XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di venerdì 16 dicembre 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 16 dicembre 2011.

Albonetti, Bindi, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Gregorio Fontana, Franceschini, Iannaccone, Leone, Lo Monte, Lucà, Lupi, Madia, Mazzocchi, Melchiorre, Migliori, Milanato, Moffa, Nucara, Pisicchio, Reguzzoni, Rigoni, Stefani, Stucchi, Volontè.

Annunzio di proposte di legge.

In data 15 dicembre 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
CALEARO CIMAN: «Disposizioni per il rilancio dell'economia nazionale mediante la sottoscrizione di titoli di Stato» (4844);
VELO e META: «Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285» (4845);
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE TORAZZI ed altri: «Modifiche agli articoli 5, 11, 83 e 135 della Costituzione, in materia di accesso alle cariche direttive nell'amministrazione dello Stato, di relazioni internazionali, di elezione del Presidente della Repubblica e di composizione della Corte costituzionale» (4846).

Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Senato.

In data 15 dicembre 2011 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente progetto di legge:
S. 3047. - PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALE CAMBURSANO ed altri; MARINELLO ed altri; BELTRANDI ed altri; MERLONI ed altri; LANZILLOTTA ed altri; ANTONIO MARTINO ed altri; DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE D'INIZIATIVA DEL GOVERNO; PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE BERSANI ed altri: «Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale» (approvato, in prima deliberazione, in un testo unificato, dalla Camera e dal Senato) (4205-4525-4526-4594-4596-4607-4620-4646-B).

Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

VIII Commissione (Ambiente):
GENOVESE: «Abrogazione della legge 17 dicembre 1971, n. 1158, concernente la realizzazione del collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente, e incorporazione della società Stretto di Messina Spa nella società ANAS Spa» (4779) Parere delle Commissioni I, II, V, IX e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XI Commissione (Lavoro):
CAZZOLA ed altri: «Disposizioni per sostenere la formazione e la ricollocazione professionale dei lavoratori licenziati o posti in mobilità» (4759) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal ministro delle infrastrutture.

Il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera in data 12 dicembre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 6, della legge 1o agosto 2002, n. 166, la relazione, predisposta da ANAS Spa, sull'attività di vigilanza sulle società concessionarie autostradali svolta dalla medesima società nell'anno 2010.

Questa documentazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione dal ministro dell'interno.

Il ministro dell'interno, con lettera in data 13 dicembre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 28 dicembre 2005, n. 278, la relazione della Federazione nazionale delle istituzioni pro ciechi sull'impiego delle risorse di cui all'articolo 1, comma 1, della citata legge n. 278 del 2005, relativa all'anno 2010 (doc. XXVII, n. 32).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dal Comitato interministeriale per la programmazione economica.

La Presidenza del Consiglio dei ministri - dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 13 e 16 dicembre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le seguenti delibere CIPE:
n. 17/2011 del 5 maggio 2011, concernente «Assegnazione di risorse per il completamento del nuovo parco della musica e della cultura di Firenze a carico del fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale», che è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura);
n. 75/2011 del 3 agosto 2011, concernente «Relazione sull'attività svolta nell'anno 2010 dall'Unità tecnica finanza di progetto», che è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

Il ministro per le politiche europee, con lettere in data 13 e 15 dicembre 2011, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Con le predette comunicazioni, il Governo ha inoltre richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Costruire un'Europa aperta e sicura: il bilancio Affari interni 2014-2020 (COM(2011)749 definitivo), che, in data 14 dicembre 2011, è stato assegnato in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali).
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo Asilo e migrazione e sullo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi (COM(2011)752 definitivo), che, in data 14 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi (COM(2011)753 definitivo), che, in data 14 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati (COM(2011)778 definitivo), che, in data 9 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze), nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà;
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti specifici relativi alla revisione legale dei conti di enti di interesse pubblico (COM(2011)779 definitivo), che, in data 12 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze), nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà;
Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Ridurre al minimo indispensabile gli oneri normativi che gravano sulle PMI - Adeguare la normativa dell'Unione europea alle esigenze delle microimprese (COM(2011)803 definitivo), che, in data 5 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca [che abroga il regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, il regolamento (CE) n. 861/2006 del Consiglio e il regolamento n. XXX/2011 sulla politica marittima integrata] (COM(2011)804 definitivo), che, in data 12 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura), nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà;
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 294/2008 che istituisce l'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (COM(2011)817 definitivo), che, in data 9 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite VII (Cultura) e X (Attività produttive), nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà;
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - La politica aeroportuale nell'Unione europea: assicurare capacità e qualità atte a promuovere la crescita, la connettività e la mobilità sostenibile (COM(2011)823 definitivo), che, in data 7 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul programma europeo di monitoraggio della terra (GMES) e sulle sue attività (dal 2014 in poi) (COM(2011)831 definitivo), che, in data 14 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma per la competitività delle imprese e le piccole e le medie imprese (2014-2020) (COM(2011)834 definitivo), che, in data 9 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive), nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà;
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul rafforzamento della solidarietà all'interno dell'Unione europea in materia di asilo - Un programma dell'Unione europea per una migliore ripartizione delle responsabilità e maggiore fiducia reciproca (COM(2011)835 definitivo), che, in data 14 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sui risultati raggiunti e sugli aspetti qualitativi e quantitativi dell'attuazione del Fondo europeo per l'integrazione di cittadini di paesi terzi per il periodo 2007-2009 (relazione presentata ai sensi dell'articolo 48, paragrafo 3, lettera b), della decisione 2007/435/CE del Consiglio del 25 giugno 2007) (COM(2011)847 definitivo), che, in data 6 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sul futuro dell'IVA - Verso un sistema dell'IVA più semplice, solido ed efficiente adattato al mercato unico (COM(2011)851 definitivo), che, in data 14 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per le frontiere esterne e i visti (COM(2011)750 definitivo), che, in data 15 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Asilo e migrazione (COM(2011)751 definitivo), che, in data 15 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma «Diritti e cittadinanza» per il periodo 2014-2020 (COM(2011)758 definitivo), che, in data 14 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma «Giustizia» per il periodo 2014-2020 (COM(2011)759 definitivo), che, in data 14 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla realizzazione e al funzionamento dei sistemi europei di radionavigazione via satellite (2014-2020) (COM(2011)814 definitivo), che, in data 13 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti), nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà;
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al livello sonoro dei veicoli a motore (COM(2011)856 definitivo), che, in data 15 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti), nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà;
Proposta di decisione del Consiglio relativa all'adesione dell'Unione europea al Comitato consultivo internazionale del cotone (ICAC) (COM(2011)861 definitivo), che, in data 14 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo dell'informazione del settore pubblico (COM(2011)877 definitivo), che, in data 13 dicembre 2011, è stata assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà.

La Commissione europea, in data 15 dicembre 2011, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo - Eliminare gli ostacoli transfrontalieri legati alle imposte di successione nell'UE (COM(2011)864 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
Libro verde - Illuminare il futuro - Accelerare la diffusione di tecnologie di illuminazione innovative (COM(2011)889 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive).

La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Europa creativa (COM(2011)785 definitivo) e la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce «Erasmus per tutti» il programma dell'Unione per l'istruzione, la formazione, la gioventù, e lo sport (COM(2011)788 definitivo), già trasmesse dalla Commissione europea e assegnate, rispettivamente in data 29 novembre 2011 e in data 5 dicembre 2011, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla VII Commissione (Cultura), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), sono altresì assegnate alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre, per ciascuna di tali proposte, dal 16 dicembre 2011.

Trasmissione dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 15 dicembre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, una segnalazione relativa alla legge 11 novembre 2011, n. 180, recante «Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese».

Questa documentazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla X Commissione (Attività produttive).

Comunicazione di nomine ministeriali.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 13 dicembre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi dei commi 4 e 6 del medesimo articolo 19, di incarichi di livello dirigenziale generale, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alle Commissioni sottoindicate:
alla VII Commissione (Cultura) la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico nell'ambito del Ministero per i beni e le attività culturali:
al dottor Adriano Rasi Caldogno, l'incarico di vice capo di Gabinetto, nell'ambito del Gabinetto del ministro per i beni e le attività culturali;
alla XIII Commissione (Agricoltura) la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali:
al dottor Giovanni Piero Sanna, l'incarico di direttore della direzione generale dello sviluppo agroalimentare e della qualità, nell'ambito del dipartimento delle politiche competitive del mondo rurale e della qualità.

Richiesta di un parere parlamentare su una proposta di nomina.

Il ministro per i beni e le attività culturali, con lettera in data 14 dicembre 2011, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 29 gennaio 1998, n. 19, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina dell'ingegner Paolo Baratta a presidente della Fondazione La Biennale di Venezia (131).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla VII Commissione (Cultura).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

TESTO AGGIORNATO AL 20 DICEMBRE 2011

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 6 DICEMBRE 2011, N. 201, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER LA CRESCITA, L'EQUITÀ E IL CONSOLIDAMENTO DEI CONTI PUBBLICI (A.C. 4829-A)

A.C. 4829-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
l'articolo 21 del decreto-legge in esame, ai commi da 1 a 9, dispone la soppressione di INPDAP ed ENPALS e il conseguente trasferimento delle funzioni all'INPS;
il comma 9 affida al Presidente dell'INPS - all'uopo differendo la durata in carica al 31 dicembre 2014 - il compito, tra gli altri indicati nella norma, di promuovere le più adeguate iniziative per la riduzione dei costi previsti, di verificarne l'attuazione e di predisporre i relativi rapporti ai ministri competenti;
l'operazione dell'accorpamento nell'INPS è destinata a dar vita ad un ente pubblico che, per le sue dimensioni organizzative e finanziarie, per la consistenza del suo apparato informatico e della sua banca dati, per la delicatezza delle funzioni svolte rispetto alla vita di milioni di imprese e di decine di milioni di famiglie, è tenuto a fornire garanzie di trasparenza, di efficienza e di riservatezza;
è necessario definire modelli di governance adeguati alla complessità del nuovo ente in collaborazione con le rappresentanze dei lavoratori e delle imprese,

impegna il Governo

a presentare in Parlamento entro un anno e sulla base dei citati rapporti del Presidente dell'INPS ai ministeri vigilanti, una compiuta proposta di governance, in grado di assicurare sempre più trasparenza, efficienza, decentramento, condivisione e partecipazione nell'azione amministrativa.
9/4829-A/1.Cazzola, Vincenzo Antonio Fontana, Motta, Damiano, Santagata.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 23, comma 3, del decreto-legge in esame dispone che « Il Presidente e i componenti degli organismi di cui al comma 1 e delle altre Autorità amministrative indipendenti di cui all'Elenco (ISTAT) previsto dall'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono essere confermati alla cessazione dalla carica, fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 3, della legge 31 luglio 1997, n. 249»;
con tale norma si prevede che il Presidente e i componenti delle Autorità amministrative indipendenti inserite nell'elenco ISTAT o comunque ricomprese tra quelle citate al comma 1, tra le quali è menzionata anche la COVIP, possano svolgere un unico mandato e che la conferma per un altro mandato, anche ove prevista dai rispettivi ordinamenti, non sarà quindi più possibile;
esistono differenze notevoli quanto alla durata dei mandati dei Presidenti e dei componenti delle varie Autorità amministrative indipendenti e, in generale, vale la regola che il mandato dei membri delle Autorità dura sette anni così come previsto dall'articolo 47-quater del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, che ha modificato - senza possibilità di riconferma - la durata in carica dei membri della Commissione nazionale per le società e la borsa, del Garante per la protezione dei dati personali, dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, equiparandola a quella del presidente e dei membri delle Autorità garante della concorrenza e dell'Autorità garante delle comunicazioni;
per la COVIP - Commissione di vigilanza sui fondi pensione - la durata del mandato per i suoi componenti è rimasta fissata in 4 anni ai sensi dell'articolo 18, comma 3, del decreto legislativo 5 dicembre 2005 n. 252;
alla Camera dei deputati, nella seduta del 20 febbraio 2008, il Governo aveva accolto un ordine del giorno (9/3324-A-R/29) che impegnava il Governo ad assumere iniziative affinché la durata del mandato del presidente e dei membri della COVIP fosse allineata a quella delle altre Autorità di vigilanza e di settore;
la COVIP è inclusa dalla legge sulla tutela del risparmio (legge n. 262 del 2005) a pieno titolo fra le Autorità di vigilanza sul mercato finanziario,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, anche urgenti, affinché la durata del mandato del presidente e dei membri della COVIP sia allineata a quella delle altre Autorità di vigilanza e di settore, portando tale periodo a 7 anni non rinnovabili o, in subordine e nelle more dell'adozione di iniziative volte all'equiparazione della durata del mandato come indicato, ad escludere dall'applicazione dell'articolo 23, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, i membri della COVIP.
9/4829-A/2.Cazzola, Vincenzo Antonio Fontana, Motta, Damiano.

La Camera,
premesso che:
la situazione di crisi generale del Paese richiede interventi strutturali nel sistema pensionistico, anche con riferimento alla razionalizzazione degli enti di previdenza;
il decreto-legge in esame prevede la soppressione di INPDAP ed ENPALS ed il trasferimento delle relative funzioni a INPS, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto stesso;
i bilanci di chiusura vengono effettuati alla data del 31 marzo 2012 e i decreti di trasferimento delle risorse umane e strumentali vengano emanati entro 60 giorni dalla data di approvazione del bilancio di chiusura;
la stessa norma prevede la cessazione degli organi dell'Ente a decorrere dalla data di emanazione dei predetti decreti di trasferimento;
a prescindere dalla esigenza di procedere alla predetta razionalizzazione, le modalità con le quali la norma prevede la cessazione degli enti e il particolare periodo dell'esercizio in cui ciò avviene, implicano una serie di criticità che possono creare significativi ostacoli al regolare svolgimento delle attività istituzionali, con possibili ricadute negative sulla qualità dei servizi e delle prestazioni ai cittadini-utenti;
l'attività di welfare altamente sociale, istituzionalmente svolta da INPDAP nei confronti degli iscritti e pensionati che versano in condizioni meno abbienti, deve trovare una specifica garanzia di continuità nel diritto alla erogazione delle prestazioni sociali, considerato che le relative risorse finanziarie sono gestite nell'ambito di un apposito Fondo alimentato dai contributi obbligatori di iscritti e pensionati, nonché da contributi volontari dei pensionati di altri Enti;
la gestione del welfare integrativo INPDAP ha determinato anche lo sviluppo di specifiche professionalità nel settore degli investimenti mobiliari e immobiliari, che vanno comunque conservate e integrate nell'Ente di destinazione;
la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa - mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo che il decreto legislativo n. 165 del 2001 e successive modifiche e integrazioni attribuisce alla dirigenza - non può essere esercitata dai dirigenti dell'ente disciolto;
viceversa, le prestazioni istituzionali, le spese obbligatorie contrattualmente dovute, le spese di mantenimento delle strutture, ecc. dovrebbero essere determinate dai dirigenti INPDAP ed ENPALS;
all'ENPALS erano stati affidati dalla legge di stabilità compiti in materia di mercato del lavoro nei settori di competenza, compiti che non possono essere inutilizzati nel nuovo contesto istituzionale;
i poteri di spesa verrebbero comunque assunti, per il prossimo 2012, in assenza di un bilancio di previsione approvato, in quanto la soppressione rende inefficace il bilancio di previsione degli enti disciolti, quando invece il bilancio di previsione dell'INPDAP era in fase di approvazione da parte del Consiglio di indirizzo e vigilanza, nei termini di legge;
il decreto nulla dispone in merito alla destinazione delle cinque gestioni previdenziali dell'INPDAP che, pertanto, vengono inglobate nell'assicurazione generale obbligatoria INPS: la «Cassa Stato» per il personale dipendente dalle Amministrazioni dello Stato (ministeri, scuola, università, forze armate, ecc); la Cassa per il personale degli enti locali; la Cassa pensioni sanitari per il personale medico dell'Amministrazione pubblica; la Cassa pensioni insegnanti d'asilo e la Cassa pensioni ufficiali giudiziari;
tale assenza normativa comporta difficoltà applicative delle specifiche norme esistenti a tutela delle diverse categorie per l'accesso di pensionamento e riflessi sui fabbisogni finanziari delle singole Casse, determinanti anche per la quantificazione delle aliquote di contribuzione;
tale situazione comporta anche l'assenza di tutela agli iscritti e pensionati, assicurata dai cinque Comitati di vigilanza preposti a ciascuna delle predette cinque gestioni con compiti di decisione dei ricorsi amministrativi in materia di contributi e pensioni;
il comma 2 dell'articolo 21 prevede che non vengano trasferite all'INPS le posizioni soprannumerarie rispetto alle dotazioni organiche vigenti, ivi comprese quelle dei lavoratori già dipendenti degli enti previdenziali addetti a servizio di portierato o di custodia e vigilanza degli immobili dismessi rimasti alle dipendenze degli stessi enti;
tali posizioni soprannumerarie costituiranno eccedenze da gestire secondo l'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che prevede la messa in mobilità del personale eccedentario e la successiva eventuale cassa integrazione, fino al licenziamento, con grave pregiudizio per oltre 700 dipendenti e le loro famiglie;
i dipendenti di cui trattasi sono stati ricollocati nei profili amministrativi dei ruoli degli Enti, per effetto di legge, a seguito della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti stessi, di cui INPDAP aveva la maggior dotazione ed ha, quindi, oggi la maggior quota di personale ricollocato,

impegna il Governo

ad attivare ogni iniziativa affinché il passaggio delle competenze dei due Enti soppressi verso l'INPS avvenga secondo uno schema più articolato, per agevolare la gestione della fase transitoria, prevedendo:
una gradualità operativa nella gestione delle fasi di transizione, che assicuri il mantenimento dell'espletamento delle attività ordinarie in capo agli enti soppressi, per evitare soluzioni di continuità nella erogazione dei servizi;
la tutela dei posti di lavoro per gli oltre 700 dipendenti INPDAP, in esubero rispetto alla attuale pianta organica in quanto, diversamente, si genererebbe una grave turbativa nel settore del pubblico impiego, in un momento così delicato per l'economia e per il mercato del lavoro;
la tutela ai soggetti che contribuiscono obbligatoriamente e volontariamente alla Gestione credito INPDAP per la erogazione delle prestazioni sociali, in quanto le relative risorse non possono essere confuse nel coacervo indifferenziato dei fondi dell'Ente di destinazione;
la tutela delle professionalità esistenti negli Enti soppressi, che hanno garantito la puntuale applicazione delle specifiche normative, in particolare per quanto concerne la complessa e diversificata legislazione del pubblico impiego;
una garanzia di continuità nella gestione della previdenza del settore pubblico, anche attraverso la previsione di una condivisione a livello dei vertici degli enti soppressi.
9/4829-A/3.Vincenzo Antonio Fontana, Cazzola, Motta, Damiano, Germanà.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame reca disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, nonché una serie di misure per la stabilizzazione dell'economia e del sistema finanziario e produttivo nazionale al fine di determinare un contributo decisivo al superamento di una crisi europea che ha sfiorato la natura di crisi sistemica;
con riferimento particolare alle disposizioni d'interesse del settore agricolo che incidono, per la parte di contenimento della spesa pubblica, nonché su altre questioni urgenti relative al settore, il decreto-legge si caratterizza per le misure nel complesso modeste e irrilevanti sul profilo della crescita e della competitività delle imprese agricole e agroalimentari e si evidenzia invece per quelle disposizioni, specie di carattere fiscale e tributario, penalizzanti e recessive per l'agricoltura italiana;
la disciplina dell'IMU, l'imposta municipale propria, la cui applicazione sarà onerosa per le aziende agricole, la rideterminazione delle aliquote contributive per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni che dispone ulteriori aumenti per le imprese del comparto, le cui conseguenze determineranno un impatto negativo sulla competitività della filiera agricola e la mancanza di accesso alle misure per la crescita a causa dell'esclusione dei redditi agrari degli incentivi previsti per l'IRAP, costituiscono disposizioni penalizzanti per il settore agricolo, il cui comparto contribuisce in maniera rilevante alla crescita del prodotto interno lordo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, un intervento legislativo ad hoc, a sostegno della crescita e dello sviluppo dell'agricoltura nazionale, al fine di rendere possibile un rilancio del settore che attualmente si caratterizza negativamente per i suoi indicatori più importanti in termini di reddito, prezzi e valore aggiunto, ai minimi storici.
9/4829-A/4.Nastri.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 13, comma 10, del provvedimento in esame in merito all'imposta municipale unica è prevista l'introduzione del «fattore famiglia» per il calcolo della detrazione sull'abitazione principale. Il testo del comma previsto era il seguente: «Dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo e per le relative pertinenze, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, euro 200 rapportate al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione; se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.»;
con successivo emendamento dei relatori 13.112 è stato previsto un'ulteriore riconoscimento dell'importanza del peso familiare per le detrazioni che sono state aumentate. Il testo del comma 10 dell'articolo 13 è stato quindi modificato con la seguente parte: «...la detrazione prevista dal primo periodo è maggiorata di euro 50 per ciascun figlio di età non superiore a ventisei anni, purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale. L'importo complessivo della maggiorazione, al netto della detrazione di base, non può superare l'importo massimo di 400 euro»;
dalle detrazioni progressive era necessario prevedere un riconoscimento per coloro che creano famiglia e acquistano casa. I giovani che si sposano e comprano casa lo fanno contraendo mutuo ipotecario che rimborsano in 20 o 30 anni. Chi contrae un mutuo sull'abitazione principale paga l'Imu su un immobile che ancora non gli appartiene completamente. Molto più opportuno sarebbe, per un lasso di tempo limitato e limitatamente a giovani coppie, che la base imponibile dell'immobile adibito a prima abitazione venisse ridotta dall'importo del debito residuo dell'eventuale mutuo ipotecario acceso per l'acquisto,

impegna il Governo

a prevedere in prossimi futuri atti detrazioni Imu sull'abitazione principale per le giovani coppie sposate che abbiano contratto mutuo ipotecario per l'acquisto della prima casa.
9/4829-A/5.Toccafondi.

La Camera,
premesso che:
secondo le stime più recenti, nel nostro Paese la disoccupazione cresce vertiginosamente, attestandosi su livelli record che ci allontanano sempre più dalla media europea;
il dato più allarmante riguarda la percentuale dei giovani senza lavoro che rischia di trasformare il problema della disoccupazione giovanile in una vera e propria emergenza cui far fronte con tempestività ed urgenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere, nel quadro di riforme strutturali da varare per favorire la crescita, tutte le misure necessarie per sostenere l'occupazione, la formazione e la stabilizzazione del lavoro, anche predisponendo, d'intesa con le Regioni, un piano straordinario di avviamento al lavoro dei giovani, onde assicurare uno sviluppo sostenibile e durevole alla nostra economia e rimuovere eventuali emergenziali discrasie sociali che potrebbero turbare l'ordine e la sicurezza.
9/4829-A/6.Mario Pepe (PD), De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
è possibile che le opere pubbliche incompiute oggetto di interventi relativi al loro completamento o alla loro modificazione non rientrino nelle esigenze di natura infrastrutturale degli enti appaltanti ed è pertanto opportuno consentirne l'alienazione, autorizzandone il riadattamento ed il cambio di destinazione d'uso anche ai fini dell'attivazione di progetti di finanza,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di adottare gli atti necessari per consentire quanto in premessa.
9/4829-A/7.Fallica, Pugliese, Grimaldi, Stagno D'Alcontres, Iapicca, Miccichè, Terranova, Soglia.

La Camera,
premesso che:
l'anno scolastico 2011-2012 si è aperto anche questa volta all'insegna delle emergenze;
solo nel comune di Palermo 800 bambini sono rimasti fuori dalle scuole dell'infanzia comunale poiché non è stato possibile procedere all'assunzione di 44 insegnanti di scuola materna con la conseguente chiusura di ben 27 sezioni;
le insegnanti di ruolo in organico, infatti, sono insufficienti per garantire l'apertura di tutte le sezioni necessarie a rispondere alla domanda urgente delle famiglie;
in tal senso, l'articolo 14, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, ha posto precisi limiti alla possibilità di assunzioni per gli enti locali fissando il margine di manovra al «limite del 20 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni verificatesi nell'anno 2010»;
il vincolo posto dall'articolo 14 del citato decreto-legge, insieme con il divieto di assumere a tempo indeterminato (se non per casi eccezionali e temporanei) pone i servizi alla persona - ed in modo particolare i servizi educativi e scolastici gestiti dagli enti locali - nell'effettiva impossibilità di garantire il regolare funzionamento delle attività;
le scuole dell'infanzia del comune di Palermo sono istituzioni paritarie, ai sensi della legge n. 62 del 2000, la cui funzione pubblica è riconosciuta, nell'ambito del sistema di istruzione, anche dai decreti ministeriali che ne stabiliscono i criteri e i parametri per l'assegnazione dei contributi sia statali che regionali;
pertanto, è evidente che il principio del diritto costituzionale all'istruzione garantito nelle scuole statali, non possa essere disatteso nelle scuole paritarie gestite dagli enti locali;
si rileva, dunque, la necessità di garantire il diritto all'educazione e alla continuità del servizio educativo, conformemente ai principi sanciti dagli articoli 2, 30, 31 e 33 della Costituzione della Repubblica e alle disposizioni di cui all'articolo 3 della legge costituzionale n. 3 del 2001, di modifica del Titolo V della Costituzione medesima;
inoltre il decreto legislativo n. 165 del 2001 prevede che «per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro a tempo indeterminato» ricollegando la possibilità di ricorrere a forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale alla esclusiva necessità di «rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali»;
la Corte dei conti a sezioni riunite con la delibera n. 46 del 29 agosto 2011 si è pronunciata in merito deliberando che «dal divieto di assunzioni e dal limite delle stesse, stabilito nella misura del 20 per cento delle cessazioni dell'anno precedente, sono escluse le assunzioni del personale appartenente alle categorie protette ex legge n. 68 del 1999, nonché quelle per lo svolgimento di servizi infungibili ed essenziali»;
l'articolo l della legge 12 giugno 1990, n. 146, modificata dalla legge 11 aprile 2000, n. 83, stabilisce che «sono considerati servizi essenziali, indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà e alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all'assistenza e previdenza sociale, all'istruzione e alla libertà di comunicazione» ed in particolare, per quanto riguarda l'istruzione, è ritenuto necessario «assicurare la continuità dei servizi degli asili nido e delle scuole materne»;
il comune di Palermo per converso e, secondo gli interpellanti, incomprensibilmente in un primo momento ha predisposto la chiusura delle 27 sezioni della scuola dell'infanzia sopprimendo un servizio essenziale e, per questo, causando un profondo stato di disagio alle famiglie di ben 800 bambini che, proprio nei giorni in cui cominciava l'anno scolastico, hanno scoperto di non poter più beneficiare di un posto nelle strutture del comune nonostante avessero già provveduto alle iscrizioni;
inoltre, ben 44 insegnanti sono stati privati del posto di lavoro con la conseguente gravissima interruzione della carriera professionale e la perdita del punteggio annuale fondamentale per maturare scatti nelle graduatorie dove sono inseriti;
in data 28 settembre 2011, con grave ritardo e ad anno scolastico ormai avviato, il comune di Palermo ha deliberato che gli insegnanti di ruolo sono insufficienti a garantire l'apertura di tutte le sezioni di scuole dell'infanzia comunale e pertanto si ritiene necessario un intervento del Presidente del Consiglio dei ministri competenti per derogare al divieto sancito dall'articolo 20, comma 9, del decreto legislativo n. 98 del 2011 convertito dalla legge n. 111 del 2011;
considerate le richieste contenute nella delibera di giunta del comune di Palermo del 28 settembre 2011 orientate a garantire il mantenimento di un servizio essenziale ed infungibile e ovviare agli enormi disagi in cui versano le famiglie, che non possono mandare i propri figli a scuola, pur avendoli regolarmente scritti e gli insegnati privati del posto di lavoro,

impegna il Governo

ad assumere le necessarie iniziative perché si possa derogare alle norme contenute nell'articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010 in modo da consentire agli enti locali di procedere alle assunzioni di personale educativo e docente oltre i limiti del patto di stabilità interno per garantire - in base alle proprie risorse economiche - la copertura delle dotazioni organiche dei servizi educativi e scolastici eventualmente ricorrendo a personale assunto a tempo determinato, affinché venga garantito il diritto costituzionale all'istruzione tra cui rientra a pieno titolo la scuola primaria.
9/4829-A/8.Terranova, Fallica, Grimaldi, Stagno D'Alcontres, Pugliese, Iapicca, Soglia.

La Camera,
premesso che:
la legge 24 aprile 1941, n. 392, tratta del trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli Uffici giudiziari;
essa prevede che una serie di spese necessarie per lo stabilimento delle corti e sezioni di Corti di appello, per le Procure generali, per le Corti di assise, dei Tribunali, per i locali ad uso degli Uffici giudiziari, per affitti, riparazioni, manutenzione, illuminazione, riscaldamento, per le provviste di acqua, il servizio telefonico, ed altre indicate nell'articolo l siano a carico esclusivo dei Comuni nei quali hanno sede gli Uffici giudiziari, senza alcun concorso nelle stesse da parte degli altri Comuni componenti la circoscrizione giudiziaria;
ai detti Comuni sedi di Uffici giudiziari viene corrisposto invece dallo Stato un contributo annuo alle spese medesime nella misura stabilita nella tabella allegata alla legge;
sarebbe opportuno modificare la citata legge n. 392 qualora, mediante l'introduzione del leasing per la quota di fitto che il Ministero della giustizia rimborsa ai comuni, il comune decida che sia più conveniente l'acquisto dell'immobile, visto che è preferibile la patrimonializzazione piuttosto che buttare via soldi pagando fitti,

impegna il Governo

a prevedere che i contratti di locazione di immobili destinati ad Uffici giudiziari, stipulati fra lo Stato ed i comuni, possano essere trasformati in contratti di leasing per l'acquisto degli immobili, sedi di Uffici giudiziari, da parte dei comuni, utilizzando quale rata di pagamento la quota del contributo a carico del Ministero della giustizia, previsto dall'articolo 2, comma 1, della legge n. 392 del 1941 relativo alle pigioni.
9/4829-A/9.Iapicca, Grimaldi, Fallica, Stagno D'Alcontres, Miccichè, Terranova, Pugliese, Soglia.

La Camera,
premesso che:
le attuali disposizioni previste dal decreto ministeriale 28 settembre 2007, n. 137, possono determinare problemi in fase di esecuzione, anche a seguito dell'elevato contenzioso che hanno già prodotto;
è opportuno prevenire ulteriori complicazioni che rischierebbero di ingenerare ingiuste differenze di trattamento;
nel 2008, un'analoga fattispecie è stata affrontata e risolta con apposito provvedimento ministeriale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di mantenere valida l'abilitazione all'insegnamento conseguita dai docenti che sono stati ammessi con riserva ai corsi speciali per il conseguimento dell'abilitazione indetti dal Ministero dell'Università e della ricerca, con decreto ministeriale 28 settembre 2007, n. 137, e successive modificazioni, che abbiano superato l'esame di Stato e abbiano maturato il requisito di servizio di 360 giorni, reso in qualunque ordine e grado di scuola, prima dell'inizio del corso per il conseguimento del titolo abilitante.
9/4829-A/10.Pugliese, Fallica, Grimaldi, Stagno D'Alcontres, Miccichè, Terranova, Iapicca, Soglia.

La Camera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a prevedere l'estensione, limitatamente alle imprese agricole, titolari di diritti reali sul suolo agrario e svolgenti prevalente attività agricola, della possibilità di installare, sulle coperture delle serre, sulle tettoie e sulle pensiline, impianti di produzione di energia fotovoltaica, fino alla potenza massima di 1 megawatt, classificando dette strutture come piccoli impianti ed equiparandoli a quelli su edificio;
a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte ad estendere la possibilità di installare impianti per la produzione di energia fotovoltaica su tettoie e pergole che siano pertinenze di unità immobiliari residenziali nel rispetto dei diritti dei terzi ed equiparandoli a quelli su edificio;
a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte ad applicare, agli impianti menzionati, anche le disposizioni previste per le tecnologie innovative.
9/4829-A/11.Grimaldi, Iapicca, Terranova, Fallica, Stagno D'Alcontres, Miccichè, Pugliese, Soglia.

La Camera,
premesso che:
la situazione di crisi generale del Paese richiede interventi strutturali urgenti, da attuarsi anche attraverso le nuove norme di revisione del sistema pensionistico contenute nel decreto-legge in esame, che modificano, tra l'altro, i requisiti contributivi ed anagrafici per l'accesso al pensionamento;
nelle osservazioni contenute nel parere parlamentare espresso alle Commissioni di merito dalla XI Commissione Lavoro della Camera sul decreto-legge citato, si invitano le stesse a valutare - in relazione all'impatto che gli interventi in materia previdenziale determinano sui requisiti per l'accesso alla pensione - l'opportunità di «prevedere criteri di gradualità...nell'applicazione del nuovo regime»;
il nuovo regime si applica anche alle prestazioni erogate ai familiari delle vittime del terrorismo, della criminalità organizzata e delle vittime del dovere e, per la loro particolare natura e finalità risarcitoria, richiederebbe una gradualità di applicazione, con particolare attenzione al rispetto dei benefici riconosciuti,

impegna il Governo

a coordinare la nuova normativa previdenziale di cui al decreto-legge in esame 2011 ridefinendo, con criteri di proporzionalità, il mantenimento dei benefici in favore delle vittime del terrorismo nell'ambito dei nuovi requisiti anagrafici e contributivi stabiliti dal decreto-legge citato.
9/4829-A/12.Saltamartini, Cazzola, Rossa.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del presente provvedimento prevede la detrazione IRPEF del 36 per cento per le spese di ristrutturazione edilizie sostenute per un importo non superiore a 48.000 euro ad unità immobiliare anche per le spese conseguenti a calamità naturali in aree ove è stato dichiarato lo stato d'emergenza,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune iniziative atte a estendere tale beneficio oltre i 48.000 euro per i soggetti che hanno subito danni da eventi alluvionali e sismici.
9/4829-A/13.Stagno D'Alcontres, Fallica, Pugliese, Grimaldi, Terranova, Soglia, Iapicca.

La Camera,
premesso che:
l'attività delle principali Agenzie di rating statunitensi incide negativamente, nella maggior parte dei casi senza sicuro fondamento, sulle aziende di credito europee ed anche sulla valutazione dei debiti sovrani dei Paesi dell'Unione europea;
le Agenzie di rating lavorano sovente in modo non trasparente e sono caratterizzate da vistosi e imperdonabili errori di valutazione quale, ad esempio, il mantenimento della tripla A, praticamente fino all'ultimo, alla Lehman Brothers;
le suddette Agenzie non valutano, con ogni evidenza, con lo stesso metro di giudizio i debiti sovrani europei e quello statunitense;
in sede comunitaria si è dibattuto senza risultati conclusivi, su una regolamentazione delle Agenzie di rating, per le attività svolte nel territorio dell'Unione,

impegna il Governo

a intraprendere ogni possibile azione in sede di Unione europea perché si addivenga in tempi strettissimi ad una regolamentazione delle attività delle Agenzie di rating nell'Unione europea, assicurando trasparenza e standardizzazione dei criteri di valutazione.
9/4829-A/14.Gava, Mistrello Destro.

La Camera,
premesso che:
la convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di Produzione S.p.a., stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224, ha permesso, in tutti questi anni, la trasmissione attraverso le frequenze di Radio Radicale, delle sedute del Parlamento, svolgendo in questo modo un vero e proprio ruolo di servizio pubblico;
tale convenzione, negli anni, è stata più volte prorogata al fine di poter continuare a usufruire di questo servizio;
non sono previsti, all'interno della manovra al nostro esame, stanziamenti volti a prorogare la convenzione, mettendo così a rischio la continuazione delle trasmissioni dei lavori parlamentari,

impegna il Governo

a provvedere, entro la fine del 2011, alla proroga della convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione S.p.a., per gli anni 2012, 2013, 2014, stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224, individuando, allo scopo, le risorse necessarie quantificate in 10,2 milioni di euro per ciascuno dei suddetti anni.
9/4829-A/15.Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
gli impegni a raggiungere nel 2020 valori minimi di penetrazione di fonti rinnovabili, riduzione delle emissioni-serra ed efficienza energetica richiedono crescente supporto ma già oggi gravano sulle bollette energetiche in modo pesante pur senza disincentivare in modo specifico i consumi energetici meno sostenibili;
un'alternativa almeno parziale ai sussidi alle fonti energetiche sostenibili sono forme di tassazione di natura ambientale le quali possono fornire disincentivi ai consumi energetici meno sostenibili (per esempio non rinnovabili o con maggiori emissioni-serra o con maggiore produzione di rifiuti) avvantaggiando di conseguenza le filiere rinnovabili o a minor impatto ambientale;
nel nostro Paese, i settori esclusi dall'Ets emettono 330 milioni e 450mila tonnellate di CO2, il 50 per cento in più rispetto ai settori soggetti all'Emission Trading Scheme (220 milioni e 300mila tonnellate) secondo una stima della società di consulenza Althesys;
il 13 aprile 2011 la Commissione UE ha emanato una proposta (COM2011-169) di revisione della Direttiva 96/03/CE che attualmente regola l'ammontare minimo delle accise sui prodotti energetici. Tale proposta reca da un lato norme per l'omogeneizzazione dell'ammontare minimo di accisa basandolo sull'effettivo contenuto energetico, dall'altro introduce una nuova componente legata alle emissioni convenzionali di CO2, parametrata su un valore di 20-/T. La relazione introduttiva della Commissione, in linea con la proposta radicale, auspica che il maggior gettito delle accise sia utilizzato per ridurre i contributi sociali sul lavoro a carico delle imprese, al fine di aumentare il potenziale di crescita economica delle nuove misure;
il gettito di una simile imposta supererebbe i 3 miliardi annui iniziali e se, crescendo progressivamente nel tempo, raggiungesse i livelli della Svezia, potrebbe rendere allo Stato 35 miliardi di euro annui (stime Althesys);
le agevolazioni sulle accise, in gran parte relative al consumo di combustibili fossili, gravano per oltre 3,5 miliardi di euro, violando i principi del libero mercato e contribuendo a sostenere settori che inquinano;
le politiche fiscali continuano a trascurare le grandi potenzialità fiscali che ha l'ambiente,

impegna il Governo

a tenere anche in considerazione gli effetti ambientali delle nuove norme in materia fiscale;
a rivedere le componenti aggiuntive delle accise sui prodotti energetici in modo da valorizzarne l'impatto in termini di emissioni-serra rispetto al consumo di combustibili non rinnovabili e non già gravati dall'«emission trading system»;
ad assicurare l'utilizzo del maggior gettito della misura di cui al punto precedente per finanziare l'alleggerimento degli oneri fiscali sui redditi da lavoro, in modo da implicare, almeno per consumatori di reddito basso e medio, la possibilità di aumentare il proprio reddito disponibile attraverso una rimodulazione dei consumi energetici;
a valutare l'introduzione di altre tasse sull'emissione di sostanze inquinanti (S02, NOX eccetera); rivedere, per abolirle, le agevolazioni sulle accise a partire da quelle sui combustibili.
9/4829-A/16.Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
per l'effettivo rilancio del Paese e il superamento della difficile congiuntura in cui esso si trova sarebbero necessari interventi di largo respiro in grado di superare le strutturali debolezze del sistema italiano procedendo verso una riforma di quegli istituti che rallentano o rendono difficoltosa la ripresa;
uno degli elementi che possono favorirla è senza dubbio il buon funzionamento del sistema giudiziario che, oltre ad essere la risposta primaria alla domanda di giustizia dei cittadini, costituisce indispensabile condizione di promozione e garanzia del funzionamento del sistema economico e sociale nel suo complesso;
esiste pertanto l'esigenza di ridurre la spesa pubblica e sussistono ragioni per una migliore organizzazione del servizio di giustizia;
nel corso degli ultimi anni il sistema giudiziario è entrato in una evidente crisi produttiva, numericamente valutabile anno dopo anno dalle impietose statistiche di durata media dei procedimenti;
si rendono quindi necessari degli interventi anche alla luce del pregiudizio per la finanza pubblica conseguente all'incremento degli esborsi subiti per la violazione del principio costituzionale di ragionevole durata del processo e delle connesse infrazioni degli obblighi assunti in sede comunitaria;
la situazione di crisi in cui versa il sistema giudiziario non può protrarsi ulteriormente nel tempo, visto che lo stallo della giustizia civile contribuisce in modo determinante ad impedire la crescita economica del Paese;
una giustizia civile lenta e poco affidabile concorre infatti alla mancata crescita delle aziende italiane;
l'efficienza del sistema giustizia è essenziale infatti per lo sviluppo della nazione, atteso che, attualmente, esso rappresenta un costo come l'1 per cento del PIL e che l'ex Governatore della Banca d'Italia, in una sua recente relazione, individua il miglioramento dell'efficienza del nostro apparato giudiziario tra le otto priorità per favorire la ripresa economica in Italia;
va osservato che secondo gli ultimi dati della Cepej la durata dei processi ordinari in primo grado supera i mille giorni, collocando l'Italia al 157esimo posto su 183 paesi nelle graduatorie della Banca Mondiale;
nella relazione presentata alla Camera dei deputati il 27 gennaio 2009, l'allora Ministro della Giustizia, Angelino Alfano ha testualmente riferito alle Camere quanto segue: «Quello che di impressionante vi è da sottolineare immediatamente all'attenzione di tutti voi è la mole dei procedimenti pendenti, cioè, detto in termini più diretti, dell'arretrato o meglio ancora del debito giudiziario che lo Stato ha nei confronti dei cittadini: 5 milioni 425mila i procedimenti civili, 3 milioni 262mila quelli penali. Ma il vero dramma è che il sistema non solo non riesce a smaltire questo spaventoso arretrato, ma arranca faticosamente, senza riuscire neppure ad eliminare un numero pari ai sopravvenuti, così alimentando ulteriormente il deficit di efficienza del sistema»;
molteplici e concomitanti possono essere considerate le cause della crisi della giustizia: farraginosità del sistema procedurale, insufficienza delle risorse soggettive e materiali, non da ultimo la mancata piena attuazione del processo telematico il quale, per poter funzionare, oltre al potenziamento degli strumenti informatici, richiede anche investimenti in apparecchiature e in riqualificazione del personale addetto agli uffici;
la situazione di grave crisi e sfascio in cui versa il nostro apparato giudiziario incide pesantemente sulla sua appendice ultima, quella carceraria: il numero elevato ed in costante crescita della popolazione detenuta, che ammonta a circa 68.000 unità, a fronte di una capienza regolamentare di 45.647 posti, produce un sovraffollamento insostenibile delle nostre strutture penitenziarie;
i nostri istituti di pena stanno affrontando una fase di profonda regressione perché «affogati» e privi di funzionalità a causa dell'aumento di misure contraddittorie ed incontrollabili nell'ambito dell'esecuzione pena e del sistema penitenziario;
in tale contesto si registra, inoltre, una gravissima carenza organica del Corpo di polizia penitenziaria per circa 7.500 unità; situazione che riguarda anche il personale addetto al trattamento e alla rieducazione dei detenuti; basti pensare che dei 37.000 agenti in organico, solo 18.000 prestano servizio effettivo dentro le strutture;
il sovraffollamento, la mancanza di spazi, l'inadeguatezza delle strutture carcerarie, la carenza degli organici e del personale civile, lo stato di sofferenza in cui versa la sanità all'interno delle carceri, tutto ciò provoca una situazione contraria ai principi costituzionali ed alle norme del regolamento penitenziario impedendo il trattamento rieducativo e minando l'equilibrio psico-fisico dei detenuti, con incremento, negli ultimi due anni, dei suicidi e di gravi malattie; ed invero il sovraffollamento ha effetti dirompenti, tra l'altro, proprio sulle condizioni di salute dei reclusi, ai quali non vengono garantite le più elementari norme igieniche e sanitarie, atteso che gli stessi sono costretti a vivere in uno spazio che non corrisponde a quello minimo vitale, con una riduzione della mobilità che è causa di patologie specifiche;
il sovraffollamento rischia di assumere dimensioni tali da creare addirittura problemi di ordine pubblico; in questa situazione di emergenza la funzione rieducativa e riabilitativa della pena è venuta meno; il rapporto numerico tra detenuti ed educatori e assistenti sociali ha frustrato ogni possibile serio tentativo di intraprendere e seguire, per la maggior parte dei reclusi, percorsi individualizzati così come previsto dall'ordinamento penitenziario. Tutto ciò rappresenta innanzitutto una questione di legalità perché nulla è più disastroso che far vivere chi non ha recepito il senso di legalità - avendo commesso reati - in una situazione di palese non corrispondenza tra quanto normativamente definito e quanto viene attuato in pratica ed è quotidianamente vissuto dagli operatori del settore e dai detenuti stessi;
il cosiddetto Piano carceri per il 2010 rimane in gran parte inattuato: il primo pilastro del piano, relativo agli interventi di edilizia penitenziaria per la costruzione di nuovi padiglioni e di istituti necessari ad aggiungere oltre 20.000 posti alla dotazione disponibile, è molto lontano dall'essere realizzato: come ammesso dalla stessa amministrazione penitenziaria solamente per la creazione di 10.806 nuovi posti ci sarebbe una adeguata copertura finanziaria, senza però considerare i costi per il personale da assumere per le nuove strutture, la gestione quotidiana delle carceri, per non parlare dell'eventuale costo del lavoro dei detenuti. Si punta tutto sulla realizzazione di nuovi padiglioni da costruirsi all'interno delle mura di cinta di istituti penitenziari già esistenti occupando, quindi, spazi oggi a disposizione del personale penitenziario o della popolazione detenuta per attività sportive o ricreative che si tengono all'aperto, attività essenziali ad assicurare quel minimo di vivibilità delle attuali strutture;
non si è ancora proceduto alle 2.000 assunzioni (poi diventate 1.600) di nuovi agenti di polizia penitenziaria che avrebbero dovuto costituire il terzo pilastro del piano: l'articolo 4 della legge 26 novembre 2010, n. 199, che avrebbe dovuto permetterle, non ha ancora una copertura finanziaria e l'amministrazione non può dunque procedere;
l'attuale situazione di profonda e devastante illegalità in cui versano il nostro sistema giudiziario e penitenziario non possono essere affrontate con misure sul fronte dell'edilizia penitenziaria o della depenalizzazione dei reati minori o del potenziamento delle misure alternative, se le stesse non saranno precedute da provvedimenti quali l'amnistia e l'indulto, i quali avrebbero il pregio di riattivare immediatamente i meccanismi giudiziari ormai prossimi al collasso, evitando una dissennata lotta contro la prescrizione incombente, consentendo così al nostro Stato di rientrare nella legalità e di ricondurre il sistema carcerario a forme più umane, il che faciliterebbe l'avvio di quelle riforme strutturali e funzionali della Giustizia capaci di impedire il rapido ritorno alla situazione attuale;
l'amnistia e l'indulto, quindi, non rappresentano soltanto una risposta d'eccezione ed umanitaria al dramma della condizione carceraria, ma costituiscono la premessa indispensabile per l'avvio e l'approvazione di riforme strutturali relative al sistema delle pene, alla loro esecuzione e più in generale all'amministrazione della giustizia. Inoltre la loro approvazione è necessaria per ricondurre entro numeri sostenibili il carico dei procedimenti penali nonché per sgravare il carico umano che soffre in tutte le sue componenti (detenuti, personale amministrativo e di custodia) la condizione disastrosa delle prigioni, perché nessuna giustizia e nessuna certezza della pena possono essere assicurate se uno Stato per primo non rispetta la propria legalità ed è impossibilitato a garantire la certezza del diritto,

impegna il Governo

ad indicare chiaramente le riforme possibili, le priorità ed i tempi di realizzazione con riferimento alle problematiche di cui in premessa;
a prevedere scadenze certe, rapide ed improrogabili entro le quali dimezzare il numero dei procedimenti penali pendenti e ricondurre il numero dei detenuti all'interno della capienza regolamentare dei nostri istituti di pena, presentendo a tale scopo, e quindi in tempi rapidi, una proposta di legge volta a varare un ampio provvedimento di amnistia e di indulto, ciò al fine di facilitare l'avvio di quelle riforme strutturali e funzionali della Giustizia e di liberare le necessarie risorse umane e finanziarie capaci di impedire il rapido ritorno alla situazione attuale;
a reperire le necessarie risorse finanziarie per l'edilizia penitenziaria, prevedendo l'ampliamento e l'ammodernamento delle strutture esistenti con piena trasparenza e nel rispetto delle normative comunitarie, assicurando l'attuazione dei piani e dei programmi a tal fine previsti da precedenti leggi finanziarie, anziché a fare ricorso soltanto a procedure straordinarie in deroga alla normativa sugli appalti di lavori pubblici;
a riavviare il confronto con le rappresentanze sindacali del personale amministrativo e dirigenziale al fine di un confronto concreto e costruttivo sulle problematiche del settore carcerario e degli operatori; a convocare, parimenti, i sindacati di polizia penitenziaria e le rappresentanze di tutto il personale penitenziario compreso quello dell'area educativa, ed a reperire adeguate risorse per consentire di colmare la grave e perdurante scopertura di organico del personale;
ad informare il Parlamento sui lavori e i risultati del gruppo istituito con il precipuo compito di elaborare proposte di possibili interventi normativi finalizzati a ridurre il sovraffollamento carcerario;
a ridurre la durata delle controversie civili di almeno il 20 per cento in tre anni contrastando la litigiosità e prevenendo il contenzioso anche attraverso l'istituzione di una banca dati centralizzata per le statistiche civili e fallimentari e l'introduzione di incentivi per gli uffici virtuosi;
a stanziare - previa revisione delle circoscrizioni giudiziarie, la quale appare sempre più necessaria per una effettiva razionalizzazione del cosiddetto «servizio giustizia» - le risorse adeguate per la piena realizzazione del processo telematico, quale strumento indispensabile ai fini della riduzione dei tempi del processo e del complessivo miglioramento della qualità dell'amministrazione della giustizia, non solo in sede civile ma anche in sede penale.
9/4829-A/17.Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
in base all'articolo 1 della legge 9 novembre 1999, n. 418, ai Ministri ed ai Sottosegretari di Stato che non siano parlamentari è corrisposta una indennità pari a quella spettante ai membri del Parlamento, che si cumula al trattamento economico stipendiale spettante ai Ministri ed ai Sottosegretari di Stato;
la situazione della finanza pubblica nel nostro Paese è estremamente grave e tale da indurre sacrifici dolorosi a tutti i cittadini, compresi quelli a reddito medio-basso;
sottolineata la necessità di estendere a tutti i livelli i principi di rigore e risparmio contenuti nel provvedimento al nostro esame,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative volte a modificare le norme citate in premessa al fine di disporre per i propri componenti il divieto di cumulo fra l'indennità equiparata a quella parlamentare e il trattamento stipendiale di membri di Governo.
9/4829-A/18.Mussolini.

La Camera,
premesso che:
la liberalizzazione regolata del settore dell'autotrasporto è stata realizzata con legge delega n. 32 del 2005;
con decreti delegati e successive modifiche, il Parlamento, anche per ridurre la mortalità sul lavoro delle attività di trasporto che è circa il 30 per cento, ha inteso rafforzare le norme ed i principi che assicurino il rispetto delle normative sulla sicurezza sociale e della circolazione;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dando attuazione alle norme di legge, ha indicato i costi della sicurezza derivanti dal rispetto delle norme previste dalle leggi vigenti;
l'obiettivo di dare tracciabilità e trasparenza alle operazioni di trasporto è stato anche inserito nel protocollo di legalità, sottoscritto dalla Confcommercio/Conftrasporto e dal Ministero dell'interno al fine di rafforzare la lotta contro la malavita organizzata;
il mancato rispetto dei costi della sicurezza è tra gli indicatori riconosciuti idonei per disporre, a seguito di violazioni constatate dalle competenti autorità, controlli mirati;
nel decreto-legge in esame si provvede ad abrogare le disposizioni che prevedono l'indicazione di «prezzi o tariffe» in materia di trasporto,

impegna il Governo

ad evitare che i principi del libero mercato siano vanificati mantenendo invece in essere solo le disposizioni che consentono il riconoscimento dei costi incomprimibili della sicurezza, secondo le procedure previste dalle vigenti disposizioni.
9/4829-A/19.Biasotti, Garofalo.

La Camera,
visto l'articolo 99 della Costituzione;
vista la legge 30 dicembre 1986, n. 936, e successive modificazioni, in particolare gli articoli 5, 20, 22 e 23, comma 7;
visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in particolare gli articoli 4, commi 2 e 3, 5, comma 2, 14, 15, comma 5, e 70, comma 4;
visto il proprio ordine del giorno n. 9/4612/1, discusso nella seduta n. 518 del 14 settembre 2011 ed accolto dal Governo;
visto l'articolo 23, comma 8, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, nella parte in cui menziona il Segretario generale del CNEL in relazione alla composizione dell'Organo di rilevanza costituzionale;
visto il parere reso in data 7 dicembre 2011 dalla Commissione affari costituzionali alle Commissioni riunite Bilancio e Finanze in ordine al disegno di legge in esame;
premesso che:
il principio generale dell'ordinamento, in quanto tale incondizionatamente applicabile anche agli Organi di rilevanza costituzionale, di separazione tra le funzioni di indirizzo politico e controllo del risultati, spettanti agli organi di governo, e le funzioni di gestione amministrativo-contabile delle risorse, spettanti alla dirigenza, impone il divieto di commistione, a qualsiasi titolo, fra tali funzioni;
per rafforzare il medesimo principio generale dell'ordinamento, nel pieno rispetto della giurisprudenza costituzionale in materia, occorre regolare il rapporto tra gli organi politici di vertice e i titolari degli incarichi direttivi apicali, in modo da garantire la piena e coerente attuazione dell'indirizzo politico in ambito amministrativo;
la citata menzione del Segretario generale in relazione alla composizione del CNEL non può che avere l'esclusiva funzione di ribadire la coesistenza - al fianco della componente elettiva dell'Organo di rilevanza costituzionale, al cui vertice si pone il Presidente - di una componente tecnocratica, al cui vertice si pone il Segretario generale, punto di collegamento e raccordo fra le due componenti stesse;
il criterio applicativo individuato dal citato articolo 15, comma 5, per la chiara distinzione delle funzioni intestate agli organi politici di vertice ovvero ai titolari degli incarichi direttivi apicali, estensibile anche al CNEL per assimilazione agli altri due Organi ausiliari di rilevanza costituzionale, impone al Governo, nonché al Presidente e al Segretario generale del CNEL medesimo, l'adozione di ogni iniziativa tesa alla piena ed incondizionata applicazione del citato principio generale dell'ordinamento, tenuto conto che il regolamento interno previsto dall'indicato articolo 20 può disciplinare soltanto «l'attività del Consiglio», cioè dell'insieme di tutti gli organi collegiali (assemblea, ufficio di presidenza, commissione speciale per l'informazione e quattro commissioni istruttorie) in cui si articola la componente elettiva, non anche l'organizzazione e il funzionamento del Segretariato generale,

impegna il Governo

ad interpretare nel senso sopra esposto la citata disposizione di cui all'articolo 23, comma 8, del decreto-legge in esame, provvedendo ad adottare una specifica regolamentazione della materia ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentiti il Presidente e il Segretario generale del CNEL, al fine di garantire la piena e coerente attuazione dell'indirizzo politico in ambito amministrativo, nonché per ispirare la gestione delle relative risorse ai canoni dell'efficienza, dell'efficacia e dell'economicità.
9/4829-A/20.Bruno.

La Camera,
premesso che:
al fine di contenere la spesa di parte corrente, la precedente manovra approvata dal Governo ha previsto l'applicazione della procedura dello spending review, misura necessaria per individuare e selezionare le spese eliminabili in quanto destinate alla concessione di sussidi, contributi e sostegni a enti con un limitato o nullo impatto sui consumi e sugli investimenti;
la spesa corrente negli ultimi tre anni è aumentata di circa il 34 per cento ed è complessivamente arrivata al livello record pari al 52 per cento sul PIL. Valutazioni attendibili e prudenti consentono di stimare che, su una spesa pubblica complessiva di parte corrente di più di 500 miliardi di euro, si possa realizzare un risparmio annuale pari al 2 per cento (10 miliardi);
il contenimento, e specie la capacità di mettere sotto controllo la spesa di parte corrente, è tra le misure maggiormente apprezzate dai mercati finanziari, oltre che dalle istituzioni europee e internazionali, a dimostrazione della capacità e della volontà dello Stato di ridurre la spesa improduttiva. Ha quindi un ruolo importante per recuperare la credibilità internazionale del Paese recuperando fiducia sulle sue capacità e sulla concretezza di azioni mirate alla riduzione del debito,

impegna il Governo

a presentare una relazione periodica al Parlamento, con scadenza mensile, in cui si evidenzino le voci di spesa selezionate dalla commissione di spending review quindi eliminate dal bilancio pubblico.
9/4829-A/21.Perina, Buonfiglio.

La Camera,
premesso che:
il Governo si è impegnato a colpire l'evasione fiscale che si manifesta sia nella patologica diffusione dell'economia sommersa in Italia ma anche nell'esportazione illegale di capitali. Il fenomeno è particolarmente significativo e va accentuandosi in periodi come quelli attuali in cui la crisi economica colpisce in particolare il nostro Paese obbligandolo ad attuare drastiche misure fiscali che finiscono per alimentare la fuga di capitali all'estero;
secondo stime attendibili il valore dei capitali italiani in Svizzera supererebbe i 150 miliardi di euro. Un accordo fiscale con la Confederazione Elvetica consentirebbe di applicare una tassazione progressiva tra il 15 e il 35 per cento realizzando un importante gettito, stimabile in almeno 30 miliardi;
la sottoscrizione dell'accordo fiscale persegue un obiettivo pragmatico volto a colpire patrimoni illegalmente esportati e che sfuggono ad ogni forma di tassazione. Quindi, oltre a rappresentare una misura di equità fiscale, rappresenterebbe un forte disincentivo alla fuga di capitali verso una meta facile e affidabile come la Svizzera. Una proposta di accordo tra Italia e Svizzera è stata promossa dal precedente Governo ed è all'attenzione dei reciproci uffici governativi;
peraltro altri Paesi europei hanno già sottoscritto un accordo fiscale con la Svizzera superando demagogie e inutili spinte dilatatorie,

impegna il Governo

a sottoscrivere l'accordo fiscale con la Svizzera per sottoporre a tassazione progressiva i capitali di origine italiana esportati, definendo le aliquote e la tempistica.
9/4829-A/22.Urso, Buonfiglio, Ronchi, Scalia.

La Camera,
premesso che:
l'intervento programmatico del Presidente del Consiglio dei ministri inserisce le liberalizzazioni tra le priorità di questo esecutivo, così come richieste anche dalla lettera della BCE e dai vari interventi dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, e che tali liberalizzazioni possono essere realizzate con misure per la crescita e per lo sviluppo di cui tanto bisogno ha il Paese;
secondo l'ultimo rapporto del Censis il mondo delle professioni non regolamentate è attualmente rappresentato in Italia da 3,5 milioni di lavoratori che esercitano attività professionali non organizzate in ordini o collegi e che contribuiscono in maniera considerevole allo sviluppo economico del Paese. Tali professioni sono espressioni di un contesto dinamico in espansione, frutto del costante adeguamento alle esigenze mutevoli del mercato e al progresso scientifico e tecnologico e nel quale il numero degli occupati è destinato a crescere ancora di più nei prossimi anni. Il principio della libera iniziativa economica privata è strettamente connesso al principio della libertà professionale, che ha ricevuto conferma nell'articolo 15 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Dalla configurazione di questi principi discendono diverse conseguenze: innanzitutto, un professionista è libero di scegliere l'attività che intende svolgere; in secondo luogo, i poteri pubblici hanno l'obbligo di garantire l'effettivo esercizio di tale libertà, rimuovendo gli ostacoli che vi si frappongono. La necessità di aprire il mercato delle professioni ad attività non riconosciute e non regolamentate risponde anche all'esigenza che i nostri professionisti non vengano sopraffatti dalla concorrenza proveniente da altri Paesi europei. Da ciò si comprende l'urgenza di una regolamentazione chiara che organizzi il settore, poiché la protratta mancanza di regole sarebbe causa della riduzione di una delle risorse fondamentali per la crescita del nostro Paese;
la X Commissione Attività Produttive ha all'esame un testo intitolato «Disposizioni in materia di professioni non organizzate in ordini o collegi», approvato a larga maggioranza in data 30 novembre 2011 e inviato alle Commissioni competenti per l'espressione del prescritto parere;
scopo di tali norme è quello di regolamentare l'attività del libero professionista non iscritto in albi o collegi, al fine di tutelare il mercato dei consumatori e di consentire ai medesimi professionisti la possibilità di accedere al mercato europeo, creando così quella crescita e quello sviluppo di cui il Paese ha veramente bisogno;
il disegno di legge prevede inoltre la costituzione di associazioni professionali e delle forme aggregative delle stesse; è previsto anche un sistema di attestazione ai propri iscritti da parte delle associazioni e di organismi accreditati,

impegna il Governo

a operare, per quanto di sua competenza, al fine di favorire una rapida approvazione del testo unificato richiamato in premessa.
9/4829-A/23.Ronchi, Buonfiglio, Scalia, Urso.

La Camera,
premesso che:
il Governo si è impegnato a rilanciare la crescita economica sociale del Paese che, tra le altre necessarie misure, richiede impegni efficaci a favore dei giovani e del Mezzogiorno; è necessario che l'impegno si traduca in atti concreti che possano aver ricadute anche nel breve periodo;
il sostegno ai giovani è motivato dalla valorizzazione di un capitale umano che rappresenta il futuro del Paese e che, se non adeguatamente sostenuto, si disperde creando e amplificando difficoltà sociali e stimolando la fuga verso altre e più promettenti mete. Il fenomeno della disoccupazione giovanile colpisce un giovane su quattro in media nazionale ed è ancora più grave nel Mezzogiorno;
per questi motivi le politiche di rilancio dell'occupazione giovanile si identificano in gran parte con le necessità di rilancio del Mezzogiorno;
le misure adottabili con effetto immediato sono quelle di carattere fiscale e contributivo e possono riguardare:
la sospensione dell'Irap e dei contributi previdenziali sulle assunzioni di giovani fino a 24 anni;
l'introduzione di un'imposta unica pari al 10 per cento del reddito imponibile e per un periodo di 10 anni, comprensiva di ogni prelievo fiscale e previdenziale, sulle imprese create da giovani fino ai 35 anni di età;
la creazione di un fondo di partecipazione al 50 per cento del capitale di rischio delle imprese create da giovani fino ai 35 anni di età;
detassazione degli utili reinvestiti in nuovi investimenti provenienti da qualsiasi impresa nazionale, come misura automatica che stimola efficacemente i nuovi investimenti;
la creazione di cinque zone a burocrazia zero beneficianti di un'imposizione forfettaria ridotta al 15 per cento per un periodo di 10 anni, volte ad attrarre nuovi investimenti esteri, come misura tendente ad attrarre investimenti esteri, il cui flusso è attualmente del tutto marginale al Sud;
sistemi analoghi sono applicati in Francia, con conseguenze molto positive sul mercato del lavoro e sulla mobilitazione delle giovani leve, specie nelle aree svantaggiate del Paese;
le misure hanno il vantaggio di non avere impatto sulla spesa ed anzi di generare anche lievi gettiti aggiuntivi,

impegna il Governo

a prendere atto dell'emergenza di varare misure fiscali a sostegno dei giovani e del Mezzogiorno a dimostrazione degli impegni dichiarati in varie sedi dal Governo.
9/4829-A/24.Scalia, Buonfiglio, Urso, Ronchi.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame reca misure di rango legislativo parlamentare - ancorché assunte in prima battuta con strumenti di decretazione d'urgenza - per conseguire obiettivi di consolidamento della spesa pubblica attraverso l'inasprimento delle aliquote dell'imposta sul valore aggiunto;
prima, il decreto-legge n. 138 del 2011 (successivamente convertito dalla legge n. 148 del 2011) è intervenuto sull'articolo 16, comma 1, del decreto del presidente della Repubblica n. 633 del 1972 innalzando l'aliquota del 20 per cento di un punto percentuale (IVA + 1 per cento) e il decreto-legge in esame ha riproposto un ulteriore innalzamento - questa volta sia della fascia dell'IVA al 10 per cento, che di quella già aumentata al 21 per cento;
il tema degli effetti distorsivi prodotti dal regime dell'IVA applicato agli operatori sanitari in Italia ha trovato ragioni di perplessità interpretativa da parte della Commissione tributaria provinciale di Parma, la quale ha adottato un'ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ponendo a quest'ultima questioni pregiudiziali;
è del tutto evidente come l'effetto distorsivo prodotto dal gravame dell'IVA nelle transazioni commerciali riguardanti l'approvvigionamento dei beni e servizi da parte degli erogatori delle prestazioni sanitarie, i quali, legittimati dal riconosciuto status conseguente all'accreditamento istituzionale, sono di contro chiamati ad erogare prestazioni «...per conto e a carico del Servizio Sanitario Nazionale...» in regime di esenzione della stessa imposta, risulti a seguito degli inasprimenti delle aliquote percentuali determinati, prima decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011 e ora dal decreto-legge in esame, del tutto incompatibile con l'attività d'impresa;
in concreto, l'aggravio nel prossimo biennio di complessivi 3,5 per cento punti percentuali dell'aliquota originaria del 20 per cento e di ulteriori 2,5 per cento punti percentuali di quella stabilita al 10 per cento trasformano l'imposta sul valore aggiunto in un mero costo insostenibile per le imprese del comparto salute, tra l'altro già incise dai profondi ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione,

impegna il Governo

ad intervenire ed emanare apposite disposizioni finalizzate a prevedere che, con riguardo ai beni sottoposti a regime IVA cui sono esposti gli erogatori sanitari che operano per conto e a carico del Servizio sanitario nazionale, sia disposta in favore di tali operatori la totale esenzione per le transazioni commerciali necessarie all'approvvigionamento, ovvero una deducibilità attraverso meccanismi compensativi con altre imposte.
9/4829-A/25.Barani.

La Camera,
premesso che:
il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) del Club Alpino Italiano (CAI) da oltre 50 anni svolge la sua missione istituzionale nel portare soccorso in montagna, in grotta e in ambienti ostili, ovvero in zone impossibili da raggiungere con i normali mezzi di soccorso, portati a termine con riconoscimenti ed encomi in Italia e all'estero;
l'articolo 3 della legge 18 febbraio 1992, n. 162 ha disposto un contributo annuo a carico dello Stato a favore del CAI (Club Alpino Italiano) destinato al pagamento dei premi per l'assicurazione contro i rischi di morte, invalidità permanente e responsabilità civile verso terzi, ivi compresi gli altri soccorritori, dei volontari del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico del CAI che siano impegnati nelle operazioni di soccorso, o nelle esercitazioni, nella misura originaria di 600 milioni di lire annui. La norma prevedeva inoltre un contributo di 300 milioni di lire annui per l'attività di gestione del centro di coordinamento del Corpo stesso;
le risorse sono allocate sul capitolo 866 del bilancio della Presidenza del Consiglio (Dipartimento turismo):
per effetto delle manovre di bilancio disposte negli anni 2009-2010, le risorse stanziate ammontavano nel bilancio di previsione per il 2010 complessivamente a 428.508 euro, di cui 285.672 euro (2/3) per il pagamento del premio sull'assicurazione dei soccorritori;
a seguito degli eventi luttuosi che nel 2009 hanno colpito il CNSAS (decesso di 8 soccorritori, di cui 4 nella caduta ad agosto dell'elicottero «Falco» a Cortina d'Ampezzo (BL) e di altri 4 soccorritori nell'operazione di soccorso post-valanga in Val di Fassa (TN) nel mese di dicembre), l'ammontare del premio da corrispondere all'assicurazione è sensibilmente lievitato;
a tal fine con il decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, all'articolo 5-bis, comma 4, si è provveduto, con un emendamento di iniziativa parlamentare, ad integrare tale contributo di 250.000 euro per l'anno 2010;
nel bilancio di previsione per il 2011 la dotazione complessiva del capitolo 866 è stata indicata in 317.600 euro, di cui 211.733 per l'assicurazione, determinando rispetto all'ammontare delle risorse destinate all'assicurazione nel 2010, pari a 535.672 (285.672+250.000 euro), una riduzione di 323.938 euro, pari al 60,5 per cento;
con le manovre di contenimento della spesa pubblica disposte nell'estate 2011 e da ultimo con la legge di stabilità 2012 (legge n. 183 del 2011) - per l'esercizio 2012 le disponibilità - a giudizio dei proponenti il presente ordine del giorno - dovrebbero evidenziare una riduzione del 38,7 per cento rispetto al 2011, determinando il capitolo 866 in 194.530 euro, di cui euro 130.000 da destinare all'assicurazione dei volontari;
la riduzione della disponibilità di risorse ha superato di gran lunga gli stanziamenti aggiuntivi che la legge n. 119 del 2007 aveva integrato a regime in favore del CNSAS per 500.000 euro (cap. 867) e quelli in favore del CAI per 220.000 euro (cap. 865) aggiuntivi;
il pagamento del premio di assicurazione in favore degli oltre 7.500 componenti del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico del CAI reca un onere che la legge n. 162 del 1992 ha posto a carico del bilancio dello Stato, pur tuttavia le attuali disponibilità di bilancio, a fronte di un premio per l'assicurazione morte e infortuni di 133 euro per volontario (pari a circa 997.500 euro) e di un contributo previsto di 130.000 euro, anche ricorrendo all'aiuto da parte del CAI (anch'esso pesantemente colpito dai tagli), il servizio di soccorso in montagna in zone impervie e ipogee è in queste condizioni non più garantito e garantibile, tutto ciò creando gravi disagi per i frequentatori delle nostre località montane e per le ricadute turistiche e d'immagine delle località turistiche alpine ed appenniniche;
il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico è sezione speciale del Club Alpino Italiano, ente pubblico non economico che rientra nel novero degli enti che incorono nel dettato dell'articolo 22 comma 1, del presente decreto-legge quanto all'obbligo di trasmissione dei bilanci alle amministrazioni vigilanti e al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria dello Stato, entro 10 giorni dalla loro approvazione,

impegna il Governo

a voler considerare, compatibilmente con le risorse disponibili, la possibilità di inserire in un prossimo provvedimento una disposizione volta a reintegrare (o in subordine a ridefinire con adeguatezza al servizio di cui in premessa reso dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico) il contributo dello Stato per il pagamento nel 2012, e anni successivi, del premio dell'assicurazione dei membri del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, servizio universale che diversamente dovrebbe gravare sulla finanza pubblica assai più rilevantemente di quanto comportino i costi di un servizio volontario e sussidiario di alta qualità oggi assicurato e fornito dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) del CAI (Club Alpino Italiano) qualora, in sostituzione, venisse svolto da privati o da organizzazioni pubbliche appartenenti all'amministrazione centrale dello Stato, alle sue amministrazioni decentrate o caricato esclusivamente sulle Regioni.
9/4829-A/26.Quartiani, Froner, Bressa, Strizzolo, Motta, Rossa, Caparini, De Pasquale.

La Camera,
premesso che,
l'Istituto Giannina Gaslini, fondato nel 1938, è ad oggi il più grande ospedale pediatrico del nord Italia, si estende per 73.000 mq, occupa più di 2000 persone, ed è sede di numerose cattedre universitarie di eccellenza tra le quali pediatria, chirurgia pediatrica, psicologia clinica e neuropsichiatria infantile;
i ricoveri medi annui si aggirano attorno alle 50.000 unità, il 45 per cento dei quali proviene da fuori regione ed il 5 per cento è la quota di piccoli pazienti di nazionalità straniera; più di 40.000 sono gli accessi al pronto soccorso;
alcuni mesi fa il precedente Ministro della salute aveva annunciato l'arrivo di un finanziamento di circa 50 milioni di euro per sostenere interventi di riqualificazione e allestimento di nuove strutture al fine di valorizzare al meglio questo riconosciuto polo di eccellenza internazionale nel campo dell'assistenza pediatrica sanitaria;
anche recentemente l'Istituto Gaslini, a differenza di altri pur importanti centri pediatrici di eccellenza, è stato escluso inspiegabilmente da un contributo statale, già annunciato dall'ex Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri,

impegna il Governo

a trovare le risorse per contribuire a sostenere gli interventi di riqualificazione al fine di valorizzare questa importante realtà.
9/4829-A/27.Tullo, Rossa, Cassinelli, Paladini, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede il generalizzato passaggio al contributivo per tutti i lavoratori dipendenti pubblici e privati;
sempre lo stesso decreto posticipa nel tempo la possibilità di accedere al trattamento pensionistico a causa dell'aumento dell'età per maturare il diritto a percepire la pensione;
il decreto in esame prevede la confluenza dell'Inpdap nell'unico fondo pensionistico Inps;
l'Inpdap ha sempre negato, ai dipendenti che ne hanno fatto richiesta, la possibilità di accedere all'anticipo dell'indennità di buonuscita prevista dall'articolo 2120 del codice civile adducendo la motivazione che la norma pare fare riferimento al solo TFR e non ai diversi regimi di trattamento di fine servizio operanti nel servizio del pubblico impiego, quale l'indennità di buona uscita;
la giurisprudenza di merito, invece, ha ritenuto applicabile l'articolo 2120 del codice civile anche ai dipendenti pubblici;
al fine di riconoscere e ripristinare un principio di equità che diversamente continuerebbe a restare irrimediabilmente compromesso, proprio a danno dei lavoratori del pubblico impiego che già sono stati duramente colpiti, anche da precedenti provvedimenti, sia per il blocco degli scatti di anzianità e dei contratti, sia per la reale possibilità di licenziamenti coatti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire, nel primo provvedimento utile, una disposizione la quale preveda che nell'ambito delle disponibilità fissate annualmente dall'istituto di previdenza e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nonché fermo restando le disposizione in tema di posticipo e di rateazione dei trattamenti di fine servizio e di fine rapporto, di cui, rispettivamente, all'articolo 1 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni dalla legge n. 148 del 2011, ed all'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010, l'articolo 2120 del codice civile, dal sesto al decimo comma, si interpreta nel senso che le sue disposizioni sono applicabili anche ai lavoratori dipendenti pubblici che hanno diritto al trattamento di fine servizio o liquidazione dell'indennità di buonuscita.
9/4829-A/28.Coscia, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito della dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, di cui all'articolo 27 del decreto-legge in esame, particolari tutele sono previste per gli immobili pubblici con valenza storico-artistica e architettonica;
in tale ambito preme segnalare l'esistenza di numerosissimi luoghi di culto abbandonati, alcuni di proprietà pubblica o di privati, ma la gran parte appartenente alla Chiesa, nelle sue diverse articolazioni territoriali;
lo stato di degrado dei luoghi un tempo di culto ha ottenuto voce anche sulla stampa. Secondo il quotidiano il Mattino nella sola Napoli sono 250 (su 430 presenti) i luoghi di culto inaccessibili: «oltre ai soffitti crollati, alle infiltrazioni, alla staticità degli edifici compromessa o modificata abusivamente, si denuncia incuria, degrado, abbandono in cui versano edifici religiosi sparsi soprattutto nel centro storico, spesso spogliati non solo delle opere d'arte che accoglievano da secoli ma anche del rispetto e della dignità che spetta ai luoghi di culto»; il numero dei siti in pericolo sale a 500 se si considerano anche le cappelle gentilizie;
ancora peggiore è la situazione delle piccole chiese sparse nelle campagne italiane, oggetto di una sistematica spoliazione che riguarda altari e teche, ma anche pavimenti, mattonelle, tegole e travi;
la tutela e il monitoraggio dei luoghi è spesso affidata a gruppi di volenterosi formati da professionisti, esperti e volontari, che denunziano, oltre alla scarsezza dei mezzi la difficoltà a raccordare tutti gli enti interessati; a Napoli si segnala l'opera meritoria del comitato Portosalvo, che ha inventariato gli edifici di culto in pericolo in tutto l'ambito provinciale; ma esistono anche gruppi diffusi a livello nazionale, che curano studiano e cercano di tutelare i luoghi sacri esposti all'inclemenza del tempo e all'assalto dei vandali;
lo sconcerto è grande quando si rileva dalla stampa che secondo i dati diffusi da Immobiliare.it, sono molte le ex chiese sconsacrate in Italia che sono state messe in vendita, sia ad uso abitativo sia ad uso commerciale. Ad Asti è possibile comprare ad esempio una Chiesa del Settecento in stile Barocco nel centro storico, mentre a Firenze con 780mila euro è in vendita una chiesa di 170 mq nella zona Gareggi; a Olevano Sul Tusciano, in provincia di Salerno, si può acquistare per 90mila euro una chiesa del 1300, con terreno intorno per costruire una villa a due piani. A Vergato è possibile comprare una chiesetta che però è priva di riscaldamento, mentre a Lucca c'è in progetto di trasformare un ex luogo di culto in una villa a due piani con tanto di mansarda e piscina. Infine, a Volterra provincia di Pisa è possibile comprare una chiesa dell'850 per 1.650.000 euro;
giova ricordare che in tale ambito è stata eseguita a livello statale una sola ricerca nell'anno 2003, da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca scientifica che ha accertato come «il riuso degli edifici di culto sconsacrati e dismessi per lo più avviene spesso in maniera poco coerente per l'incapacità delle pubbliche amministrazioni di adibirli a scopi diversi da quelli liturgici originari...»;
nel marzo 2011, in occasione del Giubileo per Napoli il Cardinale Sepe ha avanzato l'ipotesi di offrire i luoghi di culto in stato di abbandono in comodato d'uso a chi voglia restaurarle ed aprirle al pubblico con attività socio-culturali, considerandolo l'unico modo per salvare da degrado, vandali e razziatori d'arte un patrimonio unico al mondo,

impegna il Governo

a prevedere particolari prescrizioni nell'ambito della pianificazione relativa alle dismissioni di quote del patrimonio pubblico di cui all'articolo 27 del decreto in esame, per i beni che siano stati luoghi di culto;
ad introdurre con assoluta urgenza disposizioni specifiche a tutela dei luoghi di culto abbandonati, avviando con la Santa Sede opportune consultazioni per la definizione di regole nazionali per il recupero o il riuso;
a prevedere che le Soprintendenze pianifichino gli opportuni sopralluoghi, anche avvalendosi degli studi e dell'aiuto dei gruppi volontari già esistenti, al fine di mettere in sicurezza le opere d'arte o i reperti di valore storico ancora presenti nei luoghi di culto abbandonati, qualora essi non presentino le adeguate misure di sicurezza o qualora i beni artistici da recuperare siano di rilevanza da consigliarne l'esposizione al pubblico.
9/4829-A/29.Garagnani, Marinello, Pagano, Paroli, Romele.

