa eventualità;
c'è poi da far presente che la provincia di Massa-Carrara, già in passato, si è trovata a dover pagare molto caro le conseguenze di scellerate politiche industriali che hanno permesso di installare sul territorio aziende chimiche responsabili di scempi ambientali e che hanno lasciato in eredità agli abitanti un'ampia gamma di malattie oncologiche;

la paura, a giudicare dal pressapochismo e mancanza di chiarezza con cui si sta attuando il nuovo insediamento industriale del Nuovo Pignone ad Avenza, è che si tornino a commettere gli errori del passato. In un territorio ristretto come quello della provincia di Massa-Carrara non si può pensare di sviluppare sia il turismo che l'industria pesante, perché si tratta di un connubio, secondo gli interroganti, irrealizzabile -:
se il Governo, per quanto di sua competenza, non intenda fare chiarezza sulle eventuali irregolarità su condotte non conformi alla legge riscontrabili nella vicenda legata all'improvviso «sblocco» del Sin apuano e se non ritenga opportuno assumere informazioni, per quanto di propria competenza, circa l'insediamento del nuovo stabilimento industriale del Nuovo Pignone a Carrara.
(4-13290)

MARIO PEPE (Misto-R-A). - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come ormai consuetudine sulle strade che attraversano gli Alburni (Salerno) anche le piogge che presentano carattere di moderata intensità e durata sono in grado di produrre guasti al sistema viario e disagi rilevanti all'utenza locale;
il maltempo dei giorni 18-19 settembre ha causato una frana sulla strada statale 166 «degli Alburni» che è stata chiusa al traffico nel tratto compreso tra i comuni di Corleto Monforte e San Rufo; sul posto si sono portate le squadre di pronto intervento dell'Anas e i tecnici del genio civile di Salerno e della regione Campania stanno eseguendo le verifiche sui costoni rocciosi, in particolare quello insistente nel tratto dal chilometro 55 e 150 al chilometro 55 e 300, per programmare le attività di messa in sicurezza. Al momento il traffico viene deviato sulla viabilità comunale;
l'assessore ai lavori pubblici e protezione civile della regione Campania, Edoardo Cosenza, ha dichiarato che il rischio idrogeologico sulla statale 166 è noto, e che nell'accordo di programma quadro sottoscritto mesi fa con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono stati previsti circa 3 milioni di euro per la messa in sicurezza del costoni rocciosi della statale 166; tuttavia, secondo l'assessore «...si tratta di una problematica grave che non può certo risolversi con azioni tampone, servono azioni radicali...»;
la situazione è stata aggravata dagli incendi estivi e probabilmente da tagli arborei poco attenti al rischio idrogeologico dei suoli;
la recente manovra finanziaria ha ridotto drasticamente il finanziamento dell'accordo di programma per la difesa suolo -:
quali provvedimenti intendano adottare i Ministri interrogati al fine di individuare le risorse necessarie per la definitiva messa in sicurezza della strada statale 166 «degli Alburni».
(4-13302)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dallo studio «Sea level change along the Italian coast during the Holocene and projection for the future», pubblicato su Quaternary International emerge che l'innalzamento del livello del Mediterraneo e l'abbassamento geologico della costa minacciano trentatré aree costiere in tutto il Paese che sono destinate ad essere sommerse entro il 2100;
oltre a Venezia (dove il livello del mare potrà aumentare fino a 1,5 metri), in pericolo sembrerebbero essere anche molte aree costiere della Toscana (in particolare, la Versilia, il delta dell'Ombrone e la laguna di Orbetello), dove il livello del

mare potrà aumentare tra i 20 e 143 centimetri, poi, la foce del Tevere, le aree basse pontine sottratte al mare dalle bonifiche del secolo scorso, e la Campania. A rischio vi è anche tutto il delta del Po (si prevede un innalzamento delle acque compreso tra i 31 e i 153 centimetri), alcune aree della Romagna, metà delle spiagge delle Marche e il 60 per cento di quelle dell'Abruzzo. In Puglia a rischio sono Lesina e Manfredonia. Infine, anche la Sardegna è assediata dalla risalita del mare, così come la piana di Catania, dove sono presenti un aeroporto e un porto;
responsabili del fenomeno sono tre, secondo i ricercatori: la risposta del mare dal termine dell'ultimo massimo glaciale; i più recenti cambiamenti nel volume del mare per l'espansione derivante dal riscaldamento delle acque; i movimenti verticali del terreno lungo le coste, inclusa la subsidenza;
se però i ghiacci antartici o della Groenlandia subissero un rapido collasso, come alcuni studiosi sostengono, il giorno X potrebbe essere anticipato. Vanno inoltre considerati gli effetti dei maremoti che, in presenza di una costa molto più bassa, «potrebbero accelerare le conseguenze del run up (la risalita dell'onda)». Da non sottovalutare poi i terremoti marini perché «il Mediterraneo, che occupa l'1 per cento dei mari, non è solo un sistema idrologico vitale per più di 30 milioni di persone che abitano lungo le aree interessate dall'innalzamento delle acque, ma anche una delle zone geologiche più complesse della Terra»;
i rischi che corrono le coste italiane non sono dunque da sottovalutare -:
se, di fronte a questo scenario, il Governo intenda tenere in considerazione gli studi dei ricercatori e avviare una corretta politica di uso e protezione delle coste;
in particolare, se, considerata la situazione in cui versano molte delle pianure costiere italiane, oggi già prossime al livello del mare, presto suscettibili da inondazione marina, si intendano adottare iniziative, e nel caso quali, per fermare gli impatti ambientali degli interventi di costruzione sulle coste.
(4-13307)

TESTO AGGIORNATO AL 27 SETTEMBRE 2011

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

GIULIETTI e BOCCUZZI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
Peppino Impastato, ammazzato dalla mafia, è diventato un simbolo per quanti credono nella lotta per la legalità e contro ogni attività criminale e mafiosa;
l'amministrazione comunale di Cinisi, Palermo, comune nel quale operava Impastato e nel cui territorio fu assassinato, aveva già deciso di realizzare una sorta di museo all'aperto in località Feudi, dove fu eseguito l'omicidio di Peppino;
proprio in questi giorni, il fratello Giovanni e la radio Centopassi, hanno denunciato il rischio che, forse per mancanza di fondi, il progetto possa essere abbandonato e addirittura stravolto sino alla cancellazione «degli ultimi attimi di vita» di Peppino;
migliaia di cittadine e cittadini hanno già sottoscritto una petizione per salvare il progetto originario e per impedire che sia oltraggiata la memoria di un «grande italiano» -:
se e come intenda intervenire per salvaguardare questo patrimonio civile, etico e culturale e quali iniziative, in considerazione del particolare valore simbolico del progetto, intenda assumere per sostenere la realizzazione del progetto originario e che tanti consensi aveva già suscitato.
(5-05400)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il giorno 20 settembre 2011, con il foglio prot. M-DE24244-0019783, è stato avviato l'ennesimo procedimento disciplinare nei confronti del caporal maggiore capo Antonio Mandarino in servizio presso il 1o reggimento bersaglieri;
gli interroganti già con l'atto di sindacato ispettivo n. 4-13147 hanno chiesto chiarimenti su un procedimento disciplinare avviato nei confronti del medesimo militare per motivi che secondo gli interroganti appaiono essere il frutto di una volontà sanzionatoria assolutamente ingiustificata;
nel caso odierno le motivazioni addotte per cercare di sanzionare il militare appaiono ancora più discutibili rispetto al contesto entro il quale l'osservanza della disciplina militare trova le sue ragioni;
nell'atto a firma del capitano Gianfilippo Cambera si legge che «[...] lo scrivente si accorgeva che il C.le Magg. Ca. Antonio Mandarino indossava, al si sopra della maglietta verde oliva d'ordinanza, una catenina probabilmente in oro e portava delle basette eccessivamente lunghe. [...]»;
apprendere dell'esistenza di simili comportamenti discutibili sul piano della legalità e della funzione di comando che dovrebbe caratterizzare ogni ufficiale delle Forze armate, ancor più se investito dell'onere della funzione di «comando», lascia profondamente sconcertati gli interroganti -:
quale sia la lunghezza stabilita per le «basette» dei militari di truppa, del ruolo sottufficiali, degli ufficiali e dei generali;
se vi siano particolari prescrizioni che impediscano di indossare simboli religiosi (catenine del battesimo) e in tale caso quali siano le condizioni e in quali contesti operativi, quali siano i motivi di tale restrizione della libertà individuale;
quali immediati provvedimenti intenda adottare in relazione a quanto descritto in premessa.
(4-13295)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sul settimanale Panorama del 28 settembre 2011 a pagina 33 è pubblicato un breve articolo dal titolo «Guerra di successione al vertice dello stato maggiore»;
nello scritto è citato il nome del generale Domenico Rossi che attualmente e contemporaneamente ricopre svariati incarichi tra i quali si pongono in evidenza per il loro palese contrasto quello di sottocapo di stato maggiore, presidente del consiglio centrale della sezione esercito e presidente del consiglio centrale interforze della rappresentanza militare;
nonostante le «manovre finanziarie aggiuntive» recentemente approvate dal Parlamento abbiano pesantemente inciso sul trattamento economico del personale militare e delle forze di polizia, il consiglio centrale della rappresentanza militare, a differenza delle organizzazioni sindacali delle medesime forze di polizia, ha evitato qualsiasi manifestazione di dissenso;
il generale Rossi è certamente un valido e attento militare, senz'altro meritevole di ricoprire i più elevati e prestigiosi incarichi nell'ambito della Forza armata di appartenenza. Tuttavia agli interroganti appare opportuno che quelli riferiti alla rappresentanza militare, sicuramente di fondamentale importanza per garantire all'istituto rappresentativo una efficace azione di tutela degli interessi collettivi dei militari, anche al fine di fugare eventuali dubbi sull'uso strumentale degli stessi per

favorire talune scelte politiche di vertice che non soddisfino le esigenze prospettate dagli organismi di base, siano affidati ad altro militare che non si trovi ad occupare posizioni di apicali nella compagine militare potendosi identificare nello stesso «parte e controparte» allorché si trovi ad affrontate problematiche che possano investire le sue competenze di vertice -:
se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire per evitare che le legittime aspirazioni di carriera del militare di cui in premessa possano in alcun modo condizionare l'agire degli organismi della rappresentanza militare e quali soluzioni intenda adottare in tal senso.
(4-13297)

TESTO AGGIORNATO AL 28 SETTEMBRE 2011

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ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
gli stanziamenti previsti a favore della legge n. 49 del 1987, in materia di cooperazione allo sviluppo, hanno registrato - come denunciato dagli stessi interpellanti nel mese di maggio 2011 - un trend allarmante negli ultimi 4 anni, passando dai 732 milioni di euro stanziati nel 2007 per l'anno 2008 - ultimo anno del Governo Prodi - fino ai soli 175 milioni di euro stanziati con l'ultima legge finanziaria per l'anno 2011 - ridotti a 158 milioni a marzo 2011 e probabilmente destinati a scendere ben al di sotto dei 100 milioni di euro alla fine al 2014, segnando di fatto la sostanziale fine della cooperazione bilaterale pubblica italiana allo sviluppo;
i dati riportati sono preoccupanti non solo in relazione alla netta caduta quanto ad efficacia ed impatto della cooperazione allo sviluppo bilaterale italiana, ma anche perché incidono in maniera gravissima sul ruolo dell'Italia nell'ambito della cooperazione allo sviluppo portata avanti dall'Unione europea e dal sistema della Nazioni unite, e più in generale sulle politiche di vicinato, nelle quali è interesse e dovere dell'Italia essere impegnata, specie, alla luce degli ultimi avvenimenti, nell'area del Mediterraneo; l'Italia è attualmente solo al 15o posto del sistema ONU di sviluppo, al pari di Belgio e Finlandia, mentre la presenza dei nostri uffici territoriali nei diversi Paesi si è contratta di un quarto, al pari del personale degli esperti negli ultimi 3 anni;
complessivamente, l'Italia con appena lo 0,15 per cento sul PIL per l'aiuto pubblico allo sviluppo è ormai collocata in posizione lontanissima dal raggiungimento di quegli obiettivi fissati nel Consiglio europeo del maggio 2005, che prevedevano il raggiungimento dello 0,51 per cento del PIL entro il 2010 e dello 0,70 per cento entro il 2015, e nell'anno della scadenza del primo di questi obiettivi quantitativi, l'Italia è il Paese responsabile per il 40 per cento del loro mancato raggiungimento, con un ammontare di risorse complessivo destinato all'Aps, in percentuale al PIL, inferiore persino alle risorse impegnate a questo scopo dalla Grecia;
al Consiglio europeo di giugno 2011, il Governo ha ribadito per l'ennesima volta l'intenzione di raggiungere gli obiettivi quantitativi previsti entro il 2015, il che significherebbe quintuplicare l'attuale volume destinato all'aiuto pubblico allo sviluppo; tuttavia, secondo le stime effettuate dalla stessa Commissione europea, la tendenza prevista nei prossimi anni è quella di un'ulteriore riduzione del volume di aiuti;
al di là dell'impegno politico a raggiungere questi livelli, la situazione di morosità del nostro Paese per la cooperazione allo sviluppo nei confronti della comunità internazionale risulta aggravata dalla mancanza di informazioni precise, dettagliate e trasparenti atte a fornire un

