XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di venerdì 18 novembre 2011

TESTO AGGIORNATO AL 20 DICEMBRE 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea ha presentato, il 19 ottobre 2011, una proposta di regolamento (COM(2011)650), con la quale si prospetta una revisione degli orientamenti riguardanti la rete transeuropea di trasporto TEN-T allo scopo di realizzare una rete completa ed integrata che comprenda e colleghi tutti gli Stati membri dell'Unione europea in maniera intermodale ed interoperabile;
ciò dovrebbe contribuire alla realizzazione, entro il 2050, di uno spazio unico europeo dei trasporti, basato su un sistema competitivo ed efficiente in grado di soddisfare le esigenze di mobilità di beni e persone in base a standard di qualità elevati e di garantire l'accessibilità a tutte le regioni dell'Unione europea, comprese quelle ultraperiferiche, favorendo in tal modo la coesione economica, sociale e territoriale;
la proposta di regolamento della Commissione europea, richiamandosi ai risultati della consultazione svolta sul Libro verde «Verso una migliore integrazione della rete transeuropea di trasporto al servizio della politica comune dei trasporti» (COM(2009)44), ipotizza la realizzazione di una rete TEN-T articolata in due livelli, vale a dire una rete globale, da realizzare entro il 2050, che comprenderà tutte le infrastrutture transeuropee di trasporto esistenti e programmate a livello nazionale e regionale, e una rete centrale a livello dell'Unione europea o core network, da realizzare entro il 2030, che costituirà la spina dorsale della rete transeuropea di trasporto. Quest'ultima comprenderà quelle parti della rete globale a maggiore valore strategico per il conseguimento degli obiettivi TEN-T, nonché i progetti a maggiore valore aggiunto europeo quali i collegamenti transfrontalieri mancanti, le principali strozzature e i nodi multimodali;
dei dieci corridoi necessari per la realizzazione della rete centrale, quattro sono di interesse per l'Italia e tra questi figurano: il corridoio Baltico-Adriatico, che collegherà Helsinki a Ravenna, nell'ambito del quale sono previsti i collegamenti ferroviari Vienna-Udine-Venezia-Ravenna e Trieste-Venezia-Ravenna, il corridoio 5 Helsinki-La Valletta che comprenderà il tunnel di base del Brennero nonché i collegamenti ferroviari Fortezza-Verona, Napoli-Bari, Napoli-Reggio Calabria, Messina Palermo e Palermo-La Valetta;
per quanto riguarda il primo, secondo le ipotesi di tracciato formulate dalla Commissione europea, sarebbero escluse dai grandi corridoi alcune aree, quali la parte della dorsale adriatica delle regioni Marche, Abruzzo, Molise e Puglie comprendente i porti di Ancona, Bari e Brindisi, con l'interconnessione attraverso Taranto agli altri corridoi europei, che hanno dimostrato grande vitalità, dinamismo, capacità di sviluppo garantendo, tra l'altro, un raccordo tra realtà territoriali fortemente differenziate;
ciò appare in contrasto con gli obiettivi della politica di coesione e di cooperazione territoriale perseguiti dall'Unione europea - anche in vista dell'adesione all'Unione europea dei Paesi dell'area dei Balcani - creando i presupposti di una possibile marginalizzazione, che determinerebbe una retrocessione dei territori esclusi dalla rete con ripercussioni sia sul piano della coesione economica, sociale e territoriale sia su quello della congestione del traffico su gomma;
peraltro, analogamente alle macrostrategie europee per il Baltico e il Danubio, anche per l'area comprendente tre Stati membri dell'Unione europea (Italia, Grecia e Slovenia), due Paesi candidati (Croazia e Montenegro) e tre Paesi candidati potenziali (Albania, Bosnia-Erzegovina e Serbia) è

stato attivato il processo di elaborazione di una strategia europea per la macroregione adriatico-ionica;
su tale aspetto si sono pronunciati sia il Consiglio europeo del 24 giugno 2011, che ha invitato gli Stati membri a cooperare con la Commissione europea, sia il Comitato delle regioni, nella sessione plenaria dell'11 e 12 ottobre 2011 a Bruxelles, adottando un parere di iniziativa che ne sottolinea l'importanza strategica al fine di promuovere le interconnessioni e le infrastrutture per collegare il Nord e il Sud dell'Europa;
la IX Commissione nel documento finale approvato il 14 ottobre 2009 in esito all'esame, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento della Camera, del richiamato Libro verde (COM(2009)44) sottolineava la necessità di una pianificazione volta a garantire uno sviluppo equilibrato ed integrato della rete, con particolare attenzione ai collegamenti delle aree marginali con le grandi reti europee di trasporto TEN-T, anche al fine di rendere più fluidi i collegamenti tra le diverse sezioni;
la risoluzione Boffa, Lazzari e Vico 8-00052, approvata dalle Commissioni riunite IX e X il 28 ottobre 2009, evidenziava la necessità di garantire il collegamento tra il corridoio VIII Bari-Varna e il corridoio I Berlino-Palermo (secondo le modifiche prospettate ora Helsinki-La Valletta), al fine di garantire il pieno coinvolgimento delle regioni dell'Italia meridionale nei flussi connessi ai suddetti corridoi,


impegna il Governo


ad assumere iniziative in tutte le competenti sedi decisionali dell'Unione europea e a concertare con i Governi nazionali degli Stati che gravitano nell'area adriatico-ionica tutte le iniziative per valutare, sulla base di uno studio istruttorio adeguato, la praticabilità del completamento del corridoio Baltico-Adriatico verso sud, lungo la costa adriatica, comprendendo i porti di Ancona, Bari e Brindisi.
(1-00768) «Vannucci, Abrignani, Adornato, Di Pietro, Pisicchio, La Malfa, Vico, Agostini, Bellanova, Boccia, Bordo, Capano, Carlucci, Cavallaro, Cera, Ceroni, Ciccanti, Ciccioli, Concia, De Angelis, De Torre, Distaso, Favia, Fucci, Ginefra, Ginoble, Giovanelli, Gozi, Grassi, Lolli, Losacco, Marchioni, Mastromauro, Merloni, Pelino, Antonio Pepe, Pistelli, Ria, Servodio, Sisto, Tenaglia, Vitali, Zazzera, Di Giuseppe, Monai, De Camillis, Di Stanislao, Baldelli».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea ha presentato, il 19 ottobre 2011, una proposta di regolamento (COM(2011)650), con la quale si prospetta una revisione degli orientamenti riguardanti la rete transeuropea di trasporto TEN-T allo scopo di realizzare una rete completa ed integrata che comprenda e colleghi tutti gli Stati membri dell'Unione europea in maniera intermodale ed interoperabile;
ciò dovrebbe contribuire alla realizzazione, entro il 2050, di uno spazio unico europeo dei trasporti, basato su un sistema competitivo ed efficiente in grado di soddisfare le esigenze di mobilità di beni e persone in base a standard di qualità elevati e di garantire l'accessibilità a tutte le regioni dell'Unione europea, comprese quelle ultraperiferiche, favorendo in tal modo la coesione economica, sociale e territoriale;
la proposta di regolamento della Commissione europea, richiamandosi ai risultati della consultazione svolta sul Libro verde «Verso una migliore integrazione della rete transeuropea di trasporto al servizio della politica comune dei trasporti» (COM(2009)44), ipotizza la realizzazione di una rete TEN-T articolata in due livelli, vale a dire una rete globale, da realizzare entro il 2050, che comprenderà tutte le infrastrutture transeuropee di trasporto esistenti e programmate a livello nazionale e regionale, e una rete centrale a livello di Unione europea o core network, da realizzare entro il 2030, che costituirà la spina dorsale della rete transeuropea di trasporto. Quest'ultima comprenderà quelle parti della rete globale a maggiore valore strategico per il conseguimento degli obiettivi TEN-T, nonché i progetti a maggiore valore aggiunto europeo, quali i collegamenti transfrontalieri mancanti, le principali strozzature e i nodi multimodali;
dei dieci corridoi necessari per la realizzazione della rete centrale, quattro sono di interesse per l'Italia e, tra questi, figurano: il corridoio Baltico-Adriatico, che collegherà Helsinki a Ravenna, nell'ambito del quale sono previsti i collegamenti ferroviari Vienna-Udine-Venezia-Ravenna e Trieste-Venezia-Ravenna; il corridoio 5 Helsinki-La Valletta che comprenderà il tunnel di base del Brennero nonché i collegamenti ferroviari Fortezza-Verona, Napoli-Bari, Napoli-Reggio Calabria, Messina-Palermo e Palermo-La Valletta, oltre al corridoio 3 (Mediterraneo) ed al corridoio 9 (Genova-Rotterdam);
per quanto riguarda il primo, secondo le ipotesi di tracciato formulate dalla Commissione europea, sarebbero escluse dai grandi corridoi alcune aree, quali la parte della dorsale adriatica delle regioni Marche, Abruzzo, Molise e Puglia comprendente i porti di Ancona, Bari e Brindisi, con l'interconnessione attraverso Taranto agli altri corridoi europei, che hanno dimostrato grande vitalità, dinamismo, capacità di sviluppo, garantendo, tra l'altro, un raccordo tra realtà territoriali fortemente differenziate;
ciò appare in contrasto con gli obiettivi della politica di coesione e di cooperazione territoriale perseguiti dall'Unione europea - anche in vista dell'adesione all'Unione europea dei Paesi dell'area dei Balcani - creando i presupposti di una possibile marginalizzazione, che determinerebbe una retrocessione dei territori esclusi dalla rete con ripercussioni sia sul piano della coesione economica, sociale e territoriale sia su quello della congestione del traffico su gomma;
peraltro, analogamente alle macrostrategie europee per il Baltico e il Danubio, anche per l'area comprendente tre Stati membri dell'Unione europea (Italia, Grecia e Slovenia), due Paesi candidati (Croazia e Montenegro) e tre Paesi candidati potenziali (Albania, Bosnia-Erzegovina e Serbia) è stato attivato il processo di elaborazione di una strategia europea per la macroregione adriatico-ionica;
su tale aspetto si sono pronunciati sia il Consiglio europeo del 24 giugno 2011, che ha invitato gli Stati membri a cooperare con la Commissione europea, sia il Comitato delle regioni, nella sessione plenaria dell'11 e 12 ottobre 2011 a Bruxelles, adottando un parere di iniziativa che ne sottolinea l'importanza strategica al fine di promuovere le interconnessioni e le infrastrutture per collegare il Nord e il Sud dell'Europa;
la IX Commissione (Trasporti) della Camera dei deputati, nel documento finale approvato il 14 ottobre 2009 in esito all'esame, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento della Camera, del richiamato Libro verde (COM(2009)44), sottolineava la necessità di una pianificazione volta a garantire uno sviluppo equilibrato ed integrato della rete, con particolare attenzione ai collegamenti delle aree marginali con le grandi reti europee di trasporto TEN-T, anche al fine di rendere più fluidi i collegamenti tra le diverse sezioni;
la risoluzione Boffa, Lazzari e Vico n. 8-00052, approvata dalle Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive, commercio e turismo) della Camera dei deputati il 28 ottobre 2009, evidenziava la necessità di garantire il collegamento tra il corridoio VIII Bari-Varna e il corridoio I Berlino-Palermo (secondo le modifiche prospettate ora Helsinki-La Valletta), al fine di garantire il pieno coinvolgimento delle regioni dell'Italia meridionale nei flussi connessi ai suddetti corridoi;
il mancato proseguimento del corridoio da Ravenna all'intero Adriatico avrebbe anche negative ripercussioni per le aree interne del Centro-Sud con particolare riferimento a quelle di Campania e Basilicata;
la proposta di regolamento europeo richiamata modifica significativamente la configurazione dell'ex corridoio 1 Berlino-Palermo che comprendeva importanti interventi per il porto di Augusta (oggi corridoio 5 Helsinki-La Valletta), per la quale il Governo italiano aveva dichiarato la propria opposizione,


impegna il Governo


ad assumere iniziative in tutte le competenti sedi decisionali dell'Unione europea e a concertare con i Governi nazionali degli Stati che gravitano nell'area adriatico-ionica tutte le iniziative, sulla base di uno studio istruttorio adeguato, per la praticabilità del completamento del corridoio Baltico-Adriatico verso sud, lungo la costa adriatica, comprendendo i porti di Ancona, Bari e Brindisi, senza tralasciare iniziative volte all'accelerazione dei lavori per il completamento dei corridoi richiamati in premessa di interesse strategico per il nostro Paese, al fine di assicurare la competitività, il funzionamento del mercato interno, il rilancio del nostro sistema economico e produttivo, compresa la revisione della proposta relativa al corridoio 5 (ex corridoio 1 Berlino-Palermo).
(1-00768)
(Nuova formulazione) «Vannucci, Baldelli, Desiderati, Adornato, Gianni, Di Pietro, Pisicchio, Iannaccone, La Malfa, Vico, Abrignani, Agostini, Bellanova, Boccia, Bordo, Capano, Carlucci, Cavallaro, Cera, Ceroni, Ciccanti, Ciccioli, Concia, De Angelis, De Torre, Distaso, Favia, Fucci, Ginefra, Ginoble, Giovanelli, Gozi, Grassi, Lolli, Losacco, Marchioni, Mastromauro, Merloni, Pelino, Antonio Pepe, Pistelli, Ria, Servodio, Sisto, Tenaglia, Vitali, Zazzera, Di Giuseppe, Monai, Di Stanislao, De Camillis, Capodicasa».

TESTO AGGIORNATO AL 30 NOVEMBRE 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
lo scorso 23 giugno è stata approvata dalla Camera dei deputati la risoluzione in assemblea 6-00084 sul ciclo dei rifiuti in Calabria che richiama i risultati della relazione della immissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti approvata all'unanimità il 19 maggio 2011;
negli atti suddetti si legge che «l'esito delle iniziative commissariali è stato del tutto insoddisfacente, posto che le società miste pubblico-private, costituite dal commissario per realizzare la raccolta differenziata, versano tutte in stato di insolvenza e che la raccolta differenziata non è decollata, essendo, pressoché, inesistente sul 90 per cento del territorio regionale, a tal punto da raggiungere, nella media, la

modesta percentuale del 4,2 per cento per gli anni 2005, 2006, 2007 e 2008» e che «il motivo principale di tale fallimento deve essere individuato nei numerosi conflitti tra l'ufficio del commissario e gli enti locali che hanno paralizzato tutte le iniziative dei vari commissari delegati succedutisi nel tempo»;
rispetto alle discariche nelle conclusioni della commissione di inchiesta si legge:
«in Calabria non sono state realizzate nel corso di tutto il commissariamento né nuove discariche pubbliche, né impianti di trattamento, sicché tutto il sistema delle discariche e degli impianti di trattamento è affidato ai privati» e «in tale contesto ambientale non deve destare perplessità il fatto che la Calabria sia terra di smaltimento di rifiuti speciali, anche pericolosi, posto che l'agenzia nazionale per l'ambiente, l'Ispra, ha calcolato una capacità di smaltimento di rifiuti speciali calabrese molto alta, di quasi 43 mila tonnellate per anno, pari a circa il 7 per cento dei rifiuti nazionali, quantitativo che non corrisponde assolutamente alla produzione dei rifiuti speciali nella regione»;
la relazione inoltre individua delle responsabilità specifiche del commissario gli inadempimenti hanno investito anche il Sin di Crotone, Cerchiara e Cassano, dal momento che nel periodo di competenza che va dal mese di novembre 2002 al mese di giugno 2008, quando i siti inquinati sono stati consegnati alla Syndial, l'ufficio del commissario per l'emergenza rifiuti non ha provveduto a porre in essere iniziativa alcuna per la messa in sicurezza e/o la bonifica dei siti inquinati lasciando ineseguite le decisioni assunte nelle varie conferenze dei servizi tenute presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, probabilmente per deficienze strutturali;
il 18 ottobre 2011 è stata presentata a Crotone la relazione sulle criticità nel settore dei rifiuti e delle bonifiche relativa alla Calabria con la presenza del presidente della commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, onorevole Gaetano Pecorella, del presidente della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, del sindaco di Crotone, Peppino Vallone e prefetto di Crotone, Vincenzo Panico;
non sembra però che le cose vadano meglio. Secondo quanto si apprende dalle agenzie, il 16 novembre 2011, nella zona della piana di Sibari è stato sequestrato dalla guardia di finanza un terreno di circa 6 mila metri quadrati dove erano stati scaricati abusivamente rifiuti speciali, lastre di eternit e amianto. Il maresciallo della Guardia di finanza di Sibari ha dichiarato all'AgenParl in un'intervista, che dai risultati delle prime indagini il terreno molto probabilmente apparterrebbe all'Anas e si trova in località Contrada Lattughelle;
nello stesso giorno la procura della Repubblica di Paola ha disposto l'arresto dell'imprenditore di Amantea Cesare Coccimiglio, di 75 anni, titolare di un'impresa di produzione di materiali per l'edilizia. L'arresto è stato fatto nell'ambito dell'inchiesta sui rifiuti tossici interrati nell'alveo del fiume Oliva. La magistratura di Paola guidata dal procuratore Bruno Giordano avrebbe accertato l'interramento di 90 mila metri cubi di materiale di risulta. L'inchiesta era nata dal ritrovamento nell'alveo del corso d'acqua ubicato al confine tra i comuni di Amantea, Serra d'Aiello e Aiello Calabro nel basso Tirreno cosentino di rifiuti tossici e radioattivi;
in data 17 novembre 2011 si è appreso dalla stampa che la procura della Repubblica di Catanzaro ha chiesto la misura dell'interdizione dall'esercizio di pubblico ufficio per il commissario per l'emergenza ambientale, il generale della Guardia di finanza Graziano Melandri, (nominato in data 23 febbraio 2011) coinvolto nell'inchiesta sulla gestione della discarica di Catanzaro che stamane ha portato all'arresto dei vertici della società Eneterch, la società che gestisce l'impianto.

La richiesta di interdizione è stata avanzata anche per due funzionari dell'ufficio del commissario per l'emergenza ambientale della Calabria, Domenico Richichi, 41 anni, e Simone Lo Piccolo, 29 anni. Le richieste sono state avanzate dal procuratore aggiunto di Catanzaro, Giuseppe Borrelli, e dal sostituto Carlo Villani;
secondo inchieste giornalistiche tra gli agrumeti e gli oliveti di Cassano allo Jonio sarebbero sepolte circa 35mila tonnellate di ferriti. La regione Calabria ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avrebbero stanziato 3 milioni e mezzo per la bonifica. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avrebbe voluto affidare l'opera di risanamento alla Syndial del gruppo Eni;
gli inquirenti della procura della Repubblica di Crotone hanno disposto il 9 marzo 2010 il rinvio a giudizio per 45 persone, tra dirigenti, amministratori e prefetti, coinvolte nello smaltimento illegale delle scorie tossiche provenienti dal vecchio stabilimento Pertusola Sud del gruppo Eni. Come ricostruito dall'indagine, nel 1997 gli alti dirigenti della società Pertusola Sud, in odor di fallimento, avevano un problema enorme: liberarsi di 400mila tonnellate di scarti provenienti dal processo produttivo dello stabilimento metallurgico. Si trattava delle scorie di cubilot contenenti metalli altamente cancerogeni e per i quali la legge prevedeva lo smaltimento in apposite discariche. Gli amministratori della società, poco propensi ad accollarsi i costi, pensarono bene che quelle scorie potevano essere spacciate come materiale di riempimento per sottofondi stradali ed altre opere di edilizia, visto che il decreto Ronchi del 5 febbraio 1998 dichiarava il «cubilot materiale non pericoloso»;
sono 18 i siti messi sotto sequestro nel 2008. 45 imputati dovranno comparire davanti Gup il prossimo 11 maggio per disastro ambientale. Fonti locali descrivono una situazione di inerzia da parte di chi dovrebbe avviare un'opera di bonifica della zona, nonostante i soldi stanziati dallo Stato;
in alcuni dei casi sinteticamente richiamati sembra trattarsi di fatti riferiti all'attualità; il che mette ulteriormente in discussione la validità e l'efficacia di un commissariamento di cui con la risoluzione votata dalla Camera è stata sollecitata la cessazione -:
se il governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se i recenti fatti di cronaca siano contemplati nei risultati dei precedenti monitoraggi ambientali o se debbano essere contemplati come fatti nuovi;
quali siano le azioni che il Governo, nell'ambito delle sue competenze, intende intraprendere per vigilare su possibili abusi da parte della malavita locale a scapito della salute pubblica;
quali siano i piani di intervento che si intendono adottare per la bonifica delle aree di interesse nazionale (SIN), i costi e le ditte affidatarie delle opere di risanamento in zone dove negli ultimi anni si è avuta una forte incidenza di carcinomi e che vive soprattutto di agricoltura esportando i suoi prodotti su tutto il territorio nazionale;
se e come il Governo intenda attuare la risoluzione 6-00084 che impegnava il Governo «a intraprendere ogni iniziativa utile al fine di risolvere le questioni evidenziate nella relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, in raccordo e leale collaborazione con i competenti organismi nazionali, della regione Calabria e degli enti locali interessati anche al fine di creare le condizioni per una gestione ordinaria del ciclo integrato dei rifiuti»;
se il Governo intenda costituirsi parte civile nei procedimenti in corso;
se non si ritenga di far cessare lo stato di emergenza in Calabria che negli ultimi 14 anni ha causato una spesa di

oltre un miliardo di euro senza costruire un sistema integrato di gestione dei rifiuti.
(2-01271)
«Lo Moro, Ventura, Bratti, Mariani, Cesare Marini, Villecco Calipari, Minniti, Laganà Fortugno, Laratta».

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, ZAMPARUTTI e MOTTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferisce il quotidiano La Repubblica nella sua edizione bolognese nel solo Appennino emiliano, il 21 per cento della superficie montagnosa è terreno classificato come franoso;
in tutta l'Emilia Romagna, la superficie montuosa dell'Appennino è soggetta a dissesto idrogeologico per il 19 per cento e le frane censite sono 70 mila;
da Piacenza a Rimini, la superficie critica è stimata in 4.316 chilometri quadrati (393 solo in provincia di Bologna, circa un decimo del totale) con 815 edifici scolastici che sarebbero da rafforzare;
secondo quanto sostiene il dottor Raffaele Pignone, responsabile del servizio geologico, sismico e dei suoli della regione Emilia Romagna, si può «stimare, in base a statistiche nazionali, che circa il 15 per cento degli abitanti della regione vivano sopra frane o zone alluvionali. Molti magari neppure lo sanno»;
il Servizio geologico, sismico e dei suoli della regione Emilia Romagna, con i suoi 42 professionisti è una degli osservatori geologici tra i più efficienti d'Italia e forse d'Europa, ed è l'unico che ha completato la mappatura dell'Appennino con una scala 1 a 10.000, che consente di vedere anche se la più piccola abitazione si trova su frane attive o quiescenti;
anche se la conoscenza del territorio è perfetta, interventi su un Appennino così friabile rischiano di saltare dal momento che la regione aspetta oltre 51 milioni di euro per sistemare strade e versanti -:
se quanto sopra riportato corrisponda a verità;
in caso affermativo come si giustifichi il fatto che la regione Emilia Romagna sia l'unica ad aver completato la mappatura del suo territorio e, in tal caso se sia vero che la regione Emilia Romagna è in attesa di oltre 51 milioni di euro per sistemare strade e versanti che non gli sono stati corrisposti;
quale sia la ragione per cui quello stanziamento non è stato corrisposto;
quante altre regioni si trovino nella situazione in cui si trova l'Emilia Romagna, e quali siano le somme che sono in attesa di ricevere;
se sia in grado di quantificare i costi provocati dalle frane nel 2010 in Emilia Romagna e quali iniziative si intendano promuovere, sollecitare, adottare, a fronte della situazione sopra evidenziata.
(4-13935)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
il 27 settembre 2011 il sindaco del comune di Mosciano sant'Angelo in provincia di Teramo invia una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico e a tutti gli enti competenti circa la richiesta da parte della società inglese Spectrum Geo LTD di autorizzazione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per eseguire ispezioni sismiche nel mare Adriatico con la tecnica dell'Airgun e alla ricerca di petrolio;

le due concessioni in giacenza al Ministero sono la D1 BP SP e la D1 FP SP e indicano oltre 30 mila chilometri quadrati lungo tutta la costiera Adriatica, da Rimini fino a Santa Maria di Leuca a circa 25 chilometri dalla riva;
nella lettera è spiegato che le ispezioni sismiche si eseguono tramite violentissimi spari di aria compressa rivolti verso i fondali marini. Le onde riflesse forniscono informazioni sui giacimenti di idrocarburi nel sottosuolo. Numerosi studi scientifici mondiali attestano la loro estrema dannosità per le specie marine: gli spari airgun possono causare spiaggiamenti, lesioni, morte di cetacei, pesci e specie bentonitiche anche a centinaia di chilometri di distanza dal punto di impatto;
altresì viene manifestata la forte preoccupazione dei cittadini sulle gravi e irreversibili conseguenze che un progetto di tale entità possa portare. Il rischio a cui si va incontro, infatti, è di avviare un processo di petrolizzazione dell'Adriatico intero con pozzi e infrastruttura petrolifera lungo il litorale, rischi di subsidenza, scoppi, perdite di petrolio, deturpazione del paesaggio, stravolgimenti della qualità della vita e pochissimi benefìci per i cittadini oltre che per il settore turistico;
in sintesi si chiede al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di raccogliere le richieste e le preoccupazioni dei cittadini e di attivarsi al fine di proteggere maggiormente ed in maniera più concreta il nostro patrimonio ambientale comune -:
se il Governo sia a conoscenza delle informazioni e delle richieste espresse nella lettera citata in premessa;
se, e in che modo, intenda rispondere e adoperarsi per bloccare il processo di petrolizzazione dell'Adriatico anche al fine, così come auspicato nella lettera, della salvaguardia e della tutela della qualità della vita, dell'ambiente e della salute.
(4-13940)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

NARDUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la legge 27 dicembre 2006 n. 296 che ha istituito la Medaglia d'onore ai cittadini italiani deportati ed internati nei lager nazisti prevede, all'articolo 1, comma 1273, che le domande di riconoscimento dello status di lavoratore coatto, già presentate dagli aventi diritto all'Organizzazione Internazionale per le migrazioni (OIM) fossero considerate valide a tutti gli effetti della succitata legge;
secondo il testo del summenzionato comma 1273 l'OIM avrebbe dovuto inviare, tramite la propria Missione di Roma, le istanze di riconoscimento a loro pervenute, insieme alla documentazione eventualmente allegata, al Comitato istituito dalla legge presso la Presidenza del Consiglio dei ministri affinché esso potesse deliberare la concessione della Medaglia d'onore ai richiedenti sulla base della domanda a suo tempo avanzata;
alla richiesta avanzata nel 2007 dal Comitato all'OIM per l'inoltro delle domande ricevute, la suddetta Organizzazione internazionale aveva risposto di non poter effettuare la trasmissione secondo le modalità fissate dalla norma e di avere a suo tempo inviato all'Archivio Federale tedesco i relativi atti;
in considerazione di tale indisponibilità, il Comitato aveva spedito, in data 16 febbraio 2010, una nota al Ministero degli affari esteri, recante la sollecitazione di chiedere alle competenti autorità tedesche il trasferimento dell'archivio delle domande a suo tempo curate dall'OIM, sollecitazione che ad oggi non ha prodotto riscontri;
il portavoce del Coordinamento fra le associazioni storiche, sindacali e dei patronati

costituito per gestire le domande indirizzate all'OIM ha richiamato più volte l'esigenza di dare seguito alle circa 110.000 istanze presentate;
l'unica informazione sull'esistenza della medaglia d'onore e sulla possibilità di richiederla per gli italiani all'estero è stata divulgata dal Ministero degli affari esteri, tramite il Bollettino mensile d'informazione a cura della direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie (MAECOM nel numero 01 Anno VI) risalente all'anno 2008 -:
quali atti formali abbia prodotto il Governo nei confronti delle competenti autorità federali tedesche, o sia in procinto di produrre, affinché le domande curate dall'OIM pervengano al Comitato per la concessione della medaglia d'onore ai cittadini italiani deportati ed internati nei lager nazisti, come previsto dalla legge 27 dicembre 2006 n. 296, e quali provvedimenti intenda adottare per consentire massima copertura informativa agli italiani all'estero sull'esistenza della medaglia d'onore e sulla possibilità di richiederla anche da parte degli eredi degli aventi diritto.
(5-05715)

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COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:

DI PIETRO e DI GIUSEPPE. - Al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro per il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
il comune di Capracotta si trova in provincia di Isernia, nell'Alto Molise, e con i suoi 1.421 metri sul livello del mare rappresenta, dopo Rocca di Cambio, il comune più alto dell'Appennino, nonché una importante località climatica e sciistica;
in tale comune sono, infatti, presenti due importanti impianti sciistici: uno per lo sci alpino, in località Monte Capraro; l'altro per lo sci di fondo in località Prato Gentile: sede, peraltro, dei Campionati italiani assoluti di sci di fondo nel 1997;
quella di Capracotta è, dunque, una comunità che vive prevalentemente di turismo ed, in particolare, di turismo invernale legato, appunto, all'esercizio dell'attività sportiva di sci di fondo e sci alpino;
tuttavia, da circa due anni, il comune di Capracotta ha dovuto affrontare numerosi problemi per assicurare un'offerta turistica invernale pienamente appetibile e ciò a causa della sopravvenuta chiusura degli impianti sciistici di Monte Capraro;
nel 2007 la società consortile «Campitello Matese s.p.a.», partecipata per il 96 per cento dalla regione Molise, prese in gestione, oltre agli impianti di Campitello Matese, anche quelli di Monte Capraro di Capracotta;
successivamente, con la delibera della giunta regionale del Molise n. 1005 del 29 settembre 2009, veniva approvato un piano industriale redatto dal dottor Carmine Franco D'Abate dal quale emergeva che l'attività di gestione degli impianti di Monte Capraro di Capracotta doveva essere dismessa in quanto l'esercizio 1o novembre 2007-31 ottobre 2008 aveva evidenziato un disavanzo di 123.248 euro. Dalla medesima relazione emergeva, altresì, che anche per Campitello Matese, nell'ambito dello stesso esercizio, compariva un disavanzo pari a 692.928 euro, circa 7 volte superiore a quello di Capracotta. Eppure, inspiegabilmente, mentre per Capracotta si chiedeva la chiusura degli impianti, per Campitello Matese veniva proposta la continuazione delle relative attività. In buona sostanza, con tale delibera, la giunta regionale del Molise, ad avviso degli interroganti, adottava un provvedimento discriminatorio tra due località che avrebbero, invece, meritato un identico trattamento, penalizzando l'intero territorio della provincia di Isernia che veniva, di fatto, privato del funzionamento dell'unica stazione di sci alpino, per non parlare delle gravissime conseguenze che si sarebbero verificate sia in termini occupazionali

sia in termini di immagine della località alto molisana di Capracotta;
il comune di Capracotta, successivamente, ha denunciato in numerosissime occasioni e con forza tale incresciosa situazione che con l'andare del tempo rischia di danneggiare irreversibilmente il territorio dell'alto Molise e dell'intera provincia di Isernia, a causa della mancata inclusione di Capracotta nel piano di rilancio delle stazioni sciistiche;
a seguito di molteplici richieste, la giunta regionale del Molise, con la delibera n. 1026 del 1o dicembre 2010 ha approvato in favore del comune di Capracotta l'elargizione di un contributo pari a 50.000 euro al fine di eseguire i lavori propedeutici al collaudo degli impianti sciistici. Sino ad oggi, tuttavia, e a distanza di quasi un anno, tale somma non essere stata ancora erogata, con la conseguenza che i lavori iniziati nel comune di Capracotta non sono stati ultimati e le ditte incaricate, non essendo state pagate, hanno dovuto sospendere i lavori;
la chiusura dell'impianto sciistico di Monte Capraro ha rappresentato un vero e proprio un colpo mortale per l'economia del comune di Capracotta e per l'area dell'altissimo Molise;
in data 3 settembre 2011 è stato organizzato nel comune di Capracotta un incontro alla presenza del Ministro per gli affari regionali e la coesione territoriale pro tempore, Raffaele Fitto, e del presidente della regione Molise, per la costituzione di un tavolo istituzionale permanente finalizzato alla definizione e attuazione del progetto per la fruizione turistica e la valorizzazione ambientale dell'Alto Molise. Nell'ambito di tale incontro è riemersa la problematica inerente la gestione degli impianti di risalita di sci alpino di Monte Capraro, rimasti chiusi la scorsa stagione invernale 2010/2011;
da quanto emerge sia dalla stampa locale sia da una nota inviata dal sindaco di Capracotta in data 20 ottobre 2011 al Ministro per gli affari regionali e la coesione territoriale ed il presidente della regione Molise, dagli impegni assunti durante il citato incontro del 3 settembre 2011 sarebbe emersa la volontà di affrontare la problematica relativa alla riapertura degli impianti sciistici di Monte Capraro a beneficio dell'economia del territorio dell'altissimo Molise. Più in particolare, nell'ambito di tale nota si legge: «...La stagione invernale è alle porte e ritardi anche di pochi giorni possono compromettere anche quest'anno l'apertura della stazione con le conseguenze negative già ampiamente sperimentate l'anno passato. Con la presente invito tutti i rappresentanti delle istituzioni in indirizzo, alla luce degli impegni presi nel corso dei lavori dell'incontro innanzi citati, a voler attivare tutte le opportune iniziative per garantire la riapertura degli impianti affidando alla società in house della regione Molise "Funivie Molise S.p.A" la gestione degli impianti stessi e della stazione sciistica di sci alpino di Monte Capraro» -:
se e quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, alla luce di quanto descritto dalla presente interrogazione, al fine di dare seguito agli impegni assunti lo scorso 3 ottobre 2011 in merito alla riapertura degli impianti sciistici di Monte Capraro di Capracotta così da contribuire significativamente allo sviluppo del turismo invernale nell'ambito del territorio dell'altissimo Molise.
(4-13949)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
con i soli due decreti-legge emanati tra luglio e settembre (decreto-legge n. 78 convertito dalla legge n. 111 del 15 luglio 2011 e decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011)

la manovra complessiva ha raggiunto quasi i 60 miliardi di correzione del saldo a regime nel 2014;
i settori maggiormente penalizzati sono le politiche sociali, la sanità e le politiche industriali a sostegno delle piccole e medie imprese;
in tale contesto l'Italia è l'ottavo Paese al mondo per spese militari, con oltre 20 miliardi di euro per il 2010, con un incremento per il 2011 a causa dei fondi destinati agli acquisti per i nuovi armamenti, un incremento dell'8,4 per cento, pari a quasi 3 miliardi e mezzo, ovvero 266 milioni in più rispetto al 2010;
dal punto di vista dell'attività produttiva in Italia, il settore è in piena espansione con un fatturato record da 3,7 miliardi, alla fine del 2008, come si è appreso lo scorso anno, l'Italia ha superato la Russia, divenendo il secondo esportatore mondiale di armamenti, dopo gli Stati Uniti;
il rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2010 recante «Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2011», limitatamente alla tabella 11 del rendiconto e alla tabella 11 del bilancio di assestamento lasciano trasparire, senza dare ad esse adeguate risposte, le complesse problematiche del comparto;
ne costituisce principale testimonianza la formazione di residui di significativa entità imputabili secondo l'interrogante ad una cattiva amministrazione, se non addirittura ad una consapevole intenzione di utilizzarli nella parte conclusiva della legislatura per finalità che, al momento, il Governo preferisce non dichiarare;
da una lato c'è un comparto già fortemente penalizzato sia dal punto di vista dei tagli alle risorse, degli stipendi del personale, della formazione, dell'addestramento, dell'esercizio, dall'altro non c'è il minimo intento di diminuire le ingenti spese militari, bensì, persiste ancora l'inutile e costosissimo programma per l'acquisto di 131 cacciabombardieri F-35-JSF;
il tema in questione è fortemente sentito dall'opinione pubblica che vede l'aumento dell'investimento in armi uno dei principali ostacoli all'sviluppo economico e sociale del Paese al punto che il 19 maggio 2009 inizia la campagna «Caccia al caccia! Diciamo NO agli F35», il 24 novembre 2010 durante il convegno «Volano gli aerei o i costi?» per la prima volta il Ministero della difesa ammette ufficialmente che sono sorti dei dubbi sull'acquisto di tutti i caccia previsti, il 12 aprile 2011 la campagna scrive ai capigruppo della Camera chiedendo una discussione in merito al progetto F-35 e il 21 settembre 2011 parte la seconda fase della campagna, denominata ora «Taglia le ali alle armi!». Nella prima fase sono state raccolte 19.900 adesioni online, 16.000 firme cartacee e 388 adesioni di organizzazioni. Molti Paesi hanno rinunciato a tale programma e gli stessi USA hanno tagliato drasticamente le spese militari;
lo scorso 13 novembre 2011 le tre organizzazioni Rete Disarmo, Sbilanciamoci e Tavola della Pace hanno rinnovato l'invito al Governo affinché accolga e porti avanti concretamente le richieste della società civile in tema di Difesa e di scelte militari;
risulta, pertanto, evidente che in un momento di forte crisi economica in cui si chiedono sacrifici a tutti i cittadini e si apportano tagli consistenti a tutti i settori principali, non è assolutamente più accettabile che in Italia le spese militari rimangano intatte o addirittura prevedano un incremento nei prossimi anni;
nel 2009 è stata costituita una «Commissione di alta consulenza e studio per la ridefinizione complessiva del sistema di difesa e di sicurezza nazionale» di cui non si hanno notizie ed informazioni sul suo operato -:
se il Governo intenda rivalutare completamente il quadro delle spese militari assumendo

le necessarie iniziative dirette a ridimensionare i programmi di acquisto in essere e attivare un virtuoso investimento in termini di riqualificazione, addestramento e formazione del personale del comparto;
se il Governo non ritenga di dover bloccare in via definitiva la prosecuzione del programma per la realizzazione e acquisto dei cacciabombardieri Joint Strike Fights;
quali siano gli sviluppi dell'attività della commissione di alta consulenza e studio per la ridefinizione complessiva del sistema di difesa e di sicurezza nazionale.
(4-13933)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 14 novembre 2011 il sito peacereporter.net pubblica un articolo dal titolo «Italia, la base della vergogna». L'articolo riporta notizie prese da un blog secondo le quali il 19 novembre 2010 a Decimomannu in Sardegna, nel corso dell'operazione di addestramento chiamata «Vega», un pilota israeliano compie una manovra altamente pericolosa. Dopo il decollo dalla base sarda un F16 del 106o squadrone della IAF (Israeli Air Force) esegue una rotazione di 360 gradi (un «tonneau», nel gergo dell'aviazione acrobatica). L'evoluzione è stata compiuta «senza motivo né vantaggio»: con queste parole un tribunale militare israeliano ha condannato il pilota a sette giorni di carcere e un anno di sospensione dal volo. La fonte delle notizie è il sito JewPI.com;
la denuncia pubblicata riguarda la rotazione del velivolo lungo il suo asse longitudinale che è una manovra acrobatica che deve essere compiuta all'interno di aree specifiche e ad altitudini di sicurezza. Il sito JewPI riporta, altresì, che l'aereo ha anche oltrepassato il muro del suono, causando un «bang sonico» non autorizzato e al di sotto delle altitudini consentite. Della manovra altamente pericolosa, del «bang sonico», dell'arresto e della sospensione del pilota nessun organo di stampa italiano ha mai parlato;
un articolo del quotidiano britannico Guardian riporta che la pratica degli F16 israeliani del «sonic boom» a basse altezze è diventata frequente nella Striscia di Gaza dopo la rimozione degli insediamenti ebraici nel 2005. Da allora, i piloti si esercitano sulla popolazione civile palestinese, producendo boati assordanti paragonabili a quelli di una bomba o di un terremoto. A volte lo spostamento d'aria è talmente forte da far sanguinare il naso;
a Decimomannu si addestrano tali piloti;
la base di Decimomannu dista pochi chilometri dall'abitato. Una decina di giorni fa si è conclusa l'edizione 2011 dell'operazione Vega, che ha visto centinaia di apparecchi da guerra europei - decine gli israeliani - e mezzo migliaio di militari prendere parte a esercitazioni di electronic warfare. L'operazione Vega rientra nella cooperazione militare Italia-Israele, stabilita dalla legge 17 maggio 2005, e nel «Programma di cooperazione individuale» con Israele, ratificato dalla Nato il 2 dicembre 2008;
si ricorda che Israele, unica potenza nucleare della regione, rifiuta di firmare il Trattato di non-proliferazione ed ha respinto la proposta Onu di una conferenza per la denuclearizzazione del Medio Oriente. La base risulta essere fornita dei più sofisticati apparecchi e dei sistemi per l'addestramento al tiro. È inoltre l'aeroporto con il più alto numero di decolli e atterraggi presente in Europa, con una media di circa 60 mila movimenti annui, pari a circa 450 movimenti giornalieri;
sul sito non ufficiale di Decimomannu si legge che «In pochi minuti di volo sono raggiungibili diverse aree adibite a poligoni aria-aria, aria-terra e bassa navigazione». Le aree coprono buona parte della Sardegna meridionale;
Decimomannu ha una serie di incedenti alle spalle. Dalla fine della Seconda

