XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 9 novembre 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 9 novembre 2011.

Alessandri, Antonione, Belcastro, Berlusconi, Bernini Bovicelli, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Catone, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Fava, Fitto, Frattini, Galati, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Lusetti, Madia, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Pecorella, Polidori, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Romano, Rotondi, Saglia, Stefani, Stucchi, Tremonti, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 8 novembre 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
CAZZOLA: «Disposizioni per sostenere la formazione e la ricollocazione professionale dei lavoratori licenziati o posti in mobilità» (4759);
LAURA MOLTENI: «Concessione di un contributo al Circolo filologico milanese per il finanziamento delle attività di studio storico, filologico e bibliografico volte alla promozione e alla diffusione della cultura classica e moderna» (4760).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

La proposta di legge RAZZI ed altri: «Introduzione dell'obbligo di dotare gli autoveicoli di nuova costruzione di congegni universali per l'uso di apparecchi telefonici con modalità a viva voce» (4643) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Calabria.

Assegnazione di un progetto di legge a Commissione in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
VII Commissione (Cultura):
NARDUCCI ed altri: «Disposizioni per l'organizzazione e il funzionamento del Museo nazionale dell'emigrazione italiana» (4698) Parere delle Commissioni I, III, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Presidente del Senato.

Il Presidente del Senato, con lettera in data 7 novembre 2011, ha comunicato che sono state approvate, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del regolamento del Senato, le seguenti risoluzioni:
risoluzione della 1a Commissione (Affari costituzionali) sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'anno europeo dei cittadini 2013 (COM(2011)489 definitivo) (Atto Senato doc. XVIII, n. 109), che è trasmessa alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
risoluzione della 13a Commissione (Territorio) sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 1999/32/CE relativa al tenore di zolfo nei combustibili per uso marittimo (COM(2011)439 definitivo) (Atto Senato doc. XVIII, n. 111), che è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 7 novembre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i farmacisti (ENPAF), per l'esercizio 2010. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 350).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal ministro dell'economia e delle finanze.

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera del 28 ottobre 2011, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data alla mozione NARDUCCI ed altri n. 1/00631, accolta dal Governo ed approvata dall'Assemblea nella seduta del 7 giugno 2011, sulle iniziative concernenti i rapporti tra l'Italia e Svizzera, con particolare riferimento alle doppie imposizioni e ad altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio.

La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla VI Commissione (Finanze) competente per materia.

Trasmissioni dal ministro degli affari esteri.

Il ministro degli affari esteri, con lettere del 31 ottobre e del 3 novembre 2011, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno TOUADI ed altri n. 9/4551/15, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 2 agosto 2011, concernente l'attuazione della risoluzione ONU sulla situazione nella regione del Darfur, ed una nota relativa all'attuazione data agli ordini del giorno ZAMPARUTTI ed altri n. 9/4470/1, EVANGELISTI ed altri n. 9/4470/2, PIANETTA ed altri n. 9/4470/3, BARBI ed altri n. 9/4470/4 e DI STANISLAO n. 9/4470/5, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 27 luglio 2011, concernenti il superamento della pena di morte in tutti gli Stati del Cariforum ed il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo dell'Accordo di partenariato economico CE-Cariforum.

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla III Commissione (Affari esteri) competente per materia.

Il ministro degli affari esteri, con lettera in data 4 novembre 2011, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 febbraio 1992, n. 180, concernente la partecipazione dell'Italia alle iniziative di pace e umanitarie in sede internazionale, che intende devolvere un contributo all'Associazione «Alba» Onlus di Verona per il progetto di assistenza ai bambini affetti da fibrosi cistica in Bielorussia.

Tale comunicazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea

La Commissione europea, in data 8 novembre 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di decisione del Consiglio su una posizione dell'Unione europea relativa alla decisione del Consiglio generale dell'OMC sulla proroga della deroga dell'OMC al fine di attuare il regime delle preferenze commerciali autonome dell'UE concesse ai Balcani occidentali (COM(2011)716 definitivo), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di un provvedimento concernente un'amministrazione locale.

Il Ministero dell'interno, con lettera in data 3 novembre 2011, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, del decreto del Presidente della Repubblica di scioglimento del consiglio comunale di Porto San Giorgio (Fermo).

Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 2804 - DISPOSIZIONI PER L'ASSESTAMENTO DEL BILANCIO DELLO STATO E DEI BILANCI DELLE AMMINISTRAZIONI AUTONOME PER L'ANNO FINANZIARIO 2011 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4622)

A.C. 4622 - Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLA PROPOSTA EMENDATIVA PRESENTATA

NULLA OSTA

sull'emendamento contenuto nel fascicolo 1.

A.C. 4622 - Articolo 1

ARTICOLO 1 ED ANNESSE TABELLE DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.

(Disposizioni generali).

1. Nello stato di previsione dell'entrata, negli stati di previsione dei Ministeri e nei bilanci delle Amministrazioni autonome, approvati con legge 13 dicembre 2010, n. 221, sono introdotte, per l'anno finanziario 2011, le variazioni di cui alle tabelle allegate alla presente legge.

LE TABELLE RECANTI LE VARIAZIONI ALLO STATO DI PREVISIONE DELL'ENTRATA E AGLI STATI DI PREVISIONE DELLA SPESA, CON GLI ELENCHI AD ESSE ALLEGATI, SONO STATE APPROVATE DAL SENATO NEL TESTO PROPOSTO DAL GOVERNO, CON LE SEGUENTI MODIFICAZIONI (1)

(1) Le parti modificate sono stampate in neretto. Per le restanti parti delle tabelle, nel testo del Governo, si rinvia all'A.C. 4622.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 1.
(Disposizioni generali).

Alla tabella n. 2, stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, missione: Fondi da ripartire, programma: Fondi da assegnare, apportare le seguenti variazioni:
CP: - 8.000.000;
CS: - 8.000.000.

Conseguentemente, alla tabella n. 6, stato di previsione del Ministero degli affari esteri, missione: L'Italia in Europa e nel mondo, programma: Cooperazione allo sviluppo, apportare le seguenti variazioni:
CP: + 8.000.000;
CS: + 8.000.000.
Tab. 2. 2. (ex Tab. 2.2) Tempestini, Barbi, Narducci, Pistelli, Touadi, Mogherini Rebesani.

A.C. 4622 - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e disposizioni relative).

1. All'articolo 2 della legge 13 dicembre 2010, n. 221, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3, le parole: «70.000 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «75.000 milioni»;
b) al comma 7, le parole: «10.000 milioni di euro» sono sostituite dalle seguenti: «12.000 milioni di euro»;
c) dopo il comma 29 è inserito il seguente:
«29-bis. In relazione alle necessità gestionali derivanti dalle diverse variabili connesse al finanziamento del bilancio dell'Unione europea a titolo di risorse proprie, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad effettuare, con propri decreti, variazioni compensative in termini di competenza e cassa, tra gli stanziamenti dei capitoli n. 2751 e n. 2752 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2011, iscritti nell'ambito della missione "L'Italia in Europa e nel mondo" - programma "Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE"».

A.C. 4622 - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
in sede di esame presso il Senato della Repubblica del provvedimento di assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2011 sono stati approvati, nel corso dell'esame in sede referente, tre emendamenti del Governo che hanno riguardato lo stato di previsione dell'entrata e gli stati di previsione della spesa di tutti i Ministeri;
in particolare, uno dei tre emendamenti approvati (segnatamente l'emendamento 1.1000) prevede variazioni finalizzate a contabilizzare nel provvedimento in esame la trasformazione in riduzioni di spesa degli accantonamenti operati ai sensi dell'articolo 1, comma 13, della legge di stabilità per il 2011 (legge n. 220 del 2010), pari complessivamente a 2,4 miliardi di euro;
al riguardo si rammenta che detti accantonamenti, operati dal Ministro dell'economia e delle finanze ai sensi del citato comma 13 a titolo cautelativo, al fine di garantire gli effetti di gettito stimati (2.400 milioni di euro) dalla medesima legge di stabilità (articolo 1, commi da 8 a 12) in ordine all'assegnazione dei diritti d'uso di frequenze radioelettriche sono stati successivamente trasformati in riduzioni di spesa dall'articolo 40, comma 1-bis del decreto legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011;
la gara per l'assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze radioelettriche in banda 1800, 2000 e 2600 (cosiddetta asta per le frequenze 4G), sino ad oggi, ha prodotto un incasso pari a 3,9 miliardi di euro;
in una recente segnalazione inviata al Governo e al Parlamento dall'Autorità garante per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) si evidenzia l'opportunità di una più precisa e mirata finalizzazione di parte dei proventi dell'asta per l'assegnazione delle frequenze 4G a misure di sostegno per la banda larga e le reti di nuova generazione. In particolare, secondo l'AGCOM un sostegno mirato alla domanda per la banda larga attuato mediante misure di incentivazione all'adozione di apparecchiature informatiche, all'innalzamento del grado di alfabetizzazione informatica attraverso adeguate politiche scolastiche, e infine, alle agevolazioni per le piccole e medie imprese per l'utilizzo della banda larga, consentirebbe di promuovere, senza distorsioni concorrenziali, lo sviluppo di un ambiente digitale idoneo a sostenere la richiesta di servizi veicolati sulle reti in fibra di nuova generazione;
nell'ambito della sua ultima relazione annuale l'AGCOM inoltre avverte come l'Italia rischi di «retrocedere» tra i Paesi di serie B in Europa sui servizi a larga banda. La penetrazione della larga banda nel nostro Paese risulta, infatti, al 22 per cento, sotto la media europea che corrisponde al 26,6 per cento. La percentuale di abitazioni connesse in larga banda è anch'essa ben al di sotto della media continentale. Esistono aree nel nostro Paese che si trovano in una situazione di digital divide (come il Molise), ossia senza alcuna connessione a larga banda, ed altre (per circa il 18 per cento della popolazione) che dispongono solo di connessioni a velocità molto ridotta,

impegna il Governo

già con il prossimo provvedimento legislativo in materia di sviluppo, a destinare una quota significativa degli introiti eccedenti i 2,4 miliardi di euro dell'asta per frequenze 4G per sostenere lo sviluppo della banda larga nel nostro Paese anche attraverso il potenziamento delle infrastrutture che ne consentono la diffusione nel territorio nazionale, in conformità con quanto peraltro rilevato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
9/4622/1. Cambursano, Borghesi, Monai, Cimadoro.

La Camera,
premesso che:
la Corte dei Conti, nella Relazione che accompagna il Rendiconto 2010 del bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, evidenzia il mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione della spesa, come previsto dall'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, della legge 6 agosto 2008, n. 133, di ben 664 milioni di euro, a causa del quale, nel presente anno scolastico, non potranno essere pagati ai docenti e al personale ausiliare tecnico e amministrativo (ATA) gli scatti retributivi maturati nel 2011, soppressi giuridicamente ed economicamente dal comma 23 dell'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, disposizione su cui il Pd ha espresso convinta contrarietà;
tale previsione di fatto incide sull'assegno di docenti e del personale ausiliare, tecnico e amministrativo, ai quali non saranno retribuiti gli scatti maturati nell'anno 2011;
l'articolo 16 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha stabilito la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni previste dalle disposizioni medesime;
tale previsione determina nella scuola una proroga del blocco degli scatti retributivi che saranno maturati negli anni 2013 e 2014;
il Ministero dell'economia e delle finanze, con la circolare n. 12, emanata ad aprile ultimo scorso e resa nota nel giugno successivo, interpreta il decreto n. 78 del 2010 e recita: «L'articolo 9, comma 23, primo periodo, stabilisce che, per il personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) della scuola gli anni 2010, 2011 e 2012, non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti. Ferma restando la non utilità ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici dell'intero triennio 2010/2012, si evidenzia comunque la possibilità di intervenire sugli effetti della norma in esame ai sensi del combinato disposto di cui all'articolo 8, comma 14, e all'articolo 9, commi 1 e 23, ultimo periodo, del decreto-legge in esame, come modificato in sede di conversione»,

impegna il Governo

ad intervenire nel senso già esplicitato nella citata circolare n. 12.
9/4622/2. Ghizzoni.

