XVI LEGISLATURA
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
violenti nubifragi si sono recentemente abbattuti nelle estreme regioni meridionali interessando fortemente anche la provincia di Catanzaro, provocando allagamenti e frane e creando notevoli problemi e disagi alla popolazione, in particolar modo tra Feroleto e Marcellinara, dove si conta anche la morte di un uomo;
la violenza della pioggia ha provocato smottamenti, riversando a valle fango e detriti che hanno allagato moltissime aree nella provincia di Catanzaro e reso particolarmente critico e difficoltoso lo svolgimento delle principali attività economiche e la viabilità in tutta la zona interessando soprattutto i centri abitativi rimasti per alcune ore isolati e senza corrente elettrica;
da nord a sud della città di Catanzaro, da S. Elia a Catanzaro Lido tanti sono stati i disagi e gli allagamenti; le zone più colpite comunque restano quelle proprio a sud della città, e più precisamente i quartieri di Santa Maria e Lido; su moltissime strade i detriti trasportati dal nubifragio hanno reso la viabilità assai critica trasformando le strade in veri e propri fiumi;
la violenza dell'evento calamitoso ha contribuito inoltre ad aggravare la situazione di particolare gravità e degrado in cui versa la rete infrastrutturale nel territorio calabrese, in particolare le linee ferrate, provocando il tragico deragliamento di un treno con il crollo di un ponte delle ferrovie tra Catanzaro e Lamezia Terme;
la fragilità delle strutture era già stata molte volte denunciata dalle autorità locali alle Ferrovie dello Stato, ma nessuna risposta è stata data fino al verificarsi del crollo;
a fronte della gravosa situazione il presidente della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, ha chiesto l'attivazione delle procedure per la dichiarazione dello stato di emergenza;
non è la prima volta che eventi calamitosi di questa portata si abbattono sulla zona provocando enormi disagi e danni per la popolazione interessata, evidenziando, come già denunciato da più parti e dalle amministrazioni locali in passato, la necessità di interventi che permettano la messa in sicurezza delle zone montane e dei bacini idrici per cercare di evitare il più possibile, al verificarsi di eventi calamitosi, le numerose frane e le esondazioni che invece costantemente continuano a verificarsi, provocando ingenti disagi sia alle popolazioni che alle attività economiche presenti nella zona;
vi è necessità di un'azione strategica e straordinaria attraverso programmi che possano contribuire a giungere ad un recupero delle situazioni compromesse, ad una compatibile pianificazione ambientale e ad un'attenta gestione antropica del territorio e che permettano all'intera area di dotarsi di sistemi che proteggano le popolazioni e i territori al verificarsi di successivi eventi calamitosi;
vi è inoltre una drammatica necessità di dare rilancio e sviluppo al settore del trasporto ferroviario locale, che parta da una ricognizione delle problematiche esistenti, da un'efficace azione manutentiva e dell'impegno di risorse -:
quali urgenti iniziative, per quanto di rispettiva competenza, intendano adottare
per risolvere la problematica emergenziale sotto il profilo ambientale e infrastrutturale in cui versa la regione Calabria;
se non intendano attivarsi, per quanto di competenza, per sviluppare e realizzare un piano strategico d'azione per il potenziamento delle infrastrutture e per la messa in sicurezza delle aree del territorio calabrese interessate dagli eventi calamitosi dei giorni scorsi, impegnando risorse finanziarie, umane e mezzi tecnici e strumentali.
(2-01295)
«Tassone, Galletti, D'Ippolito Vitale, Occhiuto».
Interrogazioni a risposta scritta:
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 12 dicembre 2011, a Trieste, a poche ore dell'atteso concerto del cantante Jovanotti è crollata l'impalcatura all'interno del Pala Trieste che avrebbe dovuto ospitare lo spettacolo;
nel grave incidente un operaio è morto, un giovane di 20 anni, e numerosi altri lavoratori sono rimasti feriti, alcuni in modo grave;
dall'inizio dell'anno le vittime nel mondo del lavoro risultano essere 499; 844.825 gli infortuni; 1.996 gli invalidi -:
di quali elementi disponga in merito alla dinamica dell'incidente;
se la causa dell'episodio sia attribuibile, come purtroppo frequentemente, a inosservanza delle norme sul lavoro e al fatto che - come in passato è accaduto - si allestiscano spettacoli sensibili più alle ragioni del risparmio da conseguire che alla sicurezza dei lavoratori;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intendano adottare o promuovere in ordine a quanto sopra esposto.
(4-14202)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
fra il 1o ed il 2 di marzo 2011 si è verificata un'alluvione che ha gravemente colpito il territorio di confine jonico fra le due province di Matera e Taranto;
la regione Puglia è intervenuta con uno stanziamento di 1,5 milioni di euro, ma per il patto di stabilità tali risorse non sono utilizzabili fintanto che non sia adottato un provvedimento ad hoc da parte del Presidente del Consiglio, con nomina di commissario;
mentre l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri è stata adottata per la regione Basilicata, manca tuttora analogo provvedimento per la regione Puglia;
per sollecitare un'urgente soluzione del problema sono state condotte anche iniziative non violente di sciopero della fame -:
per quale motivo non sia stata ancora adottata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri relativa alle alluvioni di marzo 2011, per quanto concerne la regione Puglia e se non ritenga il Presidente del Consiglio di provvedere in tal senso con la massima urgenza;
quale sia la stima dei danni causati dalla calamità naturale di cui in premessa per quanto riguarda i territori jonici della regione Puglia e se e come il Governo intenda farvi fronte.
(4-14203)
LULLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Ministro dello sviluppo economico ha nominato suo rappresentante per Iraq
e Afghanistan l'ex Ministro dello sviluppo economico Paolo Romani, già sottosegretario e viceministro;
la nomina è ad avviso dell'interrogante in totale contrasto con l'esigenza di discontinuità nei confronti del passato Governo, avanzata dai partiti che lo sostengono, che ha portato a votare la fiducia ad un Governo che doveva essere e rimanere di soli tecnici;
secondo notizie di stampa l'attuale Ministro dello sviluppo economico avrebbe giustificato la nomina considerando Romani «un valore aggiunto» e avanzando l'ipotesi secondo cui «ci sarebbe stato un disvalore nell'interrompere i lavori in corso», in particolare Romani dovrebbe effettuare «delle specifiche cose che stava portando avanti in quei territori prima che cadesse il Governo Berlusconi»;
secondo il Ministro dello sviluppo economico tra le «cose» da portare avanti, oltre all'aeroporto di Herat, ci sarebbero «un paio di altri affari per le aziende italiane»;
dal 10 al 15 dicembre 2011 darebbe prevista una missione di Romani in Afghanistan -:
se il Presidente del Consiglio sia stato messo al corrente della nomina di Paolo Romani e se la consideri in linea con gli impegni assunti nei confronti dei partiti che sostengono il suo Governo;
se il Ministro dello sviluppo economico sia al corrente dei contenuti della missione che si svolgerà dal 10 al 15 dicembre e se ritenga di metterne al corrente il Parlamento.
(4-14205)
DE GIROLAMO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a causa delle gravi avversità metereologiche nei mesi di novembre e dicembre 2011 si verificavano gravi danni in tutto il territorio di Arpaise (Benevento);
particolarmente grave è stato il cedimento della strada provinciale n. 1 «Ciardelli-Benevento», verificatosi in data 4 dicembre nella contrada Covini, che ha determinato l'ordinanza di sgombero di due abitazioni e di una struttura alberghiera, interessate dall'accadimento franoso;
da una seppur sommaria valutazione dei danni risulta la distruzione della sede stradale (strada provinciale Ciardelli), la totale inagibilità e perdita di un fabbricato per civile abitazione (con relativi arredi), direttamente interessato dal movimento franoso, i danneggiamenti di una struttura alberghiera con le relative aree di pertinenza, i danneggiamenti alle abitazioni civili, ad oggi, lambite dal detto movimento, i danneggiamenti di infrastrutture a rete (fognatura, acquedotto, linea telefonica, linea elettrica), i crolli di manufatti agricoli, il dissesto di una zona di terreno;
pur avendo il comune di Arpaise proceduto con delibera di consiglio comunale n. 32 del 14 dicembre 2010, alla richiesta del riconoscimento di stato di calamità naturale a distanza di un anno dall'evento calamitoso le famiglie abitanti i fabbricati interessati dalla frana non hanno ancora ricevuto locali in cui poter dimorare ed alcuni sono ancora oggi costretti a vivere in una tenda di fortuna;
peraltro detti ultimi cittadini non hanno più mezzi economici di sostentamento essendo divenuta inagibile l'attività di ricezione alberghiera dove essi prestavano lavoro -:
cosa il Governo intenda fare per far fronte alla delineata situazione rispondendo alle legittime aspettative della piccola comunità del beneventano così fortemente colpita e penalizzata dagli eventi franosi cominciati a verificarsi già la notte del 4 dicembre 2010.
(4-14207)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito recentemente dalla Corte dei conti la grande distribuzione «consente di investire in noti franchising grandissime quantità di denaro che diventa difficilmente rintracciabile e riconducibile alle mafie; i proventi illecitamente accumulati non sono utilizzati solamente nel comparto strettamente commerciale della grande distribuzione ma, anche, nella costruzione di centri commerciali e strutture affini»;
nell'ultima relazione della procura nazionale antimafia, il magistrato Maurizio de Lucia sottolinea come la criminalità organizzata controlla l'intera filiera dal terreno ai cantieri, dalle forniture alla gestione delle licenze e delle assunzioni, fino al riciclaggio del denaro attraverso le casse «lavatrici» dei supermercati;
si tratta di un fenomeno che non riguarda solo il Sud del Paese ma anche il Nord ed anzi travalica gli stessi confini nazionali -:
se e quali iniziative si intendano promuovere nei confronti della crescita esponenziale di centri commerciali e di grande distribuzione quando ubbidiscano a logiche criminose e non di mercato.
(4-14222)
...
AFFARI ESTERI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
migliaia di profughi fuggiti dal Corno d'Africa o dall'Africa Sub-sahariana risulterebbero ridotti in stato di schiavitù da bande di predoni beduini nel Sinai;
ad essere imprigionati sarebbero soprattutto giovani, donne e numerosi adolescenti e bambini, vittime di un traffico inumano, organizzato da criminali che si arricchiscono con la richiesta di riscatti di migliaia di euro o, peggio, con il mercato clandestino di organi, al quale vengono sacrificati quelli che non riescono a «pagarsi la libertà»;
si tratta di una delle maggiori emergenze umanitarie degli ultimi anni, che si sta consumando nella sostanziale indifferenza del mondo e nel silenzio assordante dell'Europa e dell'Italia, ovvero di quei Paesi verso i quali quei profughi disperati intendevano dirigersi, in nome dei più elementari diritti umani, e fuggendo guerre, persecuzioni politiche o religiose, fame, carestia;
in genere, i profughi partono dai grandi campi di raccolta allestiti in Etiopia (che ospitano soprattutto eritrei) o nel Sudan (ancora eritrei, somali ed etiopi), dove sono arrivati dopo aver corso rischi pesantissimi e dove speravano che, riconosciuta a livello internazionale la loro condizione di rifugiati e perseguitati, potessero essere accolti in Europa entro un periodo di tempo ragionevole;
a causa della lentezza e dalla sostanziale chiusura di quasi tutti i Governi occidentali questi profughi, nel tentativo di giungere in Europa risalendo il Sudan e l'Egitto per puntare poi verso il confine israeliano nel Sinai (Tunisia e soprattutto Libia e il Mediterraneo non erano vie praticabili con le rivolte esplose dall'inizio dell'anno), cadono nella rete di organizzazioni clandestine o singole guide che offrono il «passaggio» fino al confine israeliano per un compenso che va da mille a duemila euro, ma che spesso si rivelano emissari delle bande di predoni beduini che gestiscono il traffico di schiavi;
i pochi che riescono a sottrarsi a questa trappola spesso vengono uccisi a fucilate dalle guardie di frontiera del Cairo mentre tentano di entrare clandestinamente in Israele, o finiscono nelle carceri
egiziane, dove i maltrattamenti e le percosse, la malnutrizione e la scarsità d'acqua, le terribili condizioni igieniche e logistiche, provocano malattie e non di rado anche la morte, senza nessuna assistenza;
stessa sorte è toccata anche a molti giovani che avevano inizialmente raggiunto la Libia per essere o respinti in mare o espulsi al confine sud, in pieno Sahara e da qui - non potendo rientrare nei Paesi d'origine dove rischiavano l'arresto o la morte - diretti verso il Sinai;
l'allarme è stato lanciato per la prima volta un anno fa, nel novembre 2010, da Habeshia, l'agenzia che si occupa in Italia dei profughi eritrei, e da numerose altre organizzazioni umanitarie internazionali, ma da allora non è cambiato nulla, anzi la situazione è peggiorata;
un anno fa si parlava di circa 250 prigionieri, mentre l'ultimo rapporto del pool di organizzazioni che, insieme ad Habeshia segue costantemente il problema, parla di almeno 350-400 ostaggi, ma altre organizzazioni non governative internazionali ne stimano oltre mille;
è il caso di ricordare che su molti giornali sono comparsi anche i nomi di personaggi fortemente sospettati di essere ai vertici dell'organizzazione, con presunte complicità a vari livelli sia in Egitto che in Israele;
è una tragedia che non può lasciare indifferente l'Italia -:
se non ritenga opportuno adottare urgenti iniziative, anche presso le competenti sedi europee od internazionali, volte a:
a) coinvolgere l'Interpol per aprire un'inchiesta su questo traffico di esseri umani, con l'ausilio delle polizie egiziana ed israeliana ai massimi livelli e con la prospettiva di emettere mandati di cattura internazionali contro i trafficanti;
b) aprire un'inchiesta specifica per cercare di risalire alla catena che porta al traffico clandestino di organi, un mercato che richiede necessariamente una organizzazione ad alto livello, con la complicità di medici, specialisti e cliniche (l'Egitto, tra l'altro, è nell'elenco delle nazioni più sospette, per questo tipo di traffico, anche a prescindere dal caso del Sinai);
c) sensibilizzare il Governo egiziano affinché consenta l'accesso nelle sue carceri alle organizzazioni umanitarie internazionali che si occupano dei profughi, per verificare la loro condizione di richiedenti asilo politico o di rifugiati;
d) invitare il Governo dei Paesi interessati, anche attraverso l'Unione europea, ad aprire le frontiere almeno ai profughi sfuggiti ai «predoni» e, contemporaneamente, rendere più celeri e meno fiscali le pratiche sull'emigrazione e la concessione dello status di rifugiati o di esuli politici ai profughi;
e) modificare in Italia la politica dell'accoglienza, sulla base del sistema in vigore in Svezia;
f) contribuire a realizzare progetti di sostegno nei Paesi di transito (Etiopia e Sudan) per frenare l'emigrazione disperata di migliaia di profughi.
(2-01294)
«Pezzotta, Galletti, Adornato, Enzo Carra, Volontè, Binetti».
Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:
TEMPESTINI, PISTELLI, BARBI, CORSINI e NARDUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le organizzazioni non governative impegnate in progetti di sviluppo approvati e rendicontati dal Ministero degli affari esteri sollecitano da tempo l'erogazione dei contributi delle seconde e terze annualità dei progetti di cooperazione internazionale in corso;
a fronte delle sollecitazioni delle organizzazioni non governative interessate, il
Ministero degli affari esteri ha risposto sistematicamente che non sono attualmente possibili né previste per l'immediato futuro erogazioni a causa della mancanza di liquidità in cassa; né sono state finora indicate le date di un possibile sblocco;
i fondi in questione sarebbero fondi già in bilancio e già nelle disponibilità di cassa del Ministero degli affari esteri, ma sembrerebbero essere bloccati dal Ministero dell'economia e delle finanze per esigenze di tesoreria;
dopo i pesantissimi tagli alle attività di cooperazione del 2011 e degli anni a venire, si è ora giunti al blocco delle risorse già stanziate e deliberate, non solo senza alcun beneficio per il bilancio dello Stato, ma con la quasi certezza per lo Stato italiano di perdere qualsiasi causa fosse intentata dalle organizzazioni non governative e conseguentemente con il rischio elevatissimo di dover un domani pagare gli interessi e le conseguenti spese legali;
con il perdurare di questo blocco dei fondi, decine e decine di progetti di cooperazione promossi dalle organizzazioni non governative - che notoriamente si rivolgono alle fasce più deboli della popolazione mondiale - dovranno essere sospesi o addirittura cancellati, con grave danno per i beneficiari, per l'immagine e la credibilità dell'Italia, e con il grave rischio per le organizzazioni non governative italiane, in virtù della forte esposizione finanziaria che esse hanno assunto, di dover interrompi la propria attività in quei Paesi in cui operano da anni -:
ove corrisposta al vero che le seconde e terze annualità dei progetti promossi dalle organizzazioni non governative ai sensi della legge n. 49 del 1987, pur stanziati e deliberati, non vengono erogati per mancanza di disponibilità di cassa, quando sarà ripristinata la loro regolare erogazione e quali provvedimenti siano previsti per ridurre l'impatto che il blocco dei progetti produce sull'immagine internazionale dell'Italia, sui danni che ne deriveranno ai popoli beneficiari e sulle conseguenti gravi difficoltà in cui vengono a trovarsi le organizzazioni non governative impegnate alla realizzazioni di tali progetti.
(5-05805)
Interrogazione a risposta in Commissione:
EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel triennio 2008-2011 la cooperazione allo sviluppo gestita dal Ministero degli affari esteri ha complessivamente fatto registrare un taglio del 78 per cento ed è risultata essere la spesa più penalizzata nel bilancio statale. La direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (Dgcs) è quella che ha subito le maggiori riduzioni tra le direzioni del Ministero degli affari esteri, mentre le direzioni per la mondializzazione e la promozione del sistema Paese sono le meno colpite dai tagli;
gli stanziamenti per la legge n. 49 del 1987 hanno così raggiunto il minimo da quando sono stati inseriti nel bilancio dello Stato (175 milioni di euro nel 2011), con una riduzione del 61 per cento rispetto al precedente minimo storico registrato nel 1997, un calo del 168 per cento in termini reali. Le poste di bilancio per finanziare organizzazioni internazionali, organizzazioni non governative (ONG) e interventi bilaterali hanno subito tagli tra il 44 per cento e il 50 per cento;
nel 2011, la cooperazione allo sviluppo gestita dal Ministero degli affari esteri pesa sul bilancio dello Stato per lo 0,025 per cento, era lo 0,042 per cento nel 2010 e lo 0,1 per cento nel 2008. Sempre nel 2011, l'aiuto allo sviluppo dell'Italia iscritto nel bilancio del Ministero interrogato è pari all'11 per cento del totale iscritto nel bilancio dello Stato - era del 28 per cento nel 2008 - mentre il restante transita sul bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze;
tra il 2008 e il 2011 gli esperti di cooperazione allo sviluppo a tempo indeterminato sono passati da 87 a 67 e quelli a contratto da 233 a 140;
fin dal primo taglio delle risorse, la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo ha puntato tutto sull'efficacia dell'aiuto - intesa come rispetto degli obiettivi internazionali e razionalizzazione amministrativa. Va detto che, senza attendere una riforma legislativa della materia, promessa da tempo, la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo ha tentato di dimostrare che si poteva fare meglio anche con meno risorse finanziarie. Alla fine di quest'anno sarà noto se l'Italia è stata in grado di rispettare gli obiettivi d'efficacia, a seguito dello sforzo fatto;
nonostante questo impegno per una maggiore efficienza, per effetto di dotazioni finanziarie così ridotte sulla legge n. 49 del 1987, l'incidenza dei soli salari degli esperti di cooperazione sul totale dello stanziamento disponibile è quasi quintuplicata, passando dall'1,2 per cento al 5,2 per cento nel periodo 2008-2011, escludendo i salari del personale di ruolo e dei funzionari diplomatici. Il paradosso è che a causa dei costi fissi le scarse risorse disponibili rischiano di essere utilizzate tutte per i salari, aumentando in maniera continua l'incidenza dei costi di amministrazione -:
quali iniziative intenda assumere affinché la notevole incidenza del costo dei salari evidenziata in premessa non gravi in maniera così pesante sul totale dello stanziamento disponibile come stabilito dalla legge n. 49 del 1987.
(5-05808)
Interrogazioni a risposta scritta:
GARAVINI, GHIZZONI, GIANNI FARINA e PORTA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la direzione generale per la promozione del sistema Paese del Ministero degli affari esteri ha organizzato le prove concorsuali di accertamento linguistico per il reclutamento del personale docente e amministrativo tecnico e ausiliario destinato agli istituti scolastici stranieri;
le prove sono state concentrate in soli tre giorni (1, 2 e 5 dicembre 2011) a Roma, presso l'Hotel Ergife, dove, a fronte di più di 36.000 candidature per appena 281 posti disponibili, si sono effettivamente presentati oltre 20.000 candidati provenienti da tutte le regioni d'Italia e dall'estero;
nell'organizzare le prove d'accertamento, il Ministero degli affari esteri si è avvalso della collaborazione di un'agenzia esterna, la «FormezItalia»;
il Ministero degli affari esteri avrebbe comunicato, a quanto consta agli interroganti, la modalità delle prove via mail agli iscritti soltanto due giorni prima dell'inizio delle stesse, specificando che, «per esigenze di economicità è stata adottata la scelta di utilizzare un volume unico contenente i quesiti relativi a tutte le tipologie di prove previste per ciascuna delle quattro lingue richieste»; un sistema informatico avrebbe quindi estratto a sorte i quesiti a cui rispondere dopo averli ricercati nel volume; pena l'annullamento della prova, allo scadere del tempo il volume avrebbe dovuto essere immediatamente restituito;
nel volume erano contenute le domande per tutte le prove previste, con il risultato che i candidati coinvolti in più selezioni avrebbero avuto modo di leggere anche le domande delle prove successive;
prima dell'inizio della prima prova, un docente ha chiesto che fosse messo a verbale che il tempo a disposizione per lo svolgimento era insufficiente e che il concorso era soggetto ad irregolarità;
a seguito di questa prima contestazione si sono manifestate vivaci proteste che hanno richiesto l'intervento delle forze dell'ordine;
nel frattempo, alcuni candidati sarebbero usciti dall'aula portando con sé il volume contenente le domande di tutte le prove concorsuali;
dopo 12 ore di attesa, è stata pubblicata la decisione definitiva di rinviare la prova di francese al martedì successivo, 6 dicembre 2011;
oltre all'ingiusta esclusione dei candidati che non hanno potuto, per impegni spesso legati alla loro attività didattica, prolungare il soggiorno a Roma, si può ritenere che il rinvio abbia arrecato disagi ai numerosi concorrenti giunti da località lontane dalla Capitale, che hanno dovuto sostenere costi aggiuntivi di vitto e alloggio -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere al fine di verificare eventuali irregolarità nello svolgimento delle prove concorsuali di accertamento linguistico per il reclutamento del personale docente e amministrativo tecnico e ausiliario destinato agli istituti scolastici stranieri;
per quale motivo, considerato il numero elevato di candidati, non sia stata prevista una preselezione dei concorrenti;
quali iniziative intendano assumere nei confronti dell'agenzia esterna «FormezItalia» alla luce delle inefficienze che hanno compromesso il buon esito delle prove linguistiche e creato disagio ai candidati, e se in futuro intendano ancora avvalersi della collaborazione di «FormezItalia».
(4-14195)
DI STANISLAO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi i giuristi democratici ed EveryOne Group hanno inviato una lettera al Ministro interrogato circa la situazione del campo profughi di Ashraf;
nel mese di aprile 2011, infatti, il Governo iracheno annunciava la chiusura entro la fine del 2011 del campo profughi di Ashraf, che concede rifugio da più di 20 anni a 3.400 oppositori della dittatura integralista di Teheran;
la decisione è stata resa pubblica dopo due massacri, che hanno causato la morte di cinquanta persone e il ferimento di oltre mille, fra la popolazione civile del campo, che non ha difese contro la violenza e gli abusi. Le stragi sono avvenute nonostante gli americani avessero promesso di difendere gli abitanti del campo;
l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati è intervenuto in settembre per confermare a questi dissidenti iraniani lo status di rifugiati politici, tappa preliminare per trasferirli in Paesi terzi, secondo il piano presentato dal Parlamento europeo per risolvere la crisi. Da allora, però, Baghdad ha bloccato tutto. Ha ostacolato il procedimento dell'Alto Commissario e non smette di ripetere, fino a oggi, la sua intenzione di scagliare il terzo attacco contro il campo profughi, che ha intenzione di cancellare;
nella lettera si lancia un accorato appello per chiedere al Governo italiano di intervenire per annunciare al Governo dell'Iraq la disponibilità ad accogliere questi rifugiati, affinché Baghdad non abbia più alcun argomento per proseguire nello sterminio;
il 2 dicembre 2011 il Ministro degli affari esteri canadese incoraggia il Governo iracheno a prorogare il termine di chiusura per consentire ai residenti rimanenti il tempo sufficiente per adottare le misure necessarie per chiedere asilo e permettere al consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite di considerare e vagliare le domande. Invita l'Iraq a far fronte ai propri obblighi di diritto internazionale e ha dichiarato, altresì, di monitorare la situazione molto da vicino -:
se, e come, il Governo si stia impegnando al fine di evitare l'eccidio annunciato dei 3.400 residenti del campo Ashraf.
(4-14201)
EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in un atto di sindacato ispettivo del 7 settembre 2011, (n. 4-13141), l'interrogante poneva la questione dell'oppressione
politica in Ungheria a opera di un Governo - quello presieduto da Viktor Orban - che conculca i diritti delle minoranze politiche ed etniche, con chiare inclinazioni nazi-fasciste e antisemite;
una risposta a tale atto di sindacato ispettivo è pervenuta alla fine del mese di settembre a firma Sottosegretario pro-tempore Mantica;
la risposta è stata dunque tempestiva, ma - come dice il proverbio - la gatta frettolosa fa i gattini ciechi;
infatti quella risposta - pur tempestiva - era a giudizio dell'interrogante del tutto inadeguata. Nell'atto ispettivo si poneva la questione del carattere democratico della situazione politica e sociale ungherese e si sosteneva che da una dittatura della maggioranza si stesse passando a una dittatura tout court, con la persecuzione degli ebrei, dei rom, dei non ungheresi e con l'assoggettamento di tutte le autorità indipendenti;
nella risposta del Sottosegretario pro-tempore Mantica si invitava il lettore a stare tranquillo, giacché la coalizione nazionalista di destra al Governo ha riportato la maggioranza qualificata dei seggi in Parlamento dopo le elezioni. Anche Mussolini e Hitler avevano vinto un passaggio elettorale e così Fujimori in Perù. Il problema che l'atto ispettivo poneva era se - dopo le elezioni - si fosse usato il proprio potere per conculcare i diritti delle minoranze e delle persone in genere;
l'Economist da molti mesi fa un'analisi preoccupata delle politiche di Victor Orban, un personaggio dai modi e dalle strategie inquietanti. L'ambito di sindacato della Corte costituzionale ungherese è stato ristretto e la nuova legislazione ha anche ristretto l'ambito del controllo contabile delle corti indipendenti;
sempre nel mese di settembre sono stati tributati a un criminale di guerra nazista i funerali con gli onori militari. Si trattava - di Sandor Képiro, un ufficiale della gendarmeria ungherese, collaborazionista e assassino di migliaia di ebrei;
a ciò si aggiunge un altro fatto gravissimo: il 24 ottobre 2011 - come ha denunziato il leader dei giovani dell'Italia dei valori, Daniele Catanzaro - un gruppo di giovani del Pdl si è recato a far visita al premier ungherese Viktor Orban e ne ha tratto una convergenza d'intenti;
si tratta a giudizio dell'interrogante di una vergogna senza eguali per l'Italia. I giovani di un partito (il Pdl) che è maggioranza relativa nel Parlamento italiano (sia pure secondo l'interrogante in netta minoranza nel Paese), anziché preoccuparsi per quanto sta accadendo in Ungheria, con migliaia di persone scese in piazza contro il Governo, sono andati a trovare il neo-dittatore Orban, responsabile di politiche repressive e oscurantiste che stanno gettando l'Ungheria in un buco nero senza uscita;
forte della sua amicizia con Berlusconi e Putin, Orban ha infatti «imbavagliato» la stampa, infliggendo dure sanzioni ai giornalisti liberi, licenziato tutti i dipendenti pubblici dissidenti e riscritto la Costituzione ungherese in senso autoritario e nazionalista;
tutto ciò non può che definirsi un vero e proprio pogrom di massa realizzato con il preoccupante silenzio dell'Europa. Appare preoccupante che i giovani del Pdl, dopo Gheddafi e Putin, abbiano trovato in Orban il loro nuovo punto di riferimento internazionale;
che recenti sondaggi diano in calo il partito di Orban non tranquillizza affatto i sinceri democratici, che vedono un Paese amico attanagliato dal peggior regime politico dal 1989 a oggi -:
se il Ministro interrogato intenda svolgere proprie e nuove valutazioni sulla situazione ungherese e quali ulteriori informazioni intenda assumere;
quali iniziative di politica estera e in sede europea intenda promuovere il nuovo Ministro
(4-14229)
AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT
Interrogazione a risposta immediata:
BALDELLI e DISTASO. - Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
a partire da luglio 2008, il Governo Berlusconi si è impegnato a fornire al variegato settore dei servizi pubblici locali un nuovo assetto caratterizzato da maggiore concorrenza, trasparenza ed efficienza nella gestione;
con la disciplina dettata dall'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successivamente modificata ed integrata dall'articolo 15 del decreto-legge n. 135 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 2009, si era proceduto ad un complessivo riordino della materia mediante l'introduzione di una serie di disposizioni applicabili in via generale a tutti i servizi pubblici locali;
il quadro delineato dall'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni, nonché dal regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 168 del 2010, cade a seguito dell'esito referendario del 12 e 13 giugno 2011 e, pertanto, con decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011, n. 113, l'articolo 23-bis, viene abrogato;
due ordini del giorno accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 21 giugno 2011, relativi all'atto Camera n. 4357, divenuto legge n. 106 del 2011 (di conversione del decreto-legge n. 70 del 2011, concernente «Semestre europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia»), hanno impegnato il Governo, rispettivamente, «ad attivarsi, al più presto, al fine di adottare provvedimenti, anche normativi, volti a colmare, in maniera organica e sistematica, il vuoto normativo determinatosi, in esito al referendum del 12 e 13 giugno del 2011, in uno dei comparti nevralgici per la crescita del Paese, quale è quello dei servizi pubblici locali», nonché «ad adottare un provvedimento urgente al fine di ripristinare» i divieti di cui al regime delle incompatibilità indotto dal regolamento n. 168 del 2010; divieti «indirettamente caduti a seguito delle abrogazioni referendarie, ma non direttamente connesse alla volontà espressa dal corpo elettorale»;
rispondendo alla richiesta da più parti avanzata di un nuovo intervento del legislatore al fine di colmare l'incertezza normativa determinatisi a seguito del referendum, il Governo, con l'articolo 4 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, concernente «Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dell'Unione europea», ha reintrodotto la disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica;
nella lettera inviata, il 26 ottobre 2011, dal Presidente Berlusconi ai Presidenti del Consiglio europeo e della Commissione europea Van Rompuy e Barroso si legge che «con le disposizioni che si intende varare si rafforza il processo di liberalizzazione e privatizzazione, prevedendo che non è possibile attribuire diritti di esclusiva nelle ipotesi in cui l'ente locale affidante non proceda alla previa verifica della realizzabilità di un sistema di concorrenza nel mercato, ossia di un sistema completamente liberalizzato. Inoltre, viene previsto un ampliamento delle competenze dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché un sistema di benchmarking al fine di assicurare il progressivo miglioramento della qualità di gestione e di effettuare valutazioni comparative delle diverse gestioni» -:
quale sia l'orientamento che il Governo intenda assumere in tema di completamento
della disciplina dei servizi pubblici locali alla luce degli impegni assunti con l'Europa e della non più rinviabile esigenza di completare un quadro regolatorio certo e finalmente stabile per un settore così rilevante per la vita dei cittadini e delle imprese, dal quale possono derivare effetti significativi per la crescita del Paese.
