XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di sabato 12 novembre 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
la recente tragedia in Liguria e Toscana, a pochi giorni di distanza da quanto accaduto in Campania e a Roma, è solo l'ultima di una lunghissima serie di eventi franosi ed alluvionali che ha visto in Italia causare, dal 1960 al 2010, 3.673 vittime. Nell'ultimo mezzo secolo praticamente ogni anno si registrano decessi causati dal dissesto idrogeologico del territorio. Secondo una ricostruzione storica dell'istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del CNR nel periodo 1900-2002 si sono verificati 4.016 eventi con gravi danni di cui più di 1.600 hanno prodotto vittime (5.202 per frana e 2.640 per alluvioni) con una frequenza di circa 8 eventi fatali all'anno. Il numero degli sfollati e dei senzatetto supera le 700.000 persone (il 75 per cento a causa di inondazioni). Le frane che hanno prodotto danni alla popolazione si sono verificate in 1.328 comuni (16,4 per cento), e gli eventi di piena hanno colpito 1.156 comuni (14,3 per cento). Nel periodo esaminato tutte le province italiane sono state colpite da almeno una frana o un'inondazione. Dallo studio si evince, inoltre, che l'indice di mortalità per frana supera di gran lunga quello per inondazione;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, attraverso l'analisi dei piani di assetto idrogeologico delle autorità di bacino, ha elaborato una mappa delle aree ad alta criticità idrogeologica, da cui si evince che ben 29.500 chilometri quadrati (pari al 10 per cento) del territorio nazionale) hanno un'elevata probabilità di essere colpiti da una frana o da un'esondazione e l'89 per cento dei comuni italiani ha almeno un'area in cui è molto probabile che si verifichi prima o poi un fenomeno franoso o alluvionale di una certa gravità;
nel rapporto 2010 del Centro studi del consiglio nazionale dei geologi è indicato che su queste aree a elevato rischio idrogeologico sono stati costruiti 1 milione e 200 mila edifici, per uso residenziale e non, di cui oltre 6 mila sono scuole, mentre gli ospedali sono 531. Sono 6 milioni le persone che vivono in zone ad alto rischio idrogeologico, di cui il 19 per cento, ovvero oltre un milione di persone, vivono in Campania, 825.000 in Emilia Romagna e oltre mezzo milione in ognuna delle tre grandi regioni del Nord, Piemonte, Lombardia e Veneto, territori in cui, insieme alla Toscana, persone e cose sono maggiormente esposte a pericoli, per l'elevata densità abitativa e per l'ampiezza dei territori. A questo si aggiunge il costante rischio di erosione costiera che interessa oltre 540 chilometri lineari di litorali italiani;
l'elevato rischio sismico, invece, interessa quasi il 50 per cento dell'intero territorio nazionale e il 38 per cento dei comuni. Si calcola che lungo queste superfici ad alto rischio sismico sono stati costruiti circa 6 milioni e 300 mila edifici, di cui 28 mila sono scuole e 2.188 gli ospedali, con gli edifici a prevalente uso residenziale realizzati prima dell'entrata in vigore della legge antisismica per le costruzioni. Sono 3 milioni gli italiani che vivono in zone ad alto rischio sismico. Nella classifica regioni con le maggiori superfici a elevato rischio sismico, svetta la Sicilia con 22.874 chilometri quadrati quasi 1 milione e mezzo di edifici, di cui circa 5 mila scuole e 400 ospedali, segue la Calabria con 15 mila chilometri quadrati e oltre 7 mila edifici, di cui 3.130 scuole e 189 ospedali, al terzo posto c'è la Toscana con quasi 14.500 chilometri quadrati;
i più alti vertici istituzionali hanno sottolineato l'importanza di mettere in sicurezza la vita delle nostre popolazioni e l'esigenza di investire nella prevenzione

per tutelare la popolazione dal rischio sismico ed idrogeologico che caratterizzano il nostro Paese, ed in particolare il Mezzogiorno, anche per effetto di un vero e proprio dissesto prodottosi nei decenni;
sempre più spesso sono proprio gli interventi antropici a creare i presupposti favorevoli ai dissesti o a creare le condizioni per l'innesco di fenomeni franosi o l'esondazione dei fiumi, costruendo senza tenere in debito conto i delicati equilibri che presenta il nostro territorio;
conoscere l'ubicazione delle aree pericolose è fondamentale in quanto la riattivazione di frane e l'inondazione di aree già allagate in passato sono di gran lunga i fenomeni di dissesto più ricorrenti in Italia. L'analisi dei dati storici nell'ambito del progetto AVI del CNR ha evidenziato che in Italia fra 9.000 località colpite da frane oltre il 25 per cento è stato colpito più di una volta e che sono oltre il 40 per cento le località colpite in modo ricorrente dalle alluvioni. Inoltre, mentre non possiamo impedire che si verifichi un evento sismico, con una corretta opera di prevenzione, nel caso di frane e alluvioni, si può limitare o addirittura evitare che queste si trasformino in fenomeni devastanti per l'uomo e l'ambiente;
nell'annuario dei dati ambientali elaborato dall'ISPRA il costo complessivo dei danni provocati dagli eventi franosi ed alluvionali dal 1951 al 2009, rivalutato in base agli indici ISTAT al 2009, risulta superiore a 52 miliardi di euro, quindi circa 1 miliardo di euro all'anno, due volte e mezzo quello che viene stanziato in media dallo Stato ogni anno per le opere di prevenzione e più di quanto servirebbe per le opere più urgenti di riduzione del rischio idrogeologico sull'intero territorio nazionale, valutate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in 40 miliardi di euro;
il Sottosegretario Guido Bertolaso il 29 luglio 2009 nel corso dell'audizione in Commissione Ambiente della Camera ha affermato che la somma delle richieste per la riparazione dei danni, causati dalle avversità atmosferiche nel periodo ottobre 2008-giugno 2009 è pari a 4,6 miliardi di euro, una cifra più di cento volte superiore a quella dei fondi che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha a disposizione in media ogni anno per le attività di difesa del suolo. A fronte di somme di questo genere si riesce a stanziare al massimo il 10 per cento di quello che viene richiesto;
la mozione 1/00324 approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati il 26 gennaio 2010, impegnava il Governo, tra le altre cose a «presentare ed a dotare delle opportune risorse pluriennali il piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico, secondo le indicazioni già comunicate alle Camere»;
ad oggi però risulta che il miliardo di euro stanziato per la messa in sicurezza del territorio dalla legge 191/2009 (finanziaria 2010) articolo 2, comma 240, è stato ridotto con il decreto-legge 195/2009 articolo 17 a 900 milioni di euro, ulteriormente ridotti a 800 milioni con l'ultimo mille proroghe articolo 12-quinquies, che peraltro non sono stati ancora assegnati al capitolo di spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
dall'estate 2010 alla primavera 2011 ben 13 regioni italiane hanno chiesto lo stato di calamità naturale per dissesto idrogeologico;
oggi un numero molto consistente di opere di sistemazione idraulica e montana realizzate nella prima metà del novecento non sono più strutturalmente adeguate alla loro funzione. I necessari radicali e diffusi interventi di manutenzione straordinaria di queste opere impongono una strategia d'azione finalizzata all'individuazione di priorità di intervento e, in caso di impossibilità di sviluppo di un piano di intervento efficace e completo, a considerare la delocalizzazione di manufatti a rischio;
in Italia il ricorso ad interventi strutturali è ancora praticamente l'unico

sistema adottato, ma la prevenzione si attua anche attraverso interventi non strutturali, quali l'applicazione di adeguate norme di uso del suolo, di piani di protezione civile, del monitoraggio dei fenomeni ma, soprattutto, la diffusione di una radicata e ampia conoscenza del livello di esposizione al rischio. Ancora oggi, e malgrado le immagini ricorrenti dei disastri provocati dai dissesti idrogeologici, si vedono persone sui ponti ad osservare il passaggio della piena, automobilisti che impegnano sottopassi allagati, cittadini che cercano di proteggere dalle acque locali seminterrati, spesso perdendo la vita. La mancanza di cultura del rischio idrogeologico si traduce in un atteggiamento fatalista nei confronti di calamità naturali, che potrebbero invece essere previste e prevenute. Un corretto approccio per mitigare gli effetti delle calamità è basato quindi sulla conoscenza dei fenomeni e degli scenari che essi possono produrre e sulla definizione di comportamenti a tutti i livelli che bisogna adottare per contenere il rischio: la consapevolezza del rischio, infatti, rende tutti - politici, amministrazioni e popolazione - responsabili delle azioni per la sua mitigazione;
malgrado l'Italia sia un Paese esposto praticamente a tutti i rischi geologici esistenti, non tutte le regioni si sono dotate ancora di un ufficio geologico e il numero di geologi impiegati nelle pubbliche amministrazioni rimane sempre molto esiguo. Questo nonostante la figura di un geologo, profondo conoscitore del territorio su cui opera e delle modalità di attivazione dei fenomeni di dissesto, sarebbe in grado di monitorare le aree a rischio e condurre un'efficace opera di previsione e prevenzione dei rischi;
l'aspettativa da parte del soggetto «esposto al rischio» (alluvionale, idrogeologico, sismico, vulcanico, e altro) di un risarcimento statale non è fondata su alcuna norma giuridica esistente e di fronte ai costi crescenti che i Governi devono affrontare per riparare i danni causati da disastri naturali, in tutto il mondo si sta cercando di sviluppare sistemi di assicurazione contro le calamità naturali;
lo stesso rapporto Ocse presentato a Roma nel 2010 evidenziava che in Italia, il ricorso alle assicurazioni private contro le calamità naturali è limitato e occorrerebbe mettere a punto un sistema pubblico-privato in grado di migliorare la copertura assicurativa per le perdite causate dalle catastrofi naturali e rafforzare gli incentivi ad investire in misure di mitigazione dal rischio, come ad esempio premi più bassi,


impegna il Governo:


ad invertire la proporzione tra le risorse destinate all'emergenza rispetto a quelle destinate alla prevenzione, anche ristabilendo una quota di finanziamento sui fondi annuali destinati agli interventi di difesa del suolo da destinare obbligatoriamente alla manutenzione dei corsi d'acqua e delle opere;
a non concedere alcun condono e, anzi, a favorire la delocalizzazione dei manufatti a rischio rispetto ad una loro messa in sicurezza secondo un'adeguata analisi costi/benefici;
a promuovere la comunicazione ai cittadini sui comportamenti da tenere in caso di calamità naturali e per non aumentare il livello di rischio nelle aree vulnerabili ed a rendere facilmente consultabile, anche attraverso il sito del portale cartografico nazionale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la mappa delle aree a più elevato rischio idrogeologico;
a rafforzare la presenza della figura professionale del geologo nella pubblica amministrazione;
ad assumere iniziative volte a istituire un sistema di assicurazione per la copertura finanziaria dei danni causati da disastri naturali.
(1-00760)
«Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Colombo, Giulietti, Bucchino, Versace».

Risoluzioni in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
il comma 2-bis all'articolo 7 del decreto-legge n. 70 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, poneva a carico degli interessati al riconoscimento dei fabbricati rurali taluni oneri burocratici, da adempiere nel termine ormai scaduto del 30 settembre 2011;
il predetto comma 2-bis, in particolare, dispone che gli interessati presentino, entro il 30 settembre 2011, apposita domanda di variazione della categoria catastale, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, corredando la stessa di un'autocertificazione nella quale il richiedente dichiara che l'immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralità necessari. Il comma 2-quater del predetto articolo 7 rinvia ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l'individuazione delle modalità applicative e della documentazione necessaria ai fini della presentazione della certificazione di cui al comma 2-bis;
nella Gazzetta Ufficiale n. 220 - serie generale - del 21 settembre 2011, è stato pubblicato il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 14 settembre 2011, adottato ai sensi dell'articolo 7, comma 2-quater, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, concernente disposizioni in materia di riconoscimento della ruralità degli immobili;
la redazione della documentazione prevista nel decreto predetto richiede tempo e attenzione e gli operatori hanno a suo tempo espresso preoccupazione circa la possibilità di concludere tale adempimento entro il termine del 30 settembre;
l'iter procedurale in questione è necessario per il riconoscimento della ruralità del fabbricato e qualora l'interessato non provveda ad adempiere a tali oneri entro il termine previsto, dovrà subire conseguenze fiscali negative, atteso che le agevolazioni contemplate per tale tipologia di immobili presuppongono necessariamente l'avvenuto accatastamento degli stessi nelle categorie A/6 o D/10;
alla luce di tale quadro complessivo, il termine estremamente ravvicinato del 30 settembre 2011, ha reso oltremodo difficoltoso, se non impossibile, adempiere agli obblighi burocratici previsti;
gli operatori agricoli sono già oberati da numerosi oneri amministrativi, che hanno raggiunto livelli preoccupanti e che sono suscettibili di determinare criticità in un settore, come quello agricolo, che è già costretto ad affrontare altre difficoltà e sfide, conseguenti all'incremento continuo della concorrenza, alla globalizzazione, alla contrazione dei consumi;
lo statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge n. 212 del 2000, all'articolo 3, comma 2, dispone che le disposizioni tributarie non possano prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell'adozione dei provvedimenti di attuazione in essa espressamente previsti;
la disposizione di cui all'articolo 7, comma 2-bis, che riveste natura tributaria, poneva di fatto a carico degli interessati adempimenti entro un termine antecedente rispetto all'emanazione del decreto ministeriale di attuazione, ponendosi in tal modo in contraddizione con lo statuto dei diritti del contribuente;
un termine più ampio consentirebbe, peraltro, una gestione più agevole delle

richieste anche da parte dell'Agenzia del territorio,


impegna il Governo


ad assumere iniziative normative per prorogare il termine - di cui al comma 2-bis dell'articolo 7 del decreto-legge n. 70 del 2011 - previsto per la presentazione delle domande di variazione della categoria catastale, finalizzate all'attribuzione della categoria A/6 o D/10 all'immobile rurale, di almeno 6 mesi per consentire un congruo tempo per l'elaborazione e la presentazione delle stesse.
(7-00725)
«Fluvi, Zucchi, Cenni, Brandolini, Fiorio, Agostini, Trappolino, Dal Moro, Servodio, Velo, Oliverio».

La VI Commissione,
premesso che:
la grande crisi finanziaria in corso ha richiesto l'adozione di misure straordinarie, nell'intento di ridurre la spesa pubblica e di aumentare le imposte;
gli effetti di tali interventi sono purtroppo ricaduti solo sulla parte produttiva del Paese, colpendo in particolare i redditi da lavoro dipendente e le famiglie, con il taglio indiscriminato dei servizi sociali e assistenziali;
tuttavia, le manovre estive non hanno determinato gli effetti sperati e, anzi, è stata approvata una nuova manovra che va a colpire ancora gli stessi soggetti che finora hanno sopportato il peso della crisi;
la conseguenza più grave è che a pagare saranno le nuove generazioni, che oggi non possono accedere ad un mercato del lavoro ingessato, non possono costruire una casa, una famiglia o un futuro, e domani non avranno accesso alle pensioni, pensate per un modello occupazionale che non esiste più;
inoltre, è ormai evidente per tutti che, per quanto si possa cercare di recuperare ulteriori risorse dalle pensioni e dallo stato sociale, queste voci di spesa non più in grado di garantire cifre sufficienti per la soluzione della crisi;
se è vero che un intervento radicale sul debito è ineludibile, esso non può però essere disgiunto dall'individuazione di risorse per la crescita; il tema della crescita richiede tuttavia una alternativa complessiva: occorre allora individuare nuove forme di contribuzione che consentano di far partecipare alle spese dello Stato coloro che possiedono le grandi ricchezze improduttive, i grandi patrimoni mobiliari e immobiliari, con un meccanismo che ridistribuisca le risorse di cui il Paese dispone senza tassare ulteriormente i redditi;
in Italia, infatti, come indicano le statistiche dell'Ocse, la tassazione sui redditi da lavoro e sulle imprese è la più alta d'Europa: in quest'ottica un aumento delle imposte sui patrimoni - o parte di essi - può rappresentare una soluzione per ridurre le tasse su chi lavora e fa impresa e stimolare gli investimenti e la crescita economica;
secondo i dati della Banca d'Italia il 10 per cento più ricco della popolazione possiede il 45 per cento della ricchezza immobiliare e finanziaria complessiva, mentre il 50 per cento più povero non ne possiede che il 9,8 per cento; un altro dato è ancora più clamoroso: l'1 per cento delle famiglie, quelle ricchissime, detiene una quota di patrimonio (il 13 per cento) uguale a quella posseduta dal 60 per cento delle famiglie, mentre i patrimoni dei ricchissimi sono aumentati durante la crisi;
non si capisce quindi perché non possano essere chiamati ad un sacrificio coloro che hanno un patrimonio, ad esempio, oltre il milione e mezzo di euro, escludendo dal conteggio le somme investite in titoli di Stato (che servirebbe tra l'altro anche come incentivo ad investire in Bot, Btp, Cct eccetera), prevedendo una

imposta progressiva, con un introito nelle casse dello Stato di circa 16 miliardi di euro;
molto si può fare sul terreno fiscale, che è una causa decisiva dell'attuale situazione di gravissima iniquità, perché, mentre aumentava il carico fiscale sui redditi da lavoro, l'Italia, negli ultimi 15 anni, diversamente dai maggiori Paesi europei, ha ridotto le imposte sui patrimoni, e perché le rendite finanziarie sono tassate meno dei redditi da lavoro e perché l'evasione fiscale è altissima, intorno ai 125 miliardi di euro annui;
occorre quindi procedere ad una ricognizione delle risorse disponibili e non utilizzate che si possono mettere in campo per uscire dalla crisi;
le imposte sulle proprietà immobiliari sono oggi calcolate sulla base della rendita catastale, che non determina il valore reale dell'immobile, ma un valore presunto, basato sugli estimi entrati in vigore nel 1992;
tale determinazione avvantaggia coloro che vivono nei centri storici o in case di pregio, per i quali non viene calcolato il maggiore valore di mercato acquisito dagli immobili nel corso del tempo;
è quindi possibile rivedere la rendita catastale degli immobili siti nei centri storici e nelle zone residenziali di pregio e destinare il maggiore gettito - che potrebbe raggiungere gli 11 miliardi di euro, atteso che il gruppo di lavoro del Ministero dell'economia e delle finanze sulle tax expenditures ha stimato un gettito di 62 miliardi di euro dalla rivalutazione di tutti gli immobili - alle attività produttive del Paese e al sostegno all'occupazione;
è altresì necessario intervenire nuovamente sulla disciplina cosiddetta dello scudo fiscale - introdotta dall'articolo 13-bis del decreto-legge n. 78 del 2009 - che ha consentito il «rimpatrio» ovvero la «regolarizzazione» delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero in violazione degli obblighi valutari e tributari vigenti, con un'aliquota sostanziale del 5 per cento delle attività finanziarie regolarizzate o rimpatriate; tali soggetti potrebbero pertanto essere chiamati a corrispondere un ulteriore 5 per cento, per un introito stimato pari a 5,6 miliardi di euro;
è essenziale inoltre che il Governo - per scoraggiare le attività finanziarie speculative che negli ultimi messi hanno fortemente danneggiato il nostro Paese - sostenga la proposta di direttiva della Commissione europea relativa ad un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie con obiettivo di:
a) evitare la frammentazione del mercato interno dei servizi finanziari, visto il crescente numero di provvedimenti fiscali nazionali non coordinati;
b) assicurare il giusto contributo degli enti finanziari alla copertura dei costi della recente crisi, nonché la parità di condizioni con gli altri settori dal punto di vista fiscale, atteso anche che la maggior parte dei servizi finanziari e assicurativi è esente da IVA;
c) creare i disincentivi opportuni per le transazioni che non contribuiscono all'efficienza dei mercati finanziari, integrando le misure regolamentari mirate a evitare crisi future;
d) creare un nuovo flusso di gettito con l'obiettivo di sostituire gradualmente i contributi nazionali al bilancio dell'UE, riducendo l'onere per i bilanci nazionali;
è infine doveroso, in virtù del contenzioso in atto - per un valore stimato pari a 98 miliardi di euro - introdurre una sorta di ticket per i concessionari che partecipano a gare o procedure ad evidenza pubblica in materia di gioco e che abbiano contenziosi pendenti presso qualsiasi autorità giudiziaria, ivi compresa quella contabile, per atti o fatti inerenti alla medesima materia; l'ammontare del ticket potrebbe essere definito in una misura pari al 10 per cento del valore della lite, come peraltro già previsto per la

definizione delle liti pendenti di cui all'articolo 39, comma 12, del decreto-legge n. 98 del 2011,


impegna il Governo:


a prendere le opportune iniziative, anche normative volte a:
a) istituire un'imposta progressiva sui grandi patrimoni mobiliari e immobiliari, dovuta dai soggetti proprietari o titolari di altro diritto reale, persone fisiche o persone giuridiche, tenendo conto del patrimonio complessivo del nucleo familiare, così articolata:
1) per le automobili, le imbarcazioni e gli aeromobili di valore commerciale superiore a 200.000 euro, si applicano le aliquote dello 0,75 per cento sui patrimoni superiori a 200.000 euro, dell'1 per cento sui patrimoni superiori a 500.000 euro, del 2 per cento sui patrimoni superiori a 1 milione di euro e del 3 per cento sui patrimoni superiori a 10 milioni di euro;
2) per i titoli mobiliari, esclusi i titoli emessi dallo Stato italiano, quelli emessi dalle società quotate e le obbligazioni bancarie e assicurative di valore complessivo superiore a 200.000 euro, si applicano le aliquote dello 0,75 per cento sui patrimoni superiori a 200.000 euro e dell'1 per cento sui patrimoni superiori a 500.000 euro;
3) per gli immobili di valore complessivo superiore a 1.500.000 euro, ad eccezione degli immobili di proprietà di persone giuridiche che sono utilizzati dalle medesime ai soli fini dell'esercizio dell'attività imprenditoriale, si applicano le aliquote dello 0,50 per cento sui patrimoni superiori a 1.500.000 euro, dello 0,75 per cento sui patrimoni superiori a 2.500.000 euro; dell'1 per cento sui patrimoni superiori a 5.000.000 di euro; del 2 per cento sui patrimoni superiori a 10 milioni di euro, del 4 per cento sui patrimoni superiori a 15 milioni di euro;
b) rivalutare le rendite catastali degli immobili siti nei centri storici e nelle zone residenziali di pregio, prendendo a riferimento i valori di mercato dei predetti immobili secondo le stime elaborate dall'osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio;
c) intervenire sulla disciplina dello scudo fiscale, prevedendo che i soggetti che vi hanno aderito siano chiamati a corrispondere un ulteriore 5 per cento su capitali «scudati»;
d) sostenere la proposta di direttiva della Commissione europea relativa ad un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie;
e) introdurre una sorta di ticket per i concessionari che partecipano a gare o procedure ad evidenza pubblica in materia di gioco e che abbiano contenziosi pendenti presso qualsiasi autorità giudiziaria, ivi compresa quella contabile, per atti o fatti inerenti alla medesima materia.
(7-00726) «Barbato, Messina».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
il tragico bilancio, ancora del tutto provvisorio, delle violente piogge abbattutesi su Liguria e Toscana il 25 ottobre 2011, conta finora dieci morti e tre dispersi;

le zone più colpite sono quelle del levante ligure, in provincia di La Spezia, e della Lunigiana, in particolare delle dieci vittime, secondo quanto comunicato dalle prefetture al dipartimento della protezione civile, otto si sono registrate in provincia di La Spezia, e due ad Aulla, in provincia di Massa Carrara;
alcune zone della Lunigiana, sono rimaste per giorni isolate, è mancata l'energia elettrica, l'acqua, l'erogazione del gas metano e non hanno funzionato né i telefoni fissi né i cellulari, inoltre ci sono stati cinque ponti crollati e 4-5 frazioni sono a tutt'oggi isolate a causa dell'eccezionale evento che l'ha colpita;
il comune di Aulla, in provincia di Massa Carrara, risulta uno dei più colpiti a seguito della esondazione del fiume Magra. Circa 300 persone sono state evacuate, e una cinquantina di esse sono state tratte in salvo dai vigili del fuoco, intervenuti con i gommoni. Da diverse testimonianze risulta che dopo la piena «normale» del fiume Magra, è arrivata un'ondata particolarmente violenta che ha inondato con fango e detriti il centro del paese;
una possibile spiegazione di detto comportamento anomalo della piena del fiume, è stato supposto da immagini e testimonianze di anziani della zona, che la diga Rocchetta con i suoi 76 metri d'altezza e 136 di larghezza a cavalcioni del torrente Teglia, possa essere stata aperta in modo improprio provocando una onda anomala che si è scaricata a valle sul comune di Aulla;
a sentire moltissimi abitanti del comune di Aulla e delle frazioni di Teglia e Castagnetoli del comune di Mulazzo, sembra che questa tragedia oltre che alla mano dell'incuria e del cemento ci sia anche il sospetto di un comportamento sbagliato da parte degli addetti della diga di Teglia, questo fatto sarebbe corroborato da quanto è accaduto a monte di Aulla, soprattutto nei 5 km del torrente Teglia dalla omonima diga fino alla confluenza con il fiume Magra, dove per tutto il corso del fiume sembra che l'acqua si sia comportata come uno «Tsunami» lasciandosi alle spalle un paesaggio lunare fatto di ghiaia e alberi divelti, infatti lì dove sorgevano allevamenti e colture di vigne ed uliveti, ora c'è solo un deserto di sassi e ghiaia, con alberi spezzati e numerose frane lungo le pareti del torrente Teglia alte 7-8 metri che sembrano causate da una «Bomba d'Acqua» che ha sbattuto come una biglia da una parte all'altra del corso d'acqua;
a poche ore dalla tragedia il capo dipartimento della Protezione civile. Franco Gabrielli, aveva escluso categoricamente che ci fosse stata un'immissione di acqua in maniera non corretta dalla diga, la notte dell'alluvione;
viene da chiedersi come mai, sapendo da domenica 23 ottobre del peggioramento del tempo, non è stato gradualmente svuotato l'invaso, contenente nei suoi 29 chilometri circa 5 milioni di metri cubi d'acqua, evitando di aggiungere altra acqua alla piena;
secondo Edison, gestore dell'invaso tutte le operazioni si sono svolte secondo le procedure, queste, a quanto si sa, prevedono in caso di piena l'apertura degli scarichi di fondo che fanno defluire le acque sotto l'alveo del fiume in modo graduale, evitando di peggiorare la situazione;
risultano particolarmente incriminate le paratoie alte di sommità della diga, che secondo alcuni potrebbe essere state azionate manualmente;
le testimonianze di chi ha risalito la Val di Magra-Valle del Teglia testimonia, senza conferme di certezza, che il paesaggio che si mostra non è quello di una alluvione ma piuttosto di una onda anomala che percorrendo il fiume ha portato con se insediamenti agricoli e alberi secolari, divelto ponti e scavato nella terra che poi si è riversata sottoforma di fango ad Aulla;
chi abita sul corso del fiume ha visto che alla mattina il corso era normale, e fino al pomeriggio si era ingrossato ma

senza preoccupare più di tanto, poi improvvisamente un muro d'acqua si è abbattuto non esondando ma portandosi via tutto quello che ha trovato sulla strada, in particolare alcuni testimoni oculari tra la popolazione della frazione di Castagnetoli del fiume di Mulazzo hanno affermato di aver avvertito rumori sinistri che provenivano dalla montagna, come delle «urla da film dell'orrore», provocate dagli alberi che venivano sradicati e spezzati con grande violenza, proprio qualche minuto prima che arrivasse quella massa d'acqua;
una strada asfaltata sulla sponda sinistra del torrente Teglia, costruita e ben tenuta dalla società Falck tra il '21 e il '38 del secolo scorso, che collega la frazione di Castagnetoli alla diga di Teglia, ad una altezza che varia da i 7-20 metri sul torrente Teglia, tale strada è stata interrotta da crolli e frane in 7-8 punti dall'onda anomala che ha letteralmente fatto venire giù pezzi lunghi d'asfalto;
Liguria e Toscana sono peraltro le regioni storicamente tra quelle più colpite dall'emergenza alluvioni e frane;
troppo spesso drammatici effetti prodotti da eventi calamitosi naturali che con cadenza annuale colpiscono le diverse regioni del nostro Paese, sono quasi sempre acuiti e drammaticamente amplificati da una gestione dissennata dei suoli e dei bacini idrografici, e dall'assenza di una rigorosa politica di pianificazione, manutenzione e prevenzione territoriale;
chiunque abbia un minimo di conoscenza di opere idrauliche sa che i fiumi si devono far scorrere nei centri abitati e ci devono essere argini per proteggere le città, che da secoli sorgono vicino ai corsi d'acqua, basti pensare a Roma e Parigi ed altre importanti metropoli, e che a monte devono essere eseguite opere di sicurezza idraulica come le casse di espansione, che a voler vedere nel caso di Aulla o non hanno funzionato o non sono state ben progettate dall'autorità di bacino, visto che non sono state realizzate per l'opposizione della popolazione e di certe amministrazioni, come nel caso specifico del comune di Filattiera, senza che il genio civile, l'autorità di bacino competente e la regione Toscana studiassero o realizzassero apposite opere idrauliche, alternative, complementari e/o supplementari per la messa in sicurezza dell'abitato di Aulla;
il quartiere Matteotti del comune di Aulla che si trova sul torrente Aulella e le scuole medie costruite nel '61 e le scuole elementari degli anni '30 sono state inondate dalla risalita del fiume Magra nel torrente Aulella ed a causa di questa onda anomala d'acqua, quindi creando una inondazione da Sud (da valle) a Nord (a monte) -:
quali immediate iniziative il Governo intenda assumere per far fronte all'emergenza conseguente al disastro che ha colpito in particolare la provincia di La Spezia e la Lunigiana;
quale sia la corretta interpretazione dei fatti accaduti e sopra riportati circa la diga di Rocchetta e se la procedura di immissione delle acque nell'invaso del Magra sia stata rispettata e non compromessa dall'errore umano;
se si ritenga verosimile che l'alluvione possa essere stata solamente procurata da una calamità naturale, da una piena duecentennale, che ha causato in Lunigiana e nella provincia di La Spezia, morti, feriti e danni all'economia locale, e se sia vero che in poche ore, nella giornata del 25 ottobre 2011, ci siano state precipitazioni d'acqua equivalenti a 2 dighe del Vajont che il 9 ottobre 1963 procurò morte e distruzione nella valle di Erto e Casso;
se non si ritenga assumere le opportune iniziative per accertare se la tragedia poteva essere evitata e se tutti i soggetti istituzionali coinvolti abbiano fatto il loro compito, dai comuni pre-allertati, alla regione per passare all'autorità di bacino competente su tutti i corsi d'acqua della zona, sulla tenuta e manutenzione degli argini e degli alvei dei fiumi e dei torrenti.
(2-01266)
«Barani, Baldelli».