La Camera,
premesso che:
con i soli due decreti emessi tra luglio e settembre (decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148) la manovra complessiva ha raggiunto quasi i 60 miliardi di correzione del saldo a regime nel 2014;
i settori maggiormente penalizzati sono le politiche sociali, la sanità e le politiche industriali a sostegno delle piccole e medie imprese;
in tale contesto l'Italia è l'ottavo paese al mondo per spese militari, con oltre 20 miliardi di euro per il 2010, con un incremento per il 2011, a causa dei fondi destinati agli acquisti per i nuovi armamenti, dell'8,4 per cento, pari a quasi 3 miliardi e mezzo, ovvero 266 milioni in più rispetto al 2010;
dal punto di vista dell'attività produttiva in Italia, il settore è in piena espansione con un fatturato record da 3,7 miliardi, alla fine del 2008; come si è appreso lo scorso anno, l'Italia ha superato la Russia, divenendo il secondo esportatore mondiale di armamenti, dopo gli Stati Uniti;
il rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2010 e le disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2011, limitatamente alla tabella 11 del rendiconto e alla tabella 11 del bilancio di assestamento lasciano trasparire, senza dare ad esse adeguate risposte, le complesse problematiche del comparto;
ne costituisce principale testimonianza la formazione di residui di significativa entità imputabili ad una cattiva amministrazione, se non addirittura ad una consapevole intenzione di utilizzarli nella parte conclusiva della legislatura per finalità che, al momento, il Governo preferisce non dichiarare;
da un lato c'è un comparto già fortemente penalizzato sia dal punto di vista dei tagli alle risorse, degli stipendi del personale, della formazione, dell'addestramento, dell'esercizio, dall'altro non c'è il minimo intento di diminuire le ingenti spese militari, bensì, persiste ancora l'inutile e costosissimo programma per l'acquisto di 131 cacciabombardieri F-35-JSF;
il tema in questione è fortemente sentito dall'opinione pubblica, che vede l'aumento dell'investimento in armi come uno dei principali ostacoli allo sviluppo economico e sociale del Paese, al punto che il 19 maggio 2009 inizia la campagna «Caccia al caccia! Diciamo NO agli F-35», il 24 novembre 2010 durante il convegno «Volano gli aerei o i costi?» per la prima volta il Ministero della difesa ammette ufficialmente che sono sorti dei dubbi sull'acquisto di tutti i caccia previsti, il 12 aprile 2011 la campagna scrive ai capigruppo della Camera chiedendo una discussione in merito al progetto F-35 e il 21 settembre 2011 parte la seconda fase della campagna, denominata ora «Taglia le ali alle armi!». Nella prima fase sono state raccolte 19.900 adesioni online, 16.000 firme cartacee e 388 adesioni di organizzazioni. Molti Paesi hanno rinunciato a tale programma e gli stessi USA hanno tagliato drasticamente le spese militari;
risulta, pertanto, evidente che in un momento di forte crisi economica in cui si chiedono sacrifici a tutti i cittadini e si apportano tagli consistenti a tutti i settori principali, non è assolutamente più accettabile che in Italia le spese militari rimangano intatte o addirittura prevedano un incremento nei prossimi anni,

impegna il Governo:

a rivalutare completamente il quadro delle spese militari, ridimensionando i programmi di acquisto in essere, e ad attivare un virtuoso investimento in termini di riqualificazione, addestramento e formazione del personale del comparto;
a bloccare in via definitiva la prosecuzione del programma per la realizzazione e l'acquisto dei cacciabombardieri Joint Strike Fighters.
9/4622/3. Di Stanislao, Cambursano, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
un'eccezionale ondata di maltempo, caratterizzata da abbondanti precipitazioni, ha, come è tristemente noto, duramente colpito lo scorso 25 ottobre le province di La Spezia e Massa Carrara, e il 4 novembre ha pesantemente investito il territorio della città di Genova e messo in ginocchio l'isola d'Elba;
le fortissime precipitazioni hanno causato l'esondazione di numerosi corsi d'acqua e l'allagamento di centri abitati, oltre che movimenti franosi e fenomeni di dissesto idraulico;
al momento il tragico bilancio è di dieci vittime e tre dispersi nella provincia di La Spezia e di sei vittime nella città di Genova;
sono moltissimi i danni provocati alle infrastrutture, agli edifici pubblici e privati ed ai beni mobili per una stima di 200 milioni di euro;
per la messa in sicurezza della città di Genova è stata stimata una cifra che si aggira, per difetto, intorno ai 400 milioni di euro, mentre i danni subiti dalla provincia di La Spezia ammontano a circa un miliardo di euro e quelli della provincia di Massa Carrara sono stimati intorno ai 100 milioni di euro per quanto riguarda le infrastrutture, beni mobili ed immobili, attività commerciali e agricole;
a causa di tali avversità atmosferiche è stato dichiarato in data 28 ottobre 2011 lo stato di emergenza;
nel 2002 è stato istituito, presso la Commissione europea (Direzione generale della Politica regionale), un Fondo di solidarietà per far fronte alle gravi calamità naturali (Fondo di solidarietà dell'Unione europea (FSUE), istituito con Regolamento (CE) n. 2012 del 2002 del Consiglio, dell'11 novembre 2002), allo scopo di far fronte alle grandi catastrofi naturali e offrire un aiuto finanziario agli Stati colpiti;
l'intervento del Fondo mira ad integrare gli sforzi dello Stato beneficiario, gli interventi urgenti ammessi al Fondo, destinati a far fronte ai danni non assicurabili, sono i seguenti:
ripristino immediato delle infrastrutture e delle attrezzature nei settori dell'elettricità, delle condutture idriche e fognarie, delle telecomunicazioni, dei trasporti, della sanità e dell'istruzione;
realizzazione di misure provvisorie di alloggio e organizzazione dei servizi di soccorso destinati a soddisfare le necessità immediate della popolazione;
messa in sicurezza immediata delle infrastrutture di prevenzione e misure di protezione immediata del patrimonio culturale;
ripulitura immediata delle zone danneggiate, comprese le zone naturali;
l'attivazione del Fondo di solidarietà europeo di cui sopra spetta al Governo nazionale, che deve richiedere le sovvenzioni entro dieci settimane dall'evento calamitoso,

impegna il Governo

ad attivarsi immediatamente per accedere ai finanziamenti del Fondo di solidarietà per le grandi calamità dell'Unione europea (FSUE), evitando così di fare scadere i termini presso la Commissione europea, al fine di richiedere una contribuzione straordinaria per affrontare i terribili danni prodotti dall'alluvione che ha colpito le regioni Liguria e Toscana, e in particolare le province di Genova, La Spezia e Massa Carrara.
9/4622/4. Rossa, Andrea Orlando, Tullo, Zunino, Paladini, Nannicini, Velo, De Pasquale, Ventura, Lulli, Gatti, Fontanelli, Albini, Scarpetti, Mariani.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 218, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dettando una interpretazione «autentica» che stravolge l'articolo 8 della legge n. 124 del 1999, riduce le retribuzioni del personale di ruolo proveniente dagli enti locali e trasferito nei ruoli statali del personale amministrativo tecnico e ausiliario (ATA) e nei ruoli statali degli insegnanti tecnico pratici (ITP) e disconosce i diritti acquisiti di questi lavoratori;
la Corte di cassazione ha ripetutamente riconosciuto il diritto ad una giusta retribuzione per il servizio prestato e - secondo quanto disposto dall'articolo 2, comma 8, della legge n. 124 del 1999, che riconosce al personale in questione «ai fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza» - ha emesso numerose sentenze in base alle quali centinaia di lavoratori ATA e ITP della scuola hanno ottenuto uno stipendio corrispondente all'attività lavorativa prestata;
anche la Corte Europea dei diritti dell'uomo, ultimamente, ha più volte riconosciuto il diritto di questi lavoratori a vedersi riconosciuta nell'ambito della propria retribuzione tutta l'anzianità di servizio maturata;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, non meno di pochi mesi fa, prendendo atto delle pronunce della Corte Europea, ha posto in essere un monitoraggio atto ad individuare il numero dei lavoratori interessati dalla problematica, al fine di individuare le risorse necessarie a liquidare quanto dovuto al personale ATA transitato dagli enti locali allo Stato, al quale non era stata riconosciuta la dovuta anzianità;
l'articolo 3, comma 147, della legge finanziaria 2008 stabilisce che in sede di rinnovo contrattuale del personale della scuola relativo al biennio economico 2008-2009, venga esaminata anche la posizione giuridico-economica del personale ausiliario, tecnico e amministrativo trasferito dagli enti locali allo Stato in attuazione della legge n. 124 del 1999;
si tratta di una vicenda lunga dodici anni che riguarda moltissimi lavoratori della scuola che hanno subito un'ingiustizia per cui la Corte europea dei diritti umani ha pochi giorni fa condannato l'Italia, imponendole di trovare una soluzione,

impegna il Governo

a individuare, con urgenza, risorse finalizzate ad evitare situazioni di disparità tra lavoratori, ad adottare provvedimenti necessari ad inquadrare il suddetto personale nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali, sulla base dell'anzianità maturata nell'ente locale di provenienza.
9/4622/5. De Pasquale.

MOZIONI DAMIANO ED ALTRI N. 1-00745, PALADINI ED ALTRI N. 1-00750, POLI ED ALTRI N. 1-00751, CAZZOLA, FEDRIGA, MOFFA ED ALTRI N. 1-00752, LO MONTE ED ALTRI N. 1-00755 E MOSELLA ED ALTRI N. 1-00758 CONCERNENTI INIZIATIVE RELATIVE ALL'ACCESSO AL TRATTAMENTO PREVIDENZIALE PER I LAVORATORI IN MOBILITÀ

Mozioni

La Camera,
premesso che:
il 30 luglio 2010 veniva convertito in legge il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, dal titolo «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica»;
l'articolo 12, dal titolo «Interventi in materia previdenziale», del citato decreto-legge ha introdotto una serie di variazioni in materia pensionistica, modificando, tra l'altro, con i commi da 1 a 6, la disciplina relativa ai termini di decorrenza dei trattamenti pensionistici (cosiddette finestre). In particolare, i commi 1 e 2 dispongono per i soggetti che, a decorrere dal 2011, maturino il requisito anagrafico per il diritto, rispettivamente, alla pensione di vecchiaia e alla pensione di anzianità che il termine di decorrenza della pensione di vecchiaia (compresi i trattamenti liquidati interamente con il sistema contributivo) sia pari a 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti per i lavoratori dipendenti e 18 mesi per i lavoratori autonomi;
il comma 5 prevede l'applicazione della normativa previgente, a condizione che i lavoratori maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal termine del 1o gennaio 2011, di cui al successivo comma 6, e comunque nei limiti di 10.000 soggetti beneficiari, a favore:
a) dei lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 30 aprile 2010, e che maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità (articolo 7, comma 2, della legge n. 223 del 1991);
b) dei lavoratori collocati in mobilità lunga, ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e 7, della legge n. 223 del 1991, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010;
c) dei lavoratori che, all'entrata in vigore del provvedimento in questione, siano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore di cui all'articolo 2, comma 28, della legge n. 662 del 1996;
il comma 6 prevede un monitoraggio, da parte dell'Inps, sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro, delle domande di pensionamento presentate ai sensi del citato comma 5, che intendano avvalersi, a decorrere dal gennaio 2011, del regime previgente delle decorrenze. Nel caso in cui dal monito raggio risulti il raggiungimento del limite di 10.000 domande in precedenza richiamato, l'Inps non può prendere in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzato alla fruizione dei benefici di cui al precedente comma;
in occasione della conversione in legge del decreto-legge n. 78 del 2010, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/3638/113, a prima firma dell'onorevole Damiano, con il quale si impegnava l'Esecutivo a «monitorare l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 12, comma 5, del decreto-legge in esame, al fine di valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a derogare al limite di 10 mila soggetti beneficiari»;
sono migliaia i lavoratori, infatti, che, pur potendo giovare della deroga ed avendo presentato regolare domanda, non hanno ancora ricevuto una risposta dall'Inps;
con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione 5-05343, il gruppo del Partito democratico chiedeva conto del monitoraggio di cui al comma 6 dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ancora non effettuato da parte dell'Inps;
pur non avendo in alcun modo fornito i dati del monitoraggio, il Governo in occasione della risposta all'interrogazione citata ha dichiarato che «l'Inps sta provvedendo a predisporre la graduatoria dei lavoratori potenziali destinatari della salvaguardia prevista dall'articolo 12, comma 5, del citato decreto-legge e che comunque, allo stato, secondo quanto comunicato dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, i lavoratori in mobilità ordinaria, lunga ed i lavoratori esodati, potenziali destinatari delle disposizioni innanzi richiamate nell'anno 2011 sono complessivamente 1.200», con ciò, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, implicitamente ammettendo che, ad oltre un anno dall'approvazione della norma, l'Inps non ha ancora provveduto alla quantificazione dei lavoratori che hanno presentato domanda e che da mesi si trovano ad attendere una risposta dall'istituto senza percepire alcuna indennità;
secondo un autorevole quotidiano nazionale: «Il monitoraggio delle domande è ancora aperto, ma alcune fonti consultate da Il Sole 24 ore segnalano che le richieste sarebbero già più di 40 mila. La Cgil parla di almeno 30 mila lavoratori a rischio»; tale rilevazione contrasta fortemente con quanto affermato dal Governo in sede di replica all'interrogazione a risposta immediata in Commissione 5-05343,

impegna al Governo:

a fornire, quanto prima in sede parlamentare l'esito del monitoraggio di cui al comma 6 dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, al fine di stabilire il numero preciso dei lavoratori aventi diritto a quanto stabilito dal comma 5 del medesimo articolo;
ad adottare urgentemente il provvedimento di cui all'articolo 12, comma 5-bis, del citato decreto-legge (comma inserito dall'articolo 1, comma 37, lettera b), della legge n. 220 del 2010), che prevede che, in favore dei lavoratori appartenenti alle categorie di cui al comma 5 dell'articolo 12 citato che non dovessero rientrare nel contingente dei 10.000 beneficiari del «congelamento» dei requisiti pensionistici, possa essere disposta, in luogo dell'applicazione della disciplina previgente in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici, la concessione del prolungamento dell'intervento di sostegno al reddito per il periodo intercorrente tra lo scadere del periodo di fruizione dell'ammortizzatore sociale e la finestra per l'accesso al pensionamento.
(1-00745)
«Damiano, Lenzi, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Lucà, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru».
(25 ottobre 2011)

