XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 531 di lunedì 10 ottobre 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 13.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 6 ottobre 2011.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Berlusconi, Bernini Bovicelli, Bonaiuti, Bosi, Bossi, Brambilla, Brunetta, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Della Vedova, Fitto, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Malfa, La Russa, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Misiti, Moffa, Leoluca Orlando, Palumbo, Arturo Mario Luigi Parisi, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Stefani, Tremonti, Vernetti e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione congiunta dei disegni di legge: S. 2803 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2010 (Approvato dal Senato) (A.C. 4621); S. 2804 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2011 (Approvato dal Senato) (A.C. 4622).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta dei disegni di legge, già approvati dal Senato: Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2010; Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2011.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 4621 e A.C. 4622)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Simonetti, ha facoltà di svolgere la relazione.

ROBERTO SIMONETTI, Relatore. Signor Presidente, come è noto, il rendiconto ci Pag. 2fornisce una rappresentazione oggettiva della situazione del bilancio dello Stato, ben più attendibile di quella del bilancio di previsione e dovrebbe costituire la base essenziale sulla quale impostare il nuovo ciclo di programmazione economico-finanziaria. Il rendiconto è, infatti, un documento contabile particolarmente rilevante nel corretto funzionamento di una democrazia parlamentare. La funzione giuridico-costituzionale di tale esame, per la parte concernente il conto del bilancio, consiste nella verifica che il Parlamento svolge, nella forma della legge, che il Governo abbia effettivamente eseguito lo schema di previsione, per le entrate, e di autorizzazione, per la spesa, nei termini previsti e stabiliti dallo stesso Parlamento ai fini di un'ordinata gestione finanziaria dello Stato. Le Camere approvano nuovamente con legge i risultati della gestione annuale rendendoli intangibili, ossia non revocabili o modificabili, con tutte le conseguenze che ciò comporta dal punto di vista giuridico e sotto il profilo economico e finanziario.
È utile, tuttavia, rammentare che il rendiconto del bilancio non può dare conto compiutamente dei flussi annuali di spesa e di entrata e della variazione delle consistenza di attività e passività patrimoniali per tutto il settore delle pubbliche amministrazioni. Infatti, in tale settore confluiscono enti pubblici diversi dallo Stato, dotati di autonomia finanziaria ed in grado di determinare variazioni significative che non si riflettono, in senso giuridico-contabile, sul bilancio e sul patrimonio dello Stato.
Il conto del bilancio, relativo all'esercizio finanziario 2010, si presenta secondo la nuova struttura di classificazione del bilancio dello Stato, articolata su due livelli di aggregazione: le missioni e i programmi. Le missioni sono 34. Il numero dei programmi si è attestato a 162 e nella quasi totalità sono specifici di ciascuna amministrazione. Il rendiconto generale dello Stato per l'esercizio 2010 può ben rappresentare, dunque, un momento di conferma del raccordo tra vecchia e nuova normativa. Per quanto concerne il conto del bilancio, in particolare, questo conserva la struttura espositiva per unità di voto parlamentare a livello di macroaggregati, in coerenza con il bilancio di previsione. Tuttavia, nello stesso tempo accoglie talune rilevanti novità della riforma, quali la prima esperienza di illustrazione delle risultanze delle spese relative ai programmi aventi natura o contenuti ambientali, anticipando, in qualche modo, l'applicazione della disposizione della riforma (l'articolo 36, comma 6, della legge n. 196 del 2009).
Il conto consuntivo finanziario per l'anno 2010 è stato costruito, dunque, ai fini della valutazione delle politiche pubbliche di settore, sulla base delle missioni che sono state realizzate attraverso uno o più programmi. Questi ultimi sono stati, a loro volta, suddivisi in macroaggregati - le UPB - venendo questi articolati, nell'ambito di ciascun centro di responsabilità amministrativa, divisi in capitoli, così da consentire la valutazione economica e finanziaria delle risultanze di entrata e di spesa in riferimento agli obiettivi previsti.
Fatte queste premesse, ritengo utile, in sede di analisi del rendiconto generale, riepilogare i dati di consuntivo degli andamenti di finanza pubblica registrati lo scorso esercizio. Al riguardo, rilevo in particolare come, nonostante un quadro congiunturale internazionale difficile, l'importo dell'indebitamento netto della pubblica amministrazione sia passato dal 5,4 per cento nel 2009 al 4,6 per cento nel 2010, risultato che si colloca tra i migliori nel contesto dei Paesi europei.
Come afferma anche l'OCSE nel rapporto sull'Italia del 2011, a differenza di altri Paesi dell'Unione europea, il nostro ha reagito alla recessione e alla crisi finanziaria rimodulando la spesa in funzione del sostegno sociale e all'industria, invece che con un pacchetto di interventi espansivi che avrebbero portato ad un aumento del disavanzo. Le misure adottate sono state concepite come provvedimenti aventi un impatto sostanzialmente neutro sul saldo di bilancio, recanti tuttavia taluni incentivi per la rimodulazione della spesa pubblica verso quelle che sono considerate le Pag. 3categorie di spesa con i moltiplicatori più elevati. Questa politica economica prudenziale ha rafforzato la posizione dell'Italia sui mercati obbligazionari durante un arco di tempo prolungato, caratterizzato da turbolenze di mercato per le banche e per il debito sovrano.
A favore della credibilità del Paese, dalla metà del 2010, il Governo ha reso più restrittiva la politica di bilancio per mantenere la finanza pubblica sotto controllo, in coerenza con i requisiti della procedura di disavanzo eccessivo del Patto di stabilità e crescita europeo. Di conseguenza, l'indebitamento netto della pubblica amministrazione nel 2010 è sceso di ben 0,8 punti percentuali al di sotto del livello registrato nel 2009.
Nel dettaglio delle componenti, sempre in rapporto al PIL, il risultato 2010 rispetto all'anno precedente è ascrivibile sia alla lieve riduzione delle spese correnti rispetto al 2009, pari allo 0,3 per cento, la cui incidenza si è attestata al 47,8 per cento a fronte del 48,2 per cento del 2009, sia alla riduzione delle spese in conto capitale che, dopo l'aumento dello 0,6 registrato nel biennio 2009-2008, segnano nell'anno una riduzione dello 0,9 per cento. Sul versante delle entrate correnti, si segnala invece il lieve incremento registrato (0,1 per cento) a fronte della diminuzione registrata nel 2009. Nel dettaglio delle voci di spesa, sempre in rapporto al PIL, la spesa per redditi di lavoro si conferma in lieve flessione (dello 0,2 per cento) rispetto all'anno precedente, a fronte delle 0,5 per cento registrato nel 2009 sul dato del 2008, dopo il dato in aumento dello 0,5 per cento, segnato nel 2008 sul 2007, così come quella per beni e consumi intermedi appare congelata con una riduzione dello 0,2 per cento rispetto all'anno scorso, allorché si era registrato un aumento dello 3,5 per cento. Per quanto riguarda le prestazioni sociali, esse sono cresciute dello 0,1 per cento, mostrando un'evoluzione sensibilmente inferiore a quella del 2009, allorché si era segnato un aumento dell'1,5 per cento e allo stesso 2008, che segnò uno 0,6 per cento in più sul dato del 2007. Si è confermato stabile in rapporto al PIL il dato relativo alla spesa per interessi, che ha segnato una riduzione dello 0,1 per cento, dopo che nel 2009 lo stesso ha registrato una sensibile diminuzione, pari allo 0,6 per cento.
Per quanto concerne il saldo primario rispetto al PIL, si registra un lieve miglioramento rispetto al 2009, attestandosi ad un -0,1 per cento, mostrando un'attenuazione dell'inversione negativa, che il medesimo dato aveva registrato nell'anno precedente, allorché si era attestato al - 0,7 per cento a fronte del +2,5 per cento del 2008. In uno scenario economico internazionale complesso, come quello che si è registrato nel 2010, i risultati in termini di saldi di finanza pubblica non possono pertanto che essere considerati favorevolmente. Nell'insieme, i saldi del bilancio in termini di competenza hanno registrato dati a consuntivo migliori delle previsioni sia iniziali che definitive.
Il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato del 2010, in termini di competenza e a lordo delle regolazioni debitorie contabili, risulta pari a 21 miliardi e 600 milioni di euro con un miglioramento di 11 miliardi di euro rispetto al saldo registrato a fine 2006. Il risultato è migliore sia delle previsioni iniziali che delle previsioni definitive, secondo le quali il saldo netto da finanziare era previsto attestarsi nel 2010 a 63,7 miliardi di euro. Il valore del saldo netto da finanziare, determinato dai risultati di gestione rientra nel limite massimo di 63 miliardi, fissato dalla legge finanziaria per il 2010, al netto di quasi 5 miliardi di regolazioni debitorie.
Anche il saldo corrente (risparmio pubblico) nel 2010 evidenzia un miglioramento rispetto all'anno precedente, risultando pari a 28 miliardi e 700 milioni di euro, con un aumento quindi di 5 miliardi di euro. Il risultato è migliore sia rispetto alle previsioni iniziali che a quelle definitive, in base alle quali il risparmio pubblico avrebbe dovuto attestarsi addirittura su valori negativi (-23 miliardi secondo le previsioni iniziali, - 13,5 miliardi secondo quelle definitive). Pag. 4
Il ricorso al mercato si è attestato nel 2010 a 210 miliardi di euro, su valori sensibilmente più bassi rispetto alle previsioni iniziali e a quelle definitive, con un miglioramento di oltre 1 miliardo rispetto al 2009. Anche il valore del ricorso al mercato nei risultati di gestione risulta inferiore al limite massimo, pari a 286 miliardi di euro, fissato dalla legge finanziaria per il 2010.
In termini di cassa il saldo netto da finanziare è risultato nel 2010 pari a 60 miliardi, con un miglioramento di circa 7 miliardi di euro, rispetto al risultato raggiunto l'anno precedente. Anche in termini di cassa, il saldo netto da finanziare a consuntivo registra valori migliori delle previsioni, sia iniziali che definitive, secondo le quali il suddetto saldo avrebbe dovuto superare i 120 miliardi di euro nel 2010.
Gli altri saldi del bilancio, in termini di cassa, risultano invece lievemente peggiorati rispetto all'esercizio 2009. Il risparmio pubblico ha registrato un valore negativo di 10 miliardi di euro, segnando un peggioramento di oltre 26 miliardi rispetto al 2009, anno in cui il risparmio pubblico si è attestato ad un valore positivo di quasi 16 miliardi di euro.
L'importo del ricorso al mercato ammonta a circa 249 miliardi di euro, con un peggioramento di 5,8 miliardi rispetto al dato del 2009.
Per quanto poi concerne l'analisi della gestione di competenza - che fa riferimento per la parte «entrate» agli accertamenti e per la parte «spese» agli impegni - l'entità complessiva degli accertamenti di entrata, comprensivi delle entrate per accensione di prestiti, è risultata nel 2010 pari a 778 miliardi e 246 milioni di euro, con un'evoluzione positiva rispetto al 2009.
Gli impegni complessivi di spesa ammontano nel 2010, escluse le spese per rimborso prestiti, a 715 miliardi di euro. Rispetto al risultato dell'anno precedente, la gestione presenta una complessiva diminuzione degli impegni di spesa per oltre 1 miliardo di euro.
Per quanto concerne i saldi, in termini di competenza, si evidenzia soprattutto un miglioramento del saldo netto da finanziare nel 2010 di oltre 11 miliardi di euro. Il risultato, pari quasi a -22 miliardi di euro, discende dalla differenza tra un ammontare complessivo di entrate finali pari a 505 miliardi di euro e un ammontare complessivo di spese finali pari a 527 miliardi, che manifestano entrambi un andamento in riduzione rispetto all'anno precedente.
La gestione di competenza manifesta inoltre il miglioramento del risparmio pubblico; sul punto, la relazione illustrativa sottolinea come il valore positivo assunto dal risparmio pubblico evidenzia la connotazione non soltanto quantitativa ma anche qualitativa dei risanamento finanziario.
Rispetto al consuntivo 2009, le entrate finali hanno registrato una diminuzione di 2.400 milioni di euro. Tale risultato è riconducibile soprattutto alla riduzione delle entrate extratributarie, mentre gli accertamenti di entrate tributarie hanno registrato un leggero incremento.
Nell'ambito delle entrate tributarie, in particolare, si registra una variazione in aumento delle tasse e imposte sugli affari e delle entrate derivanti dalla categoria dei monopoli. Al contrario, subiscono una variazione in diminuzione le imposte sul patrimonio e sul reddito e le imposte sulla produzione, sui consumi e sulle dogane. Infine, gli accertamenti relativi alla categoria del lotto, lotterie ed altre attività risultano superiori dell'1,7 per cento rispetto all'anno scorso.
La gestione 2010 ha dato luogo ad impegni di spesa relativi ad operazioni finali per 526 miliardi e 900 milioni di euro, rispetto all'anno precedente le spese finali evidenziano una riduzione di 13,5 miliardi, derivante dalla diminuzione degli impegni di spesa sia di conto corrente sia di conto capitale.
Il dato di consuntivo degli impegni relativi alle spese finali si è dimostrato peraltro inferiore anche rispetto alle previsioni, sia iniziali che definitive. Rispetto Pag. 5alla previsioni definitive, in particolare, gli impegni finali denotano una riduzione di 17 miliardi e 400 milioni di euro.
Gli impegni relativi ad operazioni finali sono riconducibili per 474 miliardi e 600 milioni di euro, a spese correnti, che risultano diminuite rispetto al 2009 di circa l'1,4 per cento e per 52 miliardi a spese in conto capitale, presentando una riduzione più consistente, di oltre l'11 per cento.
Per ciò che attiene alla spesa corrente, registrano una riduzione gli impegni di spesa per le seguenti voci: i consumi intermedi, i trasferimenti a famiglie ed istituzioni sociali private, gli interessi passivi e i redditi da lavoro dipendente. Hanno invece fatto registrare un aumento le voci legate ai trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche e i trasferimenti correnti a imprese. Tra le spese in conto capitale, evidenziano un lieve aumento rispetto all'esercizio 2009 soltanto gli investimenti fissi lordi e gli impegni relativi alla categoria acquisizioni di attività finanziarie. Diminuiscono invece tutte le altre voci. In particolare, i contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche e i contributi agli investimenti ad imprese. Anche i contributi agli investimenti all'estero si riducono del quasi 10 per cento. Per quanto concerne la spesa per rimborso prestiti, i relativi impegni, pari a 188 miliardi, hanno registrato un aumento rispetto al dato 2009 di 12,2 miliardi. Gli accertamenti di entrata derivanti da accensioni di prestiti, infine, sono stati pari a 272,9 miliardi di euro, con un aumento di 3 miliardi rispetto all'esercizio 2009.

PRESIDENTE. Onorevole Simonetti, la prego di concludere.

ROBERTO SIMONETTI, Relatore. Dall'analisi delle spese finali per missioni, emerge come un ristretto numero di missioni assorba gran parte delle spese disponibili: le missioni relazioni finanziarie con le autonomie territoriali, politiche previdenziali, politiche economiche e finanziarie, istruzione scolastica, diritti sociali, politiche sociali e famiglia. Vi è tutta la parte legata alla gestione dei residui attivi, che hanno un ammontare di 195 miliardi, e di quelli passivi, di 96 miliardi. Dal confronto tra lo stato dei residui al termine dell'esercizio 2010 e quello al termine dell'esercizio precedente si rileva che sia i residui attivi che quelli passivi hanno fatto registrare un incremento che è stato evidenziato anche dalla Corte dei conti, che lo considera un'anomalia dei conti dello Stato. Molte sono state le osservazioni da parte della Corte dei conti, che comunque ha voluto certificare questo rendiconto ed assestamento. Con riferimento al conto del patrimonio, l'eccedenza passiva, ossia la differenza tra le passività e le attività, nel 2010 è stata superiore dell'1,3 per cento rispetto a quella del 2009. Per quanto riguarda invece il disegno di legge di assestamento, ricordo che esso reca le variazioni che, a metà dell'esercizio, il Governo ritiene opportuno adottare in relazione alle previsioni di bilancio, in termini di competenza e di cassa. Signor Presidente, in riferimento all'assestamento, prima di passare all'analisi dei dati contenuti nel provvedimento, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Simonetti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti, le faccio comunque presente che il tempo a sua disposizione è terminato, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

BRUNO CESARIO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calgaro. Ne ha facoltà.