Guerra mondiale 64 aerei hanno subito danni, sono precipitati al suolo o in mare, in località che abbracciano tutta la Sardegna meridionale: Capo Frasca, stagno di Cabras, Capo Carbonara, Orroli, Capo Ferrato, Alghero, Arborea. Ventitré piloti sono morti, e numerosi aerei o pezzi di aereo sono andati perduti;
pertanto, gli aerei che decollano da Decimomannu, sorvolano aree civili, con manovre «altamente pericolose» e scaricano il loro potenziale distruttivo in aree paesaggisticamente intatte, contaminando l'ecosistema, la biodiversità e, come si è visto per Quirra, anche gli esseri umani. A Capo Frasca, poi, sono stati testati i missili teleguidati AIM dell'Eurofighter prima dell'entrata in servizio;
come per il poligono di Quirra, anche qui cominciano a emergere storie di malattie oncologiche, ematiche o linfatiche -:
se il Governo intenda chiarire e spiegare le attività di addestramento che si svolgono a Decimomannu in Sardegna, verificarne nell'immediato la pericolosità per la salute umana e per l'ambiente tenendo conto della vicinanza al centro abitato.
(4-13948)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
lo scorso anno il colonnello Riso Benigno, direttore del Poloarmi di Terni ha denunciato alla procura della Repubblica militare il maresciallo capo Maurizio Veneri con l'accusa di aver scritto commenti diffamatori per l'istituzione sul blog www.sideweb.org;
il 5 settembre 2011, nonostante la procura militare avesse dichiarato l'infondatezza della notizia di reato decretandone l'archiviazione, il generale Tarricone, comandante delle Forze operative terrestri in Verona ha aperto una formale inchiesta per la sanzione disciplinare di Stato nei confronti del maresciallo capo Veneri;
il maresciallo Veneri sta portando avanti una battaglia per difendere i propri diritti e la propria libertà, avvalendosi, altresì, dell'articolo 653 del codice di procedura penale che prevede l'efficace di cosa giudicata della sentenza di assoluzione nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale. In tal caso, in presenza di una sentenza penale assolutoria con la formula «perché il fatto non sussiste» o «perché l'imputato non lo ha commesso», l'Amministrazione rimane completamente vincolata al giudicato penale non avendo la possibilità di dar luogo per i medesimi fatti a procedimento disciplinare;
risulta, pertanto, evidente all'interrogante un'ennesima violazione dei diritti dei militari ed una disparità di trattamento all'interno delle Forze Armate -:
se il Governo non ritenga di dover fare chiarezza sulla vicenda del maresciallo capo Maurizio Veneri, facendo sì che sia disposta l'archiviazione dell'inchiesta disciplinare a suo carico e promuovere iniziative disciplinari nei confronti dei responsabili di tali violazioni e soprusi.
(4-13953)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

GENOVESE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il mandato dell'attuale presidente dell'attuale autorità portuale di Messina, professor ingegner Dario Lo Bosco, è scaduto;
la legge n. 84 del 1994, che istituisce le autorità portuali, prevede che «il presidente è nominato previa intesa con la Regione interessata, con decreto del Ministro dei Trasporti e della Navigazione, nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti

e portuale designati rispettivamente dalla Provincia, dai Comuni e dalle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura»;
le designazioni previste dalla legge sono già state effettuate;
il porto di Messina, area di competenza della suddetta autorità versa in uno stato di crisi occupazionale senza precedenti e senza prospettive di ripresa;
in seguito al fallimento della Smeb, che aveva in concessione i cantieri navali siti nella zona falcata di Messina, nel 2006 l'autorità portuale e l'ente porto congiuntamente pubblicavano un bando di gara per la concessione del cantiere e degli impianti in stesso contenuti;
tra autorità portuale ed ente porto è in atto un contenzioso sulla proprietà delle aree in oggetto e tale circostanza ha giustificato la gestione congiunta della gara ad evidenza pubblica sopra citata;
la Palumbo S.p.a. si è aggiudicata la concessione del cantiere avendo presentato un'offerta che prevedeva investimenti per 15 milioni di euro per la riqualificazione e l'ammodernamento di alcune parti del bacino ed il riassorbimento degli operai del cantiere ex Smeb con una progressiva assunzione di personale fino a 165 unità lavorative;
da alcuni mesi gli operai del cantiere, che attualmente sono circa 40, denunciano lo stato di abbandono in cui versa una parte consistente del bacino che ancora oggi non è stata oggetto dell'intervento di riqualificazione previsto nell'offerta della Palumbo spa;
vi sono gravi preoccupazioni che la Palumbo spa non voglia investire risorse nel cantiere storico messinese ed allo stesso tempo sembra molto residuale l'arrivo nel bacino di navi per lavorazioni e manutenzioni;
i lavoratori portuali e le forze sociali hanno più volte evidenziato il mancato rispetto degli impegni assunti dalla Palumbo spa all'atto della concessione e messo in dubbio la reale volontà dell'azienda di investire sul cantiere in oggetto;
il presidente dell'autorità portuale di Messina, professor ingegner Darlo Lo Bosco, è stato di recente nominato al vertice di RFI;
il sovrapporsi di incarichi e la situazione di precarietà, determinatasi alla scadenza del mandato per effetto delle successive proroghe dello stesso, hanno reso oggettivamente meno efficace e puntuale l'azione dell'attuale presidente -:
se ritenga opportuno approvare con la necessaria sollecitudine il decreto di nomina del nuovo presidente dell'autorità portuale di Messina;
se ritenga opportuno, alla luce della situazione sopra evidenziata, nominare un soggetto dotato, oltre che di specifiche competenze, anche di una particolare conoscenza delle problematiche di questo territorio, che possa dedicarsi a tempo pieno all'incarico che gli verrà affidato.
(4-13934)

PATARINO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il piano regolatore portuale del porto di Bari, approvato con decreto del Ministro dei lavori pubblici n. 570 del 4 febbraio 1976, prevedeva la realizzazione nell'area di Marisabella di piazzali per circa 400.000 metri quadrati e relative banchine per l'ormeggio di navi sino a 12 metri di pescaggio;
l'attuazione dell'intervento venne avviata nel 1990 con la progettazione generale a cura dell'ufficio del genio civile per le opere marittime di Bari poi approvata dal Consiglio Superiore dei lavori pubblici con voto n. 574 del 12 dicembre 1990;
i lavori furono regolarmente avviati nel 1994 sino alla rescissione del contratto, nel settembre del 1999, per inadempienze dell'A.T.I. appaltatrice e che a quel momento

risultava eseguito solo il 30 per cento dei lavori e cioè i primi 100.000 metri quadrati di piazzali;
per molti anni la procedura di riappalto per il completamento è rimasta ferma e solo nel mese di settembre 2008 il provveditorato interregionale alle opere pubbliche di Puglia e Basilicata, sulla scorta di un finanziamento di circa 60 milioni di euro, ha bandito la nuova gara d'appalto;
dopo l'aggiudicazione provvisoria si è innescata una serie di ricorsi e controricorsi al TAR e al Consiglio di Stato tra il primo ed il secondo in graduatoria che ha bloccato l'aggiudicazione definitiva;
con sentenza n. 1216 dell'8 febbraio 2011 il TAR Lazio ha definitivamente respinto il ricorso all'esclusione dalla procedura di gara dell'ATI che in prima istanza era risultata prima nella graduatoria di gara e che il successivo ricorso cautelare è stato respinto dal Consiglio di Stato con ciò confermando la validità del provvedimento ministeriale di esclusione impugnato;
nonostante ciò il provveditorato interregionale alle opere pubbliche di Puglia e Basilicata non ha ancora preso alcun provvedimento per rispondere alle aspettative della comunità portuale e cittadina che attende la realizzazione dell'opera per avviare un importante programma di riorganizzazione delle attività portuali finalizzato a liberare spazi per l'apertura del porto alla città;
nel documento di revisione della rete TEN-T, Bari è stato individuato come punto continentale terminale del corridoio Pan-europeo Helsinki-Malta, con ciò affidando allo scalo barese un ruolo strategico nell'ambito del sistema infrastrutturale comunitario. Tale ruolo verrebbe irrimediabilmente compromesso qualora le banchine ed i piazzali di Marisabella non fossero completati -:
quali iniziative intenda assumere per sollecitare il provveditorato interregionale alle opere pubbliche di Puglia e Basilicata ad intervenire con la dovuta urgenza per definire, in tempi brevi, l'intera vicenda, e, in caso di persistente inerzia, se non ritenga necessario nominare apposito commissario ad acta, perché metta in moto ogni utile meccanismo per scongiurare i rischi della perdita dei finanziamenti e consentire di disporre al più presto di un'opera così strategica per la portualità pugliese e per lo sviluppo della città di Bari.
(4-13947)

MELIS e TULLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il trasporto regionale sardo su rotaia, versa da tempo e in particolare nel nord dell'isola, in condizioni insostenibili. Sono frequenti più volte la settimana soppressioni improvvise di treni, spesso senza una tempestiva sostituzione con servizi pullman alternativi, su tratte utilizzate principalmente da lavoratori e studenti pendolari;
i motivi del disservizio sono i più diversi. In primo luogo lo stato di abbandono in cui viene lasciato il materiale ferroviario (automotrici, locomotive, e altro), materiale, peraltro, di per sé insufficiente ai bisogni del servizio: mezzi come «Minuetti» e Aln sono per lunghi periodi in attesa della tornitura ruote, mentre le locomotive D445 sono frequentemente ferme per revisione dei motori e la sostituzione dei carrelli; per fare un solo esempio tre automotrici tipo 668/663 sono ferme da mesi nel piazzale del deposito di Sassari in attesa della revisione generale. Ultimamente poi vengono fermate anche le macchine in attesa dell'operatore, che deve arrivare dal continente (con ovvi ritardi) per effettuare il controllo ultrasuoni, controllo che fino a poco tempo fa veniva effettuato da personale in servizio in Sardegna. Le lavorazioni cicliche (revisione generale) delle automotrici e delle carrozze sono state spostate dalle officine della Sardegna a quelle dell'Italia peninsulare, e ciò a prezzo di notevoli ritardi a causa della interruzione del collegamento navale

tradizionalmente assicurato dalle navi traghetto delle Ferrovie delle Stato, il che causa ulteriori periodi di fermo delle macchine e la soppressione dei treni sul territorio sardo;
tutto ciò accade anche a causa del blocco del turnover del personale che va in pensione e della mancata professionalizzazione del personale in servizio. Il problema della manodopera sarebbe in parte superato se si attuasse l'accordo nazionale del 15 maggio 2009 sulle officine, che prevedeva l'assunzione di 7 unità a Cagliari e 3 a Sassari. Attualmente invece per sopperire le carenze dell'officina di Cagliari viene inviato in trasferta personale da Sassari, sguarnendo quest'ultima officina;
risulta peraltro difficile anche la normale manutenzione giornaliera dei mezzi, in quanto tutti questi inconvenienti fanno sì che la carenza venga compensata, in parte, facendo compiere chilometri di percorrenza extra a discapito dei tempi necessari per la manutenzione;
una serie di problemi molto urgenti concernono poi la scarsa sicurezza delle linee. Per quanto riguarda in particolare il Nord Sardegna, rimane ancora insoluta la situazione di Scala di ciocca, luogo nel quale nel 2009 si verificò il deragliamento del treno 8921 con la conseguente morte del macchinista e il ferimento dei viaggiatori (rimane irrealizzata la segnalazione di sicurezza ai treni in caso di frana). Quel tratto di linea rientra nelle priorità di intervento sulla sicurezza ferroviaria nazionale. L'abbandono della linea, in particolare l'«impresenziamento» delle stazioni porta disagi e rischi per i passeggeri, stazioni spesso fuori dai centri abitati, isolate e la sera al buio (per non dire dei servizi igienici e delle sale di attesa perennemente chiuse);
un altro aspetto rilevante del disservizio riguarda la continuità territoriale, e specialmente i treni pendolari nel Nord Sardegna. Gli orari dei treni in corrispondenza con le navi passeggeri e quelli delle corse usufruite dai pendolari sono stabiliti spesso senza nessuna considerazione verso le esigenze del territorio, come dimostrano alcuni casi, qui riportati solo a scopo esemplificativo:
a) il treno 8883 Olbia-Macomer, in partenza alle ore 6,15 non effettua le fermate nei centri più importanti, Oschiri-Berchidda-Monti, impedendo così ai viaggiatori locali di quei centri di raggiungere sia Sassari che Cagliari;
b) il treno 3955 (ex Turritano) non garantisce più il collegamento per i viaggiatori in arrivo a Porto Torres con la nave da Genova quando questa nave sia (come spesso succede date le condizioni del mare) in eventuale ritardo. Capita così che mentre nei giorni feriali i passeggeri della nave devono attendere per 4 ore l'arrivo del treno successivo, la domenica e i festivi non hanno alcun collegamento garantito per la tratta Porto Torres-Sassari-Cagliari. E l'attesa (è bene notarlo) si verifica in una stazione costituita da un solo marciapiede e una panchina, senza ripari;
c) il treno 8921 da Sassari a Chilivani delle 6.00 viene soppresso dal 12 giugno al 12 settembre e in tutti i periodi di chiusura delle scuole, ed è il treno che viene giornalmente utilizzato dai lavoratori pendolari, e altro. Desta inoltre allarme e suscita la frequente protesta da parte degli utenti la soppressione di alcuni treni avvenuta recentemente in Sardegna. In particolare e per limitarsi al solo periodo tra settembre e ottobre 2011 sono state soppresse le seguenti corse: 12 settembre 8921 SS-CH, 8968 CH-SS; 19 settembre 8921 SS-CH; 29 settembre 8900 SS-PT, 8901 PT-SS, 8923 SS-CH; 17 ottobre 12920, 12927, 22894, 22895, 22898, 22899, 22906, 22907, 22908, 22909, 12938; 18 ottobre 22870, 22871, 12900, 12931, 22888, 22889, 22890, 22891, 22894, 22895; 19 ottobre 22890, 22891, 22894, 22895, 22918, 22919; 20 ottobre 22916, 22917, 8891, 8892, 12938; 21 ottobre 8887, 8934, 22898, 22899; 22 ottobre 22906, 22907, 22908, 22909, 8893 SS-CH; 24 ottobre 22890, 22891, 8905 SS-PT, 8906 PT-SS, 22898, 22899, 22908, 22909; 25 ottobre 8933, 22888, 22889, 22891, 22894, 22895; 26 ottobre 22888, 22889, 22890, 22891, 22918, 22919; 27 ottobre 22870, 22871, 22872, 22873, 12958, 8917, 8986, 8987, 8862, 1293l, 22890, 22891, 22918, 22919; 28 ottobre 8920, 22906, 22907, 8874; 29 ottobre 8980, 8981, 8982, 12957, 12958, 8917, 8988, 12963, 8885, 22908, 22909; 31 ottobre 8980, 22870, 22871, 12931, 22888, 22889, 22894, 22895, 22898, 22899, 22890, 22891;

la maggior parte dei treni per altro sono concentrati nel Sud della Sardegna, con una sproporzione ai danni del Nord Sardegna che non trova riscontro nella domanda del pubblico (per altro è noto che in questo campo l'offerta di servizi efficienti crea una sua domanda, laddove la inefficienza la scoraggia e la indirizza verso il trasporto su ruote);
la linea principale dell'isola, la Sassari-Cagliari e ritorno è afflitta da tempo da orari tali da scoraggiare l'utilizzo del treno per chi dal Nord Sardegna, debba recarsi a Cagliari per incombenze amministrative o affari e debba rientrare in giornata;
l'adozione recente del sistema computerizzato di gestione dei turni di lavoro IVU-RAIL ha prodotto inoltre e produce effetti particolarmente negativi sull'utilizzazione del personale, provocando lo spostamento della produzione dal Nord verso il Sud della Sardegna, e causando anche in questo caso l'invio in trasferta del personale di macchina e di bordo (giornalmente 4-6 macchinisti da Sassari e da Olbia) negli impianti di Oristano e Cagliari. Ciò corrisponde ad una politica della direzione regionale volta a trasferire e mantenere i posti di lavoro nel Sud della Sardegna;
secondo voci non ancora confermate sarebbero in vista variazioni di destinazione di alcuni treni importanti, e in particolare non si praticherebbe più in futuro la corsa Sassari-Cagliari e viceversa, ma quella Cagliari-Olbia e viceversa, il che porterebbe all'isolamento definitivo dell'officina di Sassari dalla circolazione del materiale e quindi ad una sua futura dismissione -:
se il Ministro sia a conoscenza di questo stato gravissimo di inefficienza del servizio e come intenda porvi, per quanto di sua competenza, tempestivamente rimedio, onde garantire ai cittadini sardi, e in particolare a quelli del Nord Sardegna, l'elementare diritto a spostarsi sul territorio, con mezzi, tempi e modalità accettabili anche tenuto conto della sistematica politica di spoliazione dei servizi messa in opera dalla direzione regionale di Trenitalia della Sardegna, e in particolare la voluta emarginazione dell'officina di Sassari da servizi a lungo svolti con grande efficienza nonché lo spostamento cospicuo del personale, in particolare turnista, dal Nord Sardegna ad altre destinazioni nell'isola;
quali assicurazioni possa dare infine il Ministro circa il mantenimento, in una regione già di per sé afflitta da carenza di collegamenti su rotaia, dell'elementare rete di collegamento tra i centri maggiori e i comuni dell'interno dell'isola.
(4-13950)

SCILIPOTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'Enav, ovvero, l'Ente nazionale di assistenza al volo, opera nello spazio aereo nazionale in regime di monopolio, a prezzi d'imperio autonomamente stabiliti di anno in anno, in nome delle presunte necessità di sicurezza con le quali, ad avviso dell'interrogante, sembrerebbe giustificare ogni spesa, ogni investimento, ogni consulenza, ogni assunzione di personale;
sembrerebbe non esistere per Enav, in virtù degli ostentati motivi di sicurezza, alcuna possibilità, neppure teorica, di concorrenza in un mercato talmente rigido da non poter minimamente incidere, una volta stabilite, neppure sulle aspettative del flusso di entrata del fatturato di esercizio;

sembrerebbe che l'Enav gestisca il servizio di assistenza al volo senza alcun rischio economico e finanziario;
sembrerebbe che non vi sia per Enav né crisi finanziaria né economica né altro che possa mutare la rigidità degli introiti nel corso dell'anno, in quanto le tariffe di assistenza al volo sono stabilite sulla base dei voli di programma delle compagnie aeree del mondo che fanno scalo o sorvolano il nostro Paese;
a quanto consta all'interrogante queste tariffe, che vengono calcolate a fronte dei dati indicati dallo stesso Enav l'anno precedente con il bilancio di previsione, sembrerebbero applicate nell'anno in corso in base non solo alla copertura delle spese, ma alla percentuale di profitto sulle entrate, stabilita dai responsabili dell'Ente;
le spese del conto economico e del conto capitale del menzionato bilancio, sostenute nel corso dell'esercizio anche per esborsi, secondo l'interrogante discutibili, che potrebbero avere conseguenze gravi con un assetto societario differente da quello Enav, sembrerebbero invece assorbite dal bilancio consuntivo e probabilmente ricaricate con i nuovi investimenti dell'anno seguente nelle varie voci del bilancio di previsione per importi di qualsiasi rilevanza; e così via di seguito; allo stato delle cose non occorrerebbe soverchia oculatezza da parte di Enav, per ottenere, attraverso la gestione finanziaria, un margine di tutto rispetto conseguibile a fine anno;
l'iniziale applicazione dei vincoli del diritto pubblico sulla gestione economico-finanziaria dell'Enav, costituito nel 1983, aveva dato modo agli organi di vigilanza di rilevare, nel corso degli esercizi, la serie delle irregolarità messe in essere dai vari consigli di amministrazione, culminante con le relative sospensioni dell'intero consiglio e, sovente, con il commissariamento dello stesso ente;
l'Enav è stato successivamente trasformato da ente pubblico, ad ente pubblico-economico e infine è approdato nel 2000 all'attuale assetto societario privatistico, con capitale dello Stato, ossia, ad Enav spa;
a distanza di un solo anno, l'Enav è rimasto coinvolto nella sciagura tristemente nota dell'aeroporto di Linate, nel quale nel novembre 2001, trovarono la morte svariate decine di persone;
il commissario che aveva trasformato l'ente in Enav spa, nominato poi amministratore delegato, fu rimosso e sostituito da un nuovo vertice e da un nuovo staff aziendale; da quella data a tutt'oggi, quantunque non sottoposti ai controlli previsti dalle norme del diritto pubblico, pur gestendo con modalità privatistiche il capitale dello Stato per svariate centinaia di milioni di euro all'anno, avrebbero dovuto far funzionare la società in maniera virtuosa;
gli stessi protagonisti di una gestione così concepita potrebbero però non risultare proprio immuni da quei vizi originali dei loro predecessori: l'Enav infatti, sembra che sia sotto inchiesta della magistratura per truffa ed evasione d'imposta a danno dello Stato a favore dei suoi stessi fornitori per valori probabilmente enfatizzati di beni e servizi acquistati probabilmente con il requisito della necessità di sicurezza, ammesso poi che questo corrisponda alle effettive esigenze dell'assistenza al volo, dal momento che l'anno successivo si ricomincia da capo e così via;
per gestire il servizio di assistenza al volo attraverso un bene generale appartenente a tutti i cittadini, quale lo spazio aereo sopra il territorio nazionale e i mari limitrofi del nostro Paese e finanche lo spazio aereo internazionale di gran parte del Mediterraneo, occorrerebbe un maggiore coordinamento dello Stato;
una gestione, eseguita in regime di monopolio a prezzi di imperio, senza un preciso controllo di gestione dell'autorità vigilante e con possibilità di commistione tra la cliente Enav e i relativi fornitori di beni e servizi esterni, a giudizio dell'interrogante rischia di ripetere quanto è avvenuto in passato;

per una società di cui lo Stato è l'unico azionista, è secondo l'interrogante alquanto fuori luogo consentire una gestione di diritto privato che, per fatti concludenti, probabilmente ha creato, ricreato e continua a creare, quelle che all'interrogante appaiono occasioni di corruttela a discapito dei cittadini che usano il mezzo aereo, nonché di quelli che pagano le tasse e che il mezzo aereo non usano;
alla luce della storia di questo ente, costellata da defenestrazioni dei consigli di amministrazione, commissariamenti e probabili plurincriminazioni dei vertici Enav per reati contro il patrimonio dello Stato da loro stessi amministrato, sarebbe il caso di riconvertire l'Enav spa in ente di diritto pubblico;
appare ormai indispensabile, anche per il concetto politico della centralità dei beni strategici di uno Stato, prendere atto della necessità di un cambiamento dell'assetto societario privatistico dell'Enav -:
quali iniziative di competenza intenda assumere in considerazione di quanto descritto in premessa e se, in particolare non ritenga necessario assumere iniziative normative per riconvertire Enav spa in ente di diritto pubblico.
(4-13954)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
come riferiscono siti internet e quotidiani, nell'ufficio del pubblico ministero della DDA di Palermo, dottoressa Lia Sava, sono stati trovati fili tagliati e una centralina smontata;
per gli investigatori potrebbe trattarsi di un tentativo non riuscito di piazzare una microspia nella stanza del magistrato o dei segni dell'intervento di rimozione di una cimice installata; ma non si esclude, però, che possa trattarsi di un messaggio intimidatorio nei confronti di un magistrato che segue indagini scottanti;
la dottoressa Sava è titolare di numerose inchieste sulle cosche mafiose, e in particolare del fascicolo sulla cosiddetta trattativa tra Cosa nostra e lo Stato;
la stessa stanza del magistrato, fino a qualche tempo fa, era l'ufficio del pubblico ministero Antonio Ingroia; al momento, dunque, non è possibile stabilire chi fosse il bersaglio delle intercettazioni illegali o la vittima di un avvertimento;
l'episodio è stato preceduto da un segnale inquietante denunciato dalla dottoressa Sava una decina di giorni fa: all'arrivo in ufficio avrebbe trovato la porta aperta e in seguito a ciò ha inoltrato una relazione di servizio ai procuratore;
secondo i primi accertamenti «l'intervento» su congegni elettrici risalirebbe a circa 10 giorni fa;
secondo quanto riferisce il quotidiano «Il Fatto» in un articolo del giornalista Giuseppe Lo Bianco, che ha raccolto una dichiarazione del procuratore capo Francesco Messineo, lo stabile sarebbe privo di una sorveglianza video interna: «La stessa stanza della dottoressa Sava è sprovvista di una telecamera di sicurezza. Abbiamo più volte richiesto misure adeguate che però per motivi finanziari non sono state ancora concesse»;
sempre secondo quanto si legge su «Il Fatto», «il Palazzo di Giustizia è un vero e proprio colabrodo, lo è sempre stato - ha concluso l'esperto informativo Gioacchino Genchi, ex vice questore di polizia - basti pensare che le linee telefoniche passano dal corridoio dove chiunque può accedere in pieno giorno» -:
se quanto sopra riferito corrisponda a verità;

se disponga di elementi in grado di chiarire in che cosa consistano quelli che sono stati definiti «fili tagliati fili di una centralina smontata»;
se sia vero quanto viene attribuito al procuratore capo Messineo a proposito della sorveglianza video interna inesistente;
come si giustifichi l'inesistenza della video-sorveglianza interna a palazzo di giustizia di Palermo.
(4-13932)

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha ricevuto una lettera dalla Federazione nazionale dei vigili del fuoco in riferimento ai vigili volontari discontinui;
nella lettera si precisa che il comma 210 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009 n. 191 che ha destinato le risorse stanziate a copertura del cosiddetto turn over, all'immissione in ruolo dei volontari in ferma breve, in ferma prefissata ed in rafferma delle Forze armate, anche in congedo, ha depauperato il processo di stabilizzazione dalle risorse necessarie per l'immissione in ruolo del personale interno;
si evince, altresì, che non trova riscontro, a tale proposito, la giustificazione secondo cui al personale volontario del Corpo nazionale sia stata destinata una riserva del 25 per cento dei posti al personale volontario del Corpo nazionale, in primis perché resta comunque penalizzante rispetto al 45 per cento del personale delle Forze armate, in secondo luogo perché, il processo di stabilizzazione ha favorito l'immissione di personale interno, tenendo conto del bagaglio professionale acquisito, riconoscendo in ragione di ciò un punteggio per ogni periodo di richiamo in servizio. Nonostante la grave penalizzazione dal punto di vista delle assunzioni, il personale volontario discontinuo del Corpo nazionale vigili del fuoco, è stato recentemente oggetto di ulteriori tagli che potrebbero comportare una riduzione dei richiami, che per il 2012 sarebbe pari a 26.800, senza una attenta valutazione sia degli effetti che i tagli possono avere sull'efficienza del servizio, che in assenza di una revisione delle modalità di utilizzo del personale;
in sintesi, in ragione di quanto sopra, l'associazione chiede che venga destinato alla procedura di stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale vigili del fuoco, il 50 per cento del cosiddetto turn over -:
come il Governo intenda, adoperarsi al fine di stabilizzare la condizione dei vigili volontari discontinui del Corpo nazionale vigili del fuoco e di porre fine al denunciato processo di emarginazione e penalizzazione alla quale l'intera categoria è stata sottoposta.
(4-13942)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BORDO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Unione europea ha di recente sancito la strategicità del collegamento ferroviario realizzato con alta capacità e alta velocità tra la sponda adriatica e quella tirrenica del Sud Italia, ciò soprattutto in funzione dell'attivazione del corridoio VIII di connessione con l'area Balcanica;
nella programmazione citata rientra il raddoppio della tratta Foggia-Caserta i cui lavori sono attualmente in corso anche ad opera dell'impresa Rabbiosi, committente dell'Italfer, che effettuato il 40 per cento dei lavori commissionati;
il 31 ottobre 2011 è scaduto e non è stato rinnovato il contratto di assunzione per 18 tra carpentieri, manovratori e muratori

che componevano le 48 unità fino a quella data impiegate nel cantiere attivo da circa 18 mesi;
i sindacati confederali di categoria hanno pubblicamente paventato il rischio che il mancato rinnovo dei contratti possa celare la volontà dell'impresa Rabbiosi di sostituire mano d'opera specializzata e qualificata con l'attivazione di subappalti, ciò in danno dei lavoratori del territorio di Capitanata e senza le richieste garanzie di trasparenza, sicurezza del lavoro e rispetto dei diritti contrattuali -:
se e come il Governo intenda intervenire a garanzia del rigoroso rispetto delle norme in materia di lavoro e di appalti pubblici, nonché a tutela della qualità delle opere realizzate anche in considerazione della loro strategicità.
(5-05714)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nella giornata del 16 novembre 2011 si sono registrate quattro vittime sul lavoro, in Toscana, Lazio, Calabria e Sicilia;
in particolare a Carrara un operaio cavatore di 34 anni è morto folgorato, e due suoi colleghi sono rimasti gravemente feriti;
un operaio dell'azienda acquedotti di Palermo (AMAR) è morto a Partinico (Palermo) dopo essere stato colpito da un getto d'acqua fuoriuscito con una forte pressione da un grosso tubo;
un operaio romeno di 36 anni è rimasto schiacciato da una paratia di metallo caduta all'interno del cantiere stradale dove stava lavorando a Ponte Galeria, alle porte di Roma;
infine a Campotenese, vicino Cosenza, ha perso la vita un operaio di 27 anni, impegnato in un cantiere per l'ammodernamento dell'A3 -:
quale sia l'esatta dinamica dei quattro incidenti;
se le normative relative alla sicurezza nei luoghi di lavoro siano state rispettate;
quali provvedimenti si intendano prendere, adottare, sollecitare a fronte di una situazione che, dall'inizio dell'anno ha visto la morte di 461 lavoratori, 781.615 infortuni e 1.846 invalidi.
(4-13937)

DI STANISLAO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi è stato presentato uno studio del Forum Ania-Consumatori in collaborazione con l'università di Milano dal quale emerge come sia notevolmente peggiorate soprattutto le condizioni di vita dei bambini e dei minori che pagano il prezzo più alto della crisi. Sono 10 milioni 229 mila i minori in Italia, il 16,9 per cento, del totale della popolazione: uno su cinque (24,4 per cento) è a rischio povertà, il 18,3 per cento vive in povertà (1.876.000 minori, in famiglie che hanno una capacità di spesa per consumi sotto la media), il 18,6 per cento in condizione di deprivazione materiale e il 6,5 per cento (653.000 ragazzi) in condizione di povertà assoluta, privi dei beni essenziali per il conseguimento di uno standard di vita minimamente accettabile;
anche Save the children nel secondo «Atlante dell'infanzia a rischio» dichiara che dal 2008 ad oggi sono proprio le famiglie con minori ad aver pagato il prezzo più alto della recessione mondiale: negli ultimi anni la percentuale delle famiglie a basso reddito con un minore è aumentata dell'1,8 per cento, e tre volte tanto (5,7 per cento) quella di chi ha due o più figli;
dal dossier emerge che nel nostro Paese due minori su tre che sono in

povertà relativa e più di un minore su due che è in povertà assoluta vivono nel mezzogiorno. In particolare è la Sicilia ad avere la quota più elevata di minori poveri (il 44,2 per cento), seguita dalla Campania (31,9 per cento) e Basilicata (31,1 per cento), mentre Lombardia (7,3 per cento), Emilia Romagna (7,5 per cento) e Veneto (8,6 per cento) sono le regioni con la percentuale inferiore di minori in povertà relativa. Per quanto riguarda i bambini in povertà assoluta, anch'essi si concentrano nel sud Italia dove rappresentano il 9,3 per cento di tutta la popolazione minorile;
inoltre il 18,6 per cento di minori italiani versa in condizione di deprivazione materiale: nel nord est il 7 per cento delle famiglie con minori dichiara di aver difficoltà a fare un pasto adeguato almeno ogni due giorni e al sud il 14,7 per cento di famiglie con minori non ha avuto soldi per cure mediche almeno una volta negli ultimi 12 mesi;
con la crisi economica che ha toccato tutti i settori e ha ridotto in maniera drastica la qualità della vita di tutti i cittadini, le famiglie ed in particolare i minori hanno subito maggiormente le conseguenze con maggiori e gravi difficoltà ad andare avanti;
ad oggi l'Italia investe in maniera residuale e poco incisiva sulle politiche sociali ed in particolare sulle famiglie, punto invece che dovrebbe essere al primo posto nell'agenda di ogni Governo che punti ad un reale rilancio dell'economia e del Paese -:
come il Governo intenda arginare tale situazione che tende ad espandersi sempre di più se non vengono prese immediati provvedimenti tesi a sostenere la famiglia e i bambini che vivono in condizioni di povertà.
(4-13944)

DI STANISLAO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per gli affari europei, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 27 settembre 2009 Marco Bazzoni, metalmeccanico di Firenze, competente rappresentante dei lavoratori sulla sicurezza (RLS) con un'adeguata formazione in materia di normativa sulla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, in materia di diritti e doveri dei diversi attori della sicurezza nelle aziende, ha inviato una vere e propria denuncia alla Commissione europea sulle difformità di alcuni articoli del decreto legislativo n. 106 del 2009 rispetto alle direttive europee;
la Commissione ha risposto al signor Bazzoni il 13 ottobre 2011 con una lettera relativa all'approvazione del progetto di costituzione in mora contro l'Italia per il recepimento scorretto, nell'ordinamento giuridico italiano, di alcune disposizioni della direttiva 89/391/CEE;
l'Italia, in sostanza, è stata messa sotto accusa dall'Unione europea per non aver rispettato in modo adeguato le disposizioni europee in materia di sicurezza sul lavoro;
il progetto di costituzione in mora è stato approvato dalla Commissione il 29 settembre 2011 e la comunicazione alla Repubblica italiana è stata inviata il 30 settembre 2011;
nella comunicazione ufficiale la Commissione si sofferma su una serie di punti su cui l'Italia deve dar conto entro 2 mesi dalla ricezione: la deresponsabilizzazione del datore di lavoro in caso di delega e subdelega; la violazione dell'obbligo di disporre di una valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro per i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori; la proroga dei termini impartiti per la redazione dei documento di valutazione dei rischi per le nuove imprese o per modifiche sostanziali apportate ad imprese esistenti; la posticipazione dell'obbligo di valutazione del rischio di stress legato al lavoro; la posticipazione dell'applicazione della legislazione in materia di protezione della salute e sicurezza sul luogo di lavoro per le persone appartenenti alle cooperative sociali e alle organizzazioni di volontariato della protezione civile;

la prorogarci termine per completare l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi per le strutture ricettive turistico-alberghiere, con oltre 25 posti letto esistenti in data del 9 aprile 1994;
secondo l'Osservatorio indipendente di Bologna sui morti sul lavoro dall'inizio del 2011, i morti per infortuni sui luoghi di lavoro sono stati ben 542, oltre il 15 per cento di queste vittime lavoravano in nero o erano già in pensione. Una cifra che supera i 900 morti (stima minima) se si aggiungono i lavoratori deceduti in itinere, ovvero lungo il tragitto casa-lavoro lavoro-casa;
è evidente, pertanto, che la problematica è complessa e costituisce un tassello tragico e rilevante all'interno del mondo del lavoro -:
come il Governo si stia adoperando al fine di evitare un ulteriore sanzione da parte dell'Unione europea;
se il Governo non ritenga di dover promuovere l'adeguamento della attuale normativa sulla sicurezza e salute sul lavoro ed il percorso per il raggiungimento dei suoi obiettivi al fine di una efficace tutela della salute dei lavoratori.
(4-13952)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto previsto dal decreto n. 7462 del Ministro interrogato e firmato lo scorso 10 novembre, i fondi messi a disposizione per le operazioni finanziarie a sostegno del settore vitivinicolo per il 2012, risultano pari a oltre 341 milioni di euro, di cui 276,5 milioni di euro, provengono dalle disponibilità comunitarie, mentre la quota di cofinanziamento nazionale ammonta a 64,7 milioni di euro;
il provvedimento sblocca gli aiuti previsti nel quadro dell'Organizzazione comune di mercato per il comparto predetto, come stabilito dal regolamento n. 1234 del Consiglio dell'Unione europea del 22 ottobre 2007;
i criteri secondo cui le agevolazioni previste sono suddivise dal suesposto decreto, indicano che le regioni che riceveranno più fondi sono quelle che provvederanno alla ristrutturazione e alla riconversione dei vigneti (quali 120,8 milioni di euro) nonché alla promozione sui mercati esteri (circa 57,6 milioni di euro);
ulteriori parametri indicano che la suddivisione dei fondi avverrà per gli incentivi agli investimenti delle aziende vinicole (40 milioni di euro) e per i contributi alla cosiddetta vendemmia verde (30 milioni di euro);
la regione maggiormente finanziata, secondo quanto riporta il quotidiano: Italia Oggi del 17 novembre, è la Sicilia, a cui sono destinati oltre 54 milioni di euro; seguono, ad una certa distanza, il Veneto, la Puglia, l'Emilia Romagna e la Toscana, mentre il Piemonte risulta la sesta regione, nell'elenco previsto dal decreto delle regioni beneficiarie dei finanziamenti;
i suesposti criteri e i metodi di ripartizione dei fondi previsti, a giudizio dell'interrogante, appaiono contraddittori e di dubbia interpretazione in considerazione che la regione Piemonte, il cui comparto vitivinicolo è caratterizzato da una produzione tutelata da ben 13 DOCG e 44 DOC, i cui vini che sono diventati simboli e ambasciatori del Piemonte e dell'Italia in tutto il mondo e che esprimono grandi qualità frutto del lavoro svolto da migliaia di produttori e del profondo legame con il territorio, possiede una superficie coltivabile di circa 58.000 ettari, il 63 per cento dei quali godono dello status come predetto di DOC e DOCG;

risulta conseguentemente secondo l'interrogante incoerente ed in contrasto con i suesposti criteri, l'impostazione del riparto dei fondi previsti per le regioni stabilito dal decreto ministeriale, se si valuta come il Piemonte, i cui vini costituiscono una delle eccellenze del panorama vinicolo mondiale, con una produzione annuale di 3 milioni e 300 mila ettolitri di vino l'anno, sia posta solo al sesto posto nell'elenco delle regioni beneficiarie dei finanziamenti per il 2012, a sostegno della vitivinicoltura -:
se siano stati utilizzati, ulteriori parametri oltre a quelli esposti in premessa, per la ripartizione dei fondi indicati;
se considerato che la regione Piemonte, risulta essere stata penalizzata dalla suddivisione del decreto ministeriale, esposto in premessa, in considerazione del fatto che l'elevato numero di vigneti di cui dispone, unitamente al successo riscosso sui mercati esteri, dovrebbe consentire alla medesima regione di ricevere maggiori risorse nei confronti del comparto vitivinicolo;
se intende assumere iniziative nel senso di riconsiderare tale ripartizione di fondi.
(4-13939)

