XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 9 novembre 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
con decine di migliaia di imprese il tessile-abbigliamento è uno dei settori più importanti della nostra industria manifatturiera, eccellenza dell'economia e del nostro tessuto produttivo;
il nostro Paese è da sempre all'avanguardia nel selezionare le migliori materie prime, nell'elaborare metodi originali di creazione, tintura, lavorazione con prodotti finiti che costituiscono un esempio di qualità e di prestigio a livello mondiale;
pur non essendo ad oggi previsto alcun obbligo di indicazione del Paese di origine sui prodotti immessi nel mercato comunitario, è noto che l'apposizione del marchio «made in Italy» garantisce ai prodotti del comparto tessile un importante vantaggio competitivo in termini di immagine;
la contraffazione del marchio «made in Italy», fenomeno che ormai costituisce un vero e proprio sistema commerciale e industriale che si sviluppa attraverso una serie di canali di vendita e distribuzione, oltreché di sofisticati centri di produzione ed assemblaggio, compromette gravemente la qualità e l'immagine della produzione manifatturiera del nostro Paese a fronte del dilagare di prodotti di bassa qualità e di dubbia provenienza, spacciati come prodotti tipici delle capacità artigianali del nostro settore industriale;
al fine di contrastare un'attività che si configura come una effettiva economia parallela a quella legale che fattura miliardi di euro, e altrettanti ne sottrae all'erario, la legge 8 aprile 2010, n. 55 recante «disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri», approvata da questo Parlamento con consenso politico trasversale, istituisce un sistema di etichettatura obbligatoria che assicura la tracciabilità dei prodotti finiti ed intermedi del settore tessile, della pelletteria e di quello calzaturiero, garantendo l'origine italiana dei prodotti immessi in commercio con la denominazione «made in Italy»; il sistema di etichettatura prevede l'obbligo di indicazione, tra l'altro, dell'origine geografica della merce, nonché la facoltà per l'imprenditore, di utilizzare la dicitura «made in Italy» nei suddetti settori merceologici solamente se almeno due fasi di lavorazione vengono svolte sul nostro territorio;
in attesa dell'emanazione del decreto e del regolamento interministeriali previsti dalla legge al fine di dare attuazione alla disciplina relativa alle caratteristiche del sistema di etichettatura e le modalità per l'esecuzione ed i relativi controlli, l'Agenzia delle dogane, con propria nota del 22 settembre 2010 ha precisato che nell'espletamento della propria attività di controllo non considera applicabili le nuove disposizioni sull'etichettatura dei settori considerati dalla legge n. 55 del 2010; nonostante gli articoli 1 e 3 della suddetta legge, relativi alle norme sull'etichettatura e alle conseguenti sanzioni, siano formalmente in vigore dallo scorso 1o ottobre 2010;
la lotta alla contraffazione costituisce un elemento fondamentale della strategia politica dell'Unione europea volta a garantire giustizia, parità di condizioni per i produttori europei oltreché mantenimento dell'occupazione, ed essa può essere efficacemente svolta solo attraverso un'intensa cooperazione internazionale tra i principali attori a livello mondiale; a tal fine sono in corso i negoziati per la ratifica, da parte dell'Unione europea, dell'ACTA, Anti counterfeiting trade agreement, accordo commerciale anticontraffazione il cui obiettivo è la protezione dei diritti di proprietà intellettuale, e la lotta contro la contraffazione e la pirateria di prodotti quali l'abbigliamento di grandi marche, la musica e i film attraverso la predisposizione di un insieme coerente di

modalità con le quali le imprese e i singoli possono rafforzare i loro diritti alle frontiere e via internet;
il suddetto accordo, come evidenziato da una risoluzione del Parlamento europeo del marzo 2010, volta a richiedere trasparenza sulle fasi del negoziato condotto dal Consiglio, come previsto dal trattato di Lisbona, non ricomprende la protezione delle indicazioni geografiche europee e non prevede, al momento, tra i possibili paesi contraenti, la Cina, che genera la maggior parte del falso circolante nel mercato globale;
la tutela del «made in» è questione di prioritaria importanza anche a livello comunitario dove è in discussione la proposta di regolamento relativa all'indicazione del Paese di origine di taluni prodotti importati da Paesi terzi (COM2005/661 - cosiddetto regolamento sul «made in») finalizzata all'introduzione nell'Unione europea di un regime obbligatorio d'indicazione del Paese d'origine su alcune categorie di prodotti industriali importati;
il Parlamento europeo, nella seduta del 21 ottobre 2010, ha approvato a larghissima maggioranza la proposta di regolamento, ora al vaglio del Consiglio, con una risoluzione presentata su forte sollecitazione italiana volta ad introdurre nell'elenco dei beni importati da Paesi extra-Unione europea la cui etichetta deve indicare chiaramente il Paese d'origine, almeno altre dieci categorie produttive tipiche del «made in Italy» dal tessile alle calzature, dalla ceramica alla gioielleria che consentirebbe una tutela dei nostri produttori,


impegna il Governo:


ad adottare in tempi rapidi i decreti interministeriali previsti dall'articolo 2 della legge 8 aprile 2010, n. 55, e dall'articolo 2, comma 4-quinquies del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73;
a porre in essere, entro 60 giorni, tutte le misure necessarie al superamento della circolare dell'Agenzia delle dogane del 22 settembre 2010, n. 119919/RU che di fatto sospende l'efficacia della legge n. 55 del 2010;
ad intervenire con forza, nelle opportune sedi comunitarie, al fine di arrivare alla rapida approvazione della proposta di regolamento «muscardini» sul «made in»;
ad intervenire nelle competenti sedi comunitarie affinché l'accordo commerciale anticontraffazione, attualmente al vaglio del Consiglio, includa la contraffazione delle indicazioni geografiche europee, la cui protezione è di fondamentale importanza per le imprese europee e per l'occupazione nell'intero territorio dell'Unione e ad attivarsi, presso le opportune sedi diplomatiche internazionali affinché la Repubblica Popolare cinese ed i Paesi terzi ancora non partecipanti all'accordo entrino a farne parte al più presto;
ad assumere iniziative dirette ad incrementare le risorse finanziarie attualmente previste per sostenere la lotta alla contraffazione, la competitività e lo sviluppo delle imprese, compatibilmente con i vincoli di bilancio; tenuto conto dei già sostanziosi tagli nell'ambito della missione «Competitività e sviluppo delle imprese».
(1-00759)
«Reguzzoni, Lulli, Abrignani, Commercio, Anna Teresa Formisano, Raisi, Cimadoro».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

ROSATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a causa dell'indiscriminata politica di tagli finanziari, il Corpo nazionale dei

vigili del fuoco soffre da anni di una grave insufficienza di mezzi e di risorse finanziarie, sia per le spese correnti che per gli investimenti, che risulta particolarmente stringente a fronte di un sempre maggiore impegno richiesto e di un considerevole aumento delle competenze;
alla complessità del quadro finanziario, si aggiungono le difficoltà ed i tempi lunghi delle procedure dei rimborsi dovuti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per le spese di soccorso, in particolare, per prestazioni di lavoro straordinario in occasione di eventi di soccorso civile;
un esempio eclatante riguarda l'emergenza per eventi calamitosi verificatasi a Messina: infatti, non sono state ancora riassegnate dal presidente della Regione siciliana le risorse per il rimborso delle spese sostenute per la permanenza, dal 1o ottobre 2009 al 31 marzo 2010, dei presidi operativi nel territorio della provincia di Messina. Come specificato dalla Corte dei Conti nella relazione sul rendiconto generale dello Stato 2010, su una richiesta di circa 17,4 milioni di euro, è stato rimborsato un milione, quale acconto per i compensi di lavoro straordinario;
a fronte di un piano di interventi, predisposto dal commissario delegato per il superamento della emergenza nel territorio della provincia di Messina, pari a 778 milioni di euro, è stata assegnata dalle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3815 del 2009 e n. 3865 del 2010 una dotazione finanziaria pari a 312,8 milioni di euro;
al riguardo, l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3815 del 2009 autorizza il commissario delegato a rimborsare le spese sostenute per le prestazioni di lavoro straordinario effettuato non soltanto dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ma anche di quelle sostenute dalle Forze armate, dalle forze di polizia, dall'ufficio territoriale del Governo di Messina, dalla regione siciliana, dalla provincia di Messina, dalla Croce rossa italiana e dalla capitaneria di porto;
la dotazione finanziaria fin qui assegnata è ridotta rispetto alle esigenze di copertura delle spese necessarie alla realizzazione delle opere previste nel piano emergenziale del commissario delegato e, perciò, la Regione siciliana ha rappresentato la necessità di disporre di maggiori risorse, anche a valere sul fondo aree sottoutilizzate 2007-2013 relativamente alla quota regionale, per la realizzazione degli interventi più urgenti;
il Cipe, con delibera n. 1 dell'11 gennaio 2011, registrata alla Corte dei conti in data 25 marzo 2011, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 2 del decreto-legge n. 78 del 2010, ha previsto un taglio lineare del 10 per cento delle assegnazioni Fas e ha ridotto, nella detta misura, la dotazione finanziaria della missione di spesa sviluppo e riequilibrio territoriale, richiedendo a tutte le regioni, in via generale, di rimodulare, conformemente all'indirizzo richiamato, i propri programmi ed il relativo quadro finanziario di riferimento, per renderlo coerente con le riduzioni delle assegnazioni operate;
come confermato da una risposta del Governo all'interrogazione 4-11750 si è tuttora in attesa che la Regione siciliana, come le altre regioni, proceda in tal senso, nelle forme e nei termini previsti dalla menzionata delibera del Cipe;
con atto di sindacato ispettivo n. 4-12161 presentato in data 6 giugno 2011, a tutt'oggi senza risposta, l'interrogante aveva già posto il problema del mancato rimborso delle spese sostenute dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco tra il 2009 ed il 2010 nei territori della provincia di Messina colpiti da eventi calamitosi -:
quali siano gli intendimenti del Governo in merito ai fatti esposti in premessa, posto che non appare accettabile che il pagamento degli straordinari del personale dei vigili del fuoco e delle altre forze impegnate nella gestione delle emergenze, risalenti addirittura all'anno 2009, siano subordinate alle delibere del Cipe e alle decisioni delle regioni in merito;