(3-01978)
Interrogazione a risposta in Commissione:
BRATTI, GHIZZONI, MARCO CARRA e VANNUCCI. - Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio nazionale del CONI nella riunione del 30 novembre 2011 ha approvato la formulazione di ipotesi di modifica dello statuto del CONI;
tali modifiche riguardano l'istituzione di delegati provinciali in luogo dei comitati provinciali che verranno aboliti e le cui funzioni attuali sarebbero trasferite ai comitati regionali;
le modifiche formulate dal CONI che dovrebbero entrare in vigore il primo gennaio 2012, determinano un depauperamento del territorio, della presenza del volontariato e di conseguenza delle loro azioni promozionali e formative;
lo statuto del CONI è stato approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 novembre 2011 e la procedura di deliberazione è disciplinata dal decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242 -:
se il Consiglio nazionale del CONI abbia rispettato l'iter previsto dalla citata normativa e se il Ministro sia stato adeguatamente informato e quale posizione intenda assumere di fronte alle legittime e inascoltate proteste degli organi territoriali interessati in relazione alle proposte di modifiche statutarie descritte in premessa.
(5-05817)
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
CONTENTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da vario tempo la frazione di Campagna, in comune di Maniago (Pordenone), e le zone limitrofe lamentano la continua diffusione di odori nauseabondi e il deposito su case, automobili e giardini di una coltre nerastra e imbrattante;
l'origine della situazione, portata all'attenzione della magistratura di numerosi enti pubblici, della stampa non solo locale e financo dell'Unione europea, non è stata ancora individuata con esattezza;
al momento neppure l'Agenzia regionale per la protezione ambientale e l'Azienda sanitaria locale hanno reso note le cause del fenomeno, a tal punto pesante da aver fatto riunire in comitati la popolazione della zona (vari residenti hanno chiesto consulti legali per verificare la possibilità di agire in class action);
risulta da notizie di stampa che per giungere di identificazione della fonte inquinante bisognerebbe attivare uno speciale esame di difrattrometria ai raggi X, esame, questo, di particolare complessità e tecnicità;
vista il quadro di tensione, nonché la costante segnalazione di persone che si rivolgono anche alle cure sanitarie per irritazioni alle vie aeree e alle mucose, sembra rendersi necessario un intervento di coordinamento e di monitoraggio da parte dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca sull'ambiente (Ispra), dotato di competenze e di strumentazioni utili proprio in casi simili a quello qui evocato -:
se sia a conoscenza della situazione indicata in premessa, se siano già note con
certezza scientifica le cause del fenomeno e, in caso di risposta negativa al precedente quesito, se non ritenga il caso, per quanto di competenza, di demandare una specifica azione cognitiva all'Ispra.
(4-14189)
DI STANISLAO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi Sette, il magazine del Corriere della Sera, pubblica un'inchiesta titolata «Gomme selvagge», spiegando il business che le ecomafie stanno portando avanti in questo settore;
Ecopneus insieme a Legambiente nel rapporto «Copertone selvaggio 2011» informa, infatti, che ogni anno vengono dismesse 380 mila tonnellate di pneumatici esausti e di questi oltre 100 mila finiscono nel mercato illegale della mafia. In pratica, una gomma ogni quattro delle nostre macchine va ad arricchire il mercato nero;
solo nell'ultimo anno la polizia ha sequestrato 286 discariche abusive in Italia su un'area occupata di circa 822 mila metri quadrati, mentre sono stati 1.334 i sequestri di aree illegali;
dal rapporto «Copertone selvaggio 2011» emerge, altresì, che la perdita economica per il bilancio statale è fra i 140 e i 170 milioni di euro solo per il mancato gettito d'IVA sulle vendite di pneumatici e una decina di milioni di euro per il mancato pagamento sulle attività di trattamento dei pneumatici e sugli smaltimenti;
sono quantificati in circa 30 milioni di euro i mancati ricavi degli impianti costretti a lavorare a regime ridotto e gli eventuali costi di bonifica delle 1.334 discariche abusive di pneumatici sequestrate negli ultimi 6 anni oscillerebbero fra i 400 e i 500 milioni di euro;
oltre all'illegalità insita nello smaltire pneumatici in discariche, in quanto vanno smaltiti separatamente, il danno, a volte irreparabile, si evidenzia dal punto di vista ambientale e paesaggistico;
in molte città l'utilizzo dei copertoni esausti per appiccare i roghi nelle discariche abusive è diventato il simbolo dell'ecomafia, dove gli inceneritori a cielo aperto della camorra bruciano tutto il giorno e cancellano le tracce degli scarichi;
dallo scorso settembre il consumatore che compra gomme nuove versa un contributo per i costi di gestione e recupero degli pneumatici fuori uso;
per gli investigatori gli pneumatici dismessi sono una delle tipologie più ricercate di rifiuti perché hanno un riutilizzo in vari settori -:
come il Governo stia affrontando e arginando il business delle ecomafie e del mercato nero degli pneumatici dismessi al fine di sopperire agli ammanchi nelle casse dello Stato e delle aziende che operano nel settore;
come il Governo stia affrontando la questione sotto il profilo ambientale ed ecologico in termini di inquinamento e bonifica dei territori.
(4-14200)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato dal quotidiano Avvenire il 7 dicembre 2011, è emerso che a fine maggio l'acciaieria Somet di Ambivere, a pochi chilometri da Bergamo, ha fuso accidentalmente una sorgente di radio 226;
il radio 226 decade dopo 1600 anni;
si tratta di una sorgente che era nascosta in un carico di rottami e, finita nel forno F9, ha contaminato circa 30 tonnellate di schiume di alluminio, ora isolate e messe in sicurezza;
la ditta sta cercando un sito di smaltimento, ma è difficile trovarlo poiché in Italia non esiste uno sito definitivo, ad eccezione del deposito temporaneo di rifiuti radioattivi presso il centro Enea della Casaccia -:
se e di quali informazioni disponga in merito ai fatti riportati in premessa il Governo;
quale sia lo stato attuale delle 30 tonnellate di schiume di alluminio contaminato e quali iniziative di competenza il Governo intenda promuovere per la soluzione del problema.
(4-14225)
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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interrogazione a risposta scritta:
CAPARINI e GIULIETTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il palazzo Labia è simbolo della cultura e della storia di Venezia e del Triveneto, emblema della cultura veneziana e veneta, dalle incredibili potenzialità e possibilità dal punto di vista culturale;
la Rai ha, o meglio dovrebbe avere, una preziosa funzione per la tutela della cultura e delle identità regionali anche nella difesa della storia e della cultura e il palazzo Labia potrebbe essere uno strumento formidabile di promozione culturale nella Venezia della Biennale, della mostra del cinema, del festival del teatro, sede di prestigiose fondazioni e musei, tuttora uno dei maggiori centri culturali d'Europa, conosciuto in tutto il pianeta, che però non viene adeguatamente sostenuto e promosso;
la Rai con la sede veneta e il palazzo Labia potrebbe anche aiutare a tutelare il teatro, la musica, la pittura, il costume, la storia e le tradizioni di questo spazio culturale dando prospettive di ampio respiro con scelte culturali di grande significato e di grande utilità per il turismo, l'industria e più in generale per la cultura del lavoro tipica di quelle terre;
Ilaria Borletti presidente del Fondo Ambiente Italiano ha recentemente chiesto «è giusto che la Rai, cioè lo Stato, cioè noi, decida di lasciare questo palazzo unico al mondo, affacciato sulla laguna, per venderlo al migliore offerente e trasferirsi magari in un anonimo ufficio?» ed aggiunge: «In tutto il resto d'Europa una simile vicenda avrebbe aperto, come minimo, un grande dibattito sulle città e i centri storici, sul loro futuro e la loro identità... Mi auguro che ciò avvenga anche qui da noi coinvolgendo urbanisti, sociologi, architetti, uomini di cultura, tutti i cittadini interessati in una conversazione aperta, senza pregiudizi»;
il mondo culturale italiano crede sia possibile quanto auspicabile dare, nell'universo culturale italiano, un maggiore spessore alla politica culturale nell'azione della concessionaria radiotelevisiva di servizio pubblico, così come previsto dalla sua missione e specificato nel contratto di servizio;
a parere degli interroganti la percezione è che cultura, identità regionale e nazionale siano passati in secondo piano rispetto alle impellenti necessità di bilancio non tenendo conto che il costo della vendita di un gioiello della cultura e della storie di Venezia come palazzo Labia sarebbe incalcolabile;
il professore Sabino Acquaviva dalle colonne del Gazzettino di Venezia ha evidenziato come il Palazzo Labia possa essere «valorizzato, e quindi potrebbe diventare, (attraverso la creazione di un centro culturale con chiare caratteristiche e che non sia il prodotto degli ibridi romano centrici che governano altrove) il faro culturale di un'altra Catalogna, con un'altrettanto forte identità culturale» -:
se corrisponda al vero che la concessionaria abbia per la seconda volta deciso di alienare il palazzo Labia di Venezia e nel caso quali iniziative intenda assumere
per preservare palazzo Labia per continuare a garantire la fruizione delle opere in esso conservate.
(4-14230)
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DIFESA
Interrogazioni a risposta scritta:
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'associazione Vittime uranio ha di recente denunciato nuovi casi di malattia tra i militari per possibile contaminazione da uranio impoverito, come si apprende dall'agenzia di stampa ANSA del 29 novembre 2011;
un caso riguarda un ex militare che aveva prestato servizio presso il poligono di Salto di Quirra, in Sardegna, poligono già al centro dell'inchiesta avviata dalla procura di Lanusei;
il Ministro della difesa pro tempore il 30 luglio 2010, rispondendo all'interrogazione n. 4-05710 aveva affermato che: «circa il numero delle persone che potrebbero aver contratto "patologie connesse all'uranio impoverito sul territorio italiano", allo stato, risultano 13 casi di neoplasie tra il personale impiegato nei poligoni di tiro, dei quali 4 deceduti per le conseguenze di patologie neoplastiche (da tener presente che tale dato potrebbe essere condizionato dal fatto che il personale congedato viene poi perso dal flusso informativo sanitario militare)»;
lo stesso Ministro, il 12 settembre 2011, rispondendo all'interrogazione n. 4-11666 presentata dagli interroganti aveva affermato che: «per quanto concerne, in particolare, i dati relativi al personale che ha operato presso il poligono di Salto di Quirra, i casi di neoplasie comunicati all'osservatorio, relativamente al periodo 1992-2010, risultano in totale 21»;
l'Associazione vittime uranio ha anche denunciato il rischio che siano persi oltre 24 milioni sui 30 destinati alle vittime dalle leggi finanziarie del 2008 e 2009, fondi che potrebbero essere persi se non impegnati entro la fine dell'anno;
da fonti di stampa si è appreso che la procura di Lanusei sta indagando anche sul fenomeno delle malformazioni alla nascita che riguardano i bambini di militari che hanno operato nel poligono di Quirra e gli animali che hanno pascolato nelle vicinanze;
da analisi effettuate dal professor Massimo Zucchetti del politecnico di Torino è stata riscontrata traccia di uranio impoverito nelle ossa di un agnello nato con due teste in una zona vicina al poligono di Quirra, circostanza ampiamente riportata dalla stampa;
nel rapporto di Carla Goffi (Mouvement Chrétien pour la Paix) e Ria Werjauw (International Coalition to Ban Uranion Weapons), dell'ottobre 2011, pubblicato su alcuni siti internet, si legge che: «nel corso di un interrogatorio, il Capitano Giancarlo Carrusci, responsabile del PISQ tra 1977 e 1992, ha confermato il lancio di missili Cormoran-2 (da aerei tedeschi) con testata in uranio» -:
se il Ministro non intenda fare chiarezza sul numero di casi, riferiti al personale militare, di gravi patologie o di morte registrati in seguito o durante il servizio presso il poligono di Salto di Quirra e in tutti gli altri poligoni presenti sul territorio nazionale, tra cui quelli di Capo Teulada e Capo Frasca, sempre in Sardegna e Torre Veneri, in provincia di Lecce;
se il Ministro non intenda fare chiarezza sul numero di morti e gravi patologie registrate anche nel personale impiegato nel corso di missioni all'estero svoltesi dal 1980 ad oggi;
se il Ministro non intenda intraprendere iniziative per scongiurare il rischio che i fondi per le vittime dell'uranio impoverito vadano persi e non intenda
quindi snellire i procedimenti burocratici per il riconoscimento degli indennizzi alle vittime;
se non intenda avviare un'indagine ministeriale sul fenomeno delle malformazioni alla nascita;
se non intenda fare chiarezza anche sull'utilizzo di armamenti all'uranio impoverito nei poligoni italiani e a anche in relazione a quanto riportato nel rapporto suindicato di Carla Goffi e Ria Werjauw.
(4-14204)
DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, articolo 306, prevede il limite di reddito complessivo familiare conseguito, dall'intero nucleo familiare, basilare per circa 3.500 famiglie, comprese alcune centinaia con familiari portatori di grave handicap, per l'anno 2010;
il decreto aggiorna il limite di reddito portandolo a 40.810,22 per l'anno 2010 e avrebbe dovuto essere trasmesso, in quanto già firmato, alla Corte dei conti, per la registrazione per poi aspettare la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Così non è stato, o almeno non risulta;
già in data 27 luglio 2011, fatti i dovuti accertamenti, Casadiritto, attraverso un «breaking news», apparso sul sito, fece un invito informale all'ufficio legislativo del Ministero della difesa affinché desse delle informazioni e comunque si adoperasse per provvedere alla registrazione per evitare che, in conseguenza dell'ingiustificato ritardo, venissero poi applicati canoni in maniera indebita, per gli aventi diritto con redditi a margine, e ci si appropriasse in definitiva, di denaro non dovuto;
Casadiritto continua a denunciare l'accaduto spiegando, in una lettera le gravi conseguenze di tale ritardo a cominciare da un'errata ed indebita applicazione dei canoni OMI (decreto del 16 marzo 2011) in quanto, non esistendo il decreto riguardante i redditi del 2010, il limite di reddito relativo all'esclusione dai canoni più alti parte dopo i 40.167,54 (redditi 2009) e non già da 40.810,22 (redditi 2010); non viene riconosciuta come valida, la nuova documentazione presentata per la prima volta dalle famiglie, riguardante il verbale accertante lo stato di grave handicap, di cui alla legge n. 104 del 1992, articolo 3, comma 3, con impressionante ricaduto sul canone applicato, avvio di interminabili procedure giuridico/amministrative e con costi notevoli per l'amministrazione difesa; ancora più gravosi sono i costi sostenuti dalle famiglie per vedersi riconoscere diritti sacrosanti, con ricadute sul bilancio familiare, e per ottenere la restituzione di somme indebitamente prelevate dallo stipendio o pensione, recuperandole poi chissà come e chissà quando;
viene fatto un nuovo invito ed appello al Ministro della difesa affinché si instauri un nuovo modo di affrontare l'emergenza abitativa e quella dei canoni e di ragionare nel complicato settore degli alloggi, a cominciare proprio dagli atti dovuti e dal rispetto delle scadenze di legge -:
se il Governo intenda verificare e dare spiegazioni in merito ai fatti citati in premessa e al decreto che non è mai stato registrato alla Corte dei conti e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, mettendo ulteriormente in gravi difficoltà le famiglie.
(4-14206)
NUCARA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'aeroporto militare di Grosseto «Baccarini» rappresenta il più importante insediamento militare aeronautico dell'Italia centrale, interessato da compiti militari di straordinaria rilevanza oltre ad essere sede di uno scalo civile, il cui ampliamento e sviluppo è da anni oggetto di dibattito presso le istituzioni cittadine ed aeronautiche;
il vigente Piano strutturale del comune di Grosseto prevede la realizzazione di una circonvallazione stradale ad ampio
scorrimento (4 corsie) a nord della città di Grosseto tra la strada provinciale 152 Aurelia e le strade provinciali 3 Padule, E 80 Pollino ricadente in zona soggetta alle limitazioni aeronautiche imposte a salvaguardia dell'attività di volo dell'aeroporto di Grosseto;
con delibera n. 140/08 del 23 dicembre 2008 il consiglio comunale ha adottato una variante al piano regolatore generale il cui tracciato avrebbe investito in pieno l'azienda agricola di Rolando Guerri, dividendola sostanzialmente in più parti, intercluse l'una rispetto all'altra;
la localizzazione del tracciato nella proprietà di Rolando Guerri si pone in evidentissima violazione di quanto previsto dalla legge n. 58 del 4 febbraio 1963 e da quanto disposto dal decreto ministeriale 20 aprile 2006 (applicazione della parte aeronautica del Codice della navigazione) all'articolo 2, comma 2, «Nelle direzioni di decollo ed atterraggio degli aeroporti militari non possono essere costituiti ostacoli di qualunque altezza a distanza inferiore ai trecento metri dal perimetro dell'aeroporto stesso...»;
in data 30 settembre 2011 è stata pubblicata su alcuni quotidiani la notizia che la provincia di Grosseto avrebbe depositato il progetto relativo all'opera in oggetto e che «la partenza dei lavori sarebbe prevista entro la metà dell'anno prossimo»; identica informazione è reperibile sul sito internet della provincia di Grosseto -:
per quali motivi il Ministero della difesa abbia concesso la deroga per portare a compimento la realizzazione della circonvallazione stradale ad ampio scorrimento nel nuovo tracciato che creerebbe seri problemi al traffico aereo con grave pericolo nelle fasi di atterraggio e di decollo dei velivoli militari e se non si ritenga invece opportuno richiedere un ripristino del tracciato previsto dal piano regolatore generale anche in considerazione del considerevole aumento della spesa che il nuovo tracciato richiede.
(4-14208)
BIANCOFIORE e FRATTINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2, comma 627, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), le cui previsioni sono ora confluite nell'articolo 297, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ha stabilito che il Ministero della difesa predisponesse con criteri di semplificazione, di razionalizzazione e di contenimento della spesa, un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio;
in ottemperanza a tale previsione, l'articolo 306, comma 3, del citato decreto legislativo n. 66 del 2010 ha disposto che «il Ministero della difesa provvede all'alienazione della proprietà, dell'usufrutto o della nuda proprietà di alloggi non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell'amministrazione, in numero non inferiore a tremila»;
l'individuazione degli alloggi da alienare è stata già parzialmente operata, giusto decreto direttoriale n. 14/2/2010 22 novembre 2010 della direzione generale dei lavori del genio Ministero della difesa. Sono stati così individuati 3.022 alloggi, numero che, peraltro, non va ritenuto definitivo;
va ricordato che l'amministrazione della Difesa dispone di un patrimonio immobiliare ad uso abitativo di circa 18.500 alloggi di cui 4.000 alloggi non sono occupati. Esistono inoltre circa 5000 alloggi utilizzati da utenti cosiddetti sine titulo. Tale condizione interessa personale militare in quiescenza, che usufruisce degli alloggi in base a contratti regolarmente registrati e pagando un canone mensile, fissato annualmente dal Ministero;
con l'applicazione del decreto ministeriale del 16 marzo 2011 concernente la rideterminazione del canone degli alloggi di servizio militari occupati da utenti sine titulo (articolo 6, comma 21-quater del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010,
n. 122) il personale militare in servizio attivo ed in quiescenza, residente nelle province di Trento e Bolzano, si è trovato, di fatto, un canone di affitto assolutamente insostenibile a fronte del proprio reddito;
pur condividendo la ratio della norma che tende a scoraggiare la permanenza negli alloggi di servizio di personale cessato dal servizio attivo, si ritiene che i parametri previsti nella norma de qua, così come l'omogeneità degli stessi per tutto l'ambito nazionale, ma altresì l'oggettiva esigenza di poter disporre di alloggi da destinare al personale in servizio non altrettanto impellente per la realtà locale, impone di rappresentare il forte dissenso e disagio che sta accomunando centinaia di utenti sine titulo ai quali si aggiungeranno coloro che nel tempo si troveranno nella medesima situazione;
la corresponsione dei canoni di locazione garantisce attualmente all'amministrazione della Difesa entrate non trascurabili, pari a circa 35 milioni di euro annui. Viceversa, i succitati 4.000 alloggi non occupati e quelli che saranno tali a breve, a causa degli annunciati sfratti, provocano un evidente e sensibile danno erariale, per mancata riscossione canoni, spese condominiali comunque correnti e progressivo degrado per mancanza di manutenzione; nella provincia di Bolzano ad esempio, si ritiene che il decreto ministeriale de qua, fatta salva la bontà della norma se applicata laddove vi è l'effettiva esigenza di liberare alloggi, contenga criteri che mirano esclusivamente a scoraggiare la permanenza degli attuali inquilini trascurando, il fatto che laddove si verificasse, l'immobile rimarrebbe per anni sfitto, poiché non vi sono al momento fondi sufficienti per il ripristino. A conferma di ciò, con dati riferiti esclusivamente alla provincia di Bolzano, ma verosimilmente analoghi se non peggiori in altre realtà territoriali, di seguito si elenca l'attuale situazione: utenti sine titulo: oltre 100; utenti in attesa di assegnazione: 71; alloggi non occupati: circa 90; alloggi in fase di ripristino secondo il protocollo d'intesa Stato-provincia: 15; alloggi in costruzione secondo il Protocollo d'intesa Stato-provincia: 65;
questa situazione si può facilmente evincere che il patrimonio abitativo attuale è sufficiente a soddisfare le esigenze del personale in attesa di assegnazione dell'alloggio;
la mozione n. 1-00559 concernente iniziative in materia di concessione degli alloggi di servizio del Ministero della difesa, sottoscritta dai rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari e accolta dal Governo in data 8 febbraio 2011, stabilisce che «in ogni caso, non si procederà al recupero degli alloggi nelle aree ove non sussistano impellenti esigenze non altrimenti risolvibili», lasciando emergere un preciso orientamento amministrativo finalizzato al recupero degli alloggi in relazione alla loro localizzazione e definisce la procedura di «alienazione della proprietà, dell'usufrutto o della nuda proprietà di alloggi non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell'amministrazione» ai sensi del citato decreto legislativo, inoltre, nell'ambito di approvazione del cosiddetto decreto mille proroghe, in data 25 febbraio 2011, il Governo pro tempore si era impegnato a non avviare azioni di recupero forzoso nei confronti degli utenti cosiddetti sine titulo, fermi restando i canoni allora vigenti;
nonostante gli impegni presi dal Governo pro tempore, anche di natura normativa, è da evidenziare che una grave criticità si sta determinando in questi giorni a dispetto e in direzione avversa rispetto al lavoro attualmente in corso in Senato. Infatti, mentre sono ancora in discussione le mozioni, lettere raccomandate da parte dei Comandi d'Area che stabiliscono da subito canoni provvisori, incrementati fino a triplicare il canone equo attualmente corrisposto, stanno arrivando a casa degli utenti;
la misura evidenziata sarebbe secondo gli interroganti palesemente illegittima,
atteso che secondo l'articolo 3, comma 3, del decreto ministeriale 16 marzo 2011 non è contemplata alcuna applicazione di canoni provvisori, ma la determinazione dei nuovi canoni definitivi, a decorrere dalla data ufficiale della notifica formale;
va poi osservato che l'aumento improvviso ed esponenziale dei canoni rappresenta una misura altamente incomprensibile anche dal punto di vista finanziario e amministrativo: il rischio è infatti quello di mandare via i vecchi inquilini, che pagano regolarmente il canone di locazione, per trovarsi con appartamenti vuoti, senza alcun vantaggio per il bilancio del dicastero interessato, anzi, creando addirittura un danno all'erario che si manifesta attraverso:
a) i costi per il mantenimento degli immobili da parte dell'amministrazione, incluse le spese di riscaldamento;
b) decadimento dell'immobile con conseguente perdita di valore, quando se occupato riceverebbe manutenzioni ordinarie e straordinarie più frequenti da parte degli stessi inquilini;
c) i mancati introiti dello Stato derivanti dagli affitti;
entrando nel merito l'articolo 2 del decreto ministeriale citato, stabilisce che il nuovo canone viene calcolato in funzione delle caratteristiche estrinseche ed intrinseche dell'alloggio;
la valutazione delle caratteristiche di cui sopra per quanto riguarda la provincia di Bolzano, dove gli interroganti hanno potuto accertare i casi più eclatanti, si ritiene che sia stata condotta con superficialità, senza analizzare nel concreto lo stato oggettivo dell'immobile, ricavato in alcuni casi all'interno di vecchie strutture militari ed in altri in condizioni di decadimento tali da pregiudicarne la stessa integrità nei prossimi anni se non si dovesse intervenire con urgenza con interventi strutturali a partire dalle fondamenta;
riguardo all'esame dell'immobile da parte del personale preposto, si è provveduto con delle ricognizioni che hanno riguardato esclusivamente la rilevazione delle misure metriche dell'alloggio in sé; non hanno preso atto dello stato conservativo dell'immobile nel suo complesso e lo si evince dal fatto che nella quasi totalità delle determinazioni sia la qualità delle finiture che lo stato di manutenzione risulta essere, nell'ordine, medio e buono. Ci si chiede se è mai possibile che un appartamento ricavato da un ex magazzino costruito oltre 60 anni fa, con tetto in amianto e mura divisorie di cartongesso possa essere considerato come sopra;
ulteriore elemento di determinazione del canone è il calcolo dello stesso in funzione del reddito del nucleo familiare occupante e del periodo di occupazione dell'alloggio senza titolo;
nel comma 3 dell'articolo 2, il decreto ministeriale in essere prevede delle diverse fasce di reddito sulla base delle quali determinare gli aumenti stabiliti. Si ritiene che intervenire con aumenti per fasce di reddito senza invece prevedere un aumento progressivo più «spalmato» a seconda del reddito del nucleo familiare, provochi delle palesi ingiustizie di fondo. Non si ritiene possibile far pagare lo stesso canone tra chi percepisce 40.000 euro annui lordi e chi invece ne percepisce 55.000 (l'aumento di 100 euro per ogni mensilità, così come contemplato nella prima fascia di redditi, ridurrebbe in condizioni di estrema povertà il primo), ovvero tra 55.001 e 75.000, ovvero tra 75.001 e 90.000, ovvero tra coloro che percepiscono ben oltre i 90.000 euro. A ciò si aggiunge che il riferimento al solo reddito del 2010 penalizza, per esempio, il personale impiegato all'estero in quell'anno e che di fatto l'anno successivo avrà un reddito nettamente inferiore, così come vengono penalizzati tutti coloro che nello stesso anno, per i motivi più disparati, hanno goduto di un reddito che non è quello abituale;
l'atto in sé, a prima vista, sembra avere ad avviso degli interroganti i caratteri di una «sanzione punitiva» da parte dello Stato nei confronti di un «conduttore» di immobile di cui lo Stato in primis si è avvalso non applicandogli lo sfratto coatto, poiché non era necessario, ovvero ha preferito incassare affitti maggiorati piuttosto che sfrattare il sine titulo per poi lasciare libero l'alloggio con spese di gestione a carico dell'amministrazione medesima;
paradosso tra i paradossi è la richiesta da parte dei capi fabbricato agli stessi inquilini di anticipare le somme per l'amministrazione al fine di pagare le fatture in scadenza emesse dalle ditte fornitrici di servizi energetici e di manutenzione, così come rappresentato dai capi medesimi capifabbricato;
nel 2003 con la legge sulla «cartolarizzazione» molti dei sine titulo rimasero nell'alloggio in virtù della promessa che nel breve termine tali alloggi sarebbero stati riscattati, ceduti;
questo dato di fatto produsse grandi aspettative tra i titolari degli alloggi stessi che oggi si sentono «traditi», «raggirati» ed è tanto più grave se si pensa che a farlo è quello Stato di cui sono stati servitori per oltre anni -:
se non ritenga opportuno sospendere gli improvvisi, iniqui e provvisori, aumenti dei canoni e ogni atto di recupero forzoso degli alloggi in questione, così come da impegno del Governo, in attesa della rettifica della normativa e almeno fino al completo espletamento dei lavori parlamentari attualmente in corso nelle Commissioni competenti e quale intervento intenda predisporre - in considerazione dell'evidente urgenza della questione - al fine di tutelare concretamente e doverosamente la categoria degli inquilini sine titulo, anche tenendo in dovuto conto le esigenze delle famiglie interessate.