MARCO CALGARO. Signor Presidente, intanto vorrei affermare in premessa come, Pag. 6soprattutto per la peculiarità della situazione venuta a verificarsi quest'anno, sia praticamente impossibile condurre un'analisi e una riflessione aggiornata su questi due provvedimenti senza tenere conto anche del contenuto della nota di aggiornamento al DEF 2011. Infatti, l'evolversi della situazione dei mercati economico-finanziari globali e la gravissima situazione economica del nostro Paese ha fatto sì che tra luglio e agosto venissero portate a termine due manovre economiche di aggiustamento dei conti pubblici, di cui neanche l'assestamento 2011 tiene conto complessivamente. Come ben sappiamo, inoltre, questi due provvedimenti si inseriscono nelle novità definite dalla nuova legge di contabilità dello Stato n. 169 del 2009, entrata in vigore il 1o gennaio 2010. In quest'ottica, il rendiconto generale dello Stato è lo strumento attraverso il quale il Governo, alla chiusura del ciclo di gestione della finanza pubblica, cioè dell'anno finanziario, adempie all'obbligo costituzionale di rendere conto al Parlamento dei risultati della gestione finanziaria. Sebbene la nuova legge di contabilità individui nei programmi le nuove unità di voto, il consuntivo 2010 conserva la struttura espositiva per unità di voto parlamentare a livello di macro aggregati, in coerenza con la struttura del bilancio di previsione relativa al medesimo anno. Inoltre, il rendiconto è corredato in via sperimentale - credo che in prospettiva sia un'ottima cosa - dal rendiconto economico, così da integrare la lettura dei dati finanziari con le informazione economiche fornite dai centri di costo delle amministrazioni centrali dello Stato.
Un'altra interessante ed utile novità del rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2010 è che, per la prima volta, vi è allegata una relazione illustrativa delle risorse impiegate per finalità di protezione dell'ambiente e di uso e gestione delle risorse naturali da parte dell'amministrazione centrale dello Stato (ecorendiconto dello Stato). Vorrei solo brevemente richiamare la necessità e l'opportunità dell'introduzione di una vera e propria contabilità ambientale che richiederebbe però, come sappiamo, la modifica del quadro normativo esistente.
Nella relazione sul rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2010 la Corte dei conti evidenzia come il miglioramento della situazione economica è coinciso, lo scorso anno, con la ripresa del percorso di riequilibrio dei saldi di bilancio pubblico. Infatti, nel 2010, dopo due anni di netta flessione, la crescita del PIL è stata dell'1,3 per cento con un recupero, però, di circa un quarto della perdita di prodotto subita nel 2008-2009. Vorrei fare notare che la crescita del PIL italiano è la più bassa crescita europea degli ultimi dieci anni.
Sul fronte finanziario, la stessa Corte dei conti osserva, giustamente, che la riduzione dell'indebitamento netto realizzatasi lo scorso anno (meno 4,6 per cento del PIL del 2010 rispetto al meno 5,4 del 2009) non comporta il ritorno ad una gestione ordinaria del bilancio pubblico poiché non si assiste al riassorbimento degli effetti associabili alla crisi dell'economia e vi è l'assoluta esigenza di assicurare, nel medio termine, la coerenza tra i programmi delineati nel DEF e gli impegni derivanti dalle nuove regole di governance europea.
Per quanto attiene ai saldi di bilancio dello Stato, l'indicatore più significativo della gestione è rappresentato dal saldo netto da finanziare di competenza che nel 2010 migliora del 33,9 per cento. Infatti, il valore negativo si riduce da 32 miliardi di euro a 21 miliardi di euro.
Purtroppo, però, la stessa Corte dei conti, non l'opposizione, afferma che l'esito della gestione e la stessa leggibilità del rendiconto generale sono sempre più appannati - questo è il termine garbato che la Corte utilizza - da un imponente e crescente accumulo di residui attivi e passivi, avendo i primi raggiunto la soglia record di quasi 230 miliardi di euro, i secondi di 108 miliardi di euro. Questo accumulo rappresenta un'anomalia tale dei conti dello Stato che ha, addirittura, concorso a rivedere il progetto per il passaggio al bilancio di sola cassa, originariamente previsto nella nuova legge di contabilità. Pag. 7Infatti, la legge n. 39 del 2010 ha sostituito la delega al Governo per il passaggio al bilancio di sola cassa con una nuova delega, da esercitare entro quattro anni, volta a riordinare la disciplina del bilancio di cassa e a potenziarne la funzione, ferma restando, però, la redazione del bilancio anche in termini di competenza. Ritengo quanto mai opportuna questa decisione.
La Corte dei conti esprime altri segnali di preoccupazione sul piano della trasparenza dei conti, sul fenomeno strutturale delle regolazioni contabili e debitorie e su quello, ancora più rilevante, costituito dalla massa di debiti pregressi, solo in parte ripianati con le risorse previste dal decreto-legge n. 78 del 2009, che ha disposto l'obbligo di procedere alla liquidazione dei debiti dei Ministeri già in essere alla data del 1o luglio 2009 per somministrazioni, forniture e appalti, e dal ricorso generalizzato a pagamenti in conto sospeso di entità crescente che, per la maggior parte, attendono ancora una sistemazione contabile in bilancio. È chiaro come questi fenomeni vadano ad alterare le risultanze del consuntivo.
Un'ulteriore, importante osservazione della Corte dei conti, peraltro già evidenziata da molti di noi, è che il rispetto del saldo netto da finanziare di competenza, fissato dalla legge finanziaria, è stato reso possibile anche nel 2010 grazie, soprattutto, ai maggiori accertamenti nel settore extratributario (circa 27 miliardi di euro), accertamenti caratterizzati da modalità di quantificazione che ne comportano una sistematica sovrastima e, quindi, un ridotto tasso di realizzazione e di credibilità.
Se si analizza il capitolo delle spese finali di competenza queste registrano una riduzione di circa 13,5 miliardi di euro, derivante dalla diminuzione degli impegni di spese e di conto capitale.
Per quanto attiene agli impegni relativi a operazioni finali le spese correnti risultano diminuite dell'1,4 per cento rispetto al 2009, mentre quelle finali dell'11 per cento.
Per quanto attiene alla spesa corrente gli impegni relativi ai consumi intermedi registrano una riduzione del 25 per cento rispetto al 2009, i trasferimenti a famiglie e ad istituzioni sociali private del 53,3 per cento rispetto al 2009, gli interessi passivi del 5,1 per cento rispetto al 2009, e i redditi da lavoro dipendente dello 0,9 per cento rispetto al 2009. I trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche hanno, invece, fatto registrare un aumento dello 0,8 per cento rispetto al 2009 e i trasferimenti correnti ad imprese del 6, 4 per cento rispetto al 2009.
Tra le spese in conto capitale diminuiscono: i contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche del 7,8 per cento rispetto al 2009; i contributi agli investimenti e alle imprese del 17 per cento rispetto al 2009 e i contributi agli investimenti all'estero del 9,7 per cento rispetto al 2009. Evidenziano un lieve aumento solo gli investimenti fissi lordi, del 4,9 per cento, e le acquisizioni di attività finanziarie, del 16,3 per cento.
Se si va poi ad analizzare le missioni che hanno maggiormente inciso sulla gestione di competenza, vediamo che la spesa della missione «Debito pubblico» rappresenta circa il 36 per cento della spesa complessiva dello Stato nel 2010 ed è preponderante rispetto a quelle missioni che dovrebbero descrivere invece le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti dallo Stato.
Dall'analisi delle spese finali per le missioni, al netto della missione «Debito pubblico», quelle di maggior rilievo risultano essere: la missione «Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali», che ha impegnato il 25,6 per cento delle risorse, con una crescita in termini assoluti rispetto al 2009 del 4 per cento; la missione «Politiche previdenziali», che si è assestata al 16,6 per cento, con un incremento del 3,5 per cento in termini assoluti; la missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio», che ha assorbito il 14,2 per cento degli impegni, con una diminuzione del 9,1 per cento; la missione «Istruzione scolastica», che si è assestata al 9,6 per cento, con una riduzione, però, Pag. 8in termini assoluti, del 2,6 per cento; la missione «Diritti sociali, politiche sociali e famiglia», che ha impegnato il 5,6 per cento delle risorse (solo il 5,6 per cento delle risorse complessive) con un decremento in termini assoluti dell'1,7 per cento.
In conclusione, le uniche missioni di spesa, che al netto della missione «Debito pubblico», nel 2010 hanno registrato un incremento in termini assoluti rispetto al 2009, sono quelle relative alle relazioni finanziarie con le autonomie territoriali e alle politiche previdenziali.
Per quanto riguarda il conto generale del patrimonio vorrei solo sottolineare come la legge di riforma del bilancio dello Stato ha introdotto un livello di classificazione atto a fornire l'individuazione dei beni dello Stato suscettibili di utilizzazione economica anche ai fini di un'analisi economica della gestione patrimoniale, e sappiamo tutti quanto siano necessari entrambi questi approfondimenti.
Anche la Corte dei conti si augura che l'incompletezza delle informazioni relative ai beni immobili dello Stato possa essere superata o almeno ridotta a conclusione dell'attività svolta dal Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze e finalizzata alla redazione del rendiconto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato.
È evidente come, in assenza di queste informazioni, cioè della ricostruzione del valore di mercato dei beni e della rilevazione dei costi di manutenzione, sia assolutamente demagogico il procedere al federalismo demaniale. Sarebbe, infatti, impossibile avere contezza del rilievo finanziario dei trasferimenti, anche considerando la disomogenea distribuzione dei beni sul territorio nazionale.
Passando all'assestamento di bilancio, questo è previsto per consentire un aggiornamento, a metà esercizio, degli stanziamenti del bilancio dello Stato anche sulla scorta della consistenza dei residui attivi e passivi, accertata in sede di rendiconto dell'esercizio dell'anno precedente.
Intanto, mi pare importante sottolineare come il disegno di legge in esame non sconti gli effetti dei provvedimenti di manovra approvati nel corso dell'estate, ad eccezione delle variazioni disposte a seguito di un emendamento del Senato finalizzato a contabilizzare nel disegno di legge di assestamento, per un importo pari a 2,4 miliardi di euro, gli effetti dell'articolo 40 del decreto-legge n. 98 del 2011, che prevede la trasformazione e riduzione di spesa degli accantonamenti operati come clausola di salvaguardia degli introiti stimati per l'assegnazione di diritti d'uso di frequenze radioelettriche da destinare a servizi di comunicazione elettronica.
La relazione al disegno di legge di assestamento per il 2011 evidenzia in termini di competenza, al netto delle regolazioni debitorie e contabili, un miglioramento dei saldi di bilancio rispetto alle previsioni iniziali con una riduzione del saldo netto da finanziare di circa 8,5 miliardi di euro, per la gran parte imputabile però alle variazioni proposte da questo stesso disegno di legge.
In corrispondenza con l'evoluzione positiva del saldo netto da finanziare anche gli altri saldi registrano un miglioramento, sia il risparmio pubblico che il ricorso al mercato.
Il miglioramento del saldo netto da finanziarie è attribuibile pressoché interamente all'andamento delle entrate finali, principalmente ascrivibili alle entrate tributarie, in particolare l'IRES, le imposte sostitutive come la cedolare secca sui contratti di locazione, l'IVA e i proventi del lotto.
Vorrei sottolineare come il costante aumento dei proventi del lotto, delle lotterie e di qualunque tipo di gioco non suoni positivamente per l'etica dello Stato rispetto ai cittadini.
Per quanto concerne le spese finali, le variazioni proposte dal Governo determinano una riduzione delle spese correnti di circa due miliardi e 400 milioni di euro e un aumento delle spese in conto capitale di circa 750 milioni. La variazione in diminuzione della spesa corrente è principalmente legata alle minori esigenze relative alla spesa per interessi e alle minori somme da versare per il finanziamento del bilancio Pag. 9dell'Unione europea. A quanto previsto dal disegno di legge originario vanno aggiunti i nuovi tagli di spesa derivanti dalle variazioni apportate al Senato, per un importo pari a 2,4 miliardi di euro, di cui ho già precedentemente accennato.
Proposte in aumento delle dotazioni di competenza hanno invece riguardato la categoria di spesa relativa ai trasferimenti alle amministrazioni locali che risultano aumentati di circa tre miliardi e mezzo di euro, quasi tutti destinati alle province autonome di Trento e Bolzano per soddisfare le cosiddette «esigenze minime» delle medesime province.
Le variazioni in conto capitale, con un aumento di 744 milioni di euro, sono riconducibili sostanzialmente a maggiori trasferimenti alle amministrazioni centrali, come i contributi per l'ANAS.
Per quanto riguarda i saldi di cassa vi è un peggioramento del saldo netto da finanziare rispetto alle previsioni iniziali, con un peggioramento di circa due miliardi e 700 milioni di euro rispetto alle previsioni. Gli effetti sensibilmente divergenti sul saldo di cassa rispetto a quanto si registra sul versante della competenza sono ascrivibili naturalmente alla funzione dei conti di cassa, che tengono conto della consistenza dei residui accertati a consuntivo, con un aumento delle autorizzazioni ai pagamenti finali di circa 9 miliardi e 400 milioni di euro. Voglio sottolineare come questo aumento non viene compensato dall'aumento delle entrate proposto dal provvedimento stesso.
A commento dei dati evidenziati vorrei sottolineare con particolare rilievo alcune considerazioni già emerse. Il rendiconto generale dello Stato dovrebbe costituire, unitamente al bilancio di previsione, uno strumento essenziale per lo svolgimento da parte del Parlamento della funzione di indirizzo e controllo nei confronti del Governo. Ma l'analisi svolta dalla Corte dei conti, che attesta come i dati riferiti ad oltre l'8 per cento del bilancio siano sostanzialmente gravati da seri dubbi circa la loro attendibilità, fa insorgere dubbi sulla possibilità di attuare il nostro compito in modo realmente informato.
I dubbi sulla completa trasparenza e affidabilità del bilancio fanno anche pensare che l'auspicabile inserimento nella nostra Costituzione dell'obbligo del pareggio di bilancio e di eventuali correzioni automatiche in caso di scostamento superiore ad un certo livello di deficit potrebbero non essere sufficienti se non si provvedesse ad un importante incremento della qualità del bilancio stesso.
Le riflessioni appena svolte prenderebbero poi una piega ancora più pessimistica se si volesse sollevare il tappetino steso pervicacemente a coprire i deficit ancora nascosti nelle pieghe dei bilanci regionali, con particolare riferimento a quelli riguardanti la sanità e in quelle dei bilanci degli enti locali e delle miriade di società partecipate che spesso vanno a costituire un inestricabile sistema di scatole cinesi.
La riflessione su questi due temi è appena agli albori e richiederà grande serietà sulla possibilità di attuare il federalismo senza che il Governo centrale abbia piena e aggiornata contezza dei bilanci degli enti decentrati e soprattutto della loro attendibilità.
Vorrei ancora far notare come il saldo netto da finanziare, pur rimanendo ancora assai elevato, segni un miglioramento rispetto al 2009, con un contenimento della spesa corrente che si riduce in termini assoluti dell'1,4 per cento.
Purtroppo, però, analizzando il complesso del bilancio si evidenziano ancora due macroproblemi: il primo è che la riduzione della spesa corrente avviene attraverso la riduzione del 25,2 per cento dei consumi intermedi (andremo a verificare se non vi sarà una crescita di questa spesa nell'esercizio in corso) e attraverso la riduzione del 32,6 per cento dei trasferimenti alle famiglie e alle istituzioni sociali (con quali ricadute a breve termine della tenuta delle famiglie più in difficoltà e del welfare complessivo durante la crisi andremo a verificarlo nei prossimi mesi).
Se si evidenzia poi il calo dell'11,3 per cento della spesa in conto capitale, si Pag. 10possono fare riflessioni sulla quasi totale mancanza di spinte alla crescita - prima di tutto infrastrutturale - del Paese.
Vorrei ancora osservare come le entrate registrano un andamento positivo unicamente grazie all'incremento dell'incidenza della voce relativa alla cessione dei prestiti, mentre per le spese, come già evidenziato, la riduzione di quelle in conto capitale supera ampiamente in termini percentuali la diminuzione della spesa di parte corrente.
Un'ulteriore osservazione riguarda l'assoluta necessità di procedere a breve ad una seria revisione della spesa, atteso che la pervicace applicazione dei tagli lineari ha fatto sì che la qualità della spesa non abbia subito il benché minimo miglioramento con il Governo Berlusconi dopo il serio tentativo iniziato dal Ministro Padoa Schioppa.
Questo è tanto più necessario in quanto il livello della spesa primaria del nostro Paese è sensibilmente inferiore a quello registrato in numerosi Paesi caratterizzati da uno Stato sociale simile al nostro. È, quindi, impossibile procedere con l'andazzo di tagli che non siano selettivi e mirati.
Un'ulteriore considerazione specifica vorrei riservarla al diritto alla mobilità che registra una riduzione di quasi il 30 per cento rispetto al 2009 in una situazione già drammatica per il trasporto pubblico locale.
Vorrei ancora osservare, riguardo all'assestamento di bilancio, come il bilancio preventivo 2011 fosse stato preparato sulla base delle previsioni contenute nella Decisione di finanza pubblica del settembre 2010, contenente previsioni ottimistiche attualmente insostenibili. Altrettanto superati e non credibili erano i dati contenuti nel DEF dell'aprile scorso, accompagnati da dichiarazioni, tanto rassicuranti ed ottimistiche quanto volutamente indifferenti allo stato reale dei conti pubblici italiani ed alla situazione economico-finanziaria internazionale, da parte dei principali esponenti del Governo e della maggioranza. Viste a distanza di pochi mesi queste dichiarazioni paiono irresponsabili e destituite di ogni reale aggancio con la realtà. Nei quattro mesi seguenti si sono succedute due manovre successive con un effetto cumulativo di circa 60 miliardi di euro - non piccole correzioni di rotta -, che hanno costituito una vera e propria mazzata per le imprese e le famiglie italiane.
A fronte di novità nel panorama economico-finanziario di una tale rilevanza, al Senato è stata introdotta una sola modifica, già illustrata, all'assestamento. Sul versante della spesa, l'assestamento prevede una riduzione legata unicamente a due fattori, uno non riferibile all'azione di Governo, in quanto connesso alla rideterminazione del contributo al bilancio dell'Unione europea, e, l'altro, attribuito alla riduzione della spesa per interessi giustificabile dal punto di vista strettamente contabile, ma totalmente inattendibile se si guarda solo all'evoluzione di breve termine e all'andamento dei rendimenti dei titoli di Stato. Teniamo conto anche di vari aspetti: l'andamento dei residui e il fatto che, come afferma la stessa Corte dei conti, la crescita dei residui attivi non rassicura sulla loro effettiva incidenza sulla tenuta dei conti; l'elevazione da 70 a 75 miliardi del limite massimo per l'emissione dei titoli di Stato, il che fa trapelare in modo evidente la convinzione che è certa la crescita dell'onere del debito; il sensibile incremento, da non sottovalutare, della dotazione del Fondo di riserva per le autorizzazioni di cassa; il fatto che, in realtà, il vero assestamento è quello realizzato con l'approvazione delle due manovre correttive che ha fortemente modificato il quadro delle entrate. Tenendo conto, appunto, di tutte queste osservazioni e del contenuto della Nota di aggiornamento al DEF, per la cui discussione nel merito rimando all'apposita sessione, vi è di che essere preoccupati per la tenuta dei nostri conti pubblici e, di conseguenza, per quella dei conti privati di tutti gli italiani e, particolarmente, dei più vulnerabili.
Gli italiani e l'Italia hanno bisogno di un Governo capace, non solo di garantire la tenuta dei conti, ma anche la ripresa Pag. 11dell'economia e della crescita in un quadro non conflittuale nel Paese, in un'atmosfera che faccia percepire agli italiani, soprattutto a quelli più giovani, che si sta lavorando davvero per il loro futuro.
Vi è la necessità, soprattutto in carenza di dotazione economica, di una grande azione riformatrice (gli ammortizzatori sociali che liberino i giovani dalla precarietà, la riforma fiscale che favorisca le imprese e le famiglie, una riforma federale che punti ad unire e non a dividere). Insomma, proprio quella grande azione riformatrice che voi avete promesso agli italiani, senza mai realizzarla, cosa che ci porta ad affermare che non meritate più la loro fiducia (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, constato, innanzitutto, con amarezza, che sono presenti in Aula meno dell'1 per cento dei 630 deputati che compongono questa Assemblea. Si tratta, tuttavia, di una costante nella discussione sulle linee generali, se non fosse che stiamo discutendo di importanti provvedimenti: il rendiconto 2010, per capire che cosa è stato fatto nell'esercizio appena concluso, l'assestamento del bilancio in corso e, cosa di cui non possiamo prescindere, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. Nel mezzo di questi tre documenti ci sono stati fatti clamorosi ed eclatanti.
Li voglio soltanto ricordare: la manovra di luglio, il decreto-legge n. 98; la lettera a doppia firma dell'attuale Governatore della Banca centrale europea e del prossimo Governatore della Banca centrale europea oggi ancora Governatore della Banca d'Italia e, poi, la manovra del 13 agosto. Il tutto dentro ad una crisi europea senza precedenti dall'anno della nascita dell'euro.
Ricorderanno tutti i colleghi che nel giugno di quest'anno il Ministro dell'economia e delle finanze ci disse che molto probabilmente sarebbe stato necessario semplicemente un aggiornamento, una manutenzione ordinaria dei conti dello Stato e poi sappiamo come è andata a finire, tant'è che è stato adottato il decreto-legge n. 98 per quasi 50 miliardi di euro. Ma come scrivono i due rappresentanti al vertice della Banca centrale europea - cito testualmente - (finalmente abbiamo la lettera: nonostante sia stata richiesta più volte abbiamo dovuto prenderla dal Corriere della Sera), il Governo italiano ha deciso di mirare al pareggio di bilancio nel 2014 e a questo scopo ha di recente - scrivevano i due il 5 agosto - introdotto un pacchetto di misure (si riferisce per l'appunto al decreto-legge n. 98): sono passi importanti ma non sufficienti.
Se voi, colleghi, rappresentanti del Governo, andate a rileggervi quanto abbiamo detto da questi banchi, in quei giorni nel mese di luglio, si diceva per l'appunto questo. Al di là del merito, ma nel quantum, dicevamo quanto fosse necessario farsi.
Purtroppo, tuttavia, non era quello che il Paese ci chiedeva, soprattutto quello che la crisi che stavamo attraversando ci chiedeva. Vi dico subito che, esclusivamente a titolo personale, sottoscrivo per intero quella lettera, anche perché se qualcuno volesse verificare la conferma e la coerenza rispetto a quanto sto dicendo, basta che vada a leggere gli emendamenti a mia firma al decreto-legge di agosto e potrà verificare che andavano per l'appunto in quella direzione. Ci si interroga, oggi, se una lettera della Banca centrale europea sia accettabile o meno. Credo che abbiamo assistito in questi sessant'anni di storia repubblicana a molti ammonimenti che ci venivano dai vari Governatori della Banca d'Italia che si sono succeduti nel tempo. Uno dei primi, anzi il primo dopo la seconda guerra mondiale, Luigi Einaudi, diceva già allora che erano prediche inutili e così sono state prediche inutili nel corso degli anni e dei decenni, compresa quella del 31 maggio di quest'anno del Governatore Draghi che già aveva individuato alcuni provvedimenti che occorreva adottare con urgenza sia per sanare i conti pubblici sia Pag. 12per rilanciare finalmente la crescita di questo Paese, che quanto meno è in stagnazione se non in recessione.
Ci è voluta la lettera dalla BCE, ma perché ha sortito un effetto diverso? Semplicemente perché noi da soli non avremmo potuto cavarcela. Occorreva che, data la crisi dei mercati finanziari, qualcuno potesse sostenere l'acquisto dei titoli sovrani italiani. E questo non poteva che essere, in assenza di un fondo europeo capace di sostenere questi acquisti, perché non lo è di fatto e comunque non è capace in termini quantitativi di farsi carico dei titoli italiani, la Banca centrale europea, ed ecco che è intervenuta e abbiamo dovuto abbassare il capo, accettare quella lettera e mettere mano o, meglio, ancora una volta far finta di mettere mano a quello che sarebbe stato necessario fare sin dal 2008, se si capiva, come qualcuno diceva di aver capito, quale fosse la gravità della crisi finanziaria internazionale.
Questa premessa mi fa dire che è vero, non sarei onesto con me stesso e con i colleghi se dicessi che questo è un problema tipicamente italiano: lo è, ma lo è dentro ad un sistema e ad una crisi di sistema dell'Eurozona, dove gli squilibri macroeconomici interni sono forti, con un'Unione monetaria in cui i Paesi periferici dell'area si sono ritrovati con dei tassi di interesse reali più bassi di quelli dei Paesi centrali e ciò ha determinato un flusso di capitali dai secondi ai primi, che invece di aumentarne il potenziale produttivo ha generato un indiscriminato aumento dei debiti pubblici e privati verso l'estero, che è andato a finanziare le esportazioni accentuando il gap di competitività a vantaggio dei Paesi forti. In sostanza, lo squilibrio determinato da un'Unione monetaria priva di una politica economica comune ha accresciuto le asimmetrie tra i Paesi dell'Eurozona. Questo è lo stato in cui ci si trova.
Poi aggiungiamo il nodo irrisolto della fragilità dei rapporti con i mercati finanziari. Da più parti sono stati promessi interventi significativi, non solo a livello europeo ma a livello internazionale, ma questi non sono mai stati concretizzati ed oggi siamo nelle condizioni in cui ci troviamo. Il Presidente degli Stati Uniti ci ha detto anche recentemente che abbiamo un tempo molto limitato, se vogliamo con un colpo di reni, trovandoci al limite del baratro, salvarci, salvare l'Europa e salvare soprattutto il nostro Paese.
Veniamo al rendiconto, perché ho detto in premessa che noi ci troviamo ad esaminare questi tre atti - non soltanto due, tre atti - che sono iscritti all'ordine del giorno dentro questo contesto che ho descritto. Andando per ordine, la domanda è: il rendiconto è affidabile? Infatti questa è la domanda principale, visto che stiamo parlando di un provvedimento che fotografa la situazione al 31 dicembre 2010, quindi è un conto consuntivo che viene chiamato rendiconto. La Corte dei conti - chi più di lei ha titolo per pronunciarsi - ha scritto che non è affidabile in una misura sostanziale. È vero che poi su «sostanziale» bisogna capirci; il relatore in Commissione ha detto: «Cosa volete, è limitato all'8 per cento o al 6 per cento. Quindi cosa volete di più? Tutto il resto va bene». Sì, peccato che quell'8 per cento sostanzialmente significhi 60 miliardi di euro, non noccioline.
Allora la domanda è: ma quello che andiamo a fare - è iniziato l'iter, nelle due Commissioni I e V, per l'introduzione dell'obbligo del pareggio di bilancio in Costituzione - ci aiuterà in questa direzione? Dipende da come uscirà questa norma e, chiaramente, dal fatto se poi però, all'italiana, riusciremo a bypassarla, come stiamo di fatto bypassando o meglio come il Governo ha bypassato la legge di contabilità approvata all'unanimità da questo Parlamento. Sto riferendomi alla legge n. 196 del 2009, ma anche alla modifica della medesima secondo le ultime nuove esigenze, con la legge n. 39 del 7 aprile di quest'anno, che avrebbe dovuto semplificare e razionalizzare il complesso delle procedure che presiedono alle decisioni di finanza pubblica attraverso un'articolata riforma degli strumenti di bilancio.
I documenti di finanza pubblica ampliano il contenuto informativo degli stessi Pag. 13per favorire il monitoraggio dei conti - l'abbiamo scritto noi - ed il sistema di controlli anche a posteriori della qualità e della correttezza della gestione, nonché in ordine alle modalità di copertura finanziaria delle leggi e alla struttura del bilancio statale. Noi siamo in grado, coerentemente e onestamente, di poter dire in questo momento che la legge di contabilità, la n. 196, che ci diceva queste cose rispetto al rendiconto 2010 - ma se volete anche all'assestamento di questo esercizio - rientri in quelle categorie di principi che ci siamo dati noi, all'unanimità?
Al rendiconto generale dello Stato, costituito - come sanno i pochi colleghi presenti - dal conto del bilancio e dal conto generale del patrimonio, è affidato il compito di verificare a posteriori da parte del Parlamento - guardate quanti siamo - l'avvenuto rispetto di quanto già autorizzato con la legge di bilancio.
Al contrario, all'altro provvedimento - l'assestamento - sono affidati precisi compiti di aggiornamento degli stanziamenti del bilancio dello Stato, sulla scorta della consistenza dei residui attivi e passivi accertati dal rendiconto. Quindi, un provvedimento segue l'altro. Quest'ultimo, poi, fa riferimento, per quanto riguarda le entrate, alla revisione delle stime del gettito, mentre, per le spese, alle esigenze eventualmente sopravvenute nel corso dell'esercizio. La conclusione di queste prime considerazioni è che il Governo non ha rispettato le regole introdotte dalla nuova legge di bilancio.
Dicevo già prima che il Ministro dell'economia e delle finanze, a giugno, aveva parlato di manutenzione di conti, quantificandola in 7 miliardi di euro. Più recentemente, egli ha parlato di tagliando per lo sviluppo. Ebbene, è un tagliando che non riesce a «staccare»: lo aveva annunciato per i primi di settembre, siamo ai primi di ottobre, adesso si parla del 20 ottobre, ma leggo sui quotidiani di oggi che sono tanti i colleghi parlamentari che sostengono questo Governo, i quali dubitano fortemente che questo provvedimento a sostegno dello sviluppo vedrà mai la luce.
Se me lo consente, signor Presidente, dall'Aula del Parlamento vorrei rivolgere un invito al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale parla di manutenzione e di tagliando. Ebbene, credo di potergli dire, in amicizia, che la sua officina funziona poco, se la manutenzione e i tagliandi che fa danno questi risultati. Sarebbe bene che chiudesse una volta per tutte questa officina che non funziona.
La funzione di ausiliarietà al Parlamento e al Governo in termini di trasparenza sui risultati della gestione acquista particolare rilevanza nell'attuale quadro congiunturale, nel quale i vincoli imposti dalla nuova governance europea ci obbligano a ricercare un difficile punto di equilibrio tra la riduzione del debito e il ritorno alla crescita economica.
In tale ottica, la corretta allocazione delle risorse pubbliche è fondamentale; così pure l'attività di programmazione dev'essere condotta correttamente; parimenti, è fondamentale l'attività di verifica sui risultati effettivamente conseguiti, ovvero sulle cause che hanno determinato il mancato o il ritardato utilizzo delle risorse disponibili.
Pertanto, il rendiconto ci dice che il saldo netto di competenza da finanziare ha avuto un miglioramento rispetto al 2009 e non possiamo che esserne soddisfatti. Tuttavia, il valore negativo è ancora molto alto: il saldo netto da finanziare è, infatti, ancora pari a 21,6 miliardi di euro. Vi è, per la prima volta, una contrazione della spesa corrente dell'1,4 per cento in valore assoluto. Dopo due anni è stata percepita la necessità di arrivare a procedure di contenimento della spesa, non del 10 per cento, come stabilito dai tagli lineari tanto graditi al Ministro dell'economia e delle finanze, ma con tre anni di ritardo ci si è resi conto che forse l'approccio doveva essere un altro, cioè quello dello spending review.
Tuttavia, occorre guardare anche alla qualità della spesa, che va contenuta, ma anche migliorata, e da questa analisi emergono alcuni dati preoccupanti.
In primo luogo, la riduzione del 25,2 per cento dei consumi intermedi è un fatto Pag. 14positivo, ma quanto di questa riduzione avrà un rimbalzo sull'esercizio in corso?
In secondo luogo, la riduzione del 32,6 per cento dei trasferimenti correnti alle famiglie e alle istituzioni sociali: questo non è necessariamente né un dato positivo, né un dato negativo, anzi potrebbe essere un dato negativo se ciò si riflettesse - come sta accadendo - sul sostegno ai redditi soprattutto delle persone più deboli; in tal modo si riducono i consumi e ciò vuol dire rallentare la crescita.