quadro chiaro non solo sull'ammontare complessivo di risorse ancora da erogare in virtù di impegni formalmente assunti dall'Italia nelle sedi internazionali - sia con riferimento a banche e fondi di sviluppo, sia con riferimento alle diverse agenzie delle Nazioni Unite, o organizzazioni internazionali di sviluppo come ad esempio il Fondo globale per la lotta all'AIDS, tubercolosi e malaria o la Convenzione per l'aiuto alimentare - ma soprattutto dall'assenza di un quadro chiaro sull'ammontare di risorse che l'Italia si è formalmente impegnata a destinare ad attività di cooperazione allo sviluppo attraverso accordi stipulati con i singoli Paesi extra-comunitari, ad esempio in risposta a crisi umanitarie o a sostegno di processi di ricostruzione;
al di là infatti degli accordi che, ex articolo 80 della Costituzione sono obbligatoriamente sottoposti ad autorizzazione alla ratifica da parte del Parlamento - che sia pur con grande ritardo, prima o poi giungono ad un esame parlamentare -, sussistono un'ampia serie di protocolli, memorandum d'intesa o atti similari, rientranti nella categoria degli accordi in forma semplificata, e in grado di perfezionarsi con la sola firma del Governo, dai quali possono derivare obblighi finanziari dell'Italia in materia di cooperazione allo sviluppo, e che sfuggono ad un esame parlamentare;
la scarsa trasparenza poi del bilancio pubblico in questa materia, a causa della nota separazione tra i Fondi attribuiti ed erogati dal Ministero degli affari esteri, e quelli invece assai più consistenti di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze, rende difficile la compiuta determinazione dell'ammontare di risorse ancora dovuto, dei ritardi nell'effettuare i pagamenti, e dell'esatto ammontare delle risorse da reperire per onorare impegni internazionali sottoscritti, al fine di avere un quadro completo delle obbligazioni finanziarie minime da assolvere per riconquistare una qualche credibilità internazionale -:
quali siano complessivamente, e per singole voci, gli impegni formalmente assunti dall'Italia che risultano in scadenza nell'arco di questa legislatura in materia di cooperazione allo sviluppo, nei confronti di organizzazioni internazionali, agenzie e Fondi di sviluppo ONU, banche e fondi di sviluppo, nonché nei confronti dei singoli Paesi;
in base alle risorse oggi disponibili, quali di questi impegni i Ministri interrogati ritengano che potranno essere assolti.
(2-01210)
«Bersani, Franceschini, Tempestini, Pistelli, Barbi, Maran, Narducci, Mogherini Rebesani».

Interrogazione a risposta in Commissione:

DI GIUSEPPE, MESSINA e ROTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 7, commi 2-bis, 24-ter e 2-quater del decreto-legge n. 70 del 13 maggio 2011, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, stabilisce i termini per il riconoscimento della ruralità degli immobili che non sono stati accatastati in A6 e D10;
la normativa citata specifica che entro il 30 settembre 2011 deve essere inoltrata all'Agenzia del territorio la domanda di variazione catastale degli immobili rurali e che le modalità applicative e la documentazione necessaria ai fini della presentazione della certificazione, nonché ai fini della convalida della certificazione medesima, dovranno essere stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;
la norma intende chiarire la ruralità dei fabbricati abitativi e non abitativi mediante la domanda di variazione della categoria da parte dei soggetti interessati; di fatto offre la possibilità di precisare la

natura dell'immobile allo scopo di porre fine al contenzioso esistente specialmente in materia di ICI;
il Ministro dell'economia e delle finanze ha emanato il decreto attuativo per l'accatastamento degli immobili rurali il 14 settembre 2011 che è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 settembre 2011;
il termine dettato dalla norma per depositare la richiesta rimane comunque il 30 settembre 2011, rimanendo dunque pochissimi giorni, per migliaia di proprietari per predisporre la documentazione necessaria;
dopo mesi di attese, annunci e rinvii, l'accatastamento degli immobili rurali, che sembrava un traguardo si sta trasformando in un incubo per tutti coloro che in una settimana dovrebbero predisporre tale domanda con la relativa documentazione -:
se non ritenga opportuno adottare un'iniziativa normativa urgente al fine di prorogare il termine già citato in premessa a giugno 2012 visti i tempi ristretti dettati dal ritardo del decreto attuativo, per garantire ai tanti proprietari interessati la possibilità di richiedere la variazione catastale del proprio immobile.
(5-05397)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

ANDREA ORLANDO e FERRANTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
gli organi di stampa, in questi giorni, riportano gravissime e preoccupanti notizie riguardanti il procuratore della Repubblica di Bari Antonio Laudati;
stando a quanto riportano gli organi di stampa l'ex pubblico ministero Scelsi ha mosso accuse gravissime al procuratore Laudati. Accuse che gli muoverebbero anche altri magistrati e ufficiali della Guardia di finanza;
la competente procura di Lecce lo ha iscritto nel registro degli indagati per i reati di abuso d'ufficio, favoreggiamento e tentata violenza privata ai danni del pubblico ministero Scelsi;
lo stesso Laudati, il 3 settembre, ha dichiarato: «Pur essendo assolutamente tranquillo per tutto quel che riguarda ogni singolo mio comportamento, ritengo che un Procuratore, se indagato, non possa continuare a svolgere il suo ruolo con la serenità e il dovuto prestigio che deve caratterizzare la sua funzione»;
mentre non si ha ancora notizia delle dimissioni del procuratore, i sottoscritti interroganti nutrono sinceri dubbi sul sereno svolgimento della funzione requirente presso la procura di Bari -:
se non ritenga doveroso, per quanto espresso in premessa, assumere iniziative ispettive secondo quanto previsto dalla legislazione vigente ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza in considerazione della necessità di verificare l'esistenza, presso la procura di Bari, delle condizioni necessarie per il sereno svolgimento delle funzioni requirenti nonché la compatibilità del dottor Antonio Laudati con la funzione dallo stesso attualmente svolta.
(3-01845)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPA, LENZI, VASSALLO e BENAMATI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con riferimento a quanto pubblicato da alcuni quotidiani nella cronaca della città di Bologna, è stata disposta la rimozione della dottoressa Paola Ziccone dalla direzione dell'istituto penale minorile del Pratello, stante l'esito positivo delle ispezioni

predisposte sia prima del 2008 che nelle successive dalla direzione generale del dipartimento giustizia minorile e stante l'assenza di conclusioni negative derivanti da eventuali ispezioni;
a tal riguardo si segnala al contrario il giudizio positivo dell'opinione pubblica che ha sempre considerato il Pratello come un fiore all'occhiello del dipartimento stesso, nonostante le oggettive difficoltà dell'istituto afflitto da carenza di personale (più volte denunciato dai parlamentari bolognesi con interrogazione al Ministero della giustizia) e il protrarsi dell'apertura di un cantiere per i lavori edili richiesti da interventi di ristrutturazione dello stabile sito nel centro di Bologna;
il direttore del centro di giustizia minorile dell'Emilia Romagna, Giuseppe Centomani, il quale, riferendosi alla relazione che nel 2008 aveva valutato positivamente l'operato della dottoressa Ziccone, ha sostenuto che il suo contenuto era stato «messo in discussione dal successivo capo di Dipartimento sia nella forma che nel contenuto» e che la stessa relazione è invece risultata, ad una nuova analisi, «ampiamente destituita di fondamento» rappresentando il prodotto di una «attività ostile alla direzione dei centri fatta da parte del vecchio capo di Dipartimento in accordo con ambienti collegati politicamente alla vecchia direzione dell'Istituto»;
secondo quanto diffuso dall'agenzia di stampa Dire nell'aprile 2011, cioè nel periodo di tempo che ha preceduto la decisione di trasferire ad altro incarico la dottoressa Ziccone, si registravano in Istituto «contrasti e incompatibilità ambientali» tra i dirigenti, la stessa Ziccone e Centomani -:
se sia noto e se corrisponda al vero quanto riportato in premessa;
quali siano le ragioni che hanno determinato la rimozione della dottoressa Ziccone dalla direzione dell'istituto penale minorile di Pratello.
(4-13298)

REALACCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo «Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari» prevede la riduzione degli uffici del giudice di pace dislocati in sede diversa da quella circondariale;
le nuove norme stabiliscono infatti che i comuni, o le unione intercomunali, che vorranno mantenere un presidio dell'amministrazione giudiziaria «di pace» presso il loro territorio, come si legge alla lettera «o» dell'articolo 1, comma 2, dovranno interamente provvedere al suo mantenimento sia dal punto di vista delle strutture sia per quanto riguarda l'organico;
gli enti locali, ed in particolar modo i piccoli comuni, rischiano perciò di subire un colpo letale a tutto il sistema di servizi erogabili dalle loro amministrazioni;
si assiste in effetti ad un ampliamento della platea delle competenze e ad un proporzionalmente inverso taglio dei trasferimenti. Ci si troverà per quanto detto a dover optare, ad esempio, se tenere in vita un asilo nido, un servizio sociale dedicato agli anziani oppure il servizio della magistratura onoraria o «di pace» che si è dimostrato di grande utilità per dirimere una grande mole di controversie dalla data di sua introduzione nel sistema giudiziario italiano;
in particolare in provincia di Pisa, come si apprende da un articolo pubblicato dal Tirreno il 23 settembre 2011, la situazione appare quanto mai delicata. Nelle 4 sedi provinciali, oltre a Pisa, di Cascina, Pontedera, San Miniato e Volterra vengono affrontate ogni anno migliaia di cause che altrimenti finirebbero nei tribunali. I contenziosi ancora aperti constano per: Cascina di 1.000 cause civili e circa 100 penali, Pontedera rispettivamente

3.000 civili e 200 penali, San Miniato 1.400 civili e circa 100 quelle penali; infine Volterra, dove un giudice è condiviso con la sede di San Miniato si arriva a 150 civili e circa 100 di carattere penale. Numeri che testimoniano l'estrema importanza del servizio che perdendo, per effetto delle nuove norme, il carattere di capillarità e di vicinanza ai cittadini, perderà la sua reale utilità -:
se il Ministro interrogato non intenda verificare per tramite degli uffici territoriali competenti la reale efficacia, anche in termini di risparmio globale di spesa del «capitolo Giustizia», delle norme previste dal decreto-legge n. 138 del 2011 e l'effettiva capacità degli enti locali di sostenere, sopperendo così al dipartimento centrale della giustizia, il servizio dell'amministrazione giudiziaria;
se non intenda altresì prevedere in seno al Ministero della giustizia una task force che verifichi l'impatto sull'organizzazione degli uffici giudiziari e sull'aumento prevedibile delle cause pendenti.
(4-13304)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
su Ristretti Orizzonti del 23 settembre 2011, Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione «Socialismo Diritti Riforme», ha richiamato il testo dell'ordinanza inviata dal tribunale di sorveglianza di Perugia al responsabile della direzione generale detenuti e trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nella quale si invita quest'ultimo «ad adottare ogni provvedimento amministrativo necessario a tutelare l'esigenza di regolare svolgimento di colloqui con i propri familiari rappresentata da Mario Trudu»;
Mario Trudu, ergastolano di Arzana, in carcere dal 1987, nello scorso mese di maggio aveva infatti presentato una domanda per ottenere un breve permesso per fare visita alla sorella, residente in Sardegna che non vede dal 2004 in quanto la donna, per motivi di salute, non è in condizione di affrontare un così lungo viaggio. Il magistrato di sorveglianza di Spoleto aveva però rigettato la domanda in quanto la possibilità di fruire dei cosiddetti permessi di necessità è riservata a «eventi familiari di particolare gravità»;
l'uomo, che da anni lotta per il riconoscimento dei diritti, non si è perso d'animo e ha presentato reclamo contro la decisione del magistrato di sorveglianza. Il Tribunale, riunito in camera di consiglio, non accogliendo la richiesta ha tuttavia sottolineato quanto segue: «L'ordinamento prescrive in tema di trasferimenti di detenuti che si debba favorire il criterio di destinare le persone in espiazione di pena in Istituti prossimi alla residenza delle rispettive famiglie», in sostanza affermando che la territorialità della pena è un principio che deve essere sempre tenuto in considerazione e che qualora non possa essere rispettato deve essere consentito alla persona privata della libertà di disporre di periodi di avvicinamento alla famiglia per poter effettuare i colloqui con i parenti;
sulla vicenda Maria Grazia Caligaris ha dichiarato: «In tempi nei quali i diritti dei cittadini detenuti sono scarsamente rispettati questa ordinanza, che segnala al Dap la situazione di Trudu affinché adotti conseguenti provvedimenti amministrativi, riapre uno spiraglio di giustizia verso chi sconta una pena in penitenziari distanti dagli affetti familiari. Un ulteriore chiarimento sul significato di norme esistenti e una rinnovata opportunità per tanti sardi che, spesso impossibilitati a raggiungere i parenti reclusi anche per motivi economici, hanno comunque il diritto di riabbracciarli»;
la territorialità della pena sancita dalla legge sull'ordinamento penitenziario è un principio inderogabile. Vige per tutelare il diritto del cittadino privato della libertà di mantenere i rapporti affettivi con i familiari. Se esistono ragioni per le