La Camera,
premesso che:
con la manovra economica dell'estate 2011 è stata introdotta la copertura assicurativa professionale obbligatoria (lettera e) del comma 5 dell'articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n.138, convertito, con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n.148); la norma stabilisce che «il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale; le condizioni generali delle polizze ...possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti...»; la norma prevede un anno di tempo per la messa a regime dell'obbligo; la norma è rafforzata con il provvedimento in esame, nella parte relativa alla responsabilità dei professionisti;
la decisione, condivisibile in linea di principio, sta esasperando le tensioni tra operatori sanitari e compagnie assicurative, grazie anche alla totale assenza, diversamente da altri paesi europei, di una strategia nazionale e politica di approccio al problema con conseguenze economiche crescenti ed inevitabili. È frequente il caso in cui le compagnie disdettano il professionista alla prima denuncia, senza attendere l'eventuale esito positivo dell'iter di risarcimento. Talune categorie di medici (chirurgia, ostetricia, medicina estetica) hanno già difficoltà a trovare una compagnia che li assicuri. L'assenza di linee guida istituzionali ha posto le compagnie assicurative, nella posizione di contraente forte, posizione rafforzata dall'obbligo di copertura assicurativa professionale appena introdotto;
a fronte dell'esplosione dei costi assicurativi, diverse regioni, Piemonte, Toscana e, da poco, anche la Liguria stanno provvedendo ad autoassicurarsi; l'idea è quella di non stipulare polizze e rimborsare i danni, una volta verificati, pescando direttamente nei propri bilanci; nel 2009 la Toscana spendeva 45 milioni di euro per polizze; nel 2010 ha rimborsato da sola il 50 per cento dei danni da errori medici spendendo 5 milioni;
è opportuno un intervento regolatorio, volto ad impedire l'esplosione degli oneri assicurativi a carico delle strutture sanitarie pubbliche e dei medici privati, con evidenti riflessi a carico dell'utenza,

impegna il Governo

ad introdurre in un prossimo provvedimento:
l'obbligo per le Compagnie di assicurazione di assicurare i professionisti che lo richiedano, secondo il modello e con le modalità dell'RCA Auto, introducendo eventualmente una formula simile a quella del «bonus-malus»;
la previsione che la polizza assicurativa del professionista possa essere disdettata solo quando la responsabilità sia stata effettivamente individuata come tale nelle sedi appropriate;
a redigere, in concorso con l'ANIA, un modello di polizza assicurativa RCT Medici di base, valutando se talune delle clausole oggi introdotte nelle polizze in uso non siano da considerare vessatorie e, in quanto tali, a valutare se non sia opportuno estendere, per motivi di finanza pubblica, la pratica dell'indennizzo diretto già adottata da alcune regioni.
9/4829-A/30.Mario Pepe (Misto-R-A).

La Camera,
premesso che:
il quoziente familiare è un meccanismo fiscale con cui si realizza una situazione di equità orizzontale, cioè un'imposizione fiscale che tenga conto della differente capacità contributiva di famiglie con differente numero di componenti e figli, oltre che di particolari bisogni della famiglia. Il quoziente familiare ha come riferimento di base il reddito familiare e poiché la famiglia è la fondamentale unità decisionale di spesa, oltre che di offerta di lavoro, la politica fiscale è efficace solo se ha come riferimento il reddito familiare. In Italia un meccanismo simile è applicato per l'erogazione di molti servizi pubblici, ma non ai fini di un'equità orizzontale delle imposte dirette;
con l'attuale sistema fiscale esiste un limitato sostegno ai redditi molto bassi, ma non esiste una distinta e identificabile politica familiare, in particolare a favore dei redditi medi, non troppo ricchi ma nemmeno troppo poveri. È evidente perciò l'elevata disuguaglianza economica che l'attuale sistema fiscale provoca. La situazione appare ancora più evidente e grave se si considerano le famiglie monoreddito con coniuge;
la distinzione fra famiglie bireddito e monoreddito rispecchia il grande cambiamento che si è realizzato fra il XX e il XXI secolo: nel XX secolo era ancora dominante la coincidenza tra reddito familiare e salario del singolo percettore (il maschio breadwinner), mentre alla fine del XX secolo e nel XXI secolo il modello familiare è quello di entrambi i coniugi che lavorano. Ciò avviene sia come conseguenza della maggiore offerta di donne sul mercato del lavoro, sia del fatto che il salario familiare non è più sufficiente al mantenimento della famiglia; siamo cioè in presenza di un inadeguato aumento dei livelli salariali. La politica sindacale rischia perciò di camminare un passo indietro rispetto alla storia, quando invece dovrebbe camminare più solidamente su due gambe: quella della contrattazione d'impresa e quella di una politica familiare;
l'aumento della partecipazione delle donne nel mercato del lavoro rappresenta un'onda lunga della storia, che porta in primo piano la necessità di una strutturale conciliazione dei tempi di vita e di lavoro della donna lungo la sua intera vita professionale: ma perché questa si concretizzi è necessario anche un parallelo aumento della domanda da parte delle imprese. Un'indiscriminata agevolazione a favore dell'offerta delle donne potrebbe produrre il paradossale risultato di diminuire o far mancare l'unico reddito disponibile nelle famiglie monoreddito: ma il mercato non può selezionare la sua domanda di lavoro sulla base della dimensione familiare. Ciò che conta è il reddito familiare e la conseguenza di alcune proposte in circolazione sarebbe solo quella di mantenere invariato il reddito familiare, ma costringendo entrambi a lavorare più ore per il mercato anche nel caso delle famiglie bireddito;
è quindi necessaria un'organica e strutturale politica familiare e in questa direzione il modello francese ha dimostrato di funzionare in modo efficace, sia dal lato dell'imposizione fiscale, con il quoziente familiare, sia dal lato degli altri momenti della vita familiare, come quello dell'accoglimento alla nascita, del costo per la cura dei figli, per la loro istruzione, l'acquisto o l'affitto dell'abitazione, la cura di situazioni fisiche particolari. Nel modello francese l'unità di riferimento centrale è il reddito familiare, perché questa è ormai la condizione necessaria per l'efficacia di una politica fiscale e più in generale di welfare, inevitabilmente familiare e centrata sui figli, quando esistono;
non corrisponde ai fatti che il quoziente familiare diminuisce la partecipazione delle donne al mercato del lavoro: la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è stata in tendenziale aumento sia in Italia dove non esiste, sia in Francia, dove invece opera il quoziente familiare, rappresentando un meccanismo fiscale semplice e intuitivo, difeso dall'intera società francese, indipendentemente dalle convinzioni politiche;
il quoziente familiare ha il fondamentale vantaggio di essere automatico, senza dipendere dalla discrezionalità politica: l'automatismo del meccanismo di equità orizzontale deriva dal semplice fatto di dividere il reddito familiare disponibile. Il quoziente protegge perciò, almeno parzialmente, le famiglie dal drenaggio fiscale;
la famiglia italiana è invece ostaggio della discrezionalità politica: un esempio eclatante è il limite di reddito considerato per essere considerato familiare a carico, fermo a 2.841 euro dal 1995, con ciò alimentando il lavoro nero e precario dei giovani che ancora vivono in famiglia. La politica non dà ma prende alla famiglia, come è avvenuto con la manovra sulle aliquote Inps nel 1996 per finanziare la riforma delle pensioni, per un importo, prelevato dalla gestione degli assegni familiari, degli asili e della Gescal, pari a 8,5 miliardi all'anno (a prezzi 2008);
la disuguaglianza d'imposta attualmente esistente fra famiglie con figli e senza figli, famiglie monoreddito o bireddito, è all'origine di un'accentuazione delle disuguaglianza sociali, con ripercussione pervasive sul tenore di vita delle famiglie e dei figli, in particolare quelle monoreddito. A ciò si deve aggiungere come la mancanza di un welfare a favore della famiglia accentui e aggravi il grave fenomeno della precarietà giovanile e pregiudichi le prospettive di crescita e sviluppo del Paese,

impegna il Governo

a introdurre quanto prima il criterio sopraesposto del quoziente familiare in ogni forma di tassazione diretta così da manifestare il primato accordato alla famiglia come «cellula fondamentale» della società;
a stabilire le quote di tassazione delle famiglie adottando come parametro quelle praticate in Francia o comunque non sopra la media dei Paesi europei.
9/4829-A/31.Renato Farina, Lupi, Vignali, Pagano, Cazzola, Gottardo, Mussolini.

La Camera,
premesso che:
in merito alla normativa che viene a cambiare i requisiti di anzianità e vecchiaia per l'accesso alla pensione, permangono una serie di perplessità concernenti la condizione dei lavoratori che hanno sottoscritto accordi individuali aziendali negli anni dal 2009 al 2011 e quindi collocati in mobilità con lo scivolo verso la pensione;
i suddetti lavoratori infatti rischiano oggi di trovarsi in un limbo pericolosissimo e cioè senza sostegno al reddito al termine del periodo di mobilità concordata e senza pensione, non avendo maturato i requisiti mutati in corsa;
si tratta di diverse migliaia di lavoratori, in particolare per quanto riguarda i post telegrafonici;
coloro che si trovano in tale situazione meritano la dovuta attenzione da parte del Governo,

impegna il Governo

ad effettuare entro 30 giorni dall'approvazione del presente decreto il monitoraggio con le organizzazioni sindacali per verificare quanti si trovano nelle condizioni menzionate in premessa e ad individuare misure di sostegno al reddito che consentano al lavoratore di poter raggiungere i requisiti previdenziali previsti per legge o, ove fossero riscontrati numeri che eccedano la quantificazione prevista, studiare provvedimenti di deroga ad hoc.
9/4829-A/32.Burtone, Strizzolo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'approvazione dell'articolo 24 del decreto-legge in esame in materia pensionistica introduce una nuova disposizione nei confronti degli enti di previdenza privata, di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996, che richiede chiarimenti in merito alla applicazione della disposizione richiamata ed un coordinamento della stessa disposizione con le norme in materia previgenti non abrogate;
la riforma generale delle pensioni in corso richiede l'accelerazione del percorso di riforma anche da parte degli enti previdenziali privati, che tenga conto delle diverse dinamiche demografico-professionali, delle riforme già adottate e in corso di adozione e della buona gestione del patrimonio;
l'adozione di nuove riforme richiede nuove proiezioni attuariali e la stima degli effetti delle riforme sulle professioni sul mercato del lavoro e sulle entrate contributive,

impegna il Governo

in sede di applicazione del comma 24 dell'articolo 24, a tener conto: dell'andamento del mercato delle professioni, con particolare riferimento alle dinamiche ed effetti sui giovani professionisti; del fatto che l'equilibrio nei 50 anni di cui all'articolo 24 debba considerare l'andamento tendenziale nel periodo preso a riferimento, descritto nei bilanci tecnici; che vi sono enti che hanno già adottato il sistema contributivo; di tutte le risorse disponibili, in linea con quanto previsto dall'articolo 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007), riguardante la disciplina della sostenibilità degli enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 ed al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, ivi compresi i patrimoni immobiliari e mobiliari, nonché i relativi rendimenti.
9/4829-A/33.Marinello, Lo Presti, Gianni, Germanà, Lisi, Cassinelli, Fontana Gregorio, Cicu, Sisto, Fogliardi, Costa, Rubinato, Iannaccone, Belcastro, Ceroni, Consolo, Strizzolo, Cesario, Garofalo, Gibiino, Gioacchino Alfano, Mazzuca, Barani, De Luca, Pagano, Armosino, Antonio Pepe, Baccini, Torrisi.

La Camera,
premesso che:
l'approvazione dell'articolo 24 del decreto-legge in esame in materia pensionistica introduce una nuova disposizione nei confronti degli enti di previdenza privata, di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996, che richiede chiarimenti in merito alla applicazione della disposizione richiamata ed un coordinamento della stessa disposizione con le norme in materia previgenti non abrogate;
la riforma generale delle pensioni in corso richiede l'accelerazione del percorso di riforma anche da parte degli enti previdenziali privati, che tenga conto delle diverse dinamiche demografico-professionali, delle riforme già adottate e in corso di adozione e della buona gestione del patrimonio;
l'adozione di nuove riforme richiede nuove proiezioni attuariali e la stima degli effetti delle riforme sulle professioni sul mercato del lavoro e sulle entrate contributive,

impegna il Governo

in sede di applicazione del comma 24 dell'articolo 24, a tener conto: dell'andamento del mercato delle professioni, con particolare riferimento alle dinamiche ed effetti sui giovani professionisti; del fatto che l'equilibrio nei 50 anni di cui all'articolo 24 debba considerare l'andamento tendenziale nel periodo preso a riferimento, descritto nei bilanci tecnici; che vi sono enti che hanno già adottato il sistema contributivo; di tutte le risorse disponibili, in linea con quanto previsto dall'articolo 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007), riguardante la disciplina della sostenibilità degli enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 ed al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103.
9/4829-A/33.(Testo modificato nel corso della seduta) Marinello, Lo Presti, Gianni, Germanà, Lisi, Cassinelli, Fontana Gregorio, Cicu, Sisto, Fogliardi, Costa, Rubinato, Iannaccone, Belcastro, Ceroni, Consolo, Strizzolo, Cesario, Garofalo, Gibiino, Gioacchino Alfano, Mazzuca, Barani, De Luca, Pagano, Armosino, Antonio Pepe, Baccini, Torrisi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 23 commi 2-bis e 2-ter ha adeguato, per quanto concerne la Commissione indicata alla lettera e) del comma 1 del medesimo articolo, il quorum necessario per l'adozione delle relative delibere nei casi in cui era espressamente stabilita una maggioranza superiore al numero dei componenti così come fissati dal presente decreto-legge;
in considerazione delle suindicate previsioni è ora necessario, per assicurare la piena osservanza del principio della gerarchia delle fonti, che l'Autorità interessata provveda ad adeguare con l'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, eventuali disposizioni interne non coerenti con le nuove maggioranze richieste ai fini delle relative delibere così come stabilite ai sensi dei suindicati commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 23. Ciò anche allo scopo di evitare che disposizioni di natura secondaria contrastino con la normativa primaria così da mantenere un quadro normativo non omogeneo che rischia di pregiudicare il corretto funzionamento del soggetto interessato,

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare che, con l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, ogni forma di disciplina interna dettata dall'Amministrazione indicata alla lettera e) del comma 1 dell'articolo 23 che risulti in contrasto con il quadro normativo risultante all'esito delle modifiche di cui in premessa, sia adeguata in modo tempestivo alle disposizioni introdotte con il presente decreto-legge all'articolo 23 commi 2-bis e 2-ter, di tal ché sia eliminato ogni eventuale possibile dubbio applicativo nonché ogni possibile forma di contrasto tra legge primaria e normativa di rango secondario.
9/4829-A/34.Bonciani.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 53 della Costituzione impone a tutti di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva;
l'articolo 81 del Trattato sull'Unione europea e del Trattato che istituisce la Comunità europea stabilisce il divieto di aiuti di Stato alle imprese, sotto qualsiasi forma, che favorendone talune falsino o minaccino di falsare la concorrenza;
una consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia UE, come ad esempio la sentenza n. 102 del 1987 e la sentenza n. 298 del 2000, in particolare il punto 49 della stessa, chiarisce che la normativa in materia di aiuti di Stato si applica a qualsiasi soggetto che eserciti un'attività commerciale, indipendentemente dalla natura no-profit o meno di tale soggetto, avallando con ciò l'orientamento consolidato della Commissione dell'Unione europea nell'esercizio dei poteri di controllo sugli aiuti di Stato che le sono attribuiti dall'articolo 88 del Trattato sull'Unione europea e del Trattato che istituisce la Comunità europea;
il requisito per il ripristino di condizioni minime di equità e parità di trattamento è la netta esclusione di qualsiasi beneficio o privilegio fiscale per le attività che abbiano natura commerciale, anche se non in via esclusiva, e qualsiasi sia il settore in cui operano, ripristinando così il criterio di rilievo costituzionale di corretta relazione tra articolazione del prelievo e capacità contributiva,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte ad abrogare ogni norma che preveda esenzioni o riduzioni fiscali e tributarie a favore di qualsiasi soggetto svolgente un'attività commerciale, ancorché il fine di lucro non connoti in modo principale l'attività della persona giuridica beneficiaria dell'esenzione o della riduzione stessa; in particolare, ad abrogare la normativa che consente l'esenzione ICI, la riduzione dell'IRES, dell'IRAP e qualsiasi beneficio fiscale.
9/4829-A/35.Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti, Nucara.

La Camera,
premesso che:
secondo i più recenti dati disponibili, elaborati dalla Banca d'Italia nel 2010, a fine 2009 la ricchezza netta delle famiglie italiane è stimabile in circa 8.600 miliardi. Le attività reali rappresentano il 62,3 per cento della ricchezza, le attività finanziarie il 37,7 per cento e nell'ambito di queste circa il 10 per cento del totale è detenuta in forma liquida o immediatamente liquidabile: si tratta di oltre 850 miliardi di euro;
nel confronto internazionale le famiglie italiane risultano relativamente poco indebitate; l'ammontare dei debiti è pari al 78 per cento del reddito disponibile lordo (in Germania e in Francia esso è circa del 100 per cento, mentre negli Stati Uniti e in Giappone è del 130 per cento);
il patrimonio e il risparmio delle famiglie italiane, dopo essere stati utilizzati in ambito internazionale per sostenere l'affidabilità del Paese, sono ora sotto l'attacco di un fronte trasversale che intende introdurre un'imposizione sul patrimonio; peraltro le varie ipotesi di tassazione vertono tutte sul reperimento di risorse per ridurre lo stock del debito pubblico, mentre invece è necessario incrementare il PIL, la cui crescita significativa di per sé riduce il rapporto e, in via derivata, crea le risorse per ridurre tale stock;
nel corso dell'estate dal fronte cattolico è intervenuta una proposta che evita odiose imposizioni o espropri, ma tuttavia può distribuire lo sforzo economico che il Paese dovrà sostenere per uscire dalla crisi confidando in altri due fattori di eccellenza del sistema Italia: una rete efficiente di medie imprese e banche fortemente radicate sul territorio;
la proposta consiste in una sorta di maxi prestito forzoso pari al 5 per cento della ricchezza liquida delle famiglie (pari quindi ad oltre 40 miliardi di euro) da convogliare attraverso obbligazioni convertibili in 10 anni, collocate con un tasso che copra l'inflazione tramite le banche (soprattutto locali) in direzione del sistema delle piccole e medie imprese in base a proposte fatte dalle locali associazioni degli industriali;
tale strategia garantirebbe nuove risorse per gli investimenti, oggi erogati dalle banche col contagocce, produrrebbe aggressivi piani di crescita, rafforzerebbe l'occupazione e potrebbe fornire la base per raccogliere capitali di rischio anche dall'estero,

impegna il Governo

a valutare la proposta presentata in premessa nell'ambito degli interventi di rilancio dell'economia in corso di definizione.
9/4829-A/36.Pagano, Torrisi, Mantovano.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame intende fornire una risposta attraverso una serie di misure che, oltre a consolidare i conti pubblici, sono finalizzate a rilanciare la crescita dell'economia italiana;
le norme previste all'interno del provvedimento, di carattere ambientale e di tutela del territorio, sono nel complesso eterogenee e di differente coinvolgimento in tema di vigilanza e di regolazione, di competenze e di destinazione di fondi che riguardano gli enti locali, i consorzi e le comunità interessate dalla complessa materia ambientale;
nel corso dell'esame del decreto-legge in Commissione Ambiente, limitatamente alle misure di competenza in materia ambientale e di tutela del territorio, è stato approvato con parere favorevole con condizioni e osservazioni sul medesimo provvedimento, evidenziando tuttavia la necessità di reperire adeguate risorse finanziarie per la prevenzione da rischio idrogeologico, pervenendo al più presto all'istituzione del Fondo nazionale per la prevenzione da rischio idrogeologico e per la messa in sicurezza del territorio nazionale;
la proposta di legge A.C. 4776 recante «Modifica all'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di deroga al patto di stabilità interno, in favore degli enti locali che ne abbiano rispettato le condizioni relativamente all'anno 2011, per la realizzazione di piani per la messa in sicurezza del territorio contro i rischi derivanti dal dissesto idrogeologico» presentata dal sottoscritto, s'inserisce sulle osservazioni suesposte dalla Commissione Ambiente in materia di rischio idrogeologico, ed è rivolta a sostegno degli enti locali, che, in un momento attuale di carattere emergenziale causato dalla crisi economica e finanziaria, non sono in grado di reperire risorse pubbliche sufficienti per la messa in sicurezza del proprio territorio, dai rischi derivanti da eventi climatici quali alluvioni e abbondanti piogge, che attualmente si verificano in maniera eccezionale, provocando morti e depauperamento del territorio, a causa dei vincoli del patto di stabilità interno rigidi e penalizzanti per le stesse amministrazioni locali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un intervento legislativo ad hoc che possa disporre la deroga all'osservanza dei meccanismi previsti ai fini del rispetto del patto di stabilità interno per le province e i comuni con più di 5.000 abitanti, che abbiano rispettato le disposizioni previste dal predetto patto di stabilità interno nell'anno 2011, limitatamente alle spese necessarie per l'attuazione di piani per la messa in sicurezza del proprio territorio contro i rischi derivanti dal dissesto idrogeologico.
9/4829-A/37.Di Cagno Abbrescia, Distaso.

La Camera,
premesso che:
il tema della cooperazione intercomunale per la gestione associata dei servizi e delle funzioni, in via prioritaria attraverso le Unioni di Comuni, rappresenta una concreta occasione di riforma, di razionalizzazione e di crescita a beneficio di tutto il territorio nazionale, in particolare dei piccoli Comuni;
proprio per la rilevanza di tali processi associativi è opportuna una loro razionale definizione e certezza applicativa a cominciare dall'approvazione di una cornice istituzionale adeguata quale è la Carta delle Autonomie;
il quadro normativo attuale si è particolarmente aggravato dal settembre scorso con l'introduzione dell'articolo 16 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, cosiddetta «manovra bis»;
in questi due primi mesi dall'entrata in vigore dell'articolo 16 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, sono centinaia le richieste di assistenza, di chiarimenti, le perplessità e le forti preoccupazioni manifestate dagli amministratori dei piccoli Comuni, sempre più consapevoli degli assai probabili disservizi ed incrementi dei costi cui andrebbero incontro le loro comunità locali qualora si procedesse nei termini indicati dall'articolo 16 che produce effetti negativi anche sulle forme associative già esistenti ed operanti;
l'applicazione dell'articolo 16 già comporta un costo aggiuntivo per il bilancio dello Stato dovuto allo scioglimento di numerose Unioni ed alle consulenze tecniche che i Comuni si trovano costretti a reperire dal mercato,

impegna il Governo

anche in vista delle prossime scadenze già previste per il 31 dicembre 2011, a prorogare nel primo provvedimento utile entro l'anno in corso, le scadenze previste per l'applicazione dell'articolo 16 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011 al fine di risolvere le gravi e complesse questioni applicative.
9/4829-A/38.Sanga, Mariani, Braga, Realacci, Delfino, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
Trenitalia ha recentemente deciso di tagliare collegamenti a lunga percorrenza tra il territorio jonico-salentino e il resto d'Itala;
si tratta di una decisione che penalizzerà pesantemente una popolazione, in particolare quella tarantina, che, per diversi aspetti, vive già in una condizione di marginalità;
il piano predisposto, non solo non tiene conto della specificità della realtà ionico salentina, ma punta unicamente a tagliare le tratte poco redditizie, senza tenere in debito conto il dovere di garantire un adeguato servizio di trasporto ai tanti che usano i treni per recarsi al lavoro e a coloro che versano in condizioni di difficoltà economica;
le popolazioni locali hanno manifestato in vario modo la necessità di ripristinare i due treni notturni Crotone-Milano e Reggio Calabria-Milano, che finora passavano per Taranto, consentendo ai tanti tarantini emigrati al Nord di usufruire di un servizio non eccessivamente dispendioso, considerata l'esosità delle tariffe dell'alta velocità;
il taglio dei treni notturni determinerà una crisi occupazionale per decine di lavoratori pugliesi che, a seguito dei provvedimenti adottati dall'azienda, perderanno il proprio posto di lavoro;
il Mezzogiorno non ha certamente bisogno né di un ulteriore isolamento sul piano dei collegamenti ferroviari, né di ulteriori elementi di fibrillazione sociale che rischiano di aggravare ulteriormente una situazione già particolarmente complessa,

impegna il Governo

ad assumere i necessari provvedimenti per affrontare e risolvere le questioni poste dall'adozione del piano di Trenitalia per il territorio ionico-salentino, intervenendo sul management dell'azienda affinché riveda le decisioni adottate;
a tener in debita considerazione le particolari condizioni nelle quali versano i collegamenti ferroviari delle regioni meridionali e a predisporre delle misure che ne determinino un miglioramento orientandoli alle esigenze dei pendolari.
9/4829-A/39.Belcastro, Iannaccone, Porfidia.

La Camera,
premesso che:
il Governo ha varato una manovra che ha colpito le fasce sociali più deboli del nostro Paese;
a farne le spese saranno i pensionati e le famiglie con redditi bassi che subiranno il blocco della perequazione, la reintroduzione dell'imposta sulle abitazioni, l'aumento dell'accise sui carburanti e, in prospettiva, anche l'aumento dell'Iva;
a subire in maniera più grave la iniquità di queste misure saranno le famiglie del Mezzogiorno che vivono ormai da troppi decenni una condizione di arretratezza economica e sociale;
da quando l'Esecutivo tecnico è in carica la questione meridionale è stata del tutto accantonata;
sarebbe stato equo se le misure varate avessero tenuto in debita considerazione la particolare situazione nella quale versa l'economia delle regioni meridionali;
il Governo precedente aveva varato un piano complessivo di interventi a favore dell'economia meridionale detto Piano per il Sud;
tra le misure varate nel cosiddetto decreto «salva Italia» il Sud è completamente assente e non c'è traccia del Piano varato dal precedente esecutivo,

impegna il Governo

a portare avanti una politica economica capace di coniugare l'esigenza di rigore nella tenuta dei conti pubblici con la necessità di liberare il più possibile risorse da destinare ad interventi infrastrutturali, in particolar modo, nell'area dell'obiettivo 1 (Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna);

a prevedere un regime di fiscalità di vantaggio nelle aree deboli del Paese, in particolare nelle regioni meridionali;

a dare attuazione al Piano per il Sud.
9/4829-A/40.Iannaccone, Belcastro, Porfidia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 41 del provvedimento in esame introduce norme per la realizzazione di opere infrastrutturali di interesse strategico nazionale ed internazionale;
il comma 1 del citato articolo 41, tra i criteri generali atti a individuare l'elenco delle infrastrutture prioritarie, riporta in primo luogo la «coerenza e l'integrazione con le reti europee e territoriali» e lo «stato di avanzamento dell'iter procedurale»;
con l'accordo europeo sulle grandi strade a traffico internazionale, concluso a Ginevra il 15 novembre 1975 e recepito dall'Italia con la legge 29 novembre 1980, la strada di grande comunicazione Grosseto - Fano è stata inserita tra gli itinerari internazionali con la sigla E78. La rilevanza nazionale della strada di grande comunicazione Grosseto - Fano (E78) e la sua validità sono state ripetutamente ribadite dai governi italiani che l'hanno inserita tra le priorità della intera rete italiana. La E78 è presente fra le infrastrutture strategiche individuate dalla delibera Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) numero 121 del 21/12/2001 della «Legge Obiettivo» (Legge 21 dicembre 2001, numero 443);
il 18 novembre 2006 è stato accolto un ordine del giorno alla Legge Finanziaria per il 2007 che impegnava il governo «a considerare nelle priorità nazionali la E78, strada di grande comunicazione Grosseto - Fano, che dovrà trovare inserimento nel documento del Ministero delle Infrastrutture, titolato "Priorità infrastrutturali del Paese", che servirà ad individuare l'elenco delle opere prioritarie da realizzare e che sarà portato alla valutazione ed approvazione della Conferenza Stato - Regioni, in modo da poter finanziare, almeno in parte, l'avanzamento dei lavori e della progettazione della stessa E78»;
l'E78 è stata successivamente inserita nel documento «Priorità infrastrutturali» redatto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti a conclusione della consultazione con le Regioni. L'E78 è stata poi inserita nell'Allegato infrastrutture del Documento di programmazione economica e finanziaria 2008 - 2012; in particolare, è presente nella Tabella B3 «Legge Obiettivo opere in corso con copertura parziale»;
nel mese di gennaio 2010 è stato inoltre firmato a Palazzo Chigi l'atto aggiuntivo all'intesa generale quadro (strumento della Legge obiettivo) tra l'allora governo e la Regione Toscana. A siglare l'intesa furono il Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, il Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Stefania Prestigiacomo, il Ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto, e il presidente della Regione Toscana, Claudio Martini. Tra le opere previste nell'intesa era presente anche il completamento della Grosseto - Fano;
all'interno del tracciato complessivo della E78 riveste particolare interesse il completamento del tratto che collega Siena a Grosseto. Tale infrastruttura riveste una fondamentale rilevanza per la mobilità e lo sviluppo economico, produttivo e sociale dell'intero centro Italia oltre a presentare un consistente stato avanzamento dei lavori;
9 degli 11 lotti in cui è suddivisa la Siena - Firenze sono infatti aperti al traffico (interamente o parzialmente), interessati dai lavori di edificazione o prossimi all'apertura dei cantieri. Nel dettaglio, secondo quanto affermato dallo stesso presidente di Anas, il 5 dicembre scorso in occasione dell'inaugurazione del lotto numero 10, «sono oltre 30 i chilometri complessivamente aperti al pubblico su un totale di circa 63 chilometri del tronco Grosseto - Siena. Nei primi mesi del 2012 si aggiungeranno altri 6,8 chilometri in provincia di Grosseto ed in primavera saranno avviati i cantieri di un lotto di circa 11,5 chilometri»;
i lotti che non sono stati ancora finanziati sono il numero 4 ed il numero 9, nonostante i rispettivi progetti siano stati da tempo approvati da Anas e l'intero tratto sia stato già finanziato per 530 milioni nel Dpef 2006 - 2011. Nello specifico:
il lotto numero 4 («Civitella Marittima - Lanzo», di km 2+840, in provincia di Grosseto), per un importo stimato in circa 100 milioni di euro, la cui progettazione definitiva è stata appaltata dalla Provincia di Siena alla impresa Sintagma S.r.l. Il progetto è attualmente all'attenzione del Cipe dove devono essere aperte le procedure per l'approvazione;
il lotto numero 9 («Ornate - Svincolo di Orgia», di km 11+800, in provincia di Siena), per un importo stimato in circa 145 milioni di euro, la cui progettazione definitiva è stata approvata dal Cipe ed è in attesa di finanziamento;
in questo contesto va inoltre aggiunto che il progetto preliminare del lotto «0» (l'intervento di raddoppio e ammodernamento del tratto che collegherebbe la Siena - Grosseto alla Siena - Bettolle) è stato finanziato dal Comune di Siena e recentemente consegnato ad Anas;
il completamento della Siena - Grosseto ed in particolare il finanziamento dei lotti numero 4 e numero 9 sono stati oggetto, da molti mesi, di numerosi atti di sindacato ispettivo (ultimo in ordine di tempo l'interrogazione numero 5/02415 depositata il 2 febbraio 2010 ed ancora in attesa di risposta);
appare evidente che i ritardi nella realizzazione dei lotti numero 4 e 9, in concomitanza con la progressiva apertura al traffico degli altri tratti, potrebbero causare profondi disagi alla mobilità sull'intera infrastruttura oltre a non valorizzare con efficacia gli investimenti fatti sino ad oggi; risulta inoltre palese, da quanto espresso in precedenza, come lo stato di avanzamento della Siena-Grosseto e la sua rilevanza strategica per la mobilità territoriale, nazionale ed internazionale, rientri pienamente nei parametri presenti nel comma 1 dell'articolo 41 del decreto in esame;
recentemente le Amministrazioni provinciali di Siena e Grosseto hanno inviato una lettera al Ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e dei Trasporti, per porre l'attenzione sul mancato finanziamento dei lotti numero 4 e 9 della Siena - Grosseto e per sollecitare il ministro stesso ad intervenire tempestivamente per risolvere le problematiche ed i disagi connessi ai deficit infrastrutturali che ne conseguono;
in data 6 dicembre 2011 il Cipe «ha preso atto dell'informativa concernente la ricognizione preliminare dei finanziamenti, per un importo complessivo pari a circa 4,8 miliardi di euro, che il Ministro dello Sviluppo economico, infrastrutture e trasporti intende confermare per la realizzazione delle opere ricomprese nel Programma delle Infrastrutture strategiche ai sensi dell'articolo 32, comma 7, del decreto-legge n. 98 del 2011». Il suddetto comma 7 stanzia, nello specifico, finanziamenti per la realizzazione del programma delle infrastrutture strategiche di cui alla Legge 21 dicembre 2001, numero 443 (Legge Obiettivo);
sempre nella stessa delibera Cipe, il Comitato ha approvato l'assegnazione di 598 milioni di euro, a valere sulle risorse del «Fondo infrastrutture ferroviarie e stradali» di cui all'articolo 32, comma 1 del decreto-legge n. 98 del 2011, a favore del Contratto di programma ANAS 2010 e 2011 - Parte investimenti». La Siena - Grosseto, parte integrante della E78, è inserita nel Contratto di Programma Anas fin dal triennio «2003 - 2005»,

impegna il Governo

ad assumere iniziative urgenti al fine di velocizzare l'iter per il completo finanziamento e la realizzazione, per le motivazioni espresse in premessa e quindi coerentemente con i contenuti dell'articolo 41 del decreto-legge in esame e degli indirizzi approvati dal Cipe il 6 dicembre 2011, dei lotti numero 4 e numero 9 della Siena - Grosseto.
9/4829-A/41.Sani, Cenni, Mariani, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 40, comma 1-ter, della legge 15 luglio 2011, n. 111, conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, recante ha previsto la riduzione delle detrazioni fiscali;
l'articolo 18 del decreto-legge 201/2011 che modifica il comma 1-ter dell'articolo 40 della legge 15 luglio 2011, n. 111, introduce una nuova norma che disciplina l'aumento delle aliquote IVA e stabilisce un regime transitorio delle agevolazioni fiscali, incluse le detrazioni per carichi di famiglia, con copertura garantita dalle maggiori entrate provenienti dall'imposta sul valore aggiunto;
la legge delega in materia fiscale comporterà la revisione completa del regime delle imposte sul reddito e delle detrazioni fiscali;
il nuovo regime fiscale e le detrazioni d'imposta, incluse le detrazioni per carichi di famiglia, devono applicarsi anche ai residenti all'estero che producono un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia sia nel periodo transitorio che nel nuovo regime fiscale,

impegna il Governo

a considerare esteso ai residenti all'estero il regime transitorio delle detrazioni fiscali, incluse le detrazioni fiscali per carichi di famiglia;
a superare ogni disparità di trattamento nei confronti dei residenti all'estero che producano un reddito da lavoro dipendente assoggettabile a IRPEF in Italia, quando il sostituto d'imposta è una pubblica amministrazione dello Stato italiano;
a garantire che nella riforma fiscale vengano tutelati i diritti dei residenti all'estero che producono reddito soggetto a imposte sui redditi delle persone fisiche, puntando alla parità di trattamento tra residenti nel territorio italiano e residenti all'estero, sui redditi prodotti in Italia, e prevedendo l'introduzione definitiva e senza limiti temporali di tutte le nuove norme fiscali, anche per i residenti all'estero.
9/4829-A/42.Fedi, Gianni Farina, Garavini, Narducci, Porta, Strizzolo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha introdotto, all'articolo 13, una anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria, con decorrenza 1o gennaio 2012, che ha per presupposto il possesso di immobili in Italia;
dalla nuova imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale si detraggono almeno 200 euro, ferma restando la facoltà dei comuni di stabilire con deliberazione che tale importo possa essere elevato;
la legge 24 marzo 1993 n. 75, recante disposizioni in materia di imposta sui redditi, all'articolo 1, comma 4-ter, stabilisce che per i cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, si considera direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata;
la nuova norma sull'imposta municipale propria non indica in maniera esplicita se la disposizione prevista dalla legge n. 75 del 1993 possa essere ancora considerata vigente e se quindi la nuova detrazione di base sull'imposta sia applicabile anche ai cittadini italiani residenti all'estero possessori di unità immobiliari in Italia,

impegna il Governo

ad assicurare che sia garantita, così come è avvenuto fino ad oggi, anche ai cittadini italiani residenti all'estero proprietari di unità immobiliari in Italia la detrazione di base di 200 euro sull'abitazione posseduta in Italia a patto che essa non sia locata.
9/4829-A/43.Bucchino, Gianni Farina, Fedi, Garavini, Narducci, Porta, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame interviene in materia di editoria, disponendo all'articolo 29, comma 3, la cessazione del sistema di contribuzione di cui alla legge n. 250 del 1990 e successive modificazioni, dal 31-12-2014 con riferimento all'anno 2013, al fine di conseguire risanamento, maggiore rigore nell'accesso alle risorse e risparmi sulla spesa pubblica;
lo stesso decreto, per altro, motiva la misura anche con l'intento di perseguire un servizio informativo più qualificato mediante la ristrutturazione delle aziende, l'innovazione tecnologica del settore e l'informatizzazione della rete distributiva;
tra i destinatari del provvedimento vi sono anche i mezzi di informazione editi e diffusi all'estero, il cui sostegno si giustifica, oltre che per l'attività di servizio che svolgono a favore delle nostre comunità e per l'offerta che rivolgono agli stranieri che manifestano interesse per l'Italia, anche per la promozione e il perfezionamento della lingua italiana, soprattutto a vantaggio delle nuove generazioni di italo discendenti;
l'obiettivo dell'internazionalizzazione del nostro paese non può esaurirsi, come il decreto-legge sembra far supporre, alla commercializzazione dei prodotti e all'informazione a mezzo stampa, ma deve necessariamente estendersi al mezzo radiofonico e televisivo, che ha un'ampiezza di diffusione e una capacità di penetrazione non surrogabili con altri strumenti informativi;
a questo proposito, si fa presente che nella convenzione che la Presidenza del Consiglio ha stipulato con la RAI, si include nella mission di quest'ultima anche la funzione di «promuovere e diffondere la conoscenza della lingua, della cultura e dell'imprenditoria italiana nel mondo, con l'obiettivo di assicurare un adeguato livello di informazione delle comunità italiane all'estero sull'evoluzione della società italiana, nonché consentire ai cittadini italiani residenti all'estero un adeguato accesso all'informazione e alla comunicazione politica»;
nella medesima convenzione, il target di questa offerta informativa viene esplicitamente individuato nelle «comunità italiane residenti all'estero, negli italiani temporaneamente all'estero per motivi di lavoro o i cittadini stranieri di origine italiana, cui vanno aggiunti i cittadini stranieri interessati o interessabili all'Italia ed al suo sistema di valori, cultura, stile di vita, beni artistici e paesaggistici, creatività e prodotti»;
questa funzione, con tutti i limiti di cui pure si è parlato, è stata svolta per anni da RAI International, ribattezzata poi RAI Internazionale, con un'estensione e una qualità della programmazione che tuttavia ha dovuto tenere conto delle risorse destinate dalla RAI a questo settore strategico nell'ambito del budget attribuito dalla Presidenza del Consiglio. Dal 2008 ad oggi, ad esempio, la dotazione assegnata a RAI Internazionale è scesa progressivamente da 35 milioni del 2008 agli attuali 6,5 milioni;
una divaricazione tanto evidente della reale situazione di questa emittente rispetto agli obiettivi di internazionalizzazione avanzati dal decreto-legge andrebbe affrontato seriamente e in tempi brevi, in considerazione del rischio di ledere in modo irreversibile, per mancanza di risorse adeguate, il servizio finora assicurato,

impegna il Governo

a stabilire gli opportuni contatti con il Direttore, il Presidente e il Consiglio di amministrazione della RAI affinché, pur in un quadro di contenimento e razionalizzazione del sostegno pubblico, siano assicurate a Rai Internazionale le risorse indispensabili per la produzione di programmi destinati agli italiani all'estero in modo da assicurare una adeguata e moderna realizzazione della mission ad essa affidata.
9/4829-A/44.Porta, Gianni Farina, Fedi, Garavini, Narducci, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, all'articolo 22, comma 6, istituisce l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, denominata ICE, avente lo scopo di «sviluppare l'internazionalizzare delle imprese italiane, nonché la commercializzazione dei beni e dei servizi italiani nei mercati internazionali, e di promuovere l'immagine del prodotto italiano nel mondo»;
di fronte alla grave crisi produttiva e finanziaria che il nostro Paese attraversa, la ricostituzione dell'ICE e l'impegno di incentivare e sostenere la proiezione dei nostri prodotti nel mercato globale rappresentano scelte strategiche che rispondono non solo alle caratteristiche del nostro sistema produttivo, il cui punto di forza è rappresentato da piccole e medie imprese dotate di elevata capacità di presenza sul mercato internazionale, ma anche all'acuta necessità di allargare e rafforzare la domanda dei prodotti nazionali, anche per favorire i livelli occupazionali;
il nostro Paese ha una peculiarità, di cui non sempre si è dimostrato consapevole e pronto a servirsene, rappresentato dalla rete di italiani di cittadinanza (circa 4,5 milioni) e d'origine (circa 58 milioni) sparsi nel mondo, che sono stati il più articolato, costante ed efficace punto di riferimento per i nostri interessi nazionali e lo sbocco più naturale del «made in Italy»;
un'attività promozionale dell'immagine dell'Italia nel mondo e dell'internazionalizzazione delle nostre imprese risulterebbe parziale e squilibrata se non fosse coordinata con un parallelo impegno di rafforzamento dei rapporti con le nostre comunità all'estero e con la più ampia platea di italiani e di italo-discendenti presenti nelle realtà più importanti del pianeta;
nel corso della presente legislatura le risorse destinate alle politiche per gli italiani all'estero hanno subito una drastica riduzione, che per alcune di esse, come la promozione della lingua e della cultura italiana all'estero, l'assistenza e la previdenza destinate ai nostri connazionali, l'informazione e la comunicazione, è stata nel complesso del 78 per cento, superiore dunque ai tre quarti, con la conseguenza di un azzeramento di fatto degli interventi consolidati in decenni di impegno e di costruzione di positive interrelazioni;
alla riduzione delle risorse finalizzate si è accompagnata la chiusura di alcune decine di consolati, fatta in nome di una nominale «razionalizzazione» della rete, che in realtà ha comportato la contrazione dei servizi e una sensibile diminuzione di terminali operativi del nostro Paese, accolta criticamente anche dalle autorità di alcuni importanti partner, come la Germania e l'Australia;
per ottimizzare le misure previste dal decreto-legge in esame, relativamente alla proiezione internazionale dell'Italia, è indispensabile fermare il processo di regressione dell'intervento destinato alle comunità italiane all'estero, salvaguardando almeno i livelli che rendano possibile il perseguimento degli obiettivi annunciati dallo stesso provvedimento;
una reintegrazione, sia pure parziale, delle risorse destinate alle comunità italiane all'estero può derivare o da uno spostamento di fondi a beneficio del Ministero degli affari esteri, da tempo sottodotato rispetto ai consimili Ministeri di altri Paesi, o anche da una diversa distribuzione delle risorse all'interno dello stesso Ministero, invertendo la tendenza degli ultimi tempi di considerare la cooperazione allo sviluppo e le politiche emigratorie come fonti privilegiate di tagli e di recupero di risorse,

impegna il Governo

a individuare, nelle successive manovre finanziarie, le risorse compatibili con gli attuali indirizzi di selezione della spesa pubblica da destinare al Ministero degli affari esteri per reintegrare almeno in parte i fondi tagliati nel campo delle politiche emigratorie e, intanto, a favorire una diversa distribuzione interna delle risorse già in dotazione del Ministero, anche operando una riduzione dell'ISE (indennità di servizio all'estero) in linea con le misure di comune responsabilizzazione con il fine di sostenere un adeguato svolgimento dei corsi di lingua e cultura italiana, interrompere la chiusura dei consolati e assicurare i necessari livelli di assistenza per gli italiani all'estero, superando contraddizioni che rendono problematico il raggiungimento degli obiettivi delineati nel documento del Governo.
9/4829-A/45.Garavini, Gianni Farina, Fedi, Narducci, Porta, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici reca importanti disposizioni finalizzate a rilanciare lo sviluppo economico del Paese e fornire un aiuto alla crescita;
lo sviluppo economico del Paese e la crescita del sistema produttivo nazionale sono gravemente danneggiati dal dilagare dei fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa e misura utile a migliorare l'efficienza e l'efficacia delle attività di contrasto ai fenomeni della contraffazione e pirateria in campo commerciale.
9/4829-A/46.Fava, Laura Molteni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il particolare momento politico-economico esige che a fronte dei sacrifici richiesti ai cittadini ed ai lavoratori, lo Stato dia un forte segnale di comprensione delle dinamiche del mondo del lavoro e delle sue peculiarità;
la riforma del sistema pensionistico così come proposta, al di là della sua necessità, comporta una notevole compressione delle aspettative di molti lavoratori;
è auspicabile, quanto prima, un forte intervento che possa incidere sulla crescita e sui livelli occupazionali soprattutto dei giovani;
ci sono alcune categorie di lavoratori che, per la loro caratteristiche, sono sottoposte ad un forte stress psico-fisico e tra questi rientra, certamente, la categoria dei marittimi;
nell'ambito di questa categoria il riconoscimento del carattere usurante dell'attività è limitato agli addetti del settore «di macchina»;
tenuto conto anche dei dati internazionali forniti, in particolare dalla Coast guard americana e dai medici fiduciari del settore marittimo, i fattori usuranti sono: presenza continua anche di notte sul luogo di lavoro (24 h su 24 h); vita in spazi ristretti per lunghi periodi; permanenze delle condizioni meteomarine avverse e rischio estremo della vita; cambiamenti di fuso orario; cambiamenti climatici dovuti ai cambi di latitudine e longitudine; lavoro e riposo in ambienti con eccessi di vibrazioni e rumorosità; media di ore lavorative non legate a standard abituali e con turni di lavoro che si protraggono per sei mesi e più; alimentazione irregolare e carenza di derrate fresche; mancanza di assistenza medica a bordo; lontananza dalla famiglia con discontinuità del rapporto di coppia e di potestà genitoriale; assenza dalla vita sociale ed anche politica;
di recente la nuova pirateria ha ancor di più aumentato le preoccupazioni ed i rischi concreti per i marittimi;
non appare assolutamente giustificabile né la dicotomia tra settore macchina e coperta né un prolungamento dell'età lavorativa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire per la categoria dei marittimi la conferma del carattere usurante dell'attività del settore «di macchina» e ad estendere, per le identiche ragioni, tale riconoscimento agli addetti del settore «di coperta».
9/4829-A/47.Muro.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame dispone interventi di promozione dell'immagine e della cultura dell'Italia nel mondo nel quadro del sostegno all'internazionalizzazione delle imprese e, in attuazione degli articoli 9 e 33 della Costituzione, contributi a favore della prestigiosa Accademia della Crusca per la sua attività di tutela, valorizzazione e diffusione della lingua italiana;
in una fase di appannamento dell'immagine dell'Italia nel mondo e di crisi del nostro sistema finanziario e produttivo, in cui si acutizzano le esigenze di proiezione del Sistema Italia in campo internazionale, la lingua e la cultura italiane rappresentano un richiamo diffuso e profondo e una leva strategica essenziale per il rilancio del Paese e per la ricomposizione di una sua immagine credibile ed autorevole;
la domanda di lingua e cultura italiana nel mondo, pur a fronte di una contrazione della italofonia e della dialettofonia a causa del naturale trascorrere delle generazioni, ha conosciuto una progressiva espansione, coinvolgendo oltre 500 mila utenti che hanno accolto l'offerta di una pluralità di soggetti ed enti da tempo impegnati in questo campo;
nonostante l'espandersi della domanda di lingua e cultura italiana e l'obiettiva necessità per gli interessi del Paese di un rafforzamento della promozione culturale nel mondo, negli ultimi anni si è assistito ad una caduta verticale dei finanziamenti finalizzati a questo scopo, che dal 2008 ad oggi solo per i corsi sostenuti dalla Direzione generale per gli italiani all'estero sono passati da circa 30 milioni a 6,5 milioni, senza contare le parallele riduzioni avvenute nell'invio di insegnanti all'estero, nel sostegno agli istituti di cultura e nel contributo assegnato alla «Dante Alighieri»;
la drastica contrazione dell'intervento pubblico sta determinando di fatto non solo la riduzione delle opportunità di fruizione della lingua italiana nel mondo, ma anche lo smantellamento del sistema che a seguito di un prolungato impegno dei nostri rappresentanti diplomatici e degli enti impegnati nel settore ha consentito di integrare l'insegnamento della nostra lingua e cultura nelle attività scolastiche dei Paesi dove è più consistente la presenza degli italo-discendenti e più forte l'attenzione per la cultura italiana;
a fronte delle non temporanee difficoltà intervenute nella situazione finanziaria, si rafforza l'esigenza di riformare il sistema di offerta della lingua e cultura italiana, favorendo una generale razionalizzazione dell'intervento e un maggiore coordinamento dell'attività dei molteplici enti che operano nel settore,

impegna il Governo

a delineare un'ipotesi di coordinamento dell'intervento pubblico per la promozione della lingua e cultura italiane nel mondo da sottoporre al vaglio delle competenti Commissioni parlamentari, nelle quali - è opportuno ricordarlo - giacciono numerose proposte di riforma che arrivano a ipotizzare anche un'apposita Agenzia per la promozione e la gestione dell'intervento;
a favorire, all'interno del Ministero degli affari esteri, una diversa distribuzione delle risorse disponibili in modo che siano almeno salvaguardati i livelli essenziali di offerta della lingua e cultura italiane e che, attraverso un uso adeguato di questa leva strategica, il nostro Paese possa ricavare quell'impulso di ripresa di cui si avverte intensamente il bisogno.
9/4829-A/48.Gianni Farina, Fedi, Garavini, Porta, Narducci, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 23, al comma 1, ha ridotto il numero dei componenti delle autorità amministrative indipendenti individuate nel testo della disposizione, prevedendo altresì che ove il numero dei componenti, incluso il Presidente, risulti pari, ai fini delle deliberazioni, in caso di parità, il voto del Presidente vale doppio;
il medesimo articolo ha conseguentemente adeguato, per quanto concerne la Commissione indicata alla lettera e) del comma 1, il quorum necessario per l'adozione delle relative delibere nei casi in cui era espressamente stabilita una maggioranza superiore al numero dei componenti così come fissati dal presente decreto-legge;
tenuto conto della immediata efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 23, commi 2-bis e 2-ter, è necessario, per assicurare la piena osservanza del principio della gerarchia delle fonti, che l'Autorità interessata provveda ad adeguare con l'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge eventuali disposizioni interne non coerenti con le nuove maggioranze richieste ai fini delle relative delibere così come stabilite ai sensi dei suindicati commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 23,

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare che, con l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 6 dicembre del 2011 n. 201, ogni forma di disciplina interna dettata dall'Amministrazione indicata alla lettera e) del comma 1 dell'articolo 23 che risulti non coerente con il quadro normativo risultante all'esito delle modifiche di cui in premessa, venga tempestivamente adeguata alle disposizioni introdotte con il presente decreto-legge all'articolo 23, commi 2-bis e 2-ter, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio applicativo nonché ogni possibile forma di contrasto tra legge primaria e normativa di rango secondario.
9/4829-A/49.Buonfiglio, Vannucci.

La Camera,
premesso che:
al 21 novembre 2011, la percentuale di pagamenti relativa alle risorse europee 2007-2013 era ferma al 7,4 per cento;
tra i paesi membri dell'Unione europea, soltanto la Romania al momento fa segnare un dato peggiore del nostro;
entro la fine dell'anno, l'Italia rischia di perdere diversi miliardi di euro di finanziamenti comunitari e sarebbe davvero mortificante dato anche il problematico contesto economico attuale;
il Governo ha dato prova in queste settimane di voler scongiurare, per quanto possibile, tale evenienza e si sta impegnando in una corretta azione di riprogrammazione delle risorse europee non spese;
sarebbe utile non disperdere queste risorse ma concentrarle su settori e interventi mirati e in grado di garantire al Paese quelle condizioni necessarie al suo rilancio dal punto di vista economico, occupazionale e sociale;
le ambizioni di crescita e sviluppo dell'Italia sono legate indissolubilmente all'esigenza di dotare il nostro territorio di un'adeguata dotazione infrastrutturale, sia materiale che immateriale;
in tale contesto sarebbe utile privilegiare progetti immediatamente cantierabili e opere indubbiamente capaci di mettere in moto virtuosi processi di sviluppo;
tra queste opere va sicuramente annoverata quella relativa al potenziamento e riqualificazione della linea ad alta capacità Napoli-Bari;
in questa direzione si sono più volte espressi: le Camere; la IX Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni, della Camera dei deputati; i vari livelli di governo territoriale interessati; i vertici di Trenitalia e di RFI; la stessa Commissione europea che, nell'ottobre scorso, ha incluso l'opera tra le priorità infrastrutturali nel quadro delle grandi reti trans-europee per il periodo 2014-2020; tali riconoscimenti sono legati all'evidente importanza di un'opera capace di agganciare il Sud ai grandi corridoi europei dello sviluppo e trasformare il Mezzogiorno in una sorta di piattaforma logistica per il Mediterraneo;
andrebbe riconosciuto un carattere prioritario anche a quelle opere infrastrutturali, è il caso ad esempio del raddoppio della Strada Statale Telesina «372», in project financing e che prevedono dunque la partecipazione finanziaria dei privati;
il superamento del divario digitale, un gap che limita la competitività dei nostri territori, rappresenta un'ulteriore condizione decisiva per lo sviluppo del nostro Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di concentrare l'opera di riprogrammazione delle risorse comunitarie non spese su interventi infrastrutturali significativi e riguardanti, in particolare, progetti immediatamente cantierabili e di importanza strategica, opere in project financing, superamento del divario digitale;
a valutare l'opportunità di portare questi provvedimenti rapidamente al Cipe per la loro approvazione.
9/4829-A/50.Boffa, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, cosiddetto «Salva Italia», all'articolo 5 intende rivedere le modalità di determinazione dell'ISEE, in modo da rafforzare la rilevanza degli elementi relativi alla ricchezza patrimoniale della famiglia ed ai trasferimenti monetari;
l'ISEE è uno strumento di fondamentale importanza al fine di valutare l'accesso delle famiglie alle prestazioni sociali, sanitarie e di pubblica utilità;
le famiglie italiane avvertono in maniera pressante le conseguenze dell'attuale congiuntura economica che si riverberano sul loro potere di acquisto, sulla disponibilità di servizi pubblici essenziali e, soprattutto, di quelli per la conciliazione tra i tempi della famiglia ed il tempo del lavoro;
secondo l'Istat la povertà relativa aumenta tra le famiglie di 5 o più componenti (dal 24,9 per cento al 29,9 per cento);
il tasso di fecondità in Italia si attesta intorno a 1,4 figli per donna e, complice l'attesa di una stabile condizione lavorativa, i giovani rinviano la decisione di costituire una famiglia e quindi di avere figli, con l'aggravante che con l'avanzare dell'età aumenta la probabilità di non averne o di averne uno solo;
è in discussione alla Camera dei deputati l'AC n. 4566 «Delega al Governo per la riforma fiscale e assistenziale», il cui articolo 10, comma 1, lettera a), prevede la revisione degli indicatori della situazione economica equivalente,

impegna il Governo

a tenere nella debita considerazione, in sede di revisione dell'ISEE, la condizione delle famiglie apportando maggiorazioni, a sostegno ed a beneficio dei figli, alla scala di equivalenza prevista dalla Tabella 2 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109.
9/4829-A/51.Mosella.

La Camera,
premesso che:
la gravità della situazione della finanza pubblica e la severità della manovra contenuta nel decreto-legge in esame richiedono rigore e trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche e in particolare degli emolumenti dei dipendenti pubblici di ogni livello;
in tale quadro è necessaria un'azione volta a razionalizzare e calmierare le retribuzione pubbliche, in particolare quelle dei dirigenti nei diversi settori e dei manager delle società, enti e organismi pubblici;
tali retribuzioni hanno raggiunto nel corso degli anni livelli talvolta considerevoli anche in assenza di parametri di riferimento oggettivi ovvero di benchmnark di mercato;
in molte situazioni le retribuzioni dei manager pubblici raggiungono livelli superiori alle retribuzioni del settore privato;
le differenziazioni di retribuzione tra diverse amministrazioni e posizioni funzionali non risultano trasparenti e motivate;
in tal senso ha inteso opportunamente intervenire l'articolo 23-ter del decreto nel testo modificato dalla Commissione stabilendo che annualmente siano definiti i compensi spettanti ai lavoratori dipendenti e autonomi delle pubbliche amministrazioni e ponendo un tetto massimo parametrato al trattamento del primo presidente della Corte di Cassazione e che a tali fini vanno computate tutte le somme a qualsiasi titolo erogate al singolo lavoratore;
tale esigenza non deve evidentemente comportare una ripubblicizzazione del rapporto di impiego pubblico e del rapporto di lavoro dei dirigenti;
il testo, nel fare riferimento, al comma 1, ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di approvazione del trattamento economico onnicomprensivo dei dipendenti pubblici potrebbe essere interpretato nel senso di una ripubblicizzazione dei rapporti di lavoro in ambito pubblico,

impegna il Governo

a interpretate l'articolo 23-ter nel senso che al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1 del citato articolo 23-ter spetta di fissare il tetto onnicomprensivo degli emolumenti spettanti a ciascuna fascia o categoria di personale fermo restando che la definizione dei rispettivi trattamenti economici resta di competenza del contratto collettivo nazionale e della contrattazione interna a ciascuna amministrazione e, per i dirigenti pubblici, alla contrattazione individuale.
9/4829-A/52.Pisicchio, Lanzillotta.

La Camera,
premesso che:
solo stimolando la crescita economica sarà possibile e sostenibile garantire la stabilità finanziaria, il pareggio di bilancio e risorse adeguate al finanziamento dei servizi pubblici;
è necessaria una decisa, costante azione per liberalizzare i mercati dei servizi e delle professioni, considerato che il provvedimento in esame contiene alcuni interventi in tal senso che risultano tuttavia parziali e insufficienti;
per i motivi suddetti le iniziative in materia di liberalizzazioni non sono meno urgenti di quelle finalizzate al rigore di bilancio,

impegna il Governo

a presentare al Parlamento, entro i prossimi 30 giorni, la legge annuale per la concorrenza volta a recepire le indicazioni fornite dall'Autorità per la concorrenza e per il mercato negli ultimi due anni e a completare la liberalizzazione e, ove necessario, la regolazione di settori tuttora soggetti a vincoli e restrizioni non giustificate dalla tutela di interessi pubblici.
9/4829-A/53.Lanzillotta, Della Vedova, Galletti.

La Camera,
premesso che:
come l'apertura del mercato interno e il limite imposto dalla disciplina comunitaria alle politiche anticoncorrenziali ha costituito un fattore di integrazione economica e di sviluppo per il continente europeo, così anche nelle economie nazionali dei singoli stati membri la rimozione delle barriere all'esercizio dell'attività economica costituisce la condizione normativa del pieno ed efficiente utilizzo dei fattori produttivi e dunque della crescita economica;
la tutela di condizioni di apertura e competitività dei mercati - secondo i principi della libertà di accesso e di organizzazione - costituisce dal punto di vista giuridico, in base all'ordinamento comunitario, un vero e proprio vincolo costituzionale e dal punto di vista economico il più potente incentivo ad accrescere gli investimenti (nazionali ed esteri) e la produttività del lavoro, per colmare il differenziale dei tassi di crescita dell'Italia rispetto agli altri Paesi avanzati, a partire da quelli europei e per tutelare i consumatori;
il miglioramento delle condizioni di emissione e collocamento dei titoli di stato italiani (deterioratesi nel corso degli ultimi mesi a causa della difficile congiuntura finanziaria europea) sarà determinato, oltre che dal processo di consolidamento degli equilibri di finanza pubblica, anche dalla tempestività con la quale l'Italia saprà nei prossimi mesi avviare un percorso credibile di innovazione economica e di modernizzazione delle regole di funzionamento dei mercati;
la salvaguardia degli interessi e la tutela degli investimenti degli operatori nei settori oggi protetti può essere adeguatamente garantita con strumenti di mercato, senza trasformarsi in un rendita che genera distorsioni e inefficienze,

impegna il Governo

ad ispirare la propria azione di riforma ai principi di apertura, trasparenza e concorrenzialità dei mercati dei beni e dei servizi, senza alcuna deroga o eccezione di settore e attività, e a promuovere l'adeguamento della legislazione italiana all'obiettivo di accrescere, su queste basi, la competitività del sistema economico.
9/4829-A/54.Della Vedova, Bocchino, Raisi.

La Camera,
premesso che:
in Castellaneta (Taranto), località «Le Grotte», si stanno effettuando i lavori per la realizzazione del Metanodotto Massafra (Taranto) - Biccari (Foggia), per conto della Snam-rete gas;
durante l'esecuzione dei predetti lavori di scavo sono venuti alla luce insediamenti archeologici che, considerando la vastità dell'area interessata, i rilievi, la natura e la ricchezza del materiale ritrovato (monete di bronzo e di argento, vasellame di pregevole fattura, monili e altro), fanno verosimilmente pensare ad una delle aree archeologicamente più interessanti del Meridione scoperte negli ultimi tempi;
tali scoperte stanno restituendo informazioni importantissime circa la presenza di un centro rurale databile tra l'età arcaica e quella romana, con il rinvenimento di una porzione di una necropoli infantile, di sepolture relative a nuclei familiari, di una tomba ad incinerazione, di ambienti abitativi ed importanti tracce legate alla produzioni agricola;
le ricerche condotte negli ultimi decenni nella chora della colonia greca di Taranto hanno consentito di documentare segni evidenti di coltivazione della vite, inquadrabili tra l'età classica ed ellenistica, che troverebbero puntuali conferme e confronti in località «Le Grotte», dove sono perfettamente conservati numerosissime canalette rettangolari, parzialmente intersecate da solchi regolari continui praticati nel terreno limo-argilloso e nel banco calcarenitico, funzionali ad impianti di vigneti e resti di strutture insediative a carattere rurale, associate probabilmente ad un intenso sfruttamento agricolo dell'area. Nella parte settentrionale dell'insediamento, in una zona precedentemente utilizzata come necropoli, sono stati individuati i resti di un edificio di grandi dimensioni, con più fasi di vita, di cui sono chiaramente visibili un vano quadrangolare e parte di un impianto produttivo, connesso probabilmente alla produzione del vino;
grande interesse è stato mostrato per il sito archeologico da parte di docenti di università straniere (Grecia e USA) che hanno dichiarato di essere disposti a continuare gli scavi;
tali scoperte rappresentano, altresì, una grande opportunità per il turismo che, oltre al mare stupendo, alle gravine, ai centri storici con le loro chiese e i loro edifici, può offrire un'altra risorsa per la stagione estiva e un interessante programma di destagionalizzazione per tutti gli operatori del settore;
nonostante l'estensione dei rinvenimenti e la loro importanza sotto il profilo archeologico, culturale e turistico, la Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia, preposta all'alta sorveglianza delle attività di ricerca e catalogazione dei reperti, ha comunicato ai proprietari del fondo interessato dalle straordinarie scoperte, l'imminente interruzione delle attività di scavo ed, anzi, la prossima ricopertura del sito con il terreno nel frattempo asportato, per mancanza di risorse economiche;
la Regione Puglia beneficia di un contributo europeo di 25 milioni di euro l'anno per la tutela e la salvaguardia della sua storia emersa e da fare emergere (proprio come per il caso in questione). Il comune di Castellaneta, tuttavia, non rientra tra gli interventi del Programma operativo interregionale attrattori culturali, naturali e turismo 2007/2013 (POIN), poiché non ricompreso all'interno degli ambiti geografici di intervento individuati dalla regione Puglia nel polo del Gargano e nel polo del Salento;
se tali ultime decisioni dovessero essere definitive, oltre ad impedire la prosecuzione delle attività di scavo, esse escluderebbero la fruibilità ai fini culturali, archeologici, turistici e di valorizzazione del territorio di un sito dalle straordinarie potenzialità;
l'abbandono di ogni interesse al sito da parte della Soprintendenza renderebbe «indifeso» rispetto ai probabili illeciti «interessamenti» dei «tombaroli», il tesoro che in esso si cela, provocando danni irreparabili sul piano culturale e mortificando tante iniziative imprenditoriali che, in una zona in cui il livello occupazionale è molto basso, potrebbero rappresentare concrete possibilità di lavoro e di sviluppo economico, specialmente per i giovani. Ciò, soprattutto alla luce delle allarmanti notizie pubblicate dalla stampa, relativa all'assurdo traffico di reperti archeologici che da tempo interessa tutta l'Italia, come dimostrato dai circa 2000 reperti, in gran parte provenienti da quella zona, recuperati dai Carabinieri tra la fine di giugno e i primi di luglio;
il Governo, in risposta ad un'interpellanza presentata in data 5 luglio 2011 (n. 2-01141), ha, tra l'altro, dichiarato: «Per quanto attiene alle iniziative da adottare, con la dovuta urgenza, per la valorizzazione di tale importante sito archeologico, la prefettura di Taranto, parimenti interessata dall'interpellanza, ha comunicato che potrà essere costituito presso la stessa prefettura, un tavolo di concertazione con la partecipazione della Snam, di tutti i soggetti istituzionali competenti e degli enti locali per esaminare tutte le possibili soluzioni. Al tavolo di concertazione parteciperà ovviamente, con un ruolo decisivo, la soprintendenza per i beni archeologici della Puglia, che valuterà, nell'ambito delle proprie competenze istituzionali le soluzioni che verranno prospettate»,

impegna il Governo

ad investire - considerati gli evidenti riflessi positivi sul piano della crescita e dell'occupazione - opportune risorse finanziarie e a promuovere le iniziative interistituzionali necessarie, come l'attivazione del tavolo di concertazione richiamato in premessa per evitare l'interruzione dell'attività in corso presso il sito di Castellaneta, per la valorizzazione dell'attività di ricerca archeologica in Italia.
9/4829-A/55. Patarino, Consolo.

La Camera,
premesso che:
si constata da anni ormai un lento e progressivo abbandono del Sud del Paese da parte di Trenitalia e Rfi che piuttosto che progettare un innalzamento della qualità di un trasporto ferroviario già carente, lento ed inadeguato, progettano la «via di fuga» dal Meridione, a scapito di coloro che, e sono tanti, utilizzano il trasporto su rotaie;
la dissennata politica dei tagli rischia di inficiare anche il diritto alla mobilità ed alla continuità territoriale dei cittadini di Sicilia, Campania, Calabria Puglia e Basilicata;
i drastici tagli dei convogli ferroviari, ultimo quello operato con l'attivazione del nuovo orario invernale il 10 dicembre 2011, hanno fatto registrare nella sola Sicilia dal 2007 una riduzione del 65 per cento dei treni passeggeri traghettati a lunga percorrenza, percentuale che sale a circa il 75 per cento nel settore dei treni merci, mentre le navi traghetto sullo Stretto di Messina sono passate da tre ad una che svolge servizio diurno più una che svolge solo servizio diurno. Con il recente cambio orario inoltre si passerà dagli attuali 26 collegamenti a 10 e (che si fermeranno tutti a Roma) cancellando totalmente le comunicazioni per Torino (treni andata e ritorno 1944/1945), Milano (treni andata e ritorno 1926/1927) e Venezia (treni andata e ritorno 1930/1933);
il suddetto disimpegno implica, peraltro, ripercussioni anche sul fronte occupazionale: nell'arco di sette anni, infatti, Trenitalia ha dimezzato il proprio organico per i treni a lunga percorrenza: da 142 macchinisti si è passati a 64, da 115 capitreno a 63 e da 257 operatori della manutenzione agli attuali 151, senza tener conto della perdita dei posti di lavoro dell'indotto ferroviario, in particolare dei lavoratori del segmento notte (Servirail - ex Wagon lits) e del segmento pulizie, per un totale di 2.616 unità occupazionali;
tale notevole riduzione dell'offerta commerciale comporta l'inevitabile disaffezione della clientela siciliana, che costretta fra inefficienze e disservizi a scegliere altri mezzi di trasporto, vede mortificato il suo diritto alla continuità territoriale, diritto che si colloca nell'ambito della garanzia dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini ai quali deve essere consentito di spostarsi nel territorio nazionale con pari opportunità;
la riduzione di risorse per il trasporto pubblico rappresenta un grave errore strategico poiché oltre a limitare il diritto alla mobilità dei cittadini, comporta un aumento dei costi sociali legati ad un aumento di incidentalità, congestione ed inquinamento, e deprime lo sviluppo economico con conseguente generale peggioramento della qualità della vita;
lo Stato italiano deve farsi garante in concreto della continuità territoriale per un principio di equità e deve garantire il diritto alla mobilità a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro dislocazione geografica, in particolar modo di fronte allo svantaggio dell'insularità, dotandoli di un efficiente sistema dei trasporti, diritti che si collocano nell'ambito della garanzia dell'uguaglianza dei cittadini e della coesione di natura economica e sociale e che deve tradursi nella capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti;
le suddette scelte attuate fino ad oggi dal Gruppo FS, principale gestore del sistema ferroviario italiano, aggravano il ritardo dello sviluppo delle aree del Sud Italia e dell'accrescersi del divario con le regioni settentrionali e con il resto d'Europa, divario che, perseverando nelle stesse scelte, sarà sempre più arduo colmare in futuro;
rete Ferroviaria Italiana, società del Gruppo FS che gestisce l'infrastruttura ferroviaria, e Trenitalia, società che gestisce il trasporto di passeggeri e merci, sono due aziende pubbliche che operano in regime di diritto privato. La scelta di tale forma giuridica, se da una parte richiede il rispetto di parametri di efficienza imposti dal mercato, dall'altra deve garantire l'erogazione del servizio pubblico universale, in condizioni di parità, a milioni di cittadini evitando di sconfinare in una forma di odioso «federalismo delle rotaie»;
è difficile, che si possa immaginare una forte crescita economica del Paese in assenza di un sistema di trasporto capillare ed efficiente, che permetta di sfruttare pienamente il mercato interno e le possibilità offerte dalla europeizzazione degli scambi commerciali,

impegna il Governo

nel suo ruolo di azionista unico e di decisore strategico del Gruppo FS, ad intervenire urgentemente ed in modo risolutivo al fine di assicurare servizi di mobilità uniformi su tutto il territorio nazionale compreso quello siciliano, a partire dal ripristino dell'esercizio dei convogli a lunga percorrenza da e per la Sicilia;
a predispone un piano per il potenziamento infrastrutturale della rete ferroviaria meridionale che preveda l'ammodernamento degli impianti di manutenzione e del parco rotabile, anche con la creazione di un polo industriale per la progettazione, la velocizzazione delle linee, la universalità del servizio, il mantenimento dei treni a lunga percorrenza, lo sviluppo del traffico merci.
9/4829-A/56.Lo Monte, Commercio, Lombardo, Oliveri.