La Camera,
premesso che:
il Governo per contenere la spesa pensionistica ha modificato la decorrenza dei trattamenti pensionistici;
l'articolo 12, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010, come modificato dall'articolo 1, comma 37, lettera a), della legge n. 220 del 2010, prevede che nei confronti di un contingente di 10.000 lavoratori continua ad applicarsi la disciplina in materia di termini di decorrenza dei trattamenti pensionistici (le cosiddette finestre) previgente al decreto-legge n. 78 del 2010;
le categorie di lavoratori rientranti nel predetto contingente sono le seguenti:
a) lavoratori collocati in mobilità ordinaria, di tutto il territorio nazionale, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 30 aprile 2010 che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità;
b) lavoratori collocati in mobilità lunga (finalizzata al pensionamento) per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010;
c) lavoratori che al 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010) siano titolari di prestazioni straordinarie a carico dei fondi di solidarietà di settore (settori del credito, delle assicurazioni e altro);
la deroga prevista da tale decreto-legge riguarda le sole finestre di accesso al pensionamento e afferisce, perciò, sia alla pensione di vecchiaia sia alla pensione di anzianità. Tali disposizioni, inoltre, non riguardano i lavoratori che hanno perfezionato i requisiti per il diritto a pensione entro il 31 dicembre 2010; questi ultimi, infatti, conseguono il trattamento pensionistico sulla base delle previgenti regole di accesso;
purtroppo ad oggi il Governo non ha fatto conoscere il numero di istanze di pensionamento presentate dai lavoratori, al fine di avvalersi del regime previgente in materia di decorrenze per l'accesso alla pensione. Il fatto che il Governo non abbia effettivamente ultimato il monitoraggio delle richieste di pensionamento non ha, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, alcuna motivazione ragionevole;
il Governo a fine settembre 2011, rispondendo ad un'interrogazione in Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati, ha informato «che l'Inps sta provvedendo a predisporre la graduatoria dei lavoratori potenziali destinatari della salvaguardia prevista dall'articolo 12, comma 5, del citato decreto-legge e che comunque, allo stato, secondo quanto comunicato dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, i lavoratori in mobilità ordinaria, lunga ed i lavoratori esodati, potenziali destinatari delle disposizioni innanzi richiamate nell'anno 2011, sono complessivamente 1.200»;
i numeri ufficiosi forniti dal Governo appaiono strani, dal momento che altre fonti ufficiose indicherebbero che le richieste presentate supererebbero di gran lunga il limite dei 10.000 aventi diritto, previsto dalla legge per accedere ai benefici in questione;
inoltre l'articolo 12, comma 5-bis, del citato decreto-legge (comma inserito dall'articolo 1, comma 37, lettera b), della legge n. 220 del 2010) prevede che in favore dei lavoratori appartenenti alle categorie appena citate, che non dovessero rientrare nel contingente dei 10.000 beneficiari del «congelamento» dei requisiti pensionistici, possa essere disposta, in luogo dell'applicazione della disciplina previgente in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici, la concessione del prolungamento dell'intervento di sostegno al reddito per il periodo intercorrente tra lo scadere del periodo di fruizione dell'ammortizzatore sociale e la finestra per l'accesso al pensionamento;
tale ultima misura deve essere adottata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, nei limiti delle risorse disponibili del fondo sociale per l'occupazione e la formazione;
ad oggi il decreto non risulta ancora adottato, dimostrando una volta di più l'inerzia del Governo in carica;
pur manifestando apprezzamento per l'intenzione di attuare la disposizione che dovrebbe garantire un prolungamento dell'intervento di sostegno al reddito a favore di coloro che non rientreranno tra i beneficiari del «congelamento» dei requisiti previdenziali, si domanda quando verrà concretamente adottato il previsto decreto di competenza ministeriale e, soprattutto, con quali risorse ciò sarà possibile, atteso che si continuano a richiamare i vigenti limiti di spesa, probabilmente anche per giustificare quella che ai firmatari del presente atto di indirizzo appare un'inerzia dell'Esecutivo di fronte alla grave crisi occupazionale ed economica in atto,

impegna il Governo:

a fornire il numero di istanze di pensionamento presentate e, nel caso non fosse terminato il monitoraggio, a terminarlo con la massima urgenza, subito dopo l'approvazione della presente mozione;
ad assumere iniziative dirette a concedere la deroga immediatamente nel caso in cui il numero di istanze di pensionamento presentate fosse quello indicato dal Governo a fine settembre 2011;
se il numero di richieste risultasse superiore a diecimila, ad adottare entro tempi brevissimi il provvedimento per la concessione del prolungamento dell'intervento di sostegno al reddito per il periodo intercorrente tra lo scadere del periodo di fruizione dell'ammortizzatore sociale e la finestra per l'accesso al pensionamento.
(1-00750)
«Paladini, Aniello Formisano, Borghesi, Donadi, Monai».
(7 novembre 2011)

La Camera,
premesso che:
l'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, come modificato dall'articolo 1, comma 37, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità), ha introdotto le «finestre mobili» per i trattamenti pensionistici di vecchiaia e anzianità che si caratterizzano per i seguenti elementi: maturazione dei requisiti a decorrere dall'anno 2011; determinazione delle finestre trascorsi 12 mesi dalla data di maturazione dei prescritti requisiti per i lavoratori dipendenti e di 18 mesi per i lavoratori autonomi (coltivatori diretti, coloni, mezzadri, artigiani, commercianti e iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 1, comma 26, della legge n. 335 del 1995);
a seguito di tale modifica della disciplina vigente, quanti hanno maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia e di anzianità entro il 31 dicembre 2010 usufruiranno delle vecchie finestre. Inoltre, nulla cambia sul piano dei requisiti per l'ottenimento dei predetti trattamenti pensionistici;
l'articolo 12, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, e successive modificazioni, stabilisce che le disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici vigenti prima della sua entrata in vigore continuano ad applicarsi, nel limite di 10.000 soggetti che maturano i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1o gennaio 2011, alle seguenti categorie di lavoratori:
a) lavoratori collocati in mobilità ordinaria, su tutto il territorio nazionale, sulla base di accordi stipulati anteriormente al 30 aprile 2010 che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223;
b) lavoratori collocati in mobilità lunga, ai sensi delle leggi n. 176 del 1998, n. 81 del 2003 e n. 296 del 2006, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010;
c) lavoratori che al 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010) risultavano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore;
il comma 6 del citato articolo 12 precisa che il monitoraggio delle domande di pensionamento dei lavoratori che intendono avvalersi della salvaguardia deve essere effettuato sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro. A seguito dell'attività di verifica curata dalle sedi Inps, è in fase di rilascio la graduatoria dei lavoratori che, facendone richiesta all'atto del pensionamento, potranno accedere al trattamento pensionistico sulla scorta del previgente regime delle decorrenze;
da verifiche effettuate con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali circa il monitoraggio in corso a cura dell'Inps, risulterebbe che il tetto di 10.000 per l'anno 2011 non sia ancora stato saturato, anche se, considerando il numero di tutti coloro che raggiungeranno i requisiti pensionistici nei prossimi anni, è molto probabile che esso risulti insufficiente. In questa fase di monitoraggio, purtroppo, le sedi territoriali dell'Inps dichiarano di non essere ancora in grado di accettare le domande, che vengono, pertanto, tenute «sospese» in attesa dei risultati definitivi del monitoraggio in corso;
inoltre, qualora si verifichi il superamento del tetto di 10.000, è stata prevista dal citato articolo 1, comma 37, della legge di stabilità per il 2011 l'emanazione di un decreto ministeriale che prolunghi l'ammortizzatore sociale fino al raggiungimento dei nuovi requisiti pensionistici;
la circolare n. 90 del 24 giugno 2011 varata dall'Inps, che illustra la norma del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, conferma che si procederà ad un'unica graduatoria, subordinata, nel caso dei lavoratori in mobilità e in mobilità lunga, alla verifica dei requisiti per l'accesso alla pensione, mentre tale incombenza non trova luogo per i beneficiari degli esodi, perché i requisiti sono stati verificati già al momento del conferimento dell'assegno. Se ne potrebbe dedurre il rischio che nella composizione della lista saranno maggiormente presenti questi ultimi lavoratori, anche se secondo l'Inps non dovrebbero verificarsi nell'anno in corso casi di eccesso di domande rispetto al numero definito in legge;
si ricorda che in sede dell'intesa sulle «emergenze sociali» del mese di ottobre 2011 tutte le parti, datoriali e sindacali, avevano convenuto sulla necessità di garantire la copertura a tutti i lavoratori collocati in mobilità per effetto di accordi stipulati entro il 31 ottobre 2010,

impegna il Governo:

ad assicurare, entro tempi brevi, l'emanazione del provvedimento per la definizione della concessione del prolungamento dell'intervento di tutela del reddito ai lavoratori collocati in mobilità e che non rientrano nel contingente numerico delle 10.000 unità, così come disposto dall'articolo 12, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010;
a garantire, anche attraverso apposite iniziative normative, che quanti fossero stati collocati in mobilità con la prospettiva di raggiungere i requisiti per l'accesso a pensione non rimangano senza reddito.
(1-00751)
«Poli, Galletti, Ruggeri, Nunzio Francesco Testa, Anna Teresa Formisano, Compagnon, Naro, Ciccanti, Volontè, Dionisi, Tassone».
(7 novembre 2011)