se non si ritenga che il modello organizzativo che prevede la gestione delle risorse stanziate dal Governo in capo ai commissari straordinari per le emergenze, stanti la carenza di stanziamenti a favore dei vigili del fuoco e il ritardo con cui le competenze vengono corrisposte al personale impiegato, abbia dimostrato una scarsa efficacia e se e quali iniziative, anche di natura normativa, intendano adottare per superare tali criticità.
(5-05683)

Interrogazioni a risposta scritta:

ROSATO, MARAN e STRIZZOLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 28 dicembre 2009 la Presidenza del Consiglio dei ministri ha firmato la convenzione per il Friuli Venezia Giulia con la RAI per la durata di tre anni;
la convenzione di cui sopra, che ha una copertura finanziaria non superiore a 6.619.267,78 euro comprensivi di IVA, impegna la RAI a continuare la produzione e la diffusione delle trasmissioni in lingua slovena per le popolazioni della regione autonoma Friuli Venezia Giulia;
la produzione per il triennio 2010-2012 è articolata in: diffusione di trasmissioni televisive in lingua slovena attraverso un'autonoma redazione giornalistica slovena e una struttura programmi per un totale di 208 ore di trasmissione, diffusione di trasmissioni radiofoniche in lingua slovena, realizzate dalle due strutture di cui sopra, per un totale di 4.517 ore di trasmissione, diffusione di trasmissioni radiofoniche in lingua italiana, realizzate dalla redazione giornalistica italiana e la struttura programmi italiana, per un totale di 1.667 ore di trasmissione;
la convenzione RAI per il Friuli Venezia Giulia, quindi, oltre a prevedere una programmazione per la minoranza linguistica slovena, predispone un rafforzamento della programmazione radiofonica in lingua italiana dedicata alle minoranze italiane in Istria;
il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all'editoria, onorevole Bonaiuti, nel corso dell'audizione alla VII Commissione permanente Cultura della Camera, il 19 ottobre 2011 ha annunciato un taglio del 50 per cento dei finanziamenti relativi alle convenzioni RAI relative alle minoranze linguistiche e a RAI International;
il possibile consistente taglio annunciato dal Sottosegretario significherebbe compromettere l'effettiva tutela delle minoranze linguistiche riconosciuta dall'articolo 6 Costituzione, dalla legge 15 dicembre 1999, n. 482 recante «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche» nonché dalle norme a tutela delle specificità linguistiche previste dalla regione autonoma Friuli Venezia Giulia;
la riduzione dei finanziamenti destinati alle convenzioni RAI per le minoranze linguistiche, quindi, andrebbe a depotenziare anche la programmazione radiofonica in lingua italiana;
in considerazione della particolarità della convenzione e della specificità della regione e del suo territorio, la sede RAI del Friuli Venezia Giulia risulta essere un vero e proprio centro di produzione con al suo interno quattro strutture produttive, di cui due italiane e due slovene, che adempiono appieno al mandato di servizio pubblico attraverso una capillare presenza sul territorio delle strutture RAI;
un taglio ai finanziamenti destinati alla convenzione e un depotenziamento della sede RAI del Friuli Venezia Giulia avrebbero pesanti ricadute sulle particolari realtà professionali impiegate nella realizzazione dei previsti programmi, radiofonici e televisivi e avrebbero delle ripercussioni occupazionali in una situazione già non facile per la categoria -:
se il Governo confermi o meno quanto già preannunciato dal Sottosegretario

alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all'editoria, Bonaiuti;
se, alla luce di quanto esposto, e in considerazione del fatto che gli impegni assunti nella convenzione dovrebbero essere mantenuti fino a scadenza della stessa, prevista nel 2012, il Governo non ritenga più opportuno non procedere ad alcun taglio dei finanziamenti quantomeno per le convenzioni RAI che tutelano le minoranze linguistiche presenti in Italia e che tutelano la minoranza italiana in Istria.
(4-13848)

LO MORO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 25 luglio 2011, il capogruppo del gruppo consiliare «Primavera Andreolese», Pino Commodari, a seguito di richiesta di accesso agli atti, riceveva una nota da parte del sindaco di S. Andrea Jonio (Catanzaro), Gerardo Frustaci, recante la stessa data del 25 luglio 2011 ed il n. 5006 di protocollo, nella quale quest'ultimo contestava la sua richiesta sul presupposto che la stessa, unitamente ad asserite numerose e prolungate visite presso gli uffici comunali, fosse di intralcio al regolare soddisfacimento dei pubblici servizi. In conclusione il sindaco faceva presente che, per novanta giorni, i responsabili dei servizi erano diffidati a non dare corso all'istanza;
con successiva nota del primo agosto 2011, il Commodari, sempre nella qualità di capogruppo, informava il prefetto di Catanzaro della grave presa di posizione assunta dal sindaco;
come riportato anche dalla stampa, che si è occupata più volte della vicenda, il prefetto interveniva sottolineando che la giurisprudenza amministrativa confermava per i consiglieri comunali il «non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento del loro mandato» e invitando il sindaco «a mettere in atto ogni iniziativa idonea a soddisfare le legittime esigenze della minoranza consiliare»;
in data 23 agosto 2011, il Commodari inoltrava ai responsabili dei competenti servizi comunali richiesta di rilascio delle copie giacenti presso i rispettivi uffici e per le quali era già stata prodotta istanza ma gli stessi, con nota del 5 settembre 2011, prot. n. 5910, comunicavano la loro non disponibilità ad evadere la richiesta;
l'atteggiamento tenuto dal sindaco e, conseguentemente, anche dai responsabili dei servizi, si pone in palese contrasto non soltanto con le disposizioni di legge in materia, ma anche con quelle regolamentari, che tendono a garantire ai consiglieri comunali il più ampio accesso agli atti, al fine di assicurare il controllo sulla correttezza e la legittimità dell'azione della pubblica amministrazione, come, peraltro, pacificamente riconosciuto anche dalla giurisprudenza amministrativa;
ed invero, l'articolo 43 del decreto legislativo n. 267 del 2000 riconosce ai consiglieri comunali, per un efficace espletamento del loro mandato, un diritto all'informazione inteso in senso lato, a cui si contrappone l'obbligo per gli uffici di fornire ai richiedenti tutte le notizie in loro possesso. A tale diritto all'informazione si accompagna un altrettanto ampio diritto di prendere visione ed estrarre copia degli atti dell'amministrazione comunale, diritti anch'essi collegati all'efficace esercizio delle funzioni pubbliche connesse allo svolgimento della carica. Detto strumento è necessario per consentire al consigliere comunale di esercitare il proprio mandato, verificando e controllando il comportamento degli organi istituzionali e decisionali del comune, ragion per cui non gli si può opporre alcun diniego, atteso che, in caso contrario, si finirebbe per porre in essere un illegittimo impedimento ad un efficace espletamento di quel mandato, non consentendogli di attuare un'adeguata verifica sul corretto operato del sindaco e della giunta. A fronte di tale diritto del consigliere comunale vi è, quindi, l'obbligo

del sindaco e degli uffici di porre in essere le condizioni per garantire un corretto esercizio dello stesso, senza frapporre ostacoli ed atteggiamenti ostruzionistici di sorta;
in tal senso, del resto, si era già in precedenza espresso il prefetto di Catanzaro, che, di fronte ad un episodio analogo, inviava al sindaco del comune di Sant'Andrea Jonio la nota protocollo n. 0083574 del 13 dicembre 2010, con cui lo diffidava a garantire l'accesso agli atti ai consiglieri di minoranza;
il comportamento omissivo dell'amministrazione comunale di S. Andrea Jonio, tuttora in essere, è fonte di gravissimo danno e per i consiglieri comunali, che si vedono privati della possibilità di svolgere liberamente le proprie funzioni, oltre che, considerata la lunghezza del termine, anche della possibilità di impugnare tempestivamente eventuali provvedimenti illegittimi, e per i cittadini stessi, che si trovano a non avere alcun rappresentante messo nelle condizioni di controllare la regolarità e la legittimità dell'azione amministrativa per un periodo eccessivamente lungo;
a ciò è da aggiungersi che la presa di posizione contestata è suffragata da motivazioni risibili, se è vero che mai si è registrata duplicazione di richieste e mai alcun consigliere ha effettuato «visite» presso gli uffici comunali protrattesi al di là del tempo necessario a prendere visione degli atti o a richiederne copia;
ciò che, però, appare ancora più grave è il fatto che, con tale operazione, il sindaco si garantisce, per ben 90 giorni, la possibilità di operare in assenza di qualsivoglia tipo di controllo, in contrasto con quei princìpi di democraticità che dovrebbero governare l'azione amministrativa nonché dei diritti di quella parte della popolazione andreolese che ha conferito ai consiglieri di opposizione il mandato ad effettuare il necessario controllo sulla legittimità ed imparzialità di quell'azione;
sono da ritenere inammissibili applicazioni distorte ed interpretazioni arbitrarie della normativa sull'accesso dei consiglieri che contraddicono il principio costituzionale di buona amministrazione e di trasparenza dell'attività amministrativa -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti denunciati;
se e come intenda intervenire nella vicenda al fine di ristabilire l'agibilità democratica nella cittadina calabrese in particolare, se non ritenga opportuno sottoporre la questione descritta in premessa all'esame della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi di cui all'articolo 27 della legge n. 241 del 1990 affinché essa eserciti i propri poteri di vigilanza ed accesso a tutela delle legittime esigenze della minoranza consiliare del comune di S. Andrea Jonio (Catanzaro).
(4-13849)