(4-14213)
VICO e GRASSI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il servizio trasfusionale civile e militare è una componente sanitaria particolare, in quanto si occupa di donazione del sangue, organi tessuti e cellule ed è distinto da una normativa nazionale ed europea dedicata che si uniforma continuamente ai progressi scientifici e tecnologici;
il servizio trasfusionale militare si caratterizza per il supporto in emocomponenti alle attività medico-chirurgiche degli ospedali militari e dei complessi sanitari campali nelle operazioni fuori area, a garanzia della vita dei militari impegnati in attività di servizio sia in attività di servizio sia in patria che all'estero;
l'attività del servizio trasfusionale militare è regolamentata dalla legge n. 219 del 21 ottobre 2005 «Nuova disciplina delle attività trasfusionali della produzione nazionale degli emoderivati» e dal decreto ministeriale del 15 luglio 2009 che aggiorna le norme sul servizio trasfusionale militare contenute nel decreto ministeriale n. 499 del 18 giugno 1992 in linea con le intervenute disposizioni comunitarie e nazionali in materia di servizi trasfusionali;
quanto alla predetta legge, si richiama l'attenzione sull'articolo 24, comma 1, secondo il quale «Le Forze armate organizzano autonomamente il servizio trasfusionale in modo da essere in grado di svolgere tutte le competenze previste dalla presente legge» e sull'articolo 23, comma 1 in base al quale «Le disposizioni della presente legge si applicano anche alle strutture trasfusionali degli istituti e delle cliniche universitarie, degli istituti ed enti ecclesiastici che esentano l'assistenza ospedaliera, dell'ospedale Galliera di Genova, degli ospedali dell'Ordine Mauriziano di Torino, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e al servizio trasfusionale militare»;
l'ufficio di direzione e coordinamento del servizio trasfusionale militare, costituito presso la ex direzione generale della sanità militare, svolge funzioni di direzione e di coordinamento di «tipo dirigenziale» nei confronti dei centri trasfusionali militari periferici, espressamente previsti dal decreto ministeriale 15 luglio 2009, articolo 3, comma 2, secondo il quale «La Direzione generale della sanità militare, avvalendosi dell'ufficio di direzione e coordinamento di cui all'articolo 1, comma 2, esercita, nell'ambito del Servizio trasfusionale militare, le funzioni ai fini della pianificazione, organizzazione e supporto tecnico-amministrativo, compensazione e di coordinamento che la legge 21 ottobre 2005, n. 219 attribuisce, nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, ai Centri regionali di coordinamento e compensazione e al Centro nazionale sangue»;
attualmente il servizio trasfusionale militare svolge le attività operative di competenza tramite i centri trasfusionali militari siti in Roma, La Spezia, Taranto e Firenze, organicamente inquadrati nell'ambito di strutture sanitarie militari di singola Forza armata o stabilimenti afferenti all'area centrale;
in particolare con il centro trasfusionale militare di Taranto sono in essere attività di responsabilità per la gestione-implementazione del sistema di qualità per tutti i servizi trasfusionali militari, e di ripresa dell'attività operativa -:
quale iniziative intenda assumere affinché l'ufficio di direzione e coordinamento del servizio trasfusionale militare (UDCSTM), che sarà collocato a breve alle dirette dipendenze del costituendo nuovo organismo centrale della sanità militare considerati i compiti e le funzioni dirigenziali espressamente previste dal decreto ministeriale 15 luglio 2009 (che equiparano nell'ambito miliare l'UDCSTM al centro regionale sangue a al centro nazionale sangue), possa essere guidato da un brigadier generale medico, che sia in grado di continuare ad interessarsi delle problematiche in essere, di grande interesse e sviluppo per il servizio trasfusionale di Taranto e per le Forze armate.
(4-14217)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito di un procedimento penale è emerso che un militare operante presso la caserma di carabinieri di Ghilarza, soffrirebbe di una malattia incompatibile con incarichi operativi ai quali risulterebbe comunque applicato, con conseguenti gravi scompensi nello svolgimento delle attività. Si tratterebbe di fatti ampiamente noti specie nell'ambiente di lavoro -:
se le autorità competenti siano informate della patologia sofferta dal militare e quali provvedimenti abbiano adottato o intendano adottare.
(4-14231)
...
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
II Commissione:
FERRANTI, ANDREA ORLANDO e TULLO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sono passati ormai quindici mesi dal deposito della sentenza d'appello relativa ai fatti verificatisi a Genova presso la scuola Diaz nella notte tra il 21 e il 22 luglio del 2001, poco dopo la conclusione del vertice del G8 a Genova;
ad oggi risulta che, a distanza di tutto questo tempo, gli atti del processo non sono stati ancora trasmessi alla Corte di cassazione;
un ritardo di questa portata rischia di avviare tutti i reati oggetto del giudizio verso la prescrizione, il che è particolarmente
grave se si considera che in quel procedimento alti funzionari dello Stato sono stati accusati di aver commesso delitti in danno di cittadini inermi e che tra questi delitti vi sono anche la calunnia e il falso: reati che, se attribuiti a rappresentanti delle forze dell'ordine, comportano lo sviamento dai fini istituzionali delle delicatissime funzioni pubbliche che agli stessi sono assegnate;
si tratta di un ritardo che, oltre a contravvenire alle norme della Corte europea dei diritti dell'uomo, rischia di vanificare, stante il concreto rischio di prescrizione, dieci anni di indagini difficilissime;
dei due reati non ancora ad oggi prescritti (falsi e lesioni gravi), il falso si prescriverà agli inizi del 2013 e considerata la delicatezza della vicenda e possibili lungaggini in corso d'opera, un anno potrebbe non essere sufficiente alla Corte di cassazione per pronunciarsi;
a questo deve aggiungersi che, come più volte affermato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, ogni Stato aderente alla convenzione deve adoperarsi affinché i giudizi penali aventi ad oggetto maltrattamenti commessi dai propri rappresentanti nell'esercizio delle loro funzioni non siano soggetti a prescrizione e non possano essere coperti da provvedimenti di amnistia ed indulto;
secondo la Corte di Strasburgo, infatti, perché i cittadini possano riporre fiducia nello Stato e il patto tra i consociati sia salvaguardato è di fondamentale importanza che eventuali lesioni dei diritti, soprattutto se attribuite a comportamenti posti in essere dai rappresentanti delle istituzioni abbiano una sanzione effettiva;
sicuramente possono aver avuto un rilievo importante i vuoti di organico che da sempre affliggono la cancelleria della corte d'appello di Genova, ma verosimilmente un ritardo simile evidenzia carenze organizzative e mancanze nei poteri di impulso e verifica dei criteri di priorità al personale amministrativo, tanto che ad oltre un anno dal deposito della sentenza di secondo grado, risultano non ancora eseguite notificazioni che nei precedenti gradi di giudizio erano state perfezionate in poco più di cinque mesi e ciò avviene in un procedimento che non vede imputate persone irreperibili o di incerta identificazione, bensì alti funzionari dello Stato della cui concreta reperibilità non si può ragionevolmente dubitare;
non è noto quali concrete iniziative siano state adottate, ma ad oggi, sono passati ancora sei mesi; il presidente della corte d'appello ha dichiarato alla stampa - «mancano ancora 15 ricevute di notifiche», eppure, incredibilmente, si sostiene che c'è solo da «aspettare» e ci si spinge a concludere che « tutto ciò che doveva essere fatto, è stato fatto» -:
se il Ministro possa fornire chiarimenti in merito ai motivi che sottendono ad un tale irragionevole ritardo e se, nell'ambito delle sue proprie prerogative, non ritenga di dover compiere i passi necessari per contribuire a garantire il regolare e tempestivo svolgimento del giudizio di legittimità, poiché ogni lesione del diritto, infatti, da chiunque commessa, deve poter avere una risposta giurisdizionale efficace, rigorosa e credibile ed è compito dello Stato, tutto, adoperarsi perché ciò avvenga.
(5-05813)
NICOLA MOLTENI e RIVOLTA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge 14 settembre 2011, n. 148, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, ha fra l'altro previsto una delega al Governo tesa alla riorganizzazione e distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza;
tra i princìpi e criteri direttivi richiamati dalla delega conferita al Governo, vi è anche quello di procedere alla soppressione ovvero alla riduzione delle sezioni
distaccate di tribunale, anche mediante accorpamento ai tribunali limitrofi, purché avvenga nel pedissequo rispetto dei seguenti criteri: estensione del territorio, numero degli abitanti, carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane;
com'è stato più volte riportato da alcuni quotidiani locali anche in passato, gli organi giudiziari di vertice del tribunale di Como avrebbero avanzato la richiesta di accorpamento delle tre sedi distaccate e precisamente: Cantù, Erba e Menaggio;
già in passato gli interroganti con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-01178 depositato in data 23 marzo 2009, seduta n. 150 avevano chiesto al Ministro della giustizia il mantenimento delle sedi distaccate di tribunale di Cantù, Erba, Menaggio;
in data 16 giugno 2009, il sottosegretario alla giustizia pro tempore senatore Caliendo rispondendo all'interrogazione di cui sopra, affermava l'insussistenza e l'inesistenza della volontà del Ministero di provvedere alla soppressione delle sedi distaccate del tribunale di Como;
la citata proposta di soppressione delle tre sedi distaccate ha visto un deciso parere contrario sia dei cittadini, sia degli enti locali che di tutti gli operatori del settore (avvocati e altri);
gli enti locali di riferimento hanno nel frattempo investito ingenti risorse economiche per l'ammodernamento e il mantenimento in efficienza delle strutture funzionali delle sedi distaccante al fine di garantire ai cittadini un servizio ottimale;
appare evidente che il prospettato accorpamento, lungi dal realizzare l'obiettivo di assicurare la giustizia in tempi ragionevoli, a un territorio di fondamentale importanza nel tessuto imprenditoriale e industriale del Nord-est, comporterebbe una dilatazione dei tempi dei processi, tenuto conto dell'enorme carico di lavoro già gravante sul tribunale di Como, determinando un aumento di disagi e di costi per tutti i cittadini e gli operatori economici;
il supposto accorpamento, fra l'altro, sarebbe privo, ad avviso degli interroganti, dei requisiti richiesti dalla delega citata, giacché, ad una prima analisi, non potrebbe coniugarsi con l'estensione del territorio, il numero degli abitanti, i carichi di lavoro, l'indice delle sopravvenienze e la specificità territoriale del bacino di utenza -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro, al fine di non consentire alcun tipo di accorpamento delle tre sedi distaccate (Cantù, Erba e Menaggio) del tribunale di Como e di garantirne il mantenimento nell'interesse dei cittadini e del buon funzionamento del sistema giustizia nella provincia di Como.
(5-05814)
RAO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il tema della genitorialità in ambito carcerario ha suscitato, soprattutto negli ultimi anni, un crescente interesse a livello nazionale e comunitario, finalizzato all'ottimizzazione di una disciplina tesa alla difesa e alla garanzia della relazione tra genitori detenuti e i propri figli;
la legge 8 marzo 2001, n. 40 (legge Finocchiaro), ha rappresentato un primissimo intervento legislativo caratterizzato dalla priorità offerta all'interesse del minore, alla difesa dell'unità familiare, rispetto alla mera valutazione sull'entità del reato commesso e alle esigenze di custodia cautelare;
la suddetta legge, nel promuovere lo sviluppo di una fervida operatività nei riguardi di un tema umano, naturale e così socialmente rilevante come la relazione tra genitori e figli, ha introdotto la detenzione speciale per le madri di bambini di età sotto i 10 anni anche nel caso in cui la
condanna superi i 4 anni (incluse le condanne all'ergastolo), purché esse abbiano scontato un terzo della loro condanna;
ulteriori interventi sono stati successivamente ripresi con l'approvazione della legge 21 aprile 2011, n. 62, recante «Disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori», uno dei più importanti, nonché qualificanti provvedimenti di questa legislatura in materia di giustizia. Tra le principali novità del provvedimento si segnalano: l'applicazione, come regola generale, della detenzione domiciliare per le madri condannate con bambini di età inferiore a dieci anni, l'ulteriore limitazione delle ipotesi in cui è possibile sottoporre a custodia cautelare in carcere le madri con prole di età inferiore a tre anni, la previsione della possibilità di disporre la custodia cautelare della donna incinta, della madre di prole di età non superiore ai sei anni (o del padre nei casi indicati) in un istituto a custodia attenuata, l'istituzione di case famiglia protette dove le detenute madri, in specifiche e residuali ipotesi, possano scontare sia la custodia cautelare che l'esecuzione della pena detentiva;
contrariamente alle previsioni contenute nel comma 3 dell'articolo 1 della legge, con le sole eccezioni di limitate iniziative regionali, nessun intervento ad oggi è stato operato dal legislatore nazionale per l'individuazione e predisposizione degli istituti a custodia attenuata per madri detenute (I.C.A.M), necessari al fine di avviare la sperimentazione di un modello operativo di tipo comunitario (da realizzare in sedi esterne agli istituti penitenziari, dotate di sistemi di sicurezza non riconoscibili dai bambini);
l'individuazione delle case famiglie protette, vera novità inserita nella legge suddetta, è prevista e disciplinata dall'articolo 4, il quale affida a un decreto del Ministro della giustizia, da adottare entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della stessa, la determinazione delle caratteristiche tipologiche delle case famiglia protette, attualmente previste dal nuovo articolo 284 del codice di procedura penale e dagli articoli 47-ter e 47-quinquies della legge 26 luglio 1975, n. 354, così come attualmente modificata;
nonostante sia scaduto il termine previsto per l'adozione del decreto da parte del guardasigilli, nessun atto è stato ad oggi predisposto per la definizione delle caratteristiche tipologiche delle medesime (anche con riferimento ai sistemi di sorveglianza e di sicurezza) e, sulla base di tali caratteristiche, per l'individuazione delle strutture gestite da enti pubblici o privati -:
quale necessari e urgenti provvedimenti intenda adottare al fine di rendere effettiva la normativa introdotta a tutela del mantenimento dei rapporti sociali e familiari dei detenuti.
(5-05815)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
PALOMBA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
viene da più parti lamentato il mancato pagamento delle somme stabilite in provvedimenti definitivi di condanna per la violazione della cosiddetta legge Pinto, cioè per la durata irragionevole dei processi;
tale fenomeno sembra diffuso nel territorio nazionale. Ma in particolare viene segnalato un grave arretrato per quanto riguarda le pronunce emesse dalla corte d'appello di Torino, ove risulta che gli ultimi decreti liquidati risalgano alla metà dell'anno 2008 con un debito arretrato di euro 3.300.000,00 per l'anno 2008, di euro 6.200.000,00 per l'anno 2009 e di euro 1.800.000,00 per i primi tre mesi dell'anno 2010;
non appare conforme a giustizia il fatto che il Governo non dia esecuzione a decreti (esecutivi e definitivi) recanti liquidazione di somme a titolo di equa riparazione a fronte di processi di durata irragionevole, in quanto migliaia di cittadini rimarrebbero doppiamente penalizzati
sia dal processo di durata irragionevole, sia dal mancato ristoro per questa lesione;
pare, secondo fonti ufficiose, che ai fini del pagamento dei decreti emessi ex lege Pinto siano stati recentemente stanziati per tutto il territorio nazionale soltanto 20 milioni di euro (cifra esigua e del tutto insufficiente) che per giunta verrebbero non distribuiti alle corti di appello. Essi sarebbero in parte trattenuti a livello ministeriale per il pagamento dei soli decreti in ordine ai quali è stato proposto giudizio di ottemperanza davanti al tribunale amministrativo regionale, terminato con sentenza recante ordine di pagamento entro 30 giorni e nomina di commissario ad acta per il caso di ulteriore inerzia (se ciò fosse, apparirebbe singolare che si debba arrivare a proporre un ulteriore giudizio davanti al tribunale amministrativo regionale, tra l'altro oneroso e defatigante), e solo in parte destinati alle corti di appello che registrano un bassissimo arretrato nei pagamenti; si tratta di un criterio difficilmente comprensibile sembrando più logico che si dovessero privilegiare le corti di appello con maggiore arretrato, quale ad esempio la corte di appello di Torino;
dei 20 milioni di euro stanziati livello nazionale risulterebbe che 843.000,00 siano stati effettivamente assegnati alla corte di appello di Torino (ma sembra che di essi soltanto 710.000,00 euro si siano resi disponibili). Ma, a fronte dell'enorme arretrato sopra evidenziato, tale somma di euro 710.000,00 ha consentito solo il pagamento di pochi decreti, tanto che la liquidazione sarebbe comunque ferma al mese di luglio 2008. Va aggiunto che l'abnorme ritardo nel pagamento comporta mediamente la necessità di corrispondere all'incirca euro 700,00 di interessi per ogni decreto, fatto che sembra aver determinato una crescita media del debito pari all'incirca ad euro 500.000,00 mensili;
numerose lettere, diffide, ingiunzioni volte ad ottenere il pagamento e dirette al Ministero della giustizia risultano non avere ricevuto risposta dai precedenti responsabili del dicastero -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza del fenomeno sopra descritto e quale risulti esserne la dimensione; come intenda porre rimedio all'inadempimento finora verificatosi e se intenda assumere ogni iniziativa di competenza per l'immediato ristoro dei cittadini vittime accertate di lesioni al diritto al giusto processo.
(5-05804)
PALOMBA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Nuoro ha deliberato l'astensione dalle udienze civili e penali per i giorni 12 e 13 dicembre 2011 in relazione alla situazione in cui versano gli uffici del tribunale, caratterizzata da una gravissima carenza di organico nel tribunale penale, che, anche a causa dei recenti trasferimenti di magistrati, potrebbe portare alla pressoché totale paralisi nella celebrazione dei processi, e dalle carenze di organico presenti nelle cancellerie civili, compresa l'assenza, da anni, del dirigente di cancelleria;
in particolare, la sezione penale del tribunale di Nuoro prevede una pianta organica composta dal presidente e da 5 giudici. A seguito del trasferimento della dottoressa De Angelis e del dottor Fenicia risultava presente il solo presidente della sezione dottor Demuro, il quale potrà contare nei prossimi mesi unicamente sull'apporto del dottor Arca, applicato dal tribunale di Cagliari a quello di Nuoro. In sintesi, risultavano scoperti n. 4 posti di giudice del settore penale. Tutto ciò a fronte del seguente carico di lavoro: risultavano pendenti presso il tribunale in composizione monocratica n. 900 processi e presso la cancelleria circa n. 2.000 richieste del pubblico ministero per l'indicazione delle date da inserire nei decreti di citazione a giudizio. Nel primo semestre del 2012 si prevedeva che sarebbero potute pervenire da parte della procura della
Repubblica non meno di n. 1.000 richieste di indicazione di date di udienza da inserire nei decreti di citazione a giudizio. Si andava quindi a profilare un arretrato enorme, pari a circa n. 3.000 processi. In tale drammatica situazione il Presidente del tribunale dottor Vito Morra aveva assunto un ruolo monocratico esercitando funzioni di GIP-GUP. Analoga carenza di organico era riscontrabile presso il tribunale collegiale (comprendente anche la corte d'assise) presso il quale erano pendenti processi riguardanti gravi delitti e imputati sottoposti a misure cautelari;
il tribunale di Nuoro copre un vasto territorio delle zone interne della Sardegna, da sempre le più critiche per quanto attiene il problema della legalità stante il contesto ambientale tradizionalmente difficile;
erano in copertura da parte del Consiglio superiore della magistratura i quattro posti vacanti, cosicché si sperava che almeno da aprile del prossimo anno l'organico sarebbe stato coperto e l'arretrato man mano smaltito. Ed in effetti la competente commissione del CSM aveva proposto l'assegnazione al tribunale di Nuoro dei quattro magistrati mancanti. Invece, a distanza di soli quindici giorni dalla proposta, il plenum ha ridotto ad una sola unità l'assegnazione al predetto tribunale;
tale decisione appare all'interrogante del tutto incoerente sia con le esigenze dello stesso tribunale, ove la giustizia penale sarà sempre più gravemente denegata, sia persino con i criteri di revisione delle circoscrizioni giudiziarie disposta dall'articolo 1 dell'ultima manovra finanziaria, che attribuisce al Governo il compito di realizzare un accorpamento di uffici giudiziari ma fa salvi comunque i tribunali siti nei capoluoghi di provincia (come quello di Nuoro);
la motivazione della decisione assunta (favorire i tribunali maggiori) è, a giudizio dell'interrogante, non comprensibile, perché la carenza di tre magistrati in una sede ove l'organico fosse ad esempio di 100 (con uno scoperto del 3 per cento) risulterebbe assai meno incisiva che in un tribunale - come quello di Nuoro - ove il taglio di tre magistrati determina la scopertura del 60 per cento dei posti, rendendo tra l'altro impossibile la costituzione dei collegi giudicanti. Lo è ancor più se si pensa che il compito di rivedere con accorpamenti le circoscrizioni giudiziarie non è ancora stato eseguito e si è ancora in cerca dell'individuazione dei criteri. Questi non possono comunque né contemplare la soppressione né prevedere che non possano funzionare tribunali come quello di Nuoro, ove più forte è l'esigenza di giustizia per le caratteristiche ambientali sopra descritte -:
se sia a conoscenza dell'insostenibile situazione del tribunale di Nuoro e quali osservazioni, anche ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 195 del 1958, intenda far pervenire all'organo di governo autonomo della magistratura affinché siano rispettate le istanze di giustizia dei tribunali più svantaggiati, ed in particolare di quello di Nuoro.
(5-05811)
MATTESINI e NANNICINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 23 giugno 2011 è stata presentata una interrogazione sui lavori di ristrutturazione che interessano la casa circondariale di Arezzo, già dal mese di luglio 2010, di cui era prevista la fine della prima fase per l'11 novembre 2011;
l'Istituto era rimasto aperto con una piccola sezione denominata «accettazione», di 10 detenuti, predisposta per l'accoglienza delle persone arrestate nel territorio della provincia di Arezzo, che a convalida avvenuta venivano rimessi in libertà o trasferiti ad altri istituto, mentre contravvenendo a tale accordo, in data 4 aprile 2011 è stata disposta la temporanea sospensione di tutte le attività amministrative e penitenziarie da parte del capo del
dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, indicando a motivazione della suddetta sospensione l'esigenza di ristrutturare non solo la cinta muraria, ma anche i locali interni, nonostante fosse accertato che le celle che si trovano ubicate nella sezione femminile, che è indipendente ed autonoma rispetto al corpo detentivo maschile, sono agibili;
nella suddetta interrogazione veniva evidenziato che:
a) non risultavano atti amministrativi che indicassero con chiarezza i progetti, i relativi finanziamenti, le gare di appalto per la ristrutturazione delle celle;
b) la chiusura dell'Istituto porta con sé disagi ed aumento di costi, infatti con l'istituto chiuso, tutte le forze dell'ordine (polizia, carabinieri e guardia di finanza) sono costretti a trasportare gli arrestati a Firenze o nelle carceri delle città limitrofe, con grande spreco di risorsa, perché si determinano notevoli spese aggiuntive che devono essere sostenute dalla procura, dal tribunale, dagli organi di polizia giudiziaria;
c) diminuisce il tempo per il controllo del territorio, che è uno dei più vasti e popolosi della Toscana;
d) la chiusura dell'istituto aumenta il sovraffollamento già drammatico di Firenze Sollicciano tristemente noto alle cronache per il gran numero di detenuti ospiti oltre il numero consentito;
in data 7 luglio 2011 la suddetta interrogazione ha ricevuto risposta, con la quale è stato precisato che i lavori in corso di esecuzione riguardavano l'adeguamento strutturale e funzionale del muro di cinta per il suo intero perimetro, il rifacimento degli impianti di sicurezza (videosorveglianza, antintrusione-antiscavalcamento) ed il comparto degli interventi di manutenzione delle facciate del reparto detentivo maschile, anch'esso per il suo intero perimetro;
nella stessa risposta si precisava che in data 28 giugno 2011 erano stati discussi gli elaborati relativi al futuribile assetto della struttura penitenziaria e che gli atti progettuali sarebbero stati approntati entro l'autunno 2011;
ad oggi non è dato sapere se tali impegni siano stati rispettati, mentre risultano interrotti da qualche giorno i lavori, la cui motivazione, a quanto consta all'interrogante, sembra risiedere nel fatto che la ditta appaltatrice deve ancora essere pagata per un importo pari a circa 750.000 euro;
dal 27 giugno 2011, data dell'ultimo trasferimento di detenuti dalla casa circondariale di Arezzo, si è creata una situazione di seria difficoltà per tutte le forze dell'ordine che devono aggiungere al loro carico di lavoro, anche il trasferimento di detenuti; a ciò si sommano, come più volte denunciato dai locali mezzi di informazione, situazioni incresciose dovute alla mancanza di risorse, che hanno visto ad esempio magistrati pagare di tasca propria la benzina per potersi recare al carcere, al fine di non far scadere i termini di convalida della detenzione -:
se il Ministro intenda fornire elementi in merito agli elaborati relativi al completo assetto della struttura penitenziaria, che così come annunciato in sede di risposta alla interrogazione in data 7 luglio 2011, doveva essere predisposto entro l'autunno 2011;
quali siano gli impegni economici previsti e se esista specifico e certo finanziamento;
quali siano gli intendimenti del Ministero rispetto al futuro della casa circondariale di Arezzo, per la cui riapertura e funzionamento la comunità aretina chiede certezza di tempi.