La Camera,
premesso che:
la realizzazione delle opere pubbliche strategiche è un importante strumento di politica economica e sociale che serve a migliorare le condizioni di competitività dei sistemi produttivi di una nazione ed in grado di avviare processi di crescita del reddito in periodi nei quali l'attività produttiva è stagnante;
le suddette considerazioni valgono tanto più per Paesi, come il nostro, caratterizzati da un elevato grado di «dualismo» territoriale, essendo capaci, le grandi infrastrutture, di riequilibrare i divari interregionali, generando incrementi di produttività e riduzione dei costi che - nel medio-lungo periodo - stimolino le forze di mercato, attivando virtuosi processi di sviluppo locale;
è risaputo che gli investimenti nel settore dei trasporti realizzano convenienze sotto il profilo dei tempi di percorrenza e dei costi totali di trasporto, avvicinando territori, velocizzando gli scambi, consentendo al prodotto locale di raggiungere mercati più distanti a parità di costo o di ridurre il costo complessivo del prodotto a parità di distanza;
il collegamento stabile tra la Sicilia ed il Continente rientra tra le infrastrutture che rivestono per lo Stato carattere prioritario e strategico e rappresenta l'anello mancante allo sviluppo economico del Sud: una concreta opportunità per far decollare finalmente l'economia meridionale ed accorciare le distanze fisiche ed economiche e le molte differenze che separano la Sicilia dal resto del Paese, generando una serie di meccanismi virtuosi che miglioreranno nettamente lo scenario dei trasporti e dei collegamenti Sicilia - Continente, sia per quanto riguarda il trasporto su gomma che quello su rotaia, quest'ultima capace di trasportare solo una quota infinitesima di merci a causa dei suoi lunghi tempi di composizione e scomposizione per l'imbarco e lo sbarco dai traghetti;
alla costruzione dell'opera si avrà una contestuale riqualificazione delle infrastrutture portanti, sia ferroviarie che stradali, si realizzerà il più grande sistema metropolitano del Mediterraneo e città come Catania, Messina, Reggio Calabria, Villa San Giovanni e Gioia Tauro diventeranno nodi urbani di un sistema integrato capace di ottimizzare tutti i quei valori aggiunti generati dalla fluidità dei collegamenti,

impegna il Governo

a porre in essere, in tempi brevi, tutte le condizioni per l'avvio delle attività inerenti la realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina.
9/4829-A/57.Commercio, Lo Monte, Lombardo, Oliveri.

La Camera,
premesso che:
il Sud, in cui vive un terzo degli italiani, pur producendo un quarto del prodotto nazionale lordo è ancora ben lontano dal tasso potenziale di crescita che sarebbe lecito attendersi da un'area così ricca di risorse sottoutilizzate;
incentivare politiche per il suo sviluppo rappresenta, come in più di un'occasione hanno sollecitato esperti economici e studi di settore, l'unica concreta opportunità di progresso economico per l'intero Paese, e ciò non solo perché il Sud possiede le maggiori opportunità di crescita produttiva e le risorse materiali e immateriali, ma soprattutto perché ha le potenzialità per far crescere il livello di competitività complessiva della nostra nazione;
il tessuto produttivo del Mezzogiorno è costituito da una miriade di piccole imprese produttive, artigiane e commerciali, che rappresentano il ganglio vitale ma fragile di un territorio ove i costi energetici, i trasporti ed il sistema creditizio, costituiscono alcune tra le cause principali di diseconomia;
tra le tante difficoltà del Sud vi è quella riconducibile alla difficoltà di accesso al credito che ostacola l'avvio di nuova impresa, avvio impedito in particolare da un sistema bancario inefficace e da un marcato differenziale del costo del denaro rispetto al Nord del Paese;
sarebbe auspicabile dotare le regioni meridionali di un sistema creditizio e finanziario in grado di accompagnare e promuovere la crescita dimensionale delle imprese, la loro innovazione e l'internazionalizzazione,

impegna il Governo

ad istituire, al fine di favorire lo sviluppo del tessuto produttivo meridionale, l'istituzione di Fondo di garanzia per il microcredito nelle regioni meridionali, destinato a finanziare l'avvio di nuova impresa da parte di soggetti disoccupati residenti nelle regioni meridionali gestito dalla Cassa depositi e prestiti, che copra il 50 per cento dei rischi di insolvenza a favore degli intermediari finanziari che erogano il prestito.
9/4829-A/58.Oliveri, Lo Monte, Commercio, Lombardo.

La Camera,
premesso che:
il credito d'imposta per gli investimenti è riconosciuto alle imprese che effettuano l'acquisizione di particolari beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive ubicate nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise;
l'articolo 2-bis della legge n. 106 del 12 luglio 2011, prevede che, per far ripartire la misura d'incentivazione del credito d'imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, vengano utilizzate non solo risorse del bilancio dello Stato ma anche i Fondi strutturali europei, in particolare quelle del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr);
le suddette disponibilità dovranno essere riprogrammate e impegnate seguendo i dettami del regolamento (Ce) 1083/2006 del Consiglio e in stretta coerenza con la cornice programmatica definita con il Quadro strategico nazionale 2007-2013. La stessa norma poi prevede una necessaria concertazione e realizzazione di operazioni successive tra regioni, stato centrale e Unione europea;
per quanto riguarda i limiti al finanziamento relativi a ciascuna delle regioni interessate, si attende l'emanazione di un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con quello per i rapporti con le regioni che dovrà individuare la durata dell'agevolazione e fissare le disposizioni attuative che garantiscono coerenza con le priorità e le procedure previste per i Fondi strutturali europei;
la stessa norma stabilisce inoltre che i crediti di imposta possono essere fruiti entro i limiti delle disponibilità previste dal citato decreto ministeriale e che i soggetti interessati hanno diritto al credito di imposta fino all'esaurimento delle risorse finanziarie;
la farraginosità del meccanismo di riconoscimento dell'agevolazione potrebbe rendere oltremodo difficoltoso il riavvio della misura agevolativa fino a pregiudicarne o a vanificarne gli effetti virtuosi,

impegna il Governo

al fine di garantire continuità alle politiche di incentivazione a favore delle imprese ubicate nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise, a stanziare rilevanti risorse aggiuntive incrementando quelle già previste all'articolo 2, comma 1 del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, e ad emanare una normativa che semplifichi le procedure di aggiudicazione dell'incentivo fiscale.
9/4829-A/59.Lombardo, Lo Monte, Commercio, Oliveri.

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni il CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) responsabile anche dei fondi FAS per le aree sottoutilizzate ha tenuto una serie di riunioni nelle quali si è deliberato per lo stanziamento di fondi per una serie di lavori, in particolare legati alle infrastrutture;
non si fa riferimento solo alle cosiddette «grandi opere» ma a tutta una serie di interventi infrastrutturali di piccola e media entità che hanno ad oggetto anche la vita di piccoli Comuni;
purtroppo molti dei fondi previsti dal CIPE non sono stati ancora erogati e decine di piccoli comuni, regioni e province attendono che i lavori messi in cantiere possano finalmente partire una volta sbloccati suddetti fondi;
l'Italia, fatta eccezione per alcune grandi città è composta prevalentemente da piccoli e medi centri urbani per i quali taluni interventi, quali la costruzione di un nuovo edificio pubblico come scuole, caserme, ovvero giardini, strade, cavalcavia eccetera possono migliorare molto la qualità della vita dei cittadini;
di fronte alla presente situazione economica le aree del mezzogiorno sono quelle che stanno soffrendo sotto ogni punto di vista,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a sbloccare i fondi deliberati dal CIPE a favore degli interventi infrastrutturali degli enti locali con particolare riguardo alle regioni meridionali.
9/4829-A/60.Porfidia, Iannaccone, Belcastro.

La Camera,
premesso che:
le dichiarazioni del Ministro della difesa rese nel corso dell'audizione svoltasi presso le Commissioni difesa di Camera e Senato hanno fatto conoscere la volontà di ridurre il modello di difesa, che attualmente è fissato a 190.000 unità per adeguarlo alla effettiva e possibile sostenibilità economica;
da fonti di stampa è stato anche possibile apprendere che detta riduzione riguarderà innanzitutto le spese relative al personale e non anche quelle riferite all'acquisizione di sistemi d'arma;
il programma pluriennale di A/R n. SMD 02/2009, relativo all'acquisizione del sistema d'arma Joint Strike Fighter e realizzazione dell'associata linea FACO/MRO&U nazionale comporta una spesa valutata, in base all'attuale cambio USD/EURO, in 891,724 milioni di euro per l'anno 2012, in 997,931 milioni di euro per l'anno 2013, in 969,655 milioni di euro l'anno 2014 e in 4.384,138 milioni di euro per il periodo 2015-2026;
appare indispensabile attuare la riduzione degli impegni di spesa per i programmi di acquisizione JSF e la rimodulazione della spesa destinata all'acquisizione di nuovi armamenti in rapporto alla sostenibilità dell'attuale modello Difesa,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a rivedere profondamente il programma pluriennale di A/R n. SMD 02/2009, relativo all'acquisizione del sistema d'arma Joint Strike Fighter e realizzazione dell'associata linea FACO/MRO&U, nonché a ridurre del 50 per cento gli importi di spesa programmati da erogare per il medesimo programma a decorrere dall'esercizio finanziario per l'anno 2012 fino al 2026.
9/4829-A/61. Mecacci, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
le dichiarazioni del Ministro della difesa rese nel corso dell'audizione svoltasi presso le Commissioni difesa di Camera e Senato hanno fatto conoscere la volontà di ridurre il modello di difesa, che attualmente è fissato a 190.000 unità per adeguarlo alla effettiva e possibile sostenibilità economica;
da fonti di stampa è stato anche possibile apprendere che detta riduzione riguarderà innanzitutto le spese relative al personale e non anche quelle riferite all'acquisizione di sistemi d'arma;
il programma pluriennale di A/R n. SMD 02/2009, relativo all'acquisizione del sistema d'arma Joint Strike Fighter e realizzazione dell'associata linea FACO/MRO&U nazionale comporta una spesa valutata, in base all'attuale cambio USD/EURO, in 891,724 milioni di euro per l'anno 2012, in 997,931 milioni di euro per l'anno 2013, in 969,655 milioni di euro l'anno 2014 e in 4.384,138 milioni di euro per il periodo 2015-2026;
appare indispensabile attuare la riduzione degli impegni di spesa per i programmi di acquisizione JSF e la rimodulazione della spesa destinata all'acquisizione di nuovi armamenti in rapporto alla sostenibilità dell'attuale modello Difesa,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a rivedere profondamente il programma pluriennale di acquisizione di sistemi d'arma.
9/4829-A/61. (Testo modificato nel corso della seduta) Mecacci, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce una serie di misure finalizzate alla crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, riconoscendo in talune disposizione specifiche detrazioni su imposte per famiglie con figli a carico;
attualmente le detrazioni per carichi di famiglia in favore dei lavoratori italiani residenti oltre confine che producono un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia sono riconosciute in maniera limitata, collocando questa categoria di lavoratori in una condizione di sostanziale disparità nei confronti dei residenti nel territorio nazionale;
le disposizioni della Legge finanziaria per il 2007 hanno introdotto all'articolo 6, il riconoscimento del suindicato diritto soltanto fino al 2009: successivamente, con un emendamento alla legge n. 2 del 2009, - la cosiddetta prima manovra anticrisi - è stata introdotta una proroga al 2010 per le detrazioni fiscali per carichi di famiglia in favore dei soggetti non residenti;
all'articolo 1, comma 54, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011) è stata introdotta una proroga al 2011 del suindicato diritto;
alla luce di quanto indicato, a partire dal 2012 i lavoratori italiani operativi all'estero non potranno più detrarre fiscalmente i carichi di famiglia, nonostante tale diritto sia stato previsto fino ad ora con apposite disposizioni normative;
la richiesta di impegno formulata al fine di riconoscere ai lavoratori italiani residenti all'estero un diritto ed un sostegno meritorio e doveroso è stata accolta con favore dal Governo precedente nell'ambito della discussione degli ultimi provvedimenti affini per materia a quello in esame;
i cittadini italiani, potenziali fruitori della citata agevolazione, sarebbero circa 6000 per una spesa esigua che ammonterebbe a circa 6 milioni di euro,

impegna il Governo

a riconoscere con apposite disposizioni, nell'ambito di provvedimenti affini per materia, la proroga del diritto alla fruizione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia in favore dei residenti all'estero oltre l'anno 2011.
9/4829-A/62.Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
in Italia le sentenze inerenti sfratti per morosità o risoluzione contrattuale da parte del locatore crescono in maniera esponenziale, soltanto nel 2010 risultano essere oltre cento mila;
queste vicende coinvolgono in primis persone in difficoltà costrette ad abbandonare le case affittate senza avere altre abitazioni di riferimento. Si tratta di migliaia di famiglie che vivono un disagio abitativo molto acuto, in particolare gli anziani, i disabili e le famiglie numerose;
nell'ambito del provvedimento cosiddetto decreto mille proroghe successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011 all'articolo 12-sexies è stata introdotta una proroga al 31 dicembre 2011, dell'esecuzione degli sfratti,

impegna il Governo

a prorogare al 31 dicembre 2012, l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso abitativo in considerazione della grave e nota situazione di disagio abitativo esistente in Italia anche al fine di scongiurare rilasci forzati di immobili con l'assistenza della Forza pubblica.
9/4829-A/63.Proietti Cosimi, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19, comma 13, stabilisce che a «decorrere dal 2011 è istituita una imposta sul valore degli immobili situati all'estero, a qualsiasi uso destinati, dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato»;
ai sensi della normativa citata i cittadini italiani proprietari di immobili oltre confine saranno chiamati a versare un'imposta «stabilita nella misura dello 0,76 per cento del valore degli immobili»;
l'IMU per gli immobili oltre confine rappresenta una novità, considerando che la disciplina in materia prevede che la tassazione dell'immobile avviene laddove è beato quindi non nello Stato di appartenenza del proprietario dello stesso;
inoltre, la tassazione relativa agli immobili oltre confine è disciplinata dai trattati internazionali oltre che da specifici accordi bilaterali con determinati Paesi;
l'articolo 19 della manovra in esame introduce di fatto un precedente, capace di sollevare meccanismi di complessità procedurale e fiscale li dove finora vi era altra disciplina normativa;
eventuali sacrifici in capo a chi possiede immobili oltre confine potrebbero essere individuati nell'ambito della tassazione sui redditi (IRPEF) e non delle imposte locali, che dovrebbero essere pagate per l'appunto in loco,

impegna il Governo

a rivedere, nell'ambito di provvedimenti affini per materia, la disciplina dell'imposta sugli immobili ubicati all'estero e di proprietà di persone fisiche, al fine di escludere la fattispecie di abuso fiscale alimentato da una richiesta di imposta già versata dal contribuente italiano nel luogo di locazione dell'immobile.
9/4829-A/64.Tremaglia, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
dal rapporto dell'IRES, l'Istituto Ricerche economiche e sociali, presentato lo scorso 17 novembre, è emersa con nettezza una maggiore diffusione dei contratti di lavoro atipici;
stando ai succitato rapporto, nel primo semestre del 2011 la domanda di lavoro si è orientata prevalentemente in direzione di posizioni a termine;
i contratti a tempo indeterminato sono diminuiti dal 23,6 per cento del 2008 al 18,9 per cento del 2010 mentre sono aumentati i contratti di lavoro a chiamata o intermittente, in prevalenza in alcuni settori del terziario;
le figure maggiormente penalizzate sono i lavoratori residenti nel Mezzogiorno, soprattutto i maschi, e quelli poco scolarizzati. Le donne occupate al Sud rappresentano una minoranza: ad avere un impiego è meno di 1 su 3;
dal rapporto dell'IRES emerge la progressiva preearizzazione del lavoro, sia con le assunzioni a tempo indeterminato che scendono sotto il 20 per cento, che con l'affermarsi di tipologie meno favorevoli ai lavoratori come il lavoro a chiamata;
la crisi economica e finanziaria si è ripercossa anche sul lavoro interinale. Al 2007, infatti, i nuovi ingressi di lavoratori sono diminuiti del 59 per cento, i lavoratori equivalenti full-time del 41,5 per cento, le missioni avviate del 34,4 per cento e i lavoratori assicurati netti del 38,6 per cento;
a seguito della crisi finanziaria che ha colpito l'Europa e l'intero mondo occidentale, le banche hanno reso l'accesso al credito molto più difficoltoso, in particolare per le giovani coppie che non hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato ma che, tuttavia, necessitano di un mutuo per l'acquisto della loro prima casa;
dai dati diffusi dalla Banca d'Italia, nel periodo aprile - giugno del 2011 si è registrato un calo nelle erogazioni dei muti pari al 7 per cento;
secondo i dati dell'osservatorio Supermoney del febbraio di quest'anno, solo il 6 per cento dei finanziamenti on line è stato chiesto dai lavoratori atipici o a tempo indeterminato;
stando al documento riassuntivo di un'analisi conoscitiva della Commissione Finanze della Camera dei deputati emerge che sono più di 543 mila gli immobili che appartengono allo Stato, con una superficie di più di 220 milioni di metri quadri ed una valutazione commerciale variabile tra i 239 ed i 320 miliardi di euro; ai quali si devono sommare 776 mila terreni che hanno un valore tra gli 11 ed i 49 miliardi di euro;
occorre farsi carico delle tantissime giovani coppie che, in mancanza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, non possono ottenere un mutuo per l'acquisto della prima casa,

impegna il Governo

a predisporre un apposito provvedimento che preveda forme di gestione del patrimonio pubblico affinché questo possa essere offerto alle banche come forma di garanzia per la erogazione di mutui alle giovani coppie che, non avendo un contratto a tempo indeterminato, non hanno le garanzie necessarie all'erogazione del prestito;
a prevedere che gli istituti di credito che dovessero rifiutare tale forma di garanzia vadano esclusi dai benefici previsti dalla manovra varata dall'Esecutivo che autorizza lo Stato a concedere la sua garanzia sulle passività degli stessi istituti di credito.
9/4829-A/65.Marmo.

La Camera,
premesso che:
è diffusamente avvertita l'esigenza di chiarezza e di efficacia nel rapporto tra l'amministrazione e i cittadini;
sono migliaia le controversie tra i cittadini e lo Stato scaturite dalla violazione del Codice della strada e pendenti dinanzi ai Giudici di Pace e ai Tribunali Ordinari;
occorre garantire alle Pubbliche amministrazioni la possibilità di avere strumenti contabili che rappresentino fedelmente la realtà di bilancio dell'ente, indicando unicamente poste realmente esigibili;
la difficile congiuntura economica e i conseguenti tagli nei trasferimenti dal Governo centrale agli enti locali hanno determinato una notevole carenza di liquidità nelle pubbliche amministrazioni;
la rapida definizione delle liti pendenti tra i cittadini e lo Stato scaturite per la violazione del Codice della strada comporterebbe un immediato gettito di liquidità per le pubbliche amministrazioni,

impegna il Governo

a predisporre un dispositivo che agevoli la definizione delle liti pendenti aventi per oggetto le infrazioni al Codice della strada rilevate da ogni pubblico ufficiale preposto attraverso il pagamento del 50 per cento del valore dell'infrazione originaria.
9/4829-A/66.Pionati, Grassano, Marmo.

La Camera,
premesso che:
sono numerosissime le liti fiscali pendenti dinanzi alle Commissioni Tributarie e dinanzi ai Giudici ordinari;
è diffusamente avvertita l'esigenza di smaltire il carico di lavoro arretrato, non solo nell'interesse dei cittadini ma anche dei giudici tributari chiamati a dirimere migliaia di controversie;
data la difficile congiuntura economica e la conseguente carenza di liquidità, la rapida definizione delle controversie consentirebbe allo Stato di ottenere un gettito importante per le sue casse,

impegna il Governo

a varare in tempi rapidi un provvedimento che preveda che le controversie fiscali possano essere definite a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio con il pagamento del 10 per cento del valore della lite, se si tratta di un importo fino a duemila euro. Qualora si superasse tale importo, il pagamento da corrispondere dovrebbe essere in misura del 10 per cento, in caso di soccombenza dell'Amministrazione finanziaria nell'ultima pronuncia giurisdizionale, e del 50 per cento nel caso in cui a soccombere sia il contribuente. Se, invece, la lite pende ancora nel primo grado di giudizio la percentuale dovrebbe essere fissata al 35 per cento, prevedendo, infine la possibilità di chiedere la rateizzazione qualora gli importi superino il valore di 25.000 euro.
9/4829-A/67.Grassano, Marmo.

La Camera,
premesso che:
la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione all'amianto richiede un adeguamento della attuale legge sull'amianto, in modo da rendere pienamente esigibile anche l'applicazione dell'articolo 32 della Costituzione italiana nella parte che dice: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»; ancora oggi l'amianto, il killer silenzioso, rappresenta una vera emergenza umana, ambientale e sanitaria. L'amianto è presente nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli edifici pubblici, sui tetti e nei capannoni industriali, nelle nostre case ed in circa tremila prodotti di uso corrente, con effetti devastanti come dimostrano le oltre 4.000 persone che muoiono ogni anno a causa di questo cancerogeno;
a tal proposito è necessario che si individuino i criteri che riconoscono benefici ai lavoratori presenti nelle regioni in cui si registrano i più elevati tassi di mortalità per l'esposizione all'amianto, individuazione di ditte cessate o nascoste che abbiano avuto processi lavorativi connessi all'amianto, redazione e diffusione di un opuscolo informativo che illustri ai lavoratori esposti o ex esposti all'amianto i diritti e i benefici connessi all'esposizione; eliminazione di ogni termine previsto dalla legislazione vigente per la presentazione delle domande dirette a richiedere il riconoscimento dei benefici, riconoscimento della validità delle certificazioni INAIL rilasciate ai lavoratori in base alla legislazione vigente,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di rivedere i criteri direttivi della corresponsione e del riconoscimento dei benefici in favore dei lavoratori esposti all'amianto e dei lavoratori ex esposti secondo i principi esposti in premessa e di incrementare il Fondo per le vittime dell'amianto.
9/4829-A/68.Romano, Gianni, Germanà.

La Camera,
premesso che:
il Commissario europeo per la concorrenza ha dichiarato che il Consiglio ha già autorizzato l'Italia ad applicare aliquote d'accisa ridotte o esenzioni sugli oli minerali e che spetta alle autorità italiane decidere se richiedere tali proroghe;
è improcrastinabile procedere alla compensazione del danno ambientale per i territori individuati come siti contaminati di interesse nazionale di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 22 del 1997 e dell'articolo 15 del decreto del Ministero dell'ambiente n. 471 del 1999, riducendo le accise al 10 per cento dell'importo vigente per la generalità del territorio al momento dell'immissione al consumo per l'impiego nei territori individuati come siti contaminati di interesse nazionale;
la riduzione delle accise al 10 per cento per il consumo nei territori individuati come siti contaminati di interesse nazionale sarebbe compatibile a livello europeo in quanto dovrebbe essere limitata nel tempo, contribuirebbe allo sviluppo regionale, sarebbe proporzionale agli svantaggi che intende compensare ed, infine, economicamente sostenibile;
l'onere derivante dalla riduzione al 10 per cento delle accise potrebbe essere compensato sperimentando, nei territori individuati come siti contaminati, la lotta all'evasione fiscale consentendo in quei territori la deducibilità dal reddito sia delle persone fisiche che giuridiche di qualsiasi onere documentato ed identificabile con codice fiscale o partita IVA,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di compensare il danno ambientale nei siti contaminati d'interesse nazionale attraverso la riduzione delle accise al 10 per cento dell'importo vigente per la generalità del territorio, al momento dell'immissione al consumo per l'impiego nei territori individuati come siti contaminati di interesse nazionale;
a richiedere in tempi brevi alla Commissione europea la possibilità della deroga all'importo delle accise al fine di compensare del danno ambientale i territori individuati come siti contaminati di interesse nazionale, compensando la riduzione al 10 per cento delle accise attraverso la lotta all'evasione fiscale consentendo in quei territori la deducibilità dal reddito sia delle persone fisiche che giuridiche di qualsiasi onere documentato ed identificabile con codice fiscale o partita IVA.
9/4829-A/69.Razzi, Gianni.

La Camera,
premesso che:
la bonifica dei siti contaminati di interesse nazionale rappresenta una questione rilevantissima che il nostro paese non può continuare a procrastinare nel tempo;
la Camera dei deputati è stata impegnata in un'approfondita discussione su mozioni aventi come oggetto in molti casi anche l'avvio, dopo molti anni, dei programmi di bonifica relativi ai siti contaminati finora riconosciuti di interesse nazionale;
i siti contaminati hanno subito contaminazioni derivanti da attività industriali, ma anche da stoccaggio di rifiuti o da perdite da linee o serbatoi di idrocarburi;
le contaminazioni che hanno interessato i siti sono pericolosissime e da queste sono derivati e tutt'oggi derivano rischi rilevanti per la salute (tumori e altre gravi patologie) dei cittadini residenti in quelle zone e per l'ecosistema;
le operazioni di bonifica sono in notevole ritardo e nella maggior parte dei siti si è fermi alla sola perimetrazione dei siti medesimi;
la possibilità di intervenire su tali siti deve diventare una possibilità concreta che potrebbe abbinare rilancio dell'economia e difesa dell'ambiente;
in attesa dell'avvio effettivo o del completamento delle azioni di bonifica, è necessario prevedere azioni per il sostegno delle imprese già operanti o per l'avvio di nuove attività che promuovano quello sviluppo, oggi ancora più importante in un momento di grave crisi economica, negato o frenato dalla presenza di siti contaminati,

impegna il Governo

a intervenire a sostegno dei comuni interessati da siti contaminati di interesse nazionale, in attesa dell'avvio effettivo o del completamento delle opere di bonifica, attraverso l'istituzione di zone produttive nei territori dei comuni in oggetto.
9/4829-A/70.Pisacane, Gianni.

La Camera,
premesso che:
il precedente Governo, nella seduta del 25 febbraio 2011, aveva accolto l'ordine del giorno n. 9/4086/263 a prima firma del sottoscritto, nel quale si richiedeva di valutare, in tempi brevi, l'opportunità di intervenire, anche attraverso eventuali interventi normativi a tutela degli interessi legittimi dei cittadini, negli eventuali contenziosi con gli istituti bancari, affinché l'interpretazione data all'articolo 2, comma 61, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, in merito all'articolo 2935 del codice civile non si configurasse come un danno nei confronti dei cittadini medesimi;
tale richiesta trovava la sua ragione d'essere nella norma interpretativa di cui sopra che potrebbe determinare la riduzione dei termini di prescrizione a favore dei soli istituti bancari a danno dei diritti che possono essere invece fatti valere da tutti i cittadini utenti (imprese e consumatori) anche nei confronti dei medesimi istituti bancari, per i rapporti creditizi in conto corrente;
sempre il precedente Governo, con successivo, ordine del giorno n. 9/4357-A/113 approvato dalla Camera dei deputati il 22 giugno 2011, veniva impegnato ad avviare un tavolo di concertazione tra l'Associazione bancaria italiana e le associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale, ovvero altre associazioni a scelta dell'utente bancario, allo scopo di concordare un intervento normativo come sopra prospettato da sottoporre, nel caso, per le necessarie valutazioni ed approvazione nel contesto della successiva manovra di assestamento di bilancio,

impegna il Governo

stante la grave situazione in cui versano le aziende e le famiglie italiane, a verificare la possibilità di assumere, con la dovuta urgenza, iniziative normative atte a:
1) salvaguardare tutti i diritti nascenti dai rapporti bancari instaurati prima del 26 febbraio 2011, data d'entrata in vigore della legge di conversione n. 10, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225;
2) definire le modalità, in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente, necessarie per addivenire ad accordi transattivi quadro tra il Ministero competente, la Banca d'Italia, banche ed utenti o loro rappresentanti, volte ad agevolare la risoluzione di criticità riferibili a rapporti posti in essere prima e dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione n. 10 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225;
3) sospendere, nel frattempo, a tempo indeterminato ogni procedura esecutiva per pignoramento ed espropriazione immobiliare, pignoramento mobiliare, decreti ingiuntivi, precetti, cartelle esattoriali, i cui titoli esecutivi sono oggetto di opposizione, ovvero non sono stati opposti, anche ai sensi dell'articolo 615 del codice di procedura civile da parte del debitore, oppure fondati su rapporti bancari oggetto di opposizione ed anche su titoli esecutivi non opposti ma oggetto di procedimenti penali anche non definitivi, e di procedimenti di cui all'articolo 15 regio-decreto 16 marzo 1942, n. 267 nonché, laddove sia già pendente la procedura fallimentare, ogni attività di vendita di beni immobili;
4) concedere alle aziende che ne facessero richiesta, in deroga alle norme sui protesti e sulle segnalazioni alle centrali dei rischi, un prestito-ponte statale, o con garanzia offerta dalla Cassa depositi e prestiti, con tasso agevolato, e del 50 per cento come contributo in conto capitale, sull'esempio della legge n. 185 del 2000, previa presentazione di business plan, al fine di restituire alle aziende in difficoltà la possibilità di reinserirsi nell'economia legale con conseguente ripresa della produzione e del gettito fiscale, facendo sì che tale procedura sia contenuta nell'arco di 30 giorni e consentita anche alle aziende costrette a cessare l'attività a seguito dei contenziosi instaurati con le banche e con il fisco;
5) intervenire con le stesse modalità anche verso le famiglie, ma con un prestito-ponte erogato, mediante l'utilizzo del gettito Irap-Ires che la Banca d'Italia versa annualmente allo Stato come imposizione fiscale, previe necessarie garanzie e piano di restituzione del prestito.
9/4829-A/71.Scilipoti.

La Camera,
premesso che:
i commi dal 7 al 15 dell'articolo 43 del presente decreto-legge sono stati destinati a definire la messa in sicurezza degli invasi delle grandi dighe italiane;
in pratica si interverrà, nei casi dove vi è la maggiore necessità, togliendo dai fondali dei laghi artificiali i depositi accumulatisi nel corso degli ultimi decenni, al fine di ristabilire le originali condizioni di sicurezza;
come è noto, sulla necessità di tale intervento vi è, da parte di alcuni esperti in base a studi di settore, più di qualche perplessità sull'urgenza degli stessi;
da tali studi si evince che, negli ultimi anni, il livello di riempimento degli invasi è stato modesto e che, attualmente, i laghi sono forse fin troppo grandi rispetto all'andamento dei corsi d'acqua e che, di conseguenza, tali interventi non risulterebbero, se non in pochissimi casi, urgenti e necessari;
tali interventi, che frutteranno sicuramente grandi introiti alle grandi aziende che operano nel settore del movimento terra, saranno a carico delle aziende concessionarie che, ovviamente se non vi saranno indicazioni e obblighi diversi, scaricheranno in maniera indistinta tali spese sulle bollette dei consumatori che già, stante la grave crisi economica, sono, in gran parte, costretti a sopportare notevoli aumenti del costo della vita;
in termini di sicurezza, visti gli ultimi drammatici accadimenti in varie parti d'Italia a seguito di eventi atmosferici, sembrerebbe, oltretutto, più urgente intervenire sulla messa in sicurezza di tanti corsi d'acqua che continuano a provocare fenomeni di esondazione delle proprie acque;
non va dimenticato, infine, che le aziende concessionarie che operano nella produzione di energia idroelettrica, hanno introiti per circa 3 miliardi di euro l'anno a fronte di 200 milioni di euro di costi di concessione,

impegna il Governo:

ad intavolare con le Aziende concessionarie un confronto serio al fine di non far ricadere sui consumatori gli eventuali costi di tali operazioni di messa in sicurezza degli invasi delle grandi dighe italiane, stante anche l'elevato e riconosciuto livello di ricavi di cui le stesse Aziende usufruiscono in virtù di tali concessioni;
ad affrontare, in termini concreti e in tempi necessariamente rapidi, lo stato di dissesto idrogeologico dell'intero Paese, al fine di procedere ad opere di messa in sicurezza del territorio nazionale per tentare di evitare nuove disgrazie e lutti in seguito a violenti fenomeni atmosferici.
9/4829-A/72.Ruvolo.

La Camera,
premesso che:
1240 lavoratori in somministrazione dell'INPS, il 15 aprile 2011, non hanno visto, in tutta Italia, il rinnovo del proprio contratto stipulato con l'agenzia interinale Tempor;
precedentemente altri 550 lavoratori, nel mese di dicembre 2010, erano stati licenziati, per un totale di 1800;
la maggior parte di questi lavoratori erano giovani del Sud che avevano accettato di trasferirsi al Nord nella speranza di trovare, finalmente un lavoro che desse loro una speranza di costruirsi un futuro non più incerto;
questi giovani, diplomati e laureati, svolgevano lavori importanti all'interno dell'istituto, occupandosi spesso di disoccupazione, cassa integrazione, contributi pensionistici, e avevano «smaltito» documentazioni che non erano controllate da anni, facendo recuperare spesso all'INPS milioni di euro;
tale situazione è stata determinata dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di stabilizzazione e competitività economica, che ha imposto la riduzione del 50 per cento delle spese sostenute dalle amministrazioni pubbliche per il lavoro flessibile;
tale provvedimento, in questo caso specifico, pur determinando economie di spesa ha sottratto all'INPS la possibilità di recuperare enormi risorse dalle attività che questi lavoratori svolgevano;
l'INPS, negli ultimi cinque anni, ha già mandato a casa in pensione più di 7mila lavoratori con il relativo aumento dell'insufficienza di pianta organica;
nel mese di marzo 2011, il precedente Governo ha dato parere positivo ad una risoluzione approvata all'unanimità, in Commissione lavoro della Camera dei deputati, che richiedeva un ripensamento per quanto riguardava i 1800 lavoratori INPS;
i sindacati, in maniera unita, hanno più volte manifestato richiedendo che si giungesse ad una soluzione della vertenza, ma sino ad oggi non sono stati ottenuti risultati concreti;
il 27 giugno scorso, nell'ambito di una manifestazione sindacale, una delegazione composta dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori somministrati è stata ricevuta dai dirigenti del Ministero dell'economia e delle finanze. Nel corso di tale incontro, i rappresentanti del Ministero, accogliendo un'espressa proposta in tal senso, hanno manifestato la disponibilità dell'amministrazione a partecipare ai lavori di un apposito tavolo tecnico, con il coinvolgimento dei Ministeri competenti, per verificare l'esistenza di possibili soluzioni alla problematica in esame,

impegna il Governo

ad attivarsi, attraverso le iniziative ritenute opportune, per emanare un provvedimento che consenta il reintegro nel posto di lavoro dei 1800 giovani licenziati, così da dare un segnale forte sul fronte dell'occupazione a conferma della volontà di questo Governo di rilanciare l'economia rafforzando, al contempo, l'occupazione.
9/4829-A/73.Gianni.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame all'articolo 21, commi 10 ed 11, ha disposto la soppressione e la messa in liquidazione dell'EIPLI (Ente per lo sviluppo della irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia);
il provvedimento è stato confermato nonostante la presentazione di emendamenti intesi a evitare la soppressione dell'Ente e a pervenire, invece, al suo risanamento ed alla sua trasformazione, così come previsto dall'articolo 1 comma 1055 della legge n. 296 del 2006, tutt'ora in vigore;
la scelta del Governo appare secondo il presentatore del presente ordine del giorno, palesemente erronea e meritevole, quindi, di essere emendata e corretta;
ciò in primo luogo per il palese contrasto con la norma richiamata e vigente, volta alla effettiva razionalizzazione della attività di approvvigionamento idrico nei territori delle Regioni Puglia e Basilicata, nonché nei territori della Provincia di Avellino;
la disposta soppressione, poi, e la conseguente fase di liquidazione, non consente comunque di garantire la normale attività gestionale di tutto il sistema idrico che fornisce la risorsa anche al potabile, oltre che all'irriguo e all'industriale, perché da questo momento l'Ente non è più in grado di contrarre obbligazioni anche di rilevante entità per fare fronte alle esigenze di manutenzione ordinaria e straordinaria, oltre che di mantenimento in sicurezza delle dighe, la cui mancata esecuzione, poiché in aperto contrasto con i poteri attribuibili ad una gestione liquidatoria di un ente soppresso al quale non si sostituisce nella funzione alcun altro soggetto, comporterebbe grave nocumento alla normale attività di accumulo e distribuzione della risorsa idrica;
inoltre si deve sottolineare che la gestione degli invasi è regolata dalle direttive di legge nazionale, sotto l'alta sorveglianza dell'Ufficio nazionale dighe, con l'obbligo di attendere alle prescrizioni da questo promananti, e, quindi, alla realizzazione degli interventi necessari per garantire per la messa in sicurezza degli impianti che l'ente soppresso non sarebbe in grado di assicurare;
sul versante economico e finanziario, la soppressione dell'Ente per come prevista, determina la attribuzione dei costi rivenienti dalla massa debitoria ammontante, in assenza del preventivo risanamento, ad oltre 220 milioni di euro, a differenza di quanto accadrebbe mediante il completamento del piano di rientro già varato, che ridurrebbe, grazie ad una serie pianificata di intese transattive, a circa 75 milioni di debito, ai quali l'Ente farebbe fronte con risorse proprie, derivanti dalla gestione economica delle attività caratteristiche, senza gravare sul bilancio dello Stato con ulteriori spese, tranne l'utilizzo del fondo già assegnato dal ministero vigilante e non ancora erogato;
lungi, quindi, dal raggiungere i risultati di efficienza, efficacia, razionalizzazione e risparmio delle risorse pubbliche, il provvedimento determina conseguenze di segno decisamente opposto, con disfunzioni gravi e rilevanti, ed aggravio di costo notevolissimi;
ritenuto che occorra doverosamente emendare le disposizioni contenute nell'articolo 21, commi 10 ed 11,

impegna il Governo

ad adottare, eventualmente in sede di redazione ed approvazione del prossimo decreto milleproroghe, ulteriori provvedimenti correttivi della norma in esame, che prevedano, in luogo dello scioglimento e della messa in liquidazione dell'EIPLI, l'obbligo per l'Ente per lo sviluppo della irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia (EIPLI) di provvedere al risanamento finanziario secondo le procedure previste dall'articolo 1, comma 1055 della legge n. 269 del 2006, ed alla sua trasformazione in un nuovo soggetto giuridico partecipato dallo Stato e dalle regioni interessate, entro e non oltre 12 mesi dalla entrata in vigore della legge e, al fine di consentire l'effettivo risanamento finanziario dell'Ente, che sospendano, fino al 31 dicembre 2012, le procedure giudiziarie ed esecutive nei confronti dell'EIPLI».
9/4829-A/74.Taddei, Marmo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 6 del decreto-legge in esame può produrre diseguaglianze e disparità di trattamento fra coloro che, pur trovandosi in posizione giuridica e di fatto sostanzialmente analoga, hanno ottenuto il riconoscimento dei diritti prima dell'entrata in vigore delle norme o appartengono a categorie esenti e coloro che invece non ne hanno già ottenuto l'acclaramento,

impegna il Governo

ad assumere ulteriori provvedimenti affinché, in attuazione dei principi di cui agli articoli 1, 3 e 24 della Costituzione, l'abrogazione degli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata, non si applichi anche a tutti coloro che hanno maturato i diritti per eventi occorsi prima della data di entrata in vigore del presente decreto e che hanno diritto di instaurare i relativi procedimenti amministrativi e giurisdizionali, così chiarendo altresì la norma non esplicita di cui in premessa.
9/4829-A/75.Cavallaro, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 13 del disegno di legge in esame contiene disposizioni finalizzate ad anticipare, in via sperimentale a decorrere dall'anno 2012 e fino al 2014, l'applicazione dell'imposta municipale propria (IMU) prevista dal decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari attinenti ai beni non locati e l'imposta comunale sugli immobili (ICI) verrà applicata a regime dal 2015;
presupposto dell'IMU è il possesso degli immobili, secondo la definizione di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, che disciplina l'ICI e si applica anche all'abitazione principale e alle pertinenze della medesima, precedentemente escluse dall'imposta, calcolandola sulla base imponibile costituita dal valore dell'immobile, determinato ai sensi del citato decreto legislativo n. 504 del 1992, ma rivalutato mediante l'applicazione dei nuovi coefficienti previsti dai commi 4 e 5 dell'articolo 13 in esame;
tale circostanza determina un aumento molto consistente dell'imposta, che si teme possa provocare l'aumento, per molti insostenibile, dei canoni di locazione, anche alla luce dei correttivi inseriti durante l'esame parlamentare;
in occasione dell'esame della legge di stabilità per il 2011 era stato accolto dal Governo un ordine del giorno, presentato dai sottoscritti, che impegnava il medesimo ad intervenire per rifinanziare il Fondo affitti e a garantire «fondi certi, costanti nel tempo, e commisurati al fabbisogno, in particolare dei comuni ad alta tensione abitativa, per le politiche abitative e gli investimenti negli alloggi sociali», oltre a «valutare l'opportunità di incentivare le iniziative degli enti locali che adottano misure di sostegno ai cittadini che si trovano in condizioni di morosità incolpevole contribuendo concretamente al mantenimento degli alloggi». La delicatissima situazione finanziaria non ha, evidentemente, consentito l'adozione degli opportuni provvedimenti e, anche considerando la reintroduzione dell'imposta sulla prima casa, si teme un drammatico aggravamento dell'emergenza abitativa;
le continue decurtazioni del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, che avrà, pertanto, risorse del tutto insufficienti al fabbisogno per tutto il prossimo triennio, non consentono, infatti, di prevedere, unitamente alle conseguenze della presente manovra, alcun miglioramento della situazione, tutt'altro. Vale la pena ricordare che il Fondo affitti è, tuttora, il principale sostegno alla locazione dei soggetti a medio-basso reddito, in quanto eroga contributi ai conduttori privati in stato di necessità per il pagamento dei canoni di locazione, e i continui tagli che hanno subìto le regioni ed i comuni, a causa delle diverse manovre correttive del 2011, non consentono che una parziale e inadeguata integrazione delle esigue risorse disponibili;
nel nostro Paese la casa pesa sui bilanci familiari per oltre il 50 per cento del reddito e i procedimenti di sfratto per morosità hanno raggiunto una quota compresa tra l'85 ed il 90 per cento del totale, mentre più di 600mila famiglie sono iscritte nelle graduatorie comunali per la assegnazione di un alloggio pubblico ed è in costante aumento anche il numero delle famiglie in difficoltà che chiedono un sostegno alle amministrazioni comunali per il pagamento dei canoni di locazione;
l'aumento esponenziale degli sfratti per morosità è un segnale evidente degli effetti più drammatici della crisi economica per migliaia di famiglie. Il precedente Governo non ha evidentemente fatto quanto avrebbe dovuto per supportare le Prefetture ed i Comuni nelle iniziative locali di sostegno alla locazione, attraverso fondi di garanzia per la morosità incolpevole. L'ANCI e le associazioni sindacali degli inquilini hanno, quindi, molto opportunamente lanciato in questi giorni un allarme sul possibile rischio che l'introduzione dell'IMU sugli immobili comporti aumenti incontrollati dei canoni di locazione con pesanti effetti sull'emergenza abitativa in atto;
sarebbe altresì opportuno, come emerso, peraltro, durante l'esame del provvedimento in Commissione VIII, eliminare le disparità fiscali tra gli alloggi di edilizia residenziale pubblica in proprietà o in gestione degli ex Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, rispetto a quelli di proprietà degli enti locali e prevedere, anche in considerazione dell'importanza di tale patrimonio edilizio e quindi dei positivi effetti sull'ambiente, l'assoggettabilità dei medesimi alle agevolazioni previste dal decreto in esame per le ristrutturazioni e gli interventi di efficienza energetica e miglioramento ambientale,

impegna il Governo

a riattivare il tavolo di confronto e di concertazione sulle politiche abitative istituito dall'articolo 4 delle legge 8 febbraio 2007, n. 9, proprio con il compito di individuare le linee di intervento e gli indirizzi delle politiche abitative per ridurne il disagio, a valutare l'adozione di misure che eliminino le disparità di trattamento, con particolare riferimento al regime fiscale e alle agevolazioni per interventi di riqualificazione ambientale, tra proprietari e conduttori degli alloggi pubblici gestiti a fini sociali e ad individuare, con urgenza, nuove risorse per l'edilizia sociale e il sostegno alla locazione delle famiglie a basso reddito.
9/4829-A/76.Chiara Braga, Morassut, Strizzolo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
martedì 22 e mercoledì 23 novembre, le popolazioni del messinese sono state sconvolte da eventi franosi verificatisi in seguito alle precipitazioni, alle esondazioni e alle generali condizioni atmosferiche avverse, che hanno altresì causato la morte di tre residenti a Saponara nella frazione di Scarcelli e danni per milioni di euro nel centro di Barcellona Pozzo di Gotto;
dovendo constatare che l'evento calamitoso ha prodotto conseguenze disastrose, con l'ulteriore corollario dell'assenza di corrente per oltre 3.000 famiglie, la chiusura delle scuole, e l'emanazione di ordinanze per l'evacuazione di circa 100 famiglie, con la contestuale adozione di misure urgenti per la messa in sicurezza del territorio, avviando una sinergia tra Stato e Regione per affrontare il grave problema di dissesto idrogeologico che interessa la provincia di Messina,

impegna il Governo

ad adottare, fino a quando non verranno ristabilite le condizioni di normalità, un provvedimento recante la concessione di proroga e/o di esonerare le popolazioni in oggetto dal versamento del secondo acconto Irpef, Ires ed Irap, la cui scadenza era stata fissata il 30 novembre 2011, e del saldo Ici, per il quale il termine è fissato al 16 dicembre.
9/4829-A/77.Germanà, Garofalo, Marinello, Pagano, Misuraca.

La Camera,
premesso che:
il tema della cooperazione intercomunale per la gestione associata dei servizi e delle funzioni, in via prioritaria attraverso le Unioni di Comuni, rappresenta una concreta occasione di riforma, di razionalizzazione e di crescita a beneficio di tutto il territorio nazionale, in particolare dei piccoli Comuni;
proprio per la rilevanza di tali processi associativi è opportuna una loro razionale definizione e certezza applicativa a cominciare dall'approvazione di una cornice istituzionale adeguata qual'è la Carta delle Autonomie;
il quadro normativo si è particolarmente aggravato dal settembre scorso con l'introduzione dell'articolo 16 del decreto-legge n. 138, del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148, del 2011, «manovra bis», contenente tra l'altro anche profili di incostituzionalità come evidenziato da numerosi ricorsi già promossi innanzi alla Corte Costituzionale da alcune Regioni;
inoltre, in questi due primi mesi dall'entrata in vigore dell'articolo 16 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148, del 2011, sono centinaia le richieste di assistenza, di chiarimenti, le perplessità e le forti preoccupazioni pervenute in ANCI dagli Amministratori dei Piccoli Comuni, sempre più consapevoli degli assai probabili disservizi ed incrementi dei costi cui andrebbero incontro le loro comunità locali qualora si procedesse nei termini indicati dall'articolo 16 che produce effetti negativi anche sulle forme associative già esistenti ed operanti;
l'applicazione dell'articolo 16 già comporta un costo aggiuntivo per il bilancio dello Stato dovuto allo scioglimento di numerose Unioni ed alle consulenze tecniche che i Comuni si trovano costretti a reperire dal mercato,

impegna il Governo

anche in vista delle prossime scadenze già previste per il 31 dicembre 2011, a valutare l'opportunità di prorogare nel primo provvedimento utile le scadenze previste per l'applicazione dell'articolo 16 del decreto-legge n. 138, del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148, del 2011, al fine di risolvere le gravi e complesse questioni applicative summenzionate.
9/4829-A/78. Ciccanti, Delfino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 26 prevede la prescrizione a favore dell'erario delle banconote, dei biglietti e delle monete in lire ancora in circolazione e destina il relativo controvalore al Fondo ammortamento dei titoli di Stato;
la prescrizione opera con decorrenza immediata, abrogando di fatto il termine di prescrizione del 28 febbraio 2012, previsto per la conversione in euro delle lire in circolazione, ai sensi dell'articolo 3, comma 1-bis, della legge n. 96 del 1997 e dell'articolo 52-ter, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 213 del 1998;
lo scorso 20 ottobre la Fondazione Prosolidar, costituita da ABI e dalle organizzazioni sindacali del settore del credito, unitamente alla Biblioteca Apostolica Vaticana, Terres des Hommes Onlus, Emergency e l'agenzia ONU per i rifugiati, UNHCR ha lanciato una campagna per la raccolta delle lire da destinare, una volta convertite in euro presso la Banca d'Italia, a progetti di alto valore solidale e culturale;
l'anticipo della data utile per la conversione delle monete e banconote ha bloccato le iniziative in corso che altre organizzazioni avevano avviato e messo a repentaglio le finalità della campagna «L'ultima Lira»,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione, al fine di adottare un'ulteriore iniziativa volta a concedere una proroga per consentire la raccolta di fondi e ad autorizzare la Banca d'Italia a convertire in euro le banconote e le monete per quelle campagne del no-profit avviate in data anteriore al 4 dicembre 2011.
9/4829-A/79.Lusetti.

La Camera,
premesso che:
attraverso numerosi atti di sindacato ispettivo era stata portata all'attenzione del precedente Governo la vicenda riguardante gli oltre quarantamila piccoli azionisti e obbligazionisti Alitalia;
in tali atti si richiedeva al Governo l'impegno ad adottare ogni utile strumento volto a tutelare le decine di migliaia di incolpevoli cittadini che avevano acquistato le azioni Alitalia, investendo, a volte, i risparmi di una vita e che chiedevano giustamente di conoscere quale sarebbe stata la sorte dei loro titoli;
ad oggi non risulta che il Governo abbia dato seguito agli impegni presi a suo tempo,

impegna il Governo

ad approfondire la vicenda riguardante i piccoli risparmiatori Alitalia valutando l'opportunità, quando le circostanze lo consentiranno, di dare seguito agli impegni già assunti in questa sede al fine di dare una risposta definitiva agli azionisti e obbligazionisti della vecchia società Alitalia.
9/4829-A/80.Compagnon.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 32 del decreto-legge in esame prevede la vendita dei farmaci di classe C, senza obbligo di ricetta medica e non rimborsabili dal servizio sanitario nazionale, anche presso le parafarmacie e i corner della grande distribuzione organizzata, nei comuni con popolazione superiore a 12.500 abitanti (commi 1 e 2);
in particolare, il comma 1 prevede per gli esercizi commerciali, in possesso di determinati requisiti, ubicati nei comuni con popolazione superiore a 12.500 abitanti, e fuori dalle aree rurali, individuate dai Piani Sanitari Regionali, la possibilità di vendere anche i medicinali senza obbligo di prescrizione medica e a totale carico del cittadino. Sono esclusi i medicinali iniettabili e contenenti sostanze psicotrope, quelli che prevedono una ricetta non ripetibile, nonché i farmaci del sistema endocrino e somministrabili per via parentale;
il comma 2 del suddetto articolo stabilisce che la vendita dei medicinali deve avvenire in un reparto delimitato rispetto all'area commerciale, in cui i farmaci sono accessibili solo al personale addetto;
le liberalizzazioni, già avviate nel settore dei farmaci, hanno addotto notevoli vantaggi oltre che un miglior servizio ed una più ampia disponibilità di punti vendita. In termini economici, la liberalizzazione dei farmaci di fascia C permetterà un risparmio di 960 milioni di euro annui, pari a circa 40 euro annui a famiglia. Gli ulteriori effetti positivi di questa misura, infatti, non si limiteranno a una riduzione dei costi, ma incideranno anche sullo sviluppo e l'occupazione nel settore farmaceutico;
tuttavia, è estremamente importante sviluppare tra la collettività la cultura dell'uso appropriato dei farmaci promuovendo azioni di educazione e informazione. Chi dispensa i farmaci ha il dovere di garantire al paziente l'adeguata informazione sull'uso e gli effetti del farmaco che mette in vendita a parità di assistenza garantita rispetto ai farmacisti;
è importante intervenire sulla vendita e la liberalizzazione dei farmaci non trascurando un'adeguata informazione sul farmaco stesso, tenendo conto che l'informazione è parte integrante del complesso processo di educazione alla salute dei cittadini; è noto infatti che nei Paesi in cui la liberalizzazione è già avvenuta il consumo di questi farmaci è aumentato in modo rilevante, come se si fosse attenuata nei cittadini la consapevolezza che un farmaco non è una merce come tutte le altre e la maggiore facilità di acquisirlo non ne diminuisce gli effetti potenzialmente negativi sia in termini di abuso che di dipendenza,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a garantire, attraverso una adeguata presenza di personale competente, - per l'appunto farmacisti -, che nei nuovi punti di vendita dei farmaci di fascia C autorizzati dal presente decreto, vengano assicurate tutte le funzioni essenziali abitualmente svolte nelle farmacie: dalla vendita con relativo controllo dei farmaci, all'informazione e all'educazione alla salute dei cittadini. Il personale qualificato messo a disposizione del pubblico va commisurato all'effettivo flusso di persone che abitualmente accedono al punto vendita, evitando rigorosamente di ricorrere a personale non specialista, abitualmente addetto alla vendita di altri prodotti, perché questo potrebbe produrre un grave danno alla salute dei clienti non correttamente informati
9/4829-A/81.Binetti, Nunzio Francesco Testa, Calgaro, Delfino.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame configura, agli articoli 1 e 2 misure per lo sviluppo e la crescita sulle aziende commerciali ed industriali, inapplicabili tuttavia per i titolari di reddito agrario;
ciò avrà effetti pesantissimi per l'agricoltura italiana, alle prese con difficoltà causate dalla forbice sempre più ampia tra i prezzi dei prodotti sul campo, in caduta libera, ed i costi di produzione in ascesa inarrestabile, e con alcuni comparti fondamentali, il suinicolo ed il tabacchicolo, ormai in aperta crisi;
le aziende fanno i conti con onerosi costi produttivi, contributivi e burocratici, con il crollo dei prezzi all'origine e con redditi praticamente falcidiati;
siamo in presenza di misure sicuramente necessarie ma confuse, che di sicuro non risolveranno il problema della spesa pubblica, né assicureranno alle imprese le leve per uscire dall'attuale difficile congiuntura,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di strategie per il settore agricolo ben diverse, di misure che diano reali sostegni agli imprenditori e valorizzino il made in Italy, a valutare altresì l'opportunità di provvedimenti in grado di assicurare nuovi margini di manovra per le aziende che oggi, purtroppo, sono in grande affanno, per cercare di rilanciare la loro crescita e per favorire la necessaria competitività sui mercati internazionali.
9/4829-A/82.Tassone, Delfino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 13, al comma 14-ter, prevede che debbano essere dichiarati al catasto edilizio urbano i fabbricati rurali iscritti al catasto terreni;
il comma 21 del medesimo articolo 13 è stato soppresso e con esso la proroga al 3 marzo 2012 per le domande di variazione catastale dei fabbricati in possesso dei requisiti di ruralità;
i terreni, ai fini IMU, già subiscono la rivalutazione del 60 per cento del loro valore, così come previsto per le altre categorie di beni patrimoniali,

impegna il Governo

a chiarire, nel decreto di cui all'articolo 13, comma 14-bis, che il requisito di ruralità non dipende dalla categoria catastale; ovvero a valutare gli effetti applicativi dell'articolo 13 del decreto in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte:
a ripristinare la proroga al 31 marzo 2012 per le domande di variazione catastale dei fabbricati in possesso dei requisiti di ruralità, per gli effetti di cui all'articolo 7, commi da 2-bis a 2-quater del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106;
a riconsiderare la soggettività autonoma all'IMU dei fabbricati rurali, in considerazione dell'assorbimento della redditività degli stessi nel valore dei terreni al fine di evitare duplicazioni di imposta.
9/4829-A/83.Delfino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 24 del decreto-legge in esame prevede, ai commi 14 e 15 che la deroga al nuovo regime dei requisiti di accesso al pensionamento per i lavoratori in mobilità, mobilità lunga, fondi di solidarietà venga operata nel limite di determinati tetti annui di spesa;
agli enti gestori di forme di previdenza obbligatori è rimesso il compito di monitorare l'accesso ai benefici, con l'obbligo di non prendere in considerazione ulteriori domande una volta raggiunto il limite numerico corrispondente ai tetti annui di spesa;
tra i beneficiari rientrano i lavoratori collocati in mobilità sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011 - vi rientrano quelli di Termini Imerese e Alenia - e quelli che, prima del 4 dicembre sono stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione;
tale limite non consentirà di fruire dell'esenzione a molti lavoratori che hanno firmato transazioni per una uscita prematura dal mondo del lavoro confidando nelle regole pensionistiche finora in vigore e che si trovano, oggi, senza retribuzione e senza pensione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative volte a prevedere le risorse necessarie nel caso in cui il numero massimo di beneficiari che rientrano nei limite dei tetti annui di spesa indicato nel decreto risultasse insufficiente a coprire le richieste di lavoratori che si trovano oggi, con lo spostamento in avanti dei requisiti pensionistici, senza retribuzione e senza pensione.
9/4829-A/84.Occhiuto, Ruggeri, Tassone, Delfino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 24 del decreto-legge in esame prevede, ai commi 10 e 11, l'adeguamento dei requisiti contributivi agli incrementi della speranza di vita, ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010. In virtù di tale disposizione viene soppressa a decorrere dal 2012, la possibilità di accedere al pensionamento anticipato con il sistema delle cosiddette «quote» introdotto dalla legge n. 247 del 2007, con un'anzianità minima compresa tra 35 e 36 anni di contributi;
inoltre, si prevede l'applicazione di una riduzione percentuale per ogni anno anticipato nell'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni, di una misura pari all'1 per cento, con elevazione al 2 per cento per ogni ulteriore anno di anticipo rispetto a 2 anni;
la riduzione percentuale sarebbe pari all'1 per cento in presenza di un accesso al pensionamento con 61 e 60 anni e salirebbe al 2 per cento in presenza di un accesso al pensionamento pari e minore a 59 anni;
la penalizzazione per chi va in pensione prima dei 62 anni, è comunque insufficiente nel caso dei lavoratori precari,

impegna il Governo

a valutare i rilevanti effetti applicativi della disposizione, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a disporre l'azzeramento delle penalizzazioni o quanto meno farle scendere all'1 per cento per tutte le uscite con meno di 62 anni.
9/4829-A/85.De Poli, Ruggeri, Delfino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del decreto-legge in esame prevede l'introduzione dell'ISEE per la concessione di agevolazioni fiscali e benefici assistenziali, con destinazione dei relativi risparmi a favore delle famiglie e che il disegno di legge delega al Governo per la riforma fiscale e assistenziale (A.C. 4566), ora all'esame della Camera, indica fra gli interventi di riordino e riqualificazione della spesa sociale anche la revisione dell'indicatore di situazione economica equivalente - ISEE,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di tenere conto nel corso della revisione di tale indicatore, oltre che dei parametri già opportunamente indicati nel presente decreto, dell'Indicatore della Situazione Patrimoniale per una percentuale vicina al 50 per cento (la percentuale attuale è del 20 per cento), di includere nell'Indicatore della Situazione Reddituale (ISR) anche i redditi esenti da imposizione (attualmente esclusi con qualche effetto distorsivo nei rapporti tra INPS ed Enti Locali per l'erogazione di assistenza), di voler valutare l'entità dei depositi sui conti correnti sulla base della giacenza annuale media e non della giacenza al 31 dicembre (frequente origine di frodi) e di volere infine includere nei pesi dei carichi famigliari anche le persone non autosufficienti a carico (attualmente sono previsti solo i figli successivi al primo ed i disabili).
9/4829-A/86.Calgaro, Binetti, Delfino.

La Camera,
premesso che:
l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) ha una dotazione complessiva di personale fissata per legge in centottanta unità e che la distribuzione di dette risorse risulta altresì vincolata per legge in 120 unità con contratto a tempo indeterminato e 60 con contratto a tempo indeterminato;
a seguito di numerosi interventi legislativi a partire dal 2003, ad invarianza di personale, sono stati aggiornati ed aumentati i compiti e le funzioni dell'AEEG ed, in particolare, tra i più rilevanti;
l'articolo 1, comma 375, della legge n. 266 del 2005 e il decreto interministeriale 28 dicembre 2007, che ha attribuito all'AEEG il compito di definire tariffe elettriche agevolate in favore dei clienti domestici economicamente svantaggiati (tariffa sociale);
l'articolo 11, comma 12 della legge 14 maggio 2005, n. 80 che estende, con provvedimento dell'AEEG, le condizioni tariffarie previste dal decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato in data 19 dicembre 1995, alle forniture di energia elettrica per le produzioni e lavorazioni dell'alluminio, piombo, argento e zinco e al ciclo clorosoda, situati nel territorio della regione Sardegna;
il decreto del Ministero dello sviluppo economico 21 giugno 2007 in materia di ricerca di sistema nel settore elettrico con riguardo, segnatamente, all'attribuzione all'AEEG di funzioni sostitutive del Comitato di Esperti di Ricerca per il Settore Elettrico (CERSE);
la legge finanziaria per il 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, comma 165, lettera f-ter) che, in attuazione dell'articolo 23 della direttiva 2003/54/CE, ha attribuito all'AEEG il compito di svolgere anche una funzione paragiurisdizionale per la risoluzione delle controversie tra produttori di energia e gestori di rete, mediante decisioni vincolanti tra le parti;
l'articolo 81, comma 18, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 e successive modificazioni, che attribuisce all'AEEG il compito di vigilare sul rispetto del divieto di traslazione della maggiorazione d'imposta (6,5 punti percentuali dell'IRES) introdotta dai commi 16 e 17 dello stesso articolo;
la legge 23 luglio 2009, n. 99, recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia, che affida all'AEEG, in particolare, compiti in tema di aggiornamento della componente C.E.C, del provvedimento Cip 6/92, di realizzazione di misure di Virtual Power Plants per la regione Sardegna e di risoluzione anticipata delle convenzioni Cip 6/92;
il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 in materia di energia nucleare, che assegna all'AEEG il compito di determinare e di aggiornare le tariffe per il conferimento e lo stoccaggio del combustibile nucleare e dei rifiuti radioattivi;
il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130 («Decreto Stoccaggi») che, in particolare, impone di provvedere all'introduzione ed implementazione del bilanciamento di merito economico nel settore gas;
le direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE (recanti rispettivamente norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e norme comuni per il mercato interno del gas naturale) e i regolamenti 713/2009 (CE), 714/2009 (CE) e 715/2009 (CE) - provvedimenti comunitari che compongono il cosiddetto Terzo Pacchetto Energia - che attribuiscono alle autorità nazionali di regolamentazione dei settori energetici numerosi compiti aggiuntivi e importanti nuove responsabilità. In particolare, sanciscono espressamente che gli Stati membri «(...) per tutelare l'indipendenza dell'autorità di regolamentazione provvedono in particolare affinché: l'autorità di regolamentazione (...) disponga di risorse umane e finanziarie idonee allo svolgimento delle sue attività»;
l'articolo 17 della legge 4 giugno 2010, n. 96 (Comunitaria 2009) che, nel dare l'avvio al processo di recepimento delle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, ha delegato il Governo a prevedere che l'AEEG disponga di risorse finanziarie idonee allo svolgimento delle proprie attività, attraverso il sistema di totale autofinanziamento previsto dall'articolo 2, comma 38, della legge 14 novembre 1995, n. 481;
il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, che attribuisce all'AEEG ulteriori compiti in materia di promozione delle fonti energetiche rinnovabili;
il decreto legislativo 1o giugno 2011, n. 93, che ha recepito le direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, attribuendo nuovi compiti e funzioni all'Autorità per l'energia elettrica e il gas, senza prevederne l'adeguamento della pianta organica;
l'articolo 21 del presente disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 201 del 2011 (AC 4829), assegna all'AEEG nuove funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici;
considerato che si rende necessaria una ridefinizione dell'organico funzionale dell'AEEG tale da garantire - nell'interesse dei consumatori - il pieno assolvimento delle nuove funzioni anche di controllo e di garanzia dei mercati di riferimento ad essa affidate;
considerato che l'AEEG si avvale di personale a tempo determinato e indeterminato sulla base dell'articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481 e successive modificazioni, e che il numero complessivo delle risorse previste per legge non è stato più adeguato dal 2004 e, quindi, appare sottodimensionato rispetto ai compiti istituzionali ad essa via via affidati nel tempo,

impegna il Governo

senza nuovi e maggiori oneri a carico della Finanza pubblica, a prevedere apposite misure che, nell'interesse del consumatore, della tutela e della crescita efficiente dei settori di riferimento, garantiscano il pieno assolvimento dei compiti anche di garanzia e di controllo affidati via via da leggi dello Stato all'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas, attraverso una rideterminazione degli organici in ruolo sino a cinquanta unità, di cui all'articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481 e successive modificazioni.
9/4829-A/87.Libè, Dionisi, Mondello.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame al comma 19, articolo 21, attribuisce all'Autorità per l'energia elettrica e il gas le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici che vengono esercitate con i medesimi poteri attribuiti all'Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, precedentemente facenti capo alla soppressa Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua;
il medesimo comma 19 dell'articolo 21 dispone che le funzioni attinenti la regolazione ed il controllo dei servizi idrici da trasferire all'Autorità saranno individuate con decreto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201;
la legge 12 luglio 2011, n. 106 di conversione del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (cosiddetto «decreto Sviluppo») prevede, al comma 24 dell'articolo 10 che agli oneri derivanti dal funzionamento della soppressa Agenzia si provvede mediante un contributo posto a carico di tutti i soggetti sottoposti alla sua vigilanza, il cui costo non può essere recuperato in tariffa, di importo non superiore all'uno per mille dei ricavi risultanti dall'ultimo bilancio approvato prima della data di entrata in vigore del decreto, per un totale dei contributi versati non superiore allo 0,2 per cento del valore complessivo del mercato di competenza. Il medesimo comma stabilisce inoltre che il contributo è determinato dalla Agenzia con propria deliberazione, approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ed è versato entro il 31 luglio di ogni anno. Le relative somme affluiscono direttamente al bilancio dell'Agenzia;
appare opportuno prevedere esplicitamente che non solo le funzioni ma anche il sopra citato meccanismo di finanziamento dell'attività di regolazione e controllo - dei servizi idrici siano trasferiti dalla soppressa Agenzia all'Autorità, al fine sia di garantire la necessaria copertura finanziaria degli oneri di funzionamento delle nuovi attribuzioni sia di evitare che nell'ambito dei diversi settori regolati (energia elettrica, gas naturale e servizi idrici) si verifichi un improprio trasferimento di risorse fra settori diversi,

impegna il Governo

a far sì che nell'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 19, articolo 21 del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, sia garantito all'Autorità oltre al trasferimento delle funzioni, anche il meccanismo di finanziamento degli oneri derivanti dall'esercizio dei compiti di regolazione e controllo dei servizi idrici ad essa attribuiti, come già definito dal comma 24 dell'articolo 10 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106.
9/4829-A/88.Dionisi, Libè, Mondello.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19 comma 6 del decreto-legge istituisce un'imposta di bollo speciale annuale sulle attività finanziarie oggetto di emersione ai sensi dell'articolo 13-bis del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e degli articoli 12 e 15 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409;
dal gettito derivante da tale imposta deriveranno le entrate necessarie ad assicurare la copertura finanziaria alcuni fondamentali interventi sociali contenuti nel decreto-legge e di conseguenza, occorre garantire certezza di gettito evitando incertezze interpretative in sede di applicazione della norma, incertezze che potrebbero generare possibili contenziosi;
il comma 12 del medesimo articolo 19 prevede che «per le attività finanziarie oggetto di emersione che, alla data del 6 dicembre 2011, sono state in tutto o in parte prelevate dal rapporto di deposito, amministrazione o gestione acceso per effetto della procedura di emersione ovvero comunque dismesse, è dovuta, per il solo anno 2012, un'imposta straordinaria pari al 10 per mille»;
il comma 8 dell'articolo 19 prevede, per entrambe le imposte in questione, che «gli intermediari di cui all'articolo 11, comma 1, lettera b) del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409, provvedono a trattenere l'imposta di cui al comma 6 dal conto del soggetto che ha effettuato l'emersione o ricevono provvista dallo stesso contribuente, ed effettuano il relativo versamento entro il 16 febbraio di ciascun anno con riferimento al valore delle attività ancora secretate al 31 dicembre dell'anno precedente (...). Per il solo versamento da effettuare nel 2012 il valore delle attività secretate è quello al 6 dicembre 2011,

impegna il Governo

a chiarire in sede interpretativa che l'imposta speciale di cui al comma 6 e l'imposta straordinaria di cui al comma 12, dell'articolo 19, sono, come appare ragionevole, alternative ed hanno un distinto campo di applicazione;
a chiarire in sede interpretativa che l'imposta speciale di cui al comma 6 dell'articolo 19 si applica solo alle attività secretate, finché restano tali.
9/4829-A/89.Vernetti, Lanzillotta.

La Camera,
premesso che:
dal 1999 il Nomenclatore Tariffario è in attesa di revisione che, secondo lo stesso decreto ministeriale n. 322 del 1999, sarebbe dovuta avvenire entro il 2000, ma anche in violazione di questa norma ciò non è mai avvenuto; in tal modo l'accesso all'innovazione in materia di protesi, dispositivi e opportunità di moderni percorsi riabilitativi basati su nuove tecnologie è stata in tutti questi anni quanto meno limitata se non compromessa;
nell'aprile 2008, a seguito del lavoro di una commissione istituita presso il Ministero della salute, il rinnovo dei Nomenclatore Tariffario è stato approvato dal Governo pro tempore ma non è stato perfezionato perché nel maggio dello stesso anno l'attuale Governo ne ha fermata l'applicazione, rilevando la mancata «bollinatura» da parte della Ragioneria dello Stato del provvedimento che contiene il rinnovo;
nel provvedimento sospeso la nuova versione del Nomenclatore è inserita nel più generale rinnovo dei LEA (livelli essenziali di assistenza);
da allora dichiarazioni pubbliche di diversi responsabili di Governo in materia di salute hanno più volte assicurato che tale rinnovo sarebbe avvenuto di lì a pochi mesi o settimane;
ad oggi la versione del Nomenclatore in vigore per i cittadini è ancora quella del 1999 (che peraltro classifica prodotti risalenti spesso ai primi anni '90) e ciò significa che in molti casi i cittadini per disporre di ausili moderni, debbono pagare di persona quello che sarebbe loro diritto avere gratuitamente ma che formalmente non fa parte del vecchio Nomenclatore;
nel 2007 e nel 2008 sono stati comunque stanziati 10 milioni di euro a beneficio delle regioni, finalizzati alla fornitura di «comunicatori» di ultima generazione che consentono a soggetti con gravi patologie e disabilità progressive e con compromissione della parola di comunicare tramite sistemi (anche a comando oculare) di sintetizzazione della voce e di interazione con il mondo esterno;
due anni fa autorevoli fonti del Ministero competente hanno assicurato a parlamentari e esponenti di associazioni di malati che il reale impiego di tali stanziamenti ripartiti fra le regioni sarebbe stato comunicato e pubblicizzato anche su internet in modo da rendere meglio accessibile l'informazione agli utenti e più semplice le loro eventuali richieste, regione per regione; queste assicurazioni non si sono concretizzate ed anzi si hanno notizie di scarsa informazione per gli utenti e poca trasparenza di gestione che hanno portato a volte alta fornitura di sistemi tecnicamente inadeguati e spesso ad una forte carenza di assistenza;
la spesa sanitaria totale supera ormai il 9 per cento del PIL ed è leggermente superiore alla media di quella dei paesi OECD e dunque non hanno ragione di essere eventuali opposizioni di copertura relativamente al rinnovo dei LEA e del Nomenclatore;
permane particolarmente grave la situazione dei malati di SLA e di altre patologie degenerative del sistema neuromuscolare: in molti casi essi sono letteralmente prigionieri del proprio corpo e non riescono a comunicare all'esterno, manifestare volontà e pensiero perché privi di sistemi di nuova generazione che permetterebbero invece diritto di parola e di espressione;
negli ultimi anni malati di SLA hanno intrapreso iniziative non violente e gandhiane miranti a far cessare questa situazione di isolamento, abbandono e violazione dei più elementari diritti costituzionali all'assistenza e a questa azione si sono affiancati associazioni di malati, parlamentari di ogni orientamento e cittadini comuni che a centinaia hanno sostenuto tali richieste anche con digiuni di proposta e di dialogo nei confronti del Governo;
le situazioni di assistenza per i malati affetti da gravi patologie del sistema neuromuscolare sono molto diverse da regione a regione e solo in alcune regioni esistono centri e forme di assistenza quantitativamente e qualitativamente sufficienti;
è stato accolto dal Governo, nella seduta del 19 novembre 2010, l'ordine del giorno 9/3778/134, che impegnava lo stesso ad emanare il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sull'introduzione dei nuovi LEA entro e non oltre la fine del mese di novembre 2010, per cui appare necessario rendere effettiva e operativa per gli utenti l'approvazione della nuova versione dei LEA e del Nomenclatore entro il mese di novembre 2011;
il Ministro della salute nella sua audizione del 6 dicembre 2011 in commissione Affari sociali della Camera come da resoconto stenografico ha dichiarato: «(...) c'è sul tappeto il problema del completamento dell'iter dei nuovi LEA. (...) Non credo sia tecnicamente possibile seguire l'ipotesi avanzata in questi anni - sono ormai tre anni e mezzo che i cosiddetti nuovi LEA galleggiano con relativa larga messe di discussioni - di immaginare l'individuazione di emergenze più importanti, come l'epidurale, le 109 malattie rare, alcuni profili della disabilità, l'appostamento dei nuovi LEA solo su questi perché il ragionamento, specialmente in questa fase di risorse problematiche, deve essere sempre complessivo. D'altra parte, le circa 6 mila prestazioni comprese nei LEA hanno bisogno di una flessibilità interna. Qualcosa che esce in quanto obsoleto, perché divenuto costoso, inutile, e qualcosa entra. Alla fine, i saldi devono essere corretti, ma questo è un impegno importante e, a mio avviso, prioritario. Non si tratta, infatti, solo della pressione di tutti coloro che da tre anni e mezzo aspettano, ma proprio della logica del sistema del monitoraggio e di questo aggiornamento periodico dei LEA. Non farlo non significa semplicemente omettere un compito previsto, ma toccare il sistema stesso (...)»,

impegna il Governo

ad emanare il decreto sui LEA entro il mese di gennaio 2012, termine da considerarsi perentorio salvo che il Ministro dell'economia non comunichi al Parlamento le ragioni che considerasse ostative all'emanazione del decreto in questione entro il termine indicato; a comunicare, entro gennaio 2012, l'effettivo utilizzo dei finanziamenti stanziati per i «comunicatori» di nuova generazione, regione per regione;
a rendere facilmente accessibili a tutti, anche su internet, le modalità di accesso alla loro utilizzazione, individuando dei responsabili regione per regione cui gli utenti possano riferirsi tramite canali e modalità semplici e rapide;
a verificare, entro maggio 2012, le reali condizioni di assistenza, anche domiciliare, presenti nelle varie regioni;
ad intervenire nelle regioni in cui il servizio sia assente o carente con commissari ad hoc che assicurino ai cittadini affetti da SLA o da patologie simili e alle loro famiglie l'effettivo godimento dei diritti costituzionali di parola, di espressione del pensiero e di una assistenza adeguata.
9/4829-A/90.Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame si inserisce nell'ambito di un piano di misure urgenti per lo sviluppo dell'Italia, prevedendo anche misure volte al contenimento della spesa pubblica e nuove entrate nelle casse dello Stato;
non è previsto alcun intervento per opere di modernizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione strategiche per la crescita economica, civile e culturale;
il beauty contest così come definito dall'articolo 6, lettera f) e gli articoli 7, 8, 9 e 10 dell'allegato A, Criteri per la completa digitalizzazione delle reti televisive terrestri, alla delibera 7 aprile 2009 n. 181/09CONS dell'Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni, la delibera 22 settembre 2010 n. 497/10CONS dell'Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni e il relativo allegato A, il bando di gara per l'assegnazione di diritto d'uso di frequenze in banda televisiva ed il disciplinate di gara adottato dal ministero e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 80 dell'8 luglio 2011 intende implementare la disponibilità di un dividendo digitale, prevedendo che almeno 5 reti televisive nazionali vengano praticamente riservate agli operatori televisivi verticalmente integrati. I punteggi infatti favoriscono operatori con forte presenza sul mercato nazionale e in grado di svolgere, al massimo livello qualitativo, sia il ruolo di operatori di rete che quello di fornitori di contenuti;
la recente gara 4G per il mercato delle telecomunicazioni ha generato un incasso superiore alle più rosee aspettative garantendo un'entrata di circa 4 miliardi di euro;
considerata l'imprescindibile necessità di broadband e l'impetuosa crescita del mercato di riferimento è prevedibile che una nuova asta per le telecomunicazioni da realizzarsi nel prossimo biennio possa riscuotere un rilevante interesse tra gli operatori e generare nuovo gettito;
in considerazione del preminente interesse generale ad una assegnazione a titolo oneroso delle risorse frequenziali così come avvenuto per la gara 4G,

impegna il Governo

ad annullare il bando di gara per l'assegnazione di diritto d'uso di frequenze in banda televisiva ed il conseguente disciplinare di gara che finirebbero per implementare a titolo gratuito la già rilevante detenzione di frequenze dei soggetti già operanti e, conseguentemente, ad annullare il beauty contest, consentendo, fermo restando che nessun soggetto a regime possa detenere più di 5 multiplex complessivamente, la conversione in DVB-T degli attuali autorizzati che operano in tecnica DVB-H procedendo ad un beauty contest DVB-H o T2 per la sesta frequenza oggetto dell'attuale gara a cui non potranno partecipare coloro che avranno optato per la precedente conversione mentre le ulteriori 5 frequenze saranno successivamente oggetto di asta a titolo oneroso.
9/4829-A/91.Maroni, Caparini, Crosio, Fugatti, Laura Molteni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
si apprende da notizie di stampa e da altre fonti informative che le misure di agevolazioni previste dal decreto legislativo n. 185 del 2000, Titoli I e II, non trovano più copertura finanziaria per assenza di risorse disponibili. Tale dato è certamente preoccupante e genera forte disorientamento tra i potenziali beneficiari delle suddette agevolazioni che sono i giovani e i disoccupati;
è importante precisare che tale strumento normativo - rivolto espressamente a incentivare la creazione e lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali giovanili e la creazione di nuovi posti di lavoro attraverso l'autoimpiego in forma di lavoro autonomo microimpresa e franchising - ha prodotto negli ultimi anni risultati positivi in termini di crescita di cultura d'impresa e di crescenti attività imprenditoriali con creazione di nuovi posti di lavoro nell'ambito, soprattutto, delle aree più depresse del Paese e dei territori più interessati da forti crisi occupazionali e da difficoltà socio-economiche;
in particolare, senza considerare i posti di lavoro indiretti derivanti dallo sviluppo delle attività finanziate, sono da evidenziare i seguenti numeri;
l'occupazione creata per l'autoimpiego (lavoro autonomo, microimpresa e franchising) è pari a 165.398 posti di lavoro con 99.365 nuove iniziative imprenditoriali;
l'occupazione creata per l'autoimprenditorialità è pari a 31.711 posti di lavoro e 1.951 nuove iniziative imprenditoriali;
inoltre, anche per l'autoimpiego, i soggetti beneficiari e gli occupati sono maggiormente rappresentati da giovani e più del 44 per cento è rappresentato da donne;
è poi da valutare che le ricadute occupazionali e le nuove iniziative realizzate sono state attivate per 85% al Sud e per la restante parte nelle aree a squilibrio tra domanda e offerta di lavoro del Centro Nord, andando, quindi, ad incidere, maggiormente, nelle aree più deboli del territorio nazionale;
allo stesso tempo, è da rilevare l'alto tasso di sopravvivenza delle microimprese finanziate, tenendo, peraltro, conto che il recupero delle risorse erogate dallo Stato attraverso le imposte e gli oneri contributivi versati dalle neo imprese è di circa 16 mesi;
in questo difficile momento e nell'attuale contesto di crisi internazionale è pertanto necessario rafforzare l'utilizzo di quelle misure che si sono dimostrate efficaci per creare nuove iniziative imprenditoriali e combattere la disoccupazione, in particolare quella giovanile, ed è assurdo immaginare - a causa dell'eventuale mancato stanziamento di fondi - la sospensione delle domande di finanziamento, che, di fatto, andrebbe a penalizzare i tanti giovani disoccupati, soprattutto delle aree più depresse, che, attraverso il sostegno delle misure sopra descritte, avrebbero la speranza e la possibilità di costruirsi un futuro e di affermare (e proprie capacità lavorative, come dimostrano i risultati ottenuti dai quali emerge che il 62 per cento delle iniziative finanziate non sarebbero mai state avviate in assenza di agevolazioni;
pertanto, sarebbe davvero grave, oltre che dannoso per il Paese, se l'attuale Governo, insediatosi per attuare un programma di rigore e di crescita incentrata sullo sviluppo dell'occupazione, in particolare, giovanile e femminile, si rendesse responsabile, per la prima volta, del mancato finanziamento di uno strumento di incentivazione finalizzato all'incremento dell'occupazione, che nei tanti anni di operatività, sotto i vari Governi che si sono succeduti, non ha mai subito sospensioni, generando risultati utili e apprezzati sul piano generale, anche in ambito internazionale,

impegna il Governo

a porre in atto tutte le opportune iniziative al fine di scongiurare la fine dei suddetti strumenti d'incentivazione alle imprese e allo sviluppo occupazionale.
9/4829-A/92.Misiti, Fallica, Terranova, Pugliese, Soglia, Iapicca, Stagno d'Alcontres, Grimaldi.