LO MORO, LAGANÀ FORTUGNO, VILLECCO CALIPARI, LARATTA, CESARE MARINI, OLIVERIO e MINNITI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nelle ultime settimane a causa delle precipitazioni atmosferiche si sono verificate situazioni di forti criticità, e alcuni morti, in molte regioni italiane che hanno dimostrato la debolezza del nostro territorio;
la regione Calabria, nel passato, ha già affrontato situazioni legate al dissesto idrogeologico. Si ricordano, in particolare, la frana di Maierato del 15 febbraio 2010 dove un'intera montagna si staccò dal costone invadendo il paese; l'alluvione di Vibo Valentia del 3 luglio 2006 ed infine l'alluvione di Soverato il 9 settembre 2000 dove a causa di un grosso nubifragio fu inondato un campeggio. Tutte situazioni che sono state affrontate dal Governo con strumenti parziali e di emergenza e che la stessa Camera dei deputati ha affrontato con una serie di atti, tra i quali l'accoglimento

dell'ordine del giorno 9-03196-A/68 presentato dall'interrogante all'indomani della frana di Maierato;
nel dicembre 2010 il Governo ha commissionato il rapporto «Ecosistema Rischio 2010» sul rischio idrogeologico dei comuni calabresi realizzato da Legambiente nell'ambito di Operazione Fiumi, campagna di sensibilizzazione e prevenzione organizzata dall'associazione ambientalista in collaborazione con il dipartimento della protezione civile e pubblicata sul sito del Governo;
si legge nel rapporto che il 100 per cento dei comuni calabresi sono a rischio idrogeologico. L'aspetto più preoccupante è la presenza, nel 26 per cento dei casi, di scuole ed ospedali nelle zone rosse del dissesto idrogeologico. una gestione dello sviluppo urbano scriteriata, quella della gran parte delle amministrazioni comunali, alla luce di un 83 per cento dei comuni con abitazioni edificate in aree golenali, negli alvei dei fiumi piuttosto che in aree a fischio frana -:
alla luce del rapporto i Ministri interrogati quali urgenti iniziative abbiano adottato e quali intendano adottare per evitare altre inutili stragi e consentire la messa in sicurezza del territorio calabrese;
a quanto ammontino i fondi a disposizione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare destinati o da destinare alla regione Calabria al fine di intervenire per il contenimento del dissesto idrogeologico.
(4-13853)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
presso il Ministero della difesa, dallo scorso 1o novembre 2011 si è reso vacante l'incarico di direttore generale della direzione generale delle pensioni militari, del collocamento al lavoro dei volontari congedati e della leva, del Ministero della difesa (PREVIMIL);
consta agli interroganti che le nomine dirigenziali di 1a fascia, effettuate nell'ultimo anno dal Ministro della difesa, non siano state pienamente rispondenti a criteri oggettivi, selettivi e meritocratici, come ampiamente esposto con altri atti di sindacato ispettivo per i quali si attendono ancora le dovute risposte -:
se per l'attribuzione dell'incarico in parola si intenda provvedere secondo criteri predefiniti, specifici e dettagliati, nel pieno rispetto della vigente normativa;
se tutti i candidati saranno posti in situazione di concreta parità nella valutazione comparativa dei curricula, e se la nomina stessa potrà scaturire da una effettiva procedura selettiva e meritocratica del concorrenti;
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere rispetto alle citate problematiche.
(4-13855)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

LAMORTE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il sottoscritto interrogante ha richiesto al Ministro,
a) con atto camera 4-07449 del 3 giugno 2010 di conoscere se l'IFEL abbia ottemperato all'obbligo, secondo quanto previsto dal comma 2-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005 n. 7 (legge n. 43 del 31 marzo 2005), «di proseguire i servizi finalizzati a fornire adeguati strumenti conoscitivi

per un'efficace azione accertativa dei comuni, nonché per agevolare processi telematici d'integrazione nella pubblica amministrazione e assicurare il miglioramento dell'attività di informazione ai contribuenti» e se non ritenesse opportuno provvedere a una modifica dello statuto della Fondazione per consentire un maggiore controllo sulla gestione a beneficio di una più adeguata trasparenza;
b) con atto camera 4-07460 del 7 giugno 2010 di conoscere le somme messe a disposizione dell'Anci da singoli Ministeri e dalla Presidenza del Consiglio, e quali controlli siano stati effettivamente messi in atto per accertare che le somme erogate secondo criteri obiettivi e improntati alla massima trasparenza e che per le somme assegnate a società terze, siano stati espletati tutti gli atti previsti dalle normative vigenti;
c) con atto camera 4-09165 del 26 ottobre 2010 di conoscere se il Ministro non intendesse intervenire per bloccare le somme messe a disposizione di IFEL a seguito di quanto pubblicato sul settimanale Il Mondo con un articolo a firma di Andrea Ducci;
d) con atto camera 4-11656 del 18 aprile 2011 di conoscere se l'IFEL avesse sostenuto spese in merito alla mancata compravendita di un immobile, da parte di AnciServizi, da destinare all'espletamento di corsi di formazione, e che questa avrebbe dovuto affittare a IFEL a un costo complessivo pari alle spese di acquisto e di gestione dell'immobile;
e) che in data 26 luglio 2011 il sottosegretario Cesario, già presidente della consulta dei presidenti dei consigli comunali istituita presso l'Anci Campania, ha inviato, al sottoscritto, in risposta all'atto camera 4-09165 una relazione redatta dagli uffici IFEL ad avviso dell'interrogante rinunciando a qualsiasi forma di controllo per l'accertamento dei fatti esposti nelle interrogazioni sopracitate -:
per quali motivazioni il Ministro non abbia ritenuto effettuare i controlli dovuti, sia direttamente o per il tramite degli organi preposti, posto che la mancanza di tali controlli potrebbe ritenersi ascrivibile alla necessità di acquisizione, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero delle riforme, del parere positivo dell'Anci, in merito al federalismo comunale e che la concessione dell'aumento dell'aliquota dallo 0,8 per mille all'uno per mille, che i comuni sono obbligati a versare all'IFEL, in ottemperanza alla già citata normativa, sia anch'esso un atto dimostrativo della rinnovata fiducia nei confronti di IFEL a danno di quanto il sottoscritto ha, invano, tentato di conoscere sulla effettiva e trasparente gestione delle somme riscosse da IFEL e da Anci e che il Ministero non abbia superato, così, le remore che potrebbero derivare dal ruolo e dall'importanza dell'Associazione nazionale comuni italiani.
(4-13850)

EVANGELISTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
si apprende da agenzie stampa che Riccardo Antonini, il ferroviere che svolge un ruolo di consulente di parte civile nell'incidente probatorio per l'inchiesta sulla strage alla stazione di Viareggio che, nel giugno del 2009 ha causato la morte di 32 persone, è stato licenziato dalle Ferrovie, senza preavviso per giusta causa, perché, a detta dell'azienda, si è «definitivamente compromesso il rapporto fiduciario»;
lo stesso Antonini aveva già ricevuto in passato una lettera di richiamo e un provvedimento di sospensione connesse alla sua attività di consulente di parte della Filt-Cgil e di alcuni familiari delle vittime della strage;
il 4 novembre 2011, tra l'altro, si era chiusa tra forti polemiche l'udienza svoltasi a Lucca per l'incidente probatorio relativo alla strage di Viareggio: i periti del gip e del gruppo Fs da una parte, i consulenti della procura e delle parti offese

dall'altra, infatti, si erano fortemente contrapposti circa la causa dello squarcio nella cisterna carica di gpl che poi esplose;
grazie al suo ruolo di consulente, il signor Antonini aveva potuto partecipare agli accertamenti avvenuti nell'ambito dell'incidente probatorio, appena concluso presso il tribunale a Lucca; gli esperti hanno convenuto sul motivo del deragliamento, ovvero la rottura di un asse, ma non sulle cause dello squarcio nella cisterna;
la procura di Lucca e alcuni componenti di parte civile hanno sostenuto che uno dei due picchetti di regolazione della curva avrebbe provocato uno squarcio di 40 centimetri nella calotta della cisterna dal quale sarebbe uscito il gpl provocando l'incendio. La ricostruzione dei tecnici della procura attribuirebbe la responsabilità a Rfi che non avrebbe provveduto a rimuovere i picchetti che tracciano le curve, ritenuti pericolosi;
fra gli indagati, va detto, risultano esserci i vertici del gruppo Fs;
Daniela Rombi, presidente dell'associazione «Il Mondo che vorrei» e madre di Emanuela Menichetti, una delle 32 vittime della strage ferroviaria, ha espresso immediata solidarietà a Riccardo Antonini a nome dei familiari delle vittime: «...ci pare inaudita la decisione presa da parte delle Ferrovie che solo a conclusione dell'incidente probatorio hanno licenziato Riccardo, che avrà al suo fianco non solo noi familiari ma tutti gli altri rappresentanti dei Comitati italiani che si sono uniti a noi per lottare affinché prevalgano verità e giustizia in tutte le tragedie che purtroppo ci accomunano. Quello che hanno fatto a Riccardo ha dell'incredibile»;
l'inopinato licenziamento del signor Antonini appare all'interrogante un atto non consono da parte degli amministratori di RFI spa, società di proprietà pubblica posseduta al 100 per cento dallo Stato;
oltre al grave danno d'immagine per la società Fs, si può intravedere una pericolosa caduta dei valori etici nella gestione dell'azienda e quello che all'interrogante appare un abnorme conflitto di interessi o addirittura una incompatibilità per gli amministratori, stante il fatto che i medesimi, indagati nel processo, eccedendo palesemente nel loro potere datoriale, hanno licenziato un consulente tecnico delle parti lese, interferendo in modo inaccettabile nel processo penale che li vede coinvolti;
il licenziamento di un lavoratore fortemente impegnato a difendere la sicurezza ferroviaria e a contribuire in ambito processuale all'accertamento della verità e delle eventuali responsabilità appare con ogni evidenza una ritorsione nei suoi confronti e un'offesa per le vittime della strage di Viareggio -:
se non ritenga di intervenire formalmente presso la società Ferrovie dello Stato Italiane spa affinché sia valutata - come già avvenuto in passato - una revisione dell'ingiusto provvedimento.
(4-13851)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BOSI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con i recenti provvedimenti legislativi si sono fissati i criteri per la riduzione degli uffici giudiziari di 1° grado, rimandando a successivi decreti legislativi la riorganizzazione di questi sul territorio;
tale riorganizzazione è volta al censimento della spesa pur ricercando incrementi di efficienza sulla scorta di criteri da seguire per la ridefinizione degli assetti territoriali per bacini di utenza;
in tale provvedimento, che comprende anche la riduzione degli uffici del giudice di pace, non si fa menzione a condizioni di spiccato disagio territoriale quale quello che si riscontra nella condizione

insulare dove i parametri di riferimento, relativi ai bacini di utenza in rapporto con la distanza da altri uffici giudiziari, richiedono scelte particolari -:
se nello specifico caso dell'isola d'Elba, non ritenga di mantenere in vita gli uffici del tribunale e del giudice di pace di Portoferraio, posto che la soppressione delle attuali sedi distaccate provoca allarme e grave preoccupazione della popolazione dell'isola, avendo, tra l'altro, consapevolezza che, nei numeri e nelle potenzialità, la sede di Portoferraio ha un'evidente funzione strategica che può trovare un giusto riscontro nel policentrismo delle strutture giudiziarie nella provincia di Livorno.
(4-13845)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con lettera del 24 ottobre 2010, la signora Nunzia Fidanzati, sorella di Gaetano Fidanzati, 76enne, attualmente ristretto nel carcere di Parma e sottoposto al regime carcerario di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, si è rivolta alla redazione di Ristretti Orizzonti e alla prima firmataria del presente atto per denunciare le gravi condizioni di salute in cui versa il fratello e le difficoltà che lo stesso incontra nel sottoporsi alle necessarie terapie curative;
in particolare, il 5 ottobre 2011, il dottor Pietro Di Pasquale, specialista in cardiologia, e il dottor Giacomo Badalamenti, dirigente medico medicina legale, su incarico del tribunale di sorveglianza hanno sottoposto a perizia medico-legale il detenuto in questione al fine di «accertare le attuali condizioni di salute di Gaetano Fidanzati e se esse siano compatibili con il regime carcerario»;
nell'elaborato peritale dell'8 ottobre 2011, i medici prima citati scrivono quanto segue: «Dall'esame della documentazione sanitaria, nonché dagli attuali accertamenti medico-legali, si perviene alla conclusione che Fidanzati Gaetano risulta affetto da Ipertensione arteriosa severa resistente a terapia; Diabete mellito in trattamento con ipoglicemizzanti orali in attuale fase di compenso metabolico; Adenocarcinoma prostatico G3 Score 6 Sec. Gleason; Broncopneumopatia cronica ostruttiva (...). È sorprendente come il paziente, pur presentando elevati valori tensivi, non manifesti alcun deficit cardiaco o segni clinici da insufficienza cardiaca. Alla luce dei dati presenti agli atti da cui si evince un regolare e appropriato controllo del paziente da parte dei sanitari della Casa Circondariale di Parma (che si avvalgono di consulenze anche dei sanitari dell'Osp. Malpighi) risulta che non vi sia controindicazione all'attuale carcerazione. (...). In atto non si registrano segni o sintomi di sofferenza degli organi bersaglio dell'ipertensione arteriosa (regolari appaiono l'unzione renale e la cinetica cardiaca) (...). In ultimo con riferimento alla neoplasia prostatica in diagnosi, il periziando ha iniziato trattamento con ormonoterapia, ma si è riservato di eseguire terapia radiante come prescritto dai sanitari sin dell'Ospedale che della Casa Circondariale»;
le conclusioni alle quali pervengono i dottori Di Pasquale e Badalamenti sono le seguenti: «Alla luce di quanto sopra esposto, le attuali condizioni di salute di Gaetano Fidanzati non appaiono incompatibili con l'attuale regime di detenzione ove il paziente è seguito con attenzione anche con l'ausilio dei sanitari del locale ospedale. Per quanto concerne il carcinoma prostatico il paziente già nell'agosto 2011 ha ricevuto prescrizione di terapia radiante ma lo stesso finora non ha accettato in quanto si riserva dopo consulto con suo medico di fiducia. Qualora il paziente accettasse di eseguire la terapia radiante (sedute giornaliere per 37 applicazioni in struttura sanitaria attrezzata per eseguire tale trattamento), ciò potrebbe avvenire con trasferimento in Cdt o transitorio periodo di ospedalizzazione presso il locale centro clinico ove potrebbe contestualmente eseguire i controlli necessari

durante radioterapia. Le altre esigenze terapeutiche delle quali necessita in atto il periziato (oltre a quelle per la terapia dell'adenoma prostatico) possono opportunamente essere soddisfatte in regime di detenzione»;
le valutazioni dei periti nominati dal tribunale sono state pesantemente contestate dal consulente tecnico di parte, dottor Paolo Luciano Danna, specialista in cardiologia, il quale nella sua perizia datata 27 ottobre 2011 scrive che: «Per quanto riguarda la terapia dell'adenocarcinoma prostatico del quale il Sig. Fidanzati è portatore, non mi risulta che sia stata iniziata terapia ormonale (la perizia dei Dottori Badalamenti e Di Pasquale nota ..."24 settembre 2011 inizia terapia ormonale..."). Naturalmente non avere a disposizione copie della cartella rende per me impossibile essere certo della mia affermazione, ma di sicuro ho discusso a lungo col Sig. Fidanzati della opportunità della terapia ormonale e ho avuto in risposta un suo diniego per timore di effetti collaterali. A me risulta che per la prostata il signor Fidanzati sia in terapia con Xatral 10 mg (alfuzosina cloridrato, alfa-bloccante). Noto che i Periti concordano nella loro relazione (pagina 6) che, in caso il Sig. Fidanzati accettasse di sottoporsi a terapia radiante, sarebbe "...utile che il detenuto ...(venga)... trasferito in un CDT o in un Centro Clinico, dove potrebbe contestualmente eseguire i controlli necessari durante la terapia...". Questa affermazione pertanto è in disaccordo con la conclusione poco sotto espressa dai Periti, cioè che le condizioni di salute del detenuto non siano incompatibili con l'attuale regime di detenzione. In caso di inizio della terapia radiante infatti anche i Periti ritengono che le possibili complicanze della stessa sconsiglino la permanenza nell'attuale regime di detenzione, come confermato esplicitamente nel paragrafo "Conclusioni". Per quanto riguarda la gravissima ipertensione arteriosa della quale soffre il signor Fidanzati, assolutamente insensibile alla politerapia massiva che è già in atto e che richiede la frequente somministrazione per via parenterale di furosemide o di clonidina, il sottoscritto non è affatto d'accordo con l'affermazione dei Dottori Badalamenti e Di Pasquale secondo la quale (pagina 5) "... in atto non si registrano segni o sintomi di sofferenza degli organi bersaglio dell'ipertensione...". La marcata ipertrofia ventricolare sinistra presente all'ecocardiogramma è infatti di per sé un danno d'organo, e come ben documentato in letteratura predispone a disfunzione diastolica del ventricolo sinistro, presumibilmente responsabile della importante dispnea da sforzo lieve e delle precordialgie oppressive di verosimile natura anginosa riferite dal Paziente, nonché ad eventi ischemici ed aritmici, infarto miocardico, edema polmonare, morte cardiaca improvvisa. Sempre citando la relazione dei Dottori Badalamenti e Di Pasquale, "...E: sorprendente come il paziente, pur presentando elevati valori tensivi, non manifesti alcun deficit cardiaco o segni clinici di insufficienza cardiaca...". Non concordo con l'assenza di segni clinici (come ho appena notato il paziente lamenta dispnea per sforzi lievi e dolori toracici di verosimile natura anginosa); mi associo invece alla sorpresa per l'assenza, fino ad ora, delle complicanze maggiori dell'ipertensione. Mi auguro anche che la sorpresa non si tramuti in amaro disappunto per quando una delle suddette complicanze avesse a manifestarsi ed il paziente si trovasse, come da me notato in più di una relazione, in un ambiente (la Casa Circondariale) dove certamente è ben seguito e curato ma dove sarebbe impossibile far fronte all'emergenza di una delle suddette complicanze. Non posso che concludere ribadendo le mie precedenti determinazioni: ritengo che lo stato di salute del Paziente, ed in particolar modo lo stato ipertensivo assolutamente non controllato e la sintomatologia anginosa e dispnoica, siano incompatibili con la condizione attuale di detenzione. Esiste infatti una concreta possibilità di aggravamento repentino e non prevedibile della situazione clinica, con sviluppo di crisi ipertensive maggiori con serio rischio di emorragia intracranica, nonché di comparsa di sintomatologia anginosa instabile o di infarto

del miocardi, arresto cardiaco, edema polmonare acuto, etc. In tali sfortunate circostanze il Paziente necessiterebbe di immediato accesso a cure intensive, non rapidamente disponibili nell'attuale regime di detenzione»;
l'articolo 27, comma 3, della Costituzione, prevede che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato;
il trattamento penitenziario deve essere realizzato secondo modalità tali da garantire a ciascun detenuto il diritto invariabile al rispetto della propria dignità, sancito dagli 2 e 3 della Costituzione; dagli articoli 1 e 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000; dagli articoli 7 e 10 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1977; dall'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali del 1950; dagli articoli 1 e 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948; nonché dagli articoli 1, 2 e 3 della raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 12 febbraio 1987, recante «Regole minime per il trattamento dei detenuti» e dagli articoli della raccomandazione (2006)2 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa dell'11 gennaio 2006, sulle norme penitenziarie in ambito europeo;
il diritto alla salute, sancito dall'articolo 32 della Costituzione, rappresenta un diritto inviolabile della persona umana, insuscettibile di limitazione alcuna ed idoneo a costituire un parametro di legittimità della stessa esecuzione della pena, che non può in alcuna misura svolgersi secondo modalità idonee a pregiudicare il diritto del detenuto alla salute ed alla salvaguardia della propria incolumità psico-fisica;
ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 6, della legge 26 luglio 1975, n. 354, «il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona», dovendo altresì essere attuato «secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti» -:
se, alla luce delle condizioni di salute evidenziate in premessa, non si intenda revocare o quantomeno sospendere temporaneamente l'applicazione del regime di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario disposto a suo tempo nei confronti del signor Gaetano Fidanzati.
(4-13852)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
in una fase economica e finanziaria di emergenza come quella attuale, in cui la crescita dell'economia italiana risente del rallentamento di quella globale, e la razionalizzazione e l'ottimizzazione delle risorse disponibili non consentono obiettivamente ampi margini d'intervento per gli investimenti e i finanziamenti per le imprese e per gli enti, la revoca dei fondi statali assegnati all'autorità portuale di Bari a seguito dell'inadempienza da parte dell'attuale gestione, nella presentazione dei progetti e dei programmi per lo sviluppo infrastrutturale dello scalo marittimo, oltre i tempi stabiliti, costituisce, a giudizio degli interpellanti, un caso di livello nazionale emblematico e indicativo, di inefficienza nella gestione e nell'adeguata programmazione delle risorse pubbliche, che determinano inevitabili conseguenze negative e penalizzanti sullo sviluppo e la competitività in particolare nel Mezzogiorno;
il decreto interministeriale del 13 ottobre 2011 che prevede infatti la revoca dei fondi statali trasferiti o assegnati alle autorità portuali per la realizzazione di

opere infrastrutturali, a fronte dei quali non sia stato pubblicato il bando di gara per l'assegnazione dei lavori entro il quinto anno dal trasferimento o dall'assegnazione, ha determinato per il porto di Bari la revoca di oltre 85 milioni di euro lordi, il cui utilizzo avrebbe prodotto significative conseguenze favorevoli e vantaggiose per lo sviluppo infrastrutturale e commerciale dello scalo marittimo;
il suddetto decreto interministeriale, che segue le disposizioni previste dai commi da 2-novies a 2-undecies, dell'articolo 2 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n.225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n.10, cosiddetto «mille proroghe», con i quali viene disposta, entro il 15 marzo 2011, la suddetta revoca dei fondi statali trasferiti o assegnati alle autorità portuali, indica che l'autorità ha stipulato in data 10 novembre 2005, con la banca Dexia Crediop, due contratti di mutuo, n.583 e 584, per un importo complessivo pari a 64 milioni di euro al lordo degli oneri finanziari, risultanti dai suddetti contratti in 12.500 milioni di euro e che a fronte di detti mutui, non sono stati pubblicati bandi di gara per la realizzazione delle opere finanziate;
i commi 4 e 5 dell'articolo 1 del medesimo decreto interministeriale, indicano inoltre, rispettivamente alle tabelle n.2 e n.3, gli importi che l'autorità portuale di Bari è tenuta a versare in un apposito capitolo del bilancio dello Stato, pari a 21.182.049,70 euro in conseguenza della mancata realizzazione delle «autostrade del mare» e 51.500.000,00 euro a seguito dell'altrettanto mancata realizzazione della «banchina alti fondali»;
in un precedente atto di sindacato ispettivo n.2-01010 del 23 marzo 2011, gli interpellanti, proprio sulla revoca dei finanziamenti previsti per il porto di Bari, avevano sollecitato il Ministero interpellato, ad attivarsi al fine di stabilire le cause e i motivi per i quali non siano stati sufficienti oltre cinque anni per adempiere ad alcuna realizzazione dell'opera infrastrutturale all'interno dell'area portuale barese ed il cui mancato utilizzo dei fondi assegnati, aggraverà ulteriormente una situazione complessiva già molto grave e che sarà destinata a peggiorare ulteriormente, proprio per effetto dell'incapacità gestionale dell'autorità portuale del Levante, che vede depauperarsi la già esigua disponibilità per investimenti infrastrutturali nel Mezzogiorno;
a giudizio degli interpellanti, appaiono inoltre gravi e imbarazzanti le affermazioni del presidente dell'autorità portuale del Levante, il signor Francesco Palmiro Mariani, il quale trincerandosi su tesi discutibili secondo cui le opere previste e beneficiarie dei fondi suesposti, sarebbero state inutili per l'hub pugliese, dimostrano in realtà scarse capacità manageriali nel gestire un ente portuale importante come quello di Bari evidenziando nuovamente una persistente incapacità ad incrementarne le dotazioni infrastrutturali;
destano altresì sconcerto fra l'altro, a giudizio degli interpellanti, le dichiarazioni peraltro contraddittorie del suddetto signor Mariani, il quale ha inoltre sostenuto, di aver presentato le richieste di rimodulazione per l'utilizzo dei fondi, ma il Ministero interpellato, secondo quanto da egli stesso affermato, sembrerebbe non aver approvato;
quanto predetto, ove confermato, dimostrerebbe ulteriormente, a giudizio degli interpellanti, l'imprevidenza gestionale del signor Mariani, al quale, occorre ribadire, non sono stati sufficienti cinque anni, nel presentare un'opera infrastrutturale in grado di possedere anche i requisiti minimi per essere approvata;
i dati numerici che emergono dal decreto interministeriale, risultano inoltre impietosi, a giudizio degli interpellanti, nei confronti del porto di Bari, in considerazione che su 24 autorità portuali esistenti in Italia, quella barese sarebbe l'unica a perdere un importo di un'entità così rilevante: oltre 85 milioni di euro lordi, rimodulati ed indirizzati nei riguardi di altri scali marittimi quali: Savona, Cagliari, Taranto,

Gioia Tauro e Genova, che ha potuto «spostare» 50 milioni di euro su altre opere in quanto la rimodulazione è stata richiesta entro i termini previsti;
nel complesso, secondo quanto suesposto, risulta che soltanto lo scalo portuale del capoluogo pugliese, ha perso il 95 per cento di tutti i fondi complessivi revocati dal Governo, avvalorando nuovamente la convinzione che il futuro per il porto di Bari, si prospetta negativo ed estremamente grave sul piano dello sviluppo delle attività commerciali ma anche di quelle logistiche, relativamente ai passeggeri e ai traghetti, se si considera fra l'altro come l'attuale congiuntura economica sfavorevole, difficilmente destinerà nel breve e medio termine, ulteriori risorse finanziarie a favore degli enti portuali nazionali;
la realtà, a giudizio degli interpellanti, è che il porto di Bari sta proseguendo, in relazione al suo mancato sviluppo, con opere che sono state realizzate negli anni precedenti e da precedenti gestioni dell'autorità portuale stessa, a differenza di quanto è accaduto nel corso della gestione portuale da parte del signor Mariani, il quale anziché concentrare la promozione e l'ulteriore sviluppo del porto che con la precedente presidenza aveva conosciuto un incisivo rilancio, ha occupato il suo tempo in una lunga e persistente conflittualità con una società concessionaria, la Bari Porto Mediterraneo, (costituita per il 30 per cento del capitale dalla medesima autorità portuale) che aveva contribuito in misura rilevante alla crescita delle attività crocieristiche e del movimento passeggeri;
giova ricordare inoltre, a giudizio degli interpellanti, che il meccanismo della revoca dei fondi, nei confronti delle autorità portuali, che s'inserisce nell'ambito dell'iniziativa assunta dal Governo, per razionalizzare ed ottimizzare le risorse necessarie allo sviluppo infrastrutturale dei porti nazionali, ed introdotto come precedentemente esposto, dal provvedimento di conversione del cosiddetto «mille proroghe», appare condivisibile ed opportuno specie nei confronti di realtà come quella dell'autorità del Levante, la cui lentezza ed incompetenza gestionale, impongono un inversione radicale, in particolare nel Mezzogiorno, nell'individuazione della scelta degli amministratori locali e nel livello di attitudine nella gestione di enti pubblici -:
quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
se corrisponda al vero, quanto sostenuto dal presidente dell'autorità portuale del Levante, secondo cui la richiesta della rimodulazione dei fondi assegnati e successivamente revocati, è stata respinta dal Ministero interpellato e in caso affermativo, quali siano stati i motivi del rifiuto;
se, in considerazione di quanto esposto in premessa, il porto di Bari, rischi di essere declassato, all'interno della classificazione prevista dall'articolo 4 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, in materia di riordino della legislazione in materia portuale, sotto il profilo della caratteristiche dimensionali, tipologiche e funzionali;
se non ritenga infine opportuno, valutare l'opportunità di ricorrere al commissariamento dell'autorità portuale di Bari, in considerazione che le disposizioni normative vigenti attribuiscono al Ministro interpellato le porto di Bari, dalle potenzialità di sviluppo e di competitività tuttora inespresse.
(2-01264)
«Di Cagno Abbrescia, Antonio Pepe, Sisto, Fucci, Savino, Lisi, Barba, Sbai, Vitali, Antonino Foti, Nastri».

Interrogazione a risposta in Commissione:

SANI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
domenica 11 dicembre 2011 entrerà in vigore l'orario invernale di Trenitalia. Con l'avvicinarsi di tale data, nei media

locali che fanno riferimento al territorio della provincia di Grosseto, sono emerse indiscrezioni relative alla soppressione di treni «EuroStar» che attraversano la tratta tirrenica, relativamente alla stazione di Grosseto;
in questi giorni tale allarme è stato rilanciato più volte dalla stampa locale oltre ad essere evidenziato dai numerosi pendolari grossetani che utilizzano regolarmente i treni a lunga percorrenza per raggiungere il luogo di lavoro o di studio. Il treno rappresenta spesso per cittadini, lavoratori e studenti l'unico mezzo di trasporto pubblico a disposizione; l'eventuale riduzione dell'offerta dei treni, in mancanza di una efficace rete alternativa viaria, causerebbe quindi gravi disagi alla popolazione, limitando la possibilità degli spostamenti ed il diritto stesso alla mobilità della cittadinanza;
nel dettaglio, dalle informazioni emerse dalla stampa, Trenitalia avrebbe in programma di modificare quattro degli attuali treni «EuroStarCity» in «EuroFastCity»: questa ultima tipologia di convogli non prevedrebbe soste nella stazione di Grosseto. Sempre secondo le informazioni riportate dai media locali, tale limitazione, nel corso dell'anno 2012, potrebbe coinvolgere anche i restanti «Eurostar» che non farebbero quindi scalo né a Grosseto né nell'intero territorio provinciale;
se quanto sopra esposto corrispondesse al vero tale scelta di Trenitalia comporterebbe gravi disagi a tutti quei pendolari, studenti e lavoratori, che hanno necessità di usufruire dei collegamenti veloci; senza dimenticare che la soppressione delle fermate rappresenterebbe inoltre un gravissimo danno per il capoluogo e per tutta la provincia di Grosseto che vanta una ricca, diversificata e rinomata offerta ricettiva legata ad un ampio target di comparto turistico: dal settore balneare a quello enogastronomico, da quello storico-artistico ai parchi naturali. Un comparto turistico, che è uno dei principali volani locali di sviluppo sociale, economico, occupazionale e produttivo, e che sarebbe fortemente penalizzato da una eventuale riduzione dei collegamenti ferroviari veloci di Trenitalia -:
se le indiscrezioni apparse sulla stampa locale di Grosseto relative a riduzioni delle fermate dei treni «EuroStarCity» introdotte con il nuovo orario invernale corrispondano al vero e, qualora tali tagli fossero confermati, quali convogli ed in quali fasce orarie, nel dettaglio, sarebbero soppressi;
qualora l'offerta di Trenitalia venisse ridotta, quali provvedimenti urgenti intenda intraprendere il Ministro interrogato per salvaguardare le fermate dei treni veloci soprattutto nei capoluoghi provinciali come quello di Grosseto, in relazione alle notevoli ripercussioni negative che causerebbe tale riduzione rispetto ad un vasto ed articolato bacino demografico di riferimento e allo sviluppo sociale, economico, produttivo ed occupazionale dei territori interessati.
(5-05681)

Interrogazione a risposta scritta:

ROSATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel maggio 2010 il Consiglio superiore dei lavori pubblici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha espresso all'unanimità parere favorevole al nuovo piano regolatore portuale di Trieste contenente la piattaforma logistica presentato dall'autorità portuale di Trieste;
la piattaforma logistica si inserisce nel progetto presentato da Unicredit (S2S n. 6/2010) per un porto unico di Trieste e Monfalcone;
la giunta della regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha deciso di appoggiare il progetto, sostenendo, tra l'altro, l'ipotesi della creazione di un autorità portuale unica, ma prima di poterne dare

l'approvazione definitiva ha atteso la dovuta autorizzazioni governativa della VIA;
il nuovo piano regolatore portuale è un'opportunità unica di sviluppo per l'area giuliana prevedendo anche il recupero ad uso terminalistico del bacino compreso tra il molo V e il molo VI e il prolungamento del molo VII e del terminal crociere di Trieste;
nell'inserirsi nel tessuto logistico cittadino, il nuovo piano regolatore portuale si raccorda con la nuova viabilità di collegamento con la grande viabilità triestina e prevede il potenziamento dello stato di fatto dell'infrastruttura ferroviaria;
questo nuovo piano regolatore portuale offre allo scalo, dopo 53 anni, un piano di sviluppo che definisce l'espansione e la razionalizzazione delle aree;
come previsto dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84 recante «Riordino della legislazione in materia portuale» prevede all'articolo 5, comma 4, che il piano regolatore portuale sia «sottoposto, ai sensi della normativa vigente in materia, alla procedura per la valutazione dell'impatto ambientale ed è quindi approvato dalla Regione»;
ad oggi mancano ancora l'autorizzazione governativa VIA (valutazione di impatto ambientale) e l'autorizzazione VAS (valutazione ambientale strategica);
per quanto riguarda l'autorizzazione VAS, che precede l'emissione di quella di VIA, questa risulta essere ferma al Ministero degli affari esteri in quanto è una valutazione transfrontaliera -:
se il Governo confermi l'intendimento a procedere ad una rapida approvazione del piano regolatore portuale di Trieste e le tempistiche che il Governo prevede per l'emissione della valutazione di impatto ambientale in considerazione dell'interesse manifestato anche da alcuni operatori per investimenti consistenti sulle strutture dello scalo.
(4-13847)

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INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:

CIRIELLI, LEHNER, MARIO PEPE (MISTO-R-A), SOGLIA e VESSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie provenienti da organi di stampa locali, a firma di Fausto Morrone, ex consigliere comunale di Salerno, si apprende di presunte infiltrazioni camorristiche nell'ambito degli appalti pubblici nella città di Salerno, per la realizzazione di opere pubbliche approvate dall'amministrazione comunale negli ultimi anni;
in particolare Morrone, in un articolo apparso sul quotidiano on line «Dentro Salerno» del 24 ottobre 2011, prendendo spunto dalle misure restrittive legate alle politiche antimafia che hanno colpito negli ultimi tempi alcune imprese operanti nel cantiere di via Leucosia, nella zona orientale della città di Salerno, ha denunciato che, già in passato, aziende come I.N.C.A., Campania Appalti, ESA Costruzioni Generali, Cenn e Aequa Mar, sono state raggiunte da provvedimenti interdittivi e su altre, come EDREVEA, Delfino, Citarella e Daneco ha adombrato sospetti di infiltrazioni camorristiche;
tutte le aziende succitate sono coinvolte nella realizzazione di diverse opere pubbliche appaltate dal comune di Salerno;
di particolare interesse risulta un passaggio nel quale il Morrone sostanzia la sua denuncia sia evidenziando che le infiltrazioni sono emerse a posteriori, cioè dopo l'assegnazione degli appalti, sia la debolezza dell'ente appaltante, dichiarando: «Mi sento di affermare che, quasi certamente, volendo adottare un elementare metodo statistico, essendo state molte di queste infiltrazioni scoperte da pochissime persone prive di mezzi investigativi sofisticati, ma animate solo da grande senso civico, molte altre di minori dimensioni

sono passate inosservate. Considerando che tutte le infiltrazioni sono venute alla luce dopo la cantierizzazione dei relativi appalti, se ne ricava che l'economia camorristica ha avuto modo, comunque, di drenare ingenti risorse pubbliche. Se ne ricava, altresì, che si è di fronte a un ente appaltante con una debole penetrativa angosciante»;
se il Ministro intenda agire ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 anche per approfondire quali siano le modalità di aggiudicazione delle gare alle ditte coinvolte, al fine di assicurare la trasparenza, l'imparzialità e l'efficienza dell'amministrazione comunale.
(4-13857)

TESTO AGGIORNATO AL 22 NOVEMBRE 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

COSCIA e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, nella legge n. 111 del 2011 recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria - ha ridefinito le modalità del collocamento fuori ruolo del personale docente dichiarato permanentemente inidoneo all'espletamento dalla funzione docente, ma idoneo ad altre mansioni;
l'articolo 19, ai commi 12, 13, 14 e 15 stabilisce di fatto l'inquadramento coatto del personale docente dichiarato dalla commissione medica preposta permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, nei ruoli del personale ATA;
si tratta di docenti che hanno scelto di continuare a lavorare nella scuola, con mansioni diverse, pur in presenza di riconosciute condizioni di inidoneità all'insegnamento e che svolgono mansioni di supporto alle funzioni istituzionali della scuola, quali il servizio di biblioteca e documentazione, organizzazione di laboratori, supporti didattici ed educativi;
i docenti utilizzati in altri compiti - specialmente nelle biblioteche - hanno partecipato a corsi di formazione e aggiornamento, master, progetti finalizzati al miglioramento dell'offerta formativa e sono in gran parte portatori di specifiche competenze;
tale misura sembra essere funzionale solo ad attuare ulteriori tagli di posti ATA, personale per lo più precario, e costituisce, se attuata, un inaccettabile demansionamento di docenti la cui professionalità è fondamentale per il funzionamento non solo delle biblioteche ma anche delle segreterie scolastiche, sulle quali già gravano pesanti tagli agli organici;
anche sulla base della nota protocollo AOODGPER6626, del dipartimento per l'istruzione, direzione generale per il personale scolastico - ufficio V - del 10 agosto 2011, risulta che:
il passaggio al ruolo ATA, che è volontario, non prevede la scelta della sede;
l'assegnazione di sede definitiva è attribuita solo a decorrere dall'anno scolastico 2012/2013;
al personale che transita nei ruoli ATA viene mantenuto il livello stipendiale mediante assegno riassorbibile che non aumenta fino all'equiparazione con il personale ATA e, per la parte dell'assegno, non è pensionabile;
nel ruolo di personale ATA si sarà considerati sani, ovvero idonei alla funzione, e pertanto la normativa riguardante l'idoneità sarà diversa: eventuali richieste di inidoneità ATA dispenseranno soltanto da alcune mansioni;
il passaggio al ruolo ATA è irreversibile, ovvero per tali docenti non vi è più la possibilità di reintegro in cattedra in caso di miglioramento dello stato di salute;

per il passaggio obbligatorio ad altra amministrazione doveva essere emanato un apposito decreto entro il 16 ottobre 2011;
in Italia, il numero dei docenti inidonei è di 4.071 unità e il numero dei posti accantonati per il triennio 2011-2014 è di 3.900 unità;
risulta che solo pochissimi docenti abbiano fatto domanda di passaggio al ruolo ATA: al Ministero sono pervenute solo 838 domande, in particolare a Roma e Provincia a fronte di 415 inidonei ci sono state solo 61 domande di passaggio ai ruoli amministrativi. La maggior parte dei docenti in questione, dunque, è oggi in attesa del decreto ministeriale che avrebbe dovuto chiarire le modalità del passaggio intercompartimentale, ma nonostante siano passati i 90 giorni dall'entrata in vigore della legge n. 111 del 2011 tale decreto non è stato emesso;
il decreto ministeriale n. 79 del 12 settembre 2011 stabilisce, inoltre, che il personale inidoneo può essere dispensato dal servizio secondo le modalità previste dalla normativa vigente al momento della domanda, ma non è chiaro quale sia la tale normativa, essendo tuttora vigenti il contratto collettivo nazionale di lavoro 2006, articolo 17, comma 5, il parere del Consiglio di Stato n. 2416 del 26 gennaio 2000 e il contratto collettivo nazionale integrativo 2008, articolo 2, comma 3, parzialmente in contrasto tra di loro. In particolare non è chiaro se per ottenere la dispensa sia necessaria o no una nuova visita medico-collegiale;
molti docenti inidonei, in attesa dei decreti, si stanno muovendo per chiedere la dispensa, per anticipare il pensionamento e per provare a rientrare nel ruolo docente -:
se, alla luce di quanto illustrato in premessa, non ritenga di dover assumere iniziative normative dirette a ripensare quanto stabilito con il decreto-legge n. 98 del 2011, e a definire un ruolo specifico nell'amministrazione per i docenti inidonei;
se non ritenga altresì di dover chiarire i tanti interrogativi di cui in premessa circa l'inquadramento dei docenti inidonei nei ruoli del personale ATA, il passaggio ad altre amministrazioni, la possibilità di usufruire della dispensa in un momento in cui si profila per questi docenti un cambiamento di stato giuridico;
se non ritenga, infine, possibile istituire un contingente di docenti fuori ruolo che, a richiesta delle scuole, possa svolgere il servizio di responsabile della biblioteca, garantendo continuità e competenza ad un lavoro che, ad oggi, è spesso affidato alla libera iniziativa e a competenze personali non sempre condivise e condivisibili, per non perdere un patrimonio che esiste nelle nostre scuole, considerando che in molte biblioteche scolastiche è presente un numero di volumi pari o superiore a quello di qualche biblioteca pubblica, che in alcuni casi rischia di andare perduto.
(4-13846)

TESTO AGGIORNATO AL 12 NOVEMBRE 2011

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'azienda USL RMA è amministrata dal 24 novembre 2010 dal commissario straordinario dottor Camillo Ricci che - secondo quanto riportato nell'interrogazione del consigliere regionale del Lazio Rocco Berardo n. 153 - sarebbe assistito, in forme che non appaiono chiare, nella gestione da un suo cognato, marito della sorella della moglie, avvocato Luciano Crea;
l'avvocato Crea opererebbe in ambito aziendale negli uffici della direzione generale a tempo pieno, nel senso che è pressoché presente ogni giorno per varie ore apparentemente avendo accesso a dati

sensibili e questioni interne all'amministrazione, interloquendo con i dirigenti, nonostante sia persona totalmente estranea alla medesima;
ad avviso degli interroganti tale situazione appare per molti versi anomala e contrasta certamente con i princìpi di imparzialità, buon andamento e legalità che devono ispirare l'azione dei direttori generali, come richiamati dal comma 6 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 502 del 1992, e comunque necessita di attenta valutazione da parte degli organi competenti -:
se il Ministro interrogato non ritenga indispensabile, anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari della regione Lazio, acquisire elementi in relazione a quanto esposto in premessa con riferimento all'azienda USL RMA al fine di verificare l'eventuale esistenza delle anomalie sopra descritte e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-13854)

TORRISI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'assessore alla salute della regione Siciliana Massimo Russo, con il decreto regionale di riordino e riorganizzazione della rete dei punti nascita in Sicilia, ha annunciato (secondo i piani attuativi che dovranno essere predisposti dai direttori generali delle aziende) la chiusura di 23 punti nascita, degli attuali 70 presenti sul territorio siciliano;
la chiusura dovrebbe riguardare i punti nascita che registrano meno di 500 parti l'anno, con la previsione di uno standard di 1000 parti verso cui si dovrà tendere nell'arco di un triennio, sulla base dei criteri e delle indicazioni contenuti nell'accordo raggiunto nel 2010 in Conferenza Stato-regioni. Nell'elenco dei punti nascita da chiudere è incluso anche il reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale civico «SS. Salvatore» di Paternò, poiché, per poche unità, non tocca i 500 parti annui richiesti dal suddetto Decreto regionale. La preannunciata eliminazione di questo «storico» reparto, per una serie di motivi, è stata accolta dai paternesi in maniera traumatica. Va innanzitutto detto che la soppressione rischia di creare un problema d'ordine socio-culturale, e quindi di identità, in una collettività da sempre produttiva e prospera nel contesto regionale. Paternò, coi suoi 50.000 abitanti e un trend demografico in crescita, costituisce uno dei più grossi centri della Sicilia, al pari di città quali Acireale o Ragusa. Ebbene, nel momento in cui a Paternò non dovesse più compiersi alcuna nascita di bambini, e nessuno potrà più dire di esservi nato, si innescherà, come accennato prima, un grave problema di identità in una collettività che sul piano sociale, economico, politico e culturale dimostra, invece, una particolare vivacità. Indipendentemente da questo, Paternò rappresenta tradizionalmente un punto di riferimento per il territorio circostante: la zona meridionale dell'Etna, la valle del Simeto e la piana di Catania;
fatta questa necessaria premessa, che mette in risalto gli importanti aspetti d'ordine sociale e culturale che la questione solleva a sfavore della chiusura del punto nascita di Paternò, vanno aggiunti seri e più importanti elementi sul piano della sicurezza sanitaria. Difatti, le strutture ospedaliere più vicine alla città di Paternò (prima tra tutte quella di Biancavilla) che manterranno i reparti di ostetricia, non offrono - poiché non sono adeguatamente attrezzate - quegli standard di sicurezza vitali per i nascituri e le partorienti, mancando i servizi collaterali, quale ad esempio il reparto trasfusioni. In tali circostanze i rischi che si potrebbero correre sono seriamente alti. E poiché «prevenire è sempre meglio che curare», sarebbe opportuna una circostanziata riflessione in materia, onde evitare decisioni pericolose per la futura sicurezza sanitaria dei cittadini. Un mero calcolo di costi-benefìci è quanto meno riduttivo e socialmente discutibile. Si parla di vite umane, di rischi

traumatici perinatali e neonatali, di deprecabili pericoli di menomazioni o infermità invalidanti nei nascituri;
ebbene, il reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale di Paternò, per quanto riguarda tale sicurezza, è invece inserito in una struttura ospedaliera ottimale. Ciò diversamente da comuni siciliani che hanno una popolazione ben inferiore a quella paternese e ospedali meno attrezzati, i cui punti nascita saranno salvaguardati dal decreto. Tra l'altro, almeno cinque punti nascita in altrettanti paesi del territorio regionale, pur non raggiungendo il numero standard dei 500 parti annui, saranno tuttavia «risparmiati» e mantenuti. Pertanto si ribadisce, il decreto regionale rischia di applicare un criterio generico e generalizzante, dove si confondono, sovrapponendoli, i numeri alla qualità e alla garanzia per la salute; appare chiaramente errato, quanto incomprensibile, sopprimere la citata struttura basandosi solo sul numero dei parti, e va sottolineato che il criterio di scelta della chiusura non può fermarsi ad un mero parametro numerico. Il fatto che la regione Siciliana debba rientrare nei parametri dei conti richiesti dallo Stato, dando attuazione al piano di rientro non significa colpire con tagli indiscriminati come questo;
sullo stesso dato numerico è bene fare chiarezza: un grosso centro qual è Paternò non supera la soglia dei 500 parti annui, perché una buona quota di essi avviene in strutture private. Sarebbe quindi più ragionevole puntare una maggiore attenzione sul reparto di ostetricia dell'ospedale paternese, sensibilizzando le gestanti a scegliere la struttura civica della città, invece di rivolgersi (a volte indirizzate da ginecologi compiacenti) a strutture private del capoluogo, dove mancano certamente gli standard di sicurezza dei nosocomi pubblici di cui accennato prima -:
di quali elementi disponga il Ministro in relazione alla soppressione della struttura di cui in premessa, se essa sia indispensabile ai fini della razionalizzazione della spesa sanitaria e dell'attuazione del piano di rientro e quali iniziative di competenza intenda assumere per salvaguardare i livelli essenziali di assistenza poiché una disattenzione in tale direzione rischia, nel futuro prossimo, di creare gravi problemi di sicurezza sanitaria, oltre che d'ordine sociale e culturale, alle giovani famiglie paternesi e dei paesi attigui.
(4-13856)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
anche in precedenti atti di sindacato ispettivo e proposte di legge concernenti il sistema cooperativo in genere l'interpellante ha segnalato più volte la necessità di differenziare sempre più il trattamento normativo e fiscale fra cooperative realmente sociali e cooperative prevalentemente economiche;
numerose segnalazioni sono pervenute pubblicamente all'interpellante ad esempio in riferimento ad una pubblica manifestazione tenutasi a Imola lo scorso giovedì 27 ottobre 2011, nel corso della quale sono stati illustrate le condizioni economiche di lavoratori di alcune cooperative bolognesi dei settore manifatturiero ed di altre operanti nella stazione ferroviaria, (addetti al facchinaggio) -:
pur evitando generalizzazioni improprie o demonizzazioni che non sono nelle intenzioni dell'interrogante, se non intenda effettuare precise verifiche sul trattamento normativo e retributivo di dipendenti e soci delle medesime nel senso di un preciso riscontro ai dettati della normativa in vigore.
(2-01265)«Garagnani».

Interrogazione a risposta in Commissione:

VANNUCCI e FEDERICO TESTA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 173, della legge n. 244 del 2007, e successive modificazioni, il secondo, il terzo (decreto 6 agosto 2010 III conto energia - entrato in vigore il 25 agosto 2010) ed il quarto conto energia (decreto 5 maggio 2011 IV conto energia - entrato in vigore il 13 maggio 2011) considerano gli impianti fotovoltaici, i cui soggetti pubblici responsabili sono enti locali, così come definiti dall'articolo 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, rientranti nella tipologia dell'impianto a tetto se entrano in esercizio entro il 2011 e per i quali le procedure di gara si sono concluse con l'assegnazione prima dell'entrata in vigore del decreto di riferimento;
il comune di Sassocorvaro (3.500 abitanti) in provincia di Pesaro Urbino ha realizzato un impianto di 702 kwp, il cui appalto è stato aggiudicato in via definitiva tra la pubblicazione del terzo e del quarto conto energia (3 novembre 2011) e si è creata questa particolare situazione (impianto entrato in esercizio il 29 aprile 2011) per cui:
a) se terminato entro il 31 dicembre 2010 (allacciato entro il 30 giugno 2011) la tariffa incentivante è di 0,425 euro per ogni chilowattora prodotto (secondo conto energia con equiparazione della tipologia a tetto e con l'incentivo del 5 per cento per i piccoli comuni);
b) se terminato ed allacciato entro il 30 aprile 2011, la tariffa incentivante è di 0,314 euro per ogni kilowatt ora prodotto (terzo conto energia senza equiparazione della tipologia a tetto e senza l'incentivo del 5 per cento per i piccoli comuni);
c) se terminato ed allacciato entro il 1o giugno 2011, la tariffa incentivante è di 0,341 euro (quarto conto energia con equiparazione della tipologia a tetto e con l'incentivo del 5 per cento per i piccoli comuni);
l'impianto è rientrato quindi nella fattispecie del punto 2 senza equiparazione ed incentivi;
il caso è stato citato per mero esempio in quanto è presumibile vi siano altri casi simili;
si è creata una evidente anomalia con un periodo di «vuoto» del trattamento incentivante per i piccoli comuni;
andrebbe fatta una verifica di quanti siano i piccoli comuni che si trovano in questa fattispecie;
quanto è successo appare contraddittorio ed in grado di provocare grave contenzioso in via amministrativa che andrebbe evitato;
sarebbe opportuno, per gli enti pubblici, anche per il ruolo «guida» che possono esercitare che la situazione venga sanata;
le incongruenze sopra esposte contrastano con il principio stabilito in tutti i decreti attuativi dei conti energia di «libera concorrenza e parità di condizioni nell'accesso al mercato dell'energia elettrica» -:
cosa intenda fare il Ministro per dare piena attuazione ai criteri incentivanti per i piccoli comuni anche nel periodo di «vuoto» che si è creato, agendo retroattivamente con un'iniziativa in grado di «sanare» la situazione, e riconoscendo agli enti interessati, presumibilmente pochi, l'applicazione del «quarto conto energia».
(5-05682)

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Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Poli e altri n. 1-00751, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Delfino.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in commissione Ghizzoni e Bachelet n. 5-05642, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 ottobre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Coscia, Antonino Russo.

L'interrogazione a risposta scritta Garavini e altri n. 4-13825, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marco Carra.

L'interrogazione a risposta in commissione Fiano e Bressa n. 5-05667, pubblicata nell'allegata B ai resoconti della seduta del 7 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marco Carra.

L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Di Pietro e altri n. 3-01934, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rota.

L'interrogazione a risposta immediata in commissione Comaroli e altri n. 5-05679, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di documenti di indirizzo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
risoluzione in Commissione Calabria n. 7-00720 del 25 ottobre 2011;
mozione Reguzzoni n. 1-00747 del 27 ottobre 2011;
mozione Cimadoro n. 1-00753 del 7 novembre 2011;
mozione Lulli n. 1-00754 del 7 novembre 2011;
mozione Commercio n. 1-00756 del 7 novembre 2011;
mozione Anna Teresa Formisano n. 1-00757 del 7 novembre 2011.

Ritiro di firme da una mozione.

Mozione Mosella e altri n. 1-00758, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 novembre 2011: sono state ritirate le firme dei deputati Vernetti, Lanzillotta.

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ERRATA CORRIGE.

Interrogazione a risposta scritta Maurizio Turco e altri n. 4-13839 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 547 dell'8 novembre 2011. Alla pagina 25547, prima colonna, dalla riga quarantaduesima alla riga quarantaquattresima deve leggersi: «maniera evidentemente ritorsiva e persecutoria, di non assegnare al citato dirigente nessuno degli oltre ottanta posti» e non «maniera evidentemente ritorsiva e persecutoria, di non assegnare ai citati due dirigenti nessuno degli oltre ottanta posti», come stampato.