(5-05816)
Interrogazioni a risposta scritta:
TOTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sulla scorta di notizie registrate, al momento, in via informale e ufficiosa, si profilerebbe la soppressione, tra gli altri, del tribunale di Avezzano;
Avezzano è un centro di circa quarantamila abitanti e, soprattutto, è il comune di riferimento dell'intero territorio sub-provinciale della Marsica che consta di circa centomila abitanti;
dai dati agevolmente consultabili dal Ministero si rileva che il tribunale di Avezzano è il terzo tra gli otto in funzione nella regione Abruzzo, sia come attività svolta sia per i contenziosi pendenti; in particolare, i procedimenti civili di cognizione ordinaria pendenti al 31 dicembre 2007, gli ultimi, di fonte Istat, di cui l'interrogante dispone, ammontano a 3.958, un carico inferiore solo a quelli dei tribunali, rispettivamente, di Pescara (5.580) e di Teramo (4.288), ma, significativamente, superiore a quelli dei tribunali di due altre città capoluoghi di provincia, ossia L'Aquila (3.218) e Chieti (2.383). Questa morfologia funzionale era già stata riscontrata al 31 dicembre di ciascuno degli anni precedenti, fino a risalire all'anno 2002, quando, al termine del periodo, il carico dei contenziosi pendenti risultava essere, per quantità, secondo solo a quello del tribunale de L'Aquila;
la primazia economica, istituzionale, demografica, di servizi esercitata dalla città di Avezzano rispetto a tutto il territorio marsicano, testimonia dell'importanza che quel centro riveste nella geografia, anche giudiziaria, non solo di quello stesso territorio sub-provinciale ma dell'intera regione, per essere la Marsica la «porta d'ingresso» per la zona centrale dell'Abruzzo dal versante occidentale e, dunque, anche da territori, quelli del basso Lazio e della Campania, tradizionalmente a maggior rischio di criticità sul piano della legalità, delle quali le attività giurisdizionali della sede tribunalizia avezzanese offrono molte conferme;
Avezzano e il territorio del quale è riferimento comprensoriale sono situati in una zona particolarmente esposta ai rigori della stagione invernale, trattandosi dell'area più interna della regione abruzzese; ciò che comporta, d'inverno, disagi non infrequenti né lievi nella mobilità, disagi che si accentuerebbero in modo cospicuo se le funzioni del tribunale avezzanese dovessero essere assorbite da quelle del tribunale aquilano e se, dunque, il pendolarismo giudiziario dovesse costringere l'utenza e i professionisti a recarsi al tribunale del capoluogo regionale, L'Aquila, a sua volta situata ai piedi della vetta più elevata degli Appennini, il Gran Sasso d'Italia e, dunque, con problemi climatici almeno analoghi a quelli dell'area marsicana -:
se, attesa la rilevanza dell'attività giurisdizionale espletata dal tribunale di Avezzano, la sua particolare efficienza allocativa territoriale e le difficoltà e i rischi, intuitivi o, comunque, agevolmente riscontrabili, legati alla mobilità durante il lungo periodo dal tardo autunno alla primavera e, in modo speciale, verificata e valutata l'essenzialità della presenza, su quel territorio, del tribunale attualmente operante e al fine di non pregiudicare l'efficacia della sua funzione, in termini più complessivi di presidio di legalità, con ampie ricadute su svariati piani e ambiti di attività, il Governo non ritenga di considerare, in modo opportuno e adeguato rispetto agli elementi cognitivi dati, il permanere del tribunale nella città di Avezzano e, quindi, di accantonare ogni ipotesi di sua soppressione.
(4-14218)
TOTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con sentenze assolutorie, rispettivamente, del tribunale di Bari n. 1356/2011 e del tribunale di Vasto, in data 22 novembre 2011, proc. n. 939/10, è stata definita
la serie di procedimenti penali a carico del dottor Antonio La Rana, già sostituto procuratore presso il tribunale di Vasto poi trasferito a Campobasso con le funzioni di sostituto (e attualmente reggente) procuratore generale, nei cui confronti durante il semestre aprile-settembre 2003 erano stati ipotizzati trenta reati in concorso con undici persone, di cui sei pubblici ufficiali;
le prime accuse erano state avanzate da un gruppo di amministratori pubblici al duplice e dichiarato scopo di natura forse ritorsiva e preventiva, in risposta a precedenti inchieste condotte dal nominato magistrato e in vista di una causa di incompatibilità ambientale da precostituire e opporre in relazione a una sua eventuale istanza di ritrasferimento alla procura presso il tribunale di Vasto. I procedimenti penali si sono, poi, arricchiti di ipotesi di reati assunte da sostituti procuratori presso il tribunale di Vasto i quali, pur avendo chiesto ed ottenuto di essere esonerati dalla trattazione di procedimenti penali a carico del dottor La Rana, si sono occupati di inchieste nel cui ambito, emergendo il coinvolgimento anche di detto collega, disponevano la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica presso il tribunale di Bari;
è anche accaduto che, nonostante nel corso delle indagini sia stata denunciata, dagli stessi pubblici ufficiali che risultavano apparenti firmatari dell'atto, la falsità ideologica e materiale di un verbale di riscontro dei carabinieri, confluito in un procedimento nel cui ambito sono state persino adottate misure cautelari personali, è stata avviata un'indagine non già, come sarebbe apparso logico, volta a individuare gli autori del falso verbale, bensì, inopinatamente, sui due carabinieri che avevano riscontrata la falsità dell'atto e sullo stesso dottor La Rana, ipotizzando, a suo carico, l'istigazione alla calunnia. Il processo attinente alla vicenda di detto (falso) verbale è ancora in corso. È singolare che nessuna traccia del parallelo procedimento sulla falsità del verbale sia stata fatta confluire nel diverso procedimento nel quale tale atto ha avuto rilievo investigativo; ciò con evidente grave nocumento per il diritto di difesa e per l'accertamento della realtà dei fatti;
la procura della Repubblica di Bari, ignorando completamente i molteplici elementi, anche documentali, che militavano in favore del dottor La Rana, ha confezionato trenta capi di imputazione a carico del predetto magistrato, formalmente denominato all'anagrafe giudiziaria barese «Geotropa Nanni», con la conseguenza che l'interessato non poteva accedere alle doverose notizie risultanti dal casellario giudiziale, proprio perché iscritte al citato nome di fantasia «Geotropa Nanni», piuttosto che, come imposto dall'articolo 335 del codice di procedura penale, all'effettivo nome dell'indagato, dottor Antonio La Rana;
per quindici dei contestati reati è stata chiesta l'archiviazione, ma non al giudice per le indagini preliminari, giudice naturale indicato dal codice di rito, bensì al giudice dell'udienza preliminare. Lo scopo appare, evidentemente, quello di utilizzare tutta la mole delle imputazioni per indurre a un convincimento colpevolista il giudice dell'udienza preliminare di Bari. Obiettivo, questo, che risulta effettivamente conseguito per avere il giudice disposto il rinvio a giudizio del dottor La Rana e degli altri undici coimputati, senza mai deliberare su nessuna delle singole eccezioni e richieste istruttorie avanzate dai difensori;
dopo la separazione dei processi disposta dal tribunale di Bari per ragioni di incompetenza territoriale, già, peraltro, sollevate, invano, dai difensori, le ipotesi di tutti i gravi reati contestati si sono dissolte sulla base della sola lettura dei capi di imputazione, inidonei a sostenere l'accusa. Ciò, in sostanziale conformità alle richieste dei pubblici ministeri di udienza, i cui rappresentanti, frattanto, erano mutati; infatti, il tribunale di Bari, pur in presenza dell'intervenuta prescrizione dei reati contestati, ha assolto il dottor La Rana da tutti gli addebiti;
l'epilogo della vicenda - risolta in termini di puro diritto e sulla scorta di
prove documentali acquisite sin dalle primissime battute dei procedimenti - ha richiesto il trascorrere di oltre otto anni; l'avvicendarsi di numerosi magistrati, circa quindici; l'intervento di numerosi uomini delle forze dell'ordine chiamati a lavorare anche in trasferta; l'uso di materiale per innumerevoli intercettazioni telefoniche ed ambientali corredate da pedinamenti; l'assistenza legale di svariati difensori degli imputati, i quali ultimi, sono, nella gran parte, dipendenti dello Stato e, pertanto, avranno presumibilmente premura di richiedere il rimborso delle spese legali sostenute, essendo il valore economico globale della spesa, secondo una prudenziale valutazione, di circa cinquecentomila euro, a cui andrà aggiunto quello, maggiore, dei danni, oggetto di probabili future richieste di risarcimento, sofferti dagli imputati che, in conseguenza dei richiamati processi, hanno persino subito trasferimenti d'ufficio, rallentamenti della carriera o coazioni al pensionamento anticipato;
è assolutamente indispensabile prevenire siffatte aberrazioni, analoghe a quelle in atto descritte, tenuto anche conto che, paradossalmente, tutti i magistrati intervenuti nella richiamata vicenda processuale sono in servizio con identiche funzioni; i presunti autori della relazione di servizio falsa sono in servizio nel medesimo nucleo operativo dei carabinieri di Vasto; è ancora pendente il procedimento penale a cui si riferisce la falsa relazione, attribuita a due carabinieri nella inconsapevolezza degli imputati;
è stupefacente e incontrovertibile, in ogni caso, che l'ingente spesa che ha gravato e che graverà sulla collettività è il prodotto di indagini promosse su fatti ritenuti dagli organi giudicanti insussistenti in modo evidente -:
se il Ministro della giustizia, vagliati i fatti, non intenda avviare iniziative ispettive ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza.
(4-14232)
TESTO AGGIORNATO AL 3 APRILE 2012
...
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
la legge n.104 del 1992, in attuazione del dettato costituzionale che garantisce a tutti i cittadini piena dignità e libera circolazione nell'intero territorio nazionale, afferma alcuni fondamentali princìpi in favore dei disabili, ai quali devono essere riconosciuti «il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia», prevenendo e rimuovendo «le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione alla vita della collettività»;
il tema della disabilità è stato affrontato anche dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, che ha varato una convenzione, in cinquanta articoli, sui diritti delle persone con disabilità per tutelare i diritti di 650 milioni di persone in tutto il mondo, adottata da 192 Paesi e che l'Italia ha già ratificato nel gennaio 2009; la convenzione colma una lacuna del diritto internazionale e tratteggia nel dettaglio i diritti di cui godono le persone disabili, chiedendo quel cambiamento di atteggiamento da parte della società indispensabile a garantire ad essi il raggiungimento della piena uguaglianza;
il codice della strada, approvato con decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, prevede specifiche norme finalizzate a garantire alle persone con limitata capacità motoria particolari prerogative per una più agevole circolazione, nonché spazi riservati per la sosta; questo principio assume una particolare importanza per tutti i centri urbani nei quali si stanno diffondendo le zone a traffico limitato;
nella maggior parte dei casi i disabili che risiedono o che accedono con regolarità ad una zona del territorio comunale in cui è stata disposta la limitazione del traffico veicolare seguono una specifica procedura per l'ottenimento di un apposito contrassegno che consenta loro la libera circolazione;
solo per ragioni squisitamente pratiche il principio giuridico - e di civiltà - affermato dalla legge quadro sull'handicap, non trova una efficace applicazione nell'intero territorio nazionale, come spiegato dall'allora Sottosegretario per le infrastrutture e trasporti nella risposta ad un'interrogazione su questo stesso tema, in cui si riconosce l'auspicabilità dell'adozione di uno standard unico per il controllo degli accessi alle zone a traffico limitato, ma che «non può essere imposta dal Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti, essendo ricompresa nella competenza degli enti internazionali di unificazione»;
la soluzione proposta dal Ministero sembra all'interpellante voler far ricadere ancora una volta sui disabili l'onere di risolvere il proprio disagio, semplicemente attraverso l'elencazione dei numeri di telefono dei comuni che adottano il sistema automatico di controllo degli accessi;
il recente e prevalente orientamento giurisprudenziale sta affermando il principio secondo il quale il diritto alla mobilità del disabile non può essere compresso dall'obbligo di espletamento di specifiche pratiche procedurali e, in sostanza, attribuisce al contrassegno rilasciato dal proprio comune piena validità in tutto il territorio nazionale; l'incombenza della «riconoscibilità» non può gravare sullo stesso disabile;
in particolare, si segnala la sentenza n. 719 del 2008 della seconda sezione civile della Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso di un privato cittadino disabile, a cui era stata inflitta una «multa» per essere entrato in una zona a traffico limitato munito del contrassegno rilasciato da una diversa amministrazione comunale; la Suprema Corte ha ribadito che «la persona invalida può servirsi del contrassegno per circolare con qualsiasi veicolo in zone a traffico limitato, con il solo onere di esporre, il contrassegno», a prescindere da qualsivoglia altra considerazione;
si ritiene pertanto indispensabile che si provveda affinché venga riconosciuto alle persone disabili di fruire di un diritto riconosciuto dalle leggi vigenti, quale quello di accedere nelle zone a traffico limitato, senza costringerle a sopportare adempimenti burocratici non indifferenti e di una certa complessità -:
se il Ministro interpellato non ritenga di dover adottare ogni iniziativa di competenza per svincolare i soggetti interessati da ogni possibile onere ulteriore rispetto alla procedura per l'ottenimento del contrassegno;
se il Ministro, in attesa di prevenire ad un sistema di controllo più omogeneo ed efficace, non ritenga opportuno valutare l'utilità di istituire un'anagrafe nazionale degli aventi diritto, che rilasci contrassegni da apporre sul lunotto posteriore e che siano facilmente leggibili ai varchi elettronici;
se non intenda attivare un gruppo di lavoro, composto da responsabili di comandi della polizia municipale e da esperti individuati all'interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a cui affidare il compito di individuare una soluzione che coniughi correttamente i diritti dei disabili con l'esigenza di superare gli ostacoli di carattere tecnico e burocratico.
(2-01293) «Codurelli, Schirru».
Interrogazioni a risposta immediata:
LO PRESTI, BRIGUGLIO e GRANATA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Ferrovie dello Stato italiane spa - dopo la soppressione, a seguito del
nuovo piano industriale 2011-2015, di otto treni a lunga percorrenza, sedici tra intercity ed espressi, la chiusura delle officine di manutenzione di Messina, Siracusa, Palermo, della sala operativa di Palermo e di tutti gli uffici collegati, la soppressione delle navi che traghettano i treni nello Stretto di Messina - persevera nella progressiva eliminazione dei treni a lunga percorrenza da e per la Sicilia;
nel 2005 i treni circolanti da Nord a Sud, e viceversa, erano 56, ridotti poi a 26 ed oggi ancora a 10;
inoltre, questi 10 convogli ferroviari arresteranno la loro corsa a Roma, eliminando di fatto i collegamenti con Torino, Milano e Venezia;
ed ancora, la composizione dei treni in oggetto verrà decurtata del 20 per cento, con i treni da Siracusa che avranno solo 4 carrozze, a fronte delle attuali 6, e costringendo, inoltre, i cittadini di Agrigento a dover utilizzare i pullman per raggiungere la capitale;
a fronte delle dichiarazioni d'intenti dell'amministratore delegato Mauro Moretti, che ha manifestato la volontà di potenziare i collegamenti sul ferrato anche nelle regioni del Mezzogiorno d'Italia, Ferrovie dello Stato italiane spa continua a discriminare il Meridione, gestendo il servizio dei trasporti con una concentrazione degli investimenti solo nella aree del Paese considerate più produttive;
all'alta velocità del Nord si contrappone un trasporto siciliano in totale stato di abbandono; la Sicilia, di fatto, viene estromessa dal sistema-Paese, acuendo così l'immagine di un Paese a «due velocità»;
non può certo sfuggire come la conseguenza più drammatica sarà, e già è, un drastico taglio di posti di lavoro, diretto e indiretto, in un contesto come quello siciliano, già pesantemente provato dall'attuale crisi economica;
nonostante la costante denuncia sul punto dei sindacati e le numerose spontanee manifestazioni di protesta da parte dei dipendenti di Ferrovie dello Stato italiane spa e della cittadinanza messinese, non è stata possibile una seria e proficua interlocuzione con il gruppo Ferrovie dello Stato italiane spa, ma, cosa ancor più grave, il Governo sul punto è stato, ad avviso degli interroganti, totalmente assente e disinteressato -:
quali iniziative il Governo intenda porre in essere per garantire i collegamenti ferroviari con il Mezzogiorno d'Italia ed in particolare con la Sicilia, anche tutelando così i livelli occupazionali gravemente compromessi a seguito delle decisioni unilaterali di Ferrovie dello Stato italiane spa.
(3-01974)
SARDELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi Trenitalia ha inopinatamente deciso di sopprimere i treni notturni, sollevando dai loro incarichi oltre 800 addetti;
Trenitalia non si è minimamente preoccupata di ricollocare i lavoratori nella propria organizzazione aziendale, ma ha evidentemente pensato di rinverdire il ricatto sociale già messo in campo con le decine di migliaia di prepensionamenti, il cui costo è stato scaricato sulle spalle di intere generazioni;
i treni per i pendolari continuano ad essere clamorosamente insufficienti, lenti e sporchi;
i collegamenti da e per la periferia, di fatto, negano un moderno diritto alla mobilità; basti pensare che vi sono tra Roma e Venezia ben 18 collegamenti giornalieri ad alta velocità, mentre tra Roma e Lecce sono appena 3 e il tempo di percorrenza tra Bari e Napoli in treno è di poco meno di 5 ore, mentre in auto è di meno di due ore;
ormai le tariffe sono paragonabili a quelle dell'aereo, nonostante i costi per passeggero trasportato siano strutturalmente inferiori;
l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato italiane spa, Mauro Moretti, a parere dell'interrogante, continua ad utilizzare l'alta velocità per «autoglorificarsi», fingendo di non sapere che la collettività ha fatto enormi sacrifici per pagarne l'infrastrutturazione, senza vedersi restituire un dignitoso diritto alla mobilità, soprattutto con riferimento alle fasce più deboli della popolazione;
l'indice di soddisfazione dei clienti, come riportato da Eurispes nel Rapporto Italia 2011, è ancora fortemente negativo (il 66,6 per cento degli utenti si dice fortemente insoddisfatto dei servizi);
sulla rete ferroviaria standard l'Europa dei 15 ha registrato nell'ultimo decennio, dati alla mano, riportati anche da Il Sole 24 ore in un articolo del 10 dicembre 2011, una crescita del numero di passeggeri che supera i 16 punti percentuali, ma a questa media le infrastrutture italiane hanno contribuito solo in negativo (decremento del 2,93 per cento, contro i dati positivi del resto d'Europa: + 35 per cento della Gran Bretagna, + 23 per cento della Francia, + 19 per cento della Spagna e, infine, + 9 per cento della Germania);
la vocazione turistica della penisola italiana richiederebbe un abbassamento degli investimenti concentrati sulle infrastrutture stradali, in favore, invece, della mobilità su rotaia, sempre nei limiti di un impatto ambientale sostenibile delle reti stradali e ferroviarie per la tutela dei beni paesaggistici;
alla luce dei dati riportati, il management dell'azienda Trenitalia si è rivelato inadeguato, per mancanza di una strategia di crescita efficace, al ruolo assegnatogli;
la coesione dello Stato, anche a livello infrastrutturale, è costituzionalmente garantita dall'articolo 119 della Costituzione -:
cosa intenda fare il Governo per assicurare la ricollocazione nell'ambito aziendale degli addetti ai treni notturni, magari anche riqualificandoli, al fine di utilizzarli per il potenziamento dell'offerta, sia locale sia a lunga percorrenza, e quali iniziative intenda assumere, a fronte di quella che appare all'interrogante la palese inadeguatezza del management aziendale di Trenitalia.
(3-01975)
Interrogazione a risposta orale:
SANTELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la decisione da parte di Trenitalia di sopprimere, a partire dal corrente mese decine di convogli a lunga percorrenza nel Mezzogiorno e in particolare da e verso la regione Calabria, rappresenta un'ingiustificabile decisione in considerazione degli evidenti disagi che riguarderanno numerose migliaia di viaggiatori e più specificatamente i cosiddetti «pendolari» che a cadenza settimanale, si muovono dal proprio luogo di residenza per motivi professionali o di studio e comunque regolarmente, verso il Centro-nord del Paese;
tale scelta, sebbene in un momento di difficoltà economica come quello attuale, non può costituire oggetto di penalizzazioni gravi e difficili da sopportare nei confronti di tanti calabresi che non potendo utilizzare il sistema ferroviario, sono costretti a sostenere maggiori costi dovuti all'utilizzo degli aerei;
la suesposta disposizione da parte di Trenitalia - il cui comparto dovrebbe costituire una delle priorità per l'importante ruolo sociale che svolge, come è stato recentemente indicato al Presidente del Consiglio Mario Monti, nel corso della Conferenza delle regioni - nel momento in cui sarà concretamente applicata, porterà alla soppressione di oltre il 70 per cento dei servizi ferroviari notturni unitamente all'annullamento delle corse di numerose coppie di treni intercity ed espresso a lunga percorrenza, aumentando inevitabilmente, i disagi e il malessere fra le migliaia di pendolari calabresi, rendendo conseguentemente la regione interessata ancora più periferica;
l'amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, recentemente, avrebbe motivato la decisione di sopprimere decine di servizi ferroviari, soprattutto quelli notturni, verso il Mezzogiorno e la Calabria in particolare, con la motivazione che l'attenzione degli utenti sarebbe rivolta verso il trasporto aereo ed in particolare quello low-cost, che garantirebbe maggiori collegamenti verso il Centro-nord;
a giudizio dell'interrogante, esistono elevati indici di traffico con le compagnie aeree low-cost, sia verso Roma che verso Milano, che dimostrerebbero invece come i passeggeri calabresi scelgono il mezzo aereo proprio per la mancanza di collegamenti ferroviari;
il servizio ferroviario notturno da Paola, provincia di Cosenza, in direzione Roma ad esempio, ridotto ad un solo convoglio con cuccette e senza vagone letto, ed utilizzato settimanalmente in maniera considerevole da numerosissimi pendolari, per raggiungere la Capitale oppure solo per transitarne verso altre località, conferma che le decisioni intraprese avranno ulteriori gravi ripercussioni sulla già fortemente danneggiata fascia tirrenica -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di garantire il diritto alla mobilità dei calabresi, pesantemente danneggiati dalla decisione di Trenitalia esposta in premessa, che rischia di arrecare ulteriori penalizzazioni al servizio del trasporto ferroviario dell'intera regione interessata, contribuendone alla marginalizzazione anche economica di un'area geografica che al contrario occorre sostenere e valorizzare;
se non intenda assumere iniziative volte ad una complessiva rivisitazione delle scelte adottate da Trenitalia, con riferimento al numero delle percorrenze soppresse e già previste.