In terzo luogo, riduzione dell'11,3 per cento delle spese in conto capitale; investimenti per le imprese con un 17 per cento di calo; investimenti per le famiglie e le istituzioni addirittura con il 48 per cento di riduzione. Spese in conto capitale: è l'unica vera cifra in diminuzione in termini di saldi netti. E ancora, riduzione della spesa, ma aumento del debito in cifra assoluta, oltre che in percentuale.
Si è sempre detto che la spesa corrente avrebbe influito - e ha influito - nel corso degli anni; è vero, ma allora bisognerebbe chiedersi: è diminuita la spesa corrente, è diminuita ancora di più la spesa in conto capitale, come è possibile che il debito continui a crescere? Vi è qualcosa che non va. Ed il debito aumenta sia in cifra assoluta che in cifra percentuale. Sull'aumento in cifra percentuale posso anche convenire, in quanto, essendo diminuito il denominatore, cioè il PIL, è aumentata l'incidenza percentuale del debito, ma in cifra assoluta, non me lo spiego.
Due considerazioni, quindi: il rendiconto certifica che non state facendo quello che serve al Paese. «Manutenzione», diceva il Ministro? Bene, la manutenzione, in questi due mesi, luglio ed agosto, è stata di 100 miliardi di euro, cifra mostruosa: 48 miliardi di euro con il decreto-legge n. 98 e 59 miliardi e 800 milioni con il decreto-legge n. 138. Nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza dite che questo significherà - voi lo dite, signor sottosegretario, il suo Ministro lo scrive - una minor crescita cumulata di due punti percentuali, ma non è così, lo ripeto, non è così. Lei l'ha già sentito quello che sto per dire, ma a dirlo non è Renato Cambursano, ma il Fondo monetario internazionale, e non sto a rileggere le singole cifre anno per anno: nel corso del quadriennio - perché di tanto è il prospetto della nota di aggiornamento - vi sarà una minor crescita del 2,9 per cento.
Lei ricorderà a proposito delle prediche inutili - ed ecco perché sono partito da lì - dei governatori. Il Governatore Draghi, il 31 maggio di quest'anno, disse che la crescita, se fossero state attuate quelle norme che prevedeva il 31 maggio, sarebbe stata di due punti percentuali. Peccato che quella manovra è stata raddoppiata, ed ecco spiegato perché siamo, praticamente, a tre punti percentuali di minor crescita. Dirò poi sulla nota di aggiornamento qual è la situazione del deficit, del debito e della pressione fiscale. Credo, però, sia opportuno fare qualche valutazione sul complesso delle cifre, ed ho qui una tabella che parla più di ogni altra cosa.
Signor Presidente, le spese, in questo quadriennio, così come ci prospetta il Governo, aumenteranno complessivamente di 42 miliardi 278 milioni di euro; totale delle spese correnti: più 31 miliardi 724 milioni di euro, e l'unica voce in riduzione, ma l'ho detto prima, è rappresentata dalle spese in conto capitale: meno 13 miliardi di euro.
In merito alle entrate, in compenso - e anche questa è l'ennesima conferma delle cose che ci siamo già detti tante volte in quest'Aula e nelle aule delle Commissioni -, l'unica cosa che siete stati capaci di fare in questi mesi è quella di mettere pesantemente le mani nelle tasche dei cittadini, strappandogli anche le tasche, e mi limito a questo, per rispetto di quest'Aula. Gli avete strappato le tasche, non solo avete messo le mani nelle tasche. In quattro anni vi sono 116 miliardi e 328 milioni di euro di nuove maggiori entrate: 96 miliardi del totale delle entrate già deliberate, più i 20 miliardi di euro che non si sa da dove dovrebbero arrivare o, meglio, fate finta di non saperlo, perché dovrebbero arrivare della clausola di salvaguardia, qualora la riforma previdenziale e fiscale non venisse attuata. Pag. 15
Tutto ciò significa, quindi, una perdita strutturale di capacità competitiva del Paese, non interpretabile soltanto in base all'andamento del ciclo economico, ma, al contrario, come un deterioramento progressivo del capitale fisico delle imprese e del capitale sociale del settore lavoro: difficoltà che impediscono al Paese di agganciare il treno della ripresa. Il rendiconto per il 2010 conferma quanto più volte evidenziato da tutte le forze politiche dell'opposizione nel corso di questi tre anni, e cioè che la strategia di attesa e la mancanza di provvedimenti di sostegno all'economia e della domanda si sarebbero tradotti in un andamento insoddisfacente delle entrate. Al contempo, la politica di tagli lineari alle spese si sarebbe rilevata, a consuntivo, meno efficace di quanto previsto.
Infatti, le entrate fiscali hanno visto - lo dite voi - una caduta dello 0,5 per cento rispetto al 2009, con una riduzione dell'1,4 per cento delle entrate tributarie relative ad imposte sul patrimonio sul reddito (circa 4 miliardi in più rispetto al 2009) e dell'1,4 per cento delle entrate tributarie relative ad imposte sulla produzione e sui consumi, nonché - attenzione a questo - alle entrate extra tributarie che registrano una flessione addirittura del 6,6 per cento rispetto al 2009, solo in parte compensate dall'eccezionale andamento delle entrate tributarie relative a tasse e imposte sugli affari, cioè proprio laddove non avreste dovuto incidere.
Infatti, se appesantite ancora di più dal punto di vista fiscale e previdenziale le imprese, come potete immaginare che le medesime investano e facciano crescere questo Paese? Andate nella direzione opposta rispetto a quello che la situazione richiederebbe. Sul fronte delle spese, si registra un miglioramento dovuto al contenimento (modesto, come già ricordato) delle spese correnti, ma soprattutto delle spese in conto capitale.
La seconda considerazione è sulla inaffidabilità del rendiconto. Tra residui attivi e residui passivi arriviamo a quasi 300 miliardi di euro: oltre il 40 per cento del bilancio. La macchina pubblica non funziona, perché altrimenti non si spiega come sia possibile l'accumulo di così tanti residui passivi e attivi. Con i ritardati pagamenti state strozzando tutta la pubblica amministrazione. Ritardate i pagamenti agli enti locali, alle regioni e così a cascata questi non pagano ed il Paese sta entrando in una spirale infernale.
Ci siamo più volte interrogati su quale provvedimento adottare per far sì che le amministrazioni locali paghino sul loro territorio le imprese che forniscono lavori e servizi. La prima cosa da fare è che la macchina pubblica statale non accumuli così tanti residui, trasferisca quello che deve trasferire e paghi ciò che deve pagare. Così funziona una macchina vera, altrimenti è «ingrippata» (credo si possa dire).
Al 1o gennaio 2011 i residui attivi arrivavano a sfiorare i 195 miliardi di euro, mentre i residui passivi si attestavano al 97,8 miliardi di euro (si arriva quindi ai quasi 300 miliardi di euro di cui parlavo prima). Affianco alla regolazione contabile debitoria, ricollegabile in parte all'intreccio tra gestione di bilancio e gestione di tesoreria, si è formata una massa consistente di debiti pregressi incompatibile con il principio di annualità del bilancio.
Di questo la Corte dei conti nella sua relazione ha dato ampia documentazione alla quale rinvio. Vi sono poste di bilancio, per le quali si sono riscontrate discordanze dei relativi importi rispetto a quelli risultanti nella contabilità delle amministrazioni, e capitale, per il quale gli importi dei residui attivi finali registrati nel rendiconto risultano diversi da quelli che si ottengono sottraendo dai residui iniziali i versamenti effettuati nell'anno in conto residui (più quelli di competenza dell'esercizio).
In ordine alle voci di spesa, la Corte ha rilevato varie eccedenze sulle previsioni definitive di competenza, sulla consistenza dei residui e sulle autorizzazioni definite di cassa, facendo riferimento a discordanze relative ai pagamenti disposti, nonché a varie spese effettuate in mancanza di stanziamenti in bilancio. Siamo ad un vero Pag. 16e proprio falso in bilancio, ma voi lo avete depenalizzato, quindi qual è il problema?
Sul conto generale del patrimonio la Corte ha rilevato l'incompletezza delle informazioni relative ai beni immobili dello Stato suscettibili di utilizzazione economica. Vi sono un utilizzo di capitale promiscuo e un utilizzo di fondi costituiti in bilancio senza che vengano attribuiti agli ordinari capitoli di spesa al momento degli impegni, e potrei continuare. Insomma, non c'è trasparenza e i vostri conti non sono affidabili.
Infine, vorrei fare una considerazione sull'assestamento. Il bilancio iniziale è basato sul quadro macroeconomico delineato dalla decisione di finanza pubblica per il triennio 2011-2013 approvato nel settembre del 2010 e quindi oltre un anno fa.
È una previsione totalmente sballata, frutto della vostra filosofia del: «tutto va bene, madama la marchesa». Allo stesso modo sono ampiamente superati i dati contenuti nel Documento di economia e finanza dell'aprile scorso, al punto che si sono rese necessarie - lo ricordavo già prima - ben due manovre per oltre 100 miliardi di euro. Di tutto questo non vi è traccia sul bilancio di assestamento. L'unica novità sta nell'emendamento presentato dal Governo, il quale prevede le trasformazioni in riduzione di spesa degli accantonamenti operati come clausola di salvaguardia degli introiti stimati per l'assegnazione di diritti d'uso delle frequenze radioelettriche da destinare a servizi di comunicazione elettronica.
La proposta di riduzione della dotazione di competenza della spesa corrente è legata ad esigenze minori rispetto ai due fattori, di cui uno vero, ma non dipendente dall'azione del Governo, cioè la minore somma da versare all'Unione europea quale conguaglio al bilancio contenzioso, l'altro fasullo, cioè la minor spesa per interessi. O avete sballato totalmente le previsioni o sballate ora visto che i tassi spuntati nel collocamento - e concludo - del debito sovrano sono in forte crescita. Le maggiori perplessità sono date ancora dall'andamento anomalo dei residui passivi.
Concludo, Presidente, perché il tempo è ampiamente scaduto e le chiedo cortesemente di poter allegare la parte mancante del mio intervento. Credo che, a questo punto, valga la pena davvero che questo Governo, delle due l'una, o prenda atto del fallimento o davvero, coraggiosamente, metta mano a quello che viene richiamato nella lettera a doppia firma a cui facevo cenno in apertura, ossia allo sviluppo, e faccia in modo che ciò prenda consistenza totale, altrimenti il baratro non lo evitiamo nel modo più assoluto.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Cambursano, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, questa settimana sono all'esame della Camera i due atti che oggi valutiamo congiuntamente, relativi al rendiconto 2010 e all'assestamento 2011 e la nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2011. Sono state approvate due manovre rilevanti tra luglio e settembre, che non hanno risolto i problemi del Paese come evidenziano i declassamenti delle agenzie di rating; vengono inviati continuamente messaggi contraddittori su prossime misure per la crescita, si sta avvicinando il tempo della legge di stabilità in un quadro di progressiva inadeguatezza del Governo, che sempre più emerge come il principale problema della crisi italiana. Non possiamo discutere di rendiconto e di assestamento come atti isolati, ma necessariamente inseriti in questo contesto.
Preliminarmente però vorrei fare un'osservazione sulla documentazione che accompagna il rendiconto. Nella relazione illustrativa il Governo sottolinea come, per la prima volta, venga predisposto l'eco-rendiconto, cioè una relazione illustrativa Pag. 17delle risorse impiegate per finalità di protezione dell'ambiente e di uso e gestione delle risorse naturali da parte delle amministrazioni centrali dello Stato. È indubbiamente un passo avanti, ma ritengo che permanga la necessità di una legislazione nazionale sulla contabilità ambientale e sul bilancio ambientale per lo Stato, le regioni e gli enti locali, che sappia riconoscere e valorizzare l'esperienza già compiuta dai diversi enti locali. Proposte di legge sono state presentate, in precedenti legislature si arrivò all'approvazione in Senato, sarebbe opportuno riprendere una discussione e un'iniziativa su questo aspetto in sede parlamentare, a partire dalla Camera.
Veniamo al merito degli atti in esame. Il Governo e, nella relazione illustrativa, il relatore hanno teso ad evidenziare i risultati positivi che, a loro avviso, emergerebbero dal rendiconto 2010. In particolare, rispetto al 2009, la riduzione dell'indebitamento netto dal 5,4 al 4,6 per cento, la lieve riduzione delle spese correnti, la riduzione più significativa delle spese in conto capitale, l'incremento delle entrate correnti, il lieve miglioramento del saldo primario e poi, nell'insieme, i saldi di bilancio che, in termini di competenza, hanno registrato dati a consuntivo migliori delle previsioni iniziali e definitive sia per il saldo netto da finanziare che per il risparmio pubblico che per il ricorso al mercato.
Allora viene da chiedersi: ma se tutto è andato così bene nel 2010, perché siamo giunti nel 2011 nella condizione più difficile per la finanza pubblica e per il Paese in tutta la storia della Repubblica? È troppo grande la contraddizione per non cercare di dare una risposta. Credo che la risposta la troviamo su due piani. Un primo piano è relativo al rendiconto in quanto tale.
Non tutto è andato per il meglio, a partire dalla questione dei residui. Vi è un problema rilevante di aumento: per quelli attivi passiamo da 194.550 milioni a 229.970 e per quelli passivi da 96.667 milioni a oltre 108.000. Questo imponente e crescente accumulo di residui attivi e passivi, secondo la Corte dei conti nel giudizio di parificazione, rende sempre più appannato l'esito della gestione e la stessa leggibilità del rendiconto generale.
Quindi, c'è un problema di trasparenza dei conti. La Corte parla della formazione di una massa di debiti pregressi e che si è venuto generalizzando il ricorso a pagamenti in conto sospeso di sempre crescente entità che in gran parte attendono una completa sistemazione contabile in bilancio e che non sarebbero del tutto compatibili con il principio di annualità del bilancio in quanto finiscono per alterare le risultanze di consuntivo. La Corte sottolinea questa anomalia dei residui, così rilevante da aver fatto rivedere il progetto per il passaggio al bilancio di sola cassa originariamente previsto dalla nuova legge di contabilità.
I residui passivi sono un problema annoso, che però secondo la Corte negli ultimi tempi è stato aggravato da misure di contenimento della spesa spesso orientate allo slittamento dei pagamenti. Ciò dipende sostanzialmente da una cattiva qualità della legislazione di spesa, quasi mai supportata da specifici progetti di fattibilità, e caratterizzata invece da procedure complesse e defatiganti in taluni settori di intervento, da schemi contabili spesso obsoleti, da incongrui comportamenti gestionali.
Quindi, il Governo ha teso sostanzialmente far slittare i pagamenti, scaricando il costo sulle imprese, sulle famiglie e su altre amministrazioni pubbliche. Per quanto concerne le entrate, la Corte rileva che l'affidabilità dei dati aumenta lievemente rispetto al 2009, ma si colloca al 91,9 per cento delle entrate finali (464.606 su 500.325 milioni) e al di sotto del triennio 2006-2008. Ciò significa - afferma la Corte - in pratica che il solo bilancio consuntivo sicuramente non problematico è quello di cassa.
Il bilancio consuntivo di competenza è in parte non trascurabile ricostruito induttivamente e non necessariamente rispecchia fedelmente l'effettiva realtà contabile che peraltro è allo stato impossibile da accertare. Non sono cioè certe entrate Pag. 18per circa 40 miliardi. Si potrebbe continuare. Qui emerge come vi sia un problema di affidabilità del rendiconto e, più in generale, della contabilità dello Stato. Nel momento in cui si è aperta una discussione sul pareggio di bilancio in Costituzione, penso che in quella discussione occorra approfondire questi aspetti che la Corte ha evidenziato per capire come si deve intervenire per risolvere questo problema di affidabilità dei conti pubblici e per capire in quale reale stato si trovi la finanza pubblica italiana. Infatti, ho l'impressione che le macerie siano maggiori di quanto già appaia.
Non a caso, considerato che la Corte rileva che il solo bilancio consuntivo sicuramente non problematico è quello di cassa, noi vediamo esservi una contraddizione tra saldi di competenza e saldi di cassa. Sul versante della competenza (cioè il bilancio problematico non del tutto affidabile e attendibile) migliorano tutti e tre i saldi rispetto al 2009. Sul versante della cassa migliora solo il saldo netto da finanziare e sottolineo che migliora in misura più ridotta rispetto alla competenza. Gli altri due saldi peggiorano: il risparmio pubblico passa da un saldo positivo di quasi 16 miliardi a uno negativo di oltre dieci, con un peggioramento di 26 miliardi. L'importo del ricorso al mercato ammonta a circa 249 miliardi con un peggioramento di 5,8 miliardi rispetto al 2009. Non poco problematica è l'analisi delle spese in conto di competenza. Le spese finali si sono ridotte del 2,5 per cento, ma mentre la spesa corrente è calata di solo dell'1,4 per cento (nonostante siano scesi del 5 per cento gli interessi passivi), quella in conto capitale è stata ridotta dell'11,3 per cento. Gli investimenti, cioè, sono passati da quasi 59 miliardi a poco più di 52.
Questo è un taglio di futuro e di competitività. Non è un taglio positivo. In V Commissione (Bilancio) il gruppo del Partito Democratico ha evidenziato altri aspetti problematici sui dati del rendiconto: dall'esigenza di approfondimento sull'incremento del 4 per cento della tassa sugli affari all'esigenza di una disgregazione sulle tipologie di IVA; alla negatività della riduzione di trasferimenti alle famiglie e alle istituzioni private, così come per la forte riduzione della spesa relativa alla missione «diritto alla mobilità»; alla sovrastima in sede di previsioni definitive della spesa per interessi da cui discende il dato positivo a consuntivo; al preoccupante incremento delle entrate sui giochi.
Alcune questioni hanno avuto risposta dal Governo, ma è evidente che l'insieme delle valutazioni che ho fin qui svolto può dare solo una parziale risposta alla domanda iniziale, in quanto risulta comunque che i miglioramenti sulle previsioni iniziali e definitive sono avvenuti.
E allora perché siamo in questa crisi? Ciò che è successo nel 2010 è ininfluente? Credo occorra indagare un dato che non è preso in considerazione in modo adeguato da parte del Governo e della maggioranza: l'indebitamento netto è stato del 5,4 per cento nel 2009, era previsto del 5 per cento in sede di Decisione di finanza pubblica nell'ottobre del 2010, sempre per il 2010, ed è stato invece, per il 2010, del 4,6 per cento, come evidenziato dal DEF dell'aprile 2011.
Quindi, vi è stato un miglioramento rispetto al 2009 e rispetto alle ultime previsioni. Il PIL del 2010 è previsto in aumento dell'1,2 per cento sul 2009 nell'ottobre del 2010 e invece, alla fine, il dato è migliore, seppure di poco: 1,3 per cento. Ci si aspetterebbe che il debito pubblico, conseguentemente, migliorasse rispetto alle previsioni di ottobre, in cui ci si attendeva arrivasse al 118,5 per cento. Invece no, raggiunge il 119,2 per cento, perché l'aumento del PIL sul 2009 non è più su un PIL del 2009 peggiorato del 5 per cento sul 2008, previsione dell'ottobre del 2010, ma su un PIL del 2009 peggiorato del 5,2 per cento sul 2008, come si evidenzia nel DEF di aprile. E se si guarda al PIL nominale, si vede che la crescita non è stata maggiore, ma, in realtà, minore del previsto: nell'ottobre del 2010 ci si attende un PIL di 1.554,718 miliardi, mentre nell'aprile 2011 si registra un risultato di 1.548, 816 miliardi, cioè 6 miliardi in meno. Pag. 19
Da ciò deriva un dato di debito pubblico sul PIL peggiore del previsto, nonostante la consistente riduzione dell'indebitamento netto. Da qui emerge che non basta lavorare ed operare solo sull'indebitamento netto, non basta operare solo sulla finanza pubblica. Se non cresce il denominatore, cioè il PIL, alla fine il dato sul debito pubblico è peggiore e noi ci avvitiamo in una successione di manovre mai risolutive, e il PIL non cresce senza politiche economiche e fiscali industriali.
L'idea che, «passata la nottata», tutto sarebbe ripreso come prima, è stata disastrosa. Il risultato è che le previsioni di crescita si sono riviste sempre al ribasso, che siamo il Paese che è cresciuto meno in sede OCSE nell'ultimo decennio, che in termini di PIL reale, alla fine del 2010, siamo a livello del 2002 e abbiamo previsioni di crescita bassissime, sempre nell'ordine dello «zero virgola», per i prossimi anni.
Non si poteva fare altro a causa del forte debito pubblico? No, noi non pensiamo che sia così! Erano possibili manovre inclusive di interventi per la crescita, manovre più ampie, che facessero pagare chi si è maggiormente arricchito in questi anni. Non lo si è fatto e, dopo i tranquillanti che il Governo ha somministrato al Paese, secondo lo schema per cui «stiamo meglio degli altri, perché il nostro indebitamento peggiora meno degli altri, il nostro debito aumenta, ma in misura minore degli altri, le nostre banche stanno meglio, il risparmio delle famiglie è più alto, l'indebitamento delle imprese è più basso, l'obbligo stabilito dall'Europa di una riduzione elevata del debito pubblico sarà contenuto e non partirà prima del 2016», dopo tutti questi tranquillanti e sonniferi, quando l'Europa e i mercati hanno guardato a tre dati in particolare, la crescita, il debito e l'affidabilità dei Governi, l'Italia si è trovata ad essere la peggiore sui due dati economici dopo la Grecia, cioè con il debito pubblico sul PIL più alto e la crescita più bassa dopo la Grecia, e con il dato politico peggiore in assoluto sull'affidabilità dei Governi.
Da qui l'aumento degli spread e i guai degli ultimi mesi, dai quali non si uscirà senza una svolta politica, un cambio di Governo che compia una svolta di politica economica. L'avvitamento continuo è evidenziato dalla nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza che discuteremo domani. Intanto, registro l'assoluta mancanza di programmazione e di riforme: invece di essere documenti che indicano le politiche del futuro, siamo in presenza di documenti che registrano scelte già avvenute.
Abbiamo approvato due manovre estive contraddittorie, quanto meno, rispetto alla tempistica prevista nel DEF, senza aggiornarlo, e sostanzialmente solo ora lo si aggiorna, registrando quanto avvenuto. Però, contestualmente, si annunciano provvedimenti per la crescita e poi si annunciano slittamenti di tali provvedimenti, da effettuarsi comunque entro l'anno, non si capisce in quale rapporto con la legge di stabilità, che va presentata entro il 15 ottobre, senza che alcuno degli effetti di tali provvedimenti sia valutato nella nota di aggiornamento.
Si pensa forse di continuare con i decreti-legge per la crescita a costo zero? A saldi invariati? Deleteria poi sarebbe qualunque ipotesi, per finanziare la crescita, di condoni fiscali, ulteriore incoraggiamento all'evasione fiscale.
Detto questo, nella Nota di aggiornamento si tende ad addebitare, soprattutto alla congiuntura internazionale sfavorevole, il fatto che le previsioni di crescita dell'Italia segnano un particolare arretramento. Ricordo che si modificano in questo modo le previsioni di aprile relative alla crescita del PIL: nel 2011, da 1,1 a 0,7; nel 2012, da 1,3 a 0,6; nel 2013, da 1,5 a 0,9; nel 2014, da 1,6 a 1,2 per cento. Vi è un peggioramento complessivo di oltre 2 punti percentuali che, per un Paese a bassa crescita come l'Italia, non è poca cosa. Non è questione di virgole, come invece affermava in audizione sulla legge finanziaria 2010 il Ministro Tremonti dinanzi ai rilievi sulla bassa crescita dell'Italia. Non è questione di virgole considerando che, stando alle previsione di crescita Pag. 20della Commissione europea per il 2011, la media dell'area euro è dell'1,6 per cento, mentre l'Italia si colloca allo 0,7 per cento, cioè a meno della metà. Da aprile ad oggi le previsioni per la Germania sono passate da 2,6 a 2,9 (quindi sono migliorate); per la Francia da 1,8 a 1,6 (sono leggermente peggiorate); per la Spagna, ricordo che questa era allo 0,8 per cento quando l'Italia era all'1 per cento (le previsioni dell'Unione europea erano meno ottimistiche di quelle del Governo italiano). Ora che l'Italia è allo 0,7 per cento la Spagna, invece, è ancora allo 0,8 per cento. Da peggio dell'Italia a meglio dell'Italia. La motivazione l'ha data il Ministro Tremonti: in Spagna si va ad elezioni anticipate e Zapatero non si ripresenta.
Se poi guardassimo alle stime del Fondo monetario internazionale saremo in una condizione ancora più grave: 0,6 invece di 0,7 nel 2011; 0,3 invece di 0,6 nel 2012; 0,5 invece di 0,9 nel 2013; 0,8 invece di 1,2 nel 2014. Quasi un altro punto e mezzo in meno. Di fronte a tutto questo, cosa fa il Governo nella Nota di aggiornamento? Ammette sì che le manovre possono produrre effetti non positivi sul livello di attività economica nel breve periodo, attraverso gli usuali canali di trasmissione agli aggregati della spesa privata. Ma, subito dopo, afferma che tali effetti verrebbero, tuttavia, in parte controbilanciati da effetti positivi, che dovrebbero farsi nel tempo via via più consistenti, a seguito dell'attivazione di meccanismi di tipo non keynesiano a supporto della crescita, in base ai quali, in presenza di politiche credibili di risanamento della finanza pubblica, si registrerebbe un miglioramento delle aspettative degli operatori economici che avrebbe l'effetto di ridurre l'impatto negativo sulle decisioni di consumo e di investimento. È incredibile. È dal 2009 che questa teoria non funziona e che produce un peggioramento di tutti i dati e, ancora adesso, sull'orlo del baratro si continua imperterriti a sostenere le stesse cose. Ma è mai possibile che non ci si sia resi conto che gli operatori economici stanno dicendo che il tempo per il Governo ormai è scaduto e che le loro aspettative sono di una svolta? Gli stessi servizi della Camera sono costretti a chiedere, in forma molto riguardosa, al Governo ulteriori elementi utili di valutazione, in ordine ai suddetti meccanismi di tipo non keynesiano. Le risposte del Governo in Commissione a questi rilievi sono apparse alquanto fumose. Anche da questo quadro emerge come le manovre appena approvate siano state sbagliate, proprio perché hanno trascurato il tema della crescita, così come negli anni precedenti. Nella contromanovra del Partito Democratico vi erano, invece, proposte per la crescita sia a costo zero, come le liberalizzazioni, sia onerose, come per l'efficienza energetica, per la riduzione dell'IRAP relativa alla componente lavoro per stimolare l'occupazione femminile e per i giovani.
Il sottosegretario Giorgetti, a conclusione del dibattito in Commissione sull'ultima manovra, ha affermato che nell'ultimo triennio sono stati stanziati 40 miliardi per la crescita. Ora che si dice di voler fare un tagliando per la crescita, un apposito decreto-legge, sarebbe bene avere un rendiconto di questi 40 miliardi. Per cosa sono stati stanziati? Quando? Come sono arrivati alle imprese e ai soggetti di riferimento o fanno parte di quei famosi residui passivi, di quella strategia dello slittamento dei pagamenti, o non sono addirittura andati in perenzione, come alcuni vincitori di gare di «Industria 2015» si sono sentiti rispondere dai Ministeri competenti? Dunque, il tema della crescita è fondamentale. Rilevo che nel presentare l'Italia che sta meglio degli altri il Governo abbia sempre sottolineato il dato del risparmio privato. Tuttavia, negli ultimi documenti del Governo non se ne parla più. Probabilmente, perché anche su questo versante l'evoluzione della situazione tende a peggiorare.
Le famiglie stanno gradualmente erodendo i loro risparmi e la propensione al risparmio si è notevolmente abbassata. Siamo consapevoli che il problema della crescita, sebbene più accentuato in Italia, è anche un problema europeo e, sotto questo aspetto, permane un deficit di politiche Pag. 21europee, di investimento sull'integrazione europea, sull'Europa come Unione, sugli Stati Uniti d'Europa, e non come somma di Stati. Questo salto occorre farlo perché non si può rimanere a metà del guado, solo con la moneta unica. Tuttavia gli attuali Governi europei, Governi in gran parte di centrodestra e che stanno affrontando questa fase più sul versante della riduzione del debito che su politiche di crescita, questi Governi, che spesso hanno conquistato il potere sulla base dell'ideologia della paura, sembrano incapaci di compiere questo salto.
Il relatore in Commissione mi ha risposto che sono in crisi anche gli Stati Uniti e la Spagna, dove governa la sinistra e i progressisti con Obama e Zapatero. Abbiamo già visto - e potremmo sottolineare - che anche sul versante degli spread, la Spagna sta reagendo meglio dell'Italia e comunque io mi riferivo al fatto che la politica europea è determinata soprattutto dai Governi dei Paesi maggiori ed è indubbio che Germania, Francia, Italia e Gran Bretagna hanno Governi di destra. Gli Stati Uniti sono entrati - anche per le scelte di Bush - in una fase in cui non dominano da soli, ma sono attori fondamentali di un sistema multipolare.
Più in generale, richiamo i concetti espressi dal l'ex Ministro Visco in un suo recente articolo su l'Unità. Quando la signora Merkel afferma che non si curano i debiti con nuovi debiti sembra esprimere una posizione di buon senso, ma in realtà confonde ciò che è ovvio per una sana gestione di un bilancio familiare con quello che è necessario fare per evitare una crisi economica grave o, come nella situazione attuale, il rischio di collasso dell'euro ed il fallimento di numerosi Stati europei, con conseguenze disastrose per l'intera economia mondiale. Non c'è dubbio che la posizione di Obama sia quella corretta ed essa è in realtà ampiamente condivisa in Europa da tutti coloro che guardano la realtà dell'economia in maniera oggettiva e non ideologica e sono consapevoli dei rischi catastrofici cui siamo esposti. Stime recenti indicano che la disintegrazione della zona euro potrebbe portare ad un crollo del PIL europeo di qualcosa come il 40 per cento, peggio degli esiti di una guerra vera e propria. Del resto, Obama e Geithner non chiedono certo all'Europa una politica lassista, ma più semplicemente: di non lasciare fallire la Grecia e gli altri PIGS; di salvare le banche europee e di assumere misure che convincano i mercati finanziari che la zona euro sarà difesa a qualunque costo; di proseguire nel consolidamento della finanza pubblica nei Paesi periferici; di porre in essere una politica monetaria più consapevole dei rischi di recessione e depressione e una politica fiscale meno restrittiva da parte dei Paesi europei più forti. Si tratta di una linea non solo condivisibile, ma addirittura obbligata, su cui le forze politiche europee dovrebbero riuscire a convergere. In altre parole, è sbagliato considerare la linea finora imposta dalla Germania agli altri Paesi europei come l'unica linea europeista possibile, al contrario, si tratta di una linea che rischia di far saltare moneta e mercato unico. Sempre Visco ci ricorda che questa critica alla gestione della crisi in Europa non deve essere interpretata come allentamento dell'impegno di risanamento. L'equilibrio sta nel tenere insieme risanamento, crescita ed equità.
Concludo con poche osservazioni sull'assestamento. Il disegno di legge non sconta, se non parzialmente, gli effetti dei provvedimenti di manovre approvate nel corso dell'estate, cioè discutiamo di ben poco - il vero assestamento è la manovra - ma nonostante questo registriamo un peggioramento del saldo netto da finanziare, interrogativi sulla effettiva possibilità di ridurre la spesa per interessi in un anno in cui sono aumentati così fortemente gli spread con le ricadute sugli interessi, quindi o era così sovrastimata la spesa o rischiamo sorprese negative a livello di rendiconto. Una manovra che già si fa sentire anche nel 2011 in termini di più tasse e meno welfare. Le manovre hanno modificato i saldi 2011 per circa 2,8 miliardi e quasi altrettante sono le maggiori entrate. Tra queste 725 milioni per l'aumento del bollo dei conti deposito, 700 Pag. 22per l'aumento dell'IVA (dal 20 al 21 per cento), 380 milioni per i ticket, più gli aumenti di addizionali IRPEF da parte dei comuni e di tasse comunali e provinciali. Senza questi ultimi la pressione fiscale arriverà al 42,7 per cento nel 2011 e, per gli effetti della manovra, arriverà al 43,7 per cento nel 2014, ma in quell'anno sarà pienamente a regime la delega fiscale e assistenziale da 20 miliardi. Il Governo nell'aggiornamento DEF cerca di nascondere quest'effetto, ma sappiamo che se sarà tutto di riduzione delle agevolazioni fiscali e aumento dell'IVA, la pressione fiscale giungerà al 44,9 per cento.
Se un terzo dei 20 miliardi saranno tagli all'assistenza, si arriverà al 44,5 per cento. Il Governo afferma che è corretto non conteggiare finché non si definirà la delega, ma a meno di non recuperare 20 miliardi sull'assistenza - cosa impossibile, vera macelleria sociale - è evidente che la pressione fiscale supererà il 44 per cento, a cui aggiungere l'effetto delle maggiori imposte, regionali e locali, quindi oltre il 45 per cento, cose mai viste, altro che mani in tasca. E non è poi comprensibile come né in assestamento né in aggiornamento DEF il Governo dica cosa intende fare del federalismo fiscale. Con le manovre...