TORRISI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nella giornata dello scorso 9 novembre un forte nubifragio si è abbattuto nel territorio del comune di Paternò (Catania); si è trattato di un evento atmosferico la cui entità non si registrava da almeno dieci anni. Alle ore 14 della stessa giornata una violentissima pioggia di grandine, per oltre mezz'ora, ha sferzato la città e le sue campagne, ricoprendole di un insolito strato di ghiaccio;
la violenza delle acque meteoriche, oltre ai forti disagi per i cittadini, ha causato diversi danni alle infrastrutture urbane, specialmente alle condotte idrica e fognaria nonché alla rete viaria. Ma, i danni maggiori sono stati causati dalla violenta grandinata, la quale ha devastato le campagne paternesi. Allo stato attuale le aree agrumetate di questo territorio (rinomato per una ricca produzione, ma anche per una annosa ed insoluta crisi di mercato) risultano devastate. La fitta grandinata ha infatti colpito irrimediabilmente frutto e pianta delle colture agrumicole, insieme agli oliveti e ai prodotti ortofrutticoli. Pertanto, le produzioni agricole di quest'anno sono andate irrimediabilmente distrutte nel giro di pochi minuti; si tratta di vaste aree che vanno da Contrada «San Francesco» a «Schettino», da «Iacoianni» a «Iannarello»: praticamente quasi l'intero territorio comunale di Paternò;
fatti i dovuti sopralluoghi appare ormai evidente la quasi totale perdita dei prodotti agricoli su accennati, in un contesto già duramente colpito da una grave crisi del settore -:
quali provvedimenti ed interventi d'ordine economico intenda assumere a seguito di tale calamità naturale;
vista l'entità dei danni, in una situazione, già di per sé critica, nella quale la categoria degli agricoltori dopo un anno di lavoro, spese affrontate e prodotto distrutto, si ritrova praticamente «in ginocchio», se si intenda riconoscere per il comune di Paternò lo stato di calamità naturale.
(4-13941)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito dal dottor Alessandro Laviano del dipartimento di medicina clinica dell'università «La Sapienza» di Roma, e coordinatore italiano

per il «Nutrition Day» che ha come scopo analizzare lo stato nutrizionale dei degenti, «quattro pazienti su dieci ricoverati in ospedale sono malnutriti, una percentuale che sale notevolmente nei reparti di geriatria, con i degenti che durante un ricovero di 10-12 giorni possono arrivare a perdere anche sette kg»;
sempre secondo quanto riferisce il professor Laviano, «la percentuale di malnutrizione è un dato stabile negli anni nonostante ne vengano riconosciute le conseguenze, tra cui l'allungamento della degenza in media di 7 giorni»;
dai dati raccolti nel «Nutrition Day», che ogni anno valuta tra i 15 e i 20 mila pazienti in tutta Europa compresi un migliaio di degenti italiani, emerge che «solo il 30 per cento delle unità di ricovero controllate nel nostro Paese misura il peso dei pazienti. Il problema è spesso ignorato. Se tutti i medici vedono pazienti malnutriti, pochissimi lo inseriscono nella cartella clinica, per cui la malnutrizione ufficialmente, dal punto di vista burocratico non esiste»;
la situazione è più grave nel caso di degenti anziani, che «hanno più difficoltà a recuperare peso una volta dimessi» e in cui la malnutrizione «è correlata con il peggioramento della quantità di vita e con una maggiore esposizione alla morbilità» -:
di quali elementi disponga il Ministro rispetto a quanto sopra riferito;
quali iniziative di competenza si intendano promuovere, sollecitare, adottare a fronte di quanto sopra esposto.
(4-13936)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
risulta essere stata aperta un'inchiesta dalla procura della Repubblica di Roma, allo scopo di stabilire se sia dannoso per la salute l'utilizzo farmaceutico di una sostanza che, in quanto anoressizzante, viene usata per fabbricare medicinali che combattono l'obesità;
detta sostanza dovrebbe essere la fendimetrazina, che nell'agosto scorso era stata vietata dai Ministero della salute che l'ha anche inserita nella tabella delle sostanze stupefacenti; a quanto riferisce l'agenzia «Adn-Kronos», si ipotizza il reato di omesso controllo sulla commercializzazione e l'utilizzo farmacologico di questa, sostanza, in quanto vi sarebbe il sospetto che, nonostante la proibizione da parte del Ministero della salute, la sostanza sia ancora adoperata per cure dimagranti e venduta in farmacia;
in particolare, a provocare l'intervento della, procura di Roma sarebbe stato il sospetto che alla morte di tre persone avvenute in questi anni (un uomo e due donne) abbia contribuito proprio l'uso di questa sostanza, usata perché le persone decedute avevano problemi di obesità -:
se il Ministro disponga di elementi con riferimento a quanto riferito dall'agenzia «AdN-Kronos» a proposito di una illecita commercializzazione della fendimetrazina nonostante la sostanza fosse stata vietata;
quali iniziative di competenza si intendano promuovere, adottare, sollecitare nell'ambito delle proprie facoltà e prerogative, in ordine a quanto sopra esposto.
(4-13938)

GIRLANDA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
diverse aziende sanitarie locali stanno avviando procedure di prenotazione di analisi, esami e visite specialistiche attraverso il proprio sito internet, affiancando l'attività di prenotazione disponibile presso i Cup delle farmacie o l'apposito numero telefonico;
tali procedure stanno interessando anche il ritiro dei referti, qualora la prestazione in questione lo consenta, come

nel caso di analisi ematiche o altro genere di responsi, sia attraverso l'invio attraverso la posta elettronica del referto, sia attraverso il collegamento al sito internet della Asl, previa fornitura di una password nel corso della compilazione di un apposito modulo prima di effettuare l'esame o la visita nella struttura sanitaria;
queste pratiche hanno luogo in alcuni casi in via sperimentale, mentre in molti altri costituiscono una prassi ormai consolidata da qualche anno, che si sta invece arricchendo di opzioni e funzionalità volte ad agevolare il rapporto tra la struttura sanitaria, l'ottimizzazione del servizio ed il paziente stesso;
questo genere di procedure consente di velocizzare la prenotazione e la gestione delle analisi e delle visite mediche, nonché un risparmio di tempo per l'utente, soprattutto in termini di ore di lavoro al momento della richiesta di permessi per recarsi a ritirare i referti, ma anche un risparmio di costi per la struttura sanitaria ed un'ottimizzazione della gestione della clientela, eliminando le ormai famose code agli sportelli;
l'esperienza maturata ormai da diverse realtà locali come, ad esempio, quella del Lazio o quella della Asl2 dell'Umbria, a diretta conoscenza dell'interrogante, costituiscono un modello che è possibile esportare in tutto il Paese, uniformando i servizi e valutando, a partire da quei modelli, le procedure ottimali in termini di risparmio di tempo, di costi, di gestione e di soddisfazione da parte dell'utente -:
quali iniziative di competenza verranno attuate dal Governo al fine di promuovere l'adozione in tutte le aziende sanitarie locali di sistemi di gestione informatizzata delle procedure di prenotazioni di analisi e visite specialistiche, nonché di ricezione dei referti attraverso la posta elettronica.
(4-13945)

GIRLANDA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.), in Italia si intendono procedure sanitarie normate e con specifiche tutele di legge, che possono essere applicate in caso di motivata necessità e urgenza clinica, avanti al rifiuto al trattamento del soggetto che soffra di una grave patologia psichiatrica o infettivologica non altrimenti gestibile, a tutela della sua salute e sicurezza e/o della salute pubblica;
il trattamento sanitario obbligatorio, istituito dalla legge n. 180 del 1978 e attualmente regolamentato dalla legge n. 833 del 1978, articoli 33-35, è un atto composito, di tipo medico e giuridico, che consente l'effettuazione di determinati accertamenti e terapie ad un soggetto affetto da malattia mentale che, anche se in presenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, rifiuti il trattamento solitamente per mancanza di consapevolezza di malattia;
dal punto di vista normativo, il trattamento sanitario obbligatorio viene emanato dal sindaco del comune presso il quale si trova il paziente, su proposta motivata di un medico. Qualora il trattamento preveda un ricovero ospedaliero, è necessaria inoltre la convalida di un secondo medico, appartenente ad una struttura pubblica; la procedura impone infine l'informazione dell'avvenuto provvedimento al giudice tutelare di competenza;
il trattamento sanitario obbligatorio ospedaliero viene disposto, di norma, in tre casi: rifiuto del trattamento, impossibilità all'adozione di adeguate misure extra ospedaliere, affezione da malattie mentali che necessitano di trattamenti sanitari urgenti;
sono frequenti i casi di un involontario abuso di potere o incompetenza da parte del personale sanitario, soprattutto in relazione a malattie mentali di lieve entità, che provocano una recrudescenza del comportamento del paziente, tale da inasprirne i gesti e condizionare così anche i comportamenti e le scelte delle persone più vicine al paziente;

la percezione comune del trattamento sanitario obbligatorio in ambito lavorativo ed occupazionale, ma anche presso l'opinione pubblica, equivale alla presenza di gravi disturbi di varia natura tali da condizionare fortemente l'atteggiamento verso la persona interessata, anche e soprattutto con un'accezione negativa -:
se il Ministro intende attuare iniziative anche normative volte a rivedere gli ambiti di applicazione del trattamento sanitario obbligatorio e dei requisiti in possesso delle autorità e del personale medico preposto, dopo un attento esame della casistica più recente, al fine di valutare l'impatto dei casi in cui tale trattamento ha assunto le caratteristiche di un atto spropositato rispetto alle condizioni dei pazienti.
(4-13946)

DI STANISLAO. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 27 luglio 2011 il Senato ha approvato all'unanimità la relazione della commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficacia ed efficienza del servizio sanitario nazionale. Con tale approvazione si segnalava al Governo la necessità di chiudere definitivamente gli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), nati nel 1975 per sostituire i vecchi manicomi giudiziari;
in Italia attualmente ce ne sono 6 con circa 1.500 internati, persone che hanno commesso un reato, ma sono considerate mentalmente inferme;
già nel 2005 il primo commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, dopo una visita agli ospedali psichiatrici giudiziari italiani aveva detto con chiarezza che per ogni internato andava chiesta una perizia psichiatrica approfondita e che per nessuna ragione i malati-detenuti sarebbero dovuti restare rinchiusi per mancanza di strutture esterne in grado di prendersene cura;
successivamente nel 2008 il comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti disumani e degradanti del Consiglio d'Europa, dopo una visita in Italia, dichiara che alcuni pazienti sono stati trattenuti negli ospedali psichiatrici giudiziari più a lungo di quanto non lo richiedessero le loro condizioni, altri, invece, oltre lo scadere del termine previsto dall'ordine d'interternamento;
nel luglio 2010 la relazione finale della commissione parlamentare d'inchiesta, a seguito di una ispezione a sorpresa, ha evidenziato condizioni gravi ed inaccettabili, carenze strutturali e igienico-sanitarie con caratteristiche simili a carceri o ai vecchi manicomi;
al momento, dei 368 internati dichiarati dimissibili, solo 101 hanno lasciato le strutture perché il sistema sanitario non è pronto ad accoglierli. La maggior parte non ha potuto lasciare l'ospedale psichiatrico giudiziario perché si ritrova senza progetto terapeutico, non ha una comunità che possa accoglierlo o una Asl che lo assista;
anche il comitato Stop Opg, composto da venticinque associazioni che da tempo si battono per la chiusura di queste strutture, continua a fare pressioni su Governo, regioni, Asl e dipartimenti di salute mentale che dovrebbero farsi carico delle persone internate;
sebbene la risoluzione approvata all'unanimità al Senato vada in tale direzione, ancora non vi sono concrete azioni che determinano tempi e modalità per la chiusura definitiva degli ospedali psichiatrici giudiziari -:
come il Governo intenda procedere e con quali tempi assumendo le necessarie iniziative, se del caso normative per la chiusura definitiva degli ospedali psichiatrici giudiziari avviando altresì una riforma del sistema della detenzione psichiatrica al fine di restituire diritti e dignità ai malati e alle persone che ci lavorano.
(4-13951)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

TULLO e ROSSA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sulla vicenda Ansaldo STS e Ansaldo Breda, nel rispondere il 27 ottobre 2011 ad una interrogazione presentata il 6 ottobre dai sottoscrittori del presente atto poiché preoccupati in particolare per la tenuta dell'apparato produttivo genovese, rispetto alle intenzioni più volte sostenute a mezzo stampa dall'amministratore delegato Orsi, il Sottosegretario pro tempore Saglia affermava che il Gruppo Finmeccanica aveva avviato una fase di valutazione industriale volta ad offrire ad Ansaldo STS e Ansaldo Breda concrete prospettive di business, valutando ipotesi di alleanze per Ansaldo Breda nel settore dei sistemi di segnalamento ferroviario, scartando l'ipotesi di vendita;
in quella occasione gli interroganti si dichiararono insoddisfatti, anche per l'assenza di una seria politica industriale del Governo precedente, sommata alla politica operata sul trasporto pubblico, fatta di tagli e assenza di investimenti, in particolare nel settore del trasporto su rotaia;
Finmeccanica, il cui pacchetto di maggioranza è detenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze è il primo gruppo italiano operante nel settore dell'alta tecnologia;
non si può pensare solo a quanto accade in borsa per orientare le scelte prioritarie del gruppo, o al compimento di operazioni che rischiano di avere il solo significato di fare cassa, soprattutto in assenza di un serio piano industriale;
è di ieri notizia attraverso la stampa che sarebbe entrate nell'orbita delle possibili cessioni/vendite anche Ansaldo Energia;
il rischio concreto è che politiche sbagliate mettano concretamente a rischio competenze, capacità, livelli occupazionali che questo gruppo esprime in Italia e a Genova, proprio quando tutti i Governi riducono i loro budget legati alle spese militari, ed investono nel campo energetico e dei trasporti con particolare attenzione alle compatibilità ambientali;
il settore del segnalamento ferroviario, legato all'alta velocità è in fase di espansione in Europa e in tutto il mondo ed Ansaldo STS è certamente in grado di reggere in modo competitivo le sfide del mercato;
i pesanti tagli al trasporto nazionale e regionale hanno già prodotto la sospensione da parte di Ferrovie dello Stato una gara per la costruzione di 70 treni dell'alta velocità, così come rischiano anche di essere compromessi gli ordinativi già definiti per un'altra realtà come la Bombardier di Vado Ligure -:
se corrispondano al vero le intenzioni riportate dalla stampa attribuite all'amministratore delegato rispetto alle possibili cessioni/vendite;
quali intenzioni e azioni il Governo intenda promuovere per favorire il rafforzamento delle aziende di Finmeccanica che operano nel settore del segnalamento e delle costruzioni ferroviarie e nel settore energetico.
(5-05713)

Interrogazione a risposta scritta:

SCANDROGLIO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
si è appreso dalla stampa della grave crisi finanziaria che sta investendo Finmeccanica, principalmente dovuta alle notevoli perdite in borsa;
l'ordine del giorno approvato all'unanimità dal consiglio regionale della Liguria il 18 ottobre 2011 chiedeva notizie in merito alla vendita di alcune società del gruppo Finmeccanica;

insistenti sono le notizie relative alla vendita a privati di aziende del settore civile appartenenti al gruppo;
in tale ventilata ipotesi rientrerebbero anche le aziende genovesi Ansaldo Energia, Ansaldo Sts, Selex Elsag;
per l'economia genovese e ligure tali aziende rappresentano un irrinunciabile patrimonio industriale quantificabile in più di 15.000 posti di lavoro tra diretto ed indotto;
l'economia ligure ha già dovuto pagare alti prezzi alle strategie industriali del nostro Paese -:
se risultano fondate le ipotesi di vendita o di spacchettamento di aziende del gruppo Finmeccanica operanti nel territorio ligure;
se intenda acquisire informazioni presso il Gruppo Finmeccanica ed a fornire gli elementi acquisiti al Parlamento.
(4-13943)

...

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta scritta Fugatti n. 4-13925, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 17 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

AGOSTINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
a seguito del delitto di Melania Rea, a cui è stato dato ampio risalto da tutti i media nazionali, le cui indagini hanno portato ad indagare, ed a mettere in stato di fermo in carcere il marito della vittima Salvatore Parolisi sottoufficiale dell'esercito, in servizio presso la caserma «Clementi» di Ascoli Piceno in qualità di istruttore;
da diversi giorni la stampa locale e nazionale hanno divulgato notizie sull'esistenza di azioni violente di «nonnismo» esistenti all'interno della caserma, quando di veri e propri ricatti nei confronti delle reclute;
caserma «Clementi» di Ascoli Piceno è oramai da più di un decennio stata individuata come caserma di addestramento per soldatesse donne, e quindi atti violenti di «nonnismo» sarebbero ancora più gravi perché rivolti nei confronti di reclute femminili;
nella città di Ascoli Piceno e dell'intero territorio queste notizie hanno creato disorientamento e sconcerto, anche perché la presenza della caserma individuata come prima in Italia per l'addestramento di reclute femminili, ha avuto sempre un riscontro positivo nella opinione pubblica cittadina;
recentemente c'è stato il cambio del comandante del 235° reggimento Piceno -:
quali iniziative il Ministero intenda assumere per verificare se le notizie riportate dalla stampa, circa atti di violenza e di ricatto abbiano un qualche riscontro;
se eventualmente ci siano stati riscontri, quali misure il Ministro intenda prendere al fine di debellare qualsiasi atto di violenza e di ricatto messo in atto nei confronti delle reclute;
se si intendano assumere iniziative per il rilancio dell'attività e dell'immagine della caserma «Clementi» di Ascoli Piceno, già duramente provata da queste notizie;
se corrisponda al vero la notizia diffusasi in città di una possibile delocalizzazione di attività di addestramento di reclute femminili;
se si intendano coinvolgere gli enti locali del territorio in una azione di rilancio della immagine della attività della caserma e quindi dell'Esercito;
quali siano le ragioni alla base del recente cambio del comandante del 235° reggimento Piceno.
(4-12938)

Risposta. - In primo luogo, faccio notare che, in relazione alle richiamate notizie diffuse dalla stampa, che riporterebbero presunti comportamenti lesivi dell'immagine dell'Esercito, la Forza armata ha opportunamente disposto l'avvio di un'inchiesta formale interna sul 235° reggimento «Piceno», allo scopo di verificare, in particolare:
la validità delle procedure di addestramento attuate all'interno del Reparto;
la bontà della scelta di concentrare in un'unica struttura l'addestramento del personale volontario femminile in ferma prefissata;
il livello di controllo sulle attività addestrative;
l'efficacia della struttura di comando.

Pertanto, soltanto al termine di tale inchiesta, che dovrebbe concludersi entro quattro mesi, sarà possibile effettuare un'analisi compiuta dei relativi esiti e, se del caso, adottare le misure e i provvedimenti più idonei a risolvere le eventuali problematiche che dovessero emergere.
In tale quadro, per quanto concerne gli ulteriori quesiti posti dall'interrogante, richiamo opportunamente gli elementi informativi del competente organo tecnico-operativo militare.
In merito all'auspicato rilancio delle attività e dell'immagine del reparto, sono allo studio iniziative di comunicazione volte proprio a promuovere le attività addestrative del reggimento e a dare maggiore risalto alle professionalità espresse.
Con riferimento, invece, all'auspicato coinvolgimento degli enti locali, ai fini del rilancio dell'immagine sia del reparto sia dell'Esercito, si pone in evidenza non soltanto che il 235° reggimento «Piceno» costituisce da sempre una realtà fortemente radicata sul territorio ascolano, ma anche la sussistenza di rapporti di reciproca cordialità e collaborazione con le istituzioni e la cittadinanza locali.
La positività di tali relazioni, dunque, costituisce un importante e utile elemento di riferimento ai fini di iniziative congiunte, con l'amministrazione locale, per promuovere, a livello di comunicazione, le professionalità del reggimento in questione e, più in generale, di tutta la Forza armata.
Relativamente alla paventata delocalizzazione delle attività addestrative del personale femminile, premesso che al momento non sussistono ipotesi in tal senso, occorrerà, tuttavia, rimandare eventuali valutazioni all'esito dell'indagine condotta dalla suddetta commissione.
Per quanto riguarda, infine il cambio del Comandante del 235° reggimento «Piceno», si è trattato semplicemente di un suo naturale avvicendamento al termine del periodo di comando, ai fini dell'assunzione, come da pianificazione di Forza armata, di un nuovo incarico.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

BARANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione comunale di Villafranca in Lunigiana sta svolgendo una campagna di rigore dicendo che ha ridotto di 50 centesimi al giorno, il costo dei pasti mensa delle scuole elementari del paese e il servizio dei trasporti scolastici;
per meno di un caffè, l'amministrazione comunale, ha ridotto la quantità del cibo che viene dato ai bambini, ma soprattutto si arriva a speculare sulla qualità;
non verranno più distribuiti i cibi biologici, che venivano forniti dall'amministrazione precedente, e quelli di altissima qualità, ma cibi OGM (organismi geneticamente modificati) e precotti;
l'interrogante valuta negativamente la decisione di cambiare in questo modo i pasti dei bambini e soprattutto poco opportuno per la loro salute utilizzare i cibi OGM -:
se non intendano assumere iniziative, anche mediante intese con gli enti locali, per definire gli standard di qualità per gli alimenti somministrati ai bambini nelle scuole, al fine di favorire una corretta, sana ed equilibrata alimentazione.
(4-09130)

Risposta. - Si risponde congiuntamente al Ministero della salute all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante rileva l'opportunità di definire gli standard di qualità per gli alimenti somministrati ai bambini nelle scuole al fine di favorire una corretta ed equilibrata alimentazione.
Al riguardo si fa presente che dagli accertamenti effettuati dall'ufficio scolastico regionale per la Toscana è emerso che il servizio di mensa scolastica prestato ai bambini dal comune di Villafranca in Lunigiana non ha subito variazioni sul piano qualitativo o quantitativo rispetto a quanto fornito negli anni precedenti.
In particolare la dieta alimentare somministrata agli alunni viene elaborata da un biologo nutrizionista che svolge la propria opera su specifico incarico del comune.
È inoltre da rilevare che i servizi erogati dal comune sono regolarmente funzionanti dall'inizio dell'anno scolastico e sulla loro qualità non sono pervenute al dirigente scolastico o alla competente Direzione generale lamentele o richieste di approfondimento.
Per quanto riguarda il Ministero della salute, l'Amministrazione interessata ha comunicato che la normativa vigente consente l'immissione sul mercato europeo di un organismo geneticamente modificato solo a seguito di un'autorizzazione della Commissione europea conclusiva di una complessa procedura di valutazione del rischio per la salute umana e l'ambiente, in cui assume aspetto qualificante il parere espresso dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare.
Il provvedimento comunitario disciplina le condizioni di commerciabilità e le eventuali restrizioni dei prodotti Ogm sui quali, comunque, da diversi anni il Ministero della salute predispone ed attua piani di controllo sulla loro presenza negli alimenti a tutela della salute umana e del diritto di informazione del consumatore.
Da questi controlli è emerso che i prodotti in questione presenti sul mercato nazionale rispettano sostanzialmente i requisiti previsti dalla normativa vigente ed hanno un utilizzo marginale rilevabile esclusivamente a livello di traccia.
Anche nell'ambito di una valutazione positiva sulla sicurezza degli alimenti autorizzati e fermo restando il diritto all'informazione del consumatore mediante etichettatura, il Ministero competente ritiene i prodotti Ogm scarsamente diffusi e di non facile reperibilità in commercio. Giudica pertanto poco probabile che vi sia la loro somministrazione in una mensa scolastica.
Si fa infine presente che in materia di qualità dell'alimentazione in ambito scolastico la Conferenza Stato-Regioni ha approvato nel mese di maggio 2010 le linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica, dove vengono presi in considerazione tutti gli aspetti relativi alla nutrizione degli alunni. Queste linee di indirizzo, in accordo con le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della sanità, sono state elaborate da un gruppo di massimi esperti nazionali nel campo nutrizionale e delle Regioni e rientrano in un percorso strategico globale di miglioramento della qualità della vita di tutti i cittadini attraverso l'alimentazione.
Elevare il livello qualitativo dei pasti, come qualità nutrizionale e sensoriale, mantenendo saldi i principi di sicurezza alimentare, assume fondamentale importanza nella ristorazione scolastica e consente di tutelare quelle fasce sociali maggiormente esposte, quali sono i bambini e gli studenti che consumano fuori casa i pasti.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 8 della legge n. 441 del 1982 recante «disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale di titolari

di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti», stabilisce che tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali hanno diritto di conoscere le dichiarazioni previste nella legge secondo le modalità stabilite nell'articolo 9;
l'articolo 9 fa riferimento ad un «apposito bollettino»;
quando nel 1982 fu varata la suddetta legge non esisteva ancora il world wide web, nato nel 1990, che ha consentito anche alle istituzioni di mettersi in rete pubblicando online importanti documenti ufficiali che sono così divenuti sempre più accessibili ad una vasta platea di cittadini;
le disposizioni contenute nella legge n. 441 del 1982 si applicano - oltre che ai parlamentari, ai membri del Governo, ai consiglieri regionali, provinciali e ai consiglieri di comuni capoluogo di provincia ovvero con popolazione superiore ai 50.000 abitanti - anche:
1) ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali di istituti e di enti pubblici, anche economici, la cui nomina, proposta o designazione o approvazione di nomina sia demandata al Presidente del Consiglio dei ministri, al Consiglio dei ministri od a singoli Ministri;
2) ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali delle società al cui capitale concorrano lo Stato o enti pubblici, nelle varie forme di intervento o di partecipazione, per un importo superiore al venti per cento;
3) ai presidenti, ai vicepresidenti, agli amministratori delegati ed ai direttori generali degli enti o istituti privati, al cui funzionamento concorrano lo Stato o enti pubblici in misura superiore al cinquanta per cento dell'ammontare complessivo delle spese di gestione esposte in bilancio ed a condizione che queste superino la somma annua di lire cinquecento milioni;
4) ai direttori generali delle aziende autonome dello Stato;
5) ai direttori generali delle aziende speciali di cui al regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, dei comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore ai centomila abitanti;
da una sommaria ricognizione effettuata dalla prima firmataria del presente atto risulta che:
a) nel sito istituzionale del Governo www.governo.it le suddette informazioni non siano a disposizione dei cittadini;
b) quanto ai siti istituzionali dei Ministeri, alcune delle suddette informazioni siano presenti nel solo sito del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione mentre tutti i siti degli altri Ministeri ne siano privi;
c) sui siti istituzionali di Camera e Senato siano pubblicate le sole dichiarazioni di deputati e senatori che abbiano firmato un'apposita liberatoria;
in particolare, nei siti dei Ministeri, non sono pubblicate le situazioni patrimoniali riguardanti le figure dirigenziali, la cui nomina, proposta o designazione o approvazione di nomina sia demandata al Presidente del Consiglio dei ministri, al Consiglio dei ministri od a singoli Ministri;
la situazione sopra sommariamente e parzialmente descritta pone i cittadini elettori su un piano di disparità di trattamento in quanto coloro che risiedono nella capitale, sede delle massime istituzioni della Repubblica, sono avvantaggianti rispetto ai non residenti che, per consultare gli «appositi bollettini», devono affrontare viaggi e soggiorni anche costosissimi, se abitanti in località distanti centinaia di chilometri da Roma;
la discriminazione appena evidenziata potrebbe essere facilmente superata con un «clic», mettendo online la situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti prevista nella legge n. 441 del 1982 -:
in che modo intenda superare l'odiosa discriminazione citata in premessa fra cittadini elettori residenti a Roma e cittadini elettori residenti in altre località della Repubblica italiana;

quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere per pubblicizzare effettivamente la situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti.
(4-13094)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
La legge 5 luglio 1982, n. 441, recante «Disposizioni per la pubblicità e la situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive di alcuni enti» ha introdotto l'obbligo per i parlamentari di dichiarare la situazione patrimoniale, i redditi e le spese di propaganda elettorale.
Tale legge dispone che i parlamentari debbano trasmettere alla Camera di appartenenza una dichiarazione concernente lo stato patrimoniale e le spese sostenute in proprio o dal partito per la campagna elettorale. A tale dichiarazione deve allegarsi copia della dichiarazione dei redditi per le persone fisiche.
L'articolo 9 della medesima legge, inoltre, prevede espressamente una tipica forma di pubblicità in apposito bollettino cartaceo, delle dichiarazioni depositate dai parlamentari presso ciascuna Camera, al fine di garantire a tutti i cittadini elettori il diritto di conoscerne il contenuto. Le disposizioni della legge citata si applicano anche al Presidente del consiglio dei ministri, ai ministri, ai sottosegretari di Stato, ai consiglieri regionali, ai consiglieri provinciali e ai consiglieri di comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore ai 50.000 abitanti.
La pubblicazione prevista nell'articolo 9 viene effettuata, per quanto riguarda le regioni, sul bollettino previsto dagli statuti per la pubblicazione delle leggi e, per quanto riguarda i consigli provinciali e comunali, su apposito bollettino.
L'esigenza di trasparenza della situazione patrimoniale di chi concorre alla vita parlamentare nazionale e locale e delle modalità con cui ricorre alle risorse economiche per sostenere la propria attività politica, risponde, infatti, alla ratio di diverse leggi che negli ultimi decenni hanno disciplinato la materia.
Ai sensi dell'articolo 12 della legge 5 luglio 1982, n. 441, infine, le disposizioni relative agli adempimenti di cui agli articoli 2, 3, 4, 6 e 7 si applicano anche:
1) ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali di istituti e di enti pubblici, anche economici, la cui nomina, proposta o designazione o approvazione di nomina sia demandata al Presidente del Consiglio dei ministri, al Consiglio dei ministri od a singoli ministri;
2) ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali delle società al cui capitale concorrano lo Stato o enti pubblici, nelle varie torme di intervento o di partecipazione, per un importo superiore al venti per cento;
3) ai presidenti, ai vicepresidenti, agli amministratori delegati ed ai direttori generali degli enti o istituti privati, al cui funzionamento concorrano lo Stato o enti pubblici in misura superiore al cinquanta per cento dell'ammontare complessivo delle spese di gestione esposte in bilancio ed a condizione che queste superino la somma annua di lire cinquecento milioni;
4) ai direttori generali delle aziende autonome dello Stato:
5) ai direttori generali delle aziende speciali di cui al regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, dei comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore ai centomila abitanti.

Le dichiarazioni e gli atti di cui agli obblighi di legge devono essere trasmessi, per quanto riguarda i soggetti indicati nei numeri 1, 2, 3 e 4 del citato articolo 12, alla Presidenza del Consiglio dei ministri e, per quanto riguarda i soggetti indicati nel numero 5 dello stesso articolo, al sindaco o al presidente dell'amministrazione locale interessata.
Da quanto sopra esposto, si evince la previsione di una forma tipica di pubblicità su apposito bollettino, mentre non è attualmente contemplata l'ipotesi di pubblicazione sui siti istituzionali, per la cui attuazione

si ritiene necessaria una modifica normativa.
Diversa è la divulgazione dei dati attuata con l'operazione trasparenza, già avviata nel giugno del 2008 dal Ministro Brunetta, al fine di rendere concretamente operante quanto previsto dal legislatore con le ultime disposizioni normative in tema di pubblicità e trasparenza.
Nell'ambito della suddetta operazione, in pieno accordo con il garante della privacy, sono stati pubblicati i dati relativi ai dirigenti del dipartimento, ai consulenti e collaboratori esterni, alle amministrazioni inottemperanti che non hanno comunicato all'anagrafe delle prestazioni gli incarichi di consulenza e di collaborazioni esterne. L'articolo 21 della legge n. 69 del 18 giugno 2009 ha successivamente esteso l'obbligo a tutte le pubbliche amministrazioni del territorio nazionale. Nello specifico, ogni amministrazione è tenuta a comunicare e pubblicare on-line:
incarichi affidati a consulenti e collaboratori esterni;
incarichi retribuiti ai dipendenti pubblici;
distacchi, aspettative e permessi sindacali, nonché aspettative e permessi per funzioni pubbliche elettive;
nominativi dei dirigenti (curriculum vitae, retribuzioni e recapiti istituzionali) e tassi di assenza e presenza del personale, aggregati per ciascun ufficio dirigenziale.

Nell'ambito dell'operazione trasparenza si è provveduto, altresì, alla pubblicazione dei dati che si riferiscono agli incarichi affidati dalle amministrazioni a dipendenti pubblici per la direzione e coordinamento di lavori, collaudo e manutenzione delle opere pubbliche. Dando attuazione a quanto previsto dall'articolo 1, comma 591, legge 296 del 2006, anche i dati relativi alle partecipazioni da parte delle pubbliche amministrazioni a consorzi e società, da inviarsi entro il 30 aprile di ogni anno al Dipartimento della funzione pubblica (banca dati CONSOC), vengono periodicamente pubblicati sul sito web del dipartimento.
Pertanto, premesso quanto esposto, è auspicio di questa amministrazione poter intraprendere ulteriori iniziative volte a migliorare il rapporto di fiducia e collaborazione tra cittadini e pubblica amministrazione.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

BORGHESI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Ministero della difesa dispone di una scuola di formazione e perfezionamento del personale civile (indicata come CivilScuolaDife) ed ubicata in Roma, via Mattia Battistini, n. 113-117, per lo svolgimento di corsi di aggiornamento e formazione ai dipendenti civili del predetto dicastero, che risultano in gran parte svolti da personale militare e solo in minima parta da personale civile;
la scelta di docenti dotati di adeguati titoli culturali e scientifici al fine della formazione di dipendenti pubblici deve costituire un obiettivo imprescindibile dell'intera pubblica amministrazione, onde assicurare l'aggiornamento professionale del personale, ivi compreso quello ad ordinamento civile incardinato presso il Ministero della difesa e deputato ad assicurare, nel suo complesso, il sistema della difesa nazionale;
in sede di accesso agli atti al fine di estrarre copia dell'albo dei docenti di CivilScuolaDife, il direttore della scuola, dottor Massimo Mangani, ha affermato con nota del 18 febbraio 2011, prot. n. 619 PAS 1.6, indirizzata alla commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, che l'elenco dei docenti «non è mai stato formalmente redatto dalla scuola», per cui non è possibile rilasciarne copia;
la scuola risulterebbe non detenere alcun albo o elenco dei docenti cui sono

affidati gli incarichi di docenza per i corsi del personale civile e dunque non appaiono per nulla chiari i criteri con cui CivilScuolaDife seleziona i docenti cui è affidato lo svolgimento di corsi di formazione per il personale civile o comunque il sistema con cui i medesimi incarichi di docenza sono conferiti;
appare quindi evidente la carenza di trasparenza che caratterizza il sistema di scelta dei docenti e affidamento degli incarichi da parte della scuola di formazione e perfezionamento del personale civile -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se al Ministro consti o meno l'esistenza di un albo o elenco dei docenti affidatari di corsi presso la scuola di formazione e perfezionamento del personale civile del Ministero della difesa (CivilScuolaDife);
se e quali iniziative siano state poste in essere al fine di garantire la massima trasparenza in sede di scelta dei docenti per la predetta scuola, in conformità con il possesso di adeguati titoli culturali e scientifici degli affidatari ed anche al fine della pubblicizzazione del relativo albo docenti.
(4-12349)

Risposta. - La scuola di formazione e di perfezionamento del personale civile della Difesa, istituita con decreto ministeriale del 22 marzo 1963, ha acquisito in quasi un cinquantennio di attività una rilevante esperienza nel campo della formazione.
Il consistente flusso di personale docente di cui la scuola si serve, proviene essenzialmente da personale interno alla Difesa, sia esso civile che militare, e viene selezionato sulla base delle specifiche esigenze e tipologie dei corsi, nonché sulla base delle professionalità occorrenti.
Con riferimento a quanto premesso, l'asserzione di una prevalenza di personale militare rispetto a quello civile è quanto mai inesatta.
Invero, risulta esattamente il contrario, essendo la scuola un istituto il cui bacino di utenza è rivolto essenzialmente al personale civile.
Ciò non esclude, ovviamente, che la scuola si rivolga anche al personale militare, attraverso specifici stanziamenti per l'attuazione di corsi di natura tecnica (antinfortunistica, primo soccorso, lotta antincendio).
La scuola si avvale inoltre, di personale docente altamente qualificato, come magistrati del tribunale amministrativo regionale della Corte dei conti o dell'Avvocatura dello Stato.
I vari decreti ministeriali di struttura succedutisi nel tempo hanno sempre fissato le direttive generali per il funzionamento della Scuola nonché l'indirizzo didattico ed i criteri generali per l'organizzazione dei corsi.
In tal senso, il decreto ministeriale dell'11 agosto 1970 affidava questi compiti ad un comitato tecnico composto da dirigenti generali del dicastero, assumendo con successivi decreti ministeriali (1983 e 1985) la denominazione di comitato direttivo (durata in carica 4 anni), sempre con medesimi compiti fra cui quello dell'approvazione annuale di un albo docenti proposto dal direttore della scuola.
Nel corso degli anni, il predetto comitato direttivo non si è più riunito, essendo venute meno parte delle figure che lo componevano, quali il Direttore generale degli operai, il direttore centrale dell'ufficio per l'organizzazione, i metodi, la meccanizzazione e la statistica, oltre alle difficoltà oggettive legate alla disponibilità di un magistrato del Consiglio di Stato e di professori universitari.
Pertanto, la tenuta di un albo docenti non ha avuto più, negli anni a seguire, il necessario e costante aggiornamento.
Attualmente, l'attività del comitato direttivo è svolta dalla divisione corsi e dall'Ufficio corsi militari che provvedono all'acquisizione di personale docente, sulla base di curricula presentati dagli interessati e vagliati dai competenti uffici.
Tanto premesso, benché non vi fosse alcun albo formalmente redatto ed ufficializzato, la scuola ha sempre mantenuto rigidi criteri di trasparenza basati su elementi consolidatisi nel

tempo e riassumibili nelle seguenti circostanze:
la scelta del docente avviene sulla base delle esperienze di lavoro dello stesso, pregresse e attuali oltreché sui requisiti culturali posseduti;
la scelta dell'area funzionale a cui indirizzare la tipologia di corso, non può mai essere superiore a quella di appartenenza del docente incaricato (ove proveniente dai ruoli della Difesa);
per la specificità e peculiarità di alcuni corsi la scuola si avvale, come anzidetto, di personale dell'Avvocatura dello Stato e della magistratura ordinaria ed amministrativa;
ove il corso venga svolto in altra sede si preferisce, al fine di contenere le spese, ricorrere a personale del posto in possesso dei necessari requisiti.