quali non è possibile rispettarla pienamente deve tuttavia essere consentito al detenuto di fruire di trasferimenti temporanei per rinsaldare i legami con i parenti -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di rendere effettivo per il detenuto in questione il rispetto del principio della territorialità della pena in modo da poter garantire allo stesso il diritto di poter svolgere regolari colloqui con i propri familiari;
se ed in che modo intenda dare piena attuazione all'ordinanza emessa dal tribunale di sorveglianza di Perugia citata in premessa.
(4-13309)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano l'Unione Sarda del 13 settembre 2011 da un anno agli agenti penitenziari del carcere Buoncammino di Cagliari non vengono pagate le missioni mentre il contratto di categoria stabilisce che il pagamento debba avvenire entro i 30 giorni successivi l'espletamento della missione. Sul problema ha preso posizione la segreteria provinciale della Uil-pa penitenziari annunciando ricorsi all'autorità giudiziaria;
secondo quanto riferito da Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione Socialismo Diritti Riforme, «le somme destinate alle missioni degli ultimi mesi per Buoncammino sono state quasi interamente utilizzate per il pagamento degli anticipi al personale del Provveditorato in servizio di scorta e tutela alle autorità del Dipartimento venute in vacanza in Sardegna»;
a giudizio della prima firmataria del presente atto, in un momento di così grave crisi economica è indispensabile garantire il dovuto a chi lavora. Il mancato riconoscimento delle missioni è un aspetto che agisce negativamente sul personale peraltro molto provato dal sovraffollamento e dalla pesantezza dei turni di servizio in un istituto dove mancano non meno di 70 agenti -:
se sia vero quanto esposto in premessa, in particolare se corrisponda al vero il fatto che le somme destinate alle missioni degli ultimi mesi per Buoncammino siano state quasi interamente utilizzate per il pagamento degli anticipi al personale del provveditorato in servizio di scorta e tutela alle autorità del dipartimento venute in vacanza in Sardegna;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di garantire il tempestivo e puntuale pagamento delle missioni agli agenti penitenziari del carcere di Buoncammino.
(4-13310)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa si apprende del suicidio per impiccagione avvenuto nel carcere di Como il 22 settembre scorso del quarantaquattrenne cittadino serbo Vitomir Bajic;
che si tratti di suicidio non è convinto il suo avvocato difensore Borivoje Borovic che sulla Gazzetta di Como del 24 settembre dichiara: «Denunceremo le autorità italiane. Il mio cliente non aveva alcun motivo per togliersi la vita. Semmai qualcuno dovrà spiegarci come fosse possibile che si trovasse in cella con un membro della stessa organizzazione»;
sempre sulla Gazzetta di Como del 24 settembre si legge: «Arrestato proprio in Montenegro dall'Interpol lo scorso mese di marzo in quanto sospetto membro di una organizzazione internazionale che importava cocaina dal Sud America all'Europa, Bajic avrebbe dovuto presentarsi, mercoledì prossimo, ai magistrati della Dda di Milano, che indagavano, e indagano, sull'attività del suo giro. L'avvocato sostiene

che mai il suo cliente si sarebbe tolto la vita: «Era tranquillo, sicuro che mercoledì lo avrebbero rimesso in libertà. Non aveva problemi economici né di altro tipo». Sempre secondo il suo legale, però, era stato chiuso in cella con un coindagato, tale Srpko Klisura, circostanza che a detta dell'avvocato meriterebbe di essere approfondita. Borovic era stato trovato morto attorno alle 11 del mattino: aveva atteso che i suoi compagni di cella uscissero per l'ora d'aria poi si era impiccato con la cintura di un accappatoio. Questo, almeno, è quello che risulta agli atti della Procura. Il PM Giuseppe Rose ha disposto un esame autoptico, per sgomberare il campo dai sospetti. La cella era in ordine, senza segni di violenza o di colluttazione. Ma avvocato e familiari insistono: "Non c'era motivo per cui dovesse togliersi la vita. Siamo convinti che dietro ci sia dell'altro. Denunceremo le autorità italiane". È probabile che nei prossimi giorni vengano sentiti anche i suoi compagni di cella»;
che Bajic non fosse un «pesce piccolo» lo si apprende dall'osservatorio permanente delle morti in carcere (Radicali Italiani, Associazione «Il detenuto ignoto», Associazione «Antigone», Associazione A buon diritto, redazione «Radiocarcere», redazione «Ristretti Orizzonti») che il 24 settembre riprendeva una notizia del giornale online Etleboro del 20 novembre 2010 in cui si leggeva che Vitomir Bajic era stato nelle forze speciali della polizia serba e dopo la caduta di Milosevic sarebbe diventato guardia del corpo di Darko Saric, a capo con il fratello Dusko di un «cartello» di narcotrafficanti capace di trasferire ingenti carichi di droga dal Sud America al Montenegro (dell'ottobre 2009 il sequestro di 20 quintali di cocaina in partenza da un porto uruguaiano);
sempre l'Osservatorio permanente delle morti in carcere, riprende dall'Agenzia Balcani 2011 gli estremi dell'arresto: Bajic fu arrestato a Budva (Montenegro) nel novembre 2010, sulla base del mandato d'arresto Interpol emesso dall'Italia, e successivamente estradato nel nostro Paese a marzo 2011 -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se corrisponda al vero che Vitomir Bajic si trovasse in cella nel carcere di Como con altro (o altri) coindagati e, se vero, quali ne siano state le ragioni;
nel caso in cui i coindagati fossero stati messi appositamente nella stessa cella per disposizione dei magistrati al fine di eseguire intercettazioni ambientali utili alle indagini, se tali intercettazioni siano state messe al sicuro e consegnate all'autorità giudiziaria;
nel rispetto e indipendentemente dalla inchiesta avviata dalla magistratura quali siano gli intendimenti del Governo e quali siano gli esiti, allo stato, dell'inchiesta avviata nell'ambito dell'amministrazione penitenziaria al fine di accertare modalità ed eventuali responsabilità in ordine al suicidio di Vitomir Bajic.
(4-13311)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa AGI, un detenuto del carcere di Montacuto di Ancona, Eugenio Riccio, 46enne e di origini campane, in cella per scontare una pena per reati associativi, è morto in carcere nella tarda notte di venerdì 23 settembre 2011 dopo aver accusato un malore la mattina del giorno stesso;
l'uomo, cardiopatico, da 11 giorni faceva lo sciopero della fame. Soccorso dagli uomini della polizia penitenziaria che hanno subito avvisato il 118, Riccio è accompagnato in ambulanza al pronto soccorso dell'ospedale regionale di Torrette

per le visite e gli accertamenti del caso a seguito dei quali è stato dimesso poche ore più tardi. Nella notte, il detenuto ha però accusato ancora un malore che, questa volta, gli è stato fatale. Ad uccidere l'uomo è stato probabilmente un infarto; le condizioni di salute di Eugenio Riccio erano precarie e lo sciopero della fame lo aveva ulteriormente debilitato, tanto è vero che anche nei giorni scorsi l'uomo era dovuto ricorrere alle cure mediche del personale di Torrette, sempre per problemi di natura cardiaca. Per questo motivo il pubblico ministero Rosario Lioniello non ha disposto l'autopsia essendo considerata la morte di Riccio come di origine naturale;
secondo il dossier «morire di carcere» di Ristretti Orizzonti nel carcere di Ancona Montacuto il 25 marzo 2011 è morto per malattia Giacomo Fabiani di 31 anni, il 22 ottobre 2010 si è suicidato Alberto Grande di 22 anni e il 25 settembre 2010 si è suicidato Ajoub Ghaz di 26 anni;
sulle drammatiche condizioni detentive del carcere di Montacuto, verificate anche in occasione della visita effettuata con il leader radicale Marco Pannella il 20 giugno 2011, la prima firmataria del presente atto ha presentato diverse interrogazioni che non hanno ricevuto risposta;
in occasione della visita del 20 giugno con l'onorevole Marco Pannella diversi detenuti hanno rappresentato all'interrogante lo stato di disagio nei rapporti con l'amministrazione dell'istituto per aver aderito allo sciopero della fame promosso dai radicali -:
se nel carcere di Montacuto di Ancona siano garantiti i livelli essenziali di assistenza sanitaria;
se sia noto quali fossero le cause della malattia del detenuto e a quali terapie il detenuto fosse sottoposto e per quali motivi il detenuto sia stato dimesso dall'ospedale regionale di Torrette;
se i Ministri interrogati non ritengano necessario avviare ispezioni e verifiche in merito alle cause che hanno provocato il decesso di Eugenio Riccio e se non intendano avviare una indagine amministrativa interna al fine di verificare l'esistenza di eventuale profili di responsabilità disciplinare in capo al personale;
se si intenda verificare la sussistenza di eventuali comportamenti di ostilità dell'amministrazione del carcere di Ancona nei confronti dei detenuti che intraprendono l'iniziativa nonviolenta di sciopero della fame per denunciare le drammatiche condizioni di detenzione.
(4-13312)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano La Sicilia del 22 settembre 2011 Antonino Santapaola, fratello del capomafia ergastolano Benedetto detto «Nitto», detenuto da oltre 11 anni e da qualche anno anche in regime di 41-bis, è «affetto da una grave sindrome psico-organica ingravescente, con manifestazioni cliniche di demenza e disturbi correlati del comportamento», e per questo quattro processi in cui è imputato sono stati sospesi;
secondo i medici «Antonino Santapaola non può essere considerato come persona socialmente pericolosa e le sue condizioni di salute non possono essere considerate compatibili con un regime carcerario duro e nemmeno con un regime carcerario ordinario» -:
quali iniziative di competenza intendano assumere, negli ambiti di rispettiva competenza, al fine di garantire il diritto alla salute di Antonino Santapaola;
se, alla luce della perizia medico-legale, il Ministro competente non intenda revocare il 41-bis nei confronti del detenuto Antonino Santapaola per motivi di salute.
(4-13313)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 22 settembre 2011, sul sito della polizia penitenziaria, e apparso un articolo a firma «Il Conte di Montecristo» nel quale è dato leggere che nella sede del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, all'interno di un locale grande circa 40 metri quadri, è stata innalzata una cappella con pregiate lastre di marmo e dotata di mobili;
secondo l'estensore dell'articolo l'opera sarebbe costata al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria circa 100 mila euro;
a giudizio della prima firmataria del presente atto non si comprende come l'Amministrazione possa aver deciso di destinare una somma così elevata per la costruzione di un'opera non certo indispensabile, per di più in un periodo in cui le risorse per i nostri istituti di pena sono gravemente deficitarie e in cui mancano i fondi perfino per provvedere alla manutenzione ordinaria delle carceri e al pagamento degli stipendi e degli straordinari degli appartenenti al corpo della polizia penitenziaria -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
a quanto ammonti il costo della realizzazione della cappella all'interno della sede del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
(4-13314)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in un articolo apparso su La Gazzetta del Sud del 23 settembre 2011, intitolato: «In cella sto perdendo la vista e non vengo curato in maniera adeguata», è dato leggere quanto segue: «La fine del mio calvario non è più lontanissima posto che nei primi mesi del nuovo anno avrò terminato di espiare la pena, ma tanti, troppi altri si trovano nella medesima tragica situazione (in più casi anche peggiori) e sono destinati a restarci per lungo tempo». Si conclude così la lettera del detenuto 46enne Sebastiano Destro, il quale sta scontando nel carcere di Gazzi una condanna definitiva ad 8 anni per traffico di sostanze stupefacenti. Una lettera che lancia ancora una volta l'allarme sulla gravissima situazione che si vive all'interno della struttura penitenziaria: «Scrivo la presente al fine di esporre la situazione di assoluta invivibilità che permane ormai da troppo tempo all'interno del carcere. La mia vicenda - scrive Destro -, è pari al quella di moltissimi altri detenuti che, sottoposti al massimo regime detentivo, chiedono soltanto di poter espiare la pena nel rispetto dei principali diritti e soprattutto senza pregiudizio alla salute e con trattamenti non contrari al senso di umanità». Destro, che in questa vicenda è assistito dall'avvocato Nunzio Rosso, racconta che soffre di una grave patologia agli occhi «con sensibile e repentina riduzione della vista (6/10 all'occhio destro; 1/20 all'occhio sinistro)» e con «andamento cronico evolutivo, con possibili repentini peggioramenti», motivo per cui ha «la assoluta necessità di continuo, programmato e puntuale monitoraggio, oltre la somministrazione, parimenti continua e puntuale di terapia altamente specialistica». Fino al passaggio in giudicato della sentenza è rimasto ai domiciliari a Catania e dal 23 gennaio di quest'anno è tornano in carcere, ma a Messina;
in cella «le condizioni di salute risultano incompatibili con la detenzione e non si rivelano idonei i trattamenti disponibili e le terapie curative, come dimostrato anche dal peggioramento delle condizioni di salute dal momento del ripristino della detenzione carceraria». In carcere «trascorrono mesi per poter tentare di fruire di visite specialistiche esterne... e addirittura da ultimo non è mai stato eseguito il ricovero presso il Policlinico