La Camera,

impegna il Governo

a valutare gli opportuni provvedimenti atti a prorogare le attività espletate ininterrottamente da oltre un decennio da collaboratori scolastici attraverso rapporti convenzionali prorogati giuridicamente dall'articolo 9, comma 15-bis della legge 122 del 2010 e finanziariamente con la previsione contenuta, per ultimo, nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 401 in attuazione dell'articolo 1 comma 40, della legge n. 220 del 2010. Il mancato accoglimento della presente modifica comporterebbe la cessazione dei rapporti convenzionali attivati da oltre un decennio, con gravissime ripercussioni organizzative, logistiche ed operative nelle istituzioni scolastiche, oltreché il negativo impatto occupazionale (oltre 500 lavoratori).
9/4829-A/93.Soglia, Fallica, Terranova, Grimaldi, Stagno d'Alcontres, Pugliese, Iapicca.

La Camera,
premesso che:
le motivazioni che hanno spinto all'adozione del patto di stabilità e crescita sono da ricondurre alla volontà dei paesi membri dell'Unione Europea di proteggere la moneta unica da situazioni di instabilità;
il patto di stabilità e crescita è volto a garantire l'equilibrio delle finanze pubbliche attraverso l'obiettivo del saldo di bilancio prossimo al pareggio o positivo;
in Italia, a partire dal 1999, lo Stato ha coinvolto le regioni e gli enti locali in questo percorso potenzialmente virtuoso assegnando loro specifici obiettivi attraverso il patto di stabilità interno (Psi);
in un contesto socio economico come quello che stiamo attraversando, con la diminuzione dei trasferimenti da parte dello Stato e delle Regioni, oltre alla drastica riduzione delle entrate relative all'eliminazione dell'Ici sulla prima casa che hanno di fatto aggravato ulteriormente la situazione già critica in cui versano i Comuni italiani, il patto di stabilità interno rappresenta una vera e propria scure sulla possibilità di far fronte ai bisogni dei cittadini, soprattutto in materia di investimenti;
se da un lato il patto di stabilità deve essere uno strumento necessario per il contenimento della spesa pubblica, dall'altro si deve allo stesso tempo riconoscerne i limiti in termini di crescita e sviluppo;
già da molto tempo sono sorte richieste di modifiche al patto di stabilità, al fine di conciliare le esigenze di economicità e quelle di razionalizzazione della spesa pubblica, garantendo il mantenimento o incremento della qualità dei servizi e la progressiva eliminazione di sacche di inefficienza,

impegna il Governo

a promuovere politiche specifiche volte a porre in essere una vera differenziazione tra comuni virtuosi e comuni non virtuosi, attraverso l'introduzione dei costi standard per servizio, da agganciare a indici regionali o di macroarea, e il necessario abbandono della logica dei costi storici;
a introdurre quale parametro di virtuosità dell'azione amministrativa dell'ente l'indice di economicità dei servizi, atto a rilevare il progressivo miglioramento sul fronte della razionalizzazione della spesa, in termini di recupero di efficienza e mantenimento degli standard qualitativi dei servizi erogati;
in particolare:
a valutare l'opportunità di adottare misure in grado di disincentivare la gestione diretta (in house) di servizi pubblici, incentivando l'ingresso di privati tramite gara: una tendenza che, oltre a mostrarsi in sintonia con i dettami europei, inciderebbe in modo significativo sul miglioramento di efficienza ed economicità, oltre a garantire un risparmio di risorse per l'ente pubblico;
a valutare l'opportunità di introdurre l'obbligo di dismissione da parte del Comune (o dei Comuni) delle quote di partecipazione delle società miste o pubbliche che presentano perdite di bilancio per più di due esercizi consecutivi;
a valutare l'opportunità di introdurre l'obbligatorietà della parametrazione dei costi dei servizi erogati dall'ente pubblico (o da società partecipate) ai costi standard misurati su corrispettivi servizi erogati da impresa privata.
9/4829-A/94.Calabria.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 23, al comma 1, ha ridotto il numero dei componenti delle Autorità Amministrative indipendenti individuate nel testo della disposizione, prevedendo altresì che ove il numero dei componenti, incluso il Presidente, risulti pari, ai fini delle deliberazioni, in caso di parità, il voto del Presidente vale doppio;
il medesimo articolo ha conseguentemente adeguato, per quanto concerne la Commissione indicata alla lettera e) del comma 1, il quorum necessario per l'adozione delle relative delibere nei casi in cui era espressamente stabilita una maggioranza superiore al numero dei componenti così come fissati dal presente decreto-legge;
tenuto conto della immediata efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 23 commi 2-bis e 2-ter è necessario, per assicurare la piena osservanza del principio della gerarchia delle fonti, che l'Autorità interessata provveda ad adeguare con l'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, eventuali disposizioni interne non coerenti con le nuove maggioranze richieste ai fini delle relative delibere così come stabilite ai sensi dei suindicati commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 23. Ciò anche allo scopo di evitare che disposizioni di natura secondaria contrastino con la normativa primaria così da mantenere un quadro normativo non omogeneo che rischia di pregiudicare il corretto funzionamento del soggetto interessato;
è noto il principio che in presenza di un conflitto fra fonte primaria ed atto di normazione secondaria che disciplini la medesima fattispecie in maniera contrastante con la prima, la norma di rango secondario deve considerarsi recessiva e quindi inapplicabile,

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare che, con l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, ogni forma di disciplina interna dettata dall'Amministrazione indicata alla lettera e) del comma 1 dell'articolo 23 che risulti non coerente con il quadro normativo risultante all'esito delle modifiche di cui in premessa, venga tempestivamente adeguata alle disposizioni introdotte con il presente decreto-legge all'articolo 23, commi 2-bis e 2-ter, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio applicativo nonché ogni possibile forma di contrasto tra legge primaria e normativa di rango secondario.
9/4829-A/95.Bernardo.

La Camera,
premesso che:
tra il 31 ottobre e il 2 novembre 2002, si è verificato un terremoto con epicentro situato in provincia di Campobasso ma che ha colpito anche la provincia di Foggia, provocando ingenti danni nei comuni delle due province interessate dal sisma;
il Presidente del Consiglio dei Ministri adottò due Ordinanze di protezione civile n. 3253/2002 e n. 3279/2003 nelle quali si autorizzava ai Sindaci dei Comuni in cui si è rilevata una forte intensità del terremoto e il Commissario delegato ad assumere personale tecnico e amministrativo con contratto a tempo determinato o contratti di collaborazione coordinata e continuativa al fine di soddisfare le maggiori esigenze derivanti dalla situazione emergenziale;
tale personale è stato fondamentale per l'attuazione ed il completamento degli interventi finalizzati alla chiusura della prima fase dell'emergenza e successivamente per tutti quegli interventi di pianificazione degli interventi di ricostruzione, di riparazione, di miglioramento, di adeguamento sismico degli edifici pubblici e privati danneggiati, nonché di quelli adibiti a funzioni di servizio pubblico essenziale;
a tutt'oggi continuano ad essere figure imprescindibili per le attività di protezione civile della Regione e degli enti locali e si rileva la necessità di una loro stabilizzazione;
il decreto-legge in esame ha introdotto una norma (articolo 30 comma 8-bis) che favorisce la stabilizzazione degli LSU di Napoli e Palermo. A tal proposito sarebbe giusto procedere alla medesima finalità per i lavoratori delle ordinanze suddette,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare un opportuno provvedimento al fine di procedere alla stabilizzazione del personale operante nelle Regioni Molise e Puglia e nei Comuni, compatibilmente con la capacità dei rispettivi bilanci, impegnati nelle attività descritte in premessa.
9/4829-A/96.De Camillis.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, all'articolo 21, prevede la soppressione immediata dell'INPDAP e dell'ENPALS, con attribuzione delle relative funzioni all'INPS, che vi succede in tutti i rapporti attivi e passivi. Al medesimo articolo si prevede, inoltre, che con appositi decreti di natura non regolamentare dei Ministri competenti dovrà essere disposto il trasferimento all'INPS delle risorse strumentali, umane e finanziarie degli enti soppressi. Ed infine si specifica che in seguito alla soppressione, l'INPS dovrà provvedere al proprio riassetto organizzativo, in modo da raggiungere l'obiettivo di riduzione complessiva dei costi di funzionamento in misura pari ad almeno 20 milioni di euro nel 2012, 50 milioni di euro per il 2013, 100 milioni di euro a decorrere dal 2014;
l'attivazione delle procedure di cui all'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001 è prevista solo qualora le eventuali posizioni sovrannumerarie non coprano le vacanze della nuova dotazione organica. Ciò consente di avvalersi da subito di personale di ruolo, ancorché sovrannumerario, evitando procedure di assunzione di altro personale con evidenti risparmi sulla spesa del personale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che le eventuali eccedenze dovute al processo di accorpamento stabilito si valutino nel complessivo delle tre dotazioni INPS, Inpdap ed Enpals e non solo con riferimento ai soli enti soppressi.
9/4829-A/97.De Girolamo.

La Camera,
premesso che:
il tema della cooperazione intercomunale per la gestione associata dei servizi e delle funzioni, in via prioritaria attraverso le Unioni di Comuni, rappresenta una concreta occasione di riforma, di razionalizzazione e di crescita a beneficio di tutto il territorio nazionale, in particolare dei piccoli Comuni;
proprio per la rilevanza di tali processi associativi è opportuna una loro razionale definizione e certezza applicativa a cominciare dall'approvazione di una cornice istituzionale adeguata quale è la Carta delle Autonomie;
si evidenzia che il quadro normativo attuale, si è particolarmente aggravato dal settembre scorso con l'introduzione dell'articolo 16 della legge n. 148 del 2011 - «manovra-bis» contenente tra l'altro anche profili di incostituzionalità come evidenziato da numerosi ricorsi già promossi innanzi alla Corte Costituzionale da alcune Regioni;
si riscontra che, inoltre, in questi due primi mesi dall'entrata in vigore dell'articolo 16 della legge n. 148 del 2011, sono centinaia le richieste di assistenza, di chiarimenti, le perplessità e le forti preoccupazioni pervenute all'ANCI dagli Amministratori dei Piccoli Comuni, sempre più consapevoli degli assai probabili disservizi ed incrementi dei costi cui andrebbero incontro le loro comunità locali qualora si procedesse nei termini indicati dall'articolo 16 che produce effetti negativi anche sulle forme associative già esistenti ed operanti;
si constata che l'applicazione dell'articolo 16 già comporta un costo aggiuntivo per il bilancio dello Stato dovuto allo scioglimento di numerose Unioni ed alle consulenze tecniche che i Comuni si trovano costretti a reperire dal mercato,

impegna il Governo

anche in vista delle prossime scadenze già previste per il 31 dicembre 2011, a prorogare nel primo provvedimento utile entro l'anno in corso, le scadenze previste per l'applicazione dell'articolo 16 al fine di risolvere le gravi e complesse questioni applicative.
9/4829-A/98.Osvaldo Napoli, Delfino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 37 introduce disposizioni relative alla liberalizzazione del settore dei trasporti, prevedendo che il Governo individui tra le Autorità indipendenti esistenti, l'Autorità cui affidare compiti finalizzati alla liberalizzazione del settore dei trasporti;
al fine di consentire il regolare svolgimento delle funzioni ed attività della citata Autorità, è necessario chiarire che l'articolo 26 della legge 4 novembre 2010 n. 183 si interpreta nel senso che al personale ivi previsto possono essere conferiti incarichi ai sensi dell'articolo 19 comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2011 n. 165, ovvero incarichi equiparati ai sensi dei rispetti ordinamenti da parte delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto in esame;
infatti una disposizione, quale quella di cui all'articolo 26 della legge 4 novembre 2010 n. 183, diretta ad estendere l'ambito soggettivo ai fini dell'applicazione della previsione di cui all'articolo 19 comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2011 n. 165 non può non essere interpretata nel senso di assicurare che il personale ivi previsto possa essere destinatario degli incarichi di livello dirigenziale di quelli ad essi equiparati che possono essere conferiti in relazione allo specifico ordinamento del soggetto, comunque, pubblico presso il quale il medesimo personale è chiamato ad operare ed a prescindere, quindi, dallo strumento normativo di riferimento che, se volto a conferire gli incarichi equiparati a quelli di livello dirigenziale in quanto di livello direttivo è in ogni caso coerente con la previsione di cui all'articolo 26 della legge 4 novembre 2010 n. 183;
tale impostazione è del tutto coerente con la ratio di una disposizione volta a prevedere che il collocamento in aspettativa senza assegni possa essere concesso al personale di cui all'articolo 26 della legge 4 novembre 2010 n. 183 per ricoprire in qualsiasi delle amministrazioni dello Stato specifici incarichi dirigenziali a tempo determinato,

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione con quella che è l'effettiva finalità delle disposizioni di cui in premessa, in maniera da eliminare ogni eventuale possibile dubbio interpretativo circa il fatto che la disposizione di cui all'articolo 26 della legge 4 novembre 2010 n. 183, si interpreta nel senso che al personale ivi previsto possono essere conferiti incarichi ai sensi dell'articolo 19 comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2011 n. 165, ovvero incarichi ai sensi dei rispetti ordinamenti, comunque equiparati ai citati incarichi in quanto di livello direttivo, da parte di ogni Amministrazione dello Stato.
9/4829-A/99.Laboccetta.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 23-ter è stabilito che il Governo, con decreto da emanare entro il termine di 90 giorni dalla conversione del presente decreto, stabilisca il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni;
il comma 3 dell'articolo di cui sopra prevede la possibilità da parte del Presidente del Consiglio di concedere deroghe motivate ai limiti ivi previsti per tutte le posizioni apicali delle rispettive amministrazioni;
la formulazione del comma in questione non stabilisce un perimetro ben definito alla possibilità di derogare, lasciando a una libera interpretazione il concetto di «posizione apicale»;
le pubbliche amministrazioni statali, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 65 del 2001, sono definite in numero tale che le possibili deroghe, già ad una approssimativa ricognizione, rischiano di essere più nell'ordine delle centinaia che delle poche unità;
è evidente che una deroga che sia tale non può non rivestire il carattere di eccezionalità, che in questi casi si manifesta allor quando risulta impossibile ricoprire l'incarico oggetto della deroga con personale già in carico all'amministrazione che garantisca lo stesso, standard qualitativo,

impegna il Governo

a restringere l'utilizzo della facoltà di deroga a pochi e ben motivati casi eccezionali.
9/4829-A/100.Meloni, Rampelli, Marsilio.

La Camera,
premesso che:
le recenti misure varate dal Governo e in fase di approvazione parlamentare prevedono diversi interventi che interessano il sistema bancario;
nello specifico, gli articoli 8 e 9 recano provvedimenti sulla stabilizzazione del sistema creditizio, sulle attività fiscali differite e sulla patrimonializzazione delle banche, anche volte a semplificare il raggiungimento degli obiettivi posti al nostro sistema creditizio dall'Accordo Basilea III;
l'articolo 12 reca invece misure sulla tracciabilità dei pagamenti, che abbassano il limite massimo di utilizzo del denaro contante da 2.500 a 1.000 euro, a fronte di una media europea che varia dai 2.000 ai 3.000 euro;
in particolare, le misure dell'articolo 12 impongono che tutte le erogazioni per cassa della Pubblica Amministrazione, ivi compresi quindi i trattamenti pensionistici, non superino i 1.000 euro;
risulta quindi evidente come molti titolari di trattamenti pensionistici, soprattutto appartenenti alle fasce d'età più avanzate, saranno costretti ad aprire conti correnti presso istituti di credito;
quanto appena descritto nella premessa di cui sopra comporterà, oltre alle difficoltà derivanti dalla scarsa dimestichezza con l'uso dei moderni mezzi di pagamento (carte di credito/debito, bancomat, eccetera), un costo legato all'esistenza del conto corrente, le cui spese incideranno spesso su famiglie mono o a basso reddito, derivante esclusivamente da trattamenti pensionistici;
al contrario, gli istituti di credito si troveranno con una pletora di correntisti che, volenti o nolenti, contribuiranno ad alimentare le loro casse, traendo un profitto non derivante da una contrattazione privata che dovrebbe regolare questo tipo di rapporti;
nonostante sia previsto che Ministero dell'economia e ABI debbano stipulare, entro tre mesi, un accordo volto a ridurre al minimo le spese di tenuta di tali conti corrente, è impensabile, in una situazione in cui vengono richiesti sacrifici a tutti gli italiani, che il sistema creditizio, al contrario, tragga benefici ingiustificati,

impegna il Governo

a stipulare un accordo con gli istituti di credito che imponga conti correnti, destinati ad accogliere trattamenti pensionistici a costo zero.
9/4829-A/101.Rampelli, Marsilio, Meloni.

La Camera,
considerato che:
il provvedimento in esame prevede la possibilità per il contribuente che si trovi in oggettive difficoltà economiche, di richiedere la rateizzazione degli importi dovuti fino ad un massimo 72 rate, qualora dimostri di ritrovarsi in oggettive difficoltà economiche;
la misura va accolta con estremo favore, ove si consideri che questo momento in Sardegna sono in esecuzione 80 mila cartelle esattoriali; le aziende sarde indebitate col fisco sono 64.104 (40 per cento) su un totale di 160 mila imprese e l'esposizione debitoria è di tre miliardi e mezzo: significa che il debito medio di ciascuna azienda indebitata si aggira sui 55.000 euro;
con la risoluzione (7-00590, onorevoli Bernardo, Cicu ed altri), approvata il giugno 2011 dalla Commissione finanze della Camera e le mozioni approvate dall'Assemblea della Camera il 7 giugno 2011, il Governo è stato, tra l'altro, impegnato a:
valutare la possibilità di assumete iniziative volte a istituire presso la Cassa depositi e prestiti un fondo rotativo che anticipi i pagamenti ai fornitori delle pubbliche amministrazioni stesse;
attenuare il principio del «solve et repete» (prima paghi e poi contesti), e dell'inversione dell'onere della prova in materia fiscale recentemente introdotti;
rafforzare gli strumenti di autotutela del contribuente al fine di garantire la correttezza dei rapporti fra amministrazione e cittadini;
riformare il meccanismo di calcolo delle sanzioni tributarie, in particolare escludendo forme di anatocismo,

impegna il Governo

ad attuare pienamente gli impegni adottati con la risoluzione della Camera 7-00590 e con le mozioni approvate dalla Camera il 7 giugno 2011, ed in particolare: ad introdurre ulteriori misure che differenzino il trattamento tra i contribuenti che spontaneamente dimostrino di non essere in grado di ottemperare i propri impegni fiscali e contributivi e gli evasori fiscali;
a valutare l'opportunità di inserire in un prossimo provvedimento misure volte ad attivare le risorse giacenti e presso la Cassa depositi per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, in particolare valutando se non sia opportuno prevedere l'avvio di un fondo rotativo che anticipi i pagamenti ai fornitori delle pubbliche amministrazioni stesse.
9/4829-A/102.Cicu.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 16 del decreto-legge in esame stabilisce che, a decorrere dal 1o maggio 2012, il pagamento della tassa annuale di stazionamento per le unità da diporto che stazionino in porti marittimi nazionali, navighino o siano ancorate in acque pubbliche, anche se in concessione a privati;
tale addizionale è ridotta nelle seguenti misure: del 15 per cento dopo 5 anni dalla data di costruzione dell'unità da diporto; del 30 per cento dopo 10 anni dalla data di costruzione dell'unità da diporto e del 45 per cento dopo 15 anni dalla data di costruzione dell'unità da diporto; al fine di compensare le minori entrate determinate dalle riduzioni per vetustà dei veicoli, la norma prevede che l'aliquota dell'accisa del tabacco da fumo sia rideterminata con decreto del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS);
tale tassa di stazionamento delle imbarcazioni però rischia di far collassare un settore che appena un anno fa ha subito un tracollo del 30 per cento;
in Italia ci sono circa 300 strutture, tra approdi e porti turistici, 153.000 posti barca, di cui il 75 per cento si concentra al Nord (41 per cento nell'Alto Tirreno, il 37 per cento nell'Alto Adriatico), l'indotto del turismo nautico produce ricchezza per 5 miliardi, sono oltre 100.000 gli addetti del settore;
si rischia che questa tassa non colpisca i ricchi, ma cada inesorabilmente su tutti gli operatori del settore, a beneficio di altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo che vedranno arrivare numerose imbarcazioni provenienti dall'Italia;
il porto turistico oggi è una vera e propria azienda che oltre alla specifica «mission» a servizio del diportista, sempre più è chiamata a diventare azienda motrice dell'economia del territorio circostante;
è importante sostenere e sviluppare l'impresa mare che vede nella portualità turistica, comparto rilevante e strategico del turismo, potenzialità e capacità nel generare significative ricadute economiche e occupazionali per le comunità locali, contribuendo anche nella promozione del territorio e dei suoi patrimoni storico-culturali ed enogastronomici,

impegna il Governo

a monitorare, con provvedimenti di sua competenza, che la tassa di stazionamento non abbia effetti recessivi nell'indotto nautico ed a valutare l'opportunità di adottare un provvedimento al fine di ridurre l'impatto fiscale nel settore.
9/4829-A/103.Bergamini.

La Camera,
premesso che:
i Comuni hanno subito il taglio di due miliardi e mezzo di trasferimenti erariali e la fissazione del contribuito al risanamento della finanza pubblica in termini di saldo positivo in applicazione del vigente patto per 4 miliardi e mezzo di euro;
l'analisi ISTAT dell'andamento di spesa dei singoli comparti dimostra che i comuni sono gli unici che hanno tenuto sotto controllo la spesa corrente ma, di contro, hanno dovuto sacrificare la spesa in conto capitale per rispettare i vincoli di finanza pubblica (le analisi ed i dati Istat rilevano una riduzione della spesa per investimenti tra il 2009 ed il 2010 del 16 per cento ed è prevedibile una riduzione pari almeno al 18% dal 2012, con effetti fortemente recessivi sull'economia locale e nazionale);
la spesa complessiva della pubblica amministrazione, nonostante le manovre degli ultimi 20 anni, continua ad aumentare: nei quinquennio 2005-2009 il saldo di bilancio della Pubblica Amministrazione è peggiorato di quasi 20 miliardi di euro, mentre nello stesso periodo il bilancio aggregato del comparto comunale ha registrato un miglioramento di 2,6 miliardi di euro;
attualmente, il contributo dei singoli comparti della FA alla manovra è calcolato in base al criterio del peso di ognuno in relazione alla spesa totale, al netto della sanità e della previdenza, senza considerazione dei risultati conseguiti da ogni comparto né relazione con le politiche o le strategie che ciascun comparto si propone di realizzare;
sono più d'una le sedi di concertazione tra Stato ed articolazioni territoriali, da ultima la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica;
il provvedimento in esame preannuncia la revisione delle regole del patto di stabilità interno, con ciò evidenziandone ufficialmente la necessità,

impegna il Governo

ad avviare tempestivamente un Tavolo tra il Governo, le Regioni e le Autonomie locali finalizzato alla verifica dei costi di funzionamento delle pubbliche amministrazioni, alla riqualificazione della spesa pubblica e all'equa ripartizione tra i diversi livelli di governo del concorso all'equilibrio della finanza pubblica, a fronte dell'elaborazione di un «tendenziale», che rappresenti l'impatto pluriennale delle manovre di finanza pubblica e dei loro effetti e di un'analisi degli effetti conseguiti a consuntivo.
9/4829-A/104.Rota.

La Camera,
premesso che:
anche questa estrema «manovra» ha disposto la possibilità per gli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, addizionali e aliquote in ordine alle nuove disposizioni introdotte, e, ove i comuni vi acconsentano per rimpinguare i propri bilanci, aggraveranno ulteriormente il carico fiscale dei cittadini;
anche in questa «manovra» non compaiono - ed è auspicabile che ciò consegua al ristretto spazio temporale per il suo varo - disposizioni che forniscano risposte ai problemi aperti dalla finanza locale, su cui hanno agito, e in parte agiscono, in combinato disposto, i vincoli del patto di stabilità interno, il blocco delle entrate, il taglio dei trasferimenti, i ritardi dell'attuazione del federalismo fiscale;
tra il 2009 e l'anno in corso il blocco delle entrate si è tradotto in una riduzione di circa nove miliardi di euro, difficilmente sostenibile per i Comuni che hanno dovuto far fronte alla crescente domanda di servizi sociali e, difficilmente potendo comprimere la spesa condente, la spesa per investimenti ha subito il contenimento più vistoso;
i Comuni hanno subito il taglio di due miliardi e mezzo di trasferimenti erariali e la fissazione del contribuito al risanamento della finanza pubblica in termini di saldo positivo in applicazione del vigente patto per 4 miliardi e mezzo di euro;
tutto ciò ha generato un blocco generalizzato dei pagamenti, in particolare di quelli in conto capitale: stando ai dati evidenziati dal comparto enti locali medesimo, «l'entità del miglioramento imposto, che equivale in termini finanziari ad una riduzione pari almeno al 19,2 per cento nel 2012 della spesa al netto del personale e dei proventi ed al 16 per cento della spesa corrente, non consente di fare altrimenti, né consente tali percentuali di miglioramento»;
i sacrifici in termini di sviluppo sono insostenibili per le comunità locali, in particolare a fronte del fatto che a decorrere dal 2008, nella morsa della «prima» crisi, il 94 per cento dei Comuni (dati Censis) ha adottato misure straordinarie per aiutare le famiglie e le piccole e medie imprese, in tutti i casi interventi aggiuntivi rispetto a quanto messo in campo dal (precedente) Governo, contribuendo in maniera decisiva alla tenuta della coesione sociale e ad ammortizzare le conseguenze della crisi;
l'apporto dei Comuni è determinante in particolare quali promotori di sviluppo e di impiego di lavoro nelle opere pubbliche e negli investimenti, il blocco dell'attività dei Comuni potendosi tradurre in una pericolosa impasse economica del Paese, già duramente gravato dalla crisi finanziaria internazionale;
il comparto paga un conto oltremodo salato a fronte dei dati ufficiali: la spesa complessiva della pubblica amministrazione, nonostante le manovre degli ultimi 20 anni, continua ad aumentare (nel quinquennio 2005-2009 il saldo di bilancio della Pubblica Amministrazione è peggiorato di quasi 20 miliardi di euro, mentre nello stesso periodo il bilancio aggregato del comparto comunale ha registrato un miglioramento di 2,6 miliardi di euro);
l'intreccio delle disposizioni economico-finanziarie per il comparto enti locali si è tradotto e rischia di tradursi ulteriormente in paradossi contabili - quali gli avanzi non spendibili - che hanno snaturato l'azione ed il sistema amministrativo dei Comuni,

impegna il Governo

ad alleggerire il contributo del comparto enti locali al raggiungimento degli equilibri di finanza pubblica, prevedendo le misure più idonee, concordate con i rappresentanti istituzionali nelle sedi competenti, tra le quali la previsione dello sblocco di una percentuale, anche differenziata tra gli enti, dei residui attivi finalizzato agli investimenti e l'esclusione di voci di spesa determinate - in particolare quelle relative all'edilizia scolastica - dal calcolo dei saldi utili al rispetto del vincolo del patto di stabilità interno.
9/4829-A/105.Favia.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede misure insufficienti finalizzate all'indispensabile rilancio dell'economia e per lo sviluppo, e nulla prevede in termini di sostegno al settore della green economy, l'unico settore che ha caratteristiche anticicliche e che sta dimostrando di essere in grado di creare occupazione;
con il cosiddetto «Pacchetto energia-clima» approvato nel 2008 dalla Ue, e vincolante per i Paesi membri, l'Italia si è impegnata - tra l'altro - a coprire entro il 2020 con le fonti energetiche rinnovabili, il 17 per cento dei consumi energetici nazionali;
il Governo Berlusconi, in tre anni e mezzo di legislatura, non ha intrapreso alcuna seria e convincente politica industriale e fiscale finalizzata al raggiungimento dei suddetti obblighi presi in ambito europeo;
diventa indispensabile predisporre e finanziare una Strategia energetica nazionale sempre meno dipendente dal carbone e dai combustibili fossili, e in grado di sostenere realmente la crescita delle energie alternative e di ridurre drasticamente le emissioni inquinanti;
peraltro, va sottolineato che il passaggio da un sistema energetico come quello attuale basato sostanzialmente dalle energie fossili, in gran parte di importazione, alle fonti rinnovabili che derivano dal sole dal vento, dal calore terrestre, eccetera, consentirebbe all'economia del nostro Paese di allentare la dipendenza dall'estero per l'approvvigionamento di petrolio e metano;
molti Paesi hanno risposto alla crisi cominciata nel 2008 varando «pacchetti verdi», ossia misure incisive di promozione dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili;
un recente studio pubblicato dal «Centro Europa ricerche» (CER) sullo «sviluppo dell'industria verde italiana come volano della crescita», segnala come facendo le scelte giuste, al 2040 l'energia pulita in Italia può arrivare a quota 25 per cento e il PIL può avere un'incremento di 5 punti percentuali;
è quindi indispensabile che il nostro Paese sostenga il settore delle rinnovabili anche attraverso incentivi mirati alla filiera nazionale del settore, in grado di creare nuovi posti di lavoro, e di favorire la crescita e lo sviluppo produttivo delle nostre imprese nazionali operanti nel settore della ricerca, della produzione e della realizzazione della componentistica nel comparto delle energie rinnovabili,

impegna il Governo

ad istituire un apposito Fondo pluriennale finalizzato a sostenere gli investimenti nel settore delle energie alternative e rafforzare la filiera industriale e produttiva nazionale delle energie rinnovabili;
a sostenere la ricerca, l'innovazione e lo sviluppo delle nuove tecnologie, in favore delle piccole e medie imprese che operano nei settori delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico, anche attraverso il riconoscimento di un credito d'imposta commisurato al costo dell'investimento complessivo sostenuto per finanziare proposte progettuali di ricerca ad alto contenuto tecnologico nei suddetti settori.
9/4829-A/106.Aniello Formisano, Piffari, Cimadoro, Borghesi, Messina.

La Camera,
premesso che:
la normativa vigente prevede che lo Stato ripartisca l'8 per mille dell'intero gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) fra lo Stato stesso e le confessioni religiose in base al numero delle scelte espresse dai contribuenti;
nei casi di scelta non espressa dal contribuente, le somme corrispondenti sono comunque ripartite tra i suddetti soggetti, secondo le percentuali calcolate in base alle scelte effettuate dai contribuenti medesimi;
le modalità di attribuzione delle risorse dell'otto per mille dell'IRPEF, determinate su base pattizia nel contesto della revisione del Concordato lateranense tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica (leggi 25 marzo 1985, n. 121, 20 maggio 1985, n. 206, e 20 maggio 1985, n. 222), sono state successivamente estese anche ad altre confessioni religiose, in forza delle intese con le medesime stipulate;
l'attuale meccanismo comporta che, sebbene molti contribuenti scelgano di non esprimere alcuna preferenza circa il soggetto beneficiario della quota di otto per mille relativa alla loro imposta, l'intera quota corrispondente alle scelte non espresse viene assegnata proporzionalmente alle indicazioni formulate dai contribuenti che hanno espresso la scelta;
attualmente, a fare una scelta esplicita per la destinazione dell'otto per mille è mediamente poco più del 40 per cento dei contribuenti, mentre la maggioranza, ossia circa il 60 per cento del totale, decide di non optare per alcuna destinazione; l'ammontare dell'otto per mille dell'IRPEF corrispondente alle scelte non espresse varia tra i 600 e i 700 milioni di euro annui;
la crisi economica che anche il nostro Paese sta attraversando, è strettamente correlata con l'alto debito pubblico, e con la difficoltà di ridurlo;
un contributo in questo senso può venire da una modifica della normativa vigente, volta a mantenere nella disponibilità del bilancio statale la quota dell'otto per mille del gettito dell'IRPEF inoptato,

impegna il Governo

a promuovere la modificazione della normativa vigente in materia di ripartizione delle somme afferenti alla quota dell'otto per mille dell'IRPEF relative alle scelte non espresse dai contribuenti, rinegoziando con i soggetti religiosi le clausole contenute negli accordi tra lo Stato italiano e la Santa Sede e nelle intese con le diverse confessioni religiose, al fine di destinate dette quote non optate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, e quindi alla riduzione del debito pubblico;
a prevedere comunque, anche in caso di mancata rinegoziazione dei suddetti accordi con le confessioni religiose della normativa, la modifica delle leggi che regolano tali rapporti, limitatamente alla soppressione delle disposizioni riguardanti l'attribuzione delle somme riferite alle scelte non espresse dai contribuenti, e l'introduzione di una nuova disciplina che ne disponga la destinazione alla riduzione del debito pubblico dello Stato.
9/4829-A/107.Palagiano, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 30, comma 3, incrementa, a decorrere dall'anno 2012, di 800 milioni di euro annui il Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, prevedendo altresì che il Fondo stesso, a decorrere dall'anno successivo, sia alimentato da una compartecipazione al gettito delle accise sui carburanti;
con riferimento all'annosa problematica relativa al finanziamento del trasporto pubblico locale, si rileva che, in data 14 dicembre 2011, il Presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, commentando le modifiche intervenute al provvedimento in sede di discussione presso le Commissioni riunite V e VI della Camera dei Deputati, ha dichiarato alla stampa nazionale: «La situazione del trasporto pubblico locale non è risolta dagli interventi previsti dalla manovra in discussione e questo rappresenta un problema serio.... Siamo di fronte ad un rischio reale di insostenibilità dei servizi pubblici di trasporto.»;
a dimostrazione della valenza del problema della scarsità di risorse destinate al trasporto pubblico locale esiste l'approvazione bipartisan dell'Aula della Camera dei deputati di tutte le mozioni presentate durante lo scorso ottobre sulle misure a favore del trasporto pubblico locale;
per evitare di essere battuto, il Governo, allora presieduto dall'onorevole Silvio Berlusconi, aveva dato parere favorevole a tutti i testi: anche su quelli dell'Italia dei Valori e del Partito Democratico che avevano rifiutato le riformulazioni proposte dall'esecutivo,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a dare seguito agli impegni assunti dal precedente Governo Berlusconi con l'approvazione della mozione 1-00713 in data 27 ottobre 2011 e a porre in essere ogni atto di competenza volto ad assicurare già a partire dal 2012 risorse sufficienti a garantire i servizi concernenti il trasporto pubblico locale.
9/4829-A/108.Monai, Borghesi, Donadi, Evangelisti, Piffari.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, sui tema delle liberalizzazioni, contiene molto poco di veramente significativo, nonostante le liberalizzazioni stesse siano necessarie ed urgenti per il nostro Paese perché servono a rendere più agili i singoli mercati di riferimento, come del resto sottolineato nella relazione annuale trasmessa il 30 marzo scorso dall'Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato;
durante l'esame presso le Commissioni riunite V e VI della Camera dei deputati è stato addirittura votato e approvato un emendamento presentato dal Governo finalizzato ad escludere dalla disciplina ivi prevista sulle liberalizzazioni il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea, ovvero i tassisti;
non appare presente alcun intervento significativo sulla liberalizzazione degli ordini professionali e, ancora, con riferimento al processo di liberalizzazione del settore farmaceutico, con un altro emendamento presentato dal Governo e approvato dalla Commissioni riunite è stato compiuto, di fatto, un vero e proprio «passo indietro». Se, infatti, viene - positivamente - ampliata la platea dei Comuni presso i quali le parafarmacie e i corner della grande distribuzione organizzata possono vendere farmaci, dall'altra si decide che i farmaci vendibili in queste strutture saranno solo quelli somministrabili senza ricetta medica. Il Ministero della salute, sentita l'Agenzia italiana del farmaco, individuerà entro 120 giorni un elenco aggiornabile dei farmaci di fascia C per i quali permane l'obbligo di ricetta medica e quindi non sarà consentita la loro vendita negli esercizi commerciali. Così come sarà vietata alle parafarmacie e alla grande distribuzione la vendita di prodotti con ricetta non ripetibile (ossia la ricetta che viene ritirata dal farmacista alla consegna del farmaco, e che quindi vale solo per una consegna), stupefacenti, medicinali del sistema endocrino (ormoni, tra i quali anche la pillola contraccettiva) e quelli iniettabili. La prescrizione, quindi, non esce dalla farmacia. I presidi con la croce verde avranno l'esclusiva per alcuni prodotti, decisi dall'AIFA in una lista allargata, che dovrà essere realizzata entro 120 giorni dalla conversione del decreto in legge e che sarà periodicamente aggiornata. Viene abbassata, infine, la soglia per l'applicazione delle norme che passa da 15 mila a 12.500 abitanti. In buona sostanza le farmacie continueranno ad avere l'esclusiva sui farmaci con ricetta,

impegna il Governo

ad adottare interventi realmente incisivi in materia di liberalizzazione degli ordini professionali, ma anche nel settore dei farmaci, dei trasporti, delle gestioni autostradali e nel settore della distribuzione dei carburanti;
a presentare e ad adoperarsi per avviare in tempi celeri la discussione della legge annuale per il mercato e la concorrenza, la cui emanazione è prevista dall'articolo 47 della legge n. 99 del 2009.
9/4829-A/109.Di Giuseppe, Cimadoro, Borghesi, Barbato.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame, ribattezzato «salva Italia», avrebbe dovuto chiedere grandi sacrifici all'intero Paese ed ai suoi cittadini al fine di rimettere in sella l'Italia e creare nuovo sviluppo;
l'equità, continuamente evocata dal presidente del Consiglio e dai suoi ministri come uno dei capisaldi del provvedimento, è in realtà la grande assente dal decreto;
questo Governo, non diversamente da quello che lo ha preceduto, ha introdotto misure che pesano molto gravosamente su chi ha meno e molto poco su chi ha di più, in quanto non viene rispettato alcun criterio di progressività nelle imposte e nei tagli che contiene;
gli interventi sono serviti solo per fare cassa e non hanno eliminato le storture della previdenza a partire dalla deprecabile situazione delle pensioni delle donne e dei giovani, né hanno sostenuto la difficile conciliazione per le lavoratrici tra tempi di lavoro e di cura;
gli interventi in materia previdenziale non prevedono idonee disposizioni volte ad assicurare un graduale passaggio verso le nuove regole per le lavoratrici e i lavoratori ormai a ridosso della maturazione del pensionamento sulla base delle precedenti regole, i quali licenziati o in mobilità, a causa della crisi delle loro aziende o del mercato, per la loro età anagrafica sono purtroppo condannati a non poter rientrare nel mercato del lavoro;
a titolo di esempio si riporta il caso di un lavoratore che è stato posto in mobilità ordinaria nel 2009 per un periodo di tre anni, in quanto ultracinquantenne, a causa del fallimento dell'impresa per la quale lavorava. Questo lavoratore ha maturato 36 anni di contributi e compirà a gennaio 59 anni. Sulla base delle regole precedenti questo lavoratore sarebbe andato in pensione all'età di 62 anni (quota 36-61-97), invece con le nuove regole maturerà la pensione di vecchiaia all'età di 66 anni. Considerato che a luglio 2012 terminerà la sua mobilità, il lavoratore si troverà per un periodo di 7 anni senza mobilità e senza pensione, avendo scarsissime possibilità di trovare una nuova occupazione a causa della sua età anagrafica;
i casi come quello esposto sono svariate decine di migliaia e determineranno una gravissima situazione sociale se il Governo non interverrà immediatamente, d'intesa con le parti sociali, per trovare loro una soluzione;
centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori - e le loro famiglie -, subiranno per anni una situazione di estremo disagio materiale e spirituale, di cui sarebbe immorale non farsi carico in quanto è proprio il loro lavoro che per molti decenni ha sostenuto il sistema pensionistico italiano e la stessa economia italiana, mentre altri sperperavano la ricchezza del Paese, creando il debito pubblico più grande del mondo,

impegna il Governo

ad adottare - previa una pronta e puntuale verifica di quante lavoratrici e lavoratori potrebbero trovarsi nella situazione esposta in premessa - ogni opportuna iniziativa, anche legislativa, d'intesa con le parti sociali, affinché sia scongiurata la situazione esposta in premessa.
9/4829-A/110.Paladini.

La Camera,
premesso che:
in ordine al comparto agricolo, il provvedimento in titolo prevede:
all'articolo 13, ai fini dell'imposizione IMU, l'incremento del 60 per cento della base imponibile sui fabbricati di cui alle categorie catastali A/6 (abitazioni di tipo rurale) e del 20 per cento, in aumento di un ulteriore 10 per cento a decorrere dal 2013, sui fabbricati D/10 (fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole);
al medesimo articolo 13, ai medesimi fini, l'incremento di circa il 73 per cento della base imponibile sui terreni agricoli, con una agevolazione per i terreni agricoli di proprietà di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, per i quali l'incremento sarà pari al 46 per cento;
a tali elevatissimi incrementi si affianca la soppressione di una serie di agevolazioni già previste dalle normative Irpef in favore dei terreni agricoli e dei fabbricati aventi i requisiti di ruralità, sommatoria che si traduce in un aumento di imposizione che risulta insostenibile per il comparto agricolo: una proiezione degli effetti, effettuata da esperti del settore, indica che un'impresa tipo condotta da un agricoltore iscritto nelle liste dei coltivatori diretti, proprietario di un terreno di pianura coltivato a frutteto nel 2012 subirà un aggravio del carico fiscale del 250 per cento rispetto all'anno in corso;
l'articolo 27 assimila la procedura di alienazione dei terreni agricoli pubblici a quella prevista per i terreni a vocazione agricola, tramite trattativa privata se di valore fino a 400.000 euro e tramite asta pubblica se di valore superiore;
l'entità dell'operazione è considerevole, in quanto, in base ai dati conosciuti, la disponibilità di terreni di proprietà pubblici, dislocati nelle varie Regioni, ammonta a diverse centinaia di migliaia di ettari;
il principio della dismissione e, in particolare, il diritto di prelazione riconosciuto ai giovani agricoltori sono condivisibili, al contempo non appare opportuno mantenere per la tipologia di immobili considerata una soglia così alta entro la quale poter alienare a trattativa privata;
la trattativa privata non garantisce la trasparenza più che necessaria in un contesto che conosce fin troppo bene la speculazione che, nel caso del testo in esame, risulta acuita dalla possibilità, implicitamente introdotta nel testo, di modifica della destinazione d'uso del bene acquisito e di vendita nell'arco del quinquennio successivo all'acquisto,

impegna il Governo

nel rispetto delle competenze istituzionali, al fine di tutelare il comparto agricolo, le aree agricole del Paese ed il territorio nazionale dalla speculazione edilizia e dalla cementificazione selvaggia, a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative volte:
a ridurre gli aggravi d'imposta sui fabbricati rurali indicati in premessa e sui terreni agricoli dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali;
a ridurre sensibilmente la vigente soglia massima per l'alienazione dei terreni agricoli tramite trattativa privata;
a introdurre il divieto di modifica della destinazione d'uso dei terreni agricoli pubblici nel quinquennio successivo all'acquisto.
9/4829-A/111.Messina, Di Giuseppe.

La Camera,
premesso che:
in ordine al comparto agricolo, il provvedimento in titolo prevede:
all'articolo 13, ai fini dell'imposizione IMU, l'incremento del 60 per cento della base imponibile sui fabbricati di cui alle categorie catastali A/6 (abitazioni di tipo rurale) e del 20 per cento, in aumento di un ulteriore 10 per cento a decorrere dal 2013, sui fabbricati D/10 (fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole);
al medesimo articolo 13, ai medesimi fini, l'incremento di circa il 73 per cento della base imponibile sui terreni agricoli, con una agevolazione per i terreni agricoli di proprietà di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, per i quali l'incremento sarà pari al 46 per cento;
a tali elevatissimi incrementi si affianca la soppressione di una serie di agevolazioni già previste dalle normative Irpef in favore dei terreni agricoli e dei fabbricati aventi i requisiti di ruralità, sommatoria che si traduce in un aumento di imposizione che risulta insostenibile per il comparto agricolo: una proiezione degli effetti, effettuata da esperti del settore, indica che un'impresa tipo condotta da un agricoltore iscritto nelle liste dei coltivatori diretti, proprietario di un terreno di pianura coltivato a frutteto nel 2012 subirà un aggravio del carico fiscale del 250 per cento rispetto all'anno in corso;
l'articolo 27 assimila la procedura di alienazione dei terreni agricoli pubblici a quella prevista per i terreni a vocazione agricola, tramite trattativa privata se di valore fino a 400.000 euro e tramite asta pubblica se di valore superiore;
l'entità dell'operazione è considerevole, in quanto, in base ai dati conosciuti, la disponibilità di terreni di proprietà pubblici, dislocati nelle varie Regioni, ammonta a diverse centinaia di migliaia di ettari;
il principio della dismissione e, in particolare, il diritto di prelazione riconosciuto ai giovani agricoltori sono condivisibili, al contempo non appare opportuno mantenere per la tipologia di immobili considerata una soglia così alta entro la quale poter alienare a trattativa privata;
la trattativa privata non garantisce la trasparenza più che necessaria in un contesto che conosce fin troppo bene la speculazione che, nel caso del testo in esame, risulta acuita dalla possibilità, implicitamente introdotta nel testo, di modifica della destinazione d'uso del bene acquisito e di vendita nell'arco del quinquennio successivo all'acquisto,

impegna il Governo

a valutare, nel rispetto delle competenze istituzionali, al fine di tutelare il comparto agricolo, le aree agricole del Paese ed il territorio nazionale dalla speculazione edilizia e dalla cementificazione selvaggia, l'opportunità di adottare ulteriori iniziative volte:
a ridurre gli aggravi d'imposta sui fabbricati rurali indicati in premessa e sui terreni agricoli dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali;
a ridurre sensibilmente la vigente soglia massima per l'alienazione dei terreni agricoli tramite trattativa privata;
a introdurre il divieto di modifica della destinazione d'uso dei terreni agricoli pubblici nel quinquennio successivo all'acquisto.
9/4829-A/111.(Testo modificato nel corso della seduta) Messina, Di Giuseppe.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge ha disposto la soppressione dell'INPDAP e dell'ENPALS dando vita al cosiddetto «Super-Inps», cui sono trasferite le funzioni e tutti i rapporti attivi e passivi degli enti soppressi;
la creazione del Super-Inps dovrà determinare una complessiva riduzione dei costi di funzionamento maggiore di quella già prevista dalla legge di stabilità 2012, fermo restando il conseguimento dei risparmi derivanti dall'attuazione di tali misure di razionalizzazione organizzativa degli enti di previdenza, previste dall'articolo 4, comma 66, della legge 12 novembre 2011, n. 183;
il trasferimento all'INPS riguarderà, oltre alla risorse strumentali e finanziarie, anche quelle umane degli enti soppressi, con l'aumento della pianta organica dell'INPS di un numero di posti corrispondente alle unità di personale di ruolo in servizio presso gli enti soppressi. Non saranno trasferite le posizioni soprannumerarie;
presso l'INPDAP lavorano non meno di 500 persone distaccate da altre amministrazioni, il cui apporto è stato fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi dell'Ente ed in alcune sedi si sono rivelate indispensabile a garantire le normali attività di funzionamento delle strutture;
la nuova situazione inciderà inevitabilmente su questi lavoratori che dovranno tornare presso le amministrazioni di appartenenza, con grave perdita per il nuovo Super-Inps che non potrà disporre della professionalità da loro acquisita nel settore previdenziale e assistenziale, per far fronte all'incremento dell'attività derivante dalla soppressione;
non sappiamo se ci sono lavoratori nella stessa situazione presso il soppresso ENPALS, ma se ci fossero ci troveremmo in presenza di altri lavoratori portatori di know-how e professionalità che non devono essere sottratte al nuovo Super-Inps, pena riflessi di non poco conto sulle nuove attività che è chiamato a svolgere e, probabilmente, anche costi aggiuntivi per formazione del personale organico e assunzione di nuovo personale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui alla premessa, al fine di adottare entro il 31 gennaio 2012 i necessari provvedimenti per autorizzare, regolamentare e definire, previa verifica della disponibilità del lavoratore, il passaggio diretto all'INPS del personale comandato di cui in premessa, autorizzando l'INPS - se necessario - ad incrementare la dotazione organica di un numero di posti corrispondente alle unità comandate presso gli enti soppressi che verranno trasferiti.
9/4829-A/112.Leoluca Orlando.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 13, del provvedimento in esame anticipa al 2012 l'applicazione dell'imposta municipale propria (IMU), istituita e disciplinata dal decreto legislativo sul federalismo municipale (decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23);
il comma 2 dell'articolo citato fissa il presupposto dell'imposta municipale propria nel possesso di immobili, ovvero fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli (di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 504 del 1992), compresa l'abitazione principale e le pertinenze della stessa;
si ricorda che il comma 2-bis dell'articolo 7 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, come sostituito dall'articolo 39 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, contiene disposizioni in materia di esenzione dall'imposta comunale sugli immobili per tutte le attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché per le attività di religione o culto cattolico;
inoltre, il comma 2-bis citato, modificando la precedente normativa in materia, stabilisce che l'esenzione è dovuta anche quando le attività condotte negli immobili dei predetti enti «non hanno per oggetto esclusivo l'esercizio di attività commerciali»;
ciò ha consentito, soprattutto agli enti ed organizzazioni che fanno capo alla Chiesa cattolica, di sottrarre al pagamento dell'ICI molti immobili destinati ad attività commerciali, con la semplice destinazione di uno o più ambienti dell'immobile ad attività non commerciali, così da escludere «l'esercizio esclusivo di attività commerciale». Ad esempio in molte strutture alberghiere è bastato allestire o mantenere una cappella così da poter godere del privilegio dell'esenzione dall'imposta;
il mancato introito per le casse pubbliche è stato cospicuo e non ha ragione d'essere, in considerazione del fatto che laddove l'attività commerciale condotta è prevalente, anche se non esclusiva, non si è dinanzi ad un'attività di rilevante valore sociale, meritevole di godere dell'esenzione dall'imposta in questione;
il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, si è espresso sulle esenzioni dell'Ici alla Chiesa, affermando che non vi è pregiudiziale alcuna sull'applicazione dell'Ici agli immobili della Chiesa, mostrando una chiara apertura al confronto e alla verifica della sussistenza di eventuali irregolarità;
nell'attuale momento di profonda crisi economica e di crescita incontrollata del debito pubblico italiano, appare iniquo continuare a far godere dell'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili ad attività che in nulla differiscono da quelle commerciali,

impegna il Governo

ad attivarsi, nelle sedi opportune, affinché le disposizioni in materia di imposta comunale sugli immobili siano applicate anche alle strutture, ancorché di proprietà della chiesa, ove si svolgano attività commerciali o a scopo di lucro.
9/4829-A/113.Evangelisti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene un insieme di disposizioni che, nella loro eterogeneità, dovrebbero perseguire il triplice obiettivo economico-finanziario del consolidamento dei conti pubblici, dell'equità e della definizione di misure tese a favorire la promozione e la tutela della concorrenza;
sotto tale profilo appare quanto mai urgente intervenire sull'assegnazione tramite gara delle frequenze destinate alla radiodiffusione televisiva in ambito nazionale;
particolarmente criticabile risulta, infatti, come attraverso una procedura diversa dall'asta pubblica e segnatamente un bando in modalità beauty contest, sei frequenze (5 in DVB-T e 1 in DVB-H o T2) potrebbero essere assegnate, di fatto, a costo zero sia a Rai che a Mediaset;
l'applicazione dell'asta pubblica per l'assegnazione delle predette 6 frequenze potrebbe invece produrre un introito stimato attualmente almeno in circa 3 miliardi di euro, qualora le condizioni di gara mirino ad assicurare la massima valorizzazione economica delle frequenze da assegnare,

impegna il Governo

ad adottare, nell'ambito delle proprie competenze, le opportune iniziative tese a revocare il bando e il disciplinare di gara relativi all'assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze in banda televisiva, e segnatamente le 5 frequenze DVB-T e la frequenza in DVB-H o T2, per i sistemi di radiodiffusione digitale e terrestre;
ad adottare, nell'ambito delle proprie competenze, le opportune iniziative tese a revocare il decreto della direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione del Ministero dello sviluppo economico di nomina della Commissione prevista dal bando di gara per l'assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze televisive;
ad adottare nell'ambito delle proprie competenze le opportune iniziative affinché l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) stabilisca le condizioni economiche di assegnazione delle frequenze tramite una procedura ad evidenza pubblica competitiva che garantisca la partecipazione alla stessa di tutti i soggetti interessati a livello nazionale e comunitario.
9/4829-A/114.Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Monai, Cimadoro, Favia.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 22, sostituisce i commi da 18 a 26 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, che avevano soppresso l'Istituto per il commercio con l'estero (ICE) trasferendone funzioni, risorse umane, strumentali e finanziarie, al Ministero dello sviluppo economico ed al Ministero degli affari esteri per le parti di rispettiva competenza, e istituisce un nuovo organismo denominato ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane;
la competizione a livello internazionale è divenuta negli anni sempre più intensa: nel mercato globale nuovi Paesi si affacciano in maniera prepotente con un'offerta sempre più all'avanguardia mettendo in difficoltà democrazie di consolidata industrializzazione come quella italiana. Forti sono, pertanto, i rischi di marginalizzazione che l'Italia corre a causa della polverizzazione della struttura produttiva e di un modello di specializzazione sempre più disomogeneo rispetto a quello di altri Paesi industrializzati;
rafforzare l'immagine dell'Italia all'estero sia sotto il profilo economico, sia sotto il profilo del rilancio della promozione turistica, commerciale e culturale deve, dunque, rappresentare un obiettivo strategico per il nostro Paese: obiettivo che deve entrare con forza nell'agenda politica del Governo;
in questi ultimi anni si è assistito ad una vigorosa crescita del numero degli attori pubblici impegnati a vario titolo nell'attività di promozione all'estero, con numerosi enti tra i quali, fra gli altri, l'Agenzia nazionale del turismo (ENIT), la Società italiana per le imprese all'estero (SIMEST S.p.A.), l'Agenzia per lo sviluppo e la cooperazione economica internazionale (INFORMEST), la FINEST S.p.A., le camere di commercio italiane all'estero e, infine, gli istituti italiani di cultura all'estero;
questo fermento, tuttavia, ha causato la dispersione delle risorse pubbliche in una miriade di funzioni e competenze la cui utilità effettiva si è rivelata non in linea con i risultati attesi e non ha certo contribuito a rafforzare adeguatamente l'immagine dell'Italia all'estero;
per quanto riguarda il settore turistico, ad esempio, secondo quanto riportato nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della legge 29 marzo 2001, n. 135, recante la riforma della legislazione nazionale del turismo (documento approvato il 27 febbraio 2008 dalla X Commissione Attività produttive della Camera dei deputati), l'industria turistica del nostro Paese registra vari punti di sofferenza, come dimostra il passaggio (nel giro di pochi anni) dal primo al quinto posto a livello mondiale per ingressi turistici. Tale perdita di posizioni rispetto ai Paesi competitori ha, a parere della citata Commissione parlamentare, numerose spiegazioni tra le quali, in particolare, la «difficoltà nella politica di promozione turistica»;
infine, per quanto attiene alla necessità di promuovere l'immagine culturale dell'Italia all'estero e soprattutto la diffusione della cultura italiana stessa, sono anni ormai che si discute dell'opportunità di utilizzare in modo rinnovato la diplomazia economico-culturale e gli istituti italiani di cultura all'estero prevedendo un nuovo assetto e nuovi rapporti tra le istituzioni che operano a livello nazionale. Diverse, infatti, sono state le iniziative prodotte in questi anni, in particolare, dal Ministero degli affari esteri, finalizzate alla ricerca di chiarezza nel rapporto tra ICE, rete diplomatica consolare e istituti italiani di cultura all'estero,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a riunificare nell'ambito del nuovo organismo denominato ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane previsto dal presente provvedimento le funzioni e le competenze attribuite all'Agenzia nazionale del turismo (ENIT), alla Società italiana per le imprese all'estero (SIMEST S.p.A.), all'Agenzia per lo sviluppo e la cooperazione economica internazionale (INFORMEST), al FINEST S.p.A., alle Camere di commercio italiane all'estero e, infine, agli istituti italiani di cultura all'estero.
9/4829-A/115.Cimadoro, Borghesi, Monai, Messina.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 19, prevede misure finalizzate alla lotta all'evasione fiscale e interviene sulla disciplina della tassazione sui bolli per gli strumenti finanziari, introduce la tassazione dei valori «scudati» e delle attività immobiliari e finanziarie estere; per quanto apprezzabili, tali misure sembrano insufficienti e di dubbia efficacia rispetto al grande problema dell'evasione fiscale che affligge il nostro Paese con forti ripercussioni sul debito pubblico;
la Banca d'Italia ha recentemente pubblicato una ricerca dal titolo emblematico «Alla ricerca dei capitali perduti: una stima delle attività all'estero non dichiarate dagli italiani», dalla quale emerge che i capitali italiani illegalmente esportati all'estero ammontano attualmente tra 124 e 194 miliardi di euro;
più efficaci misure di contrasto all'evasione fiscale sono necessarie e senz'altro possibili e già altri Paesi europei sono intervenuti in tal senso; infatti, risale a poche settimane fa l'annuncio di un nuovo accordo bilaterale tra Germania e Svizzera in materia di lotta all'evasione fiscale. In futuro, i redditi di cittadini tedeschi titolari di patrimoni illegalmente esportati in Svizzera saranno assoggettati a un'imposta anonima liberatoria del 26,375 per cento, pari all'aliquota in vigore in Germania (25 per cento), più il contributo di solidarietà tedesco;
il G20, da tempo, ha individuato come obiettivo primario dei Paesi più industrializzati la lotta all'evasione fiscale nei confronti dei «paradisi fiscali». Nella cosiddetta «lista nera» vi erano allora, tra gli altri, il Principato di Monaco, il Liechtenstein, il Lussemburgo, Andorra, le Bermuda, Cipro, Malta e San Marino e molti altri. Ma non erano esenti alcuni Paesi dove, con la scusa del segreto bancario, si coprivano da sempre gli evasori, come la Svizzera e l'Austria;
alcuni di questi Paesi decisero, in seguito ai provvedimenti del G20, di mettersi in regola per passare alla «lista bianca» ed entrarono nella cosiddetta «lista grigia», con l'impegno a stipulare 12 accordi bilaterali e internazionali con i Paesi dell'OCSE per poter essere a posto. Gli accordi dovevano prevedere la collaborazione contro l'evasione fiscale e obblighi di informazione su tutti coloro che detengono conti bancari;
mentre altri paesi, come Stati Uniti, Germania, Francia e Regno Unito iniziarono a stipulare tali accordi, nulla si muoveva in Italia, infatti ad oggi, l'Italia non ha stipulato alcun accordo bilaterale con nessuno dei cosiddetti paradisi fiscali;
sulla questione, l'Italia dei valori, ha recentemente interrogato il Governo, in un question time, svoltosi il 7 dicembre 2011, la cui risposta era incentrata sul fatto che gli accordi bilaterali citati, essendo basati sul mantenimento dell'anonimato e del segreto bancario svizzero, non sono in linea con lo standard richiesto dall'OCSE in materia di trasparenza fiscale e di scambio di informazioni; durante l'esame in Commissione è stato introdotto al comma 6 dell'articolo 19 citato, l'imposta di bollo, una vera e propria «imposta sull'anonimato», per gli eventuali mancati versamenti relativi ai capitali, cosiddetti «scudati», in quanto gli intermediari finanziari devono segnalare all'agenzia dell'entrate i predetti contribuenti per i quali tale imposta è iscritta al ruolo;
dunque, con l'importante modifica introdotta, si elude il vincolo dell'anonimato, pertanto esso non rappresenta più un impedimento per eventuali accordi bilaterali con paesi cosiddetti «paradisi fiscali»,

impegna il Governo

ad avviare le trattative con i Paesi interessati e a sottoscrivere accordi finalizzati a un maggiore e più efficace contrasto all'evasione fiscale.
9/4829-A/116.Donadi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede misure insufficienti per il rilancio dell'economia e per lo sviluppo;
è invece indispensabile puntare con maggiore convinzione nel settore della green economy, un comparto in grado di creare occupazione e ricchezza, e per il suo contributo fondamentale ad uno sviluppo sostenibile;
in questo ambito, il tema «energia», sviluppo sostenibile, e quindi la qualità stessa dello sviluppo, sono e dovranno essere sempre più al centro delle grandi scelte strategiche di politica economica e industriale che i Paesi dovranno adottare;
l'impegno che il nostro Paese ha assunto a livello europeo, per la riduzione entro il 2020 del 20 per cento del consumo energetico e del 20 per cento delle emissioni di gas a effetto serra, impone delle immediate ed efficaci azioni conseguenti, a cominciare proprio da un serio programma di efficientamento e risparmio energetico, a cominciare dal settore dell'edilizia, e specificatamente dell'edilizia residenziale, per consentire la necessaria riduzione dei consumi finali di energia primaria, e l'abbattimento di milioni di tonnellate di CO2 l'anno;
in Italia oltre il 35 per cento dei consumi di energia totale dipende dal settore residenziale e, di questi, almeno il 70 per cento sono relativi al riscaldamento. Ciò corrisponde all'emissione in atmosfera di circa 380 mila tonnellate di gas inquinanti, facendo divenire il riscaldamento il secondo fattore di importanza, dopo il traffico veicolare, nell'inquinamento urbano;
va ricordato come nel nostro Paese, oltre il 70 per cento dell'edilizia residenziale nelle aree urbane risale a periodi in cui la normativa e le modalità costruttive, i materiali utilizzati, non tenevano in considerazione né l'«efficienza energetica», né il «risparmio energetico». Per gran parte di questo patrimonio vi è quindi la necessità di interventi urgenti di manutenzione straordinaria sia sulle strutture che sugli impianti;
gli effetti positivi di un diffuso programma di «eco-ristrutturazioni» sono evidenti, e riguardano lo sviluppo del mercato dell'efficienza energetica; la riduzione dei costi ambientali e sanitari per le minori emissioni inquinanti degli impianti di riscaldamento; l'energia risparmiata e la CO2 non emessa in atmosfera. A questi vanno aggiunti gli effetti positivi e anticiclici in termini di maggiore occupazione nei settori coinvolti, soprattutto nelle piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto: dalle fonti rinnovabili agli infissi, ai materiali avanzati;
secondo dati della Confindustria, Ires-Cgil, l'efficienza energetica porterà nel decennio oltre un milione e seicento mila nuovi posti di lavoro,

impegna il Governo

a predisporre e avviare un programma di riqualificazione energetica di tutta l'edilizia residenziale pubblica e privata, con l'obiettivo di giungere entro il 2020 con il nostro patrimonio edilizio residenziale ristrutturato secondo livelli di prestazione e di efficienza energetica in grado di garantire elevati livelli di risparmio energetico;
al fine di rendere realmente efficace detto programma, a prevedere che dette «eco-ristrutturazioni» debbano interessare l'intero sistema involucro dell'immobile e del condominio, con interventi di isolamento termico dell'edificio e di adeguamento o sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale ed estiva, secondo valori elevati di risparmio, rendimento e prestazioni energetiche;
a prevedere quali misure agevolative nei confronti dei proprietari degli immobili oggetto dei suddetti interventi, anche la possibilità di una garanzia dello Stato a fronte di prestiti o mutui accesi dai suddetti soggetti per le spese di ristrutturazione sostenute e documentate.
9/4829-A/117.Porcino, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
le violente alluvioni che hanno interessato il nostro Paese in questi ultimi due mesi, con conseguenze devastanti in termini di morti e di distruzione, ripropongono per l'ennesima volta in maniera allarmante, il tema della fragilità del nostro territorio e l'ormai improcrastinabile necessità di una sua messa in sicurezza;
come ha ricordato il Consiglio Nazionale dei Geologi, dal 1996 al 2008 in Italia sono stati spesi più di 27 miliardi di euro per dissesto idrogeologico e terremoti, oltre al fatto che 6 milioni di italiani abitano nei 29.500 chilometri quadrati del territorio considerati ad elevato rischio idrogeologico e ben 1.260.000 gli edifici a rischio frane e alluvioni; i dati del ministero dell'ambiente parlano di un 9,8 per cento della superficie nazionale ad alta criticità idrogeologica; di 6.633 i comuni interessati, pari all'81,9 per cento dei comuni italiani; di un 24,9 per cento dei comuni interessato da aree a rischio frana; di un 18,6 per cento di aree a rischio alluvione; e di un 38,4 per cento da aree a rischio sia di frana che di alluvione;
si continua a rincorrere le emergenze e le calamità, e a contare i danni e troppo spesso purtroppo le vittime delle alluvioni, stanziando ogni volta ingenti risorse economiche necessarie per ricostruire le zone colpite, senza programmare alcun piano di contrasto al dissesto idrogeologico e di revisione della normativa urbanistica;
l'emergenza diventa così oltre a un danno economico, e spesso un business per la ricostruzione, senza però mai essere tradotto in investimenti duraturi attraverso interventi di prevenzione e di buona pianificazione urbanistica;
il fabbisogno necessario per la realizzazione degli interventi per la sistemazione complessiva delle situazioni di dissesto su tutto il territorio nazionale è stimato in circa 40 miliardi di euro;
per ogni milione speso per prevenire, lo Stato ne ha spesi 10 per riparare i danni della mancata prevenzione;
ad aggravare la situazione di fragilità del nostro territorio, contribuisce fortemente il fatto che l'Italia è il primo Paese tra quelli europei per la cementificazione. Un territorio consumato e segnato profondamente, anche «grazie» al contributo nefasto del fenomeno dell'abusivismo, troppo spesso ignorato o tollerato, e anzi alimentato dal condono edilizio approvato in questi anni;
la stessa ex ministro Prestigiacomo, nei giorni delle alluvioni che hanno colpito Liguria e Toscana, dichiarava: «bisogna subito ripartire con il piano straordinario per la difesa del suolo, pronto da due anni ed ancora per la gran parte non avviato a causa della mancata erogazione delle risorse che pure a suo tempo erano state stanziate...Lasciar passare altro tempo senza attuare quanto già deciso ha come unica conseguenza quella di accrescere i rischi noti e l'eventualità di nuovi lutti e danni»;
detto piano straordinario contro il dissesto idrogeologico, dotato di risorse per circa due miliardi e mezzo di euro fra fondi statali e cofinanziamento regionale, da definire attraverso la stipula di accordi di programma con le Regioni, non è praticamente mai decollato, per cui le risorse sono rimaste solo sulla carta,

impegna il Governo

a dare certezze dei finanziamenti e rendere spendibili le risorse previste per il piano straordinario per la difesa del suolo;
ad escludere le spese delle regioni e degli enti locali finalizzate alla messa in sicurezza del territorio, dai vincoli del patto di stabilità;
ad avviare un programma pluriennale per la messa in sicurezza del territorio e di risanamento idrogeologico, nella consapevolezza che esso rappresenti la più importante e urgente opera pubblica di cui l'Italia ha bisogno, in grado di attivare migliaia di cantieri in tutto il Paese con importanti ricadute occupazionali, prevedendo a tal fine eventuali forme di coinvolgimento di capitali privati;
a riformulare, d'intesa con le regioni, le priorità della legge obiettivo prevedendo come urgenti gli interventi per la messa in sicurezza delle aree più a rischio, anche sulla base dei piani-stralcio a disposizione delle autorità di bacino e delle regioni.
9/4829-A/118.Piffari, Borghesi, Messina.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame prevede varie disposizioni in materia di riduzione delle spese, anche quelle relative ai costi della politica;
le misure adottate risultano tuttavia insufficienti per ridurre la spesa delle pubbliche amministrazioni; basti pensare che ogni anno i costi della politica, diretti e indiretti, ammontano a circa 18,3 miliardi di euro, a cui occorre aggiungere i costi derivanti da un «sovrabbondante» sistema istituzionale quantificabili in circa 6,4 miliardi di euro, arrivando così alla cifra di 24,7 miliardi di euro. Una somma che equivale al 12,6 per cento del gettito Irpef (comprese le Addizionali locali), pari a 646 euro medi annui per contribuente;
la riduzione dei costi della politica e delle spese ordinarie delle Pubbliche amministrazioni si rende necessaria non solo per recuperare i finanziamenti necessari al fine di diminuire il carico fiscale che grava sulle imprese e sulle famiglie, ma anche per eliminare inutili ed inopportuni privilegi;
gli interventi finalizzati ai tagli dei costi della politica sarebbero potuti essere molteplici: l'eliminazione dei vitalizi ai parlamentari nazionali e regionali, il dimezzamento del numero di deputati e senatori, l'eliminazione dei rimborsi elettorali ai partiti, l'abolizione delle province e di una serie di livelli istituzionali intermedi che giudichiamo non necessari, l'abolizione del Cnel, la drastica riduzione delle auto e dei voli «blu», la soppressione di enti inutili, il blocco delle consulenze, l'amministratore unico con la soppressione dei CdA per le società e gli enti partecipati dagli enti territoriali, e così via;
inoltre, le spese delle pubbliche amministrazioni dovrebbero essere ridotte intervenendo sui consumi intermedi, riportando il budget di Palazzo Chigi sotto il controllo del Tesoro, razionalizzando la spesa sanitaria, riducendo le spese militari - anche prevedendo in prospettiva la costituzione di un esercito europeo - e le spese per le missioni all'estero, intensificando i controlli sulle pensioni di invalidità, unificando gli enti previdenziali ed assicurativi, obbligando i Comuni sotto i 20 mila abitanti a consorziarsi per erogare i servizi;
il contenimento dei costi della politica e della spesa pubblica in generale è un tema fortemente sentito dai cittadini italiani e dall'opinione pubblica, soprattutto in un momento nel quale tutti sono chiamati a fare sacrifici a causa di una gestione irrazionale della spesa pubblica nei decenni che ci hanno preceduto e della situazione economica generale del Paese,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori e più incisivi provvedimenti, nel rispetto delle competenze istituzionali, finalizzati alla riduzione degli eccessivi costi della politica, in quanto tali interventi oltre a diminuire il carico fiscale che grava sulle imprese e sulle famiglie, senz'altro riavvicinerebbero i cittadini alla politica e all'amministrazione del bene comune.
9/4829-A/119.Borghesi.