PRESIDENTE. Onorevole Marchi, la invito a concludere.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Per le entrate regionali è poi inattuabile tecnicamente il decreto legislativo, dove è stabilito che il parametro di riferimento per l'aliquota dell'addizionale IRPEF è quello dei trasferimenti prima dei tagli, oppure un nuovo approdo determinato in accordo con le regioni. La prima ipotesi è ora impossibile, la seconda anche perché nessun accordo è stato realizzato. Dica il Governo cosa intende fare.
Manovre poi con tagli pesanti al welfare, anche in settori che si dice che non sono stati toccati, come la sanità, dove si è già calcolato che il contenimento nel triennio 2012-2014 sarà di 17 miliardi, e sottolineo che per la spesa non si può continuare con i tagli lineari, bisogna predisporre il campo per la spending review, come da emendamento del Partito Democratico accolto nell'ultima manovra, che significa riforme. Non aspettiamo inerti.
Anche la lettera della BCE, che ha dimostrato l'inadeguatezza del Governo italiano, meriterebbe un approfondimento. Invece questa settimana Governo e maggioranza tenderanno a liquidare, domani in mezza giornata un rendiconto tecnicamente inemendabile, un assestamento che non è quello vero, quindi politicamente inemendabile, e anche la nota di aggiornamento al DEF, per poi passare a ciò che interessa davvero a questa maggioranza: le intercettazioni, nel tentativo di approvare una legge che per come fin qui si è presentata si può sintetizzare «in giornalisti dentro, mafiosi fuori», quindi non può che fare male ai conti pubblici perché lederà l'immagine del Paese e ne ridurrà l'affidabilità, con quel che ne consegue, anche per la finanza pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole De Angelis, iscritto a parlare. È iscritto a parlare l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, l'onorevole Marchi, che mi ha preceduto, ha offerto delle riflessioni molto attente, precise e coerenti, dicendo che sul tema assestamento ben poco si può dire perché è un assestamento che non riporta le manovre e non dà le valutazioni di cui abbiamo discusso e su cui ci sono stati i decreti. Come lo stesso documento di economia e finanza, lo stesso DEF, è sempre al netto di quei 20 miliardi che si mette sopra una riforma fiscale, quindi fare una riforma fiscale con 20 miliardi da recuperare significa fare una riforma fiscale che non apre al tema crescita e alla differenziazione degli aspetti della crescita.
Quindi mi fermerò molto sul tema consuntivo, che è uno degli elementi fondamentali Pag. 23per comprendere ciò che è successo nel 2010 e come stanno i conti pubblici. La Corte dei conti ci ha fatto un'osservazione, Marchi è stato preciso perché da più parti si dice che ha fatto un'osservazione da 60 miliardi: l'osservazione della Corte è di 40 miliardi sul tema entrate e sui residui attivi del nostro bilancio, però la parte dei residui passivi che abbiamo merita un approfondimento maggiore, perché a chi ascolta questo dibattito - se c'è una piccola impresa che ha svolto un lavoro e non riscuote da una autorità portuale o da un comune o da una provincia o da un Ministero - credo che abbiamo l'obbligo di dare una risposta e, se possibile, di uscire da questo problema, perché lavorare e non riscuotere è un elemento che crea dei danni all'economia reale e non corrisponde poi all'impegno che mettiamo nella valutazione. Quando parliamo di competenza e di cassa ci fermiamo troppe volte a dire che ci sono troppi residui, non abbiamo potuto attuare l'indirizzo della legge 31 dicembre 2009, n. 196, di fare il bilancio di cassa e siamo passati ad altro.
Ma se andiamo a fare una valutazione coerente sulle cifre che sono sottoposte alla nostra attenzione, vediamo che per il 2010 la competenza porta degli elementi favorevoli; rispetto alle previsioni iniziali, nel saldo netto da finanziare si sono guadagnati 63 miliardi; nel consuntivo 21 miliardi; la differenza per il 2009-2010 è positiva di 11 miliardi; il ricorso al mercato nel consuntivo è pari a 210 miliardi. Ma se andiamo a vedere la cassa, che è l'andamento annuale, ciò che succede e che si ritiene più veritiero dell'andamento del conto, notiamo che il saldo netto da finanziare va a 59 miliardi, con un miglioramento di 7 miliardi rispetto al 2009; il risparmio pubblico diviene negativo, di 26 miliardi, perché vi era un'attesa, ci sono stati 15 miliardi nel 2009 e poi altri 16 miliardi; il ricorso al mercato è di 248 miliardi rispetto ai 210 miliardi della competenza. Come si può spiegare con un'immagine semplice? Prendiamo che l'artigiano che non riscuote sia come un bambino, che si trova davanti ad un mulino, che ha i genitori davanti e chiede loro: perché esce la farina? Uno gli dice: è semplice, c'è una macina che trita il grano e viene fuori la farina. Uno più complesso gli dice: c'è una grande pala, c'è un ruscello che passa, fa girare la pala, c'è un ingranaggio che va alla macina e poi viene fuori la farina.
Va visto questo. Va visto quello che è successo nei residui passivi di nuova formazione, circa 70 miliardi nel conto consuntivo del 2010, per portarlo a 109 miliardi. Come si formano? Si formano rispetto ad un bilancio di competenza che può essere grande come questo foglio, mentre il bilancio di cassa è più piccolo di questo foglio, perché si dà degli obiettivi di finanza pubblica. Prendiamo quelli dei comuni: per il 2012 l'obiettivo sarà di quattordici punti percentuali, esclusi i virtuosi, rispetto alla spesa corrente 2006, 2007 e 2008, quindi avremo un obiettivo di 5,4 miliardi di cassa. Quindi, se questo è il grande bilancio dei comuni, 68 miliardi di spesa dei comuni dovrà essere ridotta in termini di cassa, sia in conto investimenti sia in conto corrente, di 5,4 miliardi. Si può dire che ci sono i tagli: 6,4 miliardi agli enti locali. Certo che i tagli tolgono la discrezionalità della competenza, cioè più ci sono tagli e più non posso finanziare. Qui ho il lapis, gli occhiali e il cellulare, con i tagli di competenza sono obbligato a togliere il lapis. Se gli ridò la competenza ci posso mettere tutto, ma la cassa dei 5,4 miliardi per gli enti locali rimane la stessa e l'artigiano non riscuote. Questo è il punto principale. Allora, siccome non siamo più in una gestione ordinaria - che c'è di ordinario oggi nella finanza pubblica? - può essere tutto trattato nello stesso modo: lo rimando all'anno dopo, ci sarà una ripresa, il mio prodotto si riprenderà, sono competitivo, non ho più paura di niente e combatto ad armi pari con gli altri? No, devo modificare l'andamento del conto consuntivo, l'andamento successivo, che me lo dice. Me lo dice perché c'è una differenza tra competenza e cassa, molto forte e poi mi ritrovo i residui. Certo si può dire che ho anche i residui attivi, scopriamoli. Pag. 24
Si legge che si è fatta una lotta all'evasione fiscale. Molti che hanno avuto dei problemi con il fisco dicono che l'Agenzia delle entrate ha questo atteggiamento: la Guardia di finanza si presenta e chiede 100, a forza di andarci si paga 15 per smettere di vederli. Sarebbe molto meglio se vi fosse un accertamento di 30, rimane 30 e il 30 lo prendiamo. Così si fa molta propaganda, si lascia passare il tempo e le condizioni si aggravano.
Non so se quando il Ministro Bossi dice di andare prima alle elezioni lo pensa veramente, ma tanti, oltre lui, lo possono pensare. Benissimo, sarebbe ora che si discutessero con gli elettori e con il popolo italiano la via d'uscita ed il funzionamento del sistema pubblico.
La maggioranza si potrebbe chiedere perché operare prima i tagli e poi andare alle elezioni, ci rimetterebbe sicuramente: prima procede ai tagli e poi perde le elezioni; quindi, facciamole prima. Questo è il modo di pensare il bilancio dello Stato, questo è un atteggiamento di coerenza e di attenzione a quell'artigiano che si chiede perché non riscuote? Questo è, semplicemente, un atteggiamento che fa sopravvivere un Governo che attende periodi migliori.
Quando andremo nuovamente a valutare la legge di stabilità - che non chiamiamo più legge finanziaria, abbiamo avuto anche l'accortezza di chiamarla legge di stabilità, perché il patto di stabilità è interno e centrale all'azione della pubblica amministrazione - sarete disposti, come maggioranza, al di là della credibilità o meno del Governo, a togliere dal patto stesso le spese in conto capitale programmate dallo Stato e dagli enti locali?
Si può fare, si fa un conto e si dà disponibilità di cassa al tema degli investimenti. Si può procedere anche ad una selezione degli investimenti, come giustamente si è fatto per Expo 2015, dando 80 milioni di euro, 160 miliardi di vecchie lire, alla provincia di Milano e 25 milioni al comune di Milano, 14 milioni di euro al comune di Parma, e lo sappiamo quello che sta succedendo. Quindi, si può fare! Non scuotete la testa, si può fare!
E poi vi è una domanda secca non riportata nel nuovo Documento di economia e finanza: si chiede ai comuni con più di mille abitanti, che hanno una discreta spesa corrente e che sono composti da molti soggetti - in Italia, su circa 8.100 comuni, ben 2.004 hanno più di 5 mila abitanti e 5.700 hanno meno di 5 mila abitanti e vi abita il 18 per cento della popolazione italiana - di partecipare, dal 2013, al patto di stabilità. Ma quei 600 o 700 milioni di euro che provengono dal contributo dei suddetti comuni al patto di stabilità andranno a beneficio degli altri comuni o il Governo deciderà nel 2013 prima delle elezioni, oppure ad elezioni avvenute, come dice Bossi, dove dovranno andare questi soldi?
Quindi il Parlamento, se vuole svolgere la sua funzione - spero che stavolta non lo facciate - dovrebbe fare sì che nella legge di stabilità vi fosse realmente la discussione su quel torrente, su quel mulino, su quel flusso e non solo il grano tritato e la farina, come a dire «non ho soldi, faccio così».
Il patto di stabilità interno è competenza di una nazione; se privilegia gli investimenti, che sono ridotti, dia effettivamente privilegio agli investimenti e operi dei tagli maggiori sulla spesa corrente. Si dice che questo non si può fare, che è propaganda dell'opposizione e un metodo sbagliato di porre il problema.
Allora, poniamolo anche in un altro modo: se noi ragioniamo in termini di crescita e dobbiamo parlare di crescita, perché ci accingiamo a non discutere con trasparenza alcuni strumenti? Le cosiddette delega fiscale e delega sociale hanno già 20 miliardi sulla copertura dei 60 miliardi. Sono già vincolate da 20 miliardi per effetto del decreto-legge n 138 del 2011. Ma se noi nel riequilibrare l'IVA - ovvero modificando come nazione l'IVA di 1 o 2 punti - avessimo tolto l'IRAP sul lavoro alle imprese o avessimo concesso deduzioni fiscali a chi produce ricchezza per aumentare la domanda interna, si sarebbe Pag. 25fatto un lavoro sbagliato o giusto? Se continuiamo a mettere tutto nel residuo e nel calderone, senza una scelta di politica economica, aspettando nuovi tempi, i tempi non verranno rispettati.
Dico con molta franchezza, come ha detto bene l'onorevole Marchi, che l'Europa perde un'occasione. Mi sembra di sentire l'Europa degli anni Trenta, quando poi in un Paese importante come la Germania arrivò il nazismo e il movimento dei giovani in un certo modo, senza ascoltare quella «barba bianca» che era Keynes, che da grande liberale formulò degli aggiustamenti rispetto agli interventi ai bilanci pubblici ovvero ai bilanci dello Stato.
Quindi, quando parliamo di spesa in conto capitale è come parlare di crescita. Non preservare la crescita e non preservare la possibilità di intervento nel conto capitale è un errore con il Patto di stabilità così concepito.
Concludo subito rinviando alle riflessioni dell'onorevole Marchi, che sono state molto aperte e molto precise su questo quadro della situazione della crisi mondiale. Il mondo è in crisi, quindi l'Italia è in crisi, tutto è in crisi: tutto è da tagliare. La sostanza è questa. Il mondo accresce di 4,8 punti il proprio PIL del 2011 (previsioni del 2012 rispetto all'anno precedente). La crisi è dei Paesi occidentali, ma non è uguale. È una crisi di collocazione dei prodotti e di modifica dei rapporti all'interno dello Stato sociale, però lasciatemi dire che questa Italia ha problemi aggiuntivi e, infatti, le previsioni dell'1,1 per cento della crescita 2011 sono state abbassate allo 0,7.
Nelle previsioni del Fondo monetario internazionale per gli altri Paesi la Francia da 1,8 passa a 1,6; la Germania da 2,3 passa a 2,9; la Spagna rimane dove è; la crescita europea è 1,6. Questo deve servire anche a far capire - e spero il Governo lo sappia far capire intervenendo nelle discussioni internazionali, se solo riacquistasse credibilità - che anche la Germania su questo punto non può dire sempre che tutti noi dobbiamo fare il nostro mestiere. Noi, infatti, non chiediamo niente a nessuno e non dovremmo chiedere niente a nessuno. Però, è chiaro che la Germania con un mercato con questo cambio, non con quel marco di grande valore, ma con l'euro che si indebolisce, ha più possibilità di esportare fuori dell'area euro e conserva modalità di espansione della propria economia nel mercato europeo.
Quindi su questo punto, anche quando andiamo a trattare, credo non dovremmo essere presi come «Cenerentola», perché abbiamo dei conti strutturali gestiti male nell'ultima fase, ma abbiamo anche un'economia reale che può reagire, se poniamo più attenzione alla crescita e non rendiamo la nuova legge di stabilità una nuova cerimonia.
Nella legge di stabilità si deve, invece, discutere della lettera pubblica della BCE, che assomiglia molto ad un manifesto elettorale che sostituisce un Governo perché non ha credibilità. Dobbiamo rientrare nell'ambito del Patto di stabilità e dobbiamo ridare certezza di fronte ad alcune domande che ci vengono sempre avanzate all'interno del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole De Angelis. Ne ha facoltà.