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
il 25-26-27 ottobre 2011 si è svolto a Milano e a Cernobbio un meeting internazionale che ha segnato l'avvio ufficiale dei lavori dell'Expo 2015, ambizioso progetto non soltanto espositivo ma culturale e contenutistico che l'Italia si è aggiudicato nel 2008, dal tema «Nutrire il Pianeta. Energia per la vita»;
il tema della sicurezza dell'approvvigionamento alimentare è impegnativo e centrale rispetto all'Agenda dei principali organismi internazionali, tra cui la FAO e l'Unione europea. La recente giornata mondiale dell'alimentazione promossa dalla FAO è stata l'occasione per mettere a fuoco problematiche quali l'incertezza e la volatilità dei mercati, a fronte di una domanda di prodotti alimentari che per rispondere al fabbisogno di una popolazione mondiale in crescita dovrà subire un incremento del 70 per cento entro il 2050;
è evidente come in tale contesto il settore agricolo, nel suo ruolo primario di produzione di derrate alimentari, diventi strategico. È necessario, infatti, che venga mantenuto e rafforzato nella sua capacità di produzione alimentare sempre più competitiva, attraverso la diversificazione dei prodotti di alta qualità e di pregio, che rispondano a standard elevati di sicurezza, qualità e benessere, efficienza nutrizionale, disponibilità. È necessario, nel contempo, che le stesse produzioni vengano prodotte in modo sostenibile, attraverso una gestione sostenibile delle risorse naturali, ambientali e sociali, nel rispetto degli obiettivi di sostenibilità che sono gli obiettivi non solo dell'Unione europea ma del Millennio;
l'Esposizione universale sarà quindi una vetrina strategica per esporre, promuovere, valorizzare le produzioni alimentari tipiche dei nostri territori, così come i processi, i modelli di gestione sostenibile innovativi, che sintetizzino la vision italiana su quello che è lo sviluppo sostenibile delle imprese e dei territori;
occorre tener conto della complessità e della strategicità del tema, delle finalità dell'Expo 2015, dei tempi ristrettissimi che rimangono per predisporre un padiglione Italia all'altezza dell'evento e del ruolo che nell'evento ricopre l'Italia stessa -:
se si ritenga urgente, in considerazione di quanto esposto in premessa, nonché dei tempi brevi per l'inizio dell'Esposizione (così come sollecitato dal presidente della regione Lombardia, dal sindaco di Milano e da Expo spa), procedere quanto prima alla nomina di un commissario che si occupi della progettazione e della realizzazione del «padiglione Italia in Expo 2015» e che, essendo il tema dell'alimentazione il tema centrale, si preoccupi anche del coinvolgimento di tutte quelle organizzazioni economiche e non, di settore, che dovranno contribuire a rendere tale padiglione il più attraente dell'esposizione stessa, tanto più in una congiuntura economica dove un'occasione di questo tipo può solo rappresentare un motivo di rilancio economico del sistema Italia.
(2-01268)
«Vitali, Calabria, Torrisi, Sisto, Cassinelli, Costa, Paniz, Lisi, Scelli, Ventucci, Laboccetta, Zacchera».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il comune di Asola (Mantova) è stato duramente colpito dall'alluvione, che si è abbattuta prevalentemente sul Veneto, nel novembre 2010;
ad un anno di distanza da quel drammatico evento meteorico, famiglie ed imprese che hanno subìto danni non hanno ottenuto alcun risarcimento dalla regione Lombardia e dallo Stato;

le famiglie e le imprese coinvolte nel nubifragio hanno pubblicamente denunciato il giusto sdegno nei confronti delle istituzioni pubbliche per l'atteggiamento di assoluto disinteresse perpetrato nei loro confronti;
in questo quadro, vanno registrate le dichiarazioni pubbliche del consigliere regionale Claudio Bottari, rilasciate alla Gazzetta di Mantova il 1o novembre 2011, secondo le quali: «ho contattato telefonicamente i tecnici di Giunta e mi hanno assicurato che la procedura di stanziamento dei fondi da parte del Governo è alle battute finali. C'è già il provvedimento ministeriale di accoglimento della richiesta avanzata dalla Regione ed ora si attende il decreto di riparto dei fondi statali. Si parla dello sblocco di risorse per un valore del 30 per cento circa dell'ammontare dei danni subìti dai fabbricati che è più o meno quello che si è sempre stanziato in situazioni analoghe, ma su questo dobbiamo attendere il riparto ministeriale»;
tali dichiarazioni non sono state smentite;
sarebbe opportuno che il presunto stanziamento pari al 30 per cento dell'ammontare dei danni complessivi sia incrementato -:
se quanto esposto in premessa trovi conferma e, nel caso di risposta affermativa, se intenda procedere urgentemente nella distribuzione delle risorse finanziarie destinate agli alluvionati di Asola (Mantova), assicurando un incremento dello stanziamento (30 per cento dell'ammontare dei danni complessivi).
(5-05684)

MARCO CARRA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
lunedì 7 novembre 2011, il territorio del comune di Pegognaga a (Mantova) è stato duramente colpito da un evento alluvionale di carattere eccezionale;
le stime del consorzio di bonifica «Terre di Matilde», soggetto territorialmente competente nella gestione dei corsi d'acqua, affermano che, in meno di due ore, sono caduti su Pegognaga circa 200 millimetri d'acqua, cioè quanto piove mediamente in circa quattro mesi;
le stime sopra richiamate certificano la straordinarietà dell'evento meteorico che ha determinato gravi danni a famiglie ed imprese;
l'amministrazione comunale di Pegognaga ha, giustamente, annunciato di voler formulare la richiesta per il riconoscimento dello «stato di calamità naturale» -:
se il Governo intenda riconoscere lo «stato di calamità naturale» quale condizione fondamentale per sostenere finanziariamente le famiglie, le imprese e l'ente locale così duramente colpiti dall'alluvione del 7 novembre 2011.
(5-05690)

TOCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
notizie giornalistiche e dei Comitati dei cittadini comunicano che l'ex Palazzo della cassa depositi e prestiti sito in piazza Dante, nel rione Esquilino a Roma, sarebbe stato acquistato dai servizi segreti;
i lavori di ristrutturazione sarebbero in procinto di partire;
per la realizzazione di tali lavori, che prevedono la demolizione degli ultimi due piani e la costruzione di un parcheggio sotterraneo, è stata verbalmente comunicata la chiusura della piazza antistante per permettere la costruzione dei parcheggi sotterranei e l'utilizzo di tale spazio come magazzino del cantiere;
le notizie vengono raccolte spesso informalmente in quanto l'amministrazione comunale non ha comunicato ai cittadini gli estremi del progetto, la tempistica e l'impatto sul territorio;
piazza Dante, da tempo, è al centro di richieste di riqualificazione da parte dei cittadini ma è anche uno spazio importante

per una zona del rione Esquilino. Tra l'altro su piazza Dante si è appena concluso l'iter del bando per l'assegnazione di un chiosco bar che avrebbe contribuito a avviare una riqualificazione ed un diverso utilizzo dello spazio. Con la chiusura della piazza questa riqualificazione verrebbe rimandata di anni;
accentrare in un palazzo del I Municipio, nel centro storico di Roma, molti uffici sparsi per la città è contrasto con una politica del decentramento che dovrebbe caratterizzare tutti gli interventi delle pubbliche amministrazioni;
il rione Esquilino è una zona della città che necessita di grande sostegno perché è zona di frontiera e di innovazione, di confronto e di differenze, rione sempre in bilico tra esempio di integrazione e difficoltà di convivenza;
molti spazi del rione avrebbero bisogno di riqualificazione e di attenzione da parte del comune. Chiudere, invece di riqualificare, uno spazio come piazza Dante significherebbe ridurre ulteriormente luoghi di vita e infliggere una ferita al ricchissimo tessuto di cittadini, comitati e associazioni del rione;
il consiglio del I Municipio di Roma ha approvato all'unanimità una mozione nella quale si chiedono informazioni dettagliate riguardo l'impatto dei lavori e i disagi conseguenti;
in consiglio comunale è stata presentata in data 17 ottobre 2011 un'interrogazione urgente al sindaco e all'assessore competente -:
quali siano le previsioni sui tempi dell'intervento, l'impatto sui luoghi e se sia possibile prevedere un intervento che non sottragga la piazza ai cittadini.
(5-05700)

Interrogazioni a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO e EVANGELISTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nella giornata di domenica 12 dicembre 2010 il signor Anhdy Saidou Gadiaga, operaio di 36 anni, risultato privo di documenti a un controllo di una pattuglia dei carabinieri, è stato arrestato per tale motivo e condotto nella camera di sicurezza della caserma dei carabinieri di Brescia in applicazione;
come è noto, Alhdy, che soffriva di una grave forma d'asma ed è stata la prima cosa di cui ha informato i carabinieri quando quel venerdì pomeriggio l'hanno portato in caserma, è morto dopo un attacco d'asma in quella cella;
la sua agonia è visibile in un video agghiacciante pubblicato sul sito repubblica.it che offre un nuovo elemento, all'epoca sottovalutato forse, per riaprire la vicenda da subito apparsa controversa;
va detto che la magistratura, a suo tempo, aveva aperto un'inchiesta sulla sua morte che però si è conclusa con la richiesta di archiviazione sebbene molti erano i punti non chiariti -:
di quali informazioni ulteriori disponga il Governo circa i fatti riferiti in premessa;
se non si ritenga di avviare una verifica amministrativa interna al fine di accertare l'esistenza di eventuali profili di responsabilità e/o di illiceità disciplinare nella condotta dei carabinieri che hanno tenuto in custodia Saidou Gadiaga Elhdj, anche alla luce del filmato citato.
(4-13869)

MARINELLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 26 ottobre 2011 il vice ambasciatore di Libia all'Onu, Ibrahim Dabbashi, davanti al Consiglio di sicurezza, ha garantito che «Nessun rivoluzionario ha sparato contro Gheddafi dopo il suo arresto», e che Muammar Gheddafi «non è

stato giustiziato dai ribelli ma è stato ferito in un conflitto a fuoco tra lealisti e rivoluzionari»;
il 27 ottobre 2011 il Ministro della difesa Ignazio La Russa, intervenendo al Senato sulla missione militare in Libia, ha ricordato che «la morte di Gheddafi non rientrava negli obiettivi militari della Nato», sottolineando l'esigenza di «porre domande sulle modalità della morte di Gheddafi e di ottenere risposte»;
il 9 novembre 2011 Mahmoud Jibril, capo del Governo provvisorio libico ha dichiarato, in una intervista alla Cnn, di cui parla il quotidiano algerino Libertè, che Muammar Gheddafi è stato assassinato per ordini che venivano «da una parte straniera» e che «quest'uomo aveva delle relazioni con molti Paesi e molti capi» di Stato, aggiungendo che non gli ha fatto piacere l'assassinio di Gheddafi, perché, se catturato, molti dei suoi segreti avrebbero potuto essere divulgati;
Mahmoud Jibril ha aggiunto che, pur non avendo alcuna prova dell'assassinio, se gli insorti avessero voluto uccidere Gheddafi l'avrebbero fatto subito ed «Il fatto che sia stato catturato, guardato a vista per un momento, e poi sia stato assassinato è la prova che i ribelli hanno ricevuto l'ordine di ucciderlo»;
la famiglia di Muammar Gheddafi intende denunciare la Nato ed i singoli capi di governo che ne fanno parte, per crimini di guerra al tribunale penale internazionale dell'Aja;
il vice presidente del Consiglio nazionale di transizione (CNT) libico, Abdel Hafiz Ghoga, ha annunciato che i responsabili dell'uccisione di Muammar Gheddafi saranno «giudicati» e avranno un «processo equo» e che un'indagine è «già stata avviata», ricordando che il CNT ha diffuso un «codice etico sui prigionieri di guerra», pur ammettendo che ci sono state violazioni, ma che si è trattato di «atti individuali» e non di rivoluzionari;
la morte del Colonnello libico ha suscitato forti condanne internazionali ed in particolare dalla Russia, le cui alte fonti diplomatiche affermano che gli ultimi sviluppi saranno «senza dubbio» al centro dei colloqui tra il presidente russo Dmitri Medvedev e il presidente Usa Barack Obama a Honolulu, a margine del Vertice Apec dell'11 e 12 novembre 2011 -:
se, alla luce di quanto sopra, il Governo non ritenga di dover intervenire in sede internazionale, ed in particolar modo presso il tribunale penale internazionale dell'Aja, affinché il processo contro i responsabili dell'uccisione del Colonnello Gheddafi e della sua scorta, non si trasformi né in una vendetta della famiglia contro la Nato né possa dare adito a sospetti nel volerlo trattare come una semplice questione di ordine interno al Governo libico di transizione.
(4-13872)

ROSSA - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
un'eccezionale ondata di maltempo, caratterizzata da abbondanti precipitazioni ha, come è tristemente noto, duramente colpito lo scorso 25 ottobre le province di La Spezia e Massa Carrara, e il 4 novembre ha pesantemente investito il territorio della città di Genova;
le fortissime precipitazioni hanno causato l'esondazione di numerosi corsi d'acqua e l'allagamento di centri abitati, oltreché movimenti franosi e fenomeni di dissesto idraulico;
al momento il tragico bilancio è di undici vittime e due dispersi nella provincia di La Spezia e di sei vittime nella città di Genova;
sono moltissimi i danni provocati alle infrastrutture, agli edifici pubblici e privati ed ai beni mobili per una stima di 200 milioni di euro;
per la messa in sicurezza della città di Genova è stata stimata una cifra che si aggira, per difetto, intorno ai 400 milioni di euro, mentre i danni subiti dalla provincia di La Spezia ammontano a circa un miliardo di euro e quelli della provincia di

Massa-Carrara sono stimati intorno ai 100 milioni di euro per quanto riguarda le infrastrutture, beni mobili ed immobili, attività commerciali e agricole;
a causa di tali avversità atmosferiche è stato dichiarato in data 28 ottobre 2011 lo stato di emergenza;
nel 2002 è stato istituito, presso la Commissione europea (direzione generale della politica regionale), un Fondo di solidarietà per far fronte alle gravi calamità naturali (fondo di solidarietà dell'Unione europea (FSUE), istituito con regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio, dell'11 novembre 2002), allo scopo di far fronte alle grandi catastrofi naturali e offrire un aiuto finanziario agli Stati colpiti;
l'intervento dei fondo mira ad integrare gli sforzi dello Stato beneficiario, gli interventi urgenti ammessi al fondo, destinati a far fronte ai danni non assicurabili, sono i seguenti:
a) ripristino immediato delle infrastrutture e delle attrezzature nei settori dell'elettricità, delle condutture idriche e fognarie, delle telecomunicazioni, dei trasporti, della sanità e dell'istruzione;
b) realizzazione di misure provvisorie di alloggio e organizzazione dei servizi di soccorso destinati a soddisfare le necessità immediate della popolazione;
c) messa in sicurezza immediata delle infrastrutture di prevenzione e misure di protezione immediata del patrimonio culturale;
d) ripulitura immediata delle zone danneggiate, comprese le zone naturali;
e) attivazione del Fondo di solidarietà europeo di cui sopra spetta al Governo nazionale, che deve richiedere le sovvenzioni entro dieci settimane dall'evento calamitoso -:
se non ritenga urgente e necessario attivarsi immediatamente per accedere ai finanziamenti del fondo di solidarietà per le grandi calamità dell'Unione europea (FSUE), evitando così di fare scadere i termini presso la Commissione europea, al fine di richiedere una contribuzione straordinaria per affrontare i terribili danni prodotti dall'alluvione che ha colpito le regioni Liguria e Toscana, e in particolare le province di Genova, La Spezia e Massa Carrara.
(4-13896)

GENOVESE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 ottobre 2009, è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione alla grave situazione determinatasi a seguito delle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi il 1o ottobre 2009 nel territorio della provincia di Messina;
con un successivo decreto il Presidente del Consiglio dei ministri il 19 febbraio 2010, ha dichiarato lo stato di emergenza in ordine ai gravi dissesti idrogeologici che hanno interessato il territorio della provincia di Messina nei giorni dall'11 al 17 febbraio 2010;
considerata l'estrema gravità della situazione in cui versavano e versano quei territori e le popolazioni residenti e la conseguente necessità di procedere immediatamente a reperire le necessarie risorse finanziarie, il 18 ottobre 2010 il commissario delegato - presidente della regione siciliana - ha chiesto di poter utilizzare le risorse finanziarie previste nel PAR-FAS 2007-2013, specificando con una nota successiva la grave situazione finanziaria in cui versano le contabilità speciali intestate al medesimo commissario, in quanto non dispongono di adeguate risorse per fronteggiare gli eventi calamitosi in questione;
con l'ordinanza n. 3961 del 2 settembre 2011 - disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare le eccezionali avversità atmosferiche verificatesi il 1o ottobre 2009 nel territorio della provincia di Messina - il Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e su

proposta del capo del dipartimento della protezione civile, ha stanziato la somma di 160 milioni di euro al fine di far fronte allo stato di emergenza di cui sopra disponendo all'articolo 1, comma 2: «Al fine di garantire che non vi siano impatti per la finanza pubblica non considerati a legislazione vigente, le risorse di cui al comma 1 sono trasferite sul bilancio regionale. La regione con proprio provvedimento dispone il successivo trasferimento, nel rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno, sulla contabilità speciale n. 5431 intestata al Commissario delegato Presidente della regione siciliana, per far fronte ai relativi interventi»;
è apparso subito evidente sia al presidente della regione siciliana che al capo della protezione civile, Franco Gabrielli, che procedendo in tal modo la procedura di trasferimento delle risorse per il tramite del bilancio della regione siciliana non avrebbe permesso di utilizzare nell'immediato i fondi stanziati. Questo perché gli obiettivi fissati dal patto di stabilità per l'anno 2011 per la regione siciliana non consentono al dipartimento della protezione civile, che funge da struttura di supporto al commissario, di utilizzare le somme stanziate nell'ordinanza;
a nulla sono valsi gli appelli di rappresentanti politici ed istituzionali a porre rimedio a tale errore, sempre che di errore si tratti;
a conferma di tali fondate preoccupazioni è giunta la nota inviata dal ragioniere generale dello Stato all'ufficio legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze, oltre che alla protezione civile, con la quale si sostiene che non è possibile utilizzare i 160 milioni di euro stanziati per i comuni di Messina (Giampilieri), Scaletta Zanclea e San Fratello a causa dei vincoli del patto di stabilità interno per l'anno 2011;
la situazione venutasi a creare, di fronte a quelle che appaiono all'interrogante inopinate scelte, rende impossibile nel breve periodo l'opera di ricostruzione dei centri alluvionati, l'assistenza alle popolazioni colpite ed il rientro a casa degli sfollati;
a fronte della solerzia dimostrata dal Governo nell'intervenire a favore di altre porzioni di territorio colpite da analoghe calamità, si sta facendo strada nei cittadini della provincia di Messina la convinzione di essere stati abbandonati al proprio destino e privati della più elementare attenzione da parte dell'attuale esecutivo -:
quali iniziative il Governo abbia intenzione di adottare al fine di emanare, in tempi brevissimi, una nuova ordinanza che renda immediatamente utilizzabili le somme stanziate.
(4-13900)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'Aero Club d'Italia è un Ente pubblico non economico finanziato con contributi del CONI e dei Ministeri Vigilanti e con l'imposizione di tariffe a carico di titolari di attestati e proprietari di apparecchi per il volo da diporto sportivo, quote a carico di affiliati e altri utenti dell'Ente;
da organi di stampa, ad esempio il numero di novembre di Volo Sportivo (www.volosportivo.com), si è appreso che sarebbe giunto alla quinta edizione un ricevimento denominato «Galà del volo» per circa 400 euro a persona comprensivo di: catering per utilizzo di tavoli, sedie, ombrelloni, e ogni altro oggetto utile per l'evento, nonché addobbi, straordinari per il personale, spedizione inviti, hostess, gadget, regali;
nell'edizione 2011 del suddetto galà, per intrattenere gli ospiti, sarebbe anche stato ingaggiato il comico Max Giusti;

a partire dal 2010, con delibera consiliare del 28 novembre 2009, sono state aumentate le quote di federazione agli Aero Club e le spese da sostenere dalle associazioni per essere federate, in particolare è stato annullato il beneficio della quota agevolata per i primi 3 anni di federazione anche a quegli Aero Club che erano stati appena federati e che avevano richiesto la federazione contando su detta agevolazione che, invece, si è ridotta ad un solo anno;
è stata inserita la quota di ammissione di 2.600 euro, sono state aumentate le quote per scaglioni di soci, per ogni specialità, e le quote delle Federazioni Sportive Aeronautiche;
nello statuto predisposto dal commissario straordinario e proposto all'approvazione della Presidenza del Consiglio, dei ministeri vigilanti - Difesa, Interni, Economia e finanze, Infrastrutture e trasporti, Beni e attività culturali - e del CONI, all'articolo 28, commi 2 e 3, sono stati triplicati i posti di qualifica dirigenziale, l'attuale statuto, all'articolo 33, comma 2, ne prevede uno in tutto e quello proposto al comma 3 dell'articolo 28 ne prevede due più il direttore generale, inserendo la possibilità di nomina di un dirigente ex articolo 19, comma 6, n. 165 del 2001 al di fuori dei limiti percentuali imposti dallo stesso articolo di legge, come anche ribadito dalle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 150 del 2009 che ha fissato criteri di calcolo;
lo statuto ha anche annullato di fatto le federazioni sportive e la rappresentatività di tutte le migliaia di associazioni che in esse si riconoscono laddove nell'articolo 6 della nuova versione non è più previsto che facciano parte dell'Aero Club d'Italia le federazioni sportive aeronautiche, presenti nell'attuale versione; è altresì assente la sezione delle suddette federazioni e mancano i princìpi informatori dello statuto delle federazioni, presenti invece in coda all'attuale versione dello statuto;
all'inizio di settembre 2011 si sono tenute le celebrazioni del centenario dell'ente presso il Circo Massimo in Roma, presumibilmente costate centinaia di migliaia di euro come riportato in articoli di stampa specializzata, ad esempio editoriale di Rodolfo Biancorosso pubblicato su Volo Sportivo, comprensive anche di gazebo, palco da concerto alto circa 15 metri, utilizzo di suolo pubblico, esibizioni varie di aerei, spettacolo di vari comici come Maurizio Battista, Lillo e Greg e The Blues Willies Band, Andrea Perroni, Lallo Circosta, Oscar Biglia, Augusto Fornari, e con la presentazione di Riccardo Rossi, come si evince da locandina pubblicata per l'evento e affissa pubblicamente;
nell'ottobre del 2009 vengono svolte le elezioni per il rinnovo quadriennale del Consiglio Federale di AeCI, ma il Consiglio Federale eletto non è mai entrato in funzione, la ragione risiederebbe nell'incompatibilità dei presidenti di federazione a ricoprire l'incarico di Consigliere Federale, per questo motivo il consiglio federale decaduto ha continuato a deliberare per un anno su questioni di straordinaria amministrazione, anche se ciò non è ammesso dal decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293 (articoli 1, 2, 3 e 6) che prevede al massimo 45 giorni di proroga e solo per atti di ordinaria amministrazione, ciò è stato anche oggetto di pubblica denuncia con una petizione on line (http://www.firmiamo.it/aeci) -:
a quanto ammonti il costo sopportato dall'ente Aero Club d'Italia per l'organizzazione della quinta edizione del ricevimento denominato «Galà del volo» e per le celebrazioni del centenario dell'ente presso il Circo Massimo in Roma;
se durante l'evento denominato «Galà del volo» sia stato regalato un orologio da 3.700 euro all'attore di fiction Luca Ward per avere presenziato alla cena; quali gadget e/o regali sono stati distribuiti durante l'evento e per quale importo; se risulta che in tale occasione sono stati spesi 36.000 euro di compenso più 1.312 di SIAE per l'esibizione dell'attore comico Max Giusti;
se il Ministero dell'economia e delle finanze abbia autorizzato le suddette spese

di gioielleria, catering e spettacoli, in caso contrario se ravvisi una violazione del decreto-legge n. 78 del 2010 o, in alternativa, rischi per l'erario;
quale parere intendano dare la Presidenza del Consiglio dei ministri, i Ministeri in indirizzo e il CONI sulla proposta di nuovo statuto, in particolare se non si ravvisino rischi di violazione di legge sul previsto incremento del numero dei dirigenti e la possibilità di nomina degli stessi senza concorso.
(4-13901)

RUBEN. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il presidente del Palermo Calcio Maurizio Zamparini, durante un'intervista rilasciata a SportMediaset sabato 5 novembre 2011, si è lasciato andare ad alcune considerazioni di sapore antisemita;
egli ha dichiarato, nell'ambito di questa intervista e riferendosi ad una sua diatriba con il procuratore del giocatore argentino Javier Pastore per una presunta estorsione di denaro, che preferirebbe «dare questi 10 milioni invece che a Simonian, in beneficenza (...) vanno ristabilite le regole, perché non è possibile che questi soldi vadano a certa gente che opera in modo scorretto»;
ha, inoltre, aggiunto che «una cosa simile in un ambito diverso accade in America dove ci sono avvocati per la maggior parte di estrazione ebraica che aspettano i propri futuri clienti fuori dai tribunali e ospedali, promettendo consulenze gratuite che poi si rivelano invece con percentuali di provvigioni altissime, anche del 50 per cento»;
questo tipo di dichiarazioni, peraltro non pertinenti all'argomento trattato, dimostrano, ancora una volta, come il pregiudizio antisemita sia diffuso in qualsiasi ambito e quanto sia grave passarlo sotto silenzio;
nelle ultime settimane il Parlamento ha pubblicato l'indagine conoscitiva sull'antisemitismo dalla quale si è potuto evincere che negli ultimi tempi si è registrato in Italia un preoccupante e costante incremento su Internet e sui social network di siti di tipo razzista;
tale indagine ha evidenziato che il 44 per cento della popolazione italiana mostra qualche pregiudizio o atteggiamento ostile agli ebrei che, nel 12 per cento dei casi, diventa vero e proprio antisemitismo che rimanda a volte al pregiudizio classico, altre al pregiudizio legato all'esistenza dello stato di Israele;
l'indagine rileva anche l'esistenza di una percentuale molto elevata (talvolta superiore alla metà del campione) che non concorda né dissente con le affermazioni proposte;
è proprio questa area grigia, di apparente neutralità, talvolta dovuta alla mancanza di conoscenza del tema, che sembra essere soprattutto foriera di complicità silenziosa -:
se non ritenga opportuna ogni iniziativa di competenza per contrastare ogni forma di antisemitismo, anche alla luce delle sconcertanti dichiarazioni riportate in premessa.
(4-13905)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:

MARCAZZAN. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
con atto di sindacato ispettivo n. 3-01281 era stata segnalata la vicenda che ha coinvolto il signor Angelo Malavasi, artigiano 45enne di Mirandola ma residente a Casalgrande (Reggio Emilia), arrestato e trasferito nel carcere de la Condesa nei pressi de L'Avana-Cuba;
al Malavasi sarebbero state mosse accuse pesantissime (spaccio di droga, corruzione ed omicidio di una ragazza cubana), ma, a detta del legale, cui è stata

affidata la difesa non si è potuto accedere agli atti o avere puntuali ed ufficiali informazioni circa la posizione del Malavasi, che fu arrestato nell'ambito di una poderosa retata in cui finirono in carcere una decina di cubani e altri due italiani: Simone Pini, di Firenze, e Luigi Sartorio, di Vicenza;
tutti e tre gli italiani si sono sempre dichiarati innocenti: Pini e Sartorio si trovavano in Italia il giorno in cui fu commesso l'omicidio della ragazza, Malavasi era a Cuba, ma altrove. In più occasioni i tre italiani hanno dichiarato che la polizia cubana ha loro estorto dichiarazioni accusatorie;
il Sottosegretario Mantica nella seduta del 5 aprile 2011 aveva assicurato la massima assistenza al nostro connazionale e vigilato sul corretto svolgimento del procedimento giudiziario;
il processo ad Angelo Malavasi, che viveva a Cuba con una ragazza del posto di cui si era innamorato e dove aveva proseguito la propria attività di riparatore di orologi, si è concluso nei giorni scorsi con una condanna a 25 anni;
una sentenza che arriva dopo 14 mesi di reclusione, durante i quali il Malavasi ha sempre manifestato la propria estraneità ai fatti, chiedendo aiuto per il dramma che stava vivendo -:
se non ritenga di adottare ogni utile iniziativa diplomatica al fine di verificare la possibilità di un atto di clemenza del Governo cubano o al fine di assicurare che il Malavasi possa avere una revisione del processo e possa scontare la pena in Italia.
(3-01940)

Interrogazione a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'utilizzo della lingua italiana, patrimonio storico e culturale del Paese e straordinario veicolo di diffusione dell'arte e dell'ingegno del popolo italiano rischia di essere compromesso in Svizzera, dove, tra l'altro, è una delle lingue ufficiali, in virtù di discutibili iniziative politico-amministrative;
dopo San Gallo, anche il Consiglio di Stato del canton Obvaldo abolirà l'italiano come opzione specifica dalla Kantonschule Obwalden di Sarnen;
contro questa decisione è stata lanciata una raccolta di firme, promossa dall'Associazione svizzera dei professori di italiano, il gruppo «Italiano a scuola», la Pro Grigioni italiano e il Dipartimento educazione, cultura e sport del Ticino;
un'indagine elvetica sulla vitalità dell'italiano testimonia che, nel canton Osbaldo, ogni anno sono mediamente 10 gli allievi che scelgono lo studio di questa lingua: un numero affatto esiguo nonché superiore a quello di cantoni vicini;
non bisogna dimenticare che la comunità italiana in Svizzera, con circa 500.000 cittadini italiani tra residenti e lavoratori pendolari, tra cui molti frontalieri, rappresenta in assoluto la principale comunità italiana all'estero;
il forte legame tra Italia e Svizzera ha radici consolidate e interessa tutti gli ambiti della vita dei due Paesi, dal versante economico commerciale alla cooperazione transfrontaliera, dalla cultura all'ambito energetico;
la progressiva cancellazione della lingua italiana, da sempre elemento di arricchimento individuale e collettivo, mette in evidenza un palese rischio di marginalizzazione e oblio dello straordinario patrimonio culturale di cui il nostro Paese è indiscusso portatore;
di fronte al rischio evidenziato, è necessaria, a parere dell'interrogante, un'intensa attività di promozione da parte delle istituzioni italiane, il cui carente intervento rende piuttosto manifesto un

latente disinteresse, testimoniato anche dalla cospicua opera di chiusura degli istituti italiani di cultura su tutta la rete estera;
proprio il disinteresse delle istituzioni italiane potrebbe essere un fattore di agevolazione per la cancellazione dell'italiano dalle scuole elvetiche;
è da notare che la Costituzione federale e la legge sulle lingue nazionali elvetiche tracciano una linea diametralmente opposta sulle questioni culturali e linguistiche, evidenziando la necessità di arricchire la diversità culturale e linguistica e promuovere la mutua conoscenza tra le regioni del Paese, anche al fine di consentire una opportuna coesione nazionale -:
se non ritengano opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, avviare le opportune iniziative, anche a livello diplomatico, per scongiurare la cancellazione dell'italiano da lingua ufficiale d'insegnamento nelle scuole pubbliche elvetiche;
quali progetti di cooperazione e promozione culturale siano attualmente attivi tra l'Italia e la Confederazione elvetica e come si intenda valorizzarli alla luce di quanto tracciato in premessa;
quali iniziative intendano avviare per promuovere la diffusione della lingua e della cultura italiana all'estero, segnatamente nella Confederazione elvetica alla quale ci lega una profonda contiguità geografico-culturale.
(4-13874)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

NASTRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il recente incidente avvenuto all'interno della raffineria Sarpom, alla fine del mese di ottobre 2011 nel comune di Cerano, a seguito di un incendio che ha interessato una colonna di distillazione secondaria determinandone un inquinamento ambientale sia nell'area interessata che nelle zone limitrofe, pone un serio problema strutturale di sicurezza, che, a giudizio dell'interrogante, non deve essere sottovalutato e richiede investimenti mirati, per rassicurare le comunità locali, al fine di garantirne la tutela del territorio;
la suddetta impresa di raffineria rappresenta, inoltre, un polo industriale, unitamente alle altre aziende del comparto chimico dell'area di Trecate, di primaria importanza per l'occupazione e lo sviluppo del territorio, i cui livelli di sicurezza e di salvaguardia per i lavoratori appaiono conseguentemente requisiti imprescindibili ai fini di qualsiasi attività industriale e, in particolare, di un comparto come quello delle raffinerie di petrolio, con un forte impatto ambientale;
il suesposto incidente all'interno della medesima azienda, non rappresenta un caso isolato, ma invece è l'ultimo di una serie di eventi negativi e pericolosi, che si ripetono con maggiore frequenza -:
quali iniziative urgenti di competenza, intenda intraprendere, al fine di assicurare più elevati livelli di sicurezza all'interno e nelle aree limitrofe della raffineria Sarpom di cui in premessa;
se non si intenda infine avviare, in considerazione dell'importanza e della rilevanza industriale, che l'impresa riveste nel novarese e in tutto il Piemonte, opportune verifiche, per quanto di competenza, al fine di fare luce sulle cause dell'incidente, esposto in premessa, che hanno provocato un inquinamento ambientale all'interno della stessa raffineria e nei comuni limitrofi, e determinare una maggiore tutela e salvaguardia del territorio e delle comunità locali dell'area interessata.
(4-13873)

ZAZZERA e DI STANISLAO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel 2010 le acque della foce carmosina, a Margherita di Savoia (BAT) hanno improvvisamente assunto una colorazione rossastra, ma al fenomeno, nonostante diversi tavoli tecnici convocati dall'assessorato all'ambiente, non è stata data alcuna spiegazione;
durante l'inizio di luglio 2011 di nuovo la foce carmosina ed il mare adiacente si sono colorati di rosso. Dopo circa due mesi dal fatto, l'agenzia regionale per l'ambiente (ARPA) ha pubblicato gli esiti delle analisi effettuate: «I risultati sui tre campioni prelevati in due punti del Canale cinque metri (all'inizio del Canale a cielo aperto e 500 metri a valle dello scarico del depuratore comunale di Trinitapoli) ed in un punto di un Canale confluente nello stesso Canale cinque metri, hanno evidenziato valori elevati di contaminazione fecale (oltre 10UFC/100ml di F.coli) ed inquinamento Chimico da sostanze organiche in relazione alla categoria di corpo idrico in esame. I risultati delle acque di balneazione hanno evidenziato per tutti i punti valori nei limiti per singolo campione previsti dall'Allegato A al decreto 30 marzo 2010. Si fa presente, comunque, che le correnti meteo-marine alla Foce causano la discontinuità del fenomeno influenzando l'esito dei risultati»;
tuttavia, nonostante l'accertato malfunzionamento dell'impianto di depurazione di Trinitapoli, le analisi effettuate dall'ARPA non chiariscono affatto le cause della colorazione rossastra delle acque;
questo fenomeno, oltre ad essere un vero e proprio scempio ambientale, sta causando gravi danni all'economia di una località turistica come Margherita di Savoia;
inoltre, all'interrogante risulta che nel frattempo quelle acque vengono prelevate dalla salina per la produzione del sale -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa, in particolare, di quali elementi disponga sulle cause della colorazione rossastra delle acque della foce carmosina, a Margherita di Savoia (BAT).
(4-13886)