Ulteriore aspetto da tenere in considerazione è rappresentato dal questionario di valutazione di fine corso, indirizzato ai partecipanti che possono, in tal modo, esprimere un giudizio di merito sul corso oltreché sui singoli docenti intervenuti.
Sulla base delle osservazioni formulate, gli organi competenti porranno in essere i necessari adempimenti per indirizzare al meglio l'azione amministrativa e migliorare costantemente i livelli qualitativi e di professionalità dei corsi medesimi.
Come ultimo elemento di informazione, infine, rendo noto che la composizione delle classi ha visto una notevole partecipazione, nel corso del 2010, di personale civile, pari a circa 4.543 unità, mentre per il personale militare la presenza si è attestata sulle 2.550 unità circa.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

CARLUCCI. - Al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
nel 1970 l'industria turistica italiana era la più fiorente del mondo. Il nostro Paese figurava in testa a tutte le classifiche planetarie;
un dossier del Servizio studi di banca Intesa Sanpaolo, pubblicato nelle ultime settimane, segnala purtroppo che nel giro di pochi anni siamo scesi al settimo posto, dietro Stati Uniti, Giappone, Cina, Francia, Germania e Spagna;
prezzi troppo alti, carenze infrastrutturali, scarsa sicurezza, dimensione esigua delle aziende, confusione nelle politiche pubbliche e investimenti nettamente inferiori a quelli di Francia e Spagna sembrano essere le principali cause di questo tracollo di un settore che con l'indotto contribuisce al 10 per cento del prodotto interno lordo italiano;
preoccupa soprattutto la graduatoria stilata dal World Economic Forum che riguarda la competitività del prezzo, dove l'Italia si piazza al posto numero 130 su 133 Paesi. Ma anche la sicurezza (ottantaduesimo posto), l'ambiente (cinquantunesimo) e l'educazione (quarantacinquesimo) sono fattori particolarmente critici;
per ciò che riguarda le infrastrutture il rapporto di Intesa Sanpaolo segnala che l'Italia «è al secondo posto per numero di alberghi e posti letto, seconda soltanto agli Stati Uniti, ma le sue imprese sono piccole. Il primo tour operator italiano fattura meno del 4 per cento del primo operatore europeo»;
in Italia ci sono un milione 34.710 camere, divise in 33.768 alberghi «30 camere per albergo in media», contro 46,1 in Spagna e 34,6 per la Francia. Inoltre, le catene alberghiere «costituiscono solo il 4 per cento del totale, contro una media europea del 20 per cento»;
a causa della frammentazione eccessiva l'Italia non riesce ancora a intercettare i flussi turistici con i maggiori tassi di sviluppo, come quello cinese. Nel 2008 sono usciti dalla Cina in 35 milioni, il 6,2 per cento dell'intero movimento turistico planetario, valutato in 924 milioni di persone. Ma è previsto che i turisti cinesi all'estero supereranno nel 2010 i 50 milioni, per raggiungere 100 milioni nel 2020;

secondo il dossier di Intesa Sanpaolo «Il Sud ha la minore percentuale di coste balneabili d'Italia e, pur registrando il maggior numero assoluto di spiagge con bandiere blu, ha una densità di diffusione di tali certificazioni di qualità ambientale nettamente inferiore al resto del Paese». Nello stesso dossier si afferma che: «dei 2.570 comuni del Mezzogiorno, solo 180 sono risultati potenzialmente o effettivamente turistici. Dalle analisi è risultato che i comuni potenzialmente più attrattivi non hanno saputo adeguatamente valorizzare tutti i fattori di attrattiva territoriale posseduti, evidenziando flussi turistici marcatamente esigui (per esempio Siracusa, Pescara, Brindisi, Castellammare di Stabia)» -:
quali misure ed azioni intenda intraprendere per affrontare la drammatica crisi del comparto turismo nel nostro Paese.
(4-04696)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue al fine di rendere risposta esaustiva all'interrogante.
Al fine di contrastare la crisi del mercato del turismo sono stati avviati interventi per la realizzazione di progetti che mirano alla crescita del settore ed al suo posizionamento competitivo quale fattore produttivo di interesse nazionale.
In particolare, in data 24 giugno 2010 il Ministro del turismo ha stipulato con il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome un protocollo d'intesa che, in attuazione quanto previsto dall'articolo 1, comma 1228 della legge 296 del 2006, modificato dall'articolo 18 della legge 69 del 2009, ha messo a disposizione la somma complessiva di euro 112.697.956 per interventi finalizzati alla realizzazione di progetti di eccellenza per lo sviluppo turistico nazionale.
Il Ministro per il turismo: Michela Vittoria Brambilla.

DI BIAGIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'adozione internazionale è regolata in Italia dalla legge n. 183 del 1984 modificata dalla legge n. 476 del 1998 di «ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a l'Aja, il 29 maggio 1993»;
tra gli scopi principali della Convenzione quello di stabilire delle garanzie affinché le adozioni internazionali si svolgano nel superiore interesse del minore e nel rispetto dei diritti fondamentali che gli sono riconosciuti dal diritto internazionale, quello di instaurare un sistema di cooperazione fra gli Stati contraenti, nonché quello di prevenire la sottrazione e la vendita di minori;
per la realizzazione di tali obiettivi, una delle maggiori garanzie poste dalla Convenzione a tutela dei minori è il cosiddetto principio di sussidiarietà, in virtù del quale l'adozione internazionale deve essere vista esclusivamente come estremo rimedio per l'accoglienza dei bambini privi di cure genitoriali. Essa va quindi di regola applicata soltanto laddove non esista nessun'altra possibilità per il minore senza famiglia di essere accolto nel proprio Paese;
con la ratifica della Convenzione de l'Aja del 1993 l'impegno degli Stati appare chiaro: «ogni Stato dovrebbe adottare, con criterio di priorità, misure appropriate per consentire la permanenza del minore nella famiglia d'origine», e ancora «l'adozione internazionale può offrire l'opportunità di dare una famiglia permanente a quei minori per i quali non può essere trovata una famiglia idonea nei loro Stati di origine»;
i Paesi che realizzano adozioni internazionali sono quindi tenuti a implementare progetti di cooperazione che consentano, da un lato, la prevenzione dell'abbandono minorile e, dall'altro, il suo superamento attraverso azioni che consentano il rafforzamento dei legami familiari e il rientro in famiglia oppure, in

difetto, l'accoglienza dei minori in un ambiente familiare nel Paese di origine, attraverso l'affidamento o l'adozione nazionale;
l'obbligo di garantire il rispetto del principio di sussidiarietà non è posto solo a carico dei Paesi di origine di minori, ma anche di quelli cosiddetti «riceventi», come chiarito nel rapporto della Commissione speciale sul funzionamento e la pratica della Convenzione dell'Aja del 1993, redatto il 28 novembre-1° dicembre 2000 dall'ufficio permanente della Conferenza dell'Aja sul diritto internazionale privato;
il rapporto citato, anche con riferimento alla necessità di evitare che dell'adozione derivi ingiusto lucro per determinati soggetti, giunge alla seguente raccomandazione: «i Paesi riceventi sono chiamati a supportare le azioni svolte nei Paesi di origine per sviluppare i servizi nazionali di protezione dei minori, inclusi programmi per la prevenzione dell'abbandono»;
nella stessa Convenzione di New York del 1989 gli Stati parte nel preambolo hanno riconosciuto «l'importanza della cooperazione internazionale per il miglioramento delle condizioni di vita dei fanciulli di tutti i paesi, in particolare i paesi in via di sviluppo»;
già nella delibera del 26 novembre 1998, n. 180 del comitato direzionale presso il Ministero degli affari esteri, contenente le «Linee-guida della cooperazione italiana sulla tematica minorile», era indicata espressamente, tra le strategie d'intervento quella di «combattere il fenomeno della tratta e del mercato dei minori con attività di prevenzione anche in coordinamento con programmi di sostegno a distanza e dove necessario, con le cautele del caso, di adozione internazionale»;
dall'ultimo rapporto pubblicato dalla Commissione per le adozioni internazionali realizzata nel 2010, l'Italia risulta essere da alcuni anni il primo Paese per numero di minori adottati dalla Colombia; la Colombia è il secondo Paese di provenienza dei minori adottati nel 2010 da coppie residenti in Italia, con 592 minori corrispondenti al 14,33 per cento del totale;
tali dati confermano la centralità della Colombia per le adozioni realizzate dall'Italia, considerato che è stata a lungo il terzo Paese di provenienza con 444 minori nel 2009 (ovvero l'11,20 per cento del totale), 434 minori nel 2008 (il 10,9 per cento del totale) e con 1.529 minori nell'intero arco di tempo dal 2000 al 2006 (il 9,2 per cento del totale); nell'anno 2007 la Colombia si è collocata invece al secondo posto dopo la Federazione Russa con 380 minori adottati (11,1 per cento del totale);
stando a queste cifre, per rispettare il principio di sussidiarietà in Colombia il Governo italiano avrebbe dovuto realizzare progetti per prevenire gli abbandoni minorili nel Paese, per sostenere con specifici programmi le famiglie di origine, per promuovere l'affidamento familiare e l'adozione a livello nazionale. Senza questi interventi, infatti, è evidente che l'adozione internazionale rimane l'unica alternativa;
malgrado ciò, la Colombia non figura tra le aree identificate dal Ministero degli affari esteri come prioritarie per la cooperazione italiana e l'Italia non investe alcuna risorsa in azioni e progetti di cooperazione in questa materia. Peraltro, già dopo gli anni '90 l'impegno italiano in Colombia è diminuito in maniera considerevole;
stando alle informazioni evidenziate, l'Italia non avrebbe intrapreso alcuna azione né strategia di cooperazione al fine di garantire il diritto alla famiglia in un Paese che da sempre è collocato ai primi posti per provenienza di minori in adozione internazionale;
stando alla mole di adozioni - circa 3.379 i minori colombiani adottati dal 2000 al 2010 da coppie italiane - sulla base del principio di sussidiarietà l'Italia avrebbe dovuto dapprima garantire ogni forma di sostegno ai minori nel loro Paese,

prima di considerare l'adozione internazionale come unica soluzione applicabile -:
perché la Colombia non rientri tra le priorità geografiche della cooperazione italiana nonostante sia uno dei principali Paesi di origine dei minori adottati dalle famiglie italiane e l'Italia sia il primo Paese di accoglienza dei minori colombiani e perché, più in generale, sia così carente in Italia la destinazione di fondi specifici per la realizzazione di progetti di sussidiarietà per prevenire l'abbandono e garantire il diritto alla famiglia nei Paesi di origine dei minori adottati da coppie residenti in Italia.
(4-12111)

Risposta. - Le linee guida triennali 2011-2013 della cooperazione italiana, attualmente in corso di aggiornamento al triennio 2012-2014, non identificano la Colombia tra i paesi di intervento prioritario.
Tale decisione è riconducibile al fatto che le attività di cooperazione allo sviluppo sono state sottoposte nell'ultimo triennio ad un processo di razionalizzazione strategica ed organizzativa nell'impiego delle risorse. In particolare a causa delle esigue risorse di bilancio, di cui la cooperazione italiana può disporre, giustificate dalle necessarie scelte di rigore finanziario operate dal Governo, sia con l'applicazione dei principi di efficacia sanciti dalle dichiarazioni di Roma (2003), Parigi (2005) ed Accra (2008), che richiedono, inter alia, una maggiore concentrazione dell'aiuto in meno paesi destinatari ed una diminuzione dei settori di intervento.
La cooperazione italiana ha quindi proceduto, a partire dalle linee guida 2009-2011, all'individuazione di un numero sempre più ristretto di paesi beneficiari prioritari - attualmente in numero complessivo di 25 - selezionando, in particolare nell'area dell'America Latina, quei paesi caratterizzati da indici economici particolarmente bassi e da una tradizionale presenza italiana per dare continuità alle attività di cooperazione già in essere: quali Bolivia, Ecuador, El Salvador e Guatemala. È tra l'altro importante avere presente che attualmente la cooperazione italiana in Colombia è limitata, sul canale bilaterale, al solo sostegno finanziario per i progetti promossi dalle organizzazioni non governative mentre la Commissione per le adozioni internazionali (Cai) ha realizzato dal 2003 ad oggi - tramite gli Enti italiani accreditati nel paese, anche in collaborazione con istituzioni locali - interventi di cooperazione in materia per un ammontare totale di 1,3 milioni di euro. Vale la pena altresì evidenziare, anche a testimonianza della riconosciuta centralità che ha progressivamente assunto negli ultimi anni la Colombia come paese d'origine dei minori adottati in Italia, che solo nel biennio 2010-2011 la quota parte di finanziamenti disposti per la realizzazione dei precitati progetti ammonta a circa 530.000 euro.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

DI PIETRO. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da giorni si legge che i vertici della difesa hanno ampliato il loro parco macchine con 19 Maserati per lo Stato Maggiore dell'Esercito di Roma, inserite come «dotazioni organiche» ed acquistate con l'esercizio finanziario corrente;
il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 155 dello stesso 6 luglio, all'articolo 2 reca disposizioni in materia di autovetture di servizio delle pubbliche amministrazioni, disponendo un tetto di cilindrata non superiore a 1600 centimetri cubici e prevedendo l'adozione di una nuova disciplina volta a ridurre il numero e il costo delle cosiddette auto blu;
il successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 agosto 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 214 del 14 settembre 2011, ha disciplinato

l'utilizzo delle autovetture di servizio e di rappresentanza da parte delle pubbliche amministrazioni al fine di conseguire obiettivi di razionalizzazione e di trasparenza, di contenimento dei costi e di miglioramento complessivo del servizio, anche attraverso l'adozione di modalità innovative di gestione;
in un momento in cui il Paese appare in grave difficoltà, con delle risposte imminenti da dare prima di tutto ai cittadini e poi all'Europa, di fronte agli oltre 2,5 miliardi di euro di tagli subiti in tre anni dal comparto Difesa, di fronte alle accorate proteste che a questo riguardo proprio negli ultimi giorni i sindacati della polizia hanno manifestato a causa dei continui tagli che impediscono persino di fare benzina, sarebbe forse stato più lungimirante destinare quei soldi a cose che riescano a soddisfare i bisogni reali della categoria -:
come si giustifichi l'acquisto delle suddette autovetture tenendo conto del programma di razionalizzazione e di contenimento dei costi del parco auto della pubblica amministrazione così come previsto dal decreto legge 6 luglio 2011.
(4-13841)

Risposta. - In via preliminare, mi preme sottolineare che l'acquisto delle autovetture protette dalla società Maserati, da parte del Ministero della difesa, rientra nel più ampio contesto della disciplina in materia di tutela e protezione delle persone esposte a particolari situazioni di rischio, contemplata dal decreto del Ministro dell'interno, in data 28 maggio 2003, in attuazione dell'articolo 1, comma 1, del decreto legge 6 maggio 2002, n. 83 (convertito con modificazioni nella legge 2 luglio 2002, n. 133).
Infatti, tale tipo di autovetture è destinato alla protezione e non alla rappresentanza di alcune specifiche cariche di vertice militare, per le quali le competenti strutture del Ministero dell'interno e non della difesa, dunque, hanno previsto sulla scorta delle norme sopra indicate la necessità della tutela nonché per esigenze e tutela delle delegazioni straniere, della Giustizia militare e delle personalità protette anche dall'Arma dei carabinieri.
Entrando più nel dettaglio, premesso che le misure di protezione per le alte personalità istituzionali sono previste dalla citata legge 133 del 2002, si fa presente che l'organo deputato alla gestione complessiva della materia, l'ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza del citato Ministero dell'interno, si interfaccia direttamente con le Autorità provinciali di pubblica sicurezza e, in particolare, con i prefetti.
Sono questi ultimi ad avere esclusiva competenza nell'adozione delle eventuali, temporanee, misure di protezione, avvalendosi delle informazioni raccolte ed analizzate dagli uffici provinciali per la sicurezza personale, e delle valutazioni espresse nel contesto di apposite riunioni di coordinamento interforze.
In tale contesto, è stato il prefetto di Roma, a seguito dell'ultima riunione di coordinamento, a confermare lo scorso 27 luglio 2011, la necessità di misure di protezione per alcune Autorità militari in servizio nella Capitale.
Pertanto, il Ministro della difesa, nella sua funzione, non è stato assolutamente coinvolto a nessun titolo sia nella decisione, sia nella procedura d'acquisto delle autovetture in questione.
Infatti, ai fini dell'approvvigionamento delle autovetture protette - in sostituzione di quelle attualmente in uso giunte oramai al termine della loro vita tecnica - si è attivato quello che è il competente organo tecnico per la Difesa, cioè la direzione degli armenti terrestri, operante nell'ambito del segretariato generale della difesa e direzione nazionale degli armamenti.
A tal fine, la stessa, dotata di piena autonomia contrattuale, ha espletato nel biennio 2009-2010, 4 procedure negoziali.
In particolare, la citata direzione degli armamenti:
nel 2009, a seguito di gara informale esperita ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 163 del 2006 («codice dei contratti»), ha stipulato un contratto con la Società Maserati, risultata migliore offerente

e vincitrice della gara, per n. 5 vetture, al prezzo unitario di 110.000 (Iva esclusa). Con la medesima Società, a seguito di procedura negoziata, la predetta direzione degli armamenti stipulava, allo stesso prezzo unitario (euro 110.000 - Iva esclusa), un contratto per la fornitura di ulteriori 5 autovetture;
nel 2010, a seguito di una gara in ambito Unione europea, ha stipulato un contratto con la Società Maserati per n. 3 autovetture blindate, al prezzo unitario di euro 120.000 (IVA esclusa). Successivamente, è stata espletata, ai sensi del citato articolo 17 del decreto legislativo 163 del 2006, una gara informale per n. 6 autovetture. La fornitura è stata aggiudicata alla Società Maserati ad un prezzo unitario di 125.000 (Iva esclusa).

Tuttavia, alla luce dell'attuale difficile congiuntura economica e coerentemente con gli interventi operati dal dicastero al fine di ridurre le spese è stato disposto l'annullamento dell'acquisto della seconda tranche delle autovetture protette dalla Maserati.
La Maserati, a seguito delle suddette gare nelle quali sono state coinvolte dalla citata Direzione Generale tutte le maggiori case costruttrici di autovetture protette (Audi, Volkswagen, Bmw, Mercedes, Volvo), risultando di gran lunga la più conveniente si è aggiudicata le gare stesse.
Peraltro, appare rilevante il fatto che il costo delle Maserati del tipo in questione risulta addirittura inferiore rispetto a quello delle autovetture tipo Lancia Thesis acquisite, per le medesime esigenze, diversi anni fa.
Successivamente a tali gare, concluse nel 2010, non è stato avviato alcun ulteriore acquisto.
Già all'inizio del 2011 ho impartito la direttiva di sospendere ogni ulteriore acquisto di auto protette e di promuovere la riduzione delle dotazioni di autovetture blindate in raccordo con le competenti strutture del Ministero dell'interno deputate all'individuazione dei soggetti da sottoporre a protezione e delle relative misure.
Al riguardo, al fine di evitare presumibili situazioni di criticità, legate alla conseguente, mancata sostituzione delle autovetture protette attualmente in servizio, saranno effettuati specifici interventi di manutenzione straordinaria che ne prolunghino, nei limiti della fattibilità tecnico-normativa, l'ulteriore utile impiego.
Inoltre, è rilevante evidenziare che, sempre nell'ambito delle necessarie misure di contenimento delle spese di funzionamento del dicastero, imposte dall'attuale difficile congiuntura economica, il competente Segretariato Generale della Difesa sta operando per dare attuazione ad una ulteriore mia direttiva, impartita circa trenta giorni fa, di divieto di acquisto di autovetture di qualsiasi tipo non destinate a servizi operativi delle Forze armate per il prossimo triennio.
In ogni caso, nessuna delle 10 vetture Maserati introdotte in esito alle predette gare, è utilizzata dal Ministro, dai Sottosegretari né dal Gabinetto del Ministro della difesa.
È del tutto evidente, quindi, la linearità e la correttezza formale e sostanziale del dicastero, la cui condotta non soltanto è stata ispirata ai principi di legittimità, trasparenza ed economicità dell'azione amministrativa, ma si è dimostrata essere all'avanguardia nell'opera di contenimento e riduzione dei costi ad ogni livello.
Infine, per completezza d'informazione, desidero evidenziare che la previsione normativa relativa al limite di 1600 centimetri cubici della cilindrata delle auto impiegate per il servizio di Stato non può essere applicata alle autovetture blindate in questione per due ordini di motivi.
La prima ragione risiede nel fatto che tale vincolo, introdotto dal decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito con modificazioni in legge 15 luglio 2011 n. 111, è evidentemente intervenuto successivamente alla stipula dei contratti di acquisizione delle auto in questione.
La seconda ragione è di natura prettamente tecnica, essendo legata al fatto che tale limite non si applica alle autovetture blindate in quanto caratterizzate da un peso eccessivo in rapporto alla potenza massima erogabile da citata tipologia di propulsori (1600 centimetri cubici).
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

DI STANISLAO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 22 marzo 2010 Lady Ashton ha illustrato ai ministri degli esteri dei 27 Paesi dell'Unione europea, il Servizio europeo di azione esterna (Seae). Esso avrà un potente segretario generale coadiuvato da due vice, sei direzioni generali e dei desk sia geografici che tematici. La proposta è maturata in un clima di scontro inter-istituzionale, anche perché il Seae è una delle novità più importanti previste dal trattato di Lisbona;
la missione del nuovo servizio, secondo il trattato di Lisbona, è di affrancare l'alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Unione europea (AR) - ma anche il presidente del consiglio europeo e quello della Commissione - nello sforzo di razionalizzazione della politica estera europea attraverso un più efficace coordinamento delle politiche e degli strumenti per la proiezione dell'Unione europea sulla scena mondiale;
dal punto di vista organizzativo, il Seae dipenderà direttamente dall'alto rappresentante, che ne dovrà rendere conto sia davanti al Consiglio che al Parlamento. Una volta a pieno regime, il Servizio dovrebbe essere composto da personale per un terzo proveniente dal Consiglio, per un terzo dalla Commissione e un terzo distaccato dai servizi diplomatici nazionali. Ma l'alto numero dei funzionari della direzione generale per le relazioni esterne (Relex) della Commissione, che verrà incorporata nel Seae, renderà molto complesso il rispetto di queste proporzioni;
il servizio dovrebbe inoltre essere dotato di un segretario generale responsabile della gestione quotidiana del servizio e di due vicesegretari generali: uno incaricato delle relazioni interistituzionali e della comunicazione, l'altro responsabile del Comitato politico e di sicurezza (Cops) e più vicino alle funzioni di «direttore politico». Il centro di coordinamento dell'intelligence (Sitcen), dovrebbe far capo al segretario generale, come anche la direzione generale responsabile delle delegazioni esterne e del bilancio. Delle altre cinque direzioni generali, una dovrebbe avere una proiezione più globale (diritti umani, non proliferazione, rapporti con l'Onu) e occuparsi del crisis management, mentre le altre quattro dovrebbero occuparsi di aree o paesi specifici. Sotto la direzione generale che si occuperà delle questioni globali rientrerebbero anche le questioni relative alla Politica di sicurezza e difesa comune (Psdc, secondo la nuova denominazione introdotta con il trattato di Lisbona) e le strutture di pianificazione civile e militare (Military Staff, Crisis Management Planning Directorate, Civilian Planning and Conduct Capability). Nelle direzioni generali affari regionali confluirebbero invece gli attuali regional desks, ovvero quasi tutta l'attuale direzione generale Relex della commissione e parte del personale proveniente dalle diplomazie nazionali. In ossequio al principio della «non duplicazione», su cui c'è ampio consenso, l'obiettivo dichiarato è di evitare sovrapposizioni tra i compiti del Seae e quelli della Commissione e del Consiglio;
per cercare di assolvere i molteplici incarichi che il Trattato le attribuisce, Lady Ashton potrebbe nominare suoi inviati speciali. Questi potrebbero essere scelti sia tra i sei direttori generali, sia tra i commissari all'allargamento, allo sviluppo e agli aiuti umanitari, che il Trattato già prevede debbano coordinarsi con l'alto rappresentante. Secondo alcune fonti, anche i ministri degli esteri dei 27 Paesi dell'Unione europea potranno essere nominati rappresentanti speciali. Questi ultimi, dopo l'entrata in vigore del nuovo Trattato, lamentano di aver perso potere: il Consiglio affari esteri ormai è infatti presieduto dall'alto rappresentante (anziché, come in passato, dal ministro degli esteri della presidenza semestrale) e da un po' i capi delle diplomazie nazionali non partecipano neanche più alle riunioni del Consiglio europeo;

del Servizio faranno inoltre parte le 130 delegazioni dell'Unione europea all'estero, che comprenderanno tuttavia anche personale della Commissione che non entrerà a far parte del Seae, ma che sarà incaricato dell'attuazione delle politiche, come il commercio o l'allargamento (e relativi fondi), di cui la Commissione rimarrà responsabile. Ad esempio, il capo della delegazione dell'Unione europea in Turchia riceverà direttive sui rapporti bilaterali dall'alto rappresentante, mentre sull'allargamento riceverà istruzioni dal commissario competente. In un sistema così complesso e un po' barocco, un coordinamento scarso o inefficace potrebbe indebolire determinare pericolosi effetti boomerang;
per la selezione del personale del Servizio ci si baserà su criteri meritocratici, ma è previsto che si tenga anche conto della necessità di assicurare un equilibrio geografico - fra i vari Paesi - e, «tendenzialmente», anche di genere. Nel Servizio potranno lavorare esperti esterni, anche se in un numero e per periodi di tempo limitati. Il principio della rotazione tra le diverse funzioni verrà applicato sia all'interno del quartier generale del Seae, a Bruxelles, sia tra questo e le delegazioni;
un'organizzazione pertanto molto complessa ed è una delle più impegnative sfide poste dall'attuazione del Trattato di Lisbona che riusciranno a vincere solo le leadership europee all'altezza;
il Ministro per le politiche comunitarie Andrea Ronchi, nel corso dell'audizione tenuta davanti alle commissioni riunite affari esteri e Politiche dell'Unione europea della Camera dei deputati, rispetto al Servizio diplomatico europeo ha affermato che «Da un punto di vista sostanziale i nodi da sciogliere sono ancora numerosi: mi riferisco in particolare alle competenze del Servizio, alla programmazione degli strumenti finanziari, alla composizione delle delegazioni, al bilancio, al personale»;
inoltre il Ministro Ronchi ha affermato che «Per quanto riguarda il personale stiamo sostenendo con fermezza la necessità di individuare procedure di selezione trasparenti e basate sul merito e che rispettino l'equilibrio geografico e di genere. Riteniamo inoltre importante, assicurare una presenza significativa nel Servizio di funzionari provenienti da tutte le diplomazie nazionali (pari circa ad un terzo dell'organico complessivo), assicurando nel contempo l'assoluta eguaglianza di trattamento con i funzionari "permanenti/statutari" provenienti dalle Istituzioni. Sarebbe inoltre auspicabile un sistema di rotazione obbligatoria - o comunque la previsione di un periodo di permanenza massimo - per tutte le posizioni nel Servizio, ciò al fine di permettere una continua dinamizzazione dello stesso»;
il Servizio diplomatico europeo sta prendendo forma e sostanza -:
come il Governo intenda concretamente procedere e quali iniziative intenda mettere in campo immediatamente;
come il Governo intenda affrontare concretamente la questione del reclutamento del personale e quale ruolo intenda assumere all'interno del servizio.
(4-06690)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'interrogazione n. 4-06690 sul servizio europeo di azione esterna (Seae), si rinvia agli elementi di informazione già trasmessi il 2 novembre 2010, con n. 358143, in risposta all'analoga interrogazione n. 4-07927 da Lei formulata.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa.- Per sapere - premesso che:
secondo una vasta gamma di critica informata, esperti del conflitto in Afghanistan

e in materia di contro-insorgenza, tra i quali ufficiali militari in servizio attivo e in pensione, analisti e docenti universitari, la strategia anti-insurrezionale messa in atto dagli Stati Uniti in Afghanistan sta producendo, nella migliore delle ipotesi scarsi progressi e, nel peggiore dei casi uno spreco di miliardi di dollari teso a prolungare una guerra che si appresta a compiere il decimo anno;
è sempre più chiaro per i critici che il nemico non sono i talebani, i ribelli locali afgani, si tratta piuttosto di ciò che resta di al Qaeda in Afghanistan e Pakistan, che continua a tramare contro gli Stati Uniti;
i critici sostengono che l'invio di soldati americani e Marines a capofitto contro l'Afghanistan, come da recenti richieste del generale Petraeus, è «una governance inadeguata che alimenta corruzione e abuso di potere», è troppo ampia, troppo costosa e potenzialmente autodistruttiva;
a sostenere tali tesi è anche Andrew M. Exum, un ex ufficiale dell'Esercito e consigliere di Petraeus. Christine C. Fair, un esperto regionale e docente di Georgetown University, scrive che la strategia del generale Petraeus semplicemente non può più essere applicata in Afghanistan;
se le loro proposte avranno un impatto non è chiaro, ma il colonnello dell'esercito Gian P. Gentile, direttore della storia militare a West Point sostiene che in questo momento non ci sono alternative alla strategia attuale, ed eventuali cambiamenti sono difficili da articolare con un esercito e leader di alto livello che l'hanno messa in campo per nove anni e che sono moralmente impegnati credendo fermamente che sia la strategia migliore;
sulla strategia di guerra di Obama è stato interrogato anche il vicepresidente Joe Biden (che ha auspicato l'abbandono di una strategia contro-insurrezione concentrandosi solo sull'uccisione dei terroristi Al Qaeda) volato in Kabul qualche giorno fa a conferire con Petraeus, comandante degli Stati Uniti e delle forze alleate, l'ambasciatore americano Karl Eikenberry e il presidente afghano Hamid Karzai;
«Questo è un punto cardine della nostra politica», ha dichiarato un anonimo funzionario senior parlando ai giornalisti. Joe Biden ha fatto una dichiarazione che sembra di nuovo lontano da una strategia anti-insurrezionale a tutti gli effetti affermando che «non è nostra intenzione quella di governare o di costruire la nazione. Questa è la responsabilità del governo afgano e sono pienamente in grado di farlo»;
il generale Petraeus e l'amministrazione Obama, in quello che sembrava un tacito riconoscimento di lenti progressi, lo scorso novembre hanno accettato di estendere l'impegno degli Stati Uniti e la NATO per altri quattro anni, fino alla fine del 2014. In precedenza, Obama aveva detto chiaramente che nel luglio di questo anno, i nostri soldati cominceranno a tornare a casa";
un ulteriore segno sconcertante della mancanza di progressi di questa strategia è dato dai consensi e dalle condizioni del popolo afgano che sono drasticamente peggiorati. Secondo i dati rilasciati dal Pentagono Joint IED Defeat Organization il numero di IED (un indicatore chiave di come le persone si sentono protette da ritorsioni talebane) trasformato in ciascun mese è sceso da 34 nel gennaio 2010 a 12 nel mese di maggio, mentre le vittime degli Stati Uniti e degli alleati (morti e feriti) per IED è salito da 174 nel mese di gennaio a 284 nel mese di maggio;
un'alta indicazione di quello che sta andando male viene da una recente serie di rivelazioni agghiaccianti sul quotidiano britannico The Guardian. Il reporter Gaith Abdul-Ahad ha parlato con i principali leader talebani, tra cui un anziano amministratore di livello medio dei talebani nella città orientale di Khost. Egli ha spiegato uno dei motivi principali per cui la strategia degli Stati Uniti di proteggere il popolo contro i talebani non funziona;

l'anziano ha detto al The Guardian che «il governo è assediato nella sua fortezza e non viene a contatto con il popolo, la corruzione è paralizzante e uno del motivi principali della nostra popolarità è il fallimento di questo governo.» Ha spiegato che lui supervisiona i locali dei consigli di amministrazione istituiti dai talebani nelle «zone liberate». Ha affermato «Io sono un rappresentante del movimento e cammino fra la gente e tutti mi conoscono. Mi muovo tra la gente e comandanti, osservando il comportamento. Ascolto la gente e trasmetto l'immagine di leader supremo»;
il tenente generale David Barno, che ha guidato le forze Usa là dal 2003 al 2005, ha dichiarato in una recente intervista che dal momento che gli Stati Uniti hanno attaccato e rovesciato il governo talebano in Afghanistan alla fine del 2001, la sua strategia ha vagato avanti e indietro. Le aspettative della maggior parte degli afgani sono stati «grossolanamente gonfiate» quando le truppe americane sono arrivate e nel corso dei nove anni che sono seguiti, la realtà di ciò che gli Stati Uniti hanno espresso è venuta meno progressivamente;
questo è il problema principale con la strategia degli Stati Uniti, secondo Amitai Etzione, professore alla George Washington university di Washington. Il mese scorso nella Joint Forces Quarterly una rivista professionale pubblicata dalla National Defence University ha scritto che fissare obiettivi che non possono essere raggiunti e aumentando le aspettative che sono destinate ad essere deluse sono cause dei fallimento;
tra le promesse insite nella strategia anti-insurrezione che sono irrealistiche o in alcuni casi controproducenti, a parere del Etzione e gli altri emergono la costruzione di un Governo centrale forte, laico, democratico ed efficace, la lotta alla corruzione dei funzionari, i diritti delle donne, la creazione di un esercito di tipo occidentale afghano e svolgimento di elezioni democratiche come la panacea ai problemi dell'Afghanistan;
le elezioni, per esempio, una parte essenziale dello sforzo degli Stati Uniti, sono state occasioni di divisione, che sembra abbiano unito gli afghani solo nella loro convinzione che il processo è stato profondamente corrotto, oppure la promessa tesa a produrre un forte Governo centrale laico ha poco senso in una terra di forte convinzione che l'Islam dovrebbe governare la vita quotidiana, e che il miglior governo è il governo locale;
due studi recenti suggeriscono modi diversi per andare avanti. Il centro per una New American Security (CNAS), sostiene di spostarsi decisamente lontano dalla attuale campagna anti-insurrezione su larga scala di concentrare lo sforzo militare su Al-Qaeda. La lotta contro i talebani dovrebbe essere sempre più l'obiettivo centrale;
un analogo studio pubblicato questa settimana congiuntamente dalla American enterprise institute e l'istituto per lo studio della guerra necessaria ha anche posto una ridefinizione a livello locale, non nazionale, del Governo e delle forze di sicurezza. Gli Stati Uniti dovrebbero concentrare i propri sforzi su come aiutare la costruzione del Governo locale - non il Governo centrale. Il rapporto, scritto da Fred e Elimberly Kagan, riconosce che il raggiungimento di un migliore equilibrio di potere tra Kabul e le altre città e nei distretti è critica e «sarà molto difficile e può risultare impossibile»;
la relazione CNAS, scritto da Barno e Exum, termina anche con una nota triste: «Dopo nove anni di combattimenti inconcludenti», scrivono, «tutti i risultati rischiano di essere non ottimali per gli Stati Uniti, i suoi alleati e per il popolo afgano»;
inoltre Claudio Bertolotti che sulla scorta della sua esperienza diretta, in particolare quale analista Nato e responsabile della sezione di counter-intelligence della missione Isaf a Kabul, propone una panoramica a 360 gradi sugli attacchi suicidi, dopo aver raccolto testimonianze per quasi due anni (fra il 2005-2006 e nuovamente nel 2007-2008). Emerge come

nove anni di guerra non sembrano esser bastati, e in Afghanistan l'avversario continua ad eludere la leadership politica e militare occidentale, dimostratasi poco preparata a distinguere tra comandanti talebani autentici e sedicenti tali. Accanto alla valutazione dei dati tecnici sulle componenti degli ordigni, alle valutazioni strategiche, all'identificazione degli obiettivi, alla frequenza e alla loro incidenza geografica, ricostruisce il contesto in cui prende forma l'atto terroristico inteso «come reazione piuttosto che azione», sottolineando come il fuoco dell'insurrezione non sia alimentato unicamente dalla presenza degli eserciti stranieri, ma anche dalle alterazioni delle dinamiche interne di una società fondata sull'autorità tribale. La faticosa democratizzazione in atto viene percepita quale aggressione da parte del mondo occidentale, e chi la favorisce diviene un nemico da combattere;
l'ammiraglio Mike Mullen, presidente del Joint Chiefs ok Staff e alto ufficiale militare Usa ha detto di recente di prevedere un aumento di spargimento di sangue in Afghanistan, e che le forze alleate dovranno da subito intensificare la loro offensiva contro i talebani. Ha dichiarato, inoltre, che bisogna prepararsi per altre violenze e vittime in più prossimi mesi e che la violenza sarà peggiore nel 2011 di quanto lo fosse nel 2010 in molte parti dell'Afghanistan. Mullen, che ha incontrato i giornalisti stranieri, ha detto che gli Stati Uniti insieme a 48 partner della coalizione e l'esercito afgano ha fatto guadagni contro i talebani nel 2010, ma ha aggiunto che «sappiamo che le conquiste che abbiamo fatto sono tenui e fragili». -:
se il Governo sia a conoscenza delle notizie riportate in premessa e quale sia la posizione del nostro Paese a tal riguardo;
quale sia la posizione e le valutazioni del nostro Paese nei confronti dell'attuale strategia degli Stati Uniti in Afghanistan a fronte della reale situazione che si sta vivendo in questo Paese e del possibile ritiro progressivo delle truppe.
(4-10819)

Risposta. - L'Afghanistan rimane una priorità nell'agenda internazionale e per la politica estera italiana.
Il nostro è un impegno che ci ha visti sin dal 2001 attivi partner in un processo avviato proprio a Roma negli anni '90, tradotto negli accordi di Bonn nel 2001 e proseguito, passando per il Compact di Londra del 2006, fino al Vertice Nato di Lisbona (novembre 2010), che ha avviato il processo di transizione.
Si tratta di uno sforzo di lungo periodo condiviso insieme ai nostri maggiori alleati e alle organizzazioni internazionali che resta vitale per il perseguimento degli obiettivi regionali e globali di stabilità e sicurezza.
La conferenza di Kabul (20 luglio 2010) ha rappresentato infatti una tappa cruciale del processo di assunzione di responsabilità da parte del Governo afghano (Kabul process) delineato già alla conferenza di Londra del gennaio 2010.
Un processo di transizione condition-based che richiede rinnovato impegno della comunità internazionale, affinché tali condizioni si realizzino, con l'addestramento delle forze afgane, l'incremento della cooperazione civile, la progressiva canalizzazione degli aiuti attraverso il bilancio afgano e in appoggio alle strategie nazionali afgane, il rafforzamento delle istituzioni.
Transizione, quindi, ma non abbandono, con focus sulla governance e sul potenziamento delle capacità grazie ad interventi di partnering e training.
Da parte afgana tale processo richiede che gli impegni assunti alla Conferenza di Kabul vengano tradotti in azioni concrete.
Le autorità afghane sono state chiamate ad operare per raggiungere specifici obiettivi nei settori più rilevanti: riforma dell'amministrazione, giustizia, stato di diritto, trasparenza e lotta alla corruzione, diritti umani, attuazione dei programmi nazionali di sviluppo, migliore capacità di spesa.
L'Italia sostiene pienamente la strategia emersa dalla Conferenza di Kabul, attraverso l'incremento delle attività di addestramento delle forze di sicurezza afgane e di formazione della pubblica amministrazione centrale e locale, nonché con il rafforzamento della cooperazione civile, soprattutto a Herat.