MARCELLO DE ANGELIS. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole De Angelis, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 4621 e A.C. 4622)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Simonetti, che ha esaurito il tempo a sua disposizione e al quale la Presidenza concede qualche minuto.

Pag. 26

ROBERTO SIMONETTI, Relatore. Signor Presidente, il mio intervento sarà più breve del minuto a mia disposizione. In riferimento al dibattito che è emerso, è chiaro che, riguardo all'affidabilità del testo, la stessa Corte dei conti evidenzia che vi è una problematica, ma le irregolarità hanno tuttavia riguardato una percentuale che per la Corte stessa è ininfluente e, quindi, non c'è nessun allarme in relazione all'attendibilità e all'affidabilità dei conti.
Sui tagli legati alle spese correnti per le famiglie ricordo che non sono quelli relativi a funzioni essenziali, ma a contributi delle prestazioni sociali senza inquadrarsi in un sistema di assicurazione sociale, tant'è vero che la spesa per gli ammortizzatori sociali negli anni è cresciuta.
Parimenti, i tagli agli investimenti e alle imprese sono quelli relativi al finanziamento dei costi per l'acquisizione di capitale fisso e non per l'innovazione o il sostegno alle imprese stesse.
Per quanto riguarda lo snellimento dei residui, soprattutto quelli passivi, è chiaro che basta avere i soldi per coprirli ovvero trovare i soldi per coprirli in un momento di cassa e non di competenza. Questa è la semplicità della risposta, la complicazione è poi quella di trovare i fondi al momento del pagamento. Comunque, è stato costituito un fondo dedicato che, dal 2006, serve per trovare le risorse necessarie per il pagamento di questi residui, tanto è vero che l'articolo 10, comma 17, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, ha previsto una ridotazione di questo capitolo. Inoltre, è da ricordare che, benché alti, i residui passivi hanno un trend di stabilizzazione e questo può essere un momento di ottimismo rispetto a quanto avete descritto.
Comunque la massa di residui non dà inaffidabilità al bilancio in quanto esso è triennale e pertanto la competenza riesce a salvare la cassa; ma il passaggio diretto previsto dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196, a un bilancio di sola cassa avrebbe, a mio avviso, creato più problemi che profitto nella contingenza della contabilità e del momento economico attuale.
Parimenti, la manovra di assestamento non include le manovre realizzate durante l'anno, ma ci sono stati dei decreti ministeriali che hanno introdotto queste specificità all'interno del previsionale 2011 attraverso due variazioni di bilancio, rispettivamente la variazione n. 81.441 e la variazione n. 85.477.
Si è parlato anche dei costi degli interessi che non aumentano: ciò per il semplice fatto che c'è stato un aumento di emissioni di CCT e BTP e potrà esserci nel corso del prossimo anno un aumento di spese correnti per interessi, in quanto la seconda semestralità di queste emissioni verrà pagata nel secondo periodo dell'anno prossimo, ed è per questo che nel consuntivo di assestamento non sono stati segnati.
Per quanto riguarda poi i tagli delle spese di investimento che sono stati maggiori rispetto alle spese correnti, il dato sta nell'organizzazione stessa che lo Stato possiede. Purtroppo si tratta di uno Stato assistenziale, quindi la spesa corrente non è limitabile ....

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO SIMONETTI, Relatore. ... in modo tale da ottenere una pace sociale, mentre le spese di investimento, purtroppo, come è già stato ricordato, attengono al patto di stabilità e l'Europa ci impone determinati vincoli

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

BRUNO CESARIO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, entro il mese di giugno, ogni anno il Ministro dell'economia e delle finanze presenta al Parlamento un apposito disegno di legge ai fini dell'assestamento degli stanziamenti di bilancio anche sulla scorta della consistenza dei residui attivi e passivi accertati in sede di rendiconto dell'esercizio scaduto il 31 dicembre precedente, secondo quanto stabilito dall'articolo 17, comma 1, della legge 5 agosto 1978, n. 468. Pag. 27
Il bilancio di assestamento è, dunque, lo strumento giuridico contabile destinato ad aggiornare il bilancio di previsione annuale alle vicende economiche e finanziarie sopravvenute, alle nuove situazioni verificatesi dopo la sua approvazione, siano esse correzioni di errori di previsione, adeguamenti degli stanziamenti di bilancio ai residui accertati o eventuali, nuove esigenze di spesa.
In ogni caso, al fine di evitare alterazioni dell'equilibrio di bilancio ipotizzato al momento dell'approvazione del documento di previsione annuale, l'ordinamento contabile prevede che si ricorra ad una legge sostanziale apposita.
Preliminarmente, bisogna valutare con ponderazione i documenti recanti il rendiconto generale dello Stato e l'assestamento del bilancio, in quanto la loro elaborazione è precedente rispetto all'aggravamento della crisi internazionale e all'attacco speculativo all'Italia, nonché agli effetti derivanti dalle manovre correttive predisposte dal Governo che hanno modificato alcuni fondamenti della finanza pubblica e che produrranno i loro effetti sull'esercizio in corso; ciononostante si possono evidenziare delle inversioni di tendenza per quanto riguarda l'indebitamento netto della pubblica amministrazione, una riduzione delle spese correnti e un lieve incremento delle entrate.
Tutto ciò dimostra la capacità dell'amministrazione pubblica di esercitare uno stretto controllo sul lato delle entrate e delle spese che ha prodotto un miglioramento generale delle condizioni di finanza pubblica nonostante la grave crisi economica internazionale.
In relazione a ciò che ha detto l'onorevole Cambursano, ossia di sottoscrivere la lettera della BCE, gli ricordo che nella lettera medesima vi è anche stata un'indicazione relativa al taglio dei dipendenti pubblici e alle pensioni. Tenendo conto del contesto, quindi, la sottoscrizione è stata fatta valutando anche questi elementi.

RENATO CAMBURSANO. Incapacità di intendere e di volere!

BRUNO CESARIO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. L'onorevole Marchi chiede perché, se tutto è andato così bene nel 2010, oggi siamo nella fase più complicata per la finanza pubblica italiana mai vista.
Il Governo ha centrato, come emerge dal rendiconto, gli obiettivi di finanza pubblica prefissati attraverso i documenti di programmazione approvati dal Parlamento. Nel 2011, anzi dopo maggio 2011, l'Italia è stata esposta ad un attacco da parte dei mercati finanziari che poco o nulla ha a che fare con i dati fondamentali dell'economia italiana certificati da tutte le organizzazioni internazionali. A fronte di tali attacchi, che dipendono essenzialmente da una crisi di fiducia a livello, non solo nazionale, ma anche europeo, e che richiederebbero una risposta europea, il Governo ha modificato i propri obiettivi, d'accordo con le istituzioni europee, mirando a conseguire il pareggio di bilancio già nel 2013. Questo è il motivo per cui il Governo ha dovuto varare le due manovre estive.
In proposito, ricordo che l'Italia sarà l'unico grande Paese europeo, oltre la Germania, a conseguire il pareggio di bilancio nel 2013 con uno sforzo riconosciuto da tutte le istituzioni europee ed internazionali. Che le manovre adottate abbiano avuto un effetto depressivo sull'economia è evidente, ma l'Unione europea ci ha chiesto di risolvere velocemente il problema del nostro disavanzo per liberare in futuro risorse per la crescita.
Vorrei aggiungere, però, che Paesi come il Regno Unito e la Francia, a fronte di previsioni di crescita superiori all'Italia di circa un punto percentuale, fanno registrare un deficit rispettivamente di 5 e 3 punti maggiori del nostro. Un maggiore livello di deficit avrà pure un'influenza sulla crescita.
L'Italia, invece, ha doverosamente imboccato la strada del risanamento dei conti e ciò, secondo tutte le stime, produrrà un livello di avanzo primario consistente dal 2012 e ancora maggiore nel 2013, Pag. 28segno che le misure adottate stanno producendo i loro effetti e sarà possibile destinare risorse per la crescita.
Malgrado l'annuncio delle elezioni, in Spagna i rendimenti si sono arrestati, ma non sono certamente tornati a livelli precrisi.
Sugli effetti dello spread sulla spesa per interessi, ricordo che, grazie ad una politica accorta tenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze negli ultimi anni, oggi meno del 10 per cento del debito pubblico è formato da titoli a breve scadenza, mentre la vita media dei titoli di Stato è di circa sette anni. Questo vuol dire che, senza nascondere come sul medio termine l'aumento dei rendimenti dei titoli di Stato sia un problema per la finanza pubblica, gli effetti sull'anno in corso e sull'anno prossimo, in considerazione dei titoli effettivamente in scadenza o già rinnovati, saranno contenuti e molto lontani dalle cifre che allarmisticamente circolano sui giornali.
L'onorevole Nannicini poneva il problema dei residui. Come ha già detto il collega Giorgetti in occasione del dibattito in Commissione, successivamente alla ricognizione dei crediti maturati nei confronti delle amministrazioni interessate, entro il termine del corrente esercizio potrà darsi luogo alla predisposizione di un apposito provvedimento di accertamento del debito e del successivo decreto ministeriale di variazione di bilancio per l'assegnazione dei fondi.
Inoltre, circa l'affidabilità dei dati del rendiconto, segnalo che la massa dei residui passivi, dopo un notevole trend di crescita degli ultimi anni, registra un livello in progressiva stabilizzazione correlato, in parte, alla progressiva riduzione del termine di conservazione dei residui previsto dalle recenti manovre in materia.
In ogni caso faccio presente che l'elevato suddetto livello dei residui passivi non determina di per sé una inaffidabilità dei saldi di bilancio dello Stato, tenuto conto che il saldo netto da finanziare a legislazione vigente si basa sulle previsioni triennali di competenza e di cassa e che l'ammontare annuo dei pagamenti in conto residui dipende tra l'altro anche dagli utilizzi del fondo di riserva per le autorizzazioni di cassa la cui dotazione annua viene quantificata tenendo conto delle valutazioni più aggiornate in ordine all'effettiva realizzabilità della spesa in conto residui sulla base delle notizie fornite da parte dell'amministrazione, avuto anche riguardo all'andamento della spesa storica e alla dinamica degli impegni.
Per quanto riguarda il disegno di legge di assestamento, circa l'opportunità più volte segnalata di incorporare gli effetti delle recenti manovre, ribadisco che i predetti effetti vengono già inglobati nelle previsioni 2011 con appositi decreti ministeriali di variazione con i quali sono recepiti in bilancio gli effetti sull'entrata e sulla spesa.
In particolare segnalo che per l'attuazione delle norme finanziarie recate dal decreto-legge n. 98 del 2011 sono stati predisposti nel corso del 2011 i provvedimenti di variazione di bilancio n. 81441 e n. 85477. Tali provvedimenti consentono di individuare e registrare le specifiche variazioni apportate rispetto alle previsioni del bilancio dello Stato ai fini del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica previsti dalle suddette manovre, aggiornati rispetto a quelli contenuti nel documento di economia e finanza presentato nell'aprile scorso e, pertanto, adeguano le previsioni definitive dell'anno 2011 a legislazione vigente, garantendo la necessaria correzione degli andamenti di finanza pubblica (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Per un richiamo al Regolamento (ore 15,05)

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 29

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, sarò fulmineo in un richiamo al Regolamento. Lo faccio in questo momento perché, nel corso del dibattito, molti colleghi hanno fatto riferimento all'esame che ci sarà domani in Assemblea sulla nota di aggiornamento al DEF. Insieme al collega Baretta e anche grazie al lavoro degli uffici del gruppo del Partito Democratico, sono in grado di porle un rapidissimo quesito proprio per quel che riguarda l'organizzazione della giornata di domani affinché, se la Presidenza lo dovesse ritenere, sia possibile meglio organizzarla in attuazione a quello che, secondo me, prevede il Regolamento rispetto alla situazione nella quale ci troviamo che è diversa rispetto alla situazione che era stata immaginata.
Perché le dico questo, signor Presidente? Come lei sa, con l'approvazione della legge di stabilità, la Giunta del Regolamento si è riunita e ha preso una serie di decisioni sperimentali per adeguare l'attività delle Camere e le decisioni del Presidente rispetto a quanto dispone il Regolamento in merito al provvedimento al nostro esame. Nella fattispecie si fa riferimento all'articolo 118-bis e, per quanto riguarda le eventuali note di aggiornamento del Documento di economia e finanza, di cui all'articolo 10, comma 3, e così via, si fa effettivamente riferimento a un passaggio dell'articolo 118-bis, comma 4, che parla di norme che sono esaminate secondo la procedura indicata nello stesso articolo.
Cosa accade, signor Presidente? L'articolo 118-bis, comma 4, proprio all'inizio dell'articolo, ha come presupposto essenziale il fatto che l'aggiornamento del DEF sia previsto solo «qualora lo richiedano eventi imprevisti» e prosegue. È il presupposto essenziale di questo comma. Questo non ha conseguenze irrilevanti per quanto riguarda l'esame in Assemblea di questo provvedimento, perché affida al Presidente la decisione di bloccare sostanzialmente la discussione all'intervento di un solo rappresentante per ogni gruppo e di stabilire anche un «supercontingentamento» del dibattito, se così vogliamo dire, addirittura unificandolo, se non erro, in un unico punto. Infatti - ripeto - parte da quel presupposto.
Ora non vi è dubbio che le modifiche che sono state portate alla legge n. 196 del 2009 con la legge 7 aprile 2011, n. 39 cambiano la natura stessa, il presupposto stesso di questa nota.
Lo definiscono non più legato ad eventuali evenienze e via dicendo, ma un fatto per così dire strutturale. La nota di aggiornamento diventa strumento della programmazione e perde secondo noi il carattere di imprevedibilità a cui si riferisce il primo capoverso dell'articolo 118-bis del Regolamento. Addirittura si prevede una scadenza fissa per la presentazione della nota, che viene quasi accorpata ad un procedimento che tiene dentro il DEF ed il suo aggiornamento.
Alla luce di ciò, signor Presidente, le chiedo se sia possibile verificare con la Presidenza e con gli uffici se, proprio essendo così fortemente mutata la natura ed il presupposto di questo provvedimento, non sia possibile prevedere, ancorché ovviamente in termini di contingentamento, maggiore spazio e tempo di discussione e addirittura la possibilità, come accade per il DEF e per altri importanti provvedimenti, che possa intervenire magari più di un deputato, cioè che la discussione - ovviamente come ripeto non ci sfugge l'esigenza di tenerla contingentata - possa essere meno ristretta rispetto a quanto previsto originariamente per un provvedimento che doveva essere sicuramente meno strutturale e meno importante di quanto non sia adesso, grazie alle modifiche che sono state apportate con la legge n. 39 del 7 aprile scorso.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, penso che il problema che pone abbia un fondamento.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, Pag. 30effettivamente avendo seguito - anzi essendone anche fra i proponenti - la legge di correzione della legge n. 197, intervengo semplicemente per dire che il problema posto dall'onorevole Giachetti ha un suo fondamento. Il calendario è stato fissato dalla Conferenza dei presidenti di gruppo: penso, spero ed auspico che vi possa essere almeno un ampliamento della possibilità di discussione, tenuto conto anche della fase attuale.

PRESIDENTE. Intendo investire il Presidente di questa vostra richiesta. Il calendario di questa settimana come sapete è abbastanza impegnativo; se si volesse anticipare da parte mia vi sarebbe la disponibilità. Riferirò, comunque, al Presidente perché evidentemente la decisione investe il calendario e penso che almeno un passaggio in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo sia necessario.

Discussione delle mozioni Borghesi ed altri n. 1-00713 e Meta ed altri n. 1-00715 concernenti misure a favore del trasporto pubblico locale (ore 15,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Borghesi ed altri n. 1-00713 e Meta ed altri n. 1-00715 concernenti misure a favore del trasporto pubblico locale (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Mereu ed altri n. 1-00723 e Valducci, Desiderati, Pionati ed altri n. 1-00724 (Vedi l'allegato A - Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano, che illustrerà anche la mozione n. 1-00713, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, approfitto del fatto che mi ha dato la parola per associarmi alla richiesta che è stata avanzata dal gruppo del Partito Democratico. Credo che la situazione che si è venuta a determinare nel corso degli ultimi mesi richieda un approfondito esame della nota di aggiornamento e quindi mi auguro che la Conferenza dei presidenti di gruppo ci consenta di entrare un po' più nel merito della nota medesima.
Per arrivare alla mozione presentata sul trasporto pubblico locale dal gruppo parlamentare che qui rappresento, primo firmatario il collega Borghesi, dico subito che parto dalla Costituzione italiana. L'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, dice testualmente che lo Stato ha legislazione esclusiva e poi elenca le materie nelle quali ha legislazione esclusiva. Alla lettera m) si fa esplicito riferimento alla «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale».
Il decreto legislativo n. 98 del maggio scorso, che altro non era che uno dei tanti decreti attuativi del federalismo fiscale, e che recita testualmente nel suo titolo: Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione del costo dei fabbisogni e così via, riconferma la presenza tra questi servizi sociali essenziali, per l'appunto, del trasporto pubblico locale.
Tuttavia, come i colleghi sanno, il 15 settembre, quindi meno di un mese fa, la Conferenza delle regioni e delle province autonome, all'indomani dell'approvazione della «manovra bis», il decreto-legge n. 138, convertito poi nella legge n. 148 Pag. 31del 2011, ha diffuso un documento sulla manovra medesima, anzi, sulle manovre, e ha diffuso anche una nota sulle risorse finanziarie relative al trasporto pubblico locale, che sono mancate e che sono state tolte nel corso di questi anni.
Il gruppo dell'Italia dei Valori da oltre due anni sollecita interventi a sostegno del trasporto pubblico locale. Il sottosegretario Aurelio Misiti, che è qui presente e rappresenta il Governo, sa bene qual è la posizione del nostro partito e del nostro gruppo sul trasporto pubblico locale, e che la mannaia del Ministro dell'economia si è abbattuta pesantemente su tutta una serie di servizi pubblici: dalla scuola - è di ieri un pentimento tardivo del Ministro dell'istruzione - alla giustizia, ai trasferimenti agli enti locali. Ma è proprio sul trasporto pubblico locale che le regioni, che ne hanno la competenza, nel corso delle audizioni che abbiamo svolto, sia ufficialmente in Commissione, sia al di fuori della medesima, in «confronti bilaterali», come si usa dire, hanno evidenziato il problema dei tagli. Sono tagli che ammontano, complessivamente, a 1.665 milioni di euro.
In assenza di provvedimenti urgenti, le regioni saranno costrette ad alcuni provvedimenti, che ci auguriamo per davvero non debbano necessariamente scattare, ma questi provvedimenti non scatteranno e non saranno adottati dalla regioni soltanto se, ed in quanto, il Governo farà propri gli impegni che il gruppo dell'Italia dei Valori e gli altri gruppi di opposizione, con le rispettive mozioni, chiedono.
A che cosa si trovano di fronte le regioni? Al totale azzeramento dei servizi, se non saranno rimesse le risorse tagliate; all'azzeramento degli investimenti per il rinnovo del materiale rotabile e ad un ulteriore e insostenibile aumento delle tariffe. So che il sottosegretario Misiti è molto sensibile - e questo gli fa onore - alla situazione complessiva del Paese in questo momento, cioè la crisi che si è abbattuta pesantemente su tutte le categorie, su tutti i cittadini e, ovviamente, sulle persone a minore reddito e sui lavoratori dipendenti, che usano il servizio pubblico locale non per divertimento, non per andare a fare, come si dice, la vasca sotto i portici delle città dove vi sono i portici, ma per recarsi al lavoro, per guadagnarsi il pane quotidiano, per sé e per la propria famiglia.
Lo constato di persona - l'ho fatto ancora ieri sera, signor sottosegretario, trasferendomi dalla mia cittadina al capoluogo piemontese - quanto il servizio trasporto pubblico locale oggi sia minacciato nella sua essenza, in termini di quantità e di qualità. Sembrava di essere su un carro trasporto animali, perché così, ormai, i cittadini italiani sono considerati, nel trasporto pubblico.
Vi è anche il rischio, signor sottosegretario, del licenziamento di migliaia di dipendenti del comparto del trasporto perché è ovvio che, riducendo le corse e i mezzi e non intervenendo più in termini di investimenti, vi sarà un esubero di personale e, quindi, la conseguenza derivata in questo caso sarà il licenziamento.
Ma c'è un aspetto che dovrebbe riguardare anche lo stesso Governo, ed è quello dell'aumento del contenzioso con le aziende ferroviarie e quelle del trasporto pubblico locale per l'impossibilità di garantire il rispetto dei contratti di servizio sottoscritti nel corso di questi anni. Lei sa quanti siano i servizi di trasporto locale sottoscritti con l'azienda Ferrovie dello Stato. Se le autonomie locali saranno impossibilitate a mantenerli ovviamente si apriranno contenziosi tra i due contendenti (Ferrovie dello Stato da una parte e servizio locale dall'altra). Ciò vuol dire semplicemente rimpinguare le tasche degli avvocati - ma non già quelle degli enti locali - ma significa soprattutto non garantire i servizi ai cittadini.
Tale situazione ha solo una lettura: il vero Ministro dei trasporti, il vero Ministro dei lavori pubblici, il vero Ministro dell'istruzione, il vero Ministro della giustizia, il vero Ministro della sanità è uno e si chiama Giulio Tremonti, il Ministro dell'economia che, con i suoi tagli lineari, ha inventato una mannaia senza ragionare dove sono gli sprechi e dove, invece, vi sono servizi che sono essenziali. Lei sa, signor Pag. 32sottosegretario, che sono ben oltre 4 nel corso dell'esercizio che fra tre mesi andrà ad iniziare, il 2012 (4,2 miliardi di euro per l'esattezza), i miliardi di euro tagliati alle autonomie locali da parte dell'ultima manovra soltanto.
Lei sa, signor sottosegretario, cosa hanno fatto negli ultimi 20 giorni tutte e tre le agenzie di rating. Personalmente non sono fautore indiscriminato e non leggo in modo acritico i pronunciamenti e soprattutto le eventuali riduzioni (come ci sono state) della valutazione del debito pubblico italiano da parte delle società di rating. Vengo da quel mestiere, come ben sa, e spesso le società di rating non fanno altro che prendere atto di quello che già si sapeva, cioè di quanto i mercati hanno decretato. I mercati hanno decretato che il nostro Paese è a rischio default perché non c'è crescita, perché non si investe e perché non si investe soprattutto là dove ve n'è bisogno. Il trasporto locale è uno di questi settori.
Le manovre adottate in questi ultimi tre mesi (due soprattutto) hanno una incidenza totale - come ho detto, non so se lei era già in aula, signor sottosegretario, nel mio intervento - sui documenti di finanza che abbiamo esaminato di 100 miliardi di euro. Le manovre non avranno altro che un effetto recessivo superiore a quanto lo stesso Governo ha stimato che è di 2 punti percentuali.
Questo vuol dire rendere ancora più povera la popolazione italiana, azzerare il cosiddetto ceto medio, aumentare quelli che non ce la fanno più ad arrivare a fine mese e quelli che non ce la fanno più ad andare a lavorare. Infatti, tra le altre cose o non hanno lavoro o non hanno più i soldi per pagarsi l'unica alternativa al trasporto locale, ossia il servizio privato. Quanto costa oggi la propria automobile? Non è un caso che in Italia sia precipitata la vendita delle automobili e, in particolare, quella della casa automobilistica italiana ben nota a me che vengo da Torino. Tuttavia, proprio perché non ci si serve più del servizio privato, bisognerebbe garantire un adeguato servizio pubblico.
Lei lo sa, signor sottosegretario, che l'articolo 16 della Costituzione dice testualmente che ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale e che nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche? Ovviamente, credo, spero che il legislatore costituente, quando ha scritto queste ottime e condivisibili, spero da tutti, parole che sono scolpite nella Carta costituzionale, intendesse dire che non ci fosse discriminazione di credo politico, oltre che tutta un'altra serie di discriminazioni, come cita la stessa Costituzione nei primi articoli. Ma il riferimento è anche alla restrizione determinata da ragioni politiche/ finanziarie, ossia di quelle di cui stiamo trattando.
Ecco perché, quindi, noi ci inseriamo nel contesto della Carta costituzionale, della continuità di quanto previsto dai citati articoli 16 e 117, ci inseriamo dentro un decreto legislativo che il Governo e la maggioranza hanno fortemente voluto e, pertanto, consideriamo non cancellabile dai servizi sociali essenziali quello del trasporto pubblico. Ciò sulla scia anche di quanto ovviamente prevede l'Europa, ossia la libertà di circolazione che deve essere assolutamente garantita.
Quindi - e concludo, Presidente -, sottosegretario, le chiediamo, come risulta dall'impegno indicato nella mozione, di incrementare, come richiesto dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome il 16 settembre, la dotazione del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale nella misura dei tagli, 1.700 milioni di euro; di prevedere l'esclusione dell'utilizzo delle suddette risorse, quando - speriamo molto presto - restituite, dai vincoli derivanti dal Patto di stabilità perché, anche se ce le avessero, ma queste incidono sul Patto di stabilità interno e non possono utilizzarle.
Quindi, sono due le richieste. In primo luogo, restituire quanto tolto e, in secondo luogo, escludere dal Patto di stabilità interno - lo si può fare, lei lo sa - l'utilizzo di queste risorse, così come la fiscalizzazione del 90 per cento del totale dei trasferimenti statali. Inoltre, le chiediamo Pag. 33anche - e concludo per davvero - di assumere iniziative volte a reperire le risorse economiche ricorrendo, in primo luogo, al Fondo per gli interventi strutturali di politica economica. So che vi è un contenzioso tra il Presidente del Consiglio e il suo Ministro dell'economia e delle finanze su tanti fronti, compreso quello della nomina del Governatore della Banca d'Italia che ci mette in ridicolo per l'ennesima volta di fronte all'universo mondo, ma il medesimo ha delle disponibilità finanziarie ed è bene che le tiri fuori, soprattutto per quelli che sono i servizi sociali essenziali. In secondo luogo - so che questo potrebbe non piacerle, ma glielo dico -, le chiediamo di ricorrere al taglio delle risorse. Chiediamo la soppressione del finanziamento che il Governo ha previsto per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, a meno che - ma è una discrezione sua, signor sottosegretario, e soprattutto, se me lo consente, del Ministro dell'economia e delle finanze - vengano trovate altre risorse. Le chiediamo formalmente questo impegno forte in quest'Aula del Parlamento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Meta, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00715. Ne ha facoltà.