richiesto parecchio tempo addietro dagli stessi sanitari del carcere "per mancato riscontro delle strutture"»;
l'illegalità delle condizioni di detenzione nel carcere di Gazzi/Messina sono state oggetto di due interrogazioni parlamentari presentate a seguito di due visite ispettive della prima firmataria del presente atto -:
se quanto contenuto nella citata lettera corrisponda a verità;
in caso affermativo quali provvedimenti si intendano adottare e sollecitare perché all'autore della lettera sia assicurato e garantito l'elementare diritto alla salute e in particolare affinché allo stesso sia data la possibilità di curarsi la vista;
cosa intenda fare il Ministro della giustizia per far rientrare nella legalità costituzionale e ordinamentale il carcere di Messina Gazzi.
(4-13315)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

META. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 4 luglio 2011 sono stati transennati senza preavviso dal personale della società Adr-Aeroporti di Roma tutti gli stalli liberi per il parcheggio delle autovetture nei pressi dell'Aeroporto internazionale di Roma «Leonardo da Vinci», allarmando i lavoratori aeroportuali visto che sono stati privati dell'unica area per parcheggiare la propria vettura senza dover pagare una tariffa;
in seguito alla chiusura del parcheggio gratuito i lavoratori aeroportuali hanno a disposizione solamente aree di sosta a pagamento che creano un aggravio di costi a loro carico ingiustificabili;
risulta ancora in vigore un'ordinanza n. 11 del 1994 del Ministero dei trasporti e della navigazione (direzione circoscrizione aeroportuale Roma-Fiumicino) tuttora in vigore che ordina alla Società Aeroporti di Roma di «garantire parcheggi liberi gratuiti per un numero complessivo di stalli pari a circa 1.500 unità», indicando le relative aree dell'aeroporto ove ubicare i parcheggi -:
se il Ministro sia a conoscenza della decisione di Adr s.p.a. di recintare le aree di sosta gratuite a disposizione dei lavoratori e se non ritenga che ponendo in essere questo genere di scelte la società Adr violi l'ordinanza n. 11 del 1994 del Ministero dei trasporti;
se la decisione di Adr di recintare l'area per i parcheggi gratuiti sia dovuta ad una riorganizzazione e miglioramento delle aree di parcheggio aeroportuali;
se non ritenga che Adr avrebbe dovuto individuare aree alternative di parcheggio per i lavoratori vista la recinzione di quella gratuita;
se e quali iniziative intenda adottare per quanto di competenza il Ministro per ripristinare i parcheggi dei lavoratori che stanno subendo disagi notevoli in queste settimane.
(4-13292)

VELO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, con il comma 10-bis dell'articolo 36 ha modificato l'articolo 23 del decreto legislativo n. 285 del 1992 (codice della strada), disponendo l'incremento della sanzione amministrativa pecuniaria per il mancato rispetto delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione alla collocazione di cartelli e altri mezzi pubblicitari lungo le strade o in vista di esse;
tale sanzione, prima stabilita dal codice della strada in misura variabile da un

minimo di 159 a un massimo di 639 euro, è stata elevata a 1.376,55 euro nella soglia minima e a 13.765,50 euro nel limite massimo;
è stata inoltre disposta la responsabilità solidale del soggetto pubblicizzato con il contravventore;
l'articolo 23 del decreto legislativo n. 285 del 1992 (codice della strada) consente la collocazione di cartelli e altri mezzi pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni contenute nello stesso articolo 23 e nel regolamento di attuazione del codice della strada, e a condizione che tale collocazione sia autorizzata dal proprietario della strada;
sino alla modifica introdotta dal decreto-legge n. 98 del 2011, articolo 36, comma 10-bis, il codice della strada prevedeva una sanzione amministrativa pecuniaria da 398 a 1.596 euro per la violazione dell'articolo 23 del codice medesimo e del relativo regolamento di attuazione (comma 11) - che dettano importanti disposizioni per evitare che la pubblicità sulle strade o sui veicoli possa generare pericolo, impedimento o ostacolo alla circolazione - e una sanzione amministrativa pecuniaria da 159 a 639 euro - e quindi di minore importo - per chi non avesse osservato le prescrizioni indicate nell'autorizzazione rilasciata dal proprietario della strada;
la modifica introdotta dal decreto-legge n. 98 del 2011 interviene su quest'ultima disposizione, e quindi prevede una sanzione molto elevata per chi non osserva le prescrizioni indicate nella autorizzazione amministrativa e una sanzione di importo molto meno elevato (pagamento di una somma da euro 398 a euro 1.596) per chi viola le disposizioni dell'articolo 23 e del regolamento di attuazione, di grande rilievo per la sicurezza della circolazione;
paradossalmente, viene in tal modo sanzionata in modo molto meno severo la collocazione abusiva di un cartello anche in grave pregiudizio alla sicurezza stradale (multa da euro 398,00 a euro 1.596,00) piuttosto che la violazione delle prescrizioni indicate nell'autorizzazione rilasciata dal proprietario della strada sicché, per la collocazione di un cartello a metri 2,80 dal ciglio stradale invece che a metri 3,00 (collocazione autorizzata dopo estenuante iter burocratico) può essere comminata una multa da euro 1.376,55 a euro 13.765,50;
si favorisce così la collocazione dei cartelli abusivi, violazione che espone ad una multa contenuta, piuttosto che la collocazione di un cartello regolarmente autorizzato, per il quale si rischia, con la modifica approvata, una multa molto salata per aver violato l'autorizzazione amministrativa -:
se intenda assumere iniziative, anche di carattere normativa, per rivedere la disciplina di tali sanzioni, prevedendo in questo quadro, in via transitoria, e per evitare un'applicazione distorsiva del codice della strada e un inutile e costoso contenzioso, l'applicazione da parte delle amministrazioni competenti delle sanzioni vigenti prima dell'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 98 del 2011.
(4-13303)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

TOUADI e GARAVINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la direzione investigativa antimafia nella relazione del secondo semestre del 2010 al Parlamento segnalava l'operatività di gruppi misti criminali associabili alle mafie tradizionali mentre la precedente

relazione semestrale segnalava l'attività del clan Triassi, diramazione del clan siciliano dei Cuntrera Caruana;
a più riprese la Direzione distrettuale antimafia di Roma ha coordinato inchieste nei confronti di sodalizi criminali dediti al narcotraffico guidati dal noto pregiudicato di Ostia Carmine Fasciani esponente di spicco della malavita organizzata locale;
dal 2007 al 2011 nel municipio di Ostia si sono verificati numerosi attentati ai danni di stabilimenti ed esercizi commerciali;
nella notte del 1o gennaio del 2007 bruciava il ristorante annesso allo stabilimento balneare Med;
il 18 luglio del 2007 veniva incendiato lo stabilimento balneare dell'Happy Surf;
il 18 marzo del 2009 veniva bruciato un magazzino del Buca Beach;
il 22 novembre 2009 il chiosco dello stabilimento balneare Punto Ovest;
il 19 luglio del 2010 venivano distrutti da fiamme dolose centinaia di lettini e ombrelloni dello stabilimento balneare Punto Ovest;
il 14 maggio del 2010 veniva bruciata la veranda del Caffè Salerno;
il 3 gennaio del 2011 bruciavano tre casotti dello stabilimento Anima e Core;
l'11 aprile del 2011 veniva distrutto da un grave incendio il chiosco Blanco;
la notte tra il 27 e 28 luglio del 2011 subivano un grave incendio doloso la discoteca Kristal e il ristorante Villa Irma;
verso le 4 di mattina del 29 luglio 2011 esplodeva una bomba contro la saracinesca della pizzeria Pronto Pizza -:
se il Ministro sia al corrente di questi fatti, se intenda verificare quali iniziative siano state avviate dalla squadra mobile di Roma, dal raggruppamento operativo speciale dei carabinieri, dal centro operativo della direzione investigativa antimafia per contrastare questi gravi fatti chiaramente indicativi di una attività della criminalità organizzata, se, infine, intenda attivare il commissariato per la lotta al racket e all'usura.
(4-13291)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato sul giornale Metropoli nelle pagine su Castellammare di Stabia del 24 settembre 2011, si legge che, all'ospedale San Leonardo nella tarda serata di venerdì 23 settembre si è verificato un black out, senza riuscire a far partire il gruppo elettrogeno che dovrebbe garantire una fornitura costante di energia elettrica;
si è così creata una situazione tale per cui per un'ora, i pazienti sono rimasti al buio e i medici erano impossibilitati ad intervenire su qualsiasi tipo di emergenza che fortunatamente non si è verificata, così come non erano in corso interventi chirurgici;
il blocco di corrente ha riguardato tutti i reparti - compreso il 118 che serve non solo Castellammare ma l'intero comprensorio che ricade nella competenza dell'ospedale - fatto salvo quello di rianimazione, dove si trovavano i pazienti più gravi;
sul posto sono intervenuti polizia e vigili del fuoco e solo dopo l'arrivo di una pattuglia del commissariato, il gruppo elettrogeno ha ripreso a funzionare;
il corretto funzionamento degli impianti di emergenza ed il controllo periodico dei medesimi, dovrebbe essere oggetto di verifiche e controlli per evitare casi come quello descritto -:
di quali ulteriori informazioni disponga il Governo in merito al grave fatto verificatosi presso l'ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia e quali

iniziative, anche normative, di propria competenza, intenda promuovere per evitare il ripetersi di fatti analoghi.
(4-13306)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da un lancio dell'agenzia AGENPARL del 23 settembre 2011 si apprende che, secondo quanto denunciano dei sindacalisti della Fp-Cgil-Cfs, Stefano Citarelli e Corrado Bortoli, con riferimento al Sottosegretario alle politiche agricole alimentari e forestali (senza deleghe al Corpo forestale dello Stato), «presso il comando regionale del Corpo Forestale Piemonte è stato creato un sistema di agevolazioni e tutele per il Sottosegretario, senza che in realtà le organizzazioni sindacali siano state rese edotte sulle reali motivazioni per cui uomini e mezzi vengono stornati dalle attività primarie per servizi non essenziali»;
in particolare si legge che il comando regionale del Corpo Forestale Piemonte dello Stato Piemonte, oltre ad aver destinato un ufficio di «rappresentanza» presso la sede di corso G. Ferraris 2, assegna ordinariamente personale e automezzi (con relativo carburante) e prevede l'uso della reperibilità per le unità impiegate come autisti e accompagnatori;
l'ispettorato generale, interpellato in merito, ha giustificato tale servizio come rientrante in attività di «protezione e vigilanza» così come indicato dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 83 del 2002, norma che tuttavia è stata emanata per tutelare personalità a grave rischio, per le quali a seguito di un decreto del Ministero dell'interno viene assegnata una «scorta» a tutela della loro incolumità;
nella complessiva difficile situazione che sta attraversando il Paese, il Corpo Forestale dello Stato Piemonte vive un periodo di drammatico fabbisogno finanziario e anche di dotazioni organiche e strumentali e vede distratte risorse per finalità non pienamente chiarite, senza che neppure il personale del Corpo Forestale dello Stato Piemonte sappia quale tipo di pericolo corra il Sottosegretario e quindi che tipo di rischio corra lo stesso personale Corpo Forestale dello Stato messo a disposizione del Sottosegretario -:
se il Sottosegretario sia destinatario di un provvedimento che dispone ufficialmente un servizio di «protezione e vigilanza» (ai sensi del decreto-legge n. 83 del 2002);
per quale motivo e quali siano e a quanto ammontino le risorse economiche destinate al suo servizio;
se si ritenga di assegnare ulteriori vice ispettori (solo quattro in Piemonte su 183), evitando l'estinzione di tale ruolo in intere province piemontesi.
(4-13316)

DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
i sindacalisti della Fp-Cgil-Cfs, Stefano Citarelli e Corrado Bortoli, in un comunicato stampa, ripreso dall'agenzia giornalistica Agenparl, denunciano che «presso il Comando Regionale del Corpo Forestale Piemonte è stato creato un sistema di agevolazioni e tutele per il Sottosegretario del Ministero delle Politiche Agricole, On. Roberto Rosso, per cui uomini e mezzi vengono stornati dalle attività primarie per servizi non essenziali»;
Citarelli e Bortoli precisano che tutto ciò è avvenuto senza che le organizzazioni sindacali fossero state rese edotte sulle reali motivazioni che hanno portato a tali scelte;
nella nota del sindacato si legge che il Comando Regionale del CFS Piemonte, avrebbe assegnato ordinariamente personale

e automezzi, prevedendo l'uso della reperibilità per le unità impiegate come autisti e accompagnatori;
questa gestione di mezzi e di personale genera dei costi aggiuntivi per il CFS Piemonte; tali costi sono da ritenersi quantomeno inopportuni, soprattutto in una fase delicatissima, come quella che stiamo vivendo in Italia, di forte crisi economica al limite della recessione;
sempre secondo la nota sindacale, l'ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato, interpellato in merito, avrebbe giustificato tale servizio come rientrante in attività di protezione e vigilanza così come indicato dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 83 del 2002;
come è noto, la succitata norma si riferisce alla tutela di «personalità a grave rischio», per le quali, a seguito di un decreto del Ministero dell'interno, viene assegnata una scorta di polizia a tutela della loro incolumità;
per quanto è dato sapere il Sottosegretario al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, onorevole Roberto Rosso, ad oggi non è destinatario di scorta ai sensi dell'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 83 del 2002 -:
se il Governo sia a conoscenza di tale gestione del personale e dei mezzi del Corpo forestale dello Stato Piemonte;
se è quali provvedimenti il Governo intenda adottare per verificare lo stato delle cose e dei costi effettivi di questi servizi non essenziali;
se il Sottosegretario al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, onorevole Roberto Rosso sia ufficialmente destinatario di un servizio di scorta ai sensi dell'articolo 2, comma 6, del decreto legge n. 83 del 2002.
(4-13317)

DI PIETRO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con propria deliberazione il Consiglio dei ministri del 28 luglio 2011 ha approvato il decreto legislativo n. 149 recante «Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42»;
l'articolo 2 di tale decreto dispone in merito alla responsabilità politica del presidente della giunta regionale quanto segue: «1. La fattispecie di grave dissesto finanziario, con riferimento al disavanzo sanitario, si verifica in una regione assoggettata a piano di rientro ai sensi dell'articolo 2, comma 77, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, al verificarsi congiuntamente delle seguenti condizioni: a) il presidente della giunta regionale, nominato Commissario ad acta ai sensi dell'articolo 2, rispettivamente commi 79 e 83, della citata legge n. 191 del 2009, non abbia adempiuto, in tutto o in parte, all'obbligo di redazione del piano di rientro o agli obblighi operativi, anche temporali, derivanti dal piano stesso; b) si riscontri, in sede di verifica annuale, ai sensi dell'articolo 2, comma 81, della citata legge n. 191 del 2009, il mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro, con conseguente perdurare del disavanzo sanitario oltre la misura consentita dal piano medesimo o suo aggravamento; c) sia stato adottato per due esercizi consecutivi, in presenza del mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro e del conseguente incremento delle aliquote fiscali di cui all'articolo 2, comma 86, della citata legge n. 191 del 2009, un ulteriore incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale all'Irpef al livello massimo previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68.»;
il medesimo articolo prevede tra l'altro che: «2. Il grave dissesto finanziario di cui al comma 1 costituisce grave violazione di legge e in tal caso con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 126, comma primo, della Costituzione, sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale nonché la rimozione del Presidente della Giunta regionale per responsabilità politica nel proprio mandato di amministrazione della regione, ove

sia accertata dalla Corte dei conti la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1 e la loro riconduzione alla diretta responsabilità, con dolo o colpa grave del Presidente della Giunta regionale. Il decreto del Presidente della Repubblica è adottato previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previo parere conforme della Commissione parlamentare per le questioni regionali espresso a maggioranza di due terzi dei componenti. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale interessato;
3. Il Presidente rimosso ai sensi del comma 2 è incandidabile alle cariche elettive a livello locale, regionale, nazionale ed europeo per un periodo di tempo di dieci anni. Il Presidente rimosso non può essere nominato quale componente di alcun organo o carica di governo degli enti locali, delle regioni, dello Stato e dell'Unione europea per un periodo di tempo di dieci anni»;
tale decreto è stato pubblicato, con grave ed inspiegabile ritardo rispetto alla deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 luglio, sulla Gazzetta Ufficiale n. 219 del 20 settembre 2011;
in virtù di tale ritardo nella pubblicazione del decreto il presidente uscente della regione Molise responsabile dello spaventoso buco nella sanità molisana e della situazione di dissesto finanziario conseguente si è potuto ricandidare a tale carica;
il presidente Angelo Michele Iorio, come noto, nel duplice ruolo di commissario straordinario alla sanità e di presidente della regione Molise non è infatti riuscito a porre rimedio al forte deficit della sanità molisana, anzi ha aggravato l'entità del «buco» finanziario della stessa;
inoltre, le candidature alla presidenza della regione per le elezioni che si terranno il 16 e 17 ottobre 2011, rispetto alle date inizialmente fissate al 6 e 7 novembre 2011, dovevano essere presentate entro sabato 17 settembre alle ore 12, tre giorni prima della pubblicazione in gazzetta del citato decreto legislativo;
quest'anticipazione a metà ottobre, è stata fortemente voluta dal presidente uscente Iorio;
l'anticipazione è stata decisa, sulla base di dubbie motivazioni tecniche, dal Ministero dell'interno, il quale ha inviato una circolare alla prefettura di Campobasso per l'indizione delle consultazioni in tali date;
va anche sottolineato il mancato recepimento da parte della regione Molise del principio, contenuto nell'articolo 2, comma 1, della lettera f) della legge n. 165 del 2004 che prevede l'ineleggibilità dei presidenti di regione che abbiano concluso due mandati consecutivi;
infine, tale anticipazione impedisce anche l'applicazione della norma di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 138 (ora legge n. 148 del 2011) che prevede la riduzione per la regione Molise del numero dei consiglieri regionali da 30 a 20 -:
quali sono i motivi dell'anticipazione della data delle elezioni regionali molisane rispetto alla scadenza naturale;
per quali motivi sia stata ritardata la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo sui meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni.
(4-13319)

ROSSA, LARATTA, LO MORO e OLIVERIO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio dei ministri, nella seduta del 3 agosto 2011, ha approvato il decreto legislativo recante: «Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di

documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136»;
il codice antimafia, delle misure di prevenzione e della documentazione antimafia, stando a quanto comunicato dal Ministero interrogato aggiorna la normativa per diventare il punto di riferimento completo, semplificare l'attività dell'interprete, migliorare l'efficienza delle procedure di gestione, destinazione ed assegnazione dei beni confiscati;
il testo raccoglie - da quanto si legge dal comunicato stampa del Consiglio dei ministri - «tutta la normativa vigente in tema di misure di prevenzione»;
il decreto approvato contiene - come il Ministro interrogato ha dichiarato «anche nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia - e l'attuazione di due deleghe del Piano straordinario contro la criminalità organizzata approvato un anno fa dal Parlamento dopo un lungo lavoro di concerto tra Ministero dell'interno e Ministero della giustizia»;
il decreto legislativo è suddiviso in cinque libri: 1) la criminalità organizzata di tipo mafioso; 2) le misure di prevenzione; 3) la documentazione antimafia; 4) le attività informative ed investigative nella lotta contro la criminalità organizzata. L'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata; 5) modifiche al codice penale e alla legislazione penale complementare. Abrogazioni. Disposizioni transitorie e di coordinamento;
il nuovo codice, che passerà ora al vaglio del Parlamento, punta a riordinare e razionalizzare la legislazione antimafia, con l'obiettivo di rendere più incisiva la lotta alla criminalità organizzata;
in data 27 ottobre 2010 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.252 la legge n. 175 «Disposizioni concernenti il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione»;
la proposta di legge era stata approvata dalla Camera in data 24 febbraio 2010 con 354 voti favorevoli, 35 astensioni e 7 voti contrari e votata all'unanimità al Senato il 6 ottobre 2010 con 252 voti favorevoli e uno solo astenuto;
la proposta di legge, sottoscritta da oltre 100 deputati di tutti gli schieramenti, ha avuto il sostegno di importanti cariche politiche ed istituzionali;
scopo della legge è «incidere su uno dei nodi cruciali nei delicati rapporti tra politica e malaffare che, in diverse regioni d'Italia, proiettano la loro ombra nefasta sulle istituzioni democratiche introducendo nella disciplina della misura di prevenzione della sorveglianza speciale anche il divieto di svolgere propaganda elettorale in favore o in pregiudizio di candidati o di simboli, con qualsiasi mezzo, direttamente o indirettamente»;
risulta che la legge n. 175 del 2010 non sia stata trasfusa nel decreto legislativo;
ad oggi il decreto legislativo in questione non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale -:
se corrisponda a verità che la legge n. 175 del 2010 non è stata interamente richiamata nel decreto legislativo recante: «Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136» e, in tal caso quali siano i motivi che hanno portato a non richiamare parti rilevanti della legge.
(4-13320)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:

DI GIUSEPPE e ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
attualmente esistono 112 presidi incaricati in Italia, di cui 26 in Sicilia, 26 in