(3-01970)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
SPOSETTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha già presentato l'interrogazione 3-00967, il 16 marzo 2010, tuttora senza risposta;
in detta interrogazione, venivano esposti i principali provvedimenti definiti dalle istituzioni interessate a rendere operativo il progetto relativo allo scalo aeroportuale di Viterbo;
la commissione ministeriale, istituita presso il Ministero dei trasporti nel mese di novembre 2007, dopo aver condotto una attenta analisi comparata dei siti aeroportuali proposti, con una propria relazione intitolata «Ampliamento del Sistema aeroportuale laziale» ha individuato nella città di Viterbo la sede per il terzo scalo aeroportuale laziale;
l'articolo 18 del decreto-legge n. 248 del 2007, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31 ha semplificato e reso operativo il trasferimento del traffico aereo da Ciampino a Viterbo. La disposizione presentata dal sottoscritto, modifica il comma 2 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 96 del 2005, estendendo alle «delocalizzazioni funzionali» la deroga alla disciplina delle concessioni aeroportuali. Deroga limitata secondo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 96 del 2005 alle concessioni già rilasciate e a quelle il cui provvedimento di rilascio risulti in itinere. A tal riguardo occorre ricordare che l'articolo 3 del decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96 ha introdotto delle modifiche all'articolo 704 del codice della navigazione. In particolare il procedimento di concessione è emanato, per un periodo massimo di durata di quaranta anni, su proposta dell'ENAC in seguito ad un procedimento di selezione effettuata tramite procedura di gara ad evidenza pubblica secondo la normativa
comunitaria e non più attraverso generiche procedure concorrenziali;
il 31 gennaio 2008, veniva firmato presso la sede del Ministero dei trasporti, l'atto di intesa programmatica tra il Ministro dei trasporti e il presidente della regione Lazio il quale individuava Viterbo quale sede aeroportuale aperta al traffico civile commerciale;
le parti firmatarie si impegnavano, nell'ambito delle rispettive competenze, a promuovere le attività necessarie alla delocalizzazione del traffico aereo attualmente gravitante sull'aeroporto di Ciampino promuovendo procedure e attività idonee per realizzare nuove infrastrutture, nonché per il reperimento degli strumenti finanziari;
nella stessa occasione il Ministro dichiarava l'impegno ad avviare entro tempi certi la fase attuativa attraverso la convocazione, unitamente al presidente della regione Lazio, della conferenza dei servizi;
l'articolo 18 della legge n. 31 del 2008, ha formalizzato la possibilità di concedere direttamente ad Aeroporti di Roma la gestione del nuovo scalo;
il 10 settembre 2008, presso la direzione generale dell'ENAC, veniva firmato tra l'ENAC e la società ADR - Aeroporti di Roma, l'atto di intesa programmatica delle attività preparatorie per la concessione della gestione aeroportuale dell'aeroporto di Viterbo;
il protocollo, firmato dal presidente dell'ENAC, Vito Riggio, e dal presidente della società Aeroporti di Roma - ADR, definiva le fasi propedeutiche per la progettazione del nuovo aeroporto;
l'ENAC, su delega del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, si attivava in tal modo per favorire, secondo le proprie competenze e nel pieno rispetto della normativa comunitaria di riferimento, la più rapida realizzazione della delocalizzazione funzionale delle attività civili dallo scalo di Ciampino a quello di Viterbo;
il documento prevedeva l'impegno di ADR alla redazione:
a)di uno studio di pre-fattibilità tecnico-operativo per l'aeroporto di Viterbo che contempli gli aspetti aeronautici e di traffico, nonché la configurazione dei principali sottosistemi aeroportuali e definisca la consistenza del sedime aeroportuale;
b)di un rapporto ambientale preliminare sui possibili e significativi impatti della realizzazione, per l'avvio della consultazione di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e successive integrazioni e modifiche;
c)di uno studio sulla capacità ambientale per l'aeroporto di Ciampino, onde configurare un modello ridimensionato di traffico economicamente sostenibile, da adottare in forma vincolante per il futuro, che soddisfi le condizioni di compatibilità con il territorio;
d)del master plan aeroportuale, che contempli la contestualità del ridimensionamento dello scalo di Ciampino con l'avvio operativo del nuovo scalo di Viterbo, con il relativo studio di impatto ambientale. Sarà altresì richiesto un adeguato approccio alla valorizzazione commerciale delle attività non aviation sia all'interno che all'esterno del sedime aeroportuale, nonché alle tematiche di definizione di un sistema di infrastrutture dei trasporti idoneo ad assecondare il flusso di traffico generato dalla realizzazione del nuovo scalo;
e)del piano economico-finanziario, per dare attendibilità al programma realizzativo delle opere, con la stima dei costi e la copertura degli interventi, individuando le risorse proprie e le eventuali fonti di finanziamento esterne;
f)del piano di adeguamento infrastrutturale dell'aeroporto di Ciampino, riconfigurando le attività con la modularità necessaria ad assicurare la coerenza temporale con l'attivazione e la messa a regime dello scalo di Viterbo;
per l'espletamento delle attività di tipo amministrativo, ENAC ed ADR avrebbero dovuto provvedere alle attività connesse allo svolgimento delle procedure preliminari per la concertazione
con gli enti territoriali e locali ed alle successive procedure formali con i soggetti statali e territoriali ai fini del conseguimento delle autorizzazioni in materia urbanistico-ambientale nonché alle attività espropriative per le aree da acquisire;
l'ENAC avrebbe inoltre attivato la procedura prevista dall'articolo 8 del regolamento comunitario n. 2408 del 1992, ai fini dell'inserimento di Viterbo nel sistema aeroportuale di Roma, oggi costituito dagli aeroporti di Fiumicino e di Ciampino;
il 19 maggio 2009, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, in occasione dell'audizione presso la commissione trasporti della Camera dei deputati del presidente di Aeroporti di Roma - ADR veniva confermata la volontà di accelerare la costruzione dell'aeroporto di Viterbo. Nella stessa seduta il presidente dell'ADR nel denunciare la mancanza di un chiaro piano di integrazione tra i diversi scali nazionali e politiche di sviluppo certe segnalava la necessità di giungere quanto prima all'affidamento della concessione dello scalo viterbese al fine di poter programmare i collegamenti tra l'infrastruttura aeroportuale e il resto del sistema;
il decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, all'articolo 17, comma 34-bis, autorizza l'Enac a stipulare contratti di programma in deroga alla normativa vigente allo scopo di favorire investimenti infrastrutturali basati sull'utilizzo dei capitali di mercato del gestore rivolti ad aeroporti nazionali. La proposta, presentata dall'interrogante in commissione bilancio e accolta dal Governo risponde all'esigenza di rafforzare la programmazione finanziaria e quella infrastrutturale;
nel corso dell'anno 2009 sono state assunte dal CIPE decisioni in materia di programmazione e di finanziamento di opere pubbliche strategiche di interesse nazionale. Con la delibera Cipe del 6 marzo 2009, il Governo ha reso disponibili circa 9 miliardi di euro di risorse pubbliche per la realizzazione di infrastrutture, portando a 11,25 miliardi l'importo dei finanziamenti disponibili;
con delibera Cipe del 26 giugno 2009, è stato approvato un programma denominato «Piano delle opere prioritarie» degli interventi da approvare e finanziare con le suddette risorse entro fine 2010. Nel piano non figurano né lo scalo aeroportuale di Viterbo, né la realizzazione delle infrastrutture stradali e ferroviarie necessarie per potenziare il collegamento tra la città di Viterbo e Roma né le risorse per il completamento della trasversale Orte-Civitavecchia;
su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Cipe in data 6 novembre 2009, ha preso atto del piano di prefattibilità del nuovo aeroporto di Viterbo;
la società Aeroporti di Roma ha recentemente avviato la procedura di pubblicazione del bando internazionale di gara per l'elaborazione di un masterplan per lo sviluppo dell'aeroporto di Fiumicino entro il 2044. Un piano complesso da 3,6 miliardi di euro di investimenti in 10 anni. Il piano prevede una estensione del sedime aeroportuale di ulteriori 1.300 ettari in aggiunta agli attuali 1.400, Lo scopo è quello di soddisfare la crescita del traffico che su Roma si prevede arrivi entro il 2020 a 55 milioni di passeggeri e a 90-100 milioni entro il 2044. Lo sviluppo dell'aeroporto prevede inoltre la realizzazione di nuovi terminali per una superficie di quasi 1.000.000 di metri quadrati, 5 piste di atterraggio e decollo. L'ENAC dovrebbe concedere il via libera ai piani di sviluppo presentati e a cui sono legati gli investimenti tariffari entro l'estate;
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti rispondendo ad un interrogazione parlamentare in merito alle problematiche relative all'aeroporto di Ciampino rilevava l'esigenza di decongestionare lo scalo di Ciampino afflitto da problematiche ambientali causate dall'incremento del traffico aereo passato dai 700 mila passeggeri dell'anno 2001 ai circa 5,5 milioni del 2007;
il 12 febbraio 2010, la conferenza dei servizi presso la regione Lazio ha istituito un gruppo di lavoro composto da regione, Adr, Arpa Lazio, Enac il quale dovrà entro 90 giorni individuare iniziative coerenti tese a risolvere definitivamente l'annoso problema dell'inquinamento acustico relativo all'aeroporto di Ciampino il quale registra da anni un impatto molto pesante sulla salute di migliaia di cittadini;
il documento conclusivo della Commissione trasporti della Camera dei deputati sul sistemaaeroportuale italiano, approvato il 17 febbraio 2010, nel ribadire che la realizzazione di nuovi aeroporti deve essere subordinata a una valutazione attendibile della sostenibilità economica dell'aeroporto ha confermato l'orientamento di realizzare il terzo scalo aeroportuale laziale in considerazione dell'impossibilità di sviluppare l'aeroporto di Ciampino;
il 19 gennaio 2010, è stato inaugurato, alla presenza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del presidente dell'ENAC, il nuovo Terminal per l'aviazione generale dell'aeroporto di Roma Urbe. La nuova aerostazione passeggeri, realizzata interamente con fondi ENAC con un intervento dal valore di circa 800.000 euro, secondo quanto dichiarato dal presidente dell'ENAC «va ad interessare una porzione di traffico aereo complementare a quello sviluppato sugli aeroporti di Fiumicino e di Ciampino». Sempre secondo il presidente dell'ENAC il potenziamento dello scalo dell'Urbe «rappresenta un ulteriore tassello, moderno ed efficiente che contribuirà allo sviluppo del sistema aeroportuale del Lazio»;
il CIPE, nella seduta del 6 dicembre 2011, su indicazione del Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, per accelerare il completamento di opere fondamentali per il Sistema Paese, ha varato alcuni interventi che ammontano a circa 12,5 miliardi di euro, di cui 2,2 di fondi privati;
il Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti Passera, venerdì 9 dicembre 2011 durante l'audizione svolta presso la Commissione trasporti delle Camera dei deputati, sulle linee programmatiche del suo dicastero, per le parti di competenza non ha indicazioni sull'offerta aeroportuale nazionale, sulla funzionalità dei principali scali e non ha soprattutto individuato settori e ambiti nei quali intervenire per giungere alla realizzazione di nuovi scali aeroportuali;
il 12 dicembre 2011, Aeroporti di Roma Spa ha presentato il piano di sviluppo 2012-2014 relativo allo sviluppo dello scalo aeroportuale di Fiumicino. Il piano esposto, su cui Enac avvierà le consultazioni con il Comitato utenti (handler e compagnie aeree), prevede un volume di investimenti per oltre 12,1 miliardi, di cui 2,5 miliardi nei primi dieci anni e comprende Fiumicino, Ciampino e Viterbo. Più specificamente lo sviluppo e i relativi costi proposti sono rivolti a potenziare le infrastrutture di Fiumicino Sud per complessivi 4,4 miliardi di investimenti; a sviluppare Fiumicino Nord a standard IATA «A» per complessivi 7,2 miliardi di investimenti, a riqualificare Ciampino a City Airport per 183 milioni di euro e a sviluppare il nuovo scalo di Viterbo per circa 236 milioni. Risorse quest'ultime del tutto insufficienti a garantire il finanziamento dell'intero progetto;
inoltre, circa lo scalo di Viterbo, il presidente dell'Enac, Vito Riggio, nel corso della presentazione del Piano di Adr, ha sottolineato però che: <nuovo scalo di voli
low cost di Viterbo, previsto nel 2019, non si farà senza la realizzazione di infrastrutture di collegamento a terra -:
se il Governo, considerati i tempi e le modalità definite da Adr nel piano di sviluppo 2012-2014, non intenda adottare iniziative utili a rendere l'aeroporto di Viterbo immediatamente cantierabile anche attraverso l'immediata approvazione di un cronoprogramma dei lavori nel quale siano chiaramente indicati i tempi per l'approvazione definitiva del progetto e tutte le iniziative necessarie per favorire l'accessibilità stradale e ferroviaria allo stesso scalo aeroportuale
(5-05809)
RONDINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con la sottoscrizione della convenzione tra Serravalle e la provincia di Milano in data 28 luglio 2006, la stessa Serravalle si è impegnata alla progettazione, realizzazione nonché alla gestione della riqualificazione a carattere autostradale della strada provinciale n. 46 Rho-Monza nel tratto compreso tra la Tangenziale nord e la strada statale 233 «Varesina» e il sistema autostradale aperto «Ovest Milano»;
con successive intese intervenute nel luglio 2007 tra il Ministero delle infrastrutture, Serravalle e Autostrade per l'Italia s.p.a., queste ultime due società, nella loro qualità di concessionarie, si sono impegnate alla progettazione e alla realizzazione congiunta dell'intervento, mediante la ripartizione dello stesso in tre tratte funzionali del sistema di «Viabilità di adduzione al sistema autostradale esistente A8-A52 Rho-Monza»;
nel corso della pre-conferenza di servizi tenutasi in data 20 novembre 2008, il comune di Paderno Dugnano ha espresso parere «non favorevole» in merito al progetto preliminare proposto, «in quanto permane la richiesta di interramento ma, tramite Delibera di Giunta Comunale n. 65617 del 20 novembre 2008, fornisce un elenco di osservazioni e migliorie all'infrastruttura così come progettata che renderebbero maggiormente accettabile la proposta progettuale»;
con il provvedimento n. 0014445 - P in data 2 febbraio 2009, ANAS ha approvato il progetto preliminare redatto congiuntamente da Serravalle e Aspi;
in data 21 maggio 2009, con la deliberazione della giunta comunale n. 127, il comune di Paderno Dugnano ha approvato un protocollo d'intesa per la ricerca di una soluzione alternativa e migliorativa nel tratto di affiancamento strada provinciale 46 Rho-Monza / strada provinciale ex strada statale 35 Milano-Meda, del progetto preliminare della viabilità di adduzione al sistema autostradale esistente A8-A52 Rho-Monza. Tale protocollo, successivamente sottoscritto con la provincia di Milano e Serravalle, ha previsto l'impegno ad operare congiuntamente per ricercare una soluzione condivisa dal punto di vista tecnico/ingegneristico, urbanistico/ambientale ed economico/finanziario che risolva le criticità. Nel contesto della medesima deliberazione il comune di Paderno Dugnano ha quindi ribadito che «le questioni di carattere economico-finanziarie non devono comunque prevalere sui profili di sostenibilità ambientale dell'intervento sul territorio»;
in data 23 dicembre 2009, il provveditorato interregionale alle opere pubbliche Lombardia-Liguria ha convocato, per il successivo 25 gennaio 2010, la prima seduta della conferenza di servizi preliminare, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 14-bis della legge n. 241 del 1990. Nel corso della predetta riunire della conferenza di servizi preliminare, svoltasi in data 25 gennaio 2010, il sindaco del comune di Paderno Dugnano ha espresso «parere negativo sul progetto di massima presentato, sottolineando al contempo l'impegno assunto con la Provincia di Milano per lo sviluppo di un'ipotesi alternativa che soddisfi le esigenze delle parti coinvolte»;
in data 31 marzo 2010, con la nota protocollo n. 19247 a firma del sindaco e del vice sindaco, il comune di Paderno Dugnano ha presentato osservazioni alla proposta, avanzata dalla provincia di Milano, relativa allo studio di fattibilità per la realizzazione della variante interrata della tratta;
in particolare, la nota comunale da una parte, ha rilevato che «l'opera debba essere eseguita non peggiorando le condizioni ambientali dei territori attraversati, e l'interramento di cui si è verificata la fattibilità tecnica ha lo scopo di conseguire entrambi i risultati, ossia il miglioramento della viabilità metropolitana contenendone l'impatto sul territorio»; dall'altra parte, ha richiesto di poter organizzare «entro brevissimo un tavolo specialistico che esamini le soluzioni utili per l'esecuzione dell'opera interrata»;
in data 22 aprile 2010, si è svolta la seconda seduta della conferenza di servizi preliminare;
nel corso di tale seduta il comune di Paderno Dugnano ha ribadito il parere (non favorevole) espresso nella precedente seduta insistendo nella richiesta di interramento della realizzanda tratta autostradale in affiancamento alla Milano-Meda. In particolare, il comune ha rilevato l'incompatibilità del progetto preliminare presentato con il tessuto urbano della città, siccome tale progetto «non tiene conto assolutamente del "prezzo" che verrebbe a pagare il comune di Paderno Dugnano in quanto qui non ci si limita ad attraversare un parco, qui si attraversa una parte fortemente urbanizzata della città», così richiedendo «di riesaminare il progetto riguardo il nodo di Paderno Dugnano, tenendo conto non solo delle generali esigenze della Rho-Monza, ma considerando gli aspetti di urbanizzazione già presenti»;
il comune di Paderno Dugnano si è visto recapitare, in data 2 dicembre 2010, la nota protocollo n. 10617/DAG/SAL/MLC/EP/PF datata 23 novembre 2010, con la quale Serravalle ha comunicato, ai sensi degli articoli 7 e seguenti della legge n. 241 del 1990, l'avvio del procedimento volto alla definizione ed alla conseguente approvazione dell'opera di riqualificazione con caratteristiche autostradali della strada provinciale 46 Rho-Monza, dal termine della tangenziale nord di Milano (galleria artificiale) al ponte sulla linea ferroviaria Milano-Varese (compreso), corrispondenti alle tratte 1 e 2 del «Progetto preliminare della viabilità di adduzione al sistema autostradale esistente A8/A52 - Rho-Monza»;
con la deliberazione della giunta comunale n. 229 in data 29 dicembre 2010, il comune di Paderno Dugnano ha proposto le proprie osservazioni alla suddetta comunicazione di avvio del procedimento;
nel marzo 2011 il comune di Paderno Dugnano ha presentato un ricorso giurisdizionale al tribunale amministrativo regionale Lombardia sede di Milano R.G. 452/11 nel quale si chiede l'annullamento dell'intera procedura (procedimento ancora in corso);
l'attuale progetto preliminare prevede nella tratta padernese l'affiancamento della Rho-Monza alla strada provinciale ex strada statale 35 (Milano-Meda) che comporterebbe, alla conclusione di tutte le opere che saranno realizzate (includendo la terza corsia lungo la Milano-Meda) a «un nastro» di asfalto di 16 corsie per una larghezza complessiva di circa 56 metri, così distribuita:
strada statale 35 (Milano-Meda): n.2 corsie emergenza più n. 6 corsie di marcia (3 per ciascun senso);
tangenziale nord: n. 2 corsie emergenze più 4 corsie di marcia (2 per ciascun senso);
strada complanare (via G. Dalla Chiesa): n.2 corsie;
è evidente come tale situazione risulti assolutamente inaccettabile, anche e soprattutto in considerazione del fatto che il suddetto «nastro» d'asfalto con la barriera fonica raggiunge un'altezza di circa
13 metri rispetto al territorio circostante e che tale struttura passa in mezzo al centro cittadino dove nel raggio di 250 metri risiedono circa 8.000 persone;
la situazione, unica in Italia, ha determinato l'inevitabile richiesta d'interramento della Rho-Monza (tangenziale nord) nel tratto di affiancamento alla Milano-Meda da parte del comune e la naturale conseguente preoccupazione di tutti i cittadini che hanno spontaneamente costituito il «Comitato Cittadino per l'interramento della Rho-Monza»;
malgrado tali presupposti e malgrado la dimostrata fattibilità tecnica del progetto di interramento redatto da Serravalle in collaborazione con la provincia di Milano, la regione Lombardia e gli stessi uffici provinciali durante i diversi incontri hanno sempre confermato l'impossibilità di realizzare l'interramento nella tratta di affiancamento, per questioni economiche (secondo una stima sommaria da parte della stessa regione i costi dell'opera aumenterebbero di circa 190 milioni di euro ovvero di 308 milioni di euro a seconda della tecnologia di scavo adottata);
oltre a Paderno Dugnano anche il comune di Novate ha espresso parere non favorevole alle due conferenze di servizio ed inoltre i restanti comuni della tratta hanno evidenziato notevoli criticità al progetto preliminare approvato;
a marzo 2011 al fine di risolvere tutte le criticità dell'opera è stato istituito un tavolo di coordinamento intercomunale presso il comune capofila di Paderno Dugnano, al quale hanno aderito i comuni di Novate, Baranzate, Cormano e Bollate;
nella primavera 2011 i tecnici dei comitati e le strutture tecniche dei comuni hanno elaborato una nuova bozza progettuale, con proposta di interramento/trincea sull'intera tratta a costi contenuti, e lo stesso è stato recepito dal tavolo di coordinamento intercomunale presso il comune capofila di Paderno Dugnano, quale unica soluzione possibile per superare ogni criticità ambientale;
tale «progetto alternativo» è stato condiviso e deliberato dalle giunte dei 5 comuni, evidenziando nelle delibere stesse che tale elaborato prevede per ogni singolo comune soluzioni tecniche di tracciato che tengono in considerazione ogni puntuale criticità del proprio territorio;
il presidente della provincia di Milano Podestà ha ricevuto a luglio 2011 i 5 sindaci delle città interessate impegnandosi ad istituire un tavolo tecnico tra i tecnici dei comuni e quelli della società Milano-Serravalle s.p.a. che verificasse la proposta progettuale alternativa;
da agosto a novembre 2011 il tavolo tecnico ha perfezionato il progetto alternativo ottenendone una fattibilità tecnica e un incremento di costo, stimato dai tecnici comunali, di circa 30-40 milioni di euro;
in data 1o dicembre 2011 il consiglio provinciale di Milano ha approvato all'unanimità una mozione che: «invita il Presidente della Provincia ad adoperarsi affinché l'ipotesi progettuale predisposta dai comuni e comitati cittadini possa essere accolta nello spirito di evitare contrapposizioni tra Enti. Invita inoltre il Governo, la Regione Lombardia, la Provincia stessa e le società da essa controllate, ANAS a reperire delle somme indispensabili per la realizzazione dell'opera, in modo da garantire così alle Comunità interessate la soluzione tecnica-economica che possa assicurare una migliore qualità dell'aria e il contenimento dell'inquinamento acustico. Ribadisce infine la volontà del consiglio provinciale di esercitare anche sulle Società controllate il proprio diritto di indirizzo e controllo, ritenendo prioritario il principio del rispetto dei territori e delle popolazioni che li abitano. Resta inteso che il Consiglio Provinciale dovrà essere informato preventivamente sullo sviluppo delle procedure»;
la Rho-Monza è un'opera importante per la viabilità italiana, lombarda e di Milano soprattutto in vista di Expo 2015. È quindi nell'interesse del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che tale opera venga realizzata, senza intoppi e
rallentamenti, e ciò potrà avvenire solo se essa verrà realizzata nel rispetto dei territori attraversati;
qualsiasi decisione venga presa al riguardo dagli organi competenti, non potrà comunque prescindere dal garantire la salute dei cittadini, in quanto nessuna ragione di ordine economico potrà mai giustificare una mancata attenzione al bene primario ed insostituibile della salute pubblica -:
se sia intenzione del Ministro adoperarsi, per quanto di competenza, affinché le istanze dei comuni di Paderno Dugnano, Novate, Baranzate, Cormano e Bollate e del consiglio provinciale di Milano vengano tenute in considerazione;
se sia intenzione del Ministro assumere iniziative volte a stanziare le risorse economiche opportune affinché l'opera venga realizzata così come prevede l'ipotesi progettuale predisposta dai 5 comuni;
se sia intenzione del Ministro incontrare i sindaci dei 5 comuni ed istituire con loro un confronto costruttivo che risolva le criticità dagli stessi sollevate.
(5-05812)
Interrogazioni a risposta scritta:
REGUZZONI e MONTAGNOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Comitato interministeriale per programmazione economica ha deliberato, nella seduta del 6 dicembre 2011, il rinvio del finanziamento per la progettazione del collegamento ferroviario Monza-Chiasso;
il citato progetto prevede in pratica di portare a quattro, contro gli attuali due, il numero di binari per un tratto di 27 chilometri, dalla galleria Monte Olimpino a sud di Como fino a Monza, dove esiste già il quadruplo binario;
l'intervento risulta essere fondamentale per i collegamenti con il Gottardo e il sistema merci dell'Alptransit, e per la riduzione del trasporto su gomma;
l'apertura dei cantieri era fissata, in previsione, nel 2015, ma la recente decisione del Cipe potrebbe farla slittare ben oltre;
il rinvio danneggerebbe l'economia del Nord, impedendo l'incremento degli scambi commerciali -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare affinché la decisione del Cipe non ritardi la realizzazione di infrastrutture così importanti per il Nord ed il suo sistema produttivo.
(4-14191)
LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo una comunicazione operativa a firma del capo scalo Alitalia di Reggio Calabria ben cinquantadue voli tra l'aeroporto Tito Minniti di Reggio Calabria e quelli di Roma Fiumicino e di Milano Linate saranno cancellati nel periodo dicembre-gennaio 2011. È questo il «regalo di Natale» che la società Alitalia-CAI ha lasciato sotto l'albero a quei reggini e messinesi che vogliono spostarsi nelle regioni del Centro-nord, oppure rientrare nelle località di origine. Peraltro, tali tagli seguono la già discussa rimodulazione del volo da e per Milano Linate, che dal 30 ottobre 2011 non consente più partenze e rientri in giornata, e che, se confermati, provocherebbero un'ennesima penalizzazione alla già precaria mobilità del territorio coinvolto, interessato da provvedimenti ministeriali emanati a garanzia della continuità territoriale proprio attraverso l'attivazione di tratte aeree;
le cancellazioni ad oggi programmate comportano gravissime penalizzazioni soprattutto in prossimità e durante le festività natalizie, penalizzazioni che creano seri disagi ai passeggeri delle province di Reggio Calabria e Messina, che hanno già
manifestato alla direzione aeroportuale di Reggio Calabria una serie di vibranti proteste, che sono state e saranno giustamente riprese dagli organi di comunicazione e di stampa sia nazionali che locali;
tutto questo s'inquadra, purtroppo, in un disastroso quadro generale dei trasporti da e per la Calabria, che ha già registrato una riduzione del trasporto ferroviario lungo la direttrice Nord-sud e che ha visto una fuga massiccia delle compagnie aeree dallo stesso aeroporto di Reggio nel corso di questi ultimi mesi. Infatti, in estate c'è stato l'abbandono di Air Malta, poi quello di Travel Fly e Prima Airlines. Attualmente volano su Reggio soltanto Alitalia e Bluexpress. Quest'ultima, in particolare, già da tempo ha deciso di ridurre le frequenze dei voli per il periodo invernale, passando da sei a quattro collegamenti settimanali;
appare all'interrogante non condivisibile una politica dei trasporti di fatto antimeridionalista, che determini l'emarginazione e l'isolamento di alcune regioni del nostro Paese, tra le quali sicuramente la Calabria e la Sicilia -:
se non sia il caso di assumere tempestivamente ogni iniziativa di competenza al fine di eliminare o, perlomeno, ridurre significativamente il numero delle cancellazioni per evitare le penalizzazioni alla movimentazione delle popolazioni interessate in un momento così delicato quale è quello natalizio.
(4-14193)
FEDRIGA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il nuovo orario invernale di Trenitalia crea molti disagi alla città di Trieste e decreta un'emarginazione del Friuli Venezia Giulia, cancellando alcuni collegamenti fondamentali con importanti città italiane ed estere, come Budapest, Zagabria, Lubiana;
i problemi nel perimetro regionale sono notevoli, con tratte che collegano Trieste ad Udine in 5 ore, con l'obbligo di scendere a Mestre in attesa della coincidenza. Stesso discorso per il collegamento Trieste-Pordenone con arrivo nella Destra Tagliamento dopo 4 ore e 32 minuti;
pare anche eliminato il diretto notturno da Trieste a Roma, già limitato in seguito all'incendio della stazione tiburtina, e per il momento non è previsto neanche il notturno Udine-Roma;
la soppressione delle tratte notturne è probabilmente dovuta ai tagli al personale operati dalla compagnia Trenitalia, che riguarda circa 800 dipendenti delle società che gestiscono il servizio a bordo e la manutenzione dei treni notturni;
nessun notturno, quindi, su Roma, Napoli e nemmeno su Lecce, con due soluzioni diurne suggerite, entrambe con coincidenze a Bologna e costi più che raddoppiati rispetto alla tariffa del precedente notturno -:
se il Ministro sia a conoscenza dei nuovi orari invernali programmati dalla compagnia Trenitalia, che comportano la soppressione di numerosi treni in partenza da Trieste verso importanti città italiane ed estere e quali iniziative intenda mettere in atto per minimizzare i disagi della popolazione friulana, che viene, nei fatti emarginata a causa delle scelte unilaterali operate dalla compagnia ferroviaria.
(4-14211)
MIGLIORI e MASSIMO PARISI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 2010 - con atto di impegno AC8-00099, modificato dal successivo AC7-00673 - sono stati assegnati finanziamenti per 1.900 interventi complessivi di messa in sicurezza di edifici scolastici;
tra, questi, risulta assegnataria di finanziamenti la scuola di Partina, nel comune di Bibbiena (AR);
al momento, dei 1.900 interventi ammessi a finanziamento solo 31 risultano liquidati ma, tra questi, non figura la scuola di Partina;
il mancato ottenimento dei fondi sta compromettendo sensibilmente il sereno andamento dell'anno scolastico, nonché la riapertura stessa della scuola, oggi operativa in una sede provvisoria -:
se quanto espresso in premessa risulti corrispondente al vero;
quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per giungere allo sblocco delle risorse attribuite in finanziamento con gli atti di cui in premessa;
quali siano l'iter necessario e i tempi previsti per pervenire alla liquidazione degli interventi finanziati, tra cui quello della scuola di Partina.
(4-14214)
IANNUZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dal 1o gennaio 2011 è entrato in vigore il nuovo sistema tariffario lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno, fondato su pedaggi differenziati e legati al chilometraggio effettivamente percorso;
il nuovo meccanismo si fonda sul principio dell'isocosto, in base al quale gli introiti della SAM (Autostrade meridionali), società concessionaria di tale autostrada, dovranno, con l'introduzione della tariffa differenziata, risultare eguali a quelli dell'anno 2010, quando erano in vigore i precedenti pedaggi unici ed indifferenziati lungo l'intera tratta ed a prescindere dal percorso in concreto effettuato;
infatti, i nuovi pedaggi non debbono risolversi in un indebito ed illegittimo incremento di introiti per la SAM, a danno delle comunità interessate;
del resto, nell'attivare il nuovo modello tariffario, sono stati applicati, ad avviso dell'interrogante, senza la neppur minima giustificazione, pedaggi più elevati e «salati» per i cittadini rispetto a quelli pure preannunciati dal Governo nella seduta della Commissione trasporti della Camera del 21 luglio 2010;
infatti, in particolare, la tariffa minima è stata fissata a 0,80 euro e non già a 0,60 euro come invece indicato a luglio 2010, ed è stato poi introdotto quello che all'interrogante appare un assurdo e immotivato aumento della tariffa unica, rimasta ancora in vigore per gli utenti non muniti di telepass, che è stata elevata da 1,60 euro a ben 2 euro, con un aumento pesantissimo ed abnorme del 25 per cento, un aumento che non ha alcun riscontro in tutti gli aumenti tariffari divenuti operativi dal 1° gennaio 2011 sulle diverse tratte autostradali in ogni parte d'Italia, nelle quali il suddetto incremento non supera mai qualche punto percentuale;
per queste ragioni è necessario conoscere ed acquisire le cifre precise relative agli introiti ricavati dalle SAM dal 1o gennaio in poi, per l'esercizio dei fondamentali e doverosi compiti di controllo e vigilanza che spettano all'ANAS ed al Governo nei confronti della SAM, nonché per l'indispensabile informazione che deve essere assicurata puntualmente e tempestivamente al Parlamento;
ove fossero registrati introiti superiori e più alti, la tariffa dei pedaggi differenziati e quella del pedaggio unico per gli automobilisti senza telepass dovrebbero essere immediatamente ridotte, nell'interesse generale dei cittadini, dei territori e delle comunità coinvolte, delle tantissime persone che ogni giorno utilizzano l'autostrada per esigenze di studio e di lavoro;
in risposta all'interrogazione del firmatario del presente atto n. 5-04607 del 13 aprile 2011, il Sottosegretario al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti Bartolomeo Giachino, nella seduta della VIII Commissione del 20 settembre 2011, ha fornito i dati ufficiali relativi al volume di traffico e degli introiti realizzati dalla SAM, nel periodo dal 1o gennaio 2011 al 31 luglio 2011 lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno;
in base a questi dati, è risultato che nei primi sette mesi del 2011 «il nuovo sistema tariffario ha determinato» «un maggior introito da pedaggio alla società concessionaria» «per un totale di 1.839.221,93 euro», con un incremento di circa il 6 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2010;
di conseguenza occorre ora acquisire con massima urgenza i dati relativi agli ultimi cinque mesi, da agosto a dicembre 2011, per poter così recuperare i maggiori introiti realizzati dalla SAM, con la giusta e congrua riduzione dei livelli tariffari praticati dal 1° gennaio 2011;
del resto proprio in Commissione VIII, in quella sede, il Ministero aveva precisato che «i livelli tariffari verranno, come previsto in convenzione, rideterminati, al fine di assicurare, a partire già dal 2012, la parità di gettito ed il recupero dell'eventuale scostamento registrato nel corso del 2011» -:
quali siano le cifre precise relative agli introiti conseguiti dalla Società Autostrade meridionali nell'anno 2011, per verificare il livello delle entrate derivanti dai pedaggi differenziati lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno rispetto a quello delle entrate provenienti dal pedaggio unico ed indifferenziato in vigore fino al 31 dicembre 2010, e per determinare, - nell'ipotesi a questo punto assolutamente probabile, visti i dati già registrati nei primi sette mesi del 2011, di maggior e consistenti incassi per la Società Autostrade meridionali - la tempestiva e congrua riduzione per il 2012 dei livelli tariffari dei pedaggi.
(4-14223)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo il testo della lettera scritta, protocollata dal comune di Treviglio e pubblicata dal giornale Il Fatto Quotidiano il 7 dicembre 2011, l'intero cantiere della BreBeMi (strada superveloce che costeggia l'autostrada e destinata a collegare Brescia, Bergamo e Milano) potrebbe essere interessato dagli stessi materiali di sedimento oggetto dell'inchiesta che ha portato all'arresto del vicepresidente del consiglio regionale lombardo Franco Nicoli Cristiani;
si tratta di una risposta trasmessa dal suddetto comune a Legambiente che l'estate scorsa aveva chiesto ai comuni interessati all'infrastruttura che l'Arpa facesse dei monitoraggi sull'intero cantiere;
l'eventuale presenza di sostanze tossiche potrebbe contaminare le falde acquifere e gli stessi 700 lavoratori che da circa due anni lavorano nel cantiere del project financing;
secondo Damiano di Simine, presidente di Legambiente Lombardia, il costo dell'opera è passato da 900 milioni di euro agli attuali 2.400 milioni con lavori realizzati per il 30 per cento, cui costi sono stati sostenuti mediante finanziamenti-ponte provenienti dallo Stato in quanto i contratti privati non risultano ancora chiusi con le banche alcune delle quali, tra l'altro, siedono nel consiglio di amministrazione di BreBeMi -:
se quanto riferito in premessa corrisponda al vero;
se non ritengano i Ministri interrogati di interrompere il lavori e predisporre un monitoraggio completo per verificare se e di che entità sia l'impiego di sostanze tossiche;
se e quali valutazioni si stiano facendo in merito al rapporto costi/benefici dell'opera.