MICHELE POMPEO META. Signor Presidente, l'intervento del collega che mi ha preceduto mi consente di andare quasi direttamente al senso della proposta che noi avanziamo. In quest'Aula ritengo importante oggi la presenza del sottosegretario Misiti, che non solo è qui formalmente a rappresentare il Governo ma, essendo, oltre che sensibile, un esperto della materia, sono convinto che saprà trasferire i ragionamenti che vanno condivisi dell'opposizione a chi dovrà decidere nelle prossime ore.
Questa non è la solita mozione che viene illustrata il lunedì, sperando che poi venga affrontata completamente nelle sedute successive. Siamo di fronte ad un passaggio delicato: abbiamo assistito, sia nella manovra dell'anno scorso che in quelle di quest'anno, ad una serie di tagli che hanno messo in ginocchio i servizi e, in modo particolare, quello del trasporto pubblico locale. È una questione assai delicata e centrale per l'intero funzionamento del sistema Paese. Allo stesso modo, vi è la questione, che ricordava il collega, che richiama direttamente i diritti fondamentali riconosciuti nella Carta costituzionale che sistematicamente, invece, vengono violati, come il diritto alla mobilità. Prestigiosi costituzionalisti dicono che vale come il diritto alla salute, alla formazione e all'informazione.
Ma non mi pare che questo accada nel nostro Paese. Non sono solo i sindaci e gli amministratori del campo politico rappresentato dalle opposizioni. Sono mesi che sindaci come Alemanno, governatori come Formigoni della Lombardia dicono che, se si insiste su questo punto, si creano fratture e ferite inguaribili. Infatti, siamo alla vigilia del varo della manovra della crescita. Questi temi debbono recuperare il loro valore strategico. C'è una dialettica anche all'interno della maggioranza. Signor sottosegretario Misiti, fatevi valere perché i danni prodotti in questa fase difficilmente rischiano di essere ricomposti e recuperabili.
Stiamo parlando di milioni di persone che ogni giorno si spostano per ragioni di studio e di lavoro e che non hanno alternative. Stiamo parlando di un comparto che dà lavoro a centinaia di migliaia di persone. Stiamo anche parlando di come questa maglia infrastrutturale molto strategica del Paese, i 16 mila chilometri di ferrovie non debbano essere considerati binari morti. Da questo punto di vista, penso che dobbiamo ascoltare le grida dei sindaci, degli amministratori, degli utenti, dei consumatori e dei sindacati e voi dovete farvi valere perché, mentre si vara la prossima manovra, ci sono grandi occasioni per recuperare i torti subiti. Il collega dell'Italia dei Valori che mi ha preceduto ha avanzato una gamma di proposte (Patto di stabilità, altre risorse e via seguitando).
Noi vi proponiamo una cosa molto semplice e credo sia possibile. Mi pare che la vigilia del varo di questa manovra non veda Pag. 34solo un unico regista. La collegialità ritrovata da questo Governo dovrebbe aiutare a tifare anche per il trasporto. Signor sottosegretario, dalla gara sulle frequenze televisive sono entrate risorse che ammontano a 4 miliardi, anziché i previsti 2,4: noi vi proponiamo che tale eccedenza di entrate sia destinata a quel settore. Abbiamo visto che c'è stato un taglio di un miliardo e mezzo. L'intero sistema non può funzionare con 400 milioni. Stiamo parlando di 20 regioni, di ottomila comuni, di trasporto su gomma e su ferro.
Già abbiamo una situazione da questo punto di vista molto critica. Le regioni non riescono a sottoscrivere i contratti di servizio con Ferrovie. Già assistiamo da mesi a quella che era una conseguenza inevitabile. Con quei tagli risulta una diminuzione e un taglio dei servizi, nonché un aumento delle tariffe. Se non si corre subito ai ripari, credo che rischieremo di trovarci di fronte ad una situazione irreversibile. Se non si interviene adesso nessun altro Governo sarà in grado, perché quando in questo Paese si creano precedenti come questo lo abbiamo visto. Noi siamo contenti che la Gelmini abbia fatto autocritica, ma spero che l'abbia fatto non perché adesso va di moda colpire Tremonti. Spero che abbia capito che cosa ha combinato.
Sarebbe una cosa altrettanto drammatica per quanto riguarda i trasporti. Fra sei mesi sarà tardi, perché le aziende chiudono, le corse vengono tagliate, i bus non si rinnovano. Penso che un Paese moderno e civile, che voglia recuperare competitività, che voglia dirsi un Paese civile, che deve erogare almeno servizi minimi essenziali, quelli universalmente riconosciuti, su queste questioni debba essere più onesto, più sensibile, più comprensibile.
Sottosegretario Misiti, questa vicenda è anche nelle sue mani: si faccia sentire e mandi il Ministro Matteoli. Pensiamo che, se non si salva il trasporto pubblico locale, si mette una pietra tombale su tutto il comparto dei trasporti. Misiti, che sta succedendo nel nostro Paese? Sta saltando tutta la politica industriale di questo settore. Mettiamo in fila le questioni? La crisi Fincantieri: quattro stabilimenti rischiano di chiudere. Si era detto: benissimo, vi è un piano industriale; ma dov'è? A febbraio, con il completamento dell'ultima unità navale in costruzione, chiudono tutti. Stiamo parlando dei gioielli di casa, di fabbriche che hanno un know-how, una risonanza internazionale che pochi altri si possono permettere.
Vicenda AnsaldoBreda, quella dei treni: anche in questo caso, si rischia la chiusura. La risposta non può essere come quella di una settimana fa, quando è stata annullata la gara di Ferrovie per comprare treni regionali. Se non vi sono commesse, innanzitutto quelle pubbliche, le strutture chiudono e la fanno da padroni i concorrenti internazionali. Vi è poi la vicenda Alenia-Ansaldo, che riguarda tutto il comparto aeronautico. E la CAI, la compagnia che abbiamo regalato ai privati, facendo mancare sei miliardi alle casse dell'erario; se li avessimo avuti sei anni fa e li avessimo investiti sulla crisi, probabilmente avremmo sofferto di meno. CAI, per la flotta regionale, invece di comprare i velivoli da Alenia, azienda di Stato, si è rivolta ai brasiliani. È una cosa vergognosa! Dov'era il Governo da questo punto di vista? Quel Governo che si è mostrato molto comprensibile quando si trattava di mettere su un consorzio di acquirenti per garantire l'italianità della compagnia aerea, dov'era?
E la vicenda Irisbus? E poi vi è la vicenda Iveco, che rappresenta, nel contempo, un doppio colpo: l'ultima fabbrica che produce pullman e una fabbrica, guarda caso, ubicata anch'essa al Sud. Dov'è il Governo? Dove sono le politiche industriali? Voi state abdicando, a differenza di altri Paesi, a quello che è il vostro ruolo e la vostra missione. Senza il rilancio di politiche industriali, se ci impoveriamo su questo settore, noi chiudiamo. Stiamo parlando non di aziende decotte, ma di aziende che hanno know-how, competitività, che hanno fatto la storia industriale di questo Paese, che hanno un ruolo importantissimo nella crescita, nel PIL. Pag. 35
Mettendo in fila tutte queste questioni, e cioè AnsaldoBreda, Alenia, Irisbus e le altre, vi diciamo che non vi è una manovra sulla crescita che metta insieme gli interessi dello sviluppo e dell'economia con quelli della crescita, della difesa del lavoro e anche della difesa dei diritti dei cittadini utenti. Dobbiamo tornare a far coincidere questi interessi democratici, ed è possibile, ma solamente se mitigate lo strapotere del Ministro della cassa, che in questi anni ha fatto e disfatto senza che qualcuno di voi, della squadra, potesse dire: adesso ti fermi.
Avete un'ultima grande occasione, che è questa della manovra per la crescita. Nella mozione noi non la «buttiamo in caciara», ma vi chiediamo di dire a Tremonti che non tutte le risorse dell'asta, ma quel surplus, che c'è, di un miliardo e mezzo, se non tutto, almeno in parte, così come dice all'unanimità tutta la comunità degli amministratori, degli utenti, degli enti locali e quant'altro, vada dedicato immediatamente alla salvezza del trasporto pubblico.
Il Partito Democratico ha sollevato questa semplice proposta, che è possibile perché quei soldi sono entrati e ci sono. Certamente, non tutto il miliardo e mezzo che è stato tagliato, ma almeno una parte sia utilizzata per impedire che vengano tagliate le corse, quelle dei pendolari, quelle del trasporto urbano e interregionale, ed impedire alle aziende pubbliche di chiudere. State sottovalutando la questione. Rischiamo di tornare agli anni del dopoguerra, per quanto riguarda il trasporto pubblico. Nulla può sostituire la funzione peculiare di Ferrovie dello Stato (quelle regionali). Si litiga e si compete per dividersi la «polpa» - quella dell'alta velocità - ma sul trasporto universale, sul trasporto regionale, quello di cui fruiscono, in quelle condizioni, i cittadini che si alzano la mattina per andare a lavorare nelle grandi aree urbane o gli studenti, che devono andare alle università, non troviamo traccia di interesse, di curiosità e di competitività. Pertanto, giustamente quel servizio deve essere lasciato allo Stato. I nuovi soggetti che entrano nella vicenda dell'alta velocità non hanno alcun interesse e lo abbiamo visto con riferimento a coloro che si sono presi Tirrenia, l'altra vicenda sulla quale - ve lo dicevamo - arriverà ed è arrivata l'Europa e avete visto come è andata a finire. Pagherete le sanzioni per una procedura davvero molto più discutibile di quella di Alitalia. E poi dite che il prestigio internazionale viene perso e che la fanno da padroni i tedeschi. È così, perché quando si abdica rispetto alla difesa degli interessi pubblici nazionali si fa questa fine.
Dunque noi, come opposizioni, vogliamo, da questo punto di vista, aiutarvi a trovare una soluzione. Nella mozione, alla vigilia del varo della manovra per la crescita, vi abbiamo indicato una strada molto semplice. Le risorse sono entrate in cassa e sono presso il Ministero dell'economia e delle finanze. Ebbene, destinate una parte di quelle risorse aggiuntive - che sono un miliardo e mezzo - per salvare il trasporto pubblico locale, non come vi dice Errani o il governatore comunista del centrosinistra ma come vi dicono Alemanno e Formigoni. Intervenite perché diversamente rischieremo di trovarci di fronte ad una situazione irreversibile e irrecuperabile (Applausi del deputato Cambursano).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mereu, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00723. Ne ha facoltà.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, il tema che affrontiamo, con questa mozione, rappresenta un momento fondamentale per capire la crisi della politica e il suo rapporto difficile con la società. La politica deve impegnarsi per fornire risposte certe ai bisogni e, soprattutto, alle esigenze dei cittadini, garantendo il rispetto dei principi di civiltà e l'opportunità di avvalersi dei servizi primari. Ebbene, quello che sta avvenendo negli ultimi anni nel settore del trasporto pubblico locale rappresenta e dimostra tutta l'inadeguatezza della politica del nostro Governo nei confronti dei cittadini. Un settore strategico e costituzionalmente Pag. 36garantito, come il diritto alla libera mobilità e al soggiorno, viene messo a repentaglio da scelte politiche miopi e illogiche. I tagli che questo settore sta subendo, di anno in anno e di provvedimento in provvedimento, in ragione della razionalizzazione delle spese ed in virtù della crisi economica che sta fortemente colpendo il nostro Paese, non sono all'altezza di un Paese civile.
Per questo mi auguro che questa di oggi possa essere l'occasione di un dibattito, in questo ramo del Parlamento, e che attraverso un civile confronto con il Governo si possano trovare le risposte a quelle richieste sul trasporto pubblico locale che la nostra mozione riporta e, cioè, tra l'altro, la ricerca di risorse, anche attraverso quelle introitate con il superiore gettito dell'IVA, l'ottimizzazione della spesa, la promozione di misure di defiscalizzazione a favore delle regioni, la promozione di intese con le regioni stesse per efficientare il settore.
Vorremmo, a questo punto, che l'Esecutivo prendesse atto delle difficoltà che i tagli della manovra provocano ad un settore fondamentale per i cittadini, soprattutto per i lavoratori e gli studenti. I primi perché assicurano la produzione del Paese, i secondi perché garantiscono il futuro stesso del nostro Paese.
La situazione, che è un'emergenza, rischia di diventare un'emergenza nell'emergenza per i motivi accennati e soprattutto alla luce dei primi interventi delineati sulla riduzione del trasporto ferroviario effettuati dalle Ferrovie dello Stato, dovuti alla mancanza di risorse. Servono quindi, onorevole sottosegretario, risorse e, per fare questo, il Governo non deve fare altro che rispettare l'intesa di qualche mese fa con le regioni e le imprese per la fiscalizzazione del trasporto pubblico locale che è, tra l'altro, l'unico modo per riorganizzare il settore. Noi chiediamo che il Governo riconosca che la situazione creata dalla manovra non sia gestibile e, conseguentemente, prenda i provvedimenti necessari per invertire la rotta. La fiscalizzazione deve partire dai trasferimenti precedentemente stabiliti, che rappresentavano la vera anima del federalismo. Se si tagliano i trasferimenti non c'è più nulla da fiscalizzare e, se si toglie il 75 per cento delle risorse al trasporto pubblico locale, non si può pensare che i treni, i tram e gli autobus continuino a funzionare come se nulla fosse, così come non si può pensare che i cittadini, privati di quei servizi necessari e primari per il loro sostentamento, possano continuare a far finta di niente. L'importanza strategica del trasporto pubblico locale è rappresentata dai suoi punti di forza, quali sono la concorrenzialità, la convenienza economica, la diffusione e la capillarità sul territorio, la frequenza dei servizi, la sicurezza e la velocità commerciale.
Allora, noi cosa facciamo per confermare questi punti? I numeri fanno rabbrividire: più di mezzo miliardo e mezzo di risorse tolti dai capitoli di bilancio al settore, numeri che giustificano il collasso del sistema e l'enorme difficoltà degli enti locali e delle regioni costrette a sopperire alla mancanza di fondi con l'aumento delle tariffe e con l'anticipazione di cassa che oggi, alla luce anche dei successivi tagli intervenuti, non sono più sostenibili. Il Governo aveva promesso la restituzione di almeno una parte delle risorse, ma ad oggi queste promesse non sono state rispettate. È necessario un intervento concreto e risolutore: le risorse in qualche modo devono essere comunque trovate, un Paese come il nostro non può non basare il suo sviluppo sull'incremento delle reti infrastrutturali, garantendo standard di servizio pubblico efficienti. Le conseguenze sarebbero e sono gravissime: meno bus, meno corse metropolitane, meno collegamenti extraurbani, meno collegamenti ferroviari locali e regionali, con un aumento esponenziale dei costi, faranno sì che un servizio attualmente già insufficiente possa subire un ulteriore decremento sia nel rispetto dei livelli di inquinamento che, cosa ancora più grave, in termini occupazionali. Così come subirà sicuramente un decremento l'intero sistema produttivo del Paese, legato al trasporto pubblico locale in maniera indissolubile, andando così incontro, tra l'altro, Pag. 37ad una recessione che è proprio l'opposto di quanto il Governo vorrebbe raggiungere con interventi finanziari in atto sul sistema di trasporto stesso. Pagherà, stranamente, anche chi non usa abitualmente i mezzi pubblici: una minore offerta di mobilità collettiva produrrà infatti più mobilità privata, più traffico e più inquinamento. Su queste tematiche voglio portare alcuni dati: se, da una parte, il 75 o l'85 per cento del PIL dell'Unione europea viene prodotto nelle città, queste sono anche quelle che hanno i maggiori problemi di inquinamento, rumore, congestione e incidenti a causa del fatto che il 75 per cento degli spostamenti metropolitani sono effettuati in auto. Si è calcolato che nell'Unione europea il costo della congestione del traffico manda in fumo circa l'1 per cento del PIL annuo dell'Unione sia per il maggior uso di combustibili che per i danni provocati dall'inquinamento atmosferico ed acustico. Nel nostro Paese la congestione del traffico urbano e non costa decine di miliardi all'anno, così come costa al sistema sanitario l'aumento di incidenti sulle nostre strade.
Sin dal Libro bianco del 2001, su La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte, veniva segnalata l'esistenza di alcune difficoltà e precisamente: la crescita diseguale dei vari modi di trasporto, con la strada che rappresentava già allora il 44 per cento del trasporto di merci, contro l'8 per cento della rete ferrovia e il 4 per cento delle vie navigabili, e con il trasporto stradale di passeggeri che rappresentava il 79 per cento, quello aereo il 5 per cento e quello ferroviario il 6 per cento; la congestione su alcuni grandi assi stradali e ferroviari nelle grandi città e in alcuni aeroporti, così come venivano segnalati i problemi ambientali o di salute dei cittadini e di sicurezza sulle strade.
La Commissione europea, nell'ambito del pacchetto clima-energia, ha chiesto all'Italia di ridurre le emissioni entro il 2020 del 13 per cento rispetto al 2005 nei settori non rientranti nel sistema di scambio delle quote di emissione, fra cui appunto i trasporti. Tuttavia, in assenza di misure incisive per la riduzione dell'anidride carbonica dei trasporti le emissioni su strada cresceranno nel nostro Paese del 14 per cento nel medesimo periodo, con uno sforamento rispetto all'obiettivo di oltre 31 milioni di tonnellate di CO2.
Tutto questo deve portare ad una seria riflessione su quanto sia necessario investire sul settore trasportistico in generale, spostando quanto più possibile il maggior carico dal gommato alle reti ferroviarie, dove noi siamo fortemente indietro rispetto al contesto europeo: la dotazione della rete generale di trasporto ferroviario nel Paese registra un netto divario rispetto a quanto presente nella stragrande maggioranza dei Paesi dell'area europea, attestandoci all'undicesimo posto nel rapporto tra estensione e dotazione, con 28 chilometri ogni centomila abitanti a fronte di una media europea di 44 chilometri ogni centomila abitanti. Tali valori raggiungono punte ancora più elevate se consideriamo tutta l'area del Mezzogiorno in quanto lo sviluppo infrastrutturale e l'offerta di servizi presentano una netta separazione tra le varie aree del Paese, evidenziando un quadro di grossa disomogeneità tra gli investimenti effettuati nel nord e nel sud e dal quale emerge un quadro sconfortante e di profonda arretratezza per il Mezzogiorno.
Alla luce di queste considerazioni, è evidente come sia da un punto di vista programmatico che sotto il profilo organizzativo questo settore strategico non può essere abbandonato e meriti un impegno di risorse ed investimenti nonché di ottimizzazione di servizi che ne permettano lo sviluppo e l'efficientamento in termini di qualità e di benefici per i cittadini fruitori, ma soprattutto per l'intera comunità nazionale. E oltre all'improrogabile risoluzione delle problematiche sul trasporto locale l'auspicio è quello di un impegno forte nel medio e lungo periodo verso un generale piano di rinnovo e potenziamento dell'intera offerta trasportistica, con il rinnovo del materiale delle vetture, in particolare per i servizi regionali e urbani, nonché il potenziamento della rete tecnologica, Pag. 38con un pacchetto di misure di defiscalizzazione e di finanziamento appositamente finalizzate.
Signor Presidente, onorevole sottosegretario, pur convenendo sulla difficoltà che attraversa il nostro Paese, ritengo che uno sforzo maggiore debba essere compiuto dal nostro Governo per pianificare e anche per sostenere un settore potenzialmente trainante, che potrebbe dare respiro anti- congiunturale, aiutando ad uscire da un periodo di crisi che rischia di prolungarsi, con effetti disastrosi sul tessuto industriale e sull'occupazione in generale. Ricordiamo che sono migliaia le imprese e i lavoratori che operano nel settore del trasporto pubblico locale. Ci attendiamo perciò che il Governo seriamente affronti queste tematiche e accolga quelle richieste che noi facciamo, che sono nell'interesse dell'intero Paese e quindi anche del Governo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Simeoni, che illustrerà anche la mozione Valducci n. 1-00724, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