La Camera,
premesso che:
articolo 30, al comma 1, modifica il comma 18 dell'articolo 33 della legge di stabilità per l'anno 2012, che disponeva il finanziamento (700 milioni di euro) della partecipazione italiana a missioni internazionali per il primo semestre del predetto anno. Al fine di consentire la prosecuzione di tale partecipazione, la disposizione in esame stanzia le risorse per l'intero anno, con un maggior onere di ulteriori 700 milioni di euro in relazione al secondo semestre 2012, con un importo finale pari a 1.400 milioni di euro;
l'Italia, come riporta il Ministero della difesa con l'ultimo aggiornamento datato 31 agosto scorso, è impegnata in 30 missioni in 27 Paesi con l'impiego, tenuto conto delle attività non comprese nell'ultimo provvedimento di legge alle quali partecipano le nostre Forze Armate, del personale militare pari a 8.369 unità;
dei fondi stanziati per le missioni internazionali con decreti a cadenza semestrale, solo 1,5 per cento è stato realmente speso per la cooperazione allo sviluppo dei paesi in cui operiamo, mentre il resto è stato speso in operazioni militari;
le risorse per cooperazione allo sviluppo gestiti dal MAE sono state ulteriormente ridotte (si è passati dai 179 milioni di euro del 2011 agli 86 milioni di euro attuali, ovvero al terzo dimezzamento in 4 anni dell'ammontare previsto dalla legge 49/87);
uno degli scenari in cui l'Italia è maggiormente coinvolta in termini di risorse economiche impegnate e di militari è l'Afghanistan, il cui impegno è costato, in dieci anni, circa 4 miliardi e 150 milioni di euro e solo 168 milioni di queste risorse sono andate agli aiuti veri e propri;
sul fronte della sicurezza per gli afgani la situazione è peggiorata; ogni anno il conflitto causa quasi tremila vittime civili (2777 nel 2010 con un aumento del 15 per cento e con 1500 persone uccise nei primi sei mesi del 2011) e, sebbene le persone che rimangono uccise da azioni e attentati delle forze anti-governative rappresentino l'80 per cento dei morti, le donne, gli uomini e i bambini uccisi in raid della NATO e in azioni delle forze afgane sono ancora il 14 per cento del totale; i circa 300 raid notturni condotti ogni mese continuano inoltre a seminare paura, distruzione, morte, sfiducia e rabbia nella popolazione. L'accesso all'acqua potabile e all'elettricità resta, specie nelle campagne, ancora a livelli minimi e la possibilità di accedere a servizi di sanità pubblica, in un Paese che si sta pericolosamente avviando verso la privatizzazione del servizio e che il rapporto sullo sviluppo umano dell'Onu ha classificato al 147o posto tra i Paesi con le performances peggiori, resta privilegio di pochi (un bambino su cinque continua a morire prima del compimento del quinto anno di età); infine, meno del 15 per cento delle donne afgane sono alfabetizzate mentre l'87 per cento fra loro è oggetto di diversi tipi di abuso (matrimoni combinati, violenza sessuale, eccetera) tra le pareti domestiche,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte a utilizzare maggiori risorse per la cooperazione allo sviluppo dei Paesi in cui l'Italia è impegnata nelle missioni internazionali, in particolare l'Afghanistan, e deviare parte delle risorse destinate alle operazioni esclusivamente militari a progetti di cooperazione civile concordati attraverso un forum con le Ong e le associazioni che operano nei vari territori.
9/4829-A/120.Di Stanislao.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame si compone di 49 articoli raggruppati in quattro titoli, le cui disposizioni, nella loro eterogeneità, sono finalisticamente legate dal perseguimento di un triplice obiettivo: la crescita, l'equità ed il consolidamento dei conti pubblici;
inoltre, si tratta di un provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica rivolto ad attuare gli obiettivi concordati in sede europea per i nostri conti pubblici e per stimolare la crescita;
disposizioni alternative potevano comunque essere definite nel rispetto dei saldi finali, in particolare per quanto concerne il reperimento di nuove entrate attenuando le misure che gravano sui contribuenti, sulle prime case, o che aumentano le accise sui carburanti e le aliquote per il calcolo dell'IVA, oppure che taglieggiano le pensioni;
la legge attribuisce all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato - AAMS - un'ampia potestà nell'emanazione di disposizioni in materia di giochi pubblici dirette ad assicurare maggiori entrate;
il comma 3 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 (ora legge n. 148 del 2011) prevede che l'AAMS possa, con propri decreti dirigenziali, emanare tutte le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate;
a titolo esemplificativo, e non esaustivo, la norma elenca una serie di ambiti in cui con i decreti emanati dall'AAMS sarà possibile dettare disposizioni, tra i quali anche la variazione della misura del prelievo erariale unico (PREU);
tale ultima previsione suscita dubbi di costituzionalità, in quanto rimette ad una fonte secondaria emanata da un'autorità amministrativa (decreto dirigenziale) la determinazione dell'entità di una prestazione di natura patrimoniale. Sarebbe opportuno che, nel pieno rispetto della riserva di legge prevista all'articolo 23 della Costituzione, la fonte di rango primario - in questo caso, lo stesso decreto-legge - quanto meno circoscriva puntualmente l'ambito dell'attività normativa rimessa all'autorità amministrativa;
le liti in cui sono parti i concessionari dei giochi e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, aventi ad oggetto violazioni degli obblighi inerenti alle concessioni e pendenti alla data odierna davanti alla Corte dei conti hanno ad oggetto importi rilevantissimi pari complessivamente a circa 98 miliardi di euro;
un'indagine condotta nel 2007 sul settore dei giochi pubblici da una commissione ministeriale guidata dall'allora Sottosegretario per l'economia e le finanze Altiero Grandi e dal generale della Guardia di finanza Castore Palmerini aveva evidenziato un'enorme truffa ai danni dello Stato, per una cifra ammontante a 88 miliardi di euro;
nel luglio 2006, la Corte dei conti aveva delegato le attività investigative in merito al nucleo speciale frodi telematiche della Guardia di finanza di Roma;
oltre al danno erariale, durante l'indagine è emersa la possibile infiltrazione di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata in seno ad una delle società concessionarie, mentre risultano pendenti in proposito alcuni procedimenti di carattere penale affidati a diversi pubblici ministeri;
inoltre, la procura della Corte dei conti ha citato in giudizio dieci concessionari ed i controllori inadempienti dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), contestando violazioni degli obblighi del concessionario, che non aveva provveduto a collegare gli apparecchi per il gioco d'azzardo per permetterne il controllo in tempo reale, come previsto dalla legge e che non aveva versato all'Erario ingenti somme relative al prelievo erariale dovuto sui proventi dei citati apparecchi di gioco;
la mancata connessione delle slot machine ha determinato, infatti, oltre al venir meno delle garanzie del dichiarato «gioco legale», a causa del consistente volume di «giocate» sfuggite al computo delle imposte, un ingente danno erariale;
in particolare l'erario non incamerava il prelievo erariale unico (PREU), il cui pagamento sarebbe stato evaso, o eluso con modalità di pagamento forfettarie, da parte delle società concessionarie; l'articolo 39, comma 13, del decreto-legge n. 209 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, prevede, infatti, che agli apparecchi di gioco, collegati in rete, si applichi un prelievo erariale unico;
nel caso in cui gli apparecchi non trasmettano i dati del contatore di gioco viene applicato un PREU forfettario: tale PREU forfettario non è peraltro previsto da alcuna norma, e la determinazione della base imponibile presenta alcuni elementi di criticità, in ragione del fatto che essa viene calcolata sulla media delle giocate degli apparecchi in rete;
il settore dei giochi e delle scommesse ha realizzato un fatturato di circa 61 miliardi di euro nel 2010 è stato, fatturato che potrebbe raggiungere, nel 2011, i 70 miliardi di euro;
tale andamento del gettito riflette evidentemente la disperazione e la paura dei cittadini del nostro Paese, mentre è preoccupante l'aggravamento del fenomeno delle ludopatie;
diventa urgente un intervento organico in materia di giochi che consentirebbe di acquisire risorse da chi può e deve metterle a disposizione,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative, anche legislative, fatte salve le prerogative del Parlamento, volte a:
consentire una definizione dei contenziosi esistenti in materia di concessioni attualmente in corso, definizione che potrebbe consentire il reperimento di nuove risorse anche cospicue non gravando sui cittadini;
inserire il mancato collegamento degli apparecchi di gioco alla rete telematica tra i casi di evasione tributaria per i quali l'articolo 5 del decreto legislativo n. 74 del 2000 prevede la pena della reclusione da uno a tre anni;
inibire la possibilità di concorrere all'assegnazione o al rinnovo delle concessioni in materia di giochi e scommesse alle società che abbiano in corso un contenzioso per inadempienze contrattuali nei confronti di amministrazioni pubbliche, ovvero nei cui confronti sussistano iscrizioni a ruolo, relative a tributi o contributi, definitive scadute e non versate.
9/4829-A/121.Barbato, Messina, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
la grande crisi finanziaria in corso ha richiesto l'adozione di misure straordinarie, nell'intento di ridurre la spesa pubblica e di aumentare le imposte;
gli effetti di tali interventi sono purtroppo ricaduti solo sulla parte produttiva del Paese, colpendo in particolare i redditi da lavoro dipendente e le famiglie, con il taglio indiscriminato dei servizi sociali e assistenziali;
tuttavia, le manovre estive non hanno determinato gli effetti sperati e, anzi, è stata approvata una nuova manovra che va a colpire ancora gli stessi soggetti che finora hanno sopportato il peso della crisi;
la conseguenza più grave è che a pagare saranno le nuove generazioni, che oggi non possono accedere ad un mercato del lavoro ingessato, non possono costruire una casa, una famiglia o un futuro, e domani non avranno accesso alle pensioni, pensate per un modello occupazionale che non esiste più;
inoltre, è ormai evidente per tutti che, per quanto si possa cercare di recuperare ulteriori risorse dalle pensioni e dallo stato sociale, queste voci di spesa non più in grado di garantire cifre sufficienti per la soluzione della crisi;
se è vero che un intervento radicale sul debito è includibile, esso non può però essere disgiunto dall'individuazione di risorse per la crescita; il tema della crescita richiede tuttavia una alternativa complessiva: occorre allora individuare nuove forme di contribuzione che consentano di far partecipare alle spese dello Stato coloro che possiedono le grandi ricchezze improduttive, i grandi patrimoni mobiliari e immobiliari, con un meccanismo che ridistribuisca le risorse di cui il Paese dispone senza tassare ulteriormente i redditi;
in Italia, infatti, come indicano le statistiche dell'Ocse, la tassazione sui redditi da lavoro e sulle imprese è la più alta d'Europa: in quest'ottica un aumento delle imposte sui patrimoni - o parte di essi - può rappresentare una soluzione per ridurre le tasse su chi lavora e fa impresa e stimolare gli investimenti e la crescita economica;
secondo i dati della Banca d'Italia il 10 per cento più ricco della popolazione possiede il 45 per cento della ricchezza immobiliare e finanziaria complessiva, mentre il 50 per cento più povero non ne possiede che il 9,8 per cento; un altro dato è ancora più clamoroso: l'1 per cento delle famiglie, quelle ricchissime, detiene una quota di patrimonio (il 13 per cento) uguale a quella posseduta dal 60 per cento delle famiglie, mentre i patrimoni dei ricchissimi sono aumentati durante la crisi;
non si capisce quindi perché non possano essere chiamati ad un sacrificio coloro che hanno un patrimonio, ad esempio, oltre il milione e mezzo di euro, escludendo dal conteggio le somme investite in titoli di Stato (che servirebbe tra l'altro anche come incentivo ad investire in Bot, Btp, Cct eccetera), prevedendo una imposta progressiva, con un introito significativo per le casse dello Stato;
molto si può fare sul terreno fiscale, che è una causa decisiva dell'attuale situazione di gravissima iniquità, perché, mentre aumentava il carico fiscale sui redditi da lavoro, l'Italia, negli ultimi 15 anni, diversamente dai maggiori Paesi europei, ha ridotto le imposte sui patrimoni, e perché le rendite finanziarie sono tassate meno dei redditi da lavoro e perché l'evasione fiscale è altissima, intorno ai 125 miliardi di euro annui;
occorre quindi procedere ad una ricognizione delle risorse disponibili e non utilizzate che si possono mettere in campo per uscire dalla crisi;
le imposte sulle proprietà immobiliari sono oggi calcolate sulla base della rendita catastale, che non determina il valore reale dell'immobile, ma un valore presunto, basato sugli estimi entrati in vigore nel 1992;
tale determinazione avvantaggia coloro che vivono nei centri storici o in case di pregio, per i quali non viene calcolato il maggiore valore di mercato acquisito dagli immobili nel corso del tempo;
l'articolo 13 del provvedimento al nostro esame prevede una leggera rivalutazione delle rendite catastali i cui valori rimangono ben lontani dai valori effettivi di mercato. È quindi possibile rivedere la rendita catastale degli immobili siti nei centri storici e nelle zone residenziali di pregio e destinare il maggiore gettito (escludendo però del tutto le prime case dall'IMU con l'eccezione delle abitazioni di lusso) - che potrebbe essere di diversi miliardi di euro, atteso che il gruppo di lavoro del Ministero dell'economia e delle finanze sulle tax expenditures ha stimato un gettito di 62 miliardi di euro dalla rivalutazione di tutti gli immobili - alle attività produttive del Paese e al sostegno all'occupazione;
è essenziale inoltre che il Governo - per scoraggiare le attività finanziarie speculative che negli ultimi mesi hanno fortemente danneggiato il nostro Paese - sostenga la proposta di direttiva della Commissione europea relativa ad un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie con obiettivo di:
a) evitare la frammentazione del mercato interno dei servizi finanziari, visto il crescente numero di provvedimenti fiscali nazionali non coordinati;
b) assicurare il giusto contributo degli enti finanziari alla copertura dei costi della recente crisi, nonché la parità di condizioni con gli altri settori dal punto di vista fiscale, atteso anche che la maggior parte dei servizi finanziari e assicurativi è esente da IVA;
c) creare i disincentivi opportuni per le transazioni che non contribuiscono all'efficienza dei mercati finanziari, integrando le misure regolamentari mirate a evitare crisi future;
d) creare un nuovo flusso di gettito con l'obiettivo di sostituire gradualmente i contributi nazionali al bilancio dell'UE, riducendo l'onere per i bilanci nazionali;
il Presidente del Consiglio dei ministri Monti nella sua audizione alle Commissioni riunite V e VI della Camera, il giorno 13 dicembre 2011, ha affermato di essere d'accordo in via di principio all'introduzione di un'imposizione sulle grandi ricchezze, ma che sarebbero occorsi «due anni di lavoro» e che nel provvedimento al nostro esame sarebbe stata introdotta «senza drammi l'imposta patrimoniale possibile, fattibile per il nostro Paese in questo momento»;
pur non condividendo tale affermazione che nasconde, ad avviso del presentatore, dietro una presunta difficoltà tecnica una vera difficoltà politica, non si può non sottolineare come l'introduzione con l'articolo 13 del provvedimento al nostro esame di «un'imposta municipale propria» non impedisce che perlomeno sugli immobili si possa introdurre da subito un'imposta patrimoniale con aliquote progressive sul valore complessivo per i patrimoni immobiliari superiori ad un milione e mezzo di euro distinguendo - per fare un esempio - tra chi possiede una casa al mare e chi è detentore di un patrimonio immobiliare rilevante,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative, anche normative volte a:
a) istituire un'imposta progressiva sui grandi patrimoni mobiliari e immobiliari di valore superiore a 1,5 milioni di euro, dovuta dai soggetti proprietari o titolari di altro diritto reale, persone fisiche o persone giuridiche, tenendo conto del patrimonio complessivo del nucleo familiare, ad iniziare dall'introduzione immediata di un'imposta patrimoniale progressiva almeno per quanto concerne i patrimoni immobiliari;
b) rivalutare le rendite catastali degli immobili siti nei centri storici e nelle zone residenziali di pregio, prendendo a riferimento i valori di mercato dei predetti immobili secondo le stime elaborate dall'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio;
c) sostenere la proposta di direttiva della Commissione europea relativa ad un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie;
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni relative alla tassazione patrimoniale della casa, al fine di escludere dalla suddetta tassazione patrimoniale la prima casa, ma non le abitazioni di lusso.
9/4829-A/122.Palomba.

La Camera,
premesso che:
i dati delle indagini sui consumi condotta dall'Istat, in particolare sulla variazione della spesa media mensile per famiglia rispetto all'anno precedente, mette in evidenza come a un aumento della spesa media mensile per consumi in termini nominali corrisponda una flessione in termini reali;
la quota di famiglie che ha dichiarato di aver limitato l'acquisto o scelto prodotti alimentari - alimentari - di qualità inferiore rispetto all'anno precedente è superiore al 30 per cento. Aumenta, rispetto allo scorso anno, la percentuale di famiglie che acquistano generi alimentari (pane, pasta, carne, pesce, frutta) presso gli hard-discount (dall'8,6 per cento al 9,7 per cento). Ben il 60 per cento delle famiglie dichiara di averne limitato l'acquisto di prodotti di abbigliamento e calzature o scelto prodotti di qualità inferiore;
il 50 per cento dei nuclei familiari vive con meno di 1.900 euro al mese, il 15 per cento delle famiglie non arriva alla quarta settimana, il 6,2 per cento ritiene di non potersi permettere un'alimentazione adeguata, il 10,4 per cento un sufficiente riscaldamento per l'abitazione;
l'indice normalmente utilizzato per misurare la disuguaglianza nella distribuzione del reddito tra le famiglie è quello di Gini: pari ad 1 quando la disuguaglianza è massima (una sola famiglia ha tutto il reddito), ed a zero quando tutte le famiglie hanno lo stesso reddito. L'Italia tra i paesi industrializzati ha uno degli indici più alti, che cresce dai primi anni '90;
l'indice di Gini dei redditi familiari equivalenti, cioè corretti per tenere conto della dimensione familiare, nel nostro Paese è pari al 33 per cento, mentre la quota di famiglie a basso reddito di poco supera il 13 per cento, un valore in crescita continua;
infatti, secondo l'ultima indagine di Banca d'Italia sui redditi e la ricchezza delle famiglie italiane, le disuguaglianze del reddito e la povertà sono fortemente aumentate;
l'Italia è così un paese in cui le disuguaglianze di reddito sono oggi più accentuate che nel resto d'Europa. I tassi di povertà relativa (la percentuale di persone con un reddito equivalente inferiore al 60 per cento di quello mediano) si mantengono più elevati che nella gran parte degli altri paesi dell'Unione europea;
a questi dati si aggiungano i danni che derivano dal cosiddetto fiscal drag: infatti, in un'imposta progressiva, come l'Irpef, l'aumento di tassazione indotto dall'inflazione discende da due fattori:
una quota sempre più ampia del reddito è assoggettata ad aliquote (marginali) più elevate;
il valore delle detrazioni e deduzioni di imposta per tipologie di redditi, per carichi familiari, eccetera, non è indicizzato all'aumentare dei prezzi e quindi diminuisce, in termini di potere d'acquisto;
da anni, non viene restituito, neanche parzialmente, il drenaggio fiscale. Il mancato recupero del fiscal drag ha pesato, secondo Bankitalia, per 2/3 sulla perdita del potere d'acquisto degli ultimi anni;
dal 2000 al 2010 i lavoratori italiani hanno perso - secondo il Centro studi della CGIL, l'IRES - 5.453 euro in termini di potere d'acquisto, in parte a causa di un livello di inflazione più alto di quanto previsto e conteggiato in sede di rinnovo dei contratti di lavoro (3.384 euro), ed in parte in ragione della mancata restituzione del fiscal drag, che ha comportato per ogni lavoratore un prelievo aggiuntivo medio di 2.000 euro, dovuto al progressivo aumento delle aliquote sui redditi per effetto dell'aumento del costo della vita;
in totale, nei dieci anni presi a riferimento, la perdita del potere di acquisto sulla somma di tutte le retribuzioni ha raggiunto la quota di 44 miliardi, che sono stati sottratti alle famiglie, diminuendo la domanda interna, riducendo i consumi e alimentando la crisi;
in questa situazione di grande difficoltà per milioni di famiglie soffrono soprattutto le famiglie con più figli e/o quelle monoreddito;
non ci sono distinzioni tra famiglie i cui coniugi siano regolarmente sposati o famiglie di fatto: le difficoltà economiche non guardano in faccia a nessuno. D'altronde nel nostro Paese il tasso di nuzialità è in costante calo. Crescono oltre alle famiglie con genitori conviventi (le unioni libere sono oltre mezzo milione), le famiglie monogenitore. Tutte le famiglie vanno dunque indistintamente aiutate,

impegna il Governo

a prendere gli opportuni provvedimenti volti ad incrementare in maniera significativa le detrazioni per i carichi familiari, introducendo un «fattore famiglia» elevando le detrazioni fiscali per i contribuenti che hanno coniuge e figli a carico, ed in particolare per i figli minori, prevedendo inoltre un incremento degli assegni familiari per i contribuenti con carichi familiari ma fiscalmente incapienti.
9/4829-A/123.Zazzera, Mura, Di Giuseppe, Barbato, Messina.

La Camera,
premesso che:
le donne si presentano oggi come un soggetto articolato e fortemente dinamico, protagonista essenziale del cambiamento;
nonostante ciò, permangono evidenti differenze tra i sessi sul mercato del lavoro, che si riflettono in particolare nella distribuzione delle donne e degli uomini in differenti tipi di lavoro e nella concentrazione delle donne negli impieghi a tempo parziale e in altre forme di occupazioni atipiche;
la situazione varia a seconda dei settori di occupazione, delle professioni e dello status professionale, ma per lo più le donne occupano ruoli di impiegate, mentre poche sono dirigenti d'azienda o esercitano un'attività indipendente;
nonostante il progresso dell'occupazione e il miglioramento delle loro competenze e qualificazioni, le donne continuano ad essere considerevolmente meno retribuite rispetto agli uomini;
la forte emarginazione di cui sono vittime sul mercato del lavoro, nonché la loro concentrazione negli impieghi poco retribuiti spiegano perché la distanza tra i salari degli uomini e quelli delle donne abbia così a lungo resistito al cambiamento;
la posizione economica e sociale delle donne, dunque, è generalmente inferiore a quella degli uomini, subiscono più frequentemente la povertà e sono più spesso finanziariamente dipendenti dagli uomini e/o da forme di assistenza sociale,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a rilanciare la figura della donna nel mercato del lavoro, sviluppando azioni tese ad investire nei servizi pubblici e a dare risposte al lavoro di cura, alleviando le donne dal peso di un doppio lavoro obbligato in tutte le fasi della vita;
ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a favorire la creazione di nuove imprese femminili, di nuovi asili nido e il riconoscimento di un regime fiscale agevolato nei confronti delle imprese che assumo donne disabili.
9/4829-A/124.Mura, Di Giuseppe, Cimadoro, Barbato.

La Camera,
premesso che:
è necessario favorire l'ampliamento della forza lavoro italiana, promuovendo in particolare l'occupabilità delle persone affette da disabilità;
sono evidenti i ritardi dell'Italia rispetto ai paesi più avanzati nell'attuazione di politiche assistenziali, infrastrutturali e per l'inclusione e la valorizzazione dei cittadini portatori di handicap,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre un piano d'intervento, mediante specifici interventi normativi, atto a favorire:
l'abbattimento delle barriere alla comunicazione ed architettoniche;
il riconoscimento della Lingua dei segni italiana a livello regionale e nazionale;
iniziative e corsi di sensibilizzazione nelle scuole inerenti la prevenzione, l'educazione stradale, il senso civico e il rispetto della diversità, anche attraverso misure di agevolazione fiscale;
la valorizzazione e il sostegno ai centri specializzati in diagnosi precoce;
la promozione dell'imprenditorialità da parte di cittadini disabili, anche attraverso l'utilizzo dei fondi europei;
la riorganizzazione degli uffici provinciali del collocamento obbligatorio, per offrire alle imprese maggiore assistenza nell'accoglienza dei lavoratori disabili;
il riconoscimento e la regolamentazione dei profili professionali degli operatori del mondo dell'handicap;
la verifica e il riconoscimento delle scuole di eccellenza per la formazione di operatori sociali;
la formazione degli operatori ASL sulle tematiche relative all'handicap;
la promozione di corsi di lingua dei segni per rappresentanti delle forze dell'ordine;
la formazione e l'aggiornamento dei dipendenti disabili impiegati nelle pubbliche amministrazioni;
la promozione di servizi alle famiglie con portatori di handicap.
9/4829-A/125.Lo Presti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca una serie di disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici finalizzate, principalmente, a sostenere l'economia nazionale nell'attuale difficile momento di crisi;
è necessario che ad interventi tesi al rigore e alla crescita si accompagnino maggiori ed incisive misure di equità e di protezione sociale, soprattutto nei confronti di alcune fasce della popolazione che maggiormente risentono delle discriminazioni anche in termini salariali;
in Italia, purtroppo - a differenza degli altri paesi europei - continua a persistere un basso tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro, una forte differenziazione, tra uomini e donne, nelle retribuzioni e nelle opportunità di carriera oltre ad un evidente squilibrio nella distribuzione dei carichi di lavoro familiare che determinano, senza dubbio, una forte asimmetria di genere;
il rapporto annuale dell'Istat «La situazione del Paese nel 2010» - presentato il 23 maggio 2011 alla Camera dei deputati - ha confermato, tra l'altro, lo stretto legame tra il sottofinanziamento del welfare familiare e la situazione di debolezza occupazionale della forza lavoro femminile;
l'obiettivo di incrementare la presenza femminile nel mercato del lavoro - unitamente ai cambiamenti intercorsi nella struttura familiare, al calo demografico e all'invecchiamento della popolazione attiva - hanno fatto del tema della conciliazione famiglia-lavoro uno dei temi principali dell'agenda europea; all'interno del più vasto tema delle pari opportunità, infatti, l'aspetto relativo alla conciliazione tra famiglia e lavoro ha rappresentato, negli ultimi anni, uno dei temi su cui è stata posta particolare attenzione da parte dei Parlamenti e dei Governi della maggior parte degli Stati membri dell'Unione europea;
il contributo del lavoro femminile alla crescita economica e sociale di un paese è estremamente rilevante: anche per l'Italia, quindi, premessa indispensabile per un reale e concreto rilancio dell'economia non può che essere il porre al centro dei prossimi provvedimenti l'obiettivo fondamentale di assicurare un decisivo innalzamento del tasso di occupazione femminile;
imprescindibili diventano, allora, seri interventi organici e strutturali volti a favorire l'inclusione attiva delle donne nel mondo del lavoro, ad assicurare un'effettiva «uguaglianza professionale» - soprattutto per quanto concerne gli incarichi, le competenze, le responsabilità e le retribuzioni - e a consentire un'efficiente modulazione flessibile dei tempi e degli orari di lavoro;
prescindendo, dunque, da singole misure sporadiche e settoriali, è quanto mai urgente e necessario, dunque, elaborare una adeguata «Strategia» globale che sia in grado di affrontare complessivamente il tema della «conciliazione famiglia-lavoro»;
sarebbe opportuno, inoltre, compensare il sacrificio richiesto alle donne - in termini di aumento dell'età pensionabile - con un maggiore investimento nei servizi integrati a sostegno della famiglia, nelle strutture di assistenza per l'infanzia e per le persone non auto sufficienti nonché con l'implementazione di misure innovative, sia normative che organizzative e gestionali, capaci di incidere positivamente sulle retribuzioni, sui tempi e sugli orari di lavoro,

impegna il Governo

ad adottare un ampio ed organico «Piano nazionale di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare» recante misure - normative ed economiche - in grado di garantire un forte e strutturato sostegno alle donne, - anche attraverso l'adeguamento delle retribuzioni allo standard europeo e il potenziamento dei servizi di assistenza per l'infanzia e per le persone non auto sufficienti - e a valutare l'opportunità di destinare a tali interventi parte dei risparmi derivanti dall'attuazione del progressivo innalzamento dell'età pensionabile nonché dall'applicazione dell'articolo 5 del provvedimento in esame.
9/4829-A/126.Moroni.

La Camera,
premesso che:
secondo stime autorevoli il costo della corruzione nella pubblica amministrazione è compreso tra i 50 e i 60 miliardi di euro, ai quali va ovviamente sommato il danno, anche economico, connesso al discredito delle istituzioni e al deterioramento del livello di fiducia dei cittadini;
uno studio del Fondo monetario internazionale ha stimato che la maggiore trasparenza dei processi decisionali e gestionali, riducendo l'indice di corruzione, favorirebbe un aumento degli investimenti, nazionali ed esteri, che nel caso italiano - secondo l'analisi dell'organizzazione Transparency Italia - potrebbe raggiungere il 5 per cento del prodotto interno lordo;
lo spreco di risorse canalizzate dai comportamenti corruttivi verso finalità improprie, a partire dal maggior costo dei lavori pubblici, aumenta la pressione fiscale sui contribuenti italiani e riduce la disponibilità di fondi per servizi pubblici qualificanti, quali l'istruzione, la ricerca, gli investimenti infrastrutturali e la tutela del patrimonio culturale e ambientale;
nel processo di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica appare improcrastinabile l'esigenza di prevenire e sanzionare i comportamenti corruttivi e, più in generale, i reati contro la pubblica amministrazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere, con un apposito provvedimento legislativo, ai reati contro la pubblica amministrazione le misure di prevenzione patrimoniale previste dalla legislazione antimafia e, più in generale, a prevedere misure più incisive per impedire che quanti sono stati condannati per i suddetti reati possano tornare a ricoprire incarichi di responsabilità politica amministrativa, sul piano nazionale e locale.
9/4829-A/127.Granata, Angela Napoli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 13 del decreto anticipa in via sperimentale dal 2012 e fino al 2014 l'applicazione dell'imposta municipale propria (IMU), istituita e regolata dal decreto legislativo sul federalismo municipale (decreto legislativo, 14 marzo 2011, n. 23); si prevede un'applicazione a regime dell'imposta a partire dal 2015;
per effetto delle norme del decreto, l'IMU si applicherà anche all'abitazione principale e alle sue pertinenze; inoltre, rispetto alla disciplina vigente a fini ICI, le disposizioni del decreto modificano, in aumento, i moltiplicatori da applicare alle rendite catastali;
l'aliquota dell'imposta è stabilita nella misura di base dello 0,75 per cento; è data facoltà ai comuni, con deliberazione del consiglio adottata entro il termine di approvazione del bilancio di previsione di modificare, in aumento o in diminuzione, l'aliquota di base sino a 0,3 punti percentuali; l'aliquota è ridotta allo 0,4 per cento per l'abitazione principale e per le relative pertinenze e può essere modificata dai comuni, in aumento o in diminuzione, sino a 0,2 punti percentuali; i comuni possono ridurre l'aliquota di base fino allo 0,4 per cento anche nel caso di immobili posseduti da soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società, ovvero nel caso di immobili locati; il decreto dispone una detrazione pari a 200 euro dall'imposta dovuta sull'abitazione principale, fino a concorrenza dell'ammontare dell'imposta, rapportata al periodo dell'anno durante il quale si protrae la destinazione dell'immobile ad abitazione principale; i comuni hanno facoltà di elevare tale importo, fino a concorrenza dell'imposta dovuta, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio;
questa detrazione si applica alle unità immobiliari di proprietà delle cooperative edilizie, ove adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari e dagli enti di edilizia residenziale pubblica con la medesima destinazione (come già previsto dall'articolo 8, comma 4 del decreto legislativo n. 504 del 1992);
all'articolo 4, si dispone la stabilizzazione della detrazioni a sostegno degli interventi di ristrutturazione e di riqualificazione energetica degli edifici, con l'inserimento di un nuovo articolo 16-bis del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) con un'aliquota del 36 per cento, per le spese di ristrutturazione edilizia sostenute per un importo non superiore a 48.000 euro per ciascuna unità immobiliare;
sia la disciplina IMU, sia la tassazione in sede IRES e IRAP prevede un diverso prelievo tributario tra immobili con uguali caratteristiche - gli alloggi sociali - assegnati per la medesima finalità «locazione a titolo di abitazione principale» in proprietà di enti diversi: i Comuni (quando gestiscono direttamente o con proprie aziende il servizio di edilizia residenziale pubblica) e gli ex-Istituti Autonomi Case Popolari, posseduti al 100% da altri enti territoriali (Regioni, Province); questa situazione può configurare anche un potenziale conflitto tra poteri dello Stato,

impegna il Governo

a disporre opportune modifiche della legislazione vigente allo scopo di prevedere l'eliminazione della diseguale tassazione per IRES, IRAP e IMU, che colpisce gli alloggi popolari di proprietà degli IACP, comunque denominati, rispetto agli stessi alloggi popolari di proprietà degli enti locali;
ad adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere per gli Istituti Autonomi Case Popolari, comunque denominati, già esenti dall'ICI, a norma dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come modificato dal decreto-legge 27 maggio 2008 n. 93, l'esenzione dall'IMU, e estendere a tali enti le detrazioni fiscali del 36 e del 55 per cento per la ristrutturazione e la riqualificazione del patrimonio edilizio.
9/4829-A/128.Gibiino.

La Camera,
premesso che:
la legge n. 10 del 26 febbraio 2011, di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, ha prorogato al 31 dicembre 2011 l'esecuzione dei provvedimenti di sfratto per finita locazione nei comuni ad alta tensione abitativa degli immobili adibiti ad uso abitativo per coloro che in possesso dei seguenti requisiti: reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a euro 27.000; nel nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, o figli a carico fiscalmente; non in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare;
in Italia nel 2010 (ultimi dati ufficiali dell'Osservatorio del Ministero dell'interno) vi sono state circa 65.000 nuove sentenze di sfratto, di cui oltre 56.000 per morosità dell'inquilino. Ormai ogni 6 sfratti emessi, 5 sono per morosità e 1 per altra causa. Quindici anni fa era esattamente il contrario, ogni 6 sfratti emessi, solo 1 era per morosità dell'inquilino. Questi dati, come nel caso dell'usura, rappresentano solo la punta dell'iceberg di una sofferenza molto più estesa e che coinvolge, specialmente oggi a causa della crisi, centinaia di migliaia di famiglie che vivono un disagio abitativo molto acuto: negli ultimi 5 anni sono state emesse quasi 269.000 sentenze di cui 217.000 per morosità. Negli ultimi due anni, in particolare, in coincidenza con l'esplodere della crisi economica, le sentenze emesse per la morosità hanno subito una pericolosa impennata. Con la tendenza attuale, si può ritenere che nei prossimi tre anni possano essere emesse tra 150.000 e 200.000 nuove sentenze di sfratto per morosità;
la situazione sarà ulteriormente aggravata dalla cancellazione degli stanziamenti statali al fondo sociale per gli affitti, istituito dalla legge 431 del 1998. A causa della cancellazione degli stanziamenti, infatti, oltre 300 mila famiglie che in Italia ricevevano attraverso i comuni i sussidi, rischiano di entrare in morosità e di venire sottoposti alla procedura di sfratto;
a causa dell'eccezionale crisi economica che ha investito il Paese si è intervenuti, ai fini di agevolare il pagamento dei mutui per l'acquisto della prima casa a favore dei nuclei in difficoltà, anche sospendendo il pagamento delle rate e consentendo una rinegoziazione e rimodulazione dei mutui medesimi. Occorre, pertanto, agire in maniera analoga anche per la morosità incolpevole, riguardante i nuclei che sono in attesa di una casa popolare perché utilmente collocati nelle graduatorie dei comuni; hanno una incidenza dell'affitto sul reddito tale da avere diritto ad accedere ai contributi di cui al fondo sociale per l'affitto, secondo quanto previsto dall'articolo 8 della legge 431 del 1998; sono nelle condizioni di cui al citato articolo 5 comma 7-bis del decreto-legge n. 225 del 2010, convertito nella legge n. 10 del 26 febbraio 2011;
va tenuto presente che, in questo quadro e con questa tendenza, il gap tra sfratti emessi ed eseguiti non può che ampliarsi ulteriormente con gravi ripercussioni, non solo in termini sociali, ma anche economici per riduzione di entrate fiscali da parte di Stato, regioni e comuni e di sofferenza anche per la proprietà;
in alcuni importanti comuni italiani sono stati stipulati accordi tra le parti, agevolati dall'intervento delle istituzioni locali e dalle Prefetture, che, pur in assenza di una normativa nazionale, hanno cominciato ad affrontare questo grave problema sociale. In alcuni casi, per esempio, è stata prevista la possibilità di rinegoziare sfratti per morosità in nuovi contratti di locazione, attraverso agevolazioni fiscali ai proprietari, contributi per gli inquilini, riduzione degli affitti praticati in cambio di fideiussioni attivate presso istituti bancari che garantiscono il pagamento del canone anche in caso di successiva morosità dell'inquilino;
diventa urgente l'adozione di una normativa nazionale di riferimento che possa agevolare, con il concorso di regioni ed enti locali, l'adozione di misure idonee a ridurre questa acuta emergenza sociale,

impegna il Governo

a varare, entro il prossimo 31 dicembre, la proroga delle esecuzione degli sfratti per tutto il 2012, comprendendo anche la morosità incolpevole, così come definita nelle premesse;
ad attivare, nel medesimo provvedimento, un fondo nazionale, da utilizzare anche attraverso il concorso delle regioni e degli enti locali, al fine di permettere la trasformazione degli sfratti per morosità in nuovi contratti di locazione, anche con l'individuazione di contributi e agevolazioni utili a tale scopo.
9/4829-A/129.Morassut, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la drammatica crisi economica e finanziaria che, ormai da alcuni anni, il Paese sta attraversando, ha subito, negli ultimi tempi, una brusca accelerazione che ha messo in discussione la tenuta e l'equilibrio contabile di molti Stati europei e rischia di travolgere l'euro nonché di innestare una pericolosa recessione economica che coinvolge il sistema delle imprese, i redditi delle famiglie, le forme di protezione sociale;
se la razionalizzazione del sistema tributario ed assistenziale così come prevista dall'articolo 5, che dispone la revisione delle modalità di determinazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), dando maggiore rilevanza alla ricchezza patrimoniale della famiglia ed ai trasferimenti monetari è sicuramente necessaria è pur vero che una rimodulazione ed una applicazione dell'ISEE deve comunque tener conto delle disparità di situazioni;
il testo proposto, peraltro, considerato alla lettera si offre a interpretazioni che potrebbero essere, successivamente, restrittive o negative, quali, ad esempio, l'equiparazione di prestazioni assistenziali per l'indigenza o per le minorazioni ai redditi da lavoro e alle rendite finanziarie. Al contempo, prevedendo l'estensione dell'ISEE a generiche agevolazioni fiscali e assistenziali, potrebbe comportare un effetto negativo per chi percepisce oggi assegni sociali, pensioni di invalidità o altri supporti per la non autosufficienza;
gli intenti di questo intervento vengono inquadrati - dal Governo - come «redistributivi» e non come «tagli», in quanto l'articolo in questione prevede che i risparmi derivanti da una nuova definizione dell'ISEE siano riassegnati al Fondo per le Politiche Sociali per essere destinati ad interventi in favore delle famiglie numerose, delle donne e dei giovani. Tuttavia, restringendo i criteri per la concessione anche di benefici e provvidenze assistenziali, gli aiuti che arrivano ad una nuova platea di beneficiari vengono sottratti a chi precedentemente ne godeva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nella determinazione del decreto di revisione dei requisiti di determinazione dell'ISEE, di escludere come disponibilità reddituale della famiglia, le prestazioni assistenziali connesse a disabilità o inabilità acquisita, affinché tali somme, come l'assegno di accompagnamento, possano continuare ad essere percepite non in virtù di una soglia di reddito ma solo in relazione all'incapacità della persona disabile di poter far fronte agli atti quotidiani della propria vita;
a valutare l'opportunità di non annoverare, nell'individuazione delle agevolazioni fiscali e tariffarie e delle provvidenze di natura assistenziale che, a decorrere dal gennaio 2013, non possono più essere riconosciute ai soggetti in possesso di un ISEE superiore alla soglia individuata con il decreto stesso, l'indennità di accompagnamento.
9/4829-A/130.Murer, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la drammatica crisi economica e finanziaria che, ormai da alcuni anni, il Paese sta attraversando, ha subito, negli ultimi tempi, una brusca accelerazione che ha messo in discussione la tenuta e l'equilibrio contabile di molti Stati europei e rischia di travolgere l'euro nonché di innestare una pericolosa recessione economica che coinvolge il sistema delle imprese, i redditi delle famiglie, le forme di protezione sociale;
il settore sociale ha visto le proprie risorse ridursi progressivamente con le ultime manovre, fino alla manovra correttiva di luglio, che in tre anni hanno ridotto dell'80 per cento i fondi statali del settore. Il fondo per le politiche sociali è sceso dai 929 milioni del 2008 a 273 milioni. Le risorse per la famiglia sono passate da 346 milioni a 51, quelle per le politiche giovanili da 137 milioni a 12, mentre il fondo per l'affitto da 205 milioni è stato progressivamente ridotto fino ai 32 milioni di quest'anno. I finanziamenti per l'infanzia, l'inclusione degli immigrati e, soprattutto, per la non autosufficienza sono stati addirittura azzerati. Complessivamente la spesa statale sociale è scesa da 2,5 miliardi a poco più di 500 milioni all'anno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare tutte le misure necessarie, sia di natura economica che normativa, per la predisposizione di nuove soluzioni di assistenza per i 2 milioni di famiglie che hanno in casa una persona non autosufficiente e che, attualmente, si trovano da sole a fronteggiare tali situazioni visto che la sola presenza in famiglia di una persona non autosufficiente è la prima causa di impoverimento in Italia dopo la perdita del lavoro.
9/4829-A/131.Bossa, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la drammatica crisi economica e finanziaria che, ormai da alcuni anni, il Paese sta attraversando, ha subito, negli ultimi tempi, una brusca accelerazione che ha messo in discussione la tenuta e l'equilibrio contabile di molti Stati europei e rischia di travolgere l'euro nonché di innestare una pericolosa recessione economica che coinvolge il sistema delle imprese, i redditi delle famiglie, le forme di protezione sociale;
il settore sociale ha visto le proprie risorse ridursi progressivamente con le ultime manovre, fino alla correttiva di luglio, che in tre anni hanno ridotto dell'80 per cento i fondi statali del settore. Il fondo per le politiche sociali è sceso dai 929 milioni del 2008 a 273 milioni. Le risorse per la famiglia sono passate da 346 milioni a 51, quelle per le politiche giovanili da 137 milioni a 12, mentre il fondo per l'affitto da 205 milioni è stato progressivamente ridotto fino ai 32 milioni di quest'anno. I finanziamenti per l'infanzia, l'inclusione degli immigrati e, soprattutto, per la non autosufficienza sono stati addirittura azzerati. Complessivamente la spesa statale sociale è scesa da 2,5 miliardi a poco più di 500 milioni all'anno,

impegna il Governo,

a valutare l'opportunità di considerare, pur nella grave crisi economica in cui versa l'Italia, come una delle sue priorità le politiche sociali nel suo complesso ed in particolare ad individuare le risorse economiche e finanziarie necessarie affinché il Fondo per le politiche sociali di cui all'articolo 20 della legge 328 del 2000, possa continuare a svolgere la sua funzione di principale strumento di finanziamento delle politiche sociali italiane in una logica di superamento delle singole leggi settoriali;
a valutare l'opportunità di adottare misure di sistema in linea con la necessità di costruire politiche reali, strutturali di sostegno per i giovani e le famiglie, tanto italiane quanto migranti, che prendano in considerazione, oltre a misure di carattere prettamente economico e una tantum anche lo sviluppo della rete dei servizi sul territorio, a partire dai consultori familiari, dagli asili nido, dal sostegno alla non autosufficienza, allo sviluppo generale delle azioni per la domiciliarità;
a valutare l'opportunità di definire una politica universalistica di lotta alle povertà superando la giungla attuale di interventi settoriali, categoriali e locali che il più delle volte accentuano le diseguaglianze perché tutelano alcuni e non altri nelle stesse condizioni di bisogno.
9/4829-A/132.Livia Turco, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la drammatica crisi economica e finanziaria che, ormai da alcuni anni, il Paese sta attraversando, ha subito, negli ultimi tempi, una brusca accelerazione che ha messo in discussione la tenuta e l'equilibrio contabile di molti Stati europei e rischia di travolgere l'euro nonché di innestare una pericolosa recessione economica che coinvolge il sistema delle imprese, i redditi delle famiglie, le forme di protezione sociale;
il settore sociale ha visto le proprie risorse ridursi progressivamente con le ultime manovre, fino alla correttiva di luglio, che in tre anni hanno ridotto dell'80 per cento i fondi statali del settore. Il fondo per le politiche sociali è sceso dai 929 milioni del 2008 a 273 milioni. Le risorse per la famiglia sono passate da 346 milioni a 51, quelle per le politiche giovanili da 137 milioni a 12, mentre il fondo per l'affitto da 205 milioni è stato progressivamente ridotto fino ai 32 milioni di quest'anno. I finanziamenti per l'infanzia, l'inclusione degli immigrati e, soprattutto, per la non autosufficienza sono stati addirittura azzerati. Complessivamente la spesa statale sociale è scesa da 2,5 miliardi a poco più di 500 milioni all'anno nonostante il Governo abbia già trovato una diversa copertura ai primi 4 miliardi di euro per la riforma dell'assistenza, permane la preoccupazione per un welfare sempre più residuale, che sembra considerare i disabili solo come un costo e non come persone che hanno il diritto, come ogni altro cittadino, ad una vita dignitosa e indipendente: la crisi economica non deve assolutamente ridurre i diritti delle persone disabili, delle strutture e delle famiglie che li assistono,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare una reale e concreta politica di sostegno alla famiglia specialmente per le famiglie a reddito basso o numerose o dove sia presente una persona disabile non solo incentrata su interventi monetari, ma anche attraverso l'incremento del fondo per le politiche sociali, l'adozione di misure che favoriscano la creazione di servizi integrati a sostegno della donna, dei giovani, degli anziani, dei bambini e dei disabili e in generale di tutta quella fascia della popolazione che per qualsiasi motivo possa trovare difficoltà ad integrarsi nel tessuto sociale;
a valutare l'opportunità di adottare, nel più breve tempo possibile, tutte le misure atte alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (leps), così come previsti all'articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, al fine di avere su tutto il territorio nazionale, una rete integrata di servizi che fissi i livelli essenziali delle prestazioni sociali sia quantitativamente che quantitativamente omogenei in tutto il paese, nonché al reperimento di risorse finanziarie adeguate per il fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20 della legge 328 del 2000 al fine di poter garantire reali opportunità di inserimento sociale delle persone disabili.
9/4829-A/133.Argentin, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la drammatica crisi economica e finanziaria che, ormai da alcuni anni, il Paese sta attraversando, ha subito, negli ultimi tempi, una brusca accelerazione che ha messo in discussione la tenuta e l'equilibrio contabile di molti Stati europei e rischia di travolgere l'euro nonché di innestare una pericolosa recessione economica che coinvolge il sistema delle imprese, i redditi delle famiglie, le forme di protezione sociale;
il settore sociale ha visto le proprie risorse ridursi progressivamente con le ultime manovre, fino alla correttiva di luglio, che in tre anni hanno ridotto dell'80 per cento i fondi statali del settore. Il fondo per le politiche sociali è sceso dai 929 milioni del 2008 a 273 milioni. Le risorse per la famiglia sono passate da 346 milioni a 51, quelle per le politiche giovanili da 137 milioni a 12, mentre il fondo per l'affitto da 205 milioni è stato progressivamente ridotto fino ai 32 milioni di quest'anno. I finanziamenti per l'infanzia, l'inclusione degli immigrati e, soprattutto, per la non autosufficienza sono stati addirittura azzerati. Complessivamente la spesa statale sociale è scesa da 2,5 miliardi a poco più di 500 milioni all'anno;
l'immigrazione è una risorsa importante per il nostro Paese e le politiche per l'immigrazione hanno bisogno di una seria discontinuità con il passato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di considerare tra le sue priorità una politica dell'immigrazione che sia una reale risorsa per il paese e non un mero problema di ordine pubblica, predisponendo e valutando l'opportunità di rifinanziare il Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati di cui all'articolo 1, comma 1267 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 in particolar modo per ciò che concerne l'apprendimento e la diffusione della conoscenza della lingua italiana quale primo ed imprescindibile strumento di integrazione per l'immigrato.
9/4829-A/134.Sarubbi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la drammatica crisi economica e finanziaria che, ormai da alcuni anni, il Paese sta attraversando, ha subito, negli ultimi tempi, una brusca accelerazione che ha messo in discussione la tenuta e l'equilibrio contabile di molti Stati europei e rischia di travolgere l'euro nonché di innestare una pericolosa recessione economica che coinvolge il sistema delle imprese, i redditi delle famiglie, le forme di protezione sociale;
sono necessarie profonde riforme strutturali e misure che favoriscano la crescita e allo stesso tempo è necessario finanziare le politiche pubbliche in campo sanitario e assistenziale allo scopo di far fronte ai bisogni fondamentali verso i quali il cittadino non può essere lasciato solo;
questo rappresenta un pilastro fondamentale della coesione sociale;
in questo quadro il sistema sanitario è fattore determinante di coesione sociale e non possono essere fatti mancare i necessari finanziamenti per garantirne appropriatezza ed efficacia;
per altro, la sanità in Italia costa meno se confrontata con gli altri Paesi europei, poiché ha il finanziamento e la spesa sanitaria, sia pubblica che complessiva, più bassi della media dell'Unione europea (al di sotto di quella di Francia, Germania, Belgio, Portogallo, Austria, Danimarca, Olanda e Svezia) e dei paesi Ocse;
l'allarme di una crescita incontrollata di una spesa sanitaria è dunque totalmente infondato. Non c'è stato alcun boom della spesa sanitaria, che si è invece mantenuta relativamente costante in rapporto al Pil e che anzi è diminuita nel 2006, 2007 e 2008, anche se assistiamo ad una lieve crescita nel 2009 ma solo dovuta all'effetto del «crollo» del Pil durante la crisi;
le previsioni per il futuro, del resto, parlano di spesa sanitaria «dominabile» a condizione che si investa nella riconversione dei sistemi socio-sanitari con più prevenzione, più integrazione tra sociale e sanitario, più cure primarie e servizi alternativi al ricovero ospedaliero;
nella realtà dei fatti l'unica spesa fuori controllo è quella relativa alla spesa sanitaria privata, di cui più dell'80 per cento è rappresentata dalla «spesa out of pocket», quella pagata cioè direttamente dai cittadini e non mediata da fondi o assicurazioni; a questo si aggiunga il grave divario tra le regioni italiane. Una parte di esse riesce a coprire il disavanzo, relativamente contenuto, con risorse proprie o manovre straordinarie (addizionali fiscali, ticket), mentre altre accumulano disavanzi consistenti e sono costrette a ricorrere ai piani di rientro;
la strategia talvolta adottata di tagliare le risorse al comparto sanità e i finanziamenti all'articolo 20 della legge n. 67 del 1988 riguardante l'edilizia sanitaria comportano fatalmente una riduzione effettiva dei livelli essenziali d'assistenza e l'impossibilità di razionalizzare i sistemi regionali per corrispondere agli obiettivi dei piani di rientro;
con l'articolo 28 del presente provvedimento si prevede l'aumento dell'addizionale IRPEF e nei contempo si riduce la compartecipazione IVA destinata al finanziamento del fabbisogno sanitario ma non si ripristinano i tagli delle manovre di luglio e agosto relativi sia alle spese di parte corrente che di quelle relative agli investimenti,

impegna il Governo

in un'ottica di rilancio dell'economia, di messa sotto controllo e in sicurezza di strutture che in circa la metà dei casi hanno più di 50 anni di vita, e di attuazione dei piani di rientro, a valutare l'opportunità di individuare le necessarie misure economiche, finanziarie e normative affinché prioritariamente il piano straordinario sull'edilizia sanitaria possa continuare ad essere finanziato.
9/4829-A/135.Miotto, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
negli ultimi cinque anni si è registrato un taglio della dotazione del Fondo nazionale per il servizio civile di oltre due terzi, che è passato dunque da circa 299 milioni di euro a circa 112 milioni di euro del 2011 e, come diretta conseguenza, il numero delle posizioni finanziate per il servizio civile nazionale è diminuito di oltre il 60 per cento, con una tendenza chiaramente negativa;
tali tagli hanno comportato nel tempo una sensibile contrazione della concreta attività di servizio civile, poiché a fronte di 100 mila richieste si è passati da 35 mila posti effettivamente assegnati nel 2008, a 24 mila nel 2009, il numero più basso dal 2003. Nel 2010, ci si è attestati a circa 20mila, facendo sì che a pagare il dazio di questi tagli indiscriminati siano i giovani e le persone bisognose, che invece dovrebbe essere di fondamentale importanza tutelare;
con la legge di stabilità 2012-2014 il fondo nazionale per il servizio civile previsto dall'articolo 19 della legge 8 luglio 1998, n. 230 e istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - 21.3 cap. 2185 - è stato ulteriormente ridotto da 112.995 milioni di euro a 68.812 milioni di euro per il 2012 e a 76.225 milioni di euro per l'anno successivo;
le conseguenze dirette di questo ulteriore taglio non si limitano stavolta ad un'altra contrazione, poiché comportano direttamente rinvii sino ad un anno delle date di partenza per il 2012 (sino ad ottobre), con il rischio concreto che molti dei giovani che hanno fatto domanda possano rinunciare e, fattore ancor più grave, il blocco della progettazione per il 2013, con conseguente impossibilità per i giovani di partire in servizio,

impegna il Governo

ad aprire un confronto tra i ministri e i parlamentari interessati per la revisione dell'intera normativa in materia, in modo da costruire un'insieme di regole stabili, efficaci e condivise che consentano annualmente ad almeno 40.000 giovani di poter beneficiare di questo importante servizio e di far sì che il loro apporto risulti socialmente utile e vieppiù apprezzabile;
a fare ogni sforzo per reperire nei prossimi interventi utili le risorse per il rifinanziamento del Fondo nazionale per gli anni 2012 e 2013, al fine di invertire la tendenza alla progressiva riduzione dei ragazzi ammessi, di evitare la chiusura di fatto delle attività del servizio civile, e di dare l'opportunità ad un numero adeguato di giovani di vivere questa importante esperienza.
9/4829-A/136.Sereni, Strizzolo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 13 della legge 27 marzo 1992, n. 257, nel quadro di una più ampia disciplina concernente la dismissione dell'amianto, successivamente modificata ed integrata ripetutamente anche in vista dell'avanzamento e della conclusione dell'attività di bonifica, prevede «misure di sostegno» ai lavoratori;
con dichiarazioni rilasciate tra il 1998 e il 2005, sulla base degli atti di indirizzo ministeriali e dei pareri della CONTARP, l'INAIL ha riconosciuto l'esposizione all'amianto ai lavoratori dipendenti della società Ansaldo Energia S.p.A. di Genova, in relazione alle numerose figure professionali e ai diversi reparti degli stabilimenti di Sampierdarena e Campi;
secondo le previsioni di legge, sulla base della certificazione dell'avvenuta esposizione all'amianto rilasciata dall'INAIL, i lavoratori hanno chiesto ed ottenuto dall'INPS l'accredito della rivalutazione della propria anzianità contributiva secondo il coefficiente 1,5 potendo così accedere al trattamento pensionistico;
con una serie di provvedimenti emessi nell'ambito di una ricognizione tutt'oggi in corso e riguardante l'attività di accertamento e la certificazione dell'esposizione all'amianto ai fini pensionistici, effettuata dalla polizia giudiziaria, l'INAIL, come da indicazioni ricevute dalla direzione regionale Liguria, ha avviato procedimenti volti al riesame dei presupposti oggetto dei provvedimenti certificativi già emanati dalla sede di Genova;
tali procedimenti hanno condotto in numerosi casi all'annullamento delle certificazioni rilasciate e alla sospensione della loro efficacia impedendo ai lavoratori l'accesso al trattamento pensionistico, in alcuni hanno provocato la revoca delle pensioni già erogate;
le situazioni di esposizione ad amianto e il conseguente rilascio delle certificazioni si fondavano sul verbale di incontro del 14 maggio 2004 svoltosi tra il prefetto di Genova, il direttore dell'INAIL, il rappresentante di Ansaldo Energia e le organizzazioni sindacali di categoria e le RSU Ansaldo, in relazione proprio all'interpretazione dell'atto di indirizzo ministeriale del 9 febbraio 2001;
in tale sede veniva esaminata la possibilità di attuare una ricostruzione storica molto approfondita delle vicende societarie, oltre che logistiche, che avevano riguardato nel tempo Ansaldo, al fine di concretizzare che indipendentemente dall'attuale collocamento dei lavoratori, gli stessi potessero comunque essere stati esposti alle fibre di amianto;
in data 6 maggio 2010 si è svolto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, alla presenza dell'allora sottosegretario Pasquale Viespoli, un incontro sulla vicenda durante il quale i vertici centrali e territoriali dell'INAIL hanno dichiarato la massima disponibilità al confronto costruttivo con le parti sociali secondo un percorso condiviso e documentato nell'elaborato dell'INAIL;
durante l'incontro INAIL aveva assunto l'impegno di riferire entro 20 giorni sul perché nella realtà genovese è in corso, unico caso in Italia, un procedimento di revoca degli attestati dei benefici, precedentemente riconosciuti sulla base dell'applicazione delle leggi vigenti in materia;
successivamente, nel 2011 gli incontri presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono proseguiti con il sottosegretario Luca Belletti che si era attivato per dare una soluzione alla questione in esame,

impegna il Governo

a proseguire il lavoro avviato e a promuovere in tempi rapidi un tavolo di confronto con le parti interessate al fine di dare una soluzione, nell'ambito delle proprie prerogative, anche di carattere normativo, ad una problematica di così grave rilievo sociale.
9/4829-A/137.Rossa, Tullo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
dal 2003 è stata prevista una franchigia fiscale per i lavoratori italiani sottoposti a doppia imposizione fiscale; sono i lavoratori che risiedono in Italia e lavorano in Stati esteri, con i quali l'Italia non ha sottoscritto accordi specifici, principalmente la Repubblica di San Marino ed il Principato di Monaco;
l'importo della franchigia non tassabile, fissato nel 2003, in 8000 euro non è stato aumentato nel corso degli anni, né le iniziative parlamentari per adeguarlo all'aumento del costo della vita hanno avuto seguito;
sono più di 6.000 i lavoratori frontalieri che dall'Emilia-Romagna e dalle Marche si recano a lavorare nella Repubblica di San Marino e oltre 6.000 che dalla Liguria si recano a lavorare in Francia e nel Principato di Monaco. Inoltre, la franchigia ha validità per tutti i frontalieri italiani occupati nei cantoni svizzeri di frontiera oltre la fascia di 20 chilometri, così come stabilito con l'Accordo del 3 ottobre 1974 relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di confine, recepito successivamente nella Convenzione italo-svizzera del 9 marzo 1976 (Convenzione tra la Confederazione svizzera e la Repubblica italiana per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio), entrata in vigore il 27 marzo 1979;
la copertura finanziaria della franchigia non tassata, dettata dall'esigenza di non penalizzare i redditi dei lavoratori frontalieri sottoposti a doppia imposizione, è stata assicurata di anno in anno dalle leggi dello Stato fino al 2011 e scadrà al 31 dicembre 2011 in forza dell'articolo 1, comma 7-bis del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25;
la crisi economica che non ha risparmiato la Repubblica di S. Marino, ha indotto il Governo sanmarinese a varare nel dicembre scorso una finanziaria di tagli e nuove entrate atti a coprire il deficit; parte di essi derivano da una mancata detrazione del 9 per cento, applicata solo sulle buste paga dei lavoratori frontalieri italiani;
il predetto prelievo, oltre a ledere il diritto all'uguaglianza del trattamento dei lavoratori negli stessi luoghi di lavoro, determina un sensibile peggioramento delle condizioni economiche dei lavoratori frontalieri occupati a San Marino;
l'economia originata dal lavoro transfrontaliero rappresenta la fonte primaria per le popolazioni e per lo sviluppo dei territori confinanti con le nazioni sopra menzionate,

impegna il Governo

ad affrontare con urgenza e risolvere nel primo provvedimento utile il problema della proroga, anche per il 2012, della franchigia di 8000 euro per i redditi di tutti i lavoratori transfrontalieri italiani occupati nei termini sopra esposti.
9/4829-A/138.Marchioni, Narducci, Scandroglio, Pizzolante, Vannucci, Tullo, Rossa, Gianni Farina, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la dotazione finanziaria afferente al capitolo 3153 (promozione della lingua e della cultura italiana all'estero) del bilancio del Ministero degli Affari esteri ha subito pesantissimi tagli, passando dai 34 milioni di euro del 2008 ai 13 milioni e 321.358 euro del 2011 e i previsti 6 milioni e 376 mila euro del 2012, con un taglio di ben 27 milioni e 624 mila euro cioè l'80 per cento delle disponibilità finanziarie allocate nel 2008;
i tagli operati sul succitato capitolo di bilancio (3153) sono in palese contraddizione con le affermazioni più volte ribadite da autorevoli rappresentanti del Governo precedente, circa l'importanza del nostro patrimonio linguistico e culturale ai fini della promozione del sistema Italia nel mondo;
la spropositata diminuzione delle risorse occorrenti per la promozione della lingua italiana all'estero ha suscitato reazioni negative in ogni parte del mondo dove risiedono comunità italiane. Nella lettera inviata il 5 dicembre scorso dall'Intercoraites Germania al Ministro Terzi di Sant'Agata - tanto per citare un esempio - si evidenzia che «la situazione del Cap. 3153, contributi assegnati agli enti gestori dell'intervento scolastico, in Germania è diventata insostenibile». Tutto ciò in un contesto in cui l'insuccesso scolastico dei figli dei nostri connazionali emigrati è da tempo al centro di un dibattito molto acceso;
i corsi di lingua e cultura italiana per i ragazzi in età scolare, figli degli italiani che vivono all'estero, costituiscono sempre più l'unico collegamento con la nostra lingua e la nostra cultura;
la riduzione delle risorse finanziarie colpisce esclusivamente gli Enti Gestori dei corsi di lingua e cultura italiana e dei corsi di sostegno, enti costituiti per volontà del Governo italiano, a partire dal 1993. Si deve ragionevolmente realisticamente prevedere che nel 2012 molti di detti Enti chiuderanno i battenti per fallimenti o per l'impossibilità di sopravvivere, con la conseguenza di un forte danno all'immagine dell'Italia e una drastica riduzione del numero dei corsi di lingua e cultura italiana;
in Svizzera scompariranno circa 400 corsi di lingua e cultura italiana e oltre alla mancanza di un servizio fondamentale cesseranno anche una serie di proficui rapporti con le istituzioni locali, rapporti di grande rilievo per l'integrazione nella società di accoglienza. Nel Saarland (Germania), per esempio, la probabile chiusura dell'Ente Gestore COASCIT-Saar - che tra l'altro dispone di personale super qualificato, con doppie lauree (in Italia e in Germania) - molto apprezzato dalle istituzioni scolastiche tedesche, interromperà la proficua collaborazione con il Kultusministerium all'interno del progetto «Sprachenkonzept 2011» del Saarland. Un progetto in cui i docenti del suddetto Ente Gestore lavorano ad «Arcobaleno», un programma bilingue per integrare i bambini italiani delle classi che aderiscono al progetto. È un modello di integrazione eccellente, testimonianza del lavoro che svolgono i docenti del COASCIT;
la promozione linguistica costituisce parte fondamentale dell'azione internazionale dell'Italia nell'ambito della diplomazia culturale, preziosa premessa anche alla penetrazione commerciale affidata all'istituenda Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di reperire risorse supplementari per implementare il cap. 3153 da destinare agli Enti Gestori e assicurare la continuità dell'insegnamento linguistico per i ragazzi in età scolare, figli di italiani emigrati, contribuendo così a mantenere vivo il legame con l'Italia e a promuovere il nostro sistema Paese nel mondo.
9/4829-A/139.Narducci, Fedi, Porta, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 37 del provvedimento in esame prevede l'attribuzione di funzioni di regolazione nel settore dei trasporti ad una delle Autorità indipendenti esistenti;
in particolare:
il comma 1 affida al Governo il compito di varare disposizioni volte a realizzare una compiuta liberalizzazione e una efficiente regolazione nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture;
il comma 2 reca le norme generali cui il Governo deve attenersi nella elaborazione dei regolamenti, tra cui l'individuazione dell'Autorità indipendente a cui, sulla base delle attuali competenze, affidare le funzioni previste; le principali funzioni riguardano la garanzia di condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture e alle reti ferroviarie, aeroportuali, portuali e alla mobilità urbana collegata a stazioni, aeroporti e porti; la definizione dei criteri per la fissazione delle tariffe, dei canoni e dei pedaggi, l'individuazione di condizioni minime di qualità dei servizi di trasporto pubblico o sovvenzionato;
il comma 3 individua i compiti che l'Autorità è chiamata a svolgere;
il comma 4 mantiene le competenze attualmente attribuite alle amministrazioni pubbliche nei settori in oggetto; in particolare, quelle in materia di vigilanza, controllo e sanzione nell'ambito dei rapporti con le imprese di trasporto e i gestori delle infrastrutture, in materia di sicurezza e standard tecnici, in materia di definizione degli ambiti del servizio pubblico, di tutela sociale, nonché di promozione degli investimenti;
con il comma 5 si impone all'Autorità l'obbligo di rendere pubblici i provvedimenti adottati e di riferire ogni anno alle Camere sullo stato di attuazione della disciplina relativa al processo di liberalizzazione;
sulla materia il Governo era recentemente intervenuto con il decreto-legge n. 98 del 2011, il quale prevede, all'articolo 36, la ridefinizione delle funzioni e competenze in materia di gestione della rete stradale ed autostradale di interesse nazionale attraverso l'istituzione, a decorrere dal 1 gennaio 2012, dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché la contemporanea trasformazione di ANAS S.p.A. in società in house del Ministero dell'economia e finanze e del Ministero delle infrastrutture e trasporti;
la relazione illustrativa spiegava che tale nuovo assetto era motivato dalla necessità di far cessare la commistione in Anas dei ruoli e delle funzioni di concedente della rete autostradale e di concessionario ex lege della rete stradale di interesse nazionale;
detta commistione era stata più volte sottolineata in Parlamento, a causa della criticità di molte scelte condizionate dal conflitto controllore-controllato della stessa ANAS, nonché la oggettiva mancanza del ruolo terzo a garanzia dell'interesse pubblico generale e i connessi limiti alla concorrenza e trasparenza in un settore molto delicato come quello delle concessioni autostradali;
all'Agenzia è inoltre attribuita la funzione di proposta in ordine alla regolazione e alle variazioni tariffarie per le concessioni autostradali;
tali compiti sembrano in conflitto tra loro: infatti, la funzione di regolazione e controllo del settore di competenza non può coincidere con la funzione di stazione appaltante che l'Agenzia, anche per il tramite di ANAS o delle società miste regionali, è chiamata a svolgere, se non perpetuando il grave conflitto di interessi già segnalato all'Autorità della concorrenza e del mercato e dalla Corte dei conti;
il comma 3 del citato decreto-legge elenca i compiti di ANAS S.p.A. a decorrere dal 1o gennaio 2012, che ricomprendono, tra l'altro costruire e gestire le strade, ivi incluse quelle sottoposte a pedaggio, e le autostrade statali; realizzare il progressivo miglioramento ed adeguamento della rete delle strade e delle autostrade statali e della relativa segnaletica; curare l'acquisto, la costruzione, la conservazione, il miglioramento e l'incremento dei beni mobili ed immobili destinati al servizio delle strade e delle autostrade statali;
già in precedenza il Governo Berlusconi aveva varato provvedimenti volti sostanzialmente ad impedire lo svolgimento di gare per l'affidamento in concessione di tratte autostradali, limitando ulteriormente la concorrenza nel mercato degli appalti;
appare necessario tener conto dei rilievi della Corte dei conti, dell'Autorità della concorrenza e del mercato e, da ultimo, della Banca d'Italia su quella che appare una inefficienza delle scelte governative inerenti alla distinzione delle competenze tra controllori e controllati, sulla esiguità degli investimenti avviati dalle concessionarie e sulla scarsa concorrenza degli affidamenti di lavori da parte delle concessionarie;
il quadro normativo che nasce dal combinato disposto del provvedimento in esame e del citato decreto-legge n. 98 del 2011 non sembra risolvere le evidenti anomalie e criticità del sistema e non sembra andare verso una effettiva liberalizzazione, considerato che si mantiene l'esistenza dell'agenzia per le infrastrutture autostradali e stradali, creando così una preoccupante duplicazione e sovrapposizione di funzioni e competenze,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attribuire all'autorità individuata con i regolamenti attuativi dell'articolo 37 del presente provvedimento il compito di garantire condizioni di accesso eque e non discriminatorie anche alle infrastrutture stradali e autostradali;
a prendere in considerazione l'ipotesi di sopprimere l'agenzia per le infrastrutture autostradali e stradali di cui all'articolo 36 del decreto-legge n. 98 del 2011 e di prevedere l'avvio di un sistema che sia in grado di assicurare terzietà, trasparenza e concorrenza a partire dall'affidamento della gestione del sistema autostradale nel rispetto della normativa comunitaria e di garantire la piena distinzione tra le funzioni di regolazione e controllo e le funzioni di stazione appaltante.
9/4829-A/140.Mariani, Meta, Benamati, Bocci, Boffa, Bonavitacola, Braga, Bratti, Cardinale, Esposito, Fiano, Gasbarra, Gentiloni Silveri, Ginefra, Ginoble, Iannuzzi, Laratta, Lovelli, Marantelli, Margiotta, Martino Pierdomenico, Giorgio Merlo, Morassut, Motta, Realacci, Tullo, Velo, Viola, Valducci, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
nella crisi economica grave e prolungata che si sta vivendo gli investimenti in edilizia di qualità, in risparmio energetico, fonti rinnovabili, innovazione, ricerca e in generale nella green economy rappresentano un importante volano per la ripresa dell'economia e rendono al tempo stesso l'Italia più rispettosa dell'ambiente, più competitiva e più vicina alle esigenze delle persone, delle comunità, dei territori;
il contenimento delle emissioni di anidride carbonica per ridurre il rischio di mutamenti climatici è una delle più grandi sfide che l'umanità ha davanti;
l'Italia ha già assunto in sede internazionale e, in particolare, a livello comunitario importanti e vincolanti impegni di riduzione delle emissioni di CO2 nell'ambito del programma detto «20-20-20»;
anche il recente accordo raggiunto alla 17ma COP dell'Onu per il clima svoltasi a Durban che prevede di arrivare alla sottoscrizione di un nuovo patto globale entro il 2015 per renderlo attuativo a partire dal 2020 e di rinnovare il Protocollo di Kyoto al 2015 come strumento di transizione in questa fase intermedia, impone una nuova spinta a tutti gli Stati firmatari di avviare politiche virtuose nel segno della green economy;
il sistema di agevolazione fiscale del 55 per cento ha fino ad oggi certamente riscosso un enorme successo. Come dimostrano i dati di Enea e Cresme è stato utilizzato da 1 milione e 360 mila famiglie, con investimenti pari a 16,5 miliardi, ha attivato ogni anno oltre 50.000 mila posti di lavoro nei settori coinvolti, soprattutto nelle migliaia di piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto: dalle fonti rinnovabili alla domotica, dagli infissi ai materiali avanzati. Si è favorita un'importante innovazione e una spinta di tutto il comparto verso la qualità;
il credito d'imposta del 55 per cento è uno dei successi più significativi della green economy nel nostro Paese ed ha al tempo stesso garantito importanti risparmi nelle emissioni di CO2, contribuendo ad alleggerire la bolletta energetica delle famiglie. Inoltre grazie alle misure stanziate negli anni passati l'Italia sta recuperando, con successo, il ritardo accumulato rispetto ad altri Paesi europei nel campo delle fonti rinnovabili, attivando anche un importante comparto economico;
si tratta pertanto di una delle misure anticicliche di gran lunga più importanti che sono state attivate negli ultimi anni, che si ripaga sostanzialmente attraverso l'aumento di gettito e l'emersione del sommerso;
il Governo nel decreto-legge n. 201 del 2011 «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici», ha prorogato al dicembre 2012 la scadenza del credito di imposta del 55 per cento come è stato più volte ribadito dai massimi esperti in materia, inclusi i tecnici del dipartimento della Protezione civile, gran parte del patrimonio edilizio italiano è di qualità scadente e lontano dagli standard antisismici indispensabili nel nostro Paese;
avviando immediatamente un piano straordinario di consolidamento e miglioramento sismico degli edifici pubblici e privati, non solo si potrebbe mettere in sicurezza gran parte della popolazione, ma si potrebbe rilanciare un'economia legata all'edilizia di qualità, attivare il sistema delle piccole e medie imprese e produrre anche un rilevante effetto sul terreno occupazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rafforzare le politiche ambientali e favorire l'edilizia di qualità ed energicamente efficiente, attraverso iniziative dirette alla riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare stabilizzando il credito d'imposta del 55 per cento previsto per il miglioramento energetico degli edifici e ad assumere iniziative volte ad estendere le agevolazioni fiscali già previste per gli interventi di efficientamento energetico degli edifici anche agli interventi di consolidamento antisismico del patrimonio edilizio esistente.
9/4829-A/141.Realacci, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Strizzolo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il decreto n. 201 dispone per il trasporto pubblico locale norme di rilievo, ed in particolare:
l'articolo 30, al comma 2, prevede che le risorse del fondo per gli investimenti del Gruppo Ferrovie dello Stato S.p.A., presso il Ministero dell'economia e delle finanze, istituito nel 2009 con una dotazione di 960 milioni di euro, possano essere utilizzate, per l'anno 2011, per contribuire ad assicurare lo svolgimento dei servizi di trasporto pubblico locale ferroviario da parte di Trenitalia S.p.A. nelle regioni a statuto ordinario; lo stesso articolo 30, incrementa di 800 milioni di euro all'anno, a decorrere dall'anno 2012 - la dotazione di 400 milioni di euro all'anno - del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario; il medesimo Fondo, a decorrere dall'anno 2013, sarà alimentato da una compartecipazione al gettito delle accise sui carburanti, in base ad una aliquota di compartecipazione stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 30 settembre 2012;
l'articolo 37 del decreto stabilisce che il Governo, con uno o più regolamenti da adottare ai sensi dell'articolo 17, della legge n. 400 del 1988 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, sentite le Commissioni parlamentari che si esprimono nel termine di 30 giorni, emani le disposizioni volte a realizzare una compiuta liberalizzazione e una efficiente regolazione nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture;
per la liberalizzazione del sistema dei trasporti, le funzioni di regolazione di tale settore saranno attribuite ad una delle Autorità indipendenti esistenti;
l'Autorità indipendente per i trasporti dovrà garantire condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture e alle reti ferroviarie, aeroportuali e portuali e alla mobilità urbana collegata a stazioni, aeroporti e porti; dovrà definire criteri per la fissazione da parte dei soggetti competenti delle tariffe, dei canoni e dei pedaggi, tenuto conto dei costi e dell'equilibrio economico delle imprese, degli oneri di servizio pubblico e delle eventuali sovvenzioni pubbliche concesse; dovrà stabilire requisiti «minimi» di qualità dei servizi di trasporto sui quali gravano oneri di servizio pubblico o che beneficiano di sovvenzioni; dovrà definire «schemi» di bandi di gara per assegnazione di servizi di trasporto in esclusiva e «schemi» di convenzione da inserire nei capitolati delle gare medesime;
all'Autorità indipendente per i trasporti il decreto assegna altre importanti e molteplici funzioni: tra l'altro, può sollecitare e coadiuvare le amministrazioni pubbliche competenti all'individuazione degli ambiti di servizio pubblico e dei metodi più efficienti per finanziarli, mediante l'adozione di pareri che può rendere pubblici; può proporre all'amministrazione competente la sospensione, la decadenza o la revoca degli atti di concessione, delle convenzioni, dei contratti di servizio pubblico, dei contratti di programma e di ogni altro atto assimilabile comunque denominato, qualora sussistano le condizioni previste; può ordinare la cessazione di comportamenti in contrasto con gli atti di regolazione, e disporre misure correttive; in circostanze straordinarie, al fine di salvaguardare la concorrenza e gli interessi degli utenti, rispetto al rischio di danno grave e irreparabile, l'Autorità può adottare provvedimenti temporanei di natura cautelare; può valutare - e questo è rilevante, perché configura l'Autorità come «Sportello» degli utenti - reclami e istanze degli utenti in ordine al rispetto dei livelli qualitativi e tariffari da parte dei soggetti sottoposti a regolazione;
considerato che:
la manovra 2011 e, in particolare, il decreto-legge n. 78 del 2010, ha sostanzialmente «azzerato» i trasferimenti alle Regioni per il trasporto pubblico locale, per complessivi 1.635 milioni, di cui 1.181 milioni destinati al servizio ferroviario svolto da Trenitalia; i provvedimenti approvati successivamente e anche la manovra estiva - con i decreti-legge n. 98 e n. 138 - non hanno in alcun modo reintegrato le risorse necessarie allo sviluppo del trasporto e al settore ferroviario, nonostante le sollecitazioni e le iniziative in tal senso del Gruppo del Partito Democratico;
appare necessario disporre ulteriori misure per assicurare la copertura del fabbisogno residuo sinora coperto dalle Regioni, che hanno erogato anticipazioni per il servizio ferroviario attingendo a risorse proprie e ad aumenti straordinari delle tariffe per il necessario equilibrio tra corrispettivi e ricavi da traffico e per evitare la sospensione o la riduzione dei servizi;
nel dicembre 2011 Trenitalia ha disposto la riorganizzazione dei servizi a contratto e, in particolare, la soppressione del servizio cuccette e vagoni letto nei treni notturni che implica la perdita del posto di lavoro per oltre 800 lavoratori, tra addetti al servizio e lavoratori dell'indotto;
valutato che:
nel 2011 è stato approvato il decreto legislativo n. 68 che reca disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province; con tale provvedimento gli attuali trasferimenti statali saranno sostituiti - a decorrere dal 2013 - da entrate proprie delle Regioni in grado di compensare le disponibilità necessarie ai servizi pubblici essenziali: e questo significa che oltre alle previste compartecipazioni delle regioni al gettito dei tributi erariali e ai tributi propri delle regioni a statuto ordinario è necessario attivare meccanismi perequativi per garantire il pieno finanziamento del complesso delle spese delle regioni a statuto ordinario;
l'articolo 15 del decreto in esame, reca disposizioni in materia di accise sui prodotti energetici, in particolare incrementando la misura delle accise sui carburanti; si generano così variazioni in aumento delle aliquote della benzina, della benzina senza piombo e del gasolio utilizzato come carburante; dispone altresì l'aumento delle accise gravanti sui gas di petrolio liquefatti usati come carburante (GPL) e sul gas naturale per autotrazione; tali aumenti si sommano ad eventuali imposte regionali sulla benzina vigenti nelle regioni a statuto ordinario, con ciò determinando insostenibili aumenti nelle regioni che abbiano istituito tale imposta;
il finanziamento del trasporto pubblico locale da parte delle Regioni, mediante cespiti tributari propri, a decorrere dal 2013, e il previsto aumento delle accise sui carburanti determina un forte aggravio dei costi di trasporto, in particolare per i pendolari che non dispongono di sistemi efficienti di trasporto pubblico e sono costretti ad utilizzare la propria auto, senza dire delle forti spinte inflazionistiche generate dall'aumento generalizzato dei costi di trasporto,