(4-14224)
INTERNO
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
I Commissione:
TASSONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dagli organi di stampa, la città di Rosarno, già teatro di gravi episodi di violenza ed emarginazione, vede in questi giorni crescere il timore di dover nuovamente fronteggiare emergenze legate alle condizioni di vita dei numerosi extracomunitari che da tempo dimorano nella zona;
gli extracomunitari africani, attualmente accampati in un vecchio centro di raccolta agrumicolo, vivono in condizioni al limite della decenza umana;
centinaia sono gli immigrati che nelle ultime settimane affollano gli uffici comunali per il ritiro dei modelli per la presentazione delle domande per l'ottenimento di alloggi e lavoro, suscitando notevole preoccupazione negli amministratori locali e negli addetti ai lavori;
sono ancora molti gli immigrati in attesa di vedersi riconosciuti i diritti assicurati lo scorso anno, successivamente alla rivolta generata dalla medesima emergenza;
questa situazione potrebbe alla lunga sfociare in un malcontento che seriamente rischia di turbare l'ordine pubblico e la civile e pacifica convivenza;
gli interventi mirati alla risoluzione di emergenze ciclicamente presenti rischiano di apparire eccessivamente onerosi per un comune come quello di Rosarno: una corretta applicazione dei principi di sussidiarietà territoriale vedrebbe come maggiormente efficace l'azione congiunta di tutte le istituzioni responsabili in tali ambiti -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto rappresentato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per fronteggiare le descritte emergenze e salvaguardare l'ordine pubblico, nonché per favorire reali prospettive di integrazione agli extracomunitari che ne hanno maturato i diritti.
(5-05806)
BRESSA e LIVIA TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
lo scorso primo aprile 2011 il Ministro dell'interno ha promulgato una circolare (protocollo n. 1305 del 1o aprile 2011) nella quale si affermava che: «in considerazione del massiccio afflusso di immigrati provenienti dal Nord Africa e al fine di non intralciare le attività loro rivolte, l'accesso alle strutture presenti su tutto il territorio nazionale, di cui alla circolare n. 1305 del 24 aprile 2007, è consentito, fino a nuova disposizione, esclusivamente alle seguenti organizzazioni: Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM), Croce Rossa Italiana (CRI), Amnesty International, Medici Senza Frontiere, Save The Children, Caritas, nonché a tutte le Associazioni che hanno in corso con il Ministero dell'Interno progetti in fase di realizzazione nelle strutture di accoglienza, finanziati con fondi nazionali ed europei»;
si è introdotto dunque un meccanismo ad excludendum che non consente l'accesso alla stampa nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) e nei centri di accoglienza per richiedenti asilo politico (CARA), mettendo in atto, tra l'altro, quella che appare agli interroganti una gravissima riduzione dei diritti d'informazione e una violazione del principio costituzione della libertà di stampa, di cui all'articolo 21 della Costituzione;
la conseguenza immediata dell'emanazione della suddetta circolare è stata, infatti, quella di impedire alla stampa, ma anche alla grande maggioranza delle associazioni non espressamente citate dalla circolare, anche in presenza di parlamentari, l'accesso nei centri di identificazione e nei centri di accoglienza per i richiedenti asilo politico;
tale misura a giudizio degli interroganti è in aperto contrasto con l'articolo 21 della Costituzione nella parte in cui la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure -:
se il Ministro non intenda, al fine di rispettare l'articolo 21 della Costituzione ed il diritto di cronaca, di dovere adottare urgentemente le necessarie iniziative atte a modificare le regole di accesso e a neutralizzare gli effetti di dubbia costituzionalità della circolare del Ministro dell'interno n. 1305 del 1o aprile 2011 sull'accesso ai centri per immigrati.
(5-05807)
Interrogazione a risposta in Commissione:
GRIMOLDI e CAVALLOTTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 7 ottobre 2011, il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno ha diffidato formalmente l'associazione civici pompieri di Lissone a far uso del marchio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco allo scopo di pubblicizzare le proprie iniziative e sollecitare offerte di donazione, sulla base delle norme dell'articolo 15-bis della legge 26 febbraio 2010, n. 26;
la predetta Associazione civici pompieri volontari di Lissone si è regolarmente costituita il 13 maggio 2008 come Onlus per perseguire esclusivamente finalità di solidarietà sociale;
dalla propria costituzione ad oggi, tra l'altro, l'associazione ha provveduto ad acquistare un esplosimetro, per rimpiazzare quello obsoleto in dotazione al comando dal quale i Vigili associati dipendevano, ed una termocamera del valore di 10 mila euro, concessa in comodato d'uso gratuito al distaccamento dei Vigili del fuoco di Lissone, articolazione del comando di Milano;
la medesima associazione ha altresì finanziato progetti nel campo della sicurezza civile e della formazione, nonché assunto iniziative per pervenire all'assegnazione al distaccamento di Lissone di un fuoristrada tra quelli sequestrati alla criminalità organizzata -:
quali ragioni effettivamente impediscano all'Onlus Associazione civici pompieri volontari di Lissone di esibire nel proprio logo anche un richiamo evidente a quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, beneficiario di molte delle sue iniziative, tenuto altresì conto del fatto che gli associati sono tutti vigili del fuoco volontari.
(5-05810)
Interrogazioni a risposta scritta:
CONTENTO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
gli autisti di mezzi pubblici del pordenonese hanno recentemente lanciato l'allarme su un netto aumento degli episodi di bullismo a bordo dei veicoli da loro guidati;
si tratta di uno dei vari esempi che giungono da varie località del territorio nazionale;
in tal senso si va dal semplice atto di vandalismo e di sopraffazione nei confronti di altri studenti ad autentiche minacce, intimidazioni e violenze rivolte financo agli stessi autisti e controllori;
non è la prima volta che a bordo di mezzi pubblici, durante i viaggi di andata e ritorno dalle lezioni mattutine, si verificherebbero
persino fenomeni legati al consumo di stupefacenti tra i giovanissimi -:
quali iniziative intendano assumere, anche a livello di prevenzione e di sensibilizzazione nei vari istituti, per arginare il fenomeno indicato in premessa;
se sia ipotizzabile la soluzione prospettata da più parti di far salire a bordo delle tratte maggiormente a rischio agenti delle forze dell'ordine in borghese, utili anche a individuare i responsabili di eventuali illeciti più gravi, come lo smercio di stupefacenti e le estorsioni.
(4-14190)
REALACCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
successivamente ad una delle tante azioni pacifiche di Greenpeace, avvenuta il 6 dicembre 2011 a Roma davanti a Palazzo Chigi, otto attivisti dell'organizzazione sono stati denunciati per manifestazione non autorizzata e trattenuti in commissariato;
per uno di loro, Salvatore Barbera, responsabile della campagna clima ed energia, il questore ha emesso il foglio di via obbligatorio con divieto di ritorno nel comune di Roma per due anni;
Salvatore Barbera, 32 anni di Pistoia, è da molti anni attivista dell'organizzazione ambientalista e negli ultimi cinque anni è stato impegnato a tempo pieno nello sviluppo di varie campagne internazionali di Greenpeace. Il foglio di via viene motivato con il reiterarsi del reato di manifestazione non autorizzata, in particolare per i vari blitz non violenti ai quali Barbera ha partecipato durante la campagna per il referendum sul nucleare dello scorso giugno;
nei suoi confronti di Barbera è stata adottata una misura di prevenzione consistente, previo foglio di via, nel divieto di soggiorno nel comune di Roma per due anni;
Greenpeace è un'associazione di grande valore e serietà, la forza delle sue campagne nazionali e internazionali è strettamente legata con il coraggio e l'intraprendenza dei suoi attivisti che spesso a rischio della propria incolumità mettono in atto forme di protesta spettacolari, anche audaci, ma sempre in modo pacifico, nel nome del bene comune e dei grandi temi ambientali;
tali misure di prevenzione, disciplinate ora dal decreto legislativo n. 159 del 2011 «Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia», che riprende in toto la legge n. 1423 del 1956, nascono con il preciso scopo di poter adottare dei provvedimenti extra processuali a carico di soggetti (articolo 1): «che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica»;
a tal proposito si possono richiamare le pronunce del Tar di Lecce del 2007 e del Tar di Roma del 2011, che hanno sempre annullato le misure di prevenzione adottate a carico degli attivisti di Greenpeace sulla scorta di due motivazioni principali: «che l'attività dimostrativa è stata attuata a difesa di valori costituzionalmente protetti quali l'ambiente e la salute della popolazione [...]» e che «appare del tutto non configurabile la valutazione di persone socialmente pericolose attribuita» agli attivisti di Greenpeace;
nel documento emesso dalla questura si presuppone che Salvatore Barbera non
abbia un contratto di lavoro a Roma: elemento facilmente confutabile, essendo egli un collaboratore a progetto di Greenpeace Italia -:
se il Ministro sia a conoscenza dell'accaduto e se non ritenga opportuno assumere iniziative affinché sia revocato il sopraddetto foglio di via considerata la dubbia legittimità del citato decreto.
(4-14196)
RAISI, GRANATA, FRASSINETTI, BARBARO, BRIGUGLIO, SCANDEREBECH, LAMORTE, MINARDO, ARACRI, SCALIA, PROIETTI COSIMI, BECCALOSSI, NOLA e GARAGNANI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
Alberto Palladino, giovane esponente del Blocco Studentesco e responsabile di zona dell'associazione di promozione sociale CasaPound Italia in IV Municipio a Roma, è stato arrestato il 30 novembre con le accuse di lesioni aggravate, violenza privata e porto d'arma impropria in relazione all'aggressione denunciata da alcuni esponenti del movimento giovanile del Pd e avvenuta la notte del 3 novembre 2011 a Prati Fiscali, nello stesso IV Municipio;
l'arresto è avvenuto all'aeroporto di Fiumicino dove Palladino si trovava a transitare perché di rientro da una missione umanitaria in Birmania, già programmata da alcuni mesi anche nella data di inizio e fine, come ha testimoniato il presidente della Onlus «Popoli» Franco Nerozzi, e per la quale era partito il giorno precedente a quello nel quale è stata emessa l'ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti e prima ancora di apprendere di essere indagato per i reati anzidetti;
nel trasferimento dalla caserma dei carabinieri al carcere a Regina Coeli, Palladino, nonostante fosse in manette, è stato esposto alle riprese fotografiche di decine di operatori e fotoreporter presenti fuori dalla caserma dei carabinieri;
le accuse contestate a Palladino si basano esclusivamente sulle dichiarazioni di tre dei cinque aggrediti, che affermano di averlo riconosciuto, e non hanno trovato ulteriori riscontri;
le mazze ferrate che sarebbero state usate da Palladino non sono state trovate dai carabinieri, che pure sono intervenuti immediatamente sul luogo dell'aggressione interrompendola, ma sarebbero state loro consegnate il giorno dopo da alcuni degli aggrediti, insieme a un manifesto di CasaPound risalente al 2009;
nonostante l'accusa sia di lesioni aggravate dall'uso delle armi, come emerge chiaramente dal verbale della deposizione del suo principale accusatore, il capogruppo del Pd in IV Municipio Paolo Marchionne non ha mai affermato che Palladino avesse un'arma in mano, ma anzi ha sostenuto che, unico tra i presenti a volto scoperto, Palladino lo avesse preso per il bavero con la mano destra, avvicinandosi e di fatto facilitando il riconoscimento;
le tre parti offese che hanno riconosciuto Palladino, lo hanno individuato sulla base di un fascicolo fotografico nel quale erano presenti solo esponenti del Blocco studentesco e nessuno che avesse nelle fattezze una seppure remota somiglianza con Palladino, come invece è prassi;
in IV Municipio ci sono 4 occupazioni, non a scopo abitativo, riconducibili alla sinistra extraparlamentare cosiddetta no global;
in IV Municipio CasaPound Italia, per dare un alloggio a 17 famiglie, ha occupato prima una scuola abbandonata, la «Parini», che ha dovuto lasciare subito dopo in seguito a un corteo non autorizzato della sinistra che aveva scatenato una sorta di guerriglia nel quartiere, e poi uno stabile vuoto che ha preso il nome di «Val d'Ala 200»;
Palladino è stato il responsabile di entrambe le occupazioni di CasaPound in IV Municipio e si è trovato più volte a
dover far fronte in prima persona agli assalti allo stabile, messi in atto in varie occasioni con l'avallo del Pd da qualche centinaio di manifestanti dei centri sociali;
in tali occasioni il Marchionne si distingueva per il sostegno diretto che per la partecipazione fisica alle manifestazioni non autorizzate, organizzate e condotte con grande pericolo per l'ordine pubblico, da elementi dei centri sociali di zona riconducibili alla sinistra extraparlamentare, sia per la richiesta, in consiglio municipale, di sgombero e azioni di forza nei confronti delle occupazioni operate da CasaPound;
contro i due edifici occupati in tempi diversi da CasaPound, sono state in più occasioni lanciati oggetti contundenti, nei casi più gravi bottiglie incendiarie e biglie usate a mò di proiettili, anche durante le manifestazioni non autorizzate predette, con grave pericolo per i residenti, nuclei familiari nei quali erano presenti persone anziane e minori, che non avevano dato alcun motivo di tale comportamento aggressivo e apertamente criminale;
in IV Municipio si respira un clima avvelenato, che ha visto succedersi nei mesi attentati e atti intimidatori e che ha richiesto l'intervento del comitato di ordine e sicurezza pubblica;
CasaPound Italia sostiene che Palladino sia stato l'obiettivo principale di una strategia diffamatoria finalizzata a estromettere il movimento dalla vita politica del quartiere;
in varie occasioni esponenti della sinistra hanno denunciato ai media di aver subito aggressioni da parte di militanti di CasaPound che poi si sono rivelate non veritiere, come nel caso del militante della sinistra extraparlamentare Luca Blasi, che avrebbe inizialmente dichiarato di essere stato ripetutamente aggredito e minacciato di morte da persone travisate e perciò riconosciute come militanti di CasaPound, episodio in relazione alla quale l'associazione ha sporto querela contro ignoti;
Palladino è stato bersaglio di un atto terroristico solo pochi mesi fa, il 29 aprile 2011, quando una bomba carta è stata fatta esplodere contro il portone del palazzo in cui vive la sua famiglia e una scritta intimidatoria è stata lasciata sotto lo stabile: «Tana per Zippo»;
appaiono all'interrogante lesive della dignità del detenuto le modalità dell'arresto e del trasferimento in carcere, visto che è stato consentito agli operatori video e ai fotografi di riprendere Palladino in manette;
preso atto di questo clima irrespirabile appare all'interrogante dubbio che possano considerarsi sufficienti a giustificare un arresto «gravi indizi» provenienti tutti ed esclusivamente da antagonisti politici di CasaPound Italia, che più volte si sono resi direttamente protagonisti o hanno avallato atti ostili al movimento e allo stesso Palladino;
la misura della custodia cautelare in carcere risulta, sempre ad avviso dell'interrogante, proporzionata per un episodio in cui le vittime hanno avuto prognosi che non vanno oltre i 15 giorni e per un soggetto che è uno studente incensurato, perfettamente inserito nella vita sociale, da anni è impegnato nel volontariato e nella vita politica studentesca e universitaria;
si riscontra, sempre secondo l'interrogante, un intento punitivo nell'arresto, vista la circostanza che l'interrogatorio di garanzia è stato fissato per lunedì 5 dicembre, molto vicino al limite temporale massimo consentito dalla legge per il suo espletamento -:
se il Ministro interrogato intenda accertare le modalità secondo le quali si è verificato l'arresto con particolare riferimento all'esposizione in manette del Palladino a decine di operatori e fotoreporter presenti fuori dalla caserma dei carabinieri;
di quali elementi disponga il Ministro con riferimento alle ricorrenti aggressioni
subite dai militanti di CasaPound e ricordate in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere in proposito.
(4-14212)
CONTENTO. -Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da qualche settimana le forze dell'ordine del Pordenonese sono in stato di agitazione a seguito dell'emanazione di nuova prassi secondo cui un clandestino individuato sul territorio non può più essere affidato all'ufficio immigrazione della questura;
stando a quanto riferito alla stampa da parte delle maggiori sigle sindacali, secondo le nuove procedure interne l'immigrato deve essere preso letteralmente in consegna dagli agenti che lo hanno fermato sino a completa definizione dell'iter di identificazione e di successiva espulsione;
quanto sopra sta evidentemente creando delle oggettive difficoltà per gli organi di pubblica sicurezza che dispongono di un numero minore di uomini e mezzi, quali presidi periferici o pattuglie notturne;
la situazione riverbera i propri effetti negativi anche sull'effettivo controllo e monitoraggio del territorio, atteso che gli operanti si vedono costretti ad abbandonare il servizio fuori sede e a seguire personalmente le pratiche relative al soggetto individuato in precedenza -:
se quanto rappresentato in premessa corrisponda al vero e, in caso di risposta affermativa, quali iniziative intenda assumere con la massima solerzia al fine di scongiurare ulteriori tensioni all'interno dei singoli corpi delle forze dell'ordine.
(4-14215)
EVANGELISTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 28 novembre 2011, nel corso dell'inaugurazione della stazione Tiburtina a Roma, si è verificato un episodio increscioso che ha coinvolto i familiari delle vittime del disastro ferroviario del 29 giugno 2009 occorso, come è noto, nella stazione di Viareggio, poiché risulta all'interrogante, ma è documentato anche da immagini televisive, che gli stessi siano stati caricati e sostanzialmente «presi in consegna» dalle forze dell'ordine;
i familiari, i rappresentanti dell'Associazione «Il mondo che vorrei» e dell'Assemblea 29 giugno, ivi presenti, erano 38 e intendevano semplicemente ricordare, anche a tutti gli altri partecipanti, la strage di Viareggio;
alla luce dei fatti, così non è stato, poiché una volta giunti sulla tangenziale per Roma il pullman proveniente dalla Toscana è stato scortato da due volanti della polizia e «accompagnato» nei pressi della stazione Tiburtina. Ad aspettarli vi erano poliziotti e blindati allo scopo di impedire il «contatto» con le autorità che inauguravano la nuova e bella stazione. A questa rappresentanza toscana se ne è poi unita una dei lavoratori della Wagon lit in difesa del posto di lavoro;
si sono naturalmente verificati vivaci corpo a corpo con i poliziotti per la contesa di un metro e soprattutto per impedire che gli striscioni, i cartelli, e soprattutto le foto (delle vittime) appese al collo dei familiari, potessero rischiare di disturbare l'inaugurazione -:
quali siano le informazioni in suo possesso in relazione a quanto esposto in premessa e a quanto lamentato dai partecipanti e se non ritenga vada maggiormente tutelato e garantito il diritto a manifestare.
(4-14216)
GRIMOLDI e CAVALLOTTO - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le recenti manovre ed in particolare la legge di stabilità per il 2011 hanno sensibilmente ridotto le risorse allocate
alla formazione dei vigili del fuoco volontari, rendendone oltremodo difficile in prospettiva il reclutamento;
sarebbe tuttavia possibile ridurre sensibilmente i costi della formazione dei vigili del fuoco volontari, assegnando al personale volontario del Corpo già in servizio il compito di svolgere il corso di addestramento iniziale ed i corsi patente a profitto di quelli in ingresso, a costi nulli e senza retribuzione per gli istruttori -:
se esista un orientamento politico ad eliminare la componente volontaria dal Corpo dei vigili del fuoco e, nell'ipotesi che non ci sia, quali ragioni ostino all'adozione da parte del Governo delle misure generalizzate nella premessa come alternativa alla totale compromissione delle attività di formazione svolte a profitto dei vigili del fuoco volontari.
(4-14219)
ALESSANDRI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 26 ottobre 2010, n. 204, di attuazione della direttiva 2008/51/CE, che modifica la direttiva 91/477/CEE relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi, ha modificato l'articolo 57 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, di approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza; entro la data del 31 dicembre 2011 il Ministero dell'interno dovrà aver redatto un regolamento che si occuperà di determinai aspetti relativi all'esercizio dei poligoni privati, ossia quelli non federati all'Unione italiana tiro a segno;
risulta all'interrogante che l'Unione italiana tiro a segno starebbe proponendo misure da inserire nel predetto regolamento tese ad assoggettare i poligoni privati alla supervisione dell'Unione stessa. Ove tale richiesta fosse accolta, sorgerebbe un grave problema per il settore dei poligoni privati in quanto:
a) i poligoni privati si troverebbero assoggettati a regolamenti paralizzanti, simili a quelli dei poligoni UITS e perderebbero ogni attrattiva per gli appassionati;
b) le attività che vi si svolgono (tiro dinamico, tiro difensivo, tiro a lunga distanza, tiro ad avancarica, tiro cowboy) non sono attività riconosciute UITS e al momento non sono state degnate di alcun riconoscimento;
c) i poligoni privati forniscono un servizio alternativo di quelli UITS e si troverebbero a dover versare tasse senza veder alcun vantaggio;
d) la valutazione della sicurezza dei poligoni privati è già effettuata da periti balistici iscritti alle camere di commercio e ai registri dei periti delle procure dei tribunali;
sempre connessa all'attuazione delle novelle introdotte del predetto decreto legislativo 26 ottobre 2010, n. 204, è l'incerta emanazione di un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'interno, attraverso cui sono disciplinate le modalità di accertamento dei requisiti psico-fisici per l'idoneità all'acquisizione, alla detenzione ed al conseguimento di qualunque licenza di porto delle armi, nonché al rilascio del nulla osta all'acquisto di armi da parte di privati, prevedendo anche una specifica disciplina transitoria per coloro che alla data di entrata in vigore del decreto già detengono armi. Con il medesimo decreto, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono, altresì, definite le modalità dello scambio protetto dei dati informatizzati tra il servizio sanitario nazionale e gli uffici delle forze dell'ordine nei procedimenti finalizzati all'acquisizione, alla detenzione ed al conseguimento di qualunque licenza di porto delle armi;
il decreto in questione sembra che assoggetterà il rilascio delle licenze di porto armi al certificato dell'AUSL locale invece che dell'ufficiale sanitario;
risulterebbe al riguardo che le questure di Milano, di Teramo e di Verona già oggi obblighino i cittadini a recarsi all'ASL
per eseguire gli esami del caso (che per altro sono numerosissimi e costosissimi) con ovvie ricadute negative sui rinnovi -:
quali informazioni possano fornire, nell'ambito delle relative competenze, in merito alle questioni citate in premessa, in particolare riguardo all'intenzione di assoggettare i poligoni privati alla vigilanza dell'Unione italiana tiro a segno;
se sia fondata l'indiscrezione secondo cui si intenda subordinare il rilascio delle licenze di porto armi al certificato dell'AUSL locale invece che dell'ufficiale sanitario ed, in tal caso, se non intendano impedire che ciò si determini.
(4-14221)
NACCARATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 9 dicembre 2011 nel quartiere Guizza di Padova i vigili del fuoco sono intervenuti per spegnere l'incendio di un'automobile e di una motocicletta in uso al consulente tributario Paolo Sinagra Brisca, 62 anni, di Messina, attualmente iscritto nel registro degli indagati dalla procura della Repubblica di Padova che ipotizza i reati di associazione a delinquere finalizzata alla falsità materiale commessa in privato, omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali nonché evasione fiscale, nell'ambito dell'indagine sulle irregolarità contributive nel settore della logistica di Padova;
non è la prima volta che si registrano episodi simili a danno di Sinagra Brisca: il 17 novembre 2010 un altro rogo ha distrutto l'automobile del consulente tributario;
i fatti citati, che per natura e modalità ricordano le azioni tipiche della criminalità organizzata, appaiono tesi a inquinare e condizionare le indagini in corso;
gli episodi descritti, riportati dai quotidiani locali, destano preoccupazione nell'opinione pubblica;
è opportuno ricordare come le rigorose ed efficaci indagini dell'autorità giudiziaria che vedono tra gli imputati, oltre a Sinagra Brisca, Willy Zampieri, 40 anni, già presidente della società sportiva Villatora calcio e coordinatore di Forza Italia nel comune di Saonara (Padova) e Patrizia Trivellato, 57 anni, consulente del lavoro di Conselve (Padova) - hanno consentito di contrastare gravi atti illeciti - tra cui lo sfruttamento degli operatori di alcune cooperative di facchinaggio anche mediante il ricorso al «lavoro nero» - che hanno pesantemente danneggiato il funzionamento del settore della logistica all'interno di strutture di primaria importanza quali i magazzini generali e l'interporto di Padova;
gli episodi riportati rischiano di condizionare l'accertamento delle responsabilità penali in un processo al centro del quale risultano reati fiscali quantificabili in circa 30 milioni di euro di mancato incasso per l'erario, attuati con la falsificazione dei dati contabili di diverse cooperative di facchinaggio attive a Padova e in altre città d'Italia, mediante il reinvestimento dei contributi evasi in esercizi commerciali -:
se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti in premessa e quali concrete misure di sua competenza intenda assumere per favorire la rapida individuazione dei responsabili degli atti incendiari sopra citati e per prevenire e contrastare ulteriori atti analoghi che potrebbero comportare rischi di condizionamento del processo in corso presso il tribunale di Padova.
(4-14228)
...
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
la signora Vai, insegnante di religione, è stata sospesa dalla propria attività
di insegnamento a seguito di una decisione del dirigente scolastico; le motivazioni della sospensione sarebbero riconducibili unicamente al fatto che la maestra avrebbe trattato con i bambini la differenza fra male e bene citando un passo dell'Apocalisse, che riguarda - come ha detto l'insegnante medesima - metaforicamente la battaglia fra le forze del bene e quelle del male;
l'insegnante ha peraltro ricevuto riconoscimenti circa la dedizione alla propria attività e la sua irreprensibile ortodossia cattolica dalle più alte gerarchie ecclesiastiche;
anche alla luce di questa attestazione andrebbe evidenziata quella che all'interpellante appare una vera e propria ingiustizia nei confronti dell'insegnante posta in essere dal dirigente scolastico che ha, ad avviso dell'interpellante, ecceduto nell'esercizio delle sue funzioni trattando questioni concernenti l'insegnamento della religione cattolica che, sempre ad avviso dell'interpellante, competono integralmente all'autorità ecclesiastica;
a questo punto l'interpellante ritiene che l'opinione pubblica abbia il diritto di conoscere la verità e pare logico oltre che doveroso che l'autorità scolastica competente assuma quei provvedimenti che non possono essere più rinviati e si esplicitino pubblicamente le ragioni del forzato allontanamento della signora Vai, in quanto ciò che è successo non riguarda solo il rapporto interno all'amministrazione scolastica fra dirigente e superiore ma tutti i bolognesi che hanno il diritto di sapere se la scuola bolognese è al servizio della collettività;
in questi anni alle scuole Bombicci e nel terzo circolo didattico - ma non solo - l'ideologia ha pesantemente condizionato la regolarità scolastica con scioperi, manifestazioni varie di protesta durante l'orario scolastico, strumentalizzazione di bambini ed emarginazione di quegli insegnanti non omogenei alla cultura di sinistra che a Bologna, giovandosi dell'appoggio degli enti locali e della CGIL scuola e di cosiddetti cattolici progressisti, ha dominato ogni settore della vita scolastica;
l'interpellante ritiene che sarebbe necessario rendere l'opinione pubblica consapevole di un livello di politicizzazione che non può più essere accettato passivamente e che deve essere condannato da chi ne ha il potere;
la questione della legalità scolastica, della libertà di insegnamento, del diritto dei genitori ad esprimersi sull'educazione dei propri figli è troppo importante per essere relegata ad una querelle privata fra il dirigente scolastico e la valida maestra Vai -:
quali iniziative di competenza intenda il Ministro interpellato assumere con riferimento a quanto indicato in premessa.
(2-01296)
«Garagnani».