L'obiettivo primario dell'intervento civile italiano in Afghanistan resta quello di promuovere la stabilizzazione del Paese attraverso il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, ad iniziare dalle fasce più vulnerabili, la crescita delle istituzioni a livello centrale e locale, il rispetto dei diritti umani ed il rafforzamento del settore privato.
I settori su cui si è concentrata l'attività di cooperazione allo sviluppo italiana sono: l'agricoltura e lo sviluppo rurale, la governance (capacity building, giustizia, elezioni), la sanità, i servizi di base e le infrastrutture stradali.
Sul piano geografico, gli interventi hanno riguardato l'intero territorio nazionale, con particolare e crescente attenzione per la provincia di Herat - ove ha sede il Provincial reconstruction team italiano - e la regione occidentale.
Accanto alle tradizionali forme di assistenza, la nostra azione in ambito civile ha promosso il commercio ed un clima favorevole agli investimenti. L'Italia ha altresì precorso gli impegni definiti alla conferenza di Kabul, canalizzando la maggioranza delle risorse attraverso il bilancio afghano o per il finanziamento dei programmi nazionali di sviluppo.
Alla conferenza di Kabul è stata inoltre condivisa l'esigenza di un processo di riconciliazione nazionale afgana quale componente del percorso di stabilizzazione del Paese. Un processo politico, iniziato a Londra e proseguito con la Peace Jirga di giugno 2010, che dovrà essere trasparente ed inclusivo (di tutte le etnie), incentrato sulle comunità e non sui singoli, e dovrà rispettare i parametri di base del rispetto della Costituzione e della rinuncia alla violenza e ad ogni legame con il terrorismo e con Al Qaeda.
Su tali basi, è stato predisposto un programma specifico (Afghan Peace and Reintegration Program), cui l'Italia contribuisce, assieme a numerosi partner internazionali, attraverso le Nazioni unite.
Anche la cooperazione regionale ha compiuto alcuni progressi, sebbene ancora non decisivi. Sulla base dell'impostazione proposta dall'Italia alla ministeriale G8 di Trieste e oggi pienamente condivisa dalla comunità internazionale, l'accento è posto sulla connettività declinata nelle sue dimensioni infrastrutturali e normative, sull'esigenza di coordinare le attività degli organi regionali esistenti, nonché sulla cooperazione frontaliera e sul ruolo della Recca (Regional economie cooperation conference on Afghanistan).
In tale contesto, la transizione dovrà essere completa entro il 2014.
Entro tale scadenza le forze afgane dovranno essere opportunamente addestrate, in grado di esercitare il controllo in tutte le operazioni sul territorio e le forze della coalizione in un ruolo di sostegno in seconda linea.
Nel contempo, andranno realizzate condizioni «adeguate» di sviluppo socio-economico e di capacità delle istituzioni tali da rendere irreversibile la transizione.
La transizione, che ha preso concretamente avvio dopo il 20 luglio 2011, contemplerà prima una riconfigurazione della presenza delle truppe International security assistance force schierate in teatro (con sempre maggiore attenzione rivolta alle attività di addestramento delle forze di sicurezza afghane), e quindi una loro graduale riduzione, in concomitanza con l'acquisizione del controllo di porzioni sempre più estese di territorio da parte dell'esercito e della polizia afghani.
Nell'ambito del processo di transizione avverrà il graduale ritiro dei Provincial reconstruction teams (Prt, dotati fondamentalmente di compiti di ricostruzione e di institution building), le competenze dei quali è previsto che passino nelle mani delle autorità locali afghane.
Il limite temporale dell'Inteqal Process è considerato come fissato al 2014, quando si prevede che il Governo afghano possa aver esteso il proprio controllo di sicurezza sull'intero territorio nazionale e, di conseguenza, gli ultimi contingenti di truppe di manovra Isaf avranno lasciato il Paese.
Si tratterà comunque di un processo il cui avanzamento sarà impostato non su rigide scadenze temporali bensì sulle effettive

condizioni di sicurezza presenti sul terreno, che variano da regione a regione del Paese.
Per quanto ci riguarda, la progressiva assunzione di responsabilità da parte afghana nel campo della sicurezza ci dovrebbe consentire - come pianificato - a partire dal 2012 di avviare la rimodulazione del nostro contingente per giungere, verosimilmente nel 2014, con il previsto completamento di tale processo, al disimpegno della componente operativa del nostro contingente.
Ripeto, si tratterà di un processo progressivo, coordinato con le autorità afghane, in linea con le strategie decise in ambito Nato e del tutto coerente con le iniziative assunte o in itinere dei nostri alleati principali.
La fase di transizione avviata non costituisce una strategia d'uscita, ma mira a rendere possibile il ruolo di indiretto sostegno politico ed economico da parte della comunità internazionale a fronte di una crescente responsabilizzazione afghana nel campo della sicurezza anche dopo il 2014.
Tale intendimento è stato ulteriormente rinnovato in sede di riunione ministeriale Difesa Nato, tenutasi nei giorni 5-6 ottobre 2011, nel cui ambito il Segretario generale Rasmussen ha sottolineato, tra l'altro, la necessità di sostenere l'Afghanistan oltre la predetta data e i Ministri hanno preso formalmente atto del Nato Strategic Plan for Afghanistan, destinato ad essere approvato al prossimo vertice di Chicago e a costituire la base per il futuro impegno di Alleati e partners.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Samia Walid, donna afgana militante dell'organizzazione Rawa (Associazione delle donne afgane rivoluzionarie) ha recentemente dichiarato che la situazione dal 2001 ad oggi è decisamente peggiorata. Le aspettative di democrazia, pace, sicurezza, diritti delle donne, rispetto dei diritti umani con cui si è giustificata l'occupazione, sono state tutte ampiamente disattese con risvolti drammatici per le donne e gli uomini afgani, sotto tutti i punti di vista;
l'intervento militare, si era detto, avrebbe dovuto riportare la sicurezza nel Paese, sconfiggendo i talebani e i qaedisti legati a Bih Laden, in realtà si è ottenuto ben altro: più dell'80 per cento dell'Afghanistan è controllato dalle fazioni talebane, che, per misurarsi con un nemico fornito delle armi più sofisticate, sono ricorse alle azioni kamikaze, estranee alla tradizione guerriera afgana. Gli Stati Uniti utilizzano sempre più i bombardamenti aerei, cercando di limitare le proprie perdite sul campo di battaglia, ma mietendo vittime tra i civili inermi;
la denuncia delle organizzazioni afgane è che si stanno sostenendo personaggi macchiati dei peggiori reati ed è evidente che non si può pensare di portare democrazia e stabilità in un Paese in cui chi detiene il potere non riconosce i diritti dei proprio popolo;
oggi in Afghanistan si muore, ogni giorno e in quasi tutte le sue 34 province. Muoiono i militari delle forze Nato, ma muoiono soprattutto i civili e di loro non si fa la conta che, invece, si tiene per i caduti delle forze di occupazione, come preferisce definirle il popolo afgano. Vengono uccisi dai bombardamenti indiscriminati degli aerei militari occidentali, che colpiscono matrimoni, bambini che si trovano in mezzo ai boschi, interi villaggi. Le vittime sono soprattutto loro: donne, anziani, bambini -:
se il Governo sia a conoscenza delle informazioni citate in premessa, quale sia la sua percezione di cosa sta accadendo e di cosa si è ottenuto in questo lungo periodo, e se gli obiettivi annunciati all'inizio della campagna militare da parte delle forze occidentali siano di fatto stati raggiunti.
(4-12954)

Risposta. - Le informazioni menzionate nell'ambito dell'interrogazione in esame,

provenienti dalla «Associazione delle donne afgane rivoluzionarie», appaiono parziali ed eccessivamente negative nel rappresentare l'attuale realtà afgana, soprattutto laddove viene affermato che «la situazione dal 2001 ad oggi è decisamente peggiorata».
Al contrario, vale la pena ricordare che la comunità internazionale, con la convinta partecipazione dell'Italia, ha contribuito al miglioramento di molti aspetti della realtà afgana degli ultimi dieci anni. In particolare:

è stata approvata una moderna Costituzione;
7 milioni di bambini (di cui il 35 per cento femmine) hanno accesso all'istruzione rispetto ai soli 900 mila, esclusivamente maschi, del periodo dei talebani al potere;
la presenza femminile nelle Università è passata dallo 0 per cento al 19,3 per cento del totale degli studenti;
i servizi sanitari raggiungono il 64 per cento della popolazione (partendo dall'8 per cento);
la mortalità infantile si è ridotta del 20 per cento;
in Parlamento siedono 68 donne (il 21,8 per cento del totale);
il tasso di crescita economica si è attestato a circa il 10 per cento annuo;
le entrate fiscali sono aumentate del 400 per cento rispetto al 2006, segnale di uno Stato che inizia a funzionare;
si è provveduto alla formazione di 16 mila funzionari afghani;
6700 chilometri di strade sono stati costruiti o ristrutturati;
più dell'80 per cento dei villaggi del Paese è stato beneficiato di microprogetti decisi e realizzati dalle comunità locali;
la capacità di generazione elettrica è aumentata da 243 a 1028.5 megawatt.

Significativi anche i risultati dell'assistenza internazionale in materia di sicurezza: non solo le forze di sicurezza afghane (esercito e polizia) sono aumentate di 100 mila unità negli ultimi 18 mesi (raggiungendo i circa 300 mila effettivi, cui se ne aggiungeranno altri 46 mila entro ottobre 2012), ma hanno conseguito di raggiungere livelli adeguati di preparazione operativa e di equipaggiamento.
Resta sicuramente ancora moltissimo da fare in un Paese che è tra i più poveri al mondo, con tragiche diseguaglianze sociali e istituzioni ancora fragili e inadeguate.
Abbiamo però contribuito a costruire le fondamenta affinché le autorità e il popolo afgano si riapproprino, progressivamente e gradualmente, del proprio destino, assumendo la piena responsabilità nel campo della sicurezza.
La transizione dovrà essere completata entro il 2014, con le forze afgane, opportunamente addestrate, in grado di esercitare il controllo in tutte le operazioni di sicurezza e le forze della coalizione in un ruolo di sostegno in seconda linea.
Nel contempo, andranno realizzate condizioni «adeguate» di sviluppo socio-economico e di capacità delle istituzioni tali da rendere irreversibile la transizione.
La transizione, che ha preso concretamente avvio dopo il 20 luglio 2011 contemplerà prima una riconfigurazione della presenza delle truppe International security assistance force schierate in teatro (con sempre maggiore attenzione rivolta alle attività di addestramento delle forze di sicurezza afghane), e quindi una loro graduale riduzione, in concomitanza con l'acquisizione del controllo di porzioni sempre più estese di territorio da parte dell'Esercito e della Polizia afghani.
Si tratterà, comunque, di un processo il cui avanzamento sarà impostato non su rigide scadenze temporali bensì sulle effettive condizioni di sicurezza presenti sul terreno, che variano da regione a regione del Paese.
Per quanto ci riguarda, la progressiva assunzione di responsabilità da parte afghana nel campo della sicurezza ci dovrebbe consentire - come pianificato - a partire dal 2012 di avviare la rimodulazione del nostro contingente per giungere, verosimilmente nel 2014, con il previsto completamento

di tale processo, al disimpegno della componente operativa del nostro contingente.
Ripeto, si tratterà di un processo progressivo, coordinato con le autorità afghane, in linea con le strategie decise in ambito Nato e del tutto coerente con le iniziative assunte o in itinere dei nostri alleati principali.
La fase di transizione avviata non costituisce una strategia d'uscita, ma mira a rendere possibile un ruolo di indiretto sostegno politico ed economico da parte della comunità internazionale a fronte di una crescente responsabilizzazione afghana nel campo della sicurezza anche dopo il 2014.
Tale intendimento è stato ulteriormente rinnovato in sede di riunione ministeriale Difesa Nato, tenutasi nei giorni 5-6 ottobre 2011, nel cui ambito il Segretario Generale Rasmussen ha sottolineato, tra l'altro, la necessità di sostenere l'Afghanistan oltre la suddetta data e i Ministri hanno preso formalmente atto del Nato Strategic plan for Afghanistan, destinato ad essere approvato al prossimo vertice di Chicago e a costituire la base per il futuro impegno di alleati e partners.
Per quanto riguarda infine i riferimenti alle conseguenze per la popolazione civile delle operazioni della coalizione, occorre evidenziare che le vittime civili della violenza in Afghanistan sono imputabili nella stragrande maggioranza dei casi alle forze dell'insorgenza.
Il rapporto sulla protezione dei civili nel primo semestre 2011, di recente pubblicato dalla missione Onu in Afghanistan (United nations assistance mission in Afghanistan) evidenzia infatti che ben l'80 per cento delle vittime civili del conflitto sono state causate dalle violenze degli insorti.
Delle 1462 vittime registrate nei primi sei mesi del 2011, 1170 sono cadute per mano delle forze anti-governative (+28 per cento rispetto al 2010), mentre le vittime civili riconducibili alle forze locali o della coalizione internazionale sono diminuite del 9 per cento.
Circa la metà delle vittime civili è stata uccisa da ordigni esplosivi improvvisati (Ied) e da attacchi suicidi dell'insorgenza: una tattica terroristica scientemente rivolta contro la popolazione inerme.
La linea di tendenza per quanto riguarda le vittime causate dalle forze pro-governative segue dunque un'evoluzione positiva, ma occorrerà ovviamente continuare a lavorare insieme agli alleati, alla Nato e al Governo afgano per ridurre al massimo e auspicabilmente eliminare queste gravi perdite.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da recenti fonti di stampa è emersa la notizia secondo cui le truppe USA non si ritireranno dall'Afghanistan nel 2014 come dichiarato e confermato in tutte le sedi istituzionali e non;
sembra, infatti che Washington e Kabul si stiano accordando per mantenere truppe da combattimento e basi nel Paese per almeno altri tredici anni, fino al 2024 e non solo quelle addette all'addestramento dell'esercito afgano, come largamente previsto, ma anche truppe da combattimento, forze speciali, cacciabombardieri ed elicotteri;
il consigliere per sicurezza di Karzai, Rangin Dadfar Spanta, in un'intervista rilasciata al quotidiano britannico Telegraph ha rivelato tale accordo che dovrebbe essere siglato durante la Conferenza di Bonn sull'Afghanistan in programma per dicembre;
Spanta ha spiegato al Telegraph che «l'America ci sta aiutando a combattere la guerra contro il terrorismo, ma il terrorismo internazionale non finirà nel 2014 e noi abbiamo il dovere comune di continuare a contrastarlo. Da qui la necessità di un prolungamento della permanenza a lungo termine delle truppe Usa»;
ci sono state già alcune dichiarazioni a tal riguardo, tra le quali, quella dell'ambasciatore russo a Kabul, Andrey Avetisyan che

ha affermato che «se entro il 2014 il terrorismo sarà sconfitto e tornerà la pace nel Paese, non ci sarà bisogno che gli americani rimangano, altrimenti, come potranno poche migliaia di soldati riuscire laddove hanno fallito 150mila?»;
risulta evidente che se la notizia di restare in Afghanistan fino al 2024 fosse vera verrebbero meno tutte le dichiarazioni di intenti fatte fin'ora e ci sarebbe, altresì, uno stravolgimento, se non, ripensamento degli obiettivi raggiunti e da raggiungere per il bene del popolo afgano;
la situazione in Afghanistan continua a degenerare e le condizioni di vita del popolo sono insostenibili -:
se il Governo sia a conoscenza delle informazioni citate in premessa, quale sia la posizione dell'Italia in merito qualora risultassero vere e con quale contributo e analisi arriverà alla prossima conferenza sull'Afghanistan.
(4-13174)

Risposta. - In primo luogo, mi preme fare alcune considerazioni rispetto all'affermazione dell'interrogante secondo cui «la situazione in Afghanistan continua a degenerare», in quanto ritengo che i risultati finora conseguiti sembrino dimostrare, al contrario, una crescita inarrestabile del Paese, consentendoci, a breve, di poter ritirare i nostri uomini dopo aver innescato un percorso irreversibile di democratizzazione.
Vale la pena ricordare che la Comunità internazionale, con la convinta partecipazione dell'Italia, ha contribuito al miglioramento di molti aspetti della realtà afgana degli ultimi dieci anni. In particolare:
è stata approvata una moderna Costituzione;
7 milioni di bambini (di cui il 35 per cento femmine) hanno accesso all'istruzione rispetto ai soli 900 mila, esclusivamente maschi, del periodo dei talebani al potere;
la presenza femminile nelle Università è passata dallo 0 per cento al 19,3 per cento del totale degli studenti;
i servizi sanitari raggiungono il 64 per cento della popolazione (partendo dall'8 per cento);
la mortalità infantile si è ridotta del 20 per cento;
in Parlamento siedono 68 donne (il 21,8 per cento del totale);
il tasso di crescita economica si è attestato a circa il 10 per cento annuo;
le entrate fiscali sono aumentate del 400 per cento rispetto al 2006, segnale di uno Stato che inizia a funzionare;
si è provveduto alla formazione di 16 mila funzionari afghani;
6700 chilometri di strade sono stati costruiti o ristrutturati;
più dell'80 per cento dei villaggi del Paese è stato beneficiato di microprogetti decisi e realizzati dalle comunità locali;
la capacità di generazione elettrica è aumentata da 243 a 1028.5 megawatt.

Significativi anche i risultati dell'assistenza internazionale in materia di sicurezza: non solo le forze di sicurezza afghane (esercito e polizia) sono aumentate di 100 mila unità negli ultimi 18 mesi (raggiungendo i circa 300 mila effettivi, cui se ne aggiungeranno altri 46 mila entro ottobre 2012), ma hanno conseguito di raggiungere livelli adeguati di preparazione operativa e di equipaggiamento.
Resta sicuramente ancora moltissimo da fare in un Paese che è tra i più poveri al mondo, con tragiche diseguaglianze sociali e istituzioni ancora fragili e inadeguate.
Ciò premesso, per quanto riguarda le prospettive dell'impegno statunitense, faccio osservare che lo scorso 22 giugno 2011, il Presidente Obama, rivolgendosi all'intera nazione americana, ha focalizzato l'intervento sul ritiro delle forze statunitensi dall'Afghanistan e sulla relativa tempistica.
Nell'intervento è stato confermato il ritiro di 10.000 unità il prossimo dicembre 2011 e di altri 23.000 entro l'estate 2012. Si tratta, in altri termini, di tutto il surge autorizzato a fine 2009.

Pertanto, la road-map è già stata tracciata e si snoda lungo un percorso che è partito:
dalla revisione del dispositivo del 2009 sino alla strategia di transizione 2011-2014;
dalla citata riduzione del surge militare alla ricerca di una soluzione politica al conflitto;
dalla riconciliazione alla reintegrazione;
dalla formazione delle forze di sicurezza afgane e dai negoziati per un partenariato strategico con Kabul alla definizione di un meccanismo di cooperazione regionale.

Per quanto attiene alla permanenza di forze Nato in Afghanistan dopo il 2014, si tratta di una policy approvata nel summit Nato di Lisbona del 20 novembre 2010, quando fu finalizzato il documento Nato Long Term Partnership with Afghanistan.
L'intendimento di proseguire a sostenere l'Afghanistan anche oltre il 2014 è stato ulteriormente rinnovato in sede di riunione ministeriale difesa Nato tenutasi nei giorni 5-6 ottobre 2011, ove i Ministri hanno, tra l'altro, preso formalmente atto del Nato Strategic Plan for Afghanistan, destinato ad essere approvato al prossimo vertice di Chicago e a costituire la base per il futuro impegno di Alleati e partners.
In tale sede ho avuto modo di ribadire che la progressiva assunzione di responsabilità da parte afghana nel campo della sicurezza ci dovrebbe consentire - come pianificato - a partire dal 2012 di avviare la rimodulazione del nostro contingente per giungere, verosimilmente nel 2014, con il previsto completamento di tale processo, al disimpegno della componente operativa del nostro contingente.
Ripeto, si tratterà di un processo progressivo, coordinato con le autorità afghane, in linea con le strategie decise in ambito Nato e del tutto coerente con le iniziative assunte o in itinere dei nostri alleati principali.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da notizie on line è emerso che domenica 23 ottobre 2011, in gran segreto e tra lo stupore dei militari, sarebbero giunte al reggimento logistico dello stato maggiore Esercito di Roma, ben 6 Maserati inserite come «dotazioni organiche» ed acquistate con l'esercizio finanziario corrente;
la notizia è apparsa su vari siti internet riportando il malumore e le perplessità tra i militari in uniforme, e non solo, per l'arrivo delle nuove auto;
non vi è chiaro ancora a chi siano destinate le auto costate pare circa 100.000 euro ciascuna;
è evidente che in un momento in cui il Paese appare in grave difficoltà, con delle risposte imminenti da dare prima di tutto ai cittadini e poi all'Europa, dopo i tagli operati dalle varie finanziarie e i blocchi stipendiali all'interno del comparto contestualmente allo spreco di risorse per le armi, per la mini naja e per le varie manifestazioni ufficiali, se la notizia risultasse vera, sarebbe un ulteriore schiaffo alla dignità e un'assoluta mancanza di rispetto nei confronti dei militari e di tutto il personale -:
se il Governo intenda dare spiegazioni in merito alle notizie citate in premessa e in che modo intenda giustificare, qualora fosse vera, questa inutile spesa di circa 600.000 euro, valutando, altresì, la possibilità di revocare l'acquisto delle auto.
(4-13748)

Risposta. - In via preliminare, mi preme sottolineare che l'acquisto delle autovetture protette dalla società Maserati, da parte del Ministero della difesa, rientra nel più ampio contesto della disciplina in materia di tutela e protezione delle persone esposte a particolari situazioni di rischio, contemplata dal decreto del Ministro dell'interno, in data 28 maggio 2003, in attuazione dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83 (convertito con modificazioni nella legge 2 luglio 2002, n. 133).

Infatti, tale tipo di autovetture è destinato alla protezione e non alla rappresentanza di alcune specifiche cariche di vertice militare, per le quali le competenti strutture del Ministero dell'interno e non della difesa, dunque, hanno previsto sulla scorta delle norme sopra indicate la necessità della tutela, nonché per esigenze e tutela delle delegazioni straniere, della giustizia militare e delle personalità protette anche dall'Arma dei carabinieri.
Entrando più nel dettaglio, premesso che le misure di protezione per le alte personalità istituzionali sono previste dalla citata legge n. 133 del 2002, si fa presente che l'organo deputato alla gestione complessiva della materia, l'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, nell'ambito del dipartimento della pubblica sicurezza del citato Ministero dell'interno, si interfaccia direttamente con le autorità provinciali di pubblica sicurezza e, in particolare, con i prefetti.
Sono questi ultimi ad avere esclusiva competenza nell'adozione delle eventuali, temporanee, misure di protezione, avvalendosi delle informazioni raccolte ed analizzate dagli uffici provinciali per la sicurezza personale, e delle valutazioni espresse nel contesto di apposite riunioni di coordinamento interforze.
In tale contesto, è stato il prefetto di Roma, a seguito dell'ultima riunione di coordinamento, a confermare lo scorso 27 luglio 2011, la necessità di misure di protezione per alcune autorità militari in servizio nella capitale.
Pertanto, il Ministro della difesa, nella sua funzione, non è stato assolutamente coinvolto a nessun titolo sia nella decisione, sia nella procedura d'acquisto delle autovetture in questione.
Infatti, ai fini dell'approvvigionamento delle autovetture protette - in sostituzione di quelle attualmente in uso giunte oramai al termine della loro vita tecnica - si è attivato quello che è il competente organo tecnico per la difesa, cioè la direzione degli armamenti terrestri, operante nell'ambito del segretariato generale della difesa e direzione Nazionale degli armamenti.
A tal fine, la stessa, dotata di piena autonomia contrattuale, ha espletato nel biennio 2009-2010, procedure negoziali.
In particolare, la citata direzione degli armamenti:
nel 2009, a seguito di gara informale esperita ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 163 del 2006 («Codice dei contratti»), ha stipulato un contratto con la Società Maserati, risultata migliore offerente e vincitrice della gara, per n. 5 vetture, al prezzo unitario di euro 110.0O0 (IVA esclusa). Con la medesima società, a seguito di procedura negoziata, la predetta direzione degli armamenti stipulava, allo stesso prezzo unitario 110.000 euro (IVA esclusa), un contratto per la fornitura di ulteriori 5 autovetture;
nel 2010, a seguito di una gara in ambito Unione europea, ha stipulato un contratto con la Società Maserati per n. 3 autovetture blindate, al prezzo unitario di euro 120.000 (IVA esclusa). Successivamente, è stata espletata, ai sensi del citato articolo 17 del decreto legislativo n. 163 del 2006, una gara informale per n. 6 autovetture. La fornitura è stata aggiudicata alla società Maserati ad un prezzo unitario di euro 125.000 (IVA esclusa).

Tuttavia, alla luce dell'attuale difficile congiuntura economica e coerentemente con gli interventi operati dal Dicastero al fine di ridurre le spese, è stato disposto l'annullamento dell'acquisto della seconda tranche delle autovetture protette dalla Maserati.
La Maserati, a seguito delle suddette gare nelle quali sono state coinvolte dalla citata direzione generale tutte le maggiori case costruttrici di autovetture protette (Audi, Volkswagen, Bmw, Mercedes, Volvo), risultando di gran lunga la più conveniente si è aggiudicata le gare stesse.
Peraltro, appare rilevante il fatto che il costo delle Maserati del tipo in questione risulta addirittura inferiore rispetto a quello delle autovetture tipo Lancia Thesis acquisite, per le medesime esigenze, diversi anni fa.


Successivamente a tali gare, concluse nel 2010, non è stato avviato alcun ulteriore acquisto.
Già all'inizio del 2011 ho impartito la direttiva di sospendere ogni ulteriore acquisto di auto protette e di promuovere la riduzione delle dotazioni di autovetture blindate in raccordo con le competenti strutture del Ministero dell'interno deputate all'individuazione dei soggetti da sottoporre a protezione e delle relative misure.
Al riguardo, al fine di evitare presumibili situazioni di criticità, legate alla conseguente, mancata sostituzione delle autovetture protette attualmente in servizio, saranno effettuati specifici interventi di manutenzione straordinaria che ne prolunghino, nei limiti della fattibilità tecnico-normativa, l'ulteriore utile impiego.
Inoltre, è rilevante evidenziare che, sempre nell'ambito delle necessarie misure di contenimento delle spese di funzionamento del Dicastero, imposte dall'attuale difficile congiuntura economica, il competente segretariato generale della difesa sta operando per dare attuazione ad una ulteriore mia direttiva, impartita circa trenta giorni fa, di divieto di acquisto di autovetture di qualsiasi tipo non destinate a servizi operativi delle Forze armate per il prossimo triennio.
In ogni caso, nessuna delle 10 vetture Maserati introdotte in esito alle predette gare, è utilizzata dal Ministro, dai sottosegretari né dal gabinetto del Ministro della difesa.
È del tutto evidente, quindi, la linearità e la correttezza formale e sostanziale del Dicastero, la cui condotta non soltanto è stata ispirata ai principi di legittimità, trasparenza ed economicità dell'azione amministrativa, ma si è dimostrata essere all'avanguardia nell'opera di contenimento e riduzione dei costi ad ogni livello.
Infine, per completezza d'informazione, desidero evidenziare che la previsione normativa relativa al limite di 1600 centimetri cubici della cilindrata delle auto impiegate per il servizio di Stato non può essere applicata alle autovetture blindate in questione per due ordini di motivi.
La prima ragione risiede nel fatto che tale vincolo, introdotto dal decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito con modificazioni in legge 15 luglio 2011 n. 111, è evidentemente intervenuto successivamente alla stipula dei contratti di acquisizione delle auto in questione.
La seconda ragione è di natura prettamente tecnica, essendo legata al fatto che tale limite non si applica alle autovetture blindate in quanto caratterizzate da un peso eccessivo in rapporto alla potenza massima erogabile da citata tipologia di propulsori (1600 centimetri cubici).

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del turismo. - Per sapere:
quanti siano i dipendenti del Club alpino italiano;
a quanto ammontino nell'anno 2009 le spese e le relative voci, sostenute dal Club alpino italiano.
(4-06946)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, con il quale l'interrogante chiede di sapere quanti siano i dipendenti del Club alpino italiano ed a quanto ammontino le spese sostenute dallo stesso CAI nel 2009, si sono ravvisati i seguenti elementi utili al fine di rendere risposta esaustiva all'interrogante.
La consistenza effettiva del personale dell'organizzazione centrale del Club alpino italiano in servizio al 31 dicembre 2009 è pari a 21 unità, di cui un dirigente con contratto a tempo determinato, con funzioni di direttore generale, e 20 impiegati a tempo indeterminato, a fronte di una dotazione organica di 22 unità.
Il conto economico presentato dall'ente per l'approvazione di questa Amministrazione vigilante per l'anno 2009, registra un costo totale di produzione pari a euro 11.186.730 (di cui euro 8.978.666 per costi relativi ai servizi) ripartibili a loro volta tra spese generali e spese per attività istituzionali ed, infine, euro 842.899 per costi inerenti il personale.

Il Ministro per il turismo: Michela Vittoria Brambilla.

ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
per promuovere l'immagine unitaria dell'offerta turistica nazionale e per favorirne la commercializzazione, il nostro Paese si avvale dell'ENIT Agenzia nazionale del turismo, un ente dotato di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione;
tale ente ha subito nel corso della sua esistenza molte riforme, l'ultima della quale lo ha visto trasformato in Agenzia nazionale del turismo sottoposta all'attività di indirizzo e vigilanza dell'ex Ministero delle attività produttive, successivamente passato sotto il controllo della Presidenza del Consiglio dei ministri ed infine a quello dell'attuale Ministro del turismo;
tale ente, per sopperire alla carenza di personale, ha bandito nel recente passato alcuni concorsi pubblici che hanno avuto particolari iter procedurali conclusisi dopo molti anni di rinvii con la revoca degli stessi;
tra i candidati a tali concorsi, vi è chi, in proiezione delle prove concorsuali, aveva perfezionato la propria preparazione, frequentando corsi post laurea nel settore del turismo ed effettuando attività di stage presso delegazioni Enit ubicate anche all'estero;
dovrebbe essere un dovere delle istituzioni far si che le cospicue risorse economiche e finanziarie investite dalle famiglie nell'istruzione secondaria, universitaria e post universitaria di origine sia statale che privata non vengano dilapidate ed annullate senza produrre benefici né per gli allievi né per la collettività;
uno dei suddetti candidati, in particolare, dopo aver atteso sei anni e mezzo i rinvii delle prove concorsuali e la successiva revoca del concorso, amareggiato, sfiduciato e deluso per veder vanificati gli studi, i sacrifici economici ed i tre mesi di stage effettuato proprio presso una delle sedi dell'ente che ha bandito il concorso, ritenendo lesi la propria dignità e i propri diritti, ha restituito simbolicamente la propria tessera elettorale nell'erroneo convincimento dell'inutilità di esercitare il diritto di voto in uno Stato la cui attività amministrativa si rivela sempre più incomprensibile e distante dalle esigenze dei propri cittadini;
tale tessera è stata poi restituita all'interessato dall'autorità prefettizia;
il provvedimento amministrativo della «revoca» ricorre sovente negli atti della pubblica amministrazione, tuttavia, nel caso segnalato di un pubblico concorso prima bandito e portato avanti per molti anni, con la creazione di una situazione di aspettativa nei partecipanti, per essere infine inspiegabilmente revocato, si ha l'obbligo di notare che ci sono persone con programmi e progetti portati avanti con sacrifici e dispendio di risorse economiche verso le quali lo Stato ad avviso dell'interrogante ha «tradito» le attese contravvenendo ai principi di tempestività e celerità di espletamento dei concorsi pubblici, intervenendo con l'annullamento del concorso dopo sei anni e mezzo -:
quali siano i motivi per i quali il concorso pubblico a 15 unità di personale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale - n. 16 del 26 febbraio 2002, è stato, dopo sei anni e mezzo, revocato dal direttore generale dell'Enit con provvedimento n. 76 del 16 giugno 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale - n. 49 del 24 giugno 2008;
in che modo l'Enit - Agenzia nazionale del turismo - abbia sopperito alle carenze di organico dopo la revoca del concorso pubblico suddetto.
(4-04791)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame con il quale l'interrogante chiede i motivi per i quali il concorso pubblico, bandito sulla Gazzetta Ufficiale IV serie speciale n. 16 del 26 febbraio 2002, sia stato revocato dal direttore generale dell'ENIT con apposito provvedimento n. 76 del 16 giugno 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale IV Serie speciale - n. 49 del 24 giugno 2008, e come l'ente intenda sopperire alla carenza di personale si fa presente quanto segue.
Il concorso pubblico per esami per l'assunzione in prova a tempo indeterminato di 15 unità di personale in possesso di diploma ed esperienza professionale per il livello economico B2 era stato indetto il 31 gennaio 2002 dall'allora Ente nazionale italiano del turismo.
Successivamente, con il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, articolo 12, comma 7, l'ente è stato trasformato in Agenzia nazionale del turismo, disciplinato dal regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 2006, n. 207.
Il suddetto regolamento, nel ridisegnare la strategia e la struttura dell'ENIT, ne ha radicalmente modificato l'assetto sotto il profilo delle competenze, dell'organizzazione e delle professionalità richieste dalla nuova missione istituzionale.
Al fine di uniformare il profilo operativo dell'agenzia alla nuova impostazione strategica dettata dal legislatore, il Consiglio di amministrazione, con delibera n. 7 dell'8 gennaio 2008, ha, inoltre, adottato il regolamento di organizzazione dell'ENIT, successivamente modificato e approvato in via definitiva dal Ministro del turismo, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e il Ministro dell'economia e delle finanze.
Con tale atto l'agenzia ha perfezionato la modifica istituzionale e organizzativa, rimodulando le esigenze in materia di professionalità e competenze richieste dal nuovo assetto.
In considerazione delle sopravvenute ragioni di carattere strategico e strutturale e alla luce dell'impianto organizzativo e della conseguente rideterminazione del fabbisogno di personale per il triennio 2008-2010, approvata con delibera del Consiglio di amministrazione n. 23 del 22 aprile 2008, l'agenzia ha, pertanto, ritenuto opportuno revocare la suddetta procedura concorsuale in quanto non più rispondente alle esigenze operative e all'interesse pubblico rappresentato dall'ENIT.
Infine si precisa che, in conformità alla segnalata esigenza di adeguare il livello di professionalità e competenze al nuovo assetto organizzativo, l'agenzia, con provvedimento del direttore generale n. 65 del 30 giugno 2010 a seguito dell'autorizzazione all'assunzione da parte del dipartimento della funzione pubblica, ha provveduto ad integrare i ruoli del personale facendo ricorso alla graduatoria del concorso pubblico per esami, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 99 del 14 dicembre 2001, per la posizione C3.
Il Ministro per il turismo: Michela Vittoria Brambilla.

GIANNI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in un recente appello la Cisl funzione pubblica difesa ha chiesto di procedere urgentemente alle assunzioni presso l'Arsenale di Augusta (Siracusa) utilizzando il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 marzo 2011;
a fronte di una potenziale forza organica di 450 dipendenti, oggi a lavorare presso l'Arsenale di Augusta sono appena 270 persone ed appena un terzo di queste sono figure tecniche;
la Cisl FP difesa della provincia di Siracusa ha chiesto che vengano assunti tecnici in grado di mantenere alto il livello, riconosciuto in virtù dell'attività decennale, della struttura megarese;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 marzo 2011 consente alle amministrazioni, di cui alla tabella dello stesso decreto, l'assunzione a tempo indeterminato e ai trattamenti in servizio delle unità di personale indicate;

già nello scorso mese di aprile 2011, la Cisl funzione pubblica difesa della provincia di Siracusa aveva inviato una nota all'ufficio di gabinetto del Ministero della difesa per predisporre un piano di assunzioni di personale tecnico da destinare negli enti dell'area industriale;
la tradizione storica dell'Arsenale rappresenta una linfa vitale al tessuto sociale ed economico della provincia di Siracusa, essendo fonte di occupazione, tra occupazione diretta ed indotto, per circa un migliaio di famiglie;
a detta dell'interrogante è necessario procedere all'adeguamento dell'organico e soprattutto delle qualifiche tecniche della 2° area funzionale, garantendo in questo modo la normale operatività dell'Arsenale -:

se non si ritenga necessario e urgente procedere all'adeguamento dell'organico e soprattutto delle qualifiche tecniche della 2° area funzionale, garantendo in questo modo la normale operatività dell'Arsenale, tenuto anche conto che la forza organica dovrebbe essere di 450 unità, mentre attualmente sono in attività 270 persone.
(4-12776)

Risposta. - Sottolineo, in premessa, che obiettivo primario della Forza armata è quello di rilanciare, in termini industriali, gli arsenali della Marina militare affinché assicurino nel tempo l'efficienza e l'efficacia operativa dello strumento navale.
Ciò posto, osservo che le sole possibilità di reclutamento sono da ricondurre alle autorizzazioni, concesse dalla Presidenza del Consiglio, per l'assunzione di ristrette aliquote di vincitori di concorsi da tempo conclusi.
A tale riguardo, occorre evidenziare che il blocco delle assunzioni previsto dalle leggi finanziarie degli ultimi dieci anni ed il ridotto regime del
turn over in vigore dal 2008, hanno sensibilmente influito sulle possibilità assunzionali dei vincitori dei concorsi pubblici espletati.
Il forte rallentamento delle assunzioni, unitamente ai ripetuti provvedimenti di riduzione delle dotazioni organiche, hanno conseguentemente influito anche sulle possibilità di bandire nuovi concorsi pubblici.
Per quanto attiene, poi, all'autorizzazione alle assunzioni di cui al decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 10 marzo 2011, si evidenzia che la stessa Presidenza ha indicato i contingenti di vincitori/idonei dei concorsi pubblici oggetto della suddetta autorizzazione, suddivisi per professionalità.
Nell'ambito dei contingenti risultano allo stato assegnati all'arsenale di Augusta, dall'organo programmatore competente, le seguenti unità:
n. 4 funzionari amministrativi - terza ara funzionale (F3);
n. 1 funzionario tecnico per la motoristica e la meccanica - terza area funzionale (F1);
n. 1 assistente tecnico per l'elettronica, l'optoelettronica e le telecomunicazioni - seconda area funzionale (F2).