impegna il Governo

ad introdurre nel settore del trasporto pubblico locale e del servizio ferroviario universale un sistema più concorrenziale, nell'interesse degli utenti;
a vigilare perché eventuali dinamiche speculative sul costo del carburante non determinino ulteriori aggravi dei costi di trasporto;
a promuovere un tavolo istituzionale con Trenitalia per far fronte all'emergenza dei dipendenti in esubero nel comparto dei treni notturni a lunga percorrenza.
9/4829-A/142.Lovelli, Meta, Boffa, Bonavitacola, Cardinale, Fiano, Gasbarra, Gentiloni, Ginefra, Laratta, Lovelli, Martino Pierdomenico, Giorgio Merlo, Tullo, Velo, Viola, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
lo scorso 4 dicembre è entrata in vigore la nuova disciplina comunitaria sull'accesso alla professione di autotrasportatore su strada, contenuta nel regolamento UE 1071/2009;
il Ministero dello sviluppo economico e delle Infrastrutture e dei trasporti, ha emanato un Decreto Dirigenziale, del 25 novembre 2011, allo scopo di dettare le prime disposizioni attuative della predetta disciplina comunitaria;
il regolamento UE 1071/2009 esenta dalla dimostrazione dei requisiti per l'accesso alla professione le imprese che esercitano con veicoli di massa complessiva fino a 3,5 tonnellate, lasciando gli Stati membri liberi di decidere se ridurre o meno questa soglia;
il citato Decreto Dirigenziale non ha affrontato questo aspetto, con la conseguenza che il 4 dicembre scorso la normativa sull'accesso alla professione non è applicabile a quelle imprese che esercitano con mezzi di massa superiore a 1,5 tonnellate e fino a 3,5 tonnellate, che invece, in vigenza della precedente normativa ora abrogata (decreto legislativo n. 395/2000 e successive modifiche, e decreto ministeriale n. 161/2005) erano state assoggettate alla medesima;
questo vuoto normativo rischia di compromettere la sicurezza della circolazione sulle nostre strade;
infatti, per questa tipologia di imprese, l'assoggettamento alle disposizioni sull'accesso alla professione ha evitato che sul mercato proliferassero dei soggetti dequalificati e privi di ogni scrupolo, tenuto anche conto poi che gli stessi, a causa di una scelta discutibile operata dal legislatore comunitario, non sono neanche soggetti al rispetto delle norme sui tempi guida e di riposo (Reg. UE 561/2006);
da una prima verifica condotta nei principali Paesi della UE, le normative di recepimento dagli stessi emesse riducono ad 1,5 tonnellate la soglia di esenzione delle disposizioni sull'accesso alla professione,

impegna il Governo

ad estendere al più presto le disposizioni sull'accesso alla professione di cui al regolamento UE 1071/2009, alle imprese di autotrasporto merci per conto terzi che esercitano con veicoli di massa superiore alle 1,5 tonnellate e fino alle 3,5 tonnellate, ora esenti, alla stessa stregua di quanto era già stato previsto dal decreto legislativo n. 395/2000 e successive modifiche e dall'articolo 1 del decreto ministeriale n. 161/2005;
a far sì che le condizioni relative al requisito dell'idoneità finanziaria, definite secondo i limiti minimi previsti dall'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1071 del 2009 siano elevate da 9000 euro a 50.000 euro per le sole imprese di trasporto merci su strada per conto di terzi che esercitano con veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 11,5 tonnellate.
9/4829-A/143.Velo, Meta, Boffa, Bonavitacola, Cardinale, Fiano, Gasbarra, Gentiloni, Ginefra, Laratta, Lovelli, Martino Pierdomenico, Giorgio Merlo, Tullo, Velo, Viola, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la banda larga è un elemento essenziale per lo sviluppo, la competitività e rinnovazione del Paese: la disponibilità di infrastrutture a banda larga, accessibili a tutti e in tutto il Paese, è fondamentale sia per le attività professionali, sia per la fornitura dei servizi ai cittadini da parte della pubblica amministrazione; basti pensare a quanto potrebbero essere migliorati ed estesi i servizi forniti alla collettività da parte di ospedali, scuole, università, banche e uffici postali;
con il Piano di Azione e Coesione, il precedente Governo, dando seguito agli impegni assunti dal Governo con la lettera al Presidente della Commissione europea e al Presidente del Consiglio europeo del 26 ottobre 2011, e rispondendo alla dichiarazione del Vertice Euro dello stesso 26 ottobre, ha reso nota alle istituzioni Comunitarie l'intenzione dell'Italia di concentrare le risorse dei fondi strutturali su istruzione, occupazione, agenda digitale e reti ferroviarie; il Piano di Azione, varato di intesa con la Commissione europea, condiviso con le Regioni e le amministrazioni centrali interessate, e trasmesso alla Commissione UE il 15 novembre 2011, definisce obiettivi, contenuti e modalità operative per la revisione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali nel ciclo 2007-2013, al fine di accelerarne l'attuazione e migliorarne l'efficacia; da notare che tale revisione si è resa necessaria in risposta alle Raccomandazioni del Consiglio del 12 luglio 2011 sul Programma Nazionale di Riforma dell'Italia; la revisione richiede una più forte concentrazione dei Programmi sugli investimenti più efficaci per rilanciare la competitività e la crescita del Paese, intervenendo, in particolare sul potenziale non utilizzato nel Sud, e su un più stringente orientamento delle azioni ai risultati: in base a tali impegni, pertanto, le risorse dei fondi strutturali dovranno essere concentrate, oltre che su istruzione, occupazione, e reti ferroviarie in particolare sulla agenda digitale e quindi sulla realizzazione della banda larga;
considerato che:
l'articolo 1 della legge n. 69 del 2009, recante «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile», ha stanziato 800 milioni di euro per gli anni 2007-2013 al fine di finanziare un programma di interventi infrastrutturali nelle aree sottoutilizzate, necessari per facilitare l'adeguamento delle reti di comunicazione elettronica pubbliche e private all'evoluzione tecnologica e alla fornitura dei servizi avanzati di informazione e di comunicazione del Paese;
l'articolo 25, comma 6, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, ha modificato il citato articolo 1 della legge n. 69 del 2009, disponendo che il finanziamento fosse definito «fino a un massimo» di 800 milioni di euro - con ciò rendendo possibile una netta decurtazione delle risorse per tali investimenti; nel contempo, il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), contrariamente a quanto stabilito, nella seduta del 5 novembre 2009, non ha autorizzato l'impiego delle risorse stanziate,

impegna il Governo

a introdurre opportune modifiche nell'ordinamento vigente, disponendo che l'accesso alla rete a banda larga sia riconosciuto come un servizio di carattere universale e, come tale, disponibile per i cittadini in tutto il territorio nazionale a prezzi adeguati;
a definire uno specifico piano per la realizzazione - su tutto il territorio nazionale - e, in particolare nelle aree destinatarie delle politiche di coesione, di reti a banda larga, sentite le Commissioni parlamentari competenti sulla materia e sui profili di carattere finanziario;
per superare la condizione di arretratezza delle aree con minore dotazione di infrastrutture di telecomunicazioni, a determinare la qualità minima del servizio di accesso alla rete internet mediante infrastrutture a banda larga prevedendo, quantomeno, una velocità di connessione minima, non inferiore a 2 Mb/s, da garantire sull'intero territorio nazionale entro un periodo di tempo non superiore a due anni;
ad assumere tutte le iniziative necessarie per avviare la realizzazione, su tutto il territorio nazionale, di una rete a banda larga individuando, a tal fine, le risorse finanziarie, pubbliche e private, sufficienti alla copertura dei costi di tali investimenti;
ad attribuire piena competenza all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nella definizione delle modalità per l'individuazione degli operatori incaricati di fornire il servizio universale, nonché nella vigilanza sui livelli delle tariffe applicate e sui servizi necessari a garantire l'accesso alla banda larga.
9/4829-A/144.Meta, Boffa, Bonavitacola, Cardinale, Fiano, Gasbarra, Gentiloni, Ginefra, Laratta, Lovelli, Martino Pierdomenico, Giorgio Merlo, Tullo, Velo, Viola, Strizzolo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura svolge l'importante funzione pubblica nel produrre beni pubblici per tutta la collettività; tale funzione deve essere tutelata e rafforzata in un momento come l'attuale in cui le tensioni economiche di mercato ne determinano una notevole instabilità, con aumenti della domanda di beni primari alimentari e una offerta invece scarsa che non soddisfa le richieste del mercato;
al tema della food security ha tentato di dare alcune risposte anche l'ultimo G20 di Cannes nella consapevolezza che il tema della sicurezza alimentare sarà uno obiettivo importante dei prossimi anni a cui bisogna dare risposte con strumenti nuovi;
grande rilievo assumono quindi le politiche che incentivano l'uso agricolo dei suoli; i terreni agricoli sono quindi il principale fattore produttivo dell'impresa agricola; tuttavia il territorio nazionale presenta un'alta incidenza di zone svantaggiate, ossia minacciate dallo spopolamento, con terre poco produttive, poco idonee alla coltivazione che a causa della scarsa produttività dell'ambiente naturale, ottengono risultati inferiori alla media;
è dimostrato che il mantenimento e l'incentivazione dell'attività agricola in suddetti territori riesca a contrastare la tendenza alla regressione demografica delle popolazioni ivi residenti scongiurando l'abbandono dei territori e mantenendo attiva la produzione di beni pubblici;
il decreto-legge in esame, come modificato dalle Commissioni, introduce un principio importante per chi produce differenziando la tassazione dei terreni agricoli in funzione della «professionalità» dei soggetti interessati, ossia riducendo la base imponibile per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionisti per i quali il terreno non è una rendita ma un fattore produttivo; si tratta di un primo segnale che, seppur minimo, è la strada da perseguire;
in tale ottica sarebbe opportuno prevedere accorgimenti particolari per le zone svantaggiate del Paese prevedendo una tassazione dei terreni agricoli meno onerosa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere una tassazione agevolata dei terreni agricoli siti in zone svantaggiate coltivati dagli imprenditori agricoli e dai coltivatori diretti.
9/4829-A/145.Fiorio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Strizzolo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la manovra economica che il Parlamento si appresta ad approvare obbliga tutto il Paese ad uno sforzo eccezionale per superare la gravissima crisi in atto;
l'agricoltura come ogni categoria sociale ed economica è chiamata a contribuire a questa operazione di risanamento del bilancio dello Stato, alla quale dovranno necessariamente essere associati e individuati, efficaci provvedimenti per la crescita e lo sviluppo, nonché iniziative per la liberalizzazione del mercato interno e la semplificazione delle procedure amministrative;
nonostante i provvedimenti per l'agricoltura contenuti nella manovra si siano modificati nel corso del dibattito parlamentare, introducendo criteri di progressività e differenziazione fra categorie di aziende, soprattutto in relazione al moltiplicatore da applicarsi ai redditi dominicali resta tuttavia la parte più controversa e complessa della manovra agricola, sia sotto il profilo applicativo che del carico economico assegnato alle aziende agricole, cioè quella dell'applicazione dell'I.M.U. ai fabbricati rurali;
nello specifico la norma rinnova sostanzialmente l'imposizione fiscale sui fabbricati rurali, peraltro sottoposti ad un percorso di regolarizzazione già previsto dalla legge in vigore, che con la manovra viene ulteriormente rivisitato;
il mondo agricolo in modo indifferenziato sollecita interventi al fine di evitare l'innescarsi di una travagliata e quanto mai inopportuna stagione di contenziosi,

impegna il Governo

a costituire un Tavolo di confronto presso il Mipaaf, con il Ministro della Economia ed i soggetti interessati, al fine di verificare i reali impatti che l'applicazione delle norme illustrate può generare sul settore realizzando un costante monitoraggio dell'andamento applicativo, sia sul piano della semplificazione procedurale sia su quello del gettito.
9/4829-A/146.Zucchi, Oliverio, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame all'articolo 21, comma 1, prevede la soppressione di INPDAP ed ENPALS ed il trasferimento delle relative funzioni a INPS, a decorrere dal 1o gennaio 2012;
tale norma prevede altresì che i bilanci di chiusura vengono effettuati alla data del 31 marzo 2012 e che i decreti di trasferimento delle risorse umane e strumentali vengano emanati entro 60 giorni dalla data di approvazione del bilancio di chiusura (comma 2);
il comma 2-bis, introdotto da un emendamento governativo stabilisce che, in attesa di tali decreti, le strutture centrali e periferiche degli enti soppressi continuano ad espletare le attività connesse ai compiti istituzionali degli stessi;
il comma 4 prevede la cessazione degli organi degli enti a decorrere dalla data di emanazione dei predetti decreti di trasferimento;
la formulazione del comma 2-bis non contiene, probabilmente per mancato coordinamento normativo, oltre al riferimento alle strutture centrali e periferiche degli enti soppressi - chiamate a proseguire l'attività istituzionale fino alla emanazione dei decreti di trasferimento delle risorse - anche l'indicazione degli organi degli enti stessi;
l'attuale formulazione presenta una discrasia che si ripercuote sull'ingestibilità dell'attività corrente, in quanto l'espletamento delle funzioni istituzionali non può prescindere dal ruolo degli organi politici, di gestione e di controllo degli enti stessi, che peraltro restano in carica fino alla stessa data di emanazione dei decreti prevista per l'operatività delle strutture produttive,

impegna il Governo

ad attivare ogni iniziativa utile ad eliminare l'incongruenza rilevata nella formulazione del citato comma 2-bis, chiarendo, anche in via amministrativa, che devono intendersi compresi in tale comma anche gli organi degli enti soppressi.
9/4829-A/147.Scandroglio, Cazzola, Del Moro.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per la crescita, l'equità ed il consolidamento dei conti pubblici; in particolare, per quel che riguarda la crescita dispone interventi fiscali per determinare un aiuto alla crescita economica delle imprese anche mediante agevolazioni fiscali riferite al costo del lavoro;
il settore ippico vive da molto tempo una situazione di crisi profonda; le previsioni per il 2012 sono molto negative in quanto la decisione di tagliare di 100 milioni di euro il contributo all'Assi (ex Unire) determina una riduzione delle entrate stimata di oltre il 40 per cento;
gli operatori del settore denunciano la superficialità con cui i concessionari delle scommesse e l'ente preposto alla tutela del settore hanno fronteggiato il susseguirsi di situazioni che a causa di errori che hanno danneggiato profondamente l'ippica italiana sono ora sfociate in una crisi profonda che rischia di uccidere l'intero settore;
sotto accusa risulta una gestione dissennata in cui la distribuzione dei fondi avveniva senza seguire criteri premiali per l'imprenditorialità, la correttezza e la capacità degli operatori attivi nel settore e che avrebbero potuto riformare il sistema;
per l'ippica crea le condizioni per un totale fallimento del settore con il rischio concreto per migliaia di famiglie di perdere il reddito da lavoro e per oltre 15.000 cavalli di andare al macello; nei giorni scorsi il settore ha reso pubblico un appello alle maggiori cariche istituzionali, ai Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, del lavoro e dello sviluppo economico, in cui si sollecita una ristrutturazione del settore per disperdere le competenze di un patrimonio di lavoro, di sport e di cultura che esiste da oltre cent'anni;
la gravità della situazione è tale da giustificare provvedimenti di crisi strutturale del settore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare le procedure necessarie per porre in essere un piano di ristrutturazione dell'intera filiera capace di affrontarne in modo adeguato la crisi del comparto ippico italiano.
9/4829-A/148.Brandolini, Oliverio, Zucchi, Agostini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per la crescita, l'equità ed il consolidamento dei conti pubblici; in particolare, per quel che riguarda il consolidamento dei conti pubblici dispone interventi molto incisivi che determinano ripercussioni rilevanti su tutto il contesto socio-economico del Paese;
nei passati mesi estivi sono state predisposte alcune iniziative legislative e amministrative che, intervenendo sulle competenze e sulla direzione di AGEA, hanno determinato de facto una ulteriore proroga dei pagamenti dei prelievi dovuti in conformità con i piani di rateizzazione concordati ai sensi di legge e, cosa ancor più grave, il blocco delle procedure di riscossione coattiva delle somme esigibili;
l'operazione «rinvio» è giunta a compimento con la manovra finanziaria di luglio; infatti l'articolo 39, comma 13, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, ha previsto il trasferimento, anche graduale, delle attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea o coattiva, di alcune entrate erariali, da Equitalia Spa ad enti e organismi pubblici muniti di idonee risorse umane e strumentali; in tale contesto, rientra anche il trasferimento delle competenze per la riscossione delle cosiddette «multe» relative all'applicazione del regime comunitario del prelievo supplementare sul latte bovino da Equitalia ad Agea, come ricordato in precedenza, commissariata;
le procedure che Agea può applicare per la riscossione del credito sono tuttavia quelle di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 che non prevedono l'esecutività della procedura coattiva; il procedimento inizia con l'ingiunzione su cui il debitore può fare ricorso d'opposizione e l'autorità adita ha la facoltà di sospenderlo; in pratica con un semplice ricorso e con un semplice decreto in calce al ricorso si può sospendere il pagamento, cosa ben diversa dalla procedura coattiva di Equitalia a cui si può opporre ricorso solo dopo aver pagato il debito;
di fatto, l'operazione compiuta su Agea rende impossibile riscuotere le multe sulle quote latte e determina un doppio danno per l'Italia in quanto sottrae notevoli risorse - per un importo superiore a 1,6 miliardi di euro - al settore primario ed espone il Paese a nuove procedure di infrazione da parte dell'Unione europea che considera le multe non riscosse come aiuti di Stato;
sulla questione delle quote latte l'Unione europea, da tempo, chiede chiarimenti all'Italia in particolare in relazione ai contenziosi amministrativi in corso presso il Tar Lazio e alle 200 cause più importanti per importo, relative alle quote latte nei periodi 1995/96 - 2001/02;
la Commissione europea segue da vicino la questione e a riguardo, avverte che esiste una sentenza della Corte di giustizia del 25 marzo 2004, che impone «l'effettiva applicazione della riscossione del prelievo»: a tale pronuncia sostanzialmente afferma che, quant'anche fosse dimostrata la determinazione errata delle quote produttive assegnate, un eventuale esonero dalle multe per gli «splafonatori» darebbe loro «un vantaggio concorrenziale ingiustificato rispetto ai produttori di altri Stati membri, che applicano in modo corretto la normativa comunitaria» anche se la produzione di latte ha superato la quota nazionale, senza che questo surplus abbia innescato il pagamento di un prelievo dovuto,

impegna il Governo

ad operare con la massima celerità al fine di provvedere nei tempi richiesti dall'Unione europea alla riscossione delle multe dovute dagli allevatori al fine di evitare l'instaurarsi di una procedura di inflazione nei confronti dell'Italia.
9/4829-A/149.Marco Carra, Zucchi, Fiorio, Oliverio, Agostini, Brandolini, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per la crescita, l'equità ed il consolidamento dei conti pubblici; in particolare, per quel che riguarda la crescita dispone interventi fiscali per determinare un aiuto alla crescita economica delle imprese anche mediante agevolazioni fiscali riferite al costo del lavoro;
il settore ittico fronteggia una crisi settoriale di portata emergenziale, con gravissime ripercussioni socio-economiche ed occupazionali, a fronte di un inesorabile peggioramento di tutti gli indici macroeconomici, che nell'ultimo decennio hanno registrato il crollo verticale le catture (-48,84 per cento), della forza lavoro del personale imbarcato (-38,26 per cento), della flotta da pesca (-28,1 per cento), dei ricavi di impresa, (-31 per cento), con una crisi di redditività che ha raggiunto dimensioni straordinarie, come il parallelo deficit della bilancia commerciale ittica nazionale;
in un delicato e cruciale momento di profondo mutamento e trasformazione degli scenari europei, il settore ittico ha subito anche una drastica e inesorabile riduzione degli stanziamenti nazionali, passati da una dotazione annuale di circa 26 milioni di euro nel 2000 a circa 6 milioni di euro per il 2011, con una contrazione pari al 77 per cento;
i più recenti interventi di contenimento della spesa pubblica (legge di stabilità) hanno significativamente intaccato il regime di agevolazioni fiscali e previdenziali previsto per il settore, con una riduzione degli sgravi della legge n. 30 del 1998 per il biennio 2012-2013;
è urgente uno sforzo straordinario per riposizionare e rilanciare il settore, che riveste un ruolo di vitale importanza per la tenuta delle economie costiere, mettendo in campo interventi idonei a fronteggiare la crisi e a governare il processo di adeguamento ai nuovi scenari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di un intervento urgente volto alla proroga del Programma nazionale triennale, sia per raccordare le previsioni del programma alla profonda evoluzione degli assetti normativi disposti a livello comunitario, che per scongiurare la prospettiva di una vera e propria paralisi della programmazione di settore, di per sé insufficiente, con il rischio di vedere bloccate le stesse spese correnti della Direzione Generale Pesca e Acquacoltura;
a valutare l'opportunità di un intervento per il recupero e l'utilizzo mediante una riallocazione sugli obiettivi strategici della programmazione delle ultime dotazioni finanziarie residue derivanti dall'applicazione dell'articolo 35, comma 2 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011, n. 111, ed altresì le somme non utilizzate derivanti dal completamento delle procedure di spesa relative alle misure di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 10 giugno 2010 a valere sulle disponibilità di cui al capitolo di spesa 7095 dello stato di previsione del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nonché le risorse attualmente disponibili sul Fondo centrale per il credito peschereccio, ex legge 41/82.
9/4829-A/150.Agostini, Oliverio, Zucchi, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
le profonde trasformazioni economiche e sociali degli ultimi decenni e la rapida evoluzione dei bisogni di cittadini e consumatori hanno arricchito di nuovi contenuti le aspettative della società nei confronti del settore agroalimentare;
la tradizionale funzione economico-produttiva dell'agricoltura rimane primaria e per essere svolta, nelle nuove condizioni dell'epoca, deve coniugarsi con una pluralità di valori collettivi legati alla valenza ambientale, sociale e culturale dell'agricoltura e dei territori rurali;
tutto ciò va anche nella direzione di una nuova Pac, che da qui ai prossimi mesi modificherà l'intero sistema di aiuti europei agli Stati membri, cosicché spending review dovrà divenire la parola d'ordine anche nel settore dell'agricoltura, settore in cui le risorse saranno sempre meno, e non solo in sede nazionale;
è necessario avviare una nuova fase politica al fine di affrontare grandi questioni quali competitività, valore e presidio del territorio quale bene pubblico, redditività dell'attività agricola, innovazione e ricambio generazionale, revisione della spesa pubblica dentro una nuova governance degli enti agricoli;
all'interno delle profonde trasformazioni e delle esigenze sopra richiamate è fondamentale che il sistema dei servizi all'agricoltura si modernizzi ulteriormente, sia reso più efficiente ed accessibile, e accompagni le imprese dentro a questo processo;
è fondamentale competere sia sui mercati locali che internazionali, puntando sul valore pubblico del bene «agricoltura», potenziale settore di traino della crescita economica del Paese, se posta nelle condizioni di incentivare la crescita imprenditoriale, in particolare femminile e giovanile, di sostenere nuove professioni, di concepire moderni e sostenibili spazi di sviluppo, di valorizzare il lavoro dentro rigorose logiche di legalità e dignità delle persone,
rilevato che:
attualmente, gli enti agricoli di interesse nazionale sono 13 e si occupano sostanzialmente di quattro grandi aree di attività, ovvero raccolta e trattamento di informazioni per diverse pubbliche amministrazioni, ricerca (genetica, stime di impatto di patologie insorgenti, agrobioenergie, eccetera);
gestione del controllo dei flussi delle risorse di origine Pac e servizi finanziari o di altra consimile natura (venture capital, assicurazioni, trading fondiario);
in merito alla ricerca, potrebbe essere costituito uno strumento con compiti di partecipazione e controllo che, insieme a Regioni, soggetti privati ed una rete di spin off universitari, potrebbe coniugare specificità territorialità ed efficienza nell'impiego delle risorse;
per quanto riguarda i servizi finanziari, la dote dell'Istituto Sviluppo Agroalimentare (Isa) potrebbe essere integrata con strumentazione finanziaria non pubblica e gestione il meno possibile diretta, sicché si abbia un effetto moltiplicatore tale da poter affrontare grandi investimenti;
per quanto concerne la raccolta e il trattamento delle informazioni, potrebbe essere istituito un processo composto di tre fasi: le prime due affidate a Istat e attinenti alla costruzione dell'infrastruttura (metodologia della raccolta, impostazione della «filosofia statistica» principi di valutazione, rispondenza alla crescente regolamentazione di origine Eurostat) ed alla eventuale costruzione e gestione delle reti di raccolta (dirette o preferibilmente in outsourcing); la terza relativa a rielaborazioni e trattamenti a supporto della costruzione di policy, gestite attraverso un unico strumento, partecipato dal Ministero delle Politiche Agricole e dalle Regioni;
resta aperta la questione relativa alla promozione ed alla internazionalizzazione dell'agroalimentare, ad oggi non risolta dopo lo scioglimento dell'ICE, ed il commissariamento di Buonitalia;
le criticità più ricorrenti riscontrate con riguardo al sistema degli enti vigilati dal Ministero delle Politiche Agricole concernono gravi situazioni patrimoniali e gestionali; vaste aree di sovrapposizione e duplicazione nelle attività; assenza di misurazioni di utilità quanto al rapporto tra risorse investite e produzione di elementi di competitività per il settore agroalimentare; disarmonia istituzionale tra assetto nazionale degli enti e competenze agricole regionali;
le risorse costantemente investite, derivanti dalla somma degli attivi patrimoniali di questi enti, sono pari ad un tesoretto di 3,5 miliardi di euro, ovvero quasi tre volte il bilancio annuo del Ministero delle Politiche Agricole; il personale impiegato, comprensivo di una consistente quota di contratti a termine, si compone di circa 4000 unità;
la razionalizzazione degli enti agricoli, delle loro singole funzioni e strutture organizzative può permettere di attuare una importante ricomposizione di parte della spesa del Ministero delle Politiche Agricole e la conseguente riallocazione di parte delle sue risorse,

impegna il Governo

ad adottare sollecitamente un progetto di riforma strutturale e di semplificazione degli enti vigilati dal Ministero delle Politiche Agricole, definendone funzioni, obiettivi ed attività, secondo una strategia che miri primariamente a ridurli e a trasformarli in strumenti fortemente specializzati, di modo che:
relativamente al sistema dei pagamenti Pac, e Sviluppo Rurale, sia operata tra Stato e regioni la scelta organizzativa più efficiente e meno costosa a partire da un sistema più integrato tra Agea e gli Enti pagatori regionali utile ad una accelerazione dei tempi di pagamento;
sulla ricerca, sul sostegno alle imprese, sulle funzioni statistiche e di analisi economica, siano valutate adeguate ipotesi di razionalizzazione e riorganizzazione in premessa;
sulla internazionalizzazione e promozione dell'agroalimentare, si operi in tempi brevi una ricognizione delle agenzie o dei soggetti nazionali e regionali attualmente operanti su questa funzione, utile ad assumere decisioni in termini di riorganizzazione del servizio alle imprese agricole italiane.
9/4829-A/151.Cenni, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per la crescita, l'equità ed il consolidamento dei conti pubblici; un riequilibrio duraturo dei conti pubblici è strettamente connesso con il rafforzamento del potenziale di sviluppo dell'economia italiana e sono pertanto necessarie misure strategiche che fungano da volano alla ripresa economica dei settori produttivi;
tra i settori produttivi quello primario conta su un tessuto produttivo di oltre un milione di imprese (il 16 per cento del totale delle imprese italiane) mentre circa 70.000 sono quelle dell'industria alimentare; se si considerano anche l'industria alimentare, la distribuzione e i servizi, il settore agroalimentare vale oltre 220 miliardi di euro;
il Made in Italy agroalimentare è il secondo comparto, dopo il manifatturiero, in termini di contributo all'economia nazionale con un incidenza circa pari al 15 per cento del Prodotto Interno Lordo (PIL);
non è più rimandabile delineare una vera strategia di ripresa del settore primario per elevarne il valore aggiunto ai livelli necessari per incidere con efficacia sulla crescita e sulla competitività del sistema Paese;
il decreto contiene invece delle misure che, in linea con le sue finalità, fanno partecipare il comparto agricolo ai sacrifici richiesti in questo particolare momento di crisi economica all'Italia mediante un inasprimento della tassazione relativa all'imposta municipale (IMU) sui fabbricati rurali abitativi e strumentali e sui terreni agricoli; in relazione a questi ultimi viene accolta con favore l'introduzione del principio del riconoscimento del lavoro del produttore;
al contrario, il settore produttivo primario non rientra nell'ambito di applicazione delle misure per lo sviluppo in materia di deduzione dal reddito d'impresa della componente derivante dal rendimento nozionale di nuovo capitale proprio e delle agevolazioni fiscali riferite al costo del lavoro contenute negli articoli 1 e 2 né sono previste misure specifiche per il rilancio competitivo delle imprese agricole;
rilevato che:
i nodi centrali da sciogliere per rilanciare il comparto agricolo sono senza dubbio quelli relativi all'erosione dei redditi degli agricoltori, alla stabilità dei mercati, all'aumento del costo delle materie prime energetiche e alimentari e alle difficoltà di accesso al credito per le imprese agricole;
il reddito agricolo reale per addetto ha subito notevoli diminuzioni nel 2009 e nel 2010; come registrato dai dati Eurostat è cresciuta la distanza tra i redditi degli agricoltori italiani e quella degli agricoltori europei; infatti nel 2010 il reddito degli agricoltori italiani ha registrato una variazione in diminuzione sull'anno precedente del 2,8 per cento, mentre gli andamenti europei hanno registrato un incremento del reddito agricolo per addetto del 12,6 per cento come UE a 27 e del 14,8 per cento come area euro (16 Paesi);
i prezzi agricoli diminuiti in maniera rilevante nel 2008 e 2009 (rispettivamente del 16,3 per cento e del 6,1 per cento) nel corso del 2010 hanno mostrato segnali di ripresa pur sempre nell'ambito di una estrema volatilità che rappresenta il maggior ostacolo ad una ripresa duratura e concreta del settore primario. In particolare il rapporto prezzi/costi agricoli che, tra il 2000 e il 2010, è stato pari a +1,5 per cento (prezzi) e +3,7 per cento (costi), ha notevolmente eroso il potere di acquisto degli agricoltori;
la ripresa del settore primario, anche per il 2011, appare fiaccata dall'andamento dei prezzi, estremamente volatili, e dall'andamento dei costi che, al contrario dei prezzi, sono costanti e tendono sempre a salire; risulta, quindi, fondamentale che la politica economica del Governo per l'agricoltura individui misure per stabilizzare i mercati e sostenere i redditi degli agricoltori;
per stabilizzare i mercati e sostenere il settore agricolo un intervento incisivo potrebbe essere rappresentato dal contenimento del fattore costi, in particolare per quel che riguarda le materie prime energetiche utilizzate in agricoltura, in primo luogo il gasolio il cui costo è aumentato del 35 per cento;
i rincari delle materie prime energetiche hanno effetti rilevanti e pervasivi sull'attività agricola nel suo complesso perché il gasolio agricolo viene utilizzato non solo nelle macchine adibite a lavori agricoli ma anche negli impianti e nelle attrezzature destinati ad essere impiegati nelle attività agricole e forestali, nonché nelle macchine per la prima trasformazione dei prodotti agricoli e, in quantità rilevanti, negli impianti per il riscaldamento delle serre; molto colpito da tale rincaro anche il settore della pesca, che ha dovuto fronteggiare, tra l'altro, un mercato in forte crisi, che ha assorbito quantità sempre minori di prodotto fresco;
la normativa comunitaria consente agli Stati membri di applicare esenzioni o riduzioni totali o parziali dell'aliquota di accisa agli oli minerali usati sotto controllo fiscale [...] esclusivamente nei lavori agricoli o orticoli nonché nella silvicoltura e nella piscicoltura d'acqua dolce, con un regime di aiuto temporaneo (durata massima cinque anni) e decrescente, quando può essere dimostrato che tali aiuti sono necessari a compensare una perdita di competitività sul piano internazionale e se costituiscono un incentivo alla riduzione dell'inquinamento o alla rapida introduzione di metodi più efficienti di utilizzazione delle risorse;
l'indebitamento bancario per il settore agricolo rischia di diventare un onere gravoso, soprattutto in questa fase di difficoltà economica e di restrizione creditizia;
numerose sono le imprese agricole in difficoltà economiche, specialmente al Sud, che avrebbero semplicemente necessità di riequilibrare la loro posizione finanziaria attraverso l'accensione di operazioni di ristrutturazione dei loro debiti bancari, ma trovano forti difficoltà ad accedere a questi finanziamenti. Lo Stato e le regioni, per mancanza di risorse e anche per i limiti posti dalla Commissione Europea sugli «Aiuti di Stato» su operazione di consolidamento o di semplice ristrutturazione finanziaria, non sono stati finora in grado di intervenire;
inoltre, alla luce della nuova regolamentazione creditizia prevista da Basilea, che dà particolare importanza alle garanzie come strumenti utili per la mitigazione del rischio, le imprese agricole non possono contare su di un adeguato sistema di garanzie;
infine bisogna sottolineare come i consorzi fidi in agricoltura non hanno ottenuto il successo che si riscontra in altri settori produttivi ed è importante favorire un loro sviluppo e rafforzamento, attraverso anche una politica di agevolazioni al loro accorpamento, per dare una competenza territoriale più ampia ed un bacino di utenza superiore, sia in termini di volumi patrimoniali, che di numero di associati,

impegna il Governo

ad assumere, analogamente a quanto previsto per gli altri settori produttivi nel presente decreto, i seguenti interventi necessari per il rilancio competitivo del settore primario:
a) nell'ambito delle politiche di sostegno alle imprese:
1) a predisporre un piano specifico di aiuto alla crescita economica delle imprese agricole agevolando gli investimenti in innovazione tecnologica e nell'internazionalizzazione del prodotto;
2) a prevedere agevolazioni fiscali riferite al costo del lavoro in agricoltura;
3) a prevedere misure di agevolazioni fiscali per contenere il costo delle materie prime energetiche utilizzate in agricoltura;
4) a prevedere misure di agevolazione fiscale per l'aggregazione e l'accorciamento della filiera mediante il potenziamento delle organizzazioni dei produttori anche alla luce delle indicazioni della nuova PAC;
5) ad intervenire per facilitare l'accesso al credito delle imprese agricole mediante la creazione di un adeguato sistema di garanzie che sviluppi e rafforzi i consorzi fidi in agricoltura mediante una politica di agevolazioni al loro accorpamento e alla loro crescita patrimoniale e territoriale;
b) nell'ambito delle politiche per l'innovazione a predisporre un ambizioso progetto di cablatura delle imprese agricole;
c) nell'ambito delle politiche per il lavoro, a prevedere uno specifico piano per rilanciare e aumentare l'occupazione giovanile e femminile nelle aziende agricole in linea con quanto sta già avvenendo a livello europeo;
d) nell'ambito delle politiche riguardanti la concorrenza e l'efficienza amministrativa, a prevedere un programma specifico per il settore primario riguardo alla riduzione degli oneri amministrativi connessi all'attività di produzione agricola.
9/4829-A/152.Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame all'articolo 27 comma 3 novella l'articolo 7 della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012) che ha introdotto disposizioni volte alle dismissioni di terreni agricoli dello Stato o di enti pubblici nazionali, attribuendo ai giovani un diritto di prelazione nel processo di alienazione;
in particolare l'articolo 7 della legge n. 183 dispone che l'Agenzia del Demanio debba curare l'alienazione dei terreni agricoli di proprietà dello Stato non utilizzabili per altre finalità istituzionali, ricorrendo alla trattativa privata per gli immobili di valore inferiore a 400 mila euro, e mediante asta pubblica per quelli di valore pari o superiore a 400 mila euro. Per le stesse finalità e con le medesime modalità anche le regioni, le province e i comuni possono vendere i beni di loro proprietà aventi destinazione agricola, anche avvalendosi dell'Agenzia del Demanio. I proventi netti derivanti dalle operazioni di dismissione sono destinati alla riduzione del debito pubblico;
inoltre, nel caso in cui nei cinque anni successivi alla vendita si verifichi un incremento del valore dei terreni a causa di cambi di destinazione urbanistica, è riconosciuta allo Stato una quota pari al 75 per cento della rivalutazione;
oggetto dell'alienazione possono essere i terreni statali «a vocazione agricola, non utilizzabili per altre finalità istituzionali» e quelli regionali o comunali «aventi destinazione agricola»;
le modifiche introdotte dal presente decreto alla disciplina della legge di stabilità 2012 in tema di dismissioni di terreni agricoli non risolvono, tuttavia, le principali questioni che attengono, soprattutto, alle effettive garanzie per i giovani di poter acquistare i terreni mediante l'attivazione di una linea di credito dedicata e all'introduzione di correttivi che evitino il prodursi di effetti speculativi in relazione alla possibilità prevista per i terreni agricoli «sdemanializzati» di incrementare il proprio valore grazie ai cambi di destinazione urbanistica,

impegna il Governo

a predisporre un piano giovani in agricoltura che incentivi il ricambio generazionale mediante:
1) agevolazioni e soluzioni innovative che consentano ai giovani imprenditori l'accesso al fattore terra sia mediante progetti di riordino fondiari su terreni pubblici, sia mediante la costituzione di una banca della terra come proposta dalla Commissione UE per la gestione dei terreni - con forme di affitto agevolato - resi liberi a seguito dai prepensionamenti;
2) misure per favorire l'accesso al credito potenziando ed indirizzando gli strumenti già esistenti, a livello regionale e statale attraverso l'ISMEA, per l'avvio dell'attività imprenditoriale;
3) misure per favorire la promozione di forme societarie innovative miste giovani e anziani, anche elevando il premio di primo insediamento per fornire un capitale al giovane per il proprio progetto di
impresa e consentire nello stesso tempo all'imprenditore senior un'uscita graduale dal mondo del lavoro.
9/4829-A/153.Trappolino, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 prevede che «per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le Pubbliche Amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato» ricollegando la possibilità di ricorrere a forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale alla esclusiva necessità di «rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali»;
il comma 9 dell'articolo 14 della legge 30 luglio 2010 n. 122, conversione del decreto-legge n. 78/2010, pone ulteriori e precisi limiti alla possibilità di assunzioni degli Enti Locali, fissando il margine di manovra al limite del 20 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni verificatesi nell'anno 2010;
le spese di personale per i servizi educativi e scolastici non sono escluse dal computo del rapporto tra spese di personale e spese di parte corrente, che come è noto non può superare il 40 per cento;
inoltre, il comma 28 dell'articolo 4 della legge 183/2011 (legge di stabilità per il 2012) prevede che le amministrazioni pubbliche possano avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni o con contratti di collaborazioni coordinate e continuative, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009;
la succitata disposizione limita la possibilità di coprire le sostituzioni per malattia e maternità del personale dei servizi;
il combinato disposto dei vincoli normativi sopra menzionati pone l'impossibilità di nominare i supplenti temporanei già dal prossimo mese di gennaio mettendo a rischio il funzionamento dei servizi educativi e scolastici comunali e, in prospettiva, anche la loro stessa esistenza;
le amministrazioni comunali, che hanno realizzato un'importante e significativa rete di servizi educativi e scolastici si trovano nella condizione di non essere più in grado di garantire l'esistenza stessa di nidi e scuole dell'infanzia;
il quadro normativo di riferimento in materia di personale per gli Enti Locali, pone gravi limiti alla possibilità di mantenere gli standard di qualità dei servizi erogati ai cittadini, espone gli amministratori e i dirigenti degli Enti Locali al rischio di sanzioni da parte dei giudici del lavoro e della Corte dei conti e, conseguentemente, mette a rischio, la possibilità e le condizioni per assicurare la continuità di servizi essenziali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di applicare agli Enti Locali le deroghe già previste dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 per la scuola statale così che possano procedere alle assunzioni di personale educativo e scolastico anche oltre i limiti del patto di stabilità interno al fine di garantire la copertura delle dotazioni organiche dei servizi educativi e scolastici;
a valutare l'opportunità che le spese sostenute dagli Enti Locali per il personale dei nidi e delle scuole dell'infanzia siano stralciate oltre che dal computo dell'incidenza della spesa di personale sulla spesa corrente anche dall'ulteriore vincolo posto dalla legge 183/2011.
9/4829-A/154.Ghizzoni, Antonino Rus-so, De Pasquale, Miccichè, Fallica, Terranova, Iapicca, Soglia, Stagno d'Alcontres, Grimaldi.

La Camera,
premesso che:
la sicurezza e la nuova costruzione degli edifici scolastici deve rappresentare una delle priorità degli investimenti pubblici, al fine di assicurare agli studenti e al personale scolastico di frequentare strutture idonee con la massima serenità;
tali interventi in edilizia scolastica rappresentano un fattore di crescita e di sviluppo per l'economia del Paese;
la condizione in cui versano gli edifici scolastici del nostro Paese è drammatica: oltre il 50 per cento dei 42 mila edifici in cui vivono milioni di studenti e di operatori scolastici non sarebbe a norma e diecimila di essi dovrebbero addirittura essere abbattuti; non va, altresì, ignorato il fatto che tutte le indagini internazionali sul rendimento degli studi confermano la centralità e l'influenza positiva esercitata dalla confortevole e adeguata organizzazione degli spazi e degli edifici scolastici sull'efficacia dell'attività didattica e sui livelli di apprendimento e di educazione;
da recenti dichiarazioni del Ministro dell'istruzione si apprende un serio impegno ad affrontare il problema dell'edilizia degli edifici scolastici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere gli investimenti per la messa in sicurezza e per la nuova costruzione di edifici scolastici dai vincoli imposti dal patto di stabilità.
9/4829-A/155.De Pasquale, Ghizzoni.

La Camera,
premesso che:
il comma 14 dell'articolo 24 dispone specifiche esenzioni all'applicazione della nuova normativa previdenziale per determinate categorie di lavoratori;
sono circa 4000 i docenti inidonei all'insegnamento per i quali, segnati da gravi condizioni di salute e familiari, sarebbe opportuno disporre specifiche esenzioni previdenziali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di applicare specifiche esenzioni previdenziali anche ai docenti inidonei posti in ruolo ad esaurimento dal CCNI 28/6/2008, passibili di mobilità secondo il decreto-legge n. 98 del 2011, convertito con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011 oppure di dispensa dal servizio ai sensi del decreto-legge n. 79/2011 articolo 4.4.
9/4829-A/156.Antonino Russo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) ha una dotazione complessiva di personale fissata per legge in centottanta unità e che la distribuzione di dette risorse risulta altresì vincolata per legge in 120 unità con contratto a tempo indeterminato e 60 con contratto a tempo indeterminato;
a seguito di numerosi interventi legislativi a partire dal 2003, ad invarianza di personale, sono stati aggiornati ed aumentati i compiti e le funzioni dell'AEEG ed, in particolare, tra i più rilevanti:
l'articolo 1, comma 375, della legge n. 266 del 2005 e il decreto interministeriale 28 dicembre 2007, che ha attribuito all'AEEG il compito di definire tariffe elettriche agevolate in favore dei clienti domestici economicamente svantaggiati (tariffa sociale);
l'articolo 11, comma 12 della legge 14 maggio 2005, n. 80 che estende, con provvedimento dell'AEEG, le condizioni tariffarie previste dal decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato in data 19 dicembre 1995, alle forniture di energia elettrica per le produzioni e lavorazioni dell'alluminio, piombo, argento e zinco e al ciclo clorosoda, situati nel territorio della regione Sardegna;
il decreto del Ministero dello sviluppo economico 21 giugno 2007 in materia di ricerca di sistema nel settore elettrico con riguardo, segnatamente, all'attribuzione all'AEEG di funzioni sostitutive del Comitato di Esperti di Ricerca per il Settore Elettrico (CERSE);
la Legge finanziaria per il 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, comma 165, lettera f-ter) che, in attuazione dell'articolo 23 della direttiva 2003/54/CE, ha attribuito all'AEEG il compito di svolgere anche una funzione paragiurisdizionale per la risoluzione delle controversie tra produttori di energia e gestori di rete, mediante decisioni vincolanti tra le parti;
l'articolo 81, comma 18, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 e sue successive modificazioni, che attribuisce all'AEEG il compito di vigilare sul rispetto del divieto di traslazione della maggiorazione d'imposta (6,5 punti percentuali dell'IRES) introdotta dai commi 16 e 17 dello stesso articolo;
la legge 23 luglio 2009, n. 99, recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia, che affida all'AEEG, in particolare, compiti in tema di aggiornamento della componente C.E.C. del provvedimento Cip 6/92, di realizzazione di misure di Virmal Power Plants per la regione Sardegna e di risoluzione anticipata delle convenzioni Cip 6/92;
il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 in materia di energia nucleare, che assegna all'AEEG il compito di determinare e di aggiornare le tariffe per il conferimento e lo stoccaggio del combustibile nucleare e dei rifiuti radioattivi;
il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130 («Decreto Stoccaggi») che, in particolare, impone di provvedere all'introduzione ed implementazione del bilanciamento di merito economico nel settore gas;
le direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE (recanti rispettivamente norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e norme comuni per il mercato interno del gas naturale; e i regolamenti 713/2009 (CE), 714/2009 (CE) e 715/2009 (CE) - provvedimenti comunitari che compongono il cosiddetto Terzo Pacchetto Energia - che attribuiscono alle autorità nazionali di regolamentazione dei settori energetici numerosi compiti aggiuntivi e importanti nuove responsabilità. In particolare, sanciscono espressamente che gli Stati membri «(...) per tutelare l'indipendenza dell'autorità di regolamentazione provvedono in particolare affinché: l'autorità di regolamentazione (..) disponga di risorse umane e finanziarie idonee allo svolgimento delle sue attività»;
l'articolo 17 della legge 4 giugno 2010, n. 96 (Comunitaria 2009) che, nel dare l'avvio al processo di recepimento delle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, ha delegato il Governo a prevedere che l'AEEG disponga di risorse finanziarie idonee allo svolgimento delle proprie attività, attraverso il sistema di totale autofinanziamento previsto dall'articolo 2, comma 38, della legge 14 novembre 1995, n. 481;
il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, che attribuisce all'AEEG ulteriori compiti in materia di promozione delle fonti energetiche rinnovabili;
il decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 93, che ha recepito le direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, attribuendo nuovi compiti e funzioni all'Autorità per l'energia elettrica e il gas, senza prevederne l'adeguamento della pianta organica;
l'articolo 21 del presente disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 201 del 2011 (AC 4829), assegna all'AEEG nuove funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici;
considerato che:
si rende necessaria una ridefinizione dell'organico funzionale dell'AEEG tale da garantire - nell'interesse dei consumatori - il pieno assolvimento delle nuove funzioni anche di controllo e di garanzia dei mercati di riferimento ad essa affidate;
l'AEEG si avvale di personale a tempo determinato e indeterminato sulla base dell'articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481 e successive modificazioni, e che il numero complessivo delle risorse previste per legge non è stato più adeguato dal 2004 e, quindi, appare sottodimensionato rispetto ai compiti istituzionali ad essa via via affidati nel tempo,

impegna il Governo

senza nuovi e maggiori oneri a carico della Finanza pubblica, a prevedere apposite iniziative che, nell'interesse del consumatore, della tutela e della crescita efficiente dei settori di riferimento, garantiscano il pieno assolvimento dei compiti anche di garanzia e di controllo affidati via via da leggi dello Stato all'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas, attraverso una rideterminazione degli organici in ruolo.
9/4829-A/157.Vico, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, al comma 19 dell'articolo 21, attribuisce all'Autorità per l'energia elettrica e il gas («l'Autorità») le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici che vengono esercitate con i medesimi poteri attribuiti all'Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, precedentemente facenti capo alla soppressa Agenzia nazionale per la regolazione e al vigilanza in materia di acqua («Agenzia»);
il medesimo comma 19 dell'articolo 21 dispone che le funzioni attinenti la regolazione ed il controllo dei servizi idrici da trasferire all'Autorità saranno individuate con decreto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201;
il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 di conversione prevede al comma 24 dell'articolo 10 che agli oneri derivanti dal funzionamento della soppressa Agenzia si provvede mediante un contributo posto a carico di tutti i soggetti sottoposti alla sua vigilanza, il cui costo non può essere recuperato in tariffa, di importo non superiore all'uno per mille dei ricavi risultanti dall'ultimo bilancio approvato prima della data di entrata in vigore del presente decreto, per un totale dei contributi versati non superiore allo 0,2 per cento del valore complessivo del mercato di competenza. Il medesimo comma stabilisce inoltre che il contributo è determinato dalla Agenzia con propria deliberazione, approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ed è versato entro il 31 luglio di ogni anno. Le relative somme affluiscono direttamente ai bilancio dell'Agenzia;
sia opportuno prevedere esplicitamente che non solo le funzioni ma anche il sopra citato meccanismo di finanziamento dell'attività di regolazione e controllo dei servizi idrici siano trasferiti dalla soppressa Agenzia all'Autorità, al fine sia di garantire la necessaria copertura finanziaria degli oneri di funzionamento delle nuovi attribuzioni, sia di evitare che nell'ambito dei diversi settori regolati (energia elettrica, gas naturale e servizi idrici) si verifichi un improprio trasferimento di risorse fra settori diversi,

impegna il Governo

a far sì che nell'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al citato comma 19, sia chiarito che all'Autorità, oltre al trasferimento delle funzioni, sia trasferito anche il finanziamento degli oneri derivanti dall'esercizio dei compiti di regolazione e controllo dei servizi idrici ad essa attribuiti, come già definito dal comma 24 dell'articolo 10 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70.
9/4829-A/158.Federico Testa, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 21 del decreto-legge n. 201 del 2011 sopprime dal 1 gennaio 2012 l'INPDAP e TENPALS, attribuendo le relative funzioni all'INPS che succede in tutti i rapporti attivi e passivi degli enti soppressi;
dalla data di entrata in vigore del decreto-legge e fino alla fine dell'anno in corso gli enti soppressi possono compiere solo atti di ordinaria amministrazione;
conseguentemente a queste previsioni, le risorse strumentali, umane e finanziarie degli enti soppressi sono trasferite all'INPS, la cui dotazione organica è incrementata di un numero di posti corrispondente alle unità di personale di ruolo in servizio presso gli enti soppressi alla data di entrata in vigore del decreto-legge;
di contro, non sono trasferite le posizioni soprannumerarie rispetto alla dotazione organica vigente degli enti soppressi, che, costituendo eccedenze, sono sottoposte alle verifiche per la ricollocazione totale o parziale nell'ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni, e, ad esito negativo, collocate in disponibilità;
a questo si aggiunge il riassetto organizzativo e funzionale conseguente alla soppressione degli enti citati a cui l'INPS dovrà provvedere, operando una razionalizzazione dell'organizzazione e delle procedure;
l'immediata soppressione degli enti rischia di bloccare i prestiti e i mutui che l'INPDAP garantisce ai propri dipendenti e pensionati per l'acquisto della prima casa, soggetti che, per queste prestazioni, versano un contributo pari ad una trattenuta dello 0,35 per cento dello stipendio lordo nel primo caso e dello 0,15 per cento della pensione lorda nel secondo, nonché quelli che l'ENPALS garantisce ai propri dipendenti e pensionati tramite la cessione del quinto del proprio stipendio o pensione,

impegna il Governo

a salvaguardare, nei tempi e nelle modalità di erogazione di queste forme di finanziamento, la posizione debitoria di tutti coloro che abbiano contratto mutui e prestiti, affinché la loro condizione economica non sia ulteriormente aggravata nell'attuale momento di straordinaria crisi economico-finanziaria dalla normativa richiamata in premessa.
9/4829-A/159.Graziano, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame ha impatti rilevanti e di tipo strutturale sul grado di autonomia tributaria dei comuni, modificando l'indirizzo assunto con il decreto legislativo n. 23 del 2011 e la stessa legge 5 maggio 2009 n. 42, nel senso da un lato di conferire ampi margini di autonomia tributaria ai comuni e dall'altro di anticipare fin dal 2012 gli effetti della riforma, in precedenza fissati a partire dal 2014;
ai comuni vengono devoluti nuovi tributi, come l'Imu e il Tributo e servizi, dotati di basi imponibili più potenti di quelle precedentemente legate all'Ici e alla Tarsu-Tia;
ai comuni vengono altresì attribuiti margini aggiuntivi di flessibilità nella fissazione delle aliquote;
la valutazione ex ante dei gettiti ad aliquote base dei nuovi tributi comunali determina, al confronto con i gettiti preesistenti, una stima di alcuni miliardi di euro aggiuntivi per la finanza comunale, i quali vengono corrispondentemente decurtati dalla dotazione del fondo sperimentale di riequilibrio e del futuro fondo perequativo di cui agli articoli 2 e 13 del decreto legislativo n. 23 del 2011;
il fondo sperimentale di riequilibrio viene poi ulteriormente ridotto per la quota di manovra finanziaria complessiva assegnata al comparto, pari a 1.450 milioni di euro;
il complesso delle misure sopra descritte determina la necessità di coordinare la nuova autonomia tributaria dei comuni con i meccanismi di riequilibrio e di perequazione previsti nella legge 42, definiti nel decreto n. 23 del 2011 e già operativi a partire dal 2011;
appare necessario definire un meccanismo di monitoraggio e correzione delle differenze fra le stime di gettito e i gettiti effettivamente realizzati ad aliquota base, ad esempio tramite accordo nella Conferenza Stato-città-autonomie locali da raggiungersi entro il mese di marzo di ogni anno successivo a quello d'imposta, almeno durante il periodo di sperimentazione dei nuovi tributi;
il più alto grado di autonomia tributaria porterà presumibilmente alcuni comuni verso condizioni di autofinanziamento dei propri fabbisogni standard, e quindi di esclusione dal fondo sperimentale di riequilibrio;
appare opportuna, in tal senso, la previsione contenuta nel decreto di far confluire nel suddetto fondo la compartecipazione all'Iva prevista nel decreto legislativo n. 23 del 2011;
va rilevato però, in questa direzione, che anche la previsione, contenuta nel medesimo decreto, di attribuire una quota del 30 per cento del suddetto fondo in forma capitaria andrà riconsiderata;
appare in ultima analisi necessario e urgente riconsiderare le fonti di approvvigionamento e i meccanismi di funzionamento del fondo sperimentale di riequilibrio destinato ai comuni;
il precedente Governo aveva varato uno schema di decreto legislativo correttivo in materia di fisco municipale, attualmente all'esame della Conferenza unificata,

impegna il Governo

a modificare lo schema di decreto legislativo correttivo, entro il mese di febbraio 2012, per tenere conto della nuova configurazione dell'autonomia tributaria dei Comuni e delle necessarie modifiche ai meccanismi di funzionamento del fondo sperimentale di riequilibrio e del futuro fondo perequativo.
9/4829-A/160.Causi, Strizzolo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 47 della legge 23 luglio 2009 n. 99, disciplina l'adozione della legge annuale per il mercato e la concorrenza, al fine di rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo o amministrativo, all'apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza e di garantire la tutela dei consumatori;
il precedente Governo, tuttavia, non ha provveduto in oltre due anni a dare attuazione a questa previsione;
il Presidente del Consiglio Monti ha sottolineato nelle sue comunicazioni programmatiche al Senato come sia necessario rimuovere gli ostacoli strutturali alla crescita, affrontando resistenze e chiusure corporative attraverso un disegno organico, volto a ridurre gli oneri ed il rischio associato alle procedure amministrative, a stimolare la concorrenza, ad accrescere la qualità dei servizi pubblici, nel quadro di un'azione finalizzata a diminuire il deficit di concorrenza a livello locale;
le norme in materia di liberalizzazione contenute nel provvedimento dopo l'esame delle Commissioni costituiscono un passo avanti in questa direzione ma ancora decisamente insufficiente, specie alla luce delle modifiche introdotte in sede di conversione;
le liberalizzazioni devono costituire uno dei pilastri dell'azione di Governo;
una decisiva azione di liberalizzazione può rappresentare un'importante leva di sviluppo in un paese in cui permangono ostacoli normativi, forme di autoregolamentazione anti-concorrenziali, insufficiente ruolo delle autorità di regolazione indipendenti. Dalle segnalazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, dalle analisi dell'OCSE e della Banca d'Italia sull'intensità della regolazione anti-concorrenziale emerge una posizione dell'Italia più arretrata rispetto ai principali paesi dell'OCSE,

impegna il Governo

a presentare quanto prima al Parlamento il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza di cui all'articolo 47 della legge 23 luglio 2009 n. 99, in cui siano contenute misure finalizzate ad aprire alla concorrenza mercati chiusi o in regime di monopolio, ridurre le barriere di accesso a categorie economiche e professioni, eliminare privilegi e rendite di posizione a danno dei cittadini, riformare la regolamentazione di alcuni settori di grande impatto sociale, privilegiando l'interesse generale rispetto agli interessi particolari.
9/4829-A/161. Lulli, Froner, Colaninno, Fadda, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri numero 3757 del 21 Aprile 2009 si prevede che i redditi dei fabbricati distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero perché inagibili totalmente o parzialmente per effetto degli eventi sismici del 6 aprile 2009, non concorrono alla formazione dell'imponibile ai fini dell'imposta ICI fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati medesimi;
moltissime sono ancora le abitazioni, in particolare nei centri storici, che non sono state ricostruite e per le quali non sono stati nemmeno avviati i lavori;
gli articoli 8 e 9 del Decreto legislativo n. 23 del 2011 hanno istituito e disciplinato l'imposta municipale propria volta a sostituire, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e le relative addizionali dovute sui redditi fondiari, con riferimento ai beni non locati e l'imposta comunale sugli immobili (ICI);
l'articolo 13 del presente decreto ne anticipa l'applicazione al 2012 ed estende la sua applicazione anche all'abitazione principale e alle pertinenze della stessa;
sarebbe una situazione paradossale quella in cui i terremotati dovessero pagare una tassa su immobili ancora inagibili o completamente distrutti,

impegna il Governo

a garantire continuità nell'applicazione dell'ordinanza 3757, escludendo l'applicazione dell'IMU ai fabbricati distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero perché inagibili totalmente o parzialmente per effetto degli eventi sismici del 6 aprile 2009.
9/4829-A/162. Lolli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
una parte consistente degli effetti finanziari attesi dalle disposizioni del presente provvedimento sono riconducibili alle misure relative alla materia previdenziale che, con il passaggio immediato e generalizzato al sistema contributivo, rappresenta un cambiamento strutturale e si auspica definitivo delle regole pensionistiche;
l'ampiezza della portata della riforma e la complessità della realtà lavorativa del nostro sistema economico, nonché della legislazione in materia lavoristica impongono un'attenta verifica degli effetti diretti e indiretti che le nuove proposte possono produrre sulla condizione dei lavoratori destinatari dei provvedimenti in questione;
in particolare, le disposizioni di cui all'articolo 24 comma 14 e 15 prevedono un regime di deroga all'applicazione del nuovo regime pensionistico solo ad alcune categorie di lavoratori che abbiano acceduto a procedimenti di allontanamento dal lavoro secondo procedure negoziate collettivamente o per i quali siano già stati attivati gli opportuni ammortizzatori sociali;
da tale sistema di deroghe risulterebbero, pertanto, esclusi proprio quei lavoratori più deboli che, operando nelle imprese di più piccole dimensioni, per un verso non possono accedere al sistema degli ammortizzatori sociali e, per l'altro, spesso hanno convenuto con il proprio datore di lavoro la risoluzione del rapporto di lavoro in vista, a legislazione vigente, di un prossimo accesso al trattamento pensionistico;
come si vede si tratta di una fattispecie non solo analogicamente riconducibile a quelle già affrontate nella disposizione citata, ma finanche in esse ricompresa nella sostanza, anche se non nella forma;
situazione non particolarmente differente riguarda i così detti «esodati» o i «sovranumerari» e i dipendenti delle aziende fallite o in procedura di fallimento;
appare opportuno intervenire per colmare siffatta lacuna per evidenti motivi di equità e di correttezza nei rapporti fra datore di lavoro e lavoratore che hanno sottoscritto un'intesa sulla base di un quadro legislativo che, oggi modificato, rischierebbe di sottrarre all'interessato qualunque fonte di reddito anche per sei anni consecutivi;
se dovessero essere confermate le previsioni di recessione formulate da autorevoli centri studi, quale quello di Confindustria, peraltro confermate dallo stesso Ministro dello sviluppo economico, le già difficili prospettive occupazionali rischiano di aggravarsi ulteriormente, aumentando il numero dei lavoratori disoccupati e precludendo ogni residua possibilità di ricollocazione dei lavoratori che avessero convenuto il licenziamento in vista di un prossimo collocamento in pensione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di un'integrazione della disciplina delle deroghe per l'applicazione del nuovo sistema pensionistico che tenga conto della particolare condizione di quei lavoratori di cui in premessa che, pur con un'età anagrafica prossima ai previgenti limiti per l'accesso alla pensione, rischiano di trovarsi senza stipendio, senza ammortizzatori sociali e con la prospettiva di dover attendere ancora molti anni per poter accedere alla pensione.
9/4829-A/163. Gnecchi, Damiano, Moffa, Antonino Foti, Poli, Bellanova, Pizzetti, Pollastrini, Boccuzzi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
lo spettro elettromagnetico rappresenta una risorsa pubblica scarsa e di crescente valore;
lo sviluppo di internet e in particolar e dell'accesso a internet da reti mobili è sempre più veloce nel mondo e in Italia;
il valore delle frequenze è stato confermato appena quattro mesi fa da un'asta pubblica in cui ciascuna frequenza è stata assegnata per un valore di circa 350 milioni;
il beauty contest lanciato su analoghe frequenze consentirebbe agli aggiudicatari di disporre gratuitamente dello stesso bene pubblico salvo poterlo rivendere dopo appena cinque anni;
il meccanismo del beauty contest in atto finisce per non aprire nemmeno il mercato tv a nuovi ingressi, ma per consolidare le posizioni dominanti;
gli evidenti squilibri a danni di operatori tv minori e locali realizzati con la transizione al digitale possono essere risolti con una porzione molto limitata delle frequenze inserite nel beauty contest;
tutto ciò è incompatibile con l'attuale fase di estrema difficoltà della finanza pubblica,

impegna il Governo

a procedere ad un'attenta e sollecita verifica degli effetti giuridici ed economici dell'adozione di un diverso processo di assegnazione delle frequenze televisive, nell'interesse generale della collettività sia con riguardo agli aspetti finanziari sia per quanto riguarda il rafforzamento del pluralismo del settore televisivo e dell'informazione.
9/4829-A/164. Gentiloni Silveri, Boffa, Bonavitacola. Cardinale, Fiano, Gasbarra, Meta, Ginefra, Laratta, Lovelli, Pierdomenico Martino, Merlo, Tullo, Velo, Strizzolo, Sarubbi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la manovra rappresenta la risposta obbligata alla crisi di fiducia dei mercati finanziari ed è rivolta a confermare il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013, dopo che questo obiettivo era divenuto incerto, nonostante le pesanti misure di luglio ed agosto 2011, in conseguenza dell'aumento dei tassi di interesse al limite della sostenibilità e dell'ampiezza del cosiddetto spread rispetto alle performance dei titoli tedeschi;
una parte consistente degli effetti finanziari attesi dalle disposizioni del presente provvedimento sono riconducibili alle misure relative alla materia previdenziale che, con il passaggio immediato e generalizzato al sistema contributivo, rappresenta un cambiamento strutturale e si auspica definitivo delle regole pensionistiche;
il significativo contributo finanziario richiesto al mondo del lavoro attraverso l'applicazione di un nuovo sistema di calcolo pensionistico prevede, tra l'altro, all'articolo 24, comma 10, una penalizzazione di alcuni punti percentuali sull'importo dell'assegno pensionistico dei lavoratori che hanno comunque maturato un'anzianità contributiva di 42 anni e un mese per gli uomini, e 41 anni e un mese per le donne, qualora la loro età anagrafica risulti inferiore a 62 anni;
sulla possibilità di escludere ogni forma di riduzione del trattamento pensionistico di quei cittadini che sin dalla più giovane età hanno iniziato la loro attività lavorativa, si è registrata un'ampia convergenza di tutte le forze politiche, anche in considerazione dell'esiguità e dell'aleatorietà delle stime degli effetti finanziari attesi dalla misura in questione,

impegna il Governo

per quanto di propria competenza, ad adottare ogni iniziativa utile, sin dai prossimi provvedimenti di carattere economico-finanziario che si dovessero ritenere opportuni, volta a superare il meccanismo di decurtazione dell'assegno pensionistico per i lavoratori che hanno maturato un'anzianità contributiva di 42 anni e un mese per gli uomini, e 41 anni e un mese per le donne, a prescindere dalla loro età anagrafica.
9/4829-A/165. Damiano, Moffa, Foti, Crosetto, Poli, Bellanova, Pizzetti, Pollastrini, Bobba, Boccuzzi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il sostegno alla partecipazione al lavoro delle donne è presupposto fondamentale per la crescita civile e democratica del Paese, nonché strumento essenziale per la crescita e la competitività del nostro sistema produttivo;
c'è infatti un nesso strettissimo tra parità lavorativa, presenza delle donne nei processi decisionali e nella sfera pubblica e sviluppo dell'economia, della qualità del lavoro, delle relazioni familiari: più donne occupate e partecipi alla vita economica del Paese significa più democrazia, più sviluppo, più nascite, famiglie più dinamiche e sicure economicamente, meno bambini in condizioni di povertà;
uno degli obiettivi più qualificanti della Strategia di Lisbona è quello relativo all'occupazione femminile, che dovrebbe raggiungere il 60 per cento entro il 2010. L'Italia, il cui tasso di occupazione femminile si attesta al 46,3 per cento, rispetto alla media dell'Unione del 57,4 (dati 2006), si trova largamente al di sotto non solo dell'obiettivo finale, ma anche dell'obiettivo intermedio - già mancato - che fissava al 57 per cento il tasso minimo di occupazione femminile per il 2005, con ciò collocandoci agli ultimi posti in Europa e in posizione molto arretrata anche su scala mondiale. Inoltre nella classifica del gender gap nel 2007 siamo infatti passati dal 45o al 77o posto e secondo il recente rapporto del World Economic Forum, siamo arrivati addirittura all'ottantaquattresimo;
innalzare il tasso di occupazione femminile significa elevare il potenziale di crescita e garantire una più equa ripartizione delle risorse pubbliche, anche in funzione della sostenibilità futura dei sistemi previdenziale e di protezione sociale;
oggi, in Italia, il principale servizio di cura all'infanzia è costituito dai nonni. Secondo le rilevazioni ISTAT, sei bambini su dieci tra 0 e 3 anni di età sono affidati ai nonni quando la madre lavora e solo due su dieci frequentano un asilo nido pubblico o privato. Dato medio, che registra una forte differenziazione territoriale, nascondendo la drammatica condizione dei servizi per l'infanzia nel Mezzogiorno. I bambini che frequentano un nido pubblico sono, infatti, solo il 6 per cento nel Mezzogiorno, a fronte del 15 per cento al Nord e del 13 per cento al Centro;
il Consiglio europeo di Lisbona del 2000, per quanto riguarda il potenziamento dei servizi all'infanzia, ha fissato il raggiungimento di una copertura del servizio di asili nido su tutto il territorio nazionale per almeno il 33 per cento entro il 2010 dei bambini tra 0 e 3 anni;
l'Europa chiede parità di trattamenti retributivi, l'eliminazione delle discriminazioni, il divieto del lavoro notturno per le donne in gravidanza e con figli piccoli, obbliga a percorsi di conciliazione per le donne e per gli uomini; nonostante ciò l'esecutivo ha scelto di ottemperare esclusivamente alla sentenza riguardante la pensione delle donne nel pubblico impiego, in assenza di alcuna forma di contrattazione con le parti sociali;
una parte consistente degli effetti finanziari attesi dalle disposizioni del presente provvedimento sono riconducibili alle misure relative alla materia previdenziale che, con il passaggio immediato e generalizzato al sistema contributivo, rappresenta un cambiamento strutturale e si auspica definitivo delle regole pensionistiche;
sicuramente le donne sono tra i soggetti che più risentiranno del nuovo regime previdenziale sia con riferimento all'applicazione del sistema contributivo, sia per quanto riguarda i nuovi limiti anagrafici per l'accesso al pensionamento,