Interrogazioni a risposta immediata:
REGUZZONI, BOSSI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'applicazione delle norme di cui all'articolo 64 del decreto legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 133 del 2008, ha rideterminato e conseguentemente ridotto le dotazioni organiche della scuola;
i predetti tagli ammontano complessivamente a 456.159.347 euro;
l'organico della primaria è diminuito di 10 mila unità (anticipi), 10 mila posti in meno nella secondaria di primo grado (ma in questo caso vanno aggiunti i 5.616 posti per la seconda lingua comunitaria), 11.300 posti in meno nella secondaria di secondo grado; si tratta di 36.854 posti di insegnante in meno rispetto agli organici attuali, valore che corrisponde al 6,2 per cento medio nazionale;
la scuola maggiormente colpita è la secondaria di primo grado per la quale è previsto un taglio complessivo di 15.500 posti, pari al 10,6 per cento dei posti attualmente funzionanti in organico di fatto;
l'intesa raggiunta tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la direzione generale dell'ufficio scolastico veneto, che avrebbe portato all'assegnazione di ulteriori 150 posti per l'organico di diritto anno scolastico 2011-2012, non avrebbe raggiunto l'obiettivo di contenimento dei posti;
in effetti, a seguito della chiusura dell'organico di diritto e delle relative riduzioni che saranno effettuate in organico, di fatto la regione Veneto non è in grado di soddisfare le situazioni critiche e/o impreviste che inesorabilmente si determineranno nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado delle singole province venete, ampiamente rappresentate dalle proteste di genitori, enti locali e organizzazioni sindacali;
da dati ufficiali diffusi dalla competente direzione regionale scolastica la suddetta razionalizzazione del contingente dell'organico di diritto, attuata nell'anno scolastico 2010-2011, ha portato alla seguente riduzione:
a) scuola primaria: 652 posti (17.443 in totale, rispetto ai 18.095 dell'anno scolastico 2009-2010);
b) scuola secondaria di primo grado: 121 posti (11.122 in totale, rispetto agli 11.243 dell'anno scolastico 2009-2010);
c) scuola secondaria di secondo grado: 902 (15.909 in totale, rispetto ai 16.811 dell'anno scolastico 2009-2011);
l'assegnazione del citato contingente di 150 unità non corrisponde, infatti, con l'indicatore di riparto che dovrebbe tener conto dell'entità prevista della popolazione scolastica e delle esigenze degli alunni portatori di handicap. Da dati ufficiali, diffusi dagli uffici periferici scolastici, gli incrementi della popolazione scolastica per l'anno scolastico 2011-2012 dovrebbero ulteriormente aumentare rispetto ai seguenti dati registrati nell'anno scolastico 2010-2011:
a) alunni iscritti: incremento di 6.800 circa (esclusa la scuola dell'infanzia);
b) scuola dell'infanzia: 46.103;
c) scuola primaria: 218.361;
d) scuola secondaria di primo grado: 136.384;
e) scuola secondaria di secondo grado: 190.235;
f) alunni disabili: 1900 iscritti all'anno scolastico 2011-2012;
il totale degli alunni iscritti alle scuole del Veneto nell'anno scolastico 2010-2011 si attesta sui 591.083 dell'anno scolastico 2009-2011;
il totale delle classi è di 27.923, ripartite nell'anno scolastico 2009-2011, nel modo seguente: 1.889 (scuola dell'infanzia); 11.441 (scuola primaria); 6.233 (scuola secondaria di primo grado); 8.360 (scuola secondaria di secondo grado);
la riduzione degli organici, di fatto, nelle scuole del Friuli Venezia Giulia ha creato una situazione di disagio nelle scuole di ogni ordine e grado;
in particolare, la situazione relativa all'anno scolastico 2011-2012 presenta le seguenti lacune:
a) la scuola dell'infanzia non riesce ad accogliere tutte le richieste di iscrizione e le sezioni sono, in buona parte, composte da 28-29 alunni ed anche laddove vi sia la presenza di 1 o più alunni disabili non sempre pare sia rispettato il numero massimo previsto dall'attuale normativa;
b) la scuola primaria non garantirebbe il tempo scuola richiesto dalle famiglie. Al modello orario corrispondente a 24/27 ore è stato preferito quello delle 30 ore, con una percentuale elevata di richiesta del tempo pieno (40 ore settimanali). Nonostante le richieste delle famiglie, le nuove classi prime a tempo normale sarebbero state, nella stragrande maggioranza, autorizzate a 27 ore; inoltre, il taglio degli organici rischia di produrre effetti negativi anche sulle classi già esistenti, costringendole a ridurre l'orario di lezione finora garantito;
c) nella scuola secondaria di primo grado gli effetti dei tagli avrebbero indotto la maggior parte delle scuole a concentrare le lezioni nelle ore premeridiane, con conseguente appesantimento per gli alunni;
d) la scuola secondaria superiore lamenterebbe aule affollate, anche in presenza di alunni disabili;
e) i posti per il sostegno risulterebbero insufficienti;
l'intesa raggiunta tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la direzione generale dell'ufficio scolastico piemontese, che ha portato all'assegnazione di ulteriori 150 posti per l'organico di diritto - anno scolastico 2011-2012, non ha purtroppo raggiunto l'obiettivo di contenimento di n. 1.179 posti, tant'è che l'organico di fatto è pari a complessivi 43.683 posti (comprensivi degli spezzoni rapportati a posti interi);
l'intesa raggiunta tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la direzione generale dell'ufficio scolastico piemontese, che ha portato all'assegnazione di ulteriori 150 posti per l'organico di diritto - anno scolastico 2011-2012 appare insufficiente se si considera che, da dati emersi da valutazioni effettuate dagli uffici periferici dell'amministrazione scolastica, gli incrementi della popolazione scolastica piemontese per l'anno scolastico 2011-2012 sarebbero i seguenti:
a) alunni iscritti: incremento di + 5.674 alunni (di cui 1.062 bambini della scuola dell'infanzia), corrispondente a + 0,90 per cento;
b) il rapporto alunni/classe è ulteriormente aumentato: nella scuola primaria la media regionale è di 19,37 (Torino ha raggiunto il 20,5); nella secondaria di primo grado la media regionale è pari al 22,05 (Asti raggiunge il 23,33); nella secondaria di secondo grado la media regionale si è attestata su 22,00 (Asti raggiunge il 24,00); il tempo pieno supera il 45 per cento rispetto al totale delle classi, con Torino che raggiunge il 65 per cento, assorbendo un elevato contingente di posti;
c) scuola secondaria di secondo grado: registra un aumento di 2.344 alunni, a fronte dei 1.800 stimati alla data del 5 maggio 2011;
d) alunni disabili: sono iscritti all'anno scolastico 2011/2012 complessivi 12.249 alunni, di cui 891 nella scuola dell'infanzia. Rispetto all'organico di diritto 2010/2011 si registra un aumento di 781 alunni (+ 6,32 per cento) -:
quali iniziative intenda intraprendere per assicurare a tutti gli studenti ed alle loro famiglie un diritto allo studio che si concretizzi attraverso l'assegnazione di ulteriore contingente di insegnanti da distribuire nell'organico provinciale di diritto delle sopra citate regioni, sulla base di criteri oggettivi, in modo da garantire la continuità didattica, l'autonomia, il sostegno ai disabili, continuando a realizzare un piano dell'offerta formativa di qualità.
(3-01976)
NUNZIO FRANCESCO TESTA, GALLETTI, CAPITANIO SANTOLINI, CARLUCCI, ENZO CARRA, BINETTI, COMPAGNON, CICCANTI, NARO e VOLONTÈ. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni sono stati introdotti, con la riforma del sistema universitario, il riordino degli enti di ricerca e, con la costituzione e l'avvio operativo dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur), innovazioni potenzialmente valide per lo sviluppo del sistema;
le riforme citate sono, però, state realizzate a livello legislativo senza l'aggiunta di risorse (a costo zero), in costanza di una riduzione delle risorse disponibili (tagli) e con meccanismi complessi che richiedono l'adozione di numerosi atti secondari ancora in corso di definizione;
dopo anni di attesa nel 2011 l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca è finalmente diventata operativa;
la complessità delle norme introdotte in relazione alla valutazione e al suo utilizzo potrebbe richiedere correttivi mirati alla legislazione per favorire la semplificazione dei meccanismi e la loro concreta efficacia;
sono state create aspettative nei giovani e nel sistema, in particolare sul fronte della valutazione, del merito e della responsabilità;
desta preoccupazione la grande quantità di azioni che la nuova agenzia dovrebbe compiere con numerose competenze e un impatto decisivo, anche sull'allocazione mirata delle risorse destinate al finanziamento ordinario di università ed enti di ricerca in un quadro normativo ancora incompleto;
la complessità della normativa, non sempre ben coordinata, rischia di creare ostacoli e richiederebbe un attento monitoraggio, al fine di apprestare strumenti correttivi che assicurino l'efficacia di principi che rischiano altrimenti di rimanere solo sulla carta, come già accaduto in passato. Meccanismi che, se gestiti male, potrebbero addirittura danneggiare i sistemi già fortemente provati dalle riforme e dai tagli;
l'impegno assunto dalle istituzioni con i giovani impegnati nel mondo universitario e della ricerca impone che si creino i presupposti per favorire, anche in un momento grave per la situazione economica globale, tutti gli strumenti per rendere concreta la meritocrazia nelle carriere e per l'allocazione mirata al merito delle risorse -:
quali azioni il Ministro interrogato intenda intraprendere per assicurare la «sostenibilità» normativa e finanziaria delle competenze attribuite all'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca e un rapido ed equilibrato sviluppo dei processi di valutazione.
(3-01977)
Interrogazione a risposta scritta:
SAVINO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel 1998, per decreto firmato dall'allora Ministro dell'università, Berlinguer, nasce la figura del docente a contratto con il compito di «sopperire a particolari e motivate esigenze didattiche»;
grazie a questa norma, le università hanno iniziato a stipulare contratti di diritto privato con «studiosi od esperti di comprovata qualificazione professionale e scientifica» per l'insegnamento di corsi ufficiali o per attività didattiche integrative;
tale norma nasceva per rispondere ad esigenze eccezionali, ma, con il passare degli anni, la figura del docente a contratto è diventata la regola;
i ministri interrogati avrebbero dovuto emanare atti per definire limiti, modalità e condizioni di utilizzazione di questo strumento contrattuale da parte delle università, ma ciò non è stato fatto;
la mancata emissione di questi atti ha portato ad un abuso di questi contratti e ad una loro reiterazione di dubbia legittimità oltre il limite temporale;
ciò costituisce violazione dei principi di non discriminazione e di prevenzione dell'abuso di reiterazione dei contratti a tempo determinato;
in riferimento alla retribuzione, la legge 4 novembre 2005, n. 230, ha riconosciuto alle università la possibilità di conferire incarichi di insegnamento gratuiti o retribuiti, ma ha rimesso la definizione del trattamento economico a ciascuna università nei limiti delle compatibilità di bilancio e sulla base dei parametri stabiliti con decreto del Ministro dell'istruzione, università e ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro della funzione pubblica;
in attuazione di ciò, il decreto interministeriale 16 settembre 2009, n. 94, attualmente vigente, prevede che il trattamento economico minimo dei contratti di lavoro subordinato di diritto privato a tempo determinato è stabilito nella misura del 120 per cento del trattamento economico iniziale dei ricercatori universitari confermati a tempo pieno;
tale norma, nonostante il carattere cogente ed inderogabile, è rimasta lettera morta;
le università hanno interpretato l'inciso della norma del decreto interministeriale «nei limiti delle compatibilità di bilancio» nel senso di poter assumere gratuitamente e non nel senso invece corretto di non assumere più docenti di quelli che si possono permettere di pagare regolarmente, ossia, si ripete, il 120 per cento del trattamento economico iniziale dei ricercatori universitari confermati a tempo pieno;
di fatto i docenti a contratto, pur avendo gli stessi compiti e gli stessi obblighi dei professori di ruolo, non ricevono una giusta retribuzione, spesso, anzi, hanno contratti a titolo gratuito e sono del tutto privi di copertura previdenziale e assistenziale;
il Codacons, secondo cui i docenti a contratto risultano circa il 55 per cento dei docenti italiani, avrebbe promosso un'azione nei confronti dei Ministri interrogati volta ad ottenere l'emanazione degli atti generali obbligatori vincolanti per le università;
i Ministri interrogati sono tenuti a vigilare sulla corretta applicazione della normativa de qua e ad assicurare ai docenti a contratto la corresponsione della giusta e legittima retribuzione ex articolo 36 della Costituzione -:
quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere affinché le università provvedano:
a) alla determinazione delle motivate e particolari esigenze per cui ricorrere a questi contratti, condizioni e limiti;
b) al riconoscimento del rapporto di impiego subordinato a tempo indeterminato a favore di tutti i docenti a contratto in possesso dei requisiti di legge e alla definizione della copertura finanziaria necessaria a trovare i fondi per il riconoscimento del dovuto compenso.
(4-14197)
...
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta scritta:
MANTOVANO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'azienda CIET, con sede operativa ad Arezzo e sede legale a Roma, impegnata nel settore delle telecomunicazione, trasporti e energia, ha da tempo collocato i
propri dipendenti, molti dei quali appartenenti alle sei province pugliesi, in cassa integrazione;
dal mese di maggio 2011 i dipendenti CIET non percepiscono le indennità di cassa integrazione;
la mancata erogazione delle indennità ha creato problemi anche di quotidiana sopravvivenza per numerose famiglie e una situazione di particolare disagio economico in tutte le province pugliesi -:
quali ragioni abbiano provocato un simile ritardo nell'erogazione della cassa integrazione e, particolare, se la responsabilità sia ascrivibile all'azienda o all'INPS;
quali provvedimenti il Ministro intenda adottare per accertare e sanzionare eventuali responsabilità e, soprattutto, per risolvere una situazione che in questi mesi ha messo in ginocchio tantissime famiglie pugliesi.
(4-14209)
ROSATO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la sera del 12 dicembre 2011 era in programma, al nuovo Palazzetto dello Sport di Trieste un concerto musicale;
nel pomeriggio la cooperativa On Stage stava lavorando al montaggio del palcoscenico quando questi sarebbe crollato, investendo gli operai che vi stavano lavorando;
le motivazioni del crollo, riportate sui quotidiani possono essere molteplici, ma solo le inchieste avviate saranno in grado di fare luce sulle cause dell'incidente;
nel crollo della struttura numerosi operai che lavoravano al montaggio della struttura sono stati travolti, uno, giovanissimo, ha perso la vita, altri sette sono restati feriti, alcuni anche gravemente;
la normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, è stata recentemente innovata con il decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, e le diverse valutazione che vengono fatte ne riconoscono con sottolineature diverse la sua efficacia, la sua complessità, i molti adempimenti per l'impresa (anche burocratici) che comporta la sua applicazione, ma tutti convengono sulla necessità che alle norme si accompagnino stringenti ed efficaci controlli -:
alla luce dell'invio degli ispettori del Ministero, di quali informazioni sia in possesso al termine delle indagini del caso circa i motivi dell'incidente e delle responsabilità del crollo avvenuto a Trieste;
se le norme in vigore sulla sicurezza sul lavoro siano adeguate;
se le risorse assegnate agli organismi di controllo siano adeguate.
(4-14220)
...
POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazioni a risposta scritta:
NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
le imprese agricole attualmente sono gravate da una crisi economica, che, sebbene abbia coinvolto tutti i comparti produttivi, le penalizza maggiormente rispetto ad altri settori, a causa sia dell'inarrestabile aumento dei costi, che dalla concorrenza sleale e della contraffazione dei prodotti agroalimentari;
la tassazione sui redditi immobiliari, colpirà pesantemente anche i fabbricati rurali, che per le imprese agricole rappresentano mezzi di produzione, e la rivalutazione del loro valore, attraverso una serie di moltiplicatori, rischia di compromettere i già precari equilibri del settore;
a giudizio dell'interrogante, nonostante l'intero settore agricolo a livello nazionale sia responsabilmente disposto ad accettare sacrifici è necessario assumere immediate iniziative che individuino
misure di rilancio appropriate e simili qualitativamente e quantitativamente a quelle di cui beneficiano altri settori economici -:
se non ritenga conseguentemente opportuno, assumere iniziative normative dirette a prevedere l'introduzione di significative misure a sostegno del comparto agricolo al fine di evitare che l'agricoltura nazionale sia ulteriormente penalizzata da una crisi economica che rischia di rendere la situazione del comparto ancor più negativa.
(4-14194)
NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 269 del decreto legislativo n. 152 del 2006 noto come «Testo unico ambientale», prevede che tutti gli impianti delle aziende cerealicole che producono emissioni in atmosfera, prescindendo dalla tipologia e dalle dimensioni, devono essere autorizzati all'esercizio, previa verifica del rispetto di determinati parametri;
dal suddetto adempimento non risultano esclusi neanche i piccoli essiccatoi al servizio delle aziende cerealicole utilizzati al fine di portare le granaglie ad un livello di umidità necessario per la loro conservazione e commercializzazione;
le scadenze per ottemperare tale obbligo sono state fissate a livello nazionale dal decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, successivamente convertito dalla legge 26 febbraio 2010 n. 25, cosiddetto mille proroghe, che indica per il 29 ottobre 2012 i termini per la presentazione della domanda e al 29 aprile 2013, la messa a norma degli impianti;
la regione Piemonte, la cui attività cerealicola è molto diffusa, attraverso un numero rilevante di aziende, nell'ottobre del 2007 ha previsto per l'adeguamento di tali impianti di applicare le procedure già approvate nel gennaio del 2000, senza effettuare alcuna distinzione tra quelli industriali e quelli al servizio delle aziende agricole, che invece risultano fino al 2006 invece escluse dal campo di applicazione della norma;
gli impianti agricoli funzionanti nella stessa regione Piemonte, attualmente ammontano a circa 750, e pochi di essi, secondo quanto dichiara la Coldiretti di Novara e Verbano Cusio Ossola, risultano in regola rispetto alle specifiche tecniche stabilite dalla regione Piemonte;
in base alle verifiche eseguite dalla suddetta confederazione agricola, risulta praticamente impossibile ottemperare alle disposizioni previste, attraverso l'adeguamento dei predetti impianti se non a fronte di costi che possono superare tre o quattro volte il valore dello stesso impianto;
la denuncia della Coldiretti piemontese prosegue, sostenendo che perfino gli impianti nuovi attualmente proposti alla vendita, non risultano nella maggior parte dei casi a norma ed in grado di rispettare le vigenti disposizioni già al momento dell'installazione;
ulteriori elementi penalizzanti, a parere della stessa confederazione agricola, sono evidenziati dalle dimensioni ridotte delle attrezzature (700 impianti su 750 risultano essere di potenza inferiore ai 200 Kilowatt); dal fatto che vengono utilizzate esclusivamente per l'essicazione di cereali e che conseguentemente, le polveri da esse immesse consistono essenzialmente di particelle organiche derivanti dalle granaglie e che nella quasi totalità si tratta di impianti collocati in aperta campagna lontano da centri abitati, unitamente all'utilizzo di tali attrezzature limitato a pochi giorni l'anno;
occorre conseguentemente, a giudizio dell'interrogante, pervenire ad una ricerca ed una concertazione di nuove regole che consentano agli operatori agricoli cerealicoli che utilizzano gli impianti e le suddette
attrezzature, di garantire maggiori indicazioni e vincoli per l'esercizio delle medesime attrezzature -:
se non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, valutare l'opportunità di prevedere attraverso un'iniziativa normativa ad hoc per modificare l'attuale normativa che riguarda gli essicatoi agricoli al fine di garantire per le imprese cerealicole, in particolare quelle piemontesi, più adeguate indicazioni per l'esercizio delle attrezzature esposte in premessa.
(4-14198)
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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE
Interrogazione a risposta scritta:
PAGANO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
i consiglieri comunali di minoranza del comune di Mesagne (BR) dei gruppi consiliari del PDL Mesagne Incalza e Nuova Italia Popolare hanno inviato al vice prefetto aggiunto dottoressa Simona Massari dell'Ispettorato della funzione pubblica una richiesta di avvio di attività ispettiva presso il comune di Mesagne (BR) per la verifica di legittimità dei seguenti atti amministrativi adottati dall'amministrazione del comune:
a) atto sindacale n. 30 del 9 luglio 2010 del comune di Mesagne, con il quale veniva nominato responsabile delle risorse umane il dipendente dottor Francesco Siodambro che sino a pochi mesi prima aveva svolto ruoli sindacali nel comune in qualità di rappresentante della RSU sindacale;
b) delibera di giunta municipale del comune di Mesagne n. 327 del 31 dicembre 2010, mediante la quale si è proceduto a stabilizzare n. 26 lavoratori precari, già titolari di contratto a termine, modificando il contratto in tempo indeterminato senza lo svolgimento di alcun regolare concorso pubblico;
per quanto attiene l'atto sindacale n. 30 del 9 luglio 2010, l'articolo 53 del decreto legislativo 165/01 stabilisce che: «non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni»; la circolare del Ministero della funzione pubblica n. 11/2010 dispone, con riferimento all'articolo 53 del decreto legislativo n. 165/01, che: «Ai fini della norma si deve ritenere compreso nel regime di impedimento anche l'essere componente della RSU, infatti la RSU è costituita a seguito di elezione di candidati in liste presentate...»; il dottor Francesco Siodambro, nominato con l'ordinanza sindacale n. 30 del 9 luglio 2010 responsabile delle risorse umane pianificazione e controllo del comune di Mesagne, ha rivestito fino all'11 marzo 2011 il ruolo di rappresentante RSU e dopo la nomina ha firmato atti pubblici, compresi bandi di concorso pubblico;
il comune di Mesagne, tramite il segretario generale, in merito alla citata circolare del Ministero della funzione pubblica n. 11/2010, si è più volte espresso in questi termini: «le circolari sono atti dotati di efficacia esclusivamente interna all'ambito dell'Amministrazione dalla quale vengono emesse e non possono spiegare alcun effetto giuridico nei confronti dei soggetti estranei all'Amministrazione medesima né avere all'esterno alcuna efficacia vincolante»;
per quanto attiene la delibera di giunta municipale del comune di Mesagne n. 327 del 31 dicembre 2010 (punto 2):
il 31 dicembre 2010 l'amministrazione comunale di Mesagne attraverso la delibera di giunta n. 327/2010 ha proceduto, senza bandire alcun concorso pubblico,
alla stabilizzazione di 26 lavoratori, che sono passati da dipendenti con contratto a tempo determinato con scadenza il 30 giugno 2011 a dipendenti a tempo indeterminato dal 31 dicembre 2010;
dall'analisi delle norme in materia di pubblico impiego effettuata dalla commissione controllo e garanzia del comune di Mesagne è emerso che la delibera comunale n. 327/2010 non contiene un espresso rinvio alla legga 3 agosto 2009, n. 102 (che recepiva ed attuava le indicazioni fornite dal decreto legislativo n. 78/2009), ma si limita al richiamo di un principio generale per cui: «la tutela del suddetto interesse non contrasta la ratio della normativa di cui al decreto legge n. 78 del 2009, essendo coerente con le disposizioni in materia di contenimento delle spese di personale»;
dal verbale della seduta del 3 maggio 2011 della commissione di controllo e garanzia del comune di Mesagne, emerge che si è scelto di non fare riferimento alla legge 3 agosto 2009, n. 102, preferendo invece, procedere alle stabilizzazioni sulla base del combinato disposto dell'articolo 1, comma 560, della legge n. 296/2006, (legge finanziaria per il 2007) e dell'articolo 3, comma 94, della legge 244/07 (legge finanziaria per il 2008);
l'articolo 17, commi 10,11,12 e 13, della legge 3 agosto 2009, n. 102, stabilisce che le stabilizzazioni avviate con le leggi finanziarie per il 2007 e 2008 finanziarie 2007 e 2008 debbono avvenire attraverso l'emanazione da parte della pubblica amministrazione di concorsi pubblici con la riserva del 50 per cento dei posti per il personale interno precario;
nel verbale della seduta del 3 maggio 2011 della commissione di controllo e garanzia del comune di Mesagne, si dà per assolto il dovere di svolgere il concorso pubblico all'origine delle assunzioni dei dipendenti con contratto di tipo co.co.co, considerando le selezioni avvenute negli anni novanta al pari di un concorso pubblico idoneo alla trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, così come specificato in premessa nella stessa delibera 327/2010.
laddove fosse accertato che la delibera di giunta 327/2010 del comune di Mesagne sia stata assunta in contrasto con l'articolo 17 della legge 102 del 2009, a giudizio dell'interrogante sarebbe violato il principio di uguaglianza dei cittadini, precludendo, di fatto, il diritto costituzionalmente garantito di accedere alla pubblica amministrazione attraverso un regolare concorso pubblico
se, contrariamente a quanto sostenuto dal comune di Mesagne in merito all'applicazione della circolare n. 11/2010 del Ministero della funzione pubblica, la stessa vincoli gli enti locali e, dunque, li impegni ad una piena e puntuale applicazione della stessa;
se il Ministro ritenga di intervenire in relazione alle denunce rappresentate dai gruppi di minoranza del comune di Mesagne per avviare un procedimento di natura ispettiva presso lo stesso comune;
se sia sufficiente considerare le prove selettive, sostenute da alcuni lavoratori precari del comune di Mesagne negli anni precedenti, quale espletamento di concorso pubblico ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione e dalle successive leggi in materia di pubblico impiego, per la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato;
se le leggi n. 296 del 2006 e n. 244 del 2007 (leggi finanziarie per il 2007 e il 2008) in materia di stabilizzazioni, prevalgano su una legge successiva che regolamenta la stessa materia e, precisamente, su quanto disposto dall'articolo 17 della legge n. 102 del 2009.
(4-14227)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
MIOTTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la rappresentanza sanitaria assistenziale «Casa Breda» è una struttura che si occupa dal 2001, a Padova, dell'assistenza a 23 malati di sclerosi multipla e 3 malati di scleromi laterale amiotrofica. È stata edificata sul terreno donato alla Pia fondazione V.S. Breda dall'opera Don Guanella di Roma che si occupa di assistenza ai disabili, ed è stata costruita grazie al contributo della regione Veneto a valere sui finanziamenti ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988, ai quali si sono aggiunti i contributi di vari comuni padovani ed in particolare del comune di Padova;
con legge della regione Veneto n. l del 30 gennaio 2004 la giunta regionale veniva autorizzata ad avviare uno specifico progetto finalizzato alla realizzazione di un centro regionale sulla sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica;
con il decreto della giunta regionale veneta n. 472 del 28 febbraio 2006 la giunta regionale ha affidato all'ULSS 16 di Padova la realizzazione del centro regionale per la sclerosi multipla e ha disposto l'impegno di spesa a favore dell'azienda medesima, di un contributo annuo di euro 1.400.000,00;
l'azienda ULSS 16, con la condivisione di tutti i soggetti della rete integrata dei servizi coinvolti, ha stipulato con la fondazione V.S. Breda di Padova, un accordo (protocollo 61312 del 25 giugno 2007) per la gestione del centro regionale presso «Casa Breda», mediante convenzione della durata di 10 anni;
il finanziamento veniva confermato fino al 2007, successivamente veniva ridimensionato fino al 2009 con 1.000.000,00 di euro. Dal 2010 la regione non eroga alcun finanziamento ed ora la struttura vanta una situazione creditoria di 3.600.000,00 che ne provoca una gravissima crisi finanziaria ed il concreto rischio di chiusura;
la preoccupazione per il futuro del servizio per le persone assistite, si è estesa dagli ospiti e loro famiglie, ai dipendenti ed a tutta la comunità in cui la struttura è inserita ed ha determinato ripetute richieste di chiarimento al presidente della regione Veneto ed all'assessore competente per materia, accompagnate da petizioni di migliaia di cittadini, purtroppo sinora inascoltate;
qualora «Casa Breda» fosse costretta a chiudere, in Veneto verrebbe a mancare l'unico servizio costruito con caratteristiche idonee alla assistenza dei malati di sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica, e verrebbe gravemente leso il diritto alla assistenza previsto dal decreto ministeriale 29 novembre 2001 concernente i livelli essenziali di assistenza, contravvenendo agli obblighi di attuazione del piano di indirizzo per la riabilitazione presentate il 7 ottobre 2010 dal Governo alla Conferenza Stato-regioni che lo ha approvato il 10 febbraio 2011;
inoltre la regione Veneto rischierebbe di contravvenire a quanto previsto dall'accordo Stato-regioni del 25 maggio 2011 riguardante «presa in carico globale delle persone con malattie neuromuscolari o malattie analoghe dal punto di vista assistenziale» che prevede l'obbligo per le regioni di predisporre la rete dei servizi idonei a garantire diagnosi, terapie ed assistenza ai malati di sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica -:
quali iniziative il Ministro intenda urgentemente assumere al fine di evitare una gravissima interruzione dei servizi di assistenza ai malati di sclerosi multipla e di sclerosi laterale amiotrofica presso «Casa Breda» di Padova con compromissione dei livelli essenziali di assistenza ed in contrasto con le intese assunte in sede di Conferenza Stato-regioni.