In ogni caso, a carattere generale, in linea con la strategicità del sistema arsenalizio, la problematica è alla costante attenzione della Difesa.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

GRIMOLDI e RAINIERI. - Al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
tra i sistemi di pagamento del bollo auto presso gli uffici dell'ACI (Automobile Club d'Italia) sembra non sia annoverato quello con carte di credito; certamente non lo è in numerosi sportelli ACI Milano;
l'importo del bollo auto può essere superiore a qualche centinaio di euro;
il pagamento tramite carta di credito, oltre ad essere più sicuro e all'avanguardia, agevolerebbe notevolmente gli utenti, che potrebbero evitare di pagare in contanti -:
se il Ministro sia a conoscenza del problema esposto in premessa e se non intenda adoperarsi

affinché presso gli uffici dell'ACI possa essere utilizzato come metodo di pagamento anche quello attraverso le carte di credito.
(4-12222)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, l'interrogante, lamenta che tra i sistemi di pagamento del bollo auto presso gli uffici dell'Automobile club d'Italia e in particolare quelli dell'ACI Milano non è previsto il pagamento con carta di credito evidenziando che tale sistema di pagamento agevolerebbe gli utenti evitandogli di pagare in contanti somme di denaro ingenti.
L'interrogante chiede di sapere se il Ministro del turismo sia a conoscenza del problema e se non intenda adoperarsi affinché presso gli uffici dell'ACI possa essere utilizzato come metodo di pagamento anche quello attraverso carta di credito.
Al riguardo, si rappresenta che l'ACI ha posto in essere una serie di attività di coordinamento al fine di aumentare e semplificare i servizi di pagamento degli oneri automobilistici che si effettuano presso le delegazioni degli Automobile club provinciali in modo da venire incontro alle esigenze dell'utenza, in coerenza con la missione di agevolare gli automobilisti.
In particolare, nel 2009 è stato varato un progetto, per incentivare e uniformare il pagamento in forma elettronica presso le suddette delegazioni (le quali, va ricordato, costituiscono una rete di operatori professionisti ai sensi della legge 8 agosto 1991 n. 264 convenzionati con gli Automobile club provinciali), che ha previsto l'acquisizione di un
network proprietario di POS e la distribuzione in pochi mesi di 1.356 POS a 1.270 punti vendita, con una percentuale di copertura a livello nazionale pari al 91 per cento.
Tali sistemi consentono di effettuare i pagamenti con moneta elettronica per tutti i servizi offerti dalla rete ACI, compreso il bollo.
È utile rammentare, inoltre, che fin dall'anno 2001 l'ACI ha anche introdotto il pagamento con carta di credito della tassa automobilistica sul proprio sito internet (servizio «Bollonet», utilizzato nel 2010 da ben 346.816 utenti per un totale di 62.934.991,98 euro riscossi per conto dell'erario) e a mezzo telefono (servizio «Telebollo» utilizzato nel 2010 da 8.401 utenti che hanno effettuato versamenti per complessivi euro 1.767.706,16).

Il Ministro per il turismo: Michela Vittoria Brambilla.

JANNONE. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Mediterraneo è una delle regioni marittime maggiormente sfruttate e più densamente popolate, sulla quale si affacciano ventidue nazioni diverse tra loro per economia, ordinamento e cultura. Questo bacino continua a essere un crocevia di commerci anche nel XXI secolo: i traffici marittimi sono in netto incremento, con una stima di crescita del 18 nel prossimo decennio e con un ulteriore armento dei transiti di navi mercantili, stimato attorno al 23 per cento totale. Il Mediterraneo, nonostante rappresenti solo l'1 per cento della superficie marina globale, è una rotta di vitale importanza per l'energia globale, in particolar modo per l'Europa e l'Italia: vi transitano circa 420 milioni di tonnellate di greggio all'anno, pari a circa il 20 per cento del traffico globale, e 30 milioni di tonnellate di gas liquido. Anche l'interconnessione tra le sue due sponde va progressivamente aumentando, con il 25 per cento circa del fabbisogno energetico europeo che proviene dai Paesi della sponda sud del Mediterraneo. A ciò si aggiunge un'ampia varietà di traffici illeciti, dagli esseri umani, alla droga, alle armi, anche di distruzione di massa, senza dimenticare le navi dei veleni e i loro pericolosissimi carichi di rifiuti tossici. L'insieme di questi fattori evidenzia come il «Mare Nostrum» continuerà a essere il denominatore dei cambiamenti negli anni a venire, in tutti i settori, dal sociale all'industriale, al politico, al commerciale, senza dimenticare gli scambi interculturali e l'approccio alle problematiche ambientali. Logica conseguenza sarà una crescente competizione per lo sfruttamento delle risorse del suolo e sottosuolo marino.

Tutto ciò renderà sempre più complesso il dominio marittimo e richiederà sempre maggiori interazioni tra gli aventi causa, i cosiddetti stakeholder. Le croniche instabilità che mettono a repentaglio la convivenza e lo sviluppo pacifico di alcune delle sue popolazioni, il terrorismo marittimo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, il traffico di esseri umani, senza dimenticare il fenomeno del terrorismo jihadista, che si pone l'obiettivo di abbattere i governi islamici moderati, tutto ciò dimostra come la sicurezza delle nostre nazioni sia strettamente legata alla stabilità del Mediterraneo e delle sue regioni limitrofe, dal Mar Rosso al Golfo Arabico (cosiddetto Mediterraneo allargato);
in questo senso, nell'ultimo decennio innumerevoli iniziative si sono poste l'obiettivo di incrementare la sicurezza, promuovere la stabilità e sostenere lo sviluppo economico della regione. L'Italia, per la sua posizione baricentrica e per la marcata attitudine al dialogo e alla coesistenza pacifica, ha saputo svolgere un ruolo importante per la creazione di un'area di dialogo, scambio e cooperazione, capace di garantire la pace e la prosperità nel Mediterraneo. La Marina militare, in linea con l'approccio del Paese, è da sempre particolarmente attiva, sia nello sviluppo nella dimensione marittima di iniziative di più ampio respiro, sia attraverso il lancio di forme innovative di cooperazione. Il dialogo e la cooperazione rappresentano, infatti, l'elemento catalizzante di tutte le attività della Marina militare, nello sviluppo di un efficace contributo al concetto strategico della difesa, che vede le forze armate assolvere a funzioni di «homeland defence and security» e garantire «capacità expeditionary». In ambito marittimo ciò si sostanzia nello sviluppo di una sorveglianza marittima integrata e della proiezione di capacità del mare e sul mare: la combinazione di tali funzioni, tipiche delle Marine, potrà costituire una solida base per il miglioramento delle condizioni di sicurezza nel Mediterraneo allargato, area strategica di interesse nazionale ma non solo. La capacità di relazionarsi in modo franco e disponibile con i Paesi costieri del bacino ha premiato, sul piano bilaterale, lo sforzo fatto dalla forza armata, che può vantare una costruttiva cooperazione, concreta nei risultati e caratterizzata da un approccio comune alle problematiche di maggior interesse nel campo marittimo;
è nel contesto multilaterale che si individuano le forme più adeguate per il conseguimento di quella che i militari definiscono «interoperabilità»: le iniziative multilaterali, infatti, si basano sempre su esigenze comuni a più attori e sulla condivisione di approccio e obiettivi. Tale condivisione consente, alle nazioni e alle Marine, di confrontarsi efficacemente con la complessità degli scenari moderni e di massimizzare la sicurezza marittima negli spazi di interesse comune, in un ambito che per pluralità di attori, sistemi e modalità di lavoro, richiede a tutti di operare con flessibilità per il raggiungimento sinergico degli obiettivi. La Marina militare partecipa come partner di riferimento alle più svariate iniziative di cooperazione originate dagli altri, ma, al contempo, ha saputo sviluppare numerose ed autonome progettualità di successo. La prima, in ordine di tempo, è l'«Adrion, Iniziativa Adriatico-Ionica», avviata nel 2004, che rappresenta un valido modello funzionale alla stabilità di una regione, attraverso l'acquisizione di un livello di reciproca confidenza che, insieme alla condivisione di esperienze e addestramento, rappresenta il valore aggiunto della cooperazione internazionale, anche in un'area caratterizzata nel recente passato da profonde instabilità, e nella quale certe forme di collaborazione militare, non più tardi di 7-8 anni fa, potevano apparire irrealizzabili. L'Adrion è stata capace di trasformare rapidamente le idee in azioni: a meno di diciotto mesi dall'avvio dell'iniziativa, le Marine di Albania, Croazia, Grecia, Italia, Montenegro e Slovenia sono state capaci di organizzare una prima esercitazione congiunta, con impiego effettivo di forze navali, momento fondamentale anche per il consolidamento delle allora aspirazioni di alcuni di questi Paesi a entrare nella Nato, Albania e Croazia. Le esercitazioni,

elemento di spicco di un variegato piano di lavoro congiunto, si tengono annualmente dal 2006 e sono organizzate e sviluppate a rotazione tra le Marine partecipanti;
un ulteriore proficuo esempio è rappresentato dall'iniziativa 5 + 5 - con la partecipazione di Algeria, Libia, Marocco e Tunisia, insieme a Francia, Italia, Malta, Portogallo e Spagna - un'iniziativa a tutto tondo nell'ambito delle Difese, ma la cui dimensione marittima risulta elemento trainante: la condotta di esercitazioni comuni, il periodico incontro tra i rispettivi capi delle Marine e la disponibilità di un comune strumento di condivisione delle informazioni danno sostanza e solidità alla dimensione marittima dell'iniziativa, considerata strategica dalla Marina militare. Un'altra iniziativa regionale supportata attivamente è la cosiddetta iniziativa 8 + 6, che unisce i sei Paesi del GCC (Consiglio di cooperazione del golfo), con otto Paesi europei (Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna e Regno Unito), nell'ambito della quale la Marina Alitare ha il privilegio di esercitare la leadership della relativa dimensione marittima, il cui sviluppo passa attraverso la condotta di attività addestrative congiunte e la disponibilità di sistemi comuni di scambio di informazioni;
le iniziative multilaterali consentono alle Marine di sviluppare procedure operative comuni, attraverso la condotta di esercitazioni congiunte, e creano un background adeguato per un'interazione sempre più ampia, che va dalle attività di mentoring e di addestramento, alla formazione del personale, al mutuo supporto in campi specifici. La capacità di condividere informazioni gioca un ruolo cruciale in tale processo e in quest'area di cooperazione la Marina Militare investe in modo significativo. Dal 2004 infatti con il lancio del progetto V-RMTC (Virtual regional marittime Traffic centre), un sistema basato su tecnologie internet, è stato avviato un processo di scambio di informazioni relative al traffico mercantile, che ha riscontrato il crescente interesse di molte Marine che hanno dato vita a tre comunità, cui al momento accedono ventinove Marine. Il V-RMTC rappresenta una valida sintesi tra l'utilizzo equilibrato della information technology e lo spirito di cooperazione tra le Marine partecipanti. Il suo continuo miglioramento, grazie al contributo complessivo in termini di condivisione dei dati e al crescente numero di Marine aderenti, ne testimonia chiaramente la validità, quale strumento di cooperazione, ma anche come elemento importante per l'acquisizione di una piena conoscenza del dominio marittimo essenziale per garantire la sicurezza dei nostri traffici commerciali, la cosiddetta marittime situational awareness (Msa);
tutte le Marine europee condividono l'idea che la «maritime/security» sia una combinazione di Maritime Situational awareness, ovvero della piena consapevolezza di ciò che avviene nel dominio marittimo, e di maritime security operations, cioè quelle attività operative svolte attraverso l'impiego di mezzi aeronavali, per rispondere concretamente alle minacce e alla sicurezza. La Marina militare si è spinta oltre, nella consapevolezza che nessuna stabilità e sicurezza è possibile senza la convinta partecipazione di tutti gli attori e in particolare degli stati costieri nelle aree di crisi, a tutela della sicurezza della nazione e dei Paesi alleati, proponendo di considerare la maritime capacity building, abbinata al binomio «dialogo e cooperazione», come elemento integrante, se non chiave, per il perseguimento dell'obiettivo finale -:
quali iniziative il Ministro intenda promuovere al fine di realizzare una più stretta collaborazione delle forze armate italiane, con le corrispettive estere, per rendere l'area del Mediterraneo luogo fertile di scambi commerciali ed energetici, volti allo sviluppo e al sostentamento di tutti i Paesi coinvolti.
(4-08228)

Risposta. - È indubbio il forte impegno della Difesa nelle attività di dialogo e cooperazione a salvaguardia del libero svolgimento dei traffici commerciali nel Mediterraneo,

nonché per il mantenimento della stabilità nell'area geopolitica d'interesse.
L'obiettivo, condiviso con i paesi rivieraschi del bacino mediterraneo, d'incrementare la sicurezza e la legalità in quell'area, comporta, per ovvi motivi, che l'impegno delle Forze armate dei paesi interessati sia a prevalente componente navale.
Ritengo, tuttavia, opportuno sottolineare come tale importante forma di cooperazione, che si sviluppa attraverso le iniziative richiamate in premessa dall'interrogante -
in primis, l'iniziativa denominata 5+5, il cui action plan annuale vede, peraltro, lo svolgimento di attività addestrative con il contributo di tutte le Forze armate e non soltanto della Marina - si integri con altre - di carattere bilaterale e multilaterale - che sono svolte, principalmente, in ambito NATO.
In particolare, a livello bilaterale la Difesa negozia e sottoscrive, con cadenza periodica, dei piani di cooperazione con la quasi totalità dei Paesi rivieraschi (nord Africa, area balcanica, Medio oriente) e con alcuni Paesi - situati, soprattutto, nella penisola arabica - dell'area del cosiddetto «mediterraneo allargato».
I piani possono anche prevedere l'addestramento congiunto e lo scambio di esperienze in diversi settori della difesa e contemplano, di norma, la partecipazione di tutte le Forze armate nazionali.
La Difesa offre, inoltre, ai paesi coinvolti, un'ampia disponibilità di corsi di formazione per personale militare straniero da svolgere in Italia, assumendo, in taluni casi, parte degli oneri legati a tale forma di cooperazione. Particolare attenzione viene posta all'offerta di corsi di alta valenza formativa (quali quelli svolti presso l'Istituto alti studi per la Difesa - IASD, l'istituto superiore di Stato maggiore interforze - ISSMI e le accademie militari), per favorire, a livello adeguato, il
confidence building alla base di una pacifica e proficua collaborazione futura; non mancano, tra l'altro, corsi di alto contenuto specialistico che vengono effettuati presso tutte le Forze armate e i corsi del Centro di eccellenza per le unità di polizia di stabilità (centro di formazione dell'Arma dei carabinieri) di Vicenza.
A livello multilaterale, invece, partecipiamo alle attività di cooperazione svolte nei diversi fori internazionali, con particolare riferimento alle attività condotte in ambito NATO, tra cui vorrei ricordare:
il
Mediterranean dialogue, avviato con il vertice NATO del gennaio 1994 ed elevato a rango di partenariato con 7 paesi dell'area (Algeria, Egitto, Giordania, Israele, Mauritania, Marocco, Tunisia) con il vertice di Istanbul del 2004; l'iniziativa rappresenta un foro per la migliore comprensione reciproca in tema di sicurezza, training, education e controllo civile e democratico delle Forze armate;
Istanbul cooperation iniziative, avviata per promuovere la cooperazione con i paesi del Gulf cooperation council (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Babrain, Kuwait, Oman, Qatar).
Infine, sempre in ambito NATO, le nostre Forze armate partecipano, con propri assetti, all'operazione
Active endeavour condotta nel Mediterraneo per contrastare la minaccia terroristica, nonché ad esercitazioni condotte, su base multilaterale, con i Paesi dell'area interessata.
Assicuro, concludendo, che la Difesa continuerà ad essere parte attiva in ogni forma di dialogo e di cooperazione, nonché nei processi di integrazione e di collaborazione con le Forze armate degli altri Paesi interessati al consolidamento della stabilità e della sicurezza del Mediterraneo, operando in armonia con le decisioni e le iniziative prese nell'ambito della NATO e dell'Unione europea.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

LAMORTE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 15 ottobre 2010 è stato pubblicato su Il Mondo, settimanale economico del Corriere della Sera, a firma Andrea Ducci,

un articolo dal titolo «Una tassa nascosta per foraggiare i sindaci» con un occhiello molto eloquente «Scandali»: un tesoretto dello 0,8 per mille sull'ICI alimenta una fondazione dell'Anci;
in detto articolo è riportato, puntualmente, e con dovizia di particolari, l'utilizzo di denaro pubblico così come illustrato con un atto di sindacato ispettivo dell'interrogante indirizzato sempre al Ministro interrogato e rimasto senza risposta;
in Ifel sono confluite somme riscosse a titolo ICI che non è stato possibile attribuire ai comuni secondo quanto disposto dall'articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 (convertito dalla legge n. 43 del 31 marzo 2005);
in data 16 luglio 2010 il Ministro ha emanato un decreto che definisce la procedura per il riversamento da Ifel ai comuni individuati cui l'ICI era destinata;
secondo quanto riportato nell'articolo succitato l'Ifel ha già speso 15 milioni dei 35 non attribuiti;
il comune di Oulx ha assunto un'iniziativa tendente a non versare più all'Ifel il contributo dello 0,8 per mille, perché l'Ifel non offre alcun servizio effettivamente utile per i comuni stessi, interpretando, oltremodo, una diffusa opinione dei sindaci dei comuni italiani -:
se il Ministro non ritenga di intervenire, urgentemente, con un provvedimento ad hoc per bloccare la somma residua e metterla a disposizione dei comuni attraverso una procedura atta a individuare i comuni inizialmente destinatari dell'imposta;
se intenda assumere iniziative volte alla soppressione di quella che all'interrogante appare una «tassa nascosta» mal sopportata dai sindaci e ridistribuire ai comuni l'eventuale somma residua;
se intendano acquisire dettagliati elementi in ordine all'utilizzo delle somme incamerate da Ifel in conformità alle finalità previste dalla legge istitutiva del contributo dello 0,8 per mille e delle somme che si riferiscono all'Ici non attribuita, posto che appare indispensabile che il Ministero superi eventuali remore che potrebbero derivare dal ruolo e dall'importanza dell'Associazione nazionale comuni italiani.
(4-09165)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, l'interrogante rileva che le somme riscosse a titolo di imposta comunale sugli immobili (ICI) sono confluite all'Istituto per la finanza e l'economia locale (Ifel) e non sono state attribuite ai comuni ai sensi dell'articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 (convertito dalla legge n. 43 del 31 marzo 2005) e chiede che il Governo provveda a bloccare le somme residue e metterle «a disposizione dei comuni attraverso una procedura atta ad individuare i comuni inizialmente destinatari dell'imposta» e, nel contempo, ad acquisire dettagliati elementi in ordine all'utilizzo delle somme incamerate dall'Ifel in conformità alle finalità previste dalla legge istituiva del contributo delle somme dello 0,8 per mille e delle somme che si riferiscono all'ICI non attribuita».
Al riguardo, l'Istituto per la finanza e l'economia locale (Ifel), per il tramite degli uffici competenti dell'amministrazione finanziaria, ha rappresentato quanto segue.
Con riferimento alle somme riscosse a titolo di ICI che non è stato possibile attribuire ai comuni, l'Ifel ha riferito che il decreto-legge del 31 gennaio 2005 n. 7, convertito con legge del 31 marzo 2005, n. 43, all'articolo 7 comma 2-
bis, stabilisce che i concessionari, nonché gli altri soggetti che effettuano la riscossione dell'ICI, sono tenuti a dichiarare l'importo delle somme riscosse a titolo di imposta comunale sugli immobili che non è stato possibile attribuire ai comuni. Il decreto stabilisce altresì che tali somme siano destinate in via prioritaria ad attività di formazione nel campo della gestione del tributo ed alle politiche di informazione al contribuente.
L'articolo 4, comma 3, del decreto ministeriale 22 novembre 2011 stabilisce che i soggetti che effettuano la riscossione dell'ICI versano gli importi relativi alle somme ICI che non è

stato possibile attribuire in un apposito conto corrente bancario vincolato intestato alla Fondazione IFEL.
Complessivamente gli introiti versati ad IFEL dal 2006 al 2009 ammontano ad euro 37.403.127, di cui interessi attivi maturati per un importo pari a 2.144.786 di euro; in totale le riserve per Ici non attribuita al 31 dicembre 2009 ammontano ad euro 21.498.064. Inoltre nel 2010 sono stati incassati allo stesso titolo euro 728.307, pertanto le riserve ammontano attualmente ad euro 14.756.157.
Riguardo alla restituzione ai comuni competenti delle somme relative all'ICI non attribuita, l'istituto ha precisato che, le somme relative all'ICI non attribuita versate allo stesso sono restituite ai comuni nel caso in cui sia provata la titolarità delle somme in questione secondo le modalità stabilite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 16 luglio 2010.
Ad oggi risultano pervenute ad Ifel un totale di 284 richieste corrispondenti ad un importo pari ad euro 425.010,17.
Nel dettaglio, le richieste pervenute risultano:
evase 75 richieste per un totale di euro 72.886,58;
24 in corso di liquidazione per un totale di euro 21.877,59;
165 in sospeso per richieste corrispondenti all'importo di euro 318.110 ca.; tra queste 62 ci mancanti di una parte di documentazione e 10 risultano prive di documentazione;
20 in fase di verifica, corrispondenti all'importo di euro 12.136.

Sono inoltre state accantonate le somme di ICI non attribuita relativa alle annualità non prescritte, in modo che sia garantita la disponibilità delle somme che i comuni abbiano diritto al rimborso.
In proposito, nell'allegato 1 l'IFEL ha elencato i comuni ai quali, alla data odierna, è stato riversato l'importo richiesto.
Riguardo alla richiesta formulata dall'interrogante relativa all'utilizzo delle somme relative, all'ICI non attribuita da parte di IFEL - aggiornato con i dati previsti per il 2010 - l'Istituto ha rappresentato che il decreto del Ministero dell'economia e della finanze del 22 novembre 2005 specifica le finalità verso cui indirizzare l'utilizzazione delle somme versate ad IFEL a titolo di ICI non attribuita:
per il finanziamento e l'organizzazione di attività di formazione gratuita del personale dei comuni addetto alla gestione dei tributi locali (articolo 6);
alla promozione di attività di informazione del contribuente (articolo 6);
alla realizzazione di studi e ricerche nel campo della finanza locale per un importo fino ad un massimo del venticinque per cento degli importi annualmente disponibili (articolo 8).

La Fondazione ha quindi utilizzato riserve fino al 31 dicembre 2009 per un totale di euro 15.905.063, così spesi: nel 2007 per un importo di euro 5.281.671, nel 2008 euro 5.178.903 e nel 2009 euro 5.444.489. Nel 2010, inoltre, ha utilizzato riserve per euro 7.470.214 (stima del preconsuntivo).
Scendendo più nel dettaglio i fondi sono stati utilizzati per le seguenti attività ed importi:
per la formazione gratuita del personale dei comuni:
euro 5.672.779 fino al 31 dicembre 2009;
euro 3.126.080 per l'anno 2010;
per la comunicazione ed informazione al contribuente:
euro 4.949.292 fino al 31 dicembre 2009;
euro 2.530.429 per l'anno 2010;
per studi e ricerche:
euro 1.781.242 fino al 31 dicembre 2009;
euro 800.305 per l'anno 2010;

per infrastrutture tecnologiche strumentali alle attività di formazione, informazione e ricerca:
euro 500.000 fino al 31 dicembre 2010;
per attività in favore dei comuni di formazione e informazione in materia di gestione delle funzioni catastali e sugli aspetti organizzativi e gestionali ad essa collegati:
euro 3.001.750 fino al 31 dicembre 2009 (2007);
per l'analisi dei bilanci e della spesa locale al fine della determinazione dei fabbisogni standard:
euro 1.013.400 per l'anno 2010.

Nell'allegato 2 è stata rappresentata una tabella riepilogativa delle somme utilizzate per annualità.
In merito alle attività ordinarie di IFEL ed il relativo finanziamento, l'IFEL ha fatto presente che la fondazione è stata costituita in attuazione del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 22 novembre 2005 ed è tenuta a svolgere funzioni specifiche previste da norme di legge o decreti ministeriali. Per alcune di queste funzioni, l'IFEL è subentrata nello svolgimento delle attività di competenza del Consorzio ANCI-CNC per la fiscalità locale.
La Fondazione svolge attività di analisi, ricerca, monitoraggio, assistenza, informazione e formazione nel campo della finanza e dell'economia locale (come indicato nell'allegato 3).
In particolare, l'IFEL:
concorre all'attuazione delle riforme della finanza locale, attraverso l'analisi dei bilanci e della spesa locale anche al fine della determinazione dei fabbisogni standard (articolo 5 del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216 e articolo 1, comma 23 della legge del 13 dicembre 2010, n. 220);
realizza servizi finalizzati a fornire adeguati strumenti conoscitivi per un'efficace azione di accertamento dei tributi dei comuni, nonché per agevolare i processi telematici di integrazione nella pubblica amministrazione ed assicurare il miglioramento dell'attività di informazione dei contribuenti (articolo 7, comma 2-
ter del decreto-legge del 31 gennaio 2005 n. 7 convertito con legge del 31 marzo 2005, n. 43);
assicura «adeguata e sistematica informazione ai comuni, ai contribuenti ed al Ministero dell'economia e delle finanze, attraverso la fornitura di dati, elaborazioni statistiche, studi ed ogni altro elemento utile per l'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili e degli altri tributi comunali» (articolo 2 decreto del ministero dell'economia e delle finanze del 22 novembre 2005);
promuove l'ideazione e la realizzazione dei processi telematici finalizzati allo scambio dei dati fra l'amministrazione centrale e gli enti locali in materia tributaria (articolo 2 decreto del ministero dell'economia e delle finanze del 22 novembre 2005);
provvede alla formazione e gestione dell'anagrafe dei contribuenti dell'imposta comunale sugli immobili (decreto del Ministero delle finanze dell'11 ottobre 1993);
provvede alla raccolta delle aliquote e dei regolamenti relativi all'imposta comunale sugli immobili (decreti del Ministero delle finanze del 7 giugno 2000 e del 31 luglio 2000).

Inoltre sulla base del suo statuto, la Fondazione IFEL:
cura la progettazione, la realizzazione e la diffusione di banche dati contenenti informazioni di finanza territoriale, atte a supportare l'attività degli enti locali nella gestione delle risorse finanziarie e strumentali;
promuove e coordina il monitoraggio permanente sulla fiscalità locale, con particolare orientamento allo studio e alla formulazione di proposte e suggerimenti per la concreta attuazione dei principi costituzionali di autonomia e potestà tributaria dei comuni;

promuove studi, seminari, incontri, iniziative culturali e di comunicazione, d'interesse economico e finanziario per le pubbliche amministrazioni locali;
realizza prodotti editoriali, pubblica rapporti annuali sulla finanza locale e fornisce assistenza tecnica e formativa al personale degli enti territoriali;
valorizza e promuove a livello europeo modelli gestionali di eccellenza selezionati fra i comuni meglio organizzati.

Il finanziamento delle attività è assicurato, secondo quanto previsto dall'articolo 3 del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 22 novembre 2005, da un contributo pari ad una percentuale del gettito ICI. La legge di stabilità 2011 (articolo 1, comma 23 della legge del 13 dicembre 2010, n. 220) ha portato tale contributo dallo 0,8 per mille all'1 per mille del gettito ICI in ragione delle nuove funzioni assegnate ad IFEL in materia di attuazione della legge n. 42 del 2010 («legge delega sul federalismo fiscale»).
Gli introiti effettivi di IFEL a valere sul citato contributo nel periodo 2006-2009 sono pari ad euro 28.518.315, così distribuiti:
euro 7.081.632 nel 2006;
euro 6.114.241 nel 2007;
euro 6.421.658 nel 2008;
euro 8.900.784 nel 2009.

Inoltre la stima del contributo per il 2010 è pari ad euro 8.918.812.
Infine, in merito alla diversa questione circa l'iniziativa del comune di Oulx (Torino) di non versare più il contributo dello 0,8 per mille, l'IFEL ha riferito che la Corte e conti ha chiarito che, alla luce della vigente normativa, il contributo in argomento è a carico di qualunque soggetto che procede alla riscossione.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Bruno Cesario.

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione normativa. - Per sapere - premesso che:
il Governo ha ottimamente operato per semplificare la normativa e gli obblighi ad essa connessi, sopratutto per il mondo delle piccole e medie imprese (PMI);
il certificato di prevenzione incendi (CPI) rilasciato dal comando dei vigili del fuoco comporta spesso numerosi adempimenti burocratici molto onerosi, specialmente per una piccola impresa in fase di avvio -:
se e quali interventi - anche normativi - il Governo intenda promuovere ai fini di semplificare le procedure per l'ottenimento di un certificato di prevenzione incendi da parte di una piccola e media impresa.
(4-05412)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta che i percorsi procedimentali necessari a garantire uno stabile assetto regolamentare, nell'ottica dello snellimento soprattutto dei compendi documentali, sono stati efficacemente condotti dal Ministero dell'interno assieme al Ministro per la semplificazione normativa, al Ministro della pubblica amministrazione e l'innovazione e al Ministero dello sviluppo economico.
Si ricorda, inoltre, che il 1o agosto 2011 è stato adottato, su proposta dei suddetti Ministri e di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il decreto del Presidente della Repubblica n. 151: «Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell'articolo 49, comma 4-
quater del decreto-legge 31 maggio 2010, n 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 settembre 2011, n. 221 e in vigore dal 7 ottobre 2011. Il richiamato decreto del Presidente della Repubblica riduce gli adempimenti amministrativi in materia di prevenzione incendi, introducendo rilevanti semplificazioni procedimentali. Sulla base del principio di proporzionalità, differenzia le attività sottoposte ai controlli di prevenzione incendi in tre categorie: A, B e C, individuate nell'allegato I, che vengono sottoposte ad una disciplina differenziata in relazione alla dimensione dell'impresa, all'attività svolta, all'esistenza di precise regole tecniche, nonché alle esigenze di tutela della pubblica incolumità ad esse connesse. Tale distinzione è volta a razionalizzare le attività di accertamento e di controllo ai fini antincendio, assicurandole in quei settori che, sulla base di evidenze statistiche, presentano un rischio più elevato, mentre per le attività non suscettibili di provocare rischi significativi per la pubblica incolumità (allegato I, categoria A), si eliminano adempimenti inutili e si prevede un iter procedimentale più accelerato. Le semplificazioni procedurali previste sono perseguite attraverso l'utilizzo della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), ai sensi dell'articolo 19 della legge n. 241 del 1990, e l'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 2010. In particolare, si prevede che la SCIA sostituisca la dichiarazione attualmente richiesta dal decreto del Presidente della Repubblica n. 37 del 1998 ai fini del rilascio del certificato antincendi e che per le attività produttive soggette ai controlli di prevenzione incendi, sia effettuato il raccordo con la disciplina dello sportello unico per le attività produttive (SUAP). Le destinatarie dirette dello schema di regolamento in oggetto sono le piccole e medie imprese (PMI) per le quali sono stati stimati oneri in materia di prevenzioni incendi pari a circa 1,4 miliardi di euro l'anno. Le semplificazioni procedurali previste mirano a consentire una riduzione di tali costi attraverso la fissazione di tempi certi per l'attuazione dei controlli, ancorandoli alla tempistica dell'articolo 19 della legge n. 241 del 1990, e a informatizzare gli adempimenti procedimentali mediante il coordinamento con il decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 2010. Tale ultimo aspetto sembra coerente con quanto previsto dall'articolo 38, comma 3, lettera a) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6

agosto 2008, n. 133, nonché dall'articolo 4, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160, ai sensi dei quali il SUAP costituisce l'unico punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva e fornisce una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte nel procedimento, comprese quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità.
Si rappresenta, altresì, che l'
iter di approvazione del decreto del Presidente della Repubblica in parola è iniziato nell'autunno dello scorso anno e ha visto il coinvolgimento, oltre che delle associazioni di categoria che sono state consultate dalle amministrazioni proponenti, anche del comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi, che ha espresso il suo parere il 23 febbraio 2011, del Consiglio di Stato, che si è pronunciato nell'adunanza del 21 marzo 2011 e delle Commissioni parlamentari competenti, le quali hanno reso i loro pareri nelle sedute del 31 maggio e 28 giugno 2011.
Si segnala, infine, che il Ministero dell'interno insieme al Ministro per la semplificazione normativa e al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, ha avviato i lavori per la predisposizione del decreto ministeriale di attuazione del decreto del Presidente della Repubblica in oggetto (ai sensi dell'articolo 2, comma 7), che disciplina le modalità di presentazione delle istanze e della relativa documentazione. L'adozione del decreto ministeriale sarà preceduta dalla pubblicazione sul sito istituzionale del dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile (www.vigilfuoco.it) di una circolare in cui saranno indicati i primi indirizzi applicativi della nuova disciplina.

Il Ministro per la semplificazione normativa: Roberto Calderoli.

REGUZZONI. - Al Ministro per il turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la pianura padana ha una configurazione pianeggiante ed una ricchezza e varietà di opere architettoniche, storiche, culturali tali che ben si presta ad ospitare formule di turismo che vedono nella bicicletta l'elemento centrale di trasporto;
tale formula di turismo, molto sviluppata in tanti paesi europei e negli USA, è molto apprezzabile poiché coniuga rispetto delle natura, attenzione anche ai luoghi meno noti, sostegno a quelle iniziative agrituristiche tanto importanti per l'economia di molte aree rurali -:
se e quali iniziative il Governo abbia realizzato o intenda realizzare per incrementare la realizzazione di infrastrutture (piste ciclabili, punti di noleggio biciclette e altro) utili a promuovere formule di turismo come descritte in premessa.
(4-05462)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, a seguito della documentazione trasmessa dal competente Ministero delle infrastrutture e trasporti, si forniscono gli elementi richiesti in materia di mobilità ciclistica e gli interventi in corso per incentivare tale mezzo di trasporto attraverso l'estensione della rete di piste ciclabili.
La materia è stata oggetto della normativa recata dalla legge 19 ottobre 1998, n. 366 «Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica».
Tale legge è nata con lo scopo di promuovere in ambito sociale la formazione e l'incentivazione dell'uso della bicicletta come mezzo di trasporto prevedendo in tal modo la possibilità di realizzare un sistema alternativo al trasporto individuale che possa contribuire alla soluzione dei maggiori problemi di congestione del traffico urbano, con la conseguente diminuzione dei livelli d'inquinamento ambientale.
La legge, peraltro, ha previsto, non solo la costruzione di reti di piste ciclabili, ma anche la sviluppo della mobilità su due ruote con interventi formativi e informativi.

Inoltre il legislatore, con la legge n. 366 del 1998, ha previsto l'emanazione di un regolamento da parte del Ministero delle infrastrutture e trasporti, per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili, ispirato ai due criteri fondamentali della valorizzazione e dello sviluppo della mobilità ciclistica e di quello non meno importante della sicurezza della circolazione delle utenze deboli nei confronti dei veicoli a motore.
Tale regolamento è stato emanato nel 1999.
La legge ha previsto all'articolo 3 la costituzione di un fondo presso il Ministero competente per il finanziamento degli interventi a favore della mobilità ciclistica per la valorizzazione e lo sviluppo dello stessa.
Per quanto attiene il piano di riparto delle risorse disponibili, le stesse sono state individuate sulla base dei piani predisposti, come previsto dalla legge, dalle Regioni per la realizzazione di reti di piste ciclabili e ciclopedonali, per la costruzione di parcheggi attrezzati, per la realizzazione d'intese sia con Ferrovie dello Stato S.p.A. sia con le aziende di trasporto pubblico o in concessione, per promuovere l'intermodalità con detti sistemi di trasporto e l'uso della bicicletta, per ogni altro intervento finalizzato allo sviluppo e alla sicurezza del traffico ciclistico.
Tali piani sono stati elaborati sulla base dei progetti presentati dai Comuni e dalle Province e ponendo come priorità i collegamenti con gli edifici scolastici, con le aree verdi, con le aree destinate ai servizi, alle strutture socio sanitarie, con la rete di trasporto pubblico, con gli uffici pubblici e con le aree di diporto e turistiche.
La ripartizione della quota annuale del fondo è stata di volta in volta approvata seguendo la procedura stabilita dalla legge, dopo aver acquisito il parere preventivo della Conferenza Stato Regioni, con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, sulla base dei piani regionali presentati, in proporzione ai fondi stanziati autonomamente da ogni regione e in conformità a quanto impegnato nell'esercizio finanziario precedente.
I criteri e le procedure applicative proposti dalla Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle Province per il riparto del fondo e condivisi dal Ministero competente sono stati i seguenti:
40 per cento in parti uguali fra tutte le Regioni e Province autonome che hanno presentato nuovi programmi di mobilità ciclistica;
30 per cento in proporzione ai fondi stanziati autonomamente da ogni singola regione per le finalità della legge;
30 per cento in conformità a quanto impegnato dalla Regione nell'esercizio finanziario precedente a quello di riparto.

In ogni caso la legge n. 366 del 1998 ha fissato a non meno del 50 per cento dell'intervento ammesso a finanziamento, la misura del cofinanziamento delle Regioni e/o altri enti locali.
Tale legge ha previsto che, per i finanziamenti degli interventi a favore della mobilità ciclistica fossero autorizzati limiti d'impegno pari a lire 11 miliardi per 15 anni. Tali risorse sono state trasferite alle Regioni quale concorso dello Stato agli oneri derivanti dalla contrazione di mutui o di altre operazioni finanziarie che le Regioni stesse sono state autorizzate ad effettuare.
Una prima attuazione della legge è avvenuta con l'emanazione del Decreto del Ministero dei trasporti in data 7 giugno 2000 con il quale è stata approvata la ripartizione tra le Regioni e le Province autonome della quota annuale del fondo per il finanziamento degli interventi a favore della mobilità ciclistica relativa all'annualità 1999.
Le quote annuali sono state oggetto di emissione di ruoli di spesa fissa da erogare con decorrenza dall'1 settembre 2001 all'1 settembre 2014 a favore delle Regioni e delle Province autonome inserite nel piano di riparto di cui al decreto 7 giugno 2000.
La legge n. 366 del 1998 ha avuto poi successivi finanziamenti dalle leggi finanziarie n. 488 del 1999 e n. 388 del 2000. La prima ha previsto risorse pari a lire 38 miliardi

concernenti il triennio 2000-2002, mentre la seconda ha previsto risorse pari a lire 60 miliardi per il triennio 2001-2003.
Dette risorse sono state ripartite tra le regioni e province autonome che avevano presentato i piani d'interventi per la mobilità ciclistica con i decreti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dell'11 aprile 2001 e del 9 novembre 2002 ed in seguito accreditate alle medesime.
Inoltre la legge finanziaria n. 448 del 29 dicembre 2001 ha previsto un rifinanziamento della legge n. 366 del 1998 ammontante ad euro 500.000 per gli anni 2002, 2003, 2004.
Da ultimo la legge 1 agosto 2002, n. 166 recante «Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti» all'articolo 18 ha previsto un ulteriore rifinanziamento della legge n. 366 del 1998 ammontante a 2 milioni di euro quale limite di impegno quindicennale, a decorrere dall'anno 2002.
Dalle notizie avute dal competente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (nota n. 333 del 5 gennaio 2010), si evince che la competente direzione generale del trasporto pubblico locale, è impegnata nella gestione delle procedure amministrative contabili necessarie al fine di erogare risorse già impegnate per le finalità di cui trattasi.
Il Ministro per il turismo: Michela Vittoria Brambilla.