GIORGIO SIMEONI. Signor Presidente, sottosegretario Misiti, colleghe e colleghi, è molto importante che oggi il Parlamento abbia l'opportunità di affrontare un tema che interessa la vita di milioni e milioni di nostri concittadini, come quello del trasporto pubblico locale. Ho ascoltato con grande attenzione gli interventi dei colleghi dell'opposizione che mi hanno preceduto ed effettivamente nelle mozioni presentate c'è sicuramente una voglia di migliorare una situazione. Credevo che si andasse quasi a limitare il dibattito ad una sorta di illustrazione dei problemi, che c'è stata, ma non c'è stata quella ricerca delle responsabilità che un po' temevo. Di solito, infatti, si fa l'elenco dei problemi e poi la ricerca dei responsabili. In questo caso, sappiamo tutti che purtroppo anche per il trasporto pubblico locale le radici delle responsabilità sicuramente non affondano nei tempi di oggi, ma vengono ben da lontano. Questo, però, chiaramente non ci esime, e tanto meno esime il Governo, dall'affrontare una situazione che richiederebbe sempre di più funzionalità ed inefficienza, perché chiaramente il trasporto pubblico locale ha un'indiscutibile rilevanza nelle attività sociali ed economiche del nostro Paese. Resta fermo il principio del diritto alla mobilità.
È chiaro che il Governo, anche quando va ad adottare provvedimenti che riguardano il trasporto pubblico locale, deve inserirli in un contesto generale. Oggi viviamo sicuramente un periodo di intense preoccupazioni, siamo alle prese con una crisi che, non dimentichiamolo mai, è internazionale e mondiale. Anche il trasporto pubblico locale è un settore coinvolto nell'opera di riduzione della spesa pubblica in quanto, come ben sappiamo, il nostro debito pubblico è molto alto, per cui è chiaro che il Governo deve intervenire in questa maniera. Ovviamente, ne risentono anche i trasferimenti alle regioni e agli enti locali, ma in questo periodo bisogna anche riconoscere che il Governo non è stato fermo, anche perché parliamo, oltretutto, di una competenza, quale quella del trasporto pubblico locale, che riguarda principalmente proprio le regioni e gli enti locali. Proprio per questo il Governo, nella Conferenza Stato-regioni, che se non sbaglio c'è stata nel dicembre 2010, di concerto con le regioni, ha stabilito di mettere 400 milioni di euro proprio nel trasporto pubblico locale. Poi, attraverso il decreto legislativo n. 68 del 2011 si è andato di fatto a delineare e ad immaginare come questi soldi potrebbero essere investiti. Poi, con il decreto-legge n. 98, sempre del 2011, si è andato a costituire un fondo di 400 milioni annui, assegnato al Ministero dell'economia e delle finanze, che, proprio per rispondere al collega Cambursano, che se non sbaglio parlava di Patto di stabilità, è stato escluso dal vincolo del Patto di stabilità. Pertanto, anche questo è un fondo che può essere messo a disposizione.
Certamente anche di questo dobbiamo tener conto, dal momento che i fondi verranno meno. Contestualmente, il Governo in questo decreto-legge - devo dire giustamente - Pag. 39ha previsto che, nel momento in cui verranno meno i fondi, ci sarà la fiscalizzazione degli interessi. Sono più che mai convinto, non perché sono di parte, che il Governo non ha mai sottovalutato le esigenze del trasporto pubblico locale, come dimostrano appunto anche le decisioni legislative assunte nei mesi scorsi. Certo anche l'intesa ha prodotto effettivamente qualcosa di buono. In seguito, come dicevo, per il finanziamento si provvederà attraverso la fiscalizzazione degli stessi trasferimenti. Ci tengo a dire anche ai colleghi dell'opposizione che sono certo che anche il sottosegretario Misiti si farà promotore nei confronti del Ministro e del Governo, che ci sarà uno sforzo, quello che è possibile, però dobbiamo sempre tener conto di quanto avviene. Colleghi, oggi proprio perché in questa mozione, a mio avviso, c'è una voglia di portare qualcosa di buono in un settore che oggi effettivamente è in difficoltà, dico che insieme si potrebbero affrontare iniziative importanti.
Non possiamo sottovalutare assolutamente i problemi che ha incontrato il processo di liberalizzazione del trasporto pubblico locale. Abbiamo visto che ad altri Paesi, proprio attraverso la liberalizzazione, è chiaro che gli si sono ridotti i costi. Non dimentichiamo mai quanto pesa il trasporto pubblico locale nel nostro Paese. Attualmente, per la spesa del trasporto pubblico locale, due terzi delle risorse sono risorse pubbliche, quello che arriva è un terzo proprio del servizio prestato.
E allora, che obiettivi ci possiamo dare, colleghi? È chiaro che il primo obiettivo è proprio quello di messa a gara dei servizi e di ingresso di nuove imprese. Questo potrà portarci, sicuramente, ad una riduzione dei costi e su questo dobbiamo accelerare il più possibile perché è vero che andiamo sempre alla ricerca dell'efficienza e della qualità, però dobbiamo anche, in tutto questo, fare in modo che si possa cambiare un settore dove, io me lo auguro, magari potessero tornare periodi di vacche grasse dove lo Stato può fare e dare. Ma oggi, oltretutto, non dimentichiamolo, siamo in un contesto europeo, è vero con grande difficoltà, ma, in ogni caso, con grande difficoltà di tutti, in questo momento tutti i Paesi sono in crisi, anzi, riconosciamolo, il nostro è un Paese che è riuscito a tenere ferma la barra nei momenti più difficili, anche se non ne siamo assolutamente ancora usciti, ci siamo nel pieno, ma nei momenti più difficili i nostri conti hanno tenuto, a dimostrazione di un Paese che è un Paese serio e solido.
Come dicevo, oggi è chiaro che dobbiamo andare di corsa verso la liberalizzazione e lavorare insieme. Questo progetto si può affrontare insieme perché, effettivamente, si vede che c'è voglia di lavorare insieme. Non posso dimenticare anche che quando si è espressa la Commissione trasporti, il 21 luglio 2010, si è espressa all'unanimità e si è espressa nel dire che anche la strategia integrata dei trasporti deve coincidere, giustamente, anche con le altre politiche dell'Unione europea che sono quelle industriale, ambientale, di gestione del territorio, del turismo, delle politiche sociali, che va inserita in questo contesto e, nello stesso momento, dobbiamo anche in particolare, proprio secondo le indicazioni dell'Unione europea, essere più attenti, appunto, all'impatto ambientale e al miglioramento della mobilità nei centri urbani.
Cioè, siamo perfettamente consapevoli, colleghi, che parliamo di un settore strategico nel nostro Paese. Quando parliamo di diritto alla mobilità, quando parliamo di trasporto pubblico locale, è chiaro che dobbiamo avere sempre quella giusta accortezza, però dobbiamo avere anche la responsabilità, prima di tutto, di non illudere, ma nello stesso momento di immaginare. Non lo so, magari si alza il sottosegretario Misiti e ci dice che chissà quanti milioni di euro ci saranno a disposizione. Magari, ne saremmo tutti felici, ma non mi sembra che sia questa la situazione. Siamo in una fase dove il Governo sta tenendo la barra dritta, però ci vuole ancora per uscire da una crisi pesante come quella che stiamo vivendo, è chiaro che ci stiamo in pieno. Per cui, però, proviamo a mettere in campo, appunto, Pag. 40quello di cui tanto parliamo, su cui si può lavorare insieme, ossia quelle giuste riforme che, anche nel settore del pubblico trasporto, possono aiutarci in questo.
Devo dire che, anche negli interventi di oggi, ho compreso che questa è una mozione che, è chiaro, non serve unicamente a risvegliare, a chiedere o a fare qualcosa, ma serve anche per tracciare un percorso, perché noi non possiamo solo immaginare quello che è avvenuto, ma dobbiamo anche andare a delineare come se ne può uscire. Certo, l'ingresso dei privati e la privatizzazione potranno sicuramente aiutare. Io sono certo che, anche attraverso questa mozione e il lavoro che continuerà anche nelle Commissioni, ma anche nelle iniziative del Governo, che noi appoggeremo in quello che porterà avanti, si potrà tracciare quella strada che qualcosa di buono potrà portare anche nel trasporto pubblico.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 16,05).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi scusi, non avrei mai preso la parola, però apprendo dalle agenzie e dai siti Internet dei principali giornali che mancava una tesi in ragione della quale il nostro Paese - e più in generale la finanza e l'economia degli Stati a livello mondiale - si trova nella situazione di difficoltà che tutti avvertiamo, al di là della peculiarità delle nostre azioni.
Finalmente il sottosegretario Giovanardi ci informa che questo dipende da un fatto. Ed è una notizia utile da dare. Purtroppo, nell'Aula della Camera in questo momento ci sono poche persone, ma lei sicuramente, signor Presidente, avrà la possibilità di trasmettere ai vertici del Governo e anche alla Presidenza della Camera la notizia. Questa situazione sarebbe legata al fatto che gli operatori della borsa, i trader di Piazza Affari nella fattispecie, ma anche quelli mondiali, fanno uso di crack e di sostanze stupefacenti.
Quindi, abbiamo capito che le ragioni del crollo della finanza in Italia, in Europa e nel mondo dipendono dal fatto (o sicuramente ne è uno degli elementi) che ci sarebbe un consistente uso di droga da parte degli operatori delle borse. Finalmente abbiamo trovato una ragione magari un po' più concreta di quella con la quale il Governo in questi anni ha cercato di dimostrare che non succedeva nulla per poi, man mano, dimostrarci invece cosa succedeva.
Il sottosegretario Giovanardi ha anche argomentato questa sua convinzione attraverso la produzione di studi che sarebbero stati condotti in America. C'è, insomma, una costruzione si fa per dire «logica» di queste sue affermazioni, che risulta davvero interessante.
Io, signor Presidente, ovviamente non posso che esserne lieto. Magari - ripeto - sarà utile che il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'economia e delle finanze vengano a confermarci questa tesi, perché credo che aggredire a questo punto il problema, attraverso il canale che individua il sottosegretario Giovanardi, sicuramente da qui a 15-20 giorni - con un rapido test che si può fare all'interno di Piazza Affari e magari anche nelle varie borse europee e mondiali - ci porterebbe a risolvere rapidamente quelli che sono i problemi del nostro Paese, senza neanche che il Ministro Romani e chi per lui si debba, per così dire, in qualche modo cimentare a trovare chissà quali norme per la crescita e per lo sviluppo.
È tutto chiaro, ce lo ha spiegato il sottosegretario Giovanardi: una parte sostanziale Pag. 41della crisi - e, quindi, quello che è successo in borsa - è comportata dal fatto che gli operatori delle borse usano sostanze stupefacenti.
Io penso, in conclusione, signor Presidente, che il sottosegretario che ha reso queste affermazioni abbia fatto il più grande spot per gli antiproibizionisti in questo Paese. È come dire che per vaneggiare e dire delle cose chiaramente e palesemente sopra le righe non c'è alcun bisogno di usare sostanze stupefacenti.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza il deputato Maria Letizia De Torre, in sostituzione del deputato Daniela Cardinale, dimissionaria.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 11 ottobre 2011, alle 12:

1. - Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

ore 14 (con votazioni a partire dalle ore 15,30)

2. - Esame della nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2011 (Doc. LVII, n. 4-bis/A)
- Relatore: Toccafondi.

3. - Seguito della discussione dei disegni di legge:
S. 2803 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2010 (Approvato dal Senato) (C. 4621).
S. 2804 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2011 (Approvato dal Senato) (C. 4622).
- Relatore: Simonetti.

La seduta termina alle 16,10.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ROBERTO SIMONETTI IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE NN. 4621 E 4622.

ROBERTO SIMONETTI, Relatore. Com'è noto, il Rendiconto, ci fornisce una rappresentazione oggettiva della situazione del bilancio dello Stato ben più attendibile di quella del bilancio di previsione e dovrebbe costituire la base essenziale sulla quale impostare il nuovo ciclo di programmazione economico-finanziaria.
Il rendiconto è, infatti, un documento contabile particolarmente rilevante nel corretto funzionamento di una democrazia parlamentare.
La funzione giuridico-costituzionale di tale esame per la parte concernente il conto del bilancio consiste nella verifica che il Parlamento svolge, nella forma della legge, che il Governo abbia effettivamente eseguito lo schema di previsione per l'entrata e di autorizzazione per la spesa nei termini preventivamente stabiliti dallo stesso Parlamento, ai fini di un'ordinata gestione finanziaria dello Stato.
Le Camere approvano nuovamente con legge i risultati della gestione annuale rendendoli intangibili, ossia non revocabili o modificabili, con tutte le conseguenze che ciò comporta dal punto di vista giuridico e sotto il profilo economico-finanziario.
È utile tuttavia rammentare che il rendiconto del bilancio non può dare conto Pag. 42compiutamente dei flussi annuali di spesa ed entrata e della variazione delle consistenze di attività e passività patrimoniali per tutto il settore delle pubbliche amministrazioni; infatti, in tale settore confluiscono enti pubblici diversi dallo Stato, dotati di autonomia finanziaria ed in grado di determinare variazioni significative che non si riflettono, in senso giuridico-contabile, sul bilancio e sul patrimonio dello Stato.
Il conto del bilancio relativo all'esercizio finanziario 2010 si presenta secondo la nuova struttura di classificazione del bilancio dello Stato, articolata su due livelli di aggregazione: missioni e programmi.
Le missioni sono 34. Il numero dei programmi si è attestato a 162 e, nella quasi totalità, sono specifici di ciascuna Amministrazione.
Il rendiconto generale dello Stato per l'esercizio 2010 può ben rappresentare dunque un momento di conferma del raccordo tra vecchia e nuova normativa.
Per quanto concerne il conto del bilancio, in particolare, questo conserva la struttura espositiva per unità di voto parlamentare a livello di macroaggregati, in coerenza con il bilancio di previsione, ma, nello stesso tempo, accoglie talune rilevanti novità della riforma, quali la prima esperienza di illustrazione delle risultanze delle spese relative ai programmi aventi natura o contenuti ambientali, anticipando, in qualche modo, l'applicazione della disposizione della riforma (articolo 36, comma 6, della legge n. 196 del 2009).
Il conto consuntivo finanziario per l'anno 2010 è stato costruito dunque, ai fini della valutazione delle politiche pubbliche di settore, sulla base delle missioni, che sono state realizzate attraverso uno o più programmi. Questi ultimi sono stati, a loro volta, suddivisi in macroaggregati (UPB), venendo questi articolati, nell'ambito di ciascun centro di responsabilità amministrativa, in capitoli, così da consentire la valutazione economica e finanziaria delle risultanze di entrata e di spesa in riferimento agli obiettivi previsti.
Fatte queste premesse, ritengo utile, in sede di analisi del rendiconto generale, riepilogare i dati di consuntivo degli andamenti di finanza pubblica registrati lo scorso esercizio.
Al riguardo, rilevo in particolare come nonostante un quadro congiunturale internazionale difficile, l'importo dell'indebitamento netto della Pubblica Amministrazione sia passato dal 5,4 per cento nel 2009 al 4,6 per cento nel 2010, risultato che si colloca tra i migliori nel contesto dei paesi europei.
Come afferma anche l'OCSE nel rapporto sull'Italia 2011, a differenza di altri paesi UE, il nostro ha reagito alla recessione e alla crisi finanziaria rimodulando la spesa in funzione di sostegno sociale e all'industria, invece che con un pacchetto di interventi espansivi che avrebbe portato ad un aumento del disavanzo.
Le misure adottate sono state concepite come provvedimenti aventi un impatto sostanzialmente neutro sul saldo di bilancio, recanti tuttavia taluni incentivi per la rimodulazione della spesa pubblica verso quelle che sono considerate le categorie di spesa con i moltiplicatori più elevati.
Questa politica economica prudenziale ha rafforzato la posizione dell'Italia sui mercati obbligazionari durante un arco di tempo prolungato, caratterizzato da turbolenze di mercato per le banche e per il debito sovrano. A favore della credibilità del Paese, dalla metà 2010 il Governo ha reso più restrittiva la politica di bilancio per mantenere la finanza pubblica sotto controllo, in coerenza con i requisiti della procedura di disavanzo eccessivo del Patto di Stabilità e Crescita Europeo. Di conseguenza, l'Indebitamento netto della pubblica amministrazione nel 2010 è sceso di ben 0,8 punti percentuali al di sotto del livello registrato nel 2009.
Nel dettaglio delle componenti, sempre in rapporto al PIL, il risultato 2010 rispetto all'anno precedente è ascrivibile sia al lieve riduzione delle spese correnti dispetto al 2009 (-0,3 per cento), la cui incidenza si è attestata al 47,8 per cento - a fronte del 48,2 per cento segnato nel 2009 - che alla riduzione delle spese in conto capitale che, dopo il +0,6 per cento Pag. 43registrato nel biennio 2009/2008, segnano nell'anno una riduzione del -0,9 per cento.
Sul versante delle entrate correnti, si segnala invece il lieve incremento registrato nel 2010 (+0,1 per cento), a fronte della diminuzione registrata nel 2009 (-0,3 per cento).
Nel dettaglio delle voci di spesa, sempre in rapporto al PIL, la spesa per redditi di lavoro si conferma in lieve flessione del - 0,2 per cento rispetto all'anno precedente, a fronte del +0,5 per cento registrato nel 2009 sul dato 2008, dopo il dato in aumento del +0,5 per cento segnato del 2008 sul 2007, così come quella per beni e consumi intermedi appare «congelata» con un -0,2 per cento rispetto al 2009, allorché si era registrato un +3,5 per cento rispetto al dato 2008.
Per quanto riguarda le prestazioni sociali, esse sono cresciute dello 0,1 per cento, mostrando un'evoluzione sensibilmente inferiore a quella del 2009, allorché si era segnalato un +1,5 per cento rispetto al dato 2008, e allo stesso 2008, allorché si era registrato un +0,6 rispetto al dato 2007.
Si è confermato stabile in rapporto al PIL il dato poi relativo alla spesa per interessi, che ha segnato un -0,1 per cento, dopo che nel 2009 lo stesso aveva registrato una sensibile diminuzione pari al -0,6 per cento sul dato 2008.
Per quanto concerne il saldo primario rispetto al PIL, esso si segna un lieve miglioramento rispetto al 2009 attestandosi ad un -0,1 per cento, mostrando un'attenuazione dell'inversione negativa che il medesimo dato aveva registrato nell'anno precedente, allorché si era attestato al -0,7 per cento a fronte del +2,5 per cento segnato nel 2008.
In uno scenario economico internazionale complesso come quello che si è registrato nel 2010, i risultati in termini di saldi di finanza pubblica non possono pertanto che essere considerati favorevolmente saldi del conto del bilancio.
Nell'insieme, i saldi del bilancio, in termini di competenza, hanno registrato dati a consuntivo migliori delle previsioni, sia iniziali che definitive.
Il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato per il 2010, in termini di competenza, al lordo delle regolazioni debitorie e contabili, risulta pari a 21.619 milioni di euro, con un miglioramento di 11.077 milioni di euro rispetto al saldo registratosi nel 2009. Il risultato è migliore sia delle previsioni iniziali che delle previsioni definitive, secondo le quali il saldo netto da finanziare era previsto attestarsi nel 2010, a 63.799 milioni.
Il valore del saldo netto da finanziare, determinato dai risultati di gestione, rientra nel limite massimo di 63.000 milioni fissato dalla legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009), al netto di 4.684 milioni di regolazioni debitorie.
Anche il saldo corrente (risparmio pubblico) nel 2010 evidenzia un miglioramento rispetto all'anno precedente, risultando pari a 28.742 milioni di euro (+5.154 milioni). Il risultato è migliore sia rispetto alle previsioni iniziali che a quelle definitive, in base alle quali il risparmio pubblico avrebbe dovuto attestarsi addirittura su valori negativi (-22.919 milioni secondo le previsioni iniziali; -13.477 milioni secondo quelle definitive).
Il ricorso al mercato si è attestato nel 2010 a 210.055 milioni di euro, su valori sensibilmente più bassi rispetto alle previsioni iniziali e a quelle definitive, con un miglioramento di oltre 1 miliardo di euro rispetto al 2009. Anche il valore del ricorso al mercato nei risultati di gestione risulta inferiore al limite massimo, pari a 286.000 milioni di euro, fissato dalla legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009).
In termini di cassa, il saldo netto da finanziare è risultato nel 2010 pari a 59.846 milioni, con un miglioramento di circa 7.199 milioni di euro rispetto al risultato raggiunto l'anno precedente (67.045 milioni di euro). Anche in termini di cassa, il saldo netto da finanziare a consuntivo registra valori migliori delle previsioni, sia iniziali che definitive, secondo le quali, il suddetto saldo avrebbe dovuto superare i 120 miliardi di euro nel 2010. Pag. 44
Gli altri saldi del bilancio, in termini di cassa, risultano invece lievemente peggiorati rispetto all'esercizio 2009. Il risparmio pubblico ha registrato un valore negativo di 10.154 milioni, segnando un peggioramento di oltre 26 miliardi rispetto al 2009, anno in cui il risparmio pubblico si è attestato ad un valore positivo di 15.984 milioni di euro.
L'importo del ricorso al mercato ammonta a circa 249 miliardi di euro, con un peggioramento di 5,8 miliardi rispetto al dato del 2009.
La gestione 2010 ha dato luogo ad impegni di spesa relativi ad operazioni finali (tutte le spese del bilancio dello Stato escluse quelle relative al rimborso di prestiti giunti in scadenza nell'esercizio di riferimento) per 526.944 milioni di euro.
Rispetto all'anno precedente, le spese finali evidenziano una riduzione di 13.547 milioni di euro (-2,5 per cento), derivante dalla diminuzione degli impegni di spesa sia di conto corrente (-6.916 milioni), sia di conto capitale (-6.631 milioni).
Il dato di consuntivo degli impegni relativi alle spese finali si è dimostrato peraltro inferiore anche rispetto alle previsioni, sia iniziali che definitive. Rispetto alle previsioni definitive, in particolare, gli impegni finali denotano una riduzione di 17.419 milioni di euro.
Gli impegni relativi ad operazioni finali sono riconducibili per 474.662 milioni di euro a spese correnti - che risultano diminuite rispetto al 2009 di circa 11,4 per cento - e per 52.282 milioni a spese in conto capitale, le quali, rispetto al 2009, presentano una riduzione più consistente, di oltre l'11 per cento.
Per ciò che attiene alla spesa corrente, registrano una riduzione gli impegni di spesa relativi, in particolare, alle seguenti voci:
i consumi intermedi, pari a 9.800 milioni nel 2010, risultano diminuiti di oltre il 25 per cento rispetto al 2009 (-3.307 milioni di euro);
i trasferimenti a famiglie ed istituzioni sociali private, che si sono attestati a 4.562 milioni di euro, con una riduzione del 53,3 per cento rispetto all'anno precedente (-5.208 milioni rispetto al 2009);
gli interessi passivi, che sono scesi a 69.523 milioni rispetto ai 72.239 milioni del 2009, registrando una riduzione del 5,1 per cento;
i redditi da lavoro dipendente, con un totale di 88.855 milioni nel 2010, -809 milioni di euro rispetto al 2009 (-0,9% per cento).

Hanno invece fatto registrare un aumento i trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche, pari nel 2010 a 222.661 milioni (+6.093 milioni di euro rispetto all'esercizio precedente, corrispondente ad un aumento del 2,8 per cento) e i trasferimenti correnti a imprese, risultati pari nel 2010 a 4.705 milioni, con un incremento del 6,4 per cento rispetto al 2009 (+282 milioni).
Tra le spese in conto capitale evidenziano un lieve aumento rispetto all'esercizio 2009 soltanto gli investimenti fissi lordi, che si sono attestati 7.326 milioni (+4,9 per cento), e gli impegni relativi alla categoria acquisizioni di attività finanziarie (+748 milioni, pari al +16,3 per cento).
Diminuiscono invece tutte le altre voci. In particolare, i contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche, pari a 20.456 milioni, diminuiscono del 7,8 per cento (-1.730 milioni), i contributi agli investimenti ad imprese, attestati a 11.629 milioni di euro, diminuiscono del 17 per cento (-2.378 milioni). Anche i contributi agli investimenti a estero si riducono di 83 milioni di euro, pari al 9,7 per cento.
Per quanto concerne l'analisi della gestione di competenza - che fa riferimento, per la parte «Entrate», agli accertamenti, e, per la parte «Spese», agli impegni - l'entità complessiva degli accertamenti di entrata (comprensivi delle entrate per accensione di prestiti) è risultata, nel 2010, pari a 778.246 milioni di euro, con una evoluzione positiva rispetto al 2009.
Gli impegni complessivi di spesa ammontano nel 2010 (incluse le spese per rimborso prestiti) a 715.380 milioni. Rispetto ai risultati dell'anno precedente, la gestione Pag. 45presenta una complessiva diminuzione degli impegni di spesa di oltre 1 miliardo di auto (-0,2 per cento).
Per quanto concerne i saldi, in termini di competenza si evidenzia, soprattutto, un miglioramento del saldo netto da finanziare nel 2010 di oltre 11 miliardi di euro. Il risultato, pari a -21.619 milioni di euro, discende dalla differenza tra un ammontare complessivo di entrate finali pari a 505.325 milioni di euro e un ammontare complessivo di spese finali pari a 526.944 milioni di euro, che manifestano, entrambe, un andamento in riduzione rispetto all'anno precedente.
La gestione di competenza manifesta, inoltre, il miglioramento del risparmio pubblico (quale saldo contabile delle operazioni correnti); sul punto, la stessa Relazione illustrativa sottolinea come il valore positivo assunto dal risparmio pubblico evidenzi la connotazione non soltanto quantitativa, ma anche qualitativa del risanamento finanziario.
Rispetto al consuntivo 2009, le entrate finali hanno registrato una diminuzione di 2.471 milioni di euro. Tale risultato è riconducibile soprattutto alla riduzione delle entrate extra-tributarie rispetto al 2009 (-6,6 per cento), mentre gli accertamenti di entrate tributarie hanno registrato, rispetto al 2009, un leggero incremento (+0,6 per cento).
Nell'ambito delle entrate tributarie, in particolare, si registrano variazioni in aumento rispetto al 2009 delle tasse e imposte sugli affari (+4 per cento, con accertamenti pari a 154.237 milioni) e delle entrate derivanti dalla categoria dei monopoli (+9 per cento). Al contrario, subiscono variazioni in diminuzione le imposte sul patrimonio e sul reddito (-1,4 per cento, con accertamenti pari a 235.793 milioni di euro) e le imposte sulla produzione, sui consumi e dogane (-1,4 per cento rispetto al 2008). Infine, gli accertamenti relativi alla categoria del lotto, lotterie ed altre attività, pari a 12.013 milioni, risultano superiori dell'1,7 per cento rispetto all'anno precedente.
Per quanto concerne la spesa per rimborso prestiti, i relativi impegni, pari a 188.436 milioni di euro, hanno registrato un aumento rispetto al dato del 2009 di 12.295 milioni (il rimborso prestiti nel 2009 era pari a 176.141 milioni di euro).
Gli accertamenti di entrata derivanti da accensioni di prestiti, infine, sono stati pari a 272.921 milioni di euro, con un aumento di 3.203 milioni rispetto all'esercizio 2009, nel quale tali accertamenti erano pari a 269.718 milioni.
Dall'analisi delle spese finali per missioni emerge come un ristretto numero di missioni assorba larga parte delle risorse disponibili.
Escludendo dal computo la missione «debito pubblico» - che - data la sua enorme rilevanza quantitativa finirebbe per rendere poco significativi i dati inerenti alle missioni che più propriamente descrivono le finalità dell'Ente Stato - si evince che le missioni di maggior rilievo ai fini dell'analisi della gestione di competenza sono:
la missione Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali, la quale risulta aver impegnato il 25,6 per cento delle risorse, con una crescita in termini assoluti rispetto allo scorso anno - in cui tale missione rappresentava il 24 per cento della spesa - di circa il 4 per cento;
la missione Politiche previdenziali, che si è attestata al 16,9 per cento (rispetto 16 per cento del 2009), con un incremento in termini assoluti del 3,5 per cento rispetto all'esercizio precedente;
la missione Politiche economiche-finanziarie e di bilancio, che ha assorbito il 14,2 per cento degli impegni, a fronte del 15,3 per cento registrato nel 2009, anno rispetto al quale le risorse si sono ridotte del 9,1 per cento);
la missione Istruzione scolastica, che si è attestata al 9,6 per cento (sostanzialmente in linea con lo scorso esercizio finanziario, in cui ha pesato per il 9,7 per cento), registrando tuttavia una riduzione in termini assoluti del 2,6 per cento:
la missione Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, la quale risulta aver Pag. 46impegnato, come nel 2009, il 5,6 per cento delle risorse complessive, registrando un decremento in termini assoluti dell'1,7 per cento.