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
come riportato dalle agenzie di stampa nazionali e da un articolo di Giuliano Foschini, pubblicato su La Repubblica dell'8 novembre 2011, il Governo Berlusconi sarebbe intenzionato a promuovere una modifica alla vigente legge sull'elettromagnetismo. Arrivando così ad innalzare fino al 70 per cento gli attuali limiti per gli impianti di telefonia mobile;
tutti i presidenti delle Agenzie regionali per l'ambiente d'Italia e l'Ispra denunciano il fatto che, se così fosse, tra qualche mese si potrà navigare più velocemente con la tecnologia 4G, ma contemporaneamente si correrà il rischio ammalarsi con più frequenza di cancro. Spiega infatti Giorgio Assennato, presidente dell'AssoArpa, associazione che raggruppa tutte le Arpa italiane: «(Poiché di notte la potenza è notevolmente ridotta), la nuova disposizione permette che la popolazione nelle ore diurne possa essere esposta a valori di campo di gran lunga superiori a quelli dell'attuale normativa». Correndo così gravi rischi per la salute;
i cambiamenti in via di stesura sarebbero stati dettati dall'esigenza di adeguarsi alla super connessione LTE per i cellulari di 4a generazione;
all'indomani dell'asta per l'assegnazione delle frequenze della telefonia mobile, i principali operatori hanno individuato infatti nei sistemi di quarta generazione, la sopraddetta long term evolution o 4G, come frontiera da raggiungere. Entro 2 anni, secondo le intenzioni di TIM, Vodafone, Wind e 3 Italia, sarà lanciato il

servizio. Complessivamente si tratta dell'installazione di 20.000 antenne per i cellulari;
per quanto detto, secondo una simulazione Arpa, i nuovi impianti radio-TV avrebbero una soglia più alta del 30 per cento e quelli mobili del 70 per cento. «Un deciso passo indietro rispetto a quanto stabilito dalla vecchia legge che contribuirebbe ad alimentare il clima di sfiducia dei cittadini nei riguardi delle istituzioni. Il decreto rischierebbe, infatti, di riportare il paese indietro di dieci anni, in una situazione di conflitti sociali che allo stato attuale delle cose sembrava ampiamente superata grazie all'attività di controllo, informazione al cittadino e trasparenza dell'azione amministrativa», commenta l'Ispra;
lo IARC, International Agency for Research on Cancer, ha inoltre reso noto di aver classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza come possibilmente cancerogeni per l'uomo;
l'Italia, sia per clienti di telefonia mobile e sia per servizi offerti, risulta un primario mercato di telefonia mobile a livello mondiale: sviluppatosi nonostante il Paese abbia una normativa vigente con limiti di emissione severi -:
se tale modifica alla sopraccitata normativa sia effettivamente in via di introduzione e quali iniziative urgenti intendano mettere in campo i Ministri interrogati per riconsiderare la modifica della normativa sulle emissioni elettromagnetiche che, ad oggi, non terrebbe conto di quanto emerso da numerosi e reputati studi scientifici internazionali e che disconoscerebbe lo spirito di cautela dai rischi connessi alla salute umana della legge tuttora vigente;
se non sia utile costituire un tavolo tecnico, di concerto con i tutti i Ministeri competenti, per esaminare i rischi alla salute e l'impatto ambientale e paesaggistico del prospettato piano che prevede, secondo gli esperti degli operatori di telefonia presenti nel nostro Paese, l'installazione tra 15 mila e 20 mila antenne telefoniche.
(4-13891)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:

CILLUFFO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 all'articolo 10, comma 2, stabilisce che a decorrere dal 2012 le amministrazioni centrali dello Stato dovranno assicurare una riduzione della spesa in termini di saldo netto da finanziare;
la tabella C allegata al decreto stabilisce la relativa riduzione della spesa anche per il Ministero per i beni e le attività culturali pari a: 12,5 milioni per il 2012, 14,9 milioni per il 2013 e 27,8 milioni per il 2014, per un totale di 55,2 milioni di euro. A questo va sommata la riduzione imposta per l'indebitamento netto che è pari a: 11,7 per il 2012, 14,9 per il 2013 e 27,8 per il 2014, per un totale di 54,4 milioni di euro. Tali riduzioni sono autorizzate dal comma 3 del medesimo articolo 10, dalla cui applicazione il Ministero per i beni e le attività culturali non è escluso;
conseguentemente la legge di stabilità per il 2012, intervenendo «a rime obbligate» nel contesto dei tagli imposti dalla manovra estiva, riduce gli stanziamenti per il Ministero per i beni e le attività culturali nell'ambito di numerosi programmi e capitoli di spesa;
in siffatto contesto nazionale, particolarmente grave risulta la situazione degli operatori culturali piemontesi. Da notizie a mezzo stampa e dalle denunce in tal senso formulate dagli stessi operatori culturali si apprende che, nel prossimo assestamento del bilancio della regione Piemonte, le risorse di spesa corrente a

favore della cultura subiranno un taglio del 40 per cento e quelle d'investimento addirittura del 75 per cento;
tale riduzione dovrebbe tradursi nella mancata erogazione di oltre 60 milioni di euro destinati ad attività culturali con tutte le immaginabili conseguenze che questo taglio può avere sui programmi di iniziative culturali già avviati in Piemonte;
il taglio previsto di 60 milioni di euro corrisponde a circa il 40 per cento della spesa corrente storica e al 75 per cento della spesa di investimento e incide sugli iniziali stanziamenti del bilancio regionale per il 2011. Il rinvio al 31 dicembre 2011 delle decisioni di finanziamento interviene a stagioni culturali già svolte e concluse, con gravi ripercussioni sulla esposizione di cassa degli operatori culturali in particolare sui piccoli operatori;
per contro, nel bilancio preventivo regionale del 2012 è prevista la destinazione alle attività culturali dell'uno per mille del gettito dell'addizionale regionale IRPEF: l'importo non è stimabile a causa dell'incertezza del gettito tributario e in ogni caso non varrà retroattivamente rispetto al saldo delle convenzioni stipulate con gli enti culturali, in essere al 31 dicembre 2011;
nel generale clima di preoccupazione diffuso tra gli operatori culturali piemontesi, si segnala l'attività del Comitato emergenza cultura, che ha organizzato diverse iniziative di sollecitazione dell'opinione pubblica sulla centralità di politiche culturali non solo «difensive dell'esistente» ma realmente orientate alla riforma del sistema e quindi propositive;
una delle iniziative proposte dal comitato e condivisibile nella sostanza è la creazione di un tavolo di concertazione, per rivedere le regole e le modalità di relazione fra le istituzioni pubbliche e i soggetti privati che operano a finalità pubblica, secondo un piano condiviso di sviluppo della cultura in Piemonte, fondato sul lavoro e sull'intervento culturale diversificato dei molteplici soggetti che si adoperano a corrispondere alle diverse necessità culturali presenti nella nostra società;
oltre alla critica sui tagli alle risorse del Ministero per i beni e le attività culturali a livello nazionale, è necessario riformulare l'intero sistema di finanziamento delle attività culturali. Sarebbe infatti auspicabile una complessiva riforma della governance del sistema, in modo che le varie istituzioni coinvolte possano specializzarsi, evitando inutili sovrapposizioni di ruoli: la regione come legislatore e programmatore, le province come finanziatori delle attività culturali nei territori deboli e più marginali, le città come i principali attori dello sviluppo culturale -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti citati in premessa e quali siano le iniziative di competenza che intende adottare, fermo restando il rispetto delle competenze regionali in materia e nell'ambito di una concertazione con tutti i livelli istituzionali interessati, al fine di poter individuare una soluzione condivisa e tempestiva alla grave situazione di difficoltà in cui versano gli operatori culturali, come nel caso piemontese.
(3-01941)

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA e DI STANISLAO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la città di Bari è stata progressivamente svuotata dei principali contenitori culturali, e sembra essere tornata al 1995, quando non vi era un teatro, una sala cinematografica, un auditorium in grado di offrire ai cittadini spettacoli di qualità;
i tagli definiti dal Governo hanno reso impossibile al Teatro Petruzzelli, ripresosi lentamente dalla tragedia dell'incendio, la programmazione di eventi culturali per la prossima stagione; in verità, la mancanza di fondi è tale che la Fondazione

non è neppure in grado di pagare ai dipendenti gli stipendi di dicembre 2011;
l'auditorium «Nino Rota», unico spazio in tutta la regione acusticamente adeguato per i concerti sinfonici, è chiuso da vent'anni a causa di lavori di ristrutturazione a singhiozzo;
i lavori di ripristino del teatro Piccinni sono ancora in corso, e la struttura rimarrà certamente chiusa anche per tutto il 2012;
il teatro Kursaal Santalucia invece, luogo strategico per l'attività culturale locale, è chiuso dall'inverno del 2010 a causa di una poco chiara vicenda legata ad una scala antincendio, «...una bega condominiale ha decretato la fine di un teatro, privandolo di fatto dei requisiti per l'agibilità, riottenibile in teoria con una diversa scala antincendio o, nella peggiore delle ipotesi, con una capienza ridotta» (La Repubblica, edizione Bari del 12 ottobre 2011);
il Teatro Kursaal è stato quindi più volte messo all'asta, e ad oggi rischia di essere svenduto alla misera cifra di circa due milioni di euro. Sembrerebbe una speculazione immobiliare, visto che la struttura all'inizio fu posta in vendita per circa 6 milioni e 500 mila euro;
alla luce di questi fatti, a Bari si sta verificando una vera e propria eutanasia di teatri, e ciò appare ancor più grave visto che la città è candidata a Capitale europea della cultura nel 2019 -:
quali iniziative di sua competenza il Ministro intenda adottare al fine di garantire al territorio di Bari i contenitori culturali di cui in premessa.
(5-05694)

Interrogazione a risposta scritta:

MELIS, LEVI e GHIZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'11 ottobre 2011 a Roma, in occasione di una pacifica manifestazione del movimento «Carta batte forbice» (nato spontaneamente tra gli operatori dei beni culturali, i docenti universitari e gli studenti specializzandi nelle discipline archivistiche e bibliotecarie), è stato impedito l'accesso ai locali della biblioteca nazionale in Castro Pretorio;
in tale circostanza è stata schierata a protezione della biblioteca la forza pubblica, con grande impiego di camionette e agenti in assetto antisommossa, generando così immotivatamente momenti di tensione con coloro che, pacificamente, intendevano semplicemente esercitare il proprio diritto di assemblea nel luogo più idoneo, data la sua natura istituzionale, a tenere una simile riunione; ne sono altresì derivati seri disagi per il pubblico, anch'esso impossibilitato, data la interruzione del servizio, ad accedere normalmente alla biblioteca;
il fatto è stato denunciato da diverse associazioni di settore, tra le quali l'AIB, la più rappresentativa delle organizzazioni dei bibliotecari italiani, il Forum per il libro, l'Associazione Bianchi Bandinelli, Generazione TQ e i Presìdi del libro, con il sostegno di autorevolissime associazioni di settore multinazionali; all'appello, che ha espresso una ferma protesta e la richiesta della massima apertura per le istanze degli operatori dei beni librari e archivistici, hanno aderito eminenti personalità della cultura, italiane e straniere;
l'episodio per altro si inquadra nello stato di acuta, generalizzata sofferenza delle istituzioni culturali e del personale che vi opera. I tagli ingenti previsti in questo settore stanno già determinando conseguenze gravissime, che non mancheranno di riflettersi sulla ricerca scientifica nazionale: il personale è ovunque sotto organico; le acquisizioni di nuove fonti e materiali impossibilitate dalla scarsità dei bilancio; la situazione dei locali (i depositi per gli archivi) ormai in stato di criticità; gli orari al pubblico ridotti sino all'estremo limite;

ciò è tanto più grave in un Paese dove si legge poco, dove si contano ancora due milioni di analfabeti totali (per non contare quelli di ritorno), e cinque di semianalfabeti; per comparazione, si ricorda che la Biblioteca nazionale italiana (cioè la massima istituzione del nostro sistema bibliotecario) chiude tutti i giorni alle 19, e il sabato alle 13.30, mentre, come è normale ad esempio a tutte le grandi biblioteche europee, le biblioteche potrebbero e dovrebbero restare aperte fino a mezzanotte, o addirittura 24 ore, e - come accade all'estero - la domenica, o l'intera estate. Si rammenta altresì che i fondi in dotazione alla nostra Biblioteca nazionale sono ridotti ormai a 1.300.000 euro all'anno mentre alla British Library - pur con i tagli effettuati dall'attuale Primo Ministro - lo Stato trasferisce l'equivalente di 150 milioni di euro l'anno e alla Bibliotèque nationale de France - pur con i tagli decisi dal Presidente Sarkozy - 200 milioni di euro l'anno;
altrettanto grave è la situazione degli archivi, sia pubblici che privati. Per limitarsi ai primi, si rammenta che da decenni sono stati interrotti i concorsi (l'ultima generazione entrata per concorso nei ruoli degli archivi di Stato è ormai sulla soglia della pensione); che si fa ricorso sempre più sistematicamente a forme eccezionali di outsourcing costose e di dubbia efficacia; l'attività di acquisizione e inventariazione di fondi recenti pure preziosi per ricostruire in futuro la memoria delle istituzioni è praticamente interrotta; mancano locali, personale specializzato, risorse per la pubblicazione degli inventari, mentre va riducendosi drasticamente il tempo e la qualità del servizio al pubblico;
l'uso l'11 ottobre 2011 a Roma della forza pubblica contro chi chiede semplicemente di difendere il patrimonio della cultura nazionale e la propria professionalità appare all'interrogante assolutamente immotivato, e una gestione diversa della giornata dell'11 ottobre avrebbe consentito di evitare questa assurda umiliazione ai lavoratori della cultura e all'intero Paese;
occorre preservare le istituzioni della conservazione, della ricerca e della cultura da tagli indiscriminati che produrrebbero (e di fatto già stanno producendo) interruzioni e decadimenti della operatività di tali istituti, con gravi danni sullo stato della ricerca e sulla domanda di cultura dei cittadini -:
quali determinazioni intendano assumere i Ministri interrogati, pur nel quadro drammatico della crisi finanziaria in atto, per imitare i grandi Paesi europei, garantendo alla rete delle istituzioni culturali almeno una adeguata sopravvivenza e a chi vi lavora, spesso con sacrificio e passione, una ragionevole previsione di mantenimento del proprio posto di lavoro e del proprio stipendio.
(4-13885)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

ZACCHERA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il colonnello pilota Luigi Piccolo, dipendente dell'Aeronautica militare, da ultimo in organico alla base aerea di Cameri (Novara) e da alcuni anni in quiescenza, fu diversi anni fa coinvolto in una procedura legale sostenuta da questo Ministero, ma ne fu poi completamente scagionato ed assolto;
a seguito di questa causa - che vide coinvolti anche altri colleghi - sostenne ingenti spese legali per le quali richiese un rimborso alla direzione generale del Ministero della difesa che le trasmise all'avvocatura a Venezia (sede competente del procedimento) ma lì sono rimaste bloccate;
ancora in data 7 agosto 2009 il colonnello Piccolo ha insistito per iscritto per ottenere il rimborso chiedendo anche informazioni inerenti il proprio fascicolo ai sensi della legge n. 241 del 1990, ma senza ottenere risposte;

in data 8 agosto 2006 l'avvocatura ha concesso un rimborso consistente delle spese legali sostenute al signor Marco Cottini, coinvolto nella stessa vicenda del colonnello Piccolo e come lui assolto per i fatti attribuitigli -:
per quali motivi al colonnello Piccolo non siano state riconosciute le spese legali legate al procedimento avviato dal Ministro e dimostratosi poi insussistente;
perché siano state invece riconosciute ad altra persona che si trovava nelle stesso condizioni del colonnello Piccolo;
quale sia allo stato la posizione burocratica della predetta azione di rimborso, se ad esso si intenda procedere ed in quali tempi.
(4-13860)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto ricostruito giovedì 30 settembre 2010, nel corso della seduta della VI Commissione Finanze, dal sottosegretario per l'economia e le finanze Alberto Giorgetti in risposta all'interrogazione 5-03499 Barbato, con riferimento al bando di gara dell'aprile 2004 per l'affidamento in concessione della rete di apparecchi da intrattenimento: «Tra i soggetti aggiudicatari della procedura (...) è risultata la costituenda associazione temporanea di imprese (di seguito ATI), formata da Atlantis World Group Of Companies N.V. (mandataria), PLP s.r.l., Bit Media S.p.A., Consorzio Sapar Network, che in data 15 luglio 2004 ha stipulato, a mezzo della sua mandataria Atlantis World Group Of Companies N.V., la convenzione di concessione che regola il rapporto intercorrente con AAMS». E, infra, «nel 2007 all'ATI rappresentato dalla mandataria capogruppo Atlantis World Group of Companies N.V. è subentrata, sulla base di quanto previsto dall'articolo 4 del capitolato d'oneri relativo alla convenzione di concessione, la società di capitali Atlantis World Giocolegale Limited, società che ha mantenuto la medesima composizione dell'ATI, con la stessa partecipazione percentuale da parte delle società componenti; tale subentro nel rapporto di concessione è stato formalizzato con atto sottoscritto il 31 gennaio 2007. La nuova società con sede legale a Londra e stabile organizzazione in Italia, i cui amministratori sono il signor Rudolf Baetsen e il signor David John Sims, ha agito in virtù della rappresentanza conferita con procura speciale al signor Amedeo Laboccetta, sino al 19 maggio 2008 quando è stato nominato il nuovo procuratore speciale nella persona di Alessandro La Monica. Nel settembre 2009 la società Atlantis World Giocolegale Limited ha mutato la propria denominazione sociale in BPlus GiocoLegale United senza alcuna modifica degli organi societari»;
l'articolo 1, comma 77, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2010), al fine di assicurare una «migliore efficienza ed efficacia dell'azione di contrasto della diffusione del gioco irregolare o illegale in Italia, della tutela dei consumatori, in particolare minori di età, dell'ordine pubblico, della lotta contro il gioco minorile e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore dei giochi» delega al Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato il compito di avviare «senza indugio l'aggiornamento dello schema-tipo di convenzione accessiva alle concessioni per l'esercizio e la raccolta non a distanza, ovvero comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici»;
il successivo comma 78 chiarisce che tale aggiornamento «è orientato in particolare all'obiettivo di selezionare concessionari che, dovendo dichiarare in ogni caso in sede di gara i dati identificativi delle persone, fisiche o giuridiche, che detengono direttamente o indirettamente

una partecipazione al loro capitale o patrimonio superiore al 2 per cento, siano dotati almeno dei requisiti di cui alla lettera a), nonché accettino di sottoscrivere convenzioni accessive alla concessione che rechino almeno clausole, condizioni e termini idonei ad assicurare il rispetto degli obblighi di cui alla lettera b)»;
in data 11 agosto 2011 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale europea il bando di gara per l'assegnazione delle nuove concessioni per apparecchi da intrattenimento NewSlot e Videolottery; dello schema di domanda predisposto per le società di capitali, in osservanza delle disposizioni della legge 13 dicembre 2010, n. 220, viene chiesto al candidato di elencare i soggetti che detengono «anche indirettamente, partecipazioni al proprio capitale o patrimonio superiori al 2 per cento»;
in data 10 ottobre 2011 è scaduto il termine per la presentazione delle domande per il bando di cui sopra. Secondo quanto si apprende da notizie di stampa, sono 13 i soggetti che hanno partecipato, e tra questi vi è anche BPlus Gioco Legate, già Atlantis World, che ha sostanzialmente chiesto la conferma dei diritti di cui è già in possesso -:
se i soggetti che detengono partecipazioni al proprio capitale o patrimonio superiori al 2 per cento elencati dalla BPlus Gioco Legate nella domanda presentata il 10 ottobre 2011 siano gli stessi indicati nella risposta del 30 settembre 2010 dal Sottosegretario Alberto Giorgetti;
se ritenga che le misure previste dalla legge 13 dicembre 2010, n. 220, per assicurare maggiore trasparenza nella composizioni degli organi e nella titolarità delle quote delle compagnie concessionarie dei giochi pubblici, siano sufficienti a assicurare i fini previsti dalla norma, primo fra tutti «le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore dei giochi»; oppure se tali misure possano essere facilmente aggirate attraverso meccanismi di partecipazione e controllo da parte di società offshore;
quali ulteriori iniziative intenda adottare per assicurare la completa trasparenza dei soggetti che detengono partecipazioni nelle compagnie concessionarie del gioco.
(5-05701)

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nell'ultimo biennio numerosi quotidiani e settimanali si sono occupati della bizzarra questione delle divise del Corpo della Guardia di finanza che nella loro «nuova» veste e colore sembrava uguale a quella in uso al Corpo forestale dello Stato;
dal marzo 2011 è ufficialmente obbligatoria per la Guardia di finanza la nuova e più chiara divisa. È in effetti dal 2007 che gradualmente sta avvenendo il cambio: color grigio antracite, molto più scura di quella che riprendeva il grigio utilizzato dall'Esercito regio tra il 1909 e il 1946;
in un articolo de La Repubblica del 16 gennaio 2008, a firma di Massimo Lugli, dal titolo «La Forestale vince la guerra delle divise. La Guardia di finanza cambia uniforme: colori troppo simili. Il Consiglio di stato dà torto alle fiamme gialle», si legge che il comando generale della Guardia di finanza aveva chiesto un parere al Consiglio di Stato poiché riteneva che le uniformi degli 8.000 appartenenti al Corpo forestale dello Stato fossero troppo simili a quelle dei 64.000 finanzieri e che, pertanto, le prime andavano cambiate. Tuttavia l'alto organo giudiziario, disattendendo le richieste dei vertici delle «Fiamme Gialle», si sarebbe invece espresso in senso opposto, ossia che le divise che dovevano cambiare colore fossero quelle della Guardia di finanza poiché trattasi di Corpo dello Stato più giovane rispetto alla Guardia forestale -:

se i Ministri interrogati vogliano chiarire se la notizia corrisponda al vero e dare ampia informazione su quanto sia costato alle casse dello Stato il doppio cambio di divisa per la Guardia di finanza;
se sia stato inoltre opportuno investire le magistratura amministrate del caso anziché dirimere la questione con un decreto ministeriale, scegliendo magari la soluzione meno onerosa;
se non si ritenga opportuno fornire gli estremi del bando di gara con cui è stata bandita la fornitura in oggetto e se esso sia completamente aderente alla normativa in tema di forniture all'amministrazione pubblica.
(4-13858)

STRIZZOLO, MARAN e ROSATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
in data 28 ottobre 2010, veniva siglato tra la regione Friuli Venezia Giulia e lo Stato, rappresentato dal Ministro dell'economia e delle finanze, un protocollo d'intesa avente come finalità «il coordinamento della finanza pubblica nell'ambito del processo di attuazione del federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione»;
con tale intesa si faceva, tra l'altro, esplicito riferimento alle somme vantate dalla regione Friuli Venezia Giulia verso lo Stato quali compartecipazione al gettito erariale sancito dall'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo n. 137 del 31 luglio 2007;
sulla base dell'intesa veniva riconosciuto alla regione Friuli Venezia Giulia un credito di 480 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009;
sempre nel protocollo d'intesa, veniva stabilito che lo Stato avrebbe erogato il credito riconosciuto alla regione Friuli Venezia Giulia con una rateizzazione a decorrere dall'anno 2011 e fino all'anno 2030 e, nel contempo - con l'articolo 3 del suddetto protocollo - la regione si obbligava a corrispondere, a partire dal 2011, allo Stato l'importo di 370 milioni annui, quale onere finalizzato all'attuazione del federalismo fiscale;
la regione Friuli Venezia Giulia e lo Stato hanno stabilito che il concorso finanziario della regione possa avvenire o con la rinuncia della stessa a finanziamenti statali di settore o attraverso lo svolgimento di funzioni amministrative attualmente esercitate dallo Stato -:
se in attuazione del protocollo d'intesa sopra richiamato e, successivamente recepito dall'articolo 1, commi da 151 a 159, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, siano intervenuti ulteriori accordi per realizzare quanto stabilito;
se siano intervenute rinunce da parte della regione Friuli Venezia Giulia a finanziamenti di settore ovvero se la stessa abbia assunto l'esercizio di funzioni amministrative statali per assolvere all'obbligo di contribuire all'attuazione del federalismo fiscale;
se sia stato istituito il fondo di perequazione di cui all'articolo 1, comma 1 della legge n. 42 del 2009;
quali siano gli atti attuativi dell'articolo 27 della legge n. 42 del 2009, con particolare riferimento al comma 1 dello stesso;
quali siano esattamente gli importi erogati dallo Stato alla regione Friuli Venezia Giulia nel corso degli anni 2010 e 2011, con riferimento a quanto previsto dall'articolo 1, comma 21, della legge n. 191 del 2009 e dall'articolo 1, commi da 151 a 159, della legge n. 220 del 2010;
quali siano gli importi versati dalla regione Friuli Venezia Giulia in attuazione di quanto sopra richiamato, nel corso degli anni 2010 e 2011.
(4-13898)

FAVA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a seguito degli eventi alluvionali che hanno provocato gravi danni in tutto il

territorio toscano culminando nei tragici eventi accaduti nel comune di Massa, con lo scopo di verificare le responsabilità politiche ed amministrative degli enti locali, l'interrogante entrava in possesso del «Rapporto generale di monitoraggio strategico 2009» elaborato dalla regione Toscana. Si puntava l'attenzione sullo stato di attuazione degli accordi di programma quadro siglati fra Stato e regione Toscana a seguito dell'Intesa Istituzionale di Programma sottoscritta nel 1999;
l'accordo di programma quadro (APQ), vero e proprio strumento attuativo dell'Intesa istituzionale di programma, definisce:
a) gli interventi da realizzare, specificandone i tempi e le modalità di attuazione;
b) i soggetti responsabili dell'attuazione dei singoli interventi;
c) la copertura finanziaria degli interventi, distinguendo tra le diverse fonti di finanziamento;
d) le procedure ed i soggetti responsabili per il monitoraggio e la verifica dei risultati;
e) gli impegni di ciascun soggetto firmatario e gli eventuali poteri sostitutivi in caso di inerzie, ritardi o inadempienze;
f) i procedimenti di conciliazione o definizione dei conflitti tra i soggetti partecipanti all'Accordo;

si tratta quindi di uno strumento di programmazione operativa che consente di dare immediato avvio agli investimenti previsti. L'accordo di programma quadro è sottoscritto dalla regione, dal Ministero dell'economia e delle finanze, nonché dalla o dalle amministrazioni centrali competenti a seconda della natura e del settore di intervento previsti;
le funzioni di pianificazione, programmazione e controllo per la difesa del suolo sono di competenza delle autorità di bacino e della regione;
l'attuazione degli interventi strategici di interesse regionale sono di competenza della regione, in concerto con le province, i comuni, i consorzi di bonifica e le comunità montane;
l'azione regionale dovrebbe essere indirizzata a sostenere il processo di attuazione dell'intesa istituzionale di programma del marzo 1999;
tale processo viene realizzato attraverso la messa a punto e la sottoscrizione di specifici accordi di programma quadro attuativi;
la regione Toscana, nel corso degli anni, ha firmato svariati accordi di programma quadro ed atti integrativi degli stessi nei seguenti settori: beni culturali, asili nido, infrastrutture per il territorio, ricerca e trasferimento tecnologico, competitività dei territori e delle imprese, infrastrutture di trasporto, difesa del suolo e tutela delle risorse idriche, società dell'informazione. Non sono considerati gli accordi di programma quadro per gli investimenti sanitari;
per la «difesa del suolo e tutela di risorse idriche», alla data del 30 dicembre 2009 sono stati sottoscritti e firmati sei accordi di programma quadro comprensivi dei relativi atti integrativi;
come risulta dal rapporto generale di monitoraggio al 31 dicembre 2008, erano classificate come criticità finanziaria risorse pari a 173,25 milioni di euro (1,4 per cento del totale) e riguardavano interventi che, alla data di monitoraggio, erano privi di copertura finanziaria e risultavano concentrate nel settore dei trasporti, deducendo così che tutti gli altri interventi avevano la copertura finanziaria necessaria;
come risulta dall'allegato al rapporto generale di monitoraggio strategico 2009, alla pagina 30, le risorse programmate per

tutti gli accordi di programma quadro (escluso la sanità) ammontano nel complesso a 12.449,7 milioni di euro;
come si evince dal testo dell'intesa istituzionale di programma tra il Governo della Repubblica e la regione Toscana, sottoscritta in data 3 marzo 1999, la difesa del suolo avrebbe dovuto costituire l'obiettivo primario con priorità assoluta del piano, in quanto, si legge «la presenza di condizioni di disequilibrio e di degrado espongono il territorio toscano a ricorrenti calamità quali alluvioni, frane, siccità, degrado qualitativo. I problemi idrici determinano il costante permanere di condizioni di rischio non solo in termini di incolumità delle popolazioni, ma anche in termini di precarietà delle attività umane presenti.»;
l'analisi si è limitata a verificare gli accordi di programma quadro riguardanti la «Difesa del suolo e tutela risorse idriche» e, stando ai dati forniti dagli uffici della giunta al consiglio regionale e dagli atti presentati dalla giunta al consiglio, risulterebbe una estrema inefficienza sia nella programmazione che nel controllo degli interventi stabiliti negli accordi di programma quadro;
i dati elaborati infatti sembrerebbero evidenziare che nell'accordo di programma quadro sottoscritto nel 1999 risulterebbero ancora da finire più del 70 per cento degli interventi previsti, nell'accordo di programma quadro sottoscritto nel 2002 come atto integrativo, risulterebbero ancora da finire all'incirca l'87 per cento degli interventi previsti, nell'accordo di programma quadro sottoscritto nel 2003 come II atto integrativo, risulterebbero ancora da finire all'incirca più dell'80 per cento degli interventi previsti, nell'accordo di programma quadro sottoscritto nel 2003 come III atto integrativo, risulterebbero ancora da finire tutti gli interventi previsti, nell'accordo di programma quadro sottoscritto nel 2006 come I atto integrativo - settore difesa del suolo - risulterebbero ancora da finire all'incirca il 90 per cento degli interventi previsti, nell'accordo di programma quadro sottoscritto nel 2007 risulterebbero ancora da finire tutti gli interventi previsti;
la maggior parte dei lavori supera abbondantemente la data di fine esecuzione prevista negli accordi di programma quadro;
l'avanzamento della spesa per il settore difesa del suolo e tutela risorse idriche è stata solo del 5 per cento nel corso dell'anno 2009 e del 46 per cento in totale -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione e intenda verificare le modalità con cui sono state utilizzate, dal 1999 ad oggi, le risorse economiche indicate in tutti gli accordi di programma quadro sottoscritti dalla regione Toscana, monitorando lo stato di realizzazione degli interventi e la loro effettiva funzionalità, anche effettuando le opportune segnalazioni agli organi competenti in relazione alle eventuali responsabilità sul piano amministrativo-contabile.
(4-13904)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

RUVOLO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, al fine di contenere le spese dello Stato, parla di riorganizzare territoriale degli uffici giudiziari e chiusura degli uffici dei giudici di pace ad esclusione di quelli circondariali cioè siti nel capoluogo di provincia;
a Casteltermini è allocato un immobile, l'unico nel territorio della montagna, realizzato con un finanziamento statale, ai sensi dell'articolo 19 della legge 119 del 1981 su cui grava un vincolo di destinazione d'uso a favore dell'amministrazione

giudiziaria, pertanto dalla chiusura non deriverebbe nessun risparmio tenuto conto che il comune concorre al pagamento delle spese di finanziamento con l'impegno, altresì a lasciare i locali che usa parzialmente qualora dovessero risultare necessari per sopravvenute esigenze dell'amministrazione giudiziaria;
attualmente l'ufficio ha in organico due giudici di pace e tutto il personale della cancelleria (direttore amministrativo, cancelliere, operatori giudiziari ed ausiliari) che assicurano un ottimo livello di professionalità sia nei rapporti con la classe forense sia nei rapporti con l'utenza tutta;
il mandamento dell'ufficio del giudice di pace comprende i comuni di Casteltermini e di San Biagio Platani contigui nei confini e potrebbe servire, altri comuni quali San Giovanni Gemini, Cammarata, Sant'Angelo Muxaro, Acquaviva Platani comuni che si trovano a confine sia con il territorio di Palermo sia con il territorio di Caltanissetta;
l'ufficio del giudice di pace di Agrigento non si trova allocato nel palazzo di giustizia in via Mazzini, bensì a Villaseta distante ben 7 chilometri da Agrigento e risulti mal collegato con i mezzi pubblici provenienti da altri comuni della provincia e ciò con gravi disagi per gli utenti, con problematiche che verrebbero inevitabilmente a crearsi agli utenti sia per la distanza con l'ufficio del giudice di pace di Agrigento, unico ufficio che non dovrebbe essere soppresso, sia per il «costo della giustizia» in quanto gli stessi utenti, per le cosiddette cause minori, si vedrebbero costretti a rinunciare ad adire l'autorità giudiziaria;
appare opportuno nel ribadire che i giudici di pace sono i giudici più vicini alla cittadinanza proprio perché si occupano di «cause minori» che poi sono quelle che più affliggono i cittadini e perché i cittadini, in alcuni casi, possono anche difendersi da soli senza l'assistenza di un legale;
la posizione geografica di Casteltermini, è più centrale rispetto agli altri comuni vicini quali, oltre quelli summenzionati di Cammarata, San Giovanni Gemini, Sant'Angelo Muxaro, Acquaviva Platani anche quelli di Mussomeli e Campofranco;
l'ufficio del giudice di pace di Casteltermini è l'unico in provincia ubicato in idonei locali di proprietà statale, come sopra specificato, per cui non grava con spese di locazione sul bilancio dello Stato e che il comune di Casteltermini è disposto a continuare a sostenere le restanti spese di gestione dell'ufficio -:
se non ritenga, viste le motivazioni citate in premessa, necessario e razionale, prevedere l'accorpamento degli uffici del giudice di pace della montagna, e del circondario, che verrebbero inevitabilmente chiusi, in applicazione del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, presso l'ufficio del giudice di pace di Casteltermini.
(4-13861)