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 21 dicembre 2009, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una serie di gare d'appalto, denominate rispettivamente A, B e C, per la fornitura di materiale di vestiario ed equipaggiamento destinato all'Arma dei carabinieri;
aggiudicatario dei lotti denominati A2 e B2 risultava essere un raggruppamento temporaneo di imprese costituito dalla Sinergy Group Srl, dalla tessitura di Crevacuore Spa e dalla S.C. Confectii Birlad, situata quest'ultima nel comune rumeno di Barlad;
il lotto A2, d'importo pari a 973.530 euro, è stato aggiudicato con ribasso del 10,48 per cento mentre il B2 d'importo pari a 792.135 euro è stato appaltato con il ribasso dell'8,95 per cento;
aggiudicatario del lotto denominato A3, d'importo pari a 512.277 euro, risultava, altresì un raggruppamento di imprese composto dalla La Griffe Srl e dalla società rumena S.C. Pelmag, basata nel comune di Craiova;
il lotto A3 è stato appaltato con il ribasso del 22,06 per cento -:
quale sia la proporzione di lavorazione eseguita sul territorio nazionale e quella invece realizzata in Romania.
(4-10178)

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 21 dicembre 2009, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una serie di gare d'appalto, denominate rispettivamente A, B e C, per la fornitura di materiale di vestiario ed equipaggiamento destinato all'Arma dei carabinieri;
la gara A è stata ulteriormente frazionata in otto lotti, rispettivamente denominati come segue: A1, A2, A3, A4, A5, A6, A7 ed A8;
a dispetto delle difficoltà in cui versava il comparto nazionale del tessile-abbigliamento, alla competizione per l'aggiudicazione dei relativi appalti partecipavano: due imprese per il lotto Al; un'impresa per il lotto A2; due imprese per il lotto A4; un'impresa per il lotto A5; due imprese per il lotto A6; due imprese per il lotto A7 ed un'unica impresa per il lotto A8;
soltanto con riferimento al lotto A3 si è riscontrata la partecipazione di un numero relativamente più ampio di aziende: quattro;

soltanto un'impresa è risultata esclusa dalle aste -:
se sia noto per quali ragioni la partecipazione delle imprese italiane alle aste citate in premessa è stata così bassa pur in costanza di una grave crisi congiunturale nel comparto tessile-abbigliamento del nostro Paese.
(4-10401)

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 21 dicembre 2009, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una serie di gare d'appalto, denominate rispettivamente A, B e C, per la fornitura di materiale di vestiario ed equipaggiamento destinato all'Arma dei carabinieri;
la gara B è stata ulteriormente frazionata in nove lotti, rispettivamente denominati come segue: B1, B2, B3, B4, B5, B6, B7, B8 e B9;
a dispetto delle difficoltà in cui versava il comparto nazionale del tessile-abbigliamento, alla competizione per l'aggiudicazione dei relativi appalti partecipavano: due imprese per il lotto B1; un'impresa per il lotto B2; due imprese per il lotto B4; due imprese per il lotto B5; tre imprese per il lotto B6; due imprese per il lotto B7, un'unica impresa per il lotto B8 e tre per il lotto B9;
soltanto con riferimento al lotto B3 si è riscontrata la partecipazione di un numero relativamente più ampio di aziende: cinque;
soltanto un'impresa è risultata esclusa dalle aste -:
se sia noto per quali ragioni la partecipazione delle imprese italiane alle aste citate in premessa è stata così bassa pur in costanza di una grave crisi congiunturale nel comparto tessile-abbigliamento del nostro Paese.
(4-10402)

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 21 dicembre 2009, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una serie di gare d'appalto, denominate rispettivamente A, B e C, per la fornitura di materiale di vestiario ed equipaggiamento destinato all'Arma dei carabinieri;
la gara C è stata ulteriormente frazionata in otto lotti, rispettivamente denominati come segue: C1, C2, C3, C4, C5, C6, C7 e C8;
a dispetto delle difficoltà in cui versava il comparto nazionale del tessile-abbigliamento, alla competizione per l'aggiudicazione dei relativi appalti partecipavano: tre imprese per il lotto C1; un'impresa per il lotto C2; due imprese per il lotto C4; tre imprese per il lotto C5; una sola impresa per il lotto C6; due imprese per il lotto C7 ed una sola impresa per il lotto C8;
soltanto con riferimento al lotto C3 si è riscontrata la partecipazione di un numero relativamente più ampio di aziende: cinque;
nessuna impresa, inoltre, è stata esclusa dalle aste -:
se sia noto per quali ragioni la partecipazione delle imprese italiane alle aste indicate in premessa è stata così bassa pur in costanza di una grave crisi congiunturale nel comparto tessile-abbigliamento del nostro Paese.
(4-10403)

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 29 novembre 2010, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una gara d'appalto suddivisa in due tronconi, rispettivamente denominati «gara A» e «gara B»;
la gara B contemplava a sua volta quattro lotti per la fornitura di materiali di vestiario ed equipaggiamento destinati all'Arma dei carabinieri;
l'importo inizialmente stimato dei lotti era pari, rispettivamente, a: euro 1.853.800; euro 2.535.000; euro 5.111.750; euro 909.000 iva esclusa;

stando a quanto è scritto nell'avviso concernente l'esito della gara B pubblicato in Gazzetta, si è fatto ricorso alla procedura ristretta accelerata;
alla gara per l'assegnazione dei singoli lotti ha partecipato un solo concorrente per lotto, in tutti i casi un raggruppamento temporaneo di imprese -:
se sia noto quali ragioni si ritenga abbiano causato una così ridotta partecipazione alla gara d'appalto e se in particolare sia ipotizzabile un difetto nelle strategie di comunicazione prescelte dal Ministero per assicurare la più ampia pubblicità possibile alla commessa.
(4-10405)

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 29 novembre 2010, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una gara d'appalto suddivisa in due tronconi, rispettivamente denominati «gara A» e «gara B»;
la gara A contemplava a sua volta quattro lotti per la fornitura di materiali di vestiario ed equipaggiamento destinati all'Arma dei carabinieri;
l'importo inizialmente stimato dei lotti era pari, rispettivamente, a: euro 5.533.000; euro 3.177.000; euro 444.000; euro 712.750 iva esclusa;
stando a quanto è scritto nell'avviso concernente l'esito della gara A pubblicato in Gazzetta, si è fatto ricorso alla procedura ristretta accelerata;
alla gara per l'assegnazione dei singoli lotti hanno partecipato rispettivamente: una sola impresa a quelle indette per il primo, il secondo ed il terzo lotto; tre imprese alla selezione per il quarto lotto;
risulta altresì essere stata esclusa un'impresa -:
quali siano le ragioni più probabili ad avviso del Ministro per una partecipazione tanto esigua e cosa abbia invece permesso la partecipazione di un numero relativamente più ampio di concorrenti alla procedura di selezione relativa al quarto lotto.
(4-10406)

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 29 novembre 2010, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una gara d'appalto suddivisa in due tronconi, rispettivamente denominati «gara A» e «gara B»;
la gara B contemplava a sua volta quattro lotti per la fornitura di materiali di vestiario ed equipaggiamento destinati all'Arma dei carabinieri;
l'importo inizialmente stimato dei lotti era pari, rispettivamente, a: euro 1.853.800; euro 2.535.000; euro 5.111.750; euro 909.000 Iva esclusa;
stando a quanto è scritto nell'avviso concernente l'esito della gara B pubblicato in Gazzetta, si è fatto ricorso alla procedura ristretta accelerata;
gli adempimenti per prendervi parte, comprensivi di certificazioni di laboratorio da ottenersi presso un unico stabilimento, dovevano perfezionarsi nel mese di agosto;
alla gara per l'assegnazione dei singoli lotti ha partecipato un solo concorrente per lotto, in tutti i casi un raggruppamento temporaneo di imprese che risulta aver offerto uno sconto simbolico, pari allo 0,55 per cento nel primo lotto, allo 0,12 per cento con riferimento al secondo, allo 0,31 per cento nel terzo ed allo 0,59 per cento con riferimento al quarto;
è stata prevista la possibilità di rinnovare per un triennio il contratto in regime di procedura negoziata, senza pubblicazione di alcun bando di gara;
è presumibile che una più larga pubblicità avrebbe permesso la partecipazione

alla gara di altre società in grado di praticare sconti superiori -:
quali siano le ragioni per le quali siano state attivate procedure tanto stringenti, che hanno avuto l'effetto di ridurre significativamente la partecipazione alla gara d'appalto, con conseguente pregiudizio attuale e nel prossimo triennio dell'interesse pubblico a contenere la spesa a parità di fornitura richiesta.
(4-11508)

Risposta. - Si risponde congiuntamente a tutte le interrogazioni in esame in quanto attinenti ad analoga tematica.
Per quanto riguarda gli atti n. 4-10401/4-10402/4-10403, vorrei, in primo luogo precisare che quanto rilevato dall'interrogante è riferibile soltanto alle imprese che hanno presentato l'offerta e non alle aziende che hanno chiesto di partecipare alle gare di appalto in questione (fornitura di materiale di vestiario e di equipaggiamento per il personale dell'Arma dei carabinieri), il cui numero, comunque, sia nel 2009 che nel 2010, è stato superiore a quanto indicato in premessa all'atto.
In particolare, sottolineo che la «proceduta ristretta» esperita dall'amministrazione ai sensi degli articoli 3 e 55 del decreto legislativo n. 163 del 2006, prevede la preselezione degli operatori economici sulla base dei requisiti stabiliti dagli articoli 38 e successivi dello stesso decreto legislativo, con l'esclusione dal prosieguo della gara, ovvero dalla possibilità di presentare le offerte, delle imprese ritenute non idonee.
Per completezza d'informazione, specifico che:
sono state presentate n. 17 domande di partecipazione alle gare di appalto;
sono stati ammessi a presentare l'offerta n. 6 operatori economici;
hanno presentato una offerta valida (una per ogni lotto) n. 4 operatori economici che sono, poi, risultati aggiudicatari.

Per quanto riguarda le procedure di gara posso dire che le forniture sono state aggiudicate in base al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa ovvero, con il migliore rapporto qualità/prezzo: infatti, nell'attribuzione del punteggio in sede di valutazione dell'offerta, l'elemento qualitativo ha inciso per il 60 per cento mentre quello economico per il privilegiando, quindi, il fattore qualità.
Nell'iter procedurale sono state, altresì, rispettate le tempistiche previste dal citato decreto legislativo n. 163 del 2006, anche in considerazione della necessità di impegnare, entro il 31 dicembre 2010, gli stanziamenti previsti sul pertinente capitolo di bilancio.
Con riferimento, invece, alle certificazioni previste ai fini della presentazione delle offerte tecniche, le stesse potevano essere acquisite presso numerosi laboratori accreditati in ambito Unione europea.
Aggiungo, ancora, che il numero dei partecipanti alle gare per la fornitura di vestiario-equipaggiamento per il personale dell'Arma dei carabinieri è in linea con quello registrato per analoghe gare svolte da altre Amministrazioni della difesa.
Rispondendo, ora, allo specifico quesito relativo alla scarsa «partecipazione delle imprese italiane alle aste», osservo che si tratta di un dato consolidato e strutturale nel comparto tessile-manufatturiero, a prescindere dalla procedura di gara adottata e giustificata dalla circostanza che gli appalti pubblici richiedono una liquidità finanziaria adeguata a sostenere anticipatamente gli oneri di produzione, a fronte di pagamenti che non vengono effettuati contestualmente all'avvenuta esecuzione della fornitura. Senza tralasciare, poi, che la maggioranza delle imprese del settore ha dislocato i propri siti produttivi in Europa orientale per il costo inferiore della manodopera.
Peraltro, i prezzi offerti sono stati valutati del tutto congrui e favorevoli per l'amministrazione, in quanto hanno limitato gli effetti dei consistenti aumenti che hanno recentemente interessato le materie prime, oltre a non discostarsi dai prezzi già offerti per manufatti simili.
Con riferimento agli atti n. 4-10405/4-10406/4-11508, sottolineo che la maggiore occorrenza, nelle gare riferibili all'anno 2010, al richiamato lotto A4 per l'approvvigionamento di calze, è stata determinata dalla maggiore semplicità tecnico-costruttiva

dei manufatti analoghi, peraltro, a tipologie già presenti sul mercato civile.
La gara si è conclusa con la stipula di quattro contratti che prevedono, per l'amministrazione militare, la facoltà di attivare, con lo stesso contraente, forniture complementari per i medesimi manufatti (nell'arco del triennio 2011-2014), entro i quantitativi massimi previsti dal bando di gara.
Tali clausole consentono di:
rinnovare gli approvvigionamenti in tempi rapidi e rispondenti alle effettive esigenze logistiche;
mantenere inalterati gli elevati standard qualitativi dei manufatti, garantiti anche dall'aggiudicazione secondo il criterio dell'offerta economica più vantaggiosa;
realizzare un vantaggio economico complessivo già stimato in 490.000 euro circa, derivante dal «risparmio» di attività burocratiche connesse con lo svolgimento delle gare.

Quanto, invece, all'ipotesi di un «difetto nelle strategie di comunicazione», osservo che tutti gli appalti dell'Arma dei carabinieri sono pubblicati, ai sensi dell'articolo 66 del decreto legislativo n. 163 del 2006, su:
Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee (G.U.C.E.) e Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (G.U.R.I.);
sito istituzionale www.carabinieri.it;
sito Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
quattro principali quotidiani a tiratura nazionale/regionale.

Relativamente, in ultimo, all'atto n. 4-10178, faccio presente che tutti i contratti finora menzionati prevedevano che la fase di «tessitura» fosse effettuata in Italia, mentre le operazioni di «confezione» dei capi oggetto della fornitura avvenissero in ambito Unione Europea, in particolare in Romania, dove i costi di manodopera risultano notevolmente inferiori rispetto a quelli praticati in ambito nazionale.
A tal proposito, ritengo opportuno precisare che la maggior parte delle aziende che confezionano capi in Europa orientale, come nel caso della richiamata società Pelmag, sono controllate o partecipate da società italiane.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

STUCCHI, CONSIGLIO, PIROVANO e VANALLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
Legambiente ha bocciato con la «bandiera nera» alcune zone montane della bergamasca, che comprendono le Comunità montane di Clusone e Vilminore e i Comuni di Valbondione, Colere e Gromo, assegnando loro la «bandiera nera» «per il proseguimento di un modello di sviluppo turistico montano che, a partire dall'unificazione del comprensorio sciistico della Presolana, vuole riprodurre gli errori di un turismo aggressivo e speculativo»;
Legambiente sostiene anche che il comprensorio sciistico di Lizzola-Colere-Gromo costituisce una minaccia incombente per il Parco delle Orobie e per la zona speciale di conservazione;
la posizione di Legambiente non viene assolutamente condivisa dagli amministratori dell'alta Valle Seriana e della Valle di Scalve, che giustificano le loro scelte, adottate nell'interesse e per il bene della popolazione -:
se reputino opportuno assumere iniziative normative per provvedere alla istituzione di specifici strumenti di controllo, al fine di evitare che alcuni territori vengano ingiustamente penalizzati da valutazioni discrezionali da parte delle associazioni ambientaliste, o che altri siano sopravvalutati, spostando l'ago della bilancia dell'economia del territorio rispettivamente verso il basso o verso l'alto, soprattutto in virtù della grave crisi economico-

occupazionale che ha colpito pesantemente la Provincia di Bergamo, e che potrebbe trovare sollievo proprio tramite la valorizzazione turistica di zone come il comparto dell'alta Valle Seriana e della Valle di Scalve.
(4-03894)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, si forniscono gli elementi richiesti in materia di valutazioni discrezionali da parte di associazioni ambientaliste che penalizzano ingiustamente alcuni territori.
Preliminarmente, si ritiene di poter condividere, sul piano della valorizzazione turistica e delle sue implicazioni economiche ed occupazionali legate al territorio, le preoccupazioni in merito le ricadute negative derivanti dalla bocciatura delle politiche locali di sviluppo turistico da parte di legambiente, tramite il conferimento della cosiddetta «bandiera nera», senza poter, tuttavia, entrare nel merito di valutazioni sull'impatto ambientale generato dall'intervento de qua, che afferiscono più propriamente alle competenze istituzionali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Cionondimeno, occorre evidenziare che rientra nelle prerogative delle associazioni ambientaliste e nell'espletamento delle proprie legittime funzioni l'adozione e l'assegnazione di riconoscimenti, anche negativi, circa l'operato delle amministrazioni pubbliche sulle politiche di sviluppo sostenibile del territori, e che, pertanto, l'iniziativa per un intervento normativo teso a regolamentare e controllare la discrezionalità nell'espressione dei propri giudizi di tali associazioni non appare percorribile, e, comunque, non coerente con i principi generali che riconoscono il valore della pluralità dei soggetti portatori di interessi.
Occorrerebbe, quindi, sia nel caso in specie, nonché in casi analoghi, dove le autorità pubbliche locali interessate avvertano come ingiusto e lesivo l'intervento dell'associazione ambientalista, che le stesse adottassero tutti gli strumenti utili per controbilanciare riconoscimento negativo, attraverso anche la pubblicazione dei provvedimenti di approvazione e degli studi di fattibilità, atti a confutare le posizioni assunte dalle associazioni ambientalistiche in questione.
Il Ministro per il turismo: Michela Vittoria Brambilla.

TIDEI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Ce.TLI NBC (ex centro chimico), situato a Civitavecchia sulla via Braccianese Claudia, dipende direttamente dal dipartimento tecnico del comando logistico dell'Esercito;
il 7° reggimento difesa (NBC) «Cremona», ubicato nella caserma Piave di Civitavecchia, dipende invece dal comando artiglieria di Bracciano (comando delle forze operative terrestri);
quasi tutti i dipendenti civili (circa 80-90) del Ce.TLI NBC nei prossimi 5-6 anni matureranno i requisiti necessari per la pensione e ciò stante non sono previste nuove assunzioni da parte della direzione generale per il personale civile del Ministero della difesa (PERSOCIV);
le convenzioni internazionali impongono all'Italia (ossia al Ce.TLI NBC, come unico ente a livello nazionale che provvede alla demilitarizzazione di armi chimiche) di smaltire definitivamente tutti i residui bellici a contenuto speciale entro brevissima scadenza;
per le motivazioni sopra esposte si può ipotizzare il pericolo di una possibile dismissione dell'ente entro pochi anni. Praticamente andranno a coincidere due fattori: mancanza di personale e cessazione dell'attività principale dell'ente, ossia demilitarizzazione delle armi chimiche;
l'ente Ce.TLI NBC dispone di efficienti ed attrezzati laboratori NBC purtroppo sottodimensionati per carenza di fondi, organico e scarsa proiezione verso l'esterno;
qualora i suddetti laboratori ottenessero la «certificazione», l'ente potrebbe raggiungere un punto di svolta in termini

occupazionali e di risultati. Rilasciare risultati certificati potrebbe rappresentare una preziosa risorsa non solo per l'amministrazione della difesa, ma anche per le strutture sanitarie, universitarie, giudiziarie e aeroportuali del comprensorio;
esiste la possibilità concreta di far trasferire il 7° reggimento difesa NBC (anticipando ogni ipotesi, già ventilata, di un suo trasferimento a Bracciano o altrove), con i suoi 600 militari circa, dalla caserma Piave alla sede del Ce.TLI NBC dove vi sono immobili disponibili e strutture adeguate. In tal modo, potrebbe essere ipotecata, definitivamente, la presenza a Civitavecchia di entrambi gli enti militari, tutelando quindi posti di lavoro (civili e militari) e relativo indotto -:
se il Ministro non intenda valutare la possibilità di implementare la struttura con nuove assunzioni e di fornire ai laboratori NBC la necessaria certificazione che garantirebbe risposte concrete non solo per lo stesso ente ma anche per tutto il comprensorio, ipotecando così la presenza a Civitavecchia di entrambi gli enti militari a tutela dei posti di lavoro militari e civili.
(4-12348)

Risposta. - La Convenzione di Parigi del 1993, che mette al bando le armi chimiche, prevede l'obbligo per ciascuno degli Stati Parte di provvedere alla distruzione di tali armi presenti nel proprio territorio entro 10 anni dalla sua entrata in vigore (29 aprile 1997) e la possibilità di una proroga di 5 anni.
Poiché il Ministero degli affari esteri, autorità nazionale per l'attuazione della Convenzione, ha chiesto e ottenuto la massima proroga possibile, il termine ultimo per il completamento della distruzione delle armi chimiche presenti sul territorio italiano è il 29 aprile 2012.
Il 23 luglio 2009, il Parlamento italiano ha approvato la legge n. 99, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 31 luglio 2009, per il finanziamento di 1.2 milioni di euro annui fino al 2023, da impiegare per il completamento della distruzione delle predette armi presenti sul territorio nazionale.
I proietti in attesa di distruzione presso il centro tecnico logistico interforze (Cetli) Nbc di Civitavecchia sono circa 18.000; si stima, pertanto, che, salvo nuovi consistenti rinvenimenti, le operazioni di distruzione saranno completate entro il 2022.
È attualmente al vaglio della Forza armata la possibilità di incrementare le potenzialità dell'impianto ricorrendo a soluzioni di distruzione alternative.
Non risultano, invece, allo studio ipotesi di soppressione dell'ente e/o di diminuzione della consistenza organica del personale civile.
Allo stesso modo non risulta allo studio, da parte della forza armata, alcuna ipotesi per dotare di potestà certificatoria i laboratori del centro tecnico logistico interforze.
Avuto riguardo, poi, alla «possibilità concreta di far trasferire il 7° reggimento difesa Nbc» da Civitavecchia a Bracciano, tale ipotesi, ancorché oggetto di valutazione in passato, non rientra tra i progetti della forza armata, il cui intendimento è quello di mantenere detto reparto sull'attuale sedime.
Per quanto attiene alla problematica delle assunzioni di personale civile si osserva, preliminarmente, che il blocco delle assunzioni previsto dalle leggi finanziarie degli ultimi dieci anni ed il ridotto regime del turn-over in vigore dal 2008, hanno pesantemente influito sulle possibilità assunzionali dei vincitori dei concorsi pubblici espletati.
Il forte rallentamento delle assunzioni, unitamente ai ripetuti provvedimenti di riduzione delle dotazioni organiche, hanno conseguentemente influito anche sulle possibilità di bandire nuovi concorsi pubblici.
Ciò posto, nell'ambito del succitato quadro riduttivo, le esigenze assunzionali di personale per il centro tecnico logistico interforze potranno essere tenute in considerazione dall'organo programmatore competente, in sede di individuazione delle priorità per le quali, in linea con l'atto di programmazione triennale del fabbisogno di personale, verranno attivate le procedure di reclutamento secondo la normativa vigente

(esperimento delle procedure di mobilità; richiesta alla Presidenza del Consiglio dei ministri di autorizzazione a bandire concorsi per le unità non coperte dalla mobilità; richiesta alla predetta Presidenza del Consiglio dei ministri di autorizzazione alle assunzioni; assegnazione delle unità autorizzate agli organi programmatori per l'indicazione degli enti di destinazione).
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la presente interrogazione vuole riproporre l'annosa questione, riguardante tre delegati della rappresentanza militare dei carabinieri, il maresciallo Serra e gli appuntati scelti Cau e Ranzuglia, i quali sono stati sottoposti a procedimento disciplinare di rigore, per avere denunciato, nell'ambito delle prerogative del mandato ricevuto, delle irregolarità e per avere richiesto controlli sulle missioni militari in ambito nazionale e regionale, già presentata al Ministro interrogato dall'onorevole Filippo Ascierto nel corso della seduta della Camera dei deputati n. 225 del 17 ottobre 2007;
tale iniziativa, non e mai giunta a conclusione a causa del ritiro dell'atto di sindacato (4-05277) da parte del suo stesso presentatore;
è stato altresì contestato agli stessi il fatto di avere prodotto, nell'ambito di tale procedura disciplinare, una memoria difensiva tramite legale. Fatto giudicato come interferenza nel rapporto gerarchico militare;
la rappresentanza militare è stata istituita con le «norme di principio sulla disciplina militare» (legge 382/1972) e, nel suo complesso, è un istituto dell'ordinamento militare avente il compito di esprimere pareri, formulare richieste e avanzare proposte. Il Maresciallo Serra e gli appuntati scelti Cau e Ranzuglia, essendo delegati dell'organismo di rappresentanza, svolgono le proprie funzioni in virtù del mandato ricevuto, che li esime dal seguire l'ordinaria via gerarchica;
la causa sulla quale si fonda il primo dei due procedimenti disciplinari inferto al maresciallo Serra ed agli appuntati scelti Cau e Ranzuglia, verte sui seguenti fatti. Con nota prot.llo 1032 del 3 agosto 2007, si contestava ai tre militari che le indagini da essi svolte «non erano state mai discusse dall'assemblea né deliberate». Con tale comportamento, a parere del loro Comando i tre erano venuti meno ai propri doveri del proprio stato, violando l'articolo 12. n. 2 e allegato c) n. 36 dell'articolo 65 del decreto del Presidente della Repubblica n. 546 del 1986;
l'interrogante si permette di confutare in merito quanto segue: l'articolo 9 del regolamento interno per l'organizzazione ed il funzionamento della Rappresentanza militare (decreto 9 ottobre 1985), prevede, al secondo comma, tra le attribuzioni del presidente, quelle di assicurare il buon andamento dei lavori, facendo osservare il regolamento. Nel verbale n. 59 del 21 maggio 2007 del COBAR, si legge testualmente, in relazione alla nota diretta al Comandante dell'Unità di base, riguardante aspetti organizzativi ed amministrativi della Rappresentanza Militare, che: «il Comitato di presidenza, presa visione dei suddetti documenti, ritiene gli stessi non possano essere oggetto di discussione, bensì di trasmissione»;
seppur il COIR sia organo gerarchicamente superiore al COBAR Lazio, è però quest'ultimo che decide quali e quanti delegati siano inviati presso altri COBAR confluenti;
ciò è quanto stabilisce la Circolare del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri I reparto - SM - Ufficio Legislazione n. 25/370-10-1975 del 23 giugno 1982, che riassume la direttiva del Ministero della difesa del 12 marzo 1982, sul funzionamento dei consigli di rappresentanza militare. Al paragrafo C, relativo agli

incontri tra COIR e delegazioni dei COBAR, si stabilisce che questi sono realizzabili a condizione che (punto 3) la delegazione abbia ricevuto preciso mandato dal consiglio, contenente esaurienti indicazioni in ordine ad i problemi da avanzare, sanzionate in apposita delibera: ciascun delegato, quindi, dovrà fedelmente esprimere la volontà del proprio consiglio;
i militari contestati, dunque, si attenevano al corretto comportamento di leggere e produrre in assemblea il doveroso atto di diffida ed intimazione, e poi, di consegnarlo debitamente al comitato di presidenza. Il comitato di presidenza, a questo punto, in qualità di superiore gerarchico dei delegati, così come si legge nel verbale sopra citato, disponeva la trasmissione diretta dell'atto;
le contestazioni disciplinari mosse ai tre militari sembrano non tenere assolutamente da conto del principio secondo cui «se la violazione è commessa per ordine dell'autorità, della stessa risponde il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine». Se pur, dunque, volessimo ipotizzare un comportamento al di fuori delle normali procedure, comportamento che non è avvenuto, non si comprende per quale motivo sarebbero passibili di un procedimento disciplinare i tre delegati che si sono limitati ad attuare il principio testé ricordato, che trova la sua applicazione legislativa nell'articolo 4, comma 2, legge n. 689 del 1981;
la trasmissione dell'atto di diffida prodotto dai tre militari citati è avvenuta nell'ambito del proprio consiglio di rappresentanza e nel pieno esercizio delle funzioni, e quindi nel rispetto delle gerarchie. L'atto di diffida contestato era teso a formalizzare le eccezioni sollevate informalmente a chi avrebbe dovuto vigilare e scongiurare la commissione delle infrazioni denunciate -:
quali provvedimenti intenda adottare il ministro interrogato per tutelare la libertà dei delegati nell'adempimento delle proprie funzioni in ragione di un mandato ricevuto;
se ritenga opportuno disporre delle indagini interne ovvero ogni altra iniziativa di competenza affinché siano accertate eventuali responsabilità in ordine alla vicenda in premessa.
(4-04077)

MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 67 (Commissione consultiva) del decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 1986, n. 545 - Approvazione del regolamento di disciplina militare, ai sensi dell'articolo 5, primo comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382 - stabilisce che: «1. Il comandante di corpo o di ente, tutte le volte che si trova a dover giudicare una infrazione per la quale sia prevista la sanzione della consegna di rigore, ha l'obbligo di sentire, prima della sua decisione, il parere della commissione prevista dall'articolo 15, comma secondo, della legge di principio sulla disciplina militare. 2. La commissione è nominata dal comandante di corpo ed è presieduta dal più elevato in grado o dal più anziano dei componenti a parità di grado. 3. Qualora presso il corpo o l'ente non esistano, in tutto o in parte, militari del grado prescritto per la costituzione della commissione, il comandante di corpo o di ente richiede al comando o all'ente, immediatamente superiore in via disciplinare, l'indicazione dei citati militari. 4. La commissione deve essere resa edotta delle generalità dell'incolpato e degli addebiti a lui contestati. 5. Nel caso in cui più militari abbiano commesso la stessa mancanza la commissione è unica. 6. Non possono far parte della commissione il superiore che ha rilevato la mancanza e il militare offeso o danneggiato.»;
tre delegati del consiglio di base della rappresentanza militare della Regione carabinieri Lazio nel corso del 2007, hanno inviato al comandante della Regione pro-tempore, generale di divisione Baldassarre Favara, una denuncia-diffida a svolgere azione di vigilanza e di controllo sulle

attività di missione dei delegati della rappresentanza militare, in ambito regionale e nazionale, con costi erariali a carico di contribuenti;
in data 25 settembre 2007 i tre delegati della rappresentanza militare hanno inoltrato un quesito in merito ai principi basilari della rappresentanza militare ed alla legittimità/validità della direttiva del Ministro della difesa del 12 marzo 1982, sulla disciplina militare, e sulla procedura per la commissione disciplinare per la sanzione di rigore;
il predetto quesito è stato inoltrato, dai citati militari, per il tramite gerarchico al Ministro della difesa, al capo ufficio legislativo del Ministero della difesa, al capo ufficio della condizione militare S.M.D. 1° reparto del Ministero della difesa;
risulta all'interrogante che in data 8 febbraio 2008, lo Stato Maggiore della Difesa I Reparto - personale ufficio condizione militare con missiva n. 117/1/306/252-V ha dichiarato che i quesiti proposti dai militari, delegati Cobar, non sono mai pervenuti ai destinatari;
in risposta all'atto di diffida, i militari sono stati sottoposti ad un procedimento disciplinare e, in data 30 ottobre 2007, venne costituita una commissione, ex articolo 69 del R.decreto ministeriale, costituita dal maggiore Antonino Buda, dal capitano Fabrizio Cassatela e dall'appuntato scelto Antonio Forleo, in relazione al procedimento disciplinare promosso dal Comandante della regione carabinieri Lazio pro-tempore, per l'accertamento della responsabilità disciplinare dei latori della diffida;
risulta all'interrogante che il tenente colonnello Angelo Cuneo, capo ufficio del personale del Comando regione carabinieri Lazio pro-tempore, pur non essendo membro della predetta commissione disciplinare, ha comunque partecipato a tutti i lavori della predetta Commissione, formulando domande, esprimendo giudizi ed infine sottoscrivendo il relativo verbale nello spazio contrassegnato dalla dicitura «i membri della commissione»;
l'articolo 66, comma 9, del Regolamento di disciplina militare decreto del Presidente della Repubblica n. 545 del 1986) e l'articolo 15 della legge n. 382 del 1978 non consentono la presenza e l'intervento - a qualsiasi titolo - di altro qualsiasi altro militare al di fuori dei tre componenti designati quali membri della Commissione disciplinare (due di grado superiore ed uno di pari grado del militare incolpato);
il COIR del Comando unità mobile e specializzate carabinieri «Palidoro» con delibera n. 242 del 26 settembre 2008, votata ad unanimità, chiedeva l'accertamento dei fatti e l'intervento del Ministro della difesa, del Capo di Stato Maggiore della Difesa, del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, del CoCeR Interforze;
il Cobar Lazio con verbale n. 137 del 127 ottobre 2008, chiedeva «... al comitato di presidenza di informare immediatamente il C.U.B. sui contenuti specifici della delibera n. 242 in cui potrebbero configurarsi figure di reato»;
all'interrogante appare sconcertante, o perlomeno strano, che i militari di grado elevato appartenenti ad un'istituzione dello Stato che deve sempre distinguersi per il rispetto della legalità e dei diritti costituzionali - di cui devono godere anche i cittadini militari -, abbiano assunto comportamenti difformi dalle previsioni regolamentari e di legge, ledendo irrimediabilmente ogni principio del giusto procedimento, del diritto di difesa degli incolpati -:
se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e quali siano gli immediati provvedimenti che intenda adottare il Ministro interrogato nei confronti di coloro che si sono resi responsabili delle condotte evidenziate e, in particolare, quali siano state le ragioni che hanno consentito al tenente colonnello Cuneo di

partecipare allo svolgimento del procedimento disciplinare a carico dei delegati Cobar;
se il tenente colonnello Cuneo abbia preso parte ad altri procedimenti disciplinari a carico di altri militari, pur non facendo egli stesso parte della commissione prevista dall'articolo 67 citato in premessa;
se il predetto tenente colonnello Cuneo ricopra ancora oggi l'incarico di capo ufficio del personale del Comando legione carabinieri Lazio e, in caso affermativo, se non ritenga opportuno disporne l'immediata rimozione dalla mansioni e dagli incarichi attinenti il Governo e la disciplina del personale militare dipendente dal Comando di legione;
se la direttiva del Ministro della difesa del 12 marzo 1982, sulla disciplina militare, e sulla procedura per la commissione disciplinare per la sanzione di rigore sia ancora valida;
se il Ministro interrogato non ritenga di accertare quali provvedimenti siano stati adottati dal Comandante della Regione carabinieri Lazio pro-tempore in relazione i fatti segnalati dai tre militari in premessa e quali gli immediati provvedimenti, anche disciplinari, abbia inteso adottare nei confronti dei responsabili.
(4-04643)

Risposta. - Si risponde ad entrambe le interrogazioni per identità d'argomento.
Avverso il provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare di cui alle interrogazioni in esame, due militari hanno esperito ricorso gerarchico al Comandante Interregionale che lo ha respinto.
L'atto è stato, successivamente, impugnato dagli stessi dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio che (con le sentenze n. 00183 del 2010 e 00184 del 2010, entrambe del 13 gennaio 2010), ha disposto l'annullamento delle sanzioni disciplinari per carenza di motivazione.
I giudici del Tribunale amministrativo, proprio in ordine all'eccepita illegittimità della presenza del tenente colonnello Cuneo ai lavori della Commissione, hanno, invece, sostenuto che dal verbale della Commissione risulta che:
l'ufficiale in questione ha «...semplicemente partecipato alla seduta, mentre il previsto parere è stato adottato dalla Commissione nella sua legittima composizione dopo essersi ritirata per deliberare»;
«...la partecipazione del Capo Ufficio alla seduta si giustifica in ragione della sua qualità di responsabile dell'unità organizzativa, competente e sovrintendente alla trattazione anche delle pratiche disciplinari... e che quindi, come tale, ha preso parte alla fase preparatoria del procedimento disciplinare, risultando conseguentemente utile a fini istruttori la sua partecipazione alla seduta della Commissione consultiva al fine di fornire i pertinenti elementi di valutazione»,

concludendo che la presenza dell'ufficiale «...non risulta vietata e trova adeguata giustificazione nelle predette ragioni» e che, conseguentemente, «...non risulta né viene in alcun modo dimostrato che la stessa abbia potuto negativamente influenzare il giudizio espresso dalla Commissione, adottato dai soli suoi tre membri dopo essersi ritirati per formulare la proposta».
In linea più generale, come si desume dalla stessa sentenza, l'organo giudicante:
non ha mosso rilievi sulla valenza disciplinare attribuita dall'amministrazione alla presentazione - da parte dei tre militari - di una memoria difensiva sottoscritta da un avvocato;
non ha accolto le censure concernenti la mancata astensione del comandante della legione, considerato che lo stesso è titolare del potere - non delegabile - di irrogare la consegna di rigore;
infine, ha dato atto, invece, della possibilità riservata all'amministrazione di rinnovare il procedimento disciplinare (nel rispetto dei principi statuiti nella sentenza), secondo le modalità di cui all'articolo 119, decreto del Presidente della Repubblica 3/57 (ovvero entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento).