impegna il Governo

a promuovere con urgenza disposizioni specifiche al fine di migliorare la condizione di vita delle donne, con particolare riguardo al sostegno all'accesso al mercato del lavoro, a pari condizione di salario e carriera nonché a misure volte a favorire la conciliazione tra i tempi di cura e tempi di lavoro, anche tramite l'introduzione dei congedi parentali obbligatori per gli uomini;
a garantire l'accesso al lavoro delle donne fino al raggiungimento su tutto il territorio nazionale degli obiettivi definiti dalla Strategia di Lisbona per il 2010 e la continuità di reddito ed il reimpiego delle donne in condizione di disoccupazione e a rischio di espulsione dal mercato del lavoro;
a prevedere azioni finalizzate a superare gli svantaggi ai quali sono esposte le carriere delle lavoratrici;
a promuovere e sostenere in via legislativa ed economica la condivisione dei carichi di cura tra uomini e donne;
a prevedere l'ampliamento degli interventi a sostegno della maternità, anche a prescindere dalla condizione lavorativa della donna, proporzionalmente al numero di eventi di maternità.
9/4829-A/166. Mosca, Damiano, Bellanova, Gnecchi, Lenzi, Gatti, Rampi, Santagata, Miglioli, Schirru, Boccuzzi, Codurelli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 24, comma 8, prevede l'incremento di un anno, dal 1o gennaio 2018, del requisito anagrafico per il riconoscimento dell'assegno sociale;
in tale fattispecie rientrano persone invalide ultra sessantacinquenni ai sensi dell'articolo 19 legge n. 118, ciechi e sordomuti ai sensi della Legge n. 381/1970 - tra cui anche ex casalinghe o donne sole o lavoratori emigrati all'estero, che per diversi motivi (ad esempio per cura dei famigliari, contributi non versati dal datore di lavoro...) - si ritroverebbero a maturare l'età per l'assegno sociale a 66 anni e non più a 65 anni, con il rischio di trovarsi, di conseguenza, in stato di indigenza e povertà,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di derogare all'aumento dell'età pensionabile da 65 a 66 anni per i cittadini invalidi già riconosciuti titolari di assegno sociale ai sensi delle leggi citate, al fine di scongiurare che le persone invalide non vengano a ritrovarsi in oggettive condizioni di difficoltà, aggravate dalla crisi economica contingente.
9/4829-A/167. Schirru, Damiano, Gnecchi, Lenzi, Gatti, Bellanova, Rampi, Santagata, Miglioli, Strizzolo, Codurelli, Boccuzzi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 21, comma 2), prevede che, nel processo di riorganizzazione del sistema previdenziale attraverso l'assorbimento di Inpdap ed Enpals in Inps a partire dal 1 gennaio 2012, la dotazione organica dell'INPS venga incrementata di un numero di posti corrispondente alle unità di personale di ruolo in servizio presso gli enti soppressi alla data di entrata in vigore del presente decreto. Inoltre il comma 2) stabilisce che «non sono trasferite le posizioni sopranumerarie, rispetto alla dotazione organica vigente degli enti soppressi, ivi incluse quelle di cui all'articolo 43, comma 19 della legge 23 dicembre 2000, n. 388»;
il personale sopranumerario dell'Inpdap si trova in questa condizione per effetto della legge 23 dicembre 2000 n. 388 che all'articolo 43, comma 19, stabiliva che nel processo di vendita degli immobili di proprietà degli enti previdenziali: «I lavoratori, già dipendenti degli enti previdenziali, addetti al servizio di portierato o di custodia e vigilanza degli immobili che vengono dismessi, di proprietà degli enti previdenziali, restano alle dipendenze dell'ente medesimo»;
nel caso dell'Inpdap sono 700 lavoratori la cui posizione non è mai stata perfezionata poiché non sono mai stati inseriti nella pianta organica dell'ente nonostante ne siano alle dipendenze, con contratti a tempo indeterminato, da oltre un decennio;
si tratta di personale precedentemente addetto al servizio di portierato o di custodia e vigilanza degli immobili dismessi, di proprietà degli enti previdenziali che è stato inserito nei ruoli e nelle relative qualifiche amministrative dell'INPDAP;
nel corso di questo decennio, tale personale - che rappresenta il 10 per cento della forza lavoro INPDAP - si è professionalizzato e si è inserito perfettamente nei processi produttivi dell'Ente, contribuendo attivamente alla puntuale erogazione dei servizi ai cittadini; tra l'altro, si tratta di personale inquadrato nelle più basse qualifiche professionali, con conseguenti basse retribuzioni che incidono minimamente sui risparmi attesi dalla manovra;
per effetto dell'articolo 21, comma 2, tale personale è spostato in altre amministrazioni anche al di fuori del territorio regionale per poi entrare, per 24 mesi, nei meccanismi di sostegno al reddito di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
considerate le esigue economie che conseguirebbero dall'attuazione di tale norma, peraltro vanificate dalla possibilità che questi lavoratori, non assorbiti da altra amministrazione, si trovino a percepire gli ammortizzatori sociali, con conseguente aggravio sulle risorse pubbliche;
considerata l'oggettiva iniquità di trattamento nei confronti dei lavoratori sopranumerari nonostante il dettato della norma concernente il loro trasferimento all'Inpdap - l'articolo 43, comma 19 della legge 23 dicembre 2000 n. 388 - di fatto ne stabilisse la loro piena assunzione;
considerata la carenza di organico di cui soffre da anni l'Inps più volte denunciata dal Parlamento con diversi atti di sindacato ispettivo,

impegna il Governo

a valutare la portata applicativa di quanto stabilito dall'articolo 21, comma 2, al fine di adottare ulteriori iniziative in materia di posizioni sopranumerarie, attraverso un meccanismo di concertazione con le organizzazioni sindacali e la direzione dell'Inps ai fini di: individuare altri meccanismi di razionalizzazione organizzativa della nuova struttura tali da produrre equivalenti o maggiori risparmi, non disperdere i ruoli e le professionalità dei lavoratori sopranumerari, tenere conto delle diverse situazioni individuali (età anagrafica, contributiva etc.) ai fini di una migliore riorganizzazione dell'istituto, evitare - per quanto possibile - di ingaggiare nuove risorse per i compiti che possono essere già svolti dal personale in oggetto.
9/4829-A/168. Madia, Gatti, Mattesini, Boccuzzi, Codurelli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la manovra rappresenta la risposta obbligata alla crisi di fiducia dei mercati finanziari ed è rivolta a confermare il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013, dopo che questo obiettivo era divenuto incerto, nonostante le pesanti misure di luglio ed agosto 2011, in conseguenza dell'aumento dei tassi di interesse al limite della sostenibilità e dell'ampiezza del cosiddetto spread rispetto alle performance dei titoli tedeschi;
una parte consistente degli effetti finanziari attesi dalle disposizioni del presente provvedimento sono riconducibili alle misure relative alla materia previdenziale che, con il passaggio immediato e generalizzato al sistema contributivo, rappresenta un cambiamento strutturale e si auspica definitivo delle regole pensionistiche;
una riforma di tale portata necessita di un'attenta azione di verifica di un'ampia gamma di istituti che furono immaginati e disciplinati alla luce della coesistenza di diversi regimi previdenziali;
tra questi rientra senz'altro l'ipotesi che, ai sensi dell'articolo 1, comma 40, della legge 8 agosto 1995, n. 335, riconosce esclusivamente ai lavoratori con il sistema contributivo la contribuzione figurativa per i periodi dedicati all'educazione dei figli fino al sesto anno di età, per l'assistenza di figli, del coniuge o del genitore con disabilità o, infine, per maternità;
sicuramente le donne sono tra i soggetti che più risentiranno del nuovo regime previdenziale sia con riferimento all'applicazione del sistema contributivo, sia per quanto riguarda i nuovi limiti anagrafici per l'accesso al pensionamento;
come noto, l'Italia purtroppo è molto lontana dagli obiettivi stabiliti a Lisbona nel 2000 per quanto riguarda l'occupazione femminile: il numero delle donne occupate è fermo, infatti, al 46,1 per cento contro il 60 per cento che si sarebbe dovuto raggiungere entro l'anno in corso; siamo al 96o posto al mondo per la partecipazione delle donne nell'economia e all'88o per la presenza nel lavoro. Un dato inferiore a quello medio dell'Unione europea di circa dodici punti;
anche per favorire il superamento di tale divario che rappresenta un vero e proprio vincolo strutturale del nostro sistema economico e sociale,

impegna il Governo

per quanto di sua competenza, a favorire una modifica dell'attuale disciplina al fine di estendere il diritto alla contribuzione figurativa di cui all'articolo 1, comma 40, della legge 8 agosto 1995, n. 335 anche ai lavoratori con il sistema di calcolo previdenziale misto.
9/4829-A/169. Gatti, Gnecchi, Lenzi, Boccuzzi, Codurelli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il 28 maggio 2009 l'Istituto Mutualistico Artisti Interpreti Esecutori è stato dichiarato estinto dal Prefetto di Roma ai sensi degli articoli 27 del codice civile e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, per constatata e perdurante incapacità dell'Istituto di raggiungere gli obiettivi statutari;
nonostante il fallimento dell'esperienza IMAIE, incapace di distribuire 138 milioni di euro agli artisti aventi diritto, il precedente Governo ha voluto ri-costituire un Nuovo Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori (nuovo IMAIE), attraverso l'articolo 7 del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, recante disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali, convertito con modificazioni dalla Legge 29 giugno 2010, n. 100;
il quadro normativo in materia è incerto e (i) genera confusione in danno dei titolari dei diritti, (ii) ostacola le attività di nuovi operatori del settore dell'intermediazione dei diritti connessi, (iii) consente al nuovo IMAIE di operare con la fuorviante convinzione di esercitare un monopolio: monopolio che non è previsto da nessuna norma né italiana né tantomeno europea;
la Commissione europea nella nota decisione COMP/C-2/38.698 - CISAC, ha ribadito che l'attività di intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore è libera e che singoli ordinamenti nazionali non possono impedire ai titolari dei diritti la libertà di decidere liberamente a quale intermediario affidarsi;
l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella propria segnalazione al Parlamento del 4 giugno 2004 ebbe già a censurare l'assetto allora in vigore dell'IMAIE ed auspicò che fosse «salvaguardata la facoltà dell'artista di decidere liberamente se ed eventualmente a quale intermediario affidare l'esercizio dei propri diritti, con particolare riferimento all'esercizio del proprio credito al compenso»;
l'attività di gestione collettiva dei diritti connessi al diritto d'autore, regola esclusivamente rapporti patrimoniali tra soggetti privati ed è un mercato libero e aperto alla concorrenza tra operatori;
diverse associazioni di artisti ed imprese private si sono organizzate e pur operando nell'interesse dei propri mandatari si trovano a dover affrontare resistenze, veri e propri abusi da parte del Nuovo IMAIE e di rappresentanze dei produttori sia audio che video;
la presenza di più operatori comporta un abbattimento dei costi di gestione e amministrativi, maggiori efficienze operative e maggiori volumi di diritti raccolti,

impegna il Governo

a procedere, entro 3 mesi, a modificare la normativa in materia di diritti connessi al diritto d'autore al fine di abrogare tutte le disposizioni contraddittorie che oggi ostacolano di fatto il libero esercizio dell'attività di impresa in questo mercato, così come avviene in tutti i paesi europei ed extraeuropei.
9/4829-A/170. De Micheli, Beltrandi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la manovra rappresenta la risposta obbligata alla crisi di fiducia dei mercati finanziari ed è rivolta a confermare il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013, dopo che questo obiettivo era divenuto incerto, nonostante le pesanti misure di luglio ed agosto 2011, in conseguenza dell'aumento dei tassi di interesse al limite della sostenibilità e dell'ampiezza del cosiddetto spread rispetto alle performance dei titoli tedeschi;
una parte consistente degli effetti finanziari attesi dalle disposizioni del presente provvedimento sono riconducibili alle misure relative alla materia previdenziale che, con il passaggio immediato e generalizzato al sistema contributivo, rappresenta un cambiamento strutturale e si auspica definitivo delle regole pensionistiche;
ai sensi del comma 14, dell'articolo 24, del provvedimento in oggetto, la formulazione indicata per la disciplina di possibili deroghe all'applicazione del nuovo regime previdenziale per i lavoratori collocati in mobilità sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011, rischia di non rappresentare una soluzione che riesca a riconoscere il medesimo trattamento a situazioni analoghe;
in particolare, nel settore del credito, si profila il rischio che anche accordi già stipulati da tempo non possano vedere accesso a tale provvidenza in ragione della circostanza che tali accordi collettivi volti a scongiurare i licenziamenti collettivi ai sensi della legge n. 223 del 1991, non prevedono l'attivazione del transito al Fondo di Solidarietà, oppure, che accordi già negoziati e definiti, ma al momento non ancora attivati, possano essere esclusi per ragioni temporali,

impegna il Governo

ad assicurare un'attenta verifica dell'applicazione delle disposizioni richiamate in premessa, eventualmente provvedendo alle necessarie modifiche e integrazioni legislative, anche al fine di scongiurare che si possa determinare una violazione del principio di parità di trattamento di fattispecie analoghe.
9/4829-A/171. Rampi, De Micheli, Damiano, Gnecchi, Lenzi, Gatti, Bellanova, Santagata, Miglioli, Schirru, Boccuzzi, Codurelli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
una parte consistente degli effetti finanziari attesi dalle disposizioni del presente provvedimento sono riconducibili alle misure relative alla materia previdenziale che, con il passaggio immediato e generalizzato al sistema contributivo, rappresenta un cambiamento strutturale e si auspica definitivo delle regole pensionistiche;
sicuramente le donne sono tra i soggetti che più risentiranno del nuovo regime previdenziale sia con riferimento all'applicazione del sistema contributivo, sia per quanto riguarda i nuovi limiti anagrafici per l'accesso al pensionamento;
in particolare, le cosiddette «lavoratrici precoci» si troveranno di fronte alla difficile alternativa, per chi ha iniziato a lavorare sin dalla più giovane età, di dover prolungare ancora per diversi anni la loro attività lavorativa o vedersi ridurre significativamente il trattamento pensionistico che, in media, per queste figure professionali spesso già non raggiunge i mille euro mensili;
siffatta misura non sembra pienamente coerente con l'obiettivo equitativo che dovrebbe caratterizzare il provvedimento di risanamento del bilancio dello Stato,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate al fine di adottare ulteriori iniziative volte ad individuare delle soluzioni normative che tengano conto della particolare condizione di quelle lavoratrici che sin dalla più giovane età, spesso impegnate in lavorazioni fisicamente logoranti e con retribuzioni medio-basse, hanno iniziato la loro attività lavorativa.
9/4829-A/172. Bellanova, Damiano, Gnecchi, Lenzi, Gatti, Rampi, Santagata, Miglioli, Schirru, Bobba, Strizzolo, Boccuzzi, Codurelli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) ha una dotazione complessiva di personale fissata per legge in centottanta unità e che la distribuzione di dette risorse risulta altresì vincolata per legge in 120 unità con contratto a tempo indeterminato e 60 con contratto a tempo indeterminato;
a seguito di numerosi interventi legislativi a partire dal 2003, ad invarianza di personale, sono stati aggiornati ed aumentati i compiti e le funzioni dell'AEEG ed, in particolare, tra i più rilevanti;
l'articolo 1, comma 375, della legge n. 266 del 2005 e il decreto interministeriale 28 dicembre 2007, che ha attribuito all'AEEG il compito di definire tariffe elettriche agevolate in favore dei clienti domestici economicamente svantaggiati (tariffa sociale);
l'articolo 11, comma 12 della legge 14 maggio 2005, n. 80 che estende, con provvedimento dell'AEEG, le condizioni tariffarie previste dal decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato in data 19 dicembre 1995, alle forniture di energia elettrica per le produzioni e lavorazioni dell'alluminio, piombo, argento e zinco e al ciclo clorosoda, situati nel territorio della regione Sardegna;
il decreto del Ministero dello sviluppo economico 21 giugno 2007 in materia di ricerca di sistema nel settore elettrico con riguardo, segnatamente, all'attribuzione all'AEEG di funzioni sostitutive del Comitato di Esperti di Ricerca per il Settore Elettrico (CERSE);
la Legge finanziaria per il 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, comma 165, lettera f-ter) che, in attuazione dell'articolo 23 della direttiva 2003/54/CE, ha attribuito all'AEEG il compito di svolgere anche una funzione paragiurisdizionale per la risoluzione delle controversie tra produttori di energia e gestori di rete, mediante decisioni vincolanti tra le parti;
l'articolo 81, comma 18, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 e sue successive modificazioni, che attribuisce all'AEEG il compito di vigilare sul rispetto del divieto di traslazione della maggiorazione d'imposta (6,5 punti percentuali dell'IRES) introdotta dai commi 16 e 17 dello stesso articolo;
la legge 23 luglio 2009, n. 99, recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia, che affida all'AEEG, in particolare, compiti in tema di aggiornamento della componente C.E.C. del provvedimento Cip 6/92, di realizzazione di misure di Virtual Power Plants per la regione Sardegna e di risoluzione anticipata delle convenzioni Cip 6/92;
il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 in materia di energia nucleare, che assegna all'AEEG il compito di determinare e di aggiornare le tariffe per il conferimento e lo stoccaggio del combustibile nucleare e dei rifiuti radioattivi;
il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130 («Decreto Stoccaggi») che, in particolare, impone di provvedere all'introduzione ed implementazione del bilanciamento di merito economico nel settore gas;
le direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE (recanti rispettivamente norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e norme comuni per il mercato interno del gas naturale) e i regolamenti 713/2009 (CE), 714/2009 (CE) e 715/2009 (CE) - provvedimenti comunitari che compongono il cosiddetto Terzo Pacchetto Energia - che attribuiscono alle autorità nazionali di regolamentazione dei settori energetici numerosi compiti aggiuntivi e importanti nuove responsabilità. In particolare, sanciscono espressamente che gli Stati membri «(...) per tutelare l'indipendenza dell'autorità di regolamentazione provvedono in particolare affinché: l'autorità di regolamentazione (..) disponga di risorse umane e finanziarie idonee allo svolgimento delle sue attività»;
l'articolo 17 della legge 4 giugno 2010, n. 96 (Comunitaria 2009) che, nel dare l'avvio al processo di recepimento delle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, ha delegato il Governo a prevedere che l'AEEG disponga di risorse finanziarie idonee allo svolgimento delle proprie attività, attraverso il sistema di totale autofinanziamento previsto dall'articolo 2, comma 38, della legge 14 novembre 1995, n. 481;
il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, che attribuisce all'AEEG ulteriori compiti in materia di promozione delle fonti energetiche rinnovabili;
il decreto legislativo 1o giugno 2011, n. 93, che ha recepito le direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, attribuendo nuovi compiti e funzioni all'Autorità per l'energia elettrica e il gas, senza prevederne l'adeguamento della pianta organica;
l'articolo 21 del presente disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 201 del 2011 (A.C. 4829), assegna all'AEEG nuove funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici;
considerato che si rende necessaria una ridefinizione dell'organico funzionale dell'AEEG tale da garantire - nell'interesse dei consumatori - il pieno assolvimento delle nuove funzioni anche di controllo e di garanzia dei mercati di riferimento ad essa affidate;
considerato che l'AEEG si avvale di personale a tempo determinato e indeterminato sulla base dell'articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481 e successive modificazioni, e che il numero complessivo delle risorse previste per legge non è stato più adeguato dal 2004 e, quindi, appare sottodimensionato rispetto ai compiti istituzionali ad essa via via affidati nel tempo,

impegna il Governo

senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica, a prevedere apposite misure che, nell'interesse del consumatore, della tutela e della crescita efficiente dei settori di riferimento, garantiscano il pieno assolvimento dei compiti anche di garanzia e di controllo affidati via via da leggi dello Stato all'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, attraverso una rideterminazione degli organici in ruolo sino a cinquanta unità, di cui all'articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481 e successive modificazioni.
9/4829-A/173. Bellotti.

La Camera,
premesso che:
i processi di liberalizzazione del mercato del trasporto di persone e di cose per via aria, acqua e terra, da tempo avviati intendono realizzare l'apertura alla concorrenza di settori strategici di attività economiche già riservate e gestite in regime di monopolio pubblico;
ad oggi la gestione di strutture lineari quali viabilità e ferrovie affidata, rispettivamente, alla società Ente nazionale per la strada (ANAS) Spa e alla Rete ferroviaria italiana spa, non è ancora soggetta alla specifica regolazione di un organismo pubblico che possa dirsi imparziale rispetto agli interessi del mercato sottoposto al suo controllo e che, in posizione di terzietà, assuma il compito di contemperare le esigenze di economicità e di efficienza della gestione con le ragioni sociali e di tutela dell'ambiente, imposte dai vincoli di sostenibilità dello sviluppo;
per il passaggio di un mercato dal monopolio alla libera concorrenza è indispensabile ed indifferibile un incisivo intervento di regolazione per assistere e per guidare, secondo le peculiari esigenze delle diverse modalità nelle quali si articola il trasporto, il passaggio al libero mercato, contemperando le finalità economiche del profitto con i bisogni sociali di qualità e di universalità dei servizi essenziali alla mobilità dei cittadini;
tenendo conto della necessità di realizzare una compiuta liberalizzazione del sistema dei trasporti, l'articolo 37 del decreto «salva Italia», così come opportunamente integrato dalle Commissioni bilancio e finanze della Camera, prevede che il Governo adotti, mediante regolamenti di delegificazione, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400/1988, disposizioni volte a realizzare un'efficiente regolazione nel settore e dell'accesso alle relative infrastrutture;
la norma in oggetto prevede l'attribuzione delle relative funzioni ad una delle Autorità indipendenti esistenti, che potrebbe essere identificata nell'Autorità per l'Energia elettrica ed il gas;
tra le funzioni da attribuire all'autorità è ricompresa quella fondamentale di garantire condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture e alle reti ferroviarie, aeroportuali, portuali e alla mobilità urbana collegata a stazioni, aeroporti e porti;
non si comprende, tuttavia, la mancata estensione dei compiti di garanzia attribuiti all'autorità regolatoria anche alle reti ed infrastrutture stradali ed autostradali,

impegna il Governo

ad includere tra le competenze dell'Autorità anche il settore stradale ed autostradale, al fine di garantire un'efficiente ed unitaria regolazione nel settore dei trasporti e l'accesso alle relative infrastrutture.
9/4829-A/174. Garofalo, Germanà.

La Camera,
premesso che:
negli ultimi mesi l'Italia è stata sottoposta ad una forte tensione sui mercati finanziari causata da una sfiducia nei confronti dell'economia del paese;
tale sfiducia si è concretizzata in particolare nell'aspettativa negativa degli investitori sulla solvibilità del nostro debito pubblico;
tale condizione ha determinato un incremento significativo del differenziale tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi con effetti distorsivi per il mercato e per il collocamento dei nostri titoli di Stato;

impegna il Governo

a verificare quali siano state le reali dinamiche finanziarie che hanno generato l'aumento del differenziale citato nelle premesse, con particolare riguardo alle informazioni relative alla detenzione e tracciabilità dei flussi dei titoli di Stato Italiani negli ultimi sei mesi tenendo anche conto dei provvedimenti adottati in materia di divieto di vendite allo scoperto.
9/4829-A/175. Contento.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 201 del 2001 (A.C. 4829) al comma 19, articolo 21, attribuisce all'Autorità per l'energia elettrica e il gas le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici che vengono esercitate con i medesimi poteri attribuiti all'Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, precedentemente facenti capo alla soppressa Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua;
il medesimo comma 19 dell'articolo 21 dispone che le funzioni attinenti la regolazione ed il controllo dei servizi idrici da trasferire all'Autorità saranno individuate con decreto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201;
la legge 12 luglio 2011, n. 106 di conversione del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (cosiddetto «decreto Sviluppo») prevede al comma 24 dell'articolo 10 che agli oneri derivanti dal funzionamento della soppressa Agenzia si provvede mediante un contributo posto a carico di tutti i soggetti sottoposti alla sua vigilanza, il cui costo non può essere recuperato in tariffa, di importo non superiore all'uno per mille dei ricavi risultanti dall'ultimo bilancio approvato prima della data di entrata in vigore del presente decreto, per un totale dei contributi versati non superiore allo 0,2 per cento del valore complessivo del mercato di competenza. Il medesimo comma stabilisce inoltre che il contributo è determinato dalla Agenzia con propria deliberazione, approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ed è versato entro il 31 luglio di ogni anno. Le relative somme affluiscono direttamente al bilancio dell'Agenzia;
sia opportuno prevedere esplicitamente che non solo le funzioni ma anche il sopra citato meccanismo di finanziamento dell'attività di regolazione e controllo dei servizi idrici siano trasferiti dalla soppressa Agenzia all'Autorità, al fine sia di garantire la necessaria copertura finanziaria degli oneri di funzionamento delle nuovi attribuzioni, sia di evitare che nell'ambito dei diversi settori regolati (energia elettrica, gas naturale e servizi idrici) si verifichi un improprio trasferimento di risorse fra settori diversi,

impegna il Governo

a far sì che nell'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 19, articolo 21 del decreto-legge n. 201 del 2001, sia garantito all'Autorità oltre al trasferimento delle funzioni, anche il meccanismo di finanziamento degli oneri derivanti dall'esercizio dei compiti di regolazione e controllo dei servizi idrici ad essa attribuiti, come già definito dal comma 24, articolo 10 della legge 12 luglio 2011, n. 106 di conversione del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70.
9/4829-A/176. Abrignani.

La Camera,
premesso che:
le disposizioni di cui all'articolo 31, comma 1, del decreto legge 6 dicembre 2011 introducono, nel nostro ordinamento, un regime di totale deregolamentazione, nell'intero territorio nazionale, degli orari di vendita e del regime fin qui vigente in materia di apertura degli esercizi commerciali nelle giornate domenicali e festive;
specifici regimi di disciplina delle aperture domenicali e festive degli esercizi commerciali sussistono, invece, in larga parte dei Paesi membri dell'Unione europea;
tali regimi di disciplina delle aperture domenicali e festive degli esercizi commerciali svolgono ruolo rilevante sia ai fini della tutela del ruolo pro-concorrenziale del pluralismo distributivo, sia allo scopo di tutelare il diritto al riposo;
vanno salvaguardate, ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione della Repubblica, la competenza delle Regioni in materia di disciplina del commercio, nonché le competenze degli Enti locali, allo scopo di assicurare un'efficiente regolazione di prossimità territoriale del sistema complessivo degli orari e delle aperture delle attività;
al riguardo, la Commissione Attività Produttive della Camera, nel parere reso alle Commissioni Bilancio e Finanze, ha esplicitato la necessità di distinguere, a tutela della concorrenza, tra la liberalizzazione degli orari giornalieri e la liberalizzazione delle aperture nelle giornate domenicali e festive;
si avvisa la necessità di applicare criteri di «benchmark» comunitario, distinguendo, pertanto, tra liberalizzazione dell'orario di vendita nelle giornate feriali e aperture per deroga nelle giornate domenicali e festive,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative al fine di riconsiderare le disposizioni di cui all'articolo 31, comma 1, del decreto in esame, attivando, allo scopo, un tavolo di confronto tra le parti interessate, e chiamandone, in particolare, a far parte le Confederazioni delle imprese commerciali maggiormente rappresentative a livello nazionale, i Sindacati dei lavoratori e il sistema delle Regioni e degli Enti locali.
9/4829-A/177. Vignali.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 33 novella l'articolo 10 della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità che entrerà in vigore il 1o gennaio 2012), che rimette ad un regolamento di delegificazione la disciplina della riforma degli ordinamenti professionali per garantire una maggiore liberalizzazione;
l'articolo 33, inoltre sostituisce il comma 2 dell'articolo 10 della legge di stabilità disponendo l'abrogazione di tutte le norme vigenti sugli ordinamenti professionali a decorrere dall'entrata in vigore del regolamento di delegificazione, specificando che le abrogazioni riguarderanno solamente le norme sugli ordinamenti professionali in contrasto con i principi cui deve attenersi il regolamento medesimo;
la disposizione in esame stabilisce poi che queste norme saranno comunque abrogate, anche in caso di mancata emanazione del regolamento, alla data del 13 agosto 2012;
il termine previsto per l'emanazione del regolamento del 13 agosto 2012 è di carattere meramente ordinatorio con il rischio che il regolamento possa essere emanato anche oltre tale scadenza;
l'articolo 33 prevede dunque l'abrogazione delle norme sugli ordinamenti professionali in contrasto con i principi dettati per il regolamento di delegificazione, rimettendo peraltro l'individuazione di tali norme all'interprete, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di certezza del diritto;
attesa la rilevanza costituzionale che rivesta l'avvocatura, il tipo di attività di interesse pubblico che svolge, nonché la sua secolare tradizione all'interno dell'ordinamento dello Stato, sarebbe necessario che alla riforma della professione forense si proceda con legge e non con regolamento, di rango normativo secondario;
è di dubbia legittimità costituzionale l'aver delegificato le norme in materia di ordinamenti professionali, compresi quelli che coinvolgono i diritti dei cittadini;
in Commissione Giustizia della Camera dei deputati è fermo da diverso tempo un progetto di legge largamente condiviso, già approvato in Senato, contenente la riforma organica della disciplina della professione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attuare la riforma della professione forense con atto normativo di rango primario, considerando il progetto di legge già incardinato in Commissione Giustizia della Camera dei deputati contenente la riforma organica della disciplina della professione di avvocato, al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi economici rivolti alla stabilità del mercato e alla ripresa economica e salvaguardare al contempo i principi, anche costituzionalmente garantiti, sui quali si fonda la professione forense e l'antica tradizione giuridica nazionale preservandone il decoro, l'autonomia e l'indipendenza.
9/4829-A/178. Frassinetti.

La Camera,
premesso che:
il canone per i passi carrai, dovuto dai cittadini e dalle imprese che risiedono fuori dal cartello di centro abitato in favore di ANAS ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 143 del 1994 e richiamato dall'articolo 7 comma 2 del decreto-legge n. 138 del 2002, è determinato da parte della società medesima attraverso un provvedimento che ha natura discrezionale perché dà un contenuto numerico ai parametri indicati, genericamente, nell'articolo 27, comma 8 del Codice della strada e questo comporta una notevole difformità di trattamento da compartimento a compartimento e quindi una conseguente alterazione della concorrenza. L'articolo 55, comma 23 della legge n. 449 del 1997, relativamente ai cosiddetti «passi carrai», prevede che «Le entrate proprie dell'Ente nazionale per le strade, ente pubblico economico, derivanti dai canoni e dai corrispettivi dovuti per le concessioni e le autorizzazioni..., sono aggiornate ogni anno e in sede di primo adeguamento, l'aumento richiesto a ciascun soggetto titolare di concessione o autorizzazione non può superare il 150 per cento del canone o corrispettivo attualmente dovuto»; successivamente l'ANAS S.p.a. avrebbe interpretato la norma secondo cui il limite del 150 per cento valeva solo per il primo anno di applicazione, mentre per gli anni successivi il canone sarebbe dovuto sulla base di parametri individuati dall'ANAS stessa e questo ha portato, in base alle nuove tabelle e coefficienti di calcolo, gli aumenti unilaterali da parte dell'Anas del canone; gli utenti si trovano, di fatto, a pagare due volte le tasse sulle strade: sia, ordinariamente, per la manutenzione delle strade urbane, sia, straordinariamente, per la manutenzione delle strade regionali e statali e le cifre per l'accesso alla strada oscillano da qualche centinaio di euro per i cittadini privati fino a migliaia di euro per le attività commerciali; molti cittadini, che hanno l'accesso della propria abitazione su strade ANAS, hanno ricevuto richieste di pagamento di canoni molto elevati, ormai quintuplicati rispetto all'origine e diversificati senza apparente motivo, come nel caso degli accessi sulla Via Romea tra Venezia e Chioggia e ritengono che la situazione sia in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico, così come sottolineato anche dal Difensore civico di Padova e della regione Veneto,

impegna il Governo

ad intervenire con le opportune iniziative normative affinché venga posta fine alla disparità di trattamento che subiscono i cittadini e le imprese da parte della società ANAS nelle modalità di calcolo del canone dovuto per i passi carrai, anche intervenendo sulle disposizioni di legge che affidano alla società medesima piena discrezionalità per il computo degli importi, nonché fissando criteri e modalità che impongano che gli incrementi dei canoni non superino l'andamento dell'inflazione.
9/4829-A/179. Montagnoli, Laura Molteni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 21 del decreto-legge in esame prevede la soppressione dei consorzi dell'Adda, del Ticino e dell'Oglio e la contestuale istituzione di un unico consorzio nazionale denominato «Grandi Laghi Prealpini»;
la misura in questione, ad avviso del presentatore dal tenore anacronisticamente centralista, si configura come un atto dalle conseguenze assolutamente irrazionali e di evidente inefficacia. Ciò soprattutto in ragione del fatto che la gestione e la regolazione delle risorse idriche territoriali devono il più possibile appartenere alle autonome e specifiche esigenze degli utenti che ne beneficiano e quindi basarsi sui principi fondamentali dell'autonomia dei territori, delle specificità degli utilizzi e della tutela delle risorse. Nel nostro caso coincidenti con prerogative proprie delle aree prealpine;
la norma in questione andrebbe urgentemente rivista, se del caso accompagnando ad un pur necessario intervento di razionalizzazione e di riunificazione dei compiti ridondanti eventualmente esistenti, una parallela devoluzione alla regione ed agli enti locali interessati, delle politiche di gestione e di manutenzione delle funzioni regolatrici dei grandi laghi Alpini,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata nelle premesse, al fine di adottare un prossimo provvedimento urgente volto a fare sì che sia affidata alla Regione Lombardia la potestà normativa di disporre la disciplina di riorganizzazione dei consorzi dell'Adda, del Ticino e dell'Oglio, secondo principi direttivi ispirati al rispetto della razionalizzazione dei costi e dell'ottimizzazione delle risorse, nonché della supremazia e dell'autonomia dei territori interessati.
9/4829-A/180. Nicola Molteni, Laura Molteni.

La Camera,
premesso che:
la funzione svolta dai giovani impegnati nei progetti finanziati dal servizio civile nazionale, ben 20 mila ragazzi e ragazze di età compresa tra i 18 e 28 anni nel prossimo anno riveste un alto valore sociale;
i giovani selezionati sono chiamati a firmare un apposito contratto con l'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, tuttora inquadrato nella Presidenza del Consiglio dei ministri, in base al quale viene loro erogato un assegno mensile pari a 433,80 euro, equiparato fiscalmente ai redditi da lavoro;
su tale assegno grava un versamento Irap pari all'8,5 per cento, che nell'anno equivale a 433 euro per ciascuna posizione del servizio civile, praticamente una mensilità;
l'eliminazione del prelievo comporterebbe un abbassamento del costo annuale della singola posizione di servizio civile da 5902 a 5459 euro ed un corrispondente risparmio aggregato di 8.860.000 euro per il Fondo Nazionale per il Servizio Civile;
la tassazione gravante sul servizio civile nazionale equivale comunque ad una partita di giro, posto che le minori entrate Irap verrebbero compensate da una parallela riduzione della spesa pubblica,

impegna il Governo

a porre allo studio la cessazione dell'imposizione dell'Irap sui contratti concernenti i giovani impegnati dal servizio civile nazionale.
9/4829-A/181. Fabi, Rivolta, Nicola Molteni, Laura Molteni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 40, comma 8, del decreto-legge contiene norme di semplificazione per lo smaltimento dei rifiuti speciali degli estetisti, parrucchieri e acconciatori;
il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 dicembre 2009, recante istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell'articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, ha il nobile obiettivo di assicurare il controllo e la repressione delle attività illecite connesse con il ciclo di gestione e dello smaltimento dei rifiuti;
tuttavia tale decreto ha creato difficoltà e preoccupazione tra gli operatori del settore sia per la previsione di costi eccessivi che penalizzerebbero sopratutto le piccole e medie imprese che costituiscono la maggioranza degli operatori interessati, sia per la rilevante confusione interpretativa, aggravata dal fatto che la violazione degli obblighi e delle prescrizioni è sanzionata oltre che civilmente anche penalmente;
a seguito di ripetute proroghe che dimostrano le difficoltà dell'applicazione del sistema, il SISTRI entra in vigore per la maggior parte degli operatori il prossimo 9 febbraio, ma il Governo non ha ancora attuato le intese interministeriali e la concertazione con le imprese ai fini della semplificazione e la verifica tecnica delle componenti «software» e «hardware», come previsto dall'articolo 6, commi 2, 3 e 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito, con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a rivedere al più presto la normativa relativa al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), attuando una semplificazione radicale del sistema, con esclusione dei rifiuti che non presentino criticità ambientali e dei soggetti che movimentano contenute quantità di rifiuti, anche in attuazione dell'articolo 6, commi 2, 3 e 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito, con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.
9/4829-A/182. Guido Dussin, Togni, Lanzarin, Alessandri, Bitonci, Laura Molteni, Consiglio, Caparini, Grimoldi, Volpi, Rainieri.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 introduce detrazioni di carattere strutturale per interventi di ristrutturazioni edilizia, di efficientamento energetico e per spese conseguenti a calamità naturali;
in particolare i commi da 1 a 3 introducono a regime la detrazione IRPEF del 36 per cento per le spese di ristrutturazione edilizia sostenute per un importo non superiore a 48.000 euro per ciascuna unità immobiliare;
il successivo comma 4 proroga al 31 dicembre 2012 le agevolazioni fiscali del 55 per cento in materia di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio, rendendo strutturale al 36 per cento la medesima agevolazione per gli anni successivi;
nella Commissione è stato approvato un emendamento che estende l'applicazione delle agevolazioni anche alle spese per interventi di sostituzione di scaldaacqua tradizionali con scaldaacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria;
un'ulteriore estensione delle agevolazioni all'acquisto di mobili per arredamento, prodotti in Italia e realizzati prioritariamente con materiali provenienti nell'ambito di programmi e progetti di riforestazione e con finiture di prodotti ecocompatibili, creerebbe benefici sostanziali sia all'ambiente sia al settore del mobile e dell'arredamento, sostenendo concretamente il settore e l'indotto ad esso connesso,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative per poter estendere le agevolazioni fiscali della detrazione IRPEF del 36 per cento anche alle spese sostenute da famiglie composte da persone di età non superiore a 36 anni, per l'acquisto di mobili certificati Made in Italy realizzati prioritariamente con materiali provenienti nell'ambito di programmi e progetti di riforestazione e con finiture di prodotti ecocompatibili, destinati all'arredo di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale».
9/4829-A/183. Lanzarin, Togni, Bitonci, Bragantini, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
il rischio idrogeologico è diffuso in modo capillare sul territorio del Paese; ci sono 5.581 comuni, pari al 70 per cento del totale, a rischio idrogeologico e tra questi, 1.700 sono a rischio frana, 1.285 a rischio di alluvione, mentre 2.596 sono a rischio per entrambe le calamità;
il progressivo abbandono del territorio e il rapido processo di urbanizzazione spesso incontrollata non è stato accompagnato da un adeguamento della rete di scolo delle acque e da un consolidamento del territorio e soprattutto dei versanti collinari e montani;
la situazione è aggravata dai cambiamenti climatici in atto, che si manifestano con la maggiore frequenza degli eventi estremi, sfasamenti stagionali, maggior numero di giorni consecutivi con temperature estive elevate, aumento delle temperature estive e modificazione della distribuzione delle piogge;
è necessario intervenire con urgenza per invertire una tendenza che mette a rischio la sicurezza del territorio e della popolazione, per attenuare l'effetto dei pericoli naturali ai quali potrebbero essere esposte persone e cose e, in particolare, per attuare un programma strutturale di pulizia dei fiumi e dei corsi d'acqua, spesso intasati da tronchi di alberi e massi che ostruiscono lo scolo naturale;
per fronteggiare tale situazione d'emergenza le regioni potrebbero utilizzare i detenuti, attraverso appositi programmi concordati con l'amministrazione penitenziaria, risolvendo al tempo stesso il problema dell'eccessivo affollamento degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale,

impegna il Governo

a promuovere appositi programmi tra le regioni e l'amministrazione penitenziaria, al fine di utilizzare i detenuti, muniti di braccialetto elettronico, per interventi stabiliti d'intesa con gli enti locali diretti alla pulizia dei fiumi è alla prevenzione del rischio idrogeologico.
9/4829-A/184. Togni, Bitonci, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
le drammatiche conseguenze delle calamità alluvionali e dei dissesti idrogeologici verificatesi negli ultimi anni in quasi tutte le aree del Paese, oltre ad evidenziare la nota precarietà del nostro territorio, hanno anche messo in luce la necessità di porre in atto delle serie azioni di prevenzione e di mitigazione del rischio idrogeologico;
la pericolosità e i danni diffusi si manifestano, peraltro, anche a seguito di eventi non particolarmente intensi ma localizzati in aree fortemente urbanizzate e vulnerabili le cui cause sono, fra l'altro, da imputare alla inadeguatezza del reticolo idraulico urbano e secondario nonché ad uno sviluppo urbanistico impetuoso che, in sinergia con la contrazione complessiva del presidio agricolo, aumentano consistentemente il rischio idraulico;
il fabbisogno finanziario necessario per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza complessiva delle situazioni di dissesto del territorio nazionale appare essere quasi imponente, si calcola un ammontare di 44 miliardi di euro, di cui 27 per l'area del Centro-Nord, 13 per il Mezzogiorno e 4 per il patrimonio costiero;
risulta altresì evidente che se non si procederà al più presto ad effettuare un vasto piano di prevenzione e messa in sicurezza del territorio, sarà sempre più difficile ed insostenibile fare fronte agli interventi di risarcimento e di ricostruzione delle opere distrutte o danneggiate a seguito di danni provocati dalle calamità naturali;
per garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione di beni immobili privati destinati ad uso abitativo, danneggiati o distrutti da calamità naturali, andrebbero individuate specifiche disposizioni dirette a prevedere l'introduzione di un regime assicurativo basato sul principio della sussidiarietà,

impegna il Governo

ad intraprendere specifiche iniziative, anche di natura normativa, volte a prevedere l'istituzione di un regime assicurativo, in particolare fondato sui seguenti criteri:
a) copertura assicurativa obbligatoria del rischio calamità naturali nelle nuove polizze che garantiscono i fabbricati privati destinati ad uso abitativo contro l'incendio, con esclusione dei fabbricati abusivi, ivi compresi i fabbricati abusivi per i quali pur essendo stata presentata la domanda di finizione dell'illecito edilizio, non sono stati corrisposti interamente l'oblazione e gli oneri accessori;
b) copertura dei rischi derivanti da tipologie di calamità naturali quali: terremoti, maremoti, frane, alluvioni, inondazioni;
c) copertura dei danni che presentino caratteristiche di catastroficità ai sensi delle norme vigenti;
d) correlazione dei premi assicurativi anche agli indici di rischio delle diverse aree del territorio nei diversi settori;
e) definizione dei parametri cui far riferimento per la determinazione del valore di ricostruzione a nuovo degli immobili da assicurare, sulla base di metodologie di calcolo elaborate da organismi specializzati e già in uso per l'assicurazione di rischi relativi agli immobili;
f) previsione di franchigie, limiti di indennizzo e misure di agevolazione fiscali.
9/4829-A/185. Alessandri, Bitonci, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
valutate negativamente le misure introdotte volte ad un generalizzato aumento della pressione fiscale a carico dei cittadini;
visto in particolare il disposto dell'articolo 13 che anticipa l'istituzione dell'imposta municipale propria all'anno 2012 e la estende ai fabbricati rurali ad uso abitativo e a quelli strumentali all'attività agricola e, stabilisce inoltre, con riferimento alla tassazione dei terreni agricoli, che l'imposta sia corrisposta sulla base di un valore incrementato del 60 per cento, conseguente alla rivalutazione della base imponibile mediante l'applicazione di un moltiplicatore pari a 120;
considerato che tale aumento delle imposte a carico degli agricoltori comporta un incremento del peso fiscale pari a tre volte quello attuale con devastanti ricadute sui costi di produzione e conseguenti diminuzioni degli utili per l'intero settore,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della richiamata disposizione, al fine di adottare con urgenza provvedimenti volti ad escludere dall'imposizione dell'imposta municipale unica le abitazioni e i fabbricati rurali e a ripristinare le attuali agevolazioni a favore dei terreni agricoli al fine di non danneggiare ulteriormente un settore già in forte crisi anche a seguito dei ridimensionati aiuti comunitari.
9/4829-A/186. Negro, Callegari, Fogliato, Rainieri, Bitonci, Bragantini, Laura Molteni, Grimoldi, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
visto in particolare il disposto dell'articolo 13 che anticipa l'istituzione dell'imposta municipale propria all'anno 2012 e la estende ai fabbricati rurali ad uso abitativo e a quelli strumentali all'attività agricola e, stabilisce inoltre, con riferimento alla tassazione dei terreni agricoli, che l'imposta sia corrisposta sulla base di un valore incrementato del 60 per cento, conseguente alla rivalutazione della base imponibile mediante l'applicazione di un moltiplicatore pari a 120;
considerato che tale aumento delle imposte a carico degli agricoltori comporta un incremento del peso fiscale pari a tre volte quello attuale con devastanti ricadute sui costi di produzione e conseguenti diminuzioni degli utili per l'intero settore,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della richiamata disposizione, al fine di adottare con urgenza provvedimenti volti ad escludere dall'imposizione dell'imposta municipale unica le abitazioni e i fabbricati rurali e a ripristinare le attuali agevolazioni a favore dei terreni agricoli al fine di non danneggiare ulteriormente un settore già in forte crisi anche a seguito dei ridimensionati aiuti comunitari.
9/4829-A/186. (Testo modificato nel corso della seduta) Negro, Callegari, Fogliato, Rainieri, Laura Molteni, Bitonci, Bragantini, Grimoldi, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
valutate negativamente le misure introdotte volte ad un generalizzato aumento della pressione fiscale a carico dei cittadini che lungi dal favorire lo sviluppo e la crescita producono una ulteriore contrazione del reddito delle famiglie e delle piccole imprese, in particolare quelle agricole;
considerato che l'aumento del prezzo del carburante farà lievitare i costi di produzione a carico degli imprenditori agricoli, aumento non compensato da una uguale crescita degli utili conseguente alle criticità del mercato quali la volatilità dei prezzi e i fenomeni speculativi;
visto inoltre il disposto dell'articolo 13 che stabilendo, tra l'altro, l'applicazione dell'imposta municipale unica alle abitazioni rurali e ai fabbricati strumentali all'attività agricola, oltre all'incremento della base imponibile per i terreni agricoli, comporta un ulteriore considerevole incremento del peso fiscale a carico degli agricoltori,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle richiamate disposizioni, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a non applicare l'aumento dell'accisa sui carburanti stabilito dall'articolo 15, al gasolio per impieghi agricoli al fine di non danneggiare ulteriormente il comparto agricolo che rappresenta un settore di estrema importanza per il nostro Paese leader mondiale di prodotti alimentari di eccellenza e qualità.
9/4829-A/187. Fogliato, Callegari, Bitonci, Laura Molteni, Grimoldi, Consiglio, Rainieri, Caparini, Volpi.

La Camera,
valutate negativamente le misure adottate volte ad un generalizzato aumento della pressione fiscale che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità;
considerato che i numerosi sussidi statali erogati alle imprese si rivelano spesso inefficaci quando non inutili come segnalato da recenti indagini di Banca d'Italia e Corte dei Conti che evidenziano come molte aziende italiane hanno incassato nel tempo miliardi di euro pubblici senza produrre né crescita, né occupazione, salvo pochi casi di eccellenza con l'unica conseguenza di alimentare un sistema economico sussidiato dai contribuenti senza alcuna ricaduta positiva in termini di produttività e innovazione,

impegna il Governo

ad avviare con urgenza una ricognizione ed un riordino della disciplina della programmazione negoziata e degli incentivi alle imprese, degli interventi di reindustrializzazione di aree di crisi, degli incentivi per la ricerca, sviluppo e innovazione, al fine di operare una razionalizzazione che consenta significativi risparmi di spesa.
9/4829-A/188. Maggioni, Bitonci, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, anticipa, in via sperimentale, l'imposta municipale propria;
anche gli enti gestori dell'edilizia residenziale pubblica sono soggetti al pagamento di detta imposta;
finalità degli enti gestori dell'edilizia residenziale pubblica è, tra l'altro, dare in locazione alloggi ad un canone «politico», stabilito dalle Regioni, a soggetti economicamente deboli;
tale canone è spesso, rispetto al prezzo di mercato, irrisorio (a livello nazionale mediamente 80 euro);
i canoni di locazione sono già soggetti ad una tassazione generale elevata;
un'ulteriore imposta limiterebbe la capacità degli Enti Gestori di impegnare risorse per garantire sicurezza e salubrità agli alloggi che, già ora, sono spesso in pessimo stato di manutenzione,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere l'esenzione dall'imposta municipale principale per gli Enti Gestori dell'edilizia residenziale pubblica.
9/4829-A/189. Follegot, Fedriga, Bitonci, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame si inserisce nell'ambito di un piano di misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, prevedendo anche misure volte al contenimento della spesa pubblica e nuove entrate nelle casse dello Stato;
la città di Brescia sta realizzando la prima tratta funzionale «Prealpino-S. Eufemia» di una linea di metropolitana leggera automatica innovativa «tipo driverless» di 13 km, con 17 stazioni, che collega i punti di maggiore attrazione e generazione di traffico della città;
alcune stazioni sono dotate di parcheggi di interscambio per drenare la mobilità privata ai terminali in modo da ridurre il traffico verso il centro cittadino. La linea è in gran parte interrata e parte in viadotto;
l'intervento fu inserito dal Governo fra le opere strategiche di interesse nazionale ai sensi della legge 443/2001 ed è finanziato dallo Stato sia con la legge 211/92 (delibera CIPE 29.11.02) sia con la Legge Obiettivo (delibera CIPE del 23.11.07 n. 126) per complessivi 284 milioni di euro; il costo ammesso a finanziamento era pari a circa 601 milioni di euro. Il costo finale oggi previsto per l'opera è di circa 888 milioni di euro ivi compresi tutta una serie di costi accessori che per l'entità dell'opera si rivelano, essere assai considerevoli;
la città di Brescia, per completare e realizzare quest'opera si è impegnata, in parte, con risorse proprie, che hanno largamente inciso sulla propria stabilità economica, ed in parte considerevole accedendo a mutui sul mercato dei capitali (tra tutti, il più considerevole, un mutuo di 220 milioni di euro del 2007 con Cassa Depositi e Prestiti ma debbono essere assunti ulteriori finanziamenti per circa 180 milioni di euro);
il CIPE, con delibera n. 104 del 29.9.06, assegnava un contributo di 3.576 milioni di euro per 15 anni da imputare sui fondi legge n. 266 del 2005. L'attualizzazione del contributo annuale corrisponde, ai tassi correnti, all'investimento di 40 milioni di euro richiesto;
nonostante la Corte dei Conti abbia provveduto alla registrazione del successivo decreto interministeriale n. 1009 del 17.12.2010 col quale viene autorizzato il contributo pluriennale, ad oggi la pratica di erogazione del contributo medesimo non è ancora conclusa e nulla è ancora stato versato a Brescia. Le opere in questi oltre quattro anni sono state via via realizzate ma non ancora pagate;
con nota del 22.9.09 il Sindaco di Brescia ed il Presidente di Brescia Mobilità, quale soggetto attuatore dell'intervento, hanno richiesto ulteriore finanziamento di 80 milioni di euro a copertura di opere di completamento attinenti l'adeguamento a nuove norme, l'adozione di interventi atti ad incrementare la sicurezza, la risoluzione di problematiche imprevedibili;
il complesso degli interventi è stato approvato, in linea tecnica, con voto n. 438/211 BS del 28.7.10, dalla Commissione Interministeriale 1042/69 ma non ancora approvato in linea economica, e finanziato dal CIPE. Da allora l'argomento è stato posto più volte all'ordine del giorno del CIPE ma non è mai stato discusso e approvato, pertanto, ancora oggi, Brescia è in attesa del finanziamento nonostante gran parte degli interventi siano stati ormai realizzati con aggravio diretto e ormai insostenibile sul bilancio dell'Amministrazione;
il carico finanziario, per il comune di Brescia, per la realizzazione dell'opera può far comprendere come sia fondamentale la precisione e la «certezza» nella gestione dei flussi finanziari in entrata (finanziamenti) ed in uscita (imprese) da parte del sistema Brescia (comune e società controllata),

impegna il Governo

ad erogare in tempi brevi lo stanziamento relativo alla delibera CIPE 104 del 29/9/2006 e al decreto interministeriale 1009 del 17 dicembre 2010 nonché ad approvare in via definitiva dal CIPE l'ulteriore finanziamento già approvato in sede tecnica con voto 438/211 Bs del 28 luglio 2010.
9/4829-A/190. Volpi, Caparini, Consiglio, Pastore, Stucchi, Vanalli, Comaroli, Crosio, Fedriga, Pini, Nicola Molteni, Fava, Bitonci, Laura Molteni.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame si inserisce nell'ambito di un piano di misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, prevedendo anche misure volte al contenimento della spesa pubblica e nuove entrate nelle casse dello Stato;
la figura del Prefetto, organo di rappresentanza del Governo nella Provincia, ha inizialmente trovato il suo fondamento normativo negli articoli 18 e 19 dell'ormai abrogato testo unico della legge comunale e provinciale, di cui al regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, e, attualmente, nel testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni;
il Prefetto si caratterizza come organo di competenza generale del Governo, sebbene dipendente gerarchicamente dal Ministero dell'interno. In quanto tale, il Prefetto non può essere considerato come organo decentrato di un settore dell'amministrazione statale, quale è, ad esempio, il dirigente dell'ufficio scolastico regionale nei confronti del Ministro della pubblica istruzione;
al Prefetto nel corso degli anni sono stati attribuiti una miriade di compiti, funzioni ed interventi, di micro e macro competenze disorganiche e disomogenee con l'unico comune denominatore di riassumere in un'unica figura istituzionale funzioni e compiti tra loro profondamente diversi;
le competenze amministrative che le varie leggi hanno attribuito al Prefetto sono state in buona parte assorbite dai decreti legislativi che hanno trasferito funzioni già dello Stato alle Regioni ed alle autonomie locali;
la figura del Prefetto ha un suo ruolo in una società in cui non si è compiuto o raggiunto un decentramento della pubblica amministrazione che definisca chiaramente la linea di demarcazione tra compiti e funzioni dell'amministrazione statale e compiti e funzioni dell'amministrazione locale;
il Prefetto è in netta contrapposizione con le esigenze di decentramento dello Stato e con la sua evoluzione in Repubblica federale ciò nondimeno non ha perso le funzioni di longa manus del potere politico e amministrativo centrale essendo individuato come il referente supervisore dell'amministrazione centrale dello Stato nella singola Provincia;
al fine di raggiungere la completa autonomia amministrativa e per diminuire i costi della macchina pubblica è doveroso attribuire alle amministrazioni locali la pertinenza delle scelte strategiche tecniche e politiche di rilevanza locale,

impegna il Governo

ad attribuire, in un'ottica di riforma dello Stato in senso federale, ovvero di distinzione tra le attribuzioni in capo allo Stato, alle Regioni e agli altri Enti locali, un ruolo più attivo e responsabile alle autonomie locali nella realizzazione degli interessi diffusi delle rispettive comunità con la conseguente soppressione delle Prefetture-Uffici territoriali del Governo e trasferendo le funzioni esercitate dai Prefetti, in relazione al mantenimento dell'ordine pubblico, ai questori territorialmente competenti.
9/4829-A/191. Pirovano, Caparini, Consiglio, Pastore, Stucchi, Volpi, Vanalli, Comaroli, Crosio, Fedriga, Pini, Nicola Molteni, Fava, Bitonci, Bragantini, Laura Molteni.

La Camera,
premesso che:
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate negativamente le misure introdotte, che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità, ma producono una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
preso atto del pesante aumento delle accise sui carburanti, che, oltre al maggior costo diretto, comporta l'aumento dei costi dei beni di prima necessità, causando un doppio danno alle famiglie;
considerato che per i cittadini residenti nelle zone confinanti con la Confederazione Svizzera, in conseguenza dell'ulteriore aumento delle accise, nonostante le agevolazioni attualmente concesse dalle regioni tramite la carta sconto benzina, torna ad essere conveniente varcare il confine e riempire i serbatoi delle proprie vetture;
la legge nazionale che autorizza le agevolazioni in Lombardia e Piemonte attualmente mette a disposizione 20 milioni di euro, chiaramente insufficienti per contrastare gli aumenti;
l'attività dei gestori degli impianti è seriamente a rischio e centinaia di posti di lavoro rischiano di venire meno nelle sole province lombarde di confine;
è indispensabile aumentare il finanziamento delle agevolazioni, in modo da aumentare lo sconto sulla benzina e introdurre lo sconto anche sul gasolio, considerato che ormai il prezzo alla pompa di quest'ultimo è ormai prossimo a quello della benzina,

impegna il Governo

a prevedere un significativo aumento del finanziamento delle agevolazioni sul costo della benzina per le zone di confine con la Confederazione Svizzera, in modo da compensare il deciso aumento delle accise, che penalizza i gestori degli impianti e favorisce la «migrazione» dei cittadini lombardi e piemontesi oltre confine per rifornirsi di carburante.
9/4829-A/192. Rivolta, Nicola Molteni, Bitonci, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate negativamente le misure introdotte, che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità, ma producono un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
valutate, in particolare, le misure riguardanti le nuove imposte di bollo sui titoli, sugli strumenti e sui prodotti finanziari, nonché sui valori oggetto di rimpatrio o di regolarizzazione ai sensi dell'articolo 3-bis del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102;
considerato che le banche della Confederazione Svizzera detengono ingenti capitali provenienti dai Paesi dell'Unione Europea e, quindi, anche dall'Italia;
Gran Bretagna e Germania, hanno, nei mesi scorsi, stipulato apposite convenzioni con la Confederazione Svizzera per assoggettare i redditi di capitale ad una ritenuta a titolo di imposta e per regolarizzare le situazioni passate;
un analogo accordo tra Italia e Confederazione Svizzera consentirebbe all'Erario italiano di recuperare a tassazione centinaia di miliardi di euro,

impegna il Governo

a stipulare con la Confederazione Svizzera apposita convenzione per tassare i redditi di capitale percepiti dai soggetti residenti in Italia e detenuti oltreconfine, in considerazione anche degli impegni presi nelle sedi internazionali dalla Confederazione stessa in tema di trasparenza.
9/4829-A/193.Dozzo, Molteni, Crosio, Rivolta, Bitonci, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
premesso che:
numerose imprese italiane, a causa della grave crisi politico-istituzionale che ha colpito la Libia, hanno evidenti difficoltà a seguito della mancata riscossione dei crediti maturati per forniture di beni e servizi effettuate in quel Paese;
tali crediti, già iscritti, in adempimento agli obblighi civilistici e fiscali, a bilancio, risultano attualmente inesigibili;
la difficoltà di riscossione dei crediti medesimi, aggravata anche dalla contingente situazione economico-finanziaria, determina una condizione di grave difficoltà per le imprese interessate, specie se di piccole e medie dimensioni, anche alla luce del rischio per le stesse di subire un duplice danno consistente, per un verso, nella mancata acquisizione dei crediti maturati e, per altro verso, nella impossibilità di dar corso al loro pagamento per la crisi in corso che le espone a sanzioni anche di tipo penale;
il legislatore ha disciplinato fattispecie quali quella in oggetto con le disposizioni di cui all'articolo 9 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, consentendo con tale norma la rimessione dei termini per gli adempimenti fiscali in presenza di situazioni che impediscano, a causa di forza maggiore, il tempestivo adempimento di obblighi tributari in ragione del fatto che, l'impossibilità di adempiere agli obblighi tributari non sarebbe sotto alcun profilo ascrivibile a responsabilità delle imprese in questione, ma anzi alla mancata corresponsione dei debiti contratti, per lo più da amministrazioni pubbliche, in relazione all'instabilità dei paesi interessati;
nell'aprile del 2011 la III Commissione (Affari esteri e comunitari) ha approvato una risoluzione, che riguarda i problemi delle imprese che operavano nei Paesi del Mediterraneo in crisi, e successivamente l'onorevole Gidoni ha presentato una proposta di legge in favore delle imprese o società italiane coinvolte nella crisi socio-politica sviluppatasi in Libia, Tunisia ed Egitto;
sui temi dei pagamenti dei crediti maturati e della sospensione delle imposte il precedente Governo ha accolto vari ordini del giorno tra i quali il n. 9/04551/001 9/4612/159 con cui si chiedeva all'Esecutivo di avvalersi della facoltà prevista dal citato articolo 9 della legge n. 212 del 2000, stabilendo inoltre una posticipazione delle scadenze ad una data successiva alla liquidazione dei crediti maturati in Libia;
per quanto riguarda la liquidazione dei crediti maturati è stato effettuato un censimento dal quale risulta che le aziende che richiedono la liquidazione sono circa 80 e l'importo è di circa 230 milioni di euro;
le risposte ad alcune interrogazioni (Angelilli, Cancian, e altri E-008353/2011 risposta 14.11.2011, una dall'onorevole Serracchiani E-007827/2011 risposta del 25 ottobre 2011) presentate al Consiglio Europeo consentono di liquidare i crediti maturati con i fondi libici congelati specialmente a quelle società che operavano con enti pubblici o ad essi equiparabili;
è urgentissimo ed improrogabile che il Ministero degli Affari esteri proceda, senza ulteriori perdite di tempo, direttamente o tramite altri soggetti, alla verifica della documentazione presentata dalle società che operavano in Libia per consentire la immediata liquidazione degli importi accertati al fine di consentire, specialmente alle aziende medie e piccole, di salvarsi dal fallimento e riprendere le attività che avevano in corso in Libia;
la liquidazione di tali somme può essere effettuata con i fondi libici congelati (7 miliardi) o con i fondi del Trattato di Amicizia Italo Libica (5 miliardi) che dovrà essere sicuramente ritrattato (infatti domani c'è un incontro tra il Presidente Napolitano ed il leader del Cnt libico Mustafa Abdul Jalil) e, quindi, senza far ricorso al bilancio dello Stato,

impegna il Governo

1) ad avvalersi della facoltà prevista dal citato articolo 9 della citata legge n. 212 del 2000 che autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze a differire con proprio decreto i termini per il pagamento dei tributi, stabilendo una posticipazione delle prossime scadenze ad una data successiva, comunque entro l'anno in corso, in modo da evitare che le imprese interessate subiscano, dalla perdita di liquidità che ne deriverebbe, danni gravi e irreversibili anche per la continuità della loro attività.
2) a valutare l'opportunità di concedere indennizzi o anticipi sui crediti maturati in Libia, per la quota non riconosciuta da coperture assicurative, a favore delle imprese italiane, sia persone fisiche sia persone giuridiche, che dimostrino, mediante idonea documentazione, di essere state operanti in Libia alla data del 17 febbraio 2011 e di aver interrotto successivamente a tale data le proprie attività con abbandono dei siti produttivi e degli impianti e rientro in Italia del personale dipendente, nonché a favore delle imprese operanti in Italia in qualità di loro subappaltatori, con esclusione delle società quotate in mercati regolamentati, a copertura:
a) dei danni subìti a cantieri, attrezzature, macchinari e stabilimenti situati in Libia, di proprietà dei medesimi soggetti, per effetto degli eventi bellici successivi al 17 febbraio 2011;
b)dei crediti maturati e non riscossi, per effetto dei medesimi eventi, nei confronti di soggetti pubblici libici, relativi a contratti stipulati o ad attività avviate in data anteriore al 17 febbraio 2011;
c) delle perdite dovute alla mancata esecuzione, alla risoluzione o rescissione, per effetto dei medesimi eventi, di contratti stipulati in data anteriore al 17 febbraio 2011;
d)delle spese di funzionamento, ivi comprese le spese per il personale dipendente, sostenute nel periodo successivo al 17 febbraio 2011 e fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per assicurare la continuità e la ripresa delle attività di cui al comma 1.
9/4829-A/194.Gidoni, Bitonci, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
valutate negativamente le misure introdotte, che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità, ma producono un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
valutato, in particolare, il contenuto dell'articolo 12, che abbassa ad euro mille il limite per l'uso del contante; tale abbassamento, insieme con il limite per il pagamento in contanti delle pensioni e degli stipendi provocherà tantissimi disagi alle persone più anziane che oggi ritirano personalmente la loro pensione;
considerato che i nuovi limiti determineranno necessariamente un aumento dei costi a carico dei cittadini e commercianti, sotto forma di spese per l'apertura di nuovi conti correnti e di commissioni per le transazioni regolate con carta di credito o bancomat,

impegna il Governo

a valutare di rendere gratuite le transazioni regolate con carta di credito per importi inferiori a 2.500 euro.
9/4829-A/195.Molgora, Bitonci, Bragantini, Laura Molteni.

La Camera,
premesso che:
valutate negativamente le misure introdotte, che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità, ma producono un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
valutato, in particolare, il contenuto dell'articolo 13, che anticipa al 2012 l'applicazione dell'imposta municipale propria; tale imposta municipale propria è stata introdotta dal precedente Governo, come parte del più generale processo di riorganizzazione del fisco che era il federalismo fiscale, ma è stata stravolta dal presente decreto, che assoggetta a tassazione anche gli immobili adibiti ad abitazione principale ed introduce pesanti rivalutazioni delle basi imponibili attraverso l'applicazione di pesanti moltiplicatori;
considerato che sul territorio nazionale esistono centinaia di migliaia di immobili non censiti, che quindi, oltre ad essere stati costruiti abusivamente, sfuggono ad ogni tipo di tassazione,

impegna il Governo

a valutare quanto esposto in premessa, al fine di adottare le opportune iniziative per procedere con il censimento di tutti gli immobili presenti sul territorio nazionale prima di procedere con l'applicazione dell'imposta municipale propria agli immobili adibiti ad abitazione principale.
9/4829-A/196.Simonetti, Bitonci, Bragantini, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
valutate negativamente le misure introdotte, che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità, ma producono un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
valutato che occorre porre un freno al fenomeno sempre più diffuso in Italia delle imprese «lampo», che vengono aperte e poi chiuse prima della chiusura del primo esercizio sociale, al fine di evitare il versamento delle imposte e dei contributi previdenziali; le stesse imprese vengono poi riaperte dopo qualche mese da altri personaggi, rendendo, nei fatti, impossibile per l'amministrazione finanziaria l'individuazione degli amministratori responsabili, con conseguente rinuncia a recuperare le imposte ed i contributi dovuti e non versati;
preso atto che le statistiche evidenziano come tale pratica sia condotta in maggior parte da cittadini stranieri, in particolare di nazionalità cinese,

impegna il Governo

a prevedere l'introduzione dell'obbligo di presentazione, all'atto dell'apertura della partita Iva da parte di una società o cittadino extra Unione europea, di una garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa a favore dell'Agenzia delle Entrate, al fine di garantire gli eventuali versamenti di imposte e contributi dovuti nell'esercizio dell'attività.
9/4829-A/197.Bitonci, Bragantini, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
valutate negativamente le misure introdotte, che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità, ma producono un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
considerato che le nostre imprese continuano a risentire degli effetti della straordinaria crisi economica che ha colpito tutte le economie occidentali;
valutato che la difficoltà di accedere al credito da parte delle piccole e medie imprese costituisce un freno allo sviluppo ed agli investimenti;
considerato che l'ABI e le associazioni di rappresentanza delle imprese il 16 febbraio 2011 avevano stipulato un accordo per facilitare l'accesso al credito delle imprese, in continuità con l'avviso comune dell'ABI del dicembre 2009,

impegna il Governo

a promuovere con ABI e con le associazioni rappresentative delle imprese un accordo per rinnovare i contenuti dei precedenti protocolli, al fine di agevolare l'accesso al credito da parte delle imprese, soprattutto le piccole e le medie.
9/4829-A/198.Allasia, Bitonci, Bragantini, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
valutate negativamente le misure introdotte, che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità, ma producono un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
valutato, in particolare, il contenuto dell'articolo 13, che anticipa al 2012 l'applicazione dell'imposta municipale propria; tale imposta municipale propria è stata introdotta dal precedente Governo, come parte del più generale processo di riorganizzazione del fisco che era il federalismo fiscale, ma è stata stravolta dal presente decreto, che assoggetta a tassazione anche gli immobili adibiti ad abitazione principale ed introduce pesanti rivalutazioni delle basi imponibili attraverso l'applicazione di pesanti moltiplicatori;
considerato che dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo e per le relative pertinenze, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, 200 euro; il Governo ha poi modificato la disposizione, attraverso un emendamento, stabilendo che per gli anni 2012 e 2013 la detrazione viene maggiorata di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a ventisei anni, purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale;
ritenuto opportuno che sia il comune a modulare la detrazione spettante sugli immobili destinati ad abitazione principale,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a far sì che sia il comune a modulare importi e beneficiari della detrazione spettante sugli immobili destinati ad abitazione principale, in modo da dare il giusto margine di discrezionalità all'ente che deve poter impostare liberamente la propria politica fiscale.
9/4829-A/199.Forcolin, Bitonci, Bragantini, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
valutate negativamente le misure introdotte, che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità, ma producono un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
valutato, in particolare, il contenuto dell'articolo 13, che anticipa al 2012 l'applicazione dell'imposta municipale propria; tale imposta municipale propria è stata introdotta dal precedente Governo, come parte del più generale processo di riorganizzazione del fisco che era il federalismo fiscale, ma è stata stravolta dal presente decreto, che assoggetta a tassazione anche gli immobili adibiti ad abitazione principale ed introduce pesanti rivalutazioni delle basi imponibili attraverso l'applicazione di pesanti moltiplicatori;
preso atto che l'aliquota di base dell'imposta è fissata nella misura dello 0,76 per cento e che i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono modificare, in aumento o in diminuzione, l'aliquota di base sino a 0,3 punti percentuali;
considerato che gli immobili locati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431 potevano godere della riduzione dell'aliquota ICI, andando incontro alla particolare tipologia di contratti, con canoni calmierati rispetto a quelli di mercato;
preso atto che nel presente decreto non è presente una disciplina specifica per gli immobili locati ai sensi della legge n. 431 del 1998,

impegna il Governo

a considerare una riduzione dell'aliquota IMU per gli immobili locati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, alla luce della particolare tipologia di contratti, che prevedono canoni calmierati rispetto a quelli di mercato.
9/4829-A/200.Polledri, Bitonci, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
valutate negativamente le misure introdotte, che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità, ma producono un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
valutato, in particolare, il contenuto dell'articolo 13, che anticipa al 2012 l'applicazione dell'imposta municipale propria; tale imposta municipale propria è stata introdotta dal precedente Governo, come parte del più generale processo di riorganizzazione del fisco che era il federalismo fiscale, ma è stata stravolta dal presente decreto, che assoggetta a tassazione anche gli immobili adibiti ad abitazione principale ed introduce pesanti rivalutazioni delle basi imponibili attraverso l'applicazione di pesanti moltiplicatori;
valutata negativamente la disposizione di cui al comma 11 dell'articolo 13, che, contrariamente a quello che accadeva per l'ICI, riserva allo Stato una quota di imposta pari alla metà dell'importo calcolato applicando alla base imponibile di tutti gli immobili, ad eccezione dell'abitazione principale e delle relative pertinenze, l'aliquota di base pari allo 0,76 per cento;
valutato che tale disposizione colpirà soprattutto i comuni turistici, che registreranno un sensibile minor gettito che li costringerà ad aumentare altre leve fiscali,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi del comma 11 dell'articolo 13, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare ai comuni l'intero gettito dell'imposta municipale propria, tornando all'originaria ratio della norma costitutiva dell'IMU, che poneva i comuni stessi come unici beneficiari delle imposte sugli immobili.
9/4829-A/201.Vanalli, Bitonci, Forcolin, Desiderati, Montagnoli, Lanzarin, D'Amico, Bitonci, Bragantini, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
valutate negativamente le misure introdotte, che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità, ma producono un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
valutato, in particolare, il contenuto dell'articolo 13, che anticipa al 2012 l'applicazione dell'imposta municipale propria; tale imposta municipale propria è stata introdotta dal precedente Governo, come parte del più generale processo di riorganizzazione del fisco che era il federalismo fiscale, ma è stata stravolta dal presente decreto, che assoggetta a tassazione anche gli immobili adibiti ad abitazione principale ed introduce pesanti rivalutazioni delle basi imponibili attraverso l'applicazione di pesanti moltiplicatori;
considerato che la normativa sull'imposta comunale sugli immobili concedeva ai comuni la possibilità di esentare dall'imposta gli immobili concessi dal soggetto passivo in comodato d'uso gratuito ai familiari e non limitava il numero delle pertinenze relative all'abitazione principale sui cui applicare l'aliquota agevolata relativa alla prima casa;
preso atto che l'articolo 13 del presente decreto non concede tale possibilità ai comuni e limita ad uno il numero di pertinenze per cui si può usufruire dell'aliquota agevolata,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a concedere la possibilità ai comuni di esentare dall'imposta municipale propria gli immobili concessi dal soggetto passivo in comodato d'uso gratuito ai familiari e a non limitare il numero delle pertinenze relative all'abitazione principale sui cui applicare l'aliquota agevolata relativa alla prima casa.
9/4829-A/202.Bragantini, Bitonci, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
valutate negativamente le misure introdotte, che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità, ma producono un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
preso atto del pesante aumento delle accise sui carburanti, che, oltre al maggior costo diretto, comporta l'aumento dei costi dei beni di prima necessità, causando un doppio danno alle famiglie;
considerato che, ormai, l'importo delle accise arriva quasi al 50 per cento del costo finale della benzina e che l'aumento colpisce indiscriminatamente tutti, indipendentemente dal reddito e dal capitale, con grave sacrificio di chi deve usare l'auto per recarsi quotidianamente al lavoro,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere riduzioni delle accise sui carburanti, compensando le minori entrate con aumenti dell'imposizione sui beni di lusso.
9/4829-A/203.Buonanno, Bitonci, Laura Molteni, Consiglio, Grimoldi, Rainieri, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
valutate negativamente le misure introdotte, che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità, ma producono un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
considerate, in particolare, le misure introdotte dall'articolo 19 in materia di imposta di bollo sui conti correnti, sui titoli sugli strumenti e prodotti finanziari nonché sui valori «scudati» e sulle attività finanziarie e sugli immobili detenuti all'estero;
considerato che già i nuovi limiti fissati dal decreto in tema di tracciabilità dei pagamenti determineranno necessariamente un aumento dei costi finanziari e delle commissioni a carico di tutti i cittadini e commercianti, sotto forma di spese per l'apertura di nuovi conti correnti e di commissioni per le transazioni regolate con carta di credito o bancomat,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative, volte a alzare il valore medio di giacenza annuo risultante dagli estratti e dai libretti al di sotto del quale le persone fisiche non devono pagare l'imposta di bollo.
9/4829-A/204.Bonino, Bitonci, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
valutate negativamente le misure introdotte, che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità, ma producono un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
preso atto che questo Governo ha deciso in maniera quanto meno inopportuna di applicare l'imposta municipale propria anche sugli immobili adibiti ad abitazione principale; considerato che in Italia il 70 per cento dei cittadini è proprietario della casa in cui risiede, a testimonianza dell'alto valore anche culturale che «il mattone» riveste;
considerate le difficoltà economiche nel procedere con l'acquisto dell'abitazione, determinate dal periodo di crisi che il nostro Paese sta vivendo, le difficoltà nell'accedere ai mutui da parte delle famiglie e gli altri costi per le perizie e per gli atti notarili necessari per l'acquisto e per la stipula dei contratti di mutuo,

impegna il Governo

a prevedere che le spese notarili correlate alla stipula dei contratti di mutuo per l'acquisto della prima casa e per la ristrutturazione delle medesima siano a carico dell'istituto di credito mutuante.
9/4829-A/205.D'Amico, Bitonci, Laura Molteni, Grimaldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
considerate le difficoltà economiche nel procedere con l'acquisto dell'abitazione, determinate dal periodo di crisi che il nostro Paese sta vivendo, le difficoltà nell'accedere ai mutui da parte delle famiglie e gli altri costi per le perizie e per gli atti notarili necessari per l'acquisto e per la stipula dei contratti di mutuo,

impegna il Governo

a prevedere che le spese notarili correlate alla stipula dei contratti di mutuo per l'acquisto della prima casa e per la ristrutturazione delle medesima siano a carico dell'istituto di credito mutuante.
9/4829-A/205.(Testo modificato nel corso della seduta) D'Amico, Bitonci, Laura Molteni, Grimaldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
valutate negativamente le misure introdotte, che niente hanno a che fare con lo sviluppo e l'equità, ma producono un forte inasprimento della pressione fiscale ed una pesante contrazione del reddito disponibile delle famiglie;
valutato, in particolare, il contenuto dell'articolo 13, che anticipa al 2012 l'applicazione dell'imposta municipale propria; tale imposta municipale propria è stata introdotta dal precedente Governo, come parte del più generale processo di riorganizzazione del fisco che era il federalismo fiscale, ma è stata stravolta dal presente decreto, che assoggetta a tassazione anche gli immobili adibiti ad abitazione principale ed introduce pesanti rivalutazioni delle basi imponibili attraverso l'applicazione di pesanti moltiplicatori;
valutata negativamente la disposizione di cui al comma 11 dell'articolo 13, che, contrariamente a quello che accadeva per l'ICI, riserva allo Stato una quota di imposta pari alla metà dell'importo calcolato applicando alla base imponibile di tutti gli immobili, ad eccezione dell'abitazione principale e delle relative pertinenze, l'aliquota di base pari allo 0,76 per cento;
valutato che tale disposizione colpirà soprattutto i comuni turistici, che registreranno un sensibile minor gettito che li costringerà ad aumentare altre leve fiscali;
considerato che nei comuni turistici i cittadini residenti devono sopportare in gran parte i costi dei servizi che necessariamente vanno a beneficio di persone che non vivono tutto l'anno nel comune stesso; uno di questi è il servizio idrico, che in alta stagione deve essere in grado di garantire l'erogazione dell'acqua ad un numero di persone di gran lunga superiore a quello che mediamente, durante l'anno usufruisce del servizio;
considerato che è necessario ripartire in modo più equo per i cittadini residenti, i costi di gestione del servizio, che necessariamente deve essere sovradimensionato rispetto alle esigenze delle utenze residenti,

impegna il Governo

a consentire al gestore che abbia completato la manovra di eliminazione del cosidetto «minimo impegnato», fermo restando il limite della copertura integrale dei costi di gestione del servizio idrico integrato, l'adeguamento, per le utenze domestiche, dell'importo relativo alla «quota fissa» (ex nolo contatore) stabilito dalla delibera CIP n. 45 del 1974, in funzione della rivalutazione monetaria intercorsa dalla data del citato provvedimento CIP alla data del 31 dicembre 2008, sulla base dei parametri ISTAT di rivalutazione.
9/4829-A/206.Chiappori, Bitonci, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 27, comma 2, del decreto-legge in esame, attraverso l'inserimento di un nuovo articolo 3-ter nel decreto-legge n. 351 del 2001, nell'ambito di un complessivo processo di valorizzazione degli immobili pubblici, disciplina la formazione di programmi unitari di valorizzazione territoriale per il riutilizzo funzionale e la rigenerazione degli immobili di proprietà di Regioni, Province e comuni e di ogni soggetto pubblico, anche statale, proprietario, detentore o gestore di immobili pubblici, nonché degli immobili oggetto di procedure di valorizzazione di cui al decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 (federalismo demaniale);
la gestione di tali beni, dunque, diventa un mezzo per assicurarne la finalità sociale di «fruibilità universale»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare una quota non inferiore al 6 per cento della spesa totale prevista nel progetto delle opere pubbliche e di pubblica utilità da quest'ultime programmate al recupero dei beni culturali di particolare interesse ambientale e artistico e dei centri storici distrutti o danneggiati da calamità naturali o da eventi dolosi, da parte delle amministrazioni aggiudicatrici di lavori, servizi e forniture, ai sensi del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, adottando un «Piano straordinario pluriennale per l'integrazione lavorativa dei giovani laureati nel settore della conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale».
9/4829-A/207.Goisis, Bitonci, Laura Molteni, Caparini, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Volpi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 34 del decreto-legge in discussione, tende a promuovere una sostanziale liberalizzazione delle attività economiche: imprenditoriali, commerciali, artigianali e autonome;
analogamente alla norma sul commercio, contenuta nell'articolo 3 del decreto-legge n. 223 del 2006, l'articolo 34 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 in esame elenca, al comma 3, le tipologie di restrizione che, ove contenute in preesistenti normative di settore, sono da considerarsi abrogate, tra cui:
il divieto di esercizio di un'attività economica al di fuori di una certa area geografica e l'abilitazione a esercitarla solo all'interno di una determinata area;
l'imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all'esercizio di una attività economica;
il divieto di esercizio di un'attività economica in più sedi oppure in una o più aree geografiche;
l'imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi; la norma in commento è sicuramente deleteria per le rivendite di giornali;

in passato, l'apertura di una rivendita di giornali era subordinata al rilascio di una licenza da parte del Comune interessato, in base al numero di abitanti, nonché alla distanza geografia tra le differenti «edicole»;
pur condividendo i presupposti e principi costituzionali e comunitari, costituiti dalla libertà di concorrenza in condizioni di pari opportunità e corretto e uniforme funzionamento del mercato, nonché dall'esigenza di garantire ai consumatori un livello minimo e uniforme di accesso ai beni e servizi sul territorio nazionale, al fine di rendere il mercato più competitivo e favorendo in questo modo l'acquirente finale, il prodotto in vendita nelle edicole ha un prezzo imposto, stabilito dall'editore, da cui il rivenditore non può assolutamente derogare;
tutto ciò premesso, appare decisamente impossibile favorire la concorrenza tra rivenditori di giornali che operino nella medesima area geografica;
l'accordo nazionale per la rivendita di quotidiani e periodici che regola la categoria prevede difatti che «il rivenditore finale venga pagato in percentuale sul venduto e che tale percentuale possa variare in base alla tipologia del prodotto»;
la norma contenuta nell'articolo 34 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 esclude invece l'imposizione di prezzi minimi o commissioni per l'acquisizione di beni mediante l'applicazione di un coefficiente di profitto o di un qualsiasi calcolo percentuale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disapplicare, con successivo provvedimento legislativo, la sopra descritta disciplina di liberalizzazione alla categoria che opera nel settore della rivendita dei giornali.
9/4829-A/208.Rondini, Bitonci, Laura Molteni, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
esistono vari tipi di concessione demaniale marittima. Un primo tipo è la concessione per scopi turistici e ricreativi che trova la propria fondamentale disciplina nel codice della navigazione;
con riferimento a questa tipologia di concessione demaniale marittima, le principali funzioni amministrative sono esercitate dagli enti locali, salve le aree di interesse nazionale, a norma dell'articolo 105 decreto legislativo n. 112 del 1998;
un secondo tipo di concessione demaniale marittima, poi, è la concessione per la realizzazione di strutture per la nautica da diporto, disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 509 del 1997, recante «Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59»;
come è noto, con il decreto legislativo n. 59 del 2010 in oggetto sono state emanate le norme statali di attuazione della direttiva comunitaria 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno;
appare indifferibile l'inserimento nei servizi esclusi dall'applicazione del provvedimento di settori produttivi del paese, che sono conosciuti a livello mondiale;
i settori che richiedono tutela anche per gli investimenti fatti sono gli stabilimenti balneari, i cantieri navali, la pesca, acquacoltura e mitilicoltura;
la tutela è necessaria anche per le attività degli ambulanti che oltre ad essere un settore importate del commercio svolge un servizio che è una tradizione nel paese,

impegna il Governo

a salvaguardare compartimenti che sostengono l'economia del paese anche in un periodo di crisi, il cui indotto permette di impiegare migliaia di persone, stagionali e non, escludendo dall'applicazione del provvedimento 59/2010 i settori indicati in premessa.
9/4829-A/209.Pini, Bitonci, Bragantini, Laura Molteni, Caparini, Grimoldi, Volpi, Consiglio, Rainieri.