DI PIETRO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 27 luglio 2011 il Ministro della giustizia aveva annunciato con una circolare che quando una procura finisce i fondi annui a disposizione non può più spendere un euro;
il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore prendendone atto, il 6 ottobre 2011 ha sancito con un ordine di servizio a tutti i suoi sostituti, che «con efficacia immediata gli straordinari sono sospesi fino al 31 dicembre del 2011». In poche parole, si è disposto di fatto che dopo le diciotto e tutta la giornata della domenica non c'è più disponibilità di autisti per le auto di scorta;
il dottor Catello Maresca, della direzione distrettuale antimafia di Napoli, è un magistrato che sostiene l'accusa nel processo contro l'ala stragista dei Casalesi ed

ha chiesto pesanti condanne per il killer più spietato del Casalesi stessi, Giuseppe Setola;
nell'aprile 2011, Giuseppe Setola aveva minacciato nell'aula-bunker di Santa Maria Capua Vetere «Teniamo tutti famiglia: dottore Maresca, voi dovete lasciare stare la famiglia mia!»;
ad ottobre 2011, il dottor Maresca, ha chiesto la condanna del superboss detto o' Cecato, a trenta anni di reclusione, più altre pene durissime per gli altri 34 imputati accusati a vario titolo di associazione per delinquere di stampo camorristico, racket, omicidio;
ciò che emerge dai fatti è che un magistrato impegnato in prima linea contro la camorra viene lasciato al suo destino da quando, i due Ministri della giustizia che si sono succeduti hanno «tagliato» tutto il tagliabile, e dal 6 ottobre 2011 la procura di Napoli non ha più soldi per pagare gli straordinari agli uomini che guidano le auto blindate;
i pubblici ministeri della direzione distrettuale antimafia, se tornano a casa dopo l'orario d'ufficio, lo fanno a loro esclusivo rischio e pericolo; la domenica, se volessero uscire, devono farlo senza la protezione;
il pubblico ministero Maresca ha scelto di servire lo Stato, ma uno Stato che non riesce a garantire la protezione ai funzionari che sono esposti al pericolo, a giudizio dell'interrogante, non è uno Stato credibile, indipendentemente dalle conseguenze;
è questo il messaggio che le istituzioni hanno dato al magistrato e ai camorristi a pochi giorni dal maxiprocesso che vedrà impegnato Maresca contro il boss Setola. Il magistrato è stato minacciato pubblicamente dal boss, ma la scorta gli è stata ridotta;
i nefasti «tagli» fatti dal Ministero della giustizia hanno prodotto anche queste situazioni di grande pericolo. Nelle condizioni del Maresca ci sarebbero un'altra quindicina di magistrati -:
quali iniziative urgenti e indifferibili intendano intraprendere i Ministri interrogati per rafforzare le misure di tutela del dottor Catello Maresca.
(4-13868)

PAGANO. - Alla Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nonché commissario straordinario per l'emergenza carceraria, dottor Franco Ionta, nell'elaborare l'attuale piano carceri avrebbe previsto per la regione Sicilia, oltre alla costruzione di tre nuovi padiglioni detentivi per un totale di 600 posti nelle carceri di Siracusa, Caltagirone e Trapani, anche la costruzione di quattro nuovi istituti penitenziari a Catania, Sciacca, Marsala e Mistretta ciascuno dei quali avente una capacità ricettiva di 450 posti. Allo stesso tempo il piano carceri prevede l'istituzione di nuove strutture penitenziarie a Bolzano, Pordenone, Torino, Bari, Nola, Camerino e Venezia - località Campalto;
facendo un particolare riferimento a quest'ultima sede Venezia-Campalto sembra opportuno rilevare che sebbene la regione Veneto si sia pronunciata favorevolmente alla creazione della nuova struttura carceraria, non poche perplessità sarebbero emerse in seno al consiglio comunale del capoluogo veneto circa una sua possibile localizzazione. In data 14 febbraio 2011 lo stesso consiglio avrebbe votato all'unanimità e con l'astensione dei rappresentanti leghisti un documento attestante l'indisponibilità del comune di Venezia ad ospitare il nuovo istituto penitenziario. Fonti stampa hanno altresì riportato la ferma contrarietà della cittadinanza campaltina rispetto al medesimo progetto. Tali circostanze testimonierebbero dunque la quasi unanime opposizione alla realizzazione del nuovo carcere;
in aggiunta a quanto più sopra esposto si consideri che nella provincia di

Caltanissetta le strutture penitenziarie attualmente attive sono localizzate nello stesso capoluogo e nella città di San Cataldo. In particolare la struttura nissena conta circa 330 detenuti di cui circa la metà appartenenti al circuito «alta sicurezza» a disposizione della locale autorità giudiziaria. Il personale di Polizia penitenziaria ammonta a 170 unità alle quali devono aggiungersi altre 40 unità che prestano servizio presso il nucleo traduzioni e piantonamenti. Presso l'istituto sancataldese, invece, sono presenti circa 110 detenuti tutti appartenenti al circuito «media sicurezza». Il personale di polizia penitenziaria è pari a circa 70 unità;
a parere dell'interrogante sarebbe opportuno valutare la possibilità di accorpare gli istituti penitenziari di San Cataldo e Caltanissetta. Entrambe le strutture, che in linea d'aria distano tra loro 7 chilometri, sono attigue al tribunale ed alla corte di appello di Caltanissetta e necessiterebbero di notevoli interventi manutentivi, essendo esse vetuste. Un loro accorpamento attraverso la realizzazione di un nuovo istituto permetterebbe una migliore razionalizzazione delle risorse umane e finanziarie e di conseguenza notevoli risparmi;
in tal senso, nelle adiacenze del tribunale del capoluogo nisseno, e più precisamente a circa 400 metri, vi è un'area demaniale di pertinenza del Ministero della difesa di notevolissime dimensioni (oltre 30 ettari). Su di essa insisteva l'ex caserma «Franco», ubicata al centro delle principali arterie viarie della città di Caltanissetta, compreso l'accesso rapido allo svincolo dell'autostrada A19 Palermo-Catania. Qualora si provvedesse all'auspicato accorpamento dei due istituti le spese di traduzione, ad esempio, sarebbero quasi completamente abbattute in virtù della prossimità al tribunale e dalla corte di appello di Caltanissetta;
occorre altresì rilevare altri due profili che avvalorano la soluzione della realizzazione di un polo carcerario unico con sede a Caltanissetta. In primo luogo, essendo l'area appena descritta interamente pianeggiante, la nuova struttura potrebbe essere realizzata sfruttando la progettazione prevista per un'altra casa circondariale, e precisamente quella contestata di Venezia. In secondo luogo in area nissena sarebbe di prossima apertura il carcere di Gela che dovrebbe ospitare solo detenuti appartenenti al circuito di «media sicurezza». Pertanto il nuovo istituto nisseno potrebbe interamente essere destinato ad ospitare detenuti appartenenti ai circuiti di «alta sicurezza» e «collaboratori di giustizia». Infine l'ausilio di circa 280 agenti che verrebbero a confluire nella nuova struttura consentirebbe una gestione efficiente della stessa;
in aggiunta la scelta in favore della realizzazione ex novo di una casa circondariale che accorperebbe Caltanissetta e San Cataldo produrrebbe un notevole risparmio nella gestione economica, misurabile nell'ordine di milioni di euro annui -:
se il Ministro non ritenga opportuno valutare la fattibilità della costituzione di un polo circondariale unico insistente nel comune di Caltanissetta, alternativo alla contestata realizzazione dell'istituto programmato in località Venezia-Campalto.
(4-13877)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il sig. Angelo Bottaio, di 27 anni, attualmente detenuto presso la casa circondariale di Lecce, è stato arrestato il 22 agosto 2008 e condannato con sentenza del tribunale di Brindisi in data 25 novembre 2008 a seguito di giudizio abbreviato alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione per il delitto di cui all'articolo 628, comma 2, n. 1, c.p., confermata dalla Corte d'appello di Lecce in data 19 ottobre 2009 e divenuta irrevocabile il 9 marzo 2011;

dal suo arresto a oggi, dato lo stato di salute e di tossicodipendenza, il signor Bottazzo ha proposto istanze e ricorsi, rigettati, con i quali chiedeva la revoca o la sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari;
non è stato dato seguito a due programmi terapeutici e socio-riabilitativi stilati dalla ASL tra il marzo e il luglio 2009 nei confronti del signor Bottazzo, peraltro iscritto al Sert;
come si evince dalla cartella clinica, il signor Bottazzo è affetto da vari malanni incompatibili con il regime carcerario, tra cui gravi patologie neurologiche che lo hanno costretto a deambulare con l'ausilio di stampelle;
il 9 agosto 2010, il dottor Antonio D'Agostino, specialista in neurochirurgia, consigliava intervento di stabilizzazione L551 ed utilizzo di busto, evidenziando la gravità della patologia e l'inadeguatezza delle cure, solo farmacologiche, prestate presso la casa circondariale di Lecce; le prescrizioni minime fissate dal dottor D'Agostino venivano disattese dai sanitari della casa circondariale e di conseguenza le condizioni di salute del Bottazzo sono peggiorate;
in data 6 settembre 2011, il Signor Bottazzo è stato ricoverato presso l'ospedale Civile di Brindisi «A. Perrino» nel reparto di neurochirurgia dove, tre giorni dopo, veniva sottoposto a intervento chirurgico di «stabilizzazione L5S1, rimozione arco posteriore di L5, fusione lombare intersomatica con sistema Omega 21», a seguito della seguente diagnosi: radicolopatia L5-S1 bilaterale» a sin in Paziente con spondilolistesi di primo grado da lisi istmica bilaterale;
fino al 22 settembre 2011, il signor Bottazzo è stato ricoverato in terapia intensiva nel reparto di neurochirurgia in ragione della notevole complessità dell'intervento eseguito, dopo di che è stato dimesso con prescrizione di ciclo di fisiochinesiterapia, busto lombare dinamico tipo lombostat per due mesi, controllo neurochirurgico dopo 30 giorni previa esecuzione di rx lombosacrale di controllo;
il dottor D'Agostino, primario del reparto di neurochirurgia, aveva prescritto che dopo le dimissioni necessitava il Bottazzo di «rieducazione neuromotoria presso centro idoneo»; invece, il 23 settembre 2011, è stato riportato presso la casa circondariale di Lecce, dove non è stata eseguita nessuna prescrizione post-operatoria, sicché le condizioni di salute del detenuto sono peggiorate sempre più;
l'8 ottobre 2011, il detenuto è stato trasferito presso la casa di reclusione di Turi dove da certificazione sanitaria datata 12 ottobre 2011 proveniente dalla stessa casa circondariale risulta che il Bottazzo è stato sottoposto a trattamento fisioterapico consistente in ciclo di FKT: 10 raggi infrarossi, 10 massaggi, 10 esercizi di rinforzo muscolare arti inferiori; il signor Bottazzo riferisce invece di essere stato sottoposto solo ad alcuni trattamenti sanitari, ma non certamente a un programma di riabilitazione completo, così come prescritto all'atto delle dimissioni;
con istanza depositata il 15 settembre 2011, il signor Bottazzo chiedeva al magistrato di sorveglianza e al tribunale di sorveglianza il differimento provvisorio dell'esecuzione della pena ovvero di disporre l'applicazione della detenzione domiciliare per i gravi e comprovati motivi di salute; si certificava anche la disponibilità della casa di cura SALUS ad accogliere il detenuto presso la loro unità operativa di medicina riabilitativa per l'attuazione del programma riabilitativo così come prescritto dal dottor D'Agostino; entrambe le istanze venivano rigettate;
attualmente il signor Bottazzo è nuovamente detenuto presso la casa circondariale di Lecce in una normalissima cella e dal momento del rientro in carcere non è stato sottoposto ad alcun trattamento riabilitativo, inoltre lamenta sopravvenute patologie per le quali non è stato sottoposto ad alcun trattamento sanitario;

l'articolo 1 del decreto legislativo n. 230 del 1999 afferma che «I detenuti e gli internati hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci e appropriate»;
l'articolo 11 della legge n. 354 del 1975, al comma 2, recita «Ove siano necessarie cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati sono trasferiti, con provvedimento del magistrato di sorveglianza, in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura (...); al comma 5 «All'atto dell'ingresso nell'istituto i soggetti sono sottoposti a visita medica generale allo scopo di accertare eventuali malattie fisiche o psichiche. L'assistenza sanitaria è prestata, nel corso della permanenza nell'istituto, con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli interessati»; al comma 6 «Il sanitario deve visitare ogni giorno gli ammalati e coloro che ne facciano richiesta; deve segnalare immediatamente la presenza di malattie che richiedono particolari indagini e cure specialistiche» -:
quali iniziative urgenti di competenza intendano adottare a tutela del diritto alla salute del signor Bottazzo.
(4-13903)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
gli investimenti effettuati in Italia negli ultimi anni hanno interessato per il 95 per cento solo il territorio del Centro-Nord per un ammontare di 152 miliardi di euro, mentre al Sud è pervenuto appena un miliardo di euro pari allo 0,6 per cento del totale;
con riferimento all'ultimo triennio, in particolar modo, solo l'1,2 per cento delle somme investite nella rete ferroviaria è stato destinato alla regione Sicilia, con la conseguenza ovvia dell'aumento del gap infrastrutturale tra il Nord e la Sicilia;
la ghettizzazione della Sicilia rischia di cronicizzarsi ulteriormente, a causa dell'ennesimo ridimensionamento dei convogli ferroviari che collegano l'isola al nord dell'Italia, misura in vigore dal prossimo 11 dicembre 2011;
nello specifico si passerà dagli attuali 26 convogli ordinari a 5 collegamenti tra Palermo e Roma ed altrettanti tra Siracusa e la Capitale; inoltre, non partiranno più i treni a lunga percorrenza alla volta delle grandi città settentrionali, quali Venezia, Torino e Milano, dovendo tutti i passeggeri cambiare treno alla stazione di Roma; stessa sorte toccherà alla città dei Templi, Agrigento, con l'annullamento della tratta Roma-Agrigento e viceversa;
la nuova offerta commerciale di Trenitalia spa prevede altresì un ridimensionamento anche dei treni in partenza dalla Calabria con una riduzione pari al 70 per cento dei servizi notturni;
tale ridimensionamento, ad avviso degli interpellanti inaccettabile, avrà ripercussioni negative sui livelli occupazionali siciliani e calabresi, essendo già previsti tagli per 170 unità lavorative (macchinisti, operatori della manutenzione e personale dell'indotto);
consentire a Trenitalia una simile operazione è in netto contrasto con la cantierizzazione del ponte sullo stretto di Messina, il cui obiettivo principale è la creazione di condizioni favorevoli per il rilancio economico-sociale e di un sistema di trasporti e di logistica più competitivo che consenta di veicolare più rapidamente e a costi più ridotti le merci del Meridione;

appare stridente poi, a fronte della riduzione dei convogli ferroviari, che le Ferrovie dello Stato siano azioniste della società «Stretto di Messina», con la quale hanno concordato una serie di investimenti che porteranno nell'arco di trent'anni all'esborso di 3 miliardi di euro;
la contraddizione risulta ancora più evidente se si considera che il progetto del ponte prevede una serie di collegamenti non solo alla rete stradale ma anche a quella ferroviaria con circa 20 chilometri di raccordi per ogni sponda -:
se il Ministro intenda, alla luce di quanto esposto, assumere iniziative volte ad evitare la realizzazione del ridimensionamento ferroviario voluto da Trenitalia che, oltre ad accrescere i disagi e a ghettizzare ulteriormente la popolazione siciliana e calabrese, rischia di invalidare e svilire anche il progetto del ponte sullo stretto che, privato di una rete infrastrutturale adeguata e complessa, rischia di perdere la sua ragion d'essere.
(2-01267)
«Gibiino, Germanà, Palumbo, Ghiglia, Tommaso Foti, Misuraca, D'Alessandro, Mannucci, Barba, Ciccioli, Marinello, Vincenzo Antonio Fontana, Minardo, Garofalo, Tortoli, Gioacchino Alfano, Giammanco, Antonino Foti, Luciano Rossi, Scapagnini, De Corato, Torrisi, Fucci, Catanoso, Bernardo, Bertolini, Santelli, Aracu, Laffranco, Bianconi, Biasotti, Garagnani, Vessa, Boniver, Scalera».

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in diverse autostrade e in alcune strade sono comparsi, in questi ultimi tempi, dei segnali che prescrivono, per gli automobilisti in transito, l'obbligo di avere a bordo delle propria autovettura le cosiddette «catene da neve»;
quel che, però, risulta incomprensibile è il fatto che detta segnaletica sia accompagnata da un termine di decorrenza che, in molti casi, nulla ha a che fare con il rischio di precipitazioni atmosferiche a carattere nevoso e che nemmeno distingue in relazione all'ubicazione del tratto, stradale o autostradale, interessato;
se appare del tutto opportuno ridurre i rischi conseguenti a dette precipitazioni, altrettanto non può dirsi in relazione ad un'operazione che obbliga gli automobilisti, indipendentemente addirittura dal rischio di neve, a procedere all'acquisto delle «catene» ovvero dal dotare la propria autovettura di pneumatici speciali allorché si abbia a transitare sugli assi stradali per i quali opera l'obbligo anzidetto;
a ciò si aggiunge il fatto che la segnaletica in questione non pare riportare il termine di scadenza temporale dell'obbligo, dal momento che, in molti casi, figura una data di partenza, ma non quella relativa alla fine del medesimo -:
quale sia la disciplina vigente in materia, quali iniziative intenda assumere per scongiurare che un'apprezzabile iniziativa finisca per trasformarsi in un irragionevole obbligo ed in un costo generalizzato a prescindere dalle condizioni metereologiche in atto ovvero dal rischio che esse si verifichino e, comunque, quali accorgimenti intenda eventualmente assumere per scongiurare un'applicazione massiccia di sanzioni per la violazione di dette prescrizioni da parte di quegli utenti che usualmente transitano lungo gli assi viari proprio nel periodo in cui vige il divieto.
(5-05685)

Interrogazioni a risposta scritta:

MURA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la variante di valico rappresenta un'opera viaria di realizzazione di un

tratto autostradale compreso tra Sasso Marconi e Barberino del Mugello, di lunghezza complessiva pari a circa 63 chilometri;
in particolare, l'opera in esame si articola in due macro interventi infrastrutturali:
un primo intervento, riguardante la tratta autostradale Sasso Marconi-La Quercia (19,4 chilometri), consiste nell'adeguamento dell'attuale autostrada A1 mediante la costruzione della terza corsia di marcia e nel rifacimento dello svincolo di Sasso Marconi. I lavori risultano ultimati e ad ottobre 2006 la tratta è stata aperta al traffico;
un secondo intervento infrastrutturale, che più specificamente rileva in tal sede, interessa la tratta La Quercia-Barberino del Mugello e consiste nella realizzazione ex novo di un nuovo tracciato autostradale di 37 chilometri da affiancare all'attuale autostrada A1, nonché nel rifacimento e spostamento di alcuni svincoli autostradali. I lavori sono attualmente in corso e l'apertura al traffico è prevista per l'anno 2013;
la tratta La Quercia-Barberino del Mugello presenta - oggettivamente e come comprovato dalle relazioni tecniche allegate agli atti progettuali - significative ed importanti difficoltà realizzative a causa della particolare morfologia del territorio appenninico toscoemiliano. Segnatamente, la nuova tratta autostradale e le gallerie all'uopo necessarie insistono su aree geologiche instabili e ricche di sacche di gas, che rendono alquanto complicati gli scavi sotterranei e la posa dei pilastri;
tra i comuni interessati dalla realizzazione dell'opera infrastrutturale, vi è il comune di San Benedetto Val di Sambro, il cui territorio è attraversato dall'omonima galleria della variante di valico (galleria di circa 4 chilometri);
nonostante gli studi di fattibilità e le relazioni tecniche approntate da ASPI S.p.A. nel corso dell'iter realizzativo dell'opera, che espressamente assicurano in ordine alla realizzabilità dell'opera senza conseguenze di rilievo con riferimento agli abitati circostanti e alla stabilità del territorio, è dato oggettivo (documentato da scatti fotografici e da rilievi tecnici come riportato anche dalle cronache locali) che le abitazioni localizzate nella frazione di Ripoli Santa Maria Maddalena riportano gravi danni strutturali e che il paese sta lentamente collassando verso valle a causa di un significativo fenomeno di costante erosione;
in ordine al fenomeno franoso, i dati sono parziali e la sua gravità è solamente ipotizzabile: ad oggi, nulla esclude che esso continui anche a lavori ultimati, con conseguenze drammatiche;
peraltro, il fenomeno risulta aggravato dalle infiltrazioni acquifere che interessano il territorio e, ad oggi, non risulta che siano stati effettuati da parte di ASPI S.p.A. rilevamenti tecnici né, tanto meno, che siano stati predisposti interventi di consolidamento o messa in sicurezza comunque denominati;
a conferma della gravità di tale situazione complessiva, risulta che diverse abitazioni localizzate in Ripoli Santa Maria Maddalena sono state precauzionalmente (e necessariamente) sgombrate mediante ordinanza del sindaco del comune di San Benedetto Val di Sambro;
la criticità della situazione è confermata da un parere tecnico dell'assessorato sicurezza territoriale, difesa del suolo e della costa, protezione civile del 20 ottobre 2011, in cui si conferma che la tutela della pubblica incolumità nei territori interessati non può essere garantita, anche in considerazione del fatto che è ragionevole prevedere che gli spostamenti tellurici possano provocare danni anche seri alle strutture abitative coinvolte, oltre che all'opera stessa;
già nell'ottobre 2010, alcuni geotecnici dell'università di Napoli avevano elaborato uno studio in ordine alla galleria

Val di Sambro, evidenziando le criticità connesse alla realizzazione dell'opera;
già dal 2010, le segnalazioni dei cittadini evidenziavano, quanto meno, una situazione di pericolosità e di dissesto geomorfologico, causativo di danni alle abitazioni;
già a maggio 2011, la procura di Bologna aveva aperto un fascicolo conoscitivo, anche in relazione alle indagini condotte dai carabinieri di Vergato, fascicolo conoscitivo sfociato nella formale apertura di un'inchiesta contro ignoti (il reato ipotizzato è quello di disastro colposo);
è quindi un dato oggettivo che le criticità connesse alla realizzazione della galleria Val di Sambro erano note e già state segnalate da molto tempo e da numerose fonti; ciononostante, i soggetti interessati e preposti al monitoraggio non hanno adottato le opportune misure precauzionali né condotto un'attività conoscitiva e di monitoraggio idonea ad evidenziare preventivamente le criticità e i difetti progettuali, strutturali e realizzativi dell'opera -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto sta accadendo e quali misure urgenti, precauzionali e di costante monitoraggio intenda attivare a tutela degli abitanti dei paesi localizzati;
se e come si intenda procedere al risarcimento dei danni alle abitazioni dei cittadini in prossimità della galleria Val di Sambro.
(4-13862)

ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
anche recentemente si sono registrate frane, smottamenti e danni a strutture private causate dal «Rio Rampolino» ruscello scorrente nei comuni di Stresa e Baveno (provincia di Verbania) a valle della autostrada A 26 Voltri-Gravellona Toce e che sfocia poi nel lago Maggiore;
come sottolineato da numerose constatazioni geologiche e da una reiterata corrispondenza tra comuni, regione Piemonte e società Autostrade la costruzione dell'autostrada ha comportato l'immissione nell'alveo di questo rigagnolo, di un volume di acque molto maggiore che in passato tanto che, in occasione di piene, scendono pericolosamente a valle causando visibili danni;
è evidente questa connessione con i lavori autostradali, visto che tali ingenti danni si sono verificati, purtroppo ormai in numero sempre più ricorrente vista l'ormai instabilità generale del versante, tutti dopo la conclusione dei lavori della A26 e mai precedentemente -:
se non si ritenga di dover intervenire nei confronti della società Autostrade al fine di verificare la situazione e assumere immediate misure, di concerto con tutti gli enti preposti, per superare questa situazione di pericolo idrogeologico.
(4-13863)

ROSATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comma 23 dell'articolo 55 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante «Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica» dispone che «Le entrate proprie dell'Ente nazionale per le strade, ente pubblico economico, derivanti dai canoni e dai corrispettivi dovuti per le concessioni e le autorizzazioni [...] sono [...] aggiornate ogni anno, con atto dell'amministratore dell'Ente, in base a delibera del Consiglio»;
per le abitazioni che si affacciano su una strada statale o regionale, la norma, quindi, riconosce ad ANAS SpA la più ampia discrezionalità nella determinazione del canone per i passi carrai;
in particolare, quindi, gli abitanti che risiedono fuori dai centri urbani, oltre a pagare con le loro tasse, la manutenzione

delle strade urbane, pagano la tassa sugli accessi per la manutenzione delle strade regionali e statali;
risulta che a partire dal 2000 si sia proceduto ad un aumento spropositato dei canoni di concessione degli accessi e che ANAS spa avrebbe fatto pervenire, senza preavviso, bollettini con importi esosi di decine di migliaia di euro arretrati, che sarebbero stati elaborati con la modifica unilaterale dei sistemi di calcolo;
gli utenti hanno evidenziato un'ingiustizia in questi trattamenti e la tesi è stata accolta anche dal difensore civico di Padova e dal difensore civico della regione Veneto secondo i quali la legge 27 dicembre 1997, n. 449, presenta «aspetti di vessatorietà, iniquità nonché di contrasto con i princìpi fondamentali dell'ordinamento giuridico» relativamente alla parte in cui si prevede, di fatto, che i residenti fuori i centri urbani si trovino a pagare due volte la manutenzione delle strade;
al Senato della Repubblica è stato approvato all'unanimità un ordine del giorno che ha impegnato il Governo sul tema ad agire in fretta, ma, ad oggi, appare ancora disatteso -:
se il Governo intenda procedere all'abrogazione del canone per i passi carrai come impegnato nell'ordine del giorno e come intenda intervenire a tutela di quegli utenti che in questi giorni hanno ricevuto il bollettino che, va ricordato, ha una scadenza a 30 giorni.
(4-13870)

LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la decisione operativa, assunta recentemente da Trenitalia, di sopprimere a partire dal prossimo 12 dicembre, ben 21 convogli a lunga percorrenza che assicurano i collegamenti tra il Nord ed il Sud del nostro Paese, ed in particolare con la Calabria, rappresenta un danno incalcolabile per le decine di migliaia di persone che si spostano in treno, non potendosi permettere i costi, generalmente molto più esosi del trasporto aereo; in buona sostanza scompaiono tutti i treni notturni per Roma, Torino, Milano, Bolzano e Venezia;
tutto questo non fa che penalizzare ulteriormente le regioni meno sviluppate del Mezzogiorno, e in particolare la Calabria, aggravando la condizione di isolamento che da sempre caratterizza quest'ultima rispetto ad altre aree nazionali più fortunate; infatti, già da tempo erano stati completamente soppressi i collegamenti ferroviari lungo la dorsale ionica, costringendo la Locride ad una condizione di marginalità indegna per un paese civile;
l'aspetto ancora più grave è che questa decisione diventerà operativa proprio in concomitanza con il periodo natalizio, penalizzando dunque fortemente l'utenza calabrese e meridionale in generale in un momento in cui la domanda di mobilità sulle tratte Nord-Sud è altissima; ci si chiede, pertanto, come faranno migliaia e migliaia di emigrati meridionali a ricongiungersi alle proprie famiglie in un quadro di situazione così fortemente penalizzato dalla crisi economico-finanziaria, che in questi ultimi giorni ha raggiunto un livello di inaudita gravità; non vanno sottaciuti, peraltro, anche i rischi ed il disagio che saranno vissuti, in conseguenza dei tagli, dai dipendenti di Trenitalia, che attraverso le organizzazioni sindacali, hanno più volte manifestato le proprie difficoltà ed il proprio dissenso;
è possibile che solo i vertici e l'amministratore delegato dell'azienda, che peraltro ne ha tessuto le lodi, evidenziando le floride condizioni in cui versa la relativa cassa, non dimostrino di conoscere questa grave situazione -:
quali provvedimenti intenda adottare in seguito alle decisioni di Trenitalia, al fine sia di non penalizzare ulteriormente i collegamenti ferroviari Nord-Sud e la relativa utenza, sia il personale dipendente della stessa azienda.
(4-13876)

FORCOLIN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Wasteels International Italia srl è una società che svolge dal 1997, unitamente a Servirail srl, attività di accoglienza, accompagnamento e assistenza alla clientela ed altre prestazioni accessorie in regime d'appalto per Trenitalia spa;
i 182 lavoratori che dipendono da tale società (di cui 39 nel treno notte Venezia Parigi Venezia), hanno ricevuto comunicazione, in data 14 aprile 2011, della scelta aziendale di avviare la procedura per un nuovo bando di gara internazionale, recedendo anticipatamente i contratti di lavoro;
in seguito a questo fatto è stata aperta una procedura di mobilità per tutti i dipendenti di Wasteels International Italia srl, che si è conclusa il 5 ottobre 2011 con un verbale di mancato accordo siglato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'avvio delle procedure di licenziamento dei 182 lavoratori, nonostante il parere contrario di tutte le organizzazioni sindacali che avevano richiesto di approfondire ulteriormente la vicenda;
in passato Trenitalia ha effettuato scelte similari, abolendo le corse per Zurigo, Vienna, Ginevra, Monaco di Baviera e Nizza e affidandone la lavorazione a società straniere. Queste scelte hanno avuto gravi ripercussioni sui lavoratori della società Wasteels: circa 110 persone con contratti a tempo indeterminato sono stati messi inizialmente in cassa integrazione a rotazione per due anni, e successivamente, è stato loro applicato il contratto di solidarietà per altri due anni;
di fatto, i costi sociali addebitati allo Stato per le scelte di Trenitalia sono molto alti, considerando che il 60 per cento degli stipendi viene pagato dall'Inps;
le tratte per Vienna e Monaco continuano ad avere mercato e a richiedere quindi personale qualificato, ma il servizio viene assicurato dalle compagnie straniere, che si avvalgono di personale proprio, visto che Trenitalia ha scelto di non inserire nel bando per l'assegnazione dei servizio la cosiddetta «clausola sociale»;
a partire dal mese di dicembre 2011 le linee fra Italia e Francia saranno assicurate dal personale francese di «THELLO», primo treno della nuova compagnia ferroviaria franco italiana TVT -:
quali iniziative i Ministri intendano intraprendere, anche promuovendo un tavolo di concertazione fra le parti interessate, a sostegno dei lavoratori della società Wasteels International Italia srl, che stanno vivendo un periodo di grave difficoltà a causa delle scelte aziendali di Trenitalia.
(4-13879)

PALADINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la società Newrest Wagons-lits «Servirail Italia» insieme alla «Wasteels International Italia» detiene in affidamento dalla committente Trenitalia, l'accompagnamento a bordo delle carrozze cuccette e dei vagoni letto facenti parte del cosiddetto «servizio universale» finanziato, per la maggior parte dallo Stato;
i lavoratori impiegati presso la società «Servirail Italia» del settore Treni Notte sono ritenuti a giusta ragione gli eredi legittimi della gloriosa e storica «Compagnia Internazionale delle carrozze letto e del turismo e dei grandi treni espresso europei» vantando oltre 135 anni di servizio;
nel gennaio 2011 l'unica committente Trenitalia ha ufficializzato, tramite comunicati stampa e tv, la costituzione di una società partecipata al 50 per cento con Veolià Transport, un'organizzazione francese dedita allo svolgimento di servizi ferroviari tra cui i vagoni letto;
nell'aprile 2011 la stessa Trenitalia ha bloccato le prenotazioni per i treni notte, ed ha decurtato gradualmente ben