Rendo noto, infine, che l'Avvocatura generale dello Stato ha presentato ricorso in appello avverso le citate sentenze sfavorevoli all'amministrazione militare, ed il relativo giudizio risulta tuttora pendente.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, ZAMPARUTTI e RUBINATO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
presso l'aeroporto militare di Istrana, dal 17 al 19 maggio 2010, si è svolta una riunione dei comandanti dei reparti del comando delle forze da combattimento dell'Aeronautica militare;
dagli atti in possesso emerge una durata complessiva delle attività di lavoro di circa 6 ore in due giorni (escludendo buffet d'accoglienza, coffee break, foto ricordo, pranzo di Corpo, trasferimenti da e per l'albergo e ristoranti, e altro);
il personale interessato alla riunione sarebbe stato alloggiato presso l'hotel 4 stelle lusso BHR di Paese (TV) ed avrebbe cenato presso i ristoranti «Astoria» (località Crevada) e «Asolo Golf Club» (località Cavaso del Tomba);
il 18 maggio 2010 il generale Carmine Pollice, avrebbe preso parte alla riunione, in qualità di comandante della squadra aerea;
la direttiva aeronautica SMA-ORD-035 prevede l'obbligo di utilizzo di infrastrutture militari per il vitto e l'alloggio -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e per quali motivi, in un periodo di forte crisi economica come quello che sta attraversando il Paese, non siano stati utilizzati sistemi di videoconferenza di cui è ampiamente dotata la forza armata;
quali siano stati i mezzi di trasporto utilizzati dai comandanti degli enti e dei reparti dipendenti dal comando della squadra aerea per recarsi alla riunione e rientrare alla propria sede di servizio e quali siano i costi sostenuti;
quanto personale militare sia stato impiegato a supporto della predetta riunione e quali siano stati i costi complessivi sostenuti dall'amministrazione della difesa, compresi gli oneri per la retribuzione delle ore di lavoro straordinario e per l'uso di mezzi per i trasferimenti dei convenuti.
(4-08183)

Risposta. - Evidenzio, in premessa, che a far data dal 1° novembre 2007 il comando delle forze di combattimento di Milano, dipendente dal comando della squadra aerea, ha ordinariamente riunito le competenze delle soppresse divisioni caccia intercettori «Aquila», con sede a Bari e caccia, bombardieri e ricognitori «Drago», con sede a Milano.
Nello specifico, si tratta di un comando aerotattico ad altissima valenza operativa, da cui dipendono gli 11 stormi/reparti di volo preposti a garantire la difesa aerea del territorio nazionale e gli assetti aerei nelle operazioni fuori area.
La necessità di assicurare un'azione di comando univoca ed efficace, ai fini dell'assolvimento di tale delicata funzione, impone l'organizzazione di periodiche riunioni a cui partecipano i rappresentanti operativi dei suddetti enti, quale strumento imprescindibile per comuni conoscenze, confronti, pianificazioni, riscontro e direzione finalizzati alla standardizzazione e ottimizzazione delle risorse disponibili.
La riunione dei comandanti tenutasi nel mese di maggio del 2010 presso il 51° Stormo di Istrana, alla quale erano presenti i comandanti dei gruppi di volo degli stormi/reparti dipendenti dal comando Forze di combattimento, aveva il fine di esaminare i programmi ed i livelli addestrativi, valutandone l'attualità e la piena aderenza agli scenari d'impiego anche sulla base dell'esperienza acquisita nel teatro operativo afghano, dove l'Aeronautica militare è impegnata con una componente di volo AMX,

proprio del 51° Stormo di Istrana.
A tale consesso, il giorno 18 maggio 2010, ha partecipato, in qualità di comandante della squadra aerea, il generale Carmine Pollice.
In ordine ai costi sostenuti, si rappresenta che sono stati rispettati i principi di economicità, stabiliti da direttive interne, sulla base delle seguenti considerazioni:
per i pasti serali non sono state utilizzate le infrastrutture militari di ristorazione, poiché da un'analisi degli oneri complessivi da sostenere (apertura serale della mensa) tale soluzione sarebbe risultata meno conveniente del cosiddetto «rimborso pasto» al personale in missione;
la sistemazione alloggiativa in albergo - ottenuta, peraltro, a prezzi assolutamente concorrenziali - è risultata una scelta obbligata poiché presso il 51° stormo, nel periodo d'interesse, non vi era una disponibilità adeguata di stanze per tutti i partecipanti, a causa della concomitante presenza presso gli alloggi, di personale militare in missione per un corso di addestramento presso il 3° reparto manutenzione velivoli di Treviso;
non è stato possibile l'utilizzo dei sistemi di video conferenza, poiché gli apparati in uso presso gli enti interessati non sono abilitati alla trattazione di argomenti sensibili o «classificati»;
in considerazione delle distanze, dei tempi disponibili e degli impegni istituzionali, i partecipanti, per raggiungere la sede della riunione, hanno utilizzato automezzi e velivoli dell'Aeronautica militare (secondo specifica e programmata missione addestrativa) e solo in un caso, per maggiore convenienza economica, un aeromobile civile.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da informazioni reperibili su diversi quotidiani è possibile apprendere che verso la metà del mese di novembre 2009 il comandante pro tempore del RIS di Parma fu indagato dall'autorità giudiziaria competente per territorio per le ipotesi di reato connesse alle attività di consulenza/perizia tecnica svolte;
il reparto investigazioni scientifiche di Parma (R.I.S.) è alle dirette dipendenze del Raggruppamento Carabinieri investigazioni scientifiche attualmente posto sotto il comando del generale di brigata Nicola Raggetti;
nell'ambito del servizio sanitario nazionale l'attività intramoenia (o intramuraria) si riferisce alle prestazioni erogate dai medici di un ospedale, al di fuori dell'orario di lavoro, che utilizzano le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell'ospedale stesso. Le prestazioni erogate in regime di intramoenia sono soggette al pagamento di un compenso liberamente stabilito dal professionista e approvato dalla direzione sanitaria -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
dal 1° gennaio 2002 ad oggi quante siano state le consulenze effettuate dal personale in forza al R.I.S. di Parma, i nominativi dei militari che le hanno effettuate, quali siano i compensi pagati, da chi e a quale titolo;
se il generale Raggetti sia stato a conoscenza delle attività di consulenze svolte dal personale del reparto posto sotto il suo comando, se le abbia autorizzate personalmente o abbia delegato il comandante del R.I.S. di Parma a rilasciare al personale interessato le relative autorizzazioni e nel caso quali siano state le disposizioni impartite;
in caso di richiesta non nominativa per svolgere l'attività di consulenza/perizia tecnica, effettuata da una autorità giudiziaria, o da altra autorità, istituzione o ente,

quali siano i criteri utilizzati per scegliere il nominativo del militare a cui affidare l'incarico;
se i Ministri interrogati non intendano emanare apposite disposizioni per regolamentare tali particolari prestazioni extralavorative in modo tale da consentirne lo svolgimento in intramoenia come già avviene nell'ambito del servizio sanitario nazionale.
(4-08427)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sulla rivista Panorama del 3 aprile 2008 è stato pubblicato un articolo dal titolo «RIS i superesperti sotto inchiesta» a firma di Antonio Rossitto; nel citato articolo vengono esposti fatti già oggetto di indagini da parte della procura militare competente che sollevano concreti dubbi sulla regolarità dello svolgimento dei compiti istituzionali durante l'ordinario orario di servizio da parte dei militari del reparto investigazioni scientifiche di Parma, in relazione all'esecuzione di attività extra professionali per consulenze e perizie tecniche affidate ai medesimi militari dalle autorità giudiziarie o direttamente dal comandante del reparto medesimo; a quanto consta agli interroganti, la normativa vigente prevede che nella documentazione delle attività peritali o di consulenza, svolte dai predetti militari, debba essere chiaramente indicato il luogo, il giorno e l'ora dell'accertamento, nonché i dati tecnici e il numero identificativo della strumentazione di analisi utilizzata -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
per ogni singolo militare in forza al reparto di cui in premessa, quante siano state le ore di lavoro straordinario effettuate nel corso degli anni 2008, 2009, 2010, quante siano state quelle compensate con permessi e/o giorni di ferie e quante le ore retribuite;
quali e quante attività extra professionali siano state assegnate a ciascun militare direttamente su richiesta dell'autorità giudiziaria e quante quelle disposte dal comandante del reparto;
quali siano gli importi economici corrisposti per ogni singola attività extra professionale svolta;
se dette attività siano state svolte avvalendosi dei mezzi di proprietà dell'amministrazione militare assegnati in dotazione al reparto investigazioni scientifiche di Parma e, in caso contrario, presso quale laboratorio o struttura privata siano state effettuate;
se il confronto fra i dati identificativi delle attrezzature di laboratorio di cui è dotato il reparto di cui in premessa, i dati riportati sulla documentazione di analisi delle attività peritali e di consulenza extra professionali svolte dai militari in forza al medesimo reparto e quelli riportati sui «memoriali di servizio» e i sui registri «Mod. A15» abbia escluso lo svolgimento delle citate attività durante l'ordinario orario di servizio, in caso contrario chi le abbia autorizzate e per quale motivo;
quali immediate iniziative si intendano assumere per regolamentare le attività extra professionali dei militari in forza ai reparti investigazioni scientifiche dell'Arma dei carabinieri.
(4-08992)

Risposta. - Si risponde contestualmente a entrambe le interrogazioni in esame in quanto attinenti ad analoga tematica e, con riferimento all'atto n. 4-08427, anche per conto del Ministero della giustizia.
Nell'osservare che l'attività di consulenza tecnica/perizia in orario d'ufficio da parte del personale del raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche è stata sospesa dal 22 aprile 2008, faccio presente che il settore è regolamentato, oltre che da norme previste dai codici di procedura penale e civile, dalla circolare emanata dalla competente Direzione generale per il personale militare, del 31 luglio 2008, recante disposizioni aggiornate in materia di attività

extraprofessionale svolta dal personale sia a titolo gratuito, sia in forma retribuita.
Ai sensi della vigente disciplina, le funzioni di consulente tecnico o di perito delegate al personale militare dagli organi giudiziari rappresentano un atto dovuto, non condizionato da alcuna preventiva autorizzazione da parte della difesa, sebbene vi sia, tuttavia, l'obbligo di comunicare l'assunzione dell'incarico e, ove possibile, la durata dell'impegno.
Il quadro regolamentare è integrato dalle disposizioni interne all'Arma dei carabinieri, le quali definiscono, nel dettaglio, gli aspetti burocratico-amministrativi, con particolare riferimento all'aggiornamento dell'anagrafe delle prestazioni e degli incarichi dei pubblici dipendenti.
Per quanto attiene all'affidamento delle attività in questione, faccio notare che, normalmente, è la stessa magistratura richiedente a procedere nell'individuazione dell'incaricato.
Qualora la scelta sia affidata alle valutazioni del comandante del reparto, la stessa è prioritariamente orientata dalle competenze tecniche richieste dalla natura e dalla complessità dell'accertamento.
Sotto il profilo quantitativo, dal 2002 a tutto il 2010, la magistratura ha conferito al Reparto investigazioni scientifiche (R.I.S.) di Parma 588 incarichi di consulenza tecnica e 281 perizie.
Quanto agli specifici aspetti riguardanti il materiale e il personale, faccio presente che l'autorità giudiziaria di Parma ha acquisito, nell'ambito dell'indagine in corso, la documentazione inerente agli approvvigionamenti e le attività di consulenza/perizia effettuata dal personale in forza al R.I.S. di Parma.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il comandante generale dell'Arma dei carabinieri il 4 marzo 2009, con la nota prot. n. 479/79-1-2005 ebbe ad affermare che «Il rapporto diretto e privilegiato con i colleghi di ogni ordine e grado consente ai membri dei Consigli di base, intermedio e centrale di individuare quelle problematiche di carattere privato che generano disagio nei singoli e incidono quindi sulla motivazione al servizio»;
con il foglio prot n. 202/4 del 30 luglio 2010 il comandante del raggruppamenti investigazioni scientifiche, generale Nicola Raggetti, ha comunicato al capitano CC RTL Emanuele Paniz, in servizio presso il RIS di Parma, l'avvio di un procedimento disciplinare di Corpo per la possibile irrogazione della sanzione della consegna di rigore;
la vicenda trae origine dalle missive che il capitano Paniz avrebbe inviato in forma assolutamente privata e riservata al delegato della rappresentanza militare, maresciallo Beniamino Berti componente del COIR C.UU.MM.SS. per lamentare delle situazioni di disagio e nel contempo chiedere consigli e chiarimenti;
i messaggi di posta elettronica sono assimilabili alla corrispondenza epistolare e quindi tutelati dall'articolo 616 del codice penale;
il generale Raggetti è anche il presidente del Cocer CC, ed in quanto tale potrebbe accedere ad informazioni in possesso dei componenti dei consigli di base;
le condotte contestate al capitano appaiono non essere sanzionabili non essendo queste previste dal regolamento come fatti disciplinarmente rilevanti, anzi in esse si rileva una precisa volontà di sanzionare e colpire duramente un ufficiale per il solo fatto che questo ha avuto l'umiltà e il coraggio di chiedere consigli ad un inferiore di grado non avendo evidentemente trovato ascolto e comprensione dai propri superiori gerarchici;
ad avviso degli interroganti la vicenda rappresenta una grave minaccia al diritto inalienabile della libertà di pensiero e di espressione, della riservatezza della corrispondenza e di tutte quelle libertà fondamentali

della persona che la Repubblica deve garantire e tutelare da possibili eversioni che ne minino il libero esercizio e finanche l'esistenza;
un'indebita commistione tra il ruolo di comandante del corpo e quella di presidente del Cocer, ove si fosse realizzata, costituirebbe un fatto estremamente grave -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa;
come, e per quali ragioni, il superiore Comando di cui al punto 1 della citata nota abbia avuto nelle sue disponibilità la corrispondenza privata intercorsa tra il capitano Paniz e il maresciallo Berti;
se il Ministro non ritenga di dover intervenire immediatamente sulla vicenda per chiarirne i contorni e per ricondurre l'azione di comando esercitata dal generale Raggetti ad un più equilibrato contemperamento tra le delicate funzioni di comando e di presidente del Cocer CC dallo stesso svolte;
se sia stata interessata dall'amministrazione l'autorità giudiziaria competente per le eventuali ipotesi di reato conseguenti alla evidente violazione della riservatezza della corrispondenza intercorsa tra il capitano CC RTL Emanuele Paniz e il maresciallo CC Beniamino Berti;
se possa considerarsi, e se il Ministro consideri, ancora valido quanto ebbe ad affermare il comandante generale dell'Arma dei carabinieri ed in particolare all'invito rivolto a coloro che esercitano funzioni di comando.
(4-08494)

Risposta. - La corrispondenza alla quale si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo in argomento è stata consegnata dal maresciallo Berti al comando di vertice dell'Arma dei carabinieri, pervenendo - per via gerarchica - con richiesta di notizie e valutazioni anche sotto il profilo disciplinare al comando di corpo dell'ufficiale citato dall'interrogante.
Il procedimento disciplinare conseguentemente avviato nei confronti del capitano dei carabinieri Paniz si è concluso il 4 novembre 2010, senza l'adozione di provvedimenti.
L'attività, svoltasi nel più rigoroso rispetto della normativa in materia, non ha riguardato lamentele dell'ufficiale in merito a situazioni di disagio o richieste di consigli e chiarimenti ad inferiore di grado.
Non è stata informata l'autorità giudiziaria in quanto non sono emerse violazioni di carattere penale.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
agli interroganti risulta come presso molti reparti delle forze armate e della guardia di finanza sia prassi comandare al personale militare la partecipazione in massa, anche all'esterno delle rispettive caserme, alle cerimonie religiose denominate significativamente «precetti», in occasioni delle varie ricorrenze cattoliche; i militari, obbligati a tali cerimonie anche contro le loro personali convinzioni religiose, sono considerati in servizio a tutti gli effetti sia dal punto di vista del trattamento economico che normativo;
l'articolo 1471 del decreto legislativo n. 66 del 2010 prevede che i militari possono esercitare il culto di qualsiasi religione e che la partecipazione alle funzioni religiose è facoltativa, salvo che nei casi di servizio come ad esempio i funerali di Stato ed in luoghi militari; inoltre l'articolo 11 del concordato con la Santa Sede prevede che l'appartenenza alle forze armate e di polizia non può dar luogo ad alcun impedimento nell'esercizio della libertà religiosa;
l'articolo 87 del codice dell'ordinamento militare dispone che le forze armate siano al servizio della Repubblica, mentre l'articolo 4 del regio decreto

n. 1643 del 1930, tuttora in vigore, vieta di adibire i militari della guardia di finanza a servizi estranei ai compiti del Corpo -:
se i Ministri siano a conoscenza di quanto riportato in premessa;
in base a quali norme e per quali finalità pubbliche siano impiegati i numerosi militari delle forze armate e della guardia di finanza che sono obbligati dai rispettivi comandanti, anche contro le loro personali convinzioni religiose, a partecipare alle tante cerimonie cattoliche che si svolgono nel corso dell'anno;
quanti siano stati nell'ultimo anno i militari delle forze armate e della guardia di finanza e le ore di servizio complessivo in tali cerimonie, nonché i conseguenti costi a carico della collettività;
se sia da considerarsi legittimo tale comportamento posto in essere dai comandi delle forze armate e della guardia di finanza.
(4-11614)

Risposta. - La partecipazione del personale militare da impiegare nelle circostanze evidenziate nell'atto di sindacato ispettivo in argomento avviene su base volontaria.
L'adesione alle cerimonie religiose, peraltro, avviene in orario d'ufficio, al fine di evitare oneri aggiuntivi.
In merito, poi, al numero di militari che hanno partecipato, nell'ultimo anno, a cerimonie cattoliche, osservo che trattandosi di esercizio della libertà religiosa, diritto costituzionalmente garantito, non è prevista una raccolta di questo genere di dati.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sul sito web http://www.osservatorio-sicilia.it/info/ è pubblicato un articolo dal titolo «Afghanistan. Per i militari italiani, ADL a 70/130 euro mese per un'ora al giorno! Il Ministero della Difesa tace»;
dall'articolo si apprende che «[...] i militari italiani possono utilizzare internet utilizzando a turno, le postazioni installate nei vari accampamenti o accasermamenti ma, ci fanno sapere, devono sottoscrivere un contratto privato con la società CIANO Trading & Service di Livorno, per un'ora di collegamento giornaliero, al costo di circa 70/130 euro [...]» -:
se i fatti descritti nell'articolo di cui in premessa corrispondano al vero e quale sia il rapporto tra l'amministrazione della difesa e la società CIANO Trading & Service di Livorno;
se sia stata bandita una regolare gara d'appalto relativa al servizio di cui all'articolo, quali siano state le ditte partecipanti, quali le offerte e quale il prezzo di aggiudicazione.
(4-12728)

Risposta. - In primo luogo premetto che non risulta in atto alcun rapporto contrattuale tra l'amministrazione della difesa e la ditta Ciano per la fornitura del servizio di connessione internet presso le basi italiane in Afghanistan.
Conseguentemente le notizie riportate da «Osservatorio Sicilia» in merito alla paventata posizione di monopolio in capo alla richiamata ditta risultano prive di qualsiasi fondamento sia per i costi citati sia per quanto concerne l'assenza di concorrenza nel settore in questione.
Nel merito, basandomi sulle informazioni del competente organo tecnico operativo militare, desidero fare chiarezza sulla questione, illustrando le effettive condizioni e modalità di utilizzo del servizio in argomento a disposizione dei nostri militari impiegati in Afghanistan.
Faccio osservare, innanzitutto, che presso tutte le basi italiane presenti in territorio afghano è installato un numero variabile di postazioni internet gratuite (da 6 a 10) a disposizione del personale militare italiano per esigenze private.
Inoltre, è anche possibile acquistare il servizio di connessione ad internet, sempre per

esigenze personali, rivolgendosi a providers che assicurano il servizio, via cavo e/o wireless, sulla base delle specifiche richieste dell'utente riguardo le velocità di accesso alla rete internet.
Il costo oscilla mediamente tra i 45 euro e i 90 euro ad utente, per la durata di un mese, con una connessione senza limiti d'orario (cosiddetto flat).
In particolare, per quanto riguarda tale predetta possibilità, all'interno di Camp Arena in Herat, il personale interessato, all'occorrenza, può utilizzare il servizio offerto da varie ditte che operano in regime di libera concorrenza, quali: International Communication Logistic & Services (I.C.Lo.S.), North America Service Center (N.A.S.C.) ed un operatore locale.
Per quanto attiene la situazione degli altri compounds, si evidenzia che, presso:
la task force center in Bala Murghab, il servizio è assicurato dalla ditta NASC con un collegamento wireless/via cavo, per importo di 90 euro/mese ad utente;
la task force center in Shindand, il collegamento è assicurato dalla ditta I.C.Lo.S., con un costo medio a carico dell'utente tra 45 euro e 90 euro/mese, in relazione alla tipologia di connessione;
la task force south in Farah, il servizio è assicurato da un provider turco per un importo di circa 70 euro/mese ad utente, con una connessione senza limiti d'orario (flat);
l'Operational Mentor Liaison Team (OMLT) di Camp STONE in Herat, il servizio è assicurato da un provider locale, con un collegamento wireless/via cavo per un importo di circa 80-90 euro/mese ad utente.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
un agenzia stampa «il Velino/AGV» del 1° settembre scorso, dal titolo «Libia, La Russa: Tornano i diplomatici scortati da Forze armate» ha diffuso la notizia che «L'Italia lavora per la piena riattivazione della sua rete diplomatica e consolare in Libia. Oggi il Governo ha nominato Giuseppe Buccino Grimaldi nuovo ambasciatore italiano a Tripoli e già ieri «la Marina Militare - ha spiegato in conferenza stampa da Palazzo Chigi il ministro della Difesa Ignazio La Russa - ha assicurato il trasferimento del personale diplomatico e la sua messa in sicurezza a terra. L'operazione si è conclusa ieri alle 17. E stiamo per riaprire l'ambasciata italiana a Tripoli, anche lì con il concorso delle nostre Forze Armate [...]»;
benché la Risoluzione 1973 (2011) sulla Libia, approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 17 marzo 2011 escluda in modo assoluto l'uso di «una forza di occupazione straniera di qualsiasi forma e su qualsiasi parte del territorio libico, [...]» appare all'interrogante ormai chiaro che il Ministro interrogato non sia intenzionato ad osservarla;
dalle dichiarazioni di autorevoli esponenti del Governo, nonché da quelle del generale Biagio Abrate, capo di Stato Maggiore della Difesa, riportate dalla stampa si è potuto apprendere che le operazioni militari dei Paesi membri della coalizione sotto la guida della Nato non sarebbero affatto concluse e che proseguirebbero ad oltranza per garantire il pieno rispetto della citata risoluzione -:
quali siano le ragioni per cui il Ministro interrogato abbia ad avviso degli interroganti nuovamente voluto violare il divieto espresso contenuto nella risoluzione in premessa e se non intenda chiarirne le motivazioni;
quali siano state le comunicazioni rese al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in merito all'invio di militari delle Forze armate italiane sul territorio libico.
(4-13130)

Risposta. - La nostra azione militare in Libia, sin dal primo momento della crisi, si è mantenuta entro i previsti parametri di attuazione

del mandato di Unified Protector, nel rispetto delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU.
I nostri assetti navali ed aerei messi a disposizione nel quadro dell'operazione Unified Protector, sono stati impiegati - in un contesto di stretta cooperazione con alleati e partner NATO - in base a regole d'ingaggio concordate in ambito NATO e verso obiettivi militari.
L'ulteriore nostro impegno in Libia riguardante l'impiego, nel pieno rispetto della risoluzione ONU 1973, di un gruppo di dieci istruttori militari che, insieme con altri due di pari numero di Francia e Gran Bretagna, è avvenuto in seguito alla richiesta del Consiglio nazionale di transizione (CNT), allo scopo di aiutare e sostenere il Consiglio nazionale di transizione stesso in ragione della sua impossibilità operativa di contrastare l'azione delle forze governative contro la popolazione civile.
Ribadisco, ancora una volta, che i tre gruppi di istruttori sono inseriti in seno alla struttura militare di comando del Consiglio nazionale di transizione a Bengasi, con il solo compito di assistere e consigliare gli ufficiali di staff del Consiglio nazionale di transizione nei vari settori (personale, operazioni, logistica, comunicazioni, ecc.), sempre nell'ambito dell'implementazione delle misure più proprie per proteggere la popolazione civile dagli attacchi delle forze fedeli a Gheddafi.
La risoluzione ONU n. 1973 esclude l'intervento di una forza di occupazione straniera di qualsiasi forma e su qualsiasi parte del suolo libico, mentre il team di istruttori in parola afferisce ad un'iniziativa concordata con il Consiglio nazionale di transizione al pari di quella attuata da francesi e britannici. Si tratta dunque di un'azione di supporto alla legittima autorità libica riconosciuta dal Governo italiano, affinché si incrementi l'efficacia delle misure di protezione della popolazione civile.
Per quanto riguarda, invece, il contributo assicurato dalle Forze annate per la riapertura dell'ambasciata italiana in Tripoli, faccio osservare che tale contributo è consistito in un trasporto aereo di materiale e personale con assetti militari che hanno limitato la loro permanenza presso l'aeroporto di Misurata al tempo strettamente necessario all'effettuazione delle operazioni di scarico. I Carabinieri che sono invece al seguito del personale diplomatico si inquadrano nello staff dell'ambasciata per la sicurezza della medesima, analogamente a quanto avviene presso le altre sedi diplomatiche.
Concludo confermando nuovamente che le attività militari dei paesi membri della NATO che partecipano all'operazione Unified Protector sono proseguite in esito alla decisione assunta in seno al Consiglio atlantico lo scorso 21 settembre nel rispetto delle risoluzioni dell'ONU n. 1970, 1973 e 2009 approvata lo scorso 16 settembre, escludendo l'impiego di forze di occupazione straniera sul suolo libico.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

VICO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con la legge n. 219 del 21 ottobre 2005 «Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale di emoderivati», lo Stato detta principi fondamentali in materia di attività trasfusionali allo scopo di conseguire il raggiungimento dell'autosufficienza regionale e nazionale di sangue, emocomponenti e farmaci emoderivati a tutela della salute dei cittadini;
all'articolo 5, comma 1, lettera a), numero 14), per i servizi trasfusionali civili e militari tra le normali competenze, quale attività di produzione volte a garantire la costante disponibilità del sangue e dei suoi prodotti, la tenuta di un registro donatori di midollo e di donatori tipizzati per il sistema di istocompatibilità HLA;
all'articolo 24 si dispone che le Forze armate organizzano autonomamente il servizio trasfusionale in modo da essere in grado di svolgere tutte le competenze previste dalla predetta legge; che nel quadro delle iniziative di educazione sanitaria impartite ai militari, l'autorità militare favorisce

la cultura della donazione volontaria di sangue, di sangue cordonale e dei loro componenti da parte dei militari presso le strutture trasfusionali militari e civili; che il servizio trasfusionale militare coopera con le strutture del Servizio sanitario nazionale, del Ministero dell'interno e del Dipartimento della Protezione civile, al fine di assicurare, in relazione alle previsioni delle necessità trasfusionali per le situazioni di emergenza, il mantenimento di adeguate scorte di sangue;
la legge n. 219 del 2005 prevede per l'attività trasfusionale militare specifiche competenze anche a favore del settore trasfusionale nazionale, con un'organizzazione già esistente in linea con lo sviluppo programmatico del Centro nazionale sangue, e del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, quale unica entità interforze che opera in ambito dei Comandi, Enti, Reparti Militari presenti su tutto il territorio nazionale, con la denominazione di Regione militare Italia e l'acquisizione del Registro donatori di midollo osseo di competenza specifica del Servizio trasfusionale militare;
tale legge prevedeva un periodo di sei mesi per adeguare le strutture trasfusionali militari alle nuove norme comunitarie e nazionali attraverso l'emanazione di un decreto ministeriale di adeguamento;
dal 21 ottobre 2005, il Servizio trasfusionale delle Forze armate continua ad operare ad oggi sulla base del decreto ministeriale n. 499 del 18 giugno 1992, vetusto, che fa riferimento alla legge n. 107 del 4 maggio 1990, abrogata dalla legge n. 219 del 2005;
non si conoscono i motivi ostativi alla stesura del nuovo decreto ministeriale di adeguamento alle continue, pressanti e puntuali normative comunitarie e nazionali a fronte di questa incresciosa situazione -:
quali azioni intenda porre in essere il Ministro della difesa, affinché il delicato supporto trasfusionale a favore del personale militare che opera in Patria e nelle missioni di pace fuori area e il contributo delle Forze armate alle esigenze trasfusionali del Paese possano svolgersi in sicurezza nell'interesse della vita umana munendo il Servizio trasfusionale delle Forze armate, nel più breve tempo possibile, degli strumenti legislativi e della relativa riorganizzazione con la stesura del nuovo decreto ministeriale.
(4-02126)

Risposta. - Il servizio trasfusionale militare, istituito nel 1966, risponde alla esigenza di assicurare la completa autonomia delle Forze armate per quanto riguarda l'attività trasfusionale (raccolta, lavorazione, conservazione e distribuzione di emocomponenti), nonché di fornire alle autorità salutarie civili un supporto in condizioni di emergenza.
Per far fronte alla sua missione, il servizio si avvale di quattro Centri che operano, rispettivamente, a:
Roma, presso il policlinico militare Celio;
La Spezia, presso la direzione di sanità della Marina militare;
Taranto, presso il centro ospedaliere militare della Marina militare;
Firenze, presso lo stabilimento chimico farmaceutico militare.

Il servizio ha il compito di raccogliere, lavorare, conservare e distribuire unità trasfusionali ed emoderivati, allo scopo di garantire il corretto funzionamento delle attività medico-chirurgiche degli ospedali militari sul territorio nazionale e, nel caso di missioni fuori area, assicurare un adeguato sostegno alle analoghe attività svolte nei complessi sanitari campali.
Sul piano normativo, la missione, l'organico e i compiti del Servizio erano definiti dal decreto ministeriale n. 499 del 18 giugno 1992, emanato in attuazione della legge n. 107 del 4 maggio 1990.

Il legislatore, quindi, nell'anno 2005 ha riorganizzato il settore della medicina trasfusionale con l'emanazione di:
decreto legislativo n. 191 del 19 agosto 2005: «Attuazione della direttiva 2002/98/CE che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti» successivamente sostituito con il decreto legislativo 20 dicembre 2007, n. 261: «Revisione del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 191 recante attuazione della direttiva 2002/98/CE»;
legge n. 219 del 21 ottobre 2005: «Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati», che ha sostituito la legge n. 107 del 4 maggio 1990.

Il pieno riconoscimento del servizio - quale struttura sanitaria complessa e organizzata su parametri di efficienza, livelli assistenziali e capacità organizzative sovrapponibili a quelle del sistema sanitario nazionale civile - ha trovato conferma anche nell'emanazione dei decreti legislativi di recepimento di normative comunitarie europee:
decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 207: «Attuazione della direttiva 2005/61/CE che applica la direttiva 2002/98/CE per quanto riguarda la prescrizione in tema di rintracciabilità del sangue e degli emocomponenti destinati a trasfusioni e la notifica di effetti indesiderati ed incidenti gravi»;
decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 208: «Attuazione della direttiva 2005/62/CE che applica la direttiva 2002/98/CE per quanto riguarda le norme e le specifiche comunitarie relative ad un sistema di qualità».

In tali decreti vengono ribaditi gli obblighi, per il Ministero della difesa, di adeguarsi a quanto previsto per il Servizio sanitario nazionale in materia di controllo di gestione della qualità e tempestività di notifica di incidenti nel settore della medicina trasfusionale.
Dopo la promulgazione della richiamata legge n. 219/2005, è stato avviato un analitico lavoro di riesame della problematica, formulando una prima proposta di revisione dell'obsoleto decreto ministeriale n. 499/92.
In linea e in ottemperanza con quanto disposto dalla citata legge n. 219/2005 - dove è previsto che il servizio di tipizzazione tissutale e la tenuta del registro di donatori di midollo e di donatori tipizzati per il sistema di istocompatibilità sia di specifica competenza delle attività trasfusionali - dal gennaio 2008 la banca dati donatori midollo osseo della sanità militare, è stata collocata alle dipendenze dell'ufficio di direzione e coordinamento del servizio trasfusionale militare, in attesa della stesura del nuovo decreto ministeriale che la colloca alle dipendenze del dipartimento di immunoematologia e medicina trasfusionale del policlinico militare Celio di Roma.
La rapida evoluzione delle disposizioni comunitarie e nazionali nel settore trasfusionale ha reso opportuno e necessario intervenire con l'emanazione del decreto ministeriale 15 luglio 2009 che, nell'integrare e aggiornare il vecchio decreto n. 499/92, ha adeguato normativamente l'attività del servizio alla legge n. 219/2005.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi tempi ci sono state diverse polemiche mediatiche per il delittuoso caso di Perugia con interventi da parte americana (come nel caso della senatrice Cantwell) nei confronti del nostro sistema giudiziario per l'avvenuta condanna di una loro cittadina;
numerosi cittadini italiani sono detenuti negli USA e già in passato sia il Parlamento che i Ministeri qui interessati hanno seguito il caso di Carlo Parlanti, italiano detenuto da più di sei anni in California nonostante che spesso su media nazionali siano state evidenziate prove di innocenza del nostro connazionale e irregolarità

potenzialmente commesse nei sui confronti in sede Processuale;
negli ultimi tempi sono state rese note altre relazioni e dichiarazioni di esperti che giungono a conclusioni sempre più inquietanti:
1) non è mai stato appurato il presunto crimine, l'accusatrice del signor Parlanti non riporta lesioni, tranne due costole rotte, che grazie agli esperti oggi si scopre che con molta probabilità erano rotte da anni;
2) non sono state fatte investigazioni, non è stato sequestrato nulla nella casa;
3) i poliziotti dichiarano che non vi erano segni di crimine;
4) i vicini dichiarano di non aver notato nulla di strano;
5) viene evidenziato che ci sono diversi documenti in possesso della procura mai presentati in sede dibattimentale, documenti che avrebbero dimostrato l'inattendibilità dell'unica testimone contro il signor Parlanti (ovvero la stessa presunta vittima) e che avrebbero gettato grossi dubbi sulla regolarità e veridicità delle accuse mosse;
il dottor Vittorio Zingales medico chirurgo da quasi 29 anni con 18 anni di direzione di reparto del manicomio criminale più grande d'Italia e responsabile per quasi 15 anni del servizio medicina legale dell'ospedale psichiatrico giudiziario «Madia» di Barcellona, C.T.U. dal 1982 del Tribunale di Messina, di Barcellona, di Patti, di Milazzo, in una recente intervista mette in discussione e confuta le accuse di lesioni contestate al signor Parlanti concludendo: «Non entro nel merito della valutazione giuridica da parte di avvocati o procuratori o giudici, anche se nel caso mi sembra evidente una distorsione della giustizia e soprattutto in un Paese che si pensa sia paladino della democrazia e della giustizia, ma sembra di avere davanti una vicenda gestita e giudicata in un tribunale turco di 40 anni addietro. Ma la cosa inaudita, incredibile e che non lascia spazio a repliche, è che tutti i medici che hanno visitato (?) e redatto certificazioni, non abbiano capito la gravità dei fatti esposti e di conseguenza non abbiano inviato la vittima in centri specializzati... Tale comportamento totalmente omissivo ed in contrasto con ogni elementare forma di deontologia professionale e di codice medico, è inaudito e dovrebbe esser sancito dalla legge e dall'ordine dei Medici con procedimenti disciplinari e penali ai danni dei medici stessi. Non trovo le parole per qualificare tali comportamenti omissivi e delinquenziali di professionisti»;
queste conclusioni sono opinioni che gettano pesanti ombre sulla gestione del caso Parlanti -:
se in occasione del suo prossimo viaggio negli USA il Ministro degli esteri non ritenga necessario sollecitare una revisione del processo ai danni di Carlo Parlanti, visto che la legge USA prevede questa possibilità in presenza di nuove prove o prove non discusse in sede dibattimentale;
di quali elementi dispongano i Ministri in relazione alla situazione giudiziaria del signor Parlanti e se intendano acquisire elementi sulla medesima.
(4-05818)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'interrogazione n. 4-05818 sul caso Carlo Parlanti, si rinvia agli elementi di informazione già trasmessi il 3 febbraio 2011, con prot. 31628, in risposta all'analoga interrogazione n. 4-09040 formulata dall'interrogante.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

ZACCHERA. - Al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
il turismo lacuale rappresenta una quota significativa del turismo in Italia, con molti milioni di turisti pernottanti nelle zone di lago, in buona parte stranieri,

dando un contributo importante al comparto turistico nazionale;
non appare visibile una particolare promozione indirizzata al turismo lacuale italiano, né risultano disponibili fondi per iniziative di richiamo o riqualificazione turistica specificatamente per le località di lago -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per promuovere il turismo lacuale, le città e le località di lago e se non ritenga utile specificatamente indirizzare su questo canale turistico risorse dedicate, in collaborazione con le regioni e le amministrazioni locali interessate.
(4-09115)

Risposta. - L'interrogante ritiene che il turismo lacuale sia una quota significativa del turismo in Italia ma, a suo parere, non appare visibile una particolare promozione indirizzata a tale forma di turismo e nel contempo non risultano fondi disponibili per iniziative o fondi destinati alla riqualificazione turistica per le località di lago.
L'interrogante chiede di sapere quali iniziative intenda prendere il Ministro del turismo al fine di promuovere il turismo lacuale.
Per quanto sopra, al fine di rendere risposta esaustiva all'interrogante, si fa presente quanto segue.
Il protocollo d'intesa del 24 giugno 2010, stipulato tra il dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo e le Regioni e le Province autonome, in attuazione dell'articolo 1, comma 1228, legge 296/06, modificato dall'articolo 18 della legge 69/09, ha messo a disposizione delle amministrazioni regionali circa 112.000.000 di euro per la realizzazione di progetti di eccellenza finalizzati allo sviluppo ed alla promozione del sistema turistico nazionale.
In questo ambito le Regioni, nel rispetto delle prerogative loro assegnate dal vigente assetto politico-istituzionale, hanno avuto piena titolarità delle scelte strategiche sulla base delle esigenze di sviluppo e valorizzazione turistica dei propri territori.
Tra i progetti presentati e valutati positivamente dall'apposita commissione di valutazione, si segnalano, in riferimento alla questione sollevata dall'interrogante, il progetto «Il lago di Garda», presentato dalle Regioni Veneto, Lombardia e provincia autonoma di Trento, del costo di euro 4.840.560 ed il progetto «Acque di Lombardia» della Regione Lombardia, del costo di euro 2.300.000.
Il Ministro per il turismo: Michela Vittoria Brambilla.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato sul sito www.lindro.it si apprende che a Niscemi, in provincia di Caltanissetta, è prevista l'installazione di una stazione terrestre, denominata M.U.O.S. (Mobile user object system), dotata di antenne con un diametro di circa 20 metri ciascuna e finalizzata ad ottenere il controllo di tutte le comunicazioni militari (navali, aeree, e terrestri) nonché civili, da parte del Pentagono;
il radar sorgerà nella sughereta di Niscemi, in contrada Ulmo - area naturalistica protetta - su una spianata di cemento estesa per 2059 metri quadrati;
il «sistema oggetto utente mobile», è composto da 3 trasmettitori parabolici basculanti ad altissima frequenza e 2 antenne elicoidali UHF che sono collegate tra loro tramite un dispositivo satellitare. Inizialmente l'erezione del Muos era prevista in prossimità della base Militare USA di Sigonella, ma i potenti campi elettromagnetici - notevolmente al di sopra dei limiti di legge italiana - avrebbero interferito pesantemente su qualunque apparecchiatura elettronica, e soprattutto avrebbero facilmente detonato ordigni come bombe atomiche e convenzionali (depositate ai piedi dell'Etna), o missili a distanza di chilometri, e per questo che i militari Usa hanno preferito optare per la distruzione

di una riserva naturale come la sughereta di Niscemi;
l'installazione non sarebbe stata sottoposta a valutazione d'impatto ambientale, e sarebbe contro il parere comunale in violazione della convenzione europea di Aarhus;
l'iter si fonda su un accordo bilaterale tra gli Usa e l'Italia siglato dal Governo Berlusconi e ratificato nel 2006 da Romano Prodi con una clausola in base alla quale la regione Sicilia doveva dare il nulla osta;
con un decreto del 2007 la competenza per il rilascio della valutazione impatto ambientale è passata al comune di Niscemi. «Il primo nulla osta è stato annullato, il secondo non è stato concesso», avrebbe però rivelato il consigliere comunale Massimiliano Ficicchia -:
se quanto riferito in premessa corrisponda al vero;
quali iniziative si intendano intraprendere perché sia rispettato l'iter procedurale previsto dalle varie norme.
(4-13039)

Risposta. - La realizzazione di una stazione satellitare terrestre nell'area del demanio militare di Niscemi, attualmente adibita a stazione radio in utilizzo alla Marina militare degli Stati Uniti d'America (USA), è stata prevista in aderenza alle procedure dell'accordo fra la Repubblica italiana e gli USA relativo ad infrastrutture bilaterali, in applicazione dell'articolo 3 del Trattato Nord Atlantico» del 20 ottobre 1954.
In considerazione del fatto che l'area interessata dalla nuova installazione ricade in una zona protetta ai fini della preservazione dell'habitat, è stato presentato lo studio di valutazione di incidenza ambientale e la relazione paesaggistica alla regione Sicilia per le approvazioni prescritte dalla normativa vigente.
Nel corso dell'istruttoria di approvazione, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) della Sicilia ha condotto una serie di rilevazioni e di studi, che hanno evidenziato che le emissioni elettromagnetiche prodotte dal nuovo sistema rispettano la normativa italiana vigente in materia.
La stessa regione Sicilia ha acquisito, nel febbraio 2011, un parere del dipartimento d'ingegneria elettronica e delle telecomunicazioni della facoltà di Ingegneria di Palermo che ha precisato che il sistema di trasmissione Mobile user objective system non comporta condizioni di rischio per la salute dell'uomo.
In data 28 giugno 2011, la regione Sicilia, per il tramite dell'assessorato del territorio, ha autorizzato la realizzazione degli interventi.
In tale autorizzazione è stata richiamata la nota della regione Sicilia - assessorato territorio ed ambiente dipartimento regionale dell'ambiente - recante specifica autorizzazione ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 357/97 «Regolamento recante attuazione della Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli Habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatica».
In conclusione, l'intervento è stato sottoposto alle verifiche di compatibilità ambientale previste dalla legge.
Al riguardo, sottolineo che la competenza in capo alla regione Sicilia non è prevista dall'accordo bilaterale, ma emerge dal quadro normativo nazionale.
Per completezza d'informazione, specifico che il comune di Niscemi rivendica la competenza in ragione di una delega di funzioni amministrative effettuata dalla Regione, funzioni che peraltro la stessa Regione ha successivamente avocato a sé, esercitando direttamente la potestà autorizzatoria.
Sulla specifica circostanza rendo noto che il Comune di Niscemi ha esperito ricorso, tuttora pendente, dinanzi al tribunale amministrativo regionale competente.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.