(5-05803)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta immediata:
DI PIETRO, FAVIA, DONADI, BORGHESI, EVANGELISTI, MONAI e ROTA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la sopravvivenza delle emittenti locali nel passaggio delle trasmissioni dal sistema analogico al digitale terrestre rappresenta un'esigenza cruciale per il nostro Paese;
le associazioni di categoria delle tv locali da tempo denunciano l'«esproprio», subito con modalità di dubbia legittimità e, soprattutto, a fronte di un indennizzo gravemente irrisorio, dei canali dal 61 al 69;
le frequenze in questione, come noto, sono state assegnate, attraverso la procedura dell'asta pubblica, alle compagnie telefoniche per garantire alla loro fornitura di servizi in mobilità una maggiore capacità e velocità di trasmissione;
detta procedura (segnatamente l'asta per l'assegnazione delle frequenze in banda 800, 1800, 2000 e 2600), recentemente conclusasi, ha già superato il tetto dei 3,9 miliardi di euro;
ovviamente, ad avviso delle associazioni di categoria delle tv locali, non può essere contestata la circostanza che l'assegnazione agli operatori telefonici avvenga attraverso il ricorso ad un'asta pubblica. Ciò che dette associazioni ritengono inammissibile è che tale operazione sia avvenuta ad esclusivo carico delle emittenti locali. Sotto tale profilo, particolarmente criticabile appare, inoltre, come, attraverso un diverso tipo di procedura, ovvero un bando in modalità beauty contest, sei frequenze siano state, di fatto, assegnate praticamente a costo zero, quando invece l'applicazione dell'asta pubblica per l'assegnazione di tali frequenze avrebbe potuto produrre un introito stimato circa in 3 miliardi di euro, qualora le condizioni di gara avessero mirato realmente ad assicurare la massima valorizzazione economica delle frequenze da assegnare;
la problematica descritta rischia di infliggere, con tutta evidenza, l'ennesimo colpo sia al pluralismo televisivo nel nuovo scenario tecnologico digitale, sia all'informazione territoriale;
per quanto risulta agli interroganti, dei 3,9 miliardi di euro, incassati dallo Stato dalla vendita delle frequenze mediante la procedura di asta pubblica, non è stata destinata alcuna risorsa a titolo di indennizzo nei confronti delle emittenti televisive locali;
le emittenti locali risultano, peraltro, già fortemente penalizzate dalla mancata attuazione della legge n. 422 del 1993, tesa a garantire il pluralismo dell'informazione e lo sviluppo delle piccole e medie aziende in Italia;
la ratio legis della citata legge del 1993 risiede nella necessità di sostenere la crescita e lo sviluppo delle piccole e medie imprese che rappresentano il 70,8 per cento del prodotto interno lordo nazionale;
numerosi sono gli ordini del giorno presentati in Parlamento e accolti dal Governo (e diversi anche nella XVI legislatura) che condividono l'azione trainante che l'emittenza locale svolge per le piccole e medie imprese, che, di fatto, hanno bisogno di tv locali forti per poter pubblicizzare i loro prodotti e farne aumentare i consumi, con conseguente incremento della produzione, dei fatturati e dell'occupazione -:
se e quali iniziative urgenti si intendano adottare al fine di destinare a titolo di indennizzo una quota pari al 10 per cento degli introiti derivanti dall'asta per le frequenze 4G in favore del settore televisivo locale, con riferimento ad ogni singola regione del territorio nazionale e in modo proporzionale alla popolazione ivi residente, nonché, all'interno delle singole regioni, nei confronti di tutte le emittenti
televisive locali in modo corrispondente ai relativi posizionamenti nelle graduatorie Corecom, e, infine, se e quali iniziative si intendano assumere affinché venga data piena attuazione alla legge n. 422 del 1993, al fine di favorire l'azione trainante che l'emittenza locale esercita nel nostro Paese.
(3-01971)
CARELLA, MARTELLA, MARAN, BOCCIA, GIACHETTI, QUARTIANI, AMICI, ARGENTIN, BACHELET, COSCIA, FERRANTI, GASBARRA, GENTILONI SILVERI, MADIA, META, MORASSUT, POMPILI, RECCHIA, RUGGHIA, SPOSETTI, TIDEI, TOCCI, TOUADI, VELTRONI, BOFFA, BONAVITACOLA, BOSSA, CIRIELLO, CUOMO, D'ANTONA, GRAZIANO, IANNUZZI, MAZZARELLA, NICOLAIS, PEDOTO, MARIO PEPE (PD), PICCOLO, PICIERNO, SANTAGATA, SARUBBI, VACCARO, VICO e SCHIRRU. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Sigma-Tau opera nell'ambito farmaceutico, è costituito da sei società e impiega un totale di 2500 lavoratori in tutta Italia. Nel 2011 il gruppo ha acquisito per 300 milioni di dollari una società americana specializzata in orfan drugs (farmaci orfani), la Enzon;
il gruppo ha comunicato alle rappresentanze sindacali, nel mese di giugno 2011, la volontà di quotarsi in borsa e di voler continuare l'attività industriale, anche a seguito della morte del fondatore Claudio Cavazza;
nel mese di ottobre 2011 sono iniziate a circolare voci all'interno della azienda riguardo una pesante riorganizzazione, che hanno trovato conferma informale il 28 novembre 2011, quando l'azienda ha presentato alle rappresentanze sindacali la lettera di richiesta di esame congiunto per ottenere il trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per 569 addetti sul sito di Pomezia, nonché la messa in liquidazione dei due centri di ricerca di Milano e Caserta per complessivi altri 110 addetti;
l'azienda ha, inoltre, comunicato la disdetta di tutti gli accordi aziendali a partire dal 1o gennaio 2012, sostenendo che sarebbe stato proprio il peso economico degli stessi a contribuire in modo determinante alla situazione di crisi in atto;
nonostante le richieste delle organizzazioni sindacali, l'azienda si è rifiutata di presentare e discutere un piano industriale che giustifichi un intervento di tale entità;
la Sigma-Tau è una delle poche aziende del settore a mantenere tutta la filiera produttiva in Italia, in un settore strategico come quello farmaceutico che necessiterebbe di una politica industriale ad hoc. La chiusura dei due centri di ricerca di Milano e Caserta, unita al pesante ridimensionamento di quello di Pomezia, significherebbe una perdita gravissima di posti di lavoro e di alte professionalità che nuocerebbe all'intero Paese -:
se il Ministro interrogato intenda intervenire con la massima urgenza e convocare un tavolo nazionale sulla vertenza e sul settore della farmaceutica in generale, per venire incontro alle richieste dei sindacati e discutere di una politica industriale del comparto.
(3-01972)
GIANNI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la bonifica dei siti contaminati di interesse nazionale rappresenta uno dei problemi più rilevanti che il nostro Paese stenta ad affrontare;
non a caso la Camera dei deputati, l'8 marzo 2011, è stata impegnata in un'approfondita discussione su mozioni aventi come oggetto in molti casi anche l'avvio, dopo molti anni, dei programmi di bonifica relativi ai 57 siti contaminati finora riconosciuti di interesse nazionale;
i siti contaminati hanno subito contaminazioni derivanti da attività industriali,
ma anche da stoccaggio di rifiuti o da perdite da linee o serbatoi di idrocarburi;
queste contaminazioni sono pericolosissime e da queste sono derivati e continuano a derivare rischi rilevanti per la salute (tumori e altre gravi patologie) dei cittadini residenti in quelle zone e per l'ecosistema;
le operazioni di bonifica a tutt'oggi sono in notevole ritardo e nella maggior parte dei siti si è fermi alla perimetrazione dei siti medesimi;
la possibilità di intervenire su tali siti, stante la volontà più volte espressa dallo stesso Governo di intervenire in maniera decisa sulla ripresa dell'economia e dello sviluppo nel nostro Paese, appare una possibilità concreta di procedere, abbinando rilancio dell'economia e difesa dell'ambiente;
in tal senso, in attesa dell'avvio effettivo o del completamento delle azioni di bonifica, è necessario prevedere azioni per il sostegno delle imprese già operanti o per l'avvio di nuove attività che promuovano quello sviluppo negato o frenato dalla presenza di siti contaminati -:
se si intenda intervenire a sostegno dei comuni interessati da siti contaminati di interesse nazionale, in attesa dell'avvio effettivo o del completamento delle opere di bonifica, attraverso l'istituzione di zone franche produttive nei territori dei comuni in oggetto.
(3-01973)
Interrogazione a risposta orale:
GIULIETTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il progetto di fusione per incorporazione della divisione di Mediaset, Ei Towers in DMT rappresenta un'operazione che supera il tetto dei 440 milioni di euro;
in situazioni simili sono automatiche sia l'apertura - da parte dell'antitrust - di un'istruttoria sull'operazione sia la parallela richiesta di un parere all'autorità garante per le comunicazioni;
l'operazione porterebbe a realizzare un soggetto che avrebbe un controllo vicino al 100 per cento sui siti e i tralicci e farà nascere il primo gestore di torri di telecomunicazione in Italia;
la neonata società potrà contare su quasi 3000 stazioni tv e 2000 siti dislocati sul territorio nazionale;
DMT è stata valutata 317 milioni di euro, quasi il doppio di quanto capitalizza;
Mediaset con EI entrerà nell'azionariato della società con il 60 per cento del capitale. Faranno parte del progetto una serie di banche e altre società di minoranza (Lazard AM, Octavian Advisors, Permian Investment Partners, Lawrence Flinn Jr, Barclays). Mediaset acquisterà un altro 6 per cento di DMT dalla società Millennium;
il mercato delle torri si trasforma così in un duopolio suddiviso tra la stessa DMT (EI) e Rai Way, identico a quello pubblicitario e televisivo;
con la fusione con Dmt, Mediaset pone così un'ulteriore blindatura al mercato tv -:
se l'Autorità garante della concorrenza e del mercato abbia dato comunicazione al Ministro interrogato dell'operazione citata in premessa, se abbia inteso o meno avviare un'istruttoria sulla stessa e quale ne sia stato l'esito;
se il Ministro interrogato intenda richiedere all'Autorità garante della concorrenza e del mercato un'indagine conoscitiva nel settore che, alla luce di tali possibili evoluzioni, rischia di vedere una restrizione della concorrenza.
(3-01979)
Interrogazioni a risposta scritta:
DE POLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Paese si trova a vivere una profonda crisi economica. In molti evidenziano, in particolare, il made in Italy agroalimentare come straordinariamente efficace per accrescere la leva competitiva economica nazionale;
la Coldiretti ha puntualizzato quanto il brand Italia rappresenti una fortissima attrattiva per i consumatori di tutto il mondo e ha evidenziato il fenomeno dell'italian sounding che è in continua crescita tanto che oltre 60 miliardi di euro vengono sottratti ogni anno alla nostra economia. I nostri prodotti agroalimentari si trovano ormai sempre più preda di sofisticazioni e frodi. Pare evidente quanto la circolazione e la spinta diffusione di prodotti ingannevoli circa la vera origine geografica rappresentino un danno all'immagine della produzione agroalimentare nazionale, raggirando i consumatori che non vengono messi in condizione di scegliere in modo consapevole;
si assiste ormai da troppo tempo ad una vera e propria svendita dell'economia e dei nostri territori che ha fatto parlare, attraverso i vari organi di comunicazione, di una vera e propria «contraffazione di Stato». Questo fenomeno rappresenta fonte di grande preoccupazione per i consumatori e per le parti sociali che, attraverso un documento unitario del 4 agosto 2011, hanno chiesto di «attuare politiche incisive volte alla promozione e alla difesa del made in Italy per valorizzare all'Estero il lavoro, il capitale e il territorio italiano;
si rende urgente e necessario attuare il prima possibile una strategia tesa a contrastare questi fenomeni degenerativi denominati, per l'appunto, italian sounding che vanificano ingiustamente il sacrificio dei nostri operatori e abusano della credibilità italiana nei mercati internazionali;
l'italian sounding blocca ogni potenzialità di crescita delle imprese italiane a causa della «saturazione» del mercato con prodotti che richiamano qualità italiane senza essere di origine nazionale;
numerose sono state le manifestazioni di condivisione e di adesione giunte da parte dei rappresentanti di istituzioni, associazioni ed enti economici alla denuncia avanzata da Coldiretti su questa grave mancanza di tutela in un settore strategico italiano come quello agroalimentare, che ad oggi ancora non vede attuata, ad esempio, l'indicazione obbligatoria in etichetta dell'origine delle materie prime;
si è assistito alle iniziative della Coldiretti sul territorio nazionale che hanno sensibilizzato nelle varie realtà regionali, come quella veneta, la difesa, la valorizzazione, la tutela e la promozione all'estero dell'autentico made in Italy;
sono in molti ad attendere che il Governo agisca a tutela dei consumatori e delle imprese nazionali su questa delicata questione del made in Italy in generale e agroalimentare in particolare -:
quali iniziative intenda adottare il Governo per verificare i criteri con cui vengono scelti i progetti da finanziare in campo agroalimentare e se ritenga di porre un blocco agli attuali investimenti statali in attività di delocalizzazione di produzioni agroalimentari fonte di attività di concorrenza sleale;
in che modo si intenda valutare il danno sofferto dalle imprese nazionali a fronte dell'avvenuta occupazione di mercato da parte di imprese imitative dei nostri prodotti locali;
quali iniziative si intendano adottare a difesa delle aziende esportatrici italiane che agiscono in rappresentanza della nostra forza, cultura e tradizione.
(4-14188)
DI PIETRO, ANIELLO FORMISANO, PALADINI, CIMADORO e MONAI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Servirail S.r.l. è un'azienda che gestisce, per conto di Trenitalia s.p.a., il servizio di accompagnamento notte delle vetture letto, delle vetture grand comfort e delle cuccette T6 su tutto il territorio nazionale, assicurando il servizio quotidianamente a circa 1,5 milioni di passeggeri l'anno, in oltre 40 treni notte;
in data 16 marzo 2010 è stata affidata con procedura di appalto pubblico la gestione dell'accompagnamento notturno delle carrozze letto alle Società Servirail Italia (per i treni nazionali) e Wasteels International (per quelli internazionali) costituitesi all'uopo in R.T.I.: la scadenza del contratto è prevista per giugno 2012;
a partire da dicembre 2010, l'amministratore delegato di Trenitalia Mauro Moretti lavora alla costituzione di una società con la società francese Veolia Transport (società che svolge servizi ferroviari) per l'accompagnamento dei treni notte internazionali: alla nuova società, costituitasi nel gennaio 2011 con la partecipazione paritetica Veolia-Trenitalia, vengono affidati dal dicembre 2011 i treni notturni Venezia-Parigi e Roma-Parigi, attraverso beni di proprietà Fs e lavoratori tutti francesi;
il 24 maggio 2011 Trenitalia modifica di fatto unilateralmente il contratto in essere con Servirail e Wasteels, anticipandone la scadenza al 10 dicembre 2011 per effetto del recesso esercitato con nota prt. 15732 del 14 aprile 2011;
in data 1o giugno 2011 Trenitalia pubblica il bando di gara indicante in oggetto «procedura ristretta per l'affidamento dei servizi di accoglienza, assistenza e accompagnamento alla clientela, nonché di altre prestazioni accessorie da svolgersi sulle vetture in composizione ai treni notte gestiti da Trenitalia S.P.A. e circolanti sul territorio nazionale e su alcune tratte da e per l'Austria». Oltre a modificare sostanzialmente il perimetro delle attività precedentemente svolte, riducendo da due ad uno gli accompagnatori per le carrozze notte e sopprimendo circa 160 stazioni di fermate su quelle previste in precedenza, non è inserita la clausola sociale per il riassorbimento del personale interessato, a fronte, peraltro, di una disponibilità di Trenitalia ad attivare 1.000 nuove assunzioni entro il 2011;
in data 9 marzo 2011 la Servirail srl aveva già comunicato a Trenitalia la difficoltà di proseguire il servizio a fronte della mancata corresponsione, da parte di quest'ultima, delle risorse dovute per contratto. Ne conseguono, precisa Servirail, ritardi nel pagamento degli stipendi ai lavoratori e la successiva apertura delle procedure di mobilità per 483 unità lavorative il 5 luglio 2011. Alla medesima procedura accedono successivamente la Società Wasteels (215 unità) e la CNCP (120 unità);
i lavoratori in questione denunciano che fino a marzo 2011 le vetture circolanti erano 249, e che con l'accantonamento avvenuto nel prosieguo dell'anno le vetture a disposizione sono attualmente 136, sulla base di quanto di seguito elencato;
con la nuova gara d'appalto è prevista la circolazione di sole vetture di tipo MU per un totale complessivo di 60 vetture a livello nazionale, su un totale di 151, realizzate dal 1981 al 1992 e revampizzate tra il 2007 e il 2011 (in numero di 119) per un costo complessivo di euro 41.650.000. Le altre sono accantonate nei diversi parchi ferroviari;
il contratto di servizio tra lo Stato e Ferrovie dello Stato per la gestione del servizio universale prevede che, a fronte del contributo pubblico ricevuto, Ferrovie dello Stato assicuri treni sull'intero territorio nazionale e per le fasce sociali svantaggiate. Per contro Trenitalia sino ad oggi ha soppresso servizi letto e cuccette, modificato le percorrenze e inibito periodicamente la vendita dei relativi biglietti. La flotta, costituita da 220 carrozze, è stata
ammodernata con risorse pubbliche, ma mentre sui servizi nazionali sono presenti soltanto 10 vetture letto, su quelli internazionali la dotazione è rimasta invariata. Le venti carrozze di tipo Excelsior, costate milioni di euro allo Stato, non risultano circolanti, bensì abbandonate e quasi completamente vandalizzate nei parchi ricovero di Lecce (7) Reggio Calabria (2) Bari (2) Roma (2) e altri;
delle 87 vetture tipo T2S, disponibili prima del 2011, ne risultano circolanti 22 e le altre saranno accantonate dopo l'11 dicembre 2011;
di ulteriori 11 vetture del tipo T2S, realizzate tra il 1982 e il 1988 e successivamente modificate in vetture E4 (T3S) con bagno e doccia ad uso esclusivo per complessivi euro 8.250.000, ne risultano attualmente circolanti 2 sulla tratta Lecce-Trieste-Lecce, e dall'11 dicembre 2011 non saranno più utilizzate sul territorio nazionale;
l'investimento fatto dal Governo e dalle regioni ammonta a circa 80 milioni di euro, cui va sommato il costo della realizzazione di tutte le vetture. Di queste somme investite per migliorare la flotta, circa 50 milioni di euro rimarranno accantonate nei parchi ferroviari, a disposizione dei senza tetto, grazie alla decisione di Trenitalia di eliminare la sorveglianza nei parchi e la manutenzione delle vetture;
i lavoratori denunciano altresì un'attività di inibizione delle vendite dei biglietti sui treni notte da parte della stessa Trenitalia, come possono dimostrare molti viaggiatori che hanno riscontrato numerosi posti vuoti a fronte di una comunicazione istituzionale di segno opposto, quasi che la strategia industriale dell'azienda sia quella di favorire le tratte dell'alta velocità, concentrate prevalentemente nel Centro-nord, data l'obsolescenza delle reti ferroviarie oltre Napoli -:
quali iniziative intenda assumere in relazione a quanto citato in premessa, che ove confermato, attesterebbe a giudizio degli interroganti una gestione discutibile delle risorse pubbliche con grave nocumento per il personale, gli utenti del sistema del trasporto ferroviario, il patrimonio e l'erario pubblico;
quali iniziative intenda attivare al fine di ottenere da Trenitalia la disponibilità a farsi carico della responsabilità solidale rispetto ai licenziandi lavoratori, attraverso una soluzione condivisa all'interno di un tavolo negoziale con tutte le parti.
(4-14192)
BARBARO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il prezzo dei carburanti dipende da vari fattori tra i quali: il costo del prodotto, compreso il guadagno delle compagnie petrolifere; il costo della sua raffinazione e del suo deposito costiero; il costo per il trasporto primario e secondario, per il deposito interno e lo stoccaggio; le spese di imposte e di ufficio, le accise, l'Iva e il guadagno del gestore;
le accise, tasse che lo Stato applica sui carburanti di per sé soggette ad Iva, pesano oggi per il 52 per cento sul costo dei carburanti;
sul prezzo attuale della benzina gravano ancora oggi accise applicate per cause poi cessate, come si evince dal prospetto di seguito riportato:
nel 1935 1,90 lire (0,001 euro) per la Guerra in Etiopia;
nel 1956 14 lire (0,007 euro) per la crisi di Suez;
nel 1963 10 lire (0,005 euro) per il disastro del Vajont;
nel 1966 10 lire (0,005 euro) per l'alluvione di Firenze;
nel 1968 10 lire (0,005 euro) per il terremoto del Belice;
nel 1976 99 lire (0,051 euro) per il terremoto in Friuli;
nel 1980 75 lire (0,039 euro) per il terremoto in Irpinia;
nel 1983 205 lire (0,106 euro) per la missione in Libano;
nel 1996 22 lire (0,011 euro) per la missione in Bosnia;
nel 2004 39 lire (0,020 euro) per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri;
nel 2005 0,005 euro per acquisto di autobus ecologici;
a queste accise ne sono state aggiunte recentemente altre di seguito elencate:
nel 2011 0,020 euro per il fondo unico per lo spettacolo;
nel 2011 0,040 euro per l'emergenza immigrati dovuta alla crisi libica;
nel 2011 0,0089 euro per l'alluvione su Liguria e Toscana;
con il decreto cosiddetto «Salva Italia» si è introdotta una nuova accisa sul prezzo della benzina di 9,9 centesimi che contribuisce a determinare una situazione unica nel panorama europeo (ad eccezione della Grecia che nel 2010 ha visto aumentare il costo della benzina di 34 centesimi al litro e del gasolio di 15 centesimi al litro): nel 2011 in Italia la fiscalità di base - accisa + Iva sull'accisa - è aumentata di 0,175 euro/litro per la benzina e di 0,210 euro/litro per il gasolio;
secondo i dati dell'ADUC (Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori), di fronte ad una diminuzione del prezzo del petrolio al barile dal 2008 ad oggi - stimata di 48 dollari, cioè 19 euro - non si è assistito ad una parallela diminuzione del prezzo del carburante al consumo, fermo restando che il guadagno del gestore è fisso e lordo, perciò non influenzabile dal prezzo di vendita;
poiché secondo la Coldiretti l'86 per cento dei trasporti commerciali avviene su gomma, gli aumenti dei costi del carburante rischiano di incidere in modo sostanziale sul prezzo dei beni di largo consumo, contribuendo a rafforzare la contrazione dei consumi, dunque il blocco di una possibile ripresa economica -:
se il Ministro intenda provvedere ad una defiscalizzazione del prezzo della benzina, ossia al congelamento dell'Iva, e alla cancellazione delle accise ormai superate, così da riallineare i prezzi dei carburanti in Italia al valore medio europeo;
se il Ministro intenda peraltro proseguire con misure incisive nella liberalizzazione dei carburanti, per promuovere una sensibile e reale diminuzione del loro prezzo e rendere concorrenziale un mercato che ancora oggi presenta aspetti fortemente oligopolistici.
(4-14199)
EVANGELISTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
si avvicina la scadenza del periodo di mobilità per molti dei lavoratori della multinazionale americana Eaton, fissata al 15 dicembre 2011;
risulta, dunque, prioritario cercare soluzioni condivise, di concerto con le istituzioni, i privati investitori e i lavoratori stessi, che possano garantire la tutela di un reddito accettabile per permettere alle famiglie coinvolte una vita dignitosa;
la regione Toscana intende proseguire un percorso che la vede soggetto attivo per la ricerca di una soluzione e che si è detta favorevole a offrire un sostegno economico ai lavoratori e a confermare il proprio impegno a tutelare lo sviluppo economico e industriale del territorio;
resta irrisolto il problema della bonifica dell'area Eaton, requisito fondamentale per lanciare uno sviluppo industriale serio;
l'interrogante ha già presentato altri due atti di sindacato ispettivo (4-08063 e 4-01242) sulla stesso argomento -:
quali siano le iniziative che intenda adottare per un urgente impegno riguardo alla rapida sottoscrizione dell'accordo di programma per Massa;
se non ritenga di verificare se esistano soggetti imprenditoriali seri interessati a un progetto di reindustrializzazione credibile;
se intenda valutare l'adozione di iniziative di competenza volte a risolvere il problema della bonifica, che rischia di diventare un ulteriore ostacolo a ogni progetto di rilancio dell'area citata in premessa.
(4-14210)
CAPARINI e VOLPI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dall'ottobre 2010 in Lombardia è terminato lo switch off della trasmissione del segnale televisivo analogico col contestuale avvio del digitale a seguito del quale i cittadini hanno dovuto impegnarsi nell'acquisto di un decoder o di una televisione con decoder incorporato;
nel comune di Breno, cuore della Valcamonica in provincia di Brescia, numerosi utenti lamentano la scarsa o nulla ricezione delle reti Rai. Nel vano tentativo di ricevere il segnale televisivo gli utenti sono stati costretti a dotarsi di parabole, apparati per il digitale terrestre particolarmente onerosi e sofisticati, filtri (uno per ogni canale), oltre a ricorrere a periodici servizi di tecnici ed antennisti con i relativi esborsi;
altri disservizi per la mancata o incompleta ricezione dei canali Rai sono stati segnalati nei comuni di Monno, Incudine, Vezza d'Oglio, Vione, Temù e Pontedilegno, sempre in provincia di Brescia, dov'è possibile ricevere solo 4 canali del servizio pubblico (Rai1, Rai2, Rai3 e Rainews);
analogo disservizio è riscontrato in Val di Scalve in provincia di Bergamo;
in ogni caso, coloro che sono ricorsi alla ricezione satellitare, non sono nelle condizioni di accedere al TGR della Lombardia;
l'Adiconsum, l'associazione a difesa dei consumatori si è attivata presso l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
oltre al danno derivante dal non poter fruire del servizio pubblico radiotelevisivo, i cittadini subiscono la beffa di essere tenuti a pagare la tassa di possesso sull'apparecchio televisivo (il cosiddetto canone RAI) che ha la sua ratio nella presunta fruizione del servizio pubblico;
della riscossione di tale prelievo (peraltro tra i più «odiati» dai cittadini, con un tasso di evasione che raggiunge il 30 per cento circa a livello nazionale) si occupa l'amministrazione finanziaria, in particolare l'ufficio S.A.T. (sportello abbonamenti TV, già storico ufficio URAR del Ministero dell'economia e delle finanze), con il quale collabora la RAI come previsto da un'apposita «Convenzione per la regolamentazione dei rapporti relativi alla gestione dei canoni di abbonamento alle diffusioni», sottoscritta il 2 gennaio 2001;
di fatto si è in presenza di un'imposta che poi lo Stato utilizza pressoché integralmente per finanziare l'attività di servizio pubblico svolta dalla RAI;
insomma, chi paga la RAI sono i cittadini, attraverso lo Stato, che peraltro ne è anche il «proprietario», sia in quanto azionista, sia in quanto soggetto concedente la concessione affidata alla Rai. In tal senso, è lo Stato attraverso i suoi organi e le istituzioni (Governo, Ministero dello sviluppo economico - dipartimento delle comunicazioni, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) a dover verificare il corretto e regolare svolgimento del servizio pubblico da parte della Rai, intervenendo se del caso ad irrogare le previste sanzioni, a tutela e garanzia del cittadino consumatore e contribuente;
va ricordato peraltro che lo stesso contratto di servizio (2010-2012) tra RAI e il Ministero dello sviluppo economico (che oggi incorpora quello delle telecomunicazioni), all'articolo 23 (qualità del servizio), prevede che: «la Rai individua nella qualità audiovisiva un tratto distintivo e irrinunciabile dell'offerta del servizio pubblico. La programmazione Rai è diffusa attraverso le reti di radiodiffusione terrestre in tecnica digitale ed analogica e via satellite con una elevata qualità di immagine e suono, dedicando ad ogni canale l'opportuna capacità trasmissiva;
la Rai riconosce la qualità tecnica del servizio di radiodiffusione quale obiettivo strategico del servizio pubblico [...] monitora costantemente la qualità tecnica del servizio ed esercita ogni azione preventiva e correttiva al fine di garantire il permanere di alti standard qualitativi; assicura un costante rapporto con l'utenza, per raccogliere segnalazioni di problematiche di qualità tecnica; [...]; assicura una idonea informazione ai cittadini per la migliore fruizione dei servizi;
nell'ambito della disponibilità delle frequenze e tenendo conto della specificità della missione del servizio pubblico generale radiotelevisivo, il Ministero assicura alla Rai tutte quelle necessarie per risolvere situazioni interferenziali, migliorare la qualità del servizio e sperimentare nuove tecnologie diffusive [...]»;
proprio nel contratto di servizio è stabilito che la qualità del segnale costituisce un elemento essenziale del servizio pubblico radiotelevisivo, elemento di cui il Ministero deve garantire il rispetto; nel caso di specie - come rilevato - l'inadeguata qualità del segnale pregiudica la possibilità di gran parte della popolazione di vedere i programmi Rai;
a ciò si aggiunga il fatto che già il Ministro Gentiloni come il Governo Berlusconi, con il cosiddetto decreto mille-proroghe (decreto-legge n. 225 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011) del marzo 2011, hanno messo a disposizione della RAI ingenti risorse per il passaggio al digitale (per un totale di oltre 60 milioni di euro)-:
quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per garantire il diritto all'informazione degli utenti e per ovviare immediatamente ai problemi segnalati evitando di far ricadere sui cittadini utenti ulteriori oneri per la fruizioni di un servizio per il quale hanno dovuto acquistare il decoder (o nuovo apparecchio ricettivo) e per il quale già pagano il canone.
(4-14226)
...
Apposizione di una firma ad una mozione.
La mozione Esposito e altri n. 1-00782, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 7 dicembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pes.
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in commissione Goisis n. 5-05577 del 24 ottobre 2011;
interrogazione a risposta orale Rao n. 3-01945 del 29 novembre 2011;
interrogazione a risposta scritta Di Pietro n. 4-14074 del 30 novembre 2011;
interrogazione a risposta orale Tassone n. 3-01958 del 5 dicembre 2011.
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Mattesini e Nannicini n. 4-14095 del 30 novembre 2011 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-05816.