1800 corse, rescindendo il contratto già esistente ed anticipandone la fine al 10 dicembre 2011;
il nuovo bando di gara relativo al servizio di cui trattasi presenta un capitolato di appalto abbattuto del 50 per cento, altresì non riconoscendo, a quanto consta all'interrogante, la cosiddetta «clausola sociale» alla nuova società ferroviaria;
il settore versa in uno stato di profonda crisi per tagli strategici che vanno a sacrificare 1000 posti di lavoro che parrebbero operati con valutazioni incomprensibili, considerando che nel solo 2010 si è avuto un incremento di viaggiatori del 12,2 per cento (da 1.335.202 a 1.498.998 passeggeri - dati Trenitalia) e nell'anno in corso vi sono stime che già parlano di un aumento dello 1,81 per cento -:
se il Ministro intenda porre in essere iniziative volte ad una rapida soluzione dei problemi che riguardano i lavoratori di un servizio finanziato in buona parte dallo Stato, quale è l'accompagnamento a bordo delle carrozze cuccette e dei vagoni letto, promuovendo all'uopo azioni sinergiche ed evitando inopportuni licenziamenti rispetto ad operatori che non usufruirebbero neanche della cosiddetta «clausola sociale»;
se, non sia conveniente, in un momento di grave crisi economica, prevedere e prediligere concessioni finanziate in buona parte dallo Stato, come l'accompagnamento a bordo delle carrozze cuccette e dei vagoni letto, a società e lavoratori del nostro Paese.
(4-13880)

LO MORO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 10 novembre 2011 sono stati illustrati a Lamezia Terme gli esiti dell'operazione «Isola Felice» nell'ambito della quale sono state emesse 17 misure cautelari per il rilascio di patenti e certificazioni fasulle e deferite in stato di libertà 144 persone;
secondo quanto reso noto dagli inquirenti, tra le persone sottoposte a misure cautelari ci sono, in particolare, il direttore della motorizzazione civile di Reggio Calabria, il direttore facente funzioni della motorizzazione civile di Catanzaro, i titolari di varie autoscuole ubicate rispettivamente a Lamezia Terme, Curinga, Catanzaro, Soverato e Praia a Mare e alcuni loro stretti collaboratori;
nella stessa operazione è stato disposto il sequestro preventivo di 66 patenti di guida, 50 certificati di formazione professionale Adr e di 195 veicoli sottoposti a collaudo straordinario mediante la produzione di relazioni tecniche apocrife;
a destare sospetti è stata l'alta percentuale di candidati, provenienti da tutta Italia e per la maggior parte di nazionalità cinese, che si recavano presso autoscuole lametine per ottenere il rilascio sia della patente che del certificato per condurre veicoli per il trasporto di merci pericolose. L'indagine si è poi allargata coinvolgendo autoscuole di altre località calabresi;
secondo quanto chiarito dagli inquirenti, che procedono per associazione a delinquere, corruzione, falso, abuso d'ufficio e truffa ai danni dello Stato, era stato messo a punto un meccanismo alterato in base al quale funzionari compiacenti favorivano i candidati di alcune scuole guida che superavano le prove senza intoppi, in alcuni casi senza neanche presentarsi all'esame, mentre penalizzavano i candidati di altre autoscuole. A fronte di tale meccanismo, secondo l'accusa, i funzionari della motorizzazione civile coinvolti incassavano somme di denaro;
la brillante operazione messa a segno dalle forze dell'ordine e dalla magistratura lametina, pone dei problemi che non possono essere sottovalutati;
il primo è quello di evitare che patenti e certificati per trasporti di merci pericolose conseguiti illegalmente possano

continuare ad essere utilizzati, con gravi rischi dal punto di vista della circolazione stradale per l'incolumità pubblica; il sequestro disposto in sede giudiziaria cui si è fatto cenno poco sopra non esonera, infatti, l'amministrazione dalle verifiche e dalle valutazioni di sua competenza;
il secondo problema, è di assicurare una maggiore vigilanza sulle motorizzazioni e di garantire, con meccanismi suscettibili di verifica o con normative più appropriate, trasparenza e correttezza nell'attività di tali strutture periferiche dello Stato -:
se siano a conoscenza delle risultanze dell'operazione «Isola Felice» di cui in premessa;
se è come si intenda intervenire nella vicenda al fine di garantire che non vengano utilizzati documenti abilitativi (patenti e certificati per condurre veicoli per trasporto di merci pericolose) ottenuti illegalmente;
se come si intenda, intervenire per assicurare una maggiore vigilanza sulle motorizzazioni civili e per garantire, con meccanismi suscettibili di verifica o con normative più appropriate, trasparenza e correttezza nell'attività di tali strutture periferiche dello Stato.
(4-13881)

BUCCHINO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
tra gli Stati con i quali l'Italia ha concluso accordi di reciprocità in materia di conversione di patenti di guida non è compreso il Canada, Paese dove risiedono oltre un milione di persone di origine italiana e meta di consistenti flussi di italiani che vi si recano per ragioni di studio, turismo e lavoro;
in Canada possono tuttavia convertire la patente italiana solo i cittadini facenti parte del personale diplomatico e consolare italiano che si trasferiscono per motivi di servizio in quel Paese;
purtroppo alla quasi totalità dei cittadini italiani che si recano in Canada per motivi di studio, turismo o lavoro non viene riconosciuta né convertita la patente di guida italiana;
la materia del rilascio delle patenti di guida in Canada non è prevista tra le competenze del Governo federale ma ciascuna delle province canadesi vi provvede secondo una normativa ad hoc approvata dai rispettivi parlamenti;
il Governo italiano, tramite l'ambasciata d'Italia in Canada, all'inizio degli anni 2000 aveva avviato un primo tentativo di negoziato con la provincia del Québec che avrebbe dovuto portare alla firma di un'intesa amministrativa tra il nostro Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il governo della provincia del Québec per il riconoscimento reciproco delle patenti di guida;
nel 2006 le autorità competenti canadesi avevano predisposto e inviato al Governo italiano una proposta di accordo quadro a livello federale che prevedeva la successiva stipula di protocolli tecnici attuativi a livello delle varie province canadesi e si era successivamente avviato a Roma un negoziato specifico tra esperti dei due Paesi per definire un testo comune la cui ultima versione è stata sottoposta nel luglio del 2011 ai negoziatori canadesi da parte della nostra ambasciata a Ottawa -:
quali misure il Ministro interrogato intenda intraprendere per verificare lo stato dei negoziati e per eventualmente accelerarne l'iter, anche alla luce delle persistenti aspettative dei cittadini italiani e canadesi che si spostano da un Paese all'altro e che da anni attendono la stipula di un necessario accordo tra i due Paesi per la conversione delle patenti di guida.
(4-13889)

TIDEI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'8 novembre 2011, come è possibile riscontrare da tutti i quotidiani e telematici

locali, i pendolari della tratta ferroviaria Fr/5 hanno dovuto subire, per l'ennesima volta e sulla propria pelle un nuovo episodio gravissimo ed inaccettabile;
il treno regionale che parte da Ladispoli alle 7.39 in direzione Roma, ovviamente già pieno, ha cominciato a manifestare dei guasti durante il tragitto sino a ufficializzare il proprio «decesso» nella stazione di Maccarese. Sembra surreale ma il treno, dopo aver attraversato neanche due stazioni, non è stato più in grado di proseguire;
impossibilitati a proseguire i pendolari a bordo sono scesi immediatamente dal convoglio per poter prendere il treno che stava per sopraggiungere aggiungendosi alle persone già presenti in banchina. Momenti di panico, molti pendolari che tentavano di raggiungere il treno successivo correndo nel sottopasso per arrivare nell'altro binario a causa del sovraffollamento e della concitazione del momento sono caduti riportando numerose ferite;
come si poteva prevedere anche il treno successivo, fortunatamente funzionante è ripartito con forte ritardo dovuto alla impossibilità di chiudere le porte delle vetture poiché stracariche di gente;
è inutile aggiungere che ne è scaturito un viaggio davvero disastroso: i fortunati che hanno potuto proseguire la tratta si sono trovati ammassati in carrozze dove scarseggia l'aria, dove i servizi igienici sono perennemente guasti e dove inevitabilmente si sono verificati malori da parte dei passeggeri;
al di là dell'episodio specifico i pendolari che utilizzano quotidianamente il treno sulla linea Fr5 Civitavecchia-Roma subiscono da anni notevoli disagi per il sovraffollamento delle vetture, per le carenti condizioni di pulizia, per i guasti agli impianti di riscaldamento delle carrozze, per l'assenza pressoché totale di servizi igienici;
le precarie condizioni di viaggio diventano addirittura disastrose nel periodo di maggio-ottobre quando migliaia di croceristi provenienti dal porto di Civitavecchia, spesso con al seguito pesanti valigie, raggiungono Roma via treno in orari già congestionati dalla presenza dei pendolari, trasformandoli in veri e proprie carri bestiame, privi delle più elementari norme di sicurezza e di igiene;
l'offerta di trasporto in direzione Roma, in particolare tra le 7.00 e le 9.00, appare da anni del tutto insufficiente; il nuovo contratto di servizio tra Trenitalia e la regione Lazio ha introdotto in abbonamento la carta annuale «tuttotreno Lazio» al costo di 150 euro, con cui si permette l'accesso dei pendolari abbonati Metrebus a tutti i treni Intercity-Eurocity della linea;
tale carta annuale si è rivelata un autentico boomerang poiché, nonostante l'assoluta assenza di offerta di treni veloci da Civitavecchia per Roma nella fascia pendolare del mattino (6,00-9,00), non è stata prevista una forma di abbonamento unidirezionale della carta, facendo così pagare per intero ai cittadini-utenti, come bidirezionale, un servizio che Trenitalia garantisce di fatto solo al 50 per cento. Soluzioni che suonano mediaticamente bene ma che si rivelano soltanto fumo negli occhi;
a tutto questo si aggiunga un totale disinteresse e un atteggiamento di chiusura della società Trenitalia di fronte alle ragionevoli richieste dei cittadini-pendolari della linea Civitavecchia-Roma costretti a servirsi del treno per necessità di lavoro e di studio;
nel 2000/2001 in qualità di membro della IX Commissione (trasporti) della Camera l'interrogante chiedeva, già da allora, insieme alle istituzioni locali l'attivazione di un tavolo di confronto con la stessa società Trenitalia, la regione Lazio e il comitato pendolari, affinché si potesse individuare una rapida e concertata soluzione delle problematiche proposte, cosa mai avvenuta. Purtroppo dopo dieci anni la situazione non è affatto migliorata;
l'assessore regionale ai trasporti Lollobrigida a mezzo stampa e nelle occasioni

in cui fa visita al territorio non fa altro che sponsorizzare soluzioni, interventi risolutivi e idee che di fatto non hanno mai avuto seguito ma che anzi hanno peggiorato la situazione -:
di fronte quindi a quella che appare all'interrogante la totale indifferenza delle istituzioni pubbliche competenti e della società Trenitalia quali iniziative di competenza concrete ed improcrastinabili intenda assumere prima che la situazione arrivi ad un punto di non ritorno con conseguenze drammatiche ed irreparabili per l'intera «massa dei pendolari» che quotidianamente si ammassano sulle carrozze ferroviarie.
(4-13899)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FADDA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in una logica di vicinanza e attenzione ai bisogni dei cittadini, nonché nella considerazione che la sicurezza degli stessi è una necessità primaria, l'amministrazione comunale di Pula - centro industriale e turistico di rilevante importanza del cagliaritano - ha impegnato ingenti risorse per la costruzione della nuova caserma dei Carabinieri in quanto lo stabile finora usato dall'Arma era totalmente inidoneo, poco accogliente, logisticamente poco raggiungibile dall'utenza, inadeguato per ospitare un organico che soprattutto nel periodo estivo si rafforzava;
oltre a tali considerazioni che giustificano l'impegno dell'amministrazione comunale, è da mettere in evidenza l'importanza svolta nel territorio dalla caserma dei carabinieri di Pula dal momento che il comune di Villa San Pietro è privo di stazione dell'Arma e che nell'ambito di una organizzazione della stessa Arma sono state soppresse alcune stazioni come quella di Santa Margherita, centri turistici rilevanti che nel periodo estivo subiscono un aumento abnorme della popolazione con tutte le conseguenze, anche di ordine pubblico, che ne derivano;
tra le pubbliche amministrazioni interessate nella costruzione della nuova caserma sono state attivate sempre procedure condivise dalle quali dovevano derivare reciproci impegni, che per quanto concerne l'amministrazione comunale di Pula si sono tradotti nella messa in disponibilità di un'area pregiata del valore di 394.250,00 euro, di una accensione di un mutuo presso la Cassa depositi e prestiti di 1.100.000,00 euro, di un impegno ulteriore a carico totale del bilancio comunale di euro 189.000,00 per modifiche dirette a migliorare la logistica e gli alloggi;
con nota prot. 2593/A.S.G.A.C. del 19 settembre 2005 la prefettura di Cagliari ha trasmesso lo schema di comodato gratuito per un periodo di cinque anni, approvato dalla giunta comunale di Pula nel novembre del 2005;
con circolare del Ministero dell'interno n. 600/C/CC SEGR 234 del 18 novembre 2005 sono state impartite nuove disposizioni in ordine alla durata del comodato per sei anni ed all'impegno finanziario sulla futura locazione degli stabili da adibire a sedi per Polizia dello Stato e l'Arma dei carabinieri;
con nota prot. 89228/A.S.G.A.C. dell'11 dicembre 2008 la prefettura di Cagliari ha trasmesso lo schema di contratto di comodato gratuito per un periodo di sei anni a decorrere dalla data di occupazione dei locali;
l'atto di comodato prevedeva l'impegno alla sottoscrizione, alla scadenza del sessennio, di comodato gratuito, di un contratto di locazione in base al canone annuo di euro 97.000,00 reso congruo dall'Agenzia del demanio di Cagliari con nota n. 10877/08 del 21 luglio 2008;
con delibera n. 7 della G.C. del 22 gennaio 2009 veniva approvato e venivano

accettate le clausole e lo schema del contratto di comodato gratuito dello stabile da adibire a nuova sede della stazione dei carabinieri di Pula;
fiduciosi degli impegni presi e in attesa di stipulare la convenzione di comodato d'uso, con delibera della giunta comunale n. 45 del 18 aprile 2011 integrata con delibera della giunta comunale n. 50 del 3 maggio 2011, l'amministrazione comunale autorizzava la consegna anticipata dell'immobile;
con nota della prefettura prot. n. 60269 del 27 settembre 2011 vengono avanzate proposte che inaccettabili dall'amministrazione comunale di Pula in quanto prevedono unicamente la sottoscrizione di un comodato gratuito senza alcuna previsione di una successiva stipula di un contratto di locazione passiva e che tale nota disattende le aspettative del comune di Pula dal momento che lo stabile è stato già occupato dall'Arma nelle more del perfezionamento del contratto di comodato;
l'amministrazione comunale, attenta alle necessità e alle esigenze della popolazione, si è fatto carico di un importante sacrificio economico che comunque sarebbe rientrato con il canone di affitto e che la determinazione indicata dall'ultima nota della prefettura mette in seria difficoltà il comune di Pula soprattutto in questo momento particolarmente difficile per le amministrazioni locali, e che, nel caso specifico l'onere deve essere completamente a carico dello Stato -:
quali provvedimenti intenda adottare con urgenza perché la nuova caserma dei Carabinieri di Pula venga presa in carico dal Ministero dell'interno secondo il percorso amministrativo tracciato e condiviso fra tutte le amministrazioni pubbliche che in questi anni hanno assunto impegni formali e informali con l'amministrazione di Pula, provvedimenti auspicabili e dovuti in quanto permettono all'amministrazione comunale di Pula di recuperare le somme investite per un servizio il cui costo deve essere, senza alcun dubbio, a carico dello Stato.
(5-05695)

AGOSTINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra venerdì 4 e sabato 5 novembre 2011 alle ore 3,05 presso la sede della camera del lavoro di Ascoli Piceno è scoppiata una bomba carta di dimensioni rilevanti;
il territorio della provincia di Ascoli Piceno nel passato è stato teatro di diversi incresciosi atti di vandalismo, e di terrorismo;
nonostante il forte boato, l'allarme è stato dato alle 7,30 del mattino dagli stessi dipendenti della camera del lavoro che come ogni mattino si sono recati al lavoro;
gli inquirenti recatisi prontamente sul posto hanno potuto constatare la gravità dell'episodio, ed i numerosi danni alla struttura ed alle cose;
il 28 novembre del 2010 sempre presso una sede distaccata della camera del lavoro di Ascoli Piceno più precisamente nel comune di Castel di Lama si era verificato un analogo episodio;
l'ora in cui si sono registrati gli episodi ha fortunatamente scongiurato vittime;
lunedì 7 novembre 2011 si è svolto un presidio di solidarietà presso i locali, dove si è registrato l'atto, che ha visto la partecipazione delle istituzioni locali, dei partiti e movimenti politici, di tanta gente comune;
le forze dell'ordine che prontamente hanno iniziato meticolose e scrupolose indagini, hanno già acquisito elementi tali da lasciar supporre analogie tra i due attentati -:
quale sia la matrice dell'atto intimidatorio;
se il prefetto di Ascoli Piceno abbia riunito il comitato provinciale dell'ordine pubblico;

se siano state assunte decisioni circa la tutela delle organizzazioni che in questo momento sono più esposte ad essere colpite da episodi di questo genere;
se, in accordo con gli enti locali del territorio, siano state assunte iniziative di prevenzione tese a scoraggiare il ripetersi di atti di questo genere.
(5-05697)

Interrogazioni a risposta scritta:

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è stata divulgata la lettera del Ministero dell'interno, datata 21 dicembre 2009, a firma «p. il Direttore» del dipartimento della pubblica sicurezza - ufficio per gli affari della polizia amministrativa e sociale, indirizzata al raggruppamento operativo speciale carabinieri - sezione anticrimine di Reggio Calabria ed avente come oggetto «risarcimento danni e azione di rivalsa»;
la lettera in questione chiede di conoscere i dati dei militari che hanno partecipato alla cattura di Pasquale Condello, boss della 'ndrangheta calabrese, per l'eventuale azione di rivalsa per i danni provocati all'abitazione durante la cattura;
l'interrogante nel precisare che il boss Condello era latitante da ben 20 anni e che la sua cattura è avvenuta grazie alla capacità investigativa delle forze dell'ordine, trova davvero disarmante che i singoli militari titolari dell'esemplare operazione vengano chiamati a risarcire personalmente i danni causati durante il blitz -:
quali urgenti iniziative intenda intraprendere al fine di non mortificare ulteriormente le forze dell'ordine e tutti quei militari che con dedizione e sacrificio si impegnano nella cattura dei latitanti e nella pericolosa lotta ai mafiosi.
(4-13864)

ZAZZERA, DI STANISLAO e LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la notte dell'8 settembre 2011 ignoti hanno distrutto l'uliveto di proprietà della madre dell'assessore con delega alla polizia municipale del comune di Toritto (Bari), Filippo Geronimo;
secondo quanto denunciato dallo stesso assessore, il gesto di natura dolosa e presumibilmente di stampo mafioso sarebbe connesso al progetto di potenziamento di organico degli agenti di polizia municipale del comando locale, attivato in via sperimentale mediante convenzione in collaborazione con il comando di PM del comune di Bari, con decorrenza 14 agosto-31 ottobre 2011;
già il 2 febbraio 2008, Filippo Geronimo in qualità di agente di polizia penitenziaria aveva denunciato al dipartimento del Ministero della giustizia una telefonata minatoria proveniente da persona a lui conosciuta, che avrebbe pronunciato le seguenti parole: «Ti faccio saltare in aria! Hai i minuti contati!»;
anche il 21 maggio 2011 l'assessore ha denunciato ai carabinieri di aver ricevuto nella cassetta portalettere della propria abitazione una busta priva di timbro postale di affrancatura, contenente una lettera diffamatoria e ingiuriosa macchiata di sangue. L'ennesima minaccia dopo quella già ricevuta sempre tramite lettera appena due mesi prima;
l'integrazione delle forze di pubblica sicurezza da parte dell'assessore avrebbe creato disturbo all'azione criminosa della criminalità organizzata che da tempo sta affliggendo il territorio, al punto da destare allarme tra i cittadini e gli stessi operatori della sicurezza;
il comune di Toritto, infatti, non è nuovo ad episodi di violenza. Il 9 ottobre 2010 un giovane di 22 anni è stato ucciso con 4 colpi all'addome nella piazza centrale del paese;
nel marzo 2011 c'è stata una sparatoria mirata ad una palazzina in via Leonardo Da Vinci, in piena notte, che per fortuna non ha provocato vittime. Qualche tempo prima nella stessa zona, è esploso

un ordigno rudimentale ed ignoti hanno sparato colpi di pistola contro un cantiere -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di impedire l'azione della criminalità organizzata nel comune di Toritto (Bari);
quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire la sicurezza dell'assessore comunale di Toritto Filippo Geronimo.
(4-13866)

FAVA e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i cittadini della provincia di Livorno lamentano una escalation di violenze, consumate nelle abitazioni private e nelle strade;
l'ultimo episodio è accaduto in data 7 novembre 2011 ai danni di un pensionato sessantenne che è stato legato e rapinato nella propria casa da due banditi;
spaccio di droga, accoltellamenti, risse, scippi, rapine e furti in appartamento sono all'ordine del giorno e sembra siano sempre coinvolti cittadini extracomunitari -:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere per combattere il fenomeno della crescente criminalità nella provincia di Livorno.
(4-13867)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Repubblica dell'8 novembre 2011 è apparso un articolo scritto da Paolo Berizzi e intitolato: «L'agonia in una cella della caserma. Ecco come hanno lasciato morire Saidou»;
l'articolo narra la triste vicenda del senagalese Alhdy Saidou Gadiaga, 37enne, morto dopo un attacco di asma in una cella della caserma Casotti, sede del comando provinciale dei carabinieri di Brescia;
Alhdy, in Italia da 15 anni, l'11 dicembre 2010 camminava con un amico lungo il viale della stazione quando è stato fermato da una pattuglia dei carabinieri. Un controllo di routine. Il senegalese non aveva documenti, ma solo un certificato medico rilasciato dal pronto soccorso degli Ospedali Civili;
secondo quanto si apprende dalle notizie di stampa, l'extracomunitario avrebbe spiegato ai militari di essere disoccupato, di avere per questo motivo il permesso di soggiorno scaduto e di essere rimasto in Italia perché ammalato di asma cronica come da certificato medico esibito alle medesime forze dell'ordine. Ciononostante l'uomo è stato comunque arrestato con l'accusa di violazione della legge n. 189 del 2002, cosiddetta «legge Bossi-Fini», in quanto considerato clandestino da rimpatriare, chiuso in una cella della caserma di piazza Tebaldo Brasato;
l'uomo è rimasto chiuso in cella per 36 ore. Nelle «camere di sicurezza», come confermano i carabinieri, non esiste riscaldamento e in quei giorni il termometro a fatica superava i 5 gradi;
dal verbale del comandante della stazione - inviato con una nota al consolato del Senegal - si legge quanto segue: l'arrestato è stato colto da malore alle 8 di domenica, nella camera di sicurezza. Veniva chiesto subito l'intervento di un'ambulanza del 118 che, constatata la gravità del caso, provvedeva al ricovero. Quaranta minuti più tardi i medici hanno constatato il decesso del 36enne per «arresto cardiocircolatorio». Una morte sulla quale la procura ha aperto un'inchiesta;
la versione dei carabinieri pare smentita dalla ricostruzione fatta dal giornalista de La Repubblica, il quale, nell'articolo sopra citato, riassume così la vicenda: «Alle prime ore del mattino il senegalese ha una crisi. Lo conferma un

testimone, Andrei Stabinger, bielorusso detenuto nella cella accanto. "Sono stato svegliato dal detenuto che picchiava contro la porta e chiedeva aiuto gridando. Aveva una voce come se gli mancasse il respiro. Dopo un po' di tempo ho sentito che qualcuno apriva la porta della cella e lo straniero, uscito fuori, credo sia caduto a terra". Quanto tempo è trascorso tra la richiesta di aiuto e l'intervento del militare "Penso 15-20 minuti - fa mettere a verbale il testimone - durante i quali l'uomo continuava a gridare e a picchiare le mani contro la porta". Il video fissa la scena e i tempi. Da quando si vedono le dita di Gadiaga sporgere dallo spioncino (sono le 7.44, l'uomo sta chiedendo aiuto già da parecchi minuti) all'arrivo del carabiniere, passano due minuti e 35 secondi. Gadiaga, uscito finalmente dalla cella, cade a terra alle 7.52: otto minuti dopo essersi sporto dalla camera. Altri 120 secondi e arrivano i medici del 118. Gadiaga è già privo di conoscenza, per lui non c'è più niente da fare. L'autopsia conferma che la morte è avvenuta a causa di "un gravissimo episodio di insufficienza respiratoria comparso in soggetto asmatico". E attesta, inoltre, che l'uomo "era clinicamente deceduto già all'arrivo dell'autoambulanza"»;

il momento della triste morte di Alhdy Saidou Gadiaga è stato ripreso anche dalle telecamere di sicurezza della caserma dei carabinieri. Il video, pubblicato sul web, è stato consegnato alla procura della Repubblica e mostra l'uomo che si sente male, cerca aiuto e poi viene soccorso;

il consolato del Senegal ha chiesto che venga fatta chiarezza sulla morte di Saidou;

ai sensi dell'articolo 13, comma 4, della Costituzione, «è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà»-:
se il Governo non intenda promuovere immediate modifiche della cosiddetta «legge Bossi Fini», per evitare il ripetersi di queste drammatiche vicende, in modo che il lavoratore extracomunitario in possesso del permesso di soggiorno per lavoro che, per cause indipendenti dalla sua responsabilità perde il lavoro, abbia diritto al rinnovo del permesso di soggiorno alla naturale scadenza per ulteriori 24 mesi, facendo sì che tale possibilità di accedere alla proroga di 24 mesi sia estesa anche a coloro che usufruiscono, ai sensi della normativa vigente, degli strumenti degli ammortizzatori sociali, cassa integrazione ordinaria o cassa integrazione straordinaria, mentre per i lavoratori con contratto stagionale potrebbe essere prorogato il permesso di soggiorno alla naturale scadenza per ulteriori 12 mesi;

se non si intenda urgentemente assumere iniziative di competenza per supportare ed aiutare concretamente i detenuti, anche attraverso l'avvio di un'indagine amministrativa interna per capire di chi sono le responsabilità nella morte di Alhd Saidou Gadiaga;
se non si ritenga oramai indifferibile riferire sulla reale consistenza del fenomeno delle morti in carcere, nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) e in tutti gli altri luoghi di privazione della libertà, in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e da quelle, invece, avvenute per cause sospette;
se il Governo - anche alla luce di quanto disposto dall'articolo 13, comma 4, della Costituzione - non ritenga di dover urgentemente adottare le opportune iniziative normative al fine di estendere il potere di ispezione dei parlamentari oggi previsto per gli istituti penitenziari e i centri di identificazione ed espulsione, anche alle camere di sicurezza eventualmente esistenti presso le caserme dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza e presso i commissariati di pubblica sicurezza.
(4-13871)

TOUADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il territorio di Anzio (Roma) risulta fortemente infiltrato da organizzazioni

criminali: come testimoniato dai processi «Appia» e «Mithos» pendenti innanzi al tribunale di Velletri per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale, in tale territorio da anni opera il clan Gallace;
l'indagine della direzione distrettuale antimafia di Roma «Paredra» e le indagini della DDA di Milano «Infinito» e «Bagliori» hanno confermato l'operatività della cosca e le sue proiezioni anche in Lombardia;
nel territorio risulta operativo, altresì, il clan dei casalesi come attestano le indagini della DDA di Roma nonché la sentenza emessa dal tribunale di Latina a carico di Pasquale Noviello ed altri per gravi reati aggravati dalle modalità mafiose;
nelle città di Anzio e Nettuno (Roma) negli ultimi tre anni sono state messe a segno diverse intimidazioni ed attentati ai danni di imprenditori e commercianti;
il 19 maggio 2009 una bomba carta danneggiava il locale che ospitava «Il Buena Vista», sala da ballo di Nettuno il cui nome era già finito nel 2005 nell'inchiesta della procura di Velletri, sui rapporti della criminalità organizzata con alcuni amministratori di Nettuno; la notte del 26 maggio 2009 un'altra bomba carta distruggeva una Clio parcheggiata in via Montenero, zona centrale di Nettuno, mandando in frantumi i vetri del palazzo di fronte, quelli di un'altra auto, di un'officina meccanica e di un club privato in cui si gioca a poker, il circolo «Italian Poker»;
la notte del 21 gennaio 2010 venivano sparati cinque colpi di pistola calibro 9x21 contro il portoncino blindato del pub «The Mithicals» a Nettuno;
il 4 giugno veniva fatta esplodere una bomba artigianale sul cancello della villa dell'ex assessore di Nettuno Gianni Cancelli;
il 10 luglio una bomba carta danneggiava l'auto di un familiare del titolare del circolo «Italian Poker»;
il 14 ottobre 2010 ignoti appiccavano il fuoco al ristorante «al Sarago» che si affaccia su largo S. Antonio, all'inizio della riviera Mallozzi ad Anzio;
la notte del 7 gennaio 2011 veniva colpita da un grave incendio doloso l'azienda di Anzio «Eco Imballaggi», che subiva danni per circa 70.000 euro;
nel novembre 2005 il consiglio comunale di Nettuno (a pochi chilometri da Anzio) è stato sciolto per gravi condizionamenti da parte della criminalità organizzata, decisione confermata in tutti i gradi di giudizio dalla giustizia amministrativa;
nella giunta di Anzio siede l'assessore Pasquale Perronace, fratello del defunto Nicola Perronace già tratto in arresto su richiesta delle DDA di Roma e Catanzaro per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale, e per il quale era stato chiesto il rinvio a giudizio per tale delitto;
Nicola Perronace già nel 1983 era stato attinto da mandato di cattura emesso dal giudice istruttore di Locri per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e sequestro di persona a scopo di estorsione;
le attività di indagine dei carabinieri portavano a sostenere che Nicola Perronace sosteneva la latitanza di importanti boss della 'ndrangheta già negli anni '80, come Cosimo Ruga;
il collaboratore di giustizia Giacomo Lauro riferiva di aver passato il Natale e il Capodanno del 1978 a Roma, in località Falasche di Nettuno, assieme ad altri latitanti facenti parte del crimine organizzato della provincia ionica di Reggio Calabria, come Cosimo Ruga. Erano latitanti, perché durante l'inverno nelle montagne fa freddo e allora il latitante va e cerca un riparo. Quindi loro a novembre e i primi di dicembre erano saliti dalla Calabria, dalla zona di Guardavalle, Gioiosa, Platì e

si erano trasferiti presso Nicola Perronace di Guardavalle che aveva casa e abitazione a Falasche (dichiarazione rilasciata durante l'udienza del 1° dicembre 1998 del processo per l'omicidio Pecorelli, come si può riscontrare nell'audio sul sito di Radio radicale);
Pasquale Perronace, inoltre, risulta essere cugino di primo grado di Agazio e Vincenzo Gallace, esponenti apicali del clan Gallace;
nell'ambito dell'inchiesta a carico del pregiudicato Franco D'Agapiti ed altri coordinata dalla procura di Velletri nel 2005 risultarono contatti tra lo stesso D'Agapiti e l'allora direttore del comune di Anzio Giorgio Zucchini e attuale consigliere del Popolo della libertà di Anzio; la Corte dei conti, in appello, ha condannato Zucchini per danno erariale;
bisogna rilevare che anche l'attuale assessore all'ambiente Patrizio Placidi risulta condannato per danno erariale nel medesimo processo;
il comandante dei vigili urbani di Anzio Bartolomeo Schioppa risulta essere stato condannato in appello per corruzione a due anni e otto mesi;
nel novembre 2007 veniva disposta dal giudice per le indagini preliminari di Velletri la misura coercitiva degli arresti domiciliari per corruzione nei confronti dell'allora comandante dei vigili urbani di Anzio Samuele Carannante;
un mese dopo veniva ordinata dal giudice per le indagini preliminari di Velletri la misura coercitiva degli arresti domiciliari per corruzione e calunnia nei confronti del vice comandante dei vigili urbani di Anzio Lorenzo Giusti;
l'assessore al turismo Umberto Succi è stato vittima dal 2002 al 2004 di ben tre attentati che hanno colpito il suo stabilimento balneare «il Bungalow» e la vettura del suo albergo;
il consigliere Mario Pennata ha subito due gravi intimidazioni nel 2003 ad un negozio di ottica già di proprietà dello stesso consigliere;
se il Ministro interrogato sia al coprente di tali gravi fatti e se intenda insediare una commissione d'accesso presso il comune di Anzio per verificare, ai sensi della normativa vigente, la presenza di condizionamenti da parte della criminalità organizzata.
(4-13884)

GIULIETTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 10 novembre 2011 l'editore Sandro Parenzo ha denunciato l'improvvisa scomparsa di centinaia di antenne della emittente Telelombardia;
tali antenne consentivano la copertura di quasi tutto il bacino della regione Lombardia;
tale misteriosa ed improvvisa sparizione è accaduta alla vigilia della seconda puntata della trasmissione di Michele Santoro «Servizio Pubblico»;
in numerose occasioni, gli autori della trasmissione sono stati fatti oggetto di richieste di censura e di manifestazioni di intolleranza da parte di facinorosi di varia natura -:
se siano state avviate indagini promosse per individuare i responsabili del furto e del danneggiamento grave di Telelombardia;
quali misure siano state o saranno predisposte per garantire la sicurezza degli impianti e per prevenire ulteriori episodi di questa natura sia a carico di Telelombardia, sia a carico di tutte le altre emittenti che hanno generosamente scelto di sostenere e di promuovere la nuova esperienza editoriale.
(4-13890)