Lombardia e 21 nel Lazio, che svolgono a tempo determinato da ormai 10 anni ininterrottamente la funzione di dirigente scolastico, pagati come dirigenti scolastici;
di anno in anno viene reiterato il contratto di «incaricati di presidenza» e senza alcuna possibilità di trasformazione del rapporto a tempo determinato; i presidi incaricati restano regolarmente in servizio, da precari della dirigenza, in applicazione dell'articolo 1-sexies del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005, che statuisce: «dall'anno scolastico 2006-2007 non sono più conferiti incarichi di presidenza, fatta salva la conferma degli incarichi già conferiti»;
nel 2002 e nel 2006 sono stati banditi due concorsi «riservati» per gli incaricati di presidenza per posti di dirigente scolastico; si è trattato di concorsi rispetto ai quali sono stati proposti moltissimi ricorsi giurisdizionali per gravissime irregolarità; alcuni di quei presidi incaricati non sono stati dichiarati «idonei» al superamento di quei concorsi, molti non hanno nemmeno superato il concorso ordinario a dirigente scolastico, bandito nel 2004 e, attualmente gravato da numerosi problemi di tipo giudiziario (vedasi l'annullamento in Sicilia disposto dal Consiglio di giustizia amministrativa);
alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale, potrebbero partire dei ricorsi per la trasformazione del contratto e il risarcimento danni alla pubblica amministrazione, che risulterebbe soccombente in quanto i presidi incaricati svolgono a tempo determinato da 10 anni la funzione, senza che sia mai stata determinata un'esigenza eccezionale, così come invece vorrebbe l'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
infatti, le motivazioni alla base delle assunzioni a tempo determinato non sono di natura straordinaria, e non sono state esplicitate le ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive che giustifichino un rapporto di lavoro a termine; dunque, sulla base della normativa vigente in materia, il contratto è da ritenersi fin dall'origine concluso a tempo indeterminato;
è evidente che dal perdurare di detta situazione «di stallo», traspare inequivocabilmente la volontà e non solo da parte dell'amministrazione, di continuare a far sì che i presidi incaricati, esercitino tale mansione anche senza avere alcuna certezza in merito alla propria carriera e, di conseguenza, di un eventuale definitivo inquadramento nel profilo dei dirigenti scolastici;
prima di procedere all'indizione di nuove procedure di reclutamento doveva essere considerata la necessità di una soluzione legislativa, anche come autotutela della pubblica amministrazione, che facesse riferimento al DDG 17 dicembre 2002, al DDG 22 novembre 2004, al decreto ministeriale 3 ottobre 2006 e al DGP 16 ottobre 2009 n. 2454 della provincia autonoma di Trento, proprio al fine di individuare e porre rimedio alle tante situazioni pregresse che oramai necessitano di soluzioni urgenti e non più differibili;
i contratti a tempo determinato sono stati posti in essere secondo gli interroganti in violazione della normativa che regola la materia e, in particolare, del decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368 con il quale l'ordinamento italiano ha inteso dare attuazione alla direttiva 1999/70/Ce relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES (che si applica alla pubblica amministrazione in forza della clausola 2 del medesimo accordo quadro);
i contratti a termine devono quindi ritenersi posti ad avviso degli interroganti in violazione dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 368 del 2001, che prevede l'inefficacia del termine anche ai sensi dell'articolo 1419, comma 2, del codice civile, quando la ragione giustificatrice non emerga da atto scritto, con la conseguenza che l'illegittima apposizione del termine travolge l'intero contratto che è da ritenersi sin dall'origine concluso a tempo indeterminato;

è diventata a questo punto urgente e indifferibile una soluzione definitiva finalizzata al riconoscimento del diritto alla conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, visti i numerosi anni di incarico svolto dagli incaricati -:
se il Ministro interrogato non intenda intervenire ponendo fine a questa problematica e assumere le iniziative di competenza diretta a riconoscere il diritto di detti presidi incaricati alla conversione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato.
(4-13296)

GIANNI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la vicenda del taglio del personale ATA, per l'anno scolastico 2011-2012, nella provincia di Siracusa, dal sottoscritto denunciata in numerosi atti di sindacato ispettivo, non sembra proprio destinata a trovare una soluzione in tempi brevi e, soprattutto, rischia di essere totalmente parziale;
per la stessa categoria di personale la regione Puglia ha deliberato 200 posti in deroga alla norma attuale, mentre la regione Campania ha previsto 593 posti in deroga;
per quanto riguarda la Sicilia, l'ufficio scolastico regionale, ha fatto sapere che i posti in deroga dovrebbero risultare, alla fine, 150 per tutta la regione;
una cifra che, confrontata con quella delle altre regioni, risulta essere totalmente insufficiente e sia le famiglie che il personale della scuola ha già denunciato come tale decisione sia frutto della scarsa attenzione dell'ARS nei confronti della scuola siciliana;
a conferma di ciò, il comitato scuola di Siracusa, ha denunciato, durante una manifestazione, che, pur essendo cominciato il 15 settembre l'anno scolastico e pur essendoci moltissimi problemi, legati anche alla mancanza del personale ATA, il consiglio regionale non aveva ancora ripreso i lavori -:
se non ritenga necessario ed urgente, stante l'attuale situazione di incertezza che si sta riflettendo negativamente sull'avvio dell'anno scolastico in provincia di Siracusa, intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, affinché sia operata una scelta, per quanto riguarda le assunzioni in deroga, che tenga conto dei bisogni reali delle scuole presenti nel territorio provinciale e sia garantito il diritto allo studio per i giovani siracusani.
(4-13299)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

LOLLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il terremoto del 6 aprile 2009 avvenuto in provincia dell'Aquila ha causato 309 vittime ed oltre 1.600 feriti alcuni dei quali rimasti inabili, mentre altri, in gran parte giovani, sono rimasti orfani e spesso senza casa e lavoro;
per affrontare questa grave situazione e per dare una risposta ai familiari delle vittime e dei feriti è stato più volte presentato, senza che venisse approvato, un emendamento volto a riconoscere la qualifica di infortunati del lavoro ai cittadini invalidi, deceduti o dispersi in conseguenza dell'evento sismico del 6 aprile 2011 che teneva conto di quanto affermato in ordini del giorno e mozioni approvate precedentemente;
l'ordine del giorno, il 9/2468/78 con primi firmatari Motta e Lolli, accolto dal Governo il 17 giugno 2009 impegnava il Governo a verificare la possibilità di prevedere una forma di riconoscimento dei

cittadini delle zone colpite dal terremoto, rimasti invalidi, deceduti o dispersi alla qualifica di infortunati del lavoro;
la mozione unitaria 1-00244 a prima firma Alessandri approvata il 13 Ottobre 2009 affermava che «compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica e a condizione che non possa inficiare il rispetto dei vincoli finanziari europei l'opportunità di prevedere, nel più breve tempo possibile», tale riconoscimento;
con atto ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell'8 gennaio 2010 il Ministero comunica che già in passato «sono state emanate disposizioni normative volte a riconoscere la qualifica di infortunati del lavoro di cittadini rimasti invalidi, deceduti o dispersi in conseguenza di una calamità naturale» l'atto prosegue dicendo che «non sembrerebbero sussistere motivazioni ostative» all'equiparazione;
in relazione ai grandi problemi vissuti da quanti sono rimasti orfani nella notte del 6 aprile è necessario ipotizzare interventi che risolvano gli innumerevoli problemi collegati all'assenza di posti di lavoro, alle spese legate alle tasse di successione o al pagamento dei mutui contratti dai genitori -:
in considerazione del duplice impegno assunto attraverso raccoglimento di un ordine del giorno presentato dalla minoranza e attraverso l'approvazione di una mozione firmata da esponenti della maggioranza e della minoranza e votata dall'Assemblea, rafforzati dalle dichiarazioni ufficiali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, cosa stia facendo il Ministro e quali siano i passaggi formali che devono ancora essere espletati per mantenere l'impegno preso dal Governo con il voto parlamentare;
cosa intenda fare il Ministro per affrontare le problematiche che colpiscono chi ha perso i genitori nella notte del 6 aprile 2009.
(5-05398)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nel 2010 i produttori di mozzarelle di bufala Dop hanno registrato un aumento del fatturato di oltre il 12 per cento, con la vendita di circa 36 mila tonnellate per un valore di 300 milioni di euro alla produzione;
secondo una stima del consorzio di tutela, circa 7 milioni di chili di mozzarella di bufala Dop contraffatta vengono immessi sul mercato nazionale ed estero ogni anno, con un valore di oltre 100 milioni di euro;
nonostante l'intensa attività di controllo e repressione dei fenomeni illeciti, sono ancora numerose le frodi riscontrate nel settore agricolo e agroalimentare: mozzarelle di bufala prodotte con latte privo di tracciabilità e miscelato con latte vaccino; latticini adulterati provenienti da caseifici inesistenti; mozzarelle preparate con latte proveniente da animali di origine diversa e con materie prime provenienti da Paesi non aderenti all'Unione europea; utilizzo di latte congelato; sostituzione delle provette dei campioni di latte da sottoporre alle analisi periodiche per il rilevamento di diossina o altre sostanze chimiche;
ogni anno vengono distribuiti circa 1,8 milioni di chili di formaggio con contrassegni falsificati, per un valore che oscilla tra i 25 e i 30 milioni di euro, a fronte di ricavi che raggiungono i 100 milioni di euro per la vendita di latticini che riportano impropriamente la dicitura «mozzarella di bufala campana» sia in Italia che all'estero;
nonostante siano stati fatti molti passi avanti sia a livello nazionale che comunitario, i fenomeni di illegalità nel

settore agricolo e agroalimentare sono ancora numerosi, in quanto imperniati su un complesso e articolato apparato di interessi nella gestione dell'intera filiera;
considerando che il settore agroalimentare risulta essere uno degli ambiti più colpiti dall'impiego dei proventi illeciti e di riciclaggio, sarebbe necessario mettere a disposizione delle autorità competenti di controllo le risorse utili, affinché possano mantenere il proprio apparato adeguato ai complessi e articolati fenomeni di criminalità, nonché sviluppare un piano sovranazionale per rafforzare la tutela dei prodotti agroalimentari soprattutto fuori dai confini comunitari -:
in che modo e con quali misure intenda rafforzare e sostenere le attività di controllo indispensabili sia per la tutela del consumatore che per la salvaguardia dell'elevata qualità dei nostri prodotti agroalimentari;
se non ritenga necessario promuovere un piano sovranazionale per la tutela dei nostri prodotti agricoli e agroalimentari in Italia, in Europa e nel Mondo.
(5-05401)

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SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

BINETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sono sempre più numerosi i casi di mamme che partoriscono dopo i 50 anni. L'ultima relazione sulla legge n. 40 presentata al Parlamento dal Ministero della salute, indica che l'età media delle donne italiane che vi si sono sottoposte nel 2009 è stata di 36,2 anni contro i 35,9 del 2008. Il 28,2 per cento dei cicli è stato effettuato da pazienti over 40;
dalla relazione emerge che nel 2009 il 31,3 per cento dei cicli di procreazione medicalmente assistita fatti a fresco (cioè non da ovociti e spermatozoi congelati) è stato realizzato in donne sotto i 34 anni, il 40,5 per cento tra i 35 e 39 anni, il 20,6 per cento tra i 40 e 42 anni e il 7,6 per cento in donne oltre i 43 anni;
l'età limite per le donne, in un primo tempo, era fissata a 43 anni con possibilità, di conseguenza, molto limitate di ottenere una gravidanza per donne over 40;
tuttavia, le singole regioni stanno prendendo provvedimenti in merito al fine di estendere le possibilità offerte dalla legge n. 40 del 2004, dando la possibilità di fare i trattamenti di procreazione medicalmente assistita a carico del servizio sanitario nazionale; è il caso del Veneto dove con delibera della giunta regionale si è fissato a 50 anni per le donne e a 65 per gli uomini il limite d'età per accedere alla fecondazione assistita, nonché in 3-4 i tentativi possibili a seconda della tecnica d'inseminazione utilizzata;
è opportuno evidenziare che, secondo quanto stabilito dalla legge n. 40 all'articolo 5 in merito ai requisiti soggettivi, non sono previsti limiti di età a tali trattamenti, dal momento che possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile;
la cronaca in questi giorni riferisce di numerosi casi di madri over 50, con padri oltre gli over 60, probabilmente, si tratta di coppie andate all'estero per una procreazione medicalmente assistita che nel nostro Paese non avrebbero avuto, ma è in Italia che prendono forma problemi molto complessi di queste gravidanze sia per l'età avanzata dei genitori che per il forte scarto di età con i loro figli -:
se sia in grado di quantificare il numero delle donne madri oltre i 50 anni e quali urgenti iniziative anche normative intenda attuare per garantire sia a queste donne che partoriscono in età non più giovane che ai loro figli un'adeguata assistenza sul piano dell'assistenza psico-fisica.
(3-01844)