Al netto della missione debito pubblico, le uniche missioni di spesa che nel 2010 hanno registrato un incremento in termini assoluti rispetto all'anno precedente sono quelle relative alle Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali e alle politiche previdenziali.
In base al rendiconto, al 1o gennaio 2010 il conto dei residui indicava residui attivi per un valore complessivo di 194.560 milioni di euro e residui passivi, al lordo dei residui relativi al rimborso di prestiti, per 96.667 milioni di euro, con una eccedenza attiva di 97.883 milioni di euro.
Dal confronto tra lo stato dei residui al termine dell'esercizio 2010 e quello al termine dell'esercizio precedente si rileva che sia i residui attivi che quelli passivi hanno fatto registrare un incremento, rispettivamente, del 18,1 per cento e del 12 per cento.
L'incremento è relativo sia ai residui pregressi che a quelli di nuova formazione. Come rilevato anche nella relazione illustrativa del disegno di legge di rendiconto, i dati dimostrano come il fenomeno dei residui rimanga, anche nel 2101 su livelli considerevoli, specie per quel che concerne i residui passivi che subiscono un aumento del 12 per cento rispetto allo scorso esercizio, attestandosi complessivamente a 108.278 milioni di euro nel 2010.
Vanno dunque prese in seria considerazione le osservazioni contenute nella Relazione sul Rendiconto trasmessa dalla Corte dei conti, non solo laddove si sottolinea come la leggibilità del documento risulti appannata da un imponente e crescente accumulo di residui, ma anche laddove si rileva come la stessa leggibilità dei dati sia resa difficile anche in ragione di alcuni particolari meccanismi contabili di gestione degli anni più recenti.
Al riguardo, ricordo che in particolare che a fianco del fenomeno, ormai divenuto strutturale, delle regolazioni contabili e debitorie, si è formata - in concomitanza con le restrizioni finanziarie - una massa di debiti pregressi, in parte ripianati con le risorse previste dal decreto legge n. 78 del 2009, e si è venuto generalizzando il ricorso a «pagamenti in conto sospeso» - di sempre crescente entità - che in gran parte ancora attendono una completa sistemazione contabile in bilancio.
Su tali fenomeni occorrerebbe compiere una più approfondita riflessione, anche perché, come afferma la Corte, essi non appaiono del tutto compatibili con il principio di annualità del bilancio, in quanto finiscono per alterare le risultanze di consuntivo.
Analogamente, occorrerebbe riflettere su talune problematiche, evidenziate dalla Corte, emerse in relazione alle procedure di contabilizzazione sia delle entrate che delle spese.
Con riferimento al conto del patrimonio, ricordo, infine, che l'eccedenza passiva, ossia la differenza tra le passività e le attività, nel 2010 è stata superiore dell'1,3 per cento rispetto a quella del 2009.
Il risultato denota una situazione patrimoniale in peggioramento rispetto all'anno 2009 e riconferma gli andamenti negativi registrati negli anni 2008 e precedenti.
Secondo quanto rilevato dalla Corte dei conti, l'incompletezza delle informazioni relative ai beni immobili dello Stato potrà essere superata o quantomeno ridotta a conclusione dell'attività di ricognizione svolta dal Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economica e delle finanze in attuazione dell'articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010) e finalizzata alla redazione del Rendiconto Patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato.
L'organo di controllo conferma inoltre la necessità che la ricostruzione del valore di mercato dei beni e della rilevazione dei costi di manutenzione sovrintenda a tutto il processo di federalismo demaniale per una ricostruzione complessiva del rilievo finanziario dei trasferimenti anche in considerazione della non omogenea distribuzione dei beni sul territorio nazionale. Pag. 47
Per quanto attiene al disegno di legge di assestamento, ricordo che esso reca le variazioni che, a metà dell'esercizio, il Governo ritiene opportuno adottare in relazione alle previsioni di bilancio, in termini di competenza e di cassa.
Anche il disegno di legge di assestamento per l'esercizio 2011 riflette la struttura del bilancio dello Stato, organizzato in missioni e programmi, adottata a partire dalla legge di bilancio per il 2009 e recepisce la nuova struttura del Governo, definita dal decreto-legge n. 85 del 2008 e poi modificata dalla legge n. 172 del 2009.
Prima di passare all'analisi dei dati contenuti nel provvedimento di assestamento, va segnalato, in via preliminare, che il disegno di legge di assestamento non tiene conto degli effetti dei provvedimenti di manovra approvati nel corso dell'estate (ossia il decreto legge n. 98 del 6 luglio 2011 e il decreto legge n. 138 del 13 agosto 2011), ad eccezione delle variazioni disposte a seguito dell'approvazione da parte del Senato di un emendamento finalizzato a contabilizzare nell'assestamento, per un importo pari 2.4 miliardi euro, gli effetti dell'articolo 40, comma 1-bis del citato decreto-legge n. 98 del 2011, il quale prevede la trasformazione in riduzioni di spesa degli accantonamenti, operati come clausola di salvaguardia ai sensi dell'articolo 1, comma 13, della legge di stabilità per il 2011, degli introiti stimati per l'assegnazione di diritti d'uso di frequenze radioelettriche da destinare a servizi di comunicazione elettronica.
Ciò premesso, i dati contenuti nel disegno di legge di assestamento per il 2011 evidenziano un miglioramento dei saldi di bilancio in termini di competenza, al netto delle regolazioni debitorie, contabili e dei rimborsi IVA, rispetto alle previsioni iniziali della legge di bilancio per il 2011.
Il saldo netto da finanziare passa, infatti, da 40.640 milioni a 32.107 milioni, con un miglioramento di 8.534 milioni, pari a circa il 21 per cento rispetto all'entità del medesimo aggregato indicata dalla legge di bilancio.
Il risparmio pubblico (saldo corrente) registra un miglioramento di 10.698 milioni, attestandosi a 11.072 milioni.
Anche il ricorso al mercato (differenza tra le entrate finali e il totale delle spese, incluse quelle relative al rimborso di prestiti) evidenzia un miglioramento di oltre 24.445 milioni (il dato comprende anche le regolazioni debitorie).
Il miglioramento del saldo netto da finanziarie che si evidenzia nelle previsioni assestate è attribuibile pressoché interamente all'andamento delle entrate finali, che registrano un aumento di 8.618 milioni di euro, principalmente ascrivibile alle entrate tributarie (+7.667 milioni).
In particolare, nell'ambito delle entrate tributarie assumono un particolare rilievo le variazioni in aumento relative all'IRES (+3.727 milioni), alle imposte sostitutive (+1.337 milioni), all'IVA (+3.182 milioni) e ai proventi del lotto (+587 milioni).
In relazione alle imposte sostitutive, va ricordato che la variazione in aumento di 1.337 milioni è essenzialmente determinata dalla nuova imposta sostitutiva sui contratti di locazione - cedolare secca.
Per quanto concerne le spese finali, le variazioni proposte dal provvedimento presentato dal Governo determinano una riduzione delle spese correnti di -2.937 milioni, cui fa riscontro una proposta di incremento delle spese in conto capitale per 744 milioni.
La proposta di riduzione della dotazione di competenza della spesa corrente è principalmente legata alle minori esigenze relative:
alla spesa per interessi che denota nella proposta di assestamento una contrazione significativa di 6.141 milioni, determinata per lo più, come evidenziato nella relazione illustrativa, ad da previsione più aggiornata della dinamica degli interessi sui titoli del debito pubblico (BOT, BTP, CCT, CTZ e prestiti esteri), in diminuzione di circa 5.400 milioni di euro in relazione all'andamento del mercato;
alle minori somme da versare per il finanziamento del bilancio dell'Unione europea, ridotte di 600 milioni di euro, in relazione Pag. 48ad un previsto conguaglio positivo a favore dell'Italia reso possibile da eccedenze del bilancio comunitario riferite all'esercizio 2010.

Proposte in aumento della dotazione di competenza hanno, invece, riguardato, i trasferimenti alle amministrazioni locali, che risultano aumentati di 3.447 milioni, tale importo è essenzialmente relativo alle maggiori risorse da attribuire alle province autonome di Trento e Bolzano (2.909 milioni), «per soddisfare le esigenze minime delle medesime province, in attesa del previsto provvedimento in materia di riscossione diretta», di cui all'articolo 2, comma 108, della legge finanziaria per il 2010.
Le variazioni in aumento proposte alle spese in conto capitale (+744 milioni) sono in larga misura riconducibili ai contributi In conto impianti da corrispondere all'Anas Spa in relazione a residui perenti dell'esercizio 2003, per i quali non è possibile procedere alla reiscrizione in bilancio (+585 milioni). Si segnala, altresì, l'aumento dei contributi agli investimenti alle imprese (+144 milioni), relativi ad interventi agevolativi alle imprese, al settore aeronautico, alle esigenze connesse alla realizzazione di piattaforme navali nonché al fondo di garanzia in favore delle imprese operanti nel settore aeronautico.
In termini di cassa il disegno di legge di assestamento per il 2011 evidenzia un peggioramento del saldo netto da finanziare, che si attesta a 91.925 milioni di euro, manifestando un incremento di 2.687 milioni rispetto alle previsioni iniziali.
Al riguardo, vanno segnalati gli effetti sensibilmente divergenti che il disegno di legge di assestamento produce sul saldo di cassa rispetto a quanto si registra sul versante della competenza, che presenta invece un miglioramento del saldo netto da finanziare pari a 8.534 milioni. Tale divergenza va peraltro inquadrata nell'ambito della natura dei conti di cassa nel ddl in esame, nei quali si deve tener conto della consistenza dei residui accertati a consuntivo.
Per quanto concerne gli altri saldi, si evidenzia, invece, un leggero miglioramento del risparmio pubblico, che pur rimanendo di segno negativo, registra nelle previsioni assestate un miglioramento di 5.143 milioni, attestandosi a -43.569 milioni di euro, e del ricorso al mercato (al lordo delle regolazioni debitorie) che diminuisce rispetto al bilancio di previsione di oltre 13 miliardi di euro, raggiungendo un valore pari a 279.304 milioni.
Dal quadro delle variazioni delle autorizzazioni di cassa, si evidenzia che il peggioramento del saldo netto da finanziare è sostanzialmente dovuto ad una proposta di aumento delle autorizzazioni ai pagamenti finali per complessivi 9.355 milioni di euro.
La variazione in aumento dei pagamenti finali proposta dal provvedimento di assestamento si riferisce ai pagamenti relativi alla spesa primaria per un importo di complessivi 12.888 milioni, cui fa riscontro una riduzione per atti amministrativi di 3.483 milioni In particolare, la Relazione illustrativa evidenzia l'aumento dei pagamenti correnti per maggiori trasferimenti alle Amministrazioni locali.
Nel corso dell'esercizio, i residui passivi relativi alle spese finali al 31 dicembre 2010 sono risultati pari a 108.203 milioni (al netto di 73 milioni relativi al rimborso prestiti), di cui:
41.516 milioni residuano dalla gestione 2009 e precedenti (residui pregressi);
66.687 milioni derivano dalla gestione di competenza 2010 (residui di nuova formazione).

La Relazione illustrativa evidenzia come l'incremento della consistenza complessiva dei residui nel 2010 sia determinata esclusivamente da quelli di parte corrente, che aumentano di 15.562 milioni rispetto all'esercizio precedente, mentre i residui di conto capitale registrano un decremento di 3.285 milioni.
Come già evidenziato nell'analisi del Rendiconto 2010, l'andamento crescente della consistenza dei residui passivi è legato Pag. 49sia al fenomeno dell'aumento di quelli di nuova formazione, che raggiungono nel 2010 i 66.687 milioni rispetto ai 64.615 dell'esercizio 2009 (circa il 3 per cento in più), sia al rallentamento del processo di smaltimento dei residui pregressi (nel 2010, permangono nel conto dei residui 41.517 milioni di residui provenienti dagli esercizi precedenti, circa il 29 per cento in più rispetto all'analogo dato del 2009).
Tra le norme dell'articolato è opportuno richiamare infine l'articolo 2 del provvedimento, il quale dispone alcune modifiche all'articolo 2 della legge di bilancio per il 2011 volte, in particolare, a:
aumentare il limite massimo di emissione di titoli pubblici, stabilito nella legge di bilancio, da 70.000 milioni a 75.000 milioni di euro;
aumentare lo stanziamento del Fondo di riserva per le autorizzazioni di cassa, da 10.000 a 12.000 milioni di euro. In proposito, posto che le variazioni al bilancio per atti amministrativi già registrano un significativo aumento delle autorizzazioni di cassa (oltre 7 miliardi), si evidenzia come l'indicato innalzamento del limite di un porto del fondo cassa possa suggerire una limitata attendibilità delle previsioni iniziali relative alle dotazioni di casse;
autorizzare il Ministro dell'economia ad effettuare variazioni compensative in termini di competenza e cassa, tra gli stanziamenti dei capitoli n 2751 e 2752 dello stato di previsione del proprio ministero per l'anno finanziario 2011, relativi a somme da versare per il finanziamento del bilancio dell'Unione europea a titolo di risorse proprie, con riferimento a IVA (cap. 2751) e dazi (cap. 2752).

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO RENATO CAMBURSANO IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE NN. 4621 E 4622.

RENATO CAMBURSANO. Per il triennio 2011-2013, approvato nel settembre 2010, previsioni totalmente sballate; frutto della vostra «filosofia del: tutto va bene, Madama la Marchesa»!
Così come sono stati ampiamente superati i dati contenuti nel DEF dell'aprile scorso, al punto che si sono rese necessarie - come ricordavano prima - ben due manovre da oltre 100 miliardi.
Di tutto questo non c'è traccia nel Bilancio di Assestamento. L'unica novità sta nell'emendamento presentato dal Governo il quale prevede la trasformazione in riduzioni di spesa degli accantonamenti operati come clausola di salvaguardia degli introiti stimati per l'assegnazione dei diritti d'uso di frequenze radio elettriche da destinare a servizi di comunicazione elettronica.
La proposta di riduzione della dotazione di competenza della spesa corrente è legata ad esigenze minori rispetto a due fattori: uno vero ma non dipendente dall'azione del Governo e cioè la minore somma da versare all'Unione Europea quale conguaglio al Bilancio comunitario. L'altro fasullo: la minore spesa per interessi! O avete sballato totalmente le previsioni, o sballate ora visto che i tassi spuntati nel collocamento del debito sovrano sono in forte crescita. Le maggiori perplessità sono date ancora dall'andamento anomalo dei residui attivi e passivi: 108,276 (51,054 la consistenza quantificata in sede di formazione del Bilancio di previsione; +57,222 di nuova formazione).
Analogamente si riscontra un notevole aumento dei residui attivi, somme da riscuotere, cioè partite che sono in grado di tradursi in acquisizione di gettiti.
Il confronto tra i primi ed i secondi da' luogo ad un surplus che migliorano il Conto consuntivo ma che, a giudizio della Corte dei Conti, «non serve a rassicurare la tenuta dei conti dello Stato».
Sul fronte delle entrate, le variazioni proposte (sia in termini di competenza che di cassa) riguardano soprattutto le entrate tributarie con un aumento di oltre 7,6 miliardi. Pag. 50
Tra le variazioni apportate per atto amministrativo «a carattere compensativo» (già introdotte in bilancio tra gennaio e maggio) si segnalano: l'utilizzo dei fondi di riserva e altri fondi (2,5 miliardi per competenza e 9,5 miliardi per cassa), tra questi il fondo per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego e quello per le cosiddette missioni di pace; l'utilizzo del fondo per interventi nelle aree sottoutilizzate (FAS).
Un forte segnale d'allarme arriva dalle modifiche apportate dall'articolo 2 della legge di bilancio per il 2011 (legge n. 221 del 2010); l'aumento del limite massimo di emissione di titoli pubblici da 70 miliardi a 75 miliardi. Eccoci al costo maggiore del servizio del debito!; l'aumento dello stanziamento del fondo di riserva per le autorizzazioni di casa da 10 a 12 miliardi; l'autorizzazione al Ministro dell'economia e delle finanze ad effettuare variazioni compensative in termini di competenza e cassa.
Ci risiamo: non siete affidabili e di questo il Paese ne è ormai informato e conscio.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO MARCELLO DE ANGELIS IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE NN. 4621 E 4622.

MARCELLO DE ANGELIS. Il Rendiconto fornisce una rappresentazione oggettiva della situazione del bilancio dello Stato ben più attendibile di quella del bilancio di previsione e dovrebbe costituire la base essenziale sulla quale impostare il nuovo ciclo di programmazione economico-finanziaria.
L'approvazione del rendiconto generale dello Stato rappresenta un momento centrale della dinamica dei rapporti tra Parlamento ed Esecutivo, nell'ambito di un sistema basato sulla democrazia rappresentativa.
L'impostazione del provvedimento conferma la messa a regime nel 2010 del nuovo impianto di classificazione del bilancio per missioni e programmi, già adottato nel biennio 2007/2008, fatto proprio dalla nuova legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009, al fine di assicurare una maggiore aderenza nella rappresentazione degli utilizzi delle risorse disponibili, rispetto alle finalità e ai risultati dell'azione di Governo.
Si rileva subito nell'analisi del provvedimento l'impegno di questo Governo e di questa maggioranza per quella fermezza contabile che è precondizione per il risanamento dei conti pubblici, a sua volta precondizione per qualsiasi opera di sviluppo che si voglia intraprendere.
Infatti, la predisposizione di rendiconto e assestamento risale allo scorso giugno, ben prima che le turbolenze registrate sullo scenario mondiale e l'attacco speculativo al sistema finanziario italiano, avessero prodotto i loro primi effetti, anche normativi, con due imponenti e profonde manovre, con effetti notevolissimi già sulle risultanze del 2011.
Uno degli aspetti più importanti che emerge dal rendiconto è che già nel 2010, a prescindere dagli effetti delle recenti manovre, i conti dello Stato italiano fanno registrare una inversione di tendenza rispetto all'indebitamento netto della pubblica amministrazione.
Un andamento positivo che si registra già nell'aspetto previsionale. Per le entrate, infatti, è evidente la crescita di quelle correnti, per oltre 3,5 miliardi, nonostante la leggera contrazione di quelle tributarie; mentre dal lato delle spese, la cifra di 1,5 miliardi è data dalla somma algebrica dell'aumento di circa 7 miliardi di quelle in conto capitale e della riduzione di oltre 5 miliardi di quelle correnti.
Su quest'ultimo aspetto è da segnalare che un significativo apporto è stato dato dai consumi intermedi, categoria di spesa nell'occhio del ciclone, più volte analizzata negli interventi in quest'Aula, la cui variazione evidenzia una diminuzione del 24 per cento rispetto al 2009.
E questo a tutto vantaggio di un controllo di quella spesa dove, tra opacità e pieghe di bilancio, è sempre stato difficile contrarre i numeri. Pag. 51
Un rafforzamento del risparmio pubblico deriva anche dal disegno di legge relativo all'assestamento del 2011 in cui il Governo ha inteso ulteriormente rafforzare i saldi con un intervento sui programmi e le missioni dei Ministeri che vale 2,4 miliardi, attuando la clausola di salvaguardia prevista dalla legge di stabilità del 2011.
Si ricorda che il meccanismo della clausola di salvaguardia evita di porre a carico del contribuente eventuali «buchi» senza che vi sia stata prima una consapevole decisione relativamente ai soggetti ai quali far supportare l'onere della nuova spesa.
Ma i risultati positivi sono da registrarsi nel bilancio 2010 anche nell'aspetto gestionale. Gli impegni per le spese correnti e finali registrano invece una significativa riduzione, intorno ai 17 miliardi, che fa migliorare l'importo definitivo, sia rispetto a quello delle previsioni, che all'importo registrato lo scorso anno, la cui variazione è di meno 2,5 per cento.
La gestione, quindi, apporta un significativo miglioramento ai saldi: una cifra che, in media, si aggira intorno ai 41,5 miliardi per risparmio pubblico, saldo netto da finanziare e indebitamento netto.
Invece sono 78 i miliardi che impattano positivamente sul ricorso al mercato, soprattutto in un momento delicato e difficile come quello che stiamo vivendo; senza dimenticare la crescita di circa il 18 per cento rispetto al 2009 fatta registrare dell'avanzo primario, pari a circa 48 miliardi, poco più del 3 per cento del PIL, un dato rilevante, anzi rilevantissimo, in considerazione dell'obiettivo di riduzione del debito pubblico.
Su questo punto si sottolinea che il Governo ha approvato nella manovra di agosto la norma sulla spending review, cioè la cosiddetta revisione della spesa pubblica.
Tale disposizione rafforzerà la politica del Governo e della sua maggioranza nel controllo e nel risparmio della spesa pubblica. Auspicando che la somma fino ad oggi non cifrata possa divenire una somma definita a favore delle casse dello Stato.
Dal rendiconto 2010 si evince che l'andamento positivo dei saldi è la descrizione numerica di scelte operate da un Governo. In tal senso, quindi, essi testimoniano non solo l'impegno assicurato, ma anche le azioni intraprese da questo Governo e dalla maggioranza che lo sostiene, per mantenere gli impegni in materia di finanza pubblica concordati con i partner europei.
Le risultanze contabili del rendiconto 2010, quindi, testimoniano, da un lato, le misure adottate a sostegno dell'economia: a quelle adottate anche negli anni immediatamente precedenti, come ad esempio le misure in favore di famiglie ed imprese oppure per ammortizzatori sociali, varate rispettivamente nel febbraio e nel luglio del 2009.
Dall'altro lato, il rendiconto testimonia il mantenimento del rigore nei conti pubblici. Sono andate in questa direzione, infatti, quelle misure correttive degli andamenti, opportunamente mantenute per il protrarsi della congiuntura negativa, di quella crisi nei mercati finanziari che in tempi più recenti ha significato l'attacco speculativo ai debiti sovrani, compreso quello del nostro Paese.
Un bilancio in ordine, auspicabilmente in pareggio, è la migliore risposta che si può dare ai risparmiatori, ai cittadini italiani e ai mercati internazionali.