FIANO, BERRETTA e SAMPERI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel corso di una battuta di caccia il maresciallo capo dei carabinieri in pensione Candido Donato di anni 57 è morto folgorato, in contrada Saracena, a pochi

chilometri dal centro abitato di Caltagirone, provincia di Catania, dopo essere inciampato in un filo vagante della bassa tensione;
tale episodio risale al 19 settembre 2011;
su tale vicenda la procura della Repubblica presso il tribunale di Caltagirone ha emesso avviso di garanzia per apertura di procedimento penale nei confronti di Aldo Arena, responsabile tecnico operativo Enel e Sergio Cavallaro responsabile di zona di Enel s.p.a.;
lo stesso Candido Donato aveva già notificato in data 16 agosto 2006 a Enel Distribuzione s.p.a. sede di Potenza con fax oggi facente parte dei documenti dell'istruttoria, la richiesta di rimozione di una serie di pali Enel localizzati intorno ad un vecchio fabbricato rurale insistente su di un'area in fase di acquisizione da parte dello stesso Candido Donato;
nella comunicazione suddetta ad Enel Distribuzione veniva specificato che i pali erano in numero circa 15, compreso un palo di sostegno di media tensione;
numerosi di questi pali non risultavano avere i requisiti di sicurezza a norma di legge perché precari e collegati tra loro da fili in rame nudo 3 tra cui alcuni posti ad altezza inferiore alla norma dal piano di calpestio;
nella comunicazione veniva specificatamente richiesta la rimozione dei pali o l'interramento delle condutture elettriche;
nella comunicazione si dava altresì notizia che tali pali erano stati a suo tempo installati da Enel solo per una concessione a titolo di cortesia da parte del precedente proprietario dell'area signor Filippo Giordano;
infine la comunicazione richiedeva ovviamente la necessità di un sopralluogo tecnico da parte dell'ente;
in data 9 novembre 2006 l'ufficio Enel rispondeva alla richiesta richiedendo al proprietario dell'area, al fine di adempiere ai richiesti spostamenti e interramenti la cessione di siti alternativi e la costituzione di servitù;
in data 21 agosto 2006 Enel Distribuzione di Potenza recapitava al signor Donato Candido preventivo di spese per i suddetti lavori di 36210 euro;
in data 21 novembre 2006 il signor Candido Donato in una comunicazione a Enel distribuzione Caltagirone e a Enel Distribuzione Potenza si opponeva alla richiesta di pagamento dei suddetti 36210 euro, esponendo la banale constatazione che le installazioni di Enel insistevano in assenza di regolare contratto su proprietà private e che l'inosservanza delle norme in cui tali strutture versavano ricadeva nella totale responsabilità di Enel;
in tale missiva si invitava Enel a rimuovere a proprie spese i suddetti pali e drammaticamente si segnalava a Enel la necessaria particolare attenzione da portare alla situazione della cabina elettrica adiacente al vecchio fabbricato rurale e definita «una calamita per i fulmini» come purtroppo è esattamente successo -:
di quali elementi sia in possesso circa la ricostruzione dell'episodio in questione, anche con riferimento ad eventuali inosservanze delle norme vigenti da parte della società Enel Spa.
(4-13902)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
secondo il decreto istitutivo dei TFA, previo superamento delle prove selettive, gli aspiranti con servizio di insegnamento, avranno un punteggio aggiuntivo e il riconoscimento di alcuni crediti;

il decreto parla di almeno i «360 giorni di insegnamento in un'unica classe di concorso o in altra classe in cui siano presenti gli insegnamenti della classe di concorso per cui si concorre»;
un'insegnante ha insegnato francese e inglese alle scuole elementari medie e superiori sia per supplenze brevi sia con incarico annuale, però non raggiungendo i 360 giorni in un'unica classe di concorso;
la stessa vorrebbe abilitarsi in francese. Nella classe di concorso a 245 (francese alle medie) ha 325 giorni nella classe a 246 (francese alle superiori) ha altri 200 giorni circa. Sommando le due classi supera i 360 giorni, altrimenti, per poche settimane, non li supera;
l'insegnante in questione si è messa a disposizione delle scuole dove c'era necessità, senza calcolare l'opportunità o meno di accettare in base alla classe di concorso, andando spesso a coprire posti disagiati che nessuno voleva, convinta di non essere penalizzata per questo -:
se i periodi di servizio svolti in classi di concorso diverse ma relative alla medesima lingua, come sopra riportato, si possano sommare, trattandosi dello stesso insegnamento (lingua francese), e se di conseguenza l'insegnante di cui in premessa vedrà riconosciuto il servizio prestato, in quanto i 360 giorni sono da considerarsi complessivamente, e non solo con riferimento a quelli svolti in un'unica classe di concorso.
(5-05689)

DE PASQUALE e FONTANELLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il diritto alla sicurezza ed alla salute nelle scuole è sancito a livello internazionale dalla «Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza» del 1989 sottoscritto dall'Italia nel 1991 (articolo 3, comma terzo);
tale diritto, nonostante il succedersi dei vari Governi, è risultato in troppe occasioni disatteso e, a fronte dei necessari investimenti e di una attenta programmazione, si sono succeduti provvedimenti spesso disarticolati e legati al verificarsi di episodi drammatici;
l'impegno degli enti locali competenti non può essere considerato sostitutivo dei necessari investimenti dello Stato per la complessità e onerosità degli interventi stessi;
in attuazione del «Protocollo d'intesa istituzionale concernente indirizzi per prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di elementi non strutturali negli edifici scolastici» del 28 gennaio 2009, sottoscritto dalla regione Toscana, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed enti locali, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 33 del 10 febbraio 2009, le relative squadre tecniche, all'uopo individuate, hanno effettuato i sopralluoghi previsti negli edifici scolastici di competenza provinciale individuando le situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di elementi di carattere non strutturale nonché degli impianti e hanno compilato le schede appositamente predisposte;
le attività di monitoraggio degli immobili scolastici (evidenziate nelle schede di rilevazione) hanno messo ancor di più in luce la gravità e l'urgenza di alcune situazioni. Analogamente la situazione di parecchi immobili risulta precaria con condizioni di sicurezza largamente insufficienti secondo gli standard moderni. In vari istituti inoltre è aumentato il numero di iscrizioni e quindi la necessità di adoperare maggiori spazi didattici comportando l'utilizzo forzato di aule o parti di immobili che avrebbero bisogno di ristrutturazioni ed adeguamenti normativi;
in particolare la quantità di criticità rilevate dai verbali dei sopralluoghi ad oggi acquisiti, ha portato ad una prima quantificazione degli interventi ammontante per la provincia di Pisa circa euro 27.000.000,00;
da una prima stima sommaria per l'adeguamento sismico degli edifici scola

stici di competenza della provincia di Pisa, si prevede necessaria una spesa di circa euro 35.000.000,00;
per completare l'iter per l'ottenimento dei C.P.I. è stimata dall'amministrazione provinciale di Pisa la necessità di ulteriori somme per euro 3.000.000,00;
per l'adeguamento degli edifici scolastici provinciali ai criteri del rendimento energetico e acustico, è stimata la necessità per la provincia di Pisa di finanziamenti per euro 23.000.000,00;
a seguito della riforma scolastica e dell'emanazione dei regolamenti di cui all'articolo 64, comma 4, del decreto-legge n. 112 del 2008 (convertito con legge n. 133 del 2008), saranno inoltre necessari ulteriori finanziamenti per la manutenzione e adeguamento funzionale degli immobili alle mutate esigenze della didattica;
nell'ambito dell'adeguamento normativo degli edifici scolastici si prevedono, quali prioritari, interventi volti al superamento delle barriere architettoniche (decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996);
l'impegno dell'amministrazione provinciale nel settore dell'edilizia scolastica, è stato nel passato e si riconferma oggi ingente, tanto che per opere terminate, interventi in corso o di imminente avvio la provincia di Pisa dal 2004 ha investito somme per oltre 50.000.000,00 milioni di euro cui vanno aggiunti quelli previsti nel piano triennale delle opere pubbliche;
la provincia di Pisa programma gli interventi edilizi sulla base di una compiuta ed aggiornata anagrafe dell'edilizia scolastica;
gli interventi edilizi dovrebbero essere complessivi all'interno di una seria e attenta programmazione, in modo da risolvere gli aspetti strutturali e non strutturali, secondo i criteri dell'adeguamento normativo e funzionale, del rendimento energetico e del certificato prevenzione incendi;
un'attenta programmazione dell'edilizia scolastica risulta determinante per garantire la possibilità di una libera scelta educativa all'interno di una offerta formativa di qualità;
allo stato attuale è impossibile utilizzare perfino le poche risorse disponibili per i forti limiti imposti dal «patto di stabilità» nonché controllare ed ottenere l'esecuzione dei lavori nei tempi concordati per una carente normativa che limita il potere degli enti locali;
in questa ottica, a motivo delle limitate risorse dell'ente e della mancanza di finanziamenti regionali o statali risulta praticamente impossibile, per i prossimi anni, programmare e mettere in cantiere progetti complessivi di ristrutturazione degli immobili scolastici che conferiscano loro (la dovuta) maggior sicurezza;
il CIPE ha sbloccato 350 dei 770 milioni destinati al piano straordinario stralcio sul patrimonio scolastico, assegnando con criteri che non hanno tenuto conto di quanto è emerso durante i sopralluoghi, tanto che per gli immobili scolastici di competenza della provincia di Pisa non è stato previsto alcuno stanziamento;
la legge n. 23 del 1996 non viene finanziata dal Governo già da diversi anni, ma l'edilizia scolastica non può rimanere solo ed esclusivamente a carico degli enti locali;
soprattutto non vengono prese in considerazione le maggiori criticità degli istituti di ordine superiore, che necessitano di maggiori investimenti, sia perché sono più grandi, sia perché più complessi per la varietà di indirizzi e laboratori, sia perché sono soggetti a maggior usura -:
quando saranno assegnati i residui dei fondi FAS, e soprattutto se saranno utilizzati criteri che tengano conto dell'esito dei verbali di sopralluogo relativi agli edifici scolastici di ogni provincia;
quando si intenda provvedere al finanziamento dei piani triennali di edilizia scolastica previsti dalla legge n. 23 del 1996;

se ci sia l'intenzione di garantire l'esclusione delle spese di investimento sull'edilizia scolastica per gli interventi strutturali e per quelli necessari all'adeguamento dei locali degli edifici scolastici dai limiti imposti dal rispetto del patto di stabilità al fine di poter utilizzare le risorse già disponibili in bilancio o che verranno assegnate con specifiche variazioni dello stesso;
se si intenda prevedere l'assegnazione di finanziamenti volti a risolvere non singoli aspetti di adeguamento normativo ma la messa a norma e l'adeguamento funzionale complessivo degli edifici sede degli istituti scolastici, nonché la costruzione di nuovi edifici ove necessario;
se e quando si intenda procedere ad una revisione della normativa in tema di appalti pubblici che aumenti l'efficacia dell'azione amministrativa prevedendo procedure più celeri e snelle, efficaci strumenti di controllo dell'appaltatore nella fase esecutiva dei lavori e garanzie dei tempi di risoluzione dei contratti e ripresa dei lavori.
(5-05691)

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
dall'ultimo rapporto di Legambiente per la messa in sicurezza degli istituti scolastici («Ecosistema Scuola») emergono dati sconfortanti: il 36 per cento degli edifici ha bisogno di interventi di manutenzione urgenti; il 50 per cento è in aree a rischio sismico, mentre meno del 50 per cento degli edifici possiede il certificato di collaudo statico e solo il 10,14 per cento è costruito secondo criteri antisismici; il 9 per cento è a rischio idrogeologico; la certificazione di prevenzione incendi è presente solo nel 35,4 per cento e le scale di sicurezza sono presenti in poco più del 50 per cento;
da un recente studio della KRLS Network of Business Ethics, emerge che in Italia solo il 46 per cento delle scuole ha il certificato di agibilità statica, contro il 98 per cento della Germania, il 93 per cento della Francia, il 92 per cento dell'Inghilterra, l'89 per cento della Spagna, il 77 per cento della Polonia, il 71 per cento del Portogallo, il 64 per cento della Romania, il 58 per cento della Bulgaria e il 53 per cento dell'Albania che chiude la classifica;
da parte dell'Esecutivo è indispensabile l'avvio di un piano straordinario per la manutenzione, la messa in sicurezza degli edifici scolastici e l'edilizia di nuove scuole prevedendo stanziamenti aggiuntivi;
il gruppo del PD ha più volte espresso l'urgenza di intervenire anche sui vincoli imposti dal patto di stabilità che, di fatto, impediscono a molti comuni di effettuare lavori urgenti di messa in sicurezza delle scuole, che pur avendo a disposizione risorse proprie o rese disponibili dalle amministrazioni centrali non possono spenderle;
in sede di esame delle modifiche alla legge 20 maggio 1985, n. 222, concernente la ripartizione della quota dell'otto per mille dello Stato, la Camera ha approvato l'ordine del giorno a firma dei deputati del PD (n. 9/3261-A/6) con il quale il Governo, si è impegnato ad intraprendere utili iniziative normative al fine di consentire ai cittadini di indicare esplicitamente la «scuola pubblica», nella quale, ai sensi della legge n. 62 del 2000 è compresa tanto la scuola statale quanto quella paritaria, come destinataria di una quota fiscale dell'otto per mille da utilizzare d'intesa con enti locali per la sicurezza e l'adeguamento funzionale degli edifici scolastici e a pubblicare ogni anno un rapporto dettagliato circa l'erogazione delle risorse e lo stato degli interventi realizzati -:
quando e come il Governo intenda dare esecuzione all'ordine del giorno menzionato in premessa (n. 9/3261-A/6) e se, di conseguenza, non ritenga urgente e necessario consentire, già entro il termine della prossima dichiarazione dei redditi, la

possibilità di destinare una quota fiscale dell'otto per mille all'edilizia scolastica, così come specificato in premessa;
se il Governo non ritenga urgente assumere iniziative volte a reperire risorse aggiuntive necessarie ad avviare un piano straordinario per la manutenzione, la messa in sicurezza degli edifici scolastici e l'edilizia di nuove scuole;
se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative finalizzate ad intervenire anche sui vincoli imposti dal patto di stabilità, allentandoli nei confronti dei comuni che vogliono intervenire per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e l'edificazione di nuove strutture scolastiche.
(5-05692)

PALOMBA e ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 28 maggio 2010 il Senato Accademico dell'università degli studi di Cagliari ha emanato il regolamento n. 456 sulle carriere amministrative degli studenti. Agli articoli 37 e 57 è previsto che a partire dall'anno accademico 2010/2011 «incorrono in decadenza e senza necessità di comunicazione preventiva da parte dell'Università, e con conseguente impossibilità di rinnovare l'iscrizione, gli studenti iscritti al vecchio ordinamento che non abbiano terminato gli esami entro un numero di anni pari al doppio della durata normale del corso»;
ciò comporterebbe che i primi a decadere, alla data del 30 aprile 2012, sarebbero gli studenti del vecchio ordinamento e quelli immatricolati alle lauree triennali negli anni accademici 2000/01 e 2001/02;
applicandosi il suddetto regolamento verrebbero penalizzati circa 10.000 studenti universitari dell'ateneo cagliaritano, benché essi, non essendo morosi in quanto si trovano in regola con i pagamenti, non costituiscano alcun peso per ateneo;
a giudizio degli studenti che si trovano in questa situazione, condiviso dall'interrogante, le predette disposizioni contrastano con l'articolo 13, comma 5, del decreto ministeriale 270 del 2004 (peraltro richiamato dal decreto regionale del 28 maggio 2010 n. 456), secondo il quale «A seguito dell'adozione dei regolamenti didattici di ateneo di cui al comma 1, le università assicurano la conclusione dei corsi di studio e il rilascio dei relativi titoli, secondo gli ordinamenti didattici previgenti, agli studenti già iscritti alla data di entrata in vigore dei regolamenti stessi e disciplinano, altresì, la facoltà per gli studenti di optare per l'iscrizione a corsi di studio previsti dai nuovi ordinamenti»;
In base a tale norma, infatti, le Università devono garantire agli studenti di poter completare i loro studi secondo il proprio ordinamento salva la possibilità di passare al nuovo. Questa opzione si configurava però come facoltà per gli studenti stessi, mentre nel vigente Regolamento si pone come vincolante, pena la decadenza;
sussiste, inoltre, un insanabile contrasto con il principio di irretroattività in quanto, al momento dell'iscrizione all'Università, l'unica regola in materia prevedeva che si sarebbe incorsi in decadenza solo dopo un periodo di inattività pari a 8 anni consecutivi (ex articolo 149 del decreto regionale 1933 n. 1592). Invece, gli articoli 37 e 57 del Regolamento Carriere disciplinano la decadenza con effetti non solo per il futuro, ossia per i nuovi immatricolati, ma anche per chi al momento dell'entrata in vigore di tale Regolamento risulti già iscritto all'università, venendo dunque a modificare le «regole del gioco» a «gioco» iniziato;
è inoltre ravvisabile un conflitto rispetto al diritto allo studio tutelato dalla nostra Costituzione, che viene ad essere sacrificato in nome di un fine strettamente economico e strumentale perseguito con una finzione amministrativa in quanto, prevedendosi il passaggio da un vecchio ordinamento ad uno nuovo, si otterrà con

un artificio che da un giorno all'altro non vi siano più fuori corso nell'Ateneo cagliaritano;
la decadenza colpisce tutti, senza che si possa distinguere se il ritardo dipenda da impedimenti oggettivi quali serie situazioni invalidanti, gravi ragioni personali o familiari, eccetera. Infatti, il regolamento prevede (ex articolo 51) la possibilità, ma non l'obbligo, di tenere in considerazione eventuali impedimenti di comprovata gravità al fine della possibilità di optare per un regime transitorio più favorevole per gli studenti stessi;
per di più, si registra una variegata articolazione in ambito nazionale dei presupposti che possono portare al provvedimento di decadenza, con violazione degli articoli 3 e 34 della Costituzione in quanto si avrebbe, de facto, un trattamento illegittimamente e irragionevolmente differente tra ateneo e ateneo. Non è congruo, ragionevole e, quindi, legittimo che vi sia una diversificazione di posizioni tra i vari atenei tale da consentire che a Roma o a Napoli, ad esempio, nessuna specifica disciplina sulla decadenza sia stata adottata mentre a Cagliari sia stata imposta -:
se il Ministro non intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, apposite iniziative normative o istituzionali al fine di scongiurare gli effetti nefasti sulle carriere degli studenti universitari come nel caso del regolamento citato in premessa, evitando che possano esplicarsi effetti retroattivi, anche al fine di consentire agli studenti di giungere al conseguimento della laurea nel corso di studi nel quale si erano iscritti, senza vedere dispersi anni di sacrifici anche economici.
(5-05702)

Interrogazioni a risposta scritta:

MELIS, PES, ARTURO MARIO LUIGI PARISI e GIOVANELLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la figura dei docenti utilizzati in mansioni diverse è stata prevista dall'articolo 113 del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n.417;
dal rapporto annuale (2011) del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, contenente la sintesi dei dati sulla scuola statale italiana, risulta che, su un totale di 678.369 docenti in servizio a tempo indeterminato, solo 4.071, pari allo 0,6 per cento, sono utilizzati in base all'articolo n.113. Tali docenti sono stati dichiarati dalle commissioni mediche operanti presso le ASL permanentemente inidonei alla funzione per motivi di salute, ma al tempo stesso idonei ad altri compiti;
con la firma del nuovo contratto, avvenuta il 25 giugno 2008, si definiva un primo importante passaggio, volto a definire un quadro di tutele e certezze al personale interessato. Il decreto-legge n.98 del 2011, convertito con modificazioni, dalla legge n.111 del 2011, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, ha ridefinito le modalità del collocamento fuori ruolo del personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla funzione docente, ma idoneo ad altre mansioni. L'articolo 19 di quel decreto-legge, ai commi 12, 13, 14, e 15 stabilisce di fatto l'inquadramento «volontario» nei ruoli del personale ATA di detto personale docente (che sia stato dichiarato, dalla commissione medica operante presso le ASL, permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute ma idoneo ad altri compiti). Passando all'inquadramento ATA lo stipendio è riassorbibile, cioè non aumenterà sino all'equiparazione con i colleghi ATA. L'assegno ad personam in busta paga non è pensionabile. Una volta nei ruoli ATA, i docenti inidonei saranno considerati pienamente idonei alla funzione loro assegnata (in altri termini saranno considerati «sani»); anche se, naturalmente, eventuali richieste di riconoscimento di inidoneità nel nuovo status potranno provocare l'esonero da alcune mansioni;
il personale che avesse omesso di presentare la succitata domanda volontaria

verrebbe ricollocato forzatamente su posti in mobilità intercompartimentale attuata in ambito nazionale presso gli uffici dell'amministrazione scolastica, nonché presso altre amministrazioni pubbliche, sempre qualora vi fossero posti disponibili, senza tener in alcun conto delle reali condizioni di salute degli interessati e dei gravissimi disagi a cui si andrebbe incontro oltre al disservizio che si procurerebbe alla strutture scolastiche;
l'applicazione di queste norme, che sollevano molti dubbi di legittimità, è destinata, presumibilmente, a generare un lungo e costoso contenzioso dal punto di vista economico (con riflessi umani) tra singoli docenti, sindacati e Ministero;
per le mansioni esercitate da anni nelle strutture scolastiche, presso le quali vi è stato un riconosciuto merito per il lavoro svolto, questi docenti hanno maturato professionalità, conseguendo, attraverso corsi certificati, competenze specifiche che si esplicano soprattutto nella gestione delle biblioteche scolastiche, dove per lo più sono impiegati;
le scelte governativi appaiono in contrasto con i molti progetti ministeriali a sostegno della lettura con la creazione di «Il centro per il libro», istituito con decreto del Presidente della Repubblica n.34 del 25 gennaio 2010, il cui regolamento stabilisce, alla lettera G dell'articolo 2, che tra i compiti istituzionali rientrano le iniziative volte alla promozione, al supporto e al potenziamento delle biblioteche scolastiche e le loro proposte di collegamento del territorio e di laboratorio per quanto riguarda l'apertura del mondo giovanile alle nuove forme di conoscenza attraverso l'uso di nuove tecnologie -:
se non ritenga il Ministro più congruo operare in prima istanza per la piena salvaguardia di professionalità maturate sul campo in anni di lavoro presso le strutture alle quali questi docenti sono stati assegnati;
se non sia opportuno promuovere l'abrogazione dei commi 12-13-14-15 dell'articolo 19 del decreto-legge n.98 del 2011, mantenendo il suddetto personale nelle attività attualmente svolte;
se non sia possibile che i risparmi previsti per l'operazione di mobilità dei docenti inidonei (80 milioni di euro siano recuperati attraverso la procedura che lo stesso Governo ha previsto per il recupero delle somme mancanti per il pagamento degli scatti di anzianità;
se, alternativamente, non ritenga il Ministro di dovere assumere iniziative dirette al rinvio di almeno un anno di tutte le operazioni previste per il personale coinvolto;
se in questo quadro non ritenga di assumere iniziative per garantire almeno la possibilità di fruizione di un abbuono di 5 anni per chi, tra coloro che intendono chiedere la dispensa dal servizio, abbia almeno 20 anni di servizio;
se comunque non ritenga il Ministro opportuno varare sull'intera materia norme attuative più chiare delle attuali e promuovere norme di interpretazione autentica di una normativa che, allo stato dei fatti, appare per comune giudizio poco chiara e suscettibile di generare nuovi contenziosi;
se non ritenga di dover stabilire comunque tempestivamente l'esatta definizione dei tempi e modi per l'applicazione di procedure che stanno suscitando forte apprensione e preoccupazione negli interessati.
(4-13859)

MOSELLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il titolo di dottore di ricerca è il più alto grado di istruzione previsto nell'ordinamento accademico e richiede un altro grado di preparazione, anni di studio e di ricerca in ambito universitario e di pubblicazioni;
lo stesso titolo, inoltre, consente di accedere alla carriera universitaria, ed

anche di ricoprire il ruolo di docente nei corsi abilitanti per il personale scolastico;
appare, quindi, evidente che il titolo di dottore di ricerca non possa essere considerato non abilitante all'insegnamento scolastico;
al contrario, varie fonti affermano che in una prima stesura del decreto ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010 concernente la formazione iniziale dei docenti fosse previsto anche l'accesso in soprannumero per dottori di ricerca e docenti precari non abilitati che avessero maturato almeno 360 giorni di servizio;
questa giusta norma sarebbe stata successivamente, ed inspiegabilmente, cassata nella stesura definitiva del decreto ministeriale di cui sopra;
se ciò fosse confermato, ci si troverebbe di fronte ad una grave contraddizione, che andrebbe in netta controtendenza rispetto agli altri Paesi della Unione europea che, invece, prevedono tale possibilità -:
se al Ministro interrogato consti quanto sopra esposto e, in caso positivo, cosa intenda fare per rimediare ad una decisione che, a giudizio dell'interrogante, senza motivo plausibile, penalizzerebbe i tanti dottori di ricerca che con fatica e grande impegno, e sostenendo costi non indifferenti, hanno dedicato anni di studio e di applicazione al conseguimento di questo titolo di studio, e che, rappresentando un'eccellenza del Paese, dovrebbero essere considerati una risorsa da valorizzare.
(4-13865)

ROSSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
come è noto il 25 ottobre 2011 le province di La Spezia e Massa Carrara sono state colpite da un'eccezionale ondata di maltempo caratterizzata da abbondanti precipitazioni;
tali precipitazioni hanno causato l'esondazione di numerosi corsi d'acqua e l'allagamento di centri abitati, oltreché movimenti franosi e fenomeni di dissesto idraulico;
al momento risultano undici morti e due dispersi;
numerosi sono i danni provocati alle infrastrutture, agli edifici pubblici e privati ed ai beni mobili;
sono stati interrotti i collegamenti viari e ferroviari, provocando disagi alla popolazione interessata;
in data 28 ottobre 2011 è stato dichiarato lo stato di emergenza;
tra gli edifici duramente colpiti risultano esserci gli istituti scolastici di Vernazza, Borghetto Vara e Monterosso;
l'istituto comprensivo «Enrico Fermi» di Monterosso, frequentato da cento studenti, risulta essere ancora chiuso perché gravemente danneggiato;
lo scorso settembre la scuola di Monterosso era stata inaugurata in seguito ai lavori di ampliamento e messa in sicurezza con i lavori di adeguamento antisismico;
con nota 30 ottobre 2011 si apprende che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sta monitorando la situazione in cui versano le strutture scolastiche delle località liguri per consentire lo stanziamento delle prime necessarie risorse per far fronte all'emergenza -:
quali azioni urgenti intenda intraprendere per ripristinare l'agibilità e funzionalità degli istituti scolastici liguri e toscani colpiti dalle precipitazioni del 25 ottobre 2011 e come intenda riorganizzare il materiale scolastico andato distrutto in tale occasione per permettere agli studenti di riprendere quanto prima il regolare svolgimento delle lezioni.
(4-13895)

TESTO AGGIORNATO AL 3 APRILE 2012

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

NANNICINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 attuazione dell'articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi, all'articolo 4 che sostituisce il comma 5 dell'articolo 42 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 recita: «5. Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4 comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso o in presenza di patologie invalidanti, del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi: in caso di decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi»;
il concettosi «convivenza» non è stato esplicitato dal legislatore, né trova nessuna definizione nel codice civile;
dopo indicazioni di avviso diverso da parte di INPS, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fornito in modo apparentemente dirimente, l'esatta interpretazione del concetto di convivenza con circolare prot. 3884 del 18 febbraio 2010, affermando «al fine di addivenire ad una interpretazione del concetto di convivenza che faccia salvi i diritti del disabile e del soggetto che lo assiste, rispondendo nel contempo alla necessità di contenere possibili abusi e un uso distorto del beneficio, si ritiene giusto ricondurre tale concetto a tutte quelle situazioni in cui, sia il disabile che il soggetto che lo assiste abbiano la residenza nello stesso Comune, riferita allo stesso indirizzo: stesso numero civico anche se in interni diversi»;
una tale interpretazione non tiene conto di quei casi in cui il numero civico può essere diverso pur essendo la stessa unità immobiliare; è invalso infatti l'uso da parte di diversi comuni di dare numeri civici differenti nella stessa unità immobiliare ed addirittura alle pertinenze;
si verifica quindi che appartamenti situati esattamente l'uno sopra ad un altro abbiano numeri civici anche distanti fra loro -:
se il Ministro non ritenga di riformulare la circolare in modo che si faccia riferimento, anziché allo «...stesso numero civico anche se in interni diversi» allo «...stesso immobile anche con numeri civici ed interni diversi».
(5-05688)

CODURELLI, SCHIRRU, GNECCHI, MATTESINI, DAMIANO, MIGLIOLI, RAMPI e BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la società Newrest Wagons-lits Servirail Italia rappresenta l'erede legittimo della storica Compagnia internazionale delle carrozze letti e del turismo e dei grandi treni espressi, con oltre 135 anni di servizio;
la suddetta società insieme alla «Wasteels International Italia» avrà in affidamento, almeno fino agli inizi del mese di dicembre 2011, dalla committente Trenitalia, l'accompagnamento a bordo delle carrozze cuccette e dei vagoni letto, facenti parte del cosiddetto «servizio universale» finanziato, in buona parte dallo Stato. Detto servizio viene svolto, di notte, da 830 lavoratori;

a gennaio 2011 Trenitalia aveva ufficializzato, tramite comunicati stampa e tv, la costituzione di una società partecipata al 50 per cento, con Veolià Transport dedita allo svolgimento di servizi ferroviari (tra cui i vagoni letto). Tant'è che alla nuova società ferroviaria saranno affidati già da dicembre di quest'anno i treni notturni Roma-Parigi e Venezia-Parigi. Inoltre ad aprile del 2011 Trenitalia ha bloccato le prenotazioni per i treni notte, ha decurtato nel tempo ben 1.800 corse, ha rescisso il contratto in essere anticipandolo al 10 dicembre 2011, ha indetto un bando di gara per dare lo stesso servizio, ma con un capitolato di appalto abbattuto del 50 per cento e infine non ha riconosciuto la cosiddetta clausola sociale;
Trenitalia ha quindi deciso di ridurre drasticamente il personale impiegato per il servizio notturno. Sono circa 1.000 i posti di lavoro in tutto il Paese a rischio. Il volume degli affari in calo, soprattutto quello dei vagoni letto, è stata la motivazione alla base delle decisioni suddette assunte da Trenitalia;
nonostante il calo del volume di affari, Trenitalia non solo ha costituito la società con i partner francesi, ma ha anche bloccato le prenotazioni quando nel solo 2010 vi è stato un aumento del 12,2 per cento dei viaggiatori (da 1.335.202 a 1.498.998 passeggeri - dati Trenitalia) e nell'anno in corso vi sono delle stime che già parlano di un aumento dello 1,81 per cento. Inoltre giungono voci da oltralpe che stiano già effettuando delle assunzioni;
infine, in base ad un comunicato del 17 novembre 2010 sottoscritto da Rfi e Trenitalia ed inviato a tutti i sindacati, pare che siano necessarie 1.000 assunzioni per pianificare gli organici di Rfi e Trenitalia. Ma tali assunzioni non riguarderebbero i lavoratori Newrest Wagons-lits Servirail Italia -:
se il Governo sia a conoscenza della situazione suesposta e cosa intenda fare per tutelare i posti di lavoro a rischio, nonostante l'esistenza di un appalto pubblico concesso a Trenitalia.
(5-05693)