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVERIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sono sempre più frequenti le denunce, da parte di pazienti o familiari, per casi di malasanità in tutto il territorio nazionale, con punte di particolare drammaticità in Calabria;
i casi di malasanità in Calabria si susseguono, infatti, con una tale frequenza che ormai, tranne in casi eclatanti, non assurgono neanche più a notizia da riportare sui mezzi di comunicazione, anche locali;
elenchiamo, quindi, alcuni di questi casi, riportati da articoli di stampa, anche per non fare cadere il silenzio su storie drammatiche che rischiano di essere dimenticate:
«Lamezia Terme (Catanzaro): caso malasanità, aperta inchiesta», 28 febbraio 2011, www.calabriaonline.com «La Procura di Lamezia Terme ha aperto un'inchiesta sulla morte di una bambina di nove anni, Claudia Michienzi, avvenuta dopo un'operazione alle tonsille cui è stata sottoposta nell'ospedale di Lamezia Terme. La bambina, di Filadelfia (Vibo Valentia) è stata operata lunedì scorso. Due giorni dopo, mercoledì, i medici dell'ospedale lametino l'hanno dimessa dicendo che tutto andava bene. La piccola, però, tornata a casa non si è sentita bene e il venerdì la madre l'ha riaccompagnata in ospedale. Qui Claudia è stata visitata nuovamente, ma per i medici era tutto normale ed è stata rimandata a casa. Sabato sera, la bambina ha avuto la febbre alta ed è stata male nuovamente. La madre ha chiamato l'ambulanza per trasportarla nuovamente nell'ospedale di Lamezia dove, però, Claudia è giunta morta. La madre della bambina ha presentato una denuncia alla polizia che ha sequestrato la cartella clinica su disposizione della Procura. Oggi dovrebbe essere affidato l'incarico per l'autopsia. Il padre della bambina è morto nel 2003 per un sospetto caso di malasanità. Accusando dolori al petto si recò nell'ospedale di Vibo Valentia dove fu visitato e dimesso. Il giorno dopo morì per un infarto.»;
«Feto nato morto a Cosenza, Procura apre inchiesta», 10 marzo 2011, sul sito www.cn24.tv, «La Procura di Cosenza ha aperto un'inchiesta su un caso di presunta malasanità, denunciato da una giovane coppia di sposi. I due si erano recati, alla fine di febbraio, all'ospedale dell'Annunziata di Cosenza perché la donna, incinta di quattro mesi, accusava forti dolori. Ricoverata, la donna, secondo quanto riferito in Procura, non avrebbe ricevuto adeguate cure. I due avevano deciso quindi di recarsi in una clinica privata per alcuni esami. Qui si è poi scoperto che il feto era purtroppo morto. Adesso si dovrà appurare se il feto fosse già morto prima dell'arrivo della donna in ospedale e come mai i sanitari non se ne siano, eventualmente, accorti.»;
«Malasanità Cosenza: due donne morte di parto, aperte inchieste», 28 giugno 2011, www.cn24.tv. «Due donne sono morte a distanza di poche ore dopo avere partorito nell'ospedale di Cosenza. I familiari sono adesso intenzionati a rivolgersi alla magistratura per sapere cosa è successo e se vi siano responsabilità da parte dei medici. Il primo caso risale a lunedì scorso quando una trentasettenne, Rosita Presta, ha accusato un'emorragia al settimo mese di gravidanza. Portata in eliambulanza nell'ospedale cosentino, la partoriente sarebbe morta per l'emorragia provocata da una anomalia della placenta. A distanza di poche ore è deceduta un'altra donna, Caterina Loria, che il 21 giugno scorso, all'ottavo mese di gravidanza, aveva partorito con cesareo presso lo stesso nosocomio cosentino. La ventisettenne era stata dimessa venerdì scorso ma, tornata a casa, aveva accusato forti dolori alle gambe. È deceduta nella notte tra lunedì e martedì è stata portata nell'ospedale di San Giovanni in Fiore. La Commissione d'inchiesta sugli errori sanitari in una nota annuncia di avere deciso di acquisire ogni dato utile a conoscere quanto

accaduto a Rosita Presta e Caterina Loria. «Senza pregiudizio per le indagini in corso - si legge in una nota del presidente Leoluca Orlando - ho disposto una richiesta di relazione indirizzata al presidente della regione Calabria e Commissario ad acta per la sanità Giuseppe Scopelliti». «Altri due episodi - conclude Orlando - che allungano la drammatica lista dei decessi collegati al parto verificatisi in Calabria e che gettano ulteriori ombre sullo stato e la qualità dell'assistenza sanitaria in questa regione»;
anche i carabinieri del Nas in servizio presso la Commissione d'inchiesta sul servizio sanitario nazionale hanno avviato una istruttoria sulla morte di due donne all'ospedale di Cosenza, rispettivamente dopo una emorragia al settimo mese di gravidanza e dopo un parto cesareo. «Sono preoccupato - ha spiegato il presidente della Commissione d'inchiesta Ignazio Marino - per la Commissione è importante intervenire su casi come questi: non si vuole certamente fomentare un clima di allarme, ma verificare le criticità. Non possiamo accettare che le donne debbano preoccuparsi per quello che potrebbe capitare loro nel momento in cui entrano in sala parto. L'Italia per anni ha rappresentato un modello proprio in questo settore e in generale per la sua sanità pubblica.»;
«Cosenza, presunto caso di malasanità aperta un'inchiesta», 7 settembre 2011, Il quotidiano della Calabria. «Aperto un fascicolo sul decesso di un uomo di 57 anni di Mendicino, ricoverato per un piede gonfio. Sono stati i familiari a presentare una denuncia 7 settembre 2011. Un nuovo caso di presunta malasanità è al vaglio del pm Izzo, della Procura della Repubblica di Cosenza dopo la denuncia dei familiari di Giovanni Rainò, 57 anni, di Mendicino, centro alle porte di Cosenza, presentata al posto di Polizia dell'ospedale civile dell'Annunziata, anche se l'uomo è deceduto in una nota clinica del centro città, dove era stato portato dopo un primo ricovero presso il pronto soccorso dell'Annunziata. I fatti risalgono al pomeriggio di lunedì quando Rainò, con problemi di diabete, viene portato al pronto soccorso mentre lamenta forti dolori a un piede. L'arto si presenta gonfio e sanguinante. I medici pensano si tratti di un problema legato proprio alla sua malattia. Dopo i primi controlli si decide per il trasferimento in clinica, dove però troverà la morte per delle complicanze cardiache. L'inchiesta tenterà di accertare le cause del decesso e se queste, siano da addebitare ai medici che lo hanno visitato presso le due strutture sanitarie. Molto probabilmente si procederà anche con l'autopsia e per ora si ipotizza l'omicidio colposo, a carico di ignoti. Oggi saranno acquisite nuove carte e saranno sentiti anche i familiari, e in particolare quelli che hanno assistito l'uomo fino all'ora del decesso»;
«Vibo: donna all'ottavo mese perde il figlio, inchiesta in Procura» 12 settembre 2011, www.cn24.tv. «L'ennesimo presunto caso di malasanità si è verificato in Calabria, a Vibo Valentia. Nella giornata di sabato, nel reparto di ginecologia dell'ospedale Jazzolino, Antonella Pungitore, 34 anni di Filadelfia, ha perso il suo bambino all'ottavo mese di gravidanza. Controlli sul feto la mattina non hanno dato preoccupazioni, ma poi in serata è morto. La magistratura di Vibo Valentia ha sequestrato la documentazione medica della donna e aperto un'inchiesta. I familiari della donna hanno presentato una denuncia al comando provinciale dei carabinieri.»;

è, quindi, purtroppo acclarata l'esistenza di una forte disomogeneità territoriale nella prestazione dei servizi, a danno in generale delle regioni del Sud, e della Calabria in particolare. Le insufficienze strutturali e, soprattutto, la carenza di tecnologie avanzate e di divisioni specialistiche di eccellenza alimentano, infatti, in modo costante il fenomeno della migrazione sanitaria verso gli ospedali del Centro-Nord;
uno dei principali fattori di instabilità che si ripercuotono negativamente sulla efficienza e la funzionalità del sistema

sanitario della regione Calabria è rappresentato dalla situazione finanziaria delle aziende sanitarie ed ospedaliere, che denota margini di incertezza in ordine alla effettiva dimensione quantitativa dei disavanzi maturati negli anni;
il rischio che si avverte è che, a fronte di un sistema sanitario al collasso, che avrebbe bisogno di recuperare la fiducia dei cittadini con interventi migliorativi strutturali ed organizzativi e una seria politica del personale, prevalgano i tagli generalizzati con ricadute ulteriormente negative sulla qualità dei servizi;
a questo quadro già di per se così drammatico della sanità calabrese si aggiunge l'ormai imminente declassamento dell'ospedale civile di Crotone previsto dal piano di riorganizzazione della rete ospedaliera che comporta insieme all'assegnazione di tre nuove specialità all'Asp di Crotone (struttura complessa di urologia, struttura complessa di neurologia, struttura semplice di emodinamica) la chiusura e l'abolizione del primariato per 7 reparti (strutture complesse) dell'ospedale civile e l'accorpamento dei rispettivi servizi all'interno di altri reparti dello stesso presidio: si tratta delle unità operative di geriatria, gastroenterologia, malattie infettive, diabetologia, dermatologia, audiologia, neuropsichiatria infantile nonché l'azzeramento della struttura semplice di microcitemia e della struttura semplice a valenza dipartimentale di angiologia e il declassamento da struttura complessa a struttura semplice (non più dotata di primario, personale e attrezzature proprie) dei reparti di nefrologia, oncologia e neonatologia (quest'ultima privata della terapia intensiva neonatale, sostituita con un nido);
se ciò si dovesse realmente verificare si tratterebbe di una grave perdita per la provincia di Crotone e per la sicurezza e la tutela della salute di tutti i suoi abitanti -:
se sia a conoscenza dei fatti suesposti e quali urgenti iniziative di competenza il Ministro intenda adottare, al fine di evitare che casi simili di malasanità si possano ripetere all'interno delle strutture ospedaliere calabresi;
se possa assicurare che la gravissima situazione di squilibrio economico-finanziario in cui versa la sanità calabrese non comporti un mancato mantenimento dei livelli essenziali di assistenza e conseguenti rischi per la salute dei cittadini calabresi;
quali interventi urgenti intenda adottare per garantire che ai cittadini calabresi siano garantite le stesse opportunità offerte ai cittadini del resto d'Italia e, in particolare, del Nord;
se non ritenga opportuno, per quanto di sua competenza intervenire affinché l'ospedale di Crotone non venga declassato con grave nocumento per la tutela della salute dei cittadini crotonesi qualora ciò comprometta l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza sul territorio.
(5-05396)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse su Il Quotidiano della Basilicata del 23 settembre 2011, si apprende che la moria di pesci - carpe, carassi, cavedani, barbi, alborelle ed anguille - avvenuta la settimana scorsa è dovuta ad un massiccio sversamento di sostanze inquinanti sicuramente imputabili a scarichi industriali nel fiume Basento in un lungo tratto a cavallo fra i territori di Ferrandina e Pisticci;
sull'inquinamento dell'area vi sono anche l'inchiesta di M. Bolognetti sulla Val Basento e suoi numerosi reportage pubblicati su www.fainotizia.it;
le analisi condotte dall'Arpab sui campioni prelevati sabato 17 settembre 2011 confermerebbero la presenza eccessiva di sostanze chimiche e batteriologiche

alle quali, stando alla tipologia di inquinanti rinvenuti, sarebbe possibile risalire in relazione alle attività svolte da qualche opificio nella zona industriale di Ferrandina;
tuttavia per avere un quadro ancora più completo del grave episodio che ha fulminato praticamente tutte le specie ittiche presenti in quel tratto del principale fiume lucano, bisogna attendere gli esiti delle analisi sulle carni dei pesci prelevati a campione ed inviati alla sede materana dell'istituto zooprofilattico sperimentale di Puglia e per gli esami microbiologici, ed a quella foggiana del medesimo istituto, per gli esami chimico tossicologici;
il potenziale inquinante delle sostanze immesse nel fiume è stato notevole e letale tanto che, anche dalle analisi delle acque prelevate negli ulteriori rilievi, il Basento in quel tratto è risultato ancora inquinato e sembra da escludere, l'ipotesi dello sversamento da singola autobotte perché è troppo estesa l'entità dell'inquinamento, che occupa oltre due chilometri di fiume e, con tutta probabilità, capace di provocare delle alterazioni della qualità dell'acqua anche più a valle, nonostante la diluizione naturale abbia mitigato l'avvelenamento in maniera direttamente proporzionale alla distanza dal luogo di immissione degli scarichi chimici;
la documentazione, si legge nell'articolo, sarà trasmessa ai carabinieri di Ferrandina ed al Corpo forestale di Potenza, e la procura di Matera deciderà se aprire una inchiesta -:
di quali ulteriori informazioni dispongano i Ministri interrogati in merito ai fatti di cui in premessa e quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano adottare a tutela della salute e dell'ambiente nella zona interessata all'inquinamento e per il ripristino di condizioni di legalità ambientale e sanitaria.
(4-13308)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da mesi lo stabilimento VDC technologies di Anagni, di proprietà della famiglia indiana Dhoot, è impegnato in una difficile vertenza con i 1.290 lavoratori attualmente in cassa integrazione in deroga fino al 31 dicembre 2011;
il sindacato Fialc Cisal di Frosinone, volendo fare chiarezza sulla vertenza Videocon in merito alla gestione e all'utilizzo degli ammortizzatori sociali che ritiene «impropria e superficiale», ha chiesto nei giorni scorsi l'intervento della procura della Repubblica;
lo stabilimento VDC di Anagni è fermo ormai da tre anni con tutte le maestranze posti senza soluzione di continuità in cassa integrazione, perché la proprietà indiana, nonostante gli sforzi dei dipendenti, del sindacato e delle istituzioni, ha decretato la totale chiusura dello stabilimento il 18 giugno 2008;
come più volte denunciato dal sindacato, la famiglia Dooth, che ha rilevato nel marzo 2005 la ex Videocolor dalla società Thomson con l'impegno di portare a compimento, anche con importanti contributi finanziari, la riconversione dello stabilimento e garantire i livelli occupazionali, avrebbe di fatto svuotato lo stabilimento, abbandonando il sito, ed ostacolato in ogni modo l'ingresso di altri imprenditori interessati al rilancio del sito stesso, nonché avrebbe abusato a dismisura degli ammortizzatori sociali e delle risorse pubbliche pur di ottenere un risparmio dalla mancata attivazione della procedura di mobilità;
tale procedura rappresenterebbe, previo pagamento da parte della proprietà indiana delle quote di contribuzione previste all'Inps, una valida opportunità per