La Camera,
premesso che:
nella manovra in discussione sono presenti sacrifici assai gravosi richiesti ai pensionati italiani;
gli interventi sulle pensioni ed i pensionati già si inseriscono in un sistema che non è assolutamente equo nei confronti di chi ha lavorato per tutta la propria vita;
a tale iniquità si aggiunge la «beffa» dell'assegno sociale per i cittadini extracomunitari;
gli immigrati che hanno compiuto i 65 anni e non hanno redditi oppure sono sotto la soglia dei 5 mila euro annui, hanno diritto a quella che una volta si chiamava «pensione sociale», un tempo riservata ai soli italiani;
quando gli extracomunitari regolari residenti con tanto di carta di soggiorno in regola e residenza hanno compreso i benefici della norma di legge - tutto deriva dalla legge n. 388 del 2000 (inserita nella finanziaria 2001 dell'allora Governo Amato) che ha riconosciuto l'assegno sociale anche ai cittadini stranieri - non hanno fatto altro che presentare domanda di ricongiungimento familiare e far arrivare genitori o parenti anziani;
utilizzando i benefici di legge l'extracomunitario regolare ricongiunto autocertifica l'assenza di reddito e l'Inps a quel punto eroga 395,6 euro al mese di assegno sociale, più 154,9 euro di importo aggiuntivo. In totale 550,5 euro per 13 mensilità quindi 7.156 euro l'anno, esentasse;
grazie a questa iniqua norma genitori, nonni e parenti tutti over 65 di lavoratori extracomunitari, percepiscono i 7.156 euro all'anno, senza aver mai versato alcun contributo all'Inps,

impegna il Governo

a sopprimere tale norma impiegando quanto risparmiato per alzare gli importi delle pensioni minime per i cittadini italiani.
9/4829-A/210.Lussana, Pini, Laura Molteni, Bitonci, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 23 al comma 1 ha ridotto il numero dei componenti delle Autorità Amministrative indipendenti individuate nel testo della disposizione;
il medesimo articolo ha quindi adeguato, per quanto concerne la Commissione indicata alla lettera e) del comma 1, la maggioranza necessaria per l'adozione delle relative delibere nei casi in cui era espressamente stabilito un quorum superiore al numero dei componenti così come fissati dal presente decreto-legge;
l'immediata efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 23 commi 2-bis e 2-ter impone che l'Autorità interessata assume ogni conseguente provvedimento diretto ad adeguare con l'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, quelle disposizioni interne che sono non coerenti con le nuove maggioranze richieste ai fini delle relative delibere così come modificate per effetto dei suindicati commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 23;
quanto sopra anche per evitare che disposizioni di natura secondaria contrastino con la normativa primaria così da mantenere un quadro normativo non omogeneo che rischia di pregiudicare il corretto funzionamento del soggetto interessato,

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto a garantire che, in conseguenza dell'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, ogni forma di disciplina interna dettata dall'Amministrazione indicata alla lettera e) del comma 1 dell'articolo 23 che non è coerente con l'insieme delle norme come modificate all'esito delle variazioni di cui in premessa, sia con tempestività adeguata alle disposizioni introdotte con il presente decreto-legge all'articolo 23 commi 2-bis e 2-ter, in modo tale da eliminare ogni possibile dubbio applicativo nonché ogni possibile forma di contrasto tra legge primaria e normativa di rango secondario.
9/4829-A/211.Fugatti, Laura Molteni, Bitonci, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
il Capo IV del presente provvedimento è interamente dedicato al concorso alla manovra degli Enti territoriali;
la congiuntura economica internazionale degli ultimi tempi che ha investito anche il nostro Paese impone una politica responsabile finalizzata, da un lato al contenimento dei costi volta a preservare i conti e dall'altro lato ad una programmazione di interventi di medio lungo periodo finalizzati ad avviare investimenti mirati a far uscire il Paese dalla crisi nel modo più indolore possibile;
questo scenario di crisi è stato accompagnato da un'evidente intensificazione del mal costume di politicanti affaristi inclini alla corruzione e alla collusione alimentando nell'opinione pubblica una disaffezione nei confronti della politica;
si è generato così in molti cittadini un sentimento diffuso di sfiducia nei confronti delle istituzioni, dei legislatori e degli amministratori. Spesso, infatti, quando si affronta il tema dei costi della politica si è inclini ad una generalizzazione qualunquista incapace di individuare in modo ampio e realmente riformatore soluzioni di lungo periodo capaci di cambiare radicalmente il sistema Paese;
soltanto con l'entrata in vigore, prima del federalismo fiscale e poi di una reale riforma federalista dell'attuale assetto costituzionale, finalmente si potrà operare una razionalizzazione dei costi degli apparati amministrativi e politici con un giusto equilibrio, che può essere sintetizzato nel «Vedo, Pago, Voto»;
gli emolumenti degli organi elettivi degli enti territoriali non sono rappresentati nel Paese in modo omogeneo con evidenti disuguaglianze nelle diverse aree territoriali del Paese,

impegna il Governo

a disciplinare con proprio decreto i costi standard definiti a livello nazionale degli emolumenti degli organi elettivi degli enti locali territoriali e a promuoverne l'applicazione da parte degli enti stessi.
9/4829-A/212.Paolini, Montagnoli, Laura Molteni, Bitonci, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
la manovra economica all'esame contempla l'adozione di misure di forte responsabilizzazione dei cittadini e più in generale di tutti coloro che a vario titolo risiedono sul nostro territorio o vi svolgono la loro attività economica;
nessuna misura di responsabilizzazione è invece prevista nei confronti degli stranieri che risiedono illegalmente sul nostro territorio e che, in quanto tali, pur non versando tributi all'erario statale, usufruiscono di importanti servizi del nostro sistema di Welfare state, dall'assistenza sanitaria all'istruzione e ai servizi sociali;
in particolare, desta preoccupazione la persistente inattuazione delle previsioni di cui all'articolo 35 del testo unico sull'immigrazione, decreto legislativo n. 286 del 1998, nella misura in cui, pur riconoscendo agli stranieri irregolari privi di risorse adeguate la possibilità di accedere alle «cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e ad essi sono estesi i programmi di medicina preventiva e salvaguardia della salute individuale e collettiva», al contempo estende anche agli stranieri l'obbligo di pagamento del ticket, a parità di condizioni con i cittadini italiani e gli stranieri regolari;
tale obbligo viene, infatti, costantemente disatteso da parte degli stranieri irregolari, né le strutture sanitarie sono dotate ad oggi degli strumenti giuridici per rendere coercibile il pagamento della compartecipazione alla spesa sanitaria nei confronti di soggetti spesso privi di un documento valido, e comunque residenti nel nostro paese in condizioni di clandestinità;
il Ministero della Salute, con circolare n. 5/2000, è intervenuto a chiarire che per cure urgenti devono intendersi le cure che non possono essere differite, in quanto esporrebbero la persona a pericolo per la vita o a danno per la salute, mentre per cure essenziali bisognerebbe intendere le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie non immediatamente pericolose, ma che potrebbero comportare nel tempo maggiore danno alla salute o rischi per la vita,

impegna il Governo

ad attivarsi per introdurre misure che rendano effettivo il pagamento della compartecipazione alla spesa sanitaria anche da parte degli stranieri che risiedono illegalmente nel nostro territorio, ad esempio prevedendo l'obbligo per i sanitari di erogare le cure, il cui differimento non espone la persona a pericolo di vita, solo a seguito dell'esibizione del titolo di pagamento del ticket sanitario.
9/4829-A/213.Laura Molteni, Bragantini, Bitonci, Caparini, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Volpi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 30 del decreto-legge in esame reca disposizioni relative a settori che necessitano con urgenza maggiori risorse per assicurare lo svolgimento di determinate attività;
l'articolo 1, comma 239, della legge 23 dicembre 2009 n. 191, al fine di garantire condizioni di massima celerità nella realizzazione degli interventi necessari per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole, ha previsto che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, previa approvazione di apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari permanenti competenti per materia nonché per i profili di carattere finanziario, fossero individuati gli interventi di immediata realizzabilità fino all'importo complessivo di 300 milioni di euro, con la relativa ripartizione degli importi tra gli enti territoriali interessati, nell'ambito delle misure e con le modalità previste dall'articolo 1-bis del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137 e con le procedure di cui all'articolo 80, comma 21, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003);
con riferimento al summenzionato disposto normativo le Commissioni V e VII della Camera hanno emanato la Risoluzione n. 8-00099 il cui contenuto, tuttavia, ha generato alcune perplessità individuabili principalmente nella significativa presenza di edifici sede di scuole parificate e nella non completa individuazione degli stessi;
con successiva Risoluzione n. 8-00143 è stato specificato che parte degli interventi inclusi nella precedente risoluzione (oltre 250 interventi per un valore di oltre 40,5 milioni ubicati nelle regioni meridionali) era già inclusa in una proposta di programmazione in fase di predisposizione che il Ministro delle Infrastrutture ha poi trasmesso al CIPE in data 22 luglio 2011;
il Ministero delle Infrastrutture del precedente Governo Berlusconi ha informato le competenti Commissioni parlamentari circa la predisposizione di uno schema di decreto interministeriale che recepirebbe integralmente le indicazioni contenute nella citata risoluzione;
relativamente ai ritardi, è stato evidenziato che «nella procedura di attuazione incidono in maniera significativa anche i tempi necessari alla stipula dei relativi contratti di mutuo, progettazione, appalto ed esecuzione che sono di competenza degli enti locali e rappresentano una storica criticità del sistema»,

impegna il Governo

ad adoperarsi affinché la difficoltà generata dai vincoli del patto di stabilità che ha impedito, in molti casi, la stipula dei mutui necessari all'attivazione dei finanziamenti, possa essere superata, in modo tale da dare corso all'iter approvativo previsto dalle norme sopra richiamate.
9/4829-A/214.Cavallotto, Laura Molteni, Bitonci, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 40 del decreto-legge in esame sotto il titolo di «riduzione degli adempimenti amministrativi per le imprese» dispone che il lavoratore immigrato in attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno può legittimamente soggiornare nel territorio dello Stato e svolgere temporaneamente attività lavorativa;
la disposizione citata configura una sorta di provvisorio silenzio assenso rispetto alla domanda di permesso di soggiorno che collide con altre disposizioni del nostro ordinamento in materia e consente di fatto ad un lavoratore straniero in posizione irregolare di poter prestare la propria opera lavorativa;
considerato che:
le disposizioni citate rappresentano un forte incentivo al lavoro nero per gli immigrati, proprio in una fase di crisi economica che suggerirebbe politiche di segno opposto;
tutte le previsioni macroeconomiche degli istituti ed organismi accreditati prevedono l'ingresso dell'Italia nei prossimi mesi in una situazione di vera e propria recessione;
la stessa Confindustria stima che nei prossimi mesi si determineranno esuberi per oltre 800 mila lavoratori nel nostro Paese, sicché apparirebbe più razionale disincentivare l'arrivo di nuova manodopera dall'estero,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a contenere l'arrivo di nuova manodopera immigrata nel nostro Paese, anche sospendendo l'adozione dei decreti che determinano i flussi di ingresso per i lavoratori extracomunitari.
9/4829-A/215.Di Vizia, Laura Molteni, Bitonci, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
considerato lo stanziamento per la proroga dei lavori socialmente utili di Napoli e Palermo;
preso atto della volontà del Governo di proseguire con una politica «passiva» di sostegno al reddito, che si riduce a puro assistenzialismo, invece che porre in essere politiche attive di welfare to work,

impegna il Governo

a prevedere, nelle more di attuazione del provvedimento, che i lavoratori di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2000 e di cui agli articoli 2 e 3, comma 1, del decreto legislativo n. 280 del 1997, possono continuare ad essere impegnati dagli enti utilizzatori fino ad esaurimento dei progetti in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, contemplando l'abrogazione dei decreti legislativi 1o dicembre 1997, n.468 e 28 febbraio 2000, n. 81.
9/4829-A/216. Munerato, Simonetti, Montagnoli, Bitonci, Laura Molteni, Pastore, Grimoldi, Caparini, Volpi, Rainieri.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
considerate, nel dettaglio, le disposizioni di cui all'articolo 24, commi 22 e 23, del provvedimento, finalizzate ad un incremento delle aliquote contributive per artigiani e commercianti;
preso atto della volontà del Governo di intraprendere la strada più facile e meno equa per reperire risorse, colpendo la predetta categoria solo perché più semplice individuarla e, conseguentemente, tassarla;
tenuto conto che l'incremento è graduale e, stante le modifiche apportate durante l'esame della manovra nelle Commissioni di merito, è ora pari ad 1,3 punti percentuali per l'anno 2012 ed a 0,45 punti percentuali ogni anno fino al raggiungimento del 24 per cento, previsto nel 2018,

impegna il Governo

a non ricorrere, in eventuali e futuri provvedimenti economici di ritocco ed aggiustamento dei conti pubblici, ad una accelerazione temporale della gradualità di aumento delle aliquote contributive di cui in premessa.
9/4829-A/217.Grimoldi, Laura Molteni, Bitonci, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
tenuto conto delle disposizioni di cui agli articoli aggiuntivi 23-bis e 23-ter, in materia di compensi massimi per la determinazione degli emolumenti per gli amministratori delle società non quotate e dei trattamenti economici dei dirigenti pubblici, introdotti durante l'esame nelle Commissioni parlamentari di merito;
ritenuto che con le citate norme si interviene solo parzialmente sugli sprechi e gli stipendi cosiddetti «d'oro», essendo rimaste escluse comunque categorie a carico delle finanze pubbliche dal punto di vista remunerativo, come ad esempio i magistrati ed i professori universitari,

impegna il Governo

ad estendere, nelle more di attuazione del provvedimento, le disposizioni in materia di definizione di compenso massimo e trattamento economico complessivo anche ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili, ai presidenti delle autorità indipendenti, ai presidenti e componenti di collegi e organi di governo e di controllo di società non quotate, ai dirigenti di banche ed istituti di credito di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, ed ai dirigenti delle società o aziende che beneficiano in forma diretta o indiretta di interventi pubblici in funzione anticrisi, ai ricercatori e professori universitari, nonché a chiunque abbia rapporti di lavoro dipendente o autonomo con la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo.
9/4829-A/218.Dal Lago, Caparini, Fedriga, Bragantini, Laura Molteni, Bitonci.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
stigmatizzate le disposizioni in materia pensionistica di cui all'articolo 24, con particolare riguardo agli interventi sulle pensioni di vecchiaia e di anzianità;
criticata la mancanza di criteri di flessibilità nell'applicazione della nuova disciplina previdenziale;
ritenuto ingiusto la scelta di scaricare sulla categoria dei lavoratori e dei pensionati, solo perché più facilmente identificabili e in grado di garantire un introito certo ed immediato, parte del risanamento dei conti pubblici;
preso atto delle affermazioni del Governo in merito alla scelta di non conteggiare le misure antievasione fiscale per evitare «ottimismo contabile», nonostante siano incisive,

impegna il Governo

a valutare, nelle more di attuazione del provvedimento ed una volta accertato e quantificato il gettito derivante dalle misure anti-evasione fiscale, la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere un alleggerimento delle neo-misure pensionistiche, attraverso l'introduzione di un meccanismo di gradualità in base al quale scaglionare l'ordine e la misura degli interventi sulle pensioni di anzianità e di vecchiaia.
9/4829-A/219.Fedriga, Laura Molteni, Bragantini, Bitonci, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
esaminate le norme contenute nel provvedimento in titolo;
tenuto conto degli interventi di revisione della disciplina pensionistica, con l'applicazione del sistema di calcolo contributivo pro-rata per tutte le anzianità maturate a decorrere dal 1o gennaio 2012;
considerato, in particolare, il principio di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 24, ovvero l'equità e convergenza intragenerazionale e intergenerazionale, con abbattimento dei privilegi;
considerato, altresì, l'impegno di cui al comma 7 dell'articolo 23, relativamente all'adozione di iniziative per conseguire l'obiettivo di livellamento retributivo Italia-Europa,

impegna il Governo

ad attivarsi presso gli Organi Costituzionali, nel rispetto delle proprie competenze e nell'ambito della propria autonomia, affinché gli stessi adottino le opportune deliberazioni per l'armonizzazione dei requisiti di accesso al pensionamento dei rispettivi dipendenti a quelli vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria.
9/4829-A/220.Pastore, Laura Molteni, Bragantini, Bitonci, Grimoldi, Rainieri, Consiglio, Caparini, Volpi.

La Camera,
vagliate le disposizioni di cui al provvedimento in titolo;
preso atto dell'intervento di soppressione di Inpdap ed Enpals ed il conseguente trasferimento di funzioni all'Inps, di cui all'articolo 21 del provvedimento medesimo;
tenuto conto che la finalità asserita di questa operazione è quella di migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa nel settore previdenziale;
considerato che un'analisi dei saldi Inps tra entrate ed uscite e tra riscossioni dei contributi per luogo di lavoro e pagamenti delle prestazioni previdenziali per luogo di residenza evidenzia un forte squilibrio tra Nord e Sud, a vantaggio di quest'ultimo che riscuote per prestazioni più di quanto partecipa con le entrate contributive,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di procedere alla regionalizzazione dell'istituto nazionale di previdenza sociale.
9/4829-A/221.Torazzi, Laura Molteni, Bitonci.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo e considerata la disciplina di revisione della normativa pensionistica, volta a posticipare l'accesso alla pensione;
valutate, in particolare, le finalità di cui all'articolo 24, comma 27, del provvedimento stesso, relativamente all'istituzione di un Fondo per il finanziamento di interventi in favore dell'incremento occupazionale di donne e giovani;
tenuto conto che insieme a giovani e donne necessitano di politiche mirate anche i soggetti cosiddetti a «rischio di esclusione sociale», ovvero lavoratori e lavoratrici over 40-50 anni, che si trovano in stato di disoccupazione o in mobilità;
preso atto che, alla luce dell'allungamento dell'età pensionabile, per tali soggetti è ancora più impellente la ricollocazione lavorativa,

impegna il Governo

a valutare, nelle more di attuazione del provvedimento, l'opportunità di prevedere la concessione di un credito di imposta in favore dei datori di lavoro che assumano con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato lavoratori o lavoratrici di età superiore ai 40 anni che si trovino in stato di disoccupazione da almeno 12 mesi ovvero di età superiore ai 50 anni che si trovino in stato di disoccupazione da almeno 24 mesi, o ancora iscritti nelle liste di mobilità di cui alla legge n. 223 del 1991.
9/4829-A/222.Reguzzoni, Laura Molteni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 17, prevede l'obbligo per le aziende di dichiarare il proprio numero di abbonamento RAI sulla dichiarazione dei redditi;
il pagamento del canone di abbonamento, istituito con il Regio decreto n. 246 del 1938 quando ancora non esisteva la TV, è dovuto per la semplice detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle diffusioni televisive, indipendentemente dai programmi ricevuti, a seguito di una sentenza della Corte costituzionale del 2002 che ha riconosciuto la sua natura sostanziale d'imposta per cui la legittimità dell'imposizione è fondata sul presupposto della capacità contributiva e non sulla possibilità dell'utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo al cui finanziamento il canone è destinato;
si tratta, ad avviso dei presentatori dell'ordine del giorno, di una imposta antiquata e iniqua, che non ha alcun motivo di esistere anche in virtù del maggiore pluralismo indotto dall'ingresso sul mercato di nuovi editori e dall'apporto delle nuove tecnologie (DTT, DDT, DVbh, TV satellitare, ADSL, WI-FI, cavo e analogico);
ad avviso dei presentatori, il canone è un'imposta ingiusta, territorialmente e socialmente. Territorialmente, in quanto mentre nel Nord del Paese il mancato pagamento si attesta al 5 per cento, nel Meridione oscilla tra il 30 e il 50 per cento. È un'imposta socialmente iniqua in quanto colpisce tutte le fasce di reddito, comprese le più deboli nonostante il comma 132, articolo 1, della legge finanziaria 2008 come modificato dal decreto-legge 31 dicembre 2007 n. 248 prevedesse, a decorrere dall'anno 2008, per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a euro 516,46 per tredici mensilità, senza conviventi, l'abolizione del pagamento del canone RAI esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza;
la disposizione contenuta all'articolo 17, lungi dal combattere il problema dell'evasione, contribuirà presumibilmente solo ad accrescere il divario territoriale fra le aziende del Nord che pagano e le aziende del Sud che hanno sempre evaso e continueranno ad evadere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad abolire il canone di abbonamento alla televisione nonché la relativa tassa di concessione governativa, definendo una forma alternativa di finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo secondo criteri di equità, efficacia ed appropriatezza.
9/4829-A/223.Stucchi, Caparini, Consiglio, Pastore, Volpi, Vanalli, Comaroli, Crosio, Fedriga, Pini, Nicola Molteni, Fava, Laura Molteni, Bragantini, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca misure urgenti per la crescita del Paese ma nessun tipo di intervento è previsto per opere di modernizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione, che porterebbero invece a ritorni rapidi in termini di spinte verso la crescita del Paese;
il settore mobile è chiamato ad operare in un regime di forte competizione con ricadute sull'abbattimento progressivo dei prezzi a favore dei consumatori e di altri comparti produttivi, e deve fronteggiare il continuo sviluppo tecnologico di reti e servizi con investimenti elevatissimi in infrastrutture e frequenze;
per consentire di proseguire questo virtuoso sviluppo che garantisce all'Italia una dotazione di reti di comunicazione all'avanguardia nel mondo e che ha significative ricadute sull'intero sistema produttivo italiano e sui consumatori, le proposte si concentrano su misure rivolte in particolare al sostegno degli investimenti in infrastrutture mobili volte all'offerta e diffusione di servizi a larga banda;

si avverte sempre di più la necessità di un'unica rete in fibra ottica che colleghi l'intero Paese, a partire dalle grandi città e dai distretti industriali, dove l'esigenza è più impellente e l'intervento risulta economicamente più sostenibile;
per contribuire allo sviluppo di una rete in fibra ottica sul territorio nazionale con caratteristiche di apertura e neutralità, sembra opportuno procedere alla costituzione di una Società Veicolo a capitale misto, pubblico e privato, per la realizzazione delle infrastrutture passive (opere civili di posa, cavi in fibra spenta, cablaggi verticali negli edifici e locali per la terminazione delle fibre ottiche), necessarie allo sviluppo;
la creazione di una Società della rete con la missione di costruire un'unica rete per il Paese, aperta a tutti gli operatori in condizioni di parità che potranno così competere sui servizi, appare per l'Italia la soluzione ottimale nel bilanciamento tra remunerazione dell'investimento, concorrenza ed efficienza tecnologica di lungo periodo;
una partecipazione di capitale misto, pubblico e privato, potrebbe assicurare la disponibilità di risorse adeguate, con il coinvolgimento attivo al progetto da parte di tutti gli interessati e meccanismi di governance che garantiscano accesso e parità di trattamento, offrendo le condizioni ideali per garantire l'efficacia dell'iniziativa;
questo procedimento dovrebbe essere accompagnato dalla previsione di un piano di migrazione completa dall'attuale rete in rame al fine di garantire una sostenibilità del progetto ed evitare un aumento dei prezzi ai clienti finali,

impegna il Governo

al fine di promuovere la competitività del Paese attraverso la modernizzazione dei servizi alle imprese, a promuovere ogni azione necessaria, anche di carattere normativo, finalizzata a realizzare e fornire un'infrastruttura passiva di rete in fibra ottica, secondo quanto esposto nelle premesse.
9/4829-A/224.Crosio, Caparini, Fava, Pini, Fedriga, Grimoldi, Volpi, Rainieri, Stucchi, Fugatti, Laura Molteni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame si inserisce nell'ambito di un piano di misure urgenti per il consolidamento dei conti pubblici, prevedendo anche disposizioni per la riduzione della spesa pubblica;
la RAI è una società per azioni che esercita un'attività di servizio pubblico, interamente partecipata dallo Stato, le cui quote appartengono per il 99,56 per cento al Ministero dell'economia e delle finanze e per lo 0,44 alla Siae;
la RAI è caratterizzata da un modello di finanziamento cosiddetto «misto» che vede la compresenza di risorse pubbliche, costituite dal canone pagato dai cittadini sul possesso di un apparecchio televisivo, e commerciali, costituite dalla pubblicità e tale modello è riconducibile alla duplice attività svolta di concessionaria di un servizio pubblico e di impresa radiotelevisiva all'interno del mercato;
l'emittente pubblica si avvale dei proventi derivanti dal canone, pari a circa 1,6 miliardi di euro l'anno, per coprire i costi derivanti dall'esecuzione degli obblighi ad essa imposti per legge, ai quali va aggiunto un ulteriore miliardo di euro derivante dalla pubblicità, i cui proventi, per legge, assumono il valore di fonte accessoria;
risorse pubbliche e risorse commerciali non sono cresciute nel tempo con la medesima velocità: in particolare, negli ultimi tre decenni, il notevole sviluppo delle risorse derivanti dalla vendita di spazi pubblicitari, ha portato la concessionaria del servizio pubblico ad orientare la propria programmazione soprattutto in funzione del principale concorrente nel mercato, rendendo il prodotto RAI sempre più commerciale e sempre meno «pubblico», ma lasciando invariate le fonti di finanziamento;
seppure la RAI opera in concorrenza con l'altra tv generalista per scelte di programmazione, audience e vendita di contenuti, alcuni dati riportati nei bilanci delle due emittenti televisive, risultano particolarmente discordanti soprattutto in relazione ai costi del personale;
secondo i dati del bilancio consolidato 2010, il costo del lavoro della RAI ammonta a circa 1 miliardo di euro, a fronte del costo del personale di Mediaset che è inferiore ai 500 milioni di euro;
il personale in organico della RAI al 31 dicembre 2010 (comprensivo di 63 contratti di inserimento e di apprendistato) risulta composto da 11.402 unità, senza considerare i 43 mila contratti di collaborazione (da cui quelli di giornalisti importanti a quelli dell'ultimo figurante), a fronte dei 4.700 dipendenti (di cui 4.622 a tempo indeterminato) delle società italiane di Mediaset;
gli emolumenti, le indennità di carica, i gettoni di presenza e i rimborsi spese corrisposti dalla Rai agli amministratori sono di 2 milioni 177 mila euro e ai sindaci di 195 mila euro, a fronte dei compensi di Mediaset verso gli amministratori per 834 migliaia di euro e verso sindaci per 271 migliaia di euro;
il Presidente della RAI, nel corso del suo intervento in Commissione Vigilanza RAI, ha ribadito l'impegno dell'azienda a lavorare sul fronte del contenimento dei costi, ritenendo necessaria e quanto mai urgente una pianificazione delle attività aziendali che consenta alla RAI di operare sulla base delle sue quote di mercato, del suo profilo patrimoniale e di una situazione economica competitiva,

impegna il Governo

nell'ambito di un piano di interventi volti a diminuire la spesa pubblica, a verificare, nella sua veste di azionista, che le scelte aziendali siano orientate ad un ridimensionamento dei costi, in linea con i competitors presenti sul mercato, anche prevedendo che il trattamento economico onnicomprensivo di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, non superi il trattamento annuo lordo spettante ai membri del Parlamento.
9/4829-A/225.Consiglio, Caparini, Pastore, Stucchi, Volpi, Vanalli, Comaroli, Crosio, Fedriga, Pini, Nicola Molteni, Fava, Laura Molteni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca anche misure a favore delle piccole e medie imprese, particolarmente colpite dalla crisi economica che sta vivendo l'intero Paese e che sta decretando la cessazione dell'attività di molte piccole realtà imprenditoriali;
le emittenti televisive locali, che impiegano oltre 20.000 addetti, hanno ceduto le proprie frequenze a favore degli operatori dei servizi mobili in larga banda ma le compensazioni di natura economica previste dal comma 9 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010 n. 220 (legge di stabilità 2011) risultano insufficienti e soprattutto non proporzionate agli incassi della gara di cui alla stessa legge;
il comma 13-bis dell'articolo 1 della medesima legge affronta il tema di contenzioso giurisdizionale derivante dalla gara per la banda larga e della tempistica di acquisizione dei proventi, demandando alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e alla competenza funzionale del TAR del Lazio i giudizi sulla gara e sulle procedure e inoltre, nel suddetto comma viene escluso che l'annullamento di atti e provvedimenti adottati nell'ambito delle procedure di liberazione delle frequenze possa comportare la reintegrazione in forma specifica, andando contro ogni basilare norma del diritto che prevede che all'annullamento di un atto corrisponda il ripristino della situazione preesistente;
per di più, viene disposto che l'eventuale risarcimento del danno eventualmente dovuto avvenga solo per equivalente e questo, nei fatti, priverebbe le emittenti televisive locali dalla possibilità di accedere ad altre frequenze eventualmente disponibili come indennizzo, privando così l'intero Paese del ruolo fondamentale che le emittenti televisive locali svolgono per la garanzia del pluralismo informativo, sociale e culturale;
viene anche previsto che la tutela cautelare sia limitata al pagamento di una provvisionale, senza specificare alcun criterio direttivo, per cui anche un'emittente che prima del procedimento di assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze avesse un largo bacino di utenza e offrisse quindi un servizio pubblico gratuito al territorio, potrebbe avere diritto ad una provvisionale minima, che ne decreterebbe l'inevitabile fine dell'attività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di definire congrue misure di natura compensativa a favore delle emittenti locali per la cessione delle risorse frequenziali.
9/4829-A/226.Caparini, Consiglio, Pastore, Stucchi, Volpi, Vanalli, Comaroli, Crosio, Fedriga, Pini, Nicola Molteni, Fava, Laura Molteni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
in tema di privatizzazioni, questo provvedimento avrebbe dovuto affrontare l'antiquata e inefficiente logica che accompagna il servizio pubblico radiotelevisivo, espletato nel nostro Paese dalla Rai, società per azioni a totale partecipazione pubblica, le cui quote appartengono per il 99,56 per cento al Ministero dell'economia e delle finanze e per lo 0,44 alla Siae;
l'11 giugno 1995 un referendum abrogativo, con il 54,9 per cento dei sì, ha di fatto trasformato la natura stessa della Rai aprendo al possibile ingresso dei privati nel capitale sociale dell'azienda;
la Rai riceve annualmente dal canone, e quindi da tutti i cittadini utenti, 1,6 miliardi di euro, in cambio di un servizio giudicato scadente, che non può essere definito pubblico, se non nelle fonti di finanziamento;
la televisione pubblica dovrebbe essere qualcosa di diverso dall'attività televisiva commerciale, in virtù della specifica missione affidatale, eppure la concessionaria pubblica, attraverso l'alimentazione pubblicitaria, è divenuta sempre più somigliante al suo competitor, perdendo la propria identità ed assoggettandosi alla logica di mercato secondo cui l'audience è formata da consumatori più che da cittadini utenti;
il servizio pubblico televisivo potrebbe essere svolto dalla pluralità di soggetti presenti sul mercato, definendo obblighi di programmazione per tutte le emittenti private che garantiscano programmi di interesse pubblico nelle fasce orarie di maggior ascolto, provvedendo al finanziamento dei medesimi programmi attraverso i ricavi pubblicitari ottenuti dalla vendita degli spot;
un Governo di tecnici dovrebbe intervenire sul mercato, liberandolo dalle costrizioni e dalle regole ormai superate, dovrebbe assumersi la responsabilità di colpire quelle strutture politicizzate che difendono gli interessi di pochi a scapito della popolazione;
come si evince dalla relazione della Corte dei Conti di aprile 2011, le performance economico-finanziarie e patrimoniali della RAI e del Gruppo hanno registrato un notevole peggioramento: dalla perdita di 4,8 milioni di euro del 2007, si è passati alla perdita di 37 milioni per il 2008 e di 79,9 milioni per il 2009;
la Lega Nord chiede da anni che si intervenga sulla Rai e sull'abolizione del canone, che si vigili sulla trasparenza delle assunzioni, sulla qualità del servizio offerto, sugli sprechi interni all'azienda, sui compensi spropositati degli artisti e sugli stipendi smodati dei dirigenti;
non è pensabile che la Rai continui ad operare in concorrenza con l'altra tv generalista per scelte di programmazione, audience e vendita di contenuti, eppure continui a chiedere soldi ai cittadini, fingendo di svolgere un servizio pubblico,

impegna il Governo

a promuovere, ogni azione necessaria, anche di carattere normativo, finalizzata a consentire la dismissione delle quote di partecipazione dello Stato dalla Rai anche prevedendo delle offerte pubbliche di vendita, destinando i proventi al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato e finanziando il servizio pubblico, reso da tutte le emittenti televisive private attraverso gli opportuni accordi di programma, con la vendita degli spot pubblicitari.
9/4829-A/227.Rainieri, Dal Lago, Laura Molteni, Bragantini, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
attestato che il Governo con il decreto-legge in esame intende aumentare la fiducia degli investitori finanziari nello Stato italiano e che la finalità del provvedimento legislativo adottato si fonda primariamente sulla finalizzazione di nuove misure d'imposta;
considerato che all'interno del decreto-legge in esame la revisione dell'imposizione sulle abitazioni e sui fabbricati rappresenta senza dubbio uno dei punti fondamentali del provvedimento e che tale nuova imposizione comporterà inevitabilmente un maggiore sacrificio tanto per i cittadini, che vedranno aumentata la pressione fiscale, quanto per i comuni;
ricordato che il processo di revisione federalista iniziato nel 2009 con l'approvazione della legge delega n. 42 ha rappresentato senza dubbio un percorso di assoluta valenza e strategica importanza per il riesame del sistema di fiscalità dello Stato italiano e che, tra i diversi provvedimenti previsti, la riforma ha introdotto anche, all'interno del federalismo municipale, il principio innovativo della territorialità dei gettiti della compartecipazione;
considerato che, nella prima versione del decreto sul federalismo municipale, il testo prevedeva una compartecipazione diretta dei comuni al gettito dell'Irpef generata sul proprio territorio comunale pari al 2 per cento e che tale misura è stata successivamente corretta con la compartecipazione del gettito Iva, calcolata a livello di singola Regione la quale provvede successivamente a devolvere ai singoli Comuni e sulla base del numero di abitanti, la quota comunale di compartecipazione;
esaminato che la devoluzione del gettito Iva su base regionale presenta notevoli difficoltà, sia per la manifesta complessità di calcolare il gettito derivante dal processo che genera l'Iva, sia perché la quota del gettito derivante risulta estremamente variabile e legato più al processo macro economico che allo specifico territorio, rendendo in questo senso più complesso per gli enti locali stabilire l'esatto ammontare della quota di compartecipazione da inserire nel bilancio comunale in sede di pianificazione e programmazione economica,

impegna il Governo

a considerare la necessità di modificare, al decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, il comma 4 dell'articolo 2, prevedendo nuovamente l'attribuzione ai Comuni di una compartecipazione al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, di cui all'articolo 1, comma 192, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, pari al 2 per cento, in luogo dell'attuale compartecipazione Iva.
9/4829-A/228.Isidori, Bitonci, Montagnoli, Simonetti, Forcolin, Laura Molteni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
la grave difficoltà nella quale si ritrovano numerosi enti locali in ragione della difficile situazione economica dovuta alla crisi internazionale, ha notevolmente ridotto le risorse a disposizione, sia economiche che umane, determinando la conseguente riduzione del livello dei servizi in favore dei cittadini;
la difficoltà economica si associa negli enti locali anche alla complessità dovuta al rispetto dei vincoli imposti dal Patto di stabilità interno, sia per la oggettiva complessità economico-finanziaria, sia per il fatto che la modalità con la quale si chiede agli enti periferici di concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica non appare chiara e basata su equi principi;
la complicazione evidenziata dagli enti nel riuscire a sostenere questo tipo di vincoli, oltre a rallentare il pagamento da parte degli enti stessi verso le aziende che realizzano le opere pubbliche, impedisce anche agli enti medesimi di poter investire ulteriori risorse per la realizzazione di nuove opere;
l'eventuale sforamento da parte degli enti dei vincoli imposti dal Patto determinerebbe per i comuni una serie di sanzioni estremamente gravose e che riducono ulteriormente le già strette leve sulle quali gli enti possono agire, rendendo di fatto impossibile la erogazione della maggior parte dei servizi alla cittadinanza;
tra le maggiori e le indifferibili spese che oggi i comuni sostengono rientrano, vista l'importanza, quelle relative alle attività legate al sociale e alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, e quelle relative alla realizzazione di opere legate alle energie rinnovabili le quali rappresentano per l'ente una modalità di investimento orientata alla sostenibilità ambientale coniugata alla necessità di realizzare opere pubblicamente utili e necessarie,

impegna il Governo

a considerare la necessità di escludere per il 2012 le spese in conto capitale sostenute dai Comuni e rientranti nel computo dei vincoli imposti in termini di Patto di Stabilità per le risorse impiegate dai Comuni stessi a favore delle attività di carattere sociale, per la realizzazione di lavori per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e per l'utilizzo e la realizzazione di opere e sistemi tecnologici basati sulle energie rinnovabili.
9/4829-A/229.Desiderati, Laura Molteni, Bitonci.

La Camera,

impegna il Governo

a considerare la necessità di escludere per il 2012 le spese in conto capitale sostenute dai Comuni e rientranti nel computo dei vincoli imposti in termini di Patto di Stabilità per le risorse impiegate dai Comuni stessi a favore delle attività di carattere sociale, per la realizzazione di lavori per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e per l'utilizzo e la realizzazione di opere e sistemi tecnologici basati sulle energie rinnovabili.
9/4829-A/229.(Testo modificato nel corso della seduta) Desiderati, Laura Molteni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
esaminato l'atto camera 4829 recante le disposizioni urgenti disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici e che prevede, all'articolo 23, la ridefinizione della struttura degli organi e delle competenze delle Province;
attestato che all'interno del medesimo articolo, viene altresì disposto come le Province debbano trasferire ai Comuni entro il 31 dicembre 2012 le funzioni oggi svolte dalle Province medesime e come tra queste vi sia indubbiamente anche quella di pubblica sicurezza oggi svolta, all'interno dell'organo della Provincia, dalla Polizia Provinciale;
valutato che il corpo di Polizia Provinciale rappresenta un ruolo di estrema importanza, derivante soprattutto dalla profonda conoscenza che questo corpo ha del territorio, sia dal punto di vista naturalistico, quanto da quello antropologico, come gli insediamenti produttivi che si trovano nel territorio di propria competenza;
dimostrato come proprio alla luce della elevata e comprovata esperienza di questo Corpo in taluni settori, il controllo della caccia, della pesca e la tutela dell'ambiente sono attività svolte in via pressoché esclusiva dalle forze di polizia provinciale;
considerato che le polizie provinciali esercitano oggi giorno anche numerose attività di polizia stradale come il monitoraggio della rete viaria provinciale allo scopo di aumentare la percezione di sicurezza da parte dell'utenza nell'ambito della circolazione stradale, a dimostrazione del fatto che, proprio in un momento di evidente difficoltà dovuto alla crescente carenza di personale presso i diversi comparti delle forze di Polizia, siano esse di Stato quanto Municipale, la Polizia Provinciale svolge un ruolo pressoché insostituibile;
considerato che allo stato attuale, gli enti locali, e i piccoli Comuni in particolare, si trovano in una situazione di estrema difficoltà dovuta tanto alla esiguità delle risorse economiche quanto alla conseguente necessità di dover adottare una serie di provvedimenti, di carattere economico e gestionale, finalizzati al miglioramento del concorso degli enti stessi ai vincoli di finanza pubblica;
attestato come le Regioni siano invece dotate di una propria struttura gestionale e di un apparato burocratico molto più organizzato rispetto ai Comuni, ed in grado di valorizzare più efficacemente e di gestire in modo molto più sistematico le diverse funzioni oggi svolte dal Corpo di Polizia Provinciale,

impegna il Governo

a considerare la necessità, all'interno del quadro normativo così come oggi definito, di trasferire le funzioni di coordinamento e gestione della Polizia Provinciale alle singole Regioni così da mantenere inalterato il livello di servizio reso dal Corpo di Polizia Provinciale che, tra le sue funzioni, svolge anche dei servizi non sostituibili dal Corpo di Polizia Municipale.
9/4829-A/230.Comaroli, Laura Molteni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
esaminato l'atto camera 4829 recante le disposizioni urgenti disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici e che prevede, all'articolo 23, la ridefinizione della struttura degli organi e delle competenze delle Province;
attestato che all'interno del medesimo articolo, viene altresì disposto come le Province debbano trasferire ai Comuni entro il 31 dicembre 2012 le funzioni oggi svolte dalle Province medesime e come tra queste vi sia indubbiamente anche quella di pubblica sicurezza oggi svolta, all'interno dell'organo della Provincia, dalla Polizia Provinciale;
valutato che il corpo di Polizia Provinciale rappresenta un ruolo di estrema importanza, derivante soprattutto dalla profonda conoscenza che questo corpo ha del territorio, sia dal punto di vista naturalistico, quanto da quello antropologico, come gli insediamenti produttivi che si trovano nel territorio di propria competenza;
dimostrato come proprio alla luce della elevata e comprovata esperienza di questo Corpo in taluni settori, il controllo della caccia, della pesca e la tutela dell'ambiente sono attività svolte in via pressoché esclusiva dalle forze di polizia provinciale;
considerato che le polizie provinciali esercitano oggi giorno anche numerose attività di polizia stradale come il monitoraggio della rete viaria provinciale allo scopo di aumentare la percezione di sicurezza da parte dell'utenza nell'ambito della circolazione stradale, a dimostrazione del fatto che, proprio in un momento di evidente difficoltà dovuto alla crescente carenza di personale presso i diversi comparti delle forze di Polizia, siano esse di Stato quanto Municipale, la Polizia Provinciale svolge un ruolo pressoché insostituibile;
considerato che allo stato attuale, gli enti locali, e i piccoli Comuni in particolare, si trovano in una situazione di estrema difficoltà dovuta tanto alla esiguità delle risorse economiche quanto alla conseguente necessità di dover adottare una serie di provvedimenti, di carattere economico e gestionale, finalizzati al miglioramento del concorso degli enti stessi ai vincoli di finanza pubblica;
attestato come le Regioni siano invece dotate di una propria struttura gestionale e di un apparato burocratico molto più organizzato rispetto ai Comuni, ed in grado di valorizzare più efficacemente e di gestire in modo molto più sistematico le diverse funzioni oggi svolte dal Corpo di Polizia Provinciale,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità, all'interno del quadro normativo così come oggi definito, di trasferire le funzioni di coordinamento e gestione della Polizia Provinciale alle singole Regioni così da mantenere inalterato il livello di servizio reso dal Corpo di Polizia Provinciale che, tra le sue funzioni, svolge anche dei servizi non sostituibili dal Corpo di Polizia Municipale.
9/4829-A/230.(Testo modificato nel corso della seduta) Comaroli, Laura Molteni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
preso atto che il Governo all'interno del decreto-legge in esame, tra le diverse misure finalizzate, ha anche previsto la reintroduzione dell'imposta immobiliare sulla prima casa (ex ICI) congiuntamente alla rivalutazione delle rendite catastali, alla cui rivalutazione viene altresì applicato un moltiplicatore;
ricordato che il Governo precedente aveva soppresso l'ICI sulla prima casa e che la riforma federalista intrapresa con la legge delega n. 42 del 2009 aveva previsto, a partire dal 2014, l'introduzione di una nuova imposta, l'IMU, con esclusione delle prime abitazioni e il cui gettito sarebbe stato introitato dai Comuni, nella prospettiva di dare agli enti locali quelle risorse finanziarie ed economiche necessarie per conseguire quell'autonomia fiscale fondamentale per giungere ad una piena realizzazione del federalismo fiscale;
attestato che la reintroduzione dell'imposta sulla prima abitazione, oltre a non porsi nella prospettiva della riforma federalista, rappresenta un evidente aggravio economico per i cittadini, costretti a pagare un nuovo contributo;
considerato che tale contributo diventa ancor più oneroso per le famiglie dove vivono persone non autosufficienti, in ragione del fatto che queste famiglie sono costrette a sostenere spese maggiori per gli spazi, le tecnologie, la cura e la doverosa dedizione che esse devono mettere a disposizione per la salute dei propri famigliari, rispetto a famiglie completamente autonome;
esaminato come il disposto normativo che ora prevede una semplice deduzione fino a duecento euro a favore di tutte le famiglie, aumentata fino ad un massimo di quattrocento euro qualora nella famiglia vivano anche dei giovani di età inferiore ai 26 anni, risulta assolutamente insufficiente per le famiglie economicamente più svantaggiate per alleviare l'onere derivante da questa nuova imposta,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni sulla tassazione della prima casa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una detrazione ad hoc dell'imposta municipale sulla prima abitazione pari al 50 per cento e relativa ai soggetti disabili gravi non autosufficienti, casi come individuati ai sensi della legge n. 104 del 1992.
9/4829-A/231.Martini, Laura Molteni, Bitonci, Zacchera, Delfino, Bosi, Capitanio Santolini, Argentin, Laboccetta, Commercio, Oliveri, Lo Monte, Zacchera.

La Camera,
premesso che:
preso atto che il Governo con il decreto-legge si è proposto di ottenere una riduzione dell'elevato livello di indebitamento pubblico anche e soprattutto attraverso l'introduzione di provvedimenti normativi che aumentano la tassazione a carico dei cittadini;
attestato come tra le numerose disposizioni in materia di maggiori entrate è da evidenziare, per importanza strategica e per valori di gettito, la rivisitazione dell'IMU, l'imposta municipale unica, che differentemente da quanto prima previsto dal decreto federalista sul federalismo municipale approvato dal passato Governo nel mese di marzo, oltre ad essere anticipata di due anni, viene altresì estesa alle prime abitazioni, e il gettito da essa derivante viene convogliato nelle casse dello Stato;
considerato che tra le disposizioni in termini di esenzioni per l'applicazione dell'imposta, ora viene previsto come la nuova imposta non si applichi, conformemente a quanto altresì previsto dalla precedente ICI, a particolari tipologie di immobili, come quelli destinati alle attività sindacali o agli immobili di proprietà di attività culturali, ricreative o didattiche;
osservato come l'eventuale estensione dell'imposta anche a quegli immobili che rientrano nelle esenzioni ora previste dalla norma, garantirebbe un significativo extra gettito alle casse dello Stato, il quale potrebbe così, in ragione di un maggior introito, decidere di abbassare il livello di imposizione fiscale ora applicato e che, anche in ragione dei recenti provvedimenti adottati, è destinato inevitabilmente ad aumentare,

impegna il Governo

a prendere in esame la possibilità di estendere la disciplina ora prevista in materia di IMU sulla prima abitazione anche agli immobili utilizzati a scopo commerciale e di proprietà di attività culturali, sindacali e religiose.
9/4829-A/232.Callegari, Laura Molteni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
Il comma 2 dell'articolo 16 istituisce una tassa annuale di stazionamento, calcolata giornalmente, per tutte le unità da diporto che stazionino nei porti del nostro Paese;
se la ratio dell'istituzione di tale tassa non è quello di fare cassa, dato il modesto gettito previsto, ma quello di colpire gli evasori fiscali, la norma appare come mal concepita e controproducente. È infatti doveroso affermare chiaramente che non tutti i possessori di barche vanno considerati automaticamente evasori fiscali; che è legittimo in questo Paese investire i propri risparmi nel seguire una passione, in questo caso quella per il mare;
occorre inoltre tenere presente che la maggior parte delle imbarcazioni viene acquistata al mercato dell'usato, per prezzi molto inferiori a quelli del nuovo, proprio da chi nutre una passione vera ed investe molto in manutenzione e poco in lusso; un mercato dell'usato già in difficoltà e che non andrebbe ulteriormente penalizzato;
contrariamente a quanto si pensi, la nautica è stato uno dei settori economici più penalizzati dalla crisi economica che stiamo attraversando, tenuto conto che il nostro Paese è il primo produttore di yachts ed imbarcazioni da diporto e l'impatto causato dal fenomeno di recessione, sul Sistema nautico produttivo, ha messo a dura prova la cantieristica e centinaia di aziende dell'indotto che impiegano 22.000 addetti equivalenti;
la scelta di imporre una tassa di stazionamento è, oltre che grossolana, controproducente, e lo ha dimostrato l'analogo esperimento della tassa «Soru» applicata in Sardegna: anziché pagare la tassa i diportisti sposteranno semplicemente le loro imbarcazioni nelle vicine coste croate, francesi, spagnole, togliendo lavoro ed introiti alla cantieristica, ai nostri porti, ma anche all'entroterra, cioè al nostro turismo;
nell'intento di colpire gli evasori nazionali il nostro Paese rischia di perdere i diportisti di tutto il mondo che approdano sulle nostre spiagge,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma prevista dal comma 2 dell'articolo 16 del decreto in esame, al fine di adottare ulteriori misure che abbiano l'effetto di evitare che le unità da diporto che stazionano presso i porti nazionali si trasferiscano presso le coste di paesi stranieri causando un danno incalcolabile all'economia portuale, marittima e turistica del nostro Paese.
9/4829-A/233.Stefani, Laura Molteni, Chiappori, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, cosiddetto «salva Italia», contiene una serie di strumenti particolarmente incisivi a sostegno della lotta all'evasione fiscale e dell'emersione di nuova base imponibile, oltre che l'introduzione di un'imposta speciale annuale, e dunque strutturale, a carico delle attività finanziarie già oggetto del cosiddetto scudo fiscale; ciò è significativo di una rinnovata volontà di utilizzare le maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale anche in favore degli obiettivi di sviluppo e di equità sociale, e non destinato solo alla riduzione di debito o alla copertura di ulteriore spesa pubblica, tanto più che nel quadro di copertura della manovra non sono computate le eventuali maggiori entrate derivanti dai predetti strumenti di contrasto all'evasione fiscale;
Hervè Falciani, ex dipendente della HSBC Private banking di Ginevra, ha illecitamente acquisito e sottratto dalla banca-dati informatica dell'istituto bancario per il quale lavorava documenti riservati relativi a 80 mila correntisti della banca, in particolare, a movimenti di conti correnti bancari accesi da privati, anche residenti in Italia (circa 7 mila tra persone fisiche e giuridiche) attestanti il versamento di somme di denaro;
tali documenti (poi denominati «lista Falciani») sono stati acquisiti dall'autorità giudiziaria francese e da questa successivamente trasmessi all'autorità giudiziaria italiana (in particolare la Procura della Repubblica di Torino) per rogatoria internazionale;
diverse autorità giudiziarie hanno avviato procedimenti penali sulla base di detti documenti, per accertare se le somme depositate da parte di cittadini italiani fossero i proventi di redditi sottratti all'imposizione fiscale in Italia e tali da integrare, ad esempio, gli estremi dei reati di cui agli articoli 4 o 5 del decreto legislativo n. 74 del 2000 (dichiarazione infedele o omessa dichiarazione);
l'articolo 240 del codice di procedura penale, rubricato «Documenti anonimi ed atti relativi ad intercettazioni illegali», come modificato dal decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259 (Disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche), convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2006, n. 281, impone al pubblico ministero di disporre l'immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni, specificando che «il loro contenuto non può essere utilizzato»;
il Giudice per le indagini preliminari di Pinerolo, con decreto 4 ottobre 2011, ritenendo la cosiddetta, lista Falciani un documento «formato attraverso la raccolta illegale di informazioni» (trattandosi della stampa di file contenuti in un sistema informatico riservato nel quale il dipendente della banca si è abusivamente introdotto contro la volontà, espressa o tacita, di chi aveva diritto ad escluderlo) ha archiviato il caso di un presunto evasore «perché il documento sottratto sarebbe di origine illecita» e al pubblico ministero è stata ordinata la distruzione della lista;
il Procuratore capo di Torino Gian Carlo Caschi, di contro, ha sottolineato che «l'accertamento delle concrete modalità di acquisizione del materiale in oggetto da parte del signor Falciani spetta all'autorità giudiziaria svizzera, che non risulta aver concluso le attività di una competenza. Pertanto, allo stato degli atti, non può che restare sospesa ogni valutazione circa l'eventuale rilevanza di tali modalità nel quadro della legge italiana; lo stesso Caselli ha chiarito che la procura di Torino - su sua richiesta ha ottenuto dalla Procura di Nizza copia del materiale sequestrato a Hervè Falciani, nel pieno rispetto delle disposizioni nazionali e convenzionali che disciplinano l'assistenza giudiziaria internazionale e «con costante informazione di tutte le autorità ministeriali e giudiziarie interessate»;
non sembrano dunque sussistere presupposti per l'archiviazione del caso e la distruzione della lista, che avrebbe gravi effetti - anche in futuro - nella lotta all'evasione fiscale;
da notizie di stampa si ricava che la Guardia di Finanza ha avviato 3.000 controlli mirati su nominativi presenti nella lista e che già 152 contribuenti hanno aderito ai processi verbali di constatazione emessi dalla Guardia di finanza pagando 9 milioni di euro senza attendere l'avviso di accertamento dell'agenzia delle entrate e rinunciando al contenzioso; il reddito non dichiarato emerso sino ad ora grazie ai controlli avviati sui nomi presenti nella «Lista», sarebbe non inferiore a 570 milioni di euro;
da questi dati emerge l'enorme potenzialità di recupero di imposte evase insita nella disponibilità piena dei dati contenuti nella lista, che risultano, peraltro, legittimamente trasmessi all'autorità giudiziaria italiana attraverso la rogatoria internazionale; la stessa lista potrebbe aprire possibilità di indagine su altri fenomeni illegali collegati all'evasione, quali il riciclaggio;
il Ministro dell'economia e delle finanze ha recentemente dichiarato - in Parlamento - che non intende porre in essere, nei confronti della Svizzera o di altre giurisdizioni qualificabili come «paradisi fiscali», iniziative finalizzate a concludere accordi bilaterali sul modello dell'Accordo già stipulato dalla Svizzera con la Germania e dalla Svizzera con il Regno Unito; tali Accordi, infatti, denominati Accordi di cooperazione nell'area della tassazione, non rientrerebbero nella tipologia delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni ispirate al modello OCSE, ma sono, invece, basati sostanzialmente su di una sanatoria o condono per il periodo pregresso, mediante applicazione di un'imposta una tantum ai valori mobiliari non tassati nei Paesi di residenza dei contribuenti e collocati in Svizzera, e l'applicazione di un'imposta liberatoria, su base annuale per il futuro, che la Svizzera riverserà, in forma anonima, agli Stati di residenza, escludendo la possibilità di risalire all'identità dei contribuenti. Tali Accordi consentono, pertanto, il mantenimento del segreto bancario in Svizzera;
tali Accordi bilaterali sarebbero in contrasto sia con la direttiva dell'Unione europea in materia di tassazione del risparmio, sia con l'Accordo tra la Comunità europea e la Svizzera nella stessa materia; in particolare la Commissione europea ha sottolineato l'inadeguatezza del livello della ritenuta prevista dall'Accordo svizzero tedesco (il 26,37 per cento) inferiore al livello attuale (35 per cento) previsto dall'Accordo tra la Comunità europea e la Svizzera in materia di tassazione del risparmio; la natura liberatoria della ritenuta prevista da tali Accordi bilaterali sarebbe pure in contrasto con la natura di pagamento in acconto della ritenuta da applicare nel rispetto dell'Accordo tra Unione europea e Svizzera;
si prospetta pertanto l'apertura di una procedura di infrazione nei confronti dei due paesi che hanno dato vita ai due Accordi bilaterali citati, basati sul mantenimento dell'anonimato e, conseguentemente, del segreto bancario svizzero, in aperto contrasto con quanto disposto dall'OCSE in materia di trasparenza fiscale e di scambio di informazioni;
le obiezioni della Commissione europea peraltro segnano la strada da seguire per un auspicabile accordo tra l'Italia e la Svizzera sulla questione: elevare opportunamente il livello della ritenuta sui capitali italiani in Svizzera al livello della aliquota più elevata prevista dal prelievo sui redditi dal TTJIR, come se i capitali in Svizzera fossero inseriti nella dichiarazione dei redditi, determinando in via presuntiva che il detentore di quei capitali abbia il livello più elevato di reddito;
l'ordinamento giuridico italiano è informato al principio di progressività del sistema tributario; l'articolo 53 della Costituzione dispone infatti che «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività»; non solo: tale principio deve essere inteso come una particolare accezione del criterio di eguaglianza sostanziale, di cui all'articolo 3 della Costituzione; l'evasione fiscale è, pertanto un'evidente violazione di tali fondamentali principi costituzionali; ogni azione di contrasto - anche con strumenti «eccezionali» è volta, pertanto, a dare piena effettività ai principi di progressività e di eguaglianza sostanziale di cui agli articoli 53 e 3 della Costituzione;
in considerazione del rilevante peso che la presente e le precedenti manovre hanno posto e pongono - per conseguire il pareggio di bilancio nel 2013 - soprattutto sui redditi e sulla ricchezza già conosciuti dal fisco, e dunque a carico principalmente dei contribuenti italiani leali, per sostenere gli obiettivi di crescita ed equità, è necessario che almeno parte delle maggiori entrate tributarie derivanti dalla lotta all'evasione fiscale siano destinate a riduzione della pressione fiscale a carico dei lavoratori e delle imprese, nonché a misure di sostegno del reddito di soggetti incapienti o appartenenti alle fasce di reddito più basse),

impegna il Governo

per un efficace contrasto dell'evasione fiscale, a introdurre opportune modifiche nell'ordinamento vigente, disponendo che, nei procedimenti per l'accertamento dei reati tributari di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, ai documenti trasmessi dalle autorità giudiziarie straniere ai sensi degli articoli 727 e seguenti del codice di procedura penale non si applichi l'articolo 40, commi 2 e 3, del codice di procedura penale come modificato dal decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259 (Disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche), convertito, con modificazioni dalla legge 20 novembre 2006, n. 281, in modo da consentire all'autorità giudiziaria italiana pieno accesso alle informazioni e ai nominativi contenuti nella lista;
ad introdurre nei modelli delle dichiarazioni dei redditi un apposito prospetto nel quale i contribuenti siano tenuti ad indicare la consistenza dei beni mobiliari ed immobiliari detenuti nel periodo d'imposta di riferimento e le variazioni intervenute in tale patrimonio rispetto al periodo d'imposta precedente;
a verificare le condizioni per giungere ad un auspicabile accordo anche tra l'Italia e la Svizzera avente ad oggetto la cooperazione nell'area della tassazione secondo criteri conformi dell'Ocse e dell'Unione Europea;
a verificare, a condizioni di sostenibilità della finanza pubblica, la possibilità di destinare, a partire dal 1o gennaio 2013, una parte delle maggiori entrate tributarie derivanti dalla lotta all'evasione fiscale in favore della riduzione della pressione fiscale sui redditi da lavoro e da impresa.
9/4829-A/234. Rubinato, Fogliardi, Strizzolo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge in esame prevede, riprendendo analoghe disposizioni presenti in precedenti norme, che le disposizioni previgenti in materia di requisiti di accesso e di regime di decorrenza dei trattamenti pensionistici continuino ad applicarsi a un contingente di lavoratori, a condizione che gli stessi maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011, riconducibili ad alcune categorie: lavoratori collocati in mobilità; lavoratori collocati in mobilità lunga; lavoratori che, all'entrata in vigore del provvedimento in esame, siano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore; lavoratori che, antecedentemente alla data del 31 ottobre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione e lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 abbiano in corso l'istituto dell'esonero dal servizio di cui all'articolo 72, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008;
un subemendamento ha modificato il comma 14, posticipando al 4 dicembre 2011 (rispetto al 31 ottobre 2011 del testo originario del decreto-legge) il limite temporale per gli accordi sindacali utili per l'individuazione delle categorie comprese nel contingente. Inoltre, alla lettera c) è stata aggiunta la categoria dei lavoratori con diritto di accesso ai fondi di solidarietà che restano a carico di tali fondi fino al compimento di almeno 59 anni di età;
un ulteriore subemendamento ha sostituito il comma 15, prevedendo che con decreto interministeriale del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro 3 mesi, sono definite le modalità di attuazione della determinazione del contingente di cui al comma 14. La disciplina attuativa, in particolare, dovrà provvedere alla determinazione del numero massimo di beneficiari nel limite di tetti annui di spesa (240 milioni per il 2013; 630 milioni per il 2014; 1.040 milioni per il 2015; 1.220 milioni per il 2016; 1.030 milioni per il 2017; 610 milioni per il 2018; 300 milioni per il 2019);
agli enti gestori di forme di previdenza obbligatorie è rimesso il compito di monitorare l'accesso ai benefici, con l'obbligo di non prendere in considerazione ulteriori domande una volta raggiunto il limite numerico corrispondente ai tetti annui di spesa;
la disposizione, infine, precisa che nell'ambito, del predetto limite numerico vadano computati anche i lavoratori che intendono avvalersi, se in possesso dei richiesti requisiti, del beneficio di cui al comma 14 in aggiunta a quello relativo al regime delle decorrenze annuali disciplinato dall'articolo 12, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010. In ogni caso resta fermo che ai richiamati soggetti che maturino i requisiti dal 1o gennaio 2012 trovino comunque applicazione le disposizioni inerenti l'adeguamento dei requisiti per l'accesso ai trattamenti pensionistici agli incrementi della speranza di vita di cui al comma 12,

impegna il Governo

ad inserire, attraverso il decreto previsto dall'articolo 24, comma 15, i lavoratori delle aziende con procedura concorsuale individuati con accordo sindacale entro il 4 dicembre 2011, tra le fattispecie per le quali è prevista l'esenzione.
9/4829-A/235.Ginoble, Lolli, Boccuzzi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge in esame prevede, riprendendo analoghe disposizioni presenti in precedenti norme, che le disposizioni previgenti in materia di requisiti di accesso e di regime di decorrenza dei trattamenti pensionistici continuino ad applicarsi a un contingente di lavoratori, a condizione che gli stessi maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011, riconducibili ad alcune categorie: lavoratori collocati in mobilità; lavoratori collocati in mobilità lunga; lavoratori che, all'entrata in vigore del provvedimento in esame, siano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore; lavoratori che, antecedentemente alla data del 31 ottobre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione e lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 abbiano in corso l'istituto dell'esonero dal servizio di cui all'articolo 72, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008;
un subemendamento ha modificato il comma 14, posticipando al 4 dicembre 2011 (rispetto al 31 ottobre 2011 del testo originario del decreto-legge) il limite temporale per gli accordi sindacali utili per l'individuazione delle categorie comprese nel contingente. Inoltre, alla lettera c) è stata aggiunta la categoria dei lavoratori con diritto di accesso ai fondi di solidarietà che restano a carico di tali fondi fino al compimento di almeno 59 anni di età;
un ulteriore subemendamento ha sostituito il comma 15, prevedendo che con decreto interministeriale del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro 3 mesi, sono definite le modalità di attuazione della determinazione del contingente di cui al comma 14. La disciplina attuativa, in particolare, dovrà provvedere alla determinazione del numero massimo di beneficiari nel limite di tetti annui di spesa (240 milioni per il 2013; 630 milioni per il 2014; 1.040 milioni per il 2015; 1.220 milioni per il 2016; 1.030 milioni per il 2017; 610 milioni per il 2018; 300 milioni per il 2019);
agli enti gestori di forme di previdenza obbligatorie è rimesso il compito di monitorare l'accesso ai benefici, con l'obbligo di non prendere in considerazione ulteriori domande una volta raggiunto il limite numerico corrispondente ai tetti annui di spesa;
la disposizione, infine, precisa che nell'ambito, del predetto limite numerico vadano computati anche i lavoratori che intendono avvalersi, se in possesso dei richiesti requisiti, del beneficio di cui al comma 14 in aggiunta a quello relativo al regime delle decorrenze annuali disciplinato dall'articolo 12, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010. In ogni caso resta fermo che ai richiamati soggetti che maturino i requisiti dal 1o gennaio 2012 trovino comunque applicazione le disposizioni inerenti l'adeguamento dei requisiti per l'accesso ai trattamenti pensionistici agli incrementi della speranza di vita di cui al comma 12,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire, attraverso il decreto previsto dall'articolo 24, comma 15, i lavoratori delle aziende con procedura concorsuale individuati con accordo sindacale entro il 4 dicembre 2011, tra le fattispecie per le quali è prevista l'esenzione.
9/4829-A/235.(Testo modificato nel corso della seduta) Ginoble, Lolli, Boccuzzi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
con il comma 2-bis dell'articolo 7 del decreto-legge 30 settembre 2005 n. 203, convertito dalla legge 2 dicembre 2005 n. 248, successivamente modificato dal comma 133 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005 n. 266 e dall'articolo 39 del decreto-legge 4 luglio 2006 n. 223 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006 n. 248, è stato escluso il pagamento dell'imposta comunale sugli immobili per gli immobili della Chiesa destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché di culto, anche se parzialmente utilizzati a fini commerciali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di affrontare e definire, considerato il valore sociale delle attività svolte da una pluralità di enti no profit e, tra questi, gli enti ecclesiastici, la questione relativa al pagamento dell'IMU sugli immobili parzialmente utilizzati a fini commerciali.
9/4829-A/236.Giammanco, De Pasquale, Rampelli, Giovanelli, Marsilio, Sarubbi, Bernardo, Nannicini, Mottola, Vico, Boccuzzi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del decreto introduce a regime la detrazione IRPEF del 36 per cento per le spese di ristrutturazione edilizia sostenute per un importo non superiore a 48.000 euro per ciascuna unità immobiliare; il beneficio fiscale è ora inserito in un nuovo articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), che riassume la disciplina per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, ora contenuta nell'articolo 1 della legge n. 449 del 1997, la cui vigenza viene limitata all'anno 2011;
lo stesso articolo 4, proroga al 31 dicembre 2012 le agevolazioni fiscali in materia di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio (cosiddetto 55 per cento) mentre a decorrere dal 1o gennaio 2013 per gli stessi interventi di riqualificazione energetica si applica la detrazione del 36 per cento come modificata dal nuovo articolo 16-bis del TUIR;
gli incentivi al recupero sono estesi dal decreto anche ad altre fattispecie, e, in particolare, alla ricostruzione o al ripristino di immobili danneggiati a seguito di eventi calamitosi, quando sia stato dichiarato lo stato di emergenza;
attualmente gli interventi di manutenzione ordinaria e quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti beneficiano della detrazione del 36 per cento solo se eseguiti sulle parti comuni di un edificio residenziale;
oggi il beneficio sul quale calcolare la detrazione spetta fino al limite massimo di spesa di 48.000 euro da suddividere in dieci anni; dal 10 ottobre 2006, l'importo massimo di spesa per cui è possibile fruire dell'agevolazione Irpef è riferito alla singola unità immobiliare e non più ad ogni persona fisica che abbia sostenuto le spese;
appare essenziale introdurre un virtuoso «conflitto d'interessi» tra il committente e chi esegue la prestazione,

impegna il Governo

ad attribuire il beneficio della detrazione del 36 per cento anche agli interventi di manutenzione ordinaria, a quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti anche per le singole unità immobiliari residenziali e per le loro pertinenze;
a valutare l'opportunità che tale detrazione sia utilizzabile, per l'intero ammontare, nel periodo d'imposta successivo all'anno in cui sono state sostenute le spese;
a disporre significative semplificazioni per fruire della detrazione del 36 per cento per gli interventi di manutenzione ordinaria, senza le formalità e i gravosi adempimenti oggi richiesti per gli altri interventi pure beneficiari della detrazione;
ad escludere dal beneficio della detrazione del 36 per cento le abitazioni di lusso, a copertura di parte dei maggiori oneri derivanti dall'estensione del beneficio del 36 per cento anche agli interventi di manutenzione ordinaria sulle singole unità immobiliari residenziali e per le loro pertinenze; a disporre pertanto a tal fine l'obbligo di trasmettere, prima dell'inizio dei lavori, all'ufficio competente dell'Agenzia delle entrate, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, una dichiarazione con la quale il beneficiario della detrazione attesti, sotto la propria responsabilità, che l'immobile per il quale richiede di fruire dell'agevolazione non rientra tra gli immobili di lusso;
a prevedere - a copertura di parte dei maggiori oneri derivanti dall'estensione del beneficio del 36 per cento anche agli interventi di manutenzione ordinaria sulle singole unità immobiliari residenziali e per le loro pertinenze - che la detrazione sia attribuita ad ogni singolo contribuente - e non ad ogni singola unità immobiliare - per un plafond massimo di spesa di 48.000 euro.
9/4829-A/237. Fogliardi, Rubinato, Strizzolo, De Pasquale.