CAVALLARO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come è ormai noto il gruppo statunitense Best ha di recente chiuso, senza preavviso, lo stabilimento di Montefano, in provincia di Macerata, comunicando la decisione ai sindacati, solo dopo aver provveduto di notte a cambiare le serrature degli ingressi della fabbrica, per impedirne l'accesso;
l'ultimo giorno di lavoro per i 126 dipendenti dello stabilimento marchigiano che produce cappe e relativi motori è stato il 31 ottobre 2011, in quanto al rientro dalla settimana di ferie, concessa dall'azienda in vista del ponte di Ognissanti, i lavoratori hanno trovato lo stabilimento praticamente;
è questo l'ultimo atto della triste vicenda iniziata prima della pausa estiva e precisamente il 23 giugno 2011, quando i dipendenti dell'azienda hanno incrociato le braccia e presidiato lo stabilimento di Montefano 24 ore su 24, temendo che la produzione extra, chiesta loro per far fronte alla richiesta di un cliente tedesco, servisse in realtà a far magazzino, in vista della fase di smantellamento dell'impianto e della futura delocalizzazione della produzione in Polonia;
già da qualche tempo circolavano voci sul possibile spostamento della produzione, ma a luglio l'allarme sulle sorti dello stabilimento marchigiano era parzialmente rientrato e, infatti, i rappresentanti dell'azienda, nel corso di un incontro in regione, avevano confermato la volontà del gruppo americano di investire ancora, con 2 stabilimenti in Italia ed uno in Polonia, annunciando un piano industriale che avrebbe previsto una riorganizzazione completa del sito ed un ridimensionamento per lo stabilimento di Montefano;
a seguito di tale annuncio il responsabile del personale della Best avrebbe dovuto incontrare nei prossimi giorni i rappresentanti sindacali per illustrare nel dettaglio cosa era previsto dal nuovo piano

industriale per lo stabilimento di Montefano e, invece, il contatto è avvenuto nei giorni scorsi solo per annunciarne la chiusura;
in attesa dell'incontro con i vertici della Best si è tenuta una riunione tecnico-istituzionale presso la regione Marche, alla quale hanno preso parte una delegazione di lavoratori, i segretari provinciali e regionali di Fiom Cgil, Fim Cisl, le rsu, il presidente della provincia e l'assessore al lavoro, allo scopo di mettere in atto tutti gli strumenti necessari a tutela delle maestranze e di capire se si potrà trovare un accordo per utilizzare la cassa integrazione straordinaria prevista in questi casi;
la decisione della Best di chiudere lo stabilimento di Montefano e di avviare la procedura di mobilità per i 126 dipendenti è stata presa dal gruppo americano in maniera unilaterale, senza previa consultazione delle sigle sindacali interessate e senza informare le istituzioni locali;
la cessazione improvvisa di tale attività produttiva appare non solo una pratica antisociale, ma anche antisindacale e vede gli operai, per la maggior parte giovani, lesi nei propri diritti fondamentali;
la decisione di chiudere un'azienda che offre lavoro per lo più a tanti giovani marchigiani non interessa solo l'impresa e i suoi dipendenti, ma anche tutto il territorio di riferimento sul quale peseranno le scelte di fatto, non concordate dell'amministratore delegato della Best -:
se, alla luce dei fatti esposti e indipendentemente da un eventuale e futuro accordo tra le parti per l'utilizzo di ammortizzatori sociali, utilizzati nel caso di stabilimenti in difficoltà per cause conseguenti alla crisi economica, il Ministro interrogato ritenga doveroso assumere ogni iniziativa di competenza per bloccare nel caso specifico e scoraggiare in futuro il ricorso a pratiche che appaiano antisindacali e antisociali che, in primo luogo ledono i lavoratori nei loro diritti fondamentali, snaturando la portata stessa di quegli accordi tesi a salvaguardare l'etica stessa del lavoro, e allo stesso tempo risultano poco rispettose delle istituzioni locali e del territorio di riferimento su cui ricadranno le conseguenze nefaste di decisioni non condivise né partecipate, ma subite.
(5-05696)

Interrogazioni a risposta scritta:

LENZI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 24 giugno 2011 l'Inps con la determinazione n. 277 prevede l'utilizzo esclusivo del canale telematico dal 1° aprile 2012 per la presentazione di tutte le istanze e le richieste di servizio da indirizzare all'Inps stesso nonché di dare mandato al direttore generale di disporre, con propri atti, in relazione agli specifici prodotti, specifiche modalità esecutive ed il relativo periodo transitorio, che dovrà concludersi, in ogni caso, entro il 31 luglio 2012, ferma restando l'esclusività del ricorso al canale telematico per la presentazione delle istanze di servizio;
se l'allargamento dei canali di accesso ai diversi servizi risulta essere un fattore positivo poiché si inserisce in una logica di innovazione e modernizzazione della pubblica amministrazione, nonché uno stimolo ad incrementare l'uso dell'informatica da parte dei cittadini/e utenti è anche vero che stante l'attuale grado di alfabetizzazione informatica dei cittadini, risulterà obbligatorio o quasi l'appoggio a patronati e/o consulenti;
risulta altresì prematuro l'utilizzo esclusivo del canale telematico in un tempo così contratto poiché, non solo creerà difficoltà ed ostacoli nel già difficoltoso rapporto fra l'Istituto e i cittadini, ma, oltretutto, l'uso del computer per servizi on line non è ancora garantita su tutto il territorio nazionale -:
se il Ministro non ritenga opportuno intervenire presso la direzione generale dell'Inps affinché l'istituto pur continuando

sulla strada di un sempre maggiore utilizzo del canale telematico continui a prevedere oltre il termine indicato dalla «determinazione 277» le diverse possibilità di accesso per lavoratori, pensionati, imprese, e altri che non intendono rivolgersi a patronati o a consulenti e che non siano attualmente in grado di avvalersi di strumenti informatici;
quali misure il Ministro intenda assumere al fine di garantire a tutti gli utenti, anche a coloro che non intendono rivolgersi a intermediari o per chi non è in grado di utilizzare strumenti informatici di poter presentare documenti, richieste o di poter colloquiare con il personale dell'istituto stesso.
(4-13875)

REGUZZONI e MONTAGNOLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Whirlpool, multinazionale che rappresenta il marchio leader in Europa nella produzione di elettrodomestici, ha annunciato il licenziamento di circa mille dipendenti, in Italia, nell'ambito del suo piano biennale di riorganizzazione;
a Varese saranno seicento gli esuberi (cinquecento operai e cento impiegati), e sarà praticamente dismessa la produzione side by side (frigoriferi di alta gamma) di Cassinetta di Biandronno, sito già interessato da una procedura di cassa integrazione ordinaria;
la motivazione degli esuberi, come confermato dall'azienda, è riconducibile alla crisi della domanda sul mercato, in un momento economico difficile e caratterizzato da forte inflazione, rincaro delle materie prime e calo delle vendite;
la storia della Whirlpool è legata, a Varese, al celebre marchio Ignis, nato a Comerio nel 1943 e acquisito nel 1989 dalla Whirlpool Corporation, che mantiene tutt'oggi, proprio a Comerio, uno dei suoi centri strategici -:
quali iniziative il Ministro interrogato ritenga opportuno adottare, anche in termini di moral suasion, nei confronti della Whirlpool, affinché sia ritirata la richiesta di licenziamento e si attivi tra le parti un confronto per una soluzione concertata che garantisca la salvaguardia dei livelli occupazionali.
(4-13883)

SCILIPOTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
quasi 40 anni fa ha avuto inizio in Italia la mobilitazione di cittadini e lavoratori contro l'amianto. Le lotte e gli scioperi iniziati in Piemonte (dove si trovavano le cave di Balangero e l'eternit di Casale Monferrato), in Friuli-Venezia Giulia (a Monfalcone e Trieste), in Veneto (a Porto Marghera) e in Lombardia (a Broni, a Seveso, alla Breda di Sesto, fino a Terni tra i lavoratori della Thyssen Krupp e a quelli del sito delle acque Sangemini), portarono alla sottoscrizione di accordi sindacali volti a prevedere l'istituzione di libretti sanitari individuali, del registro dei dati ambientali di reparto nelle fabbriche, nonché di controlli ad opera delle aziende sanitarie locali negli ambienti di lavoro. Questi accordi sindacali furono poi recepiti da leggi regionali e, successivamente, da leggi nazionali;
dopo oltre 20 anni di processi civili e penali, è stata finalmente approvata la legge 27 marzo 1992, n. 257, recante «Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto», che prevede il divieto di estrazione, lavorazione, utilizzo e commercializzazione dell'amianto, la bonifica degli edifici, delle fabbriche e del territorio, misure per la tutela sanitaria e previdenziale dei lavoratori esposti all'amianto, nonché misure per il risarcimento degli stessi e per il riconoscimento della qualifica di malattia professionale e del danno biologico;
l'articolo 13, commi 6, 7 e 8, della citata legge, ha concesso un beneficio previdenziale a determinate categorie di lavoratori che durante l'attività lavorativa

siano stati esposti all'amianto. Tale beneficio consiste nell'applicazione, ai periodi di contribuzione obbligatoria relativi all'esposizione all'amianto, di un coefficiente di moltiplicazione ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche. In particolare: a) ai periodi di prestazione lavorativa nelle miniere e nelle cave di amianto si applica il coefficiente di 1,5 (comma 6); b) al periodo di esposizione all'amianto, nel caso di contrazione di malattia professionale documentata dall'Istituto nazionale infortuni sul lavoro (INAIL) a causa della medesima esposizione, si applica il coefficiente di 1,5 (comma 7); c) all'intero periodo di esposizione all'amianto soggetto alla relativa assicurazione INAIL, purché di durata superiore a 10 anni, si applica il coefficiente di 1,25 (comma 8), utile solamente ai fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime. Sino al 1° ottobre 2003 - cioè sino al giorno antecedente all'entrata in vigore del decreto-legge 269 del 2003 - era invece previsto un coefficiente pari all'1,5 che si applicava anche ai fini della maturazione del diritto di accesso alla pensione;
successivamente, l'articolo 1, comma 20, della legge n. 247 del 2007 ha previsto che ai fini del conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, sono valide le certificazioni rilasciate dall'INAIL ai lavoratori che abbiano presentato domanda al predetto Istituto entro il 15 giugno 2005, per periodi di attività lavorativa svolta con esposizione all'amianto fino all'avvio dell'azione di bonifica e, comunque, non oltre il 2 ottobre 2003, nelle aziende interessate dagli atti di indirizzo già emanati in materia dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale;
successivamente, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con decreto 12 marzo 2008, articolo 1, lettera b) e in seguito l'INAIL (direzione centrale prestazioni, ufficio III) con atto n. 60002 del 19 maggio 2008, hanno limitato l'ambito di operatività della norma di cui all'articolo 1, commi 20, 21 e 22, della legge n. 247 del 2007 ad alcuni reparti di 15 dei 500 siti per i quali era intervenuto l'atto di indirizzo del Ministro del lavoro che riconosceva la loro qualificata esposizione a polveri e fibre di amianto, ai fini di conferire il beneficio contributivo ex articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, utile ai fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche di cui si è detto in precedenza;
in attuazione della suddetta disciplina legislativa il decreto ministeriale 12 marzo 2008, all'articolo 2, comma 4, ha in particolare stabilito che la certificazione da parte dell'INAIL è rilasciata previa acquisizione: della domanda del lavoratore, che attesta il possesso dei requisiti richiesti; della comunicazione da parte delle ASL competenti della data di avvio dell'azione di bonifica di cui al comma 3, ovvero del mancato avvio della stessa azione di bonifica; del curriculum professionale del lavoratore interessato, rilasciato dal datore di lavoro, dal quale risultino le mansioni, i reparti e i periodi lavorativi svolti successivamente all'anno 1992 sino all'avvio dell'azione di bonifica e, comunque, non oltre il 2 ottobre 2003;
l'articolo 6, comma 9-bis, del decreto-legge n. 194 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, proroga al 30 giugno 2010 il termine per la presentazione del curriculum professionale del lavoratore, rilasciato dal datore di lavoro, richiesto ai fini dell'accesso ai benefici previdenziali per periodi di attività lavorativa svolta con esposizione all'amianto, di cui all'articolo 2, comma 4, lettera c), del decreto ministeriale 12 marzo 2008;
il secondo periodo del comma in esame reca un'interpretazione autentica dell'articolo 1, comma 20, della legge n. 247 del 2007. Più specificamente, si stabilisce che gli atti di indirizzo ministeriale citati nel richiamato comma 20 sono quelli attestanti l'esposizione all'amianto protratta fino al 1992, limitatamente alle

mansioni e ai reparti ed aree produttive specificamente indicati negli atti medesimi, come d'altronde già evidenziato nell'articolo 1, comma 1, del richiamato decreto ministeriale 12 marzo 2008;
il citato comma 1 dell'articolo 1 del decreto ministeriale 12 marzo 2008, infatti, concernente l'ambito soggettivo di applicazione della norma ai fini della fruizione dei benefici previdenziali, ha disposto che per il conseguimento dei benefici stessi possano avvalersi della certificazione di cui all'articolo 1, comma 20, della legge n. 247 del 2007, i lavoratori che: abbiano presentato all'INAIL domanda per il riconoscimento dell'esposizione all'amianto entro il 15 giugno 2005; abbiano prestato nelle aziende interessate dagli atti di indirizzo adottati dal Ministero del lavoro la propria attività lavorativa, con esposizione all'amianto per i periodi successivi all'anno 1992 fino all'avvio dell'azione di bonifica e, comunque, non oltre il 2 ottobre 2003, con le mansioni e nei reparti indicati nei predetti atti di indirizzo, limitatamente ai reparti o aree produttive per i quali i medesimi atti riconoscano l'esposizione protratta fino al 1992; non siano titolari di trattamento pensionistico avente decorrenza anteriore al 1° gennaio 2008, data di entrata in vigore della legge n. 247 del 2007;
secondo quanto precisato nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di proroga dei termini (il citato decreto-legge n. 194 del 2009), la disposizione interpretativa prevista al secondo periodo del comma 9-bis si è resa necessaria per consentire di mantenere il numero dei destinatari dei benefici previdenziali previsti dalla normativa allora vigente in favore dei lavoratori esposti all'amianto, per i quali l'INAIL ha rilasciato la certificazione richiesta, nei limiti della platea individuata dalla legge n. 247 del 2007, in corrispondenza della quale è stata prevista apposita copertura finanziaria;
tale corrispondenza è stata messa a rischio dalla sentenza del TAR del Lazio n. 5750/09, del 23 aprile 2009, che ha accolto il ricorso dei lavoratori ed annullato il decreto ministeriale che, sulla base della stessa legge n. 247 del 2007, ha circoscritto la platea dei lavoratori interessati a coloro per i quali la certificazione attesta l'esposizione all'amianto fino al 1992. In forza di tale sentenza, i beneficiari delle, prestazioni previdenziali passerebbero, sulla base dei dati fomiti dall'INAIL, da 4.403 soggetti, in linea con quanto stimato dalla relazione tecnica allegata alla legge n. 247 del 2007, a 12.844 lavoratori, di cui 6.629 con esposizione già riconosciuta minore di 10 anni e 6.215 con esposizione già riconosciuta di almeno 10 anni;
l'esclusione di una cospicua parte di lavoratori dal novero di coloro che possono beneficiare del prolungamento del riconoscimento del periodo di esposizione, utile per guadagnare anticipatamente l'accesso alla pensione, ha trovato riconoscimento giurisprudenziale - dopo il ricorso delle associazioni a difesa delle vittime dell'amianto - da parte del TAR del Lazio con la citata sentenza che ha annullato parzialmente gli atti applicativi della norma, ossia il decreto del Ministro del lavoro e del Ministro dell'economia e delle finanze, in data 12 marzo 2008, e l'atto di cui alla nota INAIL - direzione centrale prestazioni - ufficio III n. 60002 del 19 maggio 2008;
l'INAIL, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ed il Ministro dell'economia e delle finanze hanno proposto ricorso al Consiglio di Stato, ed il procedimento è tuttora pendente, sostenendo che la norma dovrebbe essere interpretata nel senso voluto nell'atto amministrativo dichiarato illegittimo dal TAR e con la limitazione all'elenco di 15 siti per tutta Italia, come stabilito dall'INAIL e quindi escludendo tutti gli altri lavoratori;
il 4 maggio 2010, innanzi il Consiglio di Stato, è stata posta in discussione l'istanza di sospensiva della sentenza del TAR del Lazio, avanzata dall'Avvocatura generale dello Stato, sul presupposto dell'articolo 6,

comma 9-bis, del decreto-legge n. 194 del 2009 e del presunto accordo sindacale del 17 luglio 2007, tra Fim-Cisl, Fiom CGIL, Uilm-Uil, teso a circoscrivere a pochi siti l'operatività del diritto al prolungamento del riconoscimento dei benefici contributivi per esposizione all'amianto;
le tesi dei lavoratori hanno prevalso, e gli enti previdenziali hanno rinunciato alla richiesta di sospensiva, che appariva del tutto infondata;
nello stesso giorno, il tribunale penale di Roma, ufficio Gip, ha accolto le richieste dei lavoratori e rigettato invece la richiesta di archiviazione formulata dal procuratore della Repubblica di Roma sui casi di lavoratori italiani deceduti all'estero per mesotelioma contratto per motivi lavorativi;
le associazioni a difesa delle vittime dell'amianto, tra le quali l'ONA (Osservatorio nazionale amianto), in data 19 marzo 2010, hanno inoltrato un ricorso alla Commissione europea contro la norma di cui all'articolo 6, comma 9-bis citato, per la proroga dei termini fino al 30 giugno 2010, limitata a pochi lavoratori, mentre, per altri, i termini rimangono fermi al 15 giugno 2005;
in ordine alla società Acciai Speciali Terni - ILVA Laminati Piani, con sede in Terni, e stabilimenti ubicati anche a Torino, del tutto identici l'uno con l'altro, e quantomeno per utilizzo massiccio di amianto friabile e compatto, sono stati emanati tre atti di indirizzo, e segnatamente il n. 471 dell'08 marzo 2001, il n. 476 del 20 febbraio 2001 e il n. 562 del 17 aprile 2001, che tuttavia contemplano solo il sito piemontese e non quello umbro;
tanto è vero che il sito piemontese era stato inserito tra i quindici che, secondo la circolare INAIL 60002 del 19 maggio 2008, doveva portare all'automatica applicazione delle nuove norme di cui all'articolo 1, commi 20, 21 e 22, della legge n. 247 del 2007 e che per effetto della sentenza del TAR del Lazio n. 5750 del 2009, dovrebbe essere applicata anche al sito di Terni;
in tal modo, a titolo esemplificativo, due persone, pur trovandosi nella medesima condizione, vengono trattate in modo - a quanto risulta all'interrogante - irragionevolmente differenziato, configurando un'arbitraria disparità di trattamento, in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione e con gli articoli 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che vietano le discriminazioni;
con sentenza del 1° dicembre 2009, in materia di cause di risarcimento danni in corso tra lo Stato e singoli emofilici, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia, ma soprattutto ha anche respinto la tesi adottata dal Governo italiano secondo cui la disparità di trattamento sarebbe motivata dalla «necessità di preservare le finanze pubbliche, in quanto scarse», non costituendo tale aspetto ragione idonea per giustificare un trattamento differenziato, laddove sono in gioco i diritti fondamentali dell'uomo;
il Consiglio di Stato ha sancito il diritto secondo il quale emesso l'atto di indirizzo ministeriale per un sito, il medesimo non può non essere applicato anche per un sito del tutto identico, ancorché presente in diversa regione, oppure tra due siti del tutto identici, presenti nella stessa regione sentenza n. 4576 del 23 marzo 2010;
così il tribunale di Foggia - sezione lavoro, dottoressa Chiddo, con sentenza 7765 del 05 dicembre 2007 riconosceva l'esposizione qualificata per i lavoratori addetti al Petrolchimico di Manfredonia in applicazione dell'atto di indirizzo del Petrolchimico ENICHEM di Brindisi proprio in virtù del principio: «3. "Vista la politica ENICHEM uguale in tutti i Petrolchimici"»;
la questione non è di poco conto, in quanto con il riconoscimento esteso fino al

02 ottobre 2003, ed oltre, ognuno dei lavoratori aventi diritto guadagnerebbe ulteriori circa 5 e più anni di prepensionamento, rispetto a quanto già riconosciuto, con conseguente maturazione del diritto alla prestazione previdenziale a carico dell'INPS (considerando che identico diritto è stato già riconosciuto a tutti gli altri loro colleghi di lavoro che hanno lavorato negli altri siti del tutto identici, oggetto di atto di indirizzo e per quelli non oggetto di atto di indirizzo con riconoscimento INAIL, per effetto dei principi di cui a Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza 15 luglio 2010, n. 4576);
durante la XV legislatura è stata approvata la costituzione di un fondo per le vittime dell'amianto, ai sensi dell'articolo 1, commi 241-246, legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), in favore di tutte le vittime che hanno contratto patologie asbesto-correlate per esposizione all'amianto e alla fibra «fiberfrax» e, in caso di morte anticipata, in favore degli eredi;
l'articolo 1, comma 246, rimanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze l'emanazione di un regolamento per la definizione delle procedure e le modalità di erogazione del Fondo di cui sopra, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima;
recentemente il Fondo vittime dell'amianto è stato attivato, e tuttavia le prestazioni sono state accreditate solamente a coloro che sono titolari di rendita, mentre invece ne sono escluse le vittime che hanno lavorato per enti pubblici, e coloro che hanno un grado di invalidità inferiore al 16 per cento;
l'Osservatorio nazionale amianto e l'Associazione vittime amianto nazionale italiana hanno promosso un ricorso al TAR del Lazio e hanno, impugnato l'atto INAIL in contrasto con la legge, ed il procedimento è tutt'ora all'esame del tribunale amministrativo;
si tratta a giudizio dell'interrogante di una grave violazione della legge, la quale attribuiva un diritto a tutte le vittime, e non soltanto ad alcune di essi;
tra i soli dipendenti della Thyssen Krupp moltissimi sono coloro che si sono ammalati;
sono ora pendenti molti giudizi finalizzati al riconoscimento dell'esposizione all'amianto utile ai fini del conseguimento del relativo accertamento con il diritto a maturare preventivamente la prestazione previdenziale;
molti sono i lavoratori malati e deceduti, e che molti saranno destinati ad ammalarsi nel futuro;
non appare accettabile che diritti a copertura costituzionale (articoli 3, 32 e 38 della Costituzione) possano essere negati a causa dell'assenza di copertura finanziaria -:
quali iniziative, anche di carattere normativo, i Ministri interrogati intendano adottare per giungere ad una positiva conclusione della vicenda, che consenta ai lavoratori esposti per anni all'amianto di poter finalmente conseguire i benefici contributivi di cui in premessa;
entro quali termini intendano intervenire al fine di correggere gli errori contenuti nel regolamento sul fondo per le vittime dell'amianto, così come disposto dall'articolo 1, commi da 241 a 246, della legge finanziaria per il 2008.
(4-13892)

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 20 ottobre 2011 diversi organi di stampa locale e siti web (www/.gazzettadimantova.aelocal.it e www.mantova.com) hanno diffuso la notizia della grave crisi attraversata dalla «Manzardo», storica azienda bolzanina di vendita di termosanitari, presente anche in Trentino, Lombardia,

Veneto e Emilia Romagna, che negli ultimi due anni ha accumulato perdite per quasi 36 milioni di euro;
il gruppo, di cui faceva parte l'inglese Wolseley, pur avendo ripianato il rosso, con perdite che avevano superato un terzo del capitale, nel febbraio di quest'anno, dopo 12 anni, ha passato la mano cedendo le proprie quote e vendendo l'azienda a Hadleigh Partners, che controlla «Manzardo» attraverso Bourdon Building Materials Inc, holding finanziaria anch'essa britannica ma con sede alle Bahamas;
la nuova proprietà, pur assicurando l'investimento di nuove risorse finanziarie, a causa del blocco di alcuni fidi da parte delle banche, ha avviato da subito una diversa e severa politica aziendale di riduzione dei costi, rivedendo i contratti con fornitori e imprese artigiane e attuando i primi 69 licenziamenti nello stabilimento di Forlì;
per dare l'idea del valore occupazionale rappresentato da «Manzardo» nel settore, basti rilevare che prima di suddetti licenziamenti, l'azienda contava 430 addetti in tutta Italia. Nella sola provincia di Trento, ad esempio, oltre ai 50 addetti e ai cinque negozi (Rovereto, Arco, Cles, Castelnuovo Valsugana e Trento) l'azienda disponeva della sede di zona, punto di riferimento per i punti vendita di Feltre, Mantova e Sona (Verona);
nel 2010 l'azienda ha fatturato 139,4 milioni di euro, 10 milioni in meno del 2009, quando le vendite ammontavano a 149,9 milioni. La differenza tra valore e costi della produzione è però negativa sia nel 2009 che nel 2010. Nel 2009 lo squilibrio ammonta a 18 milioni. L'anno scorso scende a 11,2 milioni. Mentre, però, nel 2009 oltre 5 milioni di proventi straordinari contengono la perdita netta a 13,8 milioni, nel 2010 al margine negativo si aggiungono quasi 11 milioni di minusvalenze dalla chiusura di sette punti vendita in Romagna. Come si legge nell'ultima relazione al bilancio, il risultato economico negativo dipende soprattutto dal «perdurare della generalizzata situazione di forte crisi che ha investito tutti i settori dell'economia» e il relativo «calo dei consumi» che ha colpito anche gli acquisti di prodotti idrotermosanitari, di condizionamento e arredo bagno;
lo scorso 29 giugno 2011, in assemblea straordinaria, il nuovo presidente Martyn Meade ha spiegato che «la società ha ricevuto comunicazione che alcune linee di credito concesse da Unicredit erano state revocate e altre ridotte. Tale circostanza si è aggiunta al fatto che, negli ultimi esercizi, la società ha operato in perdita» e nonostante l'azionista di controllo, abbia manifestato la disponibilità a intraprendere azioni per sostenere l'azienda (professionisti affiancati agli attuali manager, contatti con le banche, fornitura di nuovi mezzi finanziari) i segnali di crescente disagio dell'azienda sono divenuti sempre più evidenti;
da alcune testate locali della provincia di Mantova, da articoli pubblicati il 21 e 22 ottobre 2011, si è appreso che, i 65 lavoratori dello stabilimento mantovano di Valdaro, senza alcun preavviso si sono trovati senza lavoro e con l'apertura di istanza di fallimento da parte dell'azienda;
dalle stesse fonti si apprende altresì che con un iter velocissimo, il tribunale di Bolzano ha dichiarato il fallimento della ditta Manzardo e che, il giudice delegato Francesca Bortolotti, dopo l'esame dei libri contabili depositati in Tribunale che ha messo in evidenza un'esposizione debitoria dell'azienda non più sostenibile, specialmente a seguito della chiusura da parte delle banche della linea di credito, ha rapidamente disposto l'affissione dei sigilli su tutti i punti vendita della catena commerciale e la nomina di due curatori fallimentari, gli avvocati Elisabetta Rossi e Mauro Pojer, responsabili per la gestione del fallimento -:
se i Ministri interrogati siano al corrente della succitata vicenda e se non ritengano opportuno intervenire al più presto nel tentativo di trovare un'acquirente all'azienda e attivandosi per far sì

che con urgenza possa essere concessa la procedura per la cassa integrazione straordinaria.
(4-13893)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

DI GIUSEPPE, MESSINA e ROTA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nelle scorse settimane si sono abbattute in Italia diverse violente perturbazioni meteorologiche classificate come nubifragi e alluvioni;
tali eccezionali precipitazioni atmosferiche, in alcune zone pari ad oltre 500/600 millimetri di pioggia caduti in poche ore, hanno provocato perdita di vite umane e, tra l'altro, gravi danni al comparto agricoltura;
dall'analisi dei dati statistici si evince che l'82 per cento dei comuni italiani è ad alta criticità idrogeologica;
tra le zone maggiormente colpite si possono annoverare la Liguria, la Toscana, la Campania e la Sicilia;
tutte le coltivazioni sono state distrutte dalla furia delle acque così come tutte le colture degli alberi da frutto, ed inoltre decine e decine di animali sono stati trovati morti per annegamento nelle stalle;
ad oggi il bilancio dei danni nelle campagne non può che essere provvisorio, sia per il prolungarsi delle perturbazioni atmosferiche che per le fisiologiche difficoltà di analisi dettagliate;
il Consiglio dei ministri ha previsto degli stanziamenti atti a fronteggiare la drammatica situazione ed a garantire alle imprese la ripresa dell'attività, ma questi interventi finanziari sono apparsi da subito insufficienti, tanto da auspicare, da parte di tutti, che alle prime risorse stanziate ne seguano presto ulteriori e più cospicue -:
se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenza abbia valutato l'opportunità di predisporre un piano di messa in sicurezza del territorio e azioni funzionali a prevenire questi disastri;
se non intenda intervenire a favore delle aziende agricole alluvionate, con misure quali la sospensione del pagamento delle imposte, delle tasse, delle tariffe e dei contributi previdenziali per un periodo congruo, in modo da non accrescere la già difficile situazione di crisi.
(4-13888)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta orale:

PEDOTO, LIVIA TURCO, GRASSI, LENZI e D'INCECCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
presso il Ministero della salute operano ormai da diversi anni con contratti precari ben 175 dirigenti delle professionalità sanitarie, di questi 77 presso gli uffici centrali e 98 presso gli uffici periferici. Presso gli uffici dello stesso Ministero della salute operano, inoltre, 32 operatori tecnici del settore della prevenzione, vigilanza e controllo sanitario, i quali sono stati assunti in data 1o settembre 2006 con un contratto a tempo determinato;
nello specifico, risulta che i dirigenti predetti operano con incarico quinquennale o con contratto rinnovabile con scadenza a far data dal 1o settembre 2014; si tratta di 136 veterinari, 13 chimici, 17 medici e 9 farmacisti. Risulta, inoltre, che i contratti a tempo determinato degli operatori

tecnici sopra esplicitati scadranno, dopo essere stati prorogati due volte, improrogabilmente il 31 dicembre 2012;
in entrambe le situazioni sopra descritte si tratta di professionisti e di personale qualificato chiamati dal Ministero per fronteggiare l'emergenza influenza aviaria, con esclusività di rapporto, o selezionati nel corso degli anni per fronteggiare altre emergenze (influenza H5N1 suina) o per partecipare a programmi operativi promossi dal Ministero (emergenza calore, linea telefonica 1500); dunque, operano ormai stabilmente nell'attività ordinaria dei servizi centrali e periferici dell'amministrazione sanitaria;
per detti lavoratori precari sono stati prorogati i contratti iniziali per il permanere delle esigenze dei servizi nei quali sono stati impiegati, al punto da configurare ormai una situazione di rapporto di lavoro stabile e continuativo e gli stessi hanno ormai acquisito esperienze e competenze che costituiscono un prezioso patrimonio per le attività ed i servizi nei quali sono impegnati -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere affinché siano definiti tempi e procedure certe per la stabilizzazione del rap- porto di lavoro di detti lavoratori con la conversione dei contratti esistenti in contratti a tempo indeterminato.
(3-01939)

GARAGNANI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento all'intesa raggiunta le settimane scorse e a ciò che potrebbe nascondersi dietro ad essa, fra le centrali cooperative, in primis la Lega, e la giunta regionale dell'Emilia Romagna, rappresentata dal presidente Errani, in merito ad una riorganizzazione della sanità regionale;
proprio perché in questi anni la funzione esclusivamente pubblica della sanità bolognese e regionale è stata rivendicata con orgoglio dai massimi esponenti del PD, l'improvviso cambio di rotta suscita legittimi interrogativi, in quanto chi, come il sottoscritto, chiedeva una maggiore liberalizzazione in campo sanitario veniva spesso etichettato come un pericoloso «turbatore» della giustizia sociale;
si assiste ad una falsa privatizzazione che vede protagonisti la giunta regionale e le centrali cooperative di fatto vicine da sempre alla medesima giunta;
secondo l'interrogante l'opinione pubblica ha il diritto di sapere se il servizio sanitario regionale, sia per quanto riguarda l'allocazione delle risorse, sia per quanto concerne l'organizzazione delle prestazioni sanitarie sul territorio o la selezioni del personale medico, intende privilegiare un effettivo pluralismo assieme a merito e competenza, o solamente l'appartenenza ad una determinata area politica;
in questo senso l'intesa raggiunta a livello regionale presenta parecchi punti oscuri soprattutto in merito all'annoso problema dell'accreditamento delle strutture sanitarie private ed in genere al riconoscimento di un'effettivo pluralismo che a parere dell'interrogante a Bologna ed in regione è assente da sempre in campo sanitario, (ci si chiede se in breve si vedranno cliniche private gestite dalle coop) -:
se il Governo non intenda promuovere, nell'ambito delle proprie competenze ed eventualmente in sede di Conferenza Stato-Regioni, ogni iniziativa utile ad assicurare, con riferimento alla questione segnalata in premessa, adeguati livelli essenziali di assistenza sull'intero territorio nazionale.
(3-01942)

Interrogazione a risposta in Commissione:

LIVIA TURCO, PEDOTO, GRASSI, BUCCHINO, MURER, D'INCECCO e BURTONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati diffusi in questi giorni dal Censis sta calando il ricorso alla vaccinazione

gratuita contro il papilloma virus, infatti se nel 2008 le ragazzine vaccinate erano il 62,2 per cento oggi sono solo il 54,3 per cento;
buona parte di questo calo è sicuramente da attribuire ad una informazione generica, parziale e superficiale se ben 4 donne su 5 sostengono che le indicazioni che circolano sull'Hpv e la vaccinazione non sono chiare;
dallo studio del Censis, che ha coinvolto un campione nazionale di 3.500 donne dai 18 ai 55 anni - emerge che l'80 per cento delle donne sa che cos'è l'Hpv (soprattutto quelle più istruite, residenti nel Centro-nord e madri di una figlia nella fascia d'età interessata dalle campagne pubbliche di vaccinazione); il 94 per cento sa che è responsabile di diversi tumori, soprattutto di quello al collo dell'utero, mentre l'83 per cento sa che può causare altre patologie dell'apparato genitale. Ma meno della metà collega il virus ai condilomi genitali e quasi il 70 per cento ritiene erroneamente che colpisca solo le donne. L'8 per cento crede che sia il virus responsabile dell'Aids, il 7 per cento dell'epatite. Inoltre, prevale l'idea che il virus si diffonda solo mediante il rapporto sessuale completo (67,3 per cento) e che pertanto l'uso del preservativo rappresenti una protezione sufficiente. Solo meno del 20 per cento sa che non è possibile eliminare completamente i rischi di contagio quando si è sessualmente attivi;
sempre secondo la ricerca del Censis risultano essere vaccinato appena il 7,2 per cento della popolazione femminile, considerando bambine, ragazze e donne fino a 55 anni. Un dato che varia a seconda dell'età e delle scelte sull'accesso gratuito alla vaccinazione per le 11enni compiute a livello nazionale e regionale. È vaccinato invece il 62,2 per cento delle 14enni (cioè le ragazze che avevano 11 anni nel 2008, anno dell'avvio effettivo delle campagne vaccinali). La quota decresce tra le attuali 13enni (59,9 per cento) e 12enni (54,3 per cento). È scarsa la diffusione della vaccinazione tra le donne adulte e al di fuori del regime di gratuità: la quota delle donne di 18 anni e oltre vaccinate è pari appena al 2,9 per cento -:
se il Ministro sia a conoscenza di questi dati e quali iniziative sia economiche che normative abbia intrapreso fino ad oggi per rendere effettiva e capillare tale vaccinazione, in particolare se non ritenga opportuno promuovere nuove campagne d'informazione nazionali affinché si possa raggiungere una maggiore copertura della vaccinazione in questione;
se non ritenga opportuno predisporre una cabina di regia affinché vi sia un monitoraggio della situazione vaccinale in tutte le regioni, promuovendo anche le opportune iniziative per raggiungere, in tempi brevi, una reale omogeneità dei dati delle persone vaccinate in tutte le regioni.
(5-05686)