quei lavoratori che verrebbero assunti con contratto a tempo indeterminato in altre realtà produttive e per i lavoratori che avrebbero la possibilità di avviare un'attività di lavoro autonomo e imprenditoriale con i benefici previsti dalla normativa vigente e i contributi messi a disposizione dalla regione Lazio, determinando un notevole risparmio per lo Stato per effetto della riduzione dei lavoratori posti in Cigs;
secondo i rappresentanti della Fialc Cisal, la procura della Repubblica dovrebbe verificare se questo stato di cose rappresenta la normalità o se invece si stia agevolando la proprietà indiana e abusando dei contributi statali, danneggiando le casse dello Stato e i lavoratori -:
quali urgenti ed efficaci iniziative intenda adottare al fine di addivenire ad una soluzione rapida di una vicenda che dura da troppo tempo e al fine di sensibilizzare la proprietà indiana della Videocon al rispetto degli impegni assunti di salvaguardare i livelli occupazionali e completare il processo industriale di riconversione dello stabilimento, la cui interruzione comporterebbe gravi danni economici e sociali per l'intera Ciociaria.
(3-01846)

Interrogazioni a risposta scritta:

CONSIGLIO, STUCCHI, PIROVANO e VANALLI. - Al Ministro della sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
si legge l'ennesimo disservizio dell'azienda Poste italiane spa dalle pagine dei media locali della provincia di Bergamo, dalle quali si era appreso che già dalla fine di marzo 2010 nella città di «Bergamo il ritiro delle raccomandate, assicurate e atti giudiziari non consegnati per assenza del destinatario è possibile presso l'ufficio postale di Via Galimberti 5» ;
gli interroganti avevano già segnalato l'inopportunità di tale trasferimento dell'ufficio postale da via Pascoli, in pieno centro, a via Galimberti, nel quartiere di Redona, per il ritiro delle raccomandate, indicando i disagi per gli utenti per il raggiungimento della zona periferica;
a tali disagi si aggiunge la recente chiusura dell'adiacente parcheggio della struttura, dove prima si poteva posteggiare almeno per il tempo necessario al ritiro delle raccomandate;
gli utenti sono ora costretti a posteggiare in un parcheggio pubblico sito a 500 metri dall'ufficio postale (andata e ritorno 1 chilometro);
Giovanni Manzoni, presidente bergamasco dell'Anmic (Associazione nazionale mutilati e invalidi civili) ha raccontato ai media, dopo un sopralluogo effettuato di persona, i disagi che le persone con ridotta mobilità, ad esempio in carrozzella, sono costrette ad affrontare dopo la chiusura del parcheggio delle poste di via Galimberti, attraversando marciapiedi pieni di buche e rampe d'accesso estremamente insidiose;
alle poste si recano parecchie persone, tra cui anche anziani e disabili, eppure dopo questa inspiegabile chiusura non è stato previsto neanche un parcheggio riservato -:
se intenda invitare Poste italiane ad assumere le opportune iniziative, al fine di evitare continui disagi e disservizi alla popolazione bergamasca.
(4-13294)

FUGATTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Avio spa, controllata dal fondo Cinven (81 per cento) e partecipata da Finmeccanica (14 per cento) è un'importante e storica azienda italiana, depositaria di un know-how di eccellenza nel settore aerospaziale;
i dati consuntivi relativi al primo semestre 2011 sono molto positivi con ricavi pari a 898,9 milioni di euro e con un ebitda pari a 189,8 milioni di euro con incrementi, rispettivamente, pari al 10,7 per cento e al 13,9 per cento;

recentissimi articoli apparsi sulla stampa specializzata parlano di un congelamento del processo di quotazione della società, ormai avviato, tanto che l'incontro con gli analisti per le fasi preliminari del premarketing, fissato per il 26 settembre 2011, sembra sia stato rinviato;
contemporaneamente sono apparse le notizie di un forte interessamento di Safran, colosso francese del settore dell'aeronautica civile e militare, partecipato al 30 per cento dallo Stato francese, per l'acquisizione del controllo della società piemontese, tanto che sarebbero già stati incaricati Mediobanca e Ubs in vista di una possibile offerta; oltre a Safran, i fondi di private equity CVC e Clessidra sembrano essere interessati ad entrare nel capitale della società;
Avio spa opera in un settore strategico per il Paese, quello aerospaziale e l'interesse del colosso Safran fa seguito a numerose acquisizioni di aziende italiane da parte di società francesi: Parmalat, Bulgari, Moncler, Brioni; tutte aziende «simbolo» di quel «made in Italy» sinonimo di eccellente qualità; il rischio concreto è, quindi, di perdere il controllo di un'altra realtà industriale di primaria importanza per l'Italia;
a parere dell'interrogante è opportuna una serie riflessione sulla politica industriale complessiva, al fine di mettere in atto tutte le azioni possibili per salvaguardare il nostro sistema dai tentativi di scalata dei gruppi esteri nei settori strategici per l'Italia, soprattutto per le grandi aziende partecipate direttamente e indirettamente dallo Stato -:
se il Governo abbia notizie certe dell'interessamento di Safran per l'acquisizione del controllo di Avio spa e quali siano le iniziative di competenza che il Governo intenda mettere in atto per salvaguardare il patrimonio industriale italiano dai tentativi di scalata delle società estere.
(4-13305)

NASTRI. - Al Ministro dello sviluppo economico - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'edizione locale del quotidiano La Stampa, da alcuni giorni uno dei più importanti uffici postali di Novara, situato in corso Torino, ha chiuso i propri sportelli, causando evidenti problemi per gli utenti della zona ed, in particolare, per i molti anziani fruitori del servizio;
il responsabile regionale delle pubbliche relazioni per l'ente poste ha affermato che la chiusura rientra nel piano di riorganizzazione degli uffici ed, in particolare, quello interessato, richiedeva da tempo una serie d'interventi di ristrutturazione;
nonostante quanto sostenuto dal suddetto dirigente, la chiusura della sede postale di corso Torino, a giudizio dell'interrogante, è destinata a creare notevoli disagi, in considerazione del fatto che, come suesposto, tale ufficio era utilizzato sia da cittadini-utenti di età avanzata sia da molti uffici ed aziende beneficiari del servizio postale;
il decreto del Ministro delle comunicazioni del 28 giugno 2007, nel definire le linee generali di intervento relative alla rimodulazione degli orari di apertura al pubblico degli uffici postali, nonché della stessa riorganizzazione degli uffici, tiene conto tanto delle esigenze organizzative di Poste italiane s.p.a., quanto delle istanze del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, in modo tale che il contemperarsi delle prime con le seconde consenta di assicurare un livello di offerta del servizio in linea con le esigenze della popolazione su tutto il territorio nazionale -:
se e quali iniziative intenda intraprendere nei confronti di Poste italiane s.p.a. affinché disponga la riapertura nei tempi più brevi possibili, dell'importante ufficio postale di Novara di cui in premessa, e per garantire, conseguentemente, un servizio efficiente per i cittadini novaresi e le attività produttive della zona interessata.
(4-13318)

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Realacci n. 4-13267, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 522 del 21 settembre 2011.

REALACCI e IANNUZZI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nell'anno 2002, al fine di valorizzare, in tutte le stagioni Ravello e le principali località della costiera amalfitana, luoghi di rara bellezza e di grande importanza artistico-culturale, privi però di una strategica sinergia istituzionale e promozionale, la regione Campania, la provincia di Salerno, il comune di Ravello e la fondazione Monte Paschi di Siena hanno creato la fondazione Ravello affidandole, per statuto, quattro finalità:
a) «tutelare e valorizzare, in termini culturali ed economici, i beni di interesse artistico e storico situati nell'area del comune di Ravello;
b) promuovere e coordinare iniziative culturali, scientifiche ed artistiche che facciano dei siti storico-artistici di Ravello la sede di manifestazioni di prestigio nazionale ed internazionale;
c) rendere detti beni pienamente fruibili dal pubblico, secondo modalità che ne consentano la migliore conservazione;
d) gestire - in conformità ai princìpi di efficacia, efficienza e trasparenza - i compendi di beni facenti parte del proprio patrimonio ovvero ad essa affidati o conferiti in uso»;
per onorare questi impegni, dal 2002 ad oggi la fondazione ha restaurato la sede messa a disposizione dal comune; ha rinnovato e potenziato il Festival; ha acquisito e migliorato la gestione di Villa Rufolo; ha creato una scuola internazionale di management culturale frequentata da neolaureati di tutto il mondo; ha formato sul posto una squadra di giovani professionisti capaci di produrre spettacoli di alto livello e di notevole complessità;
per la ricchezza culturale e la valenza artistica del progetto e delle attività sopradescritte, il comune di Ravello e la sua fondazione necessitavano di un «contenitore» prestigioso, capace di ospitare, anche nei mesi freddi, gli spettacoli destinati alla popolazione locale e ai turisti, da qui nacque il progetto dell'architetto Oscar Niemeyer;
la decisione di realizzare il progetto dell'auditorium di Niemeyer, peraltro donato dall'architetto gratuitamente e appaltato da un commissario regionale ad acta, nominato per dirimere le sopravvenute controversie locali ed evitare così la perdita di ingenti contributi europei, ha provocato una querelle che si trascina da anni sulla questione della gestione di questo considerevole spazio artistico-culturale inaugurato il 29 gennaio 2010;
ad oggi il capolavoro di Oscar Niemeyer, costato dieci anni di impegno e 18,5 milioni di euro di fondi comunitari è sostanzialmente chiuso a causa di una controversia gestionale e non si ha notizia di un'adeguata e compiuta utilizzazione di questo spazio culturale;
a questo proposito, come è ancora emerso pochi giorni fa dalla stampa nazionale, il grande progettista Oscar Niemeyer sarebbe addirittura "infuriato" per il pesante degrado della struttura, con crepe sui muri, infiltrazioni d'acqua che devastano gli arredi e il piazzale che sarebbe usato come parcheggio abusivo. Il pessimo stato di questo gioiello architettonico è inoltre denunciato da urbanisti, architetti, studenti, associazioni culturali e da privati cittadini in visita al gioiello d'arte ideato dal famoso architetto brasiliano;
sulla medesima questione l'interrogante ha presentato il 10 giugno 2010 l'atto di sindacato ispettivo n. 4-07541, in relazione al quale nonostante i molteplici

solleciti, in più di un anno non è ancora pervenuta risposta da parte del Governo;
è invece necessario, per quanto di competenza, un impegno incisivo del Governo, attesa la straordinaria rilevanza dell'opera; è altresì necessaria anche una concreta iniziativa della giunta regionale -:
se il Ministro interrogato intenda, con celerità, assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché sia promosso un tavolo di confronto con la regione, gli enti locali e gli altri soggetti interessati, al fine di evitare che una struttura di tale rilevanza sul piano artistico e culturale, per questioni che si trascinano da tanto tempo, resti inutilizzata e che versi, come descritto nuovamente dalla recente cronaca, in uno stato di abbandono e di degrado, posto che vanno invece favorite e sostenute la completa utilizzazione e la valorizzazione dell'auditorium come volano di sviluppo e crescita complessiva. (4-13267)

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-04432 del 23 marzo 2011 in interrogazione a risposta scritta n. 4-13318.