La Camera,
premesso che:
l'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, come modificato dall'articolo 1, comma 37, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità), ha introdotto le «finestre mobili» per i trattamenti pensionistici di vecchiaia e anzianità che si caratterizzano per i seguenti elementi: maturazione dei requisiti a decorrere dall'anno 2011; determinazione delle finestre trascorsi 12 mesi dalla data di maturazione dei prescritti requisiti per i lavoratori dipendenti e di 18 mesi per i lavoratori autonomi (coltivatori diretti, coloni, mezzadri, artigiani, commercianti e iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 1, comma 26, della legge n. 335 del 1995);
a seguito di tale modifica della disciplina vigente, quanti hanno maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia e di anzianità entro il 31 dicembre 2010 usufruiranno delle vecchie finestre. Inoltre, nulla cambia sul piano dei requisiti per l'ottenimento dei predetti trattamenti pensionistici;
l'articolo 12, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, e successive modificazioni, stabilisce che le disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici vigenti prima della sua entrata in vigore continuano ad applicarsi, nel limite di 10.000 soggetti che maturano i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1o gennaio 2011, alle seguenti categorie di lavoratori:
a) lavoratori collocati in mobilità ordinaria, su tutto il territorio nazionale, sulla base di accordi stipulati anteriormente al 30 aprile 2010 che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223;
b) lavoratori collocati in mobilità lunga, ai sensi delle leggi n. 176 del 1998, n. 81 del 2003 e n. 296 del 2006, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010;
c) lavoratori che al 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010) risultavano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore;
il comma 6 del citato articolo 12 precisa che il monitoraggio delle domande di pensionamento dei lavoratori che intendono avvalersi della salvaguardia deve essere effettuato sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro. A seguito dell'attività di verifica curata dalle sedi Inps, è in fase di rilascio la graduatoria dei lavoratori che, facendone richiesta all'atto del pensionamento, potranno accedere al trattamento pensionistico sulla scorta del previgente regime delle decorrenze;
da verifiche effettuate con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali circa il monitoraggio in corso a cura dell'Inps, risulterebbe che il tetto di 10.000 per l'anno 2011 non sia ancora stato saturato, anche se, considerando il numero di tutti coloro che raggiungeranno i requisiti pensionistici nei prossimi anni, è molto probabile che esso risulti insufficiente. In questa fase di monitoraggio, purtroppo, le sedi territoriali dell'Inps dichiarano di non essere ancora in grado di accettare le domande, che vengono, pertanto, tenute «sospese» in attesa dei risultati definitivi del monitoraggio in corso;
inoltre, qualora si verifichi il superamento del tetto di 10.000, è stata prevista dal citato articolo 1, comma 37, della legge di stabilità per il 2011 l'emanazione di un decreto ministeriale che prolunghi l'ammortizzatore sociale fino al raggiungimento dei nuovi requisiti pensionistici;
la circolare n. 90 del 24 giugno 2011 varata dall'Inps, che illustra la norma del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, conferma che si procederà ad un'unica graduatoria, subordinata, nel caso dei lavoratori in mobilità e in mobilità lunga, alla verifica dei requisiti per l'accesso alla pensione, mentre tale incombenza non trova luogo per i beneficiari degli esodi, perché i requisiti sono stati verificati già al momento del conferimento dell'assegno. Se ne potrebbe dedurre il rischio che nella composizione della lista saranno maggiormente presenti questi ultimi lavoratori, anche se secondo l'Inps non dovrebbero verificarsi nell'anno in corso casi di eccesso di domande rispetto al numero definito in legge;
si ricorda che in sede dell'intesa sulle «emergenze sociali» del mese di ottobre 2011 tutte le parti, datoriali e sindacali, avevano convenuto sulla necessità di garantire la copertura a tutti i lavoratori collocati in mobilità per effetto di accordi stipulati entro il 31 ottobre 2010,

impegna il Governo:

ad assicurare, entro tempi brevi, l'emanazione del provvedimento per la definizione della concessione del prolungamento dell'intervento di tutela del reddito ai lavoratori collocati in mobilità e che non rientrano nel contingente numerico delle 10.000 unità, così come disposto dall'articolo 12, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010;
a valutare iniziative, anche attraverso appositi interventi normativi, affinché quanti fossero stati collocati in mobilità con la prospettiva di raggiungere i requisiti per l'accesso a pensione non rimangano senza reddito.
(1-00751)
(Testo modificato nel corso della seduta).«Poli, Galletti, Ruggeri, Nunzio Francesco Testa, Anna Teresa Formisano, Compagnon, Naro, Ciccanti, Volontè, Dionisi, Tassone, Delfino».
(7 novembre 2011)

La Camera,
premesso che:
l'articolo 12, dal titolo «Interventi in materia previdenziale», del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica», ha introdotto una serie di modifiche in materia previdenziale, tra le quali le norme riguardanti la disciplina relativa ai termini di decorrenza dei trattamenti pensionistici (le cosiddette finestre). In seguito a tali modifiche per i soggetti che, a decorrere dal 2011, abbiano maturato il requisito anagrafico per il diritto, rispettivamente, alla pensione di vecchiaia e alla pensione di anzianità, i termini di decorrenza del trattamento non sono più stabiliti, come in precedenza, nel quadro di un calendario prestabilito in base a talune scadenze di carattere generale, ma secondo un criterio cosiddetto personalizzato fissato in 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti per i lavoratori dipendenti e in 18 mesi per i lavoratori autonomi; il comma 5 prevede, in deroga, l'applicazione della normativa previgente, a condizione che i lavoratori maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal termine del 1o gennaio 2011, di cui al successivo comma 6, e comunque nei limiti di 10.000 soggetti beneficiari, a favore:
a) dei lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 30 aprile 2010, e che maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità (articolo 7, comma 2, della legge n. 223 del 1991);
b) dei lavoratori collocati in mobilità lunga, ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e 7, della legge n. 223 del 1991, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010;
c) dei lavoratori che, all'entrata in vigore del provvedimento in questione, siano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore di cui all'articolo 2, comma 28, della legge n. 662 del 1996;
il comma 6 dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, prevede un monitoraggio, da parte dell'Inps, sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro, delle domande di pensionamento presentate ai sensi del citato comma 5, che intendano avvalersi, a decorrere dal gennaio 2011, del regime previgente delle decorrenze. Nel caso in cui dal monitoraggio risulti il raggiungimento del limite di 10.000 domande in precedenza richiamato, l'Inps non può prendere in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzato alla fruizione dei benefici di cui al precedente comma;
in occasione della conversione in legge del decreto-legge n. 78 del 2010, il Governo ha accolto alcuni ordini del giorno presentati da deputati di diversi gruppi con i quali si impegnava l'Esecutivo a monitorare l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 12, comma 5, del decreto-legge in questione, al fine di valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a derogare al limite di 10 mila soggetti beneficiari, affinché nessun lavoratore, posto in mobilità, si trovasse nella condizione di essere privo di protezione sociale prima di poter percepire il trattamento pensionistico;
il Governo, essendo consapevole di tale rischio, aveva previsto una norma di salvaguardia a favore dei lavoratori appartenenti alle categorie di cui al comma 5 dell'articolo 12 citato che non dovessero rientrare nel contingente dei 10.000 beneficiari del «congelamento» dei previgenti criteri per l'esercizio del diritto a pensione, disponendo che, in luogo dell'applicazione della disciplina previgente in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici, operasse il prolungamento dell'intervento di sostegno al reddito per il periodo intercorrente tra lo scadere del periodo di fruizione dell'ammortizzatore sociale e la finestra per l'accesso al pensionamento;
in data 19 gennaio 2011, l'XI Commissione della Camera dei deputati aveva approvato una risoluzione (8-00103), con il parere favorevole del Governo, nella quale si impegnava lo stesso Governo «a comprendere, nei limiti delle risorse disponibili, nell'ambito dell'intesa Stato-regioni sugli ammortizzatori sociali in deroga, una specifica attenzione a coloro che, collocati in cassa integrazione o in mobilità, hanno maturato l'età di pensione e sono in attesa dell'effettiva decorrenza del trattamento pensionistico»;
essendo ancora in corso il monitoraggio da parte dell'Inps, il Governo, il 20 settembre 2011, in occasione della risposta ad un'interrogazione a risposta immediata in XI Commissione della Camera dei deputati (la n. 5-05343), ha dichiarato che «l'Inps sta provvedendo a predisporre la graduatoria dei lavoratori potenziali destinatari della salvaguardia prevista dall'articolo 12, comma 5, del citato decreto-legge e che comunque, allo stato, secondo quanto comunicato dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, i lavoratori in mobilità ordinaria, lunga ed i lavoratori esodati, potenziali destinatari delle disposizioni innanzi richiamate nell'anno 2011, sono complessivamente 1.200»;
appare opportuno operare quanto prima un chiarimento della materia, dal momento che, a quanto si apprende, si verificano casi in cui gli uffici periferici dell'Inps dichiarano di non essere in grado di confermare l'inclusione o meno nella lista dei 10 mila anche a lavoratori che hanno terminato o sono prossimi a terminare il periodo coperto dagli ammortizzatori sociali,

impegna il Governo:

a fornire quanto prima, in sede parlamentare, l'esito del monitoraggio di cui al comma 6 dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, al fine di stabilire il numero preciso dei lavoratori aventi diritto a quanto stabilito dal comma 5 del medesimo articolo;
ad assicurare, entro tempi brevi, l'emanazione del provvedimento per la definizione della concessione del prolungamento dell'intervento di tutela del reddito ai lavoratori collocati in mobilità e che non rientrano nel contingente numerico delle 10.000 unità, così come disposto dall'articolo 12, comma 5-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010;
ad intraprendere, entro tempi brevi e in corrispondenza agli impegni assunti, anche insieme alle regioni, nei limiti delle loro competenze e nell'ambito dell'intesa Stato-regioni sugli ammortizzatori sociali in deroga, ogni utile iniziativa volta a riservare, nei limiti delle risorse disponibili, una specifica attenzione a coloro che, collocati in cassa integrazione o in mobilità, hanno maturato l'età di pensione e sono in attesa dell'effettiva decorrenza del trattamento pensionistico.
(1-00752)
(Nuova formulazione) «Cazzola, Fedriga, Moffa, Caparini, Baldelli, Antonino Foti, Pelino, Gregorio Fontana, Munerato, Bonino, Calearo Ciman, Mottola».
(7 novembre 2011)

La Camera,
premesso che:
al fine di contenere l'incidenza della spesa pensionistica il Governo, con l'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha previsto in via generalizzata il differimento dei termini per l'accesso al pensionamento alla maturazione dei requisiti di legge ed ha, altresì, disposto che le disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici vigenti prima della data di entrata in vigore delle nuove disposizioni continuano ad applicarsi, nei limiti del numero di 10.000 lavoratori beneficiari, ancorché maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1o gennaio 2011, con esclusivo riferimento:
a) ai lavoratori collocati in mobilità sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 30 aprile 2010, che maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità;
b) ai lavoratori collocati in mobilità lunga, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010;
c) ai lavoratori che, all'entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 78 del 2010, risultavano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore (articolo 12, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010);
la deroga in questione riguarda le sole finestre di accesso al pensionamento e afferisce, perciò, sia alla pensione di vecchiaia, sia alla pensione di anzianità;
con l'articolo 12, comma 5-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010, nell'ambito della stessa disciplina si è, inoltre, previsto che, con riferimento ai suddetti lavoratori, ancorché maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1o gennaio 2011 e comunque entro il periodo di fruizione delle prestazioni di tutela del reddito, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, possa disporre in via alternativa, nei limiti delle risorse disponibili del fondo sociale per l'occupazione e la formazione, la concessione del prolungamento dell'intervento di tutela del reddito per il periodo di tempo necessario al raggiungimento della decorrenza del trattamento pensionistico;
da ultimo, con il comma 6 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, si è affidato all'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) il monitoraggio, sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro, delle domande di pensionamento presentate dai lavoratori che intendono avvalersi del regime previdenziale previgente, stabilendo che qualora dallo stesso monitoraggio risulti il raggiungimento del numero di 10.000 domande di pensione, il predetto istituto non prenderà in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate ad usufruire dei benefici;
la legge nulla precisa in ordine alla ripartizione del numero dei 10.000 lavoratori tra le diverse categorie; l'Inps ritiene che l'unico criterio per individuare le priorità sia rappresentato dalla data di cessazione del rapporto di lavoro presso l'azienda che ha provveduto al collocamento in mobilità o in esodo;
il consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Inps avrebbe esaminato un documento interno che valuta in circa 45.000 i soggetti titolati a richiedere l'applicazione del regime di deroga previsto dall'articolo 12, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010: una platea quattro volte e mezzo più ampia di quella massima indicata dal Governo come destinataria del regime di deroga;
in considerazione della grave crisi occupazionale, che ha comportato un ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali, emerge l'inadeguatezza del limite dei 10.000 beneficiari previsto dalla norma. Inoltre, l'aver inserito, per la prima volta, anche i lavoratori in mobilità lunga, che pure potevano andare in pensione con i vecchi requisiti in virtù di norme precedenti, riduce ulteriormente il numero delle altre tipologie di beneficiari, poiché sono 6.000 i lavoratori collocati in mobilità lunga entro il 31 dicembre 2007;
con propria circolare l'Inps ha precisato che i lavoratori destinatari della normativa di cui all'articolo 12, comma 5-bis, che prevede il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito, sono coloro che nella graduatoria dei potenziali beneficiari si collocano nella posizione successiva al numero 10.000;
a seguito dei suddetti scenari molte lavoratrici e molti lavoratori rischiano di rimanere per un lungo periodo di tempo privi di qualunque forma di reddito e di sostentamento per sé e per le rispettive famiglie;
non vi è nel decreto alcuna salvaguardia per coloro che sono autorizzati o stanno versando i contributi volontari, cosa che appare di estrema gravità;
qualora si verifichi il superamento del tetto dei 10.000 beneficiari, è stata prevista dall'articolo 1, comma 37, della legge di stabilità per il 2011, l'emanazione di un decreto ministeriale che prolunghi l'ammortizzatore sociale fino al raggiungimento dei nuovi requisiti pensionistici;
l'Inps, a seguito dell'esito del monitoraggio di cui all'articolo 12, comma 6, del decreto-legge n. 78 del 2010, ha stimato in oltre 40.000 i beneficiari della suddetta normativa ed ha inoltrato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la richiesta di attivare la procedura di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge n. 78 del 2010, al fine di continuare ad erogare le prestazioni di sostegno al reddito per coloro che non rientrano nei diecimila;
la necessità di risolvere le suddette criticità, nonché più in generale l'insufficienza del suddetto limite della platea dei beneficiari, è stata di recente evidenziata al Governo, oltre che dall'Inps, anche da Confindustria,

impegna il Governo:

a rendere noti gli esiti del monitoraggio delle domande di pensionamento, condotto dall'Inps, ai sensi dell'articolo 12, comma 6, del decreto-legge n. 78 del 2010;
ad adottare con la massima urgenza il provvedimento per la definizione della concessione del prolungamento dell'intervento di tutela del reddito ai lavoratori collocati in mobilità e che non rientrano nel contingente numerico delle 10.000 unità, così come disposto dall'articolo 12, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010.
(1-00755)
«Lo Monte, Commercio, Lombardo, Oliveri, Brugger».
(7 novembre 2011)

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, sono state introdotte nuove norme in materia previdenziale, che dispongono, in generale, uno slittamento delle cosiddette «finestre» per l'accesso al trattamento pensionistico, alla maturazione dei requisiti stabiliti dalla legge;
per la categoria dei lavoratori in mobilità viene stabilita una particolare disciplina dettata dal comma 5 dell'articolo 12 del citato decreto-legge: a favore di questi soggetti è prevista la possibilità di applicare la normativa previgente purché possiedano i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal termine del 1o gennaio 2011. Tali disposizioni valgono, tuttavia, solo per un numero massimo di 10.000 lavoratori che rientrino in una delle seguenti tipologie: i lavoratori posti in mobilità ordinaria sulla base di accordi stipulati entro il 30 aprile 2010; i lavoratori posti in mobilità lunga sulla base di accordi stipulati entro il 30 aprile 2010; i lavoratori titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà al 31 maggio 2010;
il monitoraggio delle domande di pensionamento presentate dai lavoratori che intendono avvalersi di tale normativa è affidato all'Inps, che effettua la valutazione in base alla data di cessazione del rapporto di lavoro e, secondo quanto indicato dal comma 6 dell'articolo 12 del citato decreto-legge, «qualora dal monitoraggio risulti il raggiungimento del numero di 10.000 domande di pensione, il predetto Istituto non prenderà in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate ad usufruire dei benefici»;
il decreto-legge n. 78 del 2010 ha anche stabilito che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, possa predisporre la concessione del prolungamento dell'indennità di mobilità fino al momento della pensione, proprio allo scopo di evitare che il periodo compreso tra la fine della mobilità e l'inizio della nuova finestra di uscita rimanga privo di copertura economica;
il 21 ottobre 2011 l'Inps ha comunicato il completamento della lista dei 10.000 lavoratori aventi diritto alla deroga alle finestre mobili. L'Inps ha precisato che i 10.000 beneficiari, ai quali sarà applicata la disciplina previgente, sono coloro i quali sono stati licenziati entro il 30 ottobre 2008. Tutti coloro che non sono rientrati nella lista dovranno attendere il 13o mese dalla maturazione dei requisiti;
da subito è apparso del tutto insufficiente il limite di 10.000 lavoratori beneficiari della deroga alle finestre mobili, visto il numero elevato di richieste presentate da parte dei lavoratori aventi titolo;
al momento non vi è alcuna traccia del provvedimento che dovrebbe garantire la prosecuzione dell'indennità di mobilità fino alla decorrenza della pensione, così come stabilito dal decreto-legge n. 78 del 2010 per gli esclusi dal novero dei 10.000 beneficiari;
pertanto, i lavoratori che hanno perso il lavoro, una volta terminato il periodo di mobilità, non percepiranno più nulla, oltre a rimanere del tutto privi di tutele,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative dirette a rivedere i criteri per la deroga alle cosiddette finestre mobili, al fine di ammettere al beneficio un numero superiore di lavoratori aventi titolo;
ad adottare ogni misura utile per garantire la prosecuzione dell'indennità di mobilità fino alla decorrenza della pensione, al fine di assicurare la continuità di una copertura economica e le tutele necessarie per i lavoratori che hanno perso il lavoro.
(1-00758)
«Mosella, Pisicchio, Tabacci, Brugger».
(8 novembre 2011)

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, sono state introdotte nuove norme in materia previdenziale, che dispongono, in generale, uno slittamento delle cosiddette «finestre» per l'accesso al trattamento pensionistico, alla maturazione dei requisiti stabiliti dalla legge;
per la categoria dei lavoratori in mobilità viene stabilita una particolare disciplina dettata dal comma 5 dell'articolo 12 del citato decreto-legge: a favore di questi soggetti è prevista la possibilità di applicare la normativa previgente purché possiedano i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal termine del 1o gennaio 2011. Tali disposizioni valgono, tuttavia, solo per un numero massimo di 10.000 lavoratori che rientrino in una delle seguenti tipologie: i lavoratori posti in mobilità ordinaria sulla base di accordi stipulati entro il 30 aprile 2010; i lavoratori posti in mobilità lunga sulla base di accordi stipulati entro il 30 aprile 2010; i lavoratori titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà al 31 maggio 2010;
il monitoraggio delle domande di pensionamento presentate dai lavoratori che intendono avvalersi di tale normativa è affidato all'Inps, che effettua la valutazione in base alla data di cessazione del rapporto di lavoro e, secondo quanto indicato dal comma 6 dell'articolo 12 del citato decreto-legge, «qualora dal monitoraggio risulti il raggiungimento del numero di 10.000 domande di pensione, il predetto Istituto non prenderà in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate ad usufruire dei benefici»;
il decreto-legge n. 78 del 2010 ha anche stabilito che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, possa predisporre la concessione del prolungamento dell'indennità di mobilità fino al momento della pensione, proprio allo scopo di evitare che il periodo compreso tra la fine della mobilità e l'inizio della nuova finestra di uscita rimanga privo di copertura economica;
il 21 ottobre 2011 l'Inps ha comunicato il completamento della lista dei 10.000 lavoratori aventi diritto alla deroga alle finestre mobili. L'Inps ha precisato che i 10.000 beneficiari, ai quali sarà applicata la disciplina previgente, sono coloro i quali sono stati licenziati entro il 30 ottobre 2008. Tutti coloro che non sono rientrati nella lista dovranno attendere il 13o mese dalla maturazione dei requisiti;
da subito è apparso del tutto insufficiente il limite di 10.000 lavoratori beneficiari della deroga alle finestre mobili, visto il numero elevato di richieste presentate da parte dei lavoratori aventi titolo;
al momento non vi è alcuna traccia del provvedimento che dovrebbe garantire la prosecuzione dell'indennità di mobilità fino alla decorrenza della pensione, così come stabilito dal decreto-legge n. 78 del 2010 per gli esclusi dal novero dei 10.000 beneficiari;
pertanto, i lavoratori che hanno perso il lavoro, una volta terminato il periodo di mobilità, non percepiranno più nulla, oltre a rimanere del tutto privi di tutele,

impegna il Governo

ad adottare ogni misura utile per garantire la prosecuzione dell'indennità di mobilità fino alla decorrenza della pensione, al fine di assicurare la continuità di una copertura economica e le tutele necessarie per i lavoratori che hanno perso il lavoro.
(1-00758)
(Testo modificato nel corso della seduta).«Mosella, Pisicchio, Tabacci, Brugger».
(8 novembre 2011)

MOZIONI REGUZZONI ED ALTRI N. 1-00747, CIMADORO ED ALTRI N. 1-00753, LULLI ED ALTRI N. 1-00754, COMMERCIO ED ALTRI N. 1-00756, ANNA TERESA FORMISANO, RAISI, PISICCHIO ED ALTRI N. 1-00757 E REGUZZONI, ABRIGNANI, LULLI, ANNA TERESA FORMISANO, RAISI, CIMADORO E COMMERCIO N. 1-00759 CONCERNENTI INIZIATIVE PER GARANTIRE LA PIENA ATTUAZIONE DELLA LEGGE N. 55 DEL 2010 E PER PROMUOVERE UNA SPECIFICA NORMATIVA EUROPEA IN MATERIA DI MARCHIO DI ORIGINE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
con decine di migliaia di imprese il tessile-abbigliamento è uno dei settori più importanti della nostra industria manifatturiera, eccellenza dell'economia e del nostro tessuto produttivo;
il nostro Paese è da sempre all'avanguardia nel selezionare le migliori materie prime, nell'elaborare metodi originali di creazione, tintura e lavorazione, con prodotti finiti che costituiscono un esempio di qualità e di prestigio a livello mondiale;
pur non essendo ad oggi previsto alcun obbligo di indicazione del Paese di origine sui prodotti immessi nel mercato comunitario, è noto che l'apposizione del marchio made in Italy garantisce ai prodotti del comparto tessile un importante vantaggio competitivo in termini di immagine;
la contraffazione del marchio made in Italy, fenomeno che ormai costituisce un vero e proprio sistema commerciale e industriale che si sviluppa attraverso una serie di canali di vendita e distribuzione, oltre che di sofisticati centri di produzione ed assemblaggio, compromette gravemente la qualità e l'immagine della produzione manifatturiera del nostro Paese, a fronte del dilagare di prodotti di bassa qualità e di dubbia provenienza, spacciati come prodotti tipici, espressione delle capacità artigianali del settore industriale italiano;
al fine di contrastare un'attività che si configura come un'effettiva economia, parallela a quella legale, che fattura miliardi di euro e altrettanti ne sottrae all'erario, la legge 8 aprile 2010, n. 55, recante «disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri», approvata dal Parlamento con consenso politico trasversale, istituisce un sistema di etichettatura obbligatoria che assicura la tracciabilità dei prodotti finiti ed intermedi del settore tessile, della pelletteria e di quello calzaturiero, garantendo l'origine italiana dei prodotti immessi in commercio con la denominazione made in Italy; il sistema di etichettatura prevede l'obbligo di indicazione, tra l'altro, dell'origine geografica della merce, nonché la facoltà per l'imprenditore di utilizzare la dicitura made in Italy nei suddetti settori merceologici solamente se almeno due fasi di lavorazione vengono svolte sul nostro territorio;
in attesa dell'emanazione del decreto e del regolamento interministeriali previsti dalla legge al fine di dare attuazione alla disciplina relativa alle caratteristiche del sistema di etichettatura e alle modalità per l'esecuzione ed i relativi controlli, l'Agenzia delle dogane, con propria nota del 22 settembre 2010, ha precisato che nell'espletamento della propria attività di controllo non considera applicabili le nuove disposizioni sull'etichettatura dei settori considerati dalla legge n. 55 del 2010, nonostante gli articoli 1 e 3 della suddetta legge, relativi alle norme sull'etichettatura e alle conseguenti sanzioni, siano formalmente in vigore dal 1o ottobre 2010;
la tutela del made in è questione di prioritaria importanza anche a livello comunitario, dove è in discussione la proposta di regolamento relativa all'indicazione del Paese di origine di taluni prodotti importati da Paesi terzi (COM2005/661 - cosiddetto regolamento sul made in), finalizzata all'introduzione nell'Unione europea di un regime obbligatorio d'indicazione del Paese d'origine su alcune categorie di prodotti industriali importati;
il Parlamento europeo, nella seduta del 21 ottobre 2010, ha approvato a larghissima maggioranza la proposta di regolamento, ora al vaglio del Consiglio, con una risoluzione, presentata su forte sollecitazione italiana, volta ad introdurre nell'elenco dei beni importati da Paesi extra-Unione europea, la cui etichetta deve indicare chiaramente il Paese d'origine, almeno altre dieci categorie produttive tipiche del made in Italy (dal tessile alle calzature, dalla ceramica alla gioielleria), che consentirebbe una tutela dei nostri produttori,

impegna il Governo:

ad assumere le iniziative idonee a revocare entro 30 giorni la circolare dell'Agenzia delle dogane del 22 settembre 2010, n. 119919/RU, che, di fatto, sospende l'efficacia della legge n. 55 del 2010;
ad intervenire con forza, nelle opportune sedi comunitarie, al fine di arrivare alla rapida approvazione della proposta di regolamento sul made in.
(1-00747)
«Reguzzoni, Lussana, Luciano Dussin, Fogliato, Montagnoli, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, D'Amico, Dal Lago, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fava, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».
(27 ottobre 2011)

La Camera,
premesso che:
il Parlamento europeo, nella seduta plenaria del 21 ottobre 2010, ha approvato a larghissima maggioranza il testo di una proposta di regolamento comunitario (COM2005/661 - cosiddetto regolamento sul made in - indicazione del Paese di origine di taluni prodotti importati da Paesi terzi) che intende istituire l'obbligo dell'indicazione di origine per numerose categorie di prodotti destinati al consumo importati da Paesi estranei all'Unione europea;
tale proposta di regolamento, che deve ancora passare il vaglio del Consiglio, rappresenta un passo di fondamentale importanza nel settore della politica economica europea, nel quadro della tutela del mercato interno e della trasparenza dei commerci a vantaggio dei consumatori, soprattutto per un Paese, come l'Italia, nel quale il fenomeno della contraffazione del marchio made in Italy corrisponde, come evidenziato dalle indagini eseguite in questi ultimi anni dalla Guardia di finanza, ad una vera e propria economia parallela;
l'approvazione definitiva della citata proposta di regolamento sul made in si lega, con tutta evidenza, alla piena applicabilità della legge 8 aprile 2010, n. 55, recante «Disposizioni concernenti la commercializzazione dei prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri»: una legge approvata dal nostro Parlamento nel 2010 con un forte consenso politico trasversale;
le ragioni di tale sostegno bipartisan risiedono nell'importanza intrinseca della legge stessa che tocca rilevanti settori merceologici e che, di fatto, coinvolge migliaia di lavoratori, oltre che numerose organizzazioni di categoria;
tale legge istituisce, in particolare, un nuovo sistema di etichettatura per tutti i prodotti dei settori del tessile, delle pelletterie e delle calzature con obbligo di indicazione, tra l'altro, dell'origine geografica della merce, nonché la facoltà per l'imprenditore di utilizzare la dicitura made in Italy nei settori merceologici solamente se almeno due fasi della lavorazione vengono svolte sul territorio italiano;
come noto, la legge 8 aprile 2010, n. 55, ha conosciuto, fin dalla sua entrata in vigore, vicende poco incoraggianti circa la sua effettiva applicazione. Invero l'articolo 1 relativo all'etichettatura obbligatoria sull'origine e ai requisiti necessari per l'indicazione made in Italy sui prodotti e l'articolo 3 concernente le conseguenti sanzioni sarebbero dovuti entrare in vigore il 1o ottobre 2010 - con un differimento di circa 5 mesi rispetto alle restanti parti della legge in questione - al fine di consentire, nel lasso di tempo decorrente dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la notifica del testo legislativo alla Commissione europea, che avrebbe dovuto pronunciarsi sulla sua compatibilità con il diritto comunitario, e l'emanazione da parte del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero per le politiche europee, dei regolamenti attuativi previsti dall'articolo 2, i quali avrebbero dovuto disciplinare «le caratteristiche del sistema di etichettatura obbligatoria e di impiego dell'indicazione made in Italy», di cui all'articolo 1, nonché le modalità di esecuzione dei relativi controlli;
tuttavia tale dilazione non ha affatto generato il risultato sperato: da un lato, la legge n. 55 del 2010 è stata effettivamente notificata alla Commissione europea, la quale, però, con una lettera della direzione generale impresa e industria, protocollo n. 518763, del 28 luglio 2010, indirizzata all'ambasciatore italiano a Bruxelles ha sollevato eccezioni rispetto alla sua compatibilità con il diritto comunitario, attese le restrizioni che potrebbe causare alla concorrenza ed alla libera circolazione delle merci sul territorio; dall'altro, ad oggi, non sono stati ancora emanati i summenzionati regolamenti di attuazione, nonostante gli articoli 1 e 3 siano formalmente entrati in vigore dall'ottobre 2010;
sotto il primo profilo, ovvero quello alla compatibilità della legge n. 55 del 2010 con il diritto comunitario, si rileva come la direzione generale impresa e industria presso la Commissione europea abbia sollevato due eccezioni: una di carattere procedurale, l'altra di carattere sostanziale. In particolare, la seconda eccezione, ovvero quella di carattere sostanziale, coinvolge due fronti. Il primo è quello relativo all'introduzione del criterio della prevalenza delle fasi della lavorazione del prodotto sul territorio nazionale: un criterio che potrebbe contrastare con quanto previsto dall'articolo 36 del codice doganale europeo (regolamento n. 450 del 2008 che modificherà, a partire dal 2013, il precedente regolamento n. 2913 del 1992) che, invece, prevede come criterio di attribuzione della nazionalità ad un prodotto, per la cui lavorazione abbiano concorso due o più Paesi, quello dell'ultima trasformazione sostanziale. Il secondo, e più stridente con i dettami europei, è quello relativo all'introduzione e tutela del concetto di marcatura ed etichettatura nazionale. Nella lettera della direzione generale impresa e industria, il direttore generale ricorda come la Corte di giustizia europea si sia già pronunciata negativamente su tali sistemi considerati contrari agli obiettivi del mercato interno dal momento che possono rendere più difficile la vendita in uno Stato membro di una merce prodotta in un altro Stato membro, facendo venir meno di conseguenza i benefici del mercato interno;
sotto il secondo profilo, ovvero quello della mancata emanazione della decretazione attuativa della legge n. 55 del 2010, si rileva come a tale riguardo l'Agenzia delle dogane, con propria nota n. 119919/RU del 22 settembre 2010, abbia precisato che nell'espletamento della propria attività di controllo non considera applicabili le nuove disposizioni sull'etichettatura nei settori considerati dalla legge n. 55 del 2010 sino a quando non sarà adottato il decreto interministeriale attuativo della legge medesima;
alla luce del citato provvedimento dell'Agenzia delle dogane, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha adottato, in data 30 settembre 2010, una direttiva nella quale si conferma l'orientamento secondo cui la legge n. 55 del 2010 non sarà ritenuta applicabile sino a quando non saranno emanati i regolamenti attuativi, invitando tutte le amministrazioni pubbliche interessate dalla normativa in oggetto ad attenersi a questo indirizzo interpretativo e, dunque, a non applicare le disposizioni sull'etichettatura obbligatoria dei prodotti tessili, delle pelletterie e delle calzature;
in particolare, nel testo della direttiva si legge che: «In riferimento alla concreta applicabilità della legge 8 aprile 2010, n. 55, a far data dal 1o ottobre 2010, si rappresenta a tutte le amministrazioni dello Stato che le nuove disposizioni sull'etichettatura dei prodotti finiti ed intermedi e sull'impiego dell'indicazione "Made in Italy" nei settori tessile, della pelletteria e calzaturiero potranno considerarsi effettivamente applicabili solo dopo l'adozione del decreto interministeriale previsto dall'articolo 2 della legge in argomento. In attesa dell'adozione del sopracitato decreto interministeriale, valevole per la necessaria disciplina di dettaglio integrativa di quella di fonte primaria, continueranno ad applicarsi le norme del codice doganale comunitario (Reg. CEE n. 2913/92) e delle relative disposizioni di applicazione (Reg. CEE n. 2454/93). Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, eventualmente interessate dall'applicazione della precitata normativa, sono invitate ad attenersi agli indirizzi della presente direttiva.»;
la legge n. 55 del 2010 nasce dal condivisibile intento di tutelare l'eccellenza del manifatturiero italiano e proteggerlo dalle aggressioni dei concorrenti extraeuropei;
con riferimento all'attuazione della legge n. 55 del 2010 e alla proposta di regolamento in sede di Unione europea del marchio di origine obbligatorio per i prodotti importati da Paesi extracomunitari, la X Commissione (Attività produttive) della Camera dei deputati, nella seduta del 16 novembre 2010, ha approvato la risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00096, a seguito dell'esame delle risoluzioni n. 7-00411, n. 7-00426 e n. 7-00430, che impegna il Governo, in particolare, ad adoperarsi in sede europea affinché venga adottato quanto prima il regolamento sull'indicazione del Paese di origine dei prodotti importati da Paesi extracomunitari, nonché a proseguire l'iter istruttorio finalizzato alla completa adozione della decretazione interministeriale attuativa della legge n. 55 del 2010;
appare quanto mai necessario pervenire ad una base giuridica certa a livello europeo che consenta l'effettiva applicabilità della legge n. 55 del 2010 e, quindi, l'operatività del sistema di tutele ivi contenuto, scongiurando in ogni caso il rischio dell'eventuale irrogazione di una procedura di infrazione da parte dell'Unione europea;
arginare il dirompente fenomeno della contraffazione che minaccia i consumatori e le imprese del nostro Paese significa sicuramente adottare, a tal fine, le più opportune iniziative a livello europeo, ma anche assumere provvedimenti concreti, a livello nazionale, tesi ad incrementare le risorse finanziarie attualmente previste sia per il sostegno alla lotta alla contraffazione, sia per il sostegno della competitività delle imprese;
sotto tale profilo, non possono non destare forte preoccupazione recenti provvedimenti del Governo in materia finanziaria, i quali prevedono tagli considerevoli, che vanno ad incidere direttamente sulla lotta alla contraffazione, e che riducono in maniera rilevante le risorse destinate al sostegno del settore imprenditoriale, proprio in un momento in cui le istituzioni internazionali ed europee, le imprese, le parti sociali e i cittadini richiedono all'Esecutivo uno sforzo indirizzato al rilancio dell'economia e al sostegno del sistema produttivo,

impegna il Governo:

a porre in essere ogni iniziativa, presso le competenti sedi comunitarie, tesa a pervenire ad una celere approvazione definitiva della proposta di regolamento sul made in, dando seguito agli impegni assunti in sede di approvazione della citata risoluzione n. 8-00096;
ad assumere iniziative dirette ad incrementare le risorse finanziarie attualmente previste per sostenere la lotta alla contraffazione, la competitività e lo sviluppo delle imprese.
(1-00753)
«Cimadoro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Cambursano, Di Pietro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».
(7 novembre 2011)

La Camera,
premesso che:
si calcola che l'entità del mercato delle merci contraffate alimenti in Italia un giro d'affari di quasi 10 miliardi di euro l'anno e che sia in grado di erodere gli spazi di legalità, provocando danni consistenti al sistema economico e sociale: la globalizzazione dei mercati ha portato con sé la globalizzazione della contraffazione;
l'Ocse stima che siano 149 i Paesi d'origine di prodotti contraffatti, 27 dei quali della stessa area Ocse, quindi altamente industrializzati, mentre cinque Paesi sono indicati come fonte principale da cui deriva l'80 per cento delle merci contraffatte, tra cui Cina, Hong Kong e Thailandia;
i prodotti contraffatti incidono sull'attività di migliaia di imprese, in tutti i settori: dalla pelletteria ai cosmetici, all'abbigliamento, ai giocattoli, ai beni destinati all'infanzia, all'informatica, ai medicinali, agli alimenti, fino alla pirateria audiovisiva; il fenomeno investe la maggior parte dei beni di consumo;
la legge 8 aprile 2010, n. 55, recante «Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri», ha istituito, all'articolo 1, un sistema di etichettatura obbligatoria dei prodotti finiti e intermedi, destinati alla vendita, nei settori tessile, della pelletteria e calzaturiero, con lo scopo di evidenziare il luogo di origine di ciascuna fase di lavorazione e assicurare la tracciabilità dei prodotti stessi;
le norme di attuazione (articolo 2) della citata legge n. 55 del 2010 prevedevano che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le politiche europee, da emanare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge medesima, fossero stabilite le caratteristiche del sistema di etichettatura obbligatoria e di impiego dell'indicazione made in Italy, nonché le modalità per l'esecuzione dei relativi controlli, anche attraverso il sistema delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
dette norme prevedevano, altresì, che il decreto fosse emanato previa notifica, ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998;
il 30 settembre 2010 il Presidente del Consiglio dei ministri ha, invece, emanato una direttiva riguardante gli indirizzi interpretativi relativi all'applicazione della legge 8 aprile 2010, n. 55 (Gazzetta Ufficiale n. 282 del 2 dicembre 2010), precisando che tutte le disposizioni della legge medesima «possono considerarsi applicabili solo successivamente all'esperimento della procedura di informazione comunitaria ai sensi della direttiva 98/34/CE ed in relazione a quanto recato dal decreto interministeriale previsto dall'articolo 2, comma 1, della legge medesima»;
la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri ha, altresì, stabilito che: «In riferimento alla concreta applicabilità della legge 8 aprile 2010, n. 55, a far data dal 1o ottobre 2010, si rappresenta a tutte le amministrazioni dello Stato che le nuove disposizioni sull'etichettatura dei prodotti finiti ed intermedi e sull'impiego dell'indicazione "Made in Italy" nei settori tessile, della pelletteria e calzaturiero potranno considerarsi effettivamente applicabili solo dopo l'adozione del decreto interministeriale previsto dall'articolo 2 della legge in argomento. In attesa dell'adozione del sopracitato decreto interministeriale, valevole per la necessaria disciplina di dettaglio integrativa di quella di fonte primaria, continueranno ad applicarsi le norme del codice doganale comunitario (Reg. CEE n. 2913/92) e delle relative disposizioni di applicazione (Reg. CEE n. 2454/93). Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, eventualmente interessate dall'applicazione della precitata normativa, sono invitate ad attenersi agli indirizzi della presente direttiva.»;
il decreto interministeriale non risulta essere mai stato emanato, rendendo, di fatto, la legge n. 55 del 2010 inapplicabile;
successivamente il decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, all'articolo 2, comma 4-quinquies, ha istituito un fondo presso il Ministero dell'economia e delle finanze con una dotazione di 5 milioni di euro per l'anno 2010 destinato a misure di sostegno e incentivazione in favore delle imprese dei distretti del settore tessile e dell'abbigliamento che volontariamente applicano il sistema di etichettatura dei prodotti, di cui alla legge 8 aprile 2010, n. 55;
anche le modalità di attuazione del citato comma 4-quinquies dovevano essere stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le associazioni di categoria delle imprese e le associazioni sindacali e dei consumatori, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, che anche in questo caso, a distanza di oltre un anno e mezzo, non risulta essere stato emanato;
la Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale ha svolto numerose audizioni, dalle quali si desume, tra l'altro, che la contraffazione costituisce un importante ostacolo per il sistema produttivo italiano, in particolare per le piccole e medie imprese;
l'attività del Parlamento italiano rischia di essere del tutto vanificata sia dalla mancata applicazione della legge n. 55 del 2010 sia dalla possibile sottoscrizione, da parte dell'Unione europea, dell'Anti-counterfeiting trade agreement (Acta), l'accordo internazionale contro la contraffazione e il downloading illegale di contenuti audiovisivi;
il 2 dicembre 2010 è stato approvato il testo finale di tale accordo, dopo tre anni, dieci round negoziali e molte polemiche, legate principalmente alla mancanza di trasparenza delle trattative, condotte a porte chiuse, tra i rappresentanti dell'Unione europea, Australia, Canada, Giappone, Corea, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore, Svizzera, Usa, nell'assoluta assenza dei Paesi generatori di merci contraffatte;
durante le trattative, tutti i tentativi di svelarne i dettagli da parte delle diverse organizzazioni interessate sono falliti; persino il Parlamento europeo, nel mese di marzo del 2010, ha formalmente richiesto trasparenza sulle trattative, con 633 voti favorevoli, 13 contrari e 16 astensioni;
successivamente il Parlamento europeo, in data 24 novembre 2010, ha votato una proposta di risoluzione presentata dai gruppi Ppe ed Ecr, passata con 331 voti a favore, 294 contrari e 11 astensioni, che definisce l'Acta «un passo nella giusta direzione»;
la citata risoluzione risulta molto tiepida riguardo alla necessità di introdurre nell'Acta l'indicazione geografica dei prodotti (ig), limitandosi a sottolineare l'importanza della protezione delle indicazioni geografiche per le imprese europee e per l'occupazione nell'Unione europea e a prendere atto degli sforzi compiuti dalla Commissione europea per includere la protezione delle indicazioni geografiche nel campo di applicazione dell'Acta;
il Parlamento ha rigettato un'altra risoluzione comune, più critica, proposta dai Socialisti, dai Verdi, dalla Sinistra e dai Liberali, che metteva in luce che la Commissione europea ha ripetutamente affermato l'importanza di far rispettare la protezione delle indicazioni geografiche (ig);
la risoluzione comune sollecitava, inoltre, la Commissione europea a lavorare attivamente per garantire l'inclusione di pratiche esecutive efficaci per le indicazioni di origine geografica nell'Acta, sottolineando quanto sia importante proteggere le indicazioni di origine geografica per le società europee e per l'occupazione nell'Unione europea;
la risoluzione deplorava che l'accordo non desse una definizione relativa alle indicazioni di origine geografica contraffatte, dato che tale omissione potrebbe ingenerare confusione o, come minimo, complicare il lavoro delle autorità amministrative e giudiziarie nell'interpretazione e nell'applicazione dell'Acta;
i parlamentari europei che hanno sottoscritto la risoluzione comune chiarivano, inoltre:
a) di non concordare con la posizione della Commissione europea, che affermava di avere garantito considerevoli progressi in relazione alla protezione delle indicazioni di origine geografica e che, dal momento che le indicazioni di origine geografica continueranno a non essere protette in nessuno dei Paesi che non le riconoscono nella propria legislazione nazionale, i progressi registrati in questo campo fossero insoddisfacenti;
b) di ritenere che il comitato Acta dovrebbe operare con modalità aperte, inclusive e trasparenti ed incaricava la Commissione europea di presentare in tempo utile, prima che il Parlamento esaminasse il suo parere relativo all'approvazione, le raccomandazioni concernenti la governance del comitato Acta, con particolare riguardo alla partecipazione del Parlamento europeo e al processo di modifica dell'accordo;
c) che qualsiasi modifica all'accordo dovesse essere soggetta al controllo pubblico di tutte le parti interessate ed essere oggetto di approvazione parlamentare e chiedevano alla Commissione europea di consultare il Consiglio e il Parlamento europeo prima di accettare o proporre qualsiasi modifica all'attuale testo al comitato Acta, in un processo che assicurasse trasparenza, controllo parlamentare e partecipazione pubblica;
il 1o ottobre 2011 si è tenuta a Tokyo una cerimonia durante la quale un primo gruppo di 8 Paesi (Australia, Giappone, Canada, Corea del Sud, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore e Stati Uniti) ha ratificato l'accordo Acta;
alla cerimonia hanno partecipato anche gli altri Paesi negoziatori, l'Unione europea, in rappresentanza dei suoi Stati membri, il Messico e la Svizzera, che, tuttavia, non hanno ancora ratificato l'accordo in attesa della conclusione delle rispettive procedure interne di approvazione;
la procedura europea non è terminata in quanto il Consiglio è ancora nella fase di valutazione del testo e non sono state ancora coinvolti né la Commissione né il Parlamento europeo, che, comunque, secondo tale procedura, non potrà proporre emendamenti al testo dell'accordo;
risulterebbe che il Governo italiano abbia manifestato perplessità sull'accordo Acta a causa dell'insufficiente protezione dell'indicazione di origine geografica e che comunque il Consiglio europeo, la Commissione e il Parlamento saranno chiamati a concludere la procedura di adesione all'accordo nei primi mesi del 2012;
le pressioni sull'Unione europea, da parte degli altri partecipanti che hanno già sottoscritto l'accordo, stanno aumentando; si ritiene che già a metà novembre 2011 la Presidenza polacca intenda rimettere in agenda l'accordo Acta, molto discusso anche riguardo alle possibili limitazioni che ne deriverebbero per le attività legali su internet,

impegna il Governo:

ad assumere ogni utile iniziativa affinché la procedura di informazione comunitaria ai sensi della direttiva 98/34/CE riguardante la legge 8 aprile 2010, n. 55, si concluda positivamente;
ad emanare immediatamente i decreti interministeriali previsti dall'articolo 2 della legge 8 aprile 2010, n. 55, e dall'articolo 2, comma 4-quinquies, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73;
a opporsi all'accordo Acta nella sua attuale stesura e ad assumere iniziative in sede di Unione europea affinché si dia rapida approvazione alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'indicazione del Paese di origine di taluni prodotti importati da Paesi terzi.
(1-00754)
«Lulli, Vico, Sanga, Colaninno, De Micheli, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Merloni, Peluffo, Portas, Quartiani, Sani, Scarpetti, Federico Testa, Zucchi, Zunino».
(7 novembre 2011)

La Camera,
premesso che:
la locuzione made in Italy sta ad indicare un concetto - di natura essenzialmente doganale - disciplinato direttamente a livello di istituzioni dell'Unione europea. Infatti, le previsioni principali relativi all'apposizione della dicitura made in Italy sono contenuti - a livello comunitario - nel regolamento CEE n. 2913/1992, che istituisce il codice doganale comunitario, e nel regolamento CEE 2454/1993 e - a livello nazionale - nell'articolo 517 del codice penale italiano e nella legge n. 350 del 2003, come modificata dalla legge n. 166 del 2009;
il Parlamento europeo, nella seduta plenaria del 21 ottobre 2010, ha approvato, a larghissima maggioranza, il testo di un regolamento comunitario («Indicazione del Paese di origine di taluni prodotti importati da Paesi terzi»), che intende istituire l'obbligo dell'indicazione di origine (la nota dicitura made in) per numerose categorie di prodotti destinati al consumo importati da Paesi estranei all'Unione europea. Il documento legislativo dovrà ora passare al vaglio del Consiglio;
per l'Italia il regolamento costituirà verosimilmente un nuovo ostacolo alla concreta applicabilità della legge 8 aprile 2010, n. 55, sull'etichettatura obbligatoria e la tutela del made in Italy nei settori del tessile, delle calzature e delle pelletterie;
questa legge istituisce, in particolare, un nuovo sistema di etichettatura per tutti i prodotti dei settori tessile, delle pelletterie e delle calzature, con obbligo di indicazione, tra l'altro, dell'origine geografica della merce, nonché la facoltà per l'imprenditore di utilizzare la dicitura made in Italy nei suddetti settori merceologici solamente se almeno due fasi di lavorazione vengono svolte sul territorio italiano;
sin dalla sua entrata in vigore, tale provvedimento ha sollevato notevoli perplessità circa la sua effettiva applicazione. Infatti, l'articolo 1 relativo all'etichettatura obbligatoria sull'origine e ai requisiti necessari per l'indicazione made in Italy sui prodotti e l'articolo 3 concernente le conseguenti sanzioni sarebbero dovuti entrare in vigore il 1o ottobre 2010 (con un differimento di circa 5 mesi rispetto alle restanti parti della legge in questione), al fine di consentire, nel lasso di tempo decorrente dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la notifica del testo legislativo alla Commissione europea, che avrebbe dovuto pronunciarsi sulla sua compatibilità con il diritto comunitario, e l'emanazione da parte del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero per le politiche europee, dei regolamenti attuativi previsti dall'articolo 2, i quali avrebbero dovuto disciplinare «le caratteristiche del sistema di etichettatura obbligatoria e di impiego dell'indicazione made in Italy, di cui all'articolo 1, nonché le modalità per l'esecuzione dei relativi controlli»;
la legge n. 55 del 2010 è stata poi notificata alla Commissione europea, che, con una lettera della direzione generale impresa e industria (protocollo n. 518763 del 28 luglio 2010) indirizzata all'ambasciatore italiano a Bruxelles, ha sollevato eccezioni rispetto alla sua compatibilità con il diritto comunitario, attese le restrizioni che potrebbe causare alla concorrenza ed alla libera circolazione delle merci sul territorio europeo;
oggi non sono ancora stati emanati i sopra citati regolamenti di attuazione, nonostante gli articoli 1 e 3 siano formalmente in vigore dal 1o ottobre 2010;
al riguardo l'Agenzia delle dogane, con propria nota n. 119919/RU del 22 settembre 2010, ha precisato che nell'espletamento della propria attività di controllo non considererà applicabili le nuove disposizioni sull'etichettatura nei settori considerati dalla legge n. 55 del 2010 sino a quando non saranno adottati i decreti interministeriali attuativi di cui sopra;
conseguentemente al provvedimento dell'autorità doganale, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha adottato in data 30 settembre 2010 una direttiva, nella quale si conferma l'orientamento secondo cui la legge n. 55 del 2010 non sarà ritenuta applicabile sino a quando non saranno emanati i regolamenti attuativi, invitando tutte le amministrazioni pubbliche eventualmente interessate dalla normativa in oggetto ad attenersi a questo indirizzo interpretativo e, dunque, a non applicare le disposizioni sull'etichettatura obbligatoria dei prodotti tessili, delle pelletterie e delle calzature,

impegna il Governo:

ad adoperarsi, a livello comunitario, affinché il regolamento adottato dal Parlamento europeo per la cosiddetta tutela del made in venga approvato in tempi rapidi dal Consiglio;
a chiarire, nelle more dell'adozione del sopra citato regolamento, in modo univoco quale sia il corretto coordinamento delle disposizioni legislative vigenti a tutela del made in Italy.
(1-00756)
«Commercio, Lo Monte, Lombardo, Oliveri, Brugger».
(7 novembre 2011)

La Camera,
premesso che:
dopo cinque anni di dibattiti ufficiali e di veti incrociati e dopo l'assenso ricevuto il 29 settembre 2010 da parte della Commissione parlamentare commercio internazionale (Inta), nella seduta plenaria del 21 ottobre 2010, il Parlamento europeo ha approvato, a larghissima maggioranza, il testo di un regolamento comunitario (COM 2005/661), recante «Indicazione del Paese di origine di taluni prodotti importati da Paesi terzi», ora al vaglio del Consiglio, che intende istituire l'obbligo dell'indicazione di origine per numerose categorie di prodotti destinati al consumo, importati da Paesi extracomunitari;
con l'entrata in vigore del regolamento i prodotti extracomunitari importati all'interno dell'Unione europea dovranno portare una denominazione di origine. In tal modo i consumatori europei disporranno delle informazioni necessarie per scegliere trasparentemente cosa comprare. Si tratta di un passo di grande importanza, a tutela del mercato interno e della trasparenza a vantaggio dei consumatori;
secondo l'Organizzazione mondiale del commercio il commercio dei prodotti contraffatti è stimato attorno al 7 per cento del commercio mondiale, per un valore complessivo di 200 miliardi di dollari. Per quanto riguarda il made in Italy, l'ultimo dato disponibile fornito dal Censis ha stimato che la contraffazione produce alla nostra economia un danno stimabile attorno ai 18 miliardi di euro e una perdita per il fisco di 5 miliardi di euro, mettendo a rischio circa 130 mila posti di lavoro;
le numerose audizioni svoltesi presso la Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale hanno confermato come la contraffazione costituisca un ostacolo forte per il sistema produttivo italiano, in particolare per le piccole e medie imprese;
la legge 8 aprile 2010, n. 55, sull'etichettatura obbligatoria e la tutela del made in Italy nei settori del tessile, delle calzature e delle pelletterie, ha istituito un nuovo sistema di etichettatura per tutti i prodotti dei settori tessile, delle pelletterie e delle calzature, con obbligo di indicazione, tra l'altro, dell'origine geografica della merce, nonché la facoltà di utilizzare la dicitura made in Italy nei suddetti settori merceologici solamente se almeno due fasi di lavorazione vengono svolte sul territorio italiano;
l'articolo 4 della legge n. 55 del 2010 disponeva l'entrata in vigore delle norme di cui agli articoli 1 e 3 (relativi rispettivamente all'etichettatura obbligatoria sull'origine ed ai requisiti necessari per l'indicazione made in Italy sui prodotti e alle conseguenti sanzioni) il 1o ottobre 2010, con una posticipazione di oltre 5 mesi rispetto all'entrata in vigore della stessa legge, al fine di consentire sia la notifica del provvedimento alla Commissione europea, che avrebbe dovuto pronunciarsi sulla sua compatibilità con il diritto comunitario, sia l'emanazione da parte del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero per le politiche europee, dei regolamenti attuativi previsti dall'articolo 2;
tali decreti avrebbero dovuto disciplinare «le caratteristiche del sistema di etichettatura obbligatoria e di impiego dell'indicazione made in Italy, nonché le modalità per l'esecuzione dei relativi controlli, anche attraverso il sistema delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura»;
il 28 luglio 2010 la direzione generale impresa e industria della Commissione europea ha inviato una nota sulla legge n. 55 del 2010, chiedendo alle autorità italiane di fornire indicazioni sulle misure che intendono adottare per assicurare la compatibilità di questa normativa con le disposizioni del Trattato e della direttiva 98/34/CE;
la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 settembre 2010, recante «Indirizzi interpretativi relativi all'applicazione della legge 8 aprile 2010, n. 55», ha confermato l'inapplicabilità della legge finché non saranno emanati i regolamenti attuativi, invitando tutte le amministrazioni pubbliche interessate dalla normativa a non applicare le disposizioni sull'etichettatura obbligatoria dei prodotti tessili, delle pelletterie e delle calzature;
a riguardo, l'Agenzia delle dogane, con propria nota n. 119919/RU del 22 settembre 2010, ha precisato che nell'espletamento della propria attività di controllo non considererà applicabili le nuove disposizioni sull'etichettatura nei settori considerati dalla legge n. 55 del 2010 sino a quando non saranno adottati i decreti interministeriali attuativi;
ad oggi non sono ancora stati emanati i sopra menzionati regolamenti di attuazione, nonostante gli articoli 1 e 3 siano formalmente in vigore dal 1o ottobre 2010,

impegna il Governo:

a procedere in tempi rapidi all'adozione dei regolamenti attuativi necessari a rendere applicabili le disposizioni della legge n. 55 del 2010;
ad assumere ogni iniziativa di competenza in sede di Unione europea affinché si proceda celermente all'approvazione del regolamento comunitario COM 2005/661;
a rafforzare, con ogni utile strumento, nelle more dell'attuazione dei decreti attuativi ed in attesa dell'entrata in vigore del nuovo regolamento comunitario, la tutela del consumatore e del sistema produttivo italiano contro le contraffazioni sull'origine dei prodotti provenienti da Paesi extracomunitari.
(1-00757)
«Anna Teresa Formisano, Raisi, Pisicchio, Ruggeri, Pezzotta, Compagnon, Ciccanti, Naro, Volontè, Poli, Scanderebech».
(7 novembre 2011)

La Camera,
premesso che:
con decine di migliaia di imprese il tessile-abbigliamento è uno dei settori più importanti della nostra industria manifatturiera, eccellenza dell'economia e del nostro tessuto produttivo;
il nostro Paese è da sempre all'avanguardia nel selezionare le migliori materie prime, nell'elaborare metodi originali di creazione, tintura, lavorazione con prodotti finiti che costituiscono un esempio di qualità e di prestigio a livello mondiale;
pur non essendo ad oggi previsto alcun obbligo di indicazione del Paese di origine sui prodotti immessi nel mercato comunitario, è noto che l'apposizione del marchio «made in Italy» garantisce ai prodotti del comparto tessile un importante vantaggio competitivo in termini di immagine;
la contraffazione del marchio «made in Italy», fenomeno che ormai costituisce un vero e proprio sistema commerciale e industriale che si sviluppa attraverso una serie di canali di vendita e distribuzione, oltreché di sofisticati centri di produzione ed assemblaggio, compromette gravemente la qualità e l'immagine della produzione manifatturiera del nostro Paese a fronte del dilagare di prodotti di bassa qualità e di dubbia provenienza, spacciati come prodotti tipici delle capacità artigianali del nostro settore industriale;
al fine di contrastare un'attività che si configura come una effettiva economia parallela a quella legale che fattura miliardi di euro e altrettanti ne sottrae all'erario, la legge 8 aprile 2010, n. 55 recante «disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri», approvata da questo Parlamento con consenso politico trasversale, istituisce un sistema di etichettatura obbligatoria che assicura la tracciabilità dei prodotti finiti ed intermedi del settore tessile, della pelletteria e di quello calzaturiero, garantendo l'origine italiana dei prodotti immessi in commercio con la denominazione «made in Italy»; il sistema di etichettatura prevede l'obbligo di indicazione, tra l'altro, dell'origine geografica della merce, nonché la facoltà per l'imprenditore, di utilizzare la dicitura «made in Italy» nei suddetti settori merceologici solamente se almeno due fasi di lavorazione vengano svolte sul nostro territorio;
in attesa dell'emanazione del decreto e del regolamento interministeriali previsti dalla legge al fine di dare attuazione alla disciplina relativa alle caratteristiche del sistema di etichettatura e le modalità per l'esecuzione ed i relativi controlli, l'Agenzia delle dogane, con propria nota del 22 settembre 2010 ha precisato che nell'espletamento della propria attività di controllo non considera applicabili le nuove disposizioni sull'etichettatura dei settori considerati dalla legge n. 55 del 2010, nonostante gli articoli 1 e 3 della suddetta legge, relativi alle norme sull'etichettatura e alle conseguenti sanzioni, siano formalmente in vigore dallo scorso 1o ottobre 2010;
la lotta alla contraffazione costituisce un elemento fondamentale della strategia politica dell'Unione europea volta a garantire giustizia, parità di condizioni per i produttori europei oltreché mantenimento dell'occupazione ed essa può essere efficacemente svolta solo attraverso un'intensa cooperazione internazionale tra i principali attori a livello mondiale; a tal fine sono in corso i negoziati per la ratifica, da parte dell'Unione europea, dell'ACTA, anti counterfeiting trade agreement, accordo commerciale anticontraffazione il cui obiettivo è la protezione dei diritti di proprietà intellettuale, e la lotta contro la contraffazione e la pirateria di prodotti quali l'abbigliamento di grandi marche, la musica e i film attraverso la predisposizione di un insieme coerente di modalità con le quali le imprese e i singoli possono rafforzare i loro diritti alle frontiere e via internet;
il suddetto accordo, come evidenziato da una risoluzione del Parlamento europeo del marzo 2010, volta a richiedere trasparenza sulle fasi del negoziato condotto dal Consiglio, come previsto dal Trattato di Lisbona, non ricomprende la protezione delle indicazioni geografiche europee e non prevede, al momento, tra i possibili Paesi contraenti, la Cina, che genera la maggior parte del falso circolante nel mercato globale;
la tutela del «made in» è questione di prioritaria importanza anche a livello comunitario dove è in discussione la proposta di regolamento relativa all'indicazione del Paese di origine di taluni prodotti importati da Paesi terzi (COM2005/661 - cosiddetto regolamento sul («made in») finalizzata all'introduzione nell'Unione europea di un regime obbligatorio d'indicazione del Paese d'origine su alcune categorie di prodotti industriali importati;
il Parlamento europeo, nella seduta del 21 ottobre 2010, ha approvato a larghissima maggioranza la proposta di regolamento, ora al vaglio del Consiglio, con una risoluzione presentata su forte sollecitazione italiana volta ad introdurre nell'elenco dei beni importati da Paesi extra-Unione europea, la cui etichetta deve indicare chiaramente il paese d'origine, almeno altre dieci categorie produttive tipiche del «made in Italy» dal tessile alle calzature, dalla ceramica alla gioielleria che consentirebbe una tutela dei nostri produttori,

impegna il Governo:

ad adottare in tempi rapidi i decreti interministeriali previsti dall'articolo 2 della legge 8 aprile 2010, n. 55, e dall'articolo 2, comma 4-quinquies del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73;
a porre in essere, entro 60 giorni, tutte le misure necessarie al superamento della circolare dell'Agenzia delle dogane del 22 settembre 2010, n. 119919/RU che di fatto sospende l'efficacia della legge n. 55 del 2010;
ad intervenire con forza, nelle opportune sedi comunitarie, al fine di arrivare alla rapida approvazione della proposta di regolamento «Muscardini» sul «made in»;
ad intervenire nelle competenti sedi comunitarie affinché l'accordo commerciale anticontraffazione, attualmente al vaglio del Consiglio, includa la contraffazione delle indicazioni geografiche europee, la cui protezione è di fondamentale importanza per le imprese europee e per l'occupazione nell'intero territorio dell'Unione e ad attivarsi, presso le opportune sedi diplomatiche internazionali affinché la Repubblica popolare cinese ed i paesi terzi ancora non partecipanti all'accordo entrino a farne parte al più presto;
ad assumere iniziative dirette ad incrementare le risorse finanziarie attualmente previste per sostenere la lotta alla contraffazione, la competitività e lo sviluppo delle imprese, compatibilmente con i vincoli di bilancio, tenuto conto dei già sostanziosi tagli nell'ambito della missione «Competitività e sviluppo delle imprese».
(1-00759)
«Reguzzoni, Abrignani, Lulli, Anna Teresa Formisano, Raisi, Cimadoro e Commercio».