Interrogazione a risposta scritta:

DE POLI. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da ricerche statistiche svolte recentemente da autorevoli istituti specializzati si evince che, frazioni sempre maggiori della popolazione sono a rischio di perdita dell'autosufficienza a causa della concomitante presenza di patologie croniche, quali malattie neurodegenerative (circa il 25 per cento degli ultra80enni è affetto da demenza) e cardiovascolari, spesso associate a problemi muscolo-scheletrici, respiratori e metabolici. Tutto ciò comporta situazioni assai problematiche all'attuale situazione delle famiglie italiane investite da ampi processi di mutamento demografico e socio-economico;
nonostante, si assista alla netta e crescente trasformazione, le famiglie sono ancora le principali responsabili della gestione degli anziani, sia quando se ne fanno carico direttamente, sia quando delegano (parzialmente o totalmente) l'assistenza a personale domestico o «di prossimità» che vive sotto lo stesso tetto, con

livelli di professionalità limitati o comunque non formalizzati rispetto alle norme del mercato del lavoro e del sistema d'istruzione italiano. Tale scelta garantisce, come è noto, costi di assistenza contenuti, nonché forme di personalizzazione e continuità del «prendersi cura» socialmente apprezzate.
una delle ultime rilevazioni fatte sul fenomeno del tasso nazionale di non autosufficienza tra gli over 65 è risultato pari al 18,7 per cento nel nostro Paese. Ad ogni modo, va detto che in Italia il numero di anziani istituzionalizzati è piuttosto contenuto se comparato a quanti ancora vivono presso il proprio domicilio: per conoscere il numero totale di non autosufficienti agli oltre 2 milioni e 80 mila disabili indicati dalla Multiscopo (ISTAT, 2008), vanno aggiunte le circa 161 mila persone ospiti dei presidi sociosanitari residenziali, ottenendo così una stima approssimativa di poco superiore ai 2 milioni e 240 mila persone;
in questo quadro generale e sintetico, ogni regione nel nostro Paese si sforza di garantire il miglior servizio assistenziale ai propri residenti in difficoltà;
in tutto ciò, proprio le associazioni che operano in questo settore e che svolgono un ruolo di straordinaria importanza sociale, spesso incontrano ostacoli e impedimenti che rendono complicata la gestione e pianificazione di settore;
una delle principali criticità segnalate dalle associazioni è rappresentata dalla difformità e variabilità dei criteri di valutazione utilizzati dalle ASL per determinare la permanenza ed il numero di pazienti all'interno delle strutture. Tale difformità ha creato spesso deprecabili contenziosi con le ASL, come quello tra alcune associazioni e la ASL 10 di Firenze;
se non ritenga opportuno procedere ad una ricognizione delle normative regionali emanate in tema di permanenza all'interno delle Residenze Sanitarie Assistenziali, soprattutto rispetto alle modalità di ricovero dei malati con gravi disturbi del comportamento, anche al fine di promuovere l'individuazione, con il dovuto coinvolgimento delle regioni, di eventuali criteri univoci da utilizzare su tutto il territorio nazionale, nell'interesse e per la tutela della salute dei cittadini.
(4-13897)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TRAPPOLINO, BOCCI, VERINI e SERENI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in Umbria il passaggio dal sistema analogico al digitale terrestre (switch-off) risulta programmato dal 17 al 30 novembre 2011;
il Ministero dello sviluppo economico, sebbene sollecitato dalla regione Umbria, non ha ancora assegnato le frequenze alle televisioni locali e regionali;
la mancata assegnazione delle frequenze di fatto impedisce alle diverse realtà che operano nel settore televisivo regionale e locale di procedere agli adeguamenti tecnici necessari alla partenza delle trasmissioni con il nuovo sistema digitale -:
in che tempi il Ministro preveda di procedere all'assegnazione delle frequenze alle TV regionali e locali attive nella regione Umbria;
come il Ministro intenda mitigare i problemi che tale ritardo potrebbe cagionare alle emittenti locali e regionali dell'Umbria.
(5-05687)

STRADELLA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da tempo il Ministero dello sviluppo economico sta guardando con grande attenzione l'evoluzione della crisi che ha colpito la R.D.B spa;

la società in occasione dei reiterati incontri ha manifestato la volontà di concordare con le organizzazioni sindacali ed il Ministero le soluzioni più indolori per l'occupazione;
alle intenzioni non sono ad oggi seguiti fatti concreti o proposte da valutare;
il 3 novembre 2011 c'è stato un tentativo, sventato dai dipendenti, di trasferire prefabbricati e casseri dallo stabilimento di Occimiano (Alessandria);
l'operazione ha il chiaro significato di procedere allo smantellamento dell'unità operativa di Occimiano -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere affinché possa essere affrontata la crisi di R.D.B. a tutela dei livelli occupazionali, anche al fine di scongiurare tentativi di smantellamento dell'azienda come quelli di cui in premessa che appaiono all'interrogante gravi e inaccettabili.
(5-05698)

NANNICINI, LULLI, MATTESINI, DE PASQUALE, FRONER e VICO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
lo stabilimento della Ferriera di San Giovanni Valdarno, in provincia di Arezzo, rappresenta da 140 anni il simbolo industriale dell'intero Valdarno;
il 24 settembre 1872 si costituisce a Firenze, nell'abitazione dell'allora sindaco Ubaldino Peruzzi, la Società Italiana per l'Industria del Ferro proprio con l'obiettivo di costruire una ferriera a San Giovanni Valdarno, la quale avrebbe utilizzato la lignite scavata nelle miniere della vicina Castelnuovo dei Sabbioni nel comune di Cavriglia, per l'alimentazione energetica degli altiforni;
a novembre del 1873 viene a dirigere lo stabilimento un ingegnere di 25 anni: Vilfredo Pareto che vi rimarrà per oltre 16 anni, prima come direttore dello stabilimento e poi come direttore generale, prima di diventare il padre della sociologia moderna ed uno dei maggiori intellettuali nel campo dell'economia e delle scienze politiche;
in mezzo a tante difficoltà la Ferriera cresceva negli anni e per tutto l'ottocento per approdare nel consorzio ILVA, una sorta di trust formato dai maggiori produttori siderurgici dell'epoca e successivamente, nel ventennio fascista, quando l'ILVA diventò azienda di Stato, per la sua incorporazione nell'IRI e poi nella FINSIDER;
nel dopoguerra, erano i primi mesi del 1949, nel «Piano Sinigaglia» si prevedeva lo smantellamento dello stabilimento, ma quando la Finsider esaminò la situazione della «Ferriera» di San Giovanni Valdarno vide, con meraviglia, che i risultati economici erano positivi;
nel frattempo la domanda nazionale era in continua crescita ed i lavoratori occupati arrivarono complessivamente ad essere 1200 per poi scendere progressivamente negli anni Sessanta intorno ai 700 occupati, in ragione delle nuove macchine e di pari passo al notevole incremento della capacità produttiva del laminatoio che si specializzò nella fabbricazione di laminati commerciali di piccola dimensione;
con gli inizi degli anni Settanta si verificò la crisi della siderurgia e molte aziende del settore necessitarono di una ristrutturazione, per la «Ferriera» tale crisi diventò un'opportunità e con la variazione del mix di produzione e gli investimenti in nuovi impianti, nel 1980 tornò ad occupare 835 persone;
negli anni Ottanta il mercato siderurgico si trovò ancora in difficoltà rispetto alla capacità di assorbire gli aumenti produttivi, alla necessità di svecchiare nuovamente gli impianti, nonché di fronte alla richiesta della CEE di tagli produttivi per il settore del 40 per cento, tutto ciò portò a paventare la chiusura dello stabilimento di San Giovanni Valdarno; tuttavia la «Ferriera», fra le tante difficoltà, continuava a presentare un risultato

economico positivo anche nella situazione difficile che stava affrontando e nessuna logica industriale poteva giustificarne la chiusura;
nel 1989 la Ferriera sangiovannese venne acquistata dalla Ferdofin SpA che destinò allo stabilimento consistenti investimenti, ma poi purtroppo iniziò una nuova crisi e con essa gli scioperi e la cassa integrazione guadagni; la Ferriera venne quindi rilevata, insieme ad altre aziende, dalla Duferco che costituì un'altra società chiamata Duferdofin, la quale attualmente occupa circa 170 persone e continua a gestire, con successo, una parte delle lavorazioni della smembrata «Ferriera»;
nel 1999 la stessa Duferdofin cedette la parte del laminatoio alla Siderurgica Ferrero;
il primo gennaio 2003 la Ferriera passa alla Afv Beltrame, azienda vicentina leader nel mercato dei laminati, che continua ad avere in comune con la Duferdofin la mensa ed una parte dei magazzini compresa la pesatura, oltre ad utilizzare lo scalo merci interno attiguo alla ferrovia, con il locomotore, i carri, i macchinisti ed i manovratori dipendenti della stessa Ferriera Beltrame;
dallo scalo merci delle Ferrovie dello Stato italiano di San Giovanni Valdarno arrivavano alla Ferriera tre tradotte settimanali per 10.000 tonnellate mensili di Billette, che sono i semilavorati con cui produrre i laminati, che sono oggi portati su gomma per gli alti costi del trasporto ferroviario rispetto al diminuito volume di prodotto;
oggi, con la gestione Beltrame, i primi segnali di crisi si sono evidenziati già nel secondo semestre del 2008 e che per la sua gestione è stata richiesta, per il secondo semestre del 2008 e il primo semestre del 2009, la Cigo (cassa integrazione guadagni ordinaria);
nel mese di giugno 2009 è intervenuto un accordo tra azienda ed organizzazioni sindacali che ha regolato la gestione dei lavoratori nel periodo 15 giugno 2009-14 giugno 2010 con lo strumento della Cigs (cassa integrazione guadagni speciale) per evento improvviso ed imprevisto;
sono stati siglati degli accordi fra azienda e rappresentanza sindacale unitaria dei singoli stabilimenti per la richiesta di 13 settimane di cassa integrazione guadagni ordinaria con scadenza entro la metà del settembre 2010;
l'azienda ha elaborato un piano pluriennale dal 2010 al 2015 per gli stabilimenti italiani che è stato presentato alle organizzazioni sindacali in occasione dell'incontro dell'11 maggio 2010;
il 9 settembre 2010, presso la sede della Confindustria di Vicenza, si sono incontrate le parti sociali ed è stato presentato un piano industriale di cui poteva essere variata la tempistica, in relazione alle condizioni generali del mercato, ma che restava valido in ogni caso e prevedeva: l'allargamento della gamma produttiva, la differenziazione del prodotto, la riduzione dei costi ed il recupero di efficienza;
il 27 maggio 2011 presso lo stabilimento di San Giovanni è stato stipulato un accordo che prevedeva lo sviluppo delle attività formative del piano di formazione dal titolo «Formazione Gruppo AFV acciaierie Beltrame 2010-2011 id. 15784 nell'ambito di Fondoimpresa - piani formativi aziendali (Conto formazione avviso 3/2009): il piano ha coinvolto 9 impiegati e 18 operai dello stesso stabilimento;
in data 6 giugno 2011 presso il municipio di San Giovanni Valdarno si sono incontrati rappresentanti della provincia di Arezzo, la direzione provinciale del lavoro di Arezzo, la AFV Acciaierie Beltrame SpA la Confindustria di Arezzo, la RSU ed i rappresentanti provinciali dei sindacati, per stipulare un accordo il quale prevedeva da parte della AFV acciaierie Beltrame SpA l'avanzamento di un'istanza per il riconoscimento della cassa integrazione guadagni straordinaria, motivata dalla ristrutturazione aziendale, per un

periodo di 18 mesi a far data dal 30 maggio 2011, oltre a garanzie per i lavoratori ed incontri nei mesi di settembre e dicembre 2011, marzo, maggio e settembre 2012, per una verifica dell'andamento della cassa integrazione guadagni straordinaria, l'esame dei meccanismi di rotazione e forme aggiuntive di sostegno ai lavoratori;
nel corso dell'incontro l'azienda ha formalizzato alle parti il piano di ristrutturazione dello stabilimento di San Giovanni Valdarno che prevedeva investimenti legati all'attuazione dei seguenti interventi:
a) miglioramento della performance produttiva dello stabilimento e ottimizzazione dei costi energetici attraverso il rimodernamento degli impianti;
b) specializzazione dello stabilimento verso nuove nicchie di mercato e conseguente necessità di implementazione della flessibilità produttiva dell'impianto;
c) creazione di una struttura commerciale dedicata alla tipologia di prodotti realizzati nello stabilimento;
d) impulso alla attività di ricerca e sviluppo in materia di risparmio energetico, di nuovi prodotti di nicchia ed ottimizzazione del processo produttivo;
e) formazione del personale;
con decreto del 19 settembre 2011 n. 61506 viene approvata per la società AFV Acciaierie Beltrame con sede in Vicenza per l'unità di San Giovanni Valdarno, il programma di cassa integrazione guadagni straordinaria dal 30 maggio 2011 al 29 novembre 2012 con la Concessione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria dal 30 maggio 2011 al 29 novembre 2011, la causale di intervento è «ristrutturazione aziendale» nel settore della siderurgia;
il 27 ottobre 2011, a fronte di un incontro tenutosi nel palazzo comunale a San Giovanni Valdarno, per sollecitare il rispetto del piano di ristrutturazione sopra citato, tra il sindaco Maurizio Viligiardi, i sindacati ed i rappresentanti dell'azienda, la Beltrame, fra lo stupore generale, ha espresso la volontà di chiudere lo stabilimento;
la Beltrame guidata dall'ingegnere Giancarlo Beltrame era conosciuta come un'impresa che ha avuto il massimo rispetto per le relazioni industriali e sempre protesa allo sviluppo ed alla ricerca del primato tecnologico;
a tali esigenze la «Ferriera» di San Giovanni Valdarno ha sempre risposto positivamente ed anche quando è stata sfruttato solo per il 70 per cento della sua capacità produttiva e senza fare nuovi investimenti, ha mantenuto il suo equilibrio economico grazie alla professionalità delle sue maestranze;
a San Giovanni Valdarno si producono laminati mercantili di piccole dimensioni e di eccellente qualità, come attestano tanti fornitori che richiedono specificatamente di approvvigionarsi di pezzi prodotti presso lo stabilimento di San Giovanni Valdarno;
in questo stabilimento, negli anni, si sono sperimentate nuove sezioni e classi di resistenza dei laminati, che poi sono entrati in produzione di serie in altri impianti, mentre le maestranze, anche se un po' deluse da tale comportamento, rispondevano senza nulla pretendere e con l'abitudine di dare molto col poco. Operai che sentivano e sentono ancora quel senso di appartenenza che nell'economia aziendale si chiama «cultura d'impresa», la quale non si acquisisce mediante circolari aziendali ma con il tempo ed una tradizione consolidata e tramandata nei suoi 140 anni di vita, quasi gli stessi anni della nostra Repubblica;
i Valdarnesi si sentono un po' tutti figli della «Ferriera» di San Giovanni Valdarno, dove ha lavorato il padre, un fratello, un nonno ed è stata l'oggetto del riscatto sociale di tanti uomini, alcuni dei quali, in passato, hanno pagato il tributo più alto, quello della vita, a causa degli incidenti sul lavoro;

la «Ferriera» ha rappresentato allo stesso tempo un fenomeno industriale, economico, sociale e sindacale che ha fatto scuola non solo in tutta la vallata ma nel Paese, se si pensa che lo stesso Pareto prendeva ad esempio la società operaia di San Giovanni Valdarno per studiare un sistema di rappresentanza proporzionale che contemperasse le esigenze sia della maggioranza che delle minoranze;
la «Ferriera» è stato il luogo dove si sono combattute alcune delle più aspre battaglie sindacali, ma anche quello dove si sono effettuate le prime esperienze di partecipazione dei lavoratori;
essa ha rappresentato il luogo della speranza in giorni migliori dove tutti hanno lavorato, operai, dirigenza, istituzioni per tenere aperta l'azienda sempre con bilanci economicamente sostenibili e preparandosi a cavalcare un nuovo ciclo economico positivo con l'innovazione di prodotto e di processo;
oggi gli ottanta operai della «Ferriera» che lavorano nello stabilimento di San Giovanni Valdarno di proprietà della Beltrame, tutti giovani fra i trenta ed i quaranta anni, presidiano lo stabilimento intorno al bidone acceso tramandato dai vecchi ai giovani, allo stesso tempo simbolo della resistenza e della speranza nella rinascita dell'azienda e del Paese;
tutti i partiti, senza distinzione, le organizzazioni sindacali, e le istituzioni hanno deciso di fare fonte comune per risolvere tale situazione nell'ottica del mantenimento e dello sviluppo di questo stabilimento che risulta essere sano, vitale e pronto a nuove sfide del mercato -:
come intenda il Ministro interrogato intervenire sull'azienda, la quale ha varie procedure di cassa integrazione, in altre unità del gruppo ed anche in società controllate, collegate e correlate, con le stesse motivazioni di ristrutturazione aziendale, affinché rispetti gli accordi e gli impegni presi con le istituzioni, le rappresentanze sindacali dei lavoratori ed il Governo stesso.
(5-05699)

Interrogazioni a risposta scritta:

PAGANO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dagli anni Sessanta la città di Gela (CL) è costretta a convivere con un inquinamento ambientale causato dall'attività dello stabilimento petrolchimico che si è andato aggravando negli anni fino a contaminare la catena alimentare;
nel sottosuolo sono rintracciabili enormi quantità di idrocarburi ai quali è strettamente connesso l'elevato indice di mortalità per tumori e malformazioni neonatali nella cittadinanza;
la guardia costiera avrebbe scoperto che nel sistema antincendio della raffineria, oltre all'acqua prelevata dal mare, erano presenti anche idrocarburi, circostanza che in caso di incendio avrebbe gravemente compromesso l'azione dei vigili del fuoco e la messa in sicurezza degli impianti;
altre indagini avrebbero rilevato che la direzione della raffineria avrebbe consentito lo stoccaggio di rifiuti speciali, in particolare amianto, nella vasca 4 dell'isola 32 dell'area industriale;
gli inquirenti, coordinati dal procuratore capo di Gela Lucia Lotti, avrebbero individuato la presenza di teloni di copertura vistosamente bucati e di sacchi per la raccolta dell'amianto aperti che avrebbero permesso alle pericolose fibre di diffondersi nell'atmosfera sospinte dai venti;
la direzione della raffineria di Gela, incurante della pericolosità di tali circostanze, continuerebbe ad assumere atteggiamenti lontani da ogni logica di integrazione con il territorio, da una parte trincerandosi dietro il rifiuto di un confronto dialettico con le istituzioni locali e con il consiglio comunale, dall'altra continuando ad arrecare nocumento al corpo sociale e ambientale della città -:
se i Ministri fossero a conoscenza delle circostanze esposte in premessa e se

non ritengano opportuno intervenire direttamente, oltre che prendere contatti con i vertici nazionali dell'ENI per realizzare percorsi di risarcimento danni per il territorio, dal momento che l'attività dello stabilimento si è caratterizzata negli anni per la sistematica violazione del diritto alla salute dei cittadini gelesi e della tutela dell'ambiente circostante e pertanto dovrebbe considerarsi incompatibile con la vita della città e dei lavoratori.
(4-13878)

LANZARIN. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in molti Paesi al mondo, per favorire l'industria manifatturiera locale, vengono imposti dazi per l'importazione di prodotti finiti lasciando invece un regime di dazi zero per materie prime e semilavorati. In questa maniera si incentiva a fare un minimo una lavorazione locale;
la situazione a cui sono sottoposti i produttori italiani di mobili è invece esattamente l'incontrario: attualmente il regime di dazi d'importazione dalla Repubblica Popolare cinese è zero per molti prodotti finiti, ed ha invece una certa consistenza per i componenti e materie prime;
questo naturalmente incentiva il mercato a importare il prodotto finito, e ostacola i produttori italiani che cercano di rimanere competitivi sul mercato andando ad acquistare in Cina quei componenti dove i cinesi sono pressoché imbattibili;
come si può desumere dalle voci contenute negli allegati del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune, ci si può trovare di fronte a situazioni assurde ed ingiustificabili secondo cui l'importazione di una sedia finita è notevolmente più vantaggiosa dell'importazione di alcuni dei suoi componenti principali e ciò oltre a favorire importazioni indiscriminate di prodotti assai più concorrenziali dal punto di vista dei costi che non i nostri, crea anche discriminazioni tra operatori nazionali appartenenti a segmenti diversi delle stesse filiere (assemblatori, produttori, riparatori, e altro);
per fare un esempio, basti citare il caso delle importazioni dei materiali costruttivi delle predette sedie, come i tessuti impregnati, quelli spalmati o ricoperti di materia plastica o stratificati con materia plastica, nonché le materie plastiche ed i lavori di tali materie oppure le materie tessili ed i loro componenti, per i quali l'aliquota dei dazi convenzionali è ricompresa da un minimo del 4 per cento fino ad un massimo dell'otto per cento, a fronte dell'importazione dei relativi mobili o sedie finite, per i quali le predette aliquote sono addirittura in regime di esenzione;
questo fenomeno ora riportato comporta un forte danno per i nostri produttori di mobili e di arredamento i quali, oltre a non poter frapporre alcun ostacolo difensivo, sono anche colpiti dall'attuale regime di dazi -:
se sia a conoscenza dei fenomeni esposti in premessa ed in caso di fondatezza dei relativi profili problematici, quali iniziative intenda assumere per porvi rimedio.
(4-13882)

BRAGANTINI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 16, comma 6, del decreto-legge 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, stabilisce che le imprese costituite in forma societaria sono tenute ad indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata nella domanda di iscrizione al registro delle imprese o analogo indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie che certifichino data e ora dell'invio e della ricezione delle comunicazioni e l'integrità

del contenuto delle stesse; lo stesso comma stabilisce che, entro tre anni dalla data di entrata in vigore del citato decreto-legge, le società già costituite alla data di entrata in vigore del decreto-legge devono comunicare al registro delle imprese l'indirizzo di posta elettronica certificata;
il termine per l'assolvimento di tale obbligo è, quindi, il prossimo 29 novembre; entro tale data i rappresentanti legali delle società di capitali e di persone, delle società semplici, delle società cooperative, delle società in liquidazione e delle società estere che hanno in Italia una o più sedi secondarie dovranno procedere con l'iscrizione della PEC nel registro delle imprese; lo potranno fare direttamente tramite sito internet se dotati di firma digitale, oppure tramite società giuridicamente o economicamente collegata o tramite intermediario abilitato, tipicamente il commercialista che già assiste le aziende;
il mancato rispetto dei tale termine comporta l'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 2630 del codice civile per omessa esecuzione di denunce, comunicazioni o depositi;
la PEC è acquistabile da uno dei gestori autorizzati, che rilascia un'attestazione di avvenuta attivazione della casella;
l'iscrizione della PEC e le comunicazioni di variazione sono esenti da imposta di bollo e diritti di segreteria, ma molti commercialisti addebitano alle società clienti un importo forfettario per l'espletamento dell'iscrizione pari a qualche decina di euro;
molte società, soprattutto le piccole e quelle a conduzione familiare, non sono dotate di firma digitale e si affidano per tutte le comunicazioni al proprio commercialista;
per semplificare ulteriormente la procedura e rendere del tutto gratuite per le società l'iscrizione della PEC e le comunicazioni di variazione, sarebbe sufficiente consentire l'invio dalla propria casella PEC di un messaggio di iscrizione, accompagnato dall'attestazione rilasciata dal gestore autorizzato che ha attivato la casella di posta -:
se si intenda introdurre come ulteriore semplificazione la possibilità di iscrivere la casella di PEC attraverso una semplice mail al registro delle imprese, accompagnata dall'attestazione rilasciata dal gestore che ha attivato la casella di posta.
(4-13887)

VACCARO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Cooper Standard Automotive Italy s.p.a. di Battipaglia (SA) è un'azienda del gruppo internazionale Cooper Standard Automotive Inc., specializzato nella produzione e commercializzazione di sistemi e componentistica per il settore automobilistico;
con accordo sindacale del 10 settembre 2010 i rappresentanti dell'azienda, la rappresentanza sindacale unitaria e le organizzazioni sindacali territoriali hanno sancito un programma di lavoro che, tuttavia, non è stato rispettato;
in base a tale programma, la produzione delle guarnizioni del vano porta della «940» (Giulietta Alfa Romeo) doveva restare attività di specifica competenza dello stabilimento di Battipaglia che, in caso di delibera positiva da parte del Cliente FIAT, avrebbe dovuto adeguarsi dal punto di vista delle attrezzature; nel programma veniva poi ribadita la scelta strategica, per il medesimo stabilimento, dello sviluppo della tecnologia termoplastica; infine, veniva confermato il management europeo della Cooper presente a Battipaglia;
a distanza di un anno da tale accordo, la tecnologia termoplastica non è mai stata sviluppata - in quanto implementata in altri stabilimenti europei a più basso costo del lavoro - e la lavorazione delle guarnizioni verrà spostata, secondo quanto deciso dal gruppo Cooper, presso lo stabilimento di Ciriè (TO);

tale spostamento comporterà un aumento del già considerevole numero di persone in cassa integrazione guadagni straordinaria per mancanza di commesse, nonché un incremento delle spese di trasporto e quindi dei costi di produzione, tenuto conto dei luoghi dove avviene l'effettiva produzione dei componenti (Cassino, Melfi, Pomigliano);
risulta all'interrogante che, in un recente incontro con i responsabili Italia ed Europa del gruppo Cooper, è stato proposto l'avvio a Battipaglia di un'attività di assemblaggio in termoplastico del raschiavetro della «940» in sostituzione della lavorazione delle guarnizioni;
tale prospettiva non soddisfa le richiesta sindacali in quanto l'attività proposta non è ritenuta paragonabile a quella cessata; le organizzazioni sindacali e la rappresentanza sindacale unitaria, per contro, hanno chiesto che a Battipaglia venga sviluppato l'intero processo di lavorazione in termoplastica del particolare da assemblare;
i vertici del gruppo si sono riservati tre settimane di tempo per esaminare tale proposta e/o produrre eventuali alternative;
al momento lo stato di agitazione ha visto la proclamazione di scioperi a singhiozzo, che comunque hanno permesso all'azienda di non fermare le attività per il cliente, e di un sit-in di protesta davanti ai cancelli della fabbrica;
la vicenda rischia di rappresentare l'ennesimo caso di smembramento di un'importante realtà industriale del Mezzogiorno -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione in premessa;
quali iniziative e in quali tempi il Ministro interrogato intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di agevolare la rapida conclusione di un accordo tra le parti interessate e assicurare la piena ripresa delle attività della Cooper di Battipaglia.
(4-13894)

...

TURISMO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del turismo, per sapere - premesso che:
l'ENIT - Agenzia nazionale del turismo è subentrata con accresciute e più articolate mission istituzionali ad una quasi centennale attività dell'Ente nazionale italiano per il turismo, al fine di promuovere l'immagine unitaria dell'offerta turistica italiana, favorendone la commercializzazione;
a seguito dell'inusuale ritiro dalla Commissione attività produttive della Camera della proposta di nomina a presidente di Matteo Marzotto, poco prima che i deputati potessero esprimere il parere previsto dalla legge, l'Enit è ancora soggetto alla gestione commissariale;
ingiustificati risultano, altresì, i ritardi nella registrazione dei nuovi consiglieri di amministrazione, nonostante le regioni abbiano indicato sin dal mese di febbraio 2011 i due nominativi di loro competenza;
in questi ultimi mesi si è registrato un forte indebolimento dell'Agenzia, con i trasferimenti statali passati da 45 a 33 milioni di euro e le spese per le attività di pubblicità e promozione da 10 milioni a 458 mila euro, mentre ammontano a oltre 15 milioni di euro le spese per il personale (circa 83 mila euro a testa);
nonostante queste difficoltà, nel 2011 sarebbero stati destinati ad altri fini ben 6 milioni di euro ed è stata costituita Convention Bureau, una controllata con il compito promuovere il turismo congressuale, una competenza già dell'Enit;
nel consiglio di amministrazione della Convention Bureau figurano, tra gli altri, il direttore generale dell'Enit Paolo

Rubini (già responsabile della banca dati dei Circoli della Libertà) che in pratica ha imposto se stesso come presidente e consigliere delegato (il controllante che si nomina controllato), Laura Colombo, assistente della Brambilla, ed Eugenio Magnani, altro suo fedelissimo collaboratore;
motore dell'operazione Convention Bureau è, infatti, il dipartimento per il turismo, mentre l'Enit ha autorizzato (o meglio indotto a giudizio dell'interrogante) il consiglio di amministrazione della controllata Promuovitalia a costituire la nuova società e a diventarne azionista unico;
la nuova società, tuttavia, non è ancora dotata dei fondi, in quanto Promuovitalia, in attesa di conoscere come verranno impiegati, sta rimandando il trasferimento;
dopo la designazione del Consiglio di amministrazione di Convention Bureau, è stata definita una modifica statutaria finalizzata a ridurre i componenti del consiglio (ridotto a 3 membri): oggi siedono nel Consiglio di amministrazione di Convention Bureau il direttore generale del Ministero per i beni e le attività culturali Mario Resca (presidente), Paolo Rubini, e Rino Lepore, proprietario dell'Harry's bar;
questo intreccio di partecipazioni e il doppio ruolo del direttore generale Rubini, peraltro privo di competenze specifiche, ha determinato dubbi trasferimenti di risorse finanziarie tra le varie società, ed infatti Convention Bureau, senza svolgere alcuna attività, in appena quattro mesi ha accumulato un passivo di 500 mila euro, che a fine anno potrebbe raggiungere il milione, mentre le regioni cominciano a lamentarsi per la gestione della promozione del turismo operata dall'Enit;
ad avviso degli interroganti, decisioni irresponsabili e procedure discutibili (quale la nomina del testo discrezionale del direttore generale condivisa dal presidente Marzotto durante la fase commissariale con contratto pluriennale), rischiano di mettere una pietra tombale alle politiche di promozione dell'industria turistica nazionale;
non sono discutibili solo le modalità di promozione all'estero e la mancata concertazione delle politiche settoriali, come hanno più volte lamentato le stesse regioni (la cui competenza in materia è fuori discussione), ma anche vicende gestionali grandi e piccole, quali commissioni di gara e procedure d'appalto, oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo in Parlamento, sino a giungere alla incredibile vicenda della costituzione di una società per la commercializzazione del turismo congressuale e della designazione dei suoi vertici con annesse prebende ed indennità, tutto secondo gli interroganti in contrasto con le norme di legge (ed, infatti, la società, come ricordato sopra, ha accumulato in soli quattro mesi un passivo di oltre mezzo milione di euro, spesi non si sa come) -:
se non ritenga di fornire chiarimenti rispetto alle vicende summenzionate, motivando i suoi comportamenti e fornendo spiegazioni riguardo alle vicende che stanno interessando l'ENIT e la società Convention Bureau;
se non ritenga di porre fine alla gestione commissariale dell'Agenzia e di motivare il ritiro della proposta di nomina di Matteo Marzotto a presidente dell'Enit, e di assicurare l'insediamento del nuovo Consiglio di amministrazione, la cui inattività sta danneggiando pesantemente la promozione del turismo italiano e la competitività delle nostre imprese turistiche.
(2-01269)
«Anna Teresa Formisano, Rao, Ruggeri, Pezzotta».

...

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta immediata in Assemblea Briguglio n. 3-01936 dell'8 novembre 2011.

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta scritta Torrisi n. 4-13856 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 548 del 9 novembre 2011. Alla pagina 25610, prima colonna, dalla riga quarantasettesima alla riga cinquantesima, deve leggersi: «di quali elementi disponga il Ministro in relazione alla soppressione della struttura di cui in premessa, se essa sia indispensabile ai fini della razionalizzazione della» e non «di quali elementi disponga il Ministro in relazione alla soppressione della struttura di cui in premessa, se essa sia indispensabile ai fini della realizzazione